I.
-Blaise,
svegliati.-
Dall’ammasso
di coperte verdi si alzò un mugugno. –Ancora cinque minuti…-
Draco alzò
gli occhi al cielo, era la quarta volta che quella scena si ripeteva nel giro
di mezz’ora minuti. –Tra venti minuti la Sala Grande sarà chiusa e dovremo
andare a lezione a stomaco vuoto.-
Questa frase
fece scattare a sedere il giovane Zabini, la colazione era l’unica cosa che
avrebbe potuto addolcire la giornata di lezioni.
Così pochi
minuti dopo i due serpeverde si ritrovarono nei corridoi, a differenza degli
altri anni, cercavano di non farsi notare. C’era un senso di colpa che gravava
sulle loro spalle, soprattutto su quelle di Draco. Per quanto il giovane Malfoy
si sforzasse di pensare che era stato costretto a far parte del lato oscuro,
una fastidiosa voce nella sua testa continuava a ripetergli che c’era stata
un’altra possibilità, c’è sempre
un’altra possibilità, quella di fare le scelte giuste, di schierarsi dalla
parte del bene, ma lui non l’aveva fatta, quella scelta. Aveva sbagliato tutto
e la paura non poteva essere una giustificazione per tutto il male che aveva
contribuito a fare.
E ora loro
erano i ‘ragazzi sbagliati’, il capro espiatorio per tutti coloro che avevano
subito perdite.
Draco, a
differenza di suo padre, non era finito ad Azkaban, c’era qualcosa, una
clausola, a favore dei ragazzi che avevano ricevuto il Marchio Nero prima della
maggiore età. Draco non si era informato, l’unica cosa che gli importava e che
gli portava un fastidioso sollievo, era l’idea di non dover andare ad Azkaban.
Ma questo
gli procurava ancora più odio da parte dei ragazzi di Hogwarts. Aveva
sbagliato, aveva aiutato il Signore Oscuro a distruggere migliaia di famiglie
e, nonostante questo, non avrebbe pagato.
-Draco? Mi
stai ascoltando?-
Il giovane
Malfoy si risvegliò dai suoi tetri pensieri e posò lo sguardo sulla bionda
seduta di fronte a lui, che gli sventolava una mano davanti agli occhi. –Ciao,
Daph.-
-‘Ciao’?
Sono qui da dieci minuti! E mi hai anche detto ‘buongiorno’!-
-Sul
serio?-, chiese Draco, leggermente stupito anche di trovarsi una fetta di torta
al cioccolato nel piatto. –Cioè, sì, certo, scusa. Cosa volevi dirmi?-, si
riscosse dopo qualche secondo.
Daphne
Greengrass alzò gli occhi al cielo, non ne poteva più di vedere il suo migliore
amico così… perso. –Ti ho chiesto se hai intenzione di andare al ritrovo per
psicopatici, stasera.-
-Oh, già, la
terapia. Non siamo obbligati?-
Draco se n’era
completamente dimenticato. Era una tortura, non bastava dover vedere tutti
quegli sguardi accusatori ogni giorno, la scuola si ostinava a continuare
quelle sedute, che a lui sembravano, più che un aiuto, una condanna.
-Be’, sì, ma
se ne saltiamo una, chi vuoi che se ne accorga?-
Stavolta fu
Blaise ad alzare gli occhi al cielo. –Andiamo, Daph, se ne accorgerebbero
tutti. E’ solo un modo per farci sentire ancor più responsabili di ciò che è
successo!-
-Ma io non
ho fatto nulla, i miei non erano neanche Mangiamorte!-, solo dopo averle pronunciate,
la maggiore delle Greengrass si rese conto di quello che le sue parole
avrebbero scaturito. –Scusate.-, si affrettò a dire, stando ben attenta a non
guardare Draco, come se questo potesse cancellare i pensieri che subito si
erano formati nella mente del ragazzo.
Non
bastavano i sensi di colpa per ciò che aveva fatto, si aggiungevano anche
quelli per gli sguardi accusatori che i suoi amici dovevano subire solo per
essere… suoi amici.
-Cos’abbiamo
alla prima ora?-, chiese Draco, fingendo che le parole di Daph gli fossero
scivolate addosso.
-Difesa
contro le Arti Oscure, Silente.-, si affrettò a rispondere Daphne, come se
quella risposta veloce potesse cancellare la sua precedente frase.
Daphne e
Blaise volevano davvero bene a Draco, nonostante avessero avuto alti e
bassi-molti più ‘bassi’ che ‘alti’, a dir la verità. I loro rapporti,
inaspettatamente, erano migliorati dopo la Battaglia di Hogwarts. I due si
erano ritrovati a passare l’estate a casa dell’amico, terrorizzati dall’idea di
vederlo finire ad Azkaban. Ma, ovviamente, come la gioia condivisa dopo la
notizia che Draco non sarebbe finito nella terribile prigione, quell’amicizia
comportava anche molti lati negativi. E spesso era difficile sopportare tutto l’odio
che la vicinanza con l’ex mangiamorte causava.
-Andiamo,
dài, se arriviamo di nuovo in ritardo, Aberforth ci manderà davvero dalla
McGranitt.-
Draco, di
nuovo perso nei suoi pensieri, annuì con aria assente e seguì gli amici nell’aula
di Difesa.
○○○○○
-Herm, cos’hai?
Ti vedo strana oggi…-
Hermione si
limitò a sorridere a Ginny ed entrò nella Sala Grande con aria determinata.
I cinque
tavoli, delle Case e dei professori, erano stati sostituiti da un cerchio di
sedie, quasi tutte già occupate.
Qualche minuto
dopo l’arrivo di Hermione, Ginny e Lavanda, anche gli ultimi ritardatari
presero posto e la pseudo psicologa, Penelope Light, appena ventiduenne, si
avvicinò al cerchio di studenti.
-Ragazzi, so
che è difficile parlarne, ma farlo potrebbe aiutarvi molto.-, si guardò intorno
con aria speranzosa, ma nessuno sembrava ascoltarla più di tanto. –C’è qualcuno
che vuole dire qualcosa?-
Con grande
sorpresa di tutti, la mano di Hermione scattò in aria.
Penelope le
sorrise grata. –Prego, signorina Granger.
Hermione si
alzò, schiarendosi la voce, e cominciò il discorso a cui aveva pensato per
tutto il giorno. –In questa terribile guerra, ho perso più di un amico. So che
la perdita di un amico non è paragonabile a quella di un familiare, ma è solo
per farvi capire che non siete soli, che c’è chi soffre, esattamente come voi,
chi ha paura di affezionarsi, temendo di veder distruggere un nuovo rapporto.
Non siete soli.- guardò uno ad uno i suoi compagni, come a sottolineare il
concetto. -E non dovete aver paura. Per quanto possa sembrare assurdo, per
quanto possa sembrare difficile, non dovete aver paura. Dovete ricominciare a
vivere, come i vostri parenti, i vostri amici avrebbero voluto, perché loro
avrebbero voluto vedere la vostra vita continuare, i vostri sorrisi splendere…-
-Sì.-
Hermione si
bloccò, stupita di essere interrotta e ancora più quando vide chi era stato ad
interromperla: la dolce e tranquilla Susan Bones.
-Sì,- ripeté
la ragazza in tono duro. – probabilmente vorrebbero vederci sorridere,
vorrebbero vederci vivere felici. Ma non possono. Non possono perché uomini
crudeli, affamati di potere, hanno rubato loro la vita che avrebbero potuto
passare al nostro fianco.-, i suoi occhi accusatori si spostarono da Hermione e
così anche quelli di molti altri ragazzi.
La grifondoro
seguì i loro sguardi e arrivò a Draco Malfoy, il capo chino e gli occhi fermi a
fissare il pavimento, il portamento, come sempre, teso. Probabilmente si
aspettava che tutti si voltassero a guardarlo.
Hermione,
soffermando il proprio sguardo sugli studenti che fissavano il serpeverde,
provò uno strano dispiacere per quel ragazzo che, così giovane, aveva già sulle
proprie spalle il peso di così tante scelte sbagliate. In fondo, chi, tra tutti
quei ragazzi, avrebbe agito diversamente, al suo posto? Con tutte quelle
tremende minacce a terrorizzarlo?
Nessuno, si
rispose, probabilmente nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di ribellarsi
nemmeno ai proprio genitori, figurarsi a Voldemort.
Scosse
lentamente il capo, turbata da quel punto di vista che non si era mai
soffermata ad osservare, e tornò a sedersi, in silenzio.
Passarono in
quel silenzio teso qualche altro minuto, prima che Penelope prendesse la
parola. –E’ stato già un passo avanti. Grazie, Hermione.-, guardò rapidamente i
ragazzi. –A quanto pare, nessun altro vuole intervenire. Be’, se volete, potete
tornare ai vostri dormitori o magari rimanere qui a chiacchierare. Alla
prossima settimana.-, detto questo, lasciò la Sala Grande.
A quelle
parole, senza un cenno ai proprio amici, Draco si alzò e, in silenzio, si
allontanò, con le mani nelle tasche e lo sguardo basso.
Hermione sentì
una morsa stringerle lo stomaco e, spinta da una forza che non riusciva a spiegarsi,
si alzò e seguì Draco lungo il corridoio.
-Malfoy?-, lo
chiamò, cercando di mantenere ferma la propria voce.
Draco sussultò
e si voltò velocemente verso di lei. –Cosa vuoi?-, una nota di tristezza incrinava
il solito tono distaccato.
Hermione si
morse il labbro, indecisa sulle parole da usare. –Io… ci ho pensato e…-, fissò
il proprio sguardo in quello gelido del serpeverde. –Io non ti reputo colpevole
di nulla. Nulla.-, vide il giovane Malfoy annuire leggermente, prima che si
voltasse e proseguisse per la sua strada.
Magari era una
sua impressione, ma le sembrò che le spalle di Draco, solitamente tese, come
chi si aspetta un colpo da un momento all’altro, si alzassero, ad ombra della
fierezza di un tempo.
Forse quella
sera Hermione aveva impercettibilmente alleviato il peso che gravava sulle
spalle di Draco.
Nota d’autore:
Bene, ecco
il primo vero capitolo della storia!
Non so
ancora come si svolgerà, ma mi piace la piega che ha preso con questo primo
capitolo.
Ho cambiato
il titolo della storia, l’altro non mi convinceva, spero che questo vi
piaccia.(:
Ringrazio tutti
quelli che hanno letto e quelli che hanno messo la storia tra le seguite.
Grazie!
Al prossimo
aggiornamento!
Un bacio.
Clì.♥
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