Il lupo e l'agnello

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prisoner ***
Capitolo 2: *** Eyes ***
Capitolo 3: *** Pain ***
Capitolo 4: *** Just a name ***
Capitolo 5: *** Painful memories ***
Capitolo 6: *** My prey ***
Capitolo 7: *** Sudden weakness ***
Capitolo 8: *** Do not thank me... ***
Capitolo 9: *** Weak ***
Capitolo 10: *** Escape ***
Capitolo 11: *** Injust conviction ***
Capitolo 12: *** Scars ***
Capitolo 13: *** Remors ***
Capitolo 14: *** Trapped ***
Capitolo 15: *** I take away ***
Capitolo 16: *** Hate ***
Capitolo 17: *** In his arms... ***
Capitolo 18: *** I just want to help ***
Capitolo 19: *** Less distant ***
Capitolo 20: *** Malaise ***
Capitolo 21: *** Only a memory ***
Capitolo 22: *** Past feelings ***
Capitolo 23: *** You are mine ***
Capitolo 24: *** Blood ***
Capitolo 25: *** Divinity ***
Capitolo 26: *** I will not leave ***
Capitolo 27: *** Destiny ***
Capitolo 28: *** I love you ***
Capitolo 29: *** End?? ***



Capitolo 1
*** Prisoner ***


Era freddo in quel luogo, illuminato solo dalla fioca luce di una torcia. Le pareti erano rese umide dalle infiltrazioni d'acqua, la quale, non trovando ostacolo alcuno, raggiungeva il pavimento formando delle maleodoranti pozze di acqua stagnante.

L'odore poi era quello del sangue, chiaro segno di ciò al quale quel posto era adibito.

Lei se ne stava inerme, la schiena poggiata contro quell'umida parete, le braccia abbandonate lungo il corpo, lo sguardo basso e i neri capelli a coprirle il viso.

Era sveglia, ma estremamente debole. Le braccia e le gambe pesavano tonnellate, un torpore strano le invadeva il corpo, mentre la testa le gravava sul petto, come se il collo non fosse più in grado di sorreggerla. Non ricordava con esattezza cosa fosse accaduto, ma sapeva nel profondo di aver fallito.

 

INIZIO FLASHBACK (EIKO)

Quella mattina l'Hokage l'aveva chiamata nel suo ufficio, cosa all'apparenza normale.

Probabilmente doveva affidarle una qualche sorta di missione come era consueto, vista la sua appartenenza al corpo speciale degli Anbu. Nonostante la giovane età, era una delle migliori e il capo villaggio aveva piena fiducia in lei. Era abituata a lavorare in solitaria. La cosa non le dispiaceva, dato che almeno non sarebbe dipesa da nessuno in niente, neanche nella riuscita o nel fallimento della missione.

Quando però si presentò davanti alla donna, qualcosa le sembrò diverso dal solito. Era come se lo avvertisse nell'aria, una strana tensione, quasi palpabile.

Lei le dava le spalle.

-Ho una missione importante da affidarti e tu sola sei in grado di portarla a termine- sospirò l'Hokage, continuando a non guardarla.

Il tono non faceva presagire niente di buono.

La poca luce che filtrava dalla grande finestra che dava sul villaggio di Konoha faceva assumere all'intera scena un'aria di estrema gravità.

-Sono pronta- rispose lei.

La donna finalmente si voltò: i suoi occhi verdi erano duri e preoccupati, come non le era mai capitato di vedere aveva ben intuito.

Sapeva che da qualche tempo il villaggio era sotto un celato attacco da parte di qualcuno. Volevano qualcosa che le mura della Foglia nascondevano.

-Sai cos'è l'Akatsuki, vero?-

La domanda la lasciò per un attimo spiazzata.

-Si-

-Ci è giunta voce che stanno preparando qualcosa di pericoloso, ma per quanto ci siamo sforzati, le nostre spie non hanno scoperto niente-

-E qui entro in scena io-disse lei con tono piatto.

-Esatto. Tu sei una delle migliori e l'unica di cui mi fidi a tal punto da affidarti questa missione: dovrai raccogliere informazioni e comunicarle direttamente a questo ufficio. Chiaro?-

Si limitò ad alzare e abbassare la testa in segno di assenso. Intuiva che la missione poteva rivelarsi pericolosa, ma in fondo lei era un elemento sacrificabile, nessuno si sarebbe dispiaciuto. Apprezzava che però l'Hokage avesse quella spropositata fiducia in lei tanto da farle carico di una simile responsabilità.

Nascosta dalla maschera da Anbu, per un attimo, sorrise.

-Bene, conto su di te-

 

Ormai, per calmare i nervi, si era messa a contare quante volte la piccola goccia d'acqua toccava la pozza che si era formata nell'angolo più lontano da lei. Tentava di mettere a fuoco quell'oscuro ambiente, ma la vista era annebbiata, come se fosse perennemente sotto l'effetto di una strana di una strana droga.

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando l'avevano chiusa in quella prigione e sentiva di stare per impazzire, nonostante il suo famoso autocontrollo.

La pelle del viso le tirava, e avvertiva qualcosa di rappreso che le scendeva dalla fronte. Probabilmente, quando l'avevano tramortita, doveva aver sbattuto la testa da qualche parte. Di quel frnagente ricordava un ombra davanti a lei, la quale la superava di almeno venti centimetri, dagli strani occhi. Poi un colpo alla base del collo e tutto si era fatto nero.

Come aveva fatto a non sentirli arrivare? Un orecchio attento come il suo non avrebbe dovuto lasciare che la cogliessero di sorpresa.

In quel mentre avvertì un chiavistello aprirsi e una chiave girare nella toppa. Alzò un poco lo sguardo. Finalmente vedeva il volto del suo carceriere.

 

                                                                                                    ***

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Capitolo 2
*** Eyes ***


INIZIO FLASHBACK (??)

Qualcuno bussò alla sua porta e sembrava che avesse abbastanza fretta. Di malavoglia lui andò ad aprire, trovandosi davanti l'ombra del gigante che era suo compagno, il quale lo guardò con il suo solito cipiglio schifato.

In effetti era arrivato proprio durante uno dei suoi quotidiani sacrifici, quindi il suo corpo era ferito e coperto di sangue.

Dopo un primo momento, lo sguardo disgustato si trasformò però in quello consueto da omicida e senza una parola gli fece capire il perchè si trovava davanti alla sua porta.

-Dobbiamo andare di nuovo in missione?- chiese lui, ancora nella voce una nota di sadica eccitazione.

-Il capo ha avuto delle interessanti notizie. Qualcuno sta raccogliendo informazioni in giro su di noi e, assieme agli altri, ci è stato affidato il compito di fermarlo-

Lui afferrò il mantello con il disegno distintivo della loro organizzazione e rivolse al compagno un sorriso compiaciuto.

-Cosa stiamo aspettando?-

 

Lo osservava, come sapeva che quello stava facendo con lei. Da quando era entrato, aveva preso a camminare avanti e indietro, senza staccarle gli occhi di dosso. Se non fosse stata ancora capace di muoversi, l'avrebbe ucciso solo perchè la stava irritando.

Cosa voleva? Perchè non parlava? Riusciva a malapena a distinguerne i tratti a causa della penombra, ma notò quasi subito il suo particolare colore di capelli.

Finalmente quello si decise a parlare:

-Non sei un po' troppo giovane per essere nel corpo degli Anbu?-

Cosa gli importava? Nessuno si era mai preoccupato di farle quella domanda, o meglio, a nessuno era mai interessata la risposta. Anzi, per qualcuno forse era stata una liberazione, dato che la pericolosità e l'alto tasso di rischio delle missioni in cui veniva coinvolta avrebbe alzato le sue possibilità di non tornare al villaggio. Ma lei aveva sempre fatto sfumare ogni speranza di quel genere.

Perchè quella era la prima cosa che lo sconosciuto le chiedeva?

Preferì non rispondere, abbassando di nuovo lo sguardo.

All'improvviso sentì una pressione sul mento e il suo volto che tornava forzatamente a guardare quello di lui. La vista era ancora annebbiata, ma riuscì comunque a distinguere il colore dei suoi occhi grazie alle lingue di fuoco della sola torcia presente. Erano colmi di una strana follia, ma nel profondo lei ne rimase comunque affascinata.

Era la prima volta che incontrava qualcuno con un colore così particolare, quasi quanto il suo.

-Sai ragazzina, dovremo passare molto tempo insieme, quindi vedi di iniziare a dare delle risposte che siano soddisfacenti. Mi dispiacerebbe farti troppo male- sorrise sadico e la lasciò malamente andare.

Quello sguardo l'aveva pietrificata, le aveva infuso tanta di quella paura che pensò di non averla mai provata in eguale misura in vita sua. Probabilmente aveva intuito che le sue parole erano veritiere o forse era stato quel bagliore nei suoi occhi a farle per un attimo perdere un battito.

Avvertì i passi dell'altro allontanarsi un poco da lei, poi fermarsi, come se si fosse voltato a guardarla, infine uscire dalla prigione, chiudendosi la porta alle spalle.

 

POV ??

Dannazione, una ragazzina. Mi aspettavo uno di quei boriosi ninja che mi stanno tanto sulle palle, magari proprio di Konoha. Quelli poi non li posso proprio soffrire, così perfettini con i loro coprifronti con un simbolo improponibile. Ora che ci penso, anche lei lo portava e proprio con il simbolo della Foglia.

Ero deluso, volevo un serio divertimento e, invece, so che con lei sarà una cosa breve e che non mi darà la minima soddisfazione.

Avrei dovuto oppormi alla sua cattura, ma purtroppo quando quel vecchio baka l'aveva tramortita e portata al rifugio non ero presente.

Avevo accettato il compito di raccogliere informazioni a scatola fottutamente chiusa.

Quando sono entrato nella stanza in cui la teniamo segregata, l'ho osservata per qualche minuto. Lei non mi ha neanche rivolto la parola e, se non l'avessi costretta, non mi avrebbe neanche guardato.

Deve averla colpita proprio bene...

Quando ho incrociato i suoi occhi ho visto solo due singolari pozze rosso sangue, ma differenti da quelli di quel depresso dell'Uchiha. Erano profonde, languide e calde come il dolce nettare che assaggio dalle mie vittime e che mi eccita in maniera divina e profonda.

Forse è stato proprio per quello che quando i nostri sguardi si sono incontrati ho provato uno strano brivido nella schiena che mi ha fatto sorridere. Forse, in fondo, mi sarei divertito.

 

POV EIKO

Quello se ne era andato da pochi minuti e io non avevo ancora ripreso fiato. La sua presenza mi ha provocato come una pressione al petto, più di quella che le ferite che ricoprono il mio corpo già non fanno.

Quegli occhi...

Un colore difficile da incontrare, affascinante, ma che sul suo viso assume un aspetto quasi diabolico. Ma ne ero rimasta ugualmente affascinata, come se mi avessero catturato in un oblio senza via d'uscita.

Per una frazione di secondo era stato come se avessi letto nel suo passato, in modo profondo, trovando tratti che concidevano con il mio: solitudine, ripudio, odio, follia...

Avevo avuto pietà di lui, compassione per quel volto così candido, speranza di aver finalmente trovato qualcuno come me. Poi sono tornata alla realtà, vedendo in lui il mio aguzzino.

Mi tornano in mente le sue ultime parole e rabbrividisco. Cosa mi sarebbe successo?

Quale strana follia sta per travolgermi?

 

                                                                                                      ***


ANGOLO AUTRICE:
I POV, a differenza di prima, li ho trasformati in prima persona, con tempi che si adattano a pensieri reali e che si hanno in quel momento.
Per questo il tempo dei verbi non coincideranno con quelli della normale storia.
Un saluto e un ringraziamento a chi mi segue. ^_^

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Capitolo 3
*** Pain ***


Avvertiva il sangue colare dalle ferite sulle braccia e la spossatezza farsi spazio tra la ragione e la voglia di non cedere.

Lui era tornato quella mattina, se mai fosse stata mattina, visto che quel posto era completamente privo di finestre o feritoie. Le era sembrato di vedere una lama di luce filtrare dalla porta e una fresca brazza precedere la sua entrata.

Si era avvicinato e con un piccolo coltello le aveva inciso il polso, non profondamente, ma da fare uscire comunque sufficiente sangue. Era rimasto in silenzio, neanche una parola. Eiko aveva emesso un gemito, ma nulla di più.

Aveva alzato gli occhi ad incontrare i suoi, notando che lui la stava fissando, lo sguardo vuoto, carico della stessa follia che aveva intravisto la prima volta. Era stata scossa da un brivido.

Poi, con un lento movimento, si era portato il coltello con il quale l'aveva ferita alle labbra e aveva leccato il sangue rimasto sulla lama.

Cosa stava facendo?

Dall'interno del mantello che indossava, aveva estratto una sorta di lungo punteruolo e, impassibile, se lo era ficcato all'altezza dello stomaco, emettendo solo un lamento celato, che assomigliava però ad un gemito di piacere. Cos'era quell'uomo? Non poteva godere nel farsi del male...

Lei aveva distolto lo sguardo, schifata e impaurita.

Aveva sentito come se fosse accaduto qualcosa al suo corpo, come se improvvisamente si fosse instaurato un legame tra di loro.

A poco a poco la pelle di lui divenne nera, solcata solo da tatuaggi candidi come la neve. Pareva quasi che il suo intero scheletro fosse ora evidenziato e visibile.

-Cominciamo?- chiese sadico, mentre riusciva a stento a trattenere una risata.

Si passò la lingua sulle labbra, come se stesse ancora assaporando il sapore del sangue che le aveva rubato.

Eiko continuò a non guardarlo, il corpo scosso dai tremiti di non sapere cosa le sarebbe successo, quando improvvisamente avvertì un dolore lancinante al braccio destro. D'improvviso fu come se la sua volontà fosse tornata, come se il corpo fosse uscito da quello stato di impotenza in cui era piombato.

Si era portata una mano in quel punto, urlando senza freno, colta alla sprovvista. Fissò con odio il suo carceriere e notò che anche lui aveva la stessa ferita nel medesimo punto. Continuava a guardarla, come se il vederla soffrire lo facesse stare bene, come se gli donasse uno strano senso di onnipotenza su di lei.

Le lacrime le salirono agli occhi. Non capiva come fosse possibile.

-Bene, questo era solo un assaggio. Adesso risponderai alle domande che io ti farò, altrimenti...-

Non concluse la frase, avendo intuito che lei aveva capito.

-Qual'è il tuo nome?- chiese poi.

La ragazza non rispose.

-Pensavo di essere stato chiaro. Credo quindi che sia meglio darti un piccolo incentivo- disse quello, quasi scocciato e si ferì il braccio sinistro.

Eiko urlò di nuovo.

-Allora, te lo ripeto: come ti chiami?-

La ragazza continuò a fissarlo, sempre con odio, ma non parlò.

Un sorriso si allargò sulle labbra del nukenin, come se fosse soddisfatto da quella prova di volontà da parte di lei. Gli occhi spalancati in una smorfia di follia che la fecero tremare ancora di più.

-Sei cocciuta, ma sappi che io non mi faccio scrupoli solo perchè sei una donna. Mi è stato ordinato di scoprire il più possibile su di te e le tue intenzioni e, nonostante per me sia una grande scocciatura, devo obbedire...- e si ferì poco più su di prima.

Una nuova ferita si aprì sul corpo di lei. Stavolta però non gridò. Il sangue che usciva era troppo e la vista le si stava annebbiando. Lasciò andare la testa contro il muro e sospirò. La mano che stava tamponando la ferita scivolò verso il pavimento.

Sentiva che il suo silenzio lo stava irritando.

Si inginocchiò per raggiungere la sua altezza, ma lei non lo vedeva. Le palpebre si facevano pesanti, stava per perdere i sensi.

Quello le afferrò con violenza i capelli in modo che potesse guardarlo.

-Anche se va contro i miei principi, per oggi ho fatto abbastanza. Ti facevo più forte e determinata. Tornerò domani e vedi di rispondere alle mie domande, altrimenti, informazioni o no, ti ucciderò-

Poi le si accostò ad un orecchio:

-E godrò nel farlo...-

La lasciò andare, facendole sbattere la testa contro la parete. Il corpo di lei scivolò lentamente sino a quando si trovò stesa a terra, mentre fissava la porta che si chiudeva, o almeno ci provava.

L'odore del suo sangue impregnava l'aria e lei ebbe una gran voglia di piangere.

Era sola, nessuno si sarebbe mai curato di lei.

 

INIZIO FLASHBACK (EIKO)

-Vattene mostro, non ti vogliamo qui-

Un gruppo di ragazzini aveva circondato una povera bambina, la quale, in ginocchio, piangeva ininterrottamente.

-Ma io volevo solo giocare un po' con voi. Perchè mi chiamate mostro?-

Uno di loro le si avvicinò, ridendo.

-I tuoi occhi sono del colore del sangue. Mio padre dice che le persone con quegli occhi sono generate dal male-

-Tuo padre è uno stupido- disse lei tra i singhiozzi.

Il bambino le tirò uno schiaffo.

-Non osare offendere mio padre, mostro. Una come te non dovrebbe neanche essere degna di esistere-

Il gelo invase il suo corpo, mentre qualcosa in lei si rompeva. Era vero, lei non sarebbe neanche dovuta essere viva. Era stata una fortuna che il giorno in cui i suoi erano morti a causa di un incendio un gruppo di ninja di Konoha fossero passati da quelle parti e l'avessero tratta in salvo. Ma era stata davvero una fortuna?

La bambina si alzò tremante e voltò le spalle al gruppo. Ad un tratto un sasso la colpì, provocandole una ferita alla testa e facendola cadere di nuovo in ginocchio.

Quando si rialzò e si voltò verso gli altri bambini, un rivolo di sangue le scendeva dalla fronte e i suoi occhi erano del medesimo colore.

In quel momento decise che nessuno era degno della sua vita e lei sarebbe vissuta solo per se stessa.

 

                                                                                                    ***

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Capitolo 4
*** Just a name ***


POV ??

Quella ragazzina mi ha veramente irritato!!

Nonostante le abbia fatto assaggiare la mia particolare tecnica, la quale può benissimo essere usata anche nella tortura, quella non aveva aperto bocca. Si è limitata a fissarmi con quei suoi dannatissimi e particolari occhi che ricordano il sangue. Forse è proprio per questo che mi eccita quando mi fissa con odio e quando dalla sua espressione sembra stia per saltarmi addosso.

Forse mi sono sbagliato, non è poi così debole come pensavo e la cosa si prospetta alquanto interessante.

Mentre la ferivo pareva quasi una bestia rinchiusa che avrebbe fatto di tutto per poter uscire da quella gabbia e la cosa mi faceva impazzire. Avrebbe combattuto.

Sfidare qualcuno che ha su di te diritto di vita e di morte è da pazzi, ma in fondo ho pensato che questa è una cosa che ci accomuna e io ho sempre agito come se di morire non me ne fregasse niente.

Non solo per il fatto di sapere che nessuno può uccidermi, data la mia immortalità, ma anche perchè sono un tipo orgoglioso e abituato alla sofferenza.

Ma poi perchè sono così curioso nei confronti di quella ragazza?

E' semplicemente una prigioniera la quale sarebbe dovuta morire una volta il capo avesse ottenuto le informazioni che cercava.

Non ne valeva la pena...

 

POV EIKO

Avevo perso i sensi non appena lui se ne era andato.

Avevo sopportato senza dire una parola quella tremenda tortura. I tagli sulle braccia, grazie al poco chakra che ancora mi scorre in corpo, hanno almeno smesso di sanguinare.

Sono ancora immersa nella penombra, ma ci sto facendo l'abitudine. Per certi versi lo sono sempre stata, rinchiusa in una bolla di oscurità, dentro la quale nessuno poteva vedere chi ero realmente.

D'un tratto, mentre fissavo il soffitto, mi torna in mente la prima domanda che lui mi aveva rivolto. Penso un attimo al vero motivo per il quale sono entrata nei corpi speciali.

Abituata sin dalla più tenera età a cavarsela da sola, aveva sviluppato una forte volontà e autocontrollo, sulla personalità e il chakra, tanto che era stato proprio il terzo Hokage a farmi entrare negli Anbu.

Nessuno dei miei compagni era mai voluto partire in missione con me, ma io riuscivo comunque sempre a cavarmela, anche senza compagno. Solo una volta mi fu affidato un incarico della durata di quasi un anno, durante il quale ero stata affiancata da un ninja capace.

Era stato capace di farmi capitolare, lasciando che dimenticassi la missione per concentrarmi su ciò che di più futile e doloroso esista al mondo. Ne rimasi scottata, in quanto ricevetti la mia prima e ultima delusione.

Ciò mi rese però più forte.

Probabilmente entrando nelle forze speciali pensavo di poter cancellare il peccato dei suoi occhi color sangue, il mio passato come mostro, additata da chiunque incrociassi sulla sua strada.

Fin dalla mia prima missione, poche, ma incisive parole continuano a ronzarmi in mente, come una sorta di sadico mantra:

-Se fallirai, sarai sola-

 

Dei passi fuori dalla porta, segno che lui stava tornando. In un momento di incoscienza, Eiko arretrò contro la parete, come se avesse paura.

Non era da lei, non aveva mai provato realmente paura, ma quello era capace di renderla debole.

Nelle ore in cui l'aveva lasciata sola, la volontà di lei aveva iniziando a vacillare e aveva l'impressione che quello fosse l'intento.

I passi si erano fermati e la chiave aveva girato nella toppa.

Alzò lo sguardo mentre la porta si apriva. Il nukenin, senza una parola, le si avvicinò di nuovo, stavolta afferrandole bruscamente entrambi i polsi, probabilmente per accertarsi delle ferite che le aveva lasciato la volta precedente.

Le labbra della ragazza si inarcarono in un sorrisetto soddisfatto visto lo sguardo di disappunto di lui. Passò le dita sulle ferite che le aveva provocato, delle quali ormai rimanevano solo delle cicatrici.

-Puoi usare delle fotture tecniche curative?!? Dovevo aspettarmelo da un ninja delle forze speciali. Ma quelle che ti causerò questa volta saranno più difficili da richiudere-

Incrociando i suoi occhi, capì che faceva sul serio. Stavolta tentò di sottrarre il polso, ma lui era più forte. La tagliò di nuovo, ma Eiko strinse semplicemente i denti, senza gemere.

-Stiamo migliorando- sorrise lui sadicamente, poco prima di leccare il sangue, stavolta direttamente dal polso.

Lei avvertì i brividi percorrerle la schiena e, con uno scatto deciso, riuscì a fargli mollare la presa, combattendo tra lo schifato e l'imbarazzato.

Quello continuava a sorridere, poi, estratto di nuovo il punteruolo dalla casacca, la fissò intensamente:

-Sentiamo, se potessi muoverti, dove mi colpiresti?-

Eiko non riusciva a capire il senso della domanda, non riuscendo ad intuire neanche dove lui volesse arrivare. Non rispose neanche quella volta, quindi lui continuò:

-Forse qui?- disse, indicando il fianco con la punta dell'arma.

-O qui?- chiese ancora, spostando il punteruolo sul petto.

Eiko lo guardava, stupita.

-Io di solito preferisco questo punto- concluse, trafiggendosi una spalla, proprio al livello dell'articolazione.

Il suo sangue zampillò sul pavimento, mentre i suoi piedi si muovevano a disegnare uno strano simbolo sul terreno che probabilmente la volta prima lei non aveva notato. Di nuovo la sua pelle assunse il colore nero e tatuaggi comparvero.

-Bene. Ricominciamo. Dimmi il tuo nome-

Stavolta la sua non era una domanda, ma un'imposizione. Eiko però continuò a non rispondere.

Lui allora si trafisse un fianco e la ferita si aprì anche sul corpo della ragazza. Lei cercò di soffocare il grido, ma un gemito le scappò ugualmente.

-Perchè preferisci soffrire in questo modo? Ne vale davvero la pena?-

Già, ne valeva la pena? Quella sofferenza era necessaria a proteggere il segreto di un villaggio che l'aveva sempre ripudiata? Il suo sguardo calò sulle ginocchia, mentre una mano tamponava la ferita.

-Allora?-

-Eiko...- le uscì come un sussurro.

Quello rimase per un attimo spiazzato, poi sorrise.

-Eiko? E poi?-

-Solo Eiko...-

Quella ragazza non aveva un cognome? Avrebbe dovuto accontentarsi di quella risposta, invece sentiva la curiosità che lo divorava.

-Perchè non hai un cognome?-

-Semplicemente perchè nessuno me lo ha mai dato- disse lei, alzando lo sguardo per fissarlo ancora.

Quegli occhi, così arrabbiati, ma allo stesso tempo trasmettevano un'infinita solitudine.

-Qual'è la tua missione?-

Di nuovo silenzio. Il punteruolo entrò nella gamba, mancando di poco l'arteria femorale. Eiko era sicura che lui lo avesse fatto consapevolmente. L'intento era farla soffrire, ma non morire. Almeno, non ancora.

Lui tentò varie volte di farla rispondere, ma senza successo. Forse per il momento si sarebbe dovuto accontentare del semplice nome.

La lasciò accasciata contro la parete, il corpo e i vestiti zuppi del suo sangue. Fece un paio di passi verso la porta.

-Aspetta...- sospirò lei, quasi priva di sensi.

Quello si voltò, stupito che fosse ancora sveglia.

-Che cazzo vuoi?- chiese.

-Dimmi il tuo nome-

-Perchè?-

-Voglio sapere il nome di chi mi ucciderà-

Lui ci pensò un attimo, poi divertito decise di concederle almeno quello.

-Hidan-

-E poi?-

-Solo Hidan- concluse e si richiuse la porta alle spalle.

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Capitolo 5
*** Painful memories ***


Mentre camminava per uno dei corridoi dell'attuale base dell'organizzazione, incazzato come pochi, si trovò davanti il suo compagno, Kakuzu, che lo osservava, mentre stava poggiato al muro con le braccia incrociate sul petto. Doveva per forza superarlo per entrare nella sua stanza, cosa che lo fece spazientire ulteriormente.

-Che cazzo vuoi tu?- chiese senza guardarlo, mentre lo oltrepassava.

-Volevo sapere come procedeva- rispose duro lui.

-Non sono affari tuoi- rispose secco Hidan, mentre tentava di aprire nervosamente la porta.

-Invece sono affari di tutti. Cosa hai scoperto?-

-Dimmi, sei tu che vuoi saperlo o quel rompipalle del nostro capo?-

-Tutti e due. Comunque dovresti portare più rispetto al leader-

Finalmente la porta decise di aprirsi e, con un sorrisetto maligno, Hidan disse:

-Non rompere, vecchio. Se pensate di fare meglio di me, allora fate pure. Per me è solo una rottura di palle- e scomparve all'interno della sua stanza.

 

INIZIO FLASHBACK (HIDAN)

Occhi rossi come il sangue lo fissavano.

Occhi che testimoniavano la completa sottomissione alla volontà di Jashin.

Era poco più di un ragazzino, mentre intorno a lui gli abitanti del villaggio lo osservavano, aspettando l'inizio del rito.

Era un orfano, uno senza un passato e l'unica possibilità che gli era stata data era quella di sottomettersi all'antico culto del grande Jashin.

Davanti ai suoi occhi una giovane, qualche anno più grande di lui, la quale si era offerta per essere immolata al Dio.

Era sicuramente annebbiata da qualche tipo di droga, in quanto il suo sguardo era vacuo e vuoto. Nessuno nel primo possesso delle proprie facoltà si sarebbe volontariamente sottoposto a quel rito.

Quando affondò la lama nel suo petto, il sangue che zampillava dalla ferita gli macchiò il viso e le mani. Con la lingua raccolse le goccie che erano finite a pochi millimetri dalle sue labbra. Un sorriso sadico si schiuse sul suo volto.

Era impazzito, assuefatto da quella sensazione di immenso potere.

Uno degli anziani gli passò un piccolo ciondolo d'argento, il quale lui inzuppò nel sangue della sua vittima, lanciando poi un grido quasi animalesco verso una luna che quella notte si era tinta di rosso.

Tornò a fissare il viso della sua vittima, la quale giaceva ai suoi piedi.

La cosa che lo colpì furono proprio quei occhi rubino, i quali stavano versando lacrime di sangue.

Poi, come una sovrapposizione di immagini, improvvisamente il ricordo si fece presente. Gli sembrò di vedere il volto di quella ragazza...

 

Hidan si svegliò, sedendosi di scatto sul letto, una mano sulla fronte, il cui palmo gli copriva un occhio, l'altra che stringeva il leggero lenzuolo che lo copriva. Il fiato era pesante e veloce. La fronte imperlata di sudore. Il petto nudo si alzava e abbassava a un ritmo decisamente troppo veloce.

Erano anni che non riviveva la notte in cui era diventato un servo di Jashin, ma gli occhi della sua prigioniera avevano risvegliato in lui quegl'incubi. Avrebbe pagato anche quello.

 

Eiko aveva finito di curare l'ultima ferita che il bastardo le aveva inferto. Se quello pensava di averla fatta cedere solo perchè gli aveva rivelato il suo nome si sbagliava di grosso.

Molti cadevano in quel suo astuto tranello. A prima impatto pareva una ragazza indifesa, ma in realtà nascondeva un cuore di lupo sotto quel suo manto di agnello.

In quelle ore però aveva cominciato a dubitarne.

Quando però lo aveva fissato negli occhi, in lei si era risvegliato qualcosa, la sua forza assopita dalla tortura.

Il piano era quello di conoscere chi mai fosse il suo aguzzino, in modo che, quando si fosse liberata, perchè lo avrebbe sicuramente fatto, avrebbe saputo chi cercare per consumare la sua vendetta.

Se l'era sempre cavata in ogni occasione, anche in quelle che apparivano senza via di scampo, e l'avrebbe fatto anche quella volta, anche se, con l'andare del tempo, il chakra per curarsi diminuiva e le ferite si richiudevano sempre più difficilmente. Se quello avesse continuando ad infierire su di lei alla fine non sarebbe più stata capace di curarsi.

Nella parte più recondita della sua mente sperava ancora che qualcuno la stesse cercando per tirarla fuori dai guai.

Ma a chi voleva darla a bere? Nessuno si sarebbe preoccupato di lei, anzi. Probabilmente se avessero potuto, avrebbero personalmente posto la sua testa sul ceppo del boia.

Inoltre, dove sarebbe potuta tornare? Se mai fosse riuscita a lasciare quel posto, nessuno avrebbe creduto che non aveva rivelato niente. L'avrebbero radiata, per poi probabilmente sbatterla in prigione per tradimento. O peggio...

Si strinse forte le ginocchia al petto. Aveva la sensazione che tra poco lui sarebbe tornato e doveva risparmiare energia.

 

NEL FRATTEMPO A KONOHA...

L'Hokage se ne stava nel suo ufficio, come al solito, a contemplare il villaggio dalla grande finestra. Ad un tratto, una presenza alle sue spalle la fece riscuotere dai suoi pensieri.

In ginocchio, comparso in una nuvoletta di fumo, un membro della squadra speciale.

-Avete notizie?- chiese seria la donna.

Erano giorni che Eiko non comunicava con il quartier generale e lei era preoccupata.

-Alcuni dei nostri hanno saputo che è caduta in mani nemiche-

Il sangue le si gelò nelle vene, mentre le mani, che fino a quel momento erano state unite dietro la schiena, si strinsero a pugno. Le palpebre si abbassarono impercettibilmente. Sapeva ciò che avrebbe dovuto fare.

-Capisco- si limitò a rispondere.

-Hokage, sa cosa significa questo?-

Quella abbassò lo sguardo, sospirando.

-Si, perfettamente. Avete il permesso di agire-

 

La porta si aprì con un rumore di cardini. I suoi occhi cercarono la sagoma di Hidan sulla soglia, i suoi capelli d'argento e i suoi occhi ametista carichi di follia omicida. Quello che però vide non le fece presagire niente di buono.

 

                                                                                                      ***

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Capitolo 6
*** My prey ***


Il capo l'aveva convocato ad un'ora improponibile del mattino, facendolo alzare con un gran giramento dei cosiddetti. Aveva voluto risposte che lui non aveva e si era incazzato non poco. Hidan però si era limitato a fissarlo e sorridere beffardo, chiedendo invece che lo si facesse lavorare senza scocciatura alcuna. Per poco Pein non lo faceva fuori, per modo di dire, si intende.

In quel momento stava camminando per il corridoio che conduceva alla prigione, i pugni stretti e una luce omicida negli occhi.

-Certo che fa proprio un fottuto freddo qua sotto- commentò, stringendo il collo del mantello e sbuffando, irritato.

Testa di carota voleva risultati e l'aveva accusato di essere tenero, di non tenere al compito che lui con tanta magnanimità gli aveva affidato, in modo che lui sfogasse la sua sete di sangue. Ma come si permetteva?

Il risultato era stato solo quello di farlo incazzare tremendamente, tanto che lo aveva quasi mandato a quel paese.

Per Jashin, dopotutto quella era pur sempre una donna e lui era un gentiluomo in fondo, molto in fondo. Lui di solito le donne le faceva urlare, ma in altri modi.

Era pur sempre un nemico però.

Così aveva deciso che quel giorno l'avrebbe fatta parlare. Si sarebbe sfogato su quella pelle così candida e casta fino a vedere i suoi occhi piangere sangue.

Sorrise all'idea e si sentì improvvisamente eccitato.

Quando però giunse alla prigione trovò la porta socchiusa.

-Strano- pensò.

Incuriosito si affacciò e la scena che gli si presentò lo fece rimanere di sasso.

Lei era stesa a terra, dimenandosi in modo innaturale, mentre la bocca era spalancata in un grido, che però non usciva.

Spostò lo sguardo da lei al fottuto ladro del suo sadico divertimento.

In piedi un'ombra che gli dava le spalle.

-Fatti riconoscere- disse lui tra i denti, già la falce a tre lame in pugno.

Quello si voltò lentamente e l'albino riconobbe gli occhi di Itachi Uchiha, lo sharingan ipnotico attivo. Nella penombra non l'aveva proprio riconosciuto.

-Che cazzo ci fai qui?!?-

-Pein mi ha ordinato di occuparmi della cosa visto che i tuoi metodi non davano risultati-

Quella voce priva di tono lo faceva innervosire e più di una volta avrebbe voluto picchiarlo senza freni.

-Togliti dalle palle, Uchiha. Lei è mia!!- ringhiò tra i denti Hidan.

Il moro lo fissò con il solito sguardo indecifrabile, poi nascose metà del volto all'interno dell'alto collo della divisa dell'organizzazione, chiudendo in contemporanea gli occhi.

Il corpo di Eiko smise allora di contorcersi. L'Uchiha mosse un paio di passi, ma Hidan lo fermò con la sua arma quando stava per superarlo.

-Non ti azzardare più ad avvicinarti ad una delle mie prede. Sai che potrei ucciderti se lo volessi-

-Non fare minaccie che non puoi mantenere. Saresti già morto ancor prima di provarci- e detto questo, scansando la falce dell'albino con una mano, uscì.

Quello digrignò i denti e strinse i pugni con rabbia. Quell'Uchiha gli dava proprio sui nervi!!

Dopo qualche secondo, si ricordò della ragazza che giaceva ancora sul pavimento, senza dare segni di vita.

Le si avvicinò, solo per accertarsi che fosse ancora viva. Voleva essere lui solo a mettere fine alla sua miserabile vita.

Quando fu sopra di lei, si fermò un attimo ad osservarla: i lunghi capelli neri stavano sparsi sul pavimento umido, formando un intricato disegno sulla fredda e umida pietra. La sua pelle era del colore della neve, come se il sangue non scorresse nelle sue vene.

Il corpo era esile e magro, ma comunque ben proporzionato e quella divisa ninja era aderente quel tanto che bastava per esaltarne le forme nascoste.

Il petto si alzava e abbassava in modo impercettibile e l'akatsukino notò una macchia allargarsi sul suo fianco sinistro. Probabilmente non era riuscita a richiudere del tutto la ferita che lui le aveva inferto.

Era come incantato, in un modo in cui non lo era mai stato. Si sentiva come un dio dinnanzi a lei, capace con un solo gesto della mano di decidere se fosse morta o no.

In piedi sopra quell'esile corpo avrebbe potuto mettere fine alla sua vita in un colpo solo. Ma qualcosa glielo impediva, qualcosa che non aveva mai provato, qualcosa che si era risvegliato in lui fissando quei suoi particolari occhi.

Scosse forte la testa, come a scacciare quei pensieri.

Dopodichè provò a toccarla, ma la sensazione fu quella del marmo. Perchè dentro di lui era tremendamente combattutto tra lasciarla morire o invece salvarle la vita?

Certo, era uno che teneva alle sue prede, ma quel suo comportamento era comunque insolito, lo riconosceva lui stesso.

Come se fosse qualcun altro a guidarlo, prese tra le braccia la piccola figura ai suoi piedi ed uscì da quell'umida cella.

Aveva preso la sua decisione.

 

Eiko si svegliò lentamente, la testa che le scoppiava. Si passò una mano sugli occhi, poi, pesantemente, la rigettò al suo fianco, tirando un sospiro.

Con quel semplice movimento, una fitta al fianco le fece stringere i denti.

In quel momento si accorse di non essere più sul duro pavimento della prigione, ma su qualcosa di morbido e, a modo suo, pregno di un buon profumo. Arrossì, dato che aveva riconosciuto l'odore di un uomo.

Tastò lentamente con la mano la superficie morbida, incontrando al tatto delle soffici lenzuola. Inspirò, credendo che probabilmente si trattava di un sogno, per quanto potesse sembrare reale.

Voltò lo sguardo alla sua sinistra, incontrando una parete di legno scuro, sulla quale si apriva una finestra, adesso chiusa da tende nere. Era tanto che non vedeva il sole e le sarebbe piaciuto farlo di nuovo.

Avrebbe voluto alzarsi e rivedere di nuovo il cielo azzurro. Intravedeva il chiarore del giorno, ormai inoltrato.

Poi avvertì dei rumori alla sua destra. Si voltò, proprio nel momento in cui la porta si apriva, facendo filtrare un po' di luce.

Sulla soglia apparve la sagoma di qualcuno.

-Vedo che sei sveglia- disse, prima di richiudersi la porta alle spalle.

Prese una sedia e la portò accanto al letto, voltandola poi dalla parte dello schienale e appoggiandosi sopra con i gomiti.

Si mise a fissarla, intensamente e Eiko riconobbe finalmente gli occhi viola di Hidan.

Avrebbe voluto sottrarsi al suo sguardo, ma era debole e rimase quindi inerme sul letto.

-Perchè sono qui?- chiese poi.

-Non domandare. Sappi solo che l'ho fatto perchè devo essere solo io ad ucciderti e nessun altro. Non pensare che ti abbia portato nella mia stanza per bontà nei tuoi confronti-

Nella sua stanza? Eiko si irrigidì ancora, arrossendo vistosamente.

Fu allora che lui si alzò, voltandole le spalle.

-Adesso devo andare, ma tornerò. Non tentare di scappare, in quanto la porta sarà chiusa a chiave e la finestra è sigillata- e detto questo uscì, lasciando nuovamente Eiko al buio.

Alla ragazza non rimase altro da fare se non chiudere gli occhi e sprofondare di nuovo nel sonno.

 

Ma cosa gli era preso? Si sarebbe volentieri fatto fisicamente del male se solo avesse potuto. E adesso come avrebbe spiegato al capo quel suo colpo di testa?

Ma in fondo lui l'aveva fatto per consumare lentamente la sua vendetta, senza che nessuno interferisse come era accaduto con l'Uchiha.

Solo per quello l'aveva rinchiusa nella sua stanza, e non perchè era rimasto affascinato da quel suo corpo così sensuale e da quel suo viso maledettamente perfetto...

Un attimo!! Cosa andava a pensare? Lei era una prigioniera, lui doveva estrapolarle informazioni riguardo alla missione. Ma allora perchè improvvisamente non avrebbe più voluto farle del male?

L'aveva lasciata nella sua camera, sul suo letto, senza neanche toccarla. Eppure, da quando aveva visto quei suoi occhi color del sangue, un desiderio era nato dentro di lui.

All'inizio sembrava solo che si volesse divertire nel torturarla, il desiderio di vedere il dolore sul suo viso era più forte di qualunque altra cosa. Poi però qualcosa era cambiato.

Lei era sua, solo sua e di nessun altro. E solo lui aveva il diritto di vita o di morte su di lei.

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Capitolo 7
*** Sudden weakness ***


Rientrò sbuffando nella sua stanza. Per un attimo rimase a guardare l'ambiente immerso nella semioscurità, l'orecchio attento e l'occhio vigile, come se aspettasse un qualche agguato nel buio.

Poi però la vide, ancora sdraiata sul suo letto, che dormiva. Si passò una mano tra i capelli color argento e, avvicinata lentamente la sedia al letto, rimase a fissarla.

Il capo si era arrabbiato non poco per quello che aveva fatto, c'era mancato poco che lo spedisse all'altro mondo per l'ennesima volta.

Lui, senza perdere il suo autocontrollo, l'aveva guardato negli occhi e aveva affermato che se la ragazza fosse morta loro non avrebbero avuto le informazioni che cercavano.

Per il fatto che l'avesse portata nella sua stanza, aveva campato la scusa che quell'idiota dell'Uchiha l'aveva quasi ammazzata e non voleva rischiare che qualcun altro si prendesse la medesima libertà.

Per fortuna era intervenuta Konan in suo favore, facendo calmare Pein e riponendo la sua fiducia nelle decisioni dell'albino.

Quando però la vide addormentata nel suo letto, si dette dello stupido, non capendo davvero cosa gli fosse scattato dentro.

Fino a quel momento, la parola pietà non aveva mai fatto parte del suo vocabolario. Conoscendo solo la morte e la violenza fin dalla più tenera età, solo in queste aveva trovato l'appagamento che cercava nella sua vita fino a quel momento. Per questo ciò che stava provando era qualcosa di nuovo e lo stava facendo impazzire.

Poi però, quando aveva fissato per un attimo di più quei suoi occhi, qualcosa era scattato.

Poveretta, non sapeva cosa le sarebbe spettato non appena si fosse ripresa. Dormiva beata, il suo volto disteso e rilassato, privo di qualunque traccia di dolore.

D'improvviso l'ambiente che li circondava prese a sparire, come frutto di una qualche illusione. Senza che se ne rendesse quasi conto, allungò lentamente una mano, sino a sfiorarle una guancia. Contro ogni aspettativa, la sua pelle era calda e morbida come una pesca. Era come se quel contatto fosse stato capace di scaldare il cuore che per tanto tempo era rimasto avvolto da uno strato di ghiaccio, freddo e impenetrabile.

Quando però lei si mosse, lui si ritrasse, come scottato.

Quei suoi occhi così particolari si aprirono lentamente e, non appena lo videro così vicino, con uno scatto si allontanò, schiacciandosi contro la parete.

Hidan, quasi scocciato, distolse lo sguardo, sbuffando.

-Sei proprio una ragazzina. Non temere, per il momento non ti farò del male. Mi servi viva, dopotutto-

Lei lo fissò, allibita dalle sue parole, ma senza staccarsi dalla parete. Come osava chiamarla ragazzina? Chi si credeva di essere?

-Come stanno le ferite?- chiese ancora l'albino.

Si dette nuovamente dello stupido, cercando di mordersi la lingua. Da quando gliene importava? Avrebbe voluto picchiarsi da solo, se non avesse timore di sembrare ancora più stupido.

La ragazza abbassò lo sguardo sul proprio corpo, gli abiti inzuppati dal suo stesso sangue. Tentò piano di alzarsi, ma, non appena lo fece, una fitta al petto la fece ricadere in ginocchio.

-Tzk, probabilmente devo averti inclinato una costola quando ti ho ferita l'ultima volta. Avanti, prendi questo, ti darà sollievo- e le lanciò una fiala piena di uno strano liquido.

Lei, afferratala al volo, fissò l'oggetto per qualche istante.

-Non è veleno, puoi berlo- le disse lui ulteriormente scocciato e si alzò, dirigendosi alla porta.

Prima che potesse uscire, avvertì la voce di lei dire flebilmente:

-Grazie-

 

Sala comune dell'Akatsuki.

Ormai la voce della bravata di Hidan e della presenza della ragazza nella sua stanza aveva fatto il giro del covo. Per questo, non appena l'albino fece il suo ingresso nella stanza, tutti gli occhi erano puntati su di lui.

-Che cazzo c'è?- ringhiò lui tra i denti, mettendosi seduto scompostamente su un divanetto, sul quale ebbe il coraggio di rimanere seduto solo Sasori, per nulla turbato dall'aura negativa che il compagno emanava.

Fu Kakuzu l'unico a parlare, probabilmente perchè sapeva che il compagno non avrebbe potuto facilmente ucciderlo.

-Allora, abbiamo saputo che adesso hai un ospite- disse.

Se non l'avesse conosciuto, avrebbe giurato che il suo tono fosse divertito.

-E da dove viene questa cazzata?-

-Sai, voci di corridoio- si sentì dire a Deidara, il quale stava cercando di domare il comportamento infantile di Tobi, completamente avvinghiato al suo sempai.

-Si, certo come no. E voi credete a tutte le voci di corridoio?-

-Certo, soprattutto quando parlano di una giovane verginella nel tuo letto- lo sbeffeggiò Kisame, poco lontano dal compagno Itachi, sguardo distante e espressione impassibile come al solito.

-Tzk, se quell'emo della malora non avesse tentato di portarmi via la preda, io non sarei stato costretto a rinchiuderla nella mia stanza- rispose Hidan con tono beffardo, indicando l'Uchiha, il quale gli concesse solo una rapida occhiata senza però dire una parola.

-Andiamo Hidan, dopotutto fuori fa freddo e un corpo caldo con cui riposare non è malaccio- lo prese in giro il biondo.

Non seppe bene perchè lo fecero, ma quelle parole ebbero il potere di farlo incazzare in proporzioni titaniche. Come osava quella mezza calza parlare in quel modo di lei?

-Ehi frocietto, vuoi forse prestarti come sacrificio al grande Jashin?!?- gli rispose tra i denti.

-Suvvia, magari dopo ce la potresti far assaggiare anche a noi- aggiunse Kisame, mostrando i suoi denti da squalo.

-Non osate avvicinarvi a lei!! È compito mio quello di scoprire le informazioni che possiede, come e quando è comunque una mia decisione- e detto questo uscì, sbattendo la porta.

Quando se ne fu andato, fu il taciturno burattinaio, Sasori, a parlare:

-Io credo che indirettamente ci abbia confermato ciò che sospettavamo-

 

POV HIDAN

Stupidi, stupidi, stupidi!! Come osavano anche solo insinuare che potessi provare qualcosa per quella femmina? Era unicamente una prigioniera, da spremere sino a quando non ne avessi avuto abbastanza.

Ma allora perchè me la prendevo tanto? Perchè avvertivo quello strano calore salirmi dal petto? Una cosa simile mi capita solo quando sto per compiere un sacrificio al mio Dio, ma non posso certo mettere le due cose sullo stesso piano.

Devo assolutamente fare chiarezza su tutta questa faccenda, altrimenti impazzirò.

 

                                                                                                           ***

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Capitolo 8
*** Do not thank me... ***


Eiko aprì gli occhi. Il dolore stava lentamente lasciando il suo corpo lasciandosi dietro però una strana stanchezza che non accennava a scomparire. L'intruglio che l'albino le aveva dato aveva svolto egregiamente il suo scopo, anche se era convinta che contenesse anche qualche sorta tranquillante soporifero, in quanto non faceva che dormire. Probabilmente era per impedirle che commettesse qualche sciocchezza o tentasse di scappare.

Si guardò lentamente intorno, rimanendo sdraiata. Era di nuovo sola. Spostò lo sguardo verso la finestra, cercando almeno di capire se fosse mattina o sera. Le tende scure facevano a malapena intravedere dei tenui raggi di sole.

Chissà cosa ne sarebbe stato di lei. Riusciva solo ad immaginare cosa capitava ad un ninja che cadeva in mano al nemico o che veniva etichettato come traditore, ma forse nel profondo sperava che l'Hokage non desse mai quell'ordine.

In quel momento la chiave girò nella toppa, segno che il suo ospite inaspettato stava rientrando.

Sulla soglia apparve la sua ombra scura e un distinto sbuffo si liberò nell'aria. Poggiò contro il muro la sua arma, passandosi poi una mano dietro il collo e liberandosi del mantello.

Finalmente la sua attenzione si spostò su di lei e notò che era sveglia.

-Come ti senti?- le chiese distrattamente, come se non volesse guardarla.

-Meglio. Grazie-

-Non ringraziarmi. L'ho fatto unicamente perchè mi servono informazioni sul Villaggio. Se ti uccidono, non verrò mai a scoprire niente-

-Pensavo che fosse per il fatto che saresti stato tu stesso a metter fine alla mia vita- rispose Eiko, continuando però a fissarlo.

L'albino continuava a non posare gli occhi su di lei.

-Anche tu hai paura dei miei occhi?- gli chiese inaspettatamente dopo una brave pausa, stupendo addirittura se stessa.

-Paura? Perchè mai?-

-Continui a non guardarmi, come se ti facessi paura. Pensavo che a un tipo come te non disturbassero questi miei maledetti occhi- rispose la ragazza, con una nota amara nella voce.

Hidan non le rispose stavolta, cercando per un attimo di capire ciò che lei stava tentando di dirgli.

-Io non provo paura- disse poi, poggiandosi alla parete con le braccia conserte sul petto nudo.

-Tutti la provano. È una sensazione umana- rispose lei, guardando la finestra.

-Beh, io non lo sono. Ho perso la mia umanità molto tempo fa, davanti a due occhi proprio come i tuoi- sorrise.

-Nessuno può smettere di essere umano- rispose Eiko, secca, voltandosi completamente, dandogli le spalle.

L'albino sgranò gli occhi dallo stupore, continuando a fissarla. Poi, con passo lento si avvicinò al letto e si sedette sul materasso.

Vide il corpo di lei percorso da un brivido.

Le sfiorò il braccio lasciato libero dalla maglietta, percorrendolo in tutta la sua lunghezza. Sotto le dita sentiva la presenza di cicatrici e non tutte l'aveva provocate lui. Il respiro della sua prigioniera si era fatto corto e ritmico, andando di pari passo all'andamento delle sue dita sulla pelle.

Delicatamente la afferrò per una spalla e la fece voltare sulla schiena.

-Che stai facendo?- chiese lei, intimorita.

-Shh, silenzio. Lasciami fare-

Lei tentò di ribellarsi, ma lui, essendo lei annebbiata dagli effetti dell'antidolorifico e lui fisicamente più forte, la bloccò con un braccio contro il materasso e con la mano libera prese a risalire sul suo addome.

-Fermati- lo implorò lei, ma il ragazzo non la ascoltò.

La maglia che Eiko indossava si alzò leggermente, tanto da far intravedere una bianca fasciatura sul lato destro dell'addome.

Le dita di lui sfiorarono le bende, provocando un lieve dolore alla ragazza, la quale strinse i denti e inarcò leggermente la schiena. Strinse il braccio di lui che la teneva ferma, affondando le unghie nella carne, ma l'albino non sembrò neanche accorgersene.

Lentamente lui si avvicinò al suo viso, tanto che i loro nasi si trovarono a pochi centimetri l'uno dall'altro. I respiri di entrambi erano pesanti e accelerati e la cosa probabilmente non piacque a nessuno dei due.

-Adesso ho bisogno di entrambe le mani, quindi ti lascio andare, ma tu non muoverti-

Lei strinse i denti, mentre gli occhi li si inumidivano di lacrime, ma fece comunque un cenno di assenso con la testa. In quel momento la cosa più saggia da fare era obbedire.

Lui allora, con un sorrisetto maligno, la lasciò andare, portando entrambe le mani sulla ferita.

Ma fece qualcosa che la ragazza non si sarebbe aspettata: si smise a sfasciare le bende, in silenzio. I suoi occhi erano completamente concentrati su quello che stava facendo, lasciando perdere il volto di lei. Così la ragazza potè soffermarsi ad osservarlo per qualche secondo, mentre avvertiva il volto scaldarsi in modo imbarazzante. Era attento e preciso, come se nella vita non avesse mai fatto altro. Non sembrava certo la stessa persona che qualche giorno prima la torturava sadicamente. Le dita lunghe e affusolate, perfette, adesso le stavano dando sollievo.

All'improvviso Hidan disse:

-La ferita si è pressocchè richiusa. Direi quindi che puoi anche darti una ripulita-

Si alzò e si allontanò di nuovo. Gettò le bende usate in un angolo della stanza, poi reindossò il mantello e si fissò la falce sulla schiena.

-Tornerò tra qualche ora- e detto questo se ne andò.

 

                                                                                                        ***

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Capitolo 9
*** Weak ***


Cos'era quella sensazione? Cosa significava quel calore che le saliva dallo stomaco e le arrivava sino in gola? Perchè non si era ribellata quando lui l'aveva toccata? Aveva accettato che lo facesse senza sapere cosa avesse davvero in mente.

Era caduta davvero in basso. Dov'era finita la Eiko combattiva che era partita per quella missione?

Fissando il soffitto si mise però a pensare: per chi o che cosa stava sopportando tutto quello? Al villaggio, qualcuno si era mai meritato il suo silenzio e la sua sofferenza? Cosa la tratteneva dal rivelare tutto? Ma poi tutto cosa? Non era conoscenza di ogni segreto di Konoha.

Per un attimo i profondi occhi verdi del Quinto Hokage le apparvero davanti, ammonitori. Lei era stata la prima e l'unica persona a non trattarla come un mostro, come una creatura maledetta. Sorrise. Probabilmente era proprio per lei che agiva in quel modo.

Poi gli occhi del capo villaggio vennero sostituiti da quelli dell'albino mentre la fissavano, attenti ed indagatori, come se le stessero sondando l'anima.

In qualche modo avvertiva una somiglianza tra di loro, entrambi segnati da un passato triste e solitario. Lui non si definiva neanche un essere umano.

Il cuore prese a battere all'impazzata mentre se lo rivedeva davanti agli occhi, sentiva la sensazione delle sue mani su di lei.

Possibile che con quei semplici gesti fosse stata in grado di cancellare il male che le aveva fatto nei giorni precedenti?

Si.

 

Passeggiava per i corridoi della base, continuando a imprecare dentro di sé. La frustrazione lo stava divorando, sentiva come se il suo corpo fosse attaccato dal torpore di una strana febbre, mentre lo stomaco era stretto in una morsa d'acciaio.

D'un tratto giunse su una delle terrazze che davano sulla vastità della foresta nella quale erano nascosti. Si poggiò al parapetto e si fissò le mani.

L'aveva sfiorata con quelle, aveva sentito il calore della sua pelle liscia. Le sue dita avevano percorso quei pochi centimetri del suo corpo come se in quel modo avesse potuto conoscerla nel profondo e per un attimo gli era sembrato di esserci riuscito.

La cosa che lo spaventava di più era che gli era piaciuto. Non pensava che dopo tutti quegli anni potesse ancora provare quel genere di imbarazzo pensando al corpo di una donna, come un verginello la sua prima volta.

Sentiva un calore strano risalire sino al petto e il fiato si era fatto corto. La cosa non gli piaceva un granchè. Si stava dimostrando un debole, proprio come volevano i suoi compagni.

Non poteva dar loro quella soddisfazione. Ma allora perchè non riusciva a pensare di poterle fare ancora del male?

 

Riuscì con fatica ad alzarsi da letto e percorse a tentoni la stanza quasi completamente immersa nell'oscurità. Nonostante l'albino le avesse comunicato che la ferita era pressocchè richiusa, non potè fare a meno di stringere i denti quando si alzò a causa di una fitta.

Trovò la maniglia di una seconda porta e la aprì. Sempre alla cieca trovò un'interruttore che accese immediatamente. Quella seconda stanza, molto più piccola dell'altra, si rivelò essere un bagno, completo di doccia.

Chiudendosi la porta alle spalle, decise che si sarebbe lavata, anche solo per poter rimuovere le traccie di sangue che le incrostavano il corpo.

Così si liberò dei vestiti, gettandoli in un angolo, e si infilò sotto l'acqua calda, sospirando.

L'acqua le bruciava a contatto con i pochi tagli ancora aperti sulle braccia e le gambe, ma non se ne curò. Poggiò la fronte contro la parete fredda, lasciando che quel getto lavasse via ogni peccato dalla sua pelle. Dopo tanto tempo fece caso alle sue vecchie cicatrici, alcune delle quali, nonostante fossero chiuse da anni, facevano ancora male per i ricordi che portavano con sé.

Un paio erano stati i suoi stessi compagni a fargliele durante quelle sere in cui non sapevano come divertirsi e nelle quali lei si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Pensò con sarcasmo che quelle cicatrici erano il male minore paragonata a quella enorme che si portava dentro.

Dopo parecchi minuti chiuse l'acqua ed uscì, avvolgendo il corpo minuto in un asciugamano che aveva trovato. Adesso c'era un problema: cosa indossare? Non poteva certo rimettersi gli abiti sporchi di sangue.

Così, frugando per la stanza, trovò un armadio e afferrò una maglia, la quale, andandole molto grande, la copriva fino a metà coscia.

Mentre finiva si sistemarsi e passava anche i lunghi capelli nell'asciugamano, sentì la porta alle sue spalle aprirsi. Si paralizzò, rimanendo in piedi, dando le spalle all'entrata e con in mano l'asciugamano umido.

 

La vide così, piccola e indifesa, vestita di una delle sue maglie, le gambe quasi completamente scoperte, i capelli umidi dalla doccia.

Dopo un primo momento di disappunto, si schiuse in un invisibile sorriso.

Si richiuse la porta alle spalle, ma lei non si mosse. Fece dei passi nella sua direzione e ancora nessuna reazione.

Nessuno dei due osò parlare, guidati da uno strano istinto e immersi in una strana atmosfera. Lui in particolar modo. Si vedeva che la ragazza era terrorizzata.

Quando le fu a pochi passi, allungò una mano e le sfiorò i capelli, facendola sobbalzare. Ne afferrò una ciocca e se la portò al viso: ne annusò il dolce profumo. Sapeva di buono.

Ne percorse con le dita l'intera lunghezza per poi lasciarla andare contro la sua schiena.

Fu allora che la ragazza si voltò, gli occhi colmi di una strana paura e le guance arrossate da un particolare imbarazzo.

Ogni passo che lui faceva era uno che lei arretrava.

Ad un tratto sbattè contro la scura parete di legno della stanza. Non fece però in tempo a rendersi conto della situazione che era già bloccata contro di essa dal corpo di Hidan, le sue mani poggiate al muro accanto al suo viso.

Lo fissò negli occhi, notando nei suoi una luce diversa che la fece rabbrividire, anche se non sapeva bene a cosa dare la colpa di quei brividi.

Lui, guardando quegli occhi così tristi e allo stesso tempo spauriti, si sentì scuotere dalla colpa di stare approffittando di lei in quel modo, ma una parte di lui non riusciva a fermarsi.

Fu allora che una mano di Eiko gli raggiunse il viso e gli carezzò una guancia, ma, dopo un attimo di smarrimento, qualcosa lo spinse a sottrarsi a quel tocco. Sapeva cosa la spingeva a quel gesto: era rassegnata a quella condizione e, per paura di soffrire ancora, si stava abbandonando ai suoi desideri.

Lui però non voleva, non accettava di averla in quel modo.

Quando si allontanò, Eiko lo fissò con un misto di imbarazzo e incredulità, non capendo perchè lui si fosse fermato o perchè lei avesse agito in quel modo.

Hidan arretrò, andandosi a sedere sul letto. Lei gli si fece dietro, andandosi a sistemare dove c'era il cuscino, le gambe incrociate. Dopo un attimo di silenzio, disse:

-Allora ti faccio davvero paura-

Lui non rispose immediatamente, poi si voltò un poco per guardarla.

-Non sai cosa sia la vera paura, ragazzina, e credimi se ti dico che tu non ne provochi affatto. Adesso basta con questa storia, mi stai stancando-

Eiko rimase colpita da quelle parole. Provò l'impulso di avvicinarsi di nuovo a lui, ma una parte di lei aveva paura.

Fu allora che Hidan si alzò, andandosi a sistemare seduto contro la parete, le braccia conserte e il capo basso.

-Ti cedo il letto. Starò bene anche sul pavimento. Adesso ho bisogno di riposare- e, chiuso gli occhi, il suo respiro si fece regolare.

 

Eiko aveva dormito abbastanza, non voleva farlo ancora, ma si stese comunque sul letto, di lato, le mani entrambe sotto il cuscino.

Nel silenzio della stanza, sentì il respiro leggero del suo carceriere, anche se ultimamente non sembrava lo stesso che aveva conosciuto i primi giorni.

Cosa lo aveva cambiato? Cosa lo aveva spinto ad agire come poco prima? E perchè si era ritirato quando lei lo aveva toccato?

Più tempo passava in sua compagnia e meno lo capiva. Non sembrava provare lo stesso che chiunque provasse quando la incontrava. Era qualcosa che lei non aveva mai sperimentato.

In silenzio si alzò dal letto, i piedi nudi sul freddo pavimento, e raggiunse il punto dove lui riposava. Si inginocchiò per raggiungere il suo volto.

Alzò una mano, andandogli a sistemare un ciuffo scappato alla presa del gel, sentendolo sospirare. Dopodichè si fermò ad osservarlo per qualche secondo: la sua pelle era bianca, candida, anche se la sua anima nascondeva macchie di mille peccati. I tratti del viso erano spigolosi e lo rendevano affascinante e misterioso. Le labbra fini e perfette, tanto che Eiko ebbe la tentazione di sfiorarle, prima con le dita e poi...

Ma cosa le veniva in mente? Lei era una prigioniera, lei odiava quell'uomo e tutta l'organizzazione. Presto o tardi lui avrebbe dovuto ucciderla. Che senso aveva cedere a quei sentimenti così assurdi?

Così si allontanò e tornò sul letto. Nonostante non avesse sonno, chiuse ugualmente gli occhi, tanto per scacciare l'immagine dell'oggetto del suo peccato.

 

                                                                                                      ***

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Capitolo 10
*** Escape ***


Hidan era sicuro di averla sentita mentre gli si avvicinava , rimanendo per qualche minuto ad osservarlo in silenzio. Aveva giurato di sentire il suo respiro sul viso, la sua mano che indugiava. Era stata sciocca: come aveva potuto pensare che un nukenin ricercato non avesse un sonno dannatamente leggero?

Aveva chiaramente sentito le sue dita che lo sfioravano e, in qualche modo, i suoi occhi che lo esaminavano.

Aveva avuto la tentazione di aprire i suoi, solo per vedere l'espressione spaurita ed imbarazzata sul volto di quella piccola ragazzina.

Un sorriso gli inarcò le labbra, poi però la ragione tornò a farsi spazio nella sua mente. Non poteva abbandonarsi a quegli istinti, non con lei.

Tra breve il capo avrebbe chiesto dei risultati e lui non era ancora riuscito a cavare un ragno dal buco. Ma solo il pensiero di tornare a farle del male gli faceva schifo.

Ma per Jashin, proprio a lui doveva capitare quel compito? Era risaputo che lui fosse il dongiovanni dell'Akatsuki e che le donne le toccava solo per dar loro piacere. Ci aveva provato, l'aveva ferita, torturata, ma ci era cascato per l'ennesima volta. Aveva lasciato posto alla sua parte umana, quella che non dava a vedere quasi a nessuno, quella che teneva nascosta sotto lo strato di follia che lo contraddistingueva.

Quando fu certo che lei si fosse allontanata, aprì piano un occhio e la vide stesa sul letto, coperta solo da una delle sue magliette. Le si avvicinò, cauto, mentre ascoltava il suo respiro nel silenzio della stanza.

Si inginocchiò, tanto per poter chiaramente vedere il suo volto: era rilassato, come se non temesse pericolo, come se in quel momento non si trovasse nelle stanze di un nemico, le guance leggermente imporporate, la bocca semichiusa.

Si avvicinò ancora e un dolce profumo si propagò nell'aria.

Dopodichè, con un sorriso, si allontanò un poco e si sedette a terra, la schiena poggiata al bordo del letto e chiuse gli occhi, cullato dal dolce suono del suo respiro.

 

Una voce lontana la chiamava. Ripeteva insistentemente il suo nome, come una sorta di strana nenia. Ad un tratto, nel buio, vide se stessa, molto piccola, che correva a per di fiato, inseguita da una strana ombra.

I tuoi occhi. Sei una creatura maledetta”

Il tuo passato, un tempo oscuro”

La morte, unica salvezza”

 

Eiko si alzò a sedere di scatto, madida di sudore e con il fiato corto. Era da tempo che non aveva più quegl' incubi. Doveva assolutamente trovare un modo per andarsene da quel posto. I ricordi si stavano facendo più vividi e la cosa non le piaceva affatto. Poi ci pensò un attimo: quelle parole erano strane, come se provenissero da un passato ancora più antico di quello di Konoha. Infatti, non tutte ricordava di averle sentite.

Si guardò intorno, ma era sola. Hidan non c'era. Si rannicchiò, le ginocchia strette al petto.

Perchè il suo primo pensiero, al risveglio, era stato se lui fosse presente o no? Perchè si preoccupava ogni volta che non varcava quella soglia?

Forse perchè, nonostante tutto, con lui si sentiva al sicuro, protetta.

Non poteva cedere ad una simile tentazione, non era giusto. Lei era un ninja di Konoha, l'Hokage le aveva affidato una missione e lei avrebbe dovuto portarla a termine.

Si alzò piano dal letto, avvicinandosi alla porta. Titubante afferrò la maniglia e la girò.

La porta era aperta.

 

Quattro ombre si muovevano velocemente tra gli alberi, delimitando un'ennesima zona da perlustrare. Era ormai molti giorni che setacciavano la foresta attorno al villaggio nella quale la ragazza era stata avvistata per l'ultima volta. Non riuscivano però a trovare niente che assomigliasse ad un rifugio dove potesse essersi sistemata l'Akatsuki.

-Sto iniziando a perdere la pazienza. Perchè dobbiamo prodigarci tanto per trovare una mocciosa che probabilmente è già morta?-

-Non essere sciocco. Nonostante sia vista di cattivo occhio al villaggio, è pur sempre una di noi e conosci bene la sua resistenza. Sono sicuro che è ancora viva-

-Vorrei ben sperare. Non vedo l'ora di mettere io stesso le mani su di lei e liberare il mondo dal peccato della sua presenza-

 

La ragazza aveva percorso i corridoi della base, per fortuna trovati deserti, rischiando solo un paio di volte di essere intravista da uno dei membri.

Finalmente, dopo tanto girare, aveva trovato l'uscita.

Quando la porta si spalancò, il sole quasi la accecò. Non sapeva quanto avesse trascorso in quel posto, ma i suoi occhi si erano ormai abituati all'oscurità.

Davanti a lei uno spiazzo erboso, poi l'inizio della foresta. Era scalza, con indosso solo una lunga maglia nera e qualche benda ancora a tapparle delle ferite, ma non le importava.

Zoppicando, prese ad incamminarsi verso gli alberi.

All'ombra delle loro chiome l'aria era fresca e piacevole. Solo quando Eiko si fu allontanata abbastanza dal covo potè tirare un sospiro di sollievo. Si sedette su di una roccia a riposare e fu allora che un'ombra di senso di colpa si impossessò di lei: pensò a come avrebbe reagito Hidan quando fosse rientrato e avesse scoperto che era scappata. Probabilmente aveva lasciato di proposito la porta aperta, pensando di potersi ormai fidare di lei. Quanto si sbagliava.

Certo, aveva titubato sino alla fine, poi però il dovere era stato più forte e se ne era andata.

Non poteva negare di aver cominciato a provare qualcosa per quel ragazzo dagli occhi viola, il quale le aveva fatto tanto male quanto bene. Era inutile continuare a ingannare se stessa. In quei giorni, ogni qual volta lui le si avvicinava, sentiva il cuore battere frenetico, mentre uno strano calore le saliva sino al petto, rendendo il suo respiro un affanno. Le gambe le divenivano molli e la faccia le andava in fiamme.

Dentro di sé sospettava che anche lui avesse cominciato a provare qualcosa per lei, anche se non lo voleva ammettere.

D'un tratto i suoi pensieri furono interrotti dal rumore di chiome che venivano urtate da qualcuno e foglie che cadevano. Non fece in tempo a voltarsi che quattro ombre le apparvero dinnanzi.

Erano Anbu, suoi compagni, probabilmente venuti a cercarla. Le lacrime le salirono agli occhi. Per la prima volta in vita sua era contenta di vedere qualcuno del villaggio.

-Siete venuti...- singhiozzò, alzandosi e andando verso di loro.

Le gambe quasi le cedevano e non capiva come nessuno dei quattro si muovesse per aiutarla.

-Eiko di Konoha, secondo ordine del Quinto Hokage, sei incolpata di alto tradimento verso il villaggio e chi lo governa. Pertanto, secondo la legge del Primo Hokage, la punizione per tale crimine è la pena capitale- disse uno di loro, mentre, assieme ai compagni, estraeva un kunai dal contenitore alla gamba.

La ragazza si bloccò a pochi metri da loro, inorridita. L'Hokage aveva veramente dato quell'ordine? Lei, che l'aveva sempre trattata con riguardo ed umanità e non l'aveva mai vista come un mostro, aveva ordinato che lei fosse giustiziata?

-Io non ho parlato...- sussurrò, indietreggiando.

-Non possiamo esserne sicuri. Sei stata prigioniera del nemico per quasi due settimane, nelle quali ti hanno torturata e affamata. Non possiamo sapere se tu non abbia spifferato tutti i nostri segreti.

Eiko non rispose. Sapeva fin troppo bene che quello era ciò che almeno un paio di quelli presenti aspettava da tempo. Quando il Terzo Hokage l'aveva fatta entrare nella squadra speciale, in molti si erano opposti.

Mentre tentava di fuggire, uno di loro, veloce, le si fece alle spalle, bloccandola per i polsi, entrambi ancora feriti. Lei gemette, tentando di liberarsi, ma senza risultato. Il ninja ridacchiava, probabilmente divertito da quel suo vano tentativo di ribellione.

Eiko cominciò a piangere: per la prima volta, dopo tanto tempo, aveva paura di morire.

 

                                                                                                    ***

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Capitolo 11
*** Injust conviction ***


Hidan stava percorrendo il corridoio che l'avrebbe riportato alla sua stanza. Era passato da Konan chiedendole se avesse un cambio per Eiko. Ci aveva pensato per quasi tutta la notte, ma non poteva certo lasciare quella ragazza con solo la sua maglia a coprirla.

Contro ogni sua aspettativa, la kunoichi gli aveva consegnato dei vestiti con il sorriso sulle labbra, mentre lui arrossiva un poco.

Da quando era diventato in quel modo? Ma doveva ammettere che, in fondo, non era una condizione spiacevole.

Quando però si trovò davanti alla porta, notò immediatamente che era socchiusa. La aprì di colpo, ma capì immediatamente che la stanza era vuota.

-Cazzo!!- imprecò e, lasciati i vestiti sul letto, prese a correre per la base.

Di lei non vi era traccia.

-Dannata mocciosa, dove si è cacciata? Adesso devo correre anche dietro ad una bambina. Se poi lo scoprissero gli altri, mi sfotterebbero di qui alla fine del mondo!!-

Decise che sarebbe andato fuori a cercarla. Tornò in camera, afferrò il mantello e la sua falce e uscì dalla base.

I suoi occhi erano colmi d'ira. Quando l'avesse trovata l'avrebbe uccisa con le sue mani o almeno l'avrebbe fatta soffrire un bel po'.

 

-Vi prego...- continuava ad implorare Eiko.

-Sai, l'Hokage ha accettato di malavoglia la tua esecuzione. Alcuni di noi hanno insistito in particolar modo. Non era pensabile che un mostro come te facesse parte della squadra speciale di Konoha- rispose uno.

-Anche se bisogna ammettere che sotto questa luce non sei niente male...- disse quello che la teneva ferma.

Il modo in cui lo disse non le fece presagire niente di buono.

Si sentì male. Cadde in ginocchio, sempre con i polsi bloccati, e si mise a piangere.

-Guardatela. E pensare che era una delle migliori. Adesso piange come una bambina- la schernì il quarto.

Finalmente fu lasciata andare, ma Eiko non aveva neanche la forza di alzarsi e tentare di scappare. Stava là, tra le lacrime, aspettando la sua fine.

Perchè sarebbe dovuta vivere? Per tornare in mezzo a quelle persone che la preferivano morta? Oppure doveva vivere come una fuggiasca per il resto della sua vita? Certo, una persona per cui vivere forse c'era, ma dopo la sua fuga, probabilmente sarebbe stato furioso e l'avrebbe fatta fuori lui stesso.

Portò la fronte a terra, sconfitta.

-Mi arrendo...- singhiozzò, abbassando lo sguardo a terra e lasciando andare le mani in grembo.

-Era ora. Preparati- e avvertì i passi dei suoi boia farsi più vicini e le loro risate maligne sovrastare i singhiozzi.

Attese, ma dopo il suono del balzo d'attacco non udì altro.

All'improvviso un grido soffocato. Un corpo che cadeva. Qualcuno che imprecava, lame che fendevano l'aria. Altri tonfi. Poi, il silenzio.

Lei non aveva alzato il viso da terra, ormai completamente sporco. Le sue mani, chiuse a pugno nel momento di attesa, si rilassarono nuovamente.

Quando però tentò di alzarsi, avvertì una forte presa ad un braccio, brusca, che in un attimo la fece rimettere in piedi.

Due occhi ametista si puntarono nei suoi. Brillavano di una luce folle, rabbiosa e la fissavano. Il volto che la notte prima aveva ammirato nella sua bellezza, adesso era trasfigurato in un espressione furiosa, mentre la pelle candida ricoperta di schizzi di sangue.

-Che cazzo pensavi di fare?!?- sbraitò, strattonandola.

Lei lo lasciò fare, come fosse una bambola senz'anima, anche se la presa le faceva male.

-Allora? Pensavi di prendermi per il culo? Dovrei ucciderti io stesso!! Pensare che...- ma non concluse.

Gli occhi di Eiko si erano inondati di nuovo di lacrime, mentre si mordeva il labbro inferiore sino a farlo sanguinare. Lui, lentamente la lasciò andare, ma la sua espressione non cambiò. Poi, voltandole le spalle, disse:

-Andiamo. E non fare scherzi-

Prima di seguirlo, la ragazza si voltò a fissare i corpi irriconoscibili dei quattro ninja. Fu strano, non provò pena per loro, ma solo tanta soddisfazione. Per la prima volta qualcuno si era frapposto tra lei e loro, l'aveva protetta dalle loro intenzioni.

Senza guardare oltre, seguì l'albino. Sapeva che ciò che avrebbe affrontato sarebbe stato duro, ma in quel momento non le importava.

 

Rientrarono nella stanza di Hidan e lui, con una sonora spinta, la lanciò sul letto. La ragazza, nella sua struttura piccola e gracile, volò come fosse stata priva di peso atterrando malamente tra le lenzuola.

Lui si liberò della falce, ancora gocciolante di sangue, e del mantello, anch'esso impossibile da definire pulito. Si chiuse la porta alle spalle.

Eiko, riuscita a mettersi seduta sul letto, si fissava i piedi. Non voleva guardarlo negli occhi, non voleva rivedere di nuovo quella rabbia.

-Pensavo che ormai l'avessi capito- disse allora lui, cominciando ad avanzare.

Lei non si mosse.

-Credevo di potermi fidare a questo punto-

Ancora più vicino.

-Mi dispiace...- ma le scuse le morirono in gola quando un sonoro ceffone la fece cadere sul letto lunga distesa.

Si portò una mano alla guancia lesa, ma neanche in quel momento osò fissarlo.

-Non voglio le tue scuse. Per la prima volta mi sono fidato di qualcuno che non fosse me stesso. Errore che mi è costato caro-

Lei finalmente sollevò il viso, mentre gli occhi le si inondavano ancora di lacrime.

-Hidan, io...-

-Non parlarmi, non guardarmi e soprattutto non pronunciare il mio nome. Adesso devo andare, ma quando torno voglio qualche informazione, altrimenti sai cosa ti attende- ed uscì sbattendo la porta e chiudendola rumorosamente a chiave.

Lei si stese sul letto, la testa tra le mani, i singhiozzi che le scuotevano il corpo. Si portò le ginocchia al petto e si lasciò andare ad un pianto disperato.

 

Hidan si fermò all'improvviso, sicuro di essere da solo. Sbattè un pugno contro il muro, quasi a farlo sanguinare. Strinse i denti, mentre si guardava un paio di nocche che adesso facevano sangue a causa dell'impatto. Strinse il pugno ancora più forte, facendo uscire ancora più sangue.

Si appoggiò con la schiena alla parete, mentre apriva la mano con il palmo davanti agli occhi.

L'aveva colpita senza rimorso, la rabbia aveva avuto per l'ennesima volta il sopravvento. Quello che però sentiva dentro di sé era qualcosa di diverso dalla furia di poco prima: avvertiva il vuoto, l'apatia, la colpa. Lui provava qualcosa per quella ragazza, ormai ne era più che sicuro, e venirne tradito lo aveva profondamente ferito. Ma perchè l'aveva colpita? Perchè le aveva urlato contro?

Quei suoi occhi, i quali lo guardavano con timore, inondati di quelle lacrime, gli davano continue fitte a quel cuore che pensava di aver dimenticato.

Come a voler avere la conferma che invece fosse sempre lì, si portò una mano al petto: batteva all'impazzata, come da tanto tempo non succedeva più.

Cosa avrebbe dovuto fare?

 

                                                                                                       ***

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Capitolo 12
*** Scars ***


Se ne era andato per quelle che a lei apparivano ore. Dopo aver consumato le sue lacrime, si alzò tristemente e come uno zombie si diresse in bagno, fermandosi davanti allo specchio del lavandino, gli occhi bassi.

Non aveva il coraggio di guardarsi, non aveva il coraggio di vedere ciò che era diventata. Poi si fece forza. Sulla superficie dello specchio apparve una persona completamente diversa: certo, il viso era il suo, ma i suoi occhi, color rubino, erano gonfi e arrossati, la guancia che lui le aveva colpito risaltava rispetto al colore candido della sua pelle. I capelli un cespuglio disordinato.

Decise che era il caso di darsi una sistemata, tanto aveva l'impressione che l'albino non sarebbe tornato per un po' di tempo. Così si spogliò della maglia che aveva preso dal suo armadio e si infilò sotto la doccia.

Sperò che almeno quell'acqua cancellasse la sua malinconia, la sua colpa, la sua tristezza. A quel punto, era divenuta a tutti gli effetti una traditrice del villaggio, non c'erano possibilità per lei di tornare.

Anche se fosse riuscita a raggiungere solo il cancello di Konoha, probabilmente l'avrebbero eliminata a vista, più di quello che non avrebbero fatto di normale.

Poi però quei pensieri divennero futili e superficiali, lasciando spazio a due occhi che la fissavano con rabbia e odio, i quali l'avevano colpita più di quelli che aveva incrociato in tutta la sua vita. Quelli sarebbero stati gli ultimi che in quel momento avrebbe voluto vedere furiosi.

Ma perchè? Adesso lui non rappresentava più un nemico? Ci pensò per un attimo prima di darsi una risposta: no, lui era ciò che di più vicino ad un amico avesse mai avuto.

 

Stava davanti a quella porta, senza fare assolutamente niente. Diavolo, era la sua stanza, poteva tranquillamente entrarci. Eppure, da quando c'era Eiko non si sentiva più di avere quella libertà.

Poi si fece coraggio. Girò lentamente la chiave nella toppa, tanto da non farsi sentire da lei, poi socchiuse la porta.

La vide, illuminata dal chiarore che filtrava dallo spiraglio, mentre si stava vestendo con quello che Konan aveva dato a lui. Vide la schiena nuda, mentre tentava di capire la direzione di una complicata maglietta.

Notando la luce filtrare dalla porta si voltò di scatto, coprendosi.

-Non ti ho sentito- disse, imbarazzata.

Lui era rimasto dov'era, senza una parola. La linea sinuosa e perfetta di quella schiena l'aveva lasciato completamente folgorato.

Il suo cuore aveva improvvisamente perso un battito e lui era certo di essere giunto ad un punto di non ritorno. Al diavolo l'organizzazione, al diavolo Konoha, al diavolo persino il sommo Jashin. In quel momento il suo mondo era limitato a quella visione.

Prese ad avanzare verso di lei, ricordandosi però di chiudersi la porta alle spalle.

Lei lo fissava, un misto tra lo spaventato e l'imbarazzato.

-Voltati- disse, quando le fu a pochi centimetri.

Pareva un ordine, anche se il tono non aveva alcunchè di autoritario. Eiko, dopo avergli lanciato un occhiata confusa, obbedì. Non lo sentì subito e l'attesa la stava uccidendo.

Finalmente avvertì il tocco leggero di una mano fredda sfiorarle la schiena, percorrendo per intero la spina dorsale.

Un brivido la colse. Poi però si abbandonò a quel tocco e lui lo avvertì.

Hidan sentiva le sue dita percorrere quella pelle profumata, cogliere ogni piega e ogni muscolo come se stesse esaminando una scultura marmorea, la quale non era però perfettamente liscia. Infatti, come era avvenuto per il suo braccio quella volta, anche sulla schiena erano presenti segni di cicatrici.

-Chi ti ha fatto questo?- chiese in un sussurro.

La vide abbassare la testa e stringere forte le mani che tenevano l'indumento a coprire il seno e l'addome.

-Mi hanno sempre creduto un mostro e come tale mi trattavano. Dicevano che i miei occhi rossi erano il segno della mia maledizione, anche se non ho mai capito di cosa si trattasse. Da bambina, gli altri mi evitavano, quando potevano mi tiravano pietre e mi picchiavano. Da grande le cose non sono cambiate poi molto, anzi, le cattiverie si fecero più feroci e violente. Ma io ho sempre resistito, non mi sono mai arresa. Ho combattuto per essere accettata, ma non è servito a niente. Due sole persone mi hanno mai considerato alla pari di un qualsiasi essere umano e, chi prima chi poi, mi hanno abbandonato entrambe...-

Singhiozzava, di nuovo. Sentì le mani di lui sulle spalle, mentre la voltavano lentamente. Dopo tanto, rivide quel suo volto così bello.

-Io non ti considero un mostro- disse l'albino, guardandola negli occhi, mentre con un dito le asciugava una delle lacrime.

-Hidan, mi dispiace averti deluso. Non accadrà più-

L'albino era confuso. Perchè gli diceva quelle cose? Dopo quello che lui le aveva fatto, lei si dispiaceva? Come poteva una tale creatura essere considerata un mostro?

Una mano di lui scivolò lungo il suo braccio sino a intrappolare le esili dita nelle sue e portarsele sul petto, mentre l'altra le accarezzava una guancia. Lei chiuse gli occhi, sospirando.

Non ce la faceva più, il desiderio era terribilmente forte. Lentamente, si avvicinò al suo volto, respirando pesantemente, mentre vedeva che lei non si allontanava.

Fu allora che accadde: lei si sporse verso di lui, facendo combaciare le labbra in un tenero e timido bacio. Hidan inclinò leggermente la testa per poter raggiungere meglio quei due petali così saporiti, i quali sapevano di qualcosa di dolcissimo. Le mani scesero poi sui suoi fianchi, per poi circondarle la vita con le braccia, senza lasciarle le labbra.

Le loro lingue finalmente si incontrarono, muovendosi con un gioco di giravolte o semplici carezze.

Da quanto tempo lui desiderava una sensazione così?

Da quanto tempo lei si voleva sentire desiderata?

I loro corpi aderirono come fossero stati uno solo, mentre lentamente il ragazzo l'avvicinava al letto.

Finalmente Eiko potè riprendere fiato, quel tanto per fissarlo negli occhi e chiedere:

-Perchè?-

-Non chiedere...- sussurrò lui, prima di riprendere possesso delle sue dolci labbra.

La fece stendere sotto di sé, mentre lei ancora non aveva lasciato la maglia che usava per coprirsi.

L'albino pose una gamba tra quelle di lei, mentre i gomiti li poggiava accanto alla sua testa e continuava a baciarla senza tregua, affondando in contemporanea le dita tra quei capelli morbidi e setosi.

L'aveva desiderata così a lungo, che quel momento gli sembrava solo un sogno dal quale non avrebbe voluto svegliarsi.

Mentre continuava a percorrere il suo corpo con le mani, desiderò uccidere tutti coloro che si erano permessi di farle del male, tutti quelli che avevano alzato anche un solo dito su di lei.

Sentì le mani di Eiko posarsi sulle sue spalle, per poi allacciarsi al suo collo. Lentamente, con sole due dita, le fece scivolare il pezzo di stoffa che ancora nascondeva il suo corpo ai suoi occhi. Era perfetta.

Prese a baciarle il collo con tocchi brevi e bollenti, mentre lei gemeva. Aveva sempre immaginato come fosse sentire quei lamenti uscire dalle sue labbra mentre le dava piacere, ma con tutta l'immaginazione possibile, la realtà era decisamente meglio.

Ad ogni gemito di lei, lui sentiva uno strano calore salirgli dal basso ventre.

Dal collo scese sino alle scapole, mentre la ragazza gli accarezzava i capelli argentei e sussurrava il suo nome. Allora anche lei lo voleva. Scese tra lo spazio dei seni, mentre la schiena di lei si inarcava.

Le fece passare entrambe le braccia sotto la schiena, in modo da avvicinarla ancora più a sé.

Dopo averla dolcemente torturata ancora un po' ed essersi entrambi liberati dei vestiti, si assicurò che fosse pronta per accoglierlo.

Prima che entrasse, lei però lo fermò.

-Ti prego, sii solo delicato-

Lui la baciò, affascinato da quella sua espressione da bambina, per poi affondare in lei, con calma e delicatezza, come lei gli aveva chiesto.

All'inizio Eiko provò un tremendo fastidio, una sensazione strana, poi però i suoi movimenti si sincronizzarono con quelli di lui e fu bellissimo.

Era la sua prima volta con un uomo, ma non ebbe alcun rimpianto. In quel momento non avrebbe voluto sostituirlo con nessun altro.

Raggiunsero insieme l'apice, gemendo rumorosamente. Lui poi le si stese a fianco, mentre lei rimase a fissare il soffitto. Non sapeva che fare, come comportarsi. D'improvviso mille dubbi si erano impossessati di lei.

Poi, una mano di lui le afferrò una spalla e se la portò sul petto, tanto da farle appoggiare la testa su di lui.

Quel contatto fu capace di cancellare ogni pensiero in un attimo, mentre il respiro calmo di lui la cullava dolcemente.

Entrambi chiusero gli occhi. Eiko però pensava: adesso era veramente una traditrice.

 

                                                                                                     ***

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Capitolo 13
*** Remors ***


Eiko si svegliò di colpo, avvertendo improvvisamente il calore di un altro corpo accanto al suo. La mente ancora offuscata dal sonno, non ricordò immediatamente cosa fosse accaduto quella notte, così si allontanò di scatto, cadendo quasi dal letto.

Coprì in fretta il corpo nudo col lenzuolo e fissò l'ombra al suo fianco. I raggi di sole che riuscivano a penetrare dalle tende scure illuminarono dei singolari capelli color dell'argento, in quel momento liberi dalla costrizione del gel, sparsi sul cuscino. Un braccio di lui era steso sopra la testa, mentre l'altro era poggiato sull'addome definito e tonico. La leggera coperta che nascondeva il corpo solo poco sopra l'inguine.

L'espressione sul volto appariva quella di un bambino, le palpebre chiuse e rilassate e le labbra leggermente dischiuse.

Le venne da sorridere, riconoscendo in quei tratti quelli dell'uomo con il quale aveva passato la notte, colui che l'aveva resa a tutti gli effetti una traditrice di Konoha.

Abbassò un poco lo sguardo, stringendo i pugni che tenevano la coperta. I denti ferirono il labbro inferiore sino a farlo sanguinare, mentre le lacrime le riempirono gli occhi e il sorriso spariva.

Cosa aveva fatto?

 

Hidan si ridestò lentamente, come da uno splendido sogno. Non appena si liberò del torpore del sonno, il suo naso captò il profumo di lei. Si voltò appena e la vide, voltata leggermente in modo da nascondere il viso tra i lunghi capelli d'ebano, la schiena nuda e pallida, la leggera coperta a nascondere il corpo che quella notte aveva minuziosamente esplorato.

Allungò una mano per poterla toccare e sfiorò per un attimo la sua pelle, prima che lei sobbalzasse, impaurita.

Non si voltò però a guardarlo.

-Che succede?- chiese lui, mentre si metteva seduto e le si avvicinava.

Lei non rispose, ma l'albino notò il piccolo corpo scosso dai tremiti.

-Eiko?- chiese ancora, prima di poggiarle delicatamente una mano sulla spalla.

Con uno scatto riuscì finalmente a farla voltare, rimanendo per un attimo di sasso.

I suoi splendidi occhi rubino erano inondati dalle lacrime, mentre le labbra increspate in un infantile broncio.

-Piccola, cosa ti prende?- chiese ancora lui, racchiudendole il viso tra le mani.

Lei distolse lo sguardo, ma non si liberò della sua presa.

-Sono una traditrice- sussurrò.

-Perchè?-

-Ho tradito l'Hogake e l'intero villaggio. Che cosa ho fatto?-

-Eiko, loro volevano ucciderti. Te ne rendi conto?- disse lui, leggermente alterato.

Gli faceva male vederla in quel modo. Avrebbe voluto radere quello stupido e stramaledetto villaggio solo per farla sorridere, liberarla dalle sue pene, cosa che, da quando l'aveva conosciuta, non era ancora avvenuto.

-Lo so, ma ormai a quello ero abituata. È da quando ero bambina che minacciavano di farlo. Ma allora perchè mi sento così male?-

Quella domanda era rivolta più a se stessa che ad Hidan, anche perchè lo jashinista non sapeva proprio cosa rispondergli. Si limitò solo a stringerla.

-Mi dispiace- disse.

 

Lei rimase spiazzata da quel gesto così spontaneo e allo stesso tempo terribilmente strano. Non se lo sarebbe aspettato.

Pensava che l'albino avesse solamente approfittato di lei, della sua fragilità in quel momento, della sua paura.

Però, invece di andarsene poco dopo, aveva dormito con lei, l'aveva abbracciata, stava cercando di consolarla.

Un attimo!! Era colpa sua!! Lui l'aveva costretta a scegliere!! Lui l'aveva corrotta!!

Con uno scatto si allontanò dal suo petto, allontanandosi da lui, sempre cercando di coprirsi. Dopodichè si alzò velocemente, afferrò la maglia larga che aveva i primi giorni e si chiuse nel bagno, lasciandolo solo e interdetto.

Una volta bloccata la porta, si lasciò scivolare sino a terra, con la schiena contro di essa, e nascoste la testa tra le mani.

Dopodichè poggiò la fronte sulle ginocchia e lasciò scivolare le mani in grembo. Era stata egoista, aveva lasciato che i suoi istinti avessero la meglio sul dovere. Certo, lui non l'aveva certo forzata, ma in quel momento incolparlo era la cosa più facile da fare per lei.

All'improvviso sentì i passi di lui oltre la porta e un rumore contro di essa, come se anche lui si fosse seduto.

-Eiko, cosa ho fatto?- chiese.

-Non parlarmi- disse lei, la voce ancora sconvolta dai singhiozzi.

-Perchè?-

-Tu...tu...hai approfittato di me-

-Pensavo che anche tu lo volessi-

Aveva ragione, anche lei lo voleva. Ma allora perchè non riusciva ad accettarlo?

-No...cioè si...non lo so- rispose la ragazza, infilandosi le mani nei capelli.

-Pensavo che anche tu provassi qualcosa-

Lei non rispose. Cosa avrebbe dovuto dire? Che si sentiva semplicemente sconvolta all'idea di non poter più tornare al villaggio e che si era gettata tra le sue braccia senza una briciola di sentimento? Sarebbe stata una bugia, quindi rimase in silenzio.

In quel momento lo sentì alzarsi e dirigersi verso la porta. Dopodichè udì l'uscio richiudersi dietro di lui, senza dimenticare di chiuderlo a chiave.

 

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso, ma non aveva più udito movimenti nella stanza. Decise che era giunto il momento di reagire. Lentamente si alzò e si infilò sotto la doccia, crollando poi di nuovo in ginocchio.

Sperava che l'acqua lavasse via quel peccato come aveva fatto più volte, riuscisse a farla sentire meno colpevole, ma sembrava che ogni goccia che le toccava le pelle la ferisse ancora di più.

Non riusciva ancora a darsi pace, non riusciva a concepire cosa aveva fatto.

Uscì dal bagno con i capelli ancora umidi e si sedette su un lato del letto. Si fissò le mani, poi le serrò a pugno.

Si era fatta vincere dal piacere, dalla lussuria e questo era riprovevole. Per l'ennesima volta aveva confermato di essere una creatura maledetta, che di umano aveva ben poco.

Poi pensò agli sguardi dei suoi ex compagni mentre le comunicavano l'ordine dell'Hokage di ucciderla. Era colmi di disprezzo, ma anche una celata sadicità mentre pronunciavano quelle parole che a lei avevano fatto così male.

Perchè avrebbe dovuto sentirsi in colpa per un villaggio, per delle persone che in lei non avevano mai visto niente se non un mostro?

Li odiava, ma in fondo non riusciva a non sentirsi in colpa.

In quel momento avvertì la porta riaprirsi e sulla soglia apparve Hidan. Il volto e gli abiti erano macchiati di scuro vermiglio. Le si avvicinò, mentre lei lo fissava, spaventata.

Una mano le sfiorò la guancia ed Eiko avvertì mentre le sue dita si lasciavano dietro qualcosa di fluido e caldo.

Si toccò il viso e sulla mano comparvero delle scure macchie di sangue, l'odore ferroso era persistente. Le venne quasi il mal di stomaco.

Si spostò dal suo tocco mentre alzava lo sguardo per incontrare quello di lui: i suoi occhi ametista sembravano vuoti, colmi di una strana follia.

-Piccola, perchè mi guardi così?- le chiese piano, mentre tentava di avvicinarsi ancora.

-Non toccarmi!!- rispose secca lei e gli colpì la mano.

Lui la fissò, senza capire. Dopodichè, non una parola, si liberò del mantello e si chiuse a sua volta in bagno. Eiko guardò verso la porta.

Hidan, nella sua strana follia, si era dimenticato di chiuderla. Di nuovo.

 

                                                                                                        ***




NdA Mi scuso per il ritardo e spero che anche questo capitolo piaccia. Un saluto ^_^

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Capitolo 14
*** Trapped ***


Sentì l'acqua scorrere e solo allora decise di agire. Recuperò gli abiti che l'albino le aveva detto essere stata Konan a prestarle e, senza fare rumore, uscì dalla stanza.

Il corridoio era vuoto, nessuno in vista. Ma per qualche motivo i suoi piedi non volevano muoversi. Si voltò indietro, fissando la porta del bagno, mentre in un anfratto recondito di se stessa sperava che l'albino la aprisse e le impedisse di andarsene.

Ma perchè andava a pensare quelle cose? Non poteva certo rimanere in quel posto in attesa che si decidesse cosa fare di lei. Voleva essere da sola a decidere il suo destino, anche se significava togliersi la vita. Sarebbe comunque stata una sua scelta.

Così, imponendo alle gambe di muoversi, si avviò per il corridoio semibuio.

Prima di lasciare la stanza di Hidan aveva recuperato uno dei kunai del ninja che aveva intravisto nell'armadio quando aveva trovato la maglia da indossare e adesso avanzava con l'arma alzata dinnanzi a sé, nell'ipotesi si fosse trovata qualcuno a sbarrarle la strada.

Finalmente l'ambiente sembrò diventare un po' più ampio, annullando un poco la sua sensazione di claustrofobia.

Si trovò a guardarsi intorno, affascinata, in quanto l'ambiente in cui era capitata era tutt'altro che stretto e angusto: doveva trovarsi in una sorta di anticamera, la quale però la prima volta non aveva attraversato. Eppure le era sembrato di aver preso la stessa strada della volta precedente.

-Accidenti al mio dannato senso dell'orientamento. Anche quello è andato a farsi benedire. Questo posto è un vero e proprio labirinto- pensò sbuffando.

Ebbe per un attimo la sensazione di tornare indietro, rivedere quei due occhi di quel bellissimo colore viola, ritrovarsi di nuovo di fronte a quell'uomo che aveva “approfittato” di lei.

Scosse forte la testa, come a voler scacciare quei pensieri, dopodichè si concentrò per trovare una strada.

D'un tratto vide un corridoio nascosto e si diresse in quella direzione. Quando però stava per imboccarlo, sentì delle voci: qualcuno stava arrivando.

Spaventata, corse verso quello dal quale era uscita, ma con suo grande dissenso udì dei passi anche da quella direzione.

Si ritrovò al centro dell'anticamera mentre si guardava nervosamente intorno, ma non sembrava esserci altra via di fuga. Così si mise in posizione, il kunai alto dinnanzi al viso, i denti stretti, l'espressione quella di un animale braccato.

Qualche secondo e il nemico sarebbe arrivato.

 

Si passò una mano sul viso, affranto, senza capire cosa gli fosse successo. Nonostante si trovasse sotto il getto dell'acqua, avvertiva distintamente il sudore che gli imperlava la fronte e non certo per il calore che la doccia sprigionava.

Strinse i denti e battè un pugno al muro, il quale provocò un rumore sordo.

-Maledizione!!- disse, non capendo proprio cosa fosse quella sensazione che gli contorceva lo stomaco.

Si era comportato decisamente come uno stronzo, ma quella ragazzina lo aveva fatto davvero incavolare. Ma una parte di lui ci teneva, così decise di mettere da parte l'orgoglio e di chiederle scusa.

Uscì dalla doccia, si legò un asciugamano in vita e con un altro iniziò a strusciarsi i capelli, in modo da asciugarli.

Mentre usciva dalla stanza iniziò con un'accurata frase di scuse, ma quasi immediatamente si accorse che qualcosa non andava. Infatti la camera era deserta e la porta spalancata.

-Cazzo!!- imprecò.

 

I passi erano sempre più vicini, ma lei non aveva ancora rinunciato a trovare una qualunque via di fuga, anche se sembrava proprio essere in trappola.

Delle ombre lunghe si proiettarono sulla parete del primo corridoio, mentre avvertiva una voce infantile che chiamava un certo “Deidara-sempai”.

Ricordava di aver letto quel nome in uno dei tanti rapporti consegnatole dall'Hokage.

-Ehi tu!!-

Una voce la fece riscuotere dai suoi pensieri. Si voltò appena in tempo per vedere le tre figure appena entrate: un biondino con un enorme ed ingombrante ciuffo che gli copriva un occhio, mentre l'altro era di un brillante colore azzurro, un gigante dal volto coperto quasi per intero con occhi di uno strano colore verdastro e un tipo che teneva il viso nascosto da una maschera che lo faceva sembrare un grosso lecca lecca.

Eiko arretrò, mentre quelli avanzavano.

-Dicci bellezza, ma tu non dovevi essere rinchiusa nella stanza di quell'albino fissato con i sacrifici?- le disse il biondo.

-Hidan è sempre il solito. Si fa abbindolare da una bella donna e non capisce più niente- disse il gigante.

-Non a caso è compagno tuo- riprese il nukenin biondo.

-Cosa vorresti dire, scusa?-

Presero a discutere, mentre il terzo zampettava loro intorno, fino al momento in cui il tipo con il ciuffo lo fece volare tramite una piccola quantità di argilla esplosiva tirata fuori chissà da dove.

La ragazza approfittò della loro distrazione per scappare, ma, non appena si voltò per correre verso l'altro corridoio, andò a sbattere contro il petto di qualcuno.

Finendo seduta a terra, alzò piano lo sguardo e incontrò gli occhi scuri del ragazzo che aveva visitato una volta la sua cella: Itachi Uchiha. L'akatsukino era seguito dal compagno che assomigliava ad un grosso pesce, il quale si schiuse in un sorrisetto che non faceva presagire niente di buono. Mise in mostro due fila di denti bianchi e appuntiti e disse:

-Guarda un po' che pesciolino è finito nella nostra rete-

Eiko arretrò, sentendo però sopraggiungere gli altri due che avevano terminato di litigare.

-Sai, non pensavo che l'albino avesse gusti tanto raffinati. Non credo che si meriti una tale bellezza- riprese quella sottopesce di squalo su due gambe.

Si era avvicinato pericolosamente e la cosa a lei non piaceva. Così, recuperato un po' del coraggio perduto, velocemente si fece in piedi e, con una capriola all'indietro, si tolse dall'impiccio.

-Una domanda: ma se lei è qui, Hidan dov'è?- disse Kakuzu.

-Sono qui-

 

Eiko si voltò come il resto dei presenti: affacciato su uno dei corridoi stava l'albino, con indosso solo i pantaloni e il corpo ancora gocciolante per la doccia.

I suoi occhi incrociarono quelli di lei e lo sguardo che le rivolse era colmo d'ira, ma anche qualcosa che lei non seppe riconoscere. Eiko abbassò i suoi, sempre però mantenendo la guardia alta.

Il biondo si avvicinò all'albino:

-Ehi jashinista, neanche una ragazzina sai tenere d'occhio-

-Frocietto, non mi provocare. Adesso potete anche andarvene. Penserò io a riportarla indietro-

-Hidan, il capo non è contento- disse serio il gigante.

-Non hai ottenuto la benchè minima informazione né sul villaggio né sulla forza portante che si dice sia rifugiata a Konoha. Se la ragazza non sa niente, è inutile tenerla qui-

-Vi ho detto che ci sto lavorando!!- sbraitò l'albino.

-Se non ti conoscessi, amico, direi che tieni a questa donna-

Il gelo calò sia sull'akatsukino che su Eiko. Poi però la ragazza tornò in sé, cercando un modo per andarsene mentre loro discutevano.

Ad un tratto intravide una piccola finestrella poco sopra il portone d'accesso al rifugio e si maledì per non averla usata prima.

Lanciò un'ultima occhiata al gruppo, il quale sembrava essersi dimenticato di lei. Fece per spiccare un salto, quando qualcuno le afferrò un polso, torcendoglielo dietro la schiena. Il kunai le cadde di mano.

Dopodichè, con un movimento fulmineo, il misterioso aggressore la fece voltare verso di sé. Eiko incrociò di nuovo lo sguardo dell'Uchiha, il quale però era cambiando, in quanto Itachi aveva attivato lo sharingan.

Distolse lo sguardo per evitare di guardarlo e cercò al tempo stesso di liberarsi.

-Non opporti a me- disse con voce bassa e calma, tanto da farla rabbrividire.

Una presa al mento la costrinse a tornare a guardarlo. Più fissava quegli occhi rossi, più la testa di faceva pesante e le gambe molli.

Infine il suo mondo divenne buio.

 

                                                                                                     ***

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Capitolo 15
*** I take away ***


Una goccia scendeva dal soffitto, provocando un suono monotono e che aveva il potere di far impazzire. Eiko aprì piano gli occhi, ritrovandosi nuovamente nella buia e umida cella della prima volta.

Si alzò faticosamente sui gomiti, mentre avvertiva una pesante stanchezza alle braccia e alle gambe.

Si guardò intorno, forse credendo si trattasse di un sogno. Poi, come un flash, si ricordò cosa era accaduto. Rivide gli occhi di Itachi che la fissavano e la sua voce che le penetrava nella testa.

Con fatica si mise finalmente seduta e poggiò la schiena alla parete, poggiando la fronte sulle ginocchia, sconfitta. Non aveva modo di uscire da quel posto e quasi sicuramente dopo la sua tentata fuga l'avrebbero fatta fuori.

Sorrise, ma il suo fu un gesto strano, che non aveva niente di felice. Forse era giunto il momento di liberarsi di quella vita senza scopo.

Maledì Konoha e l'Hokage, la quale l'aveva sempre illusa di considerarla diversamente dagli altri.

D'improvviso, come una sorta di visione, una voce si fece largo nel silenzio dei suoi pensieri:

-Io posso aiutarti. Vieni da me...-

La ragazza si portò la mano alle tempie, premendo con forza come se servisse a scacciare il dolore che quel dolore le provocava.

-Chi sei? Cosa vuoi da me?-

-Vieni...-

Lei si schiuse in un grido quasi animalesco, scoppiando a piangere. Dopodichè si accasciò a terra, il respiro divenuto affanno.

L'ultima cosa che sentì fu la porta della cella che si spalancava.

 

Stavolta aveva davvero le mani legate. La prima volta che Eiko aveva tentato di fuggire nessuno se ne era accorto e lui era riuscito a riportarla indietro prima che fosse tardi.

Stavolta però erano coinvolti anche gli altri membri e Pein si era incazzato e non poco. Aveva ordinato ad Itachi di riportare Eiko nella sua cella. Lui aveva provato ad opporsi, ma quello per poco non l'aveva ammazzato. E menomale che era immortale, ma pensò che prima o poi l'avrebbe fatto sul serio.

Aveva passato le successive tre ore chiuso nella sua stanza, seduto sul letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani.

Si era imposto di non pensare più a quella ragazza, ma dopo quello che c'era stato tra loro non poteva più farne a meno.

Sapeva che la decisione sulla sua eliminazione non avrebbe tardato ad arrivare e lui non poteva permetterlo.

Così aveva preso un'amara decisione.

Era tornato al cospetto del capo e l'aveva pregato di potersi occupare nuovamente lui della ragazza. Se questa volta non fosse riuscito a carpire alcuna informazione, avrebbe pensato personalmente a mettere fine alla sua vita.

Pein l'aveva fissato per un minuto che a lui era sembrato interminabile, poi aveva acconsentito.

Così si stava dirigendo verso la sua cella, anche se dentro di lui stava avvenendo una battaglia che non poteva definirsi facile.

All'improvviso il coraggio era venuto meno. Si poggiò alla parete, una mano sulla fronte, la quale era madida di sudore. Non voleva, non poteva farle del male.

Poi, ad un tratto, un grido si propagò per lo scuro corridoio.

 

Sentì la porta sbattere pesantemente, prima di intravedere un'ombra sulla soglia, la quale sembrava avesse il fiatone. Sentiva di stare per perdere di nuovo i sensi, ma non voleva. Basta essere debole, voleva tornare ad essere l'Anbu che era prima, quella che aveva sempre fatto conoscere agli altri.

Lo sconosciuto le si avvicinò e solo allora lo riconobbe.

-Che cosa ci fai qui?- gli chiese debolmente.

-Ti ho sentito gridare. Cosa è successo?- e fece per carezzarle una guancia, ma lei si ritirò.

L'albino allontanò la mano.

-Ho sentito una voce nella mia testa. Faceva male- rispose Eiko, sempre stesa a terra.

-Quale voce?-

-Non lo so, ma devo trovare il modo per andarmene-

-Sai, non è una cosa da dire al proprio carceriere- sdrammatizzò lui, sorridendo.

Stranamente anche a lei venne da ridere, ma continuò a non guardarlo. Poi, d'un tratto si sentì sollevare.

-Cosa stai facendo?- disse, ritrovandosi tra le braccia dell'albino.

-Che domande. Ti faccio uscire da qui-

-Ma sei impazzito? Hidan, mettimi giù- e prese a dimenarsi, come se le forze le fossero improvvisamente tornate.

Fu così che entrambi caddero a terra. Eiko, dopo un attimo di smarrimento, si ritrovò sopra di lui, mentre questo si massaggiava la testa, probabilmente per via della caduta.

I loro occhi si incontrarono e rimasero incollati. Nessuno dei due sapeva cosa gli stesse succedendo.

Eiko avvertì una mano di lui posarsi sulla sua guancia, mentre le sue mani aderivano bene al petto dell'albino, come se stessero accertandosi che lui fosse veramente lì.

Hidan per un attimo sorrise, poi avvicinò il suo viso a quello di lei, bruciando la distanza fra le loro labbra.

La sensazione fu strana, fu come se fossero anni che le loro bocche non si toccavano e la ragazza rimase per un attimo congelata. Quel bacio era un semplice sfiorarsi, niente di passionale o lussurioso.

Poi, come risvegliatasi da un sogno, si scansò da lui, rialzandosi faticosamente in piedi.

Non lo guardava. Hidan si alzò in piedi e la fissò per un attimo, poi anche lui distolse lo sguardo.

-Andiamo- disse solo e sparì oltre la porta.

 

                                                                                                 ***

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Capitolo 16
*** Hate ***


Le chiome degli alberi coprivano quasi completamente il cielo. Hidan camminava davanti a lei, la falce a tre punte su una spalla, lo sguardo dritto di fronte a sé. Eiko lo seguiva, anche se avrebbe preferito scappare. In qualche modo, però, sentiva che se rimaneva con lui, sarebbe stata al sicuro.

L'occasione per andarsene sarebbe arrivata, ne era sicura. Ma in fondo era ciò che lei davvero desiderava?

Poi all'improvviso chiese:

-Dove stiamo andando?-

-Lontano-

-Lontano?-

-Si-

Non disse altro, non si voltò neanche a guardarla. La ragazza abbassò lo sguardo, arrabbiata. Perchè non la considerava? Era furioso con lei? Ma poi perchè le importava così tanto?

Sbuffò.

-Che c'è?- chiese lui, sentendola.

-Niente-

-Bene-

Ma come si permetteva? Dopo tutto quello che aveva combinato, faceva anche l'offeso? Eiko non ce la fece più.

-Sai che sei proprio un bel tipo tu?!?- urlò.

Hidan si voltò, stupito. La voce di lei riecheggiò nel silenzio della foresta.

-Io?-

-Fai anche il sostenuto? Non ti basta quello che mi hai fatto?!? Credi anche di aver ragione?-

-Tesoro, quando le cose accadono si è in due a volerlo...- le rispose con un sorriso beffardo.

Dov'era finita la ragazzina spaurita, debole e indifesa che aveva visto fino a quel momento?

Fissò la sua espressione per un attimo e non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere.

-Cos'hai tanto da ridere?-

-La tua faccia è così buffa- riuscì a dire, tra una risata e l'altra.

Lei gonfiò le guance come fosse stata una bambina capricciosa, poi battè un piede a terra, mentre le braccia stavano tese lungo il corpo.

-Sei uno stupido e un bambino!!- gridò infine, prima di sparire tra gli alberi.

Lui smise immediatamente di ridere: ma cosa cazzo gli era saltato in mente? Non era forse abbastanza incazzata? Doveva anche riderle in faccia in quel modo?

-Ehi Eiko, aspettami!!-

 

Scese la notte e ancora lei non gli aveva rivolto parola. Avevano acceso un piccolo fuoco e mentre la ragazza se ne stava ad osservare le fiamme che ballavano, lui stava seduto con la schiena contro il tronco di un albero, occhi chiusi e la falce lasciata contro una spalla.

In quel momento socchiuse gli occhi e fissò la schiena di lei. Quanto avrebbe voluto sfiorarla solo per una volta ancora. Scosse la testa cercando di scacciare quel pensiero: non voleva certo peggiorare le cose saltandole addosso.

-Ce l'hai ancora con me?- chiese allora.

Lei non gli rispose e non si voltò.

-Presumo che questo voglia dire un si- aggiunse lui, passandosi una mano tra i capelli in un gesto di frustrazione.

-Perchè fai tutto questo?- gli chiese improvvisamente.

-Questo cosa?- chiese Hidan.

-Perchè mi aiuti?-

-Credo che la risposta tu la sappia già. Solo che devi ancora accettarla pienamente. Buonanotte-

Eiko si voltò, non potendo credere che l'albino l'avesse liquidata con quelle parole e invece lui si era davvero coricato.

-Ti odio...- disse tra i denti, sperando che lui l'avesse sentita, e si sdraiò anche lei.

Hidan socchiuse un occhio, ma stavolta non sorrise: quelle parole gli avevano fatto male.

 

Eiko si agitava nel sonno. Stava avendo un altro dei suoi incubi. Ad un tratto avvertì una fitta alla testa e gridò. Si portò una mano all'occhio sinistro e bruciava terribilmente.

La stessa voce nella testa non le lasciava tregua. All'improvviso avvertì qualcuno che la scuoteva, gridando il suo nome.

Di scatto aprì entrambi gli occhi e si trovò a fissare quelli ametista di Hidan, visibilmente preoccupato.

Con una manata lo scansò, alzandosi a sedere e tenendosi una mano sul petto. Ansimava.

-Piccola, che succede?- le chiese l'albino.

-Non sono affari tuoi- rispose secca lei.

Hidan non volle indagare ulteriormente. In quel momento la ragazza sentì qualcosa di pesante caderle sulla testa e notò essere il suo mantello. Si voltò a guardarlo, senza capire.

-Stai tremando. Copriti con quello-

Lei, senza ribattere, se lo fece scivolare sulle spalle e vi si strinse forte. Sentiva distintamente il suo odore, quel profumo che la faceva fremere. Senza riuscire a trattenersi, sorrise, mentre ancora il pensiero di quella voce non le permetteva di chiudere nuovamente gli occhi.

 

I due non si rivolsero la parola neanche il giorno successivo, sino a quando non si fermarono in una piccola locanda per il pranzo.

-Hai intenzione di pagare, non è vero?- chiese allora Eiko, intuendo le abitudine di criminali del suo stampo.

-Prima di andarcene, ho sgraffignato un po' di risparmi da quell'idiota di Kakuzu, quindi non preoccuparti- sorrise Hidan, pensando alla faccia del compagno quando se ne fosse accorto.

-Bene. Non voglio certo diventare una criminale-

-Tesoro, non dovrei essere io a dirtelo, ma è come se tu fossi una ricercata ormai- rispose lui, mentre poggiava la testa su di una mano e la guardava con sufficienza.

Eiko non rispose, dato che sapeva che lui aveva ragione.

Ad un tratto qualcuno si avvicinò lentamente al loro tavolo. I due alzarono gli occhi e incontrarono lo sguardo di un vecchietto gobbo, con un bastone tra le mani e un buffa barba bianca.

-I signori vogliono conoscere il loro futuro?-

-Non scocciare, vecchio- disse Hidan, accompagnando l'affermazione con un gesto della mano.

Fu allora che l'uomo puntò gli occhi in quelli di Eiko e sobbalzò.

-Tu...sei una di loro!!- esclamò, puntandole contro il dito.

La ragazza si sentì gelare.

-Non capisco...- balbettò.

-Sei una sopravvissuta. Una sua creatura. Lui verrà a cercarti e in quel momento nessuno ti salverà. Sarai sua!!-

Tutti i presenti si voltarono con sguardi misti tra lo spaventato e l'indignato. Hidan allora si alzò si scatto e afferrò l'anziano per il colletto, facendo scattare in piedi qualcuno degli avventori.

-Cuciti quella fottuta bocca vecchio maledetto se non vuoi incorrere nella furia del sommo Jashin!!-

Quel nome provocò ancora più agitazione

In quel momento avvertì una mano di Eiko che gli tirava una manica del mantello.

-Hidan, andiamocene...- disse solo lei, lo sguardo basso nascosto tra i ciuffi mori.

L'albino allora lasciò andare il vecchio, il quale ricadde pesantemente a terra. Lasciò quanto di dovuto sul tavolo e si allontanò al seguito della ragazza.

Era quasi mezz'ora che camminavano e ormai molta strada li divideva dalla locanda.

Solo allora lei si fermò.

-Eiko, tutto a posto?- le chiese, tentando di toccarla.

Lei però cadde in ginocchio, portandosi la testa tra le mani e cominciando a piangere.

-Che cosa ho fatto di male?- singhiozzò.

Senza curarsi del fatto che si era imposto di non toccarla, si inginocchiò accanto a lei e la strinse tra le braccia. La ragazza non si sottrasse, nascondendo la testa nel suo petto e dando libero sfogo alle lacrime.

 

                                                                                                   ***

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Capitolo 17
*** In his arms... ***


-Giuro che lo ammazzo!!- stava sbraitando il nukenin, mentre scagliava l'ennesimo pugno contro la parete di roccia della base.

-Ehi Kakuzu, se continui così dovrai spendere altri soldi per rimettere a posto il rifugio- lo prese in giro Kisame, scansando per poco un fascio di fili neri che trapassarono la parete alle sue spalle ad un centimetro dal suo viso.

-Quell'albino della malora mi ha svenato per una scappatella!!- ringhiò di nuovo l'akatsukino.

-Beato lui...ehm...scherzavo- si corresse Deidara, ricevendo un'occhiata assassina da parte di Kakuzu.

In quel momento nella stanza fecero il loro ingresso Pein e Konan, lo sguardo serio.

-Che succede capo?- chiese ancora il biondo.

-Ho una missione per voi- disse solo il leader dell'Akatsuki.

-Di cosa si tratta?-

-Dovete riportarmi qui la ragazza dagli occhi color sangue-

 

A KONOHA...

-Come sarebbe a dire che i contatti con la squadra alfa sono stati interrotti?- chiese l'Hokage furente rivolta alla sua segretaria dai capelli neri.

-E' quasi una settimana che non fanno rapporto. Probabilmente hanno avuto problemi-

La donna si voltò nuovamente a guardare dalla finestra dalla quale si poteva ammirare il villaggio di Konoha in tutta la sua estensione.

-Tsunade-sama, è ancora decisa? Dopotutto stiamo parlando di Eiko...-

-Me ne rendo conto, ma la legge è legge-

-Ma lei è l'Hokage-

-Sai cosa accadrebbe se mi dimostrassi debole?-

 

Eiko aprì lentamente gli occhi. Ricordava poco di quello che era successo. Sentiva però ancora la sensazione delle braccia di Hidan che la stringevano, protettive, e per un attimo provò imbarazzo.

Poi di scatto si voltò per cercarlo e lo vide, appisolato poco lontano, la schiena poggiata ad un albero e il fuoco che gli rischiarava il volto.

Notò solo in quel momento di essere coperta dal suo mantello.

Mossa da una strana forza, si alzò lentamente, cercando di non fare rumore, sempre stretta nel soprabito. Non sapeva cosa le fosse preso, ma non riusciva a trovarci niente di male.

Si avvicinò piano all'albino, inginocchiandosi di fronte a lui per poterlo guardare negli occhi.

Sollevò piano una mano e gli spostò un paio di ciuffi argentei dalla fronte, sentendolo mormorare nel sonno. Dopodichè il tocco leggero dell'indice e del medio scesero lungo la tempia, sino a sfiorare la guancia e lo zigomo, soffermandosi infine sulle labbra.

Poi Eiko tornò in sé.

-Ma cosa diavolo sto combinando?- pensò, mentre allontanava la mano e si voltava per alzarsi.

Non fece in tempo ad allontanarsi che il polso le fu bloccato da una ferrea presa. Si girò verso di lui, incontrando i suoi occhi color ametista.

-Non andare- le disse piano, mentre l'altra mano si avvicinava al suo viso.

Nonostante una parte di lei volesse allontanarsi il più possibile, l'altra si abbandonò a quel gesto. Chiuse gli occhi, godendosi il tocco leggero delle dita di Hidan che percorrevano la sua pelle.

Le dita si spostarono poi sul collo, andandosi a nascondersi tra i suoi capelli, lasciati morbidi lungo la schiena. Avvertì il suo corpo guidato da quel semplice gesto, sino a quando il respiro di lui si fece vicino ad una suo orecchio.

Senza rendersene conto delle calde lacrime presero a scendere dagli occhi chiusi, mentre avvertiva le labbra di Hidan sfiorarle il lobo, per poi ridiscendere lungo lo zigomo, sino ad intercettare una di quelle lacrime.

-Non mi piace vederti piangere- disse lui languido, poggiandole finalmente le sue calde labbra sul viso.

Lei avvertì un fremito in tutto il corpo. Poi lo sentì allontanarsi e aprì gli occhi, scossa dal timore che anche lui potesse abbandonarla.

Lo vide mentre la guardava con sguardo dolce e le sorrideva. Il cuore perse un colpo.

Poi si avvicinò di nuovo, stavolta puntando direttamente alle sue labbra. Lei non lo fermò, anche se il pensiero le faceva paura. Sentì il contatto tra le loro bocche e si perse in quell'attimo, come se ne avesse sentito la mancanza. Era il momento di vivere come lei voleva e in quel momento l'unica cosa che desiderava e rimanere con lui il più possibile.

Quel bacio fu casto. Dopodichè lui la afferrò per le spalle. Lei perse l'equilibrio, finendo seduta tra le gambe.

L'albino afferrò il mantello e coprì entrambi.

-Dormi piccola, io rimarrò qui...- le sussurrò, prima di sfiorarle la fronte con le labbra.

Lei sorrise segretamente, poi abbandonò la testa nel suo petto e si lasciò carpire dal sonno.

 

Dolore, tanto dolore. Il petto le bruciava terribilmente, come se qualcuno le avesse acceso il fuoco dentro. La testa pulsava, mentre l'eco di una voce le giungeva da lontano.

-Tu mi appartieni...-

-Chi sei? Cosa vuoi da me-

-Tu sei il mio angelo vendicatore, sarai il portatore della mia vendetta...-

-No, io fuggirò-

-Solo il sicario della morte sarà la tua salvezza...-

 

Aprì gli occhi. Era poggiata all'albero di quella notte, ma Hidan non era con lei. Si guardò intorno spaventata. Poi una forte rabbia le montò dentro. Per l'ennesima volta le aveva spudoratamente mentito.

All'improvviso un movimento tra i cespugli la fece scattare in piede, un kunai tra le mani. Davanti a lei spuntò l'albino.

-Dove sei stato?- gli chiese.

-A raccogliere informazioni-

-Cioè?-

Lui le si avvicinò, sino a quando i loro corpi furono a poca distanza l'uno dall'altra.

-Eiko, voglio starti accanto, davvero. Quindi ti aiuterò a scoprire cos'è ciò che nasconde il tuo passato, visto che a questo punto sia ciò che più ti interessa...-

La ragazza rimase spiazzata da quelle parole, soprattutto per ciò che il suo sguardo trasmetteva: sembrava che le sue intenzioni fossero vere.

-Dunque?-

-Abbiamo una meta: il paese del Fiume-

 

                                                                                                  ***

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Capitolo 18
*** I just want to help ***


UFFICIO DELL'HOKAGE...

Lo sguardo si sperdeva per le strade di Konoha, luminosa nel suo ruolo di fiore all'occhiello del paese del fuoco.

Per un attimo strinse il polso della mano che teneva dietro la schiena, frustrata.

Avvertì dei passi fuori dal suo ufficio, dopodichè qualcuno bussò.

Diede il permesso di entrare e sulla porta apparve un ninja dai singolari capelli d'argento.

-Hai fatto in fretta- disse l'Hokage, senza neanche voltarsi.

-Quando il capo villaggio chiama è nostro dovere rispondere- rispose quello, mentre si grattava la testa.

-Ho una missione importante da affidare a te e al tuo team-

-Di cosa si tratta?-

-Dovete ritrovare una persona e riportarla qui al villaggio- rispose la donna, finalmente voltandosi verso il suo interlocutore.

Si avvicinò alla scrivania e, preso una cartellina colorata, la porse al ninja. Quello la prese e la spalancò, rimanendo per un attimo interdetto.

-Avevo sentito dire qualcosa a riguardo. Siete sicura che sia una missione che il mio team è in grado di affrontare? Che io sia adatto a svolgere?-

-Tu sei l'unico in grado di farla ragionare- rispose l'Hokage.

L'uomo abbassò lo sguardo sulla foto del suo obiettivo, perdendosi per un attimo in quegli occhi color del sangue.

 

Eiko camminava alle spalle di Hidan senza dire una parola. Stavano viaggiando da quasi un giorno intero e ancora la ragazza non sapeva perchè. Alla fine non resistette più e domandò:

-Perchè siamo diretti nel paese del Fiume?-

L'albino non si voltò, continuando a camminare.

-Potresti anche rispondermi!!- aggiunse lei, alterata.

-Te l'ho detto. Voglio aiutarti e per farlo dobbiamo andare là-

Intuendo che non avrebbe ottenuto altro, la ragazza riprese il silenzio.

Quel tipo era davvero lunatico, anche se lei non era da meno.

Lui, quando l'aveva lasciata addormentata, era tornato a cercare quel vecchio pazzo che aveva vaneggiato nella locanda. L'aveva trovato per la strada, ad elemosinare, e quando lo aveva visto aveva tentato di scappare.

L'akatsukino l'aveva fermato e, sotto qualche pressione, si era fatto raccontare quello che sapeva.

Gli aveva rivelato che, quasi vent'anni prima, nel paese del Fiume, esisteva un villaggio il quale, improvvisamente, era semplicemente sparito.

Si diceva che in quel luogo esistesse un tempio consacrato a non sapeva bene quale divinità, la quale, una volta ogni mille anni, pretendeva un sacrificio. I prescelti potevano essere riconosciuti grazie al colore dei loro occhi, esattamente lo stesso di quello di Eiko.

Hidan non credette a quelle parole, ma intuì che solo andando in quella terra avrebbero capito entrambi cosa nascondeva il suo passato.

All'improvviso sentì qualcuno che lo tirava per la manica. Si voltò e trovò Eiko, le guancie rosate per l'imbarazzo e lo sguardo basso.

-Hidan, so che tu vuoi aiutarmi, ma ho bisogno di sapere cosa ti passa per la testa-

Lui si limitò a fissarla, senza sapere cosa dire, come spiegare cosa aveva scoperto.

Lei rimase per un attimo in attesa, poi lasciò andare la manica dell'albino, iniziando a tremare.

-Sei impossibile!! Non riesco a capirti. Cosa ti obbliga a volermi aiutare?!?-

Lui allungò una mano, ma lei gliela respinse.

-Forse sarebbe meglio se le nostre strade si dividessero- rispose lei, continuando a non posare lo sguardo su di lui.

D'improvviso una presa al polso la fece sbilanciare, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di Hidan. Lui la fissava severo.

-Pensi che lo stia facendo perchè mi sento in obbligo? Come puoi essere così stupida?!?- sbraitò lui, avvicinandosi sempre di più.

-Mi fai male, lasciami- disse lei, mentre gli occhi le si inumidivano di lacrime.

Lui non la accontentò, ma, lasciando cadere la sua arma, le circondò la vita con l'altro braccio.

-Sei solo una ragazzina, una bambina alla quale non hanno mai dato un motivo per sperare. Se qualcuno si offre di starti accanto, tu accetta-

La voce si era calmata, mentre il volto dell'albino si nascondeva nell'incavo della sua spalla, respirando pesantemente.

-Hidan...- sospirò lei, anche se la voce pareva un singhiozzo.

-Voglio solo farti capire che sei importante- rispose lui, lasciandole una scia di baci sul collo, sino a risalire la mandibola e tornare a fissarla negli occhi.

Lei socchiuse i suoi, tremando, anche se in fondo non sapeva bene se per paura o se per la vicinanza dei loro corpi.

L'albino la strinse ancora di più a sé, per poi posare le labbra su quelle di lei. Le dischiuse lentamente, facendo scorrere la lingua sul labbro inferiore di Eiko.

La ragazza si abbandonò a lui, schiudendo a sua volta la bocca, lasciando che entrambi si esplorassero tramite le lingue.

La mano che le bloccava il polso si spostò dietro la sua testa, giocando con i capelli e provocandole mille emozioni.

Poi fu lei a staccarsi, poggiando entrambe le mani sul petto di lui e allontanandolo. Il fiato era corto e il volto arrossato, l'espressione attonita.

-Perchè?- chiese in un sussurro.

-Perchè è giusto. Andiamo- rispose lui e riprese il cammino.

 

                                                                                                 ***

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Capitolo 19
*** Less distant ***


Dopo tre giorni di cammino, durante i quali i due si rivolsero si e no un paio di parole, misero finalmente piede nel paese del Fiume.

Dalla cima di un promontorio Eiko ammirò un'infinita distesa di foresta verdeggiante a perdita d'occhio, attraversata da un impetuoso fiume che la divideva in due. All'orizzonte alte montagne che segnavano il confine con il paese del Vento.

Una brezza leggera li accarezzò entrambi e portò al naso della ragazza il dolce profumo del suo compagno di viaggio. Arrossì segretamente, ripensando a quel bacio che c'era stato qualche giorno prima, sentendosi improvvisamente combattuta. In fondo teneva al ragazzo, segretamente non avrebbe saputo rinunciare alla sua compagnia, ma non l'avrebbe mai ammesso.

-Proseguiamo?- disse lui ad un tratto, risvegliandola dai suoi pensieri.

Lei nascose il volto tra i ciuffi mori dei suoi capelli, ma lui notò ugualmente il rossore sulle sue guance.

-Ti senti bene?- le chiese, facendola sobbalzare.

-Si, si, tutto bene. Continuiamo?- balbettò lei e lo precedette lungo la strada che scendeva a valle.

Lui sorrise e la seguì. Dopo qualche ora che camminavano, però, il cielo, fattosi improvvisamente nuvoloso, iniziò a scaricare litri di pioggia e il vento quasi li portava via.

Non con poca difficoltà, Hidan e Eiko trovarono una piccola abitazione nascosta nella vegetazione. Bussarono alla porta e ad aprirgli arrivò un vecchietto, con una pronunciata gobba, ma lo sguardo buffo e gentile.

-Oh, poverini, siete stati sorpresi dal temporale?-

Non era ovvia la risposta?

-Signore, non è che avrebbe un posto dove farci riposare, almeno sino a quando non smetterà di piovere?- chiese gentilmente la ragazza.

-Si, certo, ho un paio di stanze libere dato che i miei figli sono in viaggio. Saremo felici di un po' di compagnia-

Dopo averli fatti entrare, lanciò un grido a qualcuno che si trovava nella stanza accanto e dalla porta arrivò una vecchietta, anch'essa leggermente incurvata, con i candidi capelli bianche acconciati in una piccola crocchia, fermata da dei bastoncini di legno scuro.

-Oh, cari, siete tutti bagnati. Venite, vi faccio vedere le stanze e vi porto qualcosa per cambiarvi-

La signora accompagnò entrambi al piano di sopra, fermandosi poi dinnanzi a due porte chiuse.

-Ecco qua. Vado a scaldare l'acqua se volete farvi un bagno. Mi spiace, ma abbiamo solo due stanze singole. Sono sicura che voi due avreste preferito dormire assieme-

Eiko divenne paonazza e notò anche Hidan che si era per un attimo bloccato e aveva inghiottito rumorosamente.

-Ma noi non stiamo insieme- si affrettò a precisare la ragazza, accompagnando l'affermazione con un gesto delle mani.

-Accidenti che figura. Scusatemi, ma mi sembrate una così bella coppia...- sorrise l'anziana e si allontanò.

L'albino fissò la ragazza e lei fece altrettanto, dopodichè entrarono ognuno nelle proprie stanze.

Eiko si gettò sul letto e doveva ammettere che era veramente molto comodo. Finalmente, dopo giorni all'aperto, potevano permettersi un vero riposo.

Quelle due persone erano state davvero gentili ad ospitare due sconosciuti senza paura o diffidenza e la cosa la fece sentire bene.

D'un tratto qualcuno bussò. Nella stanza entrò la vecchietta, con un cambio e un paio di asciugamani.

-Se vuoi, il bagno è pronto. L'ho detto anche al tuo amico, ma lui ha insistito perchè fossi tu a farlo per prima-

-Grazie- sorrise Eiko.

 

-Allora, qualche traccia di loro?- chiese il biondo al burattinaio, suo compagno, mentre quello controllava un messaggio da parte dell'Uchiha.

-Dicono che fonti certe affermano di aver avvistato un ragazzo e una ragazza corrispondente alla loro descrizione poco lontano da un villaggio di confine del paese del Fuoco che si stavano dirigendo verso Ovest-

Deidara guardò fuori dalla grotta nella quale si erano rifugiati e imprecò:

-Giuro che quando acchiappo quell'albino maledetto lo uso come bersaglio per le mie sculture esplosive-

-Dimentichi che non è lui che dobbiamo riportare al covo, ma la donna. Non credo però che Pein lo lascerà andare tanto facilmente, quindi non esagerare-

-Si certo che mi ricordo. Ma divertirmi con quell'immortale mi farà dimenticare un po' della scocciatura di questo viaggio-

 

Eiko si immerse nell'acqua calda sino alle spalle e tirò un sospiro. Sentì i muscoli distendersi e la tensione abbandonarle lo stomaco.

Tolse l'asciugamano dai capelli, in modo da potersi lavare anche quelli.

-Chissà se qui troverò qualcosa che faccia luce sul mio passato- pensò, immergendosi sino al naso, provocando delle bollicine con la bocca.

Il vapore provocato dall'acqua calda immergeva la stanza nella foschia e la ragazza quasi non si accorse di un'ombra che le era scivolata alle spalle.

Avvertita da un rumore, si voltò di scatto, ritrovandosi occhi negli occhi con Hidan.

-Che cavolo ci fai qui?!?- sbraitò, tentando di coprirsi con il piccolo asciugamano che usava per i capelli.

-Voi donne ci mettete un'eternità a fare il bagno e stavo per beccarmi un raffreddore- si lamentò lui, mentre evitava per un soffio una bacinella che Eiko gli aveva lanciato contro.

Sapeva tanto di bugia...

-Vattene!!- disse lei, il viso rosso dal caldo e dall'imbarazzo, mentre con l'asciugamano più grande, recuperato in pochi secondi, tentava di coprirsi meglio, rimanendo però immersa in acqua.

-Andiamo piccola, fai entrare anche me- rispose lui malizioso e si immerse nella piccola vasca, continuando a fissarla.

Lei vide le acque bollenti lambire le sue gambe sode, sino a raggiungere l'inguine, fortunatamente celato da un piccolo asciugamano che poi però volò via, per poi giungere agli addominali e i pettorali definiti.

-Ti piace quello che vedi?- sorrise lui sornione, vedendo come lei lo guardava.

La ragazza scosse la testa.

-Smetti di dire certe cose- rispose allora, schiacciandosi contro la parete opposta della vasca rotonda di legno.

Lui prese ad avvicinarsi.

-Hidan, possibile che tu pensi solo a quello?-

-Non solo. Diciamo che quando ti vedo non posso farne a meno- continuò a sorridere ed avvicinarsi, sino a quando Eiko non si ritrovò in trappola.

Lui la sovrastava. Aveva poggiato le mani al bordo della vasca in modo da chiuderle qualunque via di fuga.

-Perchè non approfittiamo del momento?- chiese lui, prima di ghermirle le labbra.

Nel frattempo lei tentava di pensare a qualcosa per uscire da quella situazione, anche se doveva ammettere che quel bacio non le dispiaceva affatto. Lo assecondò.

Sentì una mano dell'albino accarezzarle l'addome, con l'intenzione di risalire verso il suo seno, ancora coperto.

-Hidan, sappi che ancora non ti ho perdonato...- disse lei quando si staccarono, anche se la sua espressione faceva intravedere diversamente.

Lui non capì immediatamente, sino a quando non si ritrovò scagliato contro il soffitto da una tecnica riduttiva dell'esplosione acquatica.

-Sai usare delle fottutissime tecniche d'acqua?- disse, mentre, ricaduto sul pavimento, tentava di rialzarsi.

-Mai sottovalutare il nemico- sorrise lei facendogli una linguaccia e, già coperta dall'asciugamano, uscì dal bagno, lasciando l'albino ad inveire contro il suo fallimento.

 

-Maestro, in cosa consiste la missione dell'Hokage?- chiese un ragazzo dai capelli neri e la pelle di un pallore cadaverico.

-Dobbiamo riportare al villaggio una persona che si è macchiata di tradimento-

-Ma perchè è così importante? Di solito i traditori vengono eliminati direttamente- aggiunse lo stesso ragazzo.

-Lei è un'eccezione, o almeno è come la considera l'Hokage. Non posso credere neanche che sia una traditrice-

-Maestro, lei la conosce?- intervenne un ragazzino dai capelli biondi e gli occhi celesti.

-Si, ho combattuto al suo fianco in un paio di occasioni- rispose il sensei, abbassando però lo sguardo.

Forse era meglio tralasciare il resto.

 

La ragazza se ne stava seduta sul letto mentre si rigirava il suo unico kunai tra le mani. Era pensierosa, ma fu riscossa dalla porta della sua stanza che si apriva. Vide Hidan sulla soglia che la fissava, nello sguardo ancora nascosta la voglia di fargliela pagare dello smacco di poco prima.

-Vedo che il bagno ti ha fatto bene- sorrise lei, notando il suo naso leggermente arrossato a causa dell'impatto contro il soffitto.

-Anche a te, visto che stai mostrando un'impertinenza che prima non avevi-

rispose lui, sarcastico.

-Devi riguadagnarti il diritto di potermi rivedere nuda, caro mio- scherzò Eiko, fermandoglisi davanti dopo essersi alzata dal letto.

-Sai, credo di aver imparato la lezione, anche se averti così a portata di mano non aiuta- rispose lui, squadrandola in tutta la sua lunghezza.

-Comunque i due vecchietti ci hanno preparato la cena. Andiamo- concluse l'albino e si avviò al piano di sotto.

La ragazza sorrise.

Giunti nella piccola stanza da pranzo, si accomodarono, mentre la padrona di casa riempiva la tavola di tante cose buone. Dopo aver ringraziato i kami, tutti e quattro si misero a mangiare.

Il silenzio regnò sovrano, fino a quando il vecchietto non disse:

-Sai, pensavo di non rivederli più un paio di occhi come i tuoi-

Eiko si fermò immediatamente con il boccone poco sollevato dalla ciotola di riso, mentre anche Hidan fissava l'uomo senza capire.

-Che intende?- chiese la ragazza.

-Quasi vent'anni or sono, poco lontano, verso nord-ovest, nei pressi della sorgente del Grande Fiume, sorgeva un villaggio, protetto dalle stesse montagne. I suoi abitanti avevano uno strano culto, ma mai aveva dato fastidio ad altri, quindi erano sempre stati lasciati in pace. Il dio che veneravano era però imprevedibile e un giorno chiese che la nascitura della ventesima luna di sangue le fosse donata. Si racconta che la madre della bambina si sottrasse, segnando così il destino di se stessa e del villaggio. Della bambina non si seppe più niente. Si dice però che la prescelta si riconosca grazie al colore dei suoi occhi-

Eiko non aveva parole per esprimere quello che provava. Poi però il vecchio continuò:

-Dal giorno in cui la neonata scomparve, il dio è rimasto in attesa, scagliando su queste terre la sua furia con eruzioni, terremoti, inondazioni e si, anche temporali come questi. Non si fermerà sino a quando il dono non sarà tornato a lui-

La ciotola le cadde dalle mani, andando in mille pezzi. Tutta la spensieratezza di poco prima era completamente sparita, lasciando un'angoscia e un terrore mai visti né provati.

-Oh, mi dispiace. Pulisco immediatamente- disse poi, quasi però come guidata da un inconscio bisogno di farlo.

-Non preoccuparti cara, devi essere stanca. Vai pure a riposare- le disse l'anziana.

Lei diede la buonanotte e sparì al piano di sopra, seguita sempre dallo sguardo di ametista dell'albino.

Poi la vecchietta tirò uno scappellotto al marito:

-Possibile che non riesci mai a stare zitto?-

 

Se ne stava raggomitolata sul letto, fissando la luna, candida e luminosa, fuori dalla piccola finestrella della sua stanza. Nel silenzio udì la porta aprirsi lentamente e non importò neanche che guardasse chi era il suo visitatore.

-Stai bene?- le chiese la voce calda di Hidan.

-Diciamo che potrei stare peggio-

Lui fece per andarsene, ma lei lo fermò.

-Tu lo sapevi-

Non era domanda, quindi lui non si ritrovò obbligato a rispondere, ma rimase a guardarla mentre si alzava a sedere sul letto.

Avrebbe voluto abbracciarla così forte da aver paura di romperla, solo per far cessare quella sua silenziosa agonia.

-Mi dispiace- disse poi.

-Credo di aver capito perchè non me lo hai detto e ti ringrazio-

L'albino sorrise ed accompagnò la porta in modo da poterla chiudere.

-Hidan...- lo chiamò di nuovo lei.

-Che c'è?-

-Dormi con me?-

I suoi occhi si illuminarono, tanto da farla sorridere.

-Senza allungare le mani- sorrise lei.

-D'accordo, farò il bravo-

Con passo lento si avvicinò al letto, mentre lei gli faceva spazio. Si stese ed Eiko si rannicchiò contro di lui, nascondendo la testa nel suo petto. Chiuse gli occhi: era più che sicura che quella notte non avrebbe avuto incubi.

 

                                                                                                      ***

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Capitolo 20
*** Malaise ***


Un raggio di sole le ferì gli occhi, costringendola a svegliarsi. Socchiuse prima una palpebra, poi l'altra. Tentò di stirarsi, ma qualcosa, o meglio, qualcuno, glielo impedì.

Abbassò un poco lo sguardo, trovando un braccio che le circondava la vita e la teneva stretta contro un forte petto. Si voltò un poco, sino quando non incontrò il volto addormentato di Hidan, il quale dormiva ancora beato con la faccia immersa nei suoi capelli.

La ragazza sorrise teneramente. Non voleva svegliarlo, così lentamente si liberò dalla presa e tentò di alzarsi.

L'albino però la afferrò per un polso e con uno strattone la fece ripiombare sul letto. Dopo un attimo di smarrimento, Eiko se lo ritrovò sopra che la sovrastava.

-Hidan...- sussurrò, ma due dita le si posarono sulla bocca.

Le fece cenno di rimanere in silenzio, mentre le due dita venivano sostituite dalle labbra di lui, che catturarono le sue con una dolcezza mai avvertita sino a quel momento.

La ragazza sospirò, mentre l'albino approfondiva il bacio e faceva scivolare le mani sul suo corpo.

Quando si staccarono, lei sospirò:

-Hidan, ti prego...-

-Va bene, ho capito, ma almeno il bacio del buongiorno me lo meritavo- e sorridendo malizioso, si alzò, non prima di avergliene lasciato un altro a stampo.

Lo vide mentre usciva dalla stanza e si ritrovò a sorridere come un'idiota, mentre si sfiorava le labbra. Poi scosse la testa e si alzò anche lei.

 

In poco meno di un'ora i due erano già pronti per riprendere il viaggio. Salutarono e ringraziarono i due anziani e si diressero verso la valle tra le montagne, dove nasceva il grande fiume.

Più si avvicinavano, più uno strano malessere prendeva possesso di Eiko, tanto che anche l'albino se ne accorse.

-Che succede?- le chiese, fermandosi a guardarla.

-Non lo so, ma non preoccuparti per me. Andiamo avanti-

-Ma...-

-Non insistere. Andiamo-

Una fitta al petto la scosse, facendole stringere i denti, ma Eiko fece attenzione che Hidan non lo notasse.

 

-Secondo i due anziani sono partiti questa mattina per la valle tra le montagne-

-Partiti?-

-Si, dicono che il nostro obiettivo è accompagnato da un ragazzo che porta uno strano mantello, nero con nuvolette rosse ricamate-

-Questo potrebbe complicare le cose-

 

-Dovremo essere quasi arrivati. Secondo le informazioni il villaggio sorgeva al di là di quella piccola macchia di foresta- stava dicendo Hidan, ma Eiko non gli prestava attenzione.

Il malessere era cresciuto sempre di più, sino a tramutarsi in un dolore acuto.

-Piccola, sei sicura di stare bene?-

Non si era resa conto di essere caduta in ginocchio proprio a pochi metri dai primi alberi. L'albino le si era avvicinato e aveva notato l'incredibile pallore della sua pelle.

-Non preoccuparti, solo un po' di stanchezza. Io...-

Non fece in tempo a terminare la frase che lui la sollevò tra le braccia.

-Ti porto io- disse solo e la ragazza non osò ribattere.

Dopo qualche minuto che camminavano, finalmente raggiunsero la loro meta. Davanti agli occhi comparve quelle che una volta dovevano essere le mura protettive del villaggio e il grande portone d'entrata.

Una sorta di strano flash comparve davanti agli occhi di Eiko mentre fissava le rovine. Strinse con una mano il mantello di Hidan e lo intimò di farla scendere. Lui obbedì.

Come condotta da una forza sconosciuta, prese a camminare verso quello che probabilmente era stata la sua casa, trovandosi davanti detriti e rovine di quelle che una volta erano abitazioni.

Perchè quel luogo le pareva così familiare? Eppure era certa di non esserci mai stata.

D'un tratto i due si imbatterono in un edificio che doveva essere una sorta di archivio. Eiko notò i resti di una scala che scendeva in una sorta di sottosuolo.

Scesero entrambi, ritrovandosi nel buio più completo. L'aria era rarefatta, una lieve corrente d'aria proveniva dall'entrata.

Come per magia, quando misero piede a terra, una scia di fiaccole illuminò loro il cammino, sino a raggiungere una porta, la quale pareva divelta dall'esterno. Con molta attenzione Eiko passò, data la sua corporatura minuta, ma ad Hidan toccò aspettarla all'esterno.

La porta dava accesso ad una piccola stanza quadrata, forse due metri per due, la quale era quasi interamente occupata da librerie che dovevano forse contenere una sorta di archivio. I volumi erano tutti quasi completamente bruciati, ma l'occhio di lei cadde su uno in particolare.

Lo raccolse e notò che era rimasto quasi del tutto intatto. Lo sfogliò delicatamente, temendo potesse sbriciolarsi da un momento all'altro. Le ultime pagine risalivano a quasi vent'anni prima. Alcune delle parole erano sparite a causa della carta annerita e consumate in alcune parti, ma diceva circa così:

 

La luna di sangue è sorta due notti fa, ma

quella stolta di Aya si è rifiutata di cedere la nascitura al grande Dio.

Dice che la figlia non merita quel destino, ma il colore dei suoi occhi testimonia che lei è stata scelta.

È proprio una guerriera quella donna, forte e coraggiosa nonostante sia stata rinchiusa nelle nostre prigioni fino a ieri. Si è rifiutata di rivelare dove ha nascosto la bambina.

Il Dio si sta irando. Ha assunto forma corporea presentandosi nella piazza del villaggio, minacciando di distruggerci.

Purtroppo, se Aya non consegna la prescelta, noi dovremo rinunciare alla nostra vita e alcuni ci hanno già lasciato.

Aya per prima.

Inutile opporsi. Perchè rischiare la propria vita per una creatura che è nata per morire?”

 

Qui finivano gli scritti, ma ad Eiko bastò per sentire il cuore smettere di battere.

-Eiko, stai bene?-

La voce di Hidan la raggiunse dalla porta e le fece riscuotere. In silenzio lo raggiunse e gli porse il libro, mentre lei usciva dalla stanza con lo sguardo basso. L'albino lesse l'ultima pagina e, quando ebbe concluso, la fissò.

-Dobbiamo trovare il tempio- disse lei.

In quel momento la terra tremò e la ragazza si aggrappò all'albino.

-Usciamo di qui- disse lui ed entrambi uscirono allo scoperto.

 

-Vedi, mio caro Sasori, l'arte dell'esplosione è la migliore in assoluto- gridò Deidara, prima di lanciare degli altri ragni d'argilla contro le ormai rovine del villaggio.

-Vedi piuttosto di non ammazzarli entrambi prima che escano allo scoperto- lo rimbeccò il rosso.

-Non dire scemenze. Certo, hai ragione sulla ragazza, ma quel mentecatto con i capelli tinti lo faccio saltare in aria non appena lo vedo-

-Il compito di ammazzarlo spetta solo a me- sopraggiunse una voce e dagli alberi comparve Kakuzu.

-Il capo non ha dato disposizioni, quindi dobbiamo riportare entrambi da lui- intervenne l'Uchiha, uscito dall'ombra di alcune roccie come un fantasma, accompagnato da Kisame.

All'improvviso il burattinaio notò due ombre che uscivano da un passaggio nel terreno e scappavano in direzione della montagna.

-Trovati-

 

-Come hanno fatto a raggiungerci qui?- chiese Eiko, mentre Hidan, tenendola per un polso, la trascinava fuori dal villaggio.

-Non siamo l'organizzazione di ninja fuorilegge più pericolosa solo per sentito dire. Speravo solo ci impiegassero di più-

D'un tratto qualcosa volò dinnanzi ai loro piedi. Lei non si rese conto di niente, ma avvertì solo lui che la stringeva contro il suo petto e si lanciavano entrambi indietro di qualche metro.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò schiacciata dall'albino, mentre lo stringeva. Si portò una mano davanti al viso, sentendo qualcosa di bagnato e vide che erano sporche di sangue. Lo spostò con attenzione, notando che recava una profonda ferita sulla schiena.

-Hidan, stai bene?-

-Non preoccuparti, ci vuole ben altro per farmi fuori. Tu piuttosto te ne devi andare-

-Ma non posso lasciarti qui-

D'un tratto dei passi si udirono nel sottobosco. Eiko si voltò, notando tre ombre, ognuna appollaiata sul ramo di un diverso albero.

-Sai, speravo che quello che avevo sentito non fosse vero-

La ragazza rabbrividì al suono di quella voce e si pietrificò quando vide colui al quale apparteneva.

-Kakashi...-

 

                                                                                                  ***

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Capitolo 21
*** Only a memory ***


Eiko aprì debolmente gli occhi, portandosi una mano sulla fronte. Non ricordava assolutamente cosa fosse successo, sentiva solo dolore in tutto il corpo.

-Ti sei svegliata- disse una voce.

Si voltò fulminea. Aveva solo dei flash, ma ricordava distintamente il suo volto.

-Kakashi...- sospirò, mentre il volto, o almeno quello visibile, veniva rischiarato dal fuoco.

-Non pensavo di rincontrarti in circostanze simili- sorrise quello, mentre arrostiva sul fuoco qualcosa che lei non riuscì a riconoscere.

La ragazza si alzò a sedere, ma non senza fatica.

-Così l'Hokage ha mandato te per togliermi di mezzo? Che ironia...-

-Non la vedrei sotto quest'ottica-

-Non vedo in che altro modo la dovrei vedere- rispose stizzita, poggiandosi alla parete di roccia alle sue spalle.

Lui era proprio l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.

Solo in quel momento si accorse che si trovavano in una piccola grotta, lui e lei da soli.

-Dimmi Kakashi, l'Hokage ha talmente fiducia nelle tue capacità da mandarti solo in missione?- riprese sarcastica Eiko, accennando a quella che doveva essere una risata, che fu però sostituita da un colpo di tosse.

-Dovresti sapere quali sono le mie capacità. Un tempo le ammiravi. Comunque mi spiace deluderti, ma sono con due dei miei allievi-

-Meno male, stavo già pensando di fare rimostranza per la poca fiducia nelle mie capacità-

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, poi il ninja parlò di nuovo:

-Da quando sei diventata così cinica?-

-Da quando quattro dei nostri ex compagni hanno tentato di farmi fuori-

Kakashi abbassò lo sguardo.

-Sai qual'è la legge...-

-Si. Per questo non capisco come mai tu non abbia ancora agito-

Lo sentì alzarsi e avvicinarsi. Si voltò, trovandosi il suo viso a pochi centimetri dal proprio. I brividi le percorsero la schiena e inghiottì rumorosamente.

-L'Hokage ha modificato leggermente il verdetto: dobbiamo portarti al villaggio incolume. Là sarà deciso il tuo destino-

 

-Cazzo, ma cosa mi è passato sopra?- disse Hidan, riprendendosi.

-Per tua fortuna ancora niente. Il capo ti vuole tutto intero, altrimenti ti avrei già fatto a pezzi- lo raggiunse la voce di Kakuzu.

-Andiamo vecchio, per qualche spicciolo...- disse ironico l'albino, mentre, messosi seduto, si stava scrocchiando il collo e dando un'occhiata alla ferita, ricucita dai filamenti neri del compagni.

-Forse stai dimenticando il fatto che hai aiutato una prigioniera a scappare e hai costretto noi a correre dietro a voi piccioncini- ridacchiò Kisame, ma si sentiva che anche il suo tono in fondo era scocciato.

-Andiamo ragazzi, mai sentito parlare di astinenza? Volevo solo divertirmi-

-Non prenderci per il culo, albino- ringhiò ancora Kakuzu.

In quel momento, uno stormo di corvi si presentò dinnanzi al gruppo e da quello apparve l'Uchiha.

-La ragazza è con un ninja di Konoha, Kakashi Hatake. Sembra che abbia il compito di riportarla al villaggio per farla giustiziare come traditrice-

Hidan si pietrificò mentre stava rinfilandosi il mantello. Numerosi pensieri si sprigionarono nella sua testa, mentre questa ricominciava a martellare. Non poteva permettere che le fosse fatto del male, ma perchè? Era stato bello, ma in fondo il loro era un rapporto pressocchè platonico e impossibile da far durare. Eppure si sentiva in dovere di salvarla.

Iniziò a sudare, cercando un modo per liberarsi dei ritrovati compagni e portare in salvo la “sua” Eiko.

Alzò lo sguardo, casualmente incrociando quello di Itachi. Un brivido gli si propagò lungo la colonna vertebrale: lui sapeva.

 

Non aveva più aperto bocca. Non ne vedeva l'utilità, tanto il destino non si poteva certo cambiare. In quel momento, mentre brividi di freddo le scuotevano il corpo, sognò di ritrovarsi ancora tra le braccia di lui, mentre le respirava tra i capelli e la rassicurava, dicendole che non l'avrebbe mai abbandonata.

Invece anche l'albino aveva rotto la sua promessa: non era là accanto a lei, non le stava sussurrando parole di conforto nell'orecchio, non la stava inebriando del suo dolce profumo.

Le venne quasi da piangere. Da quando si era ridotta in quel modo? Era sempre stato un tipo orgoglioso e composto, il quale manteneva autocontrollo e disciplina invidiabili. Da quando aveva messo piede all'accademia la prima volta si era imposta che non si sarebbe più dimostrata debole dinnanzi a nessuno, ma passare quel tempo con lui, anche se non era stato molto, l'aveva cambiata, rendendola più simile ad una donzella in difficoltà piuttosto che al drago al quale aveva sempre voluto assomigliare.

Le venne quasi da sorridere ripensando al calore provato in quelle notti contro il suo corpo.

D'un tratto qualcosa di pesante le cadde sulla testa, sembrava una coperta. Alzò lo sguardo e si trovò davanti un paio di occhi color del cielo e un cespuglio di capelli biondi.

Lo guardò stupita. Doveva essere uno degli allievi di Kakashi.

-Mi era sembrato avessi freddo- disse semplicemente il ragazzino.

-Grazie- rispose lei poco convinta, stringendosi nella coperta.

Quel gesto l'aveva spiazzata, non era abituata a quel genere di manifestazione. Poi sorrise tristemente:

-Comunque ti do un consiglio: non abituarti alla mia presenza. Tra qualche giorno sarò unicamente un ricordo-

 

                                                                                                     ***

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Capitolo 22
*** Past feelings ***


Le sembrava di essere ancora stretta tra le braccia di Hidan quando si svegliò e si trovò irrimediabilmente catapultata nella cruda realtà. Si guardò intorno, ma la grotta dove si trovavano era immersa pressocchè nella semioscurità, quindi non riuscì a vedere un granchè.

Avvertiva però i respiri leggeri dei suoi carcerieri, i quali parevano dormire profondamente. Forse avrebbe potuto approfittarne.

Così si liberò della coperta che il biondino le aveva dato e si alzò in piedi. Le gambe erano deboli, ma Eiko impose loro di muoversi.

Per non ricadere a terra si poggiò alla parete umida e prese a camminare per raggiungere l'uscita.

I piedi slittavano sul pavimento di pietra grezza, in modo da evitare di urtare qualunque cosa che potesse provocare rumore.

Eccola, riusciva a vedere la luna, alta in quel cielo nero e stellato. Tese l'orecchio: nessuno in vista, i respiri ancora regolari.

Poteva ormai sentire la leggera brezza notturna che le accarezzava i capelli e la pelle del viso. Respirò a pieni polmoni un po' di aria pura, diversa da quella viziata all'interno del rifugio.

All'improvviso una presa al polso la fece sbilanciare, rischiando di farla cadere a terra. Prima che potesse reagire, anche l'altro polso fu bloccato e entrambi portati dietro la schiena. Uno strano calore li colpì e lei strinse i denti.

Tentò di voltarsi, intravedendo con la coda dell'occhio la capigliatura d'argento di Kakashi.

-Dove pensavi di andare?- le chiese duro.

-Lontano da te- rispose lei tra i denti.

-Un tempo non la pensavi così- rispose quello, accennando un sorrisetto sotto la maschera.

-Tu stesso mi hai rifiutato come fossi uno scarto. Tu stesso mi hai allontanato come un mostro- riprese lei, tentando di liberarsi, ma veloci delle corde le avevano cinto i polsi.

Il ninja la fece voltare verso di sé e i loro occhi si incontrarono.

-Se solo avessi saputo...- disse.

-Cosa? Che sarei stata cacciata dal villaggio e inseguita come un animale? Allora sarebbe stato diverso?-

-Pensavo che quelle parole fossero vere-

-Forse un tempo, adesso non più...- rispose Eiko, distogliendo lo sguardo.

-Non hai idea di quanto male mi hai fatto quel giorno- concluse.

In quel momento avvertì il respiro di lui farsi vicino al suo orecchio:

-Io non mi arrendo...-

 

Quei mentecatti dei suoi compagni erano lenti, troppo lenti. Di quel passo non ce l'avrebbero mai fatta a raggiungere la sua Eiko e portarla via dai ninja di Konoha.

Ma sorgeva l'ennesimo problema: come portarla via senza che nessuna delle due fazioni si opponesse?

Ci aveva pensato a lungo: si era stufato di quella fottuta vita, sempre a rischiare la vita un giorno si e l'altro pure. Con Eiko intravedeva qualcosa di diverso, una stabilità, quella che aveva sempre voluto.

Era stanco di sacrifici, uccisioni e si, persino di Jashin. Quel dio aveva sempre manipolato la sua vita secondo la sua volontà e forse a lui era andato bene in quel modo, non si era mai fermato a riflettere su cosa lo facesse star bene sul serio.

Poi quando aveva incontrato quella ragazza, tutto era diventato più chiaro: voleva lei, solo lei, nient'altro.

Aveva deciso che avrebbe fatto qualunque cosa.

 

-Maestro Kakashi, alcuni membri dell'Akatsuki si trovano a pochi chilometri a est di qui e sembrano seguire le nostre traccie- disse uno dei due allievi, fissando il sensei con lo sguardo spento.

Eiko sperò solo che lui stesse bene e che i suoi compagni non gliela avessero fatta pagare per essere scappato con lei.

-Ci dobbiamo muovere- disse Kakashi, poi si avvicinò alla ragazza.

-Alzati- le disse.

Lei si voltò dall'altra parte, ignorandolo.

Sentì una presa al braccio e il ninja se la caricò letteralmente in spalla, sordo alle sue imprecazioni. Visto che non veniva ascoltata, Eiko si arrese, calmandosi.

-Tra tre giorni saremo al villaggio- le disse lui e il gruppo partì.

 

                                                                                                   ***

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Capitolo 23
*** You are mine ***


Erano ore che saltavano da un ramo all'altro dei fitti alberi della foresta che copriva la loro fuga. Eiko, ancora in spalla a Kakashi, aveva una strana nausea a causa di tutto quel ballonzolìo.

Ad un tratto si avvicinò un poco all'orecchio del ninja, sussurrando:

-Se non vuoi imbrattarti con qualcosa di spiacevole, ti pregherei di mettermi giù-

Come colpito da un fulmine, quello si fermò:

-Ragazzi, ci accampiamo qui per la notte. Dovremo essere abbastanza lontani dall'Akatsuki per essere al sicuro-

Il biondino e l'altro dall'espressione depressa prepararono l'occorrente per il campo, mentre Kakashi sistemava Eiko ai piedi di un grosso albero, senza però l'apparente intenzione di slegarla dalle corde. Mentre si allontanava, la ragazza gridò:

-Ehi, non sono mica un animale che deve stare legato-

-Non posso correre rischi- rispose l'altro e ,con un'espressione ebete sulla parte della faccia che si vedeva dalla maschera, andò ad aiutare i due allievi.

Lei sbuffò sonoramente, dopodichè però si arrese e si sistemò meglio contro la ruvida corteccia del grosso tronco.

Tirava una leggera brezza che si insinuò tra i suoi lunghi capelli neri, facendola per un attimo rilassare. Sospirò e chiuse gli occhi. Ascoltò con attenzione i rumori attorno a lei, fino a percepire persino il movimento che facevano i fili d'erba mossi dal vento.

Di colpo però una strana sensazione la obbligò a riaprire gli occhi. Fu come se l'ambiente assumesse dei toni scuri e maligni, come se fosse d'improvviso scesa la notte.

I rumori leggeri furono sostituiti da strani presagi e il corpo di Eiko prese a rabbrividire. Si guardava intorno, come se da un momento all'altro potesse spuntare qualcuno e portarla via.

-Io ti troverò...- disse d'un tratto una voce, la quale ormai lei conosceva fin troppo bene.

-No, stai lontano da me- disse lei.

-Tu sei mia e io ti troverò...-

-No...NO!!-

Qualcuno la strattonava dalle spalle, cercando di farla tornare in sé.

Spalancò di colpo gli occhi, trovandosi a fissare il volto di Kakashi.

-Eiko, che ti prende?-

Le corde erano state rimosse, così lei potè puntare le mani sul petto di lui e allontanarlo bruscamente. In quel momento notò sigilli di confinamento del chakra su entrambi i polsi.

-Ehi, ma sei impazzita?!?- continuò il ninja.

Lei si rannicchiò su se stessa, le ginocchia al petto, le mani che stringevano le braccia e lo sguardo vuoto.

-Maestro Kakashi, tutto bene?- chiese il biondino, arrivando con il fiato corto.

-Si Naruto, tutto bene. Tu e Sai tornate pure a dormire-

L'allievo obbedì e i due rimasero soli. Con molta calma e attenzione lui tentò di riavvicinarsi alla ragazza, la quale era talmente sconvolta da non avere alcuna reazione.

Con cautela, Kakashi allungò una mano e la posò sulla testa di Eiko, come può fare un padre che cerca di consolare il figlio.

-Eiko, dimmi qualcosa- disse poi piano, tentando di risvegliare la ragazza da quello stato catatonico in cui si trovava.

Non appena la sua mano entrò in contatto con i capelli di lei, questa gli afferrò il polso e se la portò al viso. Lasciò che lui le accarezzasse delicatamente una guancia, per poi sfiorarle la mandibola e risalire sino allo zigomo, dove con il pollice le asciugò una lacrima.

-Che cosa ti sta succedendo?- le chiese piano.

-Lui verrà...sono sua...lui mi cerca...-

-Lui chi, Eiko? Dimmelo...-

Lei però non rispose, spingendo ancora di più la mano di Kakashi contro la sua guancia e assumendo un'espressione che aveva un misto di spaventato e folle. Il ninja le si sedette lentamente a fianco e le circondò le spalle con un braccio.

La ragazza però non si lasciava andare, continuava a rimanere rigida.

-Eiko, adesso ci sono io con te, nessuno ti farà del male- le sussurrò in un orecchio, prima di sfiorarle la guancia con un timido bacio.

Lei, senza capire, si voltò lentamente, trovandosi a pochi centimetri dal volto di lui. Quello sorrise.

-Come sono stato sciocco, piccola Eiko. Come sono stato cieco. Se solo potessi tornare indietro adesso tu saresti solo mia- disse piano, mentre si avvicinava.

La ragazza rimaneva immobile.

Quando ormai erano a pochi centimetri l'una dall'altra, un'esplosione scosse la terra, provocando il volo di uno stormo di uccelli.

-Maledizione- disse il ninja e si alzò di scatto.

Come se si fosse risvegliato qualcosa dentro di lei, Eiko si alzò al seguito del ragazzo e prese a correre come se la stesse inseguendo la morte stessa.

Kakashi se ne accorse e fece per andarle dietro, ma un'altra esplosione gli sbarrò la strada.

-Eiko!!-

 

Quel fesso di Deidara stava letteralmente distruggendo l'intera foresta. Se lei si fosse trovata nei paraggi sarebbe stata in pericolo, ma da una parte lo consolava il fatto che i suoi compagni dovevano riportarla viva alla base.

Forse però il bombarolo stava esagerando.

D'un tratto, portato dal vento, sentì il suo nome, pronunciato da un uomo.

Qualcosa si svegliò nel suo corpo, come un calore strano: gelosia.

Come si permetteva quello di pronunciare il nome della “sua” Eiko? L'avrebbe ucciso con le sue mani se solo le fosse capitato a tiro. Non l'avrebbe fatto per Jashin, né per l'Akatsuki, ma solo per se stesso.

Mentre gli altri continuavano ad avanzare verso il cuore della foresta, Hidan silenziosamente si allontanò. Sapeva dove avrebbe potuto trovarla e doveva fare il più presto possibile.

 

                                                                                                  ***

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Capitolo 24
*** Blood ***


Pensò che probabilmente in vita sua non aveva mai corso così veloce e così disperatamente. L'attacco da parte dell'Akatsuki era stato provvidenziale, dandole la possibilità di scappare da Kakashi e quindi dalla sua futura condanna a morte.

In quel momento voleva solo mettere più distanza possibile tra sé e i suoi inseguitori, di qualunque delle due fazioni appartenessero.

D'improvviso si fermò e si mise a pensare: capiva le motivazioni di Konoha per rivolerla al villaggio, ma quelle dell'organizzazione? Dopo aver appurato che lei non avrebbe parlato o che comunque non era in possesso di informazioni utili non potevano semplicemente lasciarla in pace? Perchè quell'accanimento nei suoi confronti?

Dei rumori alle sue spalle. L'avevano già raggiunta?

Riprese a correre a rotta di collo. Per un attimo il suo sguardo saettò sui polsi, sui quali erano ancora presenti i sigilli di costrizione, quindi non avrebbe potuto usare il chakra e di conseguenza difendersi con le sue tecniche.

A poco a poco il paesaggio prese a cambiare, sino a quando la foresta non si diradò, lasciando la visione della vallata del Paese del Fiume. Era al punto di partenza.

Imprecò mentalmente per essere così debole e inetta. Come aveva fatto a sopravvivere tutti quegli anni nelle forze speciali se non riusciva a ritrovare neanche uno stramaledetto villaggio? Ma poi perchè doveva tornare in quella catacomba? Non c'era più niente per lei in quei luoghi, ma allora perchè il suo corpo e la sua mente ne erano così attratti?

-Vieni da me...-

Di nuovo quella voce!! Eiko si portò le mani alle tempie, dato che la testa aveva preso a martellare frenetica.

-Maledizione...- disse tra i denti.

Gli occhi le bruciavano, come se qualcuno le avesse infilato dei tizzoni ardenti. Qualcosa scivolò sulla sua guancia destra, denso e caldo. Lei si sfiorò con un dito e con orrore scoprì essere un liquido rosso rubino e dall'odore ferroso: sangue.

Inorridita iniziò a strusciarlo via dal suo viso, mentre ancora gli occhi le bruciavano.

-Io posso aiutarti...-

Ma chi diavolo era? Giurò che se mai fosse riuscito ad incontrare il proprietario di quella voce profonda e atona gli avrebbe spaccato il muso in un colpo solo.

Si inginocchiò su quella terra fredda, mentre il cielo risuonava di tuoni lontani. Il sangue aveva smesso di colare, ma gli occhi ancora bruciavano.

Si sentiva sola e abbandonata, priva di qualunque appiglio verso la follia.

Poi una voce lontana alle sue spalle la fece tornare a sperare.

Qualcuno chiamava il suo nome e lei aveva riconosciuto quel qualcuno. Avrebbe voluto correre a cercarlo, tuffarsi tra le sue braccia e non andarsene mai, protetta da quei caldi occhi ametista.

Si alzò, decisa a raggiungerlo. Poi qualcosa la fermò.

-Lo ucciderò...-

Quelle due semplici parole ebbero la capacità di paralizzarla e farle abbandonare ogni intento. Così voltò le spalle alla foresta e riprese a correre.

 

-Eiko!! Dannazione Eiko, rispondi!!-

Hidan ormai aveva quasi consumato tutta la sua voce per chiamarla. Era abbastanza lontano dallo scontro per aver la certezza di non essere sentito, ma aveva paura di esserlo anche da lei.

Spostava le fronde del sottobosco senza pensare, come se anche il fusto più robusto fosse stato un semplice ramoscello.

Doveva trovarla, portarla via da quell'inferno, scappare lontano, solo loro due.

Il pensiero che l'Akatsuki non avrebbe permesso un suo congedo non lo sfiorò neanche per un secondo. In quel momento solo lei era il suo pensiero fisso.

Ma perchè diavolo non gli rispondeva? Aveva paura di lui?

D'un tratto sbucò sul promontorio sul quale si erano trovati al loro arrivo in quelle terre: di Eiko nessuna traccia.

Stava per ricominciare le ricerche, quando l'occhio fu attirato da qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere. Si avvicinò silenzioso e rigido al ciglio del precipizio e si inginocchiò.

Con due dita tastò quella traccia viscosa e densa, rossa vermiglio, per poi spanderla anche con l'aiuto del pollice. Se la portò al naso e inspirò.

Come temeva, era proprio sangue.

Ma era suo? Eiko era stata ferita?

Se era colpa di quel frocietto biondo di Deidara giurò che l'avrebbe ucciso facendolo soffrire, tanto che avrebbe implorato di trapassare.

Se era davvero il suo sangue, significava che lei era stata lì fino a qualche minuto prima. Così ripartì all'inseguimento.

 

Non pioveva, ma l'umidità nell'aria era quasi palpabile. Una fitta nebbiolina rendeva il paesaggio tetro e irreale, tanto che la ragazza faticò ad orientarsi.

La testa continuava a martellare, ma la voce non si era ripresentata. Aveva smesso di correre e adesso vagava con passo lento per la boscaglia.

Con quella dannata foschia aveva perso l'orientamento e, in quella foresta, ogni albero sembrava lo stesso.

D'improvviso uno spiraglio nella vegetazione la riportò a sperare. In pochi secondi intravide le alte mura del villaggio fantasma.

Nell'aria solo il fruscìo del vento e qualche verso di animale, ma niente di più.

Cosa stava cercando con esattezza? Non ne era certa neanche lei.

Attraversò la piazza principale senza guardarsi intorno. Poi passò a fianco del vecchio archivio che lei e Hidan avevano visitato qualche giorno prima.

Doveva stare attenta, dato che l'intervento dell'Akatsuki aveva lasciato sul terreno profonde voragini.

Si rese conto della poca superficie che quel villaggio occupava, dato che dopo qualche minuto si ritrovò ad osservare la parete verticale di una ripida montagna, una delle due che lo nascondeva ad occhi indiscreti.

Tra la nebbia intravide una grotta, la cui entrata pareva dovesse servire per un gigante tanto era grande. Sull'arco e nei pressi stavano simboli di culto e apparenti sigilli mistici.

C'era qualcosa di strano in quel luogo, qualcosa che la fece rabbrividire.

Di colpo un forte vento si sprigionò dal suo interno, tanto che Eiko dovette chiudere gli occhi. Polvere e detriti le volarono contro, ferendola a braccia e viso.

Poi tutto si quietò. La ragazza riaprì lentamente gli occhi, come se avesse paura di vedere ciò che gli si presentava davanti. Un rumore sordo di passi proveniva dall'antro e pareva che si stessero muovendo verso di lei.

Il suo corpo era paralizzato, come se una strana forza la costringesse a rimanere dov'era. Il respiro si fece affannoso, mentre il cuore batteva all'impazzata.

I passi erano sempre più vicini e già riusciva ad intravedere un ombra farsi avanti verso l'ingresso della grotta.

Rimase senza fiato, tanto che le gambe cedettero e lei si ritrovò seduta a terra.

-Finalmente sei tornata...-

Quella voce, era lui dunque che le parlava nella testa. Era lui che la rivoleva in quel posto.

-Chi sei?- chiese lei, fissando due occhi color del sangue, uguali ai suoi.

-Io sono colui che porterà ordine in questo mondo, sono colui che eliminerà coloro che si dimostreranno deboli, sono colui a cui tu devi la tua vita. Sei il mio angelo vendicatore, mi appartieni, sei mia. Io sono Amatsu-

 

Avvertì il terreno sotto i suoi piedi vibrare pericolosamente e le scosse aumentavano più si avvicinava al villaggio.

-Eiko...- pensò, mentre continuava a correre.

Attraversò le mura. Quella dannata nebbia non faceva vedere niente.

D'improvviso qualcosa gli piombò contro a peso morto e lui cadde a terra. Dopo essersi ripreso dall'impatto, osservò cosa gli era finito contro e sbiancò.

Quei capelli, neri come la notte, quella pelle, morbida e profumata, quel corpo, adesso ricoperto di tutto quel sangue.

Eiko...

 

                                                                                                     ***

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Capitolo 25
*** Divinity ***


Le mani gli tremavano mentre lente raggiungevano il volto pallido della ragazza accasciata su di lui. La pelle era fredda e Hidan temette il peggio.

Poi, quando le sui dita entrarono in contatto con il viso di lei, quella aprì lentamente gli occhi e, cosa che non si sarebbe mai aspettato, gli sorrise.

-Perchè sei qui?- gli chiese con un filo di voce, mentre, nonostante tutto, stava tentando di mettersi seduta.

Un'espressione di dolore le dipinse il viso, facendole socchiudere un occhio e stringere i denti.

-Ma che domande del cavolo fai? Secondo te perchè sono qui?-

-Non lo so, ma dovresti andartene...-

Lui la fissò, perplesso e sconvolto.

Nel profondo lei gli era grata della sua presenza al suo fianco, soprattutto dopo che aveva visto cosa avrebbe affrontato. Il calore della sua vicinanza riusciva ad infonderle ancora un po' di coraggio, quello che la visione del nemico aveva completamente prosciugato.

-Non me ne vado- rispose l'albino in quel momento, piccato come un bambino.

Lei sorrise ancora e gli accarezzò il viso, lasciandolo di stucco.

-Mi dispiace- sussurrò, prima di avvicinarsi e sfiorargli le labbra.

Prima che l'altro potesse reagire, un forte vento li investì, costringendo Hidan a stringere a sé la piccola Eiko, per paura che potesse volare via da un momento all'altro.

Dopo il vento, qualcos'altro li investì entrambi, qualcosa simile ad un chakra, ma più potente, tanto che l'akatsukino avvertì il suo corpo paralizzarsi.

-Che succede?- si chiese, mentre osservava un'ombra dai tratti indistinti farsi avanti tra la polvere sollevata.

-Ragazza, non riuscirai a scappare- disse una voce profonda e atona.

Dopodichè entrambi si ritrovarono a fissare l'uomo con gli occhi color del sangue.

-Mi state prendendo per il culo?- sospirò Hidan, continuando a stringere Eiko contro il suo petto, mentre, titubante, cercava di non distogliere lo sguardo dallo sconosciuto.

-Modera il linguaggio in mia presenza, mortale. E adesso consegnami la ragazza, ha un destino importante da affrontare-

Hidan intensificò la presa su di lei, mentre avvertiva il piccolo corpo scosso dai tremiti. Le mani si stavano inzuppando di sangue, anche se non capiva ancora come potesse lei rimanere cosciente con una perdita così consistente.

-Io parlo come mi pare- rispose risoluto.

Riuscì a portarsi in piedi, Eiko tra le braccia, fissando negli occhi l'individuo davanti a sé.

Quello lo squadrò a sua volta, poi scoppiò in una fragorosa e grassa risata.

-Sei uno stolto mortale. Vorrà dire che ti ucciderò con estremo piacere- concluse.

Si portò lentamente una mano dietro la schiena, per poi estrasse una grossa spada che puntò contro i due.

-Preparatevi ad incorrere nella furia di un dio-

 

L'albino evitò il fendente per un soffio, mentre, tra le sue braccia, Eiko stringeva l'orlo del suo mantello.

Non poteva certo combattere con lei in braccio. Doveva trovare un posto adatto dove nasconderla.

Assorto nei suoi pensieri non sentì l'avversario arrivargli veloce alle spalle, ma poco dopo avvertì un dolore lancinante alla schiena, il quale lo fece cadere in ginocchio con un gemito soffocato.

-Hidan...- lo chiamò Eiko, ancora nascosta contro di lui.

Quello alzò lo sguardo per fissarla negli occhi e vide che stava piangendo. Il fiato per un attimo gli si mozzò in gola. Quelle lacrime erano per lui, Eiko si stava preoccupando che non rimanesse ucciso.

Perchè nonostante il fottuto dolore alla schiena, riusciva a sentirsi felice?

-Ti prego, lasciami qui...- disse poi lei, continuando a rigare le guance di lacrime.

-Mai- rispose lui risoluto e balzò, proprio nel momento in cui il nemico stava per colpirlo di nuovo.

Avevano una sola possibilità. L'albino frugò in una borsa che portava alla cintola e ne estrasse tre piccole sfere nere. Dopodichè le scagliò a terra, provocando un'esplosione, la quale distrasse il loro inseguitore.

Poi, veloce come il vento, si diede alla fuga con ancora Eiko stretta a sé.

 

Non sapeva per quanto avessero corso, ma sperava almeno di essere abbastanza lontano dal villaggio. Eiko aveva bisogno di cure, subito.

Per lui si poteva anche aspettare, dopotutto una ferita del genere non l'avrebbe certo ucciso.

Giunse alla foce del grande fiume che attraversava il paese, trovandosi davanti un'alta cascata che dava vita al corso d'acqua.

Attento a mantenere l'equilibrio, l'albino intravide una piccola grotta dietro di essa, tanto grande da ospitare entrambi. Così, velocemente, vi si rifugiò, stendendo la ragazza, la quale aveva momentaneamente perso i sensi.

La fissò per un attimo, affascinato da tanta innocenza.

Poi decise che sarebbe stato meglio liberarla dei vestiti e vedere dove era stata ferita.

Con delicatezza le sfilò la maglia e rimase solo con una fascia che le nascondeva il seno. L'addome e le spalle era piene di piccoli graffi, che Hidan provvide immediatamente a medicare.

Quando ebbe finito, la coprì con il mantello e si mise all'imbocco della grotta di vedetta.

D'un tratto avvertì lei muoversi, quindi si voltò e la trovò sveglia.

-Ciao- le disse, sorridendole.

-Ciao- rispose lei, ricambiando il gesto.

Non ebbero però il tempo di dire altro, dato che la roccia fu scossa da una violenta esplosione.

 

                                                                                                            ***

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Capitolo 26
*** I will not leave ***


Una risata si propagò nell'aria e Hidan la riconobbe immediatamente.

-Cazzo!!- imprecò, alzandosi in piedi.

-Che succede?- chiese Eiko alle sue spalle, mentre tentava di mettersi seduta.

-Ci penso io. Tu rimani nascosta- le rispose senza neanche guardarla.

La ragazza non replicò, nonostante avesse intuito già la gravità della situazione e la poca percentuale di successo che l'albino aveva.

L'unica cosa che fece fu quella di afferrare il mantello che la copriva e porgerglielo, sorridendogli.

Lui ricambiò il gesto, anche se il suo sorriso tentava di nascondere la sua preoccupazione. Dopodichè, con un balzo, uscì allo scoperto.

Vide quel deficiente di Deidara divertirsi a fare esplodere ogni sasso o roccia nel raggio di cento metri, mentre discuteva animatamente con il suo collega burattinaio.

-La vuoi far finita, razza di demente?!?- esclamò tra i denti l'albino, mentre in una mano stringeva la sua falce a tre punte.

-Oh, guarda chi si vede. Il traditore. Sai, il capo non è stato molto contento dal tuo comportamento-

-Ha detto che non è necessario riportarti vivo alla base, anche se preferirebbe, dato che ha un gran desiderio di farti fuori con le sue mani- concluse serio e piatto Sasori.

-Allora provateci, razza di incapaci- li schernì lui, rivolgendo ad entrambi un bel dito medio.

-Razza di mentecatto con i capelli tinti- disse tra i denti il biondo, mentre infilava entrambe le mani nelle sacche alla vita e preparava due delle sue opere esplosive.

-Chi sarebbe quello con i capelli tinti, sottospecie di frocietto?!?- rispose l'altro, impugnando la falce con entrambe le mani.

Non riuscì però a muovere un passo, che una presenza comparve alle sue spalle. Per fortuna se ne accorse in tempo, dato che con un solo pugno sfondò buona parte della roccia sulla quale l'albino si trovava.

-Ehi vecchio, ma sei impazzito?- ringhiò Hidan a mezz'aria, mentre Kakuzu si spolverava le mani.

-Sai monaco del cavolo, non mi sei mai andato molto a genio, ma ti ho sempre sopportato. Quello che hai cambinato ultimamente però mi ha fatto incazzare sul serio. Soprattutto il fatto che hai toccato i miei adorati soldi- disse quello, fissandolo in cagnesco.

In quel momento, da dietro una roccia, comparve anche l'Uchiha che, con la sua solita calma, domandò:

-Hidan, dov'è la ragazza?-

Quello sorrise beffardo, rispondendo:

-Non lo so e anche se lo sapessi non ve lo direi. Per non parlare della calamità che vi portereste dietro. Volete un consiglio? Andatevene-

-Ma di che diavolo parli?- domandò Kisame.

-Se continuerete a fare questo casino lo vedrete tra poco-

Infatti la paura del nukenin era quella che quell'impiastro di divinità carica di boria e voglia di fare li rintracciasse grazie alle manifestazioni pirotecniche di quell'idiota del bombarolo.

Gettò una veloce occhiata all'imbocco della grotta nascosta dietro la cascata, tirando un sospiro. Doveva trovare il modo di allontanarli da lì.

 

Nel frattempo, Eiko, orecchio teso, ascoltava quello che stava succedendo fuori. Quando aveva sentito le voci di quelli dell'organizzazione, aveva avuto la tentazione di uscire allo scoperto e andare in soccorso di Hidan, ma non appena aveva tentato di muovere un passo, fitte in tutto il corpo l'avevano bloccata a terra.

Ad ogni scossa, dal soffitto della grotta scendevano piccole scie di polvere e detriti. Temeva che da un momento all'altro le sarebbe crollata addosso la montagna.

In quel momento la testa riprese a martellare, mentre flash raffiguravano il bosco, il fiume e le montagne. Le pareva di aver già visto quei luoghi, ma perchè?

Poi di colpo le fu tutto chiaro: era lo stesso percorso che lei e Hidan avevano fatto per arrivare alla cascata. Quello era ciò che lui vedeva. Sapeva dove si trovavano e non avrebbe impiegato molto per raggiungerli.

 

Cadde in ginocchio, il mantello strappato in più punti e la pelle percorsa da numerose ferite. Un rivolo di sangue scendeva da un lato della bocca, la quale però era sempre inarcata in un sorrisetto strafottente.

Nonostante fosse in evidente difficoltà e in palese inferiorità numerica, non poteva arrendersi. Doveva farlo per Eiko, per proteggere lei.

Si immaginava una vita con quella ragazza, soli, loro due, l'una per l'altra, senza nemici o villaggi incazzati a rompere le scatole. Chissà, magari anche una famiglia, quella che lui non aveva mai avuto e della quale, fino a quel momento, non aveva mai sentito la mancanza.

Un'altro colpo di Kakuzu schivato. Non ce la faceva più, era esausto.

Quando ormai la vista si stava annebbiando a causa della perdita di sangue e le gambe non lo sorreggevano più, qualcosa attirò la sua attenzione.

Alle spalle degli ex compagni, intenti tutti a vedere come miseramente si era ridotto, un'ombra spuntò da dietro la cascata: Eiko.

Lui, con un solo sguardo, tentò di farla rientrare nella grotta, ma gli occhi di lei parevano colmi di una strana paura. Sembrava dovesse dirgli qualcosa che non poteva aspettare.

Fu allora che quel depresso dell'Uchiha la notò.

-Ragazzi, l'abbiamo trovata-

-Perfetto...- sussurrò tra i denti l'albino.

Lei però non sembrò per niente intimorita dal gruppo di akatsukini che avanzava verso di lei, continuando a mantenere lo sguardo puntato su Hidan.

Fu allora che gridò:

-Sa dove siamo!! Sta arrivando!!-

Nessuno capì, tranne lui. Fu in quel momento che i presenti avvertirono quell'immensa fonte di chakra provenire dal folto del bosco, per poi venire investiti da alberi sradicati e pezzi di roccia.

Tre di loro finirono a terra, intontiti, mentre Itachi, attivato lo Sharingan, fissava il punto dell'esplosione con lo sguardo misto di timore e stupore.

Dalla polvere avanzò l'ombra di quell'uomo, la divinità, Amatsu, spada in pugno, la quale fu poi appoggiata su di una spalla in una posa teatrale.

-Finalmente vi ho trovato. Pensavate di sfuggirmi per molto?-

Fu allora che Hidan avvertì il tocco di qualcuno sulla schiena e su di un braccio. Si voltò, ritrovando il volto di Eiko, completamente trasformato dalla paura.

-Devi andartene-

-Non ti lascio qui-

-Sei una stupida. È te che vuole-

-Certo, ed è te che vuole uccidere. Quindi finchè ti rimango vicino non corri pericolo-

-Ma che dici? Hai visto il tuo corpo? Non ha certo paura di ferirti-

-Lo so, ma non ha alcuna intenzione di uccidermi. Gli servo viva-

Nel frattempo gli akatsukini, ripresisi dall'entrata ad effetto del nuovo combattente, si misero in posizione per affrontarlo.

-Chi sei?- chiese Kakuzu.

-Io sono Amatsu, dio del male e della distruzione. Fatevi da parte mortali, non è voi che voglio- e lanciò un'occhiata ad Eiko.

-Scordatelo. La ragazza serve a noi e nessuno, mortale o divinità, porta via una preda all'Akatsuki-

-Io vi avevo avvertito...-

Senza muovere un dito, solo con l'aiuto della sua forza interiore, spazzò via in un attimo ogni ostacolo. Adesso non c'era niente a frapporsi tra lui e il suo angelo vendicatore.

Con passo lento prese ad avanzare, sino a quando si trovò a pochi passi dai due, i quali lo fissavano senza neanche respirare.

-Ho capito che tieni a questo uomo più che a te stessa. Per questo, se verrai con me, ti prometto che gli risparmierò la vita-

Gli occhi della ragazza si illuminarono di una scintilla di speranza. Poi una stretta alla mano la fece voltare verso Hidan, il quale, senza guardarla, disse:

-Non credergli, non manterrà mai la parola. Preferisco morire ora che sapere di averti mandato con lui senza muovere un dito-

Amatsu si stava spazientendo. Fu così che con un solo movimento della mano scagliò lontano Eiko, facendola sbattere contro una roccia. Dopodichè piombò su Hidan, bloccandolo a terra con un piede sul torace.

-Mi hai stancato, piccolo uomo. Devo ammettere che non mi aspettavo fossi così duro da sottomettere, ma anche la più piccola formica inizia ad diventare fastidiosa se insistente. Quindi, nella mia magnaminità ho deciso di risparmiarti l'agonia di venire ucciso dalla donna che ami-

Lui si voltò, incontrando gli occhi di Eiko, ancora una volta inondati di lacrime. Lei, lentamente, ancora stesa a terra, protese una mano verso di lui, come a volerlo afferrare. L'albino, con la stessa lentezza, fece altrettanto.

Le dita stavano per sfiorarsi, mentre gli occhi non si staccavano gli uni dagli altri.

Poi, all'improvviso, il respiro si mozzò, mentre avvertiva qualcosa di freddo penetrargli nel petto, lacerando muscoli e tessuti e recidendo vene e arterie.

Gli venne da vomitare, ma dalle labbra uscì solo del caldo sangue.

Prese a tossire mentre, staccando lo sguardo da quello sconvolto di Eiko, fissò il suo carnefice ridere tronfante mentre affondava la spada nel suo petto nudo.

Afferrò la lama, fissandolo con odio e stringendo i denti.

-Giuro che ti porterò all'inferno, bastardo-

-Credo sia un po' tardi per fare promesse- ridacchiò quello e, con un colpo secco, estrasse la sua arma dal corpo di Hidan.

Quello riprese a tossire, portandosi le mani alla ferita dalla quale sgorgava sangue scarlatto.

Le palpebre si fecero pesanti e il respiro sempre più faticoso. Volle però voltarsi un'ultima volta per guardarla. Lo fece, vedendola ancora stesa, gli occhi umidi, il volto paralizzato, le labbra semichiuse.

Fissò quella bellezza della quale fin da subito era rimasto affascinato e sorrise.

Dopodichè chiuse lentamente gli occhi. Come ultima cosa la sua voce che lo chiamava, infine solo il buio e il silenzio.

 

                                                                                                             *** 

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Capitolo 27
*** Destiny ***


Silenzio. Di nuovo. Sempre lo stesso e snervante silenzio che l'aveva accolta la prima volta che lo aveva conosciuto.

Era quello che l'aspettava? Era davvero così l'oblio che accoglieva chi aveva perso ogni volontà di vivere?

Non sentiva però il torpore della morte, quindi era ancora viva. Ma che utilità aveva continuare a respirare se il proprio cuore ha smesso di battere?

L'aveva guardato mentre si arrendeva al torpore della nera signora, mentre le regalava l'ultimo scintillìo di quei suoi bellissimi occhi ametista, mentre lei era riuscita solo a pronunciare il suo nome, senza muovere un muscolo.

La luce aveva abbandonato i suoi occhi proprio mentre Eiko si era decisa a muovere un passo.

Dopodichè il buio.

Sentiva solo il suo corpo invaso dal dolore, che a tratti si tramutava in uno strano torpore. Avvertiva qualcosa di liquido percorrere la sua pelle, mentre i polsi erano diventati dei blocchi di ghiaccio.

Finalmente decise di reagire e aprire gli occhi.

Lo fece lentamente, come per paura di ciò che avrebbe visto. Si trovava in un ambiente scuro, il quale puzzava di chiuso e stantìo.

Provò a muoversi, ma le scapole le facevano male, così come le braccia. Solo in quel momento si accorse di essere sollevata da terra, bloccata contro una parete di roccia tramite pesanti catene che le serravano i polsi.

Non ricordava come fosse finita in quel posto o chi ce l'avesse portata, ma era sicura che in breve l'avrebbe scoperto.

Intorno a lei delle fiaccole illuminavano solo poco davanti a lei, quindi non riusciva a vedere niente se non se stessa.

D'un tratto avvertì dei passi che venivano verso di lei e fu allora che vide di nuovo Amatsu, un sorriso strafottente e perfido a solcargli in viso, mentre la sua spada, posta su di una spalla, era ancora macchiata di sangue.

Il suo sangue.

Eiko distolse lo sguardo mentre una forte nausea le saliva dallo stomaco. Non poteva neanche immaginarlo mentre la fissava per l'ultima volta. Era colpa sua se era finita in quel modo, colpa di quella dannata maledizione che penzolava sulla sua testa come la scure di un boia.

Un presa prepotente al mento la costrinse a voltarsi, trovandosi a fissare gli occhi rubino della divinità.

-Non piangere ragazza, adesso farò di te qualcosa di più forte e immortale- disse quello, mentre la fissava con una strana luce negli occhi.

-Non voglio niente da te, dannato bastardo- rispose lei tra i denti, tentando di liberarsi dalla presa.

-Volente o nolente sei nata per diventire il mio sicario. È il tuo destino-

-Me ne frego-

Quello si allontanò da lei, senza però abbandonare il suo sorrisetto. Con un gesto della mano, le catene che circondavano i polsi di Eiko si aprirono, facendola cadere a terra.

La ragazza si ritrovò in ginocchio, dolorante. Solo in quel momento vide il suo corpo percorso da tagli e ferite che prima non aveva, ognuna delle quali perdeva sangue.

-Cosa mi hai fatto, bastardo?!?- disse, mentre tentava di tamponare il sangue come meglio poteva.

Ne aveva perso troppo e la vista le si stava annebbiando.

Vide Amatsu chinarsi su di lei, sfiorarle un taglio e poi portarsi il dito alla bocca, saggiando il sapore del sangue.

-Ho bisogno che di tuo in questo corpo rimanga il meno possibile. Poi penserò io a fare il resto-

-Che intendi?- chiese lei, inorridita.

-Lo vedrai...-

D'improvviso la grotta fu immersa da uno strano chiarore, come se stesse provenendo dalle profondità della terra. La grotta si mise a tremare, come se dovesse crollare da un momento all'altro. Mentre però il soffitto rimaneva in piedi, il pavimento prese a sfaldarsi, lasciando solo una piattaforma e un camminamento di pietra, il tutto fluttuante su un fiume di magma incandescente.

Eiko si sentì afferrare bruscamente per un braccio e costretta a camminare fino al centro della piattaforma, sulla quale fu malamente depositata.

In un attimo Amatsu fu su di lei, bloccandola a terra con una mano intorno alla gola e le ginocchia che le tenevano ferma il busto.

Anche se avesse voluto, la ragazza non avrebbe avuto un briciolo di forza per opporsi, quindi si lasciò semplicemente andare alla volontà del dio.

Questo, sorridendo, si morse un polso, facendo uscire del sangue nero. Con movimenti lenti e modulati, lo passò attentamente su ogni parte del corpo di lei, mentre le ferite lo assorbivano come avrebbe fatto un panno con dell'acqua. Infine lo spostò sulla sua bocca, rimanendo per un secondo ad osservarla.

-Sei pronta? Dopo questo sarai per sempre mia-

-Non mi importa. Non ho più niente per rimanere qui. Spero solo che questo tuo espediente mi uccida, così da farla finita- disse lei, con una calma angosciante.

Lui la fissò, stupito e irritato dalle sue parole, le premette il polso contro le labbra. All'inizio la ragazza tentò di ribellarsi, poi però schiuse la bocca, lasciando che quel liquido nero e fluido le scivolasse in corpo e le arrivasse sino al cuore.

Gli occhi presero a bruciare e anche il centro del petto, cosa che fino a quel momento non era successa. Lei emise un gemito soffocato, piegandosi su se stessa una volta liberata dal peso di Amatsu.

Gridò, mentre il bruciore stava diventando insopportabile.

Abbassò lo sguardo e vide una sorta di strano disegno comparire sul suo petto. Alzò lo sguardo, per poi puntarlo in quello della divinità.

-Adesso la tua volontà è la mia, il tuo corpo diverrà l'arma per la mia vendetta!!-

Lacrime di sangue scivolavano dai suoi occhi, mentre a poco a poco divenivano ciechi e le sue orecchie sorde.

Neanche la voce usciva più.

L'uomo le si avvicinò, afferrandola per i capelli e facendole piegare la testa all'indietro. Dopodichè leccò via quelle lacrime scarlatte, ridendo contro la sua pelle.

-Il tuo sangue si è mischiato al mio. Siamo una cosa sola- sussurrò.

Quando si rialzò, Eiko fece lo stesso, ma come se il corpo fosse guidato da qualcun altro.

Era una sua marionetta. Avvertì una mano che le si poggiava su di una spalla, mentre la voce di Amatsu le giungeva da lontano, ordinandole di uscire e fare strage di chiunque si fosse messo sulla sua strada.

La volontà di Eiko non voleva, ma il suo corpo rispose al comando.

Afferrò una strana arma che quello le tendeva e mosse qualche passo verso l'uscita della grotta. Fu allora che accadde.

 

                                                                                                    ***

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Capitolo 28
*** I love you ***


Eiko si voltò quando avvertì un grido soffocato alle sue spalle.

Vide Amatsu con la schiena inarcata mentre, all'altezza dello stomaco un punteruolo che lo passava da parte a parte.

Poi, veloce come un ombra, qualcuno si pose tra lei e il nemico.

Lei non lo riconobbe, ma le sembrava di averlo già incontrato, tanto tempo prima.

Amatsu fissò l'aggressore negli occhi, mentre, con un colpo secco, si estraeva il punteruolo dall'addome.

-Come fai ad essere qui?- chiese, mentre la bocca gli si riempiva di sangue.

Una risata si propagò nella grotta, mentre anche Eiko cadeva a terra, una ferita che si apriva nello stesso punto.

Lo sconosciuto però non se ne accorse. Continuò ad avanzare verso il nemico, mentre estraeva la sua vera arma.

-Brutto coglione, sono un immortale. Hai commesso un errore, che ti costerà caro- e alzò la falce sopra la testa.

-Credo invece che sia tu ad aver commesso un errore-

Una lama trafisse la spalla dell'aggressore da parte a parte, facendogli mollare la presa sull'arma.

Quello imprecò, mentre si teneva il braccio. Si voltò.

Il corpo di Eiko fu percorso da un tremito. Nonostante di lei fosse rimasta solo la volontà, l'aveva riconosciuto: quegli occhi, quel colore di capelli, quella pelle candida.

Avrebbe voluto correre ad abbracciarlo. Ma allora perchè lo teneva ancora sotto tiro con la sua arma?

-Eiko? Che cazzo ti ha fatto?-

Alle sue spalle la divinità si alzò, ridendo trionfante.

-La ragazza che conoscevi non esiste più. Adesso è una mia marionetta e l'arma per la mia vendetta-

-Sei un maledetto bastardo. Giuro che ti ammazzo!!-

-Certo, se non lo fa prima lei-

Hidan si voltò di nuovo a guardarla.

-Eiko, ti prego...-

Un altro fendente lo spedì lontano, mentre una ferita gli si apriva sul petto. Si ritrovò sulla schiena, una mano sul taglio dal quale fuoriusciva sangue, gli occhi iniettati di una strana follia, mista però a tanta delusione.

-Piccola, so che sei lì...-

Un colpo di tosse lo costrinse a sputare sangue. Fece per alzarsi, ma il braccio gli fu bloccato da Amatsu con un piede, gesto che lo fece gridare di dolore.

-Dimmi albino, come ci si sente a dover essere ucciso da una donna?-

Quello lo fissò, stranamente con un'espressione strafottente che fece tremare di collera il dio.

-Lei non mi ucciderà-

-Ne sei certo? Della Eiko che conoscevi non esiste più niente...-

-Taci!! Non è vero!!-

Il corpo della ragazza si fermò di botto, come se le avessero improvvisamente tagliato i fili che la guidavano.

Qualcosa dentro di lei si stava risvegliando. Non voleva che Hidan morisse per colpa sua, non avrebbe perduto per la seconda volta l'unica persona che aveva creduto in lei.

-Come fai a dire che non sto dicendo la verità? Non hai visto? Ti ha colpito senza il minimo rimorso- stava dicendo ancora Amatsu.

Hidan poggiò malamente la testa a terra, mentre la mano libera stava sulla ferita del petto.

-Io credo in lei-

-Credere in lei? Che assurdità-

-Eiko è forte, la sua volontà lo è. Se non fosse così, con quello che ha passato, che la tua maledizione le ha fatto passare, a questo punto sarebbe crollata da tanto di quel tempo che tu non l'avresti mai neanche trovata-

-Sembra che tu la conosca meglio di chiunque. Ma devo deluderti: nonostante la sua volontà sia stata forte, adesso ha ceduto al mio potere. Di lei non è rimasto niente- e si mise a ridere.

Hidan sollevò un poco la testa, tanto per incontrare gli occhi di quella ragazza che da tempo aveva cominciato ad apprezzare.

-Eiko, so che sei ancora là dentro, da qualche parte. Non mi interessa se sarai tu ad uccidermi, me ne andrò volentieri se sarà la tua mano a darmi la morte. Ma lascia solo che ti dica una cosa: dal primo momento che ti ho visto ho subito pensato che noi due fossimo accomunati da un passato in comune e che, in qualche modo, avremo potuto aiutarci a vicenda. Poi ho pensato che fosse un'assurdità, per poi ricredermi quando mi hai regalato il tuo primo bacio. In quel momento ho capito di essermi innamorato di te, senza possibilità di fuga. Eiko, ti amo-

-Taci!! Non ho tempo per queste scemenze!!- ringhiò Amatsu, calpestando ancora più forte il braccio ferito dell'albino, il quale però rimase con il sorriso sulle labbra.

Alzò lo sguardo verso Eiko e ciò che vide lo fece rimanere di sasso: stava piangendo.

Le sue non erano lacrime di sangue, ma lacrime cristalline e trasparenti, come quelle di un normale essere umano.

-Guarda cosa hai combinato, impiastro. Io...- disse furente rivolto ad Hidan mentre stava per colpirlo.

D'un tratto il fiato gli si mozzò in gola, mentre una macchia di sangue gli si allargava all'altezza del petto. L'albino riuscì in quel momento a liberarsi della costrizione.

Amatsu però non stava guardando lui, ma qualcuno alle sue spalle.

-E così infine hai scelto? Che tu sia dannata...-

Hidan non lo fece concludere, assestandogli un sonoro calcio all'altezza del petto e facendolo cadere di sotto. Con un grido inumano, Amatsu sparì tra i flutti del fiume di magma.

 

-Ce l'abbiamo fatta...- sospirò lui, dopo un attimo di silenzio.

-Eiko...- aggiunse, mentre si voltava.

Quando la vide però, rimase di stucco. Lei lo guardava, sorridente, gli occhi tornati del loro particolare colore rubino. Le ginocchia leggermente piegate ed entrambe le mani all'altezza del cuore.

Hidan le si avvicinò, mentre inorridito fissava lo stiletto conficcato nel suo petto.

Quando le fu a pochi centimetri, lei cadde, ma lui la afferrò in tempo, portandola delicatamente a terra.

-E' tutto finito...- disse lei con un filo di voce.

-Si. Adesso possiamo andarcene e ricominciare una nuova vita- rispose lui, accarezzandole i capelli.

-Hidan, ho paura, tanta. Non voglio morire, non adesso che so che tu sei vivo-

-Non morirai, piccola. Non lo posso permettere-

-Mi dispiace. Sono stata solo un impiccio per te- disse Eiko, carezzandogli una guancia, lasciandogli un'impronta di sangue sulla pelle diafana.

-Non è vero. Tu sei ciò che mi ha riportato a vivere. Io...-

Un dito di lei gli si posò sulle labbra, facendogli segno di rimanere in silenzio.

-Shhh, non dirlo...-

Un colpo di tosse la scosse, poi però trovò la forza per circondare il collo di Hidan con le braccia e arrivargli a pochi centimetri dal suo viso.

Gli sfiorò le labbra, mentre lui sentiva quelle di lei farsi sempre più fredde. In un sospiro poi, Eiko disse:

-Ti amo, Hidan-

 

                                                                                                       ***

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Capitolo 29
*** End?? ***


Kakashi percorreva i corridoi della sede dell'Hokage con una sollenne lentezza. Stava pensando a quello che avrebbe detto al capo villaggio quando l'avesse visto tornare senza di lei.

Bussò alla porta e la voce della donna gli diede il permesso di entrare. Si inginocchiò immediatamente in segno di rispetto, mantenendo lo sguardo sul pavimento.

-Allora?- parlò l'Hokage.

-Ci sono state delle complicazioni-

-Che genere di complicazioni?- insistette la donna, stavolta voltandosi a guardarlo.

-Ecco...noi...-

-Avete perso le sue traccie?-

-Non è andata proprio così, ma il risultato è quello-

Quando alzò lo sguardo verso l'Hokage, quella stava sorridendo. Si stupì, ma poi anche a lui venne da ridere.

-Credo che non la rivedremo per un po' di tempo-

 

Stava tornando a casa. Si, una vera casa lo stava attendendo al di là di quel bosco fitto e pressocchè impenetrabile per chi non lo conosceva.

L'aveva scelto lui proprio per quel motivo, dato che il loro unico desiderio era quello di rimanere in pace e tranquillità.

Scostò l'ultima fronda e davanti agli occhi apparve una piccola casetta con un giardino e tanti fiori.

Lei era sulla porta, gli sorrideva felice.

Guardandola si ricordò per un attimo quando l'aveva quasi perduta in quella grotta e strinse i pugni. Poi però ogni suo pensiero e frustrazione se ne andò non appena le labbra di lei si posarono sulle sue.

Si sentiva felice.

-Sei tornato- gli disse teneramente.

-Come sempre- rispose lui, per poi baciarla appassionato.

Dei piccoli passi provennero da dentro la casa e un bambino dai capelli d'argento e gli occhi rubino gli saltò letteralmente addosso.

-Papà!!- gridò.

Lui lo prese tra le braccia, mentre lo osservava. Quel bambino rappresentava il loro sogno, il loro futuro.

Dopodichè, con la mano libera, afferrò Eiko per la vita e la tirò a sé, stringendo entrambi in un caloroso abbraccio.

Poi tutti e tre fissarono l'orizzonte, dove il sole stava tramontando.

Quello era l'ennesimo giorno che segnava la loro libertà e la loro ritrovata esistenza.

 

                                                                                                       ***



ANGOLO AUTRICE:
Signori e signore finisce qui questa avventura. Sono contenta che la storia sia stata letta e seguita da tante persone, dato che, quando l'ho scritta, non avevo tutte queste speranze. 
Un ringraziamento speciale a chi ha recensito, invogliandomi a continuare a scrivere.
C'è sempre un pò di tristezza quando una storia finisce TT.TT
Un abbraccio grande a tutti. Bye Bye alla prox...

 

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