Figlio di Satana di 1918 (/viewuser.php?uid=81420)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Avviso ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Figlio
di Satana
“Non possiamo”
“Perché?”
“Io non posso.. Questo- indicò lo spazio tra loro- non..è..giusto”
“Perché?” Bella si sentiva una bambina nell’età dei perché.
“Non appartengo a questo mondo”
“Tu.. Io appartengo a te”
“Non dire così” Edward distolse lo sguardo dalla minuta ragazza.
“Non dire così” ripeté, ma stavolta le parole uscirono con fatica. “Io
devo andare” si costrinse a dire.
“Non andare!” Bella gli prese il braccio, ma lui si liberò. “Ti prego”
sussurrò allora.
“Questo non è il mio mondo” le ripeté, senza guardarla negli occhi.
“Non posso essere io il tuo mondo?” Bella aveva le lacrime agli occhi.
Edward se ne stava andando, lasciandola sola, e questa volta per
sempre.
“No” Edward continuava ad evitare il suo sguardo. “Adesso devo andare” .
“Guardami” lo supplicò.
“Non posso”
“Un’ultima volta.. Ti prego”
Edward stava cedendo, non aveva la forza per starle lontano. Con un
sospiro cedette.
Si voltò verso di lei, ma la visione di Bella in lacrime gli strinse il
cuore che solo da poco aveva riscoperto di avere. L’abbracciò di
slancio, mai come quella notte le sembrava così piccola e indifesa. La
strinse forte, entrambi sapevano che quello era il loro ultimo
abbraccio. Edward la lasciò e si avviò verso la porta che portava alle
scale della loro antica scuola, ma che solo per quella sera erano il
collegamento tra il mondo mortale e gli inferi.
Bella rimase lì, ferma nell’androne della scuola, pensando a quante
volte lo aveva visto varcare quella soglia, e l’avevano varcata insieme
diretti alla loro classe.
La figura di Edward era alta e slanciata come al solito. I capelli
bronzei che coprivano il collo, la leggera maglietta grigia che metteva
in risalto la sua schiena muscolosa,e la giacca di pelle sotto il
braccio. Semplicemente bellissimo.
Edward non si girò più, aprì la porta e scivolò dentro. Bella trattenne
il fiato, quella era l’ultima volta che lo vedeva, e le lacrime le
impedivano di godere di tutta la sua figura. Lo chiamò “Edward!”, aveva
deciso che non ci stava. Era solo una stupida profezia che per lei non
valeva niente.
La porta si stava per chiudere, Bella si mise a correre verso di essa.
Riuscì ad arrivare poco prima che si chiudesse, con tutta la forza che
aveva in corpo spinse. La porta si aprì senza opporre resistenza, e
Bella che spingeva si trovò dall’altro lato della porta, avvolta da una
fitta nebbia..
Spero vi sia piaciuta, e che mi
lasciate un commento
1918
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Bella era appena entrata nel piccolo sottoportico che portava alle
scale prima dell’androne della scuola. Con l’iPod ancora acceso aveva
salutato le bidelle, si era diretta verso il tavolo con sopra i
depliant e con una rapida occhiata vide che non c’era nessuna novità.
Spegnendo l’iPod passò sotto le coppe vinte dalla scuola nei vari
tornei, superò la presidenza e prese la porta che dava sulla rampa di
scale che portava al piano della sua classe, l’ultimo.
Salì le scale lentamente, non aveva nessuna voglia di iniziare quella
giornata, per quanto i suoi voti a scuola fossero alti non aveva più
voglia di studiare, ed erano solo a gennaio. Con un sospiro entrò
nella sua classe, al suono della campanella mancavano ancora due
minuti, e chi aveva passato il weekend senza fare niente stava copiando
i compiti.
Molte volte si domandava perché persone così sfaticate avessero scelto
un liceo del genere. Svogliata si andò a sedere in ultima fila, il
banco vuoto di fianco a lei. Non che non avesse una compagna di banco,
ma semplicemente Tanya preferiva sedersi vicino a qualcuno meno
asociale con cui parlare di moda e ragazzi.
Ma sinceramente nemmeno lei stava bene con se stessa, figuriamoci gli
altri. Iniziava anche a preoccuparsi del fatto di non aver mai avuto
un ragazzo, anche se non ne sentiva la mancanza, ma forse preoccuparsi
di una cosa così stupida come facevano le ragazze della sua classe la
faceva sembrare più normale.
La campanella era suonata, i libri della lezione sopra il banco e il
banco vuoto di fianco a lei vuoto. Tutto nella norma insomma. Era
appena entrata in classe Sibilla, una ragazza solare con lunghi capelli
rossi, solita vestirsi quasi sempre di bianco, che stava sempre con
Alice, una ragazza minuta con corti capelli neri, lei solita vestirsi
di nero. Bella ogni tanto si ritrovava il loro sguardo addosso, uno
sguardo freddo, e poi le vedeva scambiarsi un’occhiata tra di loro e
sussurrarsi qualcosa. Bella alzava le spalle, non le importavano i
pettegolezzi.
Non era vero, chi voleva prendere in giro? Viveva nel più totale
incertezza ed insicurezza. Quante volte aveva desiderato poter leggere
nella mente delle persone solo per poter sapere quello che pensavano di
lei? Tante, troppe.
Con un sospiro aprì l’astuccio e tirò fuori una penna nera. Era l’unico
colore con cui scriveva. Da piccola aveva sentito dire che di blu ce ne
sono tanti, mentre di nero uno solo, e quella frase le era piaciuta
talmente tanto che ne aveva fatto la sua filosofia di vita.
Le prime due ore avrebbero avuto due ore di greco, probabilmente la
professoressa avrebbe interrogato, poco male, lei per il momento aveva
già dato. Appoggiò la testa al muro e si preparò per due ore parecchio
noiose. «Buongiorno ragazzi» la professoressa fece il suo ingresso in
classe. Era una donna vicina alla quarantina, con capelli corti e
biondi, un po’ in sovrappeso e gentile solo con gli alunni che
piacevano a lei. Bella per fortuna sua era tra questi, ma non poteva
evitare di odiarla.
C’era qualcosa nel suo naso schiacciato, negli occhiali con una
catenella di perline, che non le piaceva. «Potete sedervi pure- lei si
lasciò cadere sulla sedia dietro alla cattedra- Purtroppo ho
dimenticato in sala insegnanti l’agenda» Bella con la penna in mano
stava disegnando un motivo geometrico su di un foglio.
Cercava il più possibile di tenere la voce della professoressa lontana
dai suoi pensieri, sentiva già nella testa l’eco di un mal di testa.
«Professoressa, vuole che vada io a prenderla?» Tanya si era rivolta
all’insegnate con il tono più cortese e disponibile del suo repertorio.
Bella dalla sua ultima fila non distoglieva lo sguardo dalla penna che
faceva girare tra le dita, il tono di Tanya non lo sopportava, o forse
non sopportava lei.
Quella mattinata era iniziata in modo orrendo, sperava che le cose
migliorassero «No grazie, Isabella, potresti andare tu? È rossa,
dovrebbe essere sopra al tavolo». Ok, la possibilità che quel giorno
migliorasse era ormai remota. Non tanto per il fatto di uscire dalla
classe per pochi minuti, più perché avrebbe dovuto entrare nella sala
insegnanti, tutti l’avrebbero guardata e magari chiesto perché fosse
lì, i ragazzi delle altre classi lo stesso.
E lei non voleva. Perché non poteva rimanere nel suo anonimato? Scelse
la strada più lunga per arrivare, quella che di solito era poco
traffica, e poi non aveva voglia di fare tutti quei gradini che aveva
fatto solo pochi minuti prima. Rifece il corridoio al contrario, ed
entrò nella sala insegnati dalla prima porta.
Il lungo stanzone per fortuna era quasi vuoto, pochi professori che
correggevano compiti. Velocemente si diresse verso il grande tavolo al
centro della sala, l’agenda non era distante da Bella, che la prese e
uscì velocemente. Quella stanza non le piaceva, era bassa e
esageratamente lunga, con finestre piccole e piccoli armadietti che
sicuramente avevano visto anni migliori.
Ma la sua scuola era un po’ così.
Si alternava antico a moderno, l’entrata ne era un esempio. La lapide
dove era stato inciso l’editto di Napoleone più di 200 anni prima, era
affiancata da un non tanto moderno cancello in ferro battuto a cui
avevano da poco applicato delle lastra di plexiglas.
La prima volta in cui aveva messo piede in quella scuola aveva pensato
di essere finita a Hogwarts. Nell’aula magna c’erano librerie antiche
con all’interno tomi ancora più antichi, e Bella era sicura che fossero
quasi tutti pezzi unici, tanto che alcuni erano stati spostati dentro
teche di vetro climatizzato.
Con l’agenda al petto si diresse verso la classe, senza fermarsi più su
quanto quella porta fosse antica rispetto alle lavagne elettroniche che
avevano nelle classi. Una ragazza con un corto vestito di lana la
superò diretta verso le classi del corso A.
Bella si chiese se si fosse dimenticata i pantaloni a casa. Era gennaio
per la miseria, come era riuscita ad arrivare fino alla scuola con un
vestito inguinale e senza calze ? Dovevano darle un premio solo per
quello.
Forse si era cambiata in bagno, era facile entrare in bagno (Antico
anche quello, o meglio vecchio) e vedere ragazze cambiarsi senza
pudore.
Anche in quello Bella non era una ragazza normale, si vestita con jeans
e magliette sformate, preferibilmente il tutto coperto con felpe
enormi. Non era alla ricerca costante di una marca, anzi meglio se non
aveva scritte strane e gingilli in posti improbabili.
Aprì la porta della sua classe, che stranamente era in silenzio.
«Grazie Isabella, devo ancora iniziare a spiegare, abbiamo un nuovo
acquisto nella nostra classe! Sono sicura che andrete d‘accordo» la
professoressa le aveva parlato con un sorriso estatico sul viso.
Compagno nuovo ? Ma non c’erano più posti a parte.. No, la prof avrà
chiesto alla bidella un nuovo banco, o avranno spostato quello di
fianco a lei. Bella non voleva nessuno vicino, non sapeva mai come
comportarsi con i compagni di banco, ed era sicura che anche i
professori ormai lo avessero capito.
Lentamente si girò per andare al suo posto, con la testa bassa, come
era solita camminare. Quando arrivo a quella che fino a pochi minuti
prima era la sua ultima fila, alzò lo sguardo e trovò nel posto di
fianco al suo un ragazzo comodamente seduto sulla sedia.
Più che seduto sembrava stravaccato, e riusciva a far sembrare
incredibilmente comoda quella seggiola di legno che spezza la schiena.
Una veloce occhiata, prima di rendersi conto che anche lui la stava
fissando. Si ricompose velocemente, guardando fuori dalla finestra.
La cosa che più le piaceva di se stessa, era che per quanto timida, per
quanto fuori da quel luogo si sentisse, non arrossiva mai. Un punto a
suo favore, era sicura che sarebbe altrimenti andati in giro tutto il
giorno con un pomodoro al posto del viso, e questa era l’ultima cosa
che le serviva.
La lezione continuava e Bella si ritrovò a pensare al ragazzo, che solo
in quel momento si rese conto di non sapere il suo nome. Continuava a
guardare verso il banco, la mano sinistra rilassata lungo il fianco.
Con la destra stringeva una penna, un foglio bianco davanti a lui.
Bella era stanca, con la mano sinistra si reggeva la testa, che
improvvisamente sembrava troppo pesante. La prima campanella era
suonata, ma la professoressa l’aveva ignorata, aveva continuato a
spiegare.
Dopo poco che Bella aveva raggiunto il suo posto, l’insegnante aveva
manifestato l’intenzione di andare a avanti con il programma,
evidentemente voleva fare buona impressione con il nuovo venuto.
«Basta, pausa» la ragazza quasi non si era resa conto di aver
sussurrato quelle parole, il viso incastrato tra le braccia incrociate.
Aveva una disperata voglia di caffè, necessario per affrontare le ore
successive senza crollare.
Una risata le aveva fatto alzare lo sguardo e puntarlo verso il suo
compagno di banco. Non si soffermò a guardarlo, lo doveva ancora fare
da quando aveva messo piede nell’aula, lei non amava fissare le
persone.
Aveva sempre paura che mentre fissava qualcuno, quel qualcuno si
girasse e che la scoprisse intenta a guardarlo, facendo una qualche
idea su di lei. E questo avrebbe implicato attirare l’attenzione, e
Bella era convinta che più nell’ombra viveva meglio era.
Ma con quella semplice occhiata aveva catalogato un sacco di
particolari.
La prima cosa che aveva registrato erano i capelli di uno strano
colore, bronzeo quasi, e poi il fatto che era semplicemente bellissimo.
Il naso era affilato, le labbra carnose piegate in un sorrisetto
divertito, che lo rendeva estremamente sexy.
Gli occhi non era riuscita a vederli,contando che la sua orecchiata era
durata un secondo, non si stupiva.
Il ragazzo alzò la mano, Bella lo vedeva con la coda dell’occhio
«Professoressa?» anche la voce era incredibile notò Bella, come una
cascata d’acqua gelata in estate, o un caldo caminetto in
inverno,metteva addosso dei piacevolissimi brividi.
«Dimmi Edward» Edward.. Era questo dunque il nome del ragazzo seduto di
fianco a lei ? Edward era un nome antico, poco usato oramai, anche se a
lei piaceva. Era il primo Edward che conosceva, non che avesse avuto
molti amici.
Ma nemmeno Edward era un amico, forse era meglio dire conoscente.
I suoi genitori avevano provato ad iscriverla a dei gruppi ricreativi,
ma lei li odiava. Odiava dover fare stupidi giochi davanti a persone
che non conosceva, cantare con loro, o magari essere messa al centro
dell’attenzione per fare qualche gioco stupido. Preferiva rimanersene
buona e zitta in un angolo,ma fare qualsiasi altra cosa piuttosto che
stare con loro.
«Non è che potremmo fare cinque minuti di pausa ? Sinceramente inizio a
perdermi» e le aveva sorriso, un sorriso sghembo fantastico che aveva
fermato il respiro a Bella. Tutte le ragazze della classe dovevano
avuto quella reazione, pensò irritata, e tornò a guardare fisso il suo
astuccio.
A lei andava bene essere fuori dal coro, soprattutto se il coro era
così pessimo.
«Certo Edward, posso capire, meglio che ci fermiamo per un po’ tutti»
cinguettò la professoressa, gli occhi che sembravano enormi dietro gli
spessi occhiali.
Edward si alzò velocemente dal suo posto, si girò verso di lei e le
fece un occhiolino. Poi sempre camminando velocemente uscì dall’aula,
diretto probabilmente alle macchinette. Bella rimase incantata dalla
sua figura, le spalle larghe, il petto ampio. Era semplicemente
perfetto. Ma la cosa che più l’aveva colpita erano gli occhi. Sembrava
due fanali verdi su di un viso tanto pallido. E le facevano perdere la
ragione.
Ferma ancora al suo posto, con il cuore che batteva a singhiozzo, si
disse che era meglio cercare di evitare il più possibile Edward.
Doveva farlo.
Salve =)
Eccomi qui con il primo capitolo
di quella che doveva essere solo una one-shot, ma che mi è stato
chiesto, e sinceramente volevo anche io, continuarla
Innanzi tutto vorrei dirvi che
questa storia è ambientata nel mio liceo, a venezia, quindi penso che
tutta la storia sarà ambientata lì.
Quindi ogni cosa che avete letto
esiste sul serio =)
Vorrei scusarmi con voi in
anticipo se ci sono errori, ho riletto, ma non si sa mai.
grazie a chi a letto il prologo,
un grazie immenso a chi ha
recensito,
spero che questo capitolo vi sia
piaciuto,
mi fareste molto contenta se
lasciaste un commento,
un bacio
1918
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Bella era appoggiata ad un armadio vicino alle macchinette. In mano un
caffè espresso, e un cucchiaino che continuava a mescolare quel poco
caffè.
Lo sguardo di Bella era perso nel nulla, la mente lontana. Pensava a
tutto e a niente nello stesso momento, cercando semplicemente di tenere
la mente occupata.
Era ricreazione, e la ragazza era scesa nella sala più affollata dopo
il chiostro, nonostante questo non fosse sua abitudine.
Quando alla fine della pausa era ritornata nella propria aula, aveva
sentito Tanya parlare con Jessica, la compagna a cui si era aggregata
con il banco.
«Mi dispiace solo per lui» la voce stridula di Tanya era stata la
prima che aveva sentito.
«Già, in banco con quella! Se fosse stato il mio compagno di banco,
l’ultima cosa che avrei fatto sarebbe essere rimasta zitta» per
Isabella, Jessica era una persona insignificante, dotata di poca
intelligenza e di ancora meno pensiero proprio.
«Non vorrei mai essere lei, è così scialba, insignificante» ascoltava
le due ragazze in silenzio, bloccata.
«Secondo me ha dei problemi, come si fa ad essere così? La mattina si
veste al buio? È una cosa incredibile!» allora la questione si
risolveva con i vestiti?
Non avrebbe di certo cambiato il suo modo di essere perché a loro non
comodava. Si decise a girare l’angolo quando le due ripresero a parlare
dopo un momento di pausa.
«Fosse solo quello, con quante persone ha parlato dall’inizio
dell’anno? Se sono due, sono tante. Non capisco come Sibilla e Alice
cerchino di parlarle, già loro due sono un po‘ strane, se iniziassero
ad uscire con lei colerebbero a picco. È un reietto, e secondo me
nemmeno i suoi genitori la vogliono». Era stata Tanya a parlare, quella
che secondo Isabella era la più meschina delle due.
Le risatine sciocche delle due ragazze trasformarono quella punta di
sconforto che Bella provava, in rabbia.
Non sapevano niente di lei, dovevano stare solo zitte.
«Povero Edward Cullen, quanto tempo gli dai prima che scappi via da lei
?» «Una settimana, massimo, e correrà tra le mie braccia. Anzi, io
starò tra le sue braccia». Tanya era convinta di quello che diceva, e
per Bella, Edward Cullen poteva benissimo essere correre subito da lei,
era solo meglio per lei. Avrebbe riavuto il suo banco, e non avrebbe
dovuto pensare a niente.
In quel momento il pensiero di disfarsi da Edward Cullen le sembrava
come vincere alla lotteria.
Il chiacchiericcio degli studenti in sottofondo non la distrasse dai
suoi pensieri. Ma in fondo cosa la sconvolgeva tanto ? L’aver scoperto
di non essere gradita, o il fatto che quelle due erano l’esempio
vivente di “Dio li fa e poi li accoppia”? erano solo vipere.
«Ciao, non è che per caso hai venti centesimi?» Bella si girò, il
bicchierino ormai vuoto nella mano. Davanti a lei una Sibilla
sorridente.
«Vorrei prendermi un caffè, ma purtroppo ho solo dieci centesimi, non è
che me li potresti prestare?» da quando Bella era diventata una banca?
Mai nessuno dei suoi compagni le aveva chiesto in prestito qualcosa, e
la voce si era velocemente diffusa in tutto l’istituto, mai nessuno le
chiedeva niente. Bella si frugò nelle tasche «Tieni».
Sibilla le sorrise «Grazie. Allora, cosa ne dici del ragazzo nuovo?»
guardò, per un attimo, verso un punto dietro alle spalle di Bella.
«Non lo conosco ancora» Bella non volle sbilanciarsi, in fondo poteva
sempre andargli a dire qualcosa, o creare pettegolezzi.
«Secondo me è interessante» Bella la guardò negli occhi, cosa intendeva
dire? «Pensaci» detto questo, la ragazza se ne andò con il suo caffè in
mano. Bella guardò l’orologio, mancavano pochi minuti al suono della
campanella. Con un sospiro decise di rientrare in classe.
Non aveva voglia di stare a sentire dei consigli sulla sua vita privata
da persone che nemmeno la conoscevano.
O le davano consigli o la giudicavano, farsi i fatti loro però mai.
A questo pensava Bella mentre si dirigeva verso la sua classe.
Aveva scelto la via più breve, le scale esterne, perché conducevano
solo al corridoio con la sua classe. A fine scale c’era una porta, che
portava ad un altro corridoio con altre classi, oltre che essere la via
più lunga per arrivare nell’androne della scuola.
Si appoggiò alla parete delle scale, pochi gradini prima che la scala
finisse.
Voleva solo che quella giornata terminasse, era stanca sia mentalmente
sia fisicamente. Ma la fine era ben distante.
«Noi non dovremmo dire niente» questa era la voce di Alice.
«Lo so, ma è il destino, perché non anticipare i tempi con qualche
dritta, tanto succederà» l’altra invece era Sibilla.
«Per quanto mi piacerebbe, non possiamo proprio, ogni cosa avrà il suo
corso» Alice era convinta a far desistere l’amica, ma Bella non voleva
sentire altre conversazioni. Per quel giorno ne aveva sentite fin
troppe.
Camminando velocemente arrivò nella sua classe e si sedette al suo
posto. Prese l’iPod dalla tasca dei jeans e lo accese.
Aveva bisogno di una delle sue canzoni preferite, solo quella poteva
calmare l’agitazione che sentiva guardando il banco pieno di libri di
fianco al suo.
Bella incrociò le braccia, nascondendo la testa in mezzo. Cercò di
svuotare la testa dai suoi pensieri. Non era successo niente per cui
valesse la pena stare in agitazione così, si disse.
Una mano le toccò la spalla.
Alzò la testa di scatto, trasalendo e togliendosi gli auricolari
velocemente.
«Scusa, non volevo spaventarti. Piacere, Edward Cullen» il suo compagno
di banco era seduto rivolto verso di lei, con la mano destra allungata
verso di lei. «Isabella Swan» con riluttanza Bella gli strinse la
mano. «Posso chiamarti Bella?» le chiese sorridendo con un incredibile
sorriso sghembo che le bloccò il fiato in gola. «Chiamami come vuoi»
borbottò la ragazza guardando davanti a sé.
«Bella mi piace, non che il tuo nome intero non mi piaccia, ma è più
corto, e dovrò chiamarti spesso» finì la frase ammiccando.
Il sorriso non spariva dalle sue labbra. Bella lo guardò per alcuni
secondi, poi un gemito uscì dalle sue labbra. ‘Dovrò chiamarti spesso?!
Spero stia scherzando’ «Comunque volevo avvertirti che la campanella è
suonata. Adesso che materia abbiamo?» un altro gemito uscì dalle labbra
di Bella ‘Il compagno che vuole attaccare bottone. Tutte a me le
fortune!’ pensò sarcastica la ragazza. «Un’ora di inglese e poi un’ora
di matematica».
Bella rispose al ragazzo senza guardarlo. «Non ho portato i libri
d’inglese, potrei guardare con te?»
Prima di rispondere la ragazza deglutì.
Aveva la gola secca, il cuore che batteva a mille. Perché si sentiva
così, non c’era nulla di strano in quella domanda, erano semplici
compagni di banco. «Certo» gli rispose in un sussurro spostando il
libro al centro.
Con timore decise di porgli la domanda che più le interessava in quel
momento. «A che ora esci oggi?» continuava a non guardarlo, per quanto
il sorriso affabile di quel ragazzo la tentasse lei non voleva fidarsi.
«In che senso?» chiese lui con un tono innocente. Bella pensò che si
divertisse a farla parlare, come se avesse una sfida con se stesso, lo
divertiva.
Non sapeva cosa, ma qualcosa di lei lo divertiva. «Oggi ti fermi allo
studio guidato?» si voltò a guardarlo, la professoressa d'inglese era
entrata, ma era impegnata a scrivere sul registro.
«Sì, mi fermo, penso sia il modo migliore per mettermi in pari, è una
scuola così strana. Tu ti fermi ? potresti darmi una mano, sempre se lo
fai» le lanciò uno sguardo da sotto quelle ciglia incredibilmente
lunghe.
La mente di Bella per un attimo si svuotò. Cercò di sfuggire da quello
sguardo inchiodante.
Con qualche difficoltà, riuscì a guardare di fronte a se. Non si
ricordava più nemmeno cosa le avesse chiesto.
«Allora?» Isabella era frastornata. «Cosa scusa?» Edward le sorrise,
facendo aumentare i battiti del suo cuore.
«Oggi pomeriggio ti fermi? Mi dai una mano?» le chiese parlando
lentamente.
Perfetto, aveva fatto anche la figura della stupida.
Da un lato non voleva dargli una mano, era ancora convinta che più
lontano da lui stesse, meglio fosse, ma da dentro di lei una voce
sempre più forte diceva sì.
Quasi non si rese conto di pronunciare le parole «Esco alle sei, posso
darti una mano».
Il ragazzo di fianco a lei sorrise, «Grazie». Bella non sapeva cosa
rispondere, non era abituata al suo cuore che batteva a singhiozzi.
Con un cenno del capo si mise dritta, il suo gomito a contatto con
quello di Edward. “Già, deve essere colpa del cuore se mi comporto
così, forse non porta abbastanza ossigeno al cervello”.
Una risatina la distolse dai suoi pensieri. Edward ora sorrideva al
professoressa, parlando con lei in un inglese perfetto. Bella capiva a
stento ciò che i due si dicevano, non era molto brava in inglese.
Con un sospiro prese dalla cartella i libri e il quaderno, dicendosi
che in fondo mancavano solo 8 ore al suo rientro a casa.
***
Inglese era finito. Durante la lezione Edward le aveva dato una mano
con il significato di alcune parole. Quando lei gli aveva chiesto come
mai lo parlasse così bene lui le aveva risposto che glielo aveva
insegnato un amico parecchio tempo prima.
Era stato vago, ma aveva parlato con un sorriso enorme, come se lo
trovasse divertente. Le aveva detto che un giorno le avrebbe raccontato
quella vicenda. Evidentemente amava parlare di se. Proprio il contrario
di lei.
Erano stati su argomenti neutri, quelle poche volte che avevano
parlato. Bella non voleva di certo rovinarsi la sua media non stando
attenta alle lezioni.
Era fondamentale per lei riuscire almeno nell'ambito scolastico.
I discorsi sentiti solo un'ora prima ora le sembravano distanti, così
come i suoi timori su Edward.
Perché non aveva mai avuto un compagno di banco come lui? Quel pensiero
era arrivato durante l’ora di matematica, lasciando Isabella spiazzata.
Lei non aveva mai voluto compagni di banco, già alle elementari li
trovava insulsi, bambini fissati sulla moda del momento.
Nemmeno all’asilo aveva mai voluto un compagno di banco. Preferiva la
compagnia di un libro, l’aveva sempre preferita, che fosse solo con le
figure o un fumetto. Il tragico veniva con le gite.
Il compagno era d’obbligo, e lei odiava camminare a manina con un’altra
bambina. Sperava di non dover mai fare gite. Era il contrario di tutti
i bambini.
I genitori di Bella, Charlie e Renèe, erano separati. Lei in teoria
viveva con sua madre, ma essendo Renèe sempre in viaggio, stava a casa
con Charlie. Il fatto era che anche Charlie era la maggior parte del
tempo in viaggio per lavoro, quindi Isabella se ne stava a casa da
sola. Non che dispiacesse molto a Isabella.
Si trovava meglio con Charlie, lei e suo padre erano molto simili. Ma
questo non toglieva che anche lui c’era poco. I suoi genitori si erano
separati due anni prima, durante l’estate.
In una delle peggiori litigate in cui pensano ce lei dormisse aveva
sentito che s’incolpavano a vicenda per com’era lei.
Renèe continuava a incolpare Charlie per il suo carattere chiuso,
mentre Charlie dava la colpa all’esuberanza di Renèe.
Bella non aveva mai detto a nessuno della conversazione, non si era mai
confidata con nessuno.
E come poteva ? Non aveva amiche tali di questo nome, erano tutti
conoscenti, delle comparse nella sua vita destinate a scomparire dopo
poco tempo.
Dopo la separazione entrambi i genitori aveva iniziato a viaggiare di
più di prima, togliendosi finalmente la maschera che li costringeva a
tornare a casa con un sorriso. Perché non c’era più un motivo per
tornare in quella grande casa.
Bella non era un motivo per tornare.
Non c’erano nonni affettuosi per lei una volta tornata a casa, i suoi
unici affetti erano i libri.
Adorava perdersi nelle storie, tutte così differenti, essere personaggi
sempre diversi, eroine in mondi sconosciuti, trentenni con problemi
vari. Ma i libri che preferiva erano i fantasy. Leggere di vampiri,
licantropi, angeli e demoni, le risollevava il morale.
Nelle storie che preferiva, di questo genere, arrivava sempre un
ragazzo a salvare la protagonista dalla sua quotidianità. Un po’ come
Edward.
Sorrise di quel pensiero. In fin dei conti Edward sembrava uno di quei
protagonisti. Era bello, molto bello. I capelli di uno strano color
bronzo brillavano in quella mattinata di gennaio.
Gli occhi erano neri, come è consuetudine in quei libri, e l'estremo
pallore faceva risaltare il tutto. L'unica cosa in cui Edward non era
come quei libri, era per il comportamento. Di solito i protagonisti
occulti avevano un carattere chiuso, tutto il contrario di quello di
Edward, che continuava a sorriderle mentre guardavano lo stesso libro
di matematica.
La mattina era agli sgoccioli, mancava ancora un'ora d'inglese, e poi
ci sarebbe stata la pausa pranzo.
Molte volte si chiedeva perché avesse scelto il liceo classico europeo,
erano troppe ore, eppure ogni volta che se lo chiedeva la risposta
veniva automatica.
Charlie e Renèe. Più ore stava a scuola, meno pensava a loro.
In teoria.
Perché era inutile, stava male in quella situazione, non sempre era
facile ignorare che i propri genitori la consideravano una matta.
Sospirò, le parole di Tanya le ritornarono alla mente.
Le guance le avvamparono, gli occhi si riempirono di lacrime. Strinse i
pugni, doveva essere solo forte, tutto sarebbe passato.
«Tutto a posto?» Edward la guardava con un cipiglio preoccupato.
Sospirò annuendo, ma dentro di lei non c’era niente a posto.
Per prima cosa quello splendido ragazzo, suo compagno di banco.
Le cose non dovevano cambiare, lei non voleva.
La campanella suonò, l’ultima ricreazione della mattina. Bella si alzò
velocemente, avviandosi verso la porta ed uscendo prima del professore.
Ignorò la voce del suo compagno di banco che la chiamava.
Quell’aula era troppo stretta per tutti i suoi pensieri, per suoi sensi
di colpa.
Salve a tutti =)
scusate per il ritardo, mi
vergogno, è quasi un mese che non aggiorno..
un'altra storia mi ha fatto
penare, e quando mi sono messa a scrivere questo secondo capitolo avevo
un blocco.
Non mi convince molto in alcuni
punti.
grazie a chi a recensito/letto/ messo tra i preferiti, seguiti o da
ricordare.
Spero che a voi piaccia e
che mi facciate sapere cosa ne pensate. Per me è molto importante, mi
aiutare anche a scrivere più velocemente ;)
Probabilmente aggiornerò questa
storia e anche l'altra Why does
it always rain on me ? dopo il 18 luglio, infatti parto.
Porterò via il computer, o scriverò sul cellulare in modo da poter
postare velocemente una volta tornata a casa. Monaco mi ha già fatto
venire qualche idea ;)
se avete voglia passate a dare
un'occhiare anche all'altra mia storia, mi farebbe piacere
Buone vacanze a tutti,
un bacio
Martina |
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Quella ricreazione non finiva mai. Bella non era sicura che quella
fosse una cosa negativa, non aveva voglia né forza per rindossare la
sua maschera.
Se non avesse avuto un compagno di banco, la cosa non avrebbe cambiato
poi molto, ma Edward c’era.
Uscì dal bagno in cui si era nascosta, una ragazza spalancò la porta
dicendo con aria seccata «Finalmente» e se la richiuse rumorosamente
alle spalle.
Bella sospirò e aprì l’acqua, attivando il miscelatore sull’acqua
fredda. Si sciacquò il viso. E poi la campanella suonò finalmente. O
sfortunatamente, doveva ancora decidere.
Con la testa bassa si diresse verso il suo banco. Edward era già
seduto, e lei sentiva il suo sguardo perforarla. Si sedette senza
degnarlo di uno sguardo, non aveva voglia di dare spiegazioni, la
maschera non avrebbe retto.
«Posso chiederti una cosa?» la voce del suo compagno di banco la
distrasse dai suoi pensieri. Non parlò però, sospirò solo facendo un
gesto con la testa. Gesto che poteva essere sia affermativo sia
negativo. «Perché abbiamo due ore d’inglese, staccate?» Edward le
appoggiò una mano sulla spalla.
Bella pensò che stesse scherzando. «E lo chiedi a me?». Dentro Bella
montò una forte rabbia. Tutto d’un tratto avrebbe voluto prendere a
pugni quel suo bel visino. Probabilmente la prima cosa che Edward
faceva al mattino era controllare se per caso durante la notte gli
fosse spuntato un brufolo. Che massima priorità! Ma molto
probabilmente Edward aveva una pelle talmente perfetta che un brufolo
non sarebbe mai uscito.
Poco importava che fossero durante l’ora d’inglese, e che se l’avesse
colpito la professoressa l’avrebbe odiata a vita per aver colpito quel
nuovo favoloso studente. Una persona in più che la odiava non avrebbe
fatto la differenza.
Edward Cullen sembrava aver stregato l’intero universo femminile della
scuola. Sia docenti sia alunni.
Ma come ogni moda all’interno dell’istituto Bella ne sembrava immune.
Per sua fortuna, questo era certo.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno era di un amore non corrisposto
verso il suo compagno di banco a instupidirla e a rendere tremenda una
convivenza già difficile.
Bella non aveva la forza per seguire la lezione. Per quanto Shakespeare
le piacesse, tutto diventava pesante.
«..Isabella?» oddio, cosa aveva chiesto? Bella andò nel panico, non
voleva prendersi un brutto voto per colpa di quel cretino. Che poi non
era nemmeno colpa di lui si disse. Però rimaneva un cretino, su questo
non c’erano dubbi.
La bidella bussò alla porta salvandola. «Professoressa, scusi, ma la
vogliono in sala insegnati per importanti decisioni».
«D’accordo, può rimanere con la classe?» la professoressa prese la
borsa e si affrettò a uscire dall’aula.
La classe subito si mise a parlottare. C’era chi era convinto sul fatto
che stessero valutando qualche punizione, chi invece era convinto che
fosse per il collegio docenti. Tanya disse a voce abbastanza alta in un
momento di silenzio «Secondo me centra la Swan, chissà cosa ha
combinato.
Avrà fatto a pugni con qualcuno oppure i genitori non la vogliono più»
Jessica si mise a sghignazzare mentre la classe si girava per
guardarla in silenzio. Bella prese dalla sua borsa l’iPod e senza
degnare gli altri di uno sguardo si mise gli auricolari e lo fece
partire. Sentì sul braccio la presa di Edward, ma si scansò.
Non voleva la pena di nessuno. Ci pensò la bidella a riportare l’ordine
«Perché non fate gli esercizi anziché parlare?» Tanya si alzò e
probabilmente le chiese di andare al bagno, ma dove andasse non
importava poi molto a Bella.
Più distante da lei era, meglio stava.
Con un sospiro prese dalla cartella il diario, e guardò quanti giorni
mancassero alla fine della scuola.
Troppi da poter sopportare ancora Tanya. Sperò in un’influenza, di
quelle belle lunghe, rimanere a casa da scuola per due settimane
sarebbe stato l’ottimale, e chi se ne importava del recuperare, per
quello non ci sarebbero stati problemi.
Magari Edward avrebbe anche potuto passarle i suoi appunti, se non gli
faceva schifo.
Le vacanze non erano abbastanza lunghe da essere allettanti.
Quando iniziava ad abituarsi e apprezzare lo stare in casa, il giorno
dopo si tornava a scuola.
A febbraio avrebbe fatto la settimana bianca, senza i suoi genitori
come al solito ormai. Bella adorava sciare, aveva iniziato da piccola e
subito si era visto quanto adorasse quello sport. Non era una di quelle
persona che sfrecciano sulla pista solo per far vedere agli altri la
propria bravura, no.
Bella adorava andare piano, fare curve, godersi il panorama che ormai
conosceva a memoria. Nessuna pista la spaventava più, le conosceva come
se quel comprensorio sciistico fosse casa sua.
Lì si sentiva meglio che a casa sua, erano l’unico posto che le
dispiaceva lasciare veramente. L’unico problema era la distanza tra la
casa a Venezia e la casa in montagna, che poi non era nemmeno nel
paesetto sotto al comprensorio.
Per arrivare in montagna usava treno e autobus, e per andare agli
impianti usava l’autobus. Era fastidioso girare in autobus con gli
sci, ma lo faceva con piacere. I suoi genitori di solito non c’erano,
via per lavoro o perché semplicemente avevano di meglio da fare.
Ma quando ritornava la professoressa ? Bella batteva nervosamente un
piede a terra. Edward le tolse un auricolare. Bella si girò verso di
lui guardandolo negli occhi e mordendosi nervosamente il labbro
inferiore.
Lui incatenò i loro occhi. A bella sembrava di potersi perdere in mezzo
a quel nero così profondo.
Edward alzò la mano e accarezzò la sua guancia, partì dalla tempia fino
al mento usando il dorso della mano sinistra. Bella avvertì un
formicolio poco familiare sulle guancie. Che fosse arrossita ? Vide le
labbra di Edward piegarsi in un sorriso soddisfatto. Si girò
velocemente, tenendo la testa bassa sul libro.
«Non puoi scappare sempre» la voce di Edward era troppo vicina, le
sussurrava nell’orecchio.
«Io..-cercò di darsi un contegno- Io non scappo» continuò a non
guardare Edward. Le emozioni che le faceva provare.. Non aveva mai
provato niente di più contrastante.
«Hai ragione, tu fuggi non scappi» Bella sentì montarsi dentro la
collera. Come si permetteva ?
«Tu non mi conosci chiaro? Se qui solo da poche ore, pretendi di aver
già capito da che parte gira il mondo? Notizia dell’ultima ora, tu non
sei nessuno, non hai il diritto di fare, né dire niente» la cosa che
mandò in bestia Isabella fu che Edward continuasse a sorridere.
Controllò se Tanya fosse rientrata o meno dal bagno. La ragazza era al
suo posto, quindi si alzò, spense definitivamente il lettore e chiese
alla bidella se potesse andare al bagno.
Uscì dalla classe, dirigendosi velocemente verso il bagno. Una volta
entrata si guardò allo specchio, facendo fatica a riconoscersi. Chi era
quella ragazza con le guance rosee e gli occhi brillanti ? Dov’era
finita la sua apatia? La rivoleva indietro. Mise i polsi sotto l’acqua
fresca, sentiva caldo. La porta della classe si aprì un’altra volta. La
figura alta e perfetta di Edward Cullen fece il suo ingresso nel bagno.
Si appoggiò all’altro lavandino, fissandola.
Bella cercò di ignorarlo, stavano litigando, per la misera, non sapeva
le basilari norme di un litigio ?
Bella continuava a fissare il miscelatore del lavandino e Edward
continuava a fissare lei. La cosa ormai durava da un paio di minuti e
Isabella non ne poteva più.
Alla fine cedette «Che hai ?» sbottò.
Edward sghignazzò, ma non parlò. Fece solo schioccare la lingua.
«A volte sei così irritante» gli disse assottigliando gli occhi.
«Solo a volte?» era palese che la stesse prendendo in giro. Dov’era
andato il sui istinto di autoconservazione ?
Strinse i denti, aveva tanta voglia di reagire come una bambina e di
tirargli addosso la salvietta bagnata con cui si era asciugata la mani.
Che male ci sarebbe stato ? Una macchia su quella sua perfetta
maglietta, che bagnata avrebbe fatto risaltare il suo perfetto petto.
C’era qualcosa di non perfetto in lui ? Si chiese chiudendo gli occhi.
Le arrivò in faccia qualcosa. «Ma che diavolo..» aprì gli occhi di
scattò e si guardò allo specchio. Aveva spiccicato in faccia una di
quelle salviette verdi tutta bagnata. Se la tolse e gliela ritirò. Solo
che lui, che non smetteva di ridere, si scansò e la salvietta si
appiccicò sulla porta del gabinetto.
Ne prese un’altra, la bagnò sotto il rubinetto e si avvicinò a lui.
«Che vuoi fare?» chiese sospettoso anche se il sorriso non abbandonava
le sue labbra.
Isabella rispose semplicemente «Questo». Portò la mano ad altezza del
suo petto e strizzò il pezzo di carta. L’acqua che uscì, molto poca
rispetto a quella che avrebbe voluto, fu assorbita dalla maglietta del
ragazzo che non fece niente per cercare di spostarla.
Bella lo guardò cercando di capire cosa avesse in mente. Perché aveva
lasciato che lo bagnasse? Per far vedere ai professori cosa lei avesse
combinato facendo la parte della vittima ? Non sembrava nel suo
carattere, ma si conoscevano da così poco.
«Bella, smettila di far lavorare quel povero criceto, pensi troppo.
Comunque ora io sono in debito» aggiunse con il sorriso di un gatto che
gioca con il topo.
« No, siamo pari»
«No, ti sbagli, tu non sei bagnata»
Isabella indietreggiò, fino a che si scontrò contro la finestra «Non ci
provare!»
Edward con calma si avvicinò al contenitore delle salviette, ne prese
una manciata, aprì il rubinetto e le mise sotto l’acqua. Bella lo
guardava cercando di non perdersi nemmeno un movimento.
Il cuore le batteva forte nel petto, pompando sangue in tutte le parti
del corpo. Si rese conto di non aver mai percepito bene ogni muscolo
come in quel momento.
Poi una fitta, la vista le si annebbiò, le orecchie ronzarono. Tutto
divenne nero. Era così che si sveniva ?
Perché doveva svenire per la prima volta in un momento del genere e in
un luogo pubblico.
Edward avrebbe chiamato le bidelle che avrebbero chiamato l’ambulanza.
Lei sarebbe stata caricata sulla barella e tutte le classi sarebbero
uscite fuori nel corridoio per vederla passare, come era successo
quella volta a Giulia comesichiama. Sentiva bruciare la testa, forse
Edward aveva ragione, doveva far riposare il criceto.
« Ella.. Bella.. Bella.. Mi senti ?» Sbatté le palpebre e mise a fuoco
il volto di Edward.
«Ehi.. Tutto a posto?» Bella si rese conto di essere ancora in piedi,
addossata alla finestra del bagno. Piano tutte le cose intorno a lei
cominciarono ad avere un senso, come se passassero dentro ad un filtro
a trama molto fitta. Si sentiva intontita. Ma era svenuta realmente ?
«Bella ?» Edward le teneva il viso tra le mani, le loro fronti si
sfioravano, il respiro di lui sulle labbra semiaperte di lei. Non era
mai stata così vicina ad un ragazzo.
«Io.. Credo di sì.. Cosa.. Cosa è successo?» faticò a parlare, ma piano
piano stava ritornando lucida.
«Sei impallidita e rimasta ferma immobile. Credo sia meglio rientrare
in classe»
Solo in quel momento Bella si rese conto di una cosa.
«Ehi, mi hai bagnato!» Edward rise, prendo la porta della classe e
cedendo il passo alla compagna di banco.
Bella vide la professoressa svoltare l’angolo insieme alla
professoressa di greco, latino e storia.
«Sbrighiamoci ad entrare» disse afferrandolo per mano in un gesto che
stupì lei stessa. Entrando incontrò lo sguardo di Tanya. La vide
spostare lo sguardo fino alle loro mani legate e fare una smorfia, per
poi salire verso il viso di Edward, notando la maglietta bagnata e
fermarsi sulla sua espressione.
Isabella non la degnò più di uno sguardo, incontrando invece lo sguardo
di Sibilla che rideva spensierata con Alice. Probabilmente avevano
notato come le espressioni di Tanya fossero cambiate.
Staccò la mano da quella di Edward e insieme si diressero verso i loro
banchi.
Fecero appena in tempo a sedersi che le professoresse entrarono.
Meglio che non li trovassero in piedi.
«Ragazzi, tra una settimana a Monaco di Baviera si terrà un meeting per
i licei. Parteciperanno scuole da tutto il mondo, e noi siamo stati
inviati. Andranno un istitutore e due studenti scelti dal collegio
docenti.»
Tutta la classe era in fermento.
Quello doveva essere un giorno da segnare sul calendario. Prima
l’arrivo di Edward, ora il viaggio a Monaco.
Sibilla chiese «Quanto durerà ?» chiese con un sorriso che Isabella
avrebbe definito furbo.
«Una settimana. Gli alunni che sono stati scelti sono: Isabella Swan
per la sua media eccellente e Edward Cullen per fargli capire come
funziona un liceo europeo» la classe stette in silenzio per alcuni
attimi, probabilmente scioccati.
Edward si girò e le sorrise.
«Mi sa che passeremo parecchio tempo insieme la prossima settimana» le
disse con quel suo sorriso sghembo.
Bella continuava ad avere un sorriso estatico in volto, Monaco! La
città che lei adorava fin da bambina. Non le importava se sarebbe stata
con Edward tutto quel tempo, doveva ammettere che non era male.
Monaco, per lei valeva più di ogni altra cosa.
«Ragazzi, potete venire qui? Dovrei darvi i moduli da far firmare ai
vostri genitori. Giovanna ti dispiace se usciamo un attimo?» rivolse
l’ultima parte della frase alla professoressa d’inglese che acconsentì
senza problemi.
Tra una settimana sarebbe stata nella città dei suoi sogni e lontana da
Tanya.
Questo era il suo unico pensiero.
Salve ^^
Devo dire che questo capitolo mi è
uscito abbastanza velocemente.. non posso dire di esserne soddisfatta,
perchè raramente lo sono di una storia, e quando lo sono non piace agli
altri ( doh >.<'')
C'è molto di me in questo
capitolo, lo scii e Monaco sono due delle mie più grandi passioni..
Ho preso molto sul serio questa
storia,infatti sono andata in libreria e ho preso un libro e un mazzo
di carte per parlare con gli angeli custodi.. *cof cof* ho già in mente
situazioni future che prevedono quel mazzo di carte, ma non credo che
io lo userò spesso.. La prima carte che mi è uscita è stata quella
della costruzione.. in poche parole posso chiedere tutto ciò che
voglio al mio angelo custode.. Voi avete mai fatto una cosa del genere
? ho preso anche i tarocchi, mi affascinano, e devo dire che
l'esperimento con quelli è andato meglio =D
Tornando al capitolo.. Come vi
sembra ? Forse qualcuno avrà perplessità sul fatto che sia stato
scelto Edward.. la scusa scelta dalla prof in effetti non regge molto..
ma essendo la storia vista dalla parte di Bella, per il momento non
posso dirvi dei poteri del bel ragazzo tenebroso.. (spoiler)
se mi lasciate una
recensione mi fate davvero felice, me ne basta anche una piccola
piccola, please *.*
ora vi lascio..
un bacio a tutti
Martina |
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Avevano passato la pausa pranzo separati. Quando Isabella era arrivata
in mensa, aveva visto Tanya seduta vicino a lui, con una mano sul suo
braccio e spalmata sul suo fianco, una fiammata d‘ira era esplosa
dentro di lei.
Forse la cosa che più l’aveva fatta imbestialire, era il fatto che non
le sembrasse che dispiacesse molto a Edward.
Jessica pendeva dalle labbra del ragazzo come se stesse raccontando,
chissà quale avventura.
Bella prese il suo vassoio e con l’iPod acceso si diresse verso un
posto isolato.
Si diede della stupida. Perché ci era rimasta male ? Si conoscevano
solo da cinque ore. Erano solo compagni di banco, e Edward non sembrava
il tipo da starsene in disparte senza amici. O senza ragazze.
Probabilmente entro quel pomeriggio avrebbe avuto il consenso di tutta
la classe. Cosa che faceva imbestialire Bella. Lo guardò, finché non
incontrò lo sguardo di Tanya che la guardava con sufficienza con un
sorrisetto da schiaffi su quel volto troppo truccato. Troppo truccato
per Bella.
Ma il suo comportamento la faceva arrabbiare ancora di più, perché
doveva essere arrabbiata se Edward si fosse fatto altri amici ? Non era
un bene per lui ?
Erano solo conoscenti, non doveva importargli niente.
Stranamente aveva tutte le ragazze intorno. Ragazze all’opposto di
Bella. Tutte taglie trentotto, con magliette scollate o super
attillate. Trucco pesante, orecchini vistosi. Tutto per far notare la
mercanzia proposta, peggio delle cortigiane del 1700. Pensò schifata
Isabella torturando la sua bistecca.
Tutte le ragazze della classe erano così, tranne Alice e Sibilla, che
si erano appena sedute davanti a lei. Sibilla con i suoi abiti bianchi,
il viso raramente truccato e orecchini modesti. L’esempio che si
potevano portare gli stessi accessori senza essere sempre volgari.
Bella continuò ad ascoltare la musica, chiusa nei suoi pensieri finché
non si sentì maleducata. Sentiva il loro sguardo addosso. Con un
sospiro spense il lettore e si mise a guardarle. Sibilla prese subito
la parola.
«È un bel ragazzo, e sa di esserlo. Ma ha bisogno solo di una persona,
e lui lo sa.» Alice tirò una gomitata all’amica.
«Che c’è?» le parole le uscirono bofonchiate visto che Sibilla stava
mangiando la pasta, mentre Bella era passata direttamente al secondo.
Raramente voglia del primo.
Era quasi comico sentire quelle frasi filosofiche dette da una persona
che aveva pomodoro intorno alla bocca come un bambino di sei anni.
La ragazza rossa guardò Isabella.
«Bella, posso la tua pasta ?» Isabella fece segno di no con la testa e
le sporse il vassoio.
«Come mi hai chiamato ?» il soprannome datole la Edward ormai era
diventato familiare, tanto che non si era resa conto di come l’avesse
chiamata.
«Bella, ti dispiace ? Preferisci Isabella?» le chiese Alice che
continuava a guardare nel suo piatto, mangiando voracemente.
Era curioso che una ragazza così piccola mangiasse così tanto.
Alice interruppe la conversazione. «Bella, posso la tua verdura ?» i
finocchi cotti non erano proprio la sua verdura preferita.
Sporse il vassoio verso la ragazza che li prese contenta e si mise a
mangiarli.
«No, Bella mi piace, ma solo Edward mi chiama così, e da un paio d’ore»
era un discorso senza capo né coda, quindi la ragazza scuotendo la
testa preferì lasciare perdere, non era chiaro nemmeno nei suoi
pensieri.
Come poteva spiegare che gli sembrava quasi un gesto intimo tra loro
due ? Ma in fin dei conti un soprannome non era intimo quanto
l’abbraccio tra Tanya e Edward. Penso con disgusto.
«Alice, dobbiamo fare qualcosa. Quello è un cretino!» disse Sibilla
indicando Edward, senza curarsi di abbassare la voce o delle verdure
che aveva in bocca.
Isabella scoppiò a ridere. Il modo in qui l’aveva detto e la sua
espressione erano esilaranti.
E poi anche Bella pensava che fosse un cretino.
«No, la cretina qui sei tu! Ti ha sentito, e noi dovremmo essere
imparziali.» Alice mentre parlava aveva tirato fuori dalla tasca un
panino intero e aveva preso la bistecca mettendola dentro. Si era
giustificata con un «Odio il fatto che il pane sia a fette» ed una
alzata di spalle.
Lo sguardo di Isabella doveva essere allucinato, sia per la prima frase
di Alice che non aveva capito, sia per come divorava quel panino.
«Senti Bella, tu hai bisogno di consigli di stile. Pensi sul serio di
piacere ad un ragazzo vestita così!?» parlando animatamente Alice aveva
gesticolato con la mano che reggeva il panino perdendo pezzi di cibo.
«Ops. Comunque non puoi assolutamente permetterti di lasciarlo andare
via.»
Quelle due facevano sul serio? Isabella non aveva più la forza di
arrabbiarsi in quel momento.
Si alzò prese il suo vassoio e andò a svuotarlo nel cestino.
Aveva potuto mangiare in pace solo mezza bistecca.
Forse togliersi gli auricolari non era stata una grande idea.
«Ehi Swan! Perché non ti sei seduta vicino a noi? Sai com’è, sei
mancata ad Edward.» Jessica dopo aver detto la frase si mise a ridere.
Anche Tanya rise per dare man forte alla compagna, e tutto il circolo
di ragazze rise con lei.
Bella non le degnò di uno sguardo e con passo sostenuto uscì dalla
mensa.
Salì in classe per prendere un libro. L’aula dopo poco tempo si sarebbe
riempita di persone e lei aveva voglia di rimanere da sola.
Il suo posto preferito per leggere era il corridoio del corso D, al
quale si accedeva con pochi gradini. Al pomeriggio era sempre libero, e
lei si sedeva al banco delle bidelle che raramente era usato.
Aveva pensato sul serio che Edward potesse essere suo amico ? Con un
sospiro si decise ad aprire il libro e a mettere da parte i suoi
pensieri.
A distoglierla dalla lettura ci pensò la campanella. Con uno sbuffo si
alzò dalla sedia dietro il bancone e si diresse verso la sua classe.
Dall’armadietto prese i libri di storia e si diresse verso il suo banco.
Di Edward non c’era nemmeno l’ombra, nonostante la campanella fosse già
suonata.
Il ragazzo entrò in classe sorridendo a Luca, quello considerato il più
carino della classe prima dell’arrivo di Edward.
Luca era l’opposto di Edward. Era biondo, magro e con gli occhi
azzurri. Solo l’altezza era più o meno quella.
Edward si sedette dopo una pacca sulle spalle da parte di Luca e uno
sguardo ambiguo. Cameratismo fra ragazzi
«Ehi, dove hai passato la pausa pranzo? Ti ho cercata.» Bella alzò le
spalle borbottando un «In giro».
Non voleva fargli capire che ci era rimasta male per il suo
comportamento.
Dopo un sospiro il ragazzo riprese a parlare «Senti, per quello che
hanno detto a pranzo»
Bella lo interruppe. «Non -» «Ehi Edward, perché non ti vieni a sedere
qui?» Luca aveva parlato dal suo banco in seconda fila. Alzarono
entrambi lo sguardo verso il ragazzo e Edward le chiese «Ti dispiace se
vado?».
Bella aprì il libro di storia per un ultimo ripasso prima che la
professoressa entrasse «Fa come vuoi».
Non c’erano posti liberi vicino a Luca, quindi presero il banco di
Edward e lo spostarono davanti.
Bella a metà lezione di storia, quando ormai i nomi delle persone
interrogate erano usciti, frugò nella cartella cercando i permessi per
uscire prima. Quando li trovò ne aprì uno sul banco fissando.
Non era il comportamento di una bambina di tre anni uscire prima, vero?
Con un sospiro prese dall’astuccio una penna blu, dello stesso colore
con cui la madre aveva firmato. «Professoressa, posso chiedere una cosa
a Bel-Isabella?» cosa voleva Sibilla da lei? Mentre la guardava
avanzare verso il suo posto notò che anche Edward la stava guardando e
distolse subito lo sguardo da lui. «Non farlo» le disse semplicemente.
«Cosa?» chiese Isabella confusa.
«Uscire prima.» Bella vide Edward girarsi di scattò verso di loro. Che
sentisse la loro conversazione? Ma stavano sussurrando, e c’erano così
tante persone in mezzo, che ridevano per la pessima interrogazione di
Jessica.
«Perché? E come lo sai?» Sibilla stette in silenzio per alcuni secondi
fissando il permesso, poi si riscosse e guardandola negli occhi le
sorrise.
«Anzi, esci pure prima.» Detto questo se ne andò, facendo svolazzare
l’ampia gonna bianca.
Bella era tentata di fermarsi dopo le quattro dopo quella frase, tanto
per farle un dispetto, ma aveva paura che fosse qualche giochetto di
psicologia inversa. Quindi decise di uscire lo stesso alle sei. Chiamo
l’istitutrice, Delfina, che tutti chiamavano Delfi.
Delfi andava molto d’accordo con tutti i ragazzi, ma soprattutto con
Alice e Sibilla, ma aveva un certo riguardo verso Isabella, un po’ come
tutti i professori.
«Dimmi tesoro, cosa c’è?» le chiese con un sorriso gentile.
Bella sentiva addosso lo sguardo di Edward, ma se ne infischiava. La
ragazza indicò il permesso, con un sorriso di scuse.
«Non ti preoccupare, anzi, meglio che esci ogni tanto. Sei sempre qui.
Contenta di andare a Monaco con me e Edward?» Prese il foglietto,
piegandolo a metà.
«Molto ,non vedo l’ora di partire» le disse sorridendo, era così facile
non essere scontrosa con lei.
Sorridendo ancora Delfi se ne ritornò al suo posto vicino alla
cattedra.
Edward chiamò l‘istitutrice, ma Bella distolse lo sguardo, non voleva
sapere niente di lui. Né voleva che lui pensasse che invece le
importava. Con un sospiro Isabella decise di fare meno pensieri
contorti d’ora in poi.
Lui poteva fare quello che voleva e lei faceva lo stesso.
Ed era meglio se il giorno dopo fosse rimasto vicino a Luca, lei ci
guadagnava su tutta la linea. Doveva allontanare i pensieri da Edward.
Questo era poco ma sicuro.
Delfi era una donna sui trentacinque anni, con lunghi capelli biondi e
leggermente mossi.
Aveva grandi occhi celesti e conosceva la storia greca in modo
favoloso. La chiamavano Delfi proprio per questo, come l’oracolo
dell’antica Grecia.
La classe era convinta che era un po’ veggente, quindi quando diceva
che il giorno dopo sarebbe andato bene tutti si calmavano, mentre se
diceva di ripassare ancora un po’ tutti lo facevano, proprio per questo
era nato il soprannome.
Era un’ottima istitutrice.
Concentrandosi su Monaco sperò che l’ora restante passasse in fretta.
Anche se non poté fare a meno di sorridere per il quattro preso da
Jessica.
In fin dei conti si raccoglie ciò che si semina.
****
L’ora di storia era finalmente finita, e al suono della campanella
molti erano scappati. Bella non aveva nessuna fretta, metteva dentro la
cartella con calma i libri. «Che fai?» Edward era apparso
all’improvviso dietro di lei.
Bella non voleva essere acida, ma.. «Non lo vedi? Faccio lo zaino per
andare a casa.»
«Ma avevi detto che mi avresti dato una mano con i compiti.» Edward
continuava a fissarla.
Bella in quel momento se lo immaginò con il labbro tremulo,
inginocchiato ai suoi piedi,gli occhi in stile gatto con gli stivali di
Shrek. Ridacchiò di quel pensiero.
Edward aggrottò le sopracciglia. Le prese il mento fra le mani e la
obbligò a guardarlo negli occhi.
Bella sentì i suoi pensieri diventare sempre più pesanti, più lenti.
«Vuoi venire a studiare a casa mia?» le parole uscirono incredibilmente
ferme, mentre lei era persa negli occhi neri di Edward.
Il ragazzo sorrise in un modo particolare, tutto suo. Quel sorriso lo
rendeva ancora più sexy. Bella arrossì a quel pensiero. «Con molto
piacere baby-Bella».
Sul serio aveva chiesto ad Edward di studiare con lei a casa sua?
Quanto stupida era da uno a dieci? E se ci fossero stati i suoi a casa?
Come avrebbe giustificato la presenza del ragazzo? Accantonò quei
pensieri, era impossibile che fossero a casa. «Ma hai il permesso?
Altrimenti non puoi uscire» Bella tentò di arrampicarsi sugli specchi.
La classe era ormai quasi vuota, c’erano sono Sibilla, Alice e Delfi
che parlavano piano in un angolo.
Edward portò vicino a lei il suo banco. La sua borsa a tracolla nera,
era appoggiata per terra di fianco a lei.
«Delfi ha detto che non ci sono problemi, ma da domani devo portare il
permesso firmato.» Edward le sorrise recuperando la borsa, e indossando
una giacca di pelle. Bella per poco non sbuffo ad alta voce.
Era tipico che un ragazzo come Edward indossasse giacche di pelle,
anche se lui sembrava non appartenere a nessuna categoria. Era un
fantastico caso a parte.
«Andiamo Bella?» Edward sembrava anche impaziente, mentre a Bella
sembrava di andare al patibolo.
«Ciao ragazzi, a domani e ricordatevi i fogli firmati per Monaco.»Delfi
li salutò con un grande sorriso.
«Vedrete che vi divertirete» aggiunse Sibilla e sia Alice sia Delfi le
diedero una gomitata. Bella aggrottò le sopracciglia, ma quando stava
per chiedere qualcosa, Edward le prese la mano e la strattonò fuori
dalla classe.
«Non so dove abiti Bella, quindi devi fare strada.» le disse sorridendo
con quel sorriso che secondo lei era da considerarsi illegale.
Bella mollò la sua mano e accelerò il passo.gli eventi del pomeriggio
bruciavano ancora. Di certo non gli aveva dimenticati.
«Perché non vai a studiare a casa di Luca?»e così dicendo, lo lasciò
lì, in mezzo al corridoio.
Salve a tutti =)
questo capitolo è pronto da un
paio di giorni.. rispetto ai soliti standard con cui aggiornavo, è
stato fatto a tempo di record, tutto grazie alle magnifiche recensioni
*-* che spero mi lascerete anche in questo capitolo..
Devo dire che questo capitolo è
uscito abbastanza velocemente, anche se poi ho dovuto metterci le mani
un po' sopra..
comunque come vi sembra ??
infantile ? stupido ? scontanto?
Mi fareste molto piacere dicendomi
cosa vi pare della storia..
dedico questo capitolo a chi ha
recensito, come ho già detto è solo grazie a voi che è pronto così
velocemente, siete voi che mi fate venire voglia di scrivere, grazie =*
quindi se volete un capitolo
presto, recensite ù.ù
scherzo xD, oggi sono in vena di
scherzi..
un bacio a tutti
Martina |
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Sentiva dei passi affrettati dietro di lei, nonostante avesse le
cuffiette dell’iPod e le bidelle chiacchieravano vicino alla porta
d’uscita. Tutto sembrava così nitido, nonostante i nuvoloni fuori
rendessero così cupa l‘atmosfera. La porta era illuminata da una
lampada a neon, che la faceva risplendere. Come un dolce pensiero, la
libertà e la pace erano a pochi passi da lei.
Bella era incredibilmente stanca di quella giornata. Sentiva pesare sui
suoi muscoli ogni singolo secondo, le lacrime sembravano così vicine a
fuoriuscire senza un apparente motivo.
Aveva così tanta voglia di fare come una bambina e di scoppiare a
piangere anche solo per la stanchezza.
Non urla e strepiti, quello non era nel suo stile. Più un pianto
disperato, pieno di singhiozzi ma silenzioso.
E incredibilmente voleva qualcuno a consolarla.
Non riusciva più a sopportare le continue frecciatine, la tensione a
casa, Edward.. Quel ragazzo l’aveva scombussolata anche troppo.
In poche ore le aveva reso impossibile l’uso di quella maschera che
tanto le serviva, l’aveva spogliata e gettata in strada, al freddo e
alla pioggia.
Bella si sentiva proprio così. Infreddolita e sola, sola come forse non
si era mai sentita in vita sua.
Il rumore dei passi le ritornò alla mente, ora nn erano più così
veloci, ma anche lei aveva rallentato il passo. Salutò le bidelle con
un sorriso, non era sicura di riuscire a parlare senza piangere.
Perché le lacrime erano ancora lì, inspiegabili quanto non volute.
Sperò che quei passi fossero di Edward.
S’immaginava la sua mano stringerle delicatamente il polso, tirarlo
verso di lui per farla girare, e poi magari scontrarsi con il suo
petto. Sembrava una scena da romanzo rosa, ma Isabella si rese conto
che era di questo che aveva bisogno. Contatto con qualcuno.
Rallentò ancora il passo, facendo la grande scalinata lentamente.
Magari Edward l’avrebbe preso come un invito e avrebbe cercato di
parlarle. I passi non diminuirono, e velocemente la figura la superò.
Era una ragazza di un’altra classe dell’Europeo.
Cercò di non badare all’assurda ondata di delusione e amarezza che
l’aveva colpita, era immotivata.
Ma quale emozione che aveva avuto negli ultimi cinque minuti era
razionale e motivata ?
Ma le emozioni erano mai razionali ?
Sospirò, pensava veramente troppo.
La borsa con i libri di greco e latino non pesava poi molto, e la
lasciava libera di mettere e mani in tasca.
Nonostante tutto aveva portato via i libri che servivano a Edward. Non
credeva veramente che il ragazzo avrebbe desistito così facilmente.
Ci era rimasta piuttosto male. Ma perché ?
S’incolpò della sua stupidità, Edward non aveva fatto né detto niente,
era lei che aveva ingigantito la questione, vedendo ombre dove tutto
era piatto e lineare.
Quando uscì dall’androne buio e arrivò in fondamenta, avrebbe tanto
voluto che ci fosse il sole a ferirle gli occhi, dandole la possibilità
di versare qualche lacrima senza dare spiegazioni.
Ma forse era meglio così, se iniziava a piangere, non la finiva più, e
andare in giro singhiozzando, facendosi notare dalle persone era la
cosa che voleva di meno.
Alzò un po’ di più la sciarpa a coprirle naso e bocca, i lunghi capelli
marroni sciolti sulle spalle, uscivano da un cappello nero di lana.
La giacca a doppio petto era nera, così come le scarpe da ginnastica.
L’unica macchia di colore era data dalla sciarpa, che aveva fatto lei
con colori diversi. Sua nonna Paola le aveva insegnato a lavorare a
maglia, passione che da piccola non aveva mai alimentato, ma quando era
venuta a mancare quella figura che le dava così tanto amore, aveva
riscoperto quella passione.
Quando indossava qualcosa fatto dalle sue stesse mani, si sentiva più
vicina all’amata nonna, il calore della lana era come un suo abbraccio.
E la sciarpa era il suo oggetto preferito.
Non era una copertina di Linus. Era la prima cosa che avesse fatto con
i ferri, aveva degli errori, ma quegli errori secondo Bella la
impreziosivano.
Non era perfetta, era ben lontana dall’esserlo, e forse era questa la
cosa che le piaceva di più.
Con la testa bassa si diresse verso il ponte, pronta per tornarsene in
quella casa così vuota. Sospirò, il vento era molto forte,
probabilmente a Trieste c’era la bora.
Sopra il ponte, il vento era ancora più forte. Bella schiacciò di più
la testa nella sciarpa, alla ricerca di un po’ di calore.
Faticava a fare gli scalini, le sembrava quasi che il vento cercasse di
buttarla giù.
E a quel punto finalmente arrivarono. Le lacrime iniziarono a scorrere
non più trattenute, correndo lungo le guance e finendo sulla sciarpa,
bagnandola e raffreddandola. Sentiva il vento forte scontrarsi sulle
guance bagnate, ferirle e arrossarle. Si morse le labbra, cercando di
contenere i singhiozzi.
Scese con calma dal ponte, senza nessuna fretta, in quel momento non
voleva tornare a casa, avrebbe preferito andare in un bar, se questo
non avesse implicato altre persone.
Magari sarebbe entrata in libreria, lì avrebbe potuto sentirsi bene, e
cercare di porre rimedio alla sua maschera a brandelli.
Un’ombra scura era davanti a lei, a pochi metri appoggiata al muro di
una casa.
Isabella ne avvertiva la presenza più che vederla, non aveva nessuna
voglia di alzare lo sguardo. Spostandosi verso il centro della calle
cercò di superare la figura.
Ma la figura scura si portò anche lei al centro della calle.
Sentì la sua nuca scaldarsi, i suoi sensi mettersi sull’attenti.
Erano in una calle non poi molto affollata, ma qualcuno ogni tanto
passava, soprattutto studenti e professori. Anche se la portava in quel
sottoportico che finiva nel canale, qualcuno prima o poi avrebbe
trovato il suo cadavere, c’erano tutte case intorno, per la miseria.
Non avevamo detto di smetterla di pensare ? Si disse con stizza.
Magari era solo una persona che aspettava qualcuno che era arrivato.
Chi mai avrebbe cercato di violentare una ragazza come lei ? Bastava
guardarla in viso e vedere le lacrime che ancora scendevano per
lasciarla stare. O almeno sperò che fosse così. Era l’anti-stupro
perfetto, pensò con un sorriso. Perché le battute migliori erano solo
nella sua testa ? Cercò di tornare seria.
Si spostò ancora, ma lo sconosciuto fece lo stesso. Allora Isabella
decise di ignorarlo e di continuare per la sua strada.
Una mano bianca entrò nel suo campo visivo, e lei non avrebbe dovuto
trovarla già così tanto familiare. Sospirò.
«Baby-Bella?» Anche con il vento che ululava nella stretta calle, la
sua voce le arrivava forte e perfetta, come se le parlasse
all’orecchio.
Alzò il viso, chiamata dalla sua voce e incontrò i suoi occhi. Sopra
quegli occhi così neri e profondi, vide le sopracciglia corrugarsi, e
si ricordò delle lacrime che ancora scendevano.
Velocemente riportò lo sguardo verso la punta delle sue scarpe,
mordendosi il labbro inferiore ancora più forte, un nuovo attacco di
singhiozzi, più forte del precedente, le era arrivato dal cuore. Cercò
si svincolarsi dalla sua mano per potersene andare.
«Ehi, che c’è?» Quella voce così gentile, quelle mani che le
accarezzavano dolcemente il viso, incrementarono i singhiozzi.
Edward cercò di alzarle il viso, ma lei si rifiutò. Era testarda, lo
sapeva.
Sentì chiaramente il sospiro di Edward, prima che lui le lasciasse il
viso. Senza alcun senso i singhiozzi di Bella aumentarono, rendendosi
udibili.
Edward dolcemente, ma con decisione, la prese fra le braccia,
appoggiandosela al petto. Diede una mano a Isabella a fare uscire tutte
le emozioni.
Con la testa appoggiata sul petto di Edward, i singulti aumentarono. Al
pianto irrazionale, si aggiunse la mortificazione per farsi vedere così
da lui.
Lui, che ora le accarezzava i capelli per la lunghezza, che aveva un
braccio intorno al suo busto e che la proteggeva nel suo ampio petto.
Lui che era la causa delle sue lacrime.
****
I singhiozzi di Isabella si erano calmati, ma la stretta di Edward non
accennava a sciogliersi. Le lacrime continuavano a scendere sulla
giacca di pelle di Edward. Il vento non le feriva più le guance, c’era
lui in mezzo.
Cercò di scostarsi, non voleva certo rovinargli la giacca.
Quanto tempo era passato ? Era una delle prime volte nella sua vita
che non riusciva a quantificare il tempo trascorso.
«Va meglio ?» le chiese accarezzandole in un moto circolare continuo la
schiena. Bella si staccò velocemente, si passò le mani sulle guance per
togliere le lacrime.
Le sentì in fiamme, quel ragazzo aveva il potere di farla arrossire
come mai nessuno in vita sua c’era riuscito.
Era un suo vanto, quello di non arrossire, e ora bastava la vicinanza
con quello sconosciuto e misterioso ragazzo per accenderla.
Isabella si rimise la sciarpa a coprirle bocca e naso, e bofonchiò un
«Sì, grazie».
«Andiamo Baby-Bella?» le chiese con gentilezza il ragazzo sorridendole.
Bella lo guardò, sentiva le ciglia bagnate e sicuramente aveva gli
occhi rossi.
Isabella poteva dirgli di no, poteva cercare di fare ancora la dura.
Ma aveva pianto tra le sue braccia, lui l’aveva accarezzata e
confortata. Ripensando all’abbraccio si sentì in imbarazzo e distolse
lo sguardo.
Ora il vento le arrivava, e le sbatteva i capelli in faccia.
Se li spostò con una mano, guardando Edward con la coda dell’occhio.
In quel momento decise di smetterla. Smetterla di scappare come le
aveva detto quella mattina. Smetterla di cercare di nascondere dietro
un velo nero la figura di Edward. Pensava sul serio che un drappo scuro
nella sua mente avrebbe oscurato la bellezza di Edward?
Non aveva mai pensato ai ragazzi, non voleva sbavare dietro alle
persone come le sue compagne di classe. Non voleva fare parte del coro.
Voleva essere semplicemente Bella. Non Isabella.
La Bella di Edward.
«Andiamo» gli disse sorridendo, forse il suo primo sorriso vero.
E vero fu anche il sorriso di Edward, quel fantastico sorriso che la
faceva sentire un po’ speciale.
«Che ne dici se andiamo in un bar a prendere qualcosa di caldo?» La
proposta di Edward era allettante. «Certo» gli rispose sorridendo
ancora. Era sicura di non aver mai sorriso per così tanto tempo alla
stessa persona.
«Se vuoi vicino a casa mia, c’è un bar molto carino, possiamo andare lì
e se non ci sono molte persone, possiamo studiare lì. Se ti va..» Non
che non volesse farlo entrare in casa sua, ma..
«Proprio non vuoi farmi entrare in casa tua vero?» Le chiese con un
sorriso beffardo. Avevano iniziato a camminare, a fianco a fianco.
«Non è per quello, credevo che tu..-cercò la parola giusta- ti saresti
sentito più a tuo agio in un luogo franco» più o meno erano quelli i
suoi pensieri, ma voleva essere anche lei in un luogo franco, in modo
che potesse andarsene quando voleva.
«Non ti preoccupare, mi so adattare bene, ma ho voglia di un
cappuccino. Quindi sosta al bar e poi andiamo a casa tua» ok, anche
Edward era testardo.
«Andiamo allora» si arrese all’evidenza, Edward Cullen sarebbe stata la
sua rovina, ma in fondo al suo cuore,una scintilla sperava che fosse
anche la sua salvezza.
****
Erano seduti vicino, sulla panca incastonata in una nicchia del muro a
mattoni vivi. Erano vicini, non solo fisicamente. Davanti a loro due
tazze di cappuccino e un piattino con dei biscotti.
Il bar era pieno, e il chiacchiericcio sovrastava l’abituale musica
classica.
«Come sei finito qui a Venezia ?» gli chiese Isabella rompendo un pezzo
del biscotto con le gocce di cioccolato e mettendoselo in bocca.
Voleva intavolare una conversazione civile.
Edward si strinse nelle spalle «Ero stufo di stare negli Stati Uniti.
Molto tempo fa sono venuto con i miei genitori qui, e mi ricordo che
mi era piaciuto molto-fece una pausa perso nei suoi pensieri- e quando
hanno dato la possibilità a mio padre di venire a lavorare qui, eravamo
tutti contenti» la fissava negli occhi, come se studiasse ogni sua
reazione.
All’improvviso Bella sentì caldo.
«Ti senti bene ? Sembri accaldata» Edward le mise una mano sulla
guancia. A Bella sembrava gelida.
«Ho caldo in effetti, possiamo uscire ?» cercò nella cartella di scuola
il portafoglio per pagare
«Certo, chiamo il cameriere e gli chiedo il conto» prese anche Edward
il portafoglio dalla borsa.
Si girò per sorriderle, ma quando vide che aveva il portafoglio in mano
fece una smorfia.
«Perché hai il portafoglio in mano?» le chiese assottigliando gli occhi
Bella rispose semplicemente «Per pagare».
«Pagare ?! Io ti ho invitato fuori, io pago» le disse mentre faceva un
cenno al cameriere. Tirò fuori una banconota da cinque euro e la diede
al cameriere.
A nulla valsero le lamentele di Bella. Cercò di tenergli anche il
broncio lungo la poca strada fino a casa sua, ma Edward con una
semplice frase la fece sciogliere.
«Baby-Bella, sorridi che quando lo fai ti si illuminano gli occhi.»
****
«Domani alla prima ora abbiamo italiano, poi matematica che per fortuna
non ci ha dato compiti per domani» erano seduti sul tavolo alto a
penisola della cucina. Bella aveva dato una mano ad Edward, che non se
la cavava poi male nelle materie classiche. «Il latino l’avevo imparato
un po’ di tempo fa, il greco non è poi così difficile» le aveva detto
davanti al suo sguardo dubbioso.
Ora invece stavano discutendo sull’orario scolastico. «Tieni il mio
diario, e ricopialo se vuoi» Edward non aveva un vero e proprio diario,
era più un’agenda nera. Isabella lo guardò scrivere nella sua
calligrafia ordinata e composta.
Quando Edward alzò la testa e la vide intenta a guardarlo, Bella si
affrettò a girare la testa verso l’orologio da parete, che segnava
quasi le sette.
«Sono quasi le sette, siccome non so a che ora mangi di solito, ti va
qualcosa ora ?» Edward aveva sorriso sentendo la domanda.
«Di solito non mangio così presto, ma accetto. Ho capito che è meglio
accettare i tuoi inviti, sono così rari. La cena.. Niente male da una
che voleva studiare in un bar» concluse ridendo.
Bella sentì le guance andare a fuoco un’altra volta, così si alzò
velocemente dal tavolo.
«Ti va bene un panino?» Gli chiese mentre apriva il frigo. Non aveva
molto da mangiare, avrebbe dovuto andare quel giorno a fare la spesa.
«Certo. Ti serve una mano?»
«No, gra-» Mentre stava appoggiando sul bancone dal lavoro il
prosciutto crudo, si sentì stringere tra le sue braccia. Era stato così
silenzioso che lei non l’aveva sentito muoversi.
«Bella..» le sussurrò all’orecchio, erano così vicini, il petto di lui
contro la sua schiena. Il fiato le rimase impigliato in gola.
Salve a tutti :)
Se siete arrivati fino a qui,
bravi! sinceramente la prima parte di capitolo era un polpettone.. ma è
uscito così, e mi dispiaceva tagliarlo..
volevo dirvi alcune cose sul
comportamento di Bella.. non vorrei mai che pensaste che Bella è
bipolare, o io pazza xD
Bella è 'infantile' in un certo
senso, non ha mai avuto amici, cerca di tenere tutte le persone
distanti da lei.. poi un giorno arriva Edward e tutto cambia.. si
ritrova ad essere una normale adolescente che vorrebbe stare con Edward
come le sue compagne di classe, ma allo stesso tempo non vuole
cambiare.. si chiede se veramente il gioco vale la candela, o se,
soprattutto, quella candela non scotta troppo..in quel poco che si è
aperta, è sempre rimasta scottata, ed ha paura..
voi cosa ne pensate del
comportamento di Bella ?
mi sono fatta twitter.. potrei
metterci spoiler, o anche chiedervi dei pareri se lo avete ;) nessuna
mia amica ce l'ha, quindi io non so cosa farci.. quindi se vi va
aggiungetemi pure @Martina1918 mi fa molto piacere =)
grazie per le splendide
recensioni, come avete visto sono riuscita a pubblicare entro una
settimana :)
spero di leggere molti pareri su
questo capitolo.. siete contrari al comportamento di Bella ? pensate
che sia una cavolata ? cosa succederà ora ? proponetemi le vostre idee,
sono curiosa x)
un bacio a tutti, spero vi sia
piaciuto e che mi lasciate una recensione..
Martina |
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Isabella guardò il ripiano in marmo della cucina. La mano di Edward che
andava su e giù per il suo ventre. Il respiro della ragazza era sempre
più forte, il cuore le batteva in testa, tutto le arrivava come
ovattato.
«Edward..» trovò la forza si sussurrare. Il ragazzo ghignò maligno al
suo orecchio. Isabella cercò di girarsi, ma le forti braccia che la
cingevano glielo impedivano.
«Attenta Baby-Bella. Potrei trasformarmi nel tuo peggior incubo» le
parlò con la bocca attaccata all’orecchio, la voce storpiata. Dov’era
finita la sua voce ammaliante ? Questa era da brividi, un suono
minaccioso e sinistro.
Bella quasi senza rendersene conto iniziò a tremare.
«Hai paura Baby-Bella ? Fai bene» e rise malignamente.
Isabella cercò di staccare le braccia di Edward dalla sua vita.
«Conosco ogni tua più piccola paura, ogni tuo più piccolo desiderio.
Ogni tuo punto di forza e ogni tuo punto debole. Tu vuoi questo» e le
baciò il collo, continuò leccandole la giugulare e poi la morse. Un
morso superficiale, ma che fece tremare Isabella.
Chi era veramente Edward Cullen ? Isabella chiuse gli occhi
abbandonandosi tra le sue braccia. Per quanto cercasse di nasconderlo
Edward aveva ragione.
«E ti odi per desiderare questo, eppure non puoi fare a meno di volerlo
con tutta te stessa. Ti vanti tanto di essere una fuori dal coro, ne se
orgogliosa. Ma è veramente così?»
Isabella guardò dritta di fronte a se, gli sportelli neri della cucina
riflettevano la scena. Edward chino sul suo collo, finché lui non alzò
la testa.
Isabella trattenne il respiro. Gli occhi di Edward erano iniettati di
rosso, il nero profondo che tanto le piaceva era scomparso, lasciando
il posto a quell’inquietante colore. I tratti del viso più spigolosi ma
sempre di una bellezza inumana.
«Dovresti stare attenta a ciò che pensi, ciò che desideri. Non sia mai
che i tuoi desideri si avverino. Ti sei sempre sentita fuori posto, e
se io ti dicessi che questo non è il tuo posto? Se vieni con me
potresti scoprirlo..» le disse in tono suadente.
Isabella chiuse gli occhi. Non riusciva a capire le sue reazioni,
perché non aveva paura ? «Pensaci. Bye-Bye Baby-Bella.»
Le braccia di Edward intorno alla sua vita diventarono sempre più
effimere, nell’aria echeggiava il suono maligno della sua risata.
Isabella si girò, convinta di trovarlo seduto vicino al tavolo, e che
gli ultimi pochi minuti fossero solo stati un sogno ad occhi aperti.
Ma il tavolo, come la cucina, erano vuoti. I libri di Edward non
c’erano più, così come la sua giacca di pelle e la cartella.
****
Edward si materializzò nella sua stanza. La giacca di pelle sotto un
braccio, la borsa con i libri nell’altro. Fischiettando andò verso lo
specchio, la sua trasmutazione davanti a Isabella non era andata
proprio come si aspettava. In tutti i secoli le ragazze scappavano via
urlando, quando erano lucide. Di solito dopo aver irretito i sensi alla
vittima, la rendeva lucida, tanto per sentire un po’ di urla.
Ma Isabella niente. Questo confermava la sua supposizione, quindi
presto sarebbe tornato a casa.
Sorrise, mentre si guardava allo specchio, erano passati secoli, secoli
in cerca di lei, secoli in cui non era cambiato di una virgola, e
finalmente l’aveva trovata.
La giornata non era stata particolarmente pesante, anche se c’erano
stati alcuni alti e bassi. La trovata di andare a Monaco era stata
geniale, aveva l’occasione perfetta per poter stare con lei. Le
sembrava tanto un osso duro.
Ma nessuno resisteva al fascino demoniaco di Edward Cullen, pensò
mentre si passava una mano tra i capelli.
Se poi era una diavolessa, come sospettava, anche lei era logico che
non gli resistesse. Era un demone potente negli Inferi, alimentava le
discordie e insegnava a combattere i nemici. Non un demone tranquillo
insomma.
Se solo Lilith non si fosse intestardita ad averlo come amante, lui ora
sarebbe negli Inferi tranquillo, e non dovrebbe cercare la figlia di
Lucifero su tutta la Terra.
Edward con un sospiro si lasciò cadere su di una poltrona nella sua
camera.
Il suo tatuaggio gli pizzicava, cosa che non era mai successa in tutti
quei secoli di ricerca.
Il tatuaggio era stato fatto da Lucifero in persona, dicendogli che gli
serviva per rintracciare sua figlia. Era stato un bastardo, sapeva che
solo i demoni più potenti potevano far figli, e questi non erano poi
molti, ma figlie femmine erano ancora più rare. Equivaleva a dirgli
‘Non ti voglio qui, per parecchi secoli’. Si passò un mano trai
capelli.
Qualcuno bussò alla porta. «Posso entrare ?» era Esme, sua ‘mamma’.
Non era la sua madre biologica, quella era morta molto tempo prima,
durante la Peste che aveva sconvolto l’Europa. Edward aveva
diciassette, ormai era considerato un uomo nel suo mondo. Ne era
passata d’acqua sotto i ponti.
«Certo» le sorrise, non era difficile essere gentile con quella donna.
Suo padre,
Carlisle,se ne era innamorato quando Lucifero li aveva spediti sulla
terra alla ricerca
della sua fantomatica figlia.
Esme era una tipica donna umana del 1500.
La prima volta che Edward aveva posato gli occhi su di lei, aveva
immediatamente pensato che fosse la tipica dama altezzosa e piena di
sé, mentre camminava nelle calli, avvolta nei suoi preziosi abiti
ricamati coprendosi dal sole con un delicato ombrellino di merletto di
Burano. Suo padre invece ne era rimasto folgorato.
I delicati capelli biondi, gli occhi azzurro cielo l’avevano fatto
innamorare come un qualsiasi umano.
Lui, che era uno dei primi angeli caduti, era finito nella rete di
quella donna.
Il passo tra portarla via da Venezia e da suo marito, a trasformarla in
demone era stato breve.
L’unico problema era che trasformando un umano, secondo il preciso
rituale, questi acquisisce caratteristiche demoniache, che i demoni di
nascita non hanno, come la pelle squamosa, una o più code o corna. Esme
aveva delle tozze e appuntite corna rosse, che uscivano dai capelli
biondi.
« Beh, come si dice in questi casi ? Come è andata a scuola ?» gli
chiese sorridendo e sedendosi su un’altra poltroncina. Nonostante i
secoli passati non aveva smesso di aver grazia e compostezza mentre
compiva anche i gesti più semplici.
«Questo fa molto umano, lo sai?» gli rispose Edward sorridendo anche
lui e giocando con il polsino che si era tolto.
«Comunque è andata bene, credo. Sono abbastanza convinto che sia lei,
il tatuaggio è strano con lei vicino. E non si è spaventata quando le
ho mostrato il demone.» aggiunse quasi in un sussurro, consapevole che
quello che aveva fatto non era stato la cosa più saggia da fare. «Tu
cosa ?» la sfuriata fu interrotta dall’entrata in camera di Alice, che
entrò senza bussare.
«Non preoccuparti, fratellone, non l’hai traumatizzata» si sedette sul
letto di Edward, l’unico posto rimasto libero. Alice era figlia
naturale di Carlisle e Esme, quindi sua sorellastra. Avevano circa 200
anni di differenza.
Alice, per quanto fosse anche lei una dama del ‘Cinquecento, non
possedeva la grazia di Esme. Aveva molta più grazia e compostezza delle
ragazze di questo secolo, ma passare la vita chiusa in conventi per
sfuggire alla caccia alle streghe non aveva giovato al suo portamento.
«Quindi, visto che lei sta bene, forse un po’ turbata, in fin dei conti
non è abituata a cose non umane, io dico che è lei.» Alice aveva preso
un libro dal comodino di Edward e si era messa a leggerlo. Svogliata,
sfogliava il libro, come alla ricerca di qualche misterioso mistero.
«Gli dà fastidio il tatuaggio quando è vicino a lei» disse la loro
madre. Alice si riscosse, mollò il libro per terra e guardò il fratello
«Perché non l’hai detto?» Edward si passò una mano sul viso, era pur
sempre la sua sorellastra ma a volte non la sopportava.
Un conto era vivere come un normale umano, una vita sola ma i demoni
vivono molto di più e avere una sorella perennemente attaccata, per di
più veggente, in molti casi era stressante. Soprattutto quando aveva
visioni sull’Apocalisse se non trovavi al più presto la figlia di
Lucifero.
«Credevo l’avessi visto» le disse ghignando, adorava prenderla in giro.
«Lo sai benissimo che non posso avere visioni sulla sfera emotiva di
una persona»
«Però hai visto che Isabella non è scioccata»
«Io, Delfi e Sibilla ci siamo messe d’impegno per cercare di avere una
visione chiara. Ti devo ricordare che c’è in gioco il destino
dell’umanità?!» il tono di Alice si era scaldato.
Edward stava per risponderle quando Esme intervenne «Ragazzi, basta.
L’importante è il tatuaggio. Speriamo che dopo questa tua fantastica
idea- si rivolse a Edward- lei voglia ancora avere qualcosa a che fare
con te»
«Per forza mamma! Ho avuto un’idea geniale. Ho fatto mettere lui- e lo
indicò- vicino a Bella!» Edward pensò che si sarebbe messa a battere le
mani saltellando urlando ‘Viva me!’ da tanto era compiaciuta. Alzò gli
occhi al cielo.
«E poi lui ha avuto un’idea carinuccia. Va a Monaco con lei per una
settimana. Uffa, devo rifarmi lo smalto, tutto rovinato!» Esme si girò
verso il figlio alzando un sopracciglio.
«Ehm.. Devi firmare dei fogli» una mamma demone arrabbiata non era mai
da prendere sottogamba.
«E io ti preparo la valigia! Ho già visto tutto!» correndo, Alice uscì
dalla stanza.
Esme si alzò dalla poltroncina riassettandosi la gonna.
«La cena sarà pronta tra un’ora» gli disse sorridendo, e chiudendosi la
porta della camera alle spalle. Edward sospirando si rilassò
ulteriormente affondando nella morbida poltrona.
Il difficile iniziava ora.
****
L’ora di Italiano era passata, Isabella era rimasta in silenzio di
fianco a lui. Aveva cercato un contatto con una parte qualsiasi del suo
corpo, ma lei si spostava. Così non aveva potuto nemmeno leggere tra i
suoi pensieri.
Ora, a metà ora di matematica era stufo. Quel silenzio iniziava
pesargli. Il professoresse stava controllando gli esercizi di Luca alla
lavagna. Tutta la classe parlottava e Edward decise che quello era il
momento migliore. «Hai portato i fogli firmati, Bella?» Isabella
continuava il suo silenzio. «Io sì». Cercò di metterle una mano sul
braccio, questa volta Isabella non si spostò “Che vuole da me ? Non gli
è bastata la scenetta di ieri sera? Ho altro a cui pensare, il mal di
testa non mi dà tregua” «Questo è uno dei primi passi» scrisse Edward
su di un foglietto. Vide Isabella guardare scocciata
il pezzo di carta, per poi ignorarlo e continuare a guardare dritto.
Allora Edward scrisse ancora «Il mal di testa intendo».
Isabella si girò a guardarlo, molto probabilmente, pensò Edward, si
chiedeva come faceva a saperlo.
Con un sospiro la ragazza prese in mano una matita. «Il primo passo per
cosa ?».
«Il primo passo per la tua trasformazione» forse aveva sbagliato ad
essere così diretto, ma non aveva mai indorato la pillola a nessuno.
«Che trasformazione? E come fai a sapere che ho mal di testa?».
Contando che aveva sempre vissuto nel mondo mortale, e che suo padre
non le era stato vicino era normale che gli ponesse quelle domande.
«So che hai mal di testa perché leggo nel pensiero come qualsiasi altro
demone. Come te» ok, forse così era stato un po’ tropo diretto. Alzò lo
sguardo e vide Alice sorridergli. Forse non era tutto perso.
«SCUSA?!»
«Il tuo mal di testa è dovuto al fatto che la tua mente si sta
ampliando, in poco tempo riuscirai a sentire i pensieri delle altre
persone anche solo con un contatto tattile, indurre le persone a fare
ciò che tu vuoi con il pensiero e cancellare pezzi di memoria.»
Isabella continuava a leggere e rileggere quella frase. Che Edward si
fosse ammattito ?
«Probabilmente il prossimo passo sarà la temperatura che cambia,
brucerai per un paio di giorni. I tuoi genitori sono a casa?»
«Che te ne importa ?» Testarda.
«È meglio se durante la trasformazione non stessi sola. Potresti venire
a casa mia» Non voleva di certo perdere d’occhio la figlia di Lucifero
ora che l’aveva trovata.
«Smettila e cresci» diretta e concisa, in stile Isabella.
«Non mi credi?»
«No, per niente. Ora inizi a dare fastidio, voglio seguire la lezione»
Proprio in quel momento la campanella suonò, dando modo a Isabella di
fuggire dalla classe.
Edward sospirò,le cose non erano andate nei migliori dei modi, ma
presto lei avrebbe capito. Forse.
Salve =)
intanto vorrei ringraziarvi per le
stupende recensioni, mi fate molto felice =D
poi vorrei scusare per il ritardo,
il capitolo è pronto da tempo, ho scritto anche il settimo, ma devo
prendere un'importante decisione.. un amico mi ha detto che per questa
storia potrei pensare di pubblicarla come libro. lo so che è un
percorso lungo, difficile e che le possibilità che succeda sono molto
basse, se poi aggiungiamo la mia bassa autostima, siamo a cavallo.. se
decidessi di pubblicare come libro, significherebbe che non potrei più
postare la storia qui su efp. vorrei che voi mi diceste cosa ne
pensate, cioè vi dispiacerebbe che io non postassi più la storia ?
aevao pensato di chiedervelo in un avviso, ma almeno vi lascio un
capitolo..
spero vi sia piaciuto, e che mi
facciate sapere
un bacio
Martina |
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Capitolo 8 *** Avviso ***
Salve =)
eccomi qui con il fatidico avviso..
Intanto grazie per le stupende recensioni, siete state fantastiche, a
breve vi ringrazierò una per una..
Non scrivo questo avviso con il cuore leggero ma è meglio così.. a
breve la scuola rinizierà, e frequentando il liceo europeo (lo stesso
di Bella, sì mi faccio tutte quelle ore)
il tempo per la scrittura si riduce al minomo..
quindi la storia, almeno qui su efp, sarà sospesa fino a giugno, poi
vedrò a che punto sono della storia e deciderò se provare a inviare
quello che ho scritto a qualche casa editrice, o se continuare a
pubblicarlo qui, sperando che vogliate ancora seguirmi :)
magari durante quest'anno, potrei pubblicare, ogni tanto, degli out
takes, cosa ne pensate ?
intanto, se avete fb, ho aperto una pagina per la storia, in maniera
che se vi interessa qualcosa, anche solo dirmi ciao, io ci sono :) la
pagina è Figli
di Satana
quello nell'immagine del profilo è Andras, la versione originale di
Edward :) Bella invece si chiama Kyra..
che altro dire ? vi ringrazio per il vostro fantastico sostegno, vi
ringrangio per ogni parola che avete letto e scritto e spero di vedervi
sulla pagina..
per il resto, questo è solo un arrivederci ;) |
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Capitolo 9 *** Capitolo 7 ***
Dove
eravamo rimasti...
«Smettila
e cresci» diretta e concisa, in stile Isabella.
«Non
mi credi?»
«No,
per niente. Ora inizi a dare fastidio, voglio seguire la lezione»
Proprio in quel momento la campanella suonò, dando modo a Isabella
di fuggire dalla classe.
Edward
sospirò,le cose non erano andate nei migliori dei modi, ma presto
lei avrebbe capito. Forse.
«È
solo uno stupido» bofonchiò mangiando un cracker. Era
seduta in
chiostro, sul pozzo, sola.
Isabella non aveva la minima voglia di
tornare in quell’aula, vicina a quel deficiente forse non tanto
umano. Cosa aveva fatto di male nella sua vita precedente per
meritarsi come compagno di banco un fanatico dei demoni ? E il fatto
che lei ci credesse pure, era la cosa peggiore.
Sentì
la campanella suonare, ma non volle darci peso. Rimase lì per altri
dieci minuti ma poi vide Edward guardare fuori dalla finestra della
loro classe.
Un
moto di nervosismo la spinse ad alzarsi e ad andare fino al bancone
delle bidelle in atrio.
«Betty
? Scusa, ma non mi sento molto bene..» disse con un tono di voce
debole. Pallida lo era, bastava socchiudere un po’ gli occhi e
corrugare la fronte.
«Cos’hai
? Sei un po’ pallida» le chiese dolcemente la bidella
«Ho
un forte mal di testa e nausea. Potrei misurami la febbre?»
«Ma
certo Isabella. Siediti lì.» disse recuperando il termometro dal
cassetto e indicandole la così detta ‘Sedia dei Malati’.
Il
professore di diritto entrò con un considerevole ritardo e la
riconobbe.
«Isabella
? Tutto bene ?» le chiese mentre si spogliava del cappotto.
«Non
proprio prof. Le dispiace se mi misuro la febbre ?»
«Ma
certo, io intanto vado in aula.» disse proseguendo verso le scale.
L’apparizione
del prof l’aveva distratta per alcuni secondi, ma adesso si
ritrovava sola in un atrio spettrale forse per via dei suoi pensieri.
La cosa che le dava maggior fastidio era il fatto che continuava a
pensare ad Edward, ma non l’Edward demoniaco che l’altra sera
tanto l’aveva turbata, no. Pensava al ragazzo che le sedeva di
fianco tutti i giorni, catturandole i pensieri.
Che
fosse un demone o meno, non le importava.
Questo
la mandava in bestia. Si sentiva tanto una stupida protagonista di
romanzi rosa, già innamorata persa del misterioso ragazzo.
Si
stava per insultare mentalmente quando il termometro suonò. Lo
prese senza fretta, guardando con timore il display. 36.9. Sbuffò.
«Allora,
quanta febbre hai ?» le chiese un’altra bidella di cui non si
ricordava il nome. Mentire e tornare a casa o restare vicino a Edward
?
«37
e 2 non è molto» disse con la fronte corrugata, passandoci una mano
sopra. Per una volta aveva voglia di fare qualcosa per se stessa.
«Vuoi
andare a casa ? Non hai una bella cera..»
«Preferirei
grazie.»
La
bidella annuì. «Vai in classe a recuperare il registro, e poi vai
in segreteria.»
Isabella
annuì restituendo il termometro e alzandosi.
«Bella!»
Alice stava scendendo le scale con il registro in mano.
«Stai
bene?» le chiese una volta che entrambe furono alla stessa altezza.
«Non
molto.» Alice annuì.
«Vai
a casa ?»
«Vorrei.
Mi serve il registro.» disse con voce incolore.
«Tieni.»
Nel
ruolo della malata era perfetta. Tono incolore, poco parole. Voleva
mettere fine a quella conversazione il più presto possibile,
andarsene a casa e nascondere la testa sotto le coperte.
«Stammi
bene» le disse infine Alice dopo alcuni secondi di silenzio. Poi le
si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia.
Isabella
ridiscese i pochi gradini che aveva fatto, dirigendosi verso la
piccola porta in legno della segreteria bussando.
Dopo
aver chiamato sua madre, che in quel momento si trovava a Roma, fu
autorizzata ad uscire.
Con
il registro in mano, salì piano i gradini, facendo mente locale sui
compiti per il giorno dopo. Se sapeva già cosa prendere, avrebbe
impiegato meno tempo a farsi la cartella, sarebbe uscita prima,
stando meno con Edward. Un piano perfetto!
Bussò
alla porta della sua classe e entrò dopo aver ricevuto il permesso,
porgendo il registro al professore.
«Vai
a casa ?» le chiese l’uomo, che non aveva ne ancora iniziato la
spiegazione.
Isabella
si limitò ad annuire, concentrandosi sul mantenere un’espressione
sofferente. Si diresse verso il suo armadietto, dove prese i libri di
latino e italiano, gli unici compiti per il giorno dopo. Chiuse la
piccola anta di legno con qualche difficoltà, era stracolmo e non
c’erano nemmeno tutti i libri. Sospirò, cercando il coraggio o
almeno l’indifferenza che sempre l’aveva contraddistinta. Riuscì
a trovarne un briciolo con cui andò verso il suo banco.
«Non
mi credi ne ancora ? Questo è il primo passo prima della
trasformazione.» le disse sussurrando.
«Certo
Edward.» gli rispose con tono incolore. Brava! Si mise la giacca.
«Passerò
più tardi, per vedere come stai. Sai, è molto difficile.» continuò
il ragazzo.
«Vedrò
di non farmi trovare a casa quando verrai, allora.» concluse
chiudendo la cartella, e mettendosela a tracolla.
Non
gli diede possibilità di replicare che già era sulla porta
dell’aula, saltando con un cenno Sibilla e Alice.
Scese
tutti I gradini, fino ad arrivare alle macchinette, per poi uscire
dal chiostro. Non incontrò nessuno, così non dovette fingere ancora
di stare male.
Una
volta uscita dal cancello di ferro, si mise l'iPod nelle orecchie,
facendo partire una delle canzoni che in quei giorni preferiva: What
Part Of Forever. Scoperta per caso, le erano piaciuti alcuni versi,
che per ironia della sorte, erano perfetti in quel momento.
I
could stay stay stay,
if that’s what you want want want
I’d give it to you
you you
If I had a heart heart heart
Aveva ascoltato
quella canzone fino alla porta di casa sua, dove aveva spento l'iPod,
e tirato fuori le chiavi. La porta era chiusa, nessuno era in casa
quindi. Lasciò che la porta si aprisse completamente , fissando
l'entrata scura. Provò un senso di nausea all'idea di rimanere
chiusa in casa, sola.
Si alzò di scatto,
lasciando la borsa con i libri di scuola sul divano, recuperando dal
portafoglio 20 € e mettendoseli in tasca, insieme alla chiavi e al
cellulare.
Aveva bisogno di un
po' di sollievo, e chi meglio di una libreria poteva darglielo ?
****************
Salve
!!
Sì,
sono proprio io, con un capitolo nuovo nuovo e fresco fresco direi ;)
Mi
mancavate, così mi son detta "perchè non rinizi da dove hai interroppo
la storia su efp, cambiandola ?" così eccomi qui! sinceramente non so
dove questo mi porterà, però mi mancavate..
Spero
di risentirvi tutte, o anche di più, io non i offendo mica! xD
Scusate
se non ho risposto ancora a tutte le recensioni fantastiche che mi
avete lasciato (e mi sono dimenticata pure di dirvelo nell'avviso -.-)
sinceramente non so se rispondervi ora ha senso, ma lo farò! E sappiate
che ogni vostra parola mi rende felicissima..
Spero
che a qualcuno importi ancora qualcosa di questa storia,
un
bacio
1918
P.S
ho dei problemi con l'html -.-'' posto, prima di distruggere il
computer, stupido nvu
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 8 ***
Appena
entrata, l'odore dei libri nuovi l'aveva avvolta, facendola sentire
molto più a casa che in quelle quattro pareti vuote.
Il
sorriso familiare della commessa, la stessa da ormai molti anni, era
qualcosa che le infondeva fiducia come poco nella sua vita. Ricambiò
il sorriso muovendo in un frullio le dita per salutare la donna che,
data l'età, avrebbe potuto essere sua madre.
«Ciao
bella! Come va ? Era da tanto che non ti vedevo..» le disse
sistemando un paio di libri della sezione Storico, vicina al Fantasy.
«Ciao!
La scuola non mi ha dato tregua, ma ora non ne posso più di non
leggere.» le disse sorridendo, mentre guardava con il naso all'insù
quella parete stracolma di felicità tascabile.
«Beh
allora buona scelta!» le disse la donna sorridendole, per poi
allontanarsi verso la cassa.
In
quel mare di copertine, continuava a alternare lo sguardo, indecisa
da quale iniziare.
«Io
ti consiglio questo.» una mano bianca, con dita tozze, entrò
nel suo campo visivo. La voce dello sconosciuto era si ammaliante, ma
Isabella sentiva una nota sbagliata, come un sibilo che accompagnava
le parole.
Si
girò velocemente. Dietro di lei, un ragazzo biondo, con pallidi
occhi azzurri, le sorrideva ammiccante.
«Come
scusa?» chiese Isabella con voce esitante.
Il
ragazzo si sporse verso di lei, allungando il braccio. Bella
indietreggiò, c'era qualcosa in quel biondino che non la convinceva.
Le
porse un libro con la copertina bianca e nera, dove un ragazzo con un
paio d'ali campeggiava. Isabella lo prese con riluttanza.
«Questo-picchiettò
il dito sulla rigida fodera- mi è piaciuto. Forse 'piaciuto'
è un'esagerazione, ma non è male.» concluse abbagliandola
con un sorriso, mentre si passava una mano tra i corti capelli.
«Oh,
grazie. Ne avevo sentito parlare.» cercò di girarsi verso lo
scaffale, in modo da far capire a quel giovane ragazzo che non c'era
trippa per gatti.
Stava
per dargli le spalle quando parlò di nuovo: «Io sono James»
disse con tono allegro porgendole la mano.
Isabella
lo guardò negli occhi, accorgendosi solo in quel momento di quanto
fosse giovane.
«Isabella»
si ritrovò a dire e a stringere la mano del ragazzo.
«Isabella..
che bel nome!» disse con voce bassa.
La
ragazza si accorse di aver sentito bene, James aveva uno strano
sibilo, molto pronunciato quando diceva le 's'. le ricordava quasi
un serpente.
Bella
si accorse di aver ancora la mano stretta nella sua. Avvampando la
tolse velocemente, per stringerla nella mano sinistra. La mano del
ragazzo era fredda e dura, ma le aveva lasciato una sensazione di
bagnato.
«Cosa
ne dici di venire a casa
mia?» le chiese guardandola negli occhi.
Persa
in quelle iridi azzurre, non si rese conto di rispondere «Sì, mi
piacerebbe molto.». Era troppo intenta a fissare la pupilla dalla
forma allungata.
***
«Benvenuta
nella mia casa! Dammi
il giaccone.» In casa sembrava non esserci nessuno, cosa che
rincuorò da un lato Bella. Dall'altro invece le fece battere forte
il cuore. Per quale dannato motivo era lì?
«Ti
va di vedere un film?» le chiese mentre metteva sull'attaccapanni la
sua giacca.
Isabella
sorrise, un po' falsamente, rispondendo con fin troppo entusiasmo
«Certo!».
«Cosa
ti va di vedere?» le chiese facendo strada verso il salotto.
«Non
saprei, che film hai?»chiese con imbarazzo. Era la prima volta che
le capitava di essere in una situazione del genere, e sperò che
fosse anche l'ultima. Occhieggiò la porta del salotto che conduceva
al corridoio d'entrata.
«Che
ne dici di 'Appuntamento fra le nuvole'? È del 1963.» le disse con
la solita esse
strana, mostrandole la custodia del DVD. Isabella riconobbe
immediatamente l'attore protagonista del suo film preferito. Adorava
la trilogia con quell'attore e non voleva vederlo in altre vesti.
«Ehm,
qualcosa con un po' più azione ?» e poi l'ultima cosa che voleva
era finire a guardare un film d'amore con uno sconosciuto.
Perché
non era ancora scappata da quella casa?
«The
Ring ?» un po' più di azione, non significa un horror.
James
probabilmente vide la sua faccia perplessa.
«Scary
movie ?» già meglio..
Isabella
cercò di sorridere, alzando un angolo della bocca, e annuì.
James
si piegò per mettere il film nel lettore DVD, intanto disse «Io
vado a fare i pop corn, tu intanto siediti.»
Quando il ragazzo fu uscito dal salotto, Bella si guardò intorno. La
stanza non era enorme, un divano marrone di pelle, due poltrone dello
stesso colore, un tavolino in stile etnico e una libreria. Aveva
parecchi libri e incuriosita si avvicinò per leggere qualche titolo.
Era
pieno di titoli riguardanti i rettili, ma soprattutto i serpenti. Un
brivido corse su per la schiena di Bella. Odiava i rettili e i
serpenti. Si allontanò di scatto, andandosi a sedere sul divano.
Rimase seduta in cima, rigida con la schiena, cercando di trovare
qualche scusa per andare a casa. Tirò fuori il cellulare, decisa a
inventarsi qualcosa. Fu stupita di trovare sei chiamate da parte di
numeri sconosciuti e 3 nuovi messaggi. Aprì i messaggi.
'Bella,
non andare da nessuna parte con quel tipo. Ti prego. Alice'
'Esci
da casa sua, è pericoloso. Alice'
'Isabella,
perché non sei a casa ? Non stavi male ?'
Ignorò
l'ultimo messaggio di sua madre, troppo concentrata a capire come
Alice avesse avuto il suo numero.
Le
chiamate erano tutte della ragazza quindi. Come faceva a sapere
dov'era ? E James? Che l'avesse spiata ? Ma lei era a scuola..
«Eccomi
con i pop corn!» Isabella si girò di scatto verso la piccola porta
che portava a quello che sembrava più un cucinino che una cucina
vera e propria.
«Sei
pronta ?» le chiese continuando a sorridere.
«Veramente
mi ha appena chiamato mia madre d-»
«NO»
l'interruppe bruscamente.
«Come
scusa?»
«Non
ti ha chiamato nessuno.»
disse continuando a stringere la ciotola di pop corn che teneva in
mano.
«Mi
ha mandato un messaggio, devo andare a casa.»
«Guardiamo
almeno l'inizio del film, così sarai costretta a tornare per vedere
la fine!» le disse tornando ad essere il ragazzo solare.
Nessuno
dei due toccò i pop corn, Isabella troppo occupata a stringersi su
se stessa.
Il
film non lo stava seguendo, continuava a fissare verso la TV dove un
orologio segnava l'ora.
Udì
un fruscio accanto a lei. Prima penso che James stette cercando di
avvicinarsi, ma il rumore continuava. Si girò verso il ragazzo e fu
in quel momento che lo vide.
Un
serpente enorme, che strisciava sulla pelle del divano, in mezzo a
loro due.
Lanciò
un urlo, alzandosi di scatto, andando verso il muro. James rideva, ma
Isabella non lo sentiva e neppure lo vedeva.
Sotto
al divano una miriade di serpenti, di colore e e razza diversi, erano
aggrovigliati. Sulla TV c'è n'era uno che strisciava come se niente
fosse.
Il
cuore le batteva all'impazzata, la testa le girava e si sentiva
prossima allo svenimento.
James
avanzò verso di lei, i serpenti si muovevano intorno ai suoi piedi,
il suo viso non era più come prima, era ricoperto di squame, i
capelli erano spariti così come le labbra e il naso. Era di un
verde smeraldino, identico alle ali aperte sulla schiena, ricoperte
anche loro di squame. L'urlo di Bella rimase impigliato in gola.
Un
soffio vicino al suo orecchio la fece voltare di scatto. Dalla
libreria un lungo serpente scendeva, le fauci aperte, i denti
sguainati.
Isabella
riuscì ad urlare prima che il serpente l'attaccasse.
Salve!
sono qui! cosa ne dite del capitolo? :)
spero vi piaccia..
Hoara forse mi ucciderà, voleva Edward
lei.. forse lui lo volevate tutte (o c'è anche qualche ragazzo?) però
dai, James non è male, no? Guardate il lato positivo, magari Edward
irrompe nella stanza e la salva! credeteci :D
Grazie per aver continuato a seguire la
storia, non credevo che il vostro entusiasmo fosse così caloroso, siete
fantastiche ;D e grazie mille per le vostre stupende recensioni a cui
ho risposto con un po' di ritardo, sorry!
Penso che continuerò a postare la
domenica, o voi preferite un altro giorno?
la mia scuola è quella che è e
ultimamente è peggio di un vampiro... Natale quando arrivi??
Ogni volta che scrivo le note mi
dimentico qualcosa -.-'' vabbè, vi saluto
al prossimo capitolo,
un bacio
1918
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 9 ***
La mattina dopo Isabella si svegliò con un forte mal di testa. Cercò
di ricordarsi cosa fosse successo da ridurla così e le venne in mente
della febbre.
Sì, sicuramente era stata quello a renderla così.
Spostò le coperte per alzarsi, e si rese conto che ogni muscolo del
corpo le doleva. Probabilmente aveva avuto la temperatura parecchio
alta, pensò.
Con un sospiro decise che doveva stringere i denti e scendere giù in
cucina, prospettiva non molto allettante con tutto il dolore che
sentiva.
Aveva appena deciso che poteva rimanere ancora a letto quando il
campanello iniziò a suonare insistentemente. Con un lungo sospiro si
costrinse ad alzarsi.
Barcollò un po', per poi attaccarsi alla libreria. Scese le scale
lentamente, una mano sulla fronte e l'altra sulla parete. Chi era alla
porta aveva deciso, evidentemente, di attaccarsi al campanello,
producendo un suono lungo.
Con voce roca, continuando a tenere una mano sulla tempia, biascicò un
'arrivo' che perfino lei aveva stentato a sentire.
La porta sembrava così distante..
Cercò le chiavi per aprirla, convinta di averla chiusa bene come al
solito. Ma non vedeva il suo portachiavi al solito posto, il tavolo.
Pensò che forse se le era rimesse nella tasca della giacca, un gesto
istintivo, forse dovuto alla febbre.
Ma non c'erano. E non erano nemmeno inserite nella serratura.
Maledicendosi e maledicendo chi dall'altro lato della porta continuava
a suonare, si diresse verso l'entrata. Decise di provare ad aprirla,
tanto per far capire a chi c'era, che aveva dei problemi.
L'uscio si aprì senza problemi. Davanti a lei, un Edward infuriato la
fissava. Gli diede poca importanza, continuando a pensare al fatto che
la sera prima non avesse chiuso la porta. Cosa aveva fatto una volta
tornata a casa?
«Tu, per caso, guardi mai il cellulare?» la scansò entrando in casa.
Isabella abbassò le palpebre, sospirò e chiuse la porta.
«Alcune volte, perché?» gli rispose pizzicandosi la base del naso tra
il pollice e l'indice.
Edward intanto si era tolto la giacca di pelle e le scarpe ed ora stava
salendo le scale.
Bella chiuse gli occhi e mosse il collo facendolo scroccare. Quando li
riaprì, fissò la sua immagine nello specchio davanti a lei. Un sorriso
malizioso le piegava le labbra e gli occhi socchiusi erano rossi.
«Trema Edward Cullen»
***
«Si può sapere come ti è venuto in mente di seguire uno sconosciuto a
casa sua?» Edward era seccato.
La sera prima lo aveva fatto preoccupare anche se non lo avrebbe mai
ammesso. Per non parlare del salvataggio che aveva dovuto fare. Colui
che ora si faceva chiamare con il nome di James era una sua vecchia
conoscenza, non troppo simpatica. Se il giorno prima fosse arrivato con
un po' più d'anticipo, il demone si ritroverebbe ad essere polvere sul
pavimento insieme alla sua allegra famiglia di rettili. Però dopo una
breve colluttazione, James era riuscito a scappare.
Bella doveva ancora raggiungerlo.
La chiamò: «Baby-Bella? Dove sei?» perché non arrivava? Dove si era
cacciata ? Edward si alzò dal divano e tornò verso la tromba delle
scale. Girò l'angolo e un colpo, veloce, in pieno petto lo fece volare
contro il muro.
Si rialzò immediatamente, in posizione di attacco. Tutti i suoi sensi
si amplificarono, cercando di capire cosa fosse successo. C'era un
demone in casa di Bella ? Come aveva fatto a non sentirlo prima? Il suo
tatuaggio aveva rivelato solo Bella.. Poi capì. Spalancò gli occhi. Non
era possibile.
Il pomeriggio prima aveva sperato con tutto se stesso di essere
arrivato in tempo, che il bastardo non fosse riuscito a toccarla.
Purtroppo ci era riuscito.
Si mosse velocemente tornando verso il salotto di Isabella, sperando
che la ragazza lo seguisse.
Doveva assolutamente portarla da suo padre, a casa loro, lui avrebbe
saputo cosa fare. Sicuro.
Bella varcò la porta del salotto, cercandolo con lo sguardo. Non aveva
nessuna prudenza, non era abituata al combattimento come lo era lui.
Subito la mente di Edward solita alle battaglie registrò i punti deboli
di lei. Si maledì per non aver lasciato la scuola il giorno prima. Se
lo avesse fatto, sicuramente Bella in quel momento non si sarebbe
trovata con due occhi rossi, chiaramente posseduta.
Isabella corse verso di lui, mentre Edward rimase verso, leggermente
piegato sulle ginocchia, a braccia aperte, in posizione di difesa.
Quando la ragazza fu abbastanza vicino, scattò in avanti, chiudendola
tra le sue braccia e buttandosi sul divano che sbatté sul muro.
Bella si trovava sotto di lui, con il respiro pesante e lo fissava
negli occhi ma sembrava non vederlo. Le sue mani erano strette dalla
morsa di Edward. Cercò di dibattersi, ma era come spostare una roccia.
Poi il ragazzo le prese il mento in una mano e le alzò il viso.
La baciò.
Edward si accorse che Isabella aveva ripreso conoscenza poiché ricambiò
il bacio. Lei gli mise le mani tra i capelli, incredibilmente soffici,
attirandolo a sé. Lui in risposta aprì le gambe puntellandosi con le
ginocchia sul divano, per non pesarle addosso.
Mossero le labbra più velocemente e Edward spinse la sua lingua
delicatamente nella bocca di lei. I loro petti si toccavano, riusciva a
sentire il battito del cuore di Bella battere furiosamente. Spinse il
suo bacio tra le gambe di lei.
Entrambi emisero un gemito.
Poi Edward si staccò, con grande fatica, e parlò con le labbra a pochi
millimetri dalle sue: «Devi venire a casa mia, dobbiamo parlare con mio
padre.»
****
Seduta sul divano di casa Cullen, Bella si chiese cosa le fosse
accaduto prima. Sentiva la testa pesante, ogni suono le arrivava un po'
ovattato e aveva un disperato bisogno di dormire.
Esme entrò nella stanza portandole una tazza di te. Quella donna era
così materna, dolce.. l'idea ideale di madre. All'inizio si teneva
lontano da lei, preoccupata che le sue corna rosse le incutessero
timore, ma poi si era lasciata andare, scaldando l'ambiente ed
avvicinandosi sempre di più all'ospite.
Ormai aveva accettato la faccenda dei demoni, se n'era fatta una
ragione. C'era dentro con tutte le scarpe, cos'altro poteva fare?
Piangere e disperarsi? Non sarebbe servito a nulla e lei non era tipo.
Lei era sempre stata diversa e ora capiva perché.
«Come ti senti tesoro? Vuoi riposare?» Esme le mise una mano sulla
fronte sentendone la temperatura. «Alice ci ha detto che non stavi
bene ieri.. Vedrai, tutto si sistemerà.»
Erano sole in quella stanza, Alice, che aveva scoperto essere sorella
di Edward, era a scuola, mentre lui stava parlando con suo padre
Carlisle nel suo studio.
«Vorrei riposare grazie» rispose alle domande della donna con un timido
sorriso.
«Certo, riesci ad aspettare Carlisle ed Edward? Forse è meglio se
parliamo prima con loro.» Isabella annuì, tuffando il viso nella tazza
di tè bollente che stringeva tra le mani.
Sentì dei passi leggeri sulle scale e i due uomini entrarono nel
salotto.
«Isabella» l'uomo dai capelli biondi che non aveva ancora mai visto-
Carlisle senza ombra di dubbio- le si avvicinò tendendole la mano «Ho
sentito molto parlare di te, è un piacere incontrarti finalmente di
persona. Io sono Carlisle Cullen, padre di Edward e Alice.» concluse
con un sorriso.
Bella le strinse la mano, sorridendo.
«Carlisle, tesoro, Bella è parecchio stanca, può andare a riposare o
devi parlarle subito?» gli chiese Esme con uno sguardo ricco d'amore.
«Vai pure a riposare, possiamo parlare con calma dopo. Ora devo
scappare all'ospedale. Un collega si è dato malato e io sono
reperibile.»
«Torni per cena?» chiese al marito per poi rivolgersi al figlio e a
Bella: «Edward, accompagna Isabella in camera tua e sincerati che tutto
sia di suo gradimento. Tesoro, lascia pure la tazza qui, non ti
preoccupare.» Edward annuì.
«Grazie mille» rispose la ragazza lasciando la tazza sul tavolino da
caffè posto tra i divani. Poi salutò Carlisle: «Arrivederci»
Edward le prese la mano bofonchiando un 'dai andiamo' e suo padre
rispose al suo saluto.
****
«Uhm, questa è la mia
stanza» disse Edward aprendo la porta, e lasciando entrare prima lei.
Bella si guardò intorno, non aveva saputo cosa aspettarsi dalla camera
di lui, ma non l'aveva pensata così.
La stanza aveva pareti di
un delicato color panna, con un grande rettangolo nero che occupava lo
spazio dietro al letto. La testiera del letto, matrimoniale, era bianca
così come il bordo che correva intorno al letto facendolo sembrare un
fu-ton giapponese. Sul letto c'era un piumone nero, una coperta bianca
sapientemente distesa ai piedi del letto e dei cuscini bianchi, neri e
crema. Nella parete di fronte al letto una grande vetrata che dava su
di un canale.
Dei faretti illuminavano il
soffitto e creavano un gioco di luci con i mobili laccati neri. In un
angolo lo stereo e sopra una scrivania di cristallo, un computer grande
e di ultima generazione.
Il pavimento era di legno e
grandi tappetti spessi e neri, erano disseminati nella stanza. Due
poltrone in pelle completavano il tutto.
Non era propriamente la
camera che avrebbe associato ad un liceale.
«Wow» disse sincera.
«Puoi stenderti sul letto e
coprirti con la coperta. Io vado a farmi una doccia, baby-Bella. O
preferisci venire?» Isabella lo guardò, ma lui evitò il suo sguardo
andando verso l'armadio e prendendo un cambio. Il suo tono di voce,
soprattutto l'ultima frase, era malizioso.
Si sentì in imbarazzo ma lo
ringraziò: «Grazie, ma preferisco dormire che venire» quasi non si rese
conto del doppio senso implicito nella sua frase. Arrossì e il ragazzo rise.
Edward aprì una porta che
non lei aveva notato prima e ci si infilò dentro.
Una volta sola Bella
sospirò: doveva stendersi nel letto di quel pazzo demone. Con cui aveva
pomiciato meno di un'ora prima. E che l'aveva invitata a venire.Arrossì
a quel pensiero. Bè non proprio.
Si mosse verso il letto, ma
la testa iniziò a girarle. Cercò una stabilità, ma tutto divenne buio.
Quando la luce ritornò, vide che stringeva tra le mani uno stiletto:
antico, argentato con delle incisione che incredibilmente non le
parvero tanto strane.
Al centro del manico una
rubino che le sembrava pulsasse.
Come in un sogno Isabella
vide se stessa muoversi verso la porta del bagno ed aprirla. Non
riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Qualsiasi input desse al
suo cervello, esso cadeva nel vuoto. Si sentiva imprigionata dentro al
suo corpo.
Voleva urlare, fermarsi,
fare qualsiasi cosa piuttosto che avanzare stringendo lo stiletto.
Piano la sua mano si alzò, portando l'arma vicino alla sua testa, ma
non rivolta verso di lei. Era ormai vicina all'immensa cabina doccia di
cristallo, dove Edward, stavo facendo la doccia.
Per un momento pensò che
Edward stava lavandosi nudo, completamente nudo. Ma poi la sua mente fu
invasa dal terrore, nuovamente.
Si vide aprire la cabina
doccia, il ragazzo voltarsi verso di lei e notare l'arma che per lui
sembrava avere un qualche significato importante.
«Bella, che stai facendo?»
le chiese con voce secca, lo sguardo fermo sul pugnale. Non riusciva a
parlare ne a scuotere la testa. Voleva piangere.
Edward le prese la mano, ma
si stava insaponando, ed era tutto scivoloso. Riuscì a fermarla,
piegandole il braccio, con l'altra mano le prese la sua che non voleva
sapere di lasciare andare lo stiletto.
Edward la guardò negli
occhi, stringendole la mano ancora più forte e premendo verso il basso
il suo braccio.
Poi tutto d'un colpo Bella
riprese possesso del suo corpo. Scivolò sotto la forza bruta di Edward
e lo stiletto le si conficcò nella pancia.
Come ultima cosa vide lo
sguardo preoccupato di Edward. Il ragazzo muovavea le labbra, ma lei
non sentiva.
Poi come una fiammata,
partì il dolore.
Salve
a tutti..
Lo
so, sono un sacco di mesi che non aggiorno..
Spero
che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di seguirmi e che magari mi
lasci una recensione...
Se volete, ci sentiamo martedì con God Save The Empress! e il
venerdì con questa storia :)
Scusate
se non ho risposto alle vostre recensioni,
spero
vi sia piaciuto
un
bacio
Martina
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 10 ***
La mente le iniziò a lavorare tutto d'un colpo. Registrò i particolari
come il materasso comodo sotto di lei, il piumino caldo. Cercò di
aprire gli occhi, ma non ci riuscì. Provò ad alzare una mano, ma rimase
immobile.
Poi partì un formicolio, come se il suo corpo fosse irrorato di nuovo
dal sangue. Aprì gli occhi, riconoscendo la camera di Edward.
Lui era seduto su di una poltrona di fianco al letto. Non appena la
vide sveglia staccò la sua schiena dallo schienale.
«Come ti senti ?» le chiese.
Isabella si schiarì la gola prima di parlare: «Bene, anche se mi sento
un po' intontita».
Edward annuì. La ragazza notò come fosse rigido e tenesse la manica
destra fin sulle nocche.
Stava per chiedergli cosa era successo, si ricordava dello stiletto, ma
lui parlò di nuovo:«Se ti serve qualcosa giù c'è Esme. Io vado». Guardò
la schiena del suo bellissimo compagno di banco allontanarsi e prima di
riuscire a fare un pensiero coerente su ciò che era successo negli
ultimi giorni, il sonno la riprese con se.
****
«Svegliati su!».
Isabella uscì con il viso da sotto le coperte. Chi era entrata e aveva
aperto gli scuri? «Dai, oggi è un bel giorno!» Alice.
Riuscì finalmente ad aprire gli occhi, abituatisi alla luce. «Ma non
c'è il sole» le disse mettendosi seduta e portando una mano tra i
capelli che era sicura assomigliassero di più ad un nido.
«Oggi è meglio se non andiamo a scuola. È sempre difficile abituarsi
alle cose nuove! Ora possiamo finalmente diventare amiche! Non sei
contenta?» Bella pensò che la ragazza sembrava sotto l'effetto di
qualche droga potente.
Cose nuove ? Aveva in mente un nuovo taglio di capelli per farla
diventare trendy e ammetterla nella sua cerchia delle amiche?
«Ora siamo così simili! Dimmi, com'è baciare un ragazzo?» si sedette ai
piedi del letto, stringendo tra le braccia un cuscino. Sembrava tanto
una bambina curiosa, molto curiosa.
«Simili ?» chiese invece Bella, ignorando la parte in cui parlava del
suo bacio con Ed-«Come fai a sapere del mio bacio con tuo fratello?»
chiese guardandola.
«Dopo il tuo giorno di rinascita è ovvio che siamo più simili di prima!
Per l'altra domanda, io, Delfi e Sibilla siamo degli oracoli:
prediciamo il futuro.» disse come se fosse la cosa più normale al
mondo.
-ehi, sai ti sta bene quel vestito
-ehi, sai predico il futuro
Doveva assolutamente ricordarsi, magari scrivendolo da qualche parte,
che ora il suo mondo non era fatto da soli umani.
«Rinascita? Quale?» le chiese.
«Sciocchina, la tua! La rinascita è quando si viene trasformati in
demoni» disse ancora tranquillamente. Qualcuno doveva assolutamente
insegnarle a dare notizie del genere in un modo meno diretto.
«Io?» chiese confusa.
«Edward te l'ha detto. Certo, tu hai voluto anticipare i tempi, ma non
è meglio così?» chiese tutta euforica.
Isabella non doveva avere un bel colorito in viso. «Forse è meglio se
prima scendi in cucina per mettere qualcosa sotto i denti.» le disse
osservandola un po' preoccupata.
«I demoni mangiano?» chiese in un sussurro. Alice rise.
****
Isabella scese le scale. Voleva assolutamente parlare con Edward di ciò
che era successo. Non aveva segni sull'addome, dove lo stiletto si era
conficcato.
Andò in cucina per parlare con Esme.
«Esme, scusami, sai dov'è Edward?» chiese appoggiata allo stipite della
porta.
La donna si voltò verso di lei sorridendole.
«Tutto bene tesoro? Hai fame? Ecco, Edward non è in casa.» le rispose
un po' impacciata.
«Tutto bene grazie. Torna presto? Vorrei parlargli.»
«Non so quando torna. È a Doomcity.» le disse girandosi verso i
fornelli e iniziando a pulirli. Isabella notò che non era calma.
«Dov'è Doomcity?» Era abbastanza sicura che non ci fosse nessuna città
con quel nome sulla terra. O, perlomeno, non ne aveva mai sentito
parlare.
«Doomcity è la capitale del regno degli Inferi. Lucifero ha lì la sua
reggia.» le disse pulendo con più intensità.
Al nome di Lucifero le immagini di un uomo biondo, molto potente e
bello le affollarono la mente.
«Ah, e come mai è lì?» chiese alla donna.
«Ecco, doveva fare delle commissioni» le disse in tono incerto.
In quel momento fece la sua comparsa in cucina Carlisle.
«Isabella, vedo che ti sei svegliata. Immagino che tu voglia sapere
qualcosa. Vuoi venire nel mio studio? Lì possiamo parlare senza
problemi.» disse andando vicino alla moglie e lasciandole un tenero
bacio sulla guancia.
Annuì all'uomo.
Non aveva mai visto i suoi genitori baciarsi. Forse non li aveva
nemmeno mai visti parlarsi civilmente.
Quel pensiero le ricordò Renée e Charlie. Sarebbe dovuta ritornare a
casa.
Entrarono nello studio dell'uomo. La stanza aveva gradi finestre che si
aprivano dietro la scrivania di legno scuro. Sopra un computer come
quello che aveva visto nella stanza di Edward e tomi dall'aria antica,
forse ancora di più rispetto a quelli che erano a scuola. I soffitto
aveva mattoni a vista che creavano delle arcate. Una parete era piena
di libri mentre l'altra era completamente dedicata ad un dipinto.
Confessione di Frank Dicksee.
«Ti piace l'arte?» le chiese Carlisle vedendola concentrata sul
dipinto.
Isabella annuì: «A chi non piace, soprattutto se fatta bene? Se dovessi
parlare delle linee che costituiscono l'opera farei un lavoro orrendo.
Mi piace molto Confessione.»
La ragazza si voltò verso l'uomo.
«Io, ecco mi chiedevo cosa dovrò dire ai miei genitori.» chiese
giocando con le sue dita.
«Dimmi, hai qualche protuberanza strana che prima non avevi?» le
chiese serio.
«Protuberanza?»
Annuì:«Esme per esempio, le corna rosse.»
«No, io non ho nulla del genere.» disse la ragazza arrossendo. Si
preferiva quando nulla la scalfiva.
«Allora ai tuoi genitori non importa nulla di te.» Isabella spalancò
gli occhi.
Carlisle continuò con la sua spiegazione: «Vedi, ci sono demoni che si
accoppiano con le donne umane. Solo i più potenti possono fare ciò. Di
solito fanno in modo che la donna non sia molto cosciente, o la
traggono in inganno. Le donne umane rimangono incinte e dopo nove mesi
mettono al mondo questi bambini. Ma non sono del tutto umani. Nel
subconscio delle coppie scatta qualcosa, chiamalo istinto di
sopravvivenza. I nascituri vengono abbandonati e allora alcune
diavolesse li portano con loro in strutture specializzate. Altre volte
semplicemente non vengono amati.»
Isabella rimase qualche momento in silenzio pesando a quelli che aveva
sempre pensato essere i suoi genitori.
«Chi è mio padre?» Carlisle non si scompose alla domanda.
Sospirò e poi rispose: «Lui sa che tu sei rinata. Quando lo riterrà
giusto si farà vedere.» poi cambiò discorso « Ieri notte Alice è
andata a casa tua, ha recuperato le tue cose. Puoi rimanere qui finché
tuo padre non si farà vivo.»
Bella gli sorrise debolmente «Grazie».
Quando si farà vivo? Era impazzente di conoscere il suo vero padre. Lo
immaginava come Carlisle, così buono, gentile e pieno d'amore. Magari
anche con una moglie come Esme.
«Carlisle, perché Edward se n'è andato?» la calma che era riuscito a
mantenere nella precedente domanda la perse.
«Io so solo che è stato richiamato. Non so dirti null'altro.» poi le
chiese se avesse qualche altra domanda.
Un po' imbarazzata si decise a fare un'ultima domanda: «Ecco, prima mi
hai chiesto se avessi qualche strana protuberanza. Perché avrei dovuto
averne? E perché mi sono trasformata così velocemente?» ok, erano due.
«Quando si trasforma un essere umano in demone c'è un effetto
collaterale. Spuntano code, corna o anche ali. È un processo molto
rischioso, non tutti riescono a superarlo.
Per l'altra domanda, ti ricordi lo stiletto?» quando Bella annuì lui
continuò. «Quello è uno strumento molto potente. Viene utilizzato per
trasformare gli umani in demoni o per uccidere. Su di te ha avuto
l'effetto di velocizzare la tua trasformazione.
Guarda il lato positivo, non dovrai più preoccuparti di James. Un
demone, per quanto potente non può possederne un altro.»
Salve
:)
Buon
Venerdì.. Sono contenta di essere riuscita pubblicare in tempo per la
data prestabilita.
Sinceramente
questo capitolo non mi piace molto, è corto e pieno di dialoghi, ma era
necessario. Non so nemmeno se riceverò una recensione per questo..
Speriamo!
Volevo
farvi una domanda: quante minorenni seguono questa storia?
Ho
scritto gli avvenimenti dei prossimi capitoli, e volevo sapere quante
persone non potrebbero più leggere se cambiassi il rating.. Fatemi
sapere..
Spero
che la storia vi piaccia ancora,
a
martedì con God Save the Empress!
baci
1918
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