Gatto e Tartaruga.

di adelfasora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


  Andare avanti …

 

 

 

La ragazza si affrettava verso il mediocre istituto al quale si era iscritta, in barba ai suoi spocchiosi, odiosissimi quanto ricchissimi parenti.

Lei, il loro flagello. Lei, la pecora nera.

Misha Inamori. Grande nome, immensa villa, odiata vita.

Ne era fuggita. Stava fuggendo quando, avvicinandosi all’Istituto famoso e imponente dell’Ouran, di fronte aveva visto una scuola. Una di quelle normali. Dalle pareti quiete. Da persone qualunque.

 

Lì voleva stare. Lì non avrebbe dovuto pensare a chi era lei, chi erano gli altri. Lì avrebbe fatto capire ai suoi che essere ricchi e affabili con tutti non era sbagliato, né qualcosa di grossolano. Che la plebe si distingue per quello che ha dentro, non esiste stimando il suo conto in banca. Lei avrebbe cambiato le cose, che la sua famiglia fosse pronta o meno.

Lei sì. Forse.

 

Ah, stava correndo -metaforicamente fuggendo dal suo nome e ciò che le conveniva- e cercava di non fare tardi a scuola, almeno da quando i suoi, ritenendola in crisi adolescenziale, le avevano tagliato i viveri e carta di credito. Letteralmente.

Ora abitava in un appartamento di 3 vani, a malapena quadrati, dove cercava di mettere un ordine. La cosa risultava, giorno dopo giorno, impossibile quanto prendersi una domestica o cucinare qualcosa di minimamente commestibile senza far esplodere la cucina, alquanto misera.

Ma mai quanto la sua credenza.

 

Si era cercata un lavoro, e trovandolo, aveva cercato di imparare a fare tutto ciò che delle studentesse indipendenti fanno nella propria vita. Anche non arrivare in ritardo a scuola, – sebbene la giustificazione fosse che aveva fatto le due di notte per pulire il locale dove lavorava come cameriera – pensava di perdere ogni speranza, ma i suoi occhi azzurri con tanto di labbro tremulo erano riuscita a salvarla.

La domanda era per quanto ancora.

Era stanca, pensava. Ma felice e soddisfatta di cercare di saper fare qualcosa senza alle spalle un padre che cercava di maritarla nonostante sedici anni compiuti, senza una madre che indichi il bon ton come l’unico modo per entrare nell’alta società, senza sguardi critici, come se fossi un oggetto. Già, la bambola, il gentil sesso che proveniva da alte sfere e intoccabile.

Si sentiva così distante dalla vita, quella reale. Era stato allora, quando il padre aveva iniziato a discutere con un uomo di profilo tagliente e forte, che aveva ascoltato qualcosa che l’aveva irrimediabilmente portata a cambiare se stessa, a mostrare agli altri come lei poteva essere qualcuno, e senza di loro.

< Mia figlia è giovane, mi chiedevo se lei avesse intenzione di farla conoscere ad uno dei suoi figli, di questi tempi, come lei ben sa, è difficile trovare un buon partito. >

< Ne abbiamo già parlato, penso che riceverà presto un mio invito, signor Inamori. >

< allora discuteremo di affari immagino. >

< Sempre. Oh, questo è mio figlio, Kyouya Ootori. >

 

Lei aveva ascoltato, separata da quelle parole taglienti e crude da una porta, regale, che le fece sembrare ancora più angusta quella che ormai era una prigione.

Chi se ne importava chi fosse? Suo padre l’aveva praticamente venduta ad “un buon partito” senza consultarla, senza accennarle niente. Come se lei non fosse dotata di parola, pensiero. Come se fosse merce di scambio per un buon affare, come se lei non sapesse vivere o decidere. Ed era vero.

Una volta compreso questo, decise per la prima volta.

E non sarebbe stata l’ultima.

 

Era a scuola, e poteva dire che tutto andava a meraviglia. I voti non erano un problema. Gli insegnanti la veneravano per i suoi modi e le sue capacità persuasive nei confronti della classe, dalla quale ora si ergeva come un astro, ma consapevole delle sue scelte, era sempre vicina a tutti. Nessuno avrebbe detto che si chinava regalmente sui comuni mortali. Nessuno avrebbe detto che era superiore perché apparteneva ad una famiglia importante.

Tutti dicevano e pensavano che fosse normale, brava e gentile. A volte permalosa, con la risposta pronta, come lo era quando doveva difendere un compagno dalle grinfie di un insegnante severo.

Dicevano che il suo era un bel sorriso, aperto e buono come lei. Dicevano che arrossiva ancora come una bambina, che non arricciava il naso, non sapeva accigliarsi, ma il suo sopracciglio era “divertente e temibile” a detta di Yuka, suo vice rappresentante dell’Istituto Hoshukaya.

Ciò le rischiarava il cuore, sebbene fosse triste allo stesso tempo.

 

< I miei genitori non avrebbero mai detto una cosa del genere. Mi conoscono meglio i miei compagni di classe che loro. Che bello, sono sola e come unica vera famiglia… nessuno. >

 

 

 

Fu allora che, passando per un festoso negozio di animali vide, tra tanti, una vecchia tartaruga terrestre, che nessuno avrebbe mai comprato perché scarto tra tutte, come consumata.

Affascinata da quella così elegante creatura verde, la prese con sé senza troppi ripensamenti, usando tutti suoi risparmi e fregandosene bellamente.

Aveva un carapace enorme, e sembrava, a dispetto delle sue coetanee e del suo spirito di conservazione, molto poco intimorita dalla sua presenza.

Da quando l’aveva presa con sé non l’aveva mai ritenuta noiosa, o lenta, non meno affettuosa di un cane peloso e rumoroso.

Sembrava anche più matura di lei, il che era anche vero.

Dormivano assieme, mangiavano insieme, parlava con lei di fisica, filosofia e Chopin.

Oh.. l’aveva chiamata Tartaruga.

 

< Ora ho qualcuno che mi conosce anche meglio dei miei compagni, e in maniera più vera dei miei genitori.  La  mia famiglia.>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kyouya Ootori, l’ultimo e più capace erede della famiglia Ootori, aveva ricevuto da poco un compito importante.

 

Era molto preso dal tornado di confusione che gli stava intorno, stonando con la sua indole – solo superficialmente – pacata.

 

Oh, il suo compito era redimere e far tornare sulla retta via – quella di quieta e sottomessa esponente dell’alta società - l’unica figlia della famiglia Inamori. Nulla di difficile o eclatante, era addirittura un host, sarebbe caduta ai suoi piedi senza nemmeno accorgersene.

Non era di certo vagamente irritato perché una stupida signorina altolocata l’aveva rifiutato senza nemmeno conoscerlo, senza dargli la possibilità di distruggerla.

Suo padre gli aveva accennato riguardo i suoi propositi coniugali – se così si vogliono chiamare - , avrebbe dovuto essere lui ad allontanarla, facendo chiaro al padre l’inferiorità, anche dal punto di vista finanziario degli Inamori.

 

Non era di certo perché si era per caso informato su di lei, dalle foto della più tenera infanzia, al suo sorriso, e sulla sua vita scolastica, sulle sue capacità. Non di certo perché nell’ultima festa organizzata dalla sua famiglia lei indossava un semplice abito e stava, comunque, divinamente.

 

E doveva dire che lo irritava che lei gli procurasse certi pensieri, quando stava sorseggiando tè in una sala di musica arredata meravigliosamente per incontri, dove lui doveva intrattenere donzelle molto più nobili.

 

Una perdita di tempo. Che è denaro. Irritazione.

 

Gliela avrebbe fatta pagare. Oh sì.

 

 

Era passata una lunga ed estenuante giornata fatta di monologhi senza senso da parte di Tamaki, adorabili musi di Honey per quel costosissimo dolce alle fragole…

 

*dalla mattina*

< kyouya! Ho avuto una fantastica idea: perché non festeggiamo in montagna il nosto anniversario come club? Invitiamo tutti i meravigliosi fiori di questa scuola e..  Mon Dieu! Kyouya, perché hai uno sguardo così scuro?Eh? Kyouya, fai un po’ paura.. >
domenica e sono andato a dormire alle tre, cercando di organizzare una gita in spiaggia per il solo club, perché sono stanco, perché ho dovuto fare circa trecento ordinazioni per l’organizzazione, perché ho trattato per circa cinquanta azioni e, forse, sempre perché SONO STANCO?!

 

*all’extra scolastico*

<  Kyouya, quella torta era fantastica, alle nostre clienti piacerà, se ne prenderemo altre, cioè, anche io potrei averne un pezzetto.. quello con più fragole, va bene? se la vogliono loro però, la divideremo, giusto? ma io vorrei il pezzo più grande ... >
< Kyouya, degli adorabili koala non si staccano da una delle nostre amate clienti!>

< ah, Kyouya, io lo sapevo che l'idea della simulazione foresta amzzonica non sarebbe andata bene! >

< l'hai organizzata tu, Tamaki.. >

< Kyouya, come pensi di risolvere il problema a quelle tende? Sono così plebee, e grige.. non si intonano per nulla al mio sfavillante ardore! >

E poi c’era stato il teatrino inscenato dai gemelli, che aveva fruttato, per carità, ma aveva anche contribuito alla sua emicrania; la folla di “ amate clienti ” che richiedeva una mascolina Haruhi in costume, l’incapacità della sorella nel mettere in ordine i suoi abiti, nulla facendo se non che confusione e disordine.

Una volta giunto sulla soglia di casa, avrebbe anche dovuto preparare un piano per umiliare una ragazza che le sue attenzioni avrebbe dovuto pregarle, e non essere sul ciglio di una crisi isterica.

Invisibile agli occhi di tutti il suo fastidio, la sua stanchezza, entrò in casa e iniziò.

 

< Istituto Hishukaya, Inamori  Misha. Stesso quartiere dell’Istituto Ouran, prestigioso per le capacità dei suoi studenti, ma non per struttura o classe. >

Era uno squalo. Lei un minuscolo pesciolino.

Peccato che luccicasse di più di tutto il banco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

__________________________________________________

La salvezza.. ecco cosa deve cercare di raggiungere la nostra povera vittima, indifesa e ignara di tutto (che forse tanto vittima non è.. ).
L’ha chiamata Tartaruga.. originale, eh? Sarà che ho la fantasia di un bradipo. 
Come soprannome va meglio Tarta o Ruga? Sarebbe bello sapere cosa ne pensate.
 
Oh, dimenticavo:  gli animali (nonostante la mia fobia) non sono di sfondo, ma vere e proprie personalità importanti, da tenere in considerazione ù.ù .

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


…. Scontrandosi con sconosciuti.

-Più o meno-

 

 

 

La scuola, il lavoro. Il lavoro, la scuola. Pranzare e cenare. Studiare e studiare.

< Ruga, anziana come sei.. se potessi parlare,mi daresti qualche consiglio? >

Davvero esausta, alle dieci passate era sul libro di biologia, chinata sopra quelle parole incomprensibili.

Sospirando, scese dal letto dove stava, poco prima, cercando di studiare e capire qualcosa, e si trascinò addosso la grossa tartaruga, che imperiosa la guardava attraverso le fessure nere degli occhi, e sembrava dirle “ ti prego, credi davvero che io possa sopportare i tuoi orari alimentari? Smettila di struggerti e ragionaci dopo aver messo su qualche carboidrato ” , e dopo questo, Misha si alzò, come un automa con tanto di occhiaie, e iniziò a preparare la cena.

Si immergeva completamente con testa e mani nel frigorifero, per capire cosa aveva da offrire a lei e alla sua coinquilina, così tranquilla e pacata da influenzarla, pensò sorridendo.

“ parlo con la mia tartaruga, dovrebbe essere uno strano tipo di follia.. speriamo che non sia una cosa grave ”

Dopo questo la porta, stranamente, bussò.

 

< … Yuka!? >

Sulla porta si presentava la figura esile e allampanata del suo migliore amico, che salutandola con la mano, le chiese di entrare.

< Pensavo di farti un favore, a venire qua ad aiutarti con la cena, avevo paura che avvelenassi Ruga, non se lo merita, è un animale adorabile.> il suo sopracciglio, in automatico, si alzò con fare critico < Ovviamente ero qui solo di passaggio, sai, c’è una farmacia ben fornita, e mia sorella ha preso un bel febbrone, eh, eh.. > come capitava spesso,  dopo nemmeno un paio di frasi iniziava ad annaspare, vergognandosi di quel po’ di sillabe che pronunciava, balbettando.

 

< Yuka, dovresti calmarti sai? Ci conosciamo da abbastanza tempo da non poterti permettere, né io ne la mia Ruga, di essere così riservato nei nostri riguardi. Fu il suo turno di guardarla stranito, ma poi, le sorrise sollevato < mmh.. penso che lo farò, ma solo perché c’è la tua tartaruga a rincuorarmi che non sono da solo nelle mani di una folle che parla con gli animali, e che per di più ha dato inizio ad uno scontro vero e proprio – e probabilmente sanguinoso – con uno sconosciuto carino quanto antipatico.. >

Al rammentarle la vicenda, si abbracciò le ginocchia, risalendo a impicciolirsi in un angolo del divano < non me lo ricordare.. come ho potuto? Ahhhh! > gemette frustata al ricordo.

 

Non era in ritardo.

Camminava normalmente quando vide le porte della famosa scuola per ricconi aprirsi, all’entrata le ragazze che tutto sembravano fare, tranne che studiare.

Le guardò con distacco, consapevole del mondo nel quale vivevano, e come, fortunatamente, era riuscita ad uscirne.

< Guardate, quella è la figlia dell’imprenditore Inamori.. si dice che abiti da sola in un appartamento all’ultimo piano, sola, e che non possa nemmeno permettersi una cameriera! >

I sussurri concitati al suo passaggio l’aveva a primo acchito stupita, non consapevole di come certe voci girassero. Scosse la testa, e continuò imperterrita a camminare.

< Già, un disonore per la sua famiglia, non mi stupirei se la diseredassero, o smettessero di considerarla loro figlia.> Questa voce, maschile, era molto più prepotente delle altre, come superiore e indiscussa. La fece sentire esattamente come tutte le volte che i suoi pareri non venivano richiesti, nemmeno se riguardavano lei.

Si voltò di scatto, facendo spaventare alcune signorine che, osservandole, erano completamente rapite dal giovane.

Non era nemmeno tanto male…

 

Riscuotendosi da quei pensieri, arrossita, raggiunse a grossi passi quel ragazzo tanto antipatico.

Non troppo alto, non troppo elegante, ma anche troppo furbo e, quindi, falso.

Indossava la divisa del loro istituto, e degli occhiali che, accompagnando quel suo strano modo di squadrarla, quasi a starla analizzando nei minimi particolari, adagiato in quello che era il suo regno e lui sovrano, come un gatto che quieto attendeva di mangiarsi il topolino, disteso su un divano a crogiolarsi al caldo di un camino…  sì, le sembrava un gatto.

Soffocò, in quel momento, un accenno di sorriso misto a cruccio.

Aveva capelli neri, e altrettanto scuri erano gli occhi. Si intravedevano dei segni dettati dalla stanchezza intorno agli occhi.. sembrava spossato.. ma a lei cosa doveva importare?!

 

La guardava dall’alto in basso, e maledisse per l’ennesima volta il suo metro e cinquantasei, da sopra gli occhiali e giurò che la stesse deridendo.

Non riuscendo a contenere il suo disprezzo per quelle persone, per “quell’elite” come diceva sempre suo padre, si preparò a parlare, senza peli sulla lingua, a difendere la sua dignità di persona, e le persone che, e lei lo sapeva, valevano, e nulla importava quanto poco fosse florido o inesistente il loro conto in banca.

< sentì un po’, signorino, non so chi tu creda di essere, né effettivamente chi tu sia, ma non può importarmi di meno di qualcuno che giudica le persone da quello che fanno senza avere voce in capitolo e senza conoscere ragioni. Se sei un bamboccio viziato, nemmeno questo mi importa, ma se vuoi parlare male di me, è meglio che quello che dici mi sia di fronte, e non alle spalle. > Stava ansimando tanta era la foga che le faceva scoppiare e accelerare il battito cardiaco.. come si permettevano di parlare, loro che non sapevano nulla, e che avevano solo fette di prosciutto di qualità a coprire loro gli occhi?? O che, peggio, soccombevano e sottostavano a quello che era loro ordinato, per nascita?

 

< E per quanto riguarda te, bhe.. sappi che i gatti alla mia tartaruga non piacciono. > continuò e prese un profondo respiro.. fino a che non realizzò cosa aveva detto.

Anche il “bamboccio” era rimasto sorpreso, e per un attimo aveva perso la sua faccia di bronzo,  per recuperarla, però, a tempo di record.

< Allora ti propongo una sfida. Dimostrami che essere una personalità influente, educato in un certo modo, non è importante. E mostrami cosa sei in grado di fare.>

Non ci pensò, proprio no, dato che, di fronte alla competizione, il suo istinto, così stupido e casinista, le dettò le frasi più sbagliate da pronunciare.

Forse.

 

< bene, per me va bene. > non lo sentiva abbastanza, voleva dare sfogo alla rabbia montata dentro <…Anzi, sai cosa penso?  Per me puoi anche venire, che so io, sotto casa mia, a casa mia, dormirci pure se ti va, così vedrai la differenza tra “voi” e il vostro mondo costoso e di abiti griffati e quello di una persona che una vita se la costruisce, non di certo come te, che hai certamente assecondato la tua famiglia in tutto e per tutto!>

Arrancava, si sentiva vuota, ma libera. Finalmente l’aveva gridato, in barba alla buona educazione, cosa pensasse di quelle persone.

 

Probabilmente ora era il suo turno.

Lui non trasmetteva niente. Si era fermato, vuoto. Per un attimo le fece paura, quello dopo ne fu terrorizzata. E poi non riuscii a “vederlo”; cos’era la sua? Rabbia repressa, delusione, turbamento? Era..affascinato? Incuriosito? Attratto?

Lei sì, ma si guardò bene dal mostrarlo a lui, e a sé.

< Allora sarò da te domani, per andare a scuola assieme. Oh, il mio nome è Ootori, Kyouya Ootori. >

 

< Io invece sono Misha, Misha Inamori. > E se ne andò via rapida, ancora turbata da quello strano ragazzo occhialuto.

 

Perché aveva l’impressione che ce l’avesse con lei?

 

< Già, a quanto pare questo è il tuo ultimo giorno da “ragazza indipendente e autonoma” > senza minimamente cercare di tranquillizzarla, le posò una mano sulla spalla < oggi hanno detto che faceva un bel film horror alla tv, che ne dici? >

Inutile dire che fu sbattuto fuori casa sua prima di terminare parola.

 

Doveva proprio essere la giornata delle sorprese, perché mai si sarebbe aspettata, una volta spalancata la porta, di vedere quello che vide: Ootori Kyouya in persona, che la squadrava, nuovamente e con sommo imbarazzo, completamente stranito e sorpreso dalla scena nella quale si trovava coinvolto.

 

Ci deve essere proprio qualcosa o qualcuno che è contro la mia salute e sacrosanto riposo..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kyouya Ootori stava cenando con la sua famiglia, come era solito fare, e come sempre la calma piatta era anche seguita dal silenzio, interrotto solo da poche frasi, alcune di rito, altre di lavoro.

Ma lui aveva tutt’altre idee in mente, e continuava a pensare a quella ragazza, così sfrontata e indegna anche di avere a che fare con lui, di cui si doveva occupare.

Aveva inoltre notato come fosse bassa, rispetto alla popolazione femminile e maschile della sua scuola, o comunque delle persone che frequentava.

In ogni caso, aveva già in mente qualcosa, che aspettava solo di essere messo in atto, cosa fin troppo facile.

< Padre, ho incrociato per strada la signorina Inamori, che si è trasformata, con mio dispiacere, in una popolana di ben infimo grado. > con indifferenza, continuò < mi stavo chiedendo se non potessi fare un favore alla loro famiglia, cercando di.. bhe, farle cambiare idea. > L’avrebbe fatta penare, si sarebbe resa conto che una come lei non poteva permettersi neppure di alzare la faccia da terra di fronte a lui.

 

.. così vedrai la differenza tra “voi” e il vostro mondo costoso e di abiti griffati e quello di una persona che una vita se la costruisce, non di certo come te, che hai certamente assecondato la tua famiglia in tutto e per tutto!..

 

Oh, sì. Gliela avrebbe fatta pagare. Per non parlare che si era gettata la zappa sui piedi da sola, con la sua parlantina.

Non che fosse stato piacevole trovarsela davanti, con una gonnellina a quadroni e camicetta leggera… forse troppo.

Già, e poi doveva ancora spiegarsi quella strana frase.. “ sappi che i gatti alla mia tartaruga non piacciono.”

L’aveva colto alla sprovvista come pochi, e gli veniva voglia di.. deriderla.

 

No, sorridere non era tra le sue competenze.

 

“.. che hai assecondato la tua famiglia in tutto e per tutto!”

Come si permetteva? Quella ragazzina bassa e collerica …  insinuare che lui facesse solo ciò che volevano i suoi? Lei, che non sapeva nulla? Lui era in grado di prendersi tutto ciò che era loro e restituirlo, perché non ne aveva bisogno, avrebbe potuto permettersi molto di più.

Lui sarebbe stato capace di costruirsi un impero finanziario da solo, lui … dava troppo peso alle sue parole, ma non voleva vedere che la verità era molto più vicina di quanto credesse.

 

Ovviamente il signor Ootori ebbe poco da discutere, sapeva che il figlio aveva in mano la situazione meglio di chiunque altro < Cosa credi di fare? >

< Voglio soggiornare per qualche giorno da lei, o andarle a fare visita. Credo che sia abbastanza.. interessante, fare la sua conoscenza. >

Che suo figlio provasse interesse per qualcosa era raro, ma si trattenne dall’esporre ciò che credeva.

Nemmeno la sorella aveva mai visto il fratellino così per una “signorina”, tranne per i rapporti che intratteneva con Haruhi, che però era occupata già con il galante, cosiddetto idiota, Tamaki.

< credo che se tu voglia farlo, debba andare anche subito, dato che abita da sola potrebbe essere in compagnia di qualcuno.. >

< In fondo, potrei cominciare da subito a tenerla d’occhio, dopotutto l’avevo già informata della mia presenza, io mi andrei a preparare. >

Più rapido del solito, si alzò da tavola, assurdamente, prima che la cena fosse terminata, per prepararsi alla sua entrata in scena.

 

Era solo una seccatura, ma non avrebbe ringraziato nessuna entità superiore di averlo incontrato.

 

Ciò che più lo sconvolse, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era che sua sorella aveva avuto ragione: la ragazza era in compagnia di un ragazzo, e lo stava cacciando a forza di pedate fuori di casa.

Quale gentiluomo non avrebbe avuto la sua reazione? Chi non avrebbe voluto strozzare quell’orrido plebeo e darlo affogare nel suo fango, e dare dell’incosciente a quell’ingenua, stupida e irritate ragazza?

Ma lui si trattenne, anche perché con lei doveva fingere, ma in tutt’altro modo.

 

Con uno sguardo derisorio la seguì, mentre, cocente di imbarazzo, buttava giù dalle scale il ragazzo, che di malagrazia cadde per un po’ tutte le scale, con grande soddisfazione di Kyouya, che aspettava che lei gli prestasse attenzione.

 

< Ma tu cosa ci fai qui? >

< Siamo passati al tu? Vedo che anche chi si mischia al volgo dimentica la buona educazione. >

Trasudava, di proposito, veleno e acidità dalle sue parole.

Lei trasalì, ma non si scompose.

< Per quanto possa essere educata con una persona conosciuta da poco, alle undici passate non credo che la buona educazione permetta di presentarsi a casa di conoscenti, per di più con i quali non è in buoni rapporti. Ah, sta anche disturbando la quiete, la mia. >

< Io sono qui per quella scommessa che ci siamo proposti .. >

< A quest’ora ci si presenta?! >

< … e penso dovrebbe farmi terminare di parlare, come minimo. >

Freddo, distante. Gelido. Una cella frigorifera era una stufa al confronto con lui e le sue parole, il borioso riccastro.

Tacque, ma chiunque avrebbe notato il fumo che le usciva dalle orecchie tanta era la stizza che provava.

< dunque, per quella scommessa che le ho proposto, e che lei ha accettato, e mi sembrava opportuno venire il prima possibile per iniziare da domani questo nostro piccolo esame. >

Una perfetta faccia da poker, esteticamente parlando.

Non aveva tutti i torti, e poi lei doveva ancora mangiare, e aveva un po’ di tutto sparso per casa come anche Ruga..

 

< Scusa, dovresti davvero aspettare qualche minuto qui fuori, sai, le visite improvvise lasciano a desiderare.. >

Detto questo gli chiuse la porta in faccia, lasciandolo ancora una volta di stucco.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Dove si arriva?

-metaforicamente parlando-

 

 

 

Follia.  Era tutta un’emerita follia.

In casa sua non si vedevano che calzini sporchi, mangime per tartarughe gettato di qua e di là, panni da lavare, altri già lavati, e per questo avevano bisogno solo della spazzatura, dato il risultato: rapporto burrascoso era la definizione più colorita per il rapporto tra lei e la sua lavatrice, e c’era quello fuori la porta.

Per non parlare del suo pranzo, della completa disorganizzazione… e lei era una ragazza, santo cielo! Aveva pur sempre le sue cose, no? Doveva imbarazzarsene?

- Bene, può vedere quanto tenga conto della sua opinione. Meno di zero. Anche se l’ho sfidato… cosa sapevo fare, eh? Bene. Bene. –

Invece niente. Proprio non ce la faceva a far vedere ad uno sconosciuto che porcile fosse casa sua.

Avrebbe dovuto sistemarla, prima o poi. Sospirando, iniziò a prendere masse di disordinate di qualcosa, poggiato per terra, sul divano, sul piano cucina (?) e a metterle nel cesto della biancheria, e a posare tutto quello che si trovava sulla tavola, nel minuscolo salone, nell’atrio – principalmente tazze di caffè - vicine al vaso degli ombrelli, nel lavandino, mentre quello che aveva lavato lo ripose al proprio posto.

Ah, chiuse di forza l’anta dell’armadio, per non lasciare intravedere cosa fosse possibile anche per uno spazio così angusto.

Così riaprì la porta, di fronte ad un Kyouya perplesso.

Stancamente pose le mani sui fianchi, e dalla sua bassezza < se vuoi entrare è a tuo rischio e pericolo, io devo ancora imparare molto su come si vive da soli, come si gestisce una casa. Ma le persone qui sono gentili, ospitali e molto capaci. >. Non aveva tenuto conto che quando iniziava a parlare era capace di andare avanti per ore. Carta vincente. < .. e in conclusione io dovrò cercare di dimostrarti come dei poveracci siano alla pari della tua cerchia di eletti. Io sono del tutto alle prime armi, inesperta, quindi sarà difficile e complicato, se vuoi stabilirti da me. Ah, e ti ricordo anche che la mia Tartaruga – si chiama così, sai? Non sapevo che nome darle e così.. ma la puoi chiamare Ruga, eh! – è tenuta molto in considerazione in casa, quindi quando ci daremo il turno per lavare piatti e stirare vestiti, bhe,ti faccio presente che ci sarà anche l’ora “bagnetto” > Sarebbe fuggito. Dopotutto uno come lui mica voleva sporcarsi le mani? Ormai l’aveva in pugno, si sarebbe ritirata dalla sfida indenne..

< .. e quindi sarebbe il minimo farmi entrare. > Si era liberata di un problema, non ce l’avrebbe fatta a sopportare quello sguardo, come a stare continuamente sotto esame, per non parlare del suo disordine cronico.. no no, avrebbe fatto bene ad allontanare quel signorino con la puzza sotto il naso.

< Ma mi stai ascoltando. > Quel ragazzo aveva la capacità di porre domande senza la forma interrogativa.

 

Tutto dovuto, tutto sotto controllo. Ma non era ancora entrato nel suo, di universo.

Non era plebe, non era aristocrazia. Era il suo piccolo e importante mondo.

Poi divenne d’un tratto consapevole delle sue parole.

< C.. c-co.. cosa?!!> lo stava guardando alla stregua di un mostro con tanto di sangue raggrumato, nel particolare, in faccia. I suoi occhi da cerbiatta lo perforavano,quasi letteralmente.

< Tu? Io? Davv..?! Cos.. ma, perché?? > Incoerente lei, miscugli insensati di pensieri, riflesso della sua mente, che riversavano tutto lo sconcerto possibile di fronte a lui sotto forma di parole mal articolate.

In quel momento aveva fatto una smorfia davvero strana, ma dissimulata, lo sguardo lanciatole la pietrificò, e imbarazzata e incavolata per il suo modo di imporsi, si costrinse a fargli spazio permettendogli di passare la soglia con un sorridente zerbino dalla scritta “Welcome” consumata.

 

Per la prima volta vedeva il suo appartamento come qualcosa di vagamente normale, ma il fatto che almeno lo vedesse anche lui.. era una piccola rivincita, dopotutto. “Un punto per me” pensò soddisfatta.

Fino a quando.. < In quanto a ordine e pulizia non vali davvero niente, eh? > la guardava, come sempre, dall’alto in basso.

Come sempre, e non solo perché era più alto.

Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere la rabbia che le stava montando dentro, oh no.

< E a quanto pare i nobili come voi hanno dimenticato l’etichetta, dando del tu ad una popolana, e sparlando apertamente di questo e quello. > disse stizzita < per non sorvolare sulle vostre maniere, per nulla galanti. Si è forse dimenticato cos’ero prima di una plebea-adottiva? E lo sono felicemente se questo è il trattamento, devo dire. > Mantenersi fredda e distaccata. Perché a lui doveva essere così facile?

< Era nella nostra sfida che mi mostrassi il tuo basso vivere quotidiano > ancora quello sguardo.. l’avrebbe avvelenato. O si sarebbe confezionata una bambola vodoo artigianale. Condita di tutta la sua antipatia.

< Io invece vorrei che mi dessi del lei, dovresti far vedere quanto sei superiore, o sbaglio? >

Una vena pulsava sul suo collo, e lei sperava dolorosamente. Mica era lui ad essere “lievemente” spaventato.

< Bene, lei da ora cercherà cosa in me non le aggrada, mentre faremo valere le nostre “capacità”. >

Sorrideva serafico. Credeva di avere già vinto? Un passo avanti e lei due indietro? Poteva crederlo, lei era sempre brava a raggiungere gli altri. E questo lui non lo sapeva.

< Sicuramente io ad un’elezione come rappresentante vincerei, dato che il basso rango è più vicino a me e posso facilmente ascoltarlo e comprenderlo. > ma che parlo a fare? Come possono uscirmi spontaneamente certe cose di bocca qualcuno dovrà pur spiegarmelo.

< Ma io conosco molte persone influenti, persone importanti, che certamente varranno di più. > Odiavo quello sguardo, di maledetta superiorità. Domani mattina stessa mi sarei procurata quella dannatissima bambola.

< Peccato che non conosce realmente i bisogni delle persone normali, che fanno la maggioranza. >

< Una maggioranza inutile e di infimo rilievo. > Un dito in un occhio, ecco cosa recepiva il suo pensiero, ed aveva la maggioranza a favore, quello.

< Ma è quella che conta > era certa che lo facesse apposta, a parlare in quel modo. Non aveva bisogno di una maschera.. lei non era nessuna di “quelle persone”. Ma certo!

< Quanto il vostro reggiseno lasciato sul divano. > altra frase altezzosa, senza interrogativo, che rabbia. Un omicidio programmato, l’avrebbe … < Oh, per tutte le sogliole di mia nonna! > spintonandolo di mala grazia, afferrò l’indumento incriminato e l’aveva gettato tra i rifiut.. nella botola profonda e infame degli abiti da lavare. Con tanto aiuto da parte dell’ottantenne vicina. Una tipa simpatica e di grande sostegno pratico. Santa nonnetta.

… Sto divagando! Forza, dì qualcosa! Mica è tutto irreparabile!

< ehh… > Fortuna che era l’inizio. Anzi, la prima sera. Oh, cacchio.

< b-bhe.. grazie per avermelo fatto notare. > forse era meglio se stava in silenzio, questo era molto peggio.

< Figurati, e in ogni caso sarebbe meglio andare a riposare. > lo disse a bassa voce, assottigliando gli occhio – da gatto – e facendola sospirare interiormente di sollievo, sebbene leggermente turbata.

 

 

Nel letto, finalmente, pensò più lucidamente che sotto i fumi dell’imbarazzo cocente. Iniziò a riflettere, o meglio, a divagare.. “lui ritiene di essere al di sopra di chiunque, si capiva da come mi ha guardato tutto il tempo” asserì nel buio della sua camera, dalle anonime pareti beige “e poi quegli occhiali! Se li tira sempre su con la mano, secondo me dovrebbe cambiare modello” altra approvazione, anche se lievemente fuori contesto “ e poi credo che non sia davvero così.. cioè, è probabile che si comporti così perché non ci guadagnerà nulla, e io non posso nulla contro di lui, insetto insignificante quale sono.. ma sono certa che è anche un po’ gentile, in fondo, e non solo per apparenza.. ”

Secondo me ti piace.

“Oh, no. No. No. No.

La sua nemesi inconscia era uscita fuori come Mr. Hyde prima che potesse addormentarsi!”

Guarda che ti sento, lurida.

“.. in fondo lui assomiglia ad un gatto..” era dubbiosa.

Vedi? Sei incerta, stai arzigogolando anche i tuoi pensieri, lo sento. Sai che dovresti farti curare?

“ chi assomiglia ad un gatto non può essere cattivo, deve essere di sicuro una facciata di strafottenza!”

Non lo conosci da nemmeno un giorno..

“Due! .. è passata la mezzanotte da un pezzo..”

Bhe, in ogni caso già lo trovi tenero. E tu sai che significa.

“Chi? Cosa? Eh? No. No. Non mi confondere!!”

Stai arrossendo.

“Che luminare di intuito, non me ne ero resa conto.”

In alcuni casi c’è bisogno che il tuo unico neurone, che fa coppia con me - la tua immaginazione - , ti mostri certe cose assieme ad un fil di logica: vuoi cambiare i suoi occhiali, è nel futon del tuo salotto, ha visto il tuo intimo..

“quello è stato un caso! Mica lo stavo indossando!”

E ci mancava soltanto! Ormai siete legati.

- Se la immaginava, quella blanda faccia saputa…                          Guarda che è anche la tua faccia, idiota. -

“Questa è psicologia inversa.. ora chissà cosa sognerò, come lo guarderò.. e se non hai ragione? Mi sto prendendo una cotta assurda per una sottospecie di … No.”

Oh sì.

“No.”

Visto che c’era bisogno di me?

“Voglio Yuka.”

Non fare la bambina.

“E’ tutta colpa tua! Me lo hai fatto dire di proposito!  Io ancora non lo conosco, non ho nemmeno detto di trovarlo tenero, sei tu che..” si alzò di scatto dal letto, per sprofondare nuovamente con la testa sul cuscino.

Ti ho fatto trasecolare..  fatto vedere la “morte in faccia”? O la “verità”? Si vede lontano un miglio anche nel tuo minuscolo cervello che ne sei attratta..  lo stai romanzando da capo a piedi, suvvia.. lo sappiamo tutte e due..

“ Non due! Io e basta!”

Sì certo, come vuoi, ma resta il fatto che la tua indole da spirito romantico non ti condurrà da nessuna parte.

“No, ora dovrei avere un motivo di più per comprare quella bambolina vodoo.

Sei un caso disperato. Dissennatori, questa è pronta per Azkaban.

“Non è così! Ho solo detto che era un po’ carino.. no, l’hai detto tu!! E comunque non mi piace.. e per quanto riguarda gli occhiali ho come fattore genetico dominante un inclinazione allo stile e mi piace prendermi cura degli altri, già.”

Certo, disse quella che va in giro con due diverse fantasie di calzino ai piedi.

“E’ successo solo una volta.”

E metti maglioncini orrendi.

“Ehi! Quelli li faccio io, vorrei ricordarti.”

Appunto.

“Oh, adesso basta!”

“Anche se devo dire che credo di averlo già visto da qualche parte..”

Vedi? Ora hai anche le allucinazioni! Credi di vederlo dappertutto, tra poco dirai “ era tutto premeditato tra di noi, l’ha deciso la mia tartaruga, anche se lei non pensa ad altro che a foglie di lattuga!

“Hai fatto una rima!”

Cosa?!

“Ma sì, tartaruga e lattuga!”

Adesso basta, io mi ritiro.

..

“Secondo me lui nasconde qualcosa.”

Ci mancavano solo i tuoi ridicoli filmini mentali.

“Ma tu non dovevi andare in qualche buco stipato del mio cervello?”

Bhe, è che c’è tanta di quella scelta, con tutte queste ragnatele..

 

Dimenticavo di dirti che la tua capacità di accudire gli altri confina con la loro dipartita. Ricordo il vecchio Jhonny, caro pesciolino rosso.. e vogliamo parlare di Mirtilla, il tuo amico immaginario? Che disfatta.

“Ora te ne vai?”

Santa notte anche a te.

 

Vabbè.

 

Ora era certa di essere più determinata di prima.

Com’era che si costruiva quella bambola?

 

 

 

 

 

 

Un reggiseno. Un reggiseno.

Per la precisione rosa pallido, con ricami di pizzo- la sua coscienza lo stava cripticamente accusando di essere un maniaco perverso, e di non stare pensando ad altro. Ed erano le tre di notte. Quindi ci stava pensando da parecchio.

Guarda, s’intona con il suo apparato tegumentario, addirittura.-  quella era una tortura. Una persona sveglia come lui non poteva perdere importantissimi e soprattutto salutari ore di sonno per una ragazzina dai capelli scarmigliati, morbidi, con gli occhi verde prato, le guance piene e rosee. Le labbra rosse quanto le orecchie per quanto era imbarazzata, ed erano anch’esse piene. E a pensare cosa ci andava dentro quel reggiseno, poi… NO! NO!

Ora aveva superato il limite.

Doveva andare a schiaffeggiarsi con acqua fresca e dimettersi a Morfeo.

E cercare di non immaginarsela vestita o non nella sua mente. Per favore.

L’aveva anche confinato in quell’augusto salotto dalle pareti cacofoniche, dove l’unico sollievo era l’odore di lei sul futon che aveva tenuto al petto… ecco, ci risiamo. E io che credevo che l’età ormonale fosse passata da un pezzo.

 

L’hai ammesso anche tu che ti interessa.

“Cosa?!”

Ma dai, non farti prendere a pesci in faccia.. vorrai farmi credere che davvero a te importa qualcosa di questa mediocre farsa, sotto falsissimo nome di “sfida”? Anche le mosche non stanno ridendo.

“Io non sono un clown.”

….

“Ti ho zittita, a quanto vedo.”

Ma no, era una pausa per la suspance… non l’avevi capito? O per cercare di farti arrivare da solo dove una mente brillante come te dovrebbe arrivare. Dato che le tue risposte non arrivano a quella giusta.

“…”

Ma ovviamente non lo fai, perché anche tu hai dei limiti.

Sto immaginando tutto. E’ impossibile parlare con me stesso, cercando di contraddirmi creando surreali discussioni con un altro me.

Chi ti dice che sia te?

“…”

Il dubbio è una brutta bestia,eh? O era la gelosia? Bhe, quel Yuka non era così male, poi.

“Qui mi propongo di contraddire.”

Mi mostri la controparte, allora.

“Io ho più charme, sono affascinante, abbastanza alto per arrivare ad accarezzarle i capelli e fissarla in tutto il suo essere così minuta, da farti avere voglia di tenerla stretta, sono bello, maledettamente benestante, mille volte meglio di quel ragazzino senza esperienza..”

Hai mancato di dire plebeo.

“Non credo sia rilevante.”

Allora stai anche dicendo che non ha importanza quanto lui sia inferiore e blablabla.

“Intendo per lei.”

Una perfetta faccia da poker, il “mi congratulo” nasce spontaneo.

“Grazie.”

Ma mi aspettavo, dato che sono un prototipo, abbastanza rozzo, di coscienza, che tu mi dicessi – almeno a livello inconscio, poffarbacco – che non te ne importa un emerito niente del tuo dibattito intellettuale e usare la tua lingua per ben altre importanti mansioni.

“….”               “Non sono io che lo penso.”

Già, mi presento: sono la zia Brigitta, quella che non esiste. E sono anche la tua coscienza, alla quale avresti dovuto ammettere un cinque serate di gala fa che ti piace da impazzire una piccola puffetta di nome Misha Inamori.

“Io nego.”

Bhe, allora il suo inconscio potrebbe suggerirle di passare ad un livello di conoscenza interessante con quello Yuka, e abbandonerebbe di sua volontà la sfida per ovvi motivi: impegni impellenti, come limonare.

“Io non uso quel genere di parole!”

Ma il tuo essere colto e istruito ti porta a considerare anche vocaboli di volgo. Oh, e stai glissando.

“…”

Oh, e si direbbe anche che sei arrossito.

E credo che tu, essendo all’interno della tua testa, se non l’hai notato, hai detto, in una iniziale fase confusa della nostra gioconda conversazione “…per arrivare ad accarezzarle i capelli e fissarla in tutto il suo essere così minuta, da farti avere voglia di tenerla stretta..”

“… “

Oh. Oh. Lunga pausa, nessuna risposta. (*)

“Senti, adesso non devi credere che… Io… Aah!!”

Bene, ora puoi andare a riposare.

“E ora credi che io abbia sonno?”

Bhe, sicuramente farai bei sogni!

“… Allora io mi addormenterei.”

 

Era davvero carina, eh?

“Muori!”

 

 

 

Quando si svegliarono, inutile dire, nessuno dei due aveva voglia di guardare in faccia l’altro, e si scambiarono ben poche parole di cortesia.

< Buongiorno. > < Buongiorno.>

< Hai dormito bene? > < abbastanza, anche se come futon avresti potuto darmi di meglio. >

< Già, ma quello lo conservo per le occasioni speciali. > sibilò tra i denti.

< E quali, di grazia? Non credevo fossi così libertina.. >

< Bhe, di sicuro non verrei a dirlo a te! > Non c’era nulla da fare, ogni volta che apriva la bocca non faceva altro che scontrarsi con lui, facendo crollare ogni possibile approccio civile.

Riprovò.

< Va bene, ricominciamo, ok? Dunque.. cosa ti piacerebbe per colazione? >

< Non credo che tu possa offrirmi un granché. > le disse sarcasticamente.

Lei, per tutta risposta, gli sfilò gli occhiali da mano e li gettò nella pattumiera.

 

Minuti di silenzio.

 

Forse non aveva ancora preso atto di quello che aveva fatto.

 

Fatto stava invece che lui a tratti guardava lei, altri i suoi occhiali, ormai ridotti in condizioni pietose, rotti e incrinati per l’urto.

 

Poi diede segni di vita.

Come sbattere le palpebre.

E cercare di pronunciare parola.

 

< Io.. io .. credevo che quegli occhiali non ti donassero, ecco. >

< E me li butti via per questo?! >

Le sembrava leggermente incavolato nero.

< Devo dire che sono stata un po’ precipitosa, ma non devi preoccuparti, stavo proprio pensando di.. >

< Pensando cosa? Ma che hai al posto del cervello? Ne hai uno? I-Io.. come faccio adesso? E a scuola? Ti rendo conto che hai appena tolto ad un miope la luce? Ad una talpa il buio? Ad un vecchio il suo bastone? E ora? E ORA? > ora davvero non avrebbe potuto fermarlo

 

E poi si fermò.

< Bhe, ho capito, ho sbagliato, ma l’ho fatto perché volevo prendertene un paio di nuovi. > la voce le si stava incrinando maledettamente, maledizione! < Mi dispiace, non so cosa mi sia passato per la testa.. ma se proprio ti pesa stare qui puoi anche andartene, la porta è aperta > ora gli occhi erano umidi umidicci, e ci avrebbe messo poco a scoppiare in lacrime, cosa che odiava, maledizione!

< Ehi, adesso non rigirare la frittata, sei tu quella che d’un botto mi sfila gli occhiali, dicendo che vuole .. >

< Non penso, dopotutto te ne puoi comprare a centinaia di quelli, in realtà ti pesa aver accettato la sfida, di stare qui quando a casa tua chissà che pacchia! Torna lì a fare il pascià, io ti prometto di comprartene un paio identico, contento? > ora stava, invece, bellamente piangendo, e fuggì da casa sua.

< Maledizione. > ma lei non lo sentì.

 

Correva a perdifiato, e per fortuna che quel giorno non c’era scuola, lei non avrebbe saputo come fare ad arrivare in tempo, non era ancora nemmeno in divisa.

Infatti, era in pigiama.

< Oh, no. > sospirò sconsolata, pensando a chi l’avrebbe vista.

< Ti consiglio di tornare dentro se non vuoi prenderti un malanno. >

Era lui, per davvero. Senza occhiali.

Anche lui in pigiama.

Probabilmente a lui non capitava spesso di dover agire d’istinto.

Invece eccolo là, di fronte a lei, quasi piegato in due per la corsa, nella paura di perderla di vista.

Ma anche tutto arrossato per la corsa, con i capelli in rivolta, con tanto di pigiama a righe e canottiera  era stupendo. Bello, e certamente ormai l’aveva ammesso.

Dopotutto era una semplice e oggettiva constatazione: lui era un figo da paura.

Ed era tutta una nuova persona quella che aveva davanti. O meglio, la stessa, ma cambiata.

Sì, la cosa confonde anche me, ma non si era forse preoccupato per una scema come lei? Non l’aveva rincorso come in un film strappalacrime? Non sembrava più dolce?

Era quasi certa che tra loro giacesse una maschera, abbandonata lì.

 

< Ah, ok. > che frase stupida, dopo tutta quella sceneggiata. E per cosa? Un raccolto di emeriti niente, ecco. Che frustrazione.

< Bene, allora dovrai scegliere un bel paio di occhiali per farti perdonare, e ne vorrò uno costoso. > la fissò, come per ingaggiare una nuova piccola battaglia.

Ma non fecero altro che, per la prima volta, sorridersi.

Tipo tregua.

 

 

< E comunque, quegli occhiali a parer mio ti stavano davvero male, dì la verità che ti ho fatto un piacere. >

< Sì, certo, come ho fatto a non capirlo subito, ora dovrei proprio scusarmi con te. > stava attento a vedere la sua reazione.

< E mi dispiace, tanto, a volte sono parecchio impulsiva, te ne volevo parlare, non sono cosa mi è passato per la testa, io.. >

< Hai assolutamente ragione, hai dimenticato il cervello sul comodino stamattina? >

Praticamente sarebbe morto fulminato dall’occhiataccia, ne era quasi certo.

< e poi anch’io mi sono lasciato andare, forse troppo. > sembrava davvero una fatica per lui ammetterlo. Come se fosse imbarazzato.

< Naaa, eri davvero poetico mentre cercavi paragoni che dimostrassero la tua disperazione. > con faccia saputa < senti qua: come un Orlando senza il suo lume! >

Ma non poté trattenersi dal rabbrividire.

< Su, mi sono trascinato dietro la coperta, mettitela addosso. > perché doveva andargli facile? Ma anche no, ovvio.

< Sai, tu mi davi l’impressione di uno a cui importa meno di zero degli altri, se non rientrano nei tuoi interessi. >

< Allora era l’impressione sbagliata. > e sembrava gli costasse ammetterlo.

< In questo caso ne approfitto.>

Stupendolo in maniera assoluta, non solo gli prese di mano la coperta, ma si attaccò a lui stile cozza, tremante e infreddolita, senza troppi complimenti.

< E io che volevo inscenare un vero acceso dibattito sull’uso proprio o improprio della coperta >

Ma dove era finita tutta la sfida? Ora si stava solo sciogliendo in un brodo di giuggiole perché si stava praticamente preoccupando per lei, anche se non lo dava tanto a vedere. Ma si vedeva… che carino.

Ormai la loro piccola competizione sembrava star diventando la loro stessa convivenza.

 

Dalla quale stai sviluppando una certa dipendenza.

“Oh. Ma sta zitta!”

 

 

Si avviarono verso casa.

E mentre lui non riusciva a orientarsi in un mondo sfocato, e aveva come guida una ragazza-tappo che si divertiva a farlo girare a vuoto, le risate piene e spontanee si sentivano a isolati di distanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

_______________________________________________________

* tratta dal film I love Shopping.

 

Questo capitolo è forse un po’ più lunghetto, è che non riesco a lasciarli così, arrabbiati e fraintesi, così mi ispira di più, ecco.

 

Probabilmente la vocina che tormenta quei due è la stessa “essenza” per entrambi… lascerò cadere su questa un alone di mistero. Agognato? Ma anche no.. volevo un po’ far ridere, perché si sa, la drammaticità non va bene.. Kyouya avrà un incidente mortale e lei rimarrà sola a badare a tartaruga e gatto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

No, sto scherzando. ( che ridere)

 

Ma forse sul gatto non più di tanto. (che sarà lui ad essere investito?)

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Vita.

- Piena di sottotitoli, eh? -

 

 

 

 

Colazione-

 

Una volta tornati a casa, Misha cercò di mettersi all’opera e far salire il caffè… inutile dire che lo dimenticò sul fuoco, facendolo diventare qualcosa di non identificato dall’odore rivoltante.

Glielo fece notare anche Kyouya < E’ disgustoso. E sono stato gentile. > che faccia da schiaffi.

< Potresti sempre dare una mano, caro il mio pascià. > si sentiva risentita, e lei che pensava avessero fatto dei passi avanti..

< mhmmmh .. ti piace il caffelatte? > questa sì che era buona < vorresti dire che ti occuperai della colazione? Tu sai procacciarti cibo senza chiedere aiuto ad una domestica? >

< A me sembra che tra noi due quella che ha bisogno di una cameriera tuttofare sei tu. > lo faceva apposta, ad irritarla. Bene, lei si sarebbe mostrata superiore. Lei era superiore.

 

 

< allora, ti piace? >

< non è male. > le costava molto ammetterlo, ma non faceva una colazione così sostanziosa da quando viveva da sola. O da quando l’anziana signora della porta accanto non veniva a farle visite di cortesia con la buonissima – piena di calorie - torta di mele. Calorica sì.. ma non poteva deludere una signora così cara e gentile, no?

non terminò, dato il chiaro segno di omicidio dato dal fermacarte in suo pugno <.. dicevo, bisogna dividere i compiti, io preparerò da mangiare, non vorrei che per la tua incapacità rischi l’avvelenamento >

< Quindi non mi reputi all’altezza? Credi che non ne sia capace? Che tu sia la provvidenza che mi concede asilo?? > nemmeno il tempo di controbattere che : < bhe, sbagli: fino a prova contraria è la sottoscritta ad ospitarti, e non credere che lascerai a me i lavori più pesanti! Ci andrai anche tu a buttare la spazzatura, che abitiamo al sesto piano senza ascensore, farai anche tu i letti, rassetterai anche tu le sale! E andremo al mercato! >

< Ma non posso nemmeno- >  < Ora! >

Detto questo, morse l’ennesimo biscotto e sbatté la porta. Pochi minuti dopo uscì, infagottata con sciarpa e cappello, che lo guardava come fosse spuntato un fungo gigante in cucina < Ma che- >

< Sei ancora qui? > lo prese di forza strappandogli la tazza di mano < entra in camera tua e vestiti! Credi che i negozi aspettino te? >

< Bhe, se sono di lusso.. > Un sopracciglio poco divertito gli impose rapidamente di indossare camicia e pantaloni.

 

 

Shopping “delle cose inutili” e spesa-

 

Giravamo da ore, ore, ore e ore e esattamente anche trentadue secondi, ma ormai ho smesso di contarli.

Eravamo giunti di fronte ad un immenso ipermercato, e io vedevo e tremavo, di fronte ai suoi occhi accesi dalla luce dei negozi.

E no, brillavano di luce propria. Innaturale eh?

Ma essendo un uomo non potevo tirarmi indietro, avevo accettato.

Meglio dire che avevi ceduto.

E ora ero trascinato da una parte all’altra della enorme struttura.

Una vera trappola infernale dove si sfornano donne in piena attività e uomini solo schiavi.

Brrr…  Ammetto che temevo mi avesse iniziato a chiedere di portarle dei pacchi, alcuni sacchi stracolmi di ogni genere di cosa. In modo particolare cianfrusaglie, oltre che beni primari come cosmetici, e in ultimo l’ultimo dei bisogni umani: avete presente pane, pasta, carne e acqua?

 

E invece si continuò a lungo senza che lei mi dicesse nulla, senza che si apprestasse a mettermi in mano scatoloni di coperte più pesanti, o la tartaruga.

Cosa? Non l’ha lasciata a casa? 

 

Avevo capito il suo gioco. Cioè, io sono tra le persone più qualificate e intelligenti del Giappone, e lei credeva che non l’avessi intuito immediatamente?

< So che stai lavorando psicologicamente per farmi cedere >

< Ma di cosa stai parlando? > faceva tutta l’innocentina, ma a me non la si fa.

< So che stai tramando. >

< Oh, se ti ci metti anche tu con queste frasi criptiche non riuscirò a portare tutte queste cose e riflettere sulla tua logica inoppugnabile. > comunque in ogni caso erano pesanti. La vedeva, che si affaticava.

Ma non cedeva, non voleva chiederglielo. Ma era stupida? O solo orgogliosa?

< Dammi queste buste. > sospirò sfilandogliele di mano. Lui era un gentleman, anche prima che uomo. < ma non credere che non ti abbia scoperto: tu stavi cercando dall’inizio di mettermi in mano quelle buste, piene di roba pressoché inutile, e non me lo domandavi.. > < per indurti a farlo? > completò lei, con un sorrisetto tirato < visto? Ammetti che avevo ragione io, dopotutto sei davvero stupida, avresti potuto benissimo porgermele, cos’era quella, ripicca femminile? >  non rispose, continuando a sorridergli.

< In realtà ti sei immaginato tutto, ma se non vuoi ammettere di essere complessato forte per me va bene > si tratteneva dal ridere, lo stava umiliando! < ma è stato davvero carino per te essere così ossessivamente preoccupato che non riuscissi a portarle. > ecco, forse così andava meglio. Come anche il modo in cui lo guardava. 

 

Post arzigogola menti vari ..

 

Non poteva crederci. Le stava davvero portando le buste, sbuffando e imprecando senza fregarsene di quelle benedette etichette e mostrandosi così, così com’era.

Un cattivo ragazzo.

E nemmeno. Dopotutto la stava aiutando. Lo fissava incuriosita, come a cercare di perforarlo quando, dopo un flash istantaneo, saltò come scossa < Kyouya! >

Lo sai, vero, che sembri appena stata illuminata dalla rivelazione sulla vita eterna?

Non la ascoltò, ma gracchiò con voce acuta < Gli occhiali. >

Sembri determinata.

Lui la guardò sconvolta, quasi a chiederle < ma che ti prende? > .. e lo disse, infatti.

Oh, sembra proprio che ti stia dando della spostata.

Continuando a ignorare quella che aveva chiamato L’antipatica voce del suo incoscio, prese per il polso – forte, muscoloso e restio a seguirla – Kyouya, costringendolo a entrare in quattro negozi dove, chiaramente, si vendevano occhiali da vista.

Alla fine, senza troppi ripensamenti, glieli scelse lei, e ben due paia: uno molto sottile, senza montatura, non più ovale ma dalle lenti rettangolari – sembra davvero il figo dei tuoi sogni proibiti, eh? – arrossendo, d’impulso gliene prese un altro, con le lenti perfettamente rotonde – bhe, probabilmente il tuo sogno proibito è vederlo senza, giusto? – e sotto il suo sguardo inquisitorio, lo costrinse a prenderseli.

Poi venne il gelato, la corsa a perdifiato nel parco alla ricerca di Ruga, persa da un “irresponsabile, incosciente, inutile, stupido, insensibile” che corrispondeva sempre al ragazzo sbuffante.

 

-Mamma, tu  lo senti questo trenino? Sbuffa parecchio, ma io non lo vedo!-

 

Misha, presa di sorpresa, iniziò a ridere come un ossessa, scoprendo così – mentre si abbassava tenendosi la pancia - Ruga nascosta all’ombra di un salice.

 

< Hey,Kyouya >

Lui, come per tutto il tragitto, non si volse neppure a guardarla.

< Kyouya >

Niente.

Eh, lo so, sarebbe stata una meravigliosa storia d’amore, ma lui proprio non ti vede

< Ootori! >

Stanco come se trasportasse macigni, molto lentamente si voltò.

Lei, con il sorrisino di un bambino che sta per fare una marachella, pronunciò per l’ennesima volta lo stesso suono.

 

Hai imbrogliato, gli hai tirato la maglia di spalle.

< Ciuf, ciuuuff! >

 

 

Dall’altra parte, dove nel verde c’erano poche ma coloratissime giostre, un bambino, seduto sull’altalena, pensava intensamente a qualcosa, con la testa piegata da un lato ed uno sguardo interrogativo.

Ma alla fine non doveva essere tanto importante, e si decise a continuare il suo gioco, andando verso il piccolo presidio  con lo scivolo, il suo preferito.

 

 

Pranzo-

 

Dalla cucina echeggiavano spostamenti di piatti, bicchieri che cozzavano, e un tramestio di posate.

 

< Devi mettere a tavola anche i cucchiai! >

< Io il riso lo prendo con le bacchette! >

< E chissenefrega! Mia madre mi ha insegnato così, e poi che ti costa ascoltarmi, una tantum? > si bloccò, annusando l’aria stranita < Ma che odore… Oh no. No. Ho dimenticato il pollo nel forno! >

Dopo una serie di intralci – vedi la sedia, lo stipite nel quale era inciampata, e la ricerca di un misero guanto per non scottarsi- riuscì a raggiungere quella che era la portata, ormai bruciacchiata e immangiabile.

< No.. e adesso come faremo? Mica posso ordinare al Take away! > piena di sconfortò, si piegò sulla sedia < E’ tardi, ci sarà una fila prenotata infinita prima della nostra ordinazione e passeranno ore prima di toccare cibo! > le veniva quasi da piangere dalla stizza < E io ho fame! >

Kyouya, pensieroso, stava studiando con attenzione un vecchio e sgualcito libricino. Indicando la copertina ingiallita, Misha gli disse che era un vecchio libro di ricette, redatto e completo di suggerimenti da parte della nonna materna.

< ma che fai? Metti giù le mani, che è un prezioso ricordo! >

< Credevo avessi fame.. e quindi avremmo potuto utilizzarlo, il tuo prezioso ricordo, dato che non mi sembri capace di combinare qualcosa ai fornelli. > il suo sguardo, terrificante come al solito, lasciava trapelare che anche lui avesse fame, e parecchia.

< Bene… e cosa potremmo fare? >

< Iniziamo dal riso, tu mi passerai gli ingredienti. >

< Ai suoi ordini, Gran Capo Cuoco. >

Lo disse con fare serio, ma dai suoi occhi trapelava divertimento.

< Principiante, guarda e impara. > se doveva stare al gioco, tanto valeva farlo come più gli competeva.

 

< Prossima portata: Chawan Mushi, signore. >

< Vediamo se sei nuovamente riuscita ad annullare tutto il sapore del pesce. >

 

< Oh.. come è possibile che no riesca a tagliare e spellare una seppia? >

< Non dice di scuoiarla, per ottenere un sashimi di seppia. >

< Non riesco a cuocere il riso! >

< Bhe, il lato positivo in questo colloso esperimento a vapore è.. che non c’è niente di positivo! >

 

< Non ce la faccio. Davvero, non ho mai conosciuto persona più incapace di te. E io ne conosco tante! >

< … ti sei appena dato un tono, e hai sbuffato. Sebbene tu mi abbia insultata la vedrò dal lato poositivo. >

< hai versato tutto il sesamo della boccetta fuori del piatto. >

< Eh? Oh, caz.. >

 

 

Verso le quattro meno qualche misero minuto, si erano finalmente saziati nonostante smorfie di disgusto o, più raramente, di gradimento – ed era, con grande irritazione da parte sua – quando era lui a cucinare.

 

< La prossima volta tutti cibi precotti. >

< Io consiglierei di chiamare la nonna. >

 

Vedila con ottimismo.. vuole conoscere i tuoi parenti, ora!

 

 

 

Compiti (.. ?)-

 

Il pomeriggio, o quello che ne restava, era ciò che di più tranquillo poteva esserci, non tenendo conto dei lamenti senza senso di Misha, che lanciava invettive contro la matematica e i suoi problemi, che dovevano per forza essere resi pubblici agli studenti.

< Kyuoya > la sentì, ma la ignorò senza provare pietà o rincrescimento.

< Sei senza cuore! Io ti sto offrendo casa mia, con tanto di vitto e alloggio, e tu non provi nemmeno a restituirmi, in minima parte, il favore? Ti prego.. tipregotipregotipregotiprego- > < Smettila. Immediatamente. Non noti la pace di questo luogo? Và e non creare fastidi. > gelido. Ci stava quasi facendo l’abitudine.

< E invece no! Tu devi aiutarmi! Me lo devi! Oh, ma dai, che ti costa? Tanto lo so che sei un vero e proprio portento con certe materie, dopotutto chi manderebbe avanti baracca e burattini di papà? >

Appunto, quasi.

Ma aveva detto le cose sbagliate, forse. Sicuramente però lo scossero, e la fissò negli occhi, fino a farla arrossire, fino a farlo sorridere soddisfatto.

< Solo perché hai montato il mio ego, rendendoti conto delle mie capacità, competenze.. no. >

Sospirò affranta: non c’era via d’uscita.

Femme fatale, arte della seduzione. Sei una donna, no? Non il miglior esemplare, certo, ma un paio d’occhi da cucciolo..

Ma certo!

Grazie, so di essere geniale, ma fa pure come se non fosse merito mio..

L’avrebbe aggirato, l’avrebbe fatto capitolare! L’avrebbe pregato dolcemente, con tanto di lacrimuccia e labbro tremolante.

.. e delle mie brillanti idee.

 

Mi si avvicinava, e lo sguardo e le movenze avevano un che di sospetto.

Non avevano nulla di innocente, forse.

< Kyouya.. per favore, non potresti aiutarmi, almeno un poco? Non è che ti stia chiedendo un gigantesco favore! Cosa potrei fare per te? >

Kyouya, non pensare cose indecenti ora.. anche se, sì, lo so, sei pur sempre un uomo, ma almeno capitola con onore!

< In cosa potresti aiutarmi? Non riesci ad essere autosufficiente nemmeno per te stessa. > aveva sempre la stessa voce, la stessa inclinazione.. sebbene, dallo sguardo vittorioso di lei, doveva aver incespicato nella parte finale della frase. Dannazione.

< Su.. non c’è davvero nulla che possa fare per te? > Sbatteva fastidiosamente le palpebre, impedendogli di guardarla bene negli occhi, desiderando … 

Ci pensava. Ci pensava.

Ci stai pensando sul serio!

 

< Baciami. >

 

Adesso era lei senza parole.

Bhe.. forse non è così asessuato.

Però adesso come si sarebbe comportata? Eh?

La vocina del cavolo non c’era mai se serviva, era un classico.

Non si perse d’animo. Dopotutto anche lei.. cioè, non è che lei.. forse un po’.. ma no! Che andava a pensare.. era davvero carino.. perché gli aveva comprato una montatura davvero migliore della precedente, ovvio. Ovvio..

 

Si stavano baciando.

Che tripudio di emozioni, eh? Finalmente ciò che sognavate con e senza occhi aperti!

..

Ed in parte è stato anche merito mio, no?

Dai, ho fatto spegnere la sua voce petulante e i troppi neuroni dell’aristocratico!

 

Nel frattempo loro due, o meglio le loro bocche, si incontravano e scontravano ripetutamente, come se non avessero desiderato altro per tutto il tempo. Come se fosse davvero giusto farlo.

E lo era.

 

C’è nessuno? Io mica ho il potere di completare i tuoi esercizi di matematica, eh!

Continuando a baciarsi si era seduta sulle sue gambe, mentre lui, sul divano, le teneva i fianchi. I suoi capelli erano morbidi e corti, da accarezzare, si ritrovò a pensare Misha, che, a contatto con le sue labbra non poteva fare a meno di rabbrividire.

Ah, mi arrendo.

 

 

< A quando li rimandiamo i tuoi problemi? > aveva il fiato corto, ma la sua mente razionale non poteva smetterla di lavorare. Sebbene fosse molto più attenta ad incanalarne altri, di dettagli.

< Mmhh.. io avrei voluto un altro bacino, ma dato che sei tanto severo dovrò andare a fare i compiti > sospiro teatrale < tutta sol- > Non finì di parlare.

 

Altro che “bacino”!

 

 

 

La lavatrice e la simpatica vecchietta.. alla conquista-

 

Il giorno seguente..

Il professore di matematica era, fortunatamente, assente.

Già, altrimenti anziché formule geometriche si sarebbe visto scorrere davanti il  peggiore dei film smancerosi, zuccherosi e caramellosi!

 

La sera prima..

Stavano vicini, continuavano a guardarsi negli occhi, imbarazzati da quello che era successo tra loro, così inaspettato e .. strano? Si sentiva felice, spumosa e sorridente.

- Hai davvero un sorriso enorme stampato in faccia, mi fai paura. –

- Ah, certo. –

- Non rispondi più nemmeno alle mie pseudo-provocaizioni, ancora intontita dalle mie grandi capacità di baciatore? –

- Perché devi rovinare questo bel momento? Zittisciti. –

- Non posso, devo chiederti una cosa importante: ti va di fare compiti di matematica con me.. a tempo indeterminato? –

- E io che pensavo tu fossi criptico.. avevo perfettamente ragione! –

Rise, accoccolata a lui, e se prima era felice, ora era radiosa e entusiasta, come a mangiare Nutella, come il suo primo giorno con Ruga per casa..

I suoi pensieri furono scacciati appena si rese conto di non avergli ancora risposto.

- Ovviamente avrò bisogno di tanto, tanto aiuto anche nelle altre materie.. per esempio, adesso non ricordo per niente cosa bisognasse studiare di storia. –

Glielo disse, strusciandosi addosso a lui, sbattendo le ciglia a ripetizione.

-  Cercherò di insegnarle qualcosa, ma dovrete pagare in cambio, principiante. –

E tornando a baciarsi, ad abbracciarsi, si disse che non avrebbe mai potuto desiderare di meglio.

 

- si potrebbe fare qualcosa per quel reggiseno che incontrai la prima volta sulla soglia di casa tua? –

Ridendo, gli mollò un pugno sul braccio, ma solo per riprendere da dove l’aveva lasciato.

 

 

Quale altro motivo alla tua euforia?

E, mentre cercava di azzittire quella maledetta vocina, si avviava verso casa, così leggera e spensierata che non avrebbe notato un piccolo, dolce, minuscolo e tenero micino, se non fosse stato che un certo ragazzo di sua conoscenza lo stava accarezzando e dando degli avanzi di cibo.

Ma quant’è carino?

Il gattino. Il gattino!

Su.. sei solo un po’ fissata con lui.. in  maniera maniacale. Ma c’è sempre la casa di cura!

 

 

Guardandolo, aveva poi deciso di aspettare che si allontanasse, da bravo studente, a scuola. Decise, una volta scomparso alla vista, di prendere quel piccolo micetto con sé, con il suo pelo bianco e immacolato,con i suoi occhi verdi e marroni.. verdi e marroni?

Fissandolo meglio,  e rischiando di essere sfregiata a vita, notò che le sue grandi e luminose iridi erano di colori diversi.

Non lo fare.. non lo fare..

Bhe, a Ruga i gatti mica piacciono tanto.. però credo che andranno d’accordo!

Questa allegra brigata non fa altro che diventare sempre più numerosa.. e chi deve occuparsi di tutto? Sempre la sottoscritta!

Facendosi prendere per matta dalle persone che le passavano intorno, se ne tornò fischiettando a casa, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare.

Lunedì.. cosa c’era da fare il lunedì?

Oh, per tutti i kami. La lavatrice!

 

- sta attenta con lui, mi raccomando, una amica troppo innamorata potrebbe farmi diventare glicemico! –

- Yuka! Ma se eri tu a tifare perché cadessi tra le sue braccia “abbandonandomi al sentimentalismo più svenevole”? –

- E’ inutile che mi citi in continuazione, Shakespeare lo imito solo in presenza della mia ragazza. –

- Ma guarda un po’ te! Aspetta.. la tua ragazza! E che aspettavi a dirmelo? Già, e dai della smielata a me, mentre decanti pezzi di Romeo di fronte alla tua Giulietta! –

- la mia Giulietta non te la farò mai conoscere, potrebbe innamorarsi di quel tipo maledettamente perfetto.. –

- Eccoti al punto! Ah, la gelosia… -

- Lo so, è una brutta bestia.. ma che stai conbinando? Dal telefono di casa non ho mai sentito tutte queste interferenze di linea… a meno che tu non stia sfasciando casa. –

- Di peggio.. la lavatrice è il nemico. Io cerco solo di lavare degli innocenti indumenti, intimi e non.. secondo te le sto chiedendo troppo? –

- Bha, magari si sarà stufata del sapone marsiglia che non lavavi via dal cestello. –

- Vabbè, ora ti attacco, che questa è una guerra seria, e a me sembra di aver già perso la prima battaglia a colori. –

- La mia saggezza mi impone di ricordarti della affabile e gentilissima.. –

- Signora Petronilla! Ma certo! Lei sarà la carta vincente! –

- Ricorda di tenermi da parte una fetta di torta alle mandorle, che la prepara da Dio! –

- Prima di abbandonarti al tuo goloso destino, e andare a bussare alla porta dell’alleata più forte, ti do una fantastica notizia:  c’è un piccolo gatto per casa, e lo chiamerò Ulisse. –

- E io che credevo preferissi il greco Odisseo! –  Senza degnarlo di risposta, chiuse la telefonata, pronta a staccare il gatto dal carapace di Ruga, abbastanza infastidita. Li mise entrambi, in modo che non nuocessero l’uno all’altro, nella sua camera.

 

Bussando leggermente imbarazzata, Misha si ritrovò davanti la stessa signora che ogni mattina la salutava dal balcone: Petronilla Baroni, vedova di origini italiane e adorabilmente ficcanaso.

< Chi era il giovanotto che venne a casa tua, signorinella? Non creda che non l’abbia notato, eh! Vorrebbe fare bella figura con Lui? >

No. Era ficcanaso e basta.

 

 < E’ semplice come bere un bicchiere di vodka e ubriacarsi, cara. >

Peccato che lei invece non concordasse. Ma si trattene dal darlo a vedere.

< Bene, dividiamo i colorati dalle camice con colori tenui e gli indumenti bianchi.. ma che bel vestitino, cara, hai davvero buon gusto! >

Sebbene lusingata, quel cara la irritava leggermente.

< cara.. cara? Mi stai ascoltando?? Bhe, direi che una temperatura sui 30° sia bene per i colorati, mentre poi dovremmo cambiare programma per i delicati, per le fibre sintetiche e per la lana! Non ci vorranno più di tre lavatrici, cara, non preoccupartene. > Aveva un sorriso gentile e tanta disponibilità. E la salvava sempre da quel genere di situazioni. Cara nonnina.

 

< Ma cos.. >

O cavolo. Che ci faceva Kyouya lì?

< Kyu-Kuoya?! >

Ma non aveva quel club di oche a cui fare da servo leccapiedi? Perché era lì?

< Oh, cara, era proprio di lui che ti parlavo prima.. mi è parso da subito un bravo ragazzo. Non correte troppo però! La gioventù affretta sempre le cose. > Anche la paternale! Ora sì che aveva solo voglia di scomparire al centro della terra.

E si trovò così trascinato nel turbinoso …

< Non sono davvero il tipo, madame. > Shockata lo vide baciare la mano alla Baroni. Baroni Petronilla!

Che c’è? Sei gelosa di un ottantenne ora?

Impossibile. Impossibile.

Sta di fatto che non le piaceva come guardasse il suo ragazzo.

Sei davvero gelosa della vecchia?!

Non ce la faceva, perché gli faceva il terzo grado? Come se fosse sua madre?

Ah, ecco, dicevo che non poteva essere. Grandiosa notizia, ragazzi: la vecchia svitata si unisce alla banda!

< Signora Petronilla, dovremmo continuare quello che stavamo facendo, no? >

< Cosa? Ma certo cara, vieni su. >

< Vorrei vedere anch’io, non sono molto esperto in materia a dir la verità. >

Cos.. Perché?

< E’ davvero un bravo ragazzo. Non se lo lasci sfuggire, cara. >

Ora anche le confidenze? Oh, che quella stupida lavatrice se ne andasse a quel paese.

 

Nel frattempo Kyouya e Petronilla strinsero amicizia, e più di una volta – quando rise con fare isterico, quando lo trattava con fare civettuolo, quando.. praticamente sempre! – sembrava cercasse di filtrare con lui.

 Per tua informazione, rilevo una caratteristica snervante: paranoica.

Non si risparmiavano nemmeno, e spesso l’argomento cadeva su di lei.

E sentiva il cuore sciogliersi, lavaggio dopo lavaggio.

Sta mostrando di volergli fare il terzo grado, per la sua cara.

 

- Ma sa cucinare bene? –

- Oh, chi? Io di certo meglio. –

- Ah haha.. bhe, in fondo quella cara ragazza ha molto da imparare. –

- Già. Ma la forza di volontà non manca. –

- Certo che no, lei è una così cara ragazza! –

 

- Ma lo sa che quando è venuta qua era talmente magra che faceva paura? Le preparo spesso delle torte, così che metta su un po’ di carne. -

- A me piace anche così. –

- Ed è un bene, dopotutto l’aspetto fisico non conta, ma la salute sì. Non concorda, caro? –

- Oh, assolutamente. D’ora in poi cercherò di aiutarla a mettere su qualche chilo. –

- Ha tutto il mio appoggio! –

 

- Non trova che sia davvero una bella ragazza? –

- Certo. Anche se è un po’ disordinata. –

- Bhe, per fortuna che ha conosciuto lei! Sono certa che d’ora in poi cambierà molto. Forse neppure mi chiederà più aiuto con la casa, non è così, cara? –

 

Per quanto il suo cuore mancasse battiti quando lui parlava di lei, ciò che disse la signora Petronilla la scosse.

< Ma le pare? Come potrei non venire da lei e romperle le scatole con le mie continue richieste? >

< Oh, quanto sei gentile. Non se la faccia scappare, giovanotto. >

Dopo di questo..

Finalmente qualcosa di diverso da “caro”!

< Le va di fermarsi a cena da noi? >

 

Cosa?!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Vita.

-Parte 2-

-  ovvero quando gatto e tartaruga vanno d’amore e d’accordo… ? - 

 

 

 

Cena-

 

Armonia. Armonia.

E ordinarono pizza.

Il massimo, no? No. La signora Petronilla, con le sue capacità da cuoca non si fece pregare.

Lasagne, carne arrosto e contorno di parmigiana di melanzane.

Mangiarono fino a esplodere, senza farsi pregare, mentre la signora Petronilla, meglio nota come laformidabiledonnadicasa con il suo chiacchiericcio li teneva impegnati entrambi. Quando non avevano la bocca piena, s’intende.

 

- Misha, cara, raccontaci un po’ di come va a scuola.. devi impegnarti lo sai! -

- Cara, e l’affitto? Siamo alla fine del mese, spero tu non spenda troppo in spese pazze, eh eh.. –

- Cara, ti piace la parmigiana? Modestamente è la mia specialità: ricetta di mia nonna. Eh,era così buona con me.. mi dava sempre qualche spicciolo per comprarmi qual cosina! -

 

- Cara, ma dimmi un po’, state insieme, tu e il giovanotto di là?-

La melanzana si fermò in gola, assieme alla mozzarella e al prosciutto di cui era imbottita.

Soffocando, tossicchiò e stava lì lì per rigettare tutto.. ma Kyouya tornò dalla cucina e dovette trattenersi.

Ancora non si erano del tutto chiariti, e lei aveva come l’impressione che quando l’aveva visto la prima volta di fronte alla sua scuola non fosse davvero la prima volta. Ma dovette anche smettere di riflettere, dato che la nonnina chiedeva attenzioni.

Già… un giorno quel “cara” la porterà alla morte per mano mia. Con la sola forza del pensiero.

Scacciando quelle sensazioni di violenza esplicita che le ispirava, Misha fissò per quasi tutto il resto della cena Kyouya, di fronte a lei, che si perdeva in commenti e complimenti su.. quella donna. Che no, non era una cara vecchina.

E la ignorava. Non le rivolse sguardo. Niente di niente. Sembrava … ma perché si era come chiuso in se stesso, ora?!

Che coppia di matti. E il vero problema è che tu non sei Alice, e lui non è un Cappellaio Matto!

Ma appariva sempre stupendo, e bellissimo, mentre accompagnava l’odiata –gelosa, eh?- vecchietta alla porta, e metteva fine, con il tonfo della porta nuovamente chiusa, a quella giornata movimentata.

Come hai fatto a paragonarlo ad un sonnacchioso gatto per tutto questo tempo? Lui è parecchio sveglio.. e sembra voglia dimostrartelo.

 

 

“Si sta avvicinando.. ora ha un sorrisetto che non mi piace per niente.

Certo, e queste vampate sono per la menopausa in anticipo di un bel po’ d’anni.

Ma perché prima appariva così.. così..

Ecco, ormai le tue sinapsi ti hanno abbandonata. Oh, adesso anche io. Sai, non ho remore ad ammettere quanto sia figo il tuo coinquilino. Con il quale non troppo fa avevi slinguazzato.

Va bene, eccomi, pianeta dei feromoni!”

 

 

“ sonnacchioso gatto.. ”

Oddio.. Il gatto! ..e Ruga!!

Ma così non vale! Io non voglio solo sognarlo, il mio sogno erotico!

Devo sfuggirgli.. o meglio, fare una toccata e fuga verso quella stanza, portare loro il cibo-

E tornare immediatamente da lui.

Esatto!

Ma sei cretina?! Dico io, e lui con quella faccia, e tu, con questi pensieri da allupata, vorresti abbandonarlo qui.. per dare da mangiare alle vostre controfigure animali?

Sì.

Buona fortuna, allora!

Bene, vedo che ci capiamo. Bha, in fondo non mi dispiace che saltino un pasto.

No! No! …

Mmhh.. il divano secondo me è scomodo.

..

Qui ci vuole un sonnifero. Per lui, ma soprattutto per i tuoi ormoni, cara.

..

Non ti facevo così elastica! Aspetta un momento solo, che mi preparo alla telecronaca… ecco: ed è così che mentre lo bacia con foga circondandogli la vita con le gambe, cerca di afferrare dalla credenza la ciotola per il felino piena di tonno. Perde un attimo di vista l’obiettivo, dopo avergli messo le mani nei capelli – e rischiando di rimanere secca alle sue mani sotto il pigiama a funghetti – ma poi – dopo ansiti vari – torna all’attacco, e riesce a prendere anche il cibo per l’esemplare delle Testudinidae.

Ora deve solo portarsi verso la fatidica porta… ma dato che non è lei a condurre il gioco di passione, Kouya, attento, si ferma. Oh, porc-

- Se proprio devi, porta da mangiare a quella tartaruga. –

- O-Ok.. mi sbrigo! –

Ed ecco la ninfomane che è in te.

Cercando di nascondere il tonno, andò lentamente – consapevole delle possibili conseguenze di  un suo passo falso, inteso letteralmente – verso la camera, poggiò a terra il tutto e chiuse la porta alle spalle, come se il demonio le fosse alle calcagna.

- Sono dell’idea che tu mi nasconda qualcosa.-

Oh-oh. La nottata di passione ci  sta salutando con un lugubre addio…

- Forse. –

- Lo scoprirò, lo sai. –

- Certo, ma immagino che lo farai dopo. –

Ed ecco che Mis la ninfomane fa accadere l’inaspettato!

E come se non volesse altro, con sguardo languido le si avvicina, mentre lei gli salta letteralmente addosso, cercando di trattenere la foga.

 

Le loro lingue si cercano, come affamate dell’altro. La stringe forte, a voler diventare un tutt’uno.

Ed è finalmente ora di salutare questo mondo di razionalità!

 

 

 

 

Pensieri erranti, o notte-

 

Si erano baciati, eccome. L’aveva sentita. Tutta accaldata, contro di sé. E più lei si lasciava andare, più credeva di non potere resistere un momento di più a lei. Il suo corpo lo chiamava “vieni da me, ti prego!” e “toccami, sono tua!” e lui chi era per opporsi?

Gli si era fuso il cervello. Quando gli aveva inavvertitamente toccato il cavallo dei pantaloni, con gli occhi lucidi, il respiro accelerato, aveva pensato di violentarla.

E lei non ne sembrava dispiaciuta.

Anzi, non più tanto inavvertitamente, continuava a poggiarsi lì.. dove il suo raziocinio non riusciva a domare.

Lo sfiorava, leggermente e innocentemente sensuale –  cosa che lo infiammava, letteralmente e con le più imbarazzanti ripercussioni -  sul volto, a stringersi a lui. Mentre lui baciava dove poteva arrivare, e lei lo accarezzava, dalle spalle al collo, lasciando una scia di baci poco casta. Scendendo più giù.

Cazzo.

Ed era l’espressione giusta.

 

Sudati, accaldati e irritati per essersi staccati, cercavano scuse insufficienti per tornare lì dove volevano stare. Ma non potevano.

Sospirando, e senza darlo a vedere, le disse che era ora di andare a dormire, se voleva svegliarsi il giorno dopo in orario.

E così dispiaciuta - ma mai quanto lui, pensò – si staccò, ma prima che potesse andare in bagno – di cui aveva tanto bisogno – lei lo baciò. E lui pensò che era colpa sua, se gli si attaccava a dosso non avrebbe più risposto delle sue azioni.

Ma prima che potesse anche solo costringerla a finire sul divano, lei si allontanò e come un lampo chiuse dietro di sé.. la porta del bagno.

T’ha fregato!

La sentiva ridere sommessa dalla porta.

- Ridi, che quando esci.. –

- Bhe? Avevi qualche problema urgente? – chiese innocentemente.

Innocentemente un corno!

- Io? Mha.. se esci, forse, e dico forse, te lo dico. –

Nessun rumore.

Poi una porta che si apriva. E mentre lui sorrideva vittorioso, lo costrinse a cambiare idea immediatamente sulla sua vendetta.

 

 

Ero nuda, vicino allo stipite della porta, senza contare l’accappatoio che avevo addosso.

Ninfomane.. ti avevo sottovalutato, sono davvero orgogliosa di te.

E il suo sguardo era da immortalare. Anche se l’iniziale piano stava per prendere una piega.

Sì! Vai. Fallo. Che stai aspettando?!?

Niente da fare. Doveva soffrire.

- Io sono davveeeero stanca. – lamentò sbadigliando teatralmente.

E si diresse, lasciandolo di granito, verso la sua stanza.

 

Non riusciva a non pensare a Kyouya. Non riusciva a smettere di rivedere alla stregua di Titanic le ultime ore.

Sospirava. Mugolava. Sospirava. “Kyouya”. Sospirava. Mugolava.

Il giorno dopo sarebbe stato Il Giorno Decisivo.

 

 

Non se lo sarebbe aspettato. Proprio no. Dio, nuda! Lo voleva morto. Oppure invitarlo allo stupro.

Per te di certo non c’è problema, immagino.

E la sentiva. Da quella misera parete. E la sua attenzione per quella parete gli faceva sentire strani rumori provenienti dalla sua stanza.

Quando gli sembrò di sentirla mormorare il suo nome stava per alzarsi e sfondarla, quella parete, ma si costrinse a riposare.

Notti insonni, a noi.

 

Anche se lui sapeva che il problema era un altro. Lei, prima o poi, avrebbe scoperto chi era. E sarebbe stata la fine. L’avrebbe capito? E come avrebbe reagito? Avrebbe dovuto dirle di conoscerla già da prima. Di essere quello che l’aveva portata a scappare di casa.

 

 

Sto ancora pensando a lui.

Che situazione complicata.

Perché non posso contare in pace le mie pecorelle?

Domani le parlerò, di certo. Ma come ?

Ti piaccio per davvero?

Mi odierà, dopo?

E se fossi davvero innamorata di te?

Come mi dovrò comportare?

Sono davvero innamorata di te.

Sono davvero innamorato di te.

E questo un po’ mi fa paura. Oltre a rendermi felice.

E questo mi frena dal dirtelo. Ma sono felice.

 

 

 

 

Risveglio, ma nulla di inquietante-

 

Calmati. Calmati.

Calmati, per Dio!

Non ce la faceva a reggere. Cosa avrebbe dovuto dirgli? E come? Forse sarebbe stato meglio fingere qualche strana malattia esotica, anziché uscire dalla propria stanza e incontrare Il nemico. Che barava, con la sua immane bellezza, e minando alle sue capacita intellettive.

Tu hai capacità intellettive? Lo sapevo, fino al giorno della mia morte scoprirò qualcosa di nuovo.. e ridicolo!

Stupida odiosa …  quella non poteva essere la sua sua coscienza, e nemmeno un qualsivoglia Daimon.

Già, io sono colei che manda avanti tutto qui, se non te ne sei resa conto.. baracca e burattini!

Già, lei era una bambola di ceramica senza intendere o volere.

Però, contro quello che diceva la sua logica, la sua controparte responsabile e razionale c’era una forza immonda che la condannava tra le coperte.

Si chiama codardia, l’ho letto proprio qui, con la definizione e tutto il resto del dizionario.

Basta! Si sarebbe alzata, volente o nolente.

Per domani se conti di arrivare all’uscio della porta batti un colpo.

Incavolata con sé stessa si alzò di scatto, dimenticandosi momentaneamente della mensola a media altezza di fianco al letto. < Ahi! > si trovò a trasalire dal dolore, mentre avrebbe sfondato la porta inciampando nelle ciabattone gialle che si ritrovava, sempre se sulla porta non fosse comparso Lui, la causa del suo travaglio e Lui, che soprattutto era fonte di perdizione.

 

E qui si ritorna a : Calmati. Calmati!

Trovarselo davanti a torso nudo, mezzo addormentato, e talmente intontito da non rendersi conto della faccia buffa e tenera – tenera?! – che aveva le causava non pochi danni celebrali.

Consolati, che c’era già prima poco di salvabile.

 

Ma quello non era il momento di fare ironia. Nemmeno di stare a litigare con .. la voce senza arte né parte.

Ma quello era il momento del Grande Giorno. Chiamato così per l’ovvio motivo della Rivelazione.

Anche se dovrebbe essere l’uomo a fare il primo passo.

- Eh? Senti, ma che succede.. da fuori sembrava quale nemico stessi affondando. – poi le sorrise, certamente non consapevole di quanto lei fosse esagitata – e invece erano semplicemente le tue infantili ciabatte ad averti assalito. Anche se in realtà sei tu che ci stavi inciampando. Poverette, non vorrei essere in loro, a sorbirmi il tuo peso e goffe acrobazie. – sorriso beffardo. Ritiro tutto! Lui non può essere colui che mi ha trattenuto una intera notte insonne. Proprio no.

Ma quando realizzo che mi sta tenendo letteralmente in braccio data la mia pericolante posa, un po’ troppo inclinata in avanti, un po’ troppo vicina a lui.

 

 

Macchissenefrega!

Ora la prendo e la bacio, e chi si è visto si è visto. Le spiegazioni le riservo alla prossima volta. No. No!

Mi do un contegno, cosa che sono un artista a fare(mascherare) – Dobbiamo parlare oggi, dopo scuola. Non mi piacciono le questioni irrisolte. –

E nemmeno quelle che mi vengono poste dalle sue labbra, nella muta richiesta che io mi avvicini loro..

Non sarai tu a farti film mentali?

E la bacio, lasciando io per una volta lei di sorpresa. E ora devo proprio andare, non sono uno che fa tardi a scuola. Soprattutto se a scuola il nuovo arrivato è l’erede primogenito di una piccola, ma non di poca importanza, azienda.

 

 

- Kyouuuuuuuuyaaaaaaaaaaaa! –

Ehi, bentornato!

 

.. Argh!

 

 

 

 

Scuola-

 

Mi aveva lasciato così, imbambolata e senza pensieri.

I moscerini regnano sovrani. Quasi quanto le ragnatele nel tuo cervello!

Ah. Ah. E dire che me le invento da sola, queste battutacce.

Comunque se vuole parlarne dopo, per me va più che bene. Figurarsi se me può importare qualcosa. Figurarsi.

..ma lui che aveva da fare a scuola di così importante da correrci senza un minimo di esitazione? Non potevamo fare colazione insiem.. oh per tutte le trote!  Sono le otto meno dieci! E adesso che faccio?!

Kyouya, che tu sia dannato. Anche se baci da Dio!

 

Una ragazza, vispa e dal volto vivace, correva come una disperata, nella più esatta descrizione di una ragazza con in bocca un toast e fogli sparpagliati tra le mani e nella cartella a tracolla, che aperta sbatacchiava contro la gamba ad ogni movimento.

Il suo cuore scandiva i secondi per arrivare in orario. Ma quale?

“ Ma certo! L’istituto Hishukaya è nei paraggi! ”

Pensò il vecchietto che la vedeva volare per la stradina secondaria, mentre lui beveva tranquillamente il suo the, poco infastidito dal tornado che lo aveva travolto poco prima.

Frattanto un gatto, silenzioso e inosservato, se ne andava per quella stessa stradina, inconsapevole del putiferio che avrebbe scatenato e della sua padroncina che l’aveva preceduto. Beh, correva!

 

 

-Yukaaa!! Yuka, Yuka.. tu devi sapere!-

E detto ciò lo trascinò nel punto più isolato dell’atrio scolastico, davvero misero al confronto dello sfarzo della scuola che si ergeva dinanzi.

-Su Mis, non morirmi così, lo sai che ho bisogno di te.. –

-Già, per i tuoi loschi fini nei confronti di quella povera ragazza della .. tua ragazza.-

Quando vide il suo sopracciglio studiarla scettico, inspirò profondamente.

- Cioè, quello che è. – espirare – Kyouya mi ha baciata – inspirare – dobbiamo chiarirci. – espirare.

- Beh, la faccia afflitta allora non si spiega. –

- Cosa?! Tu non capisci! E se lui mi dicesse che non mi vuole? Che è stato tutto uno stupido bisogno ormonale tipico dei maschi? Ormai mi sono fregata con le mie stesse mani, ci soffrirei da cani. – lo tirò disperatamente per il colletto, mentre aspettava il consulto.

- Ti ricordo che sono maschio anch’io. – ignorò il sonoro sbuffo dell’amica – E che le mie tecniche di seduzione all’avanguardia non hanno bisogno di essere approvate da te – continuò ad infischiarsene del piede che ritmicamente e fastidiosamente si alzava e sollevava da terra – credo che lui fosse molto preso da te, ma se proprio vuoi esserne sicura.. potresti semplicemente fare da campione per il mio approccio mascolino. – risero per un po’ – ah, non dimentichiamo che quello che ci soffrirebbe fino al suicidio sono io che devo sorbirmi una lagna come te. – Dopo una breve lotta ridicola e giocosa, si abbracciarono come quando dovevano farsi confidenze riservate e della serie “top-secret”, un livello di riservatezza raggiunto solo il mese prima, dopo che lui era rimasto a casa sua per settimane, che era valso loro un bel po’ di pettegolezzi.

Ma quanto poteva importare loro?

 

 Nello stesso momento Kyuoya friggeva. Friggeva per i troppi problemi che del ritorno nel club? No, ma perché si trovava a fissare la sua Misha abbracciato a quella specie.. di piovra ormai defunta, o almeno così registrava il suo cervello.

Non sarà che stai un po’ esagerando? Dopotutto sono amici..

E si starà confidando con lei da bravo compagno, immagino.

Sei un po’ troppo ossessivo.

Cosa? Stavo solo controllando, e a quanto pare ho anche fatto bene, potendo vedere con chi se la fa!

Appostato su un albero con un binocolo di dimensioni doppie e con scritto in faccia “sono geloso marcio” e “non toccare la mia ragazza”?

In realtà non stiamo ancora insieme, avrei dovuto chiarire tutto prima, ma a quanto pare lei..

A quanto pare tu stai partendo con i film mentali del secolo. E io sono troppo solo per assistere alla prima del tuo fantastico film.

Escremento di coscienza, stai facendo sarcasmo?

Non sei l’unico, ma ti dirò di più: sull’albero ci sono anche i tuoi, di amichetti.  E questa sì che non me la voglio perdere.

E mentre si girava, avrebbe voluto avere tra le mani qualcuno da uccidere, lentamente e dolorosamente. Soprattutto uno stupido e inutile ragazzino di sua conoscenza.

-Kyuuuuya!! Paparino nostro! Come hai potuto tenere nascosto alla tua maman di esserti finalmente innamorato? Oh, finalmente anche tu sarai consapevole della forza incantevole e sublime dell’amore, travolgente e romantico.. –

- Kyouya, davvero, non credevamo avessi anche tu un cuore! O per lo meno che usassi solo quello finto! Chissà che scherzetti potremmo … -

- Oh no.. – Kyouya gemette, pensando a cosa mai avrebbero potuto architettare quei due idioti.

- Ma certo! E devi farci conoscere questo bocciolo di rosa, la casta fanciulla che ha conquistato.. –

E pensare che Tamaki è ancor peggio!

 

E dopo, mentre Yuka architettava di farsi ritrovare stile koala su di lei – a sua detta sembrava una missione di morte, e forse non aveva tutti i torti, conoscendo il soggetto – e Misha cercava di spillargli in testa come mandare a buon fine l’appuntamento del suo amico ribattezzato il cretino, Kyouya si trovava tra fanciulle che sospiravano per lui, e la cosa la teneva in agitazione  e, a dirla tutta, la irritava.

Gelosia portami via, e già.

 

Questa giornata deve finire, assolutamente!

 

 

 

 

 

Qualche giorno, scoperte.. ma un gatto salverà la situazione–

 

E’ il grande momento. Oh, cavolo.

- Ciao. -

- Sei tornata prima da casa. –

- Già. –

Perché non lo sto nemmeno guardando in faccia? Non è da me, per niente.

- Io.. io vorrei continuare il discorso di prima, se sei d’accordo. C-credo che dovrem- chi sono tutte queste persone?

Lo chiedi a me? E in ogni caso.. “tana per quel moro muscoloso”, prenotato!

 

 

Perché Tamaki è più capace di un Adolf a trascinare questa banda di idioti nelle sue mirabolanti e stupide idee?

Semplicemente.. sei troppo intelligente per capirlo.

Probabile, resta che io dovrei fare un discorso serio. Ma con loro alle calcagna come si può solo immaginare di fare un discorso serio?

Sanno cos’è?

No. E anche per questo è tutto rimandato. Maledizione.

- E’ un piacere conoscerti, io sono Tamaki, il re dell’Host Club. – ecco la sua faccia più idiota.

Quella di sempre.

Appunto.

Chissà come Haruhi riesce a sopportare un ammasso di stupidità tale.

- E loro sono tutti i miei figli… tranne le.. lui. –

Appunto.

 

 

Ma questo qui crede davvero che io mi beva la storia del papà? E poi, diamine, si vede lontano un miglio che è una ragazza! E perché mai dovrebbe essere diversa, e con addosso un completo maschile? Centra qualcosa con Kyuoya? E se è venuto qui solo per chiarire che questa qui è la sua ragazza? E se andrà via?

E se tu cercassi di calmarti e apparire almeno esteriormente una persona normale e non una schizzata paranoica?

Se ho già detto che la mia voce interiore mi irrita, lo ripeto. E soprattutto quando ha ragione.

AH. AH!

- Emm.. è un piacere, io sono Misha –

 

- Sono un covo di matti, non fare tanto caso a loro. – brutta.. e mi sorride anche! – Io sono Haruhi – quella che vorrei uccidere sei te. Sono certa che hai anche più confidenza con lui. Non è vero, neh?

- Bene, volete qualcosa? Scusate il disordine, ma certe cose non erano programmate – eh no, è inutile che mi fai la vittima, devi sentirti almeno un po’ in colpa, cavolo!

Kyouya rispose al mi sguardo assassino, apparentemente dato dall’inaspettata visita e realmente dalla sua possibile fidanzatina – diiiioo! –, ruotando gli occhi e mimando un “non è colpa mia” e qualcos’altro che non identificavo. Mica conosco il labiale, io!

 

 

Se di fronte a Misha si manteneva un certo contegno, di spalle con me non c’era più nemmeno il pudore.

- E i preliminari? –

- Non avrei mai pensato che Kyouya fosse il tipo –

- Già lo vedevo maritato con una di trent’anni più vecchia.. –

- Non posso ancora credere che tu ti sia innamorato.. per un rapporto vero c’è bisogno prima del matrimonio, Kyouya, sembra una brava ragazza. – Honey sembrava addirittura serio - .. per quanto riguarda la torta però ti aiuterò io a scegliere la più grande e buona! – ecco, sembrava.

Tamaki semplicemente piangeva. E lo faceva vicino a Misha. Un po’ troppo vicino. E lei non sembrava dispiaciuta, o imbarazzata. Che le piacesse?

Già, e pertanto avrebbe .. pomiciato con te per sport?

Restava il fatto che lui aveva iniziato, nella spirale del sentimentalismo, ad abbracciarla.

- Ora dovreste andare. – Dovevo avere un vero e proprio sguardo di fuoco, dato che tutti ubbidirono seduta stante. E Misha sembrava addirittura impacciata. Che le dispiacesse lasciare il Re dell’Host? Beh, chissenefrega. Lei è mia.

L’hai detto.

Non è vero.

L’hai pensato!

Non.. beh, che ci sarebbe di male?!

Ah. AH!

 

Dopo averli cacciati.

- Per averli invitati su sei stato un po’ troppo brusco a buttarli fuori. Da casa mia. –

- Perché, ti avrebbe fatto piacere stare attaccata un altro po’ come una cozza a quello? –

- Il tuo amico si chiama Tamaki! –

- Ricordi anche il suo nome! –

- Geloso? –

- E se fosse, neh? –

- Non ne avresti motivo, data l’amichetta che avevi magistralmente “trasformata” in ragazzo! Credevi non me ne sarei accorta?! –

- Eh?! – questa era buona, ma non mi veniva da ridere. Per niente. – Per tua informazione quella è la fidanzata di Tamaki, a cui tu stavi facendo il filo! –

- Io?! Ma quando mai! Ti è dato di volta il cervello?! A me piaci tu, razza di-

Mi resi conto di quello che stavo facendo, o meglio, di quello che gli avevo confessato, di quello che gli stavo dicendo senza alcun diritto.

- Scusa. –

Avrei dovuto dirlo io. E lo stavo per fare. Ma quella era la sua voce.

E lui, tutto dispiaciuto, con lo sguardo da modello intristito, cercava di riparare al danno. Non l’avesse mai fatto!

- E’ l’unica cosa che hai da dire? Bene. Bene! –

Ero sull’orlo delle lacrime, ma non gli avrei dato di certo una soddisfazione del genere!

E quindi preferire la fuga alla sconfitta, prego.

- Ehi, aspetta! – mi teneva per la maglia, consapevole che l’adoravo e non avrei permesso nemmeno alla mia testardaggine d’immatura di rovinarla o allargarla, mentre io cercavo di non cedere – Non mi lasci nemmeno finire? – perché se mi sorride così, è bello assurdo? – Io sono follemente innamorato di te. Non mi riconosco nemmeno più quando ti parlo. Mi piaci, anche di più di quanto possa piacere a te. –

Me l’ha detto, per davvero.

Alleluja!!

Ora voglio solo morire in pace e felice.

E lo fissi? Dovreste baciarvi e fare porcherie! Ora avete anche il mio consenso!!

Le porcherie un’altra volta. Ora voglio solo baciarlo finché non capiranno che devo essere collegata ad una bombola di ossigeno.

Perché io dal mio paradiso non mi stacco. Quale matto mai lo farebbe?

 

Poi però lo fece.

Cavolo! Che succede ora?!

- Devo dirti una cosa.. parecchio importante – la fece sedere sulle sue gambe, mentre lei gli si stringeva addosso, preoccupata senza un reale motivo. – Tu ti ricordi perché hai abbandonato la vita da altolocata, e hai cambiato completamente la tua realtà? –

Cosa c’entrava quello? Era triste da ricordare.

- Sono io il motivo. Oh, e mi piacevi già allora. –

Cosa?

- Cioè..– Kyouya la guardava, teso per quello che avrebbe potuto dirle.

Lei iniziò a boccheggiare.

- Ehi? Misha? Misha, mi rispondi?! – l’aveva shockata a tal punto?

- Oddio! Il gatto!! –

 

 

Cosa c’entrava adesso il gatto? E che gatto, per di più!

Quanti misteri..

- Io.. io avevo trovato un gatto per strada, ma volevo farti una sorpresa – parlava veloce, parecchio – avevo notato che ti piacevano.. e poi devi vedere quant’è carino! Tutto bianco, e gli occhi hanno colori diversi! E’ un po’ strano, ed è ancora un cucciolo.. ragion per cui sono preoccupata! Chissà che fine avrà fatto.. me ne sono ricordata mentre guardavo la scatola di cibo di Ruga.. non lo vedevo da stamattina. – la sua faccia sconvolta lo spaventò – HO LASCIATO LA PORTA APERTA STAMATTINA! Oh no!! E ora dove sarà?? Dov-

- Potresti calmarti, e l’andiamo a cercare, che ne pensi? –

- S.. sì. –

Mentre si avviava ad uscire di casa, sentì le parole più belle che avesse potuto ascoltare – Anche se non avresti dovuto tenermelo nascosto, dopotutto come si fa a resistere a cotanta bellezza, se riuscirai a trovarlo prometto che ti perdono. Anzi, in realtà è solo colpa di quei cretini della mia famiglia.. anche  se, certo, a conoscerti meglio.. –

- Come resistere a cotanta bellezza, no? –

Mentre cercava di schiaffeggiarlo dalla sua puf-altezza si sentì il cuore un po’ più leggero.

- Facciamo che chi lo trova gli darà il nome che preferisce, ok? –

- Ma non era per me, il gatto? –

 

 

Erano ore che lo cercavano, e ormai Misha stava perdendo le speranze, quando Kyouya le urlò dietro.

- Guarda, è questo? Credo che si fosse perso, e dalla descrizione.. –

Mentre gli apriva le mani, vide dentro quella piccola palla di pelo.

- Disgraziato! Ci hai fatto preoccupare da morire!! Io.. i-io..-

Era scivolata per terra, sul cemento, mentre Kyouya la cullava abbracciandola.

Che sdolcinatezza … e pensare che la tartaruga è a casa!

 

Era iniziata una pioggia lieve, ma se qualcuno glielo avesse chiesto, lei avrebbe risposto che c’era un sole accecante.

- Lo scegliamo insieme il nome? -

 

 

 

 

 



 


 Spazio autrice_

Oh, beh.. siamo alla fine, cara Scheggia Rossa, Deidara… prepariamoci all’epilogo –o conclusione- mentre mi scuso follemente per l’orribile e imperdonabile ritardo.. ho aggiornato.. non aggiorno da Tanti(infinite i)ssimo..imploro il vostro perdono, sul serio! Ringrazio anche Eu_chan di averla messa tra le ricordate.

Ade

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Conclusione.

- spesso e volentieri è sinonimo di inizio, l’ha mai detto nessuno? –

 

 

 

 

 

 


Bagnetto di Ruga-

 

“Dunque.”

Ti fissa interrogativo. E ci credo, dato che la tua frase è priva di predicato, soggetto, oggetto e significato!

“Il motivo per cui io sarei fuggita da casa mia, eh?”

“Già.”

Già è l’unica cosa che ti viene in mente?”

“A dire la verità all’inizio davvero.. cioè.. adesso è diverso!”

Ti guarda serio. Troppo serio. Non lo meriti! Oh.. voglio essere io la protagonista di questa storia, quest’essere poco femminile è uno stoccafisso inutile!

“Diverso come?”

“Inizialmente mi irritavi, e parecchio.”

“Ti piacevo troppo già allora quindi?”

 

Non sembra arrabbiata, o incavolata, o comunque una che vorrebbe martoriarmi. Più che altro mi sta prendendo per i fondelli.

“No. Semplicemente  ero attratto da te, nonostante tu non fossi un granché” forse non avresti dovuto aggiungere quella frase, gentleman! Sebbene concordi pienamente con te che davvero, qualcuno di meglio si poteva cercare… questa parla con una tartaruga domestica! Cioè.. da ricovero, dico!  “Era irritante come mi sentissi euforico (in maniera molto poco plateale, eh) perché mio padre aveva scelto proprio te.”  

“E poi?”

“E poi tu sei scappata, mio padre che voleva farci convolare a nozze mi ha consigliato di avvicinarmi, e io ho accettato di buon grado, e poi tu ti sei innamorata di me” follemente come tutte del resto, e non possiamo dar loro torto, visto il gran pezzo di ..  “e non vedo dove sia adesso il problema a stare insieme. Quindi dovrei farti una proposta seria, adesso.”

“E quindi..”

“ E quindi vorresti uscire con me?”

“No.”

“No?”

“No, hai preso troppe volte tu l’iniziativa.”

Ma si è rincretinita più di quant’è tutto d’un botto? Qui ci vuole una casa di cura, ma per me, che ormai ne ho sentire troppe per non perdere il senno anch’io.

“Ah.”

“Ehm.. Io, mi chiedevo se, t-ti sarebbe potuto piacere uscire con me, da qualche parte.. t-ti andrebbe il cinema?”

“Sì.”

Ah. Oddio è meraviglioso! Gli hai chiesto di uscire insieme. Sono sarcastica, ovvio. Idiota, e lo faccio solo per te a chiamarti così, a pensarci è quasi un complimento. Perché non ti preoccupi di cose molto più importanti, tipo che lui a breve sarà nella vasca con te?

 

Il Suo Cervello registrò quel dato molto malamente, e lei per poco non capitombolò nell’acqua della vasca.

Beh, ovviamente c’è da contare il terzo incomodo verde, ma basta buttarlo via ed et voilà, una serata piccante per voi.

Lei, tutta rossa, prese a giocare con Ruga, mentre pensava – tu essere davvero una donna dalla personalità multipla e contorta.. ma ci godi a soffrire di fronte al suo corpo magnificamente scolpito, che non potrai toccare? Mhmm. Masochismo, eh? – a come sarebbe stato fare il bagno a lui, che, lo capì eccome, aveva acconsentito con sguardo di sfida.

Solo una volta in acqua, capì che la temperatura non sarebbe stata più la stessa.

Ed ecco che la tartaruga, stupido essere, viene buttata fuori dal ring, mentre i nostri ormoni a mille gridano e svolazzano divertiti come al parco giochi.

Ma lei aveva accettato una sfida in piena regola.

“Posso lavarti la schiena?”

Forza e coraggio. Oddio, com’è che si respira?

Non ci pensare nemmeno, che magari si decide a salvarti con la respirazione artificiale.

Beh, in questo caso.

Lo s-a-p-e-v-o-!

 


Pulizie, che passione.-

 

Niente. Cioè. Non è successo niente. Vi siete lavati vicendevolmente. Ma per tutti gli anticoncezionali, ma non lo senti l’Ormone? Rispondi al richiamo come Dio comanda, diablo!

Ed era davvero così. Però dopo eravamo andati al cinema. Non ci siamo tenuti per mano, no, ma ho appoggiato la mia testa sulla sua spalla, e lui non si è lamentato come al solito di qualsiasi cosa che non fosse al suo livello. Adesso però non è il momento per ciarlare. Importante è lavare, stirare, pulire. La Morte. Perché la vecchina arzilla io non la chiamo, sia chiaro! Dovessi finire nella lavatrice assieme all’ammorbidente, nessuno mi farà chiedere l’aiuto di quella.. donna!

Mi apparve così la gelosia in persona. E che dolore nel sentirla mordere e strappare le carni del suo povero cuore..

Smettila! Io non sono gelosa! È .. è lei che è poco consapevole della sua età. E poi, ovvio, di fronte a Kyouya anche una come lei può benissimo perdere la testa!

Dlin dlon.

Chi è?

Che subconscio fastidioso, diamine.

- Ehmm.. chi è? –

- Cara? Sono io, Petronilla! –

Lo dico e sottoscrivo, signori lettori: che donna!

 

Aperta la porta intimorita e intontita al pensiero di ciò che sarebbe successo, si fece trasportare dal tornado che era quell’anziana vecchina.

Tzè.. fossi tu come lei alla sua età, nemmeno per grazia ricevuta!

- Ma, signora, cosa ci fa.. –

- Oh, cara! Ormai conosco alla perfezione la tua routine, e sapevo che avresti avuto bisogno di me, in che giorno e a che ora, eh eh! –

Questa donna è fantastica, una veggente, in pratica. Potrei chiederle di fare bagagli insieme a me, e abbandonare questa giungla di falliti.

- E poi bisogna fare bella figura con il tuo uomo. Vanno presi per la gola, certo, ma non si dimentica facilmente una brutta impressione con il calzino sporco sul divano, o l’unto del reparto cucina, cara! –

Parole sante. Prendi esempio da lei, inutile ammasso di sudiciume. Vai nonnina, e distruggili! Solo tu ci puoi tirar fuori da questa balla di sterco, illuminaci con la tua esperienza e fa compiere loro il grande passo!

- In realtà a lui piaccio già così, che cucino da schifo – tossicchia – e poi oggi usciamo insieme. – Sì, brava, siine orgogliosa.

Idiota, fatti dare consigli e smonta il tuo ego appena nato e ingiustificato!

Respiro profondo.

- Secondo le-

- Oh, guarda cara, a mio parere devi assolutamente preparare qualcosa di leggero, da mettere nello stomaco se si va da qualche parte dopo il cinema, perché andrete al cinema vero?, ed è ovvio che passeggerete, probabilmente ti porterà in qualche parco divertimenti fuori città, un bravo ragazzo non osa mai troppo, e non vorrà annoiarti con gite a scopi culturali!,  e in pratica dovrai essere pronta a rifilargli il suo miglior sandwich mai assaggiato. Poi sarà il momento di sbucciarti il ginocchio, giusto un po’, e prontamente mostrare il tuo lato accorto e previdente, lui ti aiuterà e prenderà dolcemente in giro, ma queste sono quisquiglie!, arriverà il momento di una cenetta in un ristorante facoltoso, lui è un aristocratico, eh? Si notava, sai, dal portamento, e allora dovrai saper parlare con lui, ti mostrerai seducente e innocente, dolce ma passionale, intelligente ma al punto giusto un po’ottusa, come se cascassi dalle nuvole per qualcosa che lo sconcerta, devi esercitarti a tenere il controllo di te e della situazione facendogli credere di avere tutto nelle sue mani. E cose così, banalità. Allora? –

Senza prendere fiato una sola volta.. impressionante!

E tu volevi fare le pulizie. Nonnina sprint, vada a trasformarmi questa brutta copia di una femmina in una femme fatale!

Bene – Nonnina, cominciamo! –

Tiriamoci su le maniche, Mishamon digevolve..

 

- Oh, signora Petronilla, come mai qui? Misha non mi aveva avvisato della vostra presenza, sarei venuto a salutarla. –

- Non poteva, stavamo parlando di cose da donne, sa. –

Ah Ah! Viva la nonnetta! Scusami tanto, o grande figo, compagno di vita dei miei ormoni, ma nutro troppa stima per questa signora. E' ufficialmente orribile annunciare la mia possibile ambiguità sessuale!

- Beh, che aspetti a vestirti? Il nostro film non aspetta di certo te! –

Gambe non troppo scoperte, trucco che mette gli occhi in risalto, maglia scollata ma non esagerando, capelli morbidi e setosi.. Viva la nonnetta!

 

Che dire? Tutto andò come previsto dalla Baroni che, giustamente, dall’alto del suo balcone, ci scommetto, mi aveva fatto l’occhiolino.

Io non ci scommetterei poi tanto, dato che eri impegnata a fare ben altro, che guardarti intorno.

Ah…  

 


Imprevisti e previsti … -

 

Era passato poco tempo. Però faceva davvero freddo. Ma questo non c’entra niente.

C’entra di più dire che Kyouya portò a vivere da sé Misha, in una casa più grande, dove non si scendessero piani per buttare la spazzatura né risalire senza ascensore, e di genitori esasperanti se ne faceva a meno.

 

“Allora l’hai conquistata.”

“Meglio dire il contrario: lei ha soggiogato me.”

“Crediamo che per motivi di attrito potrai anche non avere il peso di quella ragazza.. dopotutto sei ancora giovane.”

“Davvero? E noi che pensavamo di convolare a nozze.”

“E’ una sciocchezza e, ovviamente, non lo farai.”

“Qui, intendi? No.”

“Ma se volete siete invitati tutti.” Misha si era intromessa, rossa in volto, ma tranquilla in maniera inquietante “Potreste informare anche la mia famiglia.”

Un passo dopo l’altro uscirono da quell’atrio soffocante, insieme.

Ma io, che sono il testimone onnisciente della vicenda, posso riportare il sorrisetto compiaciuto di otoo-san, che resta il migliore, sempre.

 

Anche se dall’ultima volta qualcosa dovevano averla capita. Che si amavano di sicuro. A lungo, per certo.

 

- Cara, è invitata anche lei. –

- Misha, io le farò da cuoca e sarta, sarebbe un onore, per una vecchia comare come me, stare accanto alla mia figlioccia! –

- Oh, signora Petronilla! –

ah, lo sapevo.. Non ha detto “cara”!

 

 

Gatto e Tartaruga suggellarono la pace con La Voce.

E vissero per sempre felici e contenti.

 

 

 

 

 

 

                            _____________________________________________________________

Spazio autrice_

*con otoo-san mi riferisco al padre di Kyouya, perché sono convinta che in fondo a lui non importino poi tanto “l’economia” della situazione quanto del figlio. E credo che sia rimasto colpito dalla ragazza –come fece per haruhi, eh eh -

Magari lui ha conosciuto e informato del tutto la signora Petronilla, onnipresente anch’essa. Chissà.

 

 

Alla fine? Che dovrei dire io a conclusione

di questa così gaia parentesi di ars scriptoria?

….

Facciamo che ringrazio le persone fantastiche che hanno recensito e messo tra le seguite, che spero non me ne vogliano (non troppo almeno) per essere scomparsa tutti questi mesi, ma tra partenze, ultimi giorni di scuola e crisi d’ispirazione, credevo davvero di non farcela.

Il capitolo è breve, ma è appunto conclusivo, non volevo dilungarmi troppo ^^ 

Alla prossima <3

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