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Perché vorrei solo che la speranza non andasse mai via,
perché vorrei volare nel cuore di coloro che amo per restarci sempre e insieme
con loro poter scrivere una semplice storia di felicità …
Dopo un anno e mezzo di estenuante lavoro sono giunta al
termine! Arrivare alla fine di questo nuovo lavoro è stato davvero difficile ed
estenuante, perché questo racconto ha sopportato mille peripezie, forse era un
segno del destino, che vuole dirmi.
“questa storia fa schifo te l’ho detto mille volte, ma tu
niente, arrangiati”.
Non so come troverete questa storia, la trovo strana io,
figuriamoci voi che la andrete a leggere, attenderò con ansia ogni vostro
giudizio, negativo o positivo … non fa nulla sono qui ad accettarlo. E poi
voglio ringraziare in modo particolare Alessia, per il suo sostegno e la sua
pazienza. Grazie a mamma e papà, come sempre, perché loro credono davvero in
me, e grazie a chi mi vuole bene, perché non lo sanno, ma con una loro parola
sanno davvero farmi andare avanti sempre e comunque.
Tre mesi.Tre lunghi
mesi di lavoro buttati via. Era davanti al suo portatile con le mani fra i
capelli e lo sguardo fisso al monitor incredula, non riusciva ancora a
crederci, la sua storia totalmente distrutta e non poteva recuperarla. Cos’era successo?
Ancora non lo sapeva, forse un virus si era insinuato nel suo computer, infido
e traditore, sotto le false spoglie di una qualunque bellissima canzone, e le
aveva mangiato il suo manoscritto, ridotto a brandelli, neppure le tarme
sarebbero riuscite a fare un lavoro migliore con la carta conservata nella
soffitta. Bell Pallone guardava intontita quelle parole poste senza senso in
quelle pagine virtuali, e senza saperne la ragione, delle minuscole lacrime
cristalline, calde e salate stavano percorrendo il suo volto lentamente. Non
erano lacrime copiose, erano solo due. Due gocce salate che esprimevano con
delicatezza la sua tristezza. Allungò una mano e abbassò lo schermo, era ora di
andare a dormire. Spense la luce della stanza e s’insaccò nel letto. Si
rannicchiò per il freddo nel suo piccolo letto singolo. Con la bocca cercava di
scaldarsi le mani con l’alito. Si disse che quella sera non sarebbe riuscita a
chiudere occhio, e invece la stanchezza s’impossessò di lei e cadde in un sonno
profondo. L’indomani mattina si alzò ancora intontita e depressa, le parve di
non essere riuscita a chiudere occhio, e nonostante tutto il suo corpo fosse
riposato, e il suo volto fresco e delicato, come solo i visi delle giovani
diciottenni sanno essere, cercò di far sembrare il suo sguardo sofferente. Raggiunse
la cucina strisciando i piedi, alzò la mano insegno di saluto, si avvicinò al frigorifero e prese il latte freddo,
come un automa lo versò nella sua tazza e lo mise nel microonde. Sempre gli
stessi minuti e sempre la stessa gradazione per scaldarlo. Tenne gli occhi
fissi sul fratello. Francesco, che stava guardando con attenzione una puntata
di E.R. . Il campanello del piccolo forno
multifunzione, che loro usavano solo come scaldavivande, la riportò alla sua colazione.
La tazza di latte fumante era davanti a lei, e mentre rovesciava i cereali
nella scodella, che riportava la foto di due personaggi dei cartoni animati;
chiese a suo fratello:
“Non noti nulla di strano?”
Lui la guardò dritto negli occhi azzurri come i suoi,
un’occhiata fugace, Bell aveva i soliti capelli rossi e ricci, tutti arruffati,
come tutte le mattine del resto, corrugò la fronte, la guardò meglio, si
avvicinò a lei col viso, e quando finalmente furono vicini vicini,
lui le disse:
“Ora che ti guardo bene si!”
Il volto di Bell ebbe un lampo di gioia. Qualcuno si era
accorto del suo malessere.
“Dovresti toglierti i baffi con la ceretta, si vedono
troppo”
Bell si sentì avvampare e divenne paonazza. Non si
vergognava di suo fratello, ma era arrabbiata. Nessuno la prendeva seriamente
in considerazione,trangugiò il suo latte e finì di prepararsi. Aveva già lo
zaino in spalla quando chiese:
“Ma dov’è finita mamma?”
“Non c’è, è andata in palestra presto stamattina, ah
dimenticavo, ha detto di dirti che non torna per pranzo, non ci sarò neppure io,
devo andare all’università ho lezione”
“Ok, a stasera allora”
E uscì da casa in tutta fretta. Capitava spesso che si
ritrovasse da sola per il pranzo. Sua madre era troppo impegnata a mantenersi
in forma, uscire con le amiche e fare compere. Suo padre era unimprenditore edile di successo. Ma in casa
non era presente, era una figura che un po’ mancava nella famiglia Pallone, per
lui il lavoro veniva prima di ogni cosa, doveva incrementare il suo capitale,
perché lui teneva a vedere il suo conto in banca sempre più gonfio, e poco
importava se stava perdendosi le cose più belle della sua vita, si era perso la
lunga ed estenuante decisione di suo figlio Francesco di andare all’università
e seguire i corsi di medicina, e si stava perdendo le angosce giovanili di
Bell, la sua paura di non superare gli esami di maturità,la prima cotta e le
liti con le amiche che a lei sembravano insormontabili. Il capo famiglia Pallone
si stava perdendo tutto questo. Inconsciamente. E senza chiedersi se un domani
avrebbe rimpianto tutto questo.
La campanella aveva suonato, e strisciando i piedi raggiunse
l’aula dalle pareti completamente bianche. Alcuni compagni erano già arrivati e
parlavano fra loro seduti sopra i banchi verdi, allineati due a due per tutta
la lunghezza della stanza. La lavagna verde era appesa a lato della cattedra, e
proprio nel centro del muro era attaccato un crocefisso misero, e quasi
ignorato da tutti, al suo fianco la foto del presidente della repubblica, un
uomo normale con bianchi capelli e alcune rughe che avrebbero dovuto
significare saggezza, ma a nessuno di quegli alunni importava veramente di
quell’uomo tanto importante per l’Italia. Bell Pallone occupò posto al suo
banco, fece cadere lo zaino per terra e si sdraiò per metà sul banco. Uno dei
suoi compagni la chiamò:
“Pallone mi passi i compiti?”
Lei si voltò, era Emanuele Tellini.
Suo compagno di scuola dal primo anno di liceo. Lui era tra i ragazzi più
ambiti di tutto l’istituto, nessuna ragazza era capace di resistere al suo
fascino che era ben fornito di arroganza da vendere. Bell non lo guardò e gli
disse di sì, che aveva fatto tutto:
“Se vuoi, puoi copiarli …” ma non si mosse per tirare fuori
i quaderni dallo zaino. La stanza si riempì quasi completamente, e subito dopo
entrò la professoressa. Una donna non altissima, dai corti capelli biondi,
aveva sui cinquant’anni, un paio di occhiali dorati sul naso, che non
nascondevano i suoi occhi castani, sulle labbra aveva un filo di rossetto
rosso. Si sedette sulla sedia alla sua scrivania e fece scivolare via la pelliccia
di visone sulla spalliera della sedia. Si schiarì la voce e gridò:
“Buongiorno! Se non ve ne siete accorti, sono entrata”
E con un coro
scomposto risposero:
“Buongiorno professoressa”
Prese il libro fra le mani e iniziò a canticchiare una
vecchia canzone:
“La lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi
non s’ama …”
Bell e il resto della classe sapevano bene cosa significava
quella canzone. Ogni qual volta la professoressa cantava quei versi c’era aria
di interrogazione, e tutti cercarono di farsi piccoli per non farsi
notare,in maniera assurda, tanto
sapevano bene che alla fine avrebbero dovuto far sapere anche loro cosa
sapevano. Bell non se ne curò, era tra i primi della classe, lei sapeva sempre
tutto, non si faceva mai cogliere impreparata alle interrogazioni, o ai compiti
in classe. Amava studiare, e aveva paura di non riuscire a dare quello che
sapeva di poter dare, ora che era arrivata al rush finale, e poi ancora non
aveva deciso cosa fare con l’università, ogni volta che voleva affrontare
l’argomento con sua madre lei era troppo impegnata a fare qualcos’altro per
interessarsene. Suo fratello non poteva e non voleva darle nessun consiglio,
era convinto che non dovesse essere influenzata nelle sue scelte, ma che doveva
essere lei a decidere del proprio futuro. L’idea di parlarne con suo padre non
le aveva neppure sfiorato la mente. E ad ascoltarla aveva trovato lei, quella
piccola grande donna che era la sua professoressa, che portava un nome tanto
piccolo Rosa, un nome che spesso era diminuito dai suoi colleghi che
amorevolmente la chiamavano Rosellina. Bell adorava quando la sentiva chiamare
con quel vezzeggiativo, credeva che le stesse davvero bene, era fatto per lei,
perché le rose sanno nascere anche nel freddo dell’inverno pur essendo
delicate. E lei, aveva letto quello che lei scriveva e la spronava ad andare
avanti. Nessun altro aveva letto i suoi manoscritti, provava vergogna per
quello che scriveva, pensava che fossero delle schifezze, però nonostante
tutto, non riusciva a smettere di farlo. Bell ascoltava attonita quello che
succedeva, sapeva bene che quel giorno non sarebbe stata interrogata, e con la
matita faceva strani ghirigori sul quaderno che usava per gli appunti.
“Tellini!” tuonò imperiosa la voce
della professoressa
“Vieni avanti che oggi tocca a te!”
Il giovane alzò gli occhi al cielo, come un attore consumato
si alzò dalla sua sedia e con la sua inconfondibile camminata raggiunse
l’insegnante di italiano.
La donna gli disse:
“Allora oggi che ne dici se parliamo un po’ in latino?” la
professoressa parlava senza neppure guardarlo negli occhi, e il giovane annuì
con la testa. Le domande si susseguirono una dietro l’altra, ma purtroppo le
risposte erano solo delle misere scene mute, e fu in quel momento che
l’insegnante chiese:
“Bell, vuoi rispondere tu?”
Da dietro le spalle una voce sottile le giunse all’orecchio:
“Se osi rispondere guai a te”
Ma lei lo ignorò e rispose facilmente, e fu proprio in quel
momento che la professoressa sentenziò:
“Emanuele Tellini, tu dovresti
prendere un po’ da Bell … magari foste tutti così”
Si sedettero tutti quanti erimasero in silenzio. La lezione finì tra le risa generali della classe,
un altro compagno aveva fatto una misera figuraccia di fronte alle domande
della prof., come fu fuori subito una ragazza dai lunghi capelli neri si
accostò a Bell, dall’alto la sovrastò, i suoi occhi penetrarono gli occhi di
Bell, sembrava che una chiazza di petrolio si stesse stendendo nel mare più
limpido, e come una belva si avventò su di lei afferrandola per un braccio e
con voce sibillina chiese:
“Come ti sei permessa di far fare una figuraccia al mio
Emanuele?”
“ma io …”
“Tu cosa?” le parlava standole addosso, il suo corpo era
perfetto, le gambe slanciate erano coperte dal jeans, e sopra indossava una
maglia corta, leggera, che lasciava percepire le forme del suo giovane corpo
saldo. Bell la guardava senza toglierle gli occhi dagli occhi, si sentiva a
disagio ma non voleva darlo a vedere, sapeva di non essere bella quanto lei, e
i suoi capelli rossi e arruffati non la aiutavano, il suo volto non era quello
di una diciottenne, ma quello di una ragazzina molto più piccola della sua età,
i suoi lineamenti erano acerbi, anche
lei indossava un jeans e una maglia ma era sicuramente molto meno avvenente.
Anche se questo non voleva dire che fosse meno bella, era solo una bellezza
diversa,la prima era algida, fredda e distaccata, mentre la seconda era molto
più morbida e conferiva tenerezza. E questa continuò:
“Allora pel di carota? Hai niente da dire?”
Lei continuava a non rispondere e fu proprio Emanuele Tellini ad avvicinarsi, fece un sorriso e posando una mano
sulla spalla di Martina Loretti, la ragazza bruna, e
se la tirò vicino a sé e scomparvero poco dopo.
Era stata una mattinata come tante altre, tutto era andato
come sempre. Alle voltea Bell la sua
vita le pareva noiosa. Era l’ora di pausa, ed era seduta su un muretto nel
cortile della scuola, sgranocchiava un pacchetto di cracker e scriveva su di un
quaderno tutto sgualcito. Il suo sguardo spesso si perdeva nel vuoto ed era
sognante, come se stesse immaginando un’altra vita, o magari di essere una
persona completamente diversa. Stava mordicchiando il tappo della sua penna,
quando sentì una presenza accanto a lei. Si voltò di scatto e di fronte si
ritrovò due occhi, immensamente verdi e belli. Corrugò la fronte. E per un
istante non seppe che dire, poi invece un po’ scostante chiese:
“Cosa vuoi?”
Era Emanuele Tellini. Si passò una
mano tra i capelli biondi a boccoli sfoderando un sorriso magnetico, e con voce
profonda accennò:
“Scusa …”
“Scusa? E di cosa?” chiese perplessa Bell sgranando i suoi
grandi occhi chiari
“Volevo chiederti scusa per come si è comportata Martina.
Alle volte è una vera stronza” tacque un istante poi aggiunse “è sempre una
stronza”
“Stai facendo tutto da solo” si giustificò Bell senza
saperne la ragione e poi aggiunse:
“Perché sei venuto a chiedermi scusa? Sono cinque anni che
vi comportate in questo modo, per me non è una novità”
“E non ti sei mai ribellata?” chiese il giovane seriamente
“No. Non è che la cosa m’interessasse molto, ognuno ha la
sua vita con le sue cose da fare e i suoi divertimenti, il vostro è quello di
fare i deficienti, il mio quello di fare la sgobbona”
“Ho sbagliato tutto” riproverò se stesso. Amareggiato. E fu
lei a chiedere ancora:
“posso sapere perché sei venuto a lavarti la coscienza da
me? Ognuno è responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte, tu hai
fatto le tue con Martina, mi pare che fino a stamattina non te ne fosse mai
importato niente della scuola e di tutto il resto …”
“hai ragione. Ma quello che ha detto la professoressa
all’interrogazione mi ha fatto pensare molto …” guardò dritto davanti a se, vi
era un albero di aranci che aveva sempre conosciuto, aveva ancora dei frutti
attaccati. Nonostante fosse gennaio, quel piccolo sole scaldava con i suoi
lunghi raggi, e pareva arrivasse al cuore del giovane che aggiunse alle sue
parole “Vorrei che tu mi aiutassi”
Bell rimase in silenzio. Non sapeva che dire. Il trillo
della campanella suonò nuovamente per avvisare che la pausa merenda era finita
e che tutte le lezioni stavano per riprendere, era quindi ora di ritornare
inclasse. Lei si alzò, strinse nelle mani
il suo quaderno con la penna, si avviò verso il primo cestino e buttò via ciò
che rimaneva dei cracker, le era passata la fame. Emanuele Tellini
si accostò a lei, la afferrò per un braccio e sussurrò:
“Aiutami”
Lei si volse e senza sorridere gli disse:
“Ci penserò …”.
Un altro professore che parlava, ma , in realtà nessuno lo
stava ascoltando, lui forse se ne accorgeva, ma ignorava i suoi studenti
facendo finta di non sentire,era ormai prossimo alla pensione e poco gli
importava di dare qualcosa a quei suoi alunni, che probabilmente sarebbero stati
gli ultimi della sua lunga carriera di insegnante, tanto erano sempre tutti gli
stessi. Tutti scalmanati. Tutti con la testa rivolta al primo amore, o a far
casino, e infine la moda, perché non si poteva andare a scuola se il jeans o la
maglia non era di tendenza, e dopo più di trent’anni di insegnamento si era
stufato di dover affrontare sempre la solita marmaglia scalmanata, che per
quantoci si sgolasse o ci s’impegnasse
a far capire una lezione, questa veniva totalmente ignorata dalla massa, e veniva
assorbita, in parte, solo da alcuni studenti. Sapeva che questo faceva parte
del gioco, e che probabilmente se non era cambiato nulla in questi anni, mai
nulla sarebbe cambiato, ma da ragazzo credeva di poter essere lui l’eccezione,
lui il primo professore a cambiare le regole del gioco, da ragazzo aveva
creduto che lui sarebbe stato diverso. E invece, tutto era uguale a sempre.
Sospirò notevolmente, ma nessuno se ne accorse. Lui continuò a scrivere sulle
sue parole crociate, che ormai si portava sempre appresso, nascoste tra le
pagine di un libro. Bell, non faceva eccezione, e accanto a lei c’era la sua
compagna di banco Serena Caterina, lunghi capelli castani e mossi le ricadevano
sulle spalle, incorniciando grandi occhi verdi che fissavanole proprie unghie che delicatamente era
intenta a ricoprire di smalto rosso, e chiese all’amica:
“Che ci facevi con Tellini durante
la ricreazione”
Bell si passò una mano tra i capelli cercando di
districarli, e mentre cercava di aggiungere qualche dettaglio al suo piccolo
quaderno che racchiudeva le sue fantasie di mondi lontani rispose:
“Niente”
“Tu forse non facevi nulla, ma lui era parecchio intento …”
“mi stava solo chiedendo di aiutarlo per gli esami …”
Serena si bloccò di scatto e il suo malto sbavò di lato e si
fece sfuggireun’ imprecazione, poi
tornando a prestare attenzione all’amica:
“E tu che gli hai risposto?”
“Che ci devo pensare …”
“Ma sei scema? Dico, è il ragazzo più bello della scuola, fa
lo stronzo con tutte, lui si avvicina a te, ti chiede aiuto e tu fai la
preziosa?”
“Scusa ma non mi ha mai degnata di uno sguardo fino a
stamattina,anzi mi ha sempre deriso con Martina ed io ora dovrei cadere ai suoi
piedi?”
“non ti ho detto che devi cadere ai suoi piedi, però
potresti perlomeno non fare tanto la schizzinosa, sai come ti invidieranno
tutte?”
Tutto ciò che Serena stava dicendo in quel momento
corrispondeva a verità, ma in fondo al suo cuore vi era qualcosa che la
turbava, non ne capiva pienamente la ragione e tantomeno l’essenza di quel
malessere, misto a una punta d’orgoglio, sì perché nonostante tutto, provava
piacere e anche onore nel pensare che tra tutti, lui avesse scelto proprio lei
per avere aiuto. La lusinga era ciò che l’attirava più di tutto. Chiuse il
discorso, non era il momento di parlarne, preferiva aspettare di tornare a casa
e parlarne con sua madre, sicuramente lei avrebbe saputo darle un consiglio su
come comportarsi.
Tornò a casa. Il buio regnava tra le mura. Non vi era
nessuno, e solo in quel momento si ricordò di essere sola a pranzo. Fece il
giro della casa e sollevò le persiane. Quando vi era sole, non ammetteva di
dover stare con la luce artificiale dei lampadari, accese la radio, e la musica
si estese in tutta la casa, riempiendola e dandole una nota di colore e la rese
meno solitaria. Si cambiò e infilò una tuta da ginnastica per stare più comoda.
Aprì il frigorifero, ma era semi vuoto, il suo stomaco brontolò per la fame e
si arrangiò bevendo un succo di frutta e mangiando un panino al prosciutto
cotto. Nel pomeriggio arrivò sua madre, sorridente come sempre, fu Bell che le
andò incontro:
“Ciao mamma!”
“Oh cara lasciami stare sono tanto stanca …”
“Ma oggi non ci siamo viste per niente …”
“alla tua età fai ancora la mammona?”
Bell la guardò, per un istante ci rimase male, ma non se ne
curò più di tanto, sapeva bene che sua madre era fatta così, e allora senza
tante cerimonie la seguì in bagno dove si stava preparando per una doccia e
disse:
“mamma, volevo chiederti un consiglio”
“Spara! Sono tutta orecchi!”
Si sedette sul pavimento e iniziò senza preamboli, sapeva
bene che con sua madre doveva cogliere l’attimo, e allora:
“oggi un ragazzo mi ha chiesto di aiutarlo nella
preparazione degli esami!”
“E allora dov’è il problema?”
“Non ci sarebbe, ma il fatto è che lui in tutto questo
tempo, non mi ha mai preso in considerazione, anzi per di più mi ha sempre
preso in giro con la sua ragazza perché sono una sgobbona!”
“e allora, è brutto?”
“No è molto carino …”
“Cosa aspetti? Io sarei già corsa ad aiutarlo da un pezzo …”
“già è quello che dice anche Serena!”
“Santa quella ragazza … dovresti ascoltarla, poi ascolta tu
devi chiedere aiuto alle tue amiche, avete la stessa età, chi meglio di lei può
aiutarti?”
La giovane si chiese che cosa sua madre avesse da fare, di
meglio che stare accanto sua figlia. Ma come sempre non proferì parola, pensò
che forse avrebbe dovuto chiedere a Francesco, lui era sempre sincero con lei,
ma aveva anche paura che la deridesse, prese quindi la decisione di tacere.
Mentre era seduta sul divano con un libro aperto sulle gambe si convinse che
doveva solo accettare senza riserve e non dare ascolto a quelle sue paure
infondate e senza senso.
Un’altra mattinata come tutte le altre. Lentamente Bell
percorse il lungo corridoio che portava alla sua aula, con la coda dell’occhio
vide al suo fianco Emanuele Tellini che parlottava
con un altro ragazzo. Bell allungò il passo, non voleva rimanere sola con lui,
anche se in fondo sospettava che la richiesta del giorno prima non fosse stata altro
che una presa in giro, e che quindi non avrebbe avuto un seguito, ma dopo pochi
istanti la ragazza sentì stringere il suo braccio da una presa forte e decisa,
senza tuttavia farle male. Si voltò di scatto. Uno sguardo lungo un’eternità,
solo in quel momento Bell si accorse di non aver mai guardato attentamente
Emanuele Tellini, si perse nel verde infinito dei
suoi occhi tempestati di piccole pagliuzze dorate. Capì in quel momento perché
tutte le ragazze gli cadevano ai piedi senza il bisogno che lui si prodigasse
per conquistarle, i tratti del suo viso erano perfetti. Lui non sorrideva. La
guardava e basta. In quel momento passò la professoressa d’italiano che gridò:
“Tellini, mai una volta che ti
vedo in classe!” si voltò quasi incredula, e fermandosi proseguì “Pallone,
anche tu qui? Che è successo? Hai deciso di rovinarti proprio adesso che sei
vicina al traguardo? Lascia stare quello scavezzacollo, rovinerà anche te …”
Bell Pallone si slacciò dalla presa del compagno e corse in
classe lasciandolo da solo nell’atrio. Lui la guardò entrare in classe, e solo
più tardi la raggiunse. Bell era seduta al solito banco stranamente pensierosa.
Serena era seduta come il solito al suo fianco, e bisbigliando le chiese:
“Stai ancora pensando alla storia di Emanuele?”
La ragazza stava per rispondere, ma in quel momento si spalancò
la porta e apparve proprio lui. Stranamente non sorrideva, e non possedeva
quella sua solita aria strafottente. Senza dire nulla si sedette al suo banco, appese
il suo sguardo addosso Bell Pallone. Lei non si voltò, ma percepiva benissimo
il suo sguardo su di lei. All’uscita di scuola lui la fermò nuovamente:
“Allora? Ci hai pensato? Mi aiuti?” la sua voce era dolce e
suadente, non l’aveva mai sentita così prima d’ora, non resistette e rispose:
“E va bene …”
Passò di lì Martina Loretti che
gridò:
“Che ci fai con quella? Vieni via con me …”
“Lasciami perdere e fatti i fatti tuoi …” lei lo guardò con
sfida, ma non gli diede a vedere la sua rabbia, la stava lasciando sola per
quel pelo di carota, e se ne andò indispettita. Bell non crebbe ai suoi occhi.
Lui aveva mandato via la sua fidanzata ed era rimasto lì con lei. Sentì
crescerle nel petto una gioia incontenibile, sentì finalmente che tutte le sue
paure erano sul serio infondate, che aveva ragione sua madre a dirle che doveva
abbandonarsi e vivere liberamente la sua giovane età. Ma non ebbe lo stesso il
coraggio di parlare e fu lui che voltandosi verso di lei disse:
“Ho capito bene? Hai detto che mi aiuti? Sono davvero
felice, onestamente speravo che tu mi dicessi di sì. Lo so che non ci siamo mai
presi molto, anzi sono stato un vero stronzo con te in tutto questo tempo, ma
voglio farmi perdonare …”
Bell allungò una mano e gli fece cenno di chiudere la bocca,
e in un sospiro sussurrò:
“taci, è meglio! Non so perché ho deciso di aiutarti! Che il
signore me la mandi buona!” sorrise e lui subito aggiunse:
“Ti giuro che farò tutto quello che vuoi”
Seriamente, senza staccare i suoi occhi azzurri dagli occhi
verdi di Emanuele Tellini sentenziò:
“non prendermi mai in giro …"
Lui rimase in silenzio. La guardò senza dire nulla, il suo
sguardo serio l’aveva colpito, e anziché rispondere alla sua affermazione le
chiese:
“Posso accompagnarti a casa?” lei annuì, cercò di non darlo
a vedere ma era contenta, aveva temuto che lui volesse solo prendersi gioco di
lei e invece si era sbagliata. Era tutta avvolta nel suo giubbotto in piuma
d’oca blu elettrico, che tendeva a ingrassarla, improvvisamente si sentì a
disagio, mille volte proprio il suo accompagnatore l’aveva presa in giro
dicendole, ora si che sei proprio un bel pallone, e poi insieme alla sua
combriccola di sempre rideva a crepapelle, incurante del fatto che lei potesse
sentirsi ferita da quei commenti. Lui parve intuire quei pensieri e le disse:
“scusa …”
“per cosa?” chiese lei
“per tutte le volte che ti ho preso in giro,mi sono
comportato da vero cretino con te”
“Non preoccuparti , ormai mi ero quasi abituata”
Ma Emanuele aveva ormai raggiunto il suo obiettivo, Bell si
sentiva molto più bella di qualche istante prima e allora allegramente
aggiunse:
“quando vuoi iniziare a prendere lezioni?”
“quando vuoi tu, basta che mi fai sapere e mi troverai
pronto”
“Ok allora da domani pomeriggio inizieremo a riprendere un
po’ il programma” si guardò attorno e concluse “io sono arrivata, grazie per
avermi accompagnata”
Ancora una volta lui non rispose, la salutò con un cenno di
mano e quando era ormai più lontano le disse solo
“A domani”
Stava infilando la chiave nel portone per salire a casa
quando arrivò anche Francesco Pallone, che al posto si salutarla le disse:
“Ora ti vedi con quel pallone gonfiato?”
“Non è un pallone gonfiato!” rispose Bell prontamente
“Si che lo è! E vorrei sapere come, quando e perché hai
cambiato idea”
“Ho cambiato idea semplicemente perché è diverso da quello
che credevo, e se ti può interessare proprio poco fa mi ha chiesto scusa per
come si è comportato con me!”
“certo tra un po’ sarà un ragazzo d’oro, un angelo che si
innamorerà di te! Fai attenzione, i tipi come lui non cambiano mai!”
“tu parli così solo perché sei geloso”
“geloso io? Puoi fare quello che vuoi, però poi non venire a
piangere da me se ti farà male …”
“la mamma dice che faccio bene ad aiutarlo per gli esami”
“Ecco spiegata la magagna! Quello vuole solo aiuto a passare
gli esami perché tu sei tremendamente brava”
“Smettila di vedere il male dappertutto!”rispose Bell
indignata e proseguì “non può essere che invece sia cambiato sul serio?”
parlavano mentre salivano le scale, Francesco avanti e lei subito dietro,
“Allora mi vuoi rispondere? No certo, tu quando hai torto non rispondi perché
non sai che dire”
“Mi auguro per te di essere io quello che ha torto, non ti
rispondo perché sei testarda come un mulo! È inutile continuare a parlare con
te, fai come ti pare”
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti, grazie mille a tutti per i vostri passaggi e
le vostre recensioni che mi scaldano il cuore.
Erano entrati in casa, e mentre lui si diresse verso la
cameretta, Bell raggiunse il frigorifero, stava facendo scendere la lampo del
suo giubbotto quando afferrò un succo di frutta e iniziò a bere direttamente
dalla bottiglia; la richiuse e mise tutto in frigo, questa volta era arrabbiata
sul serio con suo fratello. Lo adorava in tutte le sue forme, era il suo eroe,
ed era sempre disposta ad ascoltarlo, ma stavolta lui aveva torto, tutti
meritano una seconda possibilità, e lei voleva darla a Emanuele Tellini. Pensava che per Francesco tutto era nero o bianco,
non esistevano colori grigi o sfumature nella sua mente, e questo era forse il
difetto più grande che riscontrava al suo adorato fratellone, mentre per lei
niente era definito, nulla era deciso per sempre, l’incerto era la sua vita, la
paura di sbagliare e allo stesso tempo forse aveva paura di fare la scelta
giusta, per questo lei viveva sempre in pieno conflitto con se stessa, lei
riusciva a essere pienamente e in tutto e per tutto fedele alla sua essenza, in
compagnia di Serena Caterina, la sua migliore amica fin dai tempi dell’asilo, e
con Francesco, che la metteva sempre alla prova, ma mai si sentiva in giudizio,
ed era per questi motivi che con loro stava disperatamente bene. Bell aveva
messo nello zaino un quaderno in più, finita la scuola , la ragazza ed Emanuele
Tellini si incamminarono verso il lungo mare, era
completamente deserto, il vento fortunatamente non batteva forte e il sole
scaldava leggermente, si sedettero su una panchina in cemento, che era
incastonata nel muretto di recinzione che separava la spiaggia dalla strada.
Davanti a loro vi erano dei giochi per i bambini più piccoli, che erano ormai
tutti sgangherati, e l’altalena con le catene arrugginite dalla pioggia si
muoveva lentamente, quasi come se fosse sospinta da un bimbo invisibile. Bell
come si sedette tirò fuori un libro senza copertina e il quaderno, ma Emanuele
la fermò:
“Aspetta mangiamo qualcosa …” le porse un panino e una
coca-cola, lei esitò ma lui le prese la mano e gliele posò in mano. Lo guardava
stupita, non seppe che dire e fu lui che aggiunse:
“Un semplice grazie può bastare” rise per la sua battuta.
Bell no.
Era imbarazzata, e
per di più ora si vergognava per non essere riuscita neppure a ringraziarlo.
Emanuele la guardò e ammirò il suo profilo perfetto, che era sporcato dalla sua
matassa di capelli rossi tutti aggrovigliati, notò un cambiamento nel suo volto
e si premurò di dire:
“Stavo scherzando! Non offenderti, ti dovrai abituare alle
mie battute!” lei le sorrise, sentì nel suo petto sollevarsi un peso, e con il
cuore più leggero addentò il suo panino. E solo poco più tardi, la lezione ebbe
inizio. Lei parlava e spiegava, e al bisogno disegnava dei piccoli schemi sul
quaderno, lui ascoltava in silenzio, ogni tanto si grattava il mento. Era
difficile dover assorbire tutte quelle nozioni insieme. Si stava rendendo conto
che in tutti questi anni aveva perso tante cose, forse troppe,e allora chiese:
“Secondo te riuscirò a recuperare tutto?”il suo tono era serio e i suoi occhi non
avevano nessuna allegria, lo consolò:
“sarà dura, abbiamo un gran lavoro da fare, ma se veramente
vuoi puoi farcela, volere è potere, ricordalo bene”. Erano sensazioni del tutto
sconosciute per Bell,non sapeva ancora come doveva gestire queste cose, ma
capiva che stava nascendo qualcosa di strano in lei. Giorno dopo giorno il suo
cuore aveva palpiti del tutto inaspettati, che mai aveva provato prima,non
sapeva spiegarsi cosa stava accadendo in lei, ma capiva che stava nascendo
qualcosa di strano, quando rimirava la sua immagine riflessa allo specchio
poteva osservare sempre la stessa persona, ma dentro era diversa, completamente
nuova, era come una primavera che si sveglia dopo l’inverno, come il mare in
tempesta che non trova pace. Questo nuovo sentimento tanto strano e inatteso
non le dava pace, e la rendeva triste. Sempre assorta nei suoi pensieri
lasciava che il tempo passasse lentamente, senza chiedere o pretendere niente
di più di ciò che aveva. Quella mattina la pioggia scendeva copiosa e
incessante,Bell aveva scordato l’ombrello a casa ed era troppo in ritardo per
tornare dentro a riprenderlo, durante il tragitto i suoi stivali si erano
letteralmente inzuppati e il giaccone grondava d’acqua, ma il cuore era leggero
che, pensava avrebbe visto Emanuele Tellini. Ma come
fu nell’androne,ricevette un pugno in mezzo al petto. I suoi occhi si
inumidirono ma ricacciò indietro le lacrime. L’immagine che si era presentata
davanti a lei era inequivocabile, Martina Loretti
stava baciando lui, Emanuele. Era seduta al suo banco e pensava che lui in
fondo non le aveva mai dato speranze,tantomeno le aveva fatto credere che tra
loro ci sarebbe potuto essere qualcosa di più di una chiara e semplice
amicizia. Ma in quel momento Bell stava mettendo in dubbio anche quella. Non
fece scendere lacrime sul suo pallido viso, ed evitò per tutto il tempo di
guardare nella direzione del giovane. Fu Serena Caterina che durante la
ricreazione disse:
“sai prima ho visto litigare Martina ed Emanuele … poi lei
si è messa a piangere”
Bell non rispose, avrebbe voluto sapere di più sulla loro
litigata, ma per paura della risposta non chiese, e proprio pochi istanti prima
che la lezione riprendesse Martina si accostò al suo banco e le disse a voce
bassa:
“tanto Emanuele è mio, e non lo cedo a nessuno, perché lui
vuole me e me soltanto!”
Lei non rispose alla provocazione. Rimase lì, seduta in
silenzio. Era vero, era tutto vero quello che aveva detto Martina, lei chi si
credeva di essere per pensare che un ragazzo come lui la pensasse in quel modo?
Ripensò velocemente ai momenti passati insieme e si rese conto di non aver
molto da condividere con lui, se non le ripetizioni che lei le stava dando. La
giornata passò uggiosa così com’era cominciata. Nel tardo pomeriggio rientrò a
casa e notò delle rose rosse sul tavolo, le guardò e sul tavolo vi era un
biglietto. Erano le rose che suo padre aveva mandato per San Valentino alle sue
donne di casa, dicendole che le amava infinitamente, e istantaneamente si
ricordò che quello era il quattordici febbraio, se ne era totalmente scordata!
Per la prima volta si dimenticava di quella festa attesa dagli innamorati
proprio nel momento in cui si rese conto di essere lei, innamorata persa.Si tuffò sul divano, strinse il cuscino a se
priva di pensieri. Udì la porta di casa aprirsi e gridò:
“Mamma guarda, papà ci ha mandato delle rose per san
Valentino”
“Non me ne parlare …” fu la risposta brusca, ma non era sua
madre bensì suo fratello Francesco che aveva appena finito uno dei suoi primi
turni al pronto soccorso da tirocinante. Lo udì entrare in bagno e vomitare.
Lei corse da lui, non aveva chiuso la porta, e lo vide con
la testa china sul water e le mani quasi ad abbracciare il sanitario.
“Che ti è successo? Stai male?” chiese accorata la sorella
“Lasciami stare …”
Ma lei insisté. Non aveva mai visto suo fratello in quelle
condizioni. I suoi occhi azzurri parevano neri di rabbia, la sua carnagione
abitualmente bianca era paonazza. Gli prese le mani e le sentìfredde e umide di sudore, le sue labbra
tremavano.
“mi stai facendo preoccupare Fra, ti prego dimmi che è
successo!”
Francesco le rispose, ma la sua voce era carica di livore:
“Vuoi davvero sapere cos’è successo?”
Lei mosse su e giù la testa, i ricci rossi le caddero
attorno al volto e incredula fissava suo fratello negli occhi e scorse delle
lacrime scendere giù copiose. Il suo cuore si contorse, non aveva mai visto
Francesco in quelle condizioni. Lui si sedette sul pavimento e piangendo a
singhiozzi, senza staccare le mani da Bell si sfogò:
“oggi al pronto soccorso” si fermò e poi ripeté
“Oggi al pronto soccorso …” tacque un’altra volta ma poi
subito aggiunse “è arrivato un bimbo, in gravi condizioni … c’eravamo solo noi
studenti e due infermieri … abbiamo cercato il dottore, ovunque, lui non c’era,
e mi toccava guardare negli occhi i genitori, disperati, piangenti, imploravano
aiuto. Ed io,IO,non sono riuscito a darglielo! Ti rendi conto? Quel bambino ha
smesso di vivere perché il medico doveva pomiciare con la capo sala di nascosto
dalla moglie!! Quello stronzo, bastardo, ha fatto morire un bambino per cosa?
Se lui fosse stato li, forse lo avrebbe salvato! Ma lui non c’era, ed io non
sono stato capace di fare niente. Non sono neppure stato capace di dire a quei
genitori perché hanno perso un figlio, sono un codardo, ecco cosa sono. A loro
ho mentito. Mentre loro gridavano, chiamando disperatamente il nome del figlio,
ho solo saputo dirgli che avevamo fatto il possibile. E il tutto senza versare
neppure una lacrima. Sono un essere spregevole”
“Tu non devi sentirti in colpa …” lo accarezzò Bell con
dolcezza “Tu non potevi fare niente sul serio”
“avrei dovuto dichiarare la verità” si tenne la testa fra le
mani, pareva che gli volesse scoppiare da un momento all’altro, le tempie gli
battevano, e un dolore lancinante gli aveva invaso la fronte. Così , immoto,
con le lacrime che gli rigavano il viso Francesco Pallone non si muoveva e
riviveva gli attimi di quella giornata senza scordare neppure un secondo. Nelle
sue orecchie udiva ancora il pianto di quella gente disperata, e vedeva nella
sua mente quel bambino abbandonato a se stesso.
Con quelle gocce salate che gli ricadevano sulle gambe,
giurò a se stesso che non sarebbe mai stato come l’uomo che avrebbe dovuto
insegnargli a fare il medico.
Giurò a se stesso che lui non avrebbe mai tradito il
giuramento di Ippocrate.
La vita degli altri prima di tutto.
Triste giornata di dolore fu per quel giovane. Amante della
vita, della fresca giovinezza che lo possedeva. Quel giorno per Francesco era
un giorno che non avrebbe mai scordato per tutto il resto della sua vita.
Dolore e angoscia.
Rabbia e impotenza.
Quei sentimenti, cosi forti e irruenti non lo avrebbero
abbandonato tanto facilmente.
Bell carezzandolo lo obbligò ad alzarsi dal pavimento. Di
fianco a lui pareva una formica, piccola e forzuta, minuta e decisa. Lui dalla
sua altezza la sovrastava, e la guardava con adorazione. Con infinita dolcezza,
lei la sua sorellina con poche parole le aveva scaldato il cuore e dato pace
alla mente fermando un poco i suoi pensieri. La porta di casa si aprì e la
madre entrò in casa. Sulla faccia aveva un enorme sorriso. Vide l’immagine dei
suoi figli. Abbracciati l’uno all’altra, con Bell che sorreggeva Francesco e le
sue uniche parole furono:
“Francesco, a San Valentino, si sta con la donna amata, non
con la propria sorella, ubriachi per giunta …” e scomparve nella sua stanza
Un guizzò di rabbia invase Francesco, ma Bell lo trattenne
ancora e lo portò sul suo letto, lo fece sdraiare lentamente, gli tolse le
scarpe da ginnastica. Indossava una tuta da ginnastica. Si ricordò che una
delle prime cose che gli aveva detto il fratello era che non bisognava mai
tenere addosso gli indumenti usati in ospedale,e senza vergogna gli disse di
spogliarsi. Sapeva bene che Francesco era timido, e mentre lui si spogliava lei
si voltò verso il muro. Quando ormai era in pigiama lo aiutò a coprirsi,
sentiva freddo, e fu lui che disse:
“mamma è senza cuore”
“lasciala perdere, lo sai che è fatta così, non prendertela,
non cambierà mai! È inutile tentare di farlo ora. Adesso cerca di riposare” si
sedette accanto lui. Teneva il palmo della sua mano sulla fronte del fratello,
sperava così di potergli togliere un po’ del suo peso dell’anima. Pochi istanti
dopo, senza bussare la madre aprì la porta, infilò la testa dentro la stanza, e
rossa in volto disse:
“Cara, ha citofonato un ragazzo, ha detto di scendere, si
chiama Emanuele”
Bell arrossì notevolmente. Sentì il cuore tremarle un po’,
ma con la mano sulla fronte di Francesco rispose decisa:
“Digli che non posso andare, che ci vedremo domani a scuola
…”
“Mah …” tentò di replicare la donna
“Ora non posso andare … mamma vai pure e chiudi la porta”
concluse lei decisa
Non osò dirle più niente e sparì dietro la porta. Guardava
suo fratello dormire, e si disse che non poteva fare scelta più giusta. Lui in
quel momento aveva bisogno di lei, e come fare ad aiutarlo se non standogli
vicina? Chissà cosa voleva Emanuele. Non le sembrava giusto pensarci ma non
poteva evitarlo. E così, ferma in quel letto dal piumone celeste, faceva
oscillare i suoi piccoli e immensi pensieri da adolescente che stava disperatamente
cercando di crescere.
L’aria fredda, e il cielo plumbeo facevano da cornice a una
giornata uggiosa. Bell si stava recando a scuola. Il suo volto era contratto,
aveva dormito poco per colpa dei suoi mille pensieri, un po’ pensava a Emanuele
che la sera prima si era precipitato sotto casa sua, ma soprattutto era stata
la tristezza di suo fratello a tenerla sveglia. Si disse che lei non conosceva
nulla della vita, che era solita vivere in un mondo di pan di zucchero, dove
tutto sommato nulla era serio, e niente era importante se non la scuola e lo
studio. Come entrò in classe i suoi occhi si posarono sul suo banco. Un fascio
di rose rosse era posato su di esso. Abbozzò un sorriso. E tutti i suoi
pensieri grevi sparirono in un istante. Spalancò gli occhi incredula e Serena,
senza alzarsi dal suo banco le disse:
“quando sono arrivata erano già qui!”
E Bell ironicamente rispose:
“controlliamo se c’è un biglietto avranno sbagliato banco.
Ne sono certa!”
Si accostò. Lanciò il suo zaino consumato sul pavimento di
cotto e delicatamente sollevò il mazzo di rose. Un biglietto cadde.Esubito lo raccolse.Poche parole
“A Bell. Una ragazza speciale”
Nessuna firma. Il mittente era anonimo. Ma Bell si sentì
diventare rossa quanto i suoi capelli e goffamente li spostò, in quel momento
entrò Martina Loretti, bella come sempre, con la sua
solita aria strafottente. Subito captò lo sguardo di Bell e la chiamò:
“Bell Pallone, allora ti sei mandata dei fiori da sola?
Guarda che sei in ritardo”
“io non mi sono mandata proprio niente …”
“certo, certo … - rispose di rimando la giovane ed aggiunse-
ma chi vuoi che mandi dei fiori ad una che si chiama Pallone, e ci somiglia
pure! La cosa che vi differenzia è il colore, perché tu sei semplicemente un
pel di carota!” rise della sua battuta, e con lei risero anche gli altri
compagni e poi cercando di soffocare la risata aggiunse:
“Ma davvero credi che qualcuno possa mandarti dei fiori? Se
ci credi tu, noi non ci crediamo …”
“lasciala stare!” tuonò secco Emanuele Tellini
arrivando all’improvviso alle sue spalle, istantaneamente Martina si zittì e si
sedette. Sottovoce Serena disse a Bell:
“Non può essere che sia stato lui a mandarti i fiori?”
Bell scosse la testa e negò:
“assolutamente no, anche perché non ha mai mostrato
interessi particolari nei miei confronti. Anche se ieri sera è venuto sotto
casa mia”
“E cosa voleva?” chiese l’amica
“Non lo so”
“Come fai a non saperlo?”
“Non sono scesa!”
Serena la guardò stupita e le uscì involontariamente:
“Ma sei pazza?”
“No è che ieri mio fratello aveva bisogno di me”.
Iniziò la lezione e le loro chiacchiere si interruppero
subito. Ma anche quel giorno per Bell fu un impresa rimanere attenta alla
spiegazione, perché non faceva altro che pensare a chi avrebbe potuto mandarle
delle rose rosse, e mentre fingeva di prestare attenzione ai professori non
faceva altro che scrivere sui libri e sul diario il nome di Emanuele Tellini accompagnato dal suo nome e disegni astratti. Su
quei nomi ci ripassava più e più volte, quasi a volerseli imprimere nella
testa. Sottovoce Serena le bisbigliò:
“ti ha proprio preso il cuore vero?”
Bell risentita rispose prontamente:
“Ma che vai dicendo …”
“E allora perché continui a scrivere il suo nome ovunque?”
Colpita e affondata.
Non seppe rispondere.
Non capiva neppure
lei cosa avesse nel cuore.
Anche se, una cosa era certa, Emanuele Tellini
non le era per niente indifferente. Anzi ogni volta che lui la guardava sentiva
una scossa elettrica attraversarle il corpo da capo a piedi, ed il suo cuore
prendeva a battere in maniera scomposta, e senza spiegarsi la ragione intuiva
che le sue guance diventavano rosse improvvisamente, e la gola diveniva secca
in un istante,quando studiavano insieme si doveva impegnare al massimo.
Lentamente il suo animo, la sua mente e il suo cuore percepivano con forza un sentimento
del tutto nuovo.
L’amore.
Il primo amore, quello di cui milioni di poeti conosciuti e
anonimi hanno parlato per migliaia di anni senza mai stancarsi. Ripetendo a più
non posso che il primo amore è quello che non si scorda mai, che ti rimane
dentro il cuore, nonostante gli anni passino, e la vita come una nave in balia
delle onde attraversa mille mari, lui riamane lì. Nascosto tra le pagine del
cuore. E Bell, che amava scrivere storie di cavalieri erranti, per la prima
volta percepiva l’intensità dei sentimenti della quale scriveva, e li viveva
appieno, cercando di non affondare in quelle miriadi di sensazioni nuove. Si
ritrovava a fare le cose per cui aveva preso in giro le coetanee. In quel
momento dava la spiegazione a tutto, in qualche modo i sentimenti dovevano
uscire da lei e affrontare il mondo, che venissero scritti nel lembo bianco di
un libro o confessato a voce, questo non aveva importanza. E mentre pensava a
tutto questo Serena le disse:
“Dovresti dirglielo!”
“Non esiste!” fu la risposta secca.
Lei non si sarebbe mai dichiarata per prima! Sognava un
amore vecchio stile, lui che la guardava dritto negli occhi con occhi sognanti,
il suo volto che si avvicinava a lei e lentamente le sfiorava le labbra per poi
dirle ti amo sotto un manto di stelle. Ma questi erano i suoi sogni. Vivere un
amore in prima persona, al di fuori dei suoi libri era tutta un’altra cosa,
anche perché le persone non danno mai le risposte che danno i protagonisti dei
libri. Per quanto tutto quello che scriveva le poteva sembrare reale, niente
era più vero di quello che viveva, e se sognava di dire una parola ad Emanuele
per ottenere una certa risposta; quella risposta non arrivava, ed i gesti che
sperava venissero osservati, puntualmente cadevano nel buio totale. Passava la
maggior parte delle sue giornate a guardarsi allo specchio. Ed i suoi fianchi
erano sempre troppo larghi, la taglia dei suoi jeans era sempre troppo grande
per i suoi gusti. Ed il suo viso era sempre troppo imperfetto o troppo brutto.
Non capiva che la vera bellezza era quella che nascondeva dentro di se.
Un altro pomeriggio.
Un’altra ripetizione.
Bell indossò un maglione tinta panna leggermente scollato,
ed indossò un paio di jeans semplicissimi. Stivali neri con un leggero tacco.
Lasciò i capelli sciolti attorno al suo volto immaturo ma pulito. Prese il
giubbotto tra le braccia, il sole era tiepido e non sentiva la necessità di
indossarlo. Era graziosa, come sempre. E come sempre lei si sentiva piena di
difetti. A passo svelto raggiunse il lungo mare. E lì seduto su una panchina
vide Emanuele ad attenderla.
Iniziò ad ammirarlo da lontano, le parve bellissimo chiuso
nel suo giaccone rosso. Il vento scompigliava leggermente i suoi boccoli
biondi, e quel sole dipingeva nei suoi occhi verdi delle piccole pagliuzze
dorate. Bell si accostò a lui e chiese:
“E’ da molto che aspetti?”
“No tranquilla sono arrivato da poco”tacque un istante,
giusto il tempo di sollevare gli occhi verso Bell e aggiunse: “Sei davvero
bella! Ecco se fosse per me io ti chiamerei Bella”
Bell arrossì vistosamente, non poteva credere alle sue
orecchie, aveva tanto sognato che lui la trovasse bella, che ora non riusciva a
crederci, si sentì come la giovane eroina del romanzo che stava leggendo. Il
cuore le batteva violentemente nel petto e con un filo di voce lei le disse:
“Puoi chiamarmi come meglio credi!” poi riprendendo un po’
il comando di se stessa annunciò:
“Ora è meglio se ripetiamo un po’ che ne dici?”
Lui si alzò in piedi, le prese la mano e propose:
“è una splendida giornata, perché dobbiamo sprecarla?”
“ma siamo ancora indietro col programma …” obiettò lei
Lui non l’ascoltò neppure e la tirò sulla spiaggia.
Passeggiarono in silenzio fin dove vi erano delle barche quasi abbandonate e
Bell esitante chiese:
“Martina non dirà niente se facciamo una passeggiata?”
“Martina? E cosa centra lei adesso- una breve pausa e poi –
non mi va di parlare di lei” la sua voce si era leggermente incrinata ma i suoi
occhi non avevano perso la loro ridente bellezza
“io pensavo che tu e lei stavate insieme …”
Lui strinse la mano di Bell e sommessamente ammise:
“Non hai tutti i torti, in effetti noi … eravamo più che
amici. Il fatto è che passare del tempo con te mi ha fatto pensare a molte cose
… cose che prima ritenevo inutili e senza importanza ora sono completamente
diverse. Hai cambiato la prospettiva di me …”
“Dici davvero?” gli occhi di Bell scintillavano per la gioia
e l’infinita felicità che stava provando in quel momento
“Bella …” sussurrò lui
Bella.
Quel nome.
Il suo nome.
Le scese nel cuore, lentamente. Arrivò come una goccia
d’acqua nel deserto. Le piacque quel modo di vezzeggiarle il nome ed attese che
lui lo ripetesse:
“Bella …”
E la cinse a se, non con violenza, ma con dolcezza, e
passandole una mano sui riccioli rossi le fece reclinare la testa, e posò le
sue labbra su quelle di lei. Era meglio di come l’aveva sognato.
Un sogno.
Un sogno che si interruppe all’improvviso.
Risate. Risate a crepapelle. Strabuzzò gli occhi per un
momento e guardò dritto di fronte a se, e, l’immagine di Emanuele che fino a
pochi istanti prima aveva avuto, si dissolse come spuma del mare.
Lui rideva.
Non un sorriso tenue e dolce. Ma una risata sganasciata,
senza contegno. Le ci volle poco meno di un attimo per udire non troppo lontane
altre risate. Forti e ponderose come quelle del ragazzo che le stava di fronte.
Con gli occhi pieni di lacrime si voltò e vide Martina Loretti
che rideva talmente forte che piangeva. Ma non c’era solo lei. Erano presenti
anche tutti gli altri amici di Emanuele Tellini, che
appena riuscì a prendere fiato le disse:
“davvero pensavi che tu potessi piacermi? Ma ti sei vista?
Hai i capelli che sembrano un nido per uccelli tanto che sono ricci, e quel
colore che hai … è davvero rivoltante, ed il tuo corpo …” soffocò un’altra
risata e aggiunse “certo che i tuoi genitori non potevano assegnarti nome e
cognome più azzeccati Bell pallone!” la fissò negli occhi e vide che il suo
azzurro era divenuto scuro e velato di lacrime si accostò e dolcemente chiese:
“Non dirmi che hai creduto anche alla storia di bella!”
scosse la testa, quasi come per dire poverina, ma non riuscì a trattenersi ,
rise nuovamente.
Tutto era stato un gioco, un modo per prenderla in giro, le
ripetizioni, le rose a San Valentino … tutto era stato architettato per
umiliarla davanti alla classe, proprio come aveva fatto lei involontariamente
il giorno dell’interrogazione.
E fu in quel momento.
Solo allora che Bell scappò via. Lasciando di lei, solo le orme sulla sabbia.
La sveglia suonò a volume altissimo squarciando il silenzio
che avvolgeva la stanzetta, aprì un occhio, e tentoni, cercò quella dannata
sveglia a forma di Pucca che, pareva sorridesse
perfidamente, mentre cantava la sua canzoncina, in fondo al mar … che poi, in
fondo al mar la cantava Sebastian di Ariel, mentre Pucca
è cinese!comunque la storia non cambiò si dovette alzare per forza. Prese in
mano quell’oggetto infernale e cercò il tasto di spegnimento. La sveglia si
illuminò soddisfatta, la poggiò sul comodino mentre lei si sedette sul letto
enorme. Con gesti lenti che perfino un bradipo risultava più veloce di Bell
Pallone ,si alzò al buio, raggiunse il bagno dove diede un’occhiata sfuggente al
suo aspetto, i capelli ricci e rossi erano vaporosi e scomposti come la lana da
filare, sbuffò davanti lo specchio ed evitò di guardarsi,indispettita dal suo
riflesso che mai la mattina le provocava piacere cercò di dare una sistemata a
quella matassa rossa con le mani. Non face in tempo a riprendersi dallo shock
del suo risveglio, che, una voce maschile e forte gli chiese:
“Bell, sei pronta?”
Era ancora in pigiama e non aveva fatto colazione,
posso essere pronta? Ma lui ama farmi sempre la stessa
domanda, tutte le mattine è come un disco rotto, non mi lascia in pace pensò,
ma anziché rispondere comparì sulla porta della cucina trascinando i piedi
avvolti nelle sue pantofole a forma di peluche, guardò suo fratello in faccia,
lui era già ben vestito, perfettamente sbarbato e si era già fatto un’ora di
jogging per tenersi in forma, fisico asciutto e perfetto se non fosse mio
fratello lo corteggerei pensò nuovamente Bell, invidiando la tartaruga al posto
della pancia, i suoi addominali erano sempre belli e guizzanti,alto con capelli biondi quasi rasati e
profondi occhi azzurri.
Bell Pallone lo fissò per un istante ancora stordita dalla
sua immagine rilassata mentre leggeva il giornale e sorseggiava una salutare
spremuta di arancia, carota e limone.
“Come diavolo fa a reggere tutta la mattinata con quel succo
di frutta striminzito?” si chiese la giovane borbottando tra sé, e continuò a
voce bassa
“Io se non butto giù una tazza di latte, ovviamente non
scremato e ben zuccherato, con almeno sei o sette biscotti non riesco a mettere
in movimento il mio cervello figuriamoci il mio corpo! Ho bisogno di energia,
perdindirindina! E poi c’è scritto anche sulla confezione dei biscotti:
Per iniziare bene la giornata bere una tazza di caffelatte e
mangiare quattro biscotti ed un bel kiwi.
Che schifo! Il kiwi. Cioè voglio dire di buon mattino dopo
il latte è un sapore raccapricciante”
Francesco Pallone la guardò con sguardo disapprovantema lei sulla difensiva sostenne il suo
sguardo allargando al massimo i suoi occhi azzurri come i suoi e gli chiese:
“beh? Che vuoi? Sostituisco il kiwi con due biscotti che
sarà mai …”
Lui non rispose ed allora lei come al solito si alzò dal
tavolo depressa, ed il suo solito pensiero cattivo del mattino si fece largo
“i miei genitori hanno dato tuttoa lui, negando a me ogni tipo di bellezza”
Ma questo non era del tutto vero, certamente era una ragazza
fuori dal normale, e quel suo nome poi suonava beffardo ed ironico, Bell
Pallone, proprio lei che non era affatto longilinea e le sue forme erano molto
rotonde, tanto che lei diceva di avere un budino al posto della pancia e dei
magnifici prosciutti al posto delle cosce, ma il suo volto era dolce e
delicato, ed il suo sorriso era splendente come le perle. Si affrettò a
vestirsi, indossò un completo con giacca e pantalone nero, ed una camicetta
bianca sotto, le scarpe nere con un po’ tacco non la facevano di certo sembrare
una dea, piuttosto dava l’aria ad un enorme scarafaggio con una corposa treccia
rossa.
Scese le scale di casa infilandosi un crackerin bocca, mentre con l’altra mano tentava di
tenere in mano una borsa, ovviamente nera, che invece scivolava in
continuazione ed il cellulare che suonava senza sosta, si fermò su un gradino a
cercare il telefono, dopo un po’ di travagliate ricerche lo trovò e rispose:
“Si?”
“Scema sono io muoviti che facciamo tardi!” era Francesco
che come ogni mattina era costretto a chiamarla sul telefonino per farle
accelerare il passo.
Erano passati dieci anni dal giorno del suo diploma, ma Bell
Pallone sperava che ne fossero passati molti di più. L’ultimo anno di scuola
per lei fu il più brutto,ed il più indimenticabile sicuramente. Molte cose
erano avvenute in quegli anni. Francesco si era laureato con il massimo dei
voti, e fu per lei una delle soddisfazioni più grandi. Amava suo fratello, come
se fosse un dio. Era lui che la sosteneva ed era sempre presente nella sua
vita, e quel loro rapporto fatto di finte risse mattutine e giornaliere le
davano il giusto sprint per iniziare la sua giornata con il sorriso. I suoi
genitori, appena era arrivata l’età della pensione si erano preparati i bagagli e avevano preso il volo per un viaggio
lungo a tempo indeterminato. Facevano delle piccole soste a casa, solo per
portare qualche stupido ed inutile regalo ai figli, e poi via, per una nuova
meta da scoprire! Bell invece si era laureata velocemente in architettura
moderna con il massimo dei voti. Ma il giorno in cui fu proclama dottoressa per
lei non fu altro che un giorno come un altro, al suo fianco c’era come sempre
solo Francesco, suo padre e sua madre erano troppo indaffarati su una spiaggia
thailandese. Salì sulla vettura, una fiat 500 rossa fiammante. Era la macchina
che mamma e papà avevano regalato al figlio per la sua laurea ottenuta in tempi
brevissimi.
Con dolcezza Francesco fermò la macchina e fece scendere la
sorella. Come Bell richiuse la portiera si poggiò al finestrino e gli disse:
“Non venire a prendermi a pranzo, mangio a lavoro che ho
delle pratiche da sbrigare” Francesco annuì con la testa e salutandola con un
veloce gesto della mano si allontanò.
Bell si girò ed ammirò la scritta che capeggiava sopra
l’enorme edificio
ARREDAMENTI CONTINO
Lavorava in quel posto da quando si laureò, con la sua
solita flemma si avviò verso l’ingresso, attese qualche istante che la porta a
vetri si aprisse e la lasciasse passare, e si ritrovò a passare il corridoio
aperto che divideva due sale, due ambienti. Una cucina verde brillante, ed una
stanza da letto settecentesca. Grande era l’effetto ottico, erano state allestite
da alcuni giorni, ma a Bell toglieva sempre il fiato, pensare che la creatrice
di quella meraviglia era stata lei.
Arrivò al banco a forma di mezzaluna della reception, come
al solito, lì seduto vi era uno dei suoi principali, che la salutò:
“buongiorno Bell” era un tipo con piccoli occhi castani e
corti capelli dello stesso colore, una bocca grande e più denti di quanti in
realtà servissero. La sua voce era stretta e sottile, e pareva uscisse dal
naso, tutto questo faceva sorridere la ragazza che salutava velocemente
entrando di corsa nel suo ufficio. Sulla porta vi era scritto ARREDATRICE BELL
PALLONE, era indubbiamente molto chic, avere una targhetta col proprio nome
sulla porta dell’ufficio. Si sedette sulla sedia girevole e subito aprì un cassetto,
prese alcuni fogli e li posò sulla grande scrivania.
Stava arredando una
cucina.
Posò la borsa che le era scivolata per terra entrando, prima
di riaccomodarsi sulla sua poltrona mobile, si accostò alla vetrata che dava
sul corridoio ed alzò leggermente le tapparellein modo da potere vedere chi passava. Fece roteare gli occhi e guardando
davanti a se si diede una pacca sulla fronte, e con voce ansiosa:
“perdonami! Scusami Pablo, non volevo, lo sai che sei sempre
nei miei pensieri, ma oggi ero davvero stralunata, pensare che deve venire
quella rompi confetti della Martini … sarà una giornata dura anche per te … ti
do una doppia razione di cibo ok?” Pablo era il suo piccolo pesce rosso, che
nuotava avanti e indietro mentre lei parlava, fregandosene di quello che lei
stesse dicendo, ma Bell era convinta sul serio che lui l’ascoltasse, le aveva
anche imposto il nome del suo cantante preferito … ma lui, non era il pesce
originale, in realtà ne erano già morti tre.
Tutti identici tra loro.
Tutti rossi.
Tutti con quello sguardo da pesce lesso.
Il fatto è, che avveniva una cosa strana, ogni volta che
arrivava la signora Martini diceva:
“Che bel pesce rosso … E’ sempre lo stesso?” poi posava il
suo didietro nella sedia che educatamente Bell le porgeva e continuava
“non sa quanto è fortunata, io avevo dei pesciolini rossi in
casa, ma loro morivano sempre … alla fine ci ho rinunciato, il mio cuore non
può reggere simili dispiaceri” e poi aumentando ancora di più la voce
aggiungeva:
“Allora a che punto è il disegno sulla cucina?”
Bell pazientemente le offriva il disegno, ma c’era sempre
qualcosa che non andava,ela cosa che
più la indispettiva era che dopo qualche ora il suo Pablo galleggiava esanime a
pelo d’acqua.
Si ritrovò a pensare
“speriamo che stamattina tardi un po’” non completò il suo pensiero che la
porta si spalancò all’improvviso, una donna bruna dai lunghi capelli neri era
entrata senza bussare e con voce stridente:
“Che bel pesce rosso … E’ sempre lo stesso?”
Dietro di lei, vi era Pierpaolo Cantino, il giovane fratello
del capo, receptionist, che con la voce sottile:
“Scusa … non mi ha dato il tempo di annunciarla …”
“Non preoccuparti …” rispose soavemente, andando achiudere la porta e guardando Pierpaolosi passò il pollice sul collo, sopportare quella
donna era diventata una pena capitale. Allargò il suo sorriso e si voltò verso
la donna:
“Signora Martini, ho finito un altro progetto, spero che
stavolta le vada bene …”
“caaaara … a me va bene tutto
quello che vuoi tu!”
Col cavolo a merenda! Ca … volo non riesco neppure ad
imprecare! Pensò Bell continuando a sorridere, e rispose:
“Sì però gli altri progetti li ha tutti demoliti uno dietro
l’altro!”
“scusami … e che mio figlio non si decide mai” disse la
donna con occhi da vittima
“Sono qui per questo! Non si preoccupi!”basta che compri … ma i pensieri se li tenne
per se, ed allora mostrò il foglio, la donna lo prese tra le mani e con le
unghie smaltate passò su ogni piccolo particolare scuotendo la testa. Bell era
già preparata a ricevere un’altra risposta negativa, e si era già preparata il
discorso per mandarla al diavolo e dirle di cercarsi un altro mobilificio, o
arredatore o tutto ciò che volesse. Ma l’espressione di donna Martini divenne
luminosa, quasi raggiante tesa ad illuminare il suo volto magro, e sbattendo
l’unghia rossa sul suo naso aquilino gridò:
“lo sapevo che sei un genio! Questa cucina è davvero
perfetta!”
Bell non l’ascoltava e guardava fuori dal vetro, non
riusciva a staccare il suo sguardo da ciò che stava accadendo fuori dal suo
ufficio, nel corridoio. Donna Martini se ne accorse e battendo un colpo di mani
richiamò l’attenzione della giovane arredatrice:
“Signorina Bell Pallone mi vuole dare retta oppure me ne
vado!”
“Come se ne va … non scherzi, le chiedo scusa … non accadrà
più sul serio” La donna accavallò le gambe stirò con le mani i suoi pantaloni
fucsia e disse:
“Certo! Lo so, lo dice ogni qual volta la becco ad
incantarsi a fissare quel belloccio che passeggia ora nel corridoio!”
Bell arrossì vivacemente e si giustificò negando:
“ ma che sta dicendo? Non è vero! Lui poi è il mio capo, non
potrei mai, non sarebbe etico eprofessionale …”
“non venga a parlare a me di etica signorina, io l’etica
l’ho vista scappare a gambe levate per un bel paio d’occhi” i suoi occhi
contornati da tante piccole rughe luccicarono vivacemente perdendosi in lontani
ricordi. Bell sgranò gli occhi incredula, fu sul punto di dire qualcosa ma la
donna la interruppe dicendo:
“So cosa pensa … ma non è come crede! Mi sono sposata una
volta sola io!”
Già sposata solo una volta. Ma le sue parole sono
inconfutabili, mia cara signora! Povero suo marito avrà la testa pesante quanto
quella di cervo. Pensò Bell.
Ma ancora una volta quella donna affascinante e piena di sé
allo stesso tempo sembrò leggerle i pensieri. “ho amato mio marito alla pazzia,
ma quando si fa la stilista per il mondo patinato delle star, si vedono cose
che non si sarebbero mai volute vedere credimi …”
Era passata al “tu”
per quella confidenza sfuggita quasi per caso, e la donna continuò
“Ho vestito molte star del cinema italiano e non solo …”
“non lo sapevo …” non sapeva che dire, sapeva per certo che
avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma in quel momento la sua testa era vuota,
ascoltava ed assimilava le parole della donna con la testa vuota. La porta
dell’ufficio si aprì all’improvviso. Un uomo, alto, dai capelli corvini e
gliocchi azzurri si parò davanti le due
donne.
“sa- salve” mormorò Bell impacciata, mentre Donna Martini lo
guardò dal basso della sua sedia e con voce seccata chiese:
“Non si usa bussare?”
Dal freddo dei suoi occhi l’uomo rispose:
“Io sono il capo qui dentro! Sono Pierre Cantino, posso
entrare ovunque, perché qui è tutto mio”
La donna gli rise in faccia e altezzosamente lo rimbeccò:
“Se questo è tutto suo lo deve a gente come me! Che le porta
i soldi, e deve ringraziare gente come questa povera ragazza che lavora per
lei!”
Bell la guardò intimorita, la sua pelle era divenuta
paonazza, il suo cuore batteva con un intensità che poche volte aveva
conosciuto
“Forza Bell, diglielo quanto lavori! Digli che meriti del
rispetto!”
Bell non rispose.
La sua bocca era secca,e le mani madide di sudore ed allora Pierre Cantino guardandola le disse
duramente:
“Appena avrai terminato ti aspetto nel mio ufficio” ed uscì
sbattendo talmente forte la porta, che i vetri incastrati in essa vibrarono
visibilmente.
“Che maleducato! Perché non gli hai risposto?”
Bell si passò le mani sulle tempie ed iniziò ad agitare le
mani
“E’ il mio capo! Cosa avrei dovuto dire, ora sono nei guai,
mi farà una lavata di testa incredibile, oh perdindirindina!”
“Cosa ho sentito? Che gergo è mai questo? Perdindirindina?
Ho sentito bene?- la sua voce era beffarda, mentre ripeteva quella parola
d’altri tempi- qui ci stava meglio Merda! Così non va ragazza mia!”
“Questa è bella, una
signora anziana mi riprende perché sono educata?”
“Bella! Anziana a chi?”
“Bell! Mi chiamo Bell, e scusi, non volevo darle della
vecchia”
“Che stai dicendo? Lo so che ti chiami Bell, e insisti a
darmi della vecchia?”
“non le sto dando della vecchia, volevo solo proteggere il
mio nome …” Era sul punto di piangere per la vergogna, quando l’interfono
trillò. Era Pierpaolo Cantino che l’avvisava di una visita. Pochi istanti dopo
entrò Francesco Pallone.
Con un pianto irrefrenabile guidò verso casa. Era angosciata
e triste per quello che era successo,sapeva di aver mentito a suo fratello e
questo la faceva stare ancora peggio se possibile. Aveva provato a mettersi a
dieta ma non ci era riuscita e quindi la sua mole non era diminuita. Arrivò a
casa, prese il telefono e compose il numero dell’ufficio. Dall’altro capo del
telefono rispose Pierre e nonostante lui non la potesse vedere Bell arrossì
lievemente:
“Pierre, sono io Bell, ascolta non riesco proprio a venire
oggi pomeriggio, non mi sento molto bene …”
“E cosa ti è successo? Stamattina stavi bene”
“Ma credo di avere un po’ di febbre …” tossì leggermente,
non era abituata a mentire e le rare volte che lo faceva le riusciva male, ed
il suo capo dall’altra parte del telefono le rispose:
“Bell, lo so che non hai la febbre, prenditi subito un imodium e cura la tua diarrea, ti aspetterò domani in
ufficio perché torna quella … - si interruppe un attimo, forse stava passando
qualcuno ed allora lui si trattenne- Bé deve venire la signora Martini” senza
salutare riattaccò.
Bell rimase con la cornetta attaccata all’orecchio, non ci
poteva credere, lui credeva che lei non poteva andare in ufficio perché doveva
correre in bagno ogni trenta secondi! Si sentì sprofondare per la vergogna, si
ricompose leggermente e decise di andare lo stesso a lavorare, non poteva
lasciare che la sua reputazione sprofondasse … in una fogna.
Entrò con le sue spalle ricurve e Pierpaolo subito la
raggiunse:
“Come mai sei venuta? Non stavi male?”
“Sì, ma non preoccuparti sarà solo un po’ di febbre” e calcò
la voce sulla parola febbre, alzando la voce in modo da farsi sentire da più
gente possibile, ma nessuno pareva interessato a lei ed alla sua salute.
Si accasciò sulla sua poltrona, Pablo, nuotava avanti e
indietro senza stancarsi e senza interessarsi a ciò che succedeva al di fuori
della sua bolla di vetro. Bell ebbe poco tempo per stare immota ad osservarlo
perché la sua porta si spalancò all’improvviso. Pierre fermo ed immobile sulla
soglia le apparve davanti. Il suo sguardo azzurro e gelido la perforò e si
rizzò leggermente sulle spalle. La sua mente galoppò via velocemente su
pensieri dorati “è preoccupato per me!” ma la sua voce sferzante distrusse
quelle dolci nubi di sogno:
“Noto che sei tornata, visto che sei qui non ammetto ritardi
o lentezze, quindi vedi di darti da fare, per stasera mi servono tutti i
progetti per i nuovi allestimenti!”
“Ma …” obiettò Bell
Obiezione nulla, lui si era già girato sui tacchi e si era
allontanato.
Un urlo isterico le uscì dalle labbra, quella per lei era
una giornata da dimenticare totalmente. Accese il computer ed iniziò a
lavorare, ma tutte le sue idee erano offuscate, i suoi pensieri erano da
un’altra parte. Erano completamente rivolti a Francesco.
La giornata finì.
Stanca arrivò a casa, si infilò sotto la doccia, quasi a
volersi togliere le tossine che opprimevano la sua pelle. Dopo essersi messa il
suo pigiama decennale rosa, si lanciò sul divano a dedicarsi ad uno dei suoi
sport preferiti “lo zapping” televisivo. Non aveva fame e non aveva voglia di
parlare e vedere alcuno, e in tutta sincerità pregò di addormentarsi prima
dell’arrivo di suo fratello. Ma dopo pochi istanti il citofono trillò rumorosamente,
quasi come se qualcuno si fosse attaccato al tasto del campanello e si
divertisse a farlo suonare. Bell con lentezza si alzò dal divano ed andò ad
aprire. Aprì anche il portone di casa senza chiedere chi fosse, e dopo pochi
istanti apparve una giovane donna dai lunghi capelli castani striati di piccole
meche rosse, grandi occhi verdi ed una lunga frangia sulla fronte. Aveva le
mani colme di pacchetti della rosticceria e chiuse il portone con il tallone e
con allegria, disse imitando la voce di Bell:
“Che bello! Sei venuta! Ti stavo aspettando non vedevo l’ora
che tu arrivassi!” e poi con la sua voce normale si rispose:
“Oooohhhhh non sarei mai potuta
mancare alla nostra serata di pollo arrosto e patatine fritte”
“Scusa …” sembrava che quel giorno Bell non conoscesse altre
parole. Guardò la sua amica, era la stessa di sempre,gli anni erano passati e
Serena Caterina,era diventata una bella ragazza, alta, e dai lineamenti dolci.
Con quello sguardo sempre aperto sul mondo. Con il sorriso di chi si affida al
prossimo sperando che gli stessi possano essere così con te. Aveva dovuto
abbandonare i suoi sogni di diventare estetista, ed ora lavorava in un negozio
di ottica. Ma la sua passione non era sopita, l’aveva tenuta con se,
coltivandola e facendola crescere con se. Aveva compreso col tempo che i sogni
non sempre si realizzano, ma che comunque ti tengono compagnia per la vita,
regalando un sospiro ed un sorriso, anche quando si avrebbe voglia di piangere.
L’amica le si avvicinò e le chiese preoccupata, facendo sparire dal suo volto
ogni traccia di ironia:
“Che sta succedendo? Come mai hai questa faccia?”
“E’ stata una delle giornate più brutte di tutta la mia
vita”
“Che stai dicendo? È colpa di Pierre vero?”
“No! Stavolta è tutta colpa mia, ho fatto tutto da sola, ho
litigato con Francesco, ma stavolta ha ragione e non so se mi perdonerà”
“Cosa può essere successo di tanto terrificante spiegami,
non capisco”
“gli ho mentito, per questo è arrabbiato con me”
“In che senso?”
“Gli avevo detto che stavo seguendo la dieta …”
“E invece?”
“Serena, non è vero! Non sto seguendo nessuna dieta! Faccio
schifo, non mi posso guardare allo specchio” una lacrima cristallina le solcò
le gote e si fermò sul mento
Serena si mise accanto alei e accarezzandola cercò di consolarla:
“Non è poi la fine del mondo …”
“Lo so, il problema non sta nel fatto che io non sia
realmente a dieta, la cosa grave è che ho raccontato una grave bugia a mio
fratello! La persona che più stimo al mondo!”
“Appunto per questo, fossi in te non mi preoccuperei molto,
tuo fratello è una persona intelligente capirà che non l’hai fatto con
cattiveria”
“Già” annuì con la testa, le poche parole scambiate con la
sua amica la fecero stare leggermente meglio, poi la guardò e si accorse che
era diversa dal solito, indossava un semplice jeans con degli stivaletti corti,
ed una lunga maglia che lasciava la schiena scoperta,e glielo disse:
“Serena, oggi sei diversa, è successo qualcosa?”
Lei la guardò dritta negli occhi e rimase perplessa,
nonostante Bell fosse una delle sue più care amiche non si abituava mai al
fatto che le bastasse uno sguardo per capirla a fondo, ma non gliela diede
vinta e rispose con un’altra domanda:
“Perché?” e si alzò andando verso il tavolo con il piano in
vetro, apri un’anta del mobile della cucina giallo limone e prese dei piatti di
plastica senza guardare Bell.
“sei diversa oggi, di solito metti la fascia in testa e i
capelli sono spettinati …” poi sottovoce aggiunse “e sporchi …”
“Oh quello è un capitolo chiuso!” sentenziò senza aggiungere
altro,e d allora Bell ormai incuriosita dall’atteggiamento misterioso
dell’amica incalzò
“Già, capitolo chiuso come quella volta che eri diventata
vegetariana?”
“Bell, senti con Arcibaldo è tutto finito solo perché io non
riuscivo a rinunciare alla carne grigliata, mmmhhquel sapore intenso dove le papille gustative
facevano festa … era troppo! E poi ero stufa di mangiare zuppe di farro e
avena! Non sono mica un cavallo!”
Nitrì imitando il verso del quadrupede e rise, ma Bell
rimase seria e chiese:
“Ed invece Rolando perché non andava bene?”
“Non lo so … mi piaceva stare con lui, era carino, anche se
alle volte si comportava un po’ stranamente”
“Eppure eri stata proprio tua giurami che finalmente avevi
trovato l’uomo perfetto, quello che ti faceva stare bene, che lo stile di vita
hippy era fatto per te, che rimpiangevi il fatto di non essere nata negli anni
sessanta …”
“Bell, non era vero niente, il fatto è che io seguivo lui,
tutto quello che ho fatto era solo per assomigliare lui, la cosa peggiore è che
non è la prima volta, mi sono resa conto che per stare insieme ad un uomo io
cambio, divento per lui come una specie di geisha, plasmo il mio essere,
divento un'altra, con Arcibaldo ho finto di odiare le pellicce e la carne, ed
invece io adoro pellicce e giubbotti di pelle, non potevamo più stare insieme,
poi per fortuna mi ha trovato in una festa di paese dove facevo una gara a chi
mangiava più costolette di maiale grigliate … e poi Rolando, lui è stato uno sbaglio!”
la sua fu un’affermazione e poi riprese “ero sporca, perché gli hippy non si
lavano, ero vestita come una zingara perché gli hippy non usano le maglie e le
scarpe firmate, mentre passando per le vetrine sognavo un paio di scarpe PRADA,
e poi c’e stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’altra sera mi ha
offerto uno spinello, e mi ha detto, dai lo facciamo tutti, che schifo! Non era
assolutamente per me, figlia dei fiori va bene, ma non drogata!” con queste
ultime parole concluse il suo monologo, e Bell che era rimasta in silenzio ad
ascoltarla le disse:
“Hai fatto bene, penso che tu non dovresti cambiare per
piacere agli altri, sei bellissima così” il suo stomaco brontolò rumorosamente
e Serena chiese:
“Ma hai fame?”
“no” mentì, ma
l’amica l’incalzò:
“Da quanto tempo non mangi?”
“Da stamattina …”
Serena aprì le
scatole in alluminio e tirò fuori le pietanze, il profumo del pollo allo spiedo
invase la stanza.
Bell si alzò dal divano con lentezza, come se quel movimento
le costasse un dolore tremendo, si sedette vicino al tavolo e Serena gli porse
del pollo con delle patate fritte.
“no grazie …” disse Bell restituendole il piatto, e guardò
dentro un altro recipiente piene di verdure cotte al vapore, e Serena le
spiegò:
“mentre venivo a casa tua sono entrata in quel ristorante
cinese che hanno aperto da poco e ho preso un po’ di verdurine
, ma mangiale tu!”
Non fece complimenti e prese il cartoncino tra le mani ed
affondò la forchetta in quelle verdure dai tanti colori differenti e le gustò,
la sua fame iniziò a placarsi,e d anche il suo umore stava lentamente
migliorando, quando udì scattare la serratura del portone, rimase con la bocca
piena e la forchetta a mezz’aria, non poteva essere nessun altro che lui.
Francesco.
Disse un secco “Ciao” più per educazione nei confronti di
Serena che per sua sorella, lui la guardò e dalla bocca le cadde un filetto di
carota tagliato a julienne e sarcasticamente le
disse:
“la tua cena deve essere davvero deliziosa, peccato che a me
sia passata la fame” e se ne andò in camera sua.
Bell posò la forchetta e lasciò tutto sul tavolo. Aveva
nuovamente perso l’appetito e disse singhiozzando:
“Lo sapevo che non dovevo ascoltarti e non cenare”
“Non è così che risolvi il problema! Ammettiamo che stasera
tu non avessi mangiato, domani cosa credi che avresti fatto? Continuato il
digiuno?” parlava senza dare spazio a risposta alcuna
“devi risolvere il problema in un altro modo. Vuoi
dimagrire? Bene mettiti a dieta! Ma una dieta giusta salutare, non devi fare
una di quelle diede assurde che si trovano sui giornali, fai sport …” tacque un
istante e poi con un urlo, come se le si fosse accesa una lampadina esclamò:
“Ho trovato, ci rimetteremo in linea insieme”
“La fai facile tu! Sei bella e magra, non ne hai bisogno”
“Insomma la vuoi finire di piangerti addosso? Sto solo
cercando di aiutarti, ma quando tu sei di pessimo umore è meglio lasciarti
sola” si alzò e si diresse verso la porta per uscire ma Bell la fermò:
“No per favore, non andartene …” delle piccole lacrime le
solcarono nuovamente il viso
“Oggi è stata una giornata veramente orrenda, tutto è
iniziato stamattina, con la signora Martini”
“Ancora quella donna? Ti è morto un altro pesce?” la interruppe
“No. Almeno credo … non so se Pablo sia ancora vivo. Il
fatto è che per colpa sua ho dovuto sopportare un’altra sfuriata di Pierre, e
tu sai quanto non mi piace essere ripresa da lui”
“Bell, lui ti fa scenate sul lavoro tutti i giorni”
“Si hai ragione, ma lui è così bello … vorrei tanto che lui
mi guardasse con gli stessi occhi con la quale lo guardo io”
“Oggi sei andata fuori di testa! Lo credo sinceramente , tu
stai blaterando cara”
Ma Bell parve non averla neppure sentita e proseguì:
“non sto blaterando, il fatto è che mai nessuno mi ha
guardato sul serio. Ricordo come se fosse ieri Emanuele Tellini,
che mi ride in faccia, al solo pensiero che io mi fossi potuta innamorare di
lui” nella mente le rimbombarono le parole di Martina Loretti,
che le diceva, mai nessuno ti vorrà! Sei una balena mostruosa,quella frase si
era fissata nella sua anima,come se fosse stata incisa con fuoco. E la cosa
peggiore era che lei credeva vivamente in quello che le era stato detto circa
dieci anni prima. Quella giornata così lontana, ma vicina nella sua mente, le
aveva cambiato il carattere. Non si fidava pienamente degli altri, e
soprattutto era decisa a non innamorarsi più, per il solo fatto di non dover
soffrire, perché non voleva compiere gli errori fatti in passato. Infatti
faceva di tutto per nascondere i suoi sentimenti verso Pierre Cantino. La sola
ad essere a conoscenza di questo suo amore platonico ed impossibile era Serena,
e fu lei che disse:
“Bell, tu stai parlando di una storia vecchia di dieci anni”
l’aveva presa per le spalle e la stava scrollando, e lei parve reagire
“Appunto! È da dieci lunghi anni che nessuno mi guarda e mi
vuole, lui me lo aveva detto! Certo lo aveva solo sussurrato, ma io l’avevo
sentito benissimo, tanto non ti vorrà mai più nessuno! E aveva ragione, e non
provare a dire che sono io che mi faccio mille problemi inutili, altrimenti
avrei trovato uno straccio di fidanzato, o almeno un uomo che mi guardi come si
guarda una donna” si ammutolì di colpo con lo sguardo perso nel vuoto e Serena
le disse soltanto:
“La verità è che non si accorgono di quanto tu sia bella
dentro. E non lo dico perché sei mia amica, ma perché lo penso veramente.”
ANGOLO AUTRICE
Chiedo scusa per l’immenso ritardo, ma l’estate è così fa
volare via i giorni senza neppure che riesca a rendermene conto, una cosa è
certa:
Donna
Martini rimase affascinata dal giovane, che come si accorse della sua presenza,
gli prese la mano e fece il gesto di baciargliela.
La Donna rimase affascinata dal
gesto e glielo disse:
“Ah che bello! Sono felice di vedere che qualche gentiluomo esiste
ancora”
Bell sollevò gli occhi al cielo per quel gesto plateale ed
esibizionista
“Chi è cara questo giovane così bello ed educato? Il tuo
fidanzato?”
“Signora lui è mio fratello- poi volgendosi verso il
ragazzo- Francesco lei è Manuela Martini.”
“Finalmente qualcuno che non inizi con Pier.” Poi guardando
verso la sorella aggiunse:
“ma i genitori dei tuoi capi, che razza di fantasia avevano?
Ti rendi conto? Ne saluti uno e si girano in tre! Pierre, Pierpaolo, e Pierfrancesca!Persino mamma e papà hanno avuto più fantasia con te!” rise alla sua
battuta, Bell no.
E chiese:
“Che sei venuto a fare? Sto lavorando …”
“Niente! Solo a tenerti compagnia, il mio turno inizia più
tardi” parlava dimentico che vi era una terza persona nella stanza e fu proprio
la sorella a ricordarglielo:
“Se non ti spiace parlerei più tardi dei fatti nostri, ho
una cliente in caso non te ne fossi accorto”
Sgranò i grandi occhi azzurri, e allegramente si scusò ed
uscì in fretta dall’ufficio
“hai un fratello davvero bello! Ed è anche molto simpatico”
“sì ma troppo impiccione” rispose Bell sulle sue
“perché sei così dura? Si vede che ti vuole bene”
“Signora Martini, mi scusi ma parliamo della sua cucina …”
“Chiamami Manuela, è più confidenziale, e tu cara, mi sei
tanto simpatica” poi quasi ricordandosi aggiunse:
“già più tardi devi andare a rendere conto della mia cucina
a quel villano”
“Non lo dire ti prego, la sua è tutta apparenza,certamente
alle volte è un po’ brusco, ma non è sempre così” e lasciò la frase in sospeso.
Sognante.
Perché lui, in realtà, era sempre così.
Scontroso.
Al limite della
maleducazione, ma lei non lo poteva ammettere, lei lo guardava con gli occhi
dell’amore, dal primo giorno in cui era arrivata, era rimasta affascinata da
quel giovane tanto attraente quando spavaldo. Poteva ammettere tranquillamente
che Pierre Cantino, era senza ombra di dubbio il suo secondo amore. Non era
fiera di ammetterlo neppure con se stessa, perché quando era poco più di una
ragazzina, aveva giurato a se stessa che non si sarebbe mai più innamorata. Ma
non era facile poter mantenere una promessa del genere. Anche sea dire il vero, il suo era un amore del tutto
particolare, strano. Sentiva che tutto era molto fantasioso. Era come se si
fosse creata un amore di fantasia per tenere a debita distanza l’amore vero.
Quello fatto di contatti, profumi, risate, litigi e sofferenze. E lei non
voleva soffrire. Ma non lo ammetteva, e giornalmente inseguiva quell’amore,
come Alice inseguiva il bianconiglio nel paese delle
meraviglie.
Cercando di cambiare discorso Bell propose:
“Allora Manuela, andiamo a vedere un’esposizione che
potrebbe somigliare al mio progetto?”
“non ora cara, facciamo un altro giorno che porto anche mio
figlio …” le diede due baci sulle guance morbide a inforcando un grosso paio di
occhiali da sole se ne andò con la sua camminata decisa.
Bell si rituffò sulla sua poltrona, quella donna aveva il
potere di sfinirla sul serio, era stanca come se avesse lavorato in centro di
beneficienza tutto il giorno. Dopo qualche istante bussò alla sua porta
Pierpaolo, e con la sua solita flemmala
chiamò:
“Bell, ti vuole Pierre.”
Non rispose, si sistemò la grossa treccia rossa, strofinò le
labbra cercando di abbellirsi un po’. Non aveva bisogno di queste accortezze,
perché il suo ovale era soave, la carnagione bianca entrava in contrasto con le
sue labbra scarlatte per natura,e si impreziosiva grazie all’azzurro dei suoi
occhi che brillavano come il mare quando il sole gli si riflette.
Pochi istanti dopo era nell’ufficio di Pierre, un ufficio
simile al suo, per grandezza ed arredamento, lui come al solito era seduto
sulla poltrona in pelle marrone:
“Pierre, scusa per”
“Niente scuse Bell - la interruppe lui sollevando gli occhi
dal computer- ti sei comportata veramente male, non devi permettere ai clienti
di fare ciò che vogliono, sono stato chiaro, quindi cerca di venderle al più
presto la sua dannata cucina e poi fuori!”
“Certo Pierre, hai ragione tu”
“io ho sempre ragione, dovresti averlo imparato ormai”
Bell era lì in piedi che lo fissava come se lui fosse stato
un bel quadro,elui accorgendosi del suo
sguardo:
“Bé? Cosa ci fai ancora lì impalata? Vai …” con la mano le
fece cenno di uscire.
Era ora di pranzo ed uscì dal mobilificio, un fischio
richiamò la sua attenzione.
Appoggiato alla macchina, vi era Francesco che l’attendeva.
Bell si avvicinò a lui:
“Che fai ancora qui?”
“Aspettavo te per il pranzo”
Salirono in macchina, ed una volta che l’auto camminava lui
gli disse:
“Oggi ti porto a mangiare in posto davvero speciale”
Bell abbozzò un sorriso, quando lui parlava di un posto
speciale sapeva benea cosa si riferiva
… la tavola calda vicino all’ospedale dove lui lavorava. Francesco Pallone,
dopo la laurea in medicinastava prendendo
la specializzazione in pediatria. Aveva una dolcezza infinita quando visitava i
bambini, ed al tempo stesso riusciva a mantenere la giusta freddezza quando i
casi non erano semplici. Nella sua mente era impresso il ricordo di quella
volta che era arrivato un bambino che aveva una grave crisi respiratoria. Lui
non era operativo, gli era solo concesso di osservare dall’esterno. Il primario
gli aveva praticato la respirazione artificiale e poi applicato un respiratore.
Vedeva la madre dallo spiraglio della porta in sala d’attesa, pallida come un
cencio, che piangeva e piangeva senza fermarsi. Era dovuto andare a comunicarle
che non sapevano dire se il piccolo ce l’avrebbe fatta a superare la crisi. La
donna gli si avvinghiò al corpo scuotendolo con forza, lui rimase immobile, con
le braccia distese lungo il corpo e la sola che era riuscito a dirle era:
“Stiamo facendo il possibile”
Ma ovviamente per quella donna il possibile non era
abbastanza, lei voleva l’impossibile. Un altro al suo posto avrebbe preferito
mollare e cercare un’altra specializzazione, ma Francesco in quel preciso
istante decise di andare avanti e cercare l’impossibile. L’impossibile per
salvare più vite umane possibili. Spesso Bell lo accompagnava all’ospedale, e
lo aspettava in attesa che lui finisse il suo turno. Erano uniti, fratello e
sorella che si sostenevano a vicenda, nei momenti difficili e nei momenti di
gioia. I loro genitori, non erano mai stati molto presenti, avevano sempre
pensato molto a loro stessi, ma con questo non gli avevano fatto mancare nulla.
Avevano fatto fare ai loro figli ciò che volevano della loro vita, ed ora che
erano perfettamente indipendenti li avevano “abbandonati” per godere la loro
seconda giovinezza.
Come entrarono nel locale, un odore di fritture miste li
circondò,e un chiacchiericcio continuò gli entrò nelle orecchie, si accostarono
al banconee salutarono il ragazzo che
vi stava dietro:
“Ciao Flavio”
Bell prese posto ad un tavolino rotondo, mentre Francesco
era rimasto al bancone per ordinare
“prendiamo il solito” disse prima di allontanarsi e sedersi
accanto alla sorella.
Bell con nonchalance chiese:
“Hai ordinato anche per me?”
“Si certo, il solito …”
La giovane sbiancò in viso, si alzò di scatto e il peso
della borsa fece cadere la sedia all’indietro creando un enorme fracasso, , il
voltò di Bell divenne paonazzo in un secondo, ed alzando le braccia al cielo
disse:
“non è successo niente! Non ho rotto nulla” alzò la sedia
lentamente e si sedette abbandonandosi, mentre sentì lo sguardo del fratello
aggredirla.
“Che c’è? Non l’ho mica fatto apposta!” sbuffò guardandosi
attorno. Nessuno la stava guardando o si curava più di lei, ma sentiva lo
stesso su se stessa tutte le attenzioni. Fece finta di cercare qualcosa nella
sua borsa, quando Flavio fu di fronte a loro con il vassoio stracolmo. Posò sul
tavolo, un’insalata mista condita con un cucchiaio d’olio e succo di limone, ed
una bottiglietta d’acqua naturale, che porse a Francesco, poi lasciò sullo
stesso tavolo una bottiglia di coca cola, un piatto di patate fritte con
wurstel, maionese e ketchup, verso Bell.
“Flavio, ci deve essere un errore …” sussurrò Bell, facendo
ondeggiare i suoi capelli rossi.
“Sicuro!” Si intromise Francesco.
Il giovane, guardò i due fratelli perplesso e sbottò:
“sentitemi bene, mangiate qui tutti i giorni, mi ricordo
bene cosa prendete …”
Bell abbassò lo sguardo sul suo piatto. Si sentì morire
tutti i suoi sforzi erano stati vani, come Flavio si allontanò Francesco
chiese:
“Mi vuoi spiegare?”
Silenzio.
“Bell, non mi prendere per il culo! Tre mesi fa mi hai detto
che eri stufa di essere Bell Pallone in tutti i sensi e che volevi dimagrire!
Mi avevi giurato che non avresti più mangiato porcherie! Cosa devo fare con te?
Mi hai preso in giro? Dicevi che stavi andando avanti con misere insalate … e
invece devo scoprire che non era vero niente? Ti volevo chiedere di fare degli
esami per capire come mai non avevi perso neppure un grammo, mi stavo
preoccupando per la tua salute ed invece scopro che mi stavi prendendo per i
fondelli” il suo tono di voce era leggermente alterato e fu la sorella a dirle
“Abbassa la voce ti prego …”
“abbassa la voce? Abbassa la voce? Ma capisci cos’è che mi
fa stare peggio in tutta questa storia? Le balle che mi hai raccontato!” tacque
un attimo poi disse alzandosi
“Non ho più fame, prenditi pure la macchina e vattene, per
tornare a casa chiederò un passaggio”
Bell si alzò dal tavolo, lasciò delle banconote per pagare
il conto e raggiunse il fratello di corsa
“Scusami …” non riuscì ad aggiungere altro, la sua voce era
rotta dal pianto.
“Non è a me che devi chiedere scusa! Ma a te stessa!” e se
ne andò raggiungendo l’entrata dell’ospedale.
Un nuovo giorno si stava affacciando sulla città. Un
albeggiare che donava vita e riluceva sulle case dorandole appena. Bell e
Serena stavano correndo lungo il viale alberato, Bell si piegò su se stessa
sbuffando e tenendosi il fianco destro, una fitta lancinante la stava
martoriando e con un filo di voce disse:
“Pietà, non ce la faccio più!”
“Cosa sento? Ma se abbiamo appena iniziato a correre! Non
saranno passati neppure dieci minuti!”
“ma mi fa male la milza, e poi mi sento sballottare tutto!”
“E’ proprio per eliminare quello che ti sballotta che
abbiamo deciso di correre”
Scosse la testa in segno di resa, e ribadì:
“basta!”
“va bene, però poi non lamentarti se non riesci a far pace
con tuo fratello” sapeva di aver colpito un tasto dolente,e così sperava di
farla reagire. E fu così. Corse per altri cinque minuti e poi si arrese alla
sua pigrizia accumulata sedendosi sul ciglio di un’aiuola, stremata reclinò le
spalle in avanti e si mise a fissare le sue scarpe da tennis trasandate,efu in quell’istante che Serena inorridì. Le
si precipitò addosso, le prese le spalle e con violenza le tirò su,e
guardandola dritta in volto:
“Questa cosa non farla mai più!”
“Quale cosa?” chiese stralunata e sorpresa l’amica
“Questa!” e gobbò le sue spalle
come il gobbo di notre damee camminò avanti e indietro per alcuni
istanti
“se vai avanti cosìti verrà la gobba, invece tu devi sempre camminare dritta guardando il
mondo davanti a te!”
“Ma non ci riesco” fu la magra risposta.
“Non riesci perché non ti impegni, poi cerca di curarti di
più i capelli! Sembri uno spaventapasseri”
Bell la guardò incredula, Serena non le aveva mai detto
tutte queste cose. Ma un sorriso sfuggì dalle sue labbra
“Perché ridi?” chiese l’amica infervorata dal discorso
“Rido perché proprio tu mi fai la morale in questo momento
che fai una fascia sulla fronte e i capelli che sembrano rovi di spine …”
Serena rise per quella descrizione, autentica e senza
cattiveria, poi sedendosi accanto a lei riprese:
“Bell, sto parlando seriamente, dovresti prenderti un po’
più cura di te”
“Perché me lo dici solo adesso?”
“perché per la prima volta sento, che sei tu per davvero che
vuoi diventare un’altra, prima non potevo e non volevo importi il fatto di
essere più curata, perché io stessa cambio a seconda delle mie sensazioni
momentanee, ed ora ho capito che è sbagliato, che voglio essere solo me stessa,
ma tu dovresti sfruttare questo momento, perché non tutto ciò che avviene, non
tutti i cambiamenti sono negativi …” seria come lo era poche volte Serena le
esternò tutto quello che aveva dentro.
Quella mattina a lavoro, nonostante i suoi abiti erano
sempre gli stessi, nonostante il nero dei suoi pantaloni abbinati ad una maglia
grigia dessero un tono triste, solo un piccolo collo di camicetta bianca dava
un segnale di una freschezza nuova.
I rossi capelli sciolti sulle spalle erano morbidi e
lucenti, ed il suo sorriso gioviale come non le accadeva da molto, entrò nel
suo ufficio ricordando i piccoli accorgimenti che le aveva suggerito Serena,
per poco non lanciò un urlo. Fu colta di sorpresa. Nessuno l’aveva avvertita.
Ma ora che ci pensava bene Pierpaolo non c’era alla scrivania, uscì di corsa
dal suo ufficio ed andò a cercarlo, lo trovò, piegato che inveiva contro la
macchinetta che distribuiva snack e caffè caldi:
“Sporca macchinetta! Ti sei fregata i miei cinque
centesimi!” gli diede una manata sul fianco che echeggiò nella saletta.
Bell lo guardò basita, sapeva che era tirchio, ma non
immaginava minimamente che potesse arrivare a tanto, schiaffeggiare una povera
macchina che elargiva spuntini per una somma miserabile. Quando udì la voce di
Bell recuperò un po’ di contegno e disse:
“Bell –fece una pausa lunga ed imbarazzante -cosa fai qui?
Arrivi in ritardo e già ti prendi un caffè?”
“No! Veramente sono venutachiederti perché la signora Martini è già nel mio ufficio anche se io
non ero ancora arrivata!”
La guardò come se la vedesse per la prima volta. Qualcosa di
nuovo era avvenuto in lei, eppure apparentemente nulla era cambiato, si accorse
anche che il suo tono di voce era deciso e secco senza aver perso la dolcezza
che la caratterizzava:
“non ha voluto saperne di aspettare … e si è precipitata nel
tuo studio”
“Pierpaolo per questa volta va bene, ma per favore non farlo
più!” si girò e se ne andò, ma prima che potesse allontanarsi lui la fermò:
“Ricordati che oggi hai l’incontro con l’architetto nuovo!
Mi raccomando, Pierre ci tiene che il lavoro vada in porto senza problemi”
“d’accordo” gli rispose senza neppure voltarsi e raggiunse
nuovamente la sua scrivania, e prima di sedersi salutò Manuela Martini con
finta enfasi.
“allora Manuela, come mai di nuovo da queste parti?”
Ma la donna non rispose alla domanda e disse:
“Ti ho portato un’amica per il tuo Pablo, credo che si
sentisse parecchio solo ultimamente, nessuno può stare solo lo sai? L’amore è
la forza che muove il mondo …”
“signora Manuela lo so benissimo, ma io le chiesto perché è
venuta da me!”
La donna si passò una mano fra i lunghi capelli neri e
lisciando i suoi jeans si sedette e continuò:
“Mia cara,vedi,tu
sei come il tuo Pablo avresti bisogno di un cambiamento, di un po’ di
compagnia, ma la compagnia bisogna cercarla, non viene da sola credimi, e credo
che se tu cambiassi un po’il tuo look …oh non fraintendermi nonintendo
dire che sei brutta, seisolo un po’
troppo rigida, tutto quel nero ed il grigio, un po’ di colore non ti
guasterebbe, senza calcolare che se fossi in te metterei qualche gonna in più”
“Manuela non siamo qui per parlare di me! Non va bene la
cucina che le ho fatto vedere ieri?”
“Va benissimo per me” questa volta rispose “ è solo che
vorrebbe vederla mio figlio, lui è un cuoco molto affermato, chi meglio di lui
sa indicarmi se la cucina va bene? È molto bravo lo sai? Lo dovresti conoscere
è proprio un bravo ragazzo! Dovrebbe arrivare a momenti …”
Non fece in tempo a completare la frase che l’interfono
trillò:
“Bell, è arrivato il signor Martini, ed anche l’architetto”
“Arrivo subito” rispose
Si alzò dalla sua poltrona girevole e lisciando i pantaloni
si avvicinò alla porta, e solo prima di uscire si volse verso la signora
“Vengo subito, devo solo sbrigare una piccola pratica con
l’architetto e arrivo mi può scusare?”
“ma certo cara, vai pure, io ti spetto qui e controllo che i
pesci facciano amicizia, tu nel frattempo pensa a ciò che ti ho detto”
Richiuse la porta alle sue spalle e tirò un sospiro di
sollievo. Raggiunse l’atrio e nel frattempo pensava a come potesse essere il
figlio di Manuela Martini, e se lo immaginò con una pancia prominenteun volto rotondo ed il naso rosso. Proprio
come il cuoco Gusteau di ratatouille, oppure
somigliava a Gualtiero Marchesi, le due figure si fusero fra loro e l’immagine
fu orribile.
La rimosse dalla sua mente.
Per la seconda volta quella mattina dovette trattenere un
urlo. I suoi pensieri avevano preso vita! Di fronte a lei aveva un uomo non
molto alto, con un pancione enorme ed naso rubicondo, era proprio l’immagine
che aveva appena cancellato. Il suo sguardo fu catturato dal ragazzo poco
distante, era alto, con capelli castani, lisci e un po’ scompigliati, teneva le
mani in tasca guardandosi attorno. Quando si voltò Bell notò che indossava
lenti da sole a goccia sul naso, che gli coprivano parte del viso. Si
attorcigliò un riccio fra le mani e volgendosi verso Pierpaolo disse:
“Offri un caffè al signore, io faccio in fretta, vado ad
occuparmi dell’architetto, altrimenti Pierre mi uccide sul serio”
Pierpaolo la guardò con odio, doveva offrire un caffè di tasca
sua!, poi cercò di fermarla per dirle qualcosa, ma ormai si era allontanata.
“piacere io sono Bell Pallone” tese la mano al giovane, lui
la strinse con forza
“il piacere è mio!”
“Scusa se ti ho fatto attendere, posso darti del tu vero?”
“certo, ti sembro tanto vecchio da dovermi dare del lei?”
“No appunto!” gli sferrò un sorriso ampio e proseguì fra le
varie sale allestite e disse:
“spero che qui sia tutto di tuo gradimento, la maggior parte
degli arredamenti li ho curati io nei dettagli …”
“hai davvero un gran gusto, trovo che sia tutto splendido.
L’avevo sentito dire che eri brava ma non immaginavo fino a questo punto”
“Così mi metti in imbarazzo, io faccio del mio meglio, ci
tengo a questo posto, anche se non è mio e sono solo una dipendente”
“mi hanno detto che sei anche meglio del capo!”
“non esageriamo …”
“beh, da quello che vedo sei sicuramente la colonna
portante”
“Preferisci vedere qualcosa di particolare? Che so … i
salotti?”
Lui la guardò perplesso e rispose
“Mi basta vedere le cucine”
“Ah le cucine … d’accordo” sospirò
“Hai qualcosa contro le cucine?”
“assolutamente no. Il fatto è che oggi ne dovrò vedere
parecchie, c’è una signora che è più di tre mesi che viene a farsi fare
progetti, guardare gli allestimenti, farsi fare preventivi … e ancora non ha
preso niente! In compenso mi ha fatto morire quattro pesci rossi!”
Lui rise mentre Bell aggiunse:
“E oggi la signora deve fare vedere la cucina al suo
figliolo … un cuoco dice lei, famoso, bravo, vince premi a tutto spiano. Ma
guarda se tu vedessi lei …”
“Perché che ha?” la incalzò lui
“penso che le manchi qualcosa, è bizzarra, veste sempre con
mille colori, crede di essere una ragazzina”
“Anche tu non staresti male con qualcosa di più colorato
addosso”
“Provvederò allora”
Nel frattempo il giovane aveva tolto gli occhiali da sole e
aveva rivelato i suoi immensi occhi scuri, di un colore indefinito, erano
castani scuri, quasi neri, ma delle piccole pagliuzze facevano vibrare quelle
iridi rendendole di un colore indefinito.
Non parlava molto, e la guardava sorridendo ascoltando ogni
sua parola. Girarono tutto l’edificio camminando lentamente, senza rendersi
conto del tempo che passava. Quando raggiunsero nuovamente l’atrio, l’uomo
panciuto era sprofondato in una poltroncina appisolato.
Bell alzò gli occhi
al cielo spalancando le braccia.
“ci vuole pazienza” disse guardando il suo accompagnatore, e
aggiunse, “vieni con me, ho la cliente ammazza pesci col pensiero in ufficio,
le dico che il figlio si è addormentato mentre ci aspettava”
Annuì senza rispondere e passò la porta a vetri.
Manuela Martini si alzò dalla sedia e corse incontro al
giovane:
“allora ti è piaciuta la cucina? Che ne pensi?”
Bell la guardò incredula e pensò
“questa è proprio
squinternata non riconosce neppure il figlio” ed allora intervenne:
“Signora Che sta dicendo?”
“Credi che non conosca mio figlio?” rimbeccò la donna
“Piacere Daniele Martini” allungò la mano verso Bell ma lei
non la prese, era troppo scioccata, si passò una mano sul volto e farfugliò:
“se tu sei … allora lui è …” fece delle smorfie col viso e
per poco non ebbe una crisi di pianto quando lui specificò:
“Sono il figlio di Manuela, il cuoco, quello bravo che vince
un sacco di premi”
“ho fatto un gran casino, scusa … dimentica quello che ho
detto” aveva criticato Manuela Martini con il figlio! Con cinque miliardi di
persone sulla faccia della terra aveva scelto proprio la persona giusta per
fare una critica!
Lei che odiava le critiche ed i pettegolezzi!
Dio Santo, anche lui però, non aveva la faccia da cuoco che
si era immaginata, ma tutt’altro, era bello e magro!
Sbiancò.
Girando per la stanza ingombra di carte si ricordò
dell’architetto:
“Perdindirindina l’architetto! L’architetto è quello che
dorme sulla poltrona”
“Già” le disse Daniele Martini, che pareva starle dietro con
quei suoi pensieri sconclusionati, e fu Bell che aggiunse:
“Ora Pierre mi ammazza!”
“Chi è Pierre?” chiese il giovane cuoco
“Pierre è il capo” intervenne donna Martini
“Lo stronzo?” chiese ancora Daniele
“Ma che appellativo!” sentenziò Bell “è solo un po’
scontroso” concluse
Ma nuovamente intervenne la madre di Daniele
“Perdonala lei non usa parolacce”
“Poi dice che gli altri sono bislacchi! Lei non si sente come
parla”
“Ti prego scusa” disse Bell mortificata, si era cacciata in
un casino più grande di lei, non sapeva più che fare, poi guardando Daniele
Martini:
“però, potevi anche dirmi che tu non eri l’architetto!”
“tu non me lo hai chiesto” si difese prontamente, nel
frattempo Manuela Martini si era accostata all’acquario dove sguazzavano i
pesciolini e parlando con loro sottovoce disse:
“Che dite li lasciamo litigare da soli … O li aiuto?” il
nuovo Pablo parve capirla e si avvicinò al vetro boccheggiando ed allora la
donna si decise:
“Quel che è fatto è fatto, smettetela di litigare voi due”
li fece sedere, e camminando in mezzo a loro disse:
“facciamo così, tu Bell vai dall’architetto e io nel
frattempo discuto con mio figlio sulla cucina, quando torni ti diremo cosa
vogliamo” Bell sospirò di sollievo e rispose:
“Se vuoi ti mando Pierre …”
“Quello non lo voglio, se non fosse stato per te sarei già
andata in un altro mobilificio”
“Come posso fare per farmi perdonare?” nel suo animo si
sentiva umiliata per aver parlato in maniera così cattiva della donna che in
realtà con lei si mostrava sempre buona e gentile
“Ora ci penso e poi ti farò sapere …” rispose Manuela
compiaciuta
La giovane si alzò ed uscì dall’ufficio e solo quando fu
quasi del tutto fuori le giunse la voce di Daniele:
“Ci vediamo dopo Bella”
Lei tornò indietro e
specificò:
“Bell, mi chiamo Bell”
“Lo so, Bella” rise, mentre sua madre gli diede una manata
dietro la nuca.
Fece il suo giro di perlustrazione con l’architetto che,
aveva mostrato gradimento per tutto quello che aveva visto, e si salutarono
promettendosi una stretta collaborazione per i futuri lavori.
Esausta tornò nello stanzino adibito ad ufficio,etrovò ancora lì Daniele e Manuela Martini che
sfogliavano cataloghi parlottando fra loro. Per un istante rimase immobile a
guardarli, erano belli, così vicini e complici, madre e figlio. Provò una
leggera fitta di invidia nel vederli così. Lei non aveva mai avuto tutto
questo, sua madre non erapresente,mai complice,esoprattutto mai seria. La sua mente tornò
indietro nel tempo a quando sua madre le aveva detto:
“Non sei obbligata a studiare, a me non importa molto, tanto
è solo un pezzo di carta” ma lei amava lo studio, i libri, prendere bei voti, e
trovava solo l’appoggio di suo fratello che invece la spronava a fare meglio. E
si accorse che inizialmente quella antipatia che aveva provato per Manuela
Martini era per quella somiglianza con sua madre, sempre al centro
dell’attenzione, capricciosa e stravagante. Ma in quell’attimo capì, che la
loro somiglianza era solo nell’ apparenza. Guardando Manuela nei suoi gesti
intuì che era molto più profonda di quello che in realtà lasciava intravedere.
Ma fu tutto un attimo.
“Eccomi qui! Scusate se vi ho fatto aspettare”
“nessuna scusa mia cara, sei in debito con me, ricordatelo”
e rise, mostrando i suoi denti bianchi
“Bella, noi avremmo
scelto finalmente la cucina”
“bene … comunque lo ribadisco mi chiamo Bell” si sforzò di
mantenere il sorriso. Odiava quando qualcuno la chiamava Bella, troppi ricordi,
lontani e tristi le si paravano davanti.
Le mostrarono il catalogo. Bell guardava le foto senza
capire realmente cosa stava guardando,allora posò quel catalogo sulla scrivania
e fissando Manuela dritta negli occhi chiese:
“Mi stai dicendo che ora non ti vedrò più?” perdendosi in
quegli occhi uguali a quelle del figlio, Bell capì perché la donna le aveva
portato un altro pesciolino rosso.
Perché non sarebbe più tornata.
Non aveva motivo di tornare, e questo le provocò una fitta
di tristezza, per tutto quel tempo si era lasciata soggiogare dal parere di
Pierre, definendola una donna capricciosa ed invadente, e solo ora che lei
stava per uscire da quel negozio per non tornare più capiva che non era vero
niente. I suoi occhi si velarono, ma non di pianto. Su di esse scese un velo
scuro che rattristò tutto il volto che sempre era luminoso. Ma Manuela Martini
la rassicurò:
“Ma che dici, mi devi un favore, ho aspettato che finissi il
tuo giro con l’architetto, e l’altro giorno ho sopportato Pierre”
“Hai ragione, sono felice di essere in debito con te!”.
Questo breve scambio di battute le risollevò il moralesenza tuttavia mandare via la sua malinconia.
Ripresero il catalogo in mano ed ordinarono l’arredamento
che avevano scelto. Si stavano stringendo le mani per salutarsi quando entrò
Pierre.
Questa volta fu Bell che disse:
“Pierre la porta era chiusa, potevi benissimo bussare”
Quelle parole dette così schiettamente da Bell lo lasciarono interdetto per
qualche istante, in tanti anni di lavoro lì dentro non era mai successo, ma
dopo un attimo di stupore rispose piccato come sempre:
“bene, ora i dipendenti decidono anche di farmi bussare a
casa mia!” ed uscì.
Bell lo guardò triste, ormai ai suoi attacchi ed alle sue
offese era abituata, ma gli provocavano sempre una grande amarezza dentro,
perché lei, nonostante tutto provava sempre un estremo batticuore ogni qual
volta gli si presentava di fronte.
Strisciò i piedi per raggiungere l’ufficio del suo
principale, le venne in mente Serena, ed allora rizzò le spalle e camminò
sicura di fronte a se, quando entrò trovò Pierre Cantino più ostile che mai,
non la fece parlare e seccamente le annunciò:
“Bell, è un po’ di anni che lavori qui,enon mi sono mai lamentato, anche se la scelta
di assumerti l’aveva presa mio padre poco prima di lasciare tutto a me, ma
quello che è successo oggi proprio non mi è piaciuto! Mi chiedo come ti sia
saltato in mente di rispondermi in quel modo di fronte a dei clienti, ti
ricordo che io, sono il padrone assoluto, e quindi mi devi rispetto, perché io
ti pago”
Era sconcertata, non poteva credere alle sue orecchie, la
stava trattando come una schiava!
Il tempo della schiavitù è passato da un pezzo! Brutto pezzo
di … non riusciva neppure a pensare di dire una parolaccia e dalla sua bocca
uscì solo:
“Pierre, il fatto è che mi era sembrato scortese che tu
fossi entrato in quel modo, io stavo finendo di chiudere un contratto, insomma,
non vedo il motivo per la quale tu ti sia comportato in questo modo, come tu
hai detto, non lavoro certo per me stessa …”
“non mi interessa cosa pensi tu! Sai cosa ti dico? Penso che
sia meglio che tu ti prenda un bel periodo di riposo, quando sarai tornata in
te potrai tornare a lavoro …”
“Ma …”
“Per favore Bell, non facciamo scenate. Quando esci chiudi
la porta … ah ti farò telefonare da Pierpaolo quando potrai rientrare”
“Ma ti prego …”
“ho finito, nonvoglio piagnistei, vai per cortesia”
Abbassò gli occhi sulla tastiera del computer ed attese che
lei uscisse dal suo ufficio.
Ora per Bell era davvero dura mantenere lo sguardo dritto e
fiero. Pierre l’aveva nuovamente umiliata e lei non era riuscita a rispondere, questo
era quello che le faceva più male. In lacrime compose il numero di Francesco.
Serena stava parlando con un cliente che stava scegliendo un
paio di occhiali da sole. Lavorava in quel negozio da quando aveva preso la
maturità, per lei quel locale era il suo regno, lo conosceva in tutti i suoi
dettagli, ed ormai da qualche tempo non si limitava più solo a fare il lavoro
della commessa, ma, montava lenti, stringeva stecche laterali per occhiali, e
raramente aveva discusso con il suo principale, che era un ottico molto
conosciuto nella zona. Guardò fuori dalla vetrina e vide la gente passeggiare
sotto i portici semideserti, ormai erano quasi le otto di sera e come in tutte
le città era l’orario prefissato per la cena. Desiderò poter tornare a casa
anche lei, non vedeva l’ora che quel ragazzo finisse di scegliere la sua
montatura per abbassare le serrande e scappare. Ma il suono dello
scacciapensieri la fece cadere in depressione, un altro cliente quel giorno,
non l’avrebbe sopportato. Ma avvolto nella sua giacca di pelle marrone scuro
riconobbe Francesco Pallone e gli disse lasciando solo il suo acquirente:
“Buonasera! Che ci fai qui?”
Lui la guardò senza riconoscerla, indossava un leggero
vestito floreale a sfondo rosa, ed un paio di stivali marroni con il tacco. I
suoi capelli erano raccolti in una lunga coda di cavallo, ed il suo volto
coperto solo dalla frangia che ricadeva sulla fronte.
La ragazza interdetta dal silenzio di Francesco chiese:
“Non mi riconosci?”
Lui scosse la testa e rispose:
“No, se ti conoscessi mi ricorderei di te!”
“Sono Serena! Serena Caterina!”
Il giovane la guardò come se la vedesse per la prima volta,
ed in effetti per lui era così. Essendo un’amica di Bell, non l’aveva mai
guardatasul serio, ed il suo look le
volte scorse era molto differente. Si rese conto che era davvero bella.
La fissò
nell’immensità dei suoi grandi occhi verdi e per un istante si perse. Poi
rispose dandosi una manata sulla fronte:
“Scusami, non ti avevo proprio riconosciuta”
“Non preoccuparti, ascolta finisco di impacchettare gli
occhiali e arrivo mi aspetti?”
Non rispose, ma il suo sguardo confermò la risposta.
Prese il telefonino tra le mani e si ricordò di accenderlo,
da quando era entrato in ospedale quella mattina era ancora spento. Serena nel
frattempo aveva recuperato il buon umore che per un attimo aveva perso quella
sera, voleva solo togliersi dai piedi il prima possibilequel tipo che, aveva impiegato tre ore per
comprare un misero paio d’occhiali.
Finalmente si liberò ed accostandosi a Francesco chiese:
“Allora in cosa posso esserti utile?” il suo profumo si
sentì forte e tenace, ma fresco allo stesso tempo
“Volevo prendere un paio d’occhiali da sole- guardò
l’orologio- ma temo che si sia fatto un po’ troppo tardi”
Era la verità, era tardi per mettersi a scegliere un
occhiale tra tutti quei modelli. Ed allora Serena si scusò e cortesemente
disse:
“Se è per me non crearti problemi, posso chiudere più
tardi!”
“no, non sono così urgenti, grazie lo stesso” la salutò ed
uscì dal negozio di ottica. A Serena dispiacque vederlo andare via così in
fretta. Certo lo vedeva spesso, ma stavolta era stato completamente diverso.
Stava per spegnere il computer portatile che era posato sul bancone, quando
aprì la pagina di google e cliccò
DOTTORI REPARTO PEDIATRIA
Era più forte di lei, voleva sapere qual cosina in più sul
quel lavoro, ma le voci che erano uscite erano troppe, memorizzò solo alcune
parole. Spense il computer, prese il cappotto e la sciarpa ed chiuse la
serranda del locale premendo un piccolo pulsante, si chinò a fermare le
serrature con le chiavi. Si incamminò verso la sua macchina, si voltò e si
spaventò:
“Che ci fai tu qui?”
“Ti stavo aspettando, ti accompagno a casa …”Era Francesco,
e lei si trovò stupita e felice, con delicatezza fece scivolare le chiavi della
macchina nella borsetta. Il silenzio regnava tra loro, anche se tutto in torno
vi era un brusio di voci, e clacson che suonava in continuazione. E mentre
camminavano Serena cercò di aprire una qualunque conversazione, quell’essere
così vicini e distanti allo stesso tempo la metteva in imbarazzo, ed allora,
cercando di ricordare una delle voci che aveva trovato su internet chiese:
“hai mai eseguito una tubazione?”
Lui la guardò un po’ perplesso per la domanda e senza
esitazione rispose:
“no, veramente non ho mai effettuato “tubazioni”, ma
intubazioni si”
Serena si sentì sprofondare per la vergogna, aveva letto
male, per un istante si ammutolì, ma facendo ricorso alle sue innumerevoli
risorse rispose:
“si scusa, beh hai capito quello che volevo dire! È questo
che conta no?”
“già” stavolta lui le sorrise dolcemente e senza che lei
glielo chiedesse disse:
“per fortuna non mi è mai capitato di praticare intubazioni
su bambini, ma solo su degli adulti”
“non hai paura di sbagliare?”
“sempre!” rispose lui prontamente e aggiunse:
“quando si ha la responsabilità di una vita umana c’è sempre
la stessa fottuta paura di sbagliare, non è come vendere un paio di occhiali
sbagliati, da te dipende la vita di un altro, e nel giro di pochi istanti devi
decidere che fare, se sbagli non hai una seconda chance. E questo ti fa morire
dentro …” parlava più a se stesso che alla ragazza
“Perché hai scelto di fare il medico, è troppo doloroso. Ci
sono troppe responsabilità. Non so proprio come tu possa farlo …”
“è proprio questo che mi fa andare avanti, il dolore aiuta a
crescere,e se non si avesse paura di sbagliare, faremmo tutto in maniera
talmente automatica da non guardare al di la del nostro naso, sarebbe una
routine, ed invece ti devi sempre impegnare al massimo, dare tutto te stesso
eanche di più …”
Serena nuovamente lo fissò. Si accorse che nonostante lo
conoscesse da tanti anni in realtà per lei quell’uomo era una vera incognita.
Di lui conosceva solo i tratti del viso ed il suono della sua voce. Fu in quel
preciso momento che desiderò conoscerlo meglio. Da quelle poche parole che si
stavano scambiando intuì che dentro di lui c’era un intero universo da scoprire
della quale lei era totalmente all’oscuro. I loro pensieri furono interrotti
dal trillo del cellulare di Francesco Pallone, che scusandosi disse:
“Deve essere l’ospedale …” fece un passo avanti per parlare
al telefono, ed una voce conosciuta e familiare le disse:
“Francesco, sono Bell - le sue parole erano interrotte dai
singhiozzi- sono stata quasi licenziata da Pierre”
“Arrivo” fu la sola risposta, poi accostandosi a Serena le
disse:
Era sempre così, se Bell chiamava, lui correva. Era l’unica
persona al mondo che riusciva a distrarlo dai suoi affari. E quando qualcuno
gli chiedeva se c’era qualche donna nella sua vita lui dava sempre la stessa
risposta:
“ non ho donne, ho solo la mia bambina …” e la sua bambina
era Bell, l’unica che amava veramente sopra ogni cosa, solo per lei poteva
lasciare il suo lavoro. Nella sua vita non aveva permesso a nessun altro di
intromettersi e distrarlo. Era convinto che le “donne” fossero solodegli impicci che erano in grado di
offuscarti la mente, e lui non voleva assolutamente che potesse commettere
degli errori sul suo lavoro.
Serena, sorrise lievemente e sottovoce disse:
“non preoccuparti” ripescò le chiavi della macchina dalla
sua borsa e lentamente raggiunse la sua vettura.
Francesco in breve tempo fu a casa. Come aprì la porta vide
Bell, con il volto rigato di lacrime seduta sul pavimento. Non fece domande, si
sedette accanto a lei e silenziosamente le accarezzò i capelli. Il silenzio li
avvolse per parecchio tempo, e solo dopo che Bell si sentì di parlare con un
filo di voce disse:
“Sono veramente a terra, non riesco a concludere niente di
buono, oggi ho fatto una pessima figura e poi lui mi ha trattata in un modo orribile,
ha avuto il coraggio di dirmi che io li sono nessuno, lui è il capo ed è tutto
suo … lo so che è vero, ma io ci sono rimasta troppo male, il fatto è che non
penso di meritarmi tutto questo, ho sempre cercato di comportarmi, bene, essere
gentile, e questo è il risultato? Non piaccio proprio a nessuno!”
Lui la fissò negli occhi. Avevano gli stessi occhi e lui con
la sua solita dolcezza rispose:
“Io ti voglio. Io ti adoro. Sei una persona speciale, chi
non lo vede non ti merita!”
“parli così perché sei mio fratello …”
Non era vero. Lui le diceva quelle cose perché lo credeva
sul serio. Trovava sua sorella bella dentro e fuori. Negli anni aveva capito
che si era formata uno scudo per difendersi dal modo, ma quello scudo era di
semplice cristallo, bastava una piccola parola per infrangerlo senza problemi.
Lui continuò acarezzarla e le disse:
“E Serena? Anche lei non è sincera con te? Ti vuole un gran
bene …” Serena, quel nome così dolce e pacato, nominarlo ora gli pareva strano
e gli fece uno strano effetto, se la rivide davanti col suo vestito leggero, ed
il suo sorriso smagliante, sperò che Bell non si accorgesse di quel suo tremore
nel nominarla. Ed invece Bell sorrise e disse:
“Hai ragione” poi fulmineamente ripensò a donna Manuela e ai
suoi complimenti. La cosa le fece piacere, e nonostante l’angoscia nel cuore,
c’era in lei un piccolo spiraglio di luce che le chetò l’animo. E cercando di
sdrammatizzare sospirò:
“Credo di avere bisogno di una vacanza”
“Si così scappi e non torni più come mamma e papà!” aggiunse
ridendo il giovane
“Loro non sono scappati, stanno solo rivivendo la loro
gioventù” concluse Bell riprendendo le parole che solevano usare i suoi
genitori. Poi tornando seria disse.
“E se chiedessi a Serena di venire a Dubai con me?”
“Dubai?” chiese meravigliato Francesco “Non è da te fare un
colpo di testa simile”
“lo so, ma quella città deve essere davvero meravigliosa”
“Già, come te!” concluse lui alzandosi. Poi tornando serio
“fossi in te andrei sul serio in vacanza a rilassarmi e poi vedrai che tutto
andrà meglio”.
Una dormita riposante. E quando il sole era già alto nel
cielo, Bell si svegliò. Senza indugio telefonò a Serena. Non ci mise molto a
convincerla per andare insieme in vacanza. In fretta si vestì e fu in strada.
Se non fosse che si era imposta un po’ di contegno si sarebbe messa a correre
per strada per raggiungere l’agenzia viaggi.
Mise una mano sulla maniglia color acciaio e sospinse con
forza la porta di vetro. Un bancone spoglio di frontea lei, due ragazze guardavano dei computer
mentre parlavano al telefono. Si guardò intorno e vide uno scaffale dove vi
erano riposti vari dépliant. Il suo sguardo fu attirato da una spiaggia
magnifica, sopra vi era scritto “Dubai”, lo sfogliò velocemente e una volta per
tutte decise. Quella era la sua meta. Si accostò al banco ed una delle due
giovani si avvicinò
“Posso esserle utile?” chiese con voce sottile
“SI vorrei prenotare un viaggio …”
“la destinazione quale sarebbe?”
Non le diede il tempo di rispondere, che allungò un braccio
dietro di lei ed aprì un catalogo:
“Ecco qui le Maldive” e lo aprì in una pagina dove vi era
ritratto un mare cristallino, poi si voltò e prese un altro catalogo illustrato
con la barriera cristallina del mare australiano, Bell provò a parlare, ma la
commessa nuovamente non la fece parlare e disse:
“se ha intenzione di andare in un posto caldo questo è il
meglio che c’è … mi creda, il mare in quelle zone è davvero incantevole, se ama
prendere il sole o tuffarsi, non c’è che l’imbarazzo della scelta, e la sera
movida! Se poi vuole solo rilassarsi, ovvio le Maldive non hanno rivali, se
però vuole anche dedicarsi allo shopping l’Australia è l’ideale, poi può
scegliere tra Sidney, Melbourne … decida lei”
“Io la ringrazio, ma la mia intenzione era di andare …”
“va bene capisco, posso sempre suggerirle le Mauritius, bel
posto, pieno di santuari mitologici e induisti, in più può unire uno dei mari
più belli del mondo, insieme alle tartarughe giganti …” si era voltata e stava
prendendo un altro fascicolo, si sedette sulla sua sedia girevole e schiacciò
qualche tasto del computer ed iniziò ad elencare numeri che equivalevano a
prezzi, a quel punto Bell sbottò:
“Oh insomma! Perdindirindina mi vuole ascoltare? Io non
voglio andare in nessuno di questi posti”
“Beh allora si decida, io non ho tutto questo tempo da
perdere con lei!”
“ma se è lei che non mi ha fatto neppure parlare! Io voglio
andare a Dubai!”
“DU-BA-I? ma perché non l’ha detto prima, così il discorso
cambia …”
“Se solo lei mi avesse fatto parlare!”
Ma la commerciante parve non averla neppure sentita
“Allora, quanto si vuole fermare? Ma in realtà non è che al
momento mi importi molto, però posso offrirle vari alberghi a prezzi modesti in
delle strutture di tutto rispetto”
“Io non voglio un albergo modesto … le sto chiedendo una
favola, preferisco fare due giorni in meno di vacanza ma essere trattata come
una vera principessa …”
“D’accordo se proprio vuole le posso prenotare un posto all’Atlantis the palm, solo che è
davvero molto costoso, io davvero le consiglierei uno dei viaggi che le ho
presentato poco fa …”
“ma parlo ostrogoto? Ho detto che voglio andare a Dubai, mi
sembra che non sia poi tanto difficile capirlo”
“va bene, ma si calmi per favore” digitò nuovamente sulla
tastiera del suo computer e senza alzare la testa disse:
“Che stanza preferisce?”
Senza pensare rispose:
“Una suite, anzi vorremmo due suite singole”
“Suite?” ripeté incredula
“Si”
“Ma costano un botto di soldi!”
“La smette di dire ma questo costa troppo, ma questo è così
questo è cosà!”
“D’accordo la finisco in fondo i soldi sono suoi- tacque un
istante poi riprese- allora la suite costa intorno ai duecentocinquanta ero a
notte pensione completa, però i comfort sono a parte …”
Bell rimase in silenzio, e subito la ragazza dai capelli
corvini esclamò:
“Lo sapevo, troppo costoso!”
“ma cosa ne sa! Va bene prenoti pure per due persone”
“Quanti giorni?”
“dieci giorni”
“mi spiace ma per dieci giorni è davvero impossibile, è
tutto prenotato, ma perché non sceglie un altro dei posti che le ho fatto
vedere”
“MA perché insiste tanto?”
“Semplicemente perché sono in offerta speciale, e pensavo
che poteva interessarle un’offerta migliore di quella che lei cerca”
“Ma se io sto cercando Dubai, è ovvio che non voglio le
Maldive … allora prenoti l’albergo ed il volo per due persone, nel primo
pomeriggio verrò a portarle tutti i documenti che le occorrono” chiuse la sua
borsetta, e salutando velocemente lasciò l’agenzia viaggi.
Non aveva ancora detto a Serena, che era stato prenotato il
viaggio, e non vedeva l’ora di farglielo sapere, lei intanto si immaginava già
tra le azzurrità di quel mare, sotto i raggi bollenti di quel sole tanto
lontano.Più camminava e più freddo
pungente le rimbalzava addosso, ma Bell non vi dava peso, era troppo eccitata
all’idea di partire, tanto che stava già preparando le sue valige mentalmente.
Si fermò di fronte ad una vetrina ad ammirare un abito giallo canarino, e dalle
labbra sfuggì:
“che carino!” il suo
sguardo era ammaliato da quel lembo di stoffa giallo. Una voce dietro di lei,
stridula e per nulla arcigna rispose:
“Oh mio Dio mia cara, non parlerai sul serio, quel vestito è
davvero orrendo!”
Bell si voltò di scatto, e si ritrovò di fronte donna
Manuela Martini, con i suoi consueti capelli lunghi, grandi lenti da solea coprirle il volto, ed era avvolta in una
pelliccia castana. Le stava allungando una mano per salutarla, la tirò a sé, e
le schioccò due baci sulle guance. Poi volgendosi nuovamente verso al vetrina
riprese:
“Bell, cara mia, tu staresti malissimo con quell’abito, io
ti consiglio piuttosto un look molto più orientale, che vada in contrasto con i
tuoi meravigliosi capelli rossi”
Bell guardò furtivamente il suo riflesso nel vetro del
negozio, e per la prima volta in vita sua, trovò i suoi capelli vagamente
belli, né troppo rossi, né troppo vaporosi. Era conscia che era l’effetto di
quel complimento inatteso a farla sentire così, ma, non le importò molto e
rimase ad ascoltare ciò che la donna le diceva:
“Ti vedrei benissimo con vestito tipo sari , più corto
ovviamente …. Ma perché perdere tempo a parlare vieni con me mia cara”
La strattonò, le infilò il braccio nel braccio e senza attendere
risposta iniziò acamminare a passo a
svelto lungo la via. E la donna parlava, parlava senza fermarsi, di tutto e
nulla, parlava con un tale entusiasmo da regalare energia senza rendersene
conto. Quando finalmente Manuela Martini si interruppe a prender fiato Bell
disse:
“Vado in vacanza …”
E la donna non chiese dove andasse ma bensì:
“Ed il suo Pierre la fa volare via così?”
Pierre.
Quel nome piccolo e caro al suo cuore, stranamente quella
mattina non era arrivato alla sua mente, ed ora le faceva male sentirlo
nominare, perché gli vennero in mente i recenti avvenimenti e con un groppo
alla gola rispose:
“Sono in ferie forzate”
Manuela Martini si voltò, sgranò i suoi grandi occhi e
decisamente sentenziò:
“Quello è tutto scemo dammi retta”
“No, credo di essere io quella sbagliata …” ma Manuela aveva
già cambiato discorso entrando in una vetrina vicino a loro, e solo quando
furono dentro lei disse:
“Oggi non mi va di parlare di stupidaggini, voglio che sia
una giornata piena di allegria, e certe persone rovinano tutto” si riferiva
apertamente a Pierre Cantino. Si avvicinò alla commessa del negozio. Doveva
conoscerla bene, perché da come le parlava si notava che tra le due c’era una
certa confidenza, e a voce alta disse:
“Stella mia, oggi ti ho portato una vera perla, una ragazza
bella di nome e di fatto, solo che lei ancora non lo sa, sta cercando il suo
stile, ed io la voglio aiutare in questa sua piccola ricerca …”
La giovane commessa, che portava sottili occhiali rossi, e
aveva una fluente chioma bionda allargò il suo sorriso e prese sottobraccio
Bell:
“Manuela hai proprio ragione, è veramente bellissima” la
guardò negli occhi scrutandola minuziosamente, fece schioccare le sue dita, e
come se avesse scoperto la ruota, o il fuoco per la seconda volta esclamò:
“Ho trovato, seguitemi”
Senza pensare Bell la seguì come se fosse un automa, e
dietro di lei a ruota Manuela che continuava a parlare freneticamente.
La giovane venditrice fece sedere le due donne in un piccolo
divano rosso, poste così, una accanto all’altra, sembravano madre e figlia,
Manuela Martini aveva lasciato andare la sua pelliccia sul divanetto rosso, e
per poco quel capo pregiato non sfiorava il pavimento, ma lei era incurante,
guardava con ansia ciò che la sua amica proponeva a Bell, che ammirava il tutto
con profonda estasi, la giovane espose un abitino lilla, con piccoli fiori
bianchi, che scendeva a campana. Donna Manuela inorridì e lanciò un urlo
terrificante, tanto che Bell, per riflesso chiese scusa e la donna:
“Di cosa mi chiedi scusa cara?” rendendo la sua voce
ammaliante
“beh a dire il vero non lo so… ma ti ho sentito urlare talmente forte”
“Tesoro, dolce la mia Bell. Ricorda, non chiedere mai scusa
se non hai fatto nulla di male! Ero semplicemente inorridita da quel capo che
ci ha proposto la mia cara Sara” si alzò con eleganza si avvicinò
all’espositore e con sguardo crucciato iniziò a frugare, quando finalmente
disse:
“Ho trovato! Questo è quello che ti serve, prova tesoro mio,
nel frattempo io cerco altro”
Bell non disse nulla, prese quel vestito fra le mani e si
diresse verso il camerino, che come porta aveva solo una tenda gialla, in quel
poco tempo Manuela riuscì a trovare una pila interminabile di roba, si piazzò
davanti al camerino e senza noia o insofferenzala guardava sfilare davanti a lei con abiti più o meno originali e
bizzarri, dai colori più differenti e sgargianti tra di loro. Bell provava
indossava e non poteva permettersi di fare facce disgustose per un capo o per
un altro, perché il giudizio di donna Manuela era assoluto ed imprescindibile,
ed anche se stava indossando cose, che fino a qualche istante prima, Bell non
avrebbe mai osato indossare ora le indossava e doveva ammettere che la sua
amica aveva ragione, aveva non solo un ottimo gusto, ma anche una gran classe
nell’abbinare i colori più arditi.
Le ore erano passate velocemente, ed ora Bell, Manuela e
Sara la commessa erano stanche ed allegre. Cianciavano come se fossero state
vecchie compagne di scuola che si raccontano aneddoti. Sara buttò l’occhio sul
grande orologio appeso alla parete che segnava le tredici in punto, ed allora
esclamò:
“ecco perché avevo fame! Si è fatto tardissimo”
“Oh mio Dio devo scappare!” rispose Bell seguita a ruota da
Manuela
Repentinamente Sara tornò ad essere solo una semplice
commessa e chiese:
“Cosa devo pagare di questa roba?”
Un lampo di terrore ci fu negli occhi di Bell, che
lentamente allungò le mani per scavare in mezzo alla montagna di roba ma, come
un fulmine Manuela sentenziò:
“Cosa prendiamo? Tutto!”
Sara sgranò gli occhi, elargì un grande sorriso ed iniziò a
battere sulla cassa,quando finì Bell tirò fuori la carta di credito dalla sua
borsetta, era la seconda volta quella mattina, e solo in quel momento si rese
conto di quanto avesse speso, un lieve dispiacere le velò il volto, ma subito
venne spazzato via dalla voce di Manuela che le disse:
“Vedrai, sarai bellissima".
Tutto fu pronto.
ANGOLO AUTRICE
Chiedo profondamente scusa per il mio immenso ritardo …
Ma voglio anche ringraziare: Dilpa,
Giulina, e la mia Maggie!!
E grazie a tutti quelli che aggiungono la mia storia fra le
preferite, le scelte e le ricordate … Grazie a tutti
Tutto era stato stabilito.
Sarebbe stato un viaggio da sogno. Mentre Bell e Serena stavano passando il check-in,
ridevano come se fossero tornate bambine. Francesco le guardava da poco
distante, e si rese conto che sua sorella in realtà non cambiata molto. Era
sempre la sua sorellina in grado di aprirsi solo con le persone che la amano
veramente incondizionatamente. I bagagli furono caricati, e le due giovani
tornarono da Francesco. E fu Bell che disse:
“auguraci buon viaggio, perché
noi ci dovremo divertire tanto, tanto e ancora di più!” lui rise l’abbracciò
forte, e gli disse:
“Buon viaggio allora, anche se
dubito che riuscirai a mettere tutti i vestiti che hai infilato in valigia”
“Mi cambierò quattro volte al
giorno se sarà il caso!” ribatté
“Non dire scemenze e divertiti”
Si allontanò saltellando come una
cinciallegra. Serena invece restò lì. Immobile. Le pareva che i suoi piedi non
volessero muoversi. Francesco la guardò e le disse:
“Beh tu non vai?”
“Ovvio. Dubai ci aspetta!” era
felice di partire ma allo stesso tempo desiderava poter fermare il tempo. Senza
capirne la ragione stava sperando che Francesco le dicesse qualcosa. Dopo che
si erano visti sotto i portici, lei non lo aveva più rivisto. Era la prima
volta che calcolava il tempo in cui non lo vedeva. Non capiva bene cosa le
stesse succedendo, ma capiva che tutto questo era strano. Sollevò la mano per
salutarlo. I bracciali tintinnarono fra loro. Ma quel suono a Serena non le
trasmisero la loro allegria, ma una nota malinconica, perché lui non tentò di
avvicinarsi a lei, e, tenendo le mani infilate nelle tasche dei jeans disse:
“Tieni d’occhio mia sorella per
favore, è triste in questo periodo”
Lei non rispose, fece solo un
piccolo cenno di approvazione con la testa, ed i suoi capelli si sciolsero
avvolgendola. Lui girò su se stesso e se ne andò. Serena rimase qualche istante
a vederlo andare via, ma poi raggiunse la sua amica. Stavano annunciando il
loro volo.
Il portellone dell’aereo si aprì,
e un’ondata di aria calda pervase i passeggeri togliendo loro il fiato.
L’immagine che si mostrò a loro, era del tutto irreale e stupefacente, qualcosa
di mai visto prima. Oltre l’aeroporto, vi era una sconfinata ed immensa area
desertica, una cosa da togliere il fiato. Le prime parole di Bell furono:
“Sere, ti immagini se ci perdiamo
in quel deserto che sete?”
“MA che pensieri! Se solo dovessi
avere quel dubbio non uscirò mai dall’albergo!!”
“Esagerata … cosa ti viene in
mente” camminavano tranquille in aeroporto. Un signore con un cartello di
cartone attaccato al collo con la scritta: ITALIAN
“guarda quella deve essere la
nostra guida” esclamò Bell accelerando il passo verso quella direzione
Serena le stava dietro, ma con
una faccia un po’ più perplessa, e quando furono quasi davanti a lui propose:
“Bell, fermati un attimo” l’amica
si fermò e la guardò aspettando che proseguisse “l’hai visto bene? perché non
facciamo finta di niente e ce ne andiamo in giro da sole?”
Bell osservò l’uomo, era un tipo
basso, con folti baffi neri ed una grande chioma dello stesso colore. La
carnagione era molto olivastra, il naso pareva schiacciato e le labbra erano
troppo grandi e carnose, mentre si avvicinavano a lui, aprì la bocca
sicuramente doveva essere un sorriso, ma assomigliava molto di più ad una
smorfia di dolore. Indossava un paio di shorts color cachi ed una maglia dello
stesso colore. La sua immagine era veramente orribile,ma Bell raccogliendo
tutto il suo buon umoredisse:
“Senti in fondo è solo la nostra
guida turistica, non dovevamo mica flirtare con lui giusto? Noi dobbiamo
pensare solo a noi stesse e divertirci, divertirci e divertirci ok?”
Il volto di Serena non era di
quello più entusiasti, anche se alla fine aveva ragione l’amica, avevano
organizzato quella vacanza solo per loro stesse. Fece ritornare il sorriso sul
suo volto. Poi finalmente senza ripensamenti raggiunsero la loro guida
turistica:
“Salve, io essere qui per portare
voi albergo …” il suo italiano era stentato e scorretto. Dalla sua bassezza una
ventata di alito pesante le raggiunse, si voltarono e tossirono. Poi cercarono
le loro valige, ed una volta trovate seguirono il loro piccolo uomo che le
accompagnò fuori dall’aeroporto.
Atlantis
the Palm.
Non era un sogno, erano davvero
arrivate negli emirati arabi. La terra delle mille e una notte, dove la bella
principessa Jasmine aveva incontrato il suo Aladino.
E l’albergo che era di fronte a loro lasciava supporre che anche la più
impossibile delle fiabe potesse diventare realtà. Non credevano ai loro occhi,
un complesso immenso e lussuoso, delle guglie parevano sfiorare il cielo,
carezzandolo. Un arco dai tradizionali disegni arabi si apriva dividendo
l’intero complesso in due ali distinte e separate. Il crepuscolo faceva si che
già alcune luci delle stanze erano già accese creando un’atmosfera unica ed
irripetibile. Gazebo bianchi erano sparsi qua e la servendo sontuosi aperitivi.
Le due giovani scesero dalla macchina e presero le loro valige in mano. Non
fecero in tempo a fare un passo, che due camerieri in livrea rossa con bottoni
dorati le presero dolcemente i bagagli dalle mani e senza proferire parola
alcuna si fecero seguire alla reception dell’hotel. Bell e Serena non poterono
non rimanere estasiate. Il bianco predominava su tutto, grandi colonne si
alzavano formando arabeschi al soffitto, dal quale scendevano lampadari che per
colore e forma somigliavano a grandi alveari. Disegni sulle pareti parevano
affreschi di pittori del cinquecento, e le immense vetrate facevano entrare
quel che restava del giorno. Il pavimento in marmo rosa era talmente lucido che
ci si poteva specchiare dentro. Raggiunsero il bancone della reception, ed
anch’esso era di marmo rosa. Una giovane donna, dai lunghi capelli castani le
sorrise e prese i loro documenti. Si rivolse loro in italiano, avendo una dolce
cadenza, soave, e sorridendo porse loro le chiavi della loro stanza. I due
camerieri di prima che si erano tenuti leggermente a distanza mentre parlavano
con la receptionist tornarono a precederle con le grosse valige, che seppur
erano pesanti, loro le tenevano come se avessero due piume. Le loro stanze
erano una accanto all’altra, presero la loro carta magnetica e la infilarono nel
piccolo computer. La porta di Bellsi
spalancò in un attimo e subito ai suoi occhi si mostrò il lusso di quella
stanza, fece un passo in avanti già pronta ad entrare quando sentì la sua
amica:
“ma che cavolo …” si voltò e la
vide armeggiare con la porta, il cameriere in livrea non si mosse di dove era,
osservava la giovane litigare con la serratura magnetica, quando si avvicinò un
giovane che parlava italiano e cortesemente chiese:
“Posso provare?” Serena atterrita
dalla pessima figura che stava facendo, consegnò la sua carta, e rimase
incantata a guardare quel giovane che con tanta delicatezza riuscì ad aprire la
porta, poi lui la guardò e le restituì la carta.
“Grazie!” disse Serena arrossendo
“E’ stato un vero piacere” non le
strinse neppure la mano ed andò via.
Ed anche la sua stanza era uno
scrigno pieno di meraviglie. Le due si sentivano come due bambine nel paese dei
balocchi. Grosse tende color crema, con dei rombi ricadevano ai lati delle
finestre che si aprivano immense su un panorama mozzafiato. Bell si tuffò
sull’ampio letto che era ricoperto da un bianco copriletto di cotone, e solo per
metà aveva una coperta a tinte rosse con disegni arabi. Buttò a terra la
valigia e si scalzò. I suoi piedi vennero a contatto con la morbida moquette
damascata e già questo le provocò un solletico di felicità. Tutto nella stanza
era fiabesco. Tant’è che volle subito guardarsi allo specchio e sciogliere i
suoi lunghi capelli rossi, li districò con le dita, non le sembrò di vedersi
brutta, e così tutta sorridente aprì la sua valigia. Che era stata chiusa
ermeticamente, infatti i suoi abiti volarono tutti per aria. Ma era troppo
felice per arrabbiarsi. Raccolse tutto e lo sistemò nell’armadio che aveva a
disposizione. Si cambiò ed indossò uno dei suoi abiti nuovi. Il sari
l’avvolgeva completamente ed il colore del corallo le dava freschezza nel
volto. Solo dopo essersi preparata accuratamente abbandonò la sua stanza ed
andò da Serena. La trovò sdraiata sul divano con il computer acceso:
“Che stai facendo?” chiese Bell “
siamo nel posto più bello del mondo e tu vai su internet?”
“Un attimo … sto facendo una cosa
…”
Bell si affacciò a guardare la
schermata
QUIZ.
PER QUALE LETTERA INIZIA IL NOME
DELL’AMORE DELLA TUA VITA?
“Non dirmi che credi a queste
scemenze …” la rimbeccò Bell allegramente.
“ma no! Solo che ormai mi aveva
preso … e lo volevo fare”
Guardò il risultato, ed ebbe un
tonfo al cuore. Era la lettera che aveva sperato uscisse:
IL TUO AMORE AVRA’UN NOME CHE
INIZIA CON LA LETTERA F, POTRA’ ESSERE FERNANDO, FABRIZIO O FABIO. IL TUO LUI
TI RENDERA’ FELICE!
Il nome che le era venuto alla
mente non era apparso ma non le importò. E cercando di non dar peso alla sua
domanda chiese:
“Ma sbaglio oppure ho visto
Francesco strano ultimamente …”
“Strano?” ripeté Bell “No, è
sempre uguale!”
“tu dici? A me sembra diverso
ultimamente” e la sua mente viaggiò lontano, a quella sera in cui lui, era
capitato nel negozio dove lavorava. Ed allora aggiunse:
“Che so magari ha conosciuto
qualcuno di speciale …”
Bell si accese e chiese
ironicamente:
“Una donna?” rimase in silenzio
un secondo ed esclamò:
“NO! E’ impossibile, sai credo
fermamente che mio fratello non si sposerà mai … E’ troppo duro su questo punto.
Credo che lui e l’amore vivano su due pianeti completamente differenti fra
loro”
Serena divenne scura in volto, ma
Bell parve non accorgersene, ed allora chiese gaiamente:
“Dai scendiamo? Ti prego cambiati
in fretta”
Serena non rispose, aprì la
valigia e cercò gli abiti da indossare.
Poco tempo dopo erano tutte e due
nel bar dell’albergo. Anche questo posto era favoloso, le luci erano
leggermente soffuse, e tutto intorno aveva il colore della sabbia e dell’oro,
elementi che non mancavano in quella terra d’oriente. Un giovane cameriere
dalla pelle ambrata si accostò a loro porgendo dei menù e si allontanò.
Ordinarono dei drink locali e rimasero lì a parlare fra di loro. Bell era
raggiante di allegria e solarità, mentre Serena riusciva a sorridere solo con i
suoi immensi occhi verdi. Una giovane voce italiana si rivolsea loro indicando una sedia libera lì vicino
al loro tavolino:
“è occupato questo posto?”
Grandi occhi castani, lineamenti
dolci ed un gran sorriso smagliante su labbra perfette. I capelli erano dello
stesso colore, tagliati corti. Allungò la mano verso Serena prima e Bell poi:
“Piacere, Fabio.prima non mi sono presentato” era lo stesso
giovane che aveva sbloccato la porta della stanza a Serena
“F”, quel nome iniziava con la f,
proprio come il quiz. Serena gli disse stringendogli la mano:
“Il piacere è mio, mi chiamo
Serena, e devo anche ringraziarla per l’aiuto che mi ha dato poco fa con la
serratura”
“Ma figurati, è sempre un piacere
poter aiutare le belle ragazze! E poi per favore dammi del tu”
Serena arrossì lievemente e
disse:
“d’accordo! Anche tu qui in
vacanza?”
“Sì, credimi mi ci voleva
proprio, è un periodo davvero stressante e ho un gran bisogno di poter
scaricare tutto”
“Ah come ti capisco!”
“Di cosa ti occupi?” chiese Bell
che si sentiva estraniata
Lui la guardò e le disse
accavallando le gambe e girando un po’ il suo drink
“sono un consulente finanziario,
sai la borsa l’economia e cose del genere …”
Bell rimase a bocca aperta ed
esclamò:
“MA sei giovanissimo!”
“Oddio! Certo che sono giovane,
ma ti posso assicurare che non sono neppure un bambino, diciamo che sono
arrivato in fretta … questo sì, sono stato davvero molto fortunato. E voi
invece di cosa vi occupate se posso chiederlo?”
“Io faccio la commessa in un
negozio di ottica, mentre Bell è arredatrice in un mobilificio”
“Bene allora i prossimi occhiali
verrò a comprarli da te!” scherzò il giovane
“beh non sarebbe male come
idea”
I due giovani si immersero nella
conversazione e Bell che nuovamente si sentì di troppo si scusò e si allontanò
con una scusa.
Uscì dall’albergo a fare una
passeggiata e l’aria calda le investì il volto. Ne prese una boccata. Incrociò
le braccia sul petto e priva di pensieri iniziò a girovagare guardandosi
intorno. Il sole si stava per tuffare nell’immensità di quel mare azzurro, che
ora pareva completamente rosso grazie ai raggi solari. Alcune fiaccole erano
accese attorno a gazebo bianchi. Si sedette su una sedia di bambù scuro a
godersi quel miracolo della natura. C’erano un sacco di persone che
passeggiavano, ma lo facevano in un silenzio quasi surreale. Per vizio guardò
il polso in cerca dell’orologio, ma non lo aveva.Per quella vacanza aveva deciso che il tempo non
aveva importanza. E fece ricadere il braccio lungo il suo corpo. La pace di
quel posto l’avvolse completamente.
“Ciao Bella” istintivamente alzò
gli occhi. Non riconobbe nessuno e si disse che forse non stavano parlando con
lei, ma nuovamente quella stessa voce le disse:
“Sapevo che non ami essere
chiamata Bella, ma non rispondere ad un saluto mi pare alquanto maleducato!”
Stavolta era di fronte a lei, e
riconobbe un paio d’occhi scuri, veduti solo una volta, ed impacciata e
sorridente rispose:
“scusami, non ti avevo riconosciuto”
era Daniele Martini, “ero soprapensiero, e non ti ho visto” si alzò e gli tese
la mano, rivelando tutta la sua bellezza, come non aveva mai fatto prima di
allora. Lui la guardò con il suo sguardo ridente e le chiese:
“Cosa ci fai da queste parti?”
“Oh … sapessi … - tacque un
attimo poi riprese- mi sono presa una vacanza con la mia amica, avevo bisogno
di staccare la spina!” poi guardando Daniele chiese “Anche tu sei qui in
ferie?”
“ferie? Si magari, sono qui per
lavoro!”
“Già voi cuochi famosi …”
aggiunse Bell sorridente
“Sono qui per un concorso di
cucina internazionale,poi dovrei iniziare a preparare un programma per una
televisione satellitare”
“Gambero Rosso?” chiese lei
incuriosita
“Si proprio lui, lo conosci?”
“Mi fanno sempre venire
l’acquolina in bocca … certi piatti deliziosi … peccato che non abbia il tempo
di prepararli. Anche se non si nota” fece riferimento alle sue curve morbide
molto ironicamente per poi concludere “Tutto questo è l’opera delle patatine
fritte …”
Lui non rispose la guardò ridere
e poi seriamente le disse:
“Mia madre ti adora”
“Davvero? Io ad essere sincera
all’inizio non legavo molto, sai penso che con le sue lusinghe mi abbia ucciso
un bel po’ di pesci rossi”
“Lo so che non ami troppo mia
madre …” e rise ricordandosi del giorno del loro incontro
“Oh dai scusa … non è colpa mia
se non hai la faccia da cuoco, e poi mi sono davvero ricreduta su tua madre,
non hai idea di quanto ora io le voglia bene”
“mi fa piacere sentirti dire
queste cose, mia madre è una donna meravigliosa, un po’ eccentrica sicuramente,
ma ha un grande cuore, lei non ha mezze misure, quando vuole bene si dedica con
tutta se stessa”
“Mi vergogno!” disse Bell
“E di cosa?”
“Di non averla capita prima,
mentre lei mi ha davvero aiutata, più di quanto lei pensi e soprattutto più di
quanto io in realtà meritassi”
“se mia madre ha deciso di fare
qualcosa per te è perché ne vale sicuramente la pena, non si sbaglia sulle
persone”
“E’ bello vedere questo rapporto
tra voi, un po’ ti invidio!”
“ Perché?” fu la domanda di
Daniele
Bell tacque un istante, la sua
mente volò a sua madre, alla sua distratta presenza e sospirando rispose:
“perché non ho mai avuto la
fortuna di avere mia madre presente” i suoi occhi divennero lucidi e subito
Daniele disse:
“Scusa … non volevo toccare un
tasto doloroso per te, so benissimo che uno pensa di avere sempre tanto tempo
davanti a se, e ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo nel momento in cui
lo perdiamo, e poi si vive di rimpianti …”
Bell lo guardò sbigottita, non
poté credere alle sue orecchie e subito chiarì :
“Guarda che mia madre non è
morta! È solo che non c’è mai, forse non c’è mai stata, è sempre stata troppo
presa da se stessa, mentre tua madre lascia se stessa per dedicarsi agli altri”
Daniele arrossì per la brutta
figura fatta e poi dolcemente rispose:
“devo dire che se hai capito
questo, hai già capito molto di mia madre …”
La loro conversazione si stava
facendo intima e confidenziale quando li interruppe Serena che con voce
squillante intervenne:
“Finalmente ti ho trovata! Non
sapevo più che fare, per fortuna che Fabio mi ha consigliato di venirea cercarti qui”
Fabio scostò una sedia e si
sedette:
“ sapevo che eri qui, è uno dei
posti più belli che ci siano in questo albergo!”
Daniele non attese ulteriormente
e si alzò. Fu Bell a dire prontamente:
“non andare via, fermati ancora
un po’”
“No non posso, ci vediamo in un
altro momento con più calma” se ne andò.
Serena e Fabio parvero non
curarsene troppo, e ripresero a parlare sorridendo, mentre Bell con lo sguardo
seguì Daniele andare via in silenzio.
Era davvero strano per Bell
incontrare qualcuno che conosceva appena a Dubai, un posto lontano dal suo
mondo, lontano dalla sua vita. Era ancora in silenzio quando Serena la scrollò
dai suoi pensieri:
“Bella addormentata andiamo? È
già ora di cenare!”
Quando raggiunsero il salone i
camerieri stavano iniziando a servire antipasti ad alcuni ospiti dell’albergo.
Si sedettero tutti e tre attorno al tavolino rotondo, ricoperto con una
tovaglia avorio, decorata con mirabili rabeschi che ricordavano le antichi
fenici.
“ragazze posso consigliarvi dei
piatti deliziosi?” chiese Fabio stendendosi un tovagliolo sulle ginocchia
Serena senza pensare rispose:
“Se puoi? Ci devi consigliare!-
poi volgendosi verso Bell spiegò- lui viene spesso qui per affari, diciamo che
ormai è quasi di casa”
“Allora se è così ordina tu per
noi!”
Con un cenno della mano Fabio
richiamo l’attenzione di un cameriere, che con la loro nota discrezione si
avvicinò al tavolo. Senza parlare prese
il suo taccuino ascoltò il giovane:
“ci porti tre Waraenab e tre fattoush, da
bere dica al cuoco di pensarci lui” il cameriere disparve e Fabio riprese a
parlare:
“Ah ragazze che bello poter stare
in vostra compagnia, - poi guardando Serena – sai ti ho appena conosciuta, ma
mi sembra di averti sempre conosciuta! O che ne so forse ti stavo aspettando!”
Serena lo guardò sorridente, non
credeva ad una sola parola di quello che aveva detto, però dovette riconoscere
che tutti quei complimenti le facevano enormemente piacere, e scherzosamente
rispose:
“beh, però potevi anche venire a
trovarmi in Italia! Ed invece sono dovuta venire io qui!”
“Hai ragione! Ma guarda non è
stato bello incontrarsi in questo posto meraviglioso?”
Bell si intromise:
“Scusate potreste flirtare in un
altro momento, ci sarei anche io qui, e non mi va di reggere la candela!”
“faccio ammenda per il mio
comportamento!” si scusò prontamente Fabio. Aveva dei modi così galanti ed
esuberanti, che anche se in alcuni momenti Bell si sentiva di troppo, gradiva
la sua compagnia e rideva volentieri di ciò che diceva, e provava piacere
vedere che anche la sua amica sorrideva ed era serena in tutti i sensi.
Arrivarono le pietanze ordinate, ed il cameriere lasciò davantiBell un piatto diverso da quello degli altri
due commensali, erano delle verdure con carne stufata e stesa su di un letto di
pane sottile, il tutto predisposto a forma di fiore. Lei non disse nulla ma
Fabio fermò il cameriere e chiese spiegazioni:
“Non è quello che avevamo
ordinato, ci deve essere stato un errore!”
“No, è stato il cuoco che mi ha
chiesto di portare questo piatto alla signorina” rispose e se ne andò senza
attendere repliche. Fabio parve seccato dall’accaduto, ma Bell,dolce come solo lei sapeva essere, lo calmò.
“Su non preoccuparti, non vale la
pena prendersela per un piatto sbagliato, sono certa che sarà ottimo!”
“Non è questo il punto! Le
ordinazioni devono essere rispettate! Oltretutto è la prima volta che mi capita
in questo posto …”
Bell affondò la forchetta nelle
sue verdure sconvolgendo quel fiore, assaporò ed esclamò:
“Squisito! Serena dovresti assaggiarlo!” e fu entusiasta del
suo piatto. Serena le fece assaggiare un boccone della sua carne tritata
avvolta in una foglia di vite. Costatò che le sue verdure stufate con la carne
era nettamente più buono. La cena passò veloce ed allegra. Le due giovani
salirono nelle loro stanze per cambiarsi. Iniziava la “movida”. Fabio le aveva
invitate ad unirsi a lui per chiudere la serata insieme in piena allegria.
Accettarono. Bell indossò una gonna di jeans al ginocchio ed una maglia bianca
molto semplice, ad impreziosire la sua mise, una collana di perle colorate.
Sciolse i suoi lunghi ricci rossi, facendoli ricadere sulle sue spalle. Serena
invece indossò un abito leggerissimo che delineava senza accentuare le sue
morbide curve, raccolse i capelli in una lunga coda, per valorizzare al meglio
i suoi grandi occhi verdi. I giovani animatori stavano già facendo ballare un
fornito gruppo di ragazzi, e si sentivano le risate salire nel cielo notturno.
Un altro tavolino rotondo, questa volta senza tovaglia, tutto legno, ed in poco
tempo arrivarono alcune bibite locali sul loro tavolo. L’allegria la faceva da
padrone tra loro. Si erano appena conosciuti ma erano affiatati come vecchi
amici.
L’alba . un’alba completamente
diversa da quella italiana. Un’alba da sogno. Bell si stava stiracchiando nel
letto, quando udì bussare. Si alzò. Andò alla porta, ed un cameriere fece
entrare nella sua stanza un carrellino e disse in un italiano stentato:
“La sua colazione signorina”
“ma io non ho ordinato nulla …”
obiettò
“Il cuoco. La manda il cuoco”
“Il cuoco? Ma io non lo conosco,
non ho neppure ordinato nulla …” ma il cameriere non le diede retta ed uscì
dalla stanza. Bell sollevò il coperto e dentro vide una crepe alla nutella,
accompagnata da un bicchiere di spremuta d’arancia. A lato un biglietto bianco,
con l’intestazione dell’albergo, c’era un semplice e scarno “buongiorno”
scritto a mano. Nessuna firma. La curiosità di Bell fu al massimo. Il profumo
della crepe era delizioso. La divorò in un attimo, poi indossò un semplice
jeans chiaro, una maglia morbida gialla e scarpette basse. Lasciò i suoi
capelli sciolti. Fuori dalla stanza si chiese se era il caso di svegliare la
sua amica. Decise che no. Scese l’enorme scala lucidissima. Arrivò alla
reception e chiese della cucina, ma la giovane donna le disse che era non era
concesso ai visitatori entrarvi. Sconsolata uscì nell’ampio giardino, ma il
caldo era già soffocante. Vide il mare, liscio come se fosse una lastra di
ghiaccio. Il sole rifletteva i suoi raggi sull’acqua rendendola brillante.
Sapeva che c’era una spiaggia riservata. Forse era meglio lasciare perdere il
mistero del cuoco e andare a mettersi il costume. Ma non era una cosa che le
desse soddisfazione. Camminava con la testa tra le nuvole, e si sentì chiamare:
“Bella!” si voltò di scatto, era
Daniele Martini, gli andò incontro sorridente ma lui le chiese una volta
vicina:
“Che hai?”
“Niente”
“Bugia! Sei imbronciata”
Ne fu sconcertata! Come faceva
quello semi sconosciuto asapere come
era il suo umore. La cosa la mise in imbarazzo e senza capirne la ragione
diventò nervosa. Fu lui che le disse ancora una volta:
“Guarda che non ti mangio!
Calmati”
“Oh ma come gamberetti fai?”
“faccio cosa?” i suoi occhi
divennero sorridenti e tutto il suo volto raggiante di allegria
Solo in quel momento Bell si
accorse di quanto fosse bello. Una bellezza fuori dal comune, era ben
proporzionato, ed il volto quasi perfetto con quelle due perle dal colore
indefinito che aveva sugli occhi. Il suo cuore perse un colpo. Ma mantenendo il
controllo di se stessa rispose:
“sai sempre cosa mi passa per la
testa!”
“E’ facile! Sei come un libro
aperto, i tuoi occhi parlano!”
Il suo cuore perse un altro
colpo. Da quanto tempo non le succedeva? Lo sapeva bene, era dai tempi in cui
si era presa una cotta per Emanuele Tellini. E per
quanto si era auto convinta che era innamorata di Pierre Cantino, sapeva bene
che non era mai stato amore, o niente di simile, la sua era stata una semplice
evasione dalla sua routine. Uno scudo con quale proteggersi dagli altri, forse
in fondo al suo cuore sapeva bene che non si sarebbe mai potuta innamorare di
un tipo simile, e poiché anche lui non avrebbe mai avuto delle mire su di lei,
ecco la protezione del suo cuore bella che pronta. Ma quel giovane visto poche
volte dava al suo cuore vecchi palpiti, miste a sensazioni sconosciute. Rimase
imbambolata a guardarlo, ma lui la scosse :
“Ti è piaciuta la colazione?”
Ed in quel momento Bell ricordò.
La colazione. Il cuoco. Ed allora capì.
“ma il cuoco allora sei tu!”
“Si ieri, mi è arrivata la tua
ordinazione, e sapevo per certo che quello che ti mandavo io ti sarebbe
piaciuto di più”
“Già! Grazie allora. La colazione
di stamattina era davvero deliziosa! Sai volevo venire a vedere chi fosse il
cuoco”
“E non sei la sola … ieri ho
saputo che il tuo amico si è arrabbiato parecchio, voleva venire in cucina”
“Non è mio amico, cioè, lo ha
conosciuto Serena, la mia amica, ed ora si è incollato a lei, non di sicuro a
me!”
Risero. E solo dopo lui propose:
“Scendi in cucina con me?”
“Ma non posso assolutamente
venire …” lui la guardò, le prese la mano e la tirò. Capì chea lui non importava molto e lo seguì. La
cucina era immensa. Grandi pentoloni ribollivano sui fornelli, e giovani cuochi
spadellavano verdure con estrema velocità, nessuno
parlava fra di loro, solo ai cuochi era permesso di “gridare” e tutti erano
impegnati nei loro compiti, chi lavava le verdure, alcuni tagliavano la carne,
poi vi era anche chi lavava i piatti e chi invece decorava i dessert. E fu
Daniele che disse:
“Questo è il mio regno! Ti
piace?”
Bell era senza parole, le parve
tutto così bello e strano, era una piccola città che si muoveva per conto suo.
“Sono felice di averti incontrato” mormorò lui osservando il viso della
ragazza, lei incrociò i suoi occhi per un istante e sorrise. Era bella. Bella
dentro e fuori, ed il suo nome lo specificava. Daniele pensò che i suoi
genitori non avrebbero potuto darle nome più adatto. Dal primo momento in cui
l’aveva vista aveva provato per lei qualcosa di chimico ed irrazionale. Aveva
criticato sua madre senza pudore, ma lui non si irritò, bensì provò una leggera
ilarità, perché lei aveva scovato tutte quelle piccole cose che riuscivano a
rendere sua madre alle volte esasperante. Poi il suo sorriso ed i suoi occhi,
erano così … non vi era un aggettivo per definirli. Ricordava bene che il
giorno in cui l’aveva vista per la prima volta era quasi spenta, mentre ora, in
lei splendeva una luce diversa, i suoi pensieri vagavano senza sosta e fu lei
ad interromperli:
“anche io sono davvero felice di
averti conosciuto … sai prima di partire ho visto Manuela, mi ha aiutato a
rifarmi il guardaroba- fece una piroetta su se stessa- ti piaccio? – non attese
risposta e aggiunse ancora- non mi ha detto che saresti venuto anche tu qui”
“Tipico di mia madre, quando ho
preparato il borsone mi ha chiesto dove andavo, eppure l’avevo avvisata un mese
prima” scosse la testa poi chiese “Ti preparo qualcosa?”
“Non scherzare! Mi vuoi far
diventare una botte?” si guardò e si corresse “No aspetta sono già una botte,
quindi, è meglioche io non lieviti
ulteriormente, altrimenti Francesco mi uccide” rise ma lui serio chiese:
“Chi è Francesco?” ebbe paura
della risposta
“Mio fratello …” la sua voce
divenne dolce
“Gli vuoi bene?”
“Se gli voglio bene? È la persona
che più amo al mondo, senza di lui mi sentirei persa” tacque poi chiese “e tu
invece? Hai qualcuno che ami?”
Il suo sguardo divenne cupo. Si
voltò e gridò qualcosa in inglese ad uno degli aiuti cuochi. Non rispose alla
domanda. Bell se ne accorse e decise di non insistere.
Le giornate in quel residence
parevano lente ed ammalianti, Serena e Bell trascorsero la maggior parte del
loro tempo sulla spiaggia privata, dove non vi mancava nulla per confortare gli
ospiti dell’albergo. Quella sera decisero di partecipare ad una delle serate
che organizzavano gli animatori. Presero posto in un tavolino accanto al
piccolo palco. Con loro ovviamente vi era l’ormai immancabile Fabio. Era
simpatico ma indubbiamente invadente a parere di Bell. Mentre Serena pareva
gradire la sua compagnia. Ogni cosa che lui dicesse le pareva di uno spirito
unico, la faceva ridere a crepapelle. Mentre Bell talvolta rimaneva
semplicemente basita. Non lo trovava divertente, o perlomeno non da
sganasciarsi dalle risate. Delle orchidee violacee erano al centro del tavolo,
che circondavano una candela accesa. Gli animatori presero di mira il loro
tavolo. Intuirono subito che tra Serena e Fabio vi era del feeling e chiesero:
“La bella giovane dai capelli
rossi è sola?”
Serena scosse la testa in segno
di assenso, ed allora loro incalzarono
“E quanti anni ha la nostra bella
irlandese?”
“Ventotto! E non è irlandese”
“VENTOTTO?” chiesero sorpresi
loro, e poi ridendo “Guarda che rischi di rimanere zitella!” Bell divenne rossa
in volto, voleva difendersi ma la voce le venne meno. Mentre Serena non si
accorse dell’imbarazzo della sua amica.Gli animatori la chiamarono sul palco. Bell scosse il capo, non voleva
andare, ma Serena la sospinse, e senza sapere come si ritrovò lì sopra, con un
sacco di occhi puntati, credette che il cuore stesse
per scoppiarle da un momento all’altro.
“Stasera alla lotteria come primo
premio mettiamo una bella nottata con questa ragazza, che ne dite?” tutti in
coro risposero
“SIIIIIIIIIIIIII”
Bell non riusciva neppure a
parlare, per l’imbarazzo muoveva le sue mani infilandosele tra i capelli. Sentì
gli occhi riempirsi di lacrime.
“Bella! Amore mio! Che ci fai
qui?” era Daniele Martini, salito sul palco, con la sua casacca bianca da cuoco
Lei scoppiò a piangere, un pianto
irrefrenabile, trattenuto che ora non poteva fermare, poi voltandosi al
pubblico disse:
“Lei è la mia ragazza! Non è un
premio per nessuno! E se deve passare una notte con qualcuno, quel qualcuno
sono io!” la prese e se la portò con se. Ma l’animatore non contento sfidò:
Lui lo lasciò parlare. Accompagnò
Bell nella sua stanza.
Piangeva. Pareva una bambina.
Se la tenne stretta al petto
finché non si placò. Ed allora, e solo allora la fece sedere su una sedia e
inginocchiandosi di fronte a lei chiese:
“non ti sembra di esagerare un
po’?”
Bell si accorse, che la sua
reazione era stata troppo forte ed esasperata. Lo guardò con i suoi grandi
occhi azzurri ed ebbe paura di perdersi negli occhi di lui. Così limpidi e
sinceri. Deglutì forzatamente ed ammise:
“credo proprio che tu abbia
ragione … ma il fatto è …” si udì bussare alla porta e sussultarono. Daniele si
alzò ed andò alla porta, dischiuse leggermente l’anta e davanti a se si trovò
Serena che chiese:
“Posso entrare? L’ho vista
proprio giù di morale”
“no lascia stare, ci sono io,
tanto non mi eri sembrata molto preoccupata prima” e richiuse la porta. Serena
rimase basita. Non si aspettava una simile reazione da parte di lui. Si adirò.
E girandosi verso Fabio che l’aveva raggiunta disse:
“come si permette! Bell è una mia
amica!” sapeva però in fondo al cuore Che Daniele Martini aveva ragione, perché
lei per prima inizialmente aveva riso.
Soli nella stanza d’albergo.
Belle Daniele erano seduti uno di
fronte all’altro, ma nessuno dei due parlava. Un velo di imbarazzo era calato
tra loro.
“E ora che facciamo?” chiese
Daniele
“non lo so!” rispose lei
continuando a guardare il pavimento
“Beh qualcosa dobbiamo pur fare!
Dobbiamo passare tutta la notte insieme!” sorrise maliziosamente e Bell
rispose:
“Non sei obbligato a stare qui
con me! Vai pure tranquillo se hai da fare”
“Ma figurati! Resto qui molto
volentieri …” si accostò a lei, le mise una mano fra i ricci e forzando un po’
sulla sua testa la costrinse a guardarlo in faccia. E fu così che lei gli puntò
i suoi occhi addosso, tristi e sconsolati. Lui capì che non aveva voglia di
scherzare, si sedette accanto a lei e gli disse:
“Parliamo!”
“Di cosa?”
“Di quello che vuoi! Non sono uno
psicologo, però so ascoltare. Sai con una madre come la mia che non sta mai zitta
devi per forza imparare a stare zitto!” la vide sorridere ed allora lui
proseguì “Su parlami un po’ di te”
Silenzio.
Lei non parlava. Ed allora
Daniele gli disse secco e deciso:
“ora mi spieghi che ti prende”
“davvero vuoi sapere perché sono
così?” annuì ed allora riprese “ Sono così, perché è tutta la vita che mi sento
deridere perché non ho nessuno al mio fianco, sono grassa e brutta, credo di
non essere neppure simpatica” tacque un istante e poi “ perdindirindina! Anche
tu mi trovi alquanto odiosa e noiosa”
“ti sbagli, non lo penso per niente!
Non sei grassa, sei giusta. Le ragazze magre non mi piacciono! Non sei brutta,
mi sei piaciuta subito appena ti ho visto al mobilificio. E soprattutto, non ti
ho trovato noiosa, mi hai fatto morire dal ridere. E penso che tu non debba
pensare che nessuno ti vuole per questi motivi, è stupido! Ed è stupido
piangere per queste cose … nella vita ci sono cose più importanti” tacque
improvvisamente e Bell rimase in silenzio a guardarlo e pensò che dentro di se
aveva molto di più di quello che lasciava vedere. Sospirò silenziosamente si
alzò dalla sedia e con voce più allegra possibile disse:
“hai ragione tu! Non devo fare
così, sono stata davvero una stupida!”
Ad essere sorpreso ora era
Daniele, quella ragazza era in grado di cambiare umore rapidamente, ma era
talmente bella quando sorrideva che non gli importava. L’orologio sulla tavola
segnava le due del mattino, lui sgranò gli occhi, che si dilatarono
improvvisamente e disse:
“OH mio Dio! È tardissimo, ti
spiace se mi corico sul divano? Altrimenti domani mattina non mi alzo!” lei lo
guardò sorridente e gli disse:
“Ma sei pazzo? Sul divano dormo
io! Tu domani dovrai stare attento a lavoro, io posso benissimo andare a
dormire in spiaggia”
“Non se ne parla proprio, sono io
l’uomo, e poi la stanza è tua, andrà bene sul divano davvero …”
Lei rimase silenziosa per un po’,
poi quasi come se avesse preso una scossa elettrica gli propose:
“Possiamo benissimo dividerci il
letto! È abbastanza grande per due!”
Daniele la guardò allibito,
ancora una volta era riuscito a sorprenderlo. Non rispose e lei aggiunse:
“non pensare ,male ti prego, io
oltretutto mi stupisco di me, non faccio mai certe proposte agli uomini, sia
chiaro” era in un evidente stato di imbarazzo dalla quale non riusciva ad
uscirne e divenne completamente rossa “quindi, visto che nessuno dei due vuole
cedere all’altro ci divideremo le due metà del letto, e poi non so perché ma mi
fido di te, ti conosco da poco, ma mi pare di conoscerti da un sacco di tempo”
Lui la osservò muoversi e decise
di accettare. In fondo non c’era nulla di male, avrebbero solo dormito nello
stesso letto per una notte.
“E’ deciso allora! Vado a
mettermi il pigiama” dichiarò Bell soddisfatta. Lui in quell’istante si sentì
ancora più imbarazzato, “il pigiama” aveva dichiarato, sperò ardentemente che
non si trattasse di qualcosa di seta o raso lucido. Lui si tolse la sua maglia
e rimase con una magliettina bianca leggera, e tenne addosso i pantaloni della
tuta. Decisa di aspettarla seduto sul letto. Poco dopo comparve. I rossi
capelli le ricadevano dietro la schiena ed un ricciolo ribelle le ricadeva
sulla fronte. Il suo pigiama era un semplice completo lilla, pantaloncino e
maglietta sulla quale vi era stampato un buffo cartone animato.
Non era sexy.
Ma era semplicemente incantevole. La sua aria
ingenua la rendeva splendente, ed a lui scappò:
“Bella …” tacque, si rese conto
di quanto aveva appena sussurrato e cercò di rimediare aggiungendo “ehm,
scusami, volevo dire Bell”
Lei rise. Non disse nulla. Si
sentì avvampare le guance ma badò a non darci peso. E sedendosi sul letto
chiese:
“Dormiamo?”
“Si certo – balbettò lui – quale
parte del letto preferisci?”
“per me è uguale”
“Bene allora io mi metto qui
sopra le coperte”
“Non avrai freddo?” chiese Bell
“Non preoccuparti, prima ho visto
sul divano una copertina, in ogni caso prenderò quella”
“D’accordo! Allora … buonanotte”
sussurrò lei facendo frusciare le lenzuola, mentre lei si infilava nel letto.
Spensero la luce e di voltarono spalle contro spalle, Bell sentì il peso delle
coperte che tiravano, voleva muoversi ma non osava. Solo in quel momento si
rese conto di quanto fosse stata imbarazzante quell’idea. Ma ormai era fatta,
non poteva certo tirarsi indietro, socchiuse gli occhi, ma la tensione non le
fece prendere sonno, e tenne i suoi occhi sbarrati nel buio per un tempo
indefinito, fino a quando la stanchezza non la vinse. Dall’altra parte Daniele.
Anche lui teneva gli occhi aperti nel buio. La vicinanza con Bell lo rendeva
stranamente nervoso. Era una sensazione che non gli capitava da molto tempo. Il
profumo della giovane gli aleggiava intorno,delicato ed invadente al tempo
stesso. Si girò sull’altro fianco, nella speranza che lei dormisse già.
Dormiva.
Tirò un sospiro di sollievo.
Accese la luce della lampada accanto a se. Una luce soffusa si espanse nella
stanza, e rifletté sulla bianca pelle di Bell. Sembrava pelle di luna, tanto
era chiara e delicata. Si sentì attratto da lei. Alzò la sua mano e la posò
delicatamente sul suo volto, l’accarezzò dolcemente. “Che stai facendo” si
disse. Ritrasse la mano si allontanò da lei il più possibile e faticosamente
prese sonno. l’indomani mattina, la luce del sole penetrò nella stanza,
facendosi beffa dei pesanti tendoni. Con i suoi raggi carezzò il volto dei due
giovani. Bell aveva la testa poggiata sul braccio di Daniele, che con l’altro
braccio la teneva stretta a sé, cingendole la vita. Quasi come se una sveglia
si fosse messa a suonare, i due si svegliarono di soprassalto in contemporanea.
Si guardarono, occhi negli occhi, e Bell con un urlo strozzato chiese:
“Che è successo stanotte?”
“Niente” rispose Daniele,
nascondendo dietrouna calma apparente,
uno stato d’agitazione totale
“E allora perché eravamo
abbracciati?”
“mi avrai abbracciato tu! Durante
la notte, sono irresistibile ammettilo”
“IO? Cosa avrei fatto io? Io non
ho fatto niente di tutto questo, non lo farei mai!”
“Certo, non lo faresti mai, come
invitare uno semisconosciuto a dormire con te”
Bell si sentì punta sul vivo,
sapeva che lui aveva ragione, ma questo non gli dava il diritto di fare
insinuazioni, poi lui guardando lo stesso orologio della sera prima disse:
“E’ davvero tardissimo devo
andare!” non vedeva l’ora di andarsene via da quella situazione irreale,ma lei
si avvicinò e mettendogli una mano sul braccio lo fermò:
“Eh no! Tu non esci da questa
stanza se prima non mi dici che cosa è successo” era decisa e ferma sulla sua
decisione
“Bella, ascolta se fosse successo
qualcosa ti assicuro che te lo ricorderesti!” sorrise maliziosamente
accostandosi al suo volto, era vicino alle sue labbra, poteva sentire il suo
respiro. Una scossa lo pervase. Bell era tutta protesa verso di lui, ma lui
all’improvviso si allontanò, gli disse solo:
“Ci vediamo dopo”
E la lasciò li, da sola. Divenne tutta
rossa in volto. Era arrabbiata ed avvilita, non sapeva se gli provocava più
rabbia il fatto che lui l’avesse chiamata Bella o il fatto che non avesse
voluto baciarla! Ed ancora di più perché era lei stessa che voleva quel bacio!
Stanca si gettò sul letto sfatto. Il suo cuore batteva come non faceva da
tempo, sentiva in lei un risveglio di emozioni. Ora capiva cosa vuol dire
aprirsi come le foglie di primavera. In lei tutto stava nascendo. O per meglio
dire, risvegliando. Finalmente provava di nuovo la gioia di sentire il battito
del suo cuore accelerato, la mente piena di pensieri sconclusionati, che non
avevano né capo né coda, ma che in certi momenti sono davvero meravigliosi. Ma
li, nascosta dietro l’angolo, insidiosa come sempre era celata la paura. La
paura di non piacere. La paura di non essere apprezzata. Come sempre credeva di
essere mostruosa. Ma non poteva sapere che invece era bellissima, con i suoi
movimenti da bambina stretti in un corpo da donna. Un corpo non perfetto. No.
Il suo non era un fisico da vanity fair o cosmopolitan, ma era morbido e pieno, proprio come quello
di Venere.
Lo squillo del telefono la colse
di sorpresa. Serena si alzò dal letto e raggiunse il tavolino dove era poggiato
il telefono di Bell. Non lesse il display e rispose:
“Pronto?”
“Bell! Sono Francesco”
Un tonfo al cuore. Si svegliò di colpo
e schiarendosi la voce:
“ciao, sono Serena”
“Ah ciao mi passi Bell?”
“Veramente Bell è nella sua
stanza, ha lasciato il telefono da me ieri sera. Ma tu come stai?”
“Bene grazie! Senti, dille di
chiamarmi, ciao” attese il saluto e chiuse la comunicazione
Serena si sentì morire dentro.
Lui non le aveva neppure chiesto come stava, come procedevano le sue vacanze.
Non gli importava proprio niente di lei. Sapeva bene che lui era fatto così, ma
in fondo al suo cuore sperava disperatamente che luicon lei potesse comportarsi in maniera
differente. Quella sera nel negozio si era gravemente illusa che forse qualcosa
fra loro sarebbe potuto accadere, ma ora sapeva che il tutto era stato solo
frutto della sua fantasia. Quasi scaraventò il telefonino sul tavolo e si tuffò
nel letto sconsolata. Finalmente l’ora della colazione. Bell e Serena erano
sedute una di fronte all’altra. Avrebbero voluto lasciare le loro amarezze
nelle stanze, ma non vi erano riuscite. I loro volti portavano la stessa
espressione delusa. Ma fu Serena che decise di dire subito:
“Stamattina ha telefonato
Francesco”
“bene e che ti ha detto?”
“Niente, voleva te!” Serena
ripercorse le poche parole scambiate con lui con la mente e solo alla fine fu
richiama alla realtà dalla sua amica:
“ed allora perché non ha
telefonato sul mio telefono?”
“E’quello che ha fatto solo che
tu avevi lasciato il telefono giù ieri sera, ed allora l’ho preso io” tacque e
proprio in quel frangente arrivarono i cappuccini. Bell stava per tuffare
dentro una bustina di zucchero. La prima di molte altre che Serena quasi urlò:
“Ferma!”
“Che c’è?” chiese la giovane
“Guarda la tua tazza”
Bell si decise ad abbassare lo
sguardo, e vide che sopra la schiuma vi era una “B” disegnata col cacao, chiusa
dentro un cuore. Arrossì. E poi cercò di minimizzare la cosa dicendo:
“E’ semplicemente una stampa! La
fanno a tutte”
“Che sia una stampa non lo metto
in dubbio, che lo facciano a tutte non mi pare proprio! Io non ho niente
disegnato sul mio cappuccino!” sorrise dolcemente e subito il volto di Bell si
irradiò come poche volte era successo. Dopo aver esitato un istante decise di
metterci lo stesso lo zucchero. Bevendo sopra il labbro si fermò un po’ di
schiuma e Serena ridendo le disse:
“Hai i baffi!”
“Come ho i baffi? Ho fatto la
ceretta prima di partire”
“I baffi di latte scema!” risero
amabilmente come non accadeva da tempo. Ma fu solo per poco che quella loro
intimità rimase tale, perché bello come sempre, con indosso un bermuda bianco a
righe blu, e una polo bianca, i capelli in gelatinati all’insù. Sorridente come
lo era sempre Fabio si sedette al tavolo frapponendosi fra le due giovani e
dopo il buongiorno guardò Serena in volto e sottovoce le chiese:
“Cosa c’è che non va?”
Colpita e affondata! Pensò la
giovane. Arrossì lievemente e rispose:
“Nulla, cosa vuoi che ci sia?”
“Meglio così!” le accarezzò
lievemente la mano. Quel contatto provocò ad entrambi una scossa elettrica che
li pervase. Bell si alzò e trovò una scusa per allontanarsi, e solo quando fu
lontana abbastanza da non essere notata da Fabio fece un fugace occhiolino
all’amica. Anche loro due si erano alzati e si diressero fuori a godere
dell’aria fresca del mattino. Serena era silenziosa, e Fabio le disse
nuovamente:
“Che ti prende? Oggi sei strana”
Lei non rispose. Lo guardò silenziosamente.
Non poteva certo dirgli chea farla
stare male era un altro a molti chilometri di distanza, e lui incalzò:
“sai, ti conosco da poco, ma mi
pare di conoscerti da una vita! Credo di averti sempre aspettato”
Era una dichiarazione d’amore. Ma
Serena era distratta, il suo sguardo era perso nel vuoto e lui aggiunse:
“Darei non so cosa per conoscere
i tuoi pensieri …”
“Scusami … cosa stavi dicendo?”
“Niente . dicevo solo che non mi
piace vederti così triste, sei bellissima quando ridi, e vederti triste mi fa
stare male” non conosceva da tanto quella ragazza, ma da subito aveva capito
che era speciale. Diversa da tutte le altre. Era attratto da lei, lo prendeva a
tutto tondo. Non era solo il suo aspetto fisico ad intrigarlo, ma anche la sua
mente, i suoi atteggiamenti. Non poteva certo dirsi di esserne innamorato, ma
era qualcosa di molto simile all’amore quello che provava lui. Però in tutto
questo riusciva a capire chiaramente che qualcosa di lei era distante.
Nonostante lei gli dimostrasse simpatia, capiva che il suo pensiero era da
qualche altra parte. Serena vedendolo intristito per colpa sua gli disse:
“dai su; ormai mi restano pochi
giorni vogliamo divertirci?” lui non rispose, le prese le mani, la fece
volteggiare per poi farla finire fra le sue braccia. Serena sorrise
sinceramente. Adorava sentirsi importante per qualcuno, e non le importava se
tutto quello da li a poco sarebbe svanito, voleva godersi ogni istante di
quella vacanza.
Bell stava vagando senza meta
quando improvvisamente due mani le coprirono gli occhi, ma lei si divincolò da
quella flebile trattenuta. Si voltò e di fronte a se vide Daniele. Si diede
della stupida per non averlo riconosciuto subito, ma era talmente felice di
vederlo che non le importava di nulla. E lui le disse:
“Vieni con me …” la condusse
nuovamente nelle cucine la fece sedere su di uno sgabello con lunghi piedi
d’acciaio e spadellando una pentola su un fornello
già acceso chiese:
“Sai stamattina ho temuto davvero
che gli animatori di ieri si presentassero dietro la porta, invece come siamo
andati via, non si ricordavano più di noi. Comunque piaciuta la colazione?” il
suo sguardo era tornato vivace ed allegro come sempre e lei sentendosi
nuovamente a suo agio rispose:
“Passabile!” poi senza guardarlo
“Come mai mi hai portato qui?”
Rimase spiazzato da quella
domanda, ma sorrise, e rispose sinceramente
“Avevo voglia di stare con te”
Un tuffo al cuore. Un palpito
improvviso si creò nel petto di Bell. Non poteva crederci, voleva stare con
lei, e lo aveva detto con la stessa semplicità di cui sono capaci i bambini.
Cercò qualcosa da dire, ma non le venne in mente niente.
“Sai oggi è il giorno del
concorso di cucina, spero di fare delle buone cose!”
“Oh ne sono certa!” esclamò Bell
entusiasta.
E presto fu la gara. In fretta
vennero serviti i piatti. Profumi e odori di spezie si fondevano tra loro,
lasciando un olezzo ormai leggero tutt’intorno. Venne proclamato il vincitore.
Non fu scontato che il vincitore fosse Daniele Martini. I suoi piatti erano
sempre deliziosi per qualunque palato, senza tuttavia doversi perdere in
improponibili accostamenti fra le pietanze. Bell era rimasta tutto il giorno
con lui. Nei momenti di alta tensione, era rimasta ferma in un angolo ad
ammirarlo muoversi fra i suoi aiutanti, proprio come un capitano su di una nave
che deve affrontare una tempesta. Era bello con il suo cappello da chef. E la
cosa che aveva potuto notare la ragazza, che anche se era nervoso ed il sorriso
non era sul volto, non era mai scontroso o arrabbiato. Si chiese se davvero era
reale. Lo era. Era ancora stretta nel suo angolo quando lui le si avvicinò con
un flute pieno di spumante. Glielo porse e disse:
“Brindiamo!”
Lei sorrise, prese il bicchiere
tra le mani e lo fece battere lievemente al calice di lui. Bevvero un sorso. E
fu nuovamente Daniele a parlare:
“Sono felice, non puoi capire
quanto tenessi a questo premio!”
“Te lo sei meritato”
“lo credi sul serio?”
“non mento mai!”
Lui la guardò negli occhi, e dopo
un sospiro dichiarò:
“Lo so” era un’affermazione
sincera, credeva a quello che stava dicendo. Era ubriaco di gioia e stanchezza.
Si avvicinò al volto della giovane, con la mano libera le carezzò i capelli,
infilando un dito in un riccio fiammante. I loro respiri erano ormai tutt’uno.
Bell socchiuse gli occhi. Il suo cuore si aprì di felicità. Lui la voleva
baciare. Ed anche lei bramava che lui lo facesse. Le sfiorò appena le labbra.
Un tocco quasi impercettibile. Lo squillo del telefono li interruppe:
“Scusami devo rispondere”
Lo guardò allontanarsi e lo sentì
rispondere:
“Oh amore mio! Mia vita! Ho
vinto, certo che ho vinto! Tornerò presto. Anche tu mi machi. Sei sempre nei
miei pensieri …”
Bell chiuse gli occhi. Sentì una
lacrima solcarle il viso. Si diede della stupida e si disse “Brutta cretina!
Credevi sul serio che lui si fosse innamorato di te?” una vocina in fondo al
cuore le rispose “si”.
Quando Daniele chiuse il
telefono, cercò Bell, ma non la trovò. Era come se si fosse volatilizzata nel
nulla.
Il viaggio di ritorno fu lento e triste per Bell, che non
riusciva a smettere di pensare a Daniele. Il rollio dell’aereo era nulla al
confronto del rumoroso trambusto dei suoi pensieri. Al suo fianco,anche Serena
era silenziosa e totalmente assorta nei suoi pensieri. Si era salutata con
Fabio la sera prima con un semplice “a presto”;in riva al mare, il tramonto
faceva da cornice alla loro ultima sera insieme a Dubai. Avevano passeggiato a
lungo mano nella mano, e proprio quando erano arrivati davanti la porta della
stanza di Serena lui l’aveva cinta in vita e stringendola a se, le aveva
baciato le labbra. Nulla di più, di un intenso bacio avvenne quella sera. Ma
quel bacio, per lei fu molto di più, era stato come un uragano che le aveva
sconvolto il cuore, non riusciva più a capirsi. Ma i suoi pensieri subirono una
pausa forzata
“Sai Serena, sto male!” disse Bell guardando nel vuoto
“Come?” chiese l’amica
“Si mi fa male il cuore, credo di aver commesso l’errore più
grande della mia vita, quello che non avrei mai e poi mai voluto fare. Mi sono
innamorata”
“Di Daniele?” la sua fu più un’affermazione che una domanda
e proseguì “E perché stai male? Lui è un bel ragazzo, e a dire il vero mi pare
che anche tu non le sia del tutto indifferente”
“è quello che credevo anche io, pensa che l’altra sera mi ha
quasi baciata, poi invece gli è squillato il telefono … e ho scoperto che ha
un’altra. Vedi tutti mi prendono in giro, lo hanno sempre fatto, perché
dovrebbero smettere ora? Rimarrò sempre la Bell Pallone del liceo”
Serena si inalberò e sentenziò:
“Il fatto è che tu sei troppo buona con tutti! Dovresti
essere più dura e farti valere molto di più”
“grazie … se non avessi te come farei?” lei non rispose, se
la strinse forte, ed in quel gesto rivelò tutto il suo bene per lei. Anche
Serena, aveva bisogno di parlare, aprire il suo cuore, ma non voleva certo
farlo ora, e non poteva farlo con Bell. Non si sentiva pronta a dirle che il
suo cuore era completamente diviso in due. Le piaceva Fabio, era bello,
divertente, la riempiva di attenzioni e soprattutto credeva che lui fosse
sincero,ma… rimaneva sempre quel ma, che la sfiniva,
perché per quanto lei cercasse di non farlo, pensava continuamente a Francesco.
Chissà cosa faceva, se la pensava … no. Non la pensava. Questo lei lo sapeva e
soffriva. Finalmente arrivate. Ad attenderle c’era lui. Francesco. Bell si
tuffò subito fra le sue braccia e vi rimase accoccolata. Serena invece gli
lanciò solo una fugace occhiata che lui non raccolse, edandò a ritirare i bagagli.
“Com’è stata la vacanza?” chiese Francesco una volta solo
con Bell . erano entrambi seduti sul divano con la televisione accesa, sullo
sfondo i mondiali di calcio. Giocava l’Italia. Era in vantaggio per uno a zero
con gol di Giulio Parenti, giovane promessa del calcio italiano. Francesco
oramai conosceva ogni singolo particolare di quella breve vacanza e per
distrarre la sorella cercò di cambiare argomento e chiese:
“Cos’hai intenzione di fare con il lavoro?”
“Rientro” rispose lei
Lui la guardò stupito. Per la prima volta l’aveva vista
decisa, senza alcuna esitazione in vita sua, e ne fu felice.
“Buongiorno Pierpaolo” trillò Bell appena arrivata davanti
al banco della reception.
Pierpaolo Cantino stava bevendo il caffè, gli andò di
traverso la sorsata ed iniziò a tossire mettendosi una mano davanti la bocca.
Aveva sputacchiato ovunque di caffè, con la mano libera cercò di asciugare in
maniera maldestra i fogli sulla scrivania, come si riprese un po’ farfugliò:
“Bell … noi non ti aspettavamo,cioè Pierre non mi aveva
assolutamente detto che tu saresti rientrata”
“Non te l’ha detto perché non mi ha chiamato per farmi
rientrate!”
“E tu sei venuta lo stesso?”
“Certo che sono venuta! Le ferie sono finite, ho fatto una
vacanza straordinaria, ma adesso devo riprendere il mio posto”
“Ma Pierre?” chiese ancora il giovane
“Pierre dovrà accettare la mia decisione, se non vuole che
mi rivolga ai sindacati” lo lasciò così, si girò e facendo svolazzare i suoi
capelli fiammanti raggiunse il suo ufficio. Chiuse la porta dietro di se e non
dimenticò di guardare la vaschetta del pesce. Era certa che il suo piccolo
Pablo stesse galleggiando a pelo d’acqua. Ed invece era li! Con lo sguardo perso
nel vuoto boccheggiava vagando nel suo mondo subacqueo. Accorse accanto a lui
ed infilò l’indice nella boccia facendo spostare l’acqua. Il pesciolino salì
fino al suo dito, parve riconoscerla, ma dopo un fugace contatto si allontanò.
All’ora si sedette sulla sua poltrona girevole. Aprì i cassetti e subito tirò
fuori i fogli. Come prese in mano la matita sentì la porta spalancarsi. Alzò lo
sguardo, e bello come sempre apparve Pierre Contino, nel suo solito completo
scuro:
“Cosa ci fai qui?” la sua voce era tonante, ma Bell, non si
scompose, rimase seduta con la matita tra le mani e rispose:
“Lavoro”
“io non ti ho dato il permesso di rientrare”
“Pierre, è qui che ti sbagli, io non volevo il tuo permesso,
ho deciso riprendere a lavorare non avevo più voglia di stare a casa” tutto in
lei rivelava che qualcosa era seriamente cambiato. Il suo sguardo era freddo, e
distaccato, quasi quanto quello del suo capo. Lui lo percepì. Non riuscì a
ribattere e senza dire niente se ne andò. Bell abbozzò un sorriso, compiaciuta
di quello che era riuscita a fare.
Era una sensazione meravigliosa. Sentiva come se stesse
prendendo in mano la sua vita. Finalmente. Tutto lentamente stava cambiando. Ma
dentro sentiva un dolore insistente, che per quanto lei cercasse di ignorare si
presentava. Non poteva non pensare a Daniele. L’aveva ferita. Da allora non lo
aveva più sentito. Ma non era solo lei ad essere cambiata. Tutto intorno era
diverso. Persino Serena ormai la vedeva raramente. Fabio aveva mantenuto la sua
promessa, l’aveva raggiunta in Italia non appena aveva concluso i suoi affari.
Viaggiava per lei. La trattava come una principessa. Bell però non riusciva a
capire cosa turbasse la sua amica. La vedeva si felice, ma non pienamente.
Quando si vedevano spesso la trovava intenta a scrutare il cielo, oppure
fissare un punto indefinito, proprio come fa una donna infelicemente
innamorata. Fu una di quelle sere che Serena andò da Bell. Aveva in mano i
pacchetti del ristorante cinese. Suonò. E non appena entrò disse allegramente:
“Proprio come ai vecchi tempi! Schifezze cinesi per cena, un
dvd strappalacrime e tanti gossip dal negozio” rise e posò tutto sulla tavola
gialla e Bell rispose:
“Ne avevo proprio voglia!”
“Di schifezze?”
“No di passare un po’ di tempo con te!”
“Già ci voleva proprio”
Bell corse a preparare il lettore ed infilò il dischetto,
mentre Serena prese da un cassetto solo dei tovaglioli e chiese:
“Divano?”
“Ovvio! Tutto come sempre” erano sedute e prima di premere
Play Bell disse:
“Prima parlami un po’ di Fabio”
“Che dire? È un ragazzo d’oro! Mi coccola, mi fa sentire
importante, insomma ci tiene davvero ame!” tacque un istante poi sussurrò “l’altro giorno mi ha detto ti amo”
Bell si ammutolì, ed il gamberetto che era stretto fra i
bastoncini cinesi ricadde nel cartoncino.
“Ho avuto la stessa reazione anche io!”
“E tu lo ami?”
In quel momento si aprì la porta e Francesco apparve davanti
a loro. Rimase con la chiave nella toppa della porta, intento a guardare
Serena. Le sue gambe lunghe ed affusolate erano incrociate sul divano, la
camicia rosa era aperta sul davanti lasciando vedere e immaginare cosa ci fosse
sotto, e solo per ultimo rimase incatenato agli occhi verdi di Serena che era
imbambolata a guardarlo. Cercò di spicciarsi e disse velocemente:
“Sera! ragazze”
Rispose solo Bell al saluto, mentre Serena disse sottovoce:
“Mi hai detto che lui non c’era”
“Infatti non capisco perché sia a casa. Ma che importa a
noi?”
Serena fece finta di nulla e sorrise. Non lo aveva più
davanti agli occhi, ma ascoltava tutti i suoi movimenti. Aveva aperto il frigo
e bevuto qualcosa. Il cuore di Serena stava per esplodere. Batteva
all’impazzata. Gli capitava ogni volta che sentiva il suo nome, figurarsi ora
che gli era vicino. Il suo corpo era invaso da un formicolio. Bell la richiamò
alla realtà e disse:
“Allora mi rispondi?”
“Di cosa parlate?” si intromise Francesco. Era capitato
spesso che lo facesse, e prima di allora Serena la prendeva come una piacevole
intrusione, adesso invece per lei era un peso insopportabile, ma non lo diede a
vedere e Bell rispose:
“Di Fabio, il ragazzo di Serena”
“Ah!” esclamò lui irrigidendosi lievemente “è diventato il
tuo ragazzo?”
“Oh si, e l’altro giorno le ha detto che la ama!” aggiunse
Bell, mentre Serena ammutolita osservava sperando di poter scomparire
“E tu lo ami?” chiese Francesco guardando Serena dritto
negli occhi, il telefono di Bell trillò, si scusò e disparve.
Serena e Francesco erano soli, ancora occhi negli occhi, lui
stringeva le mani allo schienale del divano e ripeté:
“lo ami?”
Serena rimase silenziosa ed incredula e rispose con un’altra
domanda:
“Perché me lo chiedi?”
“Curiosità” ma la sua non era curiosità lo sapeva bene, era
bella, e forse dire che era bella, era poco. i suoi occhi erano in grado
ammaliarlo. Sapeva che quella sera sarebbe stata li per mangiare cinese, e fece
di tutto per potersene andare prima. Sapeva che era sbagliato, ma non era
riuscito a non cedere alla tentazione di vederla. Non sapeva perché ma quella
ragazza aveva su di lui un effetto strano. Era incantato da lei, dal suo
profumo, dalla sua voce. Ed anche se non lo aveva mai fatto trapelare neppure a
se stesso, ora non poteva più far tacere il suo cuore. Aveva scoperto che il
vederla frequentemente gli provocava un’amara tristezza, della quale nulla
poteva porvi rimedio, mentre il solo suono della sua voce gli faceva galoppare
il cuore. Era dunque amore? Non lo sapeva. Però di una cosa era certo, sapere
che lei fosse innamorata di un altro, era la cosa che più lo mandava in bestia.
Ed ora attendeva ansante quella risposta. I loro volti erano più vicini del
previsto, le loro bocche parevano sfiorarsi. Non seppe perché ma si avvicinò a
lei, e la baciò. Non gli importava conoscere la verità, in quel momento sentiva
solo che la voleva.
E la voleva per lui.
Serena si abbandonò a
quel bacio ad occhi chiusi. E con il cuore rispose
Francesco si staccò da lei, si
passò una mano sulla fronte:
“Scusami, non so cosa mi sia
preso” e se ne andò lasciandola sola nella stanza.
Nello stesso istante entrò Bell,
paonazza in volto. Serena cercò di ricomporsi e chiese:
“Che succede?” la sua era più una
domanda di cortesia che altro, voleva solo scappare via da quella casa e non
vedere mai più Francesco. Un secondo prima stava toccando il cielo con un dito,
mentre ora… adesso era sprofondata sottoterra. Sentì le lacrime salirle agli
occhi, ma le ricacciò indietro. Non stava ascoltando la sua amica, si alzò di
scatto e disse con un tono di voce troppo alto:
“Io devo andare?”
“Perché? Non abbiamo neppure
visto il film”
“Mi sono ricordata che devo
correre a casa, forse viene Fabio …”
Prese la borsa ed uscì di corsa.
Una volta in strada le lacrime iniziarono a scendere copiose sul suo volto.
Perché tutto era diventato così
difficile? Perché dopo quella maledetta vacanza a Dubai, le cose al posto di
migliorare erano diventate complicate al posto di appianarsi? Domande … tante
domande che le due amiche si ponevano nello stesso momento, ma distanti tra
loro.
Bell non riusciva a darsi pace, lei era
sicuramente divenuta più risoluta nelle sue decisioni, e poteva avvertire il
cambiamento che era avvenuto in lei, in modo prepotente, acceso ed istantaneo.
Il che non le dispiaceva affatto. Adorava vedere le facce delle persone
stranite, nel vedere il suo sguardo nuovo e le sue risposte piccate. Ma Serena
era cambiata, si accorse che anche suo fratello era cambiato ultimamente. Era
ancora più taciturno del solito. Ed il suo cuore? Era un mare in tempesta. Dove
le navi vengono sbattute da una parte all’altra dalle onde senza meta, fino a
farle diventare relitti. Daniele non si era più fatto sentire dal suo rientro,
però adesso telefonava Donna Manuela dicendo che aveva il desiderio di vederla.
A che gioco giocavano madre e figlio? Non riuscì a darsi una risposta perché si
abbandonò al sonno.
Bell era nel suo ufficio che
stava sistemando vari fascicoli di arredamento appena arrivati. La porta del
suo ufficio si aprì, e Pierpaolo entrò e disse:
“Bell, c’è un signore che chiede
di te …”
“fallo entrare …” rispose
rimanendo in piedi
Pochi istanti e quando si voltò
di fronte a lei vide un uomo. Pochi capelli sulla testa, una faccia rotonda
dove vi erano incastonati grandi occhi verdi, ma gli occhi erano pieno di
piccole rughe. Lei si accostò tendendole la mano, i suoi occhi caddero sulla
camicia a righe dell’uomo, i bottoni tiravano sulla pancia rivelando della
peluria superflua. I pantaloni erano tenuti da una cintura stretta sotto la
pancia. Afferrò la mano dell’uomo e disse:
“piacere Bell Pallone …”
“So bene chi sei … tu non ti
ricordi di me?”
“Ehm … credo di no”
“Bell … sono Emanuele Tellini!” esclamò l’uomo
“Emanuele Tellini?”
domandò sbigottita! Non poteva crederci lui doveva avere la sua età ed invece
sembrava un vecchio! Ok d’accordo forse dire vecchio era troppo, ma di sicuro
ne dimostrava almeno cinquanta al posto di ventotto. Rimase li impalata ancora
per qualche istante. Stava cercando di riprendersi, non poteva credere che per
lui il tempo fosse passato tanto velocemente. I suoi boccoli d’oro non c’erano
più. Ed il suo corpo atletico era svanito. Non era rimasto neppure il più
lontano ricordo. Si riprese da quello shock momentaneo e sedendosi sulla sedia
girevole chiese:
“Quanto tempo! Cosa ti porta da
queste parti?”
“bèh sono interessato ad
ammobiliare una casa”
“Ovvio, sono un’arredatrice …”
rise e poi chiese “ dai raccontami un po’ di te! Cosa fai ora?”
“beh lavoro nel campo
dell’edilizia …”
“Mi fa davvero molto piacere e ti
sei sposato? Fidanzato? Su sono curiosa …” parlava tranquillamente, erano
passati dieci lunghi anni dall’ultima volta in cui l’aveva visto. Aveva pensato
mille volte a come sarebbe potuto essere
quell’incontro, ed ora stava accadendo. Solo che lui era completamente diverso
da come se l’era immaginato. Il suo cuore palpitava regolarmente. Tutto in lei
era regolare, come se fosse a contatto con un completo sconosciuto. Ed
effettivamente era solo quello. Del ragazzino che le piaceva ai tempi del liceo
non vi era più nulla. Che strana sensazione. Lui parlava e lei ascoltava
distrattamente. La colpì solo quando disse:
“si purtroppo sono sposato … ma
se solo potessi tornare indietro …”
“Perché dici questo? Il
matrimonio è una cosa stupenda …”
“certo, è stupenda quando ci si
sposa con una dea come te …”
“Ma Emanuele, non hai ancora
perso il vizio …. Sei un adulatore”
“No è la verità sei davvero
splendida, diversa da quella che eri ai tempi della scuola …”
“E allora dimmi chi è la
fortunata?” quell’aggettivo le pareva troppo grande per definire chiunque si
fosse presa la briga di infilare la fede al dito di Emanuele Tellini ma ormai era fatta …
“ Martina”
Silenzio.
“La nostra compagna di classe …
te la ricordi?”
“Oh si certo … e come potrei
dimenticarla, è proprio fortunata” stavolta calcò sulla parola fortunata,
perché erano stati fortunati a trovarsi due serpenti e poi proseguì “siete
sempre stati fatti l’uno per l’altra”
Tanto tempo era passato, e tanto
tempo aveva sprecato, ora ne aveva l’assoluta certezza. E pensare che in tutti
quegli anni non aveva fatto altro che pensare al loro fatidico incontro. Era
stato tutto inutile. O forse no. Ora le parti si erano invertite, era lei ad
essere ammirata. Ma non le importava. In quel momento il suo pensiero era
rivolto altrove, ad un'altra persona. Daniele Martini, e adesso chissà
dov’era?Cosa stava facendo? Se la stava
pensando? No! Questo era impossibile, lui era legato ad un’altra persona
l’aveva sentito con le sue orecchie … pensieri … la distolse Emanuele che
continuava a parlare e chiedeva:
“E tu? Sei sposata? Fidanzata? Ma
che domande certo che si! Sei talmente bella …” non smetteva un attimo di
adularla. la porta dell’ufficio si aprì di scatto ed eccolo li.
In piedi.
Fermo a fissare Bell negli occhi.
Era Daniele Martini.
Bello come sempre, con i suoi
occhi dal colore cangiante duri e tristi allo stesso tempo. Bell non lo aveva
mai visto così, e senza badare all’uomo seduto di fronte la scrivania disse
seccamente:
“Bell ti devo parlare”
“Sei entrato senza bussare! Te ne
rendi conto? E poi non mi pare il caso, sono con un cliente”
“Non ti ho chiesto cosa stai
facendo, e se puoi! Io devo parlarti!”
Lei non seppe resistere al suono
della sua voce. Si alzò e scusandosi con Emanuele uscì dall’ufficio.
“Cosa vuoi?”
“voglio sapere perché sei
scappata via …”
“Io non sono scappata, avevo solo
finito le vacanze …”
“eri talmente ansiosa di tornare
a casa da non salutarmi neppure?”
“Si”
“eri ansiosa di rivedere … lui?
Come si chiama?”
“Emanuele! Si chiama Emanuele!”
“Ma l’hai visto?”
“Cosa ti importa a te? Non volevo
rientrare in tutta fretta per vedere lui, questo è poco ma sicuro, e comunque
non ti devo delle spiegazioni. Proprio a te che mi fai telefonare da tua madre
per sapere come sto! Cosa credi che non lo sappia che l’hai fatta chiamare tu?”
“mia madre cosa?”
“Non fare il finto tonto!”
“Ti giuro che non sapevo niente!”
il suo tono era sinceroBell lo intuì e
disse
“Vabbè
non fa niente, ascolta, lasciami stare in santa pace, credo che non sia giusto
che io e te ci frequentiamo”
“E perché? Posso sapere il
motivo? O è un segreto”
“sai benissimo perché non
possiamo uscire insieme …”
“io non voglio uscire con te!”
Queste parole arrivarono a Bell
come uno schiaffo in faccia ma poi lui aggiunse:
“Io voglio stare con te!”
Questa ultima frase la colpì
ancora più della prima.
Lui voleva stare con lei.
Era la prima volta in assoluto
che un ragazzo le dicesse una cosa del genere. Il suo cuore iniziò a palpitare
velocemente, le gambe divennero molli, le sembrava di avere mille farfalle
nello stomaco . fece un passo verso di lui. Ma si fermò di colpo. Le ritornò in
mente quella telefonata di un tempo non tanto lontano. Tornò indietro e disse
freddamente:
“Lasciami in pace”
Daniele si avvicinò a lei la
prese per un braccio con sguardo implorante e chiese:
“Perché ? dimmi solo perché”
accostò il suo volto a quello di lei. Erano così vicini che le loro bocche
parvero sfiorarsi per un momento, ma arrivò Pierre Cantino. Prese Bell per un
braccio e l’allontanò:
“Bell, onestamente è l’ultima
cosa che mi aspettavo da te! Lo sai che non amo le smancerie dei clienti
figuriamoci delle mie dipendenti” la guardò e si accorse che un po’ tremava la
strinse a se e guardò con fare minaccioso Daniele Martini:
“le consiglio di andarsene
subito” la sua voce era fredda e calma come sempre; lo seguì con lo sguardo
finché non lo vide uscire dalla porta a vetri. Bell era ancora accoccolata fra
le sue braccia, quando lui le prese il volto fra le mani:
“Ti stava infastidendo?”
Bell non seppe cosa rispondere.
Tutto per lei era così strano. Non capiva bene cosa stesse succedendo. Era fra
le braccia del suo gelido datore di lavoro che improvvisamente era premuroso
con lei. Nel suo ufficio ad attenderla c’era il suo vecchio amore di un tempo.
E poco distante da lei c’era lui, Daniele. Mille emozioni e strane sensazioni
si erano impossessate del suo cuore.
Il passato era ben impresso nella sua mente, era certamente
Emanuele Tellini. Che con tutta sincerità ammise a se
stessa che mai sarebbe potuto essere amore. Quello vero. neppure se avesse
conservato la bellezza di un tempo gli sarebbe balenato in testa di stare con
lui. Ma il suo futuro dov’era? Daniele lo aveva perso? Era priva di risposte …
domande intrecciate le affollavano la mente, ma una su tutte prepotentemente le
riempiva la testa. Quello che la stava stringendo era lo stesso Pierre di
sempre? Quello che aveva conosciuto in questi anni? La stava stringendo forte a
se, e lei non rifiutava quella stretta, anzi si rifugiava con tutta se stessa.
Parvero ore, ma in realtà non furono che attimi. Un abbraccio che si dissolse
con la stessa rapidità con la quale era avvenuto. Bell pensò che forse qualcosa
le sarebbe rimasto dentro e invece … il vuoto! Niente. Le sensazioni sognate,
immaginate, il desiderio di piacergli che l’aveva spinta in tutti questi anni
era magicamente svanito. Il suo cuore per la prima volta in vita sua si era
accorto di amare.
Amava con un’intensità mai vista e mai provata.
Una piacevole sensazione che la faceva passare dalla gioia
infinta all’angoscia più totale nella frazione di un secondo. Tutto perché il
suo cuore aveva deciso di rimanere incatenato ad un uomo già impegnato. E lei
non era una sfascia famiglie. Aveva dei valori e dei principi nella quale
credeva ciecamente, non poteva certo mettersi in mezzo a rovinare qualcosa di
assodato.
“E’ tutto a posto?” chiese Pierre distogliendola dai suoi
pensieri
“Si ora è meglio che vada, ho un cliente” si allontanò ed
entrò in ufficio. Trovò Emanuele nella stessa posizione in cui l’aveva
lasciato, con le sue mani grandi poggiate sulla sua pancia enorme. Dopo di lei
entrò una donna dai lunghi capelli tinti; il volto segnato da piccole rughe,
sfoderò il sorriso ingiallito dal fumo, ma ciò nonostante Bell riuscì a
riconoscere Martina, la sua vecchia compagna di scuola. Era incinta. Bell si
augurò vivamente che il figlio che sarebbe nato dalla loro unione imparasse
dagli errori dei genitori e diventasse una persona migliore. Dopo i saluti di
falsa cortesia che si scambiarono, li lasciò andare in giro per il mobilificio
con Pierre. Li vide allontanarsi per andare al piano superiore e ringraziò il
cielo per come erano andate le cose dieci anni prima.
L’orario era di quelli in cui nessuno andava in giro per
fare spese. La gente preferiva sicuramente restarsenea casa a riposare, mentre lei era costretta a
lavorare. Serena stava sistemando la vetrina ma la sua testa era altrove. Non
riusciva a togliersi dalla mente il suo bacio con Francesco. Aveva bisogno di
parlarne con qualcuno, l’unica con la quale avrebbe voluto parlarne era
sicuramente Bell, ma non voleva mettersi anche lei con i suoi pensieri a darle
noia, era già abbastanza incasinata con i suoi problemi che lei non voleva dio
certo aggiungergliene di nuovi. Era bella come sempre. I suoi movimenti erano
delicati e dolci anche con uno straccio in mano. Mentre sistemava i vari
modelli provava qualche montatura e guardava il suo riflesso nel vetro.
Francesco la stava
osservando da un po’ di tempo, in un angolo non molto distante da lei. Non
riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Doveva esserne innamorato. Anzi ora
non aveva più dubbi. Per quanto avesse fatto il possibile per camminare lontano
da questo incredibile sentimento in grado di sconvolgere la vita, l’amore gli
era capitato tra capo e collo, nel momento in cui meno se lo aspettava. E per
la persona che fino a qualche mese prima gli pareva di non aver mai visto
nonostante la conoscesse da così tanto tempo. Era in grado di offuscargli la
mente e stravolgere il cuore. Doveva dirglielo.
Prima o poi.
Un rumore distolse Serena dalle sue faccende e si affacciò
sul marciapiede per vedere cosa fosse. Non poté credere ai suoi occhi. Delle
bambine portavano dei cesti colmi di petali di rose colorate, e dietro di loro,
un cavallo bianco che si fermò di fronte a lei. Era senza parole, estasiata.
Dal cavallo scese lui, il principe azzurro e con un filo di voce Serena chiese:
“Fabio … che ci fai vestito così?” era Fabio che vestito
come un cavaliere medievale le si parò di fronte con un immenso fascio di rose
rosse
“Sono qui per te, mia amata donzella” si inginocchiò di
fronte a lei e le disse guardandola negli occhi
“Ti amo. Ti amo più della mia vita, e voglio passare il
resto della mia vita con te! Sposami! Diventa la mia principessa. Non voglio
una principessa per un giorno, ma la regina di una vita al mio fianco, ti amo
ti amo e ti amo”
Non disse nulla, non ebbe neppure la forza di rispondere
rimase muta per un istante. Un istante che parve un’eternità. In quell’attimo
eterno ripensò a tutto ciò che era successo nell’ultimo periodo. Senza dubbi si
accorse che non aveva mai amato Fabio. Gli voleva bene, ma niente di più.
L’uomo che amava era un altro, l’uomo dalla quale desiderava essere baciata non
l’amava. Francesco non era li. Non gli aveva mai fatto vedere di provare
qualcosa per lei, quel bacio che si erano scambiati era stato solo un errore.
Il cuore smise di far valere le sue ragioni e cedette alla ragione della mente.
Quello era un matrimonio conveniente, non poteva lasciarsi sfuggire
un’occasione del genere. Sarebbe stata una stupida a farlo andare via. Dalle
sue labbra fece uscire un lieve “si” fu un si quasi soffocato e tremante. Fabio
pensò fosse per l’emozione, ma Serena sapeva bene che il suo era un si
dolorante.
Francesco sentì una lama penetrargli il cuore e girargli
dentro. Un dolore lancinante, tangibile si impossessò di lui. Sentì come se il
peso del mondo fosse caduto all’improvviso sulle sue spalle, tanto da essere
costretto a curvarle. A passi lenti se ne andò da li, con gli occhi pieni di
Fabio e Serena che si baciavano.
Bell era ferma sulla sedia del suo ufficio intenta a
guardare Pablo. Il suo pesce. Da quanto non lo guardava? Non se lo ricordava
neanche più. Pochi mesi erano stati in grado di stravolgerle la vita come se
fossero stati anni. Quanti cambiamenti … la prima a cambiare era stata proprio
lei e da quel momento niente era più stato lo stesso. Il silenzio dei suoi
pensieri venne interrotto da Pierre che entrò nell’ufficio, senza bussare come
sempre. E Bell gli disse dolcemente:
“Bussare non va più di moda?”
Lui non rispose alla provocazione e si sedette di fronte a
lei, nella poltroncina che occupavano solamente i clienti e chiese scusa, lei
lo guardò esterrefatta, non poteva essere il suo Pierre:
“Pierre che ti succede? Ti hanno rapito gli alieni e ti
hanno sostituito?”
Lui rise e scosse la testa e poi rispose:
“Non sono io ad essere cambiato …”
“si certo, quella che è cambiata sono io, ma ti posso
assicurare che tu non sei più lo stesso!”
“non sono più lo stesso perché mi relaziono a te in maniera
differente! Questa nuova Bell ti assicuro che mi piace”
Lei arrossì lievemente sulle gote e chiese:
“davvero?”
“Si, e a quanto pare non sono l’unico”
Bell capì subito a chi si stava riferendo. Parlava di
Daniele Martini, ne era certa, ma non disse nulla perché fu lui che continuò a
parlare dicendo:
“Stasera passo a prenderti alle otto. Non ammetto rifiuti”
si alzò e la lasciò sola.
Un abito nero, corto al ginocchio, impreziosito da una
sottile catenina che reggeva una perla;una sola perla che dava luce al decolté,
un paio di scarpe coltacco dello stesso
colore dell’abito. I capelli sciolti emanavano un bagliore rosso acceso. Sul
volto un velo di trucco. Bell era pronta, e mancavano ancora pochi minuti alle
venti. Era in piedi nell’entrata, appoggiata al divano, non si sedeva per la
paura di sgualcire il vestito, e attendeva che il citofono suonasse, quando
improvvisamente il portone di casa si aprì violentemente. Entrò Francesco, come
una saetta. Il volto stravolto. Bell preoccupata gli corse incontro, mentre lui
si era già buttato sul divano. Nelle mani teneva strette le chiavi della
macchina. Bell ansante si inginocchiò accanto a lui e chiese:
“che succede?”
“niente! È stata solo una brutta giornata” poche volte lo
aveva visto in quel modo e Bell stava per fare un’altra domanda, quando lui la
interruppe per chiedere:
“Tu piuttosto dove stai andando? Sei incantevole …” non
aveva voglia di parlare, ma non voleva neppure che lei gli facesse domande e
lei rispose:
“esco con Pierre”
“Il tuo capo?” rimandò lui stupito
“Si proprio lui, ma lo chiamo e resto a casa con te!” esclamò
lei preoccupata
“No, vai pure, a me basterà solo un po’ di riposo, ho un
gran mal di testa …”
Il citofono trillò, e lei balzò in piedi:
“è lui!”
“Vai e divertiti sorellina mia” Bell chiuse la porta, udì i
suoi passi svanire nel nulla, e solo allora si abbandonò ad un pianto triste e
solitario.
Quando Pierre vide Bell, rimase senza fiato. Era davvero
splendida. In quel momento era come se la stesse guardando per la prima volta.
Il suo scialle cadde lasciando intravedere la pelle bianca delle sue spalle.
Quel cigno era rimasto nascosto da qualche parte in tutti quegli anni, ed ora
si esibiva come un pavone che non conosce la bellezza della sua ruota di piume.
Lui fece il giro per aprirle la portiera. Ma lei prontamente lo bloccò :
“grazie ma faccio da sola …”.
Si avviarono e lui la portò in un locale soft, di classe. Le
luci dei piccoli faretti attaccati alle pareti erano soffuse. Un cameriere li
fece accomodare su un tavolino rotondo, al centro vi era una candela accesa,
che rendeva l’atmosfera ancora più romantica. Il cameriere che li aveva
accompagnati chiese se poteva iniziare. Pierre rispose con un semplice cenno
del capo.
Arrivarono le pietanze, una dietro l’altra, e tutte una più
squisita dell’altra. L’unica particolarità era che tutte le porzioni che
venivano servite alla giovane erano predisposte a forma di cuore. Era quasi
giunta la fine della cena, e lei disse al suo cavaliere:
“Sei stato davvero carino a farmi predisporre tutto a forma
di cuore”
“Oh non è stata una mia idea”rispose lui tranquillamente
Il cuore di Bell sobbalzò, ma cercò di non pensare a Daniele
Martini e chiese:
“Posso farti una domanda?”
“certamente, puoi chiedermi tutto quello che vuoi”
“Perché mi hai invitato fuori a cena?”
“vuoi la verità?”
“Certo …”
“Il fatto è che mi sono accorto che tu sei una persona
davvero meravigliosa! Mi vergogno solo di non essermene accorto prima”
“Ascolta Pierre, per quanto questa cosa mi lusinghi, insomma
tu sei il mio capo, e non voglio certo finire come quei romanzetti da quattro
soldi …”
“io non voglio piacerti per forza … voglio solo che tu mi
conosca meglio, e soprattutto da un altro lato, perché so bene di essere stato
troppo scontroso con te in questi anni”
Cosa stava succedendo? Il destino le stava offrendo un’altra
opportunità? Era davvero possibile? Non avrebbe mai immaginato che Pierre la
guardasse come si guarda ad una donna. Tutto questo la mise in forte imbarazzo.
Con la scusa di andare a ripassare il trucco si alzò dal tavolo. Cercava il
bagno, ma la sua era una scusa per avvicinarsi alla cucina. Forse li avrebbe
visto il cuoco. Uno spiraglio dalla porta della cucina faceva intravedere
dentro. Tanti grembiuli bianchi, tutti uguali fra loro, ma nessun volto
conosciuto. Bell ne rimase delusa e si disse che sicuramente la coreografia dei
piatti era uguale per tutte le donne. Una voce alle sue spalle la fece
sobbalzare:
“Stai cercando qualcuno?”
Una mano sul cuore, quasi a volerlo fermare per impedirgli
di uscire dal petto. Divisa bianca. Grande grembiule bianco intorno alla vita,
sporco quasi come la tavolozza di un pittore, ed un grande cappello stretto in
una mano.
La chiuse nell’angolo con un braccio per non farla scappare,
e le chiese:
“Piaciuta la cena?”
“Allora sei stato tu!” rispose lei
“Chi credevi che fosse?” fece finta di offendersi e aggiunse
“ non mi dire che hai pensato potesse essere qualcun altro a darti questo
trattamento”
Lei scosse la testa. Aveva pensato che fosse lui, ma non ci
aveva sperato. E fu lui che chiese ancora:
“Sei qui con il tuo capo!”
“non è come credi! È tutto molto confuso … - si stava
giustificando, non voleva che lui l’avesse vista uscire con un altro, ma poi
aspramente disse- comunque almeno lui è libero!”
“Bell, io e te dobbiamo parlare” la guardava e la teneva
incatenata con lo sguardo, e quegli occhi per lei erano diventati tutto. Non
riusciva a staccarsi da lui, voleva muoversi, ma le sue gambe non glielo
permettevano, tutto quello che voleva in quel momento era scordarsi del resto
del mondo e che lui la stringesse fra le sue braccia. Ne era conscia lo amava.
Non ne capiva la ragione, lo conosceva da poco tempo. E sapeva bene che per
essere innamorati bisogna conoscere, i pregi e i difetti delle persone, e lei
di Daniele conosceva talmente poche cose che dirsi innamorata era troppo, ma il
suo cuore non era d’accordo, non la pensava allo stesso modo. E come se lui
stesse leggendo la sua anima si chinò per baciarla. Un bacio dolce delicato,
era uno sfiorarsi appena le labbra.
Una vocina sottile e dura allo stesso tempo li riportò alla
realtà:
“papà!”
I due si staccarono bruscamente. Bell si voltò e vide una
bimba, avrà avuto circa otto anni, lunghi capelli neri e occhi dello stesso
colore. La giovane era troppo scioccata per parlare o dire qualcosa, era come
se si fosse mummificata. Daniele si accovacciò a terra vicino la bimba e
chiese:
“Cosa c’è tesoro mio”
La bimba dagli occhi corvini, prese la mano del padre,
l’aprì e gli mise un pezzo di carta e battendo con la mano nella sua disse:
“Nonna!”
Dietro la bimba quasi nascosta c’era una giovane donna,
piccola, con un viso dolce e pulito e timidamente disse:
“Daniele non c’è stato verso di farla calmare è voluta
venire a tutti i costi, vuole la nonna”
“Teresa portala pure da mia madre, dopo parliamo …” laragazza, pacata come era arrivata prese la
mano della bambina e disse:
“Ora andiamo dalla nonna” la bimba obbedì silenziosa e si
allontanarono insieme mano nella mano.
Bell era sconvolta. Quando si riprese si allontanò, ma
Daniele la fermò per un braccio:
“Aspetta Bell, dobbiamo parlare”
“io e te non abbiamo proprio niente da dirci, lasciami
andare ti prego”
Aveva una figlia e una moglie. Ne aveva avuto il dubbio, ed
ora ecco la conferma.
Era sposato.
Con la mente ripercorse quegli attimi, e pensando e
ripensando provava pena per Teresa, la moglie. Doveva essere abituata
all’infedeltà del marito, perché ne era certa, li aveva visti baciarsi, ma non
aveva detto niente. Nessuna reazione. Si sentì morire. Aveva un peso nell’anima
insopportabile. Quando si sedette nuovamente al suo posto era pallida come un
cencio, e Pierre preoccupato le chiese:
“Tutto bene?”
Bell, non mentì dicendole che si sentiva poco bene e
desiderava tornare a casa. Lui la riaccompagnò immediatamente sotto il suo
portone e premurosamente aveva aspettato sotto casa finché non aveva visto la
luce accesa uscire dalla finestra.
Percorse lentamente la stretta entrata che portava alla sua
stanza. Bell lanciò un’occhiata nella camera del fratello, Francesco dormiva
nel suo letto, o almeno così pareva a lei. Si tolse le scarpe e infilò la
maglia del pigiama, che per lei era troppo grande, e le arrivava a metà coscia,
si tolse quel poco di trucco che aveva sul volto e si sdraiò sul divano. Sentì
bussare alla sua porta. Si sedette di scatto in preda al panico, con il cuore
che le batteva a mille. Decise di rimanere immobile per non farsi sentire.
Smise anche di respirare. Rimase in allerta e solo quando si rese conto che era
frutto della sua fantasia, si sdraiò nuovamente perdendosi dei suoi pensieri.
Un’altra volta udì bussare. Stavolta più forte. Si alzò
lentamente e si diresse verso lo spioncino.
Guardò.
Non poteva credere ai suoi occhi.
Era Daniele Martini!
Aprì leggermente l’uscio, e gli chiese:
“Cosa vuoi?”
“Devo parlarti” rispose deciso
“Non ho voglia di ascoltarti”
Richiuse la porta, ma lui mise un piede tra la porta e il
muro impedendole di chiudere. Il colpo fu forte, ma lui non cedette e disse:
“ma io voglio parlare con te” spinse la porta con forza ed
entrò.
E fu li davanti a lei. E la trovò ancora più bella di
qualche ora prima. Nella sua semplicità aveva una bellezza disarmante, senza
eguali. E Daniele rimase senza fiato sul serio. Allungò una mano per
accarezzarle i capelli ma lei si ritrasse; lui fece un passo avanti e chiese:
“Posso sedermi?”
Lei fece un gesto vago, quasi a voler dire “fai come vuoi”
Si sedette sul divano, e richiamò lei vicino a lui; lei non
raccolse l’invito e rimase in piedi poggiata alla parete con le braccia
incrociate sotto il seno.
“Bell, credo di doverti delle spiegazioni”
“Non sei obbligato a dirmi niente, io non voglio più
vederti”
“Ma non è quello che voglio io”
“a me non piace fare l’amante”
“Ma quale amante” sbottò lui “ti prego siediti e lasciami
parlare
Agitata, come poche volte era stata in vita sua, si sedette
al suo fianco tirando giù al massimo la sua maglia.
“Hai tempo? È una storia lunga” chiese lui
Lei annuì. Non era in grado di dire neppure una parola,
aveva il cuore che le soffocava la gola. E lui iniziò il suo racconto:
“Gioia. Questo è il nome della bambina che hai visto
stasera. Ma purtroppo il suo nome e il suo significato sono ben lungi da lei, e
se non fosse per Teresa, la donna che hai visto con lei e per mia madre non
saprei davvero cosa fare”
“E’ ovvio che Teresa e tua madre ti aiutino, sono la madre e
la nonna della bambina”
“Ed è qui che ti sbagli!- La incalzò lui – Teresa è
un’assistente psicologica per Gioia, e mia madre non è la nonna di Gioia”
Bell lo guardò con sguardo interrogativo e Daniele riprese
il suo racconto senza guardarla più negli occhi, sapeva, o sperava che lei non
lo interrompesse più, era difficile per lui parlare di questo, non lo aveva mai
fatto con nessuno
“Gioia è la figlia del mio migliore amico. Ma lui è morto da
quattro anni, un incidente stradale, dove hanno perso la vita lui e sua moglie.
Gioia era in macchina con loro, si è salvata per miracolo – la sua voce si
incrinò leggermente – è la mia figlioccia, è sempre stata una bambina felice,
vivace, allegra e non smetteva un attimo di parlare. I suoi grandi occhi neri
mi parlavano e ridevano tutte le volte che la vedevo. Amo totalmente quella
piccola creatura. La amo come se fosse mia figlia. Provo per lei lo stesso bene
infinito che provavano i suoi genitori. Quando seppi dell’incidente corsi in
ospedale e li trovai i parenti che speravano nella salvezza della piccola che
lottava tra la vita e la morte, era la loro unica nipote, e i nonni dicevano di
volerla crescere loro, era l’unica cosa che rimaneva dei loro figli. Io gli
rimasi accanto giorno e notte. E non mi posso scordare del giorno in cui è
uscito il medico dalla sala rianimazione a dirci che Gioia ce l’avrebbe fatta a
vivere. Piansi di felicità. Ma i giorni passavano e Gioia taceva. Non una
parola. Il suo sguardo era assente nel vuoto, qualunque cosa dicessimo, lei non
rispondeva; era diventata violenta e urlava. Il suo unico modo di comunicare
erano degli scarabocchi che faceva su fogli di carta e poi li accartocciava
rabbiosamente. I nonni decisero di farla visitare da un medico specialista,
mentre era ancora ricoverata. E il verdetto fu “autismo”. Non si fidarono e
chiamarono altri medici, ma la diagnosi era sempre la stessa. Un giorno mentre
ero con Gioia, li sentii litigare dietro la porta. Discutevano perché nessuno
di loro voleva prendersi cura della piccola, dicevano che loro erano anziani,
che lei era violenta, che non potevano farsi carico di una bambina con una
malattia tanto grave, nessuno di loro diceva di avere soldi per mantenerla … mi
accorsi che Gioia aveva sentito tutto, si alzò di scatto dal suo lettino
ricoperto di lenzuola bianche e si avventò contro i nonni con violenza. La
presi in braccio con forza e solo dopo che loro se ne furono andati si calmò,
grazie all’aiuto delle infermiere. Fu allora che presi la decisione di farmi
carico di Gioia. Non fu difficile convincere il suo parentado. In poche parole
nessuno voleva un peso in famiglia e non chiedevano di meglio. Feci le pratiche
per l’adozione, e grazie ai soldi e a qualche conoscenza Gioia è diventata mia
figlia. Sapevo a cosa andavo incontro ma non mi importò molto. Ho deciso di
sacrificare tutto per lei. Per fortuna ti ripeto c’è mia madre che la guarda
con amore infinito. Ma il mio cuore è disperato per lei, ho girato il mondo per
trovare una cura, una soluzione. Niente. Sembra che non si possa fare niente. È
chiusa nel suo mondo e non permette a nessuno di entrarci. Da dopo l’incidente
ha smesso di parlare, i medici dicono che sia colpa dello shock. Io la guardo e
non riconosco più la mia Gioia, questo mi fa morire ogni giorno un po’. Sono
addirittura arrivato a pensare di aver sbagliato a tenerla con me! Insomma, io
non sono suo padre, non ho mai avuto un figlio. Come posso sapere cosa è giusto
o è sbagliato? Sono arrivato al punto in cui stavo per scappare e lasciarmi
tutto alle spalle, lasciando tutto il peso delle mie decisioni a mia madre, ma
non ci riesco, quella bambina mi ha sconvolto la vita, e sento di non poter più
vivere senza di lei. Appena mi è successo tutto questo avevo anche una donna al
mio fianco, ma non sopportava l’idea che, io mi dedicassi più a Gioia che a
lei. Ti dirò che non è ho sofferto più di tanto, non posso stare insieme a
qualcuno che non ami la mia piccola. E poi sei arrivata tu. Ti ho vista. Sei
stata un colpo di fulmine. Così bella, vivace –lo sguardo incredulo di Bell si
posò su di lui e guardandola –si tu! Sei meravigliosa,perfino nel modo di
criticare mia madre –abbozzò un sorriso lieve, e continuò –ho pensato che forse
tu avresti potuto, o voluto entrare nel mio mondo e in quello di Gioia. Le mie esitazioni
erano dovute al fatto che, non sapevo se e come avresti accettato la cosa, non
solo ho una figlia, ma è anche malata, non è una cosa semplice avere a che fare
con lei, con me. Ma io vorrei tanto provare; per la precisione vorrei che tu
provassi. Mille volte mi sono posto la domanda di cosa succederebbe, vuoi
sapere la risposta? Nonmi importa.
Voglio lanciarmi in questa avventura, tu vuoi venire con me?”
Bell, era ammutolita, di fronte a quelle rivelazioni non
sapeva che dire. La sua testa anziché essere affollata da mille domande era
completamente vuota. Guardava Daniele e si accorse che il suo sentimento verso
di lui, era cresciuto senza volerlo e senza spiegarselo. L’aveva invitata in un
mondo nuovo; in fondo era come vivere in una di quelle storie che scriveva da
ragazzina, doveva lanciarsi nella terra di mezzo, dove nessun altro sarebbe
potuto arrivare, ed insieme al suo cavaliere doveva raggiungere la piccola
principessa rinchiusa nella torre più alta di un misterioso castello, per
liberarla e portarla nuovamente a chi l’amava. Un’avventura troppo difficile da
affrontare, ma sapeva che non era sola, con lei c’era Daniele.
Non gli rispose. Si avvicinò a lui, gli prese la mano e lo
baciò con dolcezza. Fu un bacio dolce e atteso. Lui la guardò negli occhi e
chiese:
“E’ un si?”
“Solo se mi aiuterai …”
“E io che speravo fossi tu ad aiutare me …” rise
Si baciarono ancora e ancora. Lui la stringeva a se. E ogni
secondo che passava la vedeva sempre più bella. Era la felicità a renderla
tale. Finalmente la sentiva sua, ma a malincuore disse:
“Adesso è meglio che vada …”
Bell lo accompagnò alla porta. Ridevano in silenzio. non
volevano svegliare il palazzo.
Daniele iniziò a scendere le scale, ma non ebbe finito la
prima rampa, che una donna che teneva un cane in braccio le si parò davanti. I
capelli erano stretti in decine di treccioline. La
donna lo guardò in faccia, poi rivolse lo sguardo verso il portone aperto e
disse:
“quando il gatto non c’è il topo balla! È proprio vero! cosa
stavate combinando?”
“Mamma!” esclamò Bell imbarazzata, le corse incontro ad
abbracciarla, mentre il cagnolino guaiva disperatamente, sembrava chiedere un
po’ di libertà, ma la donna strinse ancor più la presa e Bell disse:
“Perché non ci hai fatto sapere che sareste arrivati oggi!”
“Volevo farvi una sorpresa!”
Daniele approfittò della situazione per svignarsela
velocemente e in silenzio, con il tacito assenso di Bell.
“Dov’è Francesco?” chiese la donna entrando in casa
“Sta riposando non si sente molto bene, ma perché non mi hai
avvisato che tornavi oggi?” chiese seguendo sua madre
“Perché volevo farvi una sorpresa, comunque non mi
interessa, io lo voglio vedere subito” era già in casa e aveva lasciato la
porta aperta, e con tono sommesso disse:
“Pietro, ti vuoi sbrigare?”
E subito apparve il padre di Bell, con i capelli rasati,
un’abbronzatura sorprendente e le mani piene di bagagli. Bell lo abbracciò e
stancandosi notò un disegno sul collo dell’uomo, e chiese sconcertata:
“papà! Quello cos’è?”
“Oh! L’hai notato!” esclamò passandosi una mano sul disegno
“è un tatuaggio, rappresenta l’eterna giovinezza! L’ho fatto in un villaggio … Kendra! Come si chiama il villaggio dove siamo stati?”
“Kendra?! La mamma non si chiama Kendra! Si chiama Franca”
“oh cara, come sei stressata, con tutta questa energia
negativa non potrai mai capire … ha cambiato il suo nome … questo le dà
serenità”
Serenità? No, quel nome non le dava serenità! Le confermava
che al posto della serenità i suoi genitori erano diventati più pazzi del
normale. Ma non ebbe il tempo di stare a pensarci ulteriormente perché
Francesco avendo udito il trambusto si alzò:
“Francesco !” urlò Franca-Kendra
lanciandogli le braccia al collo. Lui dopo averli salutati ritornò a dormire la
testa gli faceva ancora troppo male.
Kendra-Franca si sedette attorno
al tavolo e picchiettando col dito su di esso mormorò:
“Il mio figliolo ha problemi cuore!”
“mamma che stai dicendo? Ha solo avuto una giornata tremenda
te lo assicuro”
“sarò anche pazza, ma so riconoscere un cuore malato”
Bell la guardò stupefatta, non era possibile, se stava male
per una donna lui glielo avrebbe confessato
“mamma davvero credi che Fra abbia mal d’amore?”
Ma la mamma non rispose, stava accarezzando il suo cucciolo,
persa in un altro mondo.
La notte era scesa dolce e avvolgente su tutta la città e in
casa Pallone, pareva che il trambusto avvenuto poche ore prima fosse lontano.
Bell era sdraiata nel suo letto. Gli occhi aperti, fissi al soffitto. La sua
mente viaggiava veloce tra sua madre e suo padre che pareva avessero perso
completamente il lume della ragione, e tutto ciò che era successo con Daniele.
Pareva che il cuore le stesse per scoppiare dalla gioia. Si alzò
silenziosamente, si diresse verso il bagno. La luce era accesa, la vedeva
filtrare da uno spiraglio, guardò dentro, e vide seduto a terra piegato su se
stesso di fronte al water Francesco. Teneva la testa stretta fra le mani. Lei
non ci pensò su due volte. Entrò nel bagno. Francesco la sentì entrare e disse,
senza alzare lo sguardo:
“pensavo di avere chiuso …”
Bell si voltò e serrò la porta a chiave. In silenzio si
sedette accanto a lui sul pavimento, si prese le ginocchia tra le mani e rimase
in silenzio. rimasero così silenziosi ed assorti per qualche minuto, poi
Francesco disse in un filo di voce:
“Si sposa …”
Bell non si voltò a guardarlo, ma il suo cuore prese a
battere velocemente, e la sua testa iniziò a far girare una sola domanda:
chi si sposa? Chi si sposa? Chi si sposa?
E Francesco quasi come se avesse intuito i pensieri della
sorella disse:
“Serena”
Bell, rimase interdetta, non sapeva cosa rispondere, e poi
lui come faceva a sapere che Serena si sposava? Neppure lei ne sapeva nulla di
questa notizia, si era forse persa qualcosa? Senza pensare disse:
“Sono davvero felice per lei …” non fece in tempo a
concludere la sua frase che il fratello disse laconicamente:
“io no!”
Lei lo guardò, e solo con quello incrociarsi di sguardi
lesse un mare di cose. Erano occhi negli occhi, i primi sorridenti, felici e
limpidi, i secondi, spenti tristi e velati di lacrime e Francesco disse:
“Non sopporto l’idea che si sposi!”
Bell voleva sentirsi dire tutto quello che il fratello aveva
taciuto e chiese:
“Perché? Io non ti capisco”
“Amo Serena!” finalmente lo ammise. Sentì il cuore
sollevarsi, ma restare dolorante, e poi aggiunse “Non chiedermi da quanto
tempo, io non lo so, so solo che è una cosa nata per caso, imprevista e
all’improvviso. Conosco Serena da una vita, da sempre! E solo poco tempo fa mi
sono soffermato a guardarla sul serio. E devo dire che quando mi sono accorto
che mi piaceva, non ero molto entusiasta della cosa, ho sempre pensato che le
donne fossero un impiccio per noi medici, e onestamente non volevo venire meno
alle mie idee, i miei ideali … ma questo sentimento è cresciuto giorno dopo
giorno, è diventato talmente intenso da non concedere alla mia mente altri
pensieri che non riguardino lei. Il suo profumo, i suoi occhi il suo sorriso.
Non sai cosa darei per averla con me! Oggi sono andato vicino al negozio dove
lavora, volevo parlare con lei, avevo finalmente trovato il coraggio. Ma poi, è
arrivato lui! Con le sue rose, il suo maledetto cavallo bianco! Le ha chiesto
di sposarlo e lei ha detto di si! Capisci? Ha detto di si! Mi sono sentito
morire, l’anima mi si è svuotata completamente. Non so come spiegarti questa
sensazione che sento dentro. So solo che sto male, male da morire senza di lei
…” non piangeva, ma parlava sommessamente, e poi disse a Bell “ti prego di non
dirle niente, lo so che lei è la tua migliore amica, e io sono tuo fratello, ma
non interferire, ti scongiuro, non voglio che tu debba scegliere tra me e lei.
Quindi quando ti dirà che si sposa, tu congratulati con lei e sii felice con
lei e per lei! Non pensare a me. Io sicuramente mi merito tutto questo soffrire
perché ho sempre rifiutato l’amore, e adesso che ha bussato alla mia porta lui
mi rifiuta!” si passò ancora una volta una mano fra i capelli e si alzò “ è
meglio se andiamo a dormire”
Bell non era riuscita a dire niente, lui riaprì la porta e
stava per uscire, gli corse incontro e si strinse a lui:
“ti voglio bene” gli sussurrò all’orecchio
“Anche io” rispose Francesco dolcemente.
Quella notte nessuno dormì.
La mattina seguente il profumo del bacon fritto si sparse in
tutta la casa, portando tutti i membri della famiglia in cucina. Bell aveva i
suoi soliti capelli arruffati, e la pancia non era scesa, ma era molto più
bella, il suo volto irradiava luce da ogni poro. Francesco invece pareva stanco
e affaticato. Mentre i genitori trafficavano ai fornelli e Bell disse:
“Mamma, ma il mio latte?”
“Latte? Quale latte … il latte fa male! Bisogna mangiare
cose che ti diano energia la mattina, per affrontare bene la giornata, non
prendere esempio da tuo fratello, che ha sempre bevuto solo un succo di ace e
ora si ritrova pallido come un cencio”
“Come fai a sapere che ho sempre bevuto solo del succo?”
chiese Francesco
La mamma Franca-Kendra non si
voltò, e mentre diede un pezzetto di bacon al suo cagnolino rispose:
“Guardate che io vi conosco, siete i miei figli! Voi credete
che io non so niente di voi, che non mi interesso a quello che vi accade, ma
sappiate che so molto più di quello che voi credete. Vi voglio bene! Per questo
dico che Bell farebbe bene a non farsi scappare quel gran pezzo di marcantonio
che ieri sera se l’è svignata da casa nostra come un gatto, e tu dovresti dire
a Serena quello che provi per lei! Non fare lo stupido, quando l’amore bussa
bisogna sempre aprire”
I due fratelli si guardarono negli occhi. Come faceva a
sapere tutte queste cose? Li aveva spiati? Con uno sguardo d’intesa si
guardarono e scossero la testa nello stesso istante, e Francesco disse:
“Saranno anche matti ma ci vogliono bene” era vero. non
erano i genitori migliori del mondo, questo era poco ma sicuro, ma era
altrettanto vero che l’essere svitato non impediva loro di adorare i loro
figli, e questo Bell e Francesco finalmente lo avevano capito.
Bell entrò in ufficio, guardò Pablo, e vide seduto sulla sua
poltrona Pierre Cantino:
“Buongiorno Bell”
Sobbalzò, ma poi rispose:
“Giorno. Cosa ci fai nel mio ufficio?” chiese
“ieri sera ho visto!” rispose invece lui
“Visto cosa?”
“Che il tuo amico è salito in casa, quello che è stato qui
l’altro giorno, e che ho mandato via”
“Senti Pierre, è proprio di questo che ti vorrei parlare …”
“Parla ti ascolto”
“Lui è il mio fidanzato, l’altro giorno è stata solo una
banale discussione, ti chiedo scusa, io non volevo prenderti in giro, né tanto
meno penso di potermi permettere di fare una cosa del genere …”
“Lo ami?”
“Più della mia vita!” fu la risposta sicura
“bene, allora è tutto a posto, mi spiace un po’ perché come
ti ho detto ieri sera, iniziavi a piacermi sul serio, ma sono felice per te!”
si alzò e si diresse fuori dall’ufficio e prima di uscire disse:
“Buon lavoro”
Bell si distese sulla sedia e tirò un sospiro di sollievo,
non credeva che sarebbe riuscita a risolvere tanto facilmente la questione con
il suo capo.
Era sotto il portone di donna Manuela, era da un po’ che non
la vedeva, e questo le metteva addosso un po’ d’ansia, perché, incontrarla
adesso era diverso. Era la madre del suo ragazzo e non solo una donna dai modi
bislacchi che era piombata nella sua vita comprando una cucina! Daniele le
teneva la mano, e insieme salirono le scale. La porta era già aperta, ma
Manuela Martini le andò incontro e l’abbracciò come sempre. Il primo ostacolo
era stato superato. Maun lieve senso di
malessere era ancora in Bell. Capì fulmineamente che era ansiosa di vedere
Gioia.
“Stai tranquilla, con Gioia devi solo essere te stessa” non
sapeva come aveva fatto ma Daniele le aveva letto nel pensiero, e questa era
una delle cose che amava di lui. si sedettero su un piccolo divano e Gioia fece
la sua entrata. Era silenziosa, si guardò intorno con circospezione, poi con
eleganza si sedette tra Bell e Daniele, cera poco spazio, ma si fece largo
spingendo tra i due. Daniele la guardò e accarezzandole una mano le disse:
“Amore, lei è Bell”
La bambina iniziò a muoversi avanti e indietro,
ritmicamente, quasi come se fosse un pendolo,eDaniele ripeté:
“lei è Bell, tesoro, guardala … non è bella?”
Gioia accentuò il suo andirivieni sul divano, e mentre il
padre le teneva la mano lei si voltò verso di lui e disse:
“Nonna! Nonna! Nonna! Io nonna!”
“la nonna è qui, ma voglio che tu conosca Bell”
“No!” rispose la piccola violentemente, si alzò di scatto e
scomparve dietro la porta. Daniele si sentì morire, e chiese scusa a Bell
allontanandosi e andando a cercare la piccola. La trovò nella sua stanza che
frugava nel cassetto dove teneva le peck e tolse una foto della nonna e
poggiandola sulla lavagna che aveva in camera disse battendo i pugni:
“Nonna! Io Nonna! Solo nonna!”
Daniele si inginocchiò di fronte a lei e dolcemente iniziò a
parlarle:
“Amore, ascolta la nonna è qui, ma per favore vieni solo a
salutare Bell ti prego!” dietro di lui comparve Donna Manuela, e la bambina si
avvinghiò a lei, madre e figlio si guardarono e dopo qualche istante Gioia
seguì la nonna senza dire nulla e arrivarono in cucina. Bell era ancora seduta
nello stesso posto, titubante Bell si alzò eandò incontro a Gioia, le si parò davanti chinandosi su di lei e le
schioccò un bacio sulla guancia. Veloce, secco e violento le arrivò uno
schiaffo in viso, che inizialmente stordì Bell, subito Manuela e Daniele gli
dissero in coro:
“Non si fa!” poi Daniele si accostò a Bell e le guardò in
volto, era rossa in faccia e sulla guancia aveva cinque dita stampate. Lui gli
passò una mano sul volto, come se fosse una carezza, e la bambina nuovamente si
lanciò verso di lei sferrando pugni alla rinfusa, gridando. Un grido sordo che
penetrava nei timpani. Daniele era stupefatto e cercò di calmarla, ma Bell
intervenne:
“Lasciala stare!”
“Ma che dici! Ti farà male, ha una forza fuori dal comune”
“lasciala stare ti dico!”
Daniele vedendo la sicurezza di Bell, lasciò Gioia e la vide
avventarsi contro la giovane donna. Bell rimase ferma, inerme, quasi come se
volesse prendere in pieno tutta la rabbia che quella bambina teneva nascosta
nel cuore.
Non si difese.
Si fece colpire
ovunque.
Bell si sentiva tutto un fuoco, non riusciva più nemmeno a
capire da che parte arrivassero i colpi. Finalmente Gioia si calmò. Incollò i
suoi grandi occhi neri negli occhi azzurri di Bell. Ci fu un lungo silenzio,
che parve interminabile, e solo allora Bell iniziò a parlarle dolcemente:
“senti Gioia, io non voglio assolutamente prendere il posto
di nessuno e tantomeno voglio rubarti qualcosa che ti appartiene, dammi solo la
possibilità di poter parlare con te, stare con te, voglio conoscerti meglio,
vorrei che tu possa imparare a volermi bene, dammi la possibilità di volarti
nell’anima … vorrei solo questo, e per fare tutto ciò solo tu puoi aiutarmi …”
La piccola guardava verso il soffitto, e pareva non aver
udito neppure una parola, sembrava estranea a tutto, come se niente la
sfiorasse, come se tutto le scivolasse fuori. Era come se fosse chiusa in una
campana di vetro, dove nessuno poteva entrare, e da dove soprattutto lei non
voleva uscire.
Poco distante, ad osservare la scena, vi erano Manuela e
Daniele, poggiati al telaio della porta, e fu proprio Daniele a dire:
“E’ finita!”
“cosa?” chiese la madre
“tra me e Bell. Non potrà mai funzionare se Gioia non la
vuole e non l’accetta- abbassò il tono della voce e aggiunse- per me sarà quasi
impossibile accettare l’idea di rinunciare a Bell,ma non ho altre scelte”
“aspetta a dire che è finita, mi tocca pensare che tu non
conosci per niente Bell, è una ragazza tenace che non si arrende alle prime
difficoltà, è forte ed è bella, di nome e di fatto”
Daniele guardò la madre, e poi nuovamente Bell e Gioia, e si
accorse che la donna stava accarezzando sua figlia. Con dolcezza. Una dolcezza
infinita, ma la cosa che lo disarmò fu vedere come Gioia si faceva coccolare.
Fece un passo in avanti per raggiungere le sue donne, ma Manuela lo fermò:
“lasciale … questo è un momento tutto loro”
Inaspettatamente Gioia lanciò le braccia al collo di Bell, e
lanciando un urlo disse:
“BEL-LA”
Bell sentì le lacrime inumidirle gli occhi, e solo allora il
padre e la nonna si avvicinarono a quel quadro insolito, e Daniele bisbigliò
all’orecchio della sua amata:
“ora non potrai più lasciarla, ti considera sua”
“ma io voglio essere sua e tua, per sempre, per tutta la
vita e oltre”
Lui la strinse tra le sue braccia talmente forte che pareva
volerla fondere con il suo corpo.
Il trillo del telefono svegliò Bell, ancora assonnata
premette il tasto verde e rispose:
“Buongiorno amore”
Dall’altro capo del telefono gli giunse una voce femminile:
“A chi saluti così? Cosa sta succedendo?” era Serena “mi
sono persa qualcosa della tua vita?”
Bell si riprese e schiarendosi la voce disse:
“direi di si! Che ti sei persa un bel po’ di cose …” sorrise
e l’amica le rispose:
“beh quando ci vediamo allora? Perché ti posso assicurare
che anche tu ti sei persa un po’ di cose della mia di vita!”
Per Bell fu un colpo al cuore. Istantaneamente si ricordò di
Francesco e davanti ai suoi occhi apparve la figura di suo fratello che
piangeva in bagno, ma si ricordò anche della sua promessa e disse:
“davvero? E cosa mi sarei persa?”
“E no! Non te lo posso dire per telefono, facciamo così, che
ne dici se pranziamo insieme oggi? Così recuperiamo un po’ di cose …”
E così decisero.
Due brevi baci sulle guance e poi si sedettero una di fronte
all’altra. Gli occhi di Bell luccicavano visibilmente.
Quelli di Serena no.
E fu proprio la prima a iniziare il suo racconto. Non
tralasciò nulla, parlò di come lui le aveva aperto il cuore e di come fosse
difficile far parte della vita di Gioia, ma lei si stava impegnando ce la stava
mettendo tutta, e tutto questo la rendeva raggiante, felice e piena di vita.
Serena era sinceramente felice per l’amica quando le disse:
“Senti Bell, a questa tua felicità posso aggiungere la gioia
di farmi da testimone al mio matrimonio?” Bell finse di essere stupita e
chiese:
“Cosa? Quale matrimonio?”
“il mio! Mi sposo con Fabio, me lo ha chiesto pochi giorni
fa, ed io ho accettato! Vorrei solo averti al mio fianco, il giorno del
matrimonio e durante tuttii preparativi
…”
Bell si alzò dalla sua sedia, abbracciò l’amica, e con il
sorriso sul volto e il pianto nel cuore rispose:
“E’ovvio che io sarò
con te! Nulla potrà tenermi lontano stai tranquilla!”
“grazie, anche se io non pretendo tanto, non voglio certo
rubare tempo alla tua nuova vita …”
“nella mia nuova vita ci sei anche tu, come sempre”
Entrambe si commossero e strinsero le mani, in segno di
amicizia, un’amicizia di quelle rare, ma che quando si incontrano nella vita
rimangono per sempre.
Serena stava salendo le scale del palazzo dove viveva la
famiglia Pallone. Ad aprirle la porta trovò Kendra-Franca,
le treccioline non c’erano più, e avevano lasciato
spazio a dei boccoli biondi. Indossava un grembiulestava cucinando, e disse:
“Serena sei sempre più bella! Davvero, poi adesso che ti
sposi sei davvero raggiante, anche se a dire il vero mi sembri un po’ sotto
stress …”
“effettivamente è così, meno male che c’è Bell a darmi una
mano, altrimenti non saprei davvero come fare, a proposito è pronta?”
La donna parve cadere dalle nuvole quando chiese:
“doveva uscire con te? È appena andata da Daniele, Gioia non
smetteva di urlare e quindi è corsa da lei …”
“Capisco …” mormorò lei sconsolata, ma il suo sguardo fu
attirato da un rumore di passi, si voltò e vide Francesco di fronte a lei. Era
da quando si erano baciati che non si erano più visti. Tanto tempo. Serena era
convinta che il suo cuore avrebbe taciuto, ed invece aveva iniziato a battere e
scalpitare violentemente non appena lo vide. Francesco la salutò velocemente e
stava per tornare in camera sua quando Franca-Kendra
disse:
“può accompagnarti Francesco”
Il ragazzo non capì molto, e fu talmente preso alla
sprovvista che non riuscì a chiedere cosa stesse accadendo, e mentre Serena stava
già dicendo:
“Non si preoccupi signora, non è necessario …”
La donna sentenziò:
“Una futura sposa non può trovarsi da sola nelle scelte
importanti della sua vita, e in fin dei conti Bell e Francesco sono fratelli,
sarà per te la stessa cosa vero?” la domanda aveva un doppio senso e tutti e
due colsero il significato, ma nonostante tutto, decisero di non cadere nel
tranello della donna e Serena disse:
“per me è lo stesso, non voglio però che tu ti senta
obbligato a venire con me se hai degli impegni fai pure”
Si infatti non posso venire, questa sarebbe stata la
risposta più opportuna da dare, ma Francesco non riuscì a trattenere la sua
voglia di stare con lei e disse:
“Non preoccuparti, sarò di turno stanotte, quindi sono
libero, dammi due minuti, il tempo di preparami”
Serena si sedette su una sedia come se fosse già stanca, la
testa le girava velocemente, non capiva cosa stesse succedendo, era come se
l’ansia, la felicità e il dubbio si fossero impadroniti di lei in un secondo,
confondendola e non facendole capire cosa le stesse succedendo.
Due minuti, non ci volle un secondo di più, e Francesco
riapparve in cucina. Un paio di jeans sbiaditi, una camicia bianca ed una
maglia bianca a righe blu sulle spalle. Prese le chiavi della macchina e
volgendosi verso Serenadisse:
“Sono pronto, andiamo?”
Serena si alzò e si diresse a salutare la madre di
Francesco:
“Arrivederci signora è stato davvero un piacere rivederla” e
seguì il giovane sulle scale.
Salirono in macchina e si avviarono.
Bell era appena entrata in casa e dando alla madre il
sacchetto della spesa chiese:
“Mamma per caso Serena ha telefonato è in ritardo” e mentre
toglieva le cose dalla busta aggiunse“controlla se c’è tutto”
“Amore metti pure tutto nella dispensa, non mi serve più …
ah è venuta Serena e l’ho convinta a uscire con tuo fratello”
“cos’hai fatto?” chiese allibita la figlia
“niente di speciale tesoro, senti Serena è una bella
ragazza, e mio figlio è innamorato di lei, perché non dargli una possibilità?
Ho solo forzato un incontro … non c’è niente di male”
“E tu che ne sai di quello che Francesco prova per Serena?”
“Lo so e basta, ricordati che sono la mamma, e la mamma sa
sempre tutto” così dicendo concluse, e si rimise a spadellare
davanti ai fornelli.
Francesco stava cercando parcheggio, e mentre si guardava
attorno, lui e Serena non si parlavano. Si erano detti lo stretti necessario
per raggiungere il posto prestabilito. Una volta scesi dalla macchina Francesco
disse:
“Senti lo so che non volevi essere qui con me, però se
preferisci me ne vado … non mi piace vederti così imbronciata”
“Francesco non è per te! È che solo qualche giorno fa, tua
sorella mi diceva che avrebbe seguito il mio matrimonio passo dopo passo ed ora
invece già mi lascia sola”
“porta pazienza, la sua non è una situazione semplice,
soprattutto ora che è all’inizio”
“Lo so, e credimi non voglio fargliene una colpa, ma lei è
la mia migliore amica, è sempre stata con me, ed ora ne ho bisogno più che mai”
“Ci sono io” gli sussurrò lui
Serena lo guardò con i suoi immensi occhi verdi,e si perse.
I loro sguardi rimasero incollati per un po’. Poi fu lei a dire:
“E’ meglio se andiamo, non posso fare tardi”
Raggiunsero una boutique dove creavano abiti da sposa, una
donna non più giovane aprì loro la porta. Li squadrò da testa a piedi e Serena
disse:
“Ho preso appuntamento per vedere gli abiti da sposa …”
La donna parve illuminarsi e disse:
“ah si! Però mia cara, a scegliere l’abito non si viene con
lo sposo! Non te lo hanno mai detto?”
I due giovani arrossirono e fu Serena a rispondere:
“No! Lui non è lo sposo …”
“Già – aggiunse Francesco sfregandosi una mano sul volto –
io sono, sono, come dire , sono il fratello della sua migliore amica, la
testimone, quindi è un po’ come se io fossi …”
“Un fratello!” sentenziò la donna che li stava guardando
“No! No! No! Io non sono suo fratello” si affrettò a
specificare lui e pensò guardandola, e non vorrei mai esserlo.
La donna rise scuotendo la testa:
“Va beh non fa niente … venite con me” li fece salire lungo
una scala a chiocciola rivestita di legno, e spalancò una grande porta a
specchio, e disse:
“Ecco qua, ti lascio un po’ sola per decidere se c’è
qualcosa che vorresti provare, se hai bisogno chiama, questo è il campanello” e
le mostrò un pulsante nel muro. I due annuirono e la donna disparve.
“beh da dove vuoi cominciare?”
Lei non rispose, Francesco la guardava in silenzio mentre
rovistava fra gli stendini, dove ingombranti abiti
bianchi vi stavano appesi. Non riusciva a parlare in modo naturale. Il suo
cuore le impediva di essere semplicemente se stesso
“Che ne dici di questo?” chiese Serena sorridendo tenendo
fra le mani un abito rosa a balze, corto, che più che un abito da sposa pareva
un tutù, in coordinato aveva anche una tiara dello stesso colore:
“Ma è orrendo!” esclamò lui ridendo,e aggiunse “se hai
intenzione di far scappare lo sposoappenativede”
“Ah, ah ah, che simpatico che sei”
Non scapperei mai se solo tu fossi la mia sposa, questo fu
il pensiero di Francesco, ma poi le disse:
“Sinceramente direi che sarebbe meglio trovare qualcosa di
più adatto, iniziamo a scegliere dal colore che ne dici?” la tensione fra i due
era svanita ed ora riuscivano a parlare tranquillamente, era come se il tempo
fosse tornato indietro. Stavano chiudendo i loro sentimenti sotto chiave e li
avevano coperti da uno spesso strato di ghiaccio.
Scelse molti abiti da provare, e li poggiò tutti su un
divanetto, e non appena la padrona del negozio salì da lei iniziò a provarli.
Aveva indossato un abito candido, liscio senza arabeschi,
con le spalle scoperte e una scollatura quadrata. Quando si presentò di fronte
a Francesco dicendo:
“Che ne dici di questo?”
“Bello” fu la risposta senza entusiasmo e allora Serena si
sedette al suo fianco lasciando che l’abito frusciasse:
“Francesco, ascolta io voglio sul serio il tuo aiuto per
scegliere questo benedetto vestito, se ti va aiutami, altrimenti è meglio che
lasci stare ed esca da quella porta” i suoi occhi verdi scintillavano, e mentre
gli diceva di andarsene, in realtà con gli occhi gli chiedeva di rimanere. Si
guardarono negli occhi. Francesco sospirò, e distogliendo lo sguardo disse:
“per quanto tu sia splendida, quest’abito non fa per te”
Lei le sorrise e scomparve nel camerino per provarne un
altro. La donna che gestiva il negozio se ne andò per qualche istante; aveva
altri clienti nel locale e li lasciò soli. E Serena chiamò:
“Signora mi può aiutare?”
“Serena, ci sono solo io, se vuoi vado a chiamarla”
“no lascia, ascolta mi aiuti a tirare su la cerniera? Questa
scema si è inceppata” lei le aprì la porta del camerino dandogli le spalle
nude. Lui cercò il gancio della cerniera per farla scorrere all’insù, si era
incastrata con la stoffa dell’abito avorio, Francesco poggiò le sue mani gelate
sulla schiena bianca della ragazza, subito si allontanò da lei come se avesse
preso la scossa elettrica e si giustificò:
“meglio che vado a cercare la tipa, ho paura di rompere il
vestito”
E si allontanò velocemente. Serena richiuse la porta e si
sedette sullo sgabello. Quel tocco le aveva fatto vibrare le corde dell’anima.
Lievi e dolci iniziarono a scenderle lacrime cristalline e si chiese:
“cosa ci faccio qui?”
Nessuna risposta. Era come se la sua mente e il suo cuore si
fossero svuotati completamente. Non era in grado di darsi risposte certe, non
era in grado di pensare razionalmente e non era capace di capire cosa stava
accadendo. Solo una cosa era chiara nella sua mente, che ogni volta che
Francesco posava i suoi occhi nei suoi, provava un turbinio di emozioni,
un’esplosione di sentimenti che neppure mille baci di Fabio riuscivano a
scaturire. Si alzò e si guardò nello specchio piccolo del camerino. I suoi
occhi arrossati e l’abito stropicciato. Arrivò la commessa del negozio, che non
fece domande vedendola triste, non era la prima sposa che aveva una crisi di
nervi durante la prova dell’abito. Le tirò su la cerniera ed attese che finisse
di sistemarsi. Poco dopo era già pronta per specchiarsi nei tre specchi che
coprivano le pareti della piccola stanza avorio. Francesco era in piedi accanto
al divano con le braccia incrociate. Il suo sguardo era spento. Ma non appena
la vide i suoi occhi scintillarono. Nonostante il buio che copriva il suo
cuore, la bellezza della donna che amava lo lasciò incantato. Poco importava se
si stava facendo bella per un altro. In quel momento sognò che potesse essere
lui il suo sposo. Le sue spalle erano appena coperte da un velo di pizzo
champagne, e il bustino le scendeva liscio fino alla vita, mostrando la
saldezza delle sue forme, non aveva maniche e la gonna si apriva ampia fino al
pavimento, liscio come il bustino, si allargava verso e piedi. I capelli
sciolti le coprivano la schiena, e due piccole rose in tinta con il pizzo delle
spalline parevano cadute sull’enorme drappo di seta color avorio. Serena si
voltò e disse:
“mancano ancora i guanti”
“sei meravigliosa” disse Francesco avvicinandosi a lei, le
carezzò i lunghi capelli castani mentre la fissava negli occhi, non riuscìa staccarle gli occhi di dosso, e lei chiese:
“dici sul serio?”
“Sei sempre meravigliosa, ma questo abito ti fa sembrare una
dea, una principessa d’altri tempi, sfido anche la principessa Sissi ad essere
più bella di te …” chinò la testa su di lei e posò le sue labbra sui capelli di
lei. Si inebriò di lei e subito dopo si staccò dicendo:
“fossi in te, comprerei questo, Fabio impazzirà vedendoti”
Fabio.
In quel momento il sorriso sul volto di Serena svanì. Quel
nome l’aveva riportata alla realtà. Come Francesco anche lei aveva sognato per
un attimo che fosse lui il suo sposo. Ma il tutto non durò che pochi istanti.
La tasca di Francesco vibrò, tirò fuori il cellulare. Si passò una mano sul
volto sfregando lentamente, lesse sul display, era il numero dell’ospedale.
Rispose.
Dopo qualche attimo tornò da lei:
“devo andare, c’è un’urgenza in reparto”
Lo guardò sconsolata e disse:
“Quindi mi lasci?”
Lui le passò le mani attorno ai capelli sfiorandola appena e
sussurrò un lieve
“Si” pareva un addio.
“va bene … vai e grazie di tutto”
Lui non si voltò ulteriormente, se ne andò via, con un
dolore indescrivibile nel petto.
“Dottor Pallone abbiamo bisogno di lei la prego corra” una
giovane infermiera era arrivato nel piccolo studio di Francesco correndo, e
parlava affannosamente “un bimbo …” riusciva a capirla appena, ma scattò
ugualmente dalla poltrona in eco pelle e corse con lei in corridoio. Gente che
camminava ovunque, malati che passeggiavano in vestaglia per i reparti, mentre
i muri bianchi e cadenti osservavano come fossero muti spettatori. Giunsero al
pronto soccorso, con la coda dell’occhio Francesco vide due genitori disperati,
che si stringevano fra loro facendosi coraggio. Nella saletta, sdraiato sul
lettino un piccolo angelo castano chiaro si dimenava in preda alle convulsioni.
“Cos’è successo?” chiese lui mantenendo la calma
“Ha mangiato un gelato e poco dopo è caduto a terra ed ha
iniziato a stare male”
“è allergico a qualcosa?”
“I genitori non hanno saputo dire niente”
Francesco chiuse gli occhi un istante per pensare, ma tutto
quello che vide fu Serena vestita con l’abito da sposa. Li riaprì di corsa, si
passò una mano sulla fronte. Scacciò quel pensiero, non era il momento di
pensare a lei. Questo era il motivo per la quale non avrebbe mai voluto
innamorarsi. Guardò gli occhi di quel piccolo bambino che chiedevano aiuto.
Uscì di corsa e cercò i genitori, li trovò nello stesso punto di prima, chiese
se per caso il bambino avesse delle allergie:
“no, lui no! Sono io che soffro di favismo, è una specie di
anemia …” mormorò la madre
Francesco alzò una mano al cielo. Con rabbia se la batté sul
volto e corse nuovamente dal bambino e dalla sua equipe, con sicurezza disse:
“è un attacco di favismo, subito trasfusioni, veloci” non
parlava ma urlava, e i suoi collaboratori scattavano sotto i suoi ordini.
Stabilizzarono la situazione. Il bambino non era ancora fuori pericolo, ma lui
si allontanò per dare notizie ai genitori e spiegò:
“la situazione è stabile, il bambino ora è sottoposto a
trasfusioni, probabilmente il bambino era già debole, e in quello che ha
mangiato c’era una sostanza pericolosa per chi è affetto da questa malattia …
ora non ci resta che aspettare”
I due si strinsero, e continuarono a pregare.
Francesco li guardò da lontano e capì che non erano stati
che pochi attimi, e anziché poter dire ai due di sperare li avrebbe potuti
uccidere con una macabra notizia. Ma forse nonostante tutto quello era il suo
giorno fortunato.
Fabio era davanti all’altare che attendeva ansioso l’arrivo
della sua sposa. I fiori gialli e bianchi erano ovunque, ai lati della navata e
ai piedi dell’altare vi erano due enormi anfore di terracotta gli invitati
erano già tutti in chiesa, che vociavano rumorosamente nell’attesa. Bell e
Daniele erano a lato dall’altare e fra loro vi era seduta la piccola Gioia che
stava avvinghiata a Bell senza scollarsi un attimo. Daniele guardò fra gli ospiti
e disse:
“tuo fratello ha proprio deciso di non venire?”
“No rispose lei, si è addirittura fatto mettere di turno!”
“Mi spiace per lui!”
“anche a me”.
Guardare Bell e Daniele era una gioia per gli occhi, erano
splendidi, lui indossava un completo grigio semplice, mentre Bell era avvolta
in un sari rosa antico che le copriva le spalle lasciando le braccia scoperte.
I lunghi capelli rossi erano tirati su con un’acconciatura da finta
spettinata,i gioielli erano pochi e sobri. Mentre i piedi erano impreziositi da
sandali con un tacco vertiginoso. La piccola Gioia invece pareva una piccola
bambola, i lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle, ed indossava un
vestitino rosso corto e scarpette in tinta. Una piccola bambolina di ceramica
dalla pelle liscia e rosata. La piccola Gioia era tutto questo. Il tempo
passava lento e la sposa tardava ad arrivare.
Serena era ancora seduta sul grande letto matrimoniale che
era coperto da un copriletto tinta avorio. Il fotografo aveva appena terminato
le ultime fotografie e l’aveva lasciata sola. La giovane rimirò il suo sguardo
riflesso allo specchio, lisciò l’abito con le mani e accarezzò le due piccole
rose avorio scuro malinconicamente. Sul comò vi erano posate delle rose rosse,
tante quante erano i suoi anni, un biglietto bianca le accompagnava “con amore
il tuo Fabio”, a fianco di quelle rose vi era il suo bouquet di fiori, tutti
bianchi. “è giunto il momento di andare” mormorò a se stessa e lentamente si
alzò. La porta della stanza si aprì di scatto e una donna, che sicuramente era
sua madre le donò una rosa rossa:
“tieni tesoro, questa è per te, me l’hanno appena portata”
Serena la prese tra le mani, ne inspirò il profumo e si
accorse che dentro la retina che l’avvolgeva vi era un biglietto, lo tolse e lo
lesse avidamente:
“una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua
bellezza è riuscita a incatenare il mio cuore al suo cuore.
Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con il suo
sguardo è riuscita a stregare i miei occhi che non vedono altro che lei.
Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua
anima è riuscita a rispolverare in me la gioia e al tempo stesso il dolore di
amare.
Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che è riuscita in
tutto e per tutto a superare la bellezza della principessa per eccellenza, la
principessa Sissi.
Una rosa, una sola rosa rossa per dirti ti amo, oggi, domani
e sempre”
Nessuna firma, una scrittura che non riconosceva, ferma
decisa e veloce. Sicuramente era un biglietto scritto di getto, senza pensare troppo
alla forma, e puntando all’essenza, ma quella forma … quelle parole avevano un
senso un’essenza piena e indescrivibile, e l’assenza della firma per Serena non
era che un piccolo dettaglio, lei sapeva in fondo al cuore che quel biglietto
non poteva averlo scritto che una sola persona.
Francesco.
Il suo cuore iniziò a sanguinare. E con esso anche dagli
occhi scese una lacrima, subito la donna che le aveva consegnato la rosa disse:
“Che succede tesoro mio”
“Nulla mamma, è solo l’emozione”
Prese quella rosa e la mise al centro del suo bouquet, e il
biglietto la mise in un angolo nascosto del suo abito, lo voleva fortemente con
se.
La macchina si fermò di fronte la chiesa, e come iniziò a
camminare sul tappeto rosso un organo iniziò a suonare l’Ave Maria di Schubert.
Lenta e malinconica come la sposa che percorreva quella lunga navata. Lo sposo
l’attendeva ansiosa. La guardava con occhi sognanti, avanzare verso di lui
stretta al braccio di suo padre. Quando fu all’altare Serena guardò Bell e poi
dritta di fronte a se.
La testa di Serena vagava, senza fermare il suo pensiero.
Non riusciva neppure a seguire ciò che il prete stava dicendo. Fu riportata
alla realtà quando il parroco disse:
“Se c’è qualcuno che ha qualcosa in contrario, parli adesso
o taccia per sempre”
Un silenzio assordante avvolse la chiesa, poi
improvvisamente, sordo e acuto al tempo stesso, arrivò un urlo di Gioia.
Incessante e battente. La bocca spalancata e gli occhi fissi negli occhi della
sposa. Bell si curvò su di lei prontamente, con amore:
“Cosa c’è tesoro, calmati …” le carezzava la testa e le
guance mentre se la stingeva sul petto. Tutti i presenti in chiesa spostarono
la loro attenzione sulla piccola. Serena si mosse verso di lei, ma il suo
sguardo freddo e caldo la interruppe, quegli occhi neri erano profondi come gli
abissi. Tristi e sconsolati non cessavano di gridare il suo malessere insieme
al suo grido. Daniele la prese in braccio ed uscì dalla chiesa, dietro di lui
preoccupata c’era Bell.
Fuori nello spiazzo della chiesa finalmente Gioia si calmò
sulle ginocchia del padre, e di fronte a lei vi era Bell accovacciata sulle sue
ginocchia che chiese di nuovo:
“tesoro mio, dimmi cosa ti è successo ti prego, io sto male
…” le prese una mano e se la portò sul cuore, la piccola parve sentire il
battito accelerato di quel cuore ansioso. E tramutò il suo sguardo facendolo
divenire docile e lucido, poi voltandosi verso Daniele pareva chiedere,
domandare un qualcosa, e Daniele guardandola maliziosamente le disse:
“vuoi che lo faccia adesso? Ora lei dovrebbe essere al
fianco della sua più cara amica … lo facciamo dopo?”
La bambina iniziò a ciondolare avanti e indietro senza
spostare i suoi piedi, e dalla tasca trasse un foglietto che iniziò a battere
rabbiosamente sulla mano dell’uomo
“D’accordo lo faccio adesso”
“Cosa?” chiese Bell
lui si alzò e si inginocchiò di fronte a lei, dalla tasca
fece uscire una piccola scatolina, e facendola scattare le disse:
“non sarò il principe azzurro dei tuoi racconti di ragazza,
non sarò il ragazzo dei tuoi sogni, ma voglio essere l’uomo della tua vita, per
sempre, per portarti vicino alla felicità, perché in fondo la felicità stessa
non è nelle grandi cose o negli eventi straordinari, ,ma nella vita di tutti i
giorni, nelle piccole storie della vita, perché alla fine, anche una storia
come tante può essere una favola …”
Bell allungò la sua mano e gli carezzò il viso
costringendolo ad alzarsi, e quando fu nuovamente più alto di lei gli disse
lanciandogli le braccia al collo:
“Si, si, si e mille volte si” lo baciò sulle labbra,
dolcemente, e a distoglierla ci fu una piccola voce dolce che le disse
stringendosi alla sua vita
“MAM-MA” una piccola parola breve, che racchiudeva un
significato infinito, perché la parola mamma non la potrà mai spiegare e svelare
pienamente nessun dizionario o enciclopedia del mondo. Bell sentì il suo cuore
scoppiare di gioia, si strinse alla piccola e dagli occhi azzurri scesero due
lacrime cristalline e pure. Era completamente felice e capì che in
quell’istante lei era diventata mamma per la prima volta in vita sua. Amava
quella piccola creatura fatta di silenzi assordanti e grida silenziose, ed era
pronta a starle accanto per tutto il resto della vita, perché attraverso
quell’abbraccio capì che Gioia, aveva scelto lei per essere la sua seconda
mamma, fra migliaia di donne.
Il frastuono interruppe quel quadretto familiare, Bell si
diede una pacca sulla fronte:
“Oh mio Dio! Il matrimonio! Quanto tempo è passato? È già
finito?”
Ma non fu che un attimo, perché videro scappare la sposa
fuori dalla chiesa. Correndo. Teneva alzato il vestito con le mani. Si fiondò
nella stessa macchina che l’aveva portata fin li poco tempo prima. Senza
esitazioni Daniele e Bell corsero in macchina e seguirono Serena nel traffico.
Serena fu di fronte all’ospedale, lasciò la macchina in
mezzo al parcheggio col motore acceso e scese di corsa. Raggiunse l’entrata del
pronto soccorso con il volto sconvolto. Subito due infermieri le andarono
incontro e lei gridando confusamente disse:
“ Il dottore voglio parlare con il dottore dov’è?”
I due la guardarono con circospezione e nascondendo qualche
sorriso.
La fecero sedere su una sedia, che forse una volta era
rossa, con parole tranquillizzanti le dissero che andavano a chiamarlo. I due
si allontanarono lungo la corsia e svoltarono subito dopo. Serena si alzò di
scatto e li raggiunse. Erano entrati in una piccola mensa e non fecero in tempo
a parlare che Serena irruppe nella saletta. Francesco stava bevendo un caffè, e
come vide la donna rovesciò il suo caffè sul camice bianco. Gli sfuggi
un’imprecazione, si alzò e chiese:
“Che succede?”
“è un po’ esaurita, crediamo che sia panico da matrimonio”
“ma quale esaurimento!” sbottò Serena
“lasciateci soli un attimo” chiese Francesco Pallone
I due infermieri uscirono dalla porta, ma rimasero dietro,
volevano ascoltare
“Serena, che ti succede?” aveva ripreso il controllo di se,
le parlava fissandola negli occhi e perdendosi
“Sono qui!”
“Cosa vuol dire? Fabio dov’è?” chiese lui
“In chiesa!”
Lui la guardò stranito, non riusciva a capire nulla, ed era
talmente scioccato da non riuscire a parlare e fu lei che proseguì:
“Non ce l’ho fatta! Non sono riuscita a giurargli amore
eterno, non è lui il mio amore, non è lui la mia vita,non avrei mai potuto stare
con lui e pensare a un altro, mentre camminavo nella navata della chiesa ho
sentito che stavo facendo la scelta sbagliata che stavo per buttare via la mia
vita …”
Lui la guardò senza dire nulla. In un momento gli si era
rovesciato addosso, non solo un misero caffè, ma molto di più. Pochi istanti
prima stava piangendo sulla sua vita, piangeva su se stesso per non essere
riuscito ad essere onesto con il suo cuore, e si commiserava per la sua
codardia nell’aver deciso di mandare all’ultimo un biglietto con un fiore
anonimo alla donna che le stava di fronte. Pochi istanti prima il suo cuore si
contorceva dal dolore, mentre ora era in uno stato di semi incoscienza. A
Serenaparve così, distaccato. Freddo e
incurante dei suoi sentimenti e glielo disse:
“scusami, scusa se ti ho disturbato mentre tu stai
lavorando, ma in un misero secondo ho pensato, sperato, di poter valere per te,
la metà di quello che vale il tuo lavoro, questo posto, il tuo camice bianco!”
una lacrima sottile percorse quell’ovale perfetto e subito dopo ne scesero
altre copiose. Raccolse il suo vestito, che continuava a frusciare ad ogni
singolo movimento e si voltò. Fece alcuni passi verso la porta, ma lui la
bloccò.
“Ferma! Ti prego non te ne andare!”
Lei si fermò ma rimase di spalle. Lui si avvicinò e le
accarezzò proprio quella parte del corpo costringendola a voltarsi verso di
lui. con una mano le tirò su il volto e la costrinse a guardarlo negli. E
furono così con gli occhi incatenati gli uni agli altri, e solo in quel momento
trovò il coraggio di sussurrare quelle parole che il cuore da tempo dettava, ma
che le labbra avevano taciuto:
“tu non vali la metà di quello che faccio, semplicemente
perché vali il doppio. Non ho mai avuto il coraggio di confessarmi e
confessarti quello che da tempo provo per te, per paura, ma la mia paura più
grande, il dolore più grande è quello che stavo vivendo oggi in questa misera
stanza d’ospedale, perché contavo di averti persa per sempre, e senza di te la
mia vita non avrebbe più senso. Avevo paura di non poter più posare i miei
occhi nei tuoi come sto facendo adesso, di non poter più inspirare il tuo
profumo come sto facendo in questo istante, avevo paura di non poterti mai più
stringere fra le braccia, ma adesso sei qui con me e ti dico, ti amo, ti amo oggi
come ieri, e ti amerò domani”
Serena stava ancora piangendo, ma il suo pianto era divenuto
di felicità, e mentre lui gli asciugava le guance con i palmi delle mani le
chiese:
“Adesso posso baciare la sposa?” non attese risposta e la
baciò.
Dolcemente.
Conscio che quella creatura non avrebbe mai più baciato
altro uomo all’infuori di lui.
Si staccarono all’improvviso perché un tonfo non
indifferente aveva spalancato la porta. I due infermieri a terra e sopra di
loro c’era Bell, che con aria furbetta strizzò loro un occhiolino. Daniele
l’aiutò a rialzarsi e all’orecchio le sussurrò:
“Ti pareva proprio il caso di spiare?”
“Non stavo spiando, mi stavo semplicemente informando sui
fatti!” ribatté lei sostenuta. Poi ridendo gli disse:
“Avevi ragione stavo spiando”
E lui le baciò la bocca ridente, mentre con la mano teneva
la loro piccola Gioia.
Finalmente era giunto il momento di sorridere al futuro, non
importava che la storia fosse burrascosa o tranquilla, tutto valeva la pena
raccontare. Tutto in realtà è degno di essere raccontato e ricordato, perché
prima o poi ci regalerà un sorriso. Anche Fabio, rimasto solo davanti
all’altare, presto o tardi, avrà la sua storia.
Un racconto da scrivere sulle pagine della nostra vita,
perché in realtà ogni singolo giorno, non è altro che un foglio bianco, e noi
siamo l’inchiostro con la quale completiamo le pagine di questo immenso libro
chiamato vita. Sfogliandolo troveremo sempre, lacrime tristi e lacrime di
gioia, gioie e amarezze, ma saremo consapevoli che ogni momento, ogni respiro,
ogni battito di ciglia ci porta al di là delle nostre
aspettative, ci porta a conoscere un barlume di speranza che
va via, ma poi torna, così, all’improvviso,
in un giorno
qualunque.
Perché la felicità è li.
Nelle piccole cose, nei cuori ardenti e nelle anime
speranzose, nel sole che nasce ogni mattina e nel moto eterno del mare, ma
soprattutto nelle piccole grandi storie di ognuno di noi.