Wedding? No, thank you. di TheOnlyWay (/viewuser.php?uid=125619)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La damigella disperata. ***
Capitolo 2: *** Il grande giorno. ***
Capitolo 3: *** Discorsi, lanci e balli. ***
Capitolo 4: *** Un pò di colore, please. ***
Capitolo 5: *** Fai schifo come psicologo. Te l'hanno mai detto? ***
Capitolo 6: *** L'inizio della fine. ***
Capitolo 7: *** L'utilità della carta igienica. ***
Capitolo 8: *** Colpa della pioggia. ***
Capitolo 9: *** Coerenza? No, grazie. ***
Capitolo 10: *** Coltelli e raffreddori. ***
Capitolo 11: *** Zombie, preoccupazioni e promesse. ***
Capitolo 12: *** L'ultima possibilità. ***
Capitolo 13: *** Si tratta solo di aspettare. ***
Capitolo 14: *** Futuro. ***
Capitolo 15: *** Apocalisse. ***
Capitolo 16: *** Il terzo atto. ***
Capitolo 17: *** Chiamate senza risposta. ***
Capitolo 18: *** L'altra metà della mela. ***
Capitolo 19: *** Matrimonio? No, grazie. ***
Capitolo 1 *** La damigella disperata. ***
Capitolo 1
“La
damigella disperata”
Quand’ero piccola, mi
piaceva pensare che mi sarei sposata, avrei avuto tre bambini
(rispettivamente
due maschi e una femmina) e sarei stata felice e contenta, come in ogni
favola
che si rispetti.
Poi sono cresciuta, i miei
hanno divorziato e mamma, Giselle ed io ci siamo trasferite a
Mullingar,
proprio accanto alla casa dei nonni paterni.
Tutti i miei sogni sul
matrimonio erano andati in fumo, crudelmente calpestati
dall’evidenza che, in
effetti, non esisteva nessun fottutissimo lieto fine.
Tuttavia, mia sorella
Giselle non sembra pensarla alla stessa maniera.
Quando i miei
divorziarono, lei aveva quindici anni ed era già in grado di
capire che le cose
non sempre andavano per il verso giusto. Io, che all’epoca di
anni ne avevo
solamente sette, ricordo solo che odiai mio padre per averci
abbandonate.
E, per quanto sia mamma
che Giselle non facessero altro che ripetermi che non era colpa di
nessuno se
le cose erano andate in quel modo, per me restava il fatto che il
matrimonio,
che di fatto avrebbe dovuto legare per
sempre due persone, era una grandissima bugia.
Perciò, non riesco proprio
a capacitarmi del fatto che Giselle, a ventisette anni suonati, creda
che
sposarsi sia una scelta saggia.
Dico io, non le è bastato
il pessimo esempio che ha già avuto? No, deve barcamenarsi
in un’avventura
assurda, che sicuramente finirà male.
Come faccio a saperlo? Lo
so e basta. E, se proprio non vi fidate della mia parola, lasciate che
vi
spieghi un paio di cosette su Giselle e sul suo futuro sposo.
Greg Horan è,
fondamentalmente, un ragazzo simpatico, alla mano e assolutamente
divertente.
Ride, balla, beve quando è in compagnia – e
sospetto anche quando è da solo – e
di lui, prima che conoscesse Giselle, si sa ben poco.
Io però mi sono informata
e, a quanto pare, il divertentissimo e simpatico Greg non ha sempre
vissuto una
vita all’insegna della rettitudine.
Quando frequentava il
liceo, usciva con un gruppo di poveri deficienti che ancora sono in
cerca di
qualcosa di sensato da fare nella loro vita. Non ha frequentato il
college,
perché è stato assunto a tempo pieno in un bar
nel centro di Mullingar. Ora:
sappiamo tutti com’è la vita nei bar. Si beve
(molto) e si trova un sacco di
dolce compagnia. E per Greg di certo non è difficile, visto
che è anche affascinante.
Perciò la lista delle cose
che non vanno bene di lui è salita a tre: è
divertente, affascinante e lavora
in un bar. Io non mi sposerei mai con uno così.
Nemmeno se mi pagassero, nemmeno se fosse ricco sfondato e
possedesse
una concessionaria di auto da corsa – be’, forse in
quel caso potrei farci un
pensierino…
In realtà, ci sono anche
degli aspetti positivi, in Greg, ed è per questo che non me
la sento di
condannarlo del tutto. Tanto per iniziare sopporta me,
il che – credetemi – è degno di nota.
Tolto il fatto che quando
voglio sono decisamente adorabile, mi risulta ancora difficile credere
che Greg
mi rivolga la parola dopo che gli ho bucato le ruote della macchina.
Be’, che c’è? Aveva
lasciato mio sorella, io ero piccola, ingenua e molto vendicativa.
È stata
l’unica cosa che mi è venuta in mente per
fargliela pagare. Ed ha funzionato,
perché si sono alleati entrambi per farmi confessare di
essere colpevole.
Tra l’altro, Greg è stato
molto gentile, visto che non mi ha nemmeno fatto pagare i danni.
Chissà se
l’avrebbe pensata diversamente, se gli avessi graffiato la
carrozzeria come
avevo progettato di fare all’inizio.
Ripensandoci, però, non
sarebbe tanto male se lui e Giselle si sposassero. Almeno avrei una
stanza
tutta per me, a casa. Mi servirebbe proprio un po’ di spazio:
non so più dove
infilare tutti quei libri. Okay, magari dovrei evitare di comprarne
quattro a
settimana, ma che ci posso fare? E comunque non li leggo solo io! Anche
Giselle, quando non è impegnata. Cioè quasi mai.
«Che ne dici di questo?»
inarco un sopracciglio, mentre Bridget mi sventola sotto il naso un
pezzo di
stoffa che in teoria dovrebbe essere un vestito, ma che in pratica
è abbastanza
striminzito da poter passare per una bandana.
«Non saprei. Penso che ti
si vedrebbero pure le ovaie, ma se ti piace compralo.»
commento, con un’alzata
di spalle.
Di Bridget ci sarebbero un
sacco di cose da dire: che è castana, intelligente come un
cetriolo sottaceto,
che è di mentalità (e gambe) parecchio aperta e
che veste come una escort
d’alto borgo.
Purtroppo, però, è la
figlia della migliore amica di mia madre e, in virtù di
questo tanto decantato
affetto, mi tocca frequentarla almeno due volte a settimana, a meno che
non
voglia vedere tutti i miei preziosi libri volare fuori dalla finestra o
prendere fuoco nel camino.
È anche simpatica, per
l’amor del cielo, ma quando inizia a raccontarmi di quanto
tempo la sua ultima
conquista abbia impiegato per slacciarle il reggiseno, be’,
preferirei
impiccarmi alle travi della mia soffitta. Comunque, onde evitare stragi
cartacee, mi fingo entusiasta di accompagnare Bridget alle sue sedute
di
bellezza – come se ne avesse davvero bisogno – e
alle sue maratone di shopping
sfrenato.
«Dovresti provarlo anche
tu. Ti starebbe bene, sai?» propone Bridget, allungandomi lo
stesso “vestito”
che ha intenzione di comprare. La osservo scettica per un secondo,
prima di
scuotere la testa negativamente e invitarla a infilarsi nel camerino,
prima che
qualcuno le soffi il posto. Nel frattempo, mi siedo sul divanetto rosso
e mi
guardo intorno. La vibrazione del mio cellulare mi distrae dai pensieri
sarcastici su quella donna di cinquant’anni che chiede alla
commessa un paio di
pantaloni taglia 40, quando è evidente che la 46 farebbe
più al caso suo.
Il nome di mia sorella
lampeggia come una minaccia sul display del telefono, così
mi affretto a
rispondere.
«Sai che giorno è, oggi?»
ringhia Giselle. Allontano un po’ il telefono in un inutile
tentativo di
salvataggio del mio padiglione auricolare e con lo sguardo cerco di
leggere la
data dal calendario appeso in un angolo.
«Tredici maggio.» rispondo
quindi, orgogliosa di me stessa.
«Sì. E non ti viene in
mente niente?» domanda allora mia sorella. La voce le si
è abbassata di un paio
di ottave, ciò significa che è molto arrabbiata.
Ma perché?
«No. Dovrebbe?»
«Sì che dovrebbe,
sottospecie di sorella degenere! Dobbiamo cercare il tuo
vestito!» sbraita.
Alla parola vestito, mi torna in mente tutto quanto.
«Oh…» mormoro, perciò.
«Già. Se non sei qui entro
venti minuti, ti disconosco.» poi Giselle chiude bruscamente
la telefonata ed
io so per certo che non scherza. Quando si tratta del suo matrimonio,
tende a
diventare un po’ melodrammatica, ma fa sul serio.
«Bridget, mi dispiace, ma
devo assolutamente scappare! Ci vediamo in questi giorni,
d’accordo? A
proposito, hai le ovaie più belle che abbia mai
visto!» le dico, prima di
precipitarmi fuori dal negozio; l’ultima cosa che sento
è la sua risata
divertita, poi inizio a correre.
Ho percorso appena un
centinaio di metri, quando un’utilitaria blu elettrico suona
il clacson e
accosta accanto al marciapiede.
«Serve un passaggio,
signorina?» il sorriso smagliante di Greg fa capolino dal
finestrino. In questo
momento, giuro che sono assolutamente felice che mia sorella se lo
sposi.
«Ti amo, Greg.» sospiro,
prima di sedermi accanto a lui e allacciare la cintura. Ridacchia,
prima di
immettersi nel traffico e dirigersi verso la zona est di Mullingar.
«Ho sentito Giselle, ed
era disperata perché ancora non arrivavi. Ho immaginato che
Bridget ti avesse
trascinato da qualche parte in centro.» spiega, sorpassando
un vecchio
trabiccolo color ruggine, che procede a due kilometri
all’ora, incurante del
traffico che sta creando.
«L’ho già detto che ti
amo?»
«Sì. Ne deduco, quindi,
che non mi saboterai più.» sorride, divertito, poi
si ferma in prossimità
dell’atelier dove Giselle ha intenzione di scialacquare i
risparmi di un’intera
esistenza e mi scompiglia i capelli.
«Mi raccomando, Leighton.
Non farla impazzire.»
Annuisco e faccio una
croce sul cuore. Lascio un bacio sulla guancia di Greg e scendo.
«Sono quasi felice che
Giselle ci sia cascata!» gli urlo, un attimo prima che svolti
l’angolo.
Faccio un respiro
profondo, mi ricompongo e raccolgo tutto il coraggio e la faccia tosta
che ho a
disposizione. Non appena varco le soglie dell’atelier,
Giselle mi viene
incontro, con un’espressione a dir poco terrificante e che
minaccia la peggior
morte possibile.
«Sei la peggior damigella
della storia, Leighton.» mi afferra per un braccio e mi
trascina nel retro del
negozio, dove Madame Sophie, la proprietaria del negozio e Martin, uno
dello
staff, si stanno consultando a bassa voce. A giudicare dai loro toni
concitati,
direi che stanno discutendo dell’ultima, entusiasmante
variazione del bianco.
«Scusate il ritardo.»
esordisco, guadagnandomi un’occhiata in tralice da parte dei
due. Giselle si
limita a scuotere la testa con rassegnazione.
«Almeno Niall è arrivato
puntuale.» borbotta.
Stop.
Niall?
Niall è il fratello minore
di Greg. Ha un anno più di me, frequenta il college a Londra
e si fa vedere qui
a Mullingar una volta ogni trent’anni o nelle occasioni
speciali. A quanto ne
so, era assolutamente entusiasta di partecipare al matrimonio del
fratello in
veste di testimone.
«Deve trovare anche lui il
vestito da damigella?» domando, sarcastica.
Sento una risata divertita
provenire da uno dei camerini situati sulla destra della stanza,
dopodiché
Niall fa la sua comparsa.
«Come sto?» chiede,
facendo una piroetta su sé stesso.
«Non so, con quel rosso
sembri una Drag Queen.» commento, con disinvoltura. Giselle
si porta una mano
sulla bocca, per mascherare la risata e la camuffa abilmente con un
colpo di
tosse. Niall, invece, scoppia a ridere e improvvisa una sorta di
balletto orripilante.
Martin e Madame Sophie, invece, sono palesemente oltraggiati, tanto che
boccheggiano alla ricerca di qualcosa da dire. Niall mi si avvicina e
mi
stringe in un abbraccio caloroso. Un po’ perplessa,
contraccambio con
decisamente meno entusiasmo.
«Ti trovo bene, Leighton.»
«Anche io a te. A parte il
vestito, s’intende.» aggiungo. Poi Martin si
riprende e, prima che riesca a
pronunciare un’altra parola, mi afferra per il polso e mi
trascina in un
camerino.
Mi allunga una vestaglia
in morbido cotone bianco e mi ordina di svestirmi.
Il cotone è fresco, sulla
pelle e, quasi quasi, sono tentata di chiedere se posso indossare
questa
vestaglia, al matrimonio. Se solo prendessero le cose un po’
meno sul serio, lo
farei.
Quando esco dal camerino,
Martin e Madame Sophie mi girano intorno. Non c’è
più traccia di Niall –
immagino sia andato a cambiarsi quel vestito orrendo – e
Giselle siede sul
divanetto con aria stanca.
«Non potresti tingere i
capelli, zucchero?» domanda Madame, attorcigliandosi una
ciocca dei miei
capelli intorno al dito.
«Lei potrebbe rifarsi il
naso?» ribatto, sperando di chiudere il discorso il
più in fretta possibile.
Cos’hanno i miei capelli che non và?
«Questo arancione è un
pugno nell’occhio, zucchero.» mormora, affranta.
«Ora glielo tiro io un
pugno nell’occhio, se non la pianta.»
«Leighton!» esclama
Giselle, scandalizzata. Faccio spallucce, perché non mi
interessa minimamente
di compiacere questa coppia di stronzi. Dov’è il
problema, se ho i capelli
arancioni? A me piacciono, non devo mica cambiarli per loro.
«Con questo caratteraccio
che ti ritrovi non ti sposerai mai.»
«Ancora una volta: non
credo siano affari suoi. Ora, se volesse trovarmi un benedetto vestito,
le
sarei eternamente grata.» sbuffo, portandomi una ciocca di
capelli dietro alle
orecchie.
Finalmente, Madame sembra
aver capito che non ho nessuna intenzione di perdere l’intera
mattinata nel suo
raffinatissimo negozio, così spedisce Martin a cercare
diversi modelli di
vestiti, avendo cura di precisare “tutti di taglia 46, mi
raccomando. Zucchero
è un po’ in sovrappeso.” Non che portare
una 46 sia così degradante, ma detto
da lei, che sfiorerà i trecentonovanta chili a stomaco
vuoto, rischia di
diventare ridicolo. Sto per rispondere qualcosa di non troppo simpatico
a proposito
del suo fondoschiena, ma Niall esce di nuovo dal camerino.
E questa volta, vi
assicuro che sembra tutto tranne che una Drag Queen.
«Allora?» domanda, un po’
più imbarazzato di prima.
Sia io che Giselle
annuiamo in contemporanea e ci spertichiamo in complimenti esagerati
– ma
sinceri – che fanno arrossire Niall fino alla radice dei
capelli.
«Direi che è perfetto,
zucchero.»
«Ma non gliel’ha mai detto
nessuno, che questo modo di chiamare i clienti è
irritante?» sussurro in
direzione di Giselle, che alza gli occhi al cielo e, sistematicamente,
mi
ignora. Vedo Niall annuire e sorrido. Ecco, meno male che
c’è qualcun altro che
la pensa come me.
Intanto, è tornato Martin
e trasporta una sottospecie di carrello al quale sono appesi almeno una
ventina
di vestiti diversi. Strabuzzo gli occhi, terrorizzata
all’idea di provare
quella quantità esagerata di roba e guardo Giselle con aria
supplichevole ma,
ancora una volta, non mi considera nemmeno di striscio.
Bene, immagino che questa
sia la sua vendetta per il mio ritardo. Ma non l’ho fatto
apposta, dico
davvero! Non potrei mai preferire Bridget a mia sorella, è
impensabile.
«Io andrei sul blu, o sul
verde scuro.» sostiene Madame Sophie. Ecco, per la prima
volta da quando ha
aperto bocca, ha detto una cosa sensata. Niente male.
Il primo abito che provo è
di un verde sgargiante, ma è troppo corto e mi lascia le
gambe completamente
scoperte. In più, non essendo nemmeno sto gran figurino, non
mi dona affatto.
Mi rifiuto proprio di uscire dal camerino e costringo Martin a passarmi
il
secondo abito.
È color glicine e,
abbinato ai capelli arancioni, è un vero e proprio pugno
nell’occhio. Perciò lo
scarto immediatamente e proclamo che se il terzo non è
quello giusto, mi
presenterò al matrimonio in accappatoio.
Finalmente, Giselle sembra
accantonare l’idea della vendetta e suggerisce quello che
è, a tutti gli
effetti, l’abito più bello che io abbia mai visto.
Lo indosso con l’aiuto di
Martin, che per una volta in vita sua è servito a qualcosa,
e il risultato è
soddisfacente.
Il blu oltremare non
stride affatto né con la mia carnagione pallida,
né con i capelli arancioni. In
più, la gonna è di un tessuto morbido, che scende
dolcemente fino ai
piedi. Mi slancia,
il che è
assolutamente fantastico, ed il corpetto mette in evidenza quel poco
seno che
madre natura mi ha concesso.
«Sei bellissima,
Leighton.» sussurra Giselle, portandosi le mani davanti alla
bocca. Ha gli
occhi lucidi e sembra sul punto di scoppiare in lacrime. Quante storie,
nemmeno
fossi io la sposa.
«Avevi dubbi?» replico,
con un sorriso divertito.
Ciao,
sono Leighton
O’Connell e sono la peggior damigella della storia.
***
Hi,
everybody!
Come
state?
Lo
so, lo so. Vi starete chiedendo perchè cavolo ho pubblicato
una nuova long, quando ne ho già due in corso. E avreste
perfettamente ragione. Però fregatevene, dai.
Allora,
che dire?
Questa
storia è... non lo so, ecco. Credo di averla sognata,
qualche notte fa, così l'ho messa per iscritto. Non credo
che sarà lunghissima. Almeno, non più di una
decina di capitoli. Non lo so, dipende dall'ispirazione.
Okay,
è tutto. Scusate il banner, che fa un pò schifo.
Ancora non sono molto brava :/
Ah,
recensite, per piacere. Anche per dirmi che è una totale
schifezza. Grazie :)
P.s.
Ho fatto Twittah, perciò se vi và followatemi: @FTheOnlyWay
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Capitolo 2 *** Il grande giorno. ***
Capitolo 2
“Il grande
giorno”
Ci siamo. È il grande
giorno. Oggi Giselle si sposa. Dirà di sì ad una
vita all’insegna della
monotonia, di una vita sessuale non più troppo attiva e alla
noia.
Tuttavia, siccome mi sento
piuttosto magnanima, non credo sia il caso di farle notare –
ancora una volta-
quanto sia stupido ciò che sta per fare. In fin dei conti,
ognuno ha un proprio
cervello e se quello di Giselle non funziona troppo bene non
è di certo colpa
mia, no? Né ho il dovere di farle capire come la penso.
Dopotutto, è solo una
mia idea.
Do un’occhiata
all’orologio: segna appena le cinque e quarantacinque, ma
sono certa che tra
meno di tredici secondi, mia madre si presenterà in camera,
aprirà le finestre
e mi leverà le coperte di dosso. La scusa è che
devo prepararmi, il vero motivo
è che vuole fare colazione ed ha bisogno di qualcuno che le
prepari un buon
caffè.
Come previsto, non appena
scattano le cinque e quarantasei, mamma entra in camera, premurandosi di
fare
quanto più casino le riesca e spalanca le finestre.
«Buongiorno mamma. Hai
dormito bene? Io sì, fino a quando non hai deciso di rompere le
scatole.»
celio, arrotolandomi nelle lenzuola per evitare che me le strappi di
dosso. Poi
le sorrido sorniona e aspetto che mi supplichi di prepararle il
caffè.
«Oggi tua sorella si
sposa…» comincia, arrotolandosi una ciocca di
capelli corvini tra le dita.
«Davvero? Grazie per
avermelo ricordato. E scommetto che, per un’occasione
speciale come questa, ci
vorrebbe proprio un buon caffè, giusto?» propongo,
ormai rassegnata all’idea di
alzarmi dalla mia comoda postazione e trascinarmi in cucina.
«Dieci punti per la
perspicacia. Ci pensi tu al caffè, allora? Grazie,
tesoro.» cinguetta, prima di
lasciarmi un bacio sulla guancia e dileguarsi.
Ah, quanto mi piace la mia
famiglia!
Comunque, faccio passare
qualche altro minuto, il tanto necessario a connettere nuovamente tutte
le
sinapsi e tornare in grado di formulare un discorso di senso compiuto,
poi mi
alzo.
A piedi nudi, mi trascino
in cucina, dove trovo una Giselle palesemente in panico.
«Belle occhiaie.»
ridacchio, mentre cerco il barattolo con il caffè. Giselle
mugugna qualcosa di
incomprensibile, poi mi tira un calcio sullo stinco.
«Non fare la stronza, Leighton.
Non ho chiuso occhi per tutta la notte.»
«D’accordo, scusami. Posso
fare qualcosa per aiutarti?»
«Sì, dimmi che hai
preparato il discorso.» mi supplica, con gli occhi azzurri
scintillanti di
aspettativa.
Discorso? Che discorso?
Oh, merda. Quel discorso.
«Certo,
Giselle. Non preoccuparti.» sostengo, sforzandomi di
risultare il più
convincente possibile. Giselle sembra cascarci, visto che mi sorride
grata e si
rilassa un po’ di più sulla sedia. Quando il
caffè è pronto, ne verso tre tazze
abbondanti, chiamo mamma e svuoto la mia in un paio di sorsi,
dopodiché mi
scuso e me ne torno in camera.
Una
volta sola, mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Non ho nessunissimo
discorso. Cosa dovrei dire? Non sono brava con le parole e la maggior
parte
delle volte và a finire che combino un disastro dopo
l’altro. E se lo faccio
anche oggi, Giselle mi ucciderà. Statene certi.
Poi,
l’illuminazione. Ecco, ora so perfettamente cosa dire. Ed è anche
probabile che ne uscirò incolume.
I
preparativi procedono in fretta, tra urla isteriche, qualche pianto e
qualche
risata. Be’, a ridere sono soprattutto io, visto che mamma
sembra sull’orlo di
un esaurimento nervoso, mentre Giselle ha la lacrima talmente facile
che il
truccatore – il migliore che siamo riuscite a trovare
– deve interrompere il
suo lavoro ogni dieci secondi per evitare che coli tutto quanto.
Non
faccio altro che girare avanti e indietro, con le cuffie
dell’iPod nelle
orecchie e la musica a tutto volume, fino a che mamma e Sonia, la
parrucchiera,
mi afferrano e mi trascinano su una sedia in cucina.
Dopodiché, Sonia inizia a
girarmi intorno, brandendo spazzola e piastra come se fossero armi
pericolose.
E, in mano a lei, probabilmente lo sono davvero.
Dopo
quasi un’ora, i miei capelli sono perfettamente acconciati e
raccolti in una
treccia elaborata e sofisticata che si arrotola sopra il capo. Qualche
ciuffo,
arricciato ad arte, incornicia il mio viso. Storco un po’ il
naso, perché non
mi ci vedo molto, in queste vesti tanto eleganti, ma lascio stare,
perché non è
il mio matrimonio e Giselle merita che io faccia la brava, almeno per
oggi.
Per
il trucco, invece, mi butto letteralmente tra le mani di Patrick, che
è
obiettivamente fenomenale.
«Hai
un viso meraviglioso…» mormora, afferrando il
mento e facendomi girare il volto
prima a destra, poi a sinistra. Arrossisco un po’, poi alzo
gli occhi al cielo.
«Sì,
sai, due occhi, un naso, bocca e sopracciglia possono fare
miracoli.» ribatto,
facendolo ridacchiare.
Patrick
afferra un pennello per fondotinta – quanto lo vorrei anche
io, quel pennello –
e inizia a truccarmi con destrezza. Un po’ di fard, una lunga
linea di
eye-liner blu elettrico e ciglia arcuate e scure. Risultato niente
male, lo ammetto.
Finalmente,
siamo tutte pronte. Mamma è splendida, io quasi e Giselle
è semplicemente
meravigliosa, avvolta in quell’abito color avorio. Ora
capisco perché ama tanto
i matrimoni: darei l’anima per indossare un vestito del
genere.
«E
se Greg avesse cambiato idea?» sbotta, mentre saliamo in
macchina. Alzo gli
occhi al cielo, consapevole che, prima o poi, l’attacco di
panico l’avrebbe
colpita.
«Figurati.
Chi altro vuoi che se lo pigli?»
Complimenti,
Leighton, tu sì che sai come consolare una quasi-sposa in crisi.
«E
poi, sei talmente bella che non può cambiare
idea.» aggiungo, tanto per
sembrare meno stupida di quanto non sia in realtà. Poi,
siccome voglio proprio
essere certa di aver ragione, decido che non appena arriveremo in
chiesa,
raggiungerò Greg per averne la conferma.
Così,
una volta lasciata Giselle nelle abili mani di mamma, mi scuso e mi
dirigo
verso la casa parrocchiale, dove Greg e Niall aspettano il via libera.
Incespicando sui tacchi maledettamente alti, raggiungo la fine del
corridoio e
busso con energia all’ultima porta.
Ad
aprirla, non è Greg, ma un ragazzo che non credo di aver mai
visto. Mi lancia
uno sguardo un po’ malizioso, prima di farsi da parte e
lasciarmi entrare.
Niall è seduto sul tavolo ed è alle prese con il
nodo della cravatta. Idem Greg,
che si guarda allo specchio con un’espressione
così concentrata che scoppio a
ridere immediatamente.
«Faccio
io.»
Gli
sollevo il colletto della camicia, poi annodo con calma la cravatta,
fino a che
non è perfetta. Greg mi sorride grato, poi finalmente sembra
rendersi conto che
non dovrei trovarmi nella sua stessa stanza, ma che dovrei essere da
mia
sorella.
«Giselle
sta bene?» chiede. Annuisco, intanto afferro Niall per la
collottola e aggiusto
anche la sua cravatta. Il ragazzo di cui non conosco il nome ridacchia,
e
riempie un calice con dello spumante.
«Gradisci
qualcosa?» domanda.
«Sì.
Gradirei che non ti ubriacassi prima di entrare in chiesa,
grazie.» ribatto,
levandogli il calice di mano e bevendo il contenuto tutto
d’un sorso. Niall
alza gli occhi al cielo e Greg ride.
«Harry,
lei è Leighton, la sorella minore di Giselle.» mi
presenta, posandomi una mano
sulla spalla con fare protettivo. Oh, ma com’è
carino. Se non lo sposa Giselle
giuro che lo faccio io.
«Cosa
ci fai qui, comunque?» domanda poi, un po’ curioso.
«Già,
non dovresti seguire Giselle?» aggiunge Niall.
Grazie,
genio. Lo so anche io che dovrei stare con mia sorella, ma prima devo
accertarmi di una cosa.
«Senti,
Greg. Lo so che ami Giselle e blablabla,
ma se ti azzardi a farle del male, giuro che te la faccio
pagare.» minaccio.
Greg deglutisce, perché sa che le mie non sono mai parole
campate per aria. Non
permetterò che qualcuno faccia soffrire Giselle come mio
padre ha fatto
soffrire mia madre. Perciò è bene che Greg sappia
cosa lo aspetta, in caso gli
venisse in mente di fare il bastardo.
«Giselle
è tutta la mia vita, Leighton.»
«Bene.»
Detto
questo, gli sorrido ed esco dalla stanza, sentendomi gli sguardi di
tutti
quanti addosso.
Mi
sono tolta un gran peso di dosso, almeno. Sono certa che Greg sia
quello giusto
per Giselle. Lo so, è strano che io – che sono
più piccola – provi a difendere
mia sorella maggiore, ma Giselle è così ingenua,
certe volte, che sembra abbia
tredici anni anziché ventisette.
«Ehi,
aspetta un attimo!»
Niall
mi afferra per un braccio e mi costringe a fermarmi. Guardo per un
attimo la
sua mano, poi guardo lui. Se non mi molla entro quindici secondi,
potrei
conficcargli il tacco nel piede. Sembra aver colto il messaggio, visto
che mi
lascia e si posiziona in modo da impedirmi il passaggio. A fianco a lui
c’è
Harry, che mi guarda con un’espressione indecifrabile che mi
fa venire voglia
di tirargli un pugno.
«Cosa
vuoi?» domando, seccata. Si sta facendo tardi e devo andare
da Giselle.
«Non
ti sembra di avere esagerato?» chiede, passandosi una mano
tra i capelli biondi
e scompigliati. Inarco un sopracciglio.
«Non
direi.»
«Io
invece direi di sì.»
«Tuo
fratello mi piace, Niall. E anche tu mi stai piuttosto simpatico, in
realtà. Ma
se farà soffrire Giselle, gli renderò la vita un
inferno. » replico,
tranquilla.
«Dai
per scontato che la lascerà.» si intromette Harry,
puntandomi gli occhi
addosso. Chissà perché, non riesco a sostenere il
suo sguardo e punto il mio
per terra. Ha maledettamente ragione, però. Non è
colpa mia, se non credo che
due persone possano stare insieme per sempre: non è che
abbia avuto chissà
quali grandi esempi. Quando avevo sette anni ho visto mia madre
piangere
disperata perché l’unico uomo che avesse mai amato
l’aveva lasciata da un
giorno all’altro. Come potrei credere che il matrimonio sia
per sempre?
«Non
è vero. Ora devo andare.» sibilo, sfuggendo allo
sguardo di entrambi. Colgo
l’occhiata palesemente incuriosita di Harry, poi
più niente.
Non
ho mica voglia di mettermi a discutere sul perché
ucciderò Greg.
Quando
torno da Giselle, è evidente che si trova nel panico
più totale. Ora, oltre a
mia madre, ci sono anche Bridget e Janine, sua madre.
Bridget
lancia un urletto stridulo che mi costringe a tapparmi le orecchie, poi
mi si
lancia addosso e mi abbraccia con gioia.
«Sei
così figa!» urla, afferrandomi una mano e
obbligandomi a fare una giravolta.
Ridacchio, poi mi complimento per il suo abito rosso fuoco, che
è decisamente
corto ma non troppo, rispetto al suo standard.
«Senti
chi parla. Anche se hai le ovaie al coperto, oggi, sei fantastica. Ma
come
fai?» le chiedo, divertita. In realtà, sono
contenta che ci sia anche Bridget.
D’accordo, non sarà una cima, ma a modo suo
è una buona amica.
Mi
volto vero Giselle, che si sta allisciando con evidente nervoso il
tessuto
avorio dell’abito. La abbraccio.
«Greg
non scapperà, Giselle.» le mormoro,
all’orecchio. La sento rilassarsi, poi
ridacchia.
«L’hai
minacciato?» chiede, suo malgrado divertita.
«Io? Ma cosa ti salta in
mente?» mi fingo
scandalizzata.
«Come
farei senza di te…» sospira. Le schiocco un bacio
sulla guancia, poi torno al
fianco di Bridget, che mi circonda le spalle con un braccio.
«Ho
visto gli amici del testimone. Davvero niente male.» si lecca
le labbra e
ammicca. Alzo gli occhi al cielo, perché è un
comportamento così da lei che
ormai non mi stupisco nemmeno più.
«E
indovina un po’? Siamo al loro stesso tavolo!»
esulta.
Mi
schiaffo una mano sulla fronte, indecisa se disertare il matrimonio e
nascondermi
da qualche parte nel lontano Tibet, oppure strangolare Harry prima che
mi
pianti di nuovo addosso quegli occhi verdi che mi fanno sentire come
una
bambina di tre anni.
In
più, come se non bastasse, mi sono anche dimenticata che il
padre accompagna la
sposa all’altare, perciò ecco che mio padre fa il
suo trionfale ingresso nella
stanza.
Improvvisamente,
cala il gelo: tutti sanno che quando c’è lui, io
me la filo. Non sono mai
riuscita a perdonarlo davvero, per aver lasciato mamma. È da
allora che lo evito.
Senza
nemmeno guardarlo in faccia, esco dalla stanza. Fortuna che la
cerimonia
comincerà a minuti. Non ho proprio voglia di sentire che mi
ripete le stesse,
solite cose.
“Potremmo
parlare un po’” o “Mi dispiace che tu non
riesca a perdonarmi” o “Se hai
bisogno ci sarò sempre”. D’accordo,
sarò pure stronza, e tutto quello che vi
pare, ma non posso farci niente. Forse, quando sarò
più grande e un po’ più
intelligente riuscirò a non detestarlo per quello che mi ha
fatto.
La
marcia nuziale risuona per tutta la chiesa, e Giselle e papà
fanno il loro
ingresso.
Giselle,
col volto coperto dal velo, è semplicemente raggiante. Mi
sembra di vedere le
sue mani che tremano, mentre stringe il bouquet con forza.
Papà la tiene
sottobraccio, e sorride. Io cammino dietro di loro, con lo sguardo
basso e la
mente altrove.
Mamma
piange di già, e stringe tra le mani un fazzoletto bianco e
stropicciato.
Janine e Bridget hanno gli occhi lucidi, ma è Greg, quello
che mi colpisce di
più: guarda Giselle come se fosse la donna più
bella del mondo, quasi incredulo
di essere l’uomo fortunato che l’avrà al
suo fianco per tutta la vita.
Niall
mi sorride, incoraggiante – credo abbia scambiato la mia
riluttanza per
imbarazzo – ed Harry, seduto accanto a lui, mi fissa. Non
solo, ma sembra
proprio che stia cercando di capire cosa mi passi per la testa.
Dopo
aver baciato Giselle sulla guancia, papà si siede sulla
panca accanto a mamma,
non prima di avermi scoccato una lunga, penetrante occhiata. Come
sempre,
distolgo lo sguardo.
Mi
siedo anche io, accanto alla seconda testimone di Giselle, Sarah. Ci
sorridiamo
cordialmente, per una volta mettendo da parte la piccola antipatia che
c’è tra
di noi. Non so perché non mi sopporta, davvero. Non ho mai
fatto niente per
darle fastidio. E poi ha trent’anni, non mi interessa nemmeno
entrare in
competizione con lei.
«Vuoi
tu, Greg Horan, prendere la qui presente Giselle Marie
O’Connell come tua
legittima sposa, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in
malattia,
in ricchezza e in povertà, finché morte non vi
separi?»
A
favore di Greg, c’è da dire che non appare
minimamente titubante, quando
pronuncia il fatidico “Sì, lo voglio.” Anzi, nei
suoi occhi c’è tutto l’amore
del mondo. Lo stesso vale per Giselle, che con la voce rotta per
l’emozione
sussurra un flebile “Sì, lo voglio.” che mi fa
commuovere come una bambina.
«Per
il potere conferitomi dalla Chiesa, vi dichiaro marito e moglie. Puoi
baciare
la sposa.» afferma infine il parroco, con un sorriso. E,
quando Greg si abbassa
per baciare Giselle, capisco finalmente che non le farà mai
del male.
Sorrido
in direzione di Niall, che è commosso anche se cerca di non
darlo a vedere. E
poi, ancora una volta, colgo lo sguardo di Harry. Mima con le labbra
qualcosa
che sembra spaventosamente simile ad un “Bugiarda”
e mi fa un occhiolino che ha
lo strano effetto di farmi contorcere le viscere. Ma non come se mi
sentissi
male.
È
una sensazione strana.
In
ogni caso, mi costringo ad ignorarlo. Non vedo l’ora che ci
sia il lancio del
riso: spero di colpire Greg in un occhio.
***
Nuovo capitolo! Ce
l'avevo lì, e mi supplicava di postarlo u.u
Quindi eccolo qui.
Spero che vi sia piaciuto, davvero.
E recensite ^^
Nel frattempo,
grazie a alessgirl89 e _Whatshername_ per aver recensito lo scorso
capitolo! Grazie mille <3
Con affetto,
Fede. <3
|
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Capitolo 3 *** Discorsi, lanci e balli. ***
Capitolo
3
“Discorsi,
lanci e balli”
Il
tintinnio della posata sul calice di cristallo mi distoglie
dall’intensa
conversazione con Bridget a proposito di Louis, uno degli amici di
Niall
presenti alla cerimonia. Louis è carino – anzi,
bello – ha degli occhi
incredibilmente azzurri e la battuta sempre pronta. E non ha fatto
alcun
complimento a Bridget, che se l’è segnata al dito.
Insomma, tutti quanti hanno
notato quanto è fantastica, perché Louis non
l’ha espresso ad alta voce?
Perciò
le faccio cenno di tacere, mentre Greg e Giselle, mano nella mano,
salgono sul
piccolo palchetto allestito alla fine dell’enorme sala da
pranzo e si
impossessano del microfono.
«Grazie
a tutti di essere qui.» inizia Giselle «Ci sono
davvero tante persone, che
dovrei ringraziare, ma ce n’è una in particolare:
mia sorella Leighton, che mi
ha supportato e sopportato
in quest’ultimo periodo che non è stato affatto
semplice. E poi, guardatela, oggi è così
stupendamente bella che… niente, ti
voglio bene, sorellina. Ora, che ne dici di salire qui su?»
conclude, con le
lacrime agli occhi.
Tutti
i presenti cominciano ad applaudire, Bridget e Niall fischiano, urlando
qualche
incoraggiamento. «Forza, tesoro. Muovi quel bel culo che ti
ritrovi.» mi intima
Bridget. Dopo averle scoccato un’occhiata raggelante, prendo
un respiro
profondo e mi alzo.
Raggiungo
Giselle e Greg sul palco e abbraccio entrambi. Dal tavolo, parte un
coro:
“Discorso, discorso, discorso!” riconosco la voce
di Bridget – tanto per
cambiare – e quella di Niall, Louis ed Harry. Zayn e Liam,
gli altri due amici
di Niall, si limitano a battere le mani.
Ed
io che credevo di potermi salvare da questo momento.
«Ehm…»
mi schiarisco la voce, intanto i due novelli sposi tornano a sedersi,
abbandonandomi alla mercé di tutta questa gente che mi
fissa. Panico, panico,
panico.
«Giselle,
stamattina ti ho detto che il mio discorso era pronto. Be’,
mentivo, ma mi
serviva un modo per distrarti. Sapete, sembrava le stessero partendo le
coronarie.» qualcuno ride, Giselle mi guarda male.
«Ho
pensato molto a quello che avrei potuto dire. Insomma, ci sarebbero un
sacco di
cose. Che ne so, che tu e Greg siete perfetti per stare insieme, che
oggi sei
una gran fi-» mia madre tossisce in maniera eloquente
«cioè, che sei
bellissima e che Greg è un uomo fortunato. Ma sono
cose che già si sanno, no? Che sei figa lo vedrebbe anche un
cieco – scusa,
mamma – non c’è bisogno che lo dica io,
che Greg è fortunato si sa: chi altro
se lo sposerebbe, se non tu? A dire la verità, ho anche
pensato di sabotare il
matrimonio, poi però ho visto il tuo vestito ed ho deciso
che dovevi sposarti
assolutamente, perché non avrai più
l’occasione di indossare una cosa del
genere. Chi lo sa, magari tra qualche anno sarai un po’ fuori
forma e non
potresti più metterlo. Comunque – sì, lo so. Ho
finito, un attimo di pazienza –
sono davvero felice che Greg ti porti via di casa, perché mi
serviva davvero un
po’ più di spazio. Quindi,
congratulazioni!» termino, sollevando il calice con
lo spumante.
«Un’ultima
cosa: Greg, se la fai soffrire ti ammazzo. A Greg e Giselle!»
brindo, bevendo
un lungo sorso dal bicchiere. Per fortuna, Giselle non sembra per
niente
offesa, anzi, sta ridendo con le lacrime agli occhi e mamma –
che in genere è
più predisposta alla sobrietà – si
lascia scappare un sorriso. Quando torno al
tavolo, Bridget si sta letteralmente scompisciando dal ridere e solleva
una
mano per battermi il cinque. Niall mi passa un braccio intorno alle
spalle.
«Geniale.
In assoluto il discorso migliore che abbia mai sentito.» si
complimenta.
Ridacchio, prima di sospirare. Wow, non mi ero neanche accorta di aver
trattenuto il fiato.
«Molto
d’effetto, la minaccia di morte.» si aggiunge
Harry. Lo guardo per un momento,
poi mi ricordo che mi ha dato della bugiarda e mi incavolo,
perché non ha
nessun diritto di giudicarmi, visto che non mi conosce affatto.
«Mi
hai dato della bugiarda.» ringhio, consapevole di aver
attirato gli sguardi di
tutti buona parte dei presenti al nostro tavolo. Anche Zayn e Liam, che
sembravano piuttosto annoiati, si riscuotono e prestano attenzione.
«Già.»
rivela Harry, con una non-chalance incredibile. Poi sorride e sul suo
volto
compaiono due fossette dannatamente sexy. Santo cielo,
perché dev’essere così
bello?
Non
pensarci, Leighton!, mi impongo.
Apro
bocca per rivolgergli una sequela non proprio delicata di insulti,
quando
Giselle afferma che è giunto il momento del lancio del
bouquet e del ballo.
«Tutte
le signorine qui!» esclama, indicando lo spiazzo vuoto
davanti a sé. Bridget si
alza all’istante e si posiziona in prima fila. Spicca
incredibilmente, con quel
vestito rosso, ed è davvero bella, paragonata, per esempio,
a Sarah. Perciò mi
volto dall’altra parte, facendo finta di mangiare qualcosa.
Odio il lancio del
bouquet.
«Anche
tu, Leighton.» mi richiama Giselle. Harry ridacchia,
facendomi tornare la
voglia di tirargli un pugno su quella cavolo di faccia che si ritrova.
«Ma
io non sono una signorina!» replico, rivolgendole uno sguardo
di supplica.
«Muoviti.
O dirò a tutti di quella volta che…»
«Arrivo,
arrivo! Pronta per il lancio!» esclamo, non proprio
entusiasta. Raggiungo Bridget,
che sta ridacchiando e si sta sciogliendo i muscoli. Ma che fa? Forse
dovrei
ricordarle che non siamo ad una partita di football.
Giselle
ci volta le spalle, afferra il bouquet con entrambe le mani e lo tira
all’indietro. Io mi volto dall’altra parte, non
voglio nemmeno vedere dove
cavolo andrà a finire o chi cavolo lo prenderà.
Poi, qualcosa si schianta sul
mio petto e mi ricade tra le mani.
Indovinate
un po’? Esatto, proprio il bouquet.
«Che
invidia.» borbotta Bridget.
«Bene,
sorellina. A quanto pare sarai la prossima!» non riesco a
capire se Giselle
dica sul serio, perché vengo immediatamente travolta da
alcune amiche di mamma,
che vogliono sapere tutto – e intendo proprio tutto
– sulla mia vita
sentimentale. Ma quale vita sentimentale? Pensavo fosse abbastanza
chiaro che i
sentimenti sono del tutto fuori dalla mia testa. Non voglio finire col
cuore
spezzato come mamma.
«Allora,
come si chiama il fortunato?» domanda una donna che credo si
chiami Chloe.
«Non
esiste nessun fortunato.» borbotto, scontrosa. E dai,
lasciatemi stare!
Inaspettatamente, Harry interviene in mio aiuto.
«Scusate,
signore.» sorride brevemente in direzione di Chloe e delle
comari e mi afferra
delicatamente per mano.
«Posso
avere l’onore di questo ballo?» domanda, ammiccante
e con quella voce così roca
da farmi risalire i brividi lungo la spina dorsale.
«Mi
sa tanto che qui la fortunata è lei.» ridacchia
una delle signore, prima di
allontanarsi e lasciare me ed Harry da soli. Intanto, Giselle e Greg
hanno
aperto le danze, sulle note di un lento che non riconosco, ma che
sicuramente
non sono in grado di ballare.
Vedo
Bridget ballare stretta a Niall, mentre Louis, seduto ancora al tavolo,
la
guarda con espressione un po’ torva. Ahi, mi sa tanto che qui
gatta ci cova.
Mi
accorgo che Harry è ancora in attesa di una risposta,
così scuoto la testa
negativamente e tolgo la mia mano dalla sua.
«Un
rifiuto non era in programma.» mormora.
«Be’,
allora sarà il caso che ti cerchi qualcun’altra
che dica di sì.» ribatto,
facendo un passo indietro. Prima che riesca a compiere anche il
secondo, la sua
mano sinistra si appoggia con delicatezza sulla mia schiena –
né troppo in alto,
né troppo in basso – e mi costringe ad
avvicinarmi. Dopodiché, con la mano
destra afferra la mia sinistra e fa un passo in avanti.
«Andiamo,
non vuoi neanche sapere perché penso che tu sia una
bugiarda?» chiede,
spostandosi di lato. Seguo i suoi movimenti in automatico, senza
neanche
pensarci, e poso la mano sulla sua spalla.
«Sinceramente?
No.»
Ride,
e ancora una volta sulla sua faccia compaiono quelle cavolo di fossette
malefiche. Ma perché Niall ha degli amici così
carini?
«D’accordo.
Te lo dirò un’altra volta.» afferma,
facendomi fare un giravolta per poi
riavvicinarmi a sé. Per un attimo, osservo la sua mano
allacciata alla mia e mi
fa un effetto parecchio strano: la mia mano è
così piccola, rispetto alla sua.
E poi ha una presa morbida, ma decisa.
«Cosa
ti fa pensare che ci sarà una prossima volta?»
domando, con un sorriso
supponente stampato in faccia. Harry alza le spalle, poi sorride di
nuovo.
«Resto
a Mullingar per un paio di settimane.» comunica.
«Mullingar
è grande. Non è detto che ci incontreremo di
nuovo» ribatto. Intanto, una
spallata poco delicata da parte di Bridget, mi ha fatto perdere
l’equilibrio.
Il risultato è che mi ritrovo praticamente avvinghiata ad
Harry. Nonostante i
tacchi, gli arrivo a malapena al viso, così mi ritrovo con
gli occhi puntati
sulle sue labbra.
Arrossisco
furiosamente, facendolo ridere, poi mi ricompongo e mi allontano un
po’.
«La
ucciderò così violentemente che
desidererà non essere mai nata.» brontolo, tra
me e me.
«Sei
sempre così crudele?»
«Sì.»
restiamo in silenzio per qualche altro secondo, poi la canzone termina.
Subito,
però, ne riparte un’altra ed Harry non sembra per
niente intenzionato a
lasciarmi andare. Sospiro, rassegnata all’idea che
probabilmente questo riccio
con le fossette sia sceso sulla terra per darmi il tormento.
«Sentiamo,
allora, perché sarei una bugiarda?»
«Hai
paura che Giselle soffra. E non vuoi ammetterlo.»
«Non
ti conosco neanche, perché ti dovrei parlare di quello che
mi passa per la
testa?» gli chiedo allora, cercando di fargli capire che non
sono affatto
propensa a rivelare i fatti i miei ad un perfetto estraneo.
«Perché
sono bellissimo, simpatico e un ottimo ballerino?» propone,
in un riuscito
tentativo di smorzare la tensione.
«Avrei
da ridire sul bellissimo e sul simpatico. Però te la cavi
abbastanza bene, come
ballerino.» gli concedo, con un sorriso un po’
più rilassato. Mi sento così
strana, tra le braccia di Harry. Pur non conoscendolo, ha qualcosa di
familiare. O più probabilmente è il suo modo di
fare, che mi fa questo effetto.
È come se sapesse esattamente come prendermi.
«Tu
sei proprio negata, invece.»
«Lo
so.»
Sprofondo
nell’imbarazzo più totale, nonostante in genere mi
vanti di essere piuttosto
spigliata, nelle interazioni con l’altro sesso. Harry,
però, mi mette un po’ in
soggezione. Soprattutto quando mi guarda in questo modo.
«Raccontami
un po’ di te.» dice.
Scuoto
la testa, perché non saprei proprio che cosa dirgli.
Insomma, cosa c’è da
sapere, su di me? Sono una ragazza normale, con un caratteraccio e con
una
migliore amica un po’ facile. Nessun fidanzato, nessuna
storia degna di essere
chiamata tale, nessun animale domestico e una passione fuori dal comune
per i
libri. Tutto qui.
Cosa
potrei mai raccontare, ad uno come Harry? Sembra così
perfetto…
«Perché
no?» domanda allora, conducendomi verso il nostro tavolo. Il
momento dei balli
è finito e tra poco ci sarà il taglio della
torta. Mi scosta la sedia e la
accompagna elegantemente, mentre mi siedo. Per un attimo rimango
frastornata da
tutta questa cavalleria, poi penso che si tratti di una tattica per
fare colpo
e, con un po’ di nervosismo, mi rendo conto che fa colpo sul
serio. Soprattutto
quando, come me, si è abituati ad avere a che fare con
ragazzi che fanno la
gara a chi è più stupido.
«Grazie.
Perché non c’è niente da dire, su di
me. Sono una ragazza comune, ne trovi a
centinaia.» rispondo infine. Lo so che potrebbe sembrare un
discorso triste e
magari un po’ deprimente, ma non c’è
niente di male nell’avere una vita
normale, no?
Be’,
cosa vi aspettavate, una specie di supereroina dal cuore
d’oro? No. Non sono
niente di tutto ciò.
«E
tu invece?»
Mi
rendo conto che il mio proposito di tenerlo il più lontano
possibile da me è
sparito nel momento esatto in cui l’ho formulato.
È
complicato pensare di stare lontana da Harry, sebbene lo conosca da
nemmeno
mezza giornata. Ha un modo di fare ammaliante: potrei stare ore, a
sentirlo
parlare.
«Io?
Studio legge al King’s College, ma sono appena al secondo
anno.»
«Wow.
So che è parecchio difficile entrarci…»
commento, impressionata. Il King’s
College London è una delle università
più importanti dell’intera Europa.
Sul
volto di Harry compare un sorriso orgoglioso.
«Be’,
sì. Non è stato semplice, in effetti.»
Bridget
mi si siede affianco e picchietta sul mio braccio alla ricerca di
attenzione.
Sorrido in segno di scuse ad Harry, poi mi volto verso di lei.
«Sai,
pare che tu ed Harry siate quotati come futuri fidanzati.»
cinguetta, con quel
tono allegro che certe volte detesto.
«Cosa?»
sgrano gli occhi, incredula. Accanto a me, Harry ridacchia. Lo guardo
con
espressione torva, poi gli rifilo una gomitata nello stomaco.
«Già.
Pare che Chloe abbia notato che tu non gli hai levato gli occhi di
dosso per
tutta la cerimonia.» afferma, con una non-chalance
incredibile. Arrossisco
violentemente, in imbarazzo.
«Non
è affatto vero!» protesto poi. Insomma,
è una cavolata. Io non ho affatto
fissato Harry. Cioè, l’avrò guardato
una o due volte, magari tre, ma solo
perché mi sta antipatico.
«Bugiarda.»
ride Harry, gettando la testa in avanti e scompigliandosi i ricci con
le mani.
«Mi hai guardato un sacco di volte.» conferma.
Non
arrossire, Leighton. Non. Arrossire., mi impongo.
«Be’.»
si intromette Bridget «Se te ne sei accorto è
perché la stavi guardando anche
tu.» celia, divertita. È il turno di Harry di
arrossire, così sghignazzo
divertita. Almeno impara a fare il pallone gonfiato.
«Se
fossi un uomo non la guarderesti anche tu?» risponde poi,
scoccandomi una lunga
occhiata penetrante. I miei propositi di non arrossire vanno
decisamente a
farsi fottere.
Bridget
annuisce e mi osserva con attenzione. «Te l’ho
detto, io, che sei una gran
gnocca.»
«PIANTALA!»
urlo, imbarazzata e molto vicino a sprofondare nell’abisso
della vergogna.
«Non
ha mai saputo accettare i complimenti.» borbotta,
infastidita. Poi si accorge
che Louis la sta fissando e ammutolisce.
Mi
sa proprio che qualcuno, qui, è rimasto folgorato dal
ragazzo con le bretelle.
Harry,
nel frattempo, si è girato a parlare con Liam. Per fortuna,
perché non
sopportavo più di sentire i suoi occhi addosso.
***
Ehm, ciao.
Ecco il terzo
capitolo, spero che vi piaccia e che non sia una totale schifezza.
Questa cosa del matrimonio mi ha preso alla testa u.u
Cooomunque, ringrazio
di cuore le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Grazie
grazie grazie, vi adoro <3
Con affetto,
Fede ^^
P.s. Per chi volesse,
su Twitter sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 4 *** Un pò di colore, please. ***
Capitolo
4
“Un
po’ di colore, please.”
Ieri
Giselle è partita per la luna di miele. Lei e Greg se ne
vanno a New York per
tre settimane. Che culo, vero? Io e Niall, di comune accordo, abbiamo
deciso di
prenderci il compito di sistemare la casa affinché sia
pronta al loro ritorno.
Perciò,
questa mattina mi sono svegliata più o meno presto
– le dieci può essere
considerato “presto”, no? – e mi sono
incamminata verso casa O’Connell-Horan,
che dista solo due isolati da casa mia.
C’è
fresco, questa mattina, e sembra anche che voglia mettersi a piovere.
Ottimo,
almeno sono certa che non morirò di caldo mentre ci diamo da
fare.
Bridget
ha declinato l’invito, adducendo una scusa tanto stupida come
“devo fare la
ceretta dall’estetista.” Andiamo, non
avrà davvero creduto che ci sarei
cascata? Lo so che deve vedersi con Louis.
La
sera stessa del matrimonio, lei lo ha invitato ad uscire.
Lei! Bridget! Che invita
un ragazzo!
Non è mai successa una cosa del genere, da quando
la conosco. Insomma, di solito gli uomini le gravitano intorno come le
api col
miele. Tutti tranne Louis, che non si è dimostrato per
niente interessato a
lei. Così, non potendo accettare una simile mancanza di
attenzione, Bridget ha
provveduto.
La
casa di Giselle e Greg è una deliziosa villetta a schiera,
con le pareti
bianche e il tetto grigio antracite. Prima di raggiungere il portico,
c’è un
piccolo vialetto, circondato da un po’ di prato verde e da
qualche fiore.
Cammino
con calma, incurante di essere in ritardo e, soprattutto, fregandomene
altamente di essere l’unica in possesso delle chiavi.
Perciò Niall mi scocca
un’occhiata in tralice – molto in tralice, credo
che voglia uccidermi – e si
alza dal gradino sopra il quale si era stravaccato in compagnia di
– indovinate
un po’? Esatto, proprio lui – Harry. Ma dico, io,
non poteva starsene a casa a
studiare legge o quel cavolo che gli pare? No, lui deve venire qui a
piantarmi
quegli occhi addosso. Odio i suoi occhi.
«Eravamo
d’accordo che ci saremmo visti di mattina presto!»
protesta Niall. Inarco un
sopracciglio e do un’occhiata allo schermo del telefono, che
segna appena le
undici e trentacinque.
«È
mattina presto.» ribatto, tranquilla. Poi mi faccio strada
tra lui ed Harry,
senza guardare quest’ultimo neanche di striscio, ed infilo la
chiave nella
toppa.
Harry
tossicchia.
«Problemi?»
domando, con tutta la freddezza di cui sono a disposizione.
«Non
si usa salutare, a Mullingar?»
Ridacchio.
«Sono per metà italiana.»
Niall
ride, mi dà una leggera spinta sulla spalla e mi costringe
ad entrare.
Immediatamente, risulta evidente che questa casa ha bisogno di una
bella
riverniciata. Chi mai sceglierebbe il grigio per tutte le pareti? Io
no.
Perciò
faccio rapidamente un giro di tutte le stanze, osservando con scrupolo
i mobili
e il poco arredamento presente.
I
ragazzi mi seguono in silenzio. E rimangono zitti fino a che la voce
squillante
di Bridget irrompe dall’ingresso.
«Leighton!
Sei qui?» urla.
«In
cucina.» le rispondo, un po’ infastidita. Insomma,
non aveva mica detto che non
poteva venire?
«E
dove minchia è?»
«Hai
l’orientamento di un piccione in calore, Bridget.»
ribatto.
«Potremmo
seguire la voce.» propone qualcuno. Louis. Ecco cosa ci fa,
qui. Il suo
principe azzurro con i pantaloni a mezz’asta e le bretelle
deve averla
convinta.
«Ma
certo! Sei un genio, Lou.»
Harry,
seduto al tavolo della cucina, ridacchia, mentre sfoglia il mio
campionario di
colori. Be’, che c’è? Questa casa ha
bisogno di molto, molto colore. E i colori
sono tanti ed io voglio vederli tutti. Voglio che Giselle abiti in una
casa
colorata.
«Eccovi.
Finalmente.» mormora Bridget. Mi corre incontro e mi
abbraccia stretto. Se non
la conoscessi, direi che mi vuole stritolare. Fortunatamente, si stacca
un
attimo prima che io diventi cianotica e mi rivolge un sorriso radioso.
«Sei
tornata a quelle cavolo di Superga?» domanda, adocchiando
divertita le mie
scarpe.
«Certo.
Pensavi che avrei imbiancato con i tacchi quindici?»
«No…
però saresti stata più sexy, ed Harry ti sarebbe
saltato addosso.» proclama,
facendo un occhiolino al diretto interessato, che scoppia a ridere. Lo
guardo
male. Possibile che nessuno si renda conto che queste insinuazioni mi
mettono
in imbarazzo? Santo cielo, ne parlano come se dovesse prendermi sul
tavolo da un
momento all’altro.
«Che
carina, sei diventata rossa.» mi prende in giro Niall, prima
di strizzarmi una
guancia come se fossi una stupida bambina di tre anni.
«Cos’ho
fatto di male, per meritarmi tutto questo?» domando, rivolta
a non so chi.
Anche perché penso che Dio abbia di meglio da fare,
piuttosto che ascoltare le
mie cagate.
Comunque,
sottraggo il campionario ad Harry e me la filo al piano superiore,
lasciandomi
alle spalle le risatine di Bridget e Niall e le occhiate perplesse di
Louis.
Sono
qui per lavorare, io. Non per giocare a fare la fidanzatina del ragazzo
con le
bretelle.
La
camera da letto è spaziosa, con un grosso armadio in legno
scuro e un letto a
baldacchino. La moquette è color sabbia e sembra
così morbida che non resisto
alla tentazione di sfilarmi le scarpe e camminarci a piedi nudi. Ecco,
proprio
come pensavo.
«Sai,
credo che l’azzurro ci starebbe bene.» mormora una
voce roca, a pochi passi
dietro di me. mi volto di scatto, spaventata. Harry è
appoggiato allo stipite
della porta con le braccia incrociate. Si guarda intorno per un attimo,
poi il
suo sguardo torna su di me.
«Non
ti salterò addosso.» sorride e per un attimo sento
un brivido percorrermi la
spina dorsale e salire fino al cervello.
Se
ci fosse stata Bridget, probabilmente avrebbe colto
l’occasione per testare il
nuovo letto. Ma si dà il caso che io non sia Bridget e che
quel letto rimarrà
immacolato fino al ritorno di Giselle e Greg.
«Ci
mancherebbe altro.» rispondo, con un sorriso un po’
teso.
«Azzurro,
dici?» chiedo poi, tanto per cambiare argomento. Mi siedo per
terra con la
gambe incrociate e il campionario spalancato davanti a me. Harry si
allontana
dalla porta e mi si siede accanto. Come al solito – e da
quando c’è un solito?
– non sta né troppo vicino, né troppo
lontano. Tuttavia, riesco a sentire il
suo calore. E mi piace in una maniera che non credevo possibile. Provo
delle
sensazioni così contrastanti, quando Harry è
vicino a me: da una parte vorrei
tanto picchiarlo – la maggior parte delle volte – e
dall’altra, invece… non lo
so, credo che mi piaccia.
Oddio,
non può piacermi Harry! Non lo conosco neanche. Non so
neanche se è possibile
farsi piacere qualcuno dopo qualche ora di conoscenza.
«Questo,
ad esempio.» si sporge in avanti, sfiorandomi con apparente
casualità il
ginocchio, e indica un turchese brillante che, in effetti, starebbe
davvero
bene sulle pareti. Annuisco, concorde, e gli sorrido. Per la prima
volta, non
sono né sarcastica né acida, solo serena.
«Vada
per questo, allora.» confermo.
«Perfetto.»
Harry si alza, mi porge la mano per fare altrettanto e mi tira su con
uno
strattone delicato. Lo guardo confusa. «Cambiamo stanza,
no?»
«Certo.»
balbetto, un po’ in difficoltà sotto il suo
sguardo. «Dove sono Niall, Louis e
Bridget?» domando. Cielo, non riesco a stare zitta, quando
c’è lui. Da quando
in qua un ragazzo mi mette così in agitazione?
«Sono
andati a fare la spesa.»
E
mi hanno lasciata da sola con lui? Scommetto che l’idea
è stata di quella
fedifraga, traditrice di Bridget. La impiccherò con le
bretelle del suo amato,
lo giuro.
«E
perché non sei andato anche tu?» farfuglio,
imbarazzata.
Cazzo,
Leighton, ripigliati! Non vorrai passare per una deficiente?
È solo un ragazzo.
Certo, è bellissimo, ed ha quelle fossette e quegli occhi
che Dio solo sa cosa
gli farei e NO!
«Volevo
stare un da solo con te…» mormora Harry, con
quella voce roca e incredibilmente
sexy.
«Non
ci casco, sai? Con me non attacca tutta questa cosa.»
«Questa
cosa, cosa?» domanda, confuso.
«Questa
cosa che fai con la voce! Non funziona, sai?»
«Non
faccio un bel niente, con la voce! È la mia voce,
Leighton.»
«Ah,
lascia stare.» sbuffo, nervosa. Gli do le spalle ed entro nel
bagno. È
abbastanza spazioso ed ha le piastrelle di un viola scuro e un
po’ strano che
non mi convince troppo.
«Non
è che ti piaccio?» insinua Harry, dopo qualche
secondo di silenzio.
«Zitto,
mi sto concentrando.»
«Ti
piaccio, allora?»
«Zitto!»
«Ti
piaccio.» conclude, ignorando i miei tentativi di tenerlo
alla larga. Mi
strappa il campionario di mano e mi intrappola tra il lavandino e il
suo corpo.
Arrossisco violentemente e cerco un modo di svincolarmi, ma non mi ha
lasciato
scampo. Posso sentire i suoi polsi contro i miei fianchi.
«Ma
che ti prende?»
«Sei
mai stata innamorata, Leighton?» domanda, fissandomi negli
occhi. Prendo un
respiro profondo, poi rispondo.
«No.»
«Perché
no?»
«E
che ne so? Probabilmente è colpa del carattere di merda che
mi ritrovo.»
carattere che mi permette di non saltare addosso ad Harry come avrebbe
fatto
Bridget, perdendo così tutta la mia dignità e blablabla. Capito, no? Non mi piace agire
senza riflettere.
«A
me piace, il tuo carattere.» mormora, portandomi una ciocca
di capelli dietro
le orecchie.
«Certo,
perché non mi conosci.» ribatto, sincera. Lo so
che ho un caratteraccio.
D’altronde nessuno è perfetto e, tra le altre
cose, meglio stronze che fesse. O
no? Almeno, è quello che mi ripeto di continuo. Funziona, la
maggior parte
delle volte.
Ma
con Harry è diverso. Perché poi? Cos’ha
lui, che mi attira così? Non è normale.
No. Proprio per niente. Poi, presa da un impeto di totale
sfacciataggine, lo
fisso direttamente, senza abbassare lo sguardo neppure un secondo. Non
vorrei
che si convincesse di avere tutte le carte in mano. Perché
non sarebbe così.
Ci
fissiamo per alcuni interminabili secondi, ognuno senza la minima
intenzione di
cedere. Fino a che Harry sospira e si china su di me per lasciarmi un
bacio
all’angolo della bocca. Arrossisco ancora una volta, come la
perfetta idiota
che sono. E dire che credevo di poter reggere il gioco.
«Potrei
farti innamorare di me, sai?» domanda, con un sorriso
volutamente provocatorio.
Ecco, sono questi i casi in cui vorrei prenderlo a pugni.
«Impossibile.
Non potrei mai innamorarmi di te.»
«Non
si decide di chi innamorarsi, Leighton.»
«Questo
lo dici tu.»
«Vogliamo
scommettere?» propone.
«Andiamo,
non mi reputerai davvero tanto stupida da cadere in un tranello del
genere?» ma
per chi mi ha preso, per un’idiota?
«No,
ma a quanto pare sei piuttosto codarda.»
«Codarda,
io? Tu sei un’idiota!» gli punto il dito indice
contro il petto, scandendo ogni
parola con cura e attenzione. Deve capire che non sono come tutte
quelle a cui,
probabilmente, è abituato. Io non abbocco alle provocazioni
così facilmente.
Non basta darmi della codarda per convincermi ad imbarcarmi in
un’avventura che
sicuramente mi vedrà sconfitta.
Perché
potete dire ciò che vi pare, ma io lo so, che potrei
innamorarmi di Harry. Lo
so. Lo sento. E non ne ho la minima intenzione. Perciò,
meglio che mi stia alla
larga.
«Smettila.»
«Perché
se no? Cosa fai?» lo provoco, continuando a picchiettare sul
suo petto.
«Questo.»
ringhia, prima di afferrarmi il viso con entrambe le mani e baciarmi.
Resto
completamente attonita, immobile e pietrificata, fino a che la sua
presa si fa
meno brusca e le sue labbra un po’ più morbide.
Quando si separa, mi guarda, in
attesa di una mia reazione.
«Ti
concedo tre secondi. Poi ti massacro.»
«Quante
storie, per un bacio. Non c’era nemmeno la lingua.»
protesta, passandosi una
mano tra i capelli già scompigliati.
«UNO.»
sollevo il dito indice, certa di essere il ritratto
dell’incazzatura coi
fiocchi. Lui ridacchia.
«Andiamo,
lo so che ti è piaciuto.»
«DUE.»
sollevo il dito medio, sempre più rossa in viso e sempre
più incazzata.
«Hai
solo paura di ammettere che ti piaccio.» sorride ed
è il ritratto della calma e
della compostezza. Non ha proprio idea del rischio che sta correndo.
«TRE.
Sei mor» non faccio in tempo a finire, che Harry alza gli
occhi al cielo e mi
bacia un’altra volta. Mi passa una mano dietro la schiena e
una tra i capelli.
Tuttavia, le sue labbra sono leggere e la presa è delicata.
Ed
io, come la perfetta deficiente che sono, mi ritrovo a ricambiare il
suo bacio.
Come se fosse normale baciare un quasi sconosciuto in un bagno. Oh,
cazzo. Mi
piace davvero!
Cazzo.
Come faccio adesso? Niente. Sapete che faccio? Un bel niente, esatto.
Devo solo
evitarlo per il resto delle tre settimane che rimarrà a
Mullingar, per non
correre il rischio di cadere nel suo tranello. Non posso permettere che
Harry
sconvolga la mia vita. Non voglio innamorarmi di qualcuno, e rischiare
di
soffrire. Non voglio soffrire ancora. So cosa significa essere
abbandonati. Lo
so. E non mi piace affatto.
È
con questa consapevolezza che mi stacco improvvisamente. Harry mi
guarda e nei
suoi occhi balena un lampo di comprensione. Dovevo immaginare che
avrebbe
capito subito: sembra avermi inquadrato alla perfezione.
«Leighton…»
«No.»
«Senti…»
«Non
mi interessa, Harry. D’accordo? È meglio se mi
stai lontano. Per favore.»
lo supplico, con gli occhi
lucidi. Ma perché devo essere così psicolabile?
Cos’ha il mio cervello, che non
funziona?
«Come
vuoi. Ma non puoi impedirti di provare qualcosa per me.»
«Non
ti conosco neanche, Harry.» sospiro, passandomi una mano tra
i capelli. Non è
tardi, per farmi passare questa sottospecie di cotta. È una
cosa passeggera.
Svanirà presto, immediatamente,
è
quello che mi ripeto.
«Tutte
scuse. E lo sai benissimo.»
«Piantala
di psicoanalizzarmi.»
«E
tu piantala di sparare minchiate.» borbotta infine,
spazientito. «Tanto lo so
che ti piaccio.»
***
Questo capitolo
è il mio preferito, fino ad ora. Almeno credo. Probabilmente
starete pensando che è troppo presto per essere
già arrivati al bacio o cose di questo genere, ma nella mia
testa tutta la storia si svolge molto velocemente.
Ve l'ho detto, no? Non
credo che sarà molto lunga. Anche perchè ho
già altre due storie - no, tre - in corso e sto portando
avanti tutte quante.
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto, davvero.
Mi piacerebbe ricevere
qualche vostra opinione in merito, tanto per farmi un'idea...
Perciò non siate timide e commentate! ^^
Grazie mille.
Con affetto,
Fede.
P.s. Per chi volesse, su
Twitter sono @FTheOnlyWay
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Capitolo 5 *** Fai schifo come psicologo. Te l'hanno mai detto? ***
Capitolo
5
“Fai
schifo come psicologo. Te l’hanno mai detto?”
«Tesoro,
sei sicura di stare bene?» mamma mi posa una mano sulla
testa, preoccupata. La
situazione è piuttosto tragica. Sono tre giorni che non esco
di casa, tutto per
evitare di incrociare Harry anche solo per sbaglio.
Ho
detto a Niall di avere la febbre altissima e di sentirmi “in
fin di vita”, l’ho
supplicato di occuparsi dell’acquisto della pittura per casa
di Giselle e poi
ho spento il telefono. Ho avuto tempo per riflettere. E tre giorni sono
tanti.
Sono ben settantadue ore. E settantadue ore sono tantissime. E sono
sufficienti
per prendere una decisione intelligente.
Forse
sono sufficienti per voi, ma non per me. No, non sono giunta a nessuna
conclusione.
Perché?
Perché ho pensato per settantadue ore al bacio di Harry e a
quanto avrei voluto
baciarlo ancora.
Così,
come una stupida, non ho fatto altro se non crogiolarmi
nell’autocommiserazione
e nella consapevolezza di quanto io stessa sia una povera deficiente
pentita.
«Si,
mamma. Sto alla grande.» farfuglio, nascondendo la testa
sotto il cuscino. Dio,
se sei da qualche parte, fai cadere un fulmine sulla mia testa e
risparmiami
tutti questi pensieri. Non li sopporto. Perché non posso
continuare a leggere
Jane Eyre come tutti i sabati? Non che io abbia letto solo Jane Eyre,
sia
chiaro. Preferisco di gran lunga Orgoglio e Pregiudizio.
«C’è
qualcuno, non è così?» domanda, curiosa
come al solito.
Scuoto
la testa. «Nessuno. Non c’è proprio
nessuno.» borbotto.
«Perciò
cosa dovrei dire al giovanotto che ti aspetta in salotto?»
ridacchia,
divertita. Oh, ma che bello avere una madre che mi prende per il culo.
Davvero,
è così emozionante che mi viene da piangere.
Sbuffo,
poi con la delicatezza di un panzer mi alzo dal letto e mi trascino in
salotto
dove, effettivamente, c’è un giovanotto. Ed
è l’ultimo giovanotto che vorrei
vedere.
«Cosa
fai, qui?» domando, un po’ rigida. Cielo, Leighton,
datti una calmata. Sembra
che ti abbiano appena infilato un bastone su per il… calmati.
«Ti
porto a fare colazione.»
«Ho
già mangiato.»
«Muoviti.
Ti do dieci minuti per vestirti, oppure ti porto fuori in
pigiama.» minaccia,
tranquillo. Lo guardo male – molto male. Così
tanto che avrebbe dovuto prendere
fuoco – e me ne torno in camera. Afferro le Superga, un paio
di jeans e una
maglietta verde acido, poi mi chiudo in bagno. Quando ne esco,
esattamente otto
minuti dopo, Harry sta parlando con mamma.
Colgo
appena la sua risatina divertita, prima di afferrare Harry per la
manica della
felpa bianca che indossa e costringerlo ad alzarsi.
«Ciao,
mamma.» saluto, scontrosa.
«Arrivederci,
signora. È stato un piacere, conoscerla.» saluta
Harry, con un sorriso
mozzafiato. Mamma ride.
«Anche
per me, caro. Torna presto a trovarci.» cinguetta. Ecco,
sapete che farà
adesso? Chiamerà Janine. E sapete cosa farà
Janine? Lo dirà a Bridget. E allora
sarà la mia fine, lo sento.
Quando
rimaniamo soli, mollo la felpa di Harry come se scottasse e gli scocco
un’occhiataccia.
«Si
può sapere cos’hai in mente?» gli
domando, stizzita. Arrossisco un po’, perché
guardarlo mi fa tornare in mente che mi ha baciato. E che mi
è pure piaciuto.
«Voglio
darti la possibilità di innamorarti.» ribatte,
tranquillo. Ma si è bevuto il
cervello? Cos’ha questo ragazzo che non và? E
perché deve accanirsi proprio con
me? Non ce l’ha un hobby? Che ne so, ittica, paracadutismo,
snorkeling,
trekking, c’è una così vasta scelta.
«Non
mi interessa innamorarmi, Harry. Dico davvero.»
«Lo
so. Ed è qui che ti sbagli. Sono sicuro che se trovassi
quello giusto ti
ricrederesti.»
«Sei
davvero così presuntuoso?»
«Si.
E tu sei davvero così cinica?»
«Si.»
Restiamo
per un po’ in silenzio, poi lo guardo di sottecchi, provando
a concentrarmi su
qualcosa che non siano le sue labbra.
È
bello, Harry. Ha le ciglia lunghe, non tanto scure, e gli occhi
più belli che
abbia mai visto. E poi è alto, più di un metro e
ottanta, credo. Ha le spalle
larghe, i fianchi stretti e le mani eleganti. Mi piacciono le sue mani.
Mi
piace anche come si veste. E mi piacciono i suoi capelli.
Merda. Mi piace Harry.
«Ho
una teoria.» dice, mentre camminiamo verso la caffetteria in
centro. Intanto,
mi prende per mano,
con una naturalezza
che mi lascia assolutamente disarmata. Non trovo neanche la forza di
separarmi,
così lascio che intrecci le nostre dita e mi accosto un
po’ di più.
Tra
le altre cose, mi rendo anche conto di avere un comportamento un
po’ ambiguo.
Non posso volergli stare lontana e poi permettergli di avvicinarsi
così tanto.
Non è giusto, e mi confonde le idee.
«Non
credo di volerla sentire.» confesso, sincera. Ho idea che
quello che dirà non
mi piacerà per niente. Sembra sapermi leggere fin troppo
bene. E a me non piace
sentirmi vulnerabile. Non mi piace affatto.
«D’accordo,
allora. Parliamo di qualcos’altro. Qual è il tuo
libro preferito?» domanda,
inaspettatamente.
Ci
penso su per qualche secondo.
«Orgoglio
e Pregiudizio, credo.»
Harry
si gratta il mento pensieroso. «Colore?»
«Verde.
Tu?»
«Blu.
Compleanno?»
«24
Ottobre. Il tuo?» «1 Febbraio. Animale
preferito?» «Lupo. Il tuo?»
«Gatto.»
«Ma
i gatti sono stronzi!» protesto, sconvolta. Lo sanno tutti,
che sono
voltafaccia, acidi e scontrosi.
«Ognuno
ha i suoi gusti.» replica, per niente offeso. Andiamo avanti
così per circa
mezz’ora, ossia il tempo necessario affinché si
liberi un tavolo nella
caffetteria, poi Harry interrompe l’interrogatorio e sorride.
«Visto?
Ora ci conosciamo.» afferma, come se fosse una cosa normale.
Questo ragazzo non
sta a posto con il cervello, dico sul serio. Eppure, i suoi occhi sono
così
sinceri che non posso fare a meno di annuire e sorridere.
«Coraggio.
Dimmi la tua teoria. So che non vedi l’ora.»
borbotto, sconfitta.
«Hai
paura di soffrire, Leighton. Perché tuo padre ti ha
abbandonato – anche se io
non la vedo proprio così – e temi che se ti
lasciassi andare al punto da
affidarti completamente a qualcuno, prima o poi anche questo qualcuno
ti
abbandonerà.» spiega, prima di addentare il suo
muffin al cioccolato. Io mi
limito a guardare la mia tazza di caffè con aria assente.
Ha
perfettamente ragione, ma non posso dirlo ad alta voce. Fa troppo male,
ammetterlo.
Si,
è vero. Mio padre mi ha ferita in maniera indelebile e,
seppure tenti spesso di
ritrovare un rapporto, sono io a spingerlo lontano, perché
sono terrorizzata
dall’idea di farlo rientrare nella mia vita. Cosa
succederebbe, se decidesse di
abbandonarmi di nuovo? Non voglio soffrire. Questo è quanto.
Ed anche Harry mi
farebbe soffrire, se mi innamorassi di lui.
Tra
tre settimane tornerà a Londra. Ed io rimarrò
qui, a Mullingar. L’insuccesso è
assicurato.
Poi
sento il suo braccio circondarmi le spalle con delicatezza e con una
dolcezza
disarmante. In breve, mi ritrovo stretta in un abbraccio per niente
malizioso.
«Perdonami.
Non volevo farti piangere.» mormora, passandomi una mano
sulla guancia.
Cosa?
Piangere?
No! Cioè, non volevo
piangere, davvero. Non me ne sono neanche resa
conto. Oh, ma perché devo sempre fare ‘ste figure
di merda? Dai, dì la verità,
ce l’hai con me? Perché lo capirei, se fosse
così. Ho smesso di andare in
chiesa la domenica già da un bel pezzo, perciò
è comprensibile che tu ce
l’abbia con me. Però farmi piangere davanti ad
Harry è stato proprio un colpo
basso, scusa se mi permetto.
Scuoto
la testa con rassegnazione e tiro su col naso. Femminile, vero?
«Deve
essermi entrato qualcosa nell’occhio.» farfuglio,
sorridendo debolmente ad
Harry, che annuisce.
«Già.
Forse un po’ di umanità. Sai, ce l’hanno
tutti.» sibila. Wow, quanto amo questo
sarcasmo da due soldi. È assolutamente divertente.
Perciò ridacchio, scettica.
«Ti
hanno mai detto che fai schifo, come psicologo?»
Harry
scoppia a ridere, poi mi lascia un bacio sulla guancia –
inutile dire che
rimango decisamente spiazzata – e torna al suo muffin come se
niente fosse. È
incredibile la capacità che ha di lasciarmi senza parole.
Davvero, è così fuori
dal comune che resto inebetita ancora per qualche secondo.
Poi,
un paio di mani si posizionano sopra i miei occhi, coprendomi la
visuale.
«Bridget.»
sospiro, rassegnata. La sento ridacchiare, poi la sedia davanti alla
mia si
sposta e improvvisamente al tavolo siamo in cinque. Niall, Bridget e
Louis, che
si danno la mano e sono tutti un pucci-pucci. Storco il naso,
infastidita, e mi
concentro su Niall, che ha uno sbafo di azzurro sulla guancia.
«Hai
cominciato a imbiancare?» domando.
«Si.
E tu perché hai pianto?» risponde, cambiando
completamente argomento.
Fantastico,
eccone un altro che si diverte a fare il dottor Freud. Ma io dico, non
potrei
conoscere persone normali, che non sono intenzionate ad analizzare
parola per
parola, gesto per gesto, tutto quello che faccio?
«Ha
scoperto di essere umana.» rivela Harry, con
tranquillità. «C’è rimasta
davvero
male.»
Lo
ammazzo, giuro che lo ammazzo. È così che vuole
farmi innamorare? Prendendomi
per il culo?
«Tranquilla,
tesoro. Quando saprai chi viene a trovarci settimana prossima, tornerai
un
cubetto di ghiaccio come tuo solito. Ah, Harry, complimenti. Sei il
primo che
la bacia a sorpresa ed è ancora vivo.» afferma
Bridget.
Resisto
alla tentazione di rovesciarle il caffè sulla testa, poi,
però, mi concentro
sulla prima parte della frase.
«Chi?»
ho quasi paura di sentire la risposta. «Non lei, ti prego.
Tutte, ma non lei.»
supplico, incrociando le mani in segno di preghiera.
«Tua
madre l’ha detto alla mia. E la mia a me.» visto?
Hanno un giro di informazioni
incredibile. Forse potremmo aprire un’agenzia investigativa,
sono sicura che
avremmo successo.
«No.
Ti prego. No.»
Colgo
a malapena lo sguardo confuso di Harry, perché sono troppo
sconvolta
dall’orribile notizia. Non è davvero possibile che
Giorgia venga qui a
Mullingar.
Chi è Giorgia? Giusto,
domanda più che lecita. Lasciate che vi
spieghi: Giorgia è l’adorabile figlia della
sorella di mia madre, Cinzia.
Adorabile, ovviamente, và inteso in senso lato, visto che
Giorgia è – a mio
modesto parere – quanto di più vicino ci sia
all’incarnazione del demonio.
Esagerato,
dite? Oh, no, niente affatto. Tanto per iniziare è tre anni
più grande di me,
perciò ha all’incirca ventidue anni. Dico
all’incirca perché è ciò che
risulta
all’anagrafe. In realtà, credo che la sua vera
età cerebrale sia pari a quella
di un alpaca mezzo morto. Ed è così stronza.
Certo,
detto da me risulterà incredibile, ma Giorgia batte in
assoluto tutti record di
stronzaggine fino ad ora pervenuti.
L’ultima
volta che l’ho vista – e che ci ho parlato, in
effetti – avevo sedici anni. E
mi sconvolse così tanto che decisi di non volerci mai
più avere a che fare.
Passo
a spiegare: avevo una cotta per un mio compagno di classe. Si chiamava
Noah ed
era un po’ più intelligente rispetto alla massa di
idioti con cui condividevo
lo spazio. E poi era carino, con quei capelli biondi e con gli occhi
scuri.
Comunque.
Giorgia decise che Noah sarebbe stato perfetto, come accompagnatore per
il
ballo di fine anno e cosa fece? Ovviamente, come succedeva con tutto
ciò che
desiderava, se lo prese. Poco importava che l’avessi
supplicata di lasciarlo in
pace. Mi spezzò il cuore. E non andai al ballo.
Be’,
naturalmente ora tendo a farla più tragica di quello che fu
realmente. Non mi
spezzò il cuore, mi fece letteralmente incazzare come una
bestia, ma se ne
fregò altamente e mi rubò il futuro fidanzato.
Poi,
come se non fosse sufficiente, gli rivelò della cotta che
avevo nei suoi
confronti e Noah, come ogni neandertaliano che si rispetti,
scoppiò a ridere e
dichiarò di averlo sempre sospettato. Purtroppo,
però – cito testuali parole –
“non sono interessato alle sedicenni in sovrappeso e con i
capelli color
carota.”
Ora,
parliamoci chiaro: ero un po’ cicciotta, ma niente di
così esagerato. E
comunque una taglia 46 mi sembra più che dignitosa. E poi, i
capelli color
carota sono parecchio fighi.
In
realtà, sono sicura che la sua fosse tutta una messa in
scena per portarsi a
letto Giorgia. E ce la fece. Perché mia cugina, oltre ad
essere stronza, è
anche troia.
Tornando
alla realtà, c’è un motivo per cui non
la voglio intorno ai piedi: già, avete
indovinato. Harry e Niall. E anche Louis e Bridget.
Ogni
volta, ogni fottutissima volta che viene a Mullingar, Giorgia cerca di
portarmi
via tutto ciò che ho di prezioso.
Bridget,
prima di tutto. Proverà a togliermi la mia migliore amica,
raccontandole cose
assurde e facendo di tutto per mettermela contro. Poi, dopo che ci
sarà
riuscita, gli toglierà Louis.
E
poi farà si che Niall si allontani da me. Ed Harry, che
forse potrebbe
piacermi, sarà così affascinato da lei che si
dimenticherà di tutti quei bei
discorsetti che mi ha fatto per tuffare la faccia nel reggiseno di
Giorgia. Che
poi, le sue tette sono pure rifatte, lo sanno tutti.
«Mi
rifiuto.» proclamo, sbattendo le mani sul tavolo. Bridget
annuisce, complice,
il resto dei presenti continua a guardarmi come se fossi una pazza
esaurita da
ricoverare. Non mi sento di dargli torto, ma non posso certo dirgli che
Giorgia
è una stronza infame.
Fortuna
che ho Bridget.
«Tranquilla,
tesoro. Quella stronza non avrà vita facile, questa
volta.» commenta,
mortalmente seria. E, se devo dire la verità, mi sento un
po’ sollevata. Perché
quando Bridget decide di rovinare i piani di qualcuno, lo fa come si
deve. È
davvero brava a rovinare la vita alla gente.
Solo
quella di chi se lo merita, naturalmente.
E
Giorgia se lo merita.
«Sai
anche quanto tempo rimane qui?» chiedo, con il timore di
sentire la risposta.
«Tre
settimane.» proclama Bridget, tetra.
Oh,
ecco. Lo stesso tanto che rimane Harry. Lo sapevo io, che avrebbe
portato la
sventura.
Ora
più che mai, mi rendo conto di quanto sia meglio per me
farmi passare la cotta
per questo ragazzo. Non avrò nessuna chance, contro Giorgia.
«Non
posso stare per tre settimane con lei. Non ce la faccio.»
mormoro, sconsolata.
E
non posso neanche stare da Bridget, perché lei vive ancora
con i suoi genitori
e ci sono già le sue tre sorelle. Non è proprio
il caso.
«Potresti
stare da me.» propone Niall, con un sorriso entusiasta. Louis
annuisce, felice
ed Harry sussurra un “ottima idea” che mi fa
arrossire fino alla radice dei
capelli.
Perfetto.
Cosa
faccio, ora?
***
Ecco qua il quinto
capitolo. Che ve ne pare? Le cose si stanno un pò evolvendo,
no? Ancora non so cosa ne verrà fuori, vedremo. Sto ancora
riflettendo per bene. In ogni caso, spero che il capitolo via sia
piaciuto.
Commentate, se vi
và. Per me è molto importante ricevere le vostre
opinioni.
Ecco tutto.
Detto questo,
vorrei ringraziare di cuore le ragazze che hanno recensito lo scorso
capitolo - soprattutto Ale, che legge ogni mia storia - e tutte coloro
che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate o che
leggono soltanto.
Grazie di cuore.
Con affetto,
Fede.
P.s. Seguitemi su Twitter, sono @FTheOnlyWay
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Capitolo 6 *** L'inizio della fine. ***
Capitolo
6
“L’inizio
della fine.”
Oggi
sarà una giornata di merda. Come lo so? Lo so. Punto e
basta. Ho un certo sesto
senso, io.
So
anche che detto così sembrerà un po’
incomprensibile per la maggior parte di
voi, ma è pur sempre vero che certe cose le si sentono e
basta.
Non
lo so, non vi è mai capitato di pensare: “Oggi mi
viene il ciclo?” e poi, puff!,
le vostre simpatiche ovaie si
risvegliano? Ecco, immaginate qualcosa di simile, con la differenza che
le mie,
di ovaie, stanno per tentare il suicidio.
Il
motivo? È il grande giorno.
E
no, non mi riferisco al matrimonio, quello ormai è
già passato da un pezzo.
Oggi è il giorno in cui Giorgia prenderà il suo
volo “Milano-Dublino”.
Sapete,
non voglio pensare di essere sfigata fino a questo punto, ma proprio
non posso
farne a meno. E sapete chi andrà a prendere Giorgia?
Io,
esatto.
Con
Niall. Per quanto mi riguarda, la prospettiva di trascorrere
un’intera ora e
mezza in macchina con Giorgia, mi terrorizza alquanto. Ma, perlomeno,
non vedrà
Harry e Louis, almeno potrò tenerli lontani dalle sue
malefiche grinfie per un
po’.
Perciò,
quando Niall mi passa a prendere, questa mattina, mi sento come se il
mondo mi
stesse per crollare addosso. L’unica cosa che vorrei
– non posso credere di
pensarlo sul serio –
sarebbe fare
colazione insieme ad Harry. Mi piace per davvero, si. Nel corso di
questa
settimana, abbiamo avuto modo di parlare parecchio. Anzi,
più che altro è stato
lui a costringermi a parlare, da bravo psicologo della mutua quale
è, e mi ha
portato a rivelargli i segreti più reconditi della mia
anima.
Scherzo.
I fatti miei sono rimasti fatti miei, solo che mi sono sbottonata un
po’, nel
senso che gli ho rivelato alcune cose del mio passato di cui non vado
tanto
fiera. Come di quella volta in cui ho bucato il pallone del mio vicino
di casa,
un bambino di cinque anni che detesto. Sua madre voleva farmi causa, ma
alla
fine ha rinunciato, quando ho regalato una bellissima – e
costosissima –
Playstation al suo adorato marmocchio. Piango ancora, se ripenso
all’attentato
alle mie finanze.
Comunque,
tornando al discorso principale: Harry mi piace. Sa sempre cosa dirmi
per farmi
passare il nervoso – ed io sono spesso nervosa – e
mi ha consolato tutte le
volte che il pensiero di quella disgrazia italiana faceva capolino
nella mia
testa. Ma non mi ha più baciata. Nemmeno una volta. Ed io
credo anche di aver
capito perché: vuole farmi impazzire, fino a che non
sarò io a baciare lui.
Però
quando camminiamo per strada, insieme, mi tiene per mano e mi abbraccia
spesso.
Credo sia un ragazzo molto affettuoso, a dispetto di
quell’aria da “io vado al
King’s College perché sono più
intelligente e affascinante di te”.
Se
però crede che sarò io a cedere, si sbaglia di
grosso.
«Allora…»
inizia Niall, mentre ingrana la prima marcia ed esce dal vialetto di
casa «Come
vanno le cose tra te ed Harry?» chiede, evidentemente
curioso. Di Niall, c’è da
sapere una cosa: è curioso come una scimmia. E vorrebbe
vedere tutti i suoi
amici accoppiati, anche se non pensa mai a sé stesso.
È così altruista che io,
al suo confronto, sembro la regina dell’egoismo.
«Non
lo so. Perché me lo chiedi?» non so se Niall
è al corrente degli intenti di
Harry nei miei confronti. Forse Harry non ha detto a nessuno che
è convinto –
povero illuso – che mi innamorerò di lui.
Ah,
dimenticavo. Nel caso in cui non lo sapeste o ve lo foste dimenticato,
Niall,
oltre ad ospitare me, ospita anche Harry e Louis, perciò da
questa sera stessa,
starò in stretto contatto con il mio incubo personale.
Il
che è molto meglio del dovermi sorbire tutte le boiate di
Giorgia.
«Curiosità.»
farfuglia, mentre le guance gli si chiazzano appena di rosso.
«Niall…»
Un’altra
cosa da sapere del biondino, è che è
assolutamente incapace di dire cazzate.
Non ce la fa. E, se anche ci prova, viene subito smascherato da quelle
adorabili guanciotte rosse.
«Harry
mi ha chiesto di indagare.» brontola, offeso
perché l’ho già scoperto.
«E
perché mai avrebbe dovuto farlo?» domando,
confusa. Che motivo avrebbe Harry,
di indagare? Certo, a meno che non avesse intenzione di vincere la sua
stupida
scommessa a tutti i costi. Che poi, io non ho mai accettato! Quindi non
c’è
niente da vincere. Questa stupida competizione – che esiste
solo nel suo
cervello – non porterà niente di buono.
«Oh,
ma certo! Che stupida. Vuole sapere se il suo piano sta
funzionando.» esclamo,
battendomi la mano sul ginocchio. Niall inarca un sopracciglio e si
astiene dal
commentare. Questo perché, ovviamente, sa che ho ragione.
«Potremmo
allearci, sai? Io e te, intendo. Saremmo una grande squadra.»
gli propongo,
ammiccante. Niall scoppia a ridere, poi guarda un attimo nello
specchietto
retrovisore e cambia corsia. Con disappunto, mi rendo conto che siamo
quasi
arrivati all’aeroporto. Pochi chilometri mi separano da
quella piaga ambulante
italiana.
«Tu
sei fuori di testa.» Niall continua a ridere ed io metto il
broncio. Cosa c’è?
Non è normale che io voglia vincere? Va bene, Harry mi
piace, ma non voglio
correre il rischio di innamorarmi di qualcuno che vuole stare con me
solo per
vincere una stupida scommessa. Tutto sommato, non credo che il mio sia
un
ragionamento così sbagliato.
«E
poi, si può sapere di che piano stai parlando?»
domanda Niall. Siccome so
riconoscere quando fa finta di non sapere e quando, invece, non sa per
davvero,
non posso fare a meno di rimanere stupita quando leggo la
verità nei suoi
occhi.
Harry
non gli ha parlato della scommessa?
«Harry
non ti ha detto niente?»
«Di
cosa, Leighton?»
«Niente.
Di niente.»
Può
darsi davvero che Harry non stia prendendo tutta questa situazione come
un
gioco? Mi sembra così strano, che possa essere interessato a
me per davvero. Essendo di natura
sospettosa, poi, tendo a vedere inganni, tranelli e secondi fini
ovunque,
perciò che Harry non abbia accennato niente a nessuno mi
sembra veramente
impossibile. Guardo ancora Niall, cercando di cogliere un cambiamento
di
espressione, ma è serafico e sorridente come suo solito,
anche mentre
parcheggia nell’area dell’aeroporto dedicata agli
arrivi e spegne il motore.
Continuo
a pensare ad Harry anche mentre camminiamo verso l’ingresso.
Sono così distratta
che tiro una spallata portentosa ad un ragazzino smilzo, che quasi
finisce a
terra. Lo sento imprecare qualcosa in una lingua che non conosco ma che
sembra
simile al russo, prima che il suo piede si infili tra le mie gambe e mi
faccia
inciampare.
Questo
è essere bastardi, però! Niall, naturalmente, scoppia a ridere, senza
nemmeno preoccuparsi
di darmi una mano a tirarmi su, o di picchiare il mio aggressore,
difendendo il
mio onore. Perciò, come al solito, mi toccherà
fare tutto da sola.
«Certo
che sei stronzo, sottospecie di aringa affumicata. Dì, in
Russia non le
conoscete le buone maniere?» ringhio, mentre mi alzo in
piedi.
Lo
smilzo, che nel frattempo sta sghignazzando beatamente, si irrigidisce.
Poi, in
un inglese perfetto e fluente, mi risponde. «Se tu sei
così scema da non
accorgerti di dove cammini, poi non dare la colpa agli altri, se ti
ritrovi
stessa a terra come una balena spiaggiata.» replica, in tutta
tranquillità.
Inarco
un sopracciglio, pronta a rispondergli, ma la mano di Niall si serra
intorno al
mio braccio e mi trascina lontano dal mingherlino.
«Si
può sapere perché devi litigare con
tutti?» chiede, senza riuscire a trattenere
un sorriso. Sbuffo.
«Mi
ha fatto cadere! Brutta acciuga del Mar Baltico.» borbotto,
ancora risentita.
Niall ride ancora, nemmeno fossi la più divertente
barzelletta del ventunesimo
secolo, poi si incammina verso il bar.
«Che
facciamo?» domando, confusa. Non che io muoia dalla voglia di
vedere Giorgia,
sia chiaro, ma forse dovremmo aspettarla agli arrivi. Quella
è così cretina che
potrebbe prendere un volo per il Turkmenistan senza neanche
accorgersene.
«Mentre
tu eri impegnata a litigare con il ragazzino, ho controllato: il volo
è in
ritardo di un’ora. Abbiamo tempo per mangiare
qualcosa.»
Oh,
perfetto. Non solo non la voglio vedere, ma devo anche aspettare,
nemmeno fosse
la Regina Elisabetta, o il primo ministro o la Madonna di Fatima.
E
che palle, ma perché tutte a me? Ho capito, sono sfigata e
blablabla, ma nella
sfiga qualcosa potrebbe anche andare per il verso giusto, una volta
tanto. E
invece no! Perché non solo Dio ce l’ha con me, ma
credo ci sia di mezzo anche
lo zampino di ogni divinità pagana esistente. Che ne so,
Fortuna, oppure le
Parche. Secondo me si stanno divertendo da matti ad intrecciare quei
cazzo di
fili, tanto per il gusto di incasinarmi l’esistenza. Dico io,
nel mondo ci sono
sei miliardi di persone, più o meno, possibile che non
abbiano niente da fare?
Cioè, si svegliano la mattina e pensano “Oh, che
bella giornata! È perfetta per
fare un bel nodo alla marinara al filo di Leighton O’Connell.
Ma si, spediamole
la cugina zoccola dall’Italia, Harry Styles dal Regno Unito e
una triglia
sottosale dalla Russia.”
Di
una sola cosa, sono certa: prima o poi arriverà anche il mio
momento. E il
trionfo sarà così grande, che le tette rifatte di
Giorgia, al suo confronto,
sembreranno due microscopiche ciliegie.
Passo
i primi tre quarti d’ora a guardare Niall abbuffarsi di
qualunque cosa sembri
vagamente commestibile. Non mi parla neanche, in compenso mormora di
continuo
quanto sia “delizioso” tutto ciò che
mangia. Il che mi sembra impossibile,
visto che le cose servite negli aeroporti fanno schifo. Comunque, il
panino
imbottito con funghi, prosciutto cotto, brie, insalata e salsa rosa
sparisce
nell’arco di sei minuti, seguito da una piadina con
prosciutto crudo, maionese
e pomodori. Naturalmente, subito dopo viene il dolce, così
Niall decide di
ordinare – tanto per rimanere leggero – un muffin
al cioccolato e uno alla
vaniglia, una brioche con la nutella, una con la crema pasticciera e
una vuota.
Mi
guardo intorno, per capire se qualcun altro, oltre me, è
rimasto impressionato
dal suo pozzo senza fondo, ma niente. Sono tutti troppo presi dal
giornale, o
dai saluti ai parenti appena arrivati, per rendersi conto di quante
calorie
Niall stia fagocitando.
Poi,
mentre sorvolo una signora che stringe al petto una sottospecie di topo
al
guinzaglio, i miei occhi si soffermano su un paio di tette. No, non
sono
lesbica e no, non sono fissata con le tette, ma quel paio mi risulta
vagamente
familiare, così salgo con lo sguardo fino ad incrociare
degli occhi scuri e
contornati da una linea marcata di matita nera. Un bel po’
sbavata, tra le
altre cose.
Esatto,
avete capito. Lei è Giorgia. Un metro e settantadue di
completa zoccolaggine,
accompagnata da sei valigie di marca – da qui mi sembrano
Louis Vuitton – e da
un’altra ragazza. Avrei dovuto immaginarlo: le sfighe non
vengono mai da sole.
Niall
punta lo sguardo sulle protuberanze di Giorgia, improvvisamente
dimentico della
sua brioche. E in questo momento capisco tutto, perché se
Niall smette di
mangiare per guardare Mimì e Cocò,
l’apocalisse dev’essere molto
più vicina di quanto io pensi.
Giorgia
si guarda intorno e mi riconosce proprio nell’esatto momento
in cui mi alzo per
andare a nascondermi dietro ad una colonna.
«Tesoro!
Siamo qui!» sbraita, sventolando la mano. Certo, come se non
me ne fossi
accorta.
Ignoro
con non-chalance l’occhiata di ammonimento di Niall
– che per fortuna è tornato
alla sua brioche – e alzo gli occhi al cielo.
Faccio
qualche passo verso mia cugina, maledicendo mia madre per aver fatto si
che
condividessi un po’ di DNA con questo esemplare di stronza e
le sorrido.
Dieci
punti per la falsità, Leighton. Complimenti.
«Ti
trovo ingrassata.» è la prima, simpatica e
dolcissima cosa che quella stupida
dice. Ora qualcuno mi spieghi: l’attimo prima mi chiama
tesoro (mi viene da
vomitare se solo ci ripenso) e il momento dopo se ne esce fuori con
questa
botta di simpatia. Cosa si risponde, in questi casi? Non lo so,
perché sono
troppo impegnata a trattenere tutte le mie energie negative, che per
inciso
sono al massimo, al momento. Ho paura di esplodere, sapete?
Perciò,
onde evitare stragi in pieno aeroporto, mi limito a stare in silenzio.
Più o
meno.
«Il
tuo cervello invece è dimagrito ancora, a quanto vedo. Non
dovevi venire da
sola?»
Siccome
secondo Giorgia, tutto ciò che
“dimagrisce” è bene, scambia la mia
constatazione per un complimento e annuisce pienamente soddisfatta.
«Lei
è Erika ed è la mia migliore amica.
Avevo detto che avrei portato qualcuno con me, tua madre
non te l’ha
detto?»
Può
anche darsi che me l’abbia detto e che io l’abbia
ignorata perché, in genere,
quando si parla di Giorgia la mia mente tende a spaziare altrove, verso
lande
sconfinate e selvagge e… okay, stavo pensando ad Harry.
Al
contrario di Giorgia, Erika è minuta, un po’ bassa
e apparentemente fragile. Ha
un viso pulito, per niente truccato e due grandi occhi azzurri. Sorride
appena,
imbarazzata, poi mi porge la mano.
«Piacere
di conoscerti, Leighton.» il suo inglese è un
po’ stentato, ma comprensibile.
«Piacere
mio. Lui è Niall.» presento brevemente anche
Niall, poi lo afferro per mano e
mi incammino verso l’uscita. Con un sorriso divertito, mi
circonda le spalle
con un braccio.
Ignoro
sistematicamente le richieste d’aiuto di Giorgia, che si
trova un po’ in
difficoltà con le sue valigie – dai, chi mai si
porterebbe sei valigie, no,
dico: SEI!, solo per un paio di settimane? – e osservo con
crudele
compiacimento il gradino del marciapiede. Sono sicura che qualcosa (o
meglio
qualcuno) cadrà.
Poi
il telefono di Niall comincia a suonare, insistentemente. Mi allontano
per
lasciargli un po’ di privacy mentre parla, ma pochi secondi
dopo si avvicina e
mi allunga il cellulare.
Mima
un “Harry” con le labbra, poi si volta per aiutare
Giorgia ed Erika con le
valigie. Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere Giorgia col culo a terra.
In
ogni caso, mi dimentico immediatamente di mia cugina, quando la voce
calda di
Harry mi raggiunge attraverso il telefono. Devo davvero
farmi passare questa cosa.
«Come và?» la sua
voce, come al solito,
scatena qualcosa all’interno del mio stomaco. Non
và affatto bene, vero?
«Insomma.
Già non ce la faccio più, è normale,
secondo te?»
«Tu non
sei normale, Leighton. È per questo che mi piaci.»
sostiene con tutta la
tranquillità di questo mondo. Già me lo immagino,
seduto sul divano, rilassato
che sbandiera ai quattro venti i suoi sentimenti per me come se
parlasse del
tempo. Che poi, quali sentimenti? Andiamo, sto diventando esagerata.
Mi
rendo conto di essere arrossita, quando sento Niall ridere. Certo che
tra
italiani e irlandesi, è complicato stabilire chi sia il
più stronzo.
«Sei arrossita. Vuol dire che ti piaccio.»
continua Harry, imperterrito. La finirà mai, di sparare
certe cavolate? E poi
come fa a sapere che sono arrossita?
«Sogna,
Harry. Sogna.» borbotto, infastidita. Mi sento anche un
po’ accaldata, in
verità. Che mi stia venendo la febbre? Si,
dev’essere per quello.
«Lo faccio già, Leighton.»
e questo cosa
vorrebbe dire? È incredibile la capacità che
questo ragazzo ha di spiazzarmi. Cosa
significa che lo fa già? Che sogna me, oppure che sa che
è impossibile un
futuro, per noi due? Dio, quanto la sto facendo tragica.
Perché non posso
essere come Bridget, e prendere le cose più alla leggera?
Lei e Louis stanno
praticamente insieme e nessuno dei due sembra preoccuparsi minimamente
del
fatto che, tra poco, Louis rientrerà a Londra, idem Harry.
«Harry…»
lo ammonisco, spazientita.
«D’accordo, ne parliamo dopo.»
«Non
voglio parlarne, okay?»
«A dopo.» mormora, prima di
riattaccare.
Ho
un bel “vai al diavolo” bloccato in gola, ma
ovviamente non avrebbe senso
tirarlo fuori adesso, visto che Harry non lo sentirebbe neanche.
Vorrà dire che
lo conserverò per dopo, sono sicura che arriverà
il momento di usarlo.
Intanto,
Niall ha caricato tutte le valigie di Giorgia in macchina. Faccio per
sedermi
davanti, nel posto che mi spetta di diritto, quando Giorgia mi passa
davanti e
si accomoda.
«Non
ti dispiace, vero?» domanda, con un sorrisino soddisfatto.
No,
certo che no. Ma non mi dispiacerebbe nemmeno se finissi sotto un
treno,
stronza.
* * *
Ebbene
si, sono proprio io! Lo so, è passato un sacco di tempo
dall’ultimo
aggiornamento. Forse un mese, o forse qualcosa di più
– non ho il coraggio di
andare a guardare.
Comunque,
per farmi perdonare, ecco il nuovo capitolo.
Allora,
personalmente non mi convince un granché, non so
perché. Forse c’è qualcosa che
stona, anche se devo ancora riuscire a capire che cosa.
In
ogni caso, mi sono appena resa conto di avere una pericolosa avversione
verso
le cugine. Si è notato? Non lo so, forse dovrei andare da
uno psicologo per
risolvere questo problema grave. -.-”
Comunque,
tralasciando le mie tare mentali, che ne pensate del capitolo? Se
è uscito una
schifezza non fatevi problemi a dirmelo, mi raccomando.
Non
mi offendo.
E
scusatemi ancora per il ritardo nell’aggiornamento.
Ora,
volevo ringraziare tutte le ragazze che hanno commentato lo scorso
capitolo
(scusate se non ho risposto, tra l’altro) e anche tutte
coloro che hanno
aggiunto la storia tra le bla/bla/bla e a chi legge soltanto!
Vi
adoro,
Fede.
P.s.
Se qualcuno volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 7 *** L'utilità della carta igienica. ***
Capitolo
7
“L’utilità
della carta igienica. ”
Il
viaggio in macchina è stato un parto. No, ma che dico? Al
confronto, il parto
sembrerebbe una passeggiata sotto il piacevole sole primaverile, con il
vento
che scompiglia i capelli e con il fidanzato perfetto al fianco.
Esagerata?
Può darsi. Ma provate voi, a sorbirvi due ore di chiacchiere
di Giorgia senza
rischiare il suicidio cerebrale. Che poi, ad un certo punto, sono stata
tentata
di passare anche al suicidio vero e proprio, salvo rendermi conto
subito dopo
che l’omicidio sarebbe stata una scelta decisamente migliore.
Si.
Dopotutto, perché dovrei privare il mondo della mia
fantastica presenza, quando
l’intero universo sarebbe più che lieto di
disfarsi di Giorgia? Ecco, appunto.
Peccato
che la maniglia della portiera non sia alla giusta distanza,
perché altrimenti
questo sarebbe il momento perfetto. Il tachimetro sfiora i centodieci,
nemmeno
Giorgia potrebbe sopravvivere. A meno che il demonio che la possiede
non sia
così tanto bastardo da farla tornare in vita.
Ecco,
vedete cosa succede quando c’è lei nei paraggi?
Divento cattiva. E se ci fosse
un sensitivo qui nei dintorni, sono certa che percepirebbe la mia aura
negativa
e mi spedirebbe di filato da un’esorcista. Io, da
un’esorcista? Ma portateci
Giorgia! Magari potremmo fare una liberazione di gruppo, sempre che
funzioni.
«E
così Mario ha detto che sono la più bella del
corso, ti rendi conto, Leighton?
Diglielo anche tu, Erika!»
Leighton?
Cosa? Davvero Giorgia sta parlando con me, aspettandosi addirittura
una risposta? Povera illusa, ancora non ha capito che
l’unica cosa che vorrei dirle davvero è di
prendere le sue tette finte, le sue
valigie firmate e il suo microscopico cervello e andarsene a quel
paese.
Tra
le altre cose, ho anche scoperto che Erika non mi dispiace affatto. E
credetemi, è una cosa oltremodo sensazionale, considerato
che frequenta certa
gentaglia. Ancora mi chiedo come faccia ad essere amica di Giorgia.
Perciò
è a lei che presto la mia attenzione. E se lo merita, visto
che si sta
sforzando in tutti i modi di mettere insieme una domanda un
po’ più complicata
del consueto “come ti chiami?”.
«Tu
studi, Leighton?»
Okay,
non è una domanda così complicata, ma per lo meno
non verte sul colore dei miei
capelli, o sull’ultima sensazionale variazione del rosa
pastello.
Scuoto
la testa, negativamente.
«Mi
sono diplomata quest’anno, ma non ho ancora deciso se andare
al College, oppure
no.»
«E
come mai, se posso chiedere?»
Visto?
Mi sta simpatica! Le interessa sul serio quello che ho da dire, credo.
Me ne
sarei accorta, se mi stesse pigliando per il culo.
«Non
so bene cosa voglio fare della mia vita. Da una parte preferirei andare
a
lavorare, sai, per l’indipendenza…»
comincio a spiegare. Ovviamente, qualcuno
mi interrompe.
«Perché
non dici la verità, Lilly?»
Come
mi ha chiamato? Vi prego, ditemi che non l’ha fatto davvero. Vi scongiuro.
Credo che Niall abbia colto la mia
espressione omicida attraverso lo specchietto retrovisore,
perché si affretta a
distogliere l’attenzione di Giorgia, chiedendole se sia
fidanzata. Lei,
naturalmente, attacca a raccontare della sua ultima conquista, come se
davvero
a qualcuno gliene fregasse qualcosa.
Intanto,
Erika mi posa una mano sul braccio e mi sorride incoraggiante.
«Ti
capisco, sai? Nemmeno io vado all’università. A
parte che non posso
permettermela…»
«Si,
sai, la famiglia di Erika è un po’
povera.» si intromette di nuovo Giorgia, con
una delicatezza incredibile. Vorrei usare la sua stessa delicatezza per
tirarle
una testata. Quanto mi piacerebbe picchiarla, voi non potete capire.
Erika?
Be’, Erika non ha risposto. Si è limitata ad
arrossire violentemente e ad
abbassare lo sguardo, come se avere pochi soldi fosse un crimine di
guerra o,
ancora peggio, una cosa di cui vergognarsi profondamente.
«Ehi,
Giorgia, la vuoi sapere una cosa?» domando, con un sorrisino
amabile stampato
in faccia.
So
già che dovrei tapparmi la bocca, perché
scatenare l’oltraggio di mia cugina
non è conveniente per nessuno, ma proprio non posso
sopportare quello che ha
detto. Perciò, se il suo scopo era farmi perdere la
pazienza, be’, ci è
riuscita alla perfezione.
«Si?»
mi incita, con un sorrisetto divertito. Ora mi è tutto
chiaro: la sta facendo
apposta, brutta baldracca.
«Sei
più inutile della carta igienica. Almeno quella serve per
pulirsi il culo.»
«Come,
prego?»
Ed
eccolo, l’oltraggio. Glielo leggo negli occhi, insieme
all’indignazione e alla
confusione. Proprio non capisce perché le sto dicendo questa
cosa. Non ci
arriva, perché è stupida di natura.
«Sto
dicendo che tu»
«Siamo
arrivati!» mi interrompe Niall, ancora una volta. Devo
proprio dirglielo, dopo,
che la deve piantare di tarparmi le ali. Io ho bisogno di esprimermi,
maledizione! E comunque Giorgia è mia cugina, ho tutto il
diritto di
insultarla, se se lo merita. E
si da il
caso, tra parentesi, che se lo meriti più di chiunque altro.
Perciò
osservo Niall in tralice, nella speranza che capisca che è
giunta l’ora che si
faccia una tazzina di affari suoi, ma lui mi ignora e scende dalla
macchina per
aiutare Giorgia e Erika con le valigie. Io me ne sto seduta, dato che
per
quanto mi riguarda spero solamente che Giorgia si rompa un dito, o un
braccio,
o qualunque cosa durante il trasporto.
Mentre
Niall fa avanti e indietro, mi sposto sul sedile davanti e mi allungo
comodamente, tanto per far capire a Giorgia che quello è il
mio posto e che lei
non me lo soffierà mai. A parte oggi, ma si è
trattato di un’eccezione.
E
comunque, ho cose più importanti a cui pensare. Tipo che
questa sarà la prima
sera che trascorrerò a casa di Niall. Vi sembrerà
incredibile, ma sono davvero
nervosa. Non tanto per Niall, al momento sono un po’
incazzata con lui, quanto
per Harry. Ha detto che dobbiamo parlare. Ma parlare di cosa? Non
può voler
insistere davvero su questa cosa che gli piaccio. Parliamoci chiaro:
è
impossibile.
Davvero.
E pensare che in genere non sono una disfattista, ma proprio non mi
capacito
del fatto che Harry potrebbe essere interessato ad una come me. Se
uscirà fuori
l’argomento, giuro che chiederò spiegazioni in
merito.
Però
lui l’ha detto, che gli piaccio. E perché dovrebbe
dirlo, se non fosse vero?
Certo, a meno che non si stia divertendo a prendermi in giro,
riuscendoci anche
alla perfezione.
Al
diavolo. Mi sento una menomata mentale. Possibile che un solo ragazzo
abbia il
potere di farmi delirare come una stupida? Se solo fossi un
po’ più masochista,
mi prenderei a schiaffi.
Niall
rientra in macchina qualche minuto dopo e, senza rivolgermi la parola,
avvia il
motore e si dirige verso casa sua.
Oh,
ma certo! Adesso fa pure l’incazzato. Come se la cugina
stronza fosse sua. Ma
si, difendiamo pure la povera, piccola e innocente Giorgia.
«Dovresti
smetterla di comportarti come una bambina.» dice, poco dopo.
Lo ignoro, perché
non ho voglia di mettermi a litigare anche con lui. A dispetto delle
apparenze,
sono una ragazza pacifica. Va bene, non proprio, però mi
dispiacerebbe litigare
con Niall.
«Non
rispondi nemmeno?» incalza, spazientito. Sbuffo, borbotto un
“lasciami in pace”
e mi volto verso il finestrino. Ecco, adesso mi viene anche da
piangere.
Vedete
cosa succede? È così tutte le volte. Ogni volta
che arriva Giorgia, tutti
sembrano dimenticarsi che la stronza è lei, non io. E,
magicamente, sono dalla
parte del torto. Lo sapevo, che sarebbe andata a finire
così. E non è giusto.
Da
Niall non me l’aspettavo, però.
Quando
parcheggia nel vialetto di casa sua, scendo dalla macchina e senza
spiccicare
nemmeno una parola mi avvio verso casa. La porta si apre prima ancora
che io
riesca a bussare e in un attimo Harry e Louis sono sulla soglia,
entrambi con
un sorriso divertito, che puntualmente scompare quando si rendono conto
della
mia espressione.
«Che
succede?» domanda Harry. La sfumatura preoccupata nella sua
voce non fa altro
che accrescere la mia voglia di piangere, così onde evitare
ulteriori figure di
merda, scuoto la testa e mi dirigo su per le scale, dove
c’è la camera degli
ospiti che Niall mi ha riservato.
Mi
chiudo dentro e poi mi butto sul letto. Affondo la faccia nel cuscino,
che
odora ancora di bucato, e sopprimo un grido isterico. Avrei davvero
voglia di
prendere a pugni qualcuno.
Forse
sbaglio. Forse mi sto comportando come una bambina capricciosa, ma
perché
nessuno sembra capire l’effetto che Giorgia ha su di me?
Non
dico che dovrebbero essere tutti dalla mia parte, perché
ovviamente ognuno ha
un modo diverso di vedere le cose, ma essere sgridata da Niall
– Niall, capite?
– mi fa sentire quasi umiliata. Sarà
perché lui prende sempre ogni cosa sul
ridere, ma saperlo infastidito per qualcosa che ho detto mi fa stare
male. E
non è giusto, perché io ho ragione. No?
Mi
raggomitolo su un fianco e raccolgo le gambe contro il petto. Non ho
più
nemmeno voglia di pensare. Poi qualcuno bussa alla porta. Una, due, tre
volte.
«Leighton,
apri.»
Oh,
ma certo. Ora il signorino Horan si mette anche a dare ordini. Ma
guarda un
po’. Mi giro dall’altro lato, infastidita. Se crede
davvero che farò quello che
dice, allora non mi conosce affatto.
«Possiamo
parlare?» domanda, allora.
«Non
ho niente da dirti.»
«Non
fare la bambina e apri.»
«Smamma,
Niall. Vai a parlare con Giorgia, visto che ti sta così
simpatica.» sibilo,
sull’orlo del pianto. Mi fa così male rendermi
conto che ha preso le sue difese
senza nemmeno tentennare.
Finalmente,
Niall si arrende e sento i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio.
Ecco,
bravo. Vai via.
In
più, come se non bastasse, ho anche fame perché
è ora di cena. Peccato che non
ho nessuna intenzione di scendere a mangiare con quel traditore. Non se
ne
parla proprio.
Piuttosto
muoio di fame o, più semplicemente, aspetterò che
tutti quanti se ne vadano a
letto, prima di scendere a spizzicare qualcosa.
E
se non mi passa questa voglia di piangere, giuro che mi incazzo.
«Mi
apri, per favore?»
Sbuffo,
quando riconosco la voce di Harry. Che fa, Niall? Manda
l’artiglieria pesante?
Solo perché ha intuito che Harry un po’ mi piace,
crede che scatterò al suo
comando?
«No.»
«Dai,
Leighton.»
«Ho
detto di no.»
«Devo
buttare giù la porta?» domanda, divertito. Mio
malgrado sorrido.
«Attento
a non slogarti la spalla, mi raccomando.»
«Apri.»
«No.»
«Sto
seduto qui fuori tutta la notte.»
«Non
hai proprio niente da fare, Harry? Che ne so, fondare il fan-club
“Giorgia for president”
insieme al tuo
amico Niall?» farfuglio, sul punto di scoppiare in lacrime.
«Apri,
Leighton…» mormora Harry, con dolcezza.
Maledizione, mi sto rammollendo.
Sospiro, poi mi trascino giù dal letto e faccio scattare la
serratura. Un
secondo dopo, Harry sta chiudendo la porta alle sue spalle. Torno a sedermi sul letto,
senza nemmeno
guardarlo. Mi sento il suo sguardo addosso e non mi piace affatto il
modo in
cui mi fa sentire. Come se, adesso che lui è qui, le cose
non fossero tanto
tragiche come apparivano fino a due minuti prima.
«Cos’è
successo?» domanda, tranquillo. Nel frattempo, si siede
accanto a me sul letto,
così vicino che sento il suo calore avvolgermi, ma
abbastanza lontano da non
sfiorarmi nemmeno. Con sorpresa, mi rendo conto che vorrei fosse
più vicino.
Magari per una volta potrei comportarmi in maniera spontanea. Solo per
questa
volta, mi riprometto.
E,
comunque, sia chiaro che lo faccio solo perché sono triste e
sconsolata.
Appoggio
la testa sulla spalla di Harry e mi accoccolo contro il suo fianco. Lui
sorride, poi mi circonda le spalle con un braccio e posa la sua testa
sulla
mia. La sua mano, intanto, comincia a descrivere degli strani cerchi
sul mio
braccio.
«Secondo
te, ha ragione Niall?»
«Non
so neanche perché avete discusso…»
«Ha
difeso Giorgia. Perché?»
farfuglio,
affondando il viso nell’incavo accogliente tra la spalla e il
collo di Harry,
che sospira.
«Cos’hai
detto a Giorgia?» chiede, col tono di chi già
sospetta che la risposta non sarà
delle migliori.
«Che
più inutile della carta igienica.»
«Perché,
la carta igienica è utile?» ribatte Harry.
«Be’,
almeno con quella ti ci puoi pulire il culo.»
Passa
un minuto, in cui Harry resta tragicamente in silenzio. Poi comincia a
ridere,
nemmeno avesse sentito la più divertente delle barzellette.
Che strano, questo
ragazzo. Io dicevo sul serio, quando parlavo
dell’inutilità di Giorgia. Non ci
trovo niente da ridere.
«Quando
hai finito, fai un fischio.» borbotto, risentita. Harry
prende qualche respiro
profondo, si passa una mano sullo zigomo per togliere una lacrima e si
ricompone. Ecco, ora è troppo serio, lo sapevo.
Perciò immagino subito che l’argomento
Giorgia sia stato superato e che la sua attenzione sia rivolta a
qualcosa di
più “interessante”, come la
conversazione avuta questo pomeriggio al telefono.
Poi,
siccome per natura sono abbastanza codarda, fingo uno sbadiglio.
«Scusa,
sono un po’ stanca. Potresti lasciarmi sola?»
«Non
funziona, Leighton.»
«Non
funziona cosa?» sii
furba, Leighton.
Tieni duro e fingiti stanca, vedrai che se ne và. Harry
inarca un sopracciglio,
ma non accenna ad alzarsi.
«Davvero,
Harry, avrei sonno.» come a confermare che le mie parole
rappresentano
assolutamente la verità, mi separo da quel mezzo abbraccio e
mi sdraio. Un altro
sbadiglio e qualche mugugno dovrebbero essere sufficienti.
«Buonanotte.»
«Leighton.»
«Oh,
cielo, ma come si è fatto tardi!» farfuglio, con
voce più acuta del solito.
Oh,
certo. Che attrice del cazzo. Molto convincente, sul serio.
Chiudo
anche gli occhi, ma quando li riapro per assicurarmi che Harry se ne
sia
andato, mi rendo conto che c’è qualcosa che non
và: Harry è in piedi e sta
frugando nel mio armadio.
«Ma
che fai?» gli chiedo, oltraggiata.
«Vedo
che il sonno ti è passato.» mormora, soddisfatto.
Mugugno uno “stronzo” che
sono sicura ha sentito, poi il mio cardigan bianco finisce sul letto,
ed Harry
si avvia fuori dalla stanza.
«Copriti,
andiamo a fare una passeggiata.» Ahi. Ed è qui,
che cominciano i dolori.
***
Here I am!
Avete visto? Questa
volta ho aggiornato prestissimissimo, più o meno. Comunque,
questo capitolo non è decisamente uno dei miei preferiti,
però non mi dispiace. C'è un pò
più di Harry, ecco u.u
Ma il prossimo...
aaaaah, prevedo un gran casino e un sacco di Harry. Ma tanto,
perciò, preparatevi.
Come avrete visto,
Giorgia è l'odiosità fatta a persona. E' una cosa
voluta, perchè mi diverte immaginare che esista qualcuno
così cretino. Mi è anche capitato di conoscere
ragazze al suo stesso livello, perciò non è
proprio così fantasiosa, ecco. Un pò esagerata,
si, ma non incredibile. Oddio, mi sono incartata.
Di Erika che ve ne
pare, invece? A me piace, per cui credo che le darò una
parte un pò più importante, ancora non so, devo
decidere!
Ho detto tutto,
credo.
Per chi volesse, su
Twitter mi trovate come @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 8 *** Colpa della pioggia. ***
Capitolo
8
“Colpa
della pioggia.”
Con
tutta la lentezza di cui sono capace – e, credetemi, sono un
vero asso
nell’essere lenta – indosso il cardigan e seguo
Harry giù per le scale.
È
già uscito, lasciando dietro di sé la porta
d’ingresso spalancata. Do
un’occhiata alla mia destra, verso il salotto, tanto per
controllare che Louis
stia bene e non si sia offeso per poco prima. Non si sa mai, qui sono
tutti
suscettibili.
«Dove
stai andando?» alzo gli occhi al cielo, infastidita. Ed ora
si può sapere Niall
che cosa cavolo vuole, ancora?
«Non
ti interessa.» rispondo, rigida. Niall sbuffa e mi afferra
per un braccio; la
sua presa è ferma, ma non tanto da farmi male. Mi divincolo
per un attimo, ma
quando è evidente che non mi lascerà andare, mi
fermo.
«Sto
uscendo con Harry. Posso, papà?»
Wow,
grondo sarcasmo da tutti i pori. Niall, che fino a questa mattina
avrebbe riso
se gli avessi detto qualcosa in questo tono, rimane tremendamente
serio.
«Ti
aspetto sveglio, quando torni voglio parlare con te.»
replica, senza nemmeno
l’accenno di un sorriso.
«Vuoi
sapere qual è la novità?» gli domando,
tirando uno strattone furioso con il
braccio. Quando sono libera dalla sua presa lo spintono lievemente
all’indietro. Sono così incazzata, per Dio!
«Tutti
volete parlare con me, ma non vi passa nemmeno lontanamente per la
testa che IO
NON VOGLIO PARLARE CON VOI!» sto praticamente urlando,
così anche Louis accorre
dalla cucina per vedere cosa sta succedendo. Spalanca gli occhi,
colpito,
quando si rende conto che sto piangendo. Un’altra volta.
Da
quando Niall, Harry e quell’altra piaga sono entrati nella
mia vita, sembra che
io non faccia altro che piangere. Ed è una cosa che mi fa
così arrabbiare...
non sono mai stata una marmocchia, una di quelle ragazzine che frignano
per
avere un po’ di attenzione. Io odio stare al centro
dell’attenzione. Ma qui
tutti vogliono parlare con me: Niall perché ho risposto male
a quella stronza,
Harry perché vuole costringermi ad ammettere un sentimento
per cui ancora non
sono pronta, quella baldracca italiana vuole solo umiliarmi. Ed io? Chi
ci
pensa a me? Nessuno.
«’Fanculo.»
sibilo, prima di voltare le spalle a Niall e Louis. Esco di casa in
tutta
fretta e, prima che me ne renda conto, sto correndo verso non so dove.
Cielo,
non ci credo neanche io. Sembro una di quelle patetiche protagoniste di
quei
film sdolcinati che, manco a dirlo, non sopporto. Non me ne frega di
niente,
penso solo al fatto che tutti mi sembrano contro di me e che non
è giusto.
Okay, pensatela pure come vi pare. Sarò patetica, esagerata,
sfigata, tutto ciò
che volete, ma io so di avere ragione.
Continuo
a correre per dieci minuti, diretta verso una meta sconosciuta. I miei
piedi
vanno da soli, come se fossero dotati di vita propria, come se avessero
una
loro volontà.
Sapete,
in tutta sincerità credo che i pianeti si siano allineati
contro di me. O forse
è solo il mio ascendente che è un gran bastardo,
oppure, in alternativa, la
colpa potrebbe essere del karma. Chissà, magari in una vita
precedente facevo
parte del Ku Klux Clan, o ero una mercenaria spietata, oppure ammazzavo
cuccioli di foca per farne pellicce, non lo so.
Però
non sono per niente sorpresa del fatto che abbia iniziato a piovere. E,
non so
se siete mai state a Mullingar, ma qui non si limita a qualche goccia.
Perché
oltre a Niall Horan, di stronzo c’è anche il
tempo.
E
comunque, visto che ho fatto trenta, tanto vale fare anche trentuno,
così
continuo a correre ma, un istante prima di svoltare l’angolo,
una mano afferra
il mio braccio e mi strattona all’indietro. Prima che abbia
il tempo di dire
“A”, Harry mi ha già spinto sotto una
tettoia, riparando entrambi dalla pioggia
scrosciante.
Mi
azzardo a guardarlo e, a giudicare dalla sua espressione, è
decisamente
furioso. È fradicio, proprio come lo sono io, e
l’acqua gocciola in grande
abbondanza dai suoi capelli. Non sono più nemmeno tanto
ricci, ormai. Stringo
il pugno, colta dall’improvvisa voglia di scostargli le
ciocche bagnate dalla
fronte.
Non
credo che avrò il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Cos’è,
una cazzo di prova di resistenza?» domanda, sarcastico. La
sua voce è ancora
più roca del solito ed è un po’ rotta
dal fiatone dovuto alla corsa. Spalanco
gli occhi, sorpresa: Harry Styles ha appena detto
“cazzo”. Ed è una cosa che mi
lascia di stucco, perché fino ad ora non l’avevo
mai sentito dire una
parolaccia.
Boccheggio
alla ricerca di qualcosa da dire, ma l’unica cosa che riesco
a fare è fissare
quasi incantata il colore strano che hanno assunto i suoi occhi.
Dev’essere
colpa di questa luce, ma non mi sono mai sembrati più belli.
Harry se ne
accorge e per un attimo la sua rabbia cede il posto alla…
cos’è? Tenerezza?
Malizia? Non capisco.
Poi
sospira.
«Smettila
di piangere, Leighton.» mormora, passandomi le mani sulle
guance. Chiudo gli
occhi, godendomi a pieno il suo tocco delicato, poi un brivido mi
percorre la
spina dorsale e subito dopo starnutisco. Harry ride.
«Arricci
il naso in un modo strano.» commenta, con
serenità. Arrossisco furiosamente e
sto per mandarlo al diavolo, ma un altro starnuto mi blocca.
«Merda.»
brontolo. Certo, ma prendetevela tutti con me: Niall, Giorgia, Harry,
il tempo,
Dio, le Parche. Qualcun altro? No, perché credo di essere a
posto per il resto
della mia misera esistenza.
«Tieni…»
Harry si sfila la felpa blu e me la porge. Inarco un sopracciglio,
osservando
con aria scettica l’acqua che gocciola dalle maniche. Poi
riguardo Harry, che
solleva le spalle come a dire “in effetti”.
«Oggi
sembri più schizofrenica del solito.» commenta
poi, sedendosi sul gradino. Se
volessi tirargli un calcio, sarebbe in una posizione ottimale: lo
colpirei in
faccia senza il minimo sforzo. Sbuffo, poi mi siedo accanto a lui e
incrocio le
braccia sotto il seno.
«Me
ne rendo conto.» rispondo, sincera. È vero, che
credete? Sono perfettamente
consapevole di assomigliare ad un’esaurita con qualche
problema esistenziale,
ma non è una cosa che posso controllare. Semplicemente, ho
delle emozioni anche
io. Il mio problema è gestirle in maniera normale.
«È
solo per Giorgia?» chiede Harry, serio come non mai. Ecco, lo
sapevo che prima
o poi sarebbe arrivato il momento di discutere di questa cosa. Sono
pronta per
farlo? Probabilmente no, così come non sono sicura di
riuscire a controllare
ciò che dirò.
«No.»
ribatto, senza nemmeno guardarlo in faccia. Non voglio parlare di
quello che
provo. Non voglio e basta, punto. Fine della storia.
«Cos’altro
c’è?» Harry mi solleva il viso con
delicatezza, costringendomi a guardarlo
negli occhi. Ho come l’impressione che riesca a leggermi nel
pensiero, che
sappia ciò che dirò prima ancora che io apra
bocca. Com’è possibile che mi
conosca così bene? Non sa niente di me, a parte quello che
io stessa gli ho
raccontato, eppure sembra che mi abbia inquadrata alla perfezione.
Vuoi
la sincerità, Harry Styles? D’accordo, eccoti
accontentato.
«Ci
sei tu, Harry.» lo fisso, tremendamente seria, prima di
lasciare andare tutte
quelle parole che sto trattenendo da quando l’ho incontrato
per la prima volta.
«Tu
mi confondi. Ed è una cosa che non mi piace,
perché io voglio tenere tutto sotto
controllo. Mi disorienti. Quando tu sei nei paraggi, quando mi parli,
quando mi
sfiori, io non capisco più niente. Niente, ti rendi conto?
Ed è una gran
cazzata, perché tu tra due schifosissime settimane te ne
andrai e troverai di
certo una più bella di me, più simpatica
– non che ci voglia molto, in effetti,
una più intelligente, che studia psicologia al
King’s College o dove cavolo ti
pare. Una che meriti le tue attenzioni.» farfuglio, confusa.
Non so nemmeno
cosa sto dicendo, accidenti. Vedete cosa intendo, quando dico che Harry
mi
confonde?
Harry,
da parte sua, si limita a stare in silenzio fino a che la pietosa prima
parte
del mio monologo è conclusa.
«Non
è detto che tra di noi non possa funzionare.»
commenta poi, lasciandomi una
carezza delicata sulla guancia. Per un solo, fantastico attimo la
tentazione di
arrendermi e di cedere al sentimento che provo per lui –
ormai è innegabile –
mi riempie il cervello. Poi, però, la realtà si
fa spazio ed io sono di nuovo
in piedi, con le mani tra i capelli e un mal di testa incredibile.
«Oh,
andiamo! Ma guardami! E guardati tu! Non funzionerebbe mai, Harry. Ed
io non
posso e non voglio innamorarmi di una persona che non va bene per
me.»
E
allora anche Harry si alza e mi si para davanti. Come al solito, sono
costretta
a sollevare il viso per poterlo guardare in faccia. Rabbrividisco,
quando mi
rendo conto di averlo fatto infuriare come non mai. Fa un passo in
avanti ed
io, di riflesso, ne compio uno indietro. Continuiamo così,
fino a che il muro
non blocca la mia ritirata. Mi guardo intorno in cerca di una via di
scampo.
«Niente
da fare, Leighton. Sei in trappola.»
«Io
non stavo…»
«Si,
invece! È quello che fai sempre! Scappi da tutti i problemi:
Niall è
arrabbiato? Corri via. Giorgia è a Mullingar? Ti trasferisci
da un’altra parte.
Ed io? Cosa dovrei dire io? Sto cercando in tutti i modi di farti
capire che a
te ci tengo, ma tu niente! No, perché la signorina
O’Connell non concede
opportunità a nessuno, vero? No, lei è troppo per
noi comuni mortali. Poveri,
stupidi illusi che credono di essere al suo stesso livello.
È così, vero? Cosa
credi, che un giorno arriverà il principe azzurro, ti
sposerà e vivrete tutti
felici e contenti? Svegliati, principessa. Non funziona
così. Ed io non ho
nessuna intenzione di stare dietro ad una ragazzina viziata che aspetta
solo
che il piatto le venga servito sotto il naso. Quando deciderai cosa
vuoi
davvero, fammi un fischio.» conclude, gelido, prima di
voltarmi le spalle e
allontanarsi.
Vorrei
urlargli di andarsene al diavolo, vorrei gridargli che non ha nessuno
diritto
di dirmi queste cose, che non sa niente di me, che è un
idiota di prima
categoria e che lo detesto. Ma sarebbero tutte bugie, perché
ha ragione. Su
tutto.
Dopo
aver preso un respiro profondo, mi ributto sotto la pioggia scrosciante
e me ne
torno a casa, con la coda tra le gambe. La testa mi scoppia e sento le
tempie
pulsare dolorosamente, ma in tutta sincerità non
m’importa. Vorrei solo poter
tornare indietro nel tempo, cancellare l’ultima
mezz’ora e dire ad Harry che l’unico
motivo per cui mi comporto come una ragazzina stupida è che
non so come gestire
quello che provo.
Perché
il modo in cui mi fa sentire, il modo in cui mi guarda, mi fa credere
di essere
speciale. Ed è impossibile, perché non sono mai
stata speciale per nessuno,
figurarsi se potrei mai esserlo per uno come lui.
Non
posso credere di essermi innamorata di Harry dopo solo due settimane
scarse. Sapete,
sono già passati nove giorni, da quando Harry è
arrivato a Mullingar. Ciò
significa che, più o meno, tra una settimana e mezza se ne
andrà. Vedete? Non c’è
verso che le cose possano funzionare, soprattutto adesso che io ho
rovinato
tutto. In ogni caso, decido che Harry si merita di più di
una mia bugia, così
non appena tornerò a casa gli parlerò e gli
chiederò scusa. Se lo merita.
La
porta di casa, fortunatamente, non è stata chiusa a chiave,
così riesco ad
entrare evitando anche l’umiliazione di farmi trovare bagnata
e arruffata come
un pulcino. C’è qualcosa di strano,
però, perché Niall sta gridando. E non
contro di me.
Si
può sapere che succede? Muovo qualche passo, cercando di
essere silenziosa, ma
il rumore delle scarpe bagnate contro il pavimento mi tradisce. Un
secondo dopo,
Louis si affaccia dal salotto, mi corre incontro e mi abbraccia.
«Stai
bene? Porca puttana, Leighton, si può sapere
dov’eri?» sbraita, senza mollare
la presa.
«Niall,
è qui! Molla il telefono!» urla poi. Dal salotto
non arriva più nessun rumore, dopodiché
i passi affrettati di Niall sono l’ultima cosa che sento,
prima che anche lui
cominci a farfugliare che “grazie a Dio sto bene.”
Stretta
ancora tra le braccia di Niall, che sembra essersi completamente
dimenticato di
essere in collera con me, mi rendo conto di una cosa: Harry non
c’è.
E
poi, perché dovrei essermi fatta male?
«Harry
dov’è? Devo parlare con lui.» domando,
facendo un passo verso le scale.
Niall
e Louis si scambiano uno sguardo strano, ed un brivido di puro terrore
mi sale
su per la spina dorsale.
«Dov’è
Harry?» domando di nuovo.
Niall
sospira, poi mi posa una mano sulla spalla e, con calma, mi risponde.
«È
in ospedale, ma sta bene.»
Una
fitta alla testa, un capogiro e mi cedono le gambe. In meno di un
secondo mi
ritrovo a terra. Allontano le mani di Louis e Niall con un gesto secco.
«Com’è
successo?»
«Stava
attraversando, una macchina ha slittato per la pioggia e non ha fatto
in tempo
a frenare.»
«L’ha
preso solo di striscio, Harry si è spostato.» si
affretta ad aggiungere Louis.
È
colpa mia. Se solo fossi rientrata con lui, o se l’avessi
trattenuto, ora Harry
non sarebbe in ospedale. Sono una persona orribile e per lui
è un bene stare
lontano da me, ora come non mai ne sono più che convinta.
«Sei
un po’ pallida, sei sicura di stare bene?» chiede
Niall, guardandomi
preoccupato. Annuisco, brusca. In realtà non sto affatto
bene, proprio per
niente. Credo di avere la febbre, ma non mi importa. Tutto
ciò che voglio, è
andare da Harry. E voglio farlo subito. Dopodiché gli
dirò la verità a tornerò
a casa. Sopporterò Giorgia, ma almeno mi toglierò
dalla testa l’unico ragazzo
di cui, probabilmente, mi innamorerò mai.
«Sto
benissimo. Mi accompagnate in ospedale?»
«Harry
sta bene, Leighton.» ribadisce.
«Mi
accompagnate o no?»
Non
me ne frega che Harry sta bene, io lo devo vedere. Adesso. Niall e
Louis alzano
gli occhi al cielo, in perfetta sincronia, poi Niall afferra le chiavi
della
macchina.
«Mettiti
qualcosa di asciutto, almeno.»
«Mi
asciugherò per strada. Andiamo?»
Dopo
un ultimo sbuffo spazientito, Louis e Niall escono di casa.
È
tutta colpa mia, penso, mentre Niall mette in moto il motore.
È tutta colpa mia.
***
Questo capitolo
è... non lo so neanche io. Giuro che non avevo pensato
all'incidente. Mi è uscita così, mentre lo
scrivevo. E so anche che potrebbe sembrare banale, me ne rendo
perfettamente conto. E mi dispiace. Cioè, non sono
propriamente soddisfatta del risultato. Proprio per niente.
Spero comunque
che non vi abbia deluso, perchè mi dispiacerebbe davvero.
Niente, i just
want to say a massive thank you per aver commentato lo scorso capitolo
e chiederevi scusa per non aver risposto!
Fatemi sapere che
ne pensate!
Much love,
Fede.
|
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Capitolo 9 *** Coerenza? No, grazie. ***
Capitolo
9
“Coerenza?
No, grazie.”
Mentre
Niall guida verso il St. Francis, ho ancora diverso tempo a
disposizione per
riflettere circa la mia situazione con Harry.
Alla
fine, la soluzione a cui giungo è una sola: non faccio per
lui. E non solo
perché sono un disastro ambulante quando si tratta di
intrattenere una
relazione con qualcuno, ma anche perché, evidentemente,
attiro la sfiga su chi
mi circonda. Per non parlare, poi, di quella che attiro su me stessa.
La cosa
comincia a diventare preoccupante, forse è davvero il caso
di farmi vedere da
qualcuno. Possibilmente molto bravo.
«Mi
dispiace per questo pomeriggio.» sostiene Niall, quando siamo
circa a metà
strada.
Aspetto
un po’, prima di rispondergli, perché sono ancora
indecisa: lo perdono, o
continuo a tenere il muso in eterno? Nel secondo caso credo che, a
lungo
andare, la cosa andrebbe a mio sfavore. Voglio dire, tengo troppo a
Niall, per
permettere a Giorgia di separarci.
Perciò
sospiro, poi annuisco.
«Non
fa niente.»
«Dico
davvero. Non so cosa mi sia preso. È che per un attimo mi
sei sembrata cattiva
e non ti ho riconosciuto, ecco…» farfuglia, in
difficoltà. Louis seduto sul
sedile anteriore, sbuffa.
«Avete
davvero litigato per questa cazzata?» domanda, voltandosi
verso Niall con
espressione incredula. Le guance dell’irlandese si chiazzano
immediatamente di
rosso e, mio malgrado, non posso fare a meno di intenerirmi.
Perciò
intervengo in sua difesa, perché nel momento esatto in cui
ha pronunciato la
parola “cattiva” ho capito che ha ragione.
«No,
ha ragione.» sostengo, infatti «Volevo che Giorgia
ci rimanesse male.»
Si,
volevo che per una volta capisse come mi sento io tutte le volte che mi
parla:
una merda.
Evidentemente,
però, il suo egocentrismo le fa anche da scudo contro
l’acidità e contro la
cattiveria. Quindi sarà il caso che io la smetta di cercare
un modo per
ferirla, perché tanto non funzione. D’accordo,
vada per l’indifferenza.
«Lasciala
stare, Leighton. Tanto sarai tu a starci male.» commenta
Niall, in tutta
tranquillità.
Annuisco,
poi porto le mani sulle tempie e comincio a massaggiare in circolo,
perché ho
un mal di testa che mi sta uccidendo. Ci voleva la febbre, per
concludere in
bellezza la serata.
Dico
io, non bastavano Giorgia – di fronte alla quale le piaghe
d’Egitto sembrano
una ricompensa -, il litigio con Niall, quello con Harry e il diluvio
universale. No, mi ci voleva anche la febbre. Grazie tante.
Nel
frattempo, Niall è entrato nel parcheggio
dell’ospedale. Gli do a malapena il
tempo di fermarsi, prima di buttarmi fuori dalla macchina e mettermi a
correre
verso l’entrata. Naturalmente continua a piovere,
così anche se ero riuscita un
po’ ad asciugarmi, mi ritrovo inzuppata un’altra
volta. Non che mi importi, perché
ora l’unica cosa a cui riesco a pensare è Harry.
Chissà
come sta, chissà cosa gli hanno detto i medici.
Chissà se mi odia, visto che
per colpa mia ha avuto un incidente.
Mi
accorgo a malapena delle occhiate stralunate che mi lanciano,
perché sono troppo
impegnata a dirigermi in tutta fretta verso il banco informazioni.
«Sto
cercando Harry Styles, è stato portato qui un’ora
fa. Ha avuto un incidente in
macchina ed io non so come sta e, oddio, è tutta colpa mia,
capisce?»
farfuglio, confusionaria.
L’infermiera,
una donna di circa cinquant’anni, mi sorride e alza la mano
sinistra facendomi
cenno di stare in silenzio per un attimo.
«Con
calma, cara. Come si chiama il tuo fidanzato?» domanda. Alla
parola fidanzato,
arrossisco furiosamente.
Oh,
certo, complimenti per la coerenza, Leighton.
«Harry
Styles.» rispondo, comunque. Lei annuisce, sorride con aria
materna e digita
qualcosa sulla tastiera.
«Stanza
376.»
«La
ringrazio.»
«Figurati,
cara. In fondo al corridoio, sulla destra.» mi comunica poi.
Mi sarei aspettata
come minimo che facesse commenti sul mio aspetto sicuramente schifoso,
ma si
limita a guardarmi andare via con un sorriso un po’
enigmatico. Probabilmente
si starà chiedendo quale tipo di problema ho.
Alla
fine del corridoio, ho come l’impressione che il cuore mi
stia scoppiando in
gola. Con quale faccia posso entrare dentro la stanza? Con che
coraggio, dopo
tutto quello che gli ho detto? Mi passo le mani tra i capelli,
arricciando le
punte con nervosismo, poi prendo un respiro profondo ed entro.
Harry
è perfettamente sveglio e perfettamente cosciente e, guarda
un po’, sembra
stare perfettamente bene.
Faccio
un passo in avanti, stralunata, mentre lui mi osserva con tanto
d’occhi. Be’,
che cavolo guarda? Mai visto una ragazza inzuppata in ospedale?
«Cosa
fai qui, Leighton?» domanda. Poi si alza in piedi e mi viene
incontro.
«Niente,
cosa vuoi che faccia? Razza d’idiota, mi hai fatto prendere
un infarto!» urlo,
mentre sento gli angoli degli occhi pizzicare fastidiosamente. Ecco,
brava,
mettiti a piangere!
«Guarda
che sto bene.» sorride, mettendo in mostra quelle fossette
diaboliche. Si
avvicina ancora, poi mi afferra per le spalle.
«Non
piangere. Sto benissimo, vedi?» ripete. Lo guardo un attimo
e, a parte la
stanchezza, sembra stare bene sul serio.
Istintivamente,
gli butto le braccia al collo e lo stringo forte. Cielo, per un attimo
ho
temuto davvero che si fosse fatto qualcosa di grave. Non me lo sarei
mai
perdonata.
Lo
sento sorridere tra i miei capelli, poi le sue braccia si avvolgono
intorno ai
miei fianchi.
«Stronzo.»
borbotto, affondando la faccia tra le pieghe della sua maglietta blu.
Harry
ride, poi si scosta e mi guarda con attenzione.
«Sei
pallida.» certo che sono pallida, ho la febbre. Ma questo
ovviamente Harry non
deve saperlo. Non dovrebbe preoccuparsi per me.
«Non
me ne frega, come hai fatto a farti male?»
«Non
mi sono fatto male, sto benissimo.» replica, convincente.
Poi
il medico entra in camera.
«Signor
Styles, le avevo raccomandato di stare a letto.» e, con
un’occhiataccia,
convince Harry a sdraiarsi di nuovo. Poi si accorge che ci sono
anch’io.
«Lei
dev’essere la famosa Leighton, giusto?» domanda.
Confusa, guardo Harry, che
solleva le spalle con un’espressione tanto innocente quanto
falsa.
Sbuffo.
«Si, purtroppo si.»
«Il
signor Styles mi ha parlato di lei, mentre faceva la
risonanza.» spettegolò,
con un sorriso divertito. Oh, ma si figuri. Mi pigli pure per il culo
tutto il
tempo necessario, c’è sempre posto per qualche
altro rompi scatole.
«Il
signor Styles dovrebbe imparare a tapparsi la bocca.»
replico, risentita.
Ridacchiano entrambi. Che delizioso quadretto: medico e paziente che
vanno
d’amore e d’accordo. Se non fosse che ho un mal di
testa atroce e i capogiri mi
unirei all’allegra combriccola con estremo piacere.
«Mi
ha detto che state insieme da poco.» continua Doc,
imperterrito. Ma dico io,
farsi i cavoli suoi?
«Non
stiamo insieme.»
Così
si fa, Leighton. Sii combattiva.
«Non
ancora.» afferma Harry, distendendo le gambe sul letto. Mi
rivolge un’occhiata maliziosa,
che mi fa ovviamente arrossire.
Come
se avesse intuito le mie intenzioni, Doc abbassa il capo per
controllare la
cartella clinica ed io ho il tempo di sollevare il dito medio in
direzione di
Harry che, nemmeno a dirlo, ride.
Sembra
tornato di buonumore, tutto all’improvviso. Perciò
la soluzione è una sola.
«Quant’era
forte, la botta che hai preso?» domando, stringendomi un
po’ nella maglione. Ho
un freddo esagerato, porca miseria.
«A
quanto risulta dalla TAC, è tutto a posto. Potremmo
dimetterlo subito, se lei
mi assicura che qualcuno lo terrà d’occhio almeno
per questa notte.»
«Si,
certo, ci penseranno Niall e Louis.» assicuro, seria. Doc
ride, poi afferma che
andrà a prendere il modulo per le dimissioni e, di nuovo, io
ed Harry rimaniamo
da soli.
«Io
voglio che ci pensi tu.» borbotta, mettendo un broncio che,
in cuor mio, non
posso fare altro che reputare adorabile.
«Ti
ricordo che nemmeno due ore fa, mi hai urlato di essere una principessa
viziata.»
«E
tu mi hai detto che non vuoi stare con me, eppure ti sei precipitata in
ospedale e sei scoppiata a piangere tra le mie braccia.
Perciò direi che
nessuno dei due è un granché attendibile,
no?» commenta.
Sbuffo,
seccata. Ha ragione, ma non posso mica dirglielo. Che ne sarebbe poi,
di tutti
i miei intenti di finire qui qualsiasi cosa ci sia tra noi due?
«Perché
devi essere così testardo?» mormoro, con lo
sguardo basso. Davvero, io ci provo
a resistere. Con tutta me stessa, perché mi rendo conto alla
perfezione che non
vado bene per lui, perché attiro sfiga, sono esaurita e ho,
in tutta
probabilità, qualche disturbo comportamentale e un grave
problema con la
coerenza e con le relazioni interpersonali.
«Io?
E tu invece?»
Non
mi sono accorta di averlo così vicino, fino a quando le sue
mani sfiorano i
miei fianchi. Allora sollevo lo sguardo e resto incantata.
Merda.
Come faccio anche solo a pensare di stargli lontana? È
impossibile. Dovrei
essere masochista e si dà il caso che non lo sono affatto.
Dopotutto, cosa ci
sarebbe di sbagliato, nel concedere a entrambi una
possibilità?
«Io…
io…» balbetto, in difficoltà. Al
diavolo, ma a chi voglio darla a bere? Voglio
baciarlo.
«Fallo.
Prima che lo faccia io.» sussurra Harry, con la voce ancora
più bassa nel
solito. Mi mordicchio le labbra, in difficoltà.
Cosa
faccio, adesso? Lo bacio, non lo bacio?
«Tempo
scaduto.» mormora Harry, prima di inchinarsi verso di me e
posare le sue labbra
sulle mie. E, nel momento esatto in cui sento di nuovo le farfalle
nello
stomaco, capisco che non c’è niente da fare. Sono
innamorata Harry, punto. Non
ci sono né Giorgia né distanza che tengano.
Voglio stare con lui.
È
incredibile come alla fine abbia ceduto anche io ad un sentimento che
credevo
sarebbe rimasto sempre anni luce lontano da me. E, ancora
più incredibile, è che
io l’abbia trovato in Harry.
Perché
lui è, fondamentalmente, il mio opposto. È
posato, tranquillo, affascinante.
Non dice parolacce, non s’incazza come una belva ed
è piuttosto diplomatico.
Non
centra assolutamente niente, con me. Eppure, quando sono con lui, ogni
cosa
sembra andare per il verso giusto.
«Non
mi tirerai uno schiaffo, vero?» ridacchia Harry, ancora sulle
mie labbra.
Scuoto la testa.
«No,
al momento mi fa troppo male la testa. Più tardi,
magari.» ribatto, lasciando
che mi abbracci.
Si,
lo so. Avevo detto un sacco di cose. Ma che volete farci? Credo che
Harry mi
piaccia troppo, per poter lasciar perdere. Sarò incoerente,
o tutto quello che
vi pare, ma è la pura e semplice verità.
Non
so se siete mai state innamorate, o se abbiate mai conosciuto qualcuno
come
Harry. Perché, se vi fosse successo, vi assicuro che nemmeno
voi vi sareste
arrese così facilmente.
Sono
sicura che Harry sta per proporre di chiamare il medico, ma
fortunatamente
Niall e Louis fanno irruzione nella stanza e bloccano sul nascere ogni
suo
tentativo di farmi ricoverare per un po’ di febbre.
«Come
và?» domanda Niall, osservando prima Harry, poi
me. Seguo il suo sguardo,
curiosa di sapere perché è così
sorpreso, poi mi accorgo che sono ancora
stretta ad Harry.
Lui
appare piuttosto tranquillo. Anzi,
tanto
per dare spettacolo, mi circonda le spalle con il braccio e mi stampa
un bacio
tra i capelli.
«Ma
davvero?» Louis scoppia a ridere, poi batte il cinque ad
Harry. Un po’
perplessa, guardo entrambi.
«Che
significa?»
«Significa
che finalmente la smetterà di assillarci giorno e
notte.» spiega brevemente
Niall, con un sorriso malefico che gli ho visto poche volte. Mi volto
repentinamente verso Harry, confusa.
«Assillarvi?»
«Si,
è da quando è arrivato a Mullingar che continua a
dire che prima o poi ti
avrebbe conquistata.»
Oh.
Questa davvero non so come interpretarla. Cosa significa che prima o
poi
sarebbe riuscito a conquistarmi? Non è quello che penso,
vero?
Harry
deve essersi accorto della mia faccia, perché si affretta a
spiegare, non prima
di aver rifilato un pugno sul braccio a Niall.
«Le
fate capire cose che non esistono.»
«Quel
conquistata che significa, allora?»
«Significa
che speravo ti saresti accorta di me, prima o poi. Possibile che tu sia
così
sospettosa? Te l’ho detto mille volte che mi piaci. Dovresti
cominciare a
fidarti.» sostiene, apertamente.
E,
il fatto che lo affermi con semplicità davanti a Louis e
Niall, non è altro se
non una conferma. Perché, ammettere così di
tenere a qualcuno non è semplice, a
meno che non si tratti della verità. Ed Harry non
è il tipo che parla tanto per
dare aria alla bocca.
Perciò
è davvero il caso che io mi decida a fidarmi di lui una
volta per tutti. Non
dovrebbe essere così complicato, no?
E
poi, non è detto che le cose debbano andare male per forza.
Non è detto che
Giorgia proverà in tutti i modi a portarmelo via, non
è detto che a Londra
troverà un’altra più interessante di
me. E non è detto nemmeno che prima o poi
la smetterò di pensare a certe boiate.
In
ogni caso, Doc entra qualche minuto dopo, reggendo in mano delle carte
che fa
firmare ad Harry. Prima di uscire, gli augura in bocca al lupo e mi
dice di
prendere delle aspirine per la febbre.
«Ma
come fa a saperlo?» domando, perplessa.
Insomma,
io non ho mica detto che avevo la febbre. Ho parlato solo del mal di
testa e
Doc non era neanche presente. Perciò guardo in tralice Niall
e Louis, che
sorridono con aria colpevole.
«Ce
l’ho già una madre, ragazzi.» gli
ricordo.
«Già,
ma a quanto pare hai bisogno dei baby-sitter.» mi rimprovera
Harry. Oh, cielo.
Ci si mette anche lui, adesso?
«Quante
storie, è solo un po’ di febbre. Almeno io non mi
sfascio la testa per strada.»
«Davvero?
Almeno io non mi metto a correre sotto al diluvio come una
sclerata.» mi
ricorda.
«Be’,
almeno io…» farfuglio, in cerca di qualcosa di
abbastanza acido da rispondere. Non
mi viene in mente niente, così boccheggio. Harry sorride, mi
stampa un bacio
sulle labbra e mi afferra per mano.
«Andiamo
a casa, sperando che qualcuno non voglia farsi un bagno in mezzo al
tornado.»
«Fanculo,
Styles.»
«Su,
tesoro, non mettere il broncio.»
«Piantala!»
gli urlo, rifilandogli una gomitata nello stomaco.
«Sono
convalescente, non dimenticarlo.»
Si,
certo. C’è solo una cosa che ancora non riesco a
dimenticare: mancano nove
giorni.
Ce l'ho fatta si.
E vi capirei se voleste uccidermi, perchè questo capitolo fa
cagare. Dico davvero. Perciò scusate se vi ho propinato
questa cacchina, giuro che il prossimo sarà migliore.
Ecco, volevo
ringraziare Ale perchè mi ha aiutato a sbloccarmi - anche se poi il risultato è quello che
è :( -
Well, non ho
niente da dire, oggi sono di poche parole!
Grazie mille alle
ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi mette la storia
tra le seguite-ricordate-preferite! Vi adoro <3
Fatemi sapere che
ne pensate di questo capitolo, se avete voglia. Sentitevi libere di
dirmi che fa schifo e perdonate eventuali errori :) Cioè,
segnalatemeli che correggo.
Much love, Fede ^^
Se volete, su
twitter sono @ftheonlyway
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Capitolo 10 *** Coltelli e raffreddori. ***
Capitolo
10
“Coltelli
e raffreddori.”
Il
mio telefono squilla a vuoto per quella che è, in tutta
probabilità, la
trecentesima volta. L’avevo infilato in tasca con il
silenzioso, nel caso in
cui avessi avuto bisogno di telefonare a qualcuno. Poi, ovviamente,
Harry ha
avuto l’incidente e il telefono è finito
all’ultimo posto nei miei pensieri
abbastanza incasinati. Per non parlare, poi, del fatto che la febbre mi
sta
praticamente friggendo quei pochi neuroni rimasti in vita.
Perciò,
ignoro nuovamente la vibrazione e mi accoccolo ancora di più
contro Harry,
ricadendo in quel piacevole torpore dettato dalla stanchezza e dalla
temperatura troppo alta. Lui si sposta con delicatezza per farmi
mettere un po’
più comoda, e con la mano sinistra comincia ad accarezzarmi
i capelli.
Ora
che ho accettato l’idea di poter avere una
possibilità, ogni contatto con lui
mi sembra una cosa nuova. Come se potessi davvero viverlo liberamente,
senza
alcuna costrizione o barriera che, io stessa, mi ero imposta fino a
qualche ora
prima.
Non
appena il mio telefono finisce di vibrare, quello di Louis attacca a
suonare,
con un volume spropositatamente alto, che mi fa scoppiare la testa.
«Vuoi
spegnere quell’aggeggio?» mugugno, infastidita.
Santo
cielo, ho freddo, mi fa male dappertutto e sto per entrare nella fase
della
lagna, perciò è meglio che mi lascino stare e che
evitino in tutti i modi di
infastidirmi. Potrei non rispondere più di me stessa.
Dopo
aver ridacchiato un “minchia, la febbre ti fa
male.” Louis risponde al
telefono.
«Certo,
Leighton è qui con me.» proclama, tranquillo.
Chiunque sia dall’altro capo del
telefono risponde, dopodiché Louis mi allunga il cellulare.
Con
un borbottio contrariato, lo afferro e lo mollo sopra
l’orecchio.
«Cosa
c’è?» farfuglio, stringendomi ancora di
più ad Harry.
La
voce di Bridget, acuta e allegra come al solito, mi trapana i timpani.
Storco
il naso, quando mi rendo conto di non aver capito un accidenti di
quello che ha
detto. Così prendo un respiro profondo e le chiedo di
ripetere.
«Ho detto che tua madre ti sta chiamando da
più di due ore!» urla, inferocita.
«Ma
che minchia ti gridi? Cazzo, Bridget, mi scoppia la testa.»
mi lamento,
infastidita. Perché non mi vogliono lasciare in pace?
È possibile che ci sia
sempre qualcosa che non và? Visto? Poi dite che io non
attiro la sfiga. Secondo
me, il destino sta solo cercando di farmi capire che dovrei rassegnarmi
ad
un’esistenza miserabile. Oppure è un modo
implicito per dirmi di chiudermi in
convento tra le monache di clausura: cosa potrebbe mai succedere,
lì?
«Stai male?» Bridget ha
abbassato
notevolmente il tono di voce, cosa di cui le sono enormemente grata.
«Febbre.»
spiego, brevemente.
«Ma tu
con la febbre diventi insopportabile!» protesta
Bridget, visibilmente contrariata.
Probabilmente le avrò rovinato qualche fantastico piano. Non
che al momento mi
interessi, vorrei solo dormire in santa pace per un po’, ma
non credo che mi
lascerà libera di farlo.
«Grazie
tante, zucchero.»
Sarcasmo.
E Niall ride, divertito.
«D’accordo, ho capito. Domani mattina
passo
da te e ne parliamo con calma.» bofonchia,
infastidita. «Ora ripassami Louis.»
ordina poi.
Oh,
ma certo. La signorina gentilezza è tornata tra noi.
«Si,
padrona.»
Dopo
aver consegnato il telefono a Louis, che riprende a parlare con la sua
simpatica fidanzata, sospiro e chiudo gli occhi.
«Sei
stanca?» mormora Harry al mio orecchio. Annuisco debolmente.
Certo che sono
stanca: chi non lo sarebbe al mio posto? Questa giornata è
stata così densa di
emozioni che è già tanto che ancora riesco a
tenere gli occhi aperti.
Non
ho nessuna intenzione di fare un riepilogo, perché sono
certa che impazzirei,
comunque sia, sono stremata. E tutto ciò che voglio,
è andare a casa e dormire
per almeno trentasei ore.
Perciò,
mentre Niall ed Harry cominciano a parlare, io scivolo nel sonno,
stretta tra
le braccia dell’unica persona con cui, al momento, mi sento
davvero a casa.
Perché
è questo, realizzo, un attimo prima che il mio cervello si
spenga, che Harry
rappresenta per me. Un porto sicuro. È l’unica
persona che, ne sono quasi del
tutto certa, non mi abbandonerà mai.
Quando
arriviamo a casa, Harry mi scuote lievemente per un braccio,
svegliandomi.
«Ancora
cinque minuti, mamma.» farfuglio, in totale confusione. Poi,
quando mi rendo
conto che Harry e mia madre non centrano assolutamente niente
l’uno con l’altra,
arrossisco.
«Che
razza di rincoglionita.» sbotto, stiracchiandomi leggermente.
Più
simile ad uno zombie che ad un normale essere umano, mi trascino su per
le scale
sorretta da Harry,
che sembra essersi
preso davvero a cuore la mia salute precaria.
Una
volta in camera, mi butto sul letto e, prima ancora che Harry abbia il
tempo di
passarmi il pigiama, sto già dormendo. Sento a malapena le
sue labbra che
sfiorano la mia tempia, dopodiché la porta viene chiusa con
delicatezza e io,
finalmente, sono libera di prendermi il mio tanto guadagnato riposo.
Trascorro
tutta la notte in un continuo dormi veglia, che sinceramente
è più stancante
che se fossi rimasta sveglia e basta e la mattina, finalmente, cado in
un sonno
profondo e senza sogni di alcun genere.
Fino
a che, disgraziatamente, Bridget decide di farmi visita.
Spalanca
la porta e, camminando su un paio di scarpe dal tacco alto –
è mai possibile
che non si metta un paio di Converse? – si dirige verso la
finestra e la
spalanca.
Oggi,
sorprendentemente, non piove. Anzi, in cielo splende un sole tiepido,
piacevole. Certo, dovevo immaginarmelo: ieri il diluvio, oggi il sole.
‘Fanculo, mai che le cose volgano a mio favore.
«Ben
svegliata, principessa!» cinguetta Bridget, lanciandosi sul
letto accanto a me
e schioccandomi un bacio sulla guancia.
«Sto
dormendo.» ringhio, nervosa. Dai, ho ancora mal di testa, non
pretenderà
davvero che abbia voglia di ascoltare qualsivoglia baggianata sia
uscita da
quel cervello?
«Si,
certo. È evidente. Dai, Lilly,
devo
assolutamente parlarti.»
Ed
è a sentire quel ridicolo soprannome, che la voglia di
dormire mi passa
completamente. Bridget, del tutto soddisfatta, attacca a blaterare a
raffica.
Inutile dire che non ci ho capito un accidenti, così le tiro
il cuscino in
faccia, cercando di zittirla.
Imbronciata,
si riaggiusta una ciocca di capelli sfuggita alla coda perfetta e mi
guarda in
tralice.
«Vuoi
sapere chi c’è di sotto?» chiede,
allegra.
«No.»
No,
non voglio saperlo, perché lo so già. Ci
sarà Giorgia, ovviamente.
Chi altro volete che ci sia?
«Sai,
mi è sembrato che Harry le piacesse parecchio.»
Dai,
che novità oltremodo sconvolgente. Chi l’avrebbe
mai detto che Harry le sarebbe
piaciuto? A Giorgia basta che respirino o che, in alternativa piacciano
a me.
Perché solo portandomi via le persone a cui tengo di
più, riuscirà a rendere
interessante la sua altrimenti insignificante esistenza.
«Brutta
bastarda.» soffio, nervosa. Be’, se crede che le
darò la soddisfazione di
scendere e fare una
scenata di gelosia
coi fiocchi, ha perfettamente ragione. Perché è
quello che farò tra esattamente
trenta secondi, ossia il tempo che mi serve per imboscare il mio
coltello nella
manica della felpa che indosso da ieri sera.
Okay,
magari diciamo che dieci minuti è un tempo migliore, almeno
posso infilarmi
qualcosa di pulito e di caldo. Ho un freddo terribile, per la miseria.
«Tu
prendi il coltello, io mi cambio.» ordino a Bridget, che
scoppia a ridere e
alza gli occhi al cielo.
«Sai,
con quella faccia non sembri in grado di far male nemmeno a una
mosca.» si
intromette una terza voce, quella di Harry.
È
appoggiato allo stipite della porta, tiene le braccia incrociate e un
sorriso a
metà tra il soddisfatto e il divertito gli attraversa il
volto.
«Ciao.»
mormoro. Oh, cielo. Sono felice di vederlo, davvero. Che
all’improvviso io mi
sia trasformata in una specie di ragazzina tutta pucci-pucci e tesorino
della
mamma?
«Dio,
qualcuno mi ammazzi prima.» sussurro subito dopo,
schiaffandomi una mano sulla
fronte. Chissà, forse se sbattessi la testa al muro, il mio
cervello
riprenderebbe a funzionare decentemente. Nah, impossibile.
«Che
dicevi a proposito di quel coltello?» domanda Bridget,
all’improvviso. Harry
inarca elegantemente un sopracciglio, poi si volta verso di me e,
ancora una
volta, appare profondamente divertito.
«Coltello?»
«Si,
per uccidere Giorgia. Dev’essere qui da qualche
parte…» replico, sollevando il
cuscino. Bridget comincia di nuovo a ridere, forse perché
l’espressione di
Harry appare vagamente terrorizzata o forse perché questa
mattina si è fumata
qualcosa di diverso dalle sue solite sigarette.
«Voi
avete qualche problema.» sostiene Harry, prima di
ridacchiare, scoccarmi una
delle sue solite occhiate penetranti e scendere di nuovo giù
dagli altri.
«Qualche non rende il concetto,
tesoro.»
gli urla dietro Bridget.
Poi
chiude la porta e mi fissa con aria seria.
«Cos’è
successo ieri?»
«Tanto
lo so che Louis ti ha già raccontato tutto. Cielo, quanto
è pettegolo quel
ragazzo.»
Nel
frattempo che Bridget mi racconta di come vanno le cose con Louis, mi
sfilo gli
indumenti sgualciti e indosso un paio di pantacollant neri, una felpa
azzurra e
le mie favolose ciabatte col pelo verde acido. Uno starnuto blocca a
metà il
discorso di Bridget. Le allungo un fazzoletto, con aria
compassionevole.
«Se
mi hai attaccato quest’influenza schifosa, giuro che ti
ammazzo.» si lamenta.
Poi,
non appena finisce la frase si blocca ed entrambe ci guardiamo con un
sorriso a
dir poco diabolico.
«Mi
sembra una buona idea.» annuisce, complice, prima di battermi
il cinque.
«Non
è solo buona. È ottima.» affermo,
mentre scendiamo di sotto con rinnovato buon
umore.
Preparati,
Giorgia. Perché potresti prenderti un brutto raffreddore.
Ricordate, ve l’avevo
detto che prima o poi sarebbe arrivato il mio momento.
Trattengo
una risata diabolica, perché in quel caso sono certa che mi
scambierebbero per
una psicopatica o per una posseduta dal demonio, ma quando arrivo in
salotto e
vedo Giorgia seduta sul divano con le gambe maliziosamente accavallate
devo
trattenere tutto il disprezzo e relegarlo in un angolo. Per ora, che la
prima
fase del piano abbia inizio.
«Gli
avete detto che ho la febbre?» sussurro
all’orecchio di Bridget, che scuote il
capo negativamente.
«No,
però muoviti, perché si vede che non stai
bene.» mi ricorda. Così sorrido, poi
mi fiondo tra le braccia di mia cugina e le stampo un bacio sulla
guancia.
«Mi
dispiace per quello che ti ho detto ieri.» cinguetto, falsa
come Giuda. Lei
annuisce, un po’ inebetita da questo slancio
d’affetto.
«D’accordo,
tesoro. Però ti dispiacerebbe scendere? Pesi
troppo.»
Razza
di vipera infame, bastarda, senza cuore, spero proprio che oltre alla
febbre ti
venga anche un attacco di dissenteria acuta, o qualcosa del genere, in
modo che
tu te ne stia a letto per le prossime settimane, è quello
che vorrei dirle.
«Certo,
scusami tanto.» è quello che dico invece, con un
sorrisino adorabile. Un altro
bacio sulla guancia, poi, quando mi alzo e sono a pochi centimetri
dalla sua
faccia, un bel colpo di tosse. Guarda caso, è stato
così improvviso che non
sono riuscita a coprire la bocca con la mano.
«Che
schifo, Leighton. Oddio, ma è disgustoso. Vado a casa a
cambiarmi, Erika, tu
aspettami qui.»
Andate,
miei piccoli germi e spargetevi nel corpo di quella stronza.
Quando
sento la porta di casa sbattere, mi passo una mano tra i capelli e, con
aria
estremamente soddisfatta, mi butto sul divano.
«Ops.»
faccio spallucce, con aria angelica, ma subito dopo la risata dei
presenti
impedisce alla mia farsa di andare avanti. Con mia incredibile
sorpresa, la
risata più rumorosa è quella di Erika, che mi
guarda con rinnovata simpatia.
«Tu
sei il mio mito.» mi dice, con un sorriso gioioso che la fa
sembrare ancora più
bella. E non sono l’unica ad averlo notato, visto che Niall,
per la prima volta
da quando lo conosco, si è incantato a fissare un altro
essere umano. E,
credetemi, è un evento più unico che raro, visto
che gli succede solo quando si
trova di fronte ad un piatto particolarmente succulento.
Oddio,
detto così sembra che Erika sia una grassa costoletta
d’agnello, ma il concetto
si è capito, no?
Pochi
secondi dopo, Harry si siede accanto a me sul divano, mi circonda le
spalle con
un braccio e mi lascia un bacio sulle labbra.
«Ti
prenderai il raffreddore anche tu.» dico, con le guance
arrossate e, questa
volta, non per la febbre.
«Quindi
devo dedurre che tutto il tuo affetto per Giorgia non fosse
così sincero.»
afferma, mentre i suoi occhi brillano di divertimento. Quanto mi
piacciono i
suoi occhi, ve l’ho già detto?
«Be’,
ammetterai anche tu che è meglio del coltello.»
controbatto, divertita.
Harry
ride, alza gli occhi al cielo, poi si alza dal divano.
«Vado
a prenderti una tachipirina, scotti.» un altro bacio e si
dirige in bagno, dove
Niall tiene tutti i medicinali.
È
solo dopo che si è allontanato, che mi rendo conto del
silenzio innaturale che
regna per tutto il salotto.
«Che
c’è?» sbotto, infastidita. Non hanno mai
visto due ragazzi che si baciano?
Louis e Bridget lo fanno ogni diciassette secondi – li ho
cronometrati – e
nessuno ha mai fatto scena.
«Harry
ti ha baciato.» comincia Bridget. «Ed è
ancora vivo!» esclama poi, al colmo
della felicità. Cavolo, a certa gente basta così
poco per essere felice.
«Non
rompere.» bercio, imbarazzata. Sto per rispondere, quando
Harry torna con due
pastiglie sul palmo della mano sinistra e un bicchiere
d’acqua nella destra.
«Che
succede?» domanda, porgendomi prima il bicchiere e poi le
pastiglie. Dopo averle
ingerite, gli lancio un’occhiata imbarazzata.
«Succede
che qua nessuno è bravo a farsi gli affari suoi.»
sibilo, incrociando le
braccia al petto. Harry ridacchia, poi mi accarezza i capelli e mi
strizza una
guancia.
«È
che sembri felice, per una volta.» risponde Bridget. Mio
malgrado, nonostante
cerchi di portare avanti la parte dell’insensibile, mi
ritrovo a sorridere. Ed
è un sorriso così sereno e sincero che anche io
mi stupisco di me stessa.
Poi,
la frase di Erika spazza via il mio buonumore come il vento con un
castello di
carte.
«Domani,
durante la cena dai tuoi, Giorgia ci
proverà con Harry. Ti conviene stare attenta.»
***
Ciao,
fanciulle :) Come state?
In
realtà, avrei voluto postare questa sera, ma siccome Jas non
ha voglia di fare il tema, l'aiuto a perdere tempo. Sono brava, eh?
Comunque, che ve
ne pare? A me personalmente non dispiace - incredibile, ma vero - anche
se non è che ci sia tutto questo pucci pucci tra Leighton ed
Harry.
Va bè,
in compenso, le cose si stanno evolvendo maggiormente. Adesso volevo
dirvi una cosa che probabilmente vi farà disperare (certo,
come no.)
La storia
è quasi finita: credo che manchino al massimo sei capitoli -
a seconda dell'ispirazione - perciò ci siamo. Ehi, io
l'avevo detto all'inizio, che non sarebbe stata lunga u.u
Be', ho detto
tutto. Mi raccomando, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate del
capitolo e vi ringrazio per aver recensito lo scorso!
Quindi, please,
ditemi che ve ne pare.
Vi adoro,
Fede
<3
|
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Capitolo 11 *** Zombie, preoccupazioni e promesse. ***
Capitolo
11
“Zombie,
preoccupazioni e promesse.”
A mia madre è
sempre piaciuto stare in
compagnia. Nonostante sia una donna apparentemente altera, adora avere
gente
intorno. Per questo motivo, qualche volta, organizza delle cene alle
quali
invita parenti ed amici più stretti.
In
questo caso, visto che si presenta un’occasione speciale
– anche se io non
definirei speciale
l’arrivo di
Giorgia. Direi più apocalittico – ha deciso di
fare le cose in grande.
Perciò,
considerato che siamo a maggio inoltrato, ha allestito una grande
tavolata nel
giardino dietro casa ed ha acceso il barbecue, ritrovando di nuovo la
sua
passione per le grigliate.
Se
dipendesse da me, eviterei proprio di presenziare, visto che la febbre
ancora
non mi è passata del tutto – ora oscilla tra i
trentasette e i trentotto – e,
considerato quanto affermato da Erika, non sarebbe affatto una cattiva
idea.
Potrei stare a casa, avvolta nelle mie belle coperte, a poltrire tutto
il
giorno.
E
invece no, perché Bridget ha deciso che daremo battaglia.
Perciò questo
pomeriggio si è presentata con un beauty case di dimensioni
incredibili e con
metà del suo guardaroba appresso.
«Sai
cosa facciamo adesso?»chiede, con un’espressione
vagamente inquietante. Da
parte mia, la guardo con reverenza e con una massiccia dose di terrore
e mi
limito a fare un cenno negativo con la testa.
«Adesso.»
riprende Bridget «Trasformerò te ed Erika
– a proposito, non è ancora arrivata?
– in due bombe del sesso. Giorgia, al vostro confronto,
sembrerà un travestito
in tournee. E
questa, mia cara amica, è
la seconda parte del piano.»
«Ce
n’è anche una terza?» domando, senza
essere certa di voler conoscere la risposta.
Bridget
sorride con aria misteriosa. «Si, ma è una
sorpresa.»
«Io
odio le sorprese.» le ricordo.
«Questa
ti piacerà.» mi zittisce, cominciando ad estrarre
da un borsone rosso corallo
una piastra per i boccoli e una per allisciare.
Nel
frattempo, Erika è arrivata. Si affaccia timidamente alla
camera, reggendo in
mano un sacchetto di tela verde acqua.
«Ciao,
ragazze.» saluta, con le guance un po’ rosse.
«Entra
pure, non stare lì impalata.» le sorrido, sincera.
Erika mi piace. Primo perché
non si è dimostrata stronza quanto mia cugina, secondo
perché piace a Niall. E,
se piace a Niall, piace anche a me. Semplice, no?
Un
po’ più rilassata, Erika si accomoda accanto a me
sul letto.
«Come
stai oggi? Mi sembri un po’ più in
forma.» domanda, cortese.
Le
sorrido di nuovo. Vedete cosa intendo? È impossibile non
farsela piacere.
«Meglio,
grazie. E Giorgia?»
Erika
sghignazza. «Ha il naso rosso e starnutisce ogni due
secondi.» poi scoppia a
ridere.
«Come
mi dispiace.» affermiamo io e Bridget, in perfetto sincrono.
Be’,
forse non è poi così vero che sono sfigata. Sono
riuscita ad attaccare il
raffreddore a Giorgia con due semplici baci sulla guancia. Ah, lo
sapevo che i
miei germi erano bastardi! Perciò, direi proprio che
è il caso di ringraziare
la pioggia.
Mentre
Bridget traffica intorno a Erika con la piastra per i boccoli, ho tutto
il
tempo per bombardarla di domande. È da quando l’ho
conosciuta, che voglio
sapere cosa ha a che fare con Giorgia. Perché proprio non mi
capacito del fatto
che possa esserle amica.
«Erika,
senti, ma tu cosa centri con Giorgia?» domando, quindi. Erika
mi sorride
debolmente.
«Be’,
mia madre e sua madre sono molto amiche, così hanno pensato
che sarebbe stato
bene, per me, uscire un po’ di più.»
«In
che senso?» cioè, che vuol dire uscire un
po’ di più?
«Non
sono esattamente l’anima della festa. Preferisco un buon
libro alla discoteca e
una serata con un’amica ad una notte di fuoco,
ecco.» spiega, mentre le guance
le si colorano lievemente di rosso.
«Sono
d’accordo.» affermo, tranquilla. Bridget sbuffa,
tirando la piastra verso il
basso. Quando molla, un boccolo perfetto ricade sulla spalla di Erika.
«Che
c’è?» chiedo, rivolta a Bridget. Lo so
già, che non è d’accordo con quello che
abbiamo detto, così come so che non vede l’ora di
farci sapere cosa pensa.
«C’è
che non capite niente, ragazze. Volete mettere la compagnia di
un’amica con
quella di un bel ragazzo? Su, capitemi…» ammicca,
divertita, poi torna seria.
«Ma
cosa centra, questo!» protesto, intanto.
«Centra
che se continui a restare per i cazzi tuoi diventerai una zitella
frigida e
vivrai con trenta gatti, da sola, in uno squallido
monolocale.»
Inarco
un sopracciglio, indecisa se offendermi o se scoppiare a ridere, poi
decido che
ridere è senza ombra di dubbio la scelta migliore.
«’Fanculo,
Bridget. Be’, io vado a prendere qualcosa da bere. Che vi
porto?»
Dopo
aver preso le ordinazioni, sentendomi tra le altre cose molto simile ad
una
cameriera, scendo al piano di sotto, sperando di incontrare Harry. Ho
davvero
bisogno di un suo abbraccio. Si,
lo so,
non è da me essere così sdolcinata, ma la febbre
mi fa questo effetto.
Quando
sto per entrare in cucina, la voce di Harry mi interrompe. Sta parlando
al
telefono in tono piuttosto concitato. Per un attimo, la
curiosità prende il
sopravvento, ma subito dopo penso a quanto lui sia stato corretto con
me e
l’idea di origliare la conversazione mi sembra tanto
sbagliata che mi vergogno
di averci anche solo pensato.
Me
ne vado in salotto e mi butto sul divano accanto a Louis, che sembra
tutto
impegnato ad ammazzare uno zombie (o almeno, è quello che
sembra), mentre
Niall, seduto dall’altro lato, gli copre le spalle con una
mitragliatrice che
fa un casino esagerato.
Un
po’ costernata, rimango a guardarli, mentre urlano insulti
che non è il caso di
riportare e si accaniscono contro quei poveri joystick che non hanno
alcuna
colpa.
Harry
esce dalla cucina qualche secondo dopo. Mi guarda, un po’
confuso,
probabilmente perché era convinto che sarei rimasta
segregata con Bridget ed
Erika per tutto il giorno.
Si
sporge in avanti per lasciarmi un bacio sulla labbra, poi mi sorride.
«Che
fai qui?»
«Cerco
di capire perché Niall non spara allo zombie che sta per
staccare la testa a
Louis. Ah, ecco, appunto.» Harry ride, mentre sia Niall che
Louis si girano a
guardarmi con espressione stralunata. Certo, magari è anche
colpa mia se hanno
perso come due principianti. Faccio spallucce e mi accoccolo contro il
fianco
di Harry, che nel frattempo si è seduto.
«Ma
se stasera andassimo tutti al cinema?» propongo, accorata.
Sempre meglio che
sorbirmi una serata intera con Giorgia. Oh, cazzo, se mia madre avesse
invitato
anche mio padre? No, non credo. Che ne è stato del caro,
vecchio odio tra ex?
No, non ci sarà nessun padre indesiderato.
«E
la cena?» chiede Niall.
«Possiamo
mangiare qualcosa fuori…»
«Leighton,
tua madre ci tiene.»
«Ma
io sono ancora convalescente! Ho la febbre alta e mi gira la testa, e
mi viene
da vomitare e mi tremano le gambe. Giorgia sarebbe il colpo di
grazia!»
«Fai
la brava, per cortesia.» mi ammonisce anche Louis, con un
sorriso divertito.
Incrocio
le braccia, stizzita. Io non ci voglio andare. E se Giorgia non stesse
troppo
male? E se provasse davvero a portarmi via Harry? In automatico, gli
prendo la
mano.
Mi
guarda confuso, e nei suoi occhi leggo la muta domanda del
perché mi stia
comportando come una sottospecie di squinternata con sbalzi emozionali
non
indifferenti.
«Andiamo
a fare una passeggiata, ti và?» mi propone,
alzandosi e porgendomi la mano per
tirarmi su a mia volta.
«Non
pensarci neanche.»
Bridget
è comparsa sul pianerottolo, brandendo una spazzola come se
fosse una katana.
Osserva minacciosamente sia me che Harry. Inarco un sopracciglio,
incredula.
«Tu
hai qualche problema.»
«Si,
be’, anche tu non scherzi mica. Ora andiamo, tra tre ore
dobbiamo essere a casa
dei tuoi.» mi afferra per un braccio e, senza nemmeno
ascoltare le mie
proteste, mi trascina su per le scale.
Una
volta in camera, chiude la porta a chiave e si infila
quest’ultima nella tasca
dei jeans attillati.
«Meno
male che preferivi la compagnia di un’amica.»
celia, ironica. Erika ridacchia.
La osservo per un attimo, prima di strabuzzare gli occhi.
«Ma
stai benissimo!»
I
capelli, prima lisci, le ricadono in eleganti boccoli su tutta la
schiena.
Arrossisce, imbarazzata e farfuglia qualche ringraziamento.
«Ancora
è niente, vedrai quando avrò finito.»
Bridget mi fa cenno di sedermi davanti a
lei e, dopo un secondo, comincia ad armeggiare con la piastra.
Mi
disconnetto per un po’, lasciando vagare i miei pensieri in
qualcosa di più
importante della serata di questa sera.
Harry.
Mancano otto giorni, ormai, prima che torni a Londra. Ovviamente lo
sapevo già
che sarebbe dovuto ripartire, ma non pensavo che il solo pensiero mi
avrebbe
fatto così male.
Non
voglio più stare senza di lui. In un tempo così
sorprendentemente breve, è
diventato importante per me.
E
l’idea che mi lasci da sola, in balia di Bridget, mi
rattrista parecchio.
A
proposito di Bridget, anche Louis deve tornare a Londra,
perché lei non ne sembra
per niente dispiaciuta? Voglio dire, lo so che è
più tipa da una botta e via
perché, come mi ha sempre ripetuto, “il fascino
dello stare con uno sconosciuto
è qualcosa di impagabile”, ma da quando sta con
Louis sembra diversa. Sembra
seria e per niente zoccola. Perciò le soluzioni sono due: o
hanno messo le cose
in chiaro da subito – ossia che si sarebbero tenuti
compagnia solo per queste tre settimane – o a lei
non frega
niente di lui e viceversa.
A
me però importa di Harry. Ma cosa posso fare? Ho anche
pensato di andare a
Londra, ma cosa farei, dove vivrei?
La
colpa, ovviamente, è di mia sorella Giselle. Io
l’avevo detto che non doveva
sposarsi! Perché se non si fosse sposata, Harry non sarebbe
venuto a Mullingar.
E se Harry non fosse venuto a Mullingar, io non mi sarei innamorata di
lui.
Visto? L’ho detto io, che il matrimonio è una gran
stronzata.
Bridget
sembra accorgersi che sono lievemente caduta nel panico,
perché interrompe il
suo lavoro di provetta acconciatrice e mi rivolge un’occhiata
preoccupata.
«Tesoro,
è tutto okay?» annuisco mestamente, poi mi sforzo
di farle un sorriso, anche se
in realtà mi viene da piangere e l’unica persona
che potrebbe farmi stare
meglio è Harry.
Però
non posso andare da lui e dirgli che sto finendo in paranoia
perché so che deve
partire. Avevamo deciso che ci avremmo provato e lo stiamo facendo. Ed
io non
voglio arrendermi solo perché, a livello di relazione, sono
matura come un nano
da giardino.
«Si,
ho solo un po’ di mal di testa.» mi giustifico,
cercando di essere convincente.
Bridget
annuisce, ma non sembra proprio che se la sia bevuta.
Erika
idem, con la differenza che si sforza di portare avanti una
conversazione
allegra e decisamente spensierata. Devo ricordarmi di ringraziarla,
perché è
merito suo se sono riuscita a distrarmi per tutto il tempo necessario a
Bridget
di acconciarmi come una principessa.
Passo
l’ultima mezz’ora a ripetere a Bridget che non mi
metterò mai e poi mai i
tacchi alti, sia perché ho un equilibrio che dire precario
è dire poco e sia perché
mi fanno male i piedi solo al pensiero. Anzi, è
già tanto che ho rinunciato ai
miei jeans per un vestito celeste lungo fino al ginocchio.
Più di quello non
posso mettere, anche perché ho freddo.
In
compenso, le ho garantito che non mi struccherò e che
farò la persona fine ed
educata.
Una
volta pronta, lascio lei e Erika in camera a finire di prepararsi e
scendo al
piano di sotto.
Quando
si accorgono che sono io, quella tutta agghindata, i ragazzi sgranano
gli
occhi. Poi Louis comincia a ridere. «Bridget, eh?»
domanda, col tono di chi
conosce già la risposta.
Alzo
gli occhi al cielo e annuisco. «Bridget.»
Harry
si avvicina, mi rivolge un grande sorriso e mi lascia un bacio sulla
guancia.
«Allora,
me la concedi questa passeggiata?» domanda.
Annuisco,
serena.
«Ci
vediamo a casa dei miei, ragazzi. Niall, assicurati che Erika arrivi
sana e
salva.» celio, con un sorrisino innocente.
Niall
arrossisce, borbotta qualcosa di incomprensibile e riprende a giocare
alla play
station, ignorandomi.
Harry
ride e mi prende per mano, afferra la copia delle chiavi di casa e poi,
insieme, usciamo.
«Spero
che tu non ti sia vestita così solo per me.» dice,
poco dopo.
Be’,
che significa? Se anche fosse? Voglio dire, è
così stupido pensare di essere
più carine per piacere a qualcuno? E poi cosa vuole dire,
che sono ancora più
brutta del solito?
«Non
hai capito.» dice Harry, serafico e rilassato come suo solito.
«Sei
bellissima, ovviamente, ma non vorrei che ti sentissi a disagio solo
perché credi
di dover dimostrare qualcosa. Ti ho vista in pigiama e ti ho trovata
meravigliosa, non c’è pericolo che Giorgia attiri
la mia attenzione in nessun
modo. Non la vedo neanche.» rivela.
Con
le lacrime agli occhi, annuisco. Visto? Come posso anche solo pensare
che stare
con Harry non valga la pena? Lui è… non lo so
neanche spiegare. Come posso
spiegare cosa significa trovare una persona che ti fa sentire bene ogni
volta
che ti parla?
«Harry…»
mormoro, bloccando la sua camminata. Si volta a guardarmi, con un
sorriso dolce
e in un attimo mi ritrovo tra le sue braccia. Mi accarezza la guancia e
si
abbassa per baciarmi.
«Ti
ricordi quando ti ho detto che come psicologo fai schifo?»
gli domando poco
dopo, mentre camminiamo verso casa. Siamo quasi arrivati, mancano solo
un
centinaio di metri, forse meno.
«Ricordo
tutto quello che dici, Leighton.»
«Davvero?»
«Certo.»
«Spero
di non aver detto troppe minchiate, allora. In ogni caso, non
è vero che come
psicologo fai schifo.»
Ride,
prima di lasciarmi un lieve bacio sulle labbra e alzare gli occhi al
cielo.
«Mi
mancherai da matti, quando tornerò a Londra.» dice.
Un
secondo dopo, si accorge di quello che si è lasciato
sfuggire e si volta a
guardarmi preoccupato.
Sorridi,
mi dico. Sorridi, perché non è giusto che si
accorga che stai male.
Ma
l’ha già capito, naturalmente, perché
Harry sembra leggermi come un libro
aperto. Si ferma, mi blocca il viso con entrambe le mani e mi guarda,
tremendamente serio.
«Ti
ho detto che non ti avrei abbandonata, e non lo farò. Devi
fidarti di me.»
sostiene, serio. annuisco, sentendo gli angoli degli occhi pizzicare
fastidiosamente.
«Io
mi fido, ma…»
«Te
lo prometto, Leighton.» ripete. Un altro bacio sulle labbra,
poi riprende a
camminare, in silenzio.
Ora
mi sento un po’ più tranquilla, perché
Harry non è uno che parla tanto per dare
fiato alle corde vocali. Sa quello che dice. E se dice che non mi
lascerà, io
gli credo.
***
Bene, fanciulle,
ci siamo!
Con un
pò di ritardo, ma sempre meglio tardi che mai, no? Che dire,
questo capitolo è transitorio, direi. Cioè, non
proprio perchè c'è la promessa di Harry - a
proposito, stanotte l'ho sognato, secondo me sto impazzendo - ma
è di passaggio. Nel prossimo ci sarà la cena e
poi direi che stiamo arrivando alla fine. Non so quanti capitoli
mancano, ancora, ma indicativamente credo massimo cinque. Non lo so,
dipende dall'ispirazione, ecco.
Boh, non riesco
mai a fare storie con settordici mila capitoli. AHAHAH.
Niente, ringrazio
di cuore le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, spero che
anche questo vi piaccia e non vi deluda, mi dispiacerebbe davvero ^^
In
più, invito a recensire anche voi lettrici silenziose.
Sarebbe importante, per me, avere anche un vostro parere :)
Perciò fatevi coraggio, dai!
Niente, ho finito.
Vi adoro,
Fede. <3
|
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Capitolo 12 *** L'ultima possibilità. ***
Capitolo
12
“L’ultima
possibilità.”
Un
attimo prima di entrare in casa, mi rendo conto di una cosa piuttosto
sconvolgente:
sto per presentare Harry come mio fidanzato. Ed è in
assoluto traumatizzante
perché, credetemi, io non ho mai fatto entrare nessun
ragazzo in casa. Nemmeno
un amico. Perciò l’idea di farmi vedere da mamma
mano nella mano con lui, mi
mette in agitazione.
Non
mi vergogno, sia chiaro. Chi è che si vergognerebbe di
Harry? Anzi, potrei
quasi vantarmi di averlo accalappiato. Potrei entrare, con incredibile
disinvoltura e dire: “Lo vedete
questo
gran figo? È il mio ragazzo. Ed è perfetto, oltre
che mio. Ah, l’ho detto che è
il mio ragazzo? Si, esatto. È. Il. Mio. Ragazzo. Capito?
Tutto mio.”
Potrei
anche farlo, in effetti, se solo non avessi il dubbio di catalizzare
ancora di
più l’attenzione di Giorgia su di lui. E non mi
piace neanche l’idea di essere così
possessiva, ma che volete farci? L’amore e la febbre mi hanno
dato alla testa.
«Come
devo presentarmi?» chiede Harry, sussurrando al mio orecchio.
E, per la prima
volta da quando lo conosco, mi sembra un po’ nervoso. Poco,
ovviamente. Anche
quando è agitato, ha una classe e un aplomb assolutamente
invidiabili.
«Come
Giordano Bruno, grande filosofo.» rispondo, sbattendo le
ciglia con aria
fintamente civettuola. Harry ride, poi alza gli occhi al cielo.
«Sei
impossibile.»
«Grazie,
lo so.» che c’è, essere impossibile
è un gran complimento, secondo me. Chissà
come dev’essere, essere sempre perfette, simpatiche e a modo.
Di sicuro una
gran noia. Voglio dire, sai che pizza rispondere sempre bene, sorridere
ad ogni
stronzata, uscire con gente come Giorgia. Si, è incredibile
che Giorgia rientri
nella categoria di gente da frequentare. Però, non so come
né perché, pare che
sia molto gettonata dai genitori. Forse è l’aria
affidabile.
Certo,
come no. Saranno quei due meloni trapiantati che ha al posto delle
tette,
oppure è il trucco sbavato e nero. Oppure, di sicuro, sono
le sue minigonne
inguinali che la rendono così seria. Cielo, il mondo sta
cadendo in malora.
Sto
per esporre ad Harry la mia teoria sulla zoccolaggine di Giorgia, ma
mamma apre
la porta e accoglie entrambi con un gran sorriso.
«Harry,
caro, come stai? È un vero piacere rivederti!»
cinguetta.
Prima
ancora che Harry possa rispondere, mi intrometto.
«Ciao
mamma, sto bene anche io, grazie per averlo chiesto. E si, sono felice
anche io
di vederti. No, non preoccuparti, la febbre mi è passata e
non vedevo l’ora di
trascorrere tutta la sera con Giorgia. Grazie tante per
l’invito.» blatero, a
una velocità quasi supersonica.
«Si
può sapere cosa stai dicendo, tesoro? Non ci ho capito
niente.» mamma inclina
la testa da un lato, confusa.
«È
la febbre, la fa delirare.» spiega Harry, con aria complice.
Mamma ridacchia,
palesemente in brodo di giuggiole, e dà un lieve buffetto
sulla guancia di
Harry.
«Sono
così contenta che ci pensi tu, a Leighton. Non poteva
trovarsi un fidanzato
migliore.» proclama allora, con aria solenne. Poi si avvicina
ancora e gli dice
all’orecchio qualcosa che mi sembra simile ad un
“non so come fai a
sopportarla, sai? Sei un ragazzo coraggioso.” e, dopo averlo
preso sotto
braccio, lo trascina verso il retro della casa, dove
c’è il gazebo con il
nostro piccolo giardino.
«Si,
be’, grazie per la considerazione.» borbotto, prima
di seguirli a mia volta. Di
positivo, almeno, so per certo che mia madre adora Harry. Ed
è una bella cosa, perché
mamma in genere è piuttosto selettiva.
Quando
metto piede in giardino, mi
rendo
improvvisamente conto che ci sono più ospiti di quanti mi
aspettassi. Tanto per
iniziare, pare che la mia sfiga sia tornata tutta in un colpo, visto
che colgo
Giorgia – stretta in un microscopico pezzo di stoffa bianca
– intenta a parlare
con mio padre. Ignoro entrambi, anche
se
sento i loro sguardi addosso, e mi dirigo verso Janine e Rachel, la
sorella
minore di Bridget. Stanno parlottando tra di loro, tutte prese da un
discorso
che non ho la minima intenzione di seguire. Perciò comincio
a fare marcia
indietro, decisa a strappare Harry dalle grinfie di mia madre, ma
Janine
interrompe la sua discussione e mi fa cenno di raggiungerle.
Con
l’aria di un condannato al patibolo, mi avvicino.
«Ciao,
dolcezza. Ti trovo bene.» si complimenta – sempre
che di complimento si possa
parlare. Inarco un sopracciglio, scettica. Sto per chiederle se mi sta
prendendo per il culo, ma Rachel la interrompe.
«Non
dire cazzate, mà. Si vede che sta uno schifo.»
Rachel
è il completo opposto di Bridget. Ha un caschetto di capelli
corvini, occhi
scuri ed è un po’ cicciotta, scontrosa e lunatica.
Incredibilmente, mi adora.
Forse perché caratterialmente ci somigliamo abbastanza,
forse perché quando
quel cretino di Josh Tucker l’ha spinta in mezzo alla strada
dicendole di
diventare troia come sua sorella mi sono messa in mezzo e
l’ho praticamente
sterilizzato, fatto sta che le sto simpatica. Non sembra, dite?
Be’, credetemi,
se le fossi stata antipatica, mi avrebbe demolito l’autostima
con qualcosa di
molto peggio di un “sta da schifo”. Mi domando
se…
«Ehi,
Rachel. Che ne pensi di Giorgia?» ti prego, ti prego, dimmi
che la odi.
«Chi?»
domanda, presa in contropiede.
«Mia
cugina, quella col vestito bianco.» passo a spiegare,
indicandola con un
leggero cenno del capo.
«Ah,
la battona! Minchia, Leighton, ti rendi conto di che gente
frequenti?» mi
chiede, sinceramente preoccupata. Annuisco, perché non
è che possa darle torto.
Voglio dire, Giorgia è una gran baldracca, perché
negare l’evidenza?
«Lo
so, non me ne parlare.» mormoro. Le strizzo
l’occhio e mi guardo alle spalle,
alla ricerca di Harry. Non so, ho come la sensazione che sia il caso ti
tenerlo
sotto controllo, questa sera.
E
infatti, guarda un po’, pare che Giorgia l’abbia
già puntato. Ed io non ho la
minima intenzione di permetterle di avvicinarsi più di
così. Direi che i
cinquanta centimetri scarsi che li separano sono più che
sufficienti. Anzi, sono
troppo pochi. Un oceano di distanza sarebbe provvidenziale., ma non si
può
avere tutto, perciò mi toccherà fare tutto da
sola.
A
passo di marcia, sotto lo sguardo evidentemente divertito di mia madre,
Janine,
Rachel e dei Fantastici Quattro (che sono appena arrivati), raggiungo
il mio
fidanzato e la mia adorata cugina italiana. Quando prendo Harry per
mano, lui
mi rivolge un sorriso caldo e decisamente divertito.
«Stavo
appunto dicendo ad Harry che questa sera stai una favola,
Lilly.»
Uno:
non chiamarmi Lilly. Lo odio.
Due:
non dire cazzate, lo so che probabilmente gli stavi proponendo del
sesso
sfrenato in camera tua, che per inciso sarebbe mia, perciò
poche storie.
Tre:
và al diavolo, stronza.
«Hn,
grazie. Ora, se non ti dispiace, devo parlare con Harry.»
«Fai
pure, non c’è problema per me.»
«Forse
non hai capito: smamma.» agito la mano, come per scacciare un
insetto
fastidioso, e finalmente la comprensione fa breccia nel povero
cervellino micro
sviluppato di Giorgia, che annuisce con un sorriso e sfiora il braccio
di Harry
in una carezza.
«Tra
poco sarà pronto a tavola. Io voglio sedermi vicino
te.» annuncia.
Oh,
certo. E forse ti dimentichi che a tavola ci saranno un sacco di
coltelli, di
quelli belli grossi, e affilati e taglienti. Micidiali. Per errore ti
si
potrebbe conficcare nella carotide. Si sa, di questi tempi, gli
incidenti
domestici sono all’ordine del giorno.
«Non
dirmi che stai pensando ai coltelli, Lilly.» ride, prima di
circondarmi i
fianchi con le braccia e lasciarmi un bacio sulla tempia. Mi stringo
nel suo
abbraccio, divertita. Subito dopo, però, mi rendo conto che
non ho ancora molto
tempo per stare con lui. Tra qualche giorno Harry tornerà a
Londra ed io mi
ritroverò da sola. Sospiro.
«Non
ci credo che tra qualche giorno te ne vai.»
Harry
sbuffa, spazientito. «Non so più come dirtelo: non
ti lascio, Leighton. Perciò
piantala di fare la paranoica e pensa ai mille modi in cui puoi
uccidere tua
cugina.»
Ha
ragione, come al solito. È perfettamente inutile fasciarsi
la testa prima
ancora di cadere. Se siamo destinati a stare insieme, ce la faremo.
Semplice,
no?
«Sono
già arrivata a centotrentacinque.» annuncio,
più rilassata. Nel frattempo, ci
siamo spostati a tavola. In ogni caso, proprio non riesco a capire cosa
mio
padre faccia qui. È mai possibile che devo sempre stare sul
piede di guerra?
Comincio a rompermi le palle, sapete?
Da
vero gentiluomo qual è, Harry scosta la mia sedia e la
accompagna per farmi
accomodare, poi mi si siede accanto e mi prende per mano.
Gli
sorrido, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla. Alla sua
sinistra c’è
Louis, alla mia destra Rachel. Giorgia è relegata
nell’angolo opposto, quello
proprio attaccato alla gamba del tavolo ed è palese che sia
indispettita.
Sghignazzo,
divertita. Ben le sta, voglio proprio vedere come farà a
molestare il mio fidanzato
da quella distanza. Le rivolgo un sorrisino di sfida, tanto per farle
capire
che non mi sono affatto bevuta tutta la sua pagliacciata con annessi
complimenti. Lei ricambia, con un sopracciglio inarcato. Oh, certo, fa
pure
finta di non sapere di cosa sto parlando. Non che abbia parlato, ma in
genere
le mie espressioni sono piuttosto eloquenti. Perciò dovrebbe
aver capito. A
meno che non sia così dannatamente stupida.
«Buon
appetito.» augura mamma, servendo al centro tavola un enorme
vassoio colmo di
salsicce, wurstel, hamburger, costine e non so cos’altro.
«Zia,
non ci sarebbe qualcosa di più salutare, come
un’insalata di pomodori?» ecco,
mi sembrava strano che ancora non avesse cercato la sua buona dose di
attenzione.
«Sopprimetela,
prima che ci pensi io.» borbotto, infilzando un hamburger con
aria tetra.
Qualcuno ridacchia, divertito. Poi Rachel decide di guadagnarsi tutta
la mia
stima e comincia a prendere Giorgia per il culo. Si rivolge a mia
madre, con un
sorrisino innocente stampato sul viso rotondo.
«Signora
O’Connell, non è che potrebbe servire anche a me
un’insalata di stagione?
Voglio solo le foglie verde chiaro, tagliate in strisce lunghe tre
centimetri e
larghe uno. Cerchi di non sbagliare, per cortesia. I pomodori invece li
vorrei
tagliati a forma esagonale, possibilmente non superanti i due
centimetri di
grandezza. Il tutto entro dodici minuti.» sibila.
Janine
le tira una gomitata sul fianco, nell’inutile tentativo di
farla stare zitta,
anche se è evidente che vorrebbe ridere. Chi non si
trattiene affatto, con mia
enorme sorpresa, è mio padre. Non sentivo la sua risata da
talmente tanto tempo
che per un attimo fatico a riconoscerla. Ma è la sua, e non
è cambiata affatto.
È la stessa risata che sentivo da bambina, quando guardavamo
insieme i cartoni
animati. È la stessa risata che mi riporta ai lunghi sabati
pomeriggio
trascorsi al parco. In automatico, stringo la presa sulla mano di
Harry.
«Tutto
bene, piccola?» domanda, preoccupato. Scuoto la testa
distrattamente: per la
prima volta, non ho voglia di fingere che sia tutto a posto.
Perché non lo è
affatto e se c’è qualcuno che può
capirmi, quello è Harry.
«Voglio
andare via da qui.» sussurro, quasi sull’orlo del
pianto. Cielo, sto diventando
di uno psicolabile esagerato, nell’ultimo periodo. Ma
dov’è il mio cuore di
ghiaccio, quando serve?
Non
è normale che cambi umore ogni trenta secondi, dai. Dico sul
serio, sto
cominciando a preoccuparmi.
«Per
tuo padre?» bisbiglia, in modo che nessuno, oltre me, possa
sentire. Annuisco e
sto per supplicarlo di andarcene, quando Giorgia decide di fare la sua
mossa,
scatenando il mio odio più totale.
«Zio,
Lilly ti ha già parlato di lei ed Harry?»
cinguetta, anche se ormai, con il
raffreddore che incombe, la sua voce è più simile
a quella di un uomo. Piccola
soddisfazione, ormai inutile di fronte
all’evidenza dei fatti: questa gran vacca sta cercando di
farmi parlare con mio
padre, quando sa perfettamente che è l’ultima cosa
che ho voglia di fare.
L’atmosfera,
ovviamente, si fa immediatamente tesa e un silenzio tanto fitto quanto
imbarazzante si piazza tra i presenti. Poi, con semplicità,
Harry inizia a
parlare, con la sua voce roca e sempre maledettamente calma. Accolgo
ogni sua
parola con gratitudine, perché so che l’unico
motivo per cui si è messo in
mezzo è difendere me ed impedirmi di soffrire troppo.
A
dimostrarlo, c’è la sua mano stretta nella mia.
«Be’,
sa, signor O’Connell…» comincia, con un
mezzo sorriso divertito.
Papà
lo interrompe con un cenno della mano e un sorriso. «Chiamami
Brian, Harry. E
sentiti libero di darmi del tu.» lo invita poi a continuare.
Osservo
papà in completo silenzio, cercando di capire dove voglia
andare a parare con
tutta questa gentilezza, ma non trovo neanche una motivazione
plausibile.
Perché dovrebbe sforzarsi di essere carino con Harry, quando
non gliene è mai
importato niente, di me? Dal lato opposto della tavola, intanto, mamma
mi
osserva con dispiacere.
«D’accordo,
Brian. Come saprai, Leighton non è proprio un
agnellino.» comunica Harry. Alzo
gli occhi al cielo, scocciata. Io? Sono un zuccherino, quando voglio.
È che
Harry all’inizio ha tirato fuori il mio lato acido. E
sarcastico. E cinico. E…
okay, non sono uno zuccherino.
«Lo
so bene.» conferma infatti papà. Certo, e come fa
a saperlo? Grazie alle innumerevoli
e inesistenti volte in cui abbiamo parlato, o in cui abbiamo trascorso
del
tempo insieme?
Sbuffo,
sprezzante.
«Lo
sai bene? Ma davvero?»
«Leighton…»
mi ammonisce mamma, con un tono di voce duro che non ammette repliche.
«No,
Leighton un bel cavolo di niente.» mi alzo in piedi, furiosa.
L’attenzione di
tutti si concentra su di me. Faccio in tempo a cogliere lo sguardo
dispiaciuto
di Niall, quello soddisfatto di Giorgia e quello particolarmente serio
di
Harry, prima di sbottare e riversare addosso a mio padre tutto quello
che penso
di lui.
«Non
so cosa ci fai qua, e sinceramente non lo capisco. Hai lasciato mamma,
hai
abbandonato me e Giselle, perché continui a tornare? Ti
diverte farmi stare
male, papà? Ti piace vedere che non riesco neanche a parlare
quando ci sei?
Grazie tante. Cosa credi, che ti permetterò
un’altra volta di ferirmi come hai
già fatto? Non ce la faccio, va bene?» urlo, con
le lacrime agli occhi. Quando
ho finito, rimango in piedi, ansimante, coi pugni stretti e il fiato
corto. Papà
non dice una parola, si limita a guardarmi estremamente serio.
Rimane
in silenzio per qualche minuto, poi si decide a rispondermi.
«Le
cose tra me e tua madre non hanno funzionato, Leighton. Capisco che tu
sia
spaventata, capisco che tu abbia sofferto, ma non puoi incolparmi di
averti
abbandonato. Sono anni, anni!, che cerco di avere un contatto con te e
tu mi
respingi. Potevo capirlo quando avevi sette anni, ma ora ne hai
diciannove ed è
tempo di crescere. Sono sicuro che se lo volessi davvero, capiresti. Ma
non
vuoi ed io non posso farci niente. Ciò non toglie che per te
e Giselle farei
qualsiasi cosa. Ed ora scusate, ma ho il volo per Londra tra due ore.
Ero
passato solo per salutare.» conclude.
Se
ne và, prima ancora di lasciarmi il tempo di assimilare ogni
sua parola, prima
ancora che io riesca a reagire e a capire, finalmente, che la vera
egoista, tra
noi due, sono solamente io. Non ho mai voluto capirlo fino in fondo, ha
ragione. Troppo presa a portare avanti la parte della principessa
oltraggiata e
della figlia abbandonata, non ho apprezzato i suoi tentativi di starmi
vicino.
Ed ora so che se gli permetterò di andare via senza una
risposta, non avrò più
nessuna possibilità.
«Lilly,
si può sapere che ti è preso?»
«Vaffanculo,
Giorgia. Vaffanculo.» e questo, ve lo assicuro, è
il vaffanculo più
soddisfacente e liberatorio che abbia mai mandato.
Poi
comincio a correre e inseguo papà, così come
avrei dovuto fare tanto tempo fa.
~
Buonasera ^^
Sarete
stupite di quest’aggiornamento, visto che io
per prima credevo che non ce l’avrei fatta. Sono stata
bloccata su questo
capitolo per un sacco di tempo. Era lì, eppure non riuscivo
mai a finirlo in
maniera che mi soddisfacesse.
Comunque,
l’altra sera stavo parlottando con Ale,
che mi ha aiutato parecchio a sbloccarmi. Perciò grazie
<3
E, in
più sono contenta perché il mio piccolo iPod,
che fino a ieri sembrava morto, è resuscitato. Per
festeggiare, quindi, ecco il
nuovo capitolo.
Ehm…
che ne pensate? Ditemelo, vi prego, perché ero
molto indecisa al riguardo.
E basta,
credo di aver finito. Grazie mille alle
ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, a chi ha inserito la
storia tra
le blablabla e a chi legge soltanto.
Vi adoro,
Fede.
Ah, dimenticavo, per chi volesse, su Twitter son @FTheOnlyWay
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Capitolo 13 *** Si tratta solo di aspettare. ***
Capitolo
13
“Si
tratta solo di aspettare.”
«Aspetta!»
rischiando la morte un numero imprecisato di volte – come ben
sapete non sono
molto coordinata – corro dietro a papà, sperando
che non sia già salito sul
taxi.
Lo
becco appena in tempo, mentre sta infilando il piede in macchina.
«Aspetta,
non andare.» sussurro. Si blocca con il piede a
mezz’aria, e mi guarda. Dopo un
secondo che mi sembra interminabile, si sporge in avanti, dice qualcosa
al
tassista e chiude la portiera.
Osservo
il taxi allontanarsi velocemente, fino a che svolta l’angolo.
Solo allora
riporto la mia attenzione su papà. Non si è mosso
di un passo e capisco il
motivo: questa volta, tocca a me avvicinarmi.
Tutto
l’orgoglio e il risentimento che ho provato sino ad ora, non
sono serviti a
niente, se non a rendermi impotente e incapace di relazionarmi con
l’uomo che
mi ha messa al mondo.
Un
passo.
Che
non è solo un passo, nel senso letterale del termine. Questo
è il
passo. E lo faccio, perché sono stanca di provare rancore,
di detestare
qualcuno che non ha colpa.
Cioè,
la colpa ce l’ha un po’, ma io non ho nessun
diritto di immischiarmi nei suoi
affari. Se con mamma non stava più bene, perché
avrebbe dovuto continuare ad
essere infelice?
Posso
condannarlo, se ha scelto di andare avanti? No. Perciò
è ora di finirla di
comportarmi come una ragazzina viziata e accettare le cose
così come stanno:
mamma e papà non stanno più insieme, ma non per
questo devo escludere uno dei
due dalla mia vita.
«Io…»
un altro passo. «Ehm…
ti và se andiamo a
prendere un caffè insieme?» propongo, imbarazzata.
Se
dicesse di no, non lo biasimerei affatto. Anzi, io stessa mi manderei a
cagare,
se fossi al suo posto. Tutto sommato, però, papà
è molto più intelligente di
quanto lo sia io.
«Ne
sarei onorato.» sorride e, per un attimo, resto incantata a
guardare le rughe
intorno agli occhi. È invecchiato, papà, ed io
non me ne sono neanche accorta.
Chissà se la preoccupazione per me ha contribuito, o se
semplicemente è colpa
del tempo che scorre.
«Invita
pure anche Harry, Leighton.» dice, un secondo dopo. Me
l’ha letto in faccia,
che volevo Harry accanto a me? Gli sorrido, poi annuisco e corro dentro
a
chiamare Harry, che è impegnato in una discussione con
Niall, Bridget e Louis.
Riesco a sentire solo “… non posso partire
adesso.” prima di immobilizzarmi
completamente.
Tranquilla,
mi impongo. Non sai neanche di cosa sta parlando, non fasciarti la
testa prima
ancora di essere caduta. È Harry, ed Harry ti dice sempre la
verità, mi ripeto,
nel patetico tentativo di calmarmi.
Sono
ancora incantata a fissare il vuoto, quando Bridget si accorge di me e
si
affretta a cambiare discorso. Le sorrido debolmente, ma ora so che mi
nasconde
qualcosa.
Harry,
che mi guarda estremamente serio, non accenna a cambiare espressione.
Credo di
non averlo mai visto più serio di così, e la cosa
mi preoccupa. Cosa c’è che
non và?
«Ti
andrebbe di venire con me e papà a prendere un
caffè?» farfuglio, prossima ad
una crisi di nervi. Secondo me sto rischiando di brutto oggi. Chi lo
sa, magari
mi prende un infarto, oppure mi torna la febbre a quaranta. Non sono
abituata a
tante emozioni tutte in una volta.
E
in più, non sono nemmeno capace di convivere con
l’ansia. Mi trasforma in un
fascio di nervi e credo che potrei scattare da un momento
all’altro,
soprattutto se Bridget non la pianta di fissarmi in quel modo.
Harry
sembra riprendersi dal suo momentaneo stato di serietà e
torna quello di
sempre. Mi sorride, saluta gli altri con un veloce “ci
vediamo dopo” e mi viene
incontro.
«Verrei
anche in capo al mondo, se solo me lo chiedessi tu.» mormora,
al mio orecchio.
Dovrei essere felice di sentirglielo dire, davvero, eppure il sospetto
che mi
stia nascondendo qualcosa è ancora più radicato
in me, tanto che mi limito ad
un sorriso di circostanza.
Tutto
ciò che vorrei urlare, in realtà, è un
“smettila di prendermi per il culo,
perché tanto non ci casco” ma ho così
paura di sentire la verità che mi tappo
la bocca e provo a concentrarmi unicamente sull’incontro con
papà.
La
mano di Harry stringe la mia con la consueta delicatezza. Mi si stringe
lo
stomaco, per la paura. E se volesse lasciarmi?
Per
non farmi prendere dal panico, respiro profondamente e aspetto che la
fitta
allo stomaco passi. Harry non dice niente, si limita a guardarmi
preoccupato.
Papà
è fermo nello stesso punto in cui l’ho lasciato
qualche minuto fa, e sorride
serenamente.
«Andiamo?»
domanda, tranquillo. Annuisco e mi incammino accanto a lui.
Restiamo
in silenzio per tutto il tragitto, fino a che raggiungiamo lo stesso
bar in cui
Harry mi aveva portato a fare colazione. Se solo ci penso, mi sembra
che siano
trascorsi mesi, anziché una misera manciata di giorni.
Ma
cosa voleva dire con quel “non posso partire
adesso?”. Ho bisogno di saperlo e
non riesco proprio a sopportare che Harry se ne debba andare prima
ancora del
previsto. Non ho avuto abbastanza tempo per abituarmi
all’idea che presto starò
senza di lui.
«Tu
studi, Harry?» domanda papà, spezzando il
silenzio. Harry annuisce.
«Si,
studio legge al King’s College, a Londra.»
«E
come te la cavi?»
«Abbastanza
bene, direi. Anche se ho pensato di prendermi una pausa.»
rivela, candidamente.
Strabuzzo gli occhi, stupita. Ma di cosa sta parlando? Cosa vuol dire
che ha
pensato di prendersi una pausa?
«E
come mai, sei posso chiedere?»
Papà
sembra davvero incuriosito da Harry, tanto che si dimentica persino del
suo
caffè, per concentrarsi completamente sul discorso. Lo
stesso vale per me.
«Ho
altre priorità, e una promessa da mantenere.»
sostiene, con tono quasi
solenne. Mi guarda
e mi sorride, come se
quello che ha appena detto fosse una cosa da poco, senza significato.
Come se
avesse appena detto che domani pioverà e che lui
è intenzionato a comprarsi un
ombrello leopardato.
«Capisco…»
mormora papà, evidentemente colpito. «Sei un bravo
ragazzo, Harry.» si
complimenta, con un sorriso che mi sembra addirittura orgoglioso.
«E
tu? Che progetti hai, Leighton?» chiede.
Progetti,
progetti. Non ci ho mai pensato seriamente. Ho finito la scuola da
quasi un
anno e l’unica cosa che sono stata in grado di fare,
è la commessa in un
piccolo negozio di abbigliamento. So che mamma è rimasta
molto delusa dal fatto
che io non abbia scelto di proseguire gli studi e frequentare il
college, ma so
che ho preso la decisione giusta. Lo studio non fa per me. Non avrei la
costanza necessaria e tantomeno la voglia. Non sono neanche una persona
particolarmente ambiziosa, anzi. Tutto ciò che vorrei dalla
vita, è essere
felice e il college non serve.
«Nessun
progetto, per ora.» confesso quindi, in tutta
sincerità. Papà annuisce
pensieroso ed Harry mi guarda attentamente. Non ho mai parlato di cosa
avrei
voluto fare, né con lui, né con nessun altro.
Quando
ero piccola, sognavo di aprire una libreria, dove avrei trascorso le
giornate a
leggere, ad annusare l’odore delle pagine nuove a perdermi in
mondi lontani in
cui l’infelicità sembrava solo un brutto ricordo.
Poi ero cresciuta, e avevo
capito che mi sarei accontentata di molto meno.
Da
quando è arrivato Harry, però, il mio piccolo
mondo non mi basta più. Perché
insieme a lui è arrivata anche la felicità. Ed io
ho ricominciato a sognare scaffali
e scaffali di libri, e storie fantastiche e una vita gioiosa e
realizzata.
«Mi
ricordo che quando eri piccola volevi una libreria come quella della
Bella e la
Bestia. Sai, Harry, ne parlava in continuazione. Tutte le bambine
volevano le
Barbie, lei voleva andare in biblioteca. Ci stava ore e ore e non
c’era verso
di smuoverla.» ricorda.
Mi
sorride e a me cominciano a pizzicare gli angoli degli occhi. Ho una
voglia
incredibile di piangere.
«Non
pensavo ricordassi queste cose…» sussurro, con lo
sguardo basso. Non voglio che
veda quanto sono infantile. Non voglio mi veda piangere.
Lo
sento sospirare e so che da questo momento in poi, la conversazione
diventerà
più seria che mai. Questo è il famoso punto in
cui tutti i nodi vengono al
pettine ed io, dopo dodici lunghi anni, forse sono finalmente pronta ad
ascoltare e perdonare
«Ricordo
tutto, Leighton. Ricordo quando sei caduta in giardino e ti sei
sbucciata il
ginocchio, ma ti sei rialzata come se niente fosse, senza versare
nemmeno una
lacrima. Ricordo che subito dopo sei caduta di nuovo, sempre sullo
stesso
ginocchio e ancora una volta non hai pianto. Ricordo che sei venuta da
me e mi
hai chiesto un bacio, perché così il ginocchio
non ti avrebbe più fatto male.
Ricordo
che nascondevi i tuoi pastelli a cera in una scatola rossa sotto il
letto,
perché non volevi che Giselle li usasse. Ricordo che hai
pianto, quando lei per
sbaglio ti ha spezzato il pastello verde, che era il tuo preferito. Te
ne ho
comprato un altro e abbiamo cercato insieme un nuovo nascondiglio, che
Giselle
non potesse trovare.
Ricordo
che una volta sei uscita fuori durante il temporale, anche se mamma ti
aveva
detto di non farlo perché ti saresti presa il raffreddore,
ma tu hai insistito
talmente tanto che alla fine ti ho seguito anche io e ci siamo beccati
la
febbre tutti e due. Ricordo che abbiamo passato quattro giorni davanti
al
camino, a bere brodo e a guardare i cartoni animati. Soprattutto il Re
Leone,
anche se ti faceva piangere la morte di Mufasa.
Ricordo
quel vestitino giallo che tanto odiavi, perché
l’aveva mandato tua nonna Maria
dall’Italia e il pizzo sul colletto ti dava così
fastidio che alla fine mi
avevi convinto a rovesciarci sopra il mio caffè,
perché così non avresti più
potuto metterlo. Ricordo tutto, Leighton, e mi dispiace che tu mi abbia
odiato,
in questi anni, ma voglio solo che tu capisca che non ho mai smesso di
volerti
bene e non smetterò mai, anche se tu continuerai a
detestarmi e a tenermi fuori
dalla tua vita. Non mi vedrai, ma io ci sarò.»
conclude.
Rimango
in silenzio, troppo frastornata per dire qualunque cosa, troppo
commossa per
esprimere a parole quanto sia grande il mio sollievo, quanto sia
importante,
per me, aver capito che lui non mi ha mai abbandonata davvero, quanto
sia stato
coraggioso ad aver tentato in continuazione di parlarmi, di starmi
accanto,
nonostante la mia reticenza e, spesso e volentieri, la mia cattiveria.
«Non
mi merito tutto questo…» singhiozzo. Al sollievo
si aggiungono anche i sensi di
colpa, perché sono stata meschina e crudele e davvero non mi
merito il suo
affetto incondizionato. Non dopo tutto l’odio e
l’astio che gli ho riversato
addosso, senza alcuna pietà.
Ed
ora lo sento, il rimorso. Per il tempo perduto, per tutte le occasioni
che ho
sprecato.
«Si,
invece. Eri solo una bambina, quando io e tua mamma abbiamo deciso di
divorziare e non potevi capire. È comprensibile che tu abbia
pensato che io ti
abbia abbandonato, è giusto che fossi arrabbiata con me.
Quello che non ti sei
mai meritata, Leighton, è il dolore. Ed io te ne ho causato
fin troppo, perciò
lo capisco se ti ci vorrà del tempo per perdonarmi. Ti
aspetterò. Perché è
questo che fanno tutti i genitori, no? Aspettano.» conclude
infine.
Poi,
inaspettatamente, allunga una mano e mi lascia una carezza sulla
guancia.
«Ora
devo andare, il taxi sarà qui fra poco. È stato
bello parlare con te, Leighton.
Harry, spero di rivederti presto.» un’altra
carezza, questa volta sulla testa,
un altro sorriso, dopodiché papà si alza e si
allontana.
«Grazie.»
sussurro, anche se non sono certa che mi abbia sentito.
Di
una cosa sono sicura, però: aspetterà.
Poco
dopo, io ed Harry ci incamminiamo verso casa, mano nella mano e in
completo
silenzio. Ho smesso di piangere, ma le parole di papà
continuano a risuonare
nella mia mente un numero infinito di volte. Non ho spazio per
nient’altro, se
non per la sua voce e per il suo sorriso.
«Come
ti senti?» chiede Harry.
Come
mi sento? È difficile da spiegare. È come se
tutto l’odio fosse svanito,
lasciando il posto ad un piacevole e silenzioso vuoto. Mi sento in
pace, mi
sento…
«Libera.»
ecco il termine più adatto. Mi sento libera, dal rancore,
dall’astio e da tutte
quelle sensazioni e quei sentimenti malsani che di certo non mi hanno
mai fatto
bene.
Mi
sento così libera che potrei anche ringraziare Giorgia per
avermi portato al
punto di rottura e per aver fatto si che la verità venisse a
galla. Okay, sto
esagerando. Sarò libera, ma sono sempre Leighton
O’Connell, non uno zuccherino.
E Giorgia è sempre Giorgia: bastarda e zoccola.
«E
com’è?»
«Bello,
ma…» si, c’è sempre un
“ma”. Perché se ho praticamente risolto
il problema
principale della mia intera misera esistenza, non mi sono affatto
dimenticata
della prima parte del discorso, né tantomeno ho intenzione
di lasciar perdere.
Libera,
non scema.
«Ma?»
«Dobbiamo
parlare, Harry.» affermo, seria. Il sorriso sereno di Harry
scompare, così come
l’atmosfera quasi romantica della passeggiata sotto le
stelle.
«Parleremo,
ma non oggi.» risponde tranquillo.
«Quando?»
io ho bisogno di sapere, voglio potermi preparare per ogni evenienza.
«Domani.
Non c’è nessuna fretta.»
Non
c’è fretta, dice. Se davvero non
c’è fretta, perché allora non mi guarda
negli
occhi fino a che non rientriamo a casa?
Se
davvero non c’è fretta, perché sembra
distaccato, distante e perso in un mondo
di cui non vuole che io faccia parte?
Se
davvero non c’è fretta, perché mi sento
come se questa fosse l’ultima notte che
passeremo insieme?
«Non
c’è fretta.» mormora di nuovo.
Ma,
forse, cerca solo di convincere sé stesso.
*
* *
No,
non è un’illusione! Sono proprio io e questo
è un capitolo nuovo. Scusate se ci
ho messo tanto ad aggiornare, ma mi sono ritrovata completamente
bloccata per
tutta la storia e mi era quasi passata la voglia di scrivere. In ogni
caso ci
tengo troppo e mollarla così non mi piace.
Perciò,
ecco il capitolo nuovo.
Spero
che vi sia piaciuto e niente, fatemi sapere che ne pensate, lo sapete
che per me
è importante!
E
scusate se sono di poche parole, oggi, o se sembro incazzata, ma la
verità è
che mia madre mi ha fatto girare i coglioni.
Fine.
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chi volesse seguirmi, su Twitter sono @FTheOnlyWay
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Capitolo 14 *** Futuro. ***
Capitolo
14
“Futuro.”
Non
riesco a dormire.
Per
quanto ci provi, la mia testa non vuole saperne di darmi pace. I
pensieri sono
lì, e ronzano, incessantemente. Sto per impazzire, forse.
Quand’è
stato che la mia vita ha cominciato a girare? Un giorno andava tutto
bene – più
o meno, ma la mia sanità mentale non è mai stata
a rischio –, quello dopo tutto
i problemi e tutte le mie paure più grandi si ripresentano
all’improvviso. E
sono così spaesata che proprio non so cosa fare.
Il
risultato? Continuo a rigirarmi tra le lenzuola come un’anima
in pena.
Ed
ho bisogno di Harry, perché la maggior parte dei miei
pensieri sono indirizzati
a lui e al suo comportamento di oggi. Mi nasconde qualcosa, ed io non
posso
dormire con la consapevolezza che la tempesta potrebbe abbattersi su di
me da
un momento all’altro.
Va
bene, lo ammetto, Shakespeare mi fa un baffo, però che
volete? Non è colpa mia
se non sono normale e tantomeno in grado di gestire in maniera decente
le
emozioni.
Mi
alzo e, il più silenziosamente possibile, raggiungo la
camera di Harry. Se sta
dormendo, giuro che me ne vado senza dire una parola.
Socchiudo
leggermente la porta e do una sbirciata. Harry è sveglio, ed
è seduto sul letto
con le gambe incrociate. Sta guardando il display del telefono con aria
assente. È a petto nudo e indossa solo i pantaloni di una
tuta grigia. Per un
attimo rimango incantata a guardarlo. È così
bello che ancora non riesco a
credere che sia il mio fidanzato. Credo che la mia paura di perderlo da
un
momento all’altro sia dettata dal fatto che, probabilmente,
Harry è la cosa
migliore che mi sia capitata in tutta la vita. E se mi lasciasse? Come
farei,
io?
Forse
non dovrei disturbarlo. Forse, anche lui, è troppo preso dai
suoi pensieri.
Sospiro lievemente, poi scuoto la testa e richiudo la porta, ma la sua
voce mi
blocca all’istante.
«Leighton,
lo so che sei tu.» mormora, scuotendo la testa divertito.
«Sei
un mago?» domando, prima di entrare in camera e chiudermi la
porta alle spalle.
«No,
ma ho gli occhi.» replica.
Intanto,
mi fa spazio sul letto e mi abbraccia.
Mi accoccolo contro il suo petto, improvvisamente triste.
Come fa a
scherzare? Gli importa così poco, di me, da non ritenermi
neanche degna della
verità?
«Sai,
mi aspettavo una delle tue solite risposte.» sorride.
La
sua mano scende sulla mia schiena, delicata e come ogni volta che mi
sfiora,
sento l’irrefrenabile impulso di stringermi ancora di
più a lui. Appoggio
l’orecchio in prossimità del suo cuore e mi fermo
per un istante, quasi
ipnotizzata dai suoi battiti. Sono lenti, e regolari.
Gli
circondo la schiena con le braccia e un istante dopo lui ricambia.
Lo
guardo. Harry ricambia il mio sguardo, attento e concentrato, forse in
attesa
che io dica qualcosa.
Ma
non lo faccio, perché l’unica cosa a cui riesco a
pensare è che mi sta nascondendo
qualcosa e che quel “non c’è nessuna
fretta”, in realtà mi sembra solo una
scusa per ritardare l’inevitabile.
Ho
ancora la sensazione che le cose cambieranno da un momento
all’altro. Cosa
succederebbe se Harry partisse domani? Se mi lasciasse da sola, di
punto in
bianco, all’improvviso? Questa sarebbe l’ultima
occasione che ho per stare con
lui, per baciarlo, per sentire le sue mani sfiorarmi, per sentirmi a
casa. Non
voglio più sentirmi sola, smarrita e infelice.
Ho
solo bisogno di Harry, di averlo accanto e di sapere che non mi
abbandonerà
mai.
«Non
guardarmi così…» supplica Harry,
infine. Stringo gli occhi, confusa.
Lo
fisso, cercando di capire cosa c’è che non
và e quando mi rendo conto che il
suo sguardo spazia in continuazione dai miei occhi alle mie labbra,
arrossisco.
E
poi, ancora una volta, la sensazione che questa sia l’ultima
occasione che ho
per stare con lui mi sconvolge la mente e faccio l’unica cosa
che mi consente
di sentirlo ancora più vicino: lo bacio.
Harry
sospira, poi sembra riprendere il controllo della situazione e mi
sospinge sul
materasso.
La
sua mano si infila lentamente sotto il tessuto leggero della maglietta
del
pigiama. Rabbrividisco e lo attiro ancora di più a me.
È
l’ultima notte, penso di nuovo, guardando i miei indumenti
cadere a terra, con
un tonfo delicato.
È
l’ultima notte.
«Io
ero venuta qui per parlarti, comunque.»
Mi
rannicchio al fianco di Harry, un po’ imbarazzata. Lui
sorride, mi circonda le
spalle con il braccio e comincia a giocherellare con una ciocca dei
miei
capelli.
È
sereno, come forse non l’ho mai visto prima. Mi lascia un
bacio sulla fronte.
«Lo
so.»
Certo
che lo sa. Lui sa sempre tutto. Sapeva che mi sarei innamorata di lui
sin dalla
prima volta che l’ho visto. Sapeva che se avesse insistito,
prima o poi mi
sarei arresa. Sapeva che la mia acidità, alla fine, non
è poi così inguaribile.
«Non
mi prenderesti mai in giro, vero, Harry?» mormoro,
imbarazzata.
Non
mi piace mostrarmi così vulnerabile, ma se
c’è qualcuno di cui posso fidarmi
completamente, quel qualcuno è proprio Harry. E il fatto che
al momento lui sia
il mio più grande problema, be’, non cambia poi
tanto le cose, credo.
«Mai,
Leighton. Te lo giuro.» il tono in cui lo dice è
quasi solenne ed io non posso fare
a meno di fidarmi di lui. Come so che non mi mentirà? Harry
mi ama. Me l’ha
dimostrato in ogni modo possibile. E poi, i suoi occhi sono
così cristallini
che è impossibile pensare che sia in grado di dire una bugia.
Ma
vi rendete conto di quello che sto dicendo? L’amore mi ha
trasformata in una
femminuccia sentimentale. E adesso? Cioè, come dovrei
gestire questa nuova me?
Non sono capace di essere gentile, smielata e tutta pucci-pucci. Come
faccio?
«Devi
partire, non è vero?»
Sapete
come faccio? Mi comporto da idiota e rovino la notte più
bella della mia vita.
Semplice,
no? Harry sospira, mi lascia un bacio sulla testa e resta in silenzio,
probabilmente alla ricerca delle parole giuste da dirmi.
Non
che ce ne siano, in effetti. Prenderò male qualsiasi frase
uscirà dalla sua
bocca, perciò tanto vale sapere le cose subito e senza mezzi
termini.
«Non
lo so.»
Ecco,
lo sapevo io che se ne doveva andare, che mi avrebbe mollata
così come una
scema e che…
«Cosa?
Che vuol dire che non lo sai?»
«Ieri
ho parlato con il rettore dell’università. Volevo
sapere se era possibile, che
ne so, sospendere l’anno senza perdere gli esami che ho
già dato o qualcosa di
simile…» spiega, un po’ titubante.
Mi
ci vuole un po’ per capire che Harry sarebbe davvero
disposto a mollare tutto per me. Tutto quanto, compresa la
sua brillante carriera universitaria.
E
nel momento in cui lo realizzo, mi tiro su di scatto. Stringo il
lenzuolo al
seno, imbarazzata.
«No!»
rantolo.
Harry
aggrotta le sopracciglia, confuso.
«Stai
male, per caso?»
«No!
Tu stai male!»
«Sto
benissimo, Leighton. E so quello che faccio, perciò non
agitarti.» mugugna. Poi
mi afferra per il braccio e mi trascina di nuovo accanto a lui.
«No,
non lo sai invece!» protesto, con veemenza.
Harry
sbuffa di nuovo.
«Ascoltami
bene, perché non ho voglia di discutere. Posso mollare
l’università, non è così
importante.»
Non
ha voglia di discutere? Oh, ma ha presente con chi sta parlando? Con
colei che
è la regina indiscussa delle discussioni (brutto gioco di
parole, ma rende
abbastanza bene il concetto.), con l’unica persona al mondo
che probabilmente
prende sempre la scelta peggiore.
Per
Dio, io sono quella che ha fatto incazzare le Parche, perciò
non può dirmi che
non ha voglia di discutere e pensare che me ne stia zitta. Ormai
è diventata
una questione di principio.
«Questo
non avrei dovuto dirlo, immagino.» parlotta Harry, tra
sé e sé. «Stupido.» si
insulta poi.
«Già,
ma ormai l’hai detto.» gli ricordo, mio malgrado
divertita.
«Ero
serio, quando dicevo che ne avremmo parlato domani.»
Do
un’occhiata veloce all’orologio appeso alla parete,
poi sorrido.
«Be’,
guarda caso è mezzanotte passata. Perciò
tecnicamente è domani.» gli faccio
notare, con un sorrisino soddisfatto. Ed ecco la maestra delle
discussioni
all’opera. Non so come finirà questa
conversazione, ma l’unica cosa certa è che
l’ultima parola sarà mia, dovessimo litigare fino
all’alba.
«Non
c’è un granché di cui discutere. Ho
deciso di rimanere qui, per un po’.»
«Ma
ti ho sentito dire che non puoi partire così presto, che
significa?»
Nel
caso in cui non l’aveste ancora capito, sono appena entrata
in modalità
Sherlock Holmes. Perciò, qualsiasi cosa Harry
dirà potrà essere usata contro di
lui, anche se c’è da dire che averlo mezzo nudo
accanto è una grossa fonte di
distrazione.
«Dì
un po’, Detective Conan, mi punterai una torcia contro, solo
per sembrare più
minacciosa?» ridacchia, evidentemente divertito.
«Non
provare a cambiare argomento, tanto
non
ci casco. Quella è la mia specialità.»
«Almeno
lo ammetti.»
«Harry,
non farmi incazzare.» borbotto, seccata.
Dai,
cavolo. Ma non lo capisce che sto per impazzire? Per lo meno, se
sapessi le
cose come stanno, potrei farmene una ragione e buonanotte.
Ho
ragione o no? Lasciate stare, tanto lo so che ho ragione.
«È
così rilassante, stare con te.»
Oh,
certo. Continua pure a tergiversare, bello mio. Tanto ti
starò attaccata come
una cozza allo scoglio, come una zecca al suo cane e come…
be’, non me ne viene
in mente nessun altro.
«Che
fine ha fatto tutta la tua serietà?»
«Quale
serietà?»
Fa
anche il finto tonto. Ma si può sapere quale cavolo
è questo mirabolante
segreto? No, perché è impossibile che sia
così sconvolgente. Sono piuttosto
sicura che non sarà niente di che, magari sono io che mi sto
facendo mille pare
mentali per niente.
«Quella
che tiri fuori quando c’è da psicoanalizzarmi.
Quando si tratta di parlare di
te diventi stranamente simpaticone.»
«Stranamente?
Vuol dire che di solito sono antipatico?»
Qualcuno
mi aiuti, per favore.
Tanto
per rendere ancora più chiaro che mi sto spazientendo,
rifilo ad Harry una
gomitata sulla stomaco, mi divincolo dal suo abbraccio e mi sporgo dal
letto
per afferrare i miei vestiti.
Li
indosso velocemente, poi mi alzo.
«Facciamo
così, Mr. Mistero. Quando ti decidi a tornare intelligente,
fammelo sapere. Io
vado di là a vedere un film. Buonanotte.»
Per
essere ancora più incisiva, gli tiro le sue mutande in
faccia e me ne vado.
Harry
scoppia a ridere.
Spero
che gli si incastrino le mutande in quel cespuglio che ha in testa,
così impara
a fare lo scemo. Mi trascino in cucina con ben poco entusiasmo: mi
è venuta
fame.
Perciò
apro il frigo alla ricerca di qualcosa di commestibile e di dolce, ma
c’è
solamente del prosciutto e del formaggio. Ci rifletto qualche secondo,
poi
faccio spallucce e prendo solo il prosciutto.
Ovviamente,
siccome sono sfigata per definizione, non ci sarà neanche
una fetta di pane.
Ecco,
appunto. Non posso neanche mangiare.
Sto
contemplando il frigo, forse nell’attesa che si apra da solo
e mi tiri fuori un
po’ di torta al cioccolato, ma quello rimane stoicamente
chiuso. Ma dai?
«Stronzo.»
mugugno.
Poi,
due mani stringono i miei fianchi ed Harry appoggia la testa sulla mia
spalla.
«Sei
passata agli insulti?»
«Stavo
dicendo al frigo. Per caso hai la coda di paglia, signor Mollo
l’Università?»
«Assolutamente
no.»
«Ah,
quindi è per questo che confabuli tutto il giorno con
Bridget e la brigata dei
falsoni.»
Harry
mi osserva, confuso. È inutile, tanto lo sa che ho ragione,
perciò è meglio se
la pianta cascare dal pero ad ogni parola che dico e si decide a tirare
fuori
le palle.
«Sai
cosa penso?»
«Sentiamo,
sono curiosa.»
«Penso
che dovresti cambiare spacciatore, amore. Non è tagliata
bene, la roba che ti
fumi.»
Visto?
È così simpatico, per l’amor del cielo,
che mi viene voglia di tirargli un
calcio sui gioielli. No, quelli no. Sospiro, combattuta.
«Ti
hanno mai detto che sei una fonte continua di divertimento? Non ti
stanchi mai
di essere così esilarante?» sarcasmo. Puro e
semplice sarcasmo, che Harry
accoglie – di nuovo – con una risata divertita.
«Mi
è mancato un sacco, il tuo buonumore. In questi giorni eri
troppo triste.»
strofina il naso contro il mio in un patetico (ma efficace) tentativo
di
intenerirmi. Questo ragazzo ha un brutto effetto, su di me.
«Io
ti ci infilerei, in un sacco. Di quelli bianchi della scientifica. O
sono neri?
Non ricordo…»
Harry
alza gli occhi al cielo, poi mi bacia. Per un attimo, mi dimentico di
tutto
quanto. Ci sono solo lui e le sue labbra sulle mie. Le sue mani intorno
ai
fianchi e il suo profumo.
«D’accordo,
ti dirò la verità.»
«Alla
buon’ora.»
Ed
ecco che improvvisamente sparisce tutto il buon umore – non
che prima ce ne
fosse in quantità industriale, ma
tant’è… - e ritorna la paura. E se
davvero se
ne dovesse andare?
«Parto
oggi pomeriggio.» rivela.
Lo
sapevo, io. Ecco, ora mi viene anche da piangere. Perfetto! Ma che
bella
giornata del cazzo.
«Oh…»
«Ho
un incontro con il rettore, devo firmare alcuni documenti, poi prendo
il primo
volo disponibile e torno da te.» spiega, tranquillo.
Lo
farà davvero. Lascerà il King’s College
per me. Ed io non voglio che rinunci ai
suoi sogni solo per me. Non me lo merito, e non voglio che lo faccia.
«No.»
«No,
cosa?»
«Non
voglio che ritorni.»
«Scusa?
Credo di aver sentito male.»
«Hai
sentito benissimo, invece. Non voglio che ritorni, Harry.»
No,
non se il suo ritorno significa la rinuncia a qualcosa per cui ha
faticosamente
lavorato. Non se vuol dire abbandonare un progetto tanto importante
come l’università.
Non
voglio che lo faccia per me. È
il
classico esempio del gioco che non regge la candela.
«Leighton.»
Harry
mi porta una ciocca di capelli dietro le orecchie, e sospira. Scuoto la
testa, perché
sento che scoppierò a piangere da un momento
all’altro e non voglio.
Perché
per una volta farò la scelta giusta e sarò io,
tra noi due, quella matura.
«No,
Harry.»
«So
quello che faccio, Leighton. Ti ho promesso che non ti avrei
abbandonato ed io
le promesse le mantengo sempre.» mi ricorda, con un sorriso
sereno.
Tiro
su col naso – non è femminile, lo so – e
scuoto di nuovo la testa.
«Non
voglio che tu rinunci al tuo futuro per me.»
«Sei
tu, il mio futuro.»
Ed
è esattamente questo, il punto in cui scoppio in lacrime e
lo bacio.
***
Della
serie “a volte ritornano”, here I am.
Ho
controllato, ed ho aggiornato lo scorso capitolo quasi tre settimane
fa, credo.
Sono imperdonabile, lo so. Ma ho avuto un po’ di impegni, per
non parlare poi,
dell’ispirazione che è un po’
così… Infatti il capitolo non mi convince.
Proprio
per niente. Cioè, non è esattamente come
l’avevo pensato e a dire la verità non
sono per niente soddisfatta del risultato.
Spero
che a voi piaccia almeno un po’…
In
attesa di avere le vostre opinioni in merito, vi ringrazio di tutto
cuore per
avere recensito lo scorso capitolo e per avermi aspettata tutto questo
tempo!
Vi
adoro <3
Con
affetto,
Fede.
P.s.
Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 15 *** Apocalisse. ***
Capitolo
15
“Apocalisse.”
«Non
tornare.»
Harry
alza gli occhi al cielo, sbuffa e mi rivolge l’ennesima
occhiata spazientita.
«Ci
risiamo.» borbotta poi, evidentemente seccato.
«Si,
ci risiamo. Ti ho detto che non voglio che torni, okay? Rimani a
Londra, parla
con il rettore e spiegagli che ti sei preso una specie di influenza che
ha
annebbiato le tue capacità di intendere e di
volere.» farfuglio, a velocità
supersonica.
Harry
mi osserva in silenzio, con un sopracciglio inarcato e sbuffa. Di
nuovo. Ormai,
ogni mia parola corrisponde ad uno sbuffo da parte sua. È
come se tutto ciò che
dico gli entrasse da un orecchio e gli uscisse dall’altro.
Non
pensavo che potesse essere tanto testardo. Ero certa di avere il
primato, ma a
quanto pare il signor Styles si è deciso a battere ogni
record finora
pervenuto.
Tanto
perché capiate, in questo momento ci troviamo in aeroporto
ed il volo di Harry
parte esattamente tra un’ora e ventitre minuti.
In
realtà, convincerlo a non tornare và contro me
stessa e contro i miei desideri,
ma sento che è la cosa giusta da fare. Non potrei mai stare
con Harry sapendo
di avergli impedito di diventare avvocato o qualsiasi cosa voglia, solo
per
seguire me.
Io
non ho neanche idea di cosa mangerò stasera a cena,
perciò figuriamoci se mi
metto a pensare al futuro che mi aspetta.
C’è
solo una cosa, che so per certa: Harry deve tornare a Londra,
perché il suo
futuro non è qui a Mullingar. Forse non è nemmeno
destino che stia con me, ma
di questo non ne sono sicura.
«Leighton,
ascoltami, per piacere: posso farlo. Voglio smettere di andare
all’università.
Non riuscirei a concentrarmi sugli studi, sapendo che tu sei qui da
sola.»
Mi
viene da piangere, se solo penso a quanto mi mancherà. Chi
ci sarà, per me,
quando avrò bisogno di sfogarmi, di parlare, di insultare
Giorgia? Chi mi
impedirà di ucciderla? Come farò, senza Harry?
«Non
voglio stare con te.» sbotto, all’improvviso. Harry
si immobilizza, incredulo.
Forse spera di aver sentito male.
Ma
ha sentito benissimo ed io ho capito che l’unico modo che ho
per convincerlo a
non abbandonare il suo futuro è lasciarlo.
«Non
voglio stare con te, non ti amo.» ripeto.
Forse,
se sopravvivrò a questi ultimi minuti, potrei candidarmi per
un premio Oscar.
Miglior attrice drammatica, vincerei di sicuro.
«Ma
cosa…?» Harry è confuso e si guarda
intorno, cercando di capire se tutto ciò
che ha appena sentito è frutto della sua immaginazione.
Incrocia
lo sguardo di Niall e di Louis – che partirà
definitivamente tra un paio di
giorni -, ma in risposta ottiene solo il silenzio. Anche Bridget,
stretta
accanto a Louis, è immobile.
È
normale che siano confusi. Non avevo mai pensato all’ipotesi
di lasciare Harry,
fino a che non sono stata costretta a farlo. È
l’unica soluzione che mi viene
in mente, per il momento.
Certo,
sono sicura che poi me ne pentirò a vita, e probabilmente
rimpiangerò la mia stupidità,
ma è la cosa giusta.
«Mi
dispiace, ma non voglio stare con te. Finisce qui.»
L’applauso
per la miglior interpretazione scatta tra tre, due, uno…
niente. Niente
applauso ed io ho solo voglia di andarmene a letto e piangere fino ad
addormentarmi.
Harry
si morde il labbro inferiore, indeciso. Non mi crede, lo so. Non
è tanto
stupido da cascare in un tranello del genere. Non può
credere che non lo amo. È
impossibile. È intelligente e sa che lo sto facendo solo per
aprirgli gli
occhi.
Si
passa una mano tra i capelli, mi guarda e sbuffa.
«D’accordo,
hai vinto tu. Non lascerò l’università
e non prenderò il primo volo
disponibile. Sei contenta?»
Annuisco,
sollevata, perché finalmente ha capito qual è la
scelta migliore. Lo sapevo che
ci sarebbe arrivato, prima o poi. Anzi, in realtà sono
stupita dal fatto che ad
averlo capito per prima sia proprio io, quando in genere ci impiego
sempre un
po’ prima di prendere la decisione migliore.
Dovrei
essere felice, però perché mi sembra che mi stia
cadendo il mondo addosso?
Perché mi manca il respiro? Ed improvvisamente, la
consapevolezza che Harry sta
davvero tornando a Londra, mi
colpisce.
Non
so nemmeno quando lo vedrò la prossima volta.
E
se a Londra incontrasse qualcuna migliore di me? Non che ci voglia
molto, in
effetti. Il mondo è pieno di ragazze simpatiche –
e carine – che non vedono
l’ora di stare con Harry. Che motivo avrebbe di continuare a
stare con me?
Accidenti,
quasi quasi cambio idea e gli dico di lasciar perdere
l’università. No, non
potrei mai farlo.
«Lo
sai anche tu che è la scelta migliore.» mormoro,
prima di tirare su col naso.
Cielo, credo che scoppierò a piangere tra dieci secondi
esatti.
Harry
sospira, annuisce e mi afferra per le braccia. In meno di un attimo
sono
stretta a lui e, naturalmente, sto piangendo come una fontana.
«Non
piangere, amore.»
Scuoto
la testa, nascondendo il viso nel suo petto. Harry mi stampa un bacio
sui
capelli e mi costringe a guardarlo.
I
suoi occhi non mi sono mai sembrati più belli e
più sinceri.
«Ci
vediamo presto, okay? Te lo prometto.»
Annuisco,
tiro di nuovo su col naso – lo so, la femminilità
e la delicatezza non sono
certo il mio punto forte – e faccio un respiro profondo. Se
c’è una cosa che ho
capito, è che Harry le promesse le mantiene. Se dice che ci
vedremo presto, ci
vedremo presto.
«Mi
mancherai da impazzire.» farfuglio, in preda alla tristezza.
Non riesco neanche
a immaginare come sarà stare senza di lui.
«Anche
tu, amore. Ti chiamo appena arrivo, va bene?» annuisco di
nuovo, ormai non
riesco nemmeno a parlare (tra l’altro sono abbastanza sicura
di essere
orribile, con gli occhi gonfi e il naso rosso) e lo bacio.
Dopo
un tempo interminabile, Harry si allontana, mi lascia un bacio sulla
fronte e
mi sorride.
«Ci
vediamo presto.»
«Si,
presto.» mormoro.
Lo
osservo mentre saluta Bridget con un abbraccio affettuoso, Niall e
Louis con
una pacca sulla spalla, dopodiché mi bacia di nuovo e si
avvia verso il metal
detector.
Per
un momento, sono tentata di corrergli dietro e chiedergli di rimanere,
ma non lo
faccio, perché non sarebbe giusto. È difficile
per tutti e due, questo schifo
di distanza.
Pochi
secondi dopo, Niall si avvicina e mi abbraccia. Lo trovo
così confortante che
scoppio di nuovo a piangere.
«Ma
vaffanculo.» borbotto, imbarazzata. Non riesco a credere che
proprio io sto
facendo questa scena da vedova sconsolata.
Accidenti,
Harry non sta partendo per il Brasile, ma per Londra. Sarà
al massimo un’ora di
volo, non tre anni. È un viaggio che si fa in giornata ed io
la sto facendo più
tragica di quanto dovrei.
Così
chiudo gli occhi, conto fino a dieci e li riapro: ora basta.
La
Leighton piagnona se ne và in vacanza e non torna
più. Da oggi in poi, la
smetterò di piangere per niente.
Essere
innamorati è uno schifo. Ogni tanto mi blocco a fissare il
vuoto, penso sempre
e solo ad Harry. Sembra quasi che il mio cervello vada in un'unica
direzione.
Non è una cosa normale, vero?
A
proposito di Harry, mi sono dimenticata di dirgli una cosa.
Perciò mi separo da
Niall e individuo Harry ancora in coda prima del metal detector.
«Scusate,
permesso, mi scusi, non volevo pestarle il piede.»
incespicando tra la marea di
gente spazientita in coda (e beccandomi, probabilmente, una marea
infinita di
maledizioni) raggiungo di nuovo Harry.
«Aspetta!»
lo afferro per la manica della maglietta bianca e lo trascino da un
lato.
Harry
mi guarda un po’ confuso, ma sorride. Probabilmente ha
già capito.
«Volevo
dirti che ti amo.»
«Sai,
quando ti comporti così mi sembri una
psicopatica.» ridacchia Bridget, mentre
scivola sul sedile posteriore dell’auto e si accoccola al
fianco di Louis.
Mi
limito a guardarla male, perché non è che io
abbia qualcosa per cui ribattere.
Sono consapevole che la metà delle volte, i miei
atteggiamenti sono al limite
della sanità mentale.
Lo
so, sono decisamente adorabile.
Niall
scoppia a ridere, poi avvia il motore ed esce dal parcheggio.
«Sembrava
la scena di un film.» commenta, con sincerità.
«Che
merda. Potevi fermarmi prima.» è la mia replica.
Insomma, come ho già detto un
centinaio di volte, non mi piace tanto fare la bimbetta sdolcinata. Ci
manca
solo che mi faccio due codine del cavolo, indosso la divisa scolastica
e vado
in giro ad adescare pedofili. Con la fortuna che ho, si creerebbe la
fila.
Scuoto
la testa, confusa dai miei stessi pensieri. Sto delirando e so anche il
perché:
non voglio pensare ad Harry e al fatto che in questo momento
è sul quel
maledetto aereo.
Si,
va bene, avevo detto che non avrei pianto più, ma
tecnicamente non lo sto
facendo. Sono in stato catatonico, ma non verso una lacrima.
Rimango
in completo silenzio per tutto il viaggio, con la fronte appoggiata al
finestrino e gli occhi chiusi. Mi piacerebbe dirvi che nella mia mente
sto
rivivendo ogni singolo momento che ho trascorso con Harry, ma non
è così.
Sto
pensando a cosa farò domani. Perché di certo non
ho intenzione di stare
separata da lui per troppo tempo.
Non
è umanamente possibile e, tra le altre cose, non vorrei mai
che qualcuno me lo
soffiasse da sotto il naso. Harry è mio e lo sarà
ancora per molto, molto,
moltissimo tempo.
Potrebbe
sembrarvi una frase un po’ morbosa – e in effetti
lo è – però, che volete
farci? Non mi capiterà mai più di innamorarmi di
qualcuno di così speciale. O,
cosa molto più probabile, nessun altro potrebbe mai
innamorarsi di me.
Detto
così sembra quasi che io stia con Harry perché
è l’unico che mi piglia, ma non
è così, davvero. Harry è tutto. In così
poco tempo, mi ha aiutato a superare ostacoli che credevo
insormontabili.
Quali?
Be’, prima di tutto la mia avversione per il sesso opposto.
Che comprende le
mie relazioni con mio padre, il mio fidanzato e Giorgia.
Lo
so, che Giorgia tecnicamente è una femmina, ma preferisco
pensare che il genere
femminile non sia messo tanto male da doversi accontentare di un tale
elemento.
Perciò la faccio rientrare nella categoria del sesso opposto. In ogni caso, se non ci
fosse stato Harry,
probabilmente non sarei mai sopravvissuta all’invasione
italiana.
E
poi, sempre grazie a lui, ho aggiustato i rapporti con papà.
Certo, ancora c’è
ancora un po’ di diffidenza, da parte mia, ma il peggio
è passato.
Anzi,
credo proprio che domani lo chiamerò per chiedergli
com’è andato il viaggio. Credo
sia giusto, in fin dei conti, che anche io faccia la mia parte.
«Resti
comunque da me fino a che riparte Giorgia, vero?» domanda
Niall, all’improvviso.
Inclino la testa da un lato, sorpresa dalla sua domanda.
Pensa
forse che sia così sadica? Di certo, se posso evitare di
sorbirmi la presenza
di quella piaga, farò tutto il possibile.
Oppure
Niall pensava che sarei rimasta da lui solo fino a che ci fosse stato
Harry. Il
pensiero un po’ mi offende, ma rimango zitta. Non voglio
più discutere con
Niall, non da quando mi fa stare male.
«Si,
altrimenti chi cucina? Tu e Louis fate pena, come cuochi.»
rispondo, con un
sorriso divertito.
Louis
ridacchia e Niall alza gli occhi al cielo. Credo sia un po’
sollevato dal fatto
che sembro un essere vivente e non un’ameba.
Non
mi è sfuggito per niente, che continua a gettarmi quegli
sguardi preoccupati e
ansiosi, nemmeno fossi in procinto di buttarmi giù
dall’auto in corsa.
«Pensavo
l’avresti presa peggio, sai?» se ne esce Bridget,
all’improvviso.
Ecco!
Una fa di tutto per non pensarci, per sforzarsi di sembrare serena e
cosa
succede? Arriva Bridget, che ha la sensibilità di un
tacchino impagliato e mi
fa presente che potrei strapparmi i capelli e disperarmi,
perché il mio
fidanzato è lontano ed io non so nemmeno quando lo
rivedrò la prossima volta.
«Mi
sei molto d’aiuto, grazie, tesoro.» sibilo, senza
sapere bene cosa fare. Vorrei
piangere e al tempo stesso vorrei spaccare la testa a Bridget.
È
parecchio fastidioso avere il groppo in gola, sapete? Ho come
l’impressione che
potrei aprire i rubinetti da un momento all’altro.
E,
ovviamente, non voglio farlo. Primo, perché ho ancora una
certa dignità e
secondo, perché mi sono ripromessa che non l’avrei
fatto.
So
anche che la coerenza non è il mio punto forte, ma
vedrò di non deprimermi
troppo.
Intanto,
posso sempre pensare ad un modo per vedere Harry il prima possibile.
«Secondo
te, mamma mi fa andare a Londra?» domando, voltandomi
completamente verso
Bridget.
Ed
è allora che mi rendo conto di una cosa: è troppo
tranquilla, quando si parla
della separazione e della distanza Londra-Mullingar.
Come
fa ad esserlo?
Ed
è tranquillo e rilassato anche Louis per qualche assurdo e
inspiegabile motivo.
Perché?
«Cos’hai
fatto?» chiedo, un po’ timorosa di sentire la
risposta.
Bridget
sorride, sorniona.
«Ti
ricordi che ti avevo parlato di una terza parte del piano?»
«Credevo
scherzassi!»
«No,
cara. Da domani, avrà inizio il terzo atto.»
Ora
lo so, che tutto quello che ho passato fino a questo momento, non
è assolutamente
niente. Perché se Bridget ha un piano,
l’apocalisse è vicina.
***
Ormai
non lo dico neanche più, che il capitolo non mi convince.
Tanto lo sapete.
Mi
limiterò a chiedervi scusa per l’immane ritardo
(anche se ormai immagino che ci
starete facendo l’abitudine) e a prostrarmi in ginocchio. Non
dirò nemmeno che
non è colpa mia, perché lo è, ma vi
giuro che sono tre giorni bloccata su
questo maledetto capitolo.
Ora
che l’ho scritto, spero di sbloccarmi del tutto e di riuscire
a concludere
questa storia. Anche perché ho già
l’altra pronta e non vedo l’ora di sapere
che ne pensata.
Comunque,
avete visto il figherrimo banner? L’ha fatto Jas, che
è un sacco più brava di
me (grazie, Cioppi <3)
Niente,
ho finito. Oggi sono di poche parole u.u
Mi
raccomando, fatemi sapere che ne pensate!
Vi
adoro,
Fede.
|
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Capitolo 16 *** Il terzo atto. ***
Capitolo
16
“Il
terzo atto.”
A
me i complotti e le macchinazioni non piacciono proprio per niente.
Sono una
persona pulita, trasparente e senza peli sulla lingua.
La
maggior parte delle volte non so neanche quello che dico, né
sono in grado di
farlo al momento giusto.
Perciò,
tutti i piani e i sotterfugi di Bridget mi fanno venire
un’ansia (e un terrore)
non indifferente. Prima di tutto perché non sono capace di
mantenere un segreto
– non come lei e la Compagnia dell’Anello, alias
Niall, Louis ed Harry – e,
secondo, perché non sono mica affidabile. Se mi inseriscono
in un piano
d’attacco, l’insuccesso è assicurato.
Probabilmente
mi verrà un attacco cardiaco, o una crisi mistica. Sono
ancora indecisa su
quale sia l’eventualità che preferisco ma, in ogni
caso, sarà uno schifo.
Così
mi precipito in camera mia prima ancora che Bridget apra bocca e
cominci a
rendermi partecipe dei suoi progetti diabolici.
Afferro
il telefono e compongo il numero di Harry.
Squilla a vuoto per qualche istante, poi Harry risponde e,
a giudicare
dal suo tono, non è affatto stupito dal fatto che
l’abbia chiamato.
«Oddio,
sono una fidanzata ossessiva.» realizzo,
all’improvviso.
Harry
ride e sono piuttosto sicura che abbia alzato gli occhi al cielo.
«Tranquilla, amore.»
«Non
dovevo chiamarti.»
«Si, invece.»
«Appena
divento fastidiosa dimmelo, va bene?» propongo, un
po’ sollevata dal fatto che
Harry, comunque, mi conosce piuttosto bene e comincia a capire che sono
una
schizzata senza troppe speranze.
«Promesso. Allora, come stai?»
domanda,
preoccupato.
Vedete
perché lo amo? Lui pensa sempre prima a me, a come mi sento,
a ciò che mi
succede. Come si può non amare una persona così?
Sono così fortunata,
accidenti.
«Sono
terrorizzata.» confesso, sincera. Non dalla distanza,
comunque. Per quella sono
sicura che prima o poi mi verrà in mente qualcosa.
L’ho già detto, che non
tollero di stare lontana da Harry.
«Spero non sia colpa mia.»
«Per
una volta no.»
«Come sarebbe a dire?» finge di
essere
oltraggiato – o almeno spero che non lo sia davvero
– ed io rido.
«È
Bridget. Ha in mente un piano!» cinguetto, resistendo alla
tentazione di
infilarmi sotto le coperte e restare lì nascosta fino al
momento in cui Louis
deciderà di portare via Bridget.
«Ed è una cosa brutta?»
domanda Harry,
palesemente perplesso.
Strabuzzo
gli occhi, incredula. Lui la conosce, Bridget! Lo sa che non
è a posto con il
cervello, come gli viene in mente di chiedermi una cosa del genere?
«Certo!
Bridget è malefica, Harry. E non è intelligente
quanto me, perciò se ha
organizzato una delle sue cazzate, stai pur certo che finirà
male.»
Ghigno,
perché so per certo che Bridget sta origliando e so
altrettanto bene che tra
esattamente due secondi entrerà in camera e si
metterà a sbraitare. È
un’attrice nata.
Harry,
intanto, se la ride di gusto.
Uno,
due… signore e signori, Bridget fa la sua fantastica
entrata. Spalanca la porta
a mo’ di Terminator (anzi, credo che neanche Silvester
Stallone nel ruolo di
Rambo sappia fare di meglio) e mi viene incontro. Probabilmente, tra
qualche
istante comincerà a uscirle il fumo dalle orecchie. E dal
naso. E spero da
nessun altra parte, perché potrei rimanerne impressionata.
«Sei
un’ingrata, Leighton O’Connell!» urla,
mulinando le braccia. Inarco un
sopracciglio, perplessa.
«Ti chiamo più tardi?»
domanda Harry,
tranquillo.
«Si,
forse è meglio.»
«Buon divertimento, amore.»
dopodiché,
Harry ride e chiude la conversazione. Io sospiro, guardo Bridget, che
le
frattempo ha continuato ad urlare senza sosta – ed io non ho
capito nemmeno una
parola di ciò che ha detto – e scoppio a ridere.
«Così
la prossima volta impari ad ascoltare conversazioni che dovrebbero
essere
private.» bercio, per niente infastidita. Tanto so
già che cercare di tenere un
segreto, in questo covo di matti, è un impresa impossibile.
Certo,
a meno che l’unica a dover essere tenuta all’oscuro
sia io. In quel caso,
nemmeno la C.I.A. potrebbe fare qualcosa.
Bridget
interrompe il suo sproloquio solo per gettarmi un’occhiata
minacciosa, che non
ha nessun effetto. Per prima cosa, le si è storto un occhio,
perciò di
terrificante c’è solo il fatto che sembra guercia.
Faccio
un respiro profondo, perché se mi mettessi a ridere adesso,
probabilmente
verrei trucidata.
«Sembra
che stai per farti la cacca addosso, con quella faccia.»
comunica Bridget,
confusa.
Respira,
Leighton. Respira.
Perciò,
siccome nemmeno io sono brava a seguire i miei stessi consigli, scoppio
a
ridere e farfuglio qualcosa a proposito del fatto che Bridget potrebbe
comprarsi una benda da pirata, per evitare che la gente rimanga
terrorizzata
dal suo sguardo strabico.
Spalanca
gli occhi, risentita, poi sbuffa, afferra un peluche dalla mia
scrivania e me
lo tira in faccia. Ovviamente lo schivo, perché
checché se ne dica, sono
un’atleta mancata.
«Ti
muovi a scendere, o devi fare la scema ancora per molto?»
domanda Bridget,
evidentemente incazzata.
«Si,
signor capitano.»
Ah,
quanto sono divertente. Vero? Uno spirito incredibile, lo so. Sono la
simpatia
fatta persona, me ne convinco sempre di più ogni giorno che
passa.
Senza
più dire una parola, Bridget se ne và e torna al
piano di sotto.
C’è
un’altra cosa che credo abbiate capito di me: oltre ad essere
incredibilmente
simpatica, sono anche irrimediabilmente curiosa. Perciò,
sebbene non abbia la
minima intenzione di partecipare a qualsivoglia cazzata Bridget abbia
in mente,
voglio avere ogni più sordido dettaglio del suo stupidissimo
piano.
Come
so che è stupido? Lo so. Punto.
Ora
devo farvi una domanda. Avete presente quelle scene nei film, in cui i
protagonisti si riuniscono in cerchio e organizzano le prossime mosse,
analizzando pro e contro e vagliando tutte le possibilità?
Si chiama qualcosa
tipo concilio di guerra, se non mi sbaglio.
Ecco,
ve lo chiedo affinché possiate capire la situazione in
salotto. Bridget è in
piedi, con le mani sui fianchi e troneggia con imponenza sulle figure
apparentemente
terrorizzata di Louis e Niall.
E
poi arrivo io, e vengo acclamata nemmeno fossi la Salvatrice delle
Anime
Perdute. Confusa, perplessa e vagamente spaventata, mi siedo accanto a
Niall,
sul divano e aspetto che Bridget prenda la parola.
«Prima
che cominci ad esporre il mio geniale piano, voglio che sappiate che
non l’ho
ideato da sola.» comunica.
Un
sospiro di sollievo si leva collettivo. Louis sorride, più
tranquillo, Niall si
rilassa sul divano e mi circonda le spalle con il braccio.
Per
un momento mi chiedo se sia il caso di spostarmi, perché mi
sembra quasi una
mancanza di rispetto nei confronti di Harry, ma poi mi ricordo che
Niall è uno
dei suoi migliori amici. E comunque, a me non darebbe fastidio, se
Harry
abbracciasse Bridget. Perciò mi rilasso anche io.
«Per
fortuna.» ridacchio poi, in riferimento alla frase di
Bridget. Lei inarca un
sopracciglio, borbotta qualcosa che sembra tanto simile ad un
“brutta stronza
ingrata” e torna ad ignorarmi.
Forse
è ancora offesa per quella storia della benda da Pirata.
Quando
l’ho detto, ero certa che sarebbe stata bene, comunque. Anche
perché lei è una
che sta bene con tutto. Potrebbero metterle un tonno morto in testa, e
starebbe
ugualmente alla grande.
Certo,
ci vorrebbero mesi per toglierle la puzza di pesce dai capelli, ma il
punto non
è quello.
«Dai,
Bridget, stavo scherzando, sulla benda!» la anticipo, prima
che riprenda la
parola.
Louis
mi guarda stranito, con la testa inclinata da un lato.
«Hai
notato anche tu, che ogni tanto gira l’occhio in modo strano?
Lo fa quando è
arrabbiata.» spiego, trattenendomi a stento dal rotolarmi sul
divano.
Louis
deglutisce e si azzarda a guardare Bridget, che incrocia le braccia
sotto al
seno, mortalmente seria e prossima ad attuare uno sterminio di massa.
E,
all’improvviso, lo fa di nuovo.
«Ecco!
Ecco, l’hai rifatto!» urlo, prima di nascondermi
dietro Niall, che si sta
letteralmente sganasciando. L’unico che mantiene una parvenza
di serietà è
Louis, ma credo che non rida solo perché ci rimetterebbe.
Insomma, ci dorme lui
con Bridget.
Perciò
gli conviene non ridere.
«Bastarda.
Ora, se mi fate parlare…» riprende. Sorpresa
dall’essere ancora viva e vegeta,
torno allo scoperto e mi sforzo di ricompormi.
«Scusa.
La
smetto.» garantisco, il più
seriamente possibile.
Dopo
un’ultima occhiata dubbiosa, Bridget riprende a parlare.
«Come
cercavo di dire poco fa, prima che una piccola ingrata mi
interrompesse...»
alzo gli occhi al cielo, perché se proprio ha tanta fretta
di parlare, potrebbe
evitare di allungare il discorso con simili frecciatine. Anche
perché, io sarò
pure ingrata, ma la strabica è lei.
«Io
e una certa persona.» guarda Louis con aria incredibilmente
soddisfatta ed io
capisco che le cose stanno per peggiorare da un momento
all’altro.
Perché
Louis, in quanto a quoziente intellettivo, non è poi molto
avanzato.
D’accordo,
dite pure che sono cattiva o quello che volete, ma in questo momento
sono
piuttosto terrorizzata, perciò che volete che faccia? Che
saltelli in giro per
la stanza, urlando che non vedo l’ora di venire a conoscenza
di questa
“fantomatica” terza parte del piano?
«Abbiamo
riflettuto a lungo sul da farsi. Siccome lasciarci era fuori
discussione,
l’alternativa era una sola: andare a Londra. Ma come fare?
Non potevamo di
certo stare per strada, dormire sotto i ponti o chiedere
l’elemosina. Perciò, abbiamo
riflettuto. Stare da Louis era fuori discussione, anche
perché io e te siamo
piuttosto ingombranti, Leighton. Abbiamo un sacco di cose e poi tu ti
porterai
dietro la tua minchia di libreria e sarebbe un casino.
Perciò
ho fatto due cose: la prima ti farà incazzare,
probabilmente, la seconda ti
renderà felice.»
Panico,
ecco cosa provo in questo esatto momento. Avete la più
pallida idea di cosa
Bridget potrebbe essere in grado di fare? Sono completamente
terrorizzata.
Sospiro
e con un cenno del braccio la invito a continuare: tanto non vede
l’ora.
«Ho
chiamato tuo padre.»
«Cosa?
Quando? E dove hai preso il numero?»
Non
sono arrabbiata. Probabilmente lo sarai stata, se tutto questo fosse
successo
un mese fa, ma da quando ho parlato con papà (o meglio, lui
ha parlato con me),
le cose sono decisamente migliorate.
Riesco
a parlare di lui senza scoppiare a piangere e senza odiarlo. Anzi, sto
cominciando a rispettarlo, perché non dev’essere
stato facile cercare di starci
vicino nonostante l’odio che gli ho riversato addosso.
«Ci
ho parlato la sera della grigliata. E poi ieri. Mi sono fatta dare il
numero da
tua madre e sappi che lei è completamente
d’accordo su quello che faremo.»
premette, entusiasta. Sembra che si stia trattenendo a malapena dal
saltellare.
Sbuffo,
ormai rassegnata al fatto che di qualunque cosa si tratti, ci sono
dentro fino
al collo.
«Cosa
faremo?»
«Tu
ed io, babe, ci trasferiamo da Brian O’Connell.»
Ed
ecco che viene sganciata la bomba. Spalanco gli occhi, colta di
sorpresa. Non
ho mai pensato davvero, all’eventualità di
trasferirmi da papà. Però devo
ammettere che non è un’idea tanto cattiva. Certo,
all’inizio probabilmente sarà
difficile, per noi, adattarsi ognuno all’altro, ma potrebbe
essere una buona
occasione per riallacciare un rapporto.
Se
non per il fatto che…
«Non
posso stare a scrocco da mio padre, Bridget. Non esiste.»
Bridget
alza gli occhi al cielo.
«Grazie,
Einstein. Ho già provveduto a trovarci un
impiego.»
Oh.
Devo dire che non me l’aspettavo, tutta questa organizzazione
da parte di
Bridget. Mi sta cogliendo decisamente di sorpresa.
«Non
farò la spogliarellista. Né
l’accompagnatrice.» preciso subito, alzandomi in
piedi. Niall e Louis ridacchiano, divertiti. Facile, per loro, fanno
parte
della Setta di Bridget, perciò sanno già tutto.
«Deficiente.
Siccome sono un’ottima amica, ho cercato una cosa che potesse
piacerti. E qui
entra in gioco – di nuovo, dovresti fargli un monumento
– tuo padre. Si dà il
caso, che un suo vecchio amico sia il proprietario di una piccola
libreria a
Londra. E beh, sai, è anziano e avrebbe proprio bisogno di
una mano, il prima
possibile.»
Non.
Ci. Credo. Questo è il sogno di una vita che si realizza.
«Bridget…
non so che dire.» mormoro, sopraffatta dalla valanga di
pensieri che mi si
fiondano in testa.
Papà,
Harry, Londra, la libreria, Harry, Harry, Harry…
Devo
dirlo subito ad Harry!
«Un
grazie basterebbe.» ridacchia Bridget, divertita. Corro ad
abbracciarla e la
stringo così forte che sono sicura che le manchi il fiato,
ma non mi importa.
So
che tutto quello che ha fatto, è stato non solo per
garantire una possibilità
alla sua relazione con Louis, ma anche per permettere a me di stare con
Harry.
È
molto più di quanto mi aspettassi e non riesco a credere di
essere tanto
fortunata. Ho degli amici meravigliosi, un ragazzo che mi ama e un
padre che mi
accoglie in casa come se non l’avessi mai odiato.
«Vado
a chiamare papà, poi Harry.»
«Harry
non sa niente, Leighton. E non devi dirglielo, è una
sorpresa.»
Oh,
no. Non posso mantenere un segreto così, è
assolutamente impossibile. Harry si
accorgerà subito che gli sto nascondendo qualcosa.
«Neanche
un accenno?»
«Niente.»
Impossibile.
Io e i segreti, non siamo compatibili.
«Leighton…
acqua in bocca, intesi?»
Bridget
mi guarda minacciosa e, di nuovo, le si storta l’occhio. In
realtà la sto
facendo molto più esagerata di com’è
veramente, ma mi diverte farla arrabbiare.
«Si,
signor Capitano.»
***
Ed ecco, a grande
richiesta, il capitolo 16.
Mi sembrato
di capire, dalle vostre recensioni, che molte di voi hanno capito che
questo era l'ultimo. Beh, non lo è. AHAHAHAH
Mi spiego, il prossimo
sarà il penultimo, dopodiché ci sarà
l'epilogo.
Ah, un'altra cosa,
Alessia, con la recensione che mi ha lasciato, mi ha fatto
venire in mente che potrei scrivere qualcosa dal punto di vista di
Harry. Magari vi proporrò una OneShot, ancora non so.
Vedremo.
Niente, spero che il
capitolo vi sia piaciuto e spero anche di riuscire ad aggiornare
più velocemente!
Fatemi sapere che ne
pensate :)
Un bacione, vi adoro!
<3
|
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Capitolo 17 *** Chiamate senza risposta. ***
Capitolo
17
“Chiamate
senza risposta.”
«Ti
sta suonando il telefono.»
Grazie
per avermelo fatto notare – di nuovo – Niall. Lo so
anche io che mi sta
suonando il telefono. Ho una suoneria talmente alta che probabilmente
l’hanno
sentita anche in Nepal e, se non rispondo, un motivo
c’è. E si dà il caso che
non è la mia sordità.
La
signora seduta davanti a me, che sta sfogliando una copia di Vogue con
aria
estremamente annoiata, mi guarda come se le avessi appena detto che i
capelli
biondo platino non sono più di moda. Probabilmente
è solo infastidita dallo
squillare – quasi ossessivo, direi – del mio
telefono.
Le
rivolgo un sorrisino di scuse, poi spingo il telefono ancora
più a fondo nella
tasca dei jeans. Niente, probabilmente è più
efficace dell’allarme antiaereo
durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Non
potresti mettere il silenzioso?» domanda infine Louis, con
cautela. Gli rivolgo
un’occhiata in tralice, poi sbuffo.
«Sto
aspettando una telefonata, se metto il silenzioso rischio di non
sentirla; ve
l’ho già detto.» borbotto, spazientita.
Certo, lo so anche io che in questo
momento mi stanno chiamando, ma non è chi mi occorre,
perciò non posso
rispondere.
Finalmente,
torna il silenzio. Sono piuttosto sicura di aver sentito qualcuno
sospirare per
il sollievo, ma non mi azzardo a guardarmi intorno: non si sa mai cosa
potrebbe
succedere.
Do’
un’occhiata veloce allo schermo, dove è appena
comparso l’ennesimo avviso di
chiamata alla quale non ho risposto.
Dieci
chiamate e un messaggio.
Tutte
quante di Harry. Con mano tremante, apro il messaggio e lo leggo.
“Mi sento tanto uno stalker, ma
saresti così cortese da rispondere ad una cazzo di
telefonata, amore? Sono
preoccupato, è da tre giorni che non mi parli se non a
monosillabi. Cosa
succede?” No, non sono impazzita,
se è ciò che vi state chiedendo. In
realtà, Bridget mi ha consigliato di
parlare con Harry il meno possibile, per evitare di spifferare tutto
quanto. Per
quanto sia parecchio difficile ammetterlo, devo dire che ha ragione.
Harry si
accorgerebbe subito che gli sto nascondendo qualcosa e, probabilmente,
io ci
impiegherei meno di tre secondi a svuotare il sacco. Non sono capace di
mantenere certi segreti, con lui. Soprattutto se riguardano noi.
«Posso
dirglielo, adesso?» chiedo, esasperata. Non ce la faccio
più.
Se
disgraziatamente Harry dovesse lasciarmi, per colpa del loro segreto di
stato,
giuro che li sopprimo a tutti e tre.
Ma
lasciate che vi racconti brevemente cosa è successo in
questi ultimi tre
giorni.
Primo: ho scoperto che Bridget aveva
già parlato anche
con mamma a proposito di un futuro ed eventuale trasferimento a Londra,
e lei
ha preso la palla al balzo per disfarsi di me. Ora che tutte e due le
sue
figlie sono fuori casa, le sembrerà di essere perennemente
in vacanza.
Secondo: Giorgia ed Erika sono
tornate in Italia a
mangiare spaghetti. Fi-nal-men-te. Questo, ovviamente, vale
più per Giorgia che
per Erika. Con lei, infatti, ci siamo messe d’accordo per
rivederci molto
presto.
Anzi,
credo che abbia pensato di iscriversi
all’università qui a Londra, per
diventare una specie di… com’era? Non me lo
ricordo neanche, comunque sarebbe
bello averla così vicina. A patto che Giorgia rimanga
lontana da me almeno per
un altro miliardo di anni. Per allora, spero che la razza umana si sia
estinta,
almeno non correrò alcun rischio di incontrarla.
Terzo ed ultimo: Harry. Per stare
dietro al grande segreto di
stato di Bridget, ho cominciato a mentire ad Harry. Di brutto, oserei
anche
dire. Ieri, per esempio, mi ha chiamata proprio mentre ero tutta
intenta a
infilare i vestiti in valigia. Mi stavo appunto chiedendo se fosse il
caso di
portarmi dietro tutto il guardaroba, quando Harry ha sentito mamma che
urlava,
dal piano di sotto.
E
indovinate un po’ cosa stava urlando? “Ti
viene a prendere tuo padre, tesoro. Ti chiama domani mattina, mentre
siete in
aeroporto!”
E,
sempre nel caso in cui non l’aveste indovinato, sono andata
nel panico più
totale. Ho iniziato a farfugliare ad una velocità
supersonica, mentre Harry mi
domandava se in zona neuroni fosse tutto a posto. Ho ringraziato il
Signore un
numero infinito di volte, perché evidentemente Harry non ha
sentito niente.
Comunque,
a proposito delle menzogne, ho chiuso la telefonata dicendogli che ero
impegnata a pulire la camera e sembra essersela bevuta. A provato a
chiamarmi
altre tre volte, ma non gli ho risposto. Morivo dalla voglia di dirgli
la
verità.
Che
poi, tecnicamente, non si tratta proprio di menzogne, più
che altro è una
verità alternativa. Ecco, in questo modo mi sento molto meno
in colpa.
Questo,
all’incirca, è ciò che è
successo.
In
questo momento, io, Bridget, Niall e Louis ci troviamo in aeroporto, in
attesa
dell’apertura dell’imbarco per Heathrow. Che,
naturalmente, è in ritardo.
Un
altro ad essere in ritardo, è mio padre, che avrebbe dovuto
chiamarmi e ancora
non l’ha fatto.
Quando
il telefono ricomincia a squillare, quindi, sono davvero indecisa sul
da farsi.
O lo sbatto per terra fino a che non la smette, o rispondo e dico ad
Harry che
mi dispiace tanto, che mi sento una vera schifezza e che, ovviamente,
la colpa
della sua incazzatura è da attribuirsi a Bridget e non a me,
che sono un’anima
candida e caritatevole.
Rassegnata
a buttare il telefono a terra, do’ un leggero sguardo. Con un
sospiro di
sollievo, realizzo che il nome sul display non è quello di
Harry, ma papà e mi
allontano per rispondere.
«Era
ora.»
La
gentilezza e l’educazione, dite? Be’, evidentemente
sono le mie migliori
qualità.
«Sono in ritardo, per caso?»
la voce di
papà è divertita. Probabilmente non si aspettava
chissà quali smancerie, da
parte mia.
«No,
figurati. Giusto un’ora.»
«Stavo finendo
di preparare le vostre stanze. Potresti chiudere un occhio?»
domanda, tragicamente serio. Alzo gli occhi al cielo e rido.
«Solo
per questa volta.» concedo, prima di tornare seria.
«Papà, sei sicuro che vuoi
che stiamo lì? Non sono stata molto gentile negli
ultimi… be’, undici anni più
o meno, e lo capirei se non mi volessi intorno. Non sei costretto a
farlo.»
farfuglio, un po’ in difficoltà.
Questa
volta, è papà a sbuffare.
«Ci vediamo dopo, Leighton. Fate
buon
viaggio.»
Detto
ciò, termina la conversazione, lasciandomi decisamente di
stucco. Vedete da chi
ho preso il mio lato incomprensibile? Il DNA è proprio una
brutta bestia,
lasciate che ve lo dica.
Odio
viaggiare in aereo. Lo detesto profondamente. Preferirei morire,
piuttosto che
farmi un altro viaggio del genere.
Tanto
per iniziare, visto che la sfiga si è decisa a
perseguitarmi, ha cominciato a
diluviare.
E
sapete cosa significa la pioggia? Turbolenza. Con annessi e connessi.
A
questo punto mi sembra quasi inutile dire che l’aereo ha
traballato per metà
del viaggio e che il mio stomaco è stato violentemente
ballonzolato a destra e
a manca. Non so cosa mi abbia trattenuto dal vomitare, fatto sta che il
decollo
è andato una merda.
Questo
per quanto riguarda la partenza. L’atterraggio? Oh, quello
è stato ancora
peggio. Traballare in discesa, è una gran schifezza. E non
dico altro, perché
il solo ricordo mi fa tornare la nausea.
Bridget
invece si è divertita un casino, continuava a saltellare,
nemmeno si trovasse
su delle fottute montagne russe. Per tutto il viaggio ha continuato a
cinguettare “oh, una montagna”, “oh, una
nuvola”, “oh, non si vede più
niente”,
“oh, quanto siamo in alto”, fino a che io non mi
sono scocciata e le ho detto,
molto simpaticamente, “oh, hai un po’ rotto le
palle.”
Solo
a quel punto ha smesso di urlare, e ha cominciato a stressare Louis.
Niall,
seduto nella fila dietro la mia, ha dormito come un sacco per tutto il
tempo.
Si è svegliato solo per mangiare il tramezzino offerto dalla
compagnia aerea,
dopodiché è ripiombato di nuovo
nell’oblio.
Mi
trattengo a stento dal baciare il pavimento, perché so che
sembrerebbe
piuttosto strano e vorrei evitare di prendermi qualche malattia di
qualsivoglia
genere e seguo gli altri fino al nastro del ritiro bagagli. Mi tremano
ancora
le gambe e sto sudando freddo: maledetto aggeggio infernale
d’alta quota. Giuro
che non ne prenderò mai più uno.
«Sei
un po’ pallida, Leighton.» mi fa notare Niall. Mi
accarezza una guancia, poi
appoggia le labbra sulla mia fronte, per controllare che non abbia di
nuovo la
febbre.
Gli
sorrido, gli lascio un bacio sulla guancia e poi gli spiego che la
colpa è solo
dell’aereo.
Niall
ride.
«Ci
farai l’abitudine.» afferma, mentre tira la mia
valigia giù dal nastro.
«Non
penso proprio. Non prenderò mai più un
aereo!» prometto, seria. Niall ride di
nuovo e alza gli occhi al cielo.
«Vi
muovete, voi due?» urlo, rivolta a Louis e Bridget, che sono
ancora in attesa
di tutte le valigie di Bridget. Se
non mi sbaglio, si è portata dietro il set completo, che
comprende una valigia
enorme, in cui penso abbia infilato anche il cadavere di sua madre, sua
sorella
e probabilmente anche di mia madre, due trolley e un borsone.
«Manca
la cappelliera!» si lagna Bridget, infastidita.
«Ma
tu non hai un cappello.» replico, piuttosto confusa. Che
accidenti se ne fa
della cappelliera, se non ha il cappello? Bridget sbuffa.
«Non
ancora.» be’, ora si che è tutto molto
più chiaro. Scuoto la testa, ormai
completamente rassegnata alla sua stupidità e trotterello
fino a Niall che
ormai è praticamente fuori dall’area del ritiro
bagagli.
Mi
guardo intorno, un po’ confusa dal gran numero di persone
presenti. C’è chi si
sbraccia, chi si saluta e chi piange, per la gioia di aver ritrovato un
parente.
E
poi ci sono io, che inciampo ogni due passi per colpa di una tonta con
un
trolley stratosferico che si blocca ogni cinque secondi, per sistemarsi
i
capelli. Giuro che la ammazzo.
Sono
sul punto di infilare un piede tra i suoi, tanto per farla inciampare,
quando
la voce familiare di papà mi distrae dal suo intento.
Sospiro, poi sgomito un
po’ per farmi strada e lo raggiungo, seguita da Niall, Louis
e Bridget, che
finalmente ha trovato la sua cappelliera.
«Com’è
andato il viaggio?»
Stupendo
me stessa della mia spontaneità, lo abbraccio e mi stringo
al suo petto. Sento
che trattiene il fiato, poi si rilassa e mi passa una mano sulla
schiena.
«Il
viaggio è andato male, eh?» domanda.
Annuisco,
separandomi con un po’ di imbarazzo.
«Uno
schifo. Ho avuto voglia di vomitare per tutto il tempo.» mi
lagno. Lo so, che
sembro una bambina di tre anni, ma che volete? È stato uno
schifo totale,
perciò vedete di non rompere e comprendete la mia sofferenza.
«A
me è piaciuto un sacco!» sostiene Bridget, con
voce squillante. Reprimo la
voglia di prenderla a calci e mi rifugio al fianco di Niall, che mi
circonda le
spalle, protettivo come al solito.
«Sarete
stanchi, ragazzi. Vi accompagno a casa, okay?» sostiene
papà, tranquillo.
Afferra una delle valigie di Bridget, che gli sorride riconoscente, e
si avvia
verso l’uscita.
Stanca?
Io?
Sono il ritratto della freschezza.
«Io
voglio andare da Harry.» affermo, con tutta la
tranquillità del mondo. Oddio,
mica troppo. Probabilmente sono arrossita come una bambina, ma non
è che la
cosa mi interessi più di tanto. Ora che sono così
vicina ad Harry, non vedo
l’ora di baciarlo di nuovo, di abbracciarlo, di stare con lui
e…
«No.»
Come?
Devo per forza aver sentito male, perché Niall e Louis non
possono aver detto
“no”.
È
assolutamente impossibile. Primo, perché non hanno alcun
diritto di decidere
quando devo vedere Harry, visto che di fatto è il mio
fidanzato e non il loro.
Secondo,
perché non sono fatti loro.
Be’,
in effetti il primo e il secondo punto coincidono, ma chi se ne frega.
Perciò
ignoro entrambi completamente e mi siedo sul sedile posteriore della
macchina
di papà, stretta tra Bridget e Louis.
«Harry
sarà in università, a quest’ora. Magari
posso aspettare da voi che torni, vi
dispiace?.» propongo, speranzosa. Ancora una volta, Niall e
Louis scuotono la
testa.
Vogliono
proprio farmi incazzare, oggi, o è il viaggio in aereo, che
ha momentaneamente
interrotto il normale funzionamento dei neuroni?
«Aspetterò
fuori, allora. Grazie per l’ospitalità.»
bofonchio, offesa. Incrocio le braccia
sotto al seno, con tutta l’intenzione di non rivolgere la
parola a nessuno di
questi due stronzi.
Questa
me la lego al dito, lo giuro. Non gli parlerò mai
più. Mai, mai, mai.
Nemmeno
se mi pagassero tre miliardi di sterline.
Afferro
il telefono dalla tasca dei jeans e lo accendo. Sul display, compare
immediatamente l’avviso di cinque chiamate –
cinque, maledizione – e un
messaggio.
“Non so che ti prende, ma mi manchi.”
Mi
viene da piangere, adesso. Chissà come si sente, per colpa
mia. Anzi, nemmeno
per colpa mia! È colpa di questi stronzi insensibili.
«Harry?»
domanda Bridget, sbirciando il messaggio con la coda
dell’occhio.
Annuisco,
digito velocemente un “Mi manchi
anche
tu, da impazzire.” e sospiro.
«Posso
dirglielo, per piacere?» mormoro, mentre i sensi di colpa
accrescono ancora di
più.
«Non
puoi resistere fino a domani, Leighton?» domanda Niall,
voltandosi per
guardarmi in faccia. Mi giro dall’altra parte, poi sbuffo.
«Sono
venuta qui per vedere Harry, e voi non volete nemmeno ospitarmi per un
paio
d’ore. Siete dei bastardi!» sbraito, incazzata come
un aspide. Ah, quanto
vorrei avere una spranga.
Papà
scoppia a ridere.
«Leighton,
cara, quello che vogliono dire, è che hanno in mente una
sorpresa per Harry.»
Oh,
ecco. E ci voleva tanto a dirlo in questo modo?
No,
loro devono per forza farmi girare le palle. Stronzi. Tutti e due.
«Che
genere di sorpresa?» domando, rassegnata e curiosa.
«Lo
vedrai.» sibila Louis, poi si strofina le mani con aria
diabolica e scoppia a
ridere.
«Lou,
piantala di fare lo scemo.» lo riprende Bridget,
miracolosamente seria.
«Tranquilla,
Lilly. È un piano talmente semplice, che neanche tu puoi
fallire.»
«Grazie
per l’incoraggiamento.»
«Figurati.
Ora, ascoltami bene…»
Bridget
comincia a spiegare e, ad ogni parola che pronuncia, mi rendo conto
che, in
effetti, è tutto talmente semplice, che nemmeno io potrei
fallire.
Almeno,
si spera.
***
Oggi sono proprio di
poche parole, perchè ho passato una nottata di merda e non
mi sono ancora ripresa del tutto.
Perciò vi
lascio solo un paio di informazioni di servizio, se così si
può dire: questo è il penultimo capitolo. Ci
saranno ancora il 18 e l'epilogo. E una One Shot che
pubblicherò lo stesso giorno dell'epilogo, se riesco.
Niente, vi ringrazio
per le recensioni, per i preferiti, seguiti e ricordati e scusate se
sono così di poche parole, ma proprio non sto bene.
Ho aggiornato
perchè so che qualcuno di voi aspettava con ansia (?) :)
Vi adoro.
|
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Capitolo 18 *** L'altra metà della mela. ***
Capitolo
18
“L’altra
metà della mela.”
La
Gresham Books è, in tutta
probabilità, la libreria più bella che io abbia
mai visto.
Sembra
quasi fuori dal mondo, come se fosse uscita direttamente da un libro di
favole.
Si
trova vicino al King’s College, in una stradina laterale, non
troppo
trafficata, ma nemmeno isolata.
È
perfetta, calda e accogliente ed ho come l’impressione che
lavorare qui mi
piacerà da impazzire. Il signor Gresham, un uomo anziano,
mingherlino e con due
brillanti occhi azzurri, è una persona gentile e decisamente
adorabile.
Ha
accolto me e Bridget come se fossimo due nipoti che non vede da anni.
Ci ha
abbracciato, baciato sulle guance e ci ha riempito di complimenti.
Inutile
dire che Bridget è andata in brodo di giuggiole. Io sono
stata un po’ più cauta
– sono sempre un po’ restia ad accettare i
complimenti – ma comunque ho la
sensazione che questo sarà il lavoro migliore di sempre.
«Potete
cominciare subito, ragazze. Ve la sentite?»
Io
e Bridget annuiamo praticamente in sincrono, poi ci dividiamo. Lei
và dietro la
cassa, io nel retro a recuperare uno scatolone con gli ultimi arrivi da
sistemare.
Ne
afferro un paio e cerco lo scaffale giusto. La libreria non
è tanto grande, perciò
non dovrebbe essere troppo complicato nemmeno per me, che sono
disordinata come
un cane.
E,
comunque, ci tengo a fare una buona figura, visto che questo
è praticamente il
lavoro dei miei sogni.
«Pronta
per questa sera?»
Esatto.
Finalmente ci siamo: questa sera rivedrò Harry.
Bridget
e i ragazzi mi hanno spiegato il piano, ed è davvero
semplice: Niall e Louis
diranno di avere ospiti e, alle otto in punto, io e Bridget ci
presenteremo a
casa loro. Semplice, no? Nemmeno io posso sbagliare.
Certo,
non resisto più, senza Harry, ma posso aspettare ancora un
po’, senza rischiare
di dare di matto.
«Si,
non vedo l’ora. Spero che Harry non sia arrabbiato con
me.» mormoro,
preoccupata.
Ieri
non mi ha più chiamata e non vorrei davvero che si fosse
offeso. E se decidesse
di lasciarmi? Cosa farei? Oh, cielo. Sono così agitata che
potrei correre per
due ore senza fermarmi. Mi sento un tantino isterica, ma forse
è normale, no?
Ditemi che è normale.
«Vedrai,
tesoro. Le cose si sistemeranno prima di quanto pensi.»
ghigna Bridget.
Mi
volto a guardarla, confusa, ma lei fa spallucce e continua a sorridere,
imperscrutabile.
Se
devo essere sincera, un po’ mi terrorizza quando fa
così, ma proprio non me la
sento di indagare oltre. In questi giorni, la mia sanità
mentale – e la mia
pazienza – sono state messe a dura prova fin troppe volte e
un altro mistero da
risolvere, di certo non mi sarebbe d’aiuto.
Riprendo
a sistemare i libri, completamente assorta nei miei pensieri.
Mi
rendo conto a malapena dello scampanellio che annuncia
l’ingresso di un nuovo
cliente, troppo presa a pensare ad Harry e al fatto che probabilmente,
in
questo momento, mi sta odiando. Io al suo posto mi detesterei.
«Leighton,
credo serva una mano.» ridacchia Bridget, divertita.
Perplessa, appoggio lo
scatolone per terra e mi dirigo verso la cassa, velocemente.
«Buongiorno,
come posso aiutarla?» dico, per poi sorridere con gentilezza.
Il
sorriso mi si congela sulla faccia: davanti a me
c’è l’ultima persona che mi
aspettavo di vedere, ma l’unica che avrei voluto incontrare
davvero dal primo
momento in cui ho messo piede qui a Londra.
«Harry…»
farfuglio, emozionata come non mai. Lui mi osserva, incredulo.
Forse
sta ancora cercando di capire se sono davvero davanti a lui o se,
invece, sono
frutto della sua immaginazione.
«Sei
qui.» sussurra.
Nell’arco
di un secondo, percorre la piccola distanza che ci separa, mi stringe
tra le
braccia e mi bacia.
Mi
è mancato così tanto, che mi sembra solo adesso
di aver ricominciato a
respirare.
«Sei
qui.» ripete di nuovo.
«Sono
qui.» confermo, prima di allacciargli le braccia intorno al
collo e baciarlo a
mia volta.
Sono
così felice che potrei urlare.
«Coraggio,
piccioncini. Andatevi a fare una passeggiata.» Bridget
sventola una mano, per
scacciarci.
«Ma
il signor Gresham…»
«Sapeva
già tutto, Lilly. Sai, è incredibile che tu sia
così tonta. Ti sei bevuta tutta
la storia della cena di questa sera. Polla.» ridacchia.
Guardo
Harry, che nel frattempo mi ha preso per mano e non sembra per niente
intenzionato a lasciarmi andare.
«Tu
lo sapevi?»
«No!
Louis mi ha chiesto se potevo venire a ritirargli un libro. Oh, che
stupido.»
realizza anche lui di essere stato preso per il culo da due come
Bridget e
Louis e non sembra tanto fiero di sé.
Potrete
anche non essere d’accordo, ma è estremamente
frustrante, sapere di essersi
fatti fregare da gente del genere. Andiamo, Bridget si porta dietro una
cappelliera senza avere una cappello e Louis è convinto che
le bretelle siano
all’ultima moda. Capite?
«Dai,
andatevene.» ci esorta, tranquilla.
«Ti
ammazzerò più tardi.» sibilo.
Sono
stroppo felice di avere di nuovo Harry al mio fianco, per ucciderla.
Ora, non
riesco a pensare a nient’altro.
Una
volta fuori dalla libreria, ho a malapena il tempo di tirare un
respiro, che Harry
mi bacia nuovamente. E non è più trattenuto come
qualche secondo fa. Mi passa
una mano tra i capelli e con l’altro braccio mi cinge un
fianco.
Mi
stringo a lui, desiderosa di recuperare un po’ del contatto
che in questi
giorni mi è così mancato.
«Non
riesco a credere che tu sia qui.» mormora, poco dopo. Ci
incamminiamo,
tranquilli. Mi sembra quasi di essere tornata a Mullingar e per un
istante mi
convinco che, una volta girato l’angolo, raggiungeremo la
tettoia sotto cui ci
siamo riparati quella sera in cui abbiamo litigato.
«Mi
dispiace, di non averti risposto al telefono! Ma Bridget ha insistito
così
tanto… volevo che fosse una sorpresa…»
spiego, mangiandomi un po’ di parole.
Ci
sono così tante cose che vorrei dirgli: che mi è
mancato da pazzi, che lo amo,
che non vedo l’ora di stare con lui per davvero, senza la
paura della distanza.
«Non
importa, amore. Ora che lo so, è tutto okay. Ma se devo
essere sincero,
cominciavo a temere che volessi lasciarmi.» risponde, in
tutta tranquillità.
Ecco
un’altra cosa che amo di Harry.
È
sempre così calmo, così posato e così
razionale, che è impossibile non sentirsi
protette al suo fianco. È come se sapessi che quando
c’è lui niente può andare
male. Perché sarà sempre lì, per dire
la cosa giusta al momento giusto e
impedirmi di compiere, probabilmente, un grosso sbaglio.
A
costo di sembrarvi sdolcinata, Harry è la parte mancante di
me. L’altra metà
del puzzle, o della mela. Oh, cazzo. Ditemi che non l’ho
appena pensato. Non
posso essere arrivata a questo punto. Dev’essere lo smog di
Londra, senz’altro.
«Perché
fai quella faccia?»
«Ho
appena pensato che tu sei l’altra metà della
mela.» rivelo, sconvolta.
Boccheggio per qualche istante, alla ricerca della mia
sanità mentale, ma non
succede niente.
«Sicura
di stare bene?»
«No,
devo essere malata. Forse ho preso il colpo della strega. O il Fuoco di
Sant’Antonio. Magari è Morbillo, o Varicella. Si!
Dev’essere per forza la
Varicella!» esclamo, preoccupata.
Mi
passo una mano sulla faccia, cercando di capire se ho la febbre o se
stanno
cominciando a uscirmi quelle schifide pustole rosse, ma Harry mi blocca
con una
risata e con un bacio.
«Se
vuoi, faccio finta che tu non mi abbia detto niente.»
ridacchia, circondandomi
le spalle con un braccio e dirigendosi verso un piccolo bar
all’angolo.
Entriamo
e ci accomodiamo in un tavolo in fondo, così da poter stare
tranquilli: in ogni
caso, non c’è tanta gente ed è
improbabile che verremo disturbati. Certo, a
meno che Bridget decida di impicciarsi anche adesso.
Sorrido,
perché le sono terribilmente grata, per tutto quello che ha
fatto per me. E
pensare che all’inizio non credevo neanche che avrebbe potuto
essere una buona
amica.
E
invece si è trasferita a Londra con me, ha attuato un piano
malefico e l’ha
anche portato a termine con successo. È davvero incredibile
e la apprezzo così
tanto che forse, quando tornerò a casa, potrei rivalutare
l’ipotesi di
ucciderla. Magari le concederò di vivere un altro
po’, almeno fino a che non le
verrà in mente un altro piano da malata mentale. Per quello,
c’è sempre il mio
famoso coltello, che ancora è rimasto inutilizzato, visto
che Giorgia è lontana
chilometri e chilometri.
«Stai
pensando al coltello, amore. Te lo leggo in faccia.» ride
Harry, mentre mi
passa la tazzina con il caffè.
«Ma
tu mi leggi nel pensiero?» domando, perplessa. Davvero,
ancora mi sembra
incredibile, il modo in cui capisce perfettamente ogni più
piccola sfumatura
del mio umore psicotico.
Fa
spallucce. «Ti si legge in faccia.» comunica poi.
Vedete? Praticamente, se solo
ce la facessi, potrei anche evitare di parlare, perché tanto
lui capirebbe lo
stesso.
«Non
è giusto.» borbotto, imbarazzata. Okay,
è bello che mi comprenda, ma prima o
poi comincerà a pensare di essersi fidanzato con una pazza
omicida e non è quel
che si dice “cosa buona e giusta”.
Perciò sarà il caso che io mi sforzi di
relegare i pensieri sui coltelli in un angolo recondito del mio piccolo
cervello.
«Perciò,
per quanto tempo starai qui?» chiede Harry, cambiando
completamente argomento.
Un po’ spiazzata da questa sua improvvisa serietà,
sospiro.
«Domani
riparto.» comunico, seria.
Harry
socchiude gli occhi, poi annuisce con aria mesta. Ed io scoppio a
ridere,
perché non riesco a credere che se la sia bevuta
così facilmente. Che razza di
pollo. E pensare che fino a un attimo fa credevo avrebbe indovinato
anche
quando mi scappa la pipì.
«Meno
male che mi si legge tutto in faccia.» replico. Sono molto
simpatica, me ne
convinco ogni giorno di più, lo sapete? Si, davvero. Dovrei
partecipare a
qualche talent show o piazzarmi direttamente in un circo, accanto ai
pagliacci.
Harry
sbuffa, poi alza gli occhi al cielo.
«Non
si può mai parlare sul serio, con te.» dice,
offeso. Inarco un sopracciglio,
sarcastica.
Si
è forse dimenticato di quando gli ho lanciato le mutande in
testa perché non
voleva dirmi che partiva? Sono troppo felice per ricordarglielo,
perciò mi
limito a bere il mio caffè in completo silenzio, prima di
passare alle
spiegazioni che probabilmente aspetta dal primo momento in cui mi ha
vista.
«Resto
per sempre.»
Wow,
molto matura, Leighton. Adesso ci manca solo che Harry dica
“per sempre è un
tempo incredibilmente lungo” e poi la nostra storia
verrà presa come spunto per
una fantastica fanfiction polpettosa e romantica. Forse potrei
scriverla io,
con tanto di dettagli della mia stupidità. Anzi, no, sarebbe
troppo
imbarazzante.
«Che
schifo.» bercio, infastidita dalla mia stessa idiozia. Harry
ride, poi con un
cenno del capo mi esorta a continuare.
«Quello
che volevo dire, è che non devo più partire. Vivo
con Bridget a casa di papà e
lavoro dal signor Gresham, perciò le cose vanno abbastanza
bene, no? certo, non
vedrò mamma tanto spesso e un po’ mi dispiace
e… no, aspetta. Non mi dispiace.
Perciò direi che và tutto alla grande. Ho una
casa, un lavoro e un fidanzato
abbastanza carino, meglio di così!»
«Abbastanza
carino?» farfuglia Harry, in difficoltà. E certo,
ora magari si aspettava che
facessi un elogio alla bellezza di Styles, con tanto di ossimoro,
iperbole e
antitesi.
In
realtà potrei anche farlo, perché lui
è davvero bellissimo, ma non vorrei si
montasse la testa e si convincesse che potrebbe avere una fidanzata
migliore di
me.
Cosa
che in effetti è molto possibile, perciò meglio
non correre il rischio.
«Duro
colpo per l’autostima, tesoro?» lo stuzzico, con un
sorrisino divertito.
Harry
sbuffa. «Antipatica. E comunque tu per me non sei abbastanza
carina. Sei
semplicemente bellissima.»
Arrossisco
così tanto che probabilmente potrei essere scambiata per un
semaforo, poi
allungo un calcio ad Harry, che scoppia a ridere e alza gli occhi al
cielo.
«Ma
è vero! Possibile che ancora non accetti i
complimenti?» borbotta, a metà tra
l’offeso e il divertito.
«Certo
che li accetto! Infatti non ho fatto apposta, a tirarti quel calcio. A
proposito, ti ho preso?»
Be’,
che c’è? E’ tanto per sapere,
così avrò una conferma della mia fantastica mira.
«Mi
hai mancato. E sei meravigliosa, la più bella ragazza del
mondo.» sussurra,
ammiccante.
Bastardo,
lo sta facendo apposta. Allungo un altro calcio e questa volta sento
forte e
chiaro il suo stinco e, ancora più forte, il lamento che gli
esce dalla bocca.
L’ho preso! Che mira, gente, che mira! Sono un fenomeno.
Forse dovrei darmi al
calcio.
Gli
sorrido con aria innocente, poi do’ un morso alla mia brioche
e lo mando giù con
aria soddisfatta.
«Ti
amo anche io, Harry.»
Harry
sorride, si sporge in avanti per baciarmi e mi lascia una carezza sulla
guancia.
«Ce
n’è voluto di tempo per convincerti,
eh…»
«Si,
be’, non è che ora ne sia del tutto sicura,
sai?»
Mi
guarda con gli occhi sgranati, vagamente terrorizzato. Poi,
però, continuo a
parlare, per chiarirgli ogni dubbio.
«Ma
una persona speciale mi ha detto che devo smetterla di comportarmi come
una
principessa viziata e capire quello che voglio. Ed io l’ho
fatto.» sostengo, sincera.
È
vero. Ci ho messo un po’ di tempo per capirlo e
probabilmente, se Harry non
fosse stato così paziente e così testardo, ancora
starei brancolando nel buio,
ma ora lo so.
So
che non sarò più sola, so che chi mi vuole bene
starà sempre al mio fianco, so
che l’amore non è un sentimento così
schifoso come ho sempre pensato e so che
certe persone mantengono le promesse, nonostante le
difficoltà e nonostante,
spesso e volentieri, si trovino ad avere a che fare con gente ottusa,
testarda
e cocciuta.
Come
me, dite? Potreste anche avere ragione, ma non ve lo dirò
mai.
***
Okay, ci siamo.
Questo che avete appena letto è l'ultimo capitolo di
"Wedding? No, thank you."
Sono ancora mezza traumatizzata, perciò non mi
dilungherò più di tanto e niente. Spero che il
capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere, per piacere.
Ci sentiamo settimana prossima, per ben tre aggiornamenti: epilogo,
oneshot dal punto di vista di Harry e prologo di Pretending :)
Vi adoro <3
|
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Capitolo 19 *** Matrimonio? No, grazie. ***
Epilogo
“Matrimonio?
No, grazie.”
«Orribile.
Decisamente inguardabile.»
Ma
chi me l’ha fatto fare? Lo sapevo io, che dire di
sì sarebbe stato un grosso,
gigantesco e madornale sbaglio.
Andiamo,
lo sanno tutti che non sono fatta per il matrimonio. Io, Leighton
O’Connell,
non sono adatta a fare la moglie, nossignore. Figuriamoci, a momenti
sono in
grado di cucinare un uovo, figurarsi se potrei mai mandare avanti
un’intera
casa per conto mio.
E
poi, quando ci si sposa si ingrassa di brutto, ed io non ho proprio
bisogno di
mettere su altri chili. Sono già in sovrappeso e con questo
cazzo di vestito
sembro una bomboniera, perciò non oso immaginare che
spettacolo orribile sarà,
per Harry, vedermi invecchiare.
Oddio,
diventerò, grassa, puzzolente e scorbutica. Più
di adesso, intendo.
Forse
sono ancora in tempo per andare via. C’è
quell’uscita sul retro che fa
proprio a caso mio.
Me la ricordo,
perché quando si è sposata Giselle avevo
provveduto a farla sbarrare in modo
che Greg non potesse darsi alla fuga. Ovviamente è una cosa
che non sa nessuno,
perché con quel “avevo provveduto”,
intendo dire che l’ho sbarrata io stessa.
Comunque,
dovrei essere ancora in tempo.
Mi
guardo intorno, circospetta, nella speranza che nessuno abbia capito
cosa mi
sta passando per la testa. Giselle, che esibisce un pancione
stratosferico, è
tutta intenta a parlare con Bridget, che è splendida, in un
vestito azzurro
lungo fino al ginocchio. Si, avete capito: fino al ginocchio. Da quando
sta con
Louis, e cioè, quattro anni, ha abbandonato i suoi abiti da
abbordaggio e si è
data ad uno stile un po’ più castigato, che nel
suo caso significa scollato, ma
non troppo.
Erika
sta parlando con mamma, nell’angolo opposto della sala, ed
è decisamente
raggiante, visto che Niall le ha proposto di trasferirsi da lui. Ebbene
si,
alla fine, anche loro due si sono dati una mossa e hanno deciso di fare
il
grande passo. Non grande quanto il mio, certo, ma abbastanza
importante. Sono
belli, insieme, questo lo devo ammettere.
Ora,
volete sapere una cosa divertente? Ho invitato anche Giorgia e il suo
fidanzato. Li ho visti prima, mentre percorrevano il piccolo viale che
conduce
alla chiesa. Ovviamente, mi sono sganasciata da ridere,
perché il suo caro
Giulio è decisamente brutto. Ha una panza esagerata e credo
anche che sia un
po’ strabico. Niente da togliere agli strabici, ma Giulio ha
anche un naso
importante (enorme, la più gigantesca appendice nasale che
io abbia mai visto)
e la bocca larga. Erika mi ha spiegato che stanno insieme da poco e che
lui è
il figlio di un famoso imprenditore italiano. Ovviamente la cosa non mi
stupisce, perché Giorgia è decisamente il tipo
che sta con qualcuno solo per i
suoi soldi. Che, credevate che quando le davo della zoccola esagerassi?
Assolutamente no. Io parlo sempre per cognizione di causa.
Comunque,
siccome sono tutte troppo occupate a parlare dei fatti loro, continuo a
riflettere sulla seria possibilità di darmi alla fuga.
Ora
come ora, continua a sembrarmi un ottima idea. E se per caso state
pensando che
sono preda di un attacco di panico, vi sbagliate di grosso.
Muovo
qualche passo all’indietro, rischiando di inciampare nello
strascico. Non solo
sono in precario equilibrio sui tacchi - non sono troppo alti, ma
mettono a
dura prova la mia stabilità – ma questo bastardo
di un vestito mi impedisce
qualsiasi movimento.
Immediatamente,
nemmeno avessi attivato un campanello d’allarme, Bridget
è al mio fianco.
«Hai
una faccia strana, Leighton.» afferma, squadrandomi con
attenzione.
Mi
sforzo di sorridere, ma probabilmente mi esce una smorfia strana,
perché lei
non sembra per niente convinta. Un sospiro, un altro passo indietro.
«Ho
bisogno di prendere un po’ d’aria.»
farfuglio.
E
va bene, lo ammetto! Sono terrorizzata! Probabilmente potrei svenire da
un
momento all’altro. Sto anche sudando freddo e di certo non
è un bene.
«Sorellina…»
Giselle si fa avanti e mi accarezza la spalla con dolcezza.
Oh,
com’è carina. E pensare che quando si è
sposata lei, io sono andata a
minacciare di morte il suo sposo.
«Sto
bene.» mormoro.
«Si,
lo vedo.» ed eccolo qua, il fantastico sarcasmo made in
O’Connell. Mi sembrava
strano, che ancora non fosse venuto fuori. Forse la gravidanza ha un
brutto
effetto, su Giselle.
«Fanculo.»
Giselle
ride, divertita, poi scuote la testa e annuisce, con l’aria
di chi sa
perfettamente cosa fare. Spalanca la finestra e una folata di aria
fresca entra
nella stanza; respiro a pieni polmoni, cercando di rilassarmi.
«Forza,
tutte fuori. Leighton ha bisogno di qualche minuto da sola.»
sostiene. Prende
mamma sottobraccio, fa un cenno del capo a Bridget ed Erika, che mi
sorridono
in segno di incoraggiamento ed in pochi secondi mi ritrovo sola,
circondata dal
silenzio.
Mi
affaccio alla finestra, nell’inutile tentativo di ritrovare
un po’ di serenità.
Santo cielo, sono così agitata che potrei vomitare.
Cosa
sto facendo? Non sono pronta per sposarmi, non lo sarò mai.
«Mantieni
la calma, Leighton. Mantieni la calma. Mantieni. La. Calma.»
mi ripeto.
Perché
improvvisamente mi sembra che vada tutto male? Il cielo non
è così azzurro come
volevo, forse fa troppo freddo, e forse il diciassette maggio non
è una data
adeguata.
Dai,
chi è che si sposa il giorno diciassette? È una
data che attira sfiga, lo sanno
tutti. Perciò, ovviamente, è il giorno perfetto
per me.
Le
Parche, la Dea Bendata, Giorgia e tutti gli ascendenti dei maledetti
segni
zodiacali, staranno brindando con fiumi di champagne alla mia sfiga.
Mi sto sposando, mi sto sposando, mi
sto sposando. Mi sto sposando! Oh,
cazzo, mi sto per sposare e sono completamente nel panico. Cosa faccio,
adesso?
Qualcuno
bussa alla porta, facendomi sussultare.
«A-avanti.»
balbetto, in difficoltà.
Niall,
bellissimo in smoking blu notte, mi rivolge un sorriso caloroso e
chiude la
porta alle sue spalle, con delicatezza.
Mi
raggiunge, poi mi abbraccia con delicatezza, per evitare di rovinare
l’acconciatura elaborata che mi hanno fatto. Io volevo tenere
i capelli
sciolti, ma Sonia – la stessa parrucchiera che ha torturato
Giselle per il suo
matrimonio – ha stabilito, senza peraltro chiedere un mio
parere, che uno
chignon elaborato sarebbe stato perfetto, perciò, beh,
nemmeno i capelli stanno
come voglio io.
Come
potrebbe andare bene, perciò, se anche
l’acconciatura non mi piace?
«Sei
splendida.» si complimenta Niall. «E in
panico.» aggiunge poi, accompagnandomi
fino alla poltrona. Mi siedo, cercando di non stropicciare il vestito e
nascondo il viso tra le mani.
«Cosa
sto facendo?» chiedo, sull’orlo del pianto.
Niall
sorride, mi solleva il mento con dolcezza e mi costringe a guardarlo
negli
occhi.
«Harry
ti ama, Leighton. Non c’è il rischio che ti
abbandoni, non succederà mai,
perché sei tutto ciò che vede, tutto il suo
mondo. È ora che tu la smetta di
pensare al peggio, perché non ce n’è
motivo. Va tutto bene: è una giornata
splendida, tutte le persone a cui vuoi bene sono qui, ed hai un
testimone
stupendo che ha già minacciato di morte il tuo futuro sposo.
Perciò, piantala
di fare la paranoica e sorridi, perché sei
bellissima.» conclude, prima di
baciarmi la fronte e alzarsi in piedi.
Annuisco
e tiro su col naso – si, certe cose non cambiano mai, ed io
non sarò mai
delicata – e picchietto l’angolo
dell’occhio sinistro, da cui scende
un’accidenti di lacrima traditrice.
Se
mi si rovina il trucco, potrei incazzarmi sul serio.
«Hai
ragione. Ora và molto meglio, grazie.» gli sorrido
e prendo un respiro
profondo.
Niall
sorride di nuovo e si incammina verso l’uscita.
«Aspetta!»
lo blocco, un attimo prima che apra la porta e che mi lasci da sola di
nuovo.
«Puoi
dire ad Harry che lo amo?» chiedo, con voce tremante.
«Diglielo
tu stessa, è qui dietro.» ridacchia Niall. In un
attimo, esce dalla stanza e
richiude la porta.
«Ma
che cavolo…?» sbotto, provando ad uscire in
corridoio. Dall’altra parte, però,
qualcuno oppone resistenza, e la porta rimane stoicamente chiusa.
«Porta
sfortuna vedere la sposa.» la voce di Harry mi arriva
dall’altro lato ed ha
l’incredibile effetto di calmarmi, come sempre.
In
questi anni, ho quasi perso il conto di tutte le volte in cui ha
calmato i miei
attacchi psicotici. Bastava semplicemente un suo abbraccio, un bacio, o
una
carezza e tutti i problemi sembravano lontani, quasi un brutto ricordo.
È
questo, Harry, per me. È il mio porto sicuro, tutto
ciò che mi tiene ancorata a
questo schifo di realtà in cui la sfiga mi perseguita e in
cui condivido il DNA
con esemplari strani.
«Harry…»
mormoro, appoggiando la fronte sulla superficie fredda della porta.
«Si?»
la sua voce mi sembra quasi divertita, come se sapesse alla perfezione
ciò che
sto per dirgli. E probabilmente è così: ha sempre
saputo cosa mi passava per la
testa, senza che io parlassi.
«Ecco…
forse non è una buona idea, sposarci, intendo.»
comunico, con la voce rotta.
Dall’altra
parte ricevo solo un sonoro sbuffo.
«Ci
risiamo. Di nuovo.» borbotta Harry, spazientito. Non
è un discorso nuovo, per
lui, ed ha ascoltato le mie paranoie un numero pressoché
infinito di volte.
«No,
senti. Questa volta è una cosa intelligente.»
replico, indispettita.
«Ti
ascolto.» un lieve tonfo, e me lo immagino mentre si siede
per terra, con le
gambe incrociate e la testa appoggiata alla porta. Di sicuro ha gli
occhi
chiusi. Perché quando parla con me gli succede spesso:
probabilmente ha bisogno
di raccogliere tutta la sua pazienza possibile.
«Ora
immagina: ci sposiamo e tra diciamo dieci, quindici anni, tu non mi
sopporterai
più, perché ovviamente sarò ancora
più stupida di adesso, e avrò raggiunto dei
livelli di acidità inimmaginabili. Allora ti stancherai di
me, anche perché
sarò diventata brutta, bavosa e puzzolente. E mi lascerai o,
molto più
probabilmente mi ucciderai, in maniera brutale, tanto per farmi
scontare tutto
il nervoso che ti ho fatto passare e poi…»
«Sai
cosa immagino io, invece?» mi interrompe Harry. «Io
ti immagino con il
pancione, bellissima e raggiante, con il tuo sorriso fantastico e con i
capelli
raccolti. Ti immagino con le occhiaie, stanca, ma felice,
perché stai per
diventare mamma. E sarai una mamma fantastica. Ci immagino tra
cinquant’anni,
vecchi, seduti in veranda, insieme ai nostri nipotini. Ed anche
lì, sono sicuro
che sarai una nonna meravigliosa. Sai qual è il punto,
amore? Io non mi
stancherò mai di te, perché sei e sarai sempre la
cosa migliore che mi sia mai
capitata. Perciò facciamo così: io adesso vado a
sposarmi. Se mai decidessi di
raggiungermi, io sarò quello davanti
all’altare.» dopodiché sospira e sento i
suoi passi allontanarsi lungo il corridoio.
Ed
in questo preciso momento, capisco qual è la cosa giusta da
fare.
Passa
ancora qualche minuto, dopodiché la porta si apre di nuovo,
ed entra papà.
«Un
uccellino mi ha detto che eri preoccupata, tesoro.» sostiene,
venendomi
incontro. Mi aiuta a sistemare il velo dietro le spalle, in modo che
non si
spiegazzi.
«Niall
dovrebbe imparare a farsi i cavoli suoi.» borbotto,
imbarazzata. Papà
ridacchia, divertito. Sapete, abbiamo legato tanto, in questi anni. Ho
scoperto
di avere tante cose in comune con lui, più di quanto
pensassi. Compresa una
vena sarcastica e una buona dose di umorismo davvero esilarante.
Bridget ha
rischiato più volte di esaurire, ma per fortuna stare con
Louis l’ha fornita di
una pellaccia dura e coriacea.
Comunque,
tutto questo per dirvi che non posso fare a meno di paragonare il
matrimonio di
Giselle al mio. Il suo, è stato il punto di partenza, una
vera fortuna per me,
oserei dire.
Mi
ha portato Harry, mi ha portato papà e mi ha portato una
vita meravigliosa e
felice (certo, anche Giorgia, ma è solo un dettaglio). Il
mio matrimonio,
invece, è la fine, ma al tempo stesso è anche
l’inizio. Tutto quello che ho
passato, tutte le litigate, i pianti, i colpi di testa e le scenate
isteriche,
mi hanno portato nella stessa chiesa in cui tutto è
cominciato, davanti
all’altare, pronta a diventare la sposa dell’uomo
più fantastico del mondo.
Perciò,
ho solo un’altra cosa da dire: Parche, andatevene a fare in
culo, questa volta
Leighton O’Connell ha vinto.
Ferma
davanti all’inizio della navata, osservo Harry, che
è in piedi davanti
all’altare ed è evidentemente emozionato. Non mi
accorgo di niente, sono a
malapena consapevole di essere sottobraccio a papà. Non vedo
mamma, che piange
accanto a Giselle. Non vedo Bridget ed Erika, mie testimoni, ferme di
lato
all’altare. Non vedo Louis e Niall, testimoni di Harry,
dall’altra parte.
Vedo
solo il mio futuro marito, i suoi occhi verdi e il suo sorriso dolce.
Incespicando sui tacchi – non sia mai che mi risparmi una
figura del cavolo –
mi posiziono al fianco di Harry.
Papà
solleva il velo, scoprendomi il volto, e mi lascia un bacio sulla
guancia.
Faccio
un respiro profondo e sorrido.
«Guarda
un po’ chi si rivede. Ciao, amore.» sussurra Harry,
divertito.
«Zitto
tu. Mi hai incastrato con quel discorso malefico.» ribatto,
divertita. Il
prete, in piedi dietro di noi, tossicchia lievemente, poi mi guarda
come a dire
che è giunta l’ora che io stia zitta. Mi scuso con
un cenno del capo e con un
sorriso lieve e torno a guardare Harry.
«E
comunque ti amo.» concludo, un istante prima che il sacerdote
cominci a
parlare.
«Vuoi
tu, Harry Edward Styles, prendere la qui presente Leighton
O’Connell come tua
legittima sposa, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in
malattia,
in ricchezza e in povertà, finché morte non vi
separi?»
Oddio.
E se avesse cambiato idea? Che faccio, se ora dice di no? Giuro che lo
uccido.
«Non
aspettavo altro.» conferma Harry, tranquillo. Nella sua voce,
non c’è la minima
traccia di dubbio, ma tutta la sincerità del mondo. Sospiro,
sollevata, e
probabilmente qualcuno se ne accorge, visto che sento un paio di risate
provenire da non troppo lontano. Ripromettendomi di uccidere Niall non
appena
avrò smaltito tutta questa dose di felicità,
torno a concentrarmi sul parroco.
«E
vuoi tu, Leighton O’Connell, prendere il qui presente Harry
Edward Styles come
tuo legittimo sposo, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in
malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte
non vi separi?»
Silenzio
tombale e lievemente carico d’attesa. Probabilmente, qualcuno
si aspetta che io
dica di no. Sbuffo, irritata da questa mancanza di fiducia nei miei
confronti,
poi guardo Harry e gli sorrido. Lui ricambia, sereno, perché
a differenza di
quest’ammasso di malfidenti, sa che lo amo e non nutre alcun
dubbio al
riguardo.
«Si,
lo voglio.»
***
Trauma. Traaaaaaauma.
Cioè, voi ci capacitate del fatto che Wedding sia finita? In
tutta sincerità, io no. Perciò, Trauma.
Non c'è niente da dire su questo epilogo, se non che
è piuttosto scontato, ma io volevo che lo fosse.
Cioè, il matrimonio è il punto di tutta la storia.
Scusate, non so neanche cosa sto dicendo. Trauma.
Comunque, spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso,
perchè mi dispiacerebbe.
Perciò, fatemi sapere che ne pensate, okay? Ci tengo. Anche
voi, lettrici - o lettori, se ce ne sono - silenziose, fatevi avanti! :)
Niente, sono traumatizzata e non so nemmeno cosa dire.
Se non grazie.
Grazie a tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le
seguite/preferite/ricordate. Grazie a chi ha inserito ME (incredibile,
ma vero), tra gli autori preferiti.
Grazie a chi ha commentato, a chi ha aspettato i miei capitoli,
nonostante la mia incostanza nel pubblicarli. E grazie anche a chi a
letto in silenzio. Grazie a chi mi ha contattato su Facebook, Ask e
Twitter e... GRAZIE.
Mamma mia, manco fossi il Presidente della Repubblica. Comunque,
sappiate che vi adoro tutte, dalla prima all'ultima.
GRAZIE.
Qui sotto, vi lascio il link della nuova long che ho pubblicato
lunedì e della OneShot dedicata a Wedding, dal punto di
vista di Harry.
E, oltre a quello, vi rilascio anche i contatti di Twitter, Facebook,
Ask e del gruppo
Facebook, che ho appena creato :):)
(cliccate sul nome)
Spero tanto che questa storia vi abbia emozionato un po', e magari
tenuto compagnia quando siete state annoiate, o tristi o anche solo
nostalgiche. Davvero, spero vi abbia lasciato qualcosa.
Con affetto,
Fede.
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