Ancora uno!

di Mary Grifondoro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuove scocciature ***
Capitolo 2: *** E alla fine arriva Ginny! ***
Capitolo 3: *** Partenze ***
Capitolo 4: *** Sarai sempre tu la mia principessa ***



Capitolo 1
*** Nuove scocciature ***


Stufo, ecco cos’era!
Beh, in fondo chi poteva biasimarlo? Avrebbe voluto vedere qualcun altro a dover affrontare per la sesta volta l'arrivo di un neonato! E non era cattiveria la sua, Bill Weasley, primogenito di ben sei, a quanto pare presto sette fratelli, era semplicemente stufo!
Non ne poteva più di piagnistei infiniti, pappette lanciate ovunque, caos in casa.
E soprattutto non ne poteva più di dover sempre fare il bravo “perché tu sei il maggiore William, da te ci aspettiamo più serietà”.
Ecco cosa diceva sempre la mamma, ma lui non lo sopportava più, in fondo aveva solo dieci anni, cosa aveva fatto di male?!
Capiva solo di essere diventato troppo grande per stare in quella casa che, di contro, stava diventando decisamente troppo affollata.
E la sfiga, visto che è fantasiosa e mutaforma, aveva deciso che lui non potesse lasciare la casa quel 1° settembre, come tutti i suoi amici nati nel ’70, ma solo l’anno prossimo, essendo nato a novembre.
Stupide regole. Stupida scuola. No, meglio la scuola di questa casa, anzi, di questo asilo nido, almeno lì non avrebbe incontrato gente che gattonava!
A questo rimuginava nella sua stanza il primo dei fratelli Weasley, appoggiato al davanzale della finestra.
Quel giorno i genitori erano rientrati dalla visita al San Mungo e volevano comunicare alla famiglia l’esito della stessa, ma nel momento in cui erano rientrati in casa Bill era scappato in camera sua, come faceva oramai da natale, quando aveva ricevuto la lieta novella.
Aveva deciso che fin quando l’essere non si fosse materialmente palesato dentro casa avrebbe potuto far finta che non esisteva e così si sarebbe goduto gli ultimi mesi di tranquillità.
Sempre che un posto dove ci fossero anche i gemelli potesse essere definito tranquillo.
La porta si aprì, seguita da un bussare formale.
Senza voltarsi Bill già aveva riconosciuto l’intruso, anche se teoricamente quella era anche camera sua.
“Charlie cosa vuoi? Non vengo a giocare con te fuori!” disse il più grande con voce strascicata.
Senza proferire parola, un bambino di otto anni, ma con un fisico ben più corpulento, caratterizzato dagli immancabili capelli rosso fuoco, sebbene più scuri degli altri, si avvicinò alla finestra e poggiò una tazza con un liquido fumante affianco al fratello, che di sottecchi inarcò interrogativamente un sopracciglio.
“Ho detto alla mamma che sei scappato in bagno, che stavi male da oggi pomeriggio, e che mi avevi chiesto di portarti un infuso calmante. Anche senza mal di pancia puoi berlo lo stesso”.
 
Bill non voleva sorridere, voleva rimanere arrabbiato col mondo, ma come si fa a non sorridere se hai per fratello Charlie Weasley, anche detto il bambino che cercava sempre di risolvere tutto.
Ecco, non potevano rimanere solo loro due? Sarebbe stato perfetto!
In quel momento arrivarono nostalgici ricordi dei sei anni in cui i due fratelli erano stati i soli bambini presenti in casa. Che epoca d’oro!
Forse perché era il primo, forse perché Bill era stato due anni da solo ed era contento di avere qualcuno della sua altezza con cui giocare, non lo sa, ma fu davvero felice quando nacque Charlie.
E viverci fu uno spasso.
Charlie era un bambino fenomenale, vispo e intelligente da subito aveva però mostrato la sua innegabile propensione al pericolo.
Se c’era un vaso di biscotti da afferrare passava sopra i fornelli, si buttava nel cassetto dei coltelli e si lanciava in bilico sulle ante dei mobili in cucina, il tutto per ottenere che il vaso gli si spaccasse in testa.
Solo che una volta accaduto tutto ciò non iniziava alcun urlo spaccatimpani.
Il bambino semplicemente si massaggiava la testa e iniziava il suo “ohi-o ohi-o” seguito da una silenziosa cascata di lacrime, che continuavano imperterrite a solcare il suo viso anche quando Bill o la mamma o chiunque altro, gli porgeva l’agognato biscotto e allora lo ingoiava in un solo boccone soddisfatto.
Iniziando a strozzarsi…!
Crescendo aveva smesso di piangere, però il suo “ohi-o ohi-o” dopo le botte era diventato leggenda, insieme ovviamente alla sua fenomenale soglia di sopportazione del dolore.
Per questo insieme a lui Bill, che non voleva essere da meno del fratello minore, aveva promesso che da grande avrebbero fatto gli Auror o gli Spezzaincatesimi, o altri lavori pericolosissimi, perché loro non temevano nulla, sarebbero stati inseparabili.
Che belli i pomeriggi con Charlie, ora gli sembravano lontanissimi, dopo tutta la gente che si era aggiunta! Doveva però ammettere che, in fondo, l’arrivo di Percy non aveva guastato troppo.
Non divertente come Charlie, certo, ma Bill non si poteva lamentare del terzogenito, in fondo era generalmente buono e silenzioso – insomma un soprammobile con cui interagire ogni tanto – e, cosa a tratti inquietante, sempre molto ubbidiente, anche verso di loro, poiché la mamma gli aveva spiegato che si deve ascoltare i più grandi.
Ascoltare i più grandi, perché i gemelli non avevano recepito quest’insegnamento?
Ecco, i gemelli. Ora Bill focalizzava il momento in cui aveva iniziato a non sopportare più i bambini, tenendo conto che il fatto che Fred e George non fossero poltergeist venuti ad infestare la casa fosse ancora tutto da dimostrare.
 
I gemelli non si lamentavano mai, sin da piccoli avevano imparato ad essere autosufficienti, o meglio ad esserlo tra di loro, si aiutavano l’un l’altro. Ciò non vuol dire fossero tranquilli, anzi.
Dal loro arrivo la casa era diventata il caos, avevano solo tre anni e pure erano già in grado di architettare scherzi e sfacelli ovunque.
Vittime designate erano, nell’ordine, Percy perché era noioso, come non dargli torto, però lo tormentavano di continuo; Charlie perché era buffo, intendendo loro per buffo il fatto che Charles fosse l’unico dei ragazzi ad aver ripreso più dalla mamma che dal papà, ecco diciamo che aveva delle forme un po’ più morbide, ma non era giusto che lo prendessero così in giro, anche perchè crescendo magari sarebbe potuto diventare un bestione ed ucciderli – magari!
Ed ora l’ultimo arrivato, il piccolo Ron, era stato identificato alla stregua dell’ultimo giocattolo uscito in commercio. Povero bambino, dopo un anno già si vedevano gli effetti traumatici che avevano avuto su di lui i gemelli, ogni volta che li vedeva piangeva.
Anche se piangere era l’attività preferita in cui si intratteneva Ron.
Piangeva di continuo, per qualsiasi motivo, soprattutto perché aveva fame, aveva sempre fame, ma il dubbio fosse che piangeva giusto per il gusto di far notare la sua presenza.
Spesso i fratelli più grandi si chiedevano dove trovasse tutta l’acqua necessaria per così tante lacrime, eppure la trovava!
Ecco, ancora non si riprendeva da quest’ultimo poppante petulante e la mamma a natale aveva ben pensato di informarli di un nuovo arrivo!
 
“Bill guarda che la mamma c’è rimasta malissimo, pensa che odi il nuovo fratellino e ti vergogni di lei” il fratellino lo distolse bruscamente dai suoi pensieri.
“Beh, su una cosa ha ragione, odio il nuovo fratellino” rispose secco il maggiore.
“Lo dici solo perché ora sei arrabbiato, ma lo so che non è vero. Puoi dire o pensare quello che vuoi, lo so che siamo tanti e snervanti, io un po’ ti capisco, in fondo ho visto solo una nascita in meno di te! – e dicendo questo strizzò l’occhio al maggiore – Però è evidente che tu vuoi molto bene a tutti noi”
“Non è vero” rispose chiaro Bill incrociando le braccia.
Charlie sorrise scuotendo la testa “Ah no? Tu sei l’unico che è stato disposto a sentire Percy che ripeteva a memoria tutte le fiabe di Beda; quando i gemelli sono stati male ti sentivo che sgattaiolavi di notte per vedere come stavano, quando mamma stava finendo la gravidanza di Ron. E vorrei sapere chi è che prepara sempre a Ron la zuppetta di latte, cioccolato, biscotti e cannella, decisamente la sua preferita?”
Bill scese dal davanzale e si mise in piedi di fronte al fratello, che nonostante i due anni di differenza era alto già quanto lui.
Il viso decisamente in fiamme, non sapeva come salvarsi.
In fondo Charlie aveva ragione, lo sapevano entrambi. Bill adorava la sua famiglia e, soprattutto, adorava esserne il fratello maggiore, aveva una propensione naturale ad occuparsi dei suoi fratelli, incentivando le doti di ognuno. In fondo era stato lui a far montare Charlie sulla sua scopa giocattolo di nascosto dalla mamma, e il fratello già si rivelava un portento.
Così come dovette ammettere che era stato il primo a suggerire uno scherzo ai gemelli, con quella battuta sui capelli di Percy che sembravano degli spaghetti.
Ciononostante desiderava essere arrabbiato, almeno per un altro po’, giusto per riprendersi i suoi cinque minuti di attenzione, persi oramai da quando era iniziata l’invasione.
E Charlie, come sempre, quasi leggendogli nel pensiero, lo canzonò “Se proprio vuoi altri cinque minuti di gloria prenditeli, ma quando scendi riporta la tazza e vai ad abbracciare la mamma e il pancione! Prima che i gemelli cerchino di aprirlo con le pinze soprattutto, ho sentito che cercavano di capire come funzionasse…”
Va bene, non resisteva più.
Bill scoppiò a ridere, seguito da Charlie.
Si stava immaginando i gemelli mascherati da guaritori che cercavano di forzare il pancione della mamma con un piede di porco. Meglio andare a fermarli.
Prese la tazza e lanciò il liquido fuori dalla finestra, sotto lo sguardo perplesso di Charlie “Sono già calmo, tranquillo non mi serve. E….grazie Charlie, come sempre…” ma fu interrotto dal fratello “Di niente Bill e poi, se non ci si aiuta tra noi prime vittime!” e ripresero a ridere, coscienti che la loro famiglia era comunque l’unica in cui avrebbero voluto nascere.
Mentre stavano scendendo le scale Charlie si voltò fermandosi di botto, Bill quasi gli inciampò contro “Ehi…che c’è?”
“Non ti ho detto cosa ci ha detto la mamma della visita” un strano luccichio negli occhi fece percepire a Bill che erano belle notizie e fece segno al fratello di continuare.
“Beh...innanzitutto non sono gemelli!”
Le spalle di Bill si rilassarono ulteriormente, va bene tutto, ma otto in casa davvero non ci entravano!
“E non è neanche un maschio!”
A quest’ultima affermazione Bill rimase con gli occhi sgranati.
Una femmina.
La prima femmina in casa Weasley.
La mamma sarebbe stata contenta.
E mentre arrivava in cucina con Charlie, Bill pensò che, in fondo, non era l’ennesimo fratellino in arrivo, ma una sorellina e sarebbe stato tutto una bella novità.

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Capitolo 2
*** E alla fine arriva Ginny! ***


Quell’estate stava diventando la più torrida da che Bill si ricordasse, non riusciva a trovare un po’ di fresco da nessuna parte, anche il laghetto vicino casa aveva perso ogni attrattiva, l’acqua sembrava sul punto di bollire.

Lui e Charlie era sdraiati a terra nel giardino dietro la Tana, insensibili agli sberleffi degli gnomi, intenti a godere dell’unico sprazzo di ombra che avevano conquistato.

Addirittura i gemelli, pur di trovare un po’ di conforto, avevano acconsentito ad accompagnare Percy , che voleva andare a vedere dove lavorava papà, in fondo al Ministero, avevano pensato, c’era sicuro qualche incantesimo per tenere l’aria fresca.

Loro due, invece, avevano ricevuto il fortunatissimo compito di restare a casa con la mamma, visto che oramai da un giorno all’altro sarebbe arrivata la sorellina e non era il caso che la mamma stesse da sola. Ron dormiva beatamente nel suo lettino, se si addormentava nulla poteva distrarlo.

Inoltre, sembrava molto più preoccupata e triste del solito, più di una volta l’avevano vista piangere mentre si accarezzava il pancione e sussurrava qualcosa, ma non capivano molto e non avevano chiesto, erano solo bambini in fondo.

Bill, tuttavia, sapeva della guerra, per quanto i suoi genitori avessero tentato di tenere lui e i suoi fratelli lontano da tutto, aveva capito molto.

Sapeva che un mago oscuro molto potente stava minacciando tutti.

Sapeva che i suoi genitori combattevano valorosamente per difendere il loro mondo.

Sapeva che molti dei maghi e delle streghe che passavano nottetempo a casa non lo facevano solo per fare visite di cortesia, parlavano di ronde e di attacchi, combattevano anche loro.

Sapeva che i suoi zii preferiti, Gideon e Fabian, non erano morti per un incantesimo riuscito male.

L’aveva capito al funerale, alcune settimane prima, dalle lacrime composte delle persone così cariche di rimorso e allo stesso tempo orgoglio, in particolare quel signore con l’occhio strano, ma, soprattutto, l’aveva capito dalla rabbia della mamma.

Non erano morti, qualcuno li aveva uccisi.

E Bill era tremendamente arrabbiato per il fatto di non poter fare qualcosa, perché doveva ancora aspettare un anno per avere la sua bacchetta, perché voleva rendersi davvero utile, non temeva il pericolo, ma non poteva far nulla lo stesso.

Per questo alla fine aveva subito accettato di rimanere a fare la guardia alla mamma, almeno avrebbe difeso lei e sarebbe stato utile nel caso la sorellina arrivasse, almeno avrebbe mandato un gufo al papà.

“Bill…” assorto in questi pensieri il richiamo di Charlie gli arrivò come un eco lontano.

“Bill….ti prego, facciamo qualcosa mi sono rotto, andiamo a giocare con quelle cose strane intorno alla casa dei Lovegood” scongiurò il minore, afflitto da quell’apatia.

Stranamente Charlie, nonostante la sua mole, non soffriva eccessivamente le calde temperature, sudava certo, tuttavia la cosa non lo rendeva spossato ma, di contro, piuttosto allegro.

“Charlie, lo sai che non possiamo allontanarci, se la mamma si alza e le serve qualcosa dobbiamo essere qua” constatò ovvio Bill, non senza una punta di sollievo, per arrivare alla casa dei loro vicini era una scarpinata non indifferente.

Charlie era già scattato in piedi pronto a replicare ma un urlò che superò il trambusto provocato dagli gnomi, li fece guizzare immediatamente sull’attenti.

Ecco, appunto!

Senza il tempo di pensare ad altro salirono a due a due le scale fino alla camera dei genitori ed entrando trovarono uno spettacolo sconcertante.

“Mamma” esclamò subito Charlie “ma quanta pipì addosso ti sei fatta?”

Molly alzò il viso per guardare i suoi due figli maggiori, era rossa – e Bill iniziò a supporre che non fosse solo per il caldo – evidentemente presa da forti dolori, eppure non riuscì a non sorridere per l’esclamazione del figlio “T-tesoro, non è pipì, la sorellina sta arrivando!”

A quella notizia fu il panico tra i fratelli “Dov’è Errol?” - “Era qua, ce l’hanno gli gnomi” – “Prendilo, io inizio a scrivere un messaggio” – “Non lo vedo...no ecco.....preso!!” nel caos Charlie arrivò tenendo il pennuto per il collo, forse un po’ troppo forte “Lo uccidi così! Ci serve vivo per arrivare da papà stupido!”

Punto sul vivo Charlie abbandonò il gufo a terra e fece per andarsene ma la mamma li richiamò “Ragazzi, non litigate!”

“Hai ragione, scusa mamma!” Bill mesto si avvicinò a lei dopo aver lanciato Errol dalla finestra, nella speranza che andasse dritto al Ministero.

“Bimbi miei, siete i più grandi e i più coraggiosi” a Bill già non stava piacendo la piega del discorso della mamma “Ora dimostrerete tutto il vostro valore aiutando la mamma a partorire”

“COSA?!” all’unisono i due urlarono la loro comprensibile incredulità alla richiesta.

“Beh ragazzi, con tutti i figli che ho fatto credo di riconoscere bene la tempistica di un parto, e per quando vostro padre sarà qua la piccola sarà già nata, non faremo mai in tempo ad andare al San Mungo” i due fratelli stavano velocemente sbiancando “Ma non preoccupatevi, anche voi due siete nati in casa, è più facile di quel che sembra”.

Molly Weasley voleva essere tremendamente rincuorante ma sapeva bene che non era una bella situazione, una partoriente solo in casa con due bambini, doveva solo sperare che non ci fossero complicazioni e poi che arrivasse qualcuno prima della fine, non voleva che i bambini vedessero tutto quel sangue, si sarebbero spaventati.

“Mamma, possiamo andare a chiamare i vicini, almeno loro sono adulti” Bill aveva capito la situazione e, nonostante i Lovegood fossero parecchio strani, intuiva che chiunque era meglio di loro.

“Bravo il mio bambino, come sei intelligente!” disse un’ansante Molly accarezzando il primogenito “Charlie vai tu, veloce” il bambino subito eseguì l’ordine alzandosi dal lettone “e, anzi” Molly si morse il labbro, stava per dire una cosa molto controproducente ma era necessario “prendi una delle vecchie scope dal ripostiglio, farai prima” il luccichio negli occhi di Charlie confermò che era appena stata sganciata una bomba e mai più avrebbe potuto impedirgli di volare, ma Charlie era oggettivamente bravo pur essendo così piccolo, poteva fidarsi. Doveva fidarsi.

“Ma al ritorno smaterializzati insieme alla signora Lovegood” il figlioletto annuì a malapena e corse via, era evidentemente troppo eccitato per poter controbattere alcunché.

“Io mamma cosa faccio nel frattempo” Bill fremeva, non poteva restare inerte a guardare la mamma, capiva che non stava benissimo, ma il parto non era una bella cosa?!

“Il mio William, il mio ometto di casa, tu starai con la mamma finchè non arriva papà, è la cosa più importante. Devi tranquillizzarmi e darmi la forza di far nascere la sorellina.”

A Bill non sembrava un gran compito, ma la mamma sembrava convinta e non aveva voglia di replicare, per fortuna subito aggiunse “Intanto porta qui una grande bacinella di acqua tiepida e tutti gli asciugamani che riesci a prendere nell’armadio in corridoi”.

Ecco, ora si sentiva utile, mentre scorrazzava tra la camera e l’armadio aveva l’illusione di star facendo qualcosa, ma cosa? Come nascevano i bambini, come si faceva? In quel momento si maledisse ripetutamente per non aver chiesto prima, dopo ben cinque fratelli, cosa succedesse proprio in quel momento!

Portato tutto l’occorrente, che Molly dispose intorno a lei, si sedette nuovamente vicino alla mamma, che prontamente gli strinse una mano, anzi, gliela stritolò!

“Ma-mamma” non riuscì ad aggiungere altro perché la donna lanciò un urlo belluino

“Bill conta con calma ad alta voce così la mamma sa quando deve aiutare la sorellina”

Bill senza neanche più chiedersi il perchè e il per come iniziò a contare ad alta voce con calma e ad assistere, con una certa cadenza, ad altri urli della mamma che superavano di gran lunga quelli che di solito lanciava ai gemelli, il tutto mentre stava perdendo l’uso della mano, ma non si sarebbe certo messo ora a questionare sulla cosa.

Molly sembrava in preda a dolori lancinanti, anzi, forse non sembrava, lo era!

Bill sudava sempre di più, non sapeva cos’altro fare, e il fatto che la mamma continuasse a ripetere che era quasi fatta non lo rincuorava affatto.

Errol era arrivato? Papà che fine aveva fatto? non gli veniva il dubbio il sentore di qualcosa?

E Charlie, dove diavolo era finito? Con la scopa era sicuro già arrivato. Che fosse caduto? No, dai, sapeva volare. Che si fosse messo a giocare a casa Lovegood? Non era davvero così scemo!

Nel mentre stava pensando altri improperi verso il fratello una serie di urli si sovrapposero.

L’urlo della mamma, più lungo e forte degli altri.

L’urlo composto ma decisamente acuto della signora Lovegood che apparve col classico pop in mezzo alla stanza, bacchetta sguainata e Charlie attaccato ad una gamba “Ma, Molly, il bambino mi aveva detto che eri in pericolo...oddio è solo un parto” e ti pare poco le avrebbero voluto rispondere i due fratelli!

L’urlo di Arthur che era appena entrato in casa e, da quel che si sentiva, stava cercando di salire con Percy e i gemelli abbrancati addosso.

L’urlo di Ron che finalmente era resuscitato dal suo sonno comatoso.

E un urlo, diverso, insistente, sconosciuto.

Seguito da quello di Charlie, che a differenza di Bill aveva assistito alla scena da una visuale diretta, “Merlino, fantastico, è nata!”

La vicina, meno svampita di quel che ritenevano i ragazzi, agitò sapientemente la bacchetta e subito asciugamani e tinozza iniziarono a prendere vita, fece qualche incantesimo per pulire il letto, Molly e iniziò ad armeggiare con la bambina.

Bill intanto guardava il volto della mamma rilassarsi sempre più e poi la vide.

Non vide il papà che finalmente entrava.

Non vide Charlie raccontare gasato ai gemelli la scena splatter del parto.

Non vide Percy fare gli onori di casa alla vicina.

Vide solo dei ciuffi rossi, uguali identici ai suoi, e due occhi marroni che lo guardavano insistentemente.

“La vuoi prendere in braccio?” gli chiese Molly dolcemente “in fondo l’hai fatta nascere tu!” e così dicendo pose il fagottino tra le braccia di un paralizzato Bill, che non riusciva a fare più niente da quando aveva incrociato quegli occhi, e lo stesso valeva per la bambina che aveva subito smesso di piangere in braccio a lui.

“Adesso basta voi tre!” disse calmo ma deciso Arthur ai figli, mentre nel frattempo aveva mandato Percy a prendere Ron “Ora fate i bravi, vi presento la vostra sorellina, ecco Ginevra Molly Weasley!” dichiarò in maniera orgogliosa ed altisonante mentre un singhiozzo di commozione scappava dalle labbra di Molly “Da oggi mi aspetto che molte cose cambino qui, siamo sempre stati tutti uomini, ma ora c’è un’altra donna con la mamma in casa e quindi dovete essere più attenti e responsabili verso di lei, dovete badarle e trattarla come una principessa, capito?!” disse calcando l’ultima parola in direzione dei gemelli.

Una principessa’ pensò Bill mentre ancora teneva in braccio la bimba ‘Si, sei proprio una principessa Ginny, e io ti difenderò sempre come un valoroso cavaliere, non dovrai temere nulla con me affianco’ e intanto la piccola si addormentava quieta tra le sue braccia.

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Capitolo 3
*** Partenze ***


Non so come mi è uscita questa cosa super sdolcinata, ma non sono riuscirà a pensare ad altro, tenendo anche conto che avevo già scritto quasi del tutto l’ultimo capitolo. E poi il mio Bill è proprio in estasi davanti alla sua sorellina! *.* Grazie mille a chi l’ha messa tra le seguite/preferite, chi ha recensito e chi solo passa a leggere. Vi ricordo che è alfin partite la serie, ero indecisa col titolo “Una per tutti, tutti per Ginny” ma sono soddisfatta anche di “Alla fine arriva Ginny!”. A presto per l’ultimo capitolo di questa breve storiella.

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Finalmente il 1° settembre era giunto, trovando la signora Weasley affranta ed agitata per la partenza imminente del primogenito, che era invece tutto un fremito d’impazienza, non vedendo l’ora di raggiungere la scuola dei sogni di cui tanto aveva sentito parlare.
Bill si guardava nervosamente allo specchio, stirandosi la maglia con le mani, cercando di aggiustarsi i capelli, controllando nuovamente il baule. Il rito si ripeteva oramai all’infinito, Charlie aveva già abbandonato da tempo la stanza, ampiamente rintronato dal continuo peregrinare del fratello da un’anta dell’armadio alla porta, dove rispondeva agli urli assordanti della mamma con altrettanta veemenza.

Mentre il ragazzo cercava di fare mente locale delle cose richieste nella pergamena della scuola, non si accorse della porta della sua stanza che si apriva per lasciare entrare il padre, che con sguardo compiaciuto e al contempo sgomento osservava il maggiore sei suoi figli che si incamminava verso la sua vita adulta.

“Bill” la voce seppur calma di Arthur Weasley fece trasalire il giovane, profondamente immerso nelle sue elucubrazioni “c’è qualcuno che non riusciva ad aspettare che tu scendessi a salutare”.

In braccio al padre, una bambina piccolina, infiammata da una folta chioma rossa, si sbracciava animatamente, nel tentativo di protendersi verso il fratello, il quale diede subito soddisfazione ai suoi sforzi prendendosela in braccio.

“’illiam” trillò felice la bimba, che aveva finalmente raggiunto l’ambito posto “Ehi principessa, sempre impaziente? Secondo me ti stiamo viziando troppo!” Bill rise del buffo broncio della sorellina mentre il papà, sorridendo, li lasciava da soli, cosciente che loro due, più di altri, avevano bisogno di salutarsi in privato.

Bill la strinse subito a se, facendole il solletico, fino a che i gorgheggi divertiti della bambina non risuonarono in tutta la stanza. Si sedette sul letto, poggiandosi Ginny sulle ginocchia, un po’ per poterla guardare in faccia mentre cercava di dirle qualcosa, un po’ per farla comunque trotterellare, la piccola era nota per non poter mai stare ferma.

“Ehi, proviamo a fare cinque minuti i seri, ok?” ed improvvisamente i profondi occhi scuri della sua sorellina si incatenarono ai suoi, come il giorno che era nata, creando quella lunga e intensa connessione, foriera di mille emozioni e di mille parole non dette, indecifrabile per qualsiasi altro componente della famiglia.

“Lo sai che alle undici sarò a Londra con papà per prendere il treno per scuola?” la famiglia Weasley non disponeva infatti ancora di un mezzo per trasportare tutti i suoi componenti fino a King’s Cross e, non essendo possibile smaterializzarsi direttamente sul binario che accoglieva l’Espresso della scuola, non era certo consigliabile apparire in mezzo ad una stazione babbana con tutti i bambini al seguito, soprattutto con i gemelli. Pertanto, solo il papà avrebbe accompagnato Bill al binario, mentre la mamma restava a sorvegliare il resto della truppa.

A quell’affermazione gli occhi di Ginny divennero lucidi, Bill capì che aveva compreso le sue parole, era così intelligente la sua Ginny, era la più sveglia di tutti! Certo, avere tanti fratelli, e così grandi, che le davano mille stimoli in continuo, le aveva fatto sviluppare prima di chiunque altro molte facoltà.

A dieci mesi aveva già fatto i primi passi, per cercare di sfuggire ai gemelli, mentre contemporaneamente aveva iniziato a dire le prime parole, grazie a Percy che si stava già impegnando per insegnarle l’alfabeto.

Bill era molto orgoglioso che il suo nome fosse l’unico pronunciato quasi perfettamente.

Di nascosto Charlie l’aveva fatta salire sulla scopa, levitando ad una minima altezza, con Bill che faceva da guardia, scoprendo così che alla piccola volare piaceva decisamente.

Ron si premurava invece di seguirla ovunque, per evitare che cadesse per le scale o che sbattesse agli angoli, vista l’irruenza della bambina, insegnandole nel frattempo ogni cosa lui aveva appena imparato.

“No, no, non devi piangere” e con un dolce bacio sulla guancia fermò subito l’avanzare di qualsivoglia lacrima “è una cosa bella, non devi essere triste. Vado a diventare un bravo mago, abile come la mamma e il papà” ed iniziò a raccontarle tutte le cose fantastiche che avrebbe fatto, che le avrebbe mostrato, dicendo che, forse non quell’anno ma i successivi sicuro, si sarebbe comprato una scopa e con Charlie l’avrebbe fatta volare sul serio; che le avrebbe riportato alcuni dei magnifici fiori che crescevano nelle serre del castello; che avrebbe imparato ad affrontare ogni creatura così da poterla difendere sul serio, come promesso alla sorellina nelle notti in cui il vento ululava e lei si spaventava.

Gli occhi della bambina ora brillavano, non più per i lacrimoni, ma per la gioia. Ginny si incantava spesso quando il fratello maggiore le parlava, la sua calma, la sua dolcezza, avevano il potere di tranquillizzarla sempre e di farla sognare, di farla ridere e sentire protetta, di colorare un mondo bellissimo dove Ginny viveva molte avventure insieme a lui.

Bill aveva occhi solo per lei, come tutti certo, ma in modo del tutto speciale. Non l’aveva mai rimproverata, non si era mai arrabbiato con lei, non ci riusciva, ‘un cavaliere non può mai arrabbiarsi con la sua principessa’ ripeteva sempre.

E di certo anche a lui dispiaceva profondamente lasciare Ginny, gli dispiaceva non poterla vedere crescere, non poterla seguire tutti i giorni nelle sue scoperte, dover lasciare a Percy il compito di insegnarle a leggere, ai gemelli il compito di farla ridere, a Ron il compito di difenderla. Voleva poter esserci lui affianco a lei, per sempre, ma Bill non era un ragazzino sciocco e sentimentale, sapeva bene che la scuola era, come stava spiegando a lei, la strada unica per entrare a far parte da protagonista nel Mondo Magico, consapevole ed abile delle proprie potenzialità magiche.

“Tu non devi preoccuparti, tornerò a tutte le vacanze e ti manderò gufi molto spesso, la mamma ti leggerà e se vorrai rispondermi, o spedirmene tu, potrai chiederlo sempre a lei” continuò dolce, a farle capire che il distacco non sarebbe stato del tutto assoluto “E poi non voglio che mi privi dei tuoi disegni, me ne manderai spesso vero?” chiese Bill ottenendo in risposta un sorrisone sdentato dalla piccola, che adorava fare disegni coloratissimi che il fratello e Charlie collezionavano in camera, oramai tappezzata in ogni dove.

“E non devi temere, so che da oggi non saremo più bambini insieme qui dentro ma non cambierò mai nulla tra di noi” nel frattempo Bill si era alzato, e aveva iniziato a cullare la piccola “conoscerò nuovi amici, nuove persone, ma nessuno potrà mai prendere il tuo posto, non avrò mai un’altra principessa come te” la bimba oramai stava lottando con tutte le sue forze per non abbandonarsi al sonno “ti voglio bene piccola Ginny, non scordarlo mai!”.

Bill scese le scale con calma e attenzione, per non svegliare la bimba che placidamente gli si era addormentata in braccio, e restituirla al padre prima di avvicinarsi alla baraonda che lo attendeva vicino alla soglia della Tana.

Molly stava cercando di mettere in fila tutti i suoi figli, in modo che si preparassero a salutare il fratello, ma ovviamente solo Percy era in piedi fermo dove la madre gli aveva detto. I gemelli stavano cantando a squarciagola nelle orecchie di un povero Charlie, del tutto frastornato, mentre Ron del tutto distaccato dal contesto era assorto nella contemplazione, e successiva fagocitazione compulsiva, di un paio biscotti rubati dalla credenza.

“Ehi teppistelli, ascoltatemi bene” la voce calma ma chiara di Bill attirò subito l’attenzione di tutti, in fondo anche i gemelli avevano iniziato a capire che i fratelli maggiori – tranne ovviamente Percy – erano da ascoltare ogni tanto, fosse solo perché erano innegabilmente più grossi.

“Cercate di fare i bravi, state tutti diventando grandi e la mamma non può ammattirsi appresso a voi” Percy annuiva convinto al discorso “Ecco, Percy, confido su di te per portare ordine in casa, però ogni tanto devi giocare anche tu e fare il bambino” il piccolo stava già scattando per protestare “almeno un pomeriggio a settimana, non dico tanto!” e diede un’adulta stretta di mano al bambino, che oramai di considerava troppo grande per buffetti e abbracci, eccetto quelli della mamma.

“Ron, mi raccomando non ti far spaventare da tutto e cerca di non stare sempre a mangiare ok?” e scompigliando i capelli dell’ultimo maschio di casa lo salutò abbracciandolo e lanciandolo in aria.

“Voi due” i gemelli già lo guardavano con un sorriso a trentadue denti di dichiarato intento malefico “bah....dico solo, non distruggete casa, la vorrei ritrovare al mio ritorno”

“Certo, Bill, con noi... ” disse Fred “...puoi stare più che tranquillo!” proseguì George, e scoppiando a ridere insieme saltarono tra le braccia aperte del fratello.

“Charlie” il saluto con il suo gemello era già coperto di quell’aria di ufficialità degna di un’investitura solenne “innanzitutto...abbi coraggio, due anni e sarai a scuola con me!” entrambi scoppiarono a ridere e si abbracciarono “ora il maggiore di casa sei tu, quindi vedi di mettere un po’ la testa a posto” impossibile, pensò, solo guardandolo “e ricorda che in qualsiasi discussione tra voi cinque e Ginny ora l’ultima parola è la tua e se qualcuno la fa piangere” disse con tono quasi serio “Si, si, lo so Bill, lo devo sotterrare in mezzo agli gnomi del giardino in attesa che tu torni per dargli il colpo di grazia!” continuò Charlie ridendo.

“RAGAZZI!!” urlò sdegnata Molly, ma non riuscì ad arrabbiarsi più di tanto, sapeva l’attaccamento di Bill per la piccola di casa e la reciprocità della cosa, che a volte quasi la ingelosiva.

Strattonò il più grande dei suoi figli in un abbraccio spacca-ossa e quasi con le lacrime agli occhi iniziò a fargli, per la centesima volte, tutte le raccomandazioni del caso.

“Si, mamma, non ti preoccupare, davvero, e poi quest’anno la scuola inizia nella pace, da oltre un anno dopo ringraziare il grande Harry Potter no?” disse facendo l’occhiolino alla madre che lo guardava commossa.

Arthur si avvicinò alla moglie per cederle la piccola, che oramai dormiva profondamente, Bill vedendosela passare davanti non resistette a lasciarle un ultimo bacio sul capo “Ci vediamo presto piccola mia e anche tu, non cercarti nessun’altro cavaliere oltre me, neanche se dovessi incontrare il famoso Bambino Che È Sopravvissuto” sussurrò sul capo di Ginny, seguendo poi il padre fuori casa.

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Capitolo 4
*** Sarai sempre tu la mia principessa ***


Dalla porta sul retro, una piccola figura sgattaiolava fuori cercando nel giardino riparo dalla calura di quei giorni di fine estate nonché dall’asfissiante presenza di un’odiata francese, corredata dagli sbuffi indispettiti di sua madre e di Hermione.

Certo era innegabilmente divertente prendere in giro Fleur per il suo accento, per il suo modo di fluttuare per casa, ma in realtà non la stava sopportando davvero più, era una stupida oca giuliva che, per giunta, si era fidanzata con Bill.

Ma c’era Percy, quello stupido borioso filo-ministero! Non poteva sposarsi con lui? Così di sicuro non l’avrebbe più rivista!

Oppure Charlie, così cambiava stato! No, povero Charlie, che colpa aveva lui per doversi ritrovare incollato quella gallina? Al massimo gliela poteva proporre sperando che la ragazza diventasse cibo per draghi!

Si, forse stava diventando un po’ perfida, ma quella, quella.....

“Per quanto tempo credi riuscirai a sfuggire alla mamma?” Ginny si girò di scatto, interrotta nel suo sproloquio proprio dall’artefice di quella sciagura.

Bill, appoggiato allo stipite della porta dalla quale la ragazza era appena fuggita, la guardava sorridendo, pensando che adesso sarebbe stato davvero difficile prendere Ginny in braccio, essendo oramai diventava una bellissima ragazza.

Il maggiore inclino la testa sorridendo, rigirandosi tra le dita la zanna che portava all’orecchio, cimelio a cui era ormai molto legato e che gli donava un’aria un po’ ribelle, in antitesi a quella faccia da bravo ragazzo amata da tutti. Anche Fleur aveva adorato quello sprazzo di selvaggio che albergava nel ragazzo, altro motivo in più perché Molly non la vedeva di buon occhio, “gli avesse almeno fatto togliere quell’orecchino” ripeteva sempre.

“E a te che importa?” disse Ginny rigirandosi con aria di sfida e incrociando le braccia al petto “non hai da pensare alla tua fidansota” l’ultima parola fu calcata e ridetto nello strano accento franco-inglese della sgradita ospite.

Un luccichio negli occhi di Bill fece trasalire Ginny che si morse immediatamente il labbro inferiore.

Il ragazzo si scostò dallo stipite della porta e a grandi falcate raggiunse la sorella, fermandosi improvvisamente di fronte a lei, si tese guardingo verso la ragazza, abbassandosi quanto bastava per mettere i loro visi l’uno dinanzi all’altro, scrutandola, come se avesse il naso sporco.

Ginny cercò di allontanarsi dallo sguardo indagatore del fratello ma fu proprio quello a bloccarla, facendo incatenare i suoi occhi scuri a quelli chiari di Bill e perdendocisi dentro come, le raccontavano spesso, avveniva quando era ancora piccola.

Si sentiva quasi nuda di fronte a quegli occhi, come se le leggessero dentro meglio di chiunque altro e lei avrebbe voluto poter nascondere molte cose a quegli occhi, anche se sapeva che sarebbero sempre stati pronti a confortarla e supportarla.

Improvvisamente una sonora risata la riscosse da quella assurda stasi e Ginny si sentì strattonare in un abbraccio dal fratello “Ma cos...” non fece in tempo a ribattere alcunché alla stranezza della situazione che Bill, ancora profondamente scosso dalle risate, le scompigliò i capelli e dandole un buffetto sulla guancia disse “Siamo gelose, eh principessina?”.

Nessuna stasi, nessuna calma, ora gli occhi di Ginny mostravano mille e più emozioni, facilmente individuabili: stupore, incredulità, rifiuto, negazione ma soprattutto profondo imbarazzo.

Ed ecco che la sempre impassibile Ginny Weasley dimostrò di essere pienamente parte della famiglia diventando completamente ed irrimediabilmente bordeaux.

Ma riprese ben presto il suo contegno, non era più una bambina dopotutto e ci teneva a rimarcarlo il più spesso possibile “Ma cosa dici? Sei uno sciocco Bill e sei proprio fuori strada” e si girò prontamente non riuscendo a rimanere seria più a lungo.

Tuttavia Bill era noto per essere sicuramente il più caparbio dei suoi fratelli, ogni obbiettivo prefissato era da lui raggiunto con rapidità e precisione, come a scuola, dove voleva essere il migliore, essere l’orgoglio dei suoi genitori e l’esempio per tutti i suoi fratelli, impegnandosi nello studio fino alla nomina da Caposcuola.

Anche nel lavoro aveva perseguito ostinatamente la sua passione per gli incantesimi, il mistero e l’avventura, andando a proporsi sfacciatamente ai folletti come esperto Spezzaincantesimi per uno stage iniziale, accettando soprattutto le trasferte all’estero dove nessuno voleva andare. In questo modo, oltre a studiare come un matto tutte le notti, aveva acquisito una notevole esperienza sul campo e quel titolo non era più parzialmente immeritato.

Ugualmente deciso e diretto era stato nei rapporti affettivi. O meglio, con Fleur. E si, perché nonostante fosse innegabilmente un bel ragazzo Bill non aveva certo avuto i trascorsi amorosi di suo fratello Charlie, idolo di tutte le studentesse, forse un po’ oche avrebbe aggiunto, di Hogwarts ai tempi. Lui era più concentrato a studiare e a divertirsi con gli amici. C’era stata qualche cotta, qualche uscita, ma niente relazioni o altre cose ufficiali. Nulla, fino a Fleur.

E dire che all’inizio la ragazza non l’aveva particolarmente colpito.

Che dire, bella era bella, questo non si poteva negare, anche se Bill sembrava immune all’inebetimento che colpiva tutti gli uomini che la guardavano, col tempo scoprirono, grazie alla madre di Fleur che, infatti, alcuni uomini non subivano l’incanto delle Veele, molto pochi a dir la verità e tra questi c’era il signor Delacour.

Tuttavia a prima vista e tenendo conto di quello che gli avevano raccontato i suoi fratelli dopo il Torneo Tremaghi, le ragazze di Beauxbatons erano più preoccupate dello smalto alle unghie che del resto.

Oh...ma si era dovuto ricredere su Fleur, la ragazza era in realtà molto intelligente, decisa e motivata, nonché coraggiosa. Il momento cardine per Bill fu quando la ragazza gli disse, sottovoce e stando ben attenta a quali parole usava, che sapeva da che parte stavano loro e cosa facevano, insomma aveva orecchiato dell’esistenza dell’Ordine della Fenice, e che anche lei era pronta a dare una mano, perché quella era la cosa giusta, per lei, la sua famiglia, i suoi amici, per tutti. E Bill in quel momento seppe che davanti non aveva più una bellissima ragazza francese un po’ snob ma una donna che amava profondamente ed era pronta a lottare per ciò a cui teneva. Bill capì di aver incontrato la sua donna. E così le fece una corte serrata, galante e attenta a cui la fanciulla non seppe resistere, anche se – come ammise dopo – ci aveva sperato dal loro primo incontro.

Bill era davvero contento di stare con lei e rammaricato del fatto che la madre e la sorella non volessero approfondire la conoscenza con la ragazza, di certo ne sarebbero rimaste stupite come lui.

Ed  ora infatti si trovava ad affrontare la stizza della piccola di casa.

Poggiandole le mani sulle spalle la tirò di nuovo a sé “Eh si, si, si, signorina, siamo proprio gelose marce!” e, senza tenersi, scoppiò di nuovo a ridere.

Ecco, adesso gli occhi di Ginny lanciavano solo lampi di fuoco “Non sono gelosa! Ma non lo vedi che è solo una stupida oca, non fa altro che fare la smorfiosa con tutti, ridere in continuazione alle battute dei gemelli, dare attenzione a papà”

“Ginny”

“Fare i complimenti a Ron per gli scacchi, gli scacchi...secondo me non sa neanche cosa sono, e poi vuole il centro della scena”

“Ginny”

“Sta lì sempre a farsi vedere come è bella, come se ci fosse solo lei in casa. E sono certa che è sempre impegnata a sfoderare i suoi poteri per imbambolarti, non puoi piacerti davvero!”

“Ginevra!” il nome intero era sempre foriero di guai per la piccola Weasley “hai appena descritto i comportamenti normali che chiunque conosca la nostra famiglia ha già mostrato. Tutti ridono con i gemelli, tutti si fanno incastrare da papà nei discorsi sugli oggetti babbani e alla fine se ne interessano, soprattutto se sono Purosangue – sani aggiungerei – e non puoi negare che Ron è davvero un mito a scacchi!” fece notare con occhio ovvio Bill “Non dire così, non la conosci davvero. E poi pensi davvero che mi sarei innamorato di un’oca giuliva senza cervello? C’è molto più di quello che tu e la mamma volete vedere, ma se vi ostinate a girare la faccia ogni volta che passa sarà impossibile scoprire alcunché. E tra l’altro lei non è scema per niente, si è accorta che la prendete in giro e ci sta male quindi ti prego di moderarti” disse ritornando alla calma il giovane.

Un ghigno per nulla rassicurante apparve sulla faccia di Ginny “Ah ci sta male? Così male che vorrebbe andarsene per caso? Perché l’aiuterei subito a fare le valigie!”

“Sei terribile, un terribile mostricciattolo rosso” le disse Bill puntandole il dito sul naso e sfoderando il suo sorriso.

“Ma il mostricciattolo è in realtà la principessa no?” disse con finta noncuranza la ragazza “E pensa come è brutto ritrovarsi senza cavaliere?” l’aveva detto, così, senza pensarci, ma di tutte la cosa che le strideva di più è che quella volta sembrava davvero definitiva, Bill si sarebbe sposato, avrebbe avuto un’altra famiglia, e magari sarebbe andato in Francia. Non poteva sopportare l’idea.

Il dito puntato divenne velocemente una carezza a cui Ginny non si sottrasse, in fondo là fuori al buio, nessuno vedeva che si lasciava andare a “queste sdolcinatezze”.
Bill senza indugio la abbracciò di nuovo, questa volta con calma e tranquillità, cercando di rassicurala, dondolando un po’ sul posto, come quando da piccola la cullava per farla addormentare, anche se ora erano entrambi in piedi e sveglissimi, perché in fondo era ancora la bimba che aveva paura di perdere l’affetto del suo fratellone.

“Sei tu una sciocca, come puoi pensare che chiunque potrebbe battere la mia famiglia. Fleur non sarà mai un’altra scelta da fare in opposizione a voi, a te” disse prendendole la faccia e facendole alzare lo sguardo su di lui “ma desidero ardentemente che lei diventi parte di questa famiglia, così che non ci sarà nessuna scelta da fare perché sarete insieme, siete già insieme nel mio cuore” e guardando il naso storto della ora davvero piccola Ginny “Va bene, tu sei un po’ più in alto, ok?” concluse sorridendo.

“Beh... mi pare il minimo! Se la metti così forse posso iniziare a tollerare il fatto che la tipa là gironzoli vagamente per casa e saltuariamente intorno a te!” rispose secca Ginny, mascherando malamente un sorriso di soddisfazione. Sapeva benissimo che il fratello non li avrebbe mai lasciati, ma sentirselo dire era tutta un’altra cosa.

“Troppo onore mia principessa davvero” la canzonò Bill, facendole un inchino vistoso e teatralmente comico “Di nulla mio prode cavaliere” e così Ginny scoppiò in una risata liberatoria seguita a ruota dal fratello.

La rabbia, il fastidio, il nervoso per Fleur stavano lentamente scemando ma ci sarebbe voluto ancora molto tempo.

Visto che la situazione si era molto stemperata, Bill si lanciò in una subdola vendetta “E comunque mi sembra che anche tu non stai certo risparmiando con i cavalieri!” e fece una linguaccia alla sorella che di nuovo rossa in viso si girò a guardarlo di nuovo.

“Bill! Scemo ancora che sei”

“Beh credi che le mie spie non mi informino? Prima quel Neville ti invita al Ballo del Ceppo, poi quell’altro si mette con te e adesso ho saputo che gironzoli intorno ad un compagno di Ron, un certo Dean!” elencò sfacciatamente il ragazzo.

“Ma che...chi ti racconta i fatti miei? Ron? Oppure quei due ficcanaso dei gemelli, che vogliono! E poi, e poi...” Ginny non sapeva come tirarsi fuori d’impaccio, le cose erano in realtà molto più complicate di come le aveva rappresentate Bill.

Poteva sembrare una ragazzina incostante e facile ma in realtà era dilaniata dall’incertezza, dal non sapere cosa voleva veramente, o meglio lo sapeva, ma non potendo averlo aveva cercato di dimenticarlo, anzi lo stava dimenticando, voleva dimenticarlo, ma ci sarebbe riuscita? Forse Dean, più grande, più maturo di Michael, forse...

“Non ti sto rimproverando, so benissimo che sei grande e grossa ed è normale che i ragazzi inizino a notarti, sei bellissima” e di nuovo Ginny avvampò, si considerava carina, ma essere definita bella dal suo fratellone accresceva in maniera esponenziale la sua autostima.

“Ma innanzitutto” continuò placido Bill “Non voglio che frequenti strani soggetti o persone di cui non c’è da fidarsi, non sai che cosa gira per la testa dei ragazzi e non voglio che nessuno osi...”

“Ho capito, ho capito” lo fermò Ginny prima che il discorso prendesse una piega decisamente imbarazzante “E tranquillo, già l’anno scorso stavo perfezionando la mia Fattura Orcovolante, quest’anno poi, dopo la Battaglia all’Ufficio Misteri dovrebbe essere chiaro a tutti che so difendermi da sola!” disse con una profonda nota di soddisfazione.

Al rivangare quell’episodio Bill si incupì, non solo per la perdita di Sirius, che aveva iniziato a conoscere ed apprezzare, ma per la paura che gli aveva attanagliato il cuore quando aveva saputo che circondati da Mangiamorte e dallo stesso Voldemort c’erano i suoi fratelli più piccoli.

“E a prescindere” continuò quindi più serio “Non fare mai più cose avventate o stupidaggini del genere”

Ginny non se la sentiva di ribattere, sapeva bene che la loro era stata una mossa avventata che tra l’altro alla fine si era rivelata oltremodo sciocca e dannosa, in quanto era caduti in una bieca trappola.

“Anche se è per seguire il grande Harry Potter” disse sorridendo alla sorella “Che per inciso, sarà anche grande, forte e un abile mago, predestinato sin da piccolo...ma se non riesce a vedere chi ha intorno a sé è più ceco neanche gli togliessero gli occhiali!”

“Bill! Ma che dici!” ecco, la conversazione era diventata imbarazzante, non Harry, non di nuovo lui.

Ma Bill era implacabile “E sono certa che non guarda Fleur, tranquilla, sono amici, non devi essere gelosa anche di lui!” strizzò l’occhio alla sorella che, sempre più rossa, aveva iniziato a dargli degli pugni sulla spalla “Stai farneticando!” ma anche questa volta fu fermata da una grassa risata che il fratello si stava facendo a sue spese “Va bene, va bene, fatti tuoi. Però ricordati che nessuno può restarti indifferente, e alla fine anche il più grande tonto correrà da te” le disse scompigliandole i capelli.

“Bill smettila” non fomentare la mia fantasia avrebbe voluto dirgli, stava cercando di andare avanti, perché tutti la fermavano in questo “E poi io sarò l’unica onesta qui in mezzo, non tradirò mai il mio cavaliere!” scherzò la ragazza, così da scacciare subito il macigno che si stava posizionando su di loro, il suo amore non corrisposto.

“Si, si, voglio proprio vedere!” e ricominciarono a ridere, venendo tuttavia presto interrotti dal soave richiamo della signora Weasley.

“Decisamente la mamma ha superato il record di sopportazione stasera!” ghignò Ginny.

“Andiamo peste, prima che le sue urla arrivino fino a Londra” disse Bill spintonando la sorella verso la porta “Prego, prima le principesse. Sempre prima le principesse” e con un’occhiata entrambi sapevano che con quella frase si chiudevano tutti i dubbi e le paure, ed insieme entrarono in casa, pronti ad affrontare tutte le altre che il mondo duramente aveva da offrirgli.
 




 
NOTE:
E con questo concludo questa storia. So che è corta, ma quando finirò la serie vedrete che ho impostato così tutti le storie dei fratelli, per far risaltare di ognuno una caratteristica. Dite che Bill è troppo fluff...ma mi sembra così buono a me!!!*.*
Comunque sono commossa perché è la prima storia che completo, che emozione!!
Ringrazio  Alexia96, bella993, danyazzurra, redspecial, Telyn e zmarz  che hanno messo la storia nelle seguite; leloale, Safiri e SiriusLove che l’hanno inserita tra le preferite, e ancora danyazzura, Telyn e FloxWeasleey per le belle recensioni.
Grazie davvero a tutti e non preoccupatevi, la red family torna presto!

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