una semplice storia

di rospina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 8 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


UNA SEMPLICE STORIA

 

 

Perché vorrei solo che la speranza non andasse mai via, perché vorrei volare nel cuore di coloro che amo per restarci sempre e insieme con loro poter scrivere una semplice storia di felicità …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un anno e mezzo di estenuante lavoro sono giunta al termine! Arrivare alla fine di questo nuovo lavoro è stato davvero difficile ed estenuante, perché questo racconto ha sopportato mille peripezie, forse era un segno del destino, che vuole dirmi.

“questa storia fa schifo te l’ho detto mille volte, ma tu niente, arrangiati”.

Non so come troverete questa storia, la trovo strana io, figuriamoci voi che la andrete a leggere, attenderò con ansia ogni vostro giudizio, negativo o positivo … non fa nulla sono qui ad accettarlo. E poi voglio ringraziare in modo particolare Alessia, per il suo sostegno e la sua pazienza. Grazie a mamma e papà, come sempre, perché loro credono davvero in me, e grazie a chi mi vuole bene, perché non lo sanno, ma con una loro parola sanno davvero farmi andare avanti sempre e comunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tre mesi.  Tre lunghi mesi di lavoro buttati via. Era davanti al suo portatile con le mani fra i capelli e lo sguardo fisso al monitor incredula, non riusciva ancora a crederci, la sua storia totalmente distrutta e non poteva recuperarla. Cos’era successo? Ancora non lo sapeva, forse un virus si era insinuato nel suo computer, infido e traditore, sotto le false spoglie di una qualunque bellissima canzone, e le aveva mangiato il suo manoscritto, ridotto a brandelli, neppure le tarme sarebbero riuscite a fare un lavoro migliore con la carta conservata nella soffitta. Bell Pallone guardava intontita quelle parole poste senza senso in quelle pagine virtuali, e senza saperne la ragione, delle minuscole lacrime cristalline, calde e salate stavano percorrendo il suo volto lentamente. Non erano lacrime copiose, erano solo due. Due gocce salate che esprimevano con delicatezza la sua tristezza. Allungò una mano e abbassò lo schermo, era ora di andare a dormire. Spense la luce della stanza e s’insaccò nel letto. Si rannicchiò per il freddo nel suo piccolo letto singolo. Con la bocca cercava di scaldarsi le mani con l’alito. Si disse che quella sera non sarebbe riuscita a chiudere occhio, e invece la stanchezza s’impossessò di lei e cadde in un sonno profondo. L’indomani mattina si alzò ancora intontita e depressa, le parve di non essere riuscita a chiudere occhio, e nonostante tutto il suo corpo fosse riposato, e il suo volto fresco e delicato, come solo i visi delle giovani diciottenni sanno essere, cercò di far sembrare il suo sguardo sofferente. Raggiunse la cucina strisciando i piedi, alzò la mano in  segno di saluto, si avvicinò al frigorifero e prese il latte freddo, come un automa lo versò nella sua tazza e lo mise nel microonde. Sempre gli stessi minuti e sempre la stessa gradazione per scaldarlo. Tenne gli occhi fissi sul fratello. Francesco, che stava guardando con attenzione una puntata di E.R. . Il campanello del piccolo forno multifunzione, che loro usavano solo come scaldavivande, la riportò alla sua colazione. La tazza di latte fumante era davanti a lei, e mentre rovesciava i cereali nella scodella, che riportava la foto di due personaggi dei cartoni animati; chiese a suo fratello:

“Non noti nulla di strano?”

Lui la guardò dritto negli occhi azzurri come i suoi, un’occhiata fugace, Bell aveva i soliti capelli rossi e ricci, tutti arruffati, come tutte le mattine del resto, corrugò la fronte, la guardò meglio, si avvicinò a lei col viso, e quando finalmente furono vicini vicini, lui le disse:

“Ora che ti guardo bene si!”

Il volto di Bell ebbe un lampo di gioia. Qualcuno si era accorto del suo malessere.

“Dovresti toglierti i baffi con la ceretta, si vedono troppo”

Bell si sentì avvampare e divenne paonazza. Non si vergognava di suo fratello, ma era arrabbiata. Nessuno la prendeva seriamente in considerazione,trangugiò il suo latte e finì di prepararsi. Aveva già lo zaino in spalla quando chiese:

“Ma dov’è finita mamma?”

“Non c’è, è andata in palestra presto stamattina, ah dimenticavo, ha detto di dirti che non torna per pranzo, non ci sarò neppure io, devo andare all’università ho lezione”

“Ok, a stasera allora”

E uscì da casa in tutta fretta. Capitava spesso che si ritrovasse da sola per il pranzo. Sua madre era troppo impegnata a mantenersi in forma, uscire con le amiche e fare compere. Suo padre era un  imprenditore edile di successo. Ma in casa non era presente, era una figura che un po’ mancava nella famiglia Pallone, per lui il lavoro veniva prima di ogni cosa, doveva incrementare il suo capitale, perché lui teneva a vedere il suo conto in banca sempre più gonfio, e poco importava se stava perdendosi le cose più belle della sua vita, si era perso la lunga ed estenuante decisione di suo figlio Francesco di andare all’università e seguire i corsi di medicina, e si stava perdendo le angosce giovanili di Bell, la sua paura di non superare gli esami di maturità,la prima cotta e le liti con le amiche che a lei sembravano insormontabili. Il capo famiglia Pallone si stava perdendo tutto questo. Inconsciamente. E senza chiedersi se un domani avrebbe rimpianto tutto questo.

La campanella aveva suonato, e strisciando i piedi raggiunse l’aula dalle pareti completamente bianche. Alcuni compagni erano già arrivati e parlavano fra loro seduti sopra i banchi verdi, allineati due a due per tutta la lunghezza della stanza. La lavagna verde era appesa a lato della cattedra, e proprio nel centro del muro era attaccato un crocefisso misero, e quasi ignorato da tutti, al suo fianco la foto del presidente della repubblica, un uomo normale con bianchi capelli e alcune rughe che avrebbero dovuto significare saggezza, ma a nessuno di quegli alunni importava veramente di quell’uomo tanto importante per l’Italia. Bell Pallone occupò posto al suo banco, fece cadere lo zaino per terra e si sdraiò per metà sul banco. Uno dei suoi compagni la chiamò:

“Pallone mi passi i compiti?”

Lei si voltò, era Emanuele Tellini. Suo compagno di scuola dal primo anno di liceo. Lui era tra i ragazzi più ambiti di tutto l’istituto, nessuna ragazza era capace di resistere al suo fascino che era ben fornito di arroganza da vendere. Bell non lo guardò e gli disse di sì, che aveva fatto tutto:

“Se vuoi, puoi copiarli …” ma non si mosse per tirare fuori i quaderni dallo zaino. La stanza si riempì quasi completamente, e subito dopo entrò la professoressa. Una donna non altissima, dai corti capelli biondi, aveva sui cinquant’anni, un paio di occhiali dorati sul naso, che non nascondevano i suoi occhi castani, sulle labbra aveva un filo di rossetto rosso. Si sedette sulla sedia alla sua scrivania e fece scivolare via la pelliccia di visone sulla spalliera della sedia. Si schiarì la voce e gridò:

“Buongiorno! Se non ve ne siete accorti, sono entrata”

 E con un coro scomposto risposero:

“Buongiorno professoressa”

Prese il libro fra le mani e iniziò a canticchiare una vecchia canzone:

“La lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama …”

Bell e il resto della classe sapevano bene cosa significava quella canzone. Ogni qual volta la professoressa cantava quei versi c’era aria di interrogazione, e tutti cercarono di farsi piccoli per non farsi notare,  in maniera assurda, tanto sapevano bene che alla fine avrebbero dovuto far sapere anche loro cosa sapevano. Bell non se ne curò, era tra i primi della classe, lei sapeva sempre tutto, non si faceva mai cogliere impreparata alle interrogazioni, o ai compiti in classe. Amava studiare, e aveva paura di non riuscire a dare quello che sapeva di poter dare, ora che era arrivata al rush finale, e poi ancora non aveva deciso cosa fare con l’università, ogni volta che voleva affrontare l’argomento con sua madre lei era troppo impegnata a fare qualcos’altro per interessarsene. Suo fratello non poteva e non voleva darle nessun consiglio, era convinto che non dovesse essere influenzata nelle sue scelte, ma che doveva essere lei a decidere del proprio futuro. L’idea di parlarne con suo padre non le aveva neppure sfiorato la mente. E ad ascoltarla aveva trovato lei, quella piccola grande donna che era la sua professoressa, che portava un nome tanto piccolo Rosa, un nome che spesso era diminuito dai suoi colleghi che amorevolmente la chiamavano Rosellina. Bell adorava quando la sentiva chiamare con quel vezzeggiativo, credeva che le stesse davvero bene, era fatto per lei, perché le rose sanno nascere anche nel freddo dell’inverno pur essendo delicate. E lei, aveva letto quello che lei scriveva e la spronava ad andare avanti. Nessun altro aveva letto i suoi manoscritti, provava vergogna per quello che scriveva, pensava che fossero delle schifezze, però nonostante tutto, non riusciva a smettere di farlo. Bell ascoltava attonita quello che succedeva, sapeva bene che quel giorno non sarebbe stata interrogata, e con la matita faceva strani ghirigori sul quaderno che usava per gli appunti.

Tellini!” tuonò imperiosa la voce della professoressa

“Vieni avanti che oggi tocca a te!”

Il giovane alzò gli occhi al cielo, come un attore consumato si alzò dalla sua sedia e con la sua inconfondibile camminata raggiunse l’insegnante di italiano.

La donna gli disse:

“Allora oggi che ne dici se parliamo un po’ in latino?” la professoressa parlava senza neppure guardarlo negli occhi, e il giovane annuì con la testa. Le domande si susseguirono una dietro l’altra, ma purtroppo le risposte erano solo delle misere scene mute, e fu in quel momento che l’insegnante chiese:

“Bell, vuoi rispondere tu?”

Da dietro le spalle una voce sottile le giunse all’orecchio:

“Se osi rispondere guai a te”

Ma lei lo ignorò e rispose facilmente, e fu proprio in quel momento che la professoressa sentenziò:

“Emanuele Tellini, tu dovresti prendere un po’ da Bell … magari foste tutti così”

Si sedettero tutti quanti e  rimasero in silenzio. La lezione finì tra le risa generali della classe, un altro compagno aveva fatto una misera figuraccia di fronte alle domande della prof., come fu fuori subito una ragazza dai lunghi capelli neri si accostò a Bell, dall’alto la sovrastò, i suoi occhi penetrarono gli occhi di Bell, sembrava che una chiazza di petrolio si stesse stendendo nel mare più limpido, e come una belva si avventò su di lei afferrandola per un braccio e con voce sibillina chiese:

“Come ti sei permessa di far fare una figuraccia al mio Emanuele?”

“ma io …”

“Tu cosa?” le parlava standole addosso, il suo corpo era perfetto, le gambe slanciate erano coperte dal jeans, e sopra indossava una maglia corta, leggera, che lasciava percepire le forme del suo giovane corpo saldo. Bell la guardava senza toglierle gli occhi dagli occhi, si sentiva a disagio ma non voleva darlo a vedere, sapeva di non essere bella quanto lei, e i suoi capelli rossi e arruffati non la aiutavano, il suo volto non era quello di una diciottenne, ma quello di una ragazzina molto più piccola della sua età,  i suoi lineamenti erano acerbi, anche lei indossava un jeans e una maglia ma era sicuramente molto meno avvenente. Anche se questo non voleva dire che fosse meno bella, era solo una bellezza diversa,la prima era algida, fredda e distaccata, mentre la seconda era molto più morbida e conferiva tenerezza. E questa continuò:

“Allora pel di carota? Hai niente da dire?”

Lei continuava a non rispondere e fu proprio Emanuele Tellini ad avvicinarsi, fece un sorriso e posando una mano sulla spalla di Martina Loretti, la ragazza bruna, e se la tirò vicino a sé e scomparvero poco dopo.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Era stata una mattinata come tante altre, tutto era andato come sempre. Alle volte  a Bell la sua vita le pareva noiosa. Era l’ora di pausa, ed era seduta su un muretto nel cortile della scuola, sgranocchiava un pacchetto di cracker e scriveva su di un quaderno tutto sgualcito. Il suo sguardo spesso si perdeva nel vuoto ed era sognante, come se stesse immaginando un’altra vita, o magari di essere una persona completamente diversa. Stava mordicchiando il tappo della sua penna, quando sentì una presenza accanto a lei. Si voltò di scatto e di fronte si ritrovò due occhi, immensamente verdi e belli. Corrugò la fronte. E per un istante non seppe che dire, poi invece un po’ scostante chiese:

“Cosa vuoi?”

Era Emanuele Tellini. Si passò una mano tra i capelli biondi a boccoli sfoderando un sorriso magnetico, e con voce profonda accennò:

“Scusa …”

“Scusa? E di cosa?” chiese perplessa Bell sgranando i suoi grandi occhi chiari

“Volevo chiederti scusa per come si è comportata Martina. Alle volte è una vera stronza” tacque un istante poi aggiunse “è sempre una stronza”

“Stai facendo tutto da solo” si giustificò Bell senza saperne la ragione e poi aggiunse:

“Perché sei venuto a chiedermi scusa? Sono cinque anni che vi comportate in questo modo, per me non è una novità”

“E non ti sei mai ribellata?” chiese il giovane seriamente

“No. Non è che la cosa m’interessasse molto, ognuno ha la sua vita con le sue cose da fare e i suoi divertimenti, il vostro è quello di fare i deficienti, il mio quello di fare la sgobbona”

“Ho sbagliato tutto” riproverò se stesso. Amareggiato. E fu lei a chiedere ancora:

“posso sapere perché sei venuto a lavarti la coscienza da me? Ognuno è responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte, tu hai fatto le tue con Martina, mi pare che fino a stamattina non te ne fosse mai importato niente della scuola e di tutto il resto …”

“hai ragione. Ma quello che ha detto la professoressa all’interrogazione mi ha fatto pensare molto …” guardò dritto davanti a se, vi era un albero di aranci che aveva sempre conosciuto, aveva ancora dei frutti attaccati. Nonostante fosse gennaio, quel piccolo sole scaldava con i suoi lunghi raggi, e pareva arrivasse al cuore del giovane che aggiunse alle sue parole “Vorrei che tu mi aiutassi”

Bell rimase in silenzio. Non sapeva che dire. Il trillo della campanella suonò nuovamente per avvisare che la pausa merenda era finita e che tutte le lezioni stavano per riprendere, era quindi ora di ritornare in  classe. Lei si alzò, strinse nelle mani il suo quaderno con la penna, si avviò verso il primo cestino e buttò via ciò che rimaneva dei cracker, le era passata la fame. Emanuele Tellini si accostò a lei, la afferrò per un braccio e sussurrò:

“Aiutami”

Lei si volse e senza sorridere gli disse:

“Ci penserò …”.

Un altro professore che parlava, ma , in realtà nessuno lo stava ascoltando, lui forse se ne accorgeva, ma ignorava i suoi studenti facendo finta di non sentire,era ormai prossimo alla pensione e poco gli importava di dare qualcosa a quei suoi alunni, che probabilmente sarebbero stati gli ultimi della sua lunga carriera di insegnante, tanto erano sempre tutti gli stessi. Tutti scalmanati. Tutti con la testa rivolta al primo amore, o a far casino, e infine la moda, perché non si poteva andare a scuola se il jeans o la maglia non era di tendenza, e dopo più di trent’anni di insegnamento si era stufato di dover affrontare sempre la solita marmaglia scalmanata, che per quanto  ci si sgolasse o ci s’impegnasse a far capire una lezione, questa veniva totalmente ignorata dalla massa, e veniva assorbita, in parte, solo da alcuni studenti. Sapeva che questo faceva parte del gioco, e che probabilmente se non era cambiato nulla in questi anni, mai nulla sarebbe cambiato, ma da ragazzo credeva di poter essere lui l’eccezione, lui il primo professore a cambiare le regole del gioco, da ragazzo aveva creduto che lui sarebbe stato diverso. E invece, tutto era uguale a sempre. Sospirò notevolmente, ma nessuno se ne accorse. Lui continuò a scrivere sulle sue parole crociate, che ormai si portava sempre appresso, nascoste tra le pagine di un libro. Bell, non faceva eccezione, e accanto a lei c’era la sua compagna di banco Serena Caterina, lunghi capelli castani e mossi le ricadevano sulle spalle, incorniciando grandi occhi verdi che fissavano  le proprie unghie che delicatamente era intenta a ricoprire di smalto rosso, e chiese all’amica:

“Che ci facevi con Tellini durante la ricreazione”

Bell si passò una mano tra i capelli cercando di districarli, e mentre cercava di aggiungere qualche dettaglio al suo piccolo quaderno che racchiudeva le sue fantasie di mondi lontani rispose:

“Niente”

“Tu forse non facevi nulla, ma lui era parecchio intento …”

“mi stava solo chiedendo di aiutarlo per gli esami …”

Serena si bloccò di scatto e il suo malto sbavò di lato e si fece sfuggire  un’ imprecazione, poi tornando a prestare attenzione all’amica:

“E tu che gli hai risposto?”

“Che ci devo pensare …”

“Ma sei scema? Dico, è il ragazzo più bello della scuola, fa lo stronzo con tutte, lui si avvicina a te, ti chiede aiuto e tu fai la preziosa?”

“Scusa ma non mi ha mai degnata di uno sguardo fino a stamattina,anzi mi ha sempre deriso con Martina ed io ora dovrei cadere ai suoi piedi?”

“non ti ho detto che devi cadere ai suoi piedi, però potresti perlomeno non fare tanto la schizzinosa, sai come ti invidieranno tutte?”

Tutto ciò che Serena stava dicendo in quel momento corrispondeva a verità, ma in fondo al suo cuore vi era qualcosa che la turbava, non ne capiva pienamente la ragione e tantomeno l’essenza di quel malessere, misto a una punta d’orgoglio, sì perché nonostante tutto, provava piacere e anche onore nel pensare che tra tutti, lui avesse scelto proprio lei per avere aiuto. La lusinga era ciò che l’attirava più di tutto. Chiuse il discorso, non era il momento di parlarne, preferiva aspettare di tornare a casa e parlarne con sua madre, sicuramente lei avrebbe saputo darle un consiglio su come comportarsi.

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Tornò a casa. Il buio regnava tra le mura. Non vi era nessuno, e solo in quel momento si ricordò di essere sola a pranzo. Fece il giro della casa e sollevò le persiane. Quando vi era sole, non ammetteva di dover stare con la luce artificiale dei lampadari, accese la radio, e la musica si estese in tutta la casa, riempiendola e dandole una nota di colore e la rese meno solitaria. Si cambiò e infilò una tuta da ginnastica per stare più comoda. Aprì il frigorifero, ma era semi vuoto, il suo stomaco brontolò per la fame e si arrangiò bevendo un succo di frutta e mangiando un panino al prosciutto cotto. Nel pomeriggio arrivò sua madre, sorridente come sempre, fu Bell che le andò incontro:

“Ciao mamma!”

“Oh cara lasciami stare sono tanto stanca …”

“Ma oggi non ci siamo viste per niente …”

“alla tua età fai ancora la mammona?”

Bell la guardò, per un istante ci rimase male, ma non se ne curò più di tanto, sapeva bene che sua madre era fatta così, e allora senza tante cerimonie la seguì in bagno dove si stava preparando per una doccia e disse:

“mamma, volevo chiederti un consiglio”

“Spara! Sono tutta orecchi!”

Si sedette sul pavimento e iniziò senza preamboli, sapeva bene che con sua madre doveva cogliere l’attimo, e allora:

“oggi un ragazzo mi ha chiesto di aiutarlo nella preparazione degli esami!”

“E allora dov’è il problema?”

“Non ci sarebbe, ma il fatto è che lui in tutto questo tempo, non mi ha mai preso in considerazione, anzi per di più mi ha sempre preso in giro con la sua ragazza perché sono una sgobbona!”

“e allora, è brutto?”

“No è molto carino …”

“Cosa aspetti? Io sarei già corsa ad aiutarlo da un pezzo …”

“già è quello che dice anche Serena!”

“Santa quella ragazza … dovresti ascoltarla, poi ascolta tu devi chiedere aiuto alle tue amiche, avete la stessa età, chi meglio di lei può aiutarti?”

La giovane si chiese che cosa sua madre avesse da fare, di meglio che stare accanto sua figlia. Ma come sempre non proferì parola, pensò che forse avrebbe dovuto chiedere a Francesco, lui era sempre sincero con lei, ma aveva anche paura che la deridesse, prese quindi la decisione di tacere. Mentre era seduta sul divano con un libro aperto sulle gambe si convinse che doveva solo accettare senza riserve e non dare ascolto a quelle sue paure infondate e senza senso.

Un’altra mattinata come tutte le altre. Lentamente Bell percorse il lungo corridoio che portava alla sua aula, con la coda dell’occhio vide al suo fianco Emanuele Tellini che parlottava con un altro ragazzo. Bell allungò il passo, non voleva rimanere sola con lui, anche se in fondo sospettava che la richiesta del giorno prima non fosse stata altro che una presa in giro, e che quindi non avrebbe avuto un seguito, ma dopo pochi istanti la ragazza sentì stringere il suo braccio da una presa forte e decisa, senza tuttavia farle male. Si voltò di scatto. Uno sguardo lungo un’eternità, solo in quel momento Bell si accorse di non aver mai guardato attentamente Emanuele Tellini, si perse nel verde infinito dei suoi occhi tempestati di piccole pagliuzze dorate. Capì in quel momento perché tutte le ragazze gli cadevano ai piedi senza il bisogno che lui si prodigasse per conquistarle, i tratti del suo viso erano perfetti. Lui non sorrideva. La guardava e basta. In quel momento passò la professoressa d’italiano che gridò:

Tellini, mai una volta che ti vedo in classe!” si voltò quasi incredula, e fermandosi proseguì “Pallone, anche tu qui? Che è successo? Hai deciso di rovinarti proprio adesso che sei vicina al traguardo? Lascia stare quello scavezzacollo, rovinerà anche te …”

Bell Pallone si slacciò dalla presa del compagno e corse in classe lasciandolo da solo nell’atrio. Lui la guardò entrare in classe, e solo più tardi la raggiunse. Bell era seduta al solito banco stranamente pensierosa. Serena era seduta come il solito al suo fianco, e bisbigliando le chiese:

“Stai ancora pensando alla storia di Emanuele?”

La ragazza stava per rispondere, ma in quel momento si spalancò la porta e apparve proprio lui. Stranamente non sorrideva, e non possedeva quella sua solita aria strafottente. Senza dire nulla si sedette al suo banco, appese il suo sguardo addosso Bell Pallone. Lei non si voltò, ma percepiva benissimo il suo sguardo su di lei. All’uscita di scuola lui la fermò nuovamente:

“Allora? Ci hai pensato? Mi aiuti?” la sua voce era dolce e suadente, non l’aveva mai sentita così prima d’ora, non resistette e rispose:

“E va bene …”

Passò di lì Martina Loretti che gridò:

“Che ci fai con quella? Vieni via con me …”

“Lasciami perdere e fatti i fatti tuoi …” lei lo guardò con sfida, ma non gli diede a vedere la sua rabbia, la stava lasciando sola per quel pelo di carota, e se ne andò indispettita. Bell non crebbe ai suoi occhi. Lui aveva mandato via la sua fidanzata ed era rimasto lì con lei. Sentì crescerle nel petto una gioia incontenibile, sentì finalmente che tutte le sue paure erano sul serio infondate, che aveva ragione sua madre a dirle che doveva abbandonarsi e vivere liberamente la sua giovane età. Ma non ebbe lo stesso il coraggio di parlare e fu lui che voltandosi verso di lei disse:

“Ho capito bene? Hai detto che mi aiuti? Sono davvero felice, onestamente speravo che tu mi dicessi di sì. Lo so che non ci siamo mai presi molto, anzi sono stato un vero stronzo con te in tutto questo tempo, ma voglio farmi perdonare …”

Bell allungò una mano e gli fece cenno di chiudere la bocca, e in un sospiro sussurrò:

“taci, è meglio! Non so perché ho deciso di aiutarti! Che il signore me la mandi buona!” sorrise e lui subito aggiunse:

“Ti giuro che farò tutto quello che vuoi”

Seriamente, senza staccare i suoi occhi azzurri dagli occhi verdi di Emanuele Tellini sentenziò:

“non prendermi mai in giro …"

Lui rimase in silenzio. La guardò senza dire nulla, il suo sguardo serio l’aveva colpito, e anziché rispondere alla sua affermazione le chiese:

“Posso accompagnarti a casa?” lei annuì, cercò di non darlo a vedere ma era contenta, aveva temuto che lui volesse solo prendersi gioco di lei e invece si era sbagliata. Era tutta avvolta nel suo giubbotto in piuma d’oca blu elettrico, che tendeva a ingrassarla, improvvisamente si sentì a disagio, mille volte proprio il suo accompagnatore l’aveva presa in giro dicendole, ora si che sei proprio un bel pallone, e poi insieme alla sua combriccola di sempre rideva a crepapelle, incurante del fatto che lei potesse sentirsi ferita da quei commenti. Lui parve intuire quei pensieri e le disse:

“scusa …”

“per cosa?” chiese lei

“per tutte le volte che ti ho preso in giro,mi sono comportato da vero cretino con te”

“Non preoccuparti , ormai mi ero quasi abituata”

Ma Emanuele aveva ormai raggiunto il suo obiettivo, Bell si sentiva molto più bella di qualche istante prima e allora allegramente aggiunse:

“quando vuoi iniziare a prendere lezioni?”

“quando vuoi tu, basta che mi fai sapere e mi troverai pronto”

“Ok allora da domani pomeriggio inizieremo a riprendere un po’ il programma” si guardò attorno e concluse “io sono arrivata, grazie per avermi accompagnata”

Ancora una volta lui non rispose, la salutò con un cenno di mano e quando era ormai più lontano le disse solo

“A domani”

Stava infilando la chiave nel portone per salire a casa quando arrivò anche Francesco Pallone, che al posto si salutarla le disse:

“Ora ti vedi con quel pallone gonfiato?”

“Non è un pallone gonfiato!” rispose Bell prontamente

“Si che lo è! E vorrei sapere come, quando e perché hai cambiato idea”

“Ho cambiato idea semplicemente perché è diverso da quello che credevo, e se ti può interessare proprio poco fa mi ha chiesto scusa per come si è comportato con me!”

“certo tra un po’ sarà un ragazzo d’oro, un angelo che si innamorerà di te! Fai attenzione, i tipi come lui non cambiano mai!”

“tu parli così solo perché sei geloso”

“geloso io? Puoi fare quello che vuoi, però poi non venire a piangere da me se ti farà male …”

“la mamma dice che faccio bene ad aiutarlo per gli esami”

“Ecco spiegata la magagna! Quello vuole solo aiuto a passare gli esami perché tu sei tremendamente brava”

“Smettila di vedere il male dappertutto!”rispose Bell indignata e proseguì “non può essere che invece sia cambiato sul serio?” parlavano mentre salivano le scale, Francesco avanti e lei subito dietro, “Allora mi vuoi rispondere? No certo, tu quando hai torto non rispondi perché non sai che dire”

“Mi auguro per te di essere io quello che ha torto, non ti rispondo perché sei testarda come un mulo! È inutile continuare a parlare con te, fai come ti pare”

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti, grazie mille a tutti per i vostri passaggi e le vostre recensioni che mi scaldano il cuore.

GRAZIE!!

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Capitolo 4
*** 4 ***


Erano entrati in casa, e mentre lui si diresse verso la cameretta, Bell raggiunse il frigorifero, stava facendo scendere la lampo del suo giubbotto quando afferrò un succo di frutta e iniziò a bere direttamente dalla bottiglia; la richiuse e mise tutto in frigo, questa volta era arrabbiata sul serio con suo fratello. Lo adorava in tutte le sue forme, era il suo eroe, ed era sempre disposta ad ascoltarlo, ma stavolta lui aveva torto, tutti meritano una seconda possibilità, e lei voleva darla a Emanuele Tellini. Pensava che per Francesco tutto era nero o bianco, non esistevano colori grigi o sfumature nella sua mente, e questo era forse il difetto più grande che riscontrava al suo adorato fratellone, mentre per lei niente era definito, nulla era deciso per sempre, l’incerto era la sua vita, la paura di sbagliare e allo stesso tempo forse aveva paura di fare la scelta giusta, per questo lei viveva sempre in pieno conflitto con se stessa, lei riusciva a essere pienamente e in tutto e per tutto fedele alla sua essenza, in compagnia di Serena Caterina, la sua migliore amica fin dai tempi dell’asilo, e con Francesco, che la metteva sempre alla prova, ma mai si sentiva in giudizio, ed era per questi motivi che con loro stava disperatamente bene. Bell aveva messo nello zaino un quaderno in più, finita la scuola , la ragazza ed Emanuele Tellini si incamminarono verso il lungo mare, era completamente deserto, il vento fortunatamente non batteva forte e il sole scaldava leggermente, si sedettero su una panchina in cemento, che era incastonata nel muretto di recinzione che separava la spiaggia dalla strada. Davanti a loro vi erano dei giochi per i bambini più piccoli, che erano ormai tutti sgangherati, e l’altalena con le catene arrugginite dalla pioggia si muoveva lentamente, quasi come se fosse sospinta da un bimbo invisibile. Bell come si sedette tirò fuori un libro senza copertina e il quaderno, ma Emanuele la fermò:

“Aspetta mangiamo qualcosa …” le porse un panino e una coca-cola, lei esitò ma lui le prese la mano e gliele posò in mano. Lo guardava stupita, non seppe che dire e fu lui che aggiunse:

“Un semplice grazie può bastare” rise per la sua battuta.

Bell no.

 Era imbarazzata, e per di più ora si vergognava per non essere riuscita neppure a ringraziarlo. Emanuele la guardò e ammirò il suo profilo perfetto, che era sporcato dalla sua matassa di capelli rossi tutti aggrovigliati, notò un cambiamento nel suo volto e si premurò di dire:

“Stavo scherzando! Non offenderti, ti dovrai abituare alle mie battute!” lei le sorrise, sentì nel suo petto sollevarsi un peso, e con il cuore più leggero addentò il suo panino. E solo poco più tardi, la lezione ebbe inizio. Lei parlava e spiegava, e al bisogno disegnava dei piccoli schemi sul quaderno, lui ascoltava in silenzio, ogni tanto si grattava il mento. Era difficile dover assorbire tutte quelle nozioni insieme. Si stava rendendo conto che in tutti questi anni aveva perso tante cose, forse troppe,e allora chiese:

“Secondo te riuscirò a recuperare tutto?”  il suo tono era serio e i suoi occhi non avevano nessuna allegria, lo consolò:

“sarà dura, abbiamo un gran lavoro da fare, ma se veramente vuoi puoi farcela, volere è potere, ricordalo bene”. Erano sensazioni del tutto sconosciute per Bell,non sapeva ancora come doveva gestire queste cose, ma capiva che stava nascendo qualcosa di strano in lei. Giorno dopo giorno il suo cuore aveva palpiti del tutto inaspettati, che mai aveva provato prima,non sapeva spiegarsi cosa stava accadendo in lei, ma capiva che stava nascendo qualcosa di strano, quando rimirava la sua immagine riflessa allo specchio poteva osservare sempre la stessa persona, ma dentro era diversa, completamente nuova, era come una primavera che si sveglia dopo l’inverno, come il mare in tempesta che non trova pace. Questo nuovo sentimento tanto strano e inatteso non le dava pace, e la rendeva triste. Sempre assorta nei suoi pensieri lasciava che il tempo passasse lentamente, senza chiedere o pretendere niente di più di ciò che aveva. Quella mattina la pioggia scendeva copiosa e incessante,Bell aveva scordato l’ombrello a casa ed era troppo in ritardo per tornare dentro a riprenderlo, durante il tragitto i suoi stivali si erano letteralmente inzuppati e il giaccone grondava d’acqua, ma il cuore era leggero che, pensava avrebbe visto Emanuele Tellini. Ma come fu nell’androne,ricevette un pugno in mezzo al petto. I suoi occhi si inumidirono ma ricacciò indietro le lacrime. L’immagine che si era presentata davanti a lei era inequivocabile, Martina Loretti stava baciando lui, Emanuele. Era seduta al suo banco e pensava che lui in fondo non le aveva mai dato speranze,tantomeno le aveva fatto credere che tra loro ci sarebbe potuto essere qualcosa di più di una chiara e semplice amicizia. Ma in quel momento Bell stava mettendo in dubbio anche quella. Non fece scendere lacrime sul suo pallido viso, ed evitò per tutto il tempo di guardare nella direzione del giovane. Fu Serena Caterina che durante la ricreazione disse:

“sai prima ho visto litigare Martina ed Emanuele … poi lei si è messa a piangere”

Bell non rispose, avrebbe voluto sapere di più sulla loro litigata, ma per paura della risposta non chiese, e proprio pochi istanti prima che la lezione riprendesse Martina si accostò al suo banco e le disse a voce bassa:

“tanto Emanuele è mio, e non lo cedo a nessuno, perché lui vuole me e me soltanto!”

Lei non rispose alla provocazione. Rimase lì, seduta in silenzio. Era vero, era tutto vero quello che aveva detto Martina, lei chi si credeva di essere per pensare che un ragazzo come lui la pensasse in quel modo? Ripensò velocemente ai momenti passati insieme e si rese conto di non aver molto da condividere con lui, se non le ripetizioni che lei le stava dando. La giornata passò uggiosa così com’era cominciata. Nel tardo pomeriggio rientrò a casa e notò delle rose rosse sul tavolo, le guardò e sul tavolo vi era un biglietto. Erano le rose che suo padre aveva mandato per San Valentino alle sue donne di casa, dicendole che le amava infinitamente, e istantaneamente si ricordò che quello era il quattordici febbraio, se ne era totalmente scordata! Per la prima volta si dimenticava di quella festa attesa dagli innamorati proprio nel momento in cui si rese conto di essere lei, innamorata persa.  Si tuffò sul divano, strinse il cuscino a se priva di pensieri. Udì la porta di casa aprirsi e gridò:

“Mamma guarda, papà ci ha mandato delle rose per san Valentino”

“Non me ne parlare …” fu la risposta brusca, ma non era sua madre bensì suo fratello Francesco che aveva appena finito uno dei suoi primi turni al pronto soccorso da tirocinante. Lo udì entrare in bagno e vomitare.

Lei corse da lui, non aveva chiuso la porta, e lo vide con la testa china sul water e le mani quasi ad abbracciare il sanitario.

“Che ti è successo? Stai male?” chiese accorata la sorella

“Lasciami stare …”

Ma lei insisté. Non aveva mai visto suo fratello in quelle condizioni. I suoi occhi azzurri parevano neri di rabbia, la sua carnagione abitualmente bianca era paonazza. Gli prese le mani e le sentì  fredde e umide di sudore, le sue labbra tremavano.

“mi stai facendo preoccupare Fra, ti prego dimmi che è successo!”

Francesco le rispose, ma la sua voce era carica di livore:

“Vuoi davvero sapere cos’è successo?”

Lei mosse su e giù la testa, i ricci rossi le caddero attorno al volto e incredula fissava suo fratello negli occhi e scorse delle lacrime scendere giù copiose. Il suo cuore si contorse, non aveva mai visto Francesco in quelle condizioni. Lui si sedette sul pavimento e piangendo a singhiozzi, senza staccare le mani da Bell si sfogò:

“oggi al pronto soccorso” si fermò e poi ripeté

“Oggi al pronto soccorso …” tacque un’altra volta ma poi subito aggiunse “è arrivato un bimbo, in gravi condizioni … c’eravamo solo noi studenti e due infermieri … abbiamo cercato il dottore, ovunque, lui non c’era, e mi toccava guardare negli occhi i genitori, disperati, piangenti, imploravano aiuto. Ed io,IO,non sono riuscito a darglielo! Ti rendi conto? Quel bambino ha smesso di vivere perché il medico doveva pomiciare con la capo sala di nascosto dalla moglie!! Quello stronzo, bastardo, ha fatto morire un bambino per cosa? Se lui fosse stato li, forse lo avrebbe salvato! Ma lui non c’era, ed io non sono stato capace di fare niente. Non sono neppure stato capace di dire a quei genitori perché hanno perso un figlio, sono un codardo, ecco cosa sono. A loro ho mentito. Mentre loro gridavano, chiamando disperatamente il nome del figlio, ho solo saputo dirgli che avevamo fatto il possibile. E il tutto senza versare neppure una lacrima. Sono un essere spregevole”

“Tu non devi sentirti in colpa …” lo accarezzò Bell con dolcezza “Tu non potevi fare niente sul serio”

“avrei dovuto dichiarare la verità” si tenne la testa fra le mani, pareva che gli volesse scoppiare da un momento all’altro, le tempie gli battevano, e un dolore lancinante gli aveva invaso la fronte. Così , immoto, con le lacrime che gli rigavano il viso Francesco Pallone non si muoveva e riviveva gli attimi di quella giornata senza scordare neppure un secondo. Nelle sue orecchie udiva ancora il pianto di quella gente disperata, e vedeva nella sua mente quel bambino abbandonato a se stesso.

Con quelle gocce salate che gli ricadevano sulle gambe, giurò a se stesso che non sarebbe mai stato come l’uomo che avrebbe dovuto insegnargli a fare il medico.

Giurò a se stesso che lui non avrebbe mai tradito il giuramento di Ippocrate.

La vita degli altri prima di tutto.

Triste giornata di dolore fu per quel giovane. Amante della vita, della fresca giovinezza che lo possedeva. Quel giorno per Francesco era un giorno che non avrebbe mai scordato per tutto il resto della sua vita.

Dolore e angoscia.

Rabbia e impotenza.

Quei sentimenti, cosi forti e irruenti non lo avrebbero abbandonato tanto facilmente.

Bell carezzandolo lo obbligò ad alzarsi dal pavimento. Di fianco a lui pareva una formica, piccola e forzuta, minuta e decisa. Lui dalla sua altezza la sovrastava, e la guardava con adorazione. Con infinita dolcezza, lei la sua sorellina con poche parole le aveva scaldato il cuore e dato pace alla mente fermando un poco i suoi pensieri. La porta di casa si aprì e la madre entrò in casa. Sulla faccia aveva un enorme sorriso. Vide l’immagine dei suoi figli. Abbracciati l’uno all’altra, con Bell che sorreggeva Francesco e le sue uniche parole furono:

“Francesco, a San Valentino, si sta con la donna amata, non con la propria sorella, ubriachi per giunta …” e scomparve nella sua stanza

Un guizzò di rabbia invase Francesco, ma Bell lo trattenne ancora e lo portò sul suo letto, lo fece sdraiare lentamente, gli tolse le scarpe da ginnastica. Indossava una tuta da ginnastica. Si ricordò che una delle prime cose che gli aveva detto il fratello era che non bisognava mai tenere addosso gli indumenti usati in ospedale,e senza vergogna gli disse di spogliarsi. Sapeva bene che Francesco era timido, e mentre lui si spogliava lei si voltò verso il muro. Quando ormai era in pigiama lo aiutò a coprirsi, sentiva freddo, e fu lui che disse:

“mamma è senza cuore”

“lasciala perdere, lo sai che è fatta così, non prendertela, non cambierà mai! È inutile tentare di farlo ora. Adesso cerca di riposare” si sedette accanto lui. Teneva il palmo della sua mano sulla fronte del fratello, sperava così di potergli togliere un po’ del suo peso dell’anima. Pochi istanti dopo, senza bussare la madre aprì la porta, infilò la testa dentro la stanza, e rossa in volto disse:

“Cara, ha citofonato un ragazzo, ha detto di scendere, si chiama Emanuele”

Bell arrossì notevolmente. Sentì il cuore tremarle un po’, ma con la mano sulla fronte di Francesco rispose decisa:

“Digli che non posso andare, che ci vedremo domani a scuola …”

“Mah …” tentò di replicare la donna

“Ora non posso andare … mamma vai pure e chiudi la porta” concluse lei decisa

Non osò dirle più niente e sparì dietro la porta. Guardava suo fratello dormire, e si disse che non poteva fare scelta più giusta. Lui in quel momento aveva bisogno di lei, e come fare ad aiutarlo se non standogli vicina? Chissà cosa voleva Emanuele. Non le sembrava giusto pensarci ma non poteva evitarlo. E così, ferma in quel letto dal piumone celeste, faceva oscillare i suoi piccoli e immensi pensieri da adolescente che stava disperatamente cercando di crescere.

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Capitolo 5
*** 5 ***


L’aria fredda, e il cielo plumbeo facevano da cornice a una giornata uggiosa. Bell si stava recando a scuola. Il suo volto era contratto, aveva dormito poco per colpa dei suoi mille pensieri, un po’ pensava a Emanuele che la sera prima si era precipitato sotto casa sua, ma soprattutto era stata la tristezza di suo fratello a tenerla sveglia. Si disse che lei non conosceva nulla della vita, che era solita vivere in un mondo di pan di zucchero, dove tutto sommato nulla era serio, e niente era importante se non la scuola e lo studio. Come entrò in classe i suoi occhi si posarono sul suo banco. Un fascio di rose rosse era posato su di esso. Abbozzò un sorriso. E tutti i suoi pensieri grevi sparirono in un istante. Spalancò gli occhi incredula e Serena, senza alzarsi dal suo banco le disse:

“quando sono arrivata erano già qui!”

E Bell ironicamente rispose:

“controlliamo se c’è un biglietto avranno sbagliato banco. Ne sono certa!”

Si accostò. Lanciò il suo zaino consumato sul pavimento di cotto e delicatamente sollevò il mazzo di rose. Un biglietto cadde.                                                                                                                                                                                        E  subito lo raccolse.                                                                                                                                                                                     Poche parole

“A Bell. Una ragazza speciale”

Nessuna firma. Il mittente era anonimo. Ma Bell si sentì diventare rossa quanto i suoi capelli e goffamente li spostò, in quel momento entrò Martina Loretti, bella come sempre, con la sua solita aria strafottente. Subito captò lo sguardo di Bell e la chiamò:

“Bell Pallone, allora ti sei mandata dei fiori da sola? Guarda che sei in ritardo”

“io non mi sono mandata proprio niente …”

“certo, certo … - rispose di rimando la giovane ed aggiunse- ma chi vuoi che mandi dei fiori ad una che si chiama Pallone, e ci somiglia pure! La cosa che vi differenzia è il colore, perché tu sei semplicemente un pel di carota!” rise della sua battuta, e con lei risero anche gli altri compagni e poi cercando di soffocare la risata aggiunse:

“Ma davvero credi che qualcuno possa mandarti dei fiori? Se ci credi tu, noi non ci crediamo …”

“lasciala stare!” tuonò secco Emanuele Tellini arrivando all’improvviso alle sue spalle, istantaneamente Martina si zittì e si sedette. Sottovoce Serena disse a Bell:

“Non può essere che sia stato lui a mandarti i fiori?”

Bell scosse la testa e negò:

“assolutamente no, anche perché non ha mai mostrato interessi particolari nei miei confronti. Anche se ieri sera è venuto sotto casa mia”

“E cosa voleva?” chiese l’amica

“Non lo so”

“Come fai a non saperlo?”

“Non sono scesa!”

Serena la guardò stupita e le uscì involontariamente:

“Ma sei pazza?”

“No è che ieri mio fratello aveva bisogno di me”.

Iniziò la lezione e le loro chiacchiere si interruppero subito. Ma anche quel giorno per Bell fu un impresa rimanere attenta alla spiegazione, perché non faceva altro che pensare a chi avrebbe potuto mandarle delle rose rosse, e mentre fingeva di prestare attenzione ai professori non faceva altro che scrivere sui libri e sul diario il nome di Emanuele Tellini accompagnato dal suo nome e disegni astratti. Su quei nomi ci ripassava più e più volte, quasi a volerseli imprimere nella testa. Sottovoce Serena le bisbigliò:

“ti ha proprio preso il cuore vero?”

Bell risentita rispose prontamente:

“Ma che vai dicendo …”

“E allora perché continui a scrivere il suo nome ovunque?”

Colpita e affondata.

Non seppe rispondere.

 Non capiva neppure lei cosa avesse nel cuore.

Anche se, una cosa era certa, Emanuele Tellini non le era per niente indifferente. Anzi ogni volta che lui la guardava sentiva una scossa elettrica attraversarle il corpo da capo a piedi, ed il suo cuore prendeva a battere in maniera scomposta, e senza spiegarsi la ragione intuiva che le sue guance diventavano rosse improvvisamente, e la gola diveniva secca in un istante,quando studiavano insieme si doveva impegnare al massimo. Lentamente il suo animo, la sua mente e il suo cuore percepivano con forza un sentimento del tutto nuovo.

L’amore.

Il primo amore, quello di cui milioni di poeti conosciuti e anonimi hanno parlato per migliaia di anni senza mai stancarsi. Ripetendo a più non posso che il primo amore è quello che non si scorda mai, che ti rimane dentro il cuore, nonostante gli anni passino, e la vita come una nave in balia delle onde attraversa mille mari, lui riamane lì. Nascosto tra le pagine del cuore. E Bell, che amava scrivere storie di cavalieri erranti, per la prima volta percepiva l’intensità dei sentimenti della quale scriveva, e li viveva appieno, cercando di non affondare in quelle miriadi di sensazioni nuove. Si ritrovava a fare le cose per cui aveva preso in giro le coetanee. In quel momento dava la spiegazione a tutto, in qualche modo i sentimenti dovevano uscire da lei e affrontare il mondo, che venissero scritti nel lembo bianco di un libro o confessato a voce, questo non aveva importanza. E mentre pensava a tutto questo Serena le disse:

“Dovresti dirglielo!”

“Non esiste!” fu la risposta secca.

Lei non si sarebbe mai dichiarata per prima! Sognava un amore vecchio stile, lui che la guardava dritto negli occhi con occhi sognanti, il suo volto che si avvicinava a lei e lentamente le sfiorava le labbra per poi dirle ti amo sotto un manto di stelle. Ma questi erano i suoi sogni. Vivere un amore in prima persona, al di fuori dei suoi libri era tutta un’altra cosa, anche perché le persone non danno mai le risposte che danno i protagonisti dei libri. Per quanto tutto quello che scriveva le poteva sembrare reale, niente era più vero di quello che viveva, e se sognava di dire una parola ad Emanuele per ottenere una certa risposta; quella risposta non arrivava, ed i gesti che sperava venissero osservati, puntualmente cadevano nel buio totale. Passava la maggior parte delle sue giornate a guardarsi allo specchio. Ed i suoi fianchi erano sempre troppo larghi, la taglia dei suoi jeans era sempre troppo grande per i suoi gusti. Ed il suo viso era sempre troppo imperfetto o troppo brutto. Non capiva che la vera bellezza era quella che nascondeva dentro di se.

Un altro pomeriggio.

Un’altra ripetizione.

Bell indossò un maglione tinta panna leggermente scollato, ed indossò un paio di jeans semplicissimi. Stivali neri con un leggero tacco. Lasciò i capelli sciolti attorno al suo volto immaturo ma pulito. Prese il giubbotto tra le braccia, il sole era tiepido e non sentiva la necessità di indossarlo. Era graziosa, come sempre. E come sempre lei si sentiva piena di difetti. A passo svelto raggiunse il lungo mare. E lì seduto su una panchina vide Emanuele ad attenderla.

Iniziò ad ammirarlo da lontano, le parve bellissimo chiuso nel suo giaccone rosso. Il vento scompigliava leggermente i suoi boccoli biondi, e quel sole dipingeva nei suoi occhi verdi delle piccole pagliuzze dorate. Bell si accostò a lui e chiese:

“E’ da molto che aspetti?”

“No tranquilla sono arrivato da poco”tacque un istante, giusto il tempo di sollevare gli occhi verso Bell e aggiunse: “Sei davvero bella! Ecco se fosse per me io ti chiamerei Bella”

Bell arrossì vistosamente, non poteva credere alle sue orecchie, aveva tanto sognato che lui la trovasse bella, che ora non riusciva a crederci, si sentì come la giovane eroina del romanzo che stava leggendo. Il cuore le batteva violentemente nel petto e con un filo di voce lei le disse:

“Puoi chiamarmi come meglio credi!” poi riprendendo un po’ il comando di se stessa annunciò:

“Ora è meglio se ripetiamo un po’ che ne dici?”

Lui si alzò in piedi, le prese la mano e propose:

“è una splendida giornata, perché dobbiamo sprecarla?”

“ma siamo ancora indietro col programma …” obiettò lei

Lui non l’ascoltò neppure e la tirò sulla spiaggia. Passeggiarono in silenzio fin dove vi erano delle barche quasi abbandonate e Bell esitante chiese:

“Martina non dirà niente se facciamo una passeggiata?”

“Martina? E cosa centra lei adesso- una breve pausa e poi – non mi va di parlare di lei” la sua voce si era leggermente incrinata ma i suoi occhi non avevano perso la loro ridente bellezza

“io pensavo che tu e lei stavate insieme …”

Lui strinse la mano di Bell e sommessamente ammise:

“Non hai tutti i torti, in effetti noi … eravamo più che amici. Il fatto è che passare del tempo con te mi ha fatto pensare a molte cose … cose che prima ritenevo inutili e senza importanza ora sono completamente diverse. Hai cambiato la prospettiva di me …”

“Dici davvero?” gli occhi di Bell scintillavano per la gioia e l’infinita felicità che stava provando in quel momento

“Bella …” sussurrò lui

Bella.

Quel nome.

Il suo nome.

Le scese nel cuore, lentamente. Arrivò come una goccia d’acqua nel deserto. Le piacque quel modo di vezzeggiarle il nome ed attese che lui lo ripetesse:

“Bella …”

E la cinse a se, non con violenza, ma con dolcezza, e passandole una mano sui riccioli rossi le fece reclinare la testa, e posò le sue labbra su quelle di lei. Era meglio di come l’aveva sognato.

Un sogno.

Un sogno che si interruppe all’improvviso.

Risate. Risate a crepapelle. Strabuzzò gli occhi per un momento e guardò dritto di fronte a se, e, l’immagine di Emanuele che fino a pochi istanti prima aveva avuto, si dissolse come spuma del mare.

Lui rideva.

Non un sorriso tenue e dolce. Ma una risata sganasciata, senza contegno. Le ci volle poco meno di un attimo per udire non troppo lontane altre risate. Forti e ponderose come quelle del ragazzo che le stava di fronte. Con gli occhi pieni di lacrime si voltò e vide Martina Loretti che rideva talmente forte che piangeva. Ma non c’era solo lei. Erano presenti anche tutti gli altri amici di Emanuele Tellini, che appena riuscì a prendere fiato le disse:

“davvero pensavi che tu potessi piacermi? Ma ti sei vista? Hai i capelli che sembrano un nido per uccelli tanto che sono ricci, e quel colore che hai … è davvero rivoltante, ed il tuo corpo …” soffocò un’altra risata e aggiunse “certo che i tuoi genitori non potevano assegnarti nome e cognome più azzeccati Bell pallone!” la fissò negli occhi e vide che il suo azzurro era divenuto scuro e velato di lacrime si accostò e dolcemente chiese:

“Non dirmi che hai creduto anche alla storia di bella!” scosse la testa, quasi come per dire poverina, ma non riuscì a trattenersi , rise nuovamente.

Tutto era stato un gioco, un modo per prenderla in giro, le ripetizioni, le rose a San Valentino … tutto era stato architettato per umiliarla davanti alla classe, proprio come aveva fatto lei involontariamente il giorno dell’interrogazione.

 E fu in quel momento. Solo allora che Bell scappò via. Lasciando di lei, solo le orme sulla sabbia.

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Capitolo 6
*** 6 ***


La sveglia suonò a volume altissimo squarciando il silenzio che avvolgeva la stanzetta, aprì un occhio, e tentoni, cercò quella dannata sveglia a forma di Pucca che, pareva sorridesse perfidamente, mentre cantava la sua canzoncina, in fondo al mar … che poi, in fondo al mar la cantava Sebastian di Ariel, mentre Pucca è cinese!comunque la storia non cambiò si dovette alzare per forza. Prese in mano quell’oggetto infernale e cercò il tasto di spegnimento. La sveglia si illuminò soddisfatta, la poggiò sul comodino mentre lei si sedette sul letto enorme. Con gesti lenti che perfino un bradipo risultava più veloce di Bell Pallone ,si alzò al buio, raggiunse il bagno dove diede un’occhiata sfuggente al suo aspetto, i capelli ricci e rossi erano vaporosi e scomposti come la lana da filare, sbuffò davanti lo specchio ed evitò di guardarsi,indispettita dal suo riflesso che mai la mattina le provocava piacere cercò di dare una sistemata a quella matassa rossa con le mani. Non face in tempo a riprendersi dallo shock del suo risveglio, che, una voce maschile e forte gli chiese:

“Bell, sei pronta?”

Era ancora in pigiama e non aveva fatto colazione,

posso essere pronta? Ma lui ama farmi sempre la stessa domanda, tutte le mattine è come un disco rotto, non mi lascia in pace pensò, ma anziché rispondere comparì sulla porta della cucina trascinando i piedi avvolti nelle sue pantofole a forma di peluche, guardò suo fratello in faccia, lui era già ben vestito, perfettamente sbarbato e si era già fatto un’ora di jogging per tenersi in forma, fisico asciutto e perfetto se non fosse mio fratello lo corteggerei pensò nuovamente Bell, invidiando la tartaruga al posto della pancia, i suoi addominali erano sempre belli e guizzanti,  alto con capelli biondi quasi rasati e profondi occhi azzurri.

Bell Pallone lo fissò per un istante ancora stordita dalla sua immagine rilassata mentre leggeva il giornale e sorseggiava una salutare spremuta di arancia, carota e limone.

“Come diavolo fa a reggere tutta la mattinata con quel succo di frutta striminzito?” si chiese la giovane borbottando tra sé, e continuò a voce bassa

“Io se non butto giù una tazza di latte, ovviamente non scremato e ben zuccherato, con almeno sei o sette biscotti non riesco a mettere in movimento il mio cervello figuriamoci il mio corpo! Ho bisogno di energia, perdindirindina! E poi c’è scritto anche sulla confezione dei biscotti:

Per iniziare bene la giornata bere una tazza di caffelatte e mangiare quattro biscotti ed un bel kiwi.

Che schifo! Il kiwi. Cioè voglio dire di buon mattino dopo il latte è un sapore raccapricciante”

Francesco Pallone la guardò con sguardo disapprovante  ma lei sulla difensiva sostenne il suo sguardo allargando al massimo i suoi occhi azzurri come i suoi e gli chiese:

“beh? Che vuoi? Sostituisco il kiwi con due biscotti che sarà mai …”

Lui non rispose ed allora lei come al solito si alzò dal tavolo depressa, ed il suo solito pensiero cattivo del mattino si fece largo

“i miei genitori hanno dato tutto  a lui, negando a me ogni tipo di bellezza”

Ma questo non era del tutto vero, certamente era una ragazza fuori dal normale, e quel suo nome poi suonava beffardo ed ironico, Bell Pallone, proprio lei che non era affatto longilinea e le sue forme erano molto rotonde, tanto che lei diceva di avere un budino al posto della pancia e dei magnifici prosciutti al posto delle cosce, ma il suo volto era dolce e delicato, ed il suo sorriso era splendente come le perle. Si affrettò a vestirsi, indossò un completo con giacca e pantalone nero, ed una camicetta bianca sotto, le scarpe nere con un po’ tacco non la facevano di certo sembrare una dea, piuttosto dava l’aria ad un enorme scarafaggio con una corposa treccia rossa.

Scese le scale di casa infilandosi un cracker  in bocca, mentre con l’altra mano tentava di tenere in mano una borsa, ovviamente nera, che invece scivolava in continuazione ed il cellulare che suonava senza sosta, si fermò su un gradino a cercare il telefono, dopo un po’ di travagliate ricerche lo trovò e rispose:

“Si?”

“Scema sono io muoviti che facciamo tardi!” era Francesco che come ogni mattina era costretto a chiamarla sul telefonino per farle accelerare il passo.

Erano passati dieci anni dal giorno del suo diploma, ma Bell Pallone sperava che ne fossero passati molti di più. L’ultimo anno di scuola per lei fu il più brutto,ed il più indimenticabile sicuramente. Molte cose erano avvenute in quegli anni. Francesco si era laureato con il massimo dei voti, e fu per lei una delle soddisfazioni più grandi. Amava suo fratello, come se fosse un dio. Era lui che la sosteneva ed era sempre presente nella sua vita, e quel loro rapporto fatto di finte risse mattutine e giornaliere le davano il giusto sprint per iniziare la sua giornata con il sorriso. I suoi genitori, appena era arrivata l’età della pensione si erano preparati i  bagagli e avevano preso il volo per un viaggio lungo a tempo indeterminato. Facevano delle piccole soste a casa, solo per portare qualche stupido ed inutile regalo ai figli, e poi via, per una nuova meta da scoprire! Bell invece si era laureata velocemente in architettura moderna con il massimo dei voti. Ma il giorno in cui fu proclama dottoressa per lei non fu altro che un giorno come un altro, al suo fianco c’era come sempre solo Francesco, suo padre e sua madre erano troppo indaffarati su una spiaggia thailandese. Salì sulla vettura, una fiat 500 rossa fiammante. Era la macchina che mamma e papà avevano regalato al figlio per la sua laurea ottenuta in tempi brevissimi.

Con dolcezza Francesco fermò la macchina e fece scendere la sorella. Come Bell richiuse la portiera si poggiò al finestrino e gli disse:

“Non venire a prendermi a pranzo, mangio a lavoro che ho delle pratiche da sbrigare” Francesco annuì con la testa e salutandola con un veloce gesto della mano si allontanò.

Bell si girò ed ammirò la scritta che capeggiava sopra l’enorme edificio

ARREDAMENTI CONTINO

Lavorava in quel posto da quando si laureò, con la sua solita flemma si avviò verso l’ingresso, attese qualche istante che la porta a vetri si aprisse e la lasciasse passare, e si ritrovò a passare il corridoio aperto che divideva due sale, due ambienti. Una cucina verde brillante, ed una stanza da letto settecentesca. Grande era l’effetto ottico, erano state allestite da alcuni giorni, ma a Bell toglieva sempre il fiato, pensare che la creatrice di quella meraviglia era stata lei.

Arrivò al banco a forma di mezzaluna della reception, come al solito, lì seduto vi era uno dei suoi principali, che la salutò:

“buongiorno Bell” era un tipo con piccoli occhi castani e corti capelli dello stesso colore, una bocca grande e più denti di quanti in realtà servissero. La sua voce era stretta e sottile, e pareva uscisse dal naso, tutto questo faceva sorridere la ragazza che salutava velocemente entrando di corsa nel suo ufficio. Sulla porta vi era scritto ARREDATRICE BELL PALLONE, era indubbiamente molto chic, avere una targhetta col proprio nome sulla porta dell’ufficio. Si sedette sulla sedia girevole e subito aprì un cassetto, prese alcuni fogli e li posò sulla grande scrivania.

 Stava arredando una cucina.

Posò la borsa che le era scivolata per terra entrando, prima di riaccomodarsi sulla sua poltrona mobile, si accostò alla vetrata che dava sul corridoio ed alzò leggermente le tapparelle  in modo da potere vedere chi passava. Fece roteare gli occhi e guardando davanti a se si diede una pacca sulla fronte, e con voce ansiosa:

“perdonami! Scusami Pablo, non volevo, lo sai che sei sempre nei miei pensieri, ma oggi ero davvero stralunata, pensare che deve venire quella rompi confetti della Martini … sarà una giornata dura anche per te … ti do una doppia razione di cibo ok?” Pablo era il suo piccolo pesce rosso, che nuotava avanti e indietro mentre lei parlava, fregandosene di quello che lei stesse dicendo, ma Bell era convinta sul serio che lui l’ascoltasse, le aveva anche imposto il nome del suo cantante preferito … ma lui, non era il pesce originale, in realtà ne erano già morti tre.

Tutti identici tra loro.

Tutti rossi.

Tutti con quello sguardo da pesce lesso.

Il fatto è, che avveniva una cosa strana, ogni volta che arrivava la signora Martini diceva:

“Che bel pesce rosso … E’ sempre lo stesso?” poi posava il suo didietro nella sedia che educatamente Bell le porgeva e continuava

“non sa quanto è fortunata, io avevo dei pesciolini rossi in casa, ma loro morivano sempre … alla fine ci ho rinunciato, il mio cuore non può reggere simili dispiaceri” e poi aumentando ancora di più la voce aggiungeva:

“Allora a che punto è il disegno sulla cucina?”

Bell pazientemente le offriva il disegno, ma c’era sempre qualcosa che non andava,e  la cosa che più la indispettiva era che dopo qualche ora il suo Pablo galleggiava esanime a pelo d’acqua.

 Si ritrovò a pensare “speriamo che stamattina tardi un po’” non completò il suo pensiero che la porta si spalancò all’improvviso, una donna bruna dai lunghi capelli neri era entrata senza bussare e con voce stridente:

“Che bel pesce rosso … E’ sempre lo stesso?”

Dietro di lei, vi era Pierpaolo Cantino, il giovane fratello del capo, receptionist, che con la voce sottile:

“Scusa … non mi ha dato il tempo di annunciarla …”

“Non preoccuparti …” rispose soavemente, andando a  chiudere la porta e guardando Pierpaolo  si passò il pollice sul collo, sopportare quella donna era diventata una pena capitale. Allargò il suo sorriso e si voltò verso la donna:

“Signora Martini, ho finito un altro progetto, spero che stavolta le vada bene …”

caaaara … a me va bene tutto quello che vuoi tu!”

Col cavolo a merenda! Ca … volo non riesco neppure ad imprecare! Pensò Bell continuando a sorridere, e rispose:

“Sì però gli altri progetti li ha tutti demoliti uno dietro l’altro!”

“scusami … e che mio figlio non si decide mai” disse la donna con occhi da vittima

“Sono qui per questo! Non si preoccupi!”  basta che compri … ma i pensieri se li tenne per se, ed allora mostrò il foglio, la donna lo prese tra le mani e con le unghie smaltate passò su ogni piccolo particolare scuotendo la testa. Bell era già preparata a ricevere un’altra risposta negativa, e si era già preparata il discorso per mandarla al diavolo e dirle di cercarsi un altro mobilificio, o arredatore o tutto ciò che volesse. Ma l’espressione di donna Martini divenne luminosa, quasi raggiante tesa ad illuminare il suo volto magro, e sbattendo l’unghia rossa sul suo naso aquilino gridò:

“lo sapevo che sei un genio! Questa cucina è davvero perfetta!”

Bell non l’ascoltava e guardava fuori dal vetro, non riusciva a staccare il suo sguardo da ciò che stava accadendo fuori dal suo ufficio, nel corridoio. Donna Martini se ne accorse e battendo un colpo di mani richiamò l’attenzione della giovane arredatrice:

“Signorina Bell Pallone mi vuole dare retta oppure me ne vado!”

“Come se ne va … non scherzi, le chiedo scusa … non accadrà più sul serio” La donna accavallò le gambe stirò con le mani i suoi pantaloni fucsia e disse:

“Certo! Lo so, lo dice ogni qual volta la becco ad incantarsi a fissare quel belloccio che passeggia ora nel corridoio!”

Bell arrossì vivacemente e si giustificò negando:

“ ma che sta dicendo? Non è vero! Lui poi è il mio capo, non potrei mai, non sarebbe etico e      professionale …”

“non venga a parlare a me di etica signorina, io l’etica l’ho vista scappare a gambe levate per un bel paio d’occhi” i suoi occhi contornati da tante piccole rughe luccicarono vivacemente perdendosi in lontani ricordi. Bell sgranò gli occhi incredula, fu sul punto di dire qualcosa ma la donna la interruppe dicendo:

“So cosa pensa … ma non è come crede! Mi sono sposata una volta sola io!”

Già sposata solo una volta. Ma le sue parole sono inconfutabili, mia cara signora! Povero suo marito avrà la testa pesante quanto quella di cervo. Pensò Bell.

Ma ancora una volta quella donna affascinante e piena di sé allo stesso tempo sembrò leggerle i pensieri. “ho amato mio marito alla pazzia, ma quando si fa la stilista per il mondo patinato delle star, si vedono cose che non si sarebbero mai volute vedere credimi …”

 Era passata al “tu” per quella confidenza sfuggita quasi per caso, e la donna continuò

“Ho vestito molte star del cinema italiano e non solo …”

“non lo sapevo …” non sapeva che dire, sapeva per certo che avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma in quel momento la sua testa era vuota, ascoltava ed assimilava le parole della donna con la testa vuota. La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso. Un uomo, alto, dai capelli corvini e gli  occhi azzurri si parò davanti le due donne.

“sa- salve” mormorò Bell impacciata, mentre Donna Martini lo guardò dal basso della sua sedia e con voce seccata chiese:

“Non si usa bussare?”

Dal freddo dei suoi occhi l’uomo rispose:

“Io sono il capo qui dentro! Sono Pierre Cantino, posso entrare ovunque, perché qui è tutto mio”

La donna gli rise in faccia e altezzosamente lo rimbeccò:

“Se questo è tutto suo lo deve a gente come me! Che le porta i soldi, e deve ringraziare gente come questa povera ragazza che lavora per lei!”

Bell la guardò intimorita, la sua pelle era divenuta paonazza, il suo cuore batteva con un intensità che poche volte aveva conosciuto

“Forza Bell, diglielo quanto lavori! Digli che meriti del rispetto!”

Bell non rispose.

La sua bocca era secca,  e le mani madide di sudore ed allora Pierre Cantino guardandola le disse duramente:

“Appena avrai terminato ti aspetto nel mio ufficio” ed uscì sbattendo talmente forte la porta, che i vetri incastrati in essa vibrarono visibilmente.

“Che maleducato! Perché non gli hai risposto?”

Bell si passò le mani sulle tempie ed iniziò ad agitare le mani

“E’ il mio capo! Cosa avrei dovuto dire, ora sono nei guai, mi farà una lavata di testa incredibile, oh perdindirindina!”

“Cosa ho sentito? Che gergo è mai questo? Perdindirindina? Ho sentito bene?- la sua voce era beffarda, mentre ripeteva quella parola d’altri tempi- qui ci stava meglio Merda! Così non va ragazza mia!”

 “Questa è bella, una signora anziana mi riprende perché sono educata?”

“Bella! Anziana a chi?”

“Bell! Mi chiamo Bell, e scusi, non volevo darle della vecchia”

“Che stai dicendo? Lo so che ti chiami Bell, e insisti a darmi della vecchia?”

“non le sto dando della vecchia, volevo solo proteggere il mio nome …” Era sul punto di piangere per la vergogna, quando l’interfono trillò. Era Pierpaolo Cantino che l’avvisava di una visita. Pochi istanti dopo entrò Francesco Pallone.

 

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Capitolo 7
*** 8 ***


Con un pianto irrefrenabile guidò verso casa. Era angosciata e triste per quello che era successo,sapeva di aver mentito a suo fratello e questo la faceva stare ancora peggio se possibile. Aveva provato a mettersi a dieta ma non ci era riuscita e quindi la sua mole non era diminuita. Arrivò a casa, prese il telefono e compose il numero dell’ufficio. Dall’altro capo del telefono rispose Pierre e nonostante lui non la potesse vedere Bell arrossì lievemente:

“Pierre, sono io Bell, ascolta non riesco proprio a venire oggi pomeriggio, non mi sento molto bene …”

“E cosa ti è successo? Stamattina stavi bene”

“Ma credo di avere un po’ di febbre …” tossì leggermente, non era abituata a mentire e le rare volte che lo faceva le riusciva male, ed il suo capo dall’altra parte del telefono le rispose:

“Bell, lo so che non hai la febbre, prenditi subito un imodium e cura la tua diarrea, ti aspetterò domani in ufficio perché torna quella … - si interruppe un attimo, forse stava passando qualcuno ed allora lui si trattenne- Bé deve venire la signora Martini” senza salutare riattaccò.

Bell rimase con la cornetta attaccata all’orecchio, non ci poteva credere, lui credeva che lei non poteva andare in ufficio perché doveva correre in bagno ogni trenta secondi! Si sentì sprofondare per la vergogna, si ricompose leggermente e decise di andare lo stesso a lavorare, non poteva lasciare che la sua reputazione sprofondasse … in una fogna.

Entrò con le sue spalle ricurve e Pierpaolo subito la raggiunse:

“Come mai sei venuta? Non stavi male?”

“Sì, ma non preoccuparti sarà solo un po’ di febbre” e calcò la voce sulla parola febbre, alzando la voce in modo da farsi sentire da più gente possibile, ma nessuno pareva interessato a lei ed alla sua salute.

Si accasciò sulla sua poltrona, Pablo, nuotava avanti e indietro senza stancarsi e senza interessarsi a ciò che succedeva al di fuori della sua bolla di vetro. Bell ebbe poco tempo per stare immota ad osservarlo perché la sua porta si spalancò all’improvviso. Pierre fermo ed immobile sulla soglia le apparve davanti. Il suo sguardo azzurro e gelido la perforò e si rizzò leggermente sulle spalle. La sua mente galoppò via velocemente su pensieri dorati “è preoccupato per me!” ma la sua voce sferzante distrusse quelle dolci nubi di sogno:

“Noto che sei tornata, visto che sei qui non ammetto ritardi o lentezze, quindi vedi di darti da fare, per stasera mi servono tutti i progetti per i nuovi allestimenti!”

“Ma …” obiettò Bell

Obiezione nulla, lui si era già girato sui tacchi e si era allontanato.

Un urlo isterico le uscì dalle labbra, quella per lei era una giornata da dimenticare totalmente. Accese il computer ed iniziò a lavorare, ma tutte le sue idee erano offuscate, i suoi pensieri erano da un’altra parte. Erano completamente rivolti a Francesco.

La giornata finì.

Stanca arrivò a casa, si infilò sotto la doccia, quasi a volersi togliere le tossine che opprimevano la sua pelle. Dopo essersi messa il suo pigiama decennale rosa, si lanciò sul divano a dedicarsi ad uno dei suoi sport preferiti “lo zapping” televisivo. Non aveva fame e non aveva voglia di parlare e vedere alcuno, e in tutta sincerità pregò di addormentarsi prima dell’arrivo di suo fratello. Ma dopo pochi istanti il citofono trillò rumorosamente, quasi come se qualcuno si fosse attaccato al tasto del campanello e si divertisse a farlo suonare. Bell con lentezza si alzò dal divano ed andò ad aprire. Aprì anche il portone di casa senza chiedere chi fosse, e dopo pochi istanti apparve una giovane donna dai lunghi capelli castani striati di piccole meche rosse, grandi occhi verdi ed una lunga frangia sulla fronte. Aveva le mani colme di pacchetti della rosticceria e chiuse il portone con il tallone e con allegria, disse imitando la voce di Bell:

“Che bello! Sei venuta! Ti stavo aspettando non vedevo l’ora che tu arrivassi!” e poi con la sua voce normale si rispose:

Oooohhhhh non sarei mai potuta mancare alla nostra serata di pollo arrosto e patatine fritte”

“Scusa …” sembrava che quel giorno Bell non conoscesse altre parole. Guardò la sua amica, era la stessa di sempre,gli anni erano passati e Serena Caterina,era diventata una bella ragazza, alta, e dai lineamenti dolci. Con quello sguardo sempre aperto sul mondo. Con il sorriso di chi si affida al prossimo sperando che gli stessi possano essere così con te. Aveva dovuto abbandonare i suoi sogni di diventare estetista, ed ora lavorava in un negozio di ottica. Ma la sua passione non era sopita, l’aveva tenuta con se, coltivandola e facendola crescere con se. Aveva compreso col tempo che i sogni non sempre si realizzano, ma che comunque ti tengono compagnia per la vita, regalando un sospiro ed un sorriso, anche quando si avrebbe voglia di piangere. L’amica le si avvicinò e le chiese preoccupata, facendo sparire dal suo volto ogni traccia di ironia:

“Che sta succedendo? Come mai hai questa faccia?”

“E’ stata una delle giornate più brutte di tutta la mia vita”

“Che stai dicendo? È colpa di Pierre vero?”

“No! Stavolta è tutta colpa mia, ho fatto tutto da sola, ho litigato con Francesco, ma stavolta ha ragione e non so se mi perdonerà”

“Cosa può essere successo di tanto terrificante spiegami, non capisco”

“gli ho mentito, per questo è arrabbiato con me”

“In che senso?”

“Gli avevo detto che stavo seguendo la dieta …”

“E invece?”

“Serena, non è vero! Non sto seguendo nessuna dieta! Faccio schifo, non mi posso guardare allo specchio” una lacrima cristallina le solcò le gote e si fermò sul mento

Serena si mise accanto a  lei e accarezzandola cercò di consolarla:

“Non è poi la fine del mondo …”

“Lo so, il problema non sta nel fatto che io non sia realmente a dieta, la cosa grave è che ho raccontato una grave bugia a mio fratello! La persona che più stimo al mondo!”

“Appunto per questo, fossi in te non mi preoccuperei molto, tuo fratello è una persona intelligente capirà che non l’hai fatto con cattiveria”

“Già” annuì con la testa, le poche parole scambiate con la sua amica la fecero stare leggermente meglio, poi la guardò e si accorse che era diversa dal solito, indossava un semplice jeans con degli stivaletti corti, ed una lunga maglia che lasciava la schiena scoperta,e glielo disse:

“Serena, oggi sei diversa, è successo qualcosa?”

Lei la guardò dritta negli occhi e rimase perplessa, nonostante Bell fosse una delle sue più care amiche non si abituava mai al fatto che le bastasse uno sguardo per capirla a fondo, ma non gliela diede vinta e rispose con un’altra domanda:

“Perché?” e si alzò andando verso il tavolo con il piano in vetro, apri un’anta del mobile della cucina giallo limone e prese dei piatti di plastica senza guardare Bell.

“sei diversa oggi, di solito metti la fascia in testa e i capelli sono spettinati …” poi sottovoce aggiunse “e sporchi …”

“Oh quello è un capitolo chiuso!” sentenziò senza aggiungere altro,e d allora Bell ormai incuriosita dall’atteggiamento misterioso dell’amica incalzò

“Già, capitolo chiuso come quella volta che eri diventata vegetariana?”

“Bell, senti con Arcibaldo è tutto finito solo perché io non riuscivo a rinunciare alla carne grigliata, mmmhh  quel sapore intenso dove le papille gustative facevano festa … era troppo! E poi ero stufa di mangiare zuppe di farro e avena! Non sono mica un cavallo!”

Nitrì imitando il verso del quadrupede e rise, ma Bell rimase seria e chiese:

“Ed invece Rolando perché non andava bene?”

“Non lo so … mi piaceva stare con lui, era carino, anche se alle volte si comportava un po’ stranamente”

“Eppure eri stata proprio tua giurami che finalmente avevi trovato l’uomo perfetto, quello che ti faceva stare bene, che lo stile di vita hippy era fatto per te, che rimpiangevi il fatto di non essere nata negli anni sessanta …”

“Bell, non era vero niente, il fatto è che io seguivo lui, tutto quello che ho fatto era solo per assomigliare lui, la cosa peggiore è che non è la prima volta, mi sono resa conto che per stare insieme ad un uomo io cambio, divento per lui come una specie di geisha, plasmo il mio essere, divento un'altra, con Arcibaldo ho finto di odiare le pellicce e la carne, ed invece io adoro pellicce e giubbotti di pelle, non potevamo più stare insieme, poi per fortuna mi ha trovato in una festa di paese dove facevo una gara a chi mangiava più costolette di maiale grigliate … e poi Rolando, lui è stato uno sbaglio!” la sua fu un’affermazione e poi riprese “ero sporca, perché gli hippy non si lavano, ero vestita come una zingara perché gli hippy non usano le maglie e le scarpe firmate, mentre passando per le vetrine sognavo un paio di scarpe PRADA, e poi c’e stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’altra sera mi ha offerto uno spinello, e mi ha detto, dai lo facciamo tutti, che schifo! Non era assolutamente per me, figlia dei fiori va bene, ma non drogata!” con queste ultime parole concluse il suo monologo, e Bell che era rimasta in silenzio ad ascoltarla le disse:

“Hai fatto bene, penso che tu non dovresti cambiare per piacere agli altri, sei bellissima così” il suo stomaco brontolò rumorosamente e Serena chiese:

“Ma hai fame?”

 “no” mentì, ma l’amica l’incalzò:

“Da quanto tempo non mangi?”

“Da stamattina …”

  Serena aprì le scatole in alluminio e tirò fuori le pietanze, il profumo del pollo allo spiedo invase la stanza.

Bell si alzò dal divano con lentezza, come se quel movimento le costasse un dolore tremendo, si sedette vicino al tavolo e Serena gli porse del pollo con delle patate fritte.

“no grazie …” disse Bell restituendole il piatto, e guardò dentro un altro recipiente piene di verdure cotte al vapore, e Serena le spiegò:

“mentre venivo a casa tua sono entrata in quel ristorante cinese che hanno aperto da poco e ho preso un po’ di verdurine , ma mangiale tu!”

Non fece complimenti e prese il cartoncino tra le mani ed affondò la forchetta in quelle verdure dai tanti colori differenti e le gustò, la sua fame iniziò a placarsi,e d anche il suo umore stava lentamente migliorando, quando udì scattare la serratura del portone, rimase con la bocca piena e la forchetta a mezz’aria, non poteva essere nessun altro che lui.

Francesco.

Disse un secco “Ciao” più per educazione nei confronti di Serena che per sua sorella, lui la guardò e dalla bocca le cadde un filetto di carota tagliato a julienne e sarcasticamente le disse:

“la tua cena deve essere davvero deliziosa, peccato che a me sia passata la fame” e se ne andò in camera sua.

Bell posò la forchetta e lasciò tutto sul tavolo. Aveva nuovamente perso l’appetito e disse singhiozzando:

“Lo sapevo che non dovevo ascoltarti e non cenare”

“Non è così che risolvi il problema! Ammettiamo che stasera tu non avessi mangiato, domani cosa credi che avresti fatto? Continuato il digiuno?” parlava senza dare spazio a risposta alcuna

“devi risolvere il problema in un altro modo. Vuoi dimagrire? Bene mettiti a dieta! Ma una dieta giusta salutare, non devi fare una di quelle diede assurde che si trovano sui giornali, fai sport …” tacque un istante e poi con un urlo, come se le si fosse accesa una lampadina esclamò:

“Ho trovato, ci rimetteremo in linea insieme”

“La fai facile tu! Sei bella e magra, non ne hai bisogno”

“Insomma la vuoi finire di piangerti addosso? Sto solo cercando di aiutarti, ma quando tu sei di pessimo umore è meglio lasciarti sola” si alzò e si diresse verso la porta per uscire ma Bell la fermò:

“No per favore, non andartene …” delle piccole lacrime le solcarono nuovamente il viso

“Oggi è stata una giornata veramente orrenda, tutto è iniziato stamattina, con la signora Martini”

“Ancora quella donna? Ti è morto un altro pesce?” la interruppe

“No. Almeno credo … non so se Pablo sia ancora vivo. Il fatto è che per colpa sua ho dovuto sopportare un’altra sfuriata di Pierre, e tu sai quanto non mi piace essere ripresa da lui”

“Bell, lui ti fa scenate sul lavoro tutti i giorni”

“Si hai ragione, ma lui è così bello … vorrei tanto che lui mi guardasse con gli stessi occhi con la quale lo guardo io”

“Oggi sei andata fuori di testa! Lo credo sinceramente , tu stai blaterando cara”

Ma Bell parve non averla neppure sentita e proseguì:

“non sto blaterando, il fatto è che mai nessuno mi ha guardato sul serio. Ricordo come se fosse ieri Emanuele Tellini, che mi ride in faccia, al solo pensiero che io mi fossi potuta innamorare di lui” nella mente le rimbombarono le parole di Martina Loretti, che le diceva, mai nessuno ti vorrà! Sei una balena mostruosa,quella frase si era fissata nella sua anima,come se fosse stata incisa con fuoco. E la cosa peggiore era che lei credeva vivamente in quello che le era stato detto circa dieci anni prima. Quella giornata così lontana, ma vicina nella sua mente, le aveva cambiato il carattere. Non si fidava pienamente degli altri, e soprattutto era decisa a non innamorarsi più, per il solo fatto di non dover soffrire, perché non voleva compiere gli errori fatti in passato. Infatti faceva di tutto per nascondere i suoi sentimenti verso Pierre Cantino. La sola ad essere a conoscenza di questo suo amore platonico ed impossibile era Serena, e fu lei che disse:

“Bell, tu stai parlando di una storia vecchia di dieci anni” l’aveva presa per le spalle e la stava scrollando, e lei parve reagire

“Appunto! È da dieci lunghi anni che nessuno mi guarda e mi vuole, lui me lo aveva detto! Certo lo aveva solo sussurrato, ma io l’avevo sentito benissimo, tanto non ti vorrà mai più nessuno! E aveva ragione, e non provare a dire che sono io che mi faccio mille problemi inutili, altrimenti avrei trovato uno straccio di fidanzato, o almeno un uomo che mi guardi come si guarda una donna” si ammutolì di colpo con lo sguardo perso nel vuoto e Serena le disse soltanto:

“La verità è che non si accorgono di quanto tu sia bella dentro. E non lo dico perché sei mia amica, ma perché lo penso veramente.”

 

ANGOLO AUTRICE

Chiedo scusa per l’immenso ritardo, ma l’estate è così fa volare via i giorni senza neppure che riesca a rendermene conto, una cosa è certa:

Mi siete mancate un sacco!

Un bacio e buona lettura

Rospina.

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Capitolo 8
*** 7 ***


 

 

                Donna Martini rimase affascinata dal giovane, che come si accorse della sua presenza, gli prese la mano e fece il gesto di baciargliela.

 La Donna rimase affascinata dal gesto e glielo disse:

“Ah che bello! Sono felice di vedere che qualche gentiluomo esiste ancora”

Bell sollevò gli occhi al cielo per quel gesto plateale ed esibizionista

“Chi è cara questo giovane così bello ed educato? Il tuo fidanzato?”

“Signora lui è mio fratello- poi volgendosi verso il ragazzo- Francesco lei è Manuela Martini.”

“Finalmente qualcuno che non inizi con Pier.” Poi guardando verso la sorella aggiunse:

“ma i genitori dei tuoi capi, che razza di fantasia avevano? Ti rendi conto? Ne saluti uno e si girano in tre! Pierre, Pierpaolo, e Pierfrancesca!  Persino mamma e papà hanno avuto più fantasia con te!” rise alla sua battuta, Bell no.

E chiese:

“Che sei venuto a fare? Sto lavorando …”

“Niente! Solo a tenerti compagnia, il mio turno inizia più tardi” parlava dimentico che vi era una terza persona nella stanza e fu proprio la sorella a ricordarglielo:

“Se non ti spiace parlerei più tardi dei fatti nostri, ho una cliente in caso non te ne fossi accorto”

Sgranò i grandi occhi azzurri, e allegramente si scusò ed uscì in fretta dall’ufficio

“hai un fratello davvero bello! Ed è anche molto simpatico”

“sì ma troppo impiccione” rispose Bell sulle sue

“perché sei così dura? Si vede che ti vuole bene”

“Signora Martini, mi scusi ma parliamo della sua cucina …”

“Chiamami Manuela, è più confidenziale, e tu cara, mi sei tanto simpatica” poi quasi ricordandosi aggiunse:

“già più tardi devi andare a rendere conto della mia cucina a quel villano”

“Non lo dire ti prego, la sua è tutta apparenza,certamente alle volte è un po’ brusco, ma non è sempre così” e lasciò la frase in sospeso.

 Sognante.

Perché lui, in realtà, era sempre così.

Scontroso.

 Al limite della maleducazione, ma lei non lo poteva ammettere, lei lo guardava con gli occhi dell’amore, dal primo giorno in cui era arrivata, era rimasta affascinata da quel giovane tanto attraente quando spavaldo. Poteva ammettere tranquillamente che Pierre Cantino, era senza ombra di dubbio il suo secondo amore. Non era fiera di ammetterlo neppure con se stessa, perché quando era poco più di una ragazzina, aveva giurato a se stessa che non si sarebbe mai più innamorata. Ma non era facile poter mantenere una promessa del genere. Anche se  a dire il vero, il suo era un amore del tutto particolare, strano. Sentiva che tutto era molto fantasioso. Era come se si fosse creata un amore di fantasia per tenere a debita distanza l’amore vero. Quello fatto di contatti, profumi, risate, litigi e sofferenze. E lei non voleva soffrire. Ma non lo ammetteva, e giornalmente inseguiva quell’amore, come Alice inseguiva il bianconiglio nel paese delle meraviglie.

Cercando di cambiare discorso Bell propose:

“Allora Manuela, andiamo a vedere un’esposizione che potrebbe somigliare al mio progetto?”

“non ora cara, facciamo un altro giorno che porto anche mio figlio …” le diede due baci sulle guance morbide a inforcando un grosso paio di occhiali da sole se ne andò con la sua camminata decisa.

Bell si rituffò sulla sua poltrona, quella donna aveva il potere di sfinirla sul serio, era stanca come se avesse lavorato in centro di beneficienza tutto il giorno. Dopo qualche istante bussò alla sua porta Pierpaolo, e con la sua solita flemma  la chiamò:

“Bell, ti vuole Pierre.”

Non rispose, si sistemò la grossa treccia rossa, strofinò le labbra cercando di abbellirsi un po’. Non aveva bisogno di queste accortezze, perché il suo ovale era soave, la carnagione bianca entrava in contrasto con le sue labbra scarlatte per natura,e si impreziosiva grazie all’azzurro dei suoi occhi che brillavano come il mare quando il sole gli si riflette.

Pochi istanti dopo era nell’ufficio di Pierre, un ufficio simile al suo, per grandezza ed arredamento, lui come al solito era seduto sulla poltrona in pelle marrone:

“Pierre, scusa per”

“Niente scuse Bell - la interruppe lui sollevando gli occhi dal computer- ti sei comportata veramente male, non devi permettere ai clienti di fare ciò che vogliono, sono stato chiaro, quindi cerca di venderle al più presto la sua dannata cucina e poi fuori!”

“Certo Pierre, hai ragione tu”

“io ho sempre ragione, dovresti averlo imparato ormai”

Bell era lì in piedi che lo fissava come se lui fosse stato un bel quadro,e  lui accorgendosi del suo sguardo:

“Bé? Cosa ci fai ancora lì impalata? Vai …” con la mano le fece cenno di uscire.

Era ora di pranzo ed uscì dal mobilificio, un fischio richiamò la sua attenzione.

Appoggiato alla macchina, vi era Francesco che l’attendeva. Bell si avvicinò a lui:

“Che fai ancora qui?”

“Aspettavo te per il pranzo”

Salirono in macchina, ed una volta che l’auto camminava lui gli disse:

“Oggi ti porto a mangiare in posto davvero speciale”

Bell abbozzò un sorriso, quando lui parlava di un posto speciale sapeva bene  a cosa si riferiva … la tavola calda vicino all’ospedale dove lui lavorava. Francesco Pallone, dopo la laurea in medicina  stava prendendo la specializzazione in pediatria. Aveva una dolcezza infinita quando visitava i bambini, ed al tempo stesso riusciva a mantenere la giusta freddezza quando i casi non erano semplici. Nella sua mente era impresso il ricordo di quella volta che era arrivato un bambino che aveva una grave crisi respiratoria. Lui non era operativo, gli era solo concesso di osservare dall’esterno. Il primario gli aveva praticato la respirazione artificiale e poi applicato un respiratore. Vedeva la madre dallo spiraglio della porta in sala d’attesa, pallida come un cencio, che piangeva e piangeva senza fermarsi. Era dovuto andare a comunicarle che non sapevano dire se il piccolo ce l’avrebbe fatta a superare la crisi. La donna gli si avvinghiò al corpo scuotendolo con forza, lui rimase immobile, con le braccia distese lungo il corpo e la sola che era riuscito a dirle era:

“Stiamo facendo il possibile”

Ma ovviamente per quella donna il possibile non era abbastanza, lei voleva l’impossibile. Un altro al suo posto avrebbe preferito mollare e cercare un’altra specializzazione, ma Francesco in quel preciso istante decise di andare avanti e cercare l’impossibile. L’impossibile per salvare più vite umane possibili. Spesso Bell lo accompagnava all’ospedale, e lo aspettava in attesa che lui finisse il suo turno. Erano uniti, fratello e sorella che si sostenevano a vicenda, nei momenti difficili e nei momenti di gioia. I loro genitori, non erano mai stati molto presenti, avevano sempre pensato molto a loro stessi, ma con questo non gli avevano fatto mancare nulla. Avevano fatto fare ai loro figli ciò che volevano della loro vita, ed ora che erano perfettamente indipendenti li avevano “abbandonati” per godere la loro seconda giovinezza.

Come entrarono nel locale, un odore di fritture miste li circondò,e un chiacchiericcio continuò gli entrò nelle orecchie, si accostarono al bancone  e salutarono il ragazzo che vi stava dietro:

“Ciao Flavio”

Bell prese posto ad un tavolino rotondo, mentre Francesco era rimasto al bancone per ordinare

“prendiamo il solito” disse prima di allontanarsi e sedersi accanto alla sorella.

Bell con nonchalance chiese:

“Hai ordinato anche per me?”

“Si certo, il solito …”

La giovane sbiancò in viso, si alzò di scatto e il peso della borsa fece cadere la sedia all’indietro creando un enorme fracasso, , il voltò di Bell divenne paonazzo in un secondo, ed alzando le braccia al cielo disse:

“non è successo niente! Non ho rotto nulla” alzò la sedia lentamente e si sedette abbandonandosi, mentre sentì lo sguardo del fratello aggredirla.

“Che c’è? Non l’ho mica fatto apposta!” sbuffò guardandosi attorno. Nessuno la stava guardando o si curava più di lei, ma sentiva lo stesso su se stessa tutte le attenzioni. Fece finta di cercare qualcosa nella sua borsa, quando Flavio fu di fronte a loro con il vassoio stracolmo. Posò sul tavolo, un’insalata mista condita con un cucchiaio d’olio e succo di limone, ed una bottiglietta d’acqua naturale, che porse a Francesco, poi lasciò sullo stesso tavolo una bottiglia di coca cola, un piatto di patate fritte con wurstel, maionese e ketchup, verso Bell.

“Flavio, ci deve essere un errore …” sussurrò Bell, facendo ondeggiare i suoi capelli rossi.

“Sicuro!” Si intromise Francesco.

Il giovane, guardò i due fratelli perplesso e sbottò:

“sentitemi bene, mangiate qui tutti i giorni, mi ricordo bene cosa prendete …”

Bell abbassò lo sguardo sul suo piatto. Si sentì morire tutti i suoi sforzi erano stati vani, come Flavio si allontanò Francesco chiese:

“Mi vuoi spiegare?”

Silenzio.

“Bell, non mi prendere per il culo! Tre mesi fa mi hai detto che eri stufa di essere Bell Pallone in tutti i sensi e che volevi dimagrire! Mi avevi giurato che non avresti più mangiato porcherie! Cosa devo fare con te? Mi hai preso in giro? Dicevi che stavi andando avanti con misere insalate … e invece devo scoprire che non era vero niente? Ti volevo chiedere di fare degli esami per capire come mai non avevi perso neppure un grammo, mi stavo preoccupando per la tua salute ed invece scopro che mi stavi prendendo per i fondelli” il suo tono di voce era leggermente alterato e fu la sorella a dirle

“Abbassa la voce ti prego …”

“abbassa la voce? Abbassa la voce? Ma capisci cos’è che mi fa stare peggio in tutta questa storia? Le balle che mi hai raccontato!” tacque un attimo poi disse alzandosi

“Non ho più fame, prenditi pure la macchina e vattene, per tornare a casa chiederò un passaggio”

Bell si alzò dal tavolo, lasciò delle banconote per pagare il conto e raggiunse il fratello di corsa

“Scusami …” non riuscì ad aggiungere altro, la sua voce era rotta dal pianto.

“Non è a me che devi chiedere scusa! Ma a te stessa!” e se ne andò raggiungendo l’entrata dell’ospedale.

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Un nuovo giorno si stava affacciando sulla città. Un albeggiare che donava vita e riluceva sulle case dorandole appena. Bell e Serena stavano correndo lungo il viale alberato, Bell si piegò su se stessa sbuffando e tenendosi il fianco destro, una fitta lancinante la stava martoriando e con un filo di voce disse:

“Pietà, non ce la faccio più!”

“Cosa sento? Ma se abbiamo appena iniziato a correre! Non saranno passati neppure dieci minuti!”

“ma mi fa male la milza, e poi mi sento sballottare tutto!”

“E’ proprio per eliminare quello che ti sballotta che abbiamo deciso di correre”

Scosse la testa in segno di resa, e ribadì:

“basta!”

“va bene, però poi non lamentarti se non riesci a far pace con tuo fratello” sapeva di aver colpito un tasto dolente,e così sperava di farla reagire. E fu così. Corse per altri cinque minuti e poi si arrese alla sua pigrizia accumulata sedendosi sul ciglio di un’aiuola, stremata reclinò le spalle in avanti e si mise a fissare le sue scarpe da tennis trasandate,e  fu in quell’istante che Serena inorridì. Le si precipitò addosso, le prese le spalle e con violenza le tirò su,e guardandola dritta in volto:

“Questa cosa non farla mai più!”

“Quale cosa?” chiese stralunata e sorpresa l’amica

“Questa!” e gobbò le sue spalle come il gobbo di notre dame  e camminò avanti e indietro per alcuni istanti

“se vai avanti così  ti verrà la gobba, invece tu devi sempre camminare dritta guardando il mondo davanti a te!”

“Ma non ci riesco” fu la magra risposta.

“Non riesci perché non ti impegni, poi cerca di curarti di più i capelli! Sembri uno spaventapasseri”

Bell la guardò incredula, Serena non le aveva mai detto tutte queste cose. Ma un sorriso sfuggì dalle sue labbra

“Perché ridi?” chiese l’amica infervorata dal discorso

“Rido perché proprio tu mi fai la morale in questo momento che fai una fascia sulla fronte e i capelli che sembrano rovi di spine …”

Serena rise per quella descrizione, autentica e senza cattiveria, poi sedendosi accanto a lei riprese:

“Bell, sto parlando seriamente, dovresti prenderti un po’ più cura di te”

“Perché me lo dici solo adesso?”

“perché per la prima volta sento, che sei tu per davvero che vuoi diventare un’altra, prima non potevo e non volevo importi il fatto di essere più curata, perché io stessa cambio a seconda delle mie sensazioni momentanee, ed ora ho capito che è sbagliato, che voglio essere solo me stessa, ma tu dovresti sfruttare questo momento, perché non tutto ciò che avviene, non tutti i cambiamenti sono negativi …” seria come lo era poche volte Serena le esternò tutto quello che aveva dentro.

Quella mattina a lavoro, nonostante i suoi abiti erano sempre gli stessi, nonostante il nero dei suoi pantaloni abbinati ad una maglia grigia dessero un tono triste, solo un piccolo collo di camicetta bianca dava un segnale di una freschezza nuova.

I rossi capelli sciolti sulle spalle erano morbidi e lucenti, ed il suo sorriso gioviale come non le accadeva da molto, entrò nel suo ufficio ricordando i piccoli accorgimenti che le aveva suggerito Serena, per poco non lanciò un urlo. Fu colta di sorpresa. Nessuno l’aveva avvertita. Ma ora che ci pensava bene Pierpaolo non c’era alla scrivania, uscì di corsa dal suo ufficio ed andò a cercarlo, lo trovò, piegato che inveiva contro la macchinetta che distribuiva snack e caffè caldi:

“Sporca macchinetta! Ti sei fregata i miei cinque centesimi!” gli diede una manata sul fianco che echeggiò nella saletta.

Bell lo guardò basita, sapeva che era tirchio, ma non immaginava minimamente che potesse arrivare a tanto, schiaffeggiare una povera macchina che elargiva spuntini per una somma miserabile. Quando udì la voce di Bell recuperò un po’ di contegno e disse:

“Bell –fece una pausa lunga ed imbarazzante -cosa fai qui? Arrivi in ritardo e già ti prendi un caffè?”

“No! Veramente sono venuta  chiederti perché la signora Martini è già nel mio ufficio anche se io non ero ancora arrivata!”

La guardò come se la vedesse per la prima volta. Qualcosa di nuovo era avvenuto in lei, eppure apparentemente nulla era cambiato, si accorse anche che il suo tono di voce era deciso e secco senza aver perso la dolcezza che la caratterizzava:

“non ha voluto saperne di aspettare … e si è precipitata nel tuo studio”

“Pierpaolo per questa volta va bene, ma per favore non farlo più!” si girò e se ne andò, ma prima che potesse allontanarsi lui la fermò:

“Ricordati che oggi hai l’incontro con l’architetto nuovo! Mi raccomando, Pierre ci tiene che il lavoro vada in porto senza problemi”

“d’accordo” gli rispose senza neppure voltarsi e raggiunse nuovamente la sua scrivania, e prima di sedersi salutò Manuela Martini con finta enfasi.

“allora Manuela, come mai di nuovo da queste parti?”

Ma la donna non rispose alla domanda e disse:

“Ti ho portato un’amica per il tuo Pablo, credo che si sentisse parecchio solo ultimamente, nessuno può stare solo lo sai? L’amore è la forza che muove il mondo …”

“signora Manuela lo so benissimo, ma io le chiesto perché è venuta da me!”

La donna si passò una mano fra i lunghi capelli neri e lisciando i suoi jeans si sedette e continuò:

“Mia cara,  vedi,tu sei come il tuo Pablo avresti bisogno di un cambiamento, di un po’ di compagnia, ma la compagnia bisogna cercarla, non viene da sola credimi, e credo che se tu cambiassi un po’il tuo look …  oh non fraintendermi non  intendo dire che sei brutta, sei  solo un po’ troppo rigida, tutto quel nero ed il grigio, un po’ di colore non ti guasterebbe, senza calcolare che se fossi in te metterei qualche gonna in più”

“Manuela non siamo qui per parlare di me! Non va bene la cucina che le ho fatto vedere ieri?”

“Va benissimo per me” questa volta rispose “ è solo che vorrebbe vederla mio figlio, lui è un cuoco molto affermato, chi meglio di lui sa indicarmi se la cucina va bene? È molto bravo lo sai? Lo dovresti conoscere è proprio un bravo ragazzo! Dovrebbe arrivare a momenti …” 

Non fece in tempo a completare la frase che l’interfono trillò:

“Bell, è arrivato il signor Martini, ed anche l’architetto”

“Arrivo subito” rispose

Si alzò dalla sua poltrona girevole e lisciando i pantaloni si avvicinò alla porta, e solo prima di uscire si volse verso la signora

“Vengo subito, devo solo sbrigare una piccola pratica con l’architetto e arrivo mi può scusare?”

“ma certo cara, vai pure, io ti spetto qui e controllo che i pesci facciano amicizia, tu nel frattempo pensa a ciò che ti ho detto”

Richiuse la porta alle sue spalle e tirò un sospiro di sollievo. Raggiunse l’atrio e nel frattempo pensava a come potesse essere il figlio di Manuela Martini, e se lo immaginò con una pancia prominente  un volto rotondo ed il naso rosso. Proprio come il cuoco Gusteau di ratatouille, oppure somigliava a Gualtiero Marchesi, le due figure si fusero fra loro e l’immagine fu orribile.

La rimosse dalla sua mente.

Per la seconda volta quella mattina dovette trattenere un urlo. I suoi pensieri avevano preso vita! Di fronte a lei aveva un uomo non molto alto, con un pancione enorme ed naso rubicondo, era proprio l’immagine che aveva appena cancellato. Il suo sguardo fu catturato dal ragazzo poco distante, era alto, con capelli castani, lisci e un po’ scompigliati, teneva le mani in tasca guardandosi attorno. Quando si voltò Bell notò che indossava lenti da sole a goccia sul naso, che gli coprivano parte del viso. Si attorcigliò un riccio fra le mani e volgendosi verso Pierpaolo disse:

“Offri un caffè al signore, io faccio in fretta, vado ad occuparmi dell’architetto, altrimenti Pierre mi uccide sul serio”

Pierpaolo la guardò con odio, doveva offrire un caffè di tasca sua!, poi cercò di fermarla per dirle qualcosa, ma ormai si era allontanata.

“piacere io sono Bell Pallone” tese la mano al giovane, lui la strinse con forza

“il piacere è mio!”

“Scusa se ti ho fatto attendere, posso darti del tu vero?”

“certo, ti sembro tanto vecchio da dovermi dare del lei?”

“No appunto!” gli sferrò un sorriso ampio e proseguì fra le varie sale allestite e disse:

“spero che qui sia tutto di tuo gradimento, la maggior parte degli arredamenti li ho curati io nei dettagli …”

“hai davvero un gran gusto, trovo che sia tutto splendido. L’avevo sentito dire che eri brava ma non immaginavo fino a questo punto”

“Così mi metti in imbarazzo, io faccio del mio meglio, ci tengo a questo posto, anche se non è mio e sono solo una dipendente”

“mi hanno detto che sei anche meglio del capo!”

“non esageriamo …”

“beh, da quello che vedo sei sicuramente la colonna portante”

“Preferisci vedere qualcosa di particolare? Che so … i salotti?”

Lui la guardò perplesso e rispose

“Mi basta vedere le cucine”

“Ah le cucine … d’accordo” sospirò

“Hai qualcosa contro le cucine?”

“assolutamente no. Il fatto è che oggi ne dovrò vedere parecchie, c’è una signora che è più di tre mesi che viene a farsi fare progetti, guardare gli allestimenti, farsi fare preventivi … e ancora non ha preso niente! In compenso mi ha fatto morire quattro pesci rossi!”

Lui rise mentre Bell aggiunse:

“E oggi la signora deve fare vedere la cucina al suo figliolo … un cuoco dice lei, famoso, bravo, vince premi a tutto spiano. Ma guarda se tu vedessi lei …”

“Perché che ha?” la incalzò lui

“penso che le manchi qualcosa, è bizzarra, veste sempre con mille colori, crede di essere una ragazzina”

“Anche tu non staresti male con qualcosa di più colorato addosso”

“Provvederò allora”

Nel frattempo il giovane aveva tolto gli occhiali da sole e aveva rivelato i suoi immensi occhi scuri, di un colore indefinito, erano castani scuri, quasi neri, ma delle piccole pagliuzze facevano vibrare quelle iridi rendendole di un colore indefinito.

Non parlava molto, e la guardava sorridendo ascoltando ogni sua parola. Girarono tutto l’edificio camminando lentamente, senza rendersi conto del tempo che passava. Quando raggiunsero nuovamente l’atrio, l’uomo panciuto era sprofondato in una poltroncina appisolato.

 Bell alzò gli occhi al cielo spalancando le braccia.

“ci vuole pazienza” disse guardando il suo accompagnatore, e aggiunse, “vieni con me, ho la cliente ammazza pesci col pensiero in ufficio, le dico che il figlio si è addormentato mentre ci aspettava”

Annuì senza rispondere e passò la porta a vetri.

Manuela Martini si alzò dalla sedia e corse incontro al giovane:

“allora ti è piaciuta la cucina? Che ne pensi?”

Bell la guardò incredula e pensò

 “questa è proprio squinternata non riconosce neppure il figlio” ed allora intervenne:

“Signora Che sta dicendo?”

“Credi che non conosca mio figlio?” rimbeccò la donna

“Piacere Daniele Martini” allungò la mano verso Bell ma lei non la prese, era troppo scioccata, si passò una mano sul volto e farfugliò:

“se tu sei … allora lui è …” fece delle smorfie col viso e per poco non ebbe una crisi di pianto quando lui specificò:

“Sono il figlio di Manuela, il cuoco, quello bravo che vince un sacco di premi”

“ho fatto un gran casino, scusa … dimentica quello che ho detto” aveva criticato Manuela Martini con il figlio! Con cinque miliardi di persone sulla faccia della terra aveva scelto proprio la persona giusta per fare una critica!

Lei che odiava le critiche ed i pettegolezzi!

Dio Santo, anche lui però, non aveva la faccia da cuoco che si era immaginata, ma tutt’altro, era bello e magro!

 Sbiancò.

Girando per la stanza ingombra di carte si ricordò dell’architetto:

“Perdindirindina l’architetto! L’architetto è quello che dorme sulla poltrona”

“Già” le disse Daniele Martini, che pareva starle dietro con quei suoi pensieri sconclusionati, e fu Bell che aggiunse:

“Ora Pierre mi ammazza!”

“Chi è Pierre?” chiese il giovane cuoco

“Pierre è il capo” intervenne donna Martini

“Lo stronzo?” chiese ancora Daniele

“Ma che appellativo!” sentenziò Bell “è solo un po’ scontroso” concluse

Ma nuovamente intervenne la madre di Daniele

“Perdonala lei non usa parolacce”

“Poi dice che gli altri sono bislacchi! Lei non si sente come parla”

“Ti prego scusa” disse Bell mortificata, si era cacciata in un casino più grande di lei, non sapeva più che fare, poi guardando Daniele Martini:

“però, potevi anche dirmi che tu non eri l’architetto!”

“tu non me lo hai chiesto” si difese prontamente, nel frattempo Manuela Martini si era accostata all’acquario dove sguazzavano i pesciolini e parlando con loro sottovoce disse:

“Che dite li lasciamo litigare da soli … O li aiuto?” il nuovo Pablo parve capirla e si avvicinò al vetro boccheggiando ed allora la donna si decise:

“Quel che è fatto è fatto, smettetela di litigare voi due” li fece sedere, e camminando in mezzo a loro disse:

“facciamo così, tu Bell vai dall’architetto e io nel frattempo discuto con mio figlio sulla cucina, quando torni ti diremo cosa vogliamo” Bell sospirò di sollievo e rispose:

“Se vuoi ti mando Pierre …”      

“Quello non lo voglio, se non fosse stato per te sarei già andata in un altro mobilificio”

“Come posso fare per farmi perdonare?” nel suo animo si sentiva umiliata per aver parlato in maniera così cattiva della donna che in realtà con lei si mostrava sempre buona e gentile

“Ora ci penso e poi ti farò sapere …” rispose Manuela compiaciuta

La giovane si alzò ed uscì dall’ufficio e solo quando fu quasi del tutto fuori le giunse la voce di Daniele:

“Ci vediamo dopo Bella”

 Lei tornò indietro e specificò:

“Bell, mi chiamo Bell”

“Lo so, Bella” rise, mentre sua madre gli diede una manata dietro la nuca.

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Capitolo 10
*** 10 ***


Fece il suo giro di perlustrazione con l’architetto che, aveva mostrato gradimento per tutto quello che aveva visto, e si salutarono promettendosi una stretta collaborazione per i futuri lavori.

Esausta tornò nello stanzino adibito ad ufficio,e  trovò ancora lì Daniele e Manuela Martini che sfogliavano cataloghi parlottando fra loro. Per un istante rimase immobile a guardarli, erano belli, così vicini e complici, madre e figlio. Provò una leggera fitta di invidia nel vederli così. Lei non aveva mai avuto tutto questo, sua madre non era  presente,  mai complice,e  soprattutto mai seria. La sua mente tornò indietro nel tempo a quando sua madre le aveva detto:

“Non sei obbligata a studiare, a me non importa molto, tanto è solo un pezzo di carta” ma lei amava lo studio, i libri, prendere bei voti, e trovava solo l’appoggio di suo fratello che invece la spronava a fare meglio. E si accorse che inizialmente quella antipatia che aveva provato per Manuela Martini era per quella somiglianza con sua madre, sempre al centro dell’attenzione, capricciosa e stravagante. Ma in quell’attimo capì, che la loro somiglianza era solo nell’ apparenza. Guardando Manuela nei suoi gesti intuì che era molto più profonda di quello che in realtà lasciava intravedere. Ma fu tutto un attimo.

“Eccomi qui! Scusate se vi ho fatto aspettare”

“nessuna scusa mia cara, sei in debito con me, ricordatelo” e rise, mostrando i suoi denti bianchi

 “Bella, noi avremmo scelto finalmente la cucina”

“bene … comunque lo ribadisco mi chiamo Bell” si sforzò di mantenere il sorriso. Odiava quando qualcuno la chiamava Bella, troppi ricordi, lontani e tristi le si paravano davanti.

Le mostrarono il catalogo. Bell guardava le foto senza capire realmente cosa stava guardando,allora posò quel catalogo sulla scrivania e fissando Manuela dritta negli occhi chiese:

“Mi stai dicendo che ora non ti vedrò più?” perdendosi in quegli occhi uguali a quelle del figlio, Bell capì perché la donna le aveva portato un altro pesciolino rosso.

Perché non sarebbe più tornata.

Non aveva motivo di tornare, e questo le provocò una fitta di tristezza, per tutto quel tempo si era lasciata soggiogare dal parere di Pierre, definendola una donna capricciosa ed invadente, e solo ora che lei stava per uscire da quel negozio per non tornare più capiva che non era vero niente. I suoi occhi si velarono, ma non di pianto. Su di esse scese un velo scuro che rattristò tutto il volto che sempre era luminoso. Ma Manuela Martini la rassicurò:

“Ma che dici, mi devi un favore, ho aspettato che finissi il tuo giro con l’architetto, e l’altro giorno ho sopportato Pierre”

“Hai ragione, sono felice di essere in debito con te!”. Questo breve scambio di battute le risollevò il morale  senza tuttavia mandare via la sua malinconia.

Ripresero il catalogo in mano ed ordinarono l’arredamento che avevano scelto. Si stavano stringendo le mani per salutarsi quando entrò Pierre.

Questa volta fu Bell che disse:

“Pierre la porta era chiusa, potevi benissimo bussare” Quelle parole dette così schiettamente da Bell lo lasciarono interdetto per qualche istante, in tanti anni di lavoro lì dentro non era mai successo, ma dopo un attimo di stupore rispose piccato come sempre:

“bene, ora i dipendenti decidono anche di farmi bussare a casa mia!” ed uscì.

Bell lo guardò triste, ormai ai suoi attacchi ed alle sue offese era abituata, ma gli provocavano sempre una grande amarezza dentro, perché lei, nonostante tutto provava sempre un estremo batticuore ogni qual volta gli si presentava di fronte.

Strisciò i piedi per raggiungere l’ufficio del suo principale, le venne in mente Serena, ed allora rizzò le spalle e camminò sicura di fronte a se, quando entrò trovò Pierre Cantino più ostile che mai, non la fece parlare e seccamente le annunciò:

“Bell, è un po’ di anni che lavori qui,e  non mi sono mai lamentato, anche se la scelta di assumerti l’aveva presa mio padre poco prima di lasciare tutto a me, ma quello che è successo oggi proprio non mi è piaciuto! Mi chiedo come ti sia saltato in mente di rispondermi in quel modo di fronte a dei clienti, ti ricordo che io, sono il padrone assoluto, e quindi mi devi rispetto, perché io ti pago”

Era sconcertata, non poteva credere alle sue orecchie, la stava trattando come una schiava!

Il tempo della schiavitù è passato da un pezzo! Brutto pezzo di … non riusciva neppure a pensare di dire una parolaccia e dalla sua bocca uscì solo:

“Pierre, il fatto è che mi era sembrato scortese che tu fossi entrato in quel modo, io stavo finendo di chiudere un contratto, insomma, non vedo il motivo per la quale tu ti sia comportato in questo modo, come tu hai detto, non lavoro certo per me stessa …”

“non mi interessa cosa pensi tu! Sai cosa ti dico? Penso che sia meglio che tu ti prenda un bel periodo di riposo, quando sarai tornata in te potrai tornare a lavoro …”

“Ma …”                                                                                                                                                                       

“Per favore Bell, non facciamo scenate. Quando esci chiudi la porta … ah ti farò telefonare da Pierpaolo quando potrai rientrare”

“Ma ti prego …”

“ho finito, non  voglio piagnistei, vai per cortesia”

Abbassò gli occhi sulla tastiera del computer ed attese che lei uscisse dal suo ufficio.

Ora per Bell era davvero dura mantenere lo sguardo dritto e fiero. Pierre l’aveva nuovamente umiliata e lei non era riuscita a rispondere, questo era quello che le faceva più male. In lacrime compose il numero di Francesco.

Serena stava parlando con un cliente che stava scegliendo un paio di occhiali da sole. Lavorava in quel negozio da quando aveva preso la maturità, per lei quel locale era il suo regno, lo conosceva in tutti i suoi dettagli, ed ormai da qualche tempo non si limitava più solo a fare il lavoro della commessa, ma, montava lenti, stringeva stecche laterali per occhiali, e raramente aveva discusso con il suo principale, che era un ottico molto conosciuto nella zona. Guardò fuori dalla vetrina e vide la gente passeggiare sotto i portici semideserti, ormai erano quasi le otto di sera e come in tutte le città era l’orario prefissato per la cena. Desiderò poter tornare a casa anche lei, non vedeva l’ora che quel ragazzo finisse di scegliere la sua montatura per abbassare le serrande e scappare. Ma il suono dello scacciapensieri la fece cadere in depressione, un altro cliente quel giorno, non l’avrebbe sopportato. Ma avvolto nella sua giacca di pelle marrone scuro riconobbe Francesco Pallone e gli disse lasciando solo il suo acquirente:

“Buonasera! Che ci fai qui?”

Lui la guardò senza riconoscerla, indossava un leggero vestito floreale a sfondo rosa, ed un paio di stivali marroni con il tacco. I suoi capelli erano raccolti in una lunga coda di cavallo, ed il suo volto coperto solo dalla frangia che ricadeva sulla fronte.

La ragazza interdetta dal silenzio di Francesco chiese:

“Non mi riconosci?”

Lui scosse la testa e rispose:

“No, se ti conoscessi mi ricorderei di te!”

“Sono Serena! Serena Caterina!”

Il giovane la guardò come se la vedesse per la prima volta, ed in effetti per lui era così. Essendo un’amica di Bell, non l’aveva mai guardata  sul serio, ed il suo look le volte scorse era molto differente. Si rese conto che era davvero bella.

 La fissò nell’immensità dei suoi grandi occhi verdi e per un istante si perse. Poi rispose dandosi una manata sulla fronte:

“Scusami, non ti avevo proprio riconosciuta”

“Non preoccuparti, ascolta finisco di impacchettare gli occhiali e arrivo mi aspetti?”

Non rispose, ma il suo sguardo confermò la risposta.

Prese il telefonino tra le mani e si ricordò di accenderlo, da quando era entrato in ospedale quella mattina era ancora spento. Serena nel frattempo aveva recuperato il buon umore che per un attimo aveva perso quella sera, voleva solo togliersi dai piedi il prima possibile  quel tipo che, aveva impiegato tre ore per comprare un misero paio d’occhiali.

Finalmente si liberò ed accostandosi a Francesco chiese:

“Allora in cosa posso esserti utile?” il suo profumo si sentì forte e tenace, ma fresco allo stesso tempo

“Volevo prendere un paio d’occhiali da sole- guardò l’orologio- ma temo che si sia fatto un po’ troppo tardi”

Era la verità, era tardi per mettersi a scegliere un occhiale tra tutti quei modelli. Ed allora Serena si scusò e cortesemente disse:

“Se è per me non crearti problemi, posso chiudere più tardi!”

“no, non sono così urgenti, grazie lo stesso” la salutò ed uscì dal negozio di ottica. A Serena dispiacque vederlo andare via così in fretta. Certo lo vedeva spesso, ma stavolta era stato completamente diverso. Stava per spegnere il computer portatile che era posato sul bancone, quando aprì la pagina di google e cliccò

DOTTORI REPARTO PEDIATRIA

Era più forte di lei, voleva sapere qual cosina in più sul quel lavoro, ma le voci che erano uscite erano troppe, memorizzò solo alcune parole. Spense il computer, prese il cappotto e la sciarpa ed chiuse la serranda del locale premendo un piccolo pulsante, si chinò a fermare le serrature con le chiavi. Si incamminò verso la sua macchina, si voltò e si spaventò:

“Che ci fai tu qui?”                                                                                                                                                                                

“Ti stavo aspettando, ti accompagno a casa …”Era Francesco, e lei si trovò stupita e felice, con delicatezza fece scivolare le chiavi della macchina nella borsetta. Il silenzio regnava tra loro, anche se tutto in torno vi era un brusio di voci, e clacson che suonava in continuazione. E mentre camminavano Serena cercò di aprire una qualunque conversazione, quell’essere così vicini e distanti allo stesso tempo la metteva in imbarazzo, ed allora, cercando di ricordare una delle voci che aveva trovato su internet chiese:

“hai mai eseguito una tubazione?”

Lui la guardò un po’ perplesso per la domanda e senza esitazione rispose:

“no, veramente non ho mai effettuato “tubazioni”, ma intubazioni si”

Serena si sentì sprofondare per la vergogna, aveva letto male, per un istante si ammutolì, ma facendo ricorso alle sue innumerevoli risorse rispose:

“si scusa, beh hai capito quello che volevo dire! È questo che conta no?”

“già” stavolta lui le sorrise dolcemente e senza che lei glielo chiedesse disse:

“per fortuna non mi è mai capitato di praticare intubazioni su bambini, ma solo su degli adulti”

“non hai paura di sbagliare?”

“sempre!” rispose lui prontamente e aggiunse:

“quando si ha la responsabilità di una vita umana c’è sempre la stessa fottuta paura di sbagliare, non è come vendere un paio di occhiali sbagliati, da te dipende la vita di un altro, e nel giro di pochi istanti devi decidere che fare, se sbagli non hai una seconda chance. E questo ti fa morire dentro …” parlava più a se stesso che alla ragazza

“Perché hai scelto di fare il medico, è troppo doloroso. Ci sono troppe responsabilità. Non so proprio come tu possa farlo …”

“è proprio questo che mi fa andare avanti, il dolore aiuta a crescere,e se non si avesse paura di sbagliare, faremmo tutto in maniera talmente automatica da non guardare al di la del nostro naso, sarebbe una routine, ed invece ti devi sempre impegnare al massimo, dare tutto te stesso e  anche di più …”

Serena nuovamente lo fissò. Si accorse che nonostante lo conoscesse da tanti anni in realtà per lei quell’uomo era una vera incognita. Di lui conosceva solo i tratti del viso ed il suono della sua voce. Fu in quel preciso momento che desiderò conoscerlo meglio. Da quelle poche parole che si stavano scambiando intuì che dentro di lui c’era un intero universo da scoprire della quale lei era totalmente all’oscuro. I loro pensieri furono interrotti dal trillo del cellulare di Francesco Pallone, che scusandosi disse:

“Deve essere l’ospedale …” fece un passo avanti per parlare al telefono, ed una voce conosciuta e familiare le disse:

“Francesco, sono Bell - le sue parole erano interrotte dai singhiozzi- sono stata quasi licenziata da Pierre”

“Arrivo” fu la sola risposta, poi accostandosi a Serena le disse:

“Scusami devo scappare a casa”

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


Era sempre così, se Bell chiamava, lui correva. Era l’unica persona al mondo che riusciva a distrarlo dai suoi affari. E quando qualcuno gli chiedeva se c’era qualche donna nella sua vita lui dava sempre la stessa risposta:

“ non ho donne, ho solo la mia bambina …” e la sua bambina era Bell, l’unica che amava veramente sopra ogni cosa, solo per lei poteva lasciare il suo lavoro. Nella sua vita non aveva permesso a nessun altro di intromettersi e distrarlo. Era convinto che le “donne” fossero solo  degli impicci che erano in grado di offuscarti la mente, e lui non voleva assolutamente che potesse commettere degli errori sul suo lavoro.

Serena, sorrise lievemente e sottovoce disse:

“non preoccuparti” ripescò le chiavi della macchina dalla sua borsa e lentamente raggiunse la sua vettura.

Francesco in breve tempo fu a casa. Come aprì la porta vide Bell, con il volto rigato di lacrime seduta sul pavimento. Non fece domande, si sedette accanto a lei e silenziosamente le accarezzò i capelli. Il silenzio li avvolse per parecchio tempo, e solo dopo che Bell si sentì di parlare con un filo di voce disse:

“Sono veramente a terra, non riesco a concludere niente di buono, oggi ho fatto una pessima figura e poi lui mi ha trattata in un modo orribile, ha avuto il coraggio di dirmi che io li sono nessuno, lui è il capo ed è tutto suo … lo so che è vero, ma io ci sono rimasta troppo male, il fatto è che non penso di meritarmi tutto questo, ho sempre cercato di comportarmi, bene, essere gentile, e questo è il risultato? Non piaccio proprio a nessuno!”

Lui la fissò negli occhi. Avevano gli stessi occhi e lui con la sua solita dolcezza rispose:

“Io ti voglio. Io ti adoro. Sei una persona speciale, chi non lo vede non ti merita!”

“parli così perché sei mio fratello …”

Non era vero. Lui le diceva quelle cose perché lo credeva sul serio. Trovava sua sorella bella dentro e fuori. Negli anni aveva capito che si era formata uno scudo per difendersi dal modo, ma quello scudo era di semplice cristallo, bastava una piccola parola per infrangerlo senza problemi. Lui continuò a  carezzarla e le disse:

“E Serena? Anche lei non è sincera con te? Ti vuole un gran bene …” Serena, quel nome così dolce e pacato, nominarlo ora gli pareva strano e gli fece uno strano effetto, se la rivide davanti col suo vestito leggero, ed il suo sorriso smagliante, sperò che Bell non si accorgesse di quel suo tremore nel nominarla. Ed invece Bell sorrise e disse:

“Hai ragione” poi fulmineamente ripensò a donna Manuela e ai suoi complimenti. La cosa le fece piacere, e nonostante l’angoscia nel cuore, c’era in lei un piccolo spiraglio di luce che le chetò l’animo. E cercando di sdrammatizzare sospirò:

“Credo di avere bisogno di una vacanza”

“Si così scappi e non torni più come mamma e papà!” aggiunse ridendo il giovane

“Loro non sono scappati, stanno solo rivivendo la loro gioventù” concluse Bell riprendendo le parole che solevano usare i suoi genitori. Poi tornando seria disse.

“E se chiedessi a Serena di venire a Dubai con me?”

“Dubai?” chiese meravigliato Francesco “Non è da te fare un colpo di testa simile”

“lo so, ma quella città deve essere davvero meravigliosa”

“Già, come te!” concluse lui alzandosi. Poi tornando serio “fossi in te andrei sul serio in vacanza a rilassarmi e poi vedrai che tutto andrà meglio”.

Una dormita riposante. E quando il sole era già alto nel cielo, Bell si svegliò. Senza indugio telefonò a Serena. Non ci mise molto a convincerla per andare insieme in vacanza. In fretta si vestì e fu in strada. Se non fosse che si era imposta un po’ di contegno si sarebbe messa a correre per strada per raggiungere l’agenzia viaggi.

Mise una mano sulla maniglia color acciaio e sospinse con forza la porta di vetro. Un bancone spoglio di fronte  a lei, due ragazze guardavano dei computer mentre parlavano al telefono. Si guardò intorno e vide uno scaffale dove vi erano riposti vari dépliant. Il suo sguardo fu attirato da una spiaggia magnifica, sopra vi era scritto “Dubai”, lo sfogliò velocemente e una volta per tutte decise. Quella era la sua meta. Si accostò al banco ed una delle due giovani si avvicinò

“Posso esserle utile?” chiese con voce sottile

“SI vorrei prenotare un viaggio …”

“la destinazione quale sarebbe?”

Non le diede il tempo di rispondere, che allungò un braccio dietro di lei ed aprì un catalogo:

“Ecco qui le Maldive” e lo aprì in una pagina dove vi era ritratto un mare cristallino, poi si voltò e prese un altro catalogo illustrato con la barriera cristallina del mare australiano, Bell provò a parlare, ma la commessa nuovamente non la fece parlare e disse:

“se ha intenzione di andare in un posto caldo questo è il meglio che c’è … mi creda, il mare in quelle zone è davvero incantevole, se ama prendere il sole o tuffarsi, non c’è che l’imbarazzo della scelta, e la sera movida! Se poi vuole solo rilassarsi, ovvio le Maldive non hanno rivali, se però vuole anche dedicarsi allo shopping l’Australia è l’ideale, poi può scegliere tra Sidney, Melbourne … decida lei”

“Io la ringrazio, ma la mia intenzione era di andare …”

“va bene capisco, posso sempre suggerirle le Mauritius, bel posto, pieno di santuari mitologici e induisti, in più può unire uno dei mari più belli del mondo, insieme alle tartarughe giganti …” si era voltata e stava prendendo un altro fascicolo, si sedette sulla sua sedia girevole e schiacciò qualche tasto del computer ed iniziò ad elencare numeri che equivalevano a prezzi, a quel punto Bell sbottò:

“Oh insomma! Perdindirindina mi vuole ascoltare? Io non voglio andare in nessuno di questi posti”

“Beh allora si decida, io non ho tutto questo tempo da perdere con lei!”

“ma se è lei che non mi ha fatto neppure parlare! Io voglio andare a Dubai!”

“DU-BA-I? ma perché non l’ha detto prima, così il discorso cambia …”

“Se solo lei mi avesse fatto parlare!”

Ma la commerciante parve non averla neppure sentita

“Allora, quanto si vuole fermare? Ma in realtà non è che al momento mi importi molto, però posso offrirle vari alberghi a prezzi modesti in delle strutture di tutto rispetto”

“Io non voglio un albergo modesto … le sto chiedendo una favola, preferisco fare due giorni in meno di vacanza ma essere trattata come una vera principessa …”

“D’accordo se proprio vuole le posso prenotare un posto all’Atlantis the palm, solo che è davvero molto costoso, io davvero le consiglierei uno dei viaggi che le ho presentato poco fa …”

“ma parlo ostrogoto? Ho detto che voglio andare a Dubai, mi sembra che non sia poi tanto difficile capirlo”

“va bene, ma si calmi per favore” digitò nuovamente sulla tastiera del suo computer e senza alzare la testa disse:

“Che stanza preferisce?”

Senza pensare rispose:

“Una suite, anzi vorremmo due suite singole”

“Suite?” ripeté incredula

“Si”

“Ma costano un botto di soldi!”

“La smette di dire ma questo costa troppo, ma questo è così questo è cosà!”

“D’accordo la finisco in fondo i soldi sono suoi- tacque un istante poi riprese- allora la suite costa intorno ai duecentocinquanta ero a notte pensione completa, però i comfort sono a parte …”

Bell rimase in silenzio, e subito la ragazza dai capelli corvini esclamò:

“Lo sapevo, troppo costoso!”

“ma cosa ne sa! Va bene prenoti pure per due persone”

“Quanti giorni?”

“dieci giorni”

“mi spiace ma per dieci giorni è davvero impossibile, è tutto prenotato, ma perché non sceglie un altro dei posti che le ho fatto vedere”

“MA perché insiste tanto?”

“Semplicemente perché sono in offerta speciale, e pensavo che poteva interessarle un’offerta migliore di quella che lei cerca”

“Ma se io sto cercando Dubai, è ovvio che non voglio le Maldive … allora prenoti l’albergo ed il volo per due persone, nel primo pomeriggio verrò a portarle tutti i documenti che le occorrono” chiuse la sua borsetta, e salutando velocemente lasciò l’agenzia viaggi.

Non aveva ancora detto a Serena, che era stato prenotato il viaggio, e non vedeva l’ora di farglielo sapere, lei intanto si immaginava già tra le azzurrità di quel mare, sotto i raggi bollenti di quel sole tanto lontano.  Più camminava e più freddo pungente le rimbalzava addosso, ma Bell non vi dava peso, era troppo eccitata all’idea di partire, tanto che stava già preparando le sue valige mentalmente. Si fermò di fronte ad una vetrina ad ammirare un abito giallo canarino, e dalle labbra sfuggì:

 “che carino!” il suo sguardo era ammaliato da quel lembo di stoffa giallo. Una voce dietro di lei, stridula e per nulla arcigna rispose:

“Oh mio Dio mia cara, non parlerai sul serio, quel vestito è davvero orrendo!”

Bell si voltò di scatto, e si ritrovò di fronte donna Manuela Martini, con i suoi consueti capelli lunghi, grandi lenti da sole  a coprirle il volto, ed era avvolta in una pelliccia castana. Le stava allungando una mano per salutarla, la tirò a sé, e le schioccò due baci sulle guance. Poi volgendosi nuovamente verso al vetrina riprese:

“Bell, cara mia, tu staresti malissimo con quell’abito, io ti consiglio piuttosto un look molto più orientale, che vada in contrasto con i tuoi meravigliosi capelli rossi”

Bell guardò furtivamente il suo riflesso nel vetro del negozio, e per la prima volta in vita sua, trovò i suoi capelli vagamente belli, né troppo rossi, né troppo vaporosi. Era conscia che era l’effetto di quel complimento inatteso a farla sentire così, ma, non le importò molto e rimase ad ascoltare ciò che la donna le diceva:

“Ti vedrei benissimo con vestito tipo sari , più corto ovviamente …. Ma perché perdere tempo a parlare vieni con me mia cara”

La strattonò, le infilò il braccio nel braccio e senza attendere risposta iniziò a  camminare a passo a svelto lungo la via. E la donna parlava, parlava senza fermarsi, di tutto e nulla, parlava con un tale entusiasmo da regalare energia senza rendersene conto. Quando finalmente Manuela Martini si interruppe a prender fiato Bell disse:

“Vado in vacanza …”

E la donna non chiese dove andasse ma bensì:

“Ed il suo Pierre la fa volare via così?”

Pierre.

Quel nome piccolo e caro al suo cuore, stranamente quella mattina non era arrivato alla sua mente, ed ora le faceva male sentirlo nominare, perché gli vennero in mente i recenti avvenimenti e con un groppo alla gola rispose:

“Sono in ferie forzate”

Manuela Martini si voltò, sgranò i suoi grandi occhi e decisamente sentenziò:

“Quello è tutto scemo dammi retta”

“No, credo di essere io quella sbagliata …” ma Manuela aveva già cambiato discorso entrando in una vetrina vicino a loro, e solo quando furono dentro lei disse:

“Oggi non mi va di parlare di stupidaggini, voglio che sia una giornata piena di allegria, e certe persone rovinano tutto” si riferiva apertamente a Pierre Cantino. Si avvicinò alla commessa del negozio. Doveva conoscerla bene, perché da come le parlava si notava che tra le due c’era una certa confidenza, e a voce alta disse:

“Stella mia, oggi ti ho portato una vera perla, una ragazza bella di nome e di fatto, solo che lei ancora non lo sa, sta cercando il suo stile, ed io la voglio aiutare in questa sua piccola ricerca …”

La giovane commessa, che portava sottili occhiali rossi, e aveva una fluente chioma bionda allargò il suo sorriso e prese sottobraccio Bell:

“Manuela hai proprio ragione, è veramente bellissima” la guardò negli occhi scrutandola minuziosamente, fece schioccare le sue dita, e come se avesse scoperto la ruota, o il fuoco per la seconda volta esclamò:

“Ho trovato, seguitemi”

Senza pensare Bell la seguì come se fosse un automa, e dietro di lei a ruota Manuela che continuava a parlare freneticamente.

La giovane venditrice fece sedere le due donne in un piccolo divano rosso, poste così, una accanto all’altra, sembravano madre e figlia, Manuela Martini aveva lasciato andare la sua pelliccia sul divanetto rosso, e per poco quel capo pregiato non sfiorava il pavimento, ma lei era incurante, guardava con ansia ciò che la sua amica proponeva a Bell, che ammirava il tutto con profonda estasi, la giovane espose un abitino lilla, con piccoli fiori bianchi, che scendeva a campana. Donna Manuela inorridì e lanciò un urlo terrificante, tanto che Bell, per riflesso chiese scusa e la donna:

“Di cosa mi chiedi scusa cara?” rendendo la sua voce ammaliante

“beh a dire il vero non lo so  … ma ti ho sentito urlare talmente forte”

“Tesoro, dolce la mia Bell. Ricorda, non chiedere mai scusa se non hai fatto nulla di male! Ero semplicemente inorridita da quel capo che ci ha proposto la mia cara Sara” si alzò con eleganza si avvicinò all’espositore e con sguardo crucciato iniziò a frugare, quando finalmente disse:

“Ho trovato! Questo è quello che ti serve, prova tesoro mio, nel frattempo io cerco altro”

Bell non disse nulla, prese quel vestito fra le mani e si diresse verso il camerino, che come porta aveva solo una tenda gialla, in quel poco tempo Manuela riuscì a trovare una pila interminabile di roba, si piazzò davanti al camerino e senza noia o insofferenza  la guardava sfilare davanti a lei con abiti più o meno originali e bizzarri, dai colori più differenti e sgargianti tra di loro. Bell provava indossava e non poteva permettersi di fare facce disgustose per un capo o per un altro, perché il giudizio di donna Manuela era assoluto ed imprescindibile, ed anche se stava indossando cose, che fino a qualche istante prima, Bell non avrebbe mai osato indossare ora le indossava e doveva ammettere che la sua amica aveva ragione, aveva non solo un ottimo gusto, ma anche una gran classe nell’abbinare i colori più arditi.

Le ore erano passate velocemente, ed ora Bell, Manuela e Sara la commessa erano stanche ed allegre. Cianciavano come se fossero state vecchie compagne di scuola che si raccontano aneddoti. Sara buttò l’occhio sul grande orologio appeso alla parete che segnava le tredici in punto, ed allora esclamò:

“ecco perché avevo fame! Si è fatto tardissimo”

“Oh mio Dio devo scappare!” rispose Bell seguita a ruota da Manuela

Repentinamente Sara tornò ad essere solo una semplice commessa e chiese:

“Cosa devo pagare di questa roba?”

Un lampo di terrore ci fu negli occhi di Bell, che lentamente allungò le mani per scavare in mezzo alla montagna di roba ma, come un fulmine Manuela sentenziò:

“Cosa prendiamo? Tutto!”

Sara sgranò gli occhi, elargì un grande sorriso ed iniziò a battere sulla cassa,quando finì Bell tirò fuori la carta di credito dalla sua borsetta, era la seconda volta quella mattina, e solo in quel momento si rese conto di quanto avesse speso, un lieve dispiacere le velò il volto, ma subito venne spazzato via dalla voce di Manuela che le disse:

“Vedrai, sarai bellissima".

Tutto fu pronto.

 

ANGOLO AUTRICE

Chiedo profondamente scusa per il mio immenso ritardo …

Ma voglio anche ringraziare: Dilpa, Giulina, e la mia Maggie!!

E grazie a tutti quelli che aggiungono la mia storia fra le preferite, le scelte e le ricordate … Grazie a tutti

Rospina

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Capitolo 12
*** 12 ***


Tutto era stato stabilito. Sarebbe stato un viaggio da sogno. Mentre Bell e Serena stavano passando il check-in, ridevano come se fossero tornate bambine. Francesco le guardava da poco distante, e si rese conto che sua sorella in realtà non cambiata molto. Era sempre la sua sorellina in grado di aprirsi solo con le persone che la amano veramente incondizionatamente. I bagagli furono caricati, e le due giovani tornarono da Francesco. E fu Bell che disse:

“auguraci buon viaggio, perché noi ci dovremo divertire tanto, tanto e ancora di più!” lui rise l’abbracciò forte, e gli disse:

“Buon viaggio allora, anche se dubito che riuscirai a mettere tutti i vestiti che hai infilato in valigia”

“Mi cambierò quattro volte al giorno se sarà il caso!” ribatté

“Non dire scemenze e divertiti”

Si allontanò saltellando come una cinciallegra. Serena invece restò lì. Immobile. Le pareva che i suoi piedi non volessero muoversi. Francesco la guardò e le disse:

“Beh tu non vai?”

“Ovvio. Dubai ci aspetta!” era felice di partire ma allo stesso tempo desiderava poter fermare il tempo. Senza capirne la ragione stava sperando che Francesco le dicesse qualcosa. Dopo che si erano visti sotto i portici, lei non lo aveva più rivisto. Era la prima volta che calcolava il tempo in cui non lo vedeva. Non capiva bene cosa le stesse succedendo, ma capiva che tutto questo era strano. Sollevò la mano per salutarlo. I bracciali tintinnarono fra loro. Ma quel suono a Serena non le trasmisero la loro allegria, ma una nota malinconica, perché lui non tentò di avvicinarsi a lei, e, tenendo le mani infilate nelle tasche dei jeans disse:

“Tieni d’occhio mia sorella per favore, è triste in questo periodo”

Lei non rispose, fece solo un piccolo cenno di approvazione con la testa, ed i suoi capelli si sciolsero avvolgendola. Lui girò su se stesso e se ne andò. Serena rimase qualche istante a vederlo andare via, ma poi raggiunse la sua amica. Stavano annunciando il loro volo.

Il portellone dell’aereo si aprì, e un’ondata di aria calda pervase i passeggeri togliendo loro il fiato. L’immagine che si mostrò a loro, era del tutto irreale e stupefacente, qualcosa di mai visto prima. Oltre l’aeroporto, vi era una sconfinata ed immensa area desertica, una cosa da togliere il fiato. Le prime parole di Bell furono:

“Sere, ti immagini se ci perdiamo in quel deserto che sete?”

“MA che pensieri! Se solo dovessi avere quel dubbio non uscirò mai dall’albergo!!”

“Esagerata … cosa ti viene in mente” camminavano tranquille in aeroporto. Un signore con un cartello di cartone attaccato al collo con la scritta: ITALIAN

“guarda quella deve essere la nostra guida” esclamò Bell accelerando il passo verso quella direzione

Serena le stava dietro, ma con una faccia un po’ più perplessa, e quando furono quasi davanti a lui propose:

“Bell, fermati un attimo” l’amica si fermò e la guardò aspettando che proseguisse “l’hai visto bene? perché non facciamo finta di niente e ce ne andiamo in giro da sole?”

Bell osservò l’uomo, era un tipo basso, con folti baffi neri ed una grande chioma dello stesso colore. La carnagione era molto olivastra, il naso pareva schiacciato e le labbra erano troppo grandi e carnose, mentre si avvicinavano a lui, aprì la bocca sicuramente doveva essere un sorriso, ma assomigliava molto di più ad una smorfia di dolore. Indossava un paio di shorts color cachi ed una maglia dello stesso colore. La sua immagine era veramente orribile,ma Bell raccogliendo tutto il suo buon umore  disse:

“Senti in fondo è solo la nostra guida turistica, non dovevamo mica flirtare con lui giusto? Noi dobbiamo pensare solo a noi stesse e divertirci, divertirci e divertirci ok?”

Il volto di Serena non era di quello più entusiasti, anche se alla fine aveva ragione l’amica, avevano organizzato quella vacanza solo per loro stesse. Fece ritornare il sorriso sul suo volto. Poi finalmente senza ripensamenti raggiunsero la loro guida turistica:

“Salve, io essere qui per portare voi albergo …” il suo italiano era stentato e scorretto. Dalla sua bassezza una ventata di alito pesante le raggiunse, si voltarono e tossirono. Poi cercarono le loro valige, ed una volta trovate seguirono il loro piccolo uomo che le accompagnò fuori dall’aeroporto.

Atlantis the Palm.

Non era un sogno, erano davvero arrivate negli emirati arabi. La terra delle mille e una notte, dove la bella principessa Jasmine aveva incontrato il suo Aladino. E l’albergo che era di fronte a loro lasciava supporre che anche la più impossibile delle fiabe potesse diventare realtà. Non credevano ai loro occhi, un complesso immenso e lussuoso, delle guglie parevano sfiorare il cielo, carezzandolo. Un arco dai tradizionali disegni arabi si apriva dividendo l’intero complesso in due ali distinte e separate. Il crepuscolo faceva si che già alcune luci delle stanze erano già accese creando un’atmosfera unica ed irripetibile. Gazebo bianchi erano sparsi qua e la servendo sontuosi aperitivi. Le due giovani scesero dalla macchina e presero le loro valige in mano. Non fecero in tempo a fare un passo, che due camerieri in livrea rossa con bottoni dorati le presero dolcemente i bagagli dalle mani e senza proferire parola alcuna si fecero seguire alla reception dell’hotel. Bell e Serena non poterono non rimanere estasiate. Il bianco predominava su tutto, grandi colonne si alzavano formando arabeschi al soffitto, dal quale scendevano lampadari che per colore e forma somigliavano a grandi alveari. Disegni sulle pareti parevano affreschi di pittori del cinquecento, e le immense vetrate facevano entrare quel che restava del giorno. Il pavimento in marmo rosa era talmente lucido che ci si poteva specchiare dentro. Raggiunsero il bancone della reception, ed anch’esso era di marmo rosa. Una giovane donna, dai lunghi capelli castani le sorrise e prese i loro documenti. Si rivolse loro in italiano, avendo una dolce cadenza, soave, e sorridendo porse loro le chiavi della loro stanza. I due camerieri di prima che si erano tenuti leggermente a distanza mentre parlavano con la receptionist tornarono a precederle con le grosse valige, che seppur erano pesanti, loro le tenevano come se avessero due piume. Le loro stanze erano una accanto all’altra, presero la loro carta magnetica e la infilarono nel piccolo computer. La porta di Bell  si spalancò in un attimo e subito ai suoi occhi si mostrò il lusso di quella stanza, fece un passo in avanti già pronta ad entrare quando sentì la sua amica:

“ma che cavolo …” si voltò e la vide armeggiare con la porta, il cameriere in livrea non si mosse di dove era, osservava la giovane litigare con la serratura magnetica, quando si avvicinò un giovane che parlava italiano e cortesemente chiese:

“Posso provare?” Serena atterrita dalla pessima figura che stava facendo, consegnò la sua carta, e rimase incantata a guardare quel giovane che con tanta delicatezza riuscì ad aprire la porta, poi lui la guardò e le restituì la carta.

“Grazie!” disse Serena arrossendo

“E’ stato un vero piacere” non le strinse neppure la mano ed andò via.

Ed anche la sua stanza era uno scrigno pieno di meraviglie. Le due si sentivano come due bambine nel paese dei balocchi. Grosse tende color crema, con dei rombi ricadevano ai lati delle finestre che si aprivano immense su un panorama mozzafiato. Bell si tuffò sull’ampio letto che era ricoperto da un bianco copriletto di cotone, e solo per metà aveva una coperta a tinte rosse con disegni arabi. Buttò a terra la valigia e si scalzò. I suoi piedi vennero a contatto con la morbida moquette damascata e già questo le provocò un solletico di felicità. Tutto nella stanza era fiabesco. Tant’è che volle subito guardarsi allo specchio e sciogliere i suoi lunghi capelli rossi, li districò con le dita, non le sembrò di vedersi brutta, e così tutta sorridente aprì la sua valigia. Che era stata chiusa ermeticamente, infatti i suoi abiti volarono tutti per aria. Ma era troppo felice per arrabbiarsi. Raccolse tutto e lo sistemò nell’armadio che aveva a disposizione. Si cambiò ed indossò uno dei suoi abiti nuovi. Il sari l’avvolgeva completamente ed il colore del corallo le dava freschezza nel volto. Solo dopo essersi preparata accuratamente abbandonò la sua stanza ed andò da Serena. La trovò sdraiata sul divano con il computer acceso:

“Che stai facendo?” chiese Bell “ siamo nel posto più bello del mondo e tu vai su internet?”

“Un attimo … sto facendo una cosa …”

Bell si affacciò a guardare la schermata

QUIZ.

PER QUALE LETTERA INIZIA IL NOME DELL’AMORE DELLA TUA VITA?

“Non dirmi che credi a queste scemenze …” la rimbeccò Bell allegramente.

“ma no! Solo che ormai mi aveva preso … e lo volevo fare”

Guardò il risultato, ed ebbe un tonfo al cuore. Era la lettera che aveva sperato uscisse:

IL TUO AMORE AVRA’UN NOME CHE INIZIA CON LA LETTERA F, POTRA’ ESSERE FERNANDO, FABRIZIO O FABIO. IL TUO LUI TI RENDERA’ FELICE!

Il nome che le era venuto alla mente non era apparso ma non le importò. E cercando di non dar peso alla sua domanda chiese:

“Ma sbaglio oppure ho visto Francesco strano ultimamente …”

“Strano?” ripeté Bell “No, è sempre uguale!”

“tu dici? A me sembra diverso ultimamente” e la sua mente viaggiò lontano, a quella sera in cui lui, era capitato nel negozio dove lavorava. Ed allora aggiunse:

“Che so magari ha conosciuto qualcuno di speciale …”

Bell si accese e chiese ironicamente:

“Una donna?” rimase in silenzio un secondo ed esclamò:

“NO! E’ impossibile, sai credo fermamente che mio fratello non si sposerà mai … E’ troppo duro su questo punto. Credo che lui e l’amore vivano su due pianeti completamente differenti fra loro”

Serena divenne scura in volto, ma Bell parve non accorgersene, ed allora chiese gaiamente:

“Dai scendiamo? Ti prego cambiati in fretta”

Serena non rispose, aprì la valigia e cercò gli abiti da indossare.

Poco tempo dopo erano tutte e due nel bar dell’albergo. Anche questo posto era favoloso, le luci erano leggermente soffuse, e tutto intorno aveva il colore della sabbia e dell’oro, elementi che non mancavano in quella terra d’oriente. Un giovane cameriere dalla pelle ambrata si accostò a loro porgendo dei menù e si allontanò. Ordinarono dei drink locali e rimasero lì a parlare fra di loro. Bell era raggiante di allegria e solarità, mentre Serena riusciva a sorridere solo con i suoi immensi occhi verdi. Una giovane voce italiana si rivolse  a loro indicando una sedia libera lì vicino al loro tavolino:

“è occupato questo posto?”

Grandi occhi castani, lineamenti dolci ed un gran sorriso smagliante su labbra perfette. I capelli erano dello stesso colore, tagliati corti. Allungò la mano verso Serena prima e Bell poi:

“Piacere, Fabio.  prima non mi sono presentato” era lo stesso giovane che aveva sbloccato la porta della stanza a Serena

“F”, quel nome iniziava con la f, proprio come il quiz. Serena gli disse stringendogli la mano:

“Il piacere è mio, mi chiamo Serena, e devo anche ringraziarla per l’aiuto che mi ha dato poco fa con la serratura”

“Ma figurati, è sempre un piacere poter aiutare le belle ragazze! E poi per favore dammi del tu”

Serena arrossì lievemente e disse:

“d’accordo! Anche tu qui in vacanza?”

“Sì, credimi mi ci voleva proprio, è un periodo davvero stressante e ho un gran bisogno di poter scaricare tutto”

“Ah come ti capisco!”

“Di cosa ti occupi?” chiese Bell che si sentiva estraniata

Lui la guardò e le disse accavallando le gambe e girando un po’ il suo drink

“sono un consulente finanziario, sai la borsa l’economia e cose del genere …”

Bell rimase a bocca aperta ed esclamò:

“MA sei giovanissimo!”

“Oddio! Certo che sono giovane, ma ti posso assicurare che non sono neppure un bambino, diciamo che sono arrivato in fretta … questo sì, sono stato davvero molto fortunato. E voi invece di cosa vi occupate se posso chiederlo?”

“Io faccio la commessa in un negozio di ottica, mentre Bell è arredatrice in un mobilificio”

“Bene allora i prossimi occhiali verrò a comprarli da te!” scherzò il giovane

“beh non sarebbe male come idea” 

I due giovani si immersero nella conversazione e Bell che nuovamente si sentì di troppo si scusò e si allontanò con una scusa.

 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Uscì dall’albergo a fare una passeggiata e l’aria calda le investì il volto. Ne prese una boccata. Incrociò le braccia sul petto e priva di pensieri iniziò a girovagare guardandosi intorno. Il sole si stava per tuffare nell’immensità di quel mare azzurro, che ora pareva completamente rosso grazie ai raggi solari. Alcune fiaccole erano accese attorno a gazebo bianchi. Si sedette su una sedia di bambù scuro a godersi quel miracolo della natura. C’erano un sacco di persone che passeggiavano, ma lo facevano in un silenzio quasi surreale. Per vizio guardò il polso in cerca dell’orologio, ma non lo aveva.  Per quella vacanza aveva deciso che il tempo non aveva importanza. E fece ricadere il braccio lungo il suo corpo. La pace di quel posto l’avvolse completamente.

“Ciao Bella” istintivamente alzò gli occhi. Non riconobbe nessuno e si disse che forse non stavano parlando con lei, ma nuovamente quella stessa voce le disse:

“Sapevo che non ami essere chiamata Bella, ma non rispondere ad un saluto mi pare alquanto maleducato!”

Stavolta era di fronte a lei, e riconobbe un paio d’occhi scuri, veduti solo una volta, ed impacciata e sorridente rispose:

“scusami, non ti avevo riconosciuto” era Daniele Martini, “ero soprapensiero, e non ti ho visto” si alzò e gli tese la mano, rivelando tutta la sua bellezza, come non aveva mai fatto prima di allora. Lui la guardò con il suo sguardo ridente e le chiese:

“Cosa ci fai da queste parti?”

“Oh … sapessi … - tacque un attimo poi riprese- mi sono presa una vacanza con la mia amica, avevo bisogno di staccare la spina!” poi guardando Daniele chiese “Anche tu sei qui in ferie?”

“ferie? Si magari, sono qui per lavoro!”

“Già voi cuochi famosi …” aggiunse Bell sorridente

“Sono qui per un concorso di cucina internazionale,poi dovrei iniziare a preparare un programma per una televisione satellitare”

“Gambero Rosso?” chiese lei incuriosita

“Si proprio lui, lo conosci?”

“Mi fanno sempre venire l’acquolina in bocca … certi piatti deliziosi … peccato che non abbia il tempo di prepararli. Anche se non si nota” fece riferimento alle sue curve morbide molto ironicamente per poi concludere “Tutto questo è l’opera delle patatine fritte …”

Lui non rispose la guardò ridere e poi seriamente le disse:

“Mia madre ti adora”

“Davvero? Io ad essere sincera all’inizio non legavo molto, sai penso che con le sue lusinghe mi abbia ucciso un bel po’ di pesci rossi”

“Lo so che non ami troppo mia madre …” e rise ricordandosi del giorno del loro incontro

“Oh dai scusa … non è colpa mia se non hai la faccia da cuoco, e poi mi sono davvero ricreduta su tua madre, non hai idea di quanto ora io le voglia bene”

“mi fa piacere sentirti dire queste cose, mia madre è una donna meravigliosa, un po’ eccentrica sicuramente, ma ha un grande cuore, lei non ha mezze misure, quando vuole bene si dedica con tutta se stessa”

“Mi vergogno!” disse Bell

“E di cosa?”

“Di non averla capita prima, mentre lei mi ha davvero aiutata, più di quanto lei pensi e soprattutto più di quanto io in realtà meritassi”

“se mia madre ha deciso di fare qualcosa per te è perché ne vale sicuramente la pena, non si sbaglia sulle persone”

“E’ bello vedere questo rapporto tra voi, un po’ ti invidio!”

“ Perché?” fu la domanda di Daniele

Bell tacque un istante, la sua mente volò a sua madre, alla sua distratta presenza e sospirando rispose:

“perché non ho mai avuto la fortuna di avere mia madre presente” i suoi occhi divennero lucidi e subito Daniele disse:

“Scusa … non volevo toccare un tasto doloroso per te, so benissimo che uno pensa di avere sempre tanto tempo davanti a se, e ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo nel momento in cui lo perdiamo, e poi si vive di rimpianti …”

Bell lo guardò sbigottita, non poté credere alle sue orecchie e subito chiarì :

“Guarda che mia madre non è morta! È solo che non c’è mai, forse non c’è mai stata, è sempre stata troppo presa da se stessa, mentre tua madre lascia se stessa per dedicarsi agli altri”

Daniele arrossì per la brutta figura fatta e poi dolcemente rispose:

“devo dire che se hai capito questo, hai già capito molto di mia madre …”

La loro conversazione si stava facendo intima e confidenziale quando li interruppe Serena che con voce squillante intervenne:

“Finalmente ti ho trovata! Non sapevo più che fare, per fortuna che Fabio mi ha consigliato di venire  a cercarti qui”

Fabio scostò una sedia e si sedette:

“ sapevo che eri qui, è uno dei posti più belli che ci siano in questo albergo!”

Daniele non attese ulteriormente e si alzò. Fu Bell a dire prontamente:

“non andare via, fermati ancora un po’”

“No non posso, ci vediamo in un altro momento con più calma” se ne andò.

Serena e Fabio parvero non curarsene troppo, e ripresero a parlare sorridendo, mentre Bell con lo sguardo seguì Daniele andare via in silenzio.

Era davvero strano per Bell incontrare qualcuno che conosceva appena a Dubai, un posto lontano dal suo mondo, lontano dalla sua vita. Era ancora in silenzio quando Serena la scrollò dai suoi pensieri:

“Bella addormentata andiamo? È già ora di cenare!”

Quando raggiunsero il salone i camerieri stavano iniziando a servire antipasti ad alcuni ospiti dell’albergo. Si sedettero tutti e tre attorno al tavolino rotondo, ricoperto con una tovaglia avorio, decorata con mirabili rabeschi che ricordavano le antichi fenici.

“ragazze posso consigliarvi dei piatti deliziosi?” chiese Fabio stendendosi un tovagliolo sulle ginocchia Serena senza pensare rispose:

“Se puoi? Ci devi consigliare!- poi volgendosi verso Bell spiegò- lui viene spesso qui per affari, diciamo che ormai è quasi di casa”

“Allora se è così ordina tu per noi!”

Con un cenno della mano Fabio richiamo l’attenzione di un cameriere, che con la loro nota discrezione si avvicinò al tavolo. Senza  parlare prese il suo taccuino ascoltò il giovane:

“ci porti tre Wara enab e tre fattoush, da bere dica al cuoco di pensarci lui” il cameriere disparve e Fabio riprese a parlare:

“Ah ragazze che bello poter stare in vostra compagnia, - poi guardando Serena – sai ti ho appena conosciuta, ma mi sembra di averti sempre conosciuta! O che ne so forse ti stavo aspettando!”

Serena lo guardò sorridente, non credeva ad una sola parola di quello che aveva detto, però dovette riconoscere che tutti quei complimenti le facevano enormemente piacere, e scherzosamente rispose:

“beh, però potevi anche venire a trovarmi in Italia! Ed invece sono dovuta venire io qui!”

“Hai ragione! Ma guarda non è stato bello incontrarsi in questo posto meraviglioso?”

Bell si intromise:

“Scusate potreste flirtare in un altro momento, ci sarei anche io qui, e non mi va di reggere la candela!”

“faccio ammenda per il mio comportamento!” si scusò prontamente Fabio. Aveva dei modi così galanti ed esuberanti, che anche se in alcuni momenti Bell si sentiva di troppo, gradiva la sua compagnia e rideva volentieri di ciò che diceva, e provava piacere vedere che anche la sua amica sorrideva ed era serena in tutti i sensi. Arrivarono le pietanze ordinate, ed il cameriere lasciò davanti  Bell un piatto diverso da quello degli altri due commensali, erano delle verdure con carne stufata e stesa su di un letto di pane sottile, il tutto predisposto a forma di fiore. Lei non disse nulla ma Fabio fermò il cameriere e chiese spiegazioni:

“Non è quello che avevamo ordinato, ci deve essere stato un errore!”

“No, è stato il cuoco che mi ha chiesto di portare questo piatto alla signorina” rispose e se ne andò senza attendere repliche. Fabio parve seccato dall’accaduto, ma Bell,  dolce come solo lei sapeva essere, lo calmò.

“Su non preoccuparti, non vale la pena prendersela per un piatto sbagliato, sono certa che sarà ottimo!”

“Non è questo il punto! Le ordinazioni devono essere rispettate! Oltretutto è la prima volta che mi capita in questo posto …”

Bell affondò la forchetta nelle sue verdure sconvolgendo quel fiore, assaporò ed esclamò:

“Squisito! Serena dovresti assaggiarlo!” e fu entusiasta del suo piatto. Serena le fece assaggiare un boccone della sua carne tritata avvolta in una foglia di vite. Costatò che le sue verdure stufate con la carne era nettamente più buono. La cena passò veloce ed allegra. Le due giovani salirono nelle loro stanze per cambiarsi. Iniziava la “movida”. Fabio le aveva invitate ad unirsi a lui per chiudere la serata insieme in piena allegria. Accettarono. Bell indossò una gonna di jeans al ginocchio ed una maglia bianca molto semplice, ad impreziosire la sua mise, una collana di perle colorate. Sciolse i suoi lunghi ricci rossi, facendoli ricadere sulle sue spalle. Serena invece indossò un abito leggerissimo che delineava senza accentuare le sue morbide curve, raccolse i capelli in una lunga coda, per valorizzare al meglio i suoi grandi occhi verdi. I giovani animatori stavano già facendo ballare un fornito gruppo di ragazzi, e si sentivano le risate salire nel cielo notturno. Un altro tavolino rotondo, questa volta senza tovaglia, tutto legno, ed in poco tempo arrivarono alcune bibite locali sul loro tavolo. L’allegria la faceva da padrone tra loro. Si erano appena conosciuti ma erano affiatati come vecchi amici.

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Capitolo 14
*** 14 ***


L’alba . un’alba completamente diversa da quella italiana. Un’alba da sogno. Bell si stava stiracchiando nel letto, quando udì bussare. Si alzò. Andò alla porta, ed un cameriere fece entrare nella sua stanza un carrellino e disse in un italiano stentato:

“La sua colazione signorina”

“ma io non ho ordinato nulla …” obiettò

“Il cuoco. La manda il cuoco”

“Il cuoco? Ma io non lo conosco, non ho neppure ordinato nulla …” ma il cameriere non le diede retta ed uscì dalla stanza. Bell sollevò il coperto e dentro vide una crepe alla nutella, accompagnata da un bicchiere di spremuta d’arancia. A lato un biglietto bianco, con l’intestazione dell’albergo, c’era un semplice e scarno “buongiorno” scritto a mano. Nessuna firma. La curiosità di Bell fu al massimo. Il profumo della crepe era delizioso. La divorò in un attimo, poi indossò un semplice jeans chiaro, una maglia morbida gialla e scarpette basse. Lasciò i suoi capelli sciolti. Fuori dalla stanza si chiese se era il caso di svegliare la sua amica. Decise che no. Scese l’enorme scala lucidissima. Arrivò alla reception e chiese della cucina, ma la giovane donna le disse che era non era concesso ai visitatori entrarvi. Sconsolata uscì nell’ampio giardino, ma il caldo era già soffocante. Vide il mare, liscio come se fosse una lastra di ghiaccio. Il sole rifletteva i suoi raggi sull’acqua rendendola brillante. Sapeva che c’era una spiaggia riservata. Forse era meglio lasciare perdere il mistero del cuoco e andare a mettersi il costume. Ma non era una cosa che le desse soddisfazione. Camminava con la testa tra le nuvole, e si sentì chiamare:

“Bella!” si voltò di scatto, era Daniele Martini, gli andò incontro sorridente ma lui le chiese una volta vicina:

“Che hai?”

“Niente”

“Bugia! Sei imbronciata”

Ne fu sconcertata! Come faceva quello semi sconosciuto a  sapere come era il suo umore. La cosa la mise in imbarazzo e senza capirne la ragione diventò nervosa. Fu lui che le disse ancora una volta:

“Guarda che non ti mangio! Calmati”

“Oh ma come gamberetti fai?”

“faccio cosa?” i suoi occhi divennero sorridenti e tutto il suo volto raggiante di allegria

Solo in quel momento Bell si accorse di quanto fosse bello. Una bellezza fuori dal comune, era ben proporzionato, ed il volto quasi perfetto con quelle due perle dal colore indefinito che aveva sugli occhi. Il suo cuore perse un colpo. Ma mantenendo il controllo di se stessa rispose:

“sai sempre cosa mi passa per la testa!”

“E’ facile! Sei come un libro aperto, i tuoi occhi parlano!”

Il suo cuore perse un altro colpo. Da quanto tempo non le succedeva? Lo sapeva bene, era dai tempi in cui si era presa una cotta per Emanuele Tellini. E per quanto si era auto convinta che era innamorata di Pierre Cantino, sapeva bene che non era mai stato amore, o niente di simile, la sua era stata una semplice evasione dalla sua routine. Uno scudo con quale proteggersi dagli altri, forse in fondo al suo cuore sapeva bene che non si sarebbe mai potuta innamorare di un tipo simile, e poiché anche lui non avrebbe mai avuto delle mire su di lei, ecco la protezione del suo cuore bella che pronta. Ma quel giovane visto poche volte dava al suo cuore vecchi palpiti, miste a sensazioni sconosciute. Rimase imbambolata a guardarlo, ma lui la scosse :

“Ti è piaciuta la colazione?”

Ed in quel momento Bell ricordò. La colazione. Il cuoco. Ed allora capì.

“ma il cuoco allora sei tu!”

“Si ieri, mi è arrivata la tua ordinazione, e sapevo per certo che quello che ti mandavo io ti sarebbe piaciuto di più”

“Già! Grazie allora. La colazione di stamattina era davvero deliziosa! Sai volevo venire a vedere chi fosse il cuoco”

“E non sei la sola … ieri ho saputo che il tuo amico si è arrabbiato parecchio, voleva venire in cucina”

“Non è mio amico, cioè, lo ha conosciuto Serena, la mia amica, ed ora si è incollato a lei, non di sicuro a me!”

Risero. E solo dopo lui propose:

“Scendi in cucina con me?”

“Ma non posso assolutamente venire …” lui la guardò, le prese la mano e la tirò. Capì che  a lui non importava molto e lo seguì. La cucina era immensa. Grandi pentoloni ribollivano sui fornelli, e giovani cuochi spadellavano verdure con estrema velocità, nessuno parlava fra di loro, solo ai cuochi era permesso di “gridare” e tutti erano impegnati nei loro compiti, chi lavava le verdure, alcuni tagliavano la carne, poi vi era anche chi lavava i piatti e chi invece decorava i dessert. E fu Daniele che disse:

“Questo è il mio regno! Ti piace?”

Bell era senza parole, le parve tutto così bello e strano, era una piccola città che si muoveva per conto suo. “Sono felice di averti incontrato” mormorò lui osservando il viso della ragazza, lei incrociò i suoi occhi per un istante e sorrise. Era bella. Bella dentro e fuori, ed il suo nome lo specificava. Daniele pensò che i suoi genitori non avrebbero potuto darle nome più adatto. Dal primo momento in cui l’aveva vista aveva provato per lei qualcosa di chimico ed irrazionale. Aveva criticato sua madre senza pudore, ma lui non si irritò, bensì provò una leggera ilarità, perché lei aveva scovato tutte quelle piccole cose che riuscivano a rendere sua madre alle volte esasperante. Poi il suo sorriso ed i suoi occhi, erano così … non vi era un aggettivo per definirli. Ricordava bene che il giorno in cui l’aveva vista per la prima volta era quasi spenta, mentre ora, in lei splendeva una luce diversa, i suoi pensieri vagavano senza sosta e fu lei ad interromperli:

“anche io sono davvero felice di averti conosciuto … sai prima di partire ho visto Manuela, mi ha aiutato a rifarmi il guardaroba- fece una piroetta su se stessa- ti piaccio? – non attese risposta e aggiunse ancora- non mi ha detto che saresti venuto anche tu qui”

“Tipico di mia madre, quando ho preparato il borsone mi ha chiesto dove andavo, eppure l’avevo avvisata un mese prima” scosse la testa poi chiese “Ti preparo qualcosa?”

“Non scherzare! Mi vuoi far diventare una botte?” si guardò e si corresse “No aspetta sono già una botte, quindi, è meglio  che io non lieviti ulteriormente, altrimenti Francesco mi uccide” rise ma lui serio chiese:

“Chi è Francesco?” ebbe paura della risposta

“Mio fratello …” la sua voce divenne dolce

“Gli vuoi bene?”

“Se gli voglio bene? È la persona che più amo al mondo, senza di lui mi sentirei persa” tacque poi chiese “e tu invece? Hai qualcuno che ami?”

Il suo sguardo divenne cupo. Si voltò e gridò qualcosa in inglese ad uno degli aiuti cuochi. Non rispose alla domanda. Bell se ne accorse e decise di non insistere.

Le giornate in quel residence parevano lente ed ammalianti, Serena e Bell trascorsero la maggior parte del loro tempo sulla spiaggia privata, dove non vi mancava nulla per confortare gli ospiti dell’albergo. Quella sera decisero di partecipare ad una delle serate che organizzavano gli animatori. Presero posto in un tavolino accanto al piccolo palco. Con loro ovviamente vi era l’ormai immancabile Fabio. Era simpatico ma indubbiamente invadente a parere di Bell. Mentre Serena pareva gradire la sua compagnia. Ogni cosa che lui dicesse le pareva di uno spirito unico, la faceva ridere a crepapelle. Mentre Bell talvolta rimaneva semplicemente basita. Non lo trovava divertente, o perlomeno non da sganasciarsi dalle risate. Delle orchidee violacee erano al centro del tavolo, che circondavano una candela accesa. Gli animatori presero di mira il loro tavolo. Intuirono subito che tra Serena e Fabio vi era del feeling e chiesero:

“La bella giovane dai capelli rossi è sola?”

Serena scosse la testa in segno di assenso, ed allora loro incalzarono

“E quanti anni ha la nostra bella irlandese?”

“Ventotto! E non è irlandese”

“VENTOTTO?” chiesero sorpresi loro, e poi ridendo “Guarda che rischi di rimanere zitella!” Bell divenne rossa in volto, voleva difendersi ma la voce le venne meno. Mentre Serena non si accorse dell’imbarazzo della sua amica.  Gli animatori la chiamarono sul palco. Bell scosse il capo, non voleva andare, ma Serena la sospinse, e senza sapere come si ritrovò lì sopra, con un sacco di occhi puntati, credette che il cuore stesse per scoppiarle da un momento all’altro.

“Stasera alla lotteria come primo premio mettiamo una bella nottata con questa ragazza, che ne dite?” tutti in coro risposero

“SIIIIIIIIIIIIII”

Bell non riusciva neppure a parlare, per l’imbarazzo muoveva le sue mani infilandosele tra i capelli. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

“Bella! Amore mio! Che ci fai qui?” era Daniele Martini, salito sul palco, con la sua casacca bianca da cuoco

Lei scoppiò a piangere, un pianto irrefrenabile, trattenuto che ora non poteva fermare, poi voltandosi al pubblico disse:

“Lei è la mia ragazza! Non è un premio per nessuno! E se deve passare una notte con qualcuno, quel qualcuno sono io!” la prese e se la portò con se. Ma l’animatore non contento sfidò:

“Guarda che verremo a controllare domani mattina”

 

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Capitolo 15
*** 15 ***


Lui lo lasciò parlare. Accompagnò Bell nella sua stanza.

Piangeva. Pareva una bambina.

Se la tenne stretta al petto finché non si placò. Ed allora, e solo allora la fece sedere su una sedia e inginocchiandosi di fronte a lei chiese:

“non ti sembra di esagerare un po’?”

Bell si accorse, che la sua reazione era stata troppo forte ed esasperata. Lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri ed ebbe paura di perdersi negli occhi di lui. Così limpidi e sinceri. Deglutì forzatamente ed ammise:

“credo proprio che tu abbia ragione … ma il fatto è …” si udì bussare alla porta e sussultarono. Daniele si alzò ed andò alla porta, dischiuse leggermente l’anta e davanti a se si trovò Serena che chiese:

“Posso entrare? L’ho vista proprio giù di morale”

“no lascia stare, ci sono io, tanto non mi eri sembrata molto preoccupata prima” e richiuse la porta. Serena rimase basita. Non si aspettava una simile reazione da parte di lui. Si adirò. E girandosi verso Fabio che l’aveva raggiunta disse:

“come si permette! Bell è una mia amica!” sapeva però in fondo al cuore Che Daniele Martini aveva ragione, perché lei per prima inizialmente aveva riso.

Soli nella stanza d’albergo. Bell  e Daniele erano seduti uno di fronte all’altro, ma nessuno dei due parlava. Un velo di imbarazzo era calato tra loro.

“E ora che facciamo?” chiese Daniele

“non lo so!” rispose lei continuando a guardare il pavimento

“Beh qualcosa dobbiamo pur fare! Dobbiamo passare tutta la notte insieme!” sorrise maliziosamente e Bell rispose:

“Non sei obbligato a stare qui con me! Vai pure tranquillo se hai da fare”

“Ma figurati! Resto qui molto volentieri …” si accostò a lei, le mise una mano fra i ricci e forzando un po’ sulla sua testa la costrinse a guardarlo in faccia. E fu così che lei gli puntò i suoi occhi addosso, tristi e sconsolati. Lui capì che non aveva voglia di scherzare, si sedette accanto a lei e gli disse:

“Parliamo!”

“Di cosa?”

“Di quello che vuoi! Non sono uno psicologo, però so ascoltare. Sai con una madre come la mia che non sta mai zitta devi per forza imparare a stare zitto!” la vide sorridere ed allora lui proseguì “Su parlami un po’ di te”

Silenzio.

Lei non parlava. Ed allora Daniele gli disse secco e deciso:

“ora mi spieghi che ti prende”

“davvero vuoi sapere perché sono così?” annuì ed allora riprese “ Sono così, perché è tutta la vita che mi sento deridere perché non ho nessuno al mio fianco, sono grassa e brutta, credo di non essere neppure simpatica” tacque un istante e poi “ perdindirindina! Anche tu mi trovi alquanto odiosa e noiosa”

“ti sbagli, non lo penso per niente! Non sei grassa, sei giusta. Le ragazze magre non mi piacciono! Non sei brutta, mi sei piaciuta subito appena ti ho visto al mobilificio. E soprattutto, non ti ho trovato noiosa, mi hai fatto morire dal ridere. E penso che tu non debba pensare che nessuno ti vuole per questi motivi, è stupido! Ed è stupido piangere per queste cose … nella vita ci sono cose più importanti” tacque improvvisamente e Bell rimase in silenzio a guardarlo e pensò che dentro di se aveva molto di più di quello che lasciava vedere. Sospirò silenziosamente si alzò dalla sedia e con voce più allegra possibile disse:

“hai ragione tu! Non devo fare così, sono stata davvero una stupida!”

Ad essere sorpreso ora era Daniele, quella ragazza era in grado di cambiare umore rapidamente, ma era talmente bella quando sorrideva che non gli importava. L’orologio sulla tavola segnava le due del mattino, lui sgranò gli occhi, che si dilatarono improvvisamente e disse:

“OH mio Dio! È tardissimo, ti spiace se mi corico sul divano? Altrimenti domani mattina non mi alzo!” lei lo guardò sorridente e gli disse:

“Ma sei pazzo? Sul divano dormo io! Tu domani dovrai stare attento a lavoro, io posso benissimo andare a dormire in spiaggia”

“Non se ne parla proprio, sono io l’uomo, e poi la stanza è tua, andrà bene sul divano davvero …”

Lei rimase silenziosa per un po’, poi quasi come se avesse preso una scossa elettrica gli propose:

“Possiamo benissimo dividerci il letto! È abbastanza grande per due!”

Daniele la guardò allibito, ancora una volta era riuscito a sorprenderlo. Non rispose e lei aggiunse:

“non pensare ,male ti prego, io oltretutto mi stupisco di me, non faccio mai certe proposte agli uomini, sia chiaro” era in un evidente stato di imbarazzo dalla quale non riusciva ad uscirne e divenne completamente rossa “quindi, visto che nessuno dei due vuole cedere all’altro ci divideremo le due metà del letto, e poi non so perché ma mi fido di te, ti conosco da poco, ma mi pare di conoscerti da un sacco di tempo”

Lui la osservò muoversi e decise di accettare. In fondo non c’era nulla di male, avrebbero solo dormito nello stesso letto per una notte.

“E’ deciso allora! Vado a mettermi il pigiama” dichiarò Bell soddisfatta. Lui in quell’istante si sentì ancora più imbarazzato, “il pigiama” aveva dichiarato, sperò ardentemente che non si trattasse di qualcosa di seta o raso lucido. Lui si tolse la sua maglia e rimase con una magliettina bianca leggera, e tenne addosso i pantaloni della tuta. Decisa di aspettarla seduto sul letto. Poco dopo comparve. I rossi capelli le ricadevano dietro la schiena ed un ricciolo ribelle le ricadeva sulla fronte. Il suo pigiama era un semplice completo lilla, pantaloncino e maglietta sulla quale vi era stampato un buffo cartone animato.

Non era sexy.

 Ma era semplicemente incantevole. La sua aria ingenua la rendeva splendente, ed a lui scappò:

“Bella …” tacque, si rese conto di quanto aveva appena sussurrato e cercò di rimediare aggiungendo “ehm, scusami, volevo dire Bell”

Lei rise. Non disse nulla. Si sentì avvampare le guance ma badò a non darci peso. E sedendosi sul letto chiese:

“Dormiamo?”

“Si certo – balbettò lui – quale parte del letto preferisci?”

“per me è uguale”

“Bene allora io mi metto qui sopra le coperte”

“Non avrai freddo?” chiese Bell

“Non preoccuparti, prima ho visto sul divano una copertina, in ogni caso prenderò quella”

“D’accordo! Allora … buonanotte” sussurrò lei facendo frusciare le lenzuola, mentre lei si infilava nel letto. Spensero la luce e di voltarono spalle contro spalle, Bell sentì il peso delle coperte che tiravano, voleva muoversi ma non osava. Solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stata imbarazzante quell’idea. Ma ormai era fatta, non poteva certo tirarsi indietro, socchiuse gli occhi, ma la tensione non le fece prendere sonno, e tenne i suoi occhi sbarrati nel buio per un tempo indefinito, fino a quando la stanchezza non la vinse. Dall’altra parte Daniele. Anche lui teneva gli occhi aperti nel buio. La vicinanza con Bell lo rendeva stranamente nervoso. Era una sensazione che non gli capitava da molto tempo. Il profumo della giovane gli aleggiava intorno,delicato ed invadente al tempo stesso. Si girò sull’altro fianco, nella speranza che lei dormisse già.

Dormiva.

Tirò un sospiro di sollievo. Accese la luce della lampada accanto a se. Una luce soffusa si espanse nella stanza, e rifletté sulla bianca pelle di Bell. Sembrava pelle di luna, tanto era chiara e delicata. Si sentì attratto da lei. Alzò la sua mano e la posò delicatamente sul suo volto, l’accarezzò dolcemente. “Che stai facendo” si disse. Ritrasse la mano si allontanò da lei il più possibile e faticosamente prese sonno. l’indomani mattina, la luce del sole penetrò nella stanza, facendosi beffa dei pesanti tendoni. Con i suoi raggi carezzò il volto dei due giovani. Bell aveva la testa poggiata sul braccio di Daniele, che con l’altro braccio la teneva stretta a sé, cingendole la vita. Quasi come se una sveglia si fosse messa a suonare, i due si svegliarono di soprassalto in contemporanea. Si guardarono, occhi negli occhi, e Bell con un urlo strozzato chiese:

“Che è successo stanotte?”

“Niente” rispose Daniele, nascondendo dietro  una calma apparente, uno stato d’agitazione totale

“E allora perché eravamo abbracciati?”

“mi avrai abbracciato tu! Durante la notte, sono irresistibile ammettilo”

“IO? Cosa avrei fatto io? Io non ho fatto niente di tutto questo, non lo farei mai!”

“Certo, non lo faresti mai, come invitare uno semisconosciuto a dormire con te”

Bell si sentì punta sul vivo, sapeva che lui aveva ragione, ma questo non gli dava il diritto di fare insinuazioni, poi lui guardando lo stesso orologio della sera prima disse:

“E’ davvero tardissimo devo andare!” non vedeva l’ora di andarsene via da quella situazione irreale,ma lei si avvicinò e mettendogli una mano sul braccio lo fermò:

“Eh no! Tu non esci da questa stanza se prima non mi dici che cosa è successo” era decisa e ferma sulla sua decisione

“Bella, ascolta se fosse successo qualcosa ti assicuro che te lo ricorderesti!” sorrise maliziosamente accostandosi al suo volto, era vicino alle sue labbra, poteva sentire il suo respiro. Una scossa lo pervase. Bell era tutta protesa verso di lui, ma lui all’improvviso si allontanò, gli disse solo:

“Ci vediamo dopo”

E la lasciò li, da sola. Divenne tutta rossa in volto. Era arrabbiata ed avvilita, non sapeva se gli provocava più rabbia il fatto che lui l’avesse chiamata Bella o il fatto che non avesse voluto baciarla! Ed ancora di più perché era lei stessa che voleva quel bacio! Stanca si gettò sul letto sfatto. Il suo cuore batteva come non faceva da tempo, sentiva in lei un risveglio di emozioni. Ora capiva cosa vuol dire aprirsi come le foglie di primavera. In lei tutto stava nascendo. O per meglio dire, risvegliando. Finalmente provava di nuovo la gioia di sentire il battito del suo cuore accelerato, la mente piena di pensieri sconclusionati, che non avevano né capo né coda, ma che in certi momenti sono davvero meravigliosi. Ma li, nascosta dietro l’angolo, insidiosa come sempre era celata la paura. La paura di non piacere. La paura di non essere apprezzata. Come sempre credeva di essere mostruosa. Ma non poteva sapere che invece era bellissima, con i suoi movimenti da bambina stretti in un corpo da donna. Un corpo non perfetto. No. Il suo non era un fisico da vanity fair o cosmopolitan, ma era morbido e pieno, proprio come quello di Venere.

 

 

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Capitolo 16
*** 16 ***


Lo squillo del telefono la colse di sorpresa. Serena si alzò dal letto e raggiunse il tavolino dove era poggiato il telefono di Bell. Non lesse il display e rispose:

“Pronto?”

“Bell! Sono Francesco”

Un tonfo al cuore. Si svegliò di colpo e schiarendosi la voce:

“ciao, sono Serena”

“Ah ciao mi passi Bell?”

“Veramente Bell è nella sua stanza, ha lasciato il telefono da me ieri sera. Ma tu come stai?”

“Bene grazie! Senti, dille di chiamarmi, ciao” attese il saluto e chiuse la comunicazione

Serena si sentì morire dentro. Lui non le aveva neppure chiesto come stava, come procedevano le sue vacanze. Non gli importava proprio niente di lei. Sapeva bene che lui era fatto così, ma in fondo al suo cuore sperava disperatamente che lui  con lei potesse comportarsi in maniera differente. Quella sera nel negozio si era gravemente illusa che forse qualcosa fra loro sarebbe potuto accadere, ma ora sapeva che il tutto era stato solo frutto della sua fantasia. Quasi scaraventò il telefonino sul tavolo e si tuffò nel letto sconsolata. Finalmente l’ora della colazione. Bell e Serena erano sedute una di fronte all’altra. Avrebbero voluto lasciare le loro amarezze nelle stanze, ma non vi erano riuscite. I loro volti portavano la stessa espressione delusa. Ma fu Serena che decise di dire subito:

“Stamattina ha telefonato Francesco”

“bene e che ti ha detto?”

“Niente, voleva te!” Serena ripercorse le poche parole scambiate con lui con la mente e solo alla fine fu richiama alla realtà dalla sua amica:

“ed allora perché non ha telefonato sul mio telefono?”

“E’quello che ha fatto solo che tu avevi lasciato il telefono giù ieri sera, ed allora l’ho preso io” tacque e proprio in quel frangente arrivarono i cappuccini. Bell stava per tuffare dentro una bustina di zucchero. La prima di molte altre che Serena quasi urlò:

“Ferma!”

“Che c’è?” chiese la giovane

“Guarda la tua tazza”

Bell si decise ad abbassare lo sguardo, e vide che sopra la schiuma vi era una “B” disegnata col cacao, chiusa dentro un cuore. Arrossì. E poi cercò di minimizzare la cosa dicendo:

“E’ semplicemente una stampa! La fanno a tutte”

“Che sia una stampa non lo metto in dubbio, che lo facciano a tutte non mi pare proprio! Io non ho niente disegnato sul mio cappuccino!” sorrise dolcemente e subito il volto di Bell si irradiò come poche volte era successo. Dopo aver esitato un istante decise di metterci lo stesso lo zucchero. Bevendo sopra il labbro si fermò un po’ di schiuma e Serena ridendo le disse:

“Hai i baffi!”

“Come ho i baffi? Ho fatto la ceretta prima di partire”

“I baffi di latte scema!” risero amabilmente come non accadeva da tempo. Ma fu solo per poco che quella loro intimità rimase tale, perché bello come sempre, con indosso un bermuda bianco a righe blu, e una polo bianca, i capelli in gelatinati all’insù. Sorridente come lo era sempre Fabio si sedette al tavolo frapponendosi fra le due giovani e dopo il buongiorno guardò Serena in volto e sottovoce le chiese:

“Cosa c’è che non va?”

Colpita e affondata! Pensò la giovane. Arrossì lievemente e rispose:

“Nulla, cosa vuoi che ci sia?”

“Meglio così!” le accarezzò lievemente la mano. Quel contatto provocò ad entrambi una scossa elettrica che li pervase. Bell si alzò e trovò una scusa per allontanarsi, e solo quando fu lontana abbastanza da non essere notata da Fabio fece un fugace occhiolino all’amica. Anche loro due si erano alzati e si diressero fuori a godere dell’aria fresca del mattino. Serena era silenziosa, e Fabio le disse nuovamente:

“Che ti prende? Oggi sei strana”

Lei non rispose. Lo guardò silenziosamente. Non poteva certo dirgli che  a farla stare male era un altro a molti chilometri di distanza, e lui incalzò:

“sai, ti conosco da poco, ma mi pare di conoscerti da una vita! Credo di averti sempre aspettato”

Era una dichiarazione d’amore. Ma Serena era distratta, il suo sguardo era perso nel vuoto e lui aggiunse:

“Darei non so cosa per conoscere i tuoi pensieri …”

“Scusami … cosa stavi dicendo?”

“Niente . dicevo solo che non mi piace vederti così triste, sei bellissima quando ridi, e vederti triste mi fa stare male” non conosceva da tanto quella ragazza, ma da subito aveva capito che era speciale. Diversa da tutte le altre. Era attratto da lei, lo prendeva a tutto tondo. Non era solo il suo aspetto fisico ad intrigarlo, ma anche la sua mente, i suoi atteggiamenti. Non poteva certo dirsi di esserne innamorato, ma era qualcosa di molto simile all’amore quello che provava lui. Però in tutto questo riusciva a capire chiaramente che qualcosa di lei era distante. Nonostante lei gli dimostrasse simpatia, capiva che il suo pensiero era da qualche altra parte. Serena vedendolo intristito per colpa sua gli disse:

“dai su; ormai mi restano pochi giorni vogliamo divertirci?” lui non rispose, le prese le mani, la fece volteggiare per poi farla finire fra le sue braccia. Serena sorrise sinceramente. Adorava sentirsi importante per qualcuno, e non le importava se tutto quello da li a poco sarebbe svanito, voleva godersi ogni istante di quella vacanza.

Bell stava vagando senza meta quando improvvisamente due mani le coprirono gli occhi, ma lei si divincolò da quella flebile trattenuta. Si voltò e di fronte a se vide Daniele. Si diede della stupida per non averlo riconosciuto subito, ma era talmente felice di vederlo che non le importava di nulla. E lui le disse:

“Vieni con me …” la condusse nuovamente nelle cucine la fece sedere su di uno sgabello con lunghi piedi d’acciaio e spadellando una pentola su un fornello già acceso chiese:

“Sai stamattina ho temuto davvero che gli animatori di ieri si presentassero dietro la porta, invece come siamo andati via, non si ricordavano più di noi. Comunque piaciuta la colazione?” il suo sguardo era tornato vivace ed allegro come sempre e lei sentendosi nuovamente a suo agio rispose:

“Passabile!” poi senza guardarlo “Come mai mi hai portato qui?”

Rimase spiazzato da quella domanda, ma sorrise, e rispose sinceramente

“Avevo voglia di stare con te”

Un tuffo al cuore. Un palpito improvviso si creò nel petto di Bell. Non poteva crederci, voleva stare con lei, e lo aveva detto con la stessa semplicità di cui sono capaci i bambini. Cercò qualcosa da dire, ma non le venne in mente niente.

“Sai oggi è il giorno del concorso di cucina, spero di fare delle buone cose!”

“Oh ne sono certa!” esclamò Bell entusiasta.

E presto fu la gara. In fretta vennero serviti i piatti. Profumi e odori di spezie si fondevano tra loro, lasciando un olezzo ormai leggero tutt’intorno. Venne proclamato il vincitore. Non fu scontato che il vincitore fosse Daniele Martini. I suoi piatti erano sempre deliziosi per qualunque palato, senza tuttavia doversi perdere in improponibili accostamenti fra le pietanze. Bell era rimasta tutto il giorno con lui. Nei momenti di alta tensione, era rimasta ferma in un angolo ad ammirarlo muoversi fra i suoi aiutanti, proprio come un capitano su di una nave che deve affrontare una tempesta. Era bello con il suo cappello da chef. E la cosa che aveva potuto notare la ragazza, che anche se era nervoso ed il sorriso non era sul volto, non era mai scontroso o arrabbiato. Si chiese se davvero era reale. Lo era. Era ancora stretta nel suo angolo quando lui le si avvicinò con un flute pieno di spumante. Glielo porse e disse:

“Brindiamo!”

Lei sorrise, prese il bicchiere tra le mani e lo fece battere lievemente al calice di lui. Bevvero un sorso. E fu nuovamente Daniele a parlare:

“Sono felice, non puoi capire quanto tenessi a questo premio!”

“Te lo sei meritato”

“lo credi sul serio?”

“non mento mai!”

Lui la guardò negli occhi, e dopo un sospiro dichiarò:

“Lo so” era un’affermazione sincera, credeva a quello che stava dicendo. Era ubriaco di gioia e stanchezza. Si avvicinò al volto della giovane, con la mano libera le carezzò i capelli, infilando un dito in un riccio fiammante. I loro respiri erano ormai tutt’uno. Bell socchiuse gli occhi. Il suo cuore si aprì di felicità. Lui la voleva baciare. Ed anche lei bramava che lui lo facesse. Le sfiorò appena le labbra. Un tocco quasi impercettibile. Lo squillo del telefono li interruppe:

“Scusami devo rispondere”

Lo guardò allontanarsi e lo sentì rispondere:

“Oh amore mio! Mia vita! Ho vinto, certo che ho vinto! Tornerò presto. Anche tu mi machi. Sei sempre nei miei pensieri …”

Bell chiuse gli occhi. Sentì una lacrima solcarle il viso. Si diede della stupida e si disse “Brutta cretina! Credevi sul serio che lui si fosse innamorato di te?” una vocina in fondo al cuore le rispose “si”.

Quando Daniele chiuse il telefono, cercò Bell, ma non la trovò. Era come se si fosse volatilizzata nel nulla.

 

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Capitolo 17
*** 17 ***


Il viaggio di ritorno fu lento e triste per Bell, che non riusciva a smettere di pensare a Daniele. Il rollio dell’aereo era nulla al confronto del rumoroso trambusto dei suoi pensieri. Al suo fianco,anche Serena era silenziosa e totalmente assorta nei suoi pensieri. Si era salutata con Fabio la sera prima con un semplice “a presto”;in riva al mare, il tramonto faceva da cornice alla loro ultima sera insieme a Dubai. Avevano passeggiato a lungo mano nella mano, e proprio quando erano arrivati davanti la porta della stanza di Serena lui l’aveva cinta in vita e stringendola a se, le aveva baciato le labbra. Nulla di più, di un intenso bacio avvenne quella sera. Ma quel bacio, per lei fu molto di più, era stato come un uragano che le aveva sconvolto il cuore, non riusciva più a capirsi. Ma i suoi pensieri subirono una pausa forzata

“Sai Serena, sto male!” disse Bell guardando nel vuoto

“Come?” chiese l’amica

“Si mi fa male il cuore, credo di aver commesso l’errore più grande della mia vita, quello che non avrei mai e poi mai voluto fare. Mi sono innamorata”

“Di Daniele?” la sua fu più un’affermazione che una domanda e proseguì “E perché stai male? Lui è un bel ragazzo, e a dire il vero mi pare che anche tu non le sia del tutto indifferente”

“è quello che credevo anche io, pensa che l’altra sera mi ha quasi baciata, poi invece gli è squillato il telefono … e ho scoperto che ha un’altra. Vedi tutti mi prendono in giro, lo hanno sempre fatto, perché dovrebbero smettere ora? Rimarrò sempre la Bell Pallone del liceo”

Serena si inalberò e sentenziò:

“Il fatto è che tu sei troppo buona con tutti! Dovresti essere più dura e farti valere molto di più”

“grazie … se non avessi te come farei?” lei non rispose, se la strinse forte, ed in quel gesto rivelò tutto il suo bene per lei. Anche Serena, aveva bisogno di parlare, aprire il suo cuore, ma non voleva certo farlo ora, e non poteva farlo con Bell. Non si sentiva pronta a dirle che il suo cuore era completamente diviso in due. Le piaceva Fabio, era bello, divertente, la riempiva di attenzioni e soprattutto credeva che lui fosse sincero,ma… rimaneva sempre quel ma, che la sfiniva, perché per quanto lei cercasse di non farlo, pensava continuamente a Francesco. Chissà cosa faceva, se la pensava … no. Non la pensava. Questo lei lo sapeva e soffriva. Finalmente arrivate. Ad attenderle c’era lui. Francesco. Bell si tuffò subito fra le sue braccia e vi rimase accoccolata. Serena invece gli lanciò solo una fugace occhiata che lui non raccolse, ed  andò a ritirare i bagagli.

“Com’è stata la vacanza?” chiese Francesco una volta solo con Bell . erano entrambi seduti sul divano con la televisione accesa, sullo sfondo i mondiali di calcio. Giocava l’Italia. Era in vantaggio per uno a zero con gol di Giulio Parenti, giovane promessa del calcio italiano. Francesco oramai conosceva ogni singolo particolare di quella breve vacanza e per distrarre la sorella cercò di cambiare argomento e chiese:

“Cos’hai intenzione di fare con il lavoro?”

“Rientro” rispose lei

Lui la guardò stupito. Per la prima volta l’aveva vista decisa, senza alcuna esitazione in vita sua, e ne fu felice.

“Buongiorno Pierpaolo” trillò Bell appena arrivata davanti al banco della reception.

Pierpaolo Cantino stava bevendo il caffè, gli andò di traverso la sorsata ed iniziò a tossire mettendosi una mano davanti la bocca. Aveva sputacchiato ovunque di caffè, con la mano libera cercò di asciugare in maniera maldestra i fogli sulla scrivania, come si riprese un po’ farfugliò:

“Bell … noi non ti aspettavamo,cioè Pierre non mi aveva assolutamente detto che tu saresti rientrata”

“Non te l’ha detto perché non mi ha chiamato per farmi rientrate!”

“E tu sei venuta lo stesso?”

“Certo che sono venuta! Le ferie sono finite, ho fatto una vacanza straordinaria, ma adesso devo riprendere il mio posto”

“Ma Pierre?” chiese ancora il giovane

“Pierre dovrà accettare la mia decisione, se non vuole che mi rivolga ai sindacati” lo lasciò così, si girò e facendo svolazzare i suoi capelli fiammanti raggiunse il suo ufficio. Chiuse la porta dietro di se e non dimenticò di guardare la vaschetta del pesce. Era certa che il suo piccolo Pablo stesse galleggiando a pelo d’acqua. Ed invece era li! Con lo sguardo perso nel vuoto boccheggiava vagando nel suo mondo subacqueo. Accorse accanto a lui ed infilò l’indice nella boccia facendo spostare l’acqua. Il pesciolino salì fino al suo dito, parve riconoscerla, ma dopo un fugace contatto si allontanò. All’ora si sedette sulla sua poltrona girevole. Aprì i cassetti e subito tirò fuori i fogli. Come prese in mano la matita sentì la porta spalancarsi. Alzò lo sguardo, e bello come sempre apparve Pierre Contino, nel suo solito completo scuro:

“Cosa ci fai qui?” la sua voce era tonante, ma Bell, non si scompose, rimase seduta con la matita tra le mani e rispose:

“Lavoro”

“io non ti ho dato il permesso di rientrare”

“Pierre, è qui che ti sbagli, io non volevo il tuo permesso, ho deciso riprendere a lavorare non avevo più voglia di stare a casa” tutto in lei rivelava che qualcosa era seriamente cambiato. Il suo sguardo era freddo, e distaccato, quasi quanto quello del suo capo. Lui lo percepì. Non riuscì a ribattere e senza dire niente se ne andò. Bell abbozzò un sorriso, compiaciuta di quello che era riuscita a fare.

Era una sensazione meravigliosa. Sentiva come se stesse prendendo in mano la sua vita. Finalmente. Tutto lentamente stava cambiando. Ma dentro sentiva un dolore insistente, che per quanto lei cercasse di ignorare si presentava. Non poteva non pensare a Daniele. L’aveva ferita. Da allora non lo aveva più sentito. Ma non era solo lei ad essere cambiata. Tutto intorno era diverso. Persino Serena ormai la vedeva raramente. Fabio aveva mantenuto la sua promessa, l’aveva raggiunta in Italia non appena aveva concluso i suoi affari. Viaggiava per lei. La trattava come una principessa. Bell però non riusciva a capire cosa turbasse la sua amica. La vedeva si felice, ma non pienamente. Quando si vedevano spesso la trovava intenta a scrutare il cielo, oppure fissare un punto indefinito, proprio come fa una donna infelicemente innamorata. Fu una di quelle sere che Serena andò da Bell. Aveva in mano i pacchetti del ristorante cinese. Suonò. E non appena entrò disse allegramente:

“Proprio come ai vecchi tempi! Schifezze cinesi per cena, un dvd strappalacrime e tanti gossip dal negozio” rise e posò tutto sulla tavola gialla e Bell rispose:

“Ne avevo proprio voglia!”

“Di schifezze?”

“No di passare un po’ di tempo con te!”

“Già ci voleva proprio”

Bell corse a preparare il lettore ed infilò il dischetto, mentre Serena prese da un cassetto solo dei tovaglioli e chiese:

“Divano?”

“Ovvio! Tutto come sempre” erano sedute e prima di premere Play Bell disse:

“Prima parlami un po’ di Fabio”

“Che dire? È un ragazzo d’oro! Mi coccola, mi fa sentire importante, insomma ci tiene davvero a  me!” tacque un istante poi sussurrò “l’altro giorno mi ha detto ti amo”

Bell si ammutolì, ed il gamberetto che era stretto fra i bastoncini cinesi ricadde nel cartoncino.

“Ho avuto la stessa reazione anche io!”

“E tu lo ami?”

In quel momento si aprì la porta e Francesco apparve davanti a loro. Rimase con la chiave nella toppa della porta, intento a guardare Serena. Le sue gambe lunghe ed affusolate erano incrociate sul divano, la camicia rosa era aperta sul davanti lasciando vedere e immaginare cosa ci fosse sotto, e solo per ultimo rimase incatenato agli occhi verdi di Serena che era imbambolata a guardarlo. Cercò di spicciarsi e disse velocemente:

“Sera! ragazze”

Rispose solo Bell al saluto, mentre Serena disse sottovoce:

“Mi hai detto che lui non c’era”

“Infatti non capisco perché sia a casa. Ma che importa a noi?”

Serena fece finta di nulla e sorrise. Non lo aveva più davanti agli occhi, ma ascoltava tutti i suoi movimenti. Aveva aperto il frigo e bevuto qualcosa. Il cuore di Serena stava per esplodere. Batteva all’impazzata. Gli capitava ogni volta che sentiva il suo nome, figurarsi ora che gli era vicino. Il suo corpo era invaso da un formicolio. Bell la richiamò alla realtà e disse:

“Allora mi rispondi?”

“Di cosa parlate?” si intromise Francesco. Era capitato spesso che lo facesse, e prima di allora Serena la prendeva come una piacevole intrusione, adesso invece per lei era un peso insopportabile, ma non lo diede a vedere e Bell rispose:

“Di Fabio, il ragazzo di Serena”

“Ah!” esclamò lui irrigidendosi lievemente “è diventato il tuo ragazzo?”

“Oh si, e l’altro giorno le ha detto che la ama!” aggiunse Bell, mentre Serena ammutolita osservava sperando di poter scomparire

“E tu lo ami?” chiese Francesco guardando Serena dritto negli occhi, il telefono di Bell trillò, si scusò e disparve.

Serena e Francesco erano soli, ancora occhi negli occhi, lui stringeva le mani allo schienale del divano e ripeté:

“lo ami?”

Serena rimase silenziosa ed incredula e rispose con un’altra domanda:

“Perché me lo chiedi?”

“Curiosità” ma la sua non era curiosità lo sapeva bene, era bella, e forse dire che era bella, era poco. i suoi occhi erano in grado ammaliarlo. Sapeva che quella sera sarebbe stata li per mangiare cinese, e fece di tutto per potersene andare prima. Sapeva che era sbagliato, ma non era riuscito a non cedere alla tentazione di vederla. Non sapeva perché ma quella ragazza aveva su di lui un effetto strano. Era incantato da lei, dal suo profumo, dalla sua voce. Ed anche se non lo aveva mai fatto trapelare neppure a se stesso, ora non poteva più far tacere il suo cuore. Aveva scoperto che il vederla frequentemente gli provocava un’amara tristezza, della quale nulla poteva porvi rimedio, mentre il solo suono della sua voce gli faceva galoppare il cuore. Era dunque amore? Non lo sapeva. Però di una cosa era certo, sapere che lei fosse innamorata di un altro, era la cosa che più lo mandava in bestia. Ed ora attendeva ansante quella risposta. I loro volti erano più vicini del previsto, le loro bocche parevano sfiorarsi. Non seppe perché ma si avvicinò a lei, e la baciò. Non gli importava conoscere la verità, in quel momento sentiva solo che la voleva.

E la voleva per lui.

 Serena si abbandonò a quel bacio ad occhi chiusi. E con il cuore rispose

 “No, non lo amo, perché amo te, forse da sempre”.

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Capitolo 18
*** 18 ***


Francesco si staccò da lei, si passò una mano sulla fronte:

“Scusami, non so cosa mi sia preso” e se ne andò lasciandola sola nella stanza.

Nello stesso istante entrò Bell, paonazza in volto. Serena cercò di ricomporsi e chiese:

“Che succede?” la sua era più una domanda di cortesia che altro, voleva solo scappare via da quella casa e non vedere mai più Francesco. Un secondo prima stava toccando il cielo con un dito, mentre ora… adesso era sprofondata sottoterra. Sentì le lacrime salirle agli occhi, ma le ricacciò indietro. Non stava ascoltando la sua amica, si alzò di scatto e disse con un tono di voce troppo alto:

“Io devo andare?”

“Perché? Non abbiamo neppure visto il film”

“Mi sono ricordata che devo correre a casa, forse viene Fabio …”

Prese la borsa ed uscì di corsa. Una volta in strada le lacrime iniziarono a scendere copiose sul suo volto.

Perché tutto era diventato così difficile? Perché dopo quella maledetta vacanza a Dubai, le cose al posto di migliorare erano diventate complicate al posto di appianarsi? Domande … tante domande che le due amiche si ponevano nello stesso momento, ma distanti tra loro.

 Bell non riusciva a darsi pace, lei era sicuramente divenuta più risoluta nelle sue decisioni, e poteva avvertire il cambiamento che era avvenuto in lei, in modo prepotente, acceso ed istantaneo. Il che non le dispiaceva affatto. Adorava vedere le facce delle persone stranite, nel vedere il suo sguardo nuovo e le sue risposte piccate. Ma Serena era cambiata, si accorse che anche suo fratello era cambiato ultimamente. Era ancora più taciturno del solito. Ed il suo cuore? Era un mare in tempesta. Dove le navi vengono sbattute da una parte all’altra dalle onde senza meta, fino a farle diventare relitti. Daniele non si era più fatto sentire dal suo rientro, però adesso telefonava Donna Manuela dicendo che aveva il desiderio di vederla. A che gioco giocavano madre e figlio? Non riuscì a darsi una risposta perché si abbandonò al sonno.

Bell era nel suo ufficio che stava sistemando vari fascicoli di arredamento appena arrivati. La porta del suo ufficio si aprì, e Pierpaolo entrò e disse:

“Bell, c’è un signore che chiede di te …”

“fallo entrare …” rispose rimanendo in piedi

Pochi istanti e quando si voltò di fronte a lei vide un uomo. Pochi capelli sulla testa, una faccia rotonda dove vi erano incastonati grandi occhi verdi, ma gli occhi erano pieno di piccole rughe. Lei si accostò tendendole la mano, i suoi occhi caddero sulla camicia a righe dell’uomo, i bottoni tiravano sulla pancia rivelando della peluria superflua. I pantaloni erano tenuti da una cintura stretta sotto la pancia. Afferrò la mano dell’uomo e disse:

“piacere Bell Pallone …”

“So bene chi sei … tu non ti ricordi di me?”

“Ehm … credo di no”

“Bell … sono Emanuele Tellini!” esclamò l’uomo

“Emanuele Tellini?” domandò sbigottita! Non poteva crederci lui doveva avere la sua età ed invece sembrava un vecchio! Ok d’accordo forse dire vecchio era troppo, ma di sicuro ne dimostrava almeno cinquanta al posto di ventotto. Rimase li impalata ancora per qualche istante. Stava cercando di riprendersi, non poteva credere che per lui il tempo fosse passato tanto velocemente. I suoi boccoli d’oro non c’erano più. Ed il suo corpo atletico era svanito. Non era rimasto neppure il più lontano ricordo. Si riprese da quello shock momentaneo e sedendosi sulla sedia girevole chiese:

“Quanto tempo! Cosa ti porta da queste parti?”

“bèh sono interessato ad ammobiliare una casa”

“Ovvio, sono un’arredatrice …” rise e poi chiese “ dai raccontami un po’ di te! Cosa fai ora?”

“beh lavoro nel campo dell’edilizia …”

“Mi fa davvero molto piacere e ti sei sposato? Fidanzato? Su sono curiosa …” parlava tranquillamente, erano passati dieci lunghi anni dall’ultima volta in cui l’aveva visto. Aveva pensato mille volte  a come sarebbe potuto essere quell’incontro, ed ora stava accadendo. Solo che lui era completamente diverso da come se l’era immaginato. Il suo cuore palpitava regolarmente. Tutto in lei era regolare, come se fosse a contatto con un completo sconosciuto. Ed effettivamente era solo quello. Del ragazzino che le piaceva ai tempi del liceo non vi era più nulla. Che strana sensazione. Lui parlava e lei ascoltava distrattamente. La colpì solo quando disse:

“si purtroppo sono sposato … ma se solo potessi tornare indietro …”

“Perché dici questo? Il matrimonio è una cosa stupenda …”

“certo, è stupenda quando ci si sposa con una dea come te …”

“Ma Emanuele, non hai ancora perso il vizio …. Sei un adulatore”

“No è la verità sei davvero splendida, diversa da quella che eri ai tempi della scuola …”

“E allora dimmi chi è la fortunata?” quell’aggettivo le pareva troppo grande per definire chiunque si fosse presa la briga di infilare la fede al dito di Emanuele Tellini ma ormai era fatta …

“ Martina”

Silenzio.

“La nostra compagna di classe … te la ricordi?”

“Oh si certo … e come potrei dimenticarla, è proprio fortunata” stavolta calcò sulla parola fortunata, perché erano stati fortunati a trovarsi due serpenti e poi proseguì “siete sempre stati fatti l’uno per l’altra”

Tanto tempo era passato, e tanto tempo aveva sprecato, ora ne aveva l’assoluta certezza. E pensare che in tutti quegli anni non aveva fatto altro che pensare al loro fatidico incontro. Era stato tutto inutile. O forse no. Ora le parti si erano invertite, era lei ad essere ammirata. Ma non le importava. In quel momento il suo pensiero era rivolto altrove, ad un'altra persona. Daniele Martini, e adesso chissà dov’era?  Cosa stava facendo? Se la stava pensando? No! Questo era impossibile, lui era legato ad un’altra persona l’aveva sentito con le sue orecchie … pensieri … la distolse Emanuele che continuava a parlare e chiedeva:

“E tu? Sei sposata? Fidanzata? Ma che domande certo che si! Sei talmente bella …” non smetteva un attimo di adularla. la porta dell’ufficio si aprì di scatto ed eccolo li.

In piedi.

Fermo a fissare Bell negli occhi.

Era Daniele Martini.

Bello come sempre, con i suoi occhi dal colore cangiante duri e tristi allo stesso tempo. Bell non lo aveva mai visto così, e senza badare all’uomo seduto di fronte la scrivania disse seccamente:

“Bell ti devo parlare”

“Sei entrato senza bussare! Te ne rendi conto? E poi non mi pare il caso, sono con un cliente”

“Non ti ho chiesto cosa stai facendo, e se puoi! Io devo parlarti!”

Lei non seppe resistere al suono della sua voce. Si alzò e scusandosi con Emanuele uscì dall’ufficio.

“Cosa vuoi?”

“voglio sapere perché sei scappata via …”

“Io non sono scappata, avevo solo finito le vacanze …”

“eri talmente ansiosa di tornare a casa da non salutarmi neppure?”

“Si”

“eri ansiosa di rivedere … lui? Come si chiama?”

“Emanuele! Si chiama Emanuele!”

“Ma l’hai visto?”

“Cosa ti importa a te? Non volevo rientrare in tutta fretta per vedere lui, questo è poco ma sicuro, e comunque non ti devo delle spiegazioni. Proprio a te che mi fai telefonare da tua madre per sapere come sto! Cosa credi che non lo sappia che l’hai fatta chiamare tu?”

“mia madre cosa?”

“Non fare il finto tonto!”

“Ti giuro che non sapevo niente!” il suo tono era sincero  Bell lo intuì e disse

Vabbè non fa niente, ascolta, lasciami stare in santa pace, credo che non sia giusto che io e te ci frequentiamo”

“E perché? Posso sapere il motivo? O è un segreto”

“sai benissimo perché non possiamo uscire insieme …”

“io non voglio uscire con te!”

Queste parole arrivarono a Bell come uno schiaffo in faccia ma poi lui aggiunse:

“Io voglio stare con te!”

Questa ultima frase la colpì ancora più della prima.

 Lui voleva stare con lei.

Era la prima volta in assoluto che un ragazzo le dicesse una cosa del genere. Il suo cuore iniziò a palpitare velocemente, le gambe divennero molli, le sembrava di avere mille farfalle nello stomaco . fece un passo verso di lui. Ma si fermò di colpo. Le ritornò in mente quella telefonata di un tempo non tanto lontano. Tornò indietro e disse freddamente:

“Lasciami in pace”

Daniele si avvicinò a lei la prese per un braccio con sguardo implorante e chiese:

“Perché ? dimmi solo perché” accostò il suo volto a quello di lei. Erano così vicini che le loro bocche parvero sfiorarsi per un momento, ma arrivò Pierre Cantino. Prese Bell per un braccio e l’allontanò:

“Bell, onestamente è l’ultima cosa che mi aspettavo da te! Lo sai che non amo le smancerie dei clienti figuriamoci delle mie dipendenti” la guardò e si accorse che un po’ tremava la strinse a se e guardò con fare minaccioso Daniele Martini:

“le consiglio di andarsene subito” la sua voce era fredda e calma come sempre; lo seguì con lo sguardo finché non lo vide uscire dalla porta a vetri. Bell era ancora accoccolata fra le sue braccia, quando lui le prese il volto fra le mani:

“Ti stava infastidendo?”

Bell non seppe cosa rispondere. Tutto per lei era così strano. Non capiva bene cosa stesse succedendo. Era fra le braccia del suo gelido datore di lavoro che improvvisamente era premuroso con lei. Nel suo ufficio ad attenderla c’era il suo vecchio amore di un tempo. E poco distante da lei c’era lui, Daniele. Mille emozioni e strane sensazioni si erano impossessate del suo cuore.

Passato. Presente e … futuro erano li.

 

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Capitolo 19
*** 19 ***


Il passato era ben impresso nella sua mente, era certamente Emanuele Tellini. Che con tutta sincerità ammise a se stessa che mai sarebbe potuto essere amore. Quello vero. neppure se avesse conservato la bellezza di un tempo gli sarebbe balenato in testa di stare con lui. Ma il suo futuro dov’era? Daniele lo aveva perso? Era priva di risposte … domande intrecciate le affollavano la mente, ma una su tutte prepotentemente le riempiva la testa. Quello che la stava stringendo era lo stesso Pierre di sempre? Quello che aveva conosciuto in questi anni? La stava stringendo forte a se, e lei non rifiutava quella stretta, anzi si rifugiava con tutta se stessa. Parvero ore, ma in realtà non furono che attimi. Un abbraccio che si dissolse con la stessa rapidità con la quale era avvenuto. Bell pensò che forse qualcosa le sarebbe rimasto dentro e invece … il vuoto! Niente. Le sensazioni sognate, immaginate, il desiderio di piacergli che l’aveva spinta in tutti questi anni era magicamente svanito. Il suo cuore per la prima volta in vita sua si era accorto di amare.

Amava con un’intensità mai vista e mai provata.

Una piacevole sensazione che la faceva passare dalla gioia infinta all’angoscia più totale nella frazione di un secondo. Tutto perché il suo cuore aveva deciso di rimanere incatenato ad un uomo già impegnato. E lei non era una sfascia famiglie. Aveva dei valori e dei principi nella quale credeva ciecamente, non poteva certo mettersi in mezzo a rovinare qualcosa di assodato.

“E’ tutto a posto?” chiese Pierre distogliendola dai suoi pensieri

“Si ora è meglio che vada, ho un cliente” si allontanò ed entrò in ufficio. Trovò Emanuele nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato, con le sue mani grandi poggiate sulla sua pancia enorme. Dopo di lei entrò una donna dai lunghi capelli tinti; il volto segnato da piccole rughe, sfoderò il sorriso ingiallito dal fumo, ma ciò nonostante Bell riuscì a riconoscere Martina, la sua vecchia compagna di scuola. Era incinta. Bell si augurò vivamente che il figlio che sarebbe nato dalla loro unione imparasse dagli errori dei genitori e diventasse una persona migliore. Dopo i saluti di falsa cortesia che si scambiarono, li lasciò andare in giro per il mobilificio con Pierre. Li vide allontanarsi per andare al piano superiore e ringraziò il cielo per come erano andate le cose dieci anni prima.

L’orario era di quelli in cui nessuno andava in giro per fare spese. La gente preferiva sicuramente restarsene  a casa a riposare, mentre lei era costretta a lavorare. Serena stava sistemando la vetrina ma la sua testa era altrove. Non riusciva a togliersi dalla mente il suo bacio con Francesco. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, l’unica con la quale avrebbe voluto parlarne era sicuramente Bell, ma non voleva mettersi anche lei con i suoi pensieri a darle noia, era già abbastanza incasinata con i suoi problemi che lei non voleva dio certo aggiungergliene di nuovi. Era bella come sempre. I suoi movimenti erano delicati e dolci anche con uno straccio in mano. Mentre sistemava i vari modelli provava qualche montatura e guardava il suo riflesso nel vetro.

 Francesco la stava osservando da un po’ di tempo, in un angolo non molto distante da lei. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Doveva esserne innamorato. Anzi ora non aveva più dubbi. Per quanto avesse fatto il possibile per camminare lontano da questo incredibile sentimento in grado di sconvolgere la vita, l’amore gli era capitato tra capo e collo, nel momento in cui meno se lo aspettava. E per la persona che fino a qualche mese prima gli pareva di non aver mai visto nonostante la conoscesse da così tanto tempo. Era in grado di offuscargli la mente e stravolgere il cuore. Doveva dirglielo.

Prima o poi.

Un rumore distolse Serena dalle sue faccende e si affacciò sul marciapiede per vedere cosa fosse. Non poté credere ai suoi occhi. Delle bambine portavano dei cesti colmi di petali di rose colorate, e dietro di loro, un cavallo bianco che si fermò di fronte a lei. Era senza parole, estasiata. Dal cavallo scese lui, il principe azzurro e con un filo di voce Serena chiese:

“Fabio … che ci fai vestito così?” era Fabio che vestito come un cavaliere medievale le si parò di fronte con un immenso fascio di rose rosse

“Sono qui per te, mia amata donzella” si inginocchiò di fronte a lei e le disse guardandola negli occhi

“Ti amo. Ti amo più della mia vita, e voglio passare il resto della mia vita con te! Sposami! Diventa la mia principessa. Non voglio una principessa per un giorno, ma la regina di una vita al mio fianco, ti amo ti amo e ti amo”

Non disse nulla, non ebbe neppure la forza di rispondere rimase muta per un istante. Un istante che parve un’eternità. In quell’attimo eterno ripensò a tutto ciò che era successo nell’ultimo periodo. Senza dubbi si accorse che non aveva mai amato Fabio. Gli voleva bene, ma niente di più. L’uomo che amava era un altro, l’uomo dalla quale desiderava essere baciata non l’amava. Francesco non era li. Non gli aveva mai fatto vedere di provare qualcosa per lei, quel bacio che si erano scambiati era stato solo un errore. Il cuore smise di far valere le sue ragioni e cedette alla ragione della mente. Quello era un matrimonio conveniente, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere. Sarebbe stata una stupida a farlo andare via. Dalle sue labbra fece uscire un lieve “si” fu un si quasi soffocato e tremante. Fabio pensò fosse per l’emozione, ma Serena sapeva bene che il suo era un si dolorante.

Francesco sentì una lama penetrargli il cuore e girargli dentro. Un dolore lancinante, tangibile si impossessò di lui. Sentì come se il peso del mondo fosse caduto all’improvviso sulle sue spalle, tanto da essere costretto a curvarle. A passi lenti se ne andò da li, con gli occhi pieni di Fabio e Serena che si baciavano.

Bell era ferma sulla sedia del suo ufficio intenta a guardare Pablo. Il suo pesce. Da quanto non lo guardava? Non se lo ricordava neanche più. Pochi mesi erano stati in grado di stravolgerle la vita come se fossero stati anni. Quanti cambiamenti … la prima a cambiare era stata proprio lei e da quel momento niente era più stato lo stesso. Il silenzio dei suoi pensieri venne interrotto da Pierre che entrò nell’ufficio, senza bussare come sempre. E Bell gli disse dolcemente:

“Bussare non va più di moda?”

Lui non rispose alla provocazione e si sedette di fronte a lei, nella poltroncina che occupavano solamente i clienti e chiese scusa, lei lo guardò esterrefatta, non poteva essere il suo Pierre:

“Pierre che ti succede? Ti hanno rapito gli alieni e ti hanno sostituito?”

Lui rise e scosse la testa e poi rispose:

“Non sono io ad essere cambiato …”

“si certo, quella che è cambiata sono io, ma ti posso assicurare che tu non sei più lo stesso!”

“non sono più lo stesso perché mi relaziono a te in maniera differente! Questa nuova Bell ti assicuro che mi piace”

Lei arrossì lievemente sulle gote e chiese:

“davvero?”

“Si, e a quanto pare non sono l’unico”

Bell capì subito a chi si stava riferendo. Parlava di Daniele Martini, ne era certa, ma non disse nulla perché fu lui che continuò a parlare dicendo:

“Stasera passo a prenderti alle otto. Non ammetto rifiuti” si alzò e la lasciò sola.

Un abito nero, corto al ginocchio, impreziosito da una sottile catenina che reggeva una perla;una sola perla che dava luce al decolté, un paio di scarpe col  tacco dello stesso colore dell’abito. I capelli sciolti emanavano un bagliore rosso acceso. Sul volto un velo di trucco. Bell era pronta, e mancavano ancora pochi minuti alle venti. Era in piedi nell’entrata, appoggiata al divano, non si sedeva per la paura di sgualcire il vestito, e attendeva che il citofono suonasse, quando improvvisamente il portone di casa si aprì violentemente. Entrò Francesco, come una saetta. Il volto stravolto. Bell preoccupata gli corse incontro, mentre lui si era già buttato sul divano. Nelle mani teneva strette le chiavi della macchina. Bell ansante si inginocchiò accanto a lui e chiese:

“che succede?”

“niente! È stata solo una brutta giornata” poche volte lo aveva visto in quel modo e Bell stava per fare un’altra domanda, quando lui la interruppe per chiedere:

“Tu piuttosto dove stai andando? Sei incantevole …” non aveva voglia di parlare, ma non voleva neppure che lei gli facesse domande e lei rispose:

“esco con Pierre”

“Il tuo capo?” rimandò lui stupito

“Si proprio lui, ma lo chiamo e resto a casa con te!” esclamò lei preoccupata

“No, vai pure, a me basterà solo un po’ di riposo, ho un gran mal di testa …”

Il citofono trillò, e lei balzò in piedi:

“è lui!”

“Vai e divertiti sorellina mia” Bell chiuse la porta, udì i suoi passi svanire nel nulla, e solo allora si abbandonò ad un pianto triste e solitario.

Quando Pierre vide Bell, rimase senza fiato. Era davvero splendida. In quel momento era come se la stesse guardando per la prima volta. Il suo scialle cadde lasciando intravedere la pelle bianca delle sue spalle. Quel cigno era rimasto nascosto da qualche parte in tutti quegli anni, ed ora si esibiva come un pavone che non conosce la bellezza della sua ruota di piume. Lui fece il giro per aprirle la portiera. Ma lei prontamente lo bloccò :

“grazie ma faccio da sola …”.

Si avviarono e lui la portò in un locale soft, di classe. Le luci dei piccoli faretti attaccati alle pareti erano soffuse. Un cameriere li fece accomodare su un tavolino rotondo, al centro vi era una candela accesa, che rendeva l’atmosfera ancora più romantica. Il cameriere che li aveva accompagnati chiese se poteva iniziare. Pierre rispose con un semplice cenno del capo.

Arrivarono le pietanze, una dietro l’altra, e tutte una più squisita dell’altra. L’unica particolarità era che tutte le porzioni che venivano servite alla giovane erano predisposte a forma di cuore. Era quasi giunta la fine della cena, e lei disse al suo cavaliere:

“Sei stato davvero carino a farmi predisporre tutto a forma di cuore”

“Oh non è stata una mia idea”rispose lui tranquillamente

Il cuore di Bell sobbalzò, ma cercò di non pensare a Daniele Martini e chiese:

“Posso farti una domanda?”

“certamente, puoi chiedermi tutto quello che vuoi”

“Perché mi hai invitato fuori a cena?”

“vuoi la verità?”

“Certo …”

“Il fatto è che mi sono accorto che tu sei una persona davvero meravigliosa! Mi vergogno solo di non essermene accorto prima”

“Ascolta Pierre, per quanto questa cosa mi lusinghi, insomma tu sei il mio capo, e non voglio certo finire come quei romanzetti da quattro soldi …”

“io non voglio piacerti per forza … voglio solo che tu mi conosca meglio, e soprattutto da un altro lato, perché so bene di essere stato troppo scontroso con te in questi anni”

Cosa stava succedendo? Il destino le stava offrendo un’altra opportunità? Era davvero possibile? Non avrebbe mai immaginato che Pierre la guardasse come si guarda ad una donna. Tutto questo la mise in forte imbarazzo. Con la scusa di andare a ripassare il trucco si alzò dal tavolo. Cercava il bagno, ma la sua era una scusa per avvicinarsi alla cucina. Forse li avrebbe visto il cuoco. Uno spiraglio dalla porta della cucina faceva intravedere dentro. Tanti grembiuli bianchi, tutti uguali fra loro, ma nessun volto conosciuto. Bell ne rimase delusa e si disse che sicuramente la coreografia dei piatti era uguale per tutte le donne. Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare:

“Stai cercando qualcuno?”

Una mano sul cuore, quasi a volerlo fermare per impedirgli di uscire dal petto. Divisa bianca. Grande grembiule bianco intorno alla vita, sporco quasi come la tavolozza di un pittore, ed un grande cappello stretto in una mano.

Era Daniele Martini.

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Capitolo 20
*** 20 ***


La chiuse nell’angolo con un braccio per non farla scappare, e le chiese:

“Piaciuta la cena?”

“Allora sei stato tu!” rispose lei

“Chi credevi che fosse?” fece finta di offendersi e aggiunse “ non mi dire che hai pensato potesse essere qualcun altro a darti questo trattamento”

Lei scosse la testa. Aveva pensato che fosse lui, ma non ci aveva sperato. E fu lui che chiese ancora:

“Sei qui con il tuo capo!”

“non è come credi! È tutto molto confuso … - si stava giustificando, non voleva che lui l’avesse vista uscire con un altro, ma poi aspramente disse- comunque almeno lui è libero!”

“Bell, io e te dobbiamo parlare” la guardava e la teneva incatenata con lo sguardo, e quegli occhi per lei erano diventati tutto. Non riusciva a staccarsi da lui, voleva muoversi, ma le sue gambe non glielo permettevano, tutto quello che voleva in quel momento era scordarsi del resto del mondo e che lui la stringesse fra le sue braccia. Ne era conscia lo amava. Non ne capiva la ragione, lo conosceva da poco tempo. E sapeva bene che per essere innamorati bisogna conoscere, i pregi e i difetti delle persone, e lei di Daniele conosceva talmente poche cose che dirsi innamorata era troppo, ma il suo cuore non era d’accordo, non la pensava allo stesso modo. E come se lui stesse leggendo la sua anima si chinò per baciarla. Un bacio dolce delicato, era uno sfiorarsi appena le labbra.

Una vocina sottile e dura allo stesso tempo li riportò alla realtà:

“papà!”

I due si staccarono bruscamente. Bell si voltò e vide una bimba, avrà avuto circa otto anni, lunghi capelli neri e occhi dello stesso colore. La giovane era troppo scioccata per parlare o dire qualcosa, era come se si fosse mummificata. Daniele si accovacciò a terra vicino la bimba e chiese:

“Cosa c’è tesoro mio”

La bimba dagli occhi corvini, prese la mano del padre, l’aprì e gli mise un pezzo di carta e battendo con la mano nella sua disse:

“Nonna!”

Dietro la bimba quasi nascosta c’era una giovane donna, piccola, con un viso dolce e pulito e timidamente disse:

“Daniele non c’è stato verso di farla calmare è voluta venire a tutti i costi, vuole la nonna”

“Teresa portala pure da mia madre, dopo parliamo …” la  ragazza, pacata come era arrivata prese la mano della bambina e disse:

“Ora andiamo dalla nonna” la bimba obbedì silenziosa e si allontanarono insieme mano nella mano.

Bell era sconvolta. Quando si riprese si allontanò, ma Daniele la fermò per un braccio:

“Aspetta Bell, dobbiamo parlare”

“io e te non abbiamo proprio niente da dirci, lasciami andare ti prego”

Aveva una figlia e una moglie. Ne aveva avuto il dubbio, ed ora ecco la conferma.

Era sposato.

Con la mente ripercorse quegli attimi, e pensando e ripensando provava pena per Teresa, la moglie. Doveva essere abituata all’infedeltà del marito, perché ne era certa, li aveva visti baciarsi, ma non aveva detto niente. Nessuna reazione. Si sentì morire. Aveva un peso nell’anima insopportabile. Quando si sedette nuovamente al suo posto era pallida come un cencio, e Pierre preoccupato le chiese:

“Tutto bene?”

Bell, non mentì dicendole che si sentiva poco bene e desiderava tornare a casa. Lui la riaccompagnò immediatamente sotto il suo portone e premurosamente aveva aspettato sotto casa finché non aveva visto la luce accesa uscire dalla finestra.

Percorse lentamente la stretta entrata che portava alla sua stanza. Bell lanciò un’occhiata nella camera del fratello, Francesco dormiva nel suo letto, o almeno così pareva a lei. Si tolse le scarpe e infilò la maglia del pigiama, che per lei era troppo grande, e le arrivava a metà coscia, si tolse quel poco di trucco che aveva sul volto e si sdraiò sul divano. Sentì bussare alla sua porta. Si sedette di scatto in preda al panico, con il cuore che le batteva a mille. Decise di rimanere immobile per non farsi sentire. Smise anche di respirare. Rimase in allerta e solo quando si rese conto che era frutto della sua fantasia, si sdraiò nuovamente perdendosi dei suoi pensieri.

Un’altra volta udì bussare. Stavolta più forte. Si alzò lentamente e si diresse verso lo spioncino.

Guardò.

Non poteva credere ai suoi occhi.

Era Daniele Martini!

Aprì leggermente l’uscio, e gli chiese:

“Cosa vuoi?”

“Devo parlarti” rispose deciso

“Non ho voglia di ascoltarti”

Richiuse la porta, ma lui mise un piede tra la porta e il muro impedendole di chiudere. Il colpo fu forte, ma lui non cedette e disse:

“ma io voglio parlare con te” spinse la porta con forza ed entrò.

E fu li davanti a lei. E la trovò ancora più bella di qualche ora prima. Nella sua semplicità aveva una bellezza disarmante, senza eguali. E Daniele rimase senza fiato sul serio. Allungò una mano per accarezzarle i capelli ma lei si ritrasse; lui fece un passo avanti e chiese:

“Posso sedermi?”

Lei fece un gesto vago, quasi a voler dire “fai come vuoi”

Si sedette sul divano, e richiamò lei vicino a lui; lei non raccolse l’invito e rimase in piedi poggiata alla parete con le braccia incrociate sotto il seno.

“Bell, credo di doverti delle spiegazioni”

“Non sei obbligato a dirmi niente, io non voglio più vederti”

“Ma non è quello che voglio io”

“a me non piace fare l’amante”

“Ma quale amante” sbottò lui “ti prego siediti e lasciami parlare

Agitata, come poche volte era stata in vita sua, si sedette al suo fianco tirando giù al massimo la sua maglia.

“Hai tempo? È una storia lunga” chiese lui

Lei annuì. Non era in grado di dire neppure una parola, aveva il cuore che le soffocava la gola. E lui iniziò il suo racconto:

“Gioia. Questo è il nome della bambina che hai visto stasera. Ma purtroppo il suo nome e il suo significato sono ben lungi da lei, e se non fosse per Teresa, la donna che hai visto con lei e per mia madre non saprei davvero cosa fare”

“E’ ovvio che Teresa e tua madre ti aiutino, sono la madre e la nonna della bambina”

“Ed è qui che ti sbagli!- La incalzò lui – Teresa è un’assistente psicologica per Gioia, e mia madre non è la nonna di Gioia”

Bell lo guardò con sguardo interrogativo e Daniele riprese il suo racconto senza guardarla più negli occhi, sapeva, o sperava che lei non lo interrompesse più, era difficile per lui parlare di questo, non lo aveva mai fatto con nessuno

“Gioia è la figlia del mio migliore amico. Ma lui è morto da quattro anni, un incidente stradale, dove hanno perso la vita lui e sua moglie. Gioia era in macchina con loro, si è salvata per miracolo – la sua voce si incrinò leggermente – è la mia figlioccia, è sempre stata una bambina felice, vivace, allegra e non smetteva un attimo di parlare. I suoi grandi occhi neri mi parlavano e ridevano tutte le volte che la vedevo. Amo totalmente quella piccola creatura. La amo come se fosse mia figlia. Provo per lei lo stesso bene infinito che provavano i suoi genitori. Quando seppi dell’incidente corsi in ospedale e li trovai i parenti che speravano nella salvezza della piccola che lottava tra la vita e la morte, era la loro unica nipote, e i nonni dicevano di volerla crescere loro, era l’unica cosa che rimaneva dei loro figli. Io gli rimasi accanto giorno e notte. E non mi posso scordare del giorno in cui è uscito il medico dalla sala rianimazione a dirci che Gioia ce l’avrebbe fatta a vivere. Piansi di felicità. Ma i giorni passavano e Gioia taceva. Non una parola. Il suo sguardo era assente nel vuoto, qualunque cosa dicessimo, lei non rispondeva; era diventata violenta e urlava. Il suo unico modo di comunicare erano degli scarabocchi che faceva su fogli di carta e poi li accartocciava rabbiosamente. I nonni decisero di farla visitare da un medico specialista, mentre era ancora ricoverata. E il verdetto fu “autismo”. Non si fidarono e chiamarono altri medici, ma la diagnosi era sempre la stessa. Un giorno mentre ero con Gioia, li sentii litigare dietro la porta. Discutevano perché nessuno di loro voleva prendersi cura della piccola, dicevano che loro erano anziani, che lei era violenta, che non potevano farsi carico di una bambina con una malattia tanto grave, nessuno di loro diceva di avere soldi per mantenerla … mi accorsi che Gioia aveva sentito tutto, si alzò di scatto dal suo lettino ricoperto di lenzuola bianche e si avventò contro i nonni con violenza. La presi in braccio con forza e solo dopo che loro se ne furono andati si calmò, grazie all’aiuto delle infermiere. Fu allora che presi la decisione di farmi carico di Gioia. Non fu difficile convincere il suo parentado. In poche parole nessuno voleva un peso in famiglia e non chiedevano di meglio. Feci le pratiche per l’adozione, e grazie ai soldi e a qualche conoscenza Gioia è diventata mia figlia. Sapevo a cosa andavo incontro ma non mi importò molto. Ho deciso di sacrificare tutto per lei. Per fortuna ti ripeto c’è mia madre che la guarda con amore infinito. Ma il mio cuore è disperato per lei, ho girato il mondo per trovare una cura, una soluzione. Niente. Sembra che non si possa fare niente. È chiusa nel suo mondo e non permette a nessuno di entrarci. Da dopo l’incidente ha smesso di parlare, i medici dicono che sia colpa dello shock. Io la guardo e non riconosco più la mia Gioia, questo mi fa morire ogni giorno un po’. Sono addirittura arrivato a pensare di aver sbagliato a tenerla con me! Insomma, io non sono suo padre, non ho mai avuto un figlio. Come posso sapere cosa è giusto o è sbagliato? Sono arrivato al punto in cui stavo per scappare e lasciarmi tutto alle spalle, lasciando tutto il peso delle mie decisioni a mia madre, ma non ci riesco, quella bambina mi ha sconvolto la vita, e sento di non poter più vivere senza di lei. Appena mi è successo tutto questo avevo anche una donna al mio fianco, ma non sopportava l’idea che, io mi dedicassi più a Gioia che a lei. Ti dirò che non è ho sofferto più di tanto, non posso stare insieme a qualcuno che non ami la mia piccola. E poi sei arrivata tu. Ti ho vista. Sei stata un colpo di fulmine. Così bella, vivace –lo sguardo incredulo di Bell si posò su di lui e guardandola –si tu! Sei meravigliosa,perfino nel modo di criticare mia madre –abbozzò un sorriso lieve, e continuò –ho pensato che forse tu avresti potuto, o voluto entrare nel mio mondo e in quello di Gioia. Le mie esitazioni erano dovute al fatto che, non sapevo se e come avresti accettato la cosa, non solo ho una figlia, ma è anche malata, non è una cosa semplice avere a che fare con lei, con me. Ma io vorrei tanto provare; per la precisione vorrei che tu provassi. Mille volte mi sono posto la domanda di cosa succederebbe, vuoi sapere la risposta? Non  mi importa. Voglio lanciarmi in questa avventura, tu vuoi venire con me?”

Bell, era ammutolita, di fronte a quelle rivelazioni non sapeva che dire. La sua testa anziché essere affollata da mille domande era completamente vuota. Guardava Daniele e si accorse che il suo sentimento verso di lui, era cresciuto senza volerlo e senza spiegarselo. L’aveva invitata in un mondo nuovo; in fondo era come vivere in una di quelle storie che scriveva da ragazzina, doveva lanciarsi nella terra di mezzo, dove nessun altro sarebbe potuto arrivare, ed insieme al suo cavaliere doveva raggiungere la piccola principessa rinchiusa nella torre più alta di un misterioso castello, per liberarla e portarla nuovamente a chi l’amava. Un’avventura troppo difficile da affrontare, ma sapeva che non era sola, con lei c’era Daniele.

Non gli rispose. Si avvicinò a lui, gli prese la mano e lo baciò con dolcezza. Fu un bacio dolce e atteso. Lui la guardò negli occhi e chiese:

“E’ un si?”

“Solo se mi aiuterai …”

“E io che speravo fossi tu ad aiutare me …” rise

Si baciarono ancora e ancora. Lui la stringeva a se. E ogni secondo che passava la vedeva sempre più bella. Era la felicità a renderla tale. Finalmente la sentiva sua, ma a malincuore disse:

“Adesso è meglio che vada …”

Bell lo accompagnò alla porta. Ridevano in silenzio. non volevano svegliare il palazzo.

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Capitolo 21
*** 21 ***


Daniele iniziò a scendere le scale, ma non ebbe finito la prima rampa, che una donna che teneva un cane in braccio le si parò davanti. I capelli erano stretti in decine di treccioline. La donna lo guardò in faccia, poi rivolse lo sguardo verso il portone aperto e disse:

“quando il gatto non c’è il topo balla! È proprio vero! cosa stavate combinando?”

“Mamma!” esclamò Bell imbarazzata, le corse incontro ad abbracciarla, mentre il cagnolino guaiva disperatamente, sembrava chiedere un po’ di libertà, ma la donna strinse ancor più la presa e Bell disse:

“Perché non ci hai fatto sapere che sareste arrivati oggi!”

“Volevo farvi una sorpresa!”

Daniele approfittò della situazione per svignarsela velocemente e in silenzio, con il tacito assenso di Bell.

“Dov’è Francesco?” chiese la donna entrando in casa

“Sta riposando non si sente molto bene, ma perché non mi hai avvisato che tornavi oggi?” chiese seguendo sua madre

“Perché volevo farvi una sorpresa, comunque non mi interessa, io lo voglio vedere subito” era già in casa e aveva lasciato la porta aperta, e con tono sommesso disse:

“Pietro, ti vuoi sbrigare?”

E subito apparve il padre di Bell, con i capelli rasati, un’abbronzatura sorprendente e le mani piene di bagagli. Bell lo abbracciò e stancandosi notò un disegno sul collo dell’uomo, e chiese sconcertata:

“papà! Quello cos’è?”

“Oh! L’hai notato!” esclamò passandosi una mano sul disegno “è un tatuaggio, rappresenta l’eterna giovinezza! L’ho fatto in un villaggio … Kendra! Come si chiama il villaggio dove siamo stati?”

Kendra?! La mamma non si chiama Kendra! Si chiama Franca”

“oh cara, come sei stressata, con tutta questa energia negativa non potrai mai capire … ha cambiato il suo nome … questo le dà serenità”

Serenità? No, quel nome non le dava serenità! Le confermava che al posto della serenità i suoi genitori erano diventati più pazzi del normale. Ma non ebbe il tempo di stare a pensarci ulteriormente perché Francesco avendo udito il trambusto si alzò:

“Francesco !” urlò Franca-Kendra lanciandogli le braccia al collo. Lui dopo averli salutati ritornò a dormire la testa gli faceva ancora troppo male.

Kendra-Franca si sedette attorno al tavolo e picchiettando col dito su di esso mormorò:

“Il mio figliolo ha problemi cuore!”

“mamma che stai dicendo? Ha solo avuto una giornata tremenda te lo assicuro”

“sarò anche pazza, ma so riconoscere un cuore malato”

Bell la guardò stupefatta, non era possibile, se stava male per una donna lui glielo avrebbe confessato

“mamma davvero credi che Fra abbia mal d’amore?”

Ma la mamma non rispose, stava accarezzando il suo cucciolo, persa in un altro mondo.

La notte era scesa dolce e avvolgente su tutta la città e in casa Pallone, pareva che il trambusto avvenuto poche ore prima fosse lontano. Bell era sdraiata nel suo letto. Gli occhi aperti, fissi al soffitto. La sua mente viaggiava veloce tra sua madre e suo padre che pareva avessero perso completamente il lume della ragione, e tutto ciò che era successo con Daniele. Pareva che il cuore le stesse per scoppiare dalla gioia. Si alzò silenziosamente, si diresse verso il bagno. La luce era accesa, la vedeva filtrare da uno spiraglio, guardò dentro, e vide seduto a terra piegato su se stesso di fronte al water Francesco. Teneva la testa stretta fra le mani. Lei non ci pensò su due volte. Entrò nel bagno. Francesco la sentì entrare e disse, senza alzare lo sguardo:

“pensavo di avere chiuso …”

Bell si voltò e serrò la porta a chiave. In silenzio si sedette accanto a lui sul pavimento, si prese le ginocchia tra le mani e rimase in silenzio. rimasero così silenziosi ed assorti per qualche minuto, poi Francesco disse in un filo di voce:

“Si sposa …”

Bell non si voltò a guardarlo, ma il suo cuore prese a battere velocemente, e la sua testa iniziò a far girare una sola domanda:

chi si sposa? Chi si sposa? Chi si sposa?

E Francesco quasi come se avesse intuito i pensieri della sorella disse:

“Serena”

Bell, rimase interdetta, non sapeva cosa rispondere, e poi lui come faceva a sapere che Serena si sposava? Neppure lei ne sapeva nulla di questa notizia, si era forse persa qualcosa? Senza pensare disse:

“Sono davvero felice per lei …” non fece in tempo a concludere la sua frase che il fratello disse laconicamente:

“io no!”

Lei lo guardò, e solo con quello incrociarsi di sguardi lesse un mare di cose. Erano occhi negli occhi, i primi sorridenti, felici e limpidi, i secondi, spenti tristi e velati di lacrime e Francesco disse:

“Non sopporto l’idea che si sposi!”

Bell voleva sentirsi dire tutto quello che il fratello aveva taciuto e chiese:

“Perché? Io non ti capisco”

“Amo Serena!” finalmente lo ammise. Sentì il cuore sollevarsi, ma restare dolorante, e poi aggiunse “Non chiedermi da quanto tempo, io non lo so, so solo che è una cosa nata per caso, imprevista e all’improvviso. Conosco Serena da una vita, da sempre! E solo poco tempo fa mi sono soffermato a guardarla sul serio. E devo dire che quando mi sono accorto che mi piaceva, non ero molto entusiasta della cosa, ho sempre pensato che le donne fossero un impiccio per noi medici, e onestamente non volevo venire meno alle mie idee, i miei ideali … ma questo sentimento è cresciuto giorno dopo giorno, è diventato talmente intenso da non concedere alla mia mente altri pensieri che non riguardino lei. Il suo profumo, i suoi occhi il suo sorriso. Non sai cosa darei per averla con me! Oggi sono andato vicino al negozio dove lavora, volevo parlare con lei, avevo finalmente trovato il coraggio. Ma poi, è arrivato lui! Con le sue rose, il suo maledetto cavallo bianco! Le ha chiesto di sposarlo e lei ha detto di si! Capisci? Ha detto di si! Mi sono sentito morire, l’anima mi si è svuotata completamente. Non so come spiegarti questa sensazione che sento dentro. So solo che sto male, male da morire senza di lei …” non piangeva, ma parlava sommessamente, e poi disse a Bell “ti prego di non dirle niente, lo so che lei è la tua migliore amica, e io sono tuo fratello, ma non interferire, ti scongiuro, non voglio che tu debba scegliere tra me e lei. Quindi quando ti dirà che si sposa, tu congratulati con lei e sii felice con lei e per lei! Non pensare a me. Io sicuramente mi merito tutto questo soffrire perché ho sempre rifiutato l’amore, e adesso che ha bussato alla mia porta lui mi rifiuta!” si passò ancora una volta una mano fra i capelli e si alzò “ è meglio se andiamo a dormire”

Bell non era riuscita a dire niente, lui riaprì la porta e stava per uscire, gli corse incontro e si strinse a lui:

“ti voglio bene” gli sussurrò all’orecchio

“Anche io” rispose Francesco dolcemente.

Quella notte nessuno dormì.

La mattina seguente il profumo del bacon fritto si sparse in tutta la casa, portando tutti i membri della famiglia in cucina. Bell aveva i suoi soliti capelli arruffati, e la pancia non era scesa, ma era molto più bella, il suo volto irradiava luce da ogni poro. Francesco invece pareva stanco e affaticato. Mentre i genitori trafficavano ai fornelli e Bell disse:

“Mamma, ma il mio latte?”

“Latte? Quale latte … il latte fa male! Bisogna mangiare cose che ti diano energia la mattina, per affrontare bene la giornata, non prendere esempio da tuo fratello, che ha sempre bevuto solo un succo di ace e ora si ritrova pallido come un cencio”

“Come fai a sapere che ho sempre bevuto solo del succo?” chiese Francesco

La mamma Franca-Kendra non si voltò, e mentre diede un pezzetto di bacon al suo cagnolino rispose:

“Guardate che io vi conosco, siete i miei figli! Voi credete che io non so niente di voi, che non mi interesso a quello che vi accade, ma sappiate che so molto più di quello che voi credete. Vi voglio bene! Per questo dico che Bell farebbe bene a non farsi scappare quel gran pezzo di marcantonio che ieri sera se l’è svignata da casa nostra come un gatto, e tu dovresti dire a Serena quello che provi per lei! Non fare lo stupido, quando l’amore bussa bisogna sempre aprire”

I due fratelli si guardarono negli occhi. Come faceva a sapere tutte queste cose? Li aveva spiati? Con uno sguardo d’intesa si guardarono e scossero la testa nello stesso istante, e Francesco disse:

“Saranno anche matti ma ci vogliono bene” era vero. non erano i genitori migliori del mondo, questo era poco ma sicuro, ma era altrettanto vero che l’essere svitato non impediva loro di adorare i loro figli, e questo Bell e Francesco finalmente lo avevano capito.

Bell entrò in ufficio, guardò Pablo, e vide seduto sulla sua poltrona Pierre Cantino:

“Buongiorno Bell”

Sobbalzò, ma poi rispose:

“Giorno. Cosa ci fai nel mio ufficio?” chiese

“ieri sera ho visto!” rispose invece lui

“Visto cosa?”

“Che il tuo amico è salito in casa, quello che è stato qui l’altro giorno, e che ho mandato via”

“Senti Pierre, è proprio di questo che ti vorrei parlare …”

“Parla ti ascolto”

“Lui è il mio fidanzato, l’altro giorno è stata solo una banale discussione, ti chiedo scusa, io non volevo prenderti in giro, né tanto meno penso di potermi permettere di fare una cosa del genere …”

“Lo ami?”

“Più della mia vita!” fu la risposta sicura

“bene, allora è tutto a posto, mi spiace un po’ perché come ti ho detto ieri sera, iniziavi a piacermi sul serio, ma sono felice per te!” si alzò e si diresse fuori dall’ufficio e prima di uscire disse:

“Buon lavoro”

Bell si distese sulla sedia e tirò un sospiro di sollievo, non credeva che sarebbe riuscita a risolvere tanto facilmente la questione con il suo capo.

Era sotto il portone di donna Manuela, era da un po’ che non la vedeva, e questo le metteva addosso un po’ d’ansia, perché, incontrarla adesso era diverso. Era la madre del suo ragazzo e non solo una donna dai modi bislacchi che era piombata nella sua vita comprando una cucina! Daniele le teneva la mano, e insieme salirono le scale. La porta era già aperta, ma Manuela Martini le andò incontro e l’abbracciò come sempre. Il primo ostacolo era stato superato. Ma  un lieve senso di malessere era ancora in Bell. Capì fulmineamente che era ansiosa di vedere Gioia.

“Stai tranquilla, con Gioia devi solo essere te stessa” non sapeva come aveva fatto ma Daniele le aveva letto nel pensiero, e questa era una delle cose che amava di lui. si sedettero su un piccolo divano e Gioia fece la sua entrata. Era silenziosa, si guardò intorno con circospezione, poi con eleganza si sedette tra Bell e Daniele, cera poco spazio, ma si fece largo spingendo tra i due. Daniele la guardò e accarezzandole una mano le disse:

“Amore, lei è Bell”

La bambina iniziò a muoversi avanti e indietro, ritmicamente, quasi come se fosse un pendolo,e  Daniele ripeté:

“lei è Bell, tesoro, guardala … non è bella?”

Gioia accentuò il suo andirivieni sul divano, e mentre il padre le teneva la mano lei si voltò verso di lui e disse:

“Nonna! Nonna! Nonna! Io nonna!”

“la nonna è qui, ma voglio che tu conosca Bell”

“No!” rispose la piccola violentemente, si alzò di scatto e scomparve dietro la porta. Daniele si sentì morire, e chiese scusa a Bell allontanandosi e andando a cercare la piccola. La trovò nella sua stanza che frugava nel cassetto dove teneva le peck e tolse una foto della nonna e poggiandola sulla lavagna che aveva in camera disse battendo i pugni:

“Nonna! Io Nonna! Solo nonna!”

Daniele si inginocchiò di fronte a lei e dolcemente iniziò a parlarle:

“Amore, ascolta la nonna è qui, ma per favore vieni solo a salutare Bell ti prego!” dietro di lui comparve Donna Manuela, e la bambina si avvinghiò a lei, madre e figlio si guardarono e dopo qualche istante Gioia seguì la nonna senza dire nulla e arrivarono in cucina. Bell era ancora seduta nello stesso posto, titubante Bell si alzò e  andò incontro a Gioia, le si parò davanti chinandosi su di lei e le schioccò un bacio sulla guancia. Veloce, secco e violento le arrivò uno schiaffo in viso, che inizialmente stordì Bell, subito Manuela e Daniele gli dissero in coro:

“Non si fa!” poi Daniele si accostò a Bell e le guardò in volto, era rossa in faccia e sulla guancia aveva cinque dita stampate. Lui gli passò una mano sul volto, come se fosse una carezza, e la bambina nuovamente si lanciò verso di lei sferrando pugni alla rinfusa, gridando. Un grido sordo che penetrava nei timpani. Daniele era stupefatto e cercò di calmarla, ma Bell intervenne:

“Lasciala stare!”

“Ma che dici! Ti farà male, ha una forza fuori dal comune”

“lasciala stare ti dico!”

Daniele vedendo la sicurezza di Bell, lasciò Gioia e la vide avventarsi contro la giovane donna. Bell rimase ferma, inerme, quasi come se volesse prendere in pieno tutta la rabbia che quella bambina teneva nascosta nel cuore.

 Non si difese.

 Si fece colpire ovunque.

Bell si sentiva tutto un fuoco, non riusciva più nemmeno a capire da che parte arrivassero i colpi. Finalmente Gioia si calmò. Incollò i suoi grandi occhi neri negli occhi azzurri di Bell. Ci fu un lungo silenzio, che parve interminabile, e solo allora Bell iniziò a parlarle dolcemente:

“senti Gioia, io non voglio assolutamente prendere il posto di nessuno e tantomeno voglio rubarti qualcosa che ti appartiene, dammi solo la possibilità di poter parlare con te, stare con te, voglio conoscerti meglio, vorrei che tu possa imparare a volermi bene, dammi la possibilità di volarti nell’anima … vorrei solo questo, e per fare tutto ciò solo tu puoi aiutarmi …”

La piccola guardava verso il soffitto, e pareva non aver udito neppure una parola, sembrava estranea a tutto, come se niente la sfiorasse, come se tutto le scivolasse fuori. Era come se fosse chiusa in una campana di vetro, dove nessuno poteva entrare, e da dove soprattutto lei non voleva uscire.

Poco distante, ad osservare la scena, vi erano Manuela e Daniele, poggiati al telaio della porta, e fu proprio Daniele a dire:

“E’ finita!”

“cosa?” chiese la madre

“tra me e Bell. Non potrà mai funzionare se Gioia non la vuole e non l’accetta- abbassò il tono della voce e aggiunse- per me sarà quasi impossibile accettare l’idea di rinunciare a Bell,ma non ho altre scelte”

“aspetta a dire che è finita, mi tocca pensare che tu non conosci per niente Bell, è una ragazza tenace che non si arrende alle prime difficoltà, è forte ed è bella, di nome e di fatto”

Daniele guardò la madre, e poi nuovamente Bell e Gioia, e si accorse che la donna stava accarezzando sua figlia. Con dolcezza. Una dolcezza infinita, ma la cosa che lo disarmò fu vedere come Gioia si faceva coccolare. Fece un passo in avanti per raggiungere le sue donne, ma Manuela lo fermò:

“lasciale … questo è un momento tutto loro”

Inaspettatamente Gioia lanciò le braccia al collo di Bell, e lanciando un urlo disse:

“BEL-LA”

Bell sentì le lacrime inumidirle gli occhi, e solo allora il padre e la nonna si avvicinarono a quel quadro insolito, e Daniele bisbigliò all’orecchio della sua amata:

“ora non potrai più lasciarla, ti considera sua”

“ma io voglio essere sua e tua, per sempre, per tutta la vita e oltre”

Lui la strinse tra le sue braccia talmente forte che pareva volerla fondere con il suo corpo.

Il trillo del telefono svegliò Bell, ancora assonnata premette il tasto verde e rispose:

“Buongiorno amore”

Dall’altro capo del telefono gli giunse una voce femminile:

“A chi saluti così? Cosa sta succedendo?” era Serena “mi sono persa qualcosa della tua vita?”

Bell si riprese e schiarendosi la voce disse:

“direi di si! Che ti sei persa un bel po’ di cose …” sorrise e l’amica le rispose:

“beh quando ci vediamo allora? Perché ti posso assicurare che anche tu ti sei persa un po’ di cose della mia di vita!”

Per Bell fu un colpo al cuore. Istantaneamente si ricordò di Francesco e davanti ai suoi occhi apparve la figura di suo fratello che piangeva in bagno, ma si ricordò anche della sua promessa e disse:

“davvero? E cosa mi sarei persa?”

“E no! Non te lo posso dire per telefono, facciamo così, che ne dici se pranziamo insieme oggi? Così recuperiamo un po’ di cose …”

E così decisero.

Due brevi baci sulle guance e poi si sedettero una di fronte all’altra. Gli occhi di Bell luccicavano visibilmente.

Quelli di Serena no. 

E fu proprio la prima a iniziare il suo racconto. Non tralasciò nulla, parlò di come lui le aveva aperto il cuore e di come fosse difficile far parte della vita di Gioia, ma lei si stava impegnando ce la stava mettendo tutta, e tutto questo la rendeva raggiante, felice e piena di vita. Serena era sinceramente felice per l’amica quando le disse:

“Senti Bell, a questa tua felicità posso aggiungere la gioia di farmi da testimone al mio matrimonio?” Bell finse di essere stupita e chiese:

“Cosa? Quale matrimonio?”

“il mio! Mi sposo con Fabio, me lo ha chiesto pochi giorni fa, ed io ho accettato! Vorrei solo averti al mio fianco, il giorno del matrimonio e durante tutti  i preparativi …”

Bell si alzò dalla sua sedia, abbracciò l’amica, e con il sorriso sul volto e il pianto nel cuore rispose:

“E’  ovvio che io sarò con te! Nulla potrà tenermi lontano stai tranquilla!”

“grazie, anche se io non pretendo tanto, non voglio certo rubare tempo alla tua nuova vita …”

“nella mia nuova vita ci sei anche tu, come sempre”

Entrambe si commossero e strinsero le mani, in segno di amicizia, un’amicizia di quelle rare, ma che quando si incontrano nella vita rimangono per sempre.

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Capitolo 22
*** 22 ***


Serena stava salendo le scale del palazzo dove viveva la famiglia Pallone. Ad aprirle la porta trovò Kendra-Franca, le treccioline non c’erano più, e avevano lasciato spazio a dei boccoli biondi. Indossava un grembiule  stava cucinando, e disse:

“Serena sei sempre più bella! Davvero, poi adesso che ti sposi sei davvero raggiante, anche se a dire il vero mi sembri un po’ sotto stress …”

“effettivamente è così, meno male che c’è Bell a darmi una mano, altrimenti non saprei davvero come fare, a proposito è pronta?”

La donna parve cadere dalle nuvole quando chiese:

“doveva uscire con te? È appena andata da Daniele, Gioia non smetteva di urlare e quindi è corsa da lei …”

“Capisco …” mormorò lei sconsolata, ma il suo sguardo fu attirato da un rumore di passi, si voltò e vide Francesco di fronte a lei. Era da quando si erano baciati che non si erano più visti. Tanto tempo. Serena era convinta che il suo cuore avrebbe taciuto, ed invece aveva iniziato a battere e scalpitare violentemente non appena lo vide. Francesco la salutò velocemente e stava per tornare in camera sua quando Franca-Kendra disse:

“può accompagnarti Francesco”

Il ragazzo non capì molto, e fu talmente preso alla sprovvista che non riuscì a chiedere cosa stesse accadendo, e mentre Serena stava già dicendo:

“Non si preoccupi signora, non è necessario …”

La donna sentenziò:

“Una futura sposa non può trovarsi da sola nelle scelte importanti della sua vita, e in fin dei conti Bell e Francesco sono fratelli, sarà per te la stessa cosa vero?” la domanda aveva un doppio senso e tutti e due colsero il significato, ma nonostante tutto, decisero di non cadere nel tranello della donna e Serena disse:

“per me è lo stesso, non voglio però che tu ti senta obbligato a venire con me se hai degli impegni fai pure”

Si infatti non posso venire, questa sarebbe stata la risposta più opportuna da dare, ma Francesco non riuscì a trattenere la sua voglia di stare con lei e disse:

“Non preoccuparti, sarò di turno stanotte, quindi sono libero, dammi due minuti, il tempo di preparami”

Serena si sedette su una sedia come se fosse già stanca, la testa le girava velocemente, non capiva cosa stesse succedendo, era come se l’ansia, la felicità e il dubbio si fossero impadroniti di lei in un secondo, confondendola e non facendole capire cosa le stesse succedendo.

Due minuti, non ci volle un secondo di più, e Francesco riapparve in cucina. Un paio di jeans sbiaditi, una camicia bianca ed una maglia bianca a righe blu sulle spalle. Prese le chiavi della macchina e volgendosi verso Serena  disse:

“Sono pronto, andiamo?”

Serena si alzò e si diresse a salutare la madre di Francesco:

“Arrivederci signora è stato davvero un piacere rivederla” e seguì il giovane sulle scale.

Salirono in macchina e si avviarono.

Bell era appena entrata in casa e dando alla madre il sacchetto della spesa chiese:

“Mamma per caso Serena ha telefonato è in ritardo” e mentre toglieva le cose dalla busta aggiunse  “controlla se c’è tutto”

“Amore metti pure tutto nella dispensa, non mi serve più … ah è venuta Serena e l’ho convinta a uscire con tuo fratello”

“cos’hai fatto?” chiese allibita la figlia

“niente di speciale tesoro, senti Serena è una bella ragazza, e mio figlio è innamorato di lei, perché non dargli una possibilità? Ho solo forzato un incontro … non c’è niente di male”

“E tu che ne sai di quello che Francesco prova per Serena?”

“Lo so e basta, ricordati che sono la mamma, e la mamma sa sempre tutto” così dicendo concluse, e si rimise a spadellare davanti ai fornelli.

Francesco stava cercando parcheggio, e mentre si guardava attorno, lui e Serena non si parlavano. Si erano detti lo stretti necessario per raggiungere il posto prestabilito. Una volta scesi dalla macchina Francesco disse:

“Senti lo so che non volevi essere qui con me, però se preferisci me ne vado … non mi piace vederti così imbronciata”

“Francesco non è per te! È che solo qualche giorno fa, tua sorella mi diceva che avrebbe seguito il mio matrimonio passo dopo passo ed ora invece già mi lascia sola”

“porta pazienza, la sua non è una situazione semplice, soprattutto ora che è all’inizio”

“Lo so, e credimi non voglio fargliene una colpa, ma lei è la mia migliore amica, è sempre stata con me, ed ora ne ho bisogno più che mai”

“Ci sono io” gli sussurrò lui

Serena lo guardò con i suoi immensi occhi verdi,e si perse. I loro sguardi rimasero incollati per un po’. Poi fu lei a dire:

“E’ meglio se andiamo, non posso fare tardi”

Raggiunsero una boutique dove creavano abiti da sposa, una donna non più giovane aprì loro la porta. Li squadrò da testa a piedi e Serena disse:

“Ho preso appuntamento per vedere gli abiti da sposa …”

La donna parve illuminarsi e disse:

“ah si! Però mia cara, a scegliere l’abito non si viene con lo sposo! Non te lo hanno mai detto?”

I due giovani arrossirono e fu Serena a rispondere:

“No! Lui non è lo sposo …”

“Già – aggiunse Francesco sfregandosi una mano sul volto – io sono, sono, come dire , sono il fratello della sua migliore amica, la testimone, quindi è un po’ come se io fossi …”

“Un fratello!” sentenziò la donna che li stava guardando

“No! No! No! Io non sono suo fratello” si affrettò a specificare lui e pensò guardandola, e non vorrei mai esserlo.

La donna rise scuotendo la testa:

“Va beh non fa niente … venite con me” li fece salire lungo una scala a chiocciola rivestita di legno, e spalancò una grande porta a specchio, e disse:

“Ecco qua, ti lascio un po’ sola per decidere se c’è qualcosa che vorresti provare, se hai bisogno chiama, questo è il campanello” e le mostrò un pulsante nel muro. I due annuirono e la donna disparve.

“beh da dove vuoi cominciare?”

Lei non rispose, Francesco la guardava in silenzio mentre rovistava fra gli stendini, dove ingombranti abiti bianchi vi stavano appesi. Non riusciva a parlare in modo naturale. Il suo cuore le impediva di essere semplicemente se stesso

“Che ne dici di questo?” chiese Serena sorridendo tenendo fra le mani un abito rosa a balze, corto, che più che un abito da sposa pareva un tutù, in coordinato aveva anche una tiara dello stesso colore:

“Ma è orrendo!” esclamò lui ridendo,e aggiunse “se hai intenzione di far scappare lo sposo  appena  ti  vede”

“Ah, ah ah, che simpatico che sei”

Non scapperei mai se solo tu fossi la mia sposa, questo fu il pensiero di Francesco, ma poi le disse:

“Sinceramente direi che sarebbe meglio trovare qualcosa di più adatto, iniziamo a scegliere dal colore che ne dici?” la tensione fra i due era svanita ed ora riuscivano a parlare tranquillamente, era come se il tempo fosse tornato indietro. Stavano chiudendo i loro sentimenti sotto chiave e li avevano coperti da uno spesso strato di ghiaccio.

Scelse molti abiti da provare, e li poggiò tutti su un divanetto, e non appena la padrona del negozio salì da lei iniziò a provarli.

Aveva indossato un abito candido, liscio senza arabeschi, con le spalle scoperte e una scollatura quadrata. Quando si presentò di fronte a Francesco dicendo:

“Che ne dici di questo?”

“Bello” fu la risposta senza entusiasmo e allora Serena si sedette al suo fianco lasciando che l’abito frusciasse:

“Francesco, ascolta io voglio sul serio il tuo aiuto per scegliere questo benedetto vestito, se ti va aiutami, altrimenti è meglio che lasci stare ed esca da quella porta” i suoi occhi verdi scintillavano, e mentre gli diceva di andarsene, in realtà con gli occhi gli chiedeva di rimanere. Si guardarono negli occhi. Francesco sospirò, e distogliendo lo sguardo disse:

“per quanto tu sia splendida, quest’abito non fa per te”

Lei le sorrise e scomparve nel camerino per provarne un altro. La donna che gestiva il negozio se ne andò per qualche istante; aveva altri clienti nel locale e li lasciò soli. E Serena chiamò:

“Signora mi può aiutare?”

“Serena, ci sono solo io, se vuoi vado a chiamarla”

“no lascia, ascolta mi aiuti a tirare su la cerniera? Questa scema si è inceppata” lei le aprì la porta del camerino dandogli le spalle nude. Lui cercò il gancio della cerniera per farla scorrere all’insù, si era incastrata con la stoffa dell’abito avorio, Francesco poggiò le sue mani gelate sulla schiena bianca della ragazza, subito si allontanò da lei come se avesse preso la scossa elettrica e si giustificò:

“meglio che vado a cercare la tipa, ho paura di rompere il vestito”

E si allontanò velocemente. Serena richiuse la porta e si sedette sullo sgabello. Quel tocco le aveva fatto vibrare le corde dell’anima. Lievi e dolci iniziarono a scenderle lacrime cristalline e si chiese:

“cosa ci faccio qui?”

Nessuna risposta. Era come se la sua mente e il suo cuore si fossero svuotati completamente. Non era in grado di darsi risposte certe, non era in grado di pensare razionalmente e non era capace di capire cosa stava accadendo. Solo una cosa era chiara nella sua mente, che ogni volta che Francesco posava i suoi occhi nei suoi, provava un turbinio di emozioni, un’esplosione di sentimenti che neppure mille baci di Fabio riuscivano a scaturire. Si alzò e si guardò nello specchio piccolo del camerino. I suoi occhi arrossati e l’abito stropicciato. Arrivò la commessa del negozio, che non fece domande vedendola triste, non era la prima sposa che aveva una crisi di nervi durante la prova dell’abito. Le tirò su la cerniera ed attese che finisse di sistemarsi. Poco dopo era già pronta per specchiarsi nei tre specchi che coprivano le pareti della piccola stanza avorio. Francesco era in piedi accanto al divano con le braccia incrociate. Il suo sguardo era spento. Ma non appena la vide i suoi occhi scintillarono. Nonostante il buio che copriva il suo cuore, la bellezza della donna che amava lo lasciò incantato. Poco importava se si stava facendo bella per un altro. In quel momento sognò che potesse essere lui il suo sposo. Le sue spalle erano appena coperte da un velo di pizzo champagne, e il bustino le scendeva liscio fino alla vita, mostrando la saldezza delle sue forme, non aveva maniche e la gonna si apriva ampia fino al pavimento, liscio come il bustino, si allargava verso e piedi. I capelli sciolti le coprivano la schiena, e due piccole rose in tinta con il pizzo delle spalline parevano cadute sull’enorme drappo di seta color avorio. Serena si voltò e disse:

“mancano ancora i guanti”

“sei meravigliosa” disse Francesco avvicinandosi a lei, le carezzò i lunghi capelli castani mentre la fissava negli occhi, non riuscì  a staccarle gli occhi di dosso, e lei chiese:

“dici sul serio?”

“Sei sempre meravigliosa, ma questo abito ti fa sembrare una dea, una principessa d’altri tempi, sfido anche la principessa Sissi ad essere più bella di te …” chinò la testa su di lei e posò le sue labbra sui capelli di lei. Si inebriò di lei e subito dopo si staccò dicendo:

“fossi in te, comprerei questo, Fabio impazzirà vedendoti”

Fabio.

In quel momento il sorriso sul volto di Serena svanì. Quel nome l’aveva riportata alla realtà. Come Francesco anche lei aveva sognato per un attimo che fosse lui il suo sposo. Ma il tutto non durò che pochi istanti. La tasca di Francesco vibrò, tirò fuori il cellulare. Si passò una mano sul volto sfregando lentamente, lesse sul display, era il numero dell’ospedale.

Rispose.

Dopo qualche attimo tornò da lei:

“devo andare, c’è un’urgenza in reparto”

Lo guardò sconsolata e disse:

“Quindi mi lasci?”

Lui le passò le mani attorno ai capelli sfiorandola appena e sussurrò un lieve

“Si” pareva un addio.

“va bene … vai e grazie di tutto”

Lui non si voltò ulteriormente, se ne andò via, con un dolore indescrivibile nel petto.

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Capitolo 23
*** 23 ***


POCHI MESI DOPO

“Dottor Pallone abbiamo bisogno di lei la prego corra” una giovane infermiera era arrivato nel piccolo studio di Francesco correndo, e parlava affannosamente “un bimbo …” riusciva a capirla appena, ma scattò ugualmente dalla poltrona in eco pelle e corse con lei in corridoio. Gente che camminava ovunque, malati che passeggiavano in vestaglia per i reparti, mentre i muri bianchi e cadenti osservavano come fossero muti spettatori. Giunsero al pronto soccorso, con la coda dell’occhio Francesco vide due genitori disperati, che si stringevano fra loro facendosi coraggio. Nella saletta, sdraiato sul lettino un piccolo angelo castano chiaro si dimenava in preda alle convulsioni.

“Cos’è successo?” chiese lui mantenendo la calma

“Ha mangiato un gelato e poco dopo è caduto a terra ed ha iniziato a stare male”

“è allergico a qualcosa?”

“I genitori non hanno saputo dire niente”

Francesco chiuse gli occhi un istante per pensare, ma tutto quello che vide fu Serena vestita con l’abito da sposa. Li riaprì di corsa, si passò una mano sulla fronte. Scacciò quel pensiero, non era il momento di pensare a lei. Questo era il motivo per la quale non avrebbe mai voluto innamorarsi. Guardò gli occhi di quel piccolo bambino che chiedevano aiuto. Uscì di corsa e cercò i genitori, li trovò nello stesso punto di prima, chiese se per caso il bambino avesse delle allergie:

“no, lui no! Sono io che soffro di favismo, è una specie di anemia …” mormorò la madre

Francesco alzò una mano al cielo. Con rabbia se la batté sul volto e corse nuovamente dal bambino e dalla sua equipe, con sicurezza disse:

“è un attacco di favismo, subito trasfusioni, veloci” non parlava ma urlava, e i suoi collaboratori scattavano sotto i suoi ordini. Stabilizzarono la situazione. Il bambino non era ancora fuori pericolo, ma lui si allontanò per dare notizie ai genitori e spiegò:

“la situazione è stabile, il bambino ora è sottoposto a trasfusioni, probabilmente il bambino era già debole, e in quello che ha mangiato c’era una sostanza pericolosa per chi è affetto da questa malattia … ora non ci resta che aspettare”

I due si strinsero, e continuarono a pregare.

Francesco li guardò da lontano e capì che non erano stati che pochi attimi, e anziché poter dire ai due di sperare li avrebbe potuti uccidere con una macabra notizia. Ma forse nonostante tutto quello era il suo giorno fortunato.

Fabio era davanti all’altare che attendeva ansioso l’arrivo della sua sposa. I fiori gialli e bianchi erano ovunque, ai lati della navata e ai piedi dell’altare vi erano due enormi anfore di terracotta gli invitati erano già tutti in chiesa, che vociavano rumorosamente nell’attesa. Bell e Daniele erano a lato dall’altare e fra loro vi era seduta la piccola Gioia che stava avvinghiata a Bell senza scollarsi un attimo. Daniele guardò fra gli ospiti e disse:

“tuo fratello ha proprio deciso di non venire?”

“No rispose lei, si è addirittura fatto mettere di turno!”

“Mi spiace per lui!”

“anche a me”.

Guardare Bell e Daniele era una gioia per gli occhi, erano splendidi, lui indossava un completo grigio semplice, mentre Bell era avvolta in un sari rosa antico che le copriva le spalle lasciando le braccia scoperte. I lunghi capelli rossi erano tirati su con un’acconciatura da finta spettinata,i gioielli erano pochi e sobri. Mentre i piedi erano impreziositi da sandali con un tacco vertiginoso. La piccola Gioia invece pareva una piccola bambola, i lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle, ed indossava un vestitino rosso corto e scarpette in tinta. Una piccola bambolina di ceramica dalla pelle liscia e rosata. La piccola Gioia era tutto questo. Il tempo passava lento e la sposa tardava ad arrivare.

Serena era ancora seduta sul grande letto matrimoniale che era coperto da un copriletto tinta avorio. Il fotografo aveva appena terminato le ultime fotografie e l’aveva lasciata sola. La giovane rimirò il suo sguardo riflesso allo specchio, lisciò l’abito con le mani e accarezzò le due piccole rose avorio scuro malinconicamente. Sul comò vi erano posate delle rose rosse, tante quante erano i suoi anni, un biglietto bianca le accompagnava “con amore il tuo Fabio”, a fianco di quelle rose vi era il suo bouquet di fiori, tutti bianchi. “è giunto il momento di andare” mormorò a se stessa e lentamente si alzò. La porta della stanza si aprì di scatto e una donna, che sicuramente era sua madre le donò una rosa rossa:

“tieni tesoro, questa è per te, me l’hanno appena portata”

Serena la prese tra le mani, ne inspirò il profumo e si accorse che dentro la retina che l’avvolgeva vi era un biglietto, lo tolse e lo lesse avidamente:

“una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua bellezza è riuscita a incatenare il mio cuore al suo cuore.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con il suo sguardo è riuscita a stregare i miei occhi che non vedono altro che lei.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua anima è riuscita a rispolverare in me la gioia e al tempo stesso il dolore di amare.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che è riuscita in tutto e per tutto a superare la bellezza della principessa per eccellenza, la principessa Sissi.

Una rosa, una sola rosa rossa per dirti ti amo, oggi, domani e sempre”

Nessuna firma, una scrittura che non riconosceva, ferma decisa e veloce. Sicuramente era un biglietto scritto di getto, senza pensare troppo alla forma, e puntando all’essenza, ma quella forma … quelle parole avevano un senso un’essenza piena e indescrivibile, e l’assenza della firma per Serena non era che un piccolo dettaglio, lei sapeva in fondo al cuore che quel biglietto non poteva averlo scritto che una sola persona.

Francesco.

Il suo cuore iniziò a sanguinare. E con esso anche dagli occhi scese una lacrima, subito la donna che le aveva consegnato la rosa disse:

“Che succede tesoro mio”

“Nulla mamma, è solo l’emozione”

Prese quella rosa e la mise al centro del suo bouquet, e il biglietto la mise in un angolo nascosto del suo abito, lo voleva fortemente con se.

La macchina si fermò di fronte la chiesa, e come iniziò a camminare sul tappeto rosso un organo iniziò a suonare l’Ave Maria di Schubert. Lenta e malinconica come la sposa che percorreva quella lunga navata. Lo sposo l’attendeva ansiosa. La guardava con occhi sognanti, avanzare verso di lui stretta al braccio di suo padre. Quando fu all’altare Serena guardò Bell e poi dritta di fronte a se.

La testa di Serena vagava, senza fermare il suo pensiero. Non riusciva neppure a seguire ciò che il prete stava dicendo. Fu riportata alla realtà quando il parroco disse:

“Se c’è qualcuno che ha qualcosa in contrario, parli adesso o taccia per sempre”

Un silenzio assordante avvolse la chiesa, poi improvvisamente, sordo e acuto al tempo stesso, arrivò un urlo di Gioia. Incessante e battente. La bocca spalancata e gli occhi fissi negli occhi della sposa. Bell si curvò su di lei prontamente, con amore:

“Cosa c’è tesoro, calmati …” le carezzava la testa e le guance mentre se la stingeva sul petto. Tutti i presenti in chiesa spostarono la loro attenzione sulla piccola. Serena si mosse verso di lei, ma il suo sguardo freddo e caldo la interruppe, quegli occhi neri erano profondi come gli abissi. Tristi e sconsolati non cessavano di gridare il suo malessere insieme al suo grido. Daniele la prese in braccio ed uscì dalla chiesa, dietro di lui preoccupata c’era Bell.

Fuori nello spiazzo della chiesa finalmente Gioia si calmò sulle ginocchia del padre, e di fronte a lei vi era Bell accovacciata sulle sue ginocchia che chiese di nuovo:

“tesoro mio, dimmi cosa ti è successo ti prego, io sto male …” le prese una mano e se la portò sul cuore, la piccola parve sentire il battito accelerato di quel cuore ansioso. E tramutò il suo sguardo facendolo divenire docile e lucido, poi voltandosi verso Daniele pareva chiedere, domandare un qualcosa, e Daniele guardandola maliziosamente le disse:

“vuoi che lo faccia adesso? Ora lei dovrebbe essere al fianco della sua più cara amica … lo facciamo dopo?”

La bambina iniziò a ciondolare avanti e indietro senza spostare i suoi piedi, e dalla tasca trasse un foglietto che iniziò a battere rabbiosamente sulla mano dell’uomo

“D’accordo lo faccio adesso”

“Cosa?” chiese Bell

lui si alzò e si inginocchiò di fronte a lei, dalla tasca fece uscire una piccola scatolina, e facendola scattare le disse:

“non sarò il principe azzurro dei tuoi racconti di ragazza, non sarò il ragazzo dei tuoi sogni, ma voglio essere l’uomo della tua vita, per sempre, per portarti vicino alla felicità, perché in fondo la felicità stessa non è nelle grandi cose o negli eventi straordinari, ,ma nella vita di tutti i giorni, nelle piccole storie della vita, perché alla fine, anche una storia come tante può essere una favola …”

Bell allungò la sua mano e gli carezzò il viso costringendolo ad alzarsi, e quando fu nuovamente più alto di lei gli disse lanciandogli le braccia al collo:

“Si, si, si e mille volte si” lo baciò sulle labbra, dolcemente, e a distoglierla ci fu una piccola voce dolce che le disse stringendosi alla sua vita

“MAM-MA” una piccola parola breve, che racchiudeva un significato infinito, perché la parola mamma non la potrà mai spiegare e svelare pienamente nessun dizionario o enciclopedia del mondo. Bell sentì il suo cuore scoppiare di gioia, si strinse alla piccola e dagli occhi azzurri scesero due lacrime cristalline e pure. Era completamente felice e capì che in quell’istante lei era diventata mamma per la prima volta in vita sua. Amava quella piccola creatura fatta di silenzi assordanti e grida silenziose, ed era pronta a starle accanto per tutto il resto della vita, perché attraverso quell’abbraccio capì che Gioia, aveva scelto lei per essere la sua seconda mamma, fra migliaia di donne.

Il frastuono interruppe quel quadretto familiare, Bell si diede una pacca sulla fronte:

“Oh mio Dio! Il matrimonio! Quanto tempo è passato? È già finito?”

Ma non fu che un attimo, perché videro scappare la sposa fuori dalla chiesa. Correndo. Teneva alzato il vestito con le mani. Si fiondò nella stessa macchina che l’aveva portata fin li poco tempo prima. Senza esitazioni Daniele e Bell corsero in macchina e seguirono Serena nel traffico.

Serena fu di fronte all’ospedale, lasciò la macchina in mezzo al parcheggio col motore acceso e scese di corsa. Raggiunse l’entrata del pronto soccorso con il volto sconvolto. Subito due infermieri le andarono incontro e lei gridando confusamente disse:

“ Il dottore voglio parlare con il dottore dov’è?”

I due la guardarono con circospezione e nascondendo qualche sorriso.

La fecero sedere su una sedia, che forse una volta era rossa, con parole tranquillizzanti le dissero che andavano a chiamarlo. I due si allontanarono lungo la corsia e svoltarono subito dopo. Serena si alzò di scatto e li raggiunse. Erano entrati in una piccola mensa e non fecero in tempo a parlare che Serena irruppe nella saletta. Francesco stava bevendo un caffè, e come vide la donna rovesciò il suo caffè sul camice bianco. Gli sfuggi un’imprecazione, si alzò e chiese:

“Che succede?”

“è un po’ esaurita, crediamo che sia panico da matrimonio”

“ma quale esaurimento!” sbottò Serena

“lasciateci soli un attimo” chiese Francesco Pallone

I due infermieri uscirono dalla porta, ma rimasero dietro, volevano ascoltare

“Serena, che ti succede?” aveva ripreso il controllo di se, le parlava fissandola negli occhi e perdendosi

“Sono qui!”

“Cosa vuol dire? Fabio dov’è?” chiese lui

“In chiesa!”

Lui la guardò stranito, non riusciva a capire nulla, ed era talmente scioccato da non riuscire a parlare e fu lei che proseguì:

“Non ce l’ho fatta! Non sono riuscita a giurargli amore eterno, non è lui il mio amore, non è lui la mia vita,non avrei mai potuto stare con lui e pensare a un altro, mentre camminavo nella navata della chiesa ho sentito che stavo facendo la scelta sbagliata che stavo per buttare via la mia vita …”

Lui la guardò senza dire nulla. In un momento gli si era rovesciato addosso, non solo un misero caffè, ma molto di più. Pochi istanti prima stava piangendo sulla sua vita, piangeva su se stesso per non essere riuscito ad essere onesto con il suo cuore, e si commiserava per la sua codardia nell’aver deciso di mandare all’ultimo un biglietto con un fiore anonimo alla donna che le stava di fronte. Pochi istanti prima il suo cuore si contorceva dal dolore, mentre ora era in uno stato di semi incoscienza. A Serena  parve così, distaccato. Freddo e incurante dei suoi sentimenti e glielo disse:

“scusami, scusa se ti ho disturbato mentre tu stai lavorando, ma in un misero secondo ho pensato, sperato, di poter valere per te, la metà di quello che vale il tuo lavoro, questo posto, il tuo camice bianco!” una lacrima sottile percorse quell’ovale perfetto e subito dopo ne scesero altre copiose. Raccolse il suo vestito, che continuava a frusciare ad ogni singolo movimento e si voltò. Fece alcuni passi verso la porta, ma lui la bloccò.

“Ferma! Ti prego non te ne andare!”

Lei si fermò ma rimase di spalle. Lui si avvicinò e le accarezzò proprio quella parte del corpo costringendola a voltarsi verso di lui. con una mano le tirò su il volto e la costrinse a guardarlo negli. E furono così con gli occhi incatenati gli uni agli altri, e solo in quel momento trovò il coraggio di sussurrare quelle parole che il cuore da tempo dettava, ma che le labbra avevano taciuto:

“tu non vali la metà di quello che faccio, semplicemente perché vali il doppio. Non ho mai avuto il coraggio di confessarmi e confessarti quello che da tempo provo per te, per paura, ma la mia paura più grande, il dolore più grande è quello che stavo vivendo oggi in questa misera stanza d’ospedale, perché contavo di averti persa per sempre, e senza di te la mia vita non avrebbe più senso. Avevo paura di non poter più posare i miei occhi nei tuoi come sto facendo adesso, di non poter più inspirare il tuo profumo come sto facendo in questo istante, avevo paura di non poterti mai più stringere fra le braccia, ma adesso sei qui con me e ti dico, ti amo, ti amo oggi come ieri, e ti amerò domani”

Serena stava ancora piangendo, ma il suo pianto era divenuto di felicità, e mentre lui gli asciugava le guance con i palmi delle mani le chiese:

“Adesso posso baciare la sposa?” non attese risposta e la baciò.

Dolcemente.

Conscio che quella creatura non avrebbe mai più baciato altro uomo all’infuori di lui.

Si staccarono all’improvviso perché un tonfo non indifferente aveva spalancato la porta. I due infermieri a terra e sopra di loro c’era Bell, che con aria furbetta strizzò loro un occhiolino. Daniele l’aiutò a rialzarsi e all’orecchio le sussurrò:

“Ti pareva proprio il caso di spiare?”

“Non stavo spiando, mi stavo semplicemente informando sui fatti!” ribatté lei sostenuta. Poi ridendo gli disse:

“Avevi ragione stavo spiando”

E lui le baciò la bocca ridente, mentre con la mano teneva la loro piccola Gioia.

Finalmente era giunto il momento di sorridere al futuro, non importava che la storia fosse burrascosa o tranquilla, tutto valeva la pena raccontare. Tutto in realtà è degno di essere raccontato e ricordato, perché prima o poi ci regalerà un sorriso. Anche Fabio, rimasto solo davanti all’altare, presto o tardi, avrà la sua storia.

Un racconto da scrivere sulle pagine della nostra vita, perché in realtà ogni singolo giorno, non è altro che un foglio bianco, e noi siamo l’inchiostro con la quale completiamo le pagine di questo immenso libro chiamato vita. Sfogliandolo troveremo sempre, lacrime tristi e lacrime di gioia, gioie e amarezze, ma saremo consapevoli che ogni momento, ogni respiro, ogni battito di ciglia ci porta al di là delle nostre

aspettative, ci porta a conoscere un barlume di speranza che va via, ma poi torna, così, all’improvviso,

 in un giorno qualunque.

Perché la felicità è li.

Nelle piccole cose, nei cuori ardenti e nelle anime speranzose, nel sole che nasce ogni mattina e nel moto eterno del mare, ma soprattutto nelle piccole grandi storie di ognuno di noi.

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