Brilla Con Me Per Sempre.

di LaUrA43587
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettera ***
Capitolo 2: *** Mi sei mancata, Isabel. ***
Capitolo 3: *** Famiglia ***
Capitolo 4: *** L'uomo nero ***
Capitolo 5: *** Urla ***



Capitolo 1
*** Lettera ***


Lettera…

 

 

Note Autrice: ehilà! Vi ricordate di me? (la povera sfigatella che scrive storielle così alla babbo) D:

Francamente non mi aspettavo neanche io che avrei aggiunto diversi capitoli alla storia de Innamorata di una Stella. però rileggendola attentamente ho notato che c’era un qualcosa di lasciato in sospeso e poi mi piaceva l’idea di scrivere qualcosa su questa “strana” convivenza. Spero che l’idea di continuare non vi schifi xD Chi non ha ancora letto la parte precedente di questa storia, non la legga perche potrebbe traumatizzarsi (scherzo ovviamente ^.^). Vi lascio col prologo, grazie e alla prossima :D!

 
 

Erano passati 7 anni da quando gli SHINee si erano imbattuti in Ania e Jennifer durante la loro vacanza estiva in Italia. Era ovvio che in tutto quell’arco di tempo molte cose erano cambiate: Jonghyun e Taemin erano diventati padri ed il primo si stava per sposare, gli altri tre membri stavano iniziando ad avere rapporti fissi con determinate ragazze ed infine erano tutti presi dai TRASLOCHI! Si, voi penserete “ma perche traslocano? La casa degli SHINee sarà una reggia!” ed invece era una villa molto grande, ma non sufficientemente spaziosa per due bambine e molte altre persone adulte.

Non era proprio il momento più adatto per cambiare casa, visto che avevano delle nozze alle porte e difatti per il momento si stavano semplicemente limitando a spostare qualche mobile qua e là per poi traslocare definitivamente dopo il matrimonio che sarebbe stato tra poco più di un mese e mezzo. Avevano già preso in considerazione l’idea di vivere separatamente, ovvero ciascuno con la propria famiglia, ma la band SHINee in tutti quegli anni non aveva perso valore, era sempre una delle band più amate del continente asiatico e restare sempre uniti, anche nell’ambiente famigliare, non era sembrata poi una brutta idea, visto che la convivenza comunque non era affatto male.

In quel momento in casa c’erano solo Ania, Onew e la piccola Serena, questo perche Jonghyun e Jennifer avevano deciso di approfittare di quel giorno libero per uscire con Misaki, mentre Minho e Taemin avevano deciso di andare a valutare che vestito indossare il giorno delle nozze.

< Finalmente sono riuscita a farla addormentare > disse Ania strofinandosi gli occhi e camminando verso il salotto dove vide Onew sdraiato sul divano a guardare la tv.

< Mi stavo per addormentare pure io. > rispose il leader voltando lo sguardo stanco verso la ragazza. Si, è giusto chiamarla ragazza perche nonostante fosse sposata e con una figlia aveva pur sempre 25 anni.

< Se hai sonno vai pure a farti una dormita, basta che mentre sali le scale non svegli Serena. > l’avvisò buttandosi a peso morto su una poltrona rivestita di pelle beige.

In effetti l’idea di farsi una bella dormita gli garbava assai : più tardi avrebbe dovuto contattare il manager per chiedere maggiori informazioni sul prossimo concerto e su diverse interviste.

Si alzò (con fatica) dal divano, diede una leggera pacca sulla spalla alla mora salutandola con un debole < Buonanotte > anche se erano solamente le sei di sera.

Decise che prima di appollaiarsi in camera avrebbe gradito un leggero spuntino perciò si diresse in cucina, ma nel fare ciò fu costretto a passare anche davanti all’ingresso dove si sorprese nel vedere la porta semiaperta. In un primo momento pensò di urlare ad Ania il motivo per il quale la porta fosse così, poi però pensò alle conseguenze che avrebbe avuto alzare la voce: “Serena inizia a piangere + Ania si altera = bernoccolo in testa”, quindi si limitò ad andare verso la porta e proprio quando fece per chiuderla vide sulla soglia una lettera. La raccolse e chiuse la porta con delicatezza per poi leggere “Da un vostro grande ammiratore”. Peccato solo che era scritto in italiano e nonostante tutti quegli anni di convivenza, Onew era quello che meno sapeva la nostra lingua, mentre gli altri, sia per curiosità che per interesse avevano deciso di apprendere qualche frase o qualche parola, ma lui no. Lì per lì non vi trovò nulla di strano nel trovare una lettera scritta in italiano perche da quando Jennifer e Ania si erano trasferite a vivere con loro, le fan scrivevano spesso lettere (anche in italiano appunto) alle due ragazze, chi per farle sentire a casa o chi per fare loro alcune domande sulla convivenza in casa SHINee.

Decise di dare una curiosata all’interno della busta nella quale lesse

“Una vita impegnativa, è ovvio che fai fatica

Ma tu sei felice, la tua famiglia gioisce mentre nulla fallisce.

Ora sono tornato e da sette anni fa nulla è cambiato.

L’odio che mi alimenta sarà la vostra tormenta.

Arriverà presto il giorno in cui le bambine saranno sole e questo sarà l’inizio del vostro dolore.

Ora tu che leggi non ti allarmare, non c’è nulla che tu possa fare.”

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Capitolo 2
*** Mi sei mancata, Isabel. ***


Mi sei mancata,Isabel.

Tu sei il mio vero amore, anche se i nostri hobby sono differenti, anche se i nostri pensieri sono diversi

le nostre abitudini sono diventate simili, il nostro modo di parlare è diventato simile

siamo diventanti una cosa sola 

Cit."Love's Way"

 

Inarcò le sopracciglia e sorrise quasi divertito pensando “wow, non sono stato in grado di tradurre nulla di quello che c’è scritto”. Ripiegò la lettera con cura mentre s’incamminò verso il salotto con l’idea di far leggere il tutto ad Ania, ma quando la vide lì, sdraiata sul divano con gli occhi chiusi e quell’aria stanca decise di non svegliarla e arrivò alla conclusione che gliel’avrebbe fatta leggere più tardi. Ora pure lui non desiderava altro che andare a farsi una bella dormita, quindi salì silenziosamente le scale per sopraggiungere al secondo piano dove passò davanti alla stanza della piccola Serena che ora dormiva come un angioletto, dopodiché il leader arrivò nella propria camera dove appoggiò la lettera sulla scrivania e si accasciò a peso morto sul letto.

La loro vita era davvero bella, felice, entusiasmante e commovente, ma era anche piena d’impegni nei quali bisognava fare concerti, interviste, partecipare a diversi show, e nel caso di Taemin e Jonghyun c’era pure da occuparsi delle bambine e anche per Ania e Jennifer non era troppo rilassante badare alle rispettive figlie, fare i lavori domestici, andare a lavoro ecc… perciò almeno un’ora di sonno durante il pomeriggio non poteva fare altro che bene.

Purtroppo però dopo soli dieci minuti il telefono di casa squillò e la mora fu costretta ad aprire gli occhi e correre verso l’oggetto cercando di farlo suonare il meno possibile per paura che Serena si potesse svegliare.

< Pronto? … Ehm… non lo so, penso sia andato con Minho e Taemin a comprare il vestito per le nozze. Prova a richiamare tra mezz’oretta, dovrebbero arrivare a momenti. > e buttò giù senza neanche salutare. Chi era al telefono vi starete chiedendo. Bhè la verità è che non lo sapeva neanche Ania, sapeva solo che era una ragazzina con una voce piuttosto irritante che chiedeva di Kibum.

La ragazza non si chiese neanche come facesse ad avere il numero di casa degli SHINee a causa di tutta quella stanchezza, il suo unico pensiero era quello di riuscire a farsi almeno mezz’ora di dormita, ma proprio appena si risedette, le squillò il cellulare.

< Ma porca di quella…. Pronto? > rispose cercando di essere lieta di ascoltare la voce dell’interlocutore.

< Scusi se la disturbo signorina, sono un suo collega di lavoro e la sto chiamando dal suo ufficio. Le volevo dire che qui davanti a me c’è una ragazza italiana che continua a chiedere di lei. Dice di essere una sua vecchia amica d’infanzia. > disse l’uomo dall’altra pare della cornetta.

Ania corrugò la fronte e cercò di ricordare delle sue amiche italiane che potessero farsi un viaggio Italia-SudCorea solo per poterla vedere, ma non le venne in mente nessuno.

< Come si chiama? > domandò incuriosita.

< Dice di chiamarsi Isabel.. Mi sta parlando proprio in questo momento di un braccialetto doro regalatole per il suo quindicesimo compleanno. > continuò senza neanche prender fiato.

Ania spalancò gli occhi sorpresa.

Stava parlando dello stesso braccialetto che Taemin aveva cercato sul fondale marino sette anni fa, la prima volta che erano andati in spiaggia assieme, in Italia.* Lo stesso braccialetto che proprio in quel momento portava al polso, senza mai toglierlo, come se fosse sacro.

< Si, si, Isabel! Arrivo subito, restate lì. > terminò la telefonata, si mise le scarpe, si legò i capelli ed uscì lasciando un post-it con su scritto “cerco di tornare il prima possibile.

Decise di prendere la moto di Jonghyun così da poter evitare tutto l’ingorgo di macchine presenti sulle strade di Seoul e difatti arrivò davanti ai cancelli della clinica psichiatrica in meno di un quarto d’ora.

Si, Ania si era laureata in psichiatria e psicologia, sapeva che il suo mestiere non era uno dei migliori al mondo e Taemin la supplicava spesso di cercarne un altro, ma lei era una cocciuta e non l’ascoltava mai. Le piaceva aiutare la gente, con qualsiasi mezzo e raramente si dava per vinta con i propri pazienti. Era ancora alle prime armi, ovvio, ma per una ragazza della sua età era un gran bel traguardo poter lavorare in quel campo con persone molto brillanti.

Scese dalla moto tenendo il casco sotto braccio e fu sorpresa nel trovare un suo gran collega e caro amico seduto su una panchina lì vicino con una ragazza bruna accanto a sé. Senza dire nulla gli si avvicinò e quando riconobbe il volto della ragazza si mise a correrle incontro urlando < Isabel! > e appena la raggiunse si abbracciarono per la prima volta dopo sette lunghissimi anni.

Nessuna delle due riuscì a proferire parola, semplicemente si abbracciarono teneramente com’erano solite fare quando erano ragazzine.

< Che ci fai qui? > chiese Ania sorridendole con le lacrime agli occhi dalla felicità.

< Che domanda è? Sono venuta a trovarti. > rispose l’altra.

Era bello poter finalmente comunicare in italiano con qualcuno che non fosse Jennifer. Era bello rivederla dopo tutti quegli anni.

Isabel era una ragazza bruna, poco più bassa di Ania, carnagione piuttosto scura e occhi color nocciola. Era stata una grande amica di Ania in Italia e si vedevano tutte le estati visto che Isabel aveva una casa anche in Liguria (luogo di nascita di Ania), ma finita l’estate Isabel doveva tornare nella sua vera abitazione, dai suoi parenti, ovvero a Roma. L’ultima volta che si erano viste, Isabel aveva regalato il bracciale ad Ania dicendole che i propri genitori non potevano più pagare la casa in Liguria e che perciò sarebbe stato quasi impossibile rivedersi, ma invece eccoli lì, di nuovo insieme, dopo tanti anni.

< Come hai fatto a trovarmi? >

< E’ la congrega delle domande stupide? Sei su molte riviste italiane, sei la signora Lee, sei moglie di un cantante celebre che lavora in una clinica per pazzi > ironizzò divertita ed entusiasta.

< Ahaha! Quanto rimani? > domandò sciogliendo l’abbraccio.

< Mi piacerebbe restare fino alle nozze di Jennifer. Si ricorda ancora di me? >

< Ma certo che si ricorda. A proposito, dovrebbe essere ritornata da poco in casa. Monta sulla moto, ti faccio conoscere delle persone. > disse facendole l’occhiolino e rimettendosi il casco voltandosi dalla parte del proprio collega ringraziandolo di tutto cuore per la pazienza e dicendogli che si sarebbero rivisti la mattina successiva.

< Aspetta, Ania. Ho lasciato le mie valigie nel tuo ufficio e non ci stanno tutte sulla moto. Avevo in mente di andare in un hotel…  >

< Ma cosa dici?! Tu vieni con me, la casa è grande abbastanza. Le valigie invece le prendo domani quando torno con la macchina. Per stasera t’impresto le mie cose, stai tranquilla. Sali. > pronunciò mettendo già in moto il motore.

Mi ero dimenticata di aggiungere che la moto di Jonghyun non era una moto qualunque, ma bensì una Cagiva Mito nera, quindi tanto rumorosa quanto magnifica su strada.

Isabel la guardò con aria leggermente spaventata: da quel che Ania si ricordava, l’amica aveva sempre avuto un po’ paura delle moto, figurarsi quelle così.

< Non ho manco il casco… > disse salendo ugualmente e tenendosi ben stretta ad Ania.

< Pazienza, al massimo ci becchiamo una multa. Tieniti forte perche vado veloce. > manco il tempo di finire la frase che già era partita con una certa velocità.

Non ci vollero neanche dieci minuti questa volta per arrivare davanti alla stupenda villa degli SHINee.

Il viaggio in moto era stato piuttosto “scioccante” per Isabel che scese dal mezzo piuttosto scossa, con i capelli abbastanza spettinati. Guardò l’abitazione davanti a sé e rimase totalmente colpita dal sapere che lì abitavano le sue vecchie amiche, insieme una famosissima band.

< Wow….è …immensa! > disse meravigliata rimanendo immobile.

< Ahah! Aspetta di vedere l’interno, mia cara. > la prese per una mano e la guidò fin davanti all’ingresso. Cercò le chiavi nella tasca, ma si ricordò che a causa della fretta si era scordata pure delle chiavi, perciò fu costretta a suonare il campanello attendendo che qualcuno aprisse. Sapeva che come minimo si sarebbero degnati di aprire dopo un minuto visto che ogni volta che il campanello suonava, nessuno aveva voglia di andare dalla porta.

< Se vuoi comunicare con gli SHINee, sappi che sanno poco e niente di italiano, quindi parlagli in inglese. > informò l’amica che sembrava piuttosto agitata.

Finalmente qualcuno si degnò di aprire la porta e davanti alle due amiche si parò la figura di Kibum che guardò Isabel con aria piuttosto confusa. Si voltò poi a guardare Ania e le domandò < E’ qualcuno che dovrei conoscere? > - < No, non la puoi conoscere. E’ una vecchia e cara amica, la ospiteremo qui fino al matrimonio di Jonghyun e Jennifer. >

Kibum sorrise al pensiero di una nuova coinquilina: oh, si che ci sarebbe stato da divertirsi.

< Ok! Molto piacere sono Kim Kibum l’Almighty degli SHINee, ma puoi chiamarmi Key. > si presentò parlando un perfetto inglese e porgendo la mano alla bruna che rimase incantata ad ammirare forse cotanta perfezione.

< P-piacere Isabel… >

< Ok, basta con le presentazioni! Dai, entra. > intervenne Ania, superando Key che richiuse la porta con un calcio.

< Ohi, Ania, ti va di giocare alla play?! Jennifer non è capace. > urlò Minho dalla sala giochi < Non è vero!!! Ci sono troppi pulsanti in sto coso! > rispose Jennifer.

< Ragazzi, un po’ di attenzione! Abbiamo una nuova ospite! > gridò Ania, ma nessuno l’ascoltò. Key la superò, la guardò per un po’ e le disse < Non hai proprio imparato niente… si fa così : PORCA PUTTANA VOLETE MUOVERE IL CULO E VENIRE IN SALOTTO O C’E’ BISOGNO DELLA MADONNA PER UN PO’ DI ATTENZIONE!?!?! >

Isabel portò una mano all’orecchio credendo di aver perso l’udito proprio in quel momento.

Il primo ad arrivare fu Taemin che sorrise in modo raggiante appena vide la moglie: le si avvicinò subito e la baciò notando solo dopo la nuova presenza femminile. Jennifer e Minho uscirono dalla sala giochi e vennero subito raggiunti da Onew e Jonghyun che teneva in braccio Serena, mentre Misaki (la bambina di Jennifer e Jonghyun) teneva la mano del leader.

Non appena Jennifer vide Isabel le corse incontro e l’abbracciò facendola cadere a terra. < Sei proprio tu! Oddio quanto mi sei mancata! > disse Jennifer ancora sopra l’amica.

< Quante volte ti ho detto di non urlare le parolacce con Misaki in casa, eh? > chiese Jonghyun rivolto a Kibum che fece spallucce. < Tanto ci sono abituata. > disse la bambina.

< Ragazzi vi presento Isabel: sarà nostra ospite per poco più di un mese. Spero che andiate d’accordo. > pronunciò Ania tenendo Taemin per mano.

 

 

Note dell’autrice: rieccomi qui ^.^

Quando ho scritto Innamorata di una stella, avevo già in mente di far entrare Isabel nella storia, ma poi ho pensato che con tutto quello che già dovevo descrivere, poi sarebbe venuto fuori un casino.

* In quanto riguardo il braccialetto, Taemin lo “salva” nel quinto capitolo di Innamorata.

Grazie mille e un  bacione grande grande!!!

Alla prossima!!

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Capitolo 3
*** Famiglia ***


Famiglia

“Solo una domanda mi riempie la testa:

cosa vuoi?"

CIT. SHERLOCK

Passarono gran parte della serata a discutere, a parlare ad Isabel di quella vita così perfetta, di quell’armonia che regnava in casa (a parte le continue grida di Kibum, le lamentele di Onew quando il pollo non c’era, la mania di Minho che ultimamente si stava impallando sui videogiochi, il caos che faceva Jonghyun quando andava alla sala prove, l’agitazione che aveva Taemin nella scelta del vestito da indossare al matrimonio dell’amico, sì era un’armonia tutta loro), delle bambine, della carriera degli SHINee ecc…

Verso l’una di notte tutti andarono a dormire nelle rispettive camere, tranne Isabel che si sentiva un po’ a disagio in quella dimora, forse si sentiva di troppo in quella bellissima famiglia. Decisero tutti insieme che la bruna avrebbe dormito nella stanza degli ospiti che si trovava proprio affianco alla camera da letto di Taemin e Ania, così, se la ragazza avesse avuto qualche genere di problema, avrebbe potuto svegliare Ania e dirle cosa non andasse.

Non riuscì a prendere subito sonno, aveva il timore che tutto quello fosse un sogno, credeva di non essere realmente lì dentro, con una delle band più celebri di tutta l’Asia e di buona parte del globo.

Si girò e si rigirò nel letto, ma il sonno sembrava proprio non volerla neanche sfiorare, perciò si alzò dal letto ed uscì dalla camera: avrebbe voluto svegliare l’amica e chiederle se avesse avuto voglia di guardare un film con lei o se semplicemente, solo per quella sera, avessero potuto dormire assieme visto che era piuttosto agitata.

Bussò alla porta di Taemin e Ania, ma nessuno rispose: e se stavano già dormendo? Infondo era l’una e mezza di notte e sarebbe stato più che plausibile se si fossero addormentati visto che avevano avuto una giornata piena d’impegni.

Aprì la porta della loro stanza lentamente, per non farla cigolare e quasi si stupì nel vedere che la stanza era in penombra, solo con una luce rossa che la illuminava e dopo qualche secondo decise di entrare, ma ciò che vide la fece arrossire e non poco, perciò optò immediatamente per richiudere subito la porta, solo che questa volta fece piuttosto rumore.

Fantastico! Neanche sei ore che era arrivata e già aveva visto Taemin nudo sopra Ania intenti a scambiarsi diverse “affettuosità” nel loro letto matrimoniale.

Scese velocemente le scale, arrivando al piano inferiore: aveva deciso che avrebbe guardato la tv da sola sperando con tutta sé stessa che né Ania né tanto meno Taemin si fossero accorti della sua presenza. Arrivò in salotto e rimase a bocca asciutta quando notò che la televisione era già accesa e che stava trasmettendo un drama. Ok, o in quella casa era abitudine lasciare la tv accesa, o c’era qualcuno che la stava guardando, solo che in salotto non c’era nessuno.

< Isabel, che spavento! > Kibum uscì dalla cucina con un bicchiere di latte in mano e si sedette comodamente sul divano mentre continuava a guardare il programma.

< K-Key! Ecco chi stava guardando la tv! > disse restando in piedi per timore di disturbare il biondo che forse stava cercando di rilassarsi dopo una giornata di stress.

< Già… Come mai sveglia a quest’ora? > domandò bevendo un sorso di quel liquido bianco tenendo gli occhi puntati sullo schermo.

< N-non riesco a prendere sonno. >

< Ho sentito la porta sbattere prima, sei stata tu? >

< Ehm… ecco..io.. >

< Non ti preoccupare, ti capiterà un altro milione di volte cogliere Ania e Taemin in fragrante. > pronunciò posando il bicchiere vuoto sul pavimento.

< Siediti pure, solo che non so quanto tu potrai capire. Tutti i programmi sono in coreano. > la informò.

< N-non importa, stai tranquillo. > e si sedette accanto al ragazzo che continuò a guardare lo schermo.

Susseguirono diversi minuti di silenzio, poi la telenovela finì verso le due e un quarto, ed in quel momento Kibum si alzò dal divano stiracchiandosi i muscoli indolenziti e sbagliando.

< Vai a dormire? > chiese lei con voce innocente.

< Si. Domani mattina alle 10 gli SHINee devono andare nell’ufficio della SM perche il presidente deve parlarci di alcune novità e di quanti altri sbattimenti dovremo farci nei prossimi giorni. > disse rimanendo serio.

< Da come lo dici, uno potrebbe pensare che non ti piaccia essere un membro degli SHINee > pronunciò non rendendosi conto che forse quello che avesse appena proferito poteva arrivare alle orecchie di Kibum come un’offesa, e difatti questo la guardò con sguardo severo.

< Ma che stai dicendo? Fare parte di questa band è la cosa migliore che sia capitata nella mia vita, come puoi affermare il contrario? Mi stavo solo lamentando perche non ho voglia di alzarmi presto, tutto qua. > disse velocemente. Si maledisse subito per averla rimproverata, non voleva spaventarla, ma non poteva farci niente, diventava aggressivo quando qualcuno metteva in dubbio la sua felicità immensa nel far parte di quel complesso.

< S-scusami… > sussurrò lei andando a guardare la tv che ora trasmetteva pubblicità.

< N-No, scusami tu, non volevo dire così… Se vuoi stanotte dormiamo insieme, che ne dici? > propose porgendole la mano e tentando di sorriderle. Sospettava che la ragazza fosse intimorita da quella nuova atmosfera e da quel paese tutto nuovo per lei, ed in più, per farsi perdonare, non gli sarebbe dispiaciuto aiutarla a prendere sonno.

< Sicuro che non ti crei fastidio? > chiese alzandosi in piedi.

< Si, si, nessun disturbo. Anzi, io dormo da solo in un letto matrimoniale, quindi ce n’è di spazio. > disse sorridendole.

Così insieme si diressero silenziosi verso la stanza della divah e dopo circa un’oretta entrambi si addormentarono. Durante la notte Kibum abbracciò la ragazza che si svegliò immediatamente, ma che sorrise quando si accorse che il biondo aveva posato il braccio sulla sula vita e si riaddormentò.

---

La mattina purtroppo non tardò ad arrivare ed Ania fu la prima a svegliarsi. Si voltò a guardare Taemin e sorrise nel vederlo completamente addormentato, con la bocca semiaperta e la faccia che sprofondava sul cuscino: nonostante tutti quegli anni, il ragazzo aveva sempre conservato quell’aria da angioletto innocente/bambino tenero che faceva tanto impazzire le sue fans e onestamente anche ad Ania faceva tenerezza quando lo vedere in certi frangenti. Lo baciò dolcemente sulla fronte, poi si alzò dal letto e si vestì andando in cucina a fare colazione.

Erano le sette del mattino, quel giorno Jennifer non doveva andare a lavoro, perciò gli altri si sarebbero svegliati tra due ore circa, mentre lei sarebbe dovuta andare in clinica e avrebbe trascorso la sua mattinata lavorativa.

Uscì di casa, salì sulla macchina ancora mezza addormentata ed arrivò in poco tempo alla clinica, dove iniziò subito a darsi da fare con i diversi pazienti.

---

Isabel si svegliò verso le otto e mezzo a causa del pianto della figlia di Ania, che si faceva via via più fastidioso ogni secondo che passava. Si accorse che pure Kibum si svegliò poiché quest’ultimo si andò a strofinare gli occhi con la mano che precedentemente era appoggiata sul grembo della ragazza.

< Puntuale come sempre. > pronunciò il biondo sbadigliando.

< Eh? > non capiva cosa intendesse dire.

< Ogni mattina verso le otto, Serena inizia piangere > spiegò stiracchiandosi nel letto. Pochi minuti dopo si sentì un suono di passi dirigersi verso il pianto della bambina che dopo cinque minuti cessò di piangere.

< Questo era il caro papà Taemin che si è alzato per farla smettere… Solo lui ci riesce. > l’informò alzandosi dal letto.

< Bhè, anche se è piccola, io credo che sappia riconoscere i suoi genitori > disse con voce ancora assonnata, ma alzandosi ugualmente.

Entrambi scesero a far colazione, trovando tutti gli altri membri che già si erano accomodati a tavola e poco dopo vennero raggiunti pure da Misaki e Jennifer.

< Isa, prima sono passata da camera tua per vedere se dormivi, ma non ti ho vista. Dov’eri? > chiese Jenn mettendo il bavaglino alla bambina.

< Isabel ha dormito con me perche non riusciva a prendere sonno. > rispose Key al suo posto mangiando un biscotto.

Tutti lo andarono a fissare a bocca asciutta, come se non si aspettassero tale gesto dalla Divah.

< State tranquilli non me la sono scopata! > disse ad alta voce in coreano, facendo in modo che l’italiana non potesse capire e allora tutti fecero un sospiro di sollievo e si rilassarono continuando la loro colazione.

Finito di mangiare, gli SHINee si vestirono ed uscirono di casa dicendo alle ragazze che sarebbero rincasati verso l’ora di pranzo e che Taemin sarebbe rincasato un po’ più tardi perche sarebbe andato a prendere Ania in clinica.

Jennifer restò in salotto a giocare a barbie con Misaki che si stava divertendo tantissimo e stavano narrando tramite il gioco, la storia d’amore di Jenn e Jonghyun, di come si fossero innamorati e incontrati ecc…

< Ti amo Jennifer! > disse ad alta voce la bambina che impugnava un ken.

< Ahah! Vieni qui che ti acchiappo! > e le fece il solletico ovunque.

Nel frattempo Isabel era risalita al secondo piano dicendo a Jenn che avrebbe riordinato quella che sarebbe stata la sua stanza per circa un mese e così fece per tipo un’ora, poi decise che sarebbe andata in bagno a darsi un’aggiustata ai capelli. Nel fare ciò passò davanti alla camera da letto del leader e vi entrò notando che le cuffie si trovavano per terra, così le raccolse e le appoggiò delicatamente sulla scrivania dove trovò una lettera tutta scritta in italiano e la lesse a mente. Si fece scappare un leggero sorriso una volta finita la lettura: ripiego la lettera e se la infilò in tasca.

< Adesso ci penso io.. >

 

Note dell’autrice: ok, oggi mi sono data parecchio da fare D: Ho scritto ben due capitoli di due ficcy diverse e sono esausta, ma dovevo continuare qua, perche è davvero da tanto che non aggiorno. E’ davvero difficile scrivere 3 ficcy in contemporanea, mi dispiace di aver trascurato questa.

Un Bacione e Grazie Mille

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Capitolo 4
*** L'uomo nero ***


L’Uomo Nero


Il tempo scorreva lentamente, la convivenza con la nuova coinquilina diveniva via via più piacevole e tutti l’accettavano, anche perche sapevano che entro poco meno di un mese sarebbe poi ritornata in Italia e per rendere felici Ania e Jennifer gli SHINee avevano deciso di ospitare questa Isabel.

Quella mattina era piuttosto piovosa, tuoni e fulmini si udivano in tutte le stanze di quell’immensa villa.

< Proprio oggi doveva piovere? > disse Minho camminando avanti e indietro per il salotto nel quale il leader cercava di guardare un po’ di televisione, ma a causa del continuo agitarsi del minore, risultava piuttosto faticoso rilassarsi sul divano.

< Minho, ti dispiacerebbe… > non terminò la frase che subito venne interrotto < Si, mi dispiacerebbe! Come fai ad essere così tranquillo, eh? Oggi per la prima volta dovremmo lasciare le bambine da sole e in più abbiamo un concerto piuttosto importante tra qualche ora e sa diluviando! > proferì ad alta voce e Onew sorrise. Gli sembrava strano che dopo tutti quegli anni passati a fare i cantanti, ancora il minore si agitava a ballare sotto la pioggia: l’avevano già fatto diverse volte, era capitato di scivolare sul palco, è vero, però sarebbe bastata un po’ di attenzione in più e non sarebbe successo nulla.

< Stai calmo, Minho. Con le bambine ci sta Isabel e il concerto andrà bene, devi stare tranquillo. A proposito, vai a chiamare gli altri. Usciamo > disse il leader calmo alzandosi e spegnendo la tv che non era riuscito a seguire a causa dell’agitazione dell’altro che si diresse immediatamente in cucina dove gli altri membri stavano ancora consumando la colazione, mentre Jennifer e Ania erano uscite presto per andare a lavoro.

< Dobbiamo andare ragazzi. Ci staranno aspettando, saranno tutti agitati, ma non come me, perche io non sono agitato, io sto bene, è tutto ok, niente andrà storto. Forse cadrò e farò una figura di cacca, ma a parte questo tutti saranno felici e contenti, no? > Minho parlò così velocemente che gli altri capirono solo la metà di quello che aveva detto e lo guardarono un po’ sconcertati.

Taemin si alzò lentamente dalla sedia e diede una pacca d’incoraggiamento al suo migliore amico, gli voleva bene e ormai lo capiva anche se lui non avesse detto niente. Sapeva già che era agitato a causa della pioggia, era sempre stato così, ma alla fine in tutti quegli anni, il grande Carisma raramente aveva sbagliato qualcosa sul palco, ma come sempre era in uno stato d’ansia che si ha solitamente ai primi concerti.

< Ci siamo noi con te, Minho. Sarà una giornata splendida nonostante la pioggia > gli fece l’occhiolino, dopodiché uscì dalla stanza per raggiungere il leader che già si stava mettendo le scarpe.

< Si! E poi dopo il concerto venite con me e Jennifer a scegliere le bomboniere per il matrimonio. > concluse Jonghyun imitando il maknae.

Infine si alzò anche Kibum che quel giorno era stranamente felice e allegro, forse più del solito e salutò l’amico con un sorriso a trentadue denti per poi dirgli < Isabel farà da babysitter, ci credi? > chiese con uno strano sorriso stampato in faccia.

< Ehm… si, ma dov’è ora? > domandò il bruno confuso.

< E’ al piano di sopra che gioca con Misaki. Dovevi vederle: sono bellissime! > affermò posando una tazza sul lavandino.

< Non è che ti piace Isabel, vero? Ecco… una coinquilina in più. Facciamo bene a cambiare casa. > disse Minho portandosi una mano alle tempie perche non ce la faceva a immaginare una famiglia con così tanti membri, ma da un lato non gli dispiaceva vivere tutti insieme, ci sarebbe sempre stata quell’atmosfera solare e allegra che nelle altre case non ci sarebbe mai stata.

< Ma che dici?! Ho solo detto che è carina, niente di più > ribattè Kibum, continuando però a sorridere.

< Si, anche Jonghyun aveva detto lo stesso di Jenn e guardali adesso: si stanno per sposare e hanno una bambina di sette anni. > effettivamente Minho non aveva poi tutti i torti, sapeva già come sarebbe andata a finire tutta quella faccenda: un altro matrimonio, altri bambini, altro piacevole caos.

< Ma… Vabbè. Andiamo? > era decisamente meglio non pensarci adesso, sapeva che ci sarebbe stato il rischio che poi Minho si sarebbe potuto agitare di più.

< Ok… >

Uscirono tutti e cinque di casa dopo aver salutato Isabel, Misaki e la piccola Serena che ancora riposava tranquillamente nella sua culla. Taemin le baciò la testolina e le sussurrò all’orecchio < Papà torna presto, amore mio >. Dio quanto l’amava quella bambina, era il suo sole, era il regalo più bello che Ania gli potesse fare. Era la secondo femmina che amava di più al mondo, era bellissima.

 

Passò un’oretta buona. Ormai era quasi mezzogiorno e Ania e Jennifer avrebbero rincasato tra mezz’ora. La piccola Serena si era svegliata da qualche minuto e piangeva, urlava probabilmente per aveva fame, o forse per voleva i suoi genitori, sta il fatto che Isabel non la degnava neanche di uno sguardo, non le interessavano le sue condizioni di salute.

< Dannata mocciosa, se non la smetti te la do io una buona ragione per piangere… > sussurrò tra sé e sé sedendosi sul divano, lasciando Serena a piangere al paino di sopra.

Non passò molto prima che Misaki la raggiunse guardandola con aria interrogativa e un visino triste.

< Isa, perche non vai da Serena? > chiese la piccolina in coreano e difatti la ragazza non capì assolutamente nulla di quanto avesse detto. Era ovvio che una bambina di sette anni non parlasse né l’inglese, né tanto meno l’italiano, quindi la guardò per qualche secondo per poi chiudere gli occhi e rilassarsi sul divano.

Il campanello suonò immediatamente e Isabel corse fino alla porta, l’aprì rapidamente quasi avesse voluto romperla e accolse con un sorriso sadico la persona davanti a sé. Era un uomo completamente vestito di nero, pure il volto era coperto da una maschera a causa della quale erano visibili solo gli occhi che Misaki guardò attentamente prima di indietreggiare di qualche passo.

< La marmocchia di Ania sta strillando! Prendila prima che la sbatto sul pavimento. > disse Isabel chiudendo la porta dietro di sé, lasciando prima entrare “l’uomo nero” o almeno così lo vedeva la piccola Misaki che lo guardò impotente mentre saliva per andare al piano di sopra.

< I-Isa… Chi è lui? > domandò, ma questa ancora non si degnò di risponderle, le si avvicinò cauta e la prese il braccio.

< Ora fai la brava e vieni con me. Non ti succederà niente se stai buona. > sapeva che la bimba non l’avrebbe capita, ma glielo disse lo stesso.

Quando Misaki vide Serena, piangere e urlare ancora più forte di quanto avesse precedentemente fatto in braccio a quell’uomo nero, fece di tutto per divincolarsi da quella stretta che la teneva attaccata al corpo di quella ragazza e grazie a un calcio ben mirato, Isabel la lasciò cadere per terra.

Misaki si rialzò velocemente e corse verso la porta d’ingresso che stava cercando di aprire disperatamente, ma con scarsi risultati.

La mamma mi ha insegnato ad aprire la porta.

Mi ha detto che devo solo abbassare la maniglia

Non ci arrivo.

< Piccola peste, vieni qui! > urlò l’uomo in un coreano quasi perfetto e la bambina finalmente lo capì, comprese quello che stava per accadere. L’uomo nero di cui zio Jinki parlava allora esisteva davvero anche se Key le aveva detto che non era così. Voleva rapirla e portarla in un posto tetro, voleva anche la sua piccola sorellina, Serena.

< Mamma, ma Serena è la mia sorellina? >

< Si, tesoro mio. Crescerete insieme e tu da brava sorella maggiore la devi proteggere sempre >

< Lo farò, mamma >

Si avvicinava sempre di più quell’uomo cattivo, ma Misaki ancora non si dava per vinta, cercava di aprire quella dannatissima porta che la separava dalla salvezza.

Saltò, afferrò la maniglia e la fece scivolare verso il basso, poi finalmente la porta si aprì e la piccola non ci pensò due volte prima di mettersi a correre scalza, sotto quella incessante pioggia. Vide di sfuggita una macchina nera, era molto molto bella e non le era mai capitato di vederla parcheggiata davanti alla sua casa, ma in quel momento non ci fece particolarmente attenzione.

Correva, ma non sapeva bene dove fosse diretta: non sapeva dove fosse papà Jonghyun o mamma Jennifer, non ne aveva la minima idea, semplicemente correva senza guardarsi indietro col cuore che le batteva assai veloce.

Dopo qualche minuto di corsa affannata, si voltò e non vide più nessun uomo nero, nessuna donna cattiva, ma non c’era più neanche la sua sorellina. Chissà cosa le voleva fare l’uomo nero? Chissà la mamma come si sarebbe arrabbiata quando sarebbe venuta a sapere che non era riuscita a proteggerla come le aveva detto?

Le persone per strada la guardarono malamente, alcuni si chiedevano che incompetenti fossero i loro genitori per averla lasciata da sola sotto la pioggia, altri invece erano più preoccupati, ma nessuno si degnò di fermarsi, di chiederle cosa ci facesse lì, o almeno farle un po’ di spazio sotto l’ombrello.

< Mamma… > bisbigliò piangendo. La cercava tra quelle persone, ma non la vedeva, non la trovava.

Un uomo si soffermò a guardarla di più, la fissava incessantemente e le si avvicinò inginocchiandosi accanto a lei, coprendola dalla pioggia grazie al suo immenso ombrello. Misaki guardò quell’uomo grande con terrore, aveva paura, ma qualcosa nel suo viso gli era famigliare, come se l’avesse già visto.

< Lo vedi l’uomo nella foto, Misaki? >

< Si, papà. E’ vecchio! >

< Ahah! E’ grazie a lui se io faccio il cantante, sai? >

< Davvero? >

< Si. E’ una brava persona >

< Sei tutta bagnata, Misaki. > disse l’uomo prendendola in braccio con un po’ di esitazione da parte della bambina.

< C-Chi sei? > chiese ancora spaventata.

< Sono Lee Soo Man, non mi riconosci? Come mai non sei in casa? Papà si arrabbierà molto. Vieni ti ci riporto io… >

< NO! Non voglio andare a casa, ho paura, c’è l’uomo nero. Mi vuole fare male! > urlò la piccola piangendo.

< L’uomo nero? > domandò l’uomo perplesso.

< Si! Voglio il mio papà! Voglio andare da papà! > parlò ancora ad alta voce e non desiderava altro se non l’abbraccio di Jonghyun in quel momento sarebbe stata una delle poche cose che sarebbero riuscite a tranquillizzarla.

 

Note dell’autrice: Ciao!! ^^

Non siete in molte che seguite questa ficcy, ma io non mi do per vinta *povera me*

Spero di avervi incuriosite almeno un po’ con questo capitolo J Grazie mille, alla prossima!

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Capitolo 5
*** Urla ***


Urla

 

Undici anni di carriera.

Undici anni passati a fare concerti, suonare, cantare davanti a un numero indefinito di persone, eppure ogni volta che ciò accedeva poteva chiaramente avvertire il cuore battere all’impazzata. L’adrenalina salire ad ogni passo, quei riflettori che continuavano a far schiarire la sua immagine seguendo anche il più piccolo dei suoi movimenti.

Pronuncia il testo di quella melodia, ancora una volta. Non si stancherà mai di cantarla, non lo stuferà mai ballare.

Ma…Stavolta c’è qualcosa di diverso. Non capisce, non riesce a capacitarsi del perche adesso il cuore sembra aver perso un battito, sembra esser rallentato, come se qualcosa gli fosse stato brutalmente strappato dal petto.

C’è qualcosa che manca, qualcosa di diverso…

Ha una brutta sensazione, non riesce a scacciare via il pensiero che stia succedendo qualcosa di brutto.

Wueee

Wueee

I suoi movimenti s’interrompono improvvisamente, smette di ballare e fissa un punto indefinito del luogo: vede centinaia di persone che lo fissano sorpresi, alcuni sono addirittura stupefatti, mentre altri lo incitano a continuare.

Gli altri membri della band continuano a ballare, cercano di sorridere sperando che il maknae si riprenda, ma quest’ultimo non sembra essere intenzionato a muoversi.

Aveva sentito il pianto di una bambina, della sua bambina rimbombare nella mente e quel suono diveniva via via più forte. Non udiva più musica, solo quel continuo piangere che non si sapeva spiegare finche quel suono non divenne così potente da obbligare Taemin ad andarsi a tappare entrambe le orecchie con le mani, inginocchiandosi a terra.

Fu allora che la musica s’interruppe del tutto e Minho fu il primo ad inginocchiarsi accanto al minore, dandogli una lieve pacca sulla spalla per farlo riprendere.

Dal dietro le quinte apparvero innumerevoli medici, tutti pronti ad aiutare i cantanti in casi di urgenza.

Ma nessun dottore sarebbe stato in grado di guarire quella ferita

Nessuna cura contro la sofferenza

Quel continuo piagnisteo non si decideva a scomparire, Taemin non riusciva a trovare la forza per rialzarsi. Aveva troppa paura, non ce la faceva…

< Taemin, cos’hai!? > chiese il leader accucciandosi davanti al biondo, cercando di fargli alzare lo sguardo, provando a rimuovere quelle mani dalle sue orecchie.

< F-falla smettere, ti prego… > sussurrò, ma a causa del microfono ancora avvolto attorno alla sua nuca, tutti i presenti riuscirono ad udire le sue parole.

< Chi!? Taemin, che stai dicendo? > domandò ancora Onew.

< FALLA SMETTERE DI PIANGERE! > urlò ed allora Minho lo prese in braccio portandolo dietro le quinte. Voleva farlo calmare, voleva capire cosa stesse succedendo e per la prima volta durante la loro carriera, gli SHINee lasciarono un concerto in sospeso con chissà quanti fans a bocca asciutta.

_

Era dietro la scrivania da due ore ormai. Stava mettendo apposto le cartelle cliniche di ogni singolo paziente, analizzando attentamente ogni caso capitatole durante gli ultimi mesi.

Ma.. le mani avevano preso a tremare. Non sapeva cosa le stesse accadendo, non riusciva neanche ad aprire un cassetto senza fare una fatica fuori dal normale.

Proprio quando si stava alzando per andarsi a prendere un caffè, la porta del suo ufficio si aprì con forza facendola sobbalzare. Un uomo alto, dai capelli bruni e gli occhi scuri si era presentato nella stanza, così senza neanche bussare o chiedere il permesso. Non era per nulla normale visto e considerato il fatto che in un luogo come quello era importante l’educazione nei confronti degli altri colleghi, ma l’uomo appariva impallidito, aveva il fiatone e guardava Ania quasi terrorizzato.

< Victor, che succede? Devi bussare, sai?  > disse lei alzandosi e cercando di calmarsi portandosi una mano al petto. Non era stata la comparsa improvvisa dell’uomo a farla spaventare, c’era qualcos’altro che Ania non riusciva a definire.

< Signorina Lee, c’è stato un incidente durante il concerto di suo marito. > pronunciò Victor tutto d’un fiato. A quel punto la mora spalancò gli occhi in maniera anormale e corse verso il collega che era rimasto immobile davanti alla porta.

< Che cazzo stai dicendo!? > gli urlò contro afferrando intanto il telecomando di quella televisione che prima usava solo in casi rari, magari per aggiornarsi sulla violenza nella quotidianità, o guardando video per il lavoro. Stavolta non ci pensò due volte prima di andare sul canale delle news delle star e… lo vide, suo marito inginocchiato a terra, con entrambe le mani a coprirsi le orecchie.

Lo guardò per innumerevoli secondi, mentre gli occhi si appannavano a causa delle lacrime che si stavano facendo spazio sul suo viso. Non sapeva cosa gli fosse accaduto, ma era cosciente del fatto che si trattava di qualcosa di grave. Se lo sentiva.

< Ad un tratto ha smesso di ballare… e poi ha urlato… > non ci fu il bisogno per Victor di dire cos’avesse urlato, poiché fu la televisione stessa a continuare il suo discorso

FALLA SMETTERE DI PIANGERE!

Non occorse ascoltare i pareri dei giornalisti.

Ania corse fuori dal suo ufficio, fuori dall’edificio mentre piangeva e non ne sapeva neanche la ragione.

Per la prima volta in vita sua, le gambe si stavano muovendo senza avere il consenso del cervello, era il cuore a guidarla, a portarla dov’era giusto stare in quel momento.

Quelle scarpe coi tacchi rendevano difficile correre, perciò se le tolse senza neanche pensarci, senza neanche ricordare che erano state un regalo di compleanno da parte di Jennifer, adesso tutto sembrava essere irrilevante.

Arrivò fino ai parcheggi, sotto la pioggia.

Entrò in macchina e subito il cellulare prese a squillare, lo impugnò e lesse sul display il nome di Jennifer, della sua migliore amica, ma non rispose. Di solito non la chiamava sul lavoro, a meno che non ci fosse stata un’emergenza e Ania sapeva che c’era qualcosa che non andava.

Mise in moto la macchina e partì a tutta velocità verso la villa. Sarebbe stato meglio forse se si fosse diretta nel luogo in cui gli SHINee avevano fatto il concerto, ma qualcosa in lei la spinse a tornare in casa, aveva capito che era meglio.

Con la mano ancora tremante cercava di comporre il numero di Onew, portandosi poi il cellulare all’orecchio, ma il leader non rispose, continuava a lasciarlo squillare..

< Porca puttana, Onew! Rispondi, ti prego! > urlò tirando un forte pugno al volante.

Guidava a tutta velocità e non le importava di prendersi una multa, non aveva il timore dei carabinieri. Voleva solo arrivare il prima possibile.

Lanciò il cellulare nei sedili posteriori della macchina quando si rese conto che nessuno dei cinque le avrebbe risposto.

Quando arrivò, parcheggiò malamente la macchina, non richiuse neanche la portiera e si precipitò davanti alla porta d’ingresso, mentre del frattempo cercava le chiavi. Quando vide che la porta però era già aperta potè chiaramente sentire i battiti del suo cuore accelerare e per diversi istanti rimase lì, impalata davanti alla porta.

Quando un barlume di buonsenso tornò in lei, si decise ad entrare in casa iniziando subito a guardarsi intorno: la casa era completamente disordinata. Per terra vi erano fogli, soprammobili, sedie, la televisione, niente si trovava più al suo posto.

< ISABEL! > urlò svuotando completamente i polmoni e correndo al piano di sopra dove notò che anche lì la situazione era la stessa.

Chiunque fosse entrato in quella casa non aveva avuto il minimo tatto, non si era per nulla risparmiato. Aveva gettato all’aria qualunque cosa.

< MISAKI! Dove sei!? > gridò correndo verso la cameretta della bambina, ma non trovò nessuno. Ancora un casino infernale trionfava anche in quella stanza.

E pianse ancora quando corse verso l’ultima stanza che voleva controllare. Le lacrime si posavano imperterrite sul pavimento sotto i suoi piedi scalzi.

Aprì con forza la porta della camera di Serena, la guardò e la trovò vuota. Si, come il suo cuore in quel momento, come la sua anima che sembrava essere volata via, altrove.

Le gambe che non avevano più la forza di sorreggerla, perche il peso di tutta quella sofferenza era troppo eccessivo. Non ce la poteva fare.

< SERENA! > gridò tra le lacrime. Ormai aveva capito cos’era successo.

Restò inginocchiata per terra a piangere per cinque minuti, finche non potè chiaramente avvertire il suono di passi salire le scale. Fu allora che si alzò in piedi e cautamente si avvicinò verso la direzione del suono. La camminata silenziosa divenne presto corsa e si parò davanti a due figure che però riconobbe immediatamente: uno era Lee Soo Man, l’uomo che aveva reso possibile la creazione degli SHINee, mentre l’altra era Misaki e… stava piangendo anche lei, ma appena vide Ania le corse incontro, abbracciandola.

< Zia, Ania! > disse avvinghiandosi alle sue gambe, con le lacrime agli occhi.

< Signorina Lee, che è successo qui? > domandò l’uomo guardandosi intorno.

< P-Perche Misaki era con lei!? > gli stava urlando contro, non l’aveva mai fatto, non con una persona così importante < Dov’è mia figlia!? > insistette senza abbassare un minimo la voce.

< Signorina, ho trovato Misaki per strada… Non so dove sia sua figlia… > rispose l’uomo un po’ titubante.

La bambina stava per dire qualcosa quando all’improvviso il telefono di casa squillò. Ania corse a rispondere e si sorprese nel riascoltare una voce che pensava di aver dimenticato da tempo.

< Hai visto che è successo? > era una voce cupa, ma conteneva al suo interno una nota di insopportabile ilarità.

< N-non dirmi che tu… > da quanto tempo era che non parlava in italiano al telefono? Davvero molti anni, ma avrebbe di gran lunga preferito non farlo mai più piuttosto che avere un’altra conversazione con lui.

< E’ inutile che cerchi tua figlia. Ma non ti preoccupare, è qui con me… Non le torcerò neanche un capello, a meno che tu non faccia tutto quello che ti dico.

Sei in mio potere >

 

Note dell’autrice: scusate l’immenso ritardo. Spero che aumentiate a seguire questa ficcy, altrimenti credo proprio che la eliminerò, anche se mi dispiace perche ci tengo davvero tanto.

Grazie mille comunque alle poche che la leggono.

Un bacione!

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