Flashfic Festival

di FitzChevalier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kakashi ***
Capitolo 2: *** Naruto/Hinata ***
Capitolo 3: *** Dieci Poveri Shinobi ***
Capitolo 4: *** Naruto ***
Capitolo 5: *** La Notte ***
Capitolo 6: *** Nell'Esercito ***
Capitolo 7: *** Sakura ***
Capitolo 8: *** Indietro / 44 Salme ***
Capitolo 9: *** Tsunade ***
Capitolo 10: *** Verso Casa ***
Capitolo 11: *** Dal fronte, cara mamma... ***
Capitolo 12: *** Kurenai ***
Capitolo 13: *** Solo viva ***



Capitolo 1
*** Kakashi ***


KAKASHI



Corri.

Kakashi corre, veloce come non lo è mai stato. Sotto la pioggia che gli lava il sangue dal viso, che gli inzuppa la divisa.

Più veloce.

Kakashi corre attraverso la foresta, scivola nel fango e si rialza. Spezza i rami e lascia una pista.

Sei un disastro, Kakashi.

Kakashi corre, ogni respiro è una coltellata al petto. Ma Kakashi resiste, Kakashi non cede.

Non c’è più tempo.

Kakashi corre nel buio della notte. Si ferma e vomita. Tossisce e vomita ancora.

Fermati.

Kakashi corre oltre la foresta. Gli alberi finiscono e comincia la pietra.

Sei arrivato.

Kakashi corre lungo la riva del fiume. L’onda di piena lo sbatte per terra, le rocce gli feriscono le gambe e le braccia.

Idiota, hai perso uno stivale!

Kakashi corre, lascia macchie di sangue sui sassi affilati.

Li vedi?

Kakashi cade in ginocchio, agguanta Naruto e lo tira fuori dall’acqua.

Dov’è l’altro?

Kakashi si guarda intorno. Sasuke è poco lontano, ha un buco nel petto.

Ignoralo.

E Kakashi lo ignora. Scuote Naruto, chiama il suo nome. Ma Naruto non risponde.

I morti non parlano, Kakashi.

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Capitolo 2
*** Naruto/Hinata ***


NARUTO/HINATA

 

Volevo parlarti, ma tu già dormi. Sei così bella con la bocca socchiusa e i capelli che ti coprono il viso, non voglio svegliarti. Cosa stai sognando, per avere quest’aria così serena?

Sono giorni che penso a cosa dirti. Ti ho osservata, ho studiato il tuo sorriso e i tuoi gesti, ma non ho avuto il coraggio di allontanarmi dall’ombra delle tende per parlarti. Non ho avuto il coraggio di dirti chiaramente cosa intendevo fare.

Kakashi mi ha detto di non contattarti. Dice che davanti alla morte siamo tutti soli, che nessuno può salvarci. Dice che non abbiamo il diritto di stringere per mano qualcuno mentre saltiamo oltre il ciglio del burrone. Forse ha ragione, forse dovrei andarmene prima di svegliarti. Ma non ci riesco.

È strano, quando si pensa alla morte il futuro ci appare sempre con maggior chiarezza. E io l’ho visto, il mio futuro. Ho visto una casa, ho visto dei bambini... e ho visto te.

Tu una volta mi hai detto che mi amavi. Mi hai messo paura. Ho cercato in tutti i modi di allontanarmi da te. Per ragionare, per capire. Sono passati giorni, settimane e poi mesi. Forse tu mi odierai per l’indifferenza con cui ti ho trattata per tutto questo tempo...

Ma se davvero mi ami, se davvero eri sincera, allora ti imploro di aspettarmi.

Non ho niente da offrirti: non ho soldi, non ho più una casa, non ho nemmeno una famiglia. Questo fiore è l’unica cosa che posso donarti. Ma, se tu mi aspetterai, dedicherò la mia intera esistenza a te. Costruirò con le mie mani una casa per noi. La pianterò con le missioni rischiose, mi troverò un lavoro d’ufficio. Giuro che non mi comporterò più in modo infantile, e accetterò le restrizioni di tuo padre e qualunque regola assurda imporrà il tuo clan.

Aspettami, lascia che chiuda il discorso con Sasuke, e nella mia vita avrai posto solo tu.

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Capitolo 3
*** Dieci Poveri Shinobi ***


DIECI PICCOLI SHINOBI


Dieci poveri shinobi
andaron in battaglia:
uno per tutti s’immolò,
nove soli ne restaron.

Nove poveri Shinobi
andaron in battaglia:
lei non vide un kunai,
otto soli ne restaron.

Otto poveri shinobi
andaron in battaglia:
uno dalla rupe cascò,
sette soli ne restaron.

Sette poveri shinobi
andaron in battaglia:
uno il fratello lo tradì,
sei soli ne restaron.

Sei poveri shinobi
andaron in battaglia:
uno prese l’infezione,
cinque soli ne restaron.

Quattro poveri shinobi
andaron in battaglia:
una morta, senza occhi,
e tre soli ne restaron.

Tre poveri shinobi
andaron in battaglia:
al cattivo toccò perir,
e due soli ne restaron.

I due poveri shinobi
andaron in battaglia:
tra di loro s’ammazzaron,
e più nessuno ne restò!


(Filastrocca originale: Dieci piccoli indiani, tratta dal romanzo omonimo di Agatha Christie)

 


Grazie a shirangel per avermi segnalato un'altro brutto erroraccio da prima elementare!

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Capitolo 4
*** Naruto ***


NARUTO


L’urlo di Hashirama mentre perde la testa sovrasta il rombo della cascata. Naruto lo ascolta, osserva l’enorme macigno coprire il cielo grigio e cadere in acqua a pochi passi da lui, sollevando un’onda che ha l’unico pregio di togliergli di bocca il gusto del sangue misto alla polvere.

Naruto si gira su un fianco, si punta con il braccio sano e si rialza. Non vuole guardare i cinque centimetri di osso scheggiato che spuntano dall’altro braccio. Deve essere successo quando Sasuke l’ha spedito contro il petto di Hashirama. Il sangue cola lungo il braccio e si mischia alla pioggia e al sudore; il dolore pulsa debole attraverso la nebbia.

Non doveva finire così.

Naruto arranca fino a Sasuke. S’inginocchia, gli sente il polso.

Non doveva finire così.

Cade di fianco. Se muove la testa può vedere Sasuke fissare il cielo.

La pioggia ingrossa il fiume. Naruto sa che presto il fiume strariperà. Sa che potrebbe salvarsi, se volesse, ma a Naruto non importa.

Ha fallito.

Deve pagare.

 


Grazie a shirangel per avermi segnalato l'errore!

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Capitolo 5
*** La Notte ***


LA NOTTE

 

È una notte senza stelle quella che scende sull’accampamento dell’Alleanza. È una notte di ansia per le sentinelle, è una notte di fatica per i medici e di sofferenza per i pazienti, nelle infermerie dove nessuno dorme veramente.

È una notte di sogni per il resto dei soldati, e i sogni aleggiano nel buio, ci toccano come fantasmi o come un profumo sconosciuto e poi si dileguano: sogni di mostri, sogni di prati assolati, sogni di amici e parenti lontani.

Ma nella notte che avvolge l’accampamento una tenda è sveglia: sentiamo ansimi e gemiti attraverso il tessuto pesante. Sono attutiti, ma li sentiamo. Entriamo. Una lampada ad olio disegna i contorni tremolanti di due giovani, disegna le loro mani che si stringono, le labbra che si cercano, i corpi che si muovono ritmicamente. Si scambiano dichiarazioni e promesse che non possiamo sentire.

Domani loro scopriranno quanto è facile uccidere i propri cari e quanto è difficile vederli andarsene una seconda volta. Domani uno dei due morirà. Forse lo sanno, forse lo temono, forse lo negano. Ma domani è domani, e non è saggio parlarne ora. Perché questa non è solo una notte di ansie e dolori, questa è anche una notte di speranza, di amore e di vita.

Lasciamoli allora a scambiarsi segreti che solo la notte conosce. Siamo stati qui anche troppo. E mentre usciamo sorridiamo, e il nostro è un sorriso amaro. Ma è un sorriso.

 


Primo (e credo ultimo) esperimento col narratore onnisciente.

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Capitolo 6
*** Nell'Esercito ***


NELL'ESERCITO


Taisuke si è sempre considerato un bravo figlio, un bravo soldato, un brav’uomo. La Terza Guerra gli ha strappato via padre e madre, e lui è rimasto solo. Ma Taisuke era figlio di un eroe di Suna, così ha deciso di continuare la carriera militare. Ma proprio oggi suo padre gli ha quasi staccato un braccio, e Taisuke si è dovuto difendere, e difendendosi ha dovuto uccidere quel padre che era sempre stato orgoglioso di lui. Ora Taisuke è nella sua tenda, sdraiato nel suo stesso sangue, il ventre tagliato. Ha deciso che non combatterà più una guerra in cui non crede, per proteggere persone che non conosce quando lui ha perso tutti i suoi cari.

 

Anche Naoto ha dovuto uccidere i suoi cari. Perché sua madre, quella donna così dolce, che per i suoi figli aveva sempre un sorriso e la parola giusta, oggi gli si è avventata contro per ucciderlo. E stavolta sul suo bel viso non c’era un sorriso. Naoto ne ha abbastanza di shinobi e di guerre che non possono vincere, ma lui non è coraggioso come Taisuke. E mentre Taisuke muore soffrendo Naoto corre attraverso la foresta. Ha lasciato il suo borsone nella tenda, non si è fermato neppure per prendere la foto della sua famiglia che ha sempre portato con sé. Sa che così lo daranno per disperso, eppure gli pare già di sentire il latrare dei cani, e gli insulti dei suoi vecchi compagni di squadra, così affretta il passo. Dove andare non lo sa, ma a lui è sempre piaciuto pescare. Forse si rifugerà in un piccolo villaggio di pescatori, dove di shinobi non ne hanno mai visto uno. E allora Naoto corre, corre verso una speranza che non sa se esiste, corre perché ormai è tardi per tornare indietro, corre per sfuggire alla morte.

 

Perché ho scommesso tutto? Ne avevo davvero bisogno? Yoshito si rigira questa domanda da quasi un’ora, ma ha paura di rispondersi. Perché sì, lui di quel denaro aveva un bisogno disperato. Yoshito e sua sorella fino a questo momento si sono procurati soldi in più accettando ogni tipo di missione. Ma ora sono bloccati al fronte, e la paga di un soldato non è molta. E allora con quali soldi terranno in piedi la casa di famiglia? Il padre contribuiva con la pensione d’invalidità, ma ora lui è morto e i due fratelli sono rimasti soli, in una casa immensa piena di ricordi.

Yoshito aveva puntato tutto con la speranza di potersi rifare, puntata dopo puntata, fino a ritrovarsi con niente nelle tasche. E ora segue Makoto, il ragazzo che da dieci anni è il suo compagno di squadra. Lo segue perché è lui che ha vinto, e perché tiene la sacca gonfia dentro la borsa delle armi. Con discrezione gli sfila il borsello e si allontana. Nel buio riconosce sua sorella in compagnia di uno sconosciuto, ma l’accordo tra i due è di far finta di non conoscersi quando Shiko si apparta con i suoi clienti.

 

Davanti ad un piccolo fuoco Takashi e Shiro cantano ad alta voce. Le loro gambe sono malferme e le voci troppo alte e strascicate; attorno a loro ci sono bottiglie vuote di sakè che hanno comprato dai commilitoni. Takashi e Shiro sono allegri fuori, ma dentro piangono, perché oggi hanno perso la loro compagna di squadra, e la morte di Mizuko pesa sui loro cuori più di quanto non pensassero. Ma non sta bene che un uomo pianga, e così bevono e cantano, bevono e cercano di dimenticare. Ma sanno che non riusciranno mai a dimenticare, perché Mizuko è morta davanti a loro, e gli occhi di una persona che muore non si possono scordare.

 


Ed eccoci ad un ennesimo esperimento, questa volta luuuuuuuungo :| Ancora personaggi sconosciuti, ancora narratore onnisciente. A dir la verità ho passato un paio di giorni chiedendomi se valesse la pena pubblicarlo. Perché non ci sono personaggi originali, e perché anche stilisticamente non è come i precedenti. Ma la voglia di pubblicare qualcosa che   
mostrasse il lato disperato dell'alleanza ha prevalso ^^' Spero vi piacerà come vi sono piaciuti gli altri .-.                        
Non ho utilizzato i personaggi del manga perché avrei fatto fuori metà del cast in un colpo solo XD Però dal prossimo   
capitolo torneranno loro .-.                                                                                                                                              

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Capitolo 7
*** Sakura ***


SAKURA


Sabbia davanti agli occhi, sabbia sulle labbra piagate, lungo la gola secca. Nelle orecchie un ronzio cupo e senza origine che toglie la voce al resto del mondo. Sotto le dita una gamba che trema al minimo tocco.

Sakura tiene la testa chinata con ostinazione. È più semplice lavorare se non si guarda in faccia chi si sta per rispedire all’inferno.

La ferita è composta, nulla che un jutsu e un po’ di risposo non possano guarire. Ma il tempo stringe e il chakra è limitato. Sakura impone le mani e ricollega uno strato di tessuto osseo sufficiente a sostenere il peso del corpo. Continuerà a fare male, ma per questo esiste il sakè. E così il paziente – un uomo – si alza barcollando verso la battaglia, stordito dal dolore e dall’alcol.

«Dottoressa?» Un’assistente, poco più di una bambina. Ha lo sguardo smarrito di un’innocente. «Ha bisogno di una pausa? Un po’ d’acqua?»

«No, c’è troppo lavoro da fare.» Sakura si alza, raggiunge il paziente più vicino.

«Dottoressa... di là c’è un ferito più grave...»

«Passami un’altra bottiglia di sakè.»

«Ma...»

Il ronzio aumenta. «I soldati che posso ritornare in battaglia con poche cure hanno la precedenza.» Sakura se lo ripete da giorni. Se iniziasse anche a crederci la guerra diventerebbe più facile.




Grazie a Shirangel per avermi segnalato una bruttura nella flash!

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Capitolo 8
*** Indietro / 44 Salme ***


INDIETRO


Kyoko non ha mai conosciuto i suoi genitori. Di lei si è sempre preso cura Yuushi, suo fratello maggiore. Quando Yuushi è tornato da una missione in un sacco nero, a Kyoko sono rimasti solo i suoi album da disegno. Glieli aveva visti sempre in mano, e ognuno di essi era un ricordo. Il particolare di un ramo in fiore di ciliegio era un caldo pomeriggio di primavera, subito dopo le lezioni all'Accademia. Il ritratto era una serata uggiosa di metà autunno, che Kyoko aveva passato in piedi con addosso un pesante kimono, mentre Yuushi le intimava di stare ferma.

Kyoko era in missione il giorno in cui Konoha è stata distrutta. Nessuno le ha detto nulla finché non ha visto le tende ammassate lungo la via. Vedere le macerie le ha stretto il cuore, e anche i cadaveri che ancora aspettavano una degna cremazione è stato un duro colpo. Ma quei disegni... Kyoko non li ha più trovati.



Ok, questa doveva essere una flash su Sasuke, ma non mi convinceva e l'ho fatta diventare un'originale, rubacchiando un dettaglio da un'altra mia ff di qualche eone fa e mai conclusa. Spero che vi piaccia, anche se ci prendiamo una pausa dalla guerra per tornare alla distruzione di Konoha ^^



 

44 SALME

 

Nella pianura della battaglia
tutti i soldati un po’ controvoglia
organizzarono una riunione
per precisare la situazione.

Quarantaquattro salme,
in fila per sei con resto di due,
marcivan sotto il sole,
in fila per sei con resto di due.
Nei sacchi sono avvolte,
in fila per sei con resto di due,
le facce han sfigurate,
in fila per sei con resto di due.

Sei per sette quarantadue,
più due quarantaquattro!

Loro chiedevano a tutti i becchini,
con gentilezza, un po’ intimoriti,
di seppellire le salme in fretta,
perché l’odore poco li alletta!

Quarantaquattro salme,
in fila per sei con resto di due,
marcivan sotto il sole,
in fila per sei con resto di due.
Nei sacchi sono avvolte,
in fila per sei con resto di due,
le facce han sfigurate,
in fila per sei con resto di due.

Sei per sette quarantadue,
più due quarantaquattro!

(Canzone originale: 44 gatti, di Giuseppe Casarino)


Ahem, questa è una cosa... stupida. Decisamente troppo.

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Capitolo 9
*** Tsunade ***


TSUNADE


Tsunade siede ad un basso tavolino, nel buio che avvolge la sua tenda. Tra le mani macchiate d’inchiostro stringe un sottile sigillo, davanti a sé ha una lampada ad olio per illuminare il foglio di carta. Accanto a lei la pila di lettere scritte dalle assistenti aumenta, in attesa della firma dell’Hokage.

Quando ne ha parlato con Shizune, lei si è stretta nelle spalle. Quello è stato il suo unico commento.

I nomi dei caduti del giorno le si incrociano davanti agli occhi assonnati. Sono nomi di persone con le quali ha sicuramente parlato, eppure molti non le dicono niente, e questo la mette a disagio. Tsunade ha smesso da ore di leggerli, quei nomi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Yanagi Makoto. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di una brava donna e di una brava kunoichi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Yamamori Satoshi. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di un brav’uomo e di un bravo shinobi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Inuzuka Kiba. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di un brav’uomo e di un bravo shinobi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Hayashi Kiama. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di una brava donna e di una brava kunoichi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Harada Daisuke. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di un brav’uomo e di un bravo shinobi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Yamanaka Ino. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di una brava donna e di una brava kunoichi.

 

È con profondo rammarico che devo portarVi la triste notizia della morte di Murakami Satsuki. Io, come donna e come Hokage, mi stringo a Voi nel Vostro dolore per la perdita di una brava donna e di una brava kunoichi.

 

Le lettere si susseguono, tutte uguali, tutte con le stesse parole di vuota circostanza. È un lavoro inutile, che potrebbe essere lasciato alle assistenti, ma Tsunade continuerà ad apporre i sigilli di proprio pugno, perché quello è l’unico modo per alleggerire il peso che porta sulla coscienza.

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Capitolo 10
*** Verso Casa ***


VERSO CASA


Ryouta non ha mai pensato a cosa fare della sua vita. La sua strada è sempre stata segnata, fin da quando è entrato all’Accademia, come per i suoi fratelli più grandi, come per suo padre e per suo nonno: una brillante carriera militare, un matrimonio con una ragazza bella e intelligente, un congedo con onore e una vecchiaia passata a vedere i propri figli e nipoti seguire i suoi passi. Pensava che la guerra sarebbe stata un’ottima occasione per farsi notare.

Ryouta si gira, guarda il posto vuoto al suo fianco, dove avrebbe dovuto esserci Kaoru. Il suo compagno di squadra si è cavato un occhio, pur di tornare a casa dalla sua famiglia. Non l’hanno lasciato partire.

E così, mentre Ryouta viene sballottato su un carro, con una gamba amputata e una carriera militare bruciata anzitempo, Kaoru è bloccato al fronte, cieco ad un occhio ma ancora in grado di combattere, senza neanche più la forza di chiedersi come e quando morirà.

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Capitolo 11
*** Dal fronte, cara mamma... ***


DAL FRONTE, CARA MAMMA...

«Hayashi Akito? Hayashi Akito?»

«Lui non c'è. La lettera dalla a me, che gliela consegno appena lo vedo. Sono un suo amico.»

 

Era successo giorni prima, quando Akito ancora non era un vigliacco e proprio poco prima aveva condiviso con lui l'ultima bottiglia di coraggio liquido prima di raggiungere il plotone in marcia.

Ora Satoshi sta rispondendo alla lettera per il suo migliore amico, perché in fondo vigliacco lo è anche lui, e non dirà alla madre che Akito è diventato un disertore.

 

Cara mamma,

Qui è arrivato l'inverno e i giorni si son fatti più duri. I soldati muoiono in tanti, ma per ognuno di loro il nostro glorioso esercito ammazza tre nemici. Mi scalda il cuore sapere che lì a casa state tutti bene, e a leggere le tue parole il vento dà meno fastidio. Dì a mio padre che sto facendo di tutto per essere degno di lui, e alle mie sorelle che presto la guerra sarà vinta e che saremo di nuovo tutti insieme.

Con amore,

Il tuo devoto figlio.

 

Satoshi sigilla con la cera le bugie che vorrebbe fossero dette a lui, e si appropria di una vita che non gli appartiene, lui che una madre e un padre non li ha mai avuti, e che per questo ha sempre odiato Akito. Esce dalla sua tenda malmessa e affronta la bufera per spedire la lettera.

Chissà, forse la signora Hayashi gli spedirà un paio di calze e un maglione bello pesante...

 



 

Eh niente, per la gioia (circa) di tutte voi lettrici dichiaro riaperta Flashfic Festival! Sempre più verso l'originale, questa volta non ci sono proprio accenni al manga di zio Kishi... Spero vi piaccia lo stesso D: Anche perché non sapevo come inserirli... qui non c'è spazio per loro T.T

Ah, quasi dimenticavo! Giusto perché questo capitolo è molto serio sento il bisogno di dover abbassare il livello con questa stronzatina dell'ultimo minuto v.v Tiè, leggete e piangete v.v



 

LA RECLUTA E IL SERGENTE

Ogni mattina, in caserma, quando sorge il sole, un sergente si alza e inizia a urlare. Sa che dovrà urlare più forte della recluta, o riceverà un cazziatone. Ogni mattina, in caserma, quando sorge il sole, una recluta si alza e inizia a urlare. Sa che dovrà urlare più forte del sergente, o verrà spedito a fare le corvé più pesanti. Ogni mattina, in caserma, non importa che tu sia una recluta o un sergente; l'importante è che cominci a urlare.

 




Ma tu guarda alle cretinate che penso invece che lavorare a Fottìo di Zeri. La devo consegnare per un contest entro domani, e ancora mi mancano mezzo capitolo più tutta la revisione D: Uh, a proposito, so che a quel contest partecipi pure tu, Shirangel. Non te li faccio gli auguri di buona fortuna, perché sappiamo entrambe che le tue capacità da sole bastano e avanzano *o*

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Capitolo 12
*** Kurenai ***


KURENAI



«Gli inviti sono pronti, signora. Può andare a ritirarli quando vuole.»
 

Gli spessi fogli di carta bruciano e si accartocciano in mezzo al fumo del camino. Il nome “Kurenai Yuhi” e quello vergato a mano di Nara Shikaku, il destinatario, si vedono appena. Ma non sono quelle le parole di cui Kurenai ha paura.
Prende l'attizzatoio, scostandosi appena dalla posizione che ha assunto chissà quando tempo prima. La pelle le brucia per il calore e nell'aria c'è un leggero odore di capelli bruciati. Non è nemmeno questo ciò che la preoccupa.
Pesta con rabbia un brandello di carta salvato dalla distruzione. La parola “matrimonio” si perde fra gli altri pezzetti di cenere; Kurenai prende un'altra lettera dalla pila accanto a sé e la getta nel fuoco, solo per vederla bruciare e farsi del male.

Kurenai si alza, il tempo necessario per prendere un bicchiere d'acqua. Non aveva idea che piangere a quel modo le avrebbe fatto venire così sete. L'occhio le cade su una pila di biscotti infiocchettati di blu, il tesoro di una caccia cui Asuma non giocherà mai. Kurenai prende il vassoio e lo getta nel cestino dei rifiuti. Si è sforzata tanto per trovare un buon nascondiglio; ora l'ha trovato.






 





 

Scuse, annunci futuri, come-non-detto

L'estate è uno strazio. Lo ripeto da anni e chissà perché nessuno mi crede. Sarà che il caldo non lo sopporto, che appena la temperatura si avvicina ai trenta gradi mi sento sfinita, fisicamente e mentalmente. Estate del... >.< Posso arrancare nella neve restando tranquillamente in maniche di camicia, ma che nessuno mi chieda di stare più di dieci minuti sotto il sole dell'estate!

Coooomunque, passiamo al capitolo. Non sapevo se pubblicarlo in questa raccolta o meno, ma considerando l'argomento, la forma e soprattutto il languire delle idee per la Quarta Guerra, sicuramente non aiutate dagli ultimi capitoli (e sono indietro di tipo una decina, non ho il coraggio di andare avanti; e sì che io ho letto schifezze di tutti i generi...) mi sono decisa. Di Kurenai avevo già parlato, e sempre in questi termini. Spero di non essere stata ripetitiva °-°

Terzo: il finale alternativo di Fottio di Zeri non ci sarà. Ho fatto un esame di coscienza e ho preferito sorvolare.

(scusate il papiro >.<)

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Capitolo 13
*** Solo viva ***


SOLO VIVA

Sawabashi Hato, partita tre giorni prima per una missione e data per dispersa il giorno stesso, viene ritrovata da una pattuglia di Iwa in territorio amico, a una trentina di chilometri da dove dovrebbe essere. Come ha evitato tutte le vedette? Hato si stringe nelle spalle. Non lo sa. Vuoto.

Viene ricoverata nel capo più vicino. Nessun trauma visibile, solo un'inspiegabile apatia. Hato ascolta il medico parlare con un'infermiera e battere nervosamente il dito sulla cartella clinica. L'uomo le rivolge una domanda. Hato non sente e non chiede di ripetere. Quell'uomo non gli piace, e parla solo quando se n'è andato. Chiede all'infermiera del padre. Morto, scopre. La sorella? Dispersa, da qualche parte giù nella valle. Il maestro e il suo compagno di squadra? Morti anche loro. I soldati di Kabuto hanno guadato il fiume e conquistato la posizione. Hato si morde il labbro e tace, perché il prossimo nome sarebbe Kazedare Tsuya, compagno di giochi da una vita, compagno di squadra e prima cotta, ma di lui sa già com'è morto. Le era corso in contro emergendo dalla nebbia e gridando con una voce roca e irriconoscibile il primo giorno di missione. Hato l'aveva decapitato e poi guardato in faccia. Ecco perché vagava dove non doveva essere. Qualche centimetro sotto il taglio netto della katana Hato aveva visto una ferita. Ecco perché aveva la voce roca.

Hato non si giustifica. Non c'è nulla da dire. Prende in silenzio la ciotola di brodaglia che le porge l'infermiera e mangia, perché non ha abbastanza forza per lasciarsi morire di stenti. È la sera, quando anche chi dovrebbe essere sveglio sonnecchia in piedi, che Hato si china e cerca sotto la sua branda gli stivali. La sottile lama lunga pochi pollici è ancora nascosta nella suola, e per chi sa dov'è sfilarla e piantarsela nella gola è questione di un attimo. Troppa grazia, pensa mentre spinge la lama nella carne. Tossisce ed emette un gorgoglio. I medici si svegliano dal torpore, accendono le luci e corrono da lei, ma ormai è tardi.

Era solo viva. Non bastava.
 



Ok... Sono morta? Non ancora. Ma tutto ciò che sto cercando di fare se ne sta allegramente andando in merda, se mi perdonate il francesismo D: Non ho uno straccio di idea da non so quanto ): Per fortuna c'è il Fondo Emergenze *w* So che non è tra i capitoli migliori, ma spero che vi possa ugualmente piacere!
Saluti!

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