I Reietti della Luce Nera

di Il_Bardo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sangue di Serpe -1°Capitolo- ***
Capitolo 3: *** La Fuga dell'Alchimista -2°Capitolo- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Li chiamavano I Reietti.
Non erano mostri, né assassini.

Erano un semplice gruppo di ragazzi delle più svariate età, anche se nessuno raggiungeva i trentacinque anni. Non si conoscevano, ma erano ripudiati da tutti.
Emarginati e disprezzati, messi da parte ai margini della società di quel tempo che cresceva lenta, morente nei valori e nell'animo di chiunque ne facesse parte.

Non conoscevano nemmeno loro stessi e le stesse paia di occhi che li intrecciavano assieme, gli stessi occhi capaci di vedere ben oltre la superficie della realtà.
Rinnegati da tutti, perchè possessori e involontari o volontari praticanti delle, agli inizi definite "arti oscure".

Ciascuno di loro era capace di qualcosa fuori dal normale e, siccome le loro capacità rassomigliavano ad incantesimi e maledizioni, nessuno aveva mai preso confindenza con nessuno di loro.


Ma quel mondo oramai morente, quella falsa fiamma che ardeva al centro della società, quei falsi imperatori che governavano quei regni, lasciavano collassare l'intero mondo, perchè potessero soddisfare i loro capricci.
I Reietti, così li chiamavano i mendicanti che non avevano intenzione di dividere un tozzo di pane con loro, erano la nera luce che poteva rischiarare la bianca tenebra.

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Capitolo 2
*** Sangue di Serpe -1°Capitolo- ***


I suoi passi veloci cadevano pesanti sullo strato innevato che ricopriva la terra bruna, raggelata dall'inverno.
Le campanule rinsecchite si sfalciavano al suo passaggio, mentre le attraversava immergendo le sue gambe in quell'alta coltre di piante.
Saltò su qualche lastra di ghiaccio formatasi sulle rive dei laghetti stagnanti che circondavano il villaggio nel quale viveva.
Un uomo rivestito di una vestaglia nera lo stava inseguendo, tentando di prenderlo.
Il capo privo di capelli e la barba incolta dello stesso colore del tronco degli abeti presenti ovunque nei paraggi, risaltavano sulla sua pelle pallida e le sue orecchie a punta.
Il ragazzo, di circa una quindicina d'anni, era in preda al panico più totale, correva ovunque gli fosse possibile con la sua agilità, il corpo longilineo e smagrito, lasciando intravedere le ossa. Anche il viso era sciupato dalla fame e dal freddo e la pelle delle mani screpolata dal gelo di tutte le notti che aveva passato nella sua baracca immersa nella selva di conifere.
I Capelli erano biancastri con riflessi grigi che inducevano al cielo cupo e rannuvolato che perennemente attanagliava quel paesino del nord.
Evidentemente era lì in cerca di qualche bacca o se la fortuna era dalla sua, per rubare un boccone di una qualche pietanza sul davanzale della taverna cittadina.
Ed evidentemente, il proprietario della taverna lo aveva scoperto con le mani sul pasticcio fumante.
Aveva un coltellino in mano ed aveva la seria intenzione di ucciderlo una volta per tutte, non essendo quella la prima volta che tentava di approfittarsi della fragilità delle finestre usurate e spifferanti della sua taverna per riempirsi lo stomaco.
<< Fermati, ladruncolo da strapazzo! questa è la volta buona che ti mostro come sono fatte le tue budella! >>
Il ragazzo grondante di sudore già freddo, rispose con pacatezza sfruttando gli ultimi respiri d'aria nei polmoni : << Ho fame e non ho neanche una moneta con me, la prego signore abbia pietà, non accadrà più! >>
<< E' la stessa cosa che dissi quando ti sorpresi sgraffignare le verdure nei barili del magazzino! ora ti ammazzo! >>
I Tentativi di persuaderlo con le parole non fecero effetto e nella sua mente sapeva già di essere costretto a sfruttare il suo ultimo asso per non rimetterci la vita :
<< La prego, non mi costringa a farlo! >>
<< Fare cosa?! oh.. intenti farmi fuggire dalla paura perchè ti fingi un mago? sappi che non sono come gli altri stolti che girano nel villaggio, non credo alle assurdità sul tuo conto! questa volta ti uccido e lascerò il tuo cadavere a marcire fra i pezzi di legno putridi della segheria al fiume! >>
Al suono di quelle parole, a malincuore dovette voltarsi improvvisamente, estraendo una piccola boccetta di vetro soffiato dalle tasche rattoppate.
<< Fermo! >> esclamò balbettando per il timore di avere di fronte il suo inseguitore, immobile e fermamente intenzionato a puntargli la lama di quel coltello nel ventre.
<< Cosa vuoi fare con quell'intruglio? vuoi forse che io creda che quella brodaglia possa uccidermi e fuggirmene con la coda fra le gambe? hai sbagliato persona! >>
Strinse i denti, stappò il tappo e lanciò la bottiglia addosso all'elfo fermo e teso.
Il vetro di quella fiala risaltò sulla casacca logora che indossava il ragazzo dalla quale la aveva tirata fuori, il tappò schizzò via per il movimento del pollice, lasciando fuoriuscire il liquido che conteneva.
Era di colore verdognolo nel quale galleggiavano piccoli neri pezzetti di ingredienti amalgamati.
Alla vista di quella patetica scena, l'elfo iniziò a ridere sguaiatamente, ma la risata terminò soffocata.
Intanto che il locandiere diede prova della sua superficialità e spavalderia nei suoi confronti, il liquido assunse la forma di un serpente, uscendo dall'ampolla come fosse la sua tana e avvolgendo il collo dell'uomo tra le sue spire liquide.
Non ebbe tempo di aggrovigliarsi completamente, soffocandolo quindi sul colpo.
La pozione perse il suo incanto e il serpente che raffigurava il liquido si distrusse cadendo in una pozzanghera verde.
Il corpo dell'elfo esanime si accasciò lentamente, posandosi privo di vita al centro della chiazza, lasciando l'inquientante impressione che il verde fluido che l'aveva ucciso qualche istante prima, fosse il suo stesso sangue.
Il sangue a dire il vero c'era, ed era nero come la pece che gocciolava dalla corteccia dei pini. quella stessa pece che raccoglieva il ragazzo per farne i suoi intrugli mortali.
Aveva il veleno nel sangue, letteralmente.
Lo soprannominavano, Sangue di Serpe, per via della sua spiccata capacità alchemica in filtri e veleni maledetti dalla magia, poi in secondo luogo per il colore verde opaco dei suoi occhi avvolti dalle occhiaie.
tutti erano difatti superficiali, soffermandosi alla prima impressione che si erano prefissi in testa sentendo delle sue gesta.
"Ladro, assassino, avvelenatore e cospiratore" la gente pensava di lui, e nel vociferio si aggiungevano man mano sempre più aggettivi e false verità, come spesso accade nei pettegolezzi.
Bastava conoscerlo per sapere che creava pozioni curative di alto magnitudo in quanto efficacia, che surclassavano nettamente le banali tisane dell'alchimista della cittadina.
Abbassò le braccia, con il viso cupo si avvicinò diffidente al corpo, adagiando nel mentre la fiala vuota nella tasca da cui l'aveva presa.
Si appollaiò sul corpo, piegandosi sulle ginocchia, mise il polpastrelli secchi sulle labbra dell'elfo, il cui cadavere era già straordinariamente freddo.
Poi prese il sangue nero che usciva dalla bocca, sanguinante per via della stretta al collo e alla rete di vene ed arterie che lo fecero esplodere fuori da esse.
<< Un patetico vampiro praticante, contagiato da non molto tempo a giudicare dal colore nero sbiadito di questo sangue. >>
Si alzò pensando e facendo ul sospiro "beh, propietario dell'unica locanda della città e pure vampiro. due piccioni con una fava, in fondo."
La neve era sporca di impronte e macchiata di verde.
Se ne andò dal quel luogo macchiato dal sangue di un vampiro.
Nessuno aveva visto l'accaduto, era sera e la coltre di nubi aveva velato ancor più il paesaggio.
Si congedò dalla cittadina, raccogliendo quanti funghi, pece e libellule palustri gli capitassero per il sentiero che conduceva al suo bivacco in cima ad una collinetta immersa nella vegetazione che si affacciava sulla cittadella palustre. ; un banale sacco a pelo di pelle sotto una tettoia costruita con ciò che restava di una zattera di legno e qualche bastone per tenerla in piedi.
Il fuoco era l'unica fonte di luce e calore disponibile, in quella notte giovane che aveva già addentato tutto, lì intorno.
Prese qualche bacca putrescente e dei tozzi di pane ammuffito da una sacca, mangiandoli senza pensarci due volte.
Prese poi un tegamino mentre ancora masticava, ponendovi gli ingredienti e due mestoli d'acqua di palude, il massimo che poteva concedersi, sorseggiandone in parte per mettere a tacere la sete.
Prese un cucchiaio di legno intagliato grossolanamente e mescolò lentamente il composto.
Man mano che quella poltiglia si amalgamava, guardava avidamente ogni riflesso della luce del fuoco che appariva nelle increspature della superficie, pensando a come..
fosse patetica la sua esistenza.

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Capitolo 3
*** La Fuga dell'Alchimista -2°Capitolo- ***


Giorni dopo l'assassinio, la neve fioccava ricoprendo i pochi stracci di superficie rimasti ancora intoccati dalla morsa dell'inverno. Così fioccavano assieme alla neve, fogli di taglia sulla sua testa strappati e svolazzanti. Il vento portava via quelli appesi ai pali, depositandoli poi ovunque per le strade della cittadina.
Quegli annunci avevano il compito di informare sia i viandanti sia i cittadini residenti, in modo che la notizia fosse recepita da quanti più possibile, il prima possibile. L'inchiostro era sbiadito e mal stampato, quanto bastava per essere leggibile ed esprimere il proprio messaggio, recitando a grandi caratteri :
"Un avvelenatore ha assassinato da pochi giorni il locandiere di Nordoom. Il corpo delle guardie di provincia ritiene sia stata opera del Cospiratore, chiamato Sangue di Serpe, come oltraggio nei confronti della legge e sopratutto alla legittima sovranità degli Spira d'Ebano. Chiunque riesca a catturare il bandito, riceverà la taglia sulla sua testa di centocinquanta Onici, nonchè l'invito per assistere alla prossima esecuzione e un ringraziamento ufficiale a palazzo, da parte della regina Arteatrix Onice.".
la parola Legittima appariva stranamente sbiadita, i bordi delle lettere erano scoloriti, lasciando l'impressione a chiunque ne fosse il lettore, che quella parola fosse messa lì forzatamente, tentando di nascondere una falsa realtà.
Il vento soffiò, trasportando uno dei tanti fogli fino all'accampamento del ragazzo.
Lo raccolse, cercando di leggere ciò che conteneva, infastidito dagli sbuffi di neve e foglie secche. Si mise una mano al fianco della fronte, per coprire gli occhi e lesse tutto d'un fiato.
Sentì il sangue raggelarsi ancor più nelle vene di come non fosse con il semplice freddo, trasformandole in torrenti glaciali.
Si alzò con un'improvvisa ansia, prese al volo il mestolo penzolante e riempì tre boccette vuote della pozione che aveva preparato, richiudendole accuratamente.
Se le mise in tasca, afferrò la bisaccia con dentro i viveri e l'acqua di palude chiusa in bottigliette di vetro incrininate in vari punti.
Si diede dunque ad una corsa senza freni, cercando di fuggire da quel luogo apparentemente isolato il prima possibile.
Voleva non essere lì, ma i suoi sospetti si fecero realtà non appena si accorse che non era mai stato solo.
Corse giù dalla collina, andando verso nord e dal lato opposto della cittadella di Nordoom. A lunghi passi, correva giù dalla collina, prendendo sempre più velocità e le sue gambe tentavano in ogni modo di resistere per non cadere rovinosamente.
Non poteva certo permetterselo in quel momento, i suoi inseguitori lo stavano già raggiungendo.
Si svelarono, gli occhi rossi si mescolavano con il buio della selva, ma facilmente individuabili.
"Uno è dietro di me, gli altri due sono destra e sinistra, pronti ad affiancarmi", pensò da stratega Sangue di Serpe.
Impugnò le boccette pronto ad aprirle, lasciando le mani nelle tasche, poi si chinò in avanti per assumere stabilità durante la corsa e spezzare qualsiasi ramo si fosse messo d'innanzi.
Aspettava il momento giusto, quando i due esseri ai lati si sarebbero affiancati abbastanza a lui.
Intanto cercava di capire, comprendere quale fosse la vera fattezza di chi lo inseguiva.
Vide dei riflessi ambrati splendere alla luce di quella luna che per qualche attimo si era scrollata di dosso le nubi grigie. Erano zanne che prendevano forma nei lineamenti in un muso appuntito e dalle sembianze di lupo.
Un altro colpo di luce prima che la luna si oscurasse nuovamente gli fece capire con chi aveva davvero a che fare : Mannari.
La testa, con due orecchie corte e a punta, terminava in un muso affusolato e pieno di zanne incrostate di sangue raffermo.
Gli occhi risaltavano in quel volto avvolto dall'ombra notturna, il corpo era grosso e sbilanciato, la testa piccola su un torace largo il doppio, la schiena curva nella posizione adatta per una corsa selvaggia, le zampe longilinee e storte, permettevano a quelle bestie della stessa grandezza di un uomo di correre come una belva senza vincoli, pronta a spappolare le membra della loro preda, il ragazzo.
Portavano entrambi i bracci in avanti per poi avanzare col corpo, raggiungendolo in pochi istanti l'obbiettivo.
Solo il fruscio della selva gli fece capire che era il momento giusto, tirando fuori il suo arsenale.
I mezzi lupi erano ai suoi lati, pronti a sferrare un colpo d'artigli e scaraventarlo a terra, le sue braccia impugnavano le ampolle alla maniera di impugnare un paio di pugnali, tese e puntate contro le figure che dimenavano il loro corpo continuamente nella corsa per afferrarlo.
Le stappò, ritirò le braccia e le slanciò contro di loro.
L'incanto era una vera e propria opera d'arte, un miscuglio omogeneo di agilità, abilità alchemiche e magia :
Il liquido uscì dalle fiale trascinato via dal vento, formando due serpenti identici a quello usato in precedenza per l'uccisione del vamprio.
Si avventarono senza alcun timore verso le gambe sottili dei mostri, avvolgendole e mordendole ripetutalmente.
I Mannari sembravano tentare di resistere al dolore, sfregando con le unghie il liquido che sfuggiva comunque alla loro presa.
Rallentarono, concedendo il vantaggio desiderato al giovane alchimista.
Era rimasto in ogni caso l'ultimo dei tre cacciatori dalle fattezze mannare,  e a giudicare dalla sua stazza sarebbe dovuto essere il leader del branco.
Non poteva certo sperare di fargli qualcosa avvelenandolo con qualche misero serpente liquido, così optò per una via di fuga più sicura :
Continuando in corsa prese la terza ed ultima boccetta di pozione, riponendo contemporaneamente le altre nelle tasche.
La stappò senza farsi troppi problemi e ne ingoiò avidamente il contenuto.
Il sapore era estremamente amaro per via delle radici di maldragola palustre, la sua lingua fu sottoposta a quei gusti che sapevano di marciume, ma ne valeva la pena per avere salva la pelle.
Ingurgitò l'elisir, producendo il classico rumore con la gola.
Era debole, ma gli acuti sensi del lupo lo colse comunque, anche se per concentrarsi ed afferrarlo con una sfuriata, non ne fece tanta attenzione.
Non c'erano più alberi davanti a loro, solo le sterminate pianure di Ochermist.
Vedeva in lontananza, gli sconfinati pascoli ricoperti solo da un leggero strato di brina che più più si assottigliava verso l'orizzonte, i campi coltivati a grano oramai giallo e avvizzito, ricoperto di muffe dello stesso colore grigio del cielo lì sopra.
Una folta coperta di nubi nere dalle sfumature grigie lasciavano presagire l'unico e triste messaggio di quelle lande : morte e putrefazione.
Nonostante quei territori fossero sterminati e deserti di vita, la nebbia dorata aveva come unico scopo velare quel tetro spettacolo di una natura morta in ogni sua parte.
In lontananza, l'orizzonte che collegava il cielo alla terra formava una linea imprecisa della stessa forma dei monti lontani. Luminosa ma non abbastanza per squarciare le nubi, imprigionata dietro ad esse, l'alba di un nuovo giorno.
Correva verso quelle pianure, seppur il fiato iniziava a mancare, stando attento e concentrato a tuffarsi letteralmente in esse.
Infatti mancavano non molti passi prima di lasciare l'alta rupe che si affacciava su quelle terre.
La pozione non aveva ancora fatto effetto, doveva essere preciso il momento, altrimenti si sarebbe schiantato in fondo a quello strapiombo.
Senza pensarci una seconda volta, prese forza puntando sulla pianta del piede, lanciandosi in avanti, cadendo giù dalla rupe.
Il Mannaro frenò il suo corpo senza poter fare altro che guardare con una insolita impotenza, la sua preda fuggire.
"Doveva morire in un caso o l'altro, ci ha solo risparmiato tempo" balenò nella sua testa.
Stava per sorridere compiaciuto, ma l'incantesimo della pozione si prese beffa delle sue aspettative ;
Il corpo del ragazzo iniziò a sciogliersi, colando giù e liquefacendosi in una sostanza verde.
L'intera caduta fu in quella forma, quella colata che si schiantò a terra come una goccia, formando una pozzanghera appiccicosa.
In pochi istanti il liquido si ricompose tornando ad avere l'aspetto del corpo dell'alchimista e il suo colorito.
Trattenne la contentezza per continuare a fuggire più lontano dove il suo corpo senza forze gli permetteva di arrivare, lontano dalle grinfie di quell'inquisitore.
Ma era nel corpo di un lupo, non uno stratega, si avventò quindi giù dalla rupe avventatamente.
Si frantumò qualche falange, ma non gli importava, doveva asserire al suo compito e catturare il fuggitivo.
Si avventò su di lui, vedendolo poco lontano, raggiungendolo in poco.
Sangue di Serpe si voltò indietro, vedendosi nuovamente il suo pedinatore alle calcagna.
"Se solo avessi un'altra di quelle pozioni, maledizione!" Pensò con rabbia, quasi rassegnato alla sua tragica conclusione.
Si voltò una seconda volta, notando che il lupo mannaro era proprio dietro di lui, sferrandogli quindi un colpo di artigli al volto.
Perse l'equilibrio sentendo l'immensa forza della bestia avvalersi sul suo corpo smagrito e senza aria nei polmoni, cadendo con la faccia a terra.
In pochi istanti fece una macchia rossa che tinse il tappeto erboso nei dintorni, poi l'inquisitore lo raccolse senza pietà come uno straccio, legandolo grossolanamente con una corda.
Lo caricò sulle spalle, tornando indietro, verso il villaggio nordico.
Il volto sanguinava, il ragazzo aveva i sensi offuscati e incapace di muoversi, guardava l'alba soffocata all'orizzonte e con essa la sua speranza di salvarsi.
Forse avrebbe potuto mettere fine alla sua patita esistenza in fondo, pensò.
Soppresse i suoi pensieri la risata demoniaca e gutturale, sfregando un dito sulla chiazza di sangue che aveva macchiato il suo manto di lupo all'altezza della spalla sinistra e della faccia del ragazzo, da cui zampillava.
La portò lentamente alla bocca, assaggiandola con la punta della lingua in modo da attirare su di se le attenzioni della preda, come una sorta di grezzo sbeffeggiamento.
Passò qualche ora, riaprendo gli occhi e accorgendosi di essere immerso nelle via di Nordoom.
Il sangue rappreso, le forze assenti e sballottolato dal passo traballante del cacciatore, poteva solo vedere gli sguardi adirati e pieni d'odio della gente del posto.
Lo fissavano, carichi d'ira, urlandogli contro insulti che non poteva sentire, visto che l'udito non era ancora tornato dopo il colpo in faccia.
Genitori che cacciavano sbrigativamente a casa i loro figli impedendo loro di guardare, gli unici che sembravano provare un briciolo di empatia nei suoi confronti.
Si fermò un attimo, per mostrare a tutti il suo "bottino" o insomma, la cosa per cui era stato mandato.
La gente si riunì attorno, cercando di avvicinarsi spinta dalla curiosità, mantenendo gli sguardi in collera.
La vista appanata,  gli fece notare che rivolsero i loro sguardi al cielo, forse per qualcosa, decidento di sfruttare quelle poche forze per tirare su la testa anche lui e osservare quello che tutti guardavano impietriti.
Fantasmi. spiriti velati da stracci neri, il volto buio e senza lineamenti, lasciavano delle scie spettrali nell'aria, circondando la piazzola di folla che si era formata.
Li osservavano anche loro dall'alto, impassibili e muovendosi in circolo sopra le loro teste.
Volteggiavano con una tetra leggiadria, come una danza di un funerale, come avvoltoi intenti non a carpire brandelli di carogna, ma sapere ciò che stava accadendo in quel luogo.
La gente intanto, vedendo la loro apparente innoquità, abbassarono nuovamente lo sguardo, esclamando parole che il ragazzo non poteva ancora riuscire a sentire : << Ve l'ho detto gente! quel reietto porta solo sfortuna a chiunque lo incontri! >>
Vide la gente annuire compiaciuta dopo quelle affermazioni che non capivano di cosa si trattava, poi rivolserò i loro sguardi al lupo mannaro : << Lo porti via, signor inquisitore, giustiziatelo il prima possibile! >>
Vide le altre persone esclamare in segno di approvazione, ritrovandosi poi nuovamente sballottato e in viaggio verso la capitale, prossimo alla ghigliottina.
Vide le genti allontanarsi, ancora con sguardi malevoli, funesti e iracondi nei suoi confronti, talmente stupidi da non notare però che gli spiriti sopra le loro teste stavano andando via, in direzione delle pianure.
Perse nuovamente i sensi in seguito.
Intanto, gli spiriti silenziosi volavano sulle paure, lenti e spettrali, fendendo il cielo cupo e mimetizzandosi in esso, apparendo astri e nere stelle cadenti, dirette ad un lontano castello diroccato.
Era situato su un promontorio, indicando la fine delle pianure di Ochermist e l'inizio del mare del nord.
Era disabitato, o almeno poteva apparire ai pochissimi viandanti che si spingevano tanto oltre.
Gli spiriti si fermarono a mezz'aria, alla stessa altezza delle mura di cinta, fissando il castello e scomparendo man mano nell'etere.


All'interno di quel castello.. Una ragazza, di circa diciotto anni,dal fisico modellato e slanciato nelle sue forme.
Coperta di stracci, incatenata da pesanti catene arrugginite, seduta a terra in posizione fetale.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, risvegliato solo quando vicino al suo orecchio e ai suoi lunghi capelli dorati e mal curati, apparve dal nulla la testa avvolta in un cappuccio di stracci neri, senza lineamenti, coperta dalle ombre di quella cella, sussurrando dei sibili.
La ragazza girò le pupille verso l'indietro, ascoltando attentamente i sussurri che solo lei poteva comprendere.
Il suo sguardo tornò nel vuoto, ma un sorriso malato si dipinse sul suo volto.

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