Verrai, verrai, all'albero verrai.

di HystericalFirework
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Strofa. ***
Capitolo 2: *** Seconda Strofa ***
Capitolo 3: *** Terza Strofa ***
Capitolo 4: *** Quarta Strofa. ***



Capitolo 1
*** Prima Strofa. ***


Prima Strofa

 
 
 
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
cui hanno appeso un uomo che tre ne uccise, o pare?
Strani eventi qui si son verificati,
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all’albero degli impiccati.
 
 
 
 
Leyla apre gli occhi sul cielo nero di un ancor più nero Distretto 12. E’ ancora notte.
Li vorrebbe richiudere, vorrebbe scappare lontano da quel luogo così spaventosamente reale, crudele evocazione di ricordi che si conficcano nel cuore come schegge di ghiaccio.
Ma è tempo di alzarsi. E’ tempo di andare.
Il tempo che le rimane è limitato dal ticchettio di un orologio.
Mai prima d’allora Leyla era stata tanto sicura della sua morte imminente, se non in quella notte, che sembrava lontana anni luce eppure vicina in maniera dolorosa.
 
- Vuoi uccidermi?
- Dio, Leyla, no che non ti voglio uccidere!
- Perché? Perché non mi tagli la gola come hai fatto con tutte le altre ragazze ricche e felici? Perché non mi consegni ai ribelli del 13 su un piatto d’argento?- la voce inizia a morirle in gola.
- Leyla, io…
- Io cosa?- urla lei in un impeto di rabbia e paura.
- Tu non capiresti.
- Cosa? Cosa non capirei?- una lacrima solitaria le solca il viso scavato e pallido, si insinua sulle sue labbra e continua la sua lenta discesa senza che nessuno la fermi.
- Sei malvagio- la ragazza si porta le mani al viso, cercando di nascondere il pianto frenetico, intervallato da singhiozzi che la stanno sconquassando il petto.
- Leyla…- le prende il viso tra le mani con fare stranamente affettuoso.
Non si era mai accorta prima d’ora della profondità del suo sguardo blu scuro, un colore che non apparteneva alle miniere del 12. Un colore che, a pensarci bene, non aveva mai visto in vita sua: è il colore, le raccontavano, del mare, del cielo limpido all’imbrunire.
Ma quello che le sta rivolgendo l’uomo è uno sguardo provato, degli occhi cerchiati da pesanti solchi neri, sintomo di notti insonni.
Non era così vecchio come lei pensava: deve avere solo un paio d’anni in più di lei, aggravati però da una vita così tremenda da valere forse mille degli anni della ragazza.
- Leyla, non mi resta molto tempo e…
- … mi ucciderai seduta stante?
- No.
- Mi lascerai morire di fame?
- Neanche- un sorriso stanco si fa strada sulle sue labbra, di solito di un’incorruttibile serietà.
- Allora cosa?- domanda Leyla con le lacrime che scendono copiose sulle sue guance.
Non riesce a spiegarsi il motivo del suo pianto, ma dentro al cuore, nel profondo di se stessa, ha già compreso ciò che le parole non riescono a spiegare.
- Tutto quello che ho fatto- gli omicidi, il rapimento, questi giorni rinchiusa in un posto che non conosci- l’ho fatto per la causa. Una causa disperata, una battaglia contro Capitol City che, me ne rendo conto solo ora, non finirà per il meglio.
- Cosa significa?
- Morirò, Leyla. Moriranno tutti sul fare dell’alba- qualcosa nel cuore della ragazza va in frantumi, qualcosa di una grandezza abissale, qualcosa di terrificante e inspiegabile.
- Perché?- riesce a dire con il fiato mozzato.
- Capitol City ha vinto. E io voglio restituirti la libertà prima che essa venga sottratta a me.
- Perché?- ripete lei incredula.
Adam, il giovane uomo dagli impenetrabili occhi blu notte, rimane in silenzio per un tempo che sembra indefinibile, mentre la scruta, come per assaporarla un’ultima volta.
- Credo di essermi innamorato di te, Leyla.
I loro sguardi si intrecciano, ancor prima che le labbra si sfiorino, distruggendo e creando, facendo volteggiare la polvere di vite distrutte in un nuovo intrico di arcane sensazioni.
Rimangono abbracciati per molto tempo, finché lui non le dice di andar via, di scappare prima che decidano di prendere anche lei.
Mentre varca la soglia della catapecchia di legno, vorrebbe voltarsi per un’ultima volta.
Ma non ne ha la forza.
Non sarebbe giusto.
 
 
Con passo lento e rassegnato, Leyla cammina verso la stazione, dove gli uomini chiamati Pacificatori e l’altro ragazzo la stanno aspettando.
Sente i suoi passi scricchiolare sulla ghiaia, mentre percorre quelle stradine per l’ultima volta, ne assapora il gusto aspro di carbone, il sapore di casa.
Pensa che, nonostante la sua promessa, non riuscirà mai a vedere il mare, il mare di Adam, il mare del Distretto 4. Una fitta le perfora il cuore e altri ricordi scendono come petrolio nella sua mente già offuscata.
 
 
Non vuole guardare, non ne ha la forza.
Ma in quello stesso momento prova l’impulso disperato di girarsi, di incrociare ancora una volta lo sguardo che tanto le aveva fatto battere il cuore.
Dal suo nascondiglio sicuro, dietro ai cespugli, protetta dalle fronde degli alberi e dalle loro radici che affondano nel terreno come membra di giganti addormentati, sporge la testa per dargli l’ultimo saluto.
Troppo tardi.
Uno schiocco sordo, poi silenzio. Il corpo di un giovane uomo, inerme, penzola dall’alto di un solido ramo, attaccato ad una collana di corda, il suo collo assume una posizione innaturale.
Non un urlo, non un sospiro da parte degli uomini che lo avevano giustiziato.
L’uomo se n’è andato nel vuoto assordante del silenzio.
L’uomo è morto.
Adam è quell’uomo. 

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Capitolo 2
*** Seconda Strofa ***


Seconda Strofa

 
 
 
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
là dove il morto implorò l’amor suo di scappare?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all’albero degli impiccati.
 
 
 
 
Un brivido percorre la schiena di Leyla.
Morirà, di questo ne è certa: che sia oggi, nel suo distretto, o tra qualche giorno, forse qualche settimana, davanti agli occhi di tutta Panem a Capitol City.
 
Le sembra passata un’eternità da quel giorno, ma era successo tutto solo due giorni prima.
Ironico come Capitol City sia veloce a decidere la sorte non solo di una persona ma di ben ventiquattro innocenti, rendendoli fonte di spettacolo.
Innocente… la parola le rimbomba nelle orecchie come un’eco lontana che si spande nelle profondità della sua anima.
Lei era sicura che il suo nome non fosse stato estratto per caso: era stato estratto perché loro l’avevano vista. L’avevano vista con Adam e questo è il prezzo da pagare.
 
La rivolta è finita, è tutto finito.
Il Distretto 13 raso al suolo, gli altri afflitti da una grande carestia, gli abitanti più morti che vivi che si riversano in strada in cerca di aiuto…
E la bandiera di Capitol City è il sigillo della loro imminente morte.
 
Mentre percorre le ultime vie che la separano dalla stazione, cerca di rievocare quel momento, quell’ultimo momento in cui si era sentita se stessa, felice in una maniera insana e incomprensibile.
 
-Scappa, Leyla!- la voce sembra distante, lei non riesce a vederlo.
Ma ormai è troppo tardi: gli uomini in uniforme si voltano e la osservano spaesati.
Si domandano chi sia quella ragazza, quella folle che va ad assistere all’esecuzione di un criminale. E’ sua complice? Dovrebbero giustiziare anche lei? Chi è quella ragazza?
Ma lei non ci pensa: perché dovrebbe?
Con passo leggero e sfrontato si dirige verso l’albero, attratta da un sottile filo d’argento che la unisce ancora a quell’uomo. Il cuore le batte all’impazzata: non è paura, no.
E’ qualcosa di più grande, è l’impazienza di vederlo ancora una volta. Di poterlo salutare.
Gli uomini con la divisa si spostano, intimoriti, e la lasciano passare registrando tutto ciò che quella folle ragazza sta facendo.
Marionette di Capitol City,pensa Leyla con un leggero sorriso stampato sul viso.
Quando anche gli ultimi due le restituiscono la completa visuale della scena facendosi da parte, lo riesce a vedere.
Gli occhi blu, terrorizzati come non li aveva mai visti prima, la fissano con fare perentorio.
- Mi avevi promesso che non saresti venuta- sussurra.
Il cappio di corda già appoggiato mollemente sul suo collo, i muscoli delle spalle tesi per la preoccupazione e la resa che si nasconde nel suo sguardo stonano con l’incanto di quella radura verde. Leyla non può trattenere il brivido che le scende giù per la schiena.
E’ la fine?
- Non sono brava a mantenere le promesse- una lacrima le solca il viso.
Adam la raccoglie con la punta dell’indice e le rivolge un sorriso stanco e tirato.
- Ti prego, scappa. Oggi è la mia ora, la tua deve ancora tardare a venire- cerca di prenderle il viso tra le mani, ma trema troppo violentemente.
Leyla non lo può lasciare lì. Lei…
Leicosa?
- Ormai sono qui- prende le mani di Adam, cercando di fermarne il tremito e posa le labbra sulle sue nocche, fa scorrere i palmi sul suo viso, assaporando ogni singolo momento che rimane.
Poi lo abbraccia. Perché in quel momento non serve un bacio, un addio appassionato.
A entrambi serve sentire il calore, quello stesso calore che tra poco abbandonerà il corpo di uno dei due.
- Anch’io credo di amarti- due sorrisi solcati dalle lacrime. Due anime che s’intrecciano per un’ultima volta in un turbinio di sguardi ed emozioni contrastanti.
Fino a quel momento, tutti erano rimasti paralizzati dalla scena, incapaci di agire, ma una voce tuona nell’ombra.
-Prendetela!
Ed eccolo: l’addio che stavano aspettando.
Le mani intrecciate si sciolgono velocemente mentre Adam le sussurra per un’ultima volta di scappare, scappare più veloce che può.
E lei scappa.
Si nasconde con il cuore in frantumi, mentre il suo destino è stato segnato.
 
 
Come quel giorno, una lacrima le solca il viso e vorrebbe essere davvero in grado di scappare. Scappare da tutto, scappare da quello che l’aspetta.
Altre ventitré persone, pensa.
Altri ventitré innocenti.
Passa davanti al municipio e l’orologio inizia a rintoccare la mezzanotte.
Vieni. Si copre le orecchie con le mani. Ha paura.
Come può aver sentito quella voce? E’ impossibile. Deve essere impossibile.
Vieni, scappa con me.
Eppure… no, non può essere.
Mezzanotte. Mezzanotte all’albero degli impiccati. 

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Capitolo 3
*** Terza Strofa ***


Terza strofa

 
 
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
ove ti dissi “Corri se ci vuoi liberare”?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all’albero degli impiccati.
 
 
 
 
I piedi di Leyla si stanno muovendo velocemente, senza che lei li comandi, attraverso i boschi, alla ricerca della radura in cui aveva giurato di non ritornare.
Corri, corri Leyla se ci vuoi liberare.
Eccola, è quasi arrivata.
La radura si stende ampia in quello spiazzo dove troneggia come un despota il grande albero. La luce lunare illumina in parte il viso di Adam, pallido e immobile.
Sembra quasi che stia dormendo.
Leyla l’ha visto dormire così tante volte quando lui l’aveva presa con sé…
 
 
-Stai dormendo?
Lei non risponde.
- Sai, solo perché ti ho rapita non significa che io ti abbia tagliato la lingua- cerca di sorriderle, ma lei schiva il suo sguardo.
-Da dove vieni?- gli domanda dopo un istante infinito di silenzio.
- Distretto 4.
- Com’è il mare?
- Come scusa?
- Ti ho chiesto com’è il mare- ripete Leyla scocciata.
- Oh- silenzio.
- Il mare… il mare è la terminazione del cielo sulla terra, il mare è un universo blu, è… casa mia- sorride, poi si gira da una parte e si riaddormenta.
Rimane sveglia per molto tempo, non sa quanto con precisione, ad osservarlo.
- Adam- lo chiama poi.
- Sì?- risponde lui insonnolito.
- Pensi che io potrò vedere il mare, un giorno?
- Ne sono sicuro, Leyla- sorride e richiude gli occhi.
Silenzio.
- Ti ci porterò io, un giorno- borbotta dopo un po’ sprofondando in sogni e cuscini.
 
 
Si avvicina con un grosso sforzo, gli accarezza il viso freddo come un blocco di ghiaccio e stringe forte le braccia al petto, spaventata dalla possibilità che il cuore le possa esplodere di dolore da un momento all’altro.
Io sono con te, Leyla.
Rabbrividisce.
- Cosa dovrei fare? Ho paura, Adam- sussurra al vuoto.
Non sei costretta ad andare nell’arena.
- Sì invece. Mi uccideranno.
Non volevo questo per te.
- Neanche io volevo vederti morire- ormai i singhiozzi sono incontrollabili, le lacrime scendono a fiotti sul suo viso, ma il corpo di Adam è immobile e stavolta non ci sarà nessuno ad asciugarle il volto.
- Cosa devo fare?- urla esasperata.
Rimani con me. Insieme andremo a vedere il mare, andremo a vedere l’universo intero.
- E come faccio?- singhiozza portandosi le mani al viso.
Lo sente. Sente la presenza di Adam che invade quella radura, che si concentra di fronte all’albero, di fronte a lei. Sembra impossibile, ma Leyla ne è certa: Adam è lì e la sta osservando, con quel suo solito sguardo mesto e preoccupato.
- COME?- ripete lei in un pianto disperato.
E la risposta la trova ai suoi piedi.


 

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Capitolo 4
*** Quarta Strofa. ***


Quarta strofa

 
 
 
 
Verrai, verrai,
all’albero verrai,
di corda una collana, insieme a dondolare?
Strani eventi qui si son verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all’albero degli impiccati.
 
 
 
 
Un sacchetto di velluto nero è posato ai piedi dell’albero, leggermente nascosto quasi come se qualcuno l’avesse lasciato lì per lei.
Si avvicina e lo solleva.
Rimane paralizzata: c’è scritto il suo nome in caratteri dorati e un bigliettino è legato alle estremità. Lo sfila velocemente e lo srotola.
 
Cara Leyla,
non ho mai voluto arrivare a questo punto e sinceramente spero che tu non ti ritrovi mai a dover leggere la lettera che sto per scrivere.
Ti avevo promesso che ti avrei portato a vedere il mare, tu mi avevi promesso che non saresti venuta il giorno della mia esecuzione.
Eppure, se stai leggendo questo vuol dire che neanche tu sei riuscita a mantenere ciò che avevi detto. Ed è per questo che ti scrivo: sono sicuro che domani, quando mi giustizieranno, tu sarai lì e loro ti vedranno.
Ti faranno del male, Leyla, più di quanto tu immagini.
Capitol City ha ancora qualche asso nella manica e non esiteranno ad usarlo. Chissà quante cose saranno cambiate quando starai leggendo ciò che io adesso scrivo…
Stanno organizzando qualcosa di grande, qualcosa di terribile e crudele.
Li chiamano i giochi della fame e tutti sono candidati ad essere possibili vittime immolate in un’Arena davanti all’intera Panem. Sono informazioni vaghe, ma è tutto ciò che so.
Sei in pericolo, molto più degli altri.
Sono quasi felice di essere morto prima, perché vivere con il peso di essere la causa della tua disfatta mi distrugge.
Devi salvarti, devi essere libera.
In un modo o nell’altro.
 
Sempre tuo,
 

 Adam

 
 
Le lacrime scendono copiose e Leyla cerca di asciugarle mentre apre il sacchetto.
Rabbrividisce ancora una volta mentre tutto prende senso e forma.
Adam aveva saputo degli Hunger Games, aveva capito tutto chissà da quanto tempo.
E ora la aspettava all’albero degli impiccati per liberarla.
 
… di corda una collana, insieme a dondolare?
 
Prende un respiro.
Infila il suo collo esile nel cappio e lo lega saldamente all’albero, mettendosi in punta di piedi. Guarda Adam, gli prende la mano e la stringe forte.
Sorride.
Un ultimo salto e poi il silenzio.
 
 
 
 
 
 
Dagli annali degli Hunger Games
 
 
 Hunger Games, prima edizione.
Prorogati di una settimana i giochi per trovare un tributo femmina sostitutivo nel Distretto 12.
Causa: Suicidio premeditato del tributo Leyla Dekkater, complice di Adam Roahk, Distretto 4, giustiziato in precedenza per omicidio.
 
n.b: Le affermazioni precedenti non dovranno trapelare in alcun modo al di fuori del consiglio degli strateghi. Pena: la morte.

 

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