The Prince Who Cried

di Fegele
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


I

 

 

“Tesoro, c’è qualcuno che vuole conoscerti.”
Il bambino non capì, era troppo piccolo per poter capire ma non aveva motivo di opporsi o dubitare di qualcosa se sua madre lo svegliava e lo prendeva tra le braccia. Non importava che fosse notte inoltrata, non importava quale fosse la ragione. C’era ancora qualcun altro per combattere i mostri al posto suo, c’era ancora qualcuno che si preoccupava di proteggerlo.
Il suo tempo doveva ancora arrivare.


“Non so cosa gli abbiate fatto, ma qualunque cosa fosse è stata decisamente efficiente!” Esclamò Nick Fury con il sorriso più soddisfatto che i presenti nella stanza avessero mai visto. Che motivo poteva avere di non essere soddisfatto, d’altronde? La Terra era salva, il progetto Avengers poteva dirsi definitivamente collaudato e riuscito ed il nemico era in mani loro, questa volta non per sua volontà.
Era in mani loro, sì, ma Loki era il primo a sapere che non era la cosa peggiore che potesse succedergli.
Il peggio era rimasto dietro quel portale che, per poche ore, aveva squarciato di nero il cielo azzurro di New York. Almeno, quella era la parte della storia che si era svolta sotto gli occhi di tutti.
L’unica che avesse mondialmente importanza, del resto.
Quello che era successo dopo.
Dopo che la squadra era risalita sulla Stark Tower, dopo che Bruce aveva perso i sensi e recuperato le sue umane sembianze, dopo che Natasha e Clint erano scesi per trovare un’improvvisata pista di atterraggio abbastanza solida da reggere il mezzo areo che gli avrebbe riportati alla base. Dopo.
Non era importante quel che era successo dopo, non cambiava il destino del mondo ciò che si era verificato dopo. Il fatto che chiunque avesse assistito, ora fosse talmente preso dal pensarci da aver dimenticato quanto era successo prima, era solo un dettaglio di poca rilevanza.
Per loro fortuna, Fury era troppo impegnato a cantare vittoria per preoccuparsi adeguatamente dell’assenza di Bruce, dell’espressione traumatizzata che Steve non riusciva a togliersi dalla faccia, dello sguardo completamente assente di Thor e dell’incredibile silenzio dietro cui si era chiuso Tony.
“Dove avete detto che è Banner?”
Non l’avevano detto affatto, non avevano nemmeno avuto il tempo di pensare a qualcosa da dire. Fu l’arte d’improvvisare di Tony a salvarli, “ha bisogno di un po’ di privacy,” buttò lì con una naturalezza che aveva dell’incredibile, “sai, trasformazioni, vestiti che si strappano…”
“Sì, sì, sì, Stark, ho capito!” Fury fece un gesto veloce con la mano per zittirlo e, se fosse stato un po’ meno euforico, si sarebbe accorto di quanto assurdo fosse che Tony Stark lo assecondasse, “abbiamo qualche ora per ripulire tutto e lasciare alle forze dell’ordine ciò che è di loro competenza. Romanoff si sta occupando del rapporto, Clint sta guidando la squadra per far sparire tutti i cadaveri mostruosi che vi siete lasciati dietro. Voi…”
“Io ho una Tower vittima dell’invasione,” fece presente Tony prendendo la via della porta senza permesso, “penso sia mio dovere e diritto fare una stima di quanto il mio lavoro negli ultimi anni sia finito in cenere,” una nota di melodramma non guastava, dava un pizzico di ordinarietà di cui tutti in quel momento avevano bisogno. Specie gli Avengers presenti.
“E il Capitano mi aiuta!” Aggiunse, guadagnandosi un’occhiata quasi scandalizzata da Steve che indicò Thor come un chiaro cenno del capo, mentre il semidio se ne restava in silenzio rivolgendo a Tony solo uno sguardo con la coda dell’occhio, “il Capitano viene con me e Thor può aiutarvi con suo fratello. Penso sia il caso di approfittare di questo suo momento d’inattività per fargli qualche domandina di routine e chiarire alcune cose, no? Io mi autoescludo perché, personalmente, eviterei di essere nuovamente defenestrato a breve e Steve non ne è psicologicamente in grado.”
“Tu non puoi dire come sto…”
“Andiamo Steve!” Esclamò Tony con un ampio sorriso forzato indicando, “dobbiamo fare le scale, l’ascensore si è rotto da qualche parte tra i nono ed il decimo piano e non vogliamo perdere tempo prezioso, vero?”
Steve evitò appositamente lo sguardo di Thor mentre si allontanava a passi veloci lasciando a Fury un’incombenza che non sapeva nemmeno di avere. “Sai?” Disse Tony mentre entrambi percorrevano di nuovo le strade che avevano contribuito a distruggere, “stavo quasi aspettando il momento in cui i fratellini che si odiano si sarebbero ritrovati faccia a faccia ed ora mi tocca perdermelo!”
Steve sospirò sconfortato, “sapevo che lo avresti detto.”


Non esisteva una parola che fosse in grado di definire lo stato in cui versava ora.
Non esistevano cento parole che messe insieme avrebbero potuto fornire una degna descrizione della sua attuale situazione. Sembrava devastante quanto la morte. Ma la morte non avrebbe fatto così male.
L’avevano buttato su un letto che non sarebbe sembrato dignitoso nemmeno al più miserabile degli esseri viventi, gli avevano legato mani e piedi, l’avevano imbavagliato e, infine, l’avevano anche bendato.
Non c’erano abbastanza precauzioni contro il signore delle menzogne, ma Loki avrebbe tanto voluto dire che a stento aveva trovato la forza di arrivare fino a lì sulle sue gambe e che un piano di fuga non aveva spazio nelle sue prossime intenzioni. Il pensiero della morte era troppo ingombrante per lasciar posto ad altro.
Era già morto, in ogni caso.
Lo era stato fin dal principio, probabilmente.
L’unica cosa che sfuggiva alle sue previsioni era il tipo di condanna che avrebbero deciso d’infliggergli: non che avessero molto altro da togliergli, ormai. Qualunque cosa avesse mai avuto era stata una bugia o un’assurda chimera. Non c’era niente che valesse la pena perdere a parte la facoltà di respirare.
Niente.
Era una parola che sentiva calzargli a pennello.
Una parola per descrivere qualcuno che non sarebbe mai dovuto nascere, ma che era comunque venuto al mondo per la noia di chi si aveva dovuto prendersi il disturbo di abbandonarlo in un campo di battaglia di ghiaccio. Si sarebbe dovuto cancellare lì, il piccolo errore. Lì, dove nessuno avrebbe saputo.
Se solo fosse nato in un giorno ordinario.
Se solo non fosse nato da chi era protagonista di quella guerra.
Se solo si fosse lasciato cullare dalla gelida morte invece di piangere con quanta forza aveva.
Se solo… Se solo… Niente, era lì. La retromarcia non era contemplata, né possibile.
Tutto andava in una sola direzione.
Il pianto di un neonato riecheggiò nella sua testa con la stessa forza di un tamburo di guerra.
Eppure, tutto sembrava ripetersi in modo uguale.
Che importava se invece di una templio di ghiaccio, si trattava della costruzione megalomane di un insopportabile essere umano? Che importava se la guerra era durata poche ore invece di anni? Che importava se era scoppiata e finita in una città come tante di Midgard e non in un remoto mondo di semi-dei?
Una guerra restava una guerra.
Il pianto di un bambino restava il pianto di un bambino.
Doveva aver perso i sensi nello scorrere dei proprio pensieri, perché non ricordava il momento in cui quella museruola e quella benda erano spariti, come non aveva la minima idea di quando il giovane uomo davanti a lui fosse entrato nella stanza. Se sperava che fissandolo con quello sguardo minaccioso, che non avrebbe avuto conseguenze, lo avrebbe indotto a spezzare il silenzio al posto suo, si sbagliava di grosso.
Era troppo stanco persino per tenere gli occhi aperti, figurarsi se era in grado di sopportare la sua presenza o anche solo una parola pronunciata dalla sua voce.
“Che cosa hai fatto?”
Tante, troppe cose per poter perdere tempo ad elencarle tutte a chi, presumibilmente, le aveva contate con più accuratezza di lui. Se pensava che con quella domanda talmente generica da essere idiota, gli avrebbe permesso anche solo di sfiorare l’argomento che più gli disgustava affrontare, era un povero illuso.
Ma Thor era nato povero illuso, non a caso almeno metà dei suoi ricordi erano saldamenti basati su altrettanto salde bugie. Fino a che Loki non aveva, in modo assurdamente involontario, fatto saltare tutta la costruzione creata ad arte per loro due sopra le loro stesse teste.
“Loki, parlami.”
Non avrebbe preso in considerazione l’idea nemmeno se l’avesse pregato in lacrime e in ginocchio.
“Tu devi parlarmi, non puoi far finta che non sia successo niente.”
Non si riferiva a quanto era successo su Asgard, non si riferiva a quanto aveva cercato di far accadere sulla Terra. Si riferiva al… Al colpo di scena. Sì, poteva anche definirlo così.
“Loki…” Lo odiava quando chiamava il suo nome, “fratello, ti prego…”
Lo odiava ancor di più quando si ostinava a chiamarlo con un nome che non era il suo.



“Non avevi detto che l’ascensore era rotto?”
“Ecco cosa intendo quando dico che non sei psicologicamente adatto: ti manca l’istinto criminale di base.”
“Sarebbe?”
“Quello di dire le bugie, Steve,” rispose allegramente Tony, “fino ad ora abbiamo improvvisato e ci è andata bene! Adesso è tempo di pianificare e per pianificare ci serve tempo, tutto quello che il buon vecchio Nick penserà che stiamo impiegando a salire le scale!”
Steve scosse la testa in modo automatico, “io non posso pianificare quando ancora non ho capito che cosa è successo!”
Tony gli concesse un’occhiata indulgente, “il povero nonnino scandalizzato è ancora sotto shock…”
“Non sono un nonnino e non sono sotto shock!” Fu la replica veloce di Steve.
“Allora come mai le tue capacità neurologiche stanno impiegando ore ad elaborare quello che hai visto con i tuoi stessi occhi?”
“Io…Ah… Ehm…” Steve non ebbe il tempo di smettere di boccheggiare che le porte dell’ascensore si aprirono rivelando quanto rimaneva dell’ultimo piano della Stark Tower: polvere e detriti, all’incirca.
“Pensavo che non sareste più tornati,” Bruce sospirò da dietro il bancone del bar armeggiando con qualcosa che gli altri due non potevano vedere, “stavo per mettermi a piangere anche io.”
“Lo stato di distruzione della stanza non è peggiorato,” commentò Tony guardandosi intorno, “possiamo dedurne che non hai comunque perso le staffe.”
Steve gli scoccò un’occhiataccia che Tony ignorò deliberatamente, “ti stanno i vestiti?” Continuò con naturalezza Stark facendo il giro del bancone per dare personalmente un’occhiata all’oggetto delle attenzioni del dottor Banner, “hai fatto acquisti di sotto, vedo.”
“Ti dispiace?”
“Assolutamente no.”
Steve diede una rapida occhiata agli oggetti complicati sparsi qua e là per il bancone che lo divideva dai due uomini: non era esattamente tra le sue intenzioni superare l’ostacolo e studiare con attenzione cosa vi era al di là.
“Scoperto qualcosa di nuovo?” Domandò Tony tamburellando le dita sulla superficie dell’incubatrice che aveva davanti, quasi come un bambino che cerca di attirare l’attenzione di un pesce rosso in un acquario. Steve si sporse appena per vedere ciò che era adagiato nel materassino all’interno di quella strana scatola di vetro, mentre Bruce esponeva ad alta voce quanto aveva avuto modo di verificare, “il suo peso è di un chilo e duecento grammi, circa.”
“Santo cielo…” Mormorò Steve involontariamente.
“Steve, non interrompere il dottore!” Lo rimproverò sarcasticamente Tony.
“Non riesco a capire quale sia il suo gruppo sanguineo, ma me lo aspettavo. Riesce a respirare autonomamente, il che è confortante e…” Bruce si concesse un sorriso per dare un po’ di umanità a quell’analisi scientifica approssimativa, “è una bambina.”
La stessa espressione spontanea comparve sul viso di Steve, “una bambina…”
“Con tanti capelli neri dispettosi…”
“Stark!”
“Che c’è? È vero!” Replicò Tony con aria saputa infilando una mano nell’incubatrice per sfiorare la testolina minuscola che spuntava da quel fagottino bianco, “perché non l’abbiamo capito da principio che era una femmina? Non è la prima cosa di cui ci si accorge, di solito?”
Bruce non ebbe il coraggio di rispondere e lanciò a Steve un’occhiata imbarazzata che il biondo non ebbe difficoltà ad interpretare, “forse perché quello con l’armatura è svenuto un istante prima che lei cominciasse a piangere.”
“E tu?” Ribeccò prontamente Tony, “l’ultima volta che ti ho guardato avevi gli occhi ben spalancati e la faccia di chi non sa su che pianeta si trova.”
“Penso che quel dubbio sia venuto un po’ a tutti di recente,” commentò educatamente Bruce infilando una mano nell’incubatrice per aggiustare l’asciugamano intorno al corpo della neonata, “nemmeno i suoi parenti sanno che è una femmina. Loki ha perso quasi immediatamente i sensi e Thor era in panico completo.”
“Già. Penso che Thor sia più traumatizzato di Steve, il che è spaventevole.”
“La pianti una buona volta?”
“Cosa abbiamo deciso di fare con lei?” Domandò con interesse Bruce, “non possiamo tenerla qui.”
“Direi che è escluso,” concordò Tony, “Fury vuole lasciare la città prima che cali il sole e non spetta a noi prendere decisioni definitive in merito a questa cosina.”
“Sì, ma non spetta nemmeno allo S.h.i.e.l.d.”
“Non credo che Fury farebbe qualcosa per scatenare l’ira funesta degli dei, ma ho paura che non tutti lì dentro agiscano in buona fede,” Tony si grattò il mento con fare perplesso, “dobbiamo portarla alla base.”
Steve inarcò un sopracciglio, “pronta per essere analizzata?”
“La imbuchiamo.”
“Tirarla fuori dall’incubatrice è fuori discussione, Stark,” protestò Bruce, “è stabile, è forte ma non possiamo rischiare strapazzandola come un pacco postale.”
“Ha il dio del tuono per zio, magari vorrà essere d’aiuto,” ipotizzò con ottimismo Steve.
“Sempre ammesso che sia lo zio,” buttò lì Tony mentre si guadagnava degli sguardi perplessi dagli altri due, “qualcuno ha mai dato un occhio alle religioni pagane? L’incesto è di prassi e nemmeno la cosa più strana che possiate trovarci dentro!”
“Non voglio nemmeno pensarci!” Esclamò Steve scuotendo appena la testa.
“Mi darete ragione!” Esclamò Tony con un ampio sorriso, “non è nelle mie abitudini sbagliare.”


“Fai piano, mi raccomando.”
Non ci fu bisogno di dirlo perché il bambino non si mosse affatto. Se ne resto lì, immobile, seduto in mezzo al letto dei suoi genitori a fissare quell’esserino minuscolo che, senza vergogna, ricambiò lo sguardo con lo stesso interesse. “Mamma…” Aveva cominciato a formulare le prime frasi da poco, mentre aveva imparato a camminare alla perfezione ormai da un po’ scatenando una vivacità innata che era una dannazione per sua madre e per chiunque dovesse badare a lui. Eppure, in quel momento non voltò nemmeno il capo per poter guardare il viso della donna accanto a lui.
“Va tutto bene, tesoro,” sua madre si sedette sul letto sollevando il fagottino che avvolgeva la piccola creatura che non emise alcun suono mentre la donna lo adagiava sulle sue gambe, “è il tuo fratellino.”

 

“Non puoi ignorarmi per sempre.”
Oh, se poteva… Sperava quasi che ci provasse, solo per il gusto di metterlo alla prova.
“Loki!” Osò appena sfiorargli una spalla, un gesto più che sufficiente per spingerlo a girarsi su un fianco dandogli le spalle. “Se parli con me,” provò Thor per l’ennesima volta, “saprò come aiutarti appena tornati a casa.”
Casa? Quale casa? Non ne aveva più bisogno ormai, poteva anche far a meno di un funerale commemorativo che di sincero avrebbe avut ben poco. Come ogni parte della sua esistenza, dopotutto.
“Loki, non nascondermi questa cosa fino ad Asgard. Non potrai rimanere in silenzio davanti a nostro padre ed io non potrò agire impulsivamente in una situazione come questa!”
Dopo secoli di comportamento infantile, quest’ammissione di responsabilità lo faceva quasi ridere.
“Ero terrorizzato, se ti fa piacere saperlo.”
Sì, almeno quella tragedia d poco ore era servita a perseguire uno scopo più grande.
“E lo sono ancora.”
“Perché?” Non si rese nemmeno conto di aver parlato. Era vergognoso che al signore delle menzogne sfuggissero le parole di bocca!
Thor non rispose subito, probabilmente necessitò di una manciata di secondi per realizzare che Loki aveva parlato sul serio e non se l’era immaginato, “fratello?”
“Perché?” Loki non si mosse.
Thor sospirò stancamente, “perché se prima sapevo con esattezza quale domandi farti, ora ho talmente tanti dubbi che non so da quale cominciare.”
“Da quello che ti fa più paura,” la voce di Loki era piatta, priva di qualsiasi sfumatura emozionale, “bisognerebbe cominciare sempre dalle verità che fanno più paura.”
Ne sapevano qualcosa entrambi, in fin dei conti.
“Chi?”
Loki s’irrigidì sebbene non fosse nelle sue intenzioni mostrare a Thor un qualunque segno di disagio in relazione all’argomento di cui stavano parlando, “Chi?” Ripeté e se ne avesse avuto la forza lo avrebbe deriso fino a farlo sanguinare dove faceva più male. Dentro, nell’anima.
“Quei mostri…” Thor ingoiò a vuoto, “quei mostri hanno...?”
“No!” Se Loki avesse avuto abbastanza fiato in gola, quello sarebbe stato un urlo, ma venne fuori solo una risposta particolarmente brusca, “erano miei alleati, ricordi? O sei talmente stupido che lo hai già dimenticato?”
“I Vendicatori sono degli alleati, quelli…”
“I Vendicatori sono dei mocciosi che non vedono l’ora di ficcarsi le dita negli occhi a vicenda per fare prevalere la propria posizione su quella degli altri.”
“Sei ingiusto, fratello!”
“Smettila di chiamarmi così!” Alla fine Thor c’era riuscito, aveva costretto Loki a voltarsi e a guardarlo negli occhi, “non sono tuo fratello! Non lo sono mai stato!”
“Va bene!” Esclamò Thor con un filo di rabbia, “credi quello che vuoi per ora, questo non cambia il mio punto di vista! Quello di cui ho bisogno in questo preciso momento è che tu ti prenda la responsabilità di ciò a cui hai dato vita.”
Loki lanciò un’occhiata veloce ad una delle telecamera sul soffitto, “loro non lo sanno.”
“Vuoi che lo sappiano?” Chiese Thor con un filo di sarcasmo.
Loki sbuffò infastidito, “i tuoi così detti alleati sembrano molto più amichevoli nei confronti dei mostri di quel che pensavo.”
“È così che lo consideri?” Chiese il dio del tuono con astio.
Loki guardò un punto indefinito nel vuoto, “non ho avuto nemmeno il tempo di vederlo.”
“Siamo in due, se ti consola,” Thor sospirò stancamente facendo qualche passo lungo la stanza speciale che fungeva da cella per suo fratello, “ho bisogno che tu mi dica di chi è, Loki.”
“Che cosa farà tuo padre?”
Nostro padre non deve preoccuparti in alcun modo ora.”
“Oh, sì che mi preoccupa!” Esclamò Loki velenoso,  “mi preoccupa sapere cosa penserà del piccolo bastardo superstite di una dinastia mostruosa da lui stesso abbattuta.”
“Chi? Mi serve il suo nome!”
“Perché non la smetti di girarci intorno e non chiedi quello che vuoi realmente sapere, vigliacco!” Lo accusò Loki con quanta forza aveva. Un silenzio opprimente cadde tra di loro per qualche secondo, “sono io?” Chiese Thor con un filo di voce e Loki non seppe dire se vi fosse speranza in quelle due parole o timore.
Restò a fissarlo per degli istanti interminabili prima che trovasse il fiato per rispondere, “ma chi diavolo pensavi che fosse?” Chiese sarcasticamente e amaramente al contempo. Thor aprì la bocca ma non disse niente, spostò lo sguardo dal viso di Loki al pavimento e poi di nuovo sul viso di Loki ma non riuscì a fare altro che boccheggiare.
Loki non disse nulla per fermarlo quando si voltò per andarsene.



“Stark è consapevole del fatto che se per puro caso si mette a piangere, siamo rovinati, vero?”
“Stark non pianifica!” Replicò Steve con astio, “Stark agisce!” E, stando ben attento che nessuno lo osservasse, alzò appena il lembo del telone scuro con cui avevano coperto l’incubatrice per controllare che la piccola ospite al suo interno fosse tranquilla, “dorme.”
“Buon per noi,” commentò Bruce spingendo il carrello del laboratorio con quanta più gentilezza possedeva pregando che i corridoi della base continuassero a rimanere deserti, “sull’elicottero almeno sapevamo di essere solo noi due e i piloti.”
“Non credo che sia rimasta molta gente quassù, sono tutti andati a New York per seguire i comodi dello S.h.i.e.l.d.”
“Perché Stark è rimasto?” Domandò Bruce.
“Ha detto che si occupava della seconda parte della missione.”
“Sarebbe?”


“Stark, dove credi di andare?”
C’erano tante cose che Tony aveva fatto e che le masse di comuni mortali potevano anche definire ridicole, ma andare a fare spese per bambini di persona, con l’armatura ancora addosso, in un centro specializzato distrutto ma a cui aveva comunque lasciato i soldi che doveva per la merce presa; era un’idea che non l’aveva nemmeno sfiorato fino a quel giorno.
“Stark, devo ripetere?”
Farsi vedere da Nick Fury addobbato come un albero di Natale con due buste di plastica per braccio, invece, era molto di più di quanto potesse sopportare.
“Me ne torno alla base,” fu la risposta innocente di Tony quando Fury lo scrutò dall’alto in basso come se fosse un delinquente potenzialmente pericoloso. Nemmeno dopo aver contribuito, quasi con la sua stessa vita, a salvare il mondo, poteva meritarsi un po’ di fiducia?
“Hai fatto shopping?” Fury esaminò con lo sguardo le buste di plastica, “non ti sforzare troppo, non sei abituato,” concluse sarcastico.
“Stavo cercando il Capitano per aiutarmi,” rispose Tony con un sorriso forzato.
“Mi spiace, Stark, è già tornato alla base insieme a Banner.”
“Li hai visti?” Chiese Tony con nervosismo.
“No, me lo hanno riferito.”
“Ottimo!” Esclamò Iron Man con un entusiasmo che Fury commentò in silenzio con un’occhiata sospettosa, “sarà meglio che li raggiunga, ho preso qualcosa da mangiare per tutti! Cibo vero, non la sbobba di quella bagnarola volante.”
“Stark!”



Il bambino fissò la madre con un broncio che avrebbe intenerito anche la persona più insensibile del regno, “Non aver paura, tesoro,” il piccolo replicò in silenzio con uno sguardo indignato a cui sua madre rispose con un sorriso ed una tenera carezza, “vieni qui.”
Il bambino ubbidì gattonando fino ad arrivare accanto alla donna appoggiando gentilmente la testolina bionda sul seno di lei. L’esserino tornò a fissarlo immediatamente lasciando trasparire nulla tranne un’innata curiosità verso tutto ciò che di nuovo trovava intorno a lui. Sua madre gli posò un bacio sulla fronte, “Thor, lui è Loki.”

 

Nel silenzio della sua prigione, dopo che Thor se ne era andato, per un attimo, un solo attimo, Loki credette di sentire il pianto di un bambino.

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Capitolo 2
*** II ***


 

II


Fratellino lo aveva chiamato la mamma e Thor non aveva la minima idea di cosa fosse. Non aveva importanza quanto i suoi genitori cercassero di spiegarglielo nella maniera più semplice possibile, non era possibile che la sua mamma fosse anche la mamma di quella cosina spuntata dal nulla, non era possibile che suo padre fosse anche il padre di quel bambino troppo piccolo per giocarci o farci alcun che.
Fu sua madre a capire che qualcosa non gli andava a genio: per un’intera giornata Thor non fece un capriccio, non cercò di correre via dalle stanze di sua madre, non s’impegnò a far impazzire nessuna delle sue ancelle. Se ne rimase lì, seduto composto davanti a lei a fissare il neonato che aveva tra le braccia come se fosse qualcosa del tutto fuori dalla norma. “Che cosa c’è, tesoro?” Thor le si accucciò vicino docilmente e lei gli posò un bacio tra i capelli biondi, “non hai detto nulla da quando hai visto tuo fratello.”
Di nuovo quella strana parola. “È piccolo…” Fu l’unico commento che Thor riuscì a fare e sua madre dovette annuire: Loki era veramente  piccino in confronto a tutti gli altri neonati che aveva tenuto in braccio. Persino Thor, che le era sembrato tanto piccolo e fragile  la prima volta che lo aveva stretto a sé, non l’aveva spaventata così all’idea di prenderlo in braccio.
Con Loki le era quasi sembrato di non essere mai stata una madre ed era stata una sensazione orribile.
Il modo disperato in cui piangeva nel momento in cui suo marito glielo aveva messo tra le braccia, lo sguardo implorante che le aveva rivolto quando aveva alzato gli occhi verdi sul suo viso. Sapere la vera origine di quel bambino non l’aveva spaventata tanto quanto la possibile incapacità di non farlo sentire al sicuro. Thor non le aveva mai messo una simile soggezione, Thor le si attaccava addosso con possessione quando aveva bisogno di lei. Thor strillava, piangeva, la chiamava a gran voce e sorrideva quando finalmente lo prendeva tra le braccia.
Quella prima notte, Loki non aveva emesso un suono dopo essersi calmato nel suo abbraccio e alle prime luci dell’alba, quando si era alzata per controllare se stesse bene, lo aveva trovato raggomitolato nella culla con il faccino madido di lacrime e il fiato corto, come se non avesse più voce per strillare.
“Sì, è piccolo,” la regina avvolse il braccio libero intorno a Thor per stringerlo a sé più forte, “per questo dobbiamo prenderci cura di lui.”
Thor guardò sua madre e poi Loki che sembrava troppo interessato a cercare di ficcarsi in bocca un pugnetto per curarsi di loro, “anche io?”
“Certo, tesoro mio. Sei suo fratello maggiore, dovrai proteggere Loki quando io e tuo padre non potremmo farlo.”
Thor ci pensò un attimo, “è una cosa da grandi?”
Sua madre rise, “sì, amore mio, è una cosa da grandi!”
E il sorriso orgoglioso che comparve sul viso di Thor fu una delle cose più adorabili che avesse mai visto in vita sua.



“Ora spiegami cosa ne facciamo di questa roba?”
“Roba? Sono oggetti necessari!”
“Necessari? Tu questo lo chiami necessario?” Chiese Steve agitando un robot giocattolo poco idoneo per qualsiasi neonato al mondo. “È per aiutarla ad abituarsi!” Replicò Tony.
“A cosa? A smontare le armature? Non credo che sarà quello che farà nella vita.”
“Perché? Che ci sarebbe di male?”
“Ragazzi,” li richiamò gentilmente Bruce mentre armeggiava con l’incubatrice, “la state spaventando, abbassate il tono di voce.”
“Ottimo, Capitano!”
“Falla finita, Stark!”
“Ragazzi!” Ripeté Bruce con fare più incisivo e i due compagni tacquero non tanto per il tono di voce usato dal terzo compare, quanto per la possibilità che questi potesse irritarsi ulteriormente e non era auspicabile mentre si trovava nei pressi della figlia prematura di un semidio, “ha fame,” dichiarò il dottor Banner dopo aver scoperto la parte superiore di quel corpicino fragile.
“Ho tutti i biberon che ci servono!” Intervenne Tony frugando in una delle buste di plastica che aveva portato alla base senza destare sospetto alcuno. Se avessero dovuto sospettare di Anthony Stark ogni volta che ce n’era veramente bisogno, probabilmente sarebbero impazziti tutti nel giro di ventiquattro ore. “Compreso quello per i prematuri, che sembra più un contagocce, a parer mio.”
Steve fissava l’incubatrice da debita distanza, come se avesse paura di guardare da vicino cosa vi era contenuto all’interno. “Assomiglia ad una normalissima bambina,” commentò Bruce notando l’indecisione sul volto del biondo, “non ha niente di mostruoso, è solo molto più piccola di quello che dovrebbe essere.”
Tony fece un gesto vago con una mano, “il Capitano è in fase di negazione, il suo marchio di fabbrica anni ’40 gli impedisce di accettare quanto è avvenuto.”
“Penso di aver visto cosa più mostruose di questa,” commentò Bruce sorridendo alla neonata.
“Io sinceramente no,” ammise Tony percorrendo la stanza a grandi passi, lasciando Steve solo nel suo angolo, “ma Bruce ha ragione, Steve, è solo una bambina.”
“Siamo sicuri che abbia bisogno di latte?” Domandò Steve per focalizzare la discussione su un altro punto.
“Se Thor mangia cose umane in quantità che possono eguagliare le tue, non vedo perché una mini semidea non debba nutrirsi di latte.”
“Non è Thor che dovremmo prendere in considerazione, credo.”
“Perché no? È il padre.”
“Smettila una volta per tutte con questa storia!”
“Piuttosto qualcuno sa se Thor è vivo?” Chiese Tony con fare rilassato, “se è rimasto in piedi dopo lo shock, Loki ci metterà un attimo a stenderlo.”
“A me sembrava Loki quello bello che steso,” commentò Steve, “credo che se lo avessimo consegnato senza troppe precauzioni, non avrebbe mosso un dito contro di noi.”
“Sono d’accordo,” Bruce annuì.
“Io una seconda defenestrazione non la rischio, ragazzi, specie dalle vette di quest’enorme cosa antiestetica fluttuante.”
“Preoccupiamoci del latte, ora,” Bruce osservò il minuscolo biberon tra le dita di Tony, “penso che sia ottimo per cominciare. Se avrà più fame, tra qualche ora potremmo anche esagerare un po’.”
Steve scosse la testa, “io non credo che dovremmo farlo noi.”
“Ottimo, Steve! Missione latte!”
“Perché io?”
“Perché se lo faccio io, il primo che mi vede va a riferire a Fury che ho messo incinta qualcuna e non vorrei che le conseguenze delle epiche gesta di Thor ricadessero su di me. Le mie sono già un peso sufficiente.”
“Oh, santo cielo! Thor non è il padre, Stark!”
“Pensaci, Steve! È la cosa meno mostruosa che potremmo venire a sapere, se dietro la principessina c’è qualcosa di peggiore, il prossimo a finire sul pavimento sarai tu.”
“Dammi quell’affare!” Sibilò Steve strappando il piccolo biberon dalla presa di Tony, “io rimango dell’idea che non dovremmo farlo.”
“Sì, Capitano, lasciamo morire la figlia del male di fame!”
“Non penso che intenda questo, Stark,” intervenne Bruce e Steve annuì, “non mi sembra giusto che ci stiamo vivendo le sue prime ore quando sull’altro livello ci sono i suoi parenti.”
“Genitori…”
“Non ha importanza, ora! Loki non può essere qui e va bene, ma Thor ha diritto di esserci più di chiunque di noi!”
“Tu lo vedi, Capitano?” Chiese Tony mortalmente serio, “io no e la bambina nemmeno. Lei ha fame e ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei, sfortunatamente non ci sono suoi congiunti presenti ma la priorità ora non sono i sentimentalismi. La priorità è che la signorina ha fame e non brilla certo come peso massimo, quindi ora tu te ne andrai in cucina a fare la tua parte nel prenderti cura di una bambina prematura che, suo malgrado, è figlia dell’ultimo nemico dell’umanità. È abbastanza?”
Steve aprì la bocca per dire qualcosa, qualunque cosa. Peccato che chiudere la bocca altrui fosse una delle cose che a Stark riusciva meglio, armatura a parte.


Ancora poco e Loki avrebbe cominciato a dubitare persino del suo stesso nome.
Non era nemmeno sicuro che il ricordo di quel pianto che continuava a riecheggiare nella sua testa fosse realmente del bambino. Aveva perso i sensi troppo in fretta per poter escludere con sicurezza che non fosse tutto uno scherzetto della sua mente provocato dall’aver oltrepassato abbondantemente il limite di resistenza del suo corpo e della sua psiche. Gli sembrava di aver udito quell’insopportabile uomo di metallo collassare a terra, credeva di aver intravisto quel mostro verde travestito da umano stringere con cautela qualcosa al petto mentre si allontanava con urgenza.
Per assurdo, l’unica cosa che ricordava con estrema nitidezza – oltre a quel dolore lancinante a causa del quale, per degli istanti interminabile, aveva creduto di essere in punto di morte – era la mano di Thor stretta nella sua, era la sua voce che continuava a sussurrargli parole che non si era preoccupato di memorizzare, era il modo disperato in cui aveva urlato il suo nome quando Loki si era arreso all’incoscienza.
Doveva essere ancora abbastanza esausto da addormentarsi senza accorgersene o Thor si era improvvisamente trasformato in una persona posata e silenziosa, se Loki non si era accorto della sua presenza nella stanza per la seconda volta nella stessa giornata.
“Ti ho portato dei vestiti puliti,” dichiarò Thor lasciando cadere in fondo al letto degli indumenti disgustosamente umani, “sono miei.”
Loki era indeciso se scoppiare a ridere o tirargli un calcio da qualche parte. Alla fine, si limitò a lanciargli lo sguardo più velenoso del suo repertorio: solo allora si accorse che il mantello rosso e tutto il completo principesco da idiota era stato sostituito con qualcosa di decisamente più sobrio e anonimo.
La spia rossa della telecamera sopra di loro smise di lampeggiare e Loki avrebbe voluto prendere a calci anche loro per la loro non richiesta discrezione. Tornò a porre attenzione su Thor solo quando questi accidentalmente lo sfiorò per liberarlo delle catene, “siediti, ti aiuto io.”
Che cos’altro doveva fare per farsi odiare da questo maledetto idiota?
“Hai già elaborato gli ultimi avvenimenti o li stai deliberatamente ignorando?” Chiese Loki con voluta acidità, non che Thor si offendesse per così poco, ormai. Era troppo imbecille anche per capire gli insulti!
Per tutta risposta Thor lo afferrò per un braccio e, prima che Loki potesse divincolarsi, lo issò a sedere sul bordo di quella specie di tavolo per cavie da laboratorio.
Probabilmente sarebbe stata la fine che gli umani gli avrebbero fatto fare, rifletté Loki.
“Spogliati.”
Sperò che lo sguardò che seguì non sembrasse troppo esterrefatto, piuttosto gelido.
“Voglio aiutarti, frat…”
“Non ho bisogno del tuo aiuto!” Loki allungò una mano per afferrare i vestiti puliti senza interrompere il contatto visivo con Thor, “voltati,” gli ordinò alla fine. Fu il turno di Thor di essere divertito e non si sforzò nemmeno di nasconderlo, “stai scherzando?”
L’espressione di Loki era funerea.
“Passi che non vuoi farti toccare da me,” Thor non era mai stato un tipo paziente, “adesso non sopporti nemmeno che ti guardi?”
Non sopportava nemmeno di sentirlo o di percepire la sua presenza in prossimità della sua persona, se proprio doveva essere sincero.
“Loki, guardami, sono io! Sono Thor! Sono tuo fratello, maledizione!”
Il silenzio era l’unica arma a sua disposizione, era talmente a pezzi che aprire bocca avrebbe voluto dire regalare una vittoria a Thor e si sarebbe decapitato da solo, piuttosto.
Da parte sua, il dio del tuono cominciò a vagare per la stanza a grandi passi sfogando l’irritazione che non poteva scagliare contro il reale destinatario. Loki non si mosse, non lo seguì nemmeno con lo sguardo, si limitò ad aspettare pazientemente che Thor facesse l’ennesimo passo per far male ad entrambi.
“Non è possibile quello che mi hai detto,” commentò dopo poco fermandosi alle spalle del fratello, “i tempi non portano.”
Loki sorrise, una perfetta combinazione di delusione confermata, sarcasmo e amarezza, “perché stai cercando scuse per tirarti fuori da una cosa che non riguarda neanche me?”
Poté quasi sentirgli gli occhi azzurri di suoi fratello che lo fissavano, “sei impazzito?”
“Se è una battuta non fa ridere…”
“Loki!” Thor fece il giro del letto per poterlo nuovamente guardare negli occhi, “non è così che vanno le cose!”
“A no?” Il sarcasmo nella voce del più giovane era più tagliente della lama che gli aveva conficcato nel fianco sulla torre di Stark, “e come va di solito, Thor? La solita vecchia, banale storia di mamma e papà che s’innamorano e, con loro immensa gioia, siamo nati noi? Quante volte ce l’hanno raccontata? Quante volte ci ho creduto prima di capire che l’unico bambino di quel bel lieto fine eri tu, solo tu! Io ero quello delle storie tragiche che nessun genitore racconta!”
“E vuoi che questo bambino sia quello dopo di te?” Domandò Thor esterrefatto.
Il sorrisetto di Loki era quanto di più terribile Thor avesse visto nelle ultime ore e di cose ne aveva viste tante di recente, “almeno io invece di abbandonarlo in una landa ghiaccio ad aspettare la morte, lo metto direttamente a disposizione del primo semi-dio di sangue reale troppo corroso dai sensi di colpa per poterlo lasciare in balia del suo destino.”
“Loki…”
“Gli daresti un fratellino prima o poi, no? Qualcuno con cui condividere tutto, al punto da non saper immaginare la proprio vita senza l’altro, al punto da…” Un risatina isterica, “lo faresti, Thor? Faresti tutto quello che nostro padre ha fatto per me, per quel bambino?”
Thor sospirò stancamente, “devi dirmi chi è il padre.”
“Te l’ho già detto…”
“Voglio la verità!”
“Lo vedi? Non ha senso fare differenza tra menzogna e realtà, alla fine si crede solo a ciò che si vuole credere vero o falso che sia.”
“Non è possibile quello che mi hai detto…”
“Lo so.”
“Allora perché cerchi di convincermi che si tratta della verità?”
“Perché se avessi voluto mentirti, sarei stato perfettamente in grado d’inventare una storiella a cui tu avresti creduto senza battere ciglio invece di scagliarti addosso una verità che non ha senso nemmeno per me!”
Thor non replicò, non poteva.
Se Loki avesse voluto mentire, avrebbe saputo come fare. Era parte della sua natura ancor prima che il mondo dorato in cui erano cresciuti crollasse addosso ad entrambi. Prima che quel giochetto fatale di odio e bugie cominciasse.
“Non lo sapevo.”
Doveva essere la verità, sul serio, doveva.
“L’ho scoperto proprio quando l’hai scoperto anche tu.”
Perché non era possibile che un bugiardo di talento come Loki s’inventasse una trama che faceva acqua da tutte le parti per ingannare la persona che meglio conosceva al mondo.
“Non sapevo di aspettare un bambino.”
Thor non disse nulla per un po’, come se quelle parole non lo avessero sfiorato nemmeno, “non ha senso…”
“Per quanto sia umiliante ammetterlo, io ne so quanto te.”
“Non ci si può non accorgere di una cosa del genere!”
“Tu non ti sei accorto di avere un mostro accanto a te per tutta la vita...”
Thor fece un gesto annoiato, “non è la stessa cosa, Loki!”
“A no? E perché?” Gli era sempre piaciuto provocare, gli riusciva bene.
“Era…” Thor sembrava quasi in difficoltà a dirlo, “era dentro di te…”
“Come qualcun altro prima di lui,” l’imbarazzo adolescenziale sul viso di Thor fu una vittoria puerile di cui Loki si sentì particolarmente fiero. Fu l’espressione gelida a seguire che fece perdere a Loki ogni desiderio di fare il sarcastico, “chi era?”
“Chi?”
“Dopo di me…” Fu la risposta sofferta, “chi c’è stato dopo di me?”
Possessivo, capriccioso. Che nessuno osasse toccare ciò che era del principino. Pena: la folgorazione.
E Loki era talmente esausto che non sapeva come prenderla quella domanda, “che risposta vuoi sentire?”
“Di verità ce n’è solo una.”
“Non è vero. Te l’ho già detto, no? Crederai solo quello che vuoi credere.”
“Mettimi alla prova.”
Sembra risoluto, il dio del tuono, ma Loki sapeva che dentro moriva un poco ogni secondo che lui si ostinava a rimanere in silenzio, “quel bambino è tuo, Thor.”
“Voglio sapere perché ne sei così certo?”
E Thor quasi sorrise quando Loki lo guardò con quell’espressione esasperata che sapeva essere per lui, solo per lui. Lo faceva sentire a casa.
“Hai presente quella storiella di cui parlavo prima, riguardo la mamma e il papà che s’innamorano? Bene, forse non lo sai ma una cosa universalmente vera c’è: funziona solo se si è in due!”
“Noi due?”
Perché lo chiedeva con quel fare solenne? Come se lui non avesse passato le ultime due ore a ripeterlo!
“Noi due…”
Per un momento Loki credette che Thor non avesse capito neanche una parola di quelle che si erano detti, perché il sorriso che gli rivolse non aveva alcun senso. Nessuno!
“Solo io?”
Loki inarcò le sopracciglia.
“Ci sono stato solo…?”
“Sì!” Rispose di botto Loki prima che Thor potesse esprimere ad alta voce il motivo di tanta gioia infantile. Poi lo capì, come si capisce qualcosa di banale che si è ignorato nonostante fosse stato sempre lì, davanti agli occhi. Non era il bambino che preoccupava Thor, non era la possibilità che potesse essere suo.
Era tutto il contrario.
Solo tu. Non c’è stato nessun altro, solo tu.
Era tutto quello che aveva bisogno di sentirsi dire e Loki lo aveva fatto senza nemmeno volerlo.
Abbassò lo sguardo come per nascondersi da quegli occhi azzurri che improvvisamente lo guardavano con adorazione. Quando lo sentì prendergli il viso tra le mani, gli sembrò quasi di morire.
Non poteva andare così. Non doveva andare così!
“Abbiamo un bambino?”
E Loki avrebbe voluto negare tutto, ricominciare da capo. Ripartire dal punto in cui era stato ad un passo dal spezzare l’erede di Odino come solo lui poteva fare, perché solo lui aveva un simile potere.
Solo lui poteva fare realmente del male a Thor, perché se così non fosse stato, avrebbe significato che suo fratello aveva smesso di cercarlo. Di volerlo. Di amarlo.
“Abbiamo un bambino…”
Nessuno dei due si accorse che la telecamera aveva ripreso a funzionare.


“Steven! Non far cadere la bambina, Steven!”
Tony Stark accolse il tonfo sordo alle sue spalle con un gran sorriso vittorioso, gli occhi ancora incollati al piccolo schermo dai colori sfocati della telecamera di sorveglianza che spense con un gesto quasi casuale, prima che i due protagonisti della scena del secolo si accorgessero di essere osservati, “io ve l’avevo detto!”

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Capitolo 3
*** III ***


III


Se solo una settimana prima, qualcuno avesse detto a Odino e Frigga che nell’universo esisteva qualcosa in grado di attirare l’attenzione di Thor abbastanza da farlo stare fermo e buono per cinque minuti di fila, probabilmente lo avrebbero deriso.

E dopo appena una settimana di vita, Loki aveva avuto il potere di spiazzarli tutti incollando l’attenzione di suo fratello su di sé per intere ore di pura calma e silenzio.
Frigga soleva far giocare i bambini nella camera matrimoniale, terrorizzata all’idea di lasciarli con chiunque altro. Alcune volte, persino con suo marito.

La guerra stava finendo, la vittoria sarebbe stata sicuramente loro ma i tempi erano lungi dall’essere sicuri e Frigga preferiva passare da madre ansiosa ed iperprotettiva, piuttosto che rischiare la sicurezza dei suoi bambini. Quella di Loki quanto quella di Thor, perché sapeva che non avrebbe sopportato l’idea di vedersi strappare quel neonato dalle braccia. Non dopo che l’aveva stretto al seno per sette notti insonni tremando al pensiero che se Loki non avesse pianto, se Odino non l’avesse udito, si sarebbe persa tante cose meravigliose.
Come l’espressione seriosa sul viso infantile di Thor mentre se ne stava a fissare il suo fratellino dormire in mezzo al letto dei genitori, spalancando gli occhi azzurri ad ogni minimo movimento di Loki, come se fosse il fenomeno più grandioso dell’universo. Thor non aveva impiegato molto tempo a vincere la diffidenza iniziale. Dopo una prima fase di studio a distanza, si era dato agli esperimenti ravvicinati.

Solo il giorno prima, Frigga lo aveva colto mentre toccava con interesse una delle manine di Loki, per poi fissare la propria. Se avesse saputo contare, probabilmente si sarebbe messo a fare l’appello alle dita di mani e piedi per vedere se c’erano tutte.
“Thor, con gentilezza,” lo avvertì dolcemente sua madre mentre il bambino biondo punzecchiava la guancia morbida del neonato con un dito che non avrebbe avuto difficoltà a finire in un occhio al primo movimento brusco. Frigga sapeva che avrebbe dovuto dirgli di stare fermo, di non disturbare il suo fratellino mentre dormiva, ma il modo in cui Loki s’imbronciava nel sonno per poi rilassarsi nuovamente fino a che Thor non arrivava a disturbarlo di nuovo era una scena troppo adorabile di cui privarsi.
Di solito Loki si svegliava poco dopo, senza emettere alcun suono e fissando suo fratello con sguardo annoiato, sempre ammesso che un neonato di pochi giorni potesse averlo. Thor allora sorrideva soddisfatto e lo guardava trionfante.
Loki guardava Thor e Thor guardava Loki. E restavano a guardarsi fino a che Loki non si stufava di quell’immobilità e cominciava a chiamare la mamma scalciando e agitando le piccole braccia.
Solo durante la notte, Loki diventava una preoccupazione.
Il piccino aveva più problemi con il buio e con il silenzio di quanti non avesse mai avuti Thor in tutta la sua breve vita. Frigga temeva che fosse un segno indelebile che gli sarebbe sempre rimasto dell’abbandono che aveva dovuto subire non appena venuto al mondo.
Ricordava alla perfezione il giorno in cui Thor era venuto alla luce. Il suo terrore era svanito nel momento in cui aveva sentito suo figlio piangere per la prima volta, ma quello di Thor era durato fino a che non l’avevano messo tra le braccia di sua madre: il posto più sicuro di quel nuovo mondo sconosciuto e spaventoso.
Nessuno aveva fatto lo stesso con Loki e il pensiero era sufficiente a far ribollire Frigga di rabbia, come se quel bambino fosse stato suo fin dal principio. Come se avessero osato ferire suo figlio, sebbene quel neonato non fosse nemmeno suo ancora.
Poi una notte, Frigga si era svegliata nel silenzio più totale e questo l’aveva spaventata più dell’ennesimo pianto acuto da parte del suo nuovo bambino. Si era avvicinata alla culla correndo, ma si era bloccata a metà strada a causa di una vocina a lei familiare che sussurrava nel buio parole incomprensibili.
Aveva esaurito la distanza rimanente lentamente e, senza farsi vedere, aveva sbirciato all’interno della sontuosa culla dove Thor se ne stava tutto raggomitolato da una parte mormorando cose che Frigga non udì mai chiaramente. E Loki se ne stava sul lato opposto, fissando suo fratello con quegli occhi verdi che nel buio sembravano quasi brillare di luce propria. La paura del buio e del silenzio era sparita.
Era stato Thor ad accendere la luce.


Steve non aveva capito molte cose da quando era uscito dal suo stato d’ibernazione ritrovandosi in un’epoca che per lui era peggio di un pianeta alieno. Ma una cosa gli era chiara! Ogni volta che Tony Stark armeggiava con quel suo cellu-coso, ci si poteva aspettare soltanto guai!
Per questo, quando era tornato dalla cucina con il latte per la bambina e aveva trovato il fantomatico miliardario filantropo con quell’arnese in mano, aveva pregato con tutte le sue forze che una turbolenza o qualsiasi altra cosa glielo facesse rovinosamente cadere di mano.
“Oh, Fury ha spento la telecamera della cella. Significa che lì dentro stanno girando dei bei filmini, sicuro!”
Steve l’aveva ignorato con tutte le sue forze, mentre Bruce apriva l’incubatrice per sollevare con quanta più delicatezza poteva la creaturina avvolta nell’asciugamano bianco, “vuoi avere l’onore?”
“Eh?” Steve non era sicuro di aver afferrato il concetto.
“È più al sicuro in braccio a te che a me,” spiegò Bruce con un’alzata di spalle e Steve non aveva avuto il cuore di replicare: non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere a quella cosina se, per puro caso, Bruce l’avesse avuta tra le mani in un improvviso attacco di nervi.
“Ok, cerca di distenderla in maniera tale da tenere le testa un po’ sollevata, così riuscirà a succhiare meglio.”
“Così?”
“Sì, ma tu cerca di respirare nel frattempo.”
La boccuccia rosa si attaccò a quella sorta di biberon in miniatura quasi con disperazione e a Steve venne voglia di scendere un paio di rampe di scale di corsa e presentare a Loki un conto a parte per quanto aveva fatto a sua figlia. “Ti fa quasi sentire in colpa per aver preso suo padre a calci, vero?” Domandò Bruce intuendo parte dei suoi pensieri.
“M’incentiva a riprovarci ora,” rispose Steve guardando la piccola sbadigliare non appena ebbe finito di consumare il pasto. Appena una manciata di secondi dopo, Tony aveva alzato a tutto volume l’audio di quel maledetto affare che aveva tra le mani permettendo a tutti di sentire una conversazione che, probabilmente, sarebbe dovuta rimanere privata.
“Steven! Steven! Non far cadere la bambina, Steven!”
Ma Steve aveva avuto il buon senso di aspettare che qualcuno gli togliesse la piccola dalle mani prima di stramazzare al suolo. Quando riprese conoscenza, le voci di Thor e Loki stavano ancora riecheggiando  nel laboratorio e fu seriamente tentato di scaraventare contro il muro sia Stark che quel suo infernale giocattolino, ma mettendosi a sedere si rese conto che i due semi-dei probabilmente era ascoltati dall’intero staff dello S.h.i.e.l.d. presente sull’areo-nave.
Si guardò intorno esterrefatto e vide solo Bruce accanto all’incubatrice, “qualunque cosa stiano facendo meglio che la smettano o non avranno più un buon motivo per cui discutere.”
“Che succede?” Domandò il Capitano alzandosi traballante per dare un’occhiata alla piccina, “perché trema in questo modo?”
“Perché è terrorizzata.”
Steve si guardò intorno, “dov’è Stark?”
“A prendere una lampadina nuova,” rispose Bruce senza una reale espressione.
“Si preoccupa delle lampadine mentre di sotto stanno combattendo l’apocalisse?”
Fu la bambina a rispondere con uno strillo acuto che le fece diventare il piccolo viso completamente rosso, quasi tendente al viola. “Ho capito! Intervengo io!”
“No! Steven, non immischiamoci! Siamo più utili a lei che a Thor, in questo momento!”
Steve avrebbe potuto trovare almeno una dozzina di modi per replicare, come che il loro aiuto era ben poca cosa quando i genitori biologici si erano praticamente scordati di lei per occuparsi di faccende momentaneamente futili, ma la porta del laboratorio si aprì prima che lui stesso potesse raggiungerla.
Nel momento in cui Natasha Romanoff lo scrutò con fare glaciale, silenziosamente seguita da Clint Barton, il Capitano rimpianse la presenza dell’insopportabile Tony Stark.
“Che cosa state facendo qui dentro?”


C’era una cosa di Loki che Thor finiva sempre col dimenticare: suo fratello sapeva essere un attore consumato al pari di quanto poteva dimostrarsi un sincero bastardo. “L’avrei ucciso, se l’avessi saputo.”
Dopo che Thor era riuscito a farsi dire tutto quello che voleva sentire da Loki, dopo che l’idea di essere divenuto padre l’aveva travolto portandosi dietro un carico di emozioni che ebbero il potere di fargli scordare ogni singolo crimine commesso da suo fratello nell’ultimo anno, dopo che… Dopo che… Dopo che si era bellamente illuso che alla fine, in un modo o nell’altro, tutto sarebbe andato bene.
Dopo, Loki si era sentito in dovere di diventare improvvisamente sincero e rovinare tutto.
“Se avessi potuto scegliere, l’avrei gettato via alla prima occasione,” ripeté Loki, mentre Thor lo lasciava andare e faceva un passo indietro, “non lo volevo, non lo voglio.”
Il viso di Loki non aveva espressione, come se il soggetto di quella loro spiacevole conversazione non fosse una cosa viva. Thor non sapeva come replicare, era troppo occupato a decidere cosa gli faceva più male di quella confessione. Non l’aveva neanche visto quel bambino, non era nemmeno sicuro di aver elaborato e assimilato l’idea di essere diventato genitore, ma il pensiero che Loki avrebbe potuto togliergli la possibilità di saperlo, di sentirlo, offuscava ogni lume di razionalità.
“Non provare ad iniziare un discorso moralista!” Lo avvertì Loki, “se l’avessimo scoperto a tempo debito, saresti stato il primo a suggerire una soluzione estrema.”
Thor non sapeva da dove gli venisse la forza per mantenere quel briciolo di autocontrollo che gli rimaneva, “non ti azzardare a cercare giustificazioni in fatti che non sono mai avvenuti!”
Loki rise, una di quelle risate vuote che mettevano drammaticamente in luce la tragedia che si portava dentro, nascosto dietro puerili deliri di conquista e onnipotenza, “certo, sarebbe stato il dono perfetto per la tua incoronazione, no?”
Thor si rifiutò di andare dietro a quel giochetto velenoso.
“E non dimentichiamo che eravamo ancora convinti di essere fratelli quel giorno.”
“Siamo ancora fratelli, maledizione!”
“Ah, sì? Mi hai scopato per anni, sono il principe rinnegato dei mostri che tanto sognavi di poter estirpare dalla faccia del creato, ti ho appena dato un figlio, eppure continui a delirare sull’amore fraterno? Bene! Cerca di spiegarmi il tuo punto di vista, Thor, perché, al momento, assomigli tanto ad una contraddizione vivente!”
“Io sarei quello contradditorio?” Replicò Thor con rabbia, “sei tu quello che è riuscito a rivedere ogni singolo istante della nostra vita contraddicendolo come più ti faceva comodo!”
“Oh no, fratello adorato, la particolare adorazione di tuo padre per te e i tuoi continui vaneggiamenti di guerra e gloria a sfavore di quegli orridi mostri di ghiaccio, sono sempre stati particolarmente chiari!”
“Non parlavo di te! Non l’avrei mai detto se…”
Nostro padre lo sapeva! Quando ci raccontava quelle ridicole storielle per spaventarci e farci filare a letto senza fare i capricci. Lui lo sapeva cosa stava dicendo! Sapeva ogni minima implicazione delle sue parole e questo non l’ha fermato dal dirle ad entrambi!”
“Loki…”
“Ogni volta, era come se educasse te e rinnegasse me. Noi non potevamo saperlo, no. Ma lui… Lui…”
“Loki!” Thor gli prese nuovamente il viso tra le mani, “nostro padre non è qui! Ci sono io e ho bisogno che tu capisca l’importanza di quel che abbiamo creato insieme.”
Loki scosse la testa impercettibilmente, “le uniche cose che siamo riusciti a creare insieme sono grandi, pesanti, imperdonabili errori, Thor.”
Peccato che l’altro fosse lungi dal dargliela vinta, “non mi farai mai pentire di quello che siamo stati insieme. Per tutto il resto sono più che bravo a pentirmi da solo, sia quando ti ho fatto male come fratello che come amante… E per quest’ultimo non so se troverò mai il coraggio per chiederti scusa.”
“Non me ne faccio nulla delle tue scuse,” sibilò Loki tentando di spintonarlo via ma si ritrovò solo con entrambe le mani di Thor serrate sulle sue spalle. Non importava quanto ci provasse, questa volta Thor non gli avrebbe lasciato vie di scampo, a costo di piegarlo con la forza.
Loki puntò gli occhi sul pavimento così che Thor non potesse leggere nemmeno il più lieve barlume di emozione nei suoi occhi, “non l’abbiamo cercato, non l’abbiamo voluto. Un anno fa, quando l’abbiamo concepito, tu quel bambino non avresti voluto nemmeno sentir nominare.”
“Non parliamo di se e se, mi fa male la testa.”
“Perché non sei abituato a pensare…”
“Dimmi che non l’avresti fatto, ti prego,” la voce di Thor tremava, “dimmi che non avresti mai ucciso nostro figlio senza nemmeno farmi sapere che era dentro di te, ti scongiuro.”
Loki alzò gli occhi verdi e Thor sentì una dolorosa nota di nostalgia al ricordo che una volta vi aveva visto dolcezza mentre lo guardavano. Ora vi vedeva solo il vuoto.
“E invece sì,” probabilmente se l’avesse ridotto ad uno stato agonizzante, gli avrebbe fatto meno male, “sia il fratello che avevi, che il mostro che hai tra le braccia ora, lo avrebbero fatto.”
Thor chiuse gli occhi mordendosi il labbro inferiore quasi con violenza, “ma nostro figlio ora è qui, no?” Speranza, dannata speranza, “è vivo, sta bene e ha bisogno di noi.”
Loki non disse nulla.
“Io sono terrorizzato all’idea di vederlo,” ammise il biondo con un sorriso un po’ imbarazzato, “eppure mi sembra di aver aspettato questo momento per tutta la vita.”
Suo fratello continuava a fissarlo in silenzio.
“Loki, ti supplico…” Thor tentò di accarezzargli una guancia e Loki ne approfittò per spingerlo via con quanta forza aveva e fu sufficiente a far finire Thor con le spalle al muro.
“Pensi che abbia bisogno di rassicurazioni?” Sibilò, “pensi che sia la paura a farmi parlare? Mi dispiace deluderti, Thor, ma l’idea di aver dato la luce tuo figlio, semplicemente, mi disgusta fino alla nausea! Mi rifiuto di riconoscere quella cosa come mia! Mi rifiuto di provare il ben che minimo affetto nei suoi confronti! Lo avrei preferito morto! Lo voglio morto, ora!”
Quel che successe dopo non gli fu del tutto chiaro, semplicemente gli mancò la terra sotto i piedi e si ritrovò premuto con violenza contro il muro con Thor che sembrava indeciso se soffocarlo o percuoterlo fino a fracassargli completamente le ossa, spappolando gli organi interni nel processo.
Loki sorrise soddisfatto tra una fitta di dolore e l’altra, “ti prego, mi risparmieresti un disturbo piuttosto gravoso.”
In tutta franchezza, era meglio farla finita lì, per mano di Thor, che subire tutto ciò che quei mostri disgustosi avevano in serbo per lui. Sarebbe stato il migliore modo per calare il sipario: lasciare suo fratello a rivoltarsi nella follia dei sensi di colpa per essersi macchiato le mani del suo sangue, mentre i Chitauri avrebbero rivoltato l’intera galassia per pagare il conto in sospeso con lui su suo figlio.
Avrebbe dannato il dio del tuono nella morte come in vita non avrebbe mai saputo fare.
Fu una turbolenza a riportare Thor alla ragione e Loki con i piedi per terra. Almeno, finché entrambi non collassarono sul pavimento a causa di un pericoloso ondeggiamento dell’areo-nave.
Un familiare fragore all’esterno fece sorridere sarcasticamente Loki, “non perdevi il controllo così da quando avevi quattordici o quindici anni!”
Ma Thor non sembrava affatto fuori controllo, piuttosto spaesato, “non sono io…” Balbettò rimettendosi in piedi a fatica e Loki smise di sorridere quando si rese conto che diceva sul serio, “non sono io!”


“Qualcuna è riuscita a fregare Stark, alla fine,” commentò Natasha osservando con fare del tutto distaccato la piccola all’interno dell’incubatrice, “si sta nascondendo per la vergogna?”
Steve rise, rise di cuore, non sapeva se per la battuta ai danni di Tony o per il sollievo di una reazione tanto democratica da parte dei due agenti. Clint, da parte sua, se n’era rimasto in silenzio tutto il tempo studiando il corpicino tremante con attenzione, “dove l’avete trovato?”
“È una di quelle cose che si vive meglio senza saperle, credimi,” rispose Steve rabbrividendo appena al ricordo di quello che era accaduto sulla torre di Stark appena qualche ora prima. “Fury lo sa?” S’informò subito l’agente Romanoff.
“Non penso che Fury sarebbe felice di saperlo. È meglio che si goda la vittoria ancora per un po’,” rispose Bruce passando due dita sulla testolina della bambina che continuava a singhiozzare a causa delle urla di Thor e Loki, “che succede di sotto?”
“Non lo sappiamo,” rispose Clint senza smettere di fissare la piccola, “Thor ha chiesto di spegnere le videocamere e nemmeno Fury è incline a non rispettare la sua volontà.”
La bambina emise un verso stridulo appena prima che la luce esterna calasse di colpo. “È già notte?” Domandò Steve spostandosi per vedere l’esterno dalla vetrata del laboratorio.
“No, Capitano, è solo un comune temporale!” Esclamò Tony Stark rientrando in laboratorio con un sorriso rilassato e sventolando una lampadina nella mano destra con fare trionfale. “Io non posso credere che tu te ne sia andato in giro tranquillamente con tutto quello che sta accadendo qui!” Esclamò Steve rabbioso non appena lo vide, “e quella dove l’hai presa?”
“Dall’ufficio di Fury!” Rispose Tony spostandosi verso la sua scrivania, “odio privarmi di luce, non riesco a dare il meglio di me al buio. Ah! Vedo che i babysitter sono aumentati!”
“Lo dobbiamo a te questo?” Domandò freddamente Natasha indicando l’incubatrice con un cenno del capo.
“Modestamente, sì! È uno dei miei primi esperimenti per il settore ospedaliero, alla principessa non dispiace.”
“Non mi riferivo all’incubatrice, Stark.”
“È una bambina?” Domandò Clint.
“Sì, una bellissima femminuccia!” Esclamò Tony avvicinandosi a Bruce, “non sembra di buon umore.”
“Sei l’unico a non sentire il concerto del piano di sotto?” Domandò Steve con voluto sarcasmo.
“Non fare il sarcastico, Capitano, non ti riesce! E comunque li stanno ascoltando tutti, ci manca poco che qualcuno faccia attenzione a quello che dicono e si faranno scoprire nel modo più ridicolo della storia.”
“Scoprire cosa?” Chiese Natasha sospettosa.
“Ah! Non glielo avete ancora detto?” Domandò Tony passando lo sguardo da Bruce a Steve.
“E toglierti il divertimento, Stark? Non oseremmo mai!”
“Sempre un galantuomo, Capitano, sempre!” Tony si rivolse poi a Natasha ben consapevole che Clint lo stava ascoltando con la stessa attenzione, “vi dico solo che la nostra signorina è il motivo della discussione apocalittica che i due fratellini stanno avendo al piano di sotto!”
Clint sbatté le palpebre un paio di volte, “non credo di aver capito.”
“Non ti sforzare di farlo, è un consiglio d’amico,” intervenne Steve.
“Prima di andare oltre penso che dovremmo assicurarci la loro collaborazione,” li interruppe gentilmente Bruce, “non possiamo rischiare soffiate fuori da questa stanza.”
“Tranquillo, Banner, l’agente Romanoff è abbastanza intelligente da capire che minacciare l’incolumità della prole di due semi-dei non è consigliabile.”
Natasha non disse nulla, solo l’espressione esterrefatta sul suo viso lasciava intendere che doveva aver intuito qualcosa, “non è divertente, Stark.”
“Certo che non lo è, la verità non lo è mai!”
“La bambina è figlia di uno dei due?” Chiese Clint con improvvisa freddezza.
“Non uno…” Mormorò Tony completamente divertito dall’idea di permettere a quei due di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle un poco alla volta. Natasha scosse la testa con un sospiro annoiato, “hai battuta la testa di brutto là fuori, vero?”
“Chiedilo a Loki, non sarà molto felice di sentirti fare del sarcasmo su questo argomento.”
Clint non aveva più emesso suono.
“Non ha senso quello che stai insinuando, Stark.”
“Thor sembrava sconvolto quanto noi,” ammise Tony scrollando le spalle, “ciò non cambia quello che è successo, il risultato ce l’hai sotto gli occhi.”
Il rumore di un tuono in lontananza fu seguito, a breve, da un altro strillo acuto da parte della bambina.
“Che c’è, principessa?” Domandò Tony infilando una mano nell’incubatrice per sfiorare una delle manine minuscole, “papà è il signore dei temporali, dovrai cominciare a farci l’abitudine.”
Clint scosse la testa, “non possiamo tenerla qui.”
“Cerca di stare calmo, Clint,” disse Natasha fissando la neonata di fronte a sé.
“È sua figlia! Per quel che ne sappiamo, tra qualche minuto potrebbe cominciare a fare il lavaggio del cervello a tutti.”
“Io dubito che una neonata prematura di nemmeno due kili possa essere pericolosa in qualche modo,” replicò Bruce con un filo di sarcasmo. “Sono d’accordo con Banner,” intervenne Steve, “e poi che vorresti farne, sentiamo?”
“Metterla sotto chiave sarebbe un’idea.”
“Per l’amore del cielo, Robin Hood!” Sbottò Tony, “ comprendiamo il tuo astio verso sua ma… suo pa…”
“Padre!” Suggerì Steve.
“Padre, ok, padre… Ma non è nel mio stile far pagare ai figli le colpe dei loro genitori, io ci sono passato e, credetemi, è un vero schifo! Inoltre, anche se Thor non l’ha partorita non vedo perché dovrebbe passare come genitore di serie B… Steve non svenire!”
“Stai zitto!”
Una turbolenza improvvisa interruppe la discussione del gruppo facendo scoppiare, definitivamente, la bambina in un pianto dirotto, “complimenti Capitano!” Esclamò Tony.
“Non l’ho spaventata io!”
“A nessuno è venuto in mente d’interpellare Thor in tutto questo tempo?” Domandò innervosita Natasha.
“È quello che ho detto fin dall’inizio!” Sbottò Steve.
“Sei diventato sordo, Capitano? Thor al momento è particolarmente occupato a far valere le proprie ragioni su quelle del fratellino schizzato!”
“Forse serve qualcuno che gli ricordi che Loki è senza speranza e c’è qualcun altro che ha bisogno di lui, ora.”
“Oh, sì! Andiamo a dire al dio del tuono che la persona per cui ribalterebbe mari e monti è un caso perso, ci ha quasi minacciato di morte perché l’abbiamo, giustamente, definito un assassino!”
“Dovrà accettarlo prima o poi!”
In lontananza, seguì l’ennesima esclamazione iraconda da parte di Thor, succeduta da uno strillo acuto della bambina ed un’altra turbolenza costrinse tutti a reggersi a qualcosa per non perdere l’equilibrio. Ma nessuno sembrava abbastanza lucido da prendere l’eventualità di una tempesta a quell’altitudine con la degna serietà.
“Perché non restituiamo il cucciolo alla bestia e mettiamo tutto nelle mani dell’unico parente presente in grado d’intendere e di volere?” Propose Natasha, “quel che dovevamo fare l’abbiamo fatto, il resto è responsabilità di Thor.”
“La bambina non è in grado di affrontare viaggi,” intervenne Bruce, “e non credo che Thor se la senta di rischiare, specialmente per far contenti noi.”
“Perché diamo così per scontato che sia felice di essere padre di…” Clint scosse la testa con un’espressione disgustata non riuscendo ad andare avanti. “Abbiamo le nostre fonti!” Chiarì Tony agitando il cellulare con la mano libera.
“Le tue fonti! Tue!” Replicò Steve. La neonata non la smetteva di piangere e non importava quando Bruce cercasse di tranquillizzarla. Fu allora che, per la prima volta dall’inizio di quell’infernale litigio, la voce di Loki si udì più forte e più chiara di quella di Thor.
“Lo avrei preferito morto! Lo voglio morto, ora!”
Per un momento il corpicino della piccola fu scosso da singhiozzi tanto violenti che Bruce sbiancò e Tony divenne serio di colpo costringendo tutti al silenzio più totale, “che le succede?” Chiese Steve avvicinandosi con urgenza. Bruce alzò gli occhi su di lui, “qualcuno deve andare a fermarli o…!”
La turbolenza questa volta fu tanto violenta che solo Tony e Steve riuscirono a rimanere in piedi aggrappandosi alla male e peggio all’incubatrice, mentre Bruce era atterrato su un fianco proprio per non cadervi rovinosamente sopra. La bambina strillava con quanta più voce aveva e, guardandola, Tony ebbe il timore di assistere ad una crisi respiratoria letale da un momento all’altro. “Stark, fa qualcosa!” Lo rimproverò Steve da qualche parte sul lato opposto dell’incubatrice.
Tony s’imbronciò, “non mi date mai un briciolo di fiducia ma nei momenti di panico pretendete sempre qualcosa!”
“Sei troppo vecchio per fare i capricci, piantala!”
“Ah! Sarei io il vecchio? Non rammento l’antiguerra a differenza di qualcu…!”
Quel che accadde dopo sarebbe stato difficile da raccontare anche col senno di poi. Un’ennesima turbolenza fece crollare a terra chi era riuscito a reggersi fino a quel momento, schiacciando ulteriormente contro il pavimento chi vi era già finito. Tony credette di sentire in lontananza il familiare suono di un allarme, seguito dal movimento frenetico di un indeterminato numero di persone. Dai rumori intorno a lui dedusse che il temporale doveva aver mandato in cortocircuito qualcosa. Forse l’intero laboratorio, ma questo non spiegava come mai, oltre alle scintille improvvise e al rumore elettrico, non sentisse nessuna piccola o media esplosione intorno a sé.
Forse quel piccolo mostro era riuscito a rompergli i timpani con l’ennesimo strillo infernale. Se mai quella cosa fosse arrivata a toccare l’adolescenza, Tony pregò mentalmente di non essere più nei paraggi da un pezzo.
Povero Thor… Povero Thor…
“Thor?”
Se riusciva ancora a sentire la voce di Steve, forse le sue orecchie erano ancora perfettamente funzionanti. Peccato che, al posto della presunta sordità, ora aveva la sensazione, decisamente più concreta, di avere tutti i capelli per aria in uno strano look da cantante punk o, forse, un porcospino sarebbe stato il termine di paragone migliore.
Fu a causa di quell’immagine mentale di se stesso che, quando riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare Thor con un’espressione tra lo scandalizzato e l’esterrefatto. Il semi-dio non si preoccupò minimamente di ricambiare lo sguardo in alcun modo o di verificare le condizioni in cui versavano i presenti. Tony, da parte sua, notò immediatamente che il suo unico modello ultra-moderno d’incubatrice era volato contro la vetrata interna del laboratorio, sfondandola. Steven? Sì, Steve stava bene, sull’altro lato della stanza e probabilmente aveva un aspetto più dignitoso del suo, fatto che lo innervosì parecchio. Natasha era poco lontano da lui e sembrava già sul punto di rialzarsi sulle proprie gambe, mentre le imprecazioni che provenivano dalla sua destra doveva appartenere a Clint.
Bruce doveva essere stato sbalzato di fuori, perché non era possibile che non si fosse già trasformato in un iracondo gigante verde dopo tutti quegli scossoni distruggi-nervi. Per ultimo, Thor se ne stava proprio di fronte a lui, un ginocchio sul pavimento e le braccia avvolte goffamente intorno a ciò che, in tutto quel trambusto, non si era mosso di un millimetro da quel che rimaneva della culla di vetro plastificato.
Buffo, ma Tony pensò che Loki avrebbe rimpianto di essersi perso quel momento per tutta la vita.
Il momento in cui il glorioso Thor si era, infine, inginocchiato di fronte a qualcun altro.
E Tony si chiese se Loki si era vagamente reso conto di aver dato alla luce la sola creatura nell’intero universo a cui, probabilmente, Thor sarebbe stato devoto fino alla morte. Verità o bugia. Tradimento o lealtà. Ombra o luce. Fuoco o ghiaccio.
Sempre, fino alla fine dei tempi.
Fu allora che involontariamente alzò il braccio destro per potersi tirare a sedere, la lampadina che aveva rubato dall’ufficio di Fury era ancora tra le sue dita. Era accesa.


“Stark, piantala!”
“Perché? È divertente!”
“Sentite, non possiamo sperare di continuare a nasconderla ancora per molto, lo spazio sull’areo-nave è limitato!” Cercò di attirare la loro attenzione Natasha mentre si preoccupava di armare la porta della stanza di Thor con il sistema di sicurezza. Nessuna le concesse la propria attenzione. “È cresciuta?” Domandò Steve reclinando appena la testa, “a me sembra cresciuta.”
“Sì!” Esclamò Bruce, straordinariamente tranquillo e rilassato, “di un kilo e tre grammi per essere precisi, ora è quasi del peso di una bambina normale.”
“Ehi, Thor! Non è che voi crescete a vista d’occhio come certi semi-dei nei film?” Chiese Tony mentre la bambina distesa sul letto tentava di avvolgere le piccole dita intorno alla lampadina che si accedeva brevemente ad ogni minimo tocco. Dopo l’intervento fulmineo che li aveva salvati tutti dalla folgorazione, Thor se ne era rimasto in silenzio in un angolo, lasciando che gli altri facessero tutto il necessario per prendersi cura di sua figlia stando ben attento a non avvicinarsi più del dovuto. “Stark, cerca di farle un piccolo prelievo,” propose Bruce mentre sistemava sulla scrivania accanto al letto ciò che si era salvato del laboratorio, “controlliamo come si sviluppano le sue cellule.”
Tony annuì maneggiando abilmente una piccola siringa nella mano destra, tenendo fermo il braccio della piccola con la sinistra, “farà un po’ male, principessa, ma tu sei coraggiosa, vero?” Com’era prevedibile, non appena Tony ebbe finito di fare quel che doveva, l’espressione della neonata si contrasse seguita da qualche versetto lamentoso che fece sorridere teneramente i presenti. Tranne Thor.
“Che le hai fatto?!” Sbottò di colpo facendo sobbalzare tutti, “rispondi, Stark! Che diavolo le hai fatto?”
Nel giro di una manciata di secondo, Tony si vide scaraventato all’esterno, folgorato da un fulmine e bagnato da una pioggia torrenziale mentre i corvi si cibavano dei suoi resti spappolati e carbonizzati sul terreno. “Thor! Thor, aspetta!” Per sua fortuna, Steve non lo odiava ancora abbastanza da lasciarlo subire un simile destino, “devi calmarti, okay? Siamo noi! Ti abbiamo aiutato con tuo fratello e stiamo cercando di aiutarti con la piccola. Non posso immaginare come stai ma… Calmati!”
Thor non abbandonò l’espressione minacciosa ancora per una manciata di secondi, poi si rilassò di nuovo contro il muro.
“Allora? Crescita flash?”
Bruce diede ancora un’occhiata al microscopio ma scosse la testa, “no, dopo quella crisi è solo aumentata inspiegabilmente di peso. Le cellule non sono invecchiate di un giorno.”
“Sta bene?” Chiese in modo diretto Thor, che di quella conversazione non ci stava capendo niente.
“Benissimo,” Bruce accennò un sorriso, “appena un’ora fa sembrava a rischio ad ogni minimo spostamento, ora sta bene. Forse scatenare il suo potenziale ha aiutato. Non hai mai visto una cosa del genere accadere nel tuo mondo?”
Thor scrollò le spalle, “non ho mai visto nemmeno uomini partorire bambini, se è per questo.”
“Questo ti conforta, Steve?”
“Piantala, Stark.”
“E Loki?” Chiese Clint, “si finge ignaro di tutto, scommetto.”
Thor gli scoccò un’occhiata glaciale ma non trovò il coraggio di biasimarlo, “temo che sia stato brutalmente onesto, invece.”
“L’avevamo intuito,” Natasha annuì.
“Qualunque cosa scegliate di fare…” Cominciò Steve senza sapere bene come concludere la frase.
Thor fissò il pavimento per non incontrare le espressioni dei suoi compagni, “ha detto che è mia. Non fate domande.”
Tutti fissarono Tony in un gesto automatico, il quale si premette l’indice contro le labbra in una chiara richiesta. Thor era troppo distratto perché potesse accorgersene.
“Avevo dubitato, all’inizio,” proseguì, “non penso si aspettasse una reazione positiva da parte mia ma, se potevo mettere in discussione la validità della sue parole, non posso di certo negare questo…” Con un cenno del capo indicò la lampadina con cui Tony continuava a giocare senza ritegno, “i miei genitori non si sono mai stancati di raccontarmi di come da neonato solevo dare una piccola scossa a qualunque balia provasse a prendermi in braccio al posto di mia madre.”
“Chissà cosa faceva Loki, allora…” borbottò Clint ma Thor non se ne curò.
“Mio fratello dice che non lo sapeva,” continuò il semi-dio, “che non l’ha mai saputo, che l’ha scoperto oggi come tutti noi.”
“E credi anche a questo?” Domandò Steve dubbioso.
“Non lo so.”
“A sua discolpa possiamo dire che l’abbiamo guardato tutti molto bene e non ci siamo accorti di niente,” intervenne Tony.
“Non allearti col nemico, Stark,” lo avvisò Clint.
“Non mi alleo, rilascio opinioni!”
“Io l’ho avuto davanti abbastanza per essere d’accordo con Stark,” lo appoggiò Natasha.
“Loki non ha nulla da dire in merito?” Chiese Steve.
L’espressione di Thor divenne funerea, “mi astengo dal ripetere di fronte a lei quello che ha detto a me.”
Steve annuì con aria grave, Tony sbuffò, “Ah! Certi genitori è meglio perderli da piccoli!”
Il Capitano strabuzzò gli occhi nella sua direzione ma Tony era troppo impegnato ad avvolgere la bambina nell’asciugamano per accorgersene, “ora noi andiamo, gente!”
“A fare cosa?”
“A far finta che non sia successo niente, Steve! E… A cercare una sorta di culla già che ci siamo!”
“Chi resta con lei?” Domandò Thor confuso guadagnandosi lo sguardo annoiato di tutti.
“Vediamo un po’…” Cominciò Tony sarcastico, “mi sembra che qualcuno qui sia diventato padre e non sono io, né Bruce, né Clint, figuriamoci Steve!”
Thor rimase impassibile per un istante, “io non… Io… Non so cosa fare.”
“Per sentito dire, sembra che non lo sappia nessuno.”
“Non ho mai nemmeno preso in braccio un bambino!”
“Ci sono riuscito io, può riuscirsi chiunque,” replicò Bruce e Tony annuì, “c’è riuscito Steve per cinque minuti di fila, poi è svenuto.”
Il diretto interessato si limitò a sbuffare.
“Inoltre, tu sei sia fisicamente che emotivamente distrutto. Nessuno ti verrà a cercare, invece immagino che Fury stia ruggendo il mio nome da qualche parte. Perché ovviamente se c’imbattiamo in una tempesta divina è colpa mia, mi considerano un dio tra i comuni mort…”
Fu Steve a spezzare quel monologo autocelebrativo trascinando Tony fuori dalla stanza insieme a tutti i suoi compagni, prima che Thor avesse il tempo di dire o fare alcun che. Per sua fortuna la bambina sembrava essersi addormentata concedendogli tutto il tempo di cui aveva bisogno per esaurire quella breve distanza che c’era tra loro. Eppure, Thor si sentiva più stremato ad ogni mezzo passo.
Quando raggiunse il letto vi si sedette con estrema cautela, attento a non distogliere lo sguardo dal viso della piccola. Non appena si fu accomodato, si ritrovò a studiare quel faccino paffuto con estrema attenzione nella speranza di trovarvi qualcosa di famigliare, una qualche somiglianza con se stesso o i suoi genitori.
Era troppo presto, non assomigliava ancora a nessuno. C’erano solo quei fili d’ebano sulla sua testolina a testimoniare parte delle sue origini. Null’altro di evidente tradiva la discendenza biologica di Loki.
Nessun segno marcato sulla pelle, nessuna sfumatura bluastra sospetta e di certo non aveva dimensioni tali da poter preoccupare Thor. La neonata sbadigliò e il semi-dio per poco non cadde dal letto.
Quella creatura gli incuteva più timore di qualsiasi mostro si fosse mai ritrovato ad affrontare.
Con quel genere di cose sapeva come comportarsi.
Ma con lei… Lei… Sorrise senza nemmeno accorgersene. Sì, lei!
Quando Tony lo aveva allegramente informato che si trattava di una femmina, per un momento si era sentito mancare.
Loki aveva dato alla luce una bambina. Gli aveva donato una figlia, la prima principessa da generazioni per quel che ne sapeva. La sua erede, la futura regina di Asgard e di… Un brivido freddo lo fece smettere di sorridere.
L’adozione di Loki era partita col pensiero di creare una pace duratura tra due mondi che si erano fatti la guerra sin dall’inizio dei tempi. Thor non aveva ben capito come suo padre intendesse far funzionare un simile progetto quando quel neonato, troppo piccolo per essere un gigante, valeva meno di niente per la sua gente. Quando il suo stesso padre l’aveva abbandonato perché la nera signora lo accogliesse tra le sue braccia poche ore dopo il suo primo respiro.
Thor guardò la neonata, sua figlia! Cercò d’immaginare come poteva essere Loki quel giorno, quando suo padre l’aveva preso tra le braccia e l’aveva portato con sé. Cercò d’immaginare quella creatura indifesa, colpevole del solo fatto di essere nata diversa ma sana, forte, perfetta sotto molteplici punti di vista.
Senza pensarci, accolse il peso di quel fagottino bianco tra le braccia, ogni timore sparì istantaneamente. La sua bambina era così piccola che sembrava quasi perdersi nel suo abbraccio, ma a lei non doveva dispiacere dato che si mosse quel tanto che bastava per accomodarsi contro il suo petto senza emettere alcun suono discontento. Thor sorrise, non poteva evitarlo.
Era bellissima, sua figlia.
“Ehi…” Mormorò con una nota d’imbarazzo sfiorando con due nocche una nelle guance morbide della piccola, “ciao principessa. Ho fatto tardi, mi dispiace.”
La neonata sbadigliò di nuovo e Thor continuò a guardarla estasiato non riuscendo ancora a credere di aver contribuito a creare qualcosa di tanto meraviglioso. “Se solo potessi vedere che cosa abbiamo messo al mondo,” disse tristemente a qualcuno che non era nella stanza, poi posò un bacio esitante sulle fronte della bambina, “ma tu starai bene, te lo prometto. Sarei protetta, sarai amata e…”
L’immagine di un neonato piangente abbandonato tra neve, ghiaccio e sangue lo costrinse a tacere per un istante. “Non sarai mai la promessa di pace di nessuno.”

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Capitolo 4
*** IV ***


IV


A differenza di Thor, Loki decise che era molto più facile imparare a parlare che camminare. Ad appena tre mesi dalla fine della guerra aveva cominciato a balbettare le sue prime sillabe, senza, però, tirarne fuori ancora nulla di riconoscibile. Quel poco, però, aveva convinto Thor che, se fosse stato abbastanza paziente e avesse passato tutte le ore del giorno e ripetere al fratellino il proprio nome, forse Loki avrebbe imparato a pronunciarlo. Frigga lo lasciava fare, cercando di non ridere apertamente degli ingenui tentativi del suo bambino. "Thor…” Disse lentamente il maggiore dei due principi, mentre Loki se ne stava seduto davanti a lui esaminando con estrema cura un pupazzo su cui Thor aveva già messo le mani anni prima, “Loki, guarda…”
Loki non guardò proprio niente.
“Thor! Su, Thor!”
Per tutta risposta, Loki si voltò nella direzione opposta, “mama…”
Frigga alzò gli occhi immediatamente.
“No! No mamma, Thor! Thor!”
“Mama!” Ripeté il bambino più piccolo con maggior convinzione sventolando una manina nella direzione della donna che, quasi inconsciamente, s’inginocchiò accanto ai due bambini sollevando il più piccolo per stringerlo al petto, “amore mio…” Mormorò commossa baciando una delle guance morbide di Loki che la fissò con quegli occhi verdi perennemente accesi di curiosità, “sì, sono la tua mamma, bambino mio.”
E il sollievo, la gioia di sapere che il suo piccolo Loki la considerava tale, furono tanto grandi che Frigga non si accorse minimamente del broncio di disapprovazione stampato sul viso di Thor.
Il nome del suo fratellone fu la seconda parola che Loki imparò a pronunciare.


“E quella cos’è?” L’espressione scandalizzata di Steve aveva dell’incredibile.
“Non si vede?” Replicò Tony con un gran sorriso orgoglioso.
“Io vorrei tanto sapere dove lo trovi il coraggio di definirla una culla,” commentò Natasha scuotendo appena la testa. Bruce inarcò un sopracciglio, “quella è la culla?”
“No, non lo è! È il cesto del bucato, quello!” Esclamò Steve lanciando un’occhiata velenosa al così detto genio alla sua destra. “Sì, con un materassino per neonati sensibile ai cambiamenti del ritmo respiratorio che, in caso di emergenze, mette in allarme immediatamente JARVIS e di conseguenza noi. È leggero, piccolo e anche portatile! Considerando che il papà ha un metro quadro di stanza e la principessina è una passeggera clandestina che non deve troppo nell’occhio, può andare.”
Steve roteò gli occhi, “Thor, digli qualcosa!”
Ma il semi-dio in questione era troppo occupato a sorridere all’indirizzo della neonata addormentata nell’ex cesto del bucato, “hai parlato?” Chiese con l’espressione confusa di chi è appena stato strappato da un sogno ad occhi aperti. “Se papà non si fa problemi, vedi di farti passare i tuoi,” consigliò Tony dando una sonora pacca sulla spalla a Steve che sibilò qualche insulto a denti stretti.
“In quanto a te, papà,” continuò rivolgendosi a Thor, “non è mia intenzione strapparti dallo stato di beatitudine in cui sei caduto, ma quali sono le tue intenzioni da qui in poi?”
Thor sospirò profondamente tornando a guardare la bambina, “non possono andare a casa, se è questo che vuoi sapere.”
Natasha fu sul punto di dire qualcosa ma gli sguardi sincronizzati di Steve, Tony e Bruce la zittirono.
“Devo prima risolvere tutti i conti in sospeso che ho con mio fratello.”
“Qualcosa mi dice che possiamo anche metterci comodi,” commentò Tony con aria scoraggiata, “in tutta sincerità, non vedo come tu possa migliorare la situazione.”
“Non posso,” ammise Thor e gli costò dirlo più di quanto non diede a vedere, “Loki ha commesso dei crimini per cui deve pagare, non lo nego e non lo negherò mai.”
“Ma?”
“Ma voglio perlomeno assicurarmi che, una volta giunti a casa, non faccia o dica nulla per mettere in pericolo la posizione di mia figlia.”
“Mi sembra più che legittimo,” Tony guardò Bruce e Steve che annuirono, “vai da lui, prova a parlargli, cerca di non farti staccare un braccio nel tentativo. Clint si sta assicurando che le telecamere restino spente per evitare che qualcun altro sappia alcunché. Penseremo noi alla principessina, vero Steve?”
Il Capitano annuì ignorando deliberatamente il tono sarcastico del collega.
“Vi ringrazio,” disse Thor con un sorriso appena accennato passando delicatamente due dita sulla testolina di sua figlia, “non starò via a lungo questa volta.”

Loki si era cambiato i vestiti più per sconfiggere la noia che per far felice quell’idiota che andava ancora in giro a spacciarsi per suo fratello. Non sapeva cosa lo facesse stare peggio, se il fatto che quegli stracci appartenessero a Thor o che fossero orribilmente umani. La sua unica consolazione era che l’idiota non era tornato a fargli visita carico dei suoi buoni propositi per almeno tre ore.
Ora ci pensava il silenzio ad ucciderlo dentro.
Quel maledetto silenzio in cui la voce di quel neonato tornava a perseguitarlo, implorandolo senza dire parole, chiamandolo senza pronunciare il suo nome. Si chiese quanto sarebbe durata quell’odiosa sensazione, quanto avrebbe dovuto aspettare prima che la sua mente ed il suo corpo potessero dimenticare. Più di una volta, si era sorpreso con una mano premuta contro il grembo ormai vuoto ed ogni volta, finiva con l’allontanarla come se qualcosa l’avesse scottato. Il silenzio, l’oscurità…
Per un anno ci aveva convissuto cercando d’ignorare gli sguardi schifosi di quegli esseri disgustosi.
E pensare che aveva condiviso quell’inferno con qualcos’altro di vivo, qualcosa che soffriva del suo dolore, qualcosa d’immensamente più fragile di lui, gli faceva venire i conati di vomito. L’idea lo faceva sentire violato tanto quanto il ricordo di quelle mani viscide e ossute che giocavano con il suo corpo, come se non fosse stato altro che una misera cavia nata per compiacere la loro curiosità di esseri inferiori.
In fondo, il pensiero lo fece sorridere, esistevano creature che si sarebbero macchiate dei peccati peggiori pur di poter toccare con mano il corpo di un dio.
Ma tu non sei un dio, sei un mostro.
La sua stessa voce lo derise in un angolo non poi così remoto della sua mente, la peggiore delle beffe.
Però su una cosa non hai mentito. Bisogna proprio commettere peccati innominabili per toccare un dio. Tu lo sai, tu sei una di quelle miserabili creature sporcate, tu lo hai fatto!
Che fosse un’altra parte della sua condanna ancora non ufficiale? Sentire la verità parlargli dentro con il suono della sua stessa voce.
Com’è stato toccare un dio, Loki? Com’è stato farti toccare nel modo più intimo e più dolce da qualcosa di tanto irraggiungibile, ineguagliabile?
Strinse gli occhi con forza premendosi le mani contro le orecchie. Se le sarebbe strappate se avesse perso di poco il controllo.
Quale pensi che sia il tuo più grande peccato? Aver fatto l’amore con tuo fratello o col tuo peggior nemico?
“Basta! Stai zitto! Basta!”
Una mano tra i suoi capelli lo fece trasalire dalla paura, dal terrore che la sua perfida coscienza avesse deciso di calpestare la poca lucidità che gli rimaneva per diventare un’illusione fin troppo reale. Ma non c’era nessuna immagine di se stesso accanto a lui, solo Thor. Sempre Thor.
Loki sapeva che, se avesse parlato, la sua voce sarebbe sembrata quella di un moccioso spaventato, per questo si limitò a tacere e a fissare l’altro semi-dio con quanta più indifferenza gli riuscisse di tirar fuori.
Thor ricambiò lo sguardo per un istante interminabile.
Non avrebbe detto nulla di melodrammatico questa volta, a Loki bastò guardarlo per capirlo.
Me l’esitazione, no, quella ancora c’era e il dio del caos l’accolse con un sorrisetto incolore ed uno sbuffo annoiato, in seguito ai quali decise che il muro di fronte a sé era molto più interessante.
Qualunque cosa avesse avuto intenzione di dire, Thor non aveva nulla con cui poterlo vincere a parole. Nulla.
“Volevo solo dirti che hai dato alla luce una bambina.”
Eppure Loki non lo aveva mai sconfitto.
“Abbiamo una figlia.”
Loki non si azzardò a rispondere in alcun modo, solo la scomparsa di quell’insopportabile sorrisetto diede conferma a Thor che lo stava ascoltando e che avrebbe continuato a farlo. “Penso che tu voglia sapere che non c’è niente di strano nel suo aspetto. È sanissima e bellissima e ha appena fatto scoppiare il suo primo temporale… Ha anche fatto… Esplodere il laboratorio, temo abbia già il mio caratteraccio.”
Ancora silenzio.
“Non assomiglia ancora a nessuno in particolare, ma ha tanti capelli neri proprio come i tuoi.”
Loki non sembrava essere minimamente toccato dalla cosa.
Thor sospirò tristemente e Loki s’irrigidì di colpo quando lo sentì premere le labbra contro la sua tempia destra. Un bacio che poteva anche passare per fraterno se Thor non ci avesse messo dentro tutta la gratitudine che, suo malgrado, provava per suo fratello, per l’enorme dono che, per quanto involontariamente, gli aveva fatto. Forse un giorno, prima che fosse troppo tardi, glielo avrebbe detto a parole.
“Nell’ultimo anno ho vissuto solo per riavere te,” confessò voltandosi, “da oggi in poi vivrò anche per rendere felice lei, come non ci sono riuscito con noi due.”
Thor era quasi alla porta quando Loki si decise ad alzare lo sguardo da quel maledetto muro.
“E gli occhi?” Si rese conto di aver proferito parola un secondo troppo tardi.
Thor si voltò quasi spaesato, “cosa?”
“Non mi hai detto di che colore sono i suoi occhi.”
“Non li ha ancora aperti.”


A Steve piacevano i bambini, anche se non aveva avuto mai modo di sperimentarlo sul serio fino a quel giorno. “Non sono solito ripetermi ma… Credo che tu abbia sbagliato mestiere,”  commentò Tony, mentre lo fissava dalla parte opposto della stanza con la schiena appoggiata contro il muro. Steve non si offese, sorrise solo di più alla neonata che se ne stava comodamente accoccolata tra le sue braccia. “Non credevo di riuscire a calmare un neonato  così facilmente,” rispose cullando appena la creaturina addormentata.
“La principessa ci fa scoprire i lati più nascosti di noi stessi!”
“Tu invece non mi sembri così entusiasta all’idea di prenderla in braccio.”
Tony sbuffò, “mocciosi! Rumorosi, maleodoranti e signori del caos. Non fanno per me.”
Steve gli rivolse un sorrisetto, “dimenticavo che i bambini non dovrebbero essere genitori di altri bambini!”
“Ehi!” Tony gli puntò un dito contro, “non giudicare me, quando abbiamo appena fatto partorire un semi-dio in piena crisi adolescenziale di onnipotenza capricciosa.”
“Disse l’uomo con un ego che non passava dalla porta.”
“Te l’ho già detto, Steve! Il sarcasmo lascialo a me!”
La porta della camera si aprì ed entrambi si rilassarono quando Bruce fece capolino dalla porta con un biberon in mano, “Thor non è tornato?”
“Nessun problema, abbiamo mamma Steve!”
“Si è addormentata…” Lo informò il Capitano indicando con un cenno del capo il fagottino tra le sue braccia. “Prima ordina il pranzo e poi si addormenta, è propria figlia di qualcuno che conosciamo,” commentò Tony.
“Hai un effetto calmante, Steven,” commentò Bruce con un mezzo sorriso passando a Tony il biberon pieno.
“Già, Steve! Questo è vero istinto materno!”
“Dillo anche a Thor, quando torna. La bambina non emette un suono in braccio a lui!”
“No, Cap, preferisco vivere.”
Steve si sporse di poco in avanti adagiando la piccola nella culla fatta in casa che Thor aveva spostato sopra il comodino. Era talmente piccola che ci stava senza problemi. “Ecco fatto…” Mormorò avvolgendo per bene la copertina bianca intorno alla piccola, “non dovremmo cambiarle il pannolino?”
“Ce lo farà sapere lei al momento giusto,” rispose Bruce.
“Speriamo lo faccia sapere a Thor, non a noi!” Esclamò Tony disgustato, “potrei costruire un braccio meccanico che…”
“Non ci provare!” Lo interruppe Steve puntandogli un dito contro, “le farebbe male, sicuramente!”
“Io non mi preoccuperei per un braccio meccanico considerando chi le gira attorno!”
“Stai parlando di te, te e te?”
La bambina avvertì la tensione intorno a lei e cominciò a lamentarsi nel sonno. Passò un solo istante, prima che i tre Vendicatori le fossero accanto.
“Biberon?” Domandò Tony agitando l’oggetto in questione.
“Buona idea, Stark, pensaci tu!” Propose Steve.
“Che?”
“Sì, forse dovresti cominciare a socializzare con lei,” Bruce annuì.
“Io non voglio socializzare con Loki junior!”
La piccola emise un versetto acuto e Steve non perse l’occasione per guardare male il collega.
“Va bene! Va bene!” Tony sposto le mani in cinque modi diversi prima di decidersi a sollevare la piccola, la quale immediatamente cominciò a dimenarsi e scalciare, “ecco! È tutta sua madre! Non le piaccio!”
“Ha solo freddo!” Sbuffò Steve raccogliendo la copertina che Tony aveva fatto cadere involontariamente. Anche Bruce dovette intervenire e, alla fine, Tony si ritrovò con una cosina minuscola tra le braccia che strillava come impazzita.
“E ora?”
Steve roteò gli occhi passandogli il biberon che il collega aveva abbandonato vicino al cestino-culla.
“Cerca di sollevarle un po’ la testa,” lo istruì Bruce on gentilezza, “bene, prova ad inclinare il biberon in questo modo… Lei sa già cosa fare.”
 E per fortuna che la piccola sapeva già cosa fare, perché Tony Stark aveva la faccia di qualcuno che non aveva la minima idea di cosa stava facendo. Poi cadde il silenzio e il grande Sark decise che poteva tornare a respirare. “Visto?” Disse Steve con aria vagamente saputa, “si è già calmata, non è vero che non le piaci.”
“Considerando i caratteri dei genitori, è estremamente socievole,” commentò Bruce.
Tony rise appena,“ma quando ti arrabbi sul serio rischiamo la folgorazione, vero Lux?”
Steve e Bruce fissarono Tony Stark presi dalla confusione più totale, il collega ricambiò l’occhiata, “nessuno qui conosce il latino?”
“Un po’,” ammise Bruce, “ma non credo sia una buona idea cominciare a chiamarla con un nome non suo.”
“Lux?” Ripeté Steve, “per quale motivo proporresti questo nome?”
“In latino significa luce. Suo padre è il dio del tuono, è una baby-semi-dea, futura regina di un regno molto molto lontano e l’abbaglio che ci ha fatto prendere in laboratorio penso ve lo ricordiate ancora. Le si addice.”
“Vuoi chiamare luce un brunetta?” Domandò Steve poco convinto.
“Preferisci Blackie?”
“No, ma Lux sarebbe un nome da umana. Credo che nel mondo di Thor abbiano dei nomi significativi che noi nemmeno ci immaginiamo.”
“Tipo Loki? Suvvia, chi chiama un figlio maschio Loki?”
“Be’ in Norvegia e d’intorni forse lo fanno passare come nome mitologico,” ipotizzò democraticamente Bruce. “Sembra il nome di un gatto…” Mormorò Stark con aria schifata.
“Ecco!” Esclamò Steve, “mitologia! Nelle leggende Thor e Loki hanno qualche figlia?”
“Nelle leggende tutti gli dei hanno molti figli con molte cose e persone. Nello specifico, mi sembra che il nostro adorato Loki partorisca qualche bestia tra cui un cavallo ad otto zampe,” Tony guardò con sguardo critico la bambina tra le sue braccia, “Lux assomiglia più ad un micetto.”
L’espressione traumatizzata di Steve era quanto di più comico Tony Stark avesse mai visto e chissà come sarebbe diventata se avesse continuato ad illustrare le sue vaghe conoscenze di mitologia nordica?
In quel mentre, Thor ricomparve sulla soglia con la tipica espressione abbattuta che Loki era bravo a provocargli. “È tornato papà!” Esclamò Tony felice di scaricare l’incombenza del fagotto elettrico a qualcuno di più adatto. Il sorriso tirato con cui Thor prese sua figlia tra le braccia attirò l’attenzione di Steve.
“Non è andata bene,” commentò.
“Non ha praticamente pronunciato parola,” rispose Thor cullando appena la piccola che si lamentava per l’ennesimo spostamento, “sta bene?”
“Abbiamo fatto la pappa, vero Lux?” Disse Tony con un sorrisone che Steve catalogò come imbecille.
“Lux?” Domandò Thor confuso.
“Ignoralo…” Gli consigliò Steve.
“Bene, miei prodi! Credo che sia il nostro turno ora.”
“Turno per cosa?” Domandò Bruce.
“Andiamo a parlare con la mamma, da bravi Vendicatori che non destano sospetti e ignoriamo deliberatamente la questione del nostro pianeta per parlare della principessa.”
“A quale scopo?” Chiese Thor, “non parla con me, perché dovrebbe farlo con voi.”
“Con tutto il rispetto, Thor, penso proprio che sia tu il motivo per cui non parla.”
Steve e Bruce decisero di ascoltare senza interferire.
“Che intendi dire, Stark?”
“Hai tua figlia in braccio, non agitarti o si agita lei,” disse Tony fissando la piccola semi-addormentata tra le braccia del semi-dio, “intendo dire che tu sei il fratello maggiore che dichiara di odiare.  L’aman… L’uom… La persona con cui ha avuto una figlia non programmata. Nella sua testolina incasinata, sei la causa di almeno trequarti delle sue disgrazie e, sinceramente parlando, al posto suo, nemmeno io riuscirei ad intavolare un discorso serio e approfondito con te.”
Thor non replicò, abbassò gli occhi sul faccino roseo della sua bambina pensando ad un modo per smentire le parole di Stark, ma non sembrava conoscerne. Anche in quell’occasione aveva fallito con Loki da ogni punto di vista. Come fratello. Come amante. In ogni modo.
“Che cosa vuoi sentirti dire dal tuo fratellino, capo?” Domandò Tony ma c’era una rara nota di serietà nella sua voce, “comandi tu il gioco.”


Nick Fury vagava per i corridoi a passo di marcia, mosso da un particolare senso d’irrequietudine che era solito preannunciare disastri. Non aveva avuto il tempo di abituarsi all’idea che il pericolo era scampato che qualcuno, sicuramente Stark, aveva fatto esplodere il laboratorio principale proprio nel bel mezzo di una temporale apocalittico che non l’aveva fatti precipitare per il rotto della cuffia. E, nel frattempo, metà dei Vendicatori, compreso quel maledetto di Stark, sembravano essersi dileguati, mentre Thor entrava ed usciva dalla camera di sicurezza in cui era rinchiuso Loki e le uniche telecamere della stanza, se si azzardavano a tenerle accese, erano vigilate a turno dall’agente Romanoff e l’agente Barter, senza che nessuno gli consegnasse un resoconto di quanto i due semi-dei si erano detti.
Che cosa doveva fare per ottenere un rapporto dettagliato ed un interrogatorio decente?
“Buon vecchio Fury…”
Ed eccolo il maledetto!
“Stark!” Ruggì quando quest’ultimo gli comparve davanti senza preavviso, “avete finito di giocare a nascondino tu e tuoi amichetti?”
“Io e chi?” Domandò Tony un pochettino turbato.
“Il Capitano Rogers ed il Dottor Banner, sono nomi a te familiari?”
“Vagamente…” Fu la risposta sarcastica.
“Dove sono con esattezza?”
“Li ho visti con Thor.”
“Dove?”
“Per il corridoio ma camminavano, si saranno spostati.”
“E tu mi vuoi far credere che Tony Stark non tiene sotto controllo ogni minimo angolo di questa areo-nave con o senza autorizzazione?” Fury non sembrava stesse passando una delle sue parentesi amichevoli, non che Tony avesse mai avuto l’onore di assistere ma il suo superiore sembrava sul punto di prenderlo a schiaffi come un bambino e questo era a dir poco inquietante. “A cosa devo la tua visita al livello prigionieri, Stark?”
“Al prigioniero, appunto.”
“Che intenzioni hai?”
“Entro, interrogo, esco. Possibilmente tutto interno.”
“E Thor?”
“Siamo arrivati alla costruttiva conclusione che Loki ha bisogno di vedere facce nuove per socializzare.”
“Risparmia il sarcasmo, mi dai sui nervi.”
“Chi c’è nella sala cinema?” Domandò Tony indicando la porta allo loro destra con un cenno del capo.
“Romanoff al momento.”
“Ottimo! Ti consiglio di andare a metterti comodo nel tuo ufficio, non sarà una cosa breve e mi premurerò personalmente di farti avere il resoconto finale con il prezioso aiuto della signorina Romanoff, s’intende.”
Tony Stark sorridere amichevolmente, Nick Fury se avesse avuto un’arma gli avrebbe sparato.
“Vedi di non finire in un monologo! Per quanto ti piaccia il suono della tua voce, è lui che deve parlare, non tu!”


Fu un’allucinazione la prima cosa a cui Loki pensò. Il suo corpo e la sua mente imploravano una pausa totale dalla realtà che lo circondava e lui, incapace di dormire a causa di un pianto infantile che riecheggiava nella sua testa senza pietà, stava perdendo il lume della ragione più velocemente di quanto previsto.
Non c’era altra spiegazione logica per giustificare la presenta del più irritante e rumoroso mortale del pianeta nella sua cella. Da parte sua, Tony Stark non esitò a ridergli in faccia non appena ebbe richiuso la porta blindata alla sue spalle, “ma come ti ha conciato tuo fratello?”
Loki si astenne dal rispondere.
“Sai? Sembri quasi carino senza la tua super-villain-suit!”
Blaterava, senza dubbio.
“Non so a cosa ti riferisci.”
Tony rise appena, “linguaggio da adolescenti, lascia stare,” fece un vago gesto con la mano arrivando di fianco al prigioniero, “Cos’è questo? Un tavolo operatorio con lo schienale rialzato?”
“Sei tu l’essere inferiore, non io.”
Non aveva alcuna voglia di sorridere, eppure quell’insetto fece piegare le labbra di Loki nel sorrisetto più sarcastico del suo repertorio senza il minimo sforzo, “sei qui per morire?”
“No, a dire il vero, il mio spirito di sacrificio ha già fatto la sua parte per oggi,” rispose Tony trafficando con qualcosa nella tasca dei jeans, “il mio obbiettivo di adesso è decisamente meno ambizioso.”
Loki non gli diede la soddisfazione di porre altre domande a cui rispondere.
“Molto bene,” riuscì a prendere il cellulare tra le mani, alla fine, “diamo il via all’esperimento! Ho solo bisogno che tu dia un’occhiata a questo!”
Loki porto gli occhi sul piccolo schermo di fronte a lui senza nemmeno rifletterci. L’espressione sarcastica si dissolse come una nuvola di fumo.
“Stark cosa stai facendo?” Domandò la voce del Capitano fuori dalla scena del video.
“Immortalo la principessa mentre impara ad usare le braccine e le gambine, penso che a Thor farà piacere avere qualcosa della sua bella bambina appena nata,” fu la risposta di Stark e, in un secondo, l’obbiettivo si avvicinò ancora di più a quello che era il soggetto indiscusso della scena, come se Loki non stesse già urlando interiormente abbastanza.
Il corpicino della creatura era completamente esposto e Loki trovò conferma di tutto ciò che Thor aveva detto in quelle immagini: la pelle era rosea e liscia, priva di qualsiasi stranezza o imperfezione; i capelli neri sulla testolina erano più folti di quel che aveva immaginato. Che fosse una femmina era più che evidente mentre scalciava vivacemente con un pugnetto saldamente premuto contro la piccola bocca.
Aveva ancora gli occhi chiusi.
Di che colore erano? Loki fissò l’immagine trattenendo il fiato, come se quelle piccole pupille potessero sollevarsi da un momento all’altro per rivelare al mondo due mostruosi occhi rossi senz’anima.
Fu costretto ad allontanare la sguardo e Stark ripose il piccolo oggetto elettronico al suo posto senza ulteriori pressioni, “allora non è vero che sei indifferente a lei.”
Loki prese un respiro profondo ma non rispose.
“Thor ne è completamente innamorato e consideriamo che l’ha vista per la prima volta appena due ore fa. Non è una reazione comune di fronte ad un figlio non programmato, se devo essere sincero.”
“Se stai cercando una verità diversa da quella che già sai, non ne ho,” lo informò freddamente Loki, “non mi disturberò ad inventarne un’altra per compiacerti.”
“Rilassati, non è mia intenzione indagare sul passato tuo e di Thor,” una pausa, “piuttosto defenestrami di nuovo!”
“Allora cosa vuoi?”
“Aiutare Thor e sua figlia… Ah, già! Dimenticavo che è anche figlia tua.”
Loki sbuffò, “non vedo nulla di così solenne nell’espellere un parassita dal proprio corpo.”
“Grazie per l’immagine piacevole, te ne sono sinceramente grato.”
“Che cosa vuole il neo devoto padre?”
Tony prese un respiro profondo fissando Loki per una manciata di secondi, “vuoi sapere quello che vuole davvero?” Domandò, “o ti basta conoscere ciò di cui si accontenterebbe?”
Loki roteò gli occhi voltandosi a fissare la parete dalla parte opposta della stanza: odiava le persone verbose!
“Va bene!” Esclamò Tony alzando entrambe le mani in segno di resa, “diciamo che cercherà di essere democraticamente soddisfatto solo assicurandosi che non farai o dirai nulla per mettere in pericolo la posizione o l’incolumità di vostra figlia una volta che tornerete a casa.”
“Come se quella cosa potesse essermi di qualche utilità,” borbottò Loki, “lo accuserei di stupro davanti a tutta la sua corte dorata se la mia parola non fosse automaticamente nulla contro la sua!”
“Siamo essere mortali e limitati, Loki,” disse Tony con gentilezza perfettamente simulata, “capiamo solo le risposte semplici e dirette. Per noi la tua parola non è nulla.”
Loki sbuffò di nuovo, “digli che è mio desiderio estirpare quanto è successo in questo giorno dalla mia memoria e che, per tanto, coinvolgere la sua bastarda nel mio futuro, ammesso che ne abbia, è l’ultima delle mie intenzioni.”
Tony annuì senza replicare, lanciò poi uno sguardo veloce alla videocamera sull’angolo destro del soffitto, “non ho ancora finito di rispondere.”
Silenzio.
“Morirò di diabete nel dirlo ma credo sia doveroso. Quello che Thor veramente vorrebbe penso sia poter entrare in questa stanza con la vostra bambina, mettertela tra le braccia per la prima volta e guardarti con assoluta devozione, mentre il sogno in cui non aveva mai osato sperare diviene realtà davanti ai suoi occhi.”
Loki non fece nulla che dimostrasse a Tony che aveva dato credito alle sue parole.
“E una volta realizzato, credo che sarebbe capace di mandare al diavolo tante cose e lo dico contro i miei interessi.”
“Stark,” la voce elettronica di Natasha Romanoff riecheggiò nella stanza, “Fury sta tornando, finiamola qui.”
“E il primo round è andato,” commentò Tony girando sui tacchi e dirigendosi verso la porta, non si aspettava che Loki dicesse qualcosa, per questo non tentò nemmeno di congedarsi educatamente.
Si sbagliava.
“Riferiscigli anche che, se solo osa non rispettare le mie scelte e decide di portare quella cosa nelle mie vicinanze, ci sarà anche l’infanticidio nella lista dei crimini per cui dovrò pagare!”


“… ci sarà anche l’infanticidio nella lista dei…”
 Steve afferrò repentinamente quello strano marchingegno che Stark gli aveva lasciato per permettere a lui e Thor di ascoltare l’intera discussione in un goffo tentativo di spegnerlo.
Thor non si mosse, né fiatò, aspettò solo un istante per elaborare le parole che suo fratello aveva appena pronunciato, poi attraversò la piccola stanza in un paio di passi chinandosi sulla culla della sua bambina in un istintivo gesto protettivo. Nel frattempo, Steve aveva fatto a pezzi l’invenzione di Tony lasciando cadere i pezzi sul pavimento con un sospiro stanco e frustrato al tempo stesso.
“Thor, io…”
Il dio del tuono era troppo occupato ad accarezzare con due dita la testolina di sua figlia per porgli attenzione.
“Non posso credere che…”
“Che cosa? Che possa distruggere un pianeta, ma non abbia il coraggio di uccidere sua figlia?”
Steve aprì la bocca avvertendo l’urgenza di dover rimediare in qualche modo. Non ci riuscì.
In quel mentre tornò Bruce, “pronto il nuovo biberon… Che è successo?”
“Meglio non ripeterlo,” disse Steve mortalmente dispiaciuto per aver chiesto a Tony di trovare un modo per far ascoltare loro il dialogo tra lui e Loki in diretta. Aveva pensato che sarebbe stato d’aiuto consentire a Thor di supervisionare la situazione da distanza.
Bell’aiuto davvero!
Thor fissò sua figlia come se non vi fosse nessun altra cosa intorno a loro. Loki l’aveva vista, Tony gliel’aveva fatta vedere! Sapeva di cosa parlava quando aveva urlato quella minaccia! Sapeva quel che aveva giurato di uccidere! Non era più solo un’idea, un pensiero, un vagito lontano prima di perdere i sensi! Eppure… Eppure…
“Devo parlargli!” Esclamò di botto e Steve gli si parò subito davanti, “no, Thor! Non ora.”
“Togliti di mezzo, Rogers!”
La bambina scoppiò a piangere e toccò a Bruce l’incombenza di rassicurarla, “buona piccola… buona…”
“Non oso immaginare come ti senti in questo momento, ma se ora scendi di sotto a provocarlo, farai il suo gioco!”
“Non è mia figlia che deve pagare!”
“Non accadrà! Non la toccherà, l’hai sentito tu stesso! Basta che rispetti le sue condizioni…”
Thor scosse la testa, “non ha il potere di dettare condizioni ed è meglio che lo capisca!”
“Forzandolo a fare che?” Domandò Steve confuso, “Thor, hai una figlia, lascia perde…”
“No! No!” Thor puntò un dito contro il Capitano, “non dirmi di lasciar perdere, sarò morto il giorno in cui lascerò perdere.”
“ Loki ha fatto la sua scelta! Non vuole la bambina…”
Thor scosse la testa, “non l’ha nemmeno vista con i propri occhi, non l’ha nemmeno presa in braccio, non…” Ogni protesta morì come Tony apparve sulla porta scrutando la scena con aria funerea. Steve tentò di spiegare ma il collega lo precedette, “lo so, Loki è un gran figlio di puttana.”
Bruce e Steve sbiancarono voltandosi a fissare l’espressione esterrefatta di Thor.
“Che c’è? È adottato, no?”
Il semi-dio fece appena in tempo a muovere un passo verso il povero Stark che Bruce si frappose tra i due facendo bene attenzione a far notare a Thor che aveva sua figlia tra le braccia, “vediamo di rimanere calmi, va bene?”
Thor si limitò a lanciargli un’occhiata raggelante ritirandosi nell’angolo opposto della stanza.
“Anthony, tieni la bambina,” disse Bruce voltandosi verso il collega.
“Perché io?!” Protestò Tony mentre il fardello del secolo veniva di nuovo scaricato tra le sue braccia.
“Per la tua sicurezza, idiota!” Esclamò Steve passandogli il biberon ancora tiepido.
“Ancora? Ma quanto mangiano questi affari?”
In una manciata di secondi, Tony se ne stava seduto comodamente sul letto con una neonata che succhiava soddisfatta il suo latte. “Inventiamoci qualcosa da dare a Fury,” disse Steve a Bruce, “obblighiamo il grand’uomo dei robot a costruire qualcosa che contenga il Tesseract e per la fine della settimana facciamo tornare Thor a casa con tutto ciò che è di suo diritto.”
Bruce annuì, “e speriamo che ci diano il permesso di andarcene anche a noi.”
“Che ne pensi?” Chiese poi il Capitano al semi-Dio nell’angolo.
Thor annuì senza emettere un suono.
“Bene… Stark?”
Tony era talmente concentrato a simulare vocette idiote per la bambina che l’ultimo scambio di battute non gli era affatto giunto alle orecchie, “ma quanto mangia la piccola Lux? Sì, deve mangiare tanto per diventare una dea potentissima! Ti ricorderai dello zio Tony allora, vero?”
Steve fu indeciso se ridere o meno.
“Non giudicare, Rogers!” Sbottò di colpo Tony sentendosi osservato.
“Non giudico affatto, stavo solo pensando che meno di un’ora fa hai dichiarato di odiare i bambini.”
“Nessuno me ne aveva scaricato uno in braccio, ancora!” Si giustificò Tony.
“Chiediti il perché…”
Quel battibecco andò avanti ancora per qualche minuto, fino a che Bruce non intervenne come paciere ma Thor li sentiva come dei bisbigli lontani, mentre quanto dichiarato da Stark si ripeteva nella sua testa come un’eco infinito.
Non l’ha nemmeno vista con i suoi occhi, non l’ha nemmeno presa in braccio!
Loki…
Stavo solo pensando che meno di un’ora fa hai dichiarato di odiare i bambini.
Nessuno me ne aveva scaricato uno in braccio, ancora!
 “Ora ho capito!”

 
“Comunque vada, Thor, sappi che stimo incredibilmente la tua capacità d’insistenza, sul serio!” Commentò Stark. Steve scosse la testa guardando il fagottino tra le braccia del semi-dio, “Non è una buona idea, non è assolutamente una buona idea.”
“Andare contro i patti appena fatti con il cattivo?” Chiese Tony, “Certo che è una cattiva idea, Steve! Proprio per questo siamo qui!”
“Abbi fiducia, Rogers,” disse Thor con un sorriso. Tony annuì, “invidio anche il modo in cui passi dalla modalità disperata-disperazione a quella di ottimistica-speranza-immotivata.”
“So quello che faccio, Stark.”
“E, per curiosità, lo sapevi anche quando hai tentato di portarlo dalla nostra parte nel bel mezzo della riuscita del suo piano?”
“Io sono pronto…” annunciò Bruce portando una siringa piena contro la luce per controllarne il contenuto ancora una volta. “Non vi serve un altro uomo?” Domandò Clint speranzoso di poter cogliere l’occasione per chiudere il conto in sospeso con il semi-dio che aveva osato trasformarlo in un burattino.
“No, Clint, tu devi lanciare un dardo infuocato a Fury nel caso…”
Natasha sospirò annoiata, “Stark…”
“Ho capito. Se le cose si mettono male usa l’arco… Ah, prendi bene la mira, per carità!”
“Non è un buona idea…” Mormorò Steve per l’ennesima volta.
“Steve, ci serve convinzione! Tu in prima fila con me, segue Banner e papà e principessa per ultimi. Il Falco e la Vedova Nera in postazione di guardia, grazie!”


Quando la porta blindata si spalancò, Loki non ebbe neanche il tempi di voltarsi per dare il degno benvenuto all’ennesimo intruso che qualcosa lo afferrò violentemente bloccandolo contro il letto di ferro. Istintivamente cercò di fare appello ai suoi poteri, dato che sulla prestanza fisica non aveva mai potuto contare.
In un’altra circostanza, il suo aggressore sarebbe esploso in mille pezzi prima ancora che il suo cervello riuscisse a registrare il dolore. Suo malgrado, il dio del caos fu costretto a ricordare il motivo per cui si era ritrovato a soccombere a quei luridi insetti che popolavano Midgar.
L’impossibilità di usare i suoi poteri, non gli impedì di dimenarsi con quanta poca forza gli era rimasta ma non riuscì ad impedire che qualcuno gli afferrasse un braccio. La sensazione di qualcosa di appuntito che gli penetrava la pelle scatenò un’eccessiva reazione di paura che velocemente sfociò nel panico. Non sarebbe stato il giocattolo sperimentale di nessun altro! Che lo uccidessero, che lo torturasse come si conveniva ad un criminale, ma che non usassero usare il suo corpo per il loro sporchi comodi! No! Non di nuovo!
Urlò come se gli stessero strappando tutti gli organi a mani nude. Urlò, fino a che un’insostenibile senso di spossatezza non ebbe la meglio e non poté fare altro che abbandonarsi alle attenzioni dei suoi carnefici.
“Sembra funzioni…”
“Quella dose stenderebbe un toro, certo che funziona!”
Loki respirò profondamente per riprendere il controllo di sé, si rese conto che la morsa che gli impediva di muoversi era sparita, ma ora era il suo stesso corpo quello reticente a muoversi. Alzò lo sguardò e i tre Vendicatori ricambiarono l’occhiata senza timore.
“Mi sembra assomigli abbastanza a qualcuno finito sotto un treno,” commentò Tony incrociando le braccia contro il petto. “Per quanto è sicuro?” Domandò Steve guardando Bruce. Il dottore scrollò le spalle, “nel peggiore dei casi, una mezz’ora circa.”
“Sarà una mezz’ora intensa…” sospirò Tony sparendo dal campo visivo di Loki, “Thor, è il tuo turno.”
Quando suo fratello comparve sulla soglia, Loki pensò seriamente di trattenere il fiato fino a che il suo corpo non avrebbe ceduto all’incoscienza. Non gli importava di Thor! Non gli importava se voleva passare ora a vaneggiare su un legame che tra loro non c’era mai stato! Poteva sopportarlo, quello! Poteva affrontarlo!
Thor guardò la bambina tra le sue braccia un’ultima volta, un’ultima esitazione, prima di procedere. Per ogni passo che faceva verso il fratello minore, gli altri Vendicatori indietreggiavano.
Loki tentò disperatamente di fare pressione contro la ferraglia su cui era disteso per alzarsi, per scappare! Dove non aveva importanza, se fosse rimasto immobile, il glorioso dio del tuono avrebbe avuto tutto il tempo di vincere il suo gioco. Ma Loki non glielo avrebbe permesso! Loki non poteva permetterglielo!
Loki sarebbe morto prima che Thor potesse avere la meglio su di lui ancora una volta!
La porta blindata si richiuse, suo fratello era accanto a lui ma non erano soli. Da dove si trovava, Loki poteva chiaramente vedere il profilo della cosa che Thor recava con sé: gli occhi chiusi, il naso minuscolo, un pugnetto premuto contro la bocca. Non piangeva. Perché avrebbe dovuto?
Già, Loki fece una smorfia, quelle braccia erano il posto più sicuro  dell’universo. Loki lo sapeva bene. Loki l’aveva conosciuto quel posto sicuro, aveva avuto l’ingenuo privilegio di definirlo suo. Suo, sì, in un altro mondo, in un altro tempo, in un’altra vita.
Thor si sedette accanto a lui lentamente, Loki notò che quell’esserino sembrava terribilmente piccolo contro il suo petto. Suo fratello sorrise prima alla bambina, poi a lui. Speranza, dannata speranza, di nuovo!
“Nostra figlia…” Mormorò e Loki gli fece mentalmente i complimenti per l’ovvietà, “non volevamo spaventarti,” si giustificò l’idiota, “non è nostra intenzione farti del male, è solo una precazione.”
Lo sguardo gelido di Loki fu l’unica risposta che ottenne.
“Volevo solo che la vedessi,” ammise Thor, il sorriso svanito. “volevo che la toccassi, almeno una volta.”
Loki abbassò gli occhi sul fagottino bianco guardandolo come se fosse sul punto di esplodere.
“È perfetta, non è vero?”
Suo malgrado, Loki si ritrovò a contare le piccole dita chiuse a pugno per vedere se c’erano tutte.
“Ed è opera tua, fratello.”
Thor lo guardò con intensità e Loki pensò di poter vomitare. Il dio del tuono spostò l’intero peso del fagottino su un singolo braccio, poi usò la mano libera per afferrargli il polso. Loki lo guardò come se avesse dato segno di volergli staccare le dita una ad una ma Thor si limitò a costare la copertina per posare la sua mano sul corpo della bambina. Se Loki avesse avuto il controllo dei suoi riflessi, sarebbe sobbalzato.
Era calda, la pelle nuova e perfetta era morbida sotto le sue dita e il battito di un piccolo cuore era perfettamente percettibile sotto la piccola cassa toracica. Thor gli lasciò il posto per coprire la sua mano con la propria, “lo senti? È il suono di una nuova vita, Loki e l’hai creata tu.”
Loki si sorprese che al posto del tu non ci fosse un noi, ma Thor aveva sempre avuto un talento nascosto nel sapere intuire i suoi pensieri quando meno se lo aspettava.
“Io ho solo fatto quello che qualsiasi altro uomo nell’universo sarebbe capace di fare ma tu… Loki, tu l’hai fatta crescere dentro di te, l’hai data alla luce e guarda! Guardala! Hai speso l’ultimo anno a cercare la gloria, fratello,” un sorriso spontaneo, “nessuna delle mie gloriose imprese vale quanto il momento in cui l’ho presa in braccio per la prima volta!”
Loki nemmeno lo ascoltava, era troppo occupato a muovere le dita quel poco che poteva per poter saggiare la consistenza del corpicino della bambina. La piccola si destò esaminando a sua volta quella nuova presenza che invadeva il suo spazio privato, un pugnetto si chiuse intorno al suo indice.
Loki non desiderò mai così tanto di morire.
“Thor!” Il Capitano rientrò nella stanza senza chiedere il permesso muovendosi velocemente verso il collega, “il tempo sta per scadere.”
Loki rimase a guardare, mentre suo fratello annuiva gravemente allontanando con cautela la bambina dalla sua portata per lasciarla alle cure del Vendicatore, “fai attenzione,” lo ammonì mentre Steve prendeva la neonata in braccio e, con cautela, se ne andava senza aggiungere un’altra parola. Non appena la piccola fu lontana dalle attenzioni dei suoi genitori, scoppiò a piangere e Loki si dimenticò di respirare a quel suono straziante.
Come osava quell’insetto irrompere sulla scena? Come osava solo pronunciare una parola in sua presenza? Come se lui lo sapesse cos’era giusto fare! Come se lui avesse qualche diritto! La neonata emise uno strillo acuto appena prima che la porta blindata si chiudesse ed il dolore divenne ancora più forte.
“Loki…” Chiamò gentilmente Thor, ma suo fratello era troppo impegnato a guardare con astio l’ingresso della cella per dargli ascolto, “Loki, guardami.”
No! Non poteva guardarlo! Non voleva guardarlo! Se Thor l’avesse guardato avrebbe visto qualcosa che non doveva vedere e, per Loki, respirare era già abbastanza doloroso così, senza doversi sforzare di recitare. Le mani di Thor furono gentili mentre gli prendevano il viso e due labbra calde si posavano sulla sua fronte, “non la toccheresti mai…” Mormorò con voce tremante a causa del sollievo e della forte emozione, “ora lo so, non le faresti mai del male.”
Loki non disse nulla, faceva male. Faceva dannatamente male!
“Loki… Oh, Loki.”
Thor sentì le mani di suo fratello stringergli convulsamente le braccia, “Th-Thor…”
Il semi-dio raggelò un secondo, poi si scostò per poter guardare suo fratello negli occhi, “Loki…” Chiamò terrorizzato, mentre il primo rivolo di sangue usciva dallo spigolo della bocca di suo fratello, “Loki! Stark, Rogers, Banner!”
“Che diavolo succede?”
“Oddio…”
“Steven porta la bambina via di qui immediatamente.”
“Loki! Loki guardami!”
Loki pensò che il destino mancasse veramente di fantasia.
“Loki! Devi rimanere cosciente, Loki!”
Perché ogni volta che perdeva i sensi, le ultime cose che riusciva a percepire erano la voce di Thor che gli urlava nelle orecchie e il pianto di un neonato a distanza.
“Loki!”


Loki non dava cenno di voler imparare a camminare nemmeno all’inizio del secondo anno di età. Non che ne avesse bisogno con Thor che lo trascinava da tutte le parti senza che lui dovesse fare alcuno sforzo.
Aveva imparato a stare in piedi da solo anche senza appoggio, ma di muovere quel primo passo non se ne parlava proprio. “Non credo sarà mai un gran guerriero,” aveva commentato Odino una sera osservando i bambini giocare in un angolo della camera.
“È importante?” Domandò Frigga con un velo di freddezza.
“No,” risponde suo marito con sincerità, “piuttosto direi che è la cosa migliore per Thor e per la sua impulsività. Loki potrebbe essere un buon freno.”
“Potresti evitare di parlare di nostro figlio come se fosse uno strumento?”
“Non era quello che intendevo…”
“Allora parliamo di cosa potrebbe diventare, piuttosto di cosa non è in grado di essere, “ una pausa, “come se spettasse a noi deciderlo.”
“In parte lo è.”
Frigga fece un gesto irritato con una mano, “ha poco più di un anno e noi gli stiamo scrivendo il futuro. È un bambino tranquillo, non deve essere un difetto. Non voglio che cresca pensando che abbia qualcosa di sbagliato.”
“Finché rimane tra queste mura materne andrà tutto bene,” commentò il re con aria grave, “è il giorno in cui li daremo in pasto all’universo là fuori che io temo.”
“Che intendi dire, caro?”
“Essere eredi di un mondo che si è eretto così in alto,” lanciò un’occhiata veloce a Loki, “ e non solo di questo, comporta delle responsabilità che nessun padre vorrebbe lasciare ai propri figli. Il titolo che portano sarà la l
oro prima fonte di potere e, al contempo, la loro eterna dannazione.”

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