Dance again.'

di _leavemealonetodie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Così si concluse quell’armonia di passi in punta di piedi, mentre Celeste salutava il pubblico con quel suo inchino da regina delle favole.
Era maestosa quando ballava. Tirava fuori il meglio di sé, quella personalità nascosta dietro l’anima di tutti che spontaneamente si manifesta in ciò che di meglio sappiamo fare.
E lei la tirava fuori mentre danzava. Aveva il corpo fragile di un cigno e quello energico di un leopardo. Così si sentivano  sul palco quelle morbide punte del colore della sua pelle, mentre pian piano l’atmosfera ritornava alla sua luce accecante e il rumore delle mani che battono si faceva sempre più assordante. La giovane e bella ballerina si sentì soddisfatta di sé stessa, tanto che si accese una mezzaluna sul suo viso e due stelle nelle sue orbita.
Sognava la Dance Academy, la scuola di danza migliore che ci sia mai stata in tutta New York.
Si sedette a quella poltrona ormai troppo famigliare, davanti al suo fedele specchio che rifletteva la sua immagine da quattordici anni. Fissò la sua immagine ancora, e ancora. Voleva capacitarsi del fatto che essendo ancora in quel posto, presto lo avrebbe lasciato.
Perché ormai il suo futuro era predisposto al penultimo scalino della sua vita, mentre l’ultimo, ovviamente, era strettamente riservato al mondo dello spettacolo.
Si struccò lentamente, lasciando che alcune gocce di mascara, ormai sciolto dall’acqua, colassero sulla sua guancia. Si trovava bellissima, anche in questo modo. Perché la sua bellezza era tutta nell’anima, era tutta nella sua vita: la danza.
Sì alzò, mettendosi in punte. Posizionò le mani sui suoi fianchi, mentre il tutù si rigonfiò d’aria. Tutto scintillava intorno a Celeste, e ciò non l’aveva mai fatta sentire più felice.
Fece un giro su sé stessa, lasciando che i suoi sospiri la portassero in estasi mentre le sue palpebre pian piano si chiudevano. Ballava i suoi capolavori nella mente, lasciava che i neuroni danzassero tra i suoi pensieri.
E quando riapriva gli occhi, lei era sotto i riflettori.

 
Note dell’autore.
Questo è il Prologo della storia(non si era capito dal titolo, vero? XD) Anyway, spero vi sia piaciuto. Vi assicuro che la storia di questa ragazza è molto travolgente, ovviamente cercherò di saperla narrare a dovere.
P.S. La storia è inventata dalla sottoscritta, niente copie. Se vi è piaciuta e volete esprimere la vostra opinione, procedete con le recensioni. :3 Al prossimo capitolo!

_leavemealonetodie_

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Sono rimasta sulla soglia della porta, a fissarla mentre si perdeva nei suoi stessi pensieri. M’era così cara che non mi stancava mai il fatto che non si accorgesse della mia presenza, mentre io m’accorgevo della sua. Come non riconoscere quel profumo di zucchero filato che le copriva il tessuto della sua pelle.
La mia migliore amica.
Lo era ormai da tanto tempo, da quando io e lei incominciammo insieme quel percorso di dolci note, una sull’altra. Frequentavamo entrambe quell’umile scuola di danza, ma c’era una differenza abissale tra noi due: io ballavo, lei era una ballerina.
Era nata per farlo. Lei non imparò a camminare, imparò a danzare. E non imparò a parlare con la voce, ma con i movimenti del corpo. Quando ballava sapeva trasmetterti le sue stesse emozioni.
Ti accorgevi del suo stato d’animo semplicemente da come si sollevava in aria con una spaccata perfetta, o con quel suo fare delicato, o con quella bellezza di cui si vestiva.
Era perfetta.
Solo il suo nome, e dico solo quello, sapeva darti la definizione di bellezza d’animo, di purezza.
Celeste. Così limpida, così..così perfettamente sé stessa.
Sì accorse della mia presenza solo qualche istante dopo, quando il suo specchio riflettè anche la mia immagine.
Lei sorrise, in preda allo stupore.
-‘Non immaginavo fossi venuta.’
-‘Non me lo sarei mai perso, lo sai.’

E tutto ciò che d’era di magico si trasformò nel bagliore di un abbraccio, così caloroso che dava quel senso di sicurezza.
Come quando sei gelida e un vento caldo ti sfiora il viso.
Lei era così, era il sole del mio polo nord.
 
‘Lisa, sai che ti ho sempre ripetuto di non fumare, ti fa male ai polmoni. Una ballerina non può assolutamente fumare, metti via quella cicca!’ Mi ripeteva sempre, mentre quella nuvola bianca di fumo di Marlboro Rosse abbracciavano le mie labbra, rendendole secche.
Secche come lo era la mia anima. Spesso ero invidiosa di Celeste, lei aveva un futuro. Io, invece? Cosa avrei dovuto fare più in là?
‘Voglio lasciare la scuola.’ Azzardai con tono decisamente secco, come la mia anima, come le mie labbra. Come quelle foglie d’autunno, gialle-arancioni-rosse, che girovagavano nell’aria per poi posarsi sul suolo, anche questo secco.
‘La scuola? Vuoi lasciarla a soli 17 anni? Se ti laurei hai più sbocchi lavorativi, lo sai.’ Disse la bionda, portando la sua voce –quasimai – furiosa ad un tono più dolce e quasi comprensivo.
‘Non quella scuola, Cels. La scuola di danza.’
‘E perché mai?’
‘Non lo so, voglio fare qualcosa che possa portarmi ad alti livelli, un po’ come te nella danza.’
‘Non fare così.. se ti piace ballare, devi continuare a ballare.’
‘Non ne sono più sicura, Cels. Devo andare, ci sentiamo.’
Le stampai un bacio sulla guancia, mentre il passo di Celeste si faceva un po’ affaticato man mano che camminava. Sospirava a stento, ma non mi voltai. Era il suo solito bruciore allo stomaco, quello della preoccupazione. La conoscevo fin troppo bene.
Tornai a casa, ovviamente, senza rivolgere un solo sguardo a quella donna femminile che chiunque chiamerebbe ‘mamma’, ma che per me è una perfetta sconosciuta che mi aiuta solo a vivere. Mi chiusi in camera, come facevo sempre, e mi misi a scrivere sul mio quaderno del ‘nonsense’, quello pieno di cose che riuscivo a vedere solo dalla finestra e che trascrivevo come fiumi di parole.
Qualunque cosa accadesse, era perfetta per poter essere scritta e descritta.
Persino quella signora vestita sempre di giallo, che talvolta, nei giorni uggiosi, portava quel buffo cappello che somigliava ad un’antenna parabolica.

Note dell'autore.
Domani posterò il secondo capitolo, non c'è molto da dire.
Spero vi piaccia e recensiate.:)

_leavemealonetodie_

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Era lì, a manifestarsi come aveva fatto sempre. Non capiva perché il dolore al polpaccio destro le stesse affaticando il respiro. Ma non si fermò, non se ne preoccupò come invece avrebbe dovuto fare.
L’insegnante se n’era accorta che c’era qualcosa che non andava, che qualcosa l’era successo.
Non era concentrata, era sul punto di cadere.
E il pavimento l’afferrò, la tenne stretta, come sabbie mobili.
Si sentì sprofondare nel vuoto: non le era mai capitato di cadere dopo un solo enjambè e adesso le lacrime sgorgavano dai suoi occhi, fino a toccare i suoi polpastrelli anneriti dalla polvere.
Si sentì umiliata, probabilmente. Confusa e infelice.
Si tolse le sue fedeli punte, le accarezzò piano e poi volse lo sguardo verso quei piedi così esausti, così pieni di dolore ed angoscia. Le bruciava tutto, persino lo stomaco, ancora.
Ma non era la preoccupazione che le bruciava, forse non lo era nemmeno prima.
Qualcosa stava accadendo, in Cels. E lei ancora non lo sapeva, non ne era assolutamente al corrente.
Ma non si preoccupava, proprio no.
Preferiva morire, che mollare.
Si rialzò, mettendosi le punte ai piedi, ritornando a quell’enjambè.
Un po’ imperfetto, ma sempre divino. Passò le mani sugli occhi, con delicatezza sul petto.. E così terminò la musica.
Sorrise, come sorrideva per la sua onnipresente soddisfazione.
Il dolore, la stanchezza, la paura.
Non erano questi, non erano gli ostacoli.
Non avrebbe mai mollato.

 
Chiusi il quaderno, sospirando. Mamma mi portò una fetta di pane con nutella.
Non ci pensai due volte, prima di gettarla.
Non avevo né fame, né voglia di avercela.
Saltai dalla finestra, come mi era solito per non saltar agli occhi di mia madre.
Scavalcai il cancelletto e raggiunsi il Bar cafè, a circa 30 minuti da casa mia.
‘Cioccolata calda, con un po’ di latte, grazie.’
‘Gliel’offro io!’
Mi venne incontro un tipo carino, ma troppo presuntuoso per i miei gusti, dato il modo con cui si era seduto sulla sedia accanto alla mia.
Parlammo per circa mezz’ora, ma di lui seppi solo il nome –Luca– e gli anni –diciassette–.
Non avevo ben centrato il punto..Cosa voleva esattamente da me?
In qualunque caso, lo lasciai lì, a fiato sospeso.
Come mi era solito fare con i ragazzi.


Note dell'autore.
Così Celeste sembra aver un problema, mentre Lisa se la 'spassa' con un nuovo ragazzo, forse suo corteggiatore.
Vedremo cosa accadrà nel prossimo capitolo, intanto, mi farebbero piacere più recensioni.ç_ç 

 

 

 _leavemealonetodie_ 



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


‘Situazione grave, non possiamo aiutarla, mi spiace.’ Ed un pianto. Susseguito da un singhiozzo ed una tirata di naso.
Il suo viso sofferente, in quelle coperte così prive di vivacità, così morte.
Aprì gli occhi, quegli occhioni azzurri.. così perfetti. S’erano oscurati di dolore.
Sentì la mano tremare, la fece scivolare pian piano sulla sua coscia, sul ginocchio.. per poi arrivare al polpaccio.
Si raschiò con le unghie. Urlò di dolore, ma in silenzio.
Con l’altra mano si raccolse i capelli in una coda imperfetta.
Già, imperfetta.. ormai anche lei era imperfetta.
Sentì qualcosa di morbido nella sua mano sinistra. Se la portò agli occhi e apparve una piccola chioma bionda.
Lacrime. Altre grida silenziose. Singhiozzi uno dopo l’altro.
‘Cosa mi succede.. No..Non poss..’
Buio.

 
 
‘Cels, Cels!’ Sentì scuotersi piano quando un po’ di luce naturale le illuminò il viso. Rabbrividii.
‘Cels, sono io, tranquilla..Sono quì.’ 
‘Non sono malata.’
‘Cels..ma..’
‘Non sono malata! Perché sei venuta? Non sono malata! Non ho bisogno di aiuto, non ho bisogno di questo stupido ospedale, di questi stupidi dottori e questi stupidi ricoveri improvvisi. Sto benissimo, ho solo bisogno di un parrucchiere, starò diventando vecchia, guarda.’ Aprì la sua mano sinistra, dove vi erano capelli e segni di sangue.
Non sapevo davvero cosa dirle, mi limitai solo ad abbracciarla.
E nelle mie spalle, trovò posto per consolarsi.
‘Hai bisogno di me, Cels. Ne avevi, ne hai, e ne avrai.
‘Morirò.’
‘Non dire così.’
‘Ho un tumore, Lisa. Morirò.’
E dopo quelle parole, mi abbandonai nelle sue braccia, dove stavolta fui io a trovarvi consolazione.

Note dell'autore.

Allora, non so se l'avete capito ma a quanto pare Cels ha un tumore e dice cose un po' senza senso.
Lisa non si perde d'animo nel rassicurarla, ma poi cede anche lei.
Spero vi piaccia, recensite se vi va! :)

 

 
_leavemealonetodie_

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Quando aprii gli occhi mi ritrovai a stringere il lenzuolo che avvolgeva il corpo, ormai fragile, di Cels. Non volevo perderla, non così presto, non così. Adesso.
Era girata di spalle, ma era sveglia. Lo si presumeva dal fatto che stesse bisbigliando qualcosa da ormai mezz’ora, perché era stato per questo che m’ero svegliata.
‘Cels..come stai?’ La sentii bisbigliare ancora. Era come una cantilena. Come una preghiera di dolore, una lamentela verso sé stessa.
Avevo paura di chiederle cosa avesse, perché sarebbe stata una domanda stupida. Sapevo benissimo cosa aveva e non potevo far niente per aiutarla.
Mi sedetti accanto a lei, stendendo le mie gambe parallelamente alle sue, e avvolgendo il mio braccio sul suo fianco sinistro. L’abbracciai dolcemente e posai il mio mento sulla sua spalla, quando finalmente riuscii a percepire qualcosa di ciò che stava mormorando ormai da un bel po’.
‘Vola via tutto, volano vie le anime….. no non farlo, Jack. Morirò con te..lo farò, o si che lo farò.’
Non capivo davvero a chi si riferisse, ma poi mi venne vagamente in mente Titanic, il suo film preferito. Ormai s’era fissata. Quindi, il Jack di cui parlava, doveva essere quello.
‘Cels, cos’hai?’ Ecco la domanda stupida.
‘Morirò, come Jack. Un po’ è la stessa cosa, insomma. La mia vita sta affondando come il Titanic, ed io sono una naufraga, anzi. LA naufraga della mia stessa vita, e sto morendo congelata da un tumore che presto mi indebolirà fino a rendermi fredda dentro, e fuori. Non puoi capirmi.’
‘Hai ragione, non posso capirti. E non posso nemmeno far niente, però vorrei poterla fare qualcosa. Davvero.’
‘Portami fuori, oggi pomeriggio. Andiamo fuori. Corriamo, balliamo, ridiamo. Divertiamoci.’
‘Cels, non credo sia possibile.. Insomma. Sei sotto terapia adesso, devono controllarti ancora un paio di volte.’
‘A cosa servirebbe? Hanno già detto che non si può far niente, l’ho sentito dire dalla dottoressa. Quindi servirebbero solo a rendermi questi ultimi mesi, o giorni che siano, un inferno. Vorrei poter sprecare questo mio tempo facendo tutto quello che vorrebbe fare una teenager nell’arco della sua vita. Incominciando dall’alcol, dal fumo.. Non importa. Tutto ciò che da quel brivido, lo devo provare. Devo fare l’amore, almeno per la prima volta, con Louis. Anche se l’ho mollato per via di mia madre, so che lui è ancora interessato a me.. Anche se il mio aspetto non è molto presentabile. Vorrei provarci, Lisa. Aiutami, almeno in questo. Sei la mia migliore amica, e le pazzie di tutta una vita ho sempre desiderato farle con te.’

Rimasi ad occhi sgranati, e allo stesso tempo il cuore mi si era riempito di gioia. Aveva perfettamente ragione Cels. Non doveva passare i suoi ultimi giorni in un vecchio letto d’ospedale, a fissare il muro e a mormorare cose insensate. Per sentirsi dire cosa? Che sarebbe morta? Lo sapeva già. E non avrebbe più voluto saperne, almeno fin quando non sarebbe successo.
‘Cels, sono con te.’ Le sorrisi, e lei sorrise a me.
 
 
Si mise un foulard in testa, per non sentirsi a disagio dato la perdita dei capelli.
Io feci lo stesso per farla sentire più sicura di sé stessa. Le volevo così bene che avrei fatto di tutto. TUTTO.
Era fottutamente bella, pur essendo malata di quel fottuto tumore.
Scappammo dalla finestra e incominciammo col correre verso il campo di grano situato nelle vicinanze dell’ospedale. Non troppo vicino, dato che non volevamo farci scoprire.
Abbiamo corso giusto quei dieci minuti, ridendo a crepapelle e esaltandoci come bimbe con una nuova bambola. Ci stendemmo a terra, coperte da quel grano così alto che donava un’ombra a dir poco piacevole. C’era giusto quel venticello fresco a soffiarci sul viso, facendoci venire la pelle d’oca. Si stava così dannatamente bene. Cels si mise una spiga di grano in bocca, fingendosi uno di quei tipi con sguardo languido, e spalle poggiate sul muro; cappello da spaventapasseri, e occhi misteriosi. Risi come una matta, e lei mi seguì subito dopo.
‘Lì, leggimi un po’ del tuo quaderno.’ Sapeva ne avessi uno e particolarmente, sapeva me lo portassi sempre dietro per non perdermi nessun momento.
Sorrisi, aprendo la borsa e tirando fuori il mio fedele quaderno del ‘nonsense’.
‘Vorrei poter avere anch’io quel suo cappello ad antenna parabolica, così che possa trasmettere programmi 24 h su 24!’ E qui Cels scoppiò in una risata fragorosa che coinvolse anche me.
Continuai. ‘A parte gli scherzi, mi piacerebbe poter andare a Londra un giorno. Così da realizzare il mio sogno: visitare il Buckingam Palace. Mi hanno sempre affascinata le residenze reali, e in più amo la regina, Elisabeth. E’ così piena d’audacia, è così..sempre sorridente e piena di vita. Mi ricorda tanto la mia migliore amica, Celeste. Mi piacerebbe tanto essere come lei.’
Chiusi il quaderno, lasciando che i fogli si stropicciassero agli angoli. Quelle ‘farfalle’, mi piacevano. Anche perché alle elementari erano tutti così ordinati che mi dava noia, mi piaceva essere diversa.
Cels sorrise, distogliendomi da quei vaghi pensieri e ormai polverosi.
Sì alzò e mi porse la mano. ‘Dai, andiamo da ‘Burgers&Co., come ai vecchi tempi!’
Corremmo ancora, e arrivate lì incominciammo ad ordinare panini giganteschi, come quelli che mangiavamo sempre da bambine. Ci avevamo spruzzato del ketchup, e non solo sui panini. Eravamo ormai pomodori, ma non ci importava.
Nulla ormai importava più, se non io e la mia migliore amica.

Note dell'autore.
Capitolo fatto a mezzanotte, nella stanchezza ma nella voglia di pubblicarlo. Quindi, spero vi piaccia ugualmente. :)
Mi sono divertita a farlo, ahaha. xD
Al prossimo capitolo! :3

 

_leavemealonetodie_

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


Cels salutò Lisa, abbracciandola. Era il momento di fare l’audizione per entrare alla Dance Academy, il sogno di una vita. Era praticamente nata per ballare, ormai lo sapevano tutti, perfino lei stessa se n’era convinta.
Era nata con le scarpe da ballo ai piedi e la musica nell’anima.
Raccolse quella chioma bionda in un chignon, nonostante non fosse più così folta come prima, e la decorò con brillantini che la rendevano ancora più maestosa. La regina del ballo; così veniva definita. Si lasciò trasportare dalla musica, come era suo solito fare, e incominciò a danzare quel pezzo che studiava nella sua mente ormai da anni. Non pensava a niente, semplicemente viveva il momento come se fosse l’ultimo.
E chissà, forse lo sarebbe stato. Forse sarebbe stata l’ultima volta in cui si dimenava su quelle punte. Non le importava del dolore, della fatica, della debolezza. Perché semplicemente era forte, la danza era il suo steroide.
Partì delicata, come il cigno che era. Accarezzava quelle note e subito dopo averle conquistate, si trasformava in esse, diventava una nota danzante nel bel mezzo di un quaderno pentagrammato, come quello della sua vita, della storia di Cels. Della sua biografia.
Fa una spaccata, perfetta. Sopporta il male al polpaccio, stringe i denti, piange ma sorride. Ed eccola trasformarsi in un leopardo, eccola alzarsi in aria come un gabbiano. Il fiato sospeso.
Tutti gli occhi dei giudici sono rivolti verso una stella, quella più luminosa.
La musica, la danza.. sono tutto ciò che la fanno ancora vivere.
Volteggia come una principessa, al centro della sua pista da ballo, al centro della sala. E va in punte percorrendo il tappeto rosso, quello che la porta al gradino più alto.
Eccola sfoggiare altri mille sorrisi, mentre le lacrime continuano a bagnarle il viso. E’ esausta, ma non si arrende.
E poi si lascia trasportare dalla leggerezza del finale: la musica termina e lei è più soddisfatta che mai. Si passa il polso sulle guance asciugandosele.
Esce dalla scuola, corre. Corre, ma non sa dove va.
E’ troppo felice per preoccuparsene.

Note dell'autore.
Mentre ascoltavo una canzone ho scritto questo capitolo, ci ho messo tutte le sensazioni che provavo io mentre danzavo.
Mi piacerebbe un piccolo parere. :)

 

_leavemealonetodie_

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Era arrivata in spiaggia e s’era buttata nel mare.
Un’ondata di profumo d’iodio le attraversò le narici per poi purificare i polmoni.
Fece una nuotata leggera vicino alla riva, e poi si fermò a pensare mentre il suo sguardo rimaneva fisso sulla schiuma bianca formatasi dalla lotta tra le onde e le rocce. Non c’era nessuno lì, a quell’ora, o almeno così le sembrava.
Sentiva solo i gabbiani fluttuare nel cielo, e le onde cadere, e il rumore di una barca nelle vicinanze. Ma del resto, tutto era tranquillo in quel momento.
Sentiva il polpaccio ghiacciarsi, e le venne una fitta al cuore.
Un brivido che percosse la schiena. Stava per uscire dall’acqua, quando qualcuno le afferrò il braccio.
‘Celeste.’ Era Louis.
‘Lou..che ci fai qui?’ disse con voce tremante.
‘Sono venuto a fare surf, ci vengo sempre a quest’ora perché ci sono le onde e poi non c’è nessuno. Non pensavo di incontrarti qua.’ Le gocce d’acqua sui suoi capelli finivano tutte o sulle sue guance, o sui suoi pettorali. Era ancora più bello quando era bagnato, perché mostrava tutto un suo fascino.
Era affascinante anche da sudato, da ‘normale’, da qualunque cosa. Lo sarebbe stato persino da coperto di escrementi.
A quei pensieri le fuggì un sorriso, che lui non potè non notare. ‘Perché ridi?’ Le chiese dandole una leggera spinta alla spalla con l’indice, e poi dopo che ebbe riso anche lui, a tutto ciò susseguì una risata collettiva.
‘I suoi occhi, quant’erano belli’ Pensò. Lo voleva, ora e più che mai.
‘Scusa.’ Fu ciò che riuscì a dire, mentre le sue labbra stavano già sfiorando quelle del ragazzo e tutto sapeva di salato. Ricambiò il bacio e la strinse a sé tenendola per i fianchi, mentre lei con la mano destra gli accarezzava i capelli bagnati, e con la sinistra gli accarezzava la guancia rosea.
‘Voglio fare l’amore, Lou.’
Lui la guardò impietrito, un po’ confuso per dire la verità. Ma poi a quell’idea sorrise.
‘Posso solo farti una domanda, Cels?’ Azzardò lui, mentre le accarezzava la schiena.
Lei annuì, trovando piacevole quel gesto. ‘Perché mi ha mollato se mi ami ancora? Non me l’hai spiegato, te ne sei andata senza dirmi nient’altro che un –non possiamo stare insieme-.’ Disse lui, quasi con malinconia di quei giorni passati assieme a lei. Si notava benissimo che gli era mancata. Ma non poteva farci nulla.
‘I miei genitori, Lou. Non..volevano che stessimo insieme. Mi dispiace.’
Non disse niente, la baciò soltanto per poi afferrarla di nuovo dal braccio e portarla via fuori dall’acqua. Correvano verso la casa abbandonata vicino al chiosco dei gelati, anche quello abbandonato. Per quanto fosse malridotta quella casa, aveva un letto abbastanza grande da poterci stare in due. Ed anche se non ci fossero stati, avrebbero fatto di tutto pur di entrarci entrambi.
Le abbassò la manica di quella maglia bianca, ormai bagnata ed aderente, mentre le baciava la spalla dolcemente, salendo piano sul collo e poi sulla guancia, mordendogliela appena. Lei invece si lasciava trasportare dal momento, mentre strusciava la sua gamba a quella di Louis e gli sfilava i jeans. Tutto avvenne così in fretta che Celeste non ebbe nemmeno il modo di capacitarsi di ciò che realmente stava facendo. Via entrambe le maglie, via i jeans, via il suo reggiseno, via gli slip e i boxer; si ritrovarono completamente nudi, sotto le lenzuola. Rimaneva solo quella collana con il cuore spezzato, che avevano entrambi. L’aveva regalata lui, a lei, il giorno del suo compleanno, a 6 mesi della loro relazione. I genitori l’avevano costretta a mollarlo, altrimenti le avrebbero proibito di frequentare ancora la scuola di danza. E la danza per lei era TUTTO, non poteva lasciare. Così, con amarezza, decise di lasciare lui, la sua dolce metà, che avrebbe amato per sempre.
[…]
Ora aveva perso la sua verginità con lui, assurdo no? Era stato strano però le era piaciuto, nonostante le avesse fatto un po’ male. Ma le era piaciuto.
Non aveva bisogno delle precauzioni, tanto non avrebbe mai avuto quel bambino, sarebbe morta ancor prima che nascesse quella scintilla nella sua pancia.
Tutto ciò le procurava dolore. Avrebbe voluto provare la gioia di diventare mamma, di avere un lavoro e di preoccuparsi del suo bambino accanto all’uomo che amava.
‘Che hai?’ Chiese il giovane, notando lo sguardo sovrappensiero della ragazza.
‘Niente, pensavo.’ E sorrise, dandogli un bacio e abbracciandolo, assicurandosi che per quella notte, lui non l’avrebbe lasciata.

Note dell'autore.
Eccoooomi quà! Mmmh, per questo capitolo h odovuto cambiare il raiting alla storia, lo volevo un po' sensuale, sù. :') HAHAHA, spero vi sia piaciuto!
Recensite se vi va! Mi farebbe piacere.


_leavemealonetodie_

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


‘Oggi uscirò di nuovo con Celeste. Ormai la sua famiglia la sta cercando disperatamente, ma a lei non importa. Vuole divertirsi, almeno per l’ultima volta..e la capisco. Oggi è un bel giorno. Il sole splende nel cielo nuvolo, c’è un po’ di brezza che scompiglia i capelli e fa venire la pelle d’oca, nell’aria c’è odore di erba tagliuzzata e fresca; in casa, regna l’odore di carne arrosto.’
Avrei incontrato Cels di nuovo in quel campo di spighe.
Avremmo fatto colazione al bar, avremmo riso come sempre, avremmo prenotato un viaggio in Italia per un’intera settimana; avremmo fatto shopping e saremmo andate in discoteca. Una giornata perfetta, almeno questo si sperava.
 
 
La giovane ballerina si alzò dal letto con tale eleganza, che ovviamente solo lei poteva mostrare. Le si era tolta la benda mentre dormiva ed ora il lenzuolo era un po’ cosparso dei suoi capelli biondi. Si rimise la benda e cercò di eliminare le ‘prove’ di quella sua malattia. Non aveva intenzione di dire a Louis tutto ciò che le stava accadendo. Ci aveva fatto l’amore e per questo era felice, non voleva soffrire vedendo il suo ragazzo triste.
Lo baciò sulla fronte, si rivestì senza far rumore, cercando di non svegliare quella meraviglia con gli occhi chiusi, i capelli arruffati e ancora un po’ umidi e il respiro dolce e un po’ affannato.
Sorrise fissandolo per un po’, e poi scappò via, come una Cenerentola, perdendo però dalla tasca dei suoi jeans il suo cellulare.
Non se ne accorse, ovviamente, e uscì dalla casa abbandonata con il sorriso stampato sul viso e con una gran voglia di divertirsi.
 
Era lì che mi correva incontro, sorrideva.
Mi piaceva vederla sorridere nonostante la sua situazione, nonostante la malattia che le stava crescendo dentro come fosse il suo lato oscuro, il suo peggior nemico. Ci abbracciammo e lei mi raccontò ogni cosa dal momento in cui Cels era andata a fare l’audizione. Mi raccontò della sua tranquillità, della libertà con cui ha ballato come se stesse ballando di fronte allo specchio, come faceva sempre; mi spiegò il suo stato d’animo in quell’istante, ed anche se non potevo capirla, tutto ciò mi affascinava; mi raccontò di quando era uscita da quella scuola e come si era sentita bene buttandosi in acqua, sentendo la tranquillità intorno a sé.. e di quando all’improvviso aveva trovato Louis e ci aveva fatto l’amore.
Ero sorpresa, anzi meravigliata..stupefatta. Le chiesi com’era stato e mi spiegò tutto nei minimi particolari: non aveva vergogna. Invece io le raccontai di ciò che invece aveva fatto io in quel lasso di tempo: passeggiavo con le cuffie nelle orecchie e all’improvviso trovai quel ragazzo conosciuto al bar. Ebbi modo di conoscerlo meglio, tanto che scappò un bacio, niente di più. Ma significò molto quel bacio. Mi ero innamorata di lui, è stato tutto così veloce che non mi accorgevo del tempo che passava. ‘Ed infine mi ha dato il suo numero, e mi ha promesso che ci saremmo rivisti.’ Così conclusi io, mentre vedevo i suoi occhi brillare dalla felicità. Eravamo entrambe entusiaste ed entrambe stavamo vivendo un sogno, anche se il suo sarebbe durato poco.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Continuammo a parlare e a ridere come due comare sottobraccio, e arrivate al bar, Celeste ordinò un cappuccino, io una cioccolata calda.
‘Quando atterriamo in Italia, dove pensi di voler fare un giro?’ Chiese lei, mentre s’imbrattava il labbro superiore di schiuma.
‘Mh’ incominciai io ‘Ho sentito di tante belle città, in più la cucina dicono sia davvero ottima. Opterei per Milano e Venezia al nord. E dovessimo anche scendere al sud, mi piacerebbe fare un bagno nelle meravigliose acque siciliane.’
Lei mi guardava stupita ‘Ma ci sei già stata? Ne parli come se ci fossi stata na vita!’
‘No’ dissi io ‘Ma le foto dicono tutto, sai, io mi sono documentata!’
Esclamai io, poi, scoppiando in una risata che coinvolse anche Celeste. Pur avendo finito entrambe le bevande, restammo comunque un po’ nel bar a chiacchierare.
‘Allora è deciso! Per prime, Milano e Venezia. Venezia mi piace come nome, secondo te mi starebbe bene?’ Chiese lei, mentre il mio viso assunse un’espressione omicida. ‘Cels, datti fuoco, seriamente!’ E uscimmo dal bar esattamente come ci eravamo entrate: sottobraccio, con il sorriso stampato in faccia e una voglia immensa di viaggiare ed esplorare.

 
 
‘Mancano tre giorni alla partenza, non vedo proprio l’ora. Passare una settimana in Italia è sempre stato il mio sogno, poi con Celeste diventerebbe ancora più incredibile. Poi magari, le chiederò di passare una settimana a Londra, come ho sempre sognato. Speriamo di vivere questi giorni senza freno.’

La discoteca era già molto affollata, quando le nostre decolté toccarono la pista da ballo. Io e Cels demmo il meglio di noi stesse, sfruttando al massimo le nostre qualità di ballerine, anche se quelle di Celeste erano più qualità di ballerina classica che moderna.
La musica assordante non lasciava spazio né ai respiri, né a nessun suono o rumore. Sentivo solo il petto spingere in avanti come se volesse uscire, e così feci modo che uscisse: lasciai libero spazio al cuore di mostrare la gioia che provavo in quel momento. Le luci di vario colore che illuminavano i visi di tutti, anche se per un nano secondo; i bicchieri pieni di dipendenza, pieni di vita. Quella vodka che mandavo giù tutto d’un sorso, mi rendeva felice e mi faceva dimenticare ogni cosa in quell’istante. Io e Celeste sbronze, in discoteca, a ballare come due bambine senza pensieri per la testa. Tutto sembrava succedere così velocemente, perché tutti i momenti belli finiscono presto. Come quando Cels mi ha raccontato di aver fatto l’amore con Louis, e che se pur bello, è durato troppo poco. Questa vita dura troppo poco.
Incontrammo due ragazzi abbastanza carini, tra la folla. Bevemmo ancora di più, fino a vomitare poi nel parcheggio. I due ragazzi aspettarono che ci fossimo riprese un po’ e ci portarono in macchina. Due sbronze nella macchina di due sconosciuti. Uno moro, l’altro biondo. Il moro aveva cominciato a toccarmi la gamba, e poi aveva infilato la sua lingua nella mia bocca, ed io inconsapevole dei miei gesti, ricambiai ciò che lui aveva cominciato a fare. Cels si faceva il biondino, e nell’aria circolava un chè di irrespirabile, come un gas con concentrati di sonnifero.
Pian piano gli occhi si chiudevano, e il gusto di quei baci così passionali cominciava a diventare frustrante. Sentivo caldo tanto che mi sudavano le mani, e tremavano le gambe. Il moro aveva messo mano sui miei pantaloncini a jeans, stretti. Non riusciva a togliermeli, ed io mi sentivo come chiusa, paralizzata. Il moro fece un segno al biondino e lui si avvicinò leccandomi l’ombelico scoperto, e riuscii a intravedere quasi di fuggita il capo di Cels inclinato, mentre il corpo era disteso sui sedili anteriori. Ora i due giovani erano su di me, il ‘gas’ si fece così intenso che ormai non mi sembrava nemmeno più di respirare. Il biondino mi sollevò e mi mise su dì sé, mentre il mio sguardo offuscato si posò sul moro che cercava ancora di levarmi i pantaloncini mentre il biondo, mi tolse la maglietta e si mise a baciare il mio seno. Mi leccava il collo e ogni volta la schiena mi si rabbrividiva. Sentì qualcosa sotto il mio sedere che si muoveva, e poi l’affanno del moro sulle mie labbra, e poi il buio.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


Quando mi risvegliai, ero in una camera da letto enorme. Intorno a me arieggiava la tranquillità, e l’incoscienza totale di ciò ch’era successo la sera prima. Mi voltai e vicino a me c’era Celeste, illuminata dal sole e dal blu delle tende. Eravamo vestite esattamene come la sera prima, e cercai di ricordare dov’eravamo state. Scesi dal letto e qualcosa mi paralizzò le gambe ed un flashback venne alla mia mente: delle mani che mi sfioravano le cosce, e mi palpavano il sedere, ed il seno. Mi toccai il petto ed una lacrima mi rigò il viso. Eravamo in discoteca, e poi in un’auto. Questo me lo ricordavo.
E adesso, dov’eravamo? Decisi di lasciare Cels dormire, mentre a piedi nudi mi dirigevo verso l’uscita della camera da letto. C’era un odore di pasta al sugo e carne arrosto. Feci per entrare nel luogo d’origine di quell’odore, e trovai, con mia grande sorpresa, Louis, il ragazzo di Celeste.
‘Buongiorno! Vi ho preparato la pasta e la carne, sono ottimi metodi per far passare la sbornia. Lì c’è anche la coca cola, bevine un po’.’
Guardai la bottiglia di coca cola, l’aprii e ne bevvi un sorso. Poi rimasi dinnanzi a lui, fissandolo, cercando di capire.
‘Cosa c’è? 
Chiese lui, lasciando il cucchiaio in legno nella pentola.
‘Cosa ci facciamo qui? Io e Celeste, intendo. E soprattutto, come hai fatto a trovarci? Mi pare di ricordare che non eravamo assieme a te, ieri sera. ’
‘Ricordi bene. E’ che ho trovato in casa mia, sul pavimento, il cellulare di Celeste, e c’era un tuo messaggio in cui dicevi che vi sareste incontrate direttamente fuori alla discoteca. Dato che lei mi aveva lasciato da solo quella mattina, decisi i raggiungervi in discoteca. Ho chiesto di voi a della gente che non era ubriaca, per fortuna, e vi avevano visto rimettere nel parcheggio, e poi portate in un’auto da due ragazzi. Li ho presi a pugni e vi ho portate a casa con l’aiuto di un ragazzo che non aveva ancora bevuto quella sera. Siete state fortunate.’ Si rimise a mescolare il sugo, pensieroso. Forse pensava a Celeste, a cosa le sarebbe accaduto se non fosse arrivato in tempo. Abbassai lo sguardo e vidi la cerniera sbottonata dei miei jeans stretti e alcuni graffi vicino l’ombelico. ‘Vado a svegliare Cels, così mangiamo.’
Lui annuì ed io rientrai in quella camera da letto, scuotendo un po’ Celeste nella speranza che si svegliasse.
‘Dai Cels, svegliati, dobbiamo pranzare.’ La scuotevo ancora, e dalla sua bocca venne fuori solo un mormorio, per poi girarsi verso di me e aprire leggermente le palpebre. ‘Dove siamo?’
‘Dal tuo ragazzo, dai vieni!’
Si sistemò in fretta, ancora un po’ assonnata, e ci dirigemmo entrambe verso la sala da pranzo, ben apparecchiata.
‘Spero vi piaccia, non sono sicuro di saper cucinare bene.’  E ridacchiò un po’, lasciando i due piatti di pasta al sugo sotto il nostro naso, che al sentire quel buon profumino, non poté che invogliare la bocca a mangiare.
Era abbastanza buono per essere un piatto cucinato da un ragazzo di diciassette anni, chissà da chi aveva imparato dato che viveva da solo. Dopo aver mangiato la carne, anche questa buonissima, io e Cels ci demmo una rinfrescata in doccia e finalmente passò la sbornia.
‘Grazie, grazie davvero.’ Dissi io, a pochi passi dalla porta d’entrata.
‘E’ stato un piacere, ma posso essere tranquillo adesso?’ Sorrisi, e Cels gli dette un bacio a stampo, sulle labbra. ‘Certo’, gli sussurrò.
Quel pomeriggio lo passammo a fare le valigie.
L’Italia ci stava aspettando.
 
 
‘Dai Cels, voglio occupare  il primo posto, andiamo!’ Esclamai io, invogliandola a sbrigarsi.
Salimmo sull’aereo lasciando i bagagli all’addetto a quest’ultimi, e ci sedemmo al primo posto della terza fila. Io a destra, falla parte del finestrino, Cels a sinistra.
‘Signorine, gradite qualcosa?’ ci chiese una donna giovane, in divisa da hostess, con un block notes per prendere le ordinazioni.
‘Gradiremmo due coca-cole e due sandwiches, con patatine dentro, grazie.’
‘Amo la prima classe.’
Sospirò Cels, cercando di avere un accento italiano, ma invano.
Le sorrisi e guardai fuori dal finestrino: le nuvole bianche che sembravano zucchero filato, su cui ci si poteva saltare, come se fosse ovatta. Scrissi un po’ sul mio quaderno, mentre Cels sorseggiava la sua coca-cola con quella sua solita aria da bambina.

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