Quando dici una bugia stai solo dicendo la verità in anticipo.

di nessunoinparticolare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The first secret. ***
Capitolo 2: *** Sometimes you only need a friend ***
Capitolo 3: *** Help ***
Capitolo 4: *** Let's change ***
Capitolo 5: *** friENDship ***
Capitolo 6: *** Is the rain a friend? ***



Capitolo 1
*** The first secret. ***


I rami sotto gli stivaletti di Alison scricchiolarono ancora una volta e, ancora una volta, si girò a controllare che non ci fosse nessuno che la osservasse.

Apparentemente Rosewood era una cittadina come un'altra della Pennsylvania, ma celava più di quanto sembrasse. E lei lo sapeva. Ricontrollò per la centesima volta tra gli alberi, dopo essere arrivata nello spiazzo che si trovava di fronte al capanno. Il suo cervello cercava di dirle che lì; non c'era nessuno, ma Alison Di Laurentis non lasciava nulla al caso.

Sobbalzò quando vide una mano nera scivolare dietro ad una betulla. Un brivido le percorse la schiena, i capelli dietro la nuca furono attraversati da un fremito e le gambe tremarono impercettibilmente. Senza poter darle il tempo di elaborarlo, un pensiero passò fulminio nella sua testa. Non poteva essere chi pensava che fosse. Non poteva esporsi così, senza nessun preavviso. "Ma quale preavviso!" si disse. Un altro fruscio alle sue spalle la fece girare di scatto, ma prima che potesse urlare, il viso della figura che le stava davanti si aprì in un grande sorriso.

”Caleb! Sei un idiota!”il cuore perse un battito.

”Un idiota io? Cos'avrei fatto? Ti ho spaventata forse. Chi pensavi che fossi Di Laurentis?”

Alison ricacciò dentro la paura e anche lei gli sorrise maliziosamente.

Le mani di Caleb percorsero la sua schiena veloci, stringendola a sè. Lei affondò le mani tra i capelli di lui e le loro labbra si schiusero. Il bacio fu lento e dolce ma non durò a lungo.

”Davvero, chi pensavi che fossi?”. L'espressione sul volto del ragazzo non era più così rilassata e sicura di sè. Se sta con Alison Di Laurentis non sei abituato a vederla spaventata.

”Nessuno. Avevo appuntamento con te ed ero certa fossi tu. Non avresti dovuto passare per la foresta, mi hai praticamente seguita! Perchè hai fatto il mio stesso percorso?”.

”Non l'ho fatto, ero già dietro al capanno, ho fatto il giro lungo come abbiamo concordato. Sei strana, di cosa stai parlando?”.

Alison si gelò dentro provando però a non far trapelare nulla.

”Non sarà un altro dei tuoi segreti! Non ce la faccio più, è come se conoscessi solo una parte di te, e a me non va bene”.

Caleb prese una ciocca dei capelli biondi di Ali e ci giocherellò per un po' mentre lei fissava con sguardo assente la boscaglia.

”Io non ho segreti, sono gli altri che sono ciechi e che non vedono l'evidenza”.

” Ma di cosa stai parlando, Ali? Perchè non entriamo? Mi sento allo scoperto qui. I nostri incontri clandestini mi hanno stufato. Perchè non possiamo semplicemente essere una coppia?”

”Lo sai perchè. Non posso entrare, non ho molto tempo. Forse dovrei andare”.

”Ma come! Sei appena arrivata!” Il ragazzo intrecciò le sue dita con quelle di lei.

*beep*

Lo schermo del cellulare di Ali si illuminò. Lo recuperò dal fondo della borsa e lesse veloce il messaggio:

”Perchè quando io faccio le passeggiate non trovo mai bei ragazzi da baciare? Forse è colpa tua. Anzi lo è, come sempre.”

A.>>

Alison lasciò andare la sua mano, come spesso succedeva per paura di essere vista da qualcuno. Segreti, segreti, segreti. La sua vita era questo ma, quella volta le dita sciolsero l'intreccio per quella che sarebbe stata l'ultima volta.

”Devo andare” disse.

”Mi perderai così” rispose Caleb.

”L'ho già fatto”.

Angolo dell'autrice.

Saaaalve:) Questa è la mia prima fanfiction su PLL, che segua da poco ma che mi ha già appassionata. Nella lacerante attesa tra un episodio e l'altro ho partorito questa storia, fatemi sapere i vostri pareri e correggetemi se necessario!

M-

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Capitolo 2
*** Sometimes you only need a friend ***


Quando aveva visto Ali scorgere il suo movimento tra gli alberi, Courtney aveva pensato che sarebbe tutto andato a rotoli.
Per fortuna quell’idiota di Caleb l’aveva involontariamente coperta, lasciandola dietro ad un alto faggio a godersi la scena.  Spaventare suo sorella l’aveva sempre divertita moltissimo, fin da quando aveva cominciato, qualche settimana prima. Uscire dalla casa che per tanti anni era stata la sua prigione era stata una sensazione unica per lei. Finalmente l’invisibile gemella di Alison Di Laurentis era uscita allo scoperto, poteva camminare lungo la strada, aspettare che il semaforo diventasse verde e andarsi a prendere una granita. Essendo consapevole del fatto che nessuno ti riconoscerà dato che nessuno sapeva che i Di Laurentis avessero un’altra figlia. Quella sensazione di onnipotenza che provi quando non sei responsabile delle tue azioni, era davvero incredibile. Si acquattò ulteriormente tra gli arbusti, finchè i due non si unirono in uno squallido bacio. Lei non avrebbe mai provato nessuna di quelle sensazioni. Non sarebbe mai stata nessuno dato che nessuno sapeva di lei. Non avrebbe mai baciato un ragazzo, avuto amiche. Ma avrebbe potuto avere tutto ciò se non fosse stato per Ali. Per questo aveva cominciato a sgattaiolare fuori di casa e a seguirla per scoprire tutto su di lei, per vedere com’era vivere fuori e per avere strumenti per ricattarla. Prese veloce il telefono che aveva rubato ad un ragazzino infondo alla strada e compose velocemente poche semplici parole. Subito Ali lesse il messaggio e si guardò in torno circospetta e preoccupata. Litigò un momento con quell’idiota e si diresse dritta verso di lei. Courtney indietreggiò cercando di non far rumore. Le spine le stavano graffiando la schiena, che si stava riempiendo di tagli, le foglie e le bacche le si impigliavano tra i capelli rendendo quei capelli biondi l’esatto contrario di quelli della sorella- luminosi e fluenti- un ammasso sporco e incolto.
Alison si fermò un momento e respirò profondamente, si strinse nel cardigan ecrù che aveva addosso e si girò ad esaminare i cespugli.
“Sapevo che ti avrei trovata a spiarmi, C”.
La sua voce era come infastidita, ma comunque calma.
“La tua suoneria è del tutto comune. O forse sei tu che rovini sempre tutto”.
“Lascia stare lui. L’ho lasciato, è finita. Non ti divertiresti.”
“Questo lo dici tu, A.”
“ Mi odi ma vorresti essere me, giusto? Perché ti sei firmata A?”
“ Perché io sono te”. Courtney si alzò da terra e si erse in tutta la sua altezza, come a indicare chiaramente di non avere più intenzione di nascondersi. “ Avete deciso di nascondermi per tutta la vita. La sorella pazza era un segreto, shh.” Si accompagnò un dito sulle labbra mentre parlava e sul suo viso comparve un ghigno. “Io non esisto, Courtney è solo un nome da bambina normale. Io sono Alison Di Laurentis, sono il lato della ragazza perfetta di Rosewood che nessuno conosce. La Alison che non si fa problemi ad uscire allo scoperto e a rivelare tutti i suoi segreti per quanto possano essere torbidi”.
Alison si irrigidì. Il suo sguardo penetrò quello della sorella, che però non distolse lo sguardo.
“Dovresti restituirmi il telefono, andare a casa e rimanere lì come se nulla fosse successo”. Tese una mano verso la sorella in attesa del cellulare.
“Non sono più il tuo segreto, Ali”. Detto questo si voltò e sparì tra gli alberi. Alison si guardò ancora una volta intorno. Il sangue le si era gelato nelle vene. Prese il suo cellulare e velocemente compose dei numeri.
“Hey..ciao come stai? Lo so che ti sembra strano, ma che ne diresti di vederci per un caffè? Vorrei parlarti.”
Chiuse la conversazione e a grandi passi raggiunse il confine della foresta.
Un segreto in più non farà certo la differenza, si disse. E prese la strada principale.
 
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti! Grazie per la recensione e per le visite. Ho notato anche io il problema con i discorsi diretti e spero di essere riuscita a risolverlo in questo capitolo. Ho scritto tutto abbastanza velocemente ma avevo assolutamente bisogno di sfogarmi prima dell’uscita della puntata sottotitolata di oggi. Fatemi sapere i vostri pareri!
M.

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Capitolo 3
*** Help ***


 
“Ti ha scoperta?! Come avrebbe fatto?”
La risposta si fece attendere per qualche minuto. Courtney girava il suo cappuccino con distacco, aspettando che ogni granello di zucchero si sciogliesse. Ipnotizzata dal movimento del cucchiaino, non staccò nemmeno lo sguardo per guardare in faccia Mona, quando le rispose.
“ Non è un problema. Sapevo che lo avrebbe scoperto comunque. Così sono uscita allo scoperto”.
La ragazza la guardò stralunata, con gli occhi sbarrati dalla paura.
“Che cosa? Come sarebbe a dire che ti ha scoperto? Non ci sei solo tu dentro questa cosa! E ora cosa dovremmo fare secondo te?”

Mona di raccolse nervosamente i lunghi capelli castani  in una coda disordinata. Si guardò intorno ed esaminò il baretto dove si trovavano, vicino alla strada statale. Lei e Courtney si incontravano per lo più lì o a casa di Mona, dove lei era più o meno al sicuro. Avevano fatto amicizia in un centro di recupero. Courtney era ricoverata e Mona faceva un po’ di volontariato. Quando vide per la prima volta quei capelli biondi ondeggiare per il corridoio trasalì. Alison Di Laurentis in un posto del genere? Quando la gemella si girò verso Mona la sua bocca si aprì in un grande sorriso, come se avesse visto una vecchia amica. Quel viso angelico e famoso faceva a cazzotti con l’abbigliamento ospedaliero del centro. Quella scena era così sbagliata,  quella situazione era così assurda che poté partorire solo qualcosa di ancora più assurdo. L’amicizia tra la nemica numero 1 di Alison Di Laurentis con la sua gemella mentalmente disturbata. Courtney non era rimasta molto a lungo, a quanto pare i suoi genitori decisero che le cure sarebbero potute continuare a casa ma quel periodo bastò alle due per trovare la sola cosa che avevano in comune: l’odio per Ali. Mona era più che altro una ragazzina triste e depressa che veniva trattata male dalla bulla della scuola, perciò forse non era proprio odio il suo. Ma di certo lo diventò grazie a Courtney.

“Se Ali sparisse non esisterebbe nessun problema” disse la bionda continuando a girare il cappuccino. Lo zucchero era sciolto da un pezzo,  ma non si decideva a berlo.
“Courtney, seriamente. Dobbiamo rimediare in qualche modo”. Mona stava assumendo un colorito simile al violaceo.
Courtney si prese una ciocca di capelli e cominciò a giocherellarci come aveva fatto poco prima Caleb con quelli di sua sorella.
“Ho abbastanza informazioni su di lei da poterla rovinare per sempre. Le arriverebbe tanta di quella merda addosso che non si farebbe più viva in città”.
“Ascolta” il tono di Mona non era come quello che un volontario di un centro di igiene mentale rivolge ad un paziente “non possiamo esserne sicure. Questa storia sta affondando anche noi! Non possiamo rischiare così tanto. Dobbiamo trovare una soluzione, subito”.
“Andiamo” disse l’altra, alzandosi di scatto. Mona lasciò qualche dollaro sul tavolo sbuffando, dato che Courtney non aveva nemmeno toccato quel maledetto cappuccino e seguì l’amica fuori dal bar.
*
“Scusa se ti ho fatto aspettare ma la tua chiamata mi è davvero arrivata all’improvviso”.
Lucas prese posto sulla sedia di fronte ad Alison. Lei lo guardò con sguardo assente e preoccupato. Continuava a  mordersi le labbra e sentiva che presto avrebbero preso a sanguinarle, un comportamento che certo non le si addiceva.
“Figurati, grazie per essere qui”.
L’atmosfera nella caffetteria era quasi lunare.  Lucas non vedeva Alison da quando avevano rotto, due mesi prima. Probabilmente si erano visti ma erano entrambi troppo impegnati ad ignorarsi l’un l’altro per mantenere un contegno.
Lui era felice di rivederla. Sentiva che finalmente gli avrebbe chiesto scusa per tutto quello che gli aveva fatto passare e per come lo aveva trattato, prima durante e dopo la loro storia.
Lei si limitò a guardarlo con dolcezza.
“Ti ho chiamato perché abbiamo un problema. Ho aspettato per dirtelo perché volevo esserne sicura al 100% e adesso, purtroppo, lo sono”.
Un po’ deluso, Lucas la guardò. Non poteva nasconderle che le piacesse ancora. Il modo in cui le sue labbra si muovevano mentre parlava lo aveva sempre fatto impazzire. Si era spesso chiesto come diavolo fosse successo. Due persone così diverse che si mettono insieme. Lo sfigato e la ragazza più popolare della scuola che vivono una storia mozzafiato. Un fottutissimo film americano. O così sembrerebbe. Un giorno Alison entrò nel laboratorio di scienze e lo trovò intento a dissezionare una rana o qualche altro povero animale. Ali aveva fatto una delle sue solite battute stronze ma c’era qualcosa di diverso. Di solito lo faceva in corridoio, o a mensa dove le sue amiche potevano ridacchiarle dietro e farla sentire appagata. Era la prima volta che si era trovata sola con Lucas. Da quel momento in poi si erano incontrati di nascosto quasi tutti i giorni, all’inizio parlavano del più e del meno e poi cominciarono a piacersi e la loro relazione clandestina durò quasi sei mesi.
“Di che si tratta?” chiese lui. Dal momento in cui aveva capito che non erano lì per rimettere a posto le cose la conversazione era solo una scusa per guardarla. Il tono della sua voce era del tutto disinteressato.
“La verità è venuta a galla”.
Improvvisamente Lucas alzò la testa di scatto e la guardò dritto negli occhi.
“No”. Era più un sibilo, quello di Lucas, che una risposta.
“Si. E adesso dobbiamo pensare a come..” Lucas non le permise di finire la frase.
“Chi lo sa. Come ha fatto? Che cosa? Ma come cazz..”
“Non sta ancora girando in città, ma potrebbe essere questione di ore. Mi hanno scoperta pedinandomi e frugando tra le mie cose, ma avrebbe comunque saputo..”.
“Ma chi? E poi avevi detto di aver distrutto tutto!” il tono di voce di Lucas era un  bel po’ di decibel al di sopra di quelli socialmente accettabili in un bar “Non mi dire che…aveva giurato che non ne avrebbe parlato!”
“Siediti e abbassa la voce. Non puoi fare patti col diavolo, dovresti saperlo. Ma ormai è successo. Ti ho chiamato per avere dell’aiuto, non altri problemi”.
“Forse potremmo dire finalmente la verità, dopotutto è stato un incidente..”
“Potremmo. Ma noi viviamo a Rosewood, Lucas.”
 
Angolo dell’autrice.
Benebenebene! Ecco il terzo capitolo, nel quale la storia comincia a prendere forma. Ma quello dove inizierà davvero ad essere più chiara sarà il prossimo. Mi sto davvero impegnando nel scrivere questa ff e spero che da quello che scrivo si percepisca lo sforzo :D Ho già tantissime idee per il continuo della storia che non vedo l’ora di scrivere, e ho deciso di aggrapparmi ad alcuni fatti della storia originali e di sconvolgerli completamente dandone una mia interpretazione! Fatemi sapereJ
M-

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Capitolo 4
*** Let's change ***


Sovrappensiero, Alison uscì veloce dalla caffetteria dopo l’incontro con Lucas. Avevano concordato che sarebbero usciti in momenti diversi, giusto per non destare sospetti. Il rumore che i suoi stivaletti producevano sul marciapiede era l’unico suono che riempiva una stradina secondaria di Rosewood nel tardo pomeriggio di una giornata di settembre. Fissando i suoi piedi che, ormai automaticamente, procedevano a passo spedito pensò a come risolvere la questione.
Courtney aveva giurato che non avrebbe fatto parola di ciò che lei e Lucas le avevano fatto perché dopo quell’episodio la madre decise di lasciarla vivere a casa invece che al centro d’igiene mentale. “Dopotutto le ho fatto un favore” cercò di autoconvincersi. Ma adesso le cose erano cambiate con Mona. Ormai lei e la sorella erano diventate inseparabili e da quanto Courtney le aveva fatto capire, Mona sapeva. Alison era del tutto consapevole che la sorella era vendicativa almeno quanto lei e che quindi la faccenda non sarebbe rimasta impunita e dopo quello che era successo alla Marshall  lei aveva tratto le sue conclusioni.
Inoltre Courtney adesso aveva cominciato a ricattarla e a inseguirla e aveva scoperto di lei e Caleb. Se Hanna lo avesse saputo sarebbe stata definitivamente nei guai. Troppo stava venendo a galla. Molti abitanti di Rosewood erano in possesso di un tassello del passato di Ali che, messi insieme, l’avrebbero rovinata. Nel migliore dei casi, si capisce. Ebbe l’impulso d fuggire, di lasciarsi Rosewood alle spalle, magari anche gli USA, mandare tutto a farsi fottere, forse sarebbe potuta fuggire con Caleb.
Alison fu infastidita nel percepire un rumore di tacchi che non fosse il suo e alzò lo sguardo. Al rumore dei tacchi si aggiunse anche quello di un bastone. Il bastone di Jenna Marshall.
“Alison?” chiese la voce curiosa di Jenna.
“Si, sono io” rispose Ali turbata ma sicura di sé.
“Ti riconoscerei ovunque, sai?” sorrise divertita. Gli occhiali neri che portava per via della cecità riflettevano una tiepida luce di fine giornata ed erano esposti un po’ più a nord rispetto a dove si trovava Ali. Lei lo trovò inquietante, pensò di parlare per spingerla a ruotare leggermente.
“E come faresti?” chiese, sinceramente curiosa.
“Vedo più di quel che sembra, sai?”
In quel momento il cellulare nella tasca di Ali vibrò e lei velocemente rovistò nella borsa per leggere il messaggio.
“Anche io vedo più di quel che pensi, sai?
A.”
Alison si guardò intorno, ancora Courtney?
Non era possibile, stava diventando una situazione insostenibile persino per lei.
“Ali, tu cosa pensi che sia successo la notte dell’incidente?”
La ragazza rabbrividì. Jenna era diventata cieca dal momento che qualcuno aveva dato fuoco al capanno dove si trovava.
“Credo che sia stato un incidente, per l’appunto”.
“Io credo invece che non lo sia stato. In un certo senso. Non ci si può più fidare di nessuno, non trovi? Neanche della propria famiglia..”
In quel momento Ali ringraziò il cielo per non aver dovuto subire lo sguardo tagliente di Jenna.
“Non c’è nessuno. Puoi dirlo, vai al sodo”.
“Alison, dov’è tua sorella?”
UN ANNO DOPO
Emily Fields non era particolarmente popolare, ma teneva molto al suo aspetto: si truccava, cercava di vestirsi bene ed era anche molto carina.
Camminava svelta tra i corridoi della Rosewood Day, controllando ogni cinque minuti l’orario per essere sicura di non arrivare tardi a lezione. Prese posto al suo banco e cominciò a sistemare le sue cose in vista dell’inizio della lezione.
“Hey, ciao. Scusa se ti disturbo credo che abitiamo nella stessa via, ora. Vivo nella vecchia casa dei Di Laurentis”.
Il volto di una ragazza sconosciuta fece capolino nel suo campo visivo. Aveva grandi occhi scuri e profondi, che riflettevano intelligenza e sicurezza. Emily penso che avrebbe voluto guardarli ancora.
“Ah, ciao. Piacere, io sono Emily”.
“Io Maya. Mi fa piacere vederti qui, magari potresti essere la mia prima amica a Rosewood, sai mi sono trasferita due settimane fa”.
“Hai detto che vivi nella casa di Alison?” Emily aveva cancellato momentaneamente il pensiero sugli occhi di Maya.
In quel momento il professore iniziò a spiegare e Emily continuò ad osservare per tutte e due le ore Maya. La casa di Ali, cristo santo.
*
In qualità di rappresentante di istituto, Spencer Hastings aveva un’enormità di mansioni da svolgere. Aveva appena finito di leggere il programma dell’assemblea del prossimo mese quando una timida ragazzina del primo anno che faceva parte del club di fotografia le si avvicinò.
“Tu sei Spencer, vero? Tieni questa è la bozza per l’annuario, una ragazza mi ha detto di dartelo per fartelo approvare”.
“Ok, grazie” rispose Spencer distrattamente e appoggiò il librone sul banco.
Finì di sistemare gli inviti per il ballo d’autunno che si sarebbe svolto due settimane dopo nella palestra della scuola e prese posto a gambe incrociate su un sedia. Cominciò a sfogliare la bozza, diversi volti sorridenti le apparivano su ogni pagina e le sembrò ingiusto che il mondo si fosse già scordato di Alison. Era sparita da quasi un anno ormai e si erano perse le sue tracce. Il giorno che era scomparsa, si diceva, nessuno l’aveva vista. Era uscita presto di casa e da allora non si sapeva più nulla. L’avevano interrogata per ore come tutte le sue amiche, senza che le indagini portassero a nulla.
Sfogliando, arrivò alla sezione del club degli scacchi e lì trovò un biglietto:
“Hey Spence, oggi sei la rappresentante d’istituto. Domani sarai la criminale o la pazza o…entrambe? A volte due personalità non corrispondono a DUE  persone,
A”.
Sconvolta, si guardò intorno. Dei ragazzi della squadra di hockey su prato ridevano guardando dei video sul cellulare e una ragazza del terzo anno stava compilando dei moduli. Nessuno sembrava interessarsi a lei o all’annuario.
Impallidì e si chiese chi potesse aver scritto una cosa del genere. Solo Ali. Solo lei sapeva a parte ovviamente…no. Non era possibile.
Quel messaggio si riferiva sicuramente a ciò che lei e Ali avevano fatto, dieci anni prima a sua sorella Courtney. Finirò all’inferno, pensò.
All’età di cinque anni, i Di Laurentis si erano appena trasferiti a Rosewood da Philadelphia e Spencer aveva subito fatto conoscenza con le gemelline che erano diventate sue vicine di casa. Una era spavalda e divertente, mentre l’altra timida e riflessiva. A lei stava molto più simpatica la prima, Alison. Erano identiche, stessi lunghi capelli biondi, stessi occhi verdiazzurri, stesso sorrisetto incantatore. Ben presto Spencer diventò molto amica di Alison, che detestava sua sorella, essendo Courtney sempre stata la preferita da tutti –tranne quella di Spencer. Cominciarono a vedersi nei rispettivi giardini e insieme inventarono mille giochi, quando un giorno inventarono il 1001.
“Hey, ti piacciono gli scherzi?” chiese Ali all’amica.
“Si certo, basta che non sia io la vittima! A chi vuoi farne uno?”
Alison sfoderò il suo sorriso beffardo. “A Courtney! Facciamole credere di essere me!”
Spencer sul momento si rifiutò, dato che era sicura che non avrebbe funzionato. Dopo qualche minuto, però, lei e Alison andavano tranquillamente incontro a Courtney sorridendole.
“Ali, andiamo a prendere un gelato?”
Lei, che se ne stava da sola a fare un puzzle sulla veranda, le guardò infastidita limitandosi ad un” Sono Courtney, per tua informazione”.
Entrambe le bambine si guardarono meravigliate e cominciarono a tenderle la trappola.
“Mi hanno preso per un’idiota” , pensò Courtney. Eppure, dopo qualche giorno che Alison dormiva nel suo letto e che si faceva chiamare Courtney, la bambina cominciò a confondersi. La signora di Laurentis era troppo presa dal suo lavoro per accorgersi dello scambio e Jason accettò di buon grado di partecipare allo scherzo.
L’innocente scherzo però si dilungò a tal punto che Courtney si convinse di essere Ali e cominciò a sbizzarrirsi nell’inscenare il ruolo di sua sorella, che si rivelò essere perfetto per lei. Dopo una settimana, Ali era stufa di dover fare puzzle e le rivelò la verità. Courtney esplose. Prese un paio di forbici e minacciò la sorella di essere pazza, accusandola di volerle rubare il posto. Jessica Di Laurentis aprì gli occhi in tempo per vedere la scena e per portare la bambina da uno psichiatra, che le diagnosticò una sindrome bipolare. Da allora Courtney Di Laurentis fu solo un piccolo nome sbiadito a penna sulla porta di una cameretta, e niente di più. Quel giorno fu portata al centro di igiene mentale e rimase laggiù fino a quando la sua vita prese un’altra piega…
“Hey, che fai?”
Spencer aveva gli occhi sbarrati e la testa decisamente altrove, quindi non aveva notato lo svuotarsi della classe e l’arrivo di Caleb.
“Hey, ciao. Sai qualcosa di Courtney?”

Angolo dell'autrice.
Grazie mille per le visite! Se lasciaste anche qualche piccola piccola recensione mi fareste davvero felicissima!
Eccolo qua il capitolo dove un po' di segreti vengono a galla. Ho preso come base degli avvenimenti della storia originali ma li ho scritti in un'altra chiave, spero vi piacciano! fatemi sapere!
M-

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Capitolo 5
*** friENDship ***


 
Come quasi tutti i pomeriggi, Caleb era seduto alla sua scrivania traboccante di appunti, promemoria, vecchie foto e penne malfunzionanti.
Sul suo disordine troneggiava il pc, col quale stava facendo una ricerca.
Era passato poco più di un anno da quando Ali era scomparsa, ma il capanno dove si incontravano era ancora il suo covo; come se lei non se ne fosse mai andata.
Cliccava alla velocità della luce i tasti cercando negli angoli meno conosciuti del cyber-spazio.
Continuava a cercare, un registro di nomi, un registro delle visite dell’ospedale di Philadelphia, qualunque cosa. Doveva fare chiarezza su questa storia.
INSERIRE PASSWORD:
Questa non se l’era aspettata. Era penetrato in tutti i database delle cliniche della Pennsylvania senza difficoltà, evitando ogni misura di protezione, raggirando ogni pagina web. Tranne questa. La raccolta delle cartelle cliniche on line della clinica privata di Lorane, Philadelphia.
“Ancora non mi credi?” gli sussurrò una voce maliziosa.
“Certo che ti credo. Ma vorrei non farlo.”
“E perché mai?”. La ragazza con la voce suadente sorrise debolmente. “Forse, credevi che Alison Di Laurentis fosse un angelo”.
“Ormai non più”.
La ragazza sorrise ancora e col dito tracciò il profilo della mascella di Caleb, quando arrivò al mento ne fece pressione al di sotto e avvicinò il volto del ragazzo al suo. Quando lui oppose resistenza, lei rise.
“Sapevo che sarebbe andata così. Non mi crederai mai, eh?”
“Non sei certamente la persona più affidabile del mondo” rispose quello torvo.
“Oh, certo che no. Dev’essere una cosa di famiglia… però potresti fidarti di una vecchia conoscenza, no?”
Caleb era confuso, le tempie gli pulsavano e per la prima volta cercò una via d’uscita.
“Certo che a me crederà”.
Aria Montgomery era entrata con nonchalance nel capanno, aveva buttato la borsa di scuola per terra e ora si dirigeva verso gli altri due sorridendo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Prese posto proprio di fronte a Caleb, lo trafisse coi suoi profondi occhi scuri.
“Quindi è vera tutta questa faccenda?”le chiese lui, a disagio.
Caleb non aveva mai pregato in vita sua, forse da bambino a Natale una volta, ma in quel momento pregò che fosse un pesce d’aprile in anticipo.
“Certo che lo è. Non ci saranno mai troppi Di Laurentis da conoscere, o sbaglio?”
*
Casa Hastings nel corso degli anni aveva subito davvero pochi cambiamenti. Il grande salotto spazioso aveva sempre avuto alte pareti bianche da quello che Hanna poteva ricordare e aveva sempre avuto lo stesso arredamento da loft-nel-bosco con un grande divano di stoffa bordò dove lei e le sue amiche avevano passato nottate a mangiare pop corn e a leggere riviste.
L’odore di pout pourrie la invase come sempre appena ebbe messo piede in casa.
“Qualcosa da bere?” ululò Spencer dalla cucina.
“No grazie, sono a posto”.
Hanna si guardò ancora intorno, osservava ogni particolare e si accorse che ad ognuno mancava il “fattore Alison”, nessuno di quelli aveva quella luce particolare che aveva avuto quando Ali gli passava vicino, quel senso di unicità che trasmetteva ad oggetti e non che aveva intorno. Amiche comprese.
“Scusate il ritardo ma avevo gli allenamenti”.
Emily era entrata nel soggiorno con i capelli ancora gocciolanti e si era seduta sfinita sul divano. Dopo l’espressione atterrita alla vista del divano fradicio, Spencer riprese colorito e si sedette con le amiche.
Spencer le aveva radunate per chiedere loro di A, se anche loro avevano avuto dei messaggi da parte sua. Se anche loro avevano pensato per un attimo che Ali fosse tornata.
Raccontò alle ragazze, che avevano assunto espressioni preoccupate, ciò che era accaduto qualche giorno prima, ovviamente senza rivelare loro il contenuto del biglietto . Non disse nulla neanche di Caleb, né di Courtney. Non lo avrebbero mai saputo. In principio era un segreto tra lei e Ali e già il fatto che Caleb lo fosse venuto a sapere l’aveva turbata parecchio. “Ho assolutamente bisogno di conoscerla” le aveva detto, in quell’aula vuota.
Spencer era stata sincera quando gli aveva detto che non sapeva con esattezza dove l’avrebbe trovata, dato che non la vedeva da secoli, ma aveva un’idea su dove si sarebbe potuta trovare che non gli aveva riferito. L’ennesima bugia.
Quando Emily ed Hanna le dissero che a loro non era successo nulla del genere, Spencer non sapeva se sentirsi sollevata o ancora più preoccupata. Mal comune mezzo gaudio, no?
“Grazie per essere venute” disse infine accompagnandole alla porta con aria quasi delusa.
“Sei sicura che la cosa migliore sia non dire nulla? Alla polizia intendo, o ai tuoi genitori..” Hanna pareva piuttosto scossa.
Erano ancora immerse nella conversazione quando Emily aprì la porta.
A caratteri cubitali, scritte con un pennarello indelebile rosso acceso erano state scritte delle parole sugli scalini che portavano a casa Hastings:
“Tranquille, ce n’è per tutte
-A”.
Angolo dell’autrice.
Scusate per la luuunghissima assenza, ma per ragioni di tempo non ero riuscita a pubblicare il capitolo. Il numero 5 da oggi in poi sarà maledetto, dato che ho scritto questo capitolo due volte, cambiandolo e sostituendolo un miliardo di altre volte. Alla fine è uscito questo, probabilmente l’altra bozza sarà modificata e usata almeno in parte per il numero 6. Spero vi piaccia e scusate ancora per l’assenza.
M.

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Capitolo 6
*** Is the rain a friend? ***


 
Ad Alison non era mai piaciuta la pioggia, quel fenomeno atmosferico modificava, plasmava la terra e il mondo in un modo che Alison non poteva controllare. E lei odiava quando qualcosa sfuggiva dal suo controllo. La costringeva a mettere gli stivali di gomma, l’impermeabile e a portare l’ombrello, ma non quella volta.
“ahi” disse ridendo. Lei e Lucas correvano sotto il suo cappotto verso la macchina di lui, affondando tra le foglie e il fango. Ma a loro non importava.
“Scusa” le sorrise lui. Appena Lucas aprì la macchina si buttarono dentro e richiusero velocemente le portiere. Scoppiarono a ridere e si guardarono per un po’, godendo ognuno dell’esistenza dell’altro.
Risero molto quella sera, almeno all’inizio. La festa di Noel Khan era stata formidabile come tutti gli anni e aveva offerto molti luoghi appartati per lei e Lucas. Si erano incontrati a metà serata: bisognava farsi vedere ben distanti all’inizio, quando tutti erano sobri. Poi si poteva cominciare a bere insieme. E lo avevano fatto, eccome.
“Spostati, dai, guido io” Alison guardò seria Lucas, prima di scoppiare a ridere senza motivo.
“Hai bevuto quanto me, la macchina è mia e conosco meglio la strada” disse mentre fissava il cruscotto pensando a dove infilare la chiave. Alison notò il suo sguardo vacuo e finalmente prese posto al volante.
Dopo l’iniziale tensione dei primi kilometri la guida fu quasi piacevole e Ali riprese a ridere a ogni parola che Lucas pronunciava, mentre lui fissava la strada con sguardo divertito. Erano a due kilometri da Rosewood quando Alison non badò al segnale di rallentamento subito prima di un incrocio. Un fremito percorse Lucas dalla nuca fino alla base della schiena, che lo fece rizzare sul sedile ed aggrappare alla maniglia della portiera.
“Ali rallenta!” . Lucas stava perdendo colorito.
Alison sembrò del tutto disinteressata a lui, guardava dritto di fronte a lei, il piede premuto sull’acceleratore. Una strana ombra di crudeltà fece capolino nei suoi occhi, Lucas lo notò.
Accadde tutto in pochi secondi. Lucas si girò verso la strada, spaventato dalla sua ragazza. Da dietro un’ombra uscì un’anziana signora dall’aria stanca. In mano aveva un cestino e con sé trascinava diversi sacchetti di plastica.  Era ormai a metà della strada e Alison per evitarla avrebbe dovuto buttarsi nel ripido e fangoso fosso al lato della strada, oppure schiantarsi contro il muro che si ergeva lungo la strada.
L’alcol, la paura e la pioggia le fecero perdere la testa, le articolazioni e i muscoli non avrebbero risposto ai comandi se anche il cervello di Alison fosse riuscito ad elaborare qualcosa. Un enorme fragore, puzza di carne bruciata e lei e Lucas che corrono sotto la pioggia prima che la macchina potesse esplodere.
La donna era sotto la ruota anteriore sinistra, colpita diagonalmente, i sacchetti e il cestino riversi e mezzi distrutti a terra. La macchina sembrava non volesse esplodere. Non era un film, dopotutto. Lucas corse verso di lei, con i capelli impastati dal sangue e la bocca dall’alcol. “Respira! Ali, è viva! Chiama subito il 911”.
Lei stava fissando la donna come se stesse guardando un barbone per strada. Pietà, disgusto  e un po’ di inquietudine, ma non sembrava sentirsi colpevole. “Chiamiamolo” disse con voce distante “ma poi andiamocene subito via di qui”.
Lucas non sapeva cosa dire, i pensieri lo stavano sopraffacendo. Dopo aver chiamato i soccorsi, Ali si soffermò sull’anziana donna. Fissò il ciondolo che aveva al collo – una grossa A dorata- e penetrò gli acquosi occhi di lei, cercando di decifrarli. Lucas riconobbe in lei lo stesso sguardo che aveva in macchina.
“Bel ciondolo” le aveva detto, prima di salire in macchina con lui.
Altro, di quella notte, Lucas ricordava veramente poco.
Una leggera pioggerellina picchiettava sui vetri della sua camera mentre lui ricordava con un libro in mano, anche se si era scordato di che volume si trattasse.  Si girò per non guardare la pioggia. La odiava da quella notte. Strinse a sé il libro e una solitaria lacrima gli rigò una guancia. Alison era sparita da più di un anno e non era mai stata così presente. Ripensò a quello che gli aveva detto il giorno in cui scomparve, a come aveva pensato di tornare con lei. A come gli aveva detto che Courtney aveva scoperto dell’incidente, quando era rimasta chiusa nel capanno. Forse se fosse morta nessuno lo avrebbe saputo…scacciò quel pensiero dalla mente e rimase deluso da se stesso. Per pochi secondi era stato una persona orribile, gli succedeva. Come quella notte. Era quasi stato un assassino. Un ragazzo a cui dispiace uccidere gli insetti un assassino. Pensò a tutte le carte della clinica di Lorane nel capanno e si chiese perché Alison non le avesse bruciate o fatte sparire.
Ripensò allo sguardo truce di Ali, che non le si addiceva.  Non sapeva nemmeno se quella donna fosse morta o meno. L’idea che Ali la conoscesse era terrificante e plausibile al tempo stesso. Si convinse a girarsi nonostante la pioggia e, quasi con delusione, scoprì che aveva smesso di piovere.
*
Aria uscì a grandi passi dal capanno per vedersi con Emily, Hanna, Spencer e una certa Maya.
Sbuffò dato il terreno un po’ fangoso per via della pioggia e si trascinò fuori dalla boscaglia. L’espressione di Caleb le era piaciuta più di quanto potesse immaginare. Certo, era uscita allo scoperto ma prima o poi sarebbe accaduto. Inoltre, non vedeva l’ora di dirglielo, di sbattergli in faccia che la sua amichetta era un’assassina. Magari non un’assassina ma lui doveva sapere quello. Tastò il grosso ciondolo dorato che aveva al collo e sorrise, prima di intravedere Hanna camminare verso di lei.
Angolo dell’autrice.
Non ho resistito a postare subito questo capitolo, dato che mi sembrava molto importante. Ecco che vengono a galla nuovi segreti e che se ne scoprono di nuovi…spero che la piega che la storia sta prendendo vi piaccia.
M.

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