Shall I Try Kiss You?

di Hyorangejuice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Overture ***
Capitolo 2: *** Romantic ***
Capitolo 3: *** And with him it makes five ***
Capitolo 4: *** Chocolate and Christmas lights ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 (per ora) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Facing my fears ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Mille won e una cioccolata ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Let's dance! ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Mi fido di te ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Punch! ***
Capitolo 11: *** Shall I try kiss you? ***
Capitolo 12: *** Tutto è bene quel che finisce bene.... O qualcosa del genere. ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Overture ***


suvvia, eccoci qui...
questo è solo il prologo e spero, vita permettendo, di riuscire a postare il primo capitolo già domani, al massimo martedì...
bhè poco da dire a parte please enjoy m(_ _')m



Shall I try kiss You?

Overture


Seduto sul bordo del letto Minho si rigirava tra le mani la lattina di birra dolorosamente consapevole di ciò che stava per accadere. La sua ragazza, Chan-sook stava seduta sul pavimento, le gambe incrociate e, con un sorriso falsamente innocente stampato sulle labbra, gli stava raccontando di qualcosa che le era successo. Qualcosa che aveva a che fare con una lezione di letteratura inglese e un albero.
Forse.
Non le aveva prestato particolarmente attenzione.
Non perché non la trovasse interessante, no, tutt’altro, quando uscivano insieme lei era una perfetta compagna di chiacchierate, spiritosa con un decente senso dell’umorismo e non era per nulla pedante.
Solo l’unica cosa a cui Minho riusciva a pensare è che avrebbero fatto sesso. Di lì a poco, forse nel giro di cinque minuti, dipendeva da quanto ci avrebbe messo a finire la birra che si rigirava tra le mani.
E, badate bene, non stava pensando al sesso come qualunque ventenne nella media farebbe, con trepidazione, desiderio, smania o chissà quale altra esaltazione, no, niente del genere.
No, decisamente no.
Non che non trovasse la sua ragazza attraente, no, era piuttosto carina, capelli lunghi liscissimi neri, occhi più grandi della media sempre illuminati da una luce particolare, un fisico asciutto e, da non trascurare, una buona quarta di reggiseno.
Eppure guardandola Minho non riusciva a desiderarla come avrebbe dovuto. No, non la desiderava affatto, per quanto la sua parte razionale avesse registrato Chan-sook come ‘desiderabile’ e ‘sessualmente attraente’. Era una cosa che andava aldilà delle sue capacità di controllo, gli si chiudeva lo stomaco, le tempie iniziavano a pulsargli, senza che lui potesse fare niente in proposito.
Quando Chan-sook gli tolse di mano la birra poggiandola sul comodino e accomodandosi sulle sue ginocchia deglutì a fatica cercando di concentrarsi.
Ormai anche eccitarsi stava cominciando a diventare difficile.
Le mani di Chank-sook si insinuarono tra i suoi capelli mentre le sue labbra iniziarono a vagare lungo i suoi zigomi scendendo sulla mascella e poi sulle labbra.
Sentì la sua lingua calda scivolargli tra le labbra ad accarezzare i denti e si disse che doveva rilassarsi.
Strinse le mani sui fianchi Chan-sook e chiuse tutto il resto fuori, ricambiando il bacio della sua ragazza e facendola stendere sul letto.

“Minho”

Le accarezzò il ventre piatto coprendole la bocca con la sua, cercando la sua lingua, perché era quello che doveva fare, ciò che ci si aspettava facesse.

“Minho, basta”

La baciò di nuovo, lungo il collo, carezzando i seni scoperti perché quando si fa l’amore con la persona che si ama la si accarezza come se fosse la cosa più preziosa.

“Minho smettila”

Sentì le mani di Chan-sook sulle spalle respingerlo e si ritrovò a guardare in due occhi grandi e feriti senza riuscire a capire da dove quella sofferenza venisse.

“Minho, basta”

Chan-sook raccolse la sua maglietta dal pavimento e si rivestì prima di scoppiare a piangere. Minho osservò le sue spalle alzarsi e abbassarsi al ritmo irregolare dei suoi singhiozzi, domandandosi se avesse il diritto di andare a consolarla.

“Minho, che cosa c‘è che non va? Sono io? Non sono abbastanza… Abbastanza attraente?”

Si voltò a guardarlo con gli occhi rossi e le lacrime che continuavano a scendere lungo le guance.

“Io…”

“Cos‘è non è abbastanza? Vuoi provare… Provare qualcosa di diverso?”

Minho non poteva neanche immaginare quanto fosse costato ad una donna orgogliosa come Chan-sook dar voce  quei pensieri. Si diede dello stupido per aver sottovalutato la sua capacità di capire, di comprendere più di quanto lui non fosse disposto a dire, o anche solo di ammettere a se stesso.

“Tu non mi ami”



¤ ¤ ¤


Con l’aria fredda di novembre a graffiargli il viso Minho si allontanò dall’appartamento della sua ex-ragazza.
Il senso di colpa gli pesava sulle spalle, mentre un peso sembrava essergli stato tolto dallo stomaco, anche respirare gli veniva meglio.
Prese un respiro profondo e represse un grido.
Dalla tasca dei jeans prese il suo cellulare e, nonostante fosse mezzanotte passata compose il numero dell’unica persona che avrebbe potuto trovare il bandolo di quella matassa di sentimenti e dubbi.
Quattro squilli.

“Key?”



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Capitolo 2
*** Romantic ***


shall1
ecco il primo capitolo ufficiale!
e sì, donne, sarà una 2min perchè, nonostante sia un side pairing, non potevo
negare a me stessa la gioia di scrivere Jongkey...
nella foto ci sono le 'versioni' degi SHINee che ho scelto per la storia,
*plastic pose* per il banner che ho fatto io con l'ausilio
del maligno photoshop.
penso che forse cercherò anche di mettere qualche foto di come mi immagino il 'Romantic', giusto
perchè abbiate un'idea...
comunque spero che il primo capitolo non vi deluda...
è anche stato betato...
direi che anche basta...
GRAZIE a tutte per i gentilissimi commenti che sono stati decisamente apprezzati m(_ _)m


Shall I try kiss you?


Romantic


“Immagino che tu non ne voglia parlare”

Kibum aprì la busta delle patatine versandole in una enorme ciotola insieme ai popcorn e ad altre schifezze che aveva racimolato in casa. ‘Le provviste d’emergenza’ le aveva chiamate.

“No, non mi va”

Kibum annuì prendendo una manciata di patatine mentre si spostavano in salotto. Minho si lanciò sul divano mettendosi comodo e aspettando che Kibum scegliesse il film. ‘Qualcosa di così orribile che la tua vita sembrerà fantastica’ aveva detto.
Erano amici da molto lui e Kibum, da quell’estate in cui Kibum era stato assalito dal cane dei vicini e per scappare alle fauci dell’animale era entrato nel giardino di casa Choi. Se lo ricordava ancora, con i capelli scompigliati, le guance rosse e il fiato corto, sdraiato nel suo vialetto, solo per alzarsi un attimo dopo e inveire contro il cane.
Avevano più o meno dodici anni e essere amici non era difficile, specialmente essere amici di Kibum, almeno era quello che pensava Minho, anche se presto si era dovuto rendere conto che le cose non vanno sempre come ci si aspetta.
‘Ma Kibum è forte’ si era sempre detto, e se non fosse stato forte abbastanza lui non sarebbe stato lì.

“Pronto?”

Kibum si voltò a sorridergli prima di premere play. Minho annuì sorridendo e facendo spazio sul divano.
Con la ciotola sulle ginocchia Kibum si accomodò nell’abbraccio di Minho mentre i titoli di testa iniziavano a scorrere.

“Key-ah”

Kibum si mise un bocca un paio di pop-corn prima di voltarsi verso Minho.

“Grazie”

Kibum sorrise.



¤ ¤ ¤



Aveva sognato Chan-sook quella notte, uno di quei sogni strani che nascondono passioni e menzogne, il sogno sbagliato da ricordare che ti strappa gli ultimi attimi di riposo.
Erano seduti in un bar, stavano bevendo caffè o forse qualcos’altro ed erano insieme, poi d’un tratto Chan-sook aveva spalancato gli occhi coprendosi la bocca con una mano e i clienti che prima si stavano facendo gli affari propri, bevendo i loro caffè, in pausa dalle loro vite perfette avevano iniziato a guardarlo, a indicarlo.
Era nudo.
Nudo come un verme seduto sulla sedia girevole di un caffè.
Nudo perché tutti potessero vederlo.
Nudo perché tutti potessero deriderlo.
Quando aveva guardato verso Chan-sook lei non c’era più, era solo una macchia in mezzo alla folla che rideva e indicava.
Di certo non era il miglior modo di cominciare la giornata.
Aprendo gli occhi si era ritrovato al sicuro e vestito, arrotolato nel piumone di Kibum. Sul comodino, appeso sopra la sveglia, un post-it diceva: ‘Everything will be all right if It’s not all right It’s not the end ’.
Ah, Kibum e la sua necessità di prendersi cura dei cuori infranti.
Riluttante si alzò, abbandonando il calore del letto.

In cucina il caffè ancora caldo lo aspettava nella brocca. Se ne versò una tazza prima di spostarsi in salotto.
Seduto sul divano c’era Kibum.

“Buongiorno” disse avvicinandosi.

Kibum scattò come se si fosse risvegliato all’improvviso da un sogno ad occhi aperti. Cercando di nascondere l’imbarazzo e la sorpresa sorrise.

“Buongiorno, dormito bene?” chiese giocando nervosamente con una ciocca di capelli biondi.

“Key-ah, c‘è qualcosa che non va?”

Kibum sorrise, stavolta senza nascondere la tristezza, né la rabbia, né la frustrazione, non sarebbe servito a niente, non davanti al suo migliore amico, non davanti a Minho.

“Minho-ah” gli fece cenno di avvicinarsi e Minho lasciò la tazza di caffè per terra vicino al divano per andare sedersi vicino a Kibum.

Negli occhi acquosi di Kibum c’era quell’ inesauribile desiderio d’affetto che appariva ogni tanto, quando il mondo diventava un posto troppo brutto per le persone come Kibum. Minho sorrise facendo scorrere un braccio dietro il collo di Kibum e attirandoselo al petto.

“Kibum-ah, cosa c‘è che non va?”

Kibum sorrise, affondando ancora di più il viso nella maglietta grigia di Minho. Era bello avere qualcuno che chiama il tuo nome con tanto affetto, pensò.
Rimasero abbracciati sul divano finché il caffè non si fu freddato, Minho accarezzava la schiena di Kibum parlando di cose a caso, senza un filo logico solo per non lasciare Kibum da solo con i suoi pensieri.

“Vorrei che la vita fosse facile come fare shopping, vorrei avere un carrello da riempire di cose belle e che non passano mai di moda e vorrei che ci fossero i saldi tutto l‘anno” mormorò a mezza voce.

“Ti va una cioccolata calda?” propose Minho dopo un attimo di silenzio.

L’ombra di un sorriso mosse le labbra di Kibum.



¤ ¤ ¤



Un’ora, otto jeans e quindici magliette dopo erano entrati al ‘Romantic’ e si erano accomodati al loro solito tavolo vicino al bancone. Mentre Kibum sfogliava il menù, nonostante entrambi ormai lo conoscessero a memoria, Lee Jinki, proprietario del locale, uscì dal retro.

“Buongiorno!” esordì avvicinandosi al tavolo dove i suoi due amici sedevano.

Jinki era una di quelle persone che si potrebbero definire ‘inaspettate’. Inaspettatamente inciampava minacciando di cadere e farsi discretamente male, e altrettanto inaspettatamente si salvava all’ultimo momento e un sorriso imbarazzato gli saliva alle labbra mentre le guance si tingevano di un rosa pallido.
Inaspettatamente poi a dispetto di tutto quello che il mondo, o quantomeno quelli che lo conoscevano meglio, si aspettavano finita l’università aveva aperto quel bar, piccolo, caratteristico, arredato con gusto e la cui specialità era il caffè alla cannella.
Da manuale era invece la cotta clamorosa che Jinki aveva per la fioraia del negozio all’angolo, quella carina con i capelli lungi e mori che lo faceva balbettare e arrossire senza un apparente motivo.

“Sei stato dalla fioraia stamattina?” chiese Minho.

Jinki annuì voltandosi a guardare il vaso lungo in cui aveva messo il mazzo di gigli che aveva comprato proprio quella mattina.

“È incredibile come, nonostante l‘evidente paresi vocale che ti coglie ogni volta che sei a meno di cento metri dalla fioraia, tu riesca comunque ogni mercoledì a portare a casa dei fiori. Complimenti Jinki, davvero” osservò Kibum mentre Jinki arrossiva fino alla punta dei capelli.

“Ehm, sì io non… È solo che lei è così… E lo sai che poi alla fine…”

“Jinki non ti annodare il cervello, lo so che cosa pensi e sono anche convinto che prima o poi ce la farai ad invitarla ad uscire, Jinki”

Altri due clienti entrarono e Jinki si scusò alzandosi per andare ad accoglierli, lasciando di nuovo Key e Minho alle prese con i menù.

“Minho, sei sicuro che non vuoi parlare di quello che è successo ieri sera? Voglio dire dovresti essere più… Più affranto”

Minho sospirò evitando di guardare Kibum negli occhi, non riusciva a spiegare a se stesso quella strana sensazione di calma che gli era calata addosso quando era uscito per l’ultima volta dall’appartamento di Chan-sook, come avrebbe potuto spiegarlo a qualcun altro?

“Non lo so. Sarà lo shock?”

Sorrise e Kibum si limitò a sbuffare.

“Invece tu e Hyun-Ki, vi vedete ancora?”

Kibum sorrise abbassando lo sguardo, una leggera vena di tristezza faceva da sottofondo ad un leggero sospiro: “No, non ci vediamo più”.

Minho stava per chiedere spiegazioni, ma fu interrotto dalla voce del cameriere.

“Avete deciso?”

Quando Minho distolse la sua attenzione da Kibum si trovò di fronte un ragazzino di appena sedici anni, almeno tanti ne dimostrava, capelli di un biondo miele e un sorriso dolce con un blocchetto in mano.
Tentare di descriverlo senza sembrare banali o offensivi nei suoi confronti sarebbe stato molto difficile, quindi Minho si limitò ad osservarlo senza affibbiargli aggettivi come ‘carino’, nonostante lo fosse, anche dalla sua del tutto eterosessuale prospettiva, né ‘dolce’ nonostante avesse un sorriso da carie, né bello perché… Perché sarebbe stato ‘troppo gay’ dalla sua eterosessuale prospettiva.
Sul petto aveva una targhetta con il suo nome sopra, si chiamava… .

“Taemin-ah!” Key salutò il ragazzino con uno dei suoi migliori sorrisi.

“Ciao Kibum-hyung”

“Vi conoscete?” Minho intervenne.

“Taemin, questo è Choi Minho, il Flaming Charisma della facoltà di economia, Choi, questo è il mio figlio prediletto, quindi off limits, Taemin”

“Hyung!” Taemin protestò corrugando la fronte ed evidentemente abituato alle uscite di Kibum. “Piacere Minho, Key-hyung parla spesso di te”

“Davvero?” chiese guardando Kibum interrogativo.

“Yah! Siamo qui per bere della cioccolata non per parlare” intervenne Kibum fulminando Minho con lo sguardo.

“Io prendo una cioccolata con nocciole e panna” disse Minho mettendo da parte il menù.

Taemin scribacchiò sul suo blocchetto e poi si rivolse a Kibum che ordinò una cioccolata al peperoncino con appena un po‘ di panna. Taemin segnò l’ordine e sorrise di nuovo prima allontanarsi con le loro ordinazioni.

“Quindi, come vi conoscete?”

“Frequentiamo le stesse lezioni di danza tre volte la settimana, notevole, vero? E devi vederlo come si muove, anzi, forse è meglio che tu non lo veda”

Minho ignorò l’ultima parte e l’espressione seria di Kibum limitandosi a scuotere la testa.
Quando Taemin tornò con le loro ordinazioni Kibum lo convinse, anche se si potrebbe dire costrinse, a sedersi un attimo per parlare data la poca affluenza di clienti. Cinque minuti in cui Kibum lo riempì di domande sulla scuola, sui compiti, sulle lezioni di ballo, sui suoi amici, su come si trovava nella nuova classe, ‘Non dare confidenza a chi ti offre delle caramelle’, ‘Se qualcuno se la prende con te va subito a dirlo all’insegnante’.

“Yah! Umma! Devo tornare a lavoro” Teamin si inchinò appena prima di correre nel retro del locale per liberarsi del rossore che gli aveva infiammato le guance.

“Aish, che figlio ingrato, e io che mi preoccupo per lui”

Minho nascose un sorriso prendendo un sorso di cioccolata. Taemin, intanto, era uscito dal retro e lo stava guardando da dietro le ciocche bionde che gli ricadevano disordinate sugli occhi. Quando i loro occhi si incontrarono Taemin distolse lo sguardo andando a pulire i tavoli che si erano appena liberati e Minho dovette sforzarsi parecchio per non definirlo ‘carino’.



¤ ¤ ¤



Quello era uno di quei giorni in cui essere uno studente di Economia era una delle cose che odiava di più: quando il tuo professore schiavista decide che in tre giorni devi consegnare un lavoro di dieci pagine sulla microeconomia di un’isoletta sconosciuta in mezzo all’Oceano Pacifico, quando tutta la facoltà sembra essere convogliata nella biblioteca non lasciando neanche un angolo libero, essere uno studente di Economia era davvero uno schifo.
Si era dunque visto costretto ad emigrare nell’unico posto in cui sapeva di poter trovare un po’ di calma, ovvero il Romantic.
Entrando il profumo del caffè lo aveva subito fatto sentire meglio, e il riscaldamento acceso di certo non poteva che sollevare il suo umore grigio come il cielo di Seul che minacciava pioggia.
Come si era aspettato il locale era quasi vuoto, salvo per una coppia seduta in un angolo e un piccolo gruppetto di anziane signore che bisbigliavano e ridevano a bassa voce.
In piedi vicino al tavolo delle signore c’era Taemin, rosso in viso, sorrideva e Minho non potè fare a meno di sorridere a sua volta.
Una delle signore doveva aver detto qualcosa di particolarmente divertente perché tutte si misero a ridere, Taemin compreso.
Non c’era un valido motivo per cui Choi Minho dovesse continuare a stare in piedi, nell’ingresso, con i libri che gli pesavano sulla spalla, la necessità fisiologica di un caffè e un saggio di dieci pagine da scrivere, eppure stava lì, a sorridere guardano il cameriere che sorrideva.
Quando, però, gli occhi di Taemin incontrarono i suoi, il sorriso che gli era fiorito sulle labbra si spense e Minho si ritrovò dolorosamente consapevole del fatto che era rimasto in piedi sulla porta, i libri in spalla, e il saggio da scrivere a guardare il sorriso del cameriere, il sorriso di un uomo.
Taemin sembrò accorgersi che c’era qualcosa che non andava, sorrise alle signore prima di tornare dietro il bancone.

“Minho-ah! Cosa ci fai qui?” Jinki lo scosse dai suoi pensieri, per sua fortuna.

“Devo studiare e la biblioteca è piena”

Jinki annuì. “Siediti, ti mando Taemin con una bella tazza di caffè”

Si sedette ad uno dei tavoli più in disparte e sistemò i libri sul tavolo cercando di non pensare a niente che non fossero numeri, cifre e manghi, a quanto pareva l’unica fonte di reddito dell’isoletta persa nel Pacifico.
Stava rivedendo alcuni appunti presi durante la lezione quando due mani bianche e fini entrarono nel suo campo visivo insieme ad una tazza di caffè.
Alzò lo sguardo e Taemin, in piedi vicino al suo tavolo, gli sorrise inchinandosi appena prima di tornare ad occuparsi degli altri clienti.
Il ragazzino era addirittura arrossito posando la tazza sul suo tavolino, un rosso leggero, come quello che si vede nei libri sulle guance delle principesse in pericolo.
Minho scrollò le spalle e tornò ai suoi libri, qualsiasi cosa fosse stata quella leggera sensazione di leggerezza che aveva provato guardando Taemin, non era di certo quello il momento per preoccuparsene.


Il suo orologio da polso segnava le sette quando Jinki venne a sedersi al suo tavolo con la caraffa del caffè ed un’altra tazza per sé.
Tutto sommato non era stato un pomeriggio sprecato, in tutto aveva scritto tre pagine.

“Allora come va?” chiese riempiendo di nuovo la tazza di Minho.

“Quando chiudo gli occhi vedo manghi giganti che vogliono mangiarmi, secondo te come va?”

Jinki sorrise e riempì la propria tazza. “Forse dovresti passare alle tisane, troppo caffè tutto insieme fa male”

Minho prese un sorso di caffè e scosse la testa, le tisane avrebbero aiutato il suo fegato, ma di certo non avrebbero salvato la sua media.

“Camelie, eh?”

“Sono andato a prenderli stamattina” Jinki arrossì. “Sono caduto di fronte al negozio inciampando in una bicicletta. Lei mi ha aiutato ad alzarmi, è stata molto gentile”

Intanto altri clienti erano entrati, un paio di ragazzi che aveva visto in facoltà, ma di cui non conosceva i nomi. Osservò Taemin accompagnarli al tavolo e sorridere a qualche battuta mentre prendeva le orinazioni e si domandò se quei ragazzi venissero spesso o se Taemin avesse semplicemente una naturale inclinazione al sorriso. Lo guardò mentre, dietro il bancone, preparava il caffè con la macchina italiana attento a non far traboccare il caffè dalla tazzina e a non metterne troppo nel cappuccino.

“Ehi? Minho? Mi ascolti?”

No, non lo stava ascoltando e cosa ancora peggiore, non lo stava ascoltando perché i suoi occhi erano incollati alle mani di Taemin, ai suoi occhi che si assottigliavano mentre disegnava qualcosa con il cacao sulla schiuma del cappuccino.
Scosse la testa giustificandosi con il fatto che ‘Taemin assomigliava troppo ad una ragazza’.

“Senti, ma il tuo nuovo cameriere, quanti anni ha? È legale che tu lo faccia lavorare?”

Lee Jinki sorrise e annuì. “Ha diciassette anni e lavora qui solo part-time, a volte si porta i compiti e se non c‘è molta gente si mette a studiare. Odia la matematica mi ha detto”

Minho lanciò un’ultima occhiata a Taemin prima che Jinki lo informasse che si preparavano a chiudere e che poteva rimanere un’altra mezz’ora.
Ringraziando Minho raccolse le sue cose e dirigendosi verso l’uscita.
Fu quando stava per uscire che Taemin gli rivolse la parola per la prima volta in tutto il pomeriggio.

“Ciao hyung!”

Si voltò trovandosi davanti un Taemin sorridente, con i capelli biondi che gli nascondevano appena gli occhi assottigliatisi seguendo il movimento delle guance.
Sorrise per riflesso, agitando la mano prima di uscire.

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Capitolo 3
*** And with him it makes five ***


shall2
hooray for me. Eccolo, non proprio fresco perchè è lì da un po', ma vbbè.
Sono le 2, ho sonno, ma visto che è pronto lo posto.
Sì, l'osceno banner è di nuovo opera mia, e sì, so che avrei potuto mettere un foto un po' più decente di Minho,
ma guardatelo, non è adorabile?
Comunque, in questo capitolo si vede poco, e nche all'inizo del prossimo sarà un po' assente,
tutto in favore del mio OTP, ma non vi preoccupate, tornerà. (è il protagonista) Solo volevo fare le
cose per bene.
mmmh, non c'è molto da dire su questo capitolo a parte che appare Jonghyun (sì, finalmente)
per tutte le altre questioni vi rimndo alle note finali...
Grazie per i meravigliosi commenti, siete tutti dei dolcissimi cupcakes!
m(_ _)m



Chapter 2

And With him it makes five.


Era la tarda mattinata di un venerdì e Jinki stava sistemando nella vetrina le rimanenze della mattinata, facendo spazio a nuove invitanti leccornie al cioccolato, quando un ragazzo sulla ventina si era presentato con un volantino da appendere.

“Buongiorno” aveva esordito sorridendo verso Jinki impegnato a spostare i tortini alla frutta nel secondo ripiano per far posto ai bignè alla crema.

“Buongiorno, posso esserti utile?”

“Vorrei sapere se posso lasciare uno di questi” rispose il ragazzo mostrando il pacchetto di volantini che teneva in mano.

Erano dei fogli A4 di carta azzurra, al centro, in alto, c’era il logo di un locale che a Jinki parve familiare. ‘Sabato, al Black Jack dalle 21:30 piano bar con Kim Jonghyun. Anche canzoni a richiesta’ c’era scritto, in pieno stile minimalista e senza troppa enfasi, se si escludevano i due punti esclamativi infondo alla pagina dopo la scritta ‘Partecipate numerosi’.

“Il Black Jack è quel locale a Itaewon?”

Il ragazzo annuì mentre Jinki rileggeva di nuovo il volantino.

“Suoni tu?”

“Sì, suono io. È un locale piccolo e a volte qualche signora mi chiede di suonargli Cho Yong Pil* e effettivamente mi pagano una miseria, anche se devo dire che sarei anche disposto a pagarli purché mi lasciassero suonare, ma mi piace” il ragazzo sorrise quasi in imbarazzo, anche se dietro quel sorriso c’era una sorta di orgoglio che fece sorridere anche Jinki da dietro il bancone. “È quello che amo fare” aggiunse.

Il sorriso di Jinki si allargò ancora mentre cercava in uno dei cassetti sotto la cassa il rotolo dello scotch per appendere il volantino azzurro bene in vista nel locale.

“Piacere Kim Jonghyun, io sono Lee Jinki e questo” disse allargando le braccia per indicare il Romantic “è quello che amo fare”

Jonghyun si guardò intorno, mentre Jinki attaccava il volantino alla macchinetta del caffè, cercando di trovare un aggettivo per quella sensazione che gli era caduta addosso quando aveva aperto la porta del Romantic. Qualcosa che mescolasse l’aroma di caffè alle pareti color panna e al sorriso del proprietario, una sensazione di calma, come quel posto fosse stata una bolla in cui il tempo scorreva più lento per far sì che le ferite avessero tempo di guarire senza dover correre dietro al ritmo della vita reale. Guardandosi intorno poteva immaginare, proprio nel tavolo là nell’angolo, una coppia di innamorati ostacolati dalle proprie famiglie che trovavano in quel locale un rifugio per il loro amore impossibile.
Sì, Kim Jonghyun, anni ventuno, era un inguaribile romantico, di quelli che vivono di musica e si innamorano spesso e con passione rimanendo molto spesso svuotati che e di quegli amori fanno nutrimento per la loro arte. Ne fanno canzoni da cantare a qualcuno nelle notti di pioggia o da cantare a se stessi quando non c’è più nessuno che ascolta e il silenzio è troppo forte.

“È molto accogliente” disse infine.

Jinki annuì tornando dietro il bancone e invitando Jonghyun a sistemarsi su uno degli sgabelli. “Grazie, era esattamente la sensazione che cercavo quando ho deciso di iniziare questa attività. Volevo un posto che fosse mio da dividere con gli altri, in cui le persone si sentano a loro agio e in cui possano tornare quando hanno una giornata storta o il morale a terra”

“Dove il mondo brutto e cattivo non arriva?”

Jinki annuì mentre un angolo della bocca si sollevava in un sorriso misto di imbarazzo e orgoglio, un po’ simile a quello di Jonghyun poco prima. “Sì, qualcosa del genere”

“Capisco, per me la musica è lo stesso. Vorrei creare qualcosa che permetta alle persone che mi ascoltano di provare un calore familiare. Quel genere di musica che ti fa tornare a casa con un mazzo di fiori per la persona che ami o che fa ricordare le cose importanti… O qualcosa del genere” concluse grattandosi la nuca imbarazzato.

“Quindi scrivi anche canzoni?”

Jonghyun soffocò una risata nel dietro la mano annuendo “Melense canzoni d‘amore e sulla vita in generale. Scrissi la prima quando avevo sei anni, suonavo le pentole in cucina  cantando un‘ode al kimchi di mia madre”

Entrambi risero e Jinki prese dai ripiani dietro il bancone due tazze e le riempì di caffè quasi fino all’orlo, poi ne porse una a Jonghyun. “Offre la casa”

Jonghyun sorrise ringraziando. “Da quanto tempo fai questo lavoro?”

“Tre anni qualche mese, è stata la scelta più azzeccata della mia vita. Da quanto suoni per locali?”

“Ho iniziato mentre ero al liceo,  una sera qua una sera là, ma non è da molto che mi pagano. E sono comunque costretto a fare altri due lavori per riuscire a mantenermi”

Sorseggiarono i loro caffè chiacchierando del più e del meno, argomenti frivoli punteggiati di sarcasmo e vita vissuta. Ogni tanto Jinki lasciava Jonghyun al bancone per andare a servire qualche cliente, sorridere, versare caffè, servire dolci e quando tornava riempiva la tazza di caffè di Jonghyun e ricominciavano a parlare.

“Quindi hai una cotta per la fioraia?”

Jinki annuì, rassegnato.

“E non le hai mai chiesto di uscire?”

Jinki scosse la testa e prese un altro sorso di caffè. “No, mai. Secondo Kibum prima o poi ci riuscirò”

“Sarebbe un peccato se tu non lo facessi, secondo me accetterebbe”

Jinki lo guardò scettico mentre posava la tazza vuota nel lavandino, poi il suo sguardo si posò sui gladioli arancioni e gialli che aveva comprato il girono prima. A dirla tutta, mentre la fioraia incartava i fiori mettendoli in ordine, in modo che non si rovinassero nel breve tragitto fino al Romantic, la gola aveva iniziato a prudergli. Un pizzicorino, come l’inizio di un brutto mal di gola o come quando si ha qualcosa che si deve assolutamente dire, ma la si tiene per sé per troppo tempo. Ce l’aveva quasi fatta, le sue labbra si erano schiuse appena, mentre gli occhi della fioraia erano ancora sui fiori e le sue belle mani sistemavano le foglie, ma poi lei aveva alzato lo sguardo e aveva sorriso e tutto quello che Jinki aveva potuto fare con il poco di stabilità che gli era rimasta era stato prendere i fiori e uscire.

“Prima di tutto dovrei guarire dalla paresi vocale che mi coglie ogni volta che sono a meno di dieci metri da lei”

Jonghyun non riuscì a trattenere una risata di fronte all’espressione di rassegnata disperazione di Jinki. “Ascolta, perché non dovrebbe voler uscire con te? Anche io uscirei con te!”

Le pupille di Jinki i dilatarono e Jonghyun i sbrigò a chiarire il concetto.

“Voglio dire, se fossi una ragazza vorrei uscire con te, sei carino, gentile, hai un‘attività in proprio. Sei affidabile e ispiri sicurezza”

“Ci conosciamo da meno di un giorno, come fai a dire una cosa del genere? E poi le donne non sono attratte dal tipo stabile

Jonghyun sorrise sornione “Diciamo che sono bravo a giudicare le persone e che raramente mi sbaglio”

Jinki stava per ribattere che probabilmente si sarebbe solo reso ridicolo inciampando da qualche parte o facendo cadere qualcosa in preda al nervosismo, ma l’ingresso di Taemin nel locale glielo impedì.

“Ciao hyung!”

Taemin sorrise a entrambi soffermandosi un momento sul ragazzo seduto al bancone che lo guardava come si guardano i panda allo zoo.

“Ciao Taemin”

Jonghyun aspettò che Jinki li presentasse prima di cedere alla tentazione di arruffare i capelli biondi di Taemin con un sorriso geniuino sulle labbra, che non fece che allargarsi quando le guancie di Taemin si tinsero di un rosso scarlatto.

“Spero i non averlo spaventato” disse falsamente dispiaciuto. “È così carino che non ho resistito”

Jinki sorrise guardando Taemin che cercava di allacciarsi il grembiule senza legarsi le dita, ancora preso dall’imbarazzo e dall’irritazione.

“Grazie per il caffè, ora però devo andare. Ho ancora tutti questi volantini da consegnare”

“Mi ha fatto piacere conoscerti”  

Jonghyun si avviò alla porta e un attimo prima di uscire si voltò indietro “Devi venire sabato, ok?”

Quando Jinki gli ebbe assicurato che non sarebbe mancato e che avrebbe portato anche qualche amico Jonghyun sorrise come se tutti i Natali fossero arrivati in quel momento e scomparve tra la folla del primo pomeriggio.

“Hyung, era un tuo amico?” domandò Taemin subito dopo che Jonghyun era uscito.

Jinki si voltò domandandosi dove Taemin si fosse andato a nascondere per evitare di entrare nel raggio d’azione di Jonghyun.

“Qualcosa del genere” rispose prima che un gruppetto di studenti entrasse nel locale e il turno di Taemin iniziasse.



¤ ¤ ¤



I tavoli della mensa erano tutti occupati e il brusio degli studenti che facevano la fila al bancone si mescolava a quelli che chiacchieravano animatamente già seduti ai tavoli. Tutti sedevano con il loro gruppo di amici al solito tavolo ogni giorno, lamentandosi dei professori, dei saggi a scrivere, degli esami e della vita in generale.
Seduti vicino alla porta finestra che dava sul cortile c’erano Minho e Kibum. Kibum era evidentemente irritato e da quando si erano seduti non aveva fatto altro che torturare la pasta che aveva nel piatto senza mostrare alcuna intenzione di mangiarla. L’aveva presa solo per fare scena, perché se non avesse preso niente Minho, con tutta probabilità, si sarebbe sentito in dovere di dire la sua e avrebbero iniziato a litigare e Kibum, sinceramente, non ne aveva voglia.
Quindi si era messo in fila con il vassoio e aveva preso un piatto di pasta e una bottiglia di acqua minerale.
L’acqua era quasi finita e la pasta stava lentamente diventando un pasticcio.
Minho osserva Kibum e continuava a parlare del professor Jung e del suo sadismo nell’assegnare compiti impossibili con date di scadenza improponibili, perché era certo che Kibum avesse solo bisogno di tempo e che prima o poi gli avrebbe parlato di qualsiasi cosa lo preoccupasse.

“Oggi pomeriggio andiamo da Jinki? Ha detto di avere un nuovo dolce da farti provare, la pasticceria glielo ha mandato stamattina”

Kibum annuì distrattamente cercando di fingere un sorriso che non ne voleva sapere di venir fuori e lasciando perdere definitivamente la pasta, era abbastanza chiaro ad entrambi ormai che non l’avrebbe mangiata.
Era stanco, solo stanco, tutto andava bene, aveva solo del sonno arretrato da recuperare.

“Ho lezione fino alle cinque, ci vediamo direttamente lì?”

“Io ho lezione fino alle quattro e mezza, posso aspettarti” propose Minho.

Kibum sorrise, era un sorriso triste come quello che gli aveva mostrato nel suo salotto qualche giorno prima, e sembrava dover scomparire da un momento all’altro come aria. Minho sentì lo stomaco stringersi.

“Devo fare un paio di commissioni, è meglio se ci vediamo direttamente là”

“Come preferisci”

Kibum raccolse le sue cose e si scusò, ma doveva vedere una sua compagna di corso per un progetto a cui stavano lavorando insieme.
Non c’era un valido motivo per mentire a Minho, ma anche Kibum era umano e provava vergogna, solo che, a differenza di altri, Kibum era orgoglioso e ostinato e aveva la ferrea convinzione di potersela cavare.
Minho rimase a guardare Kibum sparire dietro le porte scorrevoli della mensa e non potè trattenere un sospiro. Quelli erano i rari momenti in cui essere amici di Kibum era difficile, quando Kibum decideva di non aver bisogno d’aiuto e tagliava fuori chiunque, finché tutto non diventava troppo e allora c’erano i cocci da raccogliere.
Finì l’ultimo pezzo di pizza e si avviò verso l’uscita pensando che probabilmente avrebbe fatto meglio a saltare l’ultima lezione e andare direttamente al Romantic a studiare, e domandandosi se Taemin fosse di turno quel giorno.
Aveva appena oltrepassato le porte scorrevoli lasciandosi il brusio degli studenti alle spalle quando con la coda dell’occhio vide Hyun-ki, lo aveva visto solo un paio di volte in compagnia di Kibum e gli era sembrato un ragazzo troppo anonimo per riuscire a contenere l’entusiasmo travolgente di Kibum, ma ovviamente se lo era tenuto per sè.
Si era voltato istintivamente nella sua direzione e un ‘eh?’ di sorpresa gli uscì dalle labbra. Hyun-ki stava baciando con passione una ragazza. Alta, forse quasi quanto Kibum, magra e con abbastanza trucco da sembrare Ronald McDonald, ma comunque una ragazza e, per quel che ne sapeva lui, Hyun-ki era dichiaratamente omosessuale, o no?
Decise che alla fine non aveva proprio voglia di andare a lezione.
 


¤ ¤ ¤



Jinki stava disegnando con il cacao sulla schiuma di un cappuccino e Taemin stava ripulendo un tavolo dalle briciole, quando Minho entrò e si sedette con mala grazia su uno degli sgabelli al bancone.
Prima di portare il cappuccino al cliente Jinki versò una tazza di caffè alla cannella e la mise davanti a Minho.

“Successo qualcosa?” domandò incrociando le braccia sul petto e appoggiandosi al mobiletto dei bicchieri, una volta tornato dietro il bancone.

Minho sorrise “Niente di particolare, non ti preoccupare”

“Kibum mi ha detto di Chan-sook, mi aveva anche detto di non dirti niente, ma se ti và di parlarne lo si che puoi contare sul tuo hyung, no?”

Minho bevve un sorso di caffè e si domandò se forse Jinki, meglio di chiunque avrebbe potuto capire la sua situazione, anche più di Key, forse, che era troppo diretto e deciso per riuscire a cogliere quelle sfumature di grigio che ora sembravano oscurargli il giudizio.

“Io non sono triste, almeno non quanto dovrei. Sono dispiaciuto, mi sento responsabile, ma non sono triste, hyung. Quando ci siamo lasciati lei ha pianto e io non sono riuscito a consolarla, non sono riuscito a dirle che l’amavo, se l’avessi fatto avrei mentito e… Hyung, questo fa di me una persona orribile?”

“Io non credo tu sia una cattiva persona Minho, credo, e non arrabbiarti se te lo dico, che tu non avessi il coraggio di lasciarla andare, che Chan-sook fosse una sorta di coperta di Linus per te. Non so se mi spiego” Jinki si passò una mano fra i capelli, non era bravo in quei genere di discorsi e sperò di non offendere Minho in nessun modo “Quello che voglio dire è che forse contavi su di lei più che come fidanzata, come un‘amica.”

Minho sospirò e forse Jinki aveva ragione, ma quindi? Questo che cosa significava? Bevve un altro sorso i caffè.

“Penso che ognuno ha un suo modo di reagire agli eventi, non stare a pensare cosa dovresti provare, ti farai solo venire un gran mal di testa”

Minho ricambiò il sorriso di Jinki che si sporse sul bancone per arruffargli i capelli.

“Key è ancora in facoltà?”

“Sì, i suoi corsi finiscono alle cinque, ma doveva sbrigare delle commissioni, quindi credo che arriverà un po‘ più tardi”

“Minho” Jinki sembrò esitare un attimo, incerto “Key ultimamente sembra un po‘ spento, non trovi?”

“Ha appena rotto con il suo ragazzo, credo sia normale”

Jinki stava per ribattere che c’era qualcos’altro che Key non diceva loro, ma che stava lì, sotto quella patina di sicurezza e paillettes sotto cui si nascondeva Kibum, ma un fornitore entrò con una bolla da firmare e un furgone da scaricare così Jinki non disse niente. Si scusò e seguì il fornitore nel retro.
Minho si guardò intorno, il locale era più vivace del solito, con un gruppo di studenti seduto in un angolo e un paio di coppiette.
Inevitabilmente, il suo sguardo non potè non cadere su Taemin che stava sistemando il mobile delle zuccheriere. Sembrava stesse canticchiando una canzone a labbra strette, una canzone allegra che magari sapeva d’estate e di ghiaccioli alla menta e tutto il suo corpo sembrava muoversi a ritmo di quella musica.
Bevve un altro sorso di caffè e si mise a guardare aldilà del vetro della porta, osservando i passanti, cercando qualcosa che non sapeva cosa fosse e che magari era nascosta nella borsa di quella signora coi tacchi alti, o forse era scritta sul giornale che quell’uomo portava sotto braccio.
Un pezzo di quella cornice attraverso la quale aveva sempre guardato la sua vita era andato perduto e qualcosa stava fuoriuscendo dal quadro, si riversava ovunque e lui poteva solo correre dietro a quel fiume in piena di dubbi e domande cercando di recuperare il più possibile.

“Altro caffè, hyung?”

Non si era accorto di Taemin. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di sorridergli e annuire. “Sì, grazie” disse avvicinando la tazza alla caraffa.

“Non dovresti essere a scuola?” domandò. Era poco più dell’una e le scuole di certo non finivano così presto.

Taemin sorrise come se Minho avesse appena messo a nudo il suo più turpe segreto, rimettendo la caraffa del caffè al suo posto.

“Oggi non c‘era scuola” era una bugia, entrambi lo sapevano, ma Minho finse di non accorgersene.

“Sei al liceo, no? Che anno frequenti?”

“Il secondo”

Taemin sembrò apprezzare l’improvviso interesse di Minho nei suoi confronti, le sue labbra sempre curvate verso l’alto e gli occhi accesi.

“Hyung, frequenti Economia?”

Minho annuì “Sì, ma non la consiglierei a nessuno, troppi numeri, troppe cose da ricordare, è tutto troppo e molte volte è anche troppo inutile”

“Allora perché l‘hai scelta?”

Avrebbe dovuto irritarsi di fronte a quella domanda tanto diretta da parte di un semi-sconosciuto, ma lo sguardo interessato di Taemin carezzò il suo ego ferito impedendogli di irritarsi davvero.
Perché frequentava economia? Perché gli era sembrata la cosa più assennata da fare? Perché per prendere sulle spalle il peso di un’azienda come quella di suo padre ne avrebbe avuto bisogno?
Tutte queste risposte però non sembravano adatte ad un persona come Taemin, ciascuna sembrava un peso che gli incollava i piedi saldamente al terreno mentre Taemin sembrava essere così leggero che avrebbe potuto volare dietro ai suoi sogni se solo avesse voluto.
Bevve un altro sorso di caffè e sorrise.

“Già, chissà perché”

Prima che Taemin potesse fare altre domande un cliente richiamò la sua attenzione, si scusò, lasciando Minho di nuovo solo al bancone, confuso e indeciso.
Il suo cellulare vibrò nella tasca dei jeans, un messaggio.

From: Almighty Key

‘Non mi sento molto bene, chiedi scusa a Jinki.
Ci vediamo domani.

P.S.
Non c’è bisogno che tu venga a controllare, è solo un po’ di influenza.

P.P.S.
Non sto scherzando, Choi, non venire’



Dopo diversi minuti, un evidentemente stanco, Jinki era uscito dal retro e si era versato un bicchier d’acqua.

“Odio il magazzino, sembra un campo minato. Rischio sempre di rompermi l‘osso del collo”

Minho rise e Jinki lo seguì.

“Key si scusa, ma non si sente tanto bene quindi non ci può raggiungere. Io farei meglio ad andare, devo andare a prendere dei libri in biblioteca”

Mentre Minho si rimetteva il giubbotto e faceva scivolare un paio di banconote sul, bancone nonostante gli sguardi di rimprovero di Jinki, quest’ultimo si ricordò del volantino azzurro appeso alla macchinetta del caffè.

“Sabato, ho promesso che ci sarei andato e vorrei che veniste con me, non mi va di andare da solo”



¤ ¤ ¤



Dopo la leggera influenza Kibum aveva detto di dover lavorare ad un progetto per non aveva capito bene cosa, ma quando mai capiva qualcosa quando doveva parlare con Key al telefono? E quindi di non poter venire a sentire l’amico di Jinki.
Il Black Jack era uno di quei locali in cui non è stano vedere sia studenti che colletti bianchi o donne di una certa età che ancora volevano godersi la vita. Uno di quei locali dove non importa come sei vestito, nessuno fa caso a te perché a nessuno interessa, dove basta una birra per essere contenti e dove la musica non manca mai.
Seduti all’unico tavolo disponibile al loro arrivo, Jinki e Minho erano quasi a metà della prima birra aspettando che lo spettacolo cominciasse.

“Com‘è che tu e questo cantante vi siete conosciuti?”

“È passato dal locale per lasciare un volantino, ci siamo messi a parlare e mi ha invitato. Sinceramente sono curioso di sentirlo”

Minho guardò l‘orologio “Sono le dieci quasi, dovrebbe cominciare”

Come fossero state parole magiche Jonghyun apparve sul palco e Minho guardò Jinki per assicurarsi che quello fosse il cantante che erano venuti a sentire quella sera, Jinki annuì ed entrambi si rivolsero verso il palco.
Jonghyun si sistemò dietro la tastiera, aprì gli spartiti e scorse le pagine fino a trovare la canzone giusta per cominciare la serata, sistemò gli spartiti sul leggio e carezzò i tasti prima di cominciare.
L’inizio era calmo, la sua voce sembrava essere trascinata dalle note, era un sussurro quasi e Jinki riconobbe le prime note, era una cover al piano di una canzone dei Brown Eyed Soul, ‘Wait for me’.
La voce di Jonghyun delicata seguiva le note, gli occhi socchiusi, e forse poteva sembrare incerta, oscillante, ma non si perdeva mai saliva seguendo la musica sempre più su, poi cadeva di nuovo e quando il ritmo si fece più serrato si dimostrava potente tornano poi di nuovo un sussurro.
Minho e Jinki guardavano Jonghyun sorridere prima di eseguire un passaggio più difficile senza che la sua voce lo tradisse mai. Quando arrivò il momento dell’acuto Jinki spalancò la bocca e Minho credé che le vene sul collo di Jonghyun sarebbero esplose, ma niente del genere successe e la canzone finì com’era cominciata, malinconica e delicata.
Canzoni di altri tempi si alternarono a ritmi più moderni, la chitarra si alternò alla tastiera e alle basi computerizzate. C’era stata qualche richiesta e un paio di lamentele, ma soprattutto applausi e a mezzanotte Jonghyun era sceso dal palco sorridendo e avvicinandosi al tavolo di Jinki e Minho.

“Allora? Cosa ne pensate?”

Minho ebbe come l’impressione che a Jonghyun fossero cresciute un paio di orecchie pelose e una coda e che stesse scodinzolando in quel momento, ma ciò era impossibile, sbatté le palpebre e le orecchie e la coda scomparvero, mentre gli occhi da cucciolo abbandonato rimasero.
Jinki presentò Minho a Jonghyun, prima di profondersi in complimenti e enormi sorrisi.

“E oltre a questo quali altri lavori fai?”

“Faccio il lavavetri cinque mattine la settimana, poi consegno pizze a domicilio tutte le sere fino alle nove e mezza e un paio di sere la settimana dopo quello corro qui. Poi lavoro come commesso in un negozio di giocattoli nel pomeriggio e quando ho tempo do lezioni di piano”

Entrambi guardarono Jonghyun increduli, come poteva sopravvivere a quel tour de force era incomprensibile, eppure per Jonghyun sembrava essere una routine.

“Jonghyun”

“Jinki”

“Lavoreresti per me?”

Jonghyun spalancò gli occhi incredulo. “Cosa?”

Minho guardò Jinki non comprendendo quali fossero le intenzioni dell’amico nel proporre a Jonghyun un lavoro. O meglio, sapeva che Jinki era una di quelle persone empatiche ed emotive che si nutrono di casi come quello di Jonghyun, artista povero in canna che pur di suonare fa di tutto, ma mettere di mezzo il Romantic, bhè, quello era tutt’altra faccenda.

“Si, ti pagherei bene si tratterebbe di un lavoro come cameriere, niente di che, ma in più vorrei che tu suonassi il piano nel mio locale”

Jonghyun sembrò valutare la proposta mentre Jinki continuò “Se pensi ai soldi non preoccuparti, lo stipendio sarà l‘ultima cosa di cui dovrai preoccuparti. Ti occuperebbe solo fino alle sette più o meno, ovviamente con delle pause durante la giornata e il pomeriggio visto che c‘è anche Taemin dovresti solo suonare”

Jinki sembrava convinto, mentre Minho ancora incredulo spostava lo sguardo da Jinki a Jonghyun.

“Jinki, sei sicuro?”

Jinki annuì. “Minho, guardalo, voglio dire è innegabile che sia attraente, no? Poi lo hai sentito cantare, no? Le ragazzine gli moriranno dietro, le signore lo adoreranno”

“Jinki da quando usi questi mezzi per attirare clienti quando non ne hai neanche bisogno?”

“Al Romantic manca qualcosa ok? E ora so cosa, un pianoforte e qualcuno che lo suoni. Kim Jonghyun che cosa ne pensi?”

Prima della fine della serata stavano brindando al nuovo lavoro di Jonghyun al Romantic.




Note finali:
1) Cho Yong Pil, me lo sono andato a scovare, era uno dei più famosi cantanti Koreani degli anni '80, il nostro Little Tony per capirci.
Se siete curiose di scoprire questo Peppino di Capri con gli occhi a mandorla cliccate qui, non ve ne pentirete (credo)
2) la canzone che canta Jonghyun è una cover al pianoforte (sì, l'ho già scritto, ma lo ripeto) se per qualche strana ragione vi andasse di sentire l'originale eccola qui

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Capitolo 4
*** Chocolate and Christmas lights ***


un capitolo un po' natalizio anche se credo che farò qualcosa di very special per Natale perchè
a Natale siamo tutti più buoni e bla bla bla...(se avete qualche suggerimento sentitevi liberi di dirlo u.u)
Allora! che dire di questo capitolo? Niente a parte che FINALMENTE, sì, FINALMENTE, Jonghyun e Key si incontrano!
hooray!! è breve, non aspettatevi chissà cosa, però è un inizio...credo...insomma mi rimetto al vostro giudizio!
E rivelazioni sconcertanti (?) a fine capitolo.
Vi ringrazio ancora INFINITAMENTE  per i vosti gentilissimi commenti!
m(_ _)m




Capitolo 3:

Chocolate and Christmas light



Jongyhun lavorava al Romantic da tre giorni e le voci sul nuovo ‘talentuoso pianista/chitarrista/cameriere’ si erano già adeguatamente sparse tra le varie università e scuole superiori, durante il pomeriggio Taemin e Jinki se la dovevano vedere con orde di assatanate ragazzine.
Jinki aveva riorganizzato il locale per far entrare un pianoforte verticale in un punto conveniente, dove tutti i clienti potessero almeno cogliere un angolino della schiena di Jonghyun quando si metteva a suonare.
Era un mercoledì mattina quel fatidico giorno e Jonghyun stava preparando una cioccolata calda con panna e un cappuccino. Jinki era nel retro, stava cercando di cominciare l’inventario di fine anno, Jonghyun gli aveva appena portato un caffè.
Sedute ad un tavolo c’erano due signore che Jinki gli aveva detto essere delle clienti abituali, passavano subito dopo il loro shopping mattutino ogni mercoledì e venerdì. Jinki aveva anche detto che la scorso Natale gli avevano regalato un maglione e una sciarpa.
Prima di mettersi a scaldare il latte diede una veloce occhiata agli altri due tavoli occupati, tre studenti vicino alla porta e una madre con il figlio piccolo vicino alle signore.
Sistemando le tazze sul vassoio aveva fatto scivolare due cioccolatini sui piattini, sorridendo soddisfatto si era poi avviato verso il tavolo delle signore, che accolsero le ordinazioni con un sorriso.

“Omo, ma guarda che bel ragazzo che ha assunto Jinki” disse una.

“Suoni il piano, vero? Jinki ci ha detto che suoni il piano” aggiunse l’altra.

“Sì, signora, suono il piano” rispose.

“Allora non ti dispiacerà suonare qualcosa per queste due signore”

Jonghyun annuì “Che cosa vorreste che…”

La sua frase fu interrotta dalla porta che si spalancava. Un ragazzo biondo entrò a grandi passi dirigendosi con sicurezza verso il bancone. Gettò l’enorme borsa che aveva con sé ai piedi di uno sgabello e ci si sistemò sopra iniziando a picchiettare fastidiosamente le dita sul legno del bancone.
Jonghyun si scusò, ‘magari più tardi’ disse, e si avvicinò al bancone.
Key era di pessimo umore, e dire pessimo era un eufemismo.
E quando Key era di pessimo umore c’era una sola cosa da fare, scappare  o pregare di ricevere il dono dell’invisibilità, ma Jonghyun questo non poteva saperlo e Jinki era nel retro e non avrebbe potuto avvisarlo.
Poggiò il vassoio sopra gli altri, nell’ultimo ripiano del mobile dei bicchieri, accese la macchina del caffè e mise la caraffa al suo posto prima che il caffè si versasse ovunque, poi si voltò verso Kibum e sorrise come avrebbe sorriso ad ogni altro cliente, ma Kibum non era ‘ogni altro cliente’.
Kibum aveva gli zigomi alti, le labbra né troppo sottili, né troppo piene di un rosa pallido, aveva gli occhi accesi e le dita lunghe.
Kibum sa di cuori spezzati e di qualcosa che Jonghyun non riesce a riconoscere, ma è molto simile ad un colpo di fulmine quando in cielo splende il sole.

“Buongiorno, che cosa posso portarti?”

Kibum immaginò che probabilmente quello era il nuovo jukebox che Jinki aveva deciso di assumere.
Lo squadrò da capo a piedi, notando i jeans sdruciti che cadevano un po’ troppo sui fianchi e le All Star rosse che avevano decisamente bisogno di fare un giro in lavatrice. Doveva ammettere però che il maglione con il collo largo che lasciava scoperte le clavicole non era male, c’era del materiale.
Jonghyun si sentì sotto esame e qualcosa nello sguardo di Kibum gli disse che si era appena beccato una sufficienza scarsa, ma non si perse d’animo.

“Dammi qualsiasi cosa, basta che sia pieno di zucchero” disse Kibum come avesse appena chiesto un whiskey.

“Cioccolata al peperoncino con panna una spruzzata di cacao e una cialda?”

Kibum annuì e Jonghyun si mise subito a lavoro, almeno la sua cioccolata doveva ottenere un dieci.

“Jinki non c‘è?” chiese Kibum osservando attentamente come Jonghyun mescolava il cacao al latte.

“No, è sul retro. Io comunque sono Jonghyun” sorrise continuando a mescolare.

“Kibum” rispose, cercando di non far vacillare il suo cattivo umore davanti al sorriso del primo cameriere che gli passava davanti.

“Kibum” ripeté Jonghyun, gustando più del dovuto il sapore di quel nome sulla lingua. “Jinki mi ha parlato di te”

“Ah sì?”

Jonghyun annuì mentre scaldava la cioccolata con il vapore della macchina del caffè.  “Mi ha detto che studi moda”

“Già”

Quando il pentolino fu ben caldo e qualche bollicina cominciò a salire in superficie Jonghyun prese una tazza viola abbastanza grande e vi versò dentro la cioccolata fumante.

“Mi ha detto che sei una persona particolare”

Kibum alzò gli occhi dalla tazza e dalla cioccolata e risalì fino al volto di Jonghyun che gli regalò un sorriso quasi arrogante, come quello di un bambino a cui è stato rivelato un segreto dei grandi.

“Particolare” sbuffò Kibum trattenendosi dal gettare le braccia in aria “Che cosa vuol dire particolare?”

Jonghyun prese la panna spray e iniziò ad agitarla, aggrottando la fronte: “Penso intendesse dire che sei una persona difficile da ignorare”

Kibum trattenne un sorriso, doveva ammettere che aveva magistralmente gestito una situazione di pericolo.
Jonghyun spruzzò la cioccolata formando un ricciolo perfetto, poi prese lo sciroppo al cioccolato e lo fece cadere sulla punta, piano piano, poi una spolverata di cacao e infine la cialda. Osservò il suo lavoro soddisfatto prima di porgerlo a Kibum sul bancone con un sorriso.

“Prego”

“Grazie”



¤ ¤ ¤



Minho stava camminando da un’ora nel centro commerciale e l’unica cosa che era riuscito a trovare era il suo limite di sopportazione per i luoghi affollati e le decorazioni natalizie.
Stava cercando un regalo per sua sorella, Minjun, e uno per Kibum, ma non era ancora riuscito a trovare niente. Stava cominciando a pensare che forse avrebbe potuto fare qualcosa con le sue mani, magari un braccialetto di perline.
Stava delirando.
Uscì fuori dall’ennesimo negozio e raggiunse la fontana in mezzo al centro commerciale sedendosi sul bordo.
Tutto brillava delle luci natalizie appese sulle ringhiere dei pieni superiori, nelle vetrine dei negozi, sulle insegne. Ad ogni angolo c’era un piccolo albero di Natale eccessivamente addobbato, a suo parere, che ricordava a tutti che in una manciata di giorni Babbo Natale avrebbe tirato fuori la lista dei buoni iniziando il suo giro parabolico intorno al mondo per consegnare i regali. Da qualche parte, infondo al suo cuore Minho credeva ancora a Babbo Natale, ma non si era mai reputato abbastanza buono da meritare un regalo, una di quelle cose stupide di cui si era convinto da bambino pur di non lasciarsi travolgere dal mondo degli adulti. Meglio pensare di essere stati un po’ troppo cattivi piuttosto che lasciar andare un sogno, no?
Di fronte ad un negozio di giocattoli un bambino piangeva indicando il giocattolo che vorrebbe trovare sotto l’albero, ma non poteva aspettare Natale, non ce la faceva. Continuava a gridare a dimenarsi.
Poco più in là una coppia camminava mano nella mano, sorridendo, scambiandosi occhiate piene di significato e come un effetto domino il centro commerciale sembrò riempirsi di coppie felici, di eccessive dimostrazioni d’affetto e miele.
Non che Minho si sentisse frustrato per essere esclusa da tutta quel meccanismo di regali, occhiate dolci e cene a lume di candela e tutto ciò che viene dopo, era frustrato per la sua incapacità di prendervi parte con il dovuto entusiasmo, la dovuta gioia, la dovuta eccitazione.
E si trovò a domandarsi che cosa avrebbe fatto Chan-sook, a pensare a Chan-sook e a tutto quello che era successo nelle ultime settimane e come un tornado tutti i dubbi che il su senso di colpa aveva coltivato in qualche angolo buio della sua mente tornarono a galla, tutti insieme e lo colpirono come un cazzotto in pieno stomaco.
L’anno precedente anche lui era stato parte di quell’eccitazione che sfrigola come le luci di Natale quando fanno contatto, anche lui aveva cercato di fare di tutto per creare il Natale perfetto, era stato felice, o almeno era quello di cui si era convinto, ma ormai non era più convinto di niente.

“Minho-hyung?” si sentì chiamare da una voce già troppo familiare.

Si voltò verso la sua destra e trovò Taemin sorridergli mentre si sedeva sul bordo della fontana ad una distanza conveniente e si domandò se ci fosse un qualche collegamento tra i suoi picchi depressivi e le apparizioni di Taemin.

“C‘erano i saldi nel reparto sportivo e avevo bisogno di alcune cose per le lezioni di danza” mormorò Taemin evidentemente a disagio di fronte allo sguardo di Minho fisso su di lui. “Che cosa ci fai qui, hyung?”

Minho fece sprofondare le mani nelle tasche dei jeans e distolse lo sguardo da Taemin. “Sto cercando un regalo per Key e anche per mia sorella, ma credo che lascerò perdere e subirò semplicemente la loro ira, di certo non pu essere peggiore di questo” disse indicando con un gesto della mano le luci, i negozi e la gente in generale.
Taemin rise e annuì comprensivo.

“Vuoi che ti aiuti a cercare?” Taemin propose un po’ esitante.

Minho avrebbe voluto dire di no, perché dire di sì gli sembrava un po’ troppo allettante, ma alla fine disse: “Mi salveresti al vita”.

Ricominciarono da capo, dal primo negozio in cui Minho era entrato, un negozio di gadget con troppo rosa, troppi coniglietti e troppa roba sugli scaffali, con colori troppo sgargianti che facevano a gara per attirare l’attenzione.

“Quanti anni ha tua sorella?” chiese Taemin, facendo scorrere le dita sul bordo di uno scaffale.

“Quattordici” rispose cercando di concentrarsi.

“Che cosa le piace? Voglio dire fa qualche sport? Ha qualche passione?”

Lui e Minjun avevano avuto un classico rapporto di amore/odio fraterno finché non se ne era andato di casa all’inizio dell’università, a quel punto Minjun aveva attraversato la fase peggiore dell’adolescenza e ora era una di quelle ragazzine urlanti che sbavano di fronte ai loro idol. Sinceramente non sapeva che cosa potesse piacerle.

“Domanda di riserva?” chiese Taemin di fronte al silenzio prolungato di Minho.

“Faccio schifo come fratello”

Taemin rise e gli diede una amichevole pacca sulla spalla.

“Non temere hyung, troveremo qualcosa”

Taemin scartò accuratamente tutti i negozi di abbigliamento, se Minho non aveva neanche una minima idea di quali fossero le passioni di sua sorella, figuriamoci la sua taglia.

“Da quanto tempo conosci Kibum?” Minho domandò, sentendosi in dovere, quanto meno di tenere una qualche conversazione con Taemin.

“Da quando mi sono trasferito, tre anni fa. Mi sono iscritto alla scuola di danza che frequenta anche Key-hyung e lui mi… Mi ha preso in simpatia, diciamo” rispose sorridendo a Minho che annuì, capendo bene a che cosa si riferisse.

“È sempre così iperprotettivo?”

“Ha un forte istinto materno”

Si guardarono e entrambi scoppiarono a ridere.

“Ballavi anche prima di venire qui a Seul?”

“Sì, ballo da molto tempo. Spero di farne un lavoro”

“Key mi ha detto che sei bravo ”

Taemin sorrise, forse un po’ in imbarazzo.

Taemin scartò le librerie perché Minho gli aveva detto di non averla mai vista con un libro in mano, entrarono in negozio di bigiotteria dove Taemin esaminò con cura ogni vetrina, soffermandosi su un bracciale in finto argento, Minho lo guardò mordersi il labbro mentre un lampo di desiderio e delusione gli illuminava gli occhi.
Poi passò oltre.

“Guarda, sono braccialetti della fortuna.” disse indicando la vetrina di fianco. “Puoi comporli, quello è il braccialetto base, e poi puoi attaccarci dei diversi accessori, ognuno ha un significato diverso”

Minho guardò dentro la vetrina domandandosi che cosa avrebbe fatto se non avesse incontrato Taemin, probabilmente avrebbe regalato a sua sorella un portapane beccandosi una crisi isterica in cambio. Sollevato sospirò.

“Non ti piace? Pensavi a qualcosa di diverso? Perché molte ragazze nella mia classe ne parlavano e pensavo…”

Minho sorrise e interruppe Taemin “No, è perfetto, stavo solo pensando che probabilmente se non fosse stato per te le avrei regalato un portapane”

Taemin sorrise e insieme scelsero due pendenti per il bracciale. Mentre Minho pagava alla cassa Taemin uscì dal negozio per rispondere al telefono lasciando a Minho il tempo di guardarlo senza causargli imbarazzo. Vederlo senza grembiule e caraffa in mano gli faceva ancora un effetto strano.
Indossava un paio di jeans chiari strappati sulle ginocchia e in altri punti strategici che misero in difficoltà la salivazione di Minho, e una felpa rossa sotto un parka verde.
Pagò e si sbrigò e prima di uscire diede un’occhiata al braccialetto che prima Taemin si era fermato a guardare. Si impedì di pensare che avrebbe potuto regalarlo al ragazzino per Natale, perché non avrebbe potuto e non lo avrebbe fatto, e uscì.

“Key-hyung vorrebbe uno schiavo per Natale o, in alternativa perché oggi sis ente estremamente generoso, l‘ultimo film con Daniel Henney”

Minho scosse la testa. “Era lui al telefono?”

“Già e ha detto anche che Minjun ti adorerà per quel regalo” Taemin sorrise soddisfatto facendo cadere il cellulare nella tasca esterna della giacca.

“Allora direi che possiamo passare dal negozio di dischi, comprare il dvd per Kibum e poi, come ringraziamento, ti va una cioccolata?”

Taemin sorrise annuendo entusiasta per la proposta, Minho sorrise a sua volta senza pensarci e in quel momento tra le luci di Natale, in mezzo alla folla che occupava i corridoio del centro commerciale alla ricerca del regalo perfetto, avrebbe voluto stringere la mano di Taemin.
Stavano per raggiungere il negozio di dischi quando una ragazzina bassa e con gli occhi piccoli si avvicinò a Taemin con un enorme sorriso.

“Taemin-ah! Cosa ci fai qui?” chiese.

“C‘erano gli sconti al reparto sportivo e avevo bisogno di alcune cose”

La ragazza annuì e con un sorriso d’intesa guardò Minho.

“Taemin-ah, dillo alla tua noona, questo è il tuo nuovo ragazzo?”

Minho si congelò sul posto, spalancando la bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente. Taemin, accortosi della sua difficoltà nell’articolare frasi cercò di toglierlo dall’imbarazzo.

“No, no, è un amico del mio datore di lavoro, lo stavo aiutando a cercare un regalo di Natale per Key-hyung, Kyhun-hee noona, questo è Choi Minho”

Taemin a quel punto si voltò a guardarlo e nei suoi occhi vide paura, e anche una sorta di muta preghiera, e Minho si riscosse e strinse la mano di Kyhun-hee cercando di sorridere come meglio potè, sperando di sembrare sincero.

“È stato un piacere Minho, Taemin ci vediamo giovedì alla lezione, mi raccomando non fare tardi”

Taemin le sorrise evidentemente a disagio, poi, senza incontrare lo sguardo di Minho si scusò.

“Mi dispiace di non averti detto niente riguardo..ehm… Riguardo alle mie preferenze, ma di solito le persone dopo averlo saputo non riescono a trattarmi nello stesso modo, come se all‘improvviso avessi una qualche malattia contagiosa” Taemin rise amaramente finalmente guardano Minho in faccia.

E Minho si sentì in colpa come se avesse preso a calci un gattino, si sentì in colpa per aver fatto chiede scusa a Taemin per qualcosa di cui non aveva colpa, per qualcosa di cui non ci si deve scusare, per averlo fatto sentire diverso o respinto, e, cosa peggiore, in quel momento non avrebbe saputo dire se sarebbe riuscito a trattare Taemin allo stesso modo.
Sorrise dando una pacca sulla spalla a Taemin, cercando di non pensarci troppo, di concentrarsi sul sorriso dolce di Taemin, sul fatto che fosse piacevole stare con lui e nient’altro.

“Avanti, muoviamoci ho proprio voglia di una cioccolata calda”

Taemin gli sorrise, grato e Minho non potè fare a meno di sentirsi ancora più in colpa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 (per ora) ***



salve! allora i miei soliti sggiornamenti notturni....
comunque! che dire? niente a parte che ho un sonno che sto morendo, ma dovevo
finire perchè sapevo che altrimenti quel moncherino di capitolo che avevo scritto si sarebbe stracinato fin dopo le feste...
in ogni caso *sullo di tamburi* avremo una fic di Natale
ebbene sì, vi ammorberò anche durante le feste! siete felici, vero?
più si fa tardi più vaneggio...
comunque GRAZIE come sempre a tutte voi che seguite questa storia e che perdete tempo a
recensire, ma anche solo a leggere!
m(_ _)m

P.S.
il capitolo non ha titolo perchè io con i titoli faccio schifo e a l'una di notte non mi viene in mente nulla,
sorry.

Capitolo 4:




“Allora ci vediamo al Romantic, hyung”

Si erano separati appena fuori dal centro commerciale, Minho era sicuro di aver sorriso e di aver sentito Taemin dire grazie, ed era certo che non lo stesse ringraziando per la cioccolata.
Kibum lo aveva chiamato quando stava per entrare in casa dicendogli che aveva conosciuto il nuovo cameriere del Romantic, Jonghyun. ‘Mi aspettavo che almeno raggiungesse l’altezza minima per salire sulle montagne russe’, aveva detto e Minho non si era lasciato scappare la leggera nota di divertimento nella voce di Kibum.

“Key-ah”

Minho sedette si sdraiò sul suo divano passandosi una mano sugli occhi.

“Dimmi”

“Ho incontrato Taemin al centro commerciale oggi”

“Mi hai comprato il regalo che ti ho chiesto?”

“Sì, non preoccuparti”

Poteva sentire Key che annuiva soddisfatto.

“Kibum-ah, Taemin mi ha detto di… Insomma…”

“Choi, articola. Cosa ti ha detto?”

Minho inspirò profondamente “Mi ha detto di essere gay”, disse tutto d’un fiato.

Key rimase in silenzio e Minho pensò che si fosse arrabbiato, che nonostante non lo stesse guardando avesse comunque visto l’insicurezza e il disagio che l’avevano colto ne momento in cui Taemin aveva confessato di battere per l’altra squadra. Tirò le ginocchia al petto e vi nascose il volto in mezzo.

“E?”

Minho si sentì gelare, la voce di Kibum non era più scherzosa.
E cosa?

“Niente, solo non mi aspettavo…” cercò un tono innocente, sempre che qualcosa del genere potesse esistere, un tono limpido. Cercò delle scuse, ma Key non gli permise di continuare.

“Che fosse gay?”

“Già” sospirò.

“Ti sei sentito come quando ti ho detto che Babbo Natale non esiste o come quando hai scoperto che volevano farci vivisezionare rane nella lezione di scienze?”

Minho trattenne a stento una risata, aveva scampato l‘ira di Key-umma solo per un pelo. “Direi nessuna delle due, solo stupito”

“Mh… Vengo a prendere il mio regalo la settimana prossima. Io porto i pop-corn tu prendi qualcosa da bere”

“Non è ancora Natale, Kibum”

“Se ti fa sentire meglio dopo potrai incartarlo e io fingerò di essere sorpreso quando lo aprirò il 25”

Minho sorrise prima di riattaccare.
Erano solo le otto e mezza e non aveva assolutamente voglia di cucinarsi qualcosa, perciò si alzò di malavoglia e, tra i vari menù a portar via che teneva sopra il frigo scelse il take-away cinese e si ordinò un po’ più di quanto il suo stomaco avrebbe potuto sopportare, giusto per stare sul sicuro.
Aspettando la consegna si versò un bicchiere d’acqua e si guardò intorno. Viveva in un bilocale, aveva una zona giorno di discrete dimensioni e un angolo cucina, separato dal resto con la sapiente arte del design da Key, e una camera da letto con armadio a scomparsa e letto a una piazza e mezzo, ovviamente aveva anche un bagno dove c’era appena lo spazio per la vasca, ma non poteva lamentarsi. Era un appartamento confortevole e senza pretese, un po’ come lui.
Scelse un film d’azione in cui la presenza di una qualche trama era inversamente proporzionale al numero di pallottole sparate dal protagonista durante tutta la durata del film.
Mise il dvd nel lettore e si sedette sul divano, tutto quello che doveva fare era aspettare che quello delle consegne arrivasse con la sua cena, far partire il film e rilassarsi.

“Ci vediamo al Romantic, hyung”

Fissò il vuoto, la mente libera da ogni pensiero, li aveva cacciati tutti fuori, li aveva gettati lontano, non ne aveva bisogno. Quello di cui aveva bisogno era una cena cinese e un film d’azione senza trama apparente, aveva bisogno di pensare che non ci fosse niente di diverso dal solito.
Però si sentiva tradito. Si sentiva offeso e usato. Improvvisamente sembrò realizzare il peso delle parole di Taemin e un senso di nausea lo colse allo stomaco.
Si prese la testa fra le mani poggiando i gomiti sulle ginocchia, gli occhi serrati.
Non era così che doveva andare, non era questo che doveva provare, avrebbe dovuto essere un bravo hyung e capire, non avrebbe dovuto fare alcuna differenza.
Si fece scivolare le mani sugli occhi, premendo i palmi delle mani forte contro le sue palpebre chiuse, finchè il mondo non divenne altro che un miscuglio di colori indistinti, finchè Choi Minho non scomparve dalla sua vista, finchè Lee Taemin non divenne altro che il personaggio di una qualche favola che aveva letto e di cui non ricordava neanche il titolo.

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“Quindi ti reputi un musicista?” domandò Key sorseggiando la sua mocha. Jonghyun gli mostrò un sorriso timido e annuì appena, mentre versava il latte nella tazza da cappuccino.

“Mi piace pensarlo” rispose.

“Quindi lo sei o non lo sei?” lo incalzò Key sporgendosi sul bancone.

Jonghyun smise di versare il latte per concentrarsi solo sugli occhi di Kibum accesi di una curiosità quasi sfacciata.

“Sì, lo sono. Anche se ne ho solo il talento, ma nessuno dei meriti”

Kibum raccolse la schiuma sul fondo della tazza con un cucchiaino, annuendo. Jonghyun disegnò qualche ghirigoro sulla schiuma bianca del cappuccino e si sbrigò a portarlo al tavolo.
Seduto al bancone, Kibum lo osservò muoversi fra i tavoli sorridendo e raccogliendo tazze sporche, sorrise tra sé e sé quando Jonghyun lo colse a guardarlo e sembrò quasi scodinzolare.

“Allora? Come va?” Jinki era appena uscito dal retro e si stava versando una tazza di caffè americano.

Key sbuffò “Bene, anche se gli esami si avvicinano e sto per impazzire”

Jinki avrebbe voluto ribattere che Kim Kibum non si era mai preoccupato degli esami in vita sua, ‘troppo intelligente per farsi prendere dal panico’ e che essendo suo amico lui lo avrebbe ascoltato volentieri, ma una improvvisa paresi vocale lo colse quando dalla porta del suo locale entrò la fioraia. Quella fioraia. La sua fioraia.
Kibum nascose una risata con un colpo di tosse mentre Jinki era in trance mistico, in totale adorazione della ragazza che era appena entrata.

“Buongiorno” disse lei sorridendo.

Kibum si schiarì la voce cercando di riscuotere Jinki dal suo stato comatoso.

“B-buongiorno” Jinki riuscì a dire.

Jonghyun, intanto, si avvicinò a Kibum e, cercando di non farsi vedere da Jinki indicò la ragazza. “Chi è?” chiese.

“La fioraia” Kibum rispose.

Jonghyun attese ulteriori spiegazioni, ma Kibum si voltò di nuovo a guardare Jinki che cercava di non provocarsi ustioni di terzo grado scaldando il latte per un cappuccino medio con panna da portar via.  
Era divertente vedere Jinki faticare anche solo per mettere insieme una frase semplice come ‘ce lo vuole il cacao?’, e allo stesso tempo era dolce, una di quelle cose che ti fanno stare bene con te stesso nonostante tu non ne sia parte.
Jonghyun pensò che per lo sguardo di Kibum in quel momento avrebbe potuto scrivere mille canzoni.
La fioraia pagò e uscì con il suo cappuccino con panna a portar via e sulla soglia incontrò Minho che arrivava direttamente dall’università, ancora carico di libri.

“Quella era…?” chiese sedendosi al bancone vicino a Kibum che sorrise indicandogli Jinki.

“In carne e ossa”

“Ha detto che le sono arrivate delle camelie rosa” Jinki guardò Kibum e Minho, ancora incredulo.

Minho si trattenne dallo scoppiare a ridere mentre Kibum guardò Jinki dritto negli occhi.

“Jinki, devi chiederle di uscire. Seriamente, non puoi continuare così!”

Jinki annuì, Jonghyun rise e Minho cercò di consolare il suo hyung con uno sguardo comprensivo, ma Jinki era ancora troppo scosso dall’improvvisa apparizione che in silenzio si ritirò nel retro a contare i cartoni i latte. Contare i cartoni del latte lo rilassava, i cartoni del latte non avevano gli occhi neri più brillanti e meravigliosi che avesse mai visto, non avevano labbra perfette e rosee e non gli causavano stitichezza verbale.

“Insomma, quella era la clamorosa cotta di Jinki, mh?” chiese Jonghyun tornando dietro il bancone a lavare le tazze sporche prima di metterle nella lavastoviglie.

“Già, Jinki le muore dietro da quanto? Da quando ha aperto questo posto e ancora non è riuscito a scambiarci più di tre parole”

Jonghyun sorrise e Minho e Kibum iniziarono a parlare dell’università e degli esami. Minho stava dicendo di qualcosa a proposito del suo corso di statistica quando Taemin entrò, ipod nelle orecchie, canticchiando.

“Ciao a tutti” sorrise e Minho ebbe come la sensazione che il suo sguardo si fosse fermato su di lui più a lungo che sugli altri.

“Ciao Taemin” Jonghyun gli sorrise scompigliandogli i capelli biondi non appena Taemin entrò nel suo raggio d’azione.

“Yah! Hyung! Smettila” lo rimproverò Taemin cercando di non lasciarsi scappare un sorriso mentre cercava di respingere le mani insistenti di Jonghyun.

“Lascia stare mio figlio!” intervenne Key, gelando Jonghyun sul posto.

“Il tuo cosa?” Jonghyun guardò Key in stato di totale shock.

“Umma, non cominciamo” mormorò Taemin prima di sparire sul retro a cambiarsi.



Jonghyun sedeva al piano, suonando una melodia dolce, rilassante che completava il quadro di generale relax che il Romatic offriva a tutti i suoi avventori.
Taemin correva tra i tavoli mentre Jinki preparava caffè, cappuccini, tea, tisane e quant’altro.
Nei due giorni che erano trascorsi dal pomeriggio al centro commerciale Minho era riuscito in qualche modo a scendere a patti con il miscuglio di rabbia e frustrazione, ma era stato come nascondere la polvere sotto il tappeto, prima o poi sarebbe tornato tutto indietro ancora più forte, lo sapeva.

“Tra due settimane c‘è il saggio di danza”

Minho si voltò a guardare Kibum, cercando di prestargli attenzione.

“Mettimi da parte un biglietto”

“Sì, al solito, uno per te e uno per Jinki”

“Prendine uno anche per Jonghyun-hyung, sono sicuro che vorrebbe venire a vederti” disse Taemin con un ghigno malizioso sulle labbra.

Minho rimase a guardarlo mentre battibeccava con Kibum riguardo ad un certo pianista. Taemin era una di quelle persone che non sprecava neanche un muscolo facciale per esprimere le proprie emozioni, di quelle persone che ridono con le labbra, gli occhi, la fronte, le sopracciglia. Minho immaginò che Taemin piangesse allo stesso modo, ma non lo aveva mai visto triste, figuriamoci piangere. C’era qualcosa di strano riguardo a Taemin, non si sarebbe stupito se avesse scoperto che in realtà di nutriva solo di gelato al cioccolato e arcobaleni, eppure c’era di più. C’è sempre di più.
E lui avrebbe voluto saperlo che cosa c’era ‘di più’ in Taemin che lo rendeva così nocivo per la sua normalità, che gli faceva rivoltare lo stomaco e allo stesso tempo lo faceva sentire quasi bene, quasi come se fosse tutto apposto, come se fosse normale sentirsi come si sentiva: attratto da… .
Qualcosa scattò nella sua mente, Taemin lo stava guardando con il suo solito sorriso, il suo stomaco fece una capriola. Gli veniva da vomitare.
Prese il suo zaino e forse aveva mormorato delle scuse e un veloce ciao, ma non ne era troppo sicuro.


Una settimana dopo Minho non aveva ancora rimesso piede al Romantic. Aveva impilato scuse su scuse e si era buttato a capofitto nello studio e nel piccolo lavoro part-time alla biblioteca della facoltà.
Kibum era andato un paio di volte a trovarlo per rimproverarlo o per cercare di cavargli qualcosa su che diamine gli stesse passando per la testa, ma Kibum era l’ultima persona con cui poter parlare.
Era venerdì, stava uscendo dalla facoltà esausto ed erano appena le sei. Attraversò l’incrocio alla fine della strada e proseguì attraverso la folla inferocita alla ricerca dei regali verso la fermata della metropolitana.
Stava per scendere le scale della metro quando vide Jonghyun nel negozio di dischi dall’altra parte della strada. Stava suonando una chitarra elettrica, le sue conoscenze musicali non gli permettevano di capirne molto di più, aveva le cuffie e un’espressione di pura estasi sul volto.
Minho si sistemò meglio lo zaino sulla spalla e, senza pensarci troppo, tornò sui suoi passi, e entrò nel negozio di musica.
In sottofondo c’era una musica anni ottanta inglese, qualcosa di famoso, visto che anche a lui la musica sembrava familiare. C’erano chitarre appese alle pareti, con cartellini dove erano riportati i prezzi e i nomi. Gli parve incredibile che una chitarra potesse avere un nome, ma non era lì per preoccuparsi degli strumenti.
Salutò il commesso e si diresse subito verso Jonghyun che fu sorpreso di vederlo in un posto del genere.

“Sono appena uscito dall‘università e stavo passando qui davanti.” Minho si passò una mano sul collo, era indeciso. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare di quello che gli stava succedendo, ma ammettere di avere bisogno di parlare di quel qualcosa con qualcuno rendeva solo tutto più reale e spaventoso.
Jonghyun sembrò cogliere il suo disagio e mise giù la chitarra.

“Non hai fame? Conosco un posto qui vicino dove si mangia bene e si spende poco”


Il ‘posto’ era una bancarella coperta da un tendone con un paio di tavoli che serviva ramyun a tutte le ore del giorno fino a tarda sera. La proprietaria era una signora sulla sessantina che aveva ereditato il lavoro dal marito quando questi era venuto a mancare, gli aveva spiegato Jonghyun mentre aspettavano che la loro cena fosse pronta.

“Esci sempre a quest‘ora dall‘università?”

“No, solo ultimamente ho un lavoro in biblioteca quindi esco a quest‘ora”

La signora fece cenno a Jonghyun che la loro cena era pronta e Jonghyun si alzò facendo cenno a Minho di rimanere dov’era. Pagò per entrambi e portò il vassoio al loro tavolo.
Mangiarono in silenzio e alla fine Jonghyun poggiò le bacchette vicino alla ciotola guardando Minho negli occhi.

“Insomma hai l’aria di uno a cui hanno investito il gatto, quindi dimmi qual è il problema?”

Minho scosse le spalle “Non mi va di parlarne”

“È per questo che te lo chiedo, perché tu hai voglia di parlarne”

Jonghyun fece cenno alla signora che dopo pochi minuti arrivò al loro tavolo con due bottiglie di Soju e due bicchierini. Jonghyun li riempì e ne porse uno a Minho che avrebbe voluto dire che non beveva perché ci teneva al suo fegato, ma si limitò a buttarlo giù tutto d’un fiato.

“Hyung, tu… che cosa pensi dell‘amore?”

Jonghyun buttò giù il suo bicchiere e li riempì di nuovo.

“Ah, l‘amore” Jonghyun bevve il secondo bicchiere e Minho lo imitò, conscio che in qualsiasi posto questa discussione li avrebbe portati non voleva arrivarci sobrio. “L‘amore è come prendere un muro a cento all‘ora e riuscire a correre i cento metri in meno di nove secondi subito dopo”

Minho pensò che Jonghyun fosse pazzo, ma dopo il terzo bicchiere smise di preoccuparsene.

“Hyung a te piace Kibum?”

Jonghyun bevve forse il suo sesto bicchiere prima e annuì. “Kim Kibum, quel ragazzo sarà la mia rovina, te lo dico io”

Minho si riempì da solo il bicchiere, dopo il quarto la gola aveva quasi smesso di bruciargli.

“In che senso?”

“Gli ho scritto una canzone, gli ho scritto mille canzoni, e tutte le canzoni che ho scritto e scriverò mai saranno tutte per lui. Ecco in che senso.”

Probabilmente Jonghyun pensò di essere stato esaustivo nella sua spiegazione, ma Minho sfortunatamente continuava a non capire.

“Vedi, non è che mi piaccia Key, io sono innamorato di lui”

Minho annuì e bevve un altro bicchiere.

“E…” si versò un altro bicchiere, giusto per “E non ti crea nessun problema che sia… uhm… Un ragazzo?”

Jonghyun sorrise assottigliando gli occhi.

“Minho, hai presente nei film romantici quando dicono tutte quelle cose su come l‘amore non abbia sesso, né religione, né razza, o come ci si innamori di una persona per come è dentro più di come è fuori?”

Minho annuì.

“Bhè, lasciatelo dire hanno fottutamente ragione”

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Facing my fears ***


salve, aggiornamento notturno come al solito. scusate il ritardo, ma sono stata travolta dal mio solito
raffreddore/mal di gola killer e quando succede odio il mondo e l'intera umanità
quindi di scrivere non se ne parlava. ho una connessione del cavolo quindi niente banner perchè non me lo carica :/
nessuno ha guardato il gayo daejun? *_______________*
vedere Key, Minho e Taemin ballare oppa oppa con eunhae è stato epico LOLe vabbè lucifer rock ver. avevo gli occhi a cuore e il cuore in gola, ma vabbeh.
insomma che dire di questo capitolo? che ho cercato di far capire un po' come la pensa Minho,ma non troppo perchè alla fine non è tanto sicuro nemmeno lui.
E praticamente non succede granchè, ma doveva andare così.
un grande GRAZIE  a tutti e buona lettura!


Shall I try Kiss You ?

Capitolo 5: facing my fears



Minho sedeva dietro il bancone della biblioteca controllando gli ultimi rientri della biblioteca quando Kim Kibum entrò a passo di marcia con un enorme cartella sotto braccio e l’aria di chi non ha avuto la migliore giornata della propria vita.

“Choi” Kibum si sporse sul bancone poggiandovi entrambi i gomiti.

“Kim”

“Successo niente di interessante oggi?”

“Niente di che, a te?”

Kibum fece il giro del bancone e sistemò la cartella in un angolo e si sedette sul bordo della scrivania.

“Ho incontrato Hyun-ki e, la sua nuova ragazza”

Minho poggiò la pila di libri che stava spostando per voltarsi verso Kibum, che sorrise appena, un sorriso così triste che Minho istintivamente gli cinse le spalle in un abbraccio fraterno.

“Lei è una racchia” Minho annuì, nonostante entrambi sapessero che era una bugia. “E non sa vestirsi”

Kibum sciolse l’abbraccio e Minho gli sorrise incoraggiante. “Gli ho detto di avere un ragazzo”

Minho lo guardò sorpreso. “Yah, non guardarmi così, mi è venuto spontaneo, voglio dire dopo quello che è successo” la voce di Kibum si fece piccola mentre le sue mani giocavano con il bordo della sua felpa azzurra.

“Kibum-ah, prima o poi mi racconterai che cosa è successo tra te e lui?”

Kibum sorrise furbescamente. “Quando tu mi dirai che cosa ti passa per quella testaccia dura che ti ritrovi, Choi”

Minho riprese a controllare i libri e a sistemarli in pile secondo le diverse collocazioni mentre Kibum si intratteneva con la sedia girevole dietro il bancone.

“E questo fidanzato immaginario per caso suona il piano?”

Minho schivò una penna e rise. “Non sfidare la sorte due volte” lo mise in guardia Kibum. “E poi io e Jonghyun non siamo niente”

“Ah sì?”

“Già” il tono di Kibum si era fatto più serio, forse più triste.

“Kibum-ah…”

“Minho-ah, credimi è meglio lasciare le cose come stanno”

Minho riprese a sistemare i libri finché non sentì Kibum alzarsi.

“Hai da fare venerdì?”

“No”

“Bene allora vengo a prendere il mio regalo”

Minho annuì e Kibum sorrise dandogli una patta leggera sulla spalla prima di andarsene. Minho lo guardò salutare dei sunbae all’entrata della biblioteca e poi uscire di corsa.
Kibum era venuto spesso in quella settimana a trovarlo in biblioteca cercando di estorcergli qualche parola su che cosa lo preoccupasse tanto, ma Kibum era l’ultima persona con cui avrebbe potuto e voluto parlare in quel momento. Dopo la chiacchierata con Jonghyun, Minho ci aveva pensato bene e aveva concluso che avrebbe dovuto parlare con Kibum, solo non ancora, aveva bisogno di tempo e di qualche certezza in più. Ci aveva pensato tanto da farsi venire l’emicrania, ma non era venuto a capo di niente, aveva solo capito di non capire, di non sapere e tutta quell’incertezza gli si era insinuata sotto le unghie, su lungo i nervi, nelle vene fino al cuore.
Minho non sapeva che cosa volesse, non lo sapeva, e nonostante scoprirlo lo spaventasse aveva anche capito che non poteva rimanere per sempre sull’orlo di un precipizio, guardando il vuoto senza sapere quanto profondo fosse o quanto male avrebbe fatto se ci fosse caduto dentro.
Minho sapeva però che non si poteva fuggire da se stessi e dalle proprie paure troppo a lungo, perché la paura si nutre della codardia diventando sempre più grande, sempre più minacciosa e incomprensibile. Per questo, nonostante sentisse il cuore esplodergli nelle orecchie e un senso di nausea aveva deciso che nel suo primo giorno libero dal lavoro in biblioteca sarebbe passato al Romantic, giusto per dire ‘Ciao a tutti, non sono morto, sono stato solo impegnato a nascondere la testa sotto la sabbia come uno struzzo’. Magari non con quelle esatte parole, ma qualcosa del genere.
Il venerdì successivo, intorno alle cinque Minho uscì dalla sua ultima lezione diretto verso il Romantic, Key lo avrebbe raggiunto direttamente nel suo appartamento intorno alle otto per la loro maratona di Daniel Henney in tutte le sue migliori interpretazioni.
Camminando verso il Romantic Minho si sentì quasi sicuro di sé, quasi pronto, quasi convinto di qualunque cosa si stesse accingendo a fare. Solo quasi, ma quel quasi era meglio di qualsiasi cosa lo avesse spinto a scappare in quella settimana e quindi si sentì soddisfatto.
Era spaventato, arrabbiato con se stesso e non potè impedirsi di sentirsi in colpa.
Quando entrò il locale era semideserto, soltanto due ragazze sedevano vicino al piano, Jonghyun stava suonando una melodia leggera canticchiando. Jinki gli sorrise vedendolo entrare e Taemin, che stava appollaiato su uno degli sgabelli al bancone con la schiena curva su qualcosa, si voltò per salutarlo sorridendo.

“Ciao hyung!”

“Ciao a tutti” Minho sorrise avvicinandosi.

“Minho-ah, un caffè?” Jinki gli sorrise mentre Minho si accomodava vicino a Taemin sbirciando sul quaderno che il ragazzino teneva davanti riconoscendo, tra gli scarabocchi integrali di primo grado.

“Sì, grazie hyung”

Taemin scarabocchiò nervosamente su un angolo del quaderno prima di metterlo da parte. “Compiti?” chiese Minho.

Taemin annuì aggrottando le sopracciglia. “Matematica”.

Minho prese un respiro e indicò il quaderno che Taemin aveva messo da parte. “Vuoi che gli dia un‘occhiata?”

Taemin spalancò gli occhi e Jinki si voltò verso Minho con un’espressione indecifrabile e Minho per un attimo ricordò che Jinki poteva sembrare un po’ distante e fuori dal mondo, ma sapeva molto più di quanto tutti loro non fossero disposti a dire.

“Davvero?” Taemin chiese esitante riprendendo il quaderno.

“Certo”

“Andate ad un tavolo, vi porto qualcosa da bere”

Taemin guardò Jinki incerto, infondo lui era ancora a lavoro, il suo turno sarebbe finito alle sette. “Taemin-ah, non c‘è nessuno va bene”

Minho sperò che Taemin non si accorgesse del suo disagio, e iniziò a scorrere gli esercizi che Taemin aveva segnato sul suo libro. La matematica non era mai stata un problema, ma quando Taemin avvicinò ala sedia per seguire meglio, quando Minho poteva sentire l’odore dolce del suo shampoo, e quando inavvertitamente le loro ginocchia si toccavano sotto il tavolo Minho non poteva fare a meno di irrigidirsi perché sentirsi così come si sentiva non era normale, non per lui. Quell’agitazione velata di aspettativa e insicurezza lui non l’aveva mai sperimentata.

“Questo lo riscrivi e questo lo sommi con questo”

Taemin seguiva la punta della penna che scorreva sul foglio e pensava che alla fine della matematica non gliene importava proprio niente, ma gli piacerebbe davvero sapere che così che rende la sua presenza così odiosa a Minho.

“Quindi puoi semplificare, vedi? È la cosa migliore almeno hai meno numeri da trascinarti dietro nei passaggi ed è più difficile sbagliare, capito?”

Taemin annuì cercando di portare avanti l’esercizio con quella stessa formula, ma con scarsi risultati, l’equazione invece di restringersi si era allungata con numeri orrendi. Sbuffando Taemin lasciò cadere la penna e poggiò la testa sul tavolo.

“Ci rinuncio, basta.”

Minho sorrise e d’istinto carezzò i capelli di Taemin, come uno hyung avrebbe fatto con un suo dongsaeng, ma Minho di certo non poteva negare che c’era qualcos’altro, di diverso, di piacevole nel toccare Taemin.

“Riprenderemo un‘altra volta. Per oggi direi che basta” disse ritirando la mano e guardando verso il piano che aveva smesso di suonare.

Jonghyun guardava nella sua direzione, e Minho sospirò cercando di sorridere perché se fosse stato da solo, probabilmente, a quel punto si sarebbe messo a piangere.

“Taemin-ah, se hai finito aiutami a sistemare che tra poco chiudiamo” Jinki

“Subito hyung!” Taemin scatto in piedi raccogliendo libri e quaderni e infilandoli alla meglio nella cartella. Minho riuscì a scorgere lo stemma della scuola appuntato sulla cartella di Taemin e la sua fronte si corrugò istintivamente. La XXX High School era una scuola pubblica, non che avesse niente contro le scuole pubbliche, ma quella in particolare non aveva esattamente un bella fama.

“Minho-hyung, grazie” disse Taemin inchinandosi con un sorriso che gli animava le labbra.

“Di niente, Taemin-ah”

Minho si passò una mano fra i capelli prima di alzarsi per andare a raccogliere i suoi libri e andare a casa, perché all’improvviso si sentiva stanco, incredibilmente stanco.
Tornando a casa si fermò in un supermercato per prendere il minimo indispensabile per una ‘serata film’ con Kibum che comprendeva, patatine, pop-corn, e qualsiasi cosa contenesse abbastanza cioccolata da essere definito ‘mortale’. Aveva preso l’autobus non avendo la minima intenzione di portare le buste della spesa fino a casa. In piedi alla fermata dell’autobus si era messo a pensare guardandosi intorno.
Pensò a Taemin e nascose un sorriso dietro il dorso della mano, pensò che gli sarebbe piaciuto aiutarlo ancora a studiare solo per sentirlo sbuffare e comprargli una cioccolata alla fine della lezione. Si domandò se non fosse semplicemente Taemin a fare quell’effetto a chiunque con i suoi tratti dolci e quel sorriso mellifluo e i capelli biondi e di quell’impellente urgenza di proteggerlo che ti nasceva dentro solo a guardarlo, troppo esile, troppo femmineo. Ma Minho di certo sapeva che le fattezze così androgine di Taemin erano solo una parte del problema.
Ispirò ancora a fondo, vedendo l’autobus avvicinarsi alla fermata fece segno all’autista di fermarsi. Sedette vicino alla porta sul retro occupando il seggiolino vicino al corridoio con le buste della spesa, l’autobus era comunque semi vuoto.
C’erano delle cose che non poteva controllare, lo aveva sempre saputo, ma il desiderio di vere tutto sotto controllo, tutto al posto giusto lo aveva sempre ossessionato. Choi Minho non poteva sbagliare, mai, non era concesso, non era per lui. Non poteva vacillare, non aveva tempo. Era stato così per tutte le medie ed era continuato durante le superiori e quando finalmente era arrivato all’università, lontano da casa, da genitori troppo ansiosi si era detto che forse avrebbe dovuto allentare la presa e lasciar correre. Le vecchie abitudini sono dure a morire, però, e incontrare Taemin non era previsto, provare quello che provava per Taemin non era previsto.
Non che considerasse l’attrazione per una persona dello stesso sesso disgustosa o inumana, la sua insicurezza, il suo disagio avevano ben poco a che fare con sentimenti del genere, piuttosto avevano a che fare con quel piano che aveva studiato per la sua vita e che avrebbe reso felice tutti e Taemin non era compreso. Ma adesso in qualche modo, anche se non sapeva bene come, Minho avrebbe dovuto far entrare Taemin in quel piano, trovargli un posto, non sapeva per quanto tempo, non sapeva quanto grande, ma comunque su uno di quei mattoni con cui Minho avrebbe costruito la propria vita ci sarebbe stato scritto Taemin e, magari da lì a dieci anni ripercorrendo quel muro rivedendo quel mattone Minho avrebbe ripensato a sorrisi di zucchero e capelli biondi e avrebbe sorriso senza tutta quella pesantezza che lo accompagnava in quel momento.


Aprì i pop-corn e versandoli nella ciotola pi grande che era riuscito a recuperare nella sua cucina pensò che probabilmente era venuto il momento di parlare con Key, di dirgli che cosa gli stesse succedendo perché sicuramente Kibum c’era passato prima di lui.
Finì di sistemare e portò tutto sul tavolino da caffè di fronte alla televisione e cercò di non pensare al ‘come’ dire a Kibum quello che aveva da dire, così da non poter valutare le possibili reazioni i Kibum, ma concentrarsi solo sul fatto che quella sera glielo avrebbe detto.
Kibum era il suo migliore amico da anni, lo conosceva meglio di chiunque e quindi di certo lo avrebbe aiutato.
Il suo cellulare vibrò sul tavolo in cucina e Minho corse a rispondere.

“Choi! Sono alla porta, aprimi”

“Key?”

“Sì?”

“Perché non hai suonato?”

“Ho suonato, ma evidentemente non mi hai sentito e non voglio sapere che cosa tu stessi facendo”

Minho riattaccò e andò alla porta. “Stavo solo pensando” chiarì appena aprì la porta e si trovò davanti Kibum.

“Non ho detto niente” si difese Kibum togliendo gli anfibi e mettendo le ciabatte che Minho gli porse. “Allora, dov‘è il mio regalo?”

“Sul divano”

Kibum si buttò a pesce sul divano con un sorriso a trentadue denti.

“Kibum-ah, dovrei dirti una cosa”

“Se questa scatola è vuota e il dvd apparirà solo a Natale sappi che stai mettendo in seria discussione la nostra amicizia”

“No, riguarda me, io devo parlarti di una cosa”

Kibum mise da parte il dvd e si fece da parte perché Minho potesse sedersi all’altro lato del divano. Minho sedette, rigido, con le mani strette sulle ginocchia.

“Kibum, credo di stare diventando gay”

In un’altra situazione probabilmente avrebbe riso per l’espressione di Kibum.

“Kibum-ah? Hai capito?”

Probabilmente avrebbe dovuto pensare meglio a cosa dire.

“Che cosa stai dicendo? Mi prendi in giro?”

Minho scosse la testa, magari stesse scherzando, magari fosse solo un brutto sogno. “No, non ti sto prendendo in giro”

“Ok, ok, che cosa ti ha fatto pensare di essere gay, Minho?”

Minho esitò. “C‘è questo ragazzo da cui sono, diciamo, attratto, ultimamente e non solo fisicamente, ecco”

“Lo conosco?”

Minho annuì e Kibum gli si fece più vicino. “Università?”

Minho scosse la testa. “Avanti Minho non ho voglia di giocare alle venti domande con te in questo momento”

“È Taemin”

Kibum non disse niente, rimase in silenzio immobile a fissare Minho. Quando riprese a parlare era estremamente serio.

“Mi prendi in giro?”

“No, Kibum, non ti sto prendendo in giro. Io ci ho pensato e…”

“Era per questo che non ti sei più fatto vedere al Romantic nell‘ultima settimana?”

“Io avevo bisogno di pensare e capire che cosa mi stesse succedendo e ora l‘ho capito, va bene? Io ci ho pensato e…”

“E cosa? Ti è bastata una settimana per arrivare a questa conclusione? Una sola misera settimana? Taemin lo sa?”

“No, io volevo prima parlarne con te”

Minho aprì la bocca per dire qualcosa, ma Kibum lo fermò. “Minho, non sto dicendo che tu non sia sincero, ma vorrei che tu ci pensassi bene prima di dire qualsiasi cosa a Taemin o a chiunque altro. Minho, Taemin ne ha già avute abbastanza di batoste senza che tu ti metta a sperimentare su di lui le tue nuove tendenze e ha abbastanza di cui preoccuparsi senza che tu ti aggiunga alla lista. Lo dico per il bene di entrambi, pensaci bene prenditi un‘altra settimana, un altro mese quanto tempo vuoi, ma Minho, prima di fare qualsiasi passo verso Taemin devi essere certo che quello che provi non è solo un‘attrazione superficiale che finirà da qui a un mese”

Minho rimase in silenzio e Kibum si avvicinò e lo attirò in un abbraccio che quasi lo soffocò. “Minho-ah, non voglio che vi facciate male, mi capisci?”
Minho annuì e cinse la vita di Kibum lasciandosi trascinare sul divano con il capo sul petto di Kibum. Rimasero così finché Minho non sentì il petto di Kibum alzarsi ed abbassarsi istericamente. Kibum stava ridendo. Alzò la testa e trovò Kibum con le lacrime agli occhi che cercava di trattenere le risate.

“Lo sai, pe-per un attimo quando mi hai detto che pe-pensavi di… di… oddio non ce la faccio, che pensavi di essere gay ho quasi creduto che avresti confessato di esserti innamorato di me” riuscì a dire prima di scoppiare di nuovo a ridere.

Minho lo fissò incredulo e poi fece una faccia schifata. “Sarebbe quasi incesto Key-ah!” disse prima di scoppiare a ridere a sua volta. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Mille won e una cioccolata ***


allora, prima di tutto come al solito aggiormaento notturno, ma stasera non è nemmeno tanto tardi.
poi, allora questo capitolo è per Taemin, le paranoi di Minho le lasciamo alla prossima volta,
si scoprono delle cose su di lui non molto belle, ma voglio precisare che in questa storia non tratterò
abusi o violenza domestica.
Bene, devo dire una cosa che non c'entra niente con gli SHINee, ma non posso...
cioè.....il ComeBLAQ. cioè Hello Baby 5.
morirò.
my god.
e. a febbraio il comeback.
F.E.B.B.R.A.I.O.
bene, basta, buona lettura.
 


Capitolo 6:
Mille won e una cioccolata


Quando Taemin aveva quattro anni aveva un triciclo giallo con delle fiamme disegnate sulle ruote, era un triciclo che gli aveva portato suo cugino. Era usato e se lo si guardava bene le fiamme erano un po’ sciupate e aveva una ruota storta, ma un bambino queste cose non le vede.
Un giocattolo nuovo è un giocattolo nuovo anche quando è vecchio per qualcun altro. A Taemin piaceva particolarmente quel gioco, più della palla rossa che gli aveva portato la nonna per il suo compleanno perché poteva pensare di andare fino alla luna solo pedalando velocissimamente sul suo triciclo, era bello pensarlo.
Stringendo il manubrio, le mani strette strette sulla plastica gialla morbida e gli occhi dritti di fronte a sé, si sentiva fiero di sé e del suo nuovo giocattolo.
Taemin aveva sei anni quando suo padre prese il triciclo e lo gettò nel cassonetto della spazzatura di fronte a casa e, per quanto lui piangesse suo padre non ascoltava, per quanto lui la chiamasse sua madre non rispondeva.
Suo padre era rientrato in casa sbattendo la porta e lo aveva preso per le spalle spingendolo a sedersi sul divano.

“Non devi piangere, mi hai capito?”

Taemin, con gli occhi pieni di lacrime per il suo gioco e per la sua impotenza di bambino cercò di annuire perché suo padre aveva il tono dei ‘discorsi da grande’ e Taemin avrebbe tanto voluto fare come gli era stato detto, ma non ci riusciva.

“S-scusa a-p-ppa”

Non sapeva bene per cosa si stesse scusando, ma lo disse comunque. Suo padre strinse un po’ la presa sulle sue spalle e Taemin si morse il labbro inferiore tentando di fermare e lacrime, ma quelle non ne volevano sapere di smettere di scendere.

“Taemin-ah”

Taemin aveva aspettato, ma suo padre non aveva detto altro.
Anche quando Taemin aveva chiesto dove fosse sua madre, suo padre non aveva detto niente.
Taemin aveva nove anni quando aveva capito che essere Lee Taemin non era la cosa più bella del mondo, ma aveva deciso che era meglio essere Lee Taemin e doversi preparare dei toast storti da solo che essere Lee Chanson e non sapere neanche come si preparano i toast.
Ne aveva dieci, invece, quando aveva visto per la prima volta la scuola di danza dal finestrino del suo autobus e era rimasto affascinato dall’insegna sgargiante e dai ragazzi che uscivano da lì ridendo come se fosse stato il miglior Luna Park mai costruito.
“Appa, ti prego, appa per favore” . Aveva pregato per giorni. “Appa, voglio fare danza”. “Appa, guarda ho preso il volantino, appa, non è caro, appa” non gli interessava essere pressante, né essere troppo esigente, non aveva mai voluto niente quanto salire insieme a quei ragazzi su quella giostra.
La sua prima lezione di danza era stata un sabato pomeriggio nell’autunno dei suoi dieci anni. Per tutto il tempo il sorriso non aveva mai lasciato il suo viso.
Essere Lee Taemin lì dentro era più facile, essere Lee Taemin lì dentro  era quasi bello.
Taemin era il tipo di ragazzo che aveva talmente tanti sogni a riempire milioni di pagine, talmente tanti che non gli sarebbe bastata una vita intera per realizzarli tutti, ma che comunque si impegnava al massimo per non doversi mai guardare indietro. Era una di quelle persone che seguono i propri sogni anche lungo sentieri impervi e scoscesi perché  il viaggio che dà valore al traguardo, o così almeno la pensava lui.
C’erano dei giorni in cui, però, pensare che un giorno ce l’avrebbe fatta, che bastava lavorare sodo, non era abbastanza, in cui avrebbe voluto gettare tutti suoi sogni dalla finestra e liberarsi da quel peso inutile che lo teneva legato ad un posto a cui non si sentiva di appartenere.
Era un giovedì quando era incappato nel Romantic, ed era una di quelle giornate in cui avrebbe volentieri attraversato un incrocio con il semaforo rosso. In tasca aveva solo una banconota da mille won e delle cartacce, ma era entrato comunque, avrebbe potuto prendere almeno un caffè.
Dentro non c’era nessuno, solo un ragazzo dietro il bancone che stava sistemando dei fiori in un vaso. Sorrise quando si accorse di Taemin in piedi sulla porta.
Taemin sorrise a sua volta e si avvicinò al bancone trascinando appena i piedi, poggi la cartella ai piedi di uno degli sgabelli e si sedette.

“Che cosa posso portarti?” chiese il ragazzo mentre Taemin si guardava intorno.

“Un caffè, grazie”

Il ragazzo corrucciò la fronte. “Caffè? Non ti va una bella cioccolata calda?”

Taemin scosse la testa. “Ho soltanto mille won, quindi un caffè, grazie”

Il ragazzo sorrise e tirò fuori il bricco del latte per la cioccolata. “Te la offro io, sembra che tu abbia avuto una brutta giornata”.

Taemin ringraziò imbarazzato mentre il ragazzo scaldava il latte. “Io mi chiamo Jinki” gli disse.

“Taemin, mi chiamo Taemin”

Jinki, Taemin ebbe modo di scoprire quel pomeriggio, era una persona molto… diversa da quelle che si incontrano di solito, sorrideva più del dovuto, inciampava di continuo e aveva un senso dell’umorismo spesso incomprensibile, ma era una persona piacevole.

“Quindi balli, ma tipo balletto, cioè danza classica o cosa?”

“No, danza moderna, hip hop, cose del genere, niente danza classica” sorrise Taemin sorseggiando la sua cioccolata.

“Una volta ho provato un corso di tango, mi ci ha portato mia madre, mio padre non è il tipo da ballo da sala, ma è stato un disastro, continuavo a pestarle i piedi” Jinki sorrise un po‘ imbarazzato e si versò una tazza di caffè.

Il Romantic era diventato prezioso per Taemin, la famiglia che aveva avuto modo di scegliere, forse un po’ stramba e atipica, come quelle automobili piene di bozzi e ammaccature, ma che nonostante tutto continuano ad andare avanti e Taemin si era sentito a casa lì, perché anche lui era un po’ rotto, ma non lo dava troppo a vedere.
Stava sparecchiando un tavolo quando la porta si aprì e Kibum e Minho entrarono. Taemin sorrise prima a Kibum che gli si fece incontro per un doveroso abbraccio materno e una serie di legittime domande come ‘hai mangiato?’ e ‘hai sentito che freddo? Ti sei portato la sciarpa?’. Taemin rispose a tutte sorridendo e lanciando qualche occhiata a Minho che parlava con Jinki al bancone.
L’unico pezzo del puzzle che Taemin non era ancora riuscito a collocare era Minho. Era come uno di quei pezzetti azzurri di cielo che sembrano tutti uguali e fino all’ultimo non si capisce dove vadano. Taemin era convinto che non si potesse essere amici delle persone verso le quali si è attratti perché le cose finiscono male, specialmente nel suo caso. Taemin era attratto ma Minho, come non esserlo? Minho era gentile, intelligente e aveva un bel fisico, per non parlare della voce, una delle più sexy che Taemin avesse mai sentito.
Sorrise quando Minho guardò verso di lui e agitò la mano, salutando.

“Taemin-ah” Kibum sorrideva ancora, ma c’era qualcosa di strano nel suo sguardo. “Mi prepari una cioccolata?” chiese.

“Certo, qualcosa non va?”

“No, solo… ti voglio bene, Taemin-ah”

Taemin sorrise stringendo la mano di Key. “Yah, Umma anche io”

 Kibum sorrise e si avvicinarono al bancone, Taemin si mise subito all’opera per preparare la cioccolata.

“La prossima settimana c‘è il saggio, venite tutti, no?” chiese Kibum sorridendo minacciosamente.

“Certo, come ogni anno e quest‘anno c‘è anche Taemin” Jinki sorrise guardando verso Taemin che era occupato a sistemare la panna sulla cioccolata.

“Choi?”

“Ho già il biglietto”

“Bene, non manca nessuno”

Jinki guardò Minho ed entrambi stavano pensando la stessa cosa. “Jonghyun-hyung oggi non lavora?” chiese Minho.

“No, mi ha chiesto la giornata perché aveva delle cose da fare” rispose Jinki.

Minho sorseggiò il suo caffè mente Jinki si finse impegnato a pulire un bancone già pulito. Taemin porse la tazza con la cioccolata a Kibum che gli sorrise grato. “Taemin-ah, mi raccomando ricordati che la stupidità è contagiosa, non diventare come questi due, fallo per me, hm?”



¤ ¤ ¤



Il giorno dopo la lezione di danza fu particolarmente sfiancante, continuavano a ripetere la coreografia per il saggio ormai da settimane e l’insegnante continuava a gridare e a correggere e a sospirare e a scuotere la testa.
Taemin avrebbe voluto gridare contro lo specchio fino a romperlo. Gli faceva male tutto, anche muscoli che non sapeva di avere ed era stanco, avrebbe potuto collassare dopo ogni movimento, dopo ogni piroetta o dopo ogni flip, ma non smetteva, non cadeva anche quando sembrava ad un passo dal farlo.
La cosa meravigliosa quando ballava era che ha il controllo totale del suo corpo e dei suoi movimenti, e non poteva dire lo stesso di molte cose nella sua vita.
Guardò Kibum alla sua destra, anche lui sudato e con le guancie rosse per il movimento, ma con la sua stessa determinazione negli occhi e i movimenti ancora precisi e puliti nonostante la fatica.


“Yunho si trasforma in una specie di dittatore quando si avvicina il saggio, aish” sentì uno dei ragazzi lamentarsi nello spogliatoio, dopo la fine dell’allenamento.

Taemin sorrise frizionandosi i capelli ancora umidi con l’asciugamano, di certo non poteva dargli torto. Si vestì in fretta quando sentì un leggero spiffero freddo accarezzargli la pelle e un brivido gli percorse la schiena.
Quando si mise la cartella in spalla ricordò, dolorosamente che il lunedì successivo lo aspettava l’ennesimo test di matematica e l’ennesimo brutto voto da aggiungere alla lista.

“Kibum-hyung, io vado!” gridò in direzione delle docce.

“Yah! Copriti che fa freddo!” Kibum gli gridò in risposta.

Taemin non rispose limitandosi a stringere un po’ di più la sciarpa che aveva intorno al collo.
Trascinando i piedi verso l’uscita Taemin si domandò se avrebbe potuto chiedere a Minho di dargli qualche ripetizione, magari avrebbe potuto sperare di salvare la situazione appena in tempo per non dover seguire i maledetti corsi di recupero durante l’estate che, a dirla tutta erano la sua maggiore preoccupazione.

Quando uscì dalla palestra un vento gelido lo investì in pieno viso facendolo rabbrividire, si calò il cappuccio in testa e si preparò ad affrontare il gelo fino alla fermata dell’autobus. Aveva appena fatto qualche passo quando notò, nel cono di luce del lampione una figura familiare, era Minho.

“Hyung!” Taemin agitò il braccio per attirare l’attenzione di Minho che si voltò nella sua direzione e, nonostante la poca illuminazione, Taemin fu felice nel vedere che sorrideva.

“Taemin-ah!”

Taemin affrettò il passo affondando ancora di più le mani nel suo parka verde. “Key-hyung è ancora sotto la doccia” disse appena si fu avvicinato abbastanza.

Minho sospirò sfregando le mani insieme. “Sto congelando qui”

“Da quanto aspetti?”

“Cinque minuti, sono venuto in autobus” rispose indicando al fermata poco distante. “Hai i capelli bagnati?” senza pensarci Minho allungò la mano e prese tra le dita una delle ciocche bionde che uscivano dal cappuccio. Taemin, sorpreso, istintivamente si toccò i capelli e balbettò qualcosa di incomprensibile, prima che Minho ritirasse la mano conscio di che cosa aveva appena fatto.
Non che a Taemin desse fastidio l’intrusione di Minho nella sua bolla personale, semplicemente non se lo aspettava.

“Con questo freddo rischi di ammalarti”

“Li ho asciugati, ma sono ancora un po‘ umidi”

Minho annuì, corrucciando la fronte. “Io e Kibum andiamo al cinema a vedere un film, Kibum deve assolutamente vederlo, così ha detto, ti va di venire? Domani è sabato, no? Non hai scuola”

Taemin spostò il peso da un piede all’altro nervosamente e poi sorrise a Minho, “Io non vorrei disturbare e poi non sono neanche vestito bene”

“Sei carino” rispose Minho, rimanendo a bocca aperta di fronte alla sua stessa affermazione “V-voglio dire, non importa come sei vestito, tanto nella sala al buio non ti vede nessuno”

Taemin rise nervosamente e Minho affondò le mani nelle tasche dei jeans schiarendosi al voce. “Non disturbi, quindi, se ti va…”

Kibum uscì dalla scuola in quel momento con la sacca poggiata svogliatamente sulla spalla destra, individuò subito Minho e Taemin, sospirò avvicinandosi e cercando di non preoccuparsi troppo.

“Choi, aspetti da molto?”

“No, il solito quarto d‘ora che ormai è d‘obbligo. Taemin viene con noi, se non ti dispiace”

“Non essere sciocco, Choi. Taemin sei sicuro di poter venire?”

Taemin gli sorrise cercando di rassicurarlo. “Non c‘è problema hyung” .

Kibum passò la sua sacca a Minho e lo fulminò con lo sguardo prima di iniziare a raccontare a Taemin la meravigliosa trama del meraviglioso film che stavano per andare a vedere. Minho si sistemò la sacca di Kibum in spalla e affrettò appena il passo per raggiungere Taemin e prendere anche il suo zaino.
Lo fece scivolare dalla spalla di Taemin e se lo caricò sulla spalla libera, quando Taemin fece per protestare Minho scosse la testa.

“Lascia che metta a frutto il fisico che si ritrova” aveva commentato Kibum.



 ¤ ¤ ¤



Usciti dal cinema si avviano verso la fermata dell’autobus, Minho seguiva Kibum camminando piano per stare al passo con Taemin che sembrava doversi addormentare da un momento all’altro. Lo guardava di sottecchi cercando di non pensare troppo, di non cedere alla tentazione di analizzare quella leggera stretta allo stomaco che sente ogni volta che Taemin era troppo vicino.

“Come vanno le prove del saggio?” domandò Minho sfiorando il fianco di Taemin con il gomito.

“Bene, Yunho-saesangnim ci fa lavorare sodo”

Minho sorrise sistemandosi meglio sulle spalle la sacca di Key. “Sono sicuro che andrai benissimo”

“Grazie, ma dovresti vedermi prima di giudicare”

“Giusto e con la scuola come va?”

Taemin scosse le spalle e sorrise. “Domanda di riserva?”

Minho sorrise, poi si schiarì la voce. “Se hai bisogno di un po‘ di aiuto in matematica io posso darti qualche ripetizione”

“Davvero?” Taemin lo guardò sgranando gli occhi.

“Se per te va bene come insegno” Minho annuì.

Kibum, qualche passo più avanti incassò la testa nelle spalle nascondendo il naso nella sciarpa rossa che portava al collo, guardava dritto davanti a sé eppure non sembrava vedere niente. Guardò il cielo blu sporco di Seul e si affiancò a Minho aggrappandosi al suo braccio.
Minho alzò un sopracciglio e Kibum si limitò a scuotere le spalle. “Non bastava la borsa, anche te devo trascinare fino a casa?” domandò Minho.

“Sta zitto, Choi, e ringrazia che te lo lascio fare”

Minho attirò Kibum verso di sé e gli sorrise.

Salutarono Taemin alla fermata dell’autobus. Minho gli rese lo zaino e Kibum gli sistemò meglio la sciarpa annodandola abbastanza stretta da strozzarlo. Salendo sull’autobus Taemin si voltò a salutare sorridendo, prima di andare a sedersi vicino alla porta sul retro.
Guardando fuori dal finestrino immaginò che quell’autobus fosse una macchina del tempo o uno di quei mezzi magici che portano i protagonisti dei film in posti meravigliosi o gli danno la possibilità di cambiare la loro vita. Immaginò di essere uno di quei protagonisti e di poter tornare indietro a quando ancora credeva che le cose sarebbero sistemate.
Quando però vide la sua fermata avvicinarsi, quando scorse il vialetto di casa sua sospirò e ricordò che quelli erano sol film e che nella realtà c’era da fare a pugni e la maggior parte delle volte se ne ricevono più di quanti non si riesca a darne.
Infilando le chiavi nella porta cercò di non fare rumore, erano appena le dieci e di certo suo padre era in casa. Tolse le scarpe e le mise in un angolo nell’ingresso, si caricò meglio lo zaino sulle spalle e, senza accendere la luce percorse il corridoio verso le scale.
Con la coda dell’occhio vide suo padre steso sul divano, probabilmente addormentato, deglutì e trattenne il respiro finché non fu finalmente al sicuro nella sua stanza. Chiuse a chiave e trasse un respiro di sollievo.
Aveva appena riposto il parka verde nell’armadio quando sentì i passi pesanti di suo padre che saliva le scale, il respiro gli si mozzò e il cuore iniziò a battere all’impazzata. Si strinse le mani al petto come a voler zittire quel battito insistente che gli rimbombava in testa, come se suo padre potesse sentirlo.

“Taemin! Yah! Ti sembra questa l‘ora di tornare”

Taemin non rispose. Si mise le mani sulle orecchie e si accartocciò su se stesso. Si tappò le orecchie per non sentire, chiuse gli occhi per non far cadere le lacrime.
Taemin aveva promesso di non piangere.

“Yah! Disgraizato di un figlio! Non rispondi! Sei come tua madre! Dov‘eri? Eh!? Pensi che io non lo sappia? Pensi che il tuo vecchio sia stupido? Ma io lo so” una risata gutturale, rauca.

Taemin sapeva che non avrebbe smesso, almeno non tanto presto. Si sfilò i jeans e mise la prima tuta che riuscì a trovare, dal suo zaino tirò fuori il suo piccolo lettore mp3 e si infilò sotto le coperte.
Con la musica sparata a volume altissimo chiuse gli occhi e si ripeté che sarebbe finito presto, bastava solo che si addormentasse.
Taemin aveva scelto di non piangere perché avrebbe reso tutto solo più penoso.



NOTE FINALI:
cioè, allora queste note finali che non faccio mai servono per un motivo preciso,( non le ho messe in cima perchè mi sembravano eccessivamente lunghe.)
bene (per non dire di nuovo allora) ultimamente le visite per la mia vecchia storia Hello sono aumentate e cis ono alcune di voi che
sono state così gentili da mettersi a recensirla di nuovo.

Io non lo so se vi ringrazio abbastanza, cioè per me è una cosa meravigliosa,
e vorrei davvero davvero davvero davvero dirvi grazie, perchè non credo di averlo fatto abbastanza.
quindi grazie ancora, davvero.
e ora anche basta sennò poi mi emoziono.

GRAZIE a tutte quelli meravigliose persone che ogni volta leggono e recensiscono questa storia.
GRAZIE a quelli che leggono e basta.
GRAZIE a quelli che hanno messo questa storia nei preferiti, nelle seguite e nelle storie da ricordare.

>////////< 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Let's dance! ***


salve a tutti! bene scusate il ritardo, ma ci voleva che fossi bloccata a casa in una
tormenta di neve perchè mi mettessi seriamente a lavoro ._.
penso che se continua così avrò un esaurimento nervoso. seriamente.
penso di non ave mai odiato tanto la neve.
comunque a stare chiusa in casa questo è il risultato,  
è un capitolo che non saprei bene come definire quindi a voi, ci sono tutti e anche
autorevoli comparse che probabilmente ricompariranno u.u
visto che avevo bisogno di personaggi extra...............dopo Yunho despota...............
basta.
grazie ancora per tutti i commenti siete stati gentilissimi e se potessi vi cucinerei a tutti
una torta al cioccolato o dei pancake m(_ _)m
insomma basta blaterare buona lettura!



Capitolo 7:

Let’s dance!



“Kibum ha detto alle sei, vero?” Jinki chiese per l’ennesima volta mentre si fermava al semaforo rosso.

Minho sospirò guardando fuori dal finestrino.

“Sì, alle sei. Sono le cinque e un quarto Jinki, rilassati”

Jinki sbuffò. “Lo sai com‘è Key quando si parla del saggio d‘inverno”

Minho annuì incapace di rassicurare Jinki in altro modo se non con la sua presenza. Al semaforo verde Jinki ripartì con qualche difficoltà e si infilò nella via del teatro.


¤ ¤ ¤


Key si guardò per l’ennesima volta allo specchio e prese un profondo respiro. Dietro le quinte si sentiva già la tensione per l’imminente rappresentazione, quell’anno avevano deciso di strutturare tutto il saggio come una sorta di recita teatrale mettendo insieme tutti i ballerini della scuola. Ogni gruppo rappresentava una stagione e ognuno aveva costumi a tema e canzoni adatte a rappresentarla. Si sarebbero avvicendati sul palco come le stagioni si avvicendano durante l’anno.
Ritoccando l’eye-liner Kibum sentì la porta del camerino aprirsi.

“Hyung, sono arrivati questi per te”

Kibum si voltò ancora con l’eye-liner in mano, Taemin teneva in mano un mazzo di fiori assortiti e un biglietto giallo appeso sulla carta azzurra che li circondava. Alle spalle di Taemin c’era la fioraia, Park Sun Young. Sorrise soddisfatto, Jinki avrebbe avuto un infarto di certo, ma valeva la pena di rischiare.

“Sun Young-sshi, buonasera”

“Buonasera” sorrise la ragazza entrando.

“Sicura che siano per me?”

“Hyung, c‘è scritto Kim Kibum”

Kibum richiuse l’eye-liner e lo rimise nella trousse. Si avvicinò a Taemin e prese il biglietto.

“Immagino che non mi dirai che te li ha ordinati, o no?”

Kibum assottigliò lo sguardo cercando di sembrare minaccioso, ma ottenne soltanto una risatina soffocata da Taemin e uno sguardo falsamente indifferente da SunYoung.

“Buona fortuna! (anche se non mi hai invitato, me ne ricorderò :P)
Kim Jonghyun”


¤ ¤ ¤


“Tu intanto entra, io vado a parcheggiare”

Minho scese dall’auto proprio di fronte al teatro, senza pensarci troppo entrò cercando di districarsi tra parenti e amici e spettatori che si erano radunati nell’ingresso. Trovò un punto un po’ meno affollato vicino ad una colonna e si mise ad aspettare Jinki.
Prese il cellulare dalla tasca e mandò un messaggio a Kibum per avvisarlo del loro arrivo e che non avrebbero perso neanche un secondo della loro performance.
Aveva appena inviato il messaggio quando il suo cellulare iniziò a squillare.

“Kibum?”

“Jinki non è ancora arrivato?”

“Sta parcheggiando”

“Bene, vieni dietro le quinte, devo presentarti una persona”

“Come faccio a venire dietro le quinte?”

“Vedi le tende infondo all‘ingresso? Quelle rosse di velluto?”

Minho si voltò alla sua sinistra, le tende coprivano completamente la parete.

“Sì”

“Bene, vedi la mia mano?”

“Sì”

“Muoviti prima che arrivi Jinki”

Si affrettò verso le tende e le scostò fino a trovarsi davanti una porta d’emergenza aperta e Kibum con un sorriso stampato in faccia che non gli piaceva per niente.

“Che cosa è successo”

“Muoviti, devo presentarti una persona”


¤ ¤ ¤


Minho avrebbe voluto dire a Kibum che non erano più al liceo e che Jinki probabilmente, prima o poi, forse avrebbe chiesto da solo alla fioraia di uscire senza che lui si mettesse in mezzo, ma non disse niente, sarebbe stato come cercare di far arrivare l’estate prima della primavera: del tutto inutile.
E, infondo, Minho non era del tutto contrario, solo preoccupato.
La fioraia sembrava gentile, abbastanza gentile da non scoppiare a ridere quando Jinki vedendola era inciampato in una piega della moquette cadendo di faccia nel corridoio del teatro.

“Hyung, tutto a posto?” chiese Minho tendendo una mano verso Jinki, che la prese mostrandogli un sorrido grato.

“Sì, grazie”

“Non ti preoccupare, hyung, andrà tutto bene, sembra simpatica”

Jinki sorrise di nuovo, “Lo so Minho-ah, lo so, spero solo di non rompermi niente”

Nonostante i primi balbettii e interruzioni Jinki riuscì a creare frasi di senso compiuto riguardo al saggio, a come Sun Young fosse finita lì quella sera, non che non gli facesse piacere, ma voleva sapere fino a che punto avrebbe dovuto ringraziare Kibum e magari iniziare a fargli pagare la panna extra sul cappuccino.
Minho, seduto di fianco di Jinki, stava in silenzio, lasciando che Jinki parlasse per la prima volta davvero con la fioraia senza che un bancone li separasse, ed era piacevole vedere Jinki ridere in quel modo, con gli occhi che brillavano e una sorta di sicurezza nel modo in cui teneva la schiena dritta o nascondeva un sorriso contro il dorso della mano.
Mentre era nel retro Kibum aveva impedito a Minho di salutare Taemin, lo aveva appena visto passare, di sfuggita e aveva convenuto con Kibum che era stato meglio così.
A quanto aveva visto Taemin era completamente vestito di bianco e probabilmente sarebbe stato molto più di quanto avesse potuto sopportare.
Meglio che il primo impatto avvenisse ad una certa distanza, una distanza tale da impedirgli di rendersi ridicolo.
Quando le luci si spensero e l’estate illuminò il palco Minho prese un respiro e cercò di godersi lo spettacolo.
Dopo la primavera e l’estate finalmente arrivò l’autunno e dopo l’autunno, come tutti sanno, arriva l’inverno. Le luci si abbassarono e una musica dolce, un po’ come quelle che a volte suonava Jonghyun nei momenti di noia, pensò Minho, iniziò a riempire il silenzio. A quel punto le luci si accesero e Taemin mise piede sul palco, da solo per richiamare i suoi fratelli fiocchi di neve e Minho avrebbe giurato di aver dimenticato come far arrivare aria ai polmoni non appena la luce dei faretti aveva illuminato Taemin.


Minho era uscito dal teatro non appena il sipario era calato sulla primavera. Le luci non si erano ancora accese e quando uscì nell’ingresso vuoto l’eco dei suoi passi era accompagnato dagli applausi.
Era stato tutto troppo e non ce l’aveva fatta. Aveva deciso di non remare contro le sue emozioni, ma non era neanche pronto a lasciare che lo travolgessero gettandolo giù da quella pericolosissima cascata che vedeva all’orizzonte.
Non sarebbe riuscito a guardare Taemin negli occhi, non sarebbe riuscito a fingere che andasse tutto bene, fare i complimenti a tutti o semplicemente stare in piedi in un angolo e annuire mentre Jinki si congratulava.
Mentre con le mani gelate dal freddo cercava di ricordare da che arte avrebbe dovuto girare la chiave per aprire la porta del suo appartamento si disse che stava solo seguendo il consiglio di Kibum, on mettere Taemin in mezzo ai suoi casini prima di aver trovato il bandolo della matassa.
Mentre si toglieva il cappotto e accendeva il riscaldamento dirigendosi verso il bagno per una doccia calda si disse che in qualche modo si sarebbe scusato.


¤ ¤ ¤


Kibum si svegliò con un braccio addormentato e un mal di testa che avrebbe messo K.O. un leone e quando la sveglia aveva iniziato a suonare aveva iniziato a biascicare scuse sconnesse e insulti all’essere spregevole che aveva inventato le lezioni mattutine, ma come ogni mattina comunque si mise a sedere al centro del suo enorme letto cercando di venire a patti con il fatto che volente o nolente avrebbe dovuto alzarsi.
Mentre si trascinava in bagno alla ricerca di una pastiglia contro il mal di testa, Kibum lanciò un’occhiata ai fiori blu che ha messo in un vaso, giusto perché sarebbe stato un peccato buttarli via, e sbuffo. Probabilmente era stato il loro profumo a fargli venire il mal di testa.
Evitò di guardarsi allo specchio sapendo bene che probabilmente on gli sarebbe piaciuto quello che avrebbe visto in ogni caso, andando direttamente verso l’armadietto dei medicinali.
Odiava il giovedì, odiava tutti i giovedì da quando era tornato ad essere schifosamente single perché il giovedì era il giorno in cui Hyun-ki lo andava a prendere alla fine delle lezioni per portarlo a cena fuori prima di fare qualsiasi cosa Kibum avesse voluto fare dopo. Giostra delle tazze compresa.
Odiava il venerdì ancora di più però perché di solito il giovedì Hyun-ki si fermava a dormire e il venerdì mattina non era da solo a maledire la sveglia, non era da solo di fronte ad una tazza di caffè e un toast e non era da solo mentre correva per le scale cercando di non perdere l’autobus perché Hyun-ki doveva assolutamente baciarlo fino a togliergli il respiro.
Il peggio era la domenica.
La domenica quando dopo un sabato da leoni si svegliavano a pomeriggio inoltrato ridendo l’uno dell’altro per quanto sembrassero appena usciti da un paio di centrifughe in lavatrice, per poi uscire a mangiare dukkbokki.
Era sulla porta quando sentì il telefono squillare, sorrise nel vedere che nonostante i chilometri che li separavano Amber non si era dimenticata di lui.

“Oh my baby, how are you?” esordì esagerando l’accento inglese.

“Fine, come va lì?”

“Bene, ti sei già ambientata tra le alci e gli aceri?”

Amber rise per poi replicare: “Guarda che in Canada ci sono molte altre cose”

“Ad esempio affascinanti ragazzi coreani che suonano il violino?” domandò infilando il giubbotto.

“Tra le altre cose”

“Ah! Neanche neghi più, che brava la mia bambina”

“Yah! Kim Kibum!”

Risero entrambi.

“Avanti dimmi com‘è la vita lì? Hai visto qualche orso?”

Parlare con Amber era come tornare ad avere dieci anni e costruire formine nel recinto della sabbia dicendosi i segreti segretissimi che nessuno doveva sapere. C’era quella sorta di leggerezza che mascherava anni di amicizia, era diversa dall’amicizia con Minho, Minho era come un braccio, Amber era la sorella che non aveva mai avuto, la donna che aveva promesso di sposare se raggiunti i novant’anni si fossero ritrovati entrambi soli e rugosi.
Quando era partita Kibum aveva cercato di non piangere all’aeroporto perché Amber andava a inseguire il suo sogno, il sogno che aveva guadagnato e che meritava, ma non ci era riuscito molto bene.
L’aveva abbracciata rischiando di soffocarla prima di lasciarle passare i controlli.

“Mi sento come se avessi appena dato in sposa mia figlia al Canada”

Minho l’aveva guardato storto. “Non in senso letterale, stupido Choi” aveva sibilato, tirando su con il naso un’ultima volta.


¤ ¤ ¤


“Bene, direi che è tutto per oggi, mi raccomando esercitati con questo spartito e la prossima settimana lo rivediamo da capo”

Kyung, uno dei suoi studenti di chitarra, forse l’unico in cui Jonghyun avesse visto un barlume di talento, annuì riponendo la sua chitarra classica nella custodia.

“Ci vediamo la prossima settimana”

“Ricordati di fare…”

“…Tanta pratica, hyung, lo so, vedrai che la prossima settimana lo suonerò alla perfezione”

Jonghyun sorrise annuendo mentre raccoglieva gli spartiti dalla scrivania riponendoli nella custodia morbida della chitarra. “Facciamo un patto, se per la prossima settimana la saprai suonare alla perfezione, soprattutto il passaggio che abbiamo rivisto prima, suoneremo qualcosa di tua scelta”

Kyung sembrò illuminarsi “Qualsiasi cosa?”

“Qualsiasi” confermò Jonghyun sorridendo compiaciuto. “Scegli bene mi raccomando” disse uscendo.

La madre di Kyung era in soggiorno con una rivista di arredamento aperta sul tavolo assorta nella lettura. Era un’arredatrice di interni piuttosto famosa da quel che glia aveva detto Kyung e, vista la loro casa e come solo il centrotavola sembrasse costare più dell’intero appartamento in cui abitava Jonghyun, non gli era difficile credergli.

“Mi scusi, signora Park?”

“Oh, Jonghyun, avete già finito la lezione?”

“Sì, signora, stavo andando. ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora?”

“Sì, come al solito, grazie Jonghyun, Kyung adora le tue lezioni”

La signora Park si alzò sui suoi tacchi vertiginosi e accompagnò Jonghyun alla porta. Prima che Jonghyun uscisse gli allungò una banconota.

“È per le ultime due lezioni, con un piccolo extra”

Jonghyun sorrise e si inchinò ringraziando.
La signora Park era quel genere di donna che è fatta per attirare l’attenzione di tutti, di quelle che quando camminano per strada, che vestano Armani o il primo straccio comprato al mercato brillano di luce propria. Quelle donne a cui non dai età che sono eleganti e a proprio agio ovunque.
Il genere di donna per cui si fa di tutto.
Jonghyun le sorrise di nuovo prima di infilarsi le scarpe e uscire, sistemandosi meglio la chitarra sulle spalle.
Mentre camminava verso la fermata dell’autobus controllò l’orologio, erano le cinque di lunedì, il suo unico giorno libero al Romantic, eppure pensò che ci avrebbe volentieri fatto un salto a scompigliare i capelli di Temine o a parlare un po’ con Jinki di questa fantastica serata con la fioraia.
Si fermò alla prima fermata dell’autobus che incontrò e controllò gli orari e le tratte, non conosceva molto bene la zona, ma fortunatamente da lì passava un autobus che lo avrebbe portato non troppo lontano dal locale e da lì avrebbe potuto camminare.
Si sedette sulla panchina sotto la pensilina e tirò fuori il suo Ipod, cercò una canzone che s’intonasse al suo umore e iniziò a canticchiare seguendo la melodia.
Era del tutto perso nel punto chiave della canzone ‘So I won’t hesitate no more, no more, it cannot wait I’m…’

“Jonghyun? Sei tu?”

Jonghyun uscì dal suo trans musicale voltandosi alla sua sinistra trovandosi davanti Jessica Jung in persona. Jonghyun tolse le cuffie dalle orecchie e si alzò in piedi.

“Jessica-noona?”

“Almeno non ti sei dimenticato di me, che onore” disse lei scherzando.

“Come avrei potuto dimenticarti?” rispose Jonghyun con lo stesso tono scherzoso.

Jessica rise scuotendo i suoi bei capelli, in un modo che Jonghyun ricordava anche troppo bene e che gli faceva ancora sentire il bisogno di allungare una mano per sfiorare Jessica e attirarla in un abbraccio, ma resistette, sorridendo a sua volta.

“Sembra passata un‘eternità, come stai?”

“Bene, e tu, bhè stai una favola come al solito”

“I complimenti non ti porteranno da nessuna parte Kim Jonghyun, ormai non sono più disponibile” disse Jessica sorridendo e mostrando il suo anulare sottile occupato da un diamante così brillante che Jonghyun finse di esserne accecato.

“Ti va di andare a prendere un caffè? Se non hai niente da fare”

“Mi andrebbe, noona”

Per un attimo Jonghyun aveva pensato di portare Jessica al Romantic, ma aveva scartato subito l’idea pensando che, se Kibum fosse stato lì, presentarsi con Jessica al fianco non sarebbe servito a fargli acquistare punti, anzi sarebbe stato deleterio per la sua, già precaria, posizione.
Jonghyun non era stato sorpreso nel vedere l’anello al dito di Jessica, sarebbe stato come sorprendersi per essersi bagnati dopo aver messo le mani sotto un getto d’acqua, era ovvio che prima o poi sarebbe successo.
Jonghyun non era neanche stato sorpreso nel sentirla parlare con tanto entusiasmo del suo futuro marito, il futuro signor Jung, Jessica era quel genere di persona che non rimane sola per troppo tempo, che ama fino a bruciarsi perché è così che sente di dover fare, ed era una cosa che aveva sempre spaventato Jonghyun, nonostante anche lui non fosse diverso. O forse era proprio il pensiero che fossero così simili a spaventarlo.
Quando si erano conosciuti Jonghyun si era appena trasferito nel suo attuale appartamento e non riusciva ancora a dormire bene nel nuovo letto e non riusciva più a comporre, che era anche peggio, e il lavoro gli stava risucchiando tutte le energie.
Jessica era stata come un’ancora, forte, brillante, spiritosa e Jonghyun si era sentito vivo dopo tanto tempo. Aveva ricominciato a scrivere, a cantare e… E poi era successo quello che succedeva ogni volta.

“Allora, dimmi Jonghyun-ah, come va la tua vita amorosa? Incontrato nessuno?”

“Ah, lo sai com‘è, sempre occupato, c‘è una coda incredibile alla mia porta, sai il fascino del musicista” disse aggiungendo un sorriso, quasi in ghigno compiaciuto.

“Sempre il solito” sbuffò.

Rimasero in silenzio entrambi bevendo il loro iced-coffee e alla fine Jonghyun cedette, perché era Jessica che aveva davanti e poche persone potevano dire di conoscerlo come Jessica.

“Ho incontrato qualcuno”

“Oh, lo sapevo” disse Jessica mentre i cuoi occhi si accendevano di curiosità e si sorgeva sul tavolo vero Jonghyun per ascoltare meglio.

Jonghyun nascose un sorriso dietro la tazza di caffè “Ma non gli piaccio, almeno credo”

“Che cosa vuoi dire, credi?” chiese Jessica assottigliando gli occhi come quando si guarda un indovinello spacca cervello.

“Ok, non gli piaccio” disse infine cercando di non sembrare troppo offeso dalle sue stesse parole.

Jessica rise e guardò Jonghyun del tutto divertita. “Jonghyun-ah, Jonghyunnie” lo derise appena cercando di strizzargli le guance finchè Jonghyun non ne ebbe abbastanza.

“Yah! Noona!” sbottò rosso in viso.

Jessica rise, spostando la testa di lato e rise di nuovo, sempre più forte e Jonghyun non potè far altro, rise anche lui. Di gusto fino alle lacrime, senza motivo.



“Jonghyun-ah, più le persone vengono ferite più rialzarsi è difficile e… solitario” gli aveva detto Jessica prima che si separassero di fronte al caffè in cui avevano trascorso il pomeriggio finché non erano stati cacciati, dopo che gli aveva raccontato di Kibum. Non c’era molto da raccontare alla fine, ma Jessica lo aveva ascoltato attentamente e alla fine lo aveva lasciato con una delle sue perle di saggezza che lo lasciavano sconcertato e al punto di partenza. O forse un po’ più avanti.
Camminando verso casa si era fermato a comprare qualche scatola di ramyeon istantaneo, esultando quando vide il suo gusto  preferito in offerta ‘prendi 3 paghi due’.
Una volta a casa senza neanche spogliarsi si getto di pancia sul divano poggiando la busta della spesa ai piedi del divano e tirando un sospiro di sollievo.
Sul pavimento c’erano ancora gli spartiti che aveva scribacchiato la sera prima in un momento di furia creativa e a cui, in quel preciso momento, avrebbe voluto dare fuoco. La parola chiave appariva troppe volte, occhi neri e brillanti apparivano troppe volte in mezzo a quei testi sdolcinati e Jonghyun avrebbe voluto deridere la sua stessa sdolcinatezza se non fosse stato nella fase depressiva post-furia creativa.
Spense il cellulare e chiuse gli occhi finchè il suo stomaco non iniziò a reclamare del cibo.


¤ ¤ ¤


Seduto al bancone del Romantic Minho cercò di tirare fuori il suo miglior sorriso mentre prendeva il suo cappuccino bollente dalle mani di Taemin.
Aveva finito con le lezioni del pomeriggio e stava aspettando che Kibum finisse qualsiasi cosa stesse facendo nel dipartimento di arti sceniche, per andare ad una orribile cena con i suoi vecchi compagni di liceo. Al solo pensiero gli si rizzavano i capelli sulla nuca, ma Kibum aveva insistito.

“Grazie Taemin-ah”

Soffiò via il fumo che si levava dalla tazza e si schiarì la voce. “Taemin-ah, mi dispiace l‘altra sera di essere andato via di corsa, ma non mi sentivo troppo bene. Siete stati bravi, comunque. Sono riuscito a vedere lo spettacolo fino alla fine”

Cercò di non sembrare nervoso pregando che per una volta non gli si leggesse in faccia che quella che stava dicendo era la cavolata del secolo.

Taemin sorrise ringraziando. “Hyung, ricordi che mi avevi detto che se ne avessi avuto bisogno mi avresti dato ripetizioni di matematica?”

“Sì, certo.”

“Ecco avrei un test di recupero, la prossima settimana e mi domandavo se avessi tempo, basterebbe solo un‘ora, davvero, solo…”

“Certo, quando vuoi” Minho rispose, forse un po’ troppo in fretta. “A quando pensavi?”

“Pensavo a dopodomani, ho chiesto a Jinki il permesso di staccare un‘ora prima quindi sarebbe alle sei, se per te va bene”

“Mercoledì alle sei è perfetto, Taemin-ah”

A quel punto il suono del piano si interruppe e Jonghyun si avvicinò al bancone.

“Hyung, stanco di suonare?”

“Non c‘è più nessuno comunque”

Minho gli lanciò un’occhiataccia. “Io sarei nessuno?”

Jonghyun sorrise. “Yah, hai capito, comunque sabato prossimo un mio amico mi lascia suonare nel suo locale, vi va di venire?”

Minho finse di pensarci, poi fece una faccia un po’ schifata. “Non lo so hyung, ti sento suonare tutti i giorni e sinceramente sto cominciando ad annoiarmi”

Jonghyun spalancò gli occhi incredulo, Taemin cercò di non scoppiare a ridere. “Yah! Dongsaeng! Come ti permetti di deridere il tuo hyung! Anche tu Taemin-ah, pensavo che mi volessi bene. Nessuno mi ama”

Minho rise guardando Taemin e probabilmente se avesse sorriso più di così avrebbe rischiato la paresi. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Mi fido di te ***


salve a tutti, ce l'ho fatta, finalmente! *posa plastica della vittoria*
capitolo travagliato, ma alla fine ce l'abbiamo fatta...
ho dovuto riscriverlo tre volte e non ne sono soddisfatta, ma vedrò di fare meglio la prossima volta...
In ogni caso. SHINEE IS BAAAAAAACK.
allora per descrivere i miei sentimenti in proposito non basterebbero 100 pagine
e neanche tutti i tasti della tastiera compresi numeri e simboli...
la mia mente in questo momento è così --->

in ogni caso, tornando a noi, sono cosciente del fatto che Kibum vi sembrerà bipolare, ma abbiate pazienza..
in ogni caso, buona lettura e scusate l'attesa...


              

Capitolo 8:
Mi fido di te


C’era qualcosa di strano nell’aria quella mattina, una sorta di strana calma, che come una patina oleosa ricopriva tutta la casa, scendendo le scale Taemin si sentiva come se fosse dovuto scivolare su quella patina da un momento all’altro.

Lasciò la cartella coi libri nell’ingresso e si diresse in cucina sperando di avere abbastanza tempo per bere un bicchiere di latte e mangiare qualche biscotto.
Aprì il frigo con il bicchiere in mano e notò che il frigo ormai era quasi vuoto, probabilmente dopo il lavoro avrebbe fatto meglio ad andare a fare un po’ di spesa al Seven/Eleven lungo la strada. Una volta Jinki-hyung lo aveva accompagnato e aveva insistito per portare la spesa fino in casa, Taemin aveva rischiato l’aneurisma mentre girava la chiave nella toppa, se suo padre fosse stato in casa probabilmente non sarebbe andata a finire bene. Fortunatamente la casa era deserta e Jinki aveva da fare, non si era fermato e Taemin, nonostante si fosse sentito la peggior persona sulla terra, lo aveva praticamente spinto fuori con un sorriso tirato.

“Che cosa ci fai ancora qui?” la voce di suo padre gli arrivò alle orecchie come il rumore dei freni di un’auto subito prima di un incidente, spaventoso, troppo limpido e potenzialmente micidiale.


Inspirò profondamente e richiuse il frigo cercando di non fare niente per indisporlo ulteriormente.


“Stavo per uscire”


Rischiò di strozzarsi con il latte, ma non lo diede a vedere, lavò il bicchiere prima di riporlo nella credenza sopra il lavandino, sempre sotto l’occhio vigile di suo padre.


“Ci vediamo stasera”


Suo padre fece schioccare la lingua e gli diede le spalle, avvicinandosi alla finestra della cucina.

Taemin corse al piano di sopra e prese da sotto il letto il borsone che usava per andare a lezione di danza e ci infilò il pigiama, lo spazzolino da denti e un cambio, avrebbe chiesto a Kibum di rimanere da lui.
Prese il caricabatterie del cellulare, giusto per stare sul sicuro e controllò di avere abbastanza soldi per l’autobus nel portafogli, poi tornò al piano di sotto.
Suo padre era in piedi sulla porta della cucina, non appena lo vide scendere con la borsa in spalla sputò fuori una risata rauca che gelò Taemin sul posto.

“Io lo so cosa sei, lo so” disse ridendo di nuovo, una risata stridente e Taemin si sbrigò a raggiungere la porta. “Non pensare di poterti nascondere da tuo padre! Non pensare di poter scappare come ha fatto tua madre!”


Taemin infilò le scarpe e prese il giubbotto e la sciarpa dall’attaccapanni, senza neanche preoccuparsi di vestirsi si gettò nel freddo di Dicembre senza perdere altro tempo. Appena ebbe svoltato l’angolo, poggiò le borse a terra e si vestì prima di congelare. Un signora passando lo guardò storto, ma probabilmente stava solo guardando il figlio del pazzo che abitava infondo alla strada.

Si rimise le borse in spalla e camminò fino alla fermata dell’autobus giusto in tempo per prendere il solito autobus pieno di studenti che gli permetteva di varcare il cancello giusto in tempo per non essere troppo in ritardo.
Si sistemò vicino alla porta centrale reggendosi ad una delle maniglie che scendevano dalla barra di metallo e dalla borsa tirò fuori l’ennesimo stropicciato libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca scolastica nel tentativo di non addormentarsi durante il tragitto verso la scuola.
Era arrivato giusto in tempo per suonare la campanella e, seduto al suo banco alla sinistra dell’aula, Taemin stava cercando di isolarsi del tutto da qualsiasi cosa stesse succedendo durante la lezione di biologia.
Non che non amasse la scuola o studiare, non era quello il problema, da quando si era dovuto trasferire dalla sua vecchia scuola emergere in quella massa indistinta di indolenza non era stato per nulla difficile, e il problema era stato proprio quello. Con poche eccezioni l’intero corpo studentesco era composto da adolescenti svogliati e i professori avevano smesso di preoccuparsene. Di certo però Taemin non poteva lamentarsi quando proprio quella situazione gli permetteva di far passare inosservata qualche assenza di troppo.
La campanella della quarta ora lo colse di sorpresa, salutò il professore mentre stava uscendo, unendosi al coro di voci e tirò fuori da sotto il banco il suo quaderno degli appunti insieme all’enorme libro di storia.
Distrattamente Taemin iniziò a scarabocchiare su un angolo del quaderno un sole, una nuvola, un cuore in un angolo e una spirale che sembrava non finire mai e che, ben presto, si trasformò in un buco nero in cui Taemin avrebbe voluto gettare tutte le sue preoccupazioni.
Il professore entrò pochi minuti dopo e Taemin si alzò insieme agli altri e si inchinò dando il buongiorno. Il professore, l’ennesimo Kim che calpestava il suolo della Corea del Sud, controllò le assenze e poi disse di aprire il libro, sempre che qualcuno si fosse degnato di portarlo, a pagina trecentodue e ordinò di fare silenzio.
Quando il professore iniziò a scrivere alla lavagna, Taemin spense il cervello e si limitò a copiare, ripetendosi come un mantra ‘mancano solo due ore alla pausa pranzo’.


Mentre faceva la fila al self service della mensa Taemin si guardò intorno alla ricerca di un posto libero in cui sedersi, ma sembrava che ormai tutti i posti fossero presi e stava quasi per rassegnarsi a tornare in classe a mangiare il suo misero pezzetto di pizza, quando un paio di mani che si agitavano ossessivamente attirarono la sua attenzione. Jin Ri, seduta in angolo, vicino all’uscita d’emergenza gli sorrise indicando un posto libero di fronte a lei. Taemin sorrise e si sbrigò a pagare.

Jin Ri era una delle poche cose che rendevano la sua vita scolastica meno spiacevole di quanto non fosse, era una ragazzina carina e solare ce frequentava la sua scuola di danza, durante il saggio era nel gruppo della primavera. C’era qualcosa nel suo viso dolce e nel suo sorriso che mettevano Taemin a suo agio, e non faceva male avere qualcuno con cui parlare durante il pranzo, odiava mangiare in silenzio.

“Grazie” disse facendo scivolare il vassoio sul tavolo. Jin Ri sorrise agitando la mano mentre cercava di non strozzarsi con il chapchae che sembrava così delizioso che Taemin quasi si pentì di non aver preso il bento optando per la pizza.


“Non mi piace mangiare da sola” aggiunse la ragazza con un sorriso complice.


Dopo aver preso un morso di pizza Taemin tirò fuori il cellulare dalla tasca e chiamò Kibum. Al terzo squillo Kibum rispose.


“Che cosa è successo? Devo venirti a prendere a scuola?”
la voce preoccupata di Kibum fece sorridere Taemin, nonostante ci fosse ben poco da ridere.

“No, hyung, va tutto bene. Volevo solo sapere se stasera potevo fermarmi da te”


“Certo, lo sai che non c‘è problema. Hai ripetizioni con Minho oggi, vero?”


“Alle sei” annuì Taemin come se Kibum potesse, in effetti, vederlo.


“Bene, allora ti passo a prendere, chiamami quando avete finito”


“Grazie, hyung”


“Di niente Taaemin-ah. Ti voglio bene e fa il bravo a scuola”


“Sì, hyung” .


“E se qualcuno ti da fastidio vallo subito a dire ai professori…
” continuò Kibum e Taemin poteva sentire una nota di divertimento nella sua voce. “E non accettare…”

“Ti voglio bene anche io, hyung, ci vediamo più tardi” disse Taemin sbrigandosi a riattaccare.


Jin Ri assottigliò lo sguardo “Quindi è oggi che hai ripetizioni con l‘amico di Kibum-oppa?”


Taemin annuì prendendo un altro morso di pizza, alla fine non era preoccupato dal fatto che probabilmente si sarebbe ritrovato da solo nell’appartamento di Minho. Minho sembrava molto più rilassato e a suo agio in sua presenza, nonostante sembrasse sempre che qualcosa lo tenesse a freno dal dimostrarsi troppo amichevole con Taemin.

Taemin all’inizio aveva pensato che avesse a che fare con Kibum e la sua iper-protettività o con il fatto che Minho avesse scoperto la sua sessualità, ma non sembrava quello il caso.

“È ancora strano? Voglio dire strano-freddo?”


Taemin scosse la testa e prese un sorso d’acqua. “Non è mai stato freddo, voglio dire a volte sembrava che gli dessi fastidio, come se si costringesse a parlare con me per qualche motivo che non riesco ancora a capire, ma ora va bene, voglio dire è normale”


“Fantastico, no?” disse Jin Ri, prendendo uno dei mini-pancake allo zucchero di canna dalla scatola del bento.


“Sì, fantastico” rispose Taemin, anche se non era certo che ‘fantastico’ fosse l’aggettivo giusto. C’era qualcosa nell’atteggiamento di Minho che non riusciva a spiegarsi e che lo infastidiva, a volte sembrava che fosse felice di vederlo e scambiare quattro futili chiacchiere, mentre altre volte sembrava che solo la buna educazione gli impedisse di non piantare Taemin in asso a metà conversazione e andarsene, ma ultimamente le cose sembravano essere migliorate, Minho sembrava più a suo agio e… E Taemin probabilmente avrebbe fatto meglio a fare attenzione.


“Oppa, c‘è qualcosa che non va?” chiese Jin Ri.


“No, niente” rispose Taemin dopo un attimo di esitazione.




Minho si era svegliato presto quella mattina, nonostante non avesse corsi da seguire né esami da preparare si era alzato alle nove e aveva fatto una colazione veloce prima di uscire. L’idea di poltrire tutto il giorno sul suo divano a guardare film spazzatura o televendite non lo allettava, così aveva deciso di fare un giro in biblioteca, giusto per controllare se quei libri di statistica di cui aveva bisogno erano rientrati, e si era ritrovato a scrivere un quarto del saggio sulle previsioni di vendita dei giocattoli elettronici nel periodo natalizio.

A volte si sarebbe preso a schiaffi da solo.
Allungò le gambe sotto il tavolo e stirò la schiena, si sentiva come se fosse rimasto accartocciato dentro una scatola per almeno sei ore e, come se non bastasse sentiva un fastidioso pizzicorino agli occhi dopo aver cercato di decifrare i minuscoli caratteri dei libri.
L’orologio sopra il bancone della biblioteca segnava le cinque, sospirando soddisfatto Minho raccolse le sue cose e impilò i libri della biblioteca sistemandoli sul carrello del bibliotecario prima di avviarsi verso l’uscita.
Voleva arrivare al Romantic in tempo per prendersi qualcosa da bere prima di tornare a casa con Taemin per le ripetizioni. Di certo l’idea di rimanere da solo con Taemin lo innervosiva, e non poco, ma si consolò pensando che avrebbero avuto qualcosa di cui parlare, evitando lunghi e imbarazzanti silenzi e pensieri inutili.
Nelle ultime settimane Minho era sceso in qualche modo a patti con i suoi sentimenti e l’idea che Taemin gli piacesse in maniera “speciale” non gli faceva più rischiare attacchi isterici, ma aveva ancora bisogno di tempo per digerire del tutto la cosa. Non doveva dimenticare ciò che gli aveva detto Kibum, voleva evitare in tutti i modi di ferire Taemin con il suo comportamento.
Rimaneva, però, il fatto che sarebbero stati da soli davvero per la prima volta e Minho non poteva non esserne almeno un po’ spaventato. Prese un profondo respiro e cercò di distrarsi pensando al caffè alla cannella di Jinki e quanto gli sarebbe piaciuto avere un bianco Natale.
Quando arrivò al Romantic Jinki stava ripulendo il bancone da una pozza di caffè, sentendo la porta aprirsi Jinki sollevò lo sguardo e Minho gli sorrise cercando in qualche modo di rassicurarlo. Kibum aveva spostato il suo sgabello a due passi dal bancone e teneva la sua tazza di caffè mezza vuota stretta fra le mani poggiate sulle ginocchia.
Jonghyun seduto al piano si volt appena per fare un cenno di saluto e riprendere a suonare.

“Taemin?” domandò Minho avvicinandosi al bancone.


“Si sta cambiando sul retro” rispose Kibum avvicinandosi di nuovo al bancone.


Mentre Jinki si affrettava a portare le ordinazioni al tavolo, scusandosi ripetutamente, per poi tornare dietro il bancone.


“Ti preparo qualcosa, Minho?” chiese Jinki mettendo da parte il vassoio.


Minho annuì “Un americano da portar via, per favore”


In quel momento Taemin uscì dal retro cercando di sistemarsi i capelli come meglio potè. “Hyung!” esclamò non appena vide Minho seduto al bancone “Hai aspettato molto?”


Minho scosse la testa “No, Taemin-ah, sono appena arrivato”


Taemin sorrise infilandosi il parka verde e raccogliendo la cartella da dietro il bancone, dove l’aveva lasciata all’inizio del suo turno.


“Andiamo?” chiese.


Minho si alzò dallo sgabello e pagò il suo caffè. “Andiamo” disse e si voltò a salutare Kibum e Jinki.


“Ciao, hyung!” sorrise Taemin nella direzione di Jonghyun.


“Taemin-ah, chiamami quando hai finito” gli ricordò Kibum.


“Sì, hyung” rispose Taemin agitando la mano mentre si avviava all’uscita, seguito da Minho, il quale, non appena furono usciti si preoccupò di prendere la cartella di Taemin.


Kibum sbuffò tornando poi al suo caffè freddo. Era il quarto e non era certo di poterne sopportare un altro senza iniziare ad avere qualche strano tic nervoso all’occhio, ma non voleva ancora andare a casa. Con la coda dell’occhio osservò la schiena di Jonghyun curva sul piano mentre si concentrava su un punto più complicato, per poi distendersi di nuovo. Tendendo l’orecchio poteva sentirlo canticchiare seguendo la melodia.


Sospirò. “Un altro, per favore” chiese a Jinki che stava sistemando le tazze nel cestello della lavastoviglie. Jinki lo guardò per un lungo momento, poi sospirò e riempì di nuovo la tazza.


“Jinki-hyung, a preoccuparti troppo finisce che ti vengono le rughe, lo sai?”


Jinki scosse le spalle e caricò la lavastoviglie. “Jonghyun-ah! Vado a sistemare i conti in ufficio, quando chiudi la cassa porta tutto di là”


“Sì, hyung” rispose Jonghyun chiudendo il piano.


Mentre Jonghyun finiva di sparecchiare uno dei tavoli vicino al piano, Kibum tirò fuori dalla borsa il suo libro di design e iniziò a sfogliarlo cercando il capitolo sulle texture che il professore gli aveva chiesto di leggere per la lezione successiva, visto che doveva rimanere lì almeno per un’altra ora tanto valeva che mettesse il tempo a frutto.

A metà del primo paragrafo Jonghyun scivolò dietro il bancone e tirò fuori le tazze pulite dalla lavastoviglie mettendosi ad asciugarle. Kibum sentiva lo sguardo di Jonghyun su di sé e la cosa lo metteva a disagio, ma cercò comunque di ignorarlo concentrandosi ancora di più su ciò che stava leggendo.

“Posso avere il tuo numero?” domandò Jonghyun di punto in bianco, mentre stava asciugando una tazzina da caffè.


Kibum alzò gli occhi dal libro e studiò l’espressione seria di Jonghyun. “Perché dovrei darti il mio numero?” chiese infine.


Jonghyun ripose la tazzina sopra la macchina del caffè e poi sbuffò come se fosse ovvio. “Perché mi farebbe piacere vederti fuori da questo bar”


“Vedermi? Intendi uscire?” Kibum aveva aspettato questo momento, il momento in cui Jonghyun gli avrebbe chiesto seriamente di uscire e il momento in cui lo avrebbe rifiutato senza possibilità di appello.


“Sì, qualcosa del genere”


“Senti… ” iniziò Kibum, ma Jonghyun fu chiamato ad un tavolo e si scusò allontanandosi.  


Kibum riprese a fissare il suo libro di design, domandandosi chi o cosa gli impedisse di prendere le sue cose e andarsene invece di rimanere lì.

Sospirò e prese un altro sorso di caffè cercando di non ascoltare Jonghyun flirtare con una che poteva essere sua madre al tavolo vicino.



Taemin si sedette al tavolo della cucina di Minho e si guardò intorno. Minho si era sparito in quella che Taemin suppose fosse la sua camera, per mettersi qualcosa di comodo, dando modo a Taemin di guardarsi intorno liberamente.

L’appartamento non era grande e c’era quel leggero disordine che lo faceva sentire abitato, anche se, forse, se lo era immaginato diverso. La cucina era molto piccola, c’era giusto lo spazio per il tavolo e tre sedie ed era piuttosto pulita, Minho sembrava una persona piuttosto ordinata.
Sul frigo, attaccate con delle calamite colorate, c’erano delle cartoline che provenivano da posti che Taemin non si sarebbe mai sognato di andare a visitare, e post-it scribacchiati con la grafia di Kibum. Uno in particolare, rosa shocking, risaltava in mezzo agli altri.

“Everything will be all right, if it‘s not all right it‘s not the end” Taemin lesse nel suo inglese stentato.


“Kibum, non lo ammetterebbe mai, ma è un inguaribile romantico” disse Minho entrando proprio in quel momento in cucina.


Taemin annuì sorridendo e iniziò a tirare fuori i suoi quaderni dalla cartella.


“Ti va qualcosa da bere?” chiese Minho aprendo il frigo. “Non che ci sia molto, succo d‘arancia, acqua o latte alla banana”


Il sorriso di Taemin si allargò ancora di più “Il latte alla banana è il mio preferito” disse senza pudore.


Minho prese l’ultimo banana-milk rimasto e lo porse a Taemin che lo ringraziò entusiasta.


“Fammi vedere cosa avete fatto” chiese Minho prendendo una sedia e sistemandosi vicino a Taemin.


“Più o meno fino a qui” disse sfogliando l’enorme libro verde fin quasi a metà. “I logaritmi e le loro proprietà”


Minho scorse qualche pagina, “E per il compito che cosa vi hanno detto di studiare”


Taemin si spostò sulla sedia avvicinandosi involontariamente a Minho, iniziando a scorrere le pagine del libro fino a quella dove aveva segnato gli argomenti del compito. Mentre Taemin sfogliava il libro con le sopracciglia corrucciate e le labbra appena imbronciate, Minho si umettò le labbra e distolse lo sguardo, non era certo di riuscire a rimanere per così tanto tempo vicino a Taemin.


“Ecco hyung” disse infine Taemin porgendo la pagina a Minho.


Scribacchiati nell’angolo in altro c’erano gli argomenti del compito in classe e qualche commento maligno sull’utilità dell’alfabeto nella matematica. Minho non potè fare a meno di sorridere di nuovo, poi guardò Taemin che lo stava fissando e si portò una mano alla guancia.


“Ho qualcosa in faccia?” domandò e Taemin si sbrigò a scuotere la testa arrossendo appena.


Minho si schiarì la voce e non potè non essere almeno un po’ soddisfatto nel sapere che, alla fine, sembrava non essere del tutto indifferente a Taemin.


“Cominciamo?” chiese.


Per due ore intere Minho cercò di concentrarsi su numeri e formule, tenendo gli occhi fissi sul libro degli esercizi e non sulle mani di Taemin, sulle labbra di Taemin, negli occhi di Taemin, perché davvero, sarebbe stato troppo.

Per due ore Taemin seguì alla lettera le istruzioni di Minho, pensando che Minho-hyung aveva davvero delle belle labbra.
Erano quasi le otto quando il cellulare di Taemin squillò.

“È Key-hyung” disse a Minho prima di rispondere. “Hyung?”


“Taemin-ah, avete finito?”


“Sì, hyung, quasi”


“Allora vengo a prenderti, parto adesso dal Romantic”


“Va bene hyung, ci vediamo tra poco”


Taemin riattaccò e raccolse i suoi libri e tutti i preziosi fogli su cui Minho aveva segnato formule e trucchetti per non sbagliare e li infilò tutti nella cartella, mentre Minho si versava un bicchiere d’acqua fresca.


“Spero di esserti stato utile” disse Minho.


“Molto ut- …” lo stomacò di Taemin brontolò e Taemin si coprì il viso per la vergogna. “Che cosa imbarazzante” disse e Minho si lasciò scappare una risata.


“Hai fame?” domandò e Taemin annuì spiando l’espressione di Minho attraverso una fessura tra l’indice e il medio. “Ramyeon? Non ho altro in casa”


“Non voglio disturbare, davvero, e Key-hyung… ” cercò di protestare Taemin, ma Minho gli fece cenno di lasciar perdere e tirò fuori una pentola dove far bollire l’acqua.


“Sono certo che Kibum sarà felice di trovare qualcosa di caldo e appetibile appena arriva, non preoccuparti. Pollo o manzo?” domandò poi aprendo la credenza.


Taemin si avvicinò e diede un’occhiata alla credenza e timidamente rispose “Manzo”.





Kibum bevve l’ultimo sorso di caffè prima di chiudere il libro di design e rimetterlo nella borsa e cercare il portafogli.


“Vai a prendere Taemin?” domandò Jonghyun sistemando le ultime sedie, aveva lasciato che Kibum rimanesse mentre finiva di sistemare.


Kibum annuì e Jonghyun si affacciò nel magazzino per prendere la suo chitarra.


“Ti accompagno per un po‘”


Kibum lo fulminò con lo sguardo, ma Jonghyun fece finta di nulla, prese il suo cappotto dall’attaccapanni e se lo infilò, dalle tasche del cappotto prese un cappello grigio di lana e una sciarpa.


“Andiamo?” chiese e sorrise.


E davvero c’era qualcosa di spaventoso nel sorriso di Jonghyun, almeno per Kibum, perché c’era qualcosa di totalmente sbagliato nel modo in cui lo faceva sentire totalmente disarmato e… perso, ed era qualcosa che non avrebbe dovuto e non doveva succedere, perché Kibum era ancora sulla via della guarigione e, davvero, non poteva lasciarsi trascinare nel valzer impazzito che era Kim Jonghyun.

Nonostante tutto però, si alzò dalla sedia e si vestì, seguendo Jonghyun fuori dal locale. Jonghyun chiuse con la sua copia delle chiavi e con un sorriso guidò Kibum verso la fermata dell’autobus.

“Come va l‘università?” domandò Jonghyun casualmente affondando il naso nella sciarpa grigia che aveva intorno al collo e sistemando meglio la custodia della chitarra sulla spalla destra.


“Gli esami sono finiti e sto tirando un respiro di sollievo” rispose Kibum, non molto incline alla conversazione.


“È da molto che vivi a Seoul?”


Kibum lo guardò storto e Jonghyun sorrise. “L‘accento, ogni tanto…” spiegò.


“Sono quasi cinque anni, ho frequentato qui le superiori e poi mi sono iscritto all‘università, ormai è più casa che Daegu, anche se lì c‘è ancora la mia famiglia”


“Li vai a trovare spesso?” domandò Jonghyun spostando la chitarra sulla spalla sinistra.


“Insomma, io e mia madre ci telefoniamo spesso però”


“Mia madre avrebbe voluto che studiassi al conservatorio” disse Jonghyun fissandosi la punta delle scarpe e Kibum non si fece scappare la leggera nota di dispiacere nel tono di Jonghyun.


“Che cosa fa tua madre?”


“Mia madre è una pianista, molto brava suona in posti importanti con gente importante, non le piace quello che faccio, ma non ci posso fare niente”


Il cellulare di Jonghyun suonò, Jonghyun rispose sorridendo. “Noona!” esclamò. “Sì, sono libero dopo… le dieci? Solito posto? … Sì, ho capito, va bene, va bene, ci vediamo dopo”


Jonghyun si voltò a guardare Kibum ancora con lo stesso sorriso sulle labbra e Kibum sentì lo stomaco stringersi e, davvero, avrebbe voluto prendere Jonghyun a pugni per nessuna ragione in particolare. Continuò a camminare, vergognandosi per quanto si stesse comportando in maniera ridicola. Non era gelosia la sua, per qualunque ‘noona’ ci fosse all’altro capo del telefono, o verso Jonghyun, no la gelosia non c’entrava niente, era che Kibum si era improvvisamente ricordato perché Kim Jonghyun era la persona sbagliata per cui provare certi sentimenti.

Jonghyun affrettò il passo per raggiungerlo e lo prese per il polso costringendolo a fermarsi e guardarlo in faccia.

“È successo qualcosa?” domandò Jonghyun guardandolo dritto negli occhi e Kibum avrebbe voluto trovarsi dentro un film di fantascienza per poter lanciare raggi mortali dagli occhi.


“No, niente lasciami, non voglio perdere l‘autobus”


“Kim Kibum qual è il tuo problema?” domandò Jonghyun lasciando la presa sul polso di Kibum.


Kibum si morse la lingua, perché altrimenti si sarebbe messo a gridare e l‘ultima cosa che voleva in quel momento era fare una scenata in mezzo alla strada, si sentiva già abbastanza ridicolo così.


“Hai mai pensato che, forse, a certe persone semplicemente non piaci?”


Jonghyun ride, una risata stridente che fa male alle orecchie di Kibum. “Pensavo fossi migliore di così”


“Migliore di cosa? Non mi conosci, non comportarti come se fosse il contrario”


“Qual è il tuo problema Kim Kibum? Perché penso di non essere così importante per te da poter essere considerato un problema”


“Tu sei il mio problema, Kim Jonghyun” rispose Kibum a denti stretti prima di riprendere a camminare.




“Vuoi romperli in due o in quattro?” chiese Minho avvicinandosi alla pentola dove l’acqua stava ormai bollendo.


“In due” rispose Taemin osservando attentamente mentre Minho rompeva gli spaghetti a metà prima di buttarli nell’acqua bollente.


“Kibum mi ha detto che avete una pausa per la scuola di danza perché a gennaio ci sono le audizioni per non ho capito cosa” disse Minho cercando di fare conversazione.


“Sì, le lezioni sono in pausa ma ci ritroviamo una volta alla settimana comunque. I sunbae però in questo periodo lavorano più che durante il resto dell‘anno”


“E tu non partecipi alle audizioni?” domandò Minho mentre versava i condimenti nella pentola.


Taemin scosse la testa. “Non quest‘anno almeno, forse l‘anno prossimo se Yunho-saesangninm mi lascia partecipare. Vorrei fare la scuola d‘arti sceniche”


Minho annuì e un sorriso pieno d’affetto gli si dipinse sulle labbra. “Spero che tu ci riesca, te lo meriti, Taemin-ah”


Quando si voltò a guardare Taemin, Minho notò un leggero rossore sulle guancie di Taemin, il suo stomaco fece una capriola e distolse subito lo sguardo. Si schiarì la voce e si passò una mano tra i capelli.


“Apparecchiamo? Ormai Kibum sarà qui a momenti”


Taemin prese le ciotole dalla credenza che Minho gli aveva indicato, mentre il padrone di casa prendeva bicchieri e posate.


“Che cosa… Che cosa vuoi fare da grande, Minho?” domandò esitante Taemin mentre cercava di non far cadere le ciotole per terra.


Minho sistemò i bicchieri sul tavolo, poi assunse un‘espressione assorta e si morse il labbro inferiore. “Da piccolo volevo fare il calciatore, poi l‘astronauta, poi il medico”


“E ora?” domandò Taemin “Ora che cosa vuoi fare?”


Minho lo guardò sorridendo, quasi tristemente e Taemin avrebbe voluto mordersi la lingua. “Ora spero solo di non deludere nessuno”


Dopo un momento di silenzio in cui si sentivano solo i rumori delle stoviglie, Minho indicò il televisore sistemato di fronte al divano.


“Ti va di guardare un film mangiando?” domandò, Taemin annuì. “Allora scegli qualcosa dallo scaffale là infondo, prima che arrivi Kibum, a meno che tu non voglia piangere guardando Julia Roberts che perde l‘amore della sua vita”


Taemin guardò Minho assottigliando gli occhi e con uno sorriso divertito “E se anche a me piacesse vedere Julia Roberts che piange il suo amore perduto?”


Minho ci pensò su e poi rispose sicuro “Mi fido di te”


Il sorriso di Taemin si allargò fino a mostrare i denti e Minho ricambiò altrettanto entusiasta. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Punch! ***



allora sì, potete odiarmi, anche io mi odio, ma io e la mia ispirazione abbiamo avuto dei disguidi e poi chullo (il mio computer)
è andato dal dottore e… si c’è anche il fatto che sono una pigrona…
Quindi, mi prostro ai vostri piedi implorando perdono…
Detto questo siccome come al solito è tardi e in più ho un mal di testa che mi uccide,
Mi scuso anche per eventuali errori che provvederò a correggere quanto prima…

Detto questo… in questo capitolo c’è poco 2min e molto Jongkey, ma abbiate fede che da qui in poi si va verso la fine…
Dovrebbero, anzi ci saranno altri 5 capitoli, forse 4 e spero di riuscire ad aggiornare con più regolarità ora che so dove sto andando…
Sì, non ci credo nemmeno io, ma mi impegnerò lo giuro!
Vi ringrazio infinitamente per la pazienza e per i commenti gentili…
E con questo buona lettura!

 

Capitolo 9:

Punch!

 
“Taemin-ah ti vanno dei pop-corn con il film dopo?”

Taemin, tra tutti i film disponibili, aveva scelto ‘Insidious’, ed entrambi avevano convenuto che non era il caso di mettersi a guardare un film horror mangiando ramyeon, il rischio di rovesciare il brodo era troppo alto e Minho amava troppo il suo divano.

“Sempre che io riesca a trovarli” mormorò Minho tra sé, mentre passava in rassegna il ripiano dove teneva le schifezze per le serate film con Kibum.

“Hai quelli al burro?” domandò Taemin avvicinandosi alla cucina, dopo aver inserito il dvd nel lettore.

“Ah! Trovati!” disse tirando fuori due scatole di pop-corn da un angolo recondito del ripiano, sotto le scatolette di pocky alla fragola che aveva portato Kibum l’ultima volta.
Controllò le confezioni e sorrise notando che una delle due era al burro, mentre l’altra erano semplici pop-corn salati.

“Hai avuto fortuna” disse posando le due scatole vicino al microonde. “Kibum ormai sarà qui a momenti”

“Siete amici da molto, tu e Kibum-hyung?” domandò Taemin.

Minho sospirò guardando il soffitto “Una vita quasi, penso che Kibum possa fare concorrenza a mia madre per quanto tempo abbiamo passato insieme”

Taemin si lasciò scappare una leggera risata. “Deve essere bello avere un amico del genere”

“Sì, lo è la maggior parte delle volte” rispose Minho annuendo e Taemin sorrise di nuovo, comprendendo bene a cosa Minho si stesse riferendo.

In quel momento il campanello suonò e Kibum irruppe in casa, ignorando gi sguardi preoccupati di Minho e Taemin si gettò di peso sul divano e arrotolandosi in posizione fetale con le mani sul viso.

“Kibum, tutto bene?” chiese Minho avvicinandosi.

“No” biascicò attraverso le dita.

Minho si voltò a guardare Taemin e gli fece cenno di spegnere il fuoco, poi si avvicinò a Kibum e gli tolse le mani dal viso. Non stava piangendo, ma la sua frustrazione era evidente.

“Minho-ah, pensi che io sia stupido?”

Minho inizia ad accarezzare le spalle di Kibum.

“Sono una di quelle persone che non riescono a capire le persone, quelle così cieche che si accorgono che tutto è un grn casino solo quando è troppo tardi per fare qualcosa?”

Minho si sedette sul pavimento e prese la mano di Kibum e la strinse Kibum gli mostrò un leggero sorriso.

“Hyun-ki. Hyun-ki mi ha lasciato perché gli esami erano finiti, non aveva più bisogno di Kim Kibum lo studente modello per aiutarlo”

Minho rimane in silenzio e Kibum ride amaramente.

“Sei mesi persi dietro un idiota e non posso dare la colpa a nessuno tranne a me stesso. Per una volta non…”

“Lo so Kibum, lo so, ma non è colpa tua. Non pensarlo neanche per un momento”

Kibum chiuse gli occhi e si voltò sulla schiena stendendo le gambe. “E ora ci si mette anche Jonghyun”

Taemin, che fino a quel momento era rimasto sulla porta della cucina fece un passo in avanti.

“Hyung io non credo che Jonghyun-hyung sia come gli altri”

Kibum sospirò. “No, Taemin, non è come gli altri, lui è peggio”

“Kibum-ah…” iniziò Minho con tono di rimprovero.

“Lui non lo fa di proposito, è sincero, crede in quello che dice, ma alla fine è come tutti gli altri. ”

Minho si alzò lasciando la presa sulla mano di Kibum “Smettila, l‘autocommiserazione non ti si addice. Alzati e sbrigati che gli spaghetti si scuociono”

Kibum rise di nuovo e Minho si avviò verso la cucina, Taemin lo guardò preoccupato, ma Minho si limitò a scuotere le spalle, quando Kibum si comportava in quel modo l’unica soluzione era ignorarlo. Minho sistemò la pentola al centro del tavolo e iniziò a riempire le ciotole spingendo Taemin a sedersi. Kibum li raggiunse poco dopo, prima di sedersi accarezzò i capelli di Taemin e ci posò un bacio.

“Scusa” sussurrò prima di sedersi. Taemin gli sorrise.


Dopo il film, nonostante le suppliche di Kibum avevano comunque guardato quello che Taemin aveva scelto, Kibum annunciò che era or che si avviassero verso casa prima di doversela fare a piedi.

“Minho-ah, grazie, ma la prossima volta il film lo scelgo io”

Taemin e Minho si guardarono e scoppiarono a ridere.

“Yah! Voi due! Smettetela di divertirvi a mie spese. Tsè! Che ingrati, andiamo Taemin-ah”

“Sì, hyung”

Mentre Kibum si avviava alla porta Taemin si voltò e strinse Minho in un abbraccio “Grazie, hyung” sussurrò prima di correre verso la porta, seguendo Key che si stava già avviando verso le scale.





Ho preso 80/100!

Taemin lanciò un’occhiata al professore prima di premere invio. Guardò il compito corretto che il professore gli aveva appena posato sul banco con un bel 80/100 scritto in rosso sull’angolo destro.
Era fiero di sé ed era contento di non aver deluso Minho dopo che aveva perso del tempo per aiutarlo. Controllò alcuni errori e rimise il foglio sul banco iniziando a scarabocchiare tanti piccoli otto sul suo quaderno di inglese.
Sentì il cellulare vibrare e, dopo un’altra occhiata furtiva al professore lo tirò fuori dalla tasca.

Wow! Dobbiamo festeggiare!

Taemin rise sotto i baffi e digitò velocemente una risposta, prima che il professore riprendesse la lezione illustrando nei dettagli la totale inettitudine della maggior parte dei suo i alunni.



Jonghyun stava rimettendo a posto le zuccheriere dopo averle riempite, era piegato su un tavolo cercando di sistemare la zuccheriera e il topping del miele al centro del tavolo quando la porta si aprì e Kibum entrò con un sorriso stampato in faccia.
Jonghyun non potè fare a meno di sorridere a sua volta, ma il suo sorriso ebbe vita breve.
Kibum non era da solo, con lui c’era un ragazzo alto, capelli neri, leggermente abbronzato, un sorriso luminoso e una mano posata pericolosamente sulla vita di Kibum.
Jonghyun gli lanciò uno sguardo truce, osservando come Kibum sembrava completamente a suo agio e rilassato.
Jinki uscì da dietro il bancone andando incontro ai due, sembrava conoscere l’accompagnatore di Kibum, fingendo di sistemare le altre zuccheriere Jonghyun riuscì a carpirne il nome: Jinwoon.

“Sei appena tornato?” domandò Jinki scortandoli ad uno dei tavoli vicini al pianoforte, Jonghyun storse il naso di fronte all’invasione del suo territorio, ma prima che potesse lanciare l’ennesima occhiataccia una coppia entrò nel locale e Jonghyun fu costretto ad occuparsi delle loro ordinazioni, ignorando Kibum e compagnia.
Preparò una mocha con poco cioccolato e un caffè al ginseng cercando di carpire pezzi dell’animata conversazione che si stava svolgendo al tavolo vicino al pianoforte, tendendo l’orecchio e cercando di non farsi notare.
Quando però, dopo aver portato le ordinazioni al tavolo Jonghyun alzò lo sguardo nella direzione di Kbum, non potè fare a meno di sentirsi un po’ soddisfatto vedendo che l’altro lo stava guardando.

“Jonghyun-ah!” lo chiamò Jinki “Prepara un americano per Kibum e un iced-coffee per Jinwoon per favore”

Tutti stavano guardando nella sua direzione, Kibum sembrava si aspettasse di vedere il vassoio che Jonghyun teneva in mano volare in facci a Jinwoon, mentre Jinwoon sembrava del tutto a suo agio nonostante Jonghyun continuasse a guardarlo storto.
Sospirando, Jonghyun annuì e tornò dietro il bancone mentre al tavolo riprendeva un’animata conversazione su quanto Jonghyun sembrasse idiota in quel momento, o forse no.
Aspettando che il caffè fosse pronto, Jonghyun si mise ad asciugare le tazze appena uscite dalla lavastoviglie canticchiando l’ultima melodia che aveva composto qualche sera prima, e che sperava di finire in tempo per la serata al locale il sabato successivo.
Quando anche l’americano di Kibum fu pronto Jonghyun si prese la libertà di versarci un po’ di latte, Kibum beveva troppo caffè, e si diresse al tavolo temendo il fatidico momento in cui Kibum o, più probabilmente, Jinki gli avrebbero presentato Jinwoon.
Si avvicinò al tavolo e posò le ordinazioni senza lasciarsi sfuggire lo sguardo contrariato di Kibum.

“Che cos‘è questo?” domandò guardando Jonghyun.

“Il tuo americano” rispose Jonghyun candidamente.

“Se è il mio americano come mai c‘è il latte?”

“Perché bevi troppo caffè, ti fa male” rispose Jonghyun stringendo la presa sul vassoio.

Kibum sbuffò e ne prese un sorso. “È troppo dolce” mormorò e Jinki si sporse per riprendere la tazza, ma Kibum la spostò fuori dalla sua presa. “Non c‘è bisogno hyung, va bene lo stesso”

Kibum bevve un altro sorso e, finalmente, sembrò ricordarsi di Jinwoon, con un sorriso troppo ampio per i gusti di Jonghyun, Kibum si voltò nella sua direzione e introdusse ‘il mio amico Jinwoon, è appena tornato dall’India, fa il fotografo’.
Jonghyun sorrise, cercando di non sembrare completamente a disagio.

“No, io sono solo un apprendista, accompagno dei veri fotografi e faccio del mio meglio per imparare” si sbrigò a precisare Jinwoon con un sorriso imbarazzato.

Umile anche. Prima che Kibum potesse ribattere Jonghyun si sbrigò a presentarsi.

“Io sono Jonghyun, piacere”

“Jonghyun-hyung suona il piano” disse Kibum indicando il pianoforte verticale alle spalle di Jinwoon.

Jonghyun, però, era troppo sconvolto dal fatto che Kibum lo avesse appena chiamato ‘hyung’ per poter rispondere alle domande che Jinwoon gli stava ponendo, non che altrimenti fosse stato più incline a rispondere.
Kibum gli lanciò un’occhiata indecifrabile, ma prima che Jonghyun potesse dire la sua un gruppetto entrò nel locale e la ressa delle undici iniziò a tenere occupate le mani e il cervello di Jonghyun.
Tra un ordine e l’altro Jonghyun riesce a carpire qualche informazione in più su Jinwoon.

“Fa il fotografo, gira il mondo, è un talento naturale. A volte Kibum posa per lui, sono molto amici”

Jonghyun storce il naso e non chiede altro, continuando a preparare tre latte alla vaniglia per il tavolo vicino alla porta.



Sono le cinque quando Minho esce dalla sua ultima lezione per la giornata. Si sente la schiena STIFF  per tutte le ore che ha passato seduto e gli occhi gli bruciano, ma si consola pensando che quello che lo separa da un bagno caldo sono cinque minuti di autobus e magari una breve fermata al Seven/Eleven vicino alla fermata dell’autobus per comprare qualcosa da mangiare.
Ha appena messo piede fuori dal campus quando il suo telefono squilla.

“Choi, finito le lezioni per oggi?” domandò Kibum.

“Sì, sto andando a casa. A cosa devo l‘onore, Kim?”

“Jinwoon è appena tornato, sarò impegnato nei prossimi giorni, dobbiamo preparare qualche scatto per una possibile esposizione l‘anno prossimo, ma il professore vuole vedere qualche idea per lunedì e dobbiamo metterci sotto”

“Mh, capisco”

“Quindi tieni d‘occhio Taemin”

Minho corruccia le sopracciglia. “Taemin? Cosa c‘entra Taemin?”

“Minho-ah, tienilo d‘occhio e se vedi che qualcosa non va…”

“Che cosa non dovrebbe andare con Taemin?”

“Per favore, tienilo d‘occhio e per qualsiasi cosa chiamami, ok?” Kibum sembra serio e, soprattutto, preoccupato.

Minho sospirò, di certo non aveva intenzione di rifiutare una richiesta del genere, ma odiava non sapere che cosa gli stesse succedendo intorno, allo stesso tempo però non ebbe neanche il cuore di indagare, almeno non alle spalle di Taemin.

“Come vuoi”

“Grazie e non…” Kibum esitò un momento, poi si mise a ridere. “Lascia stare, sono stato stupido a pensarlo”

“Pensare che cosa?”

Kibum rise di nuovo e Minho stava cominciando ad innervosirsi.

“Niente, solo volevo dirti di tenere le mani apposto, ma conoscendoti sei troppo cavaliere dall‘armatura scintillante, troppo gentleman per tentare di fare qualsiasi cosa senza il consenso della controparte”

Minho arrossì appena e si schiarì la voce prima di affrettarsi verso la fermata dell’autobus.

“Divertente Kibum, molto divertente”

“Ci vediamo presto, Choi, mi raccomando”

“Sì, come ti pare”.

Fermandosi al Seven/Eleven Minho comprò ramyeon, qualche verdura, riso e un bento, non aveva voglia di cucinare, stava per andare alla cassa quando passò vicino al banco frigo e vide, nel secondo ripiano in alto l’ultima confezione di banana-milk.
Guardandosi intorno come se qualcuno potesse leggergli nel pensiero, la prese e andò alla cassa. Quando la cassiera battè il banana-milk si sentì come se avesse appena comprato un porno e, Minho ne era convinto, era tutta colpa di Kibum.


Kibum si abbandonò sul divano nell’angolo più buio della stanza. Stavano lavorando da quasi cinque ore e non erano riusciti ad andare oltre la pianificazione, il giorno dopo li aspettava un‘ispezione di un paio di negozi di antiquariato, a mali estremi, l‘Ikea e un sopralluogo in qualche vecchio magazzino che avrebbero potuto usare come set.
Jinwoon voleva ricreare un’atmosfera anni ‘30, un po’ francese e con quell’aria di magia e mistero che circondava Parigi. Kibum all’inizio aveva riso, ma poi si era subito dato da fare e avevano iniziato a fare una lista di quello di cui avrebbero avuto bisogno, dell’atmosfera e della modella giusta.
Jinwoon era stato irremovibile però su quel punto.

“Voglio fotografare te Kibum”

“Jinwoon…”

“No, Kibum o ti fai fotografare o non se ne fa di niente”

Kibum aveva sospirato di fronte allo sguardo serio di Jinwoon, ma alla fine non era riuscito a dire di no.
In quel momento Jinwoon stava prendendo appuntamento con il terzo proprietario di un piccolo magazzino appena fuori Seoul che il suo professore aveva usato una volta e che poteva essere la loro opzione migliore se fossero riusciti ad averlo ad un prezzo accessibile.
Con gli occhi chiusi Kibum si mise a rivedere la lista delle cose da fare e, solo il pensiero, gli faceva venire il mal di testa, ma per niente la mondo avrebbe rinunciato. Jinwoon era un suo caro amico, una persona con cui era semplice stare e con cui amava creare, con cui poteva avere la presunzione di creare arte.
Sentì Jinwoon ringraziare profusamente e poi i suoi passi avvicinarsi al divano, quando un peso si accomodò al suo fianco Kibum aprì gli occhi.

“Che cosa ti ha detto?”

“Che domani possiamo andare a vedere il posto dopo le due e poi discutere del prezzo, dobbiamo fare bene i conti perché abbiamo un budget molto ristretto”

Kibum annuì. E richiuse gli occhi, abbandonandosi contro Jinwoon che ora gli cingeva le spalle con un braccio.

“Dobbiamo prima vedere il fondo, poi cercare i mobili”

“Se riusciamo ad avere questo non dovremo cercare i mobili, c‘è qualche divano e un letto arrugginito, basterà dare una pulita e andrà bene”

Kibum annuì e Jinwoon, cercando di attirare la sua attenzione, gli diede un pizzicotto.

“Yah! Jung Jinwoon!” girdò Kibum passandosi una mano sul braccio offeso.

“Yah! Kim Kibum!” gridò Jinwoon ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Kibum-ah, cosa c‘è che non va?” domanda Jinwoon dopo qualche minuto, quando le risa si sono calmate e Kibum ha di nuovo gli occhi chiusi e la testa poggiata sulla sua spalla.

Kibum non chiamava mai Jinwoon. Jinwoon era sempre in giro, sempre indaffarato a vedere posti nuovi, imparare cose nuove, troppo impegnato per rispondere, senza contare quanto costassero le telefonate internazionali. Si scambiavano qualche mail, qualche messaggio, ma Kibum non aveva mai menzionato Jonghyun, sinceramente non ne aveva vista la necessità. E anche volendo, non avrebbe saputo come spiegare ‘Jonghyun’.

“Hai visto il cameriere nuovo di Jinki?” domandò.

“Quello che continuava a lanciarmi occhiate assassine?”

Kibum colpì Jinwoon con il dorso della mano, ottenendo solo che il sorriso di Jinwoon si allargasse.

“Insomma ha una cotta per me”

“Davvero? Non lo avrei mai notato”

Kibum sbuffò roteando gli occhi.

“Jinwoon-ah, ne ho già visti come lui scriverà un paio di canzoni, melodie sdolcinate e quando si sarà stancato passerà a qualcun altro. Poi quando troverà qualcuno che stimoli la sua vena artistica più di me passerà oltre. Magari dopo ne scriverà almeno una decina, perché si sa che il mal di cuore rende più ispirati, e poi? Da qui a due, tre anni, si sarà già dimenticato di Kim Kibum.”

“In questo caso rifiutalo, fermo e deciso”

“L‘ho fatto, ma non sembra capire”

Jinwoon sospirò e gettò la testa all’indietro. “Sai cosa penso?”

“Mh?”

“Penso che dovremmo uscire da qui e andare a mangiare dukkbokki”

Kibum rise. “In nome dei vecchi tempi?”

“Anche se siamo soltanto in due”



Quando Minho entrò al Romantic nell’aria, oltre all’odore del caffè, c’era una melodia triste, Minho si voltò verso il piano e vide Jonghyun piegato sui tasti che suonava con gli occhi chiusi e canticchiava parole a mezza voce.
Il locale era pieno, non c’era neanche un tavolo libero. Taemin e Jinki, dietro il bancone cercavano di sopravvivere alla ressa.
Taemin trafficava con la macchina del caffè mentre Jinki scaldava il latte e ripeteva un ordine infinito che avrebbe fatto girare la testa a Minho, mentre Taemin annuiva e preparava le ordinazioni.
Minho sedette ad uno degli sgabelli rimasti liberi al bancone e aspettò che la situazione si calmasse prima di ordinare un caffè alla cannella, mentre Taemin porta l’ultima ordinazione Jinki si mette a preparare la sua ordinazione.

“Giornata impegnativa?” domandò con un mezzo sorriso.

Jinki ricambiò il sorriso. “È per Jonghyun, sta così da ieri quando Kibum è venuto qui con Jinwoon. Le notizie girano veloce e tutte le sue fan sono venute a vedere come sta il loro idolo”

“Hyung, come ti sembra Taemin ultimamente?”

Jinki lo guardò incuriosito. “In che senso? Sta bene, come al solito”

“Niente, Kibum mi ha chiamato ieri dicendomi che mentre lui è impegnato devo tenere d‘occhio Taemin, quindi pensavo… Non lo so...”

Jinki scuote la testa e sospira. “A me sembra che stia bene, ma con un padre del genere non si può mai sapere”

Minho stava per chiedere spiegazioni quando Taemin tornò dietro il bancone e inspirò profondamente rimettendo il vassoio nella pila.

“Conglaturazioni per il test” gli disse Minho non appena Taemin si volta.

“Grazie hyung, è tutto merito tuo!” rispose, e un enorme sorriso gli si stampò in faccia.

“Quindi, quando sei libero per un doveroso festeggiamento”

“Minho-yah! È ancora minorenne” protestò Jinki.

“Hyung, calmati, non lo porterò a ubriacarsi a Hongdae, magari potremmo cominciare con quella gelateria che ha aperto al centro commerciale, fanno anche dolci o possiamo andare al cinema, quello che vuoi, offro io”

“Domenica pomeriggio sono libero, iniziano le vacanze e Jonghyun-hyung ha detto che può sostituirmi” rispose Taemin con un sorriso timido e Minho non potè non sentirsi un po’ lusingato.

“Allora domenica, verso le quattro va bene?”

Taemin annuì. “Perfetto”

“Bene, allora pensa a cosa vuoi fare e mandami un messaggio”

Taemin annuì e Minho riprese a sorseggiare il suo caffè osservando le spalle incurvate di Jonghyun.



Dopo il turno al Romantic Jonghyun sarebbe voluto andare a casa, chiudersi nel suo appartamento e ascoltare la playlist delle situazioni disperate, Gloria Gaynore, Whitney Huston, Queen, uccidersi lentamente a colpi di ‘Take my breath away’ e ‘Time after time’, ma aveva promesso ad un suo amico fotografo che avrebbe suonato il pianoforte alla sua esposizione, probabilmente se non lo avesse pagato così tanto si sarebbe dato malato.
Alla porta un signore distinto lo fermò spiegandogli che la mostra avrebbe aperto solo quindici minuti più tardi.

“Sono il pianista, Kim Jonghyun”

“Il pianista? Un momento che controllo” disse iniziando a scorrere i nomi sulla cartellina.

“Kim Jonghyun”

“Eccolo qua, Kim Jonghyun, lei è in ritardo, sa già dove deve andare?”

“Sì, la ringrazio” rispose Jonghyun sbrigandosi ad entrare.

L’artista non sarebbe arrivato prima delle nove, Jonghyun percorse le sale dell’esposizione prestando poca attenzione alle foto in bianco e nero esposte, non molto incline ad ammirare la sublime arte della fotografia quando proprio un fotografo era la fonte principale dei suoi problemi in quel momento.
A grandi falcate si diresse verso la porta di servizio che dava sulle scale di emergenza, salì al secondo piano e si infilò nella seconda porta a destra dove il suo amico aveva diligentemente preparato per lui uno smoking.
Si sbrigò a cambiarsi e mise i suoi vestiti nello zaino e mise lo zaino su una sedia vicino all’appendiabiti, prese un profondo respiro e scese di nuovo le scale recandosi nella sala principale dove, posizionato su un piedistallo, lo aspettava un pianoforte a coda.
Poteva suonare ciò che voleva, l’importante era che fosse in tono con l’ambiente e con le foto, e con la puzza sotto il naso del 90% delle persone che avrebbero varcato la soglia.
Jonghyun si sedette di fronte al piano e cercò di indursi a non pensare ad altro che all’ ‘Armonia delle cose naturali e la loro bellezza’, titolo della mostra, e non pensare a nient’altro che ai tasti del pianoforte e alle scale e alle chiavi e alle armonie.
Gli avevano detto di iniziare a suonare qualche minuto prima dell’apertura perché anche i primissimi visitatori fossero accolti dalla musica dolce del pianoforte, la mostra doveva essere come un viaggio verso la sala principale e la musica di Jonghyun doveva guidarli attraverso quel percorso.

Un’ora dopo, con cinque minuti di pausa e un bicchiere d’acqua che era riuscito a chiedere con la potente arte comunicativa del ‘muovere la testa’ visto che aveva le mani occupate e il cameriere sembrava non saper leggere il labiale, Jonghyun era più che sfinito.
In quel momento con la coda dell’occhio vide un volto familiare varcare la soglia della sala principale.
Con un flute in mano e uno sguardo ammirato, Jinwoon stava osservando le foto appese alla parete, non appena si accorse di Jonghyun al pianoforte si avvicinò con un sorriso amichevole.
Jonghyun prese un profondo respiro e si concentrò sulla lista di cose che avrebbe potuto comprare una volta finita quella sfiancante serata.

“Jonghyun-sshi? Che coincidenza, ti ricordi di me? L‘amico di Kibum”

“Sì, mi ricordo”

“Kibum mi sta aiutando con delle foto, ha un talento naturale per certe cose”

Jonghyun continuava a concentrarsi solo sulla sensazione dei tasti sotto le dita, solo sulla melodia, solo sulla nota successiva e quella dopo e quella dopo ancora.

“Jonghyun-sshi, ti piace Kibum?”

Stupito dalla domanda improvvisa Jonghyun premette una chiave con più forza, ma nessuno sembrò notarlo.

“Non credo che questi siano affari tuoi”

Jinwoon sorrise poggiandosi al pianoforte.

“Sei innamorato di Kibum?” Jonghyun lo ignorò continuando imperterrito a suonare cercando di reprimere l’irritazione. “Gli hai scritto qualche bella canzone? Mh? Quante? Due? Tre? Quante te ne servono prima di lasciarlo in pace?”

“Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando e gradirei che tu mi lasciassi suonare in pace” dice Jonghyun guardando Jinwoon dritto negli occhi.

“Devi riuscire a fare un giro nei suoi pantaloni per essere soddisfatto? Ti capisco sai, Kibum è davvero un bel bocconcino, non dis-…”

Jonghyun lo colpì, un pugno dritto e pulito direttamente nello zigomo di Jinwoon che  accusò il colpo piegandosi in due e portandosi le mani al viso, lo colpì così forte che era certo si fosse rotto qualche osso nella mano.

“Se tu fossi suo amico sapresti che Kibum vale molto più” ringhia prima di piantare tutto e correre a riprendersi le sue cose prima che a qualcuno venga in mente di chiamare la sicurezza.

Di certo non lo avrebbero pagato e probabilmente il giorno dopo probabilmente di sarebbe pentito amaramente, ma in quel momento non gliene importava niente.


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Capitolo 11
*** Shall I try kiss you? ***


Salve a tutti!
Anche questa volta, nonostante mi fossi ripromessa di non farlo, vi ho fatto aspettare tanto, ma spero di farmi perdonare in qualche modo…
Allora, intanto questo, nonostante quello che ho detto nel capitolo precedente
è il penultimo capitolo!
Ebbene sì.
In ogni caso potrebbe poi esserci un breve brevissimo epilogo,ma siamo in dirittura d’arrivo!
A tutti quelli che mi hanno sopportata fino ad ora va tutta la mia riconoscenza, davvero, siete mitici e non finirò mai di ringraziarvi!
In ogni caso… la scena finale non mi piace, ma non lo so…
Si è scritta da sola e non i va di cambiarla
che autorA pigra…
Comunque!
Buona lettura!

 

 

 

Capitolo 10:

Shall I try kiss you?

 

Kibum camminava spedito sul marciapiede, contando i condomini alla sua destra. Secondo Jinki, Jonghyun abitava nell’ottavo condominio dopo il supermercato, ma conoscendo Jinki poteva anche essere il decimo, oppure trovarsi da tutt’altra parte. Kibum pregò che per una volta il senso dell’orientamento di Jinki avesse fatto centro, perché non aveva tempo da perdere e doveva tornare in studio per le nove.
Entrò nel vialetto dell’ottavo palazzo e esaminò con attenzione i campanelli, con sua somma gioia al quarto piano abitava un ‘Kim Jonghyun’.
Suonò ripetutamente finché la voce assonnata di Jonghyun non blaterò qualcosa di inintelligibile nel citofono.

“Jonghyun, sono Kibum. Aprimi”

Ci fu qualche rumore, probabilmente di tasti premuti a caso, finché il portone non scattò aprendosi appena. Kibum entrò e si diresse a grandi passi verso l’ascensore, premette il numero 4 e si diede un’ultima occhiata nello specchio alle sue spalle cercando l’espressione più… inespressiva che riusciva a trovare, prima di voltarsi di nuovo verso le porte chiuse dell’ascensore pronto a qualsiasi cosa lo avesse aspettato.
Quando le porte si aprirono Jonghyun era in piedi sulla porta del suo appartamento, i capelli in disordine e i pantaloni della tuta che cedevano sui fianchi.

“Buongiorno” disse, non appena Kibum mise piede fuori dall’ascensore, strusciandosi gli occhi con il dorso della mano nel, vano, tentativo di cancellare le ultime tracce di sonno.

“Buongiorno” rispose Kibum.

“Prego, entra”

Jonghyun si mise da parte e Kibum fece qualche passo nell’ingresso.

“Ho visto Jinwoon ieri sera, credo che dovremmo parlare” non aveva senso girarci intorno, era lì per un motivo preciso.

“Siediti, preparo del caffè” disse Jonghyun indicando l’enorme divano che occupava la maggior parte del salotto.

Kibum si guardò intorno, esaminando ogni angolo della stanza prima di sedersi sull’orribile divano di uno strano verde che gli fece storcere il naso, ma che si sposava bene con la confusione circostante. Tutto sembrava gettato a caso, e probabilmente lo era, in una sorta di caos artistico che probabilmente celava solo la totale incapacità di organizzazione del padrone di casa.
La cosa più stupefacente era che la musica era ovunque.
Pile di cd, spartiti, libri sulla teoria musicale, biglietti di concerti appesi al muro, fogli pieni di inchiostro e parole scritte con una grafia orribile che probabilmente avrebbero dovuto essere canzoni.
Jonghyun tornò con due tazze di caffè, ne porse una a Kibum e si sedette all’estremità opposta del divano.

“Perché lo hai picchiato?” domandò Kibum

Jonghyun sbuffò: “Non l‘ho picchiato, gli ho solo dato un pugno”

Kibum roteò gli occhi e prese un sorso di caffè.

“Quindi, sentiamo che cosa ha fatto Jinwoon di così orribile da meritarsi un occhio nero?”

Jonghyun prese un lungo sorso di caffè e poi guardò Kibum dritto negli occhi.

“Che cosa ti ha detto?”

“Non è questo il punto, io voglio sentire la tua versione”

Jonghyun non era sicuro di quali fossero le intenzioni di Kibum, quindi decise di rimanere sul vago.

“Mi ha dato sui nervi”

“Prendi a pugni chiunque ti dia sui nervi?”

“Era un pugno, uno solo, non l‘ho preso a pugni, e no, non vado in giro a prendere a pugni tutti quelli che mi danno sui nervi, altrimenti sarei in prigione adesso”

“Prenderesti a pugni anche me?”

“A volte” rispose Jonghyun dopo averci pensato un attimo.

“E mi baceresti?” aggiunse.

“Vorresti che ti baciassi?”

Kibum bevve un sorso di caffè e strinse fra le mani la tazza poggiandosela sulle ginocchia.

“Sinceramente? Certo che sì, avanti Jonghyun chi non vorrebbe essere baciato da te? E la stessa cosa vale per me, essere attraenti porta delle conseguenze, non mi sto vantando, sto semplicemente parlando per esperienza, quindi ora ti chiedo, Jonghyun, tu mi baceresti come se lo volessi davvero? Come se tu volessi me?”

Jonghyun guardò Kibum negli occhi senza sapere che cosa avrebbe dovuto rispondere, sinceramente non aveva neanche ben capito che cosa Kibum gli avesse chiesto.
Kibum bevve un altro sorso di caffè evitando di guardare Jonghyun, poi si alzò e lasciò Jonghyun da solo, qualche attimo dopo Jonghyun sentì la porta d’ingresso richiudersi e il ding dell’ascensore.






Era sabato mattina, arrotolato in posizione fetale sotto le coperte Taemin continuava a rivedere la lista delle ragioni per cui avrebbe dovuto alzarsi dal letto nonostante non ne avesse la minima voglia. Lo faceva da più di mezz’ora, ma la lista dei contro, che consistevano più o meno in un ‘non ne ho voglia’, continuava a vincere.
Infine, dopo aver preso un enorme respiro, rotolò fino al bordo del letto lasciandosi cadere sul tappeto con un tonfo sordo.

“Avanti, ce la puoi fare” si disse, mentre carponi raggiungeva l’armadio.

Sabato niente scuola, ringraziò mentalmente, mentre allungando il braccio nell’armadio superava la sua orrenda e scomodissima uniforme grigia per prendere qualcosa di più comodo.
Scelse un paio di jeans slavati e un po’ cadenti e una felpa grigia col cappuccio, e si diresse verso il bagno per lavarsi e vestirsi prima di scendere.

Stava scendendo le scale quando il telefono iniziò a squillare. Saltò gli ultimi tre scalini e pescò il cordless tra i cuscini e rispose.

“Taemin-ah” la voce di sua madre era più ruvida di come la ricordasse. Rimase in silenzio, come al solito la gola gli si stringeva e le parole sembravano sparire ogni volta.

“Mi senti?”

“Sì, ti sento”

La prima volta che sua madre aveva chiamato era stato il giorno del suo compleanno, erano più o meno le quattro, e suo padre era ancora a lavoro. Aveva riattaccato senza neanche lasciarle il tempo di parlare, non voleva sapere che cosa avesse da dirgli, non voleva sentirla vomitare scuse in un ricevitore, non voleva darle modo di sentirsi meglio, voleva renderle almeno un decimo di tutto il dolore e di tutta la frustrazione che lo aveva schiacciato non appena era diventato abbastanza grande da capire il mondo che lo circondava, ma lei aveva continuato a chiamare e alla fine Taemin aveva ceduto.
Contrariamente a quanto aveva creduto all’inizio, non si era scusata, forse conscia del fatto che niente sarebbe mai stato abbastanza, aveva cominciato facendo domande generiche sulla scuola, sugli amici, Taemin rispondeva a monosillabi, tenendo per sé la rabbia e le urla che avrebbe voluto riversarle addosso, sarebbe stato inutile e lei non si meritava neanche la sua rabbia.
Mai una volta gli aveva chiesto di vederlo, mai.
Taemin avrebbe voluto chiederle se fosse disgustata dal suo stesso figlio, ma più probabilmente era disgustata da se stessa.

“E tuo padre, come sta?”

“Bene, è a lavoro” rispose chiudendo gli occhi, era ancora troppo arrabbiato per confidarsi con lei.

“Taemin-ah, devo andare, ma ti richiamo presto”

“Sì”

La linea cadde e Taemin si sentì trascinare giù in quel vuoto silenzio.

 

°°°°°°°°°

 

 

Jinki uscì dal Romantic con le mani in tasca e, non appena la porta si chiuse, si voltò a guardare Taemin che armeggiava con il barattolo del cacao e Jonghyun che sembrava assorto nella contemplazione del rivolo di caffè che scendeva dalla macchinetta riempiendo la caraffa.
Sospirò pensando che a volte il Romantic sembrava più un ricovero per ragazzi problematici più che un caffè. Iniziò a camminare in direzione del negozio di fiori prima di cambiare idea a e tornare indietro nel timore che in un momento di distrazione i suoi due impiegati gli sfasciassero il locale.
Aveva bisogno di un mazzo di fiori freschi da portare a sua madre, e sì, voleva anche rivedere la fioraia, ma cercava di non pensarci, doveva mantenere la calma.
Mentre attraversava la strada Sun Young uscì dal negozio accompagnata da un signore di mezza età che le indicava dei gigli sull’espositore.  Jinki sorrise nel vedere la ragazza e quando lei alzò gli occhi agitò la mano salutando e affrettò appena il passo.

“Allora me ne dia tre per favore” disse l’uomo indicando i gigli bianchi.

“Subito” rispose Sun Young scegliendo i tre gigli più belli.

Jinki aspettò che l’uomo pagasse intrattenendosi a guardare i vasi di fiori esposti fuori, cercando intanto di farsi un’idea.

“Visto niente che ti interessa?” la voce di Sun Young sorprese Jinki che inciampò in un vaso di ortensie e salvandosi all’ultimo minuto da una rovinosa e imbarazzante caduta.

“I-io devo comprare dei fiori per mia madre” disse cercando di non balbettare, troppo.

“Oh, capisco, volevi un mazzo di fiori o una pianta in vaso?”

“Pensavo a un mazzo di fiori, devo andarla a prendere alla stazione”

Sun Young rientrò in negozio facendo segno a Jinki di seguirla. “Mi sono arrivate delle dalie stupende, possiamo aggiungere del verde e avvolgere tutto in una bella carta azzurra”

“Sarebbe perfetto”

Sun Young sorrise e iniziò a preparare il mazzo, lasciando che un silenzio imbarazzante, almeno per Jinki, cadesse nel negozio. Cercando di non fissare Sun Young più di quanto non fosse socialmente considerato ‘normale’, Jinki finse di interessarsi ai fiori esposti, strizzando gli occhi per leggere i nomi scritti sui cartellini, alcuni dei quali sembrano offese in una lingua sconosciuta.

“Viene in vacanza?” domandò Sun Young mentre tagliava i gambi dei fiori in modo che fossero tutti della stessa lunghezza. “Tua madre” aggiunse di fronte allo sguardo interrogativo di Jinki.

“Oh, no, dice che la trascuro da quando ho aperto il caffè e se non viene lei non ha speranza di vedermi. Si ferma una giornata, la porto a pranzo fuori”

Sun Young finì di sistemare i fiori, scelse un fiocco blu e diede gli ultimi ritocchi. Mentre Jinki le porgeva le banconote per un attimo ebbe come la realizzazione che se non avesse fatto presto qualcosa molto probabilmente avrebbe passato il resto dei suoi giorni a domandarsi ‘come sarebbe stato’ o a piangersi addosso per la sua mancanza di spina dorsale. Infondo che cosa poteva succedere anche nel caso in cui lei avesse detto di no? C’era qualcosa di più umiliante che inciampare in un centimetro cubo d’aria trascinandosi dietro una fila di biciclette o del rischiare di rompersi un piede dando, per sbaglio, un calcio ad un annaffiatoio pieno d’acqua? Ormai che cosa aveva da perdere.
Mentre prendeva il resto dalle mani di Su Young addirizzò la schiena e cercò di sembrare sicuro mentre con un leggero sorriso le domandava se fosse libera per una cena, magari dopodomani.

“Ah, Jinki-shi, mi dispiace, ma dopodomani non posso, ho promesso a mia sorella che le avrei guardato i bambini” ripose lei sembrando dispiaciuta.

“Oh, non importa, era solo… Voglio dire… Ok.” incespicò sorridendo “Vado, e grazie per i fiori, sono sicuro che a mia madre piaceranno” disse avviandosi verso l’uscita.

“Jinki-sshi” lo richiamò Su Young “Martedì andrebbe bene, sempre che tu sia libero”

Jinki dovette trattenersi dal fare una piccola danza della vittoria, si limitò a voltarsi con un sorriso felice annuendo.

“Martedì sarebbe perfetto” disse.

“Ti lascio il mio numero, così ci mettiamo d‘accordo”

“Certo” disse Jinki lasciando andare la maniglia e pescando il suo cellulare dalla tasca dei jeans.



“Che cosa ti porto Minho-ah?” domandò Jonghyun sistemando le tazze sporche nel cestello della lavastoviglie.

“Un americano, grazie” rispose e Minho si sedette, come al solito, su uno degli sgabelli vicino al bancone. “Ti hanno lasciato da solo?” domandò guardandosi intorno.

“No, Jinki è andato un attimo a comprare dei fiori per sua madre e Taemin è andato in magazzino”

“Tutto a posto?”

“Ho un mal di testa incredibile con il nome di Kibum stampato sopra” rispose Jonghyun mentre prendeva la caraffa del caffè e ne versava una tazza per Minho.

“Che cosa è successo stavolta?”

“Devo ancora capirlo”

Jonghyun sospirò lasciando Minho al suo caffè per andare a sorridere amabilmente alla coppia di studentesse che sembrava aver deciso di spendere la paghetta mensile in caffèlatte e mance.
Perso nei suoi pensieri mentre sorseggiava il suo caffè, Minho non registrò la campanella né un iperattivo Jinki che si lanciava contro di lui facendogli andare di traverso il caffè.

“Hyun-g?” riuscì a balbettare dopo qualche colpo di tosse.

“Minho-ah!”

Un sorriso entusiasta sembrava aver trovato dimora sul volto di Jinki, gli occhi erano due fessure, ogni muscolo facciale volto a esprimere la totale e stupida gioia che provava in quel momento. Minho non potè non sorridere a sua volta.

“Successo qualcosa di bello?”

Jinki annuì mentre prendeva un vaso da sotto il bancone e lo riempiva d’acqua, sistemandoci poi i fiori per sua madre. Mentre Jinki si preoccupava di non sciupare il bouquet il cervello di Minho processò le informazioni: fiori, sorriso da paralisi…

“Hyung” disse con un sorriso d’intesa.

Jinki gli fece l’occhiolino e Minho iniziò a ridere allungandosi verso Jinki per dargli una fraterna pacca sulla spalla, entrambi ridevano senza un apparente motivo attirando l’attenzione degli avventori.

“Che cosa sta succedendo?” domandò Taemin rientrando da retro.

Jinki si voltò a guardare Taemin senza smettere di ridere e poi, nell’eccitazione del momento corse ad abbracciare Taemin, sollevandolo in aria e facendolo gridare per la sorpresa.

“Yah! Hyung, mettimi giù!”

Jonghyun si avvicinò al bancone con un vassoio pieno di tazze sporche e guardò i due con aria interrogativa, poi sbuffò.

“Yah! Smettila! C‘è qualcuno qui che sta soffrendo, non ti senti in colpa?” domandò poi, ma Jinki fece finta di non averlo sentito e riprese a pulire il bancone, già perfettamente lucido, canticchiando ‘I will always love you’ a mezza voce.

“O mio dio vi prego, se si mette a piovere è ufficialmente la giornata peggiore dell‘ultimo decennio” si lamentò Jonghyun passando il vassoio a Taemin che trattenne una risata mentre sistemava le tazze nel cestello e poi caricava la lavastoviglie.
Minho non potè fare a meno di notare, però, che i movimenti di Taemin sembravano lenti e insicuri, quasi come se temesse che da un momento all’altro la tazza potesse cadergli di mano se non avesse concentrato tutta la sua attenzione in quel movimento. Alzando gli occhi dalla mano al volto di Taemin Minho si accorse delle leggere occhiaie che gli appesantivano lo sguardo.

“Brutta giornata anche per te?” domandò Minho con un leggero sorriso, domandandosi se fosse a questo che Kibum si riferiva quando gli aveva chiesto di tenere d’occhio Taemin.

“Ne ho avute di migliori” rispose Taemin ricambiando il sorriso.

“Sembri stanco, non è che Jonghyun-hyung con la scusa del pianoforte lascia tutto il lavoro a te?”

“Guarda che ti ho sentito” si intromise Jonghyun premendo sui tasti del pianoforte con appena più forza del normale.

Taemin e Minho si scambiarono un sorriso d’intesa.

“Vado a sistemare i conti di oggi, Taemin-ah, Dino, chiudete e finite di sistemare. Minho-ah, finisci pure il caffè”

Taemin annuì e Minho ringraziò mentre Jonghyun borbottando andò a chiudere la porta d’ingresso e iniziando ad abbassare le veneziane.

“Taemin-ah, pulisci la macchina del caffè io sistemo le sedie.”

Jonghyun iniziò a sistemare le sedie sopra i tavoli mentre Taemin si mise a smontare pazientemente la macchina del caffè. Minho sorseggiò il suo caffè con calma mentre Taemin pazientemente ripuliva i filtri e le grate della macchina e Jonghyun iniziava a spazzare la sala.
Nonostante fosse difficile togliere gli occhi dalle mani di Taemin cercò di tenersi occupato facendo della futile conversazione con Jonghyun che, a quanto pareva, era in vene di lamentele.
Quando bevve l’ultimo sorso di caffè Jonghyun iniziò a spegnere le luci e intimò a Taemin e Minho di sbrigarsi ad uscire.
Taemin si tolse il grembiule e lo piegò alla meno peggio, poggiandolo poi sopra i vassoi nello scaffale dietro il bancone.

“Passiamo dal retro” disse a Minho facendogli cenno di seguirlo.

“Già che i siete portate via la spazzatura!” gridò Jonghyun.

Taemin guidò Minho attraverso il piccolo magazzino, si divisero i sacchi della spazzatura e Minho lasciò casualmente, la busta con le bottiglie di plastica vuote a Taemin mentre lui si occupava del sacco nero dell’indifferenziato.

“Ci vediamo domani hyung!” gridò Taemin verso la porta dello studiolo dove Jinki teneva i conti e a volte dormiva durante la pausa pranzo, “A domani!” rispose Jinki, e Taemin spinse Minho nel vicolo dietro il locale indicandogli i cassonetti alla sua sinistra.

“Taemin-ah,” iniziò Minho, un po‘ insicuro, mentre uscivano dal vicolo sulla strada principale “non voglio farmi gli affari tuoi, ma se c‘è qualcosa che non va… Non lo so se hai bisogno di parlare ora che Kibum non c‘è, non lo so, se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa…”

“Hyung, Key-hyung ti ha detto di tenermi d‘occhio?” domandò Taemin assottigliando gli occhi e riuscendo a mala pena a nascondere un sorriso, Minho sospirò e annuì “Lo sospettavo” aggiunse guardando verso il cielo con aria assorta mentre affondava le mani nel suo parka verde.
Minho si costrinse a distogliere lo sguardo perché l’idea di Taemin così fragile e indifeso gli faceva qualcosa allo stomaco, al cervello, qualcosa che non era ancora riuscito bene a catalogare e che non c’entrava niente con il fatto che si sentisse attratto da Taemin. Era qualcosa di diverso, non avrebbe saputo spiegarlo diversamente, qualcosa che, a prescindere da come fossero andate le cose, avrebbe comunque continuato a sentire.

“In ogni caso Taemin-ah, davvero se hai bisogno di qualcosa, lo sai che puoi contare su di me, no?”

Taemin si voltò a guardarlo e, se non fosse stato troppo imbarazzato e del tutto preso alla sprovvista dalle sue stesse parole, Minho si sarebbe voltato a guardare Taemin sorridere mentre annuiva e gli rispondeva che sì, lo sapeva.

“Grazie, hyung” aggiunse dando un leggero cazzotto alla spalla di Minho.

“Ti accompagno a casa” si offrì Minho “Da che parte vai?”

Taemin si irrigidì per un momento. “Non ho voglia di andare a casa” bisbigliò e Minho lo guardò di sottecchi.

“Mh, allora dove vorresti andare?” domandò.

“Non lo so” rispose Taemin scuotendo le spalle.

“Allora credo di avere un‘idea”

 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°

 

 

“Piega un po‘ le ginocchia e tieni la mazza ben stretta”

“Così, hyung?” chiese Taemin tenendo gli occhi fissi di fronte a sé.

“Sì, mi raccomando, non perdere di vista la palla. I gomiti un po‘ più aperti. Sì, così. Sei pronto?”

“Pronto”

La prima palla colpì Taemin di sorpresa e rotolò al suolo dopo aver colpito la rete alle sue spalle. La seconda e la terza non lo colsero così di sorpresa, ma  fecero esattamente la stessa fine della prima, sbuffando Taemin si voltò a guardare Minho.

“Sono un incapace”

Minho scosse la testa sorridendo. “Non perdere di vista la palla. Io di solito immagino che la palla sia la testa del mio professore di Economia”

Taemin rise e si voltò di nuovo.
Con gli occhi fissi sulla palla da baseball in arrivo Taemin ripensò alla telefonata di sua madre quella mattina e colpì con tutta la forza che aveva.
La mazza la sfiorò appena, ma Taemin si sentì comunque più leggero.
La quinta palla la dedicò a suo padre, per tutte le volte che aveva dovuto fare un passo indietro di fronte al suo egoismo. Il rumore della mazza che colpiva la palla lo sorprese, ma si voltò a sorridere a Minho che sorrideva mostrandogli i pollici alzati.
In mezz’ora Taemin aveva colpito una decina di palle e si sentiva incredibilmente stanco, ma soddisfatto.

“È stato… rilassante” disse aprendo la lattina di tea che Minho aveva preso alle macchinette fuori dal centro sportivo. “Incredibilmente liberatorio” aggiunse.

“Ci vengo dopo gli esami, per scaricare la tensione, sembrava che tu ne avessi bisogno”

Taemin si voltò a guardare Minho che gli sorrideva amichevole e una strana sensazione lo prese allo stomaco, ma la scacciò via e si concentrò sulla linguetta della lattina.

“Avevo molto per la testa”

“C‘è qualcosa che ti preoccupa?” domandò Minho incerto.

Taemin sorrise, “Niente di che, solo la scuola, gli esami, l‘ultimo anno”

Non voleva dire a Minho anche di suo padre, già il fatto che sapesse delle sue tendenze sessuali lo metteva a disagio, nonostante Minho cercasse di comportarsi normalmente era chiaro che qualcosa era cambiato da quando lo aveva scoperto e non voleva dargli altri motivi per trattarlo in maniera diversa.

“Adesso cominciano le vacanze invernali, no? Almeno avrai un po‘ di respiro, hai niente in programma?”

“Niente di che, Kibum-hyung organizza le vacanze, deve trovare l‘albero perfetto e deve comprare questo o quel regalo e le decorazioni e il vischio e i film di Natale…”

Minho si lasciò scappare una risata, contagiando anche Taemin.

“Da quanto tempo hai detto che conosci Kibum?”

“Due anni, più o meno, perché?”

“Mi domandavo come abbiamo fatto a non incontrarci mai e perché Kibum non mi abbia mai parlato di te, visto quanto ti è affezionato”

“Probabilmente circoli diversi”
 
“Probabile” Minho sorseggiò il suo caffè e non potè fare a meno di arricciare il naso, il caffè del Romantic decisamente lo stava viziando, ma cercò di non pensarci “Quindi? Ti è venuta voglia di andare a casa?” domandò.

Taemin scosse la testa con un sorriso. “No” di certo se voleva dire spendere del tempo con Minho la voglia non gli sarebbe mai tornata.

“Uhm, hai un coprifuoco?”

“No, niente coprifuoco”

“Che cosa fate tu e Kibum in situazioni del genere?” domandò Minho tristemente a corto di idee.

Un sorriso malizioso si dipinse sul volto di Taemin. “Noraebang”




Fu così che Minho si ritrovò a cantare trot mentre Taemin, arrotolato su uno dei divani, non riusciva a smettere di ridere, con le lacrime agli occhi e le braccia strette intorno alla vita.

“Yah! Che cosa c‘è da ridere tanto?”

“H-hyung! Sei troppo divertente”

“Avanti, sentiamo come te la cavi tu” protestò Minho oltraggiato di fronte alla chiara degradazione del suo evidente talento per il trot.
Scorse la lista di canzoni e optò per Terminal Mapo, poi passò il microfono a Taemin che, ancora ubriaco per le troppe risa, si alzò titubante e con una mano ancora poggiata sugli addominali doloranti, e poi si sedette su uno dei divanetti pronto per godersi lo spettacolo.
Appena la musica riempì di nuovo la stanza Taemin iniziò ad ondeggiare a tempo, muovendo un po’ troppo i fianchi per i gusti di Minho che deglutì rumorosamente cercando di concentrarsi sul volto di Taemin che iniziò a cantare, cercando di seguire la musica e le parole che apparivano sullo schermo, ma scoppiando a ridere alla fine di ogni strofa.

“Yah! E tu osi prendere in giro me?” esclamò Minho indignato.

“Minhooo-hyuuung non ti arrabbiaaaare o ti verranno le ruuuughe” cantò Taemin.

“Yah!”

Minho si alzò e tolse il microfono a Taemin che aveva ricominciato a ridere quanto e più di prima, piegato su se stesso e con le lacrime agli occhi. Di fronte a quella chiara dichiarazione di guerra Minho mise il microfono sul tavolo e attaccò Taemin ai fianchi.
Taemin cercò di divincolarsi, ma riuscì solo a inciampare nel tavolino rovinando sul divano e portandosi dietro Minho che, imperterrito, continuava a solleticargli i fianchi e avrebbe dovuto immaginarlo perché succede in ogni più stupido film romantico.
E basta un attimo, uno sguardo sostenuto più a lungo, uno sguardo liquido, le labbra appena socchiuse di Taemin, il respiro di Taemin che gli accarezza le labbra e il rossore delle sue guance e… davvero, Minho avrebbe dovuto aspettarselo.
La cosa sorprendente, quando le loro labbra si trovarono ad un respiro di distanza e Minho era ancora in tempo, poteva ancora tirarsi indietro, Taemin fece la cosa più sbagliata che avrebbe potuto fare in quel momento: chiuse gli occhi.
Minho si umettò appena le labbra prima di sfiorare quelle di Taemin, che erano leggermente screpolate, e perfette e il cuore sembrava essergli salito in gola, e, nonostante non fosse neanche un bacio, solo un leggero sfiorarsi di labbra, Minho si sentì come un adolescente al primo bacio, timoroso di fare la cosa sbagliata, che non sa dove mettere le mani.
Dopo qualche secondo Minho si ritrovò di nuovo a fissare gli occhi liquidi di Taemin e si scostò appena, pensando di aver appena fatto la cazzata del secolo, a Taemin gli sorrise e, prendendo il volto di Minho tra le mani, lo baciò di nuovo, un bacio lento, quasi stesse tastando il terreno.

“Taemin?” domandò Minho tenendo gli occhi chiuse e sentendo ancora il sapore del te verde sulla lingua.

“Dimmi hyung”

“Su una scala da ‘ho abbinato i colori sbagliati’ a ‘quella poco di buono si è presa l‘ultima felpa della mia taglia a sconto’ , se ti dico che vorrei baciarti di nuovo quanto si arrabbierà Kibum?”

Taemin rise “Vuoi baciarmi di nuovo?” domandò poi stupito.

Minho annuì. “Assolutamente”

 

 

 

chiedo umilmente perdono per il Diva-Kibum clichè finale #LOL

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Capitolo 12
*** Tutto è bene quel che finisce bene.... O qualcosa del genere. ***


incredibile, ma vero sono qui ad un orario decente con l'ultimo capitolo di Shall.
vi mancherò? ç_ç almeno un pochino?

(mi sono rivista tutta la prima serie della tata LOL)
no, via su non siamo melodrammatici e vediamo di fare le cose con ordine.
1. Odio questo capitolo perchè non c'era verso che si scrivesse e l'ho fatto a pezzetti
(ho scritto l'epilogo la settimana scorsa e sono andata avanti e indietro inseguendo la chimera dell'ispirazione)
2. Scusate se non ha molto senso e se finisce un po' alla cavolo, ma... scusate e basta non lo so
nemmeno io come giustificarlo, è venuto così.
3. Mi inquino ai vostri piedi perchè non c'è la lemon. Non ce l'ho fatta a scriverla, scusatemi.
4. Qualcuno deve proibire a Kris di mangiare il gelato in pubblico.
5. Jepp Balckman sarà la mia morte.


Comunque siamo alla fine, grazie a tutti, davvero di cuore, perchè nonostante
i miei vaneggiamenti e gli aggiornamenti random e tutto quanto siete stati tutti così gentili con me.

Grazie davvero e a presto.... spero.



Capitolo 11:

Tutto è bene quel che finisce bene… o qualcosa del genere.




Buongiorno, dormito bene? Stasera alle 4? :)

Minho fissò il display del cellulare per qualche secondo poi cancellò tutto e nascose il cellulare sotto il cuscino del divano. Afferrò il telecomando e fece un po’ di zapping cercando di ignorare la prepotente aura minacciosa proveniente dal suo telefono.
Forse avrebbe dovuto togliere la faccina.
Guardò con la coda dell’occhio il cuscino nell’angolo come se da un momento all’altro il suo cellulare fosse potuto saltare fuori e morderlo alla gola. Sospirò, forse avrebbe fatto meglio a calmarsi e convincersi finalmente che un sms non era questione di vita o di morte, nonostante il 90% della popolazione femminile sotto i quattordici anni pensasse il contrario, perché lui di anni ne aveva ventuno, viveva da solo ed era un uomo maturo che poteva affrontare una cosa del genere senza farsi prendere dal panico.
Il fatto che Taemin fosse un uomo avrebbe dovuto rendere queste cose più semplici non mille volte più complicate, o no?
Si portò le mani al viso e un sorriso ebete gli si dipinse in volto ripensando allo stucchevole romanticismo della sera prima quando aveva baciato Taemin per la prima volta.
Non c’erano stati dubbi, né incertezze e era certo che se non l’avesse fatto probabilmente se ne sarebbe pentito, perché non avrebbe potuto trovare un momento più stupidamente perfetto per farlo.
Si accasciò sul bracciolo sinistro del divano mentre ripensava agli occhi lucidi di Taemin, alla sua risata ubriaca e a quanto avrebbe voluto ricominciare la serata da capo solo per rivivere quel momento di tensione prima che le sue labbra trovassero quelle di Taemin e settimane di stress trovassero finalmente pace.
Mentre riaccompagnava Taemin alla stazione, mentre si scambiavano occhiate furtive, con gli occhi che brillavano di euforia e avrebbe voluto toccare Taemin, stringere la sua mano, passargli una mano intorno alla vita e sentire sotto le sue dita le vibrazioni della risata di Taemin.
Voleva la sensazione di Taemin addosso.
Solo a ripensarci si sarebbe messo a prendere a testate il muro per quanto si sentiva stupido.
Inspirò profondamente per l’ennesima volta e si alzò, lanciò il cuscino a terra e fissò il suo cellulare che in quel momento si illuminò. Un messaggio di Kibum.

Choi.
 
Minho fissò lo schermo per un attimo, poi chiuse il messaggio e cercò di nuovo di scrivere un sms decente a Taemin che... Il suo cellulare iniziò a squillare e, forse era solo una sua impressione, ma il fatto che fosse Kibum a chiamare rendeva la sua suoneria più… Arrabbiata?

“Choi, perché ignori i miei messaggi?”

“Non lo so Kibum, forse perché sono…”

“Non mi interessa. Ho chiamato Taemin stamattina per sapere come stava e mi ha detto tutto. Non credi che in quanto tuo migliore amico gay avrei dovuto sapere direttamente che hai fatto il tuo primo passo nella terra degli arcobaleni?”

Minho sospirò. “Kibum non è stato niente di così speciale”

“Non stando a quello che mi ha detto Taemin”

“Perché che cosa ti ha detto?” domandò Minho alzandosi in piedi senza una particolare ragione.

“Sono vincolato al segreto, ma non preoccuparti Mr. Assolutamente, ricordati solo quello che ti ho detto, ok?”

“Sì, grazie e… Niente, grazie Kibum-ah”

“Jinwoon mi sta chiamando, mi sa che la pausa è finita. Mi raccomando Choi. Qui ne ho ancora per un paio di giorni, ti chiamo quando ho finito. Devo scappare”

“Sì, ciao”

Dopo aver riattaccato Kibum gettò distrattamente il telefono nella borsa e si sistemò meglio la coperta di pile sulle spalle, in quel vecchio garage si moriva di freddo, ma Jinwoon aveva insistito che Kibum indossasse solo dei pantaloni leggeri che si accordavano meglio con lo stile un po‘ bohemien del servizio.

“Ho chiamato il professore, vuole vedermi dopodomani con almeno cinque scatti decenti, per potermi dare qualche consiglio utile, quindi sarà meglio mettersi a lavoro. Stenditi sul letto e vediamo di cominciare”

Kibum si sdraiò sul letto, mentre Jinwoon sistemava le luci e gli altri decadenti pezzi di arredamento che decoravano il magazzino.

“Stendi il braccio e stringi la sbarra. Sì, così. Ora chiudi gli occhi”

Dopo qualche scatto di prova Jinwoon fu finalmente soddisfatto della luce, della posizione, del vento che soffiava da est e entrava dalla finestra rotta, del numero di ragni che pendevano dal soffitto, mentre Kibum rischiava di avere un attacco isterico. Ogni due o tre scatti Jinwoon lo faceva spostare di un millimetro per seguire la luce e il vento e i ragni.

“Quindi com‘è andata con Jonghyun l‘altro giorno?” domandò Jinwoon mentre sistemava una vecchia coperta di lana blu addosso a Kibum per un’altra infinita serie di scatti.

“Non so chi sia più stupido, tu che pensi di poter risolvere tutto con un‘uscita da fotoromanzo melodrammatico, o lui che ci casca come una pera cotta”

“Avrei dovuto fare l‘attore non il fotografo. Me lo dicono tutti che sono molto telegenico”

Kibum gli lanciò un’occhiataccia e Jinwoon lo ignorò, sistemando il cuscino nella punto ideale secondo l’angolo del sole rispetto allo zenit. Kibum sospirò accomodandosi di conseguenza.

“Perfezionista” sbuffò quando Jinwoon gli sistemò per la centesima volta un ciuffo ribelle di capelli.

“Sta fermo” intimò Jinwoon nascondendo di nuovo il viso dietro la macchina fotografica.

“Comunque non mi hai ancora detto come è andata” riprese Jinwoon dopo qualche scatto.

“Mhpf”

“Che tradotto per noi comuni mortali…”

“Sarebbe che non si è più fatto vivo” tradusse Kibum togliendosi i capelli dagli occhi.

“Vorrà dire che avevo ragione io e quindi uno così meglio perderlo che trovarlo, no? Ora togliti questa coperta di dosso e mettiti in ginocchio”

Kibum rabbrividì quando il vento freddo gli accarezzò la schiena, ma cercò di bloccare la sensazione di freddo concentrandosi solo sulle indicazioni di Jinwoon.



°°°°°°°°°°°°°°°




Minho e Taemin si erano ritrovati come d'accordo alle quattro fuori dal Romantic, dopo aver discusso per un po' avevano scelto di andare a fare un giro nel quartiere di Myeongdong.

Avevano camminato tra le bancarelle del mercato notturno, seguendo l’onda dell’entusiasmo di Taemin che, a quanto pareva, condivideva con Kibum l’impulso a comprare la cosa più inutile in vendita su una qualunque bancarella.
Solo gli hot-dog e la promessa del più grosso sundae che il suo stomaco fosse riuscito a sopportare per impedirgli di comprare un fermacarte a forma di anatra che starnazzava quando la si alzava dal tavolo.
Taemin aveva insistito per prendere gli hot-dog e spostarsi in un posto più tranquillo per mangiare.

“C‘è un giardino qui vicino”

“Come preferisci, che cosa vuoi da bere?”

“Acqua”

“Quattro hot-dog, una birra e una bottiglia d‘acqua per favore”

Mentre camminavano verso il giardino Taemin sembrava pensieroso, Minho lo osservava cercando di non farsi notare. Fino a quel momento era andato tutto bene, almeno a lui era sembrato che si stessero divertendo, che avesse detto qualcosa che aveva messo Taemin a disagio? Oppure era qualcosa che aveva fatto? Forse gli puzzava l’alito?
Mentre cercava discretamente di controllare Taemin si voltò a guardarlo.

“Hyung, questo è un appuntamento?” chiese serio.

Minho spalancò gli occhi del tutto colto alla sprovvista.

“Credo di.. Sì? Insomma una specie? Una uscita amichevole?”

Taemin lo guardò negli occhi così intensamente che Minho si sentì come quella volta che aveva sbagliato la tabellina del sei in quarta elementare e la sua insegnante sembrava sul punto di lanciargli delle saette di fuoco dagli occhi.
Si sentiva giudicato e insicuro, alla fine lui non sapeva come funzionavano le cose fra due uomini, certo, aveva capito che in linea di massima non c’era poi molta differenza, ma nella pratica tutta la sicurezza che aveva sentito uscendo di casa si era liquefatta sotto il sorriso disarmante di Taemin non appena lo aveva visto.

“Se io volessi che fosse un appuntamento?” domandò Taemin riprendendo a camminare come nulla fosse.

“Allora direi che potremmo anche chiamarlo un appuntamento”

“No, hyung, non funziona così” replicò Taemin con un leggero sorriso, ma non disse altro.

Camminarono in silenzio fino al giardino, molti altri avevano avuto la loro stessa idea a quanto pareva e trovare un pezzetto di prato dove potersi sedere a mangiare non fu facile.
Mentre Taemin divorava il suo primo hot-dog, Minho non poteva non pensare al loro scambio di poco prima, finalmente credendo di aver capito che cosa intendesse Taemin. Si diede dello stupido.

“Taemin-ah, questo secondo te questo è un appuntamento?” domandò mettendo da parte il suo hot-dog e leccandosi le labbra per pulire dai residui di maionese.

“Hyung”

“Rispondimi”

Taemin abbassò lo sguardo in imbarazzo e annuì.  “Sì, pensavo di sì”

Minho tirò un sospiro di sollievo e si guardò intorno furtivo. Certo che nessuno li stesse guardando tolse l’hot dog dalle mani di Taemin e lo rimise nella busta, poi prese la mano di Taemin e lo trascinò dietro un oleandro proprio alle loro spalle.

“Cosa fai?!” esclamò Taemin stupito.

Invece di rispondere Minho sorrise malizioso e baciò le labbra socchiuse di Taemin. Un bacio languido, dolce, che sapeva di maionese e di prime volte.
Taemin sorrise in quel bacio allacciando le braccia dietro il collo di Minho.





°°°°°°°°°°




Erano le undici passate quando Kibum tornò a casa. Dopo aver passato l’intera giornata a congelare non vedeva l’ora di arrivare a casa e farsi un bagno caldo e dormire almeno fino a mezzogiorno del giorno dopo,anche se probabilmente si sarebbe potuto permettere di dormire solo fino alle dieci se riusciva a trovare una catastrofe naturale abbastanza convincente da propinare a Jinwoon come scusa per il suo ritardo.

Quando, finalmente, il suo appartamento entrò in vista tirò un sospiro di sollievo e aumentò il passo, sentendo già la stanchezza farsi pesante sulle sue spalle.  
A cento metri dal cancello del suo condominio notò un losco figuro seduto sul marciapiede che dondolava avanti e indietro.
A cinquanta metri si accorse che il losco figuro stava canticchiando una canzone che somigliava spaventosamente alla deprimente canzone che aveva sentito suonare a Jonghyun l’ultima volta che era stato al Romantic.
A cinque metri Kibum si accorse che il losco figuro era effettivamente Jonghyun.

“Cosa ci fai qui?” domandò incrociando le braccia al petto.

“Lo sai che dicono che quando uno incrocia le braccia in quel modo ha la mente chiusa e non è aperto al dialogo?” rispose Jonghyun alzandosi in piedi.

“Sei qui per farmi una lezione sul linguaggio del corpo o cosa?”

Jonghyun prese un bel respiro e guardò Kibum negli occhi. “Ci ho pensato, ok? Ho pensato a quello che mi hai detto e sinceramente secondo la mia opinione sono un mare di stronzate. Non sarò certo il miglior esempio quando si parla di relazioni che sembrano andare da qualche parte, ma anche io capisco che il problema è che sei stato ferito e che probabilmente vuoi risparmiarti l‘ennesima fregatura”

“Jonghyun…”

“No, fammi finire. Se c‘è una cosa di cui sono sicuro è che non importa come una storia comincia, l‘importante è come uno la fa crescere. E se noi siamo partiti da una cioccolata al peperoncino o da una disquisizione su Kafka a chi interessa? È davvero importante adesso che mi ritrovo con il culo congelato dopo averti aspettato per ore sperando di riuscire a dirti che nonostante tutti mi piaci, tanto, e che penso che anche se le nostre conversazioni sono più che altro battibecchi mi piacciono anche quelle e… e che vorrei davvero baciarti”

Kibum si mise le mani sui fianchi e squadrò Jonghyun da capo a piedi. “Tutto qui?”

Jonghyun aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse e si limitò ad annuire.

“Non lo so, da te mi sarei aspettato qualcosa di più… musicale? Non lo so, una serenata sotto la mia finestra?”

“Questo sarebbe il tuo modo gentile per dirmi che potevo risparmiarmi il viaggio e il culo ghiacciato?”

Kibum sorrise, i suoi occhi si fecero appena due fessure e Jonghyun si sarebbe aspettato di tutto, uno schiaffo, una battuta sarcastica, niente, ma di certo non si sarebbe aspettato che Kim Kibum lo baciasse come fosse stata la fine del mondo.



°°°°°°°°°°°°°°°





“Non capisco dove sia il problema, siamo a due minuti a piedi da casa tua, perché non posso accompagnarti?” domandò Minho per l’ennesima volta esasperato dalla testardaggine di Taemin che continuava a rifiutare di farsi accompagnare a casa.
Prima una scusa poi l’altra, in tre mesi Minho non era mai riuscito ad entrare in un raggio di meno di settecento metri da casa di Taemin e la cosa iniziava a infastidirlo. Aveva capito da un po’ che le cose in casa Lee non erano esattamente rose e fiori e questa volta non avrebbe lasciato perdere facilmente.
Taemin però continuava ostinatamente a impilare una scusa sull’altra per impedire a Minho di andare a fondo della faccenda.

“Domani devi alzarti presto, se mi accompagni a casa poi rischi di perdere l‘ultimo autobus, vuoi davvero farti tutta quella strada a piedi?”

“Taemin, sono le undici e ci sono le corse notturne, qual è il vero problema?”

Taemin sbuffò e si appoggiò per un attimo alla vetrina del Seven/Eleven dove si erano appena fermati a comprare banana-milk e un pacchetto di patatine al formaggio, nonostante Minho avesse insistito che il formaggio e la banana non stessero bene insieme. Si guardò intorno evidentemente alla ricerca di un appiglio, dell’ennesima scusa, ma non gli venne in mente nulla.

“Perché vuoi accompagnarmi a casa?” domandò cercando ormai a corto di idee.

“Perché non dovrei voler riaccompagnare il mio ragazzo a casa? Mi stai nascondendo qualcosa?” lo incalzò Minho.

“No” si sbrigò a rispondere. “No, va bene, andiamo” si arrese alla fine, messo alle strette.

Taemin camminava lentamente, quasi trascinando i piedi, mentre sorseggiava il latte alla banana e sbocconcellava le patatine che Minho gli porgeva. Con la coda dell’occhio osservava le labbra di Minho muoversi mentre raccontava di qualcosa che gli era successo il giorno prima, forse all’università, ma non ne era sicuro, non riusciva a seguire neanche una parola, troppo preoccupato dal fatto che si stavano pericolosamente avvicinando alle familiari villette a schiera.

“Taemin?” Minho smise di camminare, richiamando la sua attenzione.

“Scusa, mi sono perso un attimo” cercò di sorridere, ma Minho sospirò.

“Taemin, sei sicuro che vada tutto bene?”

“Sì, sicuro” disse, stavolta con un sorriso più convincente.

Minho lo scrutò, piegando la testa da un lato, poi gli prese il volto tra le mani e assottigliò gli occhi piantandoli in quelli di Taemin che temette il peggio. Non voleva mica baciarlo in mezzo alla strada?

“H-hyung, cosa stai cercando di fare?”

“Visto che non vuoi dirmi che cosa c‘è che non va sto cercando di leggerti nel pensiero” rispose Minho serio.

Taemin si morse il labbro inferiore nascondendo un sorriso. “E cosa leggi?”

“C‘è qualcosa che ti preoccupa, ma non è di certo il tuo meraviglioso e atletico e affascinante e affidabile ragazzo, a cui sai di poter raccontare qualsiasi cosa ti preoccupi. No, non è quello, quindi deve essere qualcos‘altro, mi sbaglio?”

Taemin scosse la testa. Minho si guardò intorno e, fulmineo, rubò un bacio dalle labbra di Taemin, prima di riprendere a camminare come nulla fosse.
Stordito, Taemin affrettò il passo per raggiungere Minho.

“Ehi!” esclamò colpendo Minho sulla spalla. “Ti rendi conto che ci potevano vedere?”

“Qui? Taemin non c‘è anima viva, guardati intorno, dopo le dieci è un quartiere fantasma”

Taemin sospirò guardandosi intorno, Minho non aveva tutti i torti, ma ciò non significava che non dovessero fare attenzione. In quei tre mesi Minho era diventato più… naturale, se così si poteva dire, più spavaldo forse, e se da una parte Taemin non poteva che esserne felice, dall’altra la cosa non poteva non preoccuparlo.

“Hyung, anche se non c‘è nessuno per strada dovremmo comunque fare attenzione, non si può mai essere troppo sicuri”

“Ti vergogni di essere visto con me, mh?” domandò Minho infilando le mani nelle tasche del cappotto e sorridendo appena.

“No, non è questo. Io…”

“Lo so, Taemin, so a cosa ti riferisci, lo so come vanno le cose. Non preoccuparti, ok? Qualsiasi cosa succeda potrai sempre contare su di me, ok? Nonostante tutto”

Taemin annuì e si guardò intorno, nessuno in vista. Per buona misura tirò su il cappuccio della felpa e poi fece scivolare la mano nella tasca del cappotto di Minho, intrecciando le loro dita.
Quando sentì Minho stringere la sua mano, un sorriso gli si dipinse in volto.

“E poi con quel visino delicato che ti ritrovi possiamo sempre farti passare per una ragazza” aggiunse Minho, guardando dritto davanti a sé e trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere.

“Yah! Io sono un uomo, chiaro”

“Ciò non toglie che tu sia più carino della media femminile” continuò Minho imperterrito, nonostante le occhiatacce che gli lanciava Taemin.

“Penso che abbiamo passato casa mia” disse all’improvviso Taemin guardandosi intorno.

“Davvero?”

“Sì, è quella laggiù” indicò Taemin, ringraziando che le luci fossero spente. Probabilmente suo padre era svenuto da qualche parte in casa.

Quando arrivarono all’entrata del vialetto, Minho tirò fuori le loro mani intrecciate dalla tasca del suo cappotto e sorrise a Taemin che cerava di sembrare tranquillo.

“Quindi siamo arrivati”

Minho annuì sorridendo prima di avvicinarsi e baciare Taemin sulle labbra, cingendogli la vita con un braccio. Taemin si irrigidì, poggiò le mani sulle spalle di Minho nel vano tentativo di respingerlo, ma non appena Minho iniziò ad accarezzargli la schiena si rilassò in quell’abbraccio rassicurante, rispondendo al bacio di Minho.
Forse se lo sarebbe dovuto aspettare, avrebbe dovuto saperlo che non poteva andare tutto bene, non a lui.

“Schifoso bastardo!”

Taemin spinse via Minho con una forza che non sapeva di avere, non appena quella voce risuonò nell’aria facendolo rabbrividire. Si voltò verso la porta di casa e vide la figura di suo padre, scarsamente illuminata dalla luce dell’ingresso.

“Lo sapevo che te la facevi con gli uomini! Sei proprio il figlio di quella puttana di tua madre”

Taemin ringraziò il cielo che suo padre fosse troppo codardo per uscire di casa e avvicinarsi, si voltò verso Minho che si era evidentemente ripreso dal momento di shock iniziale e doveva aver fatto due più due.

“Quello è tuo padre?”

Mentre dalla soglia di casa suo padre continuava ad urlare oscenità Taemin cercò di rimanere calmo.

“Minho, vai a casa, è meglio” disse con voce ferma, vedendo una luce accendersi nella casa a fianco.

“Cosa?” esclamò Minho spostando lo sguardo da Taemin alla casa, incredulo. “Ti aspetti veramente che ti lasci qui con quel pazzo? Neanche per sogno”

“Minho…”

“Taemin”

Entrambi si voltarono verso la casa quando sentirono la porta di casa sbattere, si potevano ancora udire le urla ovattate del padre di Taemin.

“Merda” disse Taemin a denti stretti. “Minho, non ti devi preoccupare, ti chiamo più tardi, ok?”

“Stai scherzando? Tu vieni a casa con me e non voglio sentire storie, non esiste che tu entri in quella casa”

“Non capisci!” gridò Taemin esasperato.

Minho era incredulo, Taemin si aspettava davvero che lo avrebbe lasciato tornare lì dentro? Con un potenziale psicopatico ad aspettarlo?

“Taemin, non te lo sto chiedendo, dovessi prenderti di peso tu in quella casa, adesso non ci entri” e con ciò Minho mise fine alla discussione, prese Taemin per un braccio e lo trascinò alla fermata dell’autobus più vicina.
Per tutto il tragitto fino all’appartamento di Minho nessuno disse niente. Minho fissava un punto di fronte a sé cercando di rimanere calmo nonostante l’impellente desiderio di prendere Taemin a schiaffi per avergli nascosto la verità per così tanto tempo e per aver anche solo per un momento pensato che lo avrebbe lasciato lì, e di auto flagellarsi per non essersi dimostrato all’altezza della situazione.
Una volta nell’appartamento Minho fece sedere Taemin sul divano mentre preparava un caffè per sé e tirava fuori un latte alla banana dal frigo.
Porse il latte a Taemin e si sedette al suo fianco aspettando.

“Che cosa vuoi sapere?” domandò Taemin dopo qualche minuto non riuscendo più a sopportare il silenzio.

“Che cosa vuoi che io sappia?”

Taemin poggiò il cartone di latte sul tavolo, si tirò le ginocchia al petto e si mise a fissare il soffitto.

“Mia madre se n‘è andata quando ero piccolo e mio padre non l‘ha presa bene. All‘inizio andava meglio, beveva fuori e aveva assunto una specie di tata che si occupava di me quando lui non poteva. Poi quando ho cominciato ad essere autosufficiente le cose sono precipitate, sta così da tre anni e mezzo”

“Kibum lo sa” Taemin annuì, anche se non era una domanda.

“Mi ha aiutato a tenere tutto in ordine, a fare in modo che tutto andasse liscio per evitare che qualcuno avvertisse i servizi sociali”

Minho si passò una mano sul viso.

“Questo inverno avrei provato a vincere una borsa di studio per l‘accademia di danza e avrei dovuto iniziare a dividere l‘appartamento con Kibum-hyung, questo era il piano” disse con un sorriso amaro.

“Ti… ti ha mai messo le mani addosso?” domandò Minho, quasi sussurrando cercando di reprimere la rabbia e la frustrazione.

“No, grida, sbatte le porte e distrugge qualsiasi cosa gli arrivi a tiro, ma non mi ha mai toccato, gli faccio troppo schifo per fare una cosa del genere”

Minho si passò le mani sul viso incapace di replicare di fronte alla rassegnazione che sentiva trasparire chiaramente dal tono di Taemin.

“E tua madre, non sai dove sia?” chiese Minho, un po’ esitante.

“Non di preciso, non mi è mai venuto in mente di chiederglielo, mi telefona una volta alla settimana quando mio padre è a lavoro”

Minho si prese un momento per assimilare tutte quelle informazioni, poggiò la tazza sul tavolino da caffè e prese un profondo respiro.

“Minho, non ti devi sentire obbligato a fare niente, davvero, è ok. Capirei se volessi smettere di vederci, davvero non senti-…”

“Sta zitto Taemin” lo fermò Minho, prima che potesse andare oltre con quei discorsi senza senso. “Avrei… Avrei voluto che me ne parlassi prima, ma capisco che non sono cose facili da dire, e non per questo ho intenzione di lasciarti”

Minho si abbandonò contro lo schienale del divano e chiuse gli occhi. Sospirò quando sentì il peso di Taemin contro il fianco e, istintivamente, lo strinse in un abbraccio.
Taemin gli si fece ancora più vicino, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.

“Scusa” sussurrò. “Mi dispiace di averti messo in questa situazione”

“Taemin, quando ho detto che ci sarei stato nonostante tutto, dicevo sul serio. In ogni caso, anche se dovessimo separarci, sappi che potrai sempre contare su di me, ok?”

Taemin annuì e scivolò sulle gambe di Minho fino a sederglisi a cavalcioni. Poggiando il mento sulla spalla di Minho, Taemin gli cinse le braccia intorno al collo.

“Grazie”

Minho gli accarezzò i capelli e gli schioccò un bacio sul collo. “Di niente, Taeminnie”




°°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Taemin si toccò nervosamente i capelli, forse aveva esagerato. Avrebbe dovuto pensarci due volte prima di fare una cosa del genere. Si guardò per la centesima volta riflesso nella lastra di plexiglass della fermata dell’autobus e sospirò.
Quando aveva comprato la scatola per la colorazione era sembrata una buona idea e quando lo aveva detto a Kibum al telefono un attimo prima di mettersi a lavoro sembrava ancora una buona idea, ma ora, a guardarsi sotto il sole un rosso così forte forse non era proprio l’ideale.
Anche se, quando si era guardato allo specchio, con i capelli ancora bagnati non era riuscito a trattenere un sorriso.
Poi c’era la lettera. Gli pesava in tasca come un enorme masso e gli gridava a gran voce ‘Aprimi!’, ma non si era ancora deciso, dentro c’era il suo futuro, non era una cose che poteva fare così, da solo.
Sfiorò la lettera sul fondo della tasca con le dita. Non appena l’aveva trovata nella cassetta della posta aveva chiamato Kibum, il quale aveva cercato di convincerlo ad aprire la busta in diretta telefonica sul vialetto di casa, ma Taemin non se l’era sentita, aveva bisogno che qualcuno fosse lì fisicamente, ci voleva un po’ di solennità, dopo tutto si stava parlando del suo futuro!
Così aveva chiamato Minho invitandolo fuori per un caffè, senza anticipargli niente.
Era arrivato all’appuntamento con un po’ di anticipo, aspettando aveva tirato fuori il suo lettore mp3 e si era messo ad ascoltare la playlist che gli aveva fatto Jonghyun con tutte le canzoni che non poteva “vivere senza aver mai ascoltato”. Si concentrò sul ritmo particolarmente veloce di una canzone che gli ricordava l’estate e di cui non capiva assolutamente il testo, se non qualche parola qua e là, lui e l’inglese non erano mai andati d’accordo.
La melodia però era orecchiabile e chiudendo gli occhi poteva immaginarci sopra una coreografia. Senza accorgersene iniziò a battere il tempo con i piedi, mentre le sue dita tamburellavano sulle tasche dei jeans slavati che aveva indosso.
Quando alzò lo sguardo vide Minho attraversare la strada, mentre agitava la mano per attirare la sua attenzione.
Ripose l’mp3 nella tasca del giubbotto e andò incontro a Minho, che lo guardò stupito indicando i capelli.

“Ti piacciono?” domandò.

Minho lo squadrò per bene, poi sfiorò i capelli rossi che sembravano infuocati sotto i raggi del sole. “Mh, niente male, niente male.” disse sorridendo e Taemin nascose un sorriso imbarazzato dietro il palmo della mano, gli occhi di Minho dicevano ben altro.


Jinki stava preparando un latte macchiato con panna e cannella quando Minho e Taemin entrarono al Romantic, distogliendo per un attimo gli occhi dal suo lavoro gli fece un cenno di saluto con la testa, sorridendo.
Si sedettero ad un tavolo vicino al pianoforte e dopo qualche minuto Jinki arrivò con una mocha e un americano.

“Hyung, non avevamo ancora ordinato” disse Minho prendendo il suo americano.

“Lo so, ma tanto prendete sempre la stessa cosa” si giustificò Jinki. “Come vanno gli esami Taeminnie? E quell‘audizione per la scuola di danza?”

Taemin bevve un sorso della sua mocha e tirò fuori la lettera dalla tasca facendola scivolare sul tavolo. “È arrivata stamattina”

“E non l‘hai ancora aperta?” domandò Minho spalancando gli occhi.

“No, volevo aspettare che ci fosse qualcuno con me”

Jinki diede un’occhiata agli unici due clienti seduti al tavolo e poi si sedette stringendo al petto il vassoio. Taemin prese la lettera e fece per aprirla, ma si fermò non appena sentì la carta strapparsi.

“Se non mi hanno preso?” disse Taemin tutto d’un fiato spingendo la lettera verso Minho. “Aprila tu”

Minho prese la busta e, facendo attenzione a non rompere la lettera all’interno strappò uno dei lati più corti. Trattenendo il respiro estrasse la lettera, si sentiva come se stesse per dover scegliere tra il filo blu e quello rosso mentre disinnescava una bomba.
Aprì la lettera e sorrise guardando Taemin.

“Siamo felici di comunicarle che ha passato le…”

“Ah! Hyung! Oddio! Ce l‘ho fatta!” saltò in piedi Taemin seguito da Jinki che lo avvolse in un abbraccio stritolante.

Con un sorriso a trentadue denti Taemin si lanciò poi su Minho che rischiò di finire a terra trascinandosi dietro la sedia e il tavolo.

“Hyung, ce l‘ho fatta!”

“Conglaturazioni, Taeminnie”

“Grazie, hyung”

Gli occhi di Taemin brillavano e Minho sorrise, orgoglioso del suo ragazzo, felice di essere riuscito ad allungare la mano e prendere quella di Taemin un anno prima, si sentiva felice di poter dividere quel momento con Taemin.

“Devo dirlo a Kibum-hyung”

“Io vado a tirare fuori la torta” disse Jinki.

“La torta?” domandò Taemin.

“Credi che anche solo per un attimo qualcuno di noi abbia pensato che non saresti stato ammesso?” domandò Jinki sorridendo.

Taemin rise di gusto tirando fuori il cellulare.

“Kibum-hyung, indovina?”



ci vediamo domani con l'epilogo!
grazie ancora a tutti!!!!!!!
Vi amo oltre ogni dire pii lettori che mi avete sopprtata tutto questo tempo e continuate a leggere
anche questo ultimo vaneggiamento.
GRAZIE.


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Capitolo 13
*** Epilogo ***


mmh... Insomma questa è proprio la fine...
orribile, ma è la fine...
sentitevi in dovere di lamentarvi...
grazie ancora a tutti e ci vediamo presto, almeno spero!
secondo il contatore di wondows Shall è lunga più di 3900 parole...
mi fa un po' impressione...
E Jinki non c'è qui...mh... mi dispiace non essere riuscita a infilarcelo, ma bho vedremo...
In ogni caso... grazie ancora!!!!!!!!!!


Epilogo:





“Devo muovermi o arriverò tardi a lezione” mugolò Taemin dopo aver spento la sveglia per la seconda volta in dieci minuti.

“Ti accompagno in macchina, ancora cinque minuti” ribatté Minho allungando le braccia e catturando Taemin in una morsa che non lasciava scampo.

Taemin chiuse gli occhi e smise di resistere, intrecciando le dita con quelle di Minho, le cui mani si erano intrufolate sotto la maglia del suo pigiama.

“Taemin-ah”

“Mh”

“A che ora devo passare a prenderti stasera?”

“Stasera?” domandò fingendo di non capire di cosa Minho stesse parlando.

Minho sorrise depositando un bacio sul collo del suo ragazzo.

“Taemin-ah, non ti ricordi che stasera siamo a cena da tua madre?”

Sì, lo ricordava e sì, avrebbe preferito dimenticarlo. Sospirò arrotolandosi su se stesso.

“Non ne ho voglia. Dobbiamo proprio?”

“Taemin-ah, ne abbiamo già parlato”

Taemin sospirò di nuovo e si morse il labbro inferiore, era inutile discutere con Minho in proposito, avrebbe comunque ottenuto quello che voleva e Taemin, volente o nolente, si sarebbe ritrovato a tavola con sua madre, il suo patrigno e il suo fratellastro cercando di fare buon viso a cattivo gioco.

“Se evitiamo la cena vengo a vivere con te”

Minho si avvicinò Taemin al petto e lo morse scherzosamente su una spalla.

“Facciamo che stasera andiamo alla cena e domani tu ti trasferisci qui comunque?”

“Signor Choi, lei non sa concludere un affare” rispose Taemin, liberandosi dalla presa di Minho e alzandosi in fretta per evitare di essere catturato di nuovo.

Minho guardò Taemin spogliarsi mentre raggiungeva il bagno tanto per il gusto di lasciare vestiti in giro e infastidirlo, cattiva abitudine che aveva preso da Kibum, la costante necessità di dargli sui nervi ogni qual volta le cose non andassero secondo i suoi piani.
Quando sentì l’acqua della doccia scorrere si decise ad alzarsi.
Si stava infilando i pantaloni della tuta quando il suo cellulare squillò.

“Choi ho avuto…”

“Kibum” Minho sospirò incastrando il cellulare tra la spalla e l’orecchio per sistemarsi i pantaloni sui fianchi.

“Sento un tono ostile”

“Si nota?”

“Sentiamo che cosa ha fatto Taemin per farti arrabbiare stavolta?”

“Se tu non gli avessi offerto praticamente gratis il tuo vecchio appartamento adesso…”

“Ancora con questa storia?” esclamò esasperato Kibum.

“Anco-…”

“Taemin è ancora giovane, ha bisogno di vivere la sua vita, c‘è tempo per pensare alla convivenza, perché preoccuparsi adesso? Non angosciarti Choi, quando verrà il momento giusto se son rose fioriranno, guarda al presente e non impegnarti in qualcosa di più grande di te che potrebbe potenzialmente rovinare la vostra relazione nel caso in cui doveste decidere di rinnovare i mobili e Taemin si dimostrasse un totale str-…”

“Dov‘è Jonghyun-hyung?” domandò Minho sorridendo sotto i baffi mentre si spostava in cucina per una tazza di caffè.

“Sta ancora dormendo, è rimasto in piedi fino a tardi per finire una canzone. Sembra uno zombie eppure non perde occasione per farmi saltare i nervi, ad esempio ieri eravamo in quel bel negozio in centro, quello dove vendono arredamento per la casa a prezzi ragionevoli e io gli ho detto che dovevamo liberarci di quell‘orrido divano che si è ostinato…”

“Kibum non stai per raccontarmi della tua giornata di shopping con Jonghyun-hyung solo per rimarcare il fatto che in quattro anni non sono ancora riuscito a convincere Taemin a vivere con me, vero?” domandò prendendo una tazza dalla credenza e accendendo la macchinetta del caffè.

“No?” esitò Kibum.

“Bene perché, sinceramente, non mi interessa. Buona giornata Kibum, saluto Taemin da parte tua? Sì? Bene. A presto”

Minho riattaccò prima che Kibum potesse replicare, si versò una tazza di caffè e ne bevve due lunghe sorsate. Si prese qualche momento perché la caffeina entrasse in circolo e riempì un’altra tazza di caffè, aggiunse del latte freddo e due cucchiaini di zucchero, e tornò in camera.
Taemin era già uscito dalla doccia e stava comodamente passando in rassegna l’armadio di Minho alla ricerca di qualcosa che stuzzicasse il suo estro creativo.
Taemin aveva preso la brutta abitudine di rubargli i vestiti senza mai restituirli, la scusa era sempre la stessa quando Minho chiedeva indietro questa o quella maglietta : ‘Sei sicuro?’ ‘Sì, Taem, sono sicuro’ ‘Devo averla persa allora’ e se la maglietta in questione riappariva magicamente Taemin scrollava le spalle: ‘In ogni caso sta meglio a me che a te’.

“Il caffè. Te lo appoggio qui sul comodino”

“Sì, grazie. Per caso sai dov’è finita quella felpa verde con i bottoni? Quella con il cappuccio”

“Taemin quella è un regalo di mia madre”

Taemin lasciò perdere per un attimo la ricerca e spostò la sua attenzione sul caffè che lo aspettava, fumante, sul comodino. Strinse la tazza tra le mani e si sedette sul bordo del letto.
Bevve qualche corso di caffè e osservò Minho fare lo stesso poggiato allo stipite della porta.

“A volte mi domando se mia madre non continui ad invitarti soltanto per costringermi ad andare a queste patetiche cene di famiglia. Penso che sappia benissimo che se non fosse per te non mi presenterei”

Minho sbuffò. “Taemin, tua madre sta facendo del suo meglio per recuperare quel poco di rapporto madre-figlio che è rimasto, non credi che sia ora di lasciarla respirare e iniziare a perdonarla, o almeno a provare ad apprezzare i suoi sforzi?”

Taemin poggiò la tazza sul comodino e guardò Minho con un’espressione indecifrabile.

“Se n‘è andata e mi ha lasciato in balia di uno psicopatico…”

“Lo so, non è stato facile, ma non puoi continuare a vivere nel passato solo per proteggerti da possibili delusioni future, dalle una possibilità, se non lo fai te ne pentirai”

Taemin sbuffò. “Com‘è che devi sempre avere ragione?”

Minho fece spallucce. “Cosa devo dirti? Mi viene naturale”

“Oddio, per un attimo mi è sembrato di sentir parlare Kibum-hyung” esclamò Taemin lasciandosi cadere all’indietro sul materasso.

Chiuse gli occhi e sentì il materasso cedere sotto il peso di Minho. Allungò la mano destra fino ad accarezzare i fianchi di Minho e fece scivolare la mano sotto l’orlo della maglietta blu che il suo ragazzo indossava e accarezzò la pelle ancora calda di sonno.

“Mia madre ti adora”

“Lo so”

“Anche io ti adoro”

“Lo so”

Minho sorrise sorseggiando il suo caffè mentre le dita di Taemin disegnavano ghirigori sulla sua schiena.



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