Figlio di Satana

di 1918
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Avviso ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Figlio di Satana


“Non possiamo”
“Perché?”
“Io non posso.. Questo- indicò lo spazio tra loro- non..è..giusto”
“Perché?” Bella si sentiva una bambina nell’età dei perché.
“Non appartengo a questo mondo”
“Tu.. Io appartengo a te”
“Non dire così” Edward distolse lo sguardo dalla minuta ragazza.

“Non dire così” ripeté, ma stavolta le parole uscirono con fatica. “Io devo andare” si costrinse a dire.
“Non andare!” Bella gli prese il braccio, ma lui si liberò. “Ti prego” sussurrò allora.
“Questo non è il mio mondo” le ripeté, senza guardarla negli occhi. “Non posso essere io il tuo mondo?” Bella aveva le lacrime agli occhi. Edward se ne stava andando, lasciandola sola, e questa volta per sempre.
“No” Edward continuava ad evitare il suo sguardo. “Adesso devo andare” .
“Guardami” lo supplicò.
“Non posso”
“Un’ultima volta.. Ti prego”
Edward stava cedendo, non aveva la forza per starle lontano. Con un sospiro cedette.
Si voltò verso di lei, ma la visione di Bella in lacrime gli strinse il cuore che solo da poco aveva riscoperto di avere. L’abbracciò di slancio, mai come quella notte le sembrava così piccola e indifesa. La strinse forte, entrambi sapevano che quello era il loro ultimo abbraccio. Edward la lasciò e si avviò verso la porta che portava alle scale della loro antica scuola, ma che solo per quella sera erano il collegamento tra il mondo mortale e gli inferi.
Bella rimase lì, ferma nell’androne della scuola, pensando a quante volte lo aveva visto varcare quella soglia, e l’avevano varcata insieme diretti alla loro classe.
La figura di Edward era alta e slanciata come al solito. I capelli bronzei che coprivano il collo, la leggera maglietta grigia che metteva in risalto la sua schiena muscolosa,e la giacca di pelle sotto il braccio. Semplicemente bellissimo.
Edward non si girò più, aprì la porta e scivolò dentro. Bella trattenne il fiato, quella era l’ultima volta che lo vedeva, e le lacrime le impedivano di godere di tutta la sua figura. Lo chiamò “Edward!”, aveva deciso che non ci stava. Era solo una stupida profezia che per lei non valeva niente.
La porta si stava per chiudere, Bella si mise a correre verso di essa. Riuscì ad arrivare poco prima che si chiudesse, con tutta la forza che aveva in corpo spinse. La porta si aprì senza opporre resistenza, e Bella che spingeva si trovò dall’altro lato della porta, avvolta da una fitta nebbia..



Spero vi sia piaciuta, e che mi lasciate un commento
1918

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Bella era appena entrata nel piccolo sottoportico che portava alle scale prima dell’androne della scuola. Con l’iPod ancora acceso aveva salutato le bidelle, si era diretta verso il tavolo con sopra i depliant e con una rapida occhiata vide che non c’era nessuna novità. Spegnendo l’iPod passò sotto le coppe vinte dalla scuola nei vari tornei, superò la presidenza e prese la porta che dava sulla rampa di scale che portava al piano della sua classe, l’ultimo.
Salì le scale lentamente, non aveva nessuna voglia di iniziare quella giornata, per quanto i suoi voti a scuola fossero alti non aveva più voglia di studiare, ed erano solo a gennaio. Con un sospiro entrò nella sua classe, al suono della campanella mancavano ancora due minuti, e chi aveva passato il weekend senza fare niente stava copiando i compiti.
Molte volte si domandava perché persone così sfaticate avessero scelto un liceo del genere. Svogliata si andò a sedere in ultima fila, il banco vuoto di fianco a lei. Non che non avesse una compagna di banco, ma semplicemente Tanya preferiva sedersi vicino a qualcuno meno asociale con cui parlare di moda e ragazzi.
Ma sinceramente nemmeno lei stava bene con se stessa, figuriamoci gli altri. Iniziava anche a preoccuparsi del fatto di non aver mai avuto un ragazzo, anche se non ne sentiva la mancanza, ma forse preoccuparsi di una cosa così stupida come facevano le ragazze della sua classe la faceva sembrare più normale.
La campanella era suonata, i libri della lezione sopra il banco e il banco vuoto di fianco a lei vuoto. Tutto nella norma insomma. Era appena entrata in classe Sibilla, una ragazza solare con lunghi capelli rossi, solita vestirsi quasi sempre di bianco, che stava sempre con Alice, una ragazza minuta con corti capelli neri, lei solita vestirsi di nero. Bella ogni tanto si ritrovava il loro sguardo addosso, uno sguardo freddo, e poi le vedeva scambiarsi un’occhiata tra di loro e sussurrarsi qualcosa. Bella alzava le spalle, non le importavano i pettegolezzi.
Non era vero, chi voleva prendere in giro? Viveva nel più totale incertezza ed insicurezza. Quante volte aveva desiderato poter leggere nella mente delle persone solo per poter sapere quello che pensavano di lei? Tante, troppe.
Con un sospiro aprì l’astuccio e tirò fuori una penna nera. Era l’unico colore con cui scriveva. Da piccola aveva sentito dire che di blu ce ne sono tanti, mentre di nero uno solo, e quella frase le era piaciuta talmente tanto che ne aveva fatto la sua filosofia di vita.
Le prime due ore avrebbero avuto due ore di greco, probabilmente la professoressa avrebbe interrogato, poco male, lei per il momento aveva già dato. Appoggiò la testa al muro e si preparò per due ore parecchio noiose. «Buongiorno ragazzi» la professoressa fece il suo ingresso in classe. Era una donna vicina alla quarantina, con capelli corti e biondi, un po’ in sovrappeso e gentile solo con gli alunni che piacevano a lei. Bella per fortuna sua era tra questi, ma non poteva evitare di odiarla.
C’era qualcosa nel suo naso schiacciato, negli occhiali con una catenella di perline, che non le piaceva. «Potete sedervi pure- lei si lasciò cadere sulla sedia dietro alla cattedra- Purtroppo ho dimenticato in sala insegnanti l’agenda» Bella con la penna in mano stava disegnando un motivo geometrico su di un foglio.
Cercava il più possibile di tenere la voce della professoressa lontana dai suoi pensieri, sentiva già nella testa l’eco di un mal di testa. «Professoressa, vuole che vada io a prenderla?» Tanya si era rivolta all’insegnate con il tono più cortese e disponibile del suo repertorio. Bella dalla sua ultima fila non distoglieva lo sguardo dalla penna che faceva girare tra le dita, il tono di Tanya non lo sopportava, o forse non sopportava lei.
Quella mattinata era iniziata in modo orrendo, sperava che le cose migliorassero «No grazie, Isabella, potresti andare tu? È rossa, dovrebbe essere sopra al tavolo». Ok, la possibilità che quel giorno migliorasse era ormai remota. Non tanto per il fatto di uscire dalla classe per pochi minuti, più perché avrebbe dovuto entrare nella sala insegnanti, tutti l’avrebbero guardata e magari chiesto perché fosse lì, i ragazzi delle altre classi lo stesso.
E lei non voleva. Perché non poteva rimanere nel suo anonimato? Scelse la strada più lunga per arrivare, quella che di solito era poco traffica, e poi non aveva voglia di fare tutti quei gradini che aveva fatto solo pochi minuti prima. Rifece il corridoio al contrario, ed entrò nella sala insegnati dalla prima porta.
Il lungo stanzone per fortuna era quasi vuoto, pochi professori che correggevano compiti. Velocemente si diresse verso il grande tavolo al centro della sala, l’agenda non era distante da Bella, che la prese e uscì velocemente. Quella stanza non le piaceva, era bassa e esageratamente lunga, con finestre piccole e piccoli armadietti che sicuramente avevano visto anni migliori.
Ma la sua scuola era un po’ così.
Si alternava antico a moderno, l’entrata ne era un esempio. La lapide dove era stato inciso l’editto di Napoleone più di 200 anni prima, era affiancata da un non tanto moderno cancello in ferro battuto a cui avevano da poco applicato delle lastra di plexiglas.
La prima volta in cui aveva messo piede in quella scuola aveva pensato di essere finita a Hogwarts. Nell’aula magna c’erano librerie antiche con all’interno tomi ancora più antichi, e Bella era sicura che fossero quasi tutti pezzi unici, tanto che alcuni erano stati spostati dentro teche di vetro climatizzato.
Con l’agenda al petto si diresse verso la classe, senza fermarsi più su quanto quella porta fosse antica rispetto alle lavagne elettroniche che avevano nelle classi. Una ragazza con un corto vestito di lana la superò diretta verso le classi del corso A.
Bella si chiese se si fosse dimenticata i pantaloni a casa. Era gennaio per la miseria, come era riuscita ad arrivare fino alla scuola con un vestito inguinale e senza calze ? Dovevano darle un premio solo per quello.
Forse si era cambiata in bagno, era facile entrare in bagno (Antico anche quello, o meglio vecchio) e vedere ragazze cambiarsi senza pudore.
Anche in quello Bella non era una ragazza normale, si vestita con jeans e magliette sformate, preferibilmente il tutto coperto con felpe enormi. Non era alla ricerca costante di una marca, anzi meglio se non aveva scritte strane e gingilli in posti improbabili.
Aprì la porta della sua classe, che stranamente era in silenzio. «Grazie Isabella, devo ancora iniziare a spiegare, abbiamo un nuovo acquisto nella nostra classe! Sono sicura che andrete d‘accordo» la professoressa le aveva parlato con un sorriso estatico sul viso. Compagno nuovo ? Ma non c’erano più posti a parte.. No, la prof avrà chiesto alla bidella un nuovo banco, o avranno spostato quello di fianco a lei. Bella non voleva nessuno vicino, non sapeva mai come comportarsi con i compagni di banco, ed era sicura che anche i professori ormai lo avessero capito.
Lentamente si girò per andare al suo posto, con la testa bassa, come era solita camminare. Quando arrivo a quella che fino a pochi minuti prima era la sua ultima fila, alzò lo sguardo e trovò nel posto di fianco al suo un ragazzo comodamente seduto sulla sedia.
Più che seduto sembrava stravaccato, e riusciva a far sembrare incredibilmente comoda quella seggiola di legno che spezza la schiena. Una veloce occhiata, prima di rendersi conto che anche lui la stava fissando. Si ricompose velocemente, guardando fuori dalla finestra.
La cosa che più le piaceva di se stessa, era che per quanto timida, per quanto fuori da quel luogo si sentisse, non arrossiva mai. Un punto a suo favore, era sicura che sarebbe altrimenti andati in giro tutto il giorno con un pomodoro al posto del viso, e questa era l’ultima cosa che le serviva.
La lezione continuava e Bella si ritrovò a pensare al ragazzo, che solo in quel momento si rese conto di non sapere il suo nome. Continuava a guardare verso il banco, la mano sinistra rilassata lungo il fianco. Con la destra stringeva una penna, un foglio bianco davanti a lui.
Bella era stanca, con la mano sinistra si reggeva la testa, che improvvisamente sembrava troppo pesante. La prima campanella era suonata, ma la professoressa l’aveva ignorata, aveva continuato a spiegare.
Dopo poco che Bella aveva raggiunto il suo posto, l’insegnante aveva manifestato l’intenzione di andare a avanti con il programma, evidentemente voleva fare buona impressione con il nuovo venuto.
«Basta, pausa» la ragazza quasi non si era resa conto di aver sussurrato quelle parole, il viso incastrato tra le braccia incrociate. Aveva una disperata voglia di caffè, necessario per affrontare le ore successive senza crollare.
Una risata le aveva fatto alzare lo sguardo e puntarlo verso il suo compagno di banco. Non si soffermò a guardarlo, lo doveva ancora fare da quando aveva messo piede nell’aula, lei non amava fissare le persone.
Aveva sempre paura che mentre fissava qualcuno, quel qualcuno si girasse e che la scoprisse intenta a guardarlo, facendo una qualche idea su di lei. E questo avrebbe implicato attirare l’attenzione, e Bella era convinta che più nell’ombra viveva meglio era.
Ma con quella semplice occhiata aveva catalogato un sacco di particolari.
La prima cosa che aveva registrato erano i capelli di uno strano colore, bronzeo quasi, e poi il fatto che era semplicemente bellissimo. Il naso era affilato, le labbra carnose piegate in un sorrisetto divertito, che lo rendeva estremamente sexy.
Gli occhi non era riuscita a vederli,contando che la sua orecchiata era durata un secondo, non si stupiva.
Il ragazzo alzò la mano, Bella lo vedeva con la coda dell’occhio «Professoressa?» anche la voce era incredibile notò Bella, come una cascata d’acqua gelata in estate, o un caldo caminetto in inverno,metteva addosso dei piacevolissimi brividi.
«Dimmi Edward» Edward.. Era questo dunque il nome del ragazzo seduto di fianco a lei ? Edward era un nome antico, poco usato oramai, anche se a lei piaceva. Era il primo Edward che conosceva, non che avesse avuto molti amici.
Ma nemmeno Edward era un amico, forse era meglio dire conoscente.
I suoi genitori avevano provato ad iscriverla a dei gruppi ricreativi, ma lei li odiava. Odiava dover fare stupidi giochi davanti a persone che non conosceva, cantare con loro, o magari essere messa al centro dell’attenzione per fare qualche gioco stupido. Preferiva rimanersene buona e zitta in un angolo,ma fare qualsiasi altra cosa piuttosto che stare con loro.
«Non è che potremmo fare cinque minuti di pausa ? Sinceramente inizio a perdermi» e le aveva sorriso, un sorriso sghembo fantastico che aveva fermato il respiro a Bella. Tutte le ragazze della classe dovevano avuto quella reazione, pensò irritata, e tornò a guardare fisso il suo astuccio.
A lei andava bene essere fuori dal coro, soprattutto se il coro era così pessimo.
«Certo Edward, posso capire, meglio che ci fermiamo per un po’ tutti» cinguettò la professoressa, gli occhi che sembravano enormi dietro gli spessi occhiali.
Edward si alzò velocemente dal suo posto, si girò verso di lei e le fece un occhiolino. Poi sempre camminando velocemente uscì dall’aula, diretto probabilmente alle macchinette. Bella rimase incantata dalla sua figura, le spalle larghe, il petto ampio. Era semplicemente perfetto. Ma la cosa che più l’aveva colpita erano gli occhi. Sembrava due fanali verdi su di un viso tanto pallido. E le facevano perdere la ragione.
Ferma ancora al suo posto, con il cuore che batteva a singhiozzo, si disse che era meglio cercare di evitare il più possibile Edward.
Doveva farlo.



Salve =)
Eccomi qui con il primo capitolo di quella che doveva essere solo una one-shot, ma che mi è stato chiesto, e sinceramente volevo anche io, continuarla
Innanzi tutto vorrei dirvi che questa storia è ambientata nel mio liceo, a venezia, quindi penso che tutta la storia sarà ambientata lì.
Quindi ogni cosa che avete letto esiste sul serio =)
Vorrei scusarmi con voi in anticipo se ci sono errori, ho riletto, ma non si sa mai.
grazie a chi a letto il prologo,
un grazie immenso a chi ha recensito,
spero che questo capitolo vi sia piaciuto,
mi fareste molto contenta se lasciaste un commento,
un bacio
1918


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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




Bella era appoggiata ad un armadio vicino alle macchinette. In mano un caffè espresso, e un cucchiaino che continuava a mescolare quel poco caffè.
Lo sguardo di Bella era perso nel nulla, la mente lontana. Pensava a tutto e a niente nello stesso momento, cercando semplicemente di tenere la mente occupata.
Era ricreazione, e la ragazza era scesa nella sala più affollata dopo il chiostro, nonostante questo non fosse sua abitudine.
Quando alla fine della pausa era ritornata nella propria aula, aveva sentito Tanya parlare con Jessica, la compagna a cui si era aggregata con il banco.
«Mi dispiace solo per lui» la voce stridula di Tanya era stata la prima che aveva sentito.
«Già, in banco con quella! Se fosse stato il mio compagno di banco, l’ultima cosa che avrei fatto sarebbe essere rimasta zitta» per Isabella, Jessica era una persona insignificante, dotata di poca intelligenza e di ancora meno pensiero proprio.
«Non vorrei mai essere lei, è così scialba, insignificante» ascoltava le due ragazze in silenzio, bloccata.
«Secondo me ha dei problemi, come si fa ad essere così? La mattina si veste al buio? È una cosa incredibile!» allora la questione si risolveva con i vestiti?
Non avrebbe di certo cambiato il suo modo di essere perché a loro non comodava. Si decise a girare l’angolo quando le due ripresero a parlare dopo un momento di pausa.
«Fosse solo quello, con quante persone ha parlato dall’inizio dell’anno? Se sono due, sono tante. Non capisco come Sibilla e Alice cerchino di parlarle, già loro due sono un po‘ strane, se iniziassero ad uscire con lei colerebbero a picco. È un reietto, e secondo me nemmeno i suoi genitori la vogliono». Era stata Tanya a parlare, quella che secondo Isabella era la più meschina delle due.
Le risatine sciocche delle due ragazze trasformarono quella punta di sconforto che Bella provava, in rabbia.
Non sapevano niente di lei, dovevano stare solo zitte.
«Povero Edward Cullen, quanto tempo gli dai prima che scappi via da lei ?» «Una settimana, massimo, e correrà tra le mie braccia. Anzi, io starò tra le sue braccia». Tanya era convinta di quello che diceva, e per Bella, Edward Cullen poteva benissimo essere correre subito da lei, era solo meglio per lei. Avrebbe riavuto il suo banco, e non avrebbe dovuto pensare a niente.
In quel momento il pensiero di disfarsi da Edward Cullen le sembrava come vincere alla lotteria.
Il chiacchiericcio degli studenti in sottofondo non la distrasse dai suoi pensieri. Ma in fondo cosa la sconvolgeva tanto ? L’aver scoperto di non essere gradita, o il fatto che quelle due erano l’esempio vivente di “Dio li fa e poi li accoppia”? erano solo vipere.
«Ciao, non è che per caso hai venti centesimi?» Bella si girò, il bicchierino ormai vuoto nella mano. Davanti a lei una Sibilla sorridente.
«Vorrei prendermi un caffè, ma purtroppo ho solo dieci centesimi, non è che me li potresti prestare?» da quando Bella era diventata una banca?
Mai nessuno dei suoi compagni le aveva chiesto in prestito qualcosa, e la voce si era velocemente diffusa in tutto l’istituto, mai nessuno le chiedeva niente. Bella si frugò nelle tasche «Tieni».
Sibilla le sorrise «Grazie. Allora, cosa ne dici del ragazzo nuovo?» guardò, per un attimo, verso un punto dietro alle spalle di Bella. «Non lo conosco ancora» Bella non volle sbilanciarsi, in fondo poteva sempre andargli a dire qualcosa, o creare pettegolezzi.
«Secondo me è interessante» Bella la guardò negli occhi, cosa intendeva dire? «Pensaci» detto questo, la ragazza se ne andò con il suo caffè in mano. Bella guardò l’orologio, mancavano pochi minuti al suono della campanella. Con un sospiro decise di rientrare in classe.
Non aveva voglia di stare a sentire dei consigli sulla sua vita privata da persone che nemmeno la conoscevano.
O le davano consigli o la giudicavano, farsi i fatti loro però mai.
A questo pensava Bella mentre si dirigeva verso la sua classe.
Aveva scelto la via più breve, le scale esterne, perché conducevano solo al corridoio con la sua classe. A fine scale c’era una porta, che portava ad un altro corridoio con altre classi, oltre che essere la via più lunga per arrivare nell’androne della scuola.
Si appoggiò alla parete delle scale, pochi gradini prima che la scala finisse.
Voleva solo che quella giornata terminasse, era stanca sia mentalmente sia fisicamente. Ma la fine era ben distante.
«Noi non dovremmo dire niente» questa era la voce di Alice.
«Lo so, ma è il destino, perché non anticipare i tempi con qualche dritta, tanto succederà» l’altra invece era Sibilla.
«Per quanto mi piacerebbe, non possiamo proprio, ogni cosa avrà il suo corso» Alice era convinta a far desistere l’amica, ma Bella non voleva sentire altre conversazioni. Per quel giorno ne aveva sentite fin troppe.
Camminando velocemente arrivò nella sua classe e si sedette al suo posto. Prese l’iPod dalla tasca dei jeans e lo accese.
Aveva bisogno di una delle sue canzoni preferite, solo quella poteva calmare l’agitazione che sentiva guardando il banco pieno di libri di fianco al suo.
Bella incrociò le braccia, nascondendo la testa in mezzo. Cercò di svuotare la testa dai suoi pensieri. Non era successo niente per cui valesse la pena stare in agitazione così, si disse.
Una mano le toccò la spalla.
Alzò la testa di scatto, trasalendo e togliendosi gli auricolari velocemente.
«Scusa, non volevo spaventarti. Piacere, Edward Cullen» il suo compagno di banco era seduto rivolto verso di lei, con la mano destra allungata verso di lei. «Isabella Swan» con riluttanza Bella gli strinse la mano. «Posso chiamarti Bella?» le chiese sorridendo con un incredibile sorriso sghembo che le bloccò il fiato in gola. «Chiamami come vuoi» borbottò la ragazza guardando davanti a sé.
«Bella mi piace, non che il tuo nome intero non mi piaccia, ma è più corto, e dovrò chiamarti spesso» finì la frase ammiccando.
Il sorriso non spariva dalle sue labbra. Bella lo guardò per alcuni secondi, poi un gemito uscì dalle sue labbra. ‘Dovrò chiamarti spesso?! Spero stia scherzando’ «Comunque volevo avvertirti che la campanella è suonata. Adesso che materia abbiamo?» un altro gemito uscì dalle labbra di Bella ‘Il compagno che vuole attaccare bottone. Tutte a me le fortune!’ pensò sarcastica la ragazza. «Un’ora di inglese e poi un’ora di matematica».
Bella rispose al ragazzo senza guardarlo. «Non ho portato i libri d’inglese, potrei guardare con te?»
Prima di rispondere la ragazza deglutì.
Aveva la gola secca, il cuore che batteva a mille. Perché si sentiva così, non c’era nulla di strano in quella domanda, erano semplici compagni di banco. «Certo» gli rispose in un sussurro spostando il libro al centro.
Con timore decise di porgli la domanda che più le interessava in quel momento. «A che ora esci oggi?» continuava a non guardarlo, per quanto il sorriso affabile di quel ragazzo la tentasse lei non voleva fidarsi.
«In che senso?» chiese lui con un tono innocente. Bella pensò che si divertisse a farla parlare, come se avesse una sfida con se stesso, lo divertiva.
Non sapeva cosa, ma qualcosa di lei lo divertiva. «Oggi ti fermi allo studio guidato?» si voltò a guardarlo, la professoressa d'inglese era entrata, ma era impegnata a scrivere sul registro.
«Sì, mi fermo, penso sia il modo migliore per mettermi in pari, è una scuola così strana. Tu ti fermi ? potresti darmi una mano, sempre se lo fai» le lanciò uno sguardo da sotto quelle ciglia incredibilmente lunghe.
La mente di Bella per un attimo si svuotò. Cercò di sfuggire da quello sguardo inchiodante.
Con qualche difficoltà, riuscì a guardare di fronte a se. Non si ricordava più nemmeno cosa le avesse chiesto.
«Allora?» Isabella era frastornata. «Cosa scusa?» Edward le sorrise, facendo aumentare i battiti del suo cuore.
«Oggi pomeriggio ti fermi? Mi dai una mano?» le chiese parlando lentamente.
Perfetto, aveva fatto anche la figura della stupida.
Da un lato non voleva dargli una mano, era ancora convinta che più lontano da lui stesse, meglio fosse, ma da dentro di lei una voce sempre più forte diceva sì.
Quasi non si rese conto di pronunciare le parole «Esco alle sei, posso darti una mano».
Il ragazzo di fianco a lei sorrise, «Grazie». Bella non sapeva cosa rispondere, non era abituata al suo cuore che batteva a singhiozzi.
Con un cenno del capo si mise dritta, il suo gomito a contatto con quello di Edward. “Già, deve essere colpa del cuore se mi comporto così, forse non porta abbastanza ossigeno al cervello”.
Una risatina la distolse dai suoi pensieri. Edward ora sorrideva al professoressa, parlando con lei in un inglese perfetto. Bella capiva a stento ciò che i due si dicevano, non era molto brava in inglese.
Con un sospiro prese dalla cartella i libri e il quaderno, dicendosi che in fondo mancavano solo 8 ore al suo rientro a casa.


***


Inglese era finito. Durante la lezione Edward le aveva dato una mano con il significato di alcune parole. Quando lei gli aveva chiesto come mai lo parlasse così bene lui le aveva risposto che glielo aveva insegnato un amico parecchio tempo prima.
Era stato vago, ma aveva parlato con un sorriso enorme, come se lo trovasse divertente. Le aveva detto che un giorno le avrebbe raccontato quella vicenda. Evidentemente amava parlare di se. Proprio il contrario di lei.
Erano stati su argomenti neutri, quelle poche volte che avevano parlato. Bella non voleva di certo rovinarsi la sua media non stando attenta alle lezioni.
Era fondamentale per lei riuscire almeno nell'ambito scolastico.
I discorsi sentiti solo un'ora prima ora le sembravano distanti, così come i suoi timori su Edward.
Perché non aveva mai avuto un compagno di banco come lui? Quel pensiero era arrivato durante l’ora di matematica, lasciando Isabella spiazzata.
Lei non aveva mai voluto compagni di banco, già alle elementari li trovava insulsi, bambini fissati sulla moda del momento.
Nemmeno all’asilo aveva mai voluto un compagno di banco. Preferiva la compagnia di un libro, l’aveva sempre preferita, che fosse solo con le figure o un fumetto. Il tragico veniva con le gite.
Il compagno era d’obbligo, e lei odiava camminare a manina con un’altra bambina. Sperava di non dover mai fare gite. Era il contrario di tutti i bambini.
I genitori di Bella, Charlie e Renèe, erano separati. Lei in teoria viveva con sua madre, ma essendo Renèe sempre in viaggio, stava a casa con Charlie. Il fatto era che anche Charlie era la maggior parte del tempo in viaggio per lavoro, quindi Isabella se ne stava a casa da sola. Non che dispiacesse molto a Isabella.
Si trovava meglio con Charlie, lei e suo padre erano molto simili. Ma questo non toglieva che anche lui c’era poco. I suoi genitori si erano separati due anni prima, durante l’estate.
In una delle peggiori litigate in cui pensano ce lei dormisse aveva sentito che s’incolpavano a vicenda per com’era lei.
Renèe continuava a incolpare Charlie per il suo carattere chiuso, mentre Charlie dava la colpa all’esuberanza di Renèe.
Bella non aveva mai detto a nessuno della conversazione, non si era mai confidata con nessuno.
E come poteva ? Non aveva amiche tali di questo nome, erano tutti conoscenti, delle comparse nella sua vita destinate a scomparire dopo poco tempo.
Dopo la separazione entrambi i genitori aveva iniziato a viaggiare di più di prima, togliendosi finalmente la maschera che li costringeva a tornare a casa con un sorriso. Perché non c’era più un motivo per tornare in quella grande casa.
Bella non era un motivo per tornare.
Non c’erano nonni affettuosi per lei una volta tornata a casa, i suoi unici affetti erano i libri.
Adorava perdersi nelle storie, tutte così differenti, essere personaggi sempre diversi, eroine in mondi sconosciuti, trentenni con problemi vari. Ma i libri che preferiva erano i fantasy. Leggere di vampiri, licantropi, angeli e demoni, le risollevava il morale.
Nelle storie che preferiva, di questo genere, arrivava sempre un ragazzo a salvare la protagonista dalla sua quotidianità. Un po’ come Edward.
Sorrise di quel pensiero. In fin dei conti Edward sembrava uno di quei protagonisti. Era bello, molto bello. I capelli di uno strano color bronzo brillavano in quella mattinata di gennaio.
Gli occhi erano neri, come è consuetudine in quei libri, e l'estremo pallore faceva risaltare il tutto. L'unica cosa in cui Edward non era come quei libri, era per il comportamento. Di solito i protagonisti occulti avevano un carattere chiuso, tutto il contrario di quello di Edward, che continuava a sorriderle mentre guardavano lo stesso libro di matematica.
La mattina era agli sgoccioli, mancava ancora un'ora d'inglese, e poi ci sarebbe stata la pausa pranzo.
Molte volte si chiedeva perché avesse scelto il liceo classico europeo, erano troppe ore, eppure ogni volta che se lo chiedeva la risposta veniva automatica.
Charlie e Renèe. Più ore stava a scuola, meno pensava a loro.
In teoria.
Perché era inutile, stava male in quella situazione, non sempre era facile ignorare che i propri genitori la consideravano una matta. Sospirò, le parole di Tanya le ritornarono alla mente.
Le guance le avvamparono, gli occhi si riempirono di lacrime. Strinse i pugni, doveva essere solo forte, tutto sarebbe passato.
«Tutto a posto?» Edward la guardava con un cipiglio preoccupato. Sospirò annuendo, ma dentro di lei non c’era niente a posto.
Per prima cosa quello splendido ragazzo, suo compagno di banco.
Le cose non dovevano cambiare, lei non voleva.
La campanella suonò, l’ultima ricreazione della mattina. Bella si alzò velocemente, avviandosi verso la porta ed uscendo prima del professore.
Ignorò la voce del suo compagno di banco che la chiamava.
Quell’aula era troppo stretta per tutti i suoi pensieri, per suoi sensi di colpa.


Salve a tutti =)
scusate per il ritardo, mi vergogno, è quasi un mese che non aggiorno..
un'altra storia mi ha fatto penare, e quando mi sono messa a scrivere questo secondo capitolo avevo un blocco.
Non mi convince molto in alcuni punti.
grazie a chi a recensito/letto/ messo tra i preferiti, seguiti o da ricordare.
Spero che a voi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate. Per me è molto importante, mi aiutare anche a scrivere più velocemente ;)
Probabilmente aggiornerò questa storia e anche l'altra Why does it always rain on me ? dopo il 18 luglio, infatti parto.
Porterò via il computer, o scriverò sul cellulare in modo da poter postare velocemente una volta tornata a casa. Monaco mi ha già fatto venire qualche idea ;)

se avete voglia passate a dare un'occhiare anche all'altra mia storia, mi farebbe piacere
Buone vacanze a tutti,
un bacio
Martina

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***






Quella ricreazione non finiva mai. Bella non era sicura che quella fosse una cosa negativa, non aveva voglia né forza per rindossare la sua maschera.
Se non avesse avuto un compagno di banco, la cosa non avrebbe cambiato poi molto, ma Edward c’era.
Uscì dal bagno in cui si era nascosta, una ragazza spalancò la porta dicendo con aria seccata «Finalmente» e se la richiuse rumorosamente alle spalle.
Bella sospirò e aprì l’acqua, attivando il miscelatore sull’acqua fredda. Si sciacquò il viso. E poi la campanella suonò finalmente. O sfortunatamente, doveva ancora decidere.
Con la testa bassa si diresse verso il suo banco. Edward era già seduto, e lei sentiva il suo sguardo perforarla. Si sedette senza degnarlo di uno sguardo, non aveva voglia di dare spiegazioni, la maschera non avrebbe retto.
«Posso chiederti una cosa?» la voce del suo compagno di banco la distrasse dai suoi pensieri. Non parlò però, sospirò solo facendo un gesto con la testa. Gesto che poteva essere sia affermativo sia negativo. «Perché abbiamo due ore d’inglese, staccate?» Edward le appoggiò una mano sulla spalla.
Bella pensò che stesse scherzando. «E lo chiedi a me?». Dentro Bella montò una forte rabbia. Tutto d’un tratto avrebbe voluto prendere a pugni quel suo bel visino. Probabilmente la prima cosa che Edward faceva al mattino era controllare se per caso durante la notte gli fosse spuntato un brufolo. Che massima priorità! Ma molto probabilmente Edward aveva una pelle talmente perfetta che un brufolo non sarebbe mai uscito.
Poco importava che fossero durante l’ora d’inglese, e che se l’avesse colpito la professoressa l’avrebbe odiata a vita per aver colpito quel nuovo favoloso studente. Una persona in più che la odiava non avrebbe fatto la differenza.
Edward Cullen sembrava aver stregato l’intero universo femminile della scuola. Sia docenti sia alunni.
Ma come ogni moda all’interno dell’istituto Bella ne sembrava immune. Per sua fortuna, questo era certo.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno era di un amore non corrisposto verso il suo compagno di banco a instupidirla e a rendere tremenda una convivenza già difficile.
Bella non aveva la forza per seguire la lezione. Per quanto Shakespeare le piacesse, tutto diventava pesante.
«..Isabella?» oddio, cosa aveva chiesto? Bella andò nel panico, non voleva prendersi un brutto voto per colpa di quel cretino. Che poi non era nemmeno colpa di lui si disse. Però rimaneva un cretino, su questo non c’erano dubbi.
La bidella bussò alla porta salvandola. «Professoressa, scusi, ma la vogliono in sala insegnati per importanti decisioni».
«D’accordo, può rimanere con la classe?» la professoressa prese la borsa e si affrettò a uscire dall’aula.
La classe subito si mise a parlottare. C’era chi era convinto sul fatto che stessero valutando qualche punizione, chi invece era convinto che fosse per il collegio docenti. Tanya disse a voce abbastanza alta in un momento di silenzio «Secondo me centra la Swan, chissà cosa ha combinato.
Avrà fatto a pugni con qualcuno oppure i genitori non la vogliono più» Jessica si mise a sghignazzare mentre la classe si girava per guardarla in silenzio. Bella prese dalla sua borsa l’iPod e senza degnare gli altri di uno sguardo si mise gli auricolari e lo fece partire. Sentì sul braccio la presa di Edward, ma si scansò.
Non voleva la pena di nessuno. Ci pensò la bidella a riportare l’ordine «Perché non fate gli esercizi anziché parlare?» Tanya si alzò e probabilmente le chiese di andare al bagno, ma dove andasse non importava poi molto a Bella.
Più distante da lei era, meglio stava.
Con un sospiro prese dalla cartella il diario, e guardò quanti giorni mancassero alla fine della scuola.
Troppi da poter sopportare ancora Tanya. Sperò in un’influenza, di quelle belle lunghe, rimanere a casa da scuola per due settimane sarebbe stato l’ottimale, e chi se ne importava del recuperare, per quello non ci sarebbero stati problemi.
Magari Edward avrebbe anche potuto passarle i suoi appunti, se non gli faceva schifo.
Le vacanze non erano abbastanza lunghe da essere allettanti.
Quando iniziava ad abituarsi e apprezzare lo stare in casa, il giorno dopo si tornava a scuola.
A febbraio avrebbe fatto la settimana bianca, senza i suoi genitori come al solito ormai. Bella adorava sciare, aveva iniziato da piccola e subito si era visto quanto adorasse quello sport. Non era una di quelle persona che sfrecciano sulla pista solo per far vedere agli altri la propria bravura, no.
Bella adorava andare piano, fare curve, godersi il panorama che ormai conosceva a memoria. Nessuna pista la spaventava più, le conosceva come se quel comprensorio sciistico fosse casa sua.
Lì si sentiva meglio che a casa sua, erano l’unico posto che le dispiaceva lasciare veramente. L’unico problema era la distanza tra la casa a Venezia e la casa in montagna, che poi non era nemmeno nel paesetto sotto al comprensorio.
Per arrivare in montagna usava treno e autobus, e per andare agli impianti usava l’autobus. Era fastidioso girare in autobus con gli sci, ma lo faceva con piacere. I suoi genitori di solito non c’erano, via per lavoro o perché semplicemente avevano di meglio da fare.
Ma quando ritornava la professoressa ? Bella batteva nervosamente un piede a terra. Edward le tolse un auricolare. Bella si girò verso di lui guardandolo negli occhi e mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
Lui incatenò i loro occhi. A bella sembrava di potersi perdere in mezzo a quel nero così profondo.
Edward alzò la mano e accarezzò la sua guancia, partì dalla tempia fino al mento usando il dorso della mano sinistra. Bella avvertì un formicolio poco familiare sulle guancie. Che fosse arrossita ? Vide le labbra di Edward piegarsi in un sorriso soddisfatto. Si girò velocemente, tenendo la testa bassa sul libro.
«Non puoi scappare sempre» la voce di Edward era troppo vicina, le sussurrava nell’orecchio.
«Io..-cercò di darsi un contegno- Io non scappo» continuò a non guardare Edward. Le emozioni che le faceva provare.. Non aveva mai provato niente di più contrastante.
«Hai ragione, tu fuggi non scappi» Bella sentì montarsi dentro la collera. Come si permetteva ?
«Tu non mi conosci chiaro? Se qui solo da poche ore, pretendi di aver già capito da che parte gira il mondo? Notizia dell’ultima ora, tu non sei nessuno, non hai il diritto di fare, né dire niente» la cosa che mandò in bestia Isabella fu che Edward continuasse a sorridere.
Controllò se Tanya fosse rientrata o meno dal bagno. La ragazza era al suo posto, quindi si alzò, spense definitivamente il lettore e chiese alla bidella se potesse andare al bagno.
Uscì dalla classe, dirigendosi velocemente verso il bagno. Una volta entrata si guardò allo specchio, facendo fatica a riconoscersi. Chi era quella ragazza con le guance rosee e gli occhi brillanti ? Dov’era finita la sua apatia? La rivoleva indietro. Mise i polsi sotto l’acqua fresca, sentiva caldo. La porta della classe si aprì un’altra volta. La figura alta e perfetta di Edward Cullen fece il suo ingresso nel bagno.
Si appoggiò all’altro lavandino, fissandola.
Bella cercò di ignorarlo, stavano litigando, per la misera, non sapeva le basilari norme di un litigio ?
Bella continuava a fissare il miscelatore del lavandino e Edward continuava a fissare lei. La cosa ormai durava da un paio di minuti e Isabella non ne poteva più.
Alla fine cedette «Che hai ?» sbottò.
Edward sghignazzò, ma non parlò. Fece solo schioccare la lingua.
«A volte sei così irritante» gli disse assottigliando gli occhi.
«Solo a volte?» era palese che la stesse prendendo in giro. Dov’era andato il sui istinto di autoconservazione ?
Strinse i denti, aveva tanta voglia di reagire come una bambina e di tirargli addosso la salvietta bagnata con cui si era asciugata la mani.
Che male ci sarebbe stato ? Una macchia su quella sua perfetta maglietta, che bagnata avrebbe fatto risaltare il suo perfetto petto. C’era qualcosa di non perfetto in lui ? Si chiese chiudendo gli occhi.
Le arrivò in faccia qualcosa. «Ma che diavolo..» aprì gli occhi di scattò e si guardò allo specchio. Aveva spiccicato in faccia una di quelle salviette verdi tutta bagnata. Se la tolse e gliela ritirò. Solo che lui, che non smetteva di ridere, si scansò e la salvietta si appiccicò sulla porta del gabinetto.
Ne prese un’altra, la bagnò sotto il rubinetto e si avvicinò a lui. «Che vuoi fare?» chiese sospettoso anche se il sorriso non abbandonava le sue labbra.
Isabella rispose semplicemente «Questo». Portò la mano ad altezza del suo petto e strizzò il pezzo di carta. L’acqua che uscì, molto poca rispetto a quella che avrebbe voluto, fu assorbita dalla maglietta del ragazzo che non fece niente per cercare di spostarla.
Bella lo guardò cercando di capire cosa avesse in mente. Perché aveva lasciato che lo bagnasse? Per far vedere ai professori cosa lei avesse combinato facendo la parte della vittima ? Non sembrava nel suo carattere, ma si conoscevano da così poco.
«Bella, smettila di far lavorare quel povero criceto, pensi troppo. Comunque ora io sono in debito» aggiunse con il sorriso di un gatto che gioca con il topo.
« No, siamo pari»
«No, ti sbagli, tu non sei bagnata»
Isabella indietreggiò, fino a che si scontrò contro la finestra «Non ci provare!»
Edward con calma si avvicinò al contenitore delle salviette, ne prese una manciata, aprì il rubinetto e le mise sotto l’acqua. Bella lo guardava cercando di non perdersi nemmeno un movimento.
Il cuore le batteva forte nel petto, pompando sangue in tutte le parti del corpo. Si rese conto di non aver mai percepito bene ogni muscolo come in quel momento.
Poi una fitta, la vista le si annebbiò, le orecchie ronzarono. Tutto divenne nero. Era così che si sveniva ?
Perché doveva svenire per la prima volta in un momento del genere e in un luogo pubblico.
Edward avrebbe chiamato le bidelle che avrebbero chiamato l’ambulanza. Lei sarebbe stata caricata sulla barella e tutte le classi sarebbero uscite fuori nel corridoio per vederla passare, come era successo quella volta a Giulia comesichiama. Sentiva bruciare la testa, forse Edward aveva ragione, doveva far riposare il criceto.
« Ella.. Bella.. Bella.. Mi senti ?» Sbatté le palpebre e mise a fuoco il volto di Edward.
«Ehi.. Tutto a posto?» Bella si rese conto di essere ancora in piedi, addossata alla finestra del bagno. Piano tutte le cose intorno a lei cominciarono ad avere un senso, come se passassero dentro ad un filtro a trama molto fitta. Si sentiva intontita. Ma era svenuta realmente ?
«Bella ?» Edward le teneva il viso tra le mani, le loro fronti si sfioravano, il respiro di lui sulle labbra semiaperte di lei. Non era mai stata così vicina ad un ragazzo.
«Io.. Credo di sì.. Cosa.. Cosa è successo?» faticò a parlare, ma piano piano stava ritornando lucida.
«Sei impallidita e rimasta ferma immobile. Credo sia meglio rientrare in classe»
Solo in quel momento Bella si rese conto di una cosa.
«Ehi, mi hai bagnato!» Edward rise, prendo la porta della classe e cedendo il passo alla compagna di banco.
Bella vide la professoressa svoltare l’angolo insieme alla professoressa di greco, latino e storia.
«Sbrighiamoci ad entrare» disse afferrandolo per mano in un gesto che stupì lei stessa. Entrando incontrò lo sguardo di Tanya. La vide spostare lo sguardo fino alle loro mani legate e fare una smorfia, per poi salire verso il viso di Edward, notando la maglietta bagnata e fermarsi sulla sua espressione.
Isabella non la degnò più di uno sguardo, incontrando invece lo sguardo di Sibilla che rideva spensierata con Alice. Probabilmente avevano notato come le espressioni di Tanya fossero cambiate.
Staccò la mano da quella di Edward e insieme si diressero verso i loro banchi.
Fecero appena in tempo a sedersi che le professoresse entrarono.
Meglio che non li trovassero in piedi.
«Ragazzi, tra una settimana a Monaco di Baviera si terrà un meeting per i licei. Parteciperanno scuole da tutto il mondo, e noi siamo stati inviati. Andranno un istitutore e due studenti scelti dal collegio docenti.»
Tutta la classe era in fermento.
Quello doveva essere un giorno da segnare sul calendario. Prima l’arrivo di Edward, ora il viaggio a Monaco.
Sibilla chiese «Quanto durerà ?» chiese con un sorriso che Isabella avrebbe definito furbo.
«Una settimana. Gli alunni che sono stati scelti sono: Isabella Swan per la sua media eccellente e Edward Cullen per fargli capire come funziona un liceo europeo» la classe stette in silenzio per alcuni attimi, probabilmente scioccati.
Edward si girò e le sorrise.
«Mi sa che passeremo parecchio tempo insieme la prossima settimana» le disse con quel suo sorriso sghembo.
Bella continuava ad avere un sorriso estatico in volto, Monaco! La città che lei adorava fin da bambina. Non le importava se sarebbe stata con Edward tutto quel tempo, doveva ammettere che non era male.
Monaco, per lei valeva più di ogni altra cosa.
«Ragazzi, potete venire qui? Dovrei darvi i moduli da far firmare ai vostri genitori. Giovanna ti dispiace se usciamo un attimo?» rivolse l’ultima parte della frase alla professoressa d’inglese che acconsentì senza problemi.
Tra una settimana sarebbe stata nella città dei suoi sogni e lontana da Tanya.
Questo era il suo unico pensiero.




Salve ^^
Devo dire che questo capitolo mi è uscito abbastanza velocemente.. non posso dire di esserne soddisfatta, perchè raramente lo sono di una storia, e quando lo sono non piace agli altri ( doh >.<'')
C'è molto di me in questo capitolo, lo scii e Monaco sono due delle mie più grandi passioni..
Ho preso molto sul serio questa storia,infatti sono andata in libreria e ho preso un libro e un mazzo di carte per parlare con gli angeli custodi.. *cof cof* ho già in mente situazioni future che prevedono quel mazzo di carte, ma non credo che io lo userò spesso.. La prima carte che mi è uscita è stata quella della costruzione.. in poche parole posso chiedere tutto ciò che voglio al mio angelo custode.. Voi avete mai fatto una cosa del genere ? ho preso anche i tarocchi, mi affascinano, e devo dire che l'esperimento con quelli è andato meglio =D
Tornando al capitolo.. Come vi sembra ? Forse qualcuno avrà perplessità sul fatto che sia stato scelto Edward.. la scusa scelta dalla prof in effetti non regge molto.. ma essendo la storia vista dalla parte di Bella, per il momento non posso dirvi dei poteri del bel ragazzo tenebroso.. (spoiler)
se mi lasciate una recensione mi fate davvero felice, me ne basta anche una piccola piccola, please *.*
ora vi lascio..
un bacio a tutti
Martina

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***






Avevano passato la pausa pranzo separati. Quando Isabella era arrivata in mensa, aveva visto Tanya seduta vicino a lui, con una mano sul suo braccio e spalmata sul suo fianco, una fiammata d‘ira era esplosa dentro di lei.
Forse la cosa che più l’aveva fatta imbestialire, era il fatto che non le sembrasse che dispiacesse molto a Edward.
Jessica pendeva dalle labbra del ragazzo come se stesse raccontando, chissà quale avventura.
Bella prese il suo vassoio e con l’iPod acceso si diresse verso un posto isolato.
Si diede della stupida. Perché ci era rimasta male ? Si conoscevano solo da cinque ore. Erano solo compagni di banco, e Edward non sembrava il tipo da starsene in disparte senza amici. O senza ragazze.
Probabilmente entro quel pomeriggio avrebbe avuto il consenso di tutta la classe. Cosa che faceva imbestialire Bella. Lo guardò, finché non incontrò lo sguardo di Tanya che la guardava con sufficienza con un sorrisetto da schiaffi su quel volto troppo truccato. Troppo truccato per Bella.
Ma il suo comportamento la faceva arrabbiare ancora di più, perché doveva essere arrabbiata se Edward si fosse fatto altri amici ? Non era un bene per lui ?
Erano solo conoscenti, non doveva importargli niente.
Stranamente aveva tutte le ragazze intorno. Ragazze all’opposto di Bella. Tutte taglie trentotto, con magliette scollate o super attillate. Trucco pesante, orecchini vistosi. Tutto per far notare la mercanzia proposta, peggio delle cortigiane del 1700. Pensò schifata Isabella torturando la sua bistecca.
Tutte le ragazze della classe erano così, tranne Alice e Sibilla, che si erano appena sedute davanti a lei. Sibilla con i suoi abiti bianchi, il viso raramente truccato e orecchini modesti. L’esempio che si potevano portare gli stessi accessori senza essere sempre volgari.
Bella continuò ad ascoltare la musica, chiusa nei suoi pensieri finché non si sentì maleducata. Sentiva il loro sguardo addosso. Con un sospiro spense il lettore e si mise a guardarle. Sibilla prese subito la parola.
«È un bel ragazzo, e sa di esserlo. Ma ha bisogno solo di una persona, e lui lo sa.» Alice tirò una gomitata all’amica.
«Che c’è?» le parole le uscirono bofonchiate visto che Sibilla stava mangiando la pasta, mentre Bella era passata direttamente al secondo.
Raramente voglia del primo.
Era quasi comico sentire quelle frasi filosofiche dette da una persona che aveva pomodoro intorno alla bocca come un bambino di sei anni.
La ragazza rossa guardò Isabella.
«Bella, posso la tua pasta ?» Isabella fece segno di no con la testa e le sporse il vassoio.
«Come mi hai chiamato ?» il soprannome datole la Edward ormai era diventato familiare, tanto che non si era resa conto di come l’avesse chiamata.
«Bella, ti dispiace ? Preferisci Isabella?» le chiese Alice che continuava a guardare nel suo piatto, mangiando voracemente.
Era curioso che una ragazza così piccola mangiasse così tanto.
Alice interruppe la conversazione. «Bella, posso la tua verdura ?» i finocchi cotti non erano proprio la sua verdura preferita.
Sporse il vassoio verso la ragazza che li prese contenta e si mise a mangiarli.
«No, Bella mi piace, ma solo Edward mi chiama così, e da un paio d’ore» era un discorso senza capo né coda, quindi la ragazza scuotendo la testa preferì lasciare perdere, non era chiaro nemmeno nei suoi pensieri.
Come poteva spiegare che gli sembrava quasi un gesto intimo tra loro due ? Ma in fin dei conti un soprannome non era intimo quanto l’abbraccio tra Tanya e Edward. Penso con disgusto.
«Alice, dobbiamo fare qualcosa. Quello è un cretino!» disse Sibilla indicando Edward, senza curarsi di abbassare la voce o delle verdure che aveva in bocca.
Isabella scoppiò a ridere. Il modo in qui l’aveva detto e la sua espressione erano esilaranti.
E poi anche Bella pensava che fosse un cretino.
«No, la cretina qui sei tu! Ti ha sentito, e noi dovremmo essere imparziali.» Alice mentre parlava aveva tirato fuori dalla tasca un panino intero e aveva preso la bistecca mettendola dentro. Si era giustificata con un «Odio il fatto che il pane sia a fette» ed una alzata di spalle.
Lo sguardo di Isabella doveva essere allucinato, sia per la prima frase di Alice che non aveva capito, sia per come divorava quel panino.
«Senti Bella, tu hai bisogno di consigli di stile. Pensi sul serio di piacere ad un ragazzo vestita così!?» parlando animatamente Alice aveva gesticolato con la mano che reggeva il panino perdendo pezzi di cibo.
«Ops. Comunque non puoi assolutamente permetterti di lasciarlo andare via.»
Quelle due facevano sul serio? Isabella non aveva più la forza di arrabbiarsi in quel momento.
Si alzò prese il suo vassoio e andò a svuotarlo nel cestino.
Aveva potuto mangiare in pace solo mezza bistecca.
Forse togliersi gli auricolari non era stata una grande idea.
«Ehi Swan! Perché non ti sei seduta vicino a noi? Sai com’è, sei mancata ad Edward.» Jessica dopo aver detto la frase si mise a ridere. Anche Tanya rise per dare man forte alla compagna, e tutto il circolo di ragazze rise con lei.
Bella non le degnò di uno sguardo e con passo sostenuto uscì dalla mensa.
Salì in classe per prendere un libro. L’aula dopo poco tempo si sarebbe riempita di persone e lei aveva voglia di rimanere da sola.
Il suo posto preferito per leggere era il corridoio del corso D, al quale si accedeva con pochi gradini. Al pomeriggio era sempre libero, e lei si sedeva al banco delle bidelle che raramente era usato.
Aveva pensato sul serio che Edward potesse essere suo amico ? Con un sospiro si decise ad aprire il libro e a mettere da parte i suoi pensieri.
A distoglierla dalla lettura ci pensò la campanella. Con uno sbuffo si alzò dalla sedia dietro il bancone e si diresse verso la sua classe. Dall’armadietto prese i libri di storia e si diresse verso il suo banco.
Di Edward non c’era nemmeno l’ombra, nonostante la campanella fosse già suonata.
Il ragazzo entrò in classe sorridendo a Luca, quello considerato il più carino della classe prima dell’arrivo di Edward.
Luca era l’opposto di Edward. Era biondo, magro e con gli occhi azzurri. Solo l’altezza era più o meno quella.
Edward si sedette dopo una pacca sulle spalle da parte di Luca e uno sguardo ambiguo. Cameratismo fra ragazzi
«Ehi, dove hai passato la pausa pranzo? Ti ho cercata.» Bella alzò le spalle borbottando un «In giro».
Non voleva fargli capire che ci era rimasta male per il suo comportamento.
Dopo un sospiro il ragazzo riprese a parlare «Senti, per quello che hanno detto a pranzo»
Bella lo interruppe. «Non -» «Ehi Edward, perché non ti vieni a sedere qui?» Luca aveva parlato dal suo banco in seconda fila. Alzarono entrambi lo sguardo verso il ragazzo e Edward le chiese «Ti dispiace se vado?».
Bella aprì il libro di storia per un ultimo ripasso prima che la professoressa entrasse «Fa come vuoi».
Non c’erano posti liberi vicino a Luca, quindi presero il banco di Edward e lo spostarono davanti.
Bella a metà lezione di storia, quando ormai i nomi delle persone interrogate erano usciti, frugò nella cartella cercando i permessi per uscire prima. Quando li trovò ne aprì uno sul banco fissando.
Non era il comportamento di una bambina di tre anni uscire prima, vero?
Con un sospiro prese dall’astuccio una penna blu, dello stesso colore con cui la madre aveva firmato. «Professoressa, posso chiedere una cosa a Bel-Isabella?» cosa voleva Sibilla da lei? Mentre la guardava avanzare verso il suo posto notò che anche Edward la stava guardando e distolse subito lo sguardo da lui. «Non farlo» le disse semplicemente. «Cosa?» chiese Isabella confusa.
«Uscire prima.» Bella vide Edward girarsi di scattò verso di loro. Che sentisse la loro conversazione? Ma stavano sussurrando, e c’erano così tante persone in mezzo, che ridevano per la pessima interrogazione di Jessica.
«Perché? E come lo sai?» Sibilla stette in silenzio per alcuni secondi fissando il permesso, poi si riscosse e guardandola negli occhi le sorrise.
«Anzi, esci pure prima.» Detto questo se ne andò, facendo svolazzare l’ampia gonna bianca.
Bella era tentata di fermarsi dopo le quattro dopo quella frase, tanto per farle un dispetto, ma aveva paura che fosse qualche giochetto di psicologia inversa. Quindi decise di uscire lo stesso alle sei. Chiamo l’istitutrice, Delfina, che tutti chiamavano Delfi.
Delfi andava molto d’accordo con tutti i ragazzi, ma soprattutto con Alice e Sibilla, ma aveva un certo riguardo verso Isabella, un po’ come tutti i professori.
«Dimmi tesoro, cosa c’è?» le chiese con un sorriso gentile.
Bella sentiva addosso lo sguardo di Edward, ma se ne infischiava. La ragazza indicò il permesso, con un sorriso di scuse.
«Non ti preoccupare, anzi, meglio che esci ogni tanto. Sei sempre qui. Contenta di andare a Monaco con me e Edward?» Prese il foglietto, piegandolo a metà.
«Molto ,non vedo l’ora di partire» le disse sorridendo, era così facile non essere scontrosa con lei.
Sorridendo ancora Delfi se ne ritornò al suo posto vicino alla cattedra.
Edward chiamò l‘istitutrice, ma Bella distolse lo sguardo, non voleva sapere niente di lui. Né voleva che lui pensasse che invece le importava. Con un sospiro Isabella decise di fare meno pensieri contorti d’ora in poi.
Lui poteva fare quello che voleva e lei faceva lo stesso.
Ed era meglio se il giorno dopo fosse rimasto vicino a Luca, lei ci guadagnava su tutta la linea. Doveva allontanare i pensieri da Edward. Questo era poco ma sicuro.
Delfi era una donna sui trentacinque anni, con lunghi capelli biondi e leggermente mossi.
Aveva grandi occhi celesti e conosceva la storia greca in modo favoloso. La chiamavano Delfi proprio per questo, come l’oracolo dell’antica Grecia.
La classe era convinta che era un po’ veggente, quindi quando diceva che il giorno dopo sarebbe andato bene tutti si calmavano, mentre se diceva di ripassare ancora un po’ tutti lo facevano, proprio per questo era nato il soprannome.
Era un’ottima istitutrice.
Concentrandosi su Monaco sperò che l’ora restante passasse in fretta.
Anche se non poté fare a meno di sorridere per il quattro preso da Jessica.
In fin dei conti si raccoglie ciò che si semina.

****

L’ora di storia era finalmente finita, e al suono della campanella molti erano scappati. Bella non aveva nessuna fretta, metteva dentro la cartella con calma i libri. «Che fai?» Edward era apparso all’improvviso dietro di lei.
Bella non voleva essere acida, ma.. «Non lo vedi? Faccio lo zaino per andare a casa.»
«Ma avevi detto che mi avresti dato una mano con i compiti.» Edward continuava a fissarla.
Bella in quel momento se lo immaginò con il labbro tremulo, inginocchiato ai suoi piedi,gli occhi in stile gatto con gli stivali di Shrek. Ridacchiò di quel pensiero.
Edward aggrottò le sopracciglia. Le prese il mento fra le mani e la obbligò a guardarlo negli occhi.
Bella sentì i suoi pensieri diventare sempre più pesanti, più lenti. «Vuoi venire a studiare a casa mia?» le parole uscirono incredibilmente ferme, mentre lei era persa negli occhi neri di Edward.
Il ragazzo sorrise in un modo particolare, tutto suo. Quel sorriso lo rendeva ancora più sexy. Bella arrossì a quel pensiero. «Con molto piacere baby-Bella».
Sul serio aveva chiesto ad Edward di studiare con lei a casa sua?
Quanto stupida era da uno a dieci? E se ci fossero stati i suoi a casa? Come avrebbe giustificato la presenza del ragazzo? Accantonò quei pensieri, era impossibile che fossero a casa. «Ma hai il permesso? Altrimenti non puoi uscire» Bella tentò di arrampicarsi sugli specchi.
La classe era ormai quasi vuota, c’erano sono Sibilla, Alice e Delfi che parlavano piano in un angolo.
Edward portò vicino a lei il suo banco. La sua borsa a tracolla nera, era appoggiata per terra di fianco a lei.
«Delfi ha detto che non ci sono problemi, ma da domani devo portare il permesso firmato.» Edward le sorrise recuperando la borsa, e indossando una giacca di pelle. Bella per poco non sbuffo ad alta voce.
Era tipico che un ragazzo come Edward indossasse giacche di pelle, anche se lui sembrava non appartenere a nessuna categoria. Era un fantastico caso a parte.
«Andiamo Bella?» Edward sembrava anche impaziente, mentre a Bella sembrava di andare al patibolo.
«Ciao ragazzi, a domani e ricordatevi i fogli firmati per Monaco.»Delfi li salutò con un grande sorriso.
«Vedrete che vi divertirete» aggiunse Sibilla e sia Alice sia Delfi le diedero una gomitata. Bella aggrottò le sopracciglia, ma quando stava per chiedere qualcosa, Edward le prese la mano e la strattonò fuori dalla classe.
«Non so dove abiti Bella, quindi devi fare strada.» le disse sorridendo con quel sorriso che secondo lei era da considerarsi illegale.
Bella mollò la sua mano e accelerò il passo.gli eventi del pomeriggio bruciavano ancora. Di certo non gli aveva dimenticati.
«Perché non vai a studiare a casa di Luca?»e così dicendo, lo lasciò lì, in mezzo al corridoio.




Salve a tutti =)
questo capitolo è pronto da un paio di giorni.. rispetto ai soliti standard con cui aggiornavo, è stato fatto a tempo di record, tutto grazie alle magnifiche recensioni *-* che spero mi lascerete anche in questo capitolo..
Devo dire che questo capitolo è uscito abbastanza velocemente, anche se poi ho dovuto metterci le mani un po' sopra..
comunque come vi sembra ?? infantile ? stupido ? scontanto?
Mi fareste molto piacere dicendomi cosa vi pare della storia..
dedico questo capitolo a chi ha recensito, come ho già detto è solo grazie a voi che è pronto così velocemente, siete voi che mi fate venire voglia di scrivere, grazie =*
quindi se volete un capitolo presto, recensite ù.ù
scherzo xD, oggi sono in vena di scherzi..
un bacio a tutti
Martina

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***





Sentiva dei passi affrettati dietro di lei, nonostante avesse le cuffiette dell’iPod e le bidelle chiacchieravano vicino alla porta d’uscita. Tutto sembrava così nitido, nonostante i nuvoloni fuori rendessero così cupa l‘atmosfera. La porta era illuminata da una lampada a neon, che la faceva risplendere. Come un dolce pensiero, la libertà e la pace erano a pochi passi da lei.
Bella era incredibilmente stanca di quella giornata. Sentiva pesare sui suoi muscoli ogni singolo secondo, le lacrime sembravano così vicine a fuoriuscire senza un apparente motivo.
Aveva così tanta voglia di fare come una bambina e di scoppiare a piangere anche solo per la stanchezza.
Non urla e strepiti, quello non era nel suo stile. Più un pianto disperato, pieno di singhiozzi ma silenzioso.
E incredibilmente voleva qualcuno a consolarla.
Non riusciva più a sopportare le continue frecciatine, la tensione a casa, Edward.. Quel ragazzo l’aveva scombussolata anche troppo.
In poche ore le aveva reso impossibile l’uso di quella maschera che tanto le serviva, l’aveva spogliata e gettata in strada, al freddo e alla pioggia.
Bella si sentiva proprio così. Infreddolita e sola, sola come forse non si era mai sentita in vita sua.
Il rumore dei passi le ritornò alla mente, ora nn erano più così veloci, ma anche lei aveva rallentato il passo. Salutò le bidelle con un sorriso, non era sicura di riuscire a parlare senza piangere.
Perché le lacrime erano ancora lì, inspiegabili quanto non volute.
Sperò che quei passi fossero di Edward.
S’immaginava la sua mano stringerle delicatamente il polso, tirarlo verso di lui per farla girare, e poi magari scontrarsi con il suo petto. Sembrava una scena da romanzo rosa, ma Isabella si rese conto che era di questo che aveva bisogno. Contatto con qualcuno.
Rallentò ancora il passo, facendo la grande scalinata lentamente.
Magari Edward l’avrebbe preso come un invito e avrebbe cercato di parlarle. I passi non diminuirono, e velocemente la figura la superò. Era una ragazza di un’altra classe dell’Europeo.
Cercò di non badare all’assurda ondata di delusione e amarezza che l’aveva colpita, era immotivata.
Ma quale emozione che aveva avuto negli ultimi cinque minuti era razionale e motivata ?
Ma le emozioni erano mai razionali ?
Sospirò, pensava veramente troppo.
La borsa con i libri di greco e latino non pesava poi molto, e la lasciava libera di mettere e mani in tasca.
Nonostante tutto aveva portato via i libri che servivano a Edward. Non credeva veramente che il ragazzo avrebbe desistito così facilmente.
Ci era rimasta piuttosto male. Ma perché ?
S’incolpò della sua stupidità, Edward non aveva fatto né detto niente, era lei che aveva ingigantito la questione, vedendo ombre dove tutto era piatto e lineare.
Quando uscì dall’androne buio e arrivò in fondamenta, avrebbe tanto voluto che ci fosse il sole a ferirle gli occhi, dandole la possibilità di versare qualche lacrima senza dare spiegazioni.
Ma forse era meglio così, se iniziava a piangere, non la finiva più, e andare in giro singhiozzando, facendosi notare dalle persone era la cosa che voleva di meno.
Alzò un po’ di più la sciarpa a coprirle naso e bocca, i lunghi capelli marroni sciolti sulle spalle, uscivano da un cappello nero di lana.
La giacca a doppio petto era nera, così come le scarpe da ginnastica.
L’unica macchia di colore era data dalla sciarpa, che aveva fatto lei con colori diversi. Sua nonna Paola le aveva insegnato a lavorare a maglia, passione che da piccola non aveva mai alimentato, ma quando era venuta a mancare quella figura che le dava così tanto amore, aveva riscoperto quella passione.
Quando indossava qualcosa fatto dalle sue stesse mani, si sentiva più vicina all’amata nonna, il calore della lana era come un suo abbraccio.
E la sciarpa era il suo oggetto preferito.
Non era una copertina di Linus. Era la prima cosa che avesse fatto con i ferri, aveva degli errori, ma quegli errori secondo Bella la impreziosivano.
Non era perfetta, era ben lontana dall’esserlo, e forse era questa la cosa che le piaceva di più.
Con la testa bassa si diresse verso il ponte, pronta per tornarsene in quella casa così vuota. Sospirò, il vento era molto forte, probabilmente a Trieste c’era la bora.
Sopra il ponte, il vento era ancora più forte. Bella schiacciò di più la testa nella sciarpa, alla ricerca di un po’ di calore.
Faticava a fare gli scalini, le sembrava quasi che il vento cercasse di buttarla giù.
E a quel punto finalmente arrivarono. Le lacrime iniziarono a scorrere non più trattenute, correndo lungo le guance e finendo sulla sciarpa, bagnandola e raffreddandola. Sentiva il vento forte scontrarsi sulle guance bagnate, ferirle e arrossarle. Si morse le labbra, cercando di contenere i singhiozzi.
Scese con calma dal ponte, senza nessuna fretta, in quel momento non voleva tornare a casa, avrebbe preferito andare in un bar, se questo non avesse implicato altre persone.
Magari sarebbe entrata in libreria, lì avrebbe potuto sentirsi bene, e cercare di porre rimedio alla sua maschera a brandelli.
Un’ombra scura era davanti a lei, a pochi metri appoggiata al muro di una casa.
Isabella ne avvertiva la presenza più che vederla, non aveva nessuna voglia di alzare lo sguardo. Spostandosi verso il centro della calle cercò di superare la figura.
Ma la figura scura si portò anche lei al centro della calle.
Sentì la sua nuca scaldarsi, i suoi sensi mettersi sull’attenti.
Erano in una calle non poi molto affollata, ma qualcuno ogni tanto passava, soprattutto studenti e professori. Anche se la portava in quel sottoportico che finiva nel canale, qualcuno prima o poi avrebbe trovato il suo cadavere, c’erano tutte case intorno, per la miseria.
Non avevamo detto di smetterla di pensare ? Si disse con stizza.
Magari era solo una persona che aspettava qualcuno che era arrivato.
Chi mai avrebbe cercato di violentare una ragazza come lei ? Bastava guardarla in viso e vedere le lacrime che ancora scendevano per lasciarla stare. O almeno sperò che fosse così. Era l’anti-stupro perfetto, pensò con un sorriso. Perché le battute migliori erano solo nella sua testa ? Cercò di tornare seria.
Si spostò ancora, ma lo sconosciuto fece lo stesso. Allora Isabella decise di ignorarlo e di continuare per la sua strada.
Una mano bianca entrò nel suo campo visivo, e lei non avrebbe dovuto trovarla già così tanto familiare. Sospirò.
«Baby-Bella?» Anche con il vento che ululava nella stretta calle, la sua voce le arrivava forte e perfetta, come se le parlasse all’orecchio.
Alzò il viso, chiamata dalla sua voce e incontrò i suoi occhi. Sopra quegli occhi così neri e profondi, vide le sopracciglia corrugarsi, e si ricordò delle lacrime che ancora scendevano.
Velocemente riportò lo sguardo verso la punta delle sue scarpe, mordendosi il labbro inferiore ancora più forte, un nuovo attacco di singhiozzi, più forte del precedente, le era arrivato dal cuore. Cercò si svincolarsi dalla sua mano per potersene andare.
«Ehi, che c’è?» Quella voce così gentile, quelle mani che le accarezzavano dolcemente il viso, incrementarono i singhiozzi.
Edward cercò di alzarle il viso, ma lei si rifiutò. Era testarda, lo sapeva.
Sentì chiaramente il sospiro di Edward, prima che lui le lasciasse il viso. Senza alcun senso i singhiozzi di Bella aumentarono, rendendosi udibili.
Edward dolcemente, ma con decisione, la prese fra le braccia, appoggiandosela al petto. Diede una mano a Isabella a fare uscire tutte le emozioni.
Con la testa appoggiata sul petto di Edward, i singulti aumentarono. Al pianto irrazionale, si aggiunse la mortificazione per farsi vedere così da lui.
Lui, che ora le accarezzava i capelli per la lunghezza, che aveva un braccio intorno al suo busto e che la proteggeva nel suo ampio petto.
Lui che era la causa delle sue lacrime.

****

I singhiozzi di Isabella si erano calmati, ma la stretta di Edward non accennava a sciogliersi. Le lacrime continuavano a scendere sulla giacca di pelle di Edward. Il vento non le feriva più le guance, c’era lui in mezzo.
Cercò di scostarsi, non voleva certo rovinargli la giacca.
Quanto tempo era passato ? Era una delle prime volte nella sua vita che non riusciva a quantificare il tempo trascorso.
«Va meglio ?» le chiese accarezzandole in un moto circolare continuo la schiena. Bella si staccò velocemente, si passò le mani sulle guance per togliere le lacrime.
Le sentì in fiamme, quel ragazzo aveva il potere di farla arrossire come mai nessuno in vita sua c’era riuscito.
Era un suo vanto, quello di non arrossire, e ora bastava la vicinanza con quello sconosciuto e misterioso ragazzo per accenderla.
Isabella si rimise la sciarpa a coprirle bocca e naso, e bofonchiò un «Sì, grazie».
«Andiamo Baby-Bella?» le chiese con gentilezza il ragazzo sorridendole.
Bella lo guardò, sentiva le ciglia bagnate e sicuramente aveva gli occhi rossi.
Isabella poteva dirgli di no, poteva cercare di fare ancora la dura.
Ma aveva pianto tra le sue braccia, lui l’aveva accarezzata e confortata. Ripensando all’abbraccio si sentì in imbarazzo e distolse lo sguardo.
Ora il vento le arrivava, e le sbatteva i capelli in faccia.
Se li spostò con una mano, guardando Edward con la coda dell’occhio.
In quel momento decise di smetterla. Smetterla di scappare come le aveva detto quella mattina. Smetterla di cercare di nascondere dietro un velo nero la figura di Edward. Pensava sul serio che un drappo scuro nella sua mente avrebbe oscurato la bellezza di Edward?
Non aveva mai pensato ai ragazzi, non voleva sbavare dietro alle persone come le sue compagne di classe. Non voleva fare parte del coro.
Voleva essere semplicemente Bella. Non Isabella.
La Bella di Edward.
«Andiamo» gli disse sorridendo, forse il suo primo sorriso vero.
E vero fu anche il sorriso di Edward, quel fantastico sorriso che la faceva sentire un po’ speciale.
«Che ne dici se andiamo in un bar a prendere qualcosa di caldo?» La proposta di Edward era allettante. «Certo» gli rispose sorridendo ancora. Era sicura di non aver mai sorriso per così tanto tempo alla stessa persona.
«Se vuoi vicino a casa mia, c’è un bar molto carino, possiamo andare lì e se non ci sono molte persone, possiamo studiare lì. Se ti va..» Non che non volesse farlo entrare in casa sua, ma..
«Proprio non vuoi farmi entrare in casa tua vero?» Le chiese con un sorriso beffardo. Avevano iniziato a camminare, a fianco a fianco.
«Non è per quello, credevo che tu..-cercò la parola giusta- ti saresti sentito più a tuo agio in un luogo franco» più o meno erano quelli i suoi pensieri, ma voleva essere anche lei in un luogo franco, in modo che potesse andarsene quando voleva.
«Non ti preoccupare, mi so adattare bene, ma ho voglia di un cappuccino. Quindi sosta al bar e poi andiamo a casa tua» ok, anche Edward era testardo.
«Andiamo allora» si arrese all’evidenza, Edward Cullen sarebbe stata la sua rovina, ma in fondo al suo cuore,una scintilla sperava che fosse anche la sua salvezza.

****

Erano seduti vicino, sulla panca incastonata in una nicchia del muro a mattoni vivi. Erano vicini, non solo fisicamente. Davanti a loro due tazze di cappuccino e un piattino con dei biscotti.
Il bar era pieno, e il chiacchiericcio sovrastava l’abituale musica classica.
«Come sei finito qui a Venezia ?» gli chiese Isabella rompendo un pezzo del biscotto con le gocce di cioccolato e mettendoselo in bocca.
Voleva intavolare una conversazione civile.
Edward si strinse nelle spalle «Ero stufo di stare negli Stati Uniti. Molto tempo fa sono venuto con i miei genitori qui, e mi ricordo che mi era piaciuto molto-fece una pausa perso nei suoi pensieri- e quando hanno dato la possibilità a mio padre di venire a lavorare qui, eravamo tutti contenti» la fissava negli occhi, come se studiasse ogni sua reazione.
All’improvviso Bella sentì caldo.
«Ti senti bene ? Sembri accaldata» Edward le mise una mano sulla guancia. A Bella sembrava gelida.
«Ho caldo in effetti, possiamo uscire ?» cercò nella cartella di scuola il portafoglio per pagare
«Certo, chiamo il cameriere e gli chiedo il conto» prese anche Edward il portafoglio dalla borsa.
Si girò per sorriderle, ma quando vide che aveva il portafoglio in mano fece una smorfia.
«Perché hai il portafoglio in mano?» le chiese assottigliando gli occhi
Bella rispose semplicemente «Per pagare».
«Pagare ?! Io ti ho invitato fuori, io pago» le disse mentre faceva un cenno al cameriere. Tirò fuori una banconota da cinque euro e la diede al cameriere.
A nulla valsero le lamentele di Bella. Cercò di tenergli anche il broncio lungo la poca strada fino a casa sua, ma Edward con una semplice frase la fece sciogliere.
«Baby-Bella, sorridi che quando lo fai ti si illuminano gli occhi.»

****
«Domani alla prima ora abbiamo italiano, poi matematica che per fortuna non ci ha dato compiti per domani» erano seduti sul tavolo alto a penisola della cucina. Bella aveva dato una mano ad Edward, che non se la cavava poi male nelle materie classiche. «Il latino l’avevo imparato un po’ di tempo fa, il greco non è poi così difficile» le aveva detto davanti al suo sguardo dubbioso.
Ora invece stavano discutendo sull’orario scolastico. «Tieni il mio diario, e ricopialo se vuoi» Edward non aveva un vero e proprio diario, era più un’agenda nera. Isabella lo guardò scrivere nella sua calligrafia ordinata e composta.
Quando Edward alzò la testa e la vide intenta a guardarlo, Bella si affrettò a girare la testa verso l’orologio da parete, che segnava quasi le sette.
«Sono quasi le sette, siccome non so a che ora mangi di solito, ti va qualcosa ora ?» Edward aveva sorriso sentendo la domanda.
«Di solito non mangio così presto, ma accetto. Ho capito che è meglio accettare i tuoi inviti, sono così rari. La cena.. Niente male da una che voleva studiare in un bar» concluse ridendo.
Bella sentì le guance andare a fuoco un’altra volta, così si alzò velocemente dal tavolo.
«Ti va bene un panino?» Gli chiese mentre apriva il frigo. Non aveva molto da mangiare, avrebbe dovuto andare quel giorno a fare la spesa.
«Certo. Ti serve una mano?»
«No, gra-» Mentre stava appoggiando sul bancone dal lavoro il prosciutto crudo, si sentì stringere tra le sue braccia. Era stato così silenzioso che lei non l’aveva sentito muoversi.
«Bella..» le sussurrò all’orecchio, erano così vicini, il petto di lui contro la sua schiena. Il fiato le rimase impigliato in gola.



Salve a tutti :)
Se siete arrivati fino a qui, bravi! sinceramente la prima parte di capitolo era un polpettone.. ma è uscito così, e mi dispiaceva tagliarlo..
volevo dirvi alcune cose sul comportamento di Bella.. non vorrei mai che pensaste che Bella è bipolare, o io pazza xD
Bella è 'infantile' in un certo senso, non ha mai avuto amici, cerca di tenere tutte le persone distanti da lei.. poi un giorno arriva Edward e tutto cambia.. si ritrova ad essere una normale adolescente che vorrebbe stare con Edward come le sue compagne di classe, ma allo stesso tempo non vuole cambiare.. si chiede se veramente il gioco vale la candela, o se, soprattutto, quella candela non scotta troppo..in quel poco che si è aperta, è sempre rimasta scottata, ed ha paura..
voi cosa ne pensate del comportamento di Bella ?
mi sono fatta twitter.. potrei metterci spoiler, o anche chiedervi dei pareri se lo avete ;) nessuna mia amica ce l'ha, quindi io non so cosa farci.. quindi se vi va aggiungetemi pure @Martina1918 mi fa molto piacere =)
grazie per le splendide recensioni, come avete visto sono riuscita a pubblicare entro una settimana :)
spero di leggere molti pareri su questo capitolo.. siete contrari al comportamento di Bella ? pensate che sia una cavolata ? cosa succederà ora ? proponetemi le vostre idee, sono curiosa x)
un bacio a tutti, spero vi sia piaciuto e che mi lasciate una recensione..
Martina

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***





Isabella guardò il ripiano in marmo della cucina. La mano di Edward che andava su e giù per il suo ventre. Il respiro della ragazza era sempre più forte, il cuore le batteva in testa, tutto le arrivava come ovattato.
«Edward..» trovò la forza si sussurrare. Il ragazzo ghignò maligno al suo orecchio. Isabella cercò di girarsi, ma le forti braccia che la cingevano glielo impedivano.
«Attenta Baby-Bella. Potrei trasformarmi nel tuo peggior incubo» le parlò con la bocca attaccata all’orecchio, la voce storpiata. Dov’era finita la sua voce ammaliante ? Questa era da brividi, un suono minaccioso e sinistro.
Bella quasi senza rendersene conto iniziò a tremare.
«Hai paura Baby-Bella ? Fai bene» e rise malignamente.
Isabella cercò di staccare le braccia di Edward dalla sua vita.
«Conosco ogni tua più piccola paura, ogni tuo più piccolo desiderio. Ogni tuo punto di forza e ogni tuo punto debole. Tu vuoi questo» e le baciò il collo, continuò leccandole la giugulare e poi la morse. Un morso superficiale, ma che fece tremare Isabella.
Chi era veramente Edward Cullen ? Isabella chiuse gli occhi abbandonandosi tra le sue braccia. Per quanto cercasse di nasconderlo Edward aveva ragione.
«E ti odi per desiderare questo, eppure non puoi fare a meno di volerlo con tutta te stessa. Ti vanti tanto di essere una fuori dal coro, ne se orgogliosa. Ma è veramente così?»
Isabella guardò dritta di fronte a se, gli sportelli neri della cucina riflettevano la scena. Edward chino sul suo collo, finché lui non alzò la testa.
Isabella trattenne il respiro. Gli occhi di Edward erano iniettati di rosso, il nero profondo che tanto le piaceva era scomparso, lasciando il posto a quell’inquietante colore. I tratti del viso più spigolosi ma sempre di una bellezza inumana.
«Dovresti stare attenta a ciò che pensi, ciò che desideri. Non sia mai che i tuoi desideri si avverino. Ti sei sempre sentita fuori posto, e se io ti dicessi che questo non è il tuo posto? Se vieni con me potresti scoprirlo..» le disse in tono suadente.
Isabella chiuse gli occhi. Non riusciva a capire le sue reazioni, perché non aveva paura ? «Pensaci. Bye-Bye Baby-Bella.»
Le braccia di Edward intorno alla sua vita diventarono sempre più effimere, nell’aria echeggiava il suono maligno della sua risata. Isabella si girò, convinta di trovarlo seduto vicino al tavolo, e che gli ultimi pochi minuti fossero solo stati un sogno ad occhi aperti.
Ma il tavolo, come la cucina, erano vuoti. I libri di Edward non c’erano più, così come la sua giacca di pelle e la cartella.

****

Edward si materializzò nella sua stanza. La giacca di pelle sotto un braccio, la borsa con i libri nell’altro. Fischiettando andò verso lo specchio, la sua trasmutazione davanti a Isabella non era andata proprio come si aspettava. In tutti i secoli le ragazze scappavano via urlando, quando erano lucide. Di solito dopo aver irretito i sensi alla vittima, la rendeva lucida, tanto per sentire un po’ di urla.
Ma Isabella niente. Questo confermava la sua supposizione, quindi presto sarebbe tornato a casa.
Sorrise, mentre si guardava allo specchio, erano passati secoli, secoli in cerca di lei, secoli in cui non era cambiato di una virgola, e finalmente l’aveva trovata.
La giornata non era stata particolarmente pesante, anche se c’erano stati alcuni alti e bassi. La trovata di andare a Monaco era stata geniale, aveva l’occasione perfetta per poter stare con lei. Le sembrava tanto un osso duro.
Ma nessuno resisteva al fascino demoniaco di Edward Cullen, pensò mentre si passava una mano tra i capelli.
Se poi era una diavolessa, come sospettava, anche lei era logico che non gli resistesse. Era un demone potente negli Inferi, alimentava le discordie e insegnava a combattere i nemici. Non un demone tranquillo insomma.
Se solo Lilith non si fosse intestardita ad averlo come amante, lui ora sarebbe negli Inferi tranquillo, e non dovrebbe cercare la figlia di Lucifero su tutta la Terra.
Edward con un sospiro si lasciò cadere su di una poltrona nella sua camera.
Il suo tatuaggio gli pizzicava, cosa che non era mai successa in tutti quei secoli di ricerca.
Il tatuaggio era stato fatto da Lucifero in persona, dicendogli che gli serviva per rintracciare sua figlia. Era stato un bastardo, sapeva che solo i demoni più potenti potevano far figli, e questi non erano poi molti, ma figlie femmine erano ancora più rare. Equivaleva a dirgli ‘Non ti voglio qui, per parecchi secoli’. Si passò un mano trai capelli.
Qualcuno bussò alla porta. «Posso entrare ?» era Esme, sua ‘mamma’.
Non era la sua madre biologica, quella era morta molto tempo prima, durante la Peste che aveva sconvolto l’Europa. Edward aveva diciassette, ormai era considerato un uomo nel suo mondo. Ne era passata d’acqua sotto i ponti.
«Certo» le sorrise, non era difficile essere gentile con quella donna. Suo padre,
Carlisle,se ne era innamorato quando Lucifero li aveva spediti sulla terra alla ricerca
della sua fantomatica figlia.
Esme era una tipica donna umana del 1500.
La prima volta che Edward aveva posato gli occhi su di lei, aveva immediatamente pensato che fosse la tipica dama altezzosa e piena di sé, mentre camminava nelle calli, avvolta nei suoi preziosi abiti ricamati coprendosi dal sole con un delicato ombrellino di merletto di Burano. Suo padre invece ne era rimasto folgorato.
I delicati capelli biondi, gli occhi azzurro cielo l’avevano fatto innamorare come un qualsiasi umano.
Lui, che era uno dei primi angeli caduti, era finito nella rete di quella donna.
Il passo tra portarla via da Venezia e da suo marito, a trasformarla in demone era stato breve.
L’unico problema era che trasformando un umano, secondo il preciso rituale, questi acquisisce caratteristiche demoniache, che i demoni di nascita non hanno, come la pelle squamosa, una o più code o corna. Esme aveva delle tozze e appuntite corna rosse, che uscivano dai capelli biondi.
« Beh, come si dice in questi casi ? Come è andata a scuola ?» gli chiese sorridendo e sedendosi su un’altra poltroncina. Nonostante i secoli passati non aveva smesso di aver grazia e compostezza mentre compiva anche i gesti più semplici.
«Questo fa molto umano, lo sai?» gli rispose Edward sorridendo anche lui e giocando con il polsino che si era tolto.
«Comunque è andata bene, credo. Sono abbastanza convinto che sia lei, il tatuaggio è strano con lei vicino. E non si è spaventata quando le ho mostrato il demone.» aggiunse quasi in un sussurro, consapevole che quello che aveva fatto non era stato la cosa più saggia da fare. «Tu cosa ?» la sfuriata fu interrotta dall’entrata in camera di Alice, che entrò senza bussare.
«Non preoccuparti, fratellone, non l’hai traumatizzata» si sedette sul letto di Edward, l’unico posto rimasto libero. Alice era figlia naturale di Carlisle e Esme, quindi sua sorellastra. Avevano circa 200 anni di differenza.
Alice, per quanto fosse anche lei una dama del ‘Cinquecento, non possedeva la grazia di Esme. Aveva molta più grazia e compostezza delle ragazze di questo secolo, ma passare la vita chiusa in conventi per sfuggire alla caccia alle streghe non aveva giovato al suo portamento.
«Quindi, visto che lei sta bene, forse un po’ turbata, in fin dei conti non è abituata a cose non umane, io dico che è lei.» Alice aveva preso un libro dal comodino di Edward e si era messa a leggerlo. Svogliata, sfogliava il libro, come alla ricerca di qualche misterioso mistero. «Gli dà fastidio il tatuaggio quando è vicino a lei» disse la loro madre. Alice si riscosse, mollò il libro per terra e guardò il fratello «Perché non l’hai detto?» Edward si passò una mano sul viso, era pur sempre la sua sorellastra ma a volte non la sopportava.
Un conto era vivere come un normale umano, una vita sola ma i demoni vivono molto di più e avere una sorella perennemente attaccata, per di più veggente, in molti casi era stressante. Soprattutto quando aveva visioni sull’Apocalisse se non trovavi al più presto la figlia di Lucifero.
«Credevo l’avessi visto» le disse ghignando, adorava prenderla in giro.
«Lo sai benissimo che non posso avere visioni sulla sfera emotiva di una persona»
«Però hai visto che Isabella non è scioccata»
«Io, Delfi e Sibilla ci siamo messe d’impegno per cercare di avere una visione chiara. Ti devo ricordare che c’è in gioco il destino dell’umanità?!» il tono di Alice si era scaldato.
Edward stava per risponderle quando Esme intervenne «Ragazzi, basta. L’importante è il tatuaggio. Speriamo che dopo questa tua fantastica idea- si rivolse a Edward- lei voglia ancora avere qualcosa a che fare con te»
«Per forza mamma! Ho avuto un’idea geniale. Ho fatto mettere lui- e lo indicò- vicino a Bella!» Edward pensò che si sarebbe messa a battere le mani saltellando urlando ‘Viva me!’ da tanto era compiaciuta. Alzò gli occhi al cielo.
«E poi lui ha avuto un’idea carinuccia. Va a Monaco con lei per una settimana. Uffa, devo rifarmi lo smalto, tutto rovinato!» Esme si girò verso il figlio alzando un sopracciglio.
«Ehm.. Devi firmare dei fogli» una mamma demone arrabbiata non era mai da prendere sottogamba.
«E io ti preparo la valigia! Ho già visto tutto!» correndo, Alice uscì dalla stanza.
Esme si alzò dalla poltroncina riassettandosi la gonna.
«La cena sarà pronta tra un’ora» gli disse sorridendo, e chiudendosi la porta della camera alle spalle. Edward sospirando si rilassò ulteriormente affondando nella morbida poltrona.
Il difficile iniziava ora.


****

L’ora di Italiano era passata, Isabella era rimasta in silenzio di fianco a lui. Aveva cercato un contatto con una parte qualsiasi del suo corpo, ma lei si spostava. Così non aveva potuto nemmeno leggere tra i suoi pensieri.
Ora, a metà ora di matematica era stufo. Quel silenzio iniziava pesargli. Il professoresse stava controllando gli esercizi di Luca alla lavagna. Tutta la classe parlottava e Edward decise che quello era il momento migliore. «Hai portato i fogli firmati, Bella?» Isabella continuava il suo silenzio. «Io sì». Cercò di metterle una mano sul braccio, questa volta Isabella non si spostò “Che vuole da me ? Non gli è bastata la scenetta di ieri sera? Ho altro a cui pensare, il mal di testa non mi dà tregua” «Questo è uno dei primi passi» scrisse Edward su di un foglietto. Vide Isabella guardare scocciata
il pezzo di carta, per poi ignorarlo e continuare a guardare dritto. Allora Edward scrisse ancora «Il mal di testa intendo».
Isabella si girò a guardarlo, molto probabilmente, pensò Edward, si chiedeva come faceva a saperlo.
Con un sospiro la ragazza prese in mano una matita. «Il primo passo per cosa ?».
«Il primo passo per la tua trasformazione» forse aveva sbagliato ad essere così diretto, ma non aveva mai indorato la pillola a nessuno.
«Che trasformazione? E come fai a sapere che ho mal di testa?». Contando che aveva sempre vissuto nel mondo mortale, e che suo padre non le era stato vicino era normale che gli ponesse quelle domande.
«So che hai mal di testa perché leggo nel pensiero come qualsiasi altro demone. Come te» ok, forse così era stato un po’ tropo diretto. Alzò lo sguardo e vide Alice sorridergli. Forse non era tutto perso.
«SCUSA?!»
«Il tuo mal di testa è dovuto al fatto che la tua mente si sta ampliando, in poco tempo riuscirai a sentire i pensieri delle altre persone anche solo con un contatto tattile, indurre le persone a fare ciò che tu vuoi con il pensiero e cancellare pezzi di memoria.»
Isabella continuava a leggere e rileggere quella frase. Che Edward si fosse ammattito ?
«Probabilmente il prossimo passo sarà la temperatura che cambia, brucerai per un paio di giorni. I tuoi genitori sono a casa?»
«Che te ne importa ?» Testarda.
«È meglio se durante la trasformazione non stessi sola. Potresti venire a casa mia» Non voleva di certo perdere d’occhio la figlia di Lucifero ora che l’aveva trovata.
«Smettila e cresci» diretta e concisa, in stile Isabella.
«Non mi credi?»
«No, per niente. Ora inizi a dare fastidio, voglio seguire la lezione» Proprio in quel momento la campanella suonò, dando modo a Isabella di fuggire dalla classe.
Edward sospirò,le cose non erano andate nei migliori dei modi, ma presto lei avrebbe capito. Forse.





Salve =)
intanto vorrei ringraziarvi per le stupende recensioni, mi fate molto felice =D
poi vorrei scusare per il ritardo, il capitolo è pronto da tempo, ho scritto anche il settimo, ma devo prendere un'importante decisione.. un amico mi ha detto che per questa storia potrei pensare di pubblicarla come libro. lo so che è un percorso lungo, difficile e che le possibilità che succeda sono molto basse, se poi aggiungiamo la mia bassa autostima, siamo a cavallo.. se decidessi di pubblicare come libro, significherebbe che non potrei più postare la storia qui su efp. vorrei che voi mi diceste cosa ne pensate, cioè vi dispiacerebbe che io non postassi più la storia ? aevao pensato di chiedervelo in un avviso, ma almeno vi lascio un capitolo..
spero vi sia piaciuto, e che mi facciate sapere
un bacio
Martina

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Capitolo 8
*** Avviso ***


Salve =)
eccomi qui con il fatidico avviso..
Intanto grazie per le stupende recensioni, siete state fantastiche, a breve vi ringrazierò una per una..
Non scrivo questo avviso con il cuore leggero ma è meglio così.. a breve la scuola rinizierà, e frequentando il liceo europeo (lo stesso di Bella, sì mi faccio tutte quelle ore)
il tempo per la scrittura si riduce al minomo..
quindi la storia, almeno qui su efp, sarà sospesa fino a giugno, poi vedrò a che punto sono della storia e deciderò se provare a inviare quello che ho scritto a qualche casa editrice, o se continuare a pubblicarlo qui, sperando che vogliate ancora seguirmi :)
magari durante quest'anno, potrei pubblicare, ogni tanto, degli out takes, cosa ne pensate ?
intanto, se avete fb, ho aperto una pagina per la storia, in maniera che se vi interessa qualcosa, anche solo dirmi ciao, io ci sono :) la pagina è Figli di Satana
quello nell'immagine del profilo è Andras, la versione originale di Edward :) Bella invece si chiama Kyra..
che altro dire ? vi ringrazio per il vostro fantastico sostegno, vi ringrangio per ogni parola che avete letto e scritto e spero di vedervi sulla pagina..
per il resto, questo è solo un arrivederci ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***



Dove eravamo rimasti...

«Smettila e cresci» diretta e concisa, in stile Isabella.

«Non mi credi?»

«No, per niente. Ora inizi a dare fastidio, voglio seguire la lezione» Proprio in quel momento la campanella suonò, dando modo a Isabella di fuggire dalla classe.

Edward sospirò,le cose non erano andate nei migliori dei modi, ma presto lei avrebbe capito. Forse.


«È solo uno stupido» bofonchiò mangiando un cracker. Era seduta in chiostro, sul pozzo, sola.

Isabella non aveva la minima voglia di tornare in quell’aula, vicina a quel deficiente forse non tanto umano. Cosa aveva fatto di male nella sua vita precedente per meritarsi come compagno di banco un fanatico dei demoni ? E il fatto che lei ci credesse pure, era la cosa peggiore.

Sentì la campanella suonare, ma non volle darci peso. Rimase lì per altri dieci minuti ma poi vide Edward guardare fuori dalla finestra della loro classe.

Un moto di nervosismo la spinse ad alzarsi e ad andare fino al bancone delle bidelle in atrio.

«Betty ? Scusa, ma non mi sento molto bene..» disse con un tono di voce debole. Pallida lo era, bastava socchiudere un po’ gli occhi e corrugare la fronte.

«Cos’hai ? Sei un po’ pallida» le chiese dolcemente la bidella

«Ho un forte mal di testa e nausea. Potrei misurami la febbre?»

«Ma certo Isabella. Siediti lì.» disse recuperando il termometro dal cassetto e indicandole la così detta ‘Sedia dei Malati’.

Il professore di diritto entrò con un considerevole ritardo e la riconobbe.

«Isabella ? Tutto bene ?» le chiese mentre si spogliava del cappotto.

«Non proprio prof. Le dispiace se mi misuro la febbre ?»

«Ma certo, io intanto vado in aula.» disse proseguendo verso le scale.

L’apparizione del prof l’aveva distratta per alcuni secondi, ma adesso si ritrovava sola in un atrio spettrale forse per via dei suoi pensieri. La cosa che le dava maggior fastidio era il fatto che continuava a pensare ad Edward, ma non l’Edward demoniaco che l’altra sera tanto l’aveva turbata, no. Pensava al ragazzo che le sedeva di fianco tutti i giorni, catturandole i pensieri.

Che fosse un demone o meno, non le importava.

Questo la mandava in bestia. Si sentiva tanto una stupida protagonista di romanzi rosa, già innamorata persa del misterioso ragazzo.

Si stava per insultare mentalmente quando il termometro suonò. Lo prese senza fretta, guardando con timore il display. 36.9. Sbuffò.

«Allora, quanta febbre hai ?» le chiese un’altra bidella di cui non si ricordava il nome. Mentire e tornare a casa o restare vicino a Edward ?

«37 e 2 non è molto» disse con la fronte corrugata, passandoci una mano sopra. Per una volta aveva voglia di fare qualcosa per se stessa.

«Vuoi andare a casa ? Non hai una bella cera..»

«Preferirei grazie.»

La bidella annuì. «Vai in classe a recuperare il registro, e poi vai in segreteria.»

Isabella annuì restituendo il termometro e alzandosi.

«Bella!» Alice stava scendendo le scale con il registro in mano.

«Stai bene?» le chiese una volta che entrambe furono alla stessa altezza.

«Non molto.» Alice annuì.

«Vai a casa ?»

«Vorrei. Mi serve il registro.» disse con voce incolore.

«Tieni.»

Nel ruolo della malata era perfetta. Tono incolore, poco parole. Voleva mettere fine a quella conversazione il più presto possibile, andarsene a casa e nascondere la testa sotto le coperte.

«Stammi bene» le disse infine Alice dopo alcuni secondi di silenzio. Poi le si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia.

Isabella ridiscese i pochi gradini che aveva fatto, dirigendosi verso la piccola porta in legno della segreteria bussando.

Dopo aver chiamato sua madre, che in quel momento si trovava a Roma, fu autorizzata ad uscire.

Con il registro in mano, salì piano i gradini, facendo mente locale sui compiti per il giorno dopo. Se sapeva già cosa prendere, avrebbe impiegato meno tempo a farsi la cartella, sarebbe uscita prima, stando meno con Edward. Un piano perfetto!

Bussò alla porta della sua classe e entrò dopo aver ricevuto il permesso, porgendo il registro al professore.

«Vai a casa ?» le chiese l’uomo, che non aveva ne ancora iniziato la spiegazione.

Isabella si limitò ad annuire, concentrandosi sul mantenere un’espressione sofferente. Si diresse verso il suo armadietto, dove prese i libri di latino e italiano, gli unici compiti per il giorno dopo. Chiuse la piccola anta di legno con qualche difficoltà, era stracolmo e non c’erano nemmeno tutti i libri. Sospirò, cercando il coraggio o almeno l’indifferenza che sempre l’aveva contraddistinta. Riuscì a trovarne un briciolo con cui andò verso il suo banco.

«Non mi credi ne ancora ? Questo è il primo passo prima della trasformazione.» le disse sussurrando.

«Certo Edward.» gli rispose con tono incolore. Brava! Si mise la giacca.

«Passerò più tardi, per vedere come stai. Sai, è molto difficile.» continuò il ragazzo.

«Vedrò di non farmi trovare a casa quando verrai, allora.» concluse chiudendo la cartella, e mettendosela a tracolla.

Non gli diede possibilità di replicare che già era sulla porta dell’aula, saltando con un cenno Sibilla e Alice.

Scese tutti I gradini, fino ad arrivare alle macchinette, per poi uscire dal chiostro. Non incontrò nessuno, così non dovette fingere ancora di stare male.

Una volta uscita dal cancello di ferro, si mise l'iPod nelle orecchie, facendo partire una delle canzoni che in quei giorni preferiva: What Part Of Forever. Scoperta per caso, le erano piaciuti alcuni versi, che per ironia della sorte, erano perfetti in quel momento.

I could stay stay stay, if that’s what you want want want
I’d give it to you you you
If I had a heart heart heart

Aveva ascoltato quella canzone fino alla porta di casa sua, dove aveva spento l'iPod, e tirato fuori le chiavi. La porta era chiusa, nessuno era in casa quindi. Lasciò che la porta si aprisse completamente , fissando l'entrata scura. Provò un senso di nausea all'idea di rimanere chiusa in casa, sola.

Si alzò di scatto, lasciando la borsa con i libri di scuola sul divano, recuperando dal portafoglio 20 € e mettendoseli in tasca, insieme alla chiavi e al cellulare.

Aveva bisogno di un po' di sollievo, e chi meglio di una libreria poteva darglielo ?

****************

Salve !!

Sì, sono proprio io, con un capitolo nuovo nuovo e fresco fresco direi ;)

Mi mancavate, così mi son detta "perchè non rinizi da dove hai interroppo la storia su efp, cambiandola ?" così eccomi qui! sinceramente non so dove questo mi porterà, però mi mancavate..

Spero di risentirvi tutte, o anche di più, io non i offendo mica! xD

Scusate se non ho risposto ancora a tutte le recensioni fantastiche che mi avete lasciato (e mi sono dimenticata pure di dirvelo nell'avviso -.-) sinceramente non so se rispondervi ora ha senso, ma lo farò! E sappiate che ogni vostra parola mi rende felicissima..

Spero che a qualcuno importi ancora qualcosa di questa storia,

un bacio

1918

P.S ho dei problemi con l'html -.-'' posto, prima di distruggere il computer, stupido nvu

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***




Appena entrata, l'odore dei libri nuovi l'aveva avvolta, facendola sentire molto più a casa che in quelle quattro pareti vuote.

Il sorriso familiare della commessa, la stessa da ormai molti anni, era qualcosa che le infondeva fiducia come poco nella sua vita. Ricambiò il sorriso muovendo in un frullio le dita per salutare la donna che, data l'età, avrebbe potuto essere sua madre.

«Ciao bella! Come va ? Era da tanto che non ti vedevo..» le disse sistemando un paio di libri della sezione Storico, vicina al Fantasy.

«Ciao! La scuola non mi ha dato tregua, ma ora non ne posso più di non leggere.» le disse sorridendo, mentre guardava con il naso all'insù quella parete stracolma di felicità tascabile.

«Beh allora buona scelta!» le disse la donna sorridendole, per poi allontanarsi verso la cassa.

In quel mare di copertine, continuava a alternare lo sguardo, indecisa da quale iniziare.

«Io ti consiglio questo.» una mano bianca, con dita tozze, entrò nel suo campo visivo. La voce dello sconosciuto era si ammaliante, ma Isabella sentiva una nota sbagliata, come un sibilo che accompagnava le parole.

Si girò velocemente. Dietro di lei, un ragazzo biondo, con pallidi occhi azzurri, le sorrideva ammiccante.

«Come scusa?» chiese Isabella con voce esitante.

Il ragazzo si sporse verso di lei, allungando il braccio. Bella indietreggiò, c'era qualcosa in quel biondino che non la convinceva.

Le porse un libro con la copertina bianca e nera, dove un ragazzo con un paio d'ali campeggiava. Isabella lo prese con riluttanza.

«Questo-picchiettò il dito sulla rigida fodera- mi è piaciuto. Forse 'piaciuto' è un'esagerazione, ma non è male.» concluse abbagliandola con un sorriso, mentre si passava una mano tra i corti capelli.

«Oh, grazie. Ne avevo sentito parlare.» cercò di girarsi verso lo scaffale, in modo da far capire a quel giovane ragazzo che non c'era trippa per gatti.

Stava per dargli le spalle quando parlò di nuovo: «Io sono James» disse con tono allegro porgendole la mano.

Isabella lo guardò negli occhi, accorgendosi solo in quel momento di quanto fosse giovane.

«Isabella» si ritrovò a dire e a stringere la mano del ragazzo.

«Isabella.. che bel nome!» disse con voce bassa.

La ragazza si accorse di aver sentito bene, James aveva uno strano sibilo, molto pronunciato quando diceva le 's'. le ricordava quasi un serpente.

Bella si accorse di aver ancora la mano stretta nella sua. Avvampando la tolse velocemente, per stringerla nella mano sinistra. La mano del ragazzo era fredda e dura, ma le aveva lasciato una sensazione di bagnato.

«Cosa ne dici di venire a casa mia?» le chiese guardandola negli occhi.

Persa in quelle iridi azzurre, non si rese conto di rispondere «Sì, mi piacerebbe molto.». Era troppo intenta a fissare la pupilla dalla forma allungata.

***

«Benvenuta nella mia casa! Dammi il giaccone.» In casa sembrava non esserci nessuno, cosa che rincuorò da un lato Bella. Dall'altro invece le fece battere forte il cuore. Per quale dannato motivo era lì?

«Ti va di vedere un film?» le chiese mentre metteva sull'attaccapanni la sua giacca.

Isabella sorrise, un po' falsamente, rispondendo con fin troppo entusiasmo «Certo!».

«Cosa ti va di vedere?» le chiese facendo strada verso il salotto.

«Non saprei, che film hai?»chiese con imbarazzo. Era la prima volta che le capitava di essere in una situazione del genere, e sperò che fosse anche l'ultima. Occhieggiò la porta del salotto che conduceva al corridoio d'entrata.

«Che ne dici di 'Appuntamento fra le nuvole'? È del 1963.» le disse con la solita esse strana, mostrandole la custodia del DVD. Isabella riconobbe immediatamente l'attore protagonista del suo film preferito. Adorava la trilogia con quell'attore e non voleva vederlo in altre vesti.

«Ehm, qualcosa con un po' più azione ?» e poi l'ultima cosa che voleva era finire a guardare un film d'amore con uno sconosciuto.

Perché non era ancora scappata da quella casa?

«The Ring ?» un po' più di azione, non significa un horror.

James probabilmente vide la sua faccia perplessa.

«Scary movie ?» già meglio..

Isabella cercò di sorridere, alzando un angolo della bocca, e annuì.

James si piegò per mettere il film nel lettore DVD, intanto disse «Io vado a fare i pop corn, tu intanto siediti.» Quando il ragazzo fu uscito dal salotto, Bella si guardò intorno. La stanza non era enorme, un divano marrone di pelle, due poltrone dello stesso colore, un tavolino in stile etnico e una libreria. Aveva parecchi libri e incuriosita si avvicinò per leggere qualche titolo.

Era pieno di titoli riguardanti i rettili, ma soprattutto i serpenti. Un brivido corse su per la schiena di Bella. Odiava i rettili e i serpenti. Si allontanò di scatto, andandosi a sedere sul divano. Rimase seduta in cima, rigida con la schiena, cercando di trovare qualche scusa per andare a casa. Tirò fuori il cellulare, decisa a inventarsi qualcosa. Fu stupita di trovare sei chiamate da parte di numeri sconosciuti e 3 nuovi messaggi. Aprì i messaggi.

'Bella, non andare da nessuna parte con quel tipo. Ti prego. Alice'

'Esci da casa sua, è pericoloso. Alice'

'Isabella, perché non sei a casa ? Non stavi male ?'

Ignorò l'ultimo messaggio di sua madre, troppo concentrata a capire come Alice avesse avuto il suo numero.

Le chiamate erano tutte della ragazza quindi. Come faceva a sapere dov'era ? E James? Che l'avesse spiata ? Ma lei era a scuola..

«Eccomi con i pop corn!» Isabella si girò di scatto verso la piccola porta che portava a quello che sembrava più un cucinino che una cucina vera e propria.

«Sei pronta ?» le chiese continuando a sorridere.

«Veramente mi ha appena chiamato mia madre d-»

«NO» l'interruppe bruscamente.

«Come scusa?»

«Non ti ha chiamato nessuno.» disse continuando a stringere la ciotola di pop corn che teneva in mano.

«Mi ha mandato un messaggio, devo andare a casa.»

«Guardiamo almeno l'inizio del film, così sarai costretta a tornare per vedere la fine!» le disse tornando ad essere il ragazzo solare.

Nessuno dei due toccò i pop corn, Isabella troppo occupata a stringersi su se stessa.

Il film non lo stava seguendo, continuava a fissare verso la TV dove un orologio segnava l'ora.

Udì un fruscio accanto a lei. Prima penso che James stette cercando di avvicinarsi, ma il rumore continuava. Si girò verso il ragazzo e fu in quel momento che lo vide.

Un serpente enorme, che strisciava sulla pelle del divano, in mezzo a loro due.

Lanciò un urlo, alzandosi di scatto, andando verso il muro. James rideva, ma Isabella non lo sentiva e neppure lo vedeva.

Sotto al divano una miriade di serpenti, di colore e e razza diversi, erano aggrovigliati. Sulla TV c'è n'era uno che strisciava come se niente fosse.

Il cuore le batteva all'impazzata, la testa le girava e si sentiva prossima allo svenimento.

James avanzò verso di lei, i serpenti si muovevano intorno ai suoi piedi, il suo viso non era più come prima, era ricoperto di squame, i capelli erano spariti così come le labbra e il naso. Era di un verde smeraldino, identico alle ali aperte sulla schiena, ricoperte anche loro di squame. L'urlo di Bella rimase impigliato in gola.

Un soffio vicino al suo orecchio la fece voltare di scatto. Dalla libreria un lungo serpente scendeva, le fauci aperte, i denti sguainati.

Isabella riuscì ad urlare prima che il serpente l'attaccasse.

Salve!

sono qui! cosa ne dite del capitolo? :) spero vi piaccia..

Hoara forse mi ucciderà, voleva Edward lei.. forse lui lo volevate tutte (o c'è anche qualche ragazzo?) però dai, James non è male, no? Guardate il lato positivo, magari Edward irrompe nella stanza e la salva! credeteci :D

Grazie per aver continuato a seguire la storia, non credevo che il vostro entusiasmo fosse così caloroso, siete fantastiche ;D e grazie mille per le vostre stupende recensioni a cui ho risposto con un po' di ritardo, sorry!

Penso che continuerò a postare la domenica, o voi preferite un altro giorno?

la mia scuola è quella che è e ultimamente è peggio di un vampiro... Natale quando arrivi??

Ogni volta che scrivo le note mi dimentico qualcosa -.-'' vabbè, vi saluto

al prossimo capitolo,

un bacio

1918

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***




La mattina dopo Isabella si svegliò con un forte mal di testa. Cercò di ricordarsi cosa fosse successo da ridurla così e le venne in mente della febbre.

Sì, sicuramente era stata quello a renderla così.
Spostò le coperte per alzarsi, e si rese conto che ogni muscolo del corpo le doleva. Probabilmente aveva avuto la temperatura parecchio alta, pensò.

Con un sospiro decise che doveva stringere i denti e scendere giù in cucina, prospettiva non molto allettante con tutto il dolore che sentiva.
Aveva appena deciso che poteva rimanere ancora a letto quando il campanello iniziò a suonare insistentemente. Con un lungo sospiro si costrinse ad alzarsi.

Barcollò un po', per poi attaccarsi alla libreria. Scese le scale lentamente, una mano sulla fronte e l'altra sulla parete. Chi era alla porta aveva deciso, evidentemente, di attaccarsi al campanello, producendo un suono lungo.

Con voce roca, continuando a tenere una mano sulla tempia, biascicò un 'arrivo' che perfino lei aveva stentato a sentire.
La porta sembrava così distante..

Cercò le chiavi per aprirla, convinta di averla chiusa bene come al solito. Ma non vedeva il suo portachiavi al solito posto, il tavolo. Pensò che forse se le era rimesse nella tasca della giacca, un gesto istintivo, forse dovuto alla febbre.

Ma non c'erano. E non erano nemmeno inserite nella serratura. Maledicendosi e maledicendo chi dall'altro lato della porta continuava a suonare, si diresse verso l'entrata. Decise di provare ad aprirla, tanto per far capire a chi c'era, che aveva dei problemi.

L'uscio si aprì senza problemi. Davanti a lei, un Edward infuriato la fissava. Gli diede poca importanza, continuando a pensare al fatto che la sera prima non avesse chiuso la porta. Cosa aveva fatto una volta tornata a casa?
«Tu, per caso, guardi mai il cellulare?» la scansò entrando in casa.

Isabella abbassò le palpebre, sospirò e chiuse la porta.
«Alcune volte, perché?» gli rispose pizzicandosi la base del naso tra il pollice e l'indice.
Edward intanto si era tolto la giacca di pelle e le scarpe ed ora stava salendo le scale.
Bella chiuse gli occhi e mosse il collo facendolo scroccare. Quando li riaprì, fissò la sua immagine nello specchio davanti a lei. Un sorriso malizioso le piegava le labbra e gli occhi socchiusi erano rossi.
«Trema Edward Cullen»

***


«Si può sapere come ti è venuto in mente di seguire uno sconosciuto a casa sua?» Edward era seccato.

La sera prima lo aveva fatto preoccupare anche se non lo avrebbe mai ammesso. Per non parlare del salvataggio che aveva dovuto fare. Colui che ora si faceva chiamare con il nome di James era una sua vecchia conoscenza, non troppo simpatica. Se il giorno prima fosse arrivato con un po' più d'anticipo, il demone si ritroverebbe ad essere polvere sul pavimento insieme alla sua allegra famiglia di rettili. Però dopo una breve colluttazione, James era riuscito a scappare.
Bella doveva ancora raggiungerlo.

La chiamò: «Baby-Bella? Dove sei?» perché non arrivava? Dove si era cacciata ? Edward si alzò dal divano e tornò verso la tromba delle scale. Girò l'angolo e un colpo, veloce, in pieno petto lo fece volare contro il muro.

Si rialzò immediatamente, in posizione di attacco. Tutti i suoi sensi si amplificarono, cercando di capire cosa fosse successo. C'era un demone in casa di Bella ? Come aveva fatto a non sentirlo prima? Il suo tatuaggio aveva rivelato solo Bella.. Poi capì. Spalancò gli occhi. Non era possibile.
Il pomeriggio prima aveva sperato con tutto se stesso di essere arrivato in tempo, che il bastardo non fosse riuscito a toccarla. Purtroppo ci era riuscito.
Si mosse velocemente tornando verso il salotto di Isabella, sperando che la ragazza lo seguisse.
Doveva assolutamente portarla da suo padre, a casa loro, lui avrebbe saputo cosa fare. Sicuro.
Bella varcò la porta del salotto, cercandolo con lo sguardo. Non aveva nessuna prudenza, non era abituata al combattimento come lo era lui.
Subito la mente di Edward solita alle battaglie registrò i punti deboli di lei. Si maledì per non aver lasciato la scuola il giorno prima. Se lo avesse fatto, sicuramente Bella in quel momento non si sarebbe trovata con due occhi rossi, chiaramente posseduta.

Isabella corse verso di lui, mentre Edward rimase verso, leggermente piegato sulle ginocchia, a braccia aperte, in posizione di difesa. Quando la ragazza fu abbastanza vicino, scattò in avanti, chiudendola tra le sue braccia e buttandosi sul divano che sbatté sul muro.

Bella si trovava sotto di lui, con il respiro pesante e lo fissava negli occhi ma sembrava non vederlo. Le sue mani erano strette dalla morsa di Edward. Cercò di dibattersi, ma era come spostare una roccia. Poi il ragazzo le prese il mento in una mano e le alzò il viso.

La baciò.

Edward si accorse che Isabella aveva ripreso conoscenza poiché ricambiò il bacio. Lei gli mise le mani tra i capelli, incredibilmente soffici, attirandolo a sé. Lui in risposta aprì le gambe puntellandosi con le ginocchia sul divano, per non pesarle addosso.

Mossero le labbra più velocemente e Edward spinse la sua lingua delicatamente nella bocca di lei. I loro petti si toccavano, riusciva a sentire il battito del cuore di Bella battere furiosamente. Spinse il suo bacio tra le gambe di lei.
Entrambi emisero un gemito.
Poi Edward si staccò, con grande fatica, e parlò con le labbra a pochi millimetri dalle sue: «Devi venire a casa mia, dobbiamo parlare con mio padre.»


****


Seduta sul divano di casa Cullen, Bella si chiese cosa le fosse accaduto prima. Sentiva la testa pesante, ogni suono le arrivava un po' ovattato e aveva un disperato bisogno di dormire.
Esme entrò nella stanza portandole una tazza di te. Quella donna era così materna, dolce.. l'idea ideale di madre. All'inizio si teneva lontano da lei, preoccupata che le sue corna rosse le incutessero timore, ma poi si era lasciata andare, scaldando l'ambiente ed avvicinandosi sempre di più all'ospite.

Ormai aveva accettato la faccenda dei demoni, se n'era fatta una ragione. C'era dentro con tutte le scarpe, cos'altro poteva fare? Piangere e disperarsi? Non sarebbe servito a nulla e lei non era tipo. Lei era sempre stata diversa e ora capiva perché.
«Come ti senti tesoro? Vuoi riposare?» Esme le mise una mano sulla fronte sentendone la temperatura. «Alice ci ha detto che non stavi bene ieri.. Vedrai, tutto si sistemerà.»

Erano sole in quella stanza, Alice, che aveva scoperto essere sorella di Edward, era a scuola, mentre lui stava parlando con suo padre Carlisle nel suo studio.
«Vorrei riposare grazie» rispose alle domande della donna con un timido sorriso.
«Certo, riesci ad aspettare Carlisle ed Edward? Forse è meglio se parliamo prima con loro.» Isabella annuì, tuffando il viso nella tazza di tè bollente che stringeva tra le mani.

Sentì dei passi leggeri sulle scale e i due uomini entrarono nel salotto.
«Isabella» l'uomo dai capelli biondi che non aveva ancora mai visto- Carlisle senza ombra di dubbio- le si avvicinò tendendole la mano «Ho sentito molto parlare di te, è un piacere incontrarti finalmente di persona. Io sono Carlisle Cullen, padre di Edward e Alice.» concluse con un sorriso.
Bella le strinse la mano, sorridendo.

«Carlisle, tesoro, Bella è parecchio stanca, può andare a riposare o devi parlarle subito?» gli chiese Esme con uno sguardo ricco d'amore.
«Vai pure a riposare, possiamo parlare con calma dopo. Ora devo scappare all'ospedale. Un collega si è dato malato e io sono reperibile.»
«Torni per cena?» chiese al marito per poi rivolgersi al figlio e a Bella: «Edward, accompagna Isabella in camera tua e sincerati che tutto sia di suo gradimento. Tesoro, lascia pure la tazza qui, non ti preoccupare.» Edward annuì.

«Grazie mille» rispose la ragazza lasciando la tazza sul tavolino da caffè posto tra i divani. Poi salutò Carlisle: «Arrivederci»
Edward le prese la mano bofonchiando un 'dai andiamo' e suo padre rispose al suo saluto.

****

«Uhm, questa è la mia stanza» disse Edward aprendo la porta, e lasciando entrare prima lei. Bella si guardò intorno, non aveva saputo cosa aspettarsi dalla camera di lui, ma non l'aveva pensata così.

La stanza aveva pareti di un delicato color panna, con un grande rettangolo nero che occupava lo spazio dietro al letto. La testiera del letto, matrimoniale, era bianca così come il bordo che correva intorno al letto facendolo sembrare un fu-ton giapponese. Sul letto c'era un piumone nero, una coperta bianca sapientemente distesa ai piedi del letto e dei cuscini bianchi, neri e crema. Nella parete di fronte al letto una grande vetrata che dava su di un canale.

Dei faretti illuminavano il soffitto e creavano un gioco di luci con i mobili laccati neri. In un angolo lo stereo e sopra una scrivania di cristallo, un computer grande e di ultima generazione.
Il pavimento era di legno e grandi tappetti spessi e neri, erano disseminati nella stanza. Due poltrone in pelle completavano il tutto.
Non era propriamente la camera che avrebbe associato ad un liceale.
«Wow» disse sincera.

«Puoi stenderti sul letto e coprirti con la coperta. Io vado a farmi una doccia, baby-Bella. O preferisci venire?» Isabella lo guardò, ma lui evitò il suo sguardo andando verso l'armadio e prendendo un cambio. Il suo tono di voce, soprattutto l'ultima frase, era malizioso.

Si sentì in imbarazzo ma lo ringraziò: «Grazie, ma preferisco dormire che venire» quasi non si rese conto del doppio senso implicito nella sua frase. Arrossì e il ragazzo rise.
Edward aprì una porta che non lei aveva notato prima e ci si infilò dentro.

Una volta sola Bella sospirò: doveva stendersi nel letto di quel pazzo demone. Con cui aveva pomiciato meno di un'ora prima. E che l'aveva invitata a venire.Arrossì a quel pensiero. Bè non proprio.

Si mosse verso il letto, ma la testa iniziò a girarle. Cercò una stabilità, ma tutto divenne buio. Quando la luce ritornò, vide che stringeva tra le mani uno stiletto: antico, argentato con delle incisione che incredibilmente non le parvero tanto strane.
Al centro del manico una rubino che le sembrava pulsasse.

Come in un sogno Isabella vide se stessa muoversi verso la porta del bagno ed aprirla. Non riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Qualsiasi input desse al suo cervello, esso cadeva nel vuoto. Si sentiva imprigionata dentro al suo corpo.

Voleva urlare, fermarsi, fare qualsiasi cosa piuttosto che avanzare stringendo lo stiletto. Piano la sua mano si alzò, portando l'arma vicino alla sua testa, ma non rivolta verso di lei. Era ormai vicina all'immensa cabina doccia di cristallo, dove Edward, stavo facendo la doccia.

Per un momento pensò che Edward stava lavandosi nudo, completamente nudo. Ma poi la sua mente fu invasa dal terrore, nuovamente.
Si vide aprire la cabina doccia, il ragazzo voltarsi verso di lei e notare l'arma che per lui sembrava avere un qualche significato importante.

«Bella, che stai facendo?» le chiese con voce secca, lo sguardo fermo sul pugnale. Non riusciva a parlare ne a scuotere la testa. Voleva piangere.
Edward le prese la mano, ma si stava insaponando, ed era tutto scivoloso. Riuscì a fermarla, piegandole il braccio, con l'altra mano le prese la sua che non voleva sapere di lasciare andare lo stiletto.

Edward la guardò negli occhi, stringendole la mano ancora più forte e premendo verso il basso il suo braccio.
Poi tutto d'un colpo Bella riprese possesso del suo corpo. Scivolò sotto la forza bruta di Edward e lo stiletto le si conficcò nella pancia.

Come ultima cosa vide lo sguardo preoccupato di Edward. Il ragazzo muovavea le labbra, ma lei non sentiva.
Poi come una fiammata, partì il dolore.


Salve a tutti..
Lo so, sono un sacco di mesi che non aggiorno..
Spero che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di seguirmi e che magari mi lasci una recensione...
Se volete, ci sentiamo martedì con God Save The Empress! e il venerdì con questa storia :)

Scusate se non ho risposto alle vostre recensioni,
spero vi sia piaciuto
un bacio
Martina

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***



La mente le iniziò a lavorare tutto d'un colpo. Registrò i particolari come il materasso comodo sotto di lei, il piumino caldo. Cercò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì. Provò ad alzare una mano, ma rimase immobile.

Poi partì un formicolio, come se il suo corpo fosse irrorato di nuovo dal sangue. Aprì gli occhi, riconoscendo la camera di Edward.

Lui era seduto su di una poltrona di fianco al letto. Non appena la vide sveglia staccò la sua schiena dallo schienale.
«Come ti senti ?» le chiese.
Isabella si schiarì la gola prima di parlare: «Bene, anche se mi sento un po' intontita».
Edward annuì. La ragazza notò come fosse rigido e tenesse la manica destra fin sulle nocche.

Stava per chiedergli cosa era successo, si ricordava dello stiletto, ma lui parlò di nuovo:«Se ti serve qualcosa giù c'è Esme. Io vado». Guardò la schiena del suo bellissimo compagno di banco allontanarsi e prima di riuscire a fare un pensiero coerente su ciò che era successo negli ultimi giorni, il sonno la riprese con se.

****

«Svegliati su!».
Isabella uscì con il viso da sotto le coperte. Chi era entrata e aveva aperto gli scuri? «Dai, oggi è un bel giorno!» Alice.
Riuscì finalmente ad aprire gli occhi, abituatisi alla luce. «Ma non c'è il sole» le disse mettendosi seduta e portando una mano tra i capelli che era sicura assomigliassero di più ad un nido.

«Oggi è meglio se non andiamo a scuola. È sempre difficile abituarsi alle cose nuove! Ora possiamo finalmente diventare amiche! Non sei contenta?» Bella pensò che la ragazza sembrava sotto l'effetto di qualche droga potente.
Cose nuove ? Aveva in mente un nuovo taglio di capelli per farla diventare trendy e ammetterla nella sua cerchia delle amiche?
«Ora siamo così simili! Dimmi, com'è baciare un ragazzo?» si sedette ai piedi del letto, stringendo tra le braccia un cuscino. Sembrava tanto una bambina curiosa, molto curiosa.

«Simili ?» chiese invece Bella, ignorando la parte in cui parlava del suo bacio con Ed-«Come fai a sapere del mio bacio con tuo fratello?» chiese guardandola.

«Dopo il tuo giorno di rinascita è ovvio che siamo più simili di prima! Per l'altra domanda, io, Delfi e Sibilla siamo degli oracoli: prediciamo il futuro.» disse come se fosse la cosa più normale al mondo.
-ehi, sai ti sta bene quel vestito
-ehi, sai predico il futuro

Doveva assolutamente ricordarsi, magari scrivendolo da qualche parte, che ora il suo mondo non era fatto da soli umani.
«Rinascita? Quale?» le chiese.
«Sciocchina, la tua! La rinascita è quando si viene trasformati in demoni» disse ancora tranquillamente. Qualcuno doveva assolutamente insegnarle a dare notizie del genere in un modo meno diretto.

«Io?» chiese confusa.
«Edward te l'ha detto. Certo, tu hai voluto anticipare i tempi, ma non è meglio così?» chiese tutta euforica.
Isabella non doveva avere un bel colorito in viso. «Forse è meglio se prima scendi in cucina per mettere qualcosa sotto i denti.» le disse osservandola un po' preoccupata.

«I demoni mangiano?» chiese in un sussurro. Alice rise.

****

Isabella scese le scale. Voleva assolutamente parlare con Edward di ciò che era successo. Non aveva segni sull'addome, dove lo stiletto si era conficcato.
Andò in cucina per parlare con Esme.
«Esme, scusami, sai dov'è Edward?» chiese appoggiata allo stipite della porta.
La donna si voltò verso di lei sorridendole.
«Tutto bene tesoro? Hai fame? Ecco, Edward non è in casa.» le rispose un po' impacciata.
«Tutto bene grazie. Torna presto? Vorrei parlargli.»
«Non so quando torna. È a Doomcity.» le disse girandosi verso i fornelli e iniziando a pulirli. Isabella notò che non era calma.
«Dov'è Doomcity?» Era abbastanza sicura che non ci fosse nessuna città con quel nome sulla terra. O, perlomeno, non ne aveva mai sentito parlare.
«Doomcity è la capitale del regno degli Inferi. Lucifero ha lì la sua reggia.» le disse pulendo con più intensità.

Al nome di Lucifero le immagini di un uomo biondo, molto potente e bello le affollarono la mente.
«Ah, e come mai è lì?» chiese alla donna.
«Ecco, doveva fare delle commissioni» le disse in tono incerto.

In quel momento fece la sua comparsa in cucina Carlisle.
«Isabella, vedo che ti sei svegliata. Immagino che tu voglia sapere qualcosa. Vuoi venire nel mio studio? Lì possiamo parlare senza problemi.» disse andando vicino alla moglie e lasciandole un tenero bacio sulla guancia.
Annuì all'uomo.

Non aveva mai visto i suoi genitori baciarsi. Forse non li aveva nemmeno mai visti parlarsi civilmente.
Quel pensiero le ricordò Renée e Charlie. Sarebbe dovuta ritornare a casa.

Entrarono nello studio dell'uomo. La stanza aveva gradi finestre che si aprivano dietro la scrivania di legno scuro. Sopra un computer come quello che aveva visto nella stanza di Edward e tomi dall'aria antica, forse ancora di più rispetto a quelli che erano a scuola. I soffitto aveva mattoni a vista che creavano delle arcate. Una parete era piena di libri mentre l'altra era completamente dedicata ad un dipinto. Confessione di Frank Dicksee.

«Ti piace l'arte?» le chiese Carlisle vedendola concentrata sul dipinto.
Isabella annuì: «A chi non piace, soprattutto se fatta bene? Se dovessi parlare delle linee che costituiscono l'opera farei un lavoro orrendo. Mi piace molto Confessione.»
La ragazza si voltò verso l'uomo.

«Io, ecco mi chiedevo cosa dovrò dire ai miei genitori.» chiese giocando con le sue dita.
«Dimmi, hai qualche protuberanza strana che prima non avevi?» le chiese serio.
«Protuberanza?»
Annuì:«Esme per esempio, le corna rosse.»
«No, io non ho nulla del genere.» disse la ragazza arrossendo. Si preferiva quando nulla la scalfiva.
«Allora ai tuoi genitori non importa nulla di te.» Isabella spalancò gli occhi.

Carlisle continuò con la sua spiegazione: «Vedi, ci sono demoni che si accoppiano con le donne umane. Solo i più potenti possono fare ciò. Di solito fanno in modo che la donna non sia molto cosciente, o la traggono in inganno. Le donne umane rimangono incinte e dopo nove mesi mettono al mondo questi bambini. Ma non sono del tutto umani. Nel subconscio delle coppie scatta qualcosa, chiamalo istinto di sopravvivenza. I nascituri vengono abbandonati e allora alcune diavolesse li portano con loro in strutture specializzate. Altre volte semplicemente non vengono amati.»

Isabella rimase qualche momento in silenzio pesando a quelli che aveva sempre pensato essere i suoi genitori.

«Chi è mio padre?» Carlisle non si scompose alla domanda.
Sospirò e poi rispose: «Lui sa che tu sei rinata. Quando lo riterrà giusto si farà vedere.» poi cambiò discorso « Ieri notte Alice è andata a casa tua, ha recuperato le tue cose. Puoi rimanere qui finché tuo padre non si farà vivo.»
Bella gli sorrise debolmente «Grazie».
Quando si farà vivo? Era impazzente di conoscere il suo vero padre. Lo immaginava come Carlisle, così buono, gentile e pieno d'amore. Magari anche con una moglie come Esme.

«Carlisle, perché Edward se n'è andato?» la calma che era riuscito a mantenere nella precedente domanda la perse.
«Io so solo che è stato richiamato. Non so dirti null'altro.» poi le chiese se avesse qualche altra domanda.

Un po' imbarazzata si decise a fare un'ultima domanda: «Ecco, prima mi hai chiesto se avessi qualche strana protuberanza. Perché avrei dovuto averne? E perché mi sono trasformata così velocemente?» ok, erano due.

«Quando si trasforma un essere umano in demone c'è un effetto collaterale. Spuntano code, corna o anche ali. È un processo molto rischioso, non tutti riescono a superarlo.
Per l'altra domanda, ti ricordi lo stiletto?» quando Bella annuì lui continuò. «Quello è uno strumento molto potente. Viene utilizzato per trasformare gli umani in demoni o per uccidere. Su di te ha avuto l'effetto di velocizzare la tua trasformazione.
Guarda il lato positivo, non dovrai più preoccuparti di James. Un demone, per quanto potente non può possederne un altro.»



Salve :)
Buon Venerdì.. Sono contenta di essere riuscita pubblicare in tempo per la data prestabilita.
Sinceramente questo capitolo non mi piace molto, è corto e pieno di dialoghi, ma era necessario. Non so nemmeno se riceverò una recensione per questo.. Speriamo!
Volevo farvi una domanda: quante minorenni seguono questa storia?
Ho scritto gli avvenimenti dei prossimi capitoli, e volevo sapere quante persone non potrebbero più leggere se cambiassi il rating.. Fatemi sapere..
Spero che la storia vi piaccia ancora,
a martedì con God Save the Empress!
baci
1918

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