L'inizio di sempre di postergirl84 (/viewuser.php?uid=153085)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** contro la tempesta del mondo. ***
Capitolo 3: *** la sfida che ci troviamo davanti ***
Capitolo 4: *** Esistenza da soli ***
Capitolo 5: *** sopra alle pene del passato. ***
Capitolo 6: *** Innalzarsi ***
Capitolo 7: *** Possibilità dell'amore ***
Capitolo 8: *** Due anime ***
Capitolo 9: *** Decisione ***
Capitolo 10: *** Ricorda stanotte ***
Capitolo 11: *** La forza che ci guiderà ***
Capitolo 12: *** epilogo ***
Capitolo 1 *** prologo ***
L’inizio
di
sempre.
Ricorda
stanotte, perché è l'inizio di sempre. Una
promessa. Come una ricompensa per
aver perseverato a lungo nell'esistenza da soli. Il credere gli uni
negli altri
e la possibilità dell'amore. Una decisione, ignorare o
semplicemente innalzarsi
sopra alle pende del passato. Il patto, che immediatamente lega due
anime ma
tronca precedenti legami. La celebrazione, delle scelte prese e la
sfida che ci
troviamo davanti. Perché due saranno sempre più'
forti di uno. Come una
squadra, rinforzata contro la tempesta del mondo. E l'amore...
sarà' sempre la
forza che ci guiderà nelle nostre vite. Perché
stasera è una mera formalità..
solo un annuncio al mondo dei sentimenti che si hanno da molto.
Promesse fatte
molto tempo fa nel sacro spazio dei nostri cuori.
(One
tree hill
2x16)
Prologo
C'è
stata una notte, nella mia adolescenza, che ho sempre considerato come
la più
bella della mia vita.
Una
notte che precedeva una battaglia, una notte in tenda in cui tu ti
stringevi al
mio corpo, una notte di tempesta fuori, ma di calma perfetta dentro di
me. Con
il passare dei mesi, quella notte ha perso i contorni tant'è
che a volte io
stesso ho fatto difficoltà a distinguere il vero da quello
che invece avevo
solo desiderato accadesse. Era vera la sensazione del tuo corpo contro
il mio?
Era vero il rumore dei nostri cuori che battevano in sincrono perfetto?
Ho
sentito realmente pronunciare il mio nome dalla tua voce avvolta nel
sonno? Era
solo immaginazione la percezione che sentivo chiara in me che anche tu
mi amavi
come io amavo te?
Adesso
è di nuovo notte, un altra notte. La mia adolescenza
è finita, ma tu sei ancora
qui vicino a me; osservo i raggi della luna che si riflettono sulla tua
pelle
bianca, proiettando su di essa un gioco di chiari scuri che ti rendono,
se
possibile, ancora più bella. Il tuo corpo è
stretto nel mio abbraccio caldo e
la tua mano è posata sul mio petto, proprio dove il mio
cuore batte; mi
fermo ad osservare la piccola vera d'oro che risplende sul tuo anulare.
Sorrido
ripensando alla giornata appena trascorsa, in cui io e te abbiamo fatto
le
nostre promesse al mondo, promesse che nel nostro cuore erano
già state fatte
da molto. Inizio a sfiorare il tuo corpo delicatamente, non posso farne
a meno.
E’ una forza primordiale, quella che mi spinge verso di te,
tu ti muovi fra le
mie braccia, sento le tue labbra posarsi leggere sulla mia clavicola ed
il tuo
respiro dolce colpisce il mio orecchio.
“Non
dormi?” mi chiedi ed io sorrido posando un bacio su i tuoi
capelli profumati
prima di risponderti.
“Lo
sai che mi piace guardarti.”
“Hai
tutta la vita per farlo, Jake... io non vado da nessuna
parte” Inspiro forte il
tuo odore e riprendo ad accarezzarti; con il pollice disegno il tuo
profilo
mentre tu, sotto il mio tocco dolce, ti riaddormenti completa e felice,
completa e felice così come mi sento anche io.
La
piccola ruga sulla tua fronte si distende, tu torni nel mondo dei sogni
ed io
non posso fare a meno ti posare un bacio proprio lì, su quel
minuscolo solco
fra i tuoi sopraccigli, quella ruga che è rimasta in te come
segno della
cicatrice del tuo cuore, la cicatrice del dolore più grande
che tu abbia mai
provato e dal quale io non ti ho potuto preservare.
Fra
tre settimane saranno cinque anni che tua madre ti ha lasciato, cinque
anni da quando non le scrivi più e-mail per farle
sapere come stai,
cinque anni da quando non ridi più per una delle sue solite
avventure
disastrose, cinque anni dalla sua morte.
Cinque
anni in cui tutta la tua vita è deragliata dai binari sicuri
in cui tu avevi
deciso di condurla.
Note
dell’autrice.
Questa
storia è stata scritta per il contest
"Jacob
e Bella per sempre"
Indetto
da jakefan
classificandosi terza e vincendo inoltre il premio come migliore
“what if”.
Ringrazio
tantissimo J che con questo contest mi ha spinto a mettermi alla prova,
scrivendo la mia prima long, e per tutti i suoi preziosi consigli.
Un
ringraziamento speciale va a Maria_Black
che mi ha aiutato tantissimo in fase di stesura, sei stata
impareggiabile con i
tuoi consigli.
Infine
dedico tutta questa storia a aniasolary
che oltre a essere la mia Beta è una ragazza incredibile e
di enorme talento.
Ricorda: tutto quello che si frappone fra noi e i nostri sogni ci rende
solo
più forti
Il
prossimo capitolo verrà pubblicato fra una decina di giorni.
Grazie a tutte
quello che leggeranno e lasceranno un segno del loro passaggio.
A
presto.
Noemi.
|
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Capitolo 2 *** contro la tempesta del mondo. ***
Capitolo 1
Contro la
tempesta del mondo
Se
vi mettete in riva al
mare prima di una tempesta, potete sentire esattamente il momento in
cui il
vento cambia, quell’impercettibile rumore che fa presupporre
una bufera. É una
sensazione dell'animo oltre ché dei sensi.
E
fu quella la sensazione
che provai esattamente un attimo prima che il mio cellulare iniziasse a
squillare mentre, seduta nell'enorme e lussuoso salotto di casa Cullen, sfogliavo senza troppo
entusiasmo, accanto ad
Alice e Rosalie, una rivista di Abiti da sposa. Mancava meno di un mese
al
matrimonio mio e di Edward.
Katrina,
Diana … gli
uomini tendono a dare un nome ai più grandi disastri della
natura quasi che,
così impersonificati e resi umani, possano essere spiegati.
Ma la realtà è che
nessuna spiegazione sarà mai sufficiente per il dolore e la
tragedia che in un
attimo ti travolge, andando a frantumare tutte le certezze e le
convinzioni che
con fatica nella tua vita hai cercato di costruire.
Il mio telefono
squillò e la tormenta si
scaraventò su di me, abbattendo tutto quello che
trovò al suo passaggio e la
tempesta, anche stavolta, aveva un nome specifico. Un nome di donna. Il
nome di
mia madre.
Sul
mio cellulare di
ultimissimo modello, dono del mio futuro marito, lampeggiò
il nome del mio
patrigno;
quella
strana sensazione
provata poco prima riprese a stringermi lo stomaco. Phil non mi aveva
mai
chiamato e ora quel nome non prometteva niente di buono. Con mano
tremante e
dandomi mentalmente della cretina - perché sì,
probabilmente si trattava solo
di mia madre che, sbadata com’era, aveva sicuramente
dimenticato il suo
cellulare - risposi alla chiamata. Le poche parole scomposte e senza
senso
dall’ altro lato del apparecchio pronunciate fra le lacrime
cancellarono per
sempre quella che era stata Isabella Marie Swan.
Il
cellulare e la rivista,
che ancora tenevo nell’altra mano, caddero con un tonfo secco
a terra e
sarebbero stati seguiti da me pochi istanti dopo, se non mi fossi
trovata in
una casa piena di vampiri rapidi e dai sensi ipersviluppati.
Ancora
adesso, a distanza
di cinque anni, non ricordo con esattezza che cosa successe in quegli
attimi
infernali. So solo di essermi ritrovata nell’abbraccio gelido
di Edward con la
gola che bruciava -probabilmente dopo aver urlato con tutto il fiato
che avevo
in corpo - e le orecchie ovattate che ronzavano, riproponendomi
insistentemente
quelle poche parole pronunciate da Phil:
“Renèe…morta…
camion… strada bagnata…
morta.”
Lo
smarrimento iniziale e
lo shock furono presto sostituiti dalla frenesia. Non sapevo di preciso
cosa
dovessi o potessi fare, ma ero sicura di non dover restare in quella
casa.
Sentivo, con una certezza mai avuta prima , che quello non era il mio
posto.
Volevo solo credere che fosse un altro dei miei brutti sogni, volevo
lasciarmi
cullare dalle braccia rassicuranti di mio padre come facevo sempre da
bambina
dopo uno dei miei tanti incubi ricorrenti, volevo sentire i suoi
sussurri
rincuorarmi.
Mi
precipitai fuori da
casa Cullen, e in un momento di razionalità che mai avrei
creduto possibile,
ricordai che Charlie la mattina mi aveva detto che avrebbe trascorso la
giornata a casa di Sue Clearwater per aiutarla in alcune faccende
domestiche:
un lavandino che perdeva, delle tegole da sistemare.
Ero
quasi arrivata alla
macchina quando sentii la
mano di Edward
stringersi al mio polso. Mi girai verso di lui, guardandolo con gli
occhi
sconvolti da qualcosa che, ora so, essere stata molto simile alla
follia.
“Non
puoi guidare in
questo stato, Bella, lascia fare a me.”
“
Edward, sto andando a La
Push, non puoi venire, dovresti fermarti al confine
e…”
“
Allora chiama tuo padre
e fallo venire qui, gli spiegheremo insieme quello che è
successo, lascia che
mi prenda cura di te, amore.”
Razionalmente
sapevo che
aveva ragione, ma in me oramai non era rimasto più niente
che rispondesse alla
parola razionalità. Edward si stava solo preoccupando per
me, ma per la prima
volta nella mia vita le sue parole mi dettero fastidio. Mi stava impedendo di fare
quello che volevo,
quello che io ritenevo la cosa più giusta in quel momento e
questa volta non si
trattava della mia amicizia verso di Jacob.
Stavolta,
ancor meno dei
mesi scorsi, non avrei accettato interferenze da parte sua. Così con una
voce fredda che non mi
apparteneva gli dissi solamente:
“Lasciami
andare subito.
Ho bisogno di mio padre. Cos’è che non ti
è chiaro?”
Lui,
con un misto di
sconforto e rassegnazione nello sguardo, lasciò andare il
mio braccio
permettendomi di salire in quel carro armato che si ostinava a chiamare
macchina, e che aveva preso il posto del mio amato pick- up.
Pigiai
il piede
sull’acceleratore come non avevo mai fatto in vita mia,
proprio io che odiavo
la velocità, e così facendo non ci misi molto ad
arrivare. Strinsi più forte il
volante fra le mani, cercando fra gli alberi ai lati della strada gli
occhi
ambrati di Edward, ero certa che almeno fino a quel punto mi avrebbe
seguita. Dopo
averli trovati, provai con uno sguardo a scusarmi per il dolore che gli
avevo
inflitto pochi minuti prima quando, per la prima volta da quando ci
conoscevamo, non era stato la mia priorità.
Entrai
nel territorio
della riserva, varcando l’invisibile confine fra i miei due
mondi: il
territorio dei vampiri e quello dei licantropi. Erano settimane che non
ci
mettevo più piede e nonostante tutto quello che stessi
provando in quegli
istanti, mi stupii della sensazione di familiarità che mi
colpì all’istante. La
casetta rossa, che per molto tempo era stata il mio rifugio felice
dalla
depressione, entrò nel mio campo visivo.
Poche decine di metri più avanti
c’era la macchina di Charlie
posteggiata sotto un albero di fronte al portico dei Clearwater.
Entrai
come una furia
senza bussare, quasi travolgendo Seth che, seduto comodamente sul
pavimento,
era intento a giocare una partita alla playstation. Dalla porta della
cucina
fece capolino la testa di Sue, seguita da mio padre.
Finalmente
mi ritrovai fra
le sue braccia. Stretta
in quell’abbraccio
familiare e rassicurante, piansi cercando di dare una spiegazione a
quello che
non potevo accettare fosse accaduto davvero.
Correvo
nel bosco,
probabilmente ben oltre il territorio del Canada e non avevo ancora
nessuna
intenzione di fermarmi. Nella mia testa finalmente ero solo.
Da
quando avevo ricevuto
quel foglio bianco che mi aveva strappato la vita, avevo lasciato che
il lupo
prendesse il sopravvento sull’uomo. Ma, purtroppo, gli attimi
di completa
solitudine che io agognavo non erano molti, per cui ero intenzionato a
godermi
fino in fondo quella bolla di completo niente che vagava nei miei
sensi. Solo
io e il lupo. Istinto e risposta.
Ma
come tutte le cose
belle anche quella sensazione durò poco.
La mia mente all’ improvviso fu attraversata da
immagini confuse, credo
proiettate da Seth, ma non ne potei essere sicuro, perché
quello che vidi
annebbiò tutto il resto: Bella che piangeva, Bella piegata
dal dolore, Bella
che soffriva.
Smisi
di correre. E poi
ricominciai nella direzione opposta. Tornavo a casa, tornavo dalla
fonte del
mio dolore, perché solo lei era più importante
anche di me stesso.
NOTE
AUTRICE:
con questo
capitolo inizia davvero la storia.
Grazie davvero
per le belle recensioni del prologo e a chi legge sempre.
Orami sono
un po’ ripetitiva, ma come al solito con tutto il cuore grazia aniasolary
e
Maria_Black
quest
ultima ha scritto una bella shot Jacob
/Bella
dateci un occhio.
Ho fatto il
trailer
di questa fan fiction. Se volete guardarlo lo trovato a questo
link.
http://www.youtube.com/watch?v=m0f2ixKP1S0&context=C4f84c15ADvjVQa1PpcFNyHyA5q59_M14A7KOgLq-0ARweYDsMzcI=
ieri ho pubblicato una piccola flash fich.... per farvi due ristate con
jake e i suoi due compari quil e embry la trovato qua
I
consigli di Cosmo
Infine prossimo
capitolo domenica otto aprile.
a presto noemi.
|
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Capitolo 3 *** la sfida che ci troviamo davanti ***
Capitolo 2
La sfida che
ci troviamo davanti
Il
risveglio è quel
momento che ti sorprende dopo il sonno, quel momento in
cui si ritorna allo stato di piena
conoscenza. Perché
poi io avrei dovuto
riprendermi da quell’ annullamento senza dolore in cui ero
sprofondata? Che
motivo avevo di tornare in una realtà che
non volevo affrontare?
Eppure sentii una presenza
attirarmi come una
calamita e trascinarmi, mio malgrado, fuori dall’acqua
dell’incoscienza. Una
presenza indistinta e allo stesso tempo tangibile. Un po’
alla volta tornai a
percepire il mio corpo, il materasso su cui ero adagiata e le parenti
della
stanza in cui mi trovavo, probabilmente quella di Leah. Dovevo essere
stata
portata lì da mio padre dopo che, sfinita dalle lacrime, mi
ero addormentata fra
le sue braccia.
Aprii
gli occhi cautamente
e il mio cuore, già messo a dura prova da quella terribile
giornata, perse un
paio di battiti.
Seduto
ai piedi del letto,
in tutta la sua imponente stazza, Jacob.
Jake
con sulle labbra il
sorriso solare e i segni della barba incolta; Jake con i capelli un
po’ più
lunghi e la sua presenza calda; Jake…semplicemente il mio
Jake. Da quanto tempo
non lo vedevo?
Mi
precipitai fra le sue
braccia aperte, che aspettavano solo di accogliermi, e gli
caddì quasi addosso.
Le gambe rimaste intrecciate nel groviglio delle lenzuola. Non mi
importava.
Strinsi le mie mani sulle sue spalle forti che sembravano poter reggere
tutto
il peso del mondo. Strofinai il naso contro il suo petto assaporando di
nuovo
il suo odore di legno e muschio. Mi era mancato. Mi erano mancati tutti
i
dettagli di lui.
“Jake.”
Mi alzò il viso,
portando due dita sotto il mio mento.
“Bells.”
La sua voce roca.
Un sussurro appena.
“Sei
tornato.”
I
nostri sguardi si cercarono,
si pretesero e infine si trovarono. Cioccolato e pece. Dove iniziavo
io? Dove
finiva lui? Non mi importava. Ripresi a piangere con la consapevolezza
di non
essere più sola.
La
sua guancia bollente
posata sui miei capelli. Mi feci avvolgere completamente dal suo
abbraccio,
cercando nel suo calore familiare un modo per contenere la voragine che
di
nuovo era nata dentro di me. Mi aggrappai a lui per non cadere in
pezzi. Ma
sarebbe stato sufficiente? Sarebbe stato in grado di salvarmi ancora?
Perché
questo nuovo dolore
aveva cancellato tutto il resto, e tutte le sofferenze della vita mi
apparivano
ora come piccoli spilli in un oceano statico d’ angoscia.
“Ti sei svegliata,
tesoro.”
Sentii
la voce di mio
padre, roca più del solito, provenire dalla porta. Voltai la
testa verso di lui
senza abbandonare il mio rifugio caldo. Lo osservai: la sofferenza era
tangibile anche sul suo viso. Pensai per un istante a cosa provasse
lui, quali
pensieri affollassero la sua mente nel percepire il mio strazio, quali
parole
avrebbe voluto usare per rincuorarmi.
Avrebbe voluto, molto probabilmente, farsi carico del mio
dolore così
come, ne ero sicura, avrebbero voluto fare anche Jake ed Edward.
Sussultai
quando la mia mente formulò il suo nome. Ero lì,
stretta fra le braccia del suo
nemico mortale ed era dove volevo stare. Era forse perché
lui poteva capire il
dolore di perdere una madre o più semplicemente
perché da troppo tempo
desideravo tornare a percepire il suo calore sulla mia pelle?
E
mio padre? Che ne
pensava lui nel vedermi così abbandonata fra le braccia del
figlio del suo
migliore amico invece che fra quelle del mio fidanzato? Ma in fondo la
sua
preferenza per Jacob era sempre stata evidente, non si scompose,
limitandosi ad
osservarci: “Ho richiamato Phil, c’è un
aereo prenotato per stasera, se te la
senti.”
A
quelle parole aumentai
la presa sulla mano di Jacob già intrecciata saldamente alla
mia. Assentii con
la testa, passandomi la mano libera sul viso.
“Devo
andare a casa a
prendere qualche cambio e devo chiamare Edward.”
Mio
padre annuì appena
prima di uscire dalla stanza, lasciandoci di nuovo da soli. Jake mi
aiutò ad
alzarmi dal letto, prese una ciocca dei miei capelli e se
l’avvolse fra le dita
prima di andarla a sistemare dietro il mio orecchio.
“Ce
la farai, Bells… hai
tuo padre, hai Edward e
- sentii la sua
voce cercare di nascondere il dolore nel pronunciare quel nome - se lo vorrai ci
sarò anche io.”
“Non
dire idiozie, Jake.
Come potrei pensare di affrontare tutto questo senza di te?- continuai
sussurrando
appena - vieni con me. Ti prego.”
Mi
ritrovai nella mia
auto, seduta al posto del passeggero con la volante della polizia che
ci
seguiva a poca distanza. Appoggiai la fronte contro il vetro freddo del
finestrino, chiusi gli occhi mentre il resto del mio corpo assorbiva il
calore
di Jake. Guidava in silenzio con la mano che, posata sul cambio,
sfiorava
appena il mio ginocchio.
Trovai
Edward ad
aspettarmi seduto sul portico di casa. Scesi dall’ auto,
mentre Jake e Charlie
posteggiarono.
Mi venne incontro, bloccando
il mio viso fra
le sue mani e lasciando che le nostre labbra si sfiorassero appena.
Cercai di
sorridere, ma ne uscii solo una smorfia.
“Devo
partire… vorrei che
venissi con me, ma so che non è possibile.”
“Amore,
potrei…”
“No,
non potresti. C’è
sempre il sole in Florida, Edward. Non è come
l’ultima volta, il funerale…”
La mia voce si
spezzò e una lacrima scese
sulla mia guancia. Edward la raccolse con il pollice, prima di baciare
la scia
salata che aveva lasciato sul mio viso.
“Mi
sento così inutile,
Bella. Dovrei fare di più per te.”
“Sarai
qui al mio ritorno,
Edward. Avrò bisogno di te. Avrò sempre bisogno
di te.” Cercai di bloccare i
suoi sensi di colpa stringendolo in un abbraccio. Lo vidi volgere il
suo
sguardo a Jake che se ne stava, con le mani in tasca, appoggiato
all’auto di
mio padre. Si guardarono intensamente,
impegnati in una conversazione percepibile solo per loro.
I due nemici
atavici che stringevano una tregua per me. Fu Edward a distogliere per
primo lo
sguardo tornando a posarlo su di me. Mi prese per mano incamminandosi
dentro
casa.
“Ti
aiuto con la valigia.”
disse solamente.
Il
sole della Florida era
accecante, ma io non lo percepivo. L’unica cosa che sembrava
potermi riscaldare
era la presenza di Jake immobile dietro di me come un angelo custode.
Il mio
angelo.
Sedevo
su una piccola
sedia di legno nero e sentivo la sua mano stringermi la spalla. Intorno
a me
tanta, troppa gente. Tutti accorsi per dare l’ultimo saluto a
mia madre.
La
mia folle, avventata, e
allo stesso tempo saggia madre. La persona che mi aveva donato la vita
e che mi
aveva amato incondizionatamente. Accanto a me, Phil stringeva il pugno
contro
la gamba della sedia, le nocche quasi bianche. Mio padre sedeva
all’altro mio
lato con un espressione impercettibile sul viso, cercando di
confrontarmi con
la sua mano nella mia. Ma quando la bara iniziò a calare nel
terreno, non
riuscii a guardare oltre; mi alzai di scatto riparandomi fra le braccia
di
Jake. Nascosi il viso contro il suo petto, concentrandomi sui battiti
del suo
cuore, cercando un modo per sfuggire allo strazio che mi dilaniava
l’anima. Mi
aggrappai a lui, lui che da sempre era il mio porto sicuro. Cercai
ossigeno per
non soffocare, cercai luce per non restare al buio, cercai il mio sole
per
avere calore, cercai la sua mano per farmi accompagnare attraverso i
labirinti
della sofferenza.
NOTE
AUTRICE
Prima
di tutto voglio augurare
a tutti Buona pasqua , quante uova state mangiando?
Questa
settimana insieme
alla storie trovate due bellissimi banner il primo è quello
di classificazione
al contest e per questo devo ringraziare jakefan
e Lea__91
Il
secondo è uno splendido
ed inaspettato regalo di xxx_Strange_xxx grazie mille
tesoro .
A
proposito di strange
state leggendo la sua incedibile
No?
E che cosa state
aspettando? Grazie a aniasolary per
aver betato il capitolo.
Il
prossimo
aggiornamento venerdì
20 aprile.
Ancora
auguri.
Noemi.
|
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Capitolo 4 *** Esistenza da soli ***
Capitolo 3
Esistenza da
soli
La
lapide di marmo, la terra
smossa. Mia madre giaceva là sotto, fredda e immobile. La
mia mente rifiutò
quello che invece i sensi percepirono chiaramente. Era finita. Era
finito
tutto.
La gente a poco a poco
andò via e restai da sola. Adagiai ai piedi della lapide i
fiori che stringevo
fra le mani. Mi avvicinai ancora di più, inginocchiandomi ed
andando a sfiorare
con le dita il nome di mia madre inciso nel bianco.
“Erano i suoi preferiti,
gardenie.”
Jake era a pochi passi di
distanza da me. Aveva compreso il mio bisogno di salutarla
un’ultima volta.
Solo io. Ma sapevo che non si sarebbe allontanato.
“L’ultima volta che
abbiamo parlato al telefono.” continuai “Non ha
fatto altro che ripetermi che
sarebbero stati i fiori perfetti per il giorno delle nozze. Non
sentirò mai più
la sua voce ed ho sprecato gli ultimi istanti discutendo sul mio
stupido
bouquet da sposa.”
Le lacrime tornarono a
rigare il mio viso e i singhiozzi a squassare il mio petto. Mi cinsi il
corpo
con le braccia cercando di contenere in qualche modo il dolore. Sentivo
il
cuore privo di pulsazioni, gelido e anche tanto, troppo freddo addosso.
Jake mi fu subito accanto,
si inginocchiò di fronte a me prendendo il mio viso fra le
mani. Incatenò i
nostri occhi, scavò dentro la mia anima quasi volesse
bruciare ogni piccolo
frammento di scaglie ghiacciate che vi erano intrecciate. Non
parlò. Nessuna
frase mi avrebbe trasmesso di più in quel momento che le sue
iridi nere.
Avvicinai di più il mio corpo al suo, volevo il suo calore,
né volevo ancora di
più.
Fu allora che successe. La
mia anima, persa nella sua, prese il sopravvento sulla ragione. Vedevo
solo i
suoi occhi, sentivo solo il suo cuore, percepivo solo quel calore che
tanto
agognavo. Le mie labbra annullarono la breve distanza che le separava
da quelle
di Jake e si modellarono perfettamente sulle sue. Il mio bisogno di lui
era
troppo grande per cercare di fermarmi. Il suo sapore contro la mia
bocca, il
suo respiro fuso con il mio. Durò dei secondi eterni ma
quando dischiusi le
labbra per approfondire quel contatto, Jake si tirò
indietro. Mi aiutò ad
alzarmi lasciando che le nostre dita s’intrecciassero.
Restò in silenzio alcuni
instanti, perso in chissà quali pensieri e poi
iniziò a parlare:
“Quelli di mia madre erano
i girasoli. Ogni mattina, appena sveglio, trovavo un girasole sul mio
comodino
e un enorme vaso sul tavolo in cucina accanto alla
colazione.” La
sua voce roca non riuscì a nascondere una
nota di malinconica tristezza. "Dopo che morì, continuai a
portarli in tavola al
mattino prima che tutti gli altri si svegliassero. Ancora oggi mio
padre non ha
idea che fossi io a farlo; ha sempre creduto fosse Rachel.”
Presi a sfiorare il dorso
della sua mano unita alla mia.
“Non me l’hai mai
raccontato, Jake. Non parli mai di tua madre.”
Lo vidi stringersi nelle
spalle, scacciando una piccola lacrima che si era adagiata
all’angolo del suo
occhio.
“All’inizio dovevo essere
forte, per mio padre per le mie sorelle. Mamma diceva sempre che io ero
il sole
che illuminava le sue giornate, anche quelle più tristi, non
volevo deluderla.
La gente mi guardava, mi vedeva sempre sorridente e smise di chiedermi
come
stavo, a me andava bene così. Poi un giorno ha iniziato ad
essere vero. Il
dolore era sempre presente, ma si era trasformato: riuscivo a
ricordarmi di lei
sorridendo. Mia madre è sempre dentro di me, Bells, ogni
giorno, ma ora mi
ricordo di lei felice, mi ricordo della sua dolcezza e di tutte le cose
belle e
divertenti che faceva con me ed è diventato sopportabile.
Succederà anche a te,
credimi.”
“Non sono forte come te,
Jake…”
“E’ vero, lo sei di più.”
Non disse nient’altro.
Tornò a stringermi a sé ed io rimasi
lì, in silenzio, con lui, finché non mi
sentii pronta a tornare a casa.
Forks
era umida e piovosa,
anche quella mattina quando uscimmo dall’aeroporto. Mi voltai
a guardare Bella:
i suoi occhi erano ancora gonfi e rossi per le lacrime. Mi maledissi
per non
riuscire a fare di più per lei. Avrei voluto che smettesse
di soffrire, avrei
voluto non vederla mai più piangere.
Edward avanzò verso di
noi, lo vidi stringerla fra le sue braccia gelide, lo vidi baciare le
sue
labbra di fragola. E vidi lei rispondere al suo abbraccio, al suo
bacio, prima
di tornare da me e sfiorare la mia guancia con una carezza mentre
sussurrava al
mio orecchio:
“Ti chiamo più tardi.
Grazie.”
Sparì dentro la macchina
di lui e io rimasi lì, l’eterno secondo, il suo
migliore amico, a ripensare a
quel bacio appena accennato del giorno prima. Poteva la disperazione
averla
spinta così tanto verso di me? Perché lo aveva
fatto? Perché mi aveva baciato?
Potevo permettermi la speranza o sarebbe stata l’ennesima
illusione?
In quel cimitero si era
presa un'altra parte della mia anima, ma io le avrei donato anche ogni
respiro,
ogni goccia del mio sangue , il corpo. Il mio cuore le apparteneva
già da un tempo
immemore. Le avrei concesso di prendersi tutto il mio essere pur di
rivedere il
suo sorriso. Anche se alla fine, di me, non sarebbe rimasto
più nulla.
Da
dentro la macchina di
Edward che si allontanava, guardai la figura di Jake farsi sempre
più piccola.
Sapevo che il risultato di quei giorni sarebbe stato altro dolore per
lui.
Ancora una volta ero stata egoista. Una piccola egoista bastarda. Se ci
fosse
una vera giustizia a questo mondo sarei dovuta morire io al posto di
mia madre.
E invece lei non c’era più ed io non avevo
imparato niente. Non ero cresciuta,
ero sempre la solita Bella che feriva ancora, ancora e ancora le
persone che
l’amavano. Sarei dovuta restare da sola e avevo paura: paura
che prima o poi
Edward si stancasse di me e delle mie stupidaggini, avevo paura lo
facesse
Jake, avevo paura di affrontare la vita. Avevo paura, ancora una volta,
di
finire schiava del mio cuore umano, invischiata in quel triangolo
perverso di
sofferenze al quale, ora capivo, la decisione di sposare Edward non aveva mai realmente
posto fine.
Note
autrice.
Poche
e veloci parole. Grazie
a chi legge a chi ha messo la storia fra le seguite , ricordate e
preferite, mi
avete reso felice. Grazie a aniasolary
e Maria_Black.
Prossimo
aggiornamento mercoledì due maggio.
|
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Capitolo 5 *** sopra alle pene del passato. ***
Capitolo
4
Sopra
alle pene del passato.
Notte.
Era un'altra notte. Edward si era allontanato da me per la caccia. I
suoi occhi
neri mi avevano detto chiaramente che, anche volendo, non avrebbe
più potuto rimandare
quel momento. Non volevo addormentarmi da sola. Sapevo che senza di lui
i miei
incubi non mi avrebbero dato tregua e sarebbero stati più
vividi e reali.
Mi
sedetti alla scrivania. C’era un calendario da tavolo posato
accanto al vecchio
computer. Mi sconvolsi nel notare la data di quella giornata
così uguale a tutte
le altre.
Mi
era già successo una volta che, malgrado restassi inerme, il
tempo passasse. Nonostante
non lo volessi, nonostante restassi come bloccata in una sorta di
limbo, il
tempo passava. Lento, inesorabile e fra poche ore sarebbe stata
l’alba del
tredici settembre: il mio compleanno.
Il
primo che sarebbe trascorso senza che fosse la voce allegra di mia
madre a svegliarmi
con una sua assurda teoria del perché non potessi tirarmi
indietro dai suoi
festeggiamenti per quella giornata, secondo lei, così
speciale. Ripensai al
compleanno precedente. Quante cose erano successe in un unico anno:
Edward e il
dolore che mi aveva provocato, Jacob e la sua allegria che mio malgrado
mi
aveva travolta, Victoria e la battaglia. Gioia e dolore intrecciati
insieme
indissolubilmente.
Premetti
il pulsante del PC aspettando che si avviasse, ritrovandomi a pigiare
freneticamente
sulla tastiera. Stavo scrivendo una mail. Una mail a mia madre:
“Mamma
,è assurdo trovarmi qua a digitare
parole che tu non potrai mai leggere. Non ho mai avuto un idea precisa
della morte
e del cosa ci aspetti dopo, ma se quello che ci insegnano fin da
piccoli è
vero, tu non te ne sei mai andata e sei qui a vegliare su di me. E,
dopo aver
conosciuto Edward, molte delle mie credenze sono cambiate.
Perciò magari è vero
e puoi davvero leggere queste parole. Infondo se esiste lui che - anche
se si
considera un abominio - è l’essere più
simile alla perfezione divina che possa
trovarsi sulla terra, da qualche parte un Dio dovrà pur
esserci.
Non
sai quante volte
ho desiderato confidarmi con te, mamma. Confidarmi davvero, senza bugie
mal
celate e mezze verità. Finalmente posso liberarmi di questo
peso che mi opprime
il petto.
A
quest’ora Isabella
Marie Swan non sarebbe dovuta neanche più esistere. Ma il
matrimonio è stato
rimandato e con esso tutte le conseguenze che avrebbe portato.
E’
successo così,
che un giorno me ne stessi seduta accanto ad Edward; lui giocherellava
con il
braccialetto al mio polso, ha preso fra le dita il diamante a forma di
cuore che
era appartenuto a sua madre e io gli ho chiesto di parlarmi di lei. Non
lo ha fatto.
Non avrebbe potuto farlo anche volendo. I suoi ricordi di lei sono
sbiaditi,
portati lontano dalla trasformazione. Ricorda, ma non i dettagli, e io
non
voglio dimenticarti, mamma. Non voglio dimenticare il colore dei tuoi
occhi, il
profumo dei tuoi abbracci, il suono della tua risata. Non voglio
scordarmi dei
giochi che inventavi per me da bambina.
Forse
c’è chi direbbe
che l’oblio dei ricordi sia il giusto rimedio per il dolore
che provo. Ma se
così non fosse? Se il mio cuore cristallizzato
nell’ultimo battito continuasse
a soffrire?
E
poi c’è Charlie.
Ora che ho provato la devastazione di questo dolore come posso pensare
di
infliggerglielo io e consapevolmente? E Jacob? Lui che è
stato forte, che è sopravvissuto
alla morte della madre, riuscirebbe a superare anche questa? Ha perso
sua madre
ma ha continuato a lottare, mi avrebbe dimenticato? Si sarebbe rifatto
una
vita?
Jake
mi ama, mamma,
di un amore grande e incondizionato. Mi ama con tutto se stesso: con
l’adolescenza
e la maturità del lupo. Forse in qualche modo ne sarebbe
uscito. Ma la verità,
mamma, è che lo amo anche io. Sì, lo amo ed ormai
è stupido nascondersi dietro
una bugia.
Lui
mi ha salvato
dall’apatia dopo l’abbandono di Edward. Mi ha
salvato dalla morte e per me si è
quasi fatto uccidere. Continua ad essermi accanto nonostante le ferite
che il
mio egoismo gli infligge. Ed io mi sono innamorata di lui in ogni
attimo in cui
dal pianto è nato il sorriso, mi sono innamorata di lui
dietro ogni risata
spensierata. Mi sono innamorata di lui lentamente ma inesorabilmente.
Non
è stato pugno
nello stomaco e gambe che tremano come con Edward; ma non sono
più sicura che
non sia abbastanza. E’ abbastanza per sentirmi lacerata.
Ma
poi torno a pensare
ad Edward, a lui che, nonostante il suo corpo freddo, ha saputo far
nascere in
me un cuore di donna .
I
miei compagni partiranno
per il college la settimana prossima. Ho detto a Charlie che ho ancora
bisogno
di tempo per decidere della mia vita. Più tempo per capire
che direzione
intraprendere.
Fuoco
o ghiaccio,
mamma? Sono egoista, li tengo legati a me entrambi. Legati con una
bugia:
Edward il mio fidanzato, Jake il mio migliore amico.
Fuoco
o ghiaccio?
Quale sarebbe il tuo consiglio? Fuoco o ghiaccio? Le due
metà di me: Edward e
Jacob.”
Mi
ritrovai a piangere su quella mail mai inviata, piansi per le parole
che essa conteneva,
piansi per me, piansi per mia madre.
La
ronda era finita ed io mi ritrovai sotto la tua finestra. Masochista e
testa di
cazzo, Jacob.
Il
mio corpo aveva bisogno di dormire. Era stata una lunga notte: la lite
con Paul
e poi quella scia sconosciuta. Un nomade. Lo seguii fino in Canada
prima di farlo
a pezzi e dar fuoco ai resti. Un lavoro perfetto ed in solitaria.
Applausi
fuori scena. Grazie.
Masochista
e testa di cazzo io che, invece di vantarmi davanti al branco, stavo
qua a rigirare
il coltello in una piaga già infetta.
Masochista
e fottutamente innamorato di te. Masochista e con un cuore di lupo che
non conosce
la parola rassegnazione. Sono nato per lottare, è nel DNA
dell’animale, è nel
mio cuore innamorato di ragazzo.
Masochista
e testa di cazzo, ma per una volta fortunato. L’odore del
succhiasangue non giunse
alle mie narici. Sapevo che eri sveglia, sentivo il rumore sordo del
tuo pianto.
Mi arrampicai alla finestra, ancora una volta pronto per essere il tuo
sole. In
fondo l’ho già detto: masochista e testa di cazzo,
Jacob.
Angolo
Autrice.
Questo
capitolo segna una svolta nella storia … da qua in poi
sarà una lunga corsa
fino alla fine. Che posso dirvi? Grazie per continuare a seguirmi e
grazie per
il betaggio a Maria_Black
e aniasolary
Il
prossimo capitolo il 14 maggio. Dopo di che inizierò a
postare tutti i mercoledì
fino alla fine della storia.
Vi
lascio con un po’ di pubblicità
ho
pubblicato una one shot su Jacob la trovate qua. Alla
fine del viaggio
E
poi… 11 maggio inizio la pubblicazione di una nuova storia.
Se non vi siete
ancora stancati di me e vorrete seguirmi vi lascio un piccolo trailer.
http://www.youtube.com/watch?v=wNnXt3Qjmes
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Capitolo 6 *** Innalzarsi ***
Capitolo
5
Innalzarsi
Sentii
l’aria spostarsi dietro di me, poi un tonfo sordo e una mano
rovente
accarezzarmi la schiena. Trasalii spaventata, alzandomi dalla sedia e
quasi
cadendo. Due braccia forti mi sorressero, impedendomi di finire a terra.
“Jake.”
urlai il suo nome. Lui pose la mano sulla mia bocca e magicamente le
mie
lacrime sparirono. Era accanto a me e il mio cuore batteva furiosamente.
“Shhhhhh, Bells. Vuoi farmi
ammazzare da Charlie? Ora
levo la mano, ma tu smettila di urlare.”
Annuii
con la testa ed un sorriso beffardo comparve sul suo volto mentre
tornava a
posare la mano lungo il fianco.
“
Ciao piccola.”
“
Che cosa ci fai qua, Jake? Mi hai fatto morire di paura.”
Si
strinse nelle spalle andandosi a sistemare sul letto.
“Passavo
da questi parti.” Lo raggiunsi, sedendomi accanto a lui.
“Certo
passavi di qua alle cinque del mattino.”
“Ero
di ronda.” Mi rispose prontamente. Lo guardai meglio e mi
sentii gelare. Aveva
un livido non ancora scomparso del tutto sullo zigomo sinistro e
notevoli tagli
ed abrasioni, prossime alla guarigione, su tutto il lato destro del
corpo. Mi
portai le mani alla bocca spaventata. Anzi no, terrorizzata. Se gli
fosse
successo qualcosa… nuove lacrime sgorgarono dai miei occhi.
“Vampiro.”
pronunciai tremando. Lo sentii
sbuffare, avvicinando il mio corpo al suo.
“
Smettila, Bells. Era solo un nomade. Ci ho impiegato meno di dieci
minuti. A
dirla tutta non è stato neanche divertente, sai?”
Ormai singhiozzavo senza
ritegno.
“Sei
un incosciente, Jake.”
“Comunque
non è stato il vampiro a farmi questo. Ho litigato con Paul,
ma non
preoccuparti, lui è conciato peggio.”
Sghignazzava
compiaciuto, l’idiota, mentre io morivo di paura per lui. Fu
troppo. Mi alzai
dal letto, dandogli le spalle sdegnata. Odiavo quella parte di Jake.
Quel Jake,
sbruffone così diverso dall’amico che avevo
imparato a conoscere in quei primi
mesi trascorsi insieme a La Push, quel Jake sicuro di sé,
più uomo e meno
bambino, quel Jake che mi guardava facendomi sentire donna. La sua
donna.
“Dovresti
proprio andare ora, sai?”
“Ma
se sono appena arrivato. Dai, Bells. Mettiti qualcosa di pesante
addosso.
Voglio farti vedere una cosa.”
“Cosa
ti fa pensare che io voglia venire?” Tentai di bleffare.
“Intuito
da licantropo, mettiamola così.” Prese la mia
felpa posata sulla sedia,
porgendomela. Si voltò dall’altra parte mentre io
mi vestivo veloce. Aveva
ragione, sarei andata ovunque con lui. E mi maledissi per averglielo
fatto
capire.
“First
Beach Jake? Sei venuto a rapirmi a casa mia, per portarmi a vedere la
spiaggia?
Ma fai davvero?” La mia piccola Bells mi guardò
con aria sconvolta mentre
camminava con la mano intrecciata alla mia, ben attenta a dove metteva
i piedi
per non cadere. Non ne aveva bisogno, non glielo avrei mai permesso. Il
mio
cuore era talmente saturo d’amore per lei che pensai sarebbe
potuto esplodere
da un momento all’altro.
L’avevo
trovata fra le lacrime e poi avevo visto quelle stesse lacrime
trasformarsi in
sorrisi. Non volevo illudermi che la sola mia presenza le fosse
così di
sollievo ma non potevo negare, alla mia anima irrazionale, quel
pensiero.
“Se
hai un po’ di pazienza Bells… sta per iniziare. Ma
da quanto sei così
petulante?”
Bloccai
il suo pugno pronto a scattare verso di me, portando la sua mano alle
mie
labbra e baciandola lievemente. Lei arrossì, imbarazzata.
L’amavo. Dio, se
l’amavo. Non avrei mai smesso di lottare per lei. Non mi
sarei arreso come
l’ultima volta. Questa era un'altra occasione che il destino
mi aveva offerto e
non avevo intenzione di buttarla nel cesso.
“Non
sono petulante e…”
Non
finì mai la frase. La vidi spalancare gli occhi prima di
restare incantata ad
osservare la linea dell’orizzonte.
Il
sole stava nascendo davanti ai miei occhi. Un'altra alba su Forks. Ma
era uno
spettacolo magnifico. Il cielo solitamente plumbeo e carico di nuvole,
era
sereno e nitido come non lo avevo mai visto dal giorno del mio arrivo.
Quella
che stava iniziando sarebbe stata una magnifica e rara giornata di
sole. Mi
voltai verso Jake. I suoi occhi sorridevano. Si sedette sulla sabbia e
io mi
accoccolai fra le sue gambe, con le sue braccia a cingere il mio corpo,
riparandomi così dall’ aria fredda di settembre.
Non
pensai se fosse giusto o sbagliato trovarmi lì, volli solo
godermi il momento e
lo spettacolo magnifico che la natura ci offriva. Il cielo si stava
sempre più
tingendo di rosso, il sole ancora basso si rifletteva sull’
acqua e dietro di
lui era ancora possibile vedere la luna.
Reclinai
la testa all’indietro, posandola sul petto febbricitante di
Jake. La sua bocca
sfiorava quasi il mio lobo.
“Buon
compleanno piccola.” Sbuffai, ma non riuscii a controllare un
brivido di
piacere quando sentì la sua voce roca. Lui rise della mia
avversità anche solo
a dei semplici auguri e strinse di più il mio corpo al suo.
“Sai,
la mia gente ha una leggenda sul sole e la luna. Mia madre era solita
raccontarcela la sera prima di addormentarci. Le gemelle
l’adoravano, a me, a
dir la verità, piaceva di più quella del soldato
di latta.”
Sorrisi
immaginando un Jake bambino che non voleva andare a dormire.
“Ti
va di raccontarmela?” chiesi.
“Non
sarò bravo come lei…”
“Tu
provaci lo stesso.” E lui, rassicurato dalle mie parole,
iniziò il racconto.
“Si
narra di un tempo in cui il mondo come lo conosciamo noi non esisteva
ancora. Fu in quel
tempo e spazio
indefinito che Sole e Luna si incontrarono per la prima volta.
Bastò poco ai
due per innamorarsi e iniziare a vivere un grande e profondo amore.
Un
giorno però, Dio decise di dar vita al creato, donandogli
come tocco finale la
bellezza. Per far questo decise che il Sole avrebbe illuminato il
giorno e la
Luna la notte, obbligandoli, senza volerlo, a vivere separati.
I due furono colti da grande tristezza quando capirono che non si
sarebbero mai
più incontrati. La Luna divenne sempre più
amareggiata e malgrado la
brillantezza che Dio le aveva donato, soffriva di solitudine. Il Sole,
a sua
volta, guadagnò un titolo di nobiltà "Re degli
Astri" ma anche questo
non bastò a renderlo felice.
Dio, allora, li convocò a sé parlandogli
così:
<Non
avete nessun motivo
per essere tristi. Dopotutto avete una brillantezza che vi distingue
l'uno
dall'altra. Tu Luna, illuminerai le notti fredde e calde, incanterai
gli
innamorati e sarai molte volte motivo di poesia. Quanto a te Sole,
sostenterai
questo titolo perché sei il più importante degli
astri, illuminerai la Terra durante il giorno,
fornirai calore agli esseri umani e la tua semplice presenza
farà le persone
felici.>
Ma la Luna, che non riuscì mai ad accettare il suo terribile
destino,
trascorreva i giorni piangendo. Il Sole soffriva per la tristezza della
Luna ma
non poteva lasciarsi andare perché, doveva essere lui, a
darle la forza di
accettare il destino che Dio aveva deciso per loro. La sua
preoccupazione fu
tanto grande che pensò di chiedere un favore a Dio:
. E Dio con la sua
bontà, creò le stelle per tenerle compagnia.
Tutt'oggi Luna quando è molto triste ricorre all'aiuto delle
stelle che fanno
di tutto per consolarla, non riuscendoci quasi mai poiché
lei vive sempre
separata dal suo unico amore.
Il Sole finge di essere felice, la Luna non riesce a nascondere la sua
tristezza.
Il
Sole è ancora caldo di passione per la Luna e lei vive
ancora nell'oscurità
della solitudine.
Luna e Sole seguono il loro destino, Lui solitario ma forte, lei in
compagnia
delle Stelle ma debole.
Dio decise, pero, che nessun
amore in questo
mondo fosse del tutto impossibile, neanche quello tra la Luna ed il
Sole. Ed è
stato allora che creò l'eclissi.
Oggi Sole e Luna vivono nell'attesa di questo istante, unico momento
raro che
gli è stato concesso. E quando guardando il cielo, vedremo
il Sole nascondere
la Luna è perché, sdraiandosi su di Lei,
incominciano ad amarsi. La
brillantezza della loro estasi è così grande che
gli occhi umani non possono
guardare l'eclissi. Poiché, potrebbero rimanere accecati nel
vedere tanto
Amore.”
Quando
smise di parlare le nostre mani erano intrecciate. Restai ferma nel suo
abbraccio. Non volevo muovermi, spezzando così
l’incanto che la sua voce aveva
creato intorno a noi. Lui baciò la mia guancia, sentii il
suo tocco quasi
timido.
“É
solo una stupida storia per bambini, non so neanche perché
mi sia tornata in
mente.”
Scossi
la testa impercettibilmente. Non ero d’accordo. Quella
leggenda aveva fatto
nascere dentro di me un profondo senso di malinconia. Era una storia
che
parlava di destino, eternità ed amanti infelici. E se dopo
la mia
trasformazione la metà di me che amava Jake non avesse
smesso di esistere?
Saremmo diventati nemici mortali, licantropo e vampiro, giorno e notte,
Luna e
Sole. E se, come loro, saremmo stati destinati ad amarci da lontano per
l’eternità?
Mi
voltai a guardarlo, la luce rossa illuminava il suo volto, le sue
labbra
disegnavano un sorriso incerto, quasi triste. Era così bello
da togliere il
fiato. L’aria intorno a noi, potevo percepirla, era satura
d’attesa. Decisi di
porle fine. Avvicinai il mio viso al suo mentre il sole riscaldava ogni
singola
fibra dentro di me. Le nostre labbra erano separate da pochi millimetri
e il
mio cuore batteva forsennato. Voleva uscire dal petto per unirsi a
quello di
Jake che pompava alla stessa maniera disperata. Posai le mie labbra
sulle sue.
Lo sentii incerto sulla mia bocca e poi l’incertezza
finì. Questa volta non si
sarebbe tirato indietro. Con le sue braccia forti voltò il
mio corpo e mi
posizionò meglio fra le sue gambe. Le mani di lui sulla mia
schiena, le mie fra
i suoi capelli. Le lingue che si cercarono, trovandosi. Baciavo Jake.
Baciavo
il mio sole. Baciavo
l’uomo che amavo.
Note
autrici.
Ogni
qualvolta si scrive un racconto c’è sempre un
capitolo che non si vede l’ora di narrare. Per me
è questo. È il primo capitolo
che mi è venuto in mente progettando la storia, quello che
non vedevo l’ora di
farvi leggere e sapere se anche voi l’avete amato come me
La
storia che Jake narra a Bella, non è mia, è una
vera leggenda cinese che ho riadattato ai miti Quileutes.
La grande
svolta è arrivata. Cosa succederà ora? Bella
finalmente farà la sua scelta? E sarà
una scelta diversa?
Grazie
a tutte quelle che mi leggono sempre e a chi
mi lascia sempre le sue spendite recensioni.
Grazie a Maria
che, a proposito di Jake e Bella ha scritto una bellissima shot.
Correte a
leggerla.
Cosa
devo
fare, mamma?
Un
ultima cosa prima di lasciarvi: ho iniziato una
nuova long la trovate qua
Una
favola non è
Da
questa settimana iniziano gli aggiornamenti
settimanali.
Quindi
a lunedì prossimo.
Un
bacio
Noemi
|
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Capitolo 7 *** Possibilità dell'amore ***
Capitolo
6
Possibilità dell'amore
Il
nostro bacio con il passare del tempo cambiò, diventando
meno dolce e più
selvaggio.
Potevo
quasi sentire il lupo uscire dalle catene che Jake gli aveva costruito
intorno
e prendere il sopravento.
Le
sue mani sembrarono danzare sul mio corpo. Imparai, in quel bacio, che
cosa
volesse dire il possesso. Il possesso vero, perché Jake, lo
percepivo, mi
voleva come un uomo vuole una donna. Mi voleva con la certezza di stare
finalmente arrivando a qualcosa che avrebbe dovuto da sempre essere sua
ed io
volevo lui con la stessa disperata intensità. Quel contatto
sembrò essere
divenuto improvvisamente troppo misero.
Senza
interrompere il nostro bacio spinsi il suo petto fino a farlo sdraiare
sulla
sabbia. Mi spostai sopra di lui, andando a intrecciare le mie gambe ai
suoi
fianchi. Era come se non avessi più bisogno di respirare.
Jake era il mio
ossigeno. Sentii sempre più caldo, irradiarsi dal mio ventre
in tutto il corpo.
Il mio bacino aderiva perfettamente al suo, i nostri respiri oramai
erano
gemiti rochi. Era la mia voce quella che pronunciava il nome di Jake
distorta
dal piacere?
Percepii
l’eccitazione crescente di Jake
attraverso la stoffa dei nostri jeans e fu come essere colpita da una
doccia
gelida.
Mi alzai di scatto da lui,
inciampando e
ritrovandomi di nuovo seduta sulla sabbia. Che stavo facendo? Sentii
l’anello
di fidanzamento scottarmi la pelle dell’anulare.
Edward.
Ero
indegna di lui.
Guardai
Jake. Era tornato anche lui a sedersi. Fissava l’orizzonte,
con il sole ormai
alto nel cielo e il suo viso non riusciva a celare la confusione ed il
dolore.
L’avevo ferito. Ancora. L’avevo cercato,
l’avevo provocato e lo avevo
rifiutato. Di nuovo. Quanto ancora avrebbe sopportato?
Chiusi
gli occhi ed iniziai a piangere, vergognandomi di me stessa.
Che
razza di mostro ero diventata? Sentii la sua mano accarezzarmi la
schiena. Non
si avvicinò. Si allungò solo sfiorandomi appena.
“Non
piangere, Bells. Mi spiace. È tutta colpa mia.”
Presi
a singhiozzare più forte udendo quelle parole e lui
fraintese le mie lacrime,
continuando a cercare parole di conforto.
“Non
dovevo…è stato…non ti
toccherò più, Bells. Nemmeno per sbaglio, ma
smettila di
piangere.”
Dannato
me, dannato lupo, dannati ormoni. Avevo mandando tutto a puttane. La
baciavo ed
era perfetto, il suo profumo mischiato con il mio, il suo corpo vicino,
troppo
vicino. Persi il controllo del tutto. Maledetti, maledetti ormoni.
E
ora lei piangeva. Cercai di consolarla, ma non volevo toccarla troppo.
Ero
convinto che mi odiasse ormai. Che mi era saltato in mente? Come hai
potuto
pensare, stupido lupo, che lei fosse tua fino a quel punto?
Dannati,
dannati ormoni. Scommetto che il succhiasangue non abbia mai avuto di
questi
problemi. Lui non la spaventa, lui non ha un corpo che…
diamine! Certo che no,
lui è morto!
Sospirai
affranto, alzandomi in piedi:
“Ti
riporto a casa.” Cercai di aiutarla a rialzarsi, allungando
la mia mano ma lei
la rifiutò continuando a piangere.
Ci
dirigemmo a casa mia. La Golf era posteggiata in garage ed entrarci con
lei fu
come riportare a galla frammenti di una vita ormai morta. Le ombre del
passato,
di quello che eravamo stati, sembrarono riempire la stanza e Bella
piangeva
ancora. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare per farla smettere.
Dovevo
solo restare a distanza di sicurezza. Non dovevo sfiorarla.
“Perché
non può tornare tutto come allora, Jake?” Lo
sussurrò appena fra i singhiozzi,
ma sapeva che io potevo udirla.
“Perché
ti amo.” A che serviva mentirle? A che serviva dirle che, se
lo avesse voluto,
avrei dimenticato quello che era successo? Che sarei stato solo il suo
migliore
amico? Non avevo mai voluto essere solo un amico per lei. La
verità era che,
anche quando aggiustavamo quelle moto, ero innamorato di lei. La
verità era
che, già allora, la sognavo tutte le notti e volevo sentire
il gusto delle sue
labbra che immaginavo sapessero di ciliegia. La verità era
che, ora ne ero
certo, non mi sarei mai e poi mai pentito di quello che era successo in
quella
spiaggia. Forse era stato improvviso, esagerato, eccessivo. Avevo
lasciato che
il mio istinto prendesse il sopravento, ma anche lei voleva me. Ne ero
certo.
Lei mi amava. Come era già successo, prima della battaglia,
il suo corpo aveva
parlato e molto più chiaramente di quanto facesse lei
stessa. Non si era ancora
sposata con Edward. Dopo la morte di Renèe ne avevamo
parlato, si era confidata
con me e sapevo che non si sentiva ancora pronta . Voleva
aspettare… ma io ero
sicuro ci fosse dell’altro e che, qualche granitica certezza
dentro di lei, si
fosse sgretolata. Era il mio momento. Era l’ultima chance per
Jacob.
Ci
mettemmo in macchina. Bella puntò lo sguardo sulla strada,
ben attenta a non
incrociarlo con il mio, finché non sentii quel famigliare
odore di morte giungermi
alle narici. Appena fuori dal confine, infatti, era posteggiata
l’auto di
Edward.
Fermai
la Golf e imponendomi di restare calmo, le aprii la portiera.
Supplicarla di
restare lì con me non avrebbe portato a niente, come
l’ultima volta. Così la
lasciai andare, osservandola salire sulla macchina del mio nemico e
sperando,
con tutto me stesso, in un finale diverso.
Il
silenzio nell’abitacolo della Volvo era assordante. Edward,
con in viso un
espressione impassibile, guidava assorto in chissà quali
pensieri e ancora una
volta fui grata, alla mia testolina, per il fatto che non potesse
leggere nei
miei. Ci avrebbe trovato solo confusione e senso di colpa. Senso di
colpa e
dolore.
Ci
fermammo nel vialetto di casa mia. La macchina di Charlie non vi era
ancora
posteggiata, probabilmente era stato trattenuto a lavoro. Misi mano
alla
maniglia per aprire la portiera quando, con la coda
dell’occhio, lo vidi
rimanere immobile al posto di guida. Corrugai un sopracciglio incerta.
“Non
vieni?” Lo sentii raccogliere l’aria e riempirsene
i polmoni. Il mio cuore
accelerò i battiti mentre lo stomaco iniziava a contorcersi
per l’ansia. Se un
vampiro, che non ha bisogno d’ossigeno, inspira in quel modo
è per forza un
brutto segno. E infatti, con evidente fatica, iniziò a
parlare.
“Sei
sparita dalle visioni di Alice. Mi trovavo al confine per questo. Ero
preoccupato. Ma… hai il suo odore addosso Bella. E non
è come le altre volte.
E’ più forte.”
La
mia mano era ancora appoggiata alla maniglia. Tornai seduta,
sprofondato con la
testa sul sedile. Avevo paura di che significato avessero quelle parole
per
lui, per noi. Il senso di colpa era insopportabile.
Il
magone mi assalì, ma cercai di controllarlo ed Edward
continuò.
“A
volte vorrei davvero riuscire a leggerti nel pensiero, per capirti bene
come
invece sembra fare lui. Sarebbe tutto più semplice. Forse
avrei compreso prima
che il rimandare il matrimonio non è stato solo per tua
madre.” Provai a
ribattere ma lui mi bloccò, posando il suo dito gelido sulle
mie labbra
dischiuse.
“No,
Bella. Non voglio che tu dica che non è vero. Sappiamo
entrambi che sarebbe una
bugia. Avrei dovuto prestare più attenzione alle tue lacrime
dopo la battaglia.
In quel pianto era la tua anima ha parlare ed io, invece, sono voluto
restare
sordo. Devi essere libera di vivere la vita che vuoi davvero, Isabella.
Io devo
lasciarti libera. Ho l’eternità davanti per
aspettarti ma tu pensaci bene, solo
questo ti chiedo: sei proprio sicura di aver fatto la scelta
giusta?”
Le
sue braccia forti si strinsero al mio fragile corpo con disperazione.
Sentii il
dolore fuoriuscire come veleno da tutte le parole che a fatica aveva
pronunciato e non potevo fare nulla per alleviarlo.
Che
avrei potuto dirgli? Che si sbagliava? Che non aveva capito niente? Che
amavo
solo lui?
Come
potevo urlargli il mio bisogno disperato di lui, se in quei mesi mi ero
aggrappata, con la poca forza che mi restava, a Jake? Se in quella
spiaggia,
insieme a lui, era stato come ritrovare ossigeno e vita?
Così rimasi in
silenzio. Gli strinsi solamente
la mano mentre lui mi lasciava davanti alla porta di casa, posando
sulle mie
labbra un bacio che sapeva di un sogno che forse non si sarebbe mai
più
realizzato.
NOTE
AUTRICe.
Poche
cose da dire. Vorrei ringraziare chi mi continua a leggere e chi spende
sempre
due minuti per lasciarmi la sua opinione. Maria, Ellie, Ire, Steffy.
Grazie di
cuore. E grazie Ania che nonostante sia incredibilmente incasinata
è sempre lì
ad aiutarmi. Siete tutte incredibili.
A
Lunedi prossimo.
Noemi.
Ps:
ho pubblicato una storia su Embry la trovate qua: Father's
Day
|
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Capitolo 8 *** Due anime ***
A
Ellie…
Perché mi odierai dopo questo
capitolo.
Ma un amore facile non sarebbe scritto
da noi.
Capitolo
7
Due anime
Una
settimana dopo il mio compleanno mi ritrovai a camminare per le strade
di Port
Angeles insieme ad Angela e Jessica. Era la loro ultima sera prima
della
partenza per il college. L’ultima sera da trascorrere insieme
e, nonostante il
mio umore non fosse dei migliori, non avrei mai potuto rifiutare
quell’invito.
Mi sforzai di
sorridere e condividere la loro
eccitazione per la nuova vita che stavano per intraprendere, ma i miei
pensieri
tornavano sempre a quel giorno. Quando Edward mi aveva lasciato per
darmi la
possibilità di fare una scelta forse diversa ma definitiva.
Ed io, codarda come
sempre, avevo invece cercato in tutti i modi di evitare Jake. Charlie
ebbe
l’ordine tassativo di non farsi sfuggire il mio nome davanti
a Billy, non
risposi mai al telefono e la sera stavo ben attenta a chiudere la
finestra per
evitare visite non desiderate. Mi mancava ma la paura e
l’imbarazzo per il mio
comportamento in spiaggia era troppo.
Tentai
di tornare a concentrarmi sul fiume in piena che erano i discorsi di
Jessica.
Eravamo quasi alla
macchina, quando
Angela pronunciò poche parole che mi gelarono:
“Ehi,
Bella. Non è il tuo amico Jacob, quello?” Il mio
cuore prese a martellare
furiosamente nel petto, come a rallentatore seguii la linea invisibile
che il
suo dito tracciava e poi si fermò. Al lato opposto del
marciapiede, Jake. Stava
uscendo da una sala giochi con Quil e Embry e di certo non passavano
inosservati. Tre ragazzoni che spiccavano fra la poca folla in entrata
e
uscita. Indossava i suoi soliti jeans logori e una t-shirt nera.
Semplice e
bellissimo. Come sempre. E come sempre dovetti ricordarmi di respirare.
Anche a
distanza notai il
suo viso aprirsi in un
sorriso. E con quel sorriso fu come se il sole tornasse a toccare la
mia vita.
Lo vidi fermarsi ad aspettare il passaggio di una macchina prima di
attraversare mentre io, vigliacca fino in fondo, approfittai di quel
momento
per stringere il braccio di Angela e trascinarla in auto.
“No.
Era solo uno che gli somigliava”
Sospirai
al sicuro nell’abitacolo e permisi al mio cuore di riprendere
il regolare
battito. Stupida ed infantile. Quando mi sarei decisa a porre fine a
quel
teatro del grottesco in cui avevo fatto precipitare le nostre vite?
“Magari
non ti ha visto, fratello” Quil mi diede una pacca sulla
schiena con fare
consolatorio. Mi
spostai brusco da lui
stringendomi nelle spalle.
“Certo,
certo” Tornai a fissare l’auto con Bella al suo
interno che si allontanava.
Era
una situazione ridicola. Mi evitava da giorni. Non era così
che doveva andare.
Gli
avevo lasciato spazio. Come dicevano gli altri che si dovesse fare. Le
stavo
dando tempo. Come dicevano gli altri che fosse il comportamento giusto
da
seguire. Ma da quando io davo retta a quello che mi suggerivano gli
altri?
Insomma, Quil aveva avuto l’imprinting con una mocciosa e la
storia più lunga
di Embry era durata un settimana. Che ne potevano mai capire quei due
delle
donne? Non avevo
dato retta a Sam quando
mi era stato proibito di vederla ed iniziavo ad ascoltare la gente
proprio ora?
Mi ero forse rincoglionito del tutto?
Rimasi
fermo come un’ idiota su quel marciapiede. Io conoscevo
Bella, ero il suo
migliore amico. Non gli serviva tempo, non gli serviva spazio. Dovevo,
ancora
una volta, andare da lei trascinandola fuori dall’
autocommiserazione in cui,
ero sicuro, fosse sprofondata. In fondo, che avevo da perdere che non
avessi
già perso non una ma mille volte?
Lasciai
le ragazze con la promessa che mi avrebbero scritto spesso per
raccontarmi
della vita nel campus. Per Angela era scontato che quelle mail
avrebbero dovuto
invogliarmi a seguirla al college al più presto. Mi
abbracciò forte senza
aggiungere altro e io rientrai in casa. Angela non era una persona di
troppe
parole; lei andava dritta al punto e la maggior parte delle volte
vedeva oltre
quello che gli altri mostravano. Era semplice e diretta ed io le volevo
un gran
bene. Mi sarebbe mancata molto. Senza volerlo mi ritrovai a pensare a
come il
suo carattere fosse, per certi aspetti, molto simile a quello del mio
Jake.
Ripensai a lui, a come lo avevo evitato e ancora una volta mi vergognai
da
morire. Mi infilai a letto, nascondendo la testa sotto le coperte
finché non
sentii il campanello.
A
forza mi trascinai di sotto, aprendo la porta e desiderando subito dopo
di non
averlo fatto. Jacob s’infilò rapido nello
spiraglio che avevo lasciato e posò
le sue enormi mani sulle mie spalle.
“Finalmente”,
disse cercando i miei occhi e io non potei evitare quel contatto. Le
sue iridi
nere bruciavano dentro le mie. “Mi
vuoi
dire che succede Bells? Non
merito
neanche più il tuo saluto?”
Feci
un passo indietro cercando di mettere un minimo di distanza fra noi e
abbassando lo sguardo. Dovevo cercare di mantenere la mente lucida e
sentire i
suoi occhi che mi scrutavano così affondo, non aiutava certo.
“Non
ero sicura fossi tu. Insomma, non è che di solito frequenti
le sale giochi.”
dissi incerta, torturandomi le mani.
“Stronzate,
Bella. Certo che sapevi che ero io. E comunque avevamo deciso di
concederci un
giorno di ferie dal… dal resto.”
“Ah
e com’è andata? Vi siete divertiti?”
Dondolai sui talloni sperando che la mia
tattica per cambiare discorso funzionasse. Jake sbuffò
irritato, andandosi a
sedere sul divano.
“E’
stato uno spasso. Sì, proprio uno spasso. Finché
non ho incontrato la mia
migliore amica e lei ha deciso di fare finta che non
esistessi.”
“Come
sei drammatico, Jake. Ero con delle amiche e tu con i tuoi, tutto
qua.”
Mi
fulminò con lo sguardo e io arrossii, spostandomi una ciocca
di capelli dietro
le orecchie.
“Non
hai più l’anello di fidanzamento.” Jake
notò subito il mio anulare e tornò in
piedi vicino a me. Nascosi d’istinto la mano dietro la
schiena, anche se ormai
era inutile. Non potevo più tacere su quello che era
successo con Edward.
“Noi…
ci siamo... lui non è più convinto che sposarci
sia la cosa giusta da fare in
questo momento.” Lo vidi aggrottare un sopracciglio incerto.
“
Lui o tu?” I suoi occhi mi scrutavano ardenti. Era come se la
mia anima e la
mia mente fossero nude ed esposte davanti a lui che poteva carpirne
tutti i
segreti. Una paura improvvisa ed irrazionale mi colse, costringendomi a
mentire
a me stessa, prima che a Jacob.
“Lui.
Io non ho cambiato idea. Lo amo e lo voglio.” Jake prese la
mia mano, che
ancora tenevo al sicuro dietro la schiena e, prepotentemente, costrinse
le mie
dita ad unirsi alle sue.
“Non è
vero, Bella. Tu ami me”, la sua
voce roca era
distorta dalla furia e da
un dolore quasi disperato, “Perché non lo ammetti?
In fondo l’hai già fatto una
volta.” Alzò
le nostri mani unite e le
posò sulla mia guancia. Sentivo il fuoco provenire dai
nostri polpastrelli,
sentivo il fuoco sul mio viso. Mi sentivo bruciare per lui e non ero
pronta.
“
E’ vero, l’ho fatto, ma ti ho anche detto che non
eri abbastanza.” Le
mie parole andarono a segno questa volta.
Si stacco bruscamente da me. Vidi il suo corpo, scosso dalla rabbia,
iniziare a
tremare e l’attimo dopo era sparito dal mio salotto,
lasciando di sé solo un
ululato che si dissolveva nel bosco.
Mi accasciai sul
pavimento iniziando a piangere.
Che cosa c’era di sbagliato in me? Perché era
così difficile ammettere la
verità?
Note
autrice.
Lo
so, ora tutte odiate me e Bella. Cosa vi posso dire?
Ormai stiamo entrando negli ultimi capitoli,
riuscirà Bella a farsi perdonare da Jake e da voi? Lunedi
prossimo lo
scoprirete?
Grazie
per essere ancora
qua e seguirmi.
Con
affetto
Noemi.
|
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Capitolo 9 *** Decisione ***
Capitolo
8
Decisione
Era
notte. Solo la luna
proiettava una
pallida luce attorno a me, permettendomi così di vedere. Mi
ritrovai su di uno
strapiombo, sotto di me il mare in tempesta. Pur non conoscendo quel
luogo mi
appariva familiare, forse perché molto simile alla scogliera
da cui, quasi un
anno prima, mi gettai.
Mi
sporsi di più, osservando rapita le onde che si infrangevano
violentemente
contro le rocce. E all’improvviso mi ritrovai al buio, la
luna era stata
coperta in cielo da un’ ombra. Tremai. Ero sola, privata di
qualsiasi appiglio
sensoriale, finché non udii una voce familiare alle mie
spalle.
“Piccola
mia… cosa ci fai qua in cima?” Mi voltai di scatto
con il cuore che mi
rimbombava nel petto, pur sapendo che i miei occhi non avrebbero visto
nulla.
“Mamma,
oh mamma sei tu?” Iniziai a singhiozzare.
“Sono
io bambina.” Al buio allungai la mano fino a sfiorare quella
di mia madre. La
sentivo. Percepivo la sua stretta e la sua presenza vicino a me.
“Mamma,
mi sei mancata tanto.”
“Anche
tu, bambina mia… anche tu. Ma perché sei
qua?”
“Non
lo so. Ma ho paura, non vedo niente e non voglio cadere.”
“Non
devi avere paura, amore mio. La luce tornerà come fa sempre
e tu non cadrai. Lasciati
guidare.”
“Da
chi, mamma? Tu non ci sei più.”
“Non
essere sciocca, Bella. Sai
già la
risposta alla tua domanda. Hai solo troppo paura di
ascoltarla.”
Ancora
stretta nella morsa del buio, cercai di fare qualche passo avanti verso
la voce
di mia madre, tentai di stringermi a lei, ma le mie braccia trovarono
solo
l’aria intorno a me. Era sparita, lasciandomi di nuovo da
sola.
Aprii
gli occhi, mettendo a fuoco i contorni della mia camera sfocati dalla
pallida
luce che filtrava dalla tapparella. Posai una mano sul petto,
là dove i battiti
del cuore erano accelerati. Per la prima volta dal giorno della sua
morte avevo
sognato mia madre. E lei mi stava cercando di dire qualcosa, qualcosa
che
sapevo già da tempo, ma non volevo capire. Sospirai andando
ad accendere la
piccola about-jour appoggiata sul comodino e sistemandomi al centro del
letto
con le gambe strette sotto il mento.
La
luce torna sempre lasciati guidare.
Le
parole del sogno vorticarono nella mia mente. Udii la voce di mia madre
pronunciarle con dolcezza e sicurezza e poi a quelle parole si
sostituì un
volto.
Ripensai
al nostro bacio sulla spiaggia a come, in quel momento di completa e
folle
irrazionalità, tutto il resto era scomparso. Era scomparso
mentre io sentivo di
fare la cosa giusta, l’unica cosa che realmente volessi.
Ripensai anche al
nostro bacio prima della battaglia e capii come, ogni volta in cui mi
spingevo
così vicino a lui, mi sentissi completa. Ricordai come tutto
il resto si
annullasse mentre io mi perdevo in Jake.
La
luce torna
sempre lasciati guidare.
Lui
era sempre stata la mia luce. A lui mi ero affidata quando Edward mi
aveva
abbandonato e a lui mi aggrappavo ora che mia madre era morta. Sempre e
solo
lui.
Per
lui la mia anima aveva pianto, ribellandosi alla decisione della mia
mente di
vedere in Edward il mio solo ed unico destino. Mi ero già
accorta da tempo che
quello che provavo per Jake non era semplice amicizia ma, per
la prima volta, sentivo il mio amore per lui più forte di
tutto il resto.
La
luce torna
sempre lasciati guidare.
Dell’amore
folle per Edward, ora, non ne era rimasto che un pallido eco.
Inghiottito e
portato lontano dalla realtà della vita. Una
realtà a volte amara, ma che mi
aveva fatto crescere inevitabilmente. Al mio arrivo a Forks non ero
altro che
una ragazzina spaventata ed Edward sembrava essere uscito da uno dei
miei
romanzi in cui ero solita rifugiarmi. Innamorarmi di lui era stato
inevitabile.
Lui mi avrebbe dato tutto quello di cui avevo bisogno: una vita sicura
e un
cuore senza battiti immune dal dolore. Lui mi avrebbe amato e protetto
per
l’eternità. Lui il mio cavaliere dal cavallo
bianco, lui mi avrebbe resa
perfetta, adeguata, una creatura leggendaria su cui lo scorrere del
tempo non
avrebbe fatto effetto. Con lui, adesso finalmente capivo, avrei vissuto
un’
eternità che non mi sarebbe mai appartenuta davvero.
E
poi era arrivato Jake che, con la semplicità del suo essere,
aveva promesso di
non abbandonarmi mai. Ma potevo credere a quella promessa? Jake non era
un
vampiro centenario con una grande esperienza e un’elevata
maturità, ma solo un
ragazzino innamorato. Innamorato di me. Un ragazzino che con il suo
sorriso e
il suo caldo abbraccio riusciva sempre a confortarmi, un ragazzino fra
le cui
braccia mi sentivo giusta, un ragazzino che era riuscito a trasmettermi
la sua
gioia di vivere, un ragazzino che avrebbe sempre cercato la mia mano
per
affrontare il futuro.
Non
sarebbe stato facile come respirare, ora riuscivo a comprenderlo;
quella frase
che mi aveva detto era una stupida bugia da innamorati. La vita non
è facile e
la strada da fare non è priva di ostacoli, ma in cuor mio
sapevo che insieme
saremo stati in grado di superarli. Finalmente avevo capito la
realtà delle
cose, senza essere offuscata dal mio spasmodico desiderio di un futuro
con
Edward che ai miei occhi appariva tutto rosa e fiori e avevo scelto di
vivere,
di vivere davvero, vivere come Jake mi aveva mostrato di poter fare.
Vivere fra
un pianto ed un sorriso.
Mi alzai dal letto, incurante
della notte che
ancora avvolgeva tutto e freneticamente cercai dei vestiti nel mio
cassetto.
Non potevo aspettare oltre, non potevo perdere il coraggio che quella
nuova
consapevolezza mi aveva donato.
Quella
notte continuavo a rigirarmi nel letto, diventato ormai troppo piccolo
per me,
senza riuscire a prendere sonno. La mia mente non smetteva un attimo di
rivivere la discussione con Bella. Ero furioso. Per quanto facessi per
lei, per
quando mi sforzassi, continuavo a non essere abbastanza.
Una
parte di me, probabilmente quella masochista, sapeva che Bella mentiva
ma
l’altra parte, quella più razionale e diplomatica,
era stanca. Era forse troppo
chiedere un po’ di felicità anche per me? Le avevo
giurato di non abbandonarla
mai, ma assolvere quella promessa era diventata una condanna. Iniziai a
riempire di pugni il cuscino, cercando così di sfogare la
frustrazione che si
era impossessata di me. Mi sarebbe tornato utile appendere al soffitto
un
pungiball; prima o poi avrei chiesto a mia sorella Rachel i soldi per
comprarlo
perché sennò, in mancanza di altro, avrei usato
Paul. Quell’ idiota che aveva
pensato bene di avere l’imprinting con lei
all’inizio dell’estate. Come se non
avessi avuto già abbastanza cose a cui pensare. Dio! Odiavo
sempre di più
essere un licantropo. Odiavo la magia, odiavo la mia vita, odiavo Bella
e la
sua ottusità. Odiavo me stesso per non riuscire ad odiarla
davvero.
Continuai a colpire il cuscino
sempre più
forte, finché non sentii dei rumori alla mia finestra. Andai
a spalancarla, i
sensi da licantropo allertati, ma rimasi a bocca aperta nel vedere
Bella, a
pochi passi da essa, con dei sassolini in mano. Scrollai la testa un
paio di
volte per essere sicuro di non immaginarla e poi sbuffai. Che diavolo
ci faceva
sotto casa mia in piena notte?
“Che
vuoi, Bella?” Le chiesi con un tono duro di cui mi pentii
subito dopo.
“Devo
parlarti, Jake… posso entrare?” La sua voce era
insicura ed io sentii il mio
cuore accelerare impazzito. Possibile che avesse sempre quel dannato
effetto su
di me? Allungai la mano afferrando il suo braccio e aiutandola
così a
scavalcare il davanzale.
Inciampò
sui suoi piedi e me la ritrovai fra le braccia, il viso nascosto contro
il mio
petto, le mie mani sui suoi fianchi. Il suo profumo riempiva le mie
narici, era
tutto quello che volevo e che non potevo avere. L’allontanai
bruscamente da me
appoggiandomi con le braccia conserte al muro.
“Sai
è esattamente questo il motivo per cui di solito sono io
quello che si arrampica.”
La vidi sussultare al suono aspro della mia voce, ma non me ne curai.
Si guardò
intorno per qualche minuto prima di parlare.
“Po…potresti
metterti qualcosa addosso per favore?” Notai le sue guance
imporporarsi e
lottai contro il mio istinto di trovarla adorabile, per poi abbassare
lo
sguardo su di me. Ero in boxer, porca miseria! Ero davanti a Bella con
indosso
solo i miei boxer bianchi. Mi voltai velocemente infilando i pantaloni
di una
vecchia tuta. Tanto a vedere il resto ci era abituata, pensai
sogghignando e
scacciando da me l’imbarazzo di pochi attimi prima. Mi
sedetti al bordo del
letto, con le mani di nuovo incrociate al petto.
“Non
sei venuta qua solo per vedere se dormissi vestito o meno, immagino.
Quindi
forza, che hai da dirmi?” Le chiesi con un tono quasi
arrogante. La realtà però
era che, anche se recitavo la parte dell’indifferente, morivo
dalla voglia di sapere
perché fosse venuta da me a notte fonda. Ma, come al solito,
dovetti aspettare
un po’ prima che lei si decidesse a parlare ponendo
così fine a quella tortura.
Note
autrice.
Ci
siamo. La resa dei conti fra Jake e Bells è arrivata.
Riuscirà per una volta a
dirgli la verità?
Ancora
una volta voglio ringraziare chi mi segue , chi lascia il suo parere ed
i nuovi
lettori. Grazie Tere,
con tutto il
cuore.
Ancora
due capitoli e poi l’epilogo. La fine è vicina.
Ho
pubblicato una piccola Shot se
volete la
trovate qua.
Il
Pragmatismo di Charlie Swan
A
lunedì prossimo.
Con
affetto
Noemi.
|
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Capitolo 10 *** Ricorda stanotte ***
Capitolo
9
Ricorda stanotte
C’era
tensione intorno a noi, percepivo il nervosismo di Jake come il mio. Lo
osservai, seduto immobile sul bordo del letto, le braccia ben strette
al petto.
Non era il mio Jacob. Era un Jacob arrabbiato e molto probabilmente
deluso da
me. Ma cos’altro potevo aspettarmi? Il mio comportamento non
aveva scusanti. Se
mi avesse cacciato via a calci avrei avuto solo quello che mi meritavo,
ma
prima dovevo riuscire ad aprirgli il mio cuore. Tutto quello che
provavo per lui
e che aveva cercato di negare per un tempo troppo lungo. Feci un
profondo
respiro e, con tutto il coraggio che possedevo, iniziai a parlare,
puntando gli
occhi sul pavimento. Riuscire a
sostenere anche il suo sguardo, che sicuramente mi avrebbe letta dentro
l’anima, sarebbe stato impossibile per il mio cuore.
“Jake
io… non so da dove iniziare… è
che…” Decisamente non ero portata per i discorsi
epici, quelli chiari e concisi che lasciano chi ti ascolta con la
consapevolezza che tutto è stato spiegato. Io ero Bella Swan
e così come non
ero capace di compiere un passo senza inciampare, allo stesso modo
cadevo sulle
mie parole, anche se nella mente avevo ben chiaro dove il mio discorso
dovesse
arrivare: Ti amo Jake. Da sempre e per sempre.
Una frase chiara
semplice che non avrebbe
lasciato spazio a dubbi e fraintendimenti, il problema era come
riuscire a
pronunciarla. Tentai ancora di riprendere il discorso con scarso
successo e,
nello stesso tempo, sperai che una voragine si aprisse sotto di me
inghiottendomi
e ponendo così fine a quella tortura a cui stavo
sottoponendo entrambi, ma i
minuti passavano e non succedeva niente. Come svuotata da tutte le
energie mi
appoggiai allo stipite della porta, scivolando sul pavimento e
nascondendo il
viso fra le mani. Lacrime inopportune, che cercai di scacciare con il
dorso
della mano senza farmi vedere da Jake, si affacciarono velocemente al
bordo dei
miei occhi. Tentativo inutile. Sentii il cigolio del letto e dopo pochi
attimi
due forti braccia che, poco delicatamente, mi alzarono dal pavimento.
Mi
ritrovai schiacciata tra il muro ed il corpo possente di Jake. Il suo
volto a
pochi millimetri dal mio, i suoi occhi neri che bruciavano arrabbiati
dentro i
miei.
“Smettila
con le stronzate, Bells e dimmi perché sei qua.” La voce dura ed
esasperata. Sentii il mio
cuore come imbizzarrito e a questo si
aggiungeva la paura che anche Jake potesse sentirlo.
Tornai ad abbassare
lo sguardo, ma le sue dita sollevarono il mio mento impedendo ai miei
occhi di
scappare ancora.
“Sto
aspettando. Ti aspetto da tutto la vita e lo sai bene. Ma ora sono
stanco e
voglio la verità, Bella. Questa volta me la devi,
perché il nostro tempo è
finito e non ho più la forza per farlo tornare.”
Spalancai gli occhi spaventata
mentre le gambe
iniziarono a tremarmi. Che stava cercando di dirmi? Che era troppo
tardi? Che
la mia paura di aver aspettato troppo si stesse realizzando?
Lo
sapevo, era un rischio che avevo calcolato ma ora lì, con il
mio corpo stretto
al suo, non avrei mai potuto permettere che accadesse. Scollegai
completamente
il cervello da tutto il resto, evitai parole che non sarebbero mai
uscite nel
mondo giusto e con tutte le mie forze mi aggrappai al suo collo,
premendo le
mie labbra contro le sue. Non pensai all’incertezza e allo
stupore che sentivo
provenire da Jake ma mi strinsi ancora di più a lui,
schiudendo le mie labbra
mentre la mia lingua cercava la sua. La trovò, nello stesso
istante in cui le
mani di Jake si posarono sui miei fianchi ponendo fine allo stupore che
l’aveva
colto. Mi prese in braccio ed allacciai le gambe alla sua vita.
Affondai le
mani nei suoi capelli, continuando a baciarlo come se fosse
l’unica cosa
realmente importante nella mia vita, come se fosse lui lo scopo della mia vita, come se lui fosse
la vita stessa. Jacob
iniziò a muoversi verso il letto mentre le sue labbra
presero ad accarezzare e
mordere il mio collo. Pochi istanti dopo ci ritrovammo, entrambi
ansanti,
sdraiati sul materasso. Per degli attimi infiniti i suoi occhi si
persero nei
miei. Intorno ai noi solo il rumore dei nostri cuori e dei nostri
respiri
accelerati. Presi ad accarezzargli il viso fermando la mia mano sulla
sua
guancia. Lui cercò le mie dita e le intreccio insieme alle
sue mentre l’altra
mano era posata sul mio fianco a palme aperte come a sfiorarne
più pelle
possibile. Tutto era immobile e palpitante di desiderio e, pervasa da
quelle
sensazioni nuove ed intese, finalmente pronunciai le parole che
sconvolsero e
cambiarono le nostre vite.
“Ti
amo, Jake.” Vidi i suoi occhi brillare e un sorriso
meraviglio dipingersi in
volto. Mi baciò la fronte dolcemente e poi le palpebre che
chiusi per godermi
la sensazione di pace che quelle parole appena pronunciate avevano
infuso in
tutto il mio essere. Quando
li riaprii,
trovai lo sguardo innamorato di Jake ad attendermi, felice come non
l’avevo mai
visto.
“Ti
amo anche io, Bells.” sussurrò roco prima di
riprendere a baciarmi con passione
sempre più crescente.
Persi
completamente la cognizione del tempo, era come se una bolla ci
avvolgesse
mentre tutto il resto scompariva. Stavamo vivendo un attimo eterno in
cui
esistevamo solo noi e le sue mani che danzavano sul mio corpo, da prima
esitanti, quasi impacciate e poi sempre più desiderose. La
pressione delle sue
carezze aumentò ed io sentii i nostri vestiti diventare un
inutile fardello che
impedivano al mio corpo il contatto con il calore tanto anelato del
suo. Con un
enorme sforzo di volontà mi staccai dalle sue labbra e mi
misi in ginocchio sul
letto. Afferrai i bordi della mia maglietta mentre Jake mi fissava
stupito.
“Bells
che stai…”
“Shhhhhh”.
Lo zittii con un bacio a fior di labbra prima di sfilarmi lentamente
l’indumento. Sentii le mie guancia ardere mentre Jake mi
guardava con un misto
di incredulità e venerazione. Gli sorrisi, una
volta che la mia maglietta era scivolata via nascondendo,
imbarazzata, il viso contro il suo petto. Lui posò le mani
sulle mie spalle
allontanandomi appena dal suo corpo e sollevando il mio viso verso il
suo.
Baciò dolcemente le mie gote arrossate e mi
sussurrò all’ orecchio:
“Sei
bellissima… la cosa più bella che abbia
mai visto in vita mia.”
Mordicchiai
il suo labbro inferiore mentre con un po’ più di
coraggio portai le mie mani
tremanti a giocare con il bordo della sua tuta . Jake le
fermò nelle sue e mi
aiutò a far scivolare via i pantaloni. Ci ritrovammo
entrambi seduti, io
avvolta dalle sue gambe lunghe e muscolose. La sua mano sinistra
accarezzava la
mia schiena dall’ alto verso il basso, provocando in tutto il
mio corpo brividi
di piacere sconosciuti. Con l’altra mano sfiorava i miei
capelli, portando poi
una ciocca che mi nascondeva il viso
dietro l’ orecchio.
“Non
dobbiamo… possiamo… io posso
aspettare.”
Soffiò
esitante a pochi centimetri dalle mie labbra. Mi soffermai ad osservare
ogni
più piccolo dettaglio del suo volto: il mento con quella
piccola fossetta che
ancora riusciva, in certi momenti, a conferirgli un aria da bambino, la
mascella dritta e decisa, gli zigomi marcati, fino a trovare le piccole fiamme di fuoco
che danzavano nei
suoi occhi neri. Per una volta fui io a scrutare dentro di lui e mi
sentii
pronta.
Non
c’era spazio dentro di me per i dubbi o paura. Era stata
troppo vicina a
perderlo quella notte e adesso lo volevo in tutti i modi possibili.
“Sei
tu quello che amo.” Era l’unica risposta che avrei
potuto dare per confermargli
le mie nuove certezze.
Lo
sentii deglutire forte e poi le sue labbra incontrarono le mie.
Le
sue mani, che toccavano il mio corpo con crescente sicurezza, si
spostarono
dalla mia schiena ai fianchi, accarezzandomi le cosce, sfiorando la
stoffa dei
jeans.
Poi
lentamente iniziò a sbottonarli abbassandosi per baciarmi
l'ombelico.
Eravamo
entrambi in biancheria intima e io sentii la sua eccitazione sfiorarmi
e poi
premere contro di me.
La
sua mano tornò sulla mia schiena fino ad incontrare il bordo
del
reggiseno. Lottò
alcuni istanti con la
chiusura e lo sentii sbuffare, esasperato. Potevo quasi indovinare i
suoi
pensieri. Sorrisi e portai le mani sopra le sue aiutandolo.
Adesso
ero nuda sotto i suoi occhi e, per una volta, fu lui ad arrossire.
E
in quell’ attimo d’imbarazzo rividi il mio Jacob.
Il
ragazzino con cui aggiustavo le moto in garage, quello che con un
sorriso
sapeva riscaldarmi il cuore e l’anima.
Fu
solo un attimo e il suo sguardo divenne quello di un uomo.
Con
decisione iniziò a baciarmi il seno.
Sospirai
forte affondando le unghie nei muscoli delle sue gambe, il respiro
mozzato ed
eccitato. Senza
smettere di baciarmi mi
fece sdraiare.
Incontrò
i miei slip e li afferrò, facendoli scivolare lungo le mie
cosce.
Ormai
gemevo incontrollata ma, coraggiosamente, lo liberai dai boxer.
Gli
baciai il petto, risalendo fino al collo.
Sentendolo
gemere ritrovai un po’ di sicurezza, fino a quando non lo
sentii sopra di me.
D’istinto
dischiusi le gambe, i
nostri bacini
aderivano perfettamente, ma io a quel punto, volevo di più.
Lo volevo sentire
dentro di me, volevo fondermi con lui.
Jake
afferrò il mio ginocchio portandoselo sul fianco e io feci altrettanto con
l’altra gamba, ora
potevo percepirlo forte e duro contro di me.
Si
fermò, cercò il mio sguardo e cominciò
a spingere, appoggiò la fronte contro la
mia, il cuore batteva impazzito e la sua voce mi arrivò
spezzata e distorta
dall’ eccitazione.
“Non
voglio farti male.”
Gli
baciai le labbra morbide e calde.
”Non…non
voglio…che ti fermi.”
Prese
le mie mani e le baciò. Si ritrasse, poi, con un movimento
deciso, si spinse a
fondo dentro di me. Spalancai gli occhi ed incontrai il suo sguardo.
Gli
occhi aperti di Jake fissi nei miei, le sue iridi nere che mi
trasmettevano
tutto il suo amore mi aiutarono a ritrovarmi. Iniziammo a muoverci
insieme, i
nostri gemiti soffocati si confondevano, il mio bacino assecondava il
suo.
Stavo
facendo l’amore con Jacob.
E, all’improvviso, tutto
divenne rosso e caldo.
Iniziai a tremare, la mia
schiena si inarcò per andargli incontro un’ultima
volta. Chiusi gli occhi
finché sentii il suo corpo rilassarsi contro il mio e il
cuore iniziare a
decelerare lentamente.
Jake fece leva sulle braccia
ma io lo trattenni facendogli appoggiare la testa sul mio petto, le mie
mani ad
accarezzare i suoi capelli umidi.
Rimanemmo così per diversi
minuti, poi rotolò su un fianco portandomi con lui e
avvolgendomi completamente
nel suo abbraccio.
“Ti amo.”
disse baciandomi la fronte
“Ti
amo.” Un bacio sulle palpebre
“Ti
amo.” Un altro bacio sulle labbra.
Sorrisi
beandomi di quella sensazione nuova e perfetta e prima di lasciarmi
andare al
sonno sentii la mia voce ancora roca dirgli in un sussurro.
“Sei
sempre stato abbastanza avevo solo paura di capirlo.” E
l’oblio della notte ci
avvolse, in quel letto in cui insieme eravamo divenuti adulti.
NOTE AUTRICE.
Come
prima cosa un enorme grazie a cenerella
per avermi aiutato a rivedere questo capitolo e per avermi dato dei
preziosi
consigli.
Che posso dirvi?
Alla fine è successo ma Bella
cambierà ancora idea?
Appuntamento a lunedì prossimo con l’ultimo
capitolo.
Grazie a tutti per essere ancora qua con me.
Un bacio
Noemi
|
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Capitolo 11 *** La forza che ci guiderà ***
Capitolo
10
La forza che ci guiderà
Mi
svegliai alle prime luci dell’alba, non ero sicuro
dell’ora ma non volli
controllare la piccola sveglia posata sul comodino. Non volevo che
quella notte
finisse e non volevo che i miei movimenti svegliassero Bella che,
ancora
profondamente addormentata, giaceva sul mio petto.
In
un attimo rivissi tutti gli avvenimenti della sera prima ed ebbi il
timore che
potesse essere tutto un sogno. Bella che si arrampicava alla mia
finestra,
Bella che diceva di amarmi, Bella che faceva l’amore con me.
Il
mio cuore prese a martellare impazzito a quel ricordo così
vivido, arrotolai
fra le dita una ciocca dei suoi capelli, che ricadevano scomposti a
nasconderle
il viso, ed ispirai il suo profumo.
Non
era una fantasia, lei era reale ed era accanto a me. Adesso non avevo
più
rimpianti. Avrei rivissuto tutto da capo, tutto il dolore che ci
eravamo
inflitti, tutta le sofferenze passate. Tutto era stato importante
poiché tutto
aveva contribuito a creare quello che eravamo, portandoci a quel
preciso
istante. Era così che doveva andare. Dovevo soffrire per
lei, dovevo quasi strapparmi
il cuore dal petto, dovevo diventare un uomo. Il suo uomo. Ma poi un dubbio s’insinuò nella mia
mente.
Se
al suo risveglio invece fosse stata lei ad essere colta dai rimpianti?
Se tutto
questo per lei avesse un altro significato che per me? Poteva ancora
tornare da
Edward, dopo questa notte? Potevo
ancora
non essere abbastanza?
Ripensai
ai nostri trascorsi: a com’era sempre stata brava a far
tacere il suo cuore e a
come, in pochi attimi, era riuscita a mettermi da parte per scappare da
lui in Italia,
dimenticando quando io ero stato tutto per lei nei mesi del suo
alienamento.
Un'altra
ferita al mio cuore stavolta sarebbe stata decisiva perché,
dopo questo notte,
non avrei mai più potuto scappare da lei. Il ricordo del mio
corpo che si
perdeva nel suo, delle sue mani che si impossessavano di me sarebbe
rimasto
nella mia anima come un marchio d’eternità
indelebile. Lei aveva il potere di
annientarmi. Ebbi paura ed in automatico il mio corpo iniziò
a tremare. Anche
il lupo soffriva e si ribellava a quell’idea. Tremavo scosso
da spasmi atroci,
stringendo forte il pugno lungo il mio fianco, le nocche quasi bianchi
mentre il
letto iniziò a sobbalzare devastato dai mei movimenti
involontari. Alzai la
schiena appoggiandomi alla testata e Bella si svegliò.
Spalancò gli occhi
osservandomi smarrita. Mi guardò per alcuni istanti
mettendosi a cavalcioni su
di me e bloccando il mio viso fra le sue mani.
“Amore
calmati. Che succede?”
Amore
calmati,
amore calmati, amore calmati.
Quelle parole mi colpirono come una
doccia gelida. Amore, amore, amore.
Mi
concentrai sul suono che quelle lettere producevano, respirai affondo
aggrappandomici per ricacciare il lupo in fondo al mio essere.
Guardai
Bella: le mani ancora stretta a me, la preoccupazione crescente sul suo
viso
perfetto. Non era spaventata. Non provava ribrezzo per il lupo, per
quella
parte di me che invece io, ancora adesso, facevo fatica ad accettare e
con la
consapevolezza del suo corpo contro il mio, dei suoi occhi che mi
scrutavano, i
tremori cessarono.
“Scu…
sa” Balbettavo
adesso. Potevo rendermi
più ridicolo di così? Stupido, stupido, Jake.
“Va
tutto bene, Jake, non devi scusarti ma mi vuoi dire che è
successo?”
“Ho
solo pensato a una cosa che mi ha fatto infuriare…
solo… sono un idiota,
Bells”. Sospirai affranto, chiudendo gli occhi e lasciando
andare la testa
contro il cuscino.
“Apri
gli occhi, Jake, guardami” sentii le sue labbra sfiorare le
miei e obbedii alle
sue parole. Mi persi ancora nel cioccolato che fissava le mie iridi
nere: era
tutto quello di cui avrei avuto bisogno per il resto della mia vita.
“Io
ti amo, Jacob Black e non cambierò idea. Ho scelto
te.” Non aggiunse altro e mi
sentii in paradiso. E’ assurdo come l’amore possa
completamente stravolgerci,
come aveva stravolto me. Del ragazzino che fino a due anni prima
aggiustava una
Golf in garage che ne era rimasto? Era stato portato via dal lupo o da
Bella?
Tornò
a sdraiarsi sopra di me, la bocca sul mio petto caldo, il suo cuore che
cantava
una melodia a cui solo il mio poteva rispondere. E poi la sentii
ridere, una
risata soffocato contro il mio collo ma nitida.
“Mi
sono innamorata di un completo idiota. Come hai potuto pensare che dopo
stanotte rinunciassi a te?”
Un
sorriso si allargò sul mio volto, accarezzai i suoi capelli
e sentii finalmente
l’insicurezza abbandonarmi: lei mi amava, aveva scelto me.
Lei era finalmente
mia.
“Già
sono stato troppo bravo. Una volta che mi provi non puoi più
farne a meno.”
Bella alzò la testa, un espressione sconvolta in viso e le
guance completamente
rosse. Dio, l’adoravo! Adoravo il suo imbarazzo e la sua
timidezza. Agilmente
invertii le nostre posizioni ritrovandomi sopra di lei e iniziando a
solleticare i suoi fianchi.
“E
dai dimmelo!”
“Dirti
cosa?” Mi chiese ancora sconcertata
“Che
sono stato magnifico… dillo… dillo...
dillo.”
Le
mani calde di Jake solleticavano i miei fianchi, il suo naso sfiorava
il mio
collo scendendo poi fino alla spalla. Ed io ridevo. Ridevo spensierata
come
solo in sua presenza riuscivo ad essere. Ridevo come una Bella
completamente
nuova, la Bella che esisteva solo grazie a Jake. E lì, in
quella stanza, in
quel letto, avvolta dalle nostre risate e dalle sue braccia, mi sentii
per la
prima volta nella mia vita completamente a mio agio. Avvertii con una
certezza
che mai avevo posseduto che quello era il mio posto. Il mio posto nel
mondo che
tanto avevo desiderato trovare.
“Jacob
Black sei… sei un maleducato, ecco, ed io non lo
dirò mai.”
Tirai
forte il lenzuolo che giaceva sfatto sotto di noi e lui, colto alla
sprovvista
da quel movimento brusco, ruzzolò giù dal letto
con un forte tonfo. Mi avvolsi
nella stoffa sporgendomi appena ad osservarlo e ripresi a ridere.
“Ti …
sei… fatto.. male?”
Lo stomaco mi doleva quasi. Lui cercò di
riarrampicarsi sul letto borbottando qualcosa di incomprensibile che
suonava
come una velata minaccia. Gli gettai le braccia al collo iniziando a
baciarlo.
“Ehi
Jake. Tutto bene lì dentro?” Il cigolio della
sedie a rotelle di Billy giunse
da dietro la porta, seguito dalla sua voce. Sobbalzai staccandomi da
lui e
guardando verso l’entrata terrorizzata.
“Si
Papà sono … non importa.. è tutto
apposto”
“Ok
figliolo, ma penso che Bella dovrebbe tornare a casa se non vogliamo
trovarci
Charlie sulla porta armato di fucile e, in quel caso, mi spiace, ma non
potrei
difenderti.” Lo sentii chiaramente ridacchiare mentre io
sprofondai nell’
imbarazzo più totale, le guance in fiamme. Jake non si
scompose, mi attirò di
nuovo a sé baciandomi la fronte con la migliore faccia di
bronzo stampata
addosso.
“Ops,
beccati” affermò tranquillamente mentre io
aspettavo ancora che il pavimento si
aprisse sotto di me, evitandomi così l’imbarazzo
di uscire da quella stanza.
“Dai,
Bells, l’hai sentito mio padre, non devi
preoccuparti.”
Iniziammo
a rivestirci lentamente, poi lui prese la mia mano conducendomi fuori.
Quando
passammo nel salotto, il momento più imbarazzante di tutta
la mia vita fu
completo. Billy ci scrutò con un sorriso serafico in volto.
“Buongiorno,
ragazzi. Dormito bene?”
“Mai
dormito meglio, papà. Accompagno Bells alla
macchina.”
In
un attimo passai in rassegna tutti i modi possibili per uccidere Jacob
Black
finché con il suo fiato caldo non fu sul mio viso, il mio
corpo schiacciato fra
il suo e la portiera della macchina. Mi baciò e i miei
istinti omicidi
cessarono di colpo. Teneramente spostò una ciocca dei miei
capelli dietro
l’orecchio.
“Mi
chiami più tardi?”
“Certo.”
Salii nell’ abitacolo, lasciandogli un altro bacio dal
finestrino aperto e mi
avviai verso casa.
Quando
giunsi al vialetto la prima cosa che notai fu la macchina della
polizia. Merda
Charlie aveva già finito il turno, pensai allarmata. Mi
affrettai all’ingresso
mentre il cellulare nella tasca dei miei Jeans prese a squillare.
Spalancai la
porta di casa ritrovandomi davanti a mio padre che, alla mia vista,
riappese la
cornetta mormorando un “grazie al cielo.”
Rimasi
lì, immobile, dondolandomi davanti a lui mentre con lo
sguardo basso pensavo
con terrore a come doveva apparire a Charlie la sua unica figlia che
rientrava
in casa alla prime luci del mattino con i capelli spettinati e i
vestititi
stropicciati.
“Papà
mi dispiace tanto.. io…ero.. cioè..
Jake…” Lui mi zittì con la mano
scrutandomi
per alcuni interminabili attimi.
“Voglio
sapere solo una cosa, Bells: sei felice?” alzai lo sguardo su
di lui ancora
timorosa ma donandogli un piccolo sorriso.
“Si
papà.”
“Bene,
questa è la cosa importante, ma la prossima volta che devi
proprio passare la
notte fuori avvertimi per favore. Vado a dormire adesso, sono stanco
morto.”
Non
aggiunse altro, nessuna predica, nessuna ramanzina, niente di niente.
Si
allontanò trascinandosi su per le scale e potrei giurare di
averlo sentito
mormorare fra sé e sé:
“Meglio
così che con quel Cullen.”
Mi
lasciai andare sul divano passandomi una mano sul viso, mentre un altro
sorriso
nasceva. Ero felice, ero felice davvero.
Angolo
autrice.
E
questo era l’ultimo capitolo. Non resta che
l’epilogo e poi possiamo scrivere
la parola fine alla storia di Jake e Bells o almeno a quella che io
avrei
voluto leggere.
Tutte
le cose che ho da dirvi le rimando alla settimana prossima.
Solo
una cosa se non l’avete ancora fatto leggete qua Same
Mistake
e qua Armors
. Perché non di solo Jake si vive a La Push.
A
lunedì prossimo.
Un
abbraccio
Noemi
|
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Capitolo 12 *** epilogo ***
Epilogo
E’
mattina. Il sole è alto nel cielo, posso notarlo dalle
tapparelle lasciate
semiaperte la notte precedente. Sorrido al nuovo giorno e sorrido
alzando gli
occhi sul volto dello splendido uomo che dorme affianco a me. Gli poso
un bacio
delicato sulla fronte e silenziosamente mi alzo dal letto cercando di
non
svegliarlo. Beh cosa abbastanza semplice: mio marito ha il sonno
pesante. Mio
marito… mi beo del suono di quella parola. Sono sposata. Io
Isabella Marie Swan
ora Black sono diventata una moglie e sono felice.
Pesco
dall’armadio una felpa di Jake e la infilo prima di scendere
di sotto per
preparare la colazione. Evito per un soffio le valige già
pronte posate ai
piedi delle scale. Fra poche ore partiremo per la luna di miele: Due
settimane
alle Hawaii, il regalo di nozze di Charlie, Sue e Billy.
Canticchio
con una sensazione di leggerezza addosso, mentre preparo i toast alla
francese.
La
fede al mio anulare lampeggia come un segnale luminoso, il segnale
della mia
gioia.
Ripenso
alla giornata di ieri. Il nostro matrimonio. Un giorno perfetto. E pensare che ne ero sempre
stata terrorizzata.
Due persone che si legano per sempre davanti ad una folla di gente. Non
c’era
niente che trovassi meno adatto a me e alla mia vita, ma non con Jake.
Con lui
tutto è semplice, con lui tutto diventa spontaneo. Il
matrimonio è arrivato
senza clamore, come una naturale evoluzione al nostro amore. Nessuna
proposta
eclatante, nessun anello troppo grosso e imbarazzante. Solo una pizza e
una
lattina di coca in garage mentre lui sistemava il motore della mia
macchina.
“Dio,
Bells, sei un disastro. Ho aggiustato questa cinghia appena il mese
scorso,
come faresti senza di me? Penso proprio che sia arrivato il momento di
sposarci… sai, per garantirti a vita un meccanico
gratis.”
E
la lattina che cade dalle mie mani, il suo sorriso luminoso, le sue
mani
sporche di grasso sulla mia maglietta bianca, il mio:
“Lo
credo anche io.” sussurrato nascosta contro il suo petto.
Sistemo
i toast sul tavolo ed inizio a friggere la pancetta. Tutto adesso nella
mia
vita è perfetto. Non voglio nient’altro di
più di quello che ho: il mio lavoro
d’insegnate alla scuola di Forks, l’officina di
Jake a Port Angeles. Gli sono
bastati un paio d’anni per mettersi in proprio e per il
miglior meccanico in
circolazione gli affari non potrebbero andare meglio, tanto da riuscire
a
permettersi questa casa fra la spiaggia e la riserva. Il nostro angolo
di mondo
tutto per noi.
Preparo
le arance per la spremuta e penso a come in questi cinque anni tutto si
sia
sistemato.
I Cullen rimasero in
città per un po’finché
anche la minaccia dei Volturi non passò. Non avevano
scordato la promessa che
la mia quasi famiglia gli aveva fatto: mi sarei dovuta trasformare per
mettere
al sicuro il loro segreto e presto sarebbero tornarti per accertarsi
che i
patti fossero stati rispettati, ma grazie alle visioni di Alice non ci
colsero
impreparati. Carlisle aveva prontamente convocato a Forks numerosi suoi
amici,
fra cui una stirpe di vampiri bulgara che, in seguito mi spiegarono,
era la
famiglia più potente prima che i Volturi li sconfiggessero
in un’epica
battaglia. E’ da allora che quella antica stirpe aspetta il
momento opportuno
per riprendere il suo posto.
La
guardia dei Volturi arrivò e rimase sopraffatta nel vederci
tutti schierati con
a fianco un branco di grossi lupi, il cui numero negli ultimi mesi,
sollecitato
dal pericolo incombente, era cresciuto ancora.
Valutò
velocemente le possibili sorti di uno scontro e decise che anche con i
poteri
dei gemelli, Alec e Jane dalla loro, non sarebbero stati certi di una
vittoria.
Non potevano perdere la faccia, soprattutto di fronte ai fratelli
bulgari. Mi
liberarono dal patto, Carlisle e la sua famiglia si impegnarono a
garantire per
me: se avessi rivelato a qualcuno il loro segreto sarebbero stati tutti
sterminati e questa volta niente li avrebbe fermati.
Mi
congedai dal mio primo amore in un pomeriggio piovoso. Sulla porta
della loro
residenza da favola. Ci guardammo a lungo negli occhi, io sempre
turbata dalla
sua bellezza devastante, il respiro corto e le gambe che mi tremavano.
Lo abbracciai
forte e lui respirò a fondo il mio odore. Mi
assicurò che se ero felice lui lo
sarebbe stato altrettanto e che la decisione che avevo preso era la
migliore.
La mia anima era troppo importante e, in un certo senso, era sollevato
che non
ci avessi rinunciato. Mi perdonava per il dolore che gli avevo inflitto
e forse
un giorno sarei riuscita a perdonarmi anche io.
Rileggo
mentalmente la lettera che a pochi giorni dal matrimonio mi
è arrivata da Alice
insieme a un pacco spesso, contenete una magnifica collana di zaffiri.
Qualcosa
di blu
per la sposa… anche senza visioni posso immaginare quanto
sarai magnifica.
Queste
le righe che l’accompagnavano. Per il resto mi diceva che
stavano tutti bene:
Rosalie e Emmett si erano sposati un'altra volta, vivevano tutti
insieme in
Alaska e presto Edward, che vagava per il mondo, sarebbe tornato ad
unirsi a
loro: l’aveva visto, questo si, in una visione.
Sperai
con tutto il cuore che vedesse anche un amore a riempirgli la vita.
Volevo, più
di ogni altra cosa, che anche lui raggiungesse la felicità
che io avevo trovato
in Jake.
Sistemo
accuratamente la pancetta nei piatti e sento le mani calde di Jacob
posarsi sui
miei fianchi e voltarmi con decisione verso di lui, allaccio le braccia
al suo
collo e mi alzo sulle punte per riuscire a sfiorare le sue labbra. Lui
sorride
soddisfatto mordendomi il labbro inferiore e soffiandomi addosso un
“Buongiorno
signora Black… come ha dormito stanotte?”
“Magnificamente
signor Black… ha fame?”
“Da
lupi.”
Ridiamo,
come due schiocchi ragazzini innamorati, sedendoci a tavola e iniziando
a
mangiare finché l’attenzione di Jacob non cade sul
mio bouquet da sposa,
posizionato ordinatamente in un vaso, sulla mensola dietro di noi.
L’osserva
per alcuni istanti. Gardenie e girasoli, una combinazione insolita ma
perfetta,
proprio come noi.
Mi fa segno di avvicinarmi,
lascio la mia
colazione e mi sistemo sulle sue ginocchia, osservando quei fiori
insieme a
lui.
“A
loro sarebbe piaciuto e sono sicuro che sarebbero felici ed orgogliose
di noi.”
Sussurra contro il mio orecchio, passo una mano sui suoi capelli e bacio ancora una volta
le sue labbra
morbide.
“Lo
so… Jake. È come mi hai detto tu il giorno del
suo funerale. Mi ricordo di lei
con un sorriso e so che avrebbe trovato tutto perfetto ieri. Si sarebbe
divertita a ballare con te e anche con Charlie, avrebbe fatto un
discorso
imbarazzate pieno di aneddoti di me da piccola e mi avrebbe detto che
sei la
scelta giusta e che
da quando sono con
te mi vede finalmente serena.”
“E
mia madre avrebbe pianto per tutto il tempo, mormorando sommessamente: «Il mio bambino si sposa».
E ti
avrebbe adorato, Bells, proprio come me.”
Ci
stringiamo in un abbraccio, fra noi corrono parole che non serve
pronunciare.
“Certo,
un bambino di quasi due metri.” Gli dico soffocando una
risata contro il suo
collo. Ride con me per alcuni minuti poi passa le dita sotto il mio
mento e i
nostri occhi si perdono gli uni negli altri, ancora, come sempre.
“Ti
amo, Bells.”
“Ti
amo, Jake.”
Io
e te. Bella e Jacob perché due
saranno sempre più' forti di uno.
Come una squadra, rinforzata contro la tempesta del mondo. E l'amore...
sarà
sempre la forza che ci guiderà nelle nostre vite.
Ed è
questo, ora lo so, lo spazio della mia
eternità.
The
end.
Angolo
Autrice.
A
tutte le storie bisogna mettere la parola fine, non è mai
facile farlo ma è
inevitabile.
La
strada con Bella e Jake, almeno questa strada, finisce qua.
È
stata la mia prima long, avevo bisogno di scriverla, avevo bisogno di
darli il
finale che ho sempre pensato meritassero. È stato un viaggio
e come ogni
viaggio da ricordare non viene mai fatto da solo. Quindi:
Grazie
a j per aver indetto il contest e avermi dato la possibilità
di mettermi così
tanto in gioco.
Grazie
a Maria, Ania e Sandra che hanno contribuito a rendere questa storia
migliore.
Grazie
a Ellie, Irene, Steffy e Teresa. Con delle lettrici così
come si può smettere
di scrivere. Leggere i vostri commenti, sapere le vostri opinioni,
discuterne
con voi… siete speciali.
Grazie
a te che hai letto fino all’ultima riga.
Se
non volete ancora rinunciare a Jake e Bella potete ritrovarli fra le
pagine
della mia nuova long ogni venerdì.
Una
favola non è
Un’ultima
cosa. È estate e cosa c’è di meglio che
ritagliarsi un po’ di tempo per
scrivere?
Ecco
qua un contest molto particolare ma di sicuro effetto.
Cani
e
Succhiasangue - "Dipende da quanto puzzerai"
Un
abbraccio
Noemi.
|
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