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Poeti,
scrittori e cantanti le avevano parlato dell’Amore sin da
quando era bambina.
Qualcuno le aveva detto anche che l’Amore non è mai eterno.
Lei non aveva mai voluto crederci, e quell’infatuazione adolescenziale che
all’inizio sembrava dovesse durare per sempre e
sconfiggere qualsiasi difficoltà… alla fine era terminata.
Per Bulma era
rimasta solamente l’intimità di un’autentica amicizia con Yamcha, ma il
sentimento forte della passione e del desiderio era andato perduto con l’andare
degli anni.
Perchè l’Amore, da parte sua, non era finito dall’oggi al domani, ma c’era stato
qualcosa di più profondo e del quale non si era accorta, o forse aveva fatto
finta di non accorgersene, finché un giorno…
Bulma si era svegliata e aveva sentito dentro di sé che il metodo artificioso
con cui la sua relazione con Yamcha era stata mantenuta era collassato come un
castello di carte.
Si era chiesta
il motivo.
Tante volte.
Poi aveva capito che non c’era una vera e propria ragione nella fine del suo
Amore per lui.
“Bulma, cara!”
La voce squillante di sua madre la ridestò di colpo dai suoi pensieri.
”Yamcha è
tornato, finalmente! Non vieni a salutarlo?”
E’
così il momento era
finalmente arrivato, pensò Bulma. Yamcha era stato via per qualche settimana
per un allenamento speciale, e lei aveva passato tutto il tempo a cercare le
parole giuste per dirgli quello che sentiva dentro.
Senza tuttavia riuscirci!
D’altronde quale frase poteva usare?
Non ti amo più.
Voglio lasciarti.
Credo che la nostra relazione non sia più una… relazione.
Farlo soffrire
era l’ultima cosa che voleva al mondo, ma non aveva saputo pensare a niente di
meglio.
Si avviò in
salotto e lo trovò, bello come sempre, e intento a mangiare un pasticcino
offertogli dalla signora Briefs.
”Mamma, puoi lasciarci soli?”
Yamcha si alzò dal divano e le andò incontro.
“Bulma, mi sei
mancata! Come stai?”
La ragazza aspettò che sua madre se ne fosse andata,
dopodichè prese Yamcha per le mani.
”Devo
parlarti…”
Yamcha sorrise, e in tutta risposta la baciò sulle labbra.
Bulma ripensò ai tempi in cui un bacio come quello le faceva sentire le
farfalle nello stomaco, un brivido correre lungo la schiena, l’aumento dei
battiti cardiaci e un bollore improvviso nel basso ventre.
Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta in cui aveva sentito tutto
quello!
“Anche io devo dirti una cosa: ti ho comprato un regalo! Così
non dirai più che non penso a te quando vado via”.
Il ragazzo
frugò nella tasca della giacca ed estrasse un pacchetto mal incartato e
piuttosto piccino. Bulma lo prese e rimase qualche
istante a rigirarselo tra le mani, indecisa se accettarlo o meno. Si sentiva
sempre più in colpa!
Infine lo
scartò vinta dalla curiosità, e scoprì che si trattava di un grazioso scrigno portagioie
in legno.
”Aprilo!” le ordinò Yamcha, con un fremito di ansia.
Bulma obbedì e non si accorse del soffio gelido che le spirò in viso quando ebbe aperto la scatoletta. All’interno vi era
una piccola ballerina che danzava rigirandosi su sé
stessa, ed una musica delicata ed infinitamente triste si diffuse nella stanza.
”Ti piace?”
Bulma singhiozzò sapendo di aver perso il coraggio di dire la verità riguardo i
suoi sentimenti. “E’ un carillon bellissimo, Yamcha. Ti ringrazio”.
Nessuno dei
due poteva sapere che quel cofanetto era custode di ricordi, segreti e qualcosa
di terribilmente oscuro.
“Mi dispiace così tanto lasciarti sola, cara!”
Bulma abbracciò sua madre, ferma all’ingresso della Capsule Coorporation.
I suoi
genitori avevano vinto un viaggio-premio e avevano deciso di partire e
concedersi una seconda luna di miele.
“Poco male, per lo meno c’è una coppia
che non si è mai lasciata…”
pensò Bulma, con un sospiro triste. Si chiese se avrebbe mai avuto un
matrimonio duraturo come quello dei suoi genitori, ma
ogni volta che guardava al suo futuro vedeva solo un buio pesto.
”Non preoccuparti, mamma. Baderò io alla casa e agli animali mentre voi sarete via!”
”Quando parli di animali intendi anche che ti occuperai di Vegeta?”
domandò il dottor Brief spuntando alle sue spalle. “Ha distrutto tutte le
attrezzature che gli avevo costruito per allenarsi.
Quell’uomo è una belva!”
La signora Brief batté le mani, contenta. “Oooh, sì! Avevo scordato di
comunicarti che Vegeta è tornato stamattina! Così non
sarai completamente sola, ma in tenera compagnia!”
La donna strizzò l’occhio, maliziosa e Bulma si vide
costretta a sbuffare per non mostrare quanto in realtà le faceva piacere stare
sola con Vegeta.
Ormai non aveva più paura di lui, e si era prefissata come missione quella di
rieducarlo a persona civile e umana… Sapeva che ci avrebbe messo molto tempo, ma
difficilmente Bulma Brief rinunciava a qualcosa su cui aveva puntato gli occhi.
Sia che fosse un gioiello, un abito o… uno scimmione
venuto dallo spazio!
Rimase a
guardare la macchina volante dei genitori allontanarsi, e quando non fu
diventata altro che una macchiolina rossa nell’azzurro del cielo, Bulma si
decise a rientrare in casa.
Aleggiava una strana pace, il tipico senso di tranquillità che solitamente precede la tempesta… Il silenzio era assoluto all’interno
delle stanze vuote della Capsule Coorporation, e per la prima volta nella sua
vita Bulma pensò che avrebbe preferito vivere in una casetta molto piccola
piuttosto che in un’enorme villa fredda e silenziosa.
Fortunatamente
arrivò Vegeta a salvarla dall’angoscia della solitudine.
Il saiyan era appena uscito dalla doccia: aveva ancora qualche goccia d’acqua a
bagnargli la fronte ed un asciugamano annodato intorno alla vita.
Era il suo
unico indumento.
Bulma si
ritrovò ad immaginare cosa si nascondesse dietro quel leggero telo bagnato. Non
si sorprese di questo pensiero così poco innocente, anche perché non era la
prima volta che studiava Vegeta e quel suo corpo talmente
perfetto da sembrare scolpito sulla roccia. Ma Bulma sapeva bene che si trattava di semplice
attrazione fisica e non le aveva mai dato alcuna rilevanza.
”Ciao Vegeta! Ma dove sei stato in tutti questi giorni?”
Lui non rispose e semplicemente la superò di qualche passo senza degnarla di attenzione.
”Ok, anche se non rispondi è facile indovinare… ti sei allenato in qualche
posto sperduto del pianeta nella speranza di diventare super saiyan. Ho visto giusto?”
Sul volto di Vegeta apparve qualcosa di molto simile ad un sorriso.
Era sconcertato da come quella ragazza riusciva a leggergli nella mente, a
capirlo, a sapere cosa faceva e perché lo faceva.
Senza voltarsi
a guardarla, le domandò “Dov’è tuo padre?”
”Non lo sai ancora? Lui e mia madre sono partiti per un luuunghissimo
viaggio.”
Vegeta imprecò e aprì la porta della sua camera da
letto. Con un cenno fece intendere a Bulma che doveva sbirciare dentro, e
quando la ragazza si affacciò oltre la soglia vide pezzi di ferro e piccolo
chips ai piedi del letto.
Le attrezzature per gli allenamenti di Vegeta erano ridotti
a pezzetti!
”Non so che farci, Vegeta! Se tu fossi meno brutale,
magari i robot di mio padre ti durerebbero di più…”
”Devi aggiustarli. Non posso aspettare il ritorno del vecchio! Mi devo
allenare!”
Bulma incrociò le braccia, e gettò un’altra occhiata
all’interno della stanza di Vegeta.
”D’accordo… Vedrò cosa posso fare. Portami tutto in laboratorio, più tardi.”
Vegeta annuì, soddisfatto e Bulma si allontanò in
camera sua.
Si gettò nel
letto e chiuse gli occhi. Quando li riaprì la sua attenzione cadde sul piccolo
carillon di legno che Yamcha le aveva regalato.
Si mise seduta e lo strinse tra le mani, aprendolo. La melodia che risuonò
nella stanza le mise una tristezza che mai avrebbe immaginato di provare in
vita sua.
La musica suonava come un lamento, come un pianto. Bulma si sentì colpita per
ciò che stava sentendo fuori e dentro. Il dolore era
tangibile nell’aria, così come l’odore della morte.
“Basta!” Bulma
chiuse di colpo il carillon, e la musica terminò immediatamente. Eppure la sensazione di una presenza oscura all’interno
della stanza non cessò.
Oltre all’improvvisa sensazione di freddo, a Bulma era parso anche di vedere uno strano chiarore fluorescente poco distante da lei.
Ma fu solo un attimo.
Il chiarore scomparve e Bulma si stropicciò gli occhi cullando la speranza di aver visto male.
D’improvviso la porta della stanza si aprì, per poi richiudersi di colpo.
Prese a sbattere violentemente, come se qualcuno molto arrabbiato volesse staccarla dai cardini.
Bulma ne aveva vissute di esperienze pericolose e fuori dal reale, ma questa le superava tutte.
Era paralizzata dal terrore come mai nella sua vita, al punto da non riuscire nemmeno ad urlare.
Lo squillo del telefono suonò sinistro ed improvviso, e Bulma sobbalzò. Titubante si alzò dal letto e lentamente portò la cornetta all’orecchio.
”C-chi sei?”
La porta smise di sbattere e si chiuse definitivamente.
”Pronto… Bulma, sono io.”
”Yamcha! Grazie a Dio!”
Bulma si rilassò appena, tirando un leggero sospiro di sollievo.
”Volevo passare da te… visto che sei sola pensavo di farti compagnia!”
”Ne sarei davvero, davvero felice! La solitudine mi sta facendo diventare matta, ho perfino le allucinazioni” Bulma rise nervosamente.
”Infatti ti sento agitata. Non preoccuparti, tesoro. Arrivo da te immediatamente!”
La voce di Yamcha era piena di affetto ed apprensione e Bulma ricordò a sé stessa che avrebbe dovuto essere sincera con lui, prima o poi.
Ma non adesso. E non in quel modo.
”D’accordo, ti aspetto. Devo anche parlarti di una cosa importante e vorrei dirtela di persona, e non al telefono. Ci vediamo dopo.”
La comunicazione terminò e il TU-TU-TU del telefono lasciò Bulma nuovamente sola con la sua angoscia.
Andò in bagno e si sciacquò il volto, sperando che l’acqua calda lavasse via anche quella brutta sensazione che le attanagliava lo stomaco. Alzò gli occhi ed osservò la sua confusa immagine nello specchio appannato.
Quello che vide in seguito la fece tremare da capo a piedi.
Un dito invisibile stava tracciando delle lettere grazie all’annebbiamento dello specchio, e Bulma arretrò di qualche passo fino ad inciampare e cadere a terra.
Con voce tentennante lesse il messaggio di morte che qualcuno di indefinito e invisibile le aveva lasciato.
“Se lo lascerai, io ti ucciderò…”
Bulma si rialzò in piedi e cominciò a gridare, sperando che lo spettro, il fantasma, lo spirito o qualunque altra cosa ci fosse lì con lei, la sentisse.
“COSA SIGNIFICA? PERCHE’ MAI NON DOVREI LASCIARLO? IO NON LO AMO PIU’! E TU NON PUOI OBBLIGARMI AD AMARLO!”
In seguito si pentì di non aver taciuto!
Gli oggetti presenti nel bagno cominciarono a librarsi in aria e i rubinetti si aprirono contemporaneamente. Bulma si fece coraggio, ed invece di uscire dalla stanza come avrebbe voluto, disse “Mi dispiace, ma credo che dovrei essere sincera con lui, perché gli voglio bene. Non essere in collera con me, farò di tutto per non spezzare il suo cuore. Te lo prometto.”
Tutti gli oggetti caddero per terra di botto, rompendosi in mille pezzi e Bulma capì che avrebbe fatto la stessa fine se non si fosse sottomessa ai voleri di quella entità invisibile.
Quando Yamcha raggiunse la Capsule
Coorporation trovò Bulma ad aspettarlo in cucina.
Aveva un'ombra oscura nello sguardo e le labbra serrate strettamente.
"Bulma! Che ti succede?" disse lui, correndole incontro.
"Non... non è niente..."
Yamcha prese una sedia, si mise seduto accanto a lei e la
fissò negli occhi. "Al telefono hai detto di avere una cosa importante da dirmi.
Di che si tratta?"
Bulma sentì qualcosa di viscido e gelato serrarle il collo, quasi come se delle
mani invisibili si stessero preparando a strozzarla al suo primo passo falso. "Volevo solo... dirti
che noi due... Che io penso che..."
Era così dannatamente difficile poter spiegare, ma doveva farlo. E probabilmente
gli avrebbe detto tutto ciò che sentiva se solo non avesse visto oltre le
spalle di Yamcha: dietro di lui galleggiavano in aria coltelli e forchette.
Si muovevano minacciosamente e Bulma dovette morsicarsi il labbro inferiore per
impedirsi di gridare.
"Allora? Non riesci a dirmi quello che immagino, vero?" disse Yamcha, scuotendo
il capo.
"C-COSA?" Bulma si alzò in piedi di scatto, e lo guardò sconvolta.
"Ho capito tutto, sai? Non sono uno scemo. Avevo sentito già da un po' che c'era
qualcosa che non andava come doveva andare..." Yamcha rimase seduto, col capo
chino.
Bulma si sentì molto giù, sapeva di dargli un grande dolore ma allo stesso
tempo era sollevata dal fatto che lui avesse capito tutto senza bisogno di
parole.
"Oh, Yamcha... Ti ringrazio per la tua comprensione".
"Figurati, piccola. Io capisco bene le donne, so come siete fatte. Non siete
felici di un semplice fidanzamento, volete qualcosa di più impegnativo, di
rassicurante. Sin da piccole sognate il giorno del vostro matrimonio. L'abito
bianco, la fede nuziale, una marea di invitati, le colombe, una sfarzosa
cerimonia... Io ti capisco, Bulma. Ed anche se non credevo di essere pronto per
questo, ora so che è giusto fare il grande passo!"
Bulma strabuzzò gli occhi e sperò con tutto il cuore di avere frainteso il senso
di quelle parole. Vide le posate tornare delicatamente al loro posto, dentro il
cassetto della cucina, e sospirò. Ma quando Yamcha si inginocchiò davanti a lei
con un piccolo anello dorato come dono, per poco non svenne.
"Ma, Yamcha... Io non..."
"Bulma, vuoi diventare mia moglie?"
Era notte fonda quando il fantasma si mostrò a
Bulma per la prima volta.
Lei cercava di dormire nel suo letto, ma le parole che aveva letto nello
specchio del bagno le davano il tormento. “Se lo lascerai, io ti ucciderò…” Inoltre non riusciva a credere di aver accettato l'anello di Yamcha,
una promessa di matrimonio che non era assolutamente intenzionata a mantenere. Ma non era riuscita a dirgli di no.
Prima che se ne andasse gli
aveva rivolto una curiosa domanda.
"Yamcha, posso chiederti
dove hai preso quel carillon? Quello che mi hai dato..."
"In... in un negozio di articoli da regalo!"
Ma lei aveva imparato a capire quando lui mentiva o meno.
"Yamcha! E' importante... Dove l'hai comprato?"
Lui si era rigirato i pollici, sentendosi in colpa. "Se proprio devo dirtelo...
l'ho comprato da una vecchia zingara che aveva una bancarella su, nei monti dove
io mi stavo allenando. Me lo ha dato per pochi spiccioli, e sembrava persino
contenta di liberarsene".
Bulma non aveva avuto difficoltà a crederci, e aveva deciso di sbarazzarsene
anche lei.
Così aveva gettato il cofanetto maledetto nel bidone della spazzatura, ma quando era tornata in camera
sua se lo era ritrovato per magia sopra il comodino.
Si era messa sotto le coperte in preda alla rabbia e all'isteria.
Si chiese cosa
aveva fatto per meritare quella tortura.
Poi il fantasma apparve, e Bulma non ebbe più
modo di pensare a nient'altro che a Lui. Si strinse forte alle lenzuola, sapendo
benissimo che non l'avrebbero protetta da nessuna forza spiritica.
Il fantasma aveva le sembianze di un giovanotto non bellissimo ma a suo modo
affascinante, con quei suoi lunghi capelli mossi ed i suoi grandi occhi
scintillanti.
"Chi sei? Perchè mi dai il tormento? Che cosa ti ho fatto?" "Io ti detesto. Ti odio. Sei una sgualdrinella che non merita l'Amore che riceve
da chi gli sta accanto. Perchè vuoi spezzare il suo cuore?" La voce dell'uomo era profonda e infelice, e Bulma si sentì dispiaciuta per lui.
Di certo doveva aver sofferto molto in passato.
"E tu perchè vuoi obbligarmi a mantenere in vita un sentimento che è già morto?"
domandò, affranta. "Perchè altrimenti sarà lui a morire. Di dolore".
Il fantasma le si avvicinò, e Bulma sentì il carillon aprirsi al suo passaggio
ed emettere la solita melodia malinconica. "Chiudi gli occhi.
Ora capirai cosa significa perdere un grande Amore.
Ora
vedrai..."
CONTINUA…
Nda: Grazie come sempre per le
vostre recensioni. Sono contenta che questa storia vi stia piacendo e che vi
lasci col fiato sospeso... Mi scuso anche per il fatto che Vegeta non ha avuto
ancora molte apparizioni in questi capitoli, ma prometto che presto anche il
nostro amato principe avrà rilevanza nella storia!
Samaun: No, non vedrai Bulma morire tra atroci dolori,
ma forse vedrai un po' di
sangue! Ma ti pare che lascio morire la mia beniamina? Continua a leggere... Mi
manchi tanto ç_ç
Vegitss: Eheh, ma il mio scopo è
proprio quello di metterti angoscia! Anche se devo ammettere che mentre scrivo
mi sento anch'io un po' angosciata. Per scrivere di come si sente Bulma in
presenza del fantasma, immagino sempre su di me quelle sensazioni per poterle
poi descrivere.
Akira90: Sì, noi saremmo svenute, ma Bulma ha coraggio
da vendere!
Kiarachan: No, mi dispiace ma come vedi non è Vegeta che le sta facendo uno
scherzo. La nostra Bulma è proprio nei pasticci!
Martinetta: Yamcha che porta sfortuna? Sì, sì...
concordo. Non è un personaggio molto amato dai lettori, e neanche da... ME! Sto
cercando di non fargli fare troppe brutte figure, poveretto!
Mascia e Sakura: Siete due pervertite, insomma! Non fantasticate mai più su mio
marito! Scherzo, e se volete leggere qualche capitolo piccante, seguite i
prossimi capitoli...
ATTENZIONE: Questo capitolo
tratta un tema molto delicato: il suicidio.
Per questo motivo ne sconsiglio la lettura ai più piccoli. Grazie e buona
lettura.
Il viaggio era stato lungo, ma alla fine ero riuscito a tornare da
Lei.
In ogni minuto, in ogni istante del nostro triste distacco avevo pensato al mio
Amore con un sospiro di sofferenza. Ma il pensiero dei giorni che avremmo
passato insieme mi dava la forza, mi dava la gioia, mi dava... la vita.
L'estate era alle porte, e non vedevo l'ora di trascorrerla al suo fianco.
Le avevo portato un regalo, un carillon con una ballerina danzante. Anche a Lei
piaceva ballare, e lo faceva spesso davanti a me, coi piedi nudi e la leggerezza
di una farfalla. Ero certo che sarebbe stata felice di quel dono.
Mi ero illuso.
Che sciocco!
Mi ero illuso di esserle mancato.
Mi ero illuso che anche lei pensasse a me.
Mi ero illuso che mi avrebbe riaccolto a braccia aperte.
Ed invece avevo trovato solo uno sguardo freddo all'ingresso di casa.
"Credevi davvero che dopo tutto questo tempo lontani, io sarei rimasta qui ad
attenderti?"
Sì, ci credevo.
"Che niente potesse cambiare tra di noi?"
Niente.
"Tieniti il tuo carillon. Non lo posso accettare".
Ma era un dono per te!
"Mi dispiace, ma non provo più niente".
Io invece provavo molte cose: rabbia, delusione, depressione, abbandono...
Avrei smesso di provarle togliendomi la vita?
Questa domanda sembrava avere un'unica risposta, ed invece mi sbagliavo. Oh, se
mi sbagliavo!
Perchè il dolore di un Amore perduto non muore mai.
Andai al ruscello dove solitamente Lei si fermava a raccogliere i fiori, dove
Lei era sempre stata tanto bella alla luce del sole, dove Lei mi aveva
conquistato e amato.
Mi sedetti sull'erbetta fresca e in un attimo valutai il
mio passato, il mio presente, ed il mio futuro. Quest'ultimo però sembrava un
muro nero, invalicabile.
Poi presi la lametta, quella che usavo per radermi la barba. Mi sono tagliato
nella speranza che, insieme al sangue, potesse fuoriuscire dal mio corpo anche
tutta la sofferenza.
Ma il giorno dopo ero ancora lì, seduto in quel prato
magnifico, con l'orgoglio ferito e la dignità sotto i piedi.
Ed ero un non-morto.
Un fantasma.
Per l'eternità.
Bulma aprì gli occhi, e non si sorprese di
sentirli colmi di lacrime.
Il fantasma le aveva mostrato i suoi pensieri e il suo terribile passato, ma lei
non era riuscita a capire appieno quel che era successo. O meglio, lo aveva capito
ma non voleva crederci.
"Mi rifiuto... di pensare che tu abbia fatto... una cosa del genere!" disse con
la voce rotta dal pianto.
Il giovane inarcò un sopracciglio, e fece un gesto vago con la mano. "Perchè no?
Volevo solo smettere di esistere".
Bulma si alzò dal letto, anche se si sentiva le gambe molli e cedevoli. "Avresti
dovuto amare la tua vita, ed invece l'hai disprezzata. La tua vita... te ne
rendi conto?"
"Ti sbagli. Io amavo la mia vita, o almeno... finché non è diventata... una
mezza vita. L'altra metà era stata calpestata, violentata, sminuita, e proprio
dalla donna che amavo."
Bulma gli si avvicinò, e quando tese il braccio per prendergli la mano, lo
attraversò come si attraversa una nuvola gonfia di pioggia. Poi arretrò di un
passo, lo guardò negli
occhi e mormorò "Mi dispiace così tanto..."
"Vuoi ancora fare al tuo ragazzo quello che è stato fatto a me?"
Bulma rifletté un attimo. Poi annuì col capo.
"Molto bene. Se quello che ti ho mostrato non ti è servito a nulla, subirai
ancora a lungo la mia ira!" sbottò il fantasma, con ferocia. Bulma venne
scaraventata all'indietro da un vento oscuro e cadde sul pavimento, ferendosi ad un braccio.
Rimase lì, immobile e distrutta, finché lo spirito non fu scomparso del tutto.
Fu così che Vegeta la trovò, pochi minuti più tardi, entrando in camera sua.
Aveva sentito dei rumori, ed un urlo arrabbiato che proveniva dalla stanza di
Bulma. C'era qualcosa di negativo e malvagio nell'aria, eppure lui non avvertiva
alcuna aura.
Bulma non lo guardò neanche. Aveva lo sguardo vuoto e spiritato, come se avesse
visto qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere, e si teneva con una mano il
braccio ferito.
I due non si dissero nulla. Vegeta la fece alzare da terra, con tutta la
delicatezza di cui era capace, e la riaccompagnò al suo letto. Non una parola.
Solo il silenzio della notte.
Poi lui andò nel bagno per cercare qualcosa con cui medicarla, e quello che
vide lo turbò. Tutto era completamente sottosopra: il pavimento era pieno di
pezzi di vetro e tubetti di creme schiacciati, e tutti i rubinetti erano colmi
d'acqua.
Vegeta si disse che qualunque cosa fosse accaduta in quella stanza doveva essere
stata un'esperienza terribile per Bulma.
Trovò il flacone di disinfettante riverso a terra e usò quello che era rimasto
per bagnare una garza. Tornò da lei e, con non poche difficoltà, riuscì a
fermare l'emorragia fasciandole il braccio.
Bulma si voltò verso di lui, con gli occhi scintillanti di lacrime, e Vegeta
sentì una fitta dolorosa al cuore.
"Si può sapere che ti è successo, donna?"
La risposta di Bulma venne sussurrata con voce talmente bassa che Vegeta la udì
appena.
"Se te lo dicessi, non mi crederesti..."
Lui si alzò piano, e fece per andarsene ma Bulma lo fermò, afferrando la sua
mano.
"Ho paura! Resta con me, stanotte."
CONTINUA…
NdA: In questo capitolo non c'è
un vero e proprio messaggio contro il suicidio, e ne parlo in maniera quasi
superflua per non rendere troppo pesante la narrazione. Ma lascio il mio
messaggio qui, ora: non ho parlato di qualcosa di delicato come il Suicidio a
vanvera. E' un pensiero che è stato vivo in me in 3 diverse occasioni della mia
vita e so che, come me, molte altre persone hanno avuto il desiderio di morire
almeno una volta. Ma oggi sono felice di non averlo mai fatto, perchè la mia
vita presente è bellissima e mi sarei persa moltissime cose stupende che mi sono
capitate. Ho capito che anche quando nulla sembra avere alcun senso, anche
quando il dolore di una perdita ci soffoca, anche quando sentiamo di non
potercela fare e di non riuscire a lottare... non dobbiamo mai perdere la nostra
vita. E' la cosa più preziosa che possediamo, più importante persino dell'Amore.
"Ho paura! Resta con me, stanotte."
Vegeta dovette far ricorso a tutto l'autocontrollo di cui disponeva in quel
momento.
"Tu non sai quello che dici!"
Una pausa. Il silenzio delle cose dolorose. Poi una voce che quel dolore lo
trasmetteva senza rimedio.
"Non te ne andare, ti prego..."
Vegeta si voltò verso di lei, e Bulma si meravigliò di vedere il suo viso livido
dalla rabbia.
"Perchè non chiami il tuo amichetto terrestre? O meglio ancora... Kakaroth! Loro
correrebbero qui da te a consolarti e difenderti. Ma a me non puoi e non devi
chiedere nulla. Io non sono uno dei tuoi bambolotti!"
"Io non ti ho mai chiesto niente, Vegeta! Da quando ci conosciamo questo è il
primo favore che ti chiedo..."
Ora Bulma era ancora più addolorata e la sua voce suonò stridula, esasperata.
Vegeta la fissò, stringendo gli occhi per distinguere meglio le sue forme
nell'oscurità della stanza. Ed erano le più belle forme su cui i suoi occhi si
fossero mai posati. Sentì che doveva assolutamente scappare da quella situazione
imbarazzante o le conseguenze sarebbero state disastrose, in particolar modo per
la sua dignità.
"Non mi interessa. Arrangiati..."
Si avviò di fretta verso la porta e, mentre la apriva, le parole di Bulma
bloccarono le sue gambe e la sua volontà.
"Un fantasma mi perseguita."
Lei si pentì di aver parlato e si aspettò che da un momento all'altro Vegeta
scoppiasse a ridere.
Ma non accadde.
Lui disse l'ultima parola che Bulma si sarebbe mai immaginata di sentire.
"Capisco..."
"Tu mi credi! Non pensi che io stia dando i numeri o cose del genere, vero?"
disse, agitandosi sul letto.
"Voi terrestri siete talmente sciocchi da non credere nemmeno alle cose che vi
si parano davanti agli occhi. I fantasmi esistono, ma è una realtà troppo
scomoda per voi da accettare..."
Vegeta richiuse la porta e si voltò verso quella donna che all'improvviso non
sembrava più essere impaurita e indifesa. Gli stava sorridendo come se avesse
ritrovato un attimo di serenità. "Grazie, Vegeta. Se tu resterai qui con me, il
fantasma che vuole uccidermi non oserà più avvicinarsi".
"Ti sbagli!" la disilluse lui. "I fantasmi non hanno alcuna paura di me..."
"Perchè no?"
"Perchè non temono che io possa ferirli o ucciderli. Sono già morti!"
Vegeta le rivolse un sorriso ironico e lei si sentì una stupida per non esserci
arrivata da sola.
Fu felice quando si accorse che lui si stava liberando degli stivali e della
camicia. Bulma gli fece spazio nel letto e scostò le coperte. Vegeta si accomodò
con movimenti rigidi ed il volto teso.
"Sia chiaro che questa è l'ultima volta che ti faccio un favore..."
"Certo, Vegeta! L'unica e l'ultima. Ed io domani ti riparerò le attrezzature per
i tuoi allenamenti!" gli promise lei, accucciandosi contro di lui. Non riusciva
a capacitarsi di sentirsi così serena, nonostante tutto quello che le era
accaduto nelle ultime ore. Dovette ammettere a sé stessa che era la vicinanza di
Vegeta a farle battere il cuore di gioia. *E' una semplice e stupida attrazione fisica! Ricordi, Bulma? Attrazione
fisica. Niente di più e niente di meno* , cercò di ripetersi nella sua
mente, mentre le braccia andavano a circondare la vita muscolosa e nuda del
saiyan. Lui si irrigidì ancora più di quanto già non lo fosse, e si sentì
bruciare dalla testa ai piedi. Tossicchiò e cercò di allontanare Bulma da sé con
delle piccole spinte.
"Emh... e come mai questo fantasma vorrebbe ucciderti?"
"Credo che riveda in me... la sua Amata che gli ha spezzato il cuore. Uff, in
realtà non so più a cosa pensare!" disse Bulma, staccandosi da Vegeta e
allungandosi le coperte fino al naso. Poi fissò il soffitto, come aspettandosi
da un momento all'altro un'apparizione demoniaca, e gli domandò "Tu cosa sai
esattamente dei fantasmi?"
"So che sono ovunque. Alcuni sono inoffensivi, altri covano dentro così tanto
rancore da volerlo riversare nei vivi..."
Bulma riportò lo sguardo su di lui, e con ammirazione gli chiese "Come sai tutte
queste cose?"
"Perchè molti degli esseri che ho ucciso vengono a trovarmi la notte".
Vide Bulma impallidire di colpo.
"Che c'è? Ti sei resa conto solo ora di condividere il tuo letto con un
assassino?" disse Vegeta con un basso ringhio.
Lei sembrò sul punto di scoppiare piangere e tirava su con il naso, come se
fosse raffreddata. "Non è questo, Vegeta. Sono solo... dispiaciuta per te. Io
sono qui che tremo e mi lamento perchè uno stupido fantasma si diverte a
minacciarmi, e tu... invece... Quante notti in bianco avrai passato in tutti
questi anni?"
Vegeta scrollò le spalle. "Ho perso il conto. Ma credo di essermelo meritato,
no? E' normale che cerchino di vendicarsi di me. Se io ti uccidessi, ora, in
questo momento..." la voce di Vegeta si fece bassa, pericolosa e allo stesso
tempo molto suadente. "...il tuo spirito verrebbe a tormentarmi tutte le notti,
non è così?"
"Ci penso già da viva a tormentarti. E comunque sappi che non ho alcuna paura di
te!" *Ho paura di me stessa e di quello che sto provando...* pensò Bulma,
affondando sotto le lenzuola ch'erano diventate bollenti.Poi un pensiero
dolcissimo le balenò in mente. "Vegeta, ti sei accorto che questa è stata la conversazione più lunga che
abbiamo mai fatto da quando abiti qui?"
Lui non rispose. Si mise comodo e le diede la schiena, cercando di rilassarsi e
di non pensare a quanto fosse meraviglioso stare così vicino a lei.
Bulma sospirò e nonostante sentisse ancora la presenza gelida del fantasma che
la osservava, si addormentò immediatamente.
Fece solo bellissimi sogni, quella notte...
Quando Bulma si svegliò il mattino
seguente, sentì un grosso peso sul cuore.
Il suo primo pensiero fu che probabilmente il fantasma aveva deciso di ucciderla
durante il sonno.
Con una pugnalata al cuore?
Abbassò piano lo sguardo sul proprio petto, temendo di vedere sangue sgorgare a
fiumi, ed invece quello che le si parò davanti fu ancora più... sconvolgente!
Vegeta stava riposando beatamente col volto poggiato contro i suoi seni!
Russava piano, e sembrava stesse facendo un sogno bellissimo. Un sogno che fu
interrotto dagli ultrasuoni della voce di lei.
"VEGETAAAAA!!"
Lui non si mosse di un millimetro, ma socchiuse gli occhi infastidito. "C-che
diamine vuoi? E' arrivato il tuo fantasmino?"
Bulma cercò di farlo rotolare dall'altra parte del letto, spingendolo con tutta la
forza che aveva in corpo.
"STAI DORMENDO... SOPRA LE MIE TETTE!"
"E allora?" disse Vegeta, sorridendo provocante. "Sei stata tu a volermi nel tuo
letto. E se non mi sbaglio non hai mai precisato il fatto che... non potevo
usarti come cuscino".
Bulma lo fissò scandalizzata e lui allargò il suo sorriso, divertito
dall'imbarazzo della donna.
La trovava semplicemente splendida quella mattina, con quel volto arrossato e
furioso, i capelli che le cadevano disordinatamente sulle spalle, e la fiamma
nei suoi occhi resa viva dalla rabbia del momento.
"Io credevo fosse sottinteso che non dovevi approfittare di me mentre dormivo!"
replicò quando si fu calmata un poco. Vegeta si mise seduto sul bordo del letto
e cominciò a infilarsi gli stivali.
"Approfittare di te? Se avessi voluto veramente approfittare di te, ora saresti
talmente stanca e appagata da non avere più fiato, e non strilleresti come
un'oca."
Detto ciò si alzò pigramente e s'infilò la camicia. Bulma ebbe una rapida
visione di quello che Vegeta aveva voluto intendere, e ciò che vide nella
sua testa la liquefece. Il suo viaggio mentale terminò però quando Vegeta le
disse "Sei fortunata a non piacermi per niente!"
"Stai scherzando, vero? Io ti piaccio, eccome! Io piaccio a chiunque, hai
capito?" replicò Bulma alzando fiera la testa e rizzando le spalle. "Tieni per
sempre con te il ricordo di questa notte, perchè non ti ricapiterà mai più di
avere una simile bellezza come compagna di letto!" *Quanto adoro quel suo caratterino impertinente...* pensò Vegeta,
avviandosi a malincuore verso l'uscita. Fosse dipeso da lui avrebbe prolungato
quel battibecco all'infinito, ma aveva un allenamento stremante da svolgere.
Aprì la porta, si voltò verso Bulma e disse "Vedi di mantenere la tua promessa,
piuttosto. Devi riparare le mie attrezzature, datti da fare!"
Lei gli lanciò contro un cuscino, ma andò a sbattere sulla porta ormai
chiusa.
** ** ** ** ** **
*Maledetto Vegeta! Mi tratta come una
schiava. La sua arroganza e
la sua... indifferenza mi fanno imbestialire!*
Bulma aveva trascorso il resto della giornata in laboratorio, estraniandosi da
tutto e da tutti. Era quello il luogo dove amava di più rifugiarsi quando era
nervosa e triste.
Lavorare l'aiutava a non pensare, eppure... Eppure quel giorno
era così difficile per lei concentrarsi sulle sue macchine!
Non riusciva a smettere di fantasticare su Vegeta, su quanto fosse stata serena
e tenera la notte passata insieme. Lui era stato protettivo, rassicurante e
confortante, tutti aggettivi che con uno come Vegeta non avevano mai avuto
niente a che fare. Ma quella notte lui era stato diverso, e anche qualcosa nel
loro rapporto stava cambiando. Bulma ne era ben conscia, anche se cercava di
soffocare i suoi sentimenti.
*Che relazione sarebbe con uno come lui? Mi farebbe soffrire e basta, quel
bastardo!* si ripeteva ormai da ore, mentre riparava i robot che Vegeta aveva
distrutto e che le ricordavano costantemente quanto lui fosse rozzo, barbaro,
violento e incivile...
*Ma non incrollabile! Dopotutto anche lui ha le sue paure, le sue debolezze e...
i suoi fantasmi!* si disse Bulma.
Era talmente immersa da suoi pensieri da non accorgersi di ciò che stava
accadendo alle sue spalle.
Cacciaviti, martelli, lamine di ferro e chiodi si stavano sollevando dagli
scaffali e puntavano dritti verso di lei.
Bulma avvertì di colpo la sensazione gelida che il fantasma le dava ogni
qualvolta appariva. Si voltò di scatto e riuscì ad abbassarsi in tempo, evitando
di essere colpita.
"OH, NO! CI RISIAMO! LASCIAMI IN PACE!" piagnucolò, raggomitolata su sé stessa.
Con uno scatto degno d'atleta si precipitò verso la porta del laboratorio, ma
gli attrezzi del suo lavoro le si rivoltarono contro un'altra volta e non poté
fare nulla per scansarli.
Cadde a terra gemendo di dolore, e notò che gli oggetti che l'avevano
colpita si stavano disponendo ordinatamente sul pavimento a formare una parola.
Bulma si mise lentamente in ginocchio per vedere meglio, e quello che lesse la
ferì più di una martellata al cuore. "TROIA"
"Ti sbagli. Io non sono meschina come credi..." Bulma cominciò a piangere
ed il fantasma si formò sopra di lei.
"Ora finalmente capisco molte cose..." sibilò il fantasma, sopra di lei. E
le sue parole suonavano di condanna. "Tu desideri un altro uomo!"
"Non so di che parli..." ripose Bulma, che non voleva ammettere nemmeno a sé
stessa la verità: per Vegeta non provava più solo un'attrazione fatale, ma dei
veri e propri sentimenti dal profondo del cuore.
"NON MENTIRE! Non mentire con me! Ora capisco tutto. Probabilmente anche Lei
aveva qualcun altro. Probabilmente anche Lei mi ha lasciato per questo motivo...
Voleva che ci fosse un altro a riscaldare le sue notti!"
Bulma non avrebbe mai detto, prima di allora, che potesse esistere un dolore e
una rabbia così forte da sopravvivere al tempo e alla morte.
"Tu pagherai! Pagherai per il male che vuoi fare, e pagherai per il male che mi
è stato fatto in passato!"
"MA IO NON SONO LEI!" urlò Bulma con disperazione. "Io non sono Lei. Punire me
non ti servirà a ritornare indietro nel tempo, a farle cambiare idea, a farvi
tornare insieme..." aggiunse poi con la voce strozzata dal pianto.
Il fantasma le si avvicinò solenne, assorbì il significato di quelle parole ed
infine si dissolse nell'aria.
Bulma rimase accasciata a terra per un tempo indefinibile.
E fu così che Vegeta la trovò.
Il saiyan capì immediatamente ciò che doveva essere successo in quel
laboratorio, e non le fece domande. Gettò uno sguardo sdegnato alla scritta sul
pavimento, poi si chinò a raccogliere Bulma che in quel frangente emanava una
sensazione di fragilità indefinibile. Vegeta la strinse a sé e si chiese com'era
possibile provare così tanta riverenza e suggestione per la bellezza di una
donna.
Lei si sentiva come sospesa nel vuoto, ma l'abbraccio di Vegeta la riportò con i
piedi per terra.
"Sei qui..."
"Ero venuto ad assicurarmi che tu avessi terminato ciò che ti avevo chiesto".
Vegeta non lo disse con la sua solita fredda arroganza, bensì con un timbro di
voce calmo e caldo, come una carezza. "Inoltre avevo molta fame. Quando ti
decidi a preparare la cena?"
Bulma pensò che non aveva nessunissima fame e nessunissima voglia di cucinare,
ma che per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Si strinse più forte al suo corpo,
e mormorò "Resti con me anche stanotte?"
"Non ci contare troppo..."
Non era stato né un sì né un no, ma a Bulma bastò per farla sorridere.
"Yamcha! Che ci fai qui?"
Bulma aveva cercato di rimettere in ordine il laboratorio, con
scarsi risultati, poi si era arresa ed era salita in cucina a preparare qualcosa
da mangiare per Vegeta. Lì aveva trovato Yamcha, seduto e con lo sguardo
assorto.
"Scusami se sono venuto a quest'ora. Ti dovevo parlare..."
C'era qualcosa di insolito e malinconico nella sua voce, e Bulma si affrettò a dire "Non
preoccuparti. Raccontami tutto, piuttosto!"
Yamcha si alzò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro, nervosamente,
sotto gli occhi perplessi di Bulma. Poi prese un profondo respiro e tirò fuori
tutti ciò che lo tormentava dentro. "Ok... si tratta del matrimonio. Io... Io
non sono più sicuro di volermi sposare".
Bulma tacque e gli fece segno di andare avanti. Yamcha annuì ed evitò di
guardarla in faccia. Era certo che in quel momento lei avesse in viso
un'espressione delusa e arrabbiata... Non sapeva che in realtà Bulma stava
sorridendo e sospirando di sollievo.
"Non ci riesco, non ce la faccio... Il solo pensiero di una vita fatta di poche
libertà e molti sacrifici mi fa stare male. Io provo un grandissimo affetto per
te, ma il matrimonio unisce due persone per la vita! E' un passo importantissimo
e deve essere affrontato con la massima convinzione. Ed io non lo so... Non lo
so se siamo pronti". Yamcha curvò le spalle, come una persona che si è appena
liberata di un grosso peso.
Bulma si diresse verso di lui e gli prese entrambe le mani, guardandolo diritto
negli occhi.
"No, non siamo pronti. E probabilmente non lo saremo mai..."
"Sono contento che la pensi come me" replicò lui, leggermente sorpreso. "Ma
adesso? Che ne sarà di noi?"
Il silenzio calò sulla cucina come un macigno. Il silenzio delle cose non dette,
il silenzio delle verità celate, il silenzio dei pensieri più intimi, il
silenzio che precede un addio.
Fu Yamcha a parlare per primo. "E' finita, vero?"
"Credo proprio di sì".
"Com'è successo? Cosa ci ha divisi tanto da arrivare a questo punto?"
Bulma non aveva risposta a questa domanda. Lo baciò leggermente sulle labbra,
mentre una lacrima scivolava lungo la sua guancia. "Ho bisogno che tu mi
prometta che saremo sempre amici!" Disse poi tutto d'un fiato.
Bulma aveva sentito di troppe coppie che si erano lasciate con rancore e
rimpianto. E la storia del fantasma era la più tragica di tutte...
"Te lo prometto. La nostra amicizia non finirà mai..."
Si abbracciarono a lungo, credendo di essere soli.
In realtà Vegeta aveva
sentito ogni cosa. Era andato in cucina per accertarsi che Bulma gli avesse
cucinato qualcosa di sostanzioso, e quando li aveva sentiti parlare così
seriamente aveva preferito non interromperli ed era rimasto nascosto nell'ombra
ad ascoltare. Ed anche il fantasma non si era perso una parola, era sempre stato
lì, invisibile e gelido come il Vuoto.
Yamcha decise che era arrivato il momento di andare. Aveva il volto molto più
disteso e sereno di quando si era precipitato in casa Briefs. Era quasi uscito
dalla porta, quando le rivolse un'ultima domanda.
"Bulma, sei... innamorata di un altro?"
"CERTO CHE NO!" L'impeto e l'immediatezza con cui Bulma rispose non lasciò dubbi
a Yamcha.
"Sì, invece..." la corresse lui con un sorriso carico di rassegnazione.
** ** ** ** ** **
"So che sei qui. Fatti vedere." disse
Bulma quando Yamcha se ne fu andato.
Vegeta sobbalzò da dietro il suo nascondiglio, credendo che la ragazza stesse
parlando con lui. Che avesse imparato a percepire le auree?
"Mi ero sbagliato su tutto... Mi dispiace" disse il fantasma fuoriuscendo dal
centro della tavola, e Vegeta rimase nascosto ad osservarlo, temendo che potesse
aggredire nuovamente Bulma.
Lei si mise seduta portando le mani ai capelli: sentiva la testa scoppiarle.
"Anch'io mi ero sbagliata. Non credevo che lasciarmi con Yamcha sarebbe stato
così doloroso... Ora sento un gran vuoto dentro".
Il fantasma fluttuò sopra la sua testa, lasciando dietro di sé una scia fredda e
malinconica che penetrò Bulma fin dentro le ossa.
"Avevi ragione tu. La mia storia e ben diversa dalla tua. E tu non sei come
Lei..."
Con quelle parole il fantasma siglò per sempre la fine di una battaglia
logorante e inutile.
"Finalmente lo hai capito! Cosa farai adesso?" domandò Bulma, sollevando il
capo.
"Tornerò nel mio carillon. Non troverò mai la pace dopo quello che ho fatto, e...
Grazie a te ho capito che il mio suicidio è stato un grave errore".
"Perchè?"
Il fantasma sorrise, e lentamente cominciò a dissolversi.
"Perchè mi hai fatto capire che se un Amore finisce, probabilmente non è mai
stato un Vero Amore.
Perchè anche se un Amore finisce, non è detto che non ne possa nascere un
altro..."
Quella fu l'ultima volta che Bulma lo vide.
CONTINUA…
Grazie ancora a tutti coloro che
stanno seguendo la mia storia, e commentando. Sono così felice che le mie storie
vi appassionino e vi lascino col fiato sospeso...
Non perdete il prossimo ed ultimo capitolo, intitolato "LA NASCITA DI UN NUOVO
AMORE".
"Vegeta... Stai dormendo?"
Bulma bussò alla porta della camera di Vegeta e, non ottenendo risposta, la
socchiuse piano sbirciando all'interno. Il saiyan era fermo davanti alla
finestra con solo i pantaloni addosso e sembrava immerso nei suoi pensieri.
Bulma avanzò di qualche passo, ma lui la bloccò bruscamente. "Va via!"
"Ma io ti stavo aspettando... nella mia stanza..." sussurrò lei, timidamente.
Vegeta piegò le labbra in un sorriso beffardo. "E perchè mai? Ormai ti sei
liberata del tuo fantasma, no?"
"Ma tu non ti sei ancora liberato dei tuoi, Vegeta."
Bulma era stanca.
Stanca di nascondere quello che provava, stanca di avere
paura, stanca di essere sola...
Facendo ricorso a tutto il suo coraggio, scostò le lenzuola del letto e vi si
adagiò comodamente, sotto lo sguardo indispettito di Vegeta. "Che diamine
stai..."
"Dormirò con te, Vegeta! Che ti piaccia o no! Non voglio che tu rimanga solo la
notte... Non ora che so cosa significa combattere contro degli spiriti assettati di
vendetta".
Bulma deglutì a fatica quando Vegeta si fece strada tra le lenzuola. "Non mi
inganni, donna. Non sei qui per altruismo ma solo per un tuo piacere... Però ti avverto. Stai giocando con
il fuoco".
"Non importa se mi scotterò..."
Vegeta si sdraiò di fianco, e Bulma fece altrettanto di modo da poterlo guardare
negli occhi. Rimasero così, a fissarsi a lungo senza più dire nulla, stando ben
attenti a non sfiorarsi.
Fu Bulma a parlare per prima.
"Io ti piaccio?"
"Sei stata tu a dire che piaci a chiunque..."
"Già, ma tu non sei una persona qualunque. Rispondi alla mia domanda".
"Perchè mai dovresti piacermi? A me non piace nessuno..."
"Non ti credo. Non provi niente se faccio questo?"
Bulma prese il viso di Vegeta tra le mani e lo baciò dolcemente. Quando si
staccò ciò che vide la stupì. Desiderio. Il desiderio scuriva ancor più gli occhi duri di un uomo che
probabilmente non aveva mai visto altro che guerra e morte.
Poi fu Vegeta ad avvicinare le labbra a strappare un altro bacio, in cerca di
quelle sensazioni che gli dicevano che lui non era un uomo morto e vuoto, ma
vivo e pieno di passione. Ogni pensiero di potere e di conquista fu spazzato via
da un'ondata di fuoco nell'istante in cui le loro labbra si toccarono. La
pressione del suo seno contro il suo petto nudo, la stoffa della vestaglia sotto
le dita mentre le carezzava le curve piene, il suono del suo respiro, dolce e
irregolare fra un bacio e l'altro. Emozioni diverse lo travolsero a ondate, ma
anziché fuggirle Vegeta se ne lasciò invadere...
Da quel momento non sarebbe mai più stato lo stesso.
VENTI ANNI DOPO...
Quando i primi raggi di luce cominciarono a filtrare tra le tende, Vegeta si
svegliò e osservò Bulma, sua moglie, che dormiva supina con i capelli
azzurri sparsi sul cuscino. In sottofondo si udiva il rumore attutito del
traffico: colpi di clacson e motori che acceleravano, ma il saiyan era troppo
immerso nei suoi pensieri per considerare ciò che succedeva al di fuori dalle
mura della sua casa.
*E' passato così tanto tempo dalla prima volta che l'ho avuta...* si disse
mentre si chinava a sfiorare i capelli di Bulma. Pensò a quanto fosse bella
sdraiata lì accanto, a quanto lo fosse stata sempre.
"Vegeta, ma che ore sono?" si lamentò lei, stropicciandosi gli occhi e
sbadigliando piano.
Lui le mise le mani alla vita e l'attirò a sé. "E' l'ora in cui tu ti svegli e
mi dai quello che voglio..." le sospirò sulle labbra, zittendo ogni possibile
replica con un profondo bacio.
"Bulma..." chiamò il suo nome in un grido roco, mentre si stendeva su di lei
schiacciandola contro le lenzuola. La sentì gemere e sorrise malizioso.
"Ah... Aspetta! Sta arrivando Trunks!" ridacchiò lei cercando di liberarsi dalla
sua stretta possessiva. Aveva sentito dei passi affrettati di qualcuno che
saliva le scale ed infatti, poco dopo, la figura di loro figlio apparve sulla
soglia della camera.
"Mamma, papà! Bra è scomparsa!"
Bulma balzò giù dal letto e infilò velocemente le pantofole, mentre Vegeta
sbuffava, infastidito dal piacere che gli era stato negato.
"Hai guardato bene nella sua cameretta?" domandò Bulma scendendo di fretta le
scale.
Trunks annuì e insieme si misero alla ricerca della bambina. Girarono come
disperati per tutte le stanze della Capsule Coorporation, gridando il suo nome.
Alla fine la trovarono nell'ultimo posto dove si sarebbero mai aspettati di
vederla: in soffitta.
"Santo Cielo, Bra! Ma che diamine sei venuta a fare quassù?" Bulma sospirò di
sollievo e le corse incontro prendendola in braccio.
"Scusa mammina, ho sentito qualcuno piangere e sono andata a vedere!" spiegò la
piccola, sfoggiando un sorriso innocente e disarmante.
"Sei una gran bugiarda oltre che pestifera!" la ammonì Trunks, incrociando le
braccia al petto.
"No che non sono bugiarda! Ho sentito davvero qualcuno piangere!" strillò Bra,
dimenandosi tra le braccia di sua madre. Bulma gettò uno sguardo sugli scatoloni
e sui bauli rannicchiati nella soffitta, e sentì per un attimo il cuore smettere
di battere quando intravide il suo vecchio carillon, adagiato sul pavimento
polveroso.
"Io ti credo, Bra..." mormorò verso sua figlia, senza staccare gli occhi dal
cofanetto di legno.
"Davvero, mamma?"
Bulm la baciò sulla guancia e le rispose con un sorriso triste ed un intimo
pensiero.
*Davvero, Bra.
Ci sono persone a cui è stata negata per sempre la possibilità di vivere la
meraviglia di un Nuovo Amore. Il loro animo non troverà mai pace per quello che
hanno perso e per quello che avrebbero potuto avere, e il loro spirito
continuerà a piangere in eterno, racchiuso in un oggetto che ha significato
tutto... e che ha dato in cambio niente.*
THE END
NdCrazyB:
Ebbene sì, è già finita. Ma non
preoccupatevi, la mia mente malata ne ha già un'altra pronta in cantiere!
Intanto lasciatemi un vostro parere su quella appena terminata e che spero abbia
lasciato qualcosa nei vostri cuori. Alla prossima, allora!