L'inizio di sempre

di postergirl84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** contro la tempesta del mondo. ***
Capitolo 3: *** la sfida che ci troviamo davanti ***
Capitolo 4: *** Esistenza da soli ***
Capitolo 5: *** sopra alle pene del passato. ***
Capitolo 6: *** Innalzarsi ***
Capitolo 7: *** Possibilità dell'amore ***
Capitolo 8: *** Due anime ***
Capitolo 9: *** Decisione ***
Capitolo 10: *** Ricorda stanotte ***
Capitolo 11: *** La forza che ci guiderà ***
Capitolo 12: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** prologo ***


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L’inizio di sempre.

 

Ricorda stanotte, perché è l'inizio di sempre. Una promessa. Come una ricompensa per aver perseverato a lungo nell'esistenza da soli. Il credere gli uni negli altri e la possibilità dell'amore. Una decisione, ignorare o semplicemente innalzarsi sopra alle pende del passato. Il patto, che immediatamente lega due anime ma tronca precedenti legami. La celebrazione, delle scelte prese e la sfida che ci troviamo davanti. Perché due saranno sempre più' forti di uno. Come una squadra, rinforzata contro la tempesta del mondo. E l'amore... sarà' sempre la forza che ci guiderà nelle nostre vite. Perché stasera è una mera formalità.. solo un annuncio al mondo dei sentimenti che si hanno da molto. Promesse fatte molto tempo fa nel sacro spazio dei nostri cuori.

(One tree hill 2x16)

 

 

 

 

Prologo

 

C'è stata una notte, nella mia adolescenza, che ho sempre considerato come la più bella della mia vita.

Una notte che precedeva una battaglia, una notte in tenda in cui tu ti stringevi al mio corpo, una notte di tempesta fuori, ma di calma perfetta dentro di me. Con il passare dei mesi, quella notte ha perso i contorni tant'è che a volte io stesso ho fatto difficoltà a distinguere il vero da quello che invece avevo solo desiderato accadesse. Era vera la sensazione del tuo corpo contro il mio? Era vero il rumore dei nostri cuori che battevano in sincrono perfetto? Ho sentito realmente pronunciare il mio nome dalla tua voce avvolta nel sonno? Era solo immaginazione la percezione che sentivo chiara in me che anche tu mi amavi come io amavo te?

Adesso è di nuovo notte, un altra notte. La mia adolescenza è finita, ma tu sei ancora qui vicino a me; osservo i raggi della luna che si riflettono sulla tua pelle bianca, proiettando su di essa un gioco di chiari scuri che ti rendono, se possibile, ancora più bella. Il tuo corpo è stretto nel mio abbraccio caldo e la tua mano è posata sul mio petto, proprio dove il mio cuore batte;  mi fermo ad osservare la piccola vera d'oro che risplende sul tuo anulare. Sorrido ripensando alla giornata appena trascorsa, in cui io e te abbiamo fatto le nostre promesse al mondo, promesse che nel nostro cuore erano già state fatte da molto. Inizio a sfiorare il tuo corpo delicatamente, non posso farne a meno. E’ una forza primordiale, quella che mi spinge verso di te, tu ti muovi fra le mie braccia, sento le tue labbra posarsi leggere sulla mia clavicola ed il tuo respiro dolce colpisce il mio orecchio.

“Non dormi?” mi chiedi ed io sorrido posando un bacio su i tuoi capelli profumati prima di risponderti.

“Lo sai che mi piace guardarti.”

“Hai tutta la vita per farlo, Jake... io non vado da nessuna parte” Inspiro forte il tuo odore e riprendo ad accarezzarti; con il pollice disegno il tuo profilo mentre tu, sotto il mio tocco dolce, ti riaddormenti completa e felice, completa e felice così come mi sento anche io.

 La piccola ruga sulla tua fronte si distende, tu torni nel mondo dei sogni ed io non posso fare a meno ti posare un bacio proprio lì, su quel minuscolo solco fra i tuoi sopraccigli, quella ruga che è rimasta in te come segno della cicatrice del tuo cuore, la cicatrice del dolore più grande che tu abbia mai provato e dal quale io non ti ho potuto preservare.

Fra tre settimane saranno cinque anni che tua madre ti ha lasciato, cinque anni  da quando non le scrivi più e-mail per farle sapere come stai, cinque anni da quando non ridi più per una delle sue solite avventure disastrose, cinque anni dalla sua morte.

Cinque anni in cui tutta la tua vita è deragliata dai binari sicuri in cui tu avevi deciso di condurla.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice.

 

Questa storia è stata scritta per il contest     

"Jacob e Bella per sempre"

Indetto da  jakefan  classificandosi terza e vincendo inoltre il premio come migliore “what if”.

Ringrazio tantissimo J che con questo contest mi ha spinto a mettermi alla prova, scrivendo la mia prima long, e per tutti i suoi preziosi consigli.

Un ringraziamento speciale va a Maria_Black che mi ha aiutato tantissimo in fase di stesura, sei stata impareggiabile con i tuoi  consigli.

Infine dedico tutta questa storia a aniasolary che oltre a essere la mia Beta è una ragazza incredibile e di enorme talento. Ricorda: tutto quello che si frappone fra noi e i nostri sogni ci rende solo più forti

Il prossimo capitolo verrà pubblicato fra una decina di giorni. Grazie a tutte quello che leggeranno e lasceranno un segno del loro passaggio.

A presto.

Noemi.

 

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Capitolo 2
*** contro la tempesta del mondo. ***


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Capitolo 1

Contro la tempesta del mondo

 

Se vi mettete in riva al mare prima di una tempesta, potete sentire esattamente il momento in cui il vento cambia, quell’impercettibile rumore che fa presupporre una bufera. É una sensazione dell'animo oltre ché dei sensi.

E fu quella la sensazione che provai esattamente un attimo prima che il mio cellulare iniziasse a squillare mentre, seduta nell'enorme e lussuoso salotto di casa Cullen,  sfogliavo senza troppo entusiasmo, accanto ad Alice e Rosalie, una rivista di Abiti da sposa. Mancava meno di un mese al matrimonio mio e di Edward.

Katrina, Diana … gli uomini tendono a dare un nome ai più grandi disastri della natura quasi che, così impersonificati e resi umani, possano essere spiegati. Ma la realtà è che nessuna spiegazione sarà mai sufficiente per il dolore e la tragedia che in un attimo ti travolge, andando a frantumare tutte le certezze e le convinzioni che con fatica nella tua vita hai cercato di costruire.

 Il mio telefono squillò e la tormenta si scaraventò su di me, abbattendo tutto quello che trovò al suo passaggio e la tempesta, anche stavolta, aveva un nome specifico. Un nome di donna. Il nome di mia madre.

Sul mio cellulare di ultimissimo modello, dono del mio futuro marito, lampeggiò il nome del mio patrigno;

quella strana sensazione provata poco prima riprese a stringermi lo stomaco. Phil non mi aveva mai chiamato e ora quel nome non prometteva niente di buono. Con mano tremante e dandomi mentalmente della cretina - perché sì, probabilmente si trattava solo di mia madre che, sbadata com’era, aveva sicuramente dimenticato il suo cellulare - risposi alla chiamata. Le poche parole scomposte e senza senso dall’ altro lato del apparecchio pronunciate fra le lacrime cancellarono per sempre quella che era stata Isabella Marie Swan.

Il cellulare e la rivista, che ancora tenevo nell’altra mano, caddero con un tonfo secco a terra e sarebbero stati seguiti da me pochi istanti dopo, se non mi fossi trovata in una casa piena di vampiri rapidi e dai sensi ipersviluppati.

Ancora adesso, a distanza di cinque anni, non ricordo con esattezza che cosa successe in quegli attimi infernali. So solo di essermi ritrovata nell’abbraccio gelido di Edward con la gola che bruciava -probabilmente dopo aver urlato con tutto il fiato che avevo in corpo - e le orecchie ovattate che ronzavano, riproponendomi insistentemente quelle poche parole pronunciate da Phil: “Renèe…morta… camion… strada bagnata… morta.”

Lo smarrimento iniziale e lo shock furono presto sostituiti dalla frenesia. Non sapevo di preciso cosa dovessi o potessi fare, ma ero sicura di non dover restare in quella casa. Sentivo, con una certezza mai avuta prima , che quello non era il mio posto. Volevo solo credere che fosse un altro dei miei brutti sogni, volevo lasciarmi cullare dalle braccia rassicuranti di mio padre come facevo sempre da bambina dopo uno dei miei tanti incubi ricorrenti, volevo sentire i suoi sussurri rincuorarmi.

Mi precipitai fuori da casa Cullen, e in un momento di razionalità che mai avrei creduto possibile, ricordai che Charlie la mattina mi aveva detto che avrebbe trascorso la giornata a casa di Sue Clearwater per aiutarla in alcune faccende domestiche: un lavandino che perdeva, delle tegole da sistemare.

Ero quasi arrivata alla macchina quando sentii  la mano di Edward stringersi al mio polso. Mi girai verso di lui, guardandolo con gli occhi sconvolti da qualcosa che, ora so, essere stata molto simile alla follia.

“Non puoi guidare in questo stato, Bella, lascia fare a me.”

“ Edward, sto andando a La Push, non puoi venire, dovresti fermarti al confine e…”

“ Allora chiama tuo padre e fallo venire qui, gli spiegheremo insieme quello che è successo, lascia che mi prenda cura di te, amore.”

Razionalmente sapevo che aveva ragione, ma in me oramai non era rimasto più niente che rispondesse alla parola razionalità. Edward si stava solo preoccupando per me, ma per la prima volta nella mia vita le sue parole mi dettero fastidio. Mi  stava impedendo di fare quello che volevo, quello che io ritenevo la cosa più giusta in quel momento e questa volta non si trattava della mia amicizia verso di Jacob.

Stavolta, ancor meno dei mesi scorsi, non avrei accettato interferenze da parte sua.  Così con una voce fredda che non mi apparteneva gli dissi solamente:

“Lasciami andare subito. Ho bisogno di mio padre. Cos’è che non ti è chiaro?”

Lui, con un misto di sconforto e rassegnazione nello sguardo, lasciò andare il mio braccio permettendomi di salire in quel carro armato che si ostinava a chiamare macchina, e che aveva preso il posto del mio amato pick- up.

Pigiai il piede sull’acceleratore come non avevo mai fatto in vita mia, proprio io che odiavo la velocità, e così facendo non ci misi molto ad arrivare. Strinsi più forte il volante fra le mani, cercando fra gli alberi ai lati della strada gli occhi ambrati di Edward, ero certa che almeno fino a quel punto mi avrebbe seguita. Dopo averli trovati, provai con uno sguardo a scusarmi per il dolore che gli avevo inflitto pochi minuti prima quando, per la prima volta da quando ci conoscevamo, non era stato la mia priorità.

Entrai nel territorio della riserva, varcando l’invisibile confine fra i miei due mondi: il territorio dei vampiri e quello dei licantropi. Erano settimane che non ci mettevo più piede e nonostante tutto quello che stessi provando in quegli istanti, mi stupii della sensazione di familiarità che mi colpì all’istante. La casetta rossa, che per molto tempo era stata il mio rifugio felice dalla depressione, entrò nel mio campo visivo.  Poche decine di metri più avanti c’era la macchina di Charlie posteggiata sotto un albero di fronte al portico dei Clearwater.

Entrai come una furia senza bussare, quasi travolgendo Seth che, seduto comodamente sul pavimento, era intento a giocare una partita alla playstation. Dalla porta della cucina fece capolino la testa di Sue, seguita da mio padre.

Finalmente mi ritrovai fra le sue braccia.  Stretta in quell’abbraccio familiare e rassicurante, piansi cercando di dare una spiegazione a quello che non potevo accettare fosse accaduto davvero.

 

 

 

 

Correvo nel bosco, probabilmente ben oltre il territorio del Canada e non avevo ancora nessuna intenzione di fermarmi. Nella mia testa finalmente ero solo.

Da quando avevo ricevuto quel foglio bianco che mi aveva strappato la vita, avevo lasciato che il lupo prendesse il sopravvento sull’uomo. Ma, purtroppo, gli attimi di completa solitudine che io agognavo non erano molti, per cui ero intenzionato a godermi fino in fondo quella bolla di completo niente che vagava nei miei sensi. Solo io e il lupo. Istinto e risposta.

Ma come tutte le cose belle anche quella sensazione durò poco.  La mia mente all’ improvviso fu attraversata da immagini confuse, credo proiettate da Seth, ma non ne potei essere sicuro, perché quello che vidi annebbiò tutto il resto: Bella che piangeva, Bella piegata dal dolore, Bella che soffriva.

Smisi di correre. E poi ricominciai nella direzione opposta. Tornavo a casa, tornavo dalla fonte del mio dolore, perché solo lei era più importante anche di me stesso.

 

 

 

NOTE AUTRICE:

con questo capitolo inizia davvero la storia.

Grazie davvero per le belle recensioni del prologo e a chi legge sempre.

Orami sono un po’ ripetitiva, ma come al solito con tutto il cuore grazia   aniasolary  e   Maria_Black    quest ultima ha scritto una bella shot  Jacob  /Bella  

A chi mi dice

A chi mi dice

  dateci un occhio.

Ho fatto il trailer di questa fan fiction. Se volete guardarlo lo trovato a questo link. 

http://www.youtube.com/watch?v=m0f2ixKP1S0&context=C4f84c15ADvjVQa1PpcFNyHyA5q59_M14A7KOgLq-0ARweYDsMzcI=

ieri ho pubblicato una piccola flash fich.... per farvi due ristate con jake e i suoi due compari quil e embry la trovato qua
I consigli di Cosmo

Infine prossimo capitolo domenica otto aprile.

a presto noemi.

 

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Capitolo 3
*** la sfida che ci troviamo davanti ***


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Capitolo 2

La sfida che ci troviamo davanti

 

 

Il risveglio è quel momento che ti sorprende dopo il sonno, quel momento  in cui si ritorna allo stato di piena conoscenza.  Perché poi io avrei dovuto riprendermi da quell’ annullamento senza dolore in cui ero sprofondata?  Che motivo avevo di tornare in una realtà che non volevo affrontare?

 Eppure sentii una presenza attirarmi come una calamita e trascinarmi, mio malgrado, fuori dall’acqua dell’incoscienza. Una presenza indistinta e allo stesso tempo tangibile. Un po’ alla volta tornai a percepire il mio corpo, il materasso su cui ero adagiata e le parenti della stanza in cui mi trovavo, probabilmente quella di Leah. Dovevo essere stata portata lì da mio padre dopo che, sfinita dalle lacrime, mi ero addormentata  fra le sue braccia.

Aprii gli occhi cautamente e il mio cuore, già messo a dura prova da quella terribile giornata, perse un paio di battiti.

Seduto ai piedi del letto, in tutta la sua imponente stazza, Jacob.

Jake con sulle labbra il sorriso solare e i segni della barba incolta; Jake con i capelli un po’ più lunghi e la sua presenza calda; Jake…semplicemente il mio Jake. Da quanto tempo non lo vedevo?

Mi precipitai fra le sue braccia aperte, che aspettavano solo di accogliermi, e gli caddì quasi addosso. Le gambe rimaste intrecciate nel groviglio delle lenzuola. Non mi importava. Strinsi le mie mani sulle sue spalle forti che sembravano poter reggere tutto il peso del mondo. Strofinai il naso contro il suo petto assaporando di nuovo il suo odore di legno e muschio. Mi era mancato. Mi erano mancati tutti i dettagli di lui.

“Jake.” Mi alzò il viso, portando due dita sotto il mio mento.

“Bells.” La sua voce roca. Un sussurro appena.

“Sei tornato.”

I nostri sguardi si cercarono, si pretesero e infine si trovarono. Cioccolato e pece. Dove iniziavo io? Dove finiva lui? Non mi importava. Ripresi a piangere con la consapevolezza di non essere più sola.

La sua guancia bollente posata sui miei capelli. Mi feci avvolgere completamente dal suo abbraccio, cercando nel suo calore familiare un modo per contenere la voragine che di nuovo era nata dentro di me. Mi aggrappai a lui per non cadere in pezzi. Ma sarebbe stato sufficiente? Sarebbe stato in grado di salvarmi ancora?

Perché questo nuovo dolore aveva cancellato tutto il resto, e tutte le sofferenze della vita mi apparivano ora come piccoli spilli in un oceano statico d’ angoscia.

 “Ti sei svegliata, tesoro.”

Sentii la voce di mio padre, roca più del solito, provenire dalla porta. Voltai la testa verso di lui senza abbandonare il mio rifugio caldo. Lo osservai: la sofferenza era tangibile anche sul suo viso. Pensai per un istante a cosa provasse lui, quali pensieri affollassero la sua mente nel percepire il mio strazio, quali parole avrebbe voluto usare per rincuorarmi.  Avrebbe voluto, molto probabilmente, farsi carico del mio dolore così come, ne ero sicura, avrebbero voluto fare anche Jake ed Edward. Sussultai quando la mia mente formulò il suo nome. Ero lì, stretta fra le braccia del suo nemico mortale ed era dove volevo stare. Era forse perché lui poteva capire il dolore di perdere una madre o più semplicemente perché da troppo tempo desideravo tornare a percepire il suo calore sulla mia pelle?

E mio padre? Che ne pensava lui nel vedermi così abbandonata fra le braccia del figlio del suo migliore amico invece che fra quelle del mio fidanzato? Ma in fondo la sua preferenza per Jacob era sempre stata evidente, non si scompose, limitandosi ad osservarci: “Ho richiamato Phil, c’è un aereo prenotato per stasera, se te la senti.”

A quelle parole aumentai la presa sulla mano di Jacob già intrecciata saldamente alla mia. Assentii con la testa, passandomi la mano libera sul viso.

“Devo andare a casa a prendere qualche cambio e devo chiamare Edward.”

Mio padre annuì appena prima di uscire dalla stanza, lasciandoci di nuovo da soli. Jake mi aiutò ad alzarmi dal letto, prese una ciocca dei miei capelli e se l’avvolse fra le dita prima di andarla a sistemare dietro il mio orecchio.

“Ce la farai, Bells… hai tuo padre, hai Edward  e - sentii la sua voce cercare di nascondere il dolore nel pronunciare quel nome -  se lo vorrai ci sarò anche io.”

“Non dire idiozie, Jake. Come potrei pensare di affrontare tutto questo senza di te?- continuai sussurrando appena - vieni con me. Ti prego.”

 

 

 

 

Mi ritrovai nella mia auto, seduta al posto del passeggero con la volante della polizia che ci seguiva a poca distanza. Appoggiai la fronte contro il vetro freddo del finestrino, chiusi gli occhi mentre il resto del mio corpo assorbiva il calore di Jake. Guidava in silenzio con la mano che, posata sul cambio, sfiorava appena il mio ginocchio.

Trovai Edward ad aspettarmi seduto sul portico di casa. Scesi dall’ auto, mentre Jake e Charlie posteggiarono.

 Mi venne incontro, bloccando il mio viso fra le sue mani e lasciando che le nostre labbra si sfiorassero appena. Cercai di sorridere, ma ne uscii solo una smorfia.

“Devo partire… vorrei che venissi con me, ma so che non è possibile.”

 “Amore, potrei…”

“No, non potresti. C’è sempre il sole in Florida, Edward. Non è come l’ultima volta, il funerale…”

 La mia voce si spezzò e una lacrima scese sulla mia guancia. Edward la raccolse con il pollice, prima di baciare la scia salata che aveva lasciato sul mio viso.

“Mi sento così inutile, Bella. Dovrei fare di più per te.”

“Sarai qui al mio ritorno, Edward. Avrò bisogno di te. Avrò sempre bisogno di te.” Cercai di bloccare i suoi sensi di colpa stringendolo in un abbraccio. Lo vidi volgere il suo sguardo a Jake che se ne stava, con le mani in tasca, appoggiato all’auto di mio padre. Si guardarono intensamente,  impegnati in una conversazione percepibile solo per loro. I due nemici atavici che stringevano una tregua per me. Fu Edward a distogliere per primo lo sguardo tornando a posarlo su di me. Mi prese per mano incamminandosi dentro casa.

“Ti aiuto con la valigia.” disse solamente.

 

 

 

Il sole della Florida era accecante, ma io non lo percepivo. L’unica cosa che sembrava potermi riscaldare era la presenza di Jake immobile dietro di me come un angelo custode. Il mio angelo.

Sedevo su una piccola sedia di legno nero e sentivo la sua mano stringermi la spalla. Intorno a me tanta, troppa gente. Tutti accorsi per dare l’ultimo saluto a mia madre.

La mia folle, avventata, e allo stesso tempo saggia madre. La persona che mi aveva donato la vita e che mi aveva amato incondizionatamente. Accanto a me, Phil stringeva il pugno contro la gamba della sedia, le nocche quasi bianche. Mio padre sedeva all’altro mio lato con un espressione impercettibile sul viso, cercando di confrontarmi con la sua mano nella mia. Ma quando la bara iniziò a calare nel terreno, non riuscii a guardare oltre; mi alzai di scatto riparandomi fra le braccia di Jake. Nascosi il viso contro il suo petto, concentrandomi sui battiti del suo cuore, cercando un modo per sfuggire allo strazio che mi dilaniava l’anima. Mi aggrappai a lui, lui che da sempre era il mio porto sicuro. Cercai ossigeno per non soffocare, cercai luce per non restare al buio, cercai il mio sole per avere calore, cercai la sua mano per farmi accompagnare attraverso i labirinti della sofferenza.

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

 

Prima di tutto voglio augurare a tutti Buona pasqua , quante uova state mangiando?

Questa settimana insieme alla storie trovate due bellissimi banner il primo è quello di classificazione al contest e per questo devo ringraziare jakefan e Lea__91

Il secondo è uno splendido ed inaspettato regalo di xxx_Strange_xxx   grazie mille tesoro .

A proposito di strange state leggendo la sua incedibile

No? E che cosa state aspettando? Grazie a aniasolary    per aver betato il capitolo.

Il prossimo aggiornamento  venerdì 20 aprile.

Ancora auguri.

Noemi.

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Capitolo 4
*** Esistenza da soli ***


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Capitolo 3

Esistenza da soli

 

La lapide di marmo, la terra smossa. Mia madre giaceva là sotto, fredda e immobile. La mia mente rifiutò quello che invece i sensi percepirono chiaramente. Era finita. Era finito tutto.
La gente a poco a poco andò via e restai da sola. Adagiai ai piedi della lapide i fiori che stringevo fra le mani. Mi avvicinai ancora di più, inginocchiandomi ed andando a sfiorare con le dita il nome di mia madre inciso nel bianco.
“Erano i suoi preferiti, gardenie.”
Jake era a pochi passi di distanza da me. Aveva compreso il mio bisogno di salutarla un’ultima volta. Solo io. Ma sapevo che non si sarebbe allontanato.
“L’ultima volta che abbiamo parlato al telefono.” continuai “Non ha fatto altro che ripetermi che sarebbero stati i fiori perfetti per il giorno delle nozze. Non sentirò mai più la sua voce ed ho sprecato gli ultimi istanti discutendo sul mio stupido bouquet da sposa.”
Le lacrime tornarono a rigare il mio viso e i singhiozzi a squassare il mio petto. Mi cinsi il corpo con le braccia cercando di contenere in qualche modo il dolore. Sentivo il cuore privo di pulsazioni, gelido e anche tanto, troppo freddo addosso.
Jake mi fu subito accanto, si inginocchiò di fronte a me prendendo il mio viso fra le mani. Incatenò i nostri occhi, scavò dentro la mia anima quasi volesse bruciare ogni piccolo frammento di scaglie ghiacciate che vi erano intrecciate. Non parlò. Nessuna frase mi avrebbe trasmesso di più in quel momento che le sue iridi nere. Avvicinai di più il mio corpo al suo, volevo il suo calore, né volevo ancora di più.
Fu allora che successe. La mia anima, persa nella sua, prese il sopravvento sulla ragione. Vedevo solo i suoi occhi, sentivo solo il suo cuore, percepivo solo quel calore che tanto agognavo. Le mie labbra annullarono la breve distanza che le separava da quelle di Jake e si modellarono perfettamente sulle sue. Il mio bisogno di lui era troppo grande per cercare di fermarmi. Il suo sapore contro la mia bocca, il suo respiro fuso con il mio. Durò dei secondi eterni ma quando dischiusi le labbra per approfondire quel contatto, Jake si tirò indietro. Mi aiutò ad alzarmi lasciando che le nostre dita s’intrecciassero. Restò in silenzio alcuni instanti, perso in chissà quali pensieri e poi iniziò a parlare:
“Quelli di mia madre erano i girasoli. Ogni mattina, appena sveglio, trovavo un girasole sul mio comodino e un enorme vaso sul tavolo in cucina accanto alla colazione.”  La sua voce roca non riuscì a nascondere una nota di malinconica tristezza. "Dopo che morì, continuai a portarli in tavola al mattino prima che tutti gli altri si svegliassero. Ancora oggi mio padre non ha idea che fossi io a farlo; ha sempre creduto fosse Rachel.”
Presi a sfiorare il dorso della sua mano unita alla mia.
“Non me l’hai mai raccontato, Jake. Non parli mai di tua madre.”
Lo vidi stringersi nelle spalle, scacciando una piccola lacrima che si era adagiata all’angolo del suo occhio.
“All’inizio dovevo essere forte, per mio padre per le mie sorelle. Mamma diceva sempre che io ero il sole che illuminava le sue giornate, anche quelle più tristi, non volevo deluderla. La gente mi guardava, mi vedeva sempre sorridente e smise di chiedermi come stavo, a me andava bene così. Poi un giorno ha iniziato ad essere vero. Il dolore era sempre presente, ma si era trasformato: riuscivo a ricordarmi di lei sorridendo. Mia madre è sempre dentro di me, Bells, ogni giorno, ma ora mi ricordo di lei felice, mi ricordo della sua dolcezza e di tutte le cose belle e divertenti che faceva con me ed è diventato sopportabile. Succederà anche a te, credimi.”
“Non sono forte come te, Jake…”
“E’ vero, lo sei di più.”
Non disse nient’altro. Tornò a stringermi a sé ed io rimasi lì, in silenzio, con lui, finché non mi sentii pronta a tornare a casa.

 

 

 

 

Forks era umida e piovosa, anche quella mattina quando uscimmo dall’aeroporto. Mi voltai a guardare Bella: i suoi occhi erano ancora gonfi e rossi per le lacrime. Mi maledissi per non riuscire a fare di più per lei. Avrei voluto che smettesse di soffrire, avrei voluto non vederla mai più piangere.
Edward avanzò verso di noi, lo vidi stringerla fra le sue braccia gelide, lo vidi baciare le sue labbra di fragola. E vidi lei rispondere al suo abbraccio, al suo bacio, prima di tornare da me e sfiorare la mia guancia con una carezza mentre sussurrava al mio orecchio:
“Ti chiamo più tardi. Grazie.”
Sparì dentro la macchina di lui e io rimasi lì, l’eterno secondo, il suo migliore amico, a ripensare a quel bacio appena accennato del giorno prima. Poteva la disperazione averla spinta così tanto verso di me? Perché lo aveva fatto? Perché mi aveva baciato? Potevo permettermi la speranza o sarebbe stata l’ennesima illusione?
In quel cimitero si era presa un'altra parte della mia anima, ma io le avrei donato anche ogni respiro, ogni goccia del mio sangue , il corpo. Il mio cuore le apparteneva già da un tempo immemore. Le avrei concesso di prendersi tutto il mio essere pur di rivedere il suo sorriso. Anche se alla fine, di me, non sarebbe rimasto più nulla.

 

 

 

Da dentro la macchina di Edward che si allontanava, guardai la figura di Jake farsi sempre più piccola. Sapevo che il risultato di quei giorni sarebbe stato altro dolore per lui. Ancora una volta ero stata egoista. Una piccola egoista bastarda. Se ci fosse una vera giustizia a questo mondo sarei dovuta morire io al posto di mia madre. E invece lei non c’era più ed io non avevo imparato niente. Non ero cresciuta, ero sempre la solita Bella che feriva ancora, ancora e ancora le persone che l’amavano. Sarei dovuta restare da sola e avevo paura: paura che prima o poi Edward si stancasse di me e delle mie stupidaggini, avevo paura lo facesse Jake, avevo paura di affrontare la vita. Avevo paura, ancora una volta, di finire schiava del mio cuore umano, invischiata in quel triangolo perverso di sofferenze al quale, ora capivo, la decisione di sposare Edward  non aveva mai realmente posto fine.

 

 Note autrice.

 

Poche e veloci parole. Grazie a chi legge a chi ha messo la storia fra le seguite , ricordate e preferite, mi avete reso felice. Grazie a aniasolary e Maria_Black.
 Prossimo aggiornamento mercoledì due maggio.

 

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Capitolo 5
*** sopra alle pene del passato. ***


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Capitolo 4

Sopra alle pene del passato.

 

 

 

Notte. Era un'altra notte. Edward si era allontanato da me per la caccia. I suoi occhi neri mi avevano detto chiaramente che, anche volendo, non avrebbe più potuto rimandare quel momento. Non volevo addormentarmi da sola. Sapevo che senza di lui i miei incubi non mi avrebbero dato tregua e sarebbero stati più vividi e reali.

Mi sedetti alla scrivania. C’era un calendario da tavolo posato accanto al vecchio computer. Mi sconvolsi nel notare la data di quella giornata così uguale a tutte le altre.

Mi era già successo una volta che, malgrado restassi inerme, il tempo passasse. Nonostante non lo volessi, nonostante restassi come bloccata in una sorta di limbo, il tempo passava. Lento, inesorabile e fra poche ore sarebbe stata l’alba del tredici settembre: il mio compleanno.

 

Il primo che sarebbe trascorso senza che fosse la voce allegra di mia madre a svegliarmi con una sua assurda teoria del perché non potessi tirarmi indietro dai suoi festeggiamenti per quella giornata, secondo lei, così speciale. Ripensai al compleanno precedente. Quante cose erano successe in un unico anno: Edward e il dolore che mi aveva provocato, Jacob e la sua allegria che mio malgrado mi aveva travolta, Victoria e la battaglia. Gioia e dolore intrecciati insieme indissolubilmente.

Premetti il pulsante del PC aspettando che si avviasse, ritrovandomi a pigiare freneticamente sulla tastiera. Stavo scrivendo una mail. Una mail a mia madre:

 

 “Mamma ,è assurdo trovarmi qua a digitare parole che tu non potrai mai leggere. Non ho mai avuto un idea precisa della morte e del cosa ci aspetti dopo, ma se quello che ci insegnano fin da piccoli è vero, tu non te ne sei mai andata e sei qui a vegliare su di me. E, dopo aver conosciuto Edward, molte delle mie credenze sono cambiate. Perciò magari è vero e puoi davvero leggere queste parole. Infondo se esiste lui che - anche se si considera un abominio - è l’essere più simile alla perfezione divina che possa trovarsi sulla terra, da qualche parte un Dio dovrà pur esserci.

Non sai quante volte ho desiderato confidarmi con te, mamma. Confidarmi davvero, senza bugie mal celate e mezze verità. Finalmente posso liberarmi di questo peso che mi opprime il petto.

A quest’ora Isabella Marie Swan non sarebbe dovuta neanche più esistere. Ma il matrimonio è stato rimandato e con esso tutte le conseguenze che avrebbe portato.

E’ successo così, che un giorno me ne stessi seduta accanto ad Edward; lui giocherellava con il braccialetto al mio polso, ha preso fra le dita il diamante a forma di cuore che era appartenuto a sua madre e io gli ho chiesto di parlarmi di lei. Non lo ha fatto. Non avrebbe potuto farlo anche volendo. I suoi ricordi di lei sono sbiaditi, portati lontano dalla trasformazione. Ricorda, ma non i dettagli, e io non voglio dimenticarti, mamma. Non voglio dimenticare il colore dei tuoi occhi, il profumo dei tuoi abbracci, il suono della tua risata. Non voglio scordarmi dei giochi che inventavi per me da bambina.

Forse c’è chi direbbe che l’oblio dei ricordi sia il giusto rimedio per il dolore che provo. Ma se così non fosse? Se il mio cuore cristallizzato nell’ultimo battito continuasse a soffrire?

E poi c’è Charlie. Ora che ho provato la devastazione di questo dolore come posso pensare di infliggerglielo io e consapevolmente? E Jacob? Lui che è stato forte, che è sopravvissuto alla morte della madre, riuscirebbe a superare anche questa? Ha perso sua madre ma ha continuato a lottare, mi avrebbe dimenticato? Si sarebbe rifatto una vita?

Jake mi ama, mamma, di un amore grande e incondizionato. Mi ama con tutto se stesso: con l’adolescenza e la maturità del lupo. Forse in qualche modo ne sarebbe uscito. Ma la verità, mamma, è che lo amo anche io. Sì, lo amo ed ormai è stupido nascondersi dietro una bugia.

Lui mi ha salvato dall’apatia dopo l’abbandono di Edward. Mi ha salvato dalla morte e per me si è quasi fatto uccidere. Continua ad essermi accanto nonostante le ferite che il mio egoismo gli infligge. Ed io mi sono innamorata di lui in ogni attimo in cui dal pianto è nato il sorriso, mi sono innamorata di lui dietro ogni risata spensierata. Mi sono innamorata di lui lentamente ma inesorabilmente.

Non è stato pugno nello stomaco e gambe che tremano come con Edward; ma non sono più sicura che non sia abbastanza. E’ abbastanza per sentirmi lacerata.

Ma poi torno a pensare ad Edward, a lui che, nonostante il suo corpo freddo, ha saputo far nascere in me un cuore di donna .

I miei compagni partiranno per il college la settimana prossima. Ho detto a Charlie che ho ancora bisogno di tempo per decidere della mia vita. Più tempo per capire che direzione intraprendere.

Fuoco o ghiaccio, mamma? Sono egoista, li tengo legati a me entrambi. Legati con una bugia: Edward il mio fidanzato, Jake il mio migliore amico.

Fuoco o ghiaccio? Quale sarebbe il tuo consiglio? Fuoco o ghiaccio? Le due metà di me: Edward e Jacob.”

 

Mi ritrovai a piangere su quella mail mai inviata, piansi per le parole che essa conteneva, piansi per me, piansi per mia madre.

 

 

 

 

 

La ronda era finita ed io mi ritrovai sotto la tua finestra. Masochista e testa di cazzo, Jacob.

Il mio corpo aveva bisogno di dormire. Era stata una lunga notte: la lite con Paul e poi quella scia sconosciuta. Un nomade. Lo seguii fino in Canada prima di farlo a pezzi e dar fuoco ai resti. Un lavoro perfetto ed in solitaria. Applausi fuori scena. Grazie.

Masochista e testa di cazzo io che, invece di vantarmi davanti al branco, stavo qua a rigirare il coltello in una piaga già infetta.

Masochista e fottutamente innamorato di te. Masochista e con un cuore di lupo che non conosce la parola rassegnazione. Sono nato per lottare, è nel DNA dell’animale, è nel mio cuore innamorato di ragazzo.

Masochista e testa di cazzo, ma per una volta fortunato. L’odore del succhiasangue non giunse alle mie narici. Sapevo che eri sveglia, sentivo il rumore sordo del tuo pianto. Mi arrampicai alla finestra, ancora una volta pronto per essere il tuo sole. In fondo l’ho già detto: masochista e testa di cazzo, Jacob.

 

 

Angolo Autrice.

 

Questo capitolo segna una svolta nella storia … da qua in poi sarà una lunga corsa fino alla fine. Che posso dirvi? Grazie per continuare a seguirmi e grazie per il betaggio a Maria_Black e aniasolary

Il prossimo capitolo il 14 maggio. Dopo di che inizierò a postare tutti i mercoledì fino alla fine della storia.

Vi lascio con un po’ di  pubblicità ho pubblicato una one shot su Jacob la trovate qua. Alla fine del viaggio

E poi… 11 maggio inizio la pubblicazione di una nuova storia. Se non vi siete ancora stancati di me e vorrete seguirmi vi lascio un piccolo trailer.

http://www.youtube.com/watch?v=wNnXt3Qjmes

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Capitolo 6
*** Innalzarsi ***


Capitolo 5

Innalzarsi

 

Sentii l’aria spostarsi dietro di me, poi un tonfo sordo e una mano rovente accarezzarmi la schiena. Trasalii spaventata, alzandomi dalla sedia e quasi cadendo. Due braccia forti mi sorressero, impedendomi di finire a terra.

“Jake.” urlai il suo nome. Lui pose la mano sulla mia bocca e magicamente le mie lacrime sparirono. Era accanto a me e il mio cuore batteva furiosamente.

“Shhhhhh,  Bells. Vuoi farmi ammazzare da Charlie? Ora levo la mano, ma tu smettila di urlare.”

Annuii con la testa ed un sorriso beffardo comparve sul suo volto mentre tornava a posare la mano lungo il fianco.

“ Ciao piccola.”

“ Che cosa ci fai qua, Jake? Mi hai fatto morire di paura.”

Si strinse nelle spalle andandosi a sistemare sul letto.

“Passavo da questi parti.” Lo raggiunsi, sedendomi accanto a lui.

“Certo passavi di qua alle cinque del mattino.”

“Ero di ronda.” Mi rispose prontamente. Lo guardai meglio e mi sentii gelare. Aveva un livido non ancora scomparso del tutto sullo zigomo sinistro e notevoli tagli ed abrasioni, prossime alla guarigione, su tutto il lato destro del corpo. Mi portai le mani alla bocca spaventata. Anzi no, terrorizzata. Se gli fosse successo qualcosa… nuove lacrime sgorgarono dai miei occhi.

 “Vampiro.” pronunciai tremando. Lo sentii sbuffare, avvicinando il mio corpo al suo.

“ Smettila, Bells. Era solo un nomade. Ci ho impiegato meno di dieci minuti. A dirla tutta non è stato neanche divertente, sai?” Ormai singhiozzavo senza ritegno.

“Sei un incosciente, Jake.”

“Comunque non è stato il vampiro a farmi questo. Ho litigato con Paul, ma non preoccuparti, lui è conciato peggio.” 

Sghignazzava compiaciuto, l’idiota, mentre io morivo di paura per lui. Fu troppo. Mi alzai dal letto, dandogli le spalle sdegnata. Odiavo quella parte di Jake. Quel Jake, sbruffone così diverso dall’amico che avevo imparato a conoscere in quei primi mesi trascorsi insieme a La Push, quel Jake sicuro di sé, più uomo e meno bambino, quel Jake che mi guardava facendomi sentire donna. La sua donna.

 

“Dovresti proprio andare ora, sai?”

“Ma se sono appena arrivato. Dai, Bells. Mettiti qualcosa di pesante addosso. Voglio farti vedere una cosa.”

“Cosa ti fa pensare che io voglia venire?” Tentai di bleffare.

“Intuito da licantropo, mettiamola così.” Prese la mia felpa posata sulla sedia, porgendomela. Si voltò dall’altra parte mentre io mi vestivo veloce. Aveva ragione, sarei andata ovunque con lui. E mi maledissi per averglielo fatto capire.

 

 

 

 

 

“First Beach Jake? Sei venuto a rapirmi a casa mia, per portarmi a vedere la spiaggia? Ma fai davvero?” La mia piccola Bells mi guardò con aria sconvolta mentre camminava con la mano intrecciata alla mia, ben attenta a dove metteva i piedi per non cadere. Non ne aveva bisogno, non glielo avrei mai permesso. Il mio cuore era talmente saturo d’amore per lei che pensai sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro.

L’avevo trovata fra le lacrime e poi avevo visto quelle stesse lacrime trasformarsi in sorrisi. Non volevo illudermi che la sola mia presenza le fosse così di sollievo ma non potevo negare, alla mia anima irrazionale, quel pensiero.

“Se hai un po’ di pazienza Bells… sta per iniziare. Ma da quanto sei così petulante?”

Bloccai il suo pugno pronto a scattare verso di me, portando la sua mano alle mie labbra e baciandola lievemente. Lei arrossì, imbarazzata. L’amavo. Dio, se l’amavo. Non avrei mai smesso di lottare per lei. Non mi sarei arreso come l’ultima volta. Questa era un'altra occasione che il destino mi aveva offerto e non avevo intenzione di buttarla nel cesso.

“Non sono petulante e…”

Non finì mai la frase. La vidi spalancare gli occhi prima di restare incantata ad osservare la linea dell’orizzonte.

 

 

 

 

Il sole stava nascendo davanti ai miei occhi. Un'altra alba su Forks. Ma era uno spettacolo magnifico. Il cielo solitamente plumbeo e carico di nuvole, era sereno e nitido come non lo avevo mai visto dal giorno del mio arrivo. Quella che stava iniziando sarebbe stata una magnifica e rara giornata di sole. Mi voltai verso Jake. I suoi occhi sorridevano. Si sedette sulla sabbia e io mi accoccolai fra le sue gambe, con le sue braccia a cingere il mio corpo, riparandomi così dall’ aria fredda di settembre.

Non pensai se fosse giusto o sbagliato trovarmi lì, volli solo godermi il momento e lo spettacolo magnifico che la natura ci offriva. Il cielo si stava sempre più tingendo di rosso, il sole ancora basso si rifletteva sull’ acqua e dietro di lui era ancora possibile vedere la luna.

Reclinai la testa all’indietro, posandola sul petto febbricitante di Jake. La sua bocca sfiorava quasi il mio lobo.

“Buon compleanno piccola.” Sbuffai, ma non riuscii a controllare un brivido di piacere quando sentì la sua voce roca. Lui rise della mia avversità anche solo a dei semplici auguri e strinse di più il mio corpo al suo.

“Sai, la mia gente ha una leggenda sul sole e la luna. Mia madre era solita raccontarcela la sera prima di addormentarci. Le gemelle l’adoravano, a me, a dir la verità, piaceva di più quella del soldato di latta.”

Sorrisi immaginando un Jake bambino che non voleva andare a dormire.

“Ti va di raccontarmela?” chiesi.

“Non sarò bravo come lei…”

“Tu provaci lo stesso.” E lui, rassicurato dalle mie parole, iniziò il racconto.

“Si narra di un tempo in cui il mondo come lo conosciamo noi non esisteva ancora.  Fu in quel tempo e spazio indefinito che Sole e Luna si incontrarono per la prima volta. Bastò poco ai due per innamorarsi e iniziare a vivere un grande e profondo amore.

Un giorno però, Dio decise di dar vita al creato, donandogli come tocco finale la bellezza. Per far questo decise che il Sole avrebbe illuminato il giorno e la Luna la notte, obbligandoli, senza volerlo, a vivere separati.
I due furono colti da grande tristezza quando capirono che non si sarebbero mai più incontrati. La Luna divenne sempre più amareggiata e malgrado la brillantezza che Dio le aveva donato, soffriva di solitudine. Il Sole, a sua volta, guadagnò un titolo di nobiltà "Re degli Astri" ma anche questo non bastò a renderlo felice.
Dio, allora, li convocò a sé parlandogli così:  <Non avete nessun motivo per essere tristi. Dopotutto avete una brillantezza che vi distingue l'uno dall'altra. Tu Luna, illuminerai le notti fredde e calde, incanterai gli innamorati e sarai molte volte motivo di poesia. Quanto a te Sole, sostenterai questo titolo perché sei il più importante degli astri, illuminerai la Terra durante il giorno, fornirai calore agli esseri umani e la tua semplice presenza farà le persone felici.>


Ma la Luna, che non riuscì mai ad accettare il suo terribile destino, trascorreva i giorni piangendo. Il Sole soffriva per la tristezza della Luna ma non poteva lasciarsi andare perché, doveva essere lui, a darle la forza di accettare il destino che Dio aveva deciso per loro. La sua preoccupazione fu tanto grande che pensò di chiedere un favore a Dio: . E Dio con la sua bontà, creò le stelle per tenerle compagnia.
Tutt'oggi Luna quando è molto triste ricorre all'aiuto delle stelle che fanno di tutto per consolarla, non riuscendoci quasi mai poiché lei vive sempre separata dal suo unico amore.  
Il Sole finge di essere felice, la Luna non riesce a nascondere la sua tristezza.

Il Sole è ancora caldo di passione per la Luna e lei vive ancora nell'oscurità della solitudine.
Luna e Sole seguono il loro destino, Lui solitario ma forte, lei in compagnia delle Stelle ma debole.

 Dio decise, pero, che nessun amore in questo mondo fosse del tutto impossibile, neanche quello tra la Luna ed il Sole. Ed è stato allora che creò l'eclissi.
Oggi Sole e Luna vivono nell'attesa di questo istante, unico momento raro che gli è stato concesso. E quando guardando il cielo, vedremo il Sole nascondere la Luna è perché, sdraiandosi su di Lei, incominciano ad amarsi. La brillantezza della loro estasi è così grande che gli occhi umani non possono guardare l'eclissi. Poiché, potrebbero rimanere accecati nel vedere tanto Amore.”

Quando smise di parlare le nostre mani erano intrecciate. Restai ferma nel suo abbraccio. Non volevo muovermi, spezzando così l’incanto che la sua voce aveva creato intorno a noi. Lui baciò la mia guancia, sentii il suo tocco quasi timido.

“É solo una stupida storia per bambini, non so neanche perché mi sia tornata in mente.”

Scossi la testa impercettibilmente. Non ero d’accordo. Quella leggenda aveva fatto nascere dentro di me un profondo senso di malinconia. Era una storia che parlava di destino, eternità ed amanti infelici. E se dopo la mia trasformazione la metà di me che amava Jake non avesse smesso di esistere? Saremmo diventati nemici mortali, licantropo e vampiro, giorno e notte, Luna e Sole. E se, come loro, saremmo stati destinati ad amarci da lontano per l’eternità?

Mi voltai a guardarlo, la luce rossa illuminava il suo volto, le sue labbra disegnavano un sorriso incerto, quasi triste. Era così bello da togliere il fiato. L’aria intorno a noi, potevo percepirla, era satura d’attesa. Decisi di porle fine. Avvicinai il mio viso al suo mentre il sole riscaldava ogni singola fibra dentro di me. Le nostre labbra erano separate da pochi millimetri e il mio cuore batteva forsennato. Voleva uscire dal petto per unirsi a quello di Jake che pompava alla stessa maniera disperata. Posai le mie labbra sulle sue. Lo sentii incerto sulla mia bocca e poi l’incertezza finì. Questa volta non si sarebbe tirato indietro. Con le sue braccia forti voltò il mio corpo e mi posizionò meglio fra le sue gambe. Le mani di lui sulla mia schiena, le mie fra i suoi capelli. Le lingue che si cercarono, trovandosi. Baciavo Jake. Baciavo il mio sole.  Baciavo l’uomo che amavo.

 

 

Note autrici.

Ogni qualvolta si scrive un racconto c’è sempre un capitolo che non si vede l’ora di narrare. Per me è questo. È il primo capitolo che mi è venuto in mente progettando la storia, quello che non vedevo l’ora di farvi leggere e sapere se anche voi l’avete amato  come me

La storia che Jake narra a Bella, non è mia, è una vera leggenda cinese che ho riadattato ai miti Quileutes.

 La grande svolta è arrivata. Cosa succederà ora? Bella finalmente farà la sua scelta? E sarà una scelta diversa?

Grazie a tutte quelle che mi leggono sempre e a chi mi lascia sempre le sue spendite recensioni.

 Grazie a Maria che, a proposito di Jake e Bella ha scritto una bellissima shot. Correte a leggerla.

Cosa devo fare, mamma?

Un ultima cosa prima di lasciarvi: ho iniziato una nuova long la trovate qua

Una favola non è

Da questa settimana iniziano gli aggiornamenti settimanali.

Quindi a lunedì prossimo.

Un bacio

Noemi

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Possibilità dell'amore ***


 

Capitolo 6
Possibilità dell'amore

 

Il nostro bacio con il passare del tempo cambiò, diventando meno dolce e più selvaggio.
Potevo quasi sentire il lupo uscire dalle catene che Jake gli aveva costruito intorno e prendere il sopravento.
Le sue mani sembrarono danzare sul mio corpo. Imparai, in quel bacio, che cosa volesse dire il possesso. Il possesso vero, perché Jake, lo percepivo, mi voleva come un uomo vuole una donna. Mi voleva con la certezza di stare finalmente arrivando a qualcosa che avrebbe dovuto da sempre essere sua ed io volevo lui con la stessa disperata intensità. Quel contatto sembrò essere divenuto improvvisamente troppo misero. 
Senza interrompere il nostro bacio spinsi il suo petto fino a farlo sdraiare sulla sabbia. Mi spostai sopra di lui, andando a intrecciare le mie gambe ai suoi fianchi. Era come se non avessi più bisogno di respirare. Jake era il mio ossigeno. Sentii sempre più caldo, irradiarsi dal mio ventre in tutto il corpo. Il mio bacino aderiva perfettamente al suo, i nostri respiri oramai erano gemiti rochi. Era la mia voce quella che pronunciava il nome di Jake distorta dal piacere?
 Percepii l’eccitazione crescente di Jake attraverso la stoffa dei nostri jeans e fu come essere colpita da una doccia gelida.
Mi alzai di scatto da lui, inciampando e ritrovandomi di nuovo seduta sulla sabbia. Che stavo facendo? Sentii l’anello di fidanzamento scottarmi la pelle dell’anulare.
Edward.
Ero indegna di lui.
Guardai Jake. Era tornato anche lui a sedersi. Fissava l’orizzonte, con il sole ormai alto nel cielo e il suo viso non riusciva a celare la confusione ed il dolore. L’avevo ferito. Ancora. L’avevo cercato, l’avevo provocato e lo avevo rifiutato. Di nuovo. Quanto ancora avrebbe sopportato?
Chiusi gli occhi ed iniziai a piangere, vergognandomi di me stessa.
Che razza di mostro ero diventata? Sentii la sua mano accarezzarmi la schiena. Non si avvicinò. Si allungò solo sfiorandomi appena.
“Non piangere, Bells. Mi spiace. È tutta colpa mia.”
Presi a singhiozzare più forte udendo quelle parole e lui fraintese le mie lacrime, continuando a cercare parole di conforto.
“Non dovevo…è stato…non ti toccherò più, Bells. Nemmeno per sbaglio, ma smettila di piangere.”

 

 
Dannato me, dannato lupo, dannati ormoni. Avevo mandando tutto a puttane. La baciavo ed era perfetto, il suo profumo mischiato con il mio, il suo corpo vicino, troppo vicino. Persi il controllo del tutto. Maledetti, maledetti ormoni.
E ora lei piangeva. Cercai di consolarla, ma non volevo toccarla troppo. Ero convinto che mi odiasse ormai. Che mi era saltato in mente? Come hai potuto pensare, stupido lupo, che lei fosse tua fino a quel punto?
Dannati, dannati ormoni. Scommetto che il succhiasangue non abbia mai avuto di questi problemi. Lui non la spaventa, lui non ha un corpo che… diamine! Certo che no, lui è morto!
Sospirai affranto, alzandomi in piedi:
“Ti riporto a casa.” Cercai di aiutarla a rialzarsi, allungando la mia mano ma lei la rifiutò continuando a piangere.
Ci dirigemmo a casa mia. La Golf era posteggiata in garage ed entrarci con lei fu come riportare a galla frammenti di una vita ormai morta. Le ombre del passato, di quello che eravamo stati, sembrarono riempire la stanza e Bella piangeva ancora. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare per farla smettere. Dovevo solo restare a distanza di sicurezza. Non dovevo sfiorarla.
“Perché non può tornare tutto come allora, Jake?” Lo sussurrò appena fra i singhiozzi, ma sapeva che io potevo udirla.
“Perché ti amo.” A che serviva mentirle? A che serviva dirle che, se lo avesse voluto, avrei dimenticato quello che era successo? Che sarei stato solo il suo migliore amico? Non avevo mai voluto essere solo un amico per lei. La verità era che, anche quando aggiustavamo quelle moto, ero innamorato di lei. La verità era che, già allora, la sognavo tutte le notti e volevo sentire il gusto delle sue labbra che immaginavo sapessero di ciliegia. La verità era che, ora ne ero certo, non mi sarei mai e poi mai pentito di quello che era successo in quella spiaggia. Forse era stato improvviso, esagerato, eccessivo. Avevo lasciato che il mio istinto prendesse il sopravento, ma anche lei voleva me. Ne ero certo. Lei mi amava. Come era già successo, prima della battaglia, il suo corpo aveva parlato e molto più chiaramente di quanto facesse lei stessa. Non si era ancora sposata con Edward. Dopo la morte di Renèe ne avevamo parlato, si era confidata con me e sapevo che non si sentiva ancora pronta . Voleva aspettare… ma io ero sicuro ci fosse dell’altro e che, qualche granitica certezza dentro di lei, si fosse sgretolata. Era il mio momento. Era l’ultima chance per Jacob.
Ci mettemmo in macchina. Bella puntò lo sguardo sulla strada, ben attenta a non incrociarlo con il mio, finché non sentii quel famigliare odore di morte giungermi alle narici. Appena fuori dal confine, infatti, era posteggiata l’auto di Edward.
Fermai la Golf e imponendomi di restare calmo, le aprii la portiera. Supplicarla di restare lì con me non avrebbe portato a niente, come l’ultima volta. Così la lasciai andare, osservandola salire sulla macchina del mio nemico e sperando, con tutto me stesso, in un finale diverso.

 


Il silenzio nell’abitacolo della Volvo era assordante. Edward, con in viso un espressione impassibile, guidava assorto in chissà quali pensieri e ancora una volta fui grata, alla mia testolina, per il fatto che non potesse leggere nei miei. Ci avrebbe trovato solo confusione e senso di colpa. Senso di colpa e dolore.
Ci fermammo nel vialetto di casa mia. La macchina di Charlie non vi era ancora posteggiata, probabilmente era stato trattenuto a lavoro. Misi mano alla maniglia per aprire la portiera quando, con la coda dell’occhio, lo vidi rimanere immobile al posto di guida. Corrugai un sopracciglio incerta.
“Non vieni?” Lo sentii raccogliere l’aria e riempirsene i polmoni. Il mio cuore accelerò i battiti mentre lo stomaco iniziava a contorcersi per l’ansia. Se un vampiro, che non ha bisogno d’ossigeno, inspira in quel modo è per forza un brutto segno. E infatti, con evidente fatica, iniziò a parlare.
“Sei sparita dalle visioni di Alice. Mi trovavo al confine per questo. Ero preoccupato. Ma… hai il suo odore addosso Bella. E non è come le altre volte. E’ più forte.”
La mia mano era ancora appoggiata alla maniglia. Tornai seduta, sprofondato con la testa sul sedile. Avevo paura di che significato avessero quelle parole per lui, per noi. Il senso di colpa era insopportabile.
Il magone mi assalì, ma cercai di controllarlo ed Edward continuò.
“A volte vorrei davvero riuscire a leggerti nel pensiero, per capirti bene come invece sembra fare lui. Sarebbe tutto più semplice. Forse avrei compreso prima che il rimandare il matrimonio non è stato solo per tua madre.” Provai a ribattere ma lui mi bloccò, posando il suo dito gelido sulle mie labbra dischiuse.
“No, Bella. Non voglio che tu dica che non è vero. Sappiamo entrambi che sarebbe una bugia. Avrei dovuto prestare più attenzione alle tue lacrime dopo la battaglia. In quel pianto era la tua anima ha parlare ed io, invece, sono voluto restare sordo. Devi essere libera di vivere la vita che vuoi davvero, Isabella. Io devo lasciarti libera. Ho l’eternità davanti per aspettarti ma tu pensaci bene, solo questo ti chiedo: sei proprio sicura di aver fatto la scelta giusta?”
Le sue braccia forti si strinsero al mio fragile corpo con disperazione. Sentii il dolore fuoriuscire come veleno da tutte le parole che a fatica aveva pronunciato e non potevo fare nulla per alleviarlo.
Che avrei potuto dirgli? Che si sbagliava? Che non aveva capito niente? Che amavo solo lui?
Come potevo urlargli il mio bisogno disperato di lui, se in quei mesi mi ero aggrappata, con la poca forza che mi restava, a Jake? Se in quella spiaggia, insieme a lui, era stato come ritrovare ossigeno e vita?
Così rimasi in silenzio. Gli strinsi solamente la mano mentre lui mi lasciava davanti alla porta di casa, posando sulle mie labbra un bacio che sapeva di un sogno che forse non si sarebbe mai più realizzato.

 

 NOTE AUTRICe.

 Poche cose da dire. Vorrei ringraziare chi mi continua a leggere e chi spende sempre due minuti per lasciarmi la sua opinione. Maria, Ellie, Ire, Steffy. Grazie di cuore. E grazie Ania che nonostante sia incredibilmente incasinata è sempre lì ad aiutarmi. Siete tutte incredibili.
A Lunedi prossimo.
Noemi.
Ps: ho pubblicato una storia su Embry la trovate qua: Father's Day

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Capitolo 8
*** Due anime ***


A Ellie…
Perché mi odierai dopo questo capitolo.
Ma un amore facile non sarebbe scritto da noi.

 

 

Capitolo 7
Due anime

 

 Una settimana dopo il mio compleanno mi ritrovai a camminare per le strade di Port Angeles insieme ad Angela e Jessica. Era la loro ultima sera prima della partenza per il college. L’ultima sera da trascorrere insieme e, nonostante il mio umore non fosse dei migliori, non avrei mai potuto rifiutare quell’invito.
 Mi sforzai di sorridere e condividere la loro eccitazione per la nuova vita che stavano per intraprendere, ma i miei pensieri tornavano sempre a quel giorno. Quando Edward mi aveva lasciato per darmi la possibilità di fare una scelta forse diversa ma definitiva. Ed io, codarda come sempre, avevo invece cercato in tutti i modi di evitare Jake. Charlie ebbe l’ordine tassativo di non farsi sfuggire il mio nome davanti a Billy, non risposi mai al telefono e la sera stavo ben attenta a chiudere la finestra per evitare visite non desiderate. Mi mancava ma la paura e l’imbarazzo per il mio comportamento in spiaggia era troppo.
Tentai di tornare a concentrarmi sul fiume in piena che erano i discorsi di Jessica. Eravamo quasi  alla macchina, quando Angela pronunciò poche parole che mi gelarono:
“Ehi, Bella. Non è il tuo amico Jacob, quello?” Il mio cuore prese a martellare furiosamente nel petto, come a rallentatore seguii la linea invisibile che il suo dito tracciava e poi si fermò. Al lato opposto del marciapiede, Jake. Stava uscendo da una sala giochi con Quil e Embry e di certo non passavano inosservati. Tre ragazzoni che spiccavano fra la poca folla in entrata e uscita. Indossava i suoi soliti jeans logori e una t-shirt nera. Semplice e bellissimo. Come sempre. E come sempre dovetti ricordarmi di respirare. Anche a distanza  notai il suo viso aprirsi in un sorriso. E con quel sorriso fu come se il sole tornasse a toccare la mia vita. Lo vidi fermarsi ad aspettare il passaggio di una macchina prima di attraversare mentre io, vigliacca fino in fondo, approfittai di quel momento per stringere il braccio di Angela e trascinarla in auto.
“No. Era solo uno che gli somigliava”
Sospirai al sicuro nell’abitacolo e permisi al mio cuore di riprendere il regolare battito. Stupida ed infantile. Quando mi sarei decisa a porre fine a quel teatro del grottesco in cui avevo fatto precipitare le nostre vite?

 

 

“Magari non ti ha visto, fratello” Quil mi diede una pacca sulla schiena con fare consolatorio.  Mi spostai brusco da lui stringendomi nelle spalle.
“Certo, certo” Tornai a fissare l’auto con Bella al suo interno che si allontanava.
Era una situazione ridicola. Mi evitava da giorni. Non era così che doveva andare.
Gli avevo lasciato spazio. Come dicevano gli altri che si dovesse fare. Le stavo dando tempo. Come dicevano gli altri che fosse il comportamento giusto da seguire. Ma da quando io davo retta a quello che mi suggerivano gli altri? Insomma, Quil aveva avuto l’imprinting con una mocciosa e la storia più lunga di Embry era durata un settimana. Che ne potevano mai capire quei due delle donne?  Non avevo dato retta a Sam quando mi era stato proibito di vederla ed iniziavo ad ascoltare la gente proprio ora? Mi ero forse rincoglionito del tutto? 
Rimasi fermo come un’ idiota su quel marciapiede. Io conoscevo Bella, ero il suo migliore amico. Non gli serviva tempo, non gli serviva spazio. Dovevo, ancora una volta, andare da lei trascinandola fuori dall’ autocommiserazione in cui, ero sicuro, fosse sprofondata. In fondo, che avevo da perdere che non avessi già perso non una ma mille volte?

 

 


Lasciai le ragazze con la promessa che mi avrebbero scritto spesso per raccontarmi della vita nel campus. Per Angela era scontato che quelle mail avrebbero dovuto invogliarmi a seguirla al college al più presto. Mi abbracciò forte senza aggiungere altro e io rientrai in casa. Angela non era una persona di troppe parole; lei andava dritta al punto e la maggior parte delle volte vedeva oltre quello che gli altri mostravano. Era semplice e diretta ed io le volevo un gran bene. Mi sarebbe mancata molto. Senza volerlo mi ritrovai a pensare a come il suo carattere fosse, per certi aspetti, molto simile a quello del mio Jake. Ripensai a lui, a come lo avevo evitato e ancora una volta mi vergognai da morire. Mi infilai a letto, nascondendo la testa sotto le coperte finché non sentii il campanello.
A forza mi trascinai di sotto, aprendo la porta e desiderando subito dopo di non averlo fatto. Jacob s’infilò rapido nello spiraglio che avevo lasciato e posò le sue enormi mani sulle mie spalle.
“Finalmente”, disse cercando i miei occhi e io non potei evitare quel contatto. Le sue iridi nere bruciavano dentro le mie.  “Mi vuoi dire che succede Bells?  Non merito neanche più il tuo saluto?”
Feci un passo indietro cercando di mettere un minimo di distanza fra noi e abbassando lo sguardo. Dovevo cercare di mantenere la mente lucida e sentire i suoi occhi che mi scrutavano così affondo, non aiutava certo.
“Non ero sicura fossi tu. Insomma, non è che di solito frequenti le sale giochi.” dissi incerta, torturandomi le mani.
“Stronzate, Bella. Certo che sapevi che ero io. E comunque avevamo deciso di concederci un giorno di ferie dal… dal resto.”
“Ah e com’è andata? Vi siete divertiti?” Dondolai sui talloni sperando che la mia tattica per cambiare discorso funzionasse. Jake sbuffò irritato, andandosi a sedere sul divano.
“E’ stato uno spasso. Sì, proprio uno spasso. Finché non ho incontrato la mia migliore amica e lei ha deciso di fare finta che non esistessi.”
“Come sei drammatico, Jake. Ero con delle amiche e tu con i tuoi, tutto qua.”
Mi fulminò con lo sguardo e io arrossii, spostandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
“Non hai più l’anello di fidanzamento.” Jake notò subito il mio anulare e tornò in piedi vicino a me. Nascosi d’istinto la mano dietro la schiena, anche se ormai era inutile. Non potevo più tacere su quello che era successo con Edward.
“Noi… ci siamo... lui non è più convinto che sposarci sia la cosa giusta da fare in questo momento.” Lo vidi aggrottare un sopracciglio incerto.
“ Lui o tu?” I suoi occhi mi scrutavano ardenti. Era come se la mia anima e la mia mente fossero nude ed esposte davanti a lui che poteva carpirne tutti i segreti. Una paura improvvisa ed irrazionale mi colse, costringendomi a mentire a me stessa, prima che a Jacob.
“Lui. Io non ho cambiato idea. Lo amo e lo voglio.” Jake prese la mia mano, che ancora tenevo al sicuro dietro la schiena e, prepotentemente, costrinse le mie dita ad unirsi alle sue.
“Non è vero, Bella. Tu ami me”, la sua voce  roca era distorta dalla furia e da un dolore quasi disperato, “Perché non lo ammetti? In fondo l’hai già fatto una volta.”   Alzò le nostri mani unite e le posò sulla mia guancia. Sentivo il fuoco provenire dai nostri polpastrelli, sentivo il fuoco sul mio viso. Mi sentivo bruciare per lui e non ero pronta.
“ E’ vero, l’ho fatto, ma ti ho anche detto che non eri abbastanza.”  Le mie parole andarono a segno questa volta. Si stacco bruscamente da me. Vidi il suo corpo, scosso dalla rabbia, iniziare a tremare e l’attimo dopo era sparito dal mio salotto, lasciando di sé solo un ululato che si dissolveva nel bosco.
 Mi accasciai sul pavimento iniziando a piangere. Che cosa c’era di sbagliato in me? Perché era così difficile ammettere la verità?

 

 

Note autrice.

 

Lo so, ora tutte odiate me e Bella. Cosa vi posso dire?  Ormai stiamo entrando negli ultimi capitoli, riuscirà Bella a farsi perdonare da Jake e da voi? Lunedi prossimo  lo scoprirete?
Grazie per  essere ancora qua e seguirmi.
Con affetto
Noemi.

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Capitolo 9
*** Decisione ***


Capitolo 8
Decisione

 

Era notte.  Solo la luna proiettava una pallida luce attorno a me, permettendomi così di vedere. Mi ritrovai su di uno strapiombo, sotto di me il mare in tempesta. Pur non conoscendo quel luogo mi appariva familiare, forse perché molto simile alla scogliera da cui, quasi un anno prima, mi gettai.
Mi sporsi di più, osservando rapita le onde che si infrangevano violentemente contro le rocce. E all’improvviso mi ritrovai al buio, la luna era stata coperta in cielo da un’ ombra. Tremai. Ero sola, privata di qualsiasi appiglio sensoriale, finché non udii una voce familiare alle mie spalle.
“Piccola mia… cosa ci fai qua in cima?” Mi voltai di scatto con il cuore che mi rimbombava nel petto, pur sapendo che i miei occhi non avrebbero visto nulla.
“Mamma, oh mamma sei tu?” Iniziai a singhiozzare.
“Sono io bambina.” Al buio allungai la mano fino a sfiorare quella di mia madre. La sentivo. Percepivo la sua stretta e la sua presenza vicino a me.
“Mamma, mi sei mancata tanto.”
“Anche tu, bambina mia… anche tu. Ma perché sei qua?”
“Non lo so. Ma ho paura, non vedo niente e non voglio cadere.”
“Non devi avere paura, amore mio. La luce tornerà come fa sempre e tu non cadrai. Lasciati guidare.”
“Da chi, mamma? Tu non ci sei più.”
“Non essere sciocca, Bella.  Sai già la risposta alla tua domanda. Hai solo troppo paura di ascoltarla.”
Ancora stretta nella morsa del buio, cercai di fare qualche passo avanti verso la voce di mia madre, tentai di stringermi a lei, ma le mie braccia trovarono solo l’aria intorno a me. Era sparita, lasciandomi di nuovo da sola.
Aprii gli occhi, mettendo a fuoco i contorni della mia camera sfocati dalla pallida luce che filtrava dalla tapparella. Posai una mano sul petto, là dove i battiti del cuore erano accelerati. Per la prima volta dal giorno della sua morte avevo sognato mia madre. E lei mi stava cercando di dire qualcosa, qualcosa che sapevo già da tempo, ma non volevo capire. Sospirai andando ad accendere la piccola about-jour appoggiata sul comodino e sistemandomi al centro del letto con le gambe strette sotto il mento.
La luce torna sempre lasciati guidare.
Le parole del sogno vorticarono nella mia mente. Udii la voce di mia madre pronunciarle con dolcezza e sicurezza e poi a quelle parole si sostituì un volto.
Ripensai al nostro bacio sulla spiaggia a come, in quel momento di completa e folle irrazionalità, tutto il resto era scomparso. Era scomparso mentre io sentivo di fare la cosa giusta, l’unica cosa che realmente volessi. Ripensai anche al nostro bacio prima della battaglia e capii come, ogni volta in cui mi spingevo così vicino a lui, mi sentissi completa. Ricordai come tutto il resto si annullasse mentre io mi perdevo in Jake.

La luce torna sempre lasciati guidare.
Lui era sempre stata la mia luce. A lui mi ero affidata quando Edward mi aveva abbandonato e a lui mi aggrappavo ora che mia madre era morta. Sempre e solo lui.
Per lui la mia anima aveva pianto, ribellandosi alla decisione della mia mente di vedere in Edward il mio solo ed unico destino. Mi ero già accorta da tempo che quello che provavo per Jake non era semplice amicizia  ma,  per la prima volta, sentivo il mio amore per lui più forte di tutto il resto.

La luce torna sempre lasciati guidare.
Dell’amore folle per Edward, ora, non ne era rimasto che un pallido eco. Inghiottito e portato lontano dalla realtà della vita. Una realtà a volte amara, ma che mi aveva fatto crescere inevitabilmente. Al mio arrivo a Forks non ero altro che una ragazzina spaventata ed Edward sembrava essere uscito da uno dei miei romanzi in cui ero solita rifugiarmi. Innamorarmi di lui era stato inevitabile. Lui mi avrebbe dato tutto quello di cui avevo bisogno: una vita sicura e un cuore senza battiti immune dal dolore. Lui mi avrebbe amato e protetto per l’eternità. Lui il mio cavaliere dal cavallo bianco, lui mi avrebbe resa perfetta, adeguata, una creatura leggendaria su cui lo scorrere del tempo non avrebbe fatto effetto. Con lui, adesso finalmente capivo, avrei vissuto un’ eternità che non mi sarebbe mai appartenuta davvero.
E poi era arrivato Jake che, con la semplicità del suo essere, aveva promesso di non abbandonarmi mai. Ma potevo credere a quella promessa? Jake non era un vampiro centenario con una grande esperienza e un’elevata maturità, ma solo un ragazzino innamorato. Innamorato di me. Un ragazzino che con il suo sorriso e il suo caldo abbraccio riusciva sempre a confortarmi, un ragazzino fra le cui braccia mi sentivo giusta, un ragazzino che era riuscito a trasmettermi la sua gioia di vivere, un ragazzino che avrebbe sempre cercato la mia mano per affrontare il futuro.
Non sarebbe stato facile come respirare, ora riuscivo a comprenderlo; quella frase che mi aveva detto era una stupida bugia da innamorati. La vita non è facile e la strada da fare non è priva di ostacoli, ma in cuor mio sapevo che insieme saremo stati in grado di superarli. Finalmente avevo capito la realtà delle cose, senza essere offuscata dal mio spasmodico desiderio di un futuro con Edward che ai miei occhi appariva tutto rosa e fiori e avevo scelto di vivere, di vivere davvero, vivere come Jake mi aveva mostrato di poter fare. Vivere fra un pianto ed un sorriso.
Mi alzai dal letto, incurante della notte che ancora avvolgeva tutto e freneticamente cercai dei vestiti nel mio cassetto. Non potevo aspettare oltre, non potevo perdere il coraggio che quella nuova consapevolezza mi aveva donato.


Quella notte continuavo a rigirarmi nel letto, diventato ormai troppo piccolo per me, senza riuscire a prendere sonno. La mia mente non smetteva un attimo di rivivere la discussione con Bella. Ero furioso. Per quanto facessi per lei, per quando mi sforzassi, continuavo a non essere abbastanza.
Una parte di me, probabilmente quella masochista, sapeva che Bella mentiva ma l’altra parte, quella più razionale e diplomatica, era stanca. Era forse troppo chiedere un po’ di felicità anche per me? Le avevo giurato di non abbandonarla mai, ma assolvere quella promessa era diventata una condanna. Iniziai a riempire di pugni il cuscino, cercando così di sfogare la frustrazione che si era impossessata di me. Mi sarebbe tornato utile appendere al soffitto un pungiball; prima o poi avrei chiesto a mia sorella Rachel i soldi per comprarlo perché sennò, in mancanza di altro, avrei usato Paul. Quell’ idiota che aveva pensato bene di avere l’imprinting con lei all’inizio dell’estate. Come se non avessi avuto già abbastanza cose a cui pensare. Dio! Odiavo sempre di più essere un licantropo. Odiavo la magia, odiavo la mia vita, odiavo Bella e la sua ottusità. Odiavo me stesso per non riuscire ad odiarla davvero.
Continuai a colpire il cuscino sempre più forte, finché non sentii dei rumori alla mia finestra. Andai a spalancarla, i sensi da licantropo allertati, ma rimasi a bocca aperta nel vedere Bella, a pochi passi da essa, con dei sassolini in mano. Scrollai la testa un paio di volte per essere sicuro di non immaginarla e poi sbuffai. Che diavolo ci faceva sotto casa mia in piena notte?
“Che vuoi, Bella?” Le chiesi con un tono duro di cui mi pentii subito dopo.
“Devo parlarti, Jake… posso entrare?” La sua voce era insicura ed io sentii il mio cuore accelerare impazzito. Possibile che avesse sempre quel dannato effetto su di me? Allungai la mano afferrando il suo braccio e aiutandola così a scavalcare il davanzale.
Inciampò sui suoi piedi e me la ritrovai fra le braccia, il viso nascosto contro il mio petto, le mie mani sui suoi fianchi. Il suo profumo riempiva le mie narici, era tutto quello che volevo e che non potevo avere. L’allontanai bruscamente da me appoggiandomi con le braccia conserte al muro.
“Sai è esattamente questo il motivo per cui di solito sono io quello che si arrampica.” La vidi sussultare al suono aspro della mia voce, ma non me ne curai. Si guardò intorno per qualche minuto prima di parlare.
“Po…potresti metterti qualcosa addosso per favore?” Notai le sue guance imporporarsi e lottai contro il mio istinto di trovarla adorabile, per poi abbassare lo sguardo su di me. Ero in boxer, porca miseria! Ero davanti a Bella con indosso solo i miei boxer bianchi. Mi voltai velocemente infilando i pantaloni di una vecchia tuta. Tanto a vedere il resto ci era abituata, pensai sogghignando e scacciando da me l’imbarazzo di pochi attimi prima. Mi sedetti al bordo del letto, con le mani di nuovo incrociate al petto.
“Non sei venuta qua solo per vedere se dormissi vestito o meno, immagino. Quindi forza, che hai da dirmi?” Le chiesi con un tono quasi arrogante. La realtà però era che, anche se recitavo la parte dell’indifferente, morivo dalla voglia di sapere perché fosse venuta da me a notte fonda. Ma, come al solito, dovetti aspettare un po’ prima che lei si decidesse a parlare ponendo così fine a quella tortura.

 

 Note autrice.

 Ci siamo. La resa dei conti fra Jake e Bells è arrivata. Riuscirà per una volta a dirgli la verità?
Ancora una volta voglio ringraziare chi mi segue , chi lascia il suo parere ed i nuovi lettori. Grazie  Tere, con tutto il cuore.
Ancora due capitoli e poi l’epilogo. La fine è vicina.
Ho pubblicato una piccola Shot  se volete la trovate qua.

Il Pragmatismo di Charlie Swan

A lunedì prossimo.
Con affetto
Noemi.


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Capitolo 10
*** Ricorda stanotte ***


Capitolo 9 
Ricorda stanotte

 

C’era tensione intorno a noi, percepivo il nervosismo di Jake come il mio. Lo osservai, seduto immobile sul bordo del letto, le braccia ben strette al petto. Non era il mio Jacob. Era un Jacob arrabbiato e molto probabilmente deluso da me. Ma cos’altro potevo aspettarmi? Il mio comportamento non aveva scusanti. Se mi avesse cacciato via a calci avrei avuto solo quello che mi meritavo, ma prima dovevo riuscire ad aprirgli il mio cuore. Tutto quello che provavo per lui e che aveva cercato di negare per un tempo troppo lungo. Feci un profondo respiro e, con tutto il coraggio che possedevo, iniziai a parlare, puntando gli occhi sul pavimento. Riuscire a sostenere anche il suo sguardo, che sicuramente mi avrebbe letta dentro l’anima, sarebbe stato impossibile per il mio cuore.
“Jake io… non so da dove iniziare… è che…” Decisamente non ero portata per i discorsi epici, quelli chiari e concisi che lasciano chi ti ascolta con la consapevolezza che tutto è stato spiegato. Io ero Bella Swan e così come non ero capace di compiere un passo senza inciampare, allo stesso modo cadevo sulle mie parole, anche se nella mente avevo ben chiaro dove il mio discorso dovesse arrivare: Ti amo Jake. Da sempre e per sempre.
 Una frase chiara semplice che non avrebbe lasciato spazio a dubbi e fraintendimenti, il problema era come riuscire a pronunciarla. Tentai ancora di riprendere il discorso con scarso successo e, nello stesso tempo, sperai che una voragine si aprisse sotto di me inghiottendomi e ponendo così fine a quella tortura a cui stavo sottoponendo entrambi, ma i minuti passavano e non succedeva niente. Come svuotata da tutte le energie mi appoggiai allo stipite della porta, scivolando sul pavimento e nascondendo il viso fra le mani. Lacrime inopportune, che cercai di scacciare con il dorso della mano senza farmi vedere da Jake, si affacciarono velocemente al bordo dei miei occhi. Tentativo inutile. Sentii il cigolio del letto e dopo pochi attimi due forti braccia che, poco delicatamente, mi alzarono dal pavimento. Mi ritrovai schiacciata tra il muro ed il corpo possente di Jake. Il suo volto a pochi millimetri dal mio, i suoi occhi neri che bruciavano arrabbiati dentro i miei.
“Smettila con le stronzate, Bells e dimmi perché sei qua.”  La voce dura ed esasperata. Sentii il mio cuore come imbizzarrito e a questo si aggiungeva la paura che anche Jake potesse sentirlo. Tornai ad abbassare lo sguardo, ma le sue dita sollevarono il mio mento impedendo ai miei occhi di scappare ancora.
“Sto aspettando. Ti aspetto da tutto la vita e lo sai bene. Ma ora sono stanco e voglio la verità, Bella. Questa volta me la devi, perché il nostro tempo è finito e non ho più la forza per farlo tornare.”
Spalancai gli occhi spaventata mentre le gambe iniziarono a tremarmi. Che stava cercando di dirmi? Che era troppo tardi? Che la mia paura di aver aspettato troppo si stesse realizzando?
Lo sapevo, era un rischio che avevo calcolato ma ora lì, con il mio corpo stretto al suo, non avrei mai potuto permettere che accadesse. Scollegai completamente il cervello da tutto il resto, evitai parole che non sarebbero mai uscite nel mondo giusto e con tutte le mie forze mi aggrappai al suo collo, premendo le mie labbra contro le sue. Non pensai all’incertezza e allo stupore che sentivo provenire da Jake ma mi strinsi ancora di più a lui, schiudendo le mie labbra mentre la mia lingua cercava la sua. La trovò, nello stesso istante in cui le mani di Jake si posarono sui miei fianchi ponendo fine allo stupore che l’aveva colto. Mi prese in braccio ed allacciai le gambe alla sua vita. Affondai le mani nei suoi capelli, continuando a baciarlo come se fosse l’unica cosa realmente importante nella mia vita, come se fosse lui lo scopo della mia vita, come se lui fosse la vita stessa. Jacob iniziò a muoversi verso il letto mentre le sue labbra presero ad accarezzare e mordere il mio collo. Pochi istanti dopo ci ritrovammo, entrambi ansanti, sdraiati sul materasso. Per degli attimi infiniti i suoi occhi si persero nei miei. Intorno ai noi solo il rumore dei nostri cuori e dei nostri respiri accelerati. Presi ad accarezzargli il viso fermando la mia mano sulla sua guancia. Lui cercò le mie dita e le intreccio insieme alle sue mentre l’altra mano era posata sul mio fianco a palme aperte come a sfiorarne più pelle possibile. Tutto era immobile e palpitante di desiderio e, pervasa da quelle sensazioni nuove ed intese, finalmente pronunciai le parole che sconvolsero e cambiarono le nostre vite.
“Ti amo, Jake.” Vidi i suoi occhi brillare e un sorriso meraviglio dipingersi in volto. Mi baciò la fronte dolcemente e poi le palpebre che chiusi per godermi la sensazione di pace che quelle parole appena pronunciate avevano infuso in tutto il mio essere.  Quando li riaprii, trovai lo sguardo innamorato di Jake ad attendermi, felice come non l’avevo mai visto.
“Ti amo anche io, Bells.” sussurrò roco prima di riprendere a baciarmi con passione sempre più crescente.
Persi completamente la cognizione del tempo, era come se una bolla ci avvolgesse mentre tutto il resto scompariva. Stavamo vivendo un attimo eterno in cui esistevamo solo noi e le sue mani che danzavano sul mio corpo, da prima esitanti, quasi impacciate e poi sempre più desiderose. La pressione delle sue carezze aumentò ed io sentii i nostri vestiti diventare un inutile fardello che impedivano al mio corpo il contatto con il calore tanto anelato del suo. Con un enorme sforzo di volontà mi staccai dalle sue labbra e mi misi in ginocchio sul letto. Afferrai i bordi della mia maglietta mentre Jake mi fissava stupito.
“Bells che stai…”
“Shhhhhh”. Lo zittii con un bacio a fior di labbra prima di sfilarmi lentamente l’indumento. Sentii le mie guancia ardere mentre Jake mi guardava con un misto di incredulità e venerazione. Gli sorrisi, una volta che la mia maglietta era scivolata via nascondendo, imbarazzata, il viso contro il suo petto. Lui posò le mani sulle mie spalle allontanandomi appena dal suo corpo e sollevando il mio viso verso il suo. Baciò dolcemente le mie gote arrossate e mi sussurrò all’ orecchio:
“Sei bellissima… la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia.”
Mordicchiai il suo labbro inferiore mentre con un po’ più di coraggio portai le mie mani tremanti a giocare con il bordo della sua tuta . Jake le fermò nelle sue e mi aiutò a far scivolare via i pantaloni. Ci ritrovammo entrambi seduti, io avvolta dalle sue gambe lunghe e muscolose. La sua mano sinistra accarezzava la mia schiena dall’ alto verso il basso, provocando in tutto il mio corpo brividi di piacere sconosciuti. Con l’altra mano sfiorava i miei capelli, portando poi una ciocca che mi nascondeva il  viso dietro l’ orecchio.
“Non dobbiamo… possiamo… io posso aspettare.”
Soffiò esitante a pochi centimetri dalle mie labbra. Mi soffermai ad osservare ogni più piccolo dettaglio del suo volto: il mento con quella piccola fossetta che ancora riusciva, in certi momenti, a conferirgli un aria da bambino, la mascella dritta e decisa, gli zigomi marcati, fino a trovare  le piccole fiamme di fuoco che danzavano nei suoi occhi neri. Per una volta fui io a scrutare dentro di lui e mi sentii pronta.
Non c’era spazio dentro di me per i dubbi o paura. Era stata troppo vicina a perderlo quella notte e adesso lo volevo in tutti i modi possibili.
“Sei tu quello che amo.” Era l’unica risposta che avrei potuto dare per confermargli le mie nuove certezze.
Lo sentii deglutire forte e poi le sue labbra incontrarono le mie.
Le sue mani, che toccavano il mio corpo con crescente sicurezza, si spostarono dalla mia schiena ai fianchi, accarezzandomi le cosce, sfiorando la stoffa dei jeans.
Poi lentamente iniziò a sbottonarli abbassandosi per baciarmi l'ombelico.
Eravamo entrambi in biancheria intima e io sentii la sua eccitazione sfiorarmi e poi premere contro di me.
La sua mano tornò sulla mia schiena fino ad incontrare il bordo del reggiseno.  Lottò alcuni istanti con la chiusura e lo sentii sbuffare, esasperato. Potevo quasi indovinare i suoi pensieri. Sorrisi e portai le mani sopra le sue aiutandolo.
Adesso ero nuda sotto i suoi occhi e, per una volta, fu lui ad arrossire. 
E in quell’ attimo d’imbarazzo rividi il mio Jacob.
Il ragazzino con cui aggiustavo le moto in garage, quello che con un sorriso sapeva riscaldarmi il cuore e l’anima.
Fu solo un attimo e il suo sguardo divenne quello di un uomo.
Con decisione iniziò a baciarmi il seno.
Sospirai forte affondando le unghie nei muscoli delle sue gambe, il respiro mozzato ed eccitato.  Senza smettere di baciarmi mi fece sdraiare. 
Incontrò i miei slip e li afferrò, facendoli scivolare lungo le mie cosce.
Ormai gemevo incontrollata ma, coraggiosamente, lo liberai dai boxer.
Gli baciai il petto, risalendo fino al collo.
Sentendolo gemere ritrovai un po’ di sicurezza, fino a quando non lo sentii sopra di me.
D’istinto dischiusi le gambe,  i nostri bacini aderivano perfettamente, ma io a quel punto, volevo di più. Lo volevo sentire dentro di me, volevo fondermi con lui.
Jake afferrò il mio ginocchio portandoselo sul fianco e io  feci altrettanto con l’altra gamba, ora potevo percepirlo forte e duro contro di me.
Si fermò, cercò il mio sguardo e cominciò a spingere, appoggiò la fronte contro la mia, il cuore batteva impazzito e la sua voce mi arrivò spezzata e distorta dall’ eccitazione.
“Non voglio farti male.”
Gli baciai le labbra morbide e calde.
”Non…non voglio…che ti fermi.”
Prese le mie mani e le baciò. Si ritrasse, poi, con un movimento deciso, si spinse a fondo dentro di me. Spalancai gli occhi ed incontrai il suo sguardo.
Gli occhi aperti di Jake fissi nei miei, le sue iridi nere che mi trasmettevano tutto il suo amore mi aiutarono a ritrovarmi. Iniziammo a muoverci insieme, i nostri gemiti soffocati si confondevano, il mio bacino assecondava il suo.
Stavo facendo l’amore con Jacob.
E, all’improvviso, tutto divenne rosso e caldo.
Iniziai a tremare, la mia schiena si inarcò per andargli incontro un’ultima volta. Chiusi gli occhi finché sentii il suo corpo rilassarsi contro il mio e il cuore iniziare a decelerare lentamente.
Jake fece leva sulle braccia ma io lo trattenni facendogli appoggiare la testa sul mio petto, le mie mani ad accarezzare i suoi capelli umidi.
Rimanemmo così per diversi minuti, poi rotolò su un fianco portandomi con lui e avvolgendomi completamente nel suo abbraccio.
“Ti amo.” disse baciandomi la fronte
“Ti amo.” Un bacio sulle palpebre
“Ti amo.” Un altro bacio sulle labbra.
Sorrisi beandomi di quella sensazione nuova e perfetta e prima di lasciarmi andare al sonno sentii la mia voce ancora roca dirgli in un sussurro.
“Sei sempre stato abbastanza avevo solo paura di capirlo.” E l’oblio della notte ci avvolse, in quel letto in cui insieme eravamo divenuti adulti.

 
NOTE AUTRICE.

Come prima cosa un enorme grazie a cenerella per avermi aiutato a rivedere questo capitolo e per avermi dato dei preziosi consigli.
Che posso dirvi?  Alla fine è successo ma Bella cambierà ancora idea?
Appuntamento a lunedì prossimo con l’ultimo capitolo.
Grazie a tutti per essere ancora qua con me.
Un bacio

Noemi

 

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Capitolo 11
*** La forza che ci guiderà ***


Capitolo 10
La forza che ci guiderà

 

Mi svegliai alle prime luci dell’alba, non ero sicuro dell’ora ma non volli controllare la piccola sveglia posata sul comodino. Non volevo che quella notte finisse e non volevo che i miei movimenti svegliassero Bella che, ancora profondamente addormentata, giaceva sul mio petto. 
In un attimo rivissi tutti gli avvenimenti della sera prima ed ebbi il timore che potesse essere tutto un sogno. Bella che si arrampicava alla mia finestra, Bella che diceva di amarmi, Bella che faceva l’amore con me.
Il mio cuore prese a martellare impazzito a quel ricordo così vivido, arrotolai fra le dita una ciocca dei suoi capelli, che ricadevano scomposti a nasconderle il viso, ed ispirai il suo profumo.
Non era una fantasia, lei era reale ed era accanto a me. Adesso non avevo più rimpianti. Avrei rivissuto tutto da capo, tutto il dolore che ci eravamo inflitti, tutta le sofferenze passate. Tutto era stato importante poiché tutto aveva contribuito a creare quello che eravamo, portandoci a quel preciso istante. Era così che doveva andare. Dovevo soffrire per lei, dovevo quasi strapparmi il cuore dal petto, dovevo diventare un uomo. Il suo uomo. Ma poi un dubbio s’insinuò nella mia mente.
Se al suo risveglio invece fosse stata lei ad essere colta dai rimpianti? Se tutto questo per lei avesse un altro significato che per me? Poteva ancora tornare da Edward, dopo questa notte?  Potevo ancora non essere abbastanza?
Ripensai ai nostri trascorsi: a com’era sempre stata brava a far tacere il suo cuore e a come, in pochi attimi, era riuscita a mettermi da parte per scappare da lui in Italia, dimenticando quando io ero stato tutto per lei nei mesi del suo alienamento.
Un'altra ferita al mio cuore stavolta sarebbe stata decisiva perché, dopo questo notte, non avrei mai più potuto scappare da lei. Il ricordo del mio corpo che si perdeva nel suo, delle sue mani che si impossessavano di me sarebbe rimasto nella mia anima come un marchio d’eternità indelebile. Lei aveva il potere di annientarmi. Ebbi paura ed in automatico il mio corpo iniziò a tremare. Anche il lupo soffriva e si ribellava a quell’idea. Tremavo scosso da spasmi atroci, stringendo forte il pugno lungo il mio fianco, le nocche quasi bianchi mentre il letto iniziò a sobbalzare devastato dai mei movimenti involontari. Alzai la schiena appoggiandomi alla testata e Bella si svegliò. Spalancò gli occhi osservandomi smarrita. Mi guardò per alcuni istanti mettendosi a cavalcioni su di me e bloccando il mio viso fra le sue mani.
“Amore calmati. Che succede?”

Amore calmati, amore calmati, amore calmati. Quelle parole mi colpirono come una doccia gelida. Amore, amore, amore.
Mi concentrai sul suono che quelle lettere producevano, respirai affondo aggrappandomici per ricacciare il lupo in fondo al mio essere.
Guardai Bella: le mani ancora stretta a me, la preoccupazione crescente sul suo viso perfetto. Non era spaventata. Non provava ribrezzo per il lupo, per quella parte di me che invece io, ancora adesso, facevo fatica ad accettare e con la consapevolezza del suo corpo contro il mio, dei suoi occhi che mi scrutavano, i tremori cessarono.
“Scu… sa”  Balbettavo adesso. Potevo rendermi più ridicolo di così? Stupido, stupido, Jake.
“Va tutto bene, Jake, non devi scusarti ma mi vuoi dire che è successo?”
“Ho solo pensato a una cosa che mi ha fatto infuriare… solo… sono un idiota, Bells”. Sospirai affranto, chiudendo gli occhi e lasciando andare la testa contro il cuscino.
“Apri gli occhi, Jake, guardami” sentii le sue labbra sfiorare le miei e obbedii alle sue parole. Mi persi ancora nel cioccolato che fissava le mie iridi nere: era tutto quello di cui avrei avuto bisogno per il resto della mia vita.
“Io ti amo, Jacob Black e non cambierò idea. Ho scelto te.” Non aggiunse altro e mi sentii in paradiso. E’ assurdo come l’amore possa completamente stravolgerci, come aveva stravolto me. Del ragazzino che fino a due anni prima aggiustava una Golf in garage che ne era rimasto? Era stato portato via dal lupo o da Bella?
Tornò a sdraiarsi sopra di me, la bocca sul mio petto caldo, il suo cuore che cantava una melodia a cui solo il mio poteva rispondere. E poi la sentii ridere, una risata soffocato contro il mio collo ma nitida.
“Mi sono innamorata di un completo idiota. Come hai potuto pensare che dopo stanotte rinunciassi a te?”
Un sorriso si allargò sul mio volto, accarezzai i suoi capelli e sentii finalmente l’insicurezza abbandonarmi: lei mi amava, aveva scelto me. Lei era finalmente mia.
“Già sono stato troppo bravo. Una volta che mi provi non puoi più farne a meno.” Bella alzò la testa, un espressione sconvolta in viso e le guance completamente rosse. Dio, l’adoravo! Adoravo il suo imbarazzo e la sua timidezza. Agilmente invertii le nostre posizioni ritrovandomi sopra di lei e iniziando a solleticare i suoi fianchi.
“E dai dimmelo!”
“Dirti cosa?” Mi chiese ancora sconcertata
“Che sono stato magnifico… dillo… dillo... dillo.”

 

 

Le mani calde di Jake solleticavano i miei fianchi, il suo naso sfiorava il mio collo scendendo poi fino alla spalla. Ed io ridevo. Ridevo spensierata come solo in sua presenza riuscivo ad essere. Ridevo come una Bella completamente nuova, la Bella che esisteva solo grazie a Jake. E lì, in quella stanza, in quel letto, avvolta dalle nostre risate e dalle sue braccia, mi sentii per la prima volta nella mia vita completamente a mio agio. Avvertii con una certezza che mai avevo posseduto che quello era il mio posto. Il mio posto nel mondo che tanto avevo desiderato trovare.
“Jacob Black sei… sei un maleducato, ecco, ed io non lo dirò mai.”
Tirai forte il lenzuolo che giaceva sfatto sotto di noi e lui, colto alla sprovvista da quel movimento brusco, ruzzolò giù dal letto con un forte tonfo. Mi avvolsi nella stoffa sporgendomi appena ad osservarlo e ripresi a ridere.
“Ti … sei… fatto.. male?”  Lo stomaco mi doleva quasi. Lui cercò di riarrampicarsi sul letto borbottando qualcosa di incomprensibile che suonava come una velata minaccia. Gli gettai le braccia al collo iniziando a baciarlo.
“Ehi Jake. Tutto bene lì dentro?” Il cigolio della sedie a rotelle di Billy giunse da dietro la porta, seguito dalla sua voce. Sobbalzai staccandomi da lui e guardando verso l’entrata terrorizzata.
“Si Papà sono … non importa.. è tutto apposto”
“Ok figliolo, ma penso che Bella dovrebbe tornare a casa se non vogliamo trovarci Charlie sulla porta armato di fucile e, in quel caso, mi spiace, ma non potrei difenderti.” Lo sentii chiaramente ridacchiare mentre io sprofondai nell’ imbarazzo più totale, le guance in fiamme. Jake non si scompose, mi attirò di nuovo a sé baciandomi la fronte con la migliore faccia di bronzo stampata addosso.
“Ops, beccati” affermò tranquillamente mentre io aspettavo ancora che il pavimento si aprisse sotto di me, evitandomi così l’imbarazzo di uscire da quella stanza.
“Dai, Bells, l’hai sentito mio padre, non devi preoccuparti.”
Iniziammo a rivestirci lentamente, poi lui prese la mia mano conducendomi fuori. Quando passammo nel salotto, il momento più imbarazzante di tutta la mia vita fu completo. Billy ci scrutò con un sorriso serafico in volto.
“Buongiorno, ragazzi. Dormito bene?”
“Mai dormito meglio, papà. Accompagno Bells alla macchina.”
In un attimo passai in rassegna tutti i modi possibili per uccidere Jacob Black finché con il suo fiato caldo non fu sul mio viso, il mio corpo schiacciato fra il suo e la portiera della macchina. Mi baciò e i miei istinti omicidi cessarono di colpo. Teneramente spostò una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio.
“Mi chiami più tardi?”
“Certo.” Salii nell’ abitacolo, lasciandogli un altro bacio dal finestrino aperto e mi avviai verso casa.
Quando giunsi al vialetto la prima cosa che notai fu la macchina della polizia. Merda Charlie aveva già finito il turno, pensai allarmata. Mi affrettai all’ingresso mentre il cellulare nella tasca dei miei Jeans prese a squillare. Spalancai la porta di casa ritrovandomi davanti a mio padre che, alla mia vista, riappese la cornetta mormorando un “grazie al cielo.”
Rimasi lì, immobile, dondolandomi davanti a lui mentre con lo sguardo basso pensavo con terrore a come doveva apparire a Charlie la sua unica figlia che rientrava in casa alla prime luci del mattino con i capelli spettinati e i vestititi stropicciati.
“Papà mi dispiace tanto.. io…ero.. cioè.. Jake…” Lui mi zittì con la mano scrutandomi per alcuni interminabili attimi.
“Voglio sapere solo una cosa, Bells: sei felice?” alzai lo sguardo su di lui ancora timorosa ma donandogli un piccolo sorriso.
“Si papà.”
“Bene, questa è la cosa importante, ma la prossima volta che devi proprio passare la notte fuori avvertimi per favore. Vado a dormire adesso, sono stanco morto.”
Non aggiunse altro, nessuna predica, nessuna ramanzina, niente di niente. Si allontanò trascinandosi su per le scale e potrei giurare di averlo sentito mormorare fra sé e sé:
“Meglio così che con quel Cullen.”
Mi lasciai andare sul divano passandomi una mano sul viso, mentre un altro sorriso nasceva. Ero felice, ero felice davvero.

 

 
Angolo autrice.

 
E questo era l’ultimo capitolo. Non resta che l’epilogo e poi possiamo scrivere la parola fine alla storia di Jake e Bells o almeno a quella che io avrei voluto leggere.
Tutte le cose che ho da dirvi le rimando alla settimana prossima.
Solo una cosa se non l’avete ancora fatto leggete qua Same Mistake e qua Armors . Perché non di solo Jake si vive a La Push.
A lunedì prossimo.
Un abbraccio
Noemi

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Capitolo 12
*** epilogo ***


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 Epilogo

 

E’ mattina. Il sole è alto nel cielo, posso notarlo dalle tapparelle lasciate semiaperte la notte precedente. Sorrido al nuovo giorno e sorrido alzando gli occhi sul volto dello splendido uomo che dorme affianco a me. Gli poso un bacio delicato sulla fronte e silenziosamente mi alzo dal letto cercando di non svegliarlo. Beh cosa abbastanza semplice: mio marito ha il sonno pesante. Mio marito… mi beo del suono di quella parola. Sono sposata. Io Isabella Marie Swan ora Black sono diventata una moglie e sono felice.
Pesco dall’armadio una felpa di Jake e la infilo prima di scendere di sotto per preparare la colazione. Evito per un soffio le valige già pronte posate ai piedi delle scale. Fra poche ore partiremo per la luna di miele: Due settimane alle Hawaii, il regalo di nozze di Charlie, Sue e Billy.
Canticchio con una sensazione di leggerezza addosso, mentre preparo i toast alla francese.
La fede al mio anulare lampeggia come un segnale luminoso, il segnale della mia gioia.
Ripenso alla giornata di ieri. Il nostro matrimonio. Un giorno perfetto. E  pensare che ne ero sempre stata terrorizzata. Due persone che si legano per sempre davanti ad una folla di gente. Non c’era niente che trovassi meno adatto a me e alla mia vita, ma non con Jake. Con lui tutto è semplice, con lui tutto diventa spontaneo. Il matrimonio è arrivato senza clamore, come una naturale evoluzione al nostro amore. Nessuna proposta eclatante, nessun anello troppo grosso e imbarazzante. Solo una pizza e una lattina di coca in garage mentre lui sistemava il motore della mia macchina.
“Dio, Bells, sei un disastro. Ho aggiustato questa cinghia appena il mese scorso, come faresti senza di me? Penso proprio che sia arrivato il momento di sposarci… sai, per garantirti a vita un meccanico gratis.”
E la lattina che cade dalle mie mani, il suo sorriso luminoso, le sue mani sporche di grasso sulla mia maglietta bianca, il mio:
“Lo credo anche io.” sussurrato nascosta contro il suo petto.
Sistemo i toast sul tavolo ed inizio a friggere la pancetta. Tutto adesso nella mia vita è perfetto. Non voglio nient’altro di più di quello che ho: il mio lavoro d’insegnate alla scuola di Forks, l’officina di Jake a Port Angeles. Gli sono bastati un paio d’anni per mettersi in proprio e per il miglior meccanico in circolazione gli affari non potrebbero andare meglio, tanto da riuscire a permettersi questa casa fra la spiaggia e la riserva. Il nostro angolo di mondo tutto per noi.
Preparo le arance per la spremuta e penso a come in questi cinque anni tutto si sia sistemato.
I Cullen rimasero in città per un po’finché anche la minaccia dei Volturi non passò. Non avevano scordato la promessa che la mia quasi famiglia gli aveva fatto: mi sarei dovuta trasformare per mettere al sicuro il loro segreto e presto sarebbero tornarti per accertarsi che i patti fossero stati rispettati, ma grazie alle visioni di Alice non ci colsero impreparati. Carlisle aveva prontamente convocato a Forks numerosi suoi amici, fra cui una stirpe di vampiri bulgara che, in seguito mi spiegarono, era la famiglia più potente prima che i Volturi li sconfiggessero in un’epica battaglia. E’ da allora che quella antica stirpe aspetta il momento opportuno per riprendere il suo posto.
La guardia dei Volturi arrivò e rimase sopraffatta nel vederci tutti schierati con a fianco un branco di grossi lupi, il cui numero negli ultimi mesi, sollecitato dal pericolo incombente, era cresciuto ancora.
Valutò velocemente le possibili sorti di uno scontro e decise che anche con i poteri dei gemelli, Alec e Jane dalla loro, non sarebbero stati certi di una vittoria. Non potevano perdere la faccia, soprattutto di fronte ai fratelli bulgari. Mi liberarono dal patto, Carlisle e la sua famiglia si impegnarono a garantire per me: se avessi rivelato a qualcuno il loro segreto sarebbero stati tutti sterminati e questa volta niente li avrebbe fermati.
Mi congedai dal mio primo amore in un pomeriggio piovoso. Sulla porta della loro residenza da favola. Ci guardammo a lungo negli occhi, io sempre turbata dalla sua bellezza devastante, il respiro corto e le gambe che mi tremavano. Lo abbracciai forte e lui respirò a fondo il mio odore. Mi assicurò che se ero felice lui lo sarebbe stato altrettanto e che la decisione che avevo preso era la migliore. La mia anima era troppo importante e, in un certo senso, era sollevato che non ci avessi rinunciato. Mi perdonava per il dolore che gli avevo inflitto e forse un giorno sarei riuscita a perdonarmi anche io.
Rileggo mentalmente la lettera che a pochi giorni dal matrimonio mi è arrivata da Alice insieme a un pacco spesso, contenete una magnifica collana di zaffiri.

Qualcosa di blu per la sposa… anche senza visioni posso immaginare quanto sarai magnifica.
Queste le righe che l’accompagnavano. Per il resto mi diceva che stavano tutti bene: Rosalie e Emmett si erano sposati un'altra volta, vivevano tutti insieme in Alaska e presto Edward, che vagava per il mondo, sarebbe tornato ad unirsi a loro: l’aveva visto, questo si, in una visione.
Sperai con tutto il cuore che vedesse anche un amore a riempirgli la vita. Volevo, più di ogni altra cosa, che anche lui raggiungesse la felicità che io avevo trovato in Jake.
Sistemo accuratamente la pancetta nei piatti e sento le mani calde di Jacob posarsi sui miei fianchi e voltarmi con decisione verso di lui, allaccio le braccia al suo collo e mi alzo sulle punte per riuscire a sfiorare le sue labbra. Lui sorride soddisfatto mordendomi il labbro inferiore e soffiandomi addosso un “Buongiorno signora Black… come ha dormito stanotte?”
“Magnificamente signor Black… ha fame?”
“Da lupi.”
Ridiamo, come due schiocchi ragazzini innamorati, sedendoci a tavola e iniziando a mangiare finché l’attenzione di Jacob non cade sul mio bouquet da sposa, posizionato ordinatamente in un vaso, sulla mensola dietro di noi. L’osserva per alcuni istanti. Gardenie e girasoli, una combinazione insolita ma perfetta, proprio come noi.
Mi fa segno di avvicinarmi, lascio la mia colazione e mi sistemo sulle sue ginocchia, osservando quei fiori insieme a lui.
“A loro sarebbe piaciuto e sono sicuro che sarebbero felici ed orgogliose di noi.” Sussurra contro il mio orecchio, passo una mano sui suoi capelli  e bacio ancora una volta le sue labbra morbide.
“Lo so… Jake. È come mi hai detto tu il giorno del suo funerale. Mi ricordo di lei con un sorriso e so che avrebbe trovato tutto perfetto ieri. Si sarebbe divertita a ballare con te e anche con Charlie, avrebbe fatto un discorso imbarazzate pieno di aneddoti di me da piccola e mi avrebbe detto che sei la scelta giusta  e che da quando sono con te mi vede finalmente serena.”
“E mia madre avrebbe pianto per tutto il tempo, mormorando sommessamente: «Il mio bambino si sposa». E ti avrebbe adorato, Bells, proprio come me.”
Ci stringiamo in un abbraccio, fra noi corrono parole che non serve pronunciare.
“Certo, un bambino di quasi due metri.” Gli dico soffocando una risata contro il suo collo. Ride con me per alcuni minuti poi passa le dita sotto il mio mento e i nostri occhi si perdono gli uni negli altri, ancora, come sempre.
“Ti amo, Bells.”
“Ti amo, Jake.”

Io e te. Bella e Jacob perché due saranno sempre più' forti di uno. Come una squadra, rinforzata contro la tempesta del mondo. E l'amore... sarà sempre la forza che ci guiderà nelle nostre vite.
 Ed è questo, ora lo so, lo spazio della mia eternità.

 
The end.

 

 

 
Angolo Autrice.

 

A tutte le storie bisogna mettere la parola fine, non è mai facile farlo ma è inevitabile.
La strada con Bella e Jake, almeno questa strada, finisce qua.
È stata la mia prima long, avevo bisogno di scriverla, avevo bisogno di darli il finale che ho sempre pensato meritassero. È stato un viaggio e come ogni viaggio da ricordare non viene mai fatto da solo. Quindi:
Grazie a j per aver indetto il contest e avermi dato la possibilità di mettermi così tanto in gioco.
Grazie a Maria, Ania e Sandra che hanno contribuito a rendere questa storia migliore.
Grazie a Ellie, Irene, Steffy e Teresa. Con delle lettrici così come si può smettere di scrivere. Leggere i vostri commenti, sapere le vostri opinioni, discuterne con voi… siete speciali.
Grazie a te che hai letto fino all’ultima riga.
Se non volete ancora rinunciare a Jake e Bella potete ritrovarli fra le pagine della mia nuova long ogni venerdì.

Una favola non è

 Un’ultima cosa. È estate e cosa c’è di meglio che ritagliarsi un po’ di tempo per scrivere?
Ecco qua un contest molto particolare ma di sicuro effetto.

Cani e Succhiasangue - "Dipende da quanto puzzerai"

Un abbraccio
Noemi.

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