Brilla Con Me Per Sempre. di LaUrA43587 (/viewuser.php?uid=129597)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettera ***
Capitolo 2: *** Mi sei mancata, Isabel. ***
Capitolo 3: *** Famiglia ***
Capitolo 4: *** L'uomo nero ***
Capitolo 5: *** Urla ***
Capitolo 1 *** Lettera ***
Lettera…
Note Autrice: ehilà!
Vi ricordate di me? (la povera sfigatella che scrive storielle
così alla babbo)
D:
Francamente
non mi aspettavo neanche io che avrei aggiunto diversi capitoli alla
storia de Innamorata
di
una Stella. però
rileggendola
attentamente ho notato che c’era un qualcosa di lasciato in sospeso
e poi mi
piaceva l’idea di scrivere qualcosa su questa
“strana” convivenza. Spero che l’idea
di continuare non vi schifi xD Chi non ha ancora letto la parte
precedente di
questa storia, non la legga perche potrebbe traumatizzarsi (scherzo
ovviamente
^.^). Vi lascio col prologo, grazie e alla prossima :D!
Erano passati 7 anni da
quando gli SHINee si erano imbattuti
in Ania e Jennifer durante la loro vacanza estiva in Italia. Era ovvio
che in
tutto quell’arco di tempo molte cose erano cambiate: Jonghyun
e Taemin erano
diventati padri ed il primo si stava per sposare, gli altri tre membri
stavano
iniziando ad avere rapporti fissi con determinate ragazze ed infine
erano tutti
presi dai TRASLOCHI! Si, voi penserete “ma perche traslocano?
La casa degli
SHINee sarà una reggia!” ed invece era una villa
molto grande, ma non
sufficientemente spaziosa per due bambine e molte altre persone adulte.
Non era proprio il momento
più adatto per cambiare casa,
visto che avevano delle nozze alle porte e difatti per il momento si
stavano
semplicemente limitando a spostare qualche mobile qua e là
per poi traslocare
definitivamente dopo il matrimonio che sarebbe stato tra poco
più di un mese e
mezzo. Avevano già preso in considerazione l’idea
di vivere separatamente,
ovvero ciascuno con la propria famiglia, ma la band SHINee in tutti
quegli anni
non aveva perso valore, era sempre una delle band più amate
del continente
asiatico e restare sempre uniti, anche nell’ambiente
famigliare, non era
sembrata poi una brutta idea, visto che la convivenza comunque non era
affatto
male.
In quel momento in casa
c’erano solo Ania, Onew e la piccola
Serena, questo perche Jonghyun e Jennifer avevano deciso di
approfittare di
quel giorno libero per uscire con Misaki, mentre Minho e Taemin avevano
deciso
di andare a valutare che vestito indossare il giorno delle nozze.
< Finalmente sono
riuscita a farla addormentare >
disse Ania strofinandosi gli occhi e camminando verso il salotto dove
vide Onew
sdraiato sul divano a guardare la tv.
< Mi stavo per
addormentare pure io. > rispose il
leader voltando lo sguardo stanco verso la ragazza. Si, è
giusto chiamarla
ragazza perche nonostante fosse sposata e con una figlia aveva pur
sempre 25
anni.
< Se hai sonno vai
pure a farti una dormita, basta che
mentre sali le scale non svegli Serena. >
l’avvisò buttandosi a peso morto
su una poltrona rivestita di pelle beige.
In effetti
l’idea di farsi una bella dormita gli garbava
assai : più tardi avrebbe dovuto contattare il manager per
chiedere maggiori
informazioni sul prossimo concerto e su diverse interviste.
Si alzò (con
fatica) dal divano, diede una leggera pacca
sulla spalla alla mora salutandola con un debole < Buonanotte
> anche se
erano solamente le sei di sera.
Decise che prima di
appollaiarsi in camera avrebbe gradito
un leggero spuntino perciò si diresse in cucina, ma nel fare
ciò fu costretto a
passare anche davanti all’ingresso dove si sorprese nel
vedere la porta
semiaperta. In un primo momento pensò di urlare ad Ania il
motivo per il quale
la porta fosse così, poi però pensò
alle conseguenze che avrebbe avuto alzare
la voce: “Serena inizia a piangere + Ania si altera =
bernoccolo in testa”,
quindi si limitò ad andare verso la porta e proprio quando
fece per chiuderla
vide sulla soglia una lettera. La raccolse e chiuse la porta con
delicatezza
per poi leggere “Da un vostro grande
ammiratore”. Peccato solo che era scritto in
italiano e nonostante tutti
quegli anni di convivenza, Onew era quello che meno sapeva la nostra
lingua,
mentre gli altri, sia per curiosità che per interesse
avevano deciso di
apprendere qualche frase o qualche parola, ma lui no. Lì per
lì non vi trovò
nulla di strano nel trovare una lettera scritta in italiano perche da
quando
Jennifer e Ania si erano trasferite a vivere con loro, le fan
scrivevano spesso
lettere (anche in italiano appunto) alle due ragazze, chi per farle
sentire a
casa o chi per fare loro alcune domande sulla convivenza in casa
SHINee.
Decise di dare una
curiosata all’interno della busta nella
quale lesse
“Una
vita impegnativa, è ovvio che fai fatica
Ma tu sei
felice, la tua famiglia gioisce mentre nulla fallisce.
Ora sono
tornato e da sette anni fa nulla è cambiato.
L’odio
che mi alimenta sarà la vostra tormenta.
Arriverà
presto il giorno in cui le bambine saranno sole e questo
sarà
l’inizio del vostro dolore.
Ora tu
che leggi non ti allarmare, non c’è nulla che tu
possa fare.”
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Capitolo 2 *** Mi sei mancata, Isabel. ***
Mi
sei mancata,Isabel.
Tu
sei il mio vero amore, anche se i nostri hobby sono differenti, anche
se i nostri pensieri sono diversi
le
nostre abitudini sono diventate simili, il nostro modo di parlare
è diventato simile
siamo
diventanti una cosa sola
Cit."Love's Way"
Inarcò le
sopracciglia e sorrise quasi divertito pensando “wow,
non sono stato in grado di tradurre nulla di quello che
c’è scritto”. Ripiegò
la lettera con cura mentre s’incamminò verso il
salotto con l’idea di far
leggere il tutto ad Ania, ma quando la vide lì, sdraiata sul
divano con gli
occhi chiusi e quell’aria stanca decise di non svegliarla e
arrivò alla
conclusione che gliel’avrebbe fatta leggere più
tardi. Ora pure lui non
desiderava altro che andare a farsi una bella dormita, quindi
salì
silenziosamente le scale per sopraggiungere al secondo piano dove
passò davanti
alla stanza della piccola Serena che ora dormiva come un angioletto,
dopodiché il
leader arrivò nella propria camera dove appoggiò
la lettera sulla scrivania e
si accasciò a peso morto sul letto.
La loro vita era davvero
bella, felice, entusiasmante e
commovente, ma era anche piena d’impegni nei quali bisognava
fare concerti,
interviste, partecipare a diversi show, e nel caso di Taemin e Jonghyun
c’era
pure da occuparsi delle bambine e anche per Ania e Jennifer non era
troppo rilassante
badare alle rispettive figlie, fare i lavori domestici, andare a lavoro
ecc…
perciò almeno un’ora di sonno durante il
pomeriggio non poteva fare altro che
bene.
Purtroppo però
dopo soli dieci minuti il telefono di casa
squillò e la mora fu costretta ad aprire gli occhi e correre
verso l’oggetto
cercando di farlo suonare il meno possibile per paura che Serena si
potesse
svegliare.
< Pronto?
… Ehm… non lo so, penso sia andato con Minho e
Taemin a comprare il vestito per le nozze. Prova a richiamare tra
mezz’oretta,
dovrebbero arrivare a momenti. > e buttò
giù senza neanche salutare. Chi era
al telefono vi starete chiedendo. Bhè la verità
è che non lo sapeva neanche
Ania, sapeva solo che era una ragazzina con una voce piuttosto
irritante che
chiedeva di Kibum.
La ragazza non si chiese
neanche come facesse ad avere il
numero di casa degli SHINee a causa di tutta quella stanchezza, il suo
unico
pensiero era quello di riuscire a farsi almeno mezz’ora di
dormita, ma proprio
appena si risedette, le squillò il cellulare.
< Ma porca di
quella…. Pronto? > rispose cercando di
essere lieta di ascoltare la voce dell’interlocutore.
< Scusi
se la
disturbo signorina, sono un suo collega di lavoro e la sto chiamando
dal suo
ufficio. Le volevo dire che qui davanti a me c’è
una ragazza italiana che
continua a chiedere di lei. Dice di essere una sua vecchia amica
d’infanzia.
> disse l’uomo dall’altra pare
della cornetta.
Ania corrugò la
fronte e cercò di ricordare delle sue amiche
italiane che potessero farsi un viaggio Italia-SudCorea solo per
poterla
vedere, ma non le venne in mente nessuno.
< Come si chiama?
> domandò incuriosita.
< Dice
di chiamarsi
Isabel.. Mi sta parlando proprio in questo momento di un braccialetto
doro regalatole
per il suo quindicesimo compleanno. > continuò
senza neanche prender
fiato.
Ania spalancò
gli occhi sorpresa.
Stava parlando dello
stesso braccialetto che Taemin aveva cercato
sul fondale marino sette anni fa, la prima volta che erano andati in
spiaggia
assieme, in Italia.* Lo stesso braccialetto che proprio in quel momento
portava
al polso, senza mai toglierlo, come se fosse sacro.
< Si, si, Isabel!
Arrivo subito, restate lì. > terminò
la telefonata, si mise le scarpe, si legò i capelli ed
uscì lasciando un
post-it con su scritto “cerco di tornare il prima possibile.”
Decise di prendere la moto
di Jonghyun così da poter evitare
tutto l’ingorgo di macchine presenti sulle strade di Seoul e
difatti arrivò davanti
ai cancelli della clinica psichiatrica in meno di un quarto
d’ora.
Si, Ania si era laureata
in psichiatria e psicologia, sapeva
che il suo mestiere non era uno dei migliori al mondo e Taemin la
supplicava
spesso di cercarne un altro, ma lei era una cocciuta e non
l’ascoltava mai. Le
piaceva aiutare la gente, con qualsiasi mezzo e raramente si dava per
vinta con
i propri pazienti. Era ancora alle prime armi, ovvio, ma per una
ragazza della
sua età era un gran bel traguardo poter lavorare in quel
campo con persone
molto brillanti.
Scese dalla moto tenendo
il casco sotto braccio e fu sorpresa
nel trovare un suo gran collega e caro amico seduto su una panchina
lì vicino
con una ragazza bruna accanto a sé. Senza dire nulla gli si
avvicinò e quando
riconobbe il volto della ragazza si mise a correrle incontro urlando
<
Isabel! > e appena la raggiunse si abbracciarono per la prima
volta dopo
sette lunghissimi anni.
Nessuna delle due
riuscì a proferire parola, semplicemente
si abbracciarono teneramente com’erano solite fare quando
erano ragazzine.
< Che ci fai qui?
> chiese Ania sorridendole con le
lacrime agli occhi dalla felicità.
< Che domanda
è? Sono venuta a trovarti. > rispose
l’altra.
Era bello poter finalmente
comunicare in italiano con
qualcuno che non fosse Jennifer. Era bello rivederla dopo tutti quegli
anni.
Isabel era una ragazza
bruna, poco più bassa di Ania,
carnagione piuttosto scura e occhi color nocciola. Era stata una grande
amica di
Ania in Italia e si vedevano tutte le estati visto che Isabel aveva una
casa
anche in Liguria (luogo di nascita di Ania), ma finita
l’estate Isabel doveva
tornare nella sua vera abitazione, dai suoi parenti, ovvero a Roma.
L’ultima
volta che si erano viste, Isabel aveva regalato il bracciale ad Ania
dicendole
che i propri genitori non potevano più pagare la casa in
Liguria e che perciò
sarebbe stato quasi impossibile rivedersi, ma invece eccoli
lì, di nuovo
insieme, dopo tanti anni.
< Come hai fatto a
trovarmi? >
< E’ la
congrega delle domande stupide? Sei su molte
riviste italiane, sei la signora Lee, sei moglie di un cantante celebre
che
lavora in una clinica per pazzi > ironizzò divertita
ed entusiasta.
< Ahaha! Quanto
rimani? > domandò sciogliendo l’abbraccio.
< Mi piacerebbe
restare fino alle nozze di Jennifer. Si
ricorda ancora di me? >
< Ma certo che si
ricorda. A proposito, dovrebbe essere
ritornata da poco in casa. Monta sulla moto, ti faccio conoscere delle
persone.
> disse facendole l’occhiolino e rimettendosi il casco
voltandosi dalla
parte del proprio collega ringraziandolo di tutto cuore per la pazienza
e
dicendogli che si sarebbero rivisti la mattina successiva.
< Aspetta, Ania. Ho
lasciato le mie valigie nel tuo
ufficio e non ci stanno tutte sulla moto. Avevo in mente di andare in
un hotel…
>
< Ma cosa dici?! Tu
vieni con me, la casa è grande
abbastanza. Le valigie invece le prendo domani quando torno con la
macchina.
Per stasera t’impresto le mie cose, stai tranquilla. Sali.
> pronunciò
mettendo già in moto il motore.
Mi ero dimenticata di
aggiungere che la moto di Jonghyun non
era una moto qualunque, ma bensì una Cagiva Mito nera,
quindi tanto rumorosa
quanto magnifica su strada.
Isabel la
guardò con aria leggermente spaventata: da quel
che Ania si ricordava, l’amica aveva sempre avuto un
po’ paura delle moto,
figurarsi quelle così.
< Non ho manco il
casco… > disse salendo ugualmente e
tenendosi ben stretta ad Ania.
< Pazienza, al
massimo ci becchiamo una multa. Tieniti
forte perche vado veloce. > manco il tempo di finire la frase
che già era
partita con una certa velocità.
Non ci vollero neanche
dieci minuti questa volta per
arrivare davanti alla stupenda villa degli SHINee.
Il viaggio in moto era
stato piuttosto “scioccante” per
Isabel che scese dal mezzo piuttosto scossa, con i capelli abbastanza
spettinati. Guardò l’abitazione davanti a
sé e rimase totalmente colpita dal
sapere che lì abitavano le sue vecchie amiche, insieme una
famosissima band.
<
Wow….è …immensa! > disse
meravigliata rimanendo
immobile.
< Ahah! Aspetta di
vedere l’interno, mia cara. > la
prese per una mano e la guidò fin davanti
all’ingresso. Cercò le chiavi nella
tasca, ma si ricordò che a causa della fretta si era
scordata pure delle
chiavi, perciò fu costretta a suonare il campanello
attendendo che qualcuno
aprisse. Sapeva che come minimo si sarebbero degnati di aprire dopo un
minuto
visto che ogni volta che il campanello suonava, nessuno aveva voglia di
andare
dalla porta.
< Se vuoi
comunicare con gli SHINee, sappi che sanno poco
e niente di italiano, quindi parlagli in inglese. >
informò l’amica che
sembrava piuttosto agitata.
Finalmente qualcuno si
degnò di aprire la porta e davanti
alle due amiche si parò la figura di Kibum che
guardò Isabel con aria piuttosto
confusa. Si voltò poi a guardare Ania e le
domandò < E’ qualcuno che dovrei
conoscere? > - < No, non la puoi conoscere. E’
una vecchia e cara amica,
la ospiteremo qui fino al matrimonio di Jonghyun e Jennifer. >
Kibum sorrise al pensiero
di una nuova coinquilina: oh, si
che ci sarebbe stato da divertirsi.
< Ok! Molto piacere
sono Kim Kibum l’Almighty degli
SHINee, ma puoi chiamarmi Key. > si presentò parlando
un perfetto inglese e
porgendo la mano alla bruna che rimase incantata ad ammirare forse
cotanta
perfezione.
< P-piacere
Isabel… >
< Ok, basta con le
presentazioni! Dai, entra. > intervenne
Ania, superando Key che richiuse la porta con un calcio.
< Ohi, Ania, ti va
di giocare alla play?! Jennifer non è
capace. > urlò Minho dalla sala giochi < Non
è vero!!! Ci sono troppi
pulsanti in sto coso! > rispose Jennifer.
< Ragazzi, un
po’ di attenzione! Abbiamo una nuova
ospite! > gridò Ania, ma nessuno
l’ascoltò. Key la superò, la
guardò per un po’
e le disse < Non hai proprio imparato niente… si fa
così : PORCA PUTTANA
VOLETE MUOVERE IL CULO E VENIRE IN SALOTTO O C’E’
BISOGNO DELLA MADONNA PER UN
PO’ DI ATTENZIONE!?!?! >
Isabel portò
una mano all’orecchio credendo di aver perso
l’udito
proprio in quel momento.
Il primo ad arrivare fu
Taemin che sorrise in modo raggiante
appena vide la moglie: le si avvicinò subito e la
baciò notando solo dopo la
nuova presenza femminile. Jennifer e Minho uscirono dalla sala giochi e
vennero
subito raggiunti da Onew e Jonghyun che teneva in braccio Serena,
mentre Misaki
(la bambina di Jennifer e Jonghyun) teneva la mano del leader.
Non appena Jennifer vide
Isabel le corse incontro e l’abbracciò
facendola cadere a terra. < Sei proprio tu! Oddio quanto mi sei
mancata!
> disse Jennifer ancora sopra l’amica.
< Quante volte ti
ho detto di non urlare le parolacce con
Misaki in casa, eh? > chiese Jonghyun rivolto a Kibum che fece
spallucce.
< Tanto ci sono abituata. > disse la bambina.
< Ragazzi vi
presento Isabel: sarà nostra ospite per poco
più di un mese. Spero che andiate d’accordo.
> pronunciò Ania tenendo Taemin
per mano.
Note dell’autrice: rieccomi
qui ^.^
Quando
ho scritto Innamorata di una stella, avevo già in
mente di far entrare Isabel nella storia, ma poi ho pensato che con
tutto
quello che già dovevo descrivere, poi sarebbe venuto fuori
un casino.
*
In quanto riguardo il braccialetto, Taemin lo
“salva” nel
quinto capitolo di Innamorata.
Grazie
mille e un
bacione grande grande!!!
Alla
prossima!!
|
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Capitolo 3 *** Famiglia ***
Famiglia
“Solo
una domanda mi riempie la testa:
cosa vuoi?"
CIT.
SHERLOCK
Passarono gran parte della
serata a discutere, a parlare ad
Isabel di quella vita così perfetta, di
quell’armonia che regnava in casa (a
parte le continue grida di Kibum, le lamentele di Onew quando il pollo
non c’era,
la mania di Minho che ultimamente si stava impallando sui videogiochi,
il caos
che faceva Jonghyun quando andava alla sala prove,
l’agitazione che aveva
Taemin nella scelta del vestito da indossare al matrimonio
dell’amico, sì era
un’armonia tutta loro), delle bambine, della carriera degli
SHINee ecc…
Verso l’una di
notte tutti andarono a dormire nelle
rispettive camere, tranne Isabel che si sentiva un po’ a
disagio in quella
dimora, forse si sentiva di troppo in quella bellissima famiglia.
Decisero
tutti insieme che la bruna avrebbe dormito nella stanza degli ospiti
che si
trovava proprio affianco alla camera da letto di Taemin e Ania,
così, se la
ragazza avesse avuto qualche genere di problema, avrebbe potuto
svegliare Ania
e dirle cosa non andasse.
Non riuscì a
prendere subito sonno, aveva il timore che tutto
quello fosse un sogno, credeva di non essere realmente lì
dentro, con una delle
band più celebri di tutta l’Asia e di buona parte
del globo.
Si girò e si
rigirò nel letto, ma il sonno sembrava proprio
non volerla neanche sfiorare, perciò si alzò dal
letto ed uscì dalla camera:
avrebbe voluto svegliare l’amica e chiederle se avesse avuto
voglia di guardare
un film con lei o se semplicemente, solo per quella sera, avessero
potuto
dormire assieme visto che era piuttosto agitata.
Bussò alla
porta di Taemin e Ania, ma nessuno rispose: e se
stavano già dormendo? Infondo era l’una e mezza di
notte e sarebbe stato più
che plausibile se si fossero addormentati visto che avevano avuto una
giornata
piena d’impegni.
Aprì la porta
della loro stanza lentamente, per non farla
cigolare e quasi si stupì nel vedere che la stanza era in
penombra, solo con
una luce rossa che la illuminava e dopo qualche secondo decise di
entrare, ma
ciò che vide la fece arrossire e non poco, perciò
optò immediatamente per
richiudere subito la porta, solo che questa volta fece piuttosto
rumore.
Fantastico! Neanche sei
ore che era arrivata e già aveva
visto Taemin nudo sopra Ania intenti a scambiarsi diverse
“affettuosità” nel
loro letto matrimoniale.
Scese velocemente le
scale, arrivando al piano inferiore:
aveva deciso che avrebbe guardato la tv da sola sperando con tutta
sé stessa
che né Ania né tanto meno Taemin si fossero
accorti della sua presenza. Arrivò
in salotto e rimase a bocca asciutta quando notò che la
televisione era già
accesa e che stava trasmettendo un drama. Ok, o in quella casa era
abitudine
lasciare la tv accesa, o c’era qualcuno che la stava
guardando, solo che in
salotto non c’era nessuno.
< Isabel, che
spavento! > Kibum uscì dalla cucina con
un bicchiere di latte in mano e si sedette comodamente sul divano
mentre
continuava a guardare il programma.
< K-Key! Ecco chi
stava guardando la tv! > disse
restando in piedi per timore di disturbare il biondo che forse stava
cercando
di rilassarsi dopo una giornata di stress.
<
Già… Come mai sveglia a quest’ora?
> domandò bevendo
un sorso di quel liquido bianco tenendo gli occhi puntati sullo
schermo.
< N-non riesco a
prendere sonno. >
< Ho sentito la
porta sbattere prima, sei stata tu? >
< Ehm…
ecco..io.. >
< Non ti
preoccupare, ti capiterà un altro milione di
volte cogliere Ania e Taemin in fragrante. >
pronunciò posando il bicchiere
vuoto sul pavimento.
< Siediti pure,
solo che non so quanto tu potrai capire.
Tutti i programmi sono in coreano. > la informò.
< N-non importa,
stai tranquillo. > e si sedette
accanto al ragazzo che continuò a guardare lo schermo.
Susseguirono diversi
minuti di silenzio, poi la telenovela
finì verso le due e un quarto, ed in quel momento Kibum si
alzò dal divano
stiracchiandosi i muscoli indolenziti e sbagliando.
< Vai a dormire?
> chiese lei con voce innocente.
< Si. Domani
mattina alle 10 gli SHINee devono andare
nell’ufficio della SM perche il presidente deve parlarci di
alcune novità e di
quanti altri sbattimenti dovremo farci nei prossimi giorni. >
disse
rimanendo serio.
< Da come lo dici,
uno potrebbe pensare che non ti
piaccia essere un membro degli SHINee > pronunciò non
rendendosi conto che
forse quello che avesse appena proferito poteva arrivare alle orecchie
di Kibum
come un’offesa, e difatti questo la guardò con
sguardo severo.
< Ma che stai
dicendo? Fare parte di questa band è la
cosa migliore che sia capitata nella mia vita, come puoi affermare il
contrario? Mi stavo solo lamentando perche non ho voglia di alzarmi
presto, tutto
qua. > disse velocemente. Si maledisse subito per averla
rimproverata, non
voleva spaventarla, ma non poteva farci niente, diventava aggressivo
quando
qualcuno metteva in dubbio la sua felicità immensa nel far
parte di quel
complesso.
<
S-scusami… > sussurrò lei andando a
guardare la tv
che ora trasmetteva pubblicità.
< N-No, scusami tu,
non volevo dire così… Se vuoi
stanotte dormiamo insieme, che ne dici? > propose porgendole la
mano e
tentando di sorriderle. Sospettava che la ragazza fosse intimorita da
quella
nuova atmosfera e da quel paese tutto nuovo per lei, ed in
più, per farsi
perdonare, non gli sarebbe dispiaciuto aiutarla a prendere sonno.
< Sicuro che non ti
crei fastidio? > chiese alzandosi
in piedi.
< Si, si, nessun
disturbo. Anzi, io dormo da solo in un
letto matrimoniale, quindi ce n’è di spazio.
> disse sorridendole.
Così insieme si
diressero silenziosi verso la stanza della
divah e dopo circa un’oretta entrambi si addormentarono.
Durante la notte Kibum
abbracciò la ragazza che si svegliò
immediatamente, ma che sorrise quando si
accorse che il biondo aveva posato il braccio sulla sula vita e si
riaddormentò.
---
La mattina purtroppo non
tardò ad arrivare ed Ania fu la
prima a svegliarsi. Si voltò a guardare Taemin e sorrise nel
vederlo
completamente addormentato, con la bocca semiaperta e la faccia che
sprofondava
sul cuscino: nonostante tutti quegli anni, il ragazzo aveva sempre
conservato
quell’aria da angioletto innocente/bambino tenero che faceva
tanto impazzire le
sue fans e onestamente anche ad Ania faceva tenerezza quando lo vedere
in certi
frangenti. Lo baciò dolcemente sulla fronte, poi si
alzò dal letto e si vestì
andando in cucina a fare colazione.
Erano le sette del
mattino, quel giorno Jennifer non doveva
andare a lavoro, perciò gli altri si sarebbero svegliati tra
due ore circa,
mentre lei sarebbe dovuta andare in clinica e avrebbe trascorso la sua
mattinata lavorativa.
Uscì di casa,
salì sulla macchina ancora mezza addormentata
ed arrivò in poco tempo alla clinica, dove iniziò
subito a darsi da fare con i
diversi pazienti.
---
Isabel si
svegliò verso le otto e mezzo a causa del pianto
della figlia di Ania, che si faceva via via più fastidioso
ogni secondo che
passava. Si accorse che pure Kibum si svegliò
poiché quest’ultimo si andò a
strofinare gli occhi con la mano che precedentemente era appoggiata sul
grembo
della ragazza.
< Puntuale come
sempre. > pronunciò il biondo
sbadigliando.
< Eh? > non
capiva cosa intendesse dire.
< Ogni mattina
verso le otto, Serena inizia piangere >
spiegò stiracchiandosi nel letto. Pochi minuti dopo si
sentì un suono di passi
dirigersi verso il pianto della bambina che dopo cinque minuti
cessò di
piangere.
< Questo era il
caro papà Taemin che si è alzato per
farla smettere… Solo lui ci riesce. >
l’informò alzandosi dal letto.
< Bhè,
anche se è piccola, io credo che sappia
riconoscere i suoi genitori > disse con voce ancora assonnata,
ma alzandosi
ugualmente.
Entrambi scesero a far
colazione, trovando tutti gli altri
membri che già si erano accomodati a tavola e poco dopo
vennero raggiunti pure
da Misaki e Jennifer.
< Isa, prima sono
passata da camera tua per vedere se
dormivi, ma non ti ho vista. Dov’eri? > chiese Jenn
mettendo il bavaglino
alla bambina.
< Isabel ha dormito
con me perche non riusciva a prendere
sonno. > rispose Key al suo posto mangiando un biscotto.
Tutti lo andarono a
fissare a bocca asciutta, come se non si
aspettassero tale gesto dalla Divah.
< State tranquilli
non me la sono scopata! > disse ad
alta voce in coreano, facendo in modo che l’italiana non
potesse capire e
allora tutti fecero un sospiro di sollievo e si rilassarono continuando
la loro
colazione.
Finito di mangiare, gli
SHINee si vestirono ed uscirono di
casa dicendo alle ragazze che sarebbero rincasati verso l’ora
di pranzo e che
Taemin sarebbe rincasato un po’ più tardi perche
sarebbe andato a prendere Ania
in clinica.
Jennifer restò
in salotto a giocare a barbie con Misaki che
si stava divertendo tantissimo e stavano narrando tramite il gioco, la
storia d’amore
di Jenn e Jonghyun, di come si fossero innamorati e incontrati
ecc…
< Ti amo Jennifer!
> disse ad alta voce la bambina che
impugnava un ken.
< Ahah! Vieni qui
che ti acchiappo! > e le fece il solletico
ovunque.
Nel frattempo Isabel era
risalita al secondo piano dicendo a
Jenn che avrebbe riordinato quella che sarebbe stata la sua stanza per
circa un
mese e così fece per tipo un’ora, poi decise che
sarebbe andata in bagno a
darsi un’aggiustata ai capelli. Nel fare ciò
passò davanti alla camera da letto
del leader e vi entrò notando che le cuffie si trovavano per
terra, così le raccolse
e le appoggiò delicatamente sulla scrivania dove
trovò una lettera tutta
scritta in italiano e la lesse a mente. Si fece scappare un leggero
sorriso una
volta finita la lettura: ripiego la lettera e se la infilò
in tasca.
< Adesso ci penso
io.. >
Note dell’autrice: ok,
oggi mi sono data parecchio da fare D: Ho scritto ben due capitoli di
due ficcy
diverse e sono esausta, ma dovevo continuare qua, perche è
davvero da tanto che
non aggiorno. E’ davvero difficile scrivere 3 ficcy in
contemporanea, mi
dispiace di aver trascurato questa.
Un
Bacione e Grazie Mille
|
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Capitolo 4 *** L'uomo nero ***
L’Uomo
Nero
Il tempo scorreva lentamente, la convivenza con la nuova
coinquilina
diveniva via via più piacevole e tutti
l’accettavano, anche perche sapevano che
entro poco meno di un mese sarebbe poi ritornata in Italia e per
rendere felici
Ania e Jennifer gli SHINee avevano deciso di ospitare questa Isabel.
Quella mattina era
piuttosto piovosa, tuoni e fulmini si
udivano in tutte le stanze di quell’immensa villa.
< Proprio oggi
doveva piovere? > disse Minho
camminando avanti e indietro per il salotto nel quale il leader cercava
di
guardare un po’ di televisione, ma a causa del continuo
agitarsi del minore,
risultava piuttosto faticoso rilassarsi sul divano.
< Minho, ti
dispiacerebbe… > non terminò la frase che
subito venne interrotto < Si, mi dispiacerebbe! Come fai ad
essere così
tranquillo, eh? Oggi per la prima volta dovremmo lasciare le bambine da
sole e
in più abbiamo un concerto piuttosto importante tra qualche
ora e sa
diluviando! > proferì ad alta voce e Onew sorrise.
Gli sembrava strano che
dopo tutti quegli anni passati a fare i cantanti, ancora il minore si
agitava a
ballare sotto la pioggia: l’avevano già fatto
diverse volte, era capitato di
scivolare sul palco, è vero, però sarebbe bastata
un po’ di attenzione in più e
non sarebbe successo nulla.
< Stai calmo,
Minho. Con le bambine ci sta Isabel e il
concerto andrà bene, devi stare tranquillo. A proposito, vai
a chiamare gli
altri. Usciamo > disse il leader calmo alzandosi e spegnendo la
tv che non
era riuscito a seguire a causa dell’agitazione
dell’altro che si diresse
immediatamente in cucina dove gli altri membri stavano ancora
consumando la
colazione, mentre Jennifer e Ania erano uscite presto per andare a
lavoro.
< Dobbiamo andare
ragazzi. Ci staranno aspettando,
saranno tutti agitati, ma non come me, perche io non sono agitato, io
sto bene,
è tutto ok, niente andrà storto. Forse
cadrò e farò una figura di cacca, ma a
parte questo tutti saranno felici e contenti, no? > Minho
parlò così
velocemente che gli altri capirono solo la metà di quello
che aveva detto e lo
guardarono un po’ sconcertati.
Taemin si alzò
lentamente dalla sedia e diede una pacca d’incoraggiamento
al suo migliore amico, gli voleva bene e ormai lo capiva anche se lui
non
avesse detto niente. Sapeva già che era agitato a causa
della pioggia, era
sempre stato così, ma alla fine in tutti quegli anni, il
grande Carisma
raramente aveva sbagliato qualcosa sul palco, ma come sempre era in uno
stato d’ansia
che si ha solitamente ai primi concerti.
< Ci siamo noi con
te, Minho. Sarà una giornata splendida
nonostante la pioggia > gli fece l’occhiolino,
dopodiché uscì dalla stanza
per raggiungere il leader che già si stava mettendo le
scarpe.
< Si! E poi dopo il
concerto venite con me e Jennifer a
scegliere le bomboniere per il matrimonio. > concluse Jonghyun
imitando il
maknae.
Infine si alzò
anche Kibum che quel giorno era stranamente
felice e allegro, forse più del solito e salutò
l’amico con un sorriso a
trentadue denti per poi dirgli < Isabel farà da
babysitter, ci credi? >
chiese con uno strano sorriso stampato in faccia.
< Ehm…
si, ma dov’è ora? > domandò il
bruno confuso.
< E’ al
piano di sopra che gioca con Misaki. Dovevi
vederle: sono bellissime! > affermò posando una tazza
sul lavandino.
< Non è
che ti piace Isabel, vero? Ecco… una coinquilina
in più. Facciamo bene a cambiare casa. > disse Minho
portandosi una mano
alle tempie perche non ce la faceva a immaginare una famiglia con
così tanti
membri, ma da un lato non gli dispiaceva vivere tutti insieme, ci
sarebbe
sempre stata quell’atmosfera solare e allegra che nelle altre
case non ci
sarebbe mai stata.
< Ma che dici?! Ho
solo detto che è carina, niente di più
> ribattè Kibum, continuando però a
sorridere.
< Si, anche
Jonghyun aveva detto lo stesso di Jenn e
guardali adesso: si stanno per sposare e hanno una bambina di sette
anni. > effettivamente
Minho non aveva poi tutti i torti, sapeva già come sarebbe
andata a finire
tutta quella faccenda: un altro matrimonio, altri bambini, altro
piacevole
caos.
< Ma…
Vabbè. Andiamo? > era decisamente meglio non
pensarci adesso, sapeva che ci sarebbe stato il rischio che poi Minho
si
sarebbe potuto agitare di più.
< Ok…
>
Uscirono tutti e cinque di
casa dopo aver salutato Isabel,
Misaki e la piccola Serena che ancora riposava tranquillamente nella
sua culla.
Taemin le baciò la testolina e le sussurrò
all’orecchio < Papà torna presto,
amore mio >. Dio quanto l’amava quella bambina, era il
suo sole, era il
regalo più bello che Ania gli potesse fare. Era la secondo
femmina che amava di
più al mondo, era bellissima.
Passò
un’oretta buona. Ormai era quasi mezzogiorno e Ania e
Jennifer avrebbero rincasato tra mezz’ora. La piccola Serena
si era svegliata
da qualche minuto e piangeva, urlava probabilmente per aveva fame, o
forse per
voleva i suoi genitori, sta il fatto che Isabel non la degnava neanche
di uno
sguardo, non le interessavano le sue condizioni di salute.
< Dannata mocciosa,
se non la smetti te la do io una
buona ragione per piangere… > sussurrò tra
sé e sé sedendosi sul divano,
lasciando Serena a piangere al paino di sopra.
Non passò molto
prima che Misaki la raggiunse guardandola
con aria interrogativa e un visino triste.
< Isa, perche non
vai da Serena? > chiese la piccolina
in coreano e difatti la ragazza non capì assolutamente nulla
di quanto avesse
detto. Era ovvio che una bambina di sette anni non parlasse
né l’inglese, né tanto
meno l’italiano, quindi la guardò per qualche
secondo per poi chiudere gli
occhi e rilassarsi sul divano.
Il campanello
suonò immediatamente e Isabel corse fino alla
porta, l’aprì rapidamente quasi avesse voluto
romperla e accolse con un sorriso
sadico la persona davanti a sé. Era un uomo completamente
vestito di nero, pure
il volto era coperto da una maschera a causa della quale erano visibili
solo
gli occhi che Misaki guardò attentamente prima di
indietreggiare di qualche
passo.
< La marmocchia di
Ania sta strillando! Prendila prima
che la sbatto sul pavimento. > disse Isabel chiudendo la porta
dietro di sé,
lasciando prima entrare “l’uomo nero” o
almeno così lo vedeva la piccola Misaki
che lo guardò impotente mentre saliva per andare al piano di
sopra.
< I-Isa…
Chi è lui? > domandò, ma questa ancora non
si
degnò di risponderle, le si avvicinò cauta e la
prese il braccio.
< Ora fai la brava
e vieni con me. Non ti succederà
niente se stai buona. > sapeva che la bimba non
l’avrebbe capita, ma glielo
disse lo stesso.
Quando Misaki vide Serena,
piangere e urlare ancora più
forte di quanto avesse precedentemente fatto in braccio a
quell’uomo nero, fece
di tutto per divincolarsi da quella stretta che la teneva attaccata al
corpo di
quella ragazza e grazie a un calcio ben mirato, Isabel la
lasciò cadere per
terra.
Misaki si
rialzò velocemente e corse verso la porta
d’ingresso
che stava cercando di aprire disperatamente, ma con scarsi risultati.
La mamma
mi ha insegnato ad aprire la porta.
Mi ha
detto che devo solo abbassare la maniglia
Non ci
arrivo.
< Piccola peste,
vieni qui! > urlò l’uomo in un
coreano quasi perfetto e la bambina finalmente lo capì,
comprese quello che
stava per accadere. L’uomo nero di cui zio Jinki parlava
allora esisteva
davvero anche se Key le aveva detto che non era così. Voleva
rapirla e portarla
in un posto tetro, voleva anche la sua piccola sorellina, Serena.
<
Mamma, ma Serena è la mia sorellina? >
<
Si, tesoro mio. Crescerete insieme e tu da brava sorella maggiore
la devi proteggere sempre >
<
Lo farò, mamma >
Si avvicinava sempre di
più quell’uomo cattivo, ma Misaki
ancora non si dava per vinta, cercava di aprire quella dannatissima
porta che
la separava dalla salvezza.
Saltò,
afferrò la maniglia e la fece scivolare verso il
basso, poi finalmente la porta si aprì e la piccola non ci
pensò due volte
prima di mettersi a correre scalza, sotto quella incessante pioggia.
Vide di
sfuggita una macchina nera, era molto molto bella e non le era mai
capitato di
vederla parcheggiata davanti alla sua casa, ma in quel momento non ci
fece
particolarmente attenzione.
Correva, ma non sapeva
bene dove fosse diretta: non sapeva
dove fosse papà Jonghyun o mamma Jennifer, non ne aveva la
minima idea,
semplicemente correva senza guardarsi indietro col cuore che le batteva
assai
veloce.
Dopo qualche minuto di
corsa affannata, si voltò e non vide
più nessun uomo nero, nessuna donna cattiva, ma non
c’era più neanche la sua
sorellina. Chissà cosa le voleva fare l’uomo nero?
Chissà la mamma come si
sarebbe arrabbiata quando sarebbe venuta a sapere che non era riuscita
a
proteggerla come le aveva detto?
Le persone per strada la
guardarono malamente, alcuni si
chiedevano che incompetenti fossero i loro genitori per averla lasciata
da sola
sotto la pioggia, altri invece erano più preoccupati, ma
nessuno si degnò di
fermarsi, di chiederle cosa ci facesse lì, o almeno farle un
po’ di spazio
sotto l’ombrello.
< Mamma…
> bisbigliò piangendo. La cercava tra quelle
persone, ma non la vedeva, non la trovava.
Un uomo si
soffermò a guardarla di più, la fissava
incessantemente e le si avvicinò inginocchiandosi accanto a
lei, coprendola
dalla pioggia grazie al suo immenso ombrello. Misaki guardò
quell’uomo grande
con terrore, aveva paura, ma qualcosa nel suo viso gli era famigliare,
come se
l’avesse già visto.
<
Lo vedi l’uomo nella foto, Misaki? >
<
Si, papà. E’ vecchio! >
<
Ahah! E’ grazie a lui se io faccio il cantante, sai? >
<
Davvero? >
<
Si. E’ una brava persona >
< Sei tutta
bagnata, Misaki. > disse l’uomo prendendola
in braccio con un po’ di esitazione da parte della bambina.
< C-Chi sei?
> chiese ancora spaventata.
< Sono Lee Soo Man,
non mi riconosci? Come mai non sei in
casa? Papà si arrabbierà molto. Vieni ti ci
riporto io… >
< NO! Non voglio
andare a casa, ho paura, c’è l’uomo
nero. Mi vuole fare male! > urlò la piccola
piangendo.
< L’uomo
nero? > domandò l’uomo perplesso.
< Si! Voglio il mio
papà! Voglio andare da papà! >
parlò ancora ad alta voce e non desiderava altro se non
l’abbraccio di Jonghyun
in quel momento sarebbe stata una delle poche cose che sarebbero
riuscite a tranquillizzarla.
Note dell’autrice: Ciao!!
^^
Non
siete in molte che seguite questa ficcy, ma io non mi do
per vinta *povera me*
Spero
di avervi incuriosite almeno un po’ con questo
capitolo J
Grazie mille, alla prossima!
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Capitolo 5 *** Urla ***
Urla
Undici anni di carriera.
Undici anni passati a fare
concerti, suonare, cantare davanti a un numero indefinito di persone,
eppure
ogni volta che ciò accedeva poteva chiaramente avvertire il
cuore battere all’impazzata.
L’adrenalina salire ad ogni passo, quei riflettori che
continuavano a far
schiarire la sua immagine seguendo anche il più piccolo dei
suoi movimenti.
Pronuncia il testo di
quella melodia, ancora una volta. Non si stancherà mai di
cantarla, non lo
stuferà mai ballare.
Ma…Stavolta
c’è qualcosa
di diverso. Non capisce, non riesce a capacitarsi del perche adesso il
cuore
sembra aver perso un battito, sembra esser rallentato, come se qualcosa
gli
fosse stato brutalmente strappato dal petto.
C’è
qualcosa che manca,
qualcosa di diverso…
Ha una brutta sensazione,
non riesce a scacciare via il pensiero che stia succedendo qualcosa di
brutto.
Wueee
Wueee
I suoi movimenti
s’interrompono
improvvisamente, smette di ballare e fissa un punto indefinito del
luogo: vede
centinaia di persone che lo fissano sorpresi, alcuni sono addirittura
stupefatti, mentre altri lo incitano a continuare.
Gli altri membri della
band continuano a ballare, cercano di sorridere sperando che il maknae
si
riprenda, ma quest’ultimo non sembra essere intenzionato a
muoversi.
Aveva sentito il pianto di
una bambina, della sua bambina
rimbombare nella mente e quel suono diveniva via via più
forte. Non udiva più
musica, solo quel continuo piangere che non si sapeva spiegare finche
quel
suono non divenne così potente da obbligare Taemin ad
andarsi a tappare
entrambe le orecchie con le mani, inginocchiandosi a terra.
Fu allora che la musica
s’interruppe
del tutto e Minho fu il primo ad inginocchiarsi accanto al minore,
dandogli una
lieve pacca sulla spalla per farlo riprendere.
Dal dietro le quinte
apparvero innumerevoli medici, tutti pronti ad aiutare i cantanti in
casi di
urgenza.
Ma nessun dottore sarebbe
stato in
grado di guarire quella ferita
Nessuna cura contro la
sofferenza
Quel continuo piagnisteo
non si decideva a scomparire, Taemin non riusciva a trovare la forza
per
rialzarsi. Aveva troppa paura, non ce la faceva…
< Taemin,
cos’hai!?
> chiese il leader accucciandosi davanti al biondo, cercando di
fargli
alzare lo sguardo, provando a rimuovere quelle mani dalle sue orecchie.
< F-falla smettere, ti
prego… > sussurrò, ma a causa del
microfono ancora avvolto attorno alla sua
nuca, tutti i presenti riuscirono ad udire le sue parole.
< Chi!? Taemin, che
stai dicendo? > domandò ancora Onew.
< FALLA SMETTERE DI
PIANGERE! > urlò ed allora Minho lo prese in braccio
portandolo dietro le
quinte. Voleva farlo calmare, voleva capire cosa stesse succedendo e
per la
prima volta durante la loro carriera, gli SHINee lasciarono un concerto
in
sospeso con chissà quanti fans a bocca asciutta.
_
Era dietro la scrivania da
due ore ormai. Stava mettendo apposto le cartelle cliniche di ogni
singolo
paziente, analizzando attentamente ogni caso capitatole durante gli
ultimi
mesi.
Ma.. le mani avevano preso
a tremare. Non sapeva cosa le stesse accadendo, non riusciva neanche ad
aprire
un cassetto senza fare una fatica fuori dal normale.
Proprio quando si stava
alzando per andarsi a prendere un caffè, la porta del suo
ufficio si aprì con
forza facendola sobbalzare. Un uomo alto, dai capelli bruni e gli occhi
scuri
si era presentato nella stanza, così senza neanche bussare o
chiedere il
permesso. Non era per nulla normale visto e considerato il fatto che in
un
luogo come quello era importante l’educazione nei confronti
degli altri
colleghi, ma l’uomo appariva impallidito, aveva il fiatone e
guardava Ania quasi
terrorizzato.
< Victor, che succede?
Devi bussare, sai? >
disse lei
alzandosi e cercando di calmarsi portandosi una mano al petto. Non era
stata la
comparsa improvvisa dell’uomo a farla spaventare,
c’era qualcos’altro che Ania
non riusciva a definire.
< Signorina Lee,
c’è
stato un incidente durante il concerto di suo marito. >
pronunciò Victor
tutto d’un fiato. A quel punto la mora spalancò
gli occhi in maniera anormale e
corse verso il collega che era rimasto immobile davanti alla porta.
< Che cazzo stai
dicendo!? > gli urlò contro afferrando intanto il
telecomando di quella
televisione che prima usava solo in casi rari, magari per aggiornarsi
sulla
violenza nella quotidianità, o guardando video per il
lavoro. Stavolta non ci
pensò due volte prima di andare sul canale delle news delle
star e… lo vide,
suo marito inginocchiato a terra, con entrambe le mani a coprirsi le
orecchie.
Lo guardò per
innumerevoli
secondi, mentre gli occhi si appannavano a causa delle lacrime che si
stavano
facendo spazio sul suo viso. Non sapeva cosa gli fosse accaduto, ma era
cosciente del fatto che si trattava di qualcosa di grave. Se lo
sentiva.
< Ad un tratto ha
smesso di ballare… e poi ha urlato… > non
ci fu il bisogno per Victor di
dire cos’avesse urlato, poiché fu la televisione
stessa a continuare il suo
discorso
FALLA SMETTERE DI PIANGERE!
Non occorse ascoltare i
pareri dei giornalisti.
Ania corse fuori dal suo
ufficio, fuori dall’edificio mentre piangeva e non ne sapeva
neanche la
ragione.
Per la prima volta in vita
sua, le gambe si stavano muovendo senza avere il consenso del cervello,
era il
cuore a guidarla, a portarla dov’era giusto stare in quel
momento.
Quelle scarpe coi tacchi
rendevano difficile correre, perciò se le tolse senza
neanche pensarci, senza
neanche ricordare che erano state un regalo di compleanno da parte di
Jennifer,
adesso tutto sembrava essere irrilevante.
Arrivò fino ai
parcheggi,
sotto la pioggia.
Entrò in macchina e
subito
il cellulare prese a squillare, lo impugnò e lesse sul
display il nome di
Jennifer, della sua migliore amica, ma non rispose. Di solito non la
chiamava
sul lavoro, a meno che non ci fosse stata un’emergenza e Ania
sapeva che c’era
qualcosa che non andava.
Mise in moto la macchina e
partì a tutta velocità verso la villa. Sarebbe
stato meglio forse se si fosse
diretta nel luogo in cui gli SHINee avevano fatto il concerto, ma
qualcosa in
lei la spinse a tornare in casa, aveva capito che era meglio.
Con la mano ancora
tremante cercava di comporre il numero di Onew, portandosi poi il
cellulare all’orecchio,
ma il leader non rispose, continuava a lasciarlo squillare..
< Porca puttana, Onew!
Rispondi, ti prego! > urlò tirando un forte pugno al
volante.
Guidava a tutta
velocità e
non le importava di prendersi una multa, non aveva il timore dei
carabinieri.
Voleva solo arrivare il prima possibile.
Lanciò il cellulare
nei
sedili posteriori della macchina quando si rese conto che nessuno dei
cinque le
avrebbe risposto.
Quando arrivò,
parcheggiò malamente
la macchina, non richiuse neanche la portiera e si precipitò
davanti alla porta
d’ingresso, mentre del frattempo cercava le chiavi. Quando
vide che la porta
però era già aperta potè chiaramente
sentire i battiti del suo cuore accelerare
e per diversi istanti rimase lì, impalata davanti alla
porta.
Quando un barlume di
buonsenso tornò in lei, si decise ad entrare in casa
iniziando subito a
guardarsi intorno: la casa era completamente disordinata. Per terra vi
erano
fogli, soprammobili, sedie, la televisione, niente si trovava
più al suo posto.
< ISABEL! >
urlò
svuotando completamente i polmoni e correndo al piano di sopra dove
notò che
anche lì la situazione era la stessa.
Chiunque fosse entrato in
quella casa non aveva avuto il minimo tatto, non si era per nulla
risparmiato.
Aveva gettato all’aria qualunque cosa.
< MISAKI! Dove sei!?
>
gridò correndo verso la cameretta della bambina, ma non
trovò nessuno. Ancora
un casino infernale trionfava anche in quella stanza.
E pianse ancora quando
corse verso l’ultima stanza che voleva controllare. Le
lacrime si posavano
imperterrite sul pavimento sotto i suoi piedi scalzi.
Aprì con forza la
porta della
camera di Serena, la guardò e la trovò vuota.
Si, come il suo cuore in quel
momento, come la sua anima che sembrava essere volata via, altrove.
Le gambe che non avevano
più la forza di sorreggerla, perche il peso di tutta quella
sofferenza era
troppo eccessivo. Non ce la poteva fare.
< SERENA! >
gridò tra
le lacrime. Ormai aveva capito cos’era successo.
Restò inginocchiata
per
terra a piangere per cinque minuti, finche non potè
chiaramente avvertire il
suono di passi salire le scale. Fu allora che si alzò in
piedi e cautamente si
avvicinò verso la direzione del suono. La camminata
silenziosa divenne presto
corsa e si parò davanti a due figure che però
riconobbe immediatamente: uno era
Lee Soo Man, l’uomo che aveva reso possibile la creazione
degli SHINee, mentre
l’altra era Misaki e… stava piangendo anche lei,
ma appena vide Ania le corse
incontro, abbracciandola.
< Zia, Ania! >
disse
avvinghiandosi alle sue gambe, con le lacrime agli occhi.
< Signorina Lee, che
è
successo qui? > domandò l’uomo guardandosi
intorno.
< P-Perche Misaki era
con lei!? > gli stava urlando contro, non l’aveva mai
fatto, non con una
persona così importante < Dov’è
mia figlia!? > insistette senza abbassare
un minimo la voce.
< Signorina, ho trovato
Misaki per strada… Non so dove sia sua figlia…
> rispose l’uomo un po’
titubante.
La bambina stava per dire
qualcosa quando all’improvviso il telefono di casa
squillò. Ania corse a
rispondere e si sorprese nel riascoltare una voce che pensava di aver
dimenticato da tempo.
< Hai visto che
è
successo? > era una voce cupa, ma conteneva al suo interno una
nota di insopportabile
ilarità.
< N-non dirmi che
tu…
> da quanto tempo era che non parlava in italiano al telefono?
Davvero molti
anni, ma avrebbe di gran lunga preferito non farlo mai più
piuttosto che avere
un’altra conversazione con lui.
< E’ inutile
che cerchi
tua figlia. Ma non ti preoccupare, è qui con me…
Non le torcerò neanche un
capello, a meno che tu non faccia tutto quello che ti dico.
Sei
in mio potere >
Note
dell’autrice:
scusate l’immenso ritardo. Spero che aumentiate a seguire
questa ficcy,
altrimenti credo proprio che la eliminerò, anche se mi
dispiace perche ci tengo
davvero tanto.
Grazie mille comunque alle poche che
la leggono.
Un bacione!
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