Enchanted

di Forge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Un starnuto improvviso ruppe il silenzio della notte.
Una figura incappucciata corse rapida verso il bosco, senza fermarsi, senza voltarsi. Solo quando si arrestò capì che non l’avevano visto. Sorrise e osservò il paesaggio. Stava scendendo la prima neve anche nella contea di Galen. Ben presto le forze oscure si sarebbero rivelate, era questione di giorni. Era tutto pronto per il grande plenilunio. La magia non sarebbe più stata la stessa, i poteri dell’origine sarebbero stati distrutti e il male avrebbe finalmente regnato su tutto.

Aprì gli occhi di scatto. La prima domanda fu dove si trovasse. E la prima rassicurante risposta, nel suo letto. Il sole era già alto e anche senza l’orologio capì benissimo che era ora di alzarsi. A fatica, stropicciando gli occhi e strisciando i piedi, arrivò fino al grande armadio di mogano e prese qualche indumento.
Quando indossò la felpa col cappuccio, si ricordò della figura enigmatica del sogno. Chi era? Troppe domande, per essere mattina. Fece un giro di ricognizione, riempì la borsa di pelle con qualche libro sperando che bastassero per l’intera giornata e aprì la finestra. Durante la notte la neve si era posata silenziosa sul piccolo paese di Ther. I bambini correvano per le strade lanciandosi palle di neve, le mamme si scambiavano le ultime cure per il raffreddore e qualche sfortunato asino era costretto a trascinare il calesse del padrone per le strade, i cui ciottoli erano resi scivolosi dal ghiaccio.
Si voltò e vide il suo riflesso nel vetro della finestra. Lo fissò solo per un secondo, giusto per sapere se era tutto lì, dove l’aveva lasciato la notte scorsa. Due occhi grigi ne fissavano altri due. Le lentiggini risaltavano il naso leggermente arricciato e un sorriso spontaneo nasceva dalle labbra rosee. Ealy domani avrebbe compiuto sedici anni. Guardò i capelli castani sistemati distrattamente di lato, le mani affusolate al sicuro dentro le tasche.
Abbassò lo sguardo e vide un’impronta. Chi l’aveva lasciata? Sua non poteva essere, il suo piede era più piccolo. Optò per non pensarci e scendere a colazione. Chiuse la finestra dietro di sé ed entro nella sua stanza. Non era molto grande, in confronto a tutte le altre della casa, ma aveva sicuramente la posizione migliore. Da lì Ealy dominava tutta la vallata. Aveva posizionato di fronte alla finestra una poltrona, che aveva preso dallo studio di suo nonno e quando poteva ci si accoccolava sopra mettendosi a leggere un buon libro, accompagnata dai rumori della Contea.

-Ealy, per caso hai visto le mie chiavi?-
-No, nonno. Le hai perse ancora?-
-Non le ho perse. Sono scappate, si divertono quei ferri vecchi. Ma io sono più furbo, Ealy, sono più furbo.-
Nonno Noce era un uomo robusto, alto, con i capelli ormai bianchi e l’aria saggia. Aveva un gemello, con cui anni prima aveva tagliato i rapporti. Più Ealy indagava sul perché di quella separazione dal resto della famiglia, più Noce si chiudeva in se stesso ed evitava di parlare con la nipote. Ben presto Ealy assecondò i desideri del nonno e smise di porre domande ad alta voce.
Ultimamente Noce aveva preso l’abitudine di perdere le chiavi di casa. E a lui non piaceva perdere le cose, lo faceva sentire vecchio e stordito.
-Ti lascio le mie. Tanto probabilmente mi vedo con Altair o Max più tardi, quindi dovrei arrivare a casa quando mamma sarà tornata dal suo solito giro di spese.-
-Mia cara, sai perfettamente che oggi è Mercoledì. E io il Mercoledì mi rintano in studio, quindi non ho assolutamente bisogno delle chiavi di casa. Buona giornata e attenta ai rami bassi degli alberi!-
Si allontanò tranquillo verso il suo studio e si chiuse dentro. Ealy sospirò, pensando che quel giorno era Giovedì e non Mercoledì; afferrò una mela, baciò sua madre, suo padre e uscì di casa.

Durante la strada verso scuola si concentrò sul sogno. Perché una figura incappucciata si era presa il disturbo di spiare Ealy mentre dormiva?
Elaborò una teoria: forse suo padre si era svegliato, si era infilato una felpa con il cappuccio per il freddo ed era andato a controllare se Ealy dormiva o stava ancora leggendo. Una volta entrato voleva prendersi una boccata d’aria e… Ealy perse l’equilibrio.
Due mani salde la sostennero e una voce calda le disse –Dovresti stare più attenta a dove metti i piedi, Al. Solitamente cadi anche quando sei semplicemente in piedi, figurati se cammini sul ghiaccio!-
-Sai Maximus, qui di gelido ci sono solo le tue freddure!- e si incamminarono insieme.
Max era il migliore amico di Ealy e insieme erano una coppia formidabile. Si divertivano a farsi scherzi tra loro, leggevano libri su libri solo per rovinarsi a vicenda i finali, andavano a pesca o a cogliere i fiori in prati ancora inesplorati da mezza Ther.
–Allora, per stasera è tutto confermato?- le chiese Max, spettinandosi i capelli biondi e fissandola con i suoi occhi color del mare in tempesta.
-Si. Si, certo.- rispose Ealy senza il suo solito entusiasmo.
La storia dell’uomo sul suo balcone la preoccupava più di quanto volesse e l’ultima cosa a cui pensare era la sua festa di compleanno.
-Senti, tutta questa felicità mantienila per dopo, non vorrei che arrivassi stanca e senza allegria!-
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Ora andava decisamente meglio.

Si fermarono davanti a una fontana, in una piccola piazza accerchiata da case di pescatori. Lì vicino viveva Altair, l’ultima componente del trio.
Altair portava il nome della stella più luminosa del cielo di Galen. Aveva occhi cristallini e piedi così minuscoli che quando si muoveva diventavano trasparenti. Era veloce e possedeva un’energia innata…Solo che non riusciva sempre a tirarla fuori. Almeno non con tutti.
-Hei, quasi sedicenne!- salutò l’amica
-Sei in ritardo. Di questo passo potremmo incontrare persone sgradevoli- commentò Al di rimando.
-Per te mezza Contea è sgradevole!- si intromise Max.
-Non è colpa mia se mezza Contea è imparentata con l’unica persona che non sopporto.-
-Però le persone non sono tutte uguali, Al. Magari i parenti di Daisy non sono tutti come lei,- Altair era solita difendere tutti, anche le persone più fastidiose –Non pensi?-
Ealy mugugnò qualcosa in risposta e decise di accelerare il passo, per essere sicura di non incontrare Daisy. Quella ragazzina era l’unico lato negativo che Ealy riusciva a trovare nel suo amato villaggio. Dispotica, egoista, pettegola, scortese. Decisamente il tipo con cui Al non poteva per principio andare d’accordo. E d’altronde l’antipatia era reciproca. Il problema era che Daisy non veniva ritenuta gradevole da nessuno. Ma facendo parte di una famiglia antica e potente tutti le portavano rispetto. Anche perché suo padre faceva parte del Consiglio delle Querce, ovvero di coloro che stabilivano le leggi e portavano la pace o la guerra nella Contea. Con un padre così, Daisy sentiva di dover mantenere alto il buon nome della famiglia. Torturando tutti, proprio come il padre.
-Il signor Ganer ha detto che stanotte hanno avvistato qualcuno che vagava tra i boschi,- la voce dell’amica interruppe i suoi pensieri –ma pensano fosse un forestiero che aveva sbagliato strada.-
Hanno avvistato qualcuno? Vicino alle mura? Insolito. Insolitamente insolito. Nessuno passa mai vicino a Ther per caso.
Ther era il paese più isolato della Contea sia per il suo passato bellicoso, sia per la sua propensione ad accettare ogni tipo di individuo. Qualsiasi esterno giungesse da quelle parti, lo faceva con uno scopo ben preciso: andare a trovare dei parenti, comunicare una missiva, chiedere una delega per qualche affare importante del Consiglio…
-Ealy, giuro che se non mi dici cos’hai, potrei seriamente avere una crisi di nervi!- Altair le aveva sbarrato la strada, imprigionandola tra lei e Max. Era in trappola.
-Come? Oh, scusa, sono solo in ansia per domani. Sai com’è…Sedici anni si compiono una volta sola, Altair.- e si scostò.
Forse non era stata gentile con l’amica, sicuramente non si meritava una frecciatina di questo genere, ma l’angoscia che provava per i suoi sedici anni era indicibile. Aveva paura. E dopo i fatti di quella notte, ne aveva ancora di più.
-Ora andiamo o facciamo tardi- e si diresse spedita verso l’edificio azzurro, a qualche metro di distanza.
Max e Altair si scambiarono uno sguardo allarmati. Dovevano resistere anche loro, domani tutte le loro preoccupazioni sarebbero svanite. Fecero un respiro profondo e seguirono Al verso scuola.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


-Ci vediamo in giardino, al solito posto, all’intervallo! A dopo.- Altair salutò Ealy e si diresse insieme a Max nella sua classe.
Al si affrettò ad entrare nella sua aula e posò stancamente la borsa sul banco. Non le piacevano i suoi compagni. Anzi, in realtà era lei che non piaceva a loro ed era tutta colpa di un individuo: Daisy. L'avversione di Daisy era per Al un'abitudine, con il tempo si era abituata a non curarsene.
-Buongiorno!- la salutò un ragazzo alto, magro e piuttosto pallido.
Gli strati di vestiti che indossava lo facevano sembrare più grosso di quello che era. Ma Annie sapeva bene com’era fatto Will Mason. Dai tempi dell’asilo non solo finivano sempre in classe insieme ma anche i progetti, le attività extra didattiche, gli esercizi sportivi erano abituati a svolgerli come compagni. Erano entrambi pacati e senza molta voglia di farsi degli amici: una coppia perfetta per sopravvivere a quattordici anni di scuola.
-Buongiorno, William. Come mai questa mattina sei così espansivo?-
-Ah, non saprei. Oggi ho aperto gli occhi e ho deciso di socializzare con la mia compagna di banco! Hai portato algebra?- Will tirò fuori i suoi libri e si accorse di non avere il libro di matematica. –Mi chiedo a quale scopo dobbiamo portare questo libro. Tanto è sempre la professoressa che si inventa problemi assurdi al momento!-
-Non so cos’ho portato. Oggi ero lievemente sovrappensiero e ho infilato qualcosa alla rinfusa. Toh, il tuo righello!- aprendo la borsa si era messa ad esaminare i meandri più oscuri.
-Sono mesi che non lo trovavo più!-
-Lieta di averti rischiarato la giornata, allora. Temo che ti servirà, -mentre parlava era arrivata l’insegnante di matematica, vestita con una terribile gonna a fantasia geometrica- oggi penso che faremo qualcosa di complicato.-
Sussurrando, per non farsi sentire, Will le domandò-Come è mai possibile che tu indovini il programma della giornata, solo guardando com’è vestita una persona?-
Al sorrise e rispose-Perché i vestiti rispecchiano sempre l’umore di una persona, Will. Sempre.-
William sorrise e cominciò a prendere appunti.

Nello stesso istante, a un muro di distanza, Max e Altair si guardavano preoccupati.
-Come pensi che andrà a finire questa storia?- chiese Altair angosciata.
-Con ‘questa storia’ intendi forse la nostra amicizia? Non penso che una bazzecola del genere possa dividerci.- non sembrava molto convinto.
-Non è una bazzecola, Max. Sai come è fatta Al. Aspetta di conoscere la sua natura da quando aveva cinque anni. Ogni 31 Dicembre si ferma ad ascoltare la storia, anche se non ne ha più il diritto. E domani sarà l’equinozio d’inverno, compirà finalmente sedici anni. Hai visto com’è strana oggi? Cosa possiamo fare…-
-Distrarla. È l’unica possibilità che abbiamo. Oggi la invito da me, così studiamo assieme. E poi ci troveremo a casa sua alle sette, come ogni anno. Tu hai preparato tutto?-
-Si, oggi devo terminare qualche dettaglio. Sarà un regalo epico!- e un sorriso naturale si allargò sul volto di Altair.

Al suono della campanella Will e Al si alzarono di scatto. -Pensavo di morire soffocato dalle funzioni.- disse Will stiracchiandosi.
-Possiamo ringraziare la gomma se siamo ancora vivi! Andiamo?- Al si stava dirigendo verso il cortile.
-Preferisco fare l’asociale in classe. Stamattina ti ho pure dato il buongiorno, non voglio rischiare di diventare troppo amichevole!- scherzò Will. Solitamente lui rimaneva in classe a leggere o a chiacchierare con qualche professore –E poi, fa troppo freddo.-
-Tutte scuse! Coraggio, oggi insisto perché tu esca a prendere un po’ d’aria.- entrambi poco convinti si ritrovarono ad aspettare Max e Altair alla solita panchina, dove si incontravano sempre i tre amici.
-Sicura che non disturbo?-
-William, non è un circolo privato. Coraggio, se vomiti sulle scarpe di Max ti prometto che è l’ultima volta che provo a farti diventare un essere socievole!- Will era diventato ancora più pallido. Ad Al dispiaceva vederlo sempre solo. Un po’ per la timidezza, un po’ per la famiglia che si ritrovava, nessuno cercava mai la compagnia di William e a lui andava bene così.
-Ciao Al! Hai visto che terribile gonna ha oggi quella di matematica? Ha interrogato?-Max si era avvicinato alla panchina –Oh, -Esclamò quando si accorse dell’intruso-ciao William. Come te la passi?-
-Hey Max, aspettare le persone non è maleducazione, lo sai? Ciao Al! Ciao William! Che bello averti qua, con noi.- Altair sorrise impacciata.
-Si, ecco…Al ha detto che non disturbavo…Però posso sempre andarmene. Penso di aver perso il righello, poverino, non posso proprio lasciarlo solo, sotto un banco o chiuso in qualche astuccio…-
-Mason tu non ti muovi da qua per i prossimo quindici minuti, hai capito?-
Il tono autoritario di Al fece istantaneamente risedere Will sulla panchina congelata, ricacciando dentro i suoi tentavi di filarsela.
-Ottimo.-
I quindici minuti dell’intervallo volarono via in fretta e Will dovette ammettere di essersi proprio divertito. Chiacchieravano tranquillamente, come se si conoscessero da anni e anni. Come se fossero sempre stati un quartetto. Cominciarono pure a tirarsi le palle di neve, mirando anche agli altri compagni.
-Da quando frequenti queste persone, Mason?- una voce irritante interruppe le loro risate.
-Hey Daisy vuoi una palla di neve nelle mutande?- chiese Al.
-Divertente come sempre, Green. Davvero divertente. Mi chiedo ancora come tu faccia a stare con queste perdenti.- disse, rivolgendosi a Max. Secondo Altair e Ealy, Daisy aveva una tremenda cotta per Max, ma lui negava assolutamente tutto ciò. Più che altro si vergognava dei comportamenti della ragazza, dato che una volta l’aveva invitato a casa sua per il tè delle cinque.
-Questi perdenti sono i miei amici, Daisy. Ora, se permetti, dovremmo rientrare.- e la superò.
-Ottimo lavoro, Maximus!- disse Al dandogli il cinque.
-Se lo meritava. Oggi vieni da me a studiare?-
-Studiare? Domani compio sedici anni, non penso saranno così malefici da interrogarmi!-
-C’è la torta per merenda.-
-Ci vediamo fuori da scuola.- e sorridendo tornarono tutti alle loro lezioni.

-Non so come hai fatto a rendermi un essere umano che comunica con i suoi simili.- disse, ridendo, Will alla fine della giornata scolastica.
-Farò molto di più,- Al ci aveva pensato per tutte le restanti ore. Era ora che Will si trovasse degli amici. Era simpatico ed a Altair e Max era piaciuto. –oggi sei ufficialmente invitato alla mia festa di compleanno! Ci vediamo alle diciotto in piazza fontana e poi andiamo a casa mia, in via del Crepuscolo 31. Non accetto un no come risposta! Dormiamo tutti insieme nella torretta, mangiamo a sbafo, ci divertiamo… Ottima occasione per farsi degli amici, non credi?-
Will era diventato rosso come un papavero in primavera. Sicuramente non si aspettava di andare a una festa. Balbettò un sì come risposta e finalmente, per la prima volta nella sua vita, tornò a casa felice e impaziente per la serata.

Mentre salutavano Altair, Al diede la bella notizia di Will. I due amici risultarono d’accordo e non vedevano l’ora di scoprire come sarebbe andata la serata.
-Allora,-cominciò Max una volta rimasti soli-William Mason. Da dove nasce tutto questo interesse?-
-Ti ricordi quando a otto anni Daisy mi ha riempito le scarpe di colla?-
-Come dimenticare! Piangevi a dirotto. Amavi quelle scarpe.- Max si lasciò cullare da quel ricordo.
-Tu mi prendesti per mano e insieme ad Altair mi comprasti con i soldi della merenda la più grande striscia di liquerizia di tutto il panettiere!- Al sorrise, felice di aver ritrovato un attimo piacevole nella sua memoria. –Will, non ha mai avuto nessuno che comprasse la liquerizia per lui. Che lo sostenesse o lo rendesse felice come noi facciamo tutti i giorni. Non ha mai avuto un amico, anche perché non è mai andato a cercarselo. Non mi sembra giusto abbandonarlo a un destino solitario. E poi, se fa colazione in particolar modo, è decisamente spiritoso!-

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


-Altra torta?-
-Sarebbe la terza fetta, Maximus. E con tutto quello che mangeremo stasera, penso sia meglio evitare.-
-Hai ragione.- Maximus si lasciò andare contro lo schienale della sedia di legno, nella sua umile cucina.
Al e Max si erano concessi una pausa dopo due intense ore di studio. Le uniche che avrebbero potuto fare prima dell’arrivo dei bambini a casa.
-Sai, io sarò anche scorbutica per i miei ovvi motivi,-cominciò Al- ma anche tu mi sembri piuttosto perso. Ti conosco. Perché sei così mogio?- Al scrutò il suo migliore amico con gli occhi grigi cercando di intuire la causa del suo malessere.
-Non è una grande novità, Al. Anzi, è sempre la solita storia. Sempre la solita, ancora e ancora e ancora.- sbuffò il ragazzo, alzandosi e mettendosi a lavare i piatti. Al invece ne tirò fuori altri, preparandoli per l’arrivo imminente dei fratelli di Max. –E in realtà dovrei esserci abituato.-
-Addirittura? Cosa c’è, hai ingoiato tutti i problemi del libro di matematica e li spacci per tuoi dilemmi adolescenziali?-
-Non è divertente, Al. Mamma è ancora incinta.- disse senza mascherare la nota di amarezza nella sua voce.
Max era il maggiore di una numerosa prole. I ‘bambini’ che presto sarebbero tornati dai propri impegni scolastici e non, erano i fratellini e le sorelline di Maximus: Miriam, Tod, Frank, Betty Lou, Sean e Alice. Il maggiore aveva sempre amato la sua famiglia ma le ultime nascite erano state dure da affrontare. Non che non volesse bene ai suoi fratelli, ma si sentiva addosso ancora più responsabilità e doveri: non poteva permettersi di uscire tutte le volte che voleva, doveva stare attento a ciò che diceva e alle parole che usava, non poteva combinare guai perché i suoi genitori dovevano già risolvere quelli dei fratellini. Si sentiva oppresso dal compito di essere il più grande. E per di più, i soldi non erano molti.
-Ho anch’io una vita, a questo non pensano? Sfornano bambini come se fossero pagnotte di pane.-
Ealy sorrise teneramente. Era tipico di Max non capire i concetti basilari, andando alla ricerca di quelli più complicati.
-Maximus, quando c’è l’amore, tutto è possibile.-
-Ti prego, non ripetermi la menata dell’amore. L’hai già fatta alla nascita di Sean.-
-Ah si?- spiazzata, Al si sedette a rimuginare, cercando qualcosa da dire. –Sicuro? Quella sul fatto che quando c’è l’amore è normale che ci siano tanti figli? E che grazie all’amore ci sei anche tu e che dovresti imparare dai tuoi genitori?-
-Si.- disse Max, prendendosi la testa tra le mani –E anche allora te l’eri cavata per un soffio…-
-Non è mica facile, sai?-
-Per tutte le lucciole dei prati, Alice ha due anni! E io ne ho sedici. Intendono andare avanti fino a quando ne avrò venti? A quel punto potrò fare io da padre ai miei fratelli, anzi, lo sto già facendo. E no, non dire niente, Al, - Max aveva subito zittito l’amica, che aveva aperto la bocca per esporre un pensiero- sei rimasta spiazzata anche tu! Non sai nemmeno cosa dirmi. E se tu non hai le parole, allora è grave.-
-Veramente, se mi lasciassi parlare, qualcosa da dire ce l’avrei. E non è una citazione di un qualche libro, il pensiero di un caro anziano incontrato per strada o un’idea formulata mentre stendevo i panni. Questa volta è un dato di fatto.-
-Sentiamo questo dato di fatto, allora.-
-La verità è che dovresti vergognarti, Maximus,- Al non si arrese, continuò il suo discorso nonostante lo sbuffo e l’occhiataccia del suo interlocutore.- e non guardarmi in quel modo. Sei circondato da gente che ti ama e vuole soltanto il meglio per te. Nonostante la dozzina di figli che si ritrovano i tuoi genitori, tuo padre ha sempre un momento per giocare a palla con te e tua madre ti rimpinza con le tue leccornie preferite. I tuoi fratelli ti considerano il loro eroe e per le tue sorelle sei il principe che tutte le bambine sognano. Forse è vero, la fatica e le responsabilità sono maggiori ma non ne vale la pena? O forse preferiresti essere nella situazione di Altair…-
Al si fermò. Non serviva continuare, Max conosceva bene quanto lei il dolore che provava la loro migliore amica. I due amici si guardarono negli occhi. Max stava per dire qualcosa quando la porta si spalancò ed entrarono Frank, Sean e Beatty Lou.
-Ealy!- i bambini si gettarono addosso alla ragazza che si ritrovò stretta in un immenso abbraccio. Al adorava andare a casa di Max proprio perché riceveva tutto quell’affetto; si sentiva male quando il ragazzo non capiva l’inestimabile tesoro che possedeva.
-Hey piccole pesti! E a me niente?- subito i bambini si gettarono sul loro fratellone ma ben presto furono distratti dalla torta. Max li guardò con tenerezza e incrociando lo sguardo di Ealy mimò un ‘grazie’ con le labbra.

Verso le sei Ealy tornò a casa dopo un’intensa giornata. Lei e Max si erano salutati qualche minuto prima e la ragazza aveva optato per andare direttamente a casa, aspettando là gli amici che in quel momento si stavano incontrando nella piazza della fontana.
Mentre stava per entrare sorpassando il cancello, notò qualcosa che la fece fermare. Il balcone della sua camera era molto vicino all’albero che spuntava allegro accanto alla casa. Era un noce e suo nonno aveva preso il nome proprio dal quell’albero. Al non si era mai accorta che i rami dell’albero si allungavano in direzione spaventosamente vicina alla sua camera. Un essere umano sarebbe riuscito a salire sull’albero e da lì arrampicarsi sul balcone? Forse no. Ma se avesse avuto un aiuto…
-Beh, vuoi stare lì al freddo o entri in casa!- la voce di suo padre la richiamò ancora una volta alla realtà. –Io e tua madre stiamo per uscire, così tu e i tuoi amici avrete la casa libera.- Non aveva accennato a Noce, ovviamente. Lui doveva rimanere in casa fino al momento opportuno.
D’un tratto Al si sentì mancare le forze. Mancava così poco alla rivelazione. Come un automa entrò in casa e salì fino alla sua camera, abbandonandosi sul letto. Prese il libro che aveva cominciato la scorsa notte e cominciò a leggere, ma subito i pensieri vagarono in altre direzioni.
Si chiese cosa ne sarebbe stato del suo futuro, se la sua amicizia con Max e Altair avrebbe potuto continuare anche se lei fosse stata diversa… Infondo erano amici da tutta una vita, no? Una piccola rivelazione non avrebbe crepato il loro rapporto. Neanche se questa rivelazione era la più importante della loro vita.

Il suono del campanello svegliò Ealy. Due bruschi risvegli in un giorno solo non avevano aiutato l’umore di Al a migliorare, ma i suoi amici vi avrebbero posto rimedio. Guardò l’orologio: le sette meno dieci. Si era proprio assopita. Prese i vestiti che aveva tenuto da parte per quella sera, mangiò qualcosa per il pessimo alito che si ritrovava, optò per non guardarsi allo specchio scongiurando un attacco di cuore e scese di sotto ad accogliere gli ospiti.
-Ciao- disse distaccata. La sveglia fuori programma non aveva cambiato il suo pessimo umore. Era molto angosciata.
-Wo, piano! Ti avevo detto che tutta questa allegria avrebbe rotto il ghiaccio del laghetto! Poi come farei a portare Frank a pattinare?- Max entrò, seguito da Altair e un timido Will. I suoi due migliori amici portavano un baule piuttosto grosso, che pareva anche pesante.
-E quello cos’è? Avete raccolto delle uova di struzzo?- domandò scherzosa Al
-Ci sembrava aggressivo regalarti delle uova di struzzo per i tuoi sedici anni. Anche perché il tuo vero compleanno è domani e regalare delle uova il giorno prima porta male!- rispose serio l’amico.
-Hey Mason, sono contenta che tu sia venuto! Perdonami se non sono riuscita a salvarti dalle grinfie di questi due avvoltoi durante il tragitto dalla piazza a qui, ma non riuscivo a stare in piedi dal sonno- disse sbadigliando Al, mentre Will faceva il suo ingresso in casa.
-Bene, adesso ti svegliamo noi con il nostro regalo!- commentò allegra Altair, prendendo l’amica e facendola sedere su una poltrona in salotto.
-Sono leggermente terrorizzata..- Will si sedette curioso sul divano e Maximus insieme ad Altair si misero davanti al fuoco acceso, pronti a mostrare la loro sorpresa.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


-Allora, sei pronta per il tuo superextramegaiperultra meraviglioso regalo? Quest’anno abbiamo dato il meglio di noi! Volevamo fosse qualcosa di indimenticabile, in modo che ti potessi stampare nella memoria questo momento indelebile della tua vita, positivo o negativo che sia…- esordì Altair, impappinandosi sul finale.
-Scusa,- la interruppe Al- mi sono persa ad ‘Allora’, potresti ripetere tutto da capo velocemente e senza respirare?-
-Al, sii seria- la ammonì Max
-Scusatemi, davvero. È che mi ha distratto il regalo di Mason. È curioso, davvero curioso…- disse avvicinandosi all’amico e osservando la scatola delle scarpe che teneva sulle ginocchia. –Mi è sembrato di vederla…Muoversi.-
-Beh...Ecco...Io sapevo che lo volevi...Cioè...Cioè, lo avevi detto tu...E io ho avuto poco tempo...Co...Così, ecco, io...-
-Hey Will, ti prometto che non ti mangio per cena, quindi tranquillizzati! Sei più agitato di un cane con una pannocchia nel naso...-

Altair incominciò a ridere a crepapelle, subito seguita da Max, mentre si ricordava di quella volta in cui il Signor Odlair aveva infilato, per sbaglio a quanto diceva in giro, una pannocchia di granoturco nel naso del suo cane, Geronimo, che aveva cominciato a correre per le vie del paese, abbiando e continuando a sventolare la pannocchia come fosse una bandiera. Dire che era buffo non era abbastanza. Era esilarante.

-Peccato che tu ti sia perso un momento così comico, Will... Beh, questo regalo?- disse Al, che, come al solito, andava sempre dritta al punto.
William allungò timoroso le braccia, facendo scivolare tra le mani della festeggiata l'umile confezione.
Ealy prese il pacco e lo aprì con sincera curiosità, trovandosi davanti agli occhi un tenerissimo gatto grigio con gli occhi verdi.
- Jazz!- urlò Altair

Da quando Al era piccola aveva sempre desiderato un gatto. Ma non un gatto qualsiasi, no, sarebbe stato scontato. Lei voleva un gatto grigio, con gli occhi verdi. Voleva un compagno di avventure con cui correre su e giù per il molo, rubare la frutta dalle ceste del mercato e combinare tante marachelle. Ovviamente quando aveva cinque anni pensava a quelle cose infantili, ora si concentrava solo sulle marachelle.

-E'...E' proprio lui. E' Jazz...- mormorò Al con gli occhi lucidi.

Aveva scelto lei quel nome. Un giorno, sempre sui cinque anni, stava sfogliando uno dei libri di nonno Noce, uno di quelli sulle terre lontane e poco inesplorate. Aveva letto quel nome riguardo a un genere musicale. Naturalmente Al sapeva perfettamente cos'era la musica, anzi ne era una vera e propria patita! Insieme a suo nonno ascoltava volentieri gli enormi dischi che cantavano le loro canzoni se messi su quello strano aggeggio che il nonno aveva portato da un suo viaggio. Il nome l'aveva colpita. Era perfetto per il suo gatto!

Accarezzò teneramente il piccolo micio, sfiorando anche quei ricordi lontani e felici della sua infanzia.
-Will...E' semplicemente meraviglioso. Grazie!- stando attenta al piccolo regalo gettò le braccia al collo di un timido Mason e gli dimostrò tutto l'affetto che provava per lui.

Era l'avvento di una sincera amicizia, che era già sbocciata da tempo, ma che nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di coltivare.

-Oh,- esclamò Will sorpreso- beh, un giorno mi avevi rivelato che volevi un gatto e io...Ecco... Di niente.- concluse infine, cercando di sembrare un poco più risoluto.
-Bene. Ora possiamo vedere questo meraviglioso fantastico vostro regalo, ragazzi!- proclamò Al staccandosi.
A Max e Altair spuntò un sorriso naturale sulla bocca e, come programmato, indicarono contemporaneamente il baule che avevano trascinato all'interno, invitando l'amica ad aprirlo.
Ealy si avvicinò al baule, lasciando Jazz sulla sua poltrona. Si inginocchiò e accarezzò le levigature del legno. Il legno. Quanto amava il legno! Gli alberi erano i suoi miglior confidenti, nessuno poteva capitla come loro. Annusò il duro sapore che aveva assunto e infine lo aprì.
- Ma è vuoto! - protestò.
-Questo perchè è il baule il nostro regalo. E l'abbiamo riempito con il nostro affetto- spiegò Altair.
-Ah..- rispose Al quasi delusa.
-E...Perchè il resto te lo daremo domattina a colazione!- concluse Maximus con un sorriso.
-Ah!- commentò Al risollevata -Allora direi che possiamo anche cenare, poi ci aspetta un'interessante nottata.-














Salve mondo,
questo è il primo spazio autrice che mi prendo.
Questo capitolo è proprio pessimo, lo so, ma d'altronde è la prima volta che riesco a recuperare un pc e ho dovuto sfornarlo in un'oretta...
So che molti di voi stanno seguendo la mia storia, vi vedo non cercate di nascondervi!, e gradirei che lasciaste anche un commentino, una recensione, un aiutino per migliorare, ecco!
Chiedo venia se sembra un poco 'bimbominchiosa' ma il punto è che non ci sono ancora gli elementi fantasy, per cui siete tutti qua. Attendete i prossimi capitoli e beh...
Arriveranno, oh se arriveranno!
Quindi, ricapitolando: recensite, me raccumandi.


Con affettati,
Forge

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


-Allora… Dove dormiremo stanotte?- chiese William titubante.
Al gli mostro un sorriso enigmatico e strizzò un occhio ai suoi amici. –C’è un posto molto speciale in questa casa. Coraggio, prendi la tua borsa e seguimi.-

Percorsero tutto il secondo piano della casa, ovvero un umile corridoio a cui si affacciavano svariate stanze; mentre ci passavano davanti Ealy apriva la porta e proclamava ‘Ecco il talamo dei miei genitori’, ‘Qui abbiamo il bagno comune’, ‘Lo studio’, ‘La mia stanza’, ‘La vecchia camera di mia sorella’. Alla fine del corridoio si fermò e mostrò una porta piuttosto curiosa. Assomigliava più a un portone che a una porta, aveva un battente di ferro e una serratura.
-Vedi, questa porta conduce alla torre. L’hai vista da fuori? Probabilmente no, perché se non sai che c’è non ci fai molto caso, ed è pure coperta dal noce. Questa è stata la prima parte della casa ad essere costruita. Beh, in realtà quando hanno costruito la casa c’era già. La chiave è quella antica, la trovarono i miei antenati mentre piantavano il noce. Da allora l’originale viene tramandato al capo famiglia, che ne fa una copia per ogni componente. Anzi, in realtà per ogni abitante della casa, perché mia sorella ha dovuto riconsegnare la propria quando si è trasferita… La mia mi è stata donata a cinque anni. Ero precoce, ma non avrei potuto vivere senza questa parte della casa. Contiene le due cose che amo di più al mondo.-
Prese dalla tasca l’enorme chiave di ferro e la girò tre volte nella toppa. Spinse la porta e lasciò che Will entrasse per primo.

Lo spettacolo che gli apparve davanti agli occhi fu strabiliante.
Libri su libri occupavano le pareti, sorretti da scaffali. Al centro un cilindro di legno ospitava altri tomi. E tra le due librerie una scala a chiocciola che si incastrava perfettamente tra le due strutture.
Mentre saliva strabiliato la scala osservava le pareti di libri e l’odore del legno che col tempo si era unito a quello della carta. Quando arrivarono in cima quasi si stupì di trovarsi davanti una porta. Con un semplice tocco Al la aprì e rivelò una vera e propria stanza con un tavolo, un divano di pelle e un cassettone. Will avrebbe voluto sbirciare e scoprire se nel cassettone c’erano altri libri, ma si trattenne.
Al, Max e Altair cominciarono a sistemare la stanza. Posarono le loro borse sul divano che fecero scivolare contro la parete, così come il tavolo. Si avvicinarono a un angolo e tolsero il lenzuolo che copriva sei materassi. Ne presero quattro e li posarono al centro, coprendoli con delle federe.

Finito il lavoro Altair si lasciò cadere sul morbido e guardò Ealy intensamente.
-Cosa c’è?- chiese Al, che non sapeva reggere gli sguardi dell’amica.
-Pensavo.- concluse –Cosa mangiamo per cena?- nessuno poteva cambiare discorso con la rapidità di Altair.
-Sai che non ho controllato? Coraggio, portiamo giù le borse e cominciamo ad apparecchiare.-
-Perché dobbiamo riportarci le borse giù?- chiese Will stupito.
-Beh, non tutto. Lascia qua il resto e porta solo il pigiama. Se non ti vuoi cambiare tra un libro di storia e uno di chimica avrai bisogno di un bagno!- scherzò Maximus.

-Sono piena come un uovo.- commentò Altair alla fine di una sostanziosa cena.
-Secondo me è un modo di dire stupido. Insomma un uovo non è mica pieno. Magari c’è dentro un pulcino.- commentò Will, lasciandosi andare.
-Già ma sarebbe triste dire ‘sono pieno come un pulcino’- commentò Maximus.
-O ‘sono pieno come un uovo che contiene un pulcino’- lo sostenne Al.
-Si, ma effettivamente,- si introdusse Altair- le uova sono piccole. Se sei pieno come un uovo allora non sei molto sazio.-
-A meno che non siano uova di struzzo!- disse Will
-Gli struzzi mi hanno sempre affascinato. Sono più stupidi dei bradipi, hanno le ali ma si alzano in volo solo per pochi metri, fanno le uova come le galline ma le loro hanno le dimensioni di un pallone e mettono la testa sotto terra. Poi perché sotto terra?- commentò Max.
-Vorrei avere uno struzzo.- decise Al.
-Lo terrò presente per il tuo prossimo regalo- disse Will tra le risate generali.
Dopo una cena più che considerevole si erano ritirati in soggiorno a chiacchierare, cercando di recuperare le forze per poi affrontare tutti quei gradini. Will si era rilassato a tavola e adesso scherzava come se fosse nel gruppo da secoli.
-Posso chiederti una cosa?- domandò Mason.
-Si, potrei costruire una stalla per struzzi e ospitarne più di uno.- rise Ealy.
-Volevo sapere… Che fine a fatto tua sorella?- chiese Will dopo essersi ripreso dalle risate.
-Houf… Beh, ecco, mia sorella ha 23 anni. Ed è andata a vivere con il suo…ragazzo.-
-Fidanzato- la corressero Max e Altair in coro.
-Fino a quando non si sposano lui è ancora il suo ragazzo, d’accordo?!- sbuffò l’amica.
-Ah si? Non lo sapevo. E a te questo tipo non piace?-
-Già senti il nome e capisci che è un idiota. Quale essere umano si chiamerebbe mai ‘Pit’? Sembra l’abbreviazione di pitone. Ed è viscido come un serpente, quel ragazzo.-
-Diciamo che lei non l’ha ancora preso in simpatia- concluse Max.
-Diciamo che non lo prenderà mai in simpatia.- aggiunse Altair.
-Ma perché?-
-Perché. Beh, lei è mia sorella. L’unica sorella che ho e io per lei desidero solo il meglio! E quel viscido ragazzo non è il meglio. L’ha trascinata a vivere con lui, ormai non la vediamo mai e il villaggio non è grande. Chissà poi che fine farà. Probabilmente la lascerà in mezzo alla strada a marcire. E tutto solo perché lui è piuttosto attraente.- sputò Ealy.
-Piuttosto?- puntualizzò l’amica.
-Non è affatto il mio tipo.- commentò l’altra di rimando.
-Solo perché non è il tuo tipo non vuol dire che non possa esserlo per tua sorella.- dopo un’occhiataccia di Al, Maximus si zittì.
-E tu Will, hai fratelli o sorelle?- chiese Altair per cambiare discorso.
-No, sono figlio unico. Vivo con i miei genitori e mia nonna nella fattoria al limitare del bosco. L’unico contatto che ho con la civiltà è la scuola.-
-Oh. E cosa fai quando torni a casa? Hai qualche amico nelle vicinanze?- chiese Max, curioso.
William scosse la testa –No, la nostra è l’unica fattoria. Quando torno a casa studio o aiuto nei lavori.-
-Sai giocare a pallone? Perché sai, a volte io e un po’ di gente ci fermiamo dopo la scuola per una partita… Adesso no perché è pieno di neve, ma magari quando sgela puoi unirti a noi.- propose il ragazzo.
William annuì contento, sperando di non diventare color pomodoro come dopo l’invito di Ealy, e proprio lei sorrise soddisfatta di quell’offerta.

-E’ due giorni che non riusciamo a palare di quello che ti sta succedendo, Al.- disse Altair mentre si cambiavano nel bagno.
-Non succede proprio nulla.-
-Hai paura? Sei angosciata?-
-Altair, aspetto questo momento da quando avevo cinque anni.-
-E’ giusto avere paura. Io ne avevo.- disse l’amica mordendosi il labbro –E’ per questo che stamane eri così strana?-
-No. E’ che… Stamattina ho fatto un sogno strano. E non penso che sia un sogno, questo è il problema.- ammise Ealy.
-Cosa vorresti dire?-
-Ho sognato un uomo che nel cuore della notte mi spiava dal balcone. Stava per entrare quando… Qualcuno ha starnutito. Forse io, o forse nonno Noce, non ricordo. Mi sono svegliata e girata dall’altra parte.- ricordò Al- Senza curarmene troppo. Ma al mattino mi sono ricordata tutto. E quando sono uscita sul balcone, impressa nella neve c’era un’impronta.-
-Lo sconosciuto avvistato vicino alle mura…- sussurrò Altair. Ealy annuì seria. –Ma non devi curartene adesso. Pensa a divertirti. Pensa che tra poche ore avrai sedici anni.- si sforzò di sorridere.
-Non mentire a te stessa, Altair. Sappiamo bene che cosa accadrà stasera. E le conseguenza che porterà.-
Altair si avvicinò all’amica e la strinse forte. –Qualunque cosa accada, io sarò sempre la tua migliore amica.- le sussurrò tra i capelli.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Questo capitolo è dedicato a te che mi sproni sempre a inseguire i miei sogni e che mi stai accanto anche quando non me lo merito. Grazie, burla.



Ealy aprì gli occhi di scatto.
Il cuore le batteva all’impazzata.
Era ora.
Non gliel’aveva detto nessuno, ma lei lo sapeva.
Sentiva che suo nonno la stava aspettando.
Guardò verso i suoi amici. Maximus dormiva a pancia in giù, russando copiosamente e con un rivolo di bava alla bocca; William era rannicchiato su se stesso e sembrava minuscolo; Altair abbracciava il suo cuscino, immobile, quasi come non respirasse.
Come avrebbe voluto svegliarli. Fare loro mille domande, farsi accompagnare. Ma non poteva. Doveva affrontare da sola il suo futuro.
Alzò lo sguardo e vide che nevicava.
Aveva sempre sognato che durante la sua rivelazione nevicasse.
Era un altro segno.
Lentamente si alzò e uscì dalla stanza. Percorse le scale accarezzando i dorsi dei libri per farsi forza. Percorse il corridoio, scelse le scale che la separavano dal primo piano e arrivò in soggiorno.
Si guardò intorno, spaesata e spaventata. Cosa doveva fare?
Guardò verso le stanze di suo nonno, ma sembrava tutto spento e freddo.
D’un tratto i suoi occhi caddero sulla porta che conduceva alla cantina. Perché sarebbe dovuta andare in cantina? Ma era l’unica strada e lei scelse di percorrerla. Spinse la porta e cominciò a camminare, a tentoni, sperando di non cadere e di non incappare in qualche scarafaggio.
Camminava, piano, al buio, scivolando sul pavimento umido.
E poi la vide.
Una tenue luce che filtrava da una porta. Ma quella porta non l’aveva mai vista. Era sicura di dover girare a sinistra per andare in cantina. L’aveva fatto molte volte con suo padre. E non aveva mai visto quella porta. Guardò a sinistra. Ecco la continuazione del tunnel, che scendeva verso le fondamenta della casa.
Con un brivido si trovò a fissare la porta.
Respirò.
Girò la maniglia.
E entrò, richiudendosi il passato alle spalle.

-E’ uscita?- chiese William
-Si, si, è andata. Ha appena chiuso la porta della torretta.- constatò Altair poi guardò l’amico che ancora dormiva sonoramente –Max! Maximus! Max, svegliati! Al è uscita, Max!- scrollò pesantemente il ragazzo, fino a quando con qualche grugnito, quello si rizzò a sedere.
-E’ mattina?- chiese intontito.
-No. E’ la notte tra il 20 e il 21 Dicembre, Maximus. E’ l’equinozio d’Inverno. E’ il giorno del sedicesimo compleanno di Ealy.-
Subito Max sembrò ridestarsi. Lanciò un’occhiata al materasso vuoto di Al, osservò il viso angosciato di Altair e quello curioso di William. Afferrò l’amica con le sue grandi braccia e se la strinse al petto. –Coraggio. Andrà tutto bene, Altair. Non ti preoccupare.-
Quella si rifugiò volentieri tra le sue ali. Le cadde qualche lacrima. Si riprese e poi fissò William.
-William, tu sai dov’ andata Al?- domandò poi.
Il ragazzo annuì, consapevole dell’importanza del momento. –Anch’io sono stato chiamato il giorno del mio compleanno.- rivelò poi.
-Tu sei un mago?- si stupì Max.
-Sono nato il 28 Luglio.- rispose lui di rimando, alzando la sua bacchetta. –E voi?-
-Io sono nata il 14 Febbraio.- disse Altair sfoderando il proprio legno.
-E io il 3 Marzo.- concluse Max sfilando la bacchetta dalla federa del cuscino.
-Perché la tieni lì?- si stupì l’amica.
-Mi fa sentire sicuro e diciamolo, è proprio una bella bacchetta.- ammise.
-Quindi siamo tutti maghi. E Ealy? Sapete già se…- domandò William.
Altair scosse la testa – Abbiamo domandato più volte hai nostri genitori se Al avesse già dato dei segnali… Ma niente. Ci hanno detto che non erano sicuri. Però…-
-…Chi può essere più magico di Ealy?- terminò Max rubandole le parole di bocca.

-Sei arrivata.-
-Mi aspettavi da molto?-
-Oh no, sei in perfetto orario, proprio in perfetto orario.- commentò nonno Noce scrutando l’ora dal suo orologio a cipolla.
Si trovavano nel vero studio di nonno Noce, non quello fasullo che usava come ‘facciata’ per gli ospiti o la giovane nipote. La stanza era enorme e con grande gioia di Al si trovava proprio sotto il loro fazzoletto di giardino. Ovviamente era ricolma di libri dalle forma più buffe, dalle ampolle piene di strani liquidi e di oggetti a cui Ealy non sapeva nemmeno dare un nome.
Un allegro fuoco scoppiettava nel camino. Al stava per domandare dove andava a finire il fumo, quando si ricordò della magia.
La magia. Aveva sempre fatto parte della sua vita, ne era certa. I suoi genitori la usavano senza troppi pretesti, non provarono mai ad ingannare la figlia. Per anni aveva visto libri volare dagli scaffali più alti alle sue ginocchia, fuochi accendersi da soli, fiori sbocciare prima del dovuto.
E ora che aveva 16 anni, voleva far parte anche lei di quel mondo magico.
-Devo raccontarti una storia, Ealy. In parte la sai già, te l’hanno raccontata il 31 Dicembre dell’anno in cui ha festeggiato il tuo quinto anno di vita, ma oggi saprai come termina. E conoscerai il ruolo che svolgi tu nel mio racconto… Dunque, com’è che cominciavano le fiabe che ti piacevano tanto da bambina? Ah si, si. C’era una volta…-

C’era una volta un mondo, dove la magia non era rinchiusa solo nei libri.
La contea di Galen poteva vantare di possedere i più grandi, e unici a dir la verità, maghi del mondo.
Nessuno sapeva spiegarsi il perché di quella differenza dal resto dell’universo, ma tutti concordavano su un punto: era meglio che tutto ciò rimanesse segreto. Così i maghi più potenti dell’epoca segregarono la Contea in un luogo imprecisato del globo, ben nascosta dagli occhi dei semplici umani. Col tempo uscire dalla Contea venne ritenuto sempre più rischioso e inopportuno, ma talvolta accade che qualche temerario voglia avventurarsi nelle terre lontane. Ma solo pochi fanno ritorno.
La vita scorreva piacevolmente per tutti i maghi quando uno di essi volle sovrastare gli altri. Cominciò a radunare seguaci e a usare la magia per scopi malvagi. Gli abitanti ricordano quei giorni come gli anni del terrore.
Il nemico diventava sempre più forte, Gargamin era il suo nome, e i maghi erano costretti a scegliere tra la morte o il male. Molti valorosi uomini e donne caddero per difendere i loro ideali. E altrettanti furono costretti a rifugiarsi nelle terre lontane.
Gargamin diventava ogni giorno più forte e presto avrebbe espanso il suo dominio anche sugli esseri umani. Quando un giorno, dopo una furiosa battaglia, il male perse. A sconfiggerlo furono quattro giovani, che racchiudevano in sé i poteri dell’origine. Acqua, Fuoco, Terra e Aria si erano uniti per sconfiggere il male.
Quando Gargamin perse il suo regno, i suoi sostenitori e le sue forze, i poteri dell’origine si dileguarono, nello stesso silenzio con cui erano arrivati.
La Contea era salva.
Ma una grave decisione doveva essere presa. La magia era già stata usata erroneamente una volta, mai sarebbe dovuto capitare una seconda.
Per giorni i saggi si consultarono sul da farsi fino a quando deliberarono che bisognava poter tenere sotto controllo i poteri dei maghi.
Venne così scelto di incanalare la magia che scorreva in ogni mago all’interno di un misero pezzo di legno: di una bacchetta.
Con il tempo i maghi persero la purezza della magia che scorreva in loro e spesso all’interno di generazioni di maghi si trovavano comuni senza poteri. C’era anche chi con il tempo si era abituato a una vita frugale e aveva scelto di rifiutare le sue origini.
La magia, indebolendosi, appariva negli uomini e nelle donne verso l’età adolescenziale e il Consiglio delle Querce convenne di assegnare ai futuri maghi la propria bacchetta il giorno del loro sedicesimo compleanno e solo in quel giorno fu concesso di rivelare la natura di ogni ragazzo: mortale o mago.
Ma nessuno doveva vivere senza conoscere la storia degli anni del terrore, tutti dovevano sapere la sofferenza, l’umiliazione e il tradimento che avevano portato a quel tragico stratagemma.
Gli uomini mortali col tempo crearono nuovi villaggi all’interno della Contea dove si insediavano solo persone simili e così fecero i maghi.
Solo un luogo in tutta Galen ospitava maghi e mortali che vivevano armoniosamente insieme: Ther.


Nonno Noce terminò il suo racconto e fissò sua nipote. Gli occhi di Al non erano più nel presente.
Erano distanti di anni, forse di secoli. Ripercorrevano gli anni del terrore, le lotte, le urla, le morti.
Poi arrivarono a una notte. La notte di Capodanno in cui le venne narrata la storia del suo popolo, la sua storia.
-Ealy, mia cara,- la voce di suo nonno la riportò alla realtà- è ora che tu sappia come si conclude per te questa storia.-
Al respirò profondamente.
Era pronta a conoscere il suo futuro.
Alzò lo sguardo incontrando gli occhi vigili di suo nonno.
E attese.

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Capitolo 7
*** Capitolo VIII ***


-Altair, sei un disastro!- proclamò Maximus.
-Scusa!- mormorò l’indiziata, cercando di rimediare al suo pasticcio con un numero improbabile di tovaglioli e strofinacci. Li sistemò alla meglio sul pavimento, prosciugando tutto il latte che distrattamente aveva fatto cadere.
Di fronte a lei Max tagliava come un cuoco provetto tutta la frutta che trovava sotto mano, mentre William faceva roteare in aria frittelle come fossero fogli di carta.
-Eppure è strano,- sghignazzò Will –Sono le donne che dovrebbero cucinare meglio…-
-Invece tu sei un impiastro!- concluse l’altro ragazzo.
-Insomma!- si spazientì Altair mettendo le mani sui fianchi e assumendo una posa arcigna –Mi spiace, va bene? Ma vogliamo controllare le altre doti? Perché si dice in giro che gli uomini sono più ferrati delle donne in matematica, eppure io ho la media più alta della scuola!-
-E non passa giorno senza che tu ci ricordi amorevolmente questo tuo squisito pregio.- sbuffò Max. –Ora risolvi questo problema: tre amici vogliono preparare una sublime colazione di compleanno per la loro migliore amica, si svegliano prima del previsto e cominciano a cucinare in modo che tutto sia perfetto. Qual è l’intoppo? Oh, aspetta, sei tu!- scherzò.
-Sei divertente come un peperoncino nel naso.-
-Dici?-
-No, l’ho detto solo per non dirtelo.-
-Hey, Benedetto e Beatrice!*Penso che stia arrivando!-
Subito tutti si misero alle posizioni concordate.
Maximus cercò di togliersi la farina dai capelli, Altair si stirò il pigiama e William si infilò il cappello da chef.

Quando un’assonnata sedicenne fece il suo ingresso in cucina, partì un coro leggermente stonato della classica ‘Tanti auguri’.
-Corteccia! Per tutte le lucciole dei prati incantati di Galen, questa sì che è una colazione! Grazie mici!- disse Ealy nel suo solito linguaggio.
Soprattutto il ‘mici’ fece ridere Maximus; era così che Al li chiamava quando non riusciva a dire ‘amici’. Loro erano i suoi mici.
–Sono solo le nove del mattino ma… penso che non pranzerò, sapete?- concluse toccandosi la pancia, ancora piatta.
-Allora coraggio, all’attacco!- comandò il padre di Al, Francesco, spuntando da dietro la figlia –Altrimenti qua arriva mia moglie e si sbafa tutto!-
-Ti ho sentito, sai?- disse la sua consorte, Concetta, arrivando insieme a Noce.
-Uuuuh, la crostata di fichi!- disse l’anziano gettandosi sulla tavola come un orso, appena svegliatosi dal letargo, sul miele.
-Nonno, devi stare attento al colesterolo.-
-Mpf,- sbuffò quello con mezza torta già in bocca –sai cos’è solo perché l’hai letto su un qualche libro. Lascia le baggianate degli umani agli umani! E poi lo sai mia cara, quando si invecchia si torna sempre più bambini! Eh eheh eh!-
-Quelle sono frittelle per caso?- domandò Francesco leccandosi i baffi.
-William è un cuoco nato- lo lodò Altair.
-Sarebbe un vero peccato avanzare qualcosa. La mia mamma me le cucinava sempre!-
-Si, la sua mamma.- sbuffò Concetta, cercando di ricacciare indietro il solito umorismo del marito, che citava sempre sua madre per far ridere la figlia.
-Oh Concetta, pancetta del mio cuore, fetta di paradiso nella mia casa, non ti adirare! Guarda, c’è anche la frutta sciroppata!-
E senza che nessuno dicesse niente si buttarono tutti sul cibo, pregando di riuscire a contenere tutto quel ben di Dio.

-Vi ricordate ieri sera, quando ho detto che ero piena come un uovo? Ecco, ora sono piena come una mongolfiera.-
-Le mongolfiere sono piene d’aria, Altair.- sottolineò William.
-Le mongolfiere fanno indigestione d’aria. E io ho fatto indigestione di biscotti al cioccolato.-
-Ma adesso viene la parte più bella, giusto?- si sforzò di dire Max.
-Mangiamo ancora?- chiese Al.
-Un incantesimo per la digestione momentanea?-tentò Will.
-Eruttiamo cibo come un vulcano?- provò per ultima Altair.
-I regali, ragazzi, i regali!- esalò Max come ultimo sospiro.
-Ah, giusto, i regali!- disse la festeggiata alzandosi in piedi – Sapete, penso di contenere più zucchero di un campo di barbabietole!-
A fatica gli amici si alzarono, riprendendo i loro posti a tavola, dove nel frattempo la mamma di Al aveva sparecchiato tutto con un colpo di bacchetta. Il percorso dal divano al tavolo sembrò infinitamente lungo.
-Allora, allora, allora. Da cosa cominciamo?- chiese Ealy di nuovo rinvigorita. –E’ avanzato qualcosa?-
-Spero tu stia scherzando.- disse Max.
-Per niente. Ho un certo languorino…-
-Tieni. E’ tutto ciò che è rimasto.- disse sua madre mettendole davanti due fette di pane con la marmellata.
Ealy alzò le spalle e ne addentò una con noncuranza.
-Dunque, questo è il nostro secondo e terzo regalo. Ti avviso che dopo questi sono finiti.- proclamò Altair posandole davanti due pacchetti.
Uno era decisamente piccolo. Una scatolina. L’altro era rettangolare e piuttosto facile da indovinare il contenuto.
Prese proprio quello e scartò con ansia la carta verde trovandosi davanti un libro piuttosto mal ridotto, sgualcito e sciupato.
-Non ci credò…- sussurrò Ealy.
-Credici. Mi sono dovuto immergere per quasi tre ore per riuscire a trovarlo!- disse Max.
-Cos’è?- chiese William curioso.
-Cime tempestose di Emily Bronte. E’ il mio libro preferito. L’estate scorsa lo stavo leggendo in riva al lago, un pomeriggio in cui eravamo andati a pescare. E, per colpa di qualcuno, mi è cascato in acqua. Ero disperata.-
-Disperata non rende abbastanza l’idea. Era come se il sole avesse smesso di splendere nel cielo, come se l’aria non soffiasse più e tutti i ruscelli si fossero prosciugati. Era una tragedia.- sottolineò Altair.
-Ma come hai fatto a trovarlo?-
-Eh,- sospirò Maximus –con tanta, tanta, tanta pazienza. Si era scelto proprio un bel posticino per giacere infondo al lago.-
-Beh, d’altronde è cime tempestose.- disse Al, abbracciando il suo amatissimo libro.
-Apri il secondo, adesso!- propose William ridendo sotto i baffi per il moto d’affetto dell’amica verso il libro.
Sorridendo Ealy prese in mano la scatolina, sciolse il nastro e l’aprì.
-Un seme!- esclamò.
-Adeguato, non pensi?- ironizzò Altair, riferendosi alla conversazione di quella notte.
-E’ perfetto. Ma… che pianta è?-
-Questo dovrai scoprirlo quando fiorirà.- rispose l’amica con un sorriso enigmatico.
-Siete sempre i soliti.- Ealy si alzò e andò a dare a ciascuno la propria meritata dose d’abbracci, che fece colorare di porpora l’umile William.
-Al, qui c’è il regalo di tuo sorella e il suo fidanzato.- le disse sua madre poggiandole davanti un pachetto.
-Ragazzo…- sussurrò lei tra i denti, scartando il pacco e tirando fuori un abito. –Grandioso. Un vestito. La cosa che amo di più al mondo.-
-Prima o poi ne avrai bisogno, Al. Ci ha risparmiato ore di tortura.- cercò di consolarla Altair.
-E poi, mi sembra proprio un bel vestito. Perché non te lo metti?- ghignò Max.
-Sempre che tu voglia prenderti una broncopolmonite prima del tempo.- fu il commento di Will.
Sbuffando Ealy lo cacciò in un angolo e accolse sul suo grembo il piccolo Jazz, cominciando a riempirlo di moine.
-Hey, ne hai ancora uno da scartare.- disse Noce portando il suo dono.
Al, con gli occhi che le brillavano, tirò fuori dalla busta un bauletto di cuoio, grosso all’incirca come una terrina rettangolare per torte.
Sganciò le cinghie e lo aprì.
Si ritrovò davanti tanti scompartimenti contenenti ampolle, provette e aggeggi strani, pinze, palette, semi e quant’altro. In una tasca un piccolo taccuino.
Al, sognante, sfiorò tutti quegli oggetti affascinanti. Richiuse tutto e lo alzò.
-Non pesa!- constatò.
-E’ magia, mia cara.- sorrise il nonno.




*Benedetto e Beatrice sono i protagonisti dell'opera di William Shakespeare 'Molto rumore per nulla'. Questi due personaggi bisticciano continuamente, lanciandosi battutine l'uno l'altro.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


-Ealy, tu sei un mago.-
Cos’era, un sogno?
Probabilmente.
-Ealy…-
Ora si sarebbe svegliata e sarebbe cominciato un altro giorno.
Un altro tipico giorno della sua tipica vita nel suo tipico villaggio.
Eppure… Questo sogno sembrava così… reale.
-Ealy cara, questo non è un sogno.- cercò di scuoterla suo nonno.
-Questa è la tipica frase che diresti se fossimo in un sogno!-
Suo nonno rise. Era la sua solita risata roca, che ricordava lo scoppiettio del fuoco nel camino. Bastò questo a farla tornare alla realtà.
-Ealy, tu sei un mago.- ritentò Noce.
-Corteccia! Ma allora è vero…-
-Si, Ealy, è vero. Questa è la tua bacchetta.-
Ealy allungò la mano senza timore e la prese in mano.
-Betulla…- mormorò.
-Ovviamente.- sorrise Noce.


-SSSSSSSSSSHHHHHHHHH!- urlò a bassa voce Altair. –Penso stia arrivando… ECCOLA, ECCOLA, ECCOLA!-
In un battito d’ali erano tutti al loro posto, con il sorriso sulle labbra e una terribile curiosità che lacerava il loro animo.
Ealy entrò di soppiatto nella stanza, cercando di evitare di urlare a squarciagola la novità, e si avvicinò all’amica.
-Altair, Altair, io…Devo parlarti. Vieni.- tentò di mantenere un tono grave.
Dal canto suo Altair finse di svegliarsi di soprassalto e intontita seguì l’amica fuori dalla porta.
Appena uscirono sentì l’assalto sfrenato di William e Maximus che si avventavano simultaneamente contro la porta. Altair si maledisse mentalmente per non aver insegnato loro come muoversi con delicatezza.
-Dunque, presumo che tu abbia un motivo valido per svegliarmi nel cuore della notte e trascinarmi all’intern…-
-Sono un mago.- la interruppe senza mezzi termini Al.
L’amica le saltò addosso, facendole quasi perdere l’equilibrio, urlando dalla gioia.
-Zitta, zitta!- cercò di contenerla Ealy, ma senza troppa convinzione, dato che stava urlando anche lei.
-LO SAPEVO, AL, LO SAPEVO!- Altair non poteva frenare la sua felicità.
Una volta che entrambe avevano ritrovato il contegno e dopo un lungo abbraccio, si sedettero su uno scalino.
-Avevo così paura di non essere un mago, Altair. Era un’idea fissa, anche se insensata, tutte le mattine nell’ultimo periodo mi alzavo inquieta e… Non avevo quasi le forze per andare avanti.- si sfogò Al- Sapevo che tu e Max avevate i poteri. Lo sapevo perfettamente, anche se voi non mi avete detto nulla, perché non potevate, certo, ma io lo sapevo. Avevate una strana luce negli occhi… E sai, per la prima volta mi sono sentita completamente sola.-
-Oh, Ealy… Avresti dovuto parlarmene.-
-Certo che avrei dovuto, certo. Ma non ci riuscivo. Pensavo che se l’avessi detto, che se avessi formulato a voce alta quel pensiero… Poi si sarebbe avverato. Corteccia, Altair, ero così spaventata! Voi avevate questa nuova bella cosa nella vostra vita, un motivo in più per stare uniti… E io ero divorata dall’angoscia, dai sensi di colpa, dalla paura…-
-Al, tu lo sai vero che se non fossi stata un mago saremmo rimasti amici comunque?-
-Non ne sono così sicura…-
-Dubiti della nostra amicizia?- le chiese Altair addolorata.
-Certo che no! Dubito di me stessa. Non mi sarei mai perdonata di non essere un mago, mi conosci. Mi sarei isolata da voi, non saremmo mai stati quello che siamo oggi.- disse Ealy poggiando il capo sulla spalla dell’amica.
-Al, non potrei mai fare a meno di te.-
-E io di te. La nostra amicizia in fondo è tutto quello che abbiamo, no? Intendo… Hai presente quella roba strana che studiano quei poveracci delle terre lontane?-
-La filosofia intendi?-
-Si, quella. Ho letto un libro a riguardo ed è una cosa bizzarra. Bizzarra, ma affascinante, devo ammettere. In quel libro un uomo diceva che questo momento non tornerà mai più. Non importa quello che accadrà in futuro, ma non potremo mai rivivere questo momento. Perché il tempo è inesorabile e passa senza che noi facciamo nulla per fermarlo. Ma vedi, Altair, la nostra amicizia è intoccabile dal tempo. Lui passa, ma non può fare niente di niente contro il nostro legame. E’ un po’… E’ un po’ come la pioggia che bagna i fiori. Più la pioggia bagna i fiori, più quelli crescono. Più il tempo passa, più noi coltiviamo la nostra amicizia!-
-E se arriva un temporale?-
-Beh… Forse il temporale spazza via il fiore, ma il seme è sempre al sicuro all’interno del terreno e il fiore è pronto a rinascere!- concluse soddisfatta.
-Quindi diciamo che la nostra amicizia sarà eterna fino a quando un uragano o una tempesta o una tromba d’aria non si abbatteranno contro di noi e sradicheranno il seme.-
-Perché quest’aria pessimistica?- domandò quella contrariata.
-Me l’hai spiegato tu,- cominciò Altair soddisfatta- è sempre meglio aspettarsi il peggio dalle cose. Perché così quando il peggio si rivela reale non si hanno delusioni, ma al contrario, se la previsione si rivela errata, si è ancora più felici.-
-Si, ma io lo dicevo riguardo ai voti a scuola o alle cotte o alle banalità di tutti i giorni…-
-Dettagli.- terminò Altair stritolando la sua migliore amica in un nuovo abbraccio.


A una porta e qualche libro di distanza William e Maximus fingevano di dormire. Appena sentirono le due ragazze allontanarsi si alzarono velocemente e corsero contro la porta.
-Fai piano!- disse uno all’altro.
-Fai piano anche tu!- rispose di rimando l’altro all’uno.
Con gli occhi che sguizzavano da un oggetto all’altro della stanza e l’orecchio ben piazzato sulla porta, a captare ogni singolo rumore, cercavano di origliare la conversazione.
-Tu senti qualcosa?- -Io no, tu?-
-No- disse scuotendo la testa.
D’un tratto un urlo improvviso li colse di sorpresa, Maximus sbattè violentemente la testa contro la porta, mentre William cadde a terra sconvolto.
-Cos’era?- chiese Will da terra.
Un sorriso comparve sul volto di Max.
-E’ un mago! E’ un mago!- urlò il biondo dando una mano al ragazzo per rialzarsi. Subito i due si abbracciarono dandosi una pacca sulla spalla e cominciarono a ballare a braccetto per tutta la stanza.
Dopo un giro completo si resero conto di quello che stavano facendo.
E si ricordarono che erano uomini.
Recuperando il contegno si guardarono negli occhi ridenti, si strinsero la mano e tornarono a dormire con un peso in meno sul cuore.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


I giorni successivi all’equinozio scivolarono via velocemente, proprio come la povera Ealy quando lei e i suoi amici andavano a pattinare al laghetto. La neve scendeva copiosamente, nell’aria si respirava l’arrivo del Natale e dei manicaretti della mamma di Max e nella piazza principale un grosso abete aveva sostituito magicamente il tasso che occupava il posto per il resto dell’anno.
-Aaaah, l’Inverno è decisamente il periodo dell’anno che preferisco.- proclamò Ealy cercando di non essere tranciata da alcuni bambini che correvano per le strade ghiacciate.
-Oh, lo sappiamo bene, Al. Tua mamma ha detto che tu ti sei fatta ben aspettare alla nascita: avevi già in mente la data e non hai voluto uscire prima.- rise Max.
-L’indole di ritardataria ti è rimasta anche dopo, però!- scherzò Will.
-Il suo è uno stile di vita.- gli andò dietro Altair.
-Simpatici, siete tutti simpatici come un’interrogazione di latino. Piuttosto, oggi mi delizierete della vostra presenza nella mia umile dimora?-
-Scusa Al, ma devo fare da balia.- si giustificò Max.
-E se io non pulisco casa insieme a Beatrix e Virginia mi toccherà dormire per strada! Talvolta credo di essere Cenerentola e di avere due sorellastre.-
-Almeno ti hanno condonato la matrigna malvagia!- cercò di fare dell’umorismo Will. Ma il colpo non riuscì.
Altair fece un sorriso stiracchiato, abbassò lo sguardo e cercò di cambiare argomento.
Tuttavia calò un silenzio imbarazzante.
-EALY! Se stai ancora per molto lì fuori diventerai un ghiacciolo!- urlò nonno Noce dalla finestra di casa.
-Adesso arrivo, nonno!- rispose con lo stesso tono la nipote, grata di quel salvataggio inaspettato. –E stai attenta ai rami bassi degli alberi…- sussurrò Al preannunciando le parole seguenti.
-E STAI ATTENTA AI RAMI BASSI DEGLI ALBERI!- concluse il vecchio chiudendo la finestra.
-Come mai questo finale?- chiese Will.
-Questa è bella,- cominciò Maximus –una volta stavamo giocando in cortile quando…-
-Accadde qualcosa che non ti sveleremo in questo preciso istante inopportuno.- lo interruppe Al, guardandolo storto. –Mason, mi dai buca anche tu o entri almeno per un thè?-
-Con questo freddo, accetto più che volentieri.-
I quattro amici si salutarono, Will e Al si diressero verso casa, mentre Max e Altair tornarono sui loro passi. Quando Al si fermò ad aprire la porta, Will si voltò e vide Max e Altair stretti in un abbraccio.
-Hai intenzione di prendere il thè sulla porta?- chiese Ealy riportandolo alla realtà, nonostante anche lei stesse osservando il medesimo gesto. William abbassò gli occhi, colto in flagrante, ed entrò.

-Nonno, faccio il thè, ne vuoi una tazza?- chiese Al entrando nello studio del nonno.
Lo trovò immerso in un grosso tomo, che non aveva mai visto. Spinta dalla curiosità si avvicinò per vederne il titolo, ma notò che era scritto in un’altra lingua.
Con rammarico, aspettò la risposta del nonno, che non arrivava. Rifece la domanda.
-No, Ealy, non ho visto la carta igienica, l’avrà finita tua sorella.- disse Noce svogliatamente.
-Nonno! Ti ho chiesto se vuoi il thè.- s’impose la ragazza.
Il vecchio alzò lo sguardo ed osservò la nipote. Ealy si sentì trafitta da quell’occhiata e si ritrasse d’un poco. Era come se la osservasse per la prima volta.
-No, cara, grazie. Vai pure a intrattenere il tuo ospite.- e si rituffò nella lettura.

Il fischio del bollitore ridestò Ealy dai suoi pensieri. Fissò l’aggeggio senza ben sapere cosa fare.
-Ehm…Al, va tutto bene?- chiese Will, seduto su uno sgabello in cucina.
Le parole aiutarono la ragazza a focalizzarsi sul suo compito e dopo alcuni minuti posò sul tavolo due tazze fumanti d’infuso. Prese la sua e ci affondò il viso, assaporandone il profumo e il calore.
-Ealy, posso chiederti una cosa?- disse Will dopo alcuni lunghi sorsi.
-Non sarà una domanda piacevole.- sospirò quella, pensando a dove voleva arrivare il ragazzo.
-Come?-
-Quando qualcuno ti dice ‘posso chiederti una cosa?’, ‘posso farti una domanda?’, vuole tergiversare prima di farti un quesito importante. Forse per prendere coraggio.-
-Già…- disse confuso Will –Ehm, ma io volevo sapere… Ho detto qualcosa di male? Prima intendo…La battuta sulla matrigna…-
-Vedi William,- Al prese un respiro profondo –il fatto è che Altair non ha né una matrigna né una mamma o un papà. I suoi genitori sono morti.- vide l’amico ammutolirsi e nascondere il volto nella tazza.
Forse avrebbe dovuto continuare il racconto, onde evitare ulteriori imbarazzi. Prese la forza necessaria e chiamò quei tristi ricordi che per anni aveva celato nella parte più oscura della sua memoria.
–Avevamo cinque anni quando accadde. Era estate, i gerani erano in fiore e il sole batteva forte sui campi in cui avevamo scelto di giocare, così decidemmo di tornare a casa, per rinfrescarci all’ombra.
Altair prima viveva in un’altra abitazione, più lontano da me, quasi al margine dei confini di Ther.
Salimmo le scale che ci separavano dalla porta d’ingresso e quando arrivammo trovammo la porta spalancata. In giro non c’era nessuno, stranamente. Scegliemmo il terrazzo come tana per il nostro divertimento. Altair si sporse dalla balaustra per cogliere un fiore che penzolava dal vaso, guardò a terra e urlò.
Mi si gelò il sangue. Altair continuava a piangere, grosse lacrime le solcavano le gote.
Io mi sporsi e li vidi. I genitori di Altair erano a terra, dieci metri sotto di noi, morti.- vide William scosse da un brivido.
Fece una pausa bevendo il thè ormai freddo.
–Fu una tragedia, tutto il villaggio era in lutto.
Probabilmente tu non ti eri ancora trasferito… Sei arrivato quando avevi sette anni, giusto?- al cenno d’assenso continuò
– La causa ufficiale fu quella dell’incidente. Ma come fai a cadere giù da un balcone per sbaglio? No, non aveva senso, ma nessuno voleva pronunciare le parole che erano nella testa di tutti: suicidio o omicidio.
E per chiunque conoscesse bene il signor e la signora Parth quella del suicidio era un’idea folle. Erano una coppia così innamorata e piena di vita, adoravano le loro figlie e la vita passava dolcemente nella loro famiglia. Suicidarsi non aveva senso, e poi così, di punto in bianco, insieme, senza nemmeno un addio o un biglietto.
Erano i migliori amici dei miei genitori. Nessuno di noi si è ripreso.
E…Altair ne è uscita distrutta.
Spesso non vuole alzarsi la mattina, Beatrix e Virginia non sanno come convincerla, così mi chiamano. Ma a volte rinuncio anch’io. E l’unica cosa che posso stare è starle accanto, tenerle la mano e asciugarle le lacrime. Qualche volta se comincio a cantare una vecchia ballata lei mi segue e si riprende.
Ama così tanto cantare. La rende libera.- si fermò, ad assaporare le carezze che il pensiero della musica di Altair le dava.
–Però non sopporta più l’altezza. Non sale su niente che sia più in alto di due rampe di scale e riesce ad arrivare nella stanza della torretta solo per abitudine e perché sa che ci siamo noi.
Ma è difficile William. E bisogna avere un po’ d’accortezza.- aveva finito il thè.
Mason annuì mestamente e ripose la sua tazza vuota nel lavello, accanto a quella della padrona. Mentre si sciacquava le mani, Al notò un biglietto sul frigorifero.
-Tesoro,- lesse a voce alta –stasera siamo a casa di tua sorella e Pit, se hai voglia raggiungici, altrimenti il frigorifero è colmo di delizie per te e il nonno. Torniamo tardi, non aspettarci. A domani, un bacio, mamma e papà.- lo accartocciò e lo buttò nella pattumiera. –Tipico. Ceniamo insieme sì e no una volta al mese. Beh, Will, ti prego, dimmi che ti fermi a cena!- guardò l’amico speranzosa.
-Scusa, ma mi aspettano a casa ed è meglio che vada. E’ quasi buio e la strada non è breve.-
Al precedette il ragazzo verso la porta e quando quello la raggiunse lo abbracciò e salutò.
Chiuse la porta e andò a chiedere al nonno cosa voleva mangiare, ma lo trovò assopito sul suo divano.
Con un sospiro si diresse al tavolo, si sedette da sola e cominciò a pensare alla cena che avrebbe consumato in completa solitudine.

-WILL! HEY, WILLIAM!- qualcuno lo stava chiamando.
Erano le cinque, ma ormai era l’imbrunire invernale. William era appena uscito da via del Crepuscolo, immerso nei suoi pensieri che avevano come protagonista proprio la fanciulla che lo stava chiamando. Si voltò, guardando arrivare l’amica, rossa in volto, e con in mano un sacco della spazzatura.
-Oh.- si sorprese Altair guardandolo. –Te l’ha raccontato…- disse con un sorriso stirato, il medesimo che aveva tirato fuori prima.
-Ehm…-
-Lo vedo nei tuoi occhi. Sono pieni di imbarazzo, compassione, amarezza, tristezza… E tante altre cose brutte.- disse fissandolo.
-Io… Io…-
‘Concentrati’ diceva la mente di Will ‘E’ Altair. Una ragazza. E ti sta fissando. Concentrati, William, diamine, dì qualcosa di sensato.’
–Hai… Hai pulito la casa, eh. Anche a me lo fanno fare. Se prendo un brutto voto mia mamma mi fa pulire la stalla. Cioè… Cioè mio padre… No.. Ehm…- la pelle di Will a confronto con la neve candida era di un rosso porpora.
-Hey, respira. Non è che adesso non devi più nominare mamma e papà, madre o padre, genitori o altezza… Insomma, sono sempre io, sono ancora Altair. Ricordi? Abbiamo passato insieme due giorni per festeggiare Al, siamo andati a pattinare, abbiamo bevuto il thè, la cioccolata, il latte caldo, siamo andati…-
-Si, si. Mi ricordo chi sei.- la interrupe Will.
-Allora non scordarlo, va bene? Perché io non sono solo l’orfanella di Ther. Sono anche la tua amica Altair, quella che stai imparando a conoscere in questi giorni e con cui sono sicura vivrai una marea di avventure.-
-Hai ragione. Sai… Scusa.- disse sorridendo.
Altair lo abbracciò. E Will si pentì di non essersi spalmato addosso la colla, perché avrebbe voluto che quell’abbraccio o quello precedente non finissero mai.

Ealy aveva davanti a sé una tovaglietta, una brocca piena d’acqua fresca con un bicchiere e un pezzo di pane con il formaggio. Sui fornelli bolliva l’acqua per la minestra. E davanti a lei, accanto, attorno a lei, non c’era anima viva.
Al amava la solitudine, a volte. Ma non riusciva a ricordare l’ultimo pasto felice con tutta la sua famiglia.
Per un istante fu tentata di andare a cena da sua sorella… Ma poi si ricordò che c’era quel viscido pitone al suo fianco e le venne un’idea migliore.
Spense il fuoco, scrisse un biglietto veloce, acchiappò il cappotto e corse a perdi fiato fuori di casa.
Dopo un breve tragitto in cui la sua fame crebbe a dismisura arrivò finalmente alla sua meta. Era una piccola villetta, le luci erano tutte accese e da fuori si sentivano le urla e le risate. Senza un minimo d’esitazione bussò alla porta.
-EALY!- disse Sean saltandole in groppa.
-Hey mostriciattolo!- disse l’ospite abbracciandolo forte. Subito sentì l’eco dei bambini che accorrevano per saltarle addosso gridando il suo nome. Per ultimo arrivò il suo migliore amico Maximus che la guardò sorpreso e curioso con i suoi occhi azzurri.
-Ealy, ma che sorpresa!- disse Marta, la mamma di Max.
-Scusami Marta se sono piombata all’improvviso…Ma dovevo passare per dare a Max una cosa che si era dimenticato a casa mia…- si frugò le tasche, cercando un oggetto che reggesse la sua scusa. Trovò un guanto. –Ecco…Sai, poi me ne dimenticavo…E poi fa freddo, non puoi andare in giro con un guanto solo!-
Max prese il guanto sospettoso e la ringraziò.
-Fermati a cena!- disse un qualche figlio della coppia, subito seguito da incitamenti degli altri.
-Oh…Non so…-
-Insisto tesoro! Fuori si congela, fermati qua per una bella cena calda. Avrai avvisato tua madre che venivi qua, non si stupirà se non torni. Coraggio, vieni, siediti.-
Finalmente si sentì in famiglia. Anche se purtroppo non era la sua.

La serata passò in un soffio, la cucina di Marta era una bontà e le battute di Craig, suo marito, erano da rotolarsi per le risate. Al avrebbe voluto rimanere lì in eterno, ma sapeva che finché non se ne sarebbe andata, nessun bimbo sarebbe andato tranquillo a dormire. Così fece il giro della tribù schioccando un bacio sulla fronte di ciascuno e augurandoli la buona notte.
Poi si accinse a uscire e Max chiese il permesso di accompagnarla.
Rimasero in silenzio per tutto il tragitto.
-Allora… Grazie per il guanto.- disse Max fermandosi davanti al cancello della casa di Al.
-Ehm… Scusami.- rispose quella abbassando lo sguardo. La sua casa era vuota e fredda.
-Hey, Al.- Maximus le tirò un pugnetto sulla spalla.
-E’ solo che mi sentivo tremendamente sola.
Ho raccontato a Mason la storia dei signori Parth e i miei genitori se ne sono andati a casa di Alice e Pit e io mi sentivo così sola. Noce stava dormendo e forse avevo anche un po’ paura e…- non riuscì a continuare, gettandosi nelle braccia accoglienti dell’amico prima che le lacrime potessero rivelare il suo dolore.
Quello fu stupito del gesto così espansivo ma la accolse volentieri, cercando di consolarla.
-Su…Su, Al.- disse dandole dei colpetti sulla schiena.
-Il pat pat non è abbastanza, Max. Mi sembra di non avere più una famiglia. Alice non è nemmeno venuta a farmi gli auguri per il compleanno, se ne sta tutto il giorno nella sua grande casa insieme al suo Pit.
Mamma e papà sono fuori tutte le sere, o vanno di qua o di là e se ci sono non cenano, perché a pranzo sono stati da qualche altra parte.
Mi sento sola. L’unica compagnia che ho è Jazz, ma stasera se ne è andato chissà dove a poltrire. Ho… Ho ceduto, Max.-
-Ma Ealy… A volte cedere fa bene. La prossima volta puoi venire anche senza una scusa, lo sai. E non menarmela con la storia dell’educazione!- disse precedendo le proteste dell’amica, maniaca dell’educazione. –Se il bon ton serve solo a renderti triste, allora può anche andare…-
-Ho capito, Max, ho capito.- disse Ealy ridendo. –Grazie. Ora vai a casa o diventerai un ghiacciolo! E…-
-Stai attento ai rami bassi degli alberi!- concluse Max, asciugandole il volto dalle lacrime e andandosene.
Ealy lo guardò allontanarsi, prese un respiro profondo ed entrò in casa.
Stava salendo le scale che l’avrebbero portata in camera sua, quando vide apparire Noce.
-Nonno! Ti ho svegliato?-
-Ricorda Ealy, non è importante la destinazione, ma il viaggio.- disse il nonno evitando la domanda.
-Cosa? Nonno, non è un po’ tardi per le perle di saggezza?-
-Perché è durante il viaggio che ti procurerai il bagaglio della vita.- e con un sorriso enigmatico, scomparve nella sua camera.












Si, è stato tremendamente difficile
No, non ho ancora scritto il capitolo X
Recensioni, apprezzamenti, critiche sono ben accetti


Con affettati,
Forge

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


-ALTAIR, SVEGLIATI! ALTAIR! ALTAIR! DAI, PIGRONA!-
-Perché la sveglia parla?- un’assonnata Altair pestava con forza la mano sulla sua povera sveglia, ancora muta.
- Un’altra manata e si rompe del tutto! E poi dovrò venire a svegliarti tuuuuutti i giorni…-
-PER CARITA’.- disse quella alzandosi di scatto e osservando il sorriso beffardo che le rivolgeva la sua migliore amica –Si può sapere che ore sono?-
-Sono già le 9.46 del 31 Dicembre.-
-Sono solo le dieci meno un quarto? Oh Al, ma perché non torni a dormire fino a mezzogiorno come fai sempre?-
-Perché oggi, cara Altair, è il giorno che aspetto da una vita intera. Da stanotte saremo maghi a tutti gli effetti e potremo usare a nostro piacimento la magia!-
-So io in che modo potrei usarla piacevolmente contro di te…- sbuffò la ragazza alzandosi dal letto e lanciando un’occhiataccia ad Ealy, già vestita, pronta a vivere un nuovo giorno e con un sorriso a trentadue denti stampato in volto. –Senti…Perché non cominci a preparare la colazione? Così io mi lavo, mi vesto e scendo.-
-Non mi freghi, se me ne vado torni a dormire.-
-Uff, perché devi conoscermi così bene…-
-Però va bene, se vuoi lo faccio.-
-Davvero?- chiese speranzosa Altair.
-Oh si! E poi torno qua con un bel bicchiere d’acqua gelata. Così risparmiamo tempo sul lavaggio, no?- Ealy rise di gusto vedendo una misera Altair alzarsi dal letto e dirigersi sconsolata dal letto. –Ti voglio bene!- le urlò da dietro la porta. Come risposta ottenne un sonoro grugnito.
-Ricordarmi perché ti ho invitato qua proprio oggi sapendo perfettamente della tua esuberanza- chiese Altair uscendo profumata dal suo bagno dopo una decina di minuti e dirigendosi verso il guardaroba.
-Perché sei la mia migliore amica, mi vuoi bene, dobbiamo incontrarci presto con Will e Max ma soprattutto per impedirti di indossare quest’orribile maglione!- disse strappandole di mano un golf di colore giallo canarino.
-Ma perché? E’ molto carino…- si difese l’accusata.
-Si, per una gallina che si vuole mimetizzare tra i pulcini! No, oggi è una giornata importantissima. Mettiti…questo!- stava frugando nell’armadio, lasciando in disordine quello che aveva trovato in perfetto ordine.
-Hey, il mio armadio! Ci ho messo due ore intere per rimetterlo in ordine!- protestò la proprietaria. –Ma devo ammettere che questo non è niente male…- prese il maglione rosso che le porgeva Al e lo indossò.
-Perfetto. Ora ricordi… un fiamma scoppiettante!-
-Vorrei sottolineare che le fiamme sono anche gialle.-
-Appunto. Gialle. Non color rogo di pulcini indifesi. E ora andiamo a fare colazione!- prese per un braccio Altair e la trascinò per il corridoio fino alla cucina, dove un’ora prima aveva aiutato Beatrix a preparare la tavola.

-Finalmente! Pensavamo vi foste perse!- sbuffò Maximus accogliendo le due amiche infreddolite e in ampio ritardo.
-Scusate, ma qualcuno non si voleva alzare.- Al lanciò un’occhiataccia alla sua compagna.
-Tzè. Eravamo in perfetto orario ma tu hai riservato un tempo infinito per la colazione. Ancora un po’ e ti saresti mangiata il tavolo!-
-Sapevo che ti piaceva il legno, ma non pensi che così sia un’esagerazione?- intervenì William, con il naso completamente ghiacciato e le mani nascoste nelle tasche.
-Ma soprattutto: perché ci siamo trovati qua, al freddo, a quest’ora?- chiese Max, troppo curioso per tergiversare ancora.
Il giorno prima Ealy aveva dato appuntamento a tutti nella radura in prossimità del loro laghetto preferito, per quella che lei aveva chiamato ‘una sorpresa agghiacciante’.
-Oh si, giusto! Ecco, giratevi…Si, ecco, così. E ora osservate bene.- i compagni diedero le spalle ad Ealy e cominciarono a cercare l’oggetto interessato, l’unico rumore era il vento che frusciava tra gli alberi.
-O io sono cieca, cosa non del tutto errata, oppure non c’è niente da vedere.- pronunciò Altair dopo cinque minuti buoni.
-Si, Al, nemmeno io vedo niente.- constatò Will.
-Sarà scontato, ma mi aggrego agli altri due.-
-Ah, ma come! Oh, che tonta, la sorpresa è da questa parte!!- disse Ealy.
E appena gli amici si voltarono Ealy si riparò dietro un albero, dove aveva nascosto le sue munizioni, e incominciò a tirare palle di neve, beccando la testa bionda di Max e il petto di Will.
-HEY!- urlarono gli amici ridendo, subito cercando di difendersi.
-Che creduloni che siete!- rise Ealy, lanciando altre palle e colpendo in piena faccia Altair.
Andarono avanti per un bel po’, lanciandosi palle di neve e ridendo. William rideva così tanto che Altair riuscì addirittura a beccarlo in volto con la bocca aperta.
-Un momento!- si fermò Max –Ci dobbiamo coalizzare!-
-Oh si, contro chi?- lo appoggiò subito Ealy. Insieme erano una coppia imbattibile.
-CONTRO DI TE!- Maximus la buttò a terra, mentre gli altri la riempivano di neve, tutti piegati in due dalle risate e dal divertimento. Infine si lasciarono tutti andare sul morbido terreno, a recuperare il fiato perso e a regolare il battito accelerato.
-Questa si che è una sorpresa agghiacciante.- proclamò William citando l’amica.
-Puoi dirlo forte, Will! Dove mangiamo? A casa mia ci sono tutti i miei fratelli e uno dei tanti ha la varicella.- -Oh povero! Maximus sei proprio un fratello poco apprensivo! Ma nemmeno casa mia è agibile: se torniamo conciati in questo stato Beatrix e Virginia mi faranno pulire per il resto della mia vita.-
-Non è un problema!- disse Ealy sbandierando un sorriso –da me c’è solo nonno Noce e, se stiamo attenti ai rami bassi degli alberi, possiamo tranquillamente passare il resto della giornata da me!-
Con una nuova carica cercarono di scrollarsi un po’ di neve di dosso e si misero in marcia verso il villaggio, attraversando le strade ricoperte di ghirlande e luci natalizie. In piazza si preparava il grande bivacco per quella sera e quando ci passarono davanti Max dovette sollevare di peso Ealy per riuscire a convincerla ad andarsene.
-Ci pensate? Stasera. Stasera. E’ arrivata questa sera. Io non sto più nella pelle… Oh, corteccia!- fremeva la ragazza.
-Al, calmati, oppure rischierai di scivolare. Ah, giusto. Ragazzi, io devo passare da casa un attimo. Mamma deve uscire e io rimango lì dieci minuti fino all’arrivo di papà. Non è un problema, voi andate a casa e io vi raggiungo là!-
-Beh, possiamo venire con te, no? Qualcuno non ha fatto la varicella?- chiese Al. William e Altair alzarono la mano contemporaneamente. –Forse è meglio se non venite. Non vorrei che stasera non ci foste, sarebbe terribile. No, no, no, no.-
-Concordo. Ma non possiamo mica entrare in casa tua senza di te.- fece notare William.
-Giusto. Però potete bussare alla porta, no?-
-Maddai, pensavo di passare dalla finestra!- ironizzò Altair.
Ealy subito ripensò all’uomo incappucciato di ormai qualche settimana fa, inquietandosi. Aveva supposto che fosse salito sul noce e poi… Con un semplice incantesimo di levitazione sarebbe potuto arrivare sul balcone in un attimo, anche senza usare l’albero. Ma perché spiarla?
-Al! AL!- urlò Max.
-Oh, si, scusate. Ehm… Sentite, voi bussate, Noce vi aprirà di sicuro. Un po’ di compagnia non può che fargli bene, ultimamente è piuttosto strano. Va bene?- senza aspettare una risposta afferrò il braccio del suo amico e si diresse verso la sua meta. William e Altair si guardarono sconsolati e si misero anche loro in cammino.

-Tua sorella Virginia è una sarta?-
-Si, vorrebbe aprire un negozio qua nel villaggio, ma non ha mai il coraggio per farlo. Vende qualche abito che le viene richiesto dalle sue amiche, si diletta a fare orli e a soddisfare tutti i desideri delle vecchie signore che non vogliono ammettere di essere ingrassate e se la prendono con i pantaloni che si restringono.-
Altair e William stavano camminando piacevolmente verso via del Crepuscolo, conversando sul più e il meno. Dopo un primo imbarazzo di Mason, il ragazzo si era rilassato e anche parlare della famiglia non sembrava particolarmente problematico.
-Niente male! A casa mia è nonna che ricuce tutti i bottoni.-
-Si, a lei piace e bisogna dire che ha molto talento. E tu invece? Hai fratelli o sorelle?-
Will scosse la testa –No, non più. D’altronde tu hai mai visto un altro Mason qua a Ther?-
-No. A dir la verità penso di non aver mai visto nemmeno i tuoi genitori… Si spostano mai dalla fattoria?- la ragazza cercò di ignorare quel ‘non più’.
-Solo se strettamente necessario.- ammise William –Non amano la comunità, nel villaggio dove abitavamo prima tutti parlavano alle nostre spalle, nessuno voleva avere a che fare con noi.-
-Perché?- chiese suo malgrado Altair.
-Ecco…- c’era aria di rivelazione importante e poco piacevole. –avevo un fratello, Matt. È morto quando avevo cinque anni.-
-Oh.- fu il commento stupito di Altair.
-Già. Era più grande di me di quattro anni, non che il mio migliore amico. Facevamo tutto insieme. Scalavamo colline, nuotavamo nei fiumi, giocavamo a palla, salivamo sugli alberi. Un giorno si ammalò. Era una malattia grave, nessuno riusciva a diagnosticarla, e con il tempo perdemmo le speranze. Morì dopo mesi di agonia, lasciandoci soli. Io persi tutto. Mio fratello, il mio confidente, la mia spalla su cui piangere.-
sentiva le lacrime agli occhi. Perché parlare di lui era ancora così difficile? Perché lo aveva abbandonato? Gli mancava così tanto.
–Come se non bastasse la comunità cominciò a sostenere idee insensate. Sparlavano alle nostre spalle, dicevano che Matt si era ammalato per via della rigidità delle regole dei miei genitori. Assurdità. Ma con il tempo quella situazione diventò insostenibile, così venimmo a vivere qua da nonna Marge. Io ho cercato di vivere sempre nell’ombra. Farmi degli amici non era di certo una mia priorità.-
-Finchè Ealy non è incappata nella tua vita.- concluse Altair con un sorriso.
-Si, è andata più o meno così. Ma devo ammettere che non è male avere qualcuno con cui parlare. Oltre ai conigli e all’asino Morice.- scherzò.
Altair infilò il braccio sotto quello del ragazzo, che aveva ancora le mani in tasca, e gli dimostrò il suo affetto e la sua vicinanza.
Era un momento molto tenero. L’esiliato che finalmente si faceva degli amici, la ragazza timida che riusciva a dimostrare la sua simpatia verso qualcuno che non conosceva fin dalla nascita. Era tutto così bello che qualcuno doveva rovinarlo. Infatti spuntò Daisy da dietro un albero.
-Awww, ma guarda guarda guarda. Cosa abbiamo qua, una nuova coppietta?- chiese la ragazza con tono arcigno.
-Daisy, perché non ti getti dalla cima di una montagna?- rispose scontrosa Altair.
-Oh, la piccola orfanella vuol fare la dura? Stai attenta, non vedo i tuoi amici più spavaldi di te. Nessuno potrà difenderti.- Daisy stava stuzzicando l’indole timida e introversa di Altair.
-Ti sbagli,- si mise in mezzo Will –ci sono io. E temo che tu abbia sbagliato strada. Il pollaio è dall’altra parte.- con uno sguardo comunicò ad Altair che era ora di andare e senza troppi convenevoli lasciarono Daisy con una spregevole smorfia sul viso.
Davanti alla porta di casa incontrarono Max e Ealy, che tornavano dalla casa del ragazzo. Benedicendo la tempestività l’uno dell’altro, entrarono insieme nella dimora, pregustando un buon pranzo.

-Ealy, è ora di andare.- furono le parole di Noce.
-Cosa? Come? Di già?-
-Sì, a meno che tu non e i tuoi amici non vogliate arrivare in ritardo. Devo venire anch’io. Sei pronta?-
-Oh nonno, sono pronta per questo momento fin dalla nascita.- rispose sua nipote con un sorriso.
I ragazzi avevano trascorso un piacevole pomeriggio a casa di Ealy, dividendosi tra tornei di scacchi, chiacchierate, partite a carte e gare poco educate. Il tempo non era proprio volato, ma con tanta pazienza erano riusciti ad arrivare fino alla sera e poi alla notte, cercando di tenere sotto assiduo controllo l’eccitazione controllo di Al.
-Ci siamo.- le sussurrò Max mentre indossavano il cappotto. –Una dichiarazione dell’ultimo minuto?-
-Sono contenta di vivere questo momento insieme ai miei migliori amici. Tutti e tre.- rispose dopo qualche secondo, con uno sguardo carico di ammirazione nei confronti di Will, che stava chiacchierando con Altair riguardo a uno sconosciuto compositore tedesco. Max le sorrise, osservando anche lui l’amico e cercando di regolare il respiro.
-Dunque!- intervenne Noce –Sappiamo tutti come funziona? Ricapitoliamo: dopo che il più anziano del villaggio o almeno l’unico che riesce ancora ad alzarsi dal letto, quel simpaticone di Gilbert, avrà narrato la storia ai fanciulli e alle fanciulle che hanno compiuto cinque anni, verranno chiamati i giovani sedicenni a cui è stata rivelata la loro vera natura, insieme ai loro maestri. Io sono il maestro di Al, ovviamente. Mmmh, fatemi indovinare: Craig è il tuo Maximus, per te è Beatrix, Altair, mentre per il William è la cara Marge, giusto?- i ragazzi annuirono. –Bene. Andiamo.-
Camminarono lentamente verso la piazza. L’aria era pungente e carica di tensione, lo scoppiettio del fuoco alto almeno un metro si sentiva a grande distanza. Se si tendevano le orecchie, si poteva già ascoltare il canto intonato dai partecipante alla cerimonia, melodia di benvenuto per i nuovi maghi. Era notte fonda. I bambini erano già andati a dormire consci di dover aspettare altri undici anni prima di sapere la continuazione della storia che avevano appena ascoltato. Ealy si posizionò su un ceppo di legno, accanto ai suoi amici. Dietro di lei sentiva la costante presenza del nonno.
L’anziano Gilbert cominciò a parlare:
-Questa è la notte a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Fra il passato e il futuro. Siete qui per un motivo: tutti voi possedete nel sangue l’antica magia che ci ha reso, e ci rende, diversi dal resto del mondo. Benvenuti nuovi maghi! Alzatevi e guardatevi negli occhi.-
Ealy riconobbe molti suoi compagni e conoscenti, suo malgrado intravide anche Daisy.
Gilbert aveva ricominciato a parlare ma l’attenzione di Ealy era rivolta altrove. Aveva sentito una presenza, attorno al fuoco, attorno a loro. Era come se sentisse incombere il pericolo. SI voltò per osservare il nonno: nemmeno lui prestava attenzione all’amico che parlava. Si guardava intorno, guardingo, pronto a reagire. Perché sapeva che sarebbe successo qualcosa.

Il fuoco si spense.
Qualcuno urlò per lo spavento.
La gente trasalì per la paura del buio improvviso.
Gilbert tentò di riaccendere il fuoco con la magia, senza risultati.
I respiri si fecero più pesanti.
Le mani dei più esperti già impugnavano le bacchette.
Il cuore di Ealy si fermò.
Afferrò il braccio di Max e lo strinse forte.
Guardò i suoi amici, terrei come lei.
Tutti cercavano con lo sguardo qualcosa, qualcuno.
Tirarono fuori anche loro i legni.
Inesperti, insicuri.
Non sapevano nemmeno come si usava la magia.
Pensavano a quando avevano visto i genitori fare un incantesimo.
Si arrovellavano, scavavano nella loro memoria.
Provavano a pensare che andava tutto bene e si auto convinsero che non sarebbe successo niente.
E a quel punto il nemico attaccò.

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