Bittersweet in love

di Levity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** Pensieri ***
Capitolo 3: *** Buonanotte tra le lacrime ***
Capitolo 4: *** Un abbraccio d'amore ***
Capitolo 5: *** La ricercatrice ***
Capitolo 6: *** Sala d'attesa ***
Capitolo 7: *** Io non ti renderò felice ***
Capitolo 8: *** I wanna be in love with only you ***
Capitolo 9: *** Insieme... ***
Capitolo 10: *** Cameron ha un amichetto ***



Capitolo 1
*** L'incidente ***


CAPITOLO 1 - L’INCIDENTE

 

Fuori dal PPTH stava piovendo forte, i vetri della macchina di Allison Cameron erano bagnati e appannati, e la pioggia le rendeva quasi invisibile il percorso che stava facendo “non ci voleva! Ora come faccio? Non posso continuare così, altrimenti andrò a sbattere contro un muro!” pensò con rammarico estraendo poi il cellulare dalla borsa, compose un numero a lei piuttosto familiare: quello di House… dopo alcuni squilli una voce maschile rispose, in modo tutt’altro che gentile. -oh, ma guardate, la nostra Cameron ha deciso di manifestare la sua presenza almeno al telefono!- House era stato ironico come al solito, la dottoressa strinse i denti mentre con la mano libera teneva il volante, cercando di seguire la strada con lo sguardo e con le ruote dell’auto.

-House scusa per il ritardo ma qui è un inferno, piove fortissimo e non vedo nulla, tarderò ancora perché aspetto che smetta un po’…- cercò di giustificarsi lei, ma prima che potesse continuare House la zittì irritato, -si, e se vuoi vai anche a prenderti un caffè e un muffin caldo, tanto noi siamo qui a fare niente!-

Cameron sbuffò e premette un po’ sull’accelleratore, se House era così irritato voleva dire che aveva un caso interessante per le mani, perciò doveva fare in fretta, ancora al telefono disse sbuffando: -d’accordo, non preoccuparti, tanto sono a pochi isolati, arrivo prima che posso, eviterò di fare…- ma non terminò la frase, dall’altro capo del telefono House senti distintamente un rumore di freni, le ruote che scivolavano sull’asfalto bagnato e un urlo soffocato di donna…

Sbarrò gli occhi, il cellulare ancora in mano, dall’altra parte non si udiva nulla -Cameron? CAMERON che è successo?- faticò a mantenere il tono calmo, perciò urlò le ultime parole, mentre dietro di lui Foreman e Chase si drizzavano sulle sedie dove erano. -che è successo?- chiese Foreman preoccupato al suo capo, House non rispose, si era allontanato il cellulare dall’orecchio e aveva fissato il suo sguardo su un punto indefinito dello studio, le sopracciglia aggrottate e il volto scuro.

-le è successo qualcosa…- disse infine con tono grave, strinse la mano un po’ più forte sul bastone, si intascò il telefonino e si diresse più veloce che poteva verso lo studio della Cuddy.

Il medico entrò trafelato, la Cuddy scattò in piedi piuttosto innervosita e urlò: -House! Visto che non hai intenzione di bussare quando entri vedi almeno di non fare tutto questo trambus..- ma lui non la lasciò finire, perché con voce stranamente agitata disse: -è successo qualcosa a Cameron!- la dottoressa scosse il capo rassegnata -senti, so che sei abituato al fatto che Allison arrivi sempre puntuale e tutto il resto, ma magari non le è suonata la sveglia o ha fatto tardi, c’è una bella differenza al pensare che le sia successo qualcosa no?- House roteò di scattò la testa, irritato, dopodiché in un gesto violento e veloce sbattè il bastone sulla scrivania della donna, suscitando una sua occhiata infuriata, -ero al telefono con lei, mi stava parlando di quanto piovesse e ad un certo punto ho sentito dei rumori e delle grida…- la Cuddy lo guardò lentamente, più che non capire ciò che aveva detto non voleva crederci, perciò lui continuò a voce un po’ più forte -HA AVUTO UN INCIDENTE!!!-. La donna scosse il capo e immediatamente alzò la cornetta del telefono che poggiava sul tavolo, fece un numero interno… -pronto sono la dottoressa Cuddy- disse seria -voglio che un ambulanza vada immediatamente verso…- coprì con una mano la cornetta per osservare House -dov’era?- -non lo so, ha detto che era a pochi isolati da qui, la sua macchina è una…- -una Buick rossa House- intervenne freddamente Chase da dietro le sue spalle, -si, proprio quella…- concluse House verso la Cuddy, quest’ultima annuì e comunicò le informazioni al suo interlocutore, poi riagganciò. Si passò le mani fra i capelli, aveva un aria stanca e piuttosto spaventata, House non vi badò molto, strinse meglio il bastone e si avviò verso il suo ufficio, senza dire una parola.

Foreman e Chase lo seguirono, l’ultimo con un espressione visibilmente preoccupata, mentre il primo aveva il volto caratterizzato da qualcosa di indecifrabile, silenziosamente si avvicinò al suo capo e lo oltrepassò, per poi voltarsi a pochi passi dall’ufficio e pararsi contro House, quest’ultimo non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che accadeva che un pugno lo colpì in pieno volto.

Colto alla sprovvista perse l’equilibrio finì in terra seguito dal suo bastone che cadde a pochi centimetri da lui. Con un espressione minacciosa Foreman si chinò per portare il suo viso a poca distanza da quello del capo -sei un BASTARDO! Prega perché sia ancora viva perché se non fosse stato per te non avrebbe avuto alcun incidente!- detto questo se ne andò, seguito a ruota da Chase che non era minimante rimasto sconvolto dal gesto del collega.

House si alzò a fatica, massaggiandosi la mascella e recuperando il bastone per poi reggersi su di esso. Lanciò un’occhiata preoccupata nel suo ufficio dove Foreman si era preso la testa fra le mani, preoccupato per l’amica.

Chinò il capo smettendo di tastarsi il volto “me lo sono meritato…” pensò prima di venire interrotto da un rumore poco lontano, lanciò un occhiata e vide entrare di corsa una serie di infermieri con una barella, appena un infermiere lo notò disse in fretta: -femmina, 26 anni, vittima di un incidente stradale, possibili fratture e trauma cranico!- House guardò la giovane donna sulla barella, era Allison Cameron.

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Capitolo 2
*** Pensieri ***


CAPITOLO 2 - PENSIERI

 

Erano passate circa 6 ore dall’arrivo della donna in ospedale, ed era stata trasferita dalla terapia intensiva ad un altro reparto. Si era rotta un polso soltanto, ma aveva subito un trauma cranico piuttosto grave, ma il problema pareva essere stato risolto dopo un operazione.

Cameron si trovava ora in una stanza luminosa, dormiva tranquilla ed aveva la testa fasciata. Ai piedi del letto stavano Chase e Foreman, entrambi visibilmente tesi.

Dopo alcuni istanti la donna cominciò finalmente a svegliarsi, dischiuse gli occhi lentamente e mise a fuoco la stanza -che…che è successo?- chiese con la sua debole voce attirando l’attenzione dei suoi due colleghi -Allison!- Foreman le si avvicinò per primo, le sorrise e l’abbracciò delicatamente -siamo così felici che tu ora stia bene!- aggiunse per poi fare spazio a Chase che si era avvicinato a sua volta, -hai avuto un incidente…- disse l’intensivologo con voce tetra -hai subito un trauma cranico e ti sei rotta un polso, ma ora dovresti stare bene…- il suo volto pareva sollevato, e la sua voce era calda e gentile, Cameron sorrise ai due, ricordava appena gli avvenimenti di quel giorno, ciò che era successo prima dell’incidente per lei era solo un debole ricordo sfocato, ricordava che aveva premuto sull’acceleratore nonostante la pioggia, ma non rammentava il perché, poi ricordò: House… istintivamente lanciò uno sguardo attorno a se, come in cerca di qualcuno, dopo che i suoi occhi ebbero percorso l’intera stanza abbassò la testa, pareva delusa.

Chase scosse il capo -mi dispiace lui… non c’è…lo so che questo potrebbe ferirti, ma… lui non è mai venuto a trovarti… mi pareva giusto che lo sapessi- Cameron intuì dal tono di voce del collega che non approvava il comportamento di House, e che probabilmente lo riteneva responsabile dell’accaduto, e questo la preoccupò leggermente…-oh non… non importa, tanto non lo aspettavo…- disse con voce flebile, suscitando gli sguardi perplessi dei due uomini.

Mentiva ovviamente, quando aveva aperto gli occhi era stata convinta che l’avrebbe trovato li, che fosse stato li per tutto il tempo in cui dormiva, proprio come aveva fatto lei quando House era stato ferito da un colpo di pistola. Ma House era House, era un bastardo e probabilmente non si sentiva nemmeno in colpa per ciò che era successo, di sicuro non aveva sentito il bisogno di andare ad accertarsi di come stesse. Questo la faceva stare male, ma ormai si era rassegnata…

House era nel suo ufficio, giocava con la pallina da baseball rossa e bianca e pensava… pensava a cosa era successo a Cameron, da principio si era ritenuto colpevole, e quindi meritevole del pugno datogli da Foreman, ma con il passare delle ore aveva iniziato a pensare che Cameron aveva fatto tutto da sola, lui non l’aveva obbligata ad accelerare, quindi non era un suo problema.

Ma ora stava riflettendo di nuovo, nonostante si fosse discolpato non poteva fare a meno di pensare che se lui non le avesse detto di sbrigarsi tutto quello non sarebbe successo. Ma come poteva dirglielo? Con che coraggio sarebbe andato da lei a dirle che gli dispiaceva? Ad assumersi le colpe Gregory House non era mai stato bravo, ad assumersi delle responsabilità nemmeno, però con Cameron era diverso… le aveva gia causato tanto dolore con il suo essere stronzo, e se avesse anche ignorato questo avvenimento non solo si sarebbe odiato da solo, ma anche lei avrebbe potuto lasciarlo perdere sul serio.

“Ma non era questo che volevo?” si chiese chiudendo gli occhi per riflettere “no” la risposta non venne dalla sua mente, ma bensì dal suo cuore… lui non voleva che Cameron lo odiasse, voleva che lei continuasse ad ammirarlo, a venerarlo, e perché no? Ad amarlo… con stupore si ritrovò a pensare a queste cose, scosse il capo incredulo ma dovette dare ragione ai suoi pensieri: a lui piaceva essere amato da lei, perché, tutto sommato, nonostante non l’amasse incondizionatamente la donna non gli era indifferente, così bella, così gentile e comprensiva, così dolce e intelligente.

Lei era perfetta, e sarebbe bastato un gesto per averla sua…

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Capitolo 3
*** Buonanotte tra le lacrime ***


CAPITOLO 3 - BUONANOTTE TRA LE LACRIME

 

Era mezzanotte passata quando la porta della stanza 218 si aprì ed un uomo provvisto di bastone vi entrò silenziosamente. Il medico privo del camice guardò la paziente che dormiva tranquilla nel letto. Allison Cameron era proprio bella, i suoi capelli castani ramati erano illuminati dalla luce della luna che filtrava tramite le persiane che coprivano la finestra. House trattenne il respiro contemplando la donna, si avvicinò un po’ per vederle il viso: aveva alcuni tagli, ma nonostante tutto la sua espressione era serena, pareva così indifesa e così fragile in quell’asettico letto di ospedale, così tenera mentre dormiva dopo tutto ciò che aveva passato…

Per un istante l’uomo fu tentato di sfiorarle il volto, di carezzarle una guancia o semplicemente di giocare con una ciocca dei suoi morbidi capelli… ma questi suoi pensieri vennero interrotti dal risvegliarsi di lei, House attento indietreggiò di qualche passo facendo più rumore di quanto avrebbe voluto, svegliando così del tutto la giovane.

Cameron aprì gli occhi e si alzò a sedere lentamente, la testa le girava un po’ ma i suoi occhi si spostarono lungo tutta l’area della stanza, e si soffermarono su di House che stava in piedi poggiato al bastone accanto ad una sedia.

-ciao- disse lei con voce leggermente roca, lui le rispose con un cenno del capo e si avvicinò al letto per vederla meglio, -che…che ci fai qui? Che ore sono?- curiosa la donna cominciò a fargli domande, l’uomo le sorrise, un sorriso piccolo, ma sincero. -è mezzanotte passata, e io… sono passato a vedere come stavi…- disse con voce piuttosto bassa, senza mai alzare lo sguardo verso di lei -potevi passare stamattina, come hanno fatto Eric e Robert, almeno sarei stata sveglia…- lei lo disse con una punta di amarezza nella voce, ma lui non vi badò, aveva ragione a trattarlo così tutto sommato, -e poi…volevo scusarmi- aggiunse lui debolmente, alzando finalmente lo sguardo verso di lei, incrociando gli occhi verdi di lei, Cameron sorrise, sostenne lo sguardo meravigliata da quel gesto, -non è stata colpa tua, non è il caso…- ma lui la zittì, mettendole un dito sulle labbra, per poi allontanarlo, leggermente rosso in viso ma invisibile all’oscurità, poi riprese a parlare -se… se io non avessi detto che dovevi sbrigarti tu non avresti mai… insomma potevi mori…- non terminò la frase, sembrò che le parole lo strozzassero e lui abbassò nuovamente la testa.

Solo ora capiva quanto si sentiva in colpa, e solo ora capiva quanto lei avesse rischiato, quanto lei avrebbe potuto pagare a causa sua.

Ma lei scosse il capo -House, se io avessi veramente voluto avrei fermato la macchina e me ne sarei fregata di quello che mi avevi detto, ma non ho pensato, e poi tutto sommato non mi è successo nulla no? Sto bene, non devi preoccuparti…-.

Nonostante le proprie parole la donna avrebbe voluto con tutta se stessa che il suo capo si preoccupasse per lei, avrebbe voluto che l’abbracciasse e le dicesse quanto aveva avuto paura di perderla, ma House era House, e non l’avrebbe mai fatto purtroppo.

Lui annuì, si vedeva che non era convinto dalle parole della donna, ma si vedeva anche che il fatto che lei non lo ritenesse responsabile lo sollevasse, perciò Allison decise di rischiare, -perché ti sentivi così in colpa?- la domanda colpì House con una violenza molto simile al pugno di Foreman, istintivamente si massaggiò la mascella che ancora gli doleva un po’.

Cosa le avrebbe risposto? Non voleva esporsi troppo, aveva paura che lei fraintendesse, ma nemmeno voleva eludere la domanda, non voleva farla soffrire, e se avesse inventato una risposta sciocca non le avrebbe fatto altro che male, perciò trasse un profondo respiro e riportò gli occhi celesti nei suoi, lo sguardo fu ancora più intenso, poi lui prese a parlare: -io…io…- improvvisamente tutto gli si bloccò, non sapeva più che doveva dire, non sapeva più cosa voleva dire, perciò si zittì, lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, -tu?- la sua voce dolce non fece che peggiorare la situazione, la paura assalì in diagnosta, gli riportò alla mente l’immagine di Stacy, il uso unico vero amore che tanto l’aveva fatto soffrire, non voleva stare di nuovo così male, non voleva che ricapitasse… perciò sostenne lo sguardo, ma da profondo diventò di ghiaccio, poi con voce piatta e priva di calore disse semplicemente: -Foreman mi ha detto che ero stato un bastardo e mi ha colpito, non mi sentivo in colpa, ti ho chiesto scusa perché quell’imbecille si è comportato come un imbecille appunto- concluse così il discorso, si morse la lingua dopo che ebbe pronunciato le ultime parole, scorse gli occhi di lei diventare lucidi e riempirsi di lacrime, ma quando parlò la sua voce mostrava solo un leggero tremore -oh…io… ho capito… scusa ma ora sono molto stanca… vorrei tornare a dormire, mi… mi fa male la testa…- lui annuì e si avviò verso la porta, una volta voltato serrò gli occhi, odiandosi. Mentre usciva poté sentire distintamente un singhiozzo, con la coda dell’occhio notò che Cameron si era stesa di nuovo, gli dava le spalle e abbracciava un cuscino stringendolo forte. Poi chiuse la porta.

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Capitolo 4
*** Un abbraccio d'amore ***


CAPITOLO 4 - UN ABBRACCIO D’AMORE

 

Erano passati 3 giorni da quella notte, Cameron era sempre rimasta a letto e Foreman e Chase andavano spesso a trovarla, si accertavano di come stesse, ma nessuno dei due avrebbe potuto non notare il pessimo stato di umore in cui la ragazza si trovava, non sembrava rabbiosa, sembrava triste, molto triste… i suoi occhi erano costantemente lucidi, e quando essi le chiedevano che cosa avesse lei si limitava a rispondere con una scrollata di spalle o con un singhiozzo flebile, che faceva capire che non voleva essere disturbata.

I due colleghi non sapevano dell’incontro notturno che lei e House avevano avuto, ma chissà per quale motivo entrambi ricollegavano il malumore di Cameron con il loro capo…

 

House nel suo ufficio stava scrivendo i sintomi di un caso che avrebbe sottoposto ai suoi due assistenti non appena fossero ritornati dalla stanza della loro collega…

Gia, nei tre giorni che erano passati l’uomo non si era più fatto vedere nella stanza di lei, un po’ per rispetto nei suoi confronti, un po’ perché pensava che non avrebbe sopportato di vedere ancora il dolore di Cameron, o addirittura di subire un suo rifiuto di vederlo… ma prima o poi si sarebbero rivisti, il giorno dopo lei sarebbe tornata al lavoro e di sicuro non poteva fingere di non vederlo, cosa sarebbe successo? Questa domanda gli girava in testa da un paio di giorni ormai, aveva cercato di analizzare tutte le possibilità, ed era giunto alla conclusione che visto l’essere di Cameron probabilmente avrebbe iniziato a trattarlo ancora più gentilmente del solito, cosicché lui cambiasse idea su di lei… ma a lui non serviva cambiare idea, a lui serviva soltanto trovare la sicurezza che non sarebbe stato ferito, che non avrebbe sofferto… era questo ciò che gli mancava, un piccolo tassello che rendeva impossibile ultimare l’enorme e complicato puzzle che lui era…

I suoi pensieri furono interrotti dall’aprirsi della porta del suo ufficio, alzò gli occhi per scorgere chi era entrato e con suo enorme stupore vide Cameron…

-Cameron… come stai? Credevo che ti dimettessero domani!- prima che il suo cervello potesse bloccargli le parole l’uomo si interessò a lei, quest’ultima annuì -invece hanno anticipato…- non rispose però alla prima domanda, il suo volto era cupo, non si poteva dire che fosse triste, ma pareva piuttosto giù comunque; era vestita con dei jeans neri, cardigan azzurro polvere e camicetta bianca sotto, portava i capelli legati in una coda alta; sarebbe stata bellissima, con il viso ormai guarito e il fisico slanciato, privo di camice ad impacciarlo, ma… i suoi occhi… erano spenti, quel verde brillante che li caratterizzava si era come volatilizzato, lasciando al suo posto uno sguardo colmo di dolore e delusione, che immancabilmente House riuscì a percepire.

Cameron gli si avvicinò, camminava stancamente ma avanzava comunque decisa, in mano teneva una busta, gliela porse senza esitare -tieni, sono andata dalla Cuddy e mi sono messa d’accordo con lei, tu devi solo leggere non serve ne la tua firma ne la tua approvazione, è solo a scopo informativo…- l’uomo prese la busta leggermente preoccupato, la aprì mentre la donna osservava i suoi movimenti.

I suoi occhi corsero rapidi lungo tutta la pagina, la lesse almeno due volte, poi finalmente alzò gli occhi e guardò Cameron dritto nei suoi. -ti-ti fai trasferire… vai nel reparto ricerca…- la sua voce era bassa, si poteva notare che non era felice di ciò che aveva appena letto, cerco di incrociare lo sguardo di lei ma la dottoressa manteneva il suo basso.

-lo fai per quello che ho detto l’altra notte?- domanda stupida, ovvio che era per quello! Lei non rispose, ma emise un lungo sospiro, probabilmente per dissimulare un singhiozzo. Lui le si avvicinò camminando lentamente, senza bastone, le si piazzò davanti, e con una mano le sollevò il viso, per poterla vedere negli occhi, erano lucidi.

La vicinanza con l’uomo che amava le fece tornare una fiamma di vita nelle iridi, rendendole brillanti, Cameron sapeva di essere prossima alle lacrime, ma il gesto che lui aveva fatto l’aveva colpita, non si mosse e lasciò che lui facesse.

House teneva il sottile mento di lei con le dita, in un gesto fluido fece scorrere la mano lungo la sua guancia, aveva la pelle liscia…chiuse gli occhi ma non fece in tempo ad arrestare lo scivolare di una lacrima, lui con il pollice l’asciugò, delicatamente…poi si chinò su di lei, istintivamente, e la baciò…

Un bacio lungo, sentito… lei teneva le braccia lungo i fianchi, ma quando lui la circondò con le proprie lei si strinse a lui, in un incantevole abbraccio d’amore…

Quando si separarono il volto di Cameron era contrassegnato da una piacevole sorpresa, mentre quello del diagnosta era preoccupato, strinse gli occhi e si schiarì la voce, le lanciò un ultimo sguardo, poi si voltò, recuperò il bastone e si diresse verso l’uscita del suo ufficio -allora buona fortuna nel nuovo reparto- disse semplicemente, la voce fredda, priva di qualunque emozione.

Ancora una volta l’aveva fatta soffrire, e ancora una volta si odiava per questo.

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Capitolo 5
*** La ricercatrice ***


CAPITOLO 5 - LA RICERCATRICE

 

Era l’una del pomeriggio quando Allison Cameron si avviò verso la mensa per fare pranzo. Da circa tre settimane aveva cambiato reparto ed era entrata nel campo della ricerca. Questo settore si trovava al terzo piano, accanto all’ala di psichiatria, cioè esattamente un piano sopra all’ufficio di diagnostica… alla donna piaceva questo suo nuovo lavoro: trovava piuttosto sollevante non dover dare continuamente brutte notizie ai pazienti, eppure doveva ammettere che il lavoro che aveva prima la interessava e la coinvolgeva di più. Erano molte le cose che le mancavano, come ad esempio lo sforzare la mente per individuare una diagnosi basandosi sui sintomi soltanto, oppure le mancava molto la specie di gara che da sempre lei, Chase e Foreman ingaggiavano per riuscire ad arrivare per primi alla soluzione e a farsi belli agli occhi di House, gia House… anche lui nonostante tutto le mancava…

In quelle tre settimane non lo aveva assolutamente mai visto, questo all’inizio era stato un fatto positivo, non si sarebbe scordata mai il giorno in cui il diagnosta l’aveva baciata e dopodiché l’aveva salutata, accettando il fatto che se ne andasse via da lui senza molta sofferenza… durante la prima settimana aveva pianto spesso, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per doversi innamorare di un bastardo che ogni volta riusciva a renderla felice e ogni volta la illudeva; ma poi con il tempo era passato… aveva capito che le lacrime non avrebbero cambiato la situazione, se lui non la voleva lei non avrebbe potuto fargli cambiare idea, questo non le faceva piacere, ma aveva imparato a sopportarlo.

Arrivata in mensa prese un vassoio e lo riempì con un piatto di insalata e una bottiglia di acqua, non aveva molto appetito ultimamente… si guardò attorno cercando un tavolo libero, scorse quindi Chase che da un tavolino all’aperto le faceva un cenno con la mano, perciò sorridendo si avviò verso di loro. -ehi ciao!- disse Foreman che sedeva accanto all’intensivista -ciao ragazzi!- con voce gentile Cameron li salutò e prese posto su una sedia accanto a Chase -allora…- la interpellò quest’ultimo -come te la passi su in ricerca?- lei sorrise, nonostante si vedessero tutti i giorni a pranzo i due si preoccupavano sempre di chiederle se c’erano novità, anche se sapevano che di sicuro non ce ne sarebbero state… -oh dunque…- disse lei con tono fintamente pensieroso -bè abbiamo scoperto la cura contro ogni tipo di malattia venerea e questo ci assicurerà il premio Nobel quasi sicuramente, ma a parte questo nulla di nuovo!- i due scoppiarono a ridere, mentre Cameron divertita sorrideva spostando i suoi occhi luminosi dal volto di uno a quello dell’altro. D’improvviso Chase interruppe la risata, bruscamente seguito dal collega, prima che Cameron potesse domandare che stesse accadendo sentì una voce tremendamente familiare alle sue spalle -Chase, Foreman abbiamo un nuovo caso, finitela di rimpinzarvi e venite subito a…- si interruppe notando evidentemente solo in quel momento la presenza di un’altra persona con loro, Cameron si voltò lentamente, e guardò il volto del suo ex capo, la sua espressione decisamente meno raggiante… -ciao House- disse con tono piatto, senza guardarlo negli occhi, l’espressione di lui era indecifrabile, non disse niente ma si limitò ad osservarla, aveva i capelli leggermente più corti e si era fatta la frangia, stava bene, era molto carina… infine scosse il capo e sorrise quasi amareggiato -non fa niente, ragazzi appena avete finito venite che iniziamo a lavorare sul caso- i due annuirono, dopodiché lui se ne andò zoppicando. Cameron trasse un respiro profondo, bevve un sorso dalla sua bottiglia d’acqua ma non toccò l’insalata; il resto del pranzo fu piuttosto silenzioso…

 

House al ritorno dalla mensa si diresse verso il suo ufficio, camminava il più rapidamente possibile, reggendosi sul bastone con forza, quasi temesse di non riuscire ad avanzare senza di esso. Aveva il cuore che batteva a mille, ma nonostante tutto non si fermava, voleva mettere più distanza che poteva tra se e lei… da quella donna che sperava e temeva insieme di non rivedere più, nonostante lavorasse solo ad un piano superiore al suo. Si era illuso di poter evitare di ritrovarsi davanti il suo meraviglioso profilo, i suoi occhi lucenti e il suo viso dolce, si era fatto cambiare tutti i turni in clinica dalla Cuddy, facendo in modo che i loro mai coincidessero e che non potessero quindi mai incontrarsi, inoltre aveva smesso di mangiare in mensa, temendo di incontrarla. Si chiudeva in ufficio a consumare un pasto freddo, ascoltava musica, più allegra che poteva per evitare che la malinconia della sua stupidità potesse presentarsi a rovinargli la giornata. Ma quel giorno non aveva potuto fare a meno di vederla, non era riuscito a trattenersi dall’andare a comunicare ai due medici che era riuscito ad accalappiare un nuovo interessantissimo caso, ma ora di fronte agli sviluppi del giorno i sintomi che il medico aveva gia segnato sulla lavagnetta avevano assunto ben poca importanza… si passò le mani fra i capelli brizzolati, scosse il capo e di nuovo il sorriso amareggiato si presentò ad increspargli le labbra…

Più le stava vicino e più le faceva del male, più le stava lontano e più i sentimenti nei suoi confronti si fortificavano, fino ad incidere nel suo cuore una parola che House aveva giurato che mai più l’avrebbe condizionato: AMORE.

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Capitolo 6
*** Sala d'attesa ***


CAPITOLO 6 - SALA D’ATTESA

 

Steso sul suo letto House contemplava il soffitto della stanza: giallo scuro, piuttosto rilassante e armonioso per gli occhi… sospirò tristemente e con una mano andò a tastare il comodino accanto a lui, alla ricerca di qualcosa che trovò molto presto: un barattolino arancione, con il tappo bianco, lo aprì svogliatamente e si fece cadere alcune pillole nell’altra mano, dopodiché le ingoiò, e ritornò a puntare lo sguardo verso l’alto “cosa devo fare? Le dovrei dire qualcosa?” si ritrovò a pensare a Cameron, lo faceva spesso ultimamente, e la cosa un po’ lo spaventava e un po’ lo rendeva allegro, stava decisamente cambiando… “se non le parlo continuerò a radicare in lei la convinzione che sono un figlio di puttana e basta” d’altro canto se le avesse parlato avrebbe significato ammettere che a lei teneva, che provava qualcosa per lei, e a questo, nonostante fosse vero non si sentiva ancora pronto… “che posso fare? Accidenti non è possibile io non ho mai dubbi!”.

Attorno al cuore di House anno dopo anno si era andato a formare un muro, un qualcosa di impenetrabile agli altri, al quale solo alcuni riuscivano ad accedere, ma non nel profondo, no… soltanto in “sala d’attesa”! come Wilson… era il suo migliore amico, ma nonostante tutto non era mai riuscito a dirgli veramente che gli voleva bene, aveva scherzato certo, James spesso gli aveva domandato se a lui ci tenesse, e House come al solito gli aveva risposto in maniera sarcastica, liquidando la domanda con una battuta che l’oncologo aveva tradotto come un “si, a te ci tengo…” ma forse, si ritrovò ad analizzare il diagnosta, il suo amico non avrebbe dovuto sempre arrendersi così, rassegnandosi al fatto che non ci sarebbe stata una risposta migliore, forse se avesse anche solo provato a chiedere qualcosa di più… se non si fosse sempre accontentato…

Con Cameron era lo stesso, lui non l’avrebbe mai resa felice, non le avrebbe mai dato quello che voleva, lui non era in grado di amare, lo era stato con Stacy, ma lei che possedeva una parte del suo cuore non gliel’aveva più restituito, l’aveva distrutto rendendolo così inespressivo con il resto del mondo…

Sospirò di nuovo, il vicodin cominciava a fare effetto e la gamba doleva meno, ma quello era decisamente il suo ultimo problema, senza sapere cosa stesse facendo scatto in piedi, si infilò le scarpe e il cappotto, inforcò il bastone ed uscì di casa rapido.

Fuori pioveva leggero ma fitto, prese incurante di ciò la moto e accese il motore, partì, ad una velocità moderata che andava via via alzandosi, nella sua testa ronzava un pensiero solo “devo dirglielo, se non accetterà saprò di non aver sprecato un occasione…” durante tutto il tragitto ebbe paura, paura di dire qualcosa di sbagliato, si preparò il discorso mentalmente, ciò che le avrebbe detto, aveva calcolato tutto, se avesse sbagliato anche solo una parola, se lei avesse frainteso qualcosa sarebbe stata la fine, si sarebbe bruciato l’unica probabilità di successo, l’unico filo che ancora lo tenesse collegato a lei…

Arrivò sotto casa di Cameron che mancavano 3 minuti all’una, probabilmente lei gia dormiva; alzò lo sguardo verso l’alto, la finestra di casa sua non era illuminata, ma per quello che ricordava poteva anche essere un’altra finestra, non ci aveva mai fatto granché caso, non se ne era mai interessato molto, e per questo si maledisse.

Il portone era aperto “che fortuna!” pensò lui mentre si avviava verso l’ascensore, si bloccò non appena lesse il cartello: “FUORI SERVIZIO” -accidenti…- mormorò mentre con occhio attento misurava l’altezza di ogni gradino, la ricercatrice abitava al terzo piano “fantastico, non esistono più quei sani appartamenti nel sottoscala” pensò amareggiato mentre lentamente si avvicinava agli scalini. Fu una cosa faticosa e piuttosto pericolosa, si resse più che poteva al bastone e al corrimano, si fermò per almeno tre volte a riprendere fiato, la gamba dolorante, ma lui non voleva cedere, avanzò così fino al terzo piano, quando arrivò dinanzi alla porta di lei sorrise soddisfatto, ansimava leggermente e il suo aspetto poteva assomigliare a qualcuno che aveva corso parecchio: rosso in volto, i capelli e i vestiti zuppi di pioggia, cercò di ricomporsi un minimo prima di bussare…

Da dentro nessun rumore, nulla che si muovesse e niente che facesse pensare che all’interno ci fosse qualcuno, ma lui non demorse e riprese a bussare, con più vigore, con più insistenza: era arrivato fin lì e non aveva intenzione di mollare semplicemente perché era tardi. Diede ancora un paio di colpi, piuttosto violenti. Probabilmente aveva svegliato il resto del palazzo… e finalmente anche lei pareva essersi destata, sentì i suoi passi leggeri dirigersi verso la porta, -chi è?- la sua voce assonnata era comunque gentile, “incredibile” pensò lui sorridendo “pure quando la buttano giù dal letto ha una voce dolce e comprensiva!”. Per alcuni istanti lui non rispose, poi si fece coraggio e disse semplicemente: -apri…per favore-, non seppe mai il motivo per cui lui avesse aperto, forse per il fatto che aveva riconosciuto la sua voce, o perché aveva visto il suo volto dallo spioncino, o forse semplicemente perché la sua natura era di fidarsi di tutti, sta di fatto che aprì, quando vide chi c’era sulla soglia fu probabilmente tentata di richiudere, ma non lo fece, aprì invece leggermente la bocca, visibilmente curiosa.

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Capitolo 7
*** Io non ti renderò felice ***


CAPITOLO 7 - IO NON TI RENDERO’ FELICE

 

Lui la osservava in silenzio, indossava una camicia da notte verde chiaro, aveva i capelli arruffati e gli occhi gonfi dal sonno, non era truccata e pareva molto stanca e confusa, ma nonostante tutto era bellissima, quell’aspetto che lui non aveva mai visto lo colpì, facendolo sorridere veramente, un sorriso che stupì Cameron, e che la indusse ad aprire un po’ di più la porta per farlo entrare.

Una volta che lui fu dentro lei non chiuse la porta, lo guardò ancora, in attesa che lui dicesse qualcosa, che giustificasse almeno l’incursione notturna a casa sua.

House manteneva le labbra serrate, da quando lei aveva aperto la porta si era ripassato mentalmente il discorso almeno tre volte, doveva iniziare dolcemente, in modo da farle capire che voleva scusarsi, ma doveva proseguire deciso, non voleva farsi cogliere dalle emozioni, voleva dirle qualcosa di preciso, e non poteva permettersi di distrarsi. Perciò iniziò a parlare…

-io non ti renderò felice- Dio quanto era idiota! Inizio dolce si era detto, “tanto valeva che le tirassi un ceffone, giusto per farle capire chi comanda” pensò rassegnato, le pupille di lui si dilatarono dalla tensione, un inizio promettente di certo, ora temeva che la donna lo spedisse fuori da casa propria a forza di bastonate, ma la reazione di lei fu piuttosto diversa, -lo so…- lo disse semplicemente, dopodiché chiuse la porta alle spalle del suo ex capo e ritornò a guardarlo, sapeva che c’era altro, sapeva che non era venuto li per farle del male…

-non ti darò quello che vuoi…- continuò lui, il suo cervello che pareva essersi distaccato dal resto sembrava andare avanti da solo, come se fosse in tilt. Stava continuando ad infierire, e non sapeva per quanto lei avrebbe tollerato questo suo comportamento… -io ti farò soffrire…- lei strinse appena le labbra, consapevole di ciò che lui le stava dicendo -anche se non volessi lo farei comunque…- aggiunse lui, il tono leggermente più dolce, mentre con i suoi occhi celesti cercava quelli della donna, lei indugiò per alcuni istanti, poi ricambiò lo sguardo, fu un momento intenso, più intenso di mille parole, più intenso di mille scuse…

Ancora una volta fu lui ad avvicinarsi, ancora una volta fu lui a prendere l’iniziativa. Le andò davanti, chinò il capo e la baciò, un bacio leggero, candido, poi più passionale, più deciso, più coraggioso… i due si assaggiavano a vicenda, piccole gocce di felicità li attraversavano rendendoli più uniti che mai. Quando si separarono lei disse: -sei bagnato fradicio…- non era una domanda, era un dato di fatto, -si, fuori piove…- lui le rispose con voce suadente, lei annuì e gli diede un altro bacio, piccolo e delicato, sulle labbra.

Sapeva che lui non l’avrebbe resa felice, sapeva che non le avrebbe dato quello che voleva e che l’avrebbe fatta soffrire molto… ma non le importava, lei lo amava e questo le impediva di ragionare lucidamente, forse se fosse passato qualche mese dal loro ultimo bacio, dal loro ultimo incontro, le cose sarebbero state diverse, probabilmente lei si sarebbe disintossicata quasi del tutto e non si sarebbe arresa a lui, ma così era troppo presto…la droga di House era il vicodin, la droga di Allison era House: quando stava con lui si sentiva meglio, ma non stava bene in realtà, e quando non era con lui, quando non lo aveva stava male, malissimo…

Ne era consapevole, sapeva che dopo quella notte lui non l’avrebbe trattata diversamente, ne al lavoro ne al di fuori di esso, sarebbe tornata ad ignorarla e a maltrattarla, a farla stare male. L’avrebbe fatta pentire di ciò che aveva fatto, di quello al quale quella sera stava acconsentendo. Ma lui era la sua droga, e senza non sapeva viverci.

Lui riprese a baciarla, con più passione, con più desiderio, si, forse anche lui la amava, ma non aveva intenzione di dirglielo, non perché amasse farla stare male, più che altro perché pensava che se fossero stati gli altri a soffrire per primi lui non avrebbe sofferto…

Uniti in quel bacio profondo avanzarono verso la camera da letto di lei. Una lacrima scese sulla sua guancia liscia, ma non disse niente, non lo fermò…

Aveva commesso un altro errore…

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Capitolo 8
*** I wanna be in love with only you ***


CAPITOLO 8 - I WANNA BE IN LOVE WITH ONLY YOU

 

Il mattino successivo House e Cameron si ritrovarono abbracciati sotto una sottile coperta azzurro polvere. L’uomo fu il primo a svegliarsi, aprì gli occhi lentamente, cercando di abituarli alla luce del primo mattino che entrava a fiotti dalla finestra, dopodiché senza muoversi cercò di individuare e di ricordare dove si trovava, non gli ci volle molto a capirlo, abbracciato al suo petto c’era una donna, dai capelli castano ramati, Allison dormiva pacificamente stretta a lui.

La guardò, come sempre era meravigliosa, aveva i capelli spettinati, e da sotto le palpebre i suoi occhi si muovevano frenetici: stava sognando… le carezzò dolcemente una spalla nuda, salì fino al collo, alla guancia, era successo qualcosa di meraviglioso pensò mentre con un gomito poggiato sul cuscino la osservava da un’altra angolazione, cercava un difetto, qualcosa che potesse distogliere dai suoi pensieri il fatto che si trovasse in compagnia di un essere perfetto, il fatto che si trovasse in compagnia di colei che amava…

Prima che il suo cervello potesse impedirglielo, prima che qualunque cosa potesse fermarlo lui le si avvicinò all’orecchio, e dolcemente, e sinceramente, le sussurrò: poi si alzò, si rivestì in fretta e senza fare rumore prese il bastone e se ne andò.

Nel letto l’ex immunologa socchiuse gli occhi: aveva fatto uno strano sogno, un sogno troppo romantico per essere vero… sporse una mano dietro di se, come per cercare la presenza dell’oggetto del suo sogno accanto a lei, non c’era… “ecco, avevo ragione quindi..” pensò un po’ triste “non mi ha detto di amarmi…” sospirando si abbracciò al cuscino, e si riaddormentò.

 

Verso le nove House arrivò in clinica, era passato a casa sua per darsi una sistemata e per cambiarsi, aveva tentato in tutti i modi di non pensare a ciò che era successo quella notte, a ciò che aveva detto dopo e a ciò che sarebbe accaduto in seguito “troppi problemi” pensò mentre zoppicando si avviava verso l’ufficio. Una volta entrato notò che ne Foreman ne Chase erano ancora arrivati “oh cavolo…ora mi toccherà affrontare il mio cervello!” persino nei pensieri riusciva ad essere sarcastico, però aveva ragione, ora, da solo avrebbe dovuto affrontare ciò che era avvenuto, “no, meglio rimandare, ascolterò della musica”… prese il suo Hi pod, si infilò le cuffiette, si sistemò comodamente sulla poltrona e accese…

 

When you look at me i start to blush
and all that i can say is you and us
oh baby im so afraid to be in love
with you,
with you...

 

“maledizione!!!” si disse mentre le note, le parole e la melodia della canzone dei Plumb si diffondevano nella sua testa “certo ottimo modo per non pensare, bello…”.

 

i wanna be in love with only you
i wanna watch the sky downgrade and blue
i wanna know the kiss thats always new
i wanna be in love with only you
just you

Era vero… lui avrebbe voluto essere così innamorato di lei…solo di lei… ma purtroppo c’era un’altra persona che amava allo stesso modo, se non di più, una persona che non avrebbe potuto cancellare dalla sua vita, una persona che lo faceva soffrire e lo faceva gioire insieme…

Quella persona, era lui…

Lui… che così disperatamente odiava il proprio aspetto, che così disperatamente tentava di rendersi infelice, ma che così disperatamente si adorava per la propria intelligenza, per il proprio acume, che così disperatamente si adorava per riuscire a trasformare piccoli momenti di allegria in infinite ore di felicità…

Lui era niente…lui era tutto…

 

when stars are falling dark
will light the way
will hit the ground and fall
into the shade
will light the night with fire
and run away

 

i wanna be in love with only you
i wanna watch the sky downgrade and blue
i wanna know the kiss thats always new
i wanna be in love with only you

 

L’avrebbe detto a Cameron che l’amava? Glielo avrebbe detto in faccia, quando era sveglia? Le avrebbe confessato che il discorso della sera prima, dove lui le aveva dichiarato che l’avrebbe fatta soffrire erano soltanto i suoi timori? soltanto la paura che LEI avrebbe potuto ferire LUI e portargli via quella piccola parte di cuore che ancora aveva, quella piccola parte di cuore che ancora palpitava e che pareva in grado di provare dei sentimenti…

 

i wanna be in love with you
i wanna be in love (i wanna be in love)
i wanna be in love with you
i wanna be in love (i wanna be in love)

i wanna be in love with you...

i wanna be in love with only you
i wanna watch the sky downgrade and blue
i wanna know the kiss thats always new
i wanna be in love with only you

just you
i wanna be
just you yeah

 

Ancora non lo sapeva, ancora non ne era certo, ma doveva fare in fretta, non voleva perderla…

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Capitolo 9
*** Insieme... ***


CAPITOLO 9 - INSIEME…

 

Alle nove e un quarto Cameron giunse in ospedale, dalla sua espressione nessuno avrebbe potuto sospettare che quella notte fosse successo qualcosa di diverso dal solito. Si avviò come faceva sempre verso l’ascensore, una volta dentro premette il bottone per il terzo piano.

Dopo pochi istanti l’ascensore si fermò e lei uscì. Indossava una gonna grigia poco sopra il ginocchio e un maglioncino rosso. Aveva i capelli sciolti, non aveva fatto in tempo a legarseli, perciò ora ricadevano ribelli sulle spalle sottili.

Avanzava lentamente, passò davanti al banco delle infermiere e prese il camice che stava appeso li vicino, poi gentilmente si rivolse alla donna di turno li, -ci sono novità? La Medicin S.p.a. ha chiamato?- l’infermiera scosse il capo –mi dispiace, non si è ancora fatto vivo nessuno…- Cameron le sorrise scrollando le spalle, e si allontanò, dirigendosi verso il suo ufficio.

Una volta innanzi a questo ebbe una notevole sorpresa…

In piedi, appoggiato al muro, stava un uomo, si reggeva su un bastone di legno scuro. Sorrideva appena, quando la vide la salutò con un cenno del capo e le si avvicinò.

-ciao…- disse semplicemente, mentre lei, dissipato l’imbarazzo iniziale aveva aperto la porta dell’ufficio e vi era entrata, seguita da lui -ciao House- gli rispose con una voce piatta, si sentiva che stava cercando di trattenere le emozioni… lui non le chiese come stesse, sarebbe stato troppo scontato, si limitò ad osservarla, tentando di incrociare lo sguardo di lei, che però manteneva gli occhi bassi, poi l’uomo parlò: -torna a lavorare con me…- non era un ordine, era una richiesta gentile. Cameron lo guardò visibilmente stupita, poi parlò, la sua voce era leggermente meno tesa, ma manteneva la difensiva. -Se io tornassi le cose non cambierebbero… mi faresti sempre soffrire e…- si interruppe un istante soppesando le parole –e sto cercando di dimenticarti, per questo non posso permettermi di vederti troppo spesso…- da queste parole scaturì una nota di disperazione, lui le sorrise, sinceramente, dolcemente… -io non voglio che tu mi dimentichi…- avrebbe voluto gridarle che non lo avrebbe sopportato se lei lo avesse dimenticato, ma ancora una volta l’orgoglio aveva messo un freno alle sue parole, rendendole quasi incomplete.

Lei aprì la bocca per parlare, ma poi parve cambiare idea e la richiuse, assunse un espressione come per dire: “non va sempre come vuoi tu!”.

-Ti prego, io…vorrei provarci…- aggiunse lui dopo il suo sguardo, era il suo cuore a parlare, era il suo cuore che ora prendeva il comando, lui voleva provarci! voleva provare a darle il suo amore, ora toccava a lei decidere… lei scosse il capo, sorridendo -non funzionerebbe, lo sai…- lui annuì, certo che lo sapeva, dopo un po’ si sarebbero stancati l’uno dell’altra, dopo un po’ lui avrebbe iniziato ad ignorarla e lei avrebbe preteso qualcosa di più… qualcuno di più giovane, di più gentile, di più dolce… però non si diede per vinto, -si, lo so… ma, perché vuoi privarti di una cosa che può essere bella per la paura di quello che succederà dopo?- nel dire queste parole si stupì di se stesso, da quando era diventato così sentimentale? Da quando rincuorava le persone? Poi capì, quelle parole non erano per lei, quelle erano per lui…

Lei fu altrettanto stupita dalla sua affermazione, per la prima volta dopo tanto tempo sorrise, un sorriso puro, un sorriso suo…-cosa succederà?- parlava con tono quasi divertito, avvicinandosi a lui lentamente, i suoi occhi puntati in quelli dell’uomo –sinceramente? Non ne ho idea…ma penso che potremmo scoprirlo…insieme…- diede particolare risalto all’ultima parola, lei annuì, ormai erano vicinissimi…

-insieme…- confermò infine lei, poi gli diede un bacio, casto, delicato ma allo stesso tempo intenso, lui ricambiò, con più passione, riempiendo quel gesto d’amore, di speranza, di promesse…

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Capitolo 10
*** Cameron ha un amichetto ***


CAPITOLO 10 - CAMERON HA UN AMICHETTO

Erano passati alcuni giorni, Cameron aveva continuato a lavorare nel reparto di ricerca, non perché non volesse tornare da House, più che altro perché la situazione era ancora piuttosto incerta, e lei non voleva fare tutti quei cambiamenti per poi ritrovarsi in una situazione spiacevole.

Ma le cose parevano andare bene, in quei giorni si erano visti spesso, o a casa dell’una o a casa dell’altro, trascorrevano le serate assieme, ma ognuno poi ritornava a dormire a casa propria, avevano deciso di non rendere pubblica la cosa, perciò evitavano comunque di venirsi a trovare durante i turni di lavoro, e non trascorrevano nemmeno il pranzo assieme, a nessuno dei due dispiaceva questa autonomia, perché permetteva ad entrambi di essere liberi, e faceva in modo che quando i due si trovassero la passione tra loro fosse sempre accesa.

Ora che non c’erano più problemi però Allison aveva preso la sua decisione, voleva abbandonare la ricerca e tornare a sfruttare la sua specializzazione in immunologia, voleva tornare dai suoi vecchi colleghi. Ma voleva che House fosse d’accordo, avevano fatto il patto che prima di prendere qualunque decisione che potesse compromettere il rapporto, o anche solo cambiarlo in qualche modo, bisognasse interpellare l’altro/a.

Perciò prese il suo cercapersone e gli mandò un messaggio: “HO BISOGNO DI PARLARTI – IMPORTANTE”…

 

Al secondo piano il cercapersone, appeso alla cintura di un uomo cominciò a suonare, House interruppe il discorso che stava facendo con i suoi due assistenti riguardo ai sintomi di un paziente e dedicò la sua attenzione all’apparecchio. Quando lesse il messaggio aggrottò le sopracciglia, ma non ebbe nessun altra reazione, sorrise ai due palesemente curiosi, e prese il suo bastone –fate i bravi mentre papà non c’è d’accordo?-, detto questo si allontanò dall’ufficio, gli sguardi di Foreman e Chase che lo seguivano.

Prese l’ascensore e arrivò al terzo piano rapidamente, si guardò attorno quasi a voler accertarsi di non essere stato seguito, si diresse verso l’ala della ricerca e entrò nell’ufficio. Ad aspettarlo c’era Cameron, gli sorrise, contenta del fatto che fosse arrivato in fretta. Lui le si avvicinò e le diede un piccolo bacio sulle labbra, lei si allontanò in fretta dopo averlo ricevuto: avrebbero potuto vederli…

-Mi volevi?- le chiese riavvicinandosi a lei, gli piaceva giocare… annuì con aria seria, volevo parlarti di una decisione che ho preso…- lui ridacchiò –se è una decisione perché me ne devi parlare? Hai gia fatto tutto da sola…- il suo tono era ironico, questa volta fu lei a dargli un timido bacio, per zittirlo. –voglio tornare a lavorare da te…- lui ne rimase sorpreso, non pensava che lei avrebbe cambiato idea così in fretta, perciò sorrise, contento della sua scelta, -perfetto, ci manca una mente in più… se non ci fosse Foreman Chase assomiglierebbe ad un pesce lesso!-. Lei rise, -bhe infatti lo faccio per questo, senza di Foreman non riesco proprio a resistere io…- lui fece un espressione fintamente risentita, poi annuì ancora, lei lo baciò nuovamente, un po’ più tenera, poi lui uscì, soddisfatto.

 

Bussò alla porta dell’ufficio della direttrice del PPTH con leggerezza, dall’interno una voce femminile la invitò ad entrare.

La Cuddy sedeva alla scrivania di legno scuro, non appena la giovane donna entrò alzò gli occhi dai documenti che stava visionando e le sorrise, -oh ciao Cameron, che succede?- la ricercatrice le sorrise –ciao…senti, scusa, lo so che sembra che stia sempre qui a scocciarti…- la direttrice le lanciò un occhiata allegra, -non c’è problema, davvero, di cosa hai bisogno?-

Cameron deglutì e prese fiato, -io…vorrei il mio vecchio posto in diagnostica…- sul viso dell’altra donna si dipinse un espressione stupita, -ma…stai dicendo sul serio?- lei annuì. Era normale lo stupore, quando se n’era voluta andare aveva scongiurato la Cuddy di trovarle un altro reparto, lei se la ricordava bene, stava per scoppiare a piangere, ed era veramente depressa, perciò ce l’aveva messa tutta per trovarle in fretta un altro impiego in ospedale. –ma come mai questo cambiamento?- le chiese incuriosita, Cameron arrossì visibilmente, non voleva dirle ciò che era successo con House… -oh, io ehm… mi sento davvero poco gratificata a lavorare appiccicata ad un microscopio tutto il giorno, e se il prezzo da pagare per riavere il mio vecchio lavoro è tollerare House… farò questo sacrificio…- la Cuddy sapeva non era vero, sapeva che il motivo era un altro, e intuiva pure quale fosse. L’aveva capito immediatamente, ma nonostante ciò non disse nulla, si limitò a sorriderle e a prendere una lettera prescritta, da un cassetto della scrivania, poi fece una firma in fondo alla pagina e infine gliela porse, -compila i campi qui sotto e sarai immediatamente reintegrata nel reparto diagnostica- Cameron la ringraziò di cuore, dopodiché riempì gli spazi da lei indicati e le riconsegno il foglio. –grazie ancora!- disse per poi indirizzarsi verso l’uscita, sulla porta incrociò Wilson che stava entrando con un plico di cartelle in mano, -ciao Allison- le disse lui vedendola –oh ciao Wilson…- allegramente ricambiò il saluto e se ne andò.

L’oncologo lanciò un’occhiata quasi interrogativa alla Cuddy, la quale sospirò e si strinse nelle spalle, -la sai la novità?- gli chiese lei con voce maliziosa, lui scosse il capo ora decisamente curioso –Cameron ha un amichetto…- disse l’ultima parola con particolare enfasi, lui strabuzzò gli occhi e si voltò in fretta indietro, come a voler scorgere ancora il profilo di lei, -e…sai chi è? Cioè, è dell’ospedale?- interessato la interrogò, avrebbe voluto vedere la faccia di House quando gliel’avrebbe detto! lei annuì sorridendo apertamente –oh si certo… e mi stupisca che tu non lo sappia… si tratta di House…-.

Lui incredulo continuò a fissarla, ora si spiegavano tante cose, compreso l’improvviso buonumore del suo amico. Dimenticandosi completamente del motivo per cui era arrivato sorrise alla donna e uscì fuori: doveva fare quattro chiacchiere con un quarantacinquenne un po’ zoppo…

 

FINE I PARTE

 

 

 

Ed ecco qui la fine… be, una fine che in realtà è un grande inizio! Presto scriverò una continuazione che parlerà ancora del rapporto House/Cam, ma che andrà a toccare anche altre relazioni all’interno della clinica…

Spero che la mia storia vi sia piaciuta. Ringrazio chi gia ha recensito e anche chi lo farà. Alla prossima!

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