Nuances

di May_Z
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nero ***
Capitolo 2: *** Marrone ***
Capitolo 3: *** Oro ***
Capitolo 4: *** Argento ***
Capitolo 5: *** Rosa ***
Capitolo 6: *** Giallo ***
Capitolo 7: *** Azzurro ***
Capitolo 8: *** Rosso ***
Capitolo 9: *** Viola ***
Capitolo 10: *** Grigio ***
Capitolo 11: *** Bianco ***
Capitolo 12: *** Beige ***
Capitolo 13: *** Arancione ***



Capitolo 1
*** Nero ***


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Autore: May_Z
Titolo: Nero
Personaggi: Jenny Humphrey
Timeline: 2x11 – The Magnificent Archibalds
Credits: L'idea di abbinare un colore ad ogni personaggio è nata leggendo la raccolta di _Mirtilla_ intitolata Dieci pastelli, nel fandom di Harry Potter. Passate da lei e leggetela, è molto bella!
Introduzione: I suoi capelli biondi, raccolti in una disordinata coda di cavallo che si spostava senza sosta da un angolo all'altro della piccola stanza, nascondevano un intricato groviglio di pensieri, pensieri tratteggiati a tinte così scure che Jenny avrebbe voluto accantonare per sempre

 

 

 

 

 

1#

Nero

 

 

Jenny sedeva immobile sulla soffice trapunta del suo letto, le ginocchia ripiegate sotto il mento, il contenuto della borsa riversato alla rinfusa sul pavimento.
No, non ce la faceva a restare ferma: aveva bisogno di muoversi, di respirare l'odore di sapone e di sciroppo d'acero che invadeva le sue narici quando varcava la soglia del loft, aveva bisogno di recidere nettamente l'ombra che ancora incombeva su di lei, di eliminare il nero perenne che aveva visto durante quei giorni interminabili.

Jenny iniziò a frugare tra i cassetti, dentro le innumerevoli scatole che contenevano la sua vita, nel cassettone di legno di salice leggermente consunto ai piedi del letto. Cercava sempre più freneticamente, lontana dall'accuratezza a cui era solita fino a pochi giorni prima.
I suoi capelli biondi, raccolti in una disordinata coda di cavallo che si spostava senza sosta da un angolo all'altro della piccola stanza, nascondevano un intricato groviglio di pensieri, pensieri tratteggiati a tinte così scure che Jenny avrebbe voluto accantonare per sempre.

Aveva voluto regnare, essere ammirata ed invidiata? Aveva ottenuto la pubblica umiliazione da coloro a cui aveva voluto assomigliare.
Aveva voluto essere una buona amica? Era rimasta amaramente delusa, aveva riposto la sua fiducia nelle persone sbagliate, in ragazze superficiali a cui non era mai importato chi lei fosse, ma solamente che cosa poteva rappresentare per loro.
Aveva voluto essere accettata per quello che era? Aveva cambiato sé stessa pur di far parte di un mondo vuoto e privo di qualsiasi forma di calore in cui credeva di voler entrare.
Aveva voluto crescere, prendersi delle responsabilità, lavorare facendo ciò che la rendeva felice e soddisfatta più di ogni altra cosa al mondo? Era volata tanto, troppo in alto, cedendo alla parole di una modella che faceva scendere in gola più alcool che cibo, allontanando coloro che le erano sempre stati accanto.

La stanza si trovava ormai in uno stato di confusione totale; pochi giorni fuori casa e non riusciva più nemmeno ad orientarsi nel luogo che la rappresentava.
Trovò quello che cercava nello stesso momento in cui sentì la porta del loft che sbatteva.
Erano tornati. Suo padre. Dan. Doveva, voleva correre da loro.
Fece un accenno di passo in avanti prima di fermarsi e guardare ciò che teneva in mano: soffice cotone bagnato di fresco e candido solvente per il trucco.
Con rabbia lo sfregò sugli occhi, cancellando tutti i residui della sua ingratitudine, della sua ingenuità, della sua presunzione. Poi prese la bustina per il trucco e la gettò nel cestino, seppellendo tra cartacce e avanzi di tessuto l’oscurità che l’aveva invasa.
Si guardò allo specchio e sorrise. Era tornata, il nero era sparito, abbandonato in un angolo nascosto dietro di lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Ecco qui la prima flashfic della raccolta che ho in mente. Se vi va, lasciate un commento, mi piacerebbe avere i vostri pareri!
Qualche appunto: in caso non si fosse capito, la fic è ambientata nel momento in cui Jenny, dopo essersi trasferita da Agnes e aver tentato di intraprendere la causa per l’emancipazione, decide di tornare a casa dalla famiglia.
È mia intenzione aggiornare abbastanza regolarmente e senza far passare molto tempo tra un capitolo e l'altro... Spero avrete voglia di continuare a seguirmi!
M.

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Capitolo 2
*** Marrone ***


Autore: May_Z
Titolo: Marrone
Personaggi: Chuck Bass
Timeline: 3x17 – Inglorious Bassterds
Introduzione: Chuck sentì sulla lingua il sapore amaro della sua acqua, svuotò il bicchiere tutto d'un fiato e si chinò per riempirlo nuovamente, unica via per lenire la sua rassegnazione.

 

 

 

 

 

2#

Marrone

 

 

I cubetti di ghiaccio stavano impercettibilmente scomparendo, unici occupanti rimasti sul fondo del bicchiere di cristallo elegantemente rifinito; nemmeno più una goccia di liquido marrone tingeva il vetro freddo poggiato sul tavolino di raffinato legno di palissandro.

Il viso stanco di Chuck Bass era velato da un ombra di indefinita ed ignota provenienza che impediva di leggere dentro quegli occhi persi nel vuoto.
Il ragazzo sedeva immobile sul divanetto della suite, le gambe mollemente accavallate, i polsini della camicia immacolata slacciati con noncuranza. Sedeva quasi svogliato, la testa invasa da chissà quali pensieri, le dita che tamburellavano nervosamente sulla stoffa della seduta.
Improvvisamente la schiena di Chuck si piegò verso il tavolino, afferrò con decisione la caraffa colma di liquore e ne versò una dose più che generosa sul ghiaccio ormai completamente sciolto.
Ne bevve un piccolo sorso, poi sollevò il bicchiere all'altezza degli occhi, ora attenti e svegli: lo sguardo si soffermò sul liquido marrone a lui così famigliare, sulle venature del vetro che davano al liquore un aspetto ancora più invitante.
Chuck sentì sulla lingua il sapore amaro della sua acqua, svuotò il bicchiere tutto d'un fiato e si chinò per riempirlo nuovamente, unica via per lenire la sua rassegnazione.

La sua mano si arrestò a mezz'aria: no, quella non era la soluzione, non lo era mai stata.
L'impero del padre, il suo impero, stava per crollare e lui seppelliva i dispiaceri nel soave, ma effimero sollievo dell'alcool.
L' Empire era il suo regno, la sua vita, il suo orgoglio; non poteva permettere che uno sciocco errore glielo strappasse via. Doveva agire, fare qualcosa, qualsiasi cosa fosse in suo potere; anche se questo significava rinunciare al piacere più dolce.

Lo sguardo vacuo e annebbiato attraversò la caraffa trasparente e si posò nuovamente sul liquido marrone al suo interno. Subito comparve ai suoi occhi un altro marrone, il marrone dei profumati capelli di Blair, il marrone dei suoi occhi comprensivi e profondi.
Blair, la sua Blair. Il pensiero lo cullava dolcemente, riscaldandolo come dieci bicchieri di liquore non avrebbero mai potuto fare.

Chuck chiuse gli occhi e sbatté più volte le palpebre, costringendo questi ultimi pensieri a ritirarsi.
Lui non era, non era mai stato un debole.
Era un Bass. I Bass accantonavano le emozioni, guardavano al futuro con superbia, tassello dopo tassello progettavano la propria vita, costruivano il proprio Impero.
Lui era un Bass, lo sarebbe sempre stato.

Chuck riempì il bicchiere, aggiunse qualche cubetto di ghiaccio, lo fece tintinnare e bevve.
Poi si alzò, il liquido marrone che scorreva risoluto nella vene, lo sguardo deciso e irremovibile.
Era ora di chiamare Jack.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Dunque... ecco qui la seconda flashfic della Raccolta!
Penso si sarà capito: la storia è ambientata nel momento in cui Chuck decide di “sacrificare” Blair pur di riavere indietro l' Empire. Sì lo so, le amanti del nostro Chuck Bass si chiederanno perché ho scelto di rappresentarlo in un momento così negativo; è molto semplice: non l'ho mai davvero perdonato per quello che ha fatto a Blair e quindi, da quell'episodio, il personaggio ha perso un bel po' di punti (nonostante io pensi che, alla fine della quarta stagione, si sia risollevato alla grande!).
Spero sia stata di vostro gradimento, qualsiasi commento, consiglio e/o critica sono ben accetti! Continuate a seguirmi e recensite!
M.

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Capitolo 3
*** Oro ***


Autore: May_Z
Titolo: Oro
Personaggi: Nate Archibald
Timeline: 1x01 - Pilot
Introduzione: Una fitta di dolore giunse dalla sommità del polso; Nate sollevò accuratamente la manica e rimase agghiacciato, lo sguardo fisso su ciò che era stato la causa della gocciolina di sangue che ora scendeva lungo la mano.

 

 

 

 

 

3#

Oro

 

 

Nate entrò rapidamente in casa, altrettanto velocemente, raggiunse la sua camera e ci si barricò all'interno sbattendo involontariamente la porta.
Avanzando verso le ante già aperte dell'armadio inizio a svestirsi sfilando, pezzo dopo pezzo, tutti quegli indumenti che gli stringevano il collo, le spalle, le braccia; gettò la giacca nera sul letto, raggiunta pochi istanti più tardi dalla cravatta blu slegata frettolosamente.
Nate si passò una mano tra i lisci capelli biondo oro ed iniziò a slacciare la camicia inamidata, bottone dopo bottone, partendo dal tondino di madreperla più alto, quello che sembrava mozzargli il respiro.
Sfilata la camicia, il ragazzo introdusse una mano nell'armadio e subito incontrò qualcosa di più morbido, più caldo, più comodo; tirò fuori il maglione verde smeraldo e lo infilò, sentendosi finalmente a propri agio, l'aria libera di uscire dai polmoni, le spalle accarezzate dal soffice cotone.

Una fitta di dolore giunse dalla sommità del polso; Nate sollevò accuratamente la manica e rimase agghiacciato, lo sguardo fisso su ciò che era stato la causa della gocciolina di sangue che ora scendeva lungo la mano.
La spilla d'oro di Blair, la spilla d'oro che Blair aveva cucito su quel maglione perché avesse sempre il suo cuore sulla manica.

Nate si lasciò scivolare per terra, la schiena poggiata al fianco del letto, l'impronta di una risata senza gioia sulle labbra.
Ironico che avesse indossato quel maglione proprio quella sera, la sera in cui il passato era tornato a bussare scaraventandolo in un vortice di pensieri, dubbi e sensi di colpa. La sera in cui era tornata Serena, la ragazza che con una sola occhiata era in grado di far palpitare l'instancabile cuore di Nate.

Guardò attentamente la spillina dorata appesa al maglione; sentì una morsa attanagliargli il petto ripensando a quello che aveva fatto più di un anno prima, un lungo, lontano anno, ma che in quel momento sembrava trascorso in un battito di ciglia: il profumo di vaniglia e gelsomino della pelle di Serena, i suoi meravigliosi capelli biondi tra le sue mani, le loro labbra sigillate in un bacio che profumava di vino e vergogna.

Nate si guardò intorno, leggermente spaesato nel rivivere quei momenti così piacevoli, così dolorosi, così... sbagliati.
In quel momento si rese conto di essere sdraiato sul letto, incurante degli abiti spiegazzati che ancora si trovavano sotto il suo corpo stanco. Voleva dormire, riposare, dimenticare, ma comprendeva perfettamente quanto quest'ultimo desiderio fosse impossibile.
Alzò il braccio ancora fasciato nel maglione fino a che la spilla d'oro non inizio a pendere sfiorando quasi la sua fronte aggrottata; improvvisamente, come se fosse la conseguenza di qualche insolito incantesimo, il viso di Blair comparve davanti ai suoi occhi, lo sguardo colmo di tenerezza, il sorriso ingenuo e sincero stampato sul volto dai lineamenti eleganti, la flebile voce che gli sussurrava: Nate Archibald, sempre stato, sempre sarà.

La spilla d'oro fluttuava ancora davanti ai suoi occhi; quello stesso oro che, al polso di Nate, pesava come un macigno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Nate, Nate, Nate... Ecco qui il capitolo su di lui; non ho ancora capito se a piacermi sia il personaggio oppure sia colpa della mia spassionata adorazione per Chace Crawford; mah!
Qui non ho note particolari, penso sia abbastanza chiaro il momento in cui ho voluto ambientare la fic.
Lo so, anche questa volta compare Blair: che volete farci, essendo il mio personaggio preferito non riesco a non inserirlo!
Ringrazio chi ha recensito i due capitoli precedenti, chi ha inserito la mia raccolta nelle Seguite e nelle Preferite, e anche chi ha semplicemente letto!
In attesa del prossimo, ditemi che ne pensate di questo capitolo!
M.

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Capitolo 4
*** Argento ***


Autore: May_Z
Titolo: Argento
Personaggi: Blair Waldorf
Timeline: Prima della 5x01 (Yes, Then Zero)
Introduzione: Ma il motivo che più spingeva Blair ad amarli era che, dietro ad ogni gioiello, si celava un preciso significato, un segreto che solo le due persone legate da quell'argento potevano conoscere fino in fondo.

 

 

 

 

 

4#

Argento

 

 

Piccolissima nota prima di cominciare: l'Argento qui è inteso esclusivamente come colore, non come materiale. Il fatto è che non sono stata in grado di trovare un colore per descrivere il diamante (non penso esista) quindi ho ripiegato sull'argento.

 

 

Blair Waldorf amava i gioielli; non li amava per il loro valore, intendiamoci. Li amava perché nulla la rendeva più felice che ammirare un piccolo diamante, i bagliori che produceva se veniva colpito da un solitario, per quanto flebile, raggio di luce, lo splendore che era in grado di emettere in una stanza in penombra illuminata da una romantica candela accesa. Blair era fermamente convinta che non ci fosse nulla che potesse accarezzare la sua pelle candida come un fine e delicato collier argentato.
L'argento era per lei il tocco vellutato di un petalo di rosa, la soave carezza della più raffinata delle sciarpe di seta, il sollievo di una fresca e profumata crema idratante.

Ma il motivo che più spingeva Blair ad amarli era che, dietro ad ogni gioiello, si celava un preciso significato, un segreto che solo le due persone legate da quell'argento potevano conoscere fino in fondo.

 

***

 

Blair era seduta all'ombra, a sorseggiare un Martini sulla cima della Torre Eiffel, uno dei molti posti della città di Parigi che le permettevano di pensare anche in mezzo alla moltitudine di persone che frequentavano quel luogo.
Le sue labbra si piegarono in una smorfia e il calice di finissimo vetro trasparente fu riposto sul tavolino: quanto le mancavano i Martini della vecchia New York.
Un raggio di quel sole ancora primaverile incontrò il dito di Blair, quel dito cui era infilato un meraviglioso anello di fidanzamento. La luce che nacque da quell'unione colpì l'occhio distratto di Blair che subito si riempì di lacrime.

La sua mente volò distante, attraversò i mesi e gli anni per fermarsi a quel suo indimenticabile diciassettesimo compleanno.
Quella sera Chuck le aveva regalato la collana di diamanti che tanto desiderava, la collana che, si era convinta, sarebbe stato il regalo da parte di Nate. Quando Chuck aprì la custodia e Blair vide comparire quel luccichio argentato, rimase delusa: delusa perché il suo ragazzo si era dimenticata di lei, delusa perché il gioiello era un dono della persona meno affidabile e capace di provare sentimenti che lei conosceva. 
Non l’aveva nemmeno guardato negli occhi per ringrazialo: forse, se l’avesse fatto, ci avrebbe scorto amore, quell’amore che per lui era stato così faticoso accettare, quell’amore che lui le aveva nascosto per tanto tempo, quell’amore che li avrebbe per sempre uniti e per sempre divisi, quell’amore che per lei era linfa vitale.

Blair guardò nuovamente la fascetta argentata infilata al suo dito. Avrebbe dovuto essere felice; invece era sola, sola in mezzo ad un mare di persone, sola perché un principe, alla fine, non significava nulla, sola perché Chuck non era con lei, sola perché si era resa conto che quel compleanno era stato il migliore della sua vita, ma l’aveva capito troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Ecco qui un altro capitolo, quello su Blair Waldorf. Lo so che come ambientazione non è all’avanguardia dell’originalità, però spero sia comunque di vostro gradimento!
Aspetto le vostre recensioni, critiche e quant’altro!
Che altro dire? Al prossimo aggiornamento!
M.

 

  

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Capitolo 5
*** Rosa ***


Autore: May_Z
Titolo: Rosa
Personaggi: Dorota Kishlovsky
Timeline: 2x10 – Bonfire of the Vanity
Introduzione: Gli occhi attenti di Dorota spuntavano appena dalla montagna floreale che le colmava le braccia, la sua bocca era serrata per non masticare i petali, le narici inalavano ad ogni respiro l'intenso profumo delle peonie.

 

 

 

 

 

5#

Rosa

 

 

Casa Waldorf era in fermento: il compleanno della signorina Blair si avvicinava e tutti, Eleanor ed il signor Cyrus compresi, tentavano in tutti i modi di accontentare anche i più eccentrici desideri della ragazza ormai diciannovenne.
Il migliore pasticciere di New York era stato ingaggiato per preparare il più bel dolce che si fosse mai visto in tutta la città, il ripostiglio era invaso da cumuli di pacchetti incartati in colori sgargianti che attendevano impazienti di essere aperti, la moltitudine di vestiti da sera della signorina era impilata sul letto in attesa di essere severamente giudicata da una Blair più che mai agitata ed irritabile.

«Dorota!».
«Sì, signorina Blair?» domandò la donna, avvicinandosi timorosa a quel viso contrariato che ben conosceva.
«Queste che cosa dovrebbero essere?».
«Le peonie rosa che lei ha ordinato...».
«No, Dorota. Queste sono peonie rosa, non sono le peonie rosa che io ho ordinato».
Dorota non sapeva cosa rispondere, le peonie le sembravano identiche a quelle che la sua padroncina venerava; ma evidentemente si sbagliava. Sfregandosi le mani sul grembiule che portava legato alla vita, strizzò gli occhi per cogliere il più piccolo difetto dei fiori rosa, operazione che non risultò affatto semplice dal momento che la voce acuta della signorina Blair stava ancora tuonando al suo orecchio.
«Dorota? Che ci fai ancora qui? Corri subito a prendere le mie peonie! Ora, Dorota!».
Dorota non era una sciocca e non se lo fece ripetere due volte; afferrò il cappotto rosso e si avventurò fuori, camminando nella maniera più veloce che le sue gambe fasciate in neri collant pesanti le permettevano.

Dopo mezz'ora di marcia lungo i marciapiedi sovraffollati della metropoli ed una lunga discussione con il fastidioso proprietario del negozio fiori, Dorota ripercorse la strada verso casa Waldorf con le braccia traboccanti di peonie rosa.
Gli occhi attenti di Dorota spuntavano appena dalla montagna floreale che le colmava le braccia, la sua bocca era serrata per non masticare i petali, le narici inalavano ad ogni respiro l'intenso profumo delle peonie.

Quanto le piaceva quell'aroma! Ogni più piccola sfumatura di quella fragranza vellutata le ricordava la sua piccola Blair, la bambina che portava al parco per dar da mangiare agli anatroccoli, la ragazza che la costringeva a trasportare innumerevoli buste colme di scatole contenenti l'ultimo paio di Jimmy Choo.
Dorota sorrise pensando a quanto quel piccolo bocciolo rosa era cresciuto; le sembravano passati solo pochi anni da quando le preparava il latte tiepido ammorbidito con un cucchiaino di miele per assicurarle sonni tranquilli, da quando andavano a Central Park a pattinare con gli immancabili pattini foderati di vaporoso pelo bianco, da quando compievano le loro escursioni di rito alla serre per decidere, di anno in anno, qual' era il fiore che più le attirava e le colpiva.

Dorota continuava a camminare con il sorriso stampato sul volto seminascosto dai fiori pensando affettuosamente a Blair e alla splendida giovane donna che stava diventando; il bocciolo che teneva fra le braccia era ora diventato un incantevole fiore che molte persone tendevano a paragonare ad un'elegante rosa provvista di pungenti spine, mentre altre sostenevano che Blair fosse come l'oleandro, dotato di una naturale bellezza, ma tremendamente tossico se bruciato.

Dorota invece sapeva che la signorina Blair era nient'altro che una raffinata, fragile e delicata peonia rosa.
Sì, una peonia rosa: il suo fiore preferito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
In questo capitolo ho voluto rendere onore ad un personaggio che forse viene ricordato troppo raramente. E sì, neanche questa volta sono riuscita a resistere e ho inserito Blair! Però, insomma, non si riesce a parlare di Dorota senza citare Blair.
La storia è venuta più lunga di quello che avevo progettato; sapete come succede: l'ispirazione arriva man mano che si scrivono parole e frasi!
Spero che questa fic sia stata di vostro gradimento. Recensite in tanti, sono curiosa di sapere cosa ne pensate!
M.

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Capitolo 6
*** Giallo ***


Autore: May_Z
Titolo: Giallo
Personaggi: Dan Humphrey
Timeline: Momento imprecisato prima della 1x01 (Pilot)
Introduzione: Nel mentre abbottonava la camicia gialla che si era finalmente deciso a recuperare dal letto, un ghigno quasi disgustato incurvò le labbra di Dan

 

 

 

 

 

6#

Giallo

 

 

Dan Humphrey stava in piedi al centro della stanza guardandosi intorno, smarrito, come se non sapesse cosa dovesse fare in quella fresca mattina di settembre. Camminava in tondo, il passo che tradiva un inequivocabile nervosismo, lo sguardo al soffitto, le mani umide di sudore che scendevano continuamente verso i pantaloni per cercare una provvisoria asciugatura, l'aria mattutina proveniente dalla finestra socchiusa che gli accarezzava la nuca provocando brividi impercettibili sul viso già tirato del ragazzo.
Una voce spazientita si intromise nei suoi pensieri, eliminando repentinamente l'aria svagata che portava dipinta sul volto: «Dan! Datti una mossa, la colazione diventa fredda e non ho intenzione di riscaldarla per seguire i tuoi tempi!».
Il ragazzo chiuse bruscamente la finestra e rivolse gli occhi irrequieti all'orologio che già portava allacciato al polso rendendosi conto che era strettamente necessario riprendere immediatamente in mano il controllo della situazione.

Dan fece un respiro profondo e si avvicinò al letto ancora sfatto dove era appoggiata una camicia gialla immacolata fresca di stiratura. Perché, perché doveva indossarla? Perché non gli era consentito andare a scuola vestito come più gli piaceva, indossando la prima cosa che la sua mano assonnata pescava nell'armadio la mattina presto?
Certo, Dan era sveglio e intelligente, in realtà comprendeva perfettamente la motivazione di quell'obbligo: stessa divisa, stessa importanza.

Nel mentre abbottonava la camicia gialla che si era finalmente deciso a recuperare dal letto, un ghigno quasi disgustato incurvò le labbra di Dan: come se fosse possibile, per lui, lui, un Humphrey di Brooklyn, confondersi con la moltitudine di rampolli scortati a scuola da una limousine provvista di autista che potevano permettersi qualcuno che pulisse la polvere sotto le loro scarpe italiane di cuoio finemente lavorato.

Uno sbuffo, indice del fastidio che invadeva il ragazzo quella mattina, uscì dalla sua bocca ed appannò leggermente lo specchio che gli si trovava di fronte; Dan tolse la condensa che la sua avversione aveva provocato e si specchiò: quello che vide non gli piacque, il colore del suo viso impallidiva drasticamente se posto accanto al giallo della camicia e le sue mani già magre apparivano ancora più ossute se spuntavano fuori dall'orlo di quelle maniche paglierine.

Dan fece una smorfia rivolta al suo insoddisfacente riflesso, maledicendo silenziosamente il padre per averlo iscritto in una scuola di giovani viziati incapaci di sostenere una conversazione che non fosse a proposito di fumo, alcool o feste a cui lui sicuramente non sarebbe stato invitato, rampolli ereditieri di immense fortune che avrebbero esternato un sorriso di superiorità vedendo il suo umile pranzo consistente in un panino al tonno casareccio, ragazzi che l'avrebbero osservato con cipiglio nauseato notando senza tregua quanto il giallo della sua camicia fosse scolorito in confronto ai loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
La stesura di questo capitolo mi ha dato qualche problema: non perché non trovassi il colore appropriato, ma perché non riuscivo a trattare il “tema” in modo adeguato.
Questo è quello che ne è uscito; sì, lo so, non è un gran che... Ne sono consapevole, non è la mia opera migliore, ma ho deciso di pubblicarlo lo stesso. Qualsiasi critica è ben accetta!
Comunque prometto, mi farò perdonare con il prossimo! E questa volta vi do un'anticipazione: sarà nientemeno che su... Serena Van Der Woodsen! Colore? Liberate l'immaginazione!
Spero continuerete a seguirmi anche se questo è stato un po' deludente!
M.

 

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Capitolo 7
*** Azzurro ***


Autore: May_Z
Titolo: Azzurro
Personaggi: Serena Van Der Woodsen
Timeline: 1x15 – Desperately Seeking Serena
Introduzione: Non appena colse lo sguardo dipinto sul viso dal quale era uscito quell'inequivocabile richiamo, i dubbi riguardanti il sogno di quella notte si diradarono improvvisamente.

 

 

 

 

 

7#

Azzurro

 

 

Serena si svegliò di soprassalto, gli occhi intrisi dall'inquietudine dovuta al sonno agitato; i lunghi capelli biondi erano ancora sparpagliati sul morbido cuscino, il respiro, ansante, le faceva sussultare il petto ad intervalli regolari, una mano era posata fiaccamente davanti agli occhi socchiusi per ripararsi dallo spiraglio di luce mattutina che filtrava dalle tendine di seta e le colpiva il viso senza ritegno.
La ragazza si levò a sedere, l'ombra dell'ultimo incubo ancora vivida dinanzi allo sguardo ottenebrato. Serena scosse freneticamente la testa, come se volesse scacciare un fastidioso insetto che le gironzolava intorno senza tregua.
Non ricordava molto del sogno che l'aveva turbata: il solo elemento che si stagliava nitido alla sua memoria assonnata era un semplice colore, un azzurro chiarissimo, il colore del cielo dopo una leggera pioggia primaverile, il colore delle onde del mare accarezzate dai raggi del sole, il colore della soffice trapunta che le sfiorava ancora le gambe nude lasciate scoperte dalla delicata camicia da notte.

Improvvisamente Serena si rese conto del clamoroso ritardo cui era andata incontro riflettendo su quel sogno di cui ricordava pressoché nulla; rapidamente si sciacquò il viso con la speranza che il refrigerio dell'acqua l'avrebbe aiutata ad accantonare i pensieri che si erano intrufolati nella sua testa e, altrettanto, velocemente, indossò la divisa poggiata sullo schienale della sedia, sorseggiò un bicchiere di fresca spremuta d'arancia ed afferrò al volo una brioche alla crema ancora tiepida con l'intenzione di mangiarla lungo il cammino verso la scuola.

Tutto era tornato alla normalità, Serena avanzava serafica lungo il giardino che la separava dall'affollato cortile della Constance, incurante di quell'impercettibile macchia azzurra che spingeva per aprirsi un varco nel confuso intreccio dei suoi ricordi più remoti.

 

***

 

Le interminabili ore di lezione si erano finalmente concluse, il ticchettio delle colorate decolletés delle studentesse risuonava per i marciapiedi accompagnando le loro eleganti proprietarie che si riversavano fuori dall'imponente cancello.
«Ehi, Serena!». La ragazza dai lunghi boccoli biondi si voltò di scatto, ansiosa di individuare da chi provenisse la voce squillante che l'aveva colta di sorpresa.
Non appena colse lo sguardo dipinto sul viso dal quale era uscito quell'inequivocabile richiamo, i dubbi riguardanti il sogno di quella notte si diradarono improvvisamente.
Quello che ricordava non era il dolce e rasserenante azzurro del cielo senza nubi o dell'acqua cristallina, era un azzurro diverso, l'azzurro che tingeva l'aria negli attimi precedenti allo scoppio di una tremenda tempesta, l'azzurro del ghiaccio che pericolosamente acuminato risplendeva nel buio, un azzurro sconvolgente, crudele e minaccioso, un azzurro... Letale.
Ogni singolo muscolo del corpo di Serena si immobilizzò, agghiacciato, quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo spensierato della ragazza che ormai si trovava a pochi metri da lei, il passo deciso, le labbra incurvate in un sorriso radioso.

Serena, invece, non sorrideva; si chiedeva come avesse fatto a dimenticare l'azzurro di quegli occhi capaci di incuterle un senso di impotenza e sgomento mai immaginati.
Sì, Serena aveva dimenticato e ora lei era lì, pronta a far riemergere un passato che aveva creduto seppellito per sempre.
Georgina era tornata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Eccomi qui, come promesso, con il capitolo su Serena Van Der Woodsen. Penso che il momento in cui ho deciso di ambientarlo sia piuttosto evidente!
Come avrete notato, i personaggi principali della serie sono pressoché finiti; ora ho già in serbo alcuni colori abbinati ad alcuni dei personaggi secondari (oltre al rosa di Dorota di cui ho già scritto), però voglio lanciarvi una “sfida”: se lasciate una recensione a questo capitolo o a quelli che seguiranno, scrivete anche un personaggio tra quelli “meno presenti” nel telefilm di cui vi piacerebbe scrivessi; al personaggio più richiesto dedicherò una Flash della Raccolta!
Detto questo, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Al prossimo!
M.

 

 

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Capitolo 8
*** Rosso ***


Autore: May_Z
Titolo: Rosso
Personaggi: Eric Van Der Woodsen
Timeline: Momento imprecisato della seconda stagione
Introduzione: Eric sfiorò con la punta delle dita quel rosso disperato che macchiava la sua pelle così pallida, una pecca perpetua che lo trascinava a quel giorno d'Agosto ormai sepolto dietro di lui.

 

 

 

 

 

8#

Rosso

 

 

Le maniche del maglione di cotone erano accuratamente arrotolate sino all'altezza dei gomiti ossuti ed il lucido rubinetto del bagno produceva un brioso sciabordio sul fondo marmoreo del lavandino immacolato; Eric afferrò la saponetta dal delicato aroma di lavanda e immerse la mani sotto il fresco getto dell'acqua che scorreva, beandosi di quel momentaneo sollievo che il liquido trasparente trasmetteva alla sua pelle.

I suoi occhi intercettarono per un istante quel segno indelebile tracciato sul suo polso: una sottile cicatrice rossa che attraversava trasversalmente lo spazio appena sotto la mani ancora umide; Eric sfiorò con la punta delle dita quel rosso disperato che macchiava la sua pelle così pallida, una pecca perpetua che lo trascinava a quel giorno d'Agosto ormai sepolto dietro di lui.
Immagini in principio sfocate, poi sempre più nitide, scorrevano davanti ai suoi occhi dilatati, le mani ancora insaponate, il rosso di quel passato vivido come non lo era da molto tempo.

Era un afoso pomeriggio di fine agosto, la calura si faceva opprimente, rivoli di sudore scendevano da quelle incaute fronti che camminavano tra i grattacieli che torreggiavano sulle strade semideserte dell'Upper East Side.
L'inconfondibile fragore di una porta che sbatte rabbiosamente rimbombò nell'intera stanza posta sull'attico del Palace Hotel ed il sordo rumore di passi sul pregiato legno del parquet invase la fresca atmosfera che regnava nel salottino.
Eric si gettò sul divano in pelle, la testa fra le mani salate di lacrime bollenti, le spalle che sussultavano irregolarmente al ritmo dei singhiozzi.
Le scarpe da ginnastica, i jeans sgualciti, la semplice t-shirt bianca, i corti capelli castani, tutto di lui era fradicio.
Eric si domandò quando avrebbe finalmente potuto attraversare il parco senza essere vittima di scherzi crudeli a opera di ragazzi altrettanto crudeli che trovavano diletto nel maltrattare chiunque passeggiasse con aria troppo pacifica, quando i suoi compagni di scuola avrebbero smesso di vedere l'omosessualità come una malattia contagiosa, come una terribile imperfezione da cui era necessario tenersi distanti.
Eric si chiese quando sarebbe riemerso dalla solitudine che lo avvolgeva: Tyler, il suo Tyler, l'amico d'infanzia che gli era sempre stato accanto, se n'era andato, Serena se n'era andata, sua madre era distante, troppo presa dal suo mondo per occuparsi di un figlio che non aveva mai dato problemi.
I suoi occhi arrossati si posarono su un coltellino da dessert posato sul tavolo di vetro dalle gambe esili; la lama affilata scivolava sul suo avambraccio, le labbra del ragazzo erano contratte, il respiro ansimante nel petto. Poi tutto si fece buio, una macchia rossa che si allargava sul suo polso gridava la disperazione che aveva taciuto per tanto tempo.

Il riflesso di Eric sullo specchio intarsiato di gemme ricambiò il suo sguardo: il suo viso era sereno, le labbra incurvate in un inequivocabile sorriso, gli occhi scintillavano.
Ora aveva una vera casa, aveva una madre e una sorella. Aveva Jenny, aveva Jonathan.
Eric gettò un'ultima occhiata alla cicatrice rossa che il tempo aiutava a sbiadire: stava finalmente scomparendo, lasciandolo libero di ridere, di divertirsi, di amare. Libero di vivere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Ecco qui il capitolo sul piccolo Eric Van Der Woodsen: questa flash era già in lavorazione, ma sono felice di aver soddisfatto alcune di voi che l'avevano richiesto.
Mi sono sempre chiesta cosa avesse spinto Eric a tentare il suicidio in giovane età: qui ho provato ad esporre alcune teorie.
Due piccole noticine: l'amico di infanzia sopracitato, è di mia invenzione, non compare nei telefilm. Inoltre, nonostante la madre fosse all'oscuro dell'omosessualità del figlio, penso che i coetanei che lo vedevano tutti i giorni, ne fossero al corrente.
Vorrei ringraziare tutte voi che avete recensito: questo mi motiva sempre di più a continuare questa Raccolta! Vi ringrazio anche per avermi lasciato i nomi dei personaggi minori: farò in modo di accontentarvi!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
M.

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Capitolo 9
*** Viola ***


Autore: May_Z
Titolo: Viola
Personaggi: Vanessa Abrams
Timeline: 2x20 – Remains of the J
Introduzione: I buoni propositi, la determinazione, il vestito viola che aveva indossato per apparire diversa, più simile ad un mondo che non le apparteneva, erano stati distrutti, ridotti in mille pezzi, trascinati lontano dal freddo vento di quel rifiuto

 

 

 

 

 

9#

Viola

 

 

Una figura solitaria avanzava rapida tra i marciapiedi deserti, il passo ben ritmato scandito dal leggero rumore dei tacchi sull'asfalto, il lucido tessuto viola del vestito che le accarezzava ad intermittenza le gambe abbronzate, il volto fiaccamente rischiarato dai flebili barlumi provenienti da quegli ultimi, coraggiosi lampioni che osavano sfidare il chiarore del mattino ormai imminente.
Una ciocca di capelli corvini ricadeva sulla fronte aggrottata, lo sguardo perso nel vuoto vagava titubante sulla strada che si stendeva dinanzi ai suoi piedi, lo spirito immerso in un groviglio di pensieri rimasti finora sospesi.
Vanessa camminava a testa alta, sprazzi di momenti di quella notte ormai sbiadita le pesavano sulle spalle, istanti che avrebbe desiderato lasciarsi alla spalle.
Un sorriso amaro incurvò le sue labbra ancora coperte da un sottile strato di rossetto, un sorriso che celava molto più di ciò che lasciava trasparire: era andata a quella festa con le migliori intenzioni, era andata solo per lui; ma qualcosa era girato per il verso sbagliato, prendendosi gioco della sua integrità.

I buoni propositi, la determinazione, il vestito viola che aveva indossato per apparire diversa, più simile ad un mondo che non le apparteneva, erano stati distrutti, ridotti in mille pezzi, trascinati lontano dal freddo vento di quel rifiuto: tutto era crollato, lui se n'era andato, un incolmabile vuoto come unica compagnia, beffardo testimone del suo fallimento.
Vanessa non aveva pianto, non una lacrima le aveva sfiorato le guance con il suo vellutato tocco salato: tutto si era annebbiato, divorato dal nero della rassegnazione che incombeva.

E poi, tutto si era fatto confuso, le luci soffuse, l'atmosfera pesante, l'insistente odore di alcool e fumo stantio che le perforava le narici, il tessuto viola che ricadeva impotente ai suoi piedi, carezze innaturali rubate alle notte, perfida complice di quei sussurri insani.

I piedi di Vanessa continuavano a muoversi, indipendenti, il ticchettio delle scarpe che le risuonava nelle orecchie, unico suono in quel silenzio divenuto insopportabile.
I suoi occhi scuri lentamente si abbassarono, posandosi sul viola del vestito dagli orli ormai sgualciti; la sua mano carezzò il lucido tessuto che le scivolava fra le dita, pensava a quanto morbido, pulito e sensuale le era sembrato sul manichino esposto nella vetrina del negozio.
Ironico quanto ora quello stesso viola le apparisse opaco, sciupato da mani indegne, macchiato dall'implacabile vergogna che le attanagliava il cuore senza pietà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo: la scena è un missing moment della puntata 2x20 quando Vanessa, dopo essere stata respinta da Nate, passa la notte con Chuck *rabbrividisce al pensiero di quest'accoppiata*.
Al di là di questo, vorrei scusarmi per il ritardo con cui ho pubblicato questo capitolo: il fatto è che appena questa settimana ho cominciato il primo anno di università e questo, più il dover abituarmi alla nuova città, mi hanno tenuta parecchio impegnata.
Spero che questo non vi faccia passare la voglia di seguirmi, io mi impegnerò per aggiornare costantemente!
Ora evaporo.
M.

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Capitolo 10
*** Grigio ***


Autore: May_Z
Titolo: Grigio
Personaggi: Lily Rhodes
Timeline: 1x17 – Woman in the Verge
Introduzione: Delicatamente la donna sollevò la copertina e iniziò a voltare le pagine, una dopo l'altra, accompagnata dal ritmo dei ricordi della sua giovinezza sbiadita

 

 

 

 

 

10#

Grigio

 

 

Tutto taceva: non un sibilo, non un fruscio, non un sospiro. Nulla. L'unico rumore percepibile in quell'atmosfera apparentemente sospesa era lo sbattere della pioggia contro le vetrate della finestra, gocce d'acqua che scivolavano sulla liscia superficie lasciando dietro di sé una sottile impronta, elegante ricamo di quella quieta marcia passata inosservata al resto dell'universo.
Improvvisamente alcuni passi risuonarono sulla cima dell'ultimo gradino, seguiti immediatamente dalle voci dei loro proprietari: «Grazie mille, Vanya. Senza di te non penso sarei riuscita a raggiungere la scatola: quell'armadio è così alto...».
«Si figuri, signora Van Der Woodsen, sono qui per questo» rispose il giovane uomo dai corti capelli biondi, una scala d'acciaio sotto il braccio fasciato nella scura uniforme, il respiro leggermente ansimante.
Lily si incamminò sul pregiato tappeto persiano che ingombrava l'entrata dell'appartamento e si fece strada attraverso il salotto, andando a sedersi sul divano immacolato proprio nel momento in cui un lieve tonfo testimoniava che la porta si era appena chiusa alle spalle di un ansante Vanya.
Uno sbuffo di polvere si alzò dalla scatola quando Lily la poggiò sul tavolino che le stava di fronte, le gambe esili che sembravano non essere in grado di reggere a lungo una così improvvisa quantità di peso.

Un ciuffo scivolò dai capelli severamente raccolti sulla nuca in uno stretto e ordinato chignon, le mani curate raffinate da delicati anelli scintillanti rovistavano freneticamente in quell'involucro di cartone ormai martoriato dall'umidità e dal vecchiume che l'avevano intaccato sulla sommità del guardaroba.
Qualche istante e le sua dita riemersero, serrate su di un album di lucida pelle marrone che Lily si posò subito in grembo; delicatamente la donna sollevò la copertina e iniziò a voltare le pagine, una dopo l'altra, accompagnata dal ritmo dei ricordi della sua giovinezza sbiadita, visi che le sorridevano da un'epoca ormai passata.
All'improvviso lo sguardo si posò su di una foto che copriva l'intera pagina, una foto grigia che la trascinò agli anni in cui non era nient'altro che una semplice reporter: i capelli biondi raccolti scompostamente, gli strani e vistosi vestiti dai mille colori sgargianti, il volto nascosto dietro all'obbiettivo.
Lily sorrise, gli occhi che indugiavano sul viso grigio stampato su quel pezzo di carta, un viso che tanto aveva amato.
Un viso che amava tuttora.
Lily non comprendeva come avesse fatto ad impiegare così tanto tempo per capirlo; eppure era bastata la comparsa di una sola fotografia grigia a far riemergere sentimenti che aveva tentato di sopprimere con tutte le sue forze.

Inaspettatamente lacrime salate cominciarono a rigarle le guance, lacrime che tradivano l'improvvisa consapevolezza di aver fatto, ancora una volta, la scelta sbagliata, lacrime che le ricordavano Rufus, l'unico uomo che era stato in grado di strapparla dal grigiore della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Salve, care lettrici, eccomi di ritorno.
Questa fic è ambientata alla fine della prima stagione, nel momento in cui Lily, futura sposa di Bart Bass, si rende conto di essere ancora innamorata di Rufus.
Spero sia stata di vostro gradimento e di non aver combinato un disastro!
M.

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Capitolo 11
*** Bianco ***


Autore: May_Z
Titolo: Bianco
Personaggi: Georgina Sparks
Timeline: 1x16 – All About My Brother
Introduzione: Le iridi azzurre di Georgina notarono dei granelli di candido zucchero sparsi disordinatamente accanto al piattino leggermente sbeccato: un gesto repentino e la sua mano lattea e affusolata si abbassò, iniziando ad accarezzare quei minuscoli granuli, incurante della tazza ancora sospesa a mezz'aria in precario equilibrio

 

 

 

Siamo giunti al capitolo numero 11: un numero importante, almeno per me.
Vorrei ringraziare Tuccin, Fiby CullenBass_, I_Heart_CB, BiEsSe e xCarli:
questo capitolo lo dedico a voi, che mi seguite dall'inizio (o quasi) della Raccolta
e che non mancate di darmi il vostro parere,
invogliandomi a proseguire con le vostre belle parole.

 

 

 

11#

Bianco

 

 

Un allegro chiacchiericcio riempiva l'atmosfera di quel bar di Brooklyn, un'atmosfera che profumava di chicchi di caffè e foglie di the, di sciroppo d'acero e di fragranti waffel appena sfornati.
Una ragazza seduta a proprio agio sulla panca in fondo al locale faceva tintinnare distrattamente il cucchiaino contro la tazza di porcellana dal manico ricurvo, rischiando, ad ogni movimento, di imbrattare con piccole gocce bollenti la sciarpa cerulea che le avvolgeva morbida il collo pallido. Lo sguardo attento e penetrante era posato con fiacca noncuranza su due figure che ridevano tra di loro nei pressi del bancone, due figure che, ad intervalli regolari, si voltavano verso di lei e le regalavano un sorriso per non farla sentire sola.
Ah, quanto sono ingenui questi ragazzi di Brooklyn!

Georgina si chinò nuovamente sul legno del tavolo lievemente consunto, afferrò la tazza che attendeva esitante dinanzi a lei e se la portò lentamente alle labbra: nel momento in cui il bollente liquido marrone incontrò la sua lingua, una smorfia le distorse i lineamenti, altrimenti freddi e impassibili. Velocemente intinse il cucchiaino nella zuccheriera, assaporando il sollievo che presto avrebbe raggiunto la bocca ancora contorta dall'amara essenza del caffè.
Improvvisamente, le iridi azzurre di Georgina notarono dei granelli di candido zucchero sparsi disordinatamente accanto al piattino leggermente sbeccato: un gesto repentino e la sua mano lattea e affusolata si abbassò, iniziando ad accarezzare quei minuscoli granuli, incurante della tazza ancora sospesa a mezz'aria in precario equilibrio.
Un insolito bagliore le comparve negli occhi, un bagliore che tradiva l'insana malvagità che era insita nella sua anima infernale.

Georgina odiava il bianco: odiava quel candore che bruciava gli occhi, odiava l'innocenza e la purezza che trasparivano da quell'irritante colore, odiava la dannata perfezione che emanava quella tonalità insofferente al tempo che tenta di sbiadirla.
Il bianco era ciò che l'aveva trascinata via dal suo mondo, ciò che le aveva strappato la sua amica di sempre, instancabile compagna di avventure proibite.
Era bastato quello, una semplice striscia bianca e Serena aveva ripudiato tutto: le feste, l'alcool che ardeva la gola e inebriava i sensi, i vestiti sgualciti da danze scatenate sui tavoli dei locali.
Ma ora era lei tornata, accompagnata dal suo abituale sorriso malizioso e da quel suo irremovibile desiderio di riprendersi ciò che le era stato strappato senza pietà; sarebbe rimasta lì, immobile, in attesa di ritrovare ciò che il tempo aveva lasciato scivolare lontano da lei, di riottenere la spensieratezza del passato, in attesa di macchiare, ancora una volta, l'apparente e illusorio biancore della vita di Serena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Georgina: forse uno dei personaggi più interessanti, imprevedibili ed intriganti dell'intera serie.
In questo capitolo ho tentato di giocare sul contrasto tra l'anima scura di Georgina e, appunto, il colore bianco.
Questo è un personaggio di cui mi è stato particolarmente difficile scrivere: spero di esserci riuscita.
A presto!
M.

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Capitolo 12
*** Beige ***


 

Autore: May_Z
Titolo: Beige
Personaggi: Ivy Dickens
Timeline: 5x09 – Rhodes to Perdition
Introduzione: Ivy fissò per un istante lo schermo del telefono, il nome del mittente dell'ultima chiamata ancora illuminato in piccoli caratteri ordinati; poi se lo gettò alle spalle, facendolo atterrare sul soffice letto della vecchia stanza di Serena. La sua stanza.

 

 

 

 

 

12#

Beige

 

 

Ivy fissò per un istante lo schermo del telefono, il nome del mittente dell'ultima chiamata ancora illuminato in piccoli caratteri ordinati; poi se lo gettò alle spalle, facendolo atterrare sul soffice letto della vecchia stanza di Serena. La sua stanza.

Ormai la sera se n'era andata, lasciando libera la notte di espandere il suo dominio tra gli imponenti grattacieli di Manhattan, costellati da una moltitudine di piccole luci che, inutilmente, tentavano di ricreare i colori del giorno, illudendosi di rappresentare innumerevoli soli per i rari passanti che attraversavano quelle strade.
Piccoli bagliori bugiardi che fingono di essere ciò che non sono.
Proprio come lei.

Ivy abbandonò l'immensa vetrata e sedette sul letto, attenta a non rovinare il vestito di raffinato tessuto beige che le avvolgeva la vita sottile.
Le era sempre piaciuto quel colore, sin da quando era ancora quella bambina dalla trecce bionde che viveva in un piccolo cottage in campagna.
Ivy ricordava ancora quelle fredde giornate invernali che sferzavano l'aspetto altrimenti piacevole della Pennsylvania, quelle giornate in cui la nonna sedeva su quella vecchia e consunta poltrona incisa dai profondi graffi provocati dalle affilate unghie del gatto e iniziava a lavorare a maglia, creando, come per magia, quelle meraviglie di lana.
In quei momenti lei si accoccolava sul tappeto, dinanzi all'allegro crepitio del fuoco nel caminetto, osservando con occhi sognanti la sciarpa di lana beige che andava formandosi tra le mani rugose della nonna.
Sì, le piaceva tanto il beige, il colore dell'infanzia a cui ripensava continuamente con inesprimibile nostalgia. Il colore che assumevano i prati della Pennsylvania quando l'autunno avanzava prepotente.
Il colore della nonna. Il colore di una vita che le era stata strappata troppo presto.
Il colore dell'unica famiglia che avesse mai avuto.

Ivy sollevò lo sguardo dai pregiati ricami del vestito e lo posò nuovamente sulla vetrata, dove il suo riflesso si stagliava nitido nell'oscurità.
Una lacrima si staccò dall'angolo dell'occhio e scivolò verso le labbra chiare, inumidendo di amaro tepore la guancia lievemente arrossata.
Repentinamente la ragazza cancellò dal suo viso quell'improvviso sintomo di debolezza e voltò la schiena al suo riflesso, dirigendosi a passi decisi fuori dalla stanza.

«Charlie, tesoro! Finalmente sei tornata! Volevamo fare un ultimo brindisi! Fatta quella telefonata?».
«Certo. Arrivo, Lily!». Ivy scese prudentemente l'ultimo gradino, facendo attenzione a non inciampare sull'orlo dell'abito, e si avvicinò al gruppo di persone radunate al centro del salotto con in mano lunghi calici ricolmi di liquido dorato.
Ivy sorrise, tentando di reprimere il senso di colpa che la dilaniava dentro.
Sorrise, fingendo che tutto andasse bene, che non ci fosse qualcuno appena fuori dal palazzo che minacciava di distruggere la fiaba che era riuscita ad ottenere.
Sorrise, ignorando il fatto che stesse prendendo in giro delle così brave e gentili persone.
Tanti erano i pensieri negativi, ma Ivy sorrideva.
Sorrideva perché, finalmente, aveva di nuovo una famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
Ne sono consapevole, ci ho messo un sacco di tempo ad aggiornare la raccolta: diciamo che ho avuto un calo d'ispirazione, non riuscivo a fare un abbinamento colore-personaggio che mi soddisfacesse.
Poi, dopo interminabili giorni, la scorsa settimana, guardando la puntata di GG (la 5x09, se non erro) sono stata folgorata da quest'idea: la flash è quindi ambientata alla fine della suddetta puntata.
Perché ho deciso di scrivere proprio di Ivy? Perché mi ha colpito il suo confessare a Carol di desiderare una vera famiglia con cui vivere: mi ha fatto vedere il personaggio sotto un'altra prospettiva, ecco.
I riferimenti all'infanzia e al passato di Ivy sono di mia invenzione: spero siano abbastanza plausibili.
Perché la Pennsylvania, mi chiederete? Semplicemente perché è un nome che mi piace. Già, mi piace proprio tanto. Pennsylvania.
Ok, visto che le NdA stanno diventando più lunghe della flash!fic stessa, è meglio che vada.
A presto!
M.

 

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Capitolo 13
*** Arancione ***


Autore: May_Z
Titolo: Arancione
Personaggi: Juliet Sharp
Timeline: 4x03 – The Undergraduates
Credits: I dialoghi presenti nella flash!fic sono ripresi dalla puntata sopraindicata
Introduzione: Nemmeno ricordava la prima volta in cui aveva messo piede in quella stanza, ma la sensazione che le attanagliava la gola era sempre la medesima: un'opprimente inquietudine che le bloccava il respiro.

 

 

 

 

 

13#

Arancione

 

 

Quella stanza le infondeva inquietudine.
Nemmeno ricordava la prima volta in cui vi aveva messo piede – forse sei mesi prima, forse erano passati uno, due anni... poco importava –, ma la sensazione che le attanagliava la gola era sempre la medesima: un'opprimente inquietudine che le bloccava il respiro; si sentiva in trappola, bloccata in un limbo che non apparteneva alla realtà, racchiusa in quello spazio angusto che odorava di chiuso e muffa.
Juliet prese un profondo respiro e tentò di rilassare le spalle, poggiandosi completamente allo schienale della sedia, incapace, tuttavia, di ignorare il nervoso tamburellare delle sue dita sulla superficie opaca del tavolo.
Uno scatto metallico e Juliet poggiò i gomiti sul tavolo, seguendo con lo sguardo la figura vestita di arancione che si stava avvicinando a lei.

«Come stai?» chiese Juliet, osservando il pallore di Ben e la barba incolta che gli incorniciava il viso scavato da quella reclusione che sapeva di ingiustizia.
«Dipende... come procede?».
«Coi ragazzi è facile» rispose Juliet, «ma le ragazze rappresentano un ostacolo più complicato. Sembra che la sorellanza sia... viva, nelle'Upper East Side».
Concludendo la frase, Juliet abbassò lo sguardo sulle unghie smaltate di rosa perlato e si ritrovò a pensare a Blair Waldorf: quella ragazza sarebbe stata disposta a fare di tutto, senza preoccuparsi delle conseguenze, pur di aiutare e difendere le persone che amava. Juliet pensò che, dopotutto, non erano così diverse l'una dall'altra.

«Quanto vuoi che duri?» intervenne Ben, trascinandola via a forza dai suoi pensieri. Juliet sollevò nuovamente gli occhi e incrociò quelli frementi di suo fratello.
Aveva sempre avuto uno sguardo gentile Ben, disponibile, che infondeva tepore e un'intramontabile fiducia; ora quello sguardo se n'era andato, sostituito da un'oscurità che a Juliet appariva sempre più estranea. Ma non era colpa di Ben – non lo era mai stata.
«Infatti» rispose alla fine, scacciando quelle riflessioni come si fa con una mosca fastidiosa che ronza nell'orecchio; sorrise amabilmente e proseguì: «Quindi tu fai in modo di non essere violentato o ucciso».
«È un carcere di minima sicurezza» disse Ben, con un sorriso storto stampato sulle labbra.
«E tu sei uno schianto. Anche i bravi criminali si sentono soli».

Voleva scherzare Juliet, ci provava continuamente, ma un retrogusto amaro impregnava qualsiasi battuta lei tentasse di fare.
Guardava suo fratello e vedeva una persona diversa, posava lo sguardo su quella stanza e non riusciva più nemmeno a ridere, voleva rassicurare Ben e ogni parola appariva priva di senso. Non era giusto – nulla del mondo a cui appartenevano lo era.
«Non preoccuparti» aggiunse Juliet, «ci riusciremo, te lo prometto». Non era mai stata subdola, né perfida o manipolatrice, ma, in quel momento, vendicare suo fratello era l'unica cosa che desiderava.
Forse era cresciuta, riuscendo finalmente ad aprire gli occhi.
Forse l'ingiustizia aveva fatto emergere una parte di lei che era sempre rimasta nascosta in un angolo.
O, forse, quella veste arancione aveva cambiato anche lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice
E dopo mesi e mesi, eccomi a riprendere in mano questa raccolta e spero che, nonostante il tempo passato, abbiate ancora voglia di seguirla.
Ebbene sì, il calo d'ispirazione ha colpito anche me, ma nel rivedere le puntate della quarta serie in TV mi è venuta l'idea per questa flash!fic. Spero l'abbiate gradita!
Ah, piccola “novità”: se aprite il primo capitolo della raccolta, troverete il meraviglioso banner per la storia fatto dalla bravissima Lights! Andate a guardarlo, è splendido!
Mi sembra di non aver più nulla da dire, quindi passo e chiudo.
Alla prossima (che, presto o tardi, arriverà)!
M.

 

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