I've had the time of my life.

di VirginiaRosalie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to paradise. ***
Capitolo 2: *** Start. ***
Capitolo 3: *** Dilemma. ***
Capitolo 4: *** Too early. ***
Capitolo 5: *** Trick or Treat? ***
Capitolo 6: *** The truth hurts. ***
Capitolo 7: *** Never let me go. ***
Capitolo 8: *** Life is too cruel. ***
Capitolo 9: *** You can't play on broken strings. ***
Capitolo 10: *** Say goodbye to my heart tonight. ***
Capitolo 11: *** Your memory is breaking my heart. ***
Capitolo 12: *** Oh baby, I need you now. ***
Capitolo 13: *** My heart beats for love. ***
Capitolo 14: *** I don’t need a parachute if I’ve got you. ***



Capitolo 1
*** Welcome to paradise. ***


Pov Virginia

Los Angeles, 1 ottobre 2012.

L'aereo atterrò su LAX, il più grande aeroporto di Los Angeles, la città in cui mi stavo trasferendo.
"Scusi, potrebbe aiutarmi?" domandai ad un buon uomo che, gentilmente, mi aiutò a portare le grandi valigie fino alla fermata del taxi che avevo chiamato mentre camminavo verso l'uscita.
Finalmente arrivai al grande hotel, il più famoso della città californiana. Scesi dall'auto ed un concierge mi aiutò a portare i miei bagagli fino alla reception dove, a mia sorpresa, mi aspettava una dolcissima cameriera pronta a farmi strada nella mia camera.
Aprendo la porta, potei ammirare tutto l'ordine in quella stanza che sembrava tanto accogliente quanto fredda poiché la finestra più grande era rimasta aperta chissà da quanto tempo. Dopo aver sistemato ogni cosa, decisi di scendere per cenare nella sala principale e, sul bancone della segreteria, vidi un volantino con scritto 'cercasi infermiera alla School Academy LA'; mi guardai intorno, presi il foglio e, dopo averlo diviso in quattro parti, lo misi in tasca e mi affrettai a sedermi al tavolo, ovviamente da sola.
Era la prima notte a Los Angeles, mi trovavo nel letto con il cellulare tra le mani e mille pensieri che volavano nella mia mente; ero agitata e morivo dalla voglia di scoprire quella grande città che mi aveva accolta con amore.
-
La sveglia suonò alle 8 precise ma, con un gesto della mano, la spensi, cambiai posizione nel letto e tornai a dormire finché, due ore dopo, fui spaventata a morte dalla suoneria del cellulare che mi ricordava di chiamare i miei genitori per far sapere loro in che condizioni avevo iniziato a vivere. Volevo fare tutto con regolarità così, prima di scendere per pranzare, mi recai in bagno per fare una bella doccia calda.
Ero decisa, volevo curare i ragazzi di quella scuola, fare l'infermiera non era un brutto lavoro, mi avrebbe aiutata ad integrarmi meglio tra la gente.
Prima di uscire dall'albergo mi ero procurata una mappa per capire dove fosse questa scuola; per fortuna non ci misi molto a trovarla e, quando entrai per richiedere il lavoro, fui accolta con estrema urgenza poiché la prima infermiera si era licenziata due settimane prima che io arrivassi.
Anche la prima giornata era passata ma, questa volta, impiegai meno tempo ad addormentarmi tra le calde e morbide lenzuola che, le cameriere, avevano cambiato la mattina dopo che io fui scesa a far colazione.
-
"Dio mio, non ne posso più, me ne vado"
Mi svegliai di soprassalto dopo aver udito quelle parole; accanto a me c'era una coppia innamorata, erano molto giovani e, da ciò che avevo sentito, non era successo niente di buono. Era il mio secondo giorno a Los Angeles e primo giorno di lavoro, ero entusiasta dell'idea e, da quanto mi era stato detto, avevo dei turni poiché, subito dopo di me, si era presentata un'altra infermiera che aveva richiesto dei cambi giornalieri.
Avevo già visitato, più o meno, la School Academy LA ma fui felice di farlo un'altra volta. Fui accompagnata da un ragazzo alto e moro e, potevo ben notare che ci stava provando con me poiché aveva capito che ero giovane, molto giovane.
"Virginia, bel nome. Ma non sei troppo giovane per lavorare? Cioè, hai 19 anni, perchè non ti godi il soggiorno a Los Angeles e magari qualche ragazzo?" disse ammiccando e portando un suo braccio attorno alla mia vita.
Scossi la testa e mi allontanai velocemente.
"Paul, credo sia meglio che io torni a lavoro e tu torna in classe, grazie per esser stato la mia miglior guida per - guardai l'orologio - un'ora esatta".
M'incamminai verso l'albergo, sospirando profondamente mentre portavo la mano dentro la borsa. Soliti messaggi di mia madre: 'buona cena, buon pranzo, buonanotte, buongiorno'. Frettolosamente ma molto impegnata su ciò che scrivevo, feci qualche passo in avanti e, distrattamente mi scontrai con un ragazzo. Quest'ultimo mi afferrò dalle braccia e, quando alzai il mio sguardo riconobbi Taylor Lautner. Il mio cuore andava a mille, i suoi occhi erano fissi sui miei, come fossero stati incantati, e le sue mani mi stavano toccando con leggerezza. Non ebbi neanche la forza di parlare, urlare o di scusarmi per quell'inconveniente, non riuscivo a credere che il desiderio scomparso che avevo di lui, si fosse riacceso così facilmente.
"Scusa."
Le sue labbra si mossero a pronunciare quella parola così dolce che mai, e dico mai, avrei creduto fosse realtà se non per i flash di macchine fotografiche professionali che potevo sentire dietro di me e le mille domande che ogni paparazzo faceva a Taylor.
"Fi-figurati."
Si allontanò da me con estrema facilità ed io, sorpresa, rimasi qualche secondo a fissare il vuoto poi entrai in albergo.


Pov Taylor

La ragazza più bella che io abbia mai visto era lì, di fronte a me che mi fissava, proprio come facevo io. Ero rimasto impressionato da come una semplice ragazza avesse potuto causarmi un battito del cuore più accelerato. Ero davvero agitato?
In Twilight, questo si sarebbe chiamato imprinting ma, visto che era la realtà, si chiamava semplicemente 'colpo di fulmine'. Dopo essermi scusato fui invaso da mille domande, mille fotocamere e mille paparazzi che, sicuramente, avrebbero fatto uscire un articolo inventato su una mia nuova possibile fiamma; non che mi dispiacesse. Avevo intenzione di conoscerla meglio, alloggiava di sicuro nel mio stesso hotel visto che stava andando dritta all'entrata.
Allentai la presa sulle sue braccia e, corsi in macchina per arrivare in tempo alle riprese del mio nuovo film "My First Love".
"Taylor sei in ritardo." disse il regista con dei copioni tra le mani. Era infuriato eppure non avevo fatto molto tardi.
Scossi la testa e, con arroganza, presi quei fogli dalle mani di Bill Condon e entrai in scena così come ero vestito senza alcun ritocco poiché erano soltanto delle prove.
Non capivo quasi niente di quello che avevano scritto, niente sembrava aver senso e probabilmente la mia testa era in qualche altro posto, forse ancora davanti all'hotel con quella ragazza tra le mie braccia.
"No, no." urlò il regista avvicinandosi a me e rubando il copione dalle mie mani poi mi diede una botta dietro la testa.
"Svegliati!"
"Basta! Sono stufo! Mi state assillando, voglio un po' di pace, diamine!" non risposi quasi più delle mie azioni poiché il lavoro stava diventando stressante, avrei voluto avere una vita normale, passarla con una ragazza che non sia Sara Hicks poiché da quando l'avevo lasciata lei aveva detto espressamente che non si sarebbe arresa. Ma io non la volevo più, era troppo gelosa e possessiva, volevo solo essere libero di fare ciò che volevo.
"Lautner, non rispondermi così. Se non ci fossi io tu non avresti questo ruolo in questo cazzo di film!"
"Non è così."
Socchiusi gli occhi e cercai di calmarmi poi, senza dire niente, me ne andai salendo di nuovo in macchina per dirigermi all'albergo, ormai era notte fonda.
-
Un suono assordante dietro la testa mi fece alzare, era la sveglia che suonò forse troppo presto. Non avevo ancora sbollito la litigata con il regista del mio nuovo film; la causa di quella mia agitazione non era solo lui ma anche i paparazzi e quella ragazza, dannatamente bella che potevo ricordare il suo volto sorpreso quando mi vide.
Mi vestii abbastanza in fretta poiché alle 12.00, il ristorante avrebbe chiuso la sala per la colazione e avrebbe aperto quella per il pranzo.
"Bill vuole che tu vada a lavoro, deve parlarti." mi disse il mio fidato manager quando mi sedetti per mangiare qualcosa.
"Ok, vai a preparare l'auto, arrivo subito." risposi bevendo un'aranciata.
Uscii dall'hotel, sembravo piuttosto calmo, ma la rabbia s'impossessò di me appena vidi una massa di paparazzi ad aspettarmi.
"Ehi amico, chi era la ragazza di ieri? Una nuova fiamma?"
"Non so chi sia." dissi abbassando la testa per poi avviarmi verso la macchina.
"E Sara Hicks? Che ci dici di lei? Perchè vi siete lasciati? La sexy ragazza di ieri si è intromessa tra voi?" Il microfono di uno di loro ero molto vicino al mio viso ma, quando sentii pronunciare il nome della mia ex ragazza, alzai un braccio e diedi un pugno al paparazzo davanti a me.
Rimase perplesso e si toccò il livido.
Entrai in macchina e, una volta arrivato al lavoro, trovai il regista con aria seria.
"Mi dispiace per ieri, Taylor."
"No, scusa tu." dissi abbassando lo sguardo e socchiudendo gli occhi per poi portare una mano sulla mia fronte.
"Sei il miglior protagonista che possa esistere su questo pianeta."
"Lo so - ridacchiai - l'ho sempre saputo." dissi con modestia e ironia.
"Allora, tieni il copione - mi diede due fogli - vai, è il tuo turno." Mi sorrise poi annuii e iniziai a leggere ciò che c'era scritto; notai che molte battute erano cambiate.

-

Il mio nome è Virginia e sono una fan accanita di Taylor Lautner. Si, questa è la mia prima fan fiction :3 Spero sia interessante e vi chiedo una cosuccia, recensite? Almeno saprò che apprezzate il mio lavoro. Grazie dolcezze.

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Capitolo 2
*** Start. ***


Pov Virginia

"Vai a casa e riposati - dissi scrivendo delle raccomandazioni al ragazzo davanti a me che si era slogato la caviglia destra - metti un po' di questa pomata, mattina e sera, appena riuscirai a camminare potrai tornare a scuola; tranquillo lo dico io ai tuoi professori." 
Non ero una vera e propria infermiera però qualcosa sapevo fare e, sapevo riconoscere una slogatura da una frattura. 
Erano le sei pomeridiane, ero stata di turno tutta la giornata ed ero stanca morta. Proprio davanti l'entrata dell'albergo, una ragazza mi fermò, mi guardò quasi sorpresa poi mi diede il giornale e se ne andò prima che potessi pagarla.
Non capivo il motivo di quel gesto così decisi di aprire il giornale. Incredula trovai una foto di me e Taylor, rimasi a fissare ciò che c'era scritto nella didascalìa accanto: 'Nuova fiamma per Taylor Lautner. Si è intromessa tra lui e Sara Hicks? E' lei il motivo per cui le due celebrità si sono lasciate qualche giorno fa?' 
Scossi la testa e corrugai la fronte; non che fossi arrabbiata però non volevo passare come una poco di buono, soprattutto in una città come Los Angeles. D'un tratto sentii una presenza dietro di me poi la sua mano sulla mia spalla.
"Ciao fidanzatina." 
Mi voltai di scatto e trovai un ragazzo, alto ma non eccessivamente muscoloso, con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi, brillanti e seducenti.
"Oh - guardai il giornale e lo accartocciai tra le mani - no, non sono la fidanzata di Taylor, ci siamo casualmente scontrati..." 
"Meglio" disse rimanendo davanti a me ed incrociando le braccia al petto.
Non sapevo se ciò che aveva detto era uno scherzo o stava dicendo sul serio così mi limitai a ridacchiare per poi abbassare lo sguardo. 
"Sono Steve Travor, sono un paio di giorni che ti vedo entrare ed uscire da qui ecco perchè ho ipotizzato che fossi la nuova ragazza di quell'attore - disse indicando l'albergo dietro le mie spalle - e... qual'è il tuo nome?" 
Quando porse la sua mano la guardai per un secondo poi avvicinai la mia e gliela strinsi amichevolmente, nel frattempo mi presentai.
"Sono Virginia Rosalie Hastings - tolsi la mia mano e sorrisi abbastanza imbarazzata - e sì, ho l'accento italiano perchè vengo da Roma" dissi prima che lui potesse chiedermelo visto che già molte persone mi avevano fatto la stessa domanda.
"E' adorabile."
"Grazie" ridacchiai. 
"Dico solo la verità." 
Sorrisi di nuovo e le mie guance presero un colorito leggermente più scuro. 

"Ho un'altra domanda, posso?" mi chiese con un grande sorriso. 
"Certo."
"Come mai fai di cognome Hastings? Non dovresti avere un cognome tipo 'Rossi' o 'Bianchi' - ridacchiò - sai, nei telefilm italiani spesso si sentono questi cognomi." 
"Mio padre è di origini inglesi. La mia bis nonna era andata a Londra al tempo della guerra, si è sposata con un londinese e così è iniziata la dinastia degli Hastings" dissi ridacchiando e rigirando il giornale accartocciato tra le mani fino a quando, Steve non lo prese e lo gettò nel cestino più vicino che c'era. 
"Interessante e scusa, ma non potevo più vederti massacrare quel giornale. - abbassò la sua testa verso di me, sospirai e nello stesso tempo sorrisi - Questi paparazzi sono dei completi idioti, dicono sempre cazzate e si rigirano le notizie a loro piacimento ma non sanno di ferire delle persone… persone con dei sentimenti." 
Il motivo di questo interessamento verso di me, mi era nuovo; ci eravamo appena conosciuti e già sembrava che tra di noi ci fosse un'intesa dato che quando parlavo con lui non mi vergognavo più tanto. 
"Da quant'è che sei qui a Los Angeles?"
"Più o meno 4 giorni. Tu… invece…  sei nato qui?" 
"Sì - indicò un edificio non molto lontano da dove eravamo noi - proprio in quel palazzo, al terzo piano nella camera da letto dei miei genitori" disse senza neanche prendere fiato.
"Ok, mi ricorderò di non andare in quell'appartamento per nessuna ragione al mondo" sussurrai ridacchiando mentre facevo qualche passo verso l'albergo visto che sarei dovuta andare a cena. Non volevo cacciarlo però avevo fame ed ero piuttosto stanca.
Lui mise le mani dentro le tasche dei jeans ed iniziò a dondolarsi su due piedi, come un bambino che stava per ricevere il suo gelato.
"Neanche se te lo chiedessi io?" 
Il mio volto cambiò espressione appena sentii quella domanda.
"Dipende" 
"Da cosa?" 
"Dal tempo" affermai prontamente. 
"E se ti chiedessi di uscire, per esempio questa sera?"
Sul mio volto si stampò un'aria pensierosa: accettare o non accettare ed andare a dormire presto? Inevitabilmente le mie labbra si mossero a pronunciare un'unica parola.
"Si."
"Perfetto, ti passo a prendere alle - si tirò su la manica della maglia e controllò l'orologio - alle 20.00 va bene?" 
"Certo, basta che non mi porti nella casa dove i tuoi genitori ti hanno concepito, sarebbe imbarazzante."
Ridacchiammo entrambi poi fece un passo verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. Arrossii e lo salutai con la mano. 
"Andiamo a ballare, mia cara. - indietreggiò con un sorriso sulle labbra - A dopo Virginia." 
"A dopo Steve" dette queste parole, sospirai e mi voltai verso l'entrata. Dopotutto una bella serata in discoteca, era quello che ci voleva e non vedevo l'ora di muovermi un pò. 

Pov Taylor

Scesi dalla macchina e riconobbi la persona più spregevole a questo mondo: Steve Travor. Lui era il paparazzo al quale avevo dato un pugno; se l'era meritato, poiché dopo una stressante giornata di lavoro, aveva avuto la faccia tosta di parlarmi di Sara Hicks e quella ragazza della quale non sapevo neanche il nome. 
Lei era lì, con i suoi capelli lunghi e castani; cavolo, era proprio davanti a lui e la distanza tra i loro volti era piccolissima. 
Chiusi lo sportello dell'auto rumorosamente. I flash delle macchine fotografiche professionali erano sempre puntati su di me così fui costretto ad indossare un paio di occhiali da sole in modo da ripararmi da quell'abbagliante luce. 
Dopo aver fatto qualche passo verso l'albergo, mi voltai verso destra dove i due ragazzi erano fermi a parlare. Lui le baciò la guancia ed in quel momento avrei voluto tornare lì e picchiare, di nuovo, quella sua faccia da bugiardo ma mi limitai ad accelerare il passo poiché anche lei stava per tornare dentro il grande hotel. 
I miei bodyguards si assicurarono che nessun fan accanito entrasse dopo di me.
"Chi è lei?" la voce del mio manager mi fece distogliere lo sguardo da ciò che stavo osservando: lei. 
"Chi? Cosa?" dissi confuso e disorientato, come se fossi caduto dalle nuvole.
"Quella ragazza. La stai spogliando con gli occhi." 
Mentre percorrevo la hall per raggiungere l'ascensore, mi voltai verso il mio manager e tolsi gli occhiali mettendoli sopra la testa. Lo guardai confuso e scossi la testa non rispondendo neanche a ciò che aveva detto; non che fosse sbagliato, però avendo le lenti degli occhiali molto scure, non poteva vedere i miei occhi quindi mi sembrò una frase azzardata.
"Hai visto il giornale di oggi, ci sei tu e… quella…"
"Devo sapere come si chiama" interruppi ciò che stava dicendo Ian infatti si voltò verso di me e mi sorrise alzando un sopracciglio.
"Lo sapevo, ti ha colpito quella ragazza eh? Beh, è davvero un.."
"Ian, sei un genio! - lo interruppi ancora una volta poi gli diedi una pacca sulla spalla poiché avevo appena avuto un'idea - Apri bene le orecchie, appena entrerò nella mia camera tu scenderai, andrai alla reception e ti farai dire il nome di quella ragazza, poi verrai a riferirmi tutto. Ok?" dissi entusiasta serrando i pugni.
"Certo.." 
"Hai capito tutto?" 
"Sì signore" disse mettendo una mano sulla fronte come per obbedire agli ordini del capitano.
"Sicuro?" chiesi sospettoso.
"In realtà non mi è chiara una cosa - disse alzando un dito verso di me mentre le portiere dell'ascensore si aprivano per accogliere due persone piuttosto anziane che alloggiavano cinque piani sotto di me - potete prendere il prossimo? Grazie! - interruppe il suo piccolo discorso per "cacciare" quei due signori poi premette il pulsante che portava al dodicesimo piano - dicevo… non so come fammi capire visto che di lei non so niente; né la stanza, né il piano in cui sta." 
"Cosa dicevi riguardo al giornale?"
"Oh, tu e lei siete in seconda pagina.." disse disinvolto e mi diede il giornale mostrandomi la nostra foto. 
Per un attimo ci guardammo negli occhi come due complici che stavano per mettere in pratica un piano malvagio. 
"Ora è tutto chiaro" sussurrò proprio quando arrivammo al nostro piano. Mi accompagnò fino in camera come se avessi dieci anni, ma dopo tutto era quello il suo lavoro, assicurarsi che io arrivi a casa sano e salvo.
Quando aprii la porta mi voltai verso Ian e gli diedi una piccola spinta dietro la schiena.
"Vai a scoprire il suo nome - dissi indicando la ragazza immortalata nell'immagine con me, strappai quella pagina e gliela porsi - mi raccomando, non farti scoprire dai paparazzi o peggioreranno la situazione."
Nel mentre Ian si dirigeva al piano terra, mi guardai intorno e tutto quello che potei vedere era una stanza non molto accogliente, piena di vestiti gettati a terra e cartacce di gelati sulla scrivania accanto alla televisione. Mio padre non voleva che nessuna cameriera si intrufolasse nella mia stanza infatti la chiave di essa la possedevo solo io. Iniziai a sistemare qualcosa ma mi stufai dopo pochi minuti visto che non ero solito fare queste faccende.
-

Un'altra giornata era iniziata sia per me che per Virginia. 
Sì, ero riuscito a sapere tutto su di lei: nome, cognome, età, data di nascita, luogo di nascita e stanza in cui alloggiava e persino il motivo per il quale si era trasferita qui. Mi rigirai nel letto pensieroso; era ora di fare la prima mossa altrimenti Steve avrebbe avuto la meglio per il semplice fatto che era considerato uno dei paparazzi più belli della California. 
Per fortuna ero solo nella mia stanza, Ian dormiva in quella accanto e, come tutte le mattine, alle 10.00 veniva a bussare per assicurarsi che fossi sveglio. Mi alzai dal letto, controllai l'orologio e 3…2…1… il rumore delle nocche sul legno era piuttosto chiaro.  
"Toc toc, sei sveglio?"
"Si, sono sveglio" dissi stiracchiandomi per poi sbadigliare.
Un sorriso mi si stampò sul viso dopo che mi fui vestito e sistemato i capelli. Uscii dalla stanza con gli occhiali da sole sulla testa e, dopo aver salutato Ian, mi avviai per la sala dove avrei fatto colazione.
"Dormito bene?" mi chiese poggiando la schiena su una parete dell'ascensore.
"Abbastanza grazie. Tu?" 
"Ovviamente" disse schioccando le dita.
"Hai ancora la foto di ieri di me e… "
"Sì" disse prima che io riuscissi a finire la frase con il nome della ragazza.
"Che aspetti a darmela?" 
"Non dirmi che l'attaccherai sul comodino accanto alla sveglia?!" 
Scossi la testa ed alzai un sopracciglio per fargli capire che ciò che stava dicendo non aveva senso visto che non possedevo neanche una sveglia elettronica bensì una umana: lui. 
"Ian, sai che non ho una di quelle sveglie che vanno a batteria, vero?"
"Oh, giusto - sospirò poi prese l'agenda dove aveva scritto tutti gli impegni - tra tre mesi ci saranno i People's Choice Awards, dovresti attraversare il red carpet con Sara Hicks." 
Sgranai gli occhi quando ricevetti quella spiacevole notizia. Era vero, avevo amato quella ragazza ma ormai faceva parte del mio passato ed io avevo superato la cotta per lei e non di certo per colpa o merito di Virginia. 
"No, non se ne parla, non abbraccerò quella sanguisuga"
"Non dovrai abbracciarla, ti basterò sfilare con lei, poi potrai anche sederti lontano - scrisse qualcosa sul foglietto - Farai una brutta impressione se ti rifiuti. " 
"Brutta impressione? - scossi la testa - Non se ne parla. Non puoi costringermi" 
"Non l'ho deciso io, ma tua madre e tuo padre, vorrebbero vederti di nuovo insieme a… lei" 
Sbuffai alzando gli occhi al cielo. Per fortuna le porte dell'ascensore si aprirono segnando, finalmente, l'arrivo a pian terreno. Non avevo proprio voglia di aprire l'argomento 'Sara Hicks', non ora che avevo ben altro a cui pensare. Percorsi il corridoio ed andai a sedermi al tavolo più vicino alla porta della cucina e più lontano dalle finestre. Prima di mordere il primo cornetto con la marmellata, notai Virginia dall'altra parte della sala e, lasciando Ian seduto, mi alzai e m'incamminai verso di lei.
"Ciao Virginia."
Quando la salutai il suo sguardo sembrava perso, a mio parere, non sembrava più tanto agitata come il giorno in cui ci siamo scontrati. I suoi occhi però erano lucidi, brillavano come quelli di nessun'altra. 
Era in momenti come questi che veniva fuori il mio lato più dolce e sensibile.
Rimase in silenzio per un po' mentre sorseggiava il suo latte.
"Credo che tu sappia chi sono io" dissi sedendomi accanto a lei. 
"Credo che tu abbia ragione" rispose accennando una piccola risata con una voce talmente dolce che sembrava diversa da quella dell'altro giorno. 
"Volevo scusarmi di nuovo per lo scontro.."
"In realtà devo chiederti io scusa, stavo tornando dal lavoro, ero piuttosto distratta"
"Tu lavori?"
"Si" 
"Sei giovane per lavorare. Quanti anni hai? 18? 19?"
"Diciannove" disse annuendo.
Mi fermai un attimo a fissarla e lei fece lo stesso, finché non le squillò il cellulare.

Pov Virginia

Non potevo smetter di fissare i suoi occhi e, in preda ad un piccola agitazione che non davo a notare, neanche ebbi il tempo di chiedergli come faceva a sapere il mio nome. 
Improvvisamente il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare poi partì la canzone che avevo messo come suoneria. Mi affrettai a portare il telefono all'orecchio e risposi senza neanche controllare il numero. 
"Pronto?" 
Dall'altra parte del cellulare c'era Steve, disse che stava per arrivare davanti all'albergo poiché doveva dirmi una cosa molto importante. 
"Ci vediamo nella hall tra cinque minuti ok?" dissi sorridendo. 
Bevvi l'ultimo goccio di latte che avevo preso per colazione ma non potei ignorare Taylor che mi guardava ancora confuso; alzai il mio volto verso di lui e gli sorrisi abbastanza imbarazzata infatti le mie guance divennero piuttosto rosse.
"Scusa ma devo andare. Mi ha fatto piacere rincontrarti, ci vediamo in giro, ok?" detto ciò mi alzai dalla sedia, presi la borsa, la misi sulla spalla destra e quando fui quasi fuori dalla sala, mi voltai verso l'interno e salutai il ragazzo con la mano notando che stava tornando al suo tavolo. 
Era stato davvero gentile con me e potevo ricordare quando ero più piccola, lo amavo così tanto che avevo sognato una vita con lui ma poi, tutte le persone che mi circondavano dicevano che ciò che stavo desiderando era solo un sogno irrealizzabile e sinceramente se fosse stato davvero interessato a me, ora che lo avevo conosciuto, avrebbe dovuto chiedermi di uscire; a questo punto decisi di lasciar perdere. 
"Bellissima" qualcuno pronunciò questa parola proprio dietro di me: era Steve.
"Buongiorno" dissi dopo che gli ebbi dato un bacio sulla guancia. 
"Hai già fatto colazione o vieni a prendere qualcosa con me da Starbucks?" 
Misi entrambe le mani in tasca e sorrisi annuendo. 
"In realtà sì, ho appena preso un latte macchiato ed un cornetto con la marmellata - dissi come se fossi fiera di me - quindi.. per questa volta passo."
"Ok - disse sorridendo - sarà per un'altra volta." 
Rimanemmo in silenzio per un po'. 
"Allora… cos'è che volevi dirti d'importante?" 
Spostai tutto il peso del corpo sulla gamba destra ed incrociai le braccia sotto il seno aspettando una sua risposta. Dopo qualche secondo trovai le mie labbra unite con le sue, morbide anche se sapevano di menta. Chiusi gli occhi e lasciai cadere le braccia lungo i fianchi mentre la sua mano fredda passava sul mio collo. Per un attimo sentii il mio corpo rilassarsi ma subito dopo, la mia schiena fu percorsa da piccoli brividi. 
Riaprimmo entrambi gli occhi nell'arco di un secondo; non ebbi il coraggio di parlare così mi limitai a sorridere.
"Che ne dici?"
"Cosa?" sussurrai confusa.
"Io e te? Una coppia" disse tenendo entrambe le sue mani sul mio collo e, in attesa di una mia risposta, le portò all'altezza dei miei fianchi e li strinse dolcemente guardandomi negli occhi. 
Tutto quello che avevo sempre desiderato si stava avverando e non potevo tirarmi indietro. Ero davvero interessata a Steve, anche se eravamo usciti solo la sera precedente, era stata gentilissimo con me, mi aveva fatta sentire accettata e a casa ma soprattutto al sicuro. 
"Possiamo provare."
Si allontanò appena da me per guardarmi meglio negli occhi poi rispose.
"Lo so, ci conosciamo da un giorno, ma vale la pena tentare - si avvicinò di nuovo mettendo una sua mano dietro la mia schiena - non posso perdere questa occasione." 
Mi passai una mano tra i capelli e sorrisi per ciò che aveva detto. 
Calò di nuovo il silenzio tra noi.
"Oggi non devo lavorare quindi, andiamo a pranzo insieme?" 
"Certo." 
Mi guardò per un po', mi baciò la guancia poi prese la mia mano e, stringendola forte, mi trascinò fuori dall'albergo. 

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Capitolo 3
*** Dilemma. ***


Pov Taylor

Entrai in macchina dopo una stancante giornata di riprese e controllai l'orologio, non era molto tardi ma il sole era già calato. 
Poggiai la testa sul sedile e chiusi gli occhi mentre mi avviavo all'hotel in cui alloggiavo con il mio manager.
Un fastidio suono di clacson mi fece svegliare, aprii gli occhi ed Ian era davanti a me, con la sua solita agenda tra le mani ed il suo cellulare ben fissato all'orecchio con una specie di cerchietto. 
Sbuffai e guardai di nuovo l'orario, era passata un'ora, di solito ci mettevamo massimo mezz'ora per arrivare a destinazione, evidentemente c'era molto traffico, cosa che a Los Angeles non capitava mai. D'un tratto mi trovai fuori dall'auto e davanti a me vidi due carri funebri e un'ambulanza. A passo lento mi avvicinai e vidi due corpi senza vita, erano Sara Hicks e Virginia. In quel momento entrai nel panico, non sapevo a chi dire addio per prima così, fui travolto da un camion.
Mi svegliai di soprassalto.
"Taylor? Taylor? Siamo arrivati, è ora che tu ti svegli." 
Mi guardai intorno e sospirai passandomi una mano tra i capelli. Era stato solo un sogno, un bruttissimo sogno che avrei dovuto dimenticare e, soprattutto, non avrei dovuto raccontarlo a nessuno. 
"Si? Si, tutto ok." risposi un po' confuso.
"Ok" scese dalla limousine poi scesi anche io, misi gli occhiali da sole per coprire gli occhi ancora assonnati che avevo poi mi avviai verso l'hotel. 
"Domani hai il giorno libero, ti conviene riposare" 
"Si, Ian, lo so. Ci vediamo alle 20.30 giù in salone per la cena, ok? Io vado a farmi un bagno caldo." 
Stanco entrai nell'ascensore e premetti il pulsante per il mio piano.
Aprendo la porta, a mia grande sorpresa, trovai Kristen Stewart e Robert Pattinson. Felice di averli lì corsi verso di loro e li abbracciai amichevolmente, dopotutto non ci vedevamo da quattro mesi poiché loro erano impegnati con altri film. 
"Sorpresa!" gridarono con un gran sorriso.
"Che ci fate qui? E piuttosto, come avete fatto ad entrare in camera mia?" chiesi curioso.
"Siamo qui perché dobbiamo dirti una cosa" affermò Kristen bella come sempre. 
"Interessante - dissi iniziando a camminare per la stanza poi abbassai lo sguardo sulla pancia della ragazza credendo che fosse incinta ma non notai alcuna curva. - sei incinta" azzardai. 
Robert scoppiò a ridere e Kristen gli diede un piccolo pugno sulla spalla e si morse il labbro poi si voltò, prese qualcosa dalla sua borsa che era poggiata sul mio letto e mi porse un foglio. Lo rigirai tra le mani, guardai i due ragazzi e finalmente decisi di aprirlo. 
"Aaaaaaah, non ci posso credere, congratulazioni. - stavano per sposarsi, il loro matrimonio era fissato per il 25 marzo 2013 - ci sarò, ovvio che ci sarò." 
Ero tremendamente felice per loro, ormai erano anni che stavano insieme… mi chiedevo solo quando, anche io, avrei trovato l'anima gemella, quella donna che avrei sposato. Sospirai. 
"Puoi portare Sara Hicks - affermò Robert mettendo una mano intorno alla vita della sua futura moglie poi notò il mio sguardo serio e quasi capì che qualcosa non andava - se vuoi… ovviamente."
"In realtà l'ho lasciata."
"Era ora." 
"Robert" disse Kristen con tono di rimprovero. 
Sorrisi ed abbassai lo sguardo annuendo mentre sistemavo il biglietto d'invito nell'apposita busta.
"Robert voleva dire che ci dispiace!" 
"No, non intendev…" fu costretto ad interrompere la sua frase poiché Kristen gli diede un'altro pugno sulla spalla; comunque avevo capito ciò che intendeva Robert. Ridacchiai a passai una mano sulla mia bocca.
"Succede."
"Succede… - disse Kristen guardandomi incuriosita, lei era l'unica che riusciva a capirmi, per me era come una sorella, era la mia migliore amica e questo il suo futuro marito lo sapevo perciò non aveva mai creato problemi tra noi, ed io non avrei mai permesso che loro due si lasciassero, il loro destino era stare insieme, e così sarebbe stato. - c'è di mezzo un'altra ragazza, non è vero?" 
Robert si sedette; lui era un tipo che non parlava molto, lasciava fare tutto alla ragazza e, onestamente, quella donna dagli occhi verdi era davvero saggia, molto più matura della sua età e l'ammiravo moltissimo. 
Scossi la testa ma Kris piegò il collo di lato e mi guardò dritto negli occhi, lei capiva quando qualcuno mentiva. 
"Come si chiama?" domandò sospirando. 
"Kristen, ha appena detto che non c'è nessuna ragazza!" affermò Robert. 
"E tu gli credi veramente. Taylor - si avvicinò a me e prese la mia mano - siamo tuoi amici, sai che puoi dirci tutto, non ti giudicheremo."  
"Tu non lo giudicherai." 
Mi voltai verso Robert e lo guardai quasi con aria schifata ma, come sempre, scherzavo visto che anche lui era un vero giocherellone. 
"Scherzo" alzò le mani in aria e si stese sul letto.
"Virginia." 
"Virginia? Che bel nome" disse Kristen.
"Come la persona che lo porta!" risposi.
Ci fu un attimo di silenzio e ciò era molto strano. Infine ne capii il motivo.
"Oh mio dio, tieni la sua foto sulla scrivania - la ragazza si avvicinò alla foto in cui eravamo ritratti io e Virginia e sorrise - cavolo, è bella e… avevo sentito questa notizia ma suppongo sia falsa."
"Esatto, cioè non ho lasciato Sara per lei, ci siamo incontrati soltanto due volte"
"Beh, da buona amica ti consiglio di andare in fondo a questa situazione, dovresti conoscerla meglio. - fece una piccola pausa - Mai fidarsi di una bella ragazza se nasconde un orribile segreto."
"E' la sua frase preferita da quando vede quel telefilm… com'è che si chiama?" ribadì Robert steso sul letto che si girava i pollici.
"Pretty Little Liars." disse Kris con voce piuttosto scocciata ma si vedeva che aveva un'aria divertita.
"E' diventata insopportabile questa donna - disse ironicamente - ultimamente è sempre concentrata a capire chi sia A."
"A?" chiesi confuso.
Kristen sbuffò, prese una penna e gliela tirò prendendo proprio il mento. Ridacchiai insieme alla ragazza poi Robert si alzò a sedere, prese il cuscino e lo tirò verso la nostra direzione.
"Era proprio necessario? - dissi piegandomi di lato per schivare il colpo. - voi siete pazzi e… questa pazzia mi è mancata" raccolsi il cuscino e lo andai a mettere al proprio posto. "Comunque, te lo ripeto… due giorni sono pochi per capire una ragazza… per conoscerla… - ridacchiò - cavolo, neanche Rob si è innamorato di me in così poco tempo."
Il ragazzo che era ancora seduto sul letto si alzò e finse un piccolo colpo di tosse.
Ridacchiai abbassando la testa per poi rialzarla quando sentii Robert avvicinarsi a noi.
"Kristen, forse dovremmo andare, domani mattina dobbiamo tornare sul set, sarà una giornata impegnativa." 
"Hai ragione - disse alquanto entusiasta poi si voltò verso di me - buona cena Taylor"
Le diedi un bacio sulla guancia.
"A presto amico" disse Robert poi lo salutai dandogli una pacca sulla spalla e, prima che potessero uscire dalla stanza, dissi un'ultima cosa.
"Mi ha fatto piacere rivedervi, a presto."
"Mi raccomando con Virginia, falle sentire la presenza e quando vi siete messi insieme chiamateci." disse Robert facendomi l'occhiolino e, nello stesso momento Kristen alzò gli occhi al cielo ridacchiando. 
La loro visita mi aveva fatto bene ma mi ricordai che dovevo fare un bagno caldo prima di scendere a cena, così andai a preparare la vasca. 

Pov Virginia

Proseguivo per la mia strada, le cuffie alle orecchie e lo sguardo ben alto, come sempre. 
"Virginia?"
Una voce femminile mi fermò proprio mentre stavo entrando dentro la scuola dove lavoravo, mi voltai. 
"Spencer! Ciao. - mi affrettai ad abbracciarla, lei era proprio qui - cosa ci fai qui?" chiesi sorpresa.
"Lavoro qui, come nuova insegnante di ballo" disse facendomi vedere il contratto.
Spencer Hastings era mia cugina di secondo grado, lei era la figlia del cugino di mio padre e si erano trasferiti negli Stati Uniti pochi anni prima che lei nascesse però non credevo abitassero a Los Angeles, tutte le volte che erano venuti a farci visita in Italia dicevano di abitare in città diverse.
"Dio mio, quanto tempo… sarà un anno… Ma tu e la tua famiglia non dovevate stare a Philadelphia?" 
"Sì - annuì facendo una piccola pausa - ma appena i miei hanno saputo che tu eri qui, sono impazziti, abbiamo fatto le valigie e volevano persino mettere un annuncio per cercarti… non avendo il tuo recapito telefonico…" 
Ridacchiai alle sue parole e ci incamminammo entrambe nell'aula professori.
"Allora, questo è il tuo primo giorno, Spencer?" 
"Primissimo."
"Come hai fatto a trovarmi?"
"Non è stato difficile - mise la mano dentro alla sua borsa e tirò fuori un articolo di giornale, era quello in cui eravamo ritratti io e Taylor - questa notizia vola per tutta Los Angeles da giorni ormai" affermò mordendosi il labbro e mi sorrise complice.
Forse avevo capito cosa pensava, non ci vedevamo né sentivamo spesso ma ogni volta che veniva a trovarmi a Roma, capiva sempre ogni mio specie di problema e mi aiutava, anche se per poco. 
Cercai di non afferrare quell'argomento visto che lei ci avrebbe di sicuro messo lo zampino e mi avrebbe fatto una grandissima ramanzina sul perché non mi ero ancora portata a letto Taylor. La verità è che lui non avrebbe mai perso tempo con una come me. Scossi la testa per scacciare questi pensieri e tornai alla realtà anzi, quella era la mia realtà, lo era sempre stata, sin da quando ero piccola, nessun ragazzo si era mai interessato a me come aveva fatto, per mia fortuna, Steve. 
"Mi sei mancata" presi una tazza di caffè ed iniziai a sorseggiarlo.
"Non vuoi parlare dell'argomento "Taylor Lautner" vero?" mise il nome di lui tra virgolette segnandole con le dita.
"Bingo!" 
"Se ti ha fatto qualcosa…" 
"No - la fermai appena in tempo prima che disse qualcosa di cattivo - ti ho detto che non ne voglio parlare." 
Ci furono un paio di minuti di silenzio tra di noi poiché entrambe stavamo controllando l'orario di lavoro. 
"Porca miseria, il mio corso inizia tra cinque minuti."
Le sue espressioni erano sempre buffe. La guardai sorridendo mentre addentava un grande cornetto alla cioccolata, era magrissima anche se mangiava tantissimo.
"Buona fortuna con i maschi di questa scuola - mi avvicinai a lei - il primo giorno di lavoro uno ci ha provato con me - sussurrai guardandomi intorno - per fortuna sono furba e l'ho capito quindi l'ho rispedito in classe" conclusi con espressione fiera di me.
Spencer ridacchiò, sistemò la sua borsa sulla spalla destra e si aggiustò una ciocca di capelli. 
"Me la caverò" disse facendomi l'occhiolino poi uscì dalla sala.
"Buongiorno" il solito saluto e la solita voce di Hanna Marin, la co-insegnante di canto. 
"Buongiorno a te." 
"C'è una nuova insegnante nella scuola?" chiese guardandosi dietro mentre si avviava alla macchinetta del caffè.
Mi sedetti ed annuii.
"Esatto, insegna ballo ed è mia cugina." 
Hanna era la tipa che giudicava senza conoscere le persone quindi la informai della parentela prima che disse qualcosa di brutto su di lei.
"Oh, posso solo immaginare come sarà la tua vita qui" disse sedendosi davanti a me ed iniziò a sorseggiare il suo solito cappuccino.
"Perchè?" chiesi confusa.
"Insomma siete entrambe belle ragazze, single e Los Angeles è piena di ragazzi che amano farsi due cugine o due sorelle contemporaneamente per poi vederle litigare" 
Quelle sue parole mi fecero confondere anche se sapevo benissimo che io e mia cugina non ci saremmo mai litigate un ragazzo. Rimasi seduta davanti a lei finché non tornò a parlare.
"Scusa ma a me e mia cugina è successo così - si avvicinò a me e abbassò la voce quando iniziò a raccontare la sua storia - io e mia cugina lavoravamo qui, abbiamo frequentato lo stesso ragazzo per mesi senza che nessuna delle sue sapesse niente…" 
"Ok, basta così" dissi mettendo una mano davanti alla mia faccia poi mi alzai di scatto.
"Cercavo solo di esser sincera." 
Scossi la testa, sbuffai e mi incamminai in infermeria.
Mi sedetti sulla sedia dietro la scrivania e, in attesa che qualcuno si presentasse iniziai a messaggiare con Steve. Mi sarebbe venuto a prendere non appena avrei finito il mio turno.
Passarono due ore e, improvvisamente si presentarono due ragazze, una sembrava stare bene mentre l'altra aveva una mano sulla fronte.
"Miss Hastings, Alice ha battuto la testa."
Mi alzai e mi avvicinai alle ragazze.
"Fammi vedere - osservai il piccolo livido che si era procurata la ragazza e corsi a prendere una sacca di ghiaccio poi gliela misi sulla fronte. - Com'è successo? Eri al corso di ballo?" 
"No, stavamo facendo le selezioni per le cheerleader" rispose Alice. 
Sospirai e sorrisi.
"Tranquilla, tieni il ghiaccio lì poi vedrai che ti passa."
"Virginia! - Spencer si presentò in infermeria aprendo la porta di botto ma appena si accorse della presenza di due ragazze si calmò visto che sembrava agitata - oh, buongiorno." 
"S..Spencer, tutto ok?" guardai le ragazze e feci cenno che potevano andare così, quando chiusero la porta, mi cugina si avvicinò a me.
"Dio mio, sono un disastro quei ragazzi, abbiamo fatto solo riscaldamento ed ho insegnato loro soltanto due passi - sbuffò e si sedette sulla poltrona - sono esausta" infine mise entrambe le mani sulla sua fronte.
Passammo un'ora e a parlare senza che nessuno ci interruppe e, appena mi accorsi che il mio turno era finito mi sfregai le mani e sorrisi.
"Steve sta venendo a prendermi" 
"Steve?" 
"Si, stiamo uscendo"
"E Taylor?"
"A Taylor non interesso e poi mi trovo bene con Steve, è così dolce." 
"Beata, io devo rimanere fino alle 16, colloqui preside-insegnanti" 
Il cellulare che era sulla scrivania vibrò e capii che il mio ragazzo mi stava aspettando proprio fuori la scuola. Mi tolsi il camice, presi la borsa ed insieme a Spencer uscimmo dall'infermeria.
"Divertiti infermierina… e curalo bene" mi fece l'occhiolino e sorrisi.
Quando notai in lontananza Steve con le braccia al petto che mi aspettava sorridente, allungai il passo e mi precipitai tra le sue braccia e mi baciò sulle labbra. 
"Pronta per un ricco pranzo?"
"Certo."
"Com'è andata al lavoro oggi?"
"Tutto regolare" sospirai poi presi la sua mano e, mentre ci incamminammo fummo interrotti da una ragazza.
"Steve?" 
Ci girammo e rimasi sorpresa, era Alice la ragazza che avevo curato la mattina stessa.
"Alice?" 
Lui sembrava conoscerla… forse era sua cugina o una parente. Guardai entrambi piuttosto confusa soprattutto quando lei corse ad abbracciarlo e lui la scansò un po' imbarazzato.
"Voi, vi conoscete?"
"Certo, io e Steve siamo stati insieme due anni" rispose la ragazza ma non sembrava turbata, probabilmente ora erano solo buoni amici. 
"Quasi due anni" corresse il ragazzo accanto a me. 
"Mi sei mancato!" 
Mi voltai verso Alice poi verso Steve con aria stufa, mi stavo innervosendo e quella ragazza era stata sfacciata a dir quelle parole. Feci qualche passo indietro. 
"Voi parlate tranquillamente io - feci altri passi indietro verso la macchina di Steve - io ti aspetto in macchina." 
Non cercò neanche di fermarmi, si limitò ad annuire e si fermò a parlare con quella ragazza per circa cinque minuti. 
"Virginia"
"L'hai ritrovata!" 
"Chi? Alice?" ridacchiò.
"Aham…" 
"Mi fa piacere che tu sia gelosa ma tra me e lei non c'è assolutamente niente - fece una pausa - non più."
Tipico commento di ogni ragazzo sulla sua ex. A giudicare da come se n'era andata lei però, lui doveva averle detto la verità cioè quello che provava per me.
"Metti in moto" dissi seria. 
Steve sospirò, prese la mia mano, si avvicinò al mio viso e mi baciò dolcemente le labbra. 
"Ti porto a casa dopo cena, ok?"
"Ok" sorrisi tra le sue labbra poi mi rilassai.

Pov Taylor

"Mister Lautner, è mezzanotte e lei deve andare a dormire."
"Non sono un bambino, Ian."
"Almeno vai in camera, cosa ci fai seduto qui, sul divano della hall?" 
"Sto pensando se presentarmi alla camera di Virginia."
"Starà dormendo."
"Probabilmente… " non potei finire la frase poiché vidi la ragazza rientrare con la mano sulla borsetta ed il sorriso sulle labbra.
Mi alzai di scatto facendo capire al mio manager che avevo preso la mia decisione. Prima di arrivare da Virginia mi voltai verso Ian.
"Puoi andare in stanza."
"Sicuro?"
"Sì."
Arrivai giusto in tempo davanti all'ascensore insieme a Virginia. 
"Buonasera." 
La ragazza si voltò verso di me e mi sorrise.
"Oh, hem.. ciao." 
Incrociai le dita dietro la schiena e, nello stesso momento l'ascensore arrivò a pian terreno. Entrammo insieme e poggiai la mia schiena allo specchio.
"A che piano vai?" mi chiese. In realtà non sapevo cosa dire, neanche cosa fare eppure ero un attore, dovevo avere sempre la battuta pronta ma con lei, con lei era difficilissimo ora che, da quanto mi aveva detto Ian, si era fidanzata con quel paparazzo. 
"Tranquilla, ti accompagno in camera."
"Ah si? E perchè?" 
"Volevo avere del tempo per parlare con te."
Sembrava così calma in mia presenza ma io proprio non ci riuscivo così mi ricordai delle parole di Kristen, dovevo cogliere l'attimo. 'CARPE DIEM' ripetevo nella mia testa e mentre pensavo a ciò, tra noi calò il silenzio, tanto silenzio che arrivammo subito al suo piano. 
Feci uscire prima lei poi la seguii.
"Fammi strada tu, io non so proprio dove andare, non so niente di te."
"Io invece di te so tanto, cioè… Dio mio…" abbassò la testa e arrossì appena, forse la stavo mettendo a disagio.
"Sono un attore, è normale che tu sappia molto di me" dissi ridacchiando cercando di metterla a suo agio.
"Giusto. - Ci fu un altro po' di silenzio poi, per fortuna, continuò riprese lei a parlare - Beh, devi sapere che sono del cancro, ho 19 anni e sono di origini italiane e inglesi." 
"Italia… amo l'Italia… soprattutto Roma."
"Vivevo a Roma fino ad una settimana fà." 
Arrivammo davanti la sua camera, prese la chiave dalla borsa e la infilò nella serratura. 
"Ci sono stato per delle première, non ho potuto vedere molto… deve essere stupendo viverci." 
"Ti sbagli, è una città orribile… non per i monumenti, per le persone, sono così maleducate e scontrose."
"Ah si? E come trovi le persone statunitensi?" chiesi poggiandomi al muro mentre lei apriva di più la porta per poi mettere un piede dentro la piccola camera.
"Perfette" disse sussurrando e voltandosi a guardare i miei occhi.
Tornai con la schiena dritta, lentamente avvicinai il mio volto al suo ma lei non si mosse. Sapevo che non era giusto, lei era fidanzata ma sperai che non rifiutasse un mio piccolo bacio. Guardai le sue labbra immobili, sempre più vicine alle mie e, quando si sfiorarono appena Virginia mi diede una piccola spinta. 
"Mi dispiace… sono stanchissima… buonanotte Taylor" disse tutto così velocemente che non ebbi il tempo di capire che mi aveva rifiutato. Quando chiuse la porta rimasi per qualche minuto li davanti. Dovevo aspettarmi una reazione del genere. 
M'incamminai a piedi fino al piano in cui si trovava la mia camera.

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Capitolo 4
*** Too early. ***


Pov Virginia

Mentre raccoglievo i miei capelli in una coda alta e lunga, la sveglia suonò alle 6 ma io ero in piedi già da molto tempo poiché non ero riuscita a dormire. 
Prima di uscire per fare una corsa, mandai un messaggio a mia cugina Spencer, probabilmente stava ancora dormendo visto che l'orario delle sue lezioni iniziavano un'ora prima di pranzo. Avevo bisogno di sfogarmi, e lei era l'unica che mi capiva anche perchè ancora non avevo avuto l'occasione di fare conoscenza con altre persone.
Iniziai a correre lungo la strada che portava al parco e, dopo aver fatto qualche flessione per scaricare tutta la tensione, sentii una voce abbastanza affannata dietro di me. 
"Virginia, che succede?" disse quasi allarmata. Forse il messaggio era stato troppo esagerato, le avevo scritto di sbrigarsi perchè dovevo dirle una cosa urgentissima. 
Sospirai poi confessai.
"Taylor, ieri sera... ha provato a baciarmi…" 
"Cosa? E tu? … Insomma… tu hai ricambiato, giusto?" 
"No! Ovvio che no." alzai appena la voce.
"No? E perchè?" chiese confusa e quasi delusa da ciò che avevo fatto… o meglio, ciò che non avevo fatto.
"Spencer, sono fidanzata con Steve." 
Ci fu un attimo di silenzio mentre ci avviavamo al centro del parco per poi sederci sull'erba.
"A dir la verità, Steve non l'ho mai visto ma da come ne parli tu deve essere un ragazzo per bene" disse incrociando le gambe.
Non sapevo cosa rispondere. Steve era un bravo ragazzo, stavamo insieme da pochissimi giorni e non potevo avere dubbi su di lui dopo così poco tempo. 
"Taylor si è accorto di me troppo tardi" sospirai. 
"Almeno si è accorto di te… - mi guardò - Andiamo… sei arrivata una settimana fa e già tutti i ragazzi di questo quartiere ti sbavano dietro."
Ridacchiai e scossi il capo abbassando lo sguardo sulle mie mani che avevano iniziato a sudare per l'agitazione.
"Non esagerare."
"Nove giorni a Los Angeles e sei fidanzata da…?" 
"Tre giorni."
"Tre giorni?" ripeté Spencer.
La ragazza rimasi sorpresa, la sua faccia era alquanto perplessa così abbassai la testa verso la sua e un po' intimorita da ciò che avrebbe risposto, le feci una domanda.
"Sono pochi?" 
"Ragazza, spero tu stia scherzando."
"No" sussurrai portando le ginocchia al petto per poi contornarle con le mie braccia. 
Iniziai a guardarmi intorno finché, in lontananza, vidi Alice, l'ex fidanzata di Steve che passeggiava con il suo cane. 
"Spence - la feci voltare verso la ragazza ed annuì - quella studia alla scuola dove lavoriamo noi."
"Si, mi sembra di averla già vista… in infermeria… proprio ieri mattina, no?"
"Esatto. Lei è l'ex fidanzata di Steve" dissi quasi sussurrando.
"Hai un motivo in più per fartela con Taylor Lautner… - disse ammiccando per poi sorridermi mentre io la guardavo con aria di sfida, ciò che aveva detto era senza senso - Senti, ricordo che lui era il tuo idolo, almeno tre anni fa… dicevi sempre che un giorno sarebbe stato tuo ed ora? Cos'è successo alla Virginia pazza per i suoi idoli? Quella Virginia che avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro? Per incontrarli." 
Sospirai e alzai gli occhi al cielo.
"Quella Virginia è cresciuta, è cambiata e anche i suoi gusti sono mutati." dissi lasciando cadere una lacrima. 
Quei ricordi tornarono nella mia mente, ricordavo tutto perfettamente eppure qualcosa in me era cambiato. 
"Alzati, avanti" mi porse la mano e, con il suo aiuto mi rimisi in piedi e tolsi dai pantaloni tutta l'erba che si era attaccata. 
"Grazie."
Sorrisi e l'abbracciai. 
"Questa sera sei libera?" mi chiese.
"Liberissima."
"Non hai da fare con Steve?" 
"La mia famiglia viene prima." 
"Questa sera mamma e papà non ci saranno, abbiamo la casa a nostra disposizione."
"Serata tra cugine."
"Passo a prenderti alle 19.00?"
"Mi farò trovare pronta per quell'ora" le feci l'occhiolino mentre continuavamo la nostra passeggiata.
"Portati un pigiama, strada facendo affitteremo un film e compreremo delle patatine."
"Film horror." 
"Ovvio - sussurrò - Sai che ti dico? Corro a casa a farmi una doccia e poi vado a scuola ma.. il tuo turno non inizia tra poco?" mi chiese controllando l'orario sul suo cellulare. 
Guardai l'orologio sul mio polso e sbarrai gli occhi poiché era tardi.
"Cavolo! - iniziai a fare qualche passo indietro dopo aver dato un bacio sulla guancia a mia cugina - Ci vediamo dopo Spence, a.. a lavoro intendo" detto ciò mi incamminai a passo veloce verso l'albergo.
Dopo aver corso, ero stanchissima ed il tempo sembrava correre, avrei fatto comunque tardi a scuola. 
Il cellulare che avevo in tasca vibrò, erano i soliti due squilli che faceva mia madre, almeno una volta al giorno, per farmi capire che avrei dovuto richiamarla.
Dopo aver parlato al cellulare per tutto il tragitto, lo rimisi frettolosamente in tasca e, passando per la hall sperai che Taylor non mi avesse vista ma, purtroppo, quando entrai nell'ascensore anche lui s'infilò. 
"Scusa per ieri sera… per aver provato a… baciarti" disse fermando l'ascensore premendo un semplice pulsante.
"Passi la tua vita a scusarti? - chiesi seriamente guardando dalla direzione opposta in cui guardava il ragazzo davanti a me. - Accetto le tue scuse. - dissi freddamente - Ora puoi, per favore, far ripartire l'ascensore?" chiesi infine.
"Voglio soltanto dirti che…." 
"No Taylor, non voglio sentire altro"
"Da quanto ti ho vista, ti ho sempre pensata… sempre."
Wow. 
Quel ragazzo non finiva mai di stupirmi, il coraggio di sicuro non gli mancava per aver fatto a me, una confessione del genere. 
Scossi la testa e cercai di non farmi distrarre dai suoi occhi che mi fissavano speranzosi. Non poteva farmi questo, sapeva che ero fidanzata e non avevo alcuna intenzione di tradire Steve e, il gesto della sera passata, era stato piuttosto egoista da parte sua. 
Rimasi un po' in silenzio poi pigiai il bottone e l'ascensore ripartì.
"Mi dispiace" non riuscii a dire nient'altro che queste due parole.
Mi guardò con aria confusa anche se sperai avesse capito ciò che intendevo. 
"Ciao Taylor."  
Evidentemente lo lasciai senza parole visto che non provò neanche a fermarmi mentre uscivo dall'ascensore poiché ero arrivata al mio piano. 

Pov Taylor

Poggiai la testa sulla parete sinistra dell'ascensore e sospirai alzando gli occhi al cielo. 
Non mi aveva neanche lasciato spiegare ciò che provavo per lei. 
Tornai a pian terreno e vidi Ian venire verso di me mentre mi accostavo al bar per prendere qualcosa da bere. 
"Dov'eri?" 
"Sono salito in camera."
"La limousine è qui fuori che ci aspetta."
"Lo so, ti raggiungo subito."
Presi il bicchiere pieno d'acqua che il barista aveva poggiato sul tavolo ed iniziai a sorseggiare.
"Stai aspettando qualcuno?" chiese il manager curioso.
"No.. no."
"Mh, ok." 
Si voltò di spalle e allungò il passo verso l'uscita dell'albergo. 
Mi guardai intorno e sapevo che avrei dovuto lasciare a Virginia un po' di spazio, non avrei dovuto incontrare il suo viso un'altra volta così mi affrettai ad uscire. 
"La roulotte ti porterà fuori Los Angeles per girare la scena del lago."
"Perfetto" risposi dopo esser entrato nella grande auto.
Arrivammo in poco tempo accanto agli studi di riprese, fuori ad essi sostava un piccolo camper, lo guardai bene da fuori, mi avvicinai ad esso e notai che la porta era aperta.
Quando entrai trovai, a mia sorpresa, Sara Hicks seduta sul divano all'entrata.
La guardai curioso. 
Non sapevo chi l'avesse fatta entrata e non sapevo neanche perchè fosse qui.
"S..Sara!" pronunciai il suo nome per salutarla.
"Taylor - si avvicinò a me e mi accarezzò la guancia - sei sorpreso di vedermi qui?" 
Ecco fatto, una ex impazzita si era appena intrufolata nel luogo in cui mi sarei dovuto cambiare gli abiti, non sembrava triste ma piuttosto convinta, forse anche troppo. 
Il suo modo di toccarmi era strano, come se volesse qualcosa da me.
"In realtà sì. Credevo fossi arrabbiata con me." 
"No, arrabbiata io? Con te?" ridacchiò.
Non sapevo più cosa dire, incrociai le braccia al petto lasciandola parlare.
"Sarò diretta. Voglio tornare con te." 
No. 
Non potevo tornare con lei, avevo un'altra ragazza per la testa ma in che modo avrei potuto dirglielo senza farla soffrire? 
Non che mi importasse ma non ero il solito ragazzo stronzo. 
Mi morsi il labbro e scossi la testa.
"Sara, sono confuso in questo periodo." 
"C'è un'altra ragazza! Perfetto." 
"No… non è così." 
Piegò la testa di lato quando abbassai lo sguardo. 
"E' così. A differenza tua… io ti conosco molto bene e capisco quando menti. - sbuffò e si scostò una ciocca di capelli dal viso - Tranquillo, se continuerai a mentire, quella ragazza… Virginia vero? Non vorrà stare con te a lungo." 
"Noi non… aspetta, mi stavi spiando?" 
"No Taylor, i paparazzi parlano, soprattutto un certo… Steve Travor." 
Si risedette sul divano. 
Il nome di quel paparazzo non mi era nuovo. 
Ah.. ma certo, era il ragazzo di Virginia.
"Credevo avesse smesso di fare quello sporco lavoro." 
"E perchè mai? Le sue notizie sono così… shock!" 
"Lo conosci?"
"Ne ho sentito parlare." 
Il destino aveva voluto che, dopo il quasi bacio dato a Virginia, si sarebbe ripresentata la mia ex fidanzata, magari per distrarmi. 
Questa cosa mi puzzava un po' ma non tutte le mie teorie erano giuste.
"Ora puoi andare" dissi freddamente.
"Come vuoi - prese un foglio dalla borsa e una penna e scrisse qualcosa che poi mi porse - questo è il mio numero. La mia offerta è sempre valida. Ti amo e ti amerò per sempre."
Accettai il suo numero e la guardai senza dire niente mentre usciva dalla mia roulotte.
Dopo poco entrò Ian. 
"Wow. Sara Hicks si ripresenta. Fuori c'erano dei paparazzi, chissà se hanno fotografato la ragazza mentre usciva da qui."
Poggiò la sua mano sulla mia spalla poi sospirai.
"Ti racconto quando saremo più soli" dissi guardandomi intorno scendendo le poche scale. 
"Meglio." 
Tornai in hotel dopo una giornata di riprese fuori dalla grande città di Los Angeles, Ian era tornato a casa dai suoi bambini poiché gli avevo ripetuto mille volte che potevo benissimo cavarmela da solo.
Qualcuno mi prese per il colletto della camicia.
"Dov'è Virginia?" 
Mi trovai davanti Steve ma, per fortuna, non c'era nessuno nei paraggi che potesse vederci. 
"E' la tua fidanzata, lo dovresti sapere." 
"Ecco, hai detto bene, è la MIA ragazza quindi stalle alla larga, ok?" 
"Tranquillo, siamo solo amici."
"Per lei sì, ma forse a te non ti è chiaro il concetto di amicizia."
"Fai il ragazzo geloso?" 
"No, faccio il ragazzo protettivo - disse con voce dura. - e il gesto di ieri sera, è stato poco carino nei suoi confronti." 
A quel punto decisi di tacere, non aveva tutto i torti, probabilmente ci aveva visti.
Mi lasciò andare e fece qualche passo indietro.
"Virginia non si merita un bugiardo come te" dissi a denti stretti.
"Ah si? E sentiamo - incrociò le braccia al petto - su cosa le avrei mentito?"
"Le hai detto che sei il paparazzo che ci ha fatto la foto? - entrambi rimanemmo fermi poi continuai a parlare prima di andarmene - Ah, conosci Sara Hicks? Di persona… intendo."
"Non hai speranza con Virginia, lei sta bene con me, rassegnati o verrai picchiato e fotografato nello stesso tempo."
Detto ciò se ne andò a passo piuttosto svelto.
Dopo questo scontro rientrai nella mia camera e, quando mi tolsi i jeans, dalle tasche cadde un foglio.
Lo raccolsi: era il numero di Sara. 
I soliti momenti di debolezza. 
Composi il numero e parlai con la ragazza dall'altra parte del cellulare.
Toc toc.
Dopo circa mezz'ora qualcuno bussò alla porta, ero sicuro di chi fosse.
"Che c'è?" chiese Sara.
Senza neanche parlare mi avvicinai a lei, misi una mano sulla sua schiena e avvicinandola a me iniziai a baciarla trascinandola verso il letto.
"Non ti ci è voluto molto per cambiare idea, eh!" sorrise ma io rimasi impassibile.
Volevo sapere se provavo ancora qualcosa per lei oppure era davvero finita.
Ci abbandonammo sul letto passando una notte di pura passione.

Pov Virginia 

"Cazzo, sono le 4" ridacchiai bevendo un ultimo goccio di birra.
"Basta bere, per ora."
"Voglio fare un gioco."
"Il gioco della bottiglia?" 
Mi guardai attorno, tutto sembrava girare e niente era al suo posto.
"Perchè si muovono i tuoi mobili?" 
"E' la tua testa che si muove, idiota." 
Mi sedetti a terra quasi sopra al cellulare.
"Merda!" 
"Che c'è?" 
"Steve mi ha chiamata 30 volte… ahahahahahaha" 
"E' ossessionato da te, vero?"
"E chi non lo sarebbe, persino Taylor Lautner mi sbava dietro."
Spensi il cellulare e presi un cuscino.
"Sei attratta da lui, dillo."
"Da quell'attore idiota? Cazzo, si." 
"Perchè non ci vai a letto? Non dici niente a Steve."
"E se poi rimango incinta?" 
"Nah, fagli usare il preservativo."
Lo stomaco mi si stava ribaltando, tutto mi faceva male. 
Poggiai la testa sul cuscino che avevo preso pochi secondi prima e iniziai a ridere. 
"Chiamo dei vicini… ci sono due ragazzi davvero belli." 
"Chiamali" dissi ad alta voce mentre mi sbottonavo la camicetta. 
Prima che poté alzare la cornetta per chiamarli la bloccai.
"Ferma, è tardi, staranno dormendo."
"Già, credo sia ora anche per noi."
Annuii poi, presa da una fitta allo stomaco, corsi al bagno e mi piegai sopra la tavoletta. 
Spencer corse dietro di me e mi raccolse i capelli con le mani, aiutandomi a sorreggermi sulle ginocchia.
"Tutto ok?" 
"No" sussurrai tenendomi la testa tra le mani.
"Ti porto in albergo?" 
"Ho bisogno di dormire." 
"Dai, alzati" mi porse un fazzoletto ed io mi ci pulii la bocca.
"Chi ti aiuta a mettere in ordine il salone?" 
"Faccio da sola, dopotutto io sono un po' più sobria di te."
Ridacchiai.
"Scusa." 
"Figurati."
Mi sdraiai sul letto della camera di mia cugina e dopo pochissimi istanti mi addormentai.

Misi gli occhiali da sole e scesi dalla macchina di Spencer.
"Grazie, ci vediamo dopo a lavoro." 
"Ok però ora riposati e poi fatti una doccia." 
"Si, capo." 
Avevo dormito si e no due ore a causa del mal di stomaco e mal di testa.
Non ricordavo tanto bene ciò che avevo fatto la sera prima… intendo prima di aver vomitato, era tutto così offuscato ma sapevo per certo che mi ero ubriacata.
Mia cugina, per fortuna, era sempre con me e mi aveva riaccompagnata davanti all'albergo visto che il pomeriggio dovevo andare a lavoro.
Presi il cellulare dalla tasca per controllare l'ora e trovai cinque messaggi di Steve.
Cavolo!
Misi una mano sulla testa e alzai gli occhi al cielo mentre attraversavo la hall.
"Pronto?"
"Virginia, ti ho chiamato un sacco di volte ieri sera, dov'eri?" 
"Ero da mia cugina - dissi ancora un po' assonnata - mi dispiace ma avevo lasciato il cellulare nella camera dell'hotel." 
Fece un sospiro di sollievo.
"L'importante è che tu stia bene."
"Benissimo." 
"Ti passo a prendere prima di pranzo?" 
"No, Steve, scusa. Dopo pranzo vado a lavoro poi ti faccio uno squillo quando ho fatto e ci vediamo a scuola."
"Ti accompagno io."
"No, ho detto di no" alzai appena la voce mentre premevo il tasto per chiamare l'ascensore.
"Hai litigato con qualcuno?"
"No, sono solo stanca."
"Ok, ci vediamo dopo."
"Va…" proprio quando stavo per riattaccare, l'ascensore si aprì e trovai davanti a me Taylor e una ragazza, mano nella mano. 
Potei riconoscerla benissimo: era Sara Hicks.
Rimasi immobile mentre lei gli baciava il collo e lui guardava me con aria sorpresa.

 

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Capitolo 5
*** Trick or Treat? ***


Pov Virginia

Era passato un mese esatto da quando mi ero trasferita a Los Angeles ed erano venticinque giorni che io e Steve ci eravamo fidanzati, sembrava strano ma quelle settimane erano passate abbastanza in fretta. 
"Questa sera andiamo in discoteca?" 
Ero seduta sul divano rosso della hall, accanto a me c'era il mio ragazzo e la mia testa era poggiata sulla sua spalla.
"Eh?" risposi visto che, essendo immersa nei miei pensieri, non avevo sentito bene la sua domanda.
"Virginia?"
"Si?"
"Ti ho chiesto se passavamo la sera di Halloween in discoteca. C'è una festa in maschera." 
Sospirai e scossi appena la testa.
"Veramente danno una festa a scuola. Ovviamente sono invitati tutti quelli che lavorano lì e i conoscenti quindi tu.. potresti venire." 
"Sempre in maschera?" 
"Certo."
Avvicinò le sue labbra alle mie e le baciò con dolcezza e, naturalmente, la mia mente vagava in altri posti. 
Taylor. 
Erano giorni che non lo vedevo, la sera tornava sempre verso le otto e spesso mi ritrovavo a passeggiare per la hall, probabilmente sperando di rivedere il suo volto. Ma era sbagliato ciò che facevo, soprattutto era sbagliato pensare a lui quando ero fidanzata con Steve. 
"Sarò il tuo accompagnatore" sussurrò prendendo la mia mano.
Mi limitai a sorridere poi sospirai. 
Avevo rifiutato Taylor Lautner. Solo ora mi rendevo conto di ciò che avevo fatto? 
Non c'era rimedio a questo, non potevo semplicemente tornare da lui e dirgli che mi mancava… perchè era così, era strano ma mi mancavano i nostri sguardi, i suoi tentativi di spiegarmi ciò che provava.
Stranamente non vedevo paparazzi nei dintorni e ciò mi faceva pensare che Taylor avesse lasciato l'albergo.
"Virgì?"
"Si?" mi voltai verso Steve che mi fissava perplesso.
"Com'è sei così strana oggi?" 
"E' Halloween, mi mette sempre agitazione questa festa.. ah.. considera che è il mio primo Halloween qui. In Italia non si fa dolcetto o scherzetto." 
Ridacchiò e mise una mano tra i miei capelli.
"Questa sera andremo di casa in casa travestiti, ok?"
"Certo, come no!" risposi forzando un sorriso.
Avevo un vuoto dentro di me, qualcosa che non sapevo spiegare neanche io. Mi sentivo come se una parte di me se ne fosse andata. 
Guardai l'orologio e mi accorsi che era ora di pranzo e che avevo il turno al lavoro alle 2. 
"Mi vieni a prendere questa sera alle 8?" 
"A che ora inizia la festa?" 
"Inizia alle 8." 
"Mmh.. ho un'idea migliore, perchè alle 8.30 non ti fai trovare al centro della pista.. non dirmi come sarai vestita, lo capirò da solo." 
"Mi piace come idea!" gli feci l'occhiolino.
"Ti sorprenderà il mio costume" sorrise.
Sorrisi a mia volta maliziosamente guardandolo negli occhi.
"Ci vediamo questa sera" mi alzai dal divano e mi piegai verso di lui, presi il suo volto tra le mani e feci combaciare le nostre labbra dopodiché mi avviai nel salone principale per pranzare. Dopo un pranzo durato circa dieci minuti, tornai in camera, presi la borsa e, frettolosamente scesi le scale poiché l'ascensore non si decideva ad arrivare al mio piano.
Presi il cellulare dalla tasca e composi il numero di Spencer, volevo avvertire che avrei ritardato un po'.
"Spence?" 
"Virgi? Si?" 
"Ritardo un pochino sto uscendo.. - allungai il passo e, a mia sorpresa, mi scontrai di nuovo con Taylor, nello stesso posto in cui ci eravamo visti la prima volta - oddio… sc… scusa." 
Il suo sguardo cadde sui miei occhi e il mio pollice, nervosamente, spense il cellulare.
"Devo andare. Ciao!" disse freddamente Taylor. 
Il suo modo di parlarmi era strano, come se, in qualche modo, fosse arrabbiato con me e non volesse parlarmi ma, presi un po' di coraggio e lo bloccai prendendolo dalla camicia.
"Cos'hai?"
"Cos'ho?" 
"Perchè mi hai risposto in quel modo?"
"Come dovrei risponderti? Ho solo salutato una conoscente."
Abbassai lo sguardo sulle mani che massacravo l'una con l'altra per il nervoso.
"Mi dispiace per come ti ho trattato." 
"E' passato." 
Ci guardammo per un'attimo negli occhi poi feci qualche passo indietro e, senza dire niente, me ne andai. 
Durante il cammino verso la scuola dove lavoravo, avevo parlato al telefono con mia madre, la quale aveva detto che sarebbe venuta a farmi visita per Natale mentre, di mio padre, non avevo ancora saputo niente visto che i miei genitori erano separati, ormai da anni; ma anche questa delusione era stata superata. 
Volevo liberare la mia mente da ogni pensiero su Steve o Taylor e, l'unica persona che, come sempre, poteva aiutarmi era mia cugina. 
Una sera mia cugina aveva dato un pigiama party e mi aveva presentato alcune sue amiche: Diana Morgan, Cassidy Logan-Pierce, Claire Blackwell; mentre Hanna Marin già la conoscevo visto che lavoravamo insieme e, a dir la verità, lei era la mia preferita nonostante fosse molto vanitosa. 
"Tesoro!" mi trovai davanti proprio lei, la biondina dagli occhi celesti. 
"Hanna!" l'abbracciai. 
"Viene alla festa questa sera?"
"Ovviamente." 
"Ehi, Virginia, ben arrivata" mia cugina aveva sempre un tono soave e, spesso, teneva in mano una tazza di caffè: era la sua passione.
"Spencer! - le diedi un bacio sulla guancia - Però, non è molto tardi" dissi controllando l'orologio appeso in sala docenti.
"Non volendo ho sentito che questa sera vieni alla festa in maschera… scommetto che porti Steve" disse puntando il dito verso di me.
"Mi aveva chiesto di andare con lui in un'altra discoteca…" dissi quasi lamentandomi.
"… ma non volevi mancare a questa festa scolastica, ovviamente è più figa!" aggiunse Hanna. 
Ridacchiammo tutte e tre. 
"Virginia mio figlio ha la febbre, sto correndo a scuola per prenderlo, ti dispiacerebbe iniziare ora il turno?"
La voce di Adeline era così affannata, l'avevo vista solo di sfuggita prendere la borsa e non avevo avuto il tempo di dirle di sì. 
Guardai prima Spencer poi Hanna.
"Non ditemi che il mio turno era più tardi." 
"Non chiederlo a me" disse Hanna.
Mi voltai verso mia cugina.
"Neanche a me - rispose e sospirò - comunque, da cosa ti vestirai questa sera?" 
"Avevo pensato a Giulietta" 
"E se Steve non si vestirà da Romeo?" chiese Hanna tenendo alcuni libri tra le mani. 
"Non importa." 
"Ma Giulietta non fa paura" aggiunse Spencer.
"Un po' di sangue e il gioco è fatto - feci qualche passo indietro - Corro in infermeria, a dopo." 
Tirai velocemente un bacio a tutte e due e uscii dalla sala. 

Pov Taylor

"Sei bellissima" dissi guardando il vestito che aveva indossato Sara.
"Mai quanto te" rispose guardando a sua volta, il vestito che stavo provando io.
"Romeo e Giulietta. Sei stato così romantico a scegliere questi due personaggi!" 
"Sono i miei preferiti!" risposi sistemandomi il colletto della camicia bianca.
"Né io né te lavoriamo in quella scuola, sicuro che ci fanno entrare?" 
"Ci lavora una mia amica."
"Amica?" mi chiese, forse un po' ingelosita.
"E' solo un'amica, vecchia amica."
Continuò a guardarmi incrociando le braccia al seno, di sicuro voleva altre spiegazioni.
Quello che odiavo di Sara era proprio questo, era fastidiosa e appiccicosa, non sapevo neanche io perché ero tornato con lei e me l'ero portata a letto. 
Sospirai.
"Andavamo al centro estivo insieme… quando eravamo piccoli" aggiunsi e conclusi. 
"E come si chiama?"
"Hanna…"
"Mh, ok." 
Si avvicinò a me e mi diede un bacio sulle labbra ma io mi staccai tornando davanti allo specchio. 
"Verrò da sola questa sera" disse Sara tornando nel camerino. 
Mi voltai verso di lei ed aprii la tendina mentre stava sbottonando il vestitino. 
"Cosa?"
"Voglio dire… vengo da sola, tecnicamente mi accompagna mio padre con la limousine. Ma.. hai fatto mettere i nostri nomi in lista?"
"Si, ovvio"  chiusi la tendina bianca e tornai nel mio spogliatoio.
In pochi secondi avevo, di nuovo, i miei vestiti addosso: jeans scuri e maglietta grigia con colletto a V. 
Sara mi prese la mano, la strinse e poi portò entrambi i vestiti in cassa.
"Cavolo! Ho scordato il portafoglio in macchina." 
Sospirai e capii, dal modo in cui mi aveva guardato, che dovevo pagare io.
"Pago io!" dissi tirando fuori una carta di credito.
"Davvero? - dopo che il commesso ebbe fatto il conto, Sara mi abbracciò sorridente - Grazie mille!" 
"Prego" sorrisi a mia volta. 
Prese le buste ed uscimmo dal negozio.
Cosa mi stava succedendo? Perchè non ero più felice come pochi giorni prima? 
Ero sicuro che c'entrasse Virginia; per giorni avevo dormito a casa di Sara visto che i suoi genitori erano in vacanza ma proprio il giorno di Halloween avevano deciso di tornare così, ero tornato in albergo e avevo già portato tutto il necessario dato che dovevo lavorare ancora una settimana poi ci sarebbe stata una piccola pausa.
Ci guardammo entrambi intorno e notammo l'orologio della chiesa, esso suonò alle 18 in punto, come ogni pomeriggio. 
"Taylor, grazie." 
La ragazza si fermò davanti a me, mi prese il volto tra le mani ed iniziò a baciarmi con passione, forse troppa di quanta potevo reggerne da parte sua.
Ricambiai cercando di sembrare anche io, il più passionale possibile ma ovviamente non mi riuscì bene.
"E di che" sussurrai tra le sue labbra.
"Sei perfetto."
Abbassai lo sguardo sfoggiando, questa volta, un vero sorriso. 
Sara non era una di quelle ragazze che dicevano ai propri fidanzati di esser perfetti, spesso lei si limitava a mostrarmi ciò che provava semplicemente baciandomi o toccandomi, le parole contavano ben poco per lei anche se aveva davvero una faccia tosta.
"Beh, modestamente."
"Non fare il modesto con me!" affermò dandomi un pugno sulla spalla.
"Io sono modesto, dovresti saperlo."
"Si ma non mi piace quando lo fai" disse abbassando appena la faccia ma lo sguardo rimaneva malizioso, fisso sui miei occhi.
Sbuffai per ciò che aveva detto e per quell'espressione da ragazzina viziata che aveva assunto.
"Stavo scherzando.. - strinse entrambe le mie mani - ..tu mi piaci sempre" sussurrò dandomi un altro bacio.
Le persone come lei mi davano fastidio, ero sicuro di poter ricominciare la storia d'amore e all'inizio ero quasi convinto di amarla ancora ma non era così. Si dice che capisci bene una persona solo stando spesso a contatto con lei, ed era ciò che avevo fatto. 
"Ci vediamo questa sera." 
Mi voltai senza neanche salutarla ma mi fermò e aggiunse qualcosa per la serata di Halloween.
"In un telefilm che vedo io.. i due innamorati si incontrano in mezzo alla pista da ballo…"
"Lasciami indovinare… Pretty Little Liars?"
"Sssi - piegò la testa verso sinistra e mi guardò confusa - come fai a…" 
Non le diedi neanche il tempo di finire la frase visto che sapevo ciò che stava per dire.
"Kristen è ossessionata da quel telefilm, mi ha raccontato ogni dettaglio."
"Wow! Forte…alle 8.30 in pista." 
"A questa sera, Giulietta."
"A questa sera, Romeo." 
Le diedi un bacio sulla guancia, le sorrisi poi mi voltai e corsi in hotel. 
Arrivato davanti a quell'enorme palazzo, trovai un paio di paparazzi e tra loro c'era Steve che mi porse il dito medio.
Comunque non ci feci caso, avevo fatto ciò che mi aveva chiesto, mi ero allontanato da Virginia più che potevo ma mi era difficile.
"Taylor, questa sera ti accompagno io al ballo?"
"Ahahahahaha, non sono una femminuccia, so andarci da solo."
"Ci andrai con Sara?"
"Diciamo."
"Cosa intendi con diciamo?"
"Ho un piano."
"Ossia?" 
"Lo conosco solo io." 
Ian mi camminava affianco, aprì la porta per farmi entrare in albergo poi mi diede un foglio.
"C'è il contratto da firmare, sai.. per il nuovo film."
"Cosa? Quale film?"
"Give me love! Quello che deve esser girato a Londra.. a metà novembre dovrai fare un bel viaggetto."
"No, non se ne parla."
"Come no? Si, invece. Porterai Sara con te, ti pagheranno bene e le riprese dureranno circa due mesi pieni." 
"Senti Ian, devo prepararmi per la festa in maschera.. ne riparliamo domani, ok?" detto questo, diedi una pacca sulla spalla del mio manager e corsi in camera.
Una doccia veloce ma calda, non era il massimo, però mi accontentavo.
Fui pronto in poco tempo. 
Mi guardai allo specchio, sistemai il papillon nero e misi la maschera nera sulla faccia.. 
Parcheggiai la mia auto proprio accanto all'entrata della palestra della scuola; avrei visto anche Virginia e grazie ad Hanna sapevo anche com'era vestita ma Sara non era al corrente di tutto ciò tanto sapevo avrebbe ritardato almeno di mezz'ora.
Controllai l'orologio e notai che ero in anticipo: erano appena le 20.15. 
"Lei è…?" 
Il controllore mi aveva davvero fatto questa domanda? 
"Non mi riconosce?" 
"Ehm.. no."
Oh, ovviamente non poteva riconoscermi, avevo la maschera, così decisi di togliermela.
"Lautner - fece scorrere la penna sul foglio e trovò il mio nome - Oh si, Taylor Lautner.. accomodati pure." 
E così il ballo era arrivato, non che io lo avessi aspettato da tempo ma ero piuttosto curioso di vedere come si sarebbe svolta la serata che avevo programmato. 
E questa canzone? 
Mi avvicinai al Dj mentre mi guardavo attorno. 
"Mi sai dire il titolo di questa canzone?"
"Si chiama Pretending, è cantata dal cast di Glee" rispose.
Finalmente, dopo qualche minuto, potei notare un vestito bianco al centro della pista, i capelli lunghi e mori ricadevano fino al fondo schiena e, in alto erano fermati da un elastico anch'esso bianco, probabilmente era la maschera: doveva essere Virginia.
Non sapevo quanto sarebbe durata questa canzone così perfetta per quel momento, così mi avvicinai.
"So chi sei" le sussurrai da dietro tenendola per i fianchi. 

Pov Virginia

Mi sentii prendere per i fianchi e rimasi per un attimo immobile ascoltando bene la voce di quel ragazzo dietro di me. Non sembrava Steve ma con tutto quel casino potevo sbagliarmi.
"Anche io so chi sei" risposi mettendo le mie mani sulle sue.
Decisi così di voltarmi.
Spalancai appena gli occhi.
Quel naso.
Quelle guance.
La stessa altezza.
Il sorriso.
Le sue mani forti.
Era lui, Taylor. Ne ero sicurissima.
"T..Taylor?" 
Ero sorpresa, perchè era venuto qui? Aveva forse sbagliato persona? Mi aveva confusa con Sara Hicks? 
Eppure anche lui era vestito da Romeo.
"Sei sorpresa?" rispose tenendo le mie mani.
"Un po'.. ma.. perchè sei qui?" dissi a bassa voce mentre iniziavamo a ballare.
"Hai davvero bisogno di spiegazioni?" 
"Forse.."
"Ne ho una soltanto…" disse e avvicinò piano piano, il suo volto al mio.
Le nostre labbra erano così vicine che potevo sentire il suo respiro sulla mia bocca. 
Questa volta non avrei rifiutato anche se sapevo che Steve sarebbe arrivato a momenti e avrebbe potuto sorprenderci. 
Taylor mise la sua mano dietro la mia schiena e mi avvicinò di più a lui e…. BAM! 
Mossi le mie labbra insieme alle sue, quasi a ritmo della musica e le mie braccia erano entrambe avvolte dietro il suo collo. 
Quel bacio si intensificò quando la musica cambiò. La sua lingua era così morbida e cercava la mia come io cercavo la sua. I nostri occhi erano chiusi ed il mio corpo si era abbandonato a quel piacere mai provato prima, neanche con Steve che credevo di amare più di Taylor ma, a quanto pare non era così. 
Furono i due minuti più belli di tutta la mia vita.
"Wow" dissi dopo che mi fui staccata.
Taylor si alzò la maschera poi, l'alzò anche a me e sorrise.
"Sapevo che questa volta non avresti rifiutato" disse convinto di se.
"Come facevi a saperlo?" 
"L'ho capito oggi, quando ci siamo scontrati."
Sorrisi e gli accarezzai la guancia.
Per quanto preferissi lui a Steve, non potevo lasciare il mio ragazzo, non stavamo insieme neanche da un mese e mi avrebbero considerata una sgualdrina e Los Angeles era una città così grande e piena di paparazzi.
"Non possiamo…" stavo per continuare la frase ma qualcuno mi prese per il braccio e mi diede una spinta facendomi staccare da Taylor.
"Bastardo" urlò qualcuno e, lo riconobbi quando mi voltai e lo guardai in faccia: era Steve.
Rimasi terrorizzata dalla sua rabbia che sfogò su Taylor dandogli un pugno in faccia.
"Dio mio!" urlai mettendomi una mano tra i capelli e, subito dietro di me, vennero Spencer, Hanna e Claire per vedere cosa fosse successo. 
"Ho provato a lasciarlo lontano da voi… a farlo ragionare" disse Hanna guardandomi spaventata.
Mi voltai verso di lei, aggrottai la fronte poiché non capivo cosa intendesse. 

-

Ringrazio chi segue la fan, spero che la storia sia stata interessante fino a qui e che il capitolo non sia noioso. Recensite, mi raccomando :3

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Capitolo 6
*** The truth hurts. ***


Pov Taylor 

Un pugno dritto in faccia non era ciò che mi aspettavo da quella serata.
Il bacio c'era stato e, come ogni cosa fatta in un momento non giusto, c'era una conseguenza. 
"Come cazzo ti permetti di toccare la mia ragazza, eh?" 
Feci qualche passo indietro tenendomi la mascella con la mano, sembrava esser uscito un po' di sangue.
Virginia era tra le braccia di Hanna e un'altra ragazza della quale non sapevo il nome. Dopo un po' si avvicinò a Steve, gli mise una mano sulla spalla ma ricevette solo un bello schiaffo sulla guancia.
"Non toccarla!" urlai cercando di correre verso di lei, ma fui fermato da due ragazzi.
"Perchè la stai difendendo?" 
Una voce femminile apparve dietro di me, era quella di Sara. Mi voltai per guardarla e parve quasi fiera nel veder la mia guancia sanguinare, non mosse neanche una mano ma si limitò ad incrociare le braccia al petto per poi corrugare la fronte.
Vedevo il terrore negli occhi di Virginia, le lacrime le scendevano ripetutamente. 
La guardai come se fossi colpevole di tutto ciò e forse era vero, ero stato io a baciarla, proprio nel bel mezzo della pista. 
"Sara vattene!" dissi tenendo i pugni stretti. 
Quando alzai lo sguardo, non vidi più Virginia ma soltanto un sacco di persone che formavano un cerchio intorno a me.
"No Sara, rimani. Così vedrai mentre torturo il tuo ragazzo." 
Strinsi di più i pugni, piegai il gomito e diedi un colpo sulla faccia di Steve. Quest'ultimo reagì piuttosto male ma, per fortuna, il preside della scuola venne appena in tempo e ci prese entrambi per il colletto della camicia.
"Suppongo che abbiate finito qui. - si voltò verso di me - Lautner, mi ha deluso. Scatenare una rissa nella mia scuola?"
"Già, forse è meglio fuori… dalla scuola" aggiunse Steve.
"No! - urlò il preside - tu torni a casa e tu… - si voltò di nuovo verso di me - vai in infermeria, devi medicarti quella ferita prima che si infetti. Forza!" 
A testa bassa ma a passo svelto, Steve se ne andò seguito da Sara. 
Ero sicuro che qualcosa fosse successo tra i due, si conoscevano e ora ne avevo la prova.
"Non c'è niente da guardare, tornate a ballare" concluse il preside muovendo le mani per sistemare la situazione in quella palestra.
Feci qualche sospiro e camminai fino al corridoio dove, in lontananza vidi la mia, ormai, ex ragazza e il paparazzo che si era rivelato un vero demente. 
Mi nascosi dietro il muro per poter ascoltare la loro conversazione.
"Sei arrivato tardi" disse lei.
"Mi hanno trattenuto!" affermò lui.
"Chi?"
"Una ragazza bionda, poi è arrivata la mora, hanno iniziato a parlare.. e.. ah sì, quelle che erano con Virginia quando ho picchiato il tuo ragazzo."
"Ma cosa ci vedete in quella troia?" 
"Non chiamarla troia!" 
"Tu dovresti essere il primo a chiamarla così. E' successo ciò che non volevamo succedesse!"
"Lasciamo stare!" disse con tono strano, quasi come se volesse arrendersi.
"No Steve, non lasciamo stare un bel niente. Noi avevamo un accordo, ossia di tenere lontani Taylor e Virginia. Sei stato tu a cercarmi, ricordi?"
Non potevo credere alle mie orecchie. 
Avevo capito tutto. 
"Lo so e quando ho saputo che ti aveva rifiutata, l'ho minacciato, gli dissi di stare lontano da Virginia e…"
"Taylor è tornato in hotel, questa mattina."
"Cosa?"
"I miei… "
"Ti avevo detto di tenerlo lontano da quell'albergo."
"I miei genitori sono tornati a casa e lui è dovuto tornare… - fece una pausa - fai in modo che Virginia debba andarsene da quell'albergo."
"Come pensi che mi rivolgerà la parola dopo quello che le ho fatto?" 
"Non so, scrivi un articolo. Inventa! "
Sentii ancora silenzio e, credendo avessero finito di parlare, feci un passo indietro, pronto a correre in infermeria e dire tutto a Virginia. 
Sbadatamente, andai a sbattere contro un armadietto, facendo un gran rumore.
Prima che mi sentissero corsi verso il corridoio opposto. 
Pensai molto a ciò che avevo sentito e camminai finché non arrivai davanti ad una stanza da cui provenivano due voci femminili.
"Steve… non posso credere che mi abbia picchiata" singhiozzò la ragazza, doveva esser Virginia. 
"Mi dispiace!"
"E' colpa mia… sono io la causa di tutto."
"Non è colpa tua, è colpa sua e forse di Taylor. Tu sei una semplice ragazza innamorata di due ragazzi e… te l'avevo detto."
Mi affacciai appena e potei notare Virginia seduta sul lettino mentre teneva sulla sua guancia un pacchetto di ghiaccio.
Appena mossi il braccio, la ragazza si asciugò le lacrime e mi notò. 
"Taylor…" sussurrò.
"Vi lascio soli" disse l'altra ragazza accanto a lei e, quando uscì dalla stanza mi sorrise.
"E così sei tu l'infermiera" dissi.
"Si - abbassò lo sguardo e si alzò in piedi venendo verso di me - Spencer mi ha raccontato del tuo 'accordo' con Hanna."
Doveva sapere tutto. Ero stato io a cercare Hanna e le avevo chiesto di intrattenere Steve mentre io facevo la mia mossa con Virginia. 
"Già ed ora mi sento un'idiota." 
"La tua ferita.. - disse avvicinando la sua mano alla mia guancia - mi dispiace davvero."
"Capita!" 
"Non sarebbe successo se… "
"Se non ti avessi baciata" conclusi la sua frase.
"Non è questo, è che…"
"Ho capito. Ti sei pentita." abbassai la testa e feci un passo indietro.
"No. Taylor! Non è quello che intendo.. - abbassò anche lei lo sguardo dopo che io lo ebbi rialzato - …non era il momento giusto."
"Mi dispiace."
"Passi la tua vita a scusarti? - ridacchiammo entrambi - Vieni, ti medico quel piccolo taglio."
"Grazie."
Mi sedetti sul lettino dell'infermeria spostando prima la maschera di Virginia. 
Prese un po' di ovatta e dell'acqua ossigenata e premette sulla mia mascella. 
"Ahi." 
"Scusa - disse accennando un piccolo sorriso - e così eri vestito da Romeo… e la tua Sara da Giulietta."
"Sei tu la mia Giulietta."
"Perchè stavi con lei?"
"Per farti ingelosire?" confessai.
"Domanda stupida… l'avevo intuito."
"E tu stavi con Steve per farmi ingelosire?" dissi ironicamente ma avrei preso la sua risposta sul serio.
"Mi sembrava impossibile che un attore potesse aver notato me tra tante ragazze…" 
Calò il silenzio tra noi. Non aveva risposto alla mia domanda. Sospirai.
Quando ebbe finito, prese un cerotto e lo applicò sul punto ferito passando poi la sua calda mano.
"Credo che tu debba tornare in palestra, le tue amiche ti staranno aspettando…"
"Io cre…" non riuscì a finire la frase poiché le squillo il cellulare, lo prese e, un po' scocciata, rispose.
"Che vuoi? … Steve, lasciami stare… Ok, parliamo domani mattina… si, ciao."
Disse tutto a tono freddo. Non sapevo lui cosa avesse risposto quindi non dissi niente al riguardo.
"E così è finita con Steve?"
"Credo di si" sussurrò facendo qualche passo verso la porta della stanza.
"Ci sarà una possibilità per me?" chiesi senza fare troppi giri di parole.
Virginia sospirò.
"Taylor, credo sia meglio che tu vada a casa. Buonanotte" mi diede un bacio sulla guancia e si affrettò ad uscire da lì, sicuramente sarebbe tornata alla festa.
Ovviamente non voleva affrontare quell'argomento.
Decisi di tornare in albergo così, uscito dalla scuola, mi guardai attorno e fui afferrato per il braccio.
"Eri tu vero?" 
Di nuovo Steve con le sue minacce.
"Non hai il diritto di parlare, so' che stavi spiando me e Sara, se ne fai parola con Virginia, te la porterò via nel modo più squallido che esista. Sai che ne sono capace."
Il modo più squallido sarebbe stato rapirla? O ucciderla? Mi limitai a fare ciò che aveva chiesto così non parlai. 
"Sono costretto a mettere anche la mia faccia sul giornale, non vorrei che Virginia si insospettisse - mi diede una spinta - la riavrò, te lo prometto." 
Con il suo solito passo veloce si allontanò e, a mia sorpresa, si avvicinò Sara.
Oh santo cielo! 
"Vi siete messi d'accordo, eh?"
"Perchè mi hai tradita?"
"Non ti amo, è ora che tu te ne renda conto."
"Però sei venuto a letto con me…"
"E' stato un errore." 
"E baciare lei, ovviamente era giusto.. - alzò le mani al cielo - è fidanzata e tu ci provi con lei, no?"
"L'avrei fatto, prima o poi. Ho solo scelto il momento sbagliato. E di te che mi dici? Conoscevi Steve, no? Perchè non mi hai detto che è stato lui a cercare te?"
"Me l'ha chiesto lui… "
"E hai accettato."
"Perchè ti amo."
"Non è vero."
Sospirammo.
"Ho deciso di andarmene…" disse a voce bassa.
"Così? Senza neanche pensarci due volte?"
"Ho un film da girare, in Canada."
"Bene…" feci qualche passo indietro poi mi voltai senza dire nient'altro e anche lei non aggiunse niente; chissà se se ne sarebbe andata veramente.


Pov Virginia

2 Novembre 2012

Mi svegliai in tarda mattinata visto che avevo il turno di pomeriggio.
Il giorno prima avevo appuntamento con Steve ma lui non si era presentato.
In una serata mi era caduto tutto il mondo addosso, se avesse tenuto veramente a me sarebbe venuto per chiarire ogni cosa o almeno ci avrebbe provato. 
Era finita per sempre, con Steve era finita, non mi sarei fatta trascinare mai più nella sua gravità, per me era un libro chiuso e bruciato. Ero stata ferita, non solo fisicamente ma anche sentimentalmente ed ero confusa.
Mi alzai velocemente dal letto e corsi a farmi una doccia.
Non feci colazione ma presi un panino al volo dal ristorante e corsi in strada. 
Passai davanti al giornalaio e, notai molte persone prendere un giornale e guardare me, in modo davvero strano. Di solito il venditore mi salutava sempre affettuosamente, questa volta invece si limitò a sorridere e abbassare lo sguardo.
'STMagazine: new gossip' non avevo mai visto questo giornale prima d'ora. 
Era impossibile ciò che vedevo: in copertina c'erano Steve e Taylor. 
"Per te è gratis!" disse il giornalaio.
Senza spiccicare parola mi avviai a scuola, non volevo leggere l'articolo da sola, l'avrei fatto in presenza di mia cugina.
"Taylor poteva farsi male per colpa tua!" 
"Traditrice."
Non potevo credere alle mie orecchie, la gente sparlava di me, mi guardava male, come se fossi un'assassina. Non avrei mai creduto che questo potesse accadere a me. 
Caddero un paio di lacrime dai miei occhi ma me l'asciugai in fretta.
Quando ero arrivata a Los Angeles mi ero ripromessa di cambiare vita, non sarei voluta passare come la 'puttana italiana' ma, purtroppo era successo e per il bene mio e di chiunque altro, non sarei tornata da Taylor, avrei ricominciato ad ignorarlo e forse, avrei cambiato albergo senza dire niente.
Corsi verso l'aula professori.
"Spencer!" urlai singhiozzando. 
"Che succede?" chiese e mi accolse tra le sue braccia.
"Credo di saperlo - affermò Hanna e prese il giornale dalle mie mani e lo aprì, iniziando a leggere ciò che c'era scritto. - Chiunque abbia scritto ciò, mi fa davvero schifo!"
"Leggi, per favore" dissi sedendomi accanto alle due ragazze.
"Scintille durante la notte di Halloween alla School Academy LA. Protagonisti della vicenda, un normale studente e la star del momento Taylor Lautner."
Hanna si fermò un attimo e mi guardò. Io le feci cenno di continuare.
"Un ragazzo, del quale non sappiamo il nome, racconta: Lautner stava ballando con l'infermiera della scuola, Virginia Hastings, lui l'ha baciata e nello stesso momento è arrivato il povero ragazzo di lei, Steve. Li ha sorpresi e ha cercato di separarli ma l'attore ha reagito malissimo, ha picchiato la ragazza e il fidanzato di lei poi se n'è andato."
"Cosa?" dissi in contemporanea con Spencer.
"Non posso crederci!" ribatté Hanna.
"Non è andata così, voi lo sapete, avete visto" replicai.
"Lo so, Virginia. Ma questi giornalisti rigirano la notizia a loro piacimento" disse Spencer.
"Lautner si è rivelato un ragazzo manesco ma lei è una bellissima e l'abbiamo vista recentemente in una foto con l'attore. Si stava vedendo con entrambi? Chi dei due stava usando? Ecco una foto."
"Si sono permessi di mettere una mia foto?" presi il giornale, guardai la figura e lo strappai.
Mi asciugai le lacrime poi mi rivolsi a Spencer.
"STMagazine, vai a ricercare chi è l'autore di questo giornale. Subito!" alzai appena la voce e non mi resi conto che tra poco sarei dovuta andare in infermeria. 
"Giusto." 
Spencer si affrettò dall'altra parte della stanza dove era posto l'unico computer accessibile ai lavoratori della scuola.
Digitò velocemente il nome di quella rivista maledetta e aprì il sito ufficiale.
"Dio mio!" affermò mia cugina.
Rimasi seduta sul tavolo con una tazza di caffè tra le mani.
"Virginia, credo che tu debba leggere con i tuoi occhi" disse Hanna dopo che si fu avvicinata allo scherzo dell'iMac.
Finì tutto d'un sorso il liquido che si trovata nel bicchiere e mi alzai di scatto.
"Oh…" 
Non potevo credere ai miei occhi, ciò che era scritto lì non era vero. Non poteva essere vero!
"Tutto ok?"
"Co..sa?" rimasi a bocca aperta. 
"Steve Travor è l'autore di questo giornale, è lui che ha scritto la notizia. STMagazine sta per Steve Travor Magazine" disse Hanna che sembrava ancora più sorpresa di me.
Tornai a singhiozzare e mi sedetti a terra mettendo le mani tra i capelli.
"Non posso crederci" disse Spencer poi entrambe le ragazze mi abbracciarono.
Quel ragazzo non mi aveva mai amata, stava con me solo per sapere di più su Taylor, per avere qualcosa da scrivere su quello stupido giornale. 
Misi la testa tra le ginocchia, avrei voluto scappare, sarei voluta tornare in Italia, da mia madre.
"Virginia calmati" ripeterono Spencer e Hanna.
"Non ce la faccio a calmarmi… - con la mano asciugai le lacrime che erano scese sulla bocca poi mi fermai per riflettere ma, invece che pensarlo nella mia testa, dissi tutto ad alta voce - Taylor sapeva tutto, lui è continuamente circondato dai paparazzi, lo avrà visto…e non mi ha detto niente." 
In quell'attimo mi si fermò il cuore nonostante mia cugina e la mia migliore amica continuassero ad accarezzarmi la schiena. 
Tutti mi mentivano, nessuno era sincero con me. 
Mi alzai di scatto, presi la borsa che avevo poggiato accanto alla porta e mi voltai verso le ragazze.
"Dite al preside che mi sono sentita male, ho bisogno di chiarirmi le idee."
Hanna annuì e Spencer si passò una mano tra i capelli, aveva anche lei gli occhi lucidi. 
Le persone continuavano a fissarmi ma cercavo di non dare peso alle critiche. 
Attraversai la porta dell'hotel con estrema velocità, percorsi la hall a testa alta, ero arrabbiata e delusa da due persone importanti per me.
Chiamai l'ascensore e, per mia fortuna, arrivò subito. 
Quando arrivai al piano di Taylor, mi precipitai davanti alla sua stanza ed iniziai a bussare ripetutamente.
"Taylor sono Virginia." 
Nessuno rispose.
"Taylor apri questa porta, devo parlarti" alzai appena la voce. 
Rimasi qualche minuti li davanti, inizialmente pensai che stesse ancora dormendo ma era impossibile, erano le 4 del pomeriggio, probabilmente era al lavoro.
Poggiai la schiena al muro del corridoio e mi sedetti li davanti.
"Virginia?" alzai gli occhi verso l'alto e notai Taylor, aveva un'aria serena, come se avesse visto un angelo invece che me.
Non sapeva quanto ero arrabbiata con lui quindi mi diede la mano per aiutarmi ad alzare ma io rifiutai.
Stavo per aggredirlo con le parole, stavo per litigare con l'unica ragione per la quale ero arrivata in questa città. Sì, mi ero resa conto che ero rimasta in questo albergo solo per poter stare più a contatto con lui. 
"Che succede?" la sua espressione si fece più triste poi prese le chiavi dalla tasca e aprì la stanza.
"Perchè mi hai mentito?"
"Cosa? Che intendi?" 
"Steve è un paparazzo."
"Da cosa l'hai capito?" disse quasi con fare giocoso.
Quell'espressione mi aveva fatta incavolare così, dopo che ebbi messo piede nella sua stanza, alzai la mano destra e gli diedi uno schiaffo nel punto in cui aveva ricevuto il pugno da Steve.
Lo guardai corrugando la fronte, mi spostai una ciocca di capelli dalla faccia e feci qualche passo indietro.
"Mi hai delusa" dissi scuotendo la testa e stringendo i denti.
"Credevo lo sapessi" disse cercando una scusa che avrebbe cessato la mia ira.
"Non ti credo."
"Perchè?"
"Voi ragazzi siete tutti uguali… - volevo sembrare forte ma lasciai uscire una lacrima che asciugai prima che potesse arrivare alla guancia - … ho chiuso con l'amore, ho avuto troppe delusioni e non starò ad aspettare che il ragazzo faccia il primo o.. il secondo passo."
Sospirai e feci per voltarmi verso l'uscita ma fui bloccata da Taylor che mi prese per il braccio e mi spinse, delicatamente, contro il muro.
Il mio respiro era quasi affannato e le nostre labbra si sfiorarono poi si unirono completamente in un bacio continuo e duraturo.
Questi gesti da parte sua non facevano altro che complicare la mia mante, ero confusa e in quel momento potevo solo pensare a ciò come un'addio. 

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Capitolo 7
*** Never let me go. ***


Pov Virginia

5 novembre 2012

Mi alzai dal letto in tarda mattinata.
Il letto di Spencer era più comodo di quello dell'albergo in cui sostavo fino a qualche giorno fa. Esatto, qualche giorno fa. Dopo il bacio mio e di Taylor ero scappata come una codarda, avevo preso il cellulare e mi ero fatta venire a prendere da mia cugina dopo aver riempito le valigie. 
Mi rigirai nel letto e poggiai una mano sul comodino cercando invano il cellulare. Qualcosa di carta c'era al suo posto, era un biglietto di Spencer. 
Sono a lavoro, hai pianto troppo ieri sera, era molto tardi quando ti sei addormentata così questa mattina non ti ho chiamata ed ho deciso di dire alla preside che stai male quindi, resta a letto, riposati il più possibile perché questa sera ti porto in discoteca. Prepara il vestito più bello che hai o, se non ne hai nessuno, guarda nel mio armadio. 
Ti voglio bene. 
Xoxo, Spencer.
Sorrisi leggendo ciò, mi recai in bagno e lì trovai il mio cellulare, c'erano dieci chiamate ed un messaggio da un numero a me sconosciuto. Premetti il pulsante centrale. 
E' l'una di notte. Sono qui da solo ed ho bisogno di te, adesso. Non capisco perché tu sia scappata senza dire niente, sei semplicemente andata. Sì, ci ho messo due giorni per capire che sei tutto quello che voglio e soprattutto ci ho messo molto per trovare le parole adatte. Ho sbagliato, ho fatto un errore che non riuscirò mai a perdonarmi, avrei dovuto dirti tutto quello che avevo scoperto ma non so per quale motivo ho lasciato perdere… 
C'era dell'altro ma non riuscivo a continuare, avevo gli occhi gonfi di lacrime, alcune erano anche scese lungo la guancia fino a cadere sulla tastiera del mio blackberry. Riuscii ad asciugarle con la manica del pigiama poi decisi di spegnere il cellulare. Potevo benissimo immaginare chi era stato il mittente.
Tolsi ogni indumento che ricopriva il mio corpo facendolo cadere a terra. 
Entrai nella doccia e lasciai cadere un getto d'acqua calda sul mio corpo facendo in modo che la mia schiena fosse percorsa da brividi di piacere e dolore, quel dolore che mi accompagnava ormai da giorni. Insaponai accuratamente i miei capelli poi il mio corpo e quasi immaginai di essere tra le braccia di Taylor. La mia testa era contraria a ciò ma il mio cuore no, esso diceva di correre da lui, baciarlo finché ne avevo la forza e stringerlo a me, per sempre. 
Scossi la testa togliendo ogni pensiero su di lui dalla mente, mi sciacquai con ancora più accuratezza di quanta ce ne avessi messa per insaponare ogni parte del corpo. Avvolsi il mio corpo con un asciugamano e mi diressi in camera da letto dove trovai zia Esther che sistemava gli accessori di Spencer.
"Tutto bene, tesoro?" disse sorridendomi.
Lei sapeva tutto ciò che mi era successo, a partire dall'inganno di Steve a Taylor e i vari articoli in cui ero raffigurata come una poco di buono. Era una donna comprensiva e anche lei, naturalmente, voleva che tornassi da Taylor perché diceva che il destino ci aveva fatti incontrare per caso, proprio per farci mettere insieme. 
"Si, tutto ok, grazie" risposi sorridendole a mia volta.
"Se hai bisogno di qualcosa io ci sono."
"Lo so, grazie zia."
Sorrise di nuovo, mi diede un bacio sulla fronte e scese al piano di sotto, probabilmente per preparare il pranzo visto che era l'una.
Mi vestii più in fretta che potevo, lasciai il mio viso libero da ogni specie di trucco e scesi per mettere qualcosa sotto i denti anche se non avevo eccessivamente fame. 
"Sei sicura di star bene? Hai gli occhi lucidi" disse poggiando il piatto vuoto sul tavolo.
"Tranquilla, sto bene.*
"Hai già trovato il vestito adatto per questa sera?"
"In realtà no" affermai sedendomi.
"Tesoro, avremo un ospite a pranzo, corro a farmi una doccia. Se suona, apri tu, ok?"
"Va bene" poggiai il gomito sulla tavola già apparecchiata ma, quando sentii il campanello, sobbalzai e corsi ad aprire.
Davanti a me trovai un ragazzo alto, con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi e molto profondi. 
"Salve" disse dolcemente tenendo in mano delle buste del Mc Donald's poi fece un passo avanti guardando dentro casa, forse cercava mia zia.
"Ciao - porsi la mano e presentai - sono Virginia la nipote di Alice nonché cugina di Spencer" sorrisi.
"Io sono Matthew, Matthew Logan."
"Oh.. - feci qualche passo indietro lasciando libera l'entrata in modo che il ragazzo potesse entrare - hai portato il pranzo, perfetto" dissi prendendo le buste e poggiandole sul tavolo.
"Spencer mi ha parlato di te, sei la cugina italiana, giusto?"
"Si, sono io. In carne ed ossa" affermai mentre sistemavo gli hamburger nei piatti.
"Tua zia?"
"E' di sopra, si sta finendo di preparare - sospirai - vivi da solo?"
"Si, i miei genitori sono morti due anni fa, per fortuna ho 23 anni, sono abbastanza responsabile."
"Mi dispiace - abbassai lo sguardo - i miei genitori sono separati, non vedo mio padre da anni." 
"Mi dispiace."
Quando alzai lo sguardo incrociai lo sguardo profondo di quel ragazzo ed entrambi sorridemmo, quasi perdendo l'uno negli occhi dell'altra. 
"Eccomi qui" disse mia zia scendendo le scale. 
"Oh, Matthew, sei qui - disse salutandolo con un bacio sulla guancia - ha chiamato Spencer, sarà qui a momenti." 
"Io ho una fame" dissi guardando Matt. 
"Anche io" rispose il ragazzo e si sedette dopo di me.
"Avete fatto conoscenza, si?" chiese zia dopo aver morso il suo panino.
"E' davvero simpatica" aggiunse il ragazzo.
Annuii con la testa ed iniziai a mangiare ciò che c'era nel piatto ma lasciai più della metà, quando ero nervosa il mio stomaco si chiudeva e non riuscivo neanche a bere un goccio d'acqua. 
"Non hai fame, Virginia?"
"No zia, mi dispiace." 
"Cavolo - guardò l'orologio - sto facendo tardi in ufficio - si alzò dal tavolo e prese la giacca - vi dispiace sparecchiare? Ci vediamo prima che tu e Spencer usciate, ok?"
"Certo" la salutai con la mano e sbattendo la porta, uscì. 
"Vengo spesso a pranzo qui."
"Si?"
"Si - sorrise abbassando lo sguardo - sei fidanzata?"
Quella sua domanda mi fece ripensare a Taylor, a Steve e alla situazione che stavo passando. Non ero fidanzata ma avrei voluto esserlo con qualcuno capace di farmi sentire viva,
qualcuno che mi amava veramente, indipendentemente dai gesti che avrei compiuto. 
"No, non sono fidanzata" risposi fingendo un sorriso.
Sorridemmo entrambi di nuovo, lui non aggiunse niente, forse era interessato a me. Forse dovevo dare al mio cuore un'opportunità nonostante avessi detto a Taylor che con l'amore ci avevo chiuso; dovevo scordare ogni problema passato, se avrei ricominciato da capo, forse sarei stata meglio con me stessa. 
"Perché questa sera non vieni con me e mia cugina in discoteca?" aggiunsi guardandolo con aria di speranza.
"Perché no?"
"Perfetto" sorrisi con un pizzico di malizia.

"Sei pronta?" urlò Spencer che mi aspettava al piano di sotto.
"Ha già suonato Matt?" 
"Non dirmi che sei interessata a lui."
"Non è brutto."
"Lo so, è dolcissimo ma sai con chi devi stare tu."
"Spencer. Ho chiuso con quelle persone. Questa sera, il cuore di Virginia, si prenderà un'altra opportunità" dissi infilando gli orecchini.
"Continuo a dire che è la tua mente a comandare e questo non mi piace."
"Piace a me" dissi mentre scendevo velocemente le scale nonostante avessi i tacchi.
Uscimmo da casa e fuori di lì ci stava aspettando proprio Matthew. 
"Virginia… Spencer… siete davvero bellissime."
"Anche tu sei uno schianto" dissi senza neanche rendermene conto. 
Forse aveva ragione mia cugina, ero comandata dal mio cervello, ma questa sera mi sarei concessa un po' di svago, mi serviva davvero. 
Entrammo in macchina e in pochi minuti arrivammo a destinazione. Scendemmo dall'auto e ci dirigemmo all'entrata principale di quella grande discoteca. Mi guardai intorno, non era per niente come quelle di Roma. 
"Matthew… Virginia, perché non ballate? - disse Spencer - Io ho visto un ragazzo niente male accanto al bancone degli alcolici - si avvicinò al mio orecchio - questa sera è la tua serata, sei uno schianto pazzesco, divertiti" sussurrò senza farsi sentire da Matt poi mi fece l'occhiolino. 
Il ragazzo accanto a me mi sorrise, prese la mia mano e mi trascinò al centro della pista. 
"Sei mai stata in una discoteca prima d'ora?" 
"No, si nota tanto?"
"Abbastanza" disse prendendo anche l'altra mia mano ed iniziammo entrambi a muovere il bacino.
"Fammi capire, quelle di Roma di solito mettono tutte canzoni forti, qui ci sono anche i lenti?"
"Ovviamente" alzò appena la voce perché avevano alzato il volume della musica.
"Sei bravo."
"Mai come te, mia cara."
"Modestamente" dissi ironicamente.
"Ti trovi bene a Los Angeles?"
Cosa gli avrei dovuto rispondere? Sinceramente da quando ero arrivata avevo creato solo guai, stavo ancora soffrendo ma si sarebbe tutto sistemato.
"Benissimo, è una città fantastica."
"Sai, ho letto il giornale dell'altro giorno… in cui c'eri tu…"
"Non parliamo di quello. Fai finta che non sia mai successo, io ci sto ancora provando."
"Scusa, io non… volevo."
"E' tutto ok" dissi e gli accarezzai, istintivamente, la guancia.
"Mi piacerebbe se un giorno uscissimo, solo io e te…"
Sapevo che quel momento sarebbe arrivato. La canzone che il Dj mise era adatta alla mia situazione, alla mia vita. Misi entrambi le mani sulle spalle di Matt e lui mise le sue sui miei fianchi iniziando a muovere i piedi a ritmo della musica. I nostri occhi si incrociavano spesso finché le mie labbra non furono vicinissime alle sue. Il suo respiro era lieve, calmo e sembrava quasi che il suo cuore non battesse. Sorrise quando avvicinò il mio corpo al suo ma ciò che stava provando a fare non era giusto, non per me, non in quel momento.
"Mi dispiace" dissi scuotendo la testa mentre mi allontanavo da lui.
Mi sedetti su una sedia davanti al bancone degli alcolici, quella canzone era così angosciante che decisi di provare un drink con un alto livello di alcool. 
Il cameriere mi servì immediatamente ed io sorseggiai il primo bicchierino della serata, esso fu affiancato da un altro sorso finché qualcuno non interruppe la mia bevuta.
"Da quando hai iniziato a bere?"
Dio mio! Steve era proprio accanto a me, mi stava fissando come se niente fosse successo, mise la sua mano sulla mia ma quando mi voltai vidi in lui un'espressione quasi fiera. 
"Guarda chi si vede!"
"Sorpresa?"
"Per niente" dissi amaramente.
"Non ti manco?" 
"Neanche un po'."
"Peccato…Sei venuta con qualche ragazzo?"
"Perché me lo chiedi? E' il tuo articolo di domani? Scriverai che sto tradendo Taylor, oppure che lavoro qui come cubista? - il ragazzo mi guardò sorpreso, non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da parte mia, soprattutto non si sarebbe aspettato che io sapessi tutto - già, so tutto - dissi prendendo il terzo bicchierino pieno di liquore - e no, non è stato Taylor a dirmelo, se può consolarti sono giorni che non lo vedo, non ricordo neanche il suo cognome."
La testa stava per scoppiarmi, non rispondevo più delle mie azioni così, presi il quarto bicchiere, scolai in un attimo il liquido poi guardai Steve.
"Dimmi in che posa devo mettermi?" dissi salendo sopra il palco e avvicinandomi al palo di ferro.
"Virginia, non fare la stupida." 
"Stupida io? Ti sei visto? Sei stato un ragazzo pessimo - mi misi in ginocchio e presi dal bancone una bottiglia di bourbon, la scolai in un attimo mentre tutte le persone mi fissavano, qualcuno ero divertito altri erano semplicemente sconvolti da ciò che avrei potuto fare. - Vattene, mi fai schifo!" mi rivolsi a Steve mentre si allontanava dal palco e si avvicinava ad una ragazza che, nonostante non fossi più in me, potei riconoscere, era Alice, la sua ex fidanzata. 
Iniziai a muovermi attorno al palo mentre i ragazzi gridavano qualcosa del tipo 'Togliti la camicia e la gonna, o, facci vedere che sai fare.' 
"Virginia! Scendi subito da lì."
"Hanna? Sei Hanna o Cassidy? No aspetta, sei Claire."
"Sono Hanna. Virginia quanto hai bevuto?"
"Chiedi a Steve, lui non mi ha fermata - dissi ed iniziai a sbottonarmi la camicia - e Matthew?"
"Matthew è tornato a casa" disse una ragazza mora, mi avvicinai di più al bordo del palco e riconobbi Spencer. 
"Spencer?"
"Scendi di lì o ti vengo a prendere con la forza."
"Non scendo se me lo dici tu - urlai togliendomi anche la gonna - Hanna, dove vai?"
"Cerco aiuto" disse mentre si allontanava con il cellulare in mano.

Pov Taylor

Il letto era diventato il mio migliore amico. 
Le riprese del film erano state spostate a causa della pioggia che aveva rovinato alcune attrezzature ed io, ero costretto a rimanere in albergo. In realtà era mia intenzione non uscire per niente, ero troppo stanco, deluso… innamorato di una ragazza difficile da raggiungere, difficile di carattere ma bella da morire.
Mi rigirai tra le lenzuola e presi a fissare il cellulare, Virginia non aveva risposto al mio messaggio eppure ero stato talmente chiaro con lei, le avevo detto tutto ciò che provavo ma forse non bastava. Non mi sarei arreso così facilmente con lei. 
Chiusi gli occhi per cercare di addormentarmi ma il cellulare accanto a me iniziò a vibrare. Sperai in una chiamata di Virginia, o in un messaggio ma non fu lei a chiamarmi: era Kristen.
"Taylor, come stai?"
"Kristen, ciao. - sospirai - sto bene anche se la mia vita è uno schifo."
"Cazzo. Cos'è successo?"
"Virginia."
"A proposito di lei, ho letto il giornale di Halloween."
"Esatto. Non vuole stare con me."
"Credo sia confusa."
"Voi ragazze siete tutte uguali, eh?"
Kristen sbuffò poi fece una piccola risata.
"E' stata lei a dirti che non vuole stare con te? Sarebbe impossibile, ogni ragazza vorrebbe esser la tua fidanzata."
"Lei no."
"Credo di sapere come può sentirsi, è successo tutto così in fretta per lei, in un mese è comparsa due volte sul giornale.. e naturalmente è comparsa da quanto ha conosciuto te."
"In realtà da quando ha conosciuto Steve Travor." 
"Steve Travor… questo nome mi è familiare."
"Il paparazzo di turno nonché il tizio che ho picchiato la sera di Halloween."
"Non era uno studente?"
"L'articolo l'ha scritto lui, si è rigirato la frittata a suo piacimento."
Il cellulare vibrò di nuovo proprio mentre stavo parlando con la mia migliore amica. Controllai lo schermo e vidi una chiamata da Hanna.
"Kristen, ho un'altra chiamata, ti dispiace se parliamo dopo?"
"Va bene, tra qualche giorno veniamo a trovarti. Buonanotte."
"Pronto, Hanna?"
"Taylor, devi venire qui, sono in discoteca 'It's a Party', Virginia… - la sua voce era affannata, sembrava preoccupata - Corri e basta."
"Virginia? Le è successo qualcosa?" chiesi prima che potesse riattaccarmi.
Non capivo cosa stesse succedendo così corsi fuori dalle lenzuola, mi vestii, controllai l'ora.. alle due di solito i paparazzi non ci sono. Presi le chiavi della macchina e scesi di corsa, percorsi la hall a passo piuttosto svelto e una volta fuori dall'hotel misi gli occhiali da sole.
Entrai in macchina e guidai fino alla discoteca che mi era stata indicata da Hanna. Quando entrai potei notare tutti i ragazzi in cerchio con le mani in aria, le battevano a ritmo della musica e urlavano in un modo squallido, almeno la gran parte di loro.
Sopra il palco vidi Virginia, Spencer che cercava invano di farla scendere ma alcuni ragazzi l'allontanavano, probabilmente volevano godersi lo spettacolo.
"Taylor Lautner?" gridò una ragazza.
"Taylor fammi un'autografo" gridò un'altra.
"Non posso ora, fatemi passare."
"Sei venuto ad assistere allo spogliarello della tua quasi ragazza?" disse Steve.
"Vattene o chiamo la polizia" dissi minacciandolo poi qualcuno da dietro attirò la sua attenzione, era una ragazza poco più giovane di lui.
Sospirai e mi avvicinai al palco.
"Taylor, che sorpresa! Sei venuto per baciarmi in pubblico?" disse Virginia mentre si muoveva addosso al palo.
"Scendi da qui."
"Mi sto solo divertendo."
"No Virginia, sei ubriaca."
"Hanna, sei stata tu a chiamare questo idiota?" disse rivolgendosi all'amica.
"Basta così" salii le scale che portavano al palco, mi tolsi il giaccone lungo, lo feci indossare a Virginia poi la presi in braccio anche se era davvero difficile tenerla tra le mie braccia visto il modo in cui si agitava.
"Fammi scendere, voglio continuare a ballare" gridava.
"Devo… passare" ripetei alle persone che ci guardavano stupite.
Spencer si avvicinò a me, aveva un'aria preoccupata.
"Puoi portarla in albergo con te? Mia madre si incavolerà di brutto se la vede in queste condizioni…"
"Ci penso io a lei" sussurrai cercando di non farmi sentire da Virginia.
"Vuoi portarmi a letto? - chiese sorridendo maliziosa - C'è casa di Matthew per quello." 
Matthew? Chi era questo Matthew? Guardai sua cugina con aria interrogativa.
"Chi è Matthew?" le chiesi.
"E' un mio spasimante" rispose Virginia dopo aver poggiato la testa sul mio petto.
Percorsi tutto l'ingresso della discoteca e mi lasciai alle spalle Spencer, Hanna e tutte le altre persone che avevano avuto l'onore di conoscere il lato 'hot' della ragazza che tenevo tra le braccia. Per fortuna non c'era nessuno in giro così misi la ragazza in macchina poi mi misi alla guida.
"Dove mi porti?"
"Devi farti passare questa sbronza" 
"Sono perfettamente me stessa, non ho bevuto - disse tenendosi la testa tra le mani - non ho bevuto niente." 
"Certo, come no."
"Ma stai zitto e guida" rispose accarezzandosi i capelli. 
Arrivammo davanti l'hotel, scesi dalla macchina poi aprii lo sportello.
"Ce la fai a camminare?" le chiesi.
"Non so neanche dove mi trovo."
Decisi di prenderla in braccio, giusto per non complicare le cose. Attraversai a passo veloce la hall e mi recai davanti all'ascensore che, per fortuna, era già presente sul posto. Entrai e, con una mano, spinsi il bottone del mio piano.
Misi Virginia sul mio letto, era mezza addormentata e sembrava aver freddo. 
"Non approfittare del fatto che sono ubriaca, dormi da un'altra parte" disse mentre teneva gli occhi chiusi.
"Se può consolarti non dormirò per niente."
"Preferisco."
Controllai di nuovo l'orologio, erano quasi le due e mezza. Anche io mi ero ubriacato anni prima, mi ero messo a letto ma dopo un'ora fui costretto a correre in bagno a vomitare. 
Mi avvicinai a Virginia e la coprii con le lenzuola poi andai a sedermi su una sedia accanto al letto. Avrei vegliato tutta la notte su di lei, come un angelo protettore e non mi sarei avvicinato minimamente a lei, non le avrei accarezzato neanche la guancia, dovevo tenere le distanze per rispetto. 
"Taylor?" la sua voce chiamò il mio nome ed io mi alzai pronto ad ascoltarla.
"Si?"
"Ho mal di testa."
"Non posso farci niente."
"Puoi dormire qui se vuoi."
"Tranquilla, non ho sonno."
"Abbracciami."
Avevo sentito bene? Mi aveva chiesto di abbracciarla? Il mio sguardo cadde sulle sue guance, erano meno rosse di prima ciò significava che la sbronza non era passata però si era appena appena assopita. 
"Sei sicura?"
"Ho bisogno di te" disse a voce bassissima, come non volesse farmi sentire ciò che aveva detto.
Mi sedetti accanto a lei, si voltò verso di me e aprì gli occhi. Mi sorrise ingenuamente ma con un pizzico di confusione nei suoi occhi; le sorrisi a mia volta e chiusi gli occhi. Cercai di dormire ma qualcosa attirò la mia attenzione, le labbra di Virginia erano sulle mie e le sue mani stavano esplorando gran parte del mio corpo. 
Aprii di scatto gli occhi e allontanai appena la ragazza.
"Virginia, cosa fai?"
"Non mi vuoi?" chiese.
"Sei ubriaca, non posso toccarti."
Sembrava aver cambiato atteggiamento e sinceramente non la capivo. Di una cosa ero certo, non sarei dovuto cadere ai suoi piedi, non avrei fatto ciò che voleva in questo momento, non era giusto anche se la desideravo da morire.
"Quando sarò sobria e ti respingerò, tu non arrenderti. Non lasciarmi mai andare."
Quelle sue parole risuonarono come musica per le mie orecchie, non mi sarai mai permessa di lasciarla andare, lei era la ragione per cui ero rimasto in questo hotel nonostante il regista mi avesse proposto di passare questi giorni, a casa mia, nel Grand Rapids.
"Non ti lascerò mai andare, non posso perderti."
Poggiò la sua testa sul mio petto e la sua mano strinse la mia. Sorrisi tra me e me mentre guardavo la sua bocca muoversi, sembrava nervosa. Dolcemente le accarezzai la guancia ma lei, invece di sorridere o continuare a dormire alzò la testa e l'avvicino alla mia facendo congiungere le sue labbra e le mie. Improvvisamente, Virginia si tolse il mio giaccone, rimanendo in mutande e reggiseno, si mise sopra di me e tornò a baciarmi. Poggiai le mie mani sui suoi fianchi e li accarezzai con cura, non andando oltre. 
"Sei sicura?" dissi guardandola mentre allontanava di poco le sue labbra.
"So quello che voglio. Voglio te, oggi e per sempre."
Quelle parole rappresentavano tutto per me. Mi lasciai togliere la maglietta e, quando lei si tolse il reggiseno, rimasi a fissare il suo corpo perfetto, quasi completamente nudo. Le baciai il collo per poi scendere sul petto.
No, non doveva essere quella la nostra prima volta. Lei non era completamente sobria e questo era un passo importante, non potevo approfittare di lei, fingendo che fosse sobria, quella decisione era troppo affrettata. Mi limitai a sorriderle mentre accarezzava il mio corpo con le mani.
"Virginia, non possiamo."
"Perché?" disse alzando la testa e guardandomi preoccupata.
"Non possiamo, non ora, non in questo momento…" 

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Capitolo 8
*** Life is too cruel. ***


Pov Taylor

Lei era ancora lì, stesa sul mio letto accanto a me, le coperte bianche le coprivano il corpo quasi nudo fin sopra il petto. Per qualche istante la guardai, quel viso così angelico e dannatamente bello mi recava dei brividi in tutto il corpo, ero agitato quando stavo con lei anche se non lo davo a vedere altrimenti sarei passato per il solito ragazzo che sbavava appena vedeva un paio di gambe snelle ed un sedere sodo. Ciò che contava veramente era l'aspetto interiore e lei era capace di rendere le mie giornate migliori semplicemente sorridendo, il suo modo di agire e pensare era corretto e puro. Ripensai a quello che aveva detto, era strano ma stupendo e avevo capito quanto anche lei mi desiderasse. 
Avvicinai il mio corpo al suo e le sfiorai un braccio con le dita, sorrisi ma solo dopo mi accorsi della sua espressione dolorante, sembrava non star molto bene infatti, dopo pochi secondi, si alzò di scatto, senza dire niente prese la maglietta che mi aveva tolto la sera prima e la indossò infine corse in bagno.
"Virginia, è tutto ok lì dentro?" chiesi poggiando un orecchio sulla porta per capire cosa dicesse.
Non udii alcuna risposta, soltanto dei lamenti profondi tramite i quali capii che stava smaltendo il troppo alcool bevuto in discoteca. 
Tornai a sedermi sul letto aspettando che uscisse da quello che, probabilmente, era un inferno per lei. Misi la testa tra le mani e scossi la testa sospirando nervosamente, odiavo vederla in quello stato. 
"Mi gira fortemente la testa" disse gettandosi sul letto con pesantezza.
"Almeno ricordi dove sei? Cosa è successo ieri sera?"
"Si, tranquillo" sussurrò chiudendo gli occhi.
Mi sdraiai di nuovo accanto a lei ed iniziai a fissare il soffitto mettendo le mani dietro alla testa.
"Sei davvero brava a letto" dissi ironicamente anche se ne ero certo. 
"Non m'inganni, lo so che non abbiamo fatto niente, ho un ricordo sfocato di te che mi respingi. Strano eh?" disse sistemandosi sotto le coperte.
Ridacchiai sotto i baffi.
"Ricordi nient'altro?"
"Mi sono tolta il reggiseno e ti sono salita addosso. - disse ridacchiando mentre alzava la testa verso di me - Grazie per non esserti approfittato della mia situazione, un altro ragazzo lo avrebbe fatto." Prese la mia mano e la strinse forte, proprio come aveva fatto la sera passata.
"Figurati."
"Sono un disastro."
"No, sei perfetta."
"Ma zitto" mi rimproverò dandomi un piccolo pugno sulla spalla.
"Insomma mi vuoi oggi e per sempre?" chiesi con un pizzico di ironia riferendomi a ciò che aveva detto lei.
"Cosa?"
"Parole tue."
"Ho detto davvero questo?"
"Ti sorprende?"
"No" abbassò lo sguardo e si morse il labbro.
"Hai detto anche che quando sarai sobria e mi respingerai non dovrò arrendermi. Scommetto che non ricordi neanche questo!"
"Vagamente" ammise socchiudendo gli occhi come se stesse cercando di rievocare quella frase.
La guardai un po' deluso, a volte sembrava esser cotta di me, ma in altri momenti sembrava che per lei fossi solo un semplice amico e non qualcuno di cui si era innamorata. Tuttavia credevo in una nostra possibile storia, come aveva accennato lei, non mi sarei dovuto arrendere. 
"Taylor, sto scherzando. E' l'unica cosa chiara nella mia testa."
Quelle parole mi rassicurarono. Essendo un attore potevo sembrare una persona aperta, sicura di sé e di ciò che faceva ma non era così, la mia insicurezza batteva ogni sensazione bella. 
I nostri volti erano a poca distanza, questa volta decisi di avvertire prima di baciarla.
"Ti sto per baciare" dissi avvicinando sempre più le mie labbra alle sue.
"Anche io" sorrise e finalmente il bacio arrivò più intenso che mai. 
Purtroppo questo piacere fu interrotto dallo squillo del cellulare, Virginia si staccò da me e allungò il braccio verso il comodino, prese il telefono e sbloccò la tastiera per poi leggere il mittente.
"Matthew?" disse ad alta voce.
"Matthew?" ribadii curioso.
"E'.. un amico - disse premendo i piccoli tasti - Dio mio, l'ho lasciato al centro della pista ieri.." affermò mettendo una mano sulla faccia.
"Ah… Matthew lo spasimante?" m'ingelosii. 
"No, cioè.."
"Me l'hai detto tu ieri."
"Non è un mio spasimante - si alzò a sedere - è solo… - fece una piccola pausa - ha provato a baciarmi."
"Cosa?"
"Mi sono fermata in tempo, sono scappata e probabilmente lui se n'è andato" sicuramente stava pensando ad alta voce perché sapeva che non sarebbe stata una buona idea raccontare a me, proprio a me, cosa era successo con i suoi precedenti ragazzi. 
"Lasciamo stare…" mormorai, presi la sua mano e l'attirai verso di me cercando di baciarla ma lei, inaspettatamente, si spostò.
"No Taylor, devo richiamarlo."
"Perchè?"
"E' mio amico!" affermò quasi sorpresa da ciò che avevo detto.
Compose il numero e potei sentire i piccoli squilli poi una voce maschile. Avvicinai il mio orecchio cercando di sentire cose si sarebbero detti.
"Pronto?"
"Matt, mi dispiace per ieri sera."
"Credevo fossi diversa."
"P… perché?"
"Non posso parlare, ti richiamo."
"Ma.." 
"Che c'è?" chiesi guardandola mentre fissava il cellulare con una lacrima in guancia.
"Credo si arrabbiato con me."
"E questo ti preoccupa?"divulgai.
"Ascolta.. io e te non stiamo insieme. Non mi piace questo tuo comportamento, ok?" fece per alzarsi dal letto ma prima che poté poggiare entrambi i piedi a terra, l'afferrai per il braccio a tornai a baciarla senza sosta, e lei non si oppose.
"Scusa" dichiarai sulle sue labbra poi scesi a baciarle il collo mentre il suo corpo era sopra di me.
"Non fermarti" bisbigliò ansimando. 
Virginia era una ragazza stupenda, non potevo dir niente su di lei ma ultimamente sembrava molto incoerente, un attimo prima stavamo discutendo e due secondi dopo mi chiedeva di non smettere di baciarla. Comunque fui felice della sua richiesta.
Misi entrambe le mani sui suoi glutei e le feci scorrere sotto la maglietta mentre le accarezzavo i fianchi. La mia lingua toccò a fatica la sua, i nostri respiri erano affannati e le sue mani percorrevano i miei pettorali. I suoi capelli coprirono appena i nostri volti ed istintivamente glieli accarezzai portandoli dietro le sue orecchie. 
Oh give me love like her.. il suono del cellulare di Virginia si fece risentire, quella canzone era così bella, non credevo che la conoscesse. Questa volta non fu un messaggio ma la ragazza sopra di me fu costretta a fermarsi.
"Spencer?" rispose affannosamente e passando una mano sulla faccia.
Rimasi immobile sul letto e portai appena la testa indietro, era la seconda volta che ci interrompevano, questa volta lei non era ubriaca e stavamo facendo ciò che entrambi desideravamo ardentemente.
"Niente, stavamo solo…Esatto."
Scoppiai in una piccola risatina non sonora.
"Ok, arrivo. - sbuffò - A tra poco."
"Devo accompagnarti a casa?" dissi controllando l'orario: erano appena le 7. 
"Si" rispose alzandosi dal letto per vestirti.
"E… quello che stavamo per fare?" chiesi camminando verso l'armadio attento a non incrociare il suo sguardo per l'imbarazzo.
Toc Toc… Qualcuno bussò alla porta, interrompendo quel momento d'imbarazzo che si era creato. Prima di aprire controllai che la ragazza fosse pronta.
"Ian.. ciao."
"Pronto per il penultimo giorno di lavoro? Non vedi l'ora di tornare a casa, eh?"
Strizzai gli occhi sperando che Virginia non avesse sentito ma così non fu, venne alla porta e mi guardò confusa. Probabilmente mille domande le stavano passando per la testa o, conoscendola avrebbe sicuramente voluto darmi uno schiaffo, dopotutto non le avevo detto che il mio alloggiò qui era temporaneo poi sarei dovuto tornare nel Grand Rapids.
"E lei è…"
"Sono Virginia" disse porgendo la mano al mio manager.
"Devo riaccompagnarla a casa" affermai nervosamente.
"Oh.. o.. ok, parliamo appena torni di quell'affare."
"Sicuramente…" lo salutai con la mano mentre si allontanava dalla mia stanza.
La ragazza scosse la testa, gli occhi le si riempirono di lacrime, mi avvicinai a lei cercando di accarezzarle la guancia ma si spostò delusa.
"Perché non mi hai detto niente? Che saresti tornato nel Grand Rapids? Mi avresti lasciata qui?" singhiozzò.
"No, certo che no - dissi avvicinandomi - ti avrei portata con me."
"E lasciare mia cugina, i miei zii e le mie amiche?"
"Mi dispiace…" non sapevo cosa altro dire, ero stato un'idiota, non avevo pensato ad una cosa fondamentale per un rapporto: non doveva crescere un'eccessiva distanza, avrebbe indebolito il legame. 
"Accompagnami a casa"si asciugò le lacrime, mise in tasca il cellulare e aspettò che m'infilassi una maglietta.
Per fortuna l'ascensore era già presente al piano, entrammo dentro il saliscendi e, per tutto il viaggio, non aprimmo bocca. Usciti a pian terreno attraversammo tutta la hall e uscimmo dall'albergo. 
I paparazzi erano lì fuori, muniti di telecamere, macchinette fotografiche professionali e microfoni, quest'ultimi non sarebbero serviti a niente tanto avrebbero scritto ciò che gli sarebbe convenuto, anche se non era la verità. 
"Stringi forte la mia mano" sussurrai rivolgendomi a Virginia che, fortunatamente, fece ciò che le avevo chiesto.
C'inoltrammo tra la gentaglia e tra essi riconobbi Steve Travor, il bastardo della situazione.
"Virginia, guardati come sei ridotta!" affermò con fare antipatico.
"Vattene Steve" rispose la ragazza.
"Circa una settimana fa io e te eravamo proprio in questo punto, non volevi che tornassi a casa, mi chiedesti di venire in camera tua, ricordi?"
"No. Ho rimosso tutto dalla mia mente."
Continuammo a camminare, strinsi i denti per non picchiare, di nuovo, quel coglione. Era davvero insopportabile, qualunque cosa lei avesse risposto, lui ne avrebbe fatto un articolo. 
"Lascia stare.." ripetei alla ragazza.
"Uhhh, scommetto che hai qualcos'altro per la testa, tipo il corpo nudo di Lautner."
"Perché non scrivi un articolo su di te? Ho io un'idea per il titolo 'Grande bastardo tradisce Virginia, la ragazza avvistata con Taylor Lautner', non so, potresti mettere una foto di te e Alice - disse prontamente - Si, so di voi due. Mentre baciavi me pensavi a lei, mentre mi chiedevi di uscire pensavi a lei e no, non è stato Taylor a dirmelo, l'ho scoperto da sola… la tua ragazza parla a voce troppo alta con le sue amiche." 
Quella risposta lasciò tutti a bocca aperta, compreso Steve, non si sarebbe aspettato una reazione del genere e, a dir la verità, neanche io. Quella ragazza mi sorprendeva di giorno in giorno, sembrava così fragile ma dentro era forte più di chiunque altro. 
Mentre gli altri paparazzi si limitavano a scattare foto e fare video, Steve fece qualche passo indietro e se ne andò furioso, tanto che gettò a terra la sua stessa macchina fotografica. 
"Fateci passare."
Arrivammo davanti alla mia auto, presi le chiavi dalla tasca e feci entrare Virginia poi mi sedetti sul sedile del guidatore, misi in moto e partimmo.
Mi voltai verso la giovane, sembrava arrabbiata, potevo capirla, ne aveva passate tante e chissà perché sapevo che ne avrebbe affrontate molte altre, magari io l'avrei aiutata. 
"Che fai?" le chiesi scrutandola mentre componeva un numero.
"Sto chiamano Matty."
"Ancora?"
"Non risponde" disse preoccupata.
"Che t'importa."
"Non torniamo su questo argomento, ok?"
"Perché no?"
"Non voglio litigare" rispose componendo di nuovo il numero.
"Non chiamarlo allora" allungai una mano verso di lei.
"Lasciami - disse dandomi uno schiaffo sul braccio - Perché ti comporti così?"
Bella domanda. Non sapevo neanche io perché stavo reagendo il quel modo, ero geloso da morire, avevo paura che quel ragazzo avrebbe potuto portarmela via visto che aveva provato a baciarla. Sembrava interessarsi più a lui che a me, e questo fatto era snervante. Ero preoccupato, io sarei tornato dai miei genitori chissà per quanto tempo e lei sarebbe rimasta qui, in compagnia dei suoi parenti, delle sue amiche e di qualche ragazzo desideroso di portarsela a letto. In qualche modo mi sentivo in dovere di proteggerla, come se appartenesse solamente a me, come se fosse la parte migliore di me. 
Guardai la strada davanti a me, proseguimmo per la strada principale che ci avrebbe portati dritti a casa di sua cugina.
"Non capisci che ti amo?" dissi alzando la voce.
Poggiò il cellulare sulle gambe e mi guardò intensamente, i suoi occhi sembravano brillare ma probabilmente era anche arrabbiata e delusa. 
"Se mi ami dovresti lasciarmi fare ciò che voglio."
"A costo di perderti?"
"Forse" sussurrò e prese di nuovo il cellulare, lo portò all'orecchio attendendo che qualcuno rispondesse.
"Basta con quel cellulare" urlai preso da non so quale tipo di rabbia; sentivo un bruciore allo stomaco. 
"Basta con questa assordante gelosia! - affermò lei - Non sei il mio ragazzo." 
"Sai cosa sei? Una ragazzina egoista e immatura, ecco cosa sei" non era quello che intendevo, non avrei mai voluto ferirla.
"Sei un coglione - scoppiò a piangere - Quando scenderò da questa macchina, dovrai dimenticarti di me, cancella ogni ricordo, ogni cosa che ti ho detto ieri sera. Questo sarà un vero addio" disse singhiozzando e gesticolando con le mani.
"Dio mio. Virginia, perché non capisci cosa provo?"
"Capisco invece. Sei pieno d'ira e non dire che sei arrabbiato con me perché mi ami…"
"Io…" non mi lasciò finire la frase che prese di nuovo il telefono e compose un numero.
"Sto chiamando mia cugina, lasciami qui, mi verrà a prendere lei" il suo tono era serio e freddo.
"No… ferma…" allungai le mani verso di lei per prendere il cellulare senza successo.
A quel punto persi completamente il controllo del volante, l'auto sembrava andare da sola e, siccome il terreno era bagnato, le gomme slittavano da una parte all'altra facendo sbandare la macchina. 
"Taylor fermati!" urlò Virginia in preda al panico.
"Ci sto provando!"
Proprio quando ero quasi riuscito a fermare l'automobile, un camion enorme comparve davanti a noi e ci venne contro. Entrambi i mezzi, in poco tempo si ribaltarono e finimmo contro un palo. Mi voltai verso la ragazza accanto a me prima di perdere completamente i sensi.

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Capitolo 9
*** You can't play on broken strings. ***


Pov Virginia

Mi svegliai in un letto d'ospedale, intorno a me c'erano delle persone che non riconobbi subito a causa della vista offuscata. Sentivo le gambe pesanti, come se qualcuno le stesse schiacciando con una pietra gigantesca. Era una sensazione davvero terribile. Intorno a me c'erano mia cugina ed i miei zii, vedevo la preoccupazione nei loro occhi così alzai il braccio cercando di raggiungere con la mia mano il corpo di Spencer.
“Grazie a Dio!” esclamò mia cugina congiungendo le mani in segno di preghiera e alzando lo sguardo verso l'alto.
“Scusate” mi limitai a dire riuscendo a parlare appena.
“Di cosa dovresti scusarti?” chiese la ragazza lasciando cadere una lacrima.
La scena dell'incidente non era molto chiara nella mia testa, ricordavo soltanto che pochi attimi prima io e Taylor stavamo litigando poi il buio, come se fossi stata catapultata in un altro mondo, un mondo vuoto.
Cercai di alzarmi a sedere ma mia zia mi fermò.
“Non alzarti.”
“Taylor?”
“E' nell'altra sala” rispose mio zio.
“Ma sta bene?” guardai tutti e tre con aria speranzosa, se gli sarebbe accaduto qualcosa non me lo sarei mai perdonata. Lui rappresentava tutto per me anche se non lo avevo mai ammesso direttamente, ero stata una completa idiota, non avrei dovuto trattarlo in quel modo.
Spencer mi guardò dritta negli occhi, un'altra lacrima le rigò la guancia scolorita, chiuse gli occhi e tirò su con il naso.
“Cosa gli è successo?” ripetei.
“Non si è ancora risvegliato.”
“Devo andare da lui” feci per alzarmi ma fui di nuovo fermata.
“No, il dottore ha detto che non puoi alzarti finché non ti fa almeno due flebo.”
“Non m'importa.”
“Virginia, ci sono i suoi genitori con lui!”
“Spencer, lui ha bisogno di me!”
“E tu hai bisogno di riposare!”
I fili che erano attaccati a me tramite tubicini erano davvero scomodi, non potevo rigirarmi nel letto come più mi piaceva, doveva far attenzione così decisi di girare di poco il busto dalla parte opposta in cui si trovavano i miei parenti. Scoppiai in un pianto sordo.
“E mia madre? L'avete avvertita?” domandai singhiozzando.
“E' partita da poco con il primo volo che ha trovato diretto a Los Angeles” rispose zia Esther.
“Sarà disperata” aggiunsi.
Strinsi i pugni e voltai il mio sguardo verso la porta d'uscita della mia stanza da dove entrarono quattro ragazze.
“Ehi splendore!” disse Hanna avvicinandosi a me con dei fiori in mano poi mi diede un bacio sulla fronte e sorrise.
“Come ti senti?” chiese Claire.
“Debole ma.. che ore sono?”
“Sono le – Diana prese il cellulare dalla tasca e guardò l'orario – 13 e 20.”
“Beh, è ora di pranzo” affermai sistemandomi a sedere.
"Non credo tu possa mangiare."
Lanciai la testa indietro e sbuffai, avevo lo stomaco vuoto, non avevo neanche fatto colazione e in più, la mattina prima dell'incidente, avevo rigettato tutto il cibo mangiato la sera prima. 
"Ding ding.. è l'ora della puntura" enunciò un ragazzo entrando nella stanza in cui ero ricoverata. 
"Puntura?" m'informai impaurita.
"Esatto - rispose quello che doveva esser il mio dottore, piuttosto giovane - Ah, ben svegliata" sorrise.
"Grazie" risposi quasi imbarazzata.
"Non mi sono presentato, sono Wren Kingston e sono il medico che assisterà questa bellissima ragazza! - porse la mano ai miei zii - Siete i suoi genitori?"
"No, io sono sua zia Esther Hastings."
"Io sono lo zio, Ethan Hastings."
"Allora - sospirò Wren - Devo farti una flebo a pranzo e una a cena."
"Perfetto" borbottai ironicamente.
Sin da piccola avevo avuto paura degli aghi, non sopportavo vedere entrare quel pungiglione nella pelle. 
"Dobbiamo uscire?" chiese Spencer.
"Si, andate a casa.. a lei ci penso io" detto ciò si girò verso di me e mi fece l'occhiolino.
"Ok."
"Ciao ragazze" tirai un bacio ad ogni persona presente nella stanza.
"Ciao tesoro" mia zia mi salutò con un bacio sulla guancia e strinse la mia mano.
Mi limitai a sorridere dopo che furono usciti dalla camera, mi voltai e guardai i fiori che le mie amiche avevano portato, erano davvero bellissimi ed il loro profumo si sentiva a chilometri di distanza.
"Sono bellissime" disse il medico prendere una sedia e indicando le rose sul tavolino accanto al mio letto.
"Lo so."
"Quindi sei italiana?"
"Mia madre sì, mio padre ha origini inglesi."
"Splendido e... sei fidanzata?"
Quella domanda mi lasciò davvero perplessa, non sapevo se ci stava provando con me però mi sentii subito a mio agio con lui, era un dottore davvero dolce e, immersa nei miei pensieri, non mi accorsi che l'ago era entrato e uscito un paio di volte dal mio braccio. 
Non pronunciai alcuna parola, mi limitai a scuotere la testa anche se avrei voluto annuire vista la situazione che si era creata tra me e Taylor.
"Ti ho fatto male?"
"Non ho sentito niente."
"Sono un mago."
"Credo di si" ridacchiai.
"Sei davvero bellissima" ripeté Wren.
"Attento dottore, potrei pensare che lei ci stia provando con me…" dissi scherzosamente. 
"In effetti, è quello che sto facendo."
"Diretto il ragazzo."
"Non sono il tipo che fa troppi giri di parole."
I suoi occhi erano così sinceri quando parlava con me, le sue mani erano impegnate a sistemare il casotto intorno al mio letto, c'erano fiale di sangue, asciugamani, sacche di un liquido simile all'acqua e pacchetti di fazzoletti. Abbassai lo sguardo ed arrossii.
"Posso chiamarti Wren?"
"Mmh, non lo so.. - prese la sedia e la sistemò sotto la finestra che poi aprì per far circolare l'aria - ..ma sì dai." 
Ridacchiammo entrambi, il ragazzo fece qualche passo indietro portando con se la cartella clinica e la penna e, prima che uscì dalla sala lo fermai.
"Wren?"
"Si?" si girò verso di me.
"In che stanza si trova Taylor Lautner?"
"Ah giusto. - aprì quella specie di quaderno e lesse qualcosa - Stanza 302, è l'ultima infondo a destra, non si è ancora ripreso."
"Starà bene?"
"Non lo so, non sono io a seguirlo ma spero di si - sospirò - ti piace?"
"Lo amo" affermai prontamente senza ripensamenti.
"Immaginavo, ti ho vista sul giornale.. un paio di volte."
"Ho ottenuto quello che volevo, ora sono famosa!"
"Tra qualche giorno nessuno ci farà più caso."
Annuii e sorrisi.
"Grazie."
"Riposa che per le otto di questa sera passo per un'altra flebo" disse ciò, mi fece l'occhiolino e se ne andò.
Non ero nelle condizioni migliori per scendere dal letto, mi sentivo più debole di prima, forse era l'effetto delle cure che mi stavano facendo. Tutti mi dicevano di riposare, di stare tranquilla ma come potevo? Come potevo star bene con me stessa quando il ragazzo che amavo ancora non si era risvegliato? 
Le mani iniziarono a tremare e così anche le gambe, chiusi gli occhi cercando di alleggerire la tensione dormendo ma ebbi buoni risultati soltanto dopo un'ora e mezza.

Fui svegliata dallo sbattere di una porta. 
Mi guardai intorno ancora un po' addormentata, allungai la mano verso il mio cellulare e potei notare un nuovo cerotto sul mio polso. Controllai l'ora: erano le 23 passate. Avevo davvero dormito 8 ore? La risposta era chiara, non mi ero neanche accorta che il medico era tornato per farmi la seconda flebo del giorno.
Staccai il filo che mi teneva unita al macchinario ospedaliero, poggiai lentamente i piedi sul pavimento, la schiena era ancora indolenzita e sentivo i miei muscoli contrarsi. La finestra della stanza era ancora aperta ed il venticello fresco della California si faceva sentire attraverso il movimento delle tende color pesca.
Sul mio comodino c'era un nuovo vaso di fiori, margherite, rose, tulipani e altri tipi che non conoscevo, sul gambo di uno di essi era attaccato un bigliettino, lo aprii e lessi con attenzione.
Probabilmente non mi perdonerai mai per ciò che ti ho fatto ma devi sapere che ti sono vicino. Credevo di trovarti sveglia ma, appena ho visto che eri immersi in un dolce sonno ho pensato di scriverti, forse è meglio, almeno non hai visto la mia faccia. Sei davvero bella, sei una delle ragazze più belle che io abbia mai conosciuto, il tuo cuore è immenso e non so come io abbia fatto a farmi scappare una persona del genere, ti ho tradita, ti ho illusa e umiliata, sono stato un coglione, mi odio per questo. Solo ora che ti osservo mentre dormi, ho capito che sono veramente stato innamorato di te e credo di esserlo ancora, non sopporto vederti con Taylor, ho sempre detestato quel ragazzo, ora più che mai visto che ti ha portato via da me. Probabilmente butterai questa lettera nel cestino più vicino che troverai.. non sto cercando di giustificarmi e non ti chiedo neanche di tornare con me perché so che non lo faresti mai, dopotutto ti ho recato una ferita davvero troppo profonda ma sono sicuro che con l'amore di quell'attore, il tuo cuore si aggiusterà. Non so che mi è preso, non so perché ti ho picchiata alla festa di Halloween, mi pento di quel gesto. 
Con ciò ti dico addio, ho deciso di partire con mio fratello, andrò a vivere in Canada ma conserva il mio numero, quando vorrai potrai chiamarmi, ci faremo una chiacchierata da amici, sempre se nel tuo cuore c'è ancora spazio per un tipo come me. Ah, fare paparazzo è un lavoro squallido, ho smesso! Spero tu ti riprenda presto. Con amore, Steve. 
Interpretai queste parole con estrema velocità capendo perfettamente cosa provava lui in quel momento, ma ora come ora non potevo perdonarlo, non sarebbe stato giusto e soprattutto non se lo sarebbe meritato. Come ha detto lui la ferita era piuttosto profonda ma ciò che desideravo era stare con Taylor, mi sarei dovuta prendere cura di lui ed è per quel motivo che mi stavo avviando nella sala in cui era ricoverato.
Piegai il foglio in quattro parti e lo misi nella borsa poi raggiunsi l'uscita a passo felpato. Mi recai davanti alla camera dell'attore, mi affacciai e notai intorno al suo letto una serie di macchinari, entrai silenziosamente e mi avvicinai al ragazzo. 
"Taylor? - pronunciai il suo nome come se potesse sentirmi - mi dispiace per quello che successo tra noi. - presi la sua mano e la strinsi forte - So che mi sono comportata male con te, ho pensato solo a me stessa e a quello che la gente avrebbe pensato di me.. - lasciai rigare il mio viso da una lacrima - ..ma ti amo, ok? Ti amo da morire quindi apri quegli occhi, dobbiamo stare insieme.. per sempre.. se vorrai. - sospirai cercando di bloccare quel pianto disperato che mi aveva sopraffatta - Ti sono vicina, i tuoi fan ti hanno anche lasciato delle lettere, sono qui sul comodino - dissi voltando lo sguardo verso i fogli."
"Virginia?" qualcuno mi chiamò, mi voltai e vidi Wren con una sedia a rotelle venire verso di me. 
Le lacrime continuavano ad uscire senza fermarsi ed il mio respiro era affannato.
"Cosa ci fai qui a quest'ora? Torna subito a dormire."
"No, per favore… - la mia frase fu interrotta da una stretta di mano. Taylor aveva stretto la mia mano! - Taylor? - lo chiamai, di nuovo - So che mi senti.."
"Virginia.. credo che tu sia troppo stanca.."
"No, Taylor mi ha stretto la mano - dissi mettendo entrambe le mie mani sulle guance del ragazzo - Amore mio sono qui" alzai la voce in preda all'agitazione e sorrisi ancora con gli occhi gonfi di lacrime.
"Virginia smettila! Taylor non si è svegliato, il rilevatore non ha trovato nessun cambiamento!"
"Ma io so quello che ho sentito!"
"Hai le allucinazioni, vieni con me - mi afferrò per il braccio e fece cenno di sedermi su quella sedia nera ma io scossi la testa - Avanti! - si abbassò verso le mie gambe e mi prese in braccio."
"So camminare."
"Potresti perdere l'equilibrio, sei debole."
"Ha stretto la mia mano!" ripetei asciugando i residui delle lacrime con il palmo delle mani.
"Va bene però ora dormi, se potessi ti farei compagnia e ti sorveglierei tutta la notte."
"No, grazie."
Mi adagiò sul letto e mi rimboccò le coperte fin sopra il petto.
"Buonanotte."
Come risposta ricevette un cenno con la testa poi chiusi gli occhi. Forse aveva ragione, ero davvero esausta poiché mi addormentai dopo pochissimi secondi.
-
"Virginia, grazie al cielo stai bene" quella era proprio la voce di mia madre e la sua mano accarezzò dolcemente i miei capelli. 
"Mamma!" esclamai con voce bassa ma sorpresa.
"Buongiorno pulce. Esther mi ha raccontato…"
"Che ore sono?"
"Le nove di mattina" disse mentre controllava l'orologio che le avevo regalato io per il compleanno.
"A che ora sei arrivata a Los Angeles?"
"Circa un'ora fa, c'è stato un ritardo da parte dell'aereo e poi del taxi."
"Sono felice che tu sia qui" ammisi sorridendo.
"Anche io."
"Come ti senti?"
"Sto bene ma devo andare da Taylor, voglio essere lì quando si sveglierà."
"Sono passata davanti alla sua camera… ci sono i suoi genitori."
"Devo esserci anche io…" 
Tentai di alzarmi ma mia madre mise una mano sul mio petto e mi fece sdraiare. 
"Sta arrivando il medico, tesoro…"
"Ok…" alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
Ed eccolo in tutta la sua bellezza, lui teneva la mia cartella clinica in una mano e la penna nell'altra, sorrise e porse la mano a mia madre.
"Wren Kingston."
"Amanda Giolitti, sono la madre di.." non le lasciò il tempo di finire la frase che le baciò il dorso della mano. 
"Immaginavo, è bella quanto la figlia" disse.
Quella scena era imbarazzante, non sapevo cosa dire e, a quanto pare anche mia madre era rimasta a bocca aperta. Sì, Wren era un medico gentile e disponibile però non doveva neanche pensare che mia madre avrebbe accettato le sue avance, non sarebbe diventato il mio patrigno, NO!
"Ok.. - dissi arrossendo e cercai di interrompere quel momento di tensione che si era creato. Per fortuna qualcuno bussò alla porta della camera - Uh, hanno bussato." 
Sorrisi quando vidi entrare Matthew, aveva un mazzo di rose tra le mani e le portava con cura grazie anche al suo solito passo lento. 
Si presentò a mia madre poi mi diede un bacio sulla guancia.
"Ti visito e me ne vado.. - fece il suo dovere, controllò se le ferite se i punti applicati alle ferite erano caduti e sorrise. - Direi che tra cinque giorni potrai uscire.." aggiunse.
"Sul serio?" domandò mia madre con un sorriso che non le avevo mai visto prima.
"Esatto. - scrisse qualcosa sul suo 'quaderno' - Amanda, ti va di venire a prendere un caffè con me?"
"Volentieri - rispose mia madre allontanandosi dal letto - Vi lascio soli…" affermò dopo che le ebbi lanciato una frecciatina di disapprovo.
"Mi dispiace per ieri mattina" ammise Matt prendendo la mia mano.
"E' colpa mia, sono stata una stupida a lasciarti al centro della pista, ho fatto un casino."
"Spencer mi ha raccontato del tuo amore per Taylor Lautner.."
"Amore impossibile" sussurrai tra me e me.
"Uhm.. Ho provato a baciarti perché mi piaci e credevo fossi libera."
"Sono libera."
"Non mi sembra" alzò di poco il tono della voce poi si passò una mano tra i corti capelli. 
Come sempre la situazione doveva complicarsi, era venuto in pace ed ora si era creato un disagio enorme tra di noi. Rimasi in silenzio per qualche secondo, non sapevo che altro dire, volevo bene a Matt nonostante lo conoscessi da poco tempo, era un bel ragazzo ma potevamo esser solo amici.
"Spero tu ti riprenda!" 
"Aspetta, Matthew!" sbuffai.
Ci mise un secondo ad andarsene, non mi guardò neanche negli occhi e lanciò le rose sulla sedia; era deluso e forse un pochino arrabbiato. Quando aprì la porta controllai da lontano che mia madre o il dottor Kingston non fossero nei paraggi.
Scesi dal letto e senza farmi vedere da nessuno mi precipitai nella stanza di Taylor ma, a mia sorpresa, trovai una ragazza voltata di spalle. La riconobbi dai capelli, era Sara Hicks. 
Ancora lei? Cosa voleva dal mio ragazzo? Sbuffai e, con furia sbattei la porta, la giovane si girò e mi fissò.
"Vattene" l'attaccai.
"E' colpa tua se lui è in questo stato! - disse alzandosi dalla sedia - Sei una troia!" iniziò a lacrimare.
"Lui non ti vuole" sostenni a tono basso.
Ci fu un attimo di silenzio poi il colpo di grazia.
"Sono incinta!" 
Il mondo mi cadde addosso. Le ossa stavano per cedere ed il mio cuore batteva fin troppo piano, sarei svenuta da un momento all'altro. 
"Cosa?"
"Quando tu lo respingevi c'ero io, lui mi ha chiamata e siamo andati a letto insieme, non ha neanche usato il preservativo."
Non era possibile, Taylor non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, lui mi aveva promesso che non ci sarebbero state altre bugie. Mi poggiai al muro dietro reggendomi ad esso. 
"Non ti credo!"
"Sei libera di credermi o no - venne verso di me e mi puntò il dito contro - Ma ti consiglio di sparire dalla circolazione, non farti vedere più in questa camera, i dottori hanno detto che probabilmente ha avuto un problema cranico quindi potrebbe non ricordarsi chi tu sia... sono stata chiara?" 
Scossi la testa lasciando scivolare alcune lacrime sulle mie guance impallidite. 
"Vattene!"
Senza dire niente mi allontanai dal posto, non ero in grado di rispondere a lei nel modo in cui avevo risposto a Steve, non perché non avessi il coraggio bensì perché ero debole e non avevo nessun motivo valido per accusarla di dichiarare qualcosa di falso. Ero sempre la solita ragazza, mi preoccupavo per gli altri, non per Sarah ma per il bambino, non avrei mai voluto che crescesse senza un padre perché sapevo benissimo il vuoto che avrebbe lasciai, a me è successo. 

-

Fans, questa volta ho deciso di pubblicare prima il nono capitolo, spero vi sia piaciuto e come sempre, lasciate una recensione. Grazie :3 

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Capitolo 10
*** Say goodbye to my heart tonight. ***


Pov Taylor

20 novembre 2012

Erano passati due giorni da quando avevo lasciato l'ospedale, il tempo era trascorso velocemente, i miei genitori e la mia ex fidanzata erano state le uniche persone sempre presenti, non mi avevano neanche fatto alzare. 
La notizia più sconvolgente era stata quella della gravidanza di Sara ed era sicura che quel bambino fosse mio.
"Taylor?"
"Sara, ciao" dissi sospirando.
"Sei sveglio finalmente."
"Che ci fai qui?"
"Non sono mai andata via, stavo aspettando che ti riprendessi."
"Ok."
"C'è una cosa che devi sapere."
"Dimmi."
"Sono incinta."
"Cosa?" chiesi sorpreso.
"Ho le lastre - prese dei fogli dalla borsa e mi mostrò l'ecografia - E' tuo figlio… nostro figlio."
Quella scena era sempre nella mia testa, mi stava facendo impazzire. 
Non potevo credere a ciò che avevo sentito, i miei genitori erano al corrente di ciò e non ero affatto contrari, anzi, mia madre non vedeva l'ora di diventare nonna. Quando le avevo chiesto di Virginia, mi aveva risposto un po' freddamente.
"Mamma?"
"Si, figliolo?"
"E' passato nessuno a salutarmi mentre dormivo?"
"No perché?"
"Niente" dissi deluso.
"Se intendi Virginia… lei è passata proprio davanti alla tua porta con sua madre, le ho chiesto se voleva entrare ma ha detto che ormai non le interessava più."
"Non le interessava cosa?"
"Di te, suppongo."
Non riuscivo a levare dalla mente quel pensiero, tutto quello che mi aveva detto mia madre era giusto, Virginia non rispondeva al cellulare, ero andata a cercarla a casa di sua cugina ma quando avevo suonato al campanello, nessuno si era presentato alla porta. Se non voleva più vedermi non potevo biasimarla, era stata colpa mia se lei si era svegliata in un letto d'ospedale, stava litigando con me prima dell'incidente. Rilassai i miei muscoli dentro al letto della mia dolce camera d'albergo. I medici avevano detto che avevo reagito meglio di quanto pensassero, il mio corpo era più in forma di prima anche se non avrei potuto lavorare fino al prossimo ordine.
"Amore, ti serve qualcosa?" chiese mia madre urlando dal bagno.
"In realtà, ho bisogno di uscire."
Nonostante la situazione si era complicata, non avevo intenzione di arrendermi, sarei uscito per cercare il mio vero amore. 
"Ti accompagno da Sara?"
"No!" alzai la voce.
"Perché?" chiese quasi spaventata.
"Ti ho già detto che non crescerò quel bambino, io non amo Sara."
"Tesoro.. - mi accarezzò una guancia e si sedette accanto a me - …sei confuso…" 
Calò il silenzio ma lo interruppi io.
"Hai ragione. Sono confuso.. non capisco perché vuoi che io stia con Sara."
"Non sono io a volerlo, è stato il destino."
"Ma per favore."
"Dio vi ha donato una creatura, quella segna l'unione di due persone - sospirò - ascolta, se sei andato a letto con lei, sapevi le conseguenze."
"Sono stato attento, mamma!"
"A quanto pare, no."
"E se non fosse mio il bambino?"
"E' tuo, lei ha detto di esser stata a letto solo con te…"
"E tu le credi?"
"Perché dovrebbe mentire? La conosci da sempre, sai che non è una bugiarda."
"Oh, davvero?"
"Taylor ti capisco, ora sei preso da quella Virginia, ma a lei non importa niente di te."
"Che ne sai tu?"
"Mi sembra di averti detto che non ha voluto vederti."
"E con questo?"
Forse era vero, Virginia non era interessata a me come mi aveva fatto credere. Mia madre era capace di mettermi in testa pensieri che non avevo minimamente sfiorato, era come se controllasse la mia mente e questo non mi piaceva affatto. 
"Sara non si è rifiutata di vederti…"
"Senti - mi alzai dal letto ed infilai le scarpe - ho bisogno di prendere un po' d'aria."
Dopo aver fatto qualche passo verso la porta mi voltai e guardai mia madre mentre si sdraiava al mio posto, tenendo tra le mani un portafortuna, la solita collana con dentro la foto di Gesù. Mi fece tenerezza, dopotutto lei voleva solo la mia felicità, sin da quando ero piccolo mi abbracciava e mi ripeteva sempre che io e Sara saremmo diventati una coppia perfetta.
Passai davanti alla stanza di Ian e bussai.
"Si?" chiese l'uomo.
"Sono vivo!" dissi aprendo le braccia come per volerlo abbracciare.
"Oh cielo, il mio uomo. - disse ricambiando l'abbraccio - Stai bene?"
"Fisicamente sì, moralmente no."
"Ho saputo."
"Su cosa?"
"Sara e il bambino o.. la bambina."
"Già" sussurrai abbassando lo sguardo.
"Senti, non mi è mai piaciuta quella ragazza, non credi stia mentendo?"
"Ho visto l'ecografia."
"Oh…E…Virginia?"
"Non lo so. Sono giorni che provo a chiamarla, non risponde" scossi la testa e passai una mano sulla faccia.
"Mi dispiace."
"E' colpa mia."
"Sono sicuro che avrà i suoi motivi."
"Già… prima che accadesse ciò che è accaduto, stavamo litigando."
"Merda!"
"Puoi accompagnarmi a casa sua?" chiesi senza troppi giri di parole.
"Certo. Volentieri."
"In realtà è casa di sua cugina Spencer Hastings."
"Prendo la giacca e ti raggiungo."
Dopo pochi minuti attraversammo il corridoio dell'albergo, non c'erano paparazzi nei paraggi perché la polizia aveva deciso di controllare di più questo quartiere. 
Entrammo in macchina, allacciai la cintura di sicurezza e, a mia sorpresa, squillò il cellulare: era Sara.
Sbuffai e gettai la testa indietro poi decisi di rispondere.
"Pronto?"
"Taylor, amore."
"Cosa vuoi?"
"Voglio che tu venga con me domani."
"Dove?"
"Ho una visita dal ginecologo."
"Buon per te" sussurrai freddamente. 
"Verrà anche tua madre, non deluderla. Un bacio."
"Ciao."
"Cosa voleva?" chiese Ian.
"Ha una visita dal ginecologo…"
"Ops!"
"… e ci sarà anche mia madre."
"Quindi?"
"Non posso deluderla, lei ci tiene a quel bambino" borbottai tranquillamente.
Sbuffammo entrambi poi ridemmo.
"Sai, anche io vorrei diventare nonno" disse ironicamente.
"Non credo di esser pronto a diventare padre."
"Neanche io lo ero, ma ora eccomi qua, i miei figli mi adorano e sono il manager di un ragazzo fantastico" mi diede una pacca sulla spalla.
"Sono un'idiota. Forse ho trattato un po' male Sara."
"Forse… ma… se non è lei che ami… - sospirò e parcheggiò l'auto - Oh, eccoci qui."
Scesi dall'auto e mi precipitai davanti casa Hastings, un po' titubante decisi di bussare ma la porta si aprì prima che io lo feci. Davanti a me c'era sua cugina, le sorrisi e feci qualche passo indietro come per andarmene.
"Stai cercando Virginia?" chiese dolcemente la ragazza.
"Esatto" risposi un po' intimidito.
"E' in camera sua - sussurrò avvicinandosi a me - Non vuole uscire di casa, non prenderla sul personale, ma credo sia a causa tua" ammise sistemando la borsa sulla spalla.
"Posso…" 
Non mi lasciò finire la frase che annuì con la testa poi scese frettolosamente le scale ed iniziò a camminare.
Chiusi la porta dietro di me e mi guardai intorno.
"Spencer… hai dimenticato di pre… " Virginia scese le scale verso di me, probabilmente pensava fossi sua cugina. 
Il suo volto mutò completamente, quando mi vide i suoi occhi si gonfiarono di lacrime, ma evidentemente le voleva trattenere. 


Pov Virginia

Mi fermai con la felpa di mia cugina tra le mani. 
"Ti ha fatto entrare Spencer?" chiesi morendomi il labbro e rimanendo ad una certa distanza da Taylor.
"Perché ti comporti così?"
"Credo che tu debba andare."
"Non hai risposto alla mia domanda" disse avvicinandosi a me, forse troppo.
"Cosa dovrei rispondere?"
"Sono giorni che ti chiamo!"
"Ho il cellulare scarico."
Ovviamente mentii, avevo visto tutte le chiamate e i messaggi che mi aveva mandato, ma avevo deciso di chiudere con lui ed era per questo motivo che non volevo uscire di casa, finché la situazione non si fosse calmata.
"Non ci credo."
"Beh, la cosa è reciproca. Neanche io credo a te" replicai incrociando le braccia sotto il petto.
"Perché?"
"Mi hai fatta sentire come se il nostro amore non fosse vero…"
"Cosa?"
"Non voglio più vederti" dissi amaramente.
"Che cosa vuoi dire con ciò?"

"Lo sai benissimo."
 "No, Virginia, non so un bel niente." 
Come al solito, quando si arrabbiava, Taylor alzava sempre la voce e ciò mi spaventava.
Stava fingendo, ne ero sicura, lui avrebbe avuto un figlio con Sara, era stato a letto con lei e non mi aveva detto niente, non era stato del tutto sincero con me e non potevo sopportare tutto questo dolore, dovevo rendermi conto che non avrei mai fatto parte della sua vita, non eravamo destinati. 
"Ti sei allontanata da me, io non avrei mai fatto lo stesso…" sussurrò mentre avvicinava la sua mano alla mia guancia cercando di asciugare le lacrime che erano prossime a rigare il mio volto. 
"Mi sono fidata di te..." aggiunsi.
"Se ti stai riferendo all'incidente… mi dispiace, non avrei mai voluto ferirti."
"Continui a ripetermelo ma è l'unica cosa che sai fare."
Le lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi prepotentemente, non riuscivo più a farle fermare.
"Mi dispiace."
Scossi la testa ed iniziai a tamburellare i piedi sul pavimento.
"E' troppo tardi."
"Non è mai tardi" affermò.
"Perché non mi hai detto che sei stato a letto con Sara?"
"E' stato un mese fa!"
"In una relazione, la sincerità è la cosa più importante!"
"Lo so, se solo mi avessi dato modo…"
"Modo di fare cosa? Dirmi: 'sono stato a letto con la mia ex fidanzata, ora è incinta ma è stato un errore che non si ripeterà'?"
"Io…." lo interruppi.
"E' questo che mi avresti detto?"
"No!"
"Taylor, Sara è incinta!"
Quando pronunciai quella parola impallidì, poggiai la mia schiena alla parete dietro di me e respirai profondamente.
"Lo so! Dannazione, lo so!" disse mettendosi una mano tra i capelli.
"Sto cercando di farti uscire dalla mia mente ma non ci riesco, vedo le tue immagini da ogni parte - sussurrai continuando a piangere - Non posso continuare così!"
"Virginia - si avvicinò ancora a me e prese il mio volto tra le sue mani - non voglio quel bambino!"
"E' tuo figlio!"
"Voglio te - lasciò cadere anche lui una lacrima - Perché non capisci che voglio solo te?"
"Non dovrebbe esser così. Devi stare accanto a Sara, devi crescere tuo figlio."
"Non posso."
"E' egoistico da parte tua - socchiusi gli occhi e deglutii - Non puoi farlo crescere senza un padre, non sai quant'è brutto."
"Dio mio! - si allontanò da me e diede un pugno alla parete. - Cazzo!" urlò.
Rimasi a bocca aperta dopo quell'azione, ero spaventata ma il mio cuore avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene ma così non feci, la mia testa vinceva quasi sempre. 
"Non voglio perderti."
"Mi hai già persa."
Dietro a quella mia risposta c'era un'altra spiegazione ma per fortuna non fece domande.
"Perché non sei venuta a trovarmi mentre ero in ospedale?"
"Sono venuta, ma non credo tu abbia sentito… "
Il silenzio regnò in quella casa per lunghissimi minuti, entrambi sembravano esserci calmati e i nostri respiri erano più regolari di prima. Taylor abbassò lo sguardo quasi rassegnato.
"Sentire cosa?"
"Non importa."
"Si, invece."
Presi fiato poi parlai.
"Mi hai stretto la mano mentre… - distolsi lo sguardo dai suoi occhi e fissai un punto dietro di lui - mentre dicevo che… che ti amo."
I suoi occhi sembravano brillare a quelle parole, mi aspettavo una reazione diversa tipo, un bacio o un'abbraccio ma niente di tutto ciò fu. 
"Guardami negli occhi - disse mettendo la sua mano destra sul mio mento e mi 'costrinse' a guardarlo negli occhi - Se è vero, ripetimelo."
"Cosa?"
"Voglio che tu ripeta quello che provi per me, guardandomi negli occhi."
"Ti amo."
"Vuoi stare con me?"
"Ti prego - velocemente mi allontanai dandogli le spalle mentre mi appoggiavo al tavolino situato all'ingresso - Non possiamo."
"Si che possiamo."
"Vattene, per favore."
Non potevo credere che sarebbe finita così, non volevo allontanarmi da lui ma dovevo, Sara aveva detto espressamente che non mi sarei più dovuta far vedere e capivo il motivo, non solo perché lei era gelosa, doveva esser per il bene del bambino. 
"Sai una cosa? Sono stanco di aspettarti" quelle parole uscirono dalla sua bocca quasi come veleno.
Evidentemente era deluso da me, potei sentire soltanto dei passi diventare sempre più lontani. 
Ma cosa stavo facendo? Perché mi comportavo in quel modo? 
Fui colpita da un'improvvisa fitta allo stomaco, se avessi fatto uscire quel ragazzo da quella porta, ci saremmo persi per sempre e non potevo permetterlo. 
Lo so, non ero molto coerente con le mie decisioni ma dovevo farlo, quasi non rispondevo più delle mie azioni.
Quando udii il cigolio della porta che si apriva mi precipitai su Taylor, avvolsi le mie braccia attorno al suo collo ed iniziai a baciarlo, con foga estrema. Sapevo che sarebbe stata l'ultima volta con lui, mia madre mi aveva proposto di tornare in Italia, io avevo accettato e i biglietti erano stati prenotati per il giorno seguente.
Le sue mani si fermarono sui miei glutei, mi diedi una piccola spinta per contornare con le mie gambe i suoi fianchi. 
Senza dire niente ci affrettammo ad andare in camera da letto, chiusi la porta a chiave e mi gettai sul letto stendendomi alla perfezione. Tornammo a baciarci con passione, le nostre lingue non facevano altro che toccarsi e lo stesso i nostri corpi.
Alzai le braccia e mi feci sfilare la maglietta poi feci lo stesso con lui. Mi fermai a guardare il suo petto, per un attimo ci guardammo negli occhi.
"Sei sicura?" chiese Taylor mentre faceva scivolare le sue mani dietro la mia schiena.
"Si."
Ripresi a baciarlo mentre le sue mani mi slacciavano il reggiseno. Le sue calde labbra attraversarono il mio petto fino ai jeans che sbottonò dopo avermi guardato negli occhi. 
Prima che mi possedette controllai l'orologio poi mi lasciai andare a quegli ultimi momenti, così perfetti che mai avrei potuto dimenticare.

"Siamo a casa!" gridò Spencer.
Mia madre aprì la porta ed io, spaventata, aprii gli occhi coprendo il mio corpo con il lenzuolo. 
"Mamma?"
"Virginia?"
Per fortuna, quando Taylor si alzò, richiuse la porta con grande fretta e a passo d'elefante scese le scale. 
"Era tua madre?"
"Esatto" dissi sospirando affannosamente. 
Non avevo mai fatto una figura del genere con mia madre, era stato un momento piuttosto imbarazzante ma ero sicura che avrebbe capito. 
"Cosa le dirai?"
"Siamo nello stesso letto, siamo nudi. Cosa vuoi che le dica?"
"Giusto - abbassò lo sguardo e sospirò - Mi hai sorpreso."
"Avevi ragione tu."
"Riguardo a cosa?"
"Non posso perderti."
Sorrisi e mi lasciai baciare da quelle labbra irresistibili.
"Cos'è quella?" chiese indicando la valigia.
"Niente…"
"Come niente? Ci sono due biglietti sopra - avvolse il lenzuolo attorno al suo punto vita e si alzò. - Roma?"
"Torno in Italia" annunciai a bassa voce.
"Cosa?" 
"Mi dispiace."
"Sarei io il bugiardo, eh?"
Detto ciò prese la camicia, indossò le mutande e i pantaloni e sbatté la porta. 
Proprio la reazione che temevo, dopotutto ero stata una stupida e una reazione del genere me l'aspettavo, non potevo cancellare ciò che avevo deciso, nonostante io e Taylor fossimo andati a letto insieme, Sara era ancora incinta e lui avrebbe dovuto prendersi cura di suo figlio, non potevo sopportare una cosa del genere.
Mi rannicchiai sotto le coperte ed iniziai a piangere. 

-

Aw, finalmente sono arrivata al decimo capitolo :3 Spero che sia interessante.. non so, a volte credo di scrivere stupidaggini D: Comunque, vi chiedo ancora di lasciare recensioni e recensioni e... recensioni. Vi aspetto con il prossimo capitolo. 
Ps: devo ringraziare Joe Jonas e la sua canzone 'See No More' perché mi ha ispirata puahahahahahaha 

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Capitolo 11
*** Your memory is breaking my heart. ***


Pov Virginia

Indossai i vestiti più costosi di mia cugina, così mi aveva detto di fare. A Los Angeles ci sarebbe stata una specie di festa, con bancarelle e musica ed io non potevo mancare, soprattutto perché Matt mi aveva invitata e sarebbe stato lì a momenti.
Raccolsi i miei capelli in una lunga coda e avvolsi una specie di foulard al mio collo. Associai all'ombretto argento un rossetto color pesca poi, quando il campanello suonò, mi precipitai al piano di sotto scendendo frettolosamente le scale di casa.
"Virginia, stai bene? Sei pronta?" mi chiese Spencer mentre camminava verso la porta per aprire.
"Sono pronta" risposi alla seconda domanda, mi limitai a tralasciare la prima visto che non stavo affatto bene, ero confusa e tremendamente arrabbiata con me stessa perché avevo sbagliato tutto con Taylor, ero stata egoista e superficiale.
Fermai mia cugina prima che potesse aprire e mi presentai io all'entrata, sorrisi a Matthew e presi i fiori che mi aveva portato.
"Sono bellissimi."
"Andiamo?" chiese.
Mi voltai verso l'ingresso e notai mia cugina alle prese con una giacchetta nera.
"Spencer?"
"Sono subito da voi."
Ridacchiai, presi la borsetta posta sul comodino accanto alla porta, la misi sulla spalla e mi recai fuori dalla villa. 
"Ti aspettiamo in macchina" dissi rivolgendomi a mia cugina.
"E così domani te ne vai, torni a Roma?" domandò Matt.
"Sì."
"Verrai a trovare tua cugina, ogni tanto?"
"Non lo so" affermai scuotendo il capo mentre ci avviavamo verso l'auto.
"Beh, se dovessi venire, chiamami."
"Certamente" gli feci l'occhiolino.
Mi aprì lo sportello della macchina ed io entrai abbassando appena la testa. Fece lo stesso lui, misi subito in moto ma non partì visto che dovevamo aspettare Spencer. 
Presi il cellulare, controllai se c'era qualche messaggio o qualche chiamata, ma niente. Taylor non rispondeva alle mie chiamate, dopo quel pomeriggio che avevamo passato insieme era successo un casino, mi ero resa conto di aver sbagliato a non dirgli che sarei tornata in Italia. 
Mi morsi nervosamente il labbro e lasciai cadere una lacrima sulla gamba tenendo la testa bassa in modo che Matt non potesse vedere ciò che mi stava accadendo. 
Feci un grande sospiro quando la portiera dell'auto si aprì, per fortuna mia cugina era arrivata. 
"Si parte" disse.
Poggiai la testa sul sedile, abbassai il finestrino e lasciai che l'aria fresca della città mi scompigliasse appena quella cosa perfetta che ero riuscita a farmi. Di solito portavo i capelli sciolti. 
"Tutto ok?" chiese il ragazzo alla guida.
Ero distratta, ero perennemente distratta dai miei pensieri, dalle paure e dal dolore. Sospirai e solo dopo pochi secondi mi accorsi che avrei dovuto rispondere alla domanda che mi era stata fatta.
"Eh...? Si, tutto ok" risposi non molto convinta.
Misi un pò in ritardo la cintura di sicurezza, allungai la mano ed accesi la radio. 
Every growing boy needs a little joy, all you do is sit and stare..
La canzone che partì alla radio era coinvolgente, l'avevo già sentita da qualche parte ma, in quel momento, non ricordavo dove. 
"Do you wanna touch? Do you wa..." Spencer iniziò a intonare il motivetto, mi voltai verso di lei guardandola con aria di rimprovero come per farla tacere e mi sorrise innocentemente. Abbassai il volume e sospirai. 
"Eccoci qua" annunciò Matt parcheggiando l'auto. 
Scendemmo tutti e tre dalla macchina contemporaneamente e ci inoltrammo tra la gente che guardava bancarelle, canticchiava e parlava ininterrottamente.
Iniziammo a passeggiare lungo la stradina, ci guardammo varie volte intorno, le persone non mi guardavano più come prima, non mi ero fatta una buonissima reputazione a Los Angeles però, sembrava che tutto era stato dimenticato. 
"Santo cielo! Corri a vedere - urlò Spencer, prese la mia mano e mi trascinò verso un banco dove vendevano animali, soprattutto cani - Che dolce!" esclamò avvicinando la mano per accarezzarlo.
"E' stupendo."
Avevo sempre amato i cani, quello doveva esser un barboncino toy cucciolo, era così adorabile. Per un attimo il pensiero di comprarlo sfiorò la mia testa ma cancellai tutto dalla mente visto che non avrei potuto portarlo in aereo. 
"Ti somiglia" disse Matt ridacchiando e avvicinandosi a me, tanto da sentire il suo respiro sul mio collo.
Fui invasa da un brivido strano, non i brividi che provavo quando ero con Taylor, era... un brivido, non sapevo spiegarlo neanche io. 
Sorrisi allungando la mano verso gli altri cuccioli, li accarezzai per un secondo poi ritirai la mia mano e mi allontanai da quel posto mentre Spencer era rimasta lì a riempire di complimenti ogni animale presente. 
Dance, yes, love, next.. 
Una canzone che conoscevo, per fortuna! 
Iniziai a canticchiarla e allungai lo sguardo verso lo stand in cui l'avevano messa. 
Era un palco, c'era un tappeto rosso che accoglieva alcune ballerine che fermarono la musica per aggiungere un'altra sinfonia. 
Sbuffai, strinsi la mano di Matthew e lo portai con me. 
"Dove stiamo andando?" chiese confuso.
"Voglio cantare."
"Vuoi cantare?"
"Aham..." risposi annuendo.
"Io amo cantare."
"Wow! - esclamai arrivando sotto l'impalcatura - Coincidenza! Il canto che ho intenzione di intraprendere è un duetto.. Jennifer Lopez e Pitbull."
"La canzone di prima?"
"Yep" mi morsi il labbro e alzai il braccio per attirare l'attenzione del Dj.
"Si?" chiese il ragazzo togliendosi le cuffie dalle orecchie e facendomi salire stendendo la sua mano verso di me. 
"Io ed il mio amico volevamo cantare Dance Again... " non mi lasciò finire la frase che prese il microfono e mi diede una spinta facendomi andare al centro del palco. Guardai le persone mentre applaudivano e sorridevano felici. 
"Divertitevi!" sussurrò facendomi l'occhiolino.
Conoscevo le parole a memoria di quella canzone, esprimeva esattamente ciò provavo in quel momento.
"Nobody knows what I'm feeling inside, I find it so stupid, so why should I hide... - iniziai ad intonare le prime note, mia cugina alzò le mani in aria e comiciò a batterle cantando a ritmo con me e Matt. - So many ways wanna touch you tonight - Feci una piccola pausa quando lo sguardo di Taylor si fermò sul mio, aveva la fronte corrugata, sembrava ancora arrabbiato ma doveva capire che quella canzone era dedicata a lui, il testo era così reale per noi. - I'm a big girl got no secrets this time, yeah I love to make love to you, baby" affrontai quella grande frase indicando il ragazzo.
Quest'ultimo si guardò intorno e fece qualche passo indietro verso Spencer che era in compagnia di un giovane, non sapevo chi fosse, probabilmente qualcuno che aveva rimorchiato mentre assillava quelle povere creature. 
Ridacchiai e continuai a emettere suoni gradevoli dalla mia gola. 
"Bravissima!" gridò qualcuno
.
"Siete stupendi!" ripeterono.
"Grazie mille, a tutti" dissi insieme al ragazzo che era accanto a me. 
Mi diressi verso mia cugina e le sorrisi.
"Sei stata fantastica! E.. anche tu Matty, non credevo avessi una voce così bella."
"Nessuno lo sapeva! Neanche io" ironizzò.
"Oh, non vi ho presentati. Virginia, lui è Darren Morrison, un amico di Taylor."
"Migliore amico, per precisare."
"Piacere di conoscerti" strinsi la sua mano amichevolmente, il suo sguardo era fisso su di me come se mi stesse facendo una radiografia.
"Lui è Matthew" Spencer presentò anche i due ragazzi. 
La situazione si stava facendo un po' intensta, nessuno stava parlando ed io e Taylor ci stavamo mandando alcune occhiate che chiunque avrebbe capito il tipo di rapporto che ci univa. Cercai di sorridere ma ne uscì fuori una specie di smorfia, il che mi rendeva un po' ridicola.
"Bene..." sospirò mia cugina.
"Vi lasciamo soli" aggiunse Darren e, insieme a Matt, si avviarono verso altri stand.
Cosa avrei dovuto dire in quel momento? Cosa avrei dovuto fare? Non mi sentivo a mio agio, ero nervosissima e lo si poteva capire dalle mie gambe tremolanti. 
"Quindi.. questo è un addio?" domandò Taylor.
"Forse" sussurrai.
A passo lento, entrambi, ci avvicinammo l'uno con l'altra finché i nostri corpi non si toccarono, istintivamente misi le mani dietro la sua testa e combaciai le mie labbra con le sue con prepotenza. 
Non ci rendemmo conto di ciò che stavamo facendo, i miei occhi erano chiusi e per nessuna ragione al mondo mi sarei staccata da lui, non m'importava cosa stesse dicendo la gente, udivo i loro bisbigli ma fingevo di non sentire.
Purtroppo, il suo cellulare squillò, lo prese dalla tasca e preoccupato rispose.
"Sara?"
Quando pronunciò quel nome, il mondo mi cadde, per l'ennesima volta, adosso. Ogni volta che usciva dalla sua bocca era un colpo al cuore per me, un dolore insopportabile, non sarei riuscita a trattenermi.
Feci qualche passo indietro ed il mio viso iniziò a rigarsi di lacrime.
"Addio" mimai con le labbra facendo uscire giusto un filo di voce.
"No!" gridò Taylor gettando a terra il cellulare e corse verso di me.
Mi voltai, misi una mano sullo stomaco ed iniziai a singhiozzare correndo verso l'auto di Matthew dove, probabilmente, mi stava aspettando insieme a Spencer.
E' questo quello che senti quando piangi veramente? 
Se qualcuno chiedesse spiegazioni sul nostro rapporto, risponderei che siamo cresciuti, siamo cambiati in così poco tempo e non eravamo fatti per stare insieme. Farò finta di star bene e andrò avanti, aprirò gli occhi ad un mondo nuovo e dimenticherò.
"Tutto ok?" 
"No, Spencer. Portami a casa, per favore."
Mi sistemai sui sedili posteriori della macchina e mi rannicchiai, chiusi gli occhi e, dalla stanchezza, mi addormentai. 
-
La sveglià suonò alle 9 in punto, mi diedi una sciacquata al viso e velocemente scesi a far colazione; l'aereo sarebbe partito alle 11. 
"Buongiorno" dissi salutando mia madre con un bacio.
"Buongiorno Virginia" risposero in gruppo, da ciò che vedevo ero stata l'ultima ad alzarmi. 
"Dormigliona!" replicò scherzosamente mia zia.
"Pronta per partire?" domandò Spencer.
"Si" risposi decisa.
"Uova e pancetta... - disse mia madre porgendomi un piatto pieno di roba squisita però non ero dell'umore giusto per mangiare, non avevo fame - La tua preferita!"
"Scusa, non ho fame."
"Cosa c'è?" chiese.
"Mamma... vado a prepararmi." 
Corsi, di nuovo, in camera mia seguita da mia cugina.
"Ehi - si sedette sul letto accanto a me e mise una sua mano tra i miei capelli - Non piangere!" 
"Mi dispiace!"
"No. Tesoro, non devi scusarti, capisco che fa male."
Abbassai la testa verso il basso mettendo la faccia tra le mie mani. 
"Sono una stupida!"
"E' colpa mia. Non avrei dovuto insistere per farti stare con Taylor... mi avevi detto che non era destino..."
"No.. - la interruppi - Qui la colpa è mia. Ho sbagliato con lui sin dall'inizio."
"Calmati, per favore. - sospirò - Verrò a trovarti a Natale, ok?"
"Ok" annuii.
"Preparati che tua madre ha già avvertito la tua migliore amica, daranno una festa di bentornato - sussurrò ridendo - Non dirle che te l'ho detto!"
"Terrò la bocca chiusa" dissi accennando un sorriso.
Sistemai le ultime cose, mi feci una doccia veloce poi iniziai a prepararmi con cautela senza correre troppo visto che era ancora presto.

"Fai buon viaggio."
"Hanna, ci sentiamo tramite skype, ok?"
"Ovviamente" si lasciò uscire una lacrima.
"Ti voglio bene e... non piangere" le dissi poi l'abbracciai stringendola forte a me.
"Mi mancherai da morire."
"Anche tu."
Sospirai poi passai all'amica successiva.
"Buon viaggio, Virginia" disse Diana dandomi un bacio sulla guancia.
"Ci vediamo presto" affermò Cassidy, poi salutai anche lei con un bacio.
"Non combinate casini in mia assenza, eh!" mi rivolsi a Claire.
"Ti voglio bene, Spencer."
Lei era quella che mi sarebbe mancata più di tutte, oltre ad essere mia cugina era la migliore amica che una ragazza potesse desiderare, l'amavo con tutto il mio cuore. Rimasi abbracciata a lei per un bel po', non avrei mai voluto lasciarla ma ormai avevo preso la mia decisione.
Diedi un ultimo saluto anche ai miei adorati zii poi, un po' titubante, presi le valigie e le trascinai dietro di me avviandomi verso l'entrata per fare i controlli che sarebbero durati una decina di minuti. 


Pov Taylor

"Virginia starà già in aereo" borbottai rimanendo sul divano della hall dell'albergo.
"Mi dispiace" disse Darren.
"E così.. ti vedi con sua cugina?"
"Diciamo."
"Come mai sei venuto?" chiesi curioso visto che ancora non gli avevo posto quella domanda.
Il suo sguardo tornò serio, sembrava preoccupato ma finse un sorriso.
"Come mai tu e Virginia vi siete lasciati?"
"Non siamo mai stati una coppia" affermai distrutto dalla mia stessa affermazione.
"Ed ora.. stai con Sara?" chiese.
"No.. cioé, sono il padre di suo figlio e..."
"Cosa?" alzò la voce e m'interruppe.
"E' incinta."
Rimanemmo in silenzio per un po' e chiusi gli occhi mettendo una mano sulla mia fronte. 
Darren fece un sospiro profondo, si mise a sedere sul divano con una postura più eretta e mosse il capo prima di iniziare a parlare.
"E' a causa di Sara se Virginia non vuole stare con te?" domandò scandendo bene le parole.
"Più o meno."
"E se ti dicessi che il bambino non è tuo?"
Impallidii.
Cosa aveva detto? Il bambino non era mio? Avevo i miei dubbi, Sara sosteneva di esser stata a letto soltanto con me quindi dovevo per forza esser io il padre.
"C.. cosa?"
"E' stata lei a dire che era tuo?"
"S.. si."
Guardai il ragazzo con aria interrogativa, non capico a cosa volesse alludere, era tutto così confuso e strano. 
"Taylor. Il padre... sono io. Sono tornato per Sara."
"Cosa?" 
Da una parte ero felice di ciò che mi aveva detto, ma ero stato anche preso in giro, non solo dalla mia ex fidanzata anche dal mio migliore amico. In effetti lui abitava in Canada e Sara mi aveva detto di esser stata lì fino al giorno del mio incidente, chissà cosa aveva combinato.
"Sono stato a letto con lei, recentemente." affermò.
Ero davvero sorpreso. Non sapevo cosa dire, la rabbia saliva a dismisura così mi alzai dal sofà e puntai il dito contro Darren.
"Perché mi hai mentito?"
"Puttana!" disse stringendo i denti.
Nel suo sguardo potevo vedere tanta rabbia quanta ne contenevo io, si alzò a sua volta e alzò la voce.
"Sara ha mentito a me."
"In che senso?"
"Ha detto che sarebbe stata da sua madre per un po', poi avrebbe parlato con te del bambino. Taylor, avrebbe dovuto dirti tutto lei, lei stessa si era offerta di raccontare tutto a te la verità!"
"Ma non l'ha fatto!" risposi.
Non c'era tempo di pensare a questo, avrei fatto i conti con i ragazzi un'altra volta. Quello che contava era correre da Virginia per raccontarle tutto. Purtroppo la sera prima avevo rotto il mio cellulare quindi non avrei potuto comunicare con lei tramite messaggi.
"Diamine!" 
"Dove vai?" domandò il mio amico.
"Devo fermare Virginia."
Mi affrettai ad uscire dall'hotel, schivai ogni domanda posta dai paparazzi fastidiosi ed inisieme a Darren entrai in macchina.
Con quella notizia, io e Virginia saremmo potuti stare insieme perché ormai sapevo cosa provava la ragazza, non mi ero mai sentito tanto sicuro quanto lo ero quel giorno.
"A che ora parte l'aereo?" 
"Alle 11 - controllai l'orologio e lasciai guidare Darren - Sono le 10:51, ce la faremo?"
Considerando che l'aereoporto non era molto distante, saremmo potuti arrivare lì in meno di sette minuti.
"Passa con il rosso! - urlai e così facemmo - Dio mio, mancano cinque minuti!"
Il tempo passò in fretta, per fortuna le strade di Los Angeles non erano mai affollate. Arrivammo prima del previsto, scesi dalla macchina con fretta estrema e m'inoltrai nel grande edificio. Corsi più veloce che potevo.
"Virginia?" la chiamai ripetutamente ma potevo notare soltanto le persone che mi guardavano facendomi segno di star zitto.
"Sto cercando i passeggieri delle 11."
"L'aereo sta per partire" rispose un controllore.
"No! - mi morsi il labbro - Virginia?"
"Taylor?" la voce di Hanna risuonò nella mia mente.
Mi avvicinai alla ragazza, avevo il respiro affannato, non riuscivo neanche a parlare ma lasciai che intendesse ciò che avrei voluto dire.
"Virginia è partita!"
"No!" urlai forse troppo forte.
Diedi un pugno al vetro spaccandolo in mille pezzi, iniziai a camminare avanti ed indietro finché i parenti di Virginia non si avvicinarono seguiti dalla polizia.
"Cazzo!"
"Calmati, Taylor!" disse Spencer mettendo una sua mano sulla mia guancia.
"Non è mio il bambino."
"No?"
"E' di Darren."
"Darren?" domandò la cugina di Virginia.
"Mi dispiace!"
"Non m'importa di lui, devi medicarti questa ferita" mi prese la mano e mi fece osservare che stavo sanguinando.
"Che succede quì?"
"Ripago io il danno" mi rivolsi alle guardie.
Nessuno poteva capire come mi sentivo in quel momento, ero stato preso in giro, avevo fatto le scelte sbagliate, avevo sbagliato tutto, la mia vita stava prendendo una piega sbagliata. Cosa avrei fatto con Sara? Con il film che avrei dovuto girare? Con i miei genitori? 
Improvvisamente squillò il cellulare che Darren mi aveva prestato, era proprio la persona che cercavo: mia madre. Per qualche strano motivo aveva il suo numero.
"Taylor, dove sei?" chiese con tono di voce preoccupato.
"Domani dobbiamo partire per il Michigan."
"Perché?"
"Ti spiego appena torno."
Esatto, sarei tornato al mio paese natale, lì c'erano tutti i miei parenti e un po' d'aria fresca mi avrebbe fatto bene, non avrei cercato Virginia per qualche mese in modo da darle spazione di riflettere. Se eravamo destinati a stare insieme, prima o poi, ci saremmo ritrovati.
Sospirai e mi avviai verso l'uscita dell'aereoporto. 

 

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Capitolo 12
*** Oh baby, I need you now. ***


Pov Virginia

22 dicembre 2012

Ero appena uscita da casa mia, ero diretta sotto la metro per arrivare a 'Cinecittà Due', il centro commerciale più vicino a casa, in cui mi ero stabilita per qualche mese o forse, per qualche anno. Dovevo comprare alcuni regali per Natale.
Il mio quartiere mi era mancato, incredibile ma vero. 
Sorrisi guardandomi intorno, purtroppo la gente non era cambiata affatto, le ragazze erano sempre le solite coatte pronte a guardarti male dalla testa ai piedi. Los Angeles, per me, era il paradiso, sarei tornata volentieri lì ma sapevo bene che non era possibile.
"Virginia?" qualcuno mi chiamò e mi colpo mi girai.
"Cristina? Ciao!" salutai una mia vecchia amica.
"Dio mio, quanto tempo!" affermò.
L'abbracciai stringendola forte. Con il passare del tempo, il nostro rapporto era cambiato, quando eravamo ragazze quasi ci odiavamo.
"Sei tornata a Roma per Natale?"
"Si - dissi distrattamente - cioè, no. Sono tornata per restare, credo." 
Neanche io sapevo veramente cosa dovevo fare, era passato un mese da quando ero tornata in Italia, ancora non mi ero abituata al clima, alla lingua italiana e al ritorno alla mia vecchia vita. 
"Come mai? - domandò - Gli Stati Uniti erano il tuo sogno!"
"Si... ecco. Los Angeles è una città magnifica e le persone sono adorabili ma, ultimamente, ci sono stati dei problemi."
"Aham... le notizie arrivano anche in Italia."
Ero sicura che non avrei avuto scampo, probabilmente gli aggiornamenti su Taylor Lautner erano arrivati anche in Cina e quasi tutto il mondo sapeva della mia esistenza, beh, mica male! 
"Ah" dissi quasi sorpresa facendo una piccola pausa per respirare meglio visto che ero affannata a causa dei ricordi.
"Taylor Lautner!" esclamò entusiasta Cristina.
Non spiccicai parola poiché qualunque cosa avessi detto avrebbe fatto male. 
Tra noi calò il silenzio, di solito ero una chiacchierona ma ero troppo concentrata a far calmare il battito del mio cuore troppo accelerato.
"Per quanto siete..." bloccai la sua possibile domanda rispondendo senza che potesse finire.
"Non siamo mai stati una coppia" affermai tenendo lo sguardo basso.
In così poco tempo la mia vita era cambiata, Taylor non faceva più parte della mia vita ed io mi sentivo veramente uno schifo, non solo moralmente ma anche fisicamente visto che la pancia iniziava ad avere leggere fitte di dolore.
"Ops. - sospirò - Avanti, Virginia! Le ragazze vogliono solo divertirsi, non pensare a niente, questa sera vieni in discoteca con me e Claudia."
Scossi la testa, le discoteche di Roma non mi erano mai piaciute.
Ero un pò titubante, in cerca di una risposta che, se fosse stata negativa, non avrei saputo dare dato che la ragazza mi stava guardando con sguardo irresistibile, quasi fosse un cucciolo abbandonato. 
"Io... - mi morsi il labbro poi mise la mano sulla mia spalla - ...mi dispiace ma non credo di farcela."
"Perché?" chiese facendo il labbruccio.
"In realtà non mi sto sentendo bene.."
"Dai..." insistette.
Ecco un'altra caretteristica degli italiani, erano delle persone davvero molto insistenti e finché non ottenevano una risposta positiva, non mollavano l'osso.
"E va bene."
"Perfetto!" saltò dalla gioia.
"Parliamo di te - dissi cercando di spostare un po' l'argomento su quello che stava facendo nella sua vita - Hai un ragazzo?"
"Certo! - ridacchiò mettendo una mano davanti alla bocca - Ok, forse no."
Controllai l'orologio, erano quasi le 11 di mattina, entro l'ora di pranzo sarei dovuta tornare a casa, mia madre mi aspettava come i vecchi tempi.
"Cri, ci sentiamo su facebook dopo, ok?"
"Ok" rispose.
Le baciai la guancia e mi limitai a fare qualche passo indietro attendendo che anche lei se ne andasse.
Scesi a passo moderato le scale che conducevano alla metro. Il mezzo di trasporto arrivò dopo pochi minuti, entrai e mi sedetti attendendo l'arrivo alla fermata 'Subaugusta'.
"Ao, viè 'mpo' quà!"
Avevo dimenticato quelle urla, erano terribilmente fastidiose ed in pie' era un modo di parlare scorretto, mi mancava la parlata inglese così dolce e chiara.
"Oh amo', ce sta' la fidanzata di Taylor Lautner."
"Nce posso crede!"
Un gruppo di ragazze si precipitarono su di me proprio quando stavo attraversando il piccolo corridoio della metro che portava all'uscita. 
"Calma" dissi a voce non molto alta, di sicuro non mi avevano sentito, non ero dell'umore giusto quel giorno.
"Famme n'autografo!" gridò un'altra.
Fui costretta ad allungare il passo quando cercarono di allungare le loro mani verso la mia maglietta poi mi fecero notare che era la stessa che avevo indossato il giorno in cui avevo incontrato Taylor per la prima volta.
"A cogliona!" 
Mi voltai e, come risposta, alzai il dito medio fiera di me stessa.
Corsi verso il grande edificio, entrai nella Coin ed iniziai a mimetizzarmi tra i vestiti con ricami floreali. 
C'erano tanti modelli stupendi, qualcuno più costoso e qualcuno meno ma ciò che dovevo controllare erano i prezzi delle collane e degli anelli, avevo intenzione di comprare a mia madre qualcosa in oro. Prima, però, decisi di provare un completino rosso per la sera della vigilia che si sarebbe svolta a casa dei miei nonni materni.
Improvvisamente sentii le mie gambe cedere, il mio cuore iniziò a battere a velocità irregolare e sentivo il mio stomaco rigirarsi dalle fitte che, nel frattempo, erano aumentate.
Caddi a terra senza sensi.

Mi svegliai in un letto di ospedale, la seconda volta nel giro di un mese.
Mi alzai appena e trovai mia madre davanti a me che teneva la mia mano.
"Mamma?"
"Virginia! Come ti senti?"
"Un po' stordita..."
La testa non mi girava più però avevo la nausea, sicuramente ero svenuta per colpa di qualche alimento che avevo mangiato di troppo.
"Domani mattina dovresti uscire, stanno facendo dei controlli..." disse mi madre alzandosi dalla sedia sulla quale era seduta.
"Che hanno detto i dottori?" chiesi per tenermi informata.
Quella donna mi preoccupava a volte, il suo sguardo era serio ma non proprio duro come quando doveva sgridarmi, sembrava abbastanza serena ma allo stesso tempo preoccupata. Si alzò le maniche della maglietta e sospirò a lungo.
"Sei incinta" andò dritta al punto senza fare troppi giri di parole.
"Cosa?" chiesi innervosendomi un po'.
Come poteva essere successo? Forse i medici si erano sbagliati, avevano invertito qualche cartella clinica. Sospirai, chiusi gli occhi e scossi la testa ripetendo nella mia mente che era solo un sogno.
"Quando tu e... Taylor... avete... insomma" capii subito a cosa alludeva, era un argomento piuttosto delicato da affrontare con i propri genitori così risposi velocemente.
"No - abbassai lo sguardo verso la coperta. - Scusa!" mi rivolsi a mia madre.
"E per cosa? Per esser andata a letto con la persona che ami?"
Non mi aspettavo una reazione del genere da lei, in realtà non avevo mai pensato che ciò potesse accadere in questa età, ero sicura che Taylor avrebbe usato un profilattico ma entrambi eravamo occupati a goderci il momento, quel momento che aspettavamo da tempo. 

"Non sei arrabbiata con me?" le domandai con un pizzico di imbarazzo infatti le mie gote si erano colorate.
"Perché dovrei esserlo?"
"Per... questo" indicai la mia pancia.
"Non sono proprio esaltata, tu sei giovane e il padre del bambino o della bambina è dall'altra parte del mondo ignaro di ciò.. quindi.. - fece una piccola pausa per sospirare poi sorrise - Ho 44 anni, non si trovano nonne così giovani!"
"Aspetta.. è possibile che abbiano scambiato le cartelle cliniche.." dissi quasi con un pizzico di speranza.
Avere un figlio era la cosa più bella che mi potesse capitare, ma anche quella più complicata da gestire, i pannolini, la spesa, vivere da sola... non sapevo da dove cominciare, soprattutto non sapevo se avrei dovuto avvertire Taylor. Una volta saputa la notizia cosa dovremmo fare? Lui aveva messo incinta anche Sara quindi, in teoria, dovevamo vivere tutti e tre insieme con i rispettivi figli? 
Sbuffai e lasciai cadere una lacrima.
"No, tesoro. Sei incinta!"
"Cosa dovrei fare secondo te?" chiesi consiglio.
"Chiamare Taylor, è un mese che non lo senti.. " affermò con tono calmo e pieno di compassione.
"Forse dovrei... darlo in adozione... dopo il..."
"No! - alzò la voce mia madre - Non se ne parla, non darai via il bambino. Se Taylor non vorrà saperne niente, ti aiuterò io a crescerlo... o crescerla."
"Sei sicura?"
"Ti giuro che farò il possibile per farti stare bene."
"Grazie, mamma"
Mi alzai a sedere e con le braccia raggiunsi a fatica il corpo di mia madre che, contemportaneamente, si stava avvicinando al mio. L'abbracciai e le diedi un bacio sulla guancia mentre mi mordevo il labbro.
"Ti voglio bene."
"Anche io" risposi.
"Riposa un po', tra poco arriva il pranzo."
Rimasi sola, in quella stanza piccola e fredda. L'ospedale di Los Angeles era migliore, la camera era grande, c'erano un paio di sedie, un bagno e un armadio che riusciva a contenere il materiale necessario che serviva ad un paziente.
Presi il cellulare dal comodino, composi il numero di Spencer e attesi una sua risposta.
Sapevo benissimo che lì l'orario era diverso, di sicuro stava dormendo però era urgente, dovevo parlare con l'unica persona che mi avrebbe sempre aiutata, l'unica che non mi avrebbe mai ferita, oltre a mia madre. 


Pov Taylor

Il cellulare di Spencer squillò rumorosamente, credevo che l'avesse spento.
Aprii gli occhi e mi rigirai nel letto per controllare l'orario, erano appena scoccate le quattro mattutine.
"Spencer?"
"Si?" disse mezza addormentato.
Senza che le dissi niente, si alzò di scatto, prese il suo telefono e premendo il tasto verde, lo portò all'orecchio.
"Pronto?"
"Spencer?"
Riconobbi quella voce splendida nonostante il volume fosse basso, era Virginia.
"Cosa?" disse sorpresa la ragazza che era nel letto con me.
Io e Spencer ci frequentavamo da qualche mese, non eravamo mai andati oltre il bacio e neanche quella notte, i suoi genitori erano partiti per l'Argentina e le avevo proposto di venirmi a far compagnia nella mia piccola stanza d'albergo.
"Dio mio!" esclamò portando una mano sulla fronte che poi fece passare tra i capelli.
Impallidì. 
"Che succede?" le chiesi.
"Chi c'è lì con te?" domandò la ragazza dall'altra parte della cornetta.
Mimai con le labbra il nome di Darren. 
Virginia non avrebbe dovuto sapere cosa era successo tra me e Spencer in sua assenza, ne avrebbe sofferto tantissimo. Dopotutto l'amavo ancora, l'avevo sempre amata e niente poteva avermi fatto cambiare idea. Sì, ci avevo provato con Sara e con sua cugina, ma la mia mente era sempre soffermata sul suo sorriso fragile e sul suo corpo nudo incredibilmente perfetto per esser vero.
Una parte di me, come sempre, diceva di correr da lei, quell'altra invece mi bloccava, le bugie tra noi due erano state tantissime e tanti erano stati gli ostacoli che ci avevano impedito di unirci come coppia. 
Entrambi sapevamo ciò che provavamo, io paragonavo il suo amore ad una canzone d'amore, bella, dolce, sensuale, piena di gioia e dannatamente idonea. 
Mi lasciai uscire un sospiro di sollievo quando Spencer rispose proprio come le avevo fatto capire.
"E'.. Darren."
"Vi state frequentando?"
"In un certo senso... Virgi, ne riparliamo domani ora.." non le fece finire la frase.
Interrompere le persone non era proprio un pregio bensì un difetto, un difetto che però adoravo di Virginia con tutto il mio cuore.
"Si si, capisco, scusa e buonanotte."
"Notte!"
Spencer si rivolse a me con fare alquanto turbato.
"Virginia.. - deglutì nervosamente - Lei.."
"Le è successo qualcosa?" chiesi allarmato.
"E'.. incinta" rispose socchiudendo gli occhi e gettandosi all'indietro con la testa sul cuscino.
"Cosa?"
Dovevo esser felice? Se prima ero confuso, in quel momento ero davvero spacciato. Molte persone non facevano più parte della mia vita, la persona più importante era scappata e portava in grembo il mio bambino.
"Non possiamo continuare a frequentarci" affermò Spencer.
"Lo so."
"Il nostro amore non è reale, non lo è mai stato" ammise.
Abbassai lo sguardo annuendo con la testa.
"Darren ti ha ferita, mi dispiace tantissimo, ma ora è libero."
"E Sara?"
"Lei non è mai stata interessata al mio migliore amico!"
"Mmh.. allora sai cosa penso?"
"Cosa pensi?" ripetei sotto forma di domanda.
"Penso che tu debba andare in aereoporto, prendi un biglietto diretto a Roma e corri da Virginia."
"Come faccio a sapere dov'è?"
La ragazza si alzò dal letto, prese la sua camicietta ed un paio di jeans, l'indossò velocemente poi strappò dalla mia agenda un foglio, adeguò una penna alla sua mano ed iniziò a scrivere qualcosa. Mi avvicinai a lei notando un nome italiano 'Ospedale Sant'Eugenio'. Appena finì, piegò il pezzo di carta in due parti e me lo porse facendomelo stringere nella mano. 
"Cos'è?" 
"La via in cui si trova l'ospedale ed il nome di esso."
"E' in ospedale?"
"Non si è sentita bene..."
"Perfetto. Vieni con me?"
"No.. vado a casa mia" sorrise e s'infilò il giacchetto.
Mi guardai intorno dopo che Spencer ebbe oltrepassato la porta d'entrata della mia stanza, essa non era in perfetto ordine però ero da poco tornato dal Michigan e non avevo avuto il tempo di risistemare i bagagli. Comunque scesi al piano inferiore, mi fermai davanti alla porta della camera del mio manager Ian e in preda all'agitazione bussai un paio di volte, sicuro che in quel modo si fosse svegliato.
"Ehi, ehi, ehi!" mi rimproverò.
"Andiamo a Roma!" 
"Che? Ora?"
"Il volo più vicino è alle 6, sono appena le 4 e 20."
"Sei pazzo? Cosa devi fare? E' dall'altra parte del mondo!"
"Non m'interessa. Virginia è incinta!"
"Corro a vestirmi."
Lui adorava quella ragazza, diceva che quando ero con lei o parlavo di lei mi s'illuminavano gli occhi, come se fossi definitivamente ipnotizzato dalla sua bellezza esteriore ed interiore. Mi sentivo un uomo con lei, ora più che mai, in più lei non sapevo neanche che il figlio che Sara Hicks aspettava non era mio ma di Darren.
Ricordai il giorno in cui l'avevo cacciata di casa, non si era più fatta vedere. Ovviamente così doveva essere, mi aveva mentito spudoratamente per far separare me e Virginia, era sempre stat così possessiva e gelosa di tutte le mie amiche femmine.
"Eccomi."
"Sei un fulmine."
Portai una mano dietro al mio pantalone controllando che il portafoglio fosse lì e, frettolosamente prendemmo l'ascensore.
Sapevo benissimo che l'Italia era a nove ore di aereo da qui ma non potevo fare altrimenti, dovevo stare accanto alla donna che amavo e, per fortuna, Ian era completamente d'accordo con me. 
Attraversammo la hall e ci dirigemmo in macchina, il sole non era ancora sorto ma poco importava poiché quando arrivammo all'aereoporto non c'era molta gente che doveva partire ergo il biglietto fu fatto in una decina di minuti. 
"I passeggeri diretti per Roma - Fiumicino sono pregati di accomodarsi all'interno dell'aereo, orari anticipati a causa di una probabile perturbazione serale.
Quella sembrava decisamente la mia giornata fortunata.
Passammo il metal detector senza problemi, non avevamo alcuna valigia e tantomento oggetti metallici oltre ai rispettivi cellulari.
Avevamo preso i posti più economici poiché erano rimasti solo quelli.
Quando mi sedetti, allacciai la cintura, presi il sacchetto in caso mi dovessi sentire male e, in meno di cinque minuti, l'aereo decollò.


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Capitolo 13
*** My heart beats for love. ***


Pov Taylor

Mi avviai velocemente verso il taxi che Ian aveva chiamato appena eravamo atterrati all'aeroporto di Fiumicino. Roma era una città rumorosa e inquinata ma le mie fan non mancavano mai. Un gruppo di ragazze corsero in mia direzione tenendo le mani ben stese pronte a ricevere un autografo.
"Taylor, Taylor!"
"Un autografo, per favore!"
"Sei bellissimo."
"Mi dispiace, devo scappare" risposi aprendo lo sportello dell'auto.
Ovviamente non era programmato questo mio arrivo in Italia, non avevo mai fatto una cosa del genere, quasi mi sentivo a disagio visto che ogni volta che avevo fatto visita a questa città avevo i bodyguard ed era stato tutto organizzato.
Presi dalla tasca il biglietto che mi aveva dato Spencer con il nome dell'ospedale in cui si trovata Virginia e lo passai all'autista.
"Tutto ok?" chiese il mio manager.
"Si – scrollai le spalle e sospirai – ..Sto bene."
"Posso partire?"
"Ovviamente" dissi.
La macchina partì all'istante, purtroppo c'era un po' di traffico, cosa che a Los Angeles era rara vedere.
Iniziai a tamburellare il piede sul tappetino dell'auto mentre la mia gamba si muoveva nervosamente, ero scosso, teso, impaziente, non vedevo l'ora di vedere quella ragazza che mi aveva rubato il cuore. Era incinta, non potevo crederci, non sapevo se definire tutto ciò un sogno o un incubo.
Poggiai la testa sul sedile e cercai di chiudere gli occhi per rilassarmi ma era impossibile, tutti quei clacson che suonavano erano fastidiosissimi. Strinsi i pugni per non perdere la pazienza, stavo dando di matto, la confusione nella mia testa era tanta e irremovibile.
"Siamo arrivati?" chiesi massacrandomi le unghie delle mani.
"Non ancora!" rispose il tassista.
Passarono circa dieci minuti ma non c'era ombra di ospedali, sembrava ancora un'autostrada quella che stavamo percorrendo.
"Quanto manca?" domandai di nuovo.
"Ragazzo, sei davvero impaziente! Dovrebbero mancare cinque minuti.."
"Si.. - voltai lo sguardo al di fuori della finestra – Scusi!"
"Stai correndo da tua moglie? - disse con tono calmo e con lo sguardo concentrato sulla strada – Se non sono indiscreto.."
"In realtà è la mia fidanzata.." risposi anche se sapevo benissimo che non era così.
Ian stava dormendo beato, secondo l'orario americano ci eravamo svegliati presto, a Roma invece, erano le cinque pomeridiane. Sospirai e accennai un sorriso.
Virginia era incinta.
Ripetevo spesso quella frase nella mia testa come se ancora non ci credessi. Cosa avremmo fatto ora? Sarebbe tornata negli Stati Uniti con me e avremmo iniziato un nuovo capitolo della nostra vita?
Per prima cosa avrei dovuto aggiornare la ragazza: il figlio che aspettava Sara non era mio e.. la piccola relazione con Spencer? Avrei dovuto confessare tutto? Forse sarebbe dovuto rimanere segreto, infondo non ero veramente attratto da sua cugina, lei era stata più un rimpiazzo, non era amore visto che non avevamo neanche ufficializzato la cosa. Scossi la testa e notai che l'auto si era fermata.
"Eccoci qui" disse l'uomo.
Prima di scendere dalla macchina diedi un pugno ad Ian tanto forte da farlo svegliare di soprassalto, ero sicuro che avrebbe pagato lui così, mi affrettai ad entrare in ospedale. Corsi lungo i corridoi cercando il reparto maternità.
"Scusi. Sono il fidanzato di Virginia Rosalie Hastings, è qui lei, in questo ospedale? Non è vero?" dissi tutto ciò velocemente e senza prendere fiato. 
"Cosa? Scusi?"
"Virginia Rosalie Hastings."
"Oh - sorrise - è incinta di tre settimane, circa." 
"In che stanza sta?"
"Tesoro, lei è uscita questa mattina, se sei il suo fidanzato avresti dovuto saperlo" disse quasi con tono di rimprovero.
Presi il cellulare dalla tasca e controllai l'ora.
"Si.. lo so.. cioè.. la situazione è complicata. Lei non legge i giornali?"
La donna sospirò e scosse la testa tornando a sistemare le cartelle di ogni paziente. In lontananza intravidi quello di Virginia. 
"Scusami ragazzo, non posso aiutarti."
"Mi dica dove abita, la prego."
"Mi dispiace ma devo rispettare la privacy della ragazza."
"Ma sono il suo ragazzo!"
"Hai qualche prova?"
Questa proprio non ci voleva, l'infermiera non voleva darmi nessun indirizzo o numero che mi avrebbe riportato dalla mia "ragazza". 
"No.." affermai abbassando lo sguardo.
"Mi dispiace."
"La prego" mi avvicinai la bancone pregando la donna.
"Non posso.. Credo sia meglio che lei vada."
"Ma.. - non feci in tempo a finire la frase che mi squillò il cellulare, era Ian - Pronto?"
"L'hai trovata?" chiese.
"No. L'infermiera non vuole dirmi dove abita.." dissi cercando di non farmi sentire da lei.
"Ed ora?
"Non so.. - sbuffai ma a grande sorpresa la donna mise alcuni documenti dentro un cassetto poi si allontanò, probabilmente doveva andare in bagno o a visitare qualche donna incinta - Aspetta, arrivo subito."
Mi guardai intorno, nessuno stava passando di lì così, a passo felpato mi gettai sui cassetti, li aprii e cercai il fascicolo di Virginia. Una volta trovato memorizzai la sua via e corsi fuori dall'edificio, passando quasi inosservato.
"Ian!" urlai.
"Ti ha dato l'indirizzo?"
"No. Me lo sono preso!"
"Aham.. Direi che sei cotto."
Per fortuna, Ian aveva chiesto al tassista di aspettare prima di ripartire così ci avrebbe accompagnato verso un'altra destinazione.
"Hai trovato la tua ragazza?" chiese l'uomo alla guida.
"Non esattamente" risposi in preda all'agitazione.
"Taylor - il mio manager mise una mano sulla mia spalla e mi guardò intensamente, sembrava un po' preoccupato - Calmati."
"Sono completamente partito! Non so più cosa pensare, che fare.." 
"Tranquillo, è tutto ok" cercò di rassicurarmi.
"Quanto manca?"
"Poco, ragazzo, davvero poco."
Sembrava avessi i minuti contati, non mi era mai successo niente di tutto ciò con le altre ragazze, il mio cuore non aveva mai iniziato a battere più forte del dovuto. Virginia era tutto ciò che cercavo in un ragazza, era difficile da conquistare ma dolce, serena e piena di voglia di vivere. Il suo più grande difetto era la paura di non essere abbastanza, a volte sembrava timida e insicura, forse troppo ma, conoscendola meglio era un persona meravigliosa, capace di cambiarti la vita. 
Sorrisi tra me e me mentre il silenzio aveva preso il sopravvento nell'auto. C'erano momenti in cui l'unica cosa che sapevo fare, era pensare, esprimere tutto ciò che provavo soltanto nella mia testa, non avevo neanche bisogno di confidarmi con un amico. 
"Casa Hastings è proprio davanti a voi."
"Grazie mille" dissi entusiasta. 
Nel momento in cui stavo uscendo dalla macchina, Virginia stava rientrando a casa ma, essendo di spalle, non si era accorta della mia presenza.
Scesi rumorosamente gli scalini che portavano al portone del condominio e istintivamente la presi per i fianchi facendola girare verso di me, non rendendomi conto di ciò che stavo per fare, avvicinai le mie labbra a le sue ed iniziai a baciarla avvicinandola sempre di più a me. Lei non si stava opponendo, le sue mani contornarono il mio collo e potei notare il suo abbraccio, più forte che mai.
"Cosa ci fai qui?" chiese con il respiro affannato.
"Ho saputo.. - sospirai - Mi sei mancata."
"Anche tu" rispose.
"Davvero?"
"Certo."
Entrambi sorridemmo poi, senza dire niente tornammo a baciarci come se la distanza che ci avesse separati non aveva significato nulla, almeno per me era così.
"Prima che tu dica altro, ho bisogno di dirti una cosa molto importante - presi il suo viso tra le mie mani e la guardai dritta negli occhi - Il bambino che aspetta Sara, non è mio!"
Si creò un po' di tensione accompagnato da un silenzio assordante.
"Ehm… non so che dire…" rispose.
Feci scivolare la mia mano lungo la sua pancia, l'accarezzai delicatamente sentendo un leggero rilievo poco notabile ad occhio nudo.
"Non dire niente."
Tornai a baciarla ma quel momento fu interrotto da sua madre che finse una tosse. Momento davvero imbarazzante! 
"Taylor?" disse Amanda.
"Signora Giolitti."
"Che sorpresa!" spalancò gli occhi, era davvero sorpresa.
Feci qualche passo indietro da sua figlia, cercai di prendere un po' le distanze dopo che ci aveva visti nel letto insieme.
"Sei tornato per portarla a Los Angeles?" domandò dispiaciuta.
"Mamma.. no.." Virginia scosse la testa.
"Perchè no?" 
"Non posso lasciarti.."
"Virginia, starò bene!"
"No.."
"Si invece - sospirò - Vi lascio soli e discutete voi di questa faccenda, vi ricordo che c'è una bambina o… bambino, da crescere."
Avevo sempre ammirato sua madre, era una donna saggia e trovava sempre una soluzione a tutto, amava sua figlia e accettava ogni decisione che essa prendeva. Non avevo mai avuto un rapporto del genere con mia madre, spesso lei mi dava ordini e voleva che stessi a tutti i costi con Sara Hicks, non si rendeva conto che era una bugiarda e, anche se la conoscevo da quando ero piccolo, non avrei potuto immaginare la mia vita a canto ad una persona del genere, non dopo quello che mi aveva fatto.
"Torno subito.." rispose Virginia.
"Tranquilla."
Mi avvicinai alla ragazza dopo che sua madre ebbe chiuso il portone, presi entrambe le sue mani e le strinsi con le mie.
"Non vuoi crescere il bambino con me?"
"Certo che voglio.. ma non posso lasciare mia madre, di nuovo."
"Può venire con noi."
"Non lascerà Roma!"
"Per sua figlia lo farebbe.."
"Non so.. - abbassò lo sguardo e socchiuse gli occhi mentre si mordeva il labbro - .. è una decisione così affrettata e domani è la vigilia di Natale.."
"Virginia, guardami negli occhi. Mi ami?"
"Taylor sì, ti amo da impazzire, non sai quanto io sia stata male in questi giorni, credevo fossi tornato da Sara.. non mi hai mai chiamata…"
"Lo so, il fatto è che.. avevo deciso di dimenticarti.."
"Ci ho provato anche io… poi ho scoperto questo" indicò il suo ventre.
"Ti rendi conto che saremo genitori?"
"Sono troppo giovane per affrontare una gravidanza.. non riesco ad immaginarmi con il pancione.. i dolori.." interruppi la sua frase.
"Non dovrai affrontare tutto da sola, io sarò con te!"
"Cosa ne pensa tua madre?"
Sentii dei passi dietro di me, mi voltai prima di rispondere e vidi Ian immobile con le mani incrociate al petto, il suo sguardo era rilassato, come se avesse visto un angelo. Feci cenno di tornare in macchina poiché l'argomento che stavamo affrontando era piuttosto privato. Spostai il mio sguardo, di nuovo, su Virginia.
"Non lo sa!"
"Suppongo non sia molto contenta.."
"Quando ha scoperto che Sara era incinta, sembrava talmente felice.."
"Ma io non sono Sara."
Quella frase me l'aspettavo, sapevo che a mia madre non andava molto a genio Virginia però se mi voleva bene, doveva accettare le mie scelte perché avevo intenzione di chiedere alla ragazza di fronte a me di diventare, ufficialmente, la mia fidanzata.
Scossi la testa e abbassai appena il capo verso di lei sorridendo appena.
"No, tu non sei Sara. Sei molto meglio."
"Forse per te, ma per tua madre sembrerò una stracciona visto che non ho tutti questi soldi come li ha.."
"Basta parlare di Sara, parliamo di noi."
Sospirammo.
"Vuoi essere, ufficialmente, la mia ragazza?" le chiesi guardandola speranzoso. 
Io ero pronto ad affrontare una relazione, ero sicuro di ciò che volevo ma lei non sembrava molto convinta. Attesi a lungo la sua risposta, il silenzio aveva dominato, di nuovo.
Alzai gli occhi al cielo, ero agitato e lei, con quel suo sguardo, non facilitava le cose. 
Finalmente mosse le labbra.
"Si."
"Si?" sorrisi.
"Si, voglio essere la tua ragazza."
Fui colto da un attimo di pazzia, presi Virginia in braccio facendo contornare i miei fianchi con le sue gambe e delicatamente la poggiai al muro. Iniziai a baciarla con foga scendendo anche verso il collo. 
"Taylor.." fece in modo che il mio viso tornò sul suo e le sorrisi. 
"Ti amo" ripetei mordendole appena il labbro poi la misi giù.
"Anche io però…"
"Però?" ribadii confuso.
"Possiamo passare il Natale qui, a Roma?"
"Certo."
"Ti prometto che festeggeremo il Capodanno a Los Angeles, ok?"
"Non m'importa dove, come e quando, l'importante è che io sia con te.."
"A me importa! - udii il tono cupo di Ian, entrambi lo guardammo in cagnesco. - Hai dei film da girare e poi, dove dormiremo questi giorni?"
"In hotel?"
"No, a casa mia!"
"Non credo tua madre accetterebbe…"
"A sua madre va bene!" urlò Amanda dal balcone, guardando in direzione nostra.
"Ci stavi spiando?" gridò sua figlia.
"Non direi proprio spiare.. casualmente ho sentito.."
"..ogni singola parola" concluse Virginia.
"Esatto!"
Ridacchiai sotto i baffi rendendomi conto che ciò stava andando proprio come doveva andare. 
Sapevo che non sarebbe stato facile crescere un bambino a questa età, il mio lavoro mi impegnava molto, spesso non tornavo neanche a dormire a casa mia, era davvero stressante ma ce l'avrei fatta, per Virginia e per il nostro bambino, o la nostra bambina.
"Non avete valige.. borse?"
"Niente" dissi scuotendo la testa.
"E.. perché?"
"Il tuo ragazzo appena ha saputo che eri incinta è voluto partire senza pensare alle conseguenze.." si intromise Ian.
"Sei pazzo."
"Pazzo di te!" affermai poi la baciai. 
"Allora, raccontami cosa hai fatto in questi due mesi.."
Avrei voluto non mi avesse mai posto quella domanda, odiavo mentirle ma se le avrei detto che sono uscito con sua cugina, le si sarebbe spezzato il cuore e non me lo sarei mai perdonato.
"Mah.. niente di che, ho lavorato.. e tu? Nessuno ti ha corteggiata?"
"Sfortunatamente no.." disse ridacchiando.
"Salite!" urlò sua madre.
"Arriviamo, mamma."
Amanda ci aprì il portone e fummo seguiti da Ian che, nel frattempo, aveva pagato e mandato via il tassista.
"Per Capodanno, mia madre aveva deciso di partire per il Grand Rapids.."
"Vengo con te" affermò la ragazza.
"Ovviamente! Finite le feste torneremo a Los Angeles, nella mia piccola suite."
"Posso andare a dormire da Spencer.. a proposito, devo chiamarla" prese il cellulare e compose il numero ma la fermai in tempo.
"Non ora.." dissi avvicinandmi alle sue labbra e feci passare avanti Ian per restare un po' solo con la mia fidanzata.
"Perché no?" si morse il labbro, mi prese per il colletto e avvicinò le sue labbra fingendo un bacio.
"Le faremo una sorpresa."
"Mmh.. va bene.. ma la tua camera è piccola."
"Troveremo una casa tutta nostra."
"Taylor.. non affrettare le cose" disse mentre contornava il mio collo con le sue mani.
"Non le sto affrettando, dovremmo trovare una sistemazione, dove credi cresceremo nostra figlia?"
"A casa di Spencer?" ridacchiò.
"Sai cosa? Mi faccio spedire alcuni vestiti da mia madre!"
"Perfetto!"

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Capitolo 14
*** I don’t need a parachute if I’ve got you. ***


Pov Virginia

20 Agosto 2014 

Happy 1st Birthday, Rachel.
Il manifesto attaccato davanti casa mia era enorme, ancora non riuscivo a credere ai miei occhi, la mia bambina stava crescendo, era così dolce vederla mentre dormiva beata tra le braccia del padre.
"Taylor, credo sia ora di metterla a letto, tra poco arriveranno gli invitati" dissi un po' nervosa.
"Stai tranquilla, non si sveglierà.." si alzò dalla poltrona e, a passo lento, si diresse al piano superiore per mettere a letto nostra figlia. 
Sospirai e mi diressi in cucina, controllai che ogni cosa era al proprio posto, i piatti, le posate, i bicchieri, le bibite e tutto ciò che serviva per dar via ad una buona festa di compleanno.
Poggiai le mani sul bordo del lavandino e concentrai su di esso tutto il peso del mio corpo, come per sorreggermi da un calo di zuccheri. Sorrisi e guardai fuori dalla finestra, era primo pomeriggio, lo si poteva capire benissimo dallo spostamento del
sole e dalla temperatura leggermente rialzata. Calò il silenzio, tutto era così perfetto. 
Feci cadere il mio sguardo sulla mano sinistra, non c'era nessun anello sul dito anulare eppure, quando ero più piccola, avevo promesso a me stessa che mi sarei sposata prima di rimanere incinta.
"Non ha aperto occhio, sono stato attento" disse Taylor abbracciandomi da dietro.
"Un anno" sussurrai mettendo le mie mani sulle sue.
"Già, un anno" ripeté baciandomi il collo.
"Mi sembra quasi impossibile - dissi mordendo il labbro - Solo due anni fa ero ancora a Roma."
"Non sapevo neanche che tu esistessi" ironizzò.
"Io lo sapevo."
"Ti è piaciuto esser inseguita fino in Italia, eh?"
"E questo che c'entra?" chiesi.
"Tu rispondi."
"Mh, credo di si - ridacchiai - E' stata un'esperienza che non dimenticherai, mh?"
"L'ho fatto per te." 
"Posso farti una domanda?"
"Certo" annuì.
"Se non fossi rimasta incinta.." feci una piccola pausa.
"Si?" allontanò appena le braccia dal mio corpo e mi fece voltare verso di lui in modo che potessi guardarlo meglio negli occhi.
"Se io non fossi rimasta incinta, saresti corso lo stesso a Roma?" chiesi tutto d'un fiato.
Taylor prese il mio viso tra le sue mani e l'avvicinò al suo poi, prima di rispondere, mi baciò. 
"Volevo darti un po' di tempo, per riflettere, sarei venuto da te al più presto.. credimi."
"Ti credo" dissi facendo congiungere di nuovo le mie labbra alle sue.
Quel bacio durò più a lungo, divenne sempre più passionale finché qualcuno non bussò alla porta. Fummo costretti a staccarci, ci guardammo negli occhi e capii che sarei dovuta andare io ad aprire.
"Auguri! - urlò Spencer accompagnata da un ragazzo mai visto prima - Virginia, lui è Sam. Sam, lei è mia cugina Virginia."
"Piacere" disse il ragazzo cortesemente e mi diede una bustina, probabilmente era il regalo per Rachel.
"Ho sentito molto parlare di te, Sam" dissi sorridendo e aprendo di più la porta per far entrare gli invitati.
"Allora, dov'è la mia dolce nipotina?" domandò mia cugina.
"Ti faccio strada ma fate piano, tua nipote sta dormendo" bisbigliai salendo le scale silenziosamente.
Mi guardai intorno poi spostai lo sguardo sulla camera rosa infondo al grande corridoio del piano superiore. Arrivammo davanti alla culla della bambina e l'ammirai mettendo una mano sulla guancia.
"Quant'è dolce. Sam.. tu non sai com'è stato il parto di Virginia..Dio mio!" 
Da dietro feci cenno a mia cugina di stare zitta ma, come al solito, iniziò a raccontare ciò che era successo un anno fà. 

"Siamo arrivati?" chiesi all'autista della limousine diretta sul red carpet per la promozione del nuovo film di Taylor.
"Quasi, signorina" rispose.
"Amore, devi stare calma, uscirò solo io dall'auto, tu stai calma e resta qui dentro, sei quasi al nono mese, non voglio che nostra figlia nasca sul tappeto rosso" disse mettendo la mano sul mio pancione accarezzandolo dolcemente.
"Oh no no, voglio partorire in un ospedale."
"E così sarà" sussurrò tra le mie labbra.
Poggiai una mano sul suo petto coperto dai vestiti, iniziai a baciarlo e delicatamente iniziai a sbottonare la giacca elegante che indossava.
"Che stai facendo?"
"Non senti caldo?" dissi alzandomi leggermente in piedi.
"Non so quali siano le tue intenzioni adesso ma non facciamo in tempo" replicò ridacchiando mentre faceva scivolare la sua mano sui miei fianchi.
"Hai ragione.." mi rimisi composta e poggiai la testa sul sedile cercando di respirare profondamente poiché iniziavo a sentire qualche dolore proveniente dalla mia pancia. Chiusi gli occhi, avrei voluto addormentarmi sperando che tutta quella sofferenza prima o poi, sarebbe finita ma non fu così. Le fitte aumentarono a dismisura nell'arco di pochi secondi, Taylor mi prese una mano e l'altra la mise sul mio volto, stavo sudando. 
"Virginia, stai bene?"
"Si.." ammisi con voce bassa e tremolante. 
"Non mi sembra. Vuoi tornare a casa?"
"No.. no - risposi - Sto meglio.." sospirai un'altra volta.
In realtà lo spasmo stava passando, non sentivo più la bambina muoversi, sembrava essersi calmata.
"Siamo arrivati" annunciò il manager dal sedile anteriore della grande auto. Scese da essa e venne ad aprire lo sportello al mio ragazzo.
"Ti amo" disse prima di baciarmi e poi uscire.
Nonostante i vetri fossero oscurati, da dentro la limousine si poteva vedere tutto ciò che c'era fuori. I fan erano quasi impazziti, cercavano di oltrepassare le ringhiere poste ai lati del tappeto rosso ma le guardie erano molto attente a non far violare le regole.
Taylor alzò la mano destra ed iniziò a salutare tutti seguito da Ian.
"Signorina, tutto bene?" chiese il guidatore quando si voltò verso di me. 
Stavo di nuovo sudando e senza accorgermene il mio volto si era ricoperto di espressioni strane.
"Mi.. gira solo un po' la testa" mi misi a sedere con la schiena dritta, ed ecco il primo dolore alla schiena, sembrava che qualcuno mi stesse trafiggendo una spada nella spina dorsale, era una sensazione allucinante, mi faceva male da morire.
"E' sicura? Devo chiamare il signorino Lautner?"
"No, no. Tranquillo Erik. Grazie" feci un piccolo sorriso che fu troncato da altre fitte più grosse delle altre.
"Io chiamo il medico."
"No, ti prego. Non voglio rovinare.. ahhh.. - il tormento era ricominciato, molto più forte di prima - chiami Ian, la prego."
"Ok, lei respiri profondamente" accostò la macchina non molto lontano dal red carpet e, allarmato, uscì dalla limousine.
Mi stesi sul divanetto più grande e chiusi, di nuovo, gli occhi, inspirando ed espirando come si diceva di fare nei film in cui la donna stava per partorire. Perché Rachel aveva deciso di uscire proprio in quel momento? Qualche istante dopo sentii uno dei suoi soliti calci e, improvvisamente, la caduta sull'auto di un liquido. Mi si erano rotte le acque! 
"Dio mio.." urlai agitata.
"Virginia.." Taylor aprì di corsa la macchina, si mise davanti a me e mi alzò il vestito rosso.
"Chiama un ambulanza - dissi respirando a fatica mentre la sofferenza aumentava - Ti prego."
"Posso farla nascere io."
"No!" gridai dondolandomi con il corpo.
"Non c'è tempo.."
Incavolata presi il colletto del ragazzo davanti a me, lo avvicinai a me guardandolo con fare minaccioso.
"Taylor, ho detto che voglio un'ostetrica, chiamala ora."
"Ok.. ok" prese il cellulare ma, nello stesso tempo si presentarono nell'auto due persone dicendo di esser dottori.
"Signorina, respiri profondamente.." disse la ragazza che si tolse la giacca. Non era troppo giovane per essere una dottoressa?
"Non ce la faccio, fa male."
"Lo so, lo so, tesoro ma devi resistere, tra poco arriverà l'ambulanza"
"Non credo che ci sia tempo per l'ambulanza" le lacrime iniziarono ad uscire da sole, non riuscivo a sopportare quel dolore, mi sembrava di morire, non vedevo l'ora che quella bambina uscisse da lì. 
"Virginia.. io sono qui, respira" disse Taylor prendendomi una mano mentre la donna mi accarezzava le gambe per farmi rilassare.
"Fate uscire questa cosa dal mio corpo" sbraitai di nuovo ma, probabilmente, era tutto quel tormento che mi faceva parlare. Portare in grembo quella bambina era la cosa più bella che mi sarebbe potuta capitare ed ero fiera del grande sforzo che avevo fatto, ero arrivata al nono mese sana come non mai, mi ero anche beccata i complimenti di un sacco di persone, soprattuto fan di Taylor. 
"Calma, per favore.. fai sentire male me."
"Non dirmi di stare calma e torna su quel cazzo di red carpet."
"Non ti lascio sola!"
"Non sono sola, c'è.." guardai la ragazza sperando che mi dicesse il suo nome.
"Zoe.. sono la dottoressa Zoe Hart."
"VAI!"
"Sei sicura?"
"Papà, prendi dei fazzoletti e mettili sulla fronte della ragazza. Corri. - fece una pausa poi sospirò - E anche la tua giacca.. ho bisogno di qualcosa per avvolgere la bambina appena sarà nata.. e di qualcosa per toglierle.. il sangue di dosso." 
Taylor era ancora lì, non riuscivo più a parlare, le uniche cose che uscivano dalla mia bocca erano dei gemiti acuti di dolore che mettevano più ansia anche a me stessa. Avevo paura di non superare quel momento così strinsi la mano del mio ragazzo il più forte che potevo.
"Virginia, spingi" ripeté Zoe.
"Ce la puoi fare, amore." 
In quell'esatto momento, le sirene dell'ambulanza iniziarono a suonare ma non ci feci molto caso, ormai era troppo tardi per sollevarmi sopra quella barella, sentivo la testa di Rachel spingere sempre di più, naturalmente con il mio aiuto. 
"Un altro po', dai che ci sei quasi, dai."
Non sapevo se fosse una vera dottoressa ma quella ragazza mi ispirava fiducia, era così sicura di ciò che stava facendo. Quando il suo sguardo incoraggiante incrociò il mio, diedi un'ultima spinta sentendo una fitta allucinanate poi, tutto si calmò. I pianti di quella bambina furono l'unica cosa che mi riportarono sulla terra dopo aver fatto un lungo viaggio mentale sul suo aspetto. Era davvero bellissima, aveva giusto due peletti in testa ed i suoi occhi erano proprio come quelli di suo padre. Feci un lunghissimo ma lento sospiro poi gettai la testa all'indietro mentre, le persone che erano presenti , si congratulavano con me per aver fatto un buon lavoro. Sorrisi ed infine chiusi gli occhi stremata a causa della fatica.


Ripensare al momento in cui avevo partorito Rachel, mi faceva venire il mal di stomaco, era stato terribile far uscire quell'angelo dalle mie parti intime. Sì, era stato anche imbarazzante ma in quei momenti non pensi molto alla vergogna, per fortuna l'auto era stata chiusa altrimenti i paparazzi avrebbero fatto una strage. 
Scesi al piano di sotto con mia cugina, c'era un sacco di gente al piano inferiore, molta non la conosceva neanche. 
"Virginia, ciao bellissima - quella donna doveva essere una delle zie di cui Taylor mi aveva tanto parlato. La guardai con aria interrogativa e, per fortuna capì che doveva presentarsi - Ops, sono Rebekah, la cugina di Deborah, cugina di primo grado.. precisamente."
"Ciao, è un piacere conoscerti."
"Sei davvero stupenda - disse scrutandomi dalla testa ai piedi con voce calma e sorpresa - Hai un fisico perfetto."
"Beh.. grazie" spalancai leggermente gli occhi quando si voltò con fare dispersivo, sembrava non capire dove si trovasse.
Suonò il campanello e, visto che ero già accanto alla porta, decisi di aprire.
"Steve? - rimasi a bocca aperta, davanti a me c'era quel ragazzo che aveva avuto il coraggio di picchiarmi. Feci una piccola pausa mentre lo fissavo stupita - Che ci fai qui?"
"Ho portato un regalo a tua figlia.. qual'è il suo nome?"
"Rachel" dissi freddamente.
"Posso entrare?" 
Scossi la testa ma non dissi niente, non sapevo cosa fare. Avrei dovuto perdonarlo? 
Il mio respiro si fece più affannato, avevo paura, paura che qualcosa nella mia vita potesse andare storto proprio ora che stava andando tutto così bene. 
Taylor arrivò giusto in tempo.
"Che ci fai qui? Vattene."
"Senti, amico, non prendertela, sono venuto a portare il regalo a tua figlia e.. volevo sapere come stava Virginia."
"Come vedi sta bene ed è felice."
"Sono... sono contento" il suo sguardo si posò sul mio.
Mi sentivo tremendamente in colpa, sentivo un senso di vuoto dentro me nonostante avessi tutto ciò che avevo sempre desiderato. Lo sguardo di Steve, così serio, capivo che era dispiaciuto per ciò che era successo, dopotutto aveva avuto le sue ragione, ero la sua ragazza e Taylor si è permesso di baciarmi, davanti a tutti. 
Poggiai una mano sulla spalla del ragazzo accanto a me e gli feci cenno di andarsene, facendogli capire che non doveva preoccuparsi. 
"Steve.. - esitai prima di continuare la frase - ..entra pure" mi avvicinai a lui e lo abbracciai amichevolmente.
Evidentemente ci rimase un po' di stucco, non si sarebbe aspettato una reazione del genere da me.
"Posso.. vederla?" 
"Si.." dissi e l'accompagnai nella piccola stanza della bambina.
"E' bellissima - affermò accarezzandole la fronte - Proprio come te - Quel momento fu un po' imbarazzante, abbassai lo sguardo poiché non sapevo come rispondere - Senti.. già mi sono scusato con te per quello che è successo tra noi... sono stato uno stupido e, da ciò che hai fatto, deduco che tu mi abbia perdonato?!"
"Non riesco ad essere arrabbiata con una persona che ho.. amato.."
"Ora - sospirò - Meglio che io vada, tuo marito non sembra esser felice della mia presenza e così anche tua cugina e.. le tue amiche." 
"Non siamo sposati... e comunque, resta."
"Non voglio rovinare la festa, non voglio creare casini, ne ho fatti fin troppi."
Capivo come si sentiva, mi faceva soffrire vederlo in quello stato ma aveva ragione, si sarebbe creata una forte discussione con Hanna e Spencer, loro erano le più aggressive. 
L'accompagnai fino alla porta e, una volta uscito dalla villa mi voltai verso gli invitati, tutti mi guardavano, qualcuno teneva in mano dei panini, altri dei bicchieri con chissà quale bibita dentro. 
"Makena.. - allungai il passo verso la sorella di Taylor - Sai dov'è tuo fratello?" chiesi guardandomi intorno.
"No - scosse la testa - Dovrebbe esser andanto a prendere altri pasticcini, sai, tua cugina li ha finiti tutti" ridacchiammo insieme.
"Grazie tesoro" le diedi un bacio sulla guancia.
"Virginia - Hanna mi prese alla sprovvista, mi fece voltare verso di lei e mi abbracciò forte, talmente forte da non farmi respirare - Rachel ti somiglia sempre di più" affermò entusiasta.
La ringraziai facendole un gesto con il capo.
"Hai visto Taylor?"
"Un momento di silenzio signori, signore, ragazzi e ragazze - urlà Dan salendo su una sedia attirando l'attenzione di tutti tranne di due donne che continuavano a parlare, erano mia madre e Deborah. Sapevo di non esserle mai andata molto a genio, stravedeva per Sara ma aveva fatto un salto di qualità, lei e Amanda andavano molto d'accordo, forse troppo - Deborah - suo marito finse una tosse - Deborah, Amanda.. - le richiamò più volte - Per favore." 
"Ci scusi" rispose mamma ironicamente
Curiosamente mi avvicinai a mio "suocero" e lo guardai dal basso. 
"Prego, Amanda... - Spostò il suo sguardo su di me e m'indicò il corridoio pieno di persone care - Le vedi queste persone? Loro sono qui per te, per Rachel e.. per Taylor." 
Vidi il ragazzo avvicinarsi a me con una mano in tasca, piegai leggermente la testa verso destra e socchiusi gli occhi. Quando s'inginocchiò davanti a me m'irrigidii ma riuscii ad abbassare lo sguardo verso i suoi occhi luminosi. Le mani iniziarono a tremare e così anche le mie gambe. 
Alzai la testa, giusto in tempo per dare un'occhiata a tutti gli ospiti. C'erano Diana, Claire, la dottoressa Hart, il suo fidanzato Wade ed un sacco di altre persone e conoscenti, tutti che mi guardavano speranzosi, loro aveva già capito cosa avesse in mente il ragazzo inginocchiato davanti a me.
Tutto ciò era impossibile, lo stomaco mi si stava stringendo per l'agitazione, di sicuro era anche colpa dell'emozione. 
"Virginia, vuoi sposarmi?" chiese guardandomi negli occhi mentre mi porgeva una scatolina contenente un anello enorme, doveva averlo pagato un sacco.
Resipirai a fatica, la risposta era così ovvia che le mie labbra non volevano tralasciare suoni.
"Si, lo voglio." 
Nel momento in cui accettai, Taylor mi prese in braccio, fece un giro su se stesso poi mi baciò. Nel frattempo tutta la gente che ci circondava iniziò ad applaudire, mia madre sembrava impazzita infatti prese una bottiglia di spumante e, con la mano tolse il tappo facendo uscire quasi tutto il liquido. 
"Ti amo, Virginia" disse il mio futuro marito accarezzando i miei capelli.
"I don't need a parachute if I've got you" risposi con una frase della canzone che mi aveva dedicato qualche mese prima.


-

Bene bene, con un po' di tristezza, anche se lo avrete capito, vi dico che questo è l'ultimo capitolo di questa fan fiction. 
Ho deciso di ridurre i capitoli così da potermi dedicare all'altra fan "Love is a ruthless game.". 
Boh, finalmente Taylor e Virginia hanno trovato la "pace", hanno una figlia di nome Rachel e si sposeranno.
Non è quello che tutti desiderano? Sposare la persona che si ama? 
Se vi è piaciuto o speravate in un finale diverso, commentate *^*
Ci sentiamo nell'altra storia.
Un bacio.

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