Anche i lupi hanno un cuore.

di xUnbroken
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vittima. ***
Capitolo 2: *** L'esca. ***
Capitolo 3: *** Un nuovo lupo in circolazione. ***
Capitolo 4: *** Nuove scoperte. ***
Capitolo 5: *** Legami pericolosi. ***
Capitolo 6: *** Luna piena. ***
Capitolo 7: *** Scontro diretto. ***
Capitolo 8: *** Nuove esperienze. ***
Capitolo 9: *** Verità. ***
Capitolo 10: *** Nuove vittime. ***
Capitolo 11: *** Una nuova famiglia. ***
Capitolo 12: *** Presenze. ***
Capitolo 13: *** Faccia a faccia. ***
Capitolo 14: *** Attacco diretto. ***
Capitolo 15: *** Allucinazioni. ***
Capitolo 16: *** (In)Comprensioni. ***
Capitolo 17: *** Piano B. ***
Capitolo 18: *** La fine. ***



Capitolo 1
*** Una nuova vittima. ***


“Sai, non c’è bisogno di essere così.” Gli rispose Jane decisa.
La classe era piena di gente ma era così terrorizzata da quelle parole che aveva appena pronunciato che sembrava si fosse svuotata all’istante. Non sapeva come avrebbe reagito, né come l’avrebbe considerata,e il solo fatto di aver risposto con quel tono la metteva a disagio.
“Così come?” chiese lui, sempre più in tono di sfida.
“Stronzo.”
Affiorò un sorriso sulle sue labbra. Di quei sorrisi che non si lasciano intimidire, anzi. Un sorriso di quelli che non aspettavano altro per attaccare briga. Ma non era sua intenzione attaccare briga con lei. Sorrise perché sentiva il suo cuore battere all’impazzata per il terrore e il disagio. Ma Derek gli aveva dato ordini precisi: niente risse, niente coinvolgimenti in alcun tipo di scontro tra umani, niente dimostrazioni di forza sovrumana, artigli, zanne o altro in pubblico.
Ma Jane questo non lo sapeva. Non sapeva nulla di lui, a parte che un giorno era un anonimo, semplice e strambo ragazzo della scuola che giocava nella squadra di lacrosse e il giorno dopo si era trasformato in un bullo.
Lo guardava a stento negli occhi. Quegli occhi verdi che la scrutavano nel tentativo di capire cosa pensasse davvero, e nel frattempo il suo cuore continuava a palpitare. Iniziò a chiedersi se fosse davvero per il terrore o per il fatto che era cotta di lui sin dal primo anno.
Isaac smise di guardarla quando il professor Harris richiamò l’attenzione di tutti quanti alla lavagna, ma sentiva ancora il suo cuore palpitarle nelle orecchie.
“La vuoi smettere?” mormorò poco dopo.
Jane lo guardò perplessa senza rispondere e lui rendendosi conto che non avrebbe dovuto dirlo girò il volto dall’altro lato.
“Bene, vi organizzerete in gruppi di studio da due.” Disse il professore. E questo richiamò l’attenzione di tutti. Iniziò ad elencare i ragazzi finché… “E infine Lahey con Davis.”
Si guardarono entrambi, scocciati al solo pensiero di dover passare anche i pomeriggi dopo scuola insieme. Jane si voltò a guardare il resto della classe nel vano tentativo di cercare qualcuno ancora da solo e disponibile, ma non era la sua giornata fortunata. Notò Scott e Stiles che la fissavano.
Si girò davanti, pensando che forse era impazzita lei o il resto delle persone dentro quella scuola.
Appena suonò la campanella Isaac uscì di corsa dalla classe sbattendo contro tutti, senza neanche guardarsi intorno.
Jane aveva l’armadietto vicino a quello di Stiles e si fiondò lì a posare i libri.
“Ehi” iniziò lui con un briciolo di imbarazzo. Erano amici ma non parlavano spesso. Stiles era un tipo a posto ma lei non era il tipo da farsi avanti per degli amici. Avevano parlato qualche volta quando lui e Scott avevano avuto bisogno di lei per delle ricerche nel computer della scuola. Lei li aiutò senza fare domande e facendole promettere di non aprire bocca con nessuno, e questo la fece apparire ai loro occhi come qualcuno di cui potersi fidare.
“Ehi” rispose con un mezzo sorriso.
“Ho visto che Harris ti ha messo con Isaac”
“Già” il suo tono lasciò intravedere qualcosa che forse non avrebbe dovuto trapelare.
“Sono in ritardo per la prossima lezione. Comunque se hai bisogno di qualcosa chiamami.” concluse lui tranquillo, come se fosse la cosa più normale del mondo chiamare un ragazzo con cui parlava a mala pena. Ma dal tono con cui pronunciava quelle parole Jane capì che si riferiva ad Isaac.
Era un ragazzo abbastanza difficile da decifrare. Non si erano neanche messi d’accordo. Sarebbe andata lei da lui, o lui da lei? O forse la domanda da fare era se avrebbero davvero studiato insieme, perché Isaac non sembrava minimamente intenzionato a studiare con lei.
Alla fine delle lezioni Jane passò dal campo di lacrosse, dove spesso le piaceva fermarsi a leggere. Era tutto estremamente tranquillo quando non c’era nessuno ed era un posto perfetto per le persone solitarie. Decise di fermarsi un’oretta, consapevole che Isaac non si sarebbe mai presentato a studiare da lei.
“Ehi!” la chiamò in lontananza una ragazza. Alta, biondi capelli ondulati e un rossetto rosso fuoco. Giacca di pelle e maglia scollata che lasciava intravedere di tutto. Jane alzò lo sguardo e la vide avvicinarsi. “Isaac mi ha chiesto di dirti che non può studiare con te oggi.” Le disse Erica, sottolineando quel con te, per far capire che era appunto con lei che non voleva studiare.
“Grazie, lo immaginavo.” Rispose, rendendo la cosa più che ovvia.
Erica le sorrise. “Sai… non penso che tu sia il suo tipo.” Fece lei, con una finta nota di tristezza.
“Dovevamo studiare, mica uscire insieme.”
Erica rise di gusto a quelle parole. Jane la ignorò continuando a leggere il libro.
“Ti trattieni ancora a lungo?” le chiese poi. Erica parve non apprezzare il tono e la sua espressione si incupì. Jane si accorse che un ragazzo dall’altro lato del campo li osservava. Era più grande, alto, maglia bianca dalla quale trasparivano gli addominali scolpiti, giacca di pelle, una leggera barba sul viso, pelle chiarissima, capelli neri e occhi di un verde chiarissimo che Jane riusciva a intravedere da quella distanza. Erica lo guardò e lui le fece segno di avvicinarsi.
“Devo andare, è stato un piacere. Sfigata.” Le disse a tono. Jane odiava essere trattata in quel modo, come se fosse parte di un ceto sociale diverso. Come se in quella scuola era una minuscola parte insignificante che contava meno di niente.
Innervosita rimise i libri nella borsa e se ne andò a casa.

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Capitolo 2
*** L'esca. ***


“Ti ho detto che devi stare lontana dalle persone insignificanti.” La rimproverò Derek. “Lei non è nulla. Non ha fatto nulla e non hai motivo di torturarla.”
“Oh, andiamo. E’ una sfigata. Devo pur potermi divertire con qualcuno in quella scuola.” disse lei, come se avessero appena detto ad una bambina che le avrebbero tolto il giocattolino nuovo se non la smetteva di giocarci tanto a lungo.
“Comunque, che doveva fare con Isaac?” chiese Derek.
“Studiare per un progetto di chimica.”
“E dov’è?”
“Con Boyd che aspetta al rifugio?” rispose lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Va’ da loro, vi raggiungo tra un po’.” Le ordinò. Poi corse via alla ricerca di Jane. Per qualche assurdo motivo voleva parlarle.
Non molto lontano da lei la chiamò. “Ehi!” le urlò. Jane si girò leggermente infastidita. Derek la raggiunse mentre lei aspettava paziente. “Jane, giusto?”
Notò che aveva un sorriso davvero bello. “Si”
“Uh… io sono Derek. Volevo scusarmi per il comportamento di Erica.”
“Sei… una specie di suo tutore?” gli chiese perplessa.
Rise. “No… diciamo un amico che le impedisce di fare stronzate. Ehm… ho saputo che Isaac doveva studiare con te.”
Lei annuì abbassando lo sguardo. “Bene, sarà da te tra poco.” Disse con tutta tranquillità, la salutò con un cenno della mano e se ne andò.
Quando arrivò davanti al vialetto di casa vide Isaac seduto sul portico. Lo salutò con la mano e lui ricambiò. “Muoviamoci, ho altro da fare.” Le disse con un tono abbastanza sgradevole. Jane era stata infastidita anche troppo dopo la fine della lezioni e non risparmiò nessuno.
“Guarda che non eri obbligato a venire se non volevi.”
“Mi hanno costretto.”
“Bé, hanno fatto male.”
“Dovresti soltanto ringraziarmi di essere qui.” Disse lui, sovrastandola con il suo corpo. Era più alto di lei e Jane indietreggiò alzando lo sguardo.
“Dovrei ringraziarti per qualcosa che fai contro voglia? Del tipo che mi stai facendo un favore ad essere qui?”
“Si, esatto.”
“Bé, non è che mi interessi molto. Sono stanca e personalmente non ho molta voglia di studiare con uno che ha meno voglia di me. Però domani lo spiego io a Harris il perché non abbiamo fatto il progetto.” Disse lei in tono di minaccia.
Isaac parve calmarsi davanti a quelle parole. Sentiva ancora il suo cuore palpitare, ma stavolta di rabbia. “Ok ok, perché non… ci sediamo qui e iniziamo?” disse, quasi in tono di resa indicando le scale davanti al portico. “Pensi di poter smettere di essere così nevrotica?”
“Tu pensi di poter smettere di essere così stronzo? Guarda che non mordo se studi con me!”
Isaac rise. “Ok, dai.” Per la prima volta le parve che fosse un sorriso sincero il suo. Isaac notò il cambiamento del suo umore dal suo battito. Era normale adesso.
 Si sedettero sulle scale e iniziarono. Jane non eccelleva molto in chimica, ma Isaac sì.
Cercò di spiegarle il più chiaramente possibile ma Jane sembrava presa da tutt’altro. I suoi occhi, le sue labbra, lui. “Ehi, mi stai ascoltando?” le disse richiamando la sua attenzione.
“Si, dicevi?”
“Che gli alcheni sono degli idrocarburi, che sono…?” chiese lui.
“Uhm… composti?”
“Si, di che cosa?”
“Carbonio?”
“Esatto.”
Jane era distratta e Isaac l’aveva notato. Sorrideva come se ricambiasse l’interesse furtivo che lei dimostrava leggermente, ma quando si rese conto di esagerare tornò a non guardarla.
Anche se spesso non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Il lieve sole pomeridiano li illuminava riscaldandoli e gli occhi di Jane erano di un marrone che andava quasi sul rosso che, illuminati dal sole, erano decisamente uno spettacolo. Le labbra rosa carnose in contrasto con la pelle chiarissima erano una tentazione, ma Isaac non si lasciò tentare.
“Ehi” stavolta fu Jane a richiamare la sua attenzione. Si era incantato a guardarla e il suo sguardo alternava ai suoi occhi e alle sue labbra.
Il sole iniziava ad affievolirsi, indice che stava arrivando la sera. Poco dopo un clacson suonò richiamando l’attenzione di entrambi. Derek in un macchinone nero, sapeva dove abitava, ed era venuto a prendere Isaac.
“Devo andare. Ci vediamo” disse liquidandola subito. Jane salutò lui e Derek con un gesto della mano e l’auto svoltò il vialetto subito dopo alla velocità della luce. Perché Derek era venuto a prendere Isaac? E come faceva a sapere dove abitava? E soprattutto, da quanto tempo era lì? Aveva visto tutta la scena? Domande che assillarono Jane tutta la notte, finché non ripensò a quando lui l’aveva guardata come estasiato. Le apparve un sorriso sul volto ripensandoci. Ma il giorno dopo era tornato tutto come prima, Isaac era tornato ad essere il solito stronzo.
“Ehi, com’è andata ieri?” le chiese Stiles.
“Bene.”
“Davvero? Mi stai dicendo che si è presentato a studiare e avete studiato?”
“Si, esatto.”
“Caspita, mi stupisci sempre di più Jane!”
“Ehi, Jane!” disse Scott, introducendosi nella conversazione.
“Ehi!” salutò Jane.
“Senti… mi servirebbe un favore.”
“Che genere di favore?”
Stiles lo guardò complice, ma con un non so che di preoccupato. Come per dirgli con lo sguardo di non farlo.
“Sei in grado di tirare con l’arco?”
Jane lo guardò perplessa, ignara di cosa volesse significare quella richiesta. “Direi… di no.”
“Bene, è il momento che impari!” disse lui.
La trascinò nel bosco dove era attaccato ad un albero un bersaglio. Gli diede una faretra carica di frecce e un arco.
“Bene, lezione uno. Prima di tutto devi caricare la freccia sull’arco. Lo fece lui con calma e lentamente e poi provò Jane, con successo. “Ok, così va bene. Ora prova a tirare verso il bersaglio.”
Tirò ma con scarsi risultati. Era in grado di caricare una freccia abbastanza velocemente ma non di fare centro. Scott la incitò a riprovarci ancora e ancora.
“Perché le stai insegnando a cacciare? Tu sei un lupo Scott!” gli sussurrò Stiles.
“Lo so, ma abbiamo bisogno di lei. I genitori di Allison non la fanno uscire e lei è l’unica di cui possiamo fidarci per farlo.”
“Cosa? Uccidere chiunque sia la Kanima?”
“No, non ucciderla. Non voglio ucciderla. Ho solo bisogno di qualcuno in grado di rallentare il branco di Derek, che sono quelli che vogliono ucciderla, o anche solo di… qualcuno che la attiri da noi.”
“Un’esca?” chiese perplesso Stiles, rabbrividendo. “Non starai mica per… Scott no, non posso lasciartelo fare.”
“Non abbiamo altra soluzione e prometto che non le accadrà niente. Lo giuro.” Lo rassicurò Scott.
“No Scott, è troppo pericoloso. E lei non centra niente con tutto questo!”
“Lo so Stiles, lo so! Ma non ho altra scelta, è l’unica di cui mi fidi in mancanza di Allison e l’unica in grado di poter fare qualcosa.”
“Come fai a saperlo?”
“Perché altrimenti non avrebbe accettato. E poi sento il suo battito cardiaco. E’ forte, impavido, coraggioso. Vuole vincere. Vuole centrare il bersaglio.” Concluse, sicuro di quello che stava dicendo. Entrambi si voltarono a guardarla mentre ci riprovava migliaia di volte.
Infatti dopo gli ultimi vani tentativi ci riuscì. Non centrò il bersaglio ma ci arrivò vicina. Sempre più vicina al centro, fin quando l’ultima freccia della faretra lo centrò in pieno.
“Credi di riuscire a farlo di nuovo?” le chiese Scott. Raccolse tutte le frecce che avevano mancato il bersaglio ed erano rovinosamente cadute a terra vicino ai tronchi dei grossi alberi e gliele riportò nella faretra.
“Ok, adesso più veloce, più decisa.” La incoraggiò Scott. “In sequenza e veloce prendi le frecce e scagli con più decisione possibile.”
E così fece. Scott credeva fermamente in lei e questo la spinse ad eseguire. Fece esattamente ciò che Scott le disse di fare e le frecce affondarono dritte nel bersaglio. Non tutte al centro, ma comunque ce l’aveva fatta. “Grandioso!” le disse.
Jane lo guardò compiaciuta facendo un timido inchino. “Ma a cosa serviva questa lezione di tiro con l’arco?” chiese poi, curiosa.
“Ecco… stasera hai da fare?”
“No, perché?”
“Ci servirebbe il tuo aiuto per una cosa. Mi fido di te ma nessuno deve sapere nulla, neanche di questa lezione.”
“Ok. Almeno io posso sapere cosa faremo?”
“Farai pratica con… dei veri bersagli.”
Jane lo guardò sconvolta. “Oh tranquilla, non dovrai uccidere nessuno, rilassati. Serve solo una copertura armata.”
“Mi stai dicendo che generalmente vagate nei boschi nel bel mezzo della notte accompagnati da qualcuno con arco e frecce?”
“A volte anche delle balestre, ma questo ora è insignificante.” Disse Stiles.
“Ci stai?” chiese Scott, quasi supplicandola.
“A patto che non debba uccidere nessuno.”
“Non dovrai. Giuro!”
Dopo cena passarono a prenderla, ma Jane non era tranquilla. Come se sentisse nel bosco la presenza di qualcosa. Si guardava costantemente le spalle e in alto, con in mano l’arco e una freccia già caricata.
“Te lo dicevo che era troppo pericoloso!” bisbigliò Stiles, notando il suo comportamento. Scott non rispose e continuarono a camminare.
Jane scattò all’erta quando sentì qualcosa in lontananza avvicinarsi verso di loro e dei respiri affannati. “Che c’è?” le chiese Scott.
“Avete sentito?”
“Cosa?” chiesero Scott e Stiles preoccupati.
“Ho sentito qualcosa in lontananza avvicinarsi e dei respiri affannati.”
Scott la guardò sconvolto. “Come diavolo hai fatto a sentirlo?”
“Non lo so. So solo che l’ho sentito.”

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Capitolo 3
*** Un nuovo lupo in circolazione. ***


Scott alzò lo sguardo e Jane notò che era uno sguardo spaventato. “Non mi piace quello sguardo.” Disse a Scott, troppo terrorizzata per girarsi a guardare. Qualcosa le graffiò il collo e di colpo sentì perdere la sensibilità dal collo in giù. Vide degli occhi gialli arretrare nell’oscurità di quel bosco che le infondeva terrore nelle viscere perché adesso sentiva tutto, rumori, respiri, battiti cardiaci, ma iniziava a perdere l’equilibrio.
“Ma che…” riuscì a dire mentre le sue gambe cedevano. Qualcuno la prese prontamente. Si voltò a fatica e vide gli occhi di Isaac brillare alla luce della luna. La teneva ben salda per la vita, sotto gli occhi di tutti e una minaccia incombente su di loro. La sentiva sibilare così forte che urlò.
“Oddio fatela smettere!” urlava, senza possibilità di tapparsi le orecchie o muovere la testa. Ed era frustante.
“Che diavolo sta succedendo?” chiese Derek.
“Non lo so!” rispose Scott spaventato.
“Di questo passo i cacciatori ci sentiranno!”
Isaac le mise una mano sulla bocca. “Shh. Andrà tutto bene.” Le sussurrava all’orecchio, ma Jane cercava in tutti i modi di ribellarsi, e quel sibilo era come se le trapanasse il cervello.
“Portala via da qui!” ordinò Derek. Isaac obbedì, caricandola in spalla e trasportandola via ad una velocità che Jane era incapace di calcolare. Non poteva arrampicarsi così si assicurò che i suoi stessero dormendo. Aprì la porta silenziosamente e la portò nella sua stanza. La adagiò sul letto e si fermò a fissarla, chiedendosi se sarebbe dovuto restare o andare via. Decise infine di andare via. Le spostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso e le rimboccò le coperte. “Andrà tutto bene.” Le sussurrò con una strana dolcezza che non era da lui, poi svanì. Al mattino dopo un sms di Scott le chiedeva scusa per averla usata come esca la notte prima.
All’arrivo a scuola Scott le saltò davanti.
“Ehi Jane. Mi dispiace per ieri, giuro che non l’avevo previsto.”
Jane esitò innervosita. “Paralizzata dal collo in giù, hai idea di cosa significa?” gli disse arrabbiata. “E in più sentivo tutto. Sentivo il suo sibilo rimbombare nella mia testa come un martello pneumatico. Sentivo i respiri affannati di Derek e gli altri. Sentivo tutto Scott. Ed è stato terribile non potersi difendere solo perché ero paralizzata!”
“Lo so, e mi dispiace. Ma… come hai fatto a sentire quelle cose?”
“Non ne ho idea, vorrei saperlo anch’io!”
Si guardarono, cercando di capire, ma non capivano. Scott forse si, ma lei no.
All’uscita da scuola Isaac la prese per un braccio con forza e la trascinò con sé.
“Che fai?” disse lei, liberandosi dalla presa.
“Derek vuole parlarti.”
“Sarebbe carino dirlo in anticipo invece di prendere con violenza le persone e trascinarle via.”
“Si, come ti pare. Ora muoviti.”
Jane non si mosse e sentì la voce di Derek nella sua testa. ‘So che puoi sentirmi.’ Si voltò alla ricerca di lui ma non riusciva a vederlo. ‘Non mi vedi? sono qui. Segui la mia voce.’ Le diceva. Jane seguì la sua voce, il suo respiro e il suo battito, che sentiva forte e chiaro, e lo trovò. Dietro un albero al limitare del campo di lacrosse.
Lo guardò e il suo cuore iniziò a battere forte per il terrore.
“Mi hai trovato.” Disse lui con un sorriso.
“Non mi sembrava di avere molta scelta.”
La sua espressione cambiò. “Come?” chiese lui serio.
“Isaac mi ha trascinato qui.”
“No. Hai seguito la mia voce. Hai sentito il mio respiro, il mio battito.”
Jane lo guardò sconvolta. “Non è così?” chiese conferma Derek.
Non riusciva a mantenere il contatto visivo con quegli occhi che sembravano spogliarla di tutta quella poca sicurezza che aveva. “Come ieri ci hai sentito arrivare e hai sentito il suo sibilo nella tua testa.” disse infine, girandole intorno come se, facendolo, avrebbe trovato qualcosa a conferma della sua teoria. Jane lo seguì con gli occhi, poi alzò lo sguardo verso il cielo azzurro, che si intravedeva attraverso i frondosi alberi del bosco. “Cosa sei, Jane?”
Non rispose, ancora sconvolta da quella domanda. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Non lo sapeva neanche lei cos’era e perché sentiva quello che sentiva.
Derek la guardava senza toglierle gli occhi di dosso. Poi fece un cenno con gli occhi e Erica e Isaac la attaccarono. La scaraventarono contro un albero e poi a terra, prima con la forza normale di un umano, poi con una forza sovrumana. La stessa forza con cui Isaac l’aveva stretta la notte prima e la stessa velocità.
Fece fatica ad alzarsi, poi intervenne Derek. La bloccò contro un albero sollevandola da terra.
“Dimmi. Cosa. Sei.” Sussurrò, e quella voce iniziò ad echeggiare nella testa di lei. Di colpo si sentì la rabbia montare dentro come non mai, urlò per liberarsi ma senza risultati.
Derek rideva divertito finché gli occhi marroni di lei non divennero dorati con dei filamenti rossi e
urlò di dolore finché le crebbero le zanne. Derek mollò la presa e Jane cadde a terra in ginocchio. Alzò lo sguardo verso di loro, come se fosse indecisa su chi attaccare. Erica e Isaac indietreggiarono, ma Derek rimase davanti a lei.
Jane si alzò perplessa e si toccò la bocca sentendo le zanne sopra la pelle.
“Sai cosa sei?” chiese infine Derek, deducendo che lei non ne sapeva nulla.
Jane non rispose e lo guardò mentre sentiva il cuore andare a mille come la rabbia, incapace di spiegare cosa le stava succedendo. Il suo sguardo cadeva sulle mani, le mani sui denti e gli occhi non riusciva a guardarli. Erica le porse un specchietto e alla vista di quell’orrore quasi urlò.
Tutti continuavano a guardarla sconvolti, perfino Derek. Ma non sembrava spaventato, gli altri invece si.
“Vuoi sapere cosa sei?” le chiese, tentandola.
“No!” urlò Scott dall’altro lato del campo. Tutti si voltarono verso di lui. “Lasciala in pace Derek! Lei non centra!”
Ma quando si avvicinò a lei e vide quegli artigli, quegli occhi che trasudavano rabbia e quelle zanne, si rese conto che qualcosa non andava. Le rivolse uno sguardo sconvolto e le si avvicinò lentamente con una mano a mezz’aria, come se volesse abbracciarla.
“Vuoi ancora che la lasci stare?” gli chiese Derek.
“Non vorrai mica ucciderla!”
“No, veramente stavo per dirle cos’è.”
Scott le girò intorno, esaminandola. La guardò negli occhi, che erano l’unica cosa diversa che aveva rispetto agli altri. Gli artigli e le zanne erano le stesse, ma qualcosa gli faceva capire che allo stesso tempo non erano le stesse.
“E’ diversa da noi.” Mormorò tra sé e sé.
“Diversa da voi?” chiese Jane.
Derek lo guardò, impaziente di dire la sua. “Credi davvero che sia pronta a capirlo?” chiese poi Scott.
“Dovrà, se vuole sopravvivere. Deve sapere cos’è.”
Jane si voltò di scatto sentendo in lontananza dei passi e tutti seguirono il suo sguardo.
“Dobbiamo andarcene.” Intimò agli altri.
“Cosa senti?”
“Passi. Più di una persona. Si stanno avvicinando.”
“Cacciatori.” Concluse Scott. “Posizionano le trappole prima che cali il sole. Forse è meglio andare via da qui.”
“Devi tornare umana, Jane.” Gli ordinò Derek, ma non successe nulla.
La guardò, aspettando una sua reazione. “Sbrigati!”
“Non ci riesco!”
Isaac la scosse da dietro, cogliendola di sorpresa ma non successe nulla.
Scott gli diede la sua felpa col cappuccio e la adagiò sul suo corpo come se fosse una bambina infreddolita. “Sguardo basso, mani in tasca e bocca chiusa. Mi hai sentito? Arrivo tra un attimo.” Le disse, prima di tornare verso la scuola.
Derek li trascinò al suo rifugio. Si passava attraverso una scala sotterranea fino ad arrivare ad una vecchia metropolitana dismessa. Una lieve luce illuminava il poco spazio che c’era e che era occupato da oggetti di qualsiasi genere.
Ci fu un minuto di silenzio troppo pesante perfino per Jane prima che Derek fece un lungo sospiro e decidesse di parlare. Scott arrivò in quel momento.
Derek le tolse la felpa e non era ancora tornata umana.
“Ecco qui. La nostra piccola Jane è… cos’è, Scott?”
Scott lo guardò furioso. Odiava quei giochetti. “Un lupo.”
“Esattamente.” Fece Derek. “Ma non un lupo qualsiasi. Sei stata morsa, Jane?”
Non sapeva cosa rispondere, era terrorizzata e spaventata da sé stessa, poi scosse la testa.
“E’ un raro tipo di lupo. Non hanno un nome specifico, sono sempre lupi mannari, ma la loro natura genetica è più complessa. Nasce ogni 150 anni, quindi suppongo che qualcuno della tua famiglia era un lupo 150 anni fa. La loro natura, a differenza della nostra, non si manifesta durante la luna piena, ma soltanto quando si è a diretto contatto fisico con un altro lupo. Che sia un Beta o un Alfa non fa differenza. I diversi tipi di rabbia si scontrano e fanno emergere la sua natura, che è più violenta e più distruttiva. Certo, dipende anche dal tipo di persona. La sua natura non si è scatenata finché non l’abbiamo provocata con la violenza. Ed ha anche dei sensi più sviluppati. Riesce a percepire cose che noi non siamo in grado neanche conoscendo una persona. Il suo udito è più sviluppato e sarebbe in grado di sentire un cuore battere anche a miglia di distanza.”
“Quindi… un contatto diretto, cioè uno scontro corpo a corpo, fa emergere la sua natura?” chiese Isaac.
“Esatto.” Rispose deciso Derek. “I suoi caratteri sono puramente umani, ma la rabbia emerge quando si scontra con un altro tipo di rabbia. Come se al solo tocco si irradiasse nel suo corpo trasformandola.”
Jane li guardava con gli occhi spalancati, quando i loro occhi si posarono su di lei. “Ma adesso credo che abbiamo un altro problema.” iniziò Derek. “Perché non torna umana?”
Nessuno rispose. “Ok, facciamo una cosa.”
Isaac si posizionò di fronte a lei. Jane capì che Derek voleva spronarli ad uno scontro diretto.
Gli occhi di Isaac si fecero dorati e le zanne minacciose. Lei sentì la rabbia crescere dentro di sé quando lui la spintonò contro il muro con violenza. Si rialzò e gli caricò un pugno dritto nello stomaco che lo fece arrivare a terra. Derek seguiva attentamente ogni loro movimento.
Isaac cercò di colpirla, ma lei riusciva a schivare ogni colpo e a fermarlo con grandiosa abilità.
Prese entrambe le braccia di Isaac e le contorse dietro di lui, che urlò dal dolore e cadde in ginocchio. Quando cercò di rialzarsi Jane gli ululò contro. Gli occhi di Isaac si spalancarono, come anche quelli di Erica, e gli sferrò un calcio che lo fece arrivare contro una trave. Tornò umano, spaventato e grondante di sudore. Alla vista di Isaac terrorizzato tornò umana. Si avvicinò a lui con fare dolce. “Oddio no. Scusami. Non fare così.” Gli disse teneramente. “Non volevo.”

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Capitolo 4
*** Nuove scoperte. ***


Derek era contento delle sue abilità ma non tanto del fatto che avesse un carattere così umano.
“Visto? E’ forte e può dare ordini esattamente come un Alfa, ma il suo carattere è puramente umano. Bel combattimento, comunque.” Le disse, aiutando lei e Isaac ad alzarsi da terra.
Ma Isaac non sembrava intenzionato a perdere. Derek li guardava. Un minuto prima si ringhiavano contro, e il momento dopo lei era accanto a lui dopo averlo terrorizzato a morte. Isaac si avventò nuovamente contro di lei graffiandole un braccio. Jane faticò a trasformarsi di nuovo e urlò di dolore quando spuntarono le zanne e gli artigliò. Si avventò contro Isaac con violenza sbattendolo contro il muro e immobilizzandolo.
“Fermi!” urlava Scott, ma non lo ascoltavano. Derek gli fece cenno di stare in silenzio. Poi arrivò Stiles di corsa e si fermò sulle scale assistendo alla scena. Vide Jane trasformata e quasi gli venne un colpo. Uno scontro corpo a corpo, con una violenza inaudita. Jane era piccola ma forte. Sferrava pugni, calci, spintonava contro il muro e restava il segno con una forza decisamente superiore di quella di un semplice lupo. Alla fine caddero entrambi in ginocchio, faccia a faccia. Gli occhi dorati di Isaac e quelli screziati di rosso di Jane si incontrarono pericolosamente. Lei gli saltò addosso bloccandolo a terra e gli ringhiò davanti al viso. Isaac tornò di nuovo umano e la stessa cosa successe in automatico a lei.
Jane gli tese la mano per aiutarlo, ma lui si avventò nuovamente su di lei. Jane lo prese per il collo. “Basta Isaac.” Lui ringhiò non volendo arrendersi. Jane lo strattonò a terra e si guardò intorno. Erica gli piombò addosso, la prese per la nuca e la strascinò a terra. Jane balzò in piedi  e le fece fare un volo con lo stesso braccio che la teneva. “Smettetela!” ringhiò Jane, ed Erica tornò umana.
Derek aveva ragione. Era in grado di dare ordini come un Alfa anche senza un branco, perché era già molto forte. Era ancora trasformata, in guardia, perché non si fidava di Erica. Invece con Isaac non aveva paura.
“Basta così!” urlò Derek, e Jane tornò umana.
“Andiamo, ti accompagno a casa.” Le disse Scott. Jane esitò e guardò Derek, poi Isaac ed Erica.
“Cos’era quella cosa che mi ha immobilizzato nel bosco?”  chiese.
Derek sospirò, come se cercasse un modo per rendere la verità meno cattiva di com’era.
“Si chiama Kanima. Da quanto sappiamo è più forte, veloce e pericolosa di noi. Ma non sappiamo ancora chi è.”
Jane annuì. “Non avete neanche una vaga idea?”
“Si, ce l’abbiamo. Ma non ne siamo sicuri.”
“Non è lei!” urlò Stiles dalle scale.
“E’ l’unica di cui abbiamo qualche prova!”
“Va bene, andiamo.” Concluse Scott. Salirono le scale e la portò verso l’auto di Stiles.
Durante il tragitto Stiles era curioso.
“Così… sei un lupo anche tu.”
“Già”
Dall’espressione sul suo viso capì che era spaventato. “Tranquillo, non ho intenzione di ucciderti.” Lo tranquillizzò.
“Non sono sicuro di poter essere tranquillo fino alla luna piena.”
“Non funziona così per lei.” si affrettò a dire Scott. “Lei non si trasforma durante la luna piena.”
“E allora che…”
“E’ complicato. Ti spieghiamo domani.” Lo liquidò Scott. Si fermò prima da lui e poi da Jane.
Non disse nulla, a parte darle la buonanotte quando scese dall’auto.
Al mattino dopo Derek l’aspettava davanti a casa nella sua auto.
“Sali, ti do un passaggio, dobbiamo parlare.”
Jane sospirò ed entrò nell’auto. “Allora…”
“Ho delle domande da farti.” Lo interruppe Jane. Derek la guardò, facendo segno con lo sguardo di andare avanti. “Quanti altri lupi ci sono?”
“Isaac ed Erica, come hai visto. La tua natura si è scatenata grazie a loro. Scott, Boyd e io, che sono l’Alfa. Giusto perché tu lo sappia.”
“Li hai trasformati tu?”
“Scott no, gli altri si. Scott è stato trasformato da mio zio, che era l’Alfa prima di me.”
Jane annuì.
“Sappi che devi stare alla larga dai guai.” L’avvertì Derek. “Il preside è un Argent, un cacciatore.”
“Argent?” chiese lei perplessa, ricordandosi di Allison. “La famiglia di Allison?”
“Esatto. Il nonno è alla disperata ricerca di lupi mannari da uccidere, ma gli altri hanno un codice. Se non uccidi nessuno e se non ti fai notare nessuno si accorgerà di te.”
“Un codice? Non capisco.”
“Uccidono solo quelli che uccidono persone innocenti. Quindi attenta a trattenere la rabbia. Nessun altro lupo capirà quello che sei finché non ti attaccheranno.”
“In sostanza io sono coperta finché un altro lupo non mi attacca?”
“Esatto. Come ti avevo spiegato i tuoi caratteri sono umani. La tua natura non è del tutto umana, ma i caratteri si. Riesci a sentire tutto e percepire tutto, e probabilmente questa cosa durante la luna piena si amplificherà e potrebbe diventare impossibile da gestire, ma non correrai il rischio di perdere il controllo della calma davanti a tutti.”
“Ma come ho fatto a sentire tutte quelle cose se non avevo ancora avuto un contatto fisico con un lupo?”
“Si invece. Isaac ti aveva provocato durante l’ora di chimica. Era vicino a te quando era arrabbiato.”
“Ma non mi ha nemmeno sfiorato!”
“Infatti è una cosa che sto ancora cercando di capire.” Jane abbassò lo sguardo. “Ascoltami.” Le disse Derek, invitandola a guardarlo negli occhi. “Tieni sempre gli occhi aperti e attenta a qualsiasi passo falso. Niente risse con Isaac, Erica o Boyd. Sta’ alla larga da loro perché sono delle mine vaganti. Attenta al preside. Fingi semplicemente indifferenza, non dimostrargli che hai paura o penserà che nascondi qualcosa. Non liberare la mente, concentrati su qualcosa o tutti i rumori circostanti ti faranno impazzire.”
“Ok” mormorò lei. quando arrivarono davanti a scuola Derek si fermò per farla scendere.
“Dopo la scuola voglio che combatti ancora con Isaac.”
“Perché?”
“Perché ci sono alcune cose che voglio capire. Ci vediamo alla metropolitana.”
“Ok”
Era difficile durante le lezioni non perdere il controllo. Sentiva di tutto: cellulari che vibravano, penne, voci nelle altre classi, battiti cardiaci. E Isaac cercava in tutti i modi di provocarla.
Durante gli allenamenti Jane era seduta da sola su uno degli spalti ad ascoltare musica. Era l’unico modo per non sentire tutto. Osservava Isaac giocare. Era alto, forte e violento. Notò ad un certo punto gli occhi dorati spuntare dal casco. ‘Mantieni la calma, Isaac’ gli disse, sapendo che poteva sentirla. Lui si voltò e la guardò infuriato. 
“Coach non mi sento granché bene, posso andare a casa?” gli chiese.
Il Coach lo guardò male e poi gli fece cenno di andarsene. Isaac passò su per gli spalti e tirò via con sé Jane. “Che diavolo pensavi di fare?”
“Impedire che uccidessi qualcuno in campo?” rispose lei. Isaac si avvicinò minaccioso e lei si allontanò. “Non provarci.” Gli disse. “Non riuscirei a controllarmi.”
Indietreggiava mentre gli occhi di Isaac divenivano di nuovo dorati, le zanne spuntavano dalle labbra e gli artigli stavano crescendo. Jane sentì male alle gengive, spaventata che potessero crescere anche a lei. Si coprì le mani con le maniche della maglia e le portò davanti alla bocca.
Abbassò lo sguardo cercando di non farsi notare fin quando Stiles non la chiamò e sentì le zanne ritirarsi e gli artigli pure.
“Vai a casa?”
“Si!” rispose lei prontamente.
“Ok, ci vediamo”
Andarono verso la metropolitana senza rivolgersi la parola fin quando Isaac non la scaraventò giù dalle scale. Riprese conoscenza quasi subito e si fiondò su di lui ad una velocità assurda.
Si scontrarono sotto gli occhi vigili di Derek per oltre un’ora senza arrivare mai ad una tregua.
“Ok, basta così.” Ruggì lui, facendoli smettere. “Tu resta qui e lascia che il tuo corpo faccia guarire le ossa rotte, io l’accompagno a casa.” 

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Capitolo 5
*** Legami pericolosi. ***


Durante il tragitto non parlarono finché l’auto non si fermò.
“Ho capito cosa sta succedendo.” Iniziò lui. “Ho capito perché con lui dopo la fine del combattimento tornavi umana e con Erica no e ho capito perché in un combattimento tra voi due nessuno vince mai a meno che tu non gli ululi contro di calmarsi.”
Jane lo guardò, come per dirgli che era interessata che continuasse a parlare.
“Oh, andiamo. Non ci arrivi proprio?” le chiese.
“Veramente no.”
“Ho visto come vi guardavate l’altro giorno mentre stavate studiando e ho sentito che cercavi di calmarlo durante gli allenamenti.”
“Vuoi scherzare?” rise lei, avendo capito quello che intendeva dire Derek.
“No. La vostra forza è bilanciata quando combattete insieme perché vi fidate l’uno dell’altro. Lui ha l’istinto di uccidere, ma non con te. Sa che può provocarti, farti reagire, ma non vuole ucciderti. E’ come quando gli animali giocano tra di loro.”
“Stai davvero facendo un paragone con gli animali che giocano?” gli chiese sarcastica.
Derek rise. “E’ così però. La tua forza blocca la sua e viceversa, e quindi siete sempre pari. E quando ritornate umani succede sempre in contemporanea proprio perché siete connessi dalla vostra forza e rabbia, e soprattutto perché è stato lui a far emergere la tua natura.”
“Connessi?”
“Si. Quando la tua rabbia si placa verso di lui a lui succede la stessa cosa. E poi è evidente! Da come ti guarda e per il solo fatto che negli ultimi due giorni vi siete massacrati.”
“Ok, e come spieghi la mia natura? Come diavolo ha fatto a scatenarsi la prima volta amplificando i sensi se non mi ha neanche toccato?”
“Perché non c’è bisogno di un contatto corpo a corpo quando c’è un legame più forte come quello che avete voi due! Soltanto il modo in cui ti ha guardato è bastato a scatenare quello che sei. Il modo in cui pensava di usare la violenza contro di te e tu lo ammonivi subito! E’ bastato solo quello. Immagina quanto sia pericoloso e potente il vostro legame!” disse Derek alzando la voce.
Jane abbassò lo sguardo, facendo capire a Derek che non si sbagliava. Era tutto vero.
“Ok, vado.”
“Non ignorare questi segnali e non rifiutarlo. Lo sento dal tuo battito che provi qualcosa per lui.” Le disse Derek. “Non posso permettere che se ne vada in giro ad uccidere le persone perché tu lo rifiuti e non posso permettere che si faccia uccidere dai cacciatori a causa tua. Quindi cerca di farlo restare calmo il più possibile.”
Dopo queste parole l’auto di Derek sfrecciò dal vialetto. Jane salì nella sua stanza e iniziò a studiare, ma di colpo si trovò ad ascoltare le conversazioni nelle case del vicinato.
Qualcuno giocava con il suo gatto, qualcun altro litigava al telefono, qualcun altro correva nella sua stanza con il fiato a mille dopo aver litigato con un genitore, qualcun altro curava il giardino. Fu interrotta solo da sua madre quando la chiamò per la cena. La sera andò a letto presto, stanca della giornata e stanca dopo il combattimento con Isaac.
Il giorno dopo andò a sedersi da sola sugli spalti del campo di lacrosse, come era solita fare, quando anche Isaac la raggiunse.
Jane lo guardò senza dirgli nulla, ma parlò solo quando vide che gli occhi di Isaac non si spostavano da lei.
“Che vuoi Isaac?”
“Niente, farti compagnia.”
“E da quando ti preoccupi di farmi compagnia?”
“Da quando devo assicurarmi che tu non uccida nessuno.”
“Non credo che ucciderò qualcuno, visto che non c’è anima viva. E caso mai sarei io a dover tenere a freno te. Ti ricordo che quello con gli istinti omicidi sei tu.”
Isaac rise. “Riuscirò a batterti.” Le disse.
“Non credo proprio tesoro.” Le mani di Isaac la bloccarono per il braccio e i suoi occhi divennero dorati. Jane si voltò di scatto sentendo delle persone che si avvicinavano. “Ti consiglio di riprendere il controllo prima che i cacciatori se ne accorgano e ci facciano fuori entrambi.” Sussurrò davanti al suo viso. Isaac riprese il controllo e si voltò quando vide i cacciatori sbucare dal bosco.
Finsero indifferenza. “Fai finta di dirmi qualcosa di divertente.” suggerì lei.
“Lo sai che sei proprio una stronza?” disse lui con un sorriso.
“Lo sai che tu non sei da meno, vero?” rispose lei ricambiando il sorriso.
Si guardarono senza smettere di sorridere come ebeti. Poi Isaac mise la mano sulla sua coscia.
“Che cavolo stai facendo?”
“Zitta e metti la mano nei miei capelli.”
“Che?” chiese lei sconvolta.
“Dai che hai capito!” disse lui. Sentivano gli occhi dei cacciatori su di loro e iniziarono ad avvicinarsi sempre di più. Si guardavano in maniera diversa. O Isaac ricambiava o era un grande attore. Sentì la mano di lui stringere sulla sua coscia e lei affondò le mani tra i suoi capelli. Inconsapevolmente Isaac si morse il labbro inferiore e lei sentì il cuore di lui battere più forte, mentre gli artigli la pungevano. Mise la sua mano su quella di Isaac. “Controllati, ti sono spuntati gli artigli.” Gli disse tenendo la mano stretta sulla sua. Isaac cercò di liberarsi dalla sua presa ma lei lo trattenne. “Ritirali prima di fare qualsiasi mossa.” Gli ordinò, e così fece. I cacciatori li guardavano insistentemente. “Non guardarli o ci scopriranno. Guardami.” Disse lei.
“Mi conoscono” sussurrò.
“Non ha importanza. Guardami.” Isaac sorrise. “Bravo. Ora prendi la mia mano.” Si strinsero la mano molto spontaneamente ed entrambi sentirono una strana sensazione sui loro corpi. Come energia che si diffondeva.
“Ma che stiamo facendo?” chiese stavolta lui.
“Cerchiamo di non farci ammazzare.”
Isaac si morse di nuovo il labbro inferiore e Jane notò che il suo sguardo cadde sulle sue labbra. La mano di lui lasciò la presa per spostarsi sui fianchi. Jane lo guardava incapace di resistere. I loro visi si avvicinarono timidamente fin quando non si ritrovarono l’uno a sentire il respiro dell’altro contrapporsi nel piccolo spazio che li separava. Ripensava velocemente a quello che le aveva detto Derek, a quanto erano connessi. A quanto fosse pericoloso e potente il loro legame se era bastato un solo sguardo a scatenare tutto e se lui sapeva tutto ciò che Derek aveva detto a lei. Isaac si avvicinò lentamente senza paura e le morse delicatamente il labbro inferiore. Jane non riusciva a distogliere lo sguardo dalle sue labbra. Con un gesto timido si avvicinò a lui e lo baciò. Un bacio veloce e delicato che fece desiderare a entrambi di volerne ancora. Quando alzarono lo sguardo videro il padre di Allison avvicinarsi. L’aveva riconosciuto.
“Ragazzi” salutò lui con un ampio sorriso.
“Salve” disse lei più gentile che mai.
“Sono Chris Argent, il padre di Allison.”
“Io sono Jane e lui è Isaac.”
“Lo so, abbiamo già avuto modo di conoscerci.” Rispose lui guardando Isaac, senza mai smettere di sorridere. Quel sorriso la inquietava un po’, era la prima volta che incontrava il padre di Allison.
“Ti dispiace se scambio qualche parola con Isaac?”
Jane guardò Isaac, sentendo il suo battito aumentare per la rabbia. Istintivamente gli diede la mano e lui la strinse alla sua.
“Veramente… dovremmo tornare a casa.”
“E’ questione di un minuto, ti raggiungerà subito.” Insistette lui. Le sembrava scortese dire ancora di no, così scambiò un’occhiata eloquente con lui e poi gli lasciò la mano. Scese dagli spalti e si diresse verso il parcheggio cercando di restare concentrata su di loro. Sentì il signor Argent minacciarlo.
“Sto cercando di fare in modo che mio padre non uccida dei ragazzini, quindi non fare passi falsi. Se succede qualcosa a quella ragazza ti riterrò personalmente responsabile. E cerca di non fare troppo il gradasso davanti al preside, o gli darai un altro motivo per farti uccidere.”
“Se vuole uccidermi perché non l’ha ancora fatto?” chiese Isaac arrabbiato.
Sta’ calmo.’ Ordinò Jane. Lui la sentì e alzò lo sguardo, furtivo. ‘Non dire stronzate o ti ammazzano.’
“Non ci senti? Sto cercando di fare in modo che non uccida dei stupidi ragazzini che non riescono a controllarsi e tu vuoi darmi un altro motivo per farti fuori?” Ringhiò il signor Argent.
Stai calmo!’ ribadì Jane.
“Ok, cercherò di passare più inosservato possibile.” Disse lui.
“Bravo ragazzo. Ora va’ da lei.” gli ordinò e Isaac la raggiunse. Jane vide che i cacciatori li seguivano con lo sguardo e lui istintivamente gli diede la mano. Jane non si lamentò e la strinse alla sua.
“Sei stato bravo.” Gli disse.
“Si, adesso andiamocene. E in fretta.”
Si tenevano per mano senza dire nulla, fin quando non arrivarono a casa di Jane.
La accompagnò vicino al portico e si fermò davanti alle scale.
Jane iniziò a salire le scale ma all’ultimo gradino in alto lui la trattenne senza lasciarle la mano. Si guardarono ancora come prima.
“Grazie… per avermi aiutato a mantenere il controllo.” Disse lui.
“Avevi bisogno di me.” gli sorrise timidamente.
Giocavano con le mani fin quando quelle di Isaac non l’attirarono a sé giù per le scale. La prese per i fianchi e Jane si avvicinò a lui senza paura. Lui la guardò, incapace di resisterle. Le morse di nuovo il labbro inferiore e lei rise.
Lo baciò a stampo e poi lo guardò in quegli occhioni verdi che adorava tanto, fin quando non si accorse che il vicino della casa di fronte li stava guardando.
“Il tipo nella casa di fronte ci sta guardando.” Sussurrò lei.
“E allora diamogli qualcosa da guardare.” Disse lui, stringendola a sé e dandole un vero bacio. Jane portò le braccia intorno al suo collo e ricambiò il bacio. Sentiva sempre nuove sensazioni ogni volta che si trovava vicino a lui. Il vicino iniziò a tossire infastidito. Isaac si voltò e lo guardo con uno sguardo malizioso, ma Jane prese il suo viso tra le mani e riportò le sue labbra da lei.
Si baciarono ancora. Era così bello sentire le labbra di Isaac sulle sue.
Fin quando il clacson dell’auto di Derek non richiamò la loro attenzione.
Si staccarono imbarazzati senza guardarsi.
“Devo andare” disse lui, prendendo lo zaino che aveva lasciato cadere a terra.
Alla fine si scambiarono un ultimo bacio, incuranti degli occhi di Derek e poi lui se ne andò. 

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Capitolo 6
*** Luna piena. ***


Al mattino dopo a scuola Derek parlava con Erica, e Stiles li guardava. Jane notò questo strano gioco di sguardi tra di loro. Si concentrò sui loro battiti, e quello di Stiles batteva decisamente forte.
Isaac si avvicinò a lei dandole il buongiorno con un bacio che lei ricambiò felice. L’aria alla Beacon High quella mattina era diversa. C’era qualcosa che stava succedendo e che Jane non riusciva a capire. Stiles era irrequieto, Scott ancora di più, Isaac e Erica mantenevano la calma a stento.
Luna piena. Ecco perché erano tutti così. Ma Stiles?
All’ora di pranzo tutti volevano parlare con Jane, ma non andavano tutti d’accordo tra di loro. Scott e Stiles non erano esattamente migliori amici di Isaac, come Isaac non lo era con loro. Erica e Boyd non stravedevano per Jane visto che era più piccola e più forte. Allison non poteva parlare con Scott e di conseguenza neanche con Jane se Isaac era nei paraggi. Così Jane si divise. Andò prima a parlare con Allison e infine con Scott e Stiles. Con Isaac sarebbero tornati a casa insieme, avrebbero avuto un sacco di tempo per parlare.
“Mio padre è preoccupato.” Esordì Allison.
“Perché?”
“Perché ti ha visto baciare Isaac?”
“E quindi?”
“Mio padre era ad un passo dall’ucciderlo, Jane! E potrebbe fare la stessa cosa con te se lo scoprisse.”
“Senti, non c’è modo che mi scoprano.” Disse ad Allison cercando di tranquillizzarla. “Io sono… diversa. Non perdo il controllo durante la luna piena, ho solo i sensi amplificati. E la mia natura di lupo si manifesta solo a contatto fisico con un altro lupo.”
“E se si manifestasse con Isaac?” chiese Allison.
Jane sospirò. “E’ impossibile.”
“Come fai a dirlo?”
“E’ difficile da spiegare. Lo so e basta.”
“No, prova a spiegarmelo.” Insistette lei.
Jane la guardò, valutando ancora la possibilità di dirglielo o no, e poi decise. “Le nostre forze si annullano a vicenda. Sono una specie rara di lupo. Io posso dare ordini come un’Alfa e comportarmi da tale anche con qualcuno che non è del mio branco. La mia natura si manifesta solo in uno scontro corpo a corpo con un altro lupo, ma con Isaac è diverso. Siamo legati. Se io mantengo il controllo lui riesce a fare lo stesso. Io riesco ad annullare la sua rabbia quando è con me.”
“Dici sul serio?”
“Si, non devi preoccuparti.”
“Mio padre mi ha detto di tenerti d’occhio, nel caso succedesse qualcosa.”
“E farai come dice.” disse Jane risoluta.
“Vuole che vieni a studiare da noi pomeriggio.”
“Ne sarei più che felice!” rispose con un sorriso.
“Bene, ci vediamo dopo la scuola allora!”
“Prima sto un po’ con Isaac. Ci vediamo un po’ più tardi.”
“Va bene.”
Alla fine della conversazione con Allison Jane si spostò verso il tavolo di Scott e Stiles.
“Allora, che c’è?”
“E’ vero che hai baciato Isaac?”
“E’ di questo che volevi parlarmi?”
“Si! Jane non puoi stare con Isaac!”
“Perché?”
“Perché ti meriti di meglio!”
“Ok, capisco che avete avuto delle divergenze e che non ti va molto a genio, ma posso assicurarti che non è così male come credi.”
“Questo perché siete connessi!”
“E quindi?”
“E’ una cosa che succede in automatico. Una cosa di cui tu non hai il controllo!”
“No Scott. Succede quando si è innamorati. Non ti è mai successo con Allison? L’unica in grado di annullare la tua rabbia, il tuo dolore durante la luna piena? Io credo proprio di si.”
“E’ diverso, lei è umana.”
“Anche io lo sono, Scott!” disse innervosendosi. “E anche Isaac lo è. Ha avuto dei momenti difficili, come tutti d’altronde. I cacciatori volevano ucciderlo, e mi pare non fosse il solo. Sbaglio, Scott? Non lo capisci? Non stanno aspettando altro che mettervi tutti contro, così uscirete tutti allo scoperto e vi uccideranno uno per uno.”
“Che significa?” chiese Scott perplesso.
“Significa che forse, se riusciste ad andare d’accordo anche solo per un nano secondo riuscireste ad apprezzarvi e a comportarvi più come persone normali e non come dei pazzi lunatici. Devi superare le tue divergenze con Derek e il suo branco. Non va bene continuare così. Derek decide di fare una cosa e tu un’altra, anche se la maggior parte delle volte i piani di Derek includono che muoia qualcuno e nel caso in cui tu glielo impedisca va bene, ma dovete cercare di agire insieme. Se vi trattaste entrambi da umani e non solo da lupi forse tutto questo si potrebbe evitare.”
Quando pronunciò il nome di Derek Stiles rese noto che qualcosa non andava. Il suo cuore batteva forte e non incrociava lo sguardo di Jane.
Jane si alzò dal tavolo e tornò da Isaac, dove ora c’erano anche Erica e Boyd. Non dissero nulla.
“Tutto ok?” chiese Isaac.
“Si.” Al suono della campanella Jane scappò via dalla sala mensa, ma Isaac la seguì.
“Non va tutto bene, vero?”
Jane sospirò. “E’ tutto ok, non preoccuparti.” Si baciarono per un lungo istante, e finalmente in quel momento qualcosa sembrava andare per il verso giusto. Ma quando si staccarono sembrò riversarsi tutto su di lei come un secchio d’acqua gelida.
All’uscita da scuola Derek chiese a Stiles di salire in macchina e Stiles a sua volta trascinò Jane, per paura.
“Ok, mi spiegate che ci faccio qui?” chiese lei dopo i primi dieci silenziosi minuti di strada in macchina con entrambi. Nessuno rispose finché Stiles non sbuffò.
“Nulla Jane.” Rispose lui. “Sai Derek, non devi sempre essere per forza il cattivo.” Continuò poi.
Jane si guardò intorno, perplessa riguardo a quello che stava succedendo.
“Non ora, Stiles.” Lo ammonì Derek.
“E allora quando?”
Le mani di Derek si fiondarono subito sul collo di Stiles e la mano di Jane sul braccio di Derek, pronta a fermarlo. Si soffermò sui loro battiti. Erano accelerati, ma non per la rabbia. Guardò gli occhi di entrambi. Si guardavano esattamente come Isaac guardava Jane. E in quel momento capì.
“Dai Derek, calma. Continua a guidare. Devo vedermi con Isaac e poi andare a studiare da Allison.” Disse lei con un sorrisetto. Derek mollò la presa dal collo di Stiles e rimise in moto.
“A studiare dagli Argent? Mi raccomando, fatti uccidere.”
“Non succederà. Ti ricordo che so anche cacciare. Abbiamo qualcosa in comune.”
“La tua stessa specie? Si, un giorno voglio vederti.”
Jane lo ignorò e scese dall’auto davanti a casa sua. “Riportalo a casa tutto intero.” Disse a Derek indicando Stiles, prima che sfrecciasse via.
Il vicino era al solito posto a guardarli male. Saltò con le braccia al collo di Isaac e lo baciò.
“Quel tizio è ancora là.” Le disse.
“Evidentemente gli piace ciò che vede.” Rispose lei baciandolo ancora. “Anche se questa cosa è un po’ inquietante. Entriamo?” gli chiese.
“Si, forse è meglio.” Disse lui.
“Ehi!” li chiamò il vicino. Entrambi si voltarono divertiti. “Andrete all’inferno per questo!”
“Ci vediamo lì!” gli disse Jane con un sorriso.
Isaac rise divertito chiudendosi la porta alle spalle. Prese Jane per la vita e la trascinò a sé, senza riuscire a smettere di baciarla. La prese in braccio e la portò nella sua stanza. Quando Isaac si tolse la maglietta notò che il vicino era con lo sguardo fisso verso la finestra della sua stanza.
“Oh mio dio, ma in che razza di quartiere vivi? Hai dei vicini pervertiti! Ci sta ancora guardando!”
Jane alzò la testa per guardarlo e poi chiuse le tende.
“Ignoralo.” Gli disse.
Si erano ritrovati a fare l’amore in quella stanza senza neanche rendersi conto, troppo presi dal flusso delle loro energie che scorrevano. Non erano semplici ormoni, era qualcosa di più.
Era desiderio puro. Si completavano e il legame che avevano lo sentivano rafforzarsi ogni giorno di più. Jane rimase con la testa appoggiata sul suo torace, mentre Isaac disegnava con le dita delle linee delicate lungo la sua schiena. Il sole entrava prepotentemente dalle tende socchiuse illuminando la stanza.
“Oh mio dio!” disse poi, alzandosi di scatto dal letto. Aprì le tende e si rivolse al vicino che adesso era nella camera da letto a fare cose improponibili pensando a loro due. Quando vide Isaac cercarlo con lo sguardo chiuse di scatto le finestre. “Non osare pensare di restare ancora da sola a casa quando i tuoi sono a lavoro!” le disse. “Vivi in un quartiere di pervertiti. Quel tizio diceva cose improponibili su di te mentre si…”
“Sono da sola tutto il tempo. I miei sono a casa solo quando dormono. Non ci sono neanche durante il weekend.” Disse lei un po’ rattristata. “Vieni giù, ignoralo.”
“Come diavolo fai a vivere qui…” le disse, prendendola tra le sue braccia. Lei si strinse a lui, terrorizzata da quello che Isaac aveva visto. Non poteva difendersi con gli umani e Isaac avrebbe potuto perdere il controllo facilmente. Ma quello che aveva visto la terrorizzava di più se pensava che la maggior parte del tempo lei era a casa da sola e forse quel tizio lo faceva di continuo.
Isaac sentì il cuore di lei battere a mille per la paura contro il suo torace. “Non ti lascerò mai da sola.” Le sussurrò baciandole la fronte, come se le avesse letto nel pensiero. Jane gli sorrise e lo baciò sulle labbra. Quando sentirono l’auto di Derek fermarsi nel vialetto si rivestirono, scesero di sotto e Derek l’accompagnò da Allison. La lasciò alcune case prima, per non farsi vedere. Baciò un’ultima volta Isaac, anche se non avrebbe voluto lasciarlo.
La sessione di studio andò bene, suo padre sembrava tranquillo. Niente sospetti, nulla.
“Ehi tesoro noi usciamo.” Disse.
“Ok papà.”
Restarono con il fiato sospeso finché l’auto dei suoi genitori non svoltò il vialetto.
“Vieni con me!” le disse Allison, trascinandola giù per le scale verso il garage. Quando aprì la porta Jane era sconvolta. C’erano armi dappertutto. Balestre, archi, diversi tipi di frecce, pistole, fucili.
“Le armi dei cacciatori.” Disse lei. “Sei sicura che non ci sia tuo nonno in casa?”
“No, è andato a cena in un nuovo ristorante che hanno appena aperto in città. Prima di andarsene mi hanno detto che sarebbero stati tranquilli se ci fossi stata tu a casa con me.”
“Uhm, ok.”
Jane si spostava cautamente in quel garage. Analizzava tutte le armi e Allison le spiegava a cosa servivano e cosa facevano esattamente. C’erano anche diversi tipi di corda, ognuna per trappole diverse. Aprì uno sportello di uno dei mobili e all’interno c’erano interi barattoli pieni di erbe.
“Uhm, fiori viola. Cos’è? Mi sembra familiare.” chiese Jane.
“Aconito.”
“Più comunemente conosciuta come strozza lupo.” Continuò lei. "E le altre?"
“Semplici sonniferi.” Disse. “Ehi, che ne dici di restare qui per cena? Ordiniamo qualcosa.” Propose poi.
“Uhm… ok, tanto sarei rimasta a casa da sola.”
Tornarono in casa e fecero tutto quello che fanno due normali amiche.
Musica, divano, chiacchiere.
“Allora… com’è stare con Isaac?”
“Non è così male.” Rispose Jane senza sbilanciarsi oltre.
“Ti fidi di lui, Jane?”
“Mi fido di coloro che dimostrano di meritare la mia fiducia.”
“E di Derek?”
“Penso di si. Infondo è stato lui a dirmi cosa sono.”
“Stasera c’è la luna piena. Come fai a stare tranquilla ed essere certa che non succederà nulla?”
“E’ con Derek. Sarà al sicuro.”
Allison annuì ed esitò prima di continuare a farle domande.
“Perché Isaac?” le chiese poi, con un tono che sembrava quasi incredulo. Come se fosse una cosa innaturale. Come se fosse impossibile innamorarsi di lui.
“Che vuoi dire?”
“Insomma. Sei bellissima e dolcissima, avresti potuto avere chiunque. Perché lui?”
“Io… non lo so. Forse per il legame. Non saprei.”
“Quindi stai con lui soltanto per via della connessione tra di voi?”
“No. E’… più difficile di così. Io non so esattamente perché. So solo che mi piace da morire. Certo, la connessione è anche il motivo per cui ci siamo avvicinati, ma… passo la maggior parte del tempo da sola. A scuola in pochi parlavano con me, vivo di fronte ad un pervertito e i miei non sono mai a casa, e non è una delle cose più belle del mondo. E’ orribile dopo una brutta giornata a scuola tornare a casa e rimanere da sola mentre il tuo vicino ti fissa finché non spegni le luci. Quando ho passato un pomeriggio a studiare con lui sembrava tutto diverso. Sembrava che tutto andasse bene finalmente.”
“E va davvero bene quando sei con lui?” chiese Allison un po’ scettica. Non riusciva a credere alle parole di Jane.
“Si. Finalmente mi sento bene. Quando ha saputo che i miei non erano mai a casa e che il vicino era un pervertito ha insistito perché lo lasciassi restare con me e non ho saputo impedirglielo. E’ terribile stare da soli. C’è un flusso costante di pensieri negativi che ti annebbia il cervello.”
Allison annuì. “Già.” Disse poi, abbassando lo sguardo.
Ma durante la luna piena Derek non era da solo, anche se non lo sapeva, e i genitori di Allison erano usciti, ma non per una cena.
Loro sapevano perfettamente che tipo di uscite facevano.

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Capitolo 7
*** Scontro diretto. ***


Stiles era all’entrata della vecchia metropolitana. Il cielo era scuro, coperto dalle nuvole che annunciavano di diradarsi presto lasciando posto alla luna piena, quando vide avvicinarsi una macchina. Era nascosto da altre due macchine davanti a sé, ma li vedeva perfettamente. I cacciatori scendevano armati fino ai denti. Balestre, frecce, fucili.
Corse dentro ad avvisare Derek e gli altri.
“Cacciatori. Sono qui.” Urlò in un sussurro.
Scattò il panico tra di loro quando videro Stiles sbucare lì dentro, ma principalmente quando sentirono i loro passi. Scendevano cauti le scale. Ma la luna era già sorta, troppo in fretta. Isaac si era già trasformato ed era pronto ad attaccare. “Oh, un giovane beta!” fece compiaciuto Gerard Argent, sbucando dietro di loro.
 Ululò e il grido di rabbia rimbombò lì sotto. Derek era già scappato trascinando con sé Stiles, e al suo seguito anche Boyd ed Erica.
Si trovarono poi nel bel mezzo del bosco, senza sapere cosa fare.
“Chiama Jane.” Lo esortò Stiles.
“No, non servirebbe a nulla. Non può trasformarsi senza di noi e noi non possiamo tornare lì sotto.”
“Chiamala Derek.” Ribadì autoritario.
Ululò, il grido d’aiuto sembrò far tremare tutta la terra, e arrivò alle orecchie di Jane.
I suoi occhi divennero per un secondo dorati.
So che puoi sentirmi. I cacciatori hanno trovato il nostro rifugio. Hanno preso Isaac. Siamo al limitare del bosco.
“Che succede?” chiese Allison.
“I tuoi genitori hanno preso Isaac. Devo andare.”
“Vengo con te!”
“No, è troppo pericoloso!”
“No, avrai bisogno di me!” insistette Allison. Prese una borsa e la mise in spalla, e una balestra carica in mano. Jane la guardò perplessa. “Avrai bisogno di queste armi, ma non con i lupi.”
Annuì e partirono in auto alla velocità della luce.
“Cosa c’è in quella borsa?” chiese mentre andavano a incontrare  Derek.
“Frecce. C’è un arco, prendilo.” la incitò. Jane aprì la borsa e tirò fuori l’arco. “Nella tasca laterale ci sono delle frecce imbevute di sonnifero. Ti serviranno se vuoi liberarlo.”
Jane non disse nulla, almeno fin quando non fu davanti a Derek.
“Oh mio dio, non ci posso credere che l’hai portata con te!” le disse, riferendosi ad Allison.
“Ho bisogno di lei.”
“E delle sue armi per ammazzare il tuo ragazzo?”
“No.” rispose lei decisa. “Sono frecce con sonniferi. Ci daranno un breve periodo di tempo per liberarlo.”
Derek rise divertito, come se fosse impossibile attuare quel piano. “Ti farai ammazzare.”
“Perché? Tu non vieni?” chiese lei.
“Non posso farmi scoprire. Sono scappato da lì sotto per miracolo!”
“Quindi mi stai dicendo che te ne sei andato lasciandolo lì sotto a farsi ammazzare solo per salvarti il culo?” ruggì lei.
Derek non rispose e i suoi occhi divennero rossi. Poi arrivò Scott. “Ho sentito l’ululato. Che succede?” chiese, analizzando il viso di tutti i presenti.
“I cacciatori hanno preso Isaac e il grande Alfa qui presente se n’è andato lasciandolo lì a farsi ammazzare.” Rispose prontamente Jane.
“A quest’ora Gerard l’avrà tranciato in due.” Disse cruento Derek.
“Se sarà così l’unico ad averne la colpa sarai tu.” rispose lei, senza distogliere lo sguardo.
“Ok andiamo, non c’è tempo per le discussioni.” Concluse Scott.
Derek sbuffò. “Stiles va’ a casa, subito. Voi due non osate uscire dal bosco.” Disse indicando Erica e Boyd.
“No, tu no.” ordinò Scott, quando vide Allison che li seguiva.
“Si, invece.” Rispose Jane.
“No Jane, non te lo permetterò.”
“Si invece. Abbiamo un piano e non sarai tu a rovinarlo, Scott.” Disse autoritaria. Si diressero verso la vecchia metropolitana, indecisi da dove entrare. Il tempo passava e la vita di Isaac era appesa ad un filo, se non l’avevano già stroncata. La luna era già sorta da un pezzo. Si intrufolarono dal retro in silenzio.
Isaac urlava di dolore, era tornato umano, e Gerard rideva divertito. I vetri del vecchio treno erano impolverati e non si vedeva nulla, a parte dei fasci di luce e dei ronzii di scariche.
“Oh mio dio.” Disse Jane, terrorizzata dal guardare.
Derek la costrinse con la forza a guardare. “Guarda. Guardali cosa fanno!”
“Lasciami!” lo implorava Jane.
“Sei tu che sei voluta venire qui!”
“Non posso lasciare che lo uccidano! Non ha fatto nulla!”
“Si invece, ha ucciso uno di loro!”
“Perché voleva uccidere lui!” Era testarda, impulsiva, ma sapeva anche quando tenere la bocca chiusa. Prese l’arco.
“Che diavolo vuoi fare?” chiese Derek. Non rispose. Caricò una freccia con sonnifero e mirò ai due cacciatori che stavano di guardia. Caddero a terra con un tonfo interrompendo le torture di Isaac. Jane iniziò a sentire il respiro affannato di Isaac farsi più forte e il cuore non palpitava regolarmente. Allison uscì allo scoperto, facendosi vedere da suo padre e suo nonno, abbassando la balestra. Forse lei e Derek avevano esagerato a parlare della sua famiglia in quel modo. Sentiva anche il cuore di lei palpitarle nelle orecchie in maniera insistente.
“Allison, dovresti essere a casa.” Disse suo padre, sconvolto dal vederla lì armata, ma non per aiutare loro, ma per impedire loro di continuare.
“Papà, usate il codice.” Lo implorò con la voce rotta tenendo ben salda la balestra tra le mani.
“Lo stiamo usando.” Rispose Gerard.
“No, non è vero.”
“Allison…” iniziò suo padre.
“Allison… la fiducia è tutto in una famiglia. Abbiamo bisogno che tutti gli Argent, nessuno escluso, non abbiani delle opinioni contrastanti con i nostri metodi. Quindi è il momento di chiedertelo: stai con noi o no?” chiese autoritario Gerard. Era una domanda difficile. Volevano uccidere dei ragazzini e pretendevano anche che la loro figlia sedicenne prendesse parte alle torture e agli omicidi.
Perché erano omicidi. Allison abbassò lo sguardo.
“Non potete ucciderlo.”
“Tu credi?” disse Gerard, tirando fuori una spada.
“Papà, ti prego.” Disse in lacrime, rivolgendosi a suo padre. “Non uccidetelo.”
Intanto Derek tratteneva a stento Scott e Jane.
Chris Argent si avvicinò lentamente a lei prendendole il viso tra le mani. “Tesoro…”
Ma quando si voltarono un rivolo di sangue usciva dal torace di Isaac. Gerard aveva infilzato la spada proprio sotto il suo cuore e la girava sentendo i tessuti che cercavano di guarire. Derek tappò al volo la bocca a Jane, che stava per urlare. Sentì gli occhi bagnarsi e delle lacrime scendevano lente sul suo viso, lungo la mano di Derek. Cercò di liberarsi e il contatto con Derek la fece trasformare. Gli occhi divennero dorati, spuntarono gli artigli e i denti affilati. Derek riuscì a trattenerla a stento, ma davanti a quella scena non riuscì a trattenersi nemmeno lui. Dei pensieri affluirono nella sua mente con una forza tale da impedirgli di ragionare. Ripensò alla sua famiglia morta nell’incendio causato da Kate Argent, a sua sorella. Al dolore che si prova a perdere qualcuno. La lasciò nelle mani di Scott, si mosse velocemente e lanciò delle scariche elettriche a Gerard e scappò via. Un Argent era al tappeto per qualche altro minuto. Ma per assicurarsi ciò Jane prese l’arco e tirò una freccia col sonnifero.
Chris si accorse della freccia e fece per andare a guardare chi c’era dentro quel vecchio treno.
“Papà, no… liberalo. Lei ha bisogno di lui.” Disse Allison. A quelle parole Isaac alzò lentamente il viso, ormai senza forze con la spada ancora infilzata nel corpo che gli impediva di guarire.
“Allison, io…”
“Papà, ti prego! Lei non ha nessun altro! A scuola nessuno le parlava finché noi non abbiamo avuto bisogno di lei, passava la maggior parte del tempo da sola, isolata dal mondo e i suoi genitori non sono mai a casa. Jane ha bisogno di lui. Non sopporterebbe di perdere anche lui.”
Chris Argent guardò sua figlia come se fosse un’estranea, ma poi il suo cuore iniziò a battere più forte. Terrorizzato. Per le cose a cui aveva assistito sua figlia, per ciò che sapeva, per ciò che gli veniva impedito di fare. Per il dolore che doveva sopportare ogni volta che decidevano di voler porre fine alla vita di qualche persona a lei cara.
Jane si dimenava. “Torna umana prima!” la incitò Scott. Dopo vari tentativi tornò umana e si diresse da Isaac, spaventata e tremante. Si voltò a guardare con le lacrime agli occhi Allison e suo padre e poi il suo sguardo tornò al torace di Isaac. Non riusciva a togliergli la spada dal corpo per la paura di tutto il sangue che sarebbe uscito. Detestava il sangue. Scott si avvicinò senza dire nulla e l’aiutò. Il padre di Allison gli rivolse uno sguardo torvo prima di riconcentrarsi su sua figlia.
Scott e Jane lo presero cautamente e lo trascinarono fuori prima che Gerard si svegliasse. Derek era in auto che li aspettava, li aiutò a metterlo in macchina e lo portò a casa di Boyd dopo aver lasciato Jane e Scott davanti alle loro rispettive case. Dopo andò a cercare Stiles.
Si intrufolò dalla finestra della sua stanza spaventandolo quando entrò.
“Stai bene?” chiese impassibile.
Stiles esitò confuso. “Sto… bene. Grazie dell’interessamento. Isaac?”
“Mal ridotto, ma è vivo.”
“Bene.” Concluse Stiles. Ci fu un lungo silenzio. Stiles lo fissava, incapace di dire qualsiasi cosa. Era bello, davvero bello. Quando Derek alzò lo sguardo parlò. “Sai… infondo non sei cattivo come sembri.” Gli disse.
Derek sorrise, come se pensasse che fosse uno scherzo. “Sul serio. Fai il duro solo perché sei da solo.”
“Tu non sai niente.” Rispose poi, arrabbiato.
“So molto più di quello che credi.”
Derek si fiondò su di lui, bloccandolo contro la porta. Erano faccia a faccia e si guardavano come non avevano mai fatto prima. Poi Derek lasciò la presa, intenzionato ad andarsene, ma Stiles lo fermò per un braccio. Lo sguardo minaccioso di Derek si alternò dal suo viso alla mano sul suo braccio, facendogli segno che non gradiva quel contatto. Stiles tolse la mano senza dire nulla. Abbassò lo sguardo imbarazzato e lo lasciò andare, ma Derek tornò e gli stampò un bacio sulle labbra. Si guardarono mentre i loro corpi lentamente si avvicinavano e Derek sentiva il cuore di lui andare a mille. Si sentì incredibilmente attratto da Stiles e lasciò che lui lo baciasse delicatamente un’ultima volta sulle labbra prima di andarsene. Lasciò la presa dal corpo di Stiles e uscì esattamente da dove era entrato, senza dire nulla.
Stiles si scaraventò sul letto, ripensando a quegli occhi azzurro/verdi, quelle labbra, quel corpo. Derek Hale. Come diavolo aveva fatto ad innamorarsi di Derek? Lui non si era mai sentito attratto da un ragazzo in vita sua, e dubitava che Derek lo fosse.
Nel frattempo Jane era a casa da sola, chiusa a chiave nella sua stanza a fissare il vuoto sul letto. Il vicino aveva lo sguardo fisso sulla sua finestra. Le tende erano chiuse ma la luce era accesa. Si alzò e prima di spegnere le luci gli mostrò il dito medio e poi se ne tornò a letto, lasciando che fosse la luna piena a illuminare la sua stanza. Al mattino dopo si alzò all’alba solo perché si era stancata di restare a letto senza dormire. Si diede una sistemata e si mise silenziosa al computer. Uscì dalla sua stanza solo quando i suoi genitori se ne andarono per cercare qualcosa da mangiare, ma non c’era nulla. Tornò nella sua stanza esausta e si accasciò sul letto fin quando le gambe di qualcuno non emersero dalla sua finestra, e lentamente anche il resto del corpo.
“Isaac!” disse saltandogli con le braccia al collo. Lui sorrise felice e si strinse in quell’abbraccio.
La stanza era gelida e faceva ancora molto freddo. Isaac la strinse a sé senza lasciarla, e rimasero così per cinque minuti. Gli stampò un bacio sulla guancia e poi sulle labbra.

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Capitolo 8
*** Nuove esperienze. ***


“Stai bene.” Gli sussurrò.
“Grazie a te.”
“E anche a Derek.” Continuò lei. L’espressione di Isaac si incupì.
“Se fosse stato per lui mi avrebbe lasciato lì a farmi uccidere.”
“No, è stato lui a bloccare Gerard e permetterci di liberarti.”
“Ok, non parliamone. Non mi va di parlarne.” La bloccò prontamente.
“L’hai almeno visto?”
“No, non ho voglia di parlare con lui. Voglio solo stare con te. Tutto il tempo.” Le disse coccolandola. Jane sorrise e lo baciò.
“Restiamo così tutto il giorno?” gli chiese poi.
“Non c’è problema!”
Si coccolavano, si abbracciavano, si baciavano. Il sole iniziava a sorgere e a riscaldare tutto ciò che la notte aveva reso freddo. Il vicinato, la stanza, i cuori. E nel frattempo per i vicini iniziava il weekend. Quando Isaac sentì la finestra della casa di fronte aprirsi si voltò a guardare il vecchio in mutande e canottiera. “Per qualcuno il weekend inizia meglio di altri.” Disse, indicandolo con lo sguardo.
“E forse anche per qualcun altro.” Ripose lei maliziosa, iniziando a togliergli il giubbino di pelle.
Isaac sorrise compiaciuto quando gli mise le mani sotto la t-shirt e gliela sfilò via. Chiuse le tende dietro di sé rivolgendo al vecchio un’altra occhiata minacciosa, le tolse la canotta e la scaraventò a letto. Fecero ancora l’amore e rimasero a letto a lungo a parlare, a coccolarsi, a baciarsi o semplicemente sentire i loro corpi toccarsi. La scarica di energia che li attraversava quando si toccavano o si guardavano. Il legame che avevano, che era così forte e pericoloso allo stesso tempo.
“Avevi ragione. Il weekend inizia bene.”
“Lo so, non mi sbaglio mai.” Ribatté lei baciandolo un’ultima volta.
“Restiamo così per sempre.” Mormorò spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Nudi in un letto singolo davanti ad un vicino pervertito?” chiese lei ironica.
“No. Nudi, magari in un letto più grande e felici. Ma sarei felice di stare con te in qualsiasi altro posto del mondo.”
Gli sorrise arrossendo. “Non chiedo altro.”
Poi decisero di vestirsi e uscire un po’. Pranzarono al Beacon Grill dove lavorava Danny. Jane adorava quel ragazzo. Era di una dolcezza incredibile, gentile, educato, bellissimo e gay. Era tra i migliori della squadra di lacrosse, nonché migliore amico del capitano, Jackson Whittemore.
Come facesse un essere così adorabile ad essere amico di uno così stronzo come Jackson non si spiegava.
“Ehi ragazzi.” Salutò. “Che vi porto?”
Ricambiarono il saluto. “Patatine fritte e una coca cola gigante.” Ordinò Jane.
“Anche per me.”
“Ok, arrivano subito.”
Nell’attesa parlarono finché Stiles non spuntò davanti a loro.
“Ehi.” gli disse subito Jane, vedendo che era alquanto su di giri. “E’ tutto ok?” chiese poi perplessa.
“Si… uhm, possiamo parlare? Da soli.”
“Si certo.” Jane e Isaac si scambiarono un’occhiata eloquente e poi lei si alzò. Andarono fuori e si sedettero nella panchina di fronte al locale.
Ci furono alcuni minuti di silenzio perché Stiles non sapeva come iniziare, era a disagio e Jane iniziava a perdere la pazienza. “Con comodo, tranquillo. Ma in data odierna possibilmente. La fame inizia a farsi sentire e l’odore delle patatine fritte pure.”
“Si, scusami. Solo un altro secondo.”
“No Stiles, stiamo perdendo tempo. Dimmi e basta.”
“Non so come dirtelo. Davvero. E’… non so, mi fa sentire strano e non sapevo con chi parlarne.”
“Ok, allora inizio io. Prima di qualsiasi altra cosa: che diavolo ci facevi ieri notte nel bosco con loro? Cercavi di farti ammazzare?”
Stiles alzò lo sguardo verso di lei, come se il ricordo di quella sera avesse scatenato qualcosa in lui.
“Ero lì… per Derek.”
“Per Derek?”
Abbassò lo sguardo a disagio, senza sapere come continuare. Jane lo notò e cercò di sembrare più tranquilla. “Ok. Mi dici che succede?”
“Bè… ecco… uhm…dopo che vi ha riaccompagnato è venuto da me a vedere se stavo bene.”
“E…?”
“Posso fidarmi?” le chiese poi, prima di continuare a parlare.
“Fin’ora è mai successo che abbia tradito la tua fiducia o di Scott?”
“No, ok. Pensi di… riuscire a non dirlo a nessuno?”
“Oh andiamo! Me lo dici si o no?” chiese Jane impaziente.
“Io e Derek ci siamo baciati. O meglio…”
“Oh mio dio! Voi cosa?” disse sconvolta.
“Ecco, vedi? Per questo non volevo dirtelo! Per evitare una reazione del genere!” Stiles si alzò, intento ad andarsene ma lei lo fermò.
“No ma che dici, non sono sconvolta o altro. Anzi, sono felice. E’ una cosa dolcissima!” disse con gli occhi che le brillavano.
“Questa cosa non dovrà saperla neanche Isaac!” le disse autoritario.
“Tranquillo, non saprà nulla! Ma… insomma ti piace?”
“Io… non lo so. Fin’ora non mi sono mai sentito attratto da un uomo come da lui.” Disse cercando di incontrare lo sguardo di Jane il meno possibile. Jane si voltò e vide che le patatine erano arrivate.
“Ti prego, dimmi qualcosa, parliamone. Non posso restarmene a casa da solo a pensarci. Tutti questi pensieri mi uccideranno.” La implorò.
“Senti, io dovrei pranzare. Vuoi fermarti con noi?”
“Non credo sia una buona idea e poi non voglio essere di troppo.”
“Allora facciamo così. Ora pranzo, sto un altro po’ con lui e poi vengo da te, che ne dici?” propose Jane.
Stiles sorrise. “Sarebbe perfetto.”
“Ok, allora ci vediamo dopo. E cerca di non morire prima del mio arrivo.” Gli disse sorridendogli.
Stiles sorrise e l’abbracciò. Jane ricambiò senza dire nulla e poi lo guardò andarsene prima di tornare dentro.
“Che voleva?” chiese Isaac. Non era il tipo che si impicciava delle cose altrui, specie di Jane. Sapeva che gli dava fastidio così evitava di ascoltare le sue conversazioni.
“Oh nulla, mi ha chiesto solo di andare da lui più tardi per aiutarlo con un tema.”
“Durante il weekend?”
“Eh si, altrimenti quando studia? All’ultimo minuto domenica notte?”
“Quindi mi stai dicendo che non passeremo tutta la giornata insieme?” chiese Isaac scocciato.
“No, ma ci possiamo vedere stasera e domani tutto il giorno.” Disse lei.
“Ok, basta che stiamo insieme.” Sorrisero e si baciarono prima di iniziare a mangiare.
Quando finirono di mangiare uscirono a fare una passeggiata.
“Devi andartene subito?” le chiese.
“No, posso restare ancora un po’.”
Isaac la accolse tra le sue braccia. Non avevano bisogno di dirsi nulla. Le parole sarebbero state troppo inutili o senza senso. A loro bastava soltanto stare insieme.
 “Hai intenzione di parlare con Derek?”
Isaac sbuffò scocciato. “Perché devi tirare fuori l’argomento proprio ora?”
“Perché devi parlare con lui.”
“Non voglio farlo.”
“Dovresti. E’ il tuo Alfa, qualunque cosa tu faccia sarà sempre il capo del branco. E stare in un branco probabilmente la prossima volta ti impedirà di venire torturato.”
“E’ colpa sua. Ha preso gli altri e mi ha lasciato lì.”
“E’ indifferente. Resta il fatto che i cacciatori ti cercano e anche se i genitori di Allison non sembrano intenzionati a voler uccidere, Gerard Argent sembra che non si faccia scrupoli. E oltretutto stanno facendo di tutto per tenermi lontana da te e da gli altri, quindi non fare stronzate. Deve sembrare tutto normale.”
“Cosa dovrei dirgli?”
“Non lo so, ma va’ da lui almeno.”
Isaac ci pensò. “Ok, vado da lui. Non ti accompagno. Non so quanto mi conviene farmi vedere dallo Sceriffo.”
Jane sorrise. “Ok, vai. Ti mando un messaggio quando sono a casa?”
“Si. Ci vediamo.” La baciò, anche se non avrebbe voluto lasciarla, e poi andò a cercare Derek.
Jane si diresse a casa di Stiles.
“Salve.” Salutò con un sorriso. Lo Sceriffo la guardò sconvolto e incredulo.
“Salve.” Rispose poi.
“Stiles è in casa?” A quelle parole i suoi occhi si spalancarono.
“Ehm… si è di sopra.” Le disse, facendole cenno con la mano di entrare. “Scusami, tu sei…?”
“Jane, vado a scuola con Stiles.”
“Oh...” disse ancora incredulo. “Uhm…prima porta a destra.”
“Ok grazie” concluse lei con un sorriso e si avviò sulle scale. Bussò alla porta di Stiles, che rispose con un sonoro ‘indietro’ e poi entrò. Era buttato sul letto con gli occhi aperti a fissare il soffitto.
“Ehi, sei venuta” disse, girando lo sguardo verso di lei.
Jane si sdraiò a pancia in giù sul letto insieme a lui. “Tuo padre era sconvolto quando ho chiesto se c’eri.”
“Si, non è abituato a vedere delle ragazze che mi cercano.”
“Ah ecco.”
“Mi sento un cretino.” Disse dopo un lungo minuto di silenzio. “Anzi” continuò, alzandosi su un braccio e guardandola “mi sento un ipocrita. Per tutto questo tempo ti abbiamo usata quando avevamo bisogno di te e tu non hai detto nulla. E adesso io dal nulla ti sto chiedendo di sopportare le mie crisi perché so che sei l’unica che potrebbe sopportarle e l’unica che non mi giudicherà.”
Jane lo guardò incredula. “Era bello che qualcuno mi parlasse e mi chiedesse di fare qualcosa. Anche se probabilmente se fosse stato qualcun altro non l’avrei fatto, ma voi siete diversi. E comunque penso che se ne avessi parlato con Scott non ti avrebbe giudicato. E’ il tuo migliore amico.”
“Si ma… devo chiarirmi le idee prima di fare qualche stronzata.”
“Ma a te non piaceva Lydia?”
“Si ma non so cosa sia successo.”
“Ok. Quindi… Tu e Derek vi siete baciati. Com’è stato?” chiese con un sorriso.
Stiles rise imbarazzato. “Bello. Incredibilmente bello.”
“Caspita!” rispose lei ridendo.
Stiles rise, ma non a lungo. “Comunque con Lydia non avrebbe funzionato. Lei è totalmente diversa da me, e poi stava con Jackson.”
“E con questo? Chi ha detto che non potevate stare insieme?”
“Le leggi naturali dell’umanità!”
“Ma per favore. Le leggi si possono infrangere!” disse. “Ma non dire a tuo padre che l’ho detto.” Stiles rise. “Senso dell’umorismo. Mi piace!”
Jane lo guardò, incuriosita da quell’animo così fragile. Era un ragazzo adorabile, ma si faceva complessi peggio delle ragazze. Era divertente, intelligente, dolce, gentile. Cos’avevano di sbagliato le ragazze da non vedere un ragazzo così?
“Perché basta solo la tua compagnia ad alleviare i dolori?” le chiese. Lei sorrise imbarazzata ma lusingata senza rispondere. “Posso chiederti una cosa?” le disse poi. Il suo sguardo divenne serio.
“Si, certo.”
“Staresti mai con me se non avessi un ragazzo?”
Jane esitò. “Onestamente?” Stiles annuì. “Si. E non so proprio come le ragazze facciano ad ignorarti.”
Sorrise e Jane era felice di vederlo un po’ più sereno. “Aww quanto sei adorabile!” gli disse poi strofinando leggermente il naso sulla sua guancia. Stiles rise e arrossì.
“Ehi Jane posso… baciarti?”
Jane lo guardò, indecisa se concedergli un bacio oppure no. “Ehm io…”
“No scusa, non dovevo chiedertelo.” Disse, alzandosi dal letto per l’imbarazzo.
Jane si alzò e lo seguì per la stanza invitandolo a guardarla. “Ti è piaciuto il bacio con Derek?” gli chiese.
“Non lo so. E’ che… non ho mai baciato una ragazza. O meglio, l’ho baciata, ma mai un bacio vero. E poi è arrivato Derek che all’inizio mi spaventava, ma poi ho iniziato a tollerarlo e poi di colpo a sentirmi attratto da lui, ma non fisicamente. Cioè… come persona. Come se non mi importasse di essere gay o meno. Come se mi importasse semplicemente di stare con lui e basta. Niente etichette. Mi piace lui e vorrei solo capirci qualcosa.” Sedeva sulla scrivania e teneva lo sguardo basso.
Jane gli si avvicinò lentamente e mise le mani sui suoi fianchi.
“Jane… mi ucciderà.”
“E’ solo un bacio, rilassati.” Lo tranquillizzò lei. “Isaac non verrà a saperlo, e se lo saprà mi prenderò la colpa non preoccuparti.”
Sembrò tranquillizzarsi e permise a Jane di baciarlo. Ma infondo Jane le piaceva anche se non riusciva ad ammetterlo. Era bella, intelligente, divertente. Il tipo di ragazza che quasi tutti desiderano. La baciò e di colpo anche Jane sembrò dimenticarsi di Isaac. Stiles si sentiva attratto da lei, ma era diverso. Lei era diversa. Era un sollievo sentirlo stare bene grazie a lei, almeno finché il padre non bussò alla porta della sua stanza.
Si staccarono alla velocità della luce. “Ragazzi io vado alla centrale”
Annuirono senza dire nulla, ma lo Sceriffo lo trovò alquanto strano. “Certo papà.” Si affrettò poi a rispondere Stiles.
“Ci vediamo stasera. E’ stato un piacere Jane.” Concluse lo Sceriffo.
“Piacere mio.” Disse lei. Lo Sceriffo salutò con un gesto della mano chiudendo la porta dietro di sé.
“Non ti sarò mai grato abbastanza.” Le disse Stiles. “Anche se con te è diverso. Vorrei continuare a baciarti esattamente come vorrei baciare Derek.”
“Cosa pensi di fare con Derek?”
“Non lo so. Forse… parlarci. Se me lo permetterà. E tu con Isaac?”
“Bè… non so proprio come potrebbe prenderla e non voglio che si metta nei casini per colpa mia, quindi non credo che glielo dirò. Forse è meglio che quello che è successo non esca da questa stanza.”
“Si, forse è meglio. Non vorrei che tentasse di uccidermi.”
Jane rise. “Già… ha qualche problema a gestire la rabbia.”
“Che ne dici se ci prendiamo qualcosa da bere?” propose poi.
“Si ok”
Scesero di sotto e Stiles mise della Coca in due bicchieri. Jane gli si avvicinò e lui fissava la bottiglia del rum. “Ci proviamo?”
Jane ci pensò su. “Ok!” Stiles prese del rum e lo versò in entrambi i bicchieri. Dopo il secondo bicchiere sembrava già su di giri. “Oh Jane, mi porti sulla cattiva strada se continui ad assecondarmi.”
“Solo due bicchieri e sei già ubriaco? Complimenti!” fece lei sarcastica.
Stiles rise. “Ma che dici? Non sono ubriaco!” ribatté facendo fatica a pronunciare quella frase senza smettere di ridere.
“No, certo. Andiamo, ti porto nella tua stanza prima che tuo padre ti torni e ti trovi qui e pensi che sia stata io a farti ubriacare.”
Lo portò nella sua stanza e si addormentò subito.
“Io me ne vado Stiles.” Gli sussurrò. Lui annuì e si girò su un lato.
Scese di sotto e lavò i bicchieri dove ancora era rimasto l’odore forte del rum, e poi se ne andò. Tornando a casa chiamò Isaac. Il sole non era ancora tramontato e il vicino era al solito posto a tagliuzzare quei cespugli nel suo giardino che lentamente iniziavano a perdere forma e spessore, solo perché mentre tagliuzzava era più impegnato a guardare Jane e Isaac, che a quello che stava facendo. Il vicino le rivolse un sorriso che Jane non ricambiò, anzi lo guardò perplessa. Continuava a camminare e sentiva lo sguardo del vicino farsi sempre più insistente su di lei. 

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Capitolo 9
*** Verità. ***


Quelli nelle case accanto si gustavano la scena e facevano rientrare i figli in casa.
Isaac arrivò il prima possibile e vedendo il vecchio fissarla si fiondò su di lei. Jane lo abbracciò e lo baciò delicatamente sulle labbra e poi sul naso.
“Da quant’è che sei qui? Perché non sei entrata in casa?” sussurrò Isaac.
“Da poco, e qui posso evitarlo, in casa no. Se si fosse presentato alla porta di casa sarebbe stato difficile toglierselo dai piedi, invece qui in bella vista bastava urlare.”
“Giusto.” Disse lui baciandola. “Saggia decisione.”
“Lo so. Hai parlato con Derek?”
“Più o meno.”
“Che significa più o meno?”
“Diciamo che non è il tipo che ama parlare. Più che altro abbiamo chiarito a modo nostro.”
Le mani di Jane si spostarono sui suoi fianchi. “Ora si spiega l’osso rotto.” Fece un po’ di pressione con un dito e Isaac gemette di dolore. “Scusa” si affrettò a dire poi con un mezzo sorriso colpevole, portando le mani un po’ più su.
“Com’è andato lo studio con Stiles?” Nel momento in cui Isaac fece la domanda a Jane tornò in mente il bacio.
“Bene. Devo dire che gioca molto di fantasia nei temi!”
“Ok. Andiamo a cenare al grill?”
“Si, ho una fame assurda.”
Si diressero verso il grill dove avevano pranzato da soli, e trovarono in un tavolo Derek, Erica e Boyd, in un altro Stiles e Scott e in un altro ancora altri ragazzi che andavano a scuola con loro.
Derek li raggiunse insieme agli altri e Jane non obiettò. Mangiarono in silenzio senza dire nulla finché Erica non partì con le frecciatine.
“Siete un po’ silenziosi per essere a cena insieme.”
Jane la guardò male. “E’ proprio questo il problema, che la nostra intenzione era di cenare insieme, da soli.”
“Che c’è? Diamo fastidio?”
“Erica basta.” La ammonì subito Derek, e lei ubbidì. “Abbiamo cose più importanti.”
“Del tipo?” si inserì Jane.
“I cacciatori. Ma principalmente la Kanima.”
“Cosa sappiamo? Punti deboli? Caratteristiche? A parte l’evidente liquido paralizzante.”
Esitò. “E’ Jackson. Sappiamo che è confuso dal suo riflesso e da come è stato tradotto la Kanima cerca un amico e uccide gli assassini.”
Jane esitò perplessa e sconvolta. “Jackson? Jackson è la Kanima? Un amico? Seriamente?”
Derek annuì.
“Quanto è attendibile la traduzione?” chiese poi lei.
“Non lo sappiamo con certezza.”
“Allora troviamo qualcun altro che la traduca.”
“E chi diavolo conosce il Latino Arcaico?”
“Non lo so. Chi è la persona più intelligente che conoscete?” tutti la guardarono.
“Eccetto me, che non ho mai studiato Latino Arcaico.”
“Io conosco qualcuno.” Si intromise di colpo Allison. Tutti la guardarono, decisamente poco contenti che fosse lì. “Ieri sera Lydia era a casa e l’ha tradotta. La Kanima non cerca un amico, cerca un padrone. Qualcuno che la controlli.”
“Siamo sicuri?” chiese Jane.
“Senza ombra di dubbio.”
“Bene.”
“Ora non resta che trovare il modo di ucciderlo.” Concluse Derek.
Jane lo guardò. “Che c’è?” le chiese.
“Hai davvero intenzione di ucciderlo?”
“Ci ho già provato ma non è morto. Uccide le persone, Jane.”
“Non possiamo ucciderlo. E’ un coglione, ok, ma non possiamo ucciderlo. Dobbiamo scoprire chi è il padrone, perché se c’è un padrone vuol dire che ce ne sono altre. E se lo uccidiamo potrebbe venire a cercarci.”
“Non mi importa. Che venga pure a cercarci. E comunque cerca, non è detto che ce l’abbia già.”
“Non possiamo comunque permetterci passi falsi, Derek.”
“Sono io l’Alfa.” Ringhiò lui.
“Magari sai addestrare un branco, ma in quanto a evitare di farti uccidere non sei tanto bravo.”
“I miei genitori hanno della gente che controlla le telecamere di tutta la città, per questo sanno sempre cosa succede e sono sempre lì a fare fuoco. Se fate passi falsi sapranno dove siete.” Disse Allison
Sbuffarono entrambi. “Ok, qual è il tuo piano?” disse poi Derek.
Jane esitò e il sguardo fece una panoramica delle persone all’interno del locale. Un ragazzo, Matt, armeggiava con il suo tablet. Poi c’erano Scott e Stiles che stavano mangiando, ma Stiles non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Derek e Scott da Allison.
Poi guardò fuori. “Chi altro sa che sei qui, Allison?” chiese.
“Solo i miei genitori, ho detto che venivo a incontrare te.”
“Impossibile. Loro lo sanno.” Disse, indicando con la testa dei cacciatori che stavano venendo verso di loro. Allison si abbassò subito e gli altri si voltarono.
“Oh mio dio. Non giratevi!” ordinò Jane alzandosi scocciata dal tavolo. Prese Allison per un braccio e la portò davanti al bancone.
“Adesso te ne vai.” Le ordinò. “Abbiamo parlato di un compito che ci sarà a giorni, quello per cui abbiamo studiato l’altra sera. Con Isaac va tutto bene. Non girarti a guardare nessuno. Sii credibile. Va tutto bene. Mantieni sempre la calma. Qualsiasi cosa ti chiedano a casa non sai nulla.”
“Ok. Vado.” Disse. Jane si sedette da sola in un tavolo e mandò un messaggio. Si diresse fuori e salutò i cacciatori con un sorriso. Loro la fermarono per chiederle se andava tutto bene e che ci faceva lì. Lei risposa tranquilla che andava tutto bene e che era venuta ad incontrare un’amica.
I cacciatori entrarono, si sedettero al bancone e ordinarono da bere.  ‘Fingete indifferenza. Parlate della partita di lacrosse.’ Jane si scambiò un’occhiata con Derek e poi si focalizzò sulle loro voci.
Tutti lupi. Dovremmo ucciderli? No. Siamo in un luogo pubblico e non abbiamo avuto ordine di ucciderli. Non sono tutti lupi. Ci sono anche degli umani come la ragazzina seduta al tavolo da sola, il ragazzo che armeggia con il tablet, quello seduto con McCall, il cameriere e gli altri due con Derek Hale non sono così sicuro che siano umani. Ok non abbiamo avuto ordini, prendiamo semplicemente da bere e andiamocene.
Presero da bere, si infilarono in macchina e se ne andarono. Nel frattempo Jane sentì qualcos’altro.
“Jackson ha visto il video?” chiese Matt a Danny.
“No è ancora sul mio pc perché non ho ancora visto Jackson e il tablet è sparito.” Lo sguardo di Jane e Derek si incontrò, complice. Le fece cenno con la testa e lei capì. Il pc di Danny era su un tavolo non lontano dal bancone.
“Ok. Io devo andare.” Disse Matt sorridendo.
Danny ricambiò il sorriso, felice. “Ci vediamo.”
Jane si alzò e fece per andare in bagno. Si guardò le spalle prima di mettersi al pc. Era al 99% il recupero di un file. Pochi secondi dopo apparve Jackson coricato sul suo letto. Si guardò di nuovo le spalle e Danny si stava avvicinando così corse in bagno fingendo indifferenza  e poi tornò al tavolo da Derek e gli altri.
“E’ il video che Jackson diceva.” Disse Derek. “E’ quello dove si trasforma. L’hai visto?”
“No, non ne ho avuto il tempo. Oh mio dio. Non ci posso credere che sia Jackson.”
Si guardarono tutti. “Dobbiamo scoprire qualcos’altro.” Propose Jane.
“Senza farci uccidere? Fammi sapere se ci riesci.”
“Qualcuno potrebbe seguirlo, ma non si può. Sentirebbe la presenza di qualcun altro.” Disse Boyd.
Jane ci pensò. “Una trappola.”
“E come? E’ più forte e più veloce.” Disse Erica.
“Ma ha paura del suo riflesso e dell’acqua.” Aggiunse poi Derek. Jane lo guardò perplessa, come se chiedesse di volerne sapere di più. “Ha bloccato me e Stiles nella piscina della scuola una sera.”
Lo sguardo di Jane vagheggiò pensando alla scena.
“Potremmo provare ad attirarlo da noi. Usare un’esca.”
“No, prima di attirarlo da noi dobbiamo capire come agisce, perché uccide e se ha un capo. Non possiamo permetterci di farlo fuori senza aspettarci delle conseguenze.”
“Incateniamolo. Teniamolo fermo fino alla prossima luna piena.” Propose Derek.
“E pensi che i suoi genitori non verranno a cercarlo?” ripose Jane prontamente.
“Ok, se continui a bocciare tutti i piani che diavolo dovremmo fare?” le ringhiò Derek.
“Prima di tutto calmati. Allora… fatemi pensare.” Disse portandosi le mani sul viso. “Dobbiamo parlare con lui.”
“E cosa pensi di ottenere?”
“Non lo so! Qualcosa di rilevante. E’ lui a trasformarsi in una lucertola assassina.”
“Non risolverebbe nulla. Non ricorda di essersi trasformato durante la luna piena e non ricorda neanche le persone che ha ucciso. E se è per questo non ha idea di che aspetto ha.” Disse Scott, intromettendosi nella conversazione.
Jane sospirò. “Ok, ci serve un altro piano. Ma ora devo tornare a casa, e voi fareste meglio a fare lo stesso prima che i cacciatori escano per la loro passeggiata notturna e vi becchino per la città.” Tagliò corto.
“Stiles vuole parlare con te.” La fermò Scott. Jane lo guardò, e poi guardò Isaac. Riusciva a fiutare la gelosia soltanto nel suo battito.
“Ok. Voi andate.” Disse rivolgendosi agli altri che si alzarono contemporaneamente e uscirono dal locale.
Si diresse al tavolo dove c’era Stiles che attendeva silenzioso.
“Dimmi tutto” iniziò Jane.
“Non l’hai detto ad Isaac, vero?”
“No, potrebbe uccidermi. Ho sentito la sua gelosia quando ha saputo che sarei rimasta qui con te.”
Stiles abbassò lo sguardo imbarazzato e in colpa. “Forse dovrei parlare con Derek.”
“Si, dovresti.”
“E che cosa dovrei dirgli?”
“Non lo so! E’ a te che piace, mica a me! Comunque, potresti riaccompagnarmi a casa? Dovrei andare.”
“Si certo.” Prese le chiavi dalla tasca, le sventolò davanti alla faccia di Jane e salutarono Danny che ricambiò alzando la testa. Uscirono e si diressero verso l’auto che Stiles non fece fatica a mettere in moto. La città era deserta e piuttosto inquietante.
“Andiamo, cosa dovrei dirgli?”
Sospirò. “Non lo so. Cerca di capire cosa vuole. Se ti vuole davvero o è stato solo un semplice bacio.”
Stiles non rispose e Jane scese dalla macchina augurandogli la ‘buonanotte’.
Entrò in casa e Derek era seduto sul suo letto.
“Cristo, sono quasi morta. Sarebbe carino se ogni tanto usassi la porta.” Gli disse.
Derek sfogliava divertito il suo diario di scuola dove c’era scritto il nome di Isaac con dei cuoricini accanto più e più volte nella stessa pagina. Jane glielo strappò dalle mani.
“Carino il tuo diario.”
“Smettila. Che vuoi? Non puoi stare qui.”
“Tranquilla, i tuoi dormono come dei sassi. Isaac ha ragione, non è un quartiere tranquillo. Il vecchio della casa accanto è un maniaco.”
“Grazie dell’informazione di cui ero già a conoscenza. Altro?”
“Io so che tu lo sai.”
“Cosa? Ci sono un sacco di cose che so. Definisci meglio.”
Derek la guardò incuriosito. “Di me e Stiles.”
Jane sorrise colpevole e abbassò lo sguardo. “Già, come sospettavo.” Continuò lui. Fece una breve pausa. “Non posso stare con lui.”
“Perché no?”
“Perché non sono gay!”
“E mica devi essere gay perché ti piaccia.” Derek la guardò perplessa, come se stesse dicendo cose a lui sconosciute.
“No?”
“No. C’è per forza bisogno di un’etichetta? No. Lui ti piace, indipendentemente che questo faccia di te un gay o qualsiasi altra cosa, come persona, come quello che è. Non ti piace solo perché lui potrebbe essere gay. Ti piace perché sei attratto da lui, perché ti piacciono determinati lati del suo carattere.”
“Ribadisco: non sono gay. Quel bacio è stato uno sbaglio.”
“Ribadisco: non devi essere gay. Senti… vedila così. A te piace un ragazzo e basta. Questo non fa di te necessariamente un gay. Ti piace per come ti fa sentire, per quello che senti tu per lui.”
Derek rise. “Che c’è? Lo trovi stupido?” chiese lei.
“No, anzi. Mi chiedo come faccia una ragazzina a essere come te.”
Le sorrise contenta. “Il grande e cattivo Alfa è venuto a parlare con me. Come potevo sprecare questa occasione e non usare le mie perle di saggezza?” gli rispose lei.
“Ora capisco perché si fidano di te.”
Annuì. “Già. Adesso vattene prima che il vecchio nella casa accanto inizi ad eccitarsi anche a guardare te.”
Derek uscì dalla finestra in un battito di ciglia senza muovere neanche una foglia attraverso il buio della notte. Erano solo le 22:00 quando la notte diventava sempre più inquietante. Aveva la strana sensazione che sarebbe successo qualcosa e che mettersi a letto non le conveniva affatto. Le mancava Isaac, con il quale voleva passare più tempo, e invece era costantemente divisa tra lui e gli altri. Ma doveva ancora studiare, e magari dormire prima di tornare a scuola. Arrivò alla conclusione che i compiti li avrebbe copiati e magari si distendeva sul letto cercando di non addormentarsi. Era abbastanza difficile addormentarsi con ancora metà vicinato in subbuglio visto che lei sentiva tutto. Si distese sul letto e iniziò a guardare il soffitto. Ma d’improvviso il suo sguardo si spostò fuori dalla finestra. La luna era magnifica. 

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Capitolo 10
*** Nuove vittime. ***


Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra per guardarla meglio. Il vicino era ancora sveglio e la fissava, inquietante come non mai. Jane cercava di sostenere il suo sguardo finché il rumore di qualcosa non attirò la sua attenzione.
Si spostava velocemente dall’inizio del vialetto, ai cespugli dei vicini fino ai cespugli sotto la sua stanza. Sapeva chi era ma non poteva parlare o avrebbe svegliato qualcuno. Spuntò un sorriso compiaciuto e Isaac si arrampicò agilmente alla finestra della sua stanza, rimanendo con i piedi attaccati alla parete e le mani su quelle di Jane appoggiate sull’apertura della finestra.
“Ti sono mancato?” disse sorridendo.
“Shh o li sveglierai.” Gli sussurrò ridendo. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò più volte sulle labbra.
Il vecchio li guardava sconcertato. Per l’agilità con cui Isaac si era arrampicato e per come aveva capito che Jane l’aveva seguito con gli occhi. L’aveva sentito arrivare. Per come lo percepiva dentro di sé.
“Quel tizio non dorme mai?”
“Solo quando chiudo le finestre.” Rispose lei. Isaac si voltò e gli alzò il dito medio. “Isaac!” lo rimproverò Jane in un sussurro. Il vecchio scomparve dalla finestra e spense le luci. Scoppiarono a ridere e Isaac entrò nella sua stanza. Jane spense la luce e si distesero sul letto al chiaro di luna.
Lo abbracciò e Isaac le baciò la fronte. “Posso restare qui stanotte?”
Jane annuì baciandolo. Rimasero abbracciati tutta la notte fino ad addormentarsi alcune ore dopo. La finestra era ancora aperta e iniziava a sentirsi l’aria gelida della notte. La temperatura era calata e poche ore dopo sarebbe sorto il sole. Una lieve brezza faceva ondeggiare le tende filtrando la luce della luna sulla pelle pallida di lei. Isaac la osservava ammaliato mentre dormiva.
Ma quando Jane si svegliò lui non c’era più. Al posto suo c’era un biglietto. ‘Sono dovuto scappare, i tuoi si erano svegliati. Ci vediamo più tardi.
Sorrise alla vista di quel biglietto e lo mise in un posto sicuro. I suoi genitori erano già usciti da un pezzo quando lei varcò la soglia della porta con la borsa in spalla e il telefono in mano. Ad attenderla c’era Isaac, che aveva promesso che non l’avrebbe mai lasciata da sola. Il vicinato era già in movimento, come anche il vicino davanti ai cespugli di cui non restava più nulla ormai.
Si baciarono per darsi il buongiorno e si incamminarono verso la Beacon High.
“Perché non saltiamo la scuola?” propose Isaac eccitato.
“E dove andiamo?”
“Non so, dove vuoi.”
Ci pensò. “Casa mia, divano, coccole?” disse lei con un faccino tenero prendendolo per mano.
“Mmm, mi piace.” Isaac sorrise e la baciò.
Tornarono a casa sotto gli occhi vigili del vicino che a momenti si tagliava le mani.
Quando richiusero la porta dietro di loro Isaac la prese per la vita baciandola appassionatamente per diversi minuti. Minuti che Jane avrebbe voluto non finissero mai.
“Facciamo l’amore.” Le sussurrò all’orecchio sorridendo. Jane ricambiò il sorriso e gli sfilò la maglietta buttandolo sul divano. Un’ora dopo lui era sdraiato sul suo seno e le accarezzava delicatamente il corpo con le dita facendole un leggero ma piacevole solletico.
“Dici che il vicino ci ha sentiti?” chiese lei.
“Probabile.” Rispose Isaac ridendo. “Facciamo una cosa a tre?” propose poi con sguardo malizioso.
“Piuttosto mi faccio infibulare.” Rispose Jane ridendo. Isaac scoppiò a ridere di gusto e la baciò.
“Ok, non rischierò così tanto solo per aggiungere un vecchio tra di noi.”
“Oddio che cosa orrenda.” Riprese poi lei, ripensando a quello che aveva detto.
“Ricordami perché sto con te piccola.”
“Perché sono la più figa di tutte, ovvio.” Rispose lei prontamente.
“Certo, certo.” Rise lui.
“Sento una nota di sarcasmo nella tua voce. Vorresti per caso dissentire?” Fece Jane indagatoria.
Isaac sorrideva compiaciuto, ma felice. Si vedeva che era felice con lei. “No, non mi permetterei mai!”
“Bene, perché anche se avessi voluto farlo non te l’avrei permesso.” Concluse lei con finta risolutezza, e lo fece ridere ancora.
Le morse affettuosamente il collo e lei urlò. Si scostò quando Jane cercò di morderlo ma lei lo trattenne e gli baciò il collo.
“E’ questo tutto quello che sai fare, Davis?” la provocò.
Lei lo trascinò con violenza sotto di sé. “Mi stai davvero sfidando, Lahey?” Isaac annuì compiaciuto senza smettere di ridere. Jane affondò il viso sul suo collo e lo morse così forte che urlò. Divertito, ma urlò. La prese per la vita e la trascinò sotto di sé.
“Così non vale però!” si lamentò lei. Isaac si fiondò sul suo collo facendola urlare ad ogni morso. La loro forza si bloccava, così Jane non aveva possibilità di fermarlo. Ma non voleva fermarlo affatto. L’unica cosa che avrebbe voluto fermare era il tempo, le sensazioni, le emozioni che provava con lui e per lui. Voleva stare con lui sempre, ogni momento della sua vita. Era quasi ora di pranzo quando, dopo essersi rivestiti almeno per metà, erano ancora sdraiati sul divano a scambiarsi effusioni, incuranti del mondo circostante, finché non sentirono qualcuno parcheggiare nel vialetto.
Si alzarono entrambi di scatto dal divano al rumore dell’auto.
“Oddio. Sono qui.” Fece Jane in preda al panico.
“Pensavo tornassero stasera!” esclamò Isaac rimettendosi i pantaloni alla velocità della luce e raccogliendo le sue cose sparse a terra.
“Lo pensavo anch’io!”
Eliminarono le loro tracce dal soggiorno e corsero di sopra appena prima che la porta si aprisse e sbattesse come al solito contro la parete laterale. Arrivarono nella sua stanza e si calarono giù dalla finestra. Soltanto una volta in giardino Isaac riuscì a infilarsi la maglietta, mentre tutto accadeva sotto gli occhi del vicino.
La prese per mano e corsero via verso la città. Quando furono abbastanza lontani scoppiarono a ridere.
“Sto morendo di fame. Andiamo a mangiare qualcosa?” propose Isaac riprendendole la mano.
Jane annuì e lo seguì verso l’entrata del grill. Presero un tavolo davanti al vetro del locale e ordinarono delle ali di pollo con contorno di insalata. Finalmente facevano un vero pranzo, da soli.
Nel frattempo a scuola tutti si chiedevano che fine avessero fatto, finché non realizzarono che probabilmente erano insieme, visto che mancavano entrambi. La giornata sembrava trascorrere tranquilla finché nel pomeriggio Stiles non mandò un messaggio a Jane, facendole una lista delle persone in punizione con loro per una lite con Jackson e lo scontro che avevano appena avuto con Jackson trasformato e le loro nuove informazioni riguardo ai veri genitori di Jackson. E anche che stavano portando Erica da Derek dopo essere stata avvelenata da Jackson.
Stiles li rassicurò anche che andava tutto bene e che potevano cavarsela da soli, ma Isaac e Jane finirono comunque il pranzo in fretta e si precipitarono da loro. Erica dormiva mentre il suo corpo guariva, Stiles era insieme a lei e Derek li stava aspettando.
“Oh, Romeo e Giulietta sono arrivati. Complimenti per aver saltato la scuola!”
Jane ruotò lo sguardo infastidita. “Stiles mi ha mandato un messaggio e siamo venuti il prima possibile.” Disse poi vaga.
“Stiles, eh? Lo stesso ragazzo che hai baciato dopo aver fatto l’amore con Isaac?” chiese lui, con un sorriso divertito sul suo volto.
Jane lo guardò sconvolta. Isaac abbassò lo sguardo incredulo e perplesso. “Hai baciato Stiles?” le chiese con tono di accusa. Derek rideva. Jane sentiva il cuore di Isaac palpitare di rabbia tanto forte che quasi le perforava il cervello.
“Dimmelo e basta!” urlò con gli occhi di un dorato acceso. Stiles si era spaventato ed era uscito fuori. Isaac si lanciò contro di lui, che sbatté violentemente con le spalle a terra. Jane mise una mano sulla spalla di Isaac e si trasformò all’istante. Isaac cercò di attaccarla ma invano, perché era in grado di schivare tutte le mosse. Così si fiondò nuovamente su Stiles, già stremato per il colpo precedente, e lo sbatté contro il muro mostrandogli gli artigli.
Jane afferrò il braccio di Isaac. “Lascialo in pace, non è stata colpa sua.” disse. Quando Isaac la ignorò e cercò di attaccarla lei lo spinse lontano. Isaac tornò umano. “Non ho voglia di combattere.” Disse rialzandosi. Poi si avvicinò lentamente a Jane che era tornata umana. “Spiegami solo perché.”
Jane sospirò. “Senti, è stato solo... un bacio tra amici. Niente di più.”
“E ti sembra una spiegazione?”
Jane lo guardò, confusa e terrorizzata, e consapevole di ciò che sarebbe successo dopo.
Isaac annuì spazientito. “Non parlarmi più. Non voglio più vederti.”
“Isaac…”  cercò di fermarlo. “Mi dispiace. Ho sbagliato! Ma non è stato nulla!”
“Hai baciato un altro dopo aver fatto l’amore con me. Questo lo chiami niente?” disse infuriato.
Jane abbassò lo sguardo, ma poi si voltò verso Derek. “Magari io avrò sbagliato, ma è colpa di Derek.” Disse poi, e non con buone intenzioni. L’espressione di Derek cambiò. Non sorrideva più.
“Glielo dici tu o glielo dico io il perché l’ho baciato?” lo incitò. Derek respirava forte e il suo cuore batteva all’impazzata per la rabbia.
“Derek ha baciato Stiles!” disse, prima che lui la attaccasse violentemente. Jane si ritrasformò e gli ringhiò contro. Derek la prese per il collo sbattendola contro il muro.
“Non osare sfidarmi. Sono io l’Alfa!”
“Già, non fai altro che ripeterlo.” Rispose lei, mentre sentiva le mani di Derek stringere la presa. Isaac se ne andò infastidito senza dire nulla.
“Bella mossa, Alfa.”
Derek la lasciò  andare e tornarono entrambi umani.
“Scusami Stiles.” Fece lei, prima di andarsene a gambe levate da lì. A metà strada scoppiò a piangere per tutto il nervosismo.
Tornò a casa in lacrime e se ne andò nella sua stanza. Si sdraiò sul letto e nella sua testa apparvero per un secondo tutti i momenti fino ad ora trascorsi con Isaac. Era incredibile che era bastato un bacio a stroncare tutto. Cosa avrebbe fatto adesso senza di lui? Non avrebbe più avuto nessuno.
Prese la borsa e andò al grill dove era sicura di trovare Danny. Anche se non parlavano molto la sua gentilezza la faceva sentire meglio.
“Ehi, ciao.” La salutò appena la vide varcare la soglia della porta. Jane ricambiò con un gesto della mano e andò a sedersi al bancone. “Tutto ok?” le chiese.
“Si, tutto ok.”
“Non sembra.”
“E’ così evidente?”
“Un po’. Vuoi che ti porti qualcosa da bere?”
“Si, un thé alla pesca, ti prego.”
“Arriva subito.” Poco dopo posò il bicchiere davanti a lei e guardò la porta. Jane si voltò e vide entrare Matt. Danny gli sorrise salutandolo, e lui ricambiò. Jane istintivamente sorrise.
“Che c’è?” le chiese.
“Oh, nulla.” Rispose lei vaga, anche se Danny sapeva benissimo che si era accorta di tutto.
Danny esitò, guardandola. “Il mio ragazzo mi ha lasciato e lui sembra carino con me.” disse, abbassando lo sguardo.
“Perché me lo stai dicendo?” gli chiese un po’ perplessa.
“Avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Tu invece? Come mai stai così?”
Lei sospirò, per quanto le facesse ancora male dirlo. “Ho litigato con Isaac.”
“Come mai, se non sono indiscreto?”
“Io… ho baciato un altro.”
“Ahia. Questa non è una cosa buona.”
“Già. Ha detto di non volermi più vedere.” Sussurrò, sentendo le lacrime tornare in superficie. Abbassò lo sguardo e si asciugò gli occhi. Dentro di sé era come se il legame si fosse totalmente spezzato, anche se sapeva benissimo che in realtà era per metà spezzato, forse.
Matt poi si sedette accanto a lei, le sorrise e ordinò da bere. Danny sembrava felice soltanto a vederlo. Consumò in fretta il suo drink e uscì.
“Dovresti provarci con lui.” Gli suggerì.
“Che? Vuoi scherzare?”
“No. Ho visto come lo guardi e come sorridi.”
Danny abbassò lo sguardo, colpevole. “Peccato che lui è ossessionato da Allison.”
“Allora fa’ che cambi idea.” Gli suggerì. “Comunque io vado, non ho molta voglia di vedere gente. Ci vediamo domani.”
“A domani.”
Tornò a casa di nuovo in lacrime e si mise a letto. Passarono le ore, si fece ora di cena ma i suoi genitori non tornavano. Cercò di chiamarli quando Stiles la precedette.
“Ehi, Jane. Stai bene?”
“Non proprio. E scusami se ho raccontato del bacio tra te e Derek, ma è colpa sua, mi ha fatto incazzare.”
“Tranquilla, non importa. Senti… devo dirti una cosa.”
“Stiles dove sei? C’è un baccano infernale, ti sento malissimo.”
“Aspetta, mi sposto. Ora mi senti meglio?”
“Si, ora ti sento. Dimmi.”
“Ci sono brutte notizie.”
“Del tipo?”
“I tuoi genitori.” A quelle parole fu come se a Jane gli si bloccò qualcosa in gola. Come se sapesse che sarebbe successo qualcosa di brutto. “Sono stati uccisi. Mio padre mi ha detto di chiamarti, siamo nella strada al limitare della riserva.”
Non se lo fece ripetere due volte e in un batter d’occhio fu lì. A quella visione il suo cuore quasi si fermò. Lo sportello del conducente era stato letteralmente strappato via, il parabrezza ridotto a brandelli, sangue dappertutto e i corpi dei suoi genitori avvolti in un telo nero. Sentì le lacrime crescere come un fiume in piena e riversarsi sul suo volto. Urlò e Stiles la prese al volo tra le sue braccia cercando di trattenerla dall’avvicinarsi a loro.
Lo sceriffo si avvicinò a loro e li allontanò da lì.
“Ehi, ehi. Calmati.” Le sussurrò, ma lei sembrava non volesse saperne. Piangeva così forte e a singhiozzi che quasi il cuore le smetteva di battere. Quasi le mancava l’aria. Stiles la strinse a sé e lei non riuscì a non ricambiare. Aveva bisogno di qualcuno in quel momento. Come avrebbe fatto senza Isaac? Era tutto così insopportabile e sbagliato. 

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Capitolo 11
*** Una nuova famiglia. ***


Nel frattempo i cacciatori erano già venuti a conoscenza della notizia e si erano presentati da Derek, speranzosi che non fosse lui e il suo branco la causa di quell’omicidio.
“Derek.” Lo chiamò Chris Argent. Derek uscì fuori dalla vecchia metropolitana. “Sei stato tu?”
“A fare cosa?” chiese lui perplesso.
Chris sospirò. “I genitori di Jane Davis, la ragazza di Isaac. Sono stati uccisi. La polizia non sa ancora cos’è successo, ma abbiamo visto com’erano ridotti, e lo sportello dell’auto è stato letteralmente tranciato via.”
“Cosa? I genitori di Jane sono stati uccisi?” replicò lui sconvolto.
Chris esitò e lo guardò bieco. “Il tuo branco è qui?” gli chiese.
Lo sguardo di Derek vagò, quasi incapace di rispondere. “Si, sono tutti qui.” Farfugliò poi.
“Cosa pensi che sia stato?” gli chiese Chris Argent, come se cercasse conferma di ciò che sapevano già.
“Lo sappiamo entrambi.”
“Papà, la porto a casa nostra.” Informò Stiles.
“No, non puoi. Dobbiamo farle delle domande.”
“Non mi sembra proprio nelle condizioni di rispondere ad un interrogatorio, papà.” Rispose autoritario lui, lasciando con gli occhi spalancati lo Sceriffo.
“Va bene. Sei sicuro che a casa nostra vada bene?”
“Si, ci penso io.” La strinse di nuovo a sé e la portò verso l’auto. Non riusciva a smettere di piangere e Stiles non osava dire nulla. Sapeva come ci si sentiva a perdere qualcuno.
Quando arrivarono a casa era così esausta che dovette trascinarla nella sua stanza con la forza. Si tolse la giacca a fatica e Stiles la infilò sotto le coperte. La osservò mentre era con gli occhi chiusi, cercando di frenare le lacrime. “Mi dispiace.” Le sussurrò, e questo la fece scoppiare a piangere ancora. Fece per andarsene, ma la sua voce strozzata lo fermò. “Stiles…” disse con un filo di voce. Lui si voltò. “Resta con me.” biascicò. Isaac non c’era e adesso era compito suo fare in modo che lei fosse al sicuro. Che si sentisse al sicuro. Che non fosse da sola.
Si infilò sotto le coperte con lei e l’abbracciò. Jane si strinse accanto a lui, in cerca di quel tocco che la faceva sentire al sicuro. Ma le lacrime non la lasciarono dormire. Stiles era preoccupato per lei e fingeva di dormire mentre lei continuava a piangere silenziosa sul suo cuscino.
Al mattino dopo non voleva vedere nessuno. Si diresse alla stazione di polizia insieme a Stiles, che saltò la scuola per lei, e lo Sceriffo.
“Te la senti di rispondere a qualche domanda?” le chiese gentilmente lo Sceriffo.
Jane annuì, consapevole che probabilmente avrebbe avuto bisogno di più di qualche minuto per formulare una frase di senso compiuto.
“Vengo anch’io.” Disse Stiles, cercando di entrare nella stanza insieme a loro. Suo padre lo bloccò sul ciglio della porta.
“No, non puoi.”
“Papà… lei ha bisogno di me.”
“Posso farcela, tranquillo.” Disse lei. Entrarono nello stanzino e lo Sceriffo la fece accomodare su una sedia scomoda di fronte a lui.
“Jane... non sappiamo ancora cosa dirà il medico legale ma… dobbiamo farti queste domande per prassi. C’era qualcuno con cui i tuoi genitori erano in conflitto? Magari al lavoro o tra gli amici.”
Jane sospirò. “Non lo so… non credo. Onestamente… non li vedevo molto spesso e non parlavamo mai di loro. Le uniche volte parlavamo di me, dei miei voti, della mia vita.”
“Pensi che qualcuno nel vicinato nutrisse del rancore nei loro confronti per qualcosa?”
“No. Non penso. Non hanno mai avuto discussioni con nessuno.”
“Ok. I tuoi genitori erano entrambi medici. Magari avevano a che fare con qualche paziente strano? Li hai mai visti o sentiti parlare di qualcosa di strano?”
“No, mai.” Rispose decisa.
Lo Sceriffo la guardò e annuì. “Ok, puoi andare. Grazie per la collaborazione.” Le disse con un mezzo sorriso accompagnandola da Stiles.
Jane non disse nulla, non aveva molta voglia di parlare, finché non le vennero i dubbi.
“Com’è stato l’incidente?” gli chiese senza guardarlo, fissando la strada davanti a sé.
“Cosa?” rispose sconvolto Stiles. Non aveva la minima intenzione di raccontare i particolari terribili di quell’assassinio. “Non credo tu voglia saperlo davvero.”
“Si invece. Dimmelo.” Cercò di sembrare il meno sconvolta possibile. Cercò di sembrare calma, ferma.
Stiles sospirò, sapendo che non poteva nasconderle la verità. Doveva sapere. “L’auto… è stata fermata con la forza davanti. Lo sportello del guidatore tranciato via e il parabrezza a pezzi, come hai visto. Gli è stato letteralmente strappato via il cuore dal petto con la forza. Nessun umano sarebbe in grado di fare una cosa del genere.”
Jane gli rivolse uno sguardo, in attesa che anche Stiles la guardasse. Poi si voltò di nuovo verso la strada. “Pensi che sia stato Jackson?” le chiese. Jane esitò prima di rispondere, come se stesse valutando la situazione.
“Voglio una lista dettagliata delle caratteristiche della Kanima. Punti deboli. Tutte. Nessuna esclusa. E anche il rapporto con il padrone.”
“Che hai intenzione di fare?”
“Niente. Per ora. Ma devo conoscere il mio avversario.”
“Whoa. Non avrai mica intenzione di batterti con Jackson?”
“No. Non posso senza l’aiuto del branco perché non potrei trasformarmi. Ma ha per forza altri punti deboli, a parte l’acqua e gli specchi.”
“Ok, ok.” disse Stiles, vedendola così determinata.
Poco dopo la guardò. “Stai bene?”
“Onestamente… non lo so.”
Quando arrivarono a casa si infilò dentro di corsa, prima che qualcuno tentasse di fermarla. Non voleva parlare con nessuno. Specie dei suoi genitori. Le mancava Isaac anche se non lo ammetteva, e adesso stava da Stiles. Probabilmente avrebbe peggiorato la situazione, ma è l’unica persona umana di cui si fida davvero.
Nel frattempo Derek era al rifugio nella vecchia metropolitana in disuso. Erica si era svegliata e stavano prendendo un caffè quando Isaac li raggiunse.
“Ehi, dobbiamo parlare.” Si affrettò a dire Derek. Isaac indietreggiò e Derek lo seguì. “Hai saputo dei genitori di Jane?” gli chiese.
Isaac abbassò lo sguardo. “Si.”
“Ok senti. Ci sono delle cose che devi sapere. Ma devi ascoltarmi attentamente senza interrompermi.” Isaac annuì. “Non è stata colpa sua il bacio con Stiles. E’ stata colpa mia. E’ vero, ho baciato Stiles e lui voleva solo capirci qualcosa e ha chiesto a Jane di baciarlo, ma si è subito pentito. Quindi se c’è qualcuno con cui devi prendertela, sono io. Sono stato io a scatenare tutto. Per quanto riguarda Jane, bè… non puoi lasciarla.”
“Troppo tardi.”
“No, dico sul serio. Non puoi. Pensi di averla lasciata ma non è così. C’è… una cosa riguardante la sua natura che… non ti abbiamo detto.”
Isaac alzò lo sguardo perplesso. “Ecco… tu pensi di averla lasciata, ma non è così. Sei stato tu a far scatenare la sua natura e ora siete connessi. Lei è sempre stata sola e l’unico legame che cercava l’ha trovato con te. Qualsiasi cosa tu faccia non sarai mai lontano da lei. Riuscirai a percepirla dentro perché avete condiviso tutto insieme, e anche perché sei stato tu a farla trasformare. L’unico modo per spezzare il legame è che entrambi non vi amiate più. Ma non basterà dirvelo. Dovrete sentire che non vi amate più.”
“Quindi… tu mi stai dicendo che sono legato a lei finché non smetterò di amarla e lei non smetterà di amare me?”
Derek alzò lo sguardo. “Tu la ami?”
Isaac abbassò lo sguardo, impreparato a dare una risposta ad una domanda del genere. Ma l’amava davvero. Non avrebbe mai voluto lasciarla. E il solo pensiero di saperla sola e disperata lo faceva stare male. Il solo pensiero che lei avesse tanto bisogno di lui non riusciva a capirlo. Poteva un legame essere davvero tanto forte?
“Non lo so.”
“Non dovresti almeno provare a parlarle?”
“Non voglio parlarle. Non ora.”
“Ma non c’è un tempo stabilito, Isaac. Lei ha bisogno di te e non sai quanto reggerà prima che crolli. Ok, è con Stiles ma non è lui che vuole.”
“Mi ha mentito, mi ha nascosto una cosa così importante.”
“Perché non era importante! Pensi che se avesse contato qualcosa non te l’avrebbe detto?”
“Ho i miei dubbi.”
“Senti, fai come ti pare. Quello che dovevo dirti te l’ho detto. Oggi ci sarà il funerale dei suoi genitori. Hai intenzione di venirci?”
“Non lo so. Ho bisogno di restarmene un po’ per conto mio. Tu ci andrai?”
“Penso di si.”
“Sarà pieno di cacciatori. E’ amica di Allison.”
“E allora? Non ho fatto niente di male. Ci vado per lei. E’ pur sempre un membro del branco.”
Jane non era di molte parole neanche in situazioni diverse, ma non lo era particolarmente neanche dopo un trauma. Faceva fatica a smettere di piangere mentre si preparava. Si diressero al cimitero con Stiles, lo Sceriffo era di servizio. Poco dopo li raggiunse Scott e in lontananza vide arrivare Allison con i suoi familiari. Si lasciò abbracciare e li ringraziò per essere lì con lei. Cercava con lo sguardo Isaac, ma non lo vedeva e non lo sentiva nei paraggi. Poco dopo arrivò anche Derek con Erica e Boyd, che si beccarono uno sguardo davvero brutto dagli Argent, ma Derek li ignorò e strinse la piccola Jane tra le sue braccia. Jane era felice che fosse lì anche lui, benché non se lo aspettasse, ma era felice. Anche Erica, che non nutriva particolare affetto per lei, sembrava realmente dispiaciuta. Voleva chiedere loro di Isaac, ma non sembrava il momento. Anche se per lei era ciò che contava di più in quel momento. Per tutto il funerale non fece altro che piangere tra le braccia di Stiles. Voleva soltanto che finisse in fretta per poter tornare a casa. Ma qual era la sua casa adesso? Cosa avrebbe fatto da sola in quel quartiere che detestava solo per il vicino pervertito? Cosa avrebbe fatto in quella casa che ricordava tutto di loro? Che senso avrebbe avuto vivere in quella casa troppo piena di ricordi? Isaac, i suoi genitori. Isaac.  Ma non era il momento di pensarci.
Isaac non si era fatto vivo e lei sarebbe dovuta andare a scuola il giorno dopo, con o senza le lacrime. Non poteva saltare altri giorni di scuola.
Stiles e lo Sceriffo rispettavano il suo silenzio, sapevano che non parlava molto. Ma Stiles sapeva che aveva bisogno di distrarsi. Ogni tanto lo Sceriffo accennava a qualcosa e Jane rispondeva educatamente. Ma aveva quel vuoto incolmabile dentro. E non era completamente per i suoi genitori. Le mancavano, ma mai quanto Isaac. Era a lui che era davvero legata ed era a lui che adesso doveva pensare. Al presente, a ciò che aveva. Ma non lo aveva più ormai.
“Jane, puoi fermarti qui tutto il tempo che vuoi, senza problemi.” Le disse lo Sceriffo.
“Grazie.” Rispose lei accennando un sorriso.
“Sai, mio padre quando ti ha detto che potevi fermarti, non lo faceva per compassione.” Le disse Stiles quando furono da soli.
“Lo so, altrimenti non l’avrei semplicemente ringraziato. Odio la gente che mi sta addosso per compassione. Se me l’avesse detto per compassione avrei aggiunto che avrei trovato un nuovo posto dove stare.”
“Bene. Perché se venissi a stare con noi, sarebbe fantastico.” Le propose poi, e vide sbucare la faccia dello Sceriffo dalla porta con un sorriso. Non riuscì a non sorridere imbarazzata e lusingata.
“Beh, pensavamo che… visto che non hai parenti e sei minorenne… potrei parlare col giudice e fare in modo che sia io a prendere la tua custodia. E poi tu e Stiles siete legatissimi e mi farebbe enormemente piacere averti legittimamente come figlia.” Le disse lo Sceriffo.
Jane rise felice. “Oh mio dio. Siete sicuri di quello che state facendo?”
“Al cento per cento!” rispose Stiles sorridendo.
“Sempre che tu non voglia restare nella tua casa.” Aggiunse lo Sceriffo.
“Uhm… onestamente non mi va molto di restare lì da sola.” Rispose abbassando lo sguardo. Non voleva approfittarsi della situazione. Realmente non voleva rimanere da sola in quella casa.
“Perfetto. Allora domani andrò a parlare col giudice e mi farò dare i documenti per la custodia.” Le disse e la baciò sulla fronte. “Benvenuta a casa, Jane.”
Stiles l’abbracciò felice e lei non riusciva a smettere di ridere adesso. Forse era sbagliato in quel momento, ma non le importava. Era felice, anche se le mancava da morire Isaac, e questo sarebbe stato un ulteriore problema.
Al mattino dopo lei e Stiles si diressero a scuola, sotto gli occhi di tutti. Jane era parecchio a disagio, ma cercò di farci caso il meno possibile. Isaac non aveva intenzione di parlarle e tutti la guardavano compassionevoli.
All’ora di pranzo si scontrò con Jackson, che voleva per il momento evitare.
“Ehi, ho saputo dei tuoi genitori, mi dispiace tanto.” Le disse, poco capace a fingere. “Non è la cosa migliore del mondo avere dei lupi come amici, vero?”
Jane lo guardò infuriata e irritata, come se stesse per saltargli addosso.
“Potresti anche ringraziare.” La incitò lui.
“Non ho nulla di cui ringraziarti.”
“Si invece. Ringraziami per essere venuto qui a parlare con una sfigata come te!”
Si alzò, e nonostante fosse più bassa di Jackson non aveva paura di lui. Gli sarebbe volentieri saltata con gli artigli alla gola se avesse potuto, incurante di tutti gli altri. Gli sguardi di Scott, Stiles, Allison, Isaac, Erica e Boyd erano puntati su loro due. Le partì uno schiaffo, dritto sulla faccia di Jackson che sembrò rimbombarle nel cervello.
“Davis! Whittemore! Stiles!” li richiamò il signor Harris. “Che cosa vogliamo fare?” urlò. “Passare il resto dell’anno scolastico in punizione? Ci vediamo dopo pranzo in biblioteca.”
Perfetto. Punizione anche per Stiles che si era alzato per tentare di fermare Jane.
Dopo pranzo si ritrovarono in biblioteca a dover sistemare i libri negli scaffali, e il signor Harris li aveva anche mollati.
“Perché diavolo gli hai tirato uno schiaffo? Sei impazzita?”
“No. Mi ha provocato e non potendo infilargli gli artigli nella gola mi sono dovuta accontentare di uno schiaffo.” Rispose prontamente lei.
“Vuoi farti uccidere?”
“No. Sarò io a uccidere lui. Non ricorda nulla. Non ricorda di aver ucciso i miei genitori!” disse infuriata lei.
Stiles la guardò sconvolta. Jackson si era trasformato, ed era sopra di lei, pronto ad attaccare.
Lei capì e iniziarono a correre per la scuola, sotto gli occhi delle telecamere, ma lui era più veloce. Non avevano nessun vantaggio. Appena prima di varcare la soglia della porta per uscire Jackson la morse, e cadde a terra con un tonfo.
“Jane, Jane. Oh mio dio. Jane! Oddio che faccio?” Stiles era totalmente in preda al panico.
La portò in macchina e chiamò Derek che si precipitò da loro.
“Sta morendo? Sto avendo un flashback.” Disse Stiles.
“Si. È’ umana, dobbiamo farla trasformare o non guarirà.” Derek la costrinse a guardarlo e i suoi occhi divennero rossi per un breve periodo di tempo. Quando Stiles vide gli occhi di Jane colorarsi di un leggero dorato screziato di rosso si allontanò. “Vattene Stiles.” Gli ordinò Derek. Poi chiamò Erica che riuscì a trattenere Jane che urlava di dolore. Isaac era nascosto lì dentro da qualche parte. Jane lo sentiva. Sentiva il suo cuore battere.
Un dolore lancinante le percorse la schiena quando Derek fece pressione per rompere le ossa e accelerare il processo di guarigione mentre stringeva sul braccio infetto, facendo colare il veleno.
Jane svenne e si risvegliò a casa di Stiles poche ore dopo cena, trasformata. Aveva ancora il braccio indolenzito, ma il veleno era stato completamente espulso.
“Ehi, sei sveglia.” Disse Stiles, con della pizza in un piatto. “Come ti senti?”
“Non bene. Il braccio mi fa ancora male. Pizza!” fece eccitata, e ne prese un pezzo.
Si voltò e vide Derek. “Oh Cristo Santo. Mi hai fatto venire un colpo.” Gli disse prima di addentare la sua pizza.
“Scusami.” Bisbigliò lui. Lo Sceriffo era andato a dormire e Derek era rimasto perché potesse essere trasformata durante il processo di guarigione o non avrebbe funzionato.
Tornò umana perché il suo corpo era guarito e addentò la sua pizza.
“Bene, io vado.” Disse Derek e uscì dalla finestra. Accanto al letto c’erano degli scatoloni con la roba di Jane. I ragazzi avevano preso tutte le cose a casa sua e le avevano portate lì. Erano chiusi ma lei non aveva la forza di aprirli. Mangiò e se ne tornò a dormire.
Al mattino dopo prima di andare a scuola aprì uno degli scatoloni e notò una foto di lei e i suoi genitori del suo ultimo compleanno. Le lacrime sgorgarono sul suo volto, inconsapevoli e incontrollate. Ma doveva asciugarle subito se voleva andare a scuola.
Erano passati tre giorni e Isaac non si era ancora fatto vivo. Quando pensava ai suoi genitori di colpo la ferita si allargava anche ad Isaac.

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Capitolo 12
*** Presenze. ***


La lezione sembrava tranquilla, finché i giornali non iniziarono a parlare della morte dei suoi genitori. E gli altri la guardavano come se fosse un’aliena. Sentiva i loro bisbigli rimbombarle nella testa. Nuove lacrime che cercò di fermare subito, invano. La salvò lo Sceriffo che venne a prenderla per portarla a firmare i documenti, e non era mai stato così puntuale. Uscì di corsa dalla classe con ancora le lacrime gli occhi e gli sguardi di tutti addosso a lei. Lo Sceriffo inizialmente non disse nulla.
“Tutto ok?” le chiese poi, quando iniziava a smettere di tremare e di piangere.
Lei annuì, il più convinta possibile. Ma doveva convincere sé stessa prima di chiunque altro. Era passata l’ora di pranzo e Stiles sarebbe tornato a momenti. Lo Sceriffo doveva tornare alla centrale così Jane rimase a casa. Per la prima volta si sentiva al sicuro da sola. Ma piangeva e tremava ancora, sola nella sua nuova stanza. Senza i suoi genitori, e senza Isaac.
Se ne andò a letto. Aveva un terribile bisogno di dormire, ma non ci riusciva. Ripensava a tutto quanto e piangeva. A ora di cena, quando sembrava essersi calmata, Stiles andò nella sua stanza. Era davanti allo specchio a guardarsi come si era ridotta in quegli ultimi tre giorni. Occhiaie più accentuate del normale, mangiava e dormiva poco, e con il costante vuoto che la opprimeva.
Istintivamente l’abbracciò. Sapeva che era quello di cui aveva bisogno. “Tutto ok?”
Lei annuì, poco convincente. “Hai visto Isaac per caso dopo la scuola?” gli chiese. La domanda colse Stiles di sorpresa. Erano tre giorni che non ne parlava, ma sapeva che le mancava da morire.
Scosse la testa.
Al mattino dopo si diresse a scuola malincuore, pensando a quante occhiatacce avrebbe ricevuto ancora. Infatti durante le lezioni ancora alcuni la guardavano. Si sentiva oppressa da quegli sguardi. A pranzo era con Stiles e Scott, ed era l’unica cosa che fino a quel momento era riuscita a tirarla su di morale. Isaac non accennava a parlarle. Nel pomeriggio andò al campo di lacrosse ad assistere agli allenamenti. Gli mancava da morire e aveva un bisogno psicologico di vederlo.
Alla fine degli allenamenti rimase al campo, ma non era da sola. Sentiva la presenza di un altro cuore battere. Più di uno, ma non riusciva a vederli. Corse via ma fu bloccata da qualcosa appena fuori dal campo. Una coda verde, enorme. Jackson. Il suo cuore mancò un battito e Jackson la trascinò via con sé.
Isaac lo sentì. “Jane!” esclamò in un sussurro prima di correre fuori dallo spogliatoio. Scott lo vide e lo seguì poco dopo senza trovarlo.
Jane venne immobilizzata dal collo in giù, sensazione terribile, e lasciata a giacere in uno stato di semi coscienza in mezzo al bosco. C’era qualcun altro nel bosco oltre lui e Isaac, e l’aveva sentito. Cacciatori, piazzavano le trappole. Isaac si affrettò a prenderla e portarla da Derek.
“Ehi, è tutto ok.” le sussurrava.
Corse il più veloce possibile, ma era già svenuta.
“Cos’è successo?” chiese Derek preoccupato.
“Jackson.” Isaac la adagiò a terra e Derek guardò il taglio sul collo. Dovettero svegliarla con la violenza e fare in modo che si trasformasse perché potesse guarire. Quando riprese la sensibilità del corpo si alzò a sedere. Derek se n’era andato e c’era Isaac davanti a lei.
Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli quanto gli era mancato, ma non ce la faceva. Ma di colpo ebbe un’allucinazione: Jackson che attaccava l’auto dei suoi genitori, gli strappava via il cuore, e lei al cimitero davanti alla loro tomba.
Sentì le lacrime scendere e le asciugò in fretta mentre lui la guardava, la scrutava.
“Stai bene?” le chiese.
“Credo di si.”
Isaac annuì e se ne andò, senza darle il tempo di dire qualcos’altro. Jane tornò a casa e trovò Stiles da solo.
“Oh mio dio, dove sei stata? Scott ti ha cercato tutto il pomeriggio.”
“Da Derek. Non so come ci sono arrivata lì. Sono svenuta e mi sono svegliata lì, con Isaac.”
Stiles la guardò, poi girò un braccio attorno alle sue spalle e la trascinò dentro casa per la cena. Quella sera ci sarebbe stata la partita a cui tutti i giocatori di lacrosse avrebbero partecipato, ovviamente. E anche Isaac.
Si recarono alla partita, nonostante il freddo polare. Quando iniziò Stiles era in panchina, come sempre.
“Credi che un giorno anche Stiles sarà in campo?” fece rattristato lo Sceriffo.
Jane rise. “E’ probabile.”
Isaac l’aveva vista. La fissava e poi il suo sguardo si posò su qualcun altro. Jane si voltò, e un tizio coperto da un cappuccio faceva capolino non lontano dalla loro tribuna. Si voltò a guardare Isaac di nuovo, e quando lo cercò di nuovo con lo sguardo l’uomo era già sparito.
La partita procedeva bene. Scott aveva già segnato diversi punti a discapito degli avversari.
Isaac era alto e cercava di bloccarli per permettere a Scott e gli altri di segnare. Erano tutti dei bravi giocatori e facevano del loro meglio, ma lo Sceriffo avrebbe voluto vedere anche suo figlio giocare.
Ne uscirono vincitori, e a fine partita Jane seguiva Stiles negli spogliatoi, quando qualcosa l’attaccò.
Non era un semplice graffio, era qualcosa di più grosso. Qualcosa che le bruciava dietro il braccio. Una freccia.
“Stiles” lo chiamò.
Si voltò e la vide barcollare nel tentativo di togliersela. Era impregnata di veleno e cadde a terra svenuta. Isaac lo percepì e corse da lei, di nuovo. La portarono nel bagno delle ragazze, dove non c’erano telecamere, e ragazze.
“Cos’è successo?”
“Non lo so. Quando mi sono voltato aveva la freccia nel braccio ed è caduta a terra.”
Isaac tirò via la freccia delicatamente per evitare che si rompesse e l’altra metà restasse nel braccio.
“Frecce avvelenate.” Disse, guardandola e buttandola via. “Dobbiamo svegliarla e farla trasformare o morirà.”
“Chiama Derek.” Lo incitò Stiles nel panico.
“Non abbiamo tempo!”
“Isaac ci serve il suo aiuto!”
“Potrebbe morire nel frattempo, Stiles! Non posso permettermi di perderla!” urlò. Stiles lo guardò impaurito mentre faceva il numero di Derek.
“Fa’ qualcosa. Io lo chiamo.”
Isaac si trasformò e le tirò un pugno per svegliarla. Si svegliò ancora incosciente e lui iniziò a fare pressione sul braccio dove prima c’era la freccia, in modo da far uscire il sangue infetto, come aveva visto fare a Derek. Ma Jane non riusciva a stare ferma. Urlava di dolore e cercava di liberarsi dalla presa di Isaac.
Nel frattempo lui arrivò. “Cos’è successo?”
“Non lo so. Aiutami.” Si affrettò a dire Isaac.
Derek la tirò su mentre urlava di dolore cercando di tranquillizzarla e calmarla.
“Ehi, guardami. Resta trasformata.” Le diceva, con gli occhi che erano diventati rossi, mentre lei urlava. Aveva preso il posto di Isaac e adesso era lui a fare pressione sul braccio per far uscire il sangue. Isaac la teneva tra le sue braccia dopo averle salvato la vita ancora una volta.
“Stiles vattene.” Ordinò Derek.
“Non posso andarmene! Cosa dico a mio padre quando non la vedrà tornare insieme a me?”
“Che esce con Isaac.” Si affrettò a dire Derek.
Isaac lo guardò sconvolto, un po’ per quello che stava succedendo e un po’ per quello che aveva detto.
Le luci andavano spegnendosi e dovevano affrettarsi a uscire prima di rimanere chiusi lì dentro.
Stiles spiegò a suo padre che aveva bisogno di divertirsi e di stare un po’ con Isaac, e lo Sceriffo non obiettò.
Derek la portò nella sua auto e la adagiò sul sedile posteriore. Isaac si sedette accanto e lei e le poggiò la testa sulle sue gambe. Si diressero alla vecchia metropolitana. Isaac aveva ancora addosso l’uniforme della squadra che non aveva avuto tempo di togliersi.
Si sedette a terra e la prese tra le sue braccia, e Derek lo raccomandò di riportarla a casa quando si svegliava, poi li lasciò da soli.
Isaac la guardò riprendere colorito lentamente dopo avergli messo addosso una delle sue giacche. Faceva fin troppo freddo per restare lì e sperava che si svegliasse il prima possibile per poterla riportare a casa. Poi il telefono di Jane iniziò a squillare. Isaac lo estrasse e rispose quando vide apparire il nome di Stiles sullo schermo.
“Jane?”
“No, sono Isaac.”
“Ah. Quindi non si è ancora svegliata? Sta bene?”
“No, non si è ancora svegliata. E si, sta bene.”
“Ok. So che avete litigato, ma riportala a casa dopo, per favore.” Concluse Stiles prima di riattaccare.
 
“Mi dispiace.”
“Per cosa esattamente?” farfugliò lei.
“Per tutto.”
“E’ un po’ tardi.” Azzardò lei, ancora spaventata e sull’orlo di un terribile pianto.
“Speravo che non lo fosse.”
Sospirò, esausta. “Dove sei stato, Isaac? Dove sei stato in questi ultimi tre giorni?” gli chiese con le lacrime agli occhi e con la voce spezzata.
“Mi dispiace. Io… non ce la facevo. L’incidente dei tuoi, Derek poi mi ha detto del legame, poi sei andata a stare da Stiles, ti ha attaccato Jackson e oggi il calo emotivo. Non ce la facevo. Volevo urlarti contro e allo stesso tempo volevo abbracciarti. E’ stato impossibile reggere tutto questo.”
“Pensi che per me sia stato facile? Pensi che sia stato facile ritrovarmi da sola nel momento in cui avevo più bisogno di qualcuno? Pensi che sia facile camminare tra la gente ed essere fissata dalla testa ai piedi? Pensi che sia facile riuscire a mantenere la calma e il controllo?” Le lacrime scesero più forti e ricominciò a tremare. Incrociò le braccia per non darlo a vedere troppo. Non sopportava che la vedesse in quello stato. “Pensi che sia facile riuscire a non pensarci e far finta che non sia successo nulla?”
Isaac le si avvicinò lentamente, ma lei indietreggiò. “Mi dispiace. Non credevo che avessi così tanto bisogno di me finché Derek non mi detto del legame.”
“Io ho sempre bisogno di te, Isaac.” Gli disse con la poca voce che le restava. Stavolta si avvicinò a lei più sicuro di sé e le prese le mani, cercando di calmarla.
“Mi dispiace.” Le disse. “E’ che… fin’ora non mi sono mai sentito così. A nessuno è mai importato davvero di me, finché non è arrivato Derek e poi tu.” Fece una pausa e la guardò ancora in lacrime. “Non ha senso senza di te. Qualsiasi cosa faccia ci sei sempre tu. Ma non avevo realizzato quanto mi potessi mancare, fino ad ora. Non credevo di poter resistere ancora a lungo. Voglio soltanto stare con te, sempre. Ti ho promesso che non ti avrei lasciato, e non lo farò. Ti amo Jane, e non avrei potuto desiderare ragazza migliore. E credimi, era così anche prima che ti trasformassi.”
Jane alzò lo sguardo verso di lui. “Davvero?” chiese con un piccolo sorriso che le affiorava sulle labbra e tra le lacrime. Lui annuì felice e l’abbracciò.
Jane si strinse tra le sue braccia per diversi minuti. “Ti amo anch’io e mi sei mancato da morire.” Gli sussurrò.
“Anche tu, non sai quanto.” Rispose. Strinse la presa sul suo corpo, così che smettesse di tremare. Era difficile starle accanto e vederla così, ma era a lei che doveva tutto. Le aveva fatto una promessa, e aveva intenzione di mantenerla.
“Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Si… ti amo.” Le sussurrava all’orecchio senza lasciarla. Jane sorrideva felice. “Dio… vorrei non smettere di dirlo neanche un secondo.”
Jane gli sorrise, totalmente incapace di resistergli. Era così che la faceva sentire. Incapace  di fare e di capire qualsiasi cosa.
“Andiamo, ho promesso a Stiles che ti avrei riportato a casa.”
Una volta a casa sembrava felice, finalmente. Lo Sceriffo non disse nulla vedendola sorridere. Vedendo un sorriso spontaneo sul suo volto.
Stiles prima di andare a dormire la strinse a sé per cinque lunghi minuti.
“Sono felice che sei mia sorella, anche se acquisita, e sono felice che stai bene.” Le disse. Premette dolcemente le labbra sulla sua fronte prima di lasciare la sua stanza e andarsene a dormire.
Jane sorrise senza saper cosa dire. Era felice e basta. E non c’erano parole per descriverlo.
Al mattino dopo quando si recarono a scuola qualcosa di davvero brutto li aspettava.
L’atmosfera era più che tetra e Jane avvertiva qualcosa di diverso dalla paura, dalle pulsazioni di rabbia. Qualcosa di nuovo che non aveva mai sentito prima d’ora. Come se ci fossero due anime in un unico corpo. Percepì quella sensazione anche alla fine delle lezioni. Si recò alla vecchia metropolitana insieme ad Erica e gli altri. Aveva bisogno di trasformarsi per potersi difendere.
“Allora, cos’è successo ieri sera?” le chiese Derek.
“Non ne ho idea. Stavo camminando finché non mi sono trovata una freccia infilzata nel braccio.”
Derek la guardò, perplesso più di lei, e cercando di capirci qualcosa.
“Ma c’è qualcosa di strano.” Continuò poi. “Prima che la partita finisse ho visto un uomo, o forse una donna, non lo so esattamente. Era sugli spalti vestito di nero e il viso coperto da un cappuccio nero, e quando mi sono voltata di nuovo era sparito. E poi la freccia arrivata dal nulla nel corridoio degli spogliatoi.”
“Un cacciatore?” suggerì Erica.
“No. Era veleno sulla freccia. I cacciatori avrebbero usato l’aconito se avessero saputo qualcosa, e in ogni caso non avrebbero ucciso un’umana.”
“Ma lei non è umana.” Intervenne Boyd.
“Lo è, finché non perde il controllo e non è insieme ad altri lupi.” Lo corresse Derek. “Aspetta. Siamo completamente sicuri che i cacciatori non abbiano avuto una soffiata?”
“Si.” Rispose Jane. “E’ impossibile che sappiano qualcosa. Allison non gliel’avrebbe mai detto.”
“Come fai a esserne sicura?” chiese Derek infuriato.
“Senti… lo so e basta.”
“No, Jane. Non lo sai!” urlò. “Non puoi fidarti di loro. Di nessuno di loro!”
Erica e Boyd uscirono fuori, per non assistere alla scena di Derek infuriato. Odiavano vederlo infuriato. Isaac li seguì sotto indicazione di Derek stesso.
“Senti, che motivo avrebbe di dirlo ai suoi? Non ho fatto niente di male e non posso neanche trasformarmi quando voglio.”
“Gerard vuole solo uccidere. Indipendentemente da cosa tu faccia! Lo capisci questo?” le urlava.
“Non c’è bisogno di urlare, ok?” rispose lei di rimando. “L’ho capito, cosa credi? Ma so di potermi fidare. E so come vendicarmi nel caso in cui decida di mettere al corrente suo padre.”
“Bè, non ne avrai il tempo perché ti avranno già ucciso!”
“Mio Dio, Derek. Parlare con te è impossibile. Non solo ogni volta che mi faccio vedere in giro rischio di morire e adesso sento anche delle presenze, ma devo anche subirmi i tuoi urli!” Disse, facendo per andarsene. Derek la guardò, fermandola per un braccio.
“Aspetta, cosa? Senti delle presenze?”
Jane lo guardò, perché conosceva quello sguardo. Era terrore. Puro terrore.
Sospirò. “Si. Stamattina a scuola ho sentito qualcosa di strano, come se due anime fossero in un unico corpo. Non so… come se ci fosse qualcuno dentro qualcun altro. Sembra assurdo, ma l’ho sentito.”
Era qualcosa di assurdamente strano, perché poco dopo sentì quella presenza avvicinarsi a quel vecchio edificio. 

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Capitolo 13
*** Faccia a faccia. ***


Poi la sentì. Fredda e spaventosa più che mai. Ebbe un sussulto improvviso che Derek percepì, e nella sua testa iniziarono ad affiorare delle immagini terribili. Uomini che venivano uccisi. Da Jackson, sotto ordine di qualcuno.
Hai paura?’ sussurrava la voce, che lei percepiva come un urlo. Le risate di Erica, Isaac e Boyd che rientravano non erano abbastanza forti da fermarla. La voce era sempre insistente. Non capiva più se stava parlando davvero o se lo stava immaginando. Si voltò a vuoto davanti agli occhi di Derek e degli altri, cercando Jackson o chiunque altro, ma di colpo la presenza era ferma, sparita. Come se un vortice l’avesse inghiottita. ‘Mi stai cercando, piccola Jane? Sono qui. Sono proprio qui, con te. Cercami.
La incitò la voce, più inquietante che mai. Si voltava, aspettandosi un attacco alle spalle, ma non c’era nessuno. Salì le scale, più impaurita che mai e con il cuore a mille. Derek la seguì con Isaac.
Uscì sull’uscio della porta e il cuore sembrava uscirle dal petto. ‘Hai paura, Jane?
Adesso urlava, e Jane dovette coprirsi le orecchie. ‘Io so cosa sei. Perfino i lupi più forti e più rari hanno paura. E’ questo che li rende deboli. La paura, l’amore. Tutto questo ti ucciderà, piccola Jane. Hai bisogno del branco per sopravvivere, sempre che non vi ammazzino tutti. Non mi fermerò. Ti ucciderò Jane Davis, uccidendo prima tutti gli altri. Perché tu possa vederli morire, e morire dentro di te. Anche adesso. Proprio come ho fatto con i tuoi genitori. Tutti i responsabili pagheranno.’ Disse con un sibilo la voce.
Jane riprese il controllo di sé e guardò a terra. Polvere nera attorno all’edificio.
“Siamo in trappola.” Disse Derek.
“Oh mio dio.” Sussurrò.
Derek e Isaac la guardarono. “Cos’hai sentito, Jane?” le chiese Derek. Era incapace di parlare.
“Oh mio dio. Sono io.”
“Cosa? Sei tu cosa?” urlò Derek.
“Sono io.” Ripeté lei, in preda al terrore guardando Derek. “La prossima vittima sono io.” Fece, incapace di reggersi sulle gambe. Derek la prese tra le braccia, cercando di farla stare in piedi. “Non si fermerà finché voi non sarete morti, e poi ucciderà me.”
La guardarono sconvolti. Derek la teneva a sé cercando di calmarla mentre lei si dimenava per liberarsi.
“E’ una trappola, Derek. Ci ucciderà tutti!” urlava.
“Jane, guardami!” ringhiò lui richiamando la sua attenzione. “Devi spezzarla. Sei l’unica umana. Devi spezzarla subito prima che lo faccia qualcun altro, e richiuderla subito dopo.”
“Ma non so come si fa!”
“Si che lo sai!”
“Non abbiamo molto tempo!”
“Allora non sprechiamolo! Sei forte Jane, puoi farlo!” urlò Derek. Delle piccole lacrime nel frattempo erano sgorgate sul viso di Jane. Si avvicinò alla barriera e si concentrò, muovendo le mani in modo che si aprisse, ma non succedeva niente.
“Concentrati Jane! Libera la mente e immaginala spezzata. Focalizzati sull’immagine.” la incitò Derek.
Chiuse gli occhi e immaginò la linea spezzata. Agitò le mani e un piccolo varco si aprì subito dopo. Gli altri uscirono e lei la richiuse subito.
“Dobbiamo andarcene da qui prima che chi l’ha fatta la riapra!” urlò Derek prendendola con la forza e trascinandola via con sé.
E infatti così fu. Una frazione di secondo e si trovarono Jackson dietro di loro, non ancora trasformato, ma posseduto.
Non hai scampo, piccola Jane. Non puoi sfuggirmi. Io ti prenderò!’ urlava. La voce rimbombò nella testa di Jane così forte che dovette urlare anche lei per non fermarsi a coprire le orecchie.
Erano fortunati gli altri a non sentirla. Correvano più veloci che mai, ma Jane era umana e non avrebbe retto a lungo, se non fosse che la scarica di adrenalina e terrore le facevano aumentare la velocità. Ma Jackson le attorcigliò le gambe con la coda, e cadde dritta con la faccia a terra. quando alzò lo sguardo vide che non avevano via di scampo. Un altro pezzo di strada era stato ricoperto dalla cenere nera.
Te l’avevo detto che no avevi scampo.’ Le disse crudele.
“Cosa vuoi?” urlò Jane.
Fartela pagare.
“Io non ho fatto niente!”
Si invece. I tuoi genitori ti hanno fatto nascere. Non dovevi. Loro dovevano morire ancora prima di metterti al mondo!’ urlò. Jane contorse la testa per il dolore acuto che quel sibilo le provocava.
Derek e gli altri guardavano sconvolti. Si erano trasformati tutti, tranne lui.
“Chi sei?” chiese Jane, pronta ad attaccare in qualsiasi momento. Jackson tornò semi umano e la voce iniziò a parlare con le sue labbra. Tutti potevano sentire adesso.
“Tu non sai chi sono. Ma i tuoi genitori lo sapevano. Hanno pensato bene di uccidermi insieme a tutti gli altri quando ho detto loro che il loro primogenito avrebbe ereditato la maledizione. Ma nonostante fossero dei medici non hanno pensato che la genetica non si può modificare. Hanno preferito uccidere me, piuttosto che la loro piccola Jane. Sapevo che qualche altro membro della famiglia Hale sarebbe stato ancora in circolazione. Eri sangue del mio sangue Jane, ma ti sei schierata con gli Hale.”
“Ti riformulo la domanda.” Disse Jane più risoluta. “Chi sei?” ribadì, scandendo bene le parole.
“Non importa chi sono. Ma il legame che abbiamo. E non si spezzerà così facilmente. Dovrai uccidere l’Alfa se vuoi uccidere me. Ma ti ucciderò prima io, come ho fatto con loro.” Disse, riprendendo la forma del Kanima.
Jane mise una mano dietro la schiena e fece segno a Derek di avvicinarsi. Lei indietreggiava lentamente verso di lui. ‘Non fare passi falsi, Jane.’ L’avvertì la voce dentro Jackson. Non era Jackson, ma era dentro di lui.
A quelle parole si fermò, ma Derek le prese le mani e la fece trasformare senza il suo consenso.
La voce rise nella testa di Jane. Una risata penetrane, cattiva. Una risata piena di odio, di rancore. Desiderosa di vendetta. Si avventò su Jane, trasformata e con gli artigli penetranti. Lei lo schivò quasi per miracolo e lui andò contro Isaac. ‘E’ lui che ami, vero?
“Non ti azzardare a toccarlo.”
Ma non ebbe neanche il tempo di finire la frase, che i suoi artigli erano già nel suo stomaco. Jane si scaraventò su di lui sprofondando gli artigli nella schiena, all’altezza del cuore. La voce urlò di dolore e sparì. Jackson tornò umano e respirava a fatica per la ferita.
Jane lo guardava furiosa. Isaac era a terra sanguinante e ci avrebbe messo un po’ a guarire prima di riprendere conoscenza. Derek guardava sconvolto Jane. Era davvero stata lei a mettere ko Jackson con un solo graffio? Era in grado di farlo?
“Che schifo.” Esclamò, e poi si avvicinò a lui.
“Jane?” fece Jackson tremante.
“Jane, no!” disse Derek, consapevole di ciò che lei voleva fare. “E’ Jackson.”
“Jane!” urlò una voce al di fuori della barriera. Stiles li aveva seguiti, come sempre. Per Derek, ma principalmente per Jane. La guardava con quegli occhi screziati di rosso, gli artigli e i denti. L’aveva già vista così, ma mai così arrabbiata. Jane lo guardò sconvolta.
“Stiles vattene!”
Derek la fermò quasi allo scadere del tempo. Prima che uccidesse Jackson.
“Perché Derek? Ci ucciderà tutti!”
“Non possiamo ucciderlo. Non adesso almeno. Non vuoi sapere chi è e perché ti da la caccia?”
“Onestamente no.”
“Io si, quindi non lo uccideremo. E poi ho fatto un patto con Scott.”
Jane ritirò gli artigli e andò da Isaac. Lo aiutò a tirarsi su e notò che la polvere era scomparsa.
Derek prese Jackson e lo portò in un angolo nascosto della strada perché potesse guarire al di fuori della portata di occhi indiscreti. Il tramonto era passato da un pezzo quando Jane stava per tornare a casa, e Derek la fermò.
“Cosa pensavi di fare?”
“Le nostre conversazioni iniziano sempre con il rimprovero di qualcosa.”
Sospirò scocciato. “Cosa devo fare, Jane? Sto facendo tutto il possibile per farti restare al sicuro e coperta, ma così me lo impedisci!”
“Come se la colpa fosse mia se uno spirito incarnato nel corpo di Jackson vuole uccidermi per non so quale assurdo motivo!”
“Ah, a proposito. Come diavolo hai fatto? L’hai quasi ucciso.”
“Non lo so. Gli ho semplicemente infilato le unghie all’altezza del cuore inconsapevolmente.”
Derek la guardò. “Era questo che intendeva quando diceva che puoi ucciderlo solo quando è nel corpo di Jackson. Ma… è impossibile. Io ci ho provato e non è successo nulla. Anzi, si è trasformato in quella cosa.”
“Non lo so, Derek. Non so cosa intendeva. Voglio solo tornarmene a casa e sperare di passare almeno stanotte senza incubi di alcun genere.”
“No, non puoi tornare a casa.”
“Vuoi scherzare?”
“No, è troppo pericoloso Jane.”
Jane rise esausta. “E dove dovrei andare? E’ come se stessi rifiutando la loro ospitalità che mi hanno concesso anche troppo gentilmente.”
“Dirai che dormi da Allison o da Lydia, ma non puoi tornare a casa.”
“E dove andrò?”
“Resterai qui.”
“Qui?” ribatté lei, guardandosi intorno. Quel vecchio treno abbandonato. L’umidità, il freddo. “In questo buco vecchio e male odorante?”
“Ma sarai al sicuro.”
“Dio, Derek. Non ti capirò mai.”
Stiles li guardava, incapace di dire qualsiasi cosa.
Tornò dentro e si raggomitolò a terra al centro di quel vecchio edificio.
“Sarà al sicuro con te?” chiese Stiles prima di andare via.
“Si.” Garantì lui.
“Avrà gli incubi, lo sai vero? E tu di certo non starai lì a consolarla quando si sveglierà terrorizzata nel bel mezzo della notte e si metterà a piangere.”
“Lo farò se devo.”
“No, non è vero.”
Sospirò e lo guardò. “Stiles, lo farò. Te lo prometto. Sarà al sicuro.”
Stiles annuì un po’ perplesso e ancora in fase di decisione se lasciarla lì o meno. Poi Derek si avvicinò a lui.
Stiles indietreggiò, leggermente spaventato. Gli occhi verdi si posarono su quelli marroni di lui, e ricordò il loro primo bacio. Ne avrebbe voluti altri, ovviamente. Ma come chiederli a uno come Derek?
Manteneva a fatica il contatto visivo e fece per andarsene quando Derek lo fermò per un braccio.
“Sai… mi piacerebbe averne un altro.” Gli sussurrò.
“C-cosa?” balbettò Stiles, fingendo di non aver capito. Era come se Derek gli avesse letto nella mente, ma non si aspettava che fosse lui stesso a fare la proposta.
“Un bacio.”
Non se lo fece ripetere due volte. Quando le labbra di Derek si avvicinarono alle sue era incapace di trattenersi, perfino in mezzo alla strada alla portata di tutti.
Lo baciò e stavolta era Derek quello in estasi. Rimasero per diversi minuti a baciarsi nel cuore della notte, solo la luce smorzata della luna e lo scintillio fievole di un vecchio lampone dall’altro lato della strada.

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Capitolo 14
*** Attacco diretto. ***


Dopo Derek rientrò sistemando le coperte all’interno del treno e si sedette di fronte a lei.
La guardò mentre armeggiava con il cellulare.
“Che altro c’è?” chiese lei.
“Stavo pensando… Ha detto che i tuoi genitori sapevano chi fosse, che lui li aveva avvertiti che la maledizione sarebbe passata a te e loro l’hanno ucciso. Che la genetica non si può modificare. Pensi che fosse un tuo parente?”
Jane ci pensò. “Non lo so. E’ probabile. Anche se onestamente non ho voglia di parlarne.”
“Dobbiamo parlarne, Jane.”
“No, non adesso. Non ne ho voglia.”
“Pensi che abbia tempo di aspettare il momento in cui avrai voglia?” disse Derek.
Lei sbuffò. “Buona notte, Derek.”
Andò nel vecchio treno e si accucciò sotto una coperta. Si addormentò quasi subito, e gli incubi non tardarono ad arrivare. Morti, sangue, Jackson. Era buio e non vedeva nulla, ma sentiva qualcosa o qualcuno che la seguiva. Correva senza sapere dove stava andando, finché non rimase intrappolata. Una barriera. Non aveva via di scampo. Poi lo scenario cambiò e si ritrovò in macchina con i suoi genitori la sera dell’incidente. Vide tutto, ma era come se non ci fosse. Era lì ma loro non la vedevano. Vide mentre gli veniva strappato via il cuore. Sentì le urla penetranti di puro terrore di sua madre. E poi si ritrovò in mezzo ad una strada da sola, circondata dai cadaveri insanguinati delle persone che gli restavano. Isaac, Stiles, Derek, Erica, Boyd. Piangeva e sentiva il cuore che quasi si fermava. Perfino nel sogno riusciva a sentire che la sua vita non avrebbe avuto più un senso se avesse perso loro. Si svegliò con il cuore a mille e sull’orlo di piangere. Più pallida del normale sotto quella luce bianca si alzò e vide Derek che la abbracciava. Lui si ricordò ciò che aveva promesso a Stiles. Che sarebbe stata al sicuro. Sia dai pericoli che da eventuali incubi.
“E’ tutto ok. Era solo un incubo.” Disse per calmarla.
Lei si fece minuscola in quell’abbraccio. “Cos’hai visto?”
“Cose orribili.” Esitò prima di raccontargli tutto. “Correvo e sentivo qualcuno che mi seguiva, e poi sono rimasta intrappolata nella barriera. Poi ho visto per intero la morte dei miei genitori, come se… fossi uno spettatore al cinema. Ho visto che veniva strappato loro il cuore. Poi mi sono ritrovata in mezzo alla strada da sola, circondata da voi. Ma eravate…”
“Morti.” Concluse Derek per lei.
“E in quel preciso istante mi sono sentita morire. Ero davvero sola, Derek.”
Derek era sconvolto e fissava un punto nel vuoto. Poi abbassò lo sguardo verso di lei.
“Ci ucciderà, Derek.” Disse Jane impaurita.
“No. Non lo farà. Lo uccideremo prima noi.” Le baciò la fronte. Non l’aveva mai fatto prima. Ma era come una sorella per lei. Come avrebbe potuto abbandonarla a sé stessa in una situazione del genere? “Adesso dormi e rilassati. Non pensare a nulla.”
Si addormentò ma gli incubi tornarono violenti. Derek e Stiles che volevano salvarla e si ritrovavano ad essere loro le prede. Isaac che veniva tagliato a metà dai cacciatori e poi ucciso da Jackson. Una morte più cruenta dell’altra che la fece svegliare all’alba, di nuovo tremante e con le lacrime. Isaac era davanti a lei. Impiegò qualche minuto a focalizzare il suo viso, e poi si strinse tra le sue braccia in lacrime, vivo e vegeto.
Ma qualcosa di oscuro li attendeva in quella mattina uggiosa a Beacon Hills.
Uscirono a fare colazione. In pubblico avevano meno possibilità di farsi uccidere, forse.
Finché il sibilo della voce non ricominciò a farsi sentire. Jane si voltò furtiva come anche gli altri.
“Ce ne andiamo?” propose Erica.
“No. Qui siamo al sicuro, forse. Non ci attaccherebbe mai in pubblico.” Prima risposta sbagliata. Attaccava eccome in pubblico.
“Se vuole attaccarci ci attaccherà comunque.” Intervenne Boyd.
“E’ umano. E’ Jackson. Non si farà vedere in quella forma a ucciderci.” Concluse Jane.
Ma alla fine uscirono, totalmente nel panico e aspettandosi un attacco alle spalle. Si diressero alla vecchia metropolitana, ma forse non avrebbero dovuto. Lì era più pericoloso di qualsiasi altro posto. La giornata era fin troppo nuvolosa e l’aria fin troppo fredda. Ma quando arrivarono là davanti la Kanima li aspettava.
Correvano. Non avevano tempo per attaccare o pensare. Il piano di Derek e gli altri era mettere in salvo Jane. Ma li mise al tappeto uno per uno, così che fosse impossibile per Jane trasformarsi. C’erano tutti, a eccezione di Stiles che fortunatamente si era salvato.
E’ un peccato che manchi uno. Avevo organizzato il quadretto perfettamente.
Jane si voltò lentamente trovando i suoi compagni a terra e l’inquietante volto della Kanima davanti. Indietreggiò spaventata e schivò velocemente gli artigli.
Scoppiò in lacrime alla vista di Derek e gli altri. Era proprio come nel sogno.
Derek fu l’unico a riprendere i sensi quasi subito, ma faticava a rialzarsi. Jane si avvicinò in fretta a lui per prenderlo, ma era impossibile con quella cosa alle calcagna.
“Si nutre delle tue paure, Jane. Quello che hai visto nel sogno è tutto vero. Ci ucciderà. Devi… resistere. Non farti prendere in giro. Sei più forte di così.” Sussurrò Derek, sapendo che lei poteva sentirlo. Ma anche la Kanima poteva. Cercò di scagliarsi contro Derek, ma Jane lo bloccò. Toccò Derek e di colpo si trasformò. Sentì la rabbia avvampare e le ossa contorcersi dentro di sé.
Poi si scagliò contro Jackson senza pensarci due volte. Lo colpì al petto, ma non così forte. Era veloce e riusciva a schivare i suoi colpi, ma era quasi impossibile attaccarlo.
Riuscì a trovare un diversivo grazie alle partite di lacrosse. Una finta. Fingi di andare da un lato e a un millimetro dall’ostacolo cambi direzione, così il tuo avversario non se l’aspetta. E così fece. Quando lo vide avventarsi su di lei l’aspettò, e all’ultimo secondo con un balzo saltò sulla sua testa e affondò gli artigli nel suo cuore. Ma adesso lui aveva capito come funzionava. Nel preciso istante in cui gli artigli si trovarono sul cuore, nella mente di Jane apparvero fugaci le morti dei suoi amici, del suo branco, dei suoi fratelli. Adesso era lei ad essere controllata. Le graffiò il torace e cadde a terra immobilizzata e sanguinante.
Voglio che li guardi morire, Jane.
Disse, e avanzò verso Isaac. Non poteva fare nulla, era completamente incapace di muoversi e ignorava la durata del tempo che avrebbe impiegato per guarire.
Infilò la mano nel petto di Isaac e la rigirò così tante volte che a Jane parve di sentire le ossa muoversi e rompersi all’interno del suo corpo. Chiuse gli occhi tra le lacrime, quando Derek si alzò e lo sedò con la ketamina. Avrebbe dato loro un piccolo vantaggio, se avrebbero saputo utilizzarlo.
“Ehi, guardami.” Le disse, rialzandola con tutte e due le braccia, e lei guarì all’istante.
Jane aprì gli occhi lentamente cercando di non far cadere lo sguardo su Isaac. “Si nutre delle tue paure. Devi spegnerle, Jane. Non puoi permettergli di avere il controllo su di te.”
“Morirete tutti.” Disse Jackson semi-umano, o chiunque altro ci fosse all’interno del suo corpo.
Si voltarono verso di lui spaventati. Jane strinse la mano di Derek. “Quanta altra ketamina abbiamo?” gli chiese.
“Non molta.”
“Vi ucciderò tutti.” Replicò.
“Ascoltami, non abbiamo molto tempo. E’ così che deve andare, come nel sogno.”
Jane spalancò gli occhi per il terrore. “Cosa? Vuoi scherzare? Non posso lasciarvi morire.”
“Si, devi. Non puoi cambiare ciò che è già stato scritto.”
“Ma Derek…”
“No, Jane. Ti ucciderà, e tu devi sopravvivere. Non fidarti di nessuno. Non ascoltare quello che ti dice, può ingannarti. Spegni le tue paure. Salva la tua vita.”
“Derek…” disse, scoppiando a piangere.
“No, no ehi… Ascoltami, qualsiasi cosa accada ricordati che sei forte. Non sei sola. Non hai paura.”
“Sarò da sola, Derek. Perderò tutto. Di nuovo!” urlò in preda alle lacrime.
Qualcuno dietro di loro sparò una dose di ketamina nel collo di Jackson. Si voltarono e videro Stiles.
“Stiles vattene.” Disse Jane.
“No, avrete bisogno di me.”
“No, Stiles. Ti ucciderà. Devi andartene. Subito.”
“L’ultima volta ha fallito il suo lavoro e il padrone è dovuto tornare a finirlo. Quindi ho l’impressione che stavolta ci sarà anche lui, per assicurarsi che lo finisca.” Disse Derek. Il panico era incredibile e gli altri erano completamente senza forze.
“Andatevene tutti.” Ordinò dopo Jane.
“No, non se ne parla.” Rispose autoritario Derek.
“Non permetterò che vi uccida. Posso cambiare le cose.”
“No, non puoi.”
“Si che posso! Se le ho viste c’è un motivo. Vuol dire che posso ancora fare qualcosa per modificare le cose!”
Derek la guardò, consapevole del fatto che probabilmente era vero. C’era ancora una possibilità. Ma come lo avrebbero fermato? Non aveva armi da difesa né conoscevano un modo efficace per ucciderlo, quando Scott entrò.
“C’è un modo per ucciderlo!” urlò.
Si voltarono tutti, o almeno quelli che erano ancora coscienti. “Il veterinario mi ha dato una polvere. Se riesci a strappargli il cuore con la polvere lo spirito resterà intrappolato e Jackson tornerà normale. O almeno dovrebbe.”
Jane prese la fiala. “Come faccio? Sarò trasformata e la polvere non potrò neanche toccarla.”
“No, tu puoi. Non sei del tutto un lupo neanche trasformata. Puoi farlo, Jane.”
Isaac rantolava a terra perdendo sangue e Jackson si stava lentamente risvegliando. Derek si avvicinò ad Isaac per aiutarlo, Stiles fu allontanato e Scott permise a Jane di trasformarsi.
La situazione non era delle migliori. Troppe persone rischiavano la vita e poche erano le possibilità che qualcuno ne uscisse vivo e uccidesse il padrone.
“Sono ancora qui, Jane.” Disse il sibilo penetrante.
Jane si voltò a guardarlo, e mentre si trasformava la rabbia le pervadeva il corpo.
“Chi sei?”
“Domanda già chiesta. Sono sicuro che avrai altri dubbi di cui vuoi chiedere.”
“Voglio sapere chi sei.”
Derek nel frattempo aveva trascinato Isaac al sicuro, fuori da quel posto. Ma quanto era al sicuro se non riusciva a guarire e continuava a perdere sangue?
“Sto morendo?” farfugliò a Derek senza forze.
“No. Andrà tutto bene.” Cercò di rassicurarlo. Ma le condizioni erano troppo critiche. Aveva bisogno di aiuto, subito.
“Si invece. Sento il sangue scorrere via dal mio corpo. Derek… devi fare una cosa per me.” disse, strozzando le parole alla fine per il dolore.
“Qualsiasi cosa.”
“Non resisterò ancora a lungo. Devi promettermi che… non abbandonarla. Siamo tutto ciò che le resta.”
“Sa del piano. Sa che noi siamo disposti a morire purché lei si salvi. E’ quello che ha visto in sogno.”
“Annulla il piano, Derek. Lei può cambiare ciò che ha visto se le dai fiducia.”
“Morirà senza di te.” Disse Derek, soffocando le parole.
“Promettimi che non permetterai che le accada nulla e che non la lascerai.”
“Te lo prometto.”
Il veterinario si avvicinò a loro. “Scusatemi. Vorrei dare una mano.”
Isaac era svenuto. Derek lo prese e lo portò alla clinica il più veloce possibile mentre lui aveva riaperto leggermente gli occhi. Quando stava per andarsene lo fermò sfiorandogli il braccio.
“Se non ce la farò dille… che mi dispiace di non averle detto del piano e che l’ho amata da morire.”
“Ce la farai, Isaac. Glielo dirai di persona.”
“Promettimi che lo farai, Derek.”
Sospirò. “Te lo prometto.”
 “Chiamerò Scott appena ci sono novità.” Disse il veterinario quando vide lo sguardo di Derek spostarsi su di lui.
“Grazie.”
Tornò da Jane per aiutarla. Era in lacrime mentre cercava di schivare i colpi mortali di Jackson.
Stiles era fuori, terrorizzato più che mai e l’unica protezione che aveva era la polvere che aveva steso attorno a sé in caso di eventuali attacchi.
“Jane ora!” urlò Derek dopo svariati minuti di combattimento a vuoto. Cercò di trovare il momento perfetto, e quando la Kanima fu davanti a lei usò tutta la forza e la rabbia in corpo per imprimere gli artigli nel cuore. Di colpo si fermò e tornò semi umano.
“Che diavolo fai.” Un grido strozzato per un’ultima speranza.
“Ti uccido.” Disse lei, con un sorriso vendicativo sulle labbra. “Per i miei genitori, per Isaac e per tutti gli altri.”
A quelle parole la sua mente rievocò la morte di tutti quanti.
“Jane no! Non farti influenzare. Spegnile!” urlò Derek premendole le mani sulla testa.
Jane urlò di dolore e di rabbia e i suoi occhi divennero rosso fuoco, come quelli di Derek. Come l’Alfa.
La primordiale rabbia animale l’alimentava. E con uno strattone strappò il cuore di quello spirito e lo strinse nella mano facendolo finire in un cumulo di cenere.
Jackson era tornato umano. Nudo, sudato, sanguinante, tremante e aveva perso i sensi.
“Mi occupo io di lui.” Disse Scott.
Con le lacrime ancora agli occhi ritirò gli artigli e le zanne e si voltò verso Derek.
Annuì leggermente con la testa avvicinandosi a lei.
“Avevi ragione. Potevi cambiare le cose. Ce l’hai fatta, brava.”
“Dov’è Isaac?” fu la sola cosa che riuscì a chiedere.
“Jane…”
“Ti ho chiesto dov’è Isaac.” ribatté lei, urlando e piangendo.
Derek la accolse tra la sue braccia, anche se lei cercava di liberarsi, ma alla fine dovette cedere.
“Dimmi dov’è.” Lo supplicò in lacrime.
“Alla clinica veterinaria. Non è messo per niente bene.”
Non se lo fece ripetere due volte e si affrettò a correre da lui. Entrò come un uragano in preda alle lacrime e al panico, e Derek al suo seguito dovette fermarla con la forza.
Alcuni minuti dopo il veterinario uscì a parlare con loro.
“Forse è meglio se la riporti a casa.”
“No, voglio vederlo.” Insistette lei.
“Non è possibile per il momento. Va’ a casa Jane, riposati. Ne hai viste fin troppe per oggi.”
Sospirò esausta e uscì dalla clinica infuriata. Derek la seguì senza dire nulla.
Quando la sua auto accostò vicino a casa Stilinski parlò.
“Morirà?” chiese Jane senza guardarlo.
Derek esitò, impreparato ad una domanda del genere. “Non lo so, Jane. Non so che altro potevano fare i suoi artigli oltre a immobilizzare. Ma quello che so è che non può morire, a meno che non venga tagliato a metà.”
Abbassò lo sguardo, indecisa se continuare la conversazione o andarsene.
“Ehi… andrà tutto bene.”
“Come fai a dirlo? Fin’ora niente è andato bene!”
“Non sarai da sola, Jane. Non ci saranno altre tombe su cui piangere. Te lo prometto.”
Jane uscì dall’auto esausta e ancora arrabbiata.
“Se hai bisogno di me sai dove trovarmi. Per qualsiasi cosa, ok?”
Annuì guardandolo dall’esterno dell’auto e poi si diresse in casa senza voltarsi mai.

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Capitolo 15
*** Allucinazioni. ***


Stiles la stava aspettando, ancora sveglio.
Era buio, ed era terrorizzata. Aveva scoperto che troppe cose si nascondevano nell’oscurità. Accese la luce e si guardò intorno prima di dirigersi nella sua stanza. Stiles la aspettava lì, come sempre.
Lo abbracciò e ricominciò a piangere.
“Ehi, ehi… shh. E’ tutto a posto, sei a casa ora.” Le disse dolcemente. Singhiozzava terribilmente e il suo cuore batteva all’impazzata contro il torace di Stiles. “Stanno tutti bene?”
Esitò e si asciugò le lacrime. “Non tutti.”
La guardò, e il suo sguardo era più che eloquente.
“Isaac.”
Stiles la strinse nuovamente  a sé senza dire nulla. Non ne aveva bisogno.
“Oh mio dio. Ho un brutto presentimento.” Disse poi, senza rendersene conto. Stiles la guardò perplesso.
“Che vuoi dire?”
“Non lo so. Ho come la sensazione che succederà qualcosa, ma non so se sia un bene o un male. Forse dovrei andare da Derek.”
“Cosa? Non puoi tornare lì, non è sicuro!”
“E’ da Scott, sua madre ha il turno di notte. Lì è sicuro.”
“Non ci vai da sola. Ti accompagno. Tanto papà dorme.”
Scesero le scale più silenziosamente possibile per non svegliarlo e si infilarono in macchina. Arrivarono in un batter d’occhio a casa di Scott. Isaac era steso sul suo letto e tutti gli altri erano sparsi per la stanza, attendendo una qualche reazione, invano.
Ma erano le tre del mattino e si addormentarono tutti, eccetto Derek. Poi Jane all’alba si svegliò come al solito per gli incubi, con Derek al suo fianco.
“Tutto ok?” le chiese.
Annuì e lo guardò. Aveva la pelle chiarissima, ma la stanchezza iniziava a farsi vedere.
“Hai dormito?”
“No.”
“Dovresti dormire.”
“No. Qualcuno deve stare di guardia.”
“Andiamo, chi vuoi che venga qui? Sanno che è casa di Scott e che è capace di difendersi benissimo.”
“Lo so, ma è meglio se qualcuno sta di guardia.”
Jane si tirò via la coperta e si alzò. Il suo sguardo si posò su Isaac, che ancora giaceva sul letto inerme. “Dovete tornare a casa prima che lo sceriffo si svegli.” Disse, svegliando Stiles che faceva fatica ad alzarsi. Jane lo tirò su e prese le chiavi dell’auto.
Scesero di sotto appena prima che la madre di Scott si svegliasse e sfrecciarono via. Quando arrivarono a casa il padre di Stiles era già alzato.
“Dove diavolo siete stati?” disse, non appena riuscì a focalizzare i loro volti.
“E’ colpa mia.” si affrettò a rispondere Jane. “Mi sono svegliata alcune ore fa e volevo vedere come stava Isaac.”
Esitò e li guardò entrambi, perplesso. Poi fece cenno con la mano che non gli importava e se ne andò.
“L’abbiamo scampata.” Disse Stiles.
La casa odorava ancora di notte. Di quella notte che loro non avevano passato lì.
 Jane si diresse nella sua stanza senza dire nulla e si accasciò sul letto. Poco dopo la raggiunse Stiles e si sdraiò accanto a lei.
“Pensi che andrà tutto bene?” chiese poi a Stiles. Si era fatta quella domanda più volte negli ultimi giorni, ma non era ancora riuscita a darsi una risposta.
“Lo spero.”
Ma per loro non era ancora finita. Non avevano ucciso il mostro che dava ordini alla Kanima. Non bastava semplicemente srappargli via il cuore. Jane dentro di sé sapeva che non era finita, ma non voleva dire nulla. Sapeva bene che non l’aveva ucciso, a differenza di quello che credevano gli altri. Non era possibile che l’avesse ucciso. C’erano ancora alcune cose che non si spiegava.
Si addormentarono uno accanto all’altra e si svegliarono a ora di pranzo. Mangiarono qualcosa e il pomeriggio passò in fretta davanti ai videogame.
Studiavano, giocavano ai video game, chiacchieravano.
Stranamente la settimana sembrò tranquilla, finché non arrivò il compleanno di Lydia. La sera ci sarebbe stata una festa a casa sua, a cui loro avrebbero dovuto partecipare. Chi altro sarebbe andato, considerando il fatto che era ritenuta la pazza della città?
Derek era si era infiltrato alla festa, come al solito. In un angolino buio aspettava l’arrivo di Stiles.
Stiles era con Jane nella cabina delle foto. Si stavano divertendo finalmente, dopo diversi giorni di drammi, uccisioni, Kanima, lupi mannari e altro.
Quando vide Derek lei uscì per salutarlo. Si gettò tra le sue braccia, e Derek non esitò a ricambiare. Si era affezionato parecchio a lei.
Vedeva sua sorella in lei. Una beta con l’animo dell’Alfa. Anche se la natura di Jane era totalmente diversa dalla natura della sua vera sorella.
Ma era forte, incredibilmente forte.
“Mi sei mancato.” Azzardò lei. Negli ultimi giorni non si era fatto vedere in giro. La sua unica ancora era Scott, mentre continuava a risolvere il caso delle misteriose uccisioni collegate per il padre di Stiles. Era stato licenziato, e Stiles voleva aiutarlo a riprendersi il lavoro. Alcune volte sembrava terribile stare in casa con loro. Il padre di Stiles era di cattivo umore, e Jane era come se riuscisse a percepire tutte le paure di Stiles.
“Anche tu.” rispose lui, leggermente imbarazzato ma infondo felice di poterla rivedere. “Ti dispiace se parlo con Stiles?”
“No, fai pure. Io vado a prendermi da bere.”
Jane si allontanò e Derek entrò dentro la cabina.
“Sei tornato.” Disse Stiles, un po’ scocciato per via della sua sparizione improvvisa, e un po’ perché avrebbe voluto essere avvisato.
“Già.”
“Dove sei stato, Derek? Sei un Alfa, non puoi permetterti il lusso di sparire quando ti pare e piace e mollare il tuo branco. E Jane.”
“Era con te. Era al sicuro.”
“Non è di me che ha bisogno quando deve difendersi.”
“Avete avuto problemi?”
“No, fortunatamente. Ma a quanto pare i problemi stanno per arrivare. Jackson è qui.”
Derek sgranò gli occhi e si sporse fuori per guardare. Era fermo lì, con la sua aria da serial killer a sorseggiare uno strano drink. Probabilmente non si era accorto della presenza di Derek.
“Comunque, sono tornato perché mi mancava una cosa.”
Stiles a sorpresa fece partire la macchinetta che iniziò a scattare.
“Ma che… Stiles!” urlò Derek coprendosi gli occhi. Sapeva che il flash li avrebbe attivati.
“Cosa ti mancava, grosso e cattivo Alfa?”
Derek rise. “Questo.” Disse poi, fiondandosi sulle labbra di Stiles.
Tentò di liberarsi, ma perché farlo? Aveva desiderato quel bacio troppo a lungo. La macchinetta continuò a scattare altre 4 foto del loro bacio. Stiles si affrettò a prenderla e guardarla.
“A parte le prime due, le altre sono venute bene.” Si sbilanciò Derek.
Stiles strappò le prime due e tenne quelle del bacio.
“Per la prossima volta che sparirai.”
Uscirono dalla cabina e presero strade diverse. Ognuno a guardare Jackson da differenti angolazioni.
Stavano tutti sorseggiando quel drink che aveva un odore sgradevole, tranne Jane. Solo l’odore le faceva ribrezzo.
Di tanto in tanto ballava ma non si sentiva tranquilla con Jackson nei paraggi. Non era finita. Lei lo sapeva.
Ma poi Stiles si avvicinò a lei, terrorizzato, senza riuscire a dire una parola.
“Stiles… sei ubriaco?” gli chiese.
Lui non rispose e si accasciò a terra.
Cercò di dargli da bere, ma non si rifiutava. Era come se non fosse lì con lei. Poi una ragazza lo prese e lo immerse con la testa in piscina. Jane la guardò perplessa.
“E’ sobrio adesso.” Si limitò lei a dire, e se ne andò.
“Cos’è successo?” chiese Jane a Stiles.
“Non ne ho idea. Ho avuto… un’allucinazione. Anche se sembrava troppo reale.”
“Che tipo di allucinazione?”
Esitò. “Lascia stare. Andiamo via.”
Quando si alzarono videro che tutti sembravano strafatti. Eppure non c’era droga. Solo quel misterioso drink che puzzava da morire.
Quando all’improvviso sentì l’aria vibrare, ma non succedeva niente. Scott, Allison, Derek, perfino Jackson sembravano spaesati e increduli di quello che stava succedendo.
Entrò in cucina e vide il drink. Aconito. Un infuso di aconito con la luna piena genera allucinazioni.
L’aria vibrò di nuovo e si sentì la testa scoppiare. Era quella la sensazione che davano le allucinazioni, ma era come se su di lei non funzionasse. Stiles spinse Derek e Scott in piscina che tornarono normali.
“Che diavolo è successo?” chiese Scott.
“Aconito nel drink. Avete avuto delle allucinazioni?” si intromise Jane.
Annuirono spaventati e increduli.
“Bene, ho un’altra spaventosa notizia da darvi. Non è finita. E’ ancora qui. Non so come, ma è ancora qui.”
Si guardarono intorno e lo videro.
Lo sapevi, vero?’ echeggiò la voce nella sua testa. Si guardò intorno e vide Jackson fissarla.
“Si.” Sussurrò.
Stasera porterò a termine quello che ho iniziato, Jane. Non permetterò che succeda ancora.’
“Che succeda ancora che cosa?”
Esitò prima di rispondere. ‘Il tuo olfatto ti ha salvato dalle allucinazioni, eh?
“Rispondimi.”
Non permetterò che un altro stupido gruppo di ragazzini mi uccida e fermi la maledizione. Quelli come Jackson esistono per un motivo: sterminare coloro che non meritano di vivere. Potevi essere come me, Jane. Invincibile. Avresti portato giustizia dove non c’era. E invece ti sei schierata con loro. Ma infondo sei come me.
“Io non sono come te.”
Lo sarai, quando li avrò uccisi tutti.’ Urlò. E Jane rivide tutto. Il branco sterminato, Stiles, suo padre, Scott. I suoi genitori.
“Jane non farti dominare!” urlò la voce di Derek in sottofondo che la scuoteva. L’aria vibrò ancora incessante e Jane stava per perdere i sensi, quando i suoi occhi divennero rosso sangue.
Poi qualcuno che stava per essere buttato in piscina urlava. “Lasciatemi! Non so nuotare!”
Matt.
“Oh mio dio. E’ lui.” Disse Scott.
Jane lo guardò paralizzata. “E’ impossibile. Come diavolo ha fatto a entrare nel corpo di Jackson?”
“Non ne ho idea, ma è lui!”
“Ok, che si fa?” chiese Stiles preoccupato.
“E che si fa? Si scappa perché non sappiamo come ucciderlo!”
Iniziarono a correre via insieme agli altri quando sentirono la polizia in lontananza e si sparpagliarono. La notte era fredda e buia, niente lampioni e Jane si ritrovò da sola.
Corse a velocità sovrumana verso casa di Scott, e Isaac era ancora lì. Sentiva il suo cuore battere, e non si sbagliava. Sua madre aveva il turno di notte e stranamente dove doveva esserci Isaac era tutto buio.
Entrò terrorizzata e corse nella stanza di Scott.
“Isaac?” chiamò, con la voce tremante. Non rispondeva. La luce della luna filtrava attraverso la finestra e tutto era terribilmente silenzioso, a eccezione dei loro battiti.
Si sentì di nuovo vuoto e sola, come quando aveva litigato con Isaac e i suoi genitori erano morti. Come quando aveva sognato il branco sterminato. Come tutte le volte in cui Isaac non c’era.
Sentì qualcosa muoversi nell’armadio e si voltò di scatto. Si avvicinò lentamente e lo aprì. Qualcosa o qualcuno la tirò dentro con la forza e richiuse la porta dietro di sé.
Si agitò cercando di uscire, ma all’improvviso riconobbe quell’odore.
Accese la luce e Isaac le mise una mano sulla bocca facendole cenno di stare in silenzio.
“Shh. Ehi ehi, sono io.” Sussurrò. Era trasformato per via della luna piena.
Jane si calmò. Si guardarono increduli e lei lo abbracciò forte. Le era mancato anche troppo. Era passata una settimana e non l’aveva né visto né sentito. Aveva avuto bisogno di tempo per sé stessa. Per capire come stava. Ma aveva realizzato che senza di lui non stava bene. Certo, ci teneva a Stiles e gli voleva bene, ma non era la stessa cosa. Isaac era Isaac. Era l’altra parte di lei. Era il ragazzo che amava. Era la persona più importante della sua vita. Era quello che l’aveva riportata su quando stava cadendo. Era quello che l’aveva raccolta dalle sue più profonde insicurezze e l’aveva portata dov’era adesso.
Isaac ricambiò l’abbraccio senza esitazioni e la baciò.
“Hai idea di quanto mi sei mancata?”
“Hai idea di quanto tu mi sia mancato?”
Si strinsero forte senza riuscire a parlare molto. Non erano necessarie le parole. Quello che serviva loro era un abbraccio lungo tutta la vita nel quale stringersi eternamente.
Poi la Kanima aveva sentito il loro odore.
Isaac spense la luce e fece cenno a Jane di stare in silenzio.
Fu come trattenere il respiro e affogare allo stesso tempo. Jackson si aggirò per la stanza per diversi minuti prima di andarsene.
Quando lo sentirono abbastanza lontano uscirono dall’armadio e si strinsero più forte di prima.
“Non lasciarmi mai più.” Gli sussurrò. Lui affondò la testa tra i suoi capelli e le baciò il collo.
“Sarei disposto a morire per te se fosse necessario.”
Jane lo scostò brutalmente. “No, Isaac. Non è necessario. Nessun altro morirà per me, per nessuna ragione al mondo.”
“Lo farei se fosse necessario. Come anche gli altri.” Ribadì lui, stringendo la presa sui suoi fianchi. Il suo sguardo divenne più autoritario.
“Non ve lo permetterò. Se voi morite diventerò come Jackson e perderò tutto. Non succederà Isaac.”
Lui ormai non sapeva più cosa rispondere. Era una decisione chiara quella di Jane e lui non era nessuno per obiettare. Lei non voleva essere lasciata, e lui l’avrebbe accontentata. A parte lei, chi altro gli restava? Il branco. Ma era diverso. Non l’avrebbe fatto per nessun altro se non per lei, l’unica persona al mondo che lo abbia mai amato davvero.
Poco dopo arrivò Derek.
“Stiles è qui?”
“Non è con te?” chiese Jane incredula e con gli occhi spalancati.
Derek scosse la testa preoccupato, poi si rivolse ad Isaac. “Sembra che tu abbia trovato un ancora.”
Isaac annuì. “Non una. Due.”
Derek lo guardò perplesso, ma non aveva tempo per fare domande. “Bravo. Devo trovare Stiles.” Disse, e si calò giù dalla finestra.
“Due ancore?” chiese Jane.
“Mio padre. E te.” Disse. La baciò sulla fronte, e lei si lasciò cullare.
“Ti picchiava a morte e ti rinchiudeva in un freezer nello scantinato.”
“Non sempre.” Rispose, con le labbra ancora sulla sua fronte. Poi si sedette sul letto di Scott e guardò la luna. Sembrava così vicina, vista da lì. La luce illuminava il suo viso ancora trasformato. Jane gli accarezzò il viso delicatamente. Isaac chiuse gli occhi e tornò umano.
Poi il cellulare di Jane squillò.
“Stiles! Dove sei?”
“Sono a casa! Derek è con te?”
“No, ti stava cercando. Stai bene?”
“Si, sto bene. Non so come ho fatto. Mi stava seguendo ma poi di colpo si è fermato e ha cambiato direzione.”
“Lo so, stava cercando noi. Ha seguito il mio odore.”
“State bene?”
“Si, l’abbiamo scampata per stavolta. Chiama Derek.” Gli disse.
“Ok, ci vediamo più tardi.” E riattaccò.
“Amore mio” sussurrò Isaac cingendole la vita.
Jane lo baciò, senza indugi. La spinse sul letto e rimasero abbracciati per quasi un’ora.
Nel frattempo Stiles era a casa e aspettava che Jane tornasse. O che Derek si facesse vivo di sua spontanea volontà. E sorprendentemente, successe. Derek era lì, davanti al vialetto di casa Stilinski. Si guardarono e poi Stiles si buttò tra le sue braccia. Incuranti del vicinato e di suo padre, che altro sarebbe potuto succedere? Era successo di tutto ormai.
Stiles lo guardò, cercando di capire cosa volesse dire tutto quanto. Era inspiegabile che di colpo lui si fosse semplicemente lasciato andare.  Ma era successo. In mezzo a tutte le creature sovrannaturali e il resto, Derek Hale aveva trovato anche l’amore. Difficile ammetterlo per uno come lui, ma dentro di sé lo sapeva perfettamente.
“Dillo.” Lo incitò Stiles. Derek lo guardò, esitando. Era totalmente incapace di parlare.
“Cosa?”
“Dillo e basta, Derek.”
“Stiles, io…”
Lo sguardo perplesso di Stiles lo bloccò. Non voleva dirglielo, ma nel frattempo cercava le parole giuste da usare. La sua mente faticava a elaborare una frase di senso compiuto.
“Sono innamorato di te, Stiles. E’ assurdo, ma è così.”
“Non è assurdo.”
Derek non riusciva proprio a parlare. Così si lasciò baciare un’ultima volta prima che Stiles decidesse di sparire dentro casa. Se ne andò a piedi, un po’ deluso, e incontrò Jane per strada.
“Ehi!” lo chiamo lei.
Lui si voltò e istintivamente la strinse tra le sue braccia. Jane era perplessa.
“E’ tutto ok?” gli chiese.
“Si, tutto ok. Va’ a casa piccola Jane.” le disse. La baciò sulla guancia e corse via.
Jane si infilò in casa silenziosamente e corse da Stiles che l’aspettava già da un pezzo. Ma era stanco ed era già andato a letto.
“Sei sveglio?” sussurrò.
Lui si voltò e le fece cenno di infilarsi sotto le coperte con lui.
“Stai bene?” gli chiese poi.
Lui annuì e si accucciò accanto a lei. Aveva sempre desiderato una sorella più piccola, anche se Jane aveva la sua età, ma era comunque dolcissima con lui e le voleva un bene dell’anima.

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Capitolo 16
*** (In)Comprensioni. ***


Al mattino dopo suo padre se n’era già andato, loro fecero colazione e si piazzarono davanti alla Play Station. Isaac li raggiunse poco dopo. Jane non era il tipo che mollava gli amici per l’amore. Lei e Isaac stavano bene insieme, e quando erano in compagnia di altri stavano anche insieme a loro comportandosi come due grandissimi migliori amici piuttosto che fidanzati. E Stiles adorava questa cosa. Con loro non si sentiva mai un terzo incomodo.
Lo Sceriffo non era andato a lavoro, quindi… dov’era andato?
Stiles aveva provato a chiamarlo tutto il tempo inutilmente. Tornò a ora di cena, e sembrava più che esausto.
“Papà, dove diavolo sei stato? E’ tutto il giorno che provo a chiamarti!”
“Al poligono. Sono stanchissimo, non ho fame. Buona notte ragazzi.” Si limitò a dire, e se ne andò a letto. Jane capì che qualcosa non andava dal battito del suo cuore. Era irregolare. Come se cercasse di nascondere qualcosa, ma non di mentire. Come se cercasse più che altro di nascondere il suo vero stato d’animo, che mentire sul luogo in cui era stato tutto il giorno.
Cenarono e se ne andarono a letto. Il giorno dopo lo Sceriffo era sparito di nuovo.
Si diressero a scuola, e Jane sentì in lontananza alcool e sudore. Ma non capiva da chi provenisse. Probabilmente qualcuno nel bosco. Non aveva tempo per soffermarsi a indagare. Dopo pranzo tornarono a casa insieme ad Isaac e Scott. Poco dopo sentì di nuovo quell’odore più forte e più vicino. Quando entrarono in casa capì subito da chi proveniva. Lo Sceriffo.
Si avvicinava barcollando con una bottiglia in mano. Scott si avvicinò a lui, ma lo respinse brutalmente.
“Stiles, è tutta colpa tua!” urlò. Il cuore di Stiles iniziò a palpitare più forte del normale a quella voce. Era spaventato. Lo guardava incapace di parlare. “E’ tutta colpa tua. Tutto quanto. Ogni giorno la vedevo morire lentamente in quel letto d’ospedale e pensavo ‘come diavolo faccio a crescere uno stupido ragazzino da solo? Quest’iperattivo piccolo bastardo che continua a rovinarmi la vita? E come se non bastasse ti vedi con Derek Hale! Ho perso il lavoro per colpa tua, e anche mia moglie. L’hai uccisa, Stiles, e adesso stai uccidendo me!” urlò. Tutti tacquero e Jane riuscì a sentire il cuore di Stiles mancare un battito.
“Non ti voglio più in questa casa.” Continuò poi. “Non finché starai con Hale.”
Stiles corse di sopra senza dire una parola e Jane lo seguì.
“Stiles, Stiles.” chiamò, ma lui era sconvolto. Spaventato. Umiliato. “Stiles!” urlò poi.
“Smettila! E’ chiaro quello che vuole! Vuole che me ne vado. Ed è quello che farò!”
“Non dire stronzate. E’ ubriaco, non sa quello che dice.”
Tremava e non riusciva a pensare. Lei lo fermò e gli prese le mani. “Stiles!” lo chiamò di nuovo.
“Devo andarmene, Jane.”
“No, non devi.”
“Si, invece. Oh mio dio… è come se stessi avendo un flashback.”
Jane lo guardò perplessa.
“Devo andare.”
“No, Stiles. Spiegami.”
“Jane, ti prego…”
“Hai sognato qualcosa?”
“Jane…”
“Stiles, devi dirmelo!”
“Le allucinazioni alla festa.”
“Cos’hai visto, Stiles?”
“Non è importante.”
“Si, invece. Devi dirmi cos’hai visto, o potrebbe incasinare tutto. Era una manipolazione Stiles, e adesso la sta usando contro di te. Tu devi cambiare il corso degli eventi.”
“Non ho voglia di parlarne. Magari domani.” Disse, esausto. Mise la borsa in spalla, la abbracciò e la baciò sulla fronte. “Ti voglio bene, piccola Jane. Ma non posso più restare qui.”
Jane si strinse a lui. “Ti voglio bene anch’io. E ti farò tornare, in un modo o nell’altro.”
Scese le scale più in fretta possibile per andarsene da lì.
“Bravo, vattene! Chi ti amerà mai se frequenti un delinquente? Neanche Jane vorrà più saperne di te.”
A quelle parole si voltò quasi in lacrime verso suo padre, e poi si chiuse la porta alle spalle.
Scott e Isaac se ne andarono, ma lei lo sentì entrare dalla finestra della sua stanza.
Jane si avvicinò allo Sceriffo e si sedette di fronte a lui. Stava per cadere con la testa sul tavolo per la stanchezza e per la sbronza.
Con una mano teneva la bottiglia e con l’altra adagiò la testa sul tavolo. Si addormentò quasi subito e probabilmente stava sognando. Iniziò a balbettare qualcosa nel sonno che Jane non capì.
Gli tolse la bottiglia dalle mani e si svegliò.
“Cosa fai?”
“Caffè. Ne vuoi un po’?”
“No, voglio il mio whisky.”
“Tranquillo, lo metto nel caffè.”
Lo Sceriffo annuì, troppo sbronzo per capire una parola. Preparò il caffè più forte che sapeva fare e glielo porse tutto in una tazza. Lo bevve senza accorgersi della mancanza del whisky e si riaddormentò sul tavolo. I suoi sensi erano completamente annebbiati dall’alcool. Lo avrebbero potuto torturare a morte e non avrebbe sentito nulla.
Jane prese tutti gli alcolici dal mobiletto e li nascose in un posto sicuro nella sua stanza.
“Sta bene?” chiese Isaac.
“Qualcosa del genere.”
“Vuoi che vada via?”
“No, resta. Ti prego.”
Jane provò a chiamare Stiles diverse volte, ma inutilmente.
“Dovresti risponderle.” Suggerì Derek. “Non è colpa sua.”
“Lo so, ma non ho voglia di parlare con nessuno.”
Il pomeriggio passò tranquillo finché lo Sceriffo dormì e Jane riuscì a passare finalmente un po’ di tempo con Isaac.
A ora di cena Isaac uscì a comprare qualcosa e tornò quando lo Sceriffo si era svegliato.
Jane gli aveva preparato un’aspirina che aveva mandato giù incurante di quello che fosse, e ora sembrava lucido.
Alzò la testa quando sentì la porta aprirsi e richiudersi.
“Isaac.”
“Sceriffo.” Salutò lui. “Ho portato le pizze.”
Si sedettero tutti a tavola senza dire una parola, finché lo Sceriffo non sprofondò di nuovo nel sonno davanti alla tv.
Isaac rimase con lei fino a mezzanotte e poi se ne andò. Jane aveva provato a chiamare Stiles ininterrottamente, ma senza risultati.
Al mattino dopo Stiles faceva di tutto per evitarla, e lei non ne capiva il motivo. Non si era presentato neanche in sala mensa a ora di pranzo, ma agli allentamenti di lacrosse non sarebbe mancato. E infatti Jane non poteva perdersi gli allenamenti.
Appena entrarono in campo Stiles prese il posto in panchina, come sempre. Lo Sceriffo si chiedeva se suo figlio avrebbe mai giocato una vera partita, ma probabilmente non sarebbe mai successo.
Stiles non si era voltato nemmeno a guardarla, quando Isaac gli si avvicinò.
“Dovresti parlarle.” Suggerì a Stiles.
“Non ho voglia di parlare con nessuno.”
Isaac stava per rispondere quando il coach fischiò l’inizio ed entrambi corsero verso il campo.
Alla fine degli allenamenti Jane rimase al campo. L’ultima volta che era rimasta lì aveva avuto una chiacchierata non molto simpatica con Chris Argent, ma aveva dato il suo primo bacio ad Isaac.
C’erano delle esperienze non bilanciate in quel campo.
Rimase lì a pensare, a leggere, ad ascoltare il silenzio delle persone che se n’erano andate, quando sentì dei passi. Riconobbe subito il battito cardiaco che manteneva in vita quel corpo che si avvicinava.
“Dovresti tornare a casa.” Le suggerì Stiles.
“Anche tu.”
“Perché sei ancora qui?” Le chiese poi.
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Non ci torno a casa.” Disse, mettendosi subito sulla difensiva e sedendosi accanto a lei.
 “Allora perché sei qui?”
Stiles alzò le spalle. Forse perché non lo sapeva neanche lui. O semplicemente non voleva lasciarla da sola.
“Stiles… devi dirmi cos’hai visto nell’allucinazione.”  Lui sbuffò e fece per andarsene, ma lei lo fermò. “Stiles devi dirmelo. E’ importante.”
Esitò prima di aprire la bocca per rispondere. “Hai idea di quali siano state le mie più grandi paure da quando mamma è morta?” chiese, quasi arrabbiato.
Jane lo guardò. “Ho sempre avuto paura di tutto quello che è successo. Che mi incolpasse della sua morte. Del fatto che sono un pessimo figlio e che gli sto rovinando la vita.”
“Stiles… non è colpa tua. Era ubriaco. Non le pensava davvero quelle cose.”
“Si, invece!”
“No, non è vero. Non hai colpa di niente.”
“Andiamo, mi ha sbattuto fuori di casa perché sto con Derek dicendomi che neanche tu mi avresti voluto nella tua vita.”
Jane rise. “Non ridere, non è divertente.” La riprese lui.
“Stiles, pensi davvero che non ti vorrei più nella mia vita per una di queste ragioni? Pensi davvero di essere il colpevole della morte di tua madre?”
Stiles abbassò lo sguardo. “Ehi, guardami. Lo pensi davvero?”
Lui annuì, un po’ in imbarazzo. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno. Ma subito dopo le parole di Jane si sentì sollevato a potergliene parlare. Sapeva che lei avrebbe capito.
“Per tutta la vita questa cosa mi ha perseguitato, e adesso è successo.  Tutto quello che temevo di più. E da quando me ne sono andato ho costantemente la sensazione di aver sbagliato. Come se la colpa fosse mia anche per le altre cose di questo mondo. Ho sempre paura di perdere Scott, te, Derek.”
“Non è colpa tua. Non hai colpa di nulla, Stiles. Tuo padre era semplicemente ubriaco e stressato. Ma ti vuole bene, davvero.” Stiles voleva molto bene a suo padre, e aveva lasciato quella casa a malincuore. Vedendo suo padre in quello stato si era sentito colpevole anche per quello. Per essere un peso costante nella sua vita. “Non importa quanto tu sia goffo, sarcastico o qualsiasi altra cosa. E’ sempre tuo padre. Quel padre che mi ha accolto in casa per il mio bene e per quello del figlio.”
“Resterai dalla mia parte?” le chiese.
“Sempre Stiles.” Rispose lei, senza la minima esitazione. Lo abbracciò forte e Stiles si strinse in quell’abbraccio. Se n’era andato soltanto da un giorno e sentiva terribilmente la sua mancanza. Tutte quelle notti che l’aveva sentita piangere, quelle notti in cui Jane aveva semplicemente bisogno di lui. Quelle volte in cui il suo abbraccio calmava qualsiasi tempesta nel suo corpo. Quel legame che avevano. Le notti in cui si facevano compagnia l’uno accanto all’altra, solo per non restare soli. E la fiducia che lei riponeva in lui. Il bene che gli voleva. Il bisogno incessante della presenza di Jane nella sua vita.
“Sono stato via solo un giorno ed è come se non ti vedessi da un secolo. Cosa farò senza di te quando andrò al college?”
Jane rise. “Ci andiamo insieme oppure andiamo a fare gli spogliarellisti.” Risero prima di staccarsi da quell’abbraccio. Stiles le prese le mani e le coprì con le sue. Jane non aveva mai notato quanto fossero grandi per uno come lui, alto e magrolino.
Una leggera brezza fredda che anticipava il calar del sole scompigliò un po’ di lato i capelli di Jane.
“Devi promettermi una cosa.”
“Che cosa?”
“Nessuno saprà di questa conversazione.”
“E’ di questo che ti stai preoccupando adesso?”
“Promettilo, Jane.”
“Ok, te lo prometto. Ma devi sistemare le cose con tuo padre, non puoi darla vinta a Jackson e Matt.”
“Non tornerò a casa. Almeno per il momento.”
“E io che dovrei fare?”
“Tornare a casa, e fare in modo che mio padre stia bene.”
Jane lo guardò. Era la cosa più ovvia del mondo. Si lanciò tra le sue braccia come la più piccola delle sorelline. Con la tristezza nel cuore di chi sa che deve lasciare andare qualcuno per far sì che ritorni. Come una sorellina triste per la partenza del suo fratellone, anche se sa che non è lontano e che le vorrà bene sempre. Qualsiasi cosa accada.
“Ti voglio bene, ok?” le sussurrò un’ultima volta.
“Anch’io. Tantissimo.”
Se ne andarono prendendo strade diverse. Lei a sinistra del campo, lui a destra.
Isaac li aveva visti, e provava un po’ di gelosia nei confronti di Stiles. Sapeva che Jane non si sarebbe data pace finché non avrebbe sistemato le cose. Sapeva che senza di Stiles il suo umore non era dei migliori. La incrociò a metà strada e si offrì di accompagnarla, ma appena pronunciate quelle parole si rese conto di quanto in realtà volesse scappare. Correre via. O urlarle contro per dirle quanto l’amava e che adesso non riusciva più a capire se il sentimento era corrisposto.

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Capitolo 17
*** Piano B. ***


Così decise di tacere finché non avrebbe trovato il momento giusto per parlarle, con calma. Se avesse perso la pazienza con lei non avrebbero risolto nulla. Avrebbero combattuto corpo a corpo per ore, sempre pari, senza che nessuno mettesse al tappeto nessuno, finché l’orgoglio di uno dei due non sarebbe riuscito a fermare lo scontro.
Jane si strinse a lui sulla soglia della porta per oltre cinque minuti, e poi lo baciò come mai aveva fatto prima. Isaac era sempre con lei, ma le mancava. Sentiva di averlo trascurato. Sentiva che aveva bisogno di dimostrargli il suo amore ogni giorno. Perché lui aveva bisogno di sentirsi amato più di chiunque altro.
Prima di lasciarlo scappare lo fermò, intuendo che doveva agire subito. Ma la sua mente si oscurò, non trovando le parole adatte ad affrontarlo. Così si limitò a guardarlo e stampargli un altro bacio.
Lui sorrise e le disse che l’amava tanto.
Appena entrò in casa lo Sceriffo era sobrio. E fortunatamente non aveva trovato le bottiglie che Jane aveva nascosto. Stava preparando la cena con calma e non molta serenità anche se Jane lo vedeva un po’ triste. Notò la sua espressione quando vide rientrare solo lei.
“Che si mangia?” chiese per spezzare un po’ la situazione di tensione che si era creata in quel primo minuto.
“Carne, patatine fritte e insalata.”
“Mmm che odorino!” fece lei, avvicinandosi alle pentole. “Vado a cambiarmi, allora.”
“Fai veloce, è quasi pronto.”
Jane salì di corsa le scale e si cambiò i vestiti alla velocità della luce.
Scese di sotto e la cena era già in tavola.
“Com’è andata a scuola?” le chiese.
“Bene, a parte l’insopportabile ora di chimica. Ma è andata bene.”
“Posso chiederti una cosa?” disse, dopo diversi minuti di silenzio. Lei annuì, con ancora il cibo in bocca. “Sei amica di Derek Hale?” proseguì poi. Quella domanda la spiazzò. Cosa voleva sentirsi dire?
“Qualcosa del genere.” Rispose lei, vaga. Ma come ingannare lo Sceriffo?
“Qualcosa del genere si, o qualcosa del genere no?”
“Si, sono sua amica.”
Esitò. “E che tipo è?”
Jane sorrise. “Vuoi sapere se Stiles è al sicuro con lui, non è così?”
Lo Sceriffo rispose ammettendo che era vero, sorpreso anche dell’intelligenza di Jane.
“Lo so che… ha avuto dei precedenti. Ma con me si è sempre comportato bene. E’ molto più... dolce di quel che sembra. Nel senso più puro del termine. L’ho conosciuto ancor prima della morte dei miei, e si è sempre dimostrato protettivo nei miei confronti e in quelli di Stiles. Credimi, è diverso da come sembra.”
“Mi stai dicendo che ho fatto la scelta giusta a lasciar andare mio figlio con lui?”
“No, non avresti dovuto. Questa è casa sua e tu sei la sua unica famiglia. E’ giusto che… ami chi voglia amare, ma non avresti dovuto negargli la sua famiglia.”
Lo Sceriffo abbassò lo sguardo e posò le posate nel piatto, portandosi le mani sul viso.
“Gli voglio troppo bene.” Disse poi. “Ma l’idea di perderlo per Derek Hale mi ha sopraffatto.”
“Non l’hai perso.” Si limitò a rispondere lei.
Lo Sceriffo sorrise. Era felice di avere la figlia che aveva sempre desiderato seduta di fronte a lui.
Jane poi sentì qualcuno salire dalla finestra della sua stanza e dal battito cardiaco capì subito chi era. Isaac.
“Stiles ha sempre avuto bisogno di una figura femminile nella sua vita.” Riprese poi lo Sceriffo. “E quando sei arrivata tu non potevo essere più felice. Finalmente aveva qualcuno su cui contare. Qualcuno a cui voleva bene. E so benissimo il legame che c’è tra di voi. So quanto vi vogliate bene. E onestamente… ogni volta che quella porta si apre spero sempre che sia lui.” Disse, con un velo di tristezza.
“C’è ancora speranza. Devi solo scusarti con lui e fargli capire quanto gli vuoi bene. Lui non aspetta altro, credimi.” Gli disse Jane, sfoderando uno dei suoi super sorrisi.
Lo Sceriffo ricambiò e la accolse tra le sue braccia. “Sono felice che tu sia qui. E io non sono la sua unica famiglia. Tu eri parte della famiglia ancor prima di divenirlo legittimamente.”
Jane sorrise felice. “Adesso aiutami a sparecchiare e poi vai a fare i compiti. E domani andremo a riprenderci Stiles.”
Così fece. Sparecchiarono e diedero una pulita in cucina. Poi Jane andò di sopra, e la prospettiva di fare i compiti si dileguò.
Isaac la prese tra le sue braccia e la scaraventò sul letto. Gli occhi di lei si illuminarono di un lieve rosso rubino mentre chiamava Isaac a raggiungerlo con la mano. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Iniziò a sbottonarsi i pantaloni quando si voltò verso la porta, immobile, con gli occhi spalancati. Lo Sceriffo stava arrivando.
Jane si alzò di corsa dal letto e lo spinse dentro l’armadio, poi si sedette di nuovo sul letto con un paio di libri.
Bussò e Jane lo invitò ad entrare ma lui si limitò a stare sulla soglia della porta. “Ehi, io esco. Ho bisogno di prendere un po’ d’aria. Torno tra qualche ora.”
Jane annuì e lo Sceriffo richiuse la porta dietro di sé.
Quando sentirono la porta di sotto sbattere Isaac uscì dall’armadio.
“Non c’è mai un momento di pace con te!” esclamò.
“E’ per questo che mi ami.” Disse lei, con sguardo malizioso. Isaac aveva i pantaloni ancora per metà sbottonati e Jane lo stava ancora attendendo. Si alzò dal letto e lo raggiunse. Isaac la guardò da capo a piedi, la prese per la vita e la avvicinò a sé. Jane abbassò lo sguardo e sospirò prima di cominciare a parlare. Isaac avvicinò le labbra al suo collo. “Tutto ok?” sussurrò, prima di baciarla lievemente.
“Ti ho un po’ trascurato tra gli altri uomini. Stiles, suo padre, Derek, Jackson.” Rispose lei.
Lui sorrise e la baciò ancora. “Non è colpa tua, piccola. Stai facendo solo quello che devi. Anche se… un po’ più di attenzioni non dispiacerebbero.”
Jane sorrise. “Vorrei davvero che… per una volta non dovessi combattere qualche strana creatura, o scappare via da essa, o evitare che qualcuno venga ucciso per colpa mia, solo per passare le giornate con te.”
Lui si strinse a Jane senza dire nulla e le baciava il collo delicatamente. “Non ci pensare, ok? Finalmente abbiamo un po’ di tempo per noi, non sprechiamolo.”
Isaac la costrinse a guardarlo e poi la baciò. E senza dirsi nulla finirono a fare l’amore, con la naturalezza con cui qui si stringevano, si baciavano, si amavano.
Fuori iniziò a piovere lentamente, poi più forte. L’aria si era fatta gelida e l’odore pungente della pioggia filtrava attraverso la finestra aperta.
“Questi momenti con te sono perfetti.” Sussurrò Isaac.
Jane si sentì avvampare e lo baciò. Passarono la nottata insieme finché la pioggia non smise di sbattere violentemente sulle grigie strade di Beacon Hills. Isaac stampò un ultimo lieve bacio sulle labbra della sua amata e uscì dalla finestra, silenzioso come non mai.
Quando Jane si svegliò corse di sotto, ma il risveglio non era così dolce come si aspettava.
Lo Sceriffo era già uscito lasciando un biglietto molto vago e lei era in ritardassimo per la scuola.
Si affrettò a prendere lo zaino e uscì di corsa. Senza Stiles era difficile arrivare in orario.
Quella sera ci sarebbe stata la partita, e la loro giornata sarebbe stata strapiena di preparativi per l’evento. Scott non giocava per via dei suoi voti bassi e il coach non poteva tenerlo in squadra, ma la presenza costante di nonno Argent durante gli allenamenti la inquietava a tal punto da doversi mettere le cuffie nelle orecchie per evitare di sentire la sua voce glaciale dare ordini a destra e a manca.
Aveva sentito Isaac e Scott parlarne, Jackson avrebbe giocato la partita. Non potevano assolutamente perdersela. Probabilmente chiunque lo controllava adesso aveva architettato qualcosa. Voleva uccidere. L’aveva tramutato in un’arma vivente capace di uccidere soltanto infilzando le unghie nella carne.
Senza Scott in campo la partita procedeva male, mentre invece Stiles aveva preso il posto di un altro giocatore. Si vedeva lontano un miglio che non aveva mai messo piede in campo durante una vera partita. Poi partì la tattica a sorpresa. Isaac corse in campo e sbatté violentemente a terra diversi giocatori della squadra, finché il coach non ebbe altra scelta che mandare Scott.
Negli ultimi 30 secondi fino allo scadere del tempo rimase immobile in campo, in attesa di un attacco a sorpresa. Scorse Jackson al centro e d’un tratto le luci si spensero. All’inizio fu il silenzio più totale, finché non si scatenò il panico. La gente corse via il più velocemente possibile senza curarsi di sbattere contro gli altri. Jane si avviò verso il campo ma Isaac la trascinò via prima ancora che potesse vedere qualsiasi cosa o chiunque fosse steso in mezzo al campo. Dall’odore di abominio capì che si trattava di Jackson e non oppose resistenza. Al mattino dopo Scott e Isaac fecero delle terrificanti scoperte, dalle quali Jane rimase all'oscuro per diverso tempo.
Si svegliò a tarda mattinata di nuovo da sola, in quella casa silenziosa. Si aspettava di trovare l’ennesimo vago biglietto dello Sceriffo dove non specificava nulla di essenziale, ma appena varcò la soglia della cucina trovò Derek, Isaac, Scott e un altro tizio sconosciuto.
Appena li vide il suo viso non tradì alcuna emozione, a parte il fatto che c’era un tizio a lei sconosciuto e più grande di tutti loro in casa sua.
 “Buongiorno anche a voi. Ho come l’impressione che ci siano brutte notizie.” Si affrettò a dire, sarcastica. Sul viso dello sconosciuto apparve un lieve sorriso.
“Infatti.” Rispose Derek. Esitò un momento prima di vuotare il sacco. “Matt è morto.”
Di nuovo il viso di lei non tradì alcuna emozione, ma poi si trovò costretta a fare il punto della situazione per farsi capire. “Ed è una cattiva cosa?”
“No, ma non è lui che controlla la Kanima.” Una rivelazione di quel genere a ora di pranzo generò non poche paure dentro di lei.
“Mi stai dicendo che… il potenziale assassino della città è morto ma ce n'è un altro in circolazione che non ha perso tempo a prendere il suo posto?”
“Sostanzialmente si.” Rispose il tizio sconosciuto. Jane lo guardò incredula.
“Ah, lui è Peter Hale, lo zio di Derek.” Si intromise poi Scott. “L’anno scorso ha cercato di ucciderci tutti, ma poi gli ho dato fuoco e Derek gli ha aperto la gola.”
Jane non capiva ancora che significasse. “E... non dovresti essere morto?”
“Lo ero.” Rispose lui, con un tono quasi scherzoso. “Ma avevo un piano B. Mi stupisce che tu non ne abbia uno. Riesco a fiutare perfino l’odore della furbizia addosso a te.”
Jane spalancò gli occhi e poi scosse la testa fingendo che non fosse successo nulla. Troppe cose stavano accadendo. “Adesso vuole aiutarci.” Disse Derek. “Sa come salvare Jackson.”
Jane si rivolse nuovamente a lui e alzò le sopracciglia, in segno di quasi approvazione. “Davvero?” chiese.
“Si. Ma dobbiamo capire chi lo controlla. Per poterlo salvare bisogna sacrificare delle vite. Serve un piano B.”
“Ok, continuo a non capire tutta questa storia del piano B.” Insisté Jane per saperne di più.
“Jackson è diventato quello che è per un motivo. È orfano e secondo il mito la Kanima cerca un padrone non un capo. Qualcuno che la controlli. Per questo non è diventato un lupo. Ovviamente qualunque essere assetato di sangue sarebbe riuscito ad avere un legame con essa al solo sguardo. La Kanima percepisce il desiderio di vendetta, di sangue. Basta un semplice pensiero del padrone e la Kanima uccide. Ma adesso le cose sono cambiate. Qualcun altro la controlla e con il gesto di ieri sera potrebbe diventare anche più forte e cattiva.”
Jane era di nuovo incredula. “Fermi tutti. Il gesto di ieri sera?” chiese subito.
“Jackson si è ferito con i suoi stessi artigli ieri sera, e stamattina era avvolto nel suo stesso veleno come in una pellicola protettiva.” Disse Scott.
“Ma perché lei è parte del piano se è una di loro?” chiese poi Peter.
Jane ricordò le parole della voce. Se non si fosse schierata con Derek adesso sarebbe anche lei un’assassina sotto il controllo di qualcuno. Per genetica, da quanto aveva capito.
“Lei è parte del branco, non è un assassina.” Ringhiò subito Derek. 

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Capitolo 18
*** La fine. ***


“Oh, ecco perché. Lei si è trasformata grazie a voi, non è vero? Un lupo antico centinaia di anni, appartenente a una famiglia sovrannaturale, ma  con la sfortuna – della famiglia – di ritrovarsi in una città popolata da lupi mannari molto influenti. Ci credo che vogliono ucciderti.” Disse Peter sarcasticamente, rivolto a suo nipote. “I tuoi antenati sapevano a cosa andavano incontro. Hanno cercato di fermarla, ma non ci sono riusciti. Sapevano che un legame troppo forte con un lupo ti avrebbe trasformato in una di loro, ma eri già un lupo quando i tuoi genitori sono morti. Non avevano previsto gli adolescenti con carenze di autostima che venivano trasformati a caso dall’unico sopravvissuto all’incendio di casa Hale di sei anni fa. E quando gli antenati l’hanno scoperto hanno preso il controllo dell’unica Kanima in circolazione e hanno cercato di manipolarti attraverso le tue paure. Hanno cercato di ucciderti, ma lui ti ha sempre difeso, come anche il tuo ragazzo, disposti a morire per la tua salvezza.” Disse, rivolgendo uno sguardo a Derek e Isaac. Jane abbassò lo sguardo a disagio per la veridicità delle cose. Come faceva a sapere tutte quelle cose se era appena tornato dall’oltretomba? “Non puoi farti uccidere e non puoi lasciare che il branco muoia se vuoi sopravvivere. Se ti farai uccidere da Jackson la maledizione tornerà da te come doveva essere sin da principio. Ma adesso devi scegliere. Sei pronta a uccidere la tua vecchia specie per salvare quella nuova, quella di cui fai parte?”
Jane alzò lo sguardo decisa verso Peter e rispose un sonoro ‘Si’. "Cosa devo fare?"
“Lydia. E’ lei il piano B.” disse Scott.
“Il legame che ha con Jackson e la sua immunità può permetterle di salvarlo.” Riprese Derek.
“Il potere dell’amore umano è incredibile e più forte di qualunque altra stregoneria.” Concluse Peter, con occhi sognanti. Forse anche lui era stato innamorato un tempo.
“Dobbiamo muoverci, non abbiamo molto tempo.” Disse Derek. Isaac e Jane se ne andarono con Scott che raggiunse Chris Argent, stranamente. Jane aveva troppe domande che non osava fare. Adesso le risposte iniziavano a terrorizzarla parecchio.
Entrarono dentro uno strano edificio buio e adagiarono Jackson a terra. Poco dopo li raggiunse Derek, ma Peter non si fece vedere. Mancava Lydia, e Jane non aveva avuto il tempo neanche di controllare come stava Stiles.
Ma una volta lì, si scatenò l’inferno.
“E’ bello che ci siate tutti.” Fece una voce inquietante e terribilmente famigliare. Gerard Argent. “Ho sempre sospettato della ragazza, ma non credevo si fosse immischiata anche lei con i cani.” Disse con un mezzo sorriso indicando Jane. Era debole, si vedeva. E aveva uno strano odore che faceva venire il voltastomaco.
Poi apparve Allison e iniziò ad attaccare Derek, Isaac.
“Allison, ferma!” urlò Scott. Lei non ebbe il tempo neanche di prendere fiato che Jackson gli stava addosso. La tratteneva con la mano sul suo collo.
“Tienila ferma.” Lo incitò Gerard.
“Che? Che significa? Che stai facendo?”
“E’ venuto a completare quello che ha iniziato.” Si inserì Scott. Gerard lo guardò.
“Lo sapevi, non è vero?”
“Sapevi cosa?” chiese Allison. Isaac si riprese e alzò la testa verso la scena davanti a sé con il sangue che gli colava dalla bocca.
“Sta morendo.”
“Infatti.” Confermò Gerard. “Sfortunatamente la scienza non ha un cura per il cancro, ma il sovrannaturale si. Fallo Scott, rendimi invincibile.”
Derek si tirò indietro con la poca forza che aveva. Scott lo prese per la nuca e lo trascinò davanti a sé. “Non farlo.” Lo pregò Derek. “Mi ucciderà subito dopo per diventare Alfa, e ucciderà anche te.”
“Fallo, Scott. Per Allison.” Continuava a incitarlo Gerard, sapendo che avrebbe ceduto. E così fu. Lo costrinse ad aprire la bocca e morse Gerard, per farlo trasformare. Sembrava tutto normale, sempre che si possa definire normale ciò che stava accadendo, finché dal morso il sangue non divenne nero.
Notando gli sguardi increduli di coloro che gli stavano attorno Gerard abbassò gli occhi sul morso e vide ciò che gli stava accadendo. Non si stava trasformando come aveva sperato.
“Che cosa mi hai fatto?” chiese a Scott, quasi rimproverandolo.
“Non eri il solo ad avere un piano, anch’io ce l’avevo. Ricordi quando ti è caduta la scatola dove tieni le tue compresse?”
Gli occhi di Gerard si ridussero a due fessure per poi riaprirsi nuovamente. Tossì e il liquido sgorgò anche dal naso, per poi vomitarlo e accasciarsi a terra. Uno spettacolo davvero disgustoso e inquietante, pensò Jane.
Ma c’era ancora Jackson di cui occuparsi. Stava per attaccare quando Stiles entrò dentro il magazzino e se lo caricò letteralmente sull’auto. Poi uscì di corsa insieme a Lydia che non accennò a fermarsi, se non quando Jackson gli fu davanti. Lei alzò la mano per mostrargli una chiave e lui si fermò. Gli occhi gialli pervasi di rabbia la scrutavano prima di tornare semi-umano.
La prese con le mani tremanti e la fissò, come per cercare di capire cosa significasse, e in quel momento Derek e Peter fecero il loro ingresso. Artigli nel suo corpo e in un battito di ciglia si accasciò anche lui a terra, privo di battito.
A tutti sembrò mancare il battito quando videro il torace di Jackson immobile.
Jane non avrebbe saputo dire cosa stesse succedendo, né perché era successo. Era semplicemente assurdo. Era un piano di cui lei non ne era a conoscenza, e non capiva che senso avesse.
 
Il giorno dopo Derek le spiegò tutto. Le spiegò che c’era bisogno di Lydia che, essendo immune, era in grado di far tornare umano o almeno semi-umano Jackson, e servivano due Alpha per spezzare completamente il collegamento con il padrone, così da farlo tornare umano.
La polvere di frassino non avrebbe bloccato la sua trasformazione, l’avrebbe solo messo al tappeto per un breve periodo di tempo e avrebbe avuto funzione di barriera, niente di più.
Con la situazione calma tutti ripresero le loro vite, la scuola, gli amori. Lo sceriffo riprese il suo posto e Stiles finalmente stava con Derek. Lydia e Jackson erano tornati insieme e avevano ripreso a fare gli stronzi con tutti come avevano sempre fatto. Allison e Scott si presero una pausa per capire cosa volevano davvero, come potevano sistemare tutta la situazione
Ma a Beacon Hills niente è mai calmo, c'è sempre qualcosa che si muove nell'oscurità.

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