Death Star

di laura_hiwatari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** S ***
Capitolo 2: *** T ***



Capitolo 1
*** S ***


The Damned Blade

Comincio con il ringraziare chi mi ha commentato o comunque letto l'altra fanfic... e con l'aggiungere che i pg sono tratti dalla serie "Beblade", quindi non mi appartengono... li ho solo usati come pg, in quanto la loro vera storia non viene menzionata. I personaggi non appartenenti al mondo di Beyblade sono ispirati ad alcune mie amiche, a cui la fanfic è dedicata. Grazie per l'attenzione e buona lettura! ^^

Capitolo 1. S

Il giovane dai capelli rossi lanciò sulla scrivania un fascicolo:

- Rika, qui c’è l’intera documentazione dell’omicidio Takehara-

La destinataria del messaggio, Rika Hoshino, responsabile del reparto investigazioni della polizia di Tokyo, membro dei servizi segreti, 22 anni, era seduta come sempre dietro al computer portatile. Lanciò un’occhiata distratta alla cartelletta bianca portatale da Yuri Ivanov, tenente ventiquattrenne russo dai capelli rosso fiamma e dagli occhi azzurri, gelidi come la sua patria d’origine, componente della squadra; poi portò alle labbra la tazza di cioccolata fumante accanto alla tastiera:

- Mh-mh- mugugnò.

- Bingo!- esclamò una voce proveniente dalla scrivania alla destra di quella di Rika.

I due ragazzi si voltarono:

- Che c’è, Boris? Hai trovato il nome dell’hacker che ha sabotato il computer AD547 del reparto 3 della sezione 9 cancellando dall’hard disk i file del caso 268?- chiese il rosso tutto d’un fiato, mangiandosi le parole.

- Eh? Oh, no, ho solo stabilito il mio record al poker contro il pc…-

Mentre gli altri due sospiravano rassegnati, una testa spuntò da dietro il computer: Boris Huznestov, 24 anni, tenente russo i cui occhi verde chiaro facevano impazzire diverse agenti, nonostante i suoi strani capelli violetti perennemente arruffati.

Il telefono squillò all’improvviso, ma la cornetta fu prontamente sollevata da Aika, assistente di Rika:

- SPAS, dica-

- Ehi, Aika, sono Ben. My brother è lì?-

- Tao, Benny! Sì, quel pervertito di tuo fratello è qua- rispose Aika, lanciando un’occhiata disgustata allo sfondo desktop di Boris. - Bo, ti passo tua sorella…-

Boris pigiò il tasto del vivavoce e riprese a giocare a poker.

- Maledetto fratello degenereeee!!! Potevi anche avvertirmi che stanotte non tornavi a casa! Ti ho aspettato alzata fino alle cinque! -

Tutte le teste del reparto si voltarono verso Boris, che tentava disperatamente di zittire Ben, la quale non aveva la benché minima intenzione di assecondarlo:

- Sei un emerito idiota! Dovresti pensare al lavoro, anziché…-

Silenzio. Boris sbatté le palpebre stupito:

- B-ben…? Tutto a posto?-

Dall’altra parte provenne un mugolio:

- M-mh. Capisco. Grazie-

- Benny?-

La ragazza si ricordò all’improvviso del fratello:

- Eh? Sei ancora lì?! Levati e fammi parlare con Rika!-

Mentre si alzava per raggiungere Boris, Rika gli sorrise sarcastica:

- Sai, a volte stento a credere che sia tu il maggiore…-

Il giovane la gratificò con un’occhiataccia, poi le cedette il posto sulla sedia girevole, mettendosi alle sue spalle.

- Rika?-

- Vai, Ben, dimmi pure-

Si sentì un sospiro, poi la voce di Ben ricomparve:

- Mi ha telefonato il direttore del giornale… dice che gli è arrivata la segnalazione del ritrovamento di un cadavere nelle fogne. Ti do l’indirizzo-

Rika imprecò, alzandosi e infilandosi il foglietto con l’indirizzo in tasca:

- Si può sapere perché i giornali vengono sempre informati prima di noi?!-. Si rivolse ad Aika: - Chiama qualcuno della scientifica… proprio oggi Elion doveva beccarsi la febbre?-

Sempre pensando a Elion McGregor, fotografa professionista che si occupava di immortalare cadaveri e indizi, nonché sorella del proprietario della libreria di fronte alla casa del comandante, Rika si infilò il cappotto e si allacciò la cinghia di cuoio dove teneva la pistola attorno alla coscia destra:

- Boris, Yuri, muovetevi. Aika?-

L’interpellata scosse la testa:

- Non rispondono-

- Maledizione… quelli spuntano come il prezzemolo quando sono inutili… e quando servono, spariscono! Noi cominciamo ad andare, avverti tu se qualcuno ha bisogno di noi-

Dovette tirare uno scappellotto a Boris, che si era fermato nuovamente a parlare con la centralinista, per convincerlo a seguirla a Hikarigaoka:

- Ti ricordo che il tuo capo divide l’appartamento con la tua fidanzata…-

- Permesso, scusate, fateci passare…-

Per arrivare all’imboccatura delle fogne dovettero farsi strada a gomitate nella calca che circondava il tombino. Rika si trattenne a stento dal mandare all’inferno un paio di giornalisti ficcanaso.

Posando il piede sul primo piolo della scaletta per scendere, si rivolse a Yuri e Boris:

- Non scendete, mi serve che voi due rimaniate qui ed evitiate che vengano giù a rompere le scatole facendo domande insulse…-

- Non ti preoccupare- esclamò Boris allegramente, adocchiando un’attraente giornalista bionda affamata di scoop -L’idea di entrare in quel buco puzzolente non mi era passata nemmeno per l’anticamera del cervello-

- Dannato maniaco…- borbottò Rika, tirandogli uno scappellotto prima di calarsi giù.

SCIAK!

Il comandante abbassò lo sguardo sugli anfibi neri sporchi di un liquido indefinito e imprecò.

- Comandante Hoshino!-

- Giada! Piantala di chiamarmi comandante, lo sai che lo detesto se detto da un’amica!-

La giovane avvocatessa dai lunghi capelli biondo scuro le sorrise:

- D’accordo, Rika-

- Così va meglio. Come mai sei qui?-

Giada fece spallucce:

- Ero con mio fratello a fare shopping… quando gli è arrivata la richiesta di recarsi sul luogo del delitto…-. Indicò un giovane dai lunghi capelli neri raccolti in una coda da un elastico bianco tubolare, inginocchiato poco più in là a scattare foto.

Rika lo fissò un istante: Rei Kon, il fratello maggiore di Giada, con cui aveva dovuto lavorare un paio di volte per assenza di Elion, non le stava molto simpatico. Decisamente, preferiva il carattere più dinamico dell’avvocatessa, che numerose volte l’aveva aiutata nei particolari legali degli omicidi: se non fosse stato per lei, l’intera squadra di Rika avrebbe passato dei guai per le tante infiltrazioni e perlustrazioni non regolarmente preavvisate.

Rika si avvicinò all’équipe della scientifica che stava esaminando il cadavere e mostrò il distintivo:

- Comandante Hoshino, prefettura di Tokyo-

Un giovane dai capelli azzurri lunghi, legati in una coda dietro la schiena, Garland Von Cetwald, spiegò brevemente ciò che era successo:

- Siamo riusciti a identificare il ragazzo. Yuya Minami, 23 anni, giapponese. Dalla posizione del corpo, è scivolato nel tombino aperto… per questo stiamo già verificando il perché non fosse chiuso come avrebbe dovuto. Comunque, è probabile il suicidio: dia un’occhiata-

Le mostrò il polso destro del corpo: era pieno di ferite coperte di sangue rappreso. Garland le sventolò sotto il naso una busta trasparente che conteneva un coltello, anch’esso sporco di sangue:

- Le analisi hanno confermato che questa è l’arma…-

- Oh, no! Sono in ritardo per il lavoro!- esclamò Giada all’improvviso. -Scappo, Rika… altrimenti è la volta buona che mi tolgono la causa…-

- Ehi, no, e le pratiche legali per il…- tentò di bloccarla Rika. Ma l’avvocato era già risalita e si affacciò all’imboccatura del tombino:

- Stasera quando torno! Bacio!-

Il comandante si massaggiò le tempie. Aveva progettato un venerdì sera tranquillo a casa con Sara e Lucrezia a guardare un horror con una pizza, dei popcorn e della Coca-Cola, non una notte in bianco a rompersi la testa su assurde pratiche legali!

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un membro della scientifica che doveva parlare con Garland:

- Qui abbiamo finito, non c’è altro da fare. Saliamo a prendere il telone-

Il giovane annuì, e l’altro salì in superficie seguito da un altro uomo e da Rei, che fece un cenno di saluto a Rika. La ragazza fece per seguirlo, ma Garland la bloccò, passandole un braccio attorno alla vita e attirandola a sé:

- Andiamo, Rika-chan… perché sei così fredda con me?-

Lei si sottrasse alle sue labbra che tentavano di baciarla:

- Piantala, idiota. Punto uno, noi non stiamo più insieme-. Ricordò con disgusto quando l’aveva trovato a letto con un’altra. -E punto due…-

- Ehm-ehm-

Rika si voltò di scatto. Boris sorrise sornione:

- Ho interrotto qualcosa?-

La ragazza si liberò dalla presa delle forti braccia dello svedese e fulminò il collega con lo sguardo:

- No, Boris… che vuoi?-

Il tenente si passò una mano tra i capelli:

- Be’… sai la giornalista bionda che…-

- … che fissavi come uno stoccafisso? Sì, ce l’ho presente- borbottò Rika, subodorando ciò che l’altro voleva chiederle.

- … vorrebbe l’esclusiva, e io…-

- Boooorisss…-

Il ragazzo fissò con timore crescente la tempia destra di Rika che pulsava sempre più forte:

- S-sì…?-

- SCORDATELO, STUPIDO MANIACO!!-

- … quindi, in base al terzo comma della legge… insomma, Rika, mi stai ascoltando?-

Rika spostò pigramente gli occhi dalla sveglia digitale che segnava la mezzanotte e bevve un sorso dal contenitore mega di caffè:

- Scusa, Giada, ma non ci vedo più dal sonno…-

- Se tu non avessi posticipato questa spiegazione per sistemare i tuoi files degli omicidi…- la rimproverò l’altra.

- Il pc stava per collassate e oggi avevo dato serata libera a tutti, quindi non potevo chiamare Yuri…!-. Sbadigliò vistosamente.

Giada sospirò:

- E va bene… continueremo domattina-. In quattro e quattr’otto, l’avvocato recuperò i fascicoli e uscì dalla stanza dopo aver augurato la buonanotte a Rika.

Il comandante salutò Brooklyn e Olivier, i due poliziotti che dovevano fare il turno di notte, e uscì in strada. Il suo respiro formò una nuvoletta nella fredda notte di metà dicembre. Si maledisse mentalmente per aver dimenticato a casa la sciarpa dopo che Sara le aveva raccomandato almeno un migliaio di volte di coprirsi, e strinse tra le mani il caffè bollente.

Pensò che probabilmente Sara non era a casa… o almeno, non a casa loro: magari era da Boris… Sorrise, pensando alla sua amica, allegra e sempre attiva, insieme a quello scapestrato donnaiolo di Boris. Poi il suo pensiero si spostò sulla sua seconda coinquilina, Lucrezia, che era decisa a terminare l’ultimo romanzo suo e di Sara entro Natale, per farlo uscire come primo romanzo dell’anno, e…

All’improvviso, qualcuno la urtò violentemente, facendole sfuggire dalle mani il caffè. Quando adocchiò il liquido nero che si spandeva sul marciapiede, si dimenticò persino del dolore all’osso sacro:

- Noooo! Il mio caffè!! Ma chi diavolo ti…?-

Le parole le morirono in gola quando incontrò gli occhi del ragazzo davanti a lei: due profonde pozze color ametista che la fissavano dall’alto.

- Ti chiedo perdono-

Le porse la mano per aiutarla a rialzarsi. Lei la afferrò, dimenticandosi all’istante delle sue convinzioni sull’ipocrisia degli uomini che aiutano le ragazze dopo averle fatte cadere:

- N-non c’è problema…-

Senza staccare gli occhi dai suoi verde militare, il giovane le sorrise:

- Posso offrirti un caffè per rimediare al danno?-

La ragazza arrossì imbarazzata e si spostò dietro un orecchio una ciocca dei lunghi capelli castani raccolti in una coda

- Ma non ti devi disturbare…-

- Nessun disturbo-. Il giovane le baciò la mano che teneva ancora nella sua: -Il mio nome è Kei-

- I-io sono Rika… Rika Hoshino- balbettò lei, ancora scossa per l’inaspettato gesto del ragazzo.

Mentre camminavano per le vie deserte, illuminate dalla luce dei lampioni e da quella più debole della luna, Rika gli lanciò qualche occhiata per osservarlo con calma.

Il giovane aveva i capelli color dell’argento che sfumavano nel blu notte dietro la nuca e la pelle candida come l’avorio. Indossava un giubbotto di pelle nera, come di pelle nera erano i guanti da motociclista che avvolgevano le sue mani, un paio di jeans scuri e anfibi neri. Era più alto di Rika di almeno 10 cm, e dimostrava almeno 24 anni.

- Sei fidanzata?-

La domanda la colse di sorpresa:

- Eh? N-no… non più…- mormorò.

- Bene-. Il giovane le passò un braccio attorno alla vita, la attirò a sé e la baciò.

Mentre la lingua del ragazzo sfiorava con delicatezza la sua, Rika si accorse di provare una sensazione che Garland non le aveva mai dato. Prima di abbandonarsi definitivamente a quel caldo abbraccio, scorse con la coda dell’occhio una giovane dai capelli biondi che passava loro di fianco. Chiuse gli occhi.

La luce del sole che filtrava attraverso le leggere tende della finestra della sua camera le stuzzicò dolcemente gli occhi. Aprì le palpebre e le sbatté più volte per abituarsi al risveglio. Si alzò dal letto e scese al piano di sotto, dove Sara stava preparando la colazione.

- Ben svegliata, Bella Addormentata!- esclamò la scrittrice vedendola entrare.

- Buongiorno… dov’è Lucre-san?- chiese Rika soffocando a stento uno sbadiglio.

- È passata alla casa editrice per avvertire che siamo a buon punto sulla tabella di marcia- rispose Sara, porgendole una tazza di cioccolata e un piatto di frittelle. Poi cambiò tono, sorridendo sorniona: -E tu che mi nascondi? Lo sai che devi dire tutto alla tua sensei…-

- Eh?-

Una luce divertita passò negli occhi verde smeraldo della ventitreenne:

- Andiamo… chi era il ragazzo di ieri sera?-

Ad un tratto il ricordo del bacio di Kei le tornò alla mente, facendola arrossire. Sara sorrise:

- È stato così gentile… mi ha detto che ti sei addormentata all’improvviso e la carta d’identità ti è scivolata fuori dalla tasca, così lui ha scoperto il nostro indirizzo e ti ha portata a casa-. Chiuse le palpebre e prese un’espressione sognante: -Ha una moto così figa…-

Il viso di Rika era diventato nel frattempo dello stesso rosso acceso del pigiama di Sara:

- A-addormentata… in piedi…? Oh, cavolo… che figura…-

- Anche con Garland era successo così, non ti ricordi?-. Accorgendosi dall’espressione del comandante di aver toccato un tasto dolente, si affrettò a cambiare discorso: -…è salito portandoti in braccio… un vero cavaliere! E poi, quella moto nera dai bordi argentati…-

- Ehi, frena! Ti ricordo che tu sei già fidanzata!- rise Rika, ritrovando il buon umore.

Sara le fece l’occhiolino:

- Già… ma posso sempre sognare una moto!-

- Dirò a Boris di comprarne una…-. Lanciò un’occhiata all’orologio a muro: -Dyaaa! Sono in ritardo!!! Giada mi ucciderààà…!!-

Mollò la tazza sul tavolo e tornò in camera. In meno di cinque minuti riuscì a lavarsi e a cambiarsi, poi scese nuovamente al pianterreno, afferrò il cappotto e salutò la coinquilina:

- Ciao, sensei!-

- Cia…-. Prima che potesse terminare, Rika era già uscita. Sospirò: -… e Kei ha detto che sarebbe passato in ufficio…-

Aprì la porta dell’ufficio e vi si lanciò dentro:

- Scusate il ritardo, ragazzi…-

- Rika-chaaan!-

Il comandante sorrise imbarazzata:

- Scusa, Giada… stamattina ho avuto dei problemi a svegliarmi, e…-

L’avvocato sospirò:

- D’accordo… dai, muoviti, non c’è tempo da perdere-

Mentre passava accanto alla scrivania di Boris per raggiungere il proprio ufficio, Rika tirò uno scappellotto al tenente:

- Anziché cercarti gli sfondi porno… comprati una moto!-

- Eh?-. Ma la ragazza non gli rispose, limitandosi a sorridere enigmatica.

- Rikuccia!-. Elion le saltò al collo all’improvviso: -Sono guarita!-

- Mi fa piacere- replicò Rika. Ed era vero: in quel modo non sarebbe più stato necessario chiamare la scientifica e dover lavorare con Garland… Ripensò a quando stavano insieme: lei si era innamorata subito di quello svedese affascinante e intelligente, sempre dolce e disponibile con tutti… anche troppo disponibile. Mentre l’immagine di Garland a letto con una rossa le si affacciava nella mente, una voce profonda e calda la distrasse dal brutto ricordo:

- Rika…-

La ragazza si voltò e rimase a bocca aperta, come anche Elion, ancora appesa al suo collo, Giada, che lasciò cadere i fascicoli che teneva in mano, Yuri e Boris.

- C-che ci fai qui?- balbettò.

Kei sorrise:

- Abbiamo ancora un caffè in sospeso, se ricordi-

- M-ma…- esitò Rika, lanciando un’occhiata a Giada. L’avvocatessa sogghignò:

- Non ti preoccupare, ne parliamo dopo-

Prima che avesse il tempo di ribattere, Kei le prese la mano e la trascinò fuori, sotto gli occhi sbalorditi di Boris e Yuri, e quelli divertiti di Aika, Elion e Giada.

Una volta in strada, Rika trovò il coraggio di parlare:

- Ehm… Kei… volevo ringraziarti per ieri, quando mi hai riportata a casa…-

Lui le sorrise, mostrandole i denti candidi e regolari:

- Non ti preoccupare…-

- So di essere pesante- arrossì lei.

- È stato un dolce peso da portare-

-…!-

"Il gelido comandante Hoshino che arrossisce per un ragazzo! Domani nevica rosso!" avrebbe commentato Boris se fosse stato lì in quel momento. Ma Boris non c’era, e non avrebbe saputo nulla.

Kei si fermò davanti a un bar dall’insegna azzurra con la scritta blu:

- Entriamo?-

"Ora o mai più".

Il ragazzo fece per entrare, ma Rika lo bloccò tirandolo per una manica. Lui si voltò:

- Cosa c’è?-

- Quella di ieri sera era la tua ex? È perché passava lei che mi hai baciata?-

- No. E comunque, non mi ero accorto che ci fosse qualcun altro-

L’affermazione la lasciò spiazzata, ma la sua esperienza in interrogatori le permise di non perdere la voce:

- E allora perché mi hai baciata?-

Kei sorrise candidamente:

- Perché mi andava di farlo-

Questa volta Rika rimase senza parole. A spezzare l’imbarazzante silenzio creatosi ci pensò il cercapersone della ragazza:

- Pronto?- rispose lei.

- Rika, presto, vieni. C’è bisogno di te-. Boris sembrava alquanto scosso.

- Arrivo subito in centrale…-

- No! Ti do direttamente l’indirizzo-

Sentendo la via, Rika esclamò:

- Ma è dall’altra parte della città! Boris… Boris!-. Lo spense innervosita: -Perché cavolo non funziona?-

- È successo qualcosa?-

La ragazza girò sui tacchi:

- Dovremo rimandare ancora. Hanno rinvenuto un cadavere e devo correre dalla parte opposta della città… maledizione, non so nemmeno come arrivarci…-

- Vieni-

- Ma io…-. Senza ascoltare le sue obiezioni, Kei la trascinò nel bar. Salutò il ragazzo biondo alla cassa con un cenno della mano e si diresse verso la porta davanti a loro. In breve si trovarono in un giardinetto esterno:

- Aspettami qui-

- Devo…- provò a protestare Rika, ma il ragazzo scomparve.

Poco dopo, Rika sentì il rombo di una moto che le si avvicinava:

- Salta su!- esclamò Kei, alzando la visiera del casco e porgendogliene un altro rosso. La ragazza fissò la moto nera dai bordi argentati a bocca aperta, poi si decise ad infilare il casco e salì dietro di lui.

- Tieniti stretta, sarò rapidissimo- l’avvertì il giovane. Lei annuì e gli allacciò le braccia attorno alla vita, appoggiando il petto alla sua schiena.

Con un rombo del motore, la moto partì, uscendo dal cancello davanti a loro.

- Sai… abito nell’appartamento sopra il bar e ogni tanto ci lavoro, nei weekend, quando non sono all’Università- spiegò Kei, sovrastando il rumore e anticipando la domanda di Rika.

Lei annuì, con la fronte appoggiata alla sua schiena. Anche se c’erano i vestiti, lei poteva indovinare gli addominali ben scolpiti. Intrecciò le dita delle mani e ripensò al tono di voce di Boris.

Non l’aveva mai sentito così sconvolto.

Smontò di sella e si tolse il casco. Ringraziò Kei per il passaggio, poi superò i nastri gialli con la scritta "Keep out". Adocchiò Boris, chino poco più avanti.

- Boris! Cos’è successo?-

Il giovane si spostò di lato, rivelando un cadavere. Il cuore della ragazza ebbe un sussulto.

Rei Kon era sdraiato sulla schiena, le mani legate dietro, gli occhi spalancati in un muto urlo di terrore. Conficcato nella sua bocca c’era un sacchetto di tessuto bianco sporco.

- È stato soffocato da quel coso. Aspettavo te per toglierlo, Elion ha già scattato le foto. Il decesso è avvenuto tra le quattro e le cinque di questa mattina-. La voce di Boris era priva di qualsiasi emozione.

Rika si inginocchiò accanto al tenente e con mano tremante estrasse il sacchetto. Slacciò il nastrino di raso blu che lo teneva chiuso e lo aprì.

- Terra…!- sussurrò Boris.

Rika deglutì a fatica:

- Dov’è Giada?-

Il ragazzo indicò la panchina davanti a loro, dove Garland abbracciava Giada, che non riusciva a smettere di piangere. Rika le si avvicinò, scacciando dalla mente il ricordo di quando Garland consolava lei, che gli si attaccava come una bambina e si faceva stringere al suo petto…

- Giada…- mormorò.

L’avvocatessa alzò il viso, fissandola con gli occhi azzurri arrossati e gonfi. Si liberò dalle braccia di Garland e porse a Rika un biglietto:

- Dimmi cosa vuol dire…-

Il comandante lo prese. Era un cartoncino bianco rettangolare, con i bordi sporchi di terriccio. Al centro recava disegnata una stella a cinque punte, costruita intorno a una "S".

"Che c’entra l’alfabeto occidentale?" pensò, mentre Giada le appoggiava la fronte nell’incavo del collo e le tempestava l’addome di pugni sempre più deboli:

- Trovalo… trova il bastardo che l’ha ucciso…-

- Stanne sicura- promise l’altra. Un lampo omicida le passò negli occhi verde militare: conosceva il forte legame fraterno che legava la sua amica a Rei, e poteva immaginare come si sentisse… Quando era morto suo padre, il comandante Ryo Hoshino, lei si era sentita il mondo crollarle addosso.

- Rika-. Garland le sfiorò appena la spalla destra: -Miyuki ti vuole parlare-

La ragazza annuì:

- Dille di venire-

Il giovane si allontanò. Poco dopo sopraggiunse una ragazza con i lunghi capelli neri raccolti in una coda alta e gli occhi marrone:

- Rika-chan-

- Miyuki, come mai sei qui?-

L’interprete abbracciò Giada, poi rispose:

- Il cadavere è stato rinvenuto da un indiano che non parla molto bene il giapponese… così mi hanno chiamata-

- Capisco-. Si rivolse a Giada: -Ti lascio con Yuri, sono sicura che starai meglio con lui che qui con noi-

L’avvocato tirò su con il naso, mentre le due ragazze la accompagnavano dal russo. Una volta che Giada e Yuri si furono allontanati insieme, Rika e Miyuki tornarono nei pressi del cadavere di Rei. Il comandante si rivolse a Boris:

- Di’ ad Aika di rintracciare Ben e di mandarmela al commissariato. Poi avverti Elion di sbrigarsi a sviluppare le foto e a portarmele là. Miyuki, precedimi in centrale, io arrivo tra poco-

Mentre i due la lasciavano per eseguire gli ordini, lei continuò ad osservare intensamente il biglietto, senza nemmeno sbattere le palpebre. Anche suo padre faceva sempre così, e riusciva a non sbatterle per ore.

Erano tutti seduti attorno al tavolo. Una situazione che si ripeteva spessissimo, anche troppo, ma quella riunione fu particolarmente penosa; oltretutto mancavano sia Giada che Yuri, due membri più che utili alla squadra: la prima con le sue vaste conoscenze legali, il secondo con le sue abilità informatiche e tecnologiche. La tensione si faceva sentire forte. Ad un tratto, Rika esplose:

- Adesso basta! Dobbiamo considerarlo un caso come tutti gli altri, solo che saremo più motivati a trovare quel figlio di puttana. Ben, tieni a bada quelle sanguisughe dei tuoi colleghi e controlla che non sbandierino ai quattro venti più di quanto non debbano; Miyuki, vedi di torchiare il più possibile quel testimone, voglio sapere ogni minimo particolare, anche se a lui può sembrare insignificante; Aika ed Elly, ho bisogno che cerchiate nei fascicoli degli archivi se ci sono simboli simili; Boris, fatti dare da Garland i risultati delle analisi-

- E tu?- chiese Aika mentre tutti si alzavano.

- Io torno sul luogo del delitto. Nessuno è perfetto, deve per forza aver lasciato altre tracce-

- Aspetta, Rika!- tentò di bloccarla Boris, ma il comandante non lo sentì o, come ipotizzò il tenente, non volle sentirlo.

Il giovane si voltò verso gli altri, mentre la porta dell’ufficio sbatteva violentemente:

- Quando diavolo imparerà a fidarsi di più degli altri? Dovrebbe capire che non può fare sempre tutto da sola…-

Rika non era affatto convinta di trovare nuovi indizi che l’avrebbero aiutata a capire il senso del biglietto: era conscia dell’efficienza di Garland e di entrambe le loro squadre. E allora perché aveva voluto uscire? Si sentiva oppressa dal senso di colpa? O semplicemente sperava che il freddo l’avrebbe aiutata a pensare lucidamente?

"Ammettilo… è il senso di colpa che ti opprime…"

- Non è vero- disse ad alta voce. Incassò la testa tra le spalle, affondando il viso nella sciarpa candida legata attorno al collo fino a lasciarne fuori solo gli occhi.

"E invece sì… Non vuoi che Giada diventi un’eremita fredda come te"

- Io non sono un’eremita-

"Da quando è morto papà sai bene anche tu di esserti staccata da tutti, Garland per primo"

- Garland si stava facendo un’altra! Che accidenti dovevo fare? Sono scappata…-

"Come sempre, scappi dai tuoi problemi senza affrontarli apertamente"

- Io…-. Si accorse solo allora di sentirsi abbastanza stupida a parlare da sola. Oltretutto, era arrivata al parchetto dove era stato trovato il cadavere di Rei.

I suoi passi producevano leggeri fruscii sulle foglie secche sparse sul terreno. Il corpo era stato trovato alle sette del mattino, ed era stato calcolato che il ragazzo era morto tra le quattro e le cinque della stessa mattina. Rika lanciò un’occhiata all’orologio allacciato al suo polso: le sette di sera. Il buio che era sceso rendeva impossibile ogni ricerca senza una torcia elettrica, e la ragazza accese quella che portava sempre con sé.

Anche volendo, non avrebbe potuto capire se l’omicidio era stato compiuto sul luogo oppure il cadavere era stato portato lì in seguito. Lo spessore dello strato di foglie non era nemmeno da prendere in considerazione: il forte vento che aveva soffiato in quell’arco di tempo le aveva sparpagliate di qua e di là.

Rovistò tra i cespugli, attirandosi le occhiatacce di una coppietta che tubava sulla panchina accanto. Dovette aspettare più di un’ora prima che i due levassero le tende. Una volta rimasta finalmente sola, poté esaminare la zona in tutta calma, o almeno provarci.

Frugò dappertutto alla ricerca di qualcosa di indefinito finché non cominciarono a bruciarle gli occhi. All’improvviso sentì lo scricchiolio di un ramo spezzato. Maledicendo l’amministrazione pubblica per non aver riparato i lampioni rotti, estrasse la pistola dalla fondina e la puntò davanti a sé insieme al sottile raggio della torcia:

- Chi c’è? Identificati, è un ordine!-

- Rika!-

Abbassò la pistola:

- Scusa Kei, non immaginavo di trovarti qua a quest’ora-

Il giovane le sorrise:

- Quanto dovrà aspettare il nostro famoso caffè?-

"Ma ti sembra il momento di pensare a uno stupido caffè?!?" avrebbe voluto urlargli. Ma si pentì subito del suo pensiero: che c’entrava Kei? Non era mica colpa sua se la vita le andava di male in peggio.

Si spostò una ciocca di capelli che le era sfuggita dall’elastico della coda, togliendosela dagli occhi e posizionandosela dietro l’orecchio, stando attenta che non si impigliasse nel piercing fatto in alto alla cartilagine:

- Mi hai preso in un brutto momento-

- Periodo difficile?-

- Già-

- Forse ti sembrerà strano e stupido- cominciò Kei, avvicinandosi con il suo passo lento e regolare -Ma quando c’è qualcosa che mi tormenta, mi chiudo in casa e mi strafogo una confezione di gelato davanti alla tv. Anche se poi d’inverno rischio una congestione-. Sorrise.

Rika non riuscì a trattenere una risata. Che fosse stato il troppo nervoso o la strana gioia che sentiva quando vedeva quel ragazzo, rise.

- A-ha!- esclamò il ragazzo. -Ti ho fatta ridere-

- Ehi, non sono mica un mostro!- ribatté lei, a metà tra il divertito e il risentito.

- Non volevo dire questo-

- Credo che seguirò il tuo consiglio… anche a rischio di una congestione-

- No, dai, non dire così! Mi sentirei in colpa se ti succedesse qualcosa-

Rika sorrise:

- Be’, sai… ho una predisposizione naturale all’evitare le malattie-. Sospirò: -Be’, ora ti saluto. Il tragitto verso casa è lungo-

- Ti accompagno-

- Non ti devi disturbare, tanto…-

- Non voglio che ti succeda qualcosa-

Il cuore della ragazza accelerò i battiti, mentre al viso di Kei si sostituiva quello di Garland che anni prima aveva pronunciato la stessa frase…

- Ho parcheggiato la moto davanti al negozio di dischi all’entrata del parco-

- Eh? Ah, ok…-

Mentre camminavano affiancati, si trovò a pensare che al chiaro di luna il giovane era ancora più affascinante. Poco dopo, arrivarono alla moto: Kei estrasse due caschi dal sottosella e porse quello rosso a Rika, mentre lui indossava quello nero.

Durante il viaggio, Rika si strinse forte al ragazzo, come aveva sempre fatto con Garland: anche lo svedese possedeva una moto simile, ma blu notte anziché nera.

Qualche minuto dopo arrivarono davanti all’appartamento della ragazza. Lei smontò e gli restituì il casco, mentre anche lui se lo toglieva per salutarla.

- Grazie Kei- mormorò.

- Figurati-

Il giovane staccò una mano dal manubrio e la posò sul retro del collo di Rika, la fece avvicinare a sé e la baciò, senza che lei potesse, o forse volesse, opporglisi.

- Questo è il mio numero- mormorò poi, porgendole un bigliettino. -Il caffè è ancora in lista d’attesa-

Lei si infilò il biglietto nel taschino interno del giubbotto:

- Ti farò sapere della congestione- sorrise.

Kei le augurò la buonanotte e partì, con un rombo del motore. Rika rimase fuori finché non riuscì più a vederlo, poi inserì la chiave nella toppa del portone, facendo scattare la serratura con un’espressione trasognata.

- Rikuccia!-

- Lucre-sensei…-

La ragazza dai corti capelli neri sorrise sorniona:

- Fa conquiste la nostra kohai!-

Rika arrossì:

- Mi stavi spiando?-

L’altra fece spallucce:

- Sara mi ha parlato del tuo misterioso principe in moto e così vi ho… dato un’occhiata dalla finestra…-

Il comandante inarcò un sopracciglio:

- Siete proprio due ficcanaso… comunque, dov’è Sara?-

Lucrezia le lanciò un’occhiata complice:

- Dove vuoi che sia? Dal suo principe dagli occhi verdi!-

Rika sorrise, mentre si toglieva il giubbotto. Lo appese all’attaccapanni, augurò "Buon lavoro" a Lucrezia che si apprestava a proseguire la stesura dell’ultimo thriller e infine salì in camera, senza che Kei abbandonasse i suoi pensieri.

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Capitolo 2
*** T ***


The Damned Blade

Scusatemi ancora per i problemi legati all'html, ma non essendo abituata ad usarlo, mi dimentico sempre del problema degli spazi... thanks per aver letto e commentato! ^^

ps per evamagic: Hoshino è il cognome di Aya di "Gals!", mi piaceva il significato! ^^

 

 

Capitolo 2. T

Quella notte, Rika non ebbe affatto un sonno tranquillo. Continuava a sognare suo padre.

Ryusuke Hoshino, abbreviato Ryo da tutti, era comandante di polizia. Quando la madre di Rika era morta, subito dopo il parto, l’uomo si era dato da fare per crescere da solo la sua unica figlia, avvicinandola al proprio ambiente di lavoro, a tal punto che già a 15 anni la ragazza era entrata a far parte del suo team di investigazione. Quattro anni dopo, la mattina di Natale, Ryo era stato mandato in missione per un raid in uno spaccio di droga: là, nella confusione seguita allo sfondamento della porta del magazzino n° 7 del porto di Tokyo, aveva sparato, uccidendo un uomo che si trovava a passare per caso. Pochi istanti dopo, era stato colpito da una pallottola al petto, morendo qualche minuto dopo, mentre giaceva nell’ambulanza che lo doveva portare all’ospedale. Rika aveva preso il suo posto a capo della squadra, giurando di onorare sempre il suo ricordo.

Non aveva pianto.

Era rimasta immobile osservando la bara di legno che veniva calata lentamente nella fossa.

Anche in seguito, ogni volta che si recava al cimitero per visitare la sua tomba, fissava la lapide senza sbattere le palpebre, lasciando scorrere lo sguardo sulle lettere incise.

Nel giro di un mese, quasi tutti i membri del team di suo padre avevano fatto domanda di trasferimento: abituati alla gentilezza di Ryo, non potevano concepire come sua figlia, di appena 19 anni, potesse essere così fredda e testarda; inoltre non erano affatto convinti delle sue capacità, nonostante avesse dimostrato più volte, come diceva Boris, "di avere le palle più di chiunque altro in quel buco". Con lei erano rimasti solo Yuri e Boris; in seguito si erano aggiunte Aika, Elion e Miyuki, e anche Ben e Giada davano sovente una mano dai rispettivi campi lavorativi, il giornalismo e la legislazione.

E poi… e poi c’era Garland, che la conosceva da quando erano piccoli. Aveva fatto rapidamente carriera nella sezione scientifica, nonostante avesse solo 21 anni, ma data la sua intelligenza era stato ammesso all’Università a soli 16 anni, terminando gli studi 2 anni dopo. Solo lui la conosceva così tanto da sapere che la maschera gelida che non la lasciava mai era solo un muro difensivo per proteggere la sua fragilità; era lui l’unico che la sosteneva sempre, standole vicino come amico e, negli ultimi 3 anni, anche come fidanzato.

Quando Rika era entrata di soppiatto in casa sua per fargli una sorpresa e lo aveva trovato a letto con un’altra, le era crollato il mondo addosso per la seconda volta nella sua vita: tutto il dolore che sembrava essersi assopito in quegli anni era riesploso di botto, frammisto alla rabbia e alla disperazione. Per intere settimane era stata intrattabile, tanto che Giada aveva dovuto mettercela tutta per difenderla dai legali che la attaccavano per la violenza con la quale trattava i pregiudicati.

Poi, aveva capito che non poteva continuare a soffrire e aveva deciso di fare come se nulla fosse successo.

Il risveglio non fu un bel momento. Dopo un istante di ricordò dell’omicidio di Rei… ma quando il bacio di Kei prese prepotentemente il sopravvento, lei non si fece pregare per abbandonarvisi, e assaporando quell’ultimo, dolce ricordo, si preparò e andò in ufficio.

 

 

 

 

Entrando, vide tutti già nella stanza. Si sfilò il cappotto e lo appese all’attaccapanni:

- Bene. Novità? Aika?-

L’interpellata sfogliò un fascicolo:

- Io ho cercato su Internet ed Elion ha consultato alcuni testi della libreria del fratello, ma le informazioni coincidono: "La stella a cinque punte, definita anche pentacolo, oltre a essere importante nelle pratiche magiche, è un portafortuna se ha una punta verso l’alto, o un segno convenzionale di magia nera in caso contrario" bla bla bla…-. Rika pensò ai nei che sul suo braccio sinistro potevano essere uniti a formare una stella a cinque punte con il vertice verso il basso e trattenne un sorriso compiaciuto. -…Ah, ecco: stelle unite a lettere: "Nel simbolismo della Massoneria, al centro della stella vi era una G, che alludeva alla geometria, alla Gnosi o a Dio", che come sai in tedesco si dice Gott…-

- Altri casi?- troncò Rika.

- No-

- Merda- imprecò il comandante. -Queste informazioni sono del tutto inutili, considerando il fatto che sono atea e non credo in interventi divini… hai detto magia nera?-

- E sette sataniche- aggiunse Elion.

- E se si riferissero a divinità greco-romane? Selene, Saturno…- propose Aika.

- Boris?-

Il giovane tenente si scompigliò i capelli violetti, arruffandoli più di quanto non fossero già:

- Nulla più di quanto già non sapessimo. Rei è morto soffocato a causa di quel sacchetto di terra, tra le 4 e le 5 di ieri mattina…-

- Tipo di terra? Composizione? Origine? Queste informazioni non si trovano da sole! Vai da Garland, voglio i risultati- ringhiò.

Boris la fissò dritta negli occhi:

- Non ho finito. Il corpo non mostra segni di lotta. Probabilmente è stato colto di sorpresa e minacciato per rimanere in silenzio, e…-

Rika sbatté il palmo della mano destra sulla scrivania:

- Sono i fatti che mi interessano, non le probabilità!- urlò. Poi scosse la testa: -Scusatemi. Miyuki?-

L’interprete mora annuì:

- Mystel, il ragazzo indiano che ha ritrovato il cadavere, si è trovato a passare per caso per il parco. È un esploratore scientifico, stava facendo delle ricerche sugli insetti della zona…-. Nascose a fatica il suo disgusto per gli insetti e riprese subito: -Sulle prime ha pensato che fosse un vagabondo addormentato o un ubriaco; avvicinandosi, però… in breve, ha chiamato subito la polizia, senza accertarsi della sua morte effettiva per non cancellare eventuali impronte digitali…-

-… che non sono mai state trovate in qualsiasi caso- concluse Boris, lasciandosi sprofondare nella sedia girevole imbottita.

Sua sorella prese la parola:

- Al giornale va anche peggio. Le notizie sono filtrate rapidamente e…-

- Quanto tempo abbiamo?-

- Tardi… le prime notizie sono già in giro-

Aika osservò la tempia che pulsava sulla fronte di Rika. Conosceva bene l’avversione del comandante per i giornalisti, eccezion fatta per Ben, e anche il fatto che la ragazza detestava sentirsi impotente:

- Tu hai novità?- le chiese.

La giovane scosse il capo, stringendo i pugni. In quel momento, la porta si aprì ed entrò Yuri. Tutte le teste si voltarono verso di lui:

- Coma sta?- chiesero all’unisono tutti, tranne Rika che rimase in silenzio ad osservarlo.

Il russo si sfilò il cappotto e lo appese all’attaccapanni alle spalle di Elion:

- Si è un po’ ripresa, ma non ha praticamente chiuso occhio tutta notte…-

- Hai dormito da lei?!?- esclamò Boris, ricevendo in cambio un pugno sulla nuca da sua sorella.

Yuri si schiarì la voce dopo aver lanciato uno sguardo di gratitudine a Ben:

- Ha detto che Rei non era tornato a casa, quella sera: a quanto pare, doveva lavorare, e…-

- Garland!-. Rika scattò in piedi, facendo slittare indietro la sedia.

- Ma che cavolo…?- cominciò Boris.

- Rei lavora con Garland. Perché non mi è venuto in mente prima? E soprattutto… perché non è venuto in mente a quel maledetto svedese?!?- sbraitò il comandante, attraversando di corsa la stanza e lanciandosi fuori dall’ufficio.

 

 

 

 

- Garland… Garland!-. Rika chiuse con rabbia il cellulare e lo scagliò nella pozzanghera al lato del marciapiede. -Stupido idiota, dove diavolo sei finito?-

Spalancò la porta del reparto scientifica si aprirono per permetterle il passaggio, lei vi entrò come una furia e si rivolse a un ragazzo dai capelli rossi che la fissò con occhi stralunati:

- Dov’è Garland?- sbraitò.

- Non sa che è vietato…- cominciò l’altro.

- …entrare senza autorizzazione? Pivello, stai parlando con il comandante Hoshino della prefettura di Tokyo, laureata a soli 13 anni. Vammi a chiamare Von Cetwald!- abbaiò in risposta.

- N-non c’è…-

- Cosa?-

Lieto che la ragazza si fosse finalmente zittita, Daichi Sumeragi riprese:

- Spiacente, ma non è in ufficio-

- E allora dov’è?-

- Informazioni riserv…- balbettò il ragazzo, indietreggiando fino a ritrovarsi con le spalle al muro.

Rika mosse il braccio come per tirargli un pugno, ma alla fine aprì il palmo e lo sbatté sulle parete accanto alla nuca del ragazzo, facendolo sobbalzare:

- Senti, pivello: o mi rispondi, oppure faccio in modo di farti sbattere fuori da qui-

- N-non lo so…-

Il comandante imprecò pesantemente e indietreggiò, uscendo. la porta le sbatté violentemente alle spalle, troncando una frase cominciata con "Maledetto figlio di…".

Di malavoglia percorse la strada che tempo prima faceva allegramente per arrivare all’appartamento di Garland. Una volta giunta davanti all’alto edificio giallastro, attese finché qualcuno non ne uscì. Sorridendo all’anziana donna che le tenne aperta la porta, entrò. Salì in fretta le scale, facendo i gradini a tre a tre. Si fermò davanti alla porta dell’appartamento 17 del terzo piano e inspirò profondamente. Bussò.

Nessuna risposta.

Suonò il campanello.

Nessuna risposta.

Accarezzò l’idea di sfondare la porta e irrompere nel soggiorno, ma il ricordo del perché aveva mollato Garland si riaffacciò alla sua mente. Fece dietro-front, maledicendo tra sé e sé il giovane.

Mentre Rika scendeva le scale, Garland si affacciò alla porta, strofinandosi gli occhi dopo un’intera nottata passata al computer alla ricerca della composizione tutta particolare della manciata di terriccio nel sacchetto.

 

 

 

 

 

"Va’ a casa e riposati" le aveva detto Boris. Ma come faceva?

Rika sbuffò. Il suo respiro formò una nuvoletta bianca. Non sapeva da che parte sbattere la testa: per quanto ci riflettesse, non riusciva a capire che nesso ci fosse tra la morte di Rei e il biglietto trovato accanto al suo cadavere. Aveva immediatamente escluso che l’omicidio fosse in qualche modo collegato a quelli dei giorni precedenti: la modalità con la quale era morto il cinese era totalmente nuova e diversa da qualsiasi altra avesse mai visto.

Passò senza accorgersene davanti alla libreria di fronte a casa sua. Si fermò e sbirciò nella vetrina, sopra la quale troneggiava l’insegna recante il nome del negozio scritto con lettere nere arabescate: "Ye Old Bookshop".

Sorrise, accorgendosi che il giovane proprietario, Andrew McGregor, fratello maggiore di Elion, era seduto come sempre in una delle poltrone imbottite messe a disposizione dei clienti, accanto al bancone su cui era appoggiata una tazza di tè bollente. Il ragazzo aveva le lunghe gambe accavallate e teneva aperto un grosso volume tra le mani. Un ciuffo dei capelli rosso sangue gli sfuggì dalla fascia blu avvolta attorno alla fronte, cadendogli sull’occhio sinistro, ma lui sembrò non farvi caso. Era così assorto nella lettura che non si accorse nemmeno dell’entrata di Rika, che per farsi notare dovette fermarsi dritta davanti a lui, a gambe divaricate e con i pugni chiusi sui fianchi:

- Ehilà, topo di biblioteca!-

Andrew alzò appena il viso:

- Buonasera, Rika-

Il comandante sorrise:

- Cosa stai leggendo di bello?-

- "Guerra e pace" in lingua originale-

Andrew ed Elion erano gli ultimi eredi della ricchissima famiglia inglese dei McGregor, che vantava antenati illustri sin dai tempi della Magna Charta del 1215. Tra i due c’erano pochissimi anni di differenza, ed erano molto legati: quando Andrew si era trasferito in Giappone per terminare gli studi di archeologia e simbologia, Elion l’aveva seguito, specializzandosi in fotografia e unendosi al team di Rika. Nel frattempo, il giovane aveva saputo che la vecchia libreria davanti all’appartamento del comandante stava per essere chiusa e demolita per mancanza di clienti, e l’aveva immediatamente acquistata e ristrutturata, aggiungendo la ricchissima sezione-biblioteca mettendo a disposizione numerosi libri fatti venire appositamente dalla biblioteca di famiglia.

- Hai qualcosa per me?- chiese Rika, allungando una mano per afferrare la tazza di tè.

- Mi sono arrivati un paio di volumi nuovi, un thriller e un fantasy- rispose Andrew, sfilandole la tazza da sotto il naso e tenendola al sicuro tra le mani, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.

- Solito scaffale?-

- Sì, controlla dietro il bancone-

Rika scavalcò gli scatoloni con i nuovi arrivi che le impedivano l’entrata nel retro del bancone e storse il collo per leggere i titoli sul bordo laterale dei tanti volumi ordinati in base all’iniziale del cognome dell’autore. Individuò subito i due libri citati da Andrew: sul segnalibro che fuoriusciva dalle pagine profumate di stampa fresca c’era scritto il suo nome in kanji. La ragazza sorrise:

- Perché ti ostini sempre a scrivere in kanji? Non sarebbe più semplice per te usare il katakana?-

Andrew alzò nuovamente gli occhi blu dal librone polveroso che stava consultando:

- Il kanji è più poetico… il katakana è troppo stilizzato per i miei gusti-

- Sicuro di non essere parente, almeno alla lontana, di Oscar Wilde?- commentò Rika, sfilando pian piano i volumi, facendo attenzione a non far cadere gli altri ad essi appoggiati e soffiando via il sottile strato di polvere formatosi nel breve lasso di tempo in cui erano rimasti sullo scaffale in attesa che lei arrivasse a prelevarli.

Accorgendosi che l’altro non ribatteva, proseguì:

- Ah… mi ha detto Elly che stasera tarderà. Credo che Brook l’abbia invitata a cena-

Andrew non riuscì a nascondere il proprio disappunto nel sentir nominare l’americano dai capelli arancione.

- Non ti piace proprio, eh?- commentò Rika, sfogliando il fantasy dal titolo "I Cavalieri degli Elementi". -Perché?-

- Non saprei… so solo che sta allontanando Elianor da me-

Rika si spostò una ciocca di capelli dagli occhi:

- Forse è un po’ diverso, ma… quando persi mio padre, furono Sara e Lucrezia a propormi di andare ad abitare con loro. Boris e Yuri, nonostante fossero i miei migliori amici, non poterono per mancanza di spazio nell’appartamento, anche se Ben aveva assicurato che ci potevamo trasferire tutti in una casa più grande. Comunque, in quel periodo le sensei mi rimasero molto vicine, in particolare Sara, che spesso trascurava la stesura del libro per dedicarsi a me… attirandosi i rimproveri dell’editore. Quando scoprii che Boris le aveva chiesto di diventare la sua ragazza, ci rimasi molto male, perché avevo paura di perderli. Non so se fossi più arrabbiata con l’uno o con l’altra-. Rika si incupì un istante, ma sorrise subito, tanto che Andrew si chiese se avesse solo immaginato il lampo d’odio che aveva visto attraversare gli occhi verde militare della ragazza. -Mi accorsi ben presto di essermi sbagliata, fortunatamente-

Cadde un silenzio di tomba, imbarazzante per entrambi. Fu il rintocco del campanile a spezzare l’atmosfera cupa creatasi.

- Già le 9, maledizione- borbottò Andrew.

La ragazza gli lanciò un’occhiata interrogativa, inarcando il sopracciglio sinistro. L’altro scosse la testa:

- Stavo calcolando quanto ci metto a leggere "Guerra e pace"… sai, un mio professore universitario l’ha letto in 3 ore-

- Ah… ok- mormorò Rika. - Allora ti lascio alla tua sfida. vado, altrimenti la sensei si arrabbia perché dice che le faccio sempre mangiare tardi-

- Un’ultima cosa… calm and self-control, ok?- aggiunse Andrew, facendole l’occhiolino.

La ragazza sorrise, appoggiando una mano sulla fredda maniglia d’ottone della porta d’ingresso. "Calma e sangue freddo": un classico consiglio in stile Andrew, a cui probabilmente Elion aveva raccontato dell’omicidio.

- That’s all right. Bye bye!- replicò, sempre in inglese, uscendo dal negozio per ritornare al freddo della strada. Per fortuna durò poco: attraversata la strada deserta, aprì il portone del palazzo dove abitava ed entrò nell’atrio. Salì le scale facendo i gradini a due a due, perché l’ascensore era ancora rotto, infilò i guanti in una tasca del giubbotto e inserì la chiave nella toppa della porta dell’appartamento 8, che divideva con Sara e Lucrezia.

- Sensei, scusate il ritardo!- esclamò, entrando e chiudendosi la porta alle spalle.

Non ricevendo alcuna risposta, si diresse verso la cucina, pensando di trovarvi le due ragazze intente a scrivere ascoltando la musica dall’I-Pod; ma non vide nessuno seduto al tavolo. Notò però un post-it giallo appiccicato al portatile chiuso e vi riconobbe la chiara scrittura di Sara:

"Siamo a cena dall’editore… nel freezer trovi dei surgelati… riuscirai a scaldarti qualcosa senza mandare a fuoco la casa? Baci, Sara e Lucrezia".

Rika sorrise rassegnata e si diresse verso il frigorifero. Aprì lo scomparto freezer e rabbrividì quando l’aria gelida le si schiaffò in faccia. Prese una pizza e la chiuse nel microonde, poi uscì dalla stanza per cambiarsi.

Entrando nel salotto si slacciò il giubbotto e se lo tolse, per poi appenderlo all’attaccapanni. Da un tasca interna rimasta aperta scivolò a terra un biglietto. Si chinò per raccoglierlo e un sorriso le addolcì il viso pallido: il biglietto con il numero di Kei.

Sul cartoncino nero rettangolare, il suo nome e il suo numero di casa spiccavano bianchi. Ai quattro angoli, vi erano delle piccole stelle bianche.

"Un cielo notturno…". Si trovò a paragonarli istintivamente, mentre il dubbio se chiamare o meno il ragazzo diventava un tormento.

Alla fine afferrò il cordless gettato sul divano, sprofondò nella poltrona imbottita davanti alla tv e compose il numero. Ricontrollò sei volte di averlo digitato bene e infine, dopo aver esitato per diversi minuti, pigiò il tasto di chiamata.

Con il batticuore, contò gli squilli: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Nessuna risposta. Fece per annullare la chiamata, quando dall’altra parte provenne una voce:

- Pronto?-. Una voce calda, profonda, dolce, sensuale. Kei.

- P-pronto, Kei… sono Rika-

- Rika! Come stai?-

- Bene… tu?-

- Non mi convinci- la rimproverò il ragazzo. -Non hai alcuna novità sul caso?-

Aveva centrato in pieno il nucleo del problema:

- Nonostante odi profondamente l’espressione tanto amata dai giornalisti… è proprio il caso di dire che brancoliamo nel buio-

- Ti sta molto a cuore questo caso, eh?-

Rika annuì, poi si accorse che il ragazzo non poteva saperlo e si affrettò a rispondere:

- Già. Mi dispiace molto per la sorella di Rei Kon, Giada… è una delle mie migliori amiche, e non voglio che soffra come ho sofferto io quando…-. Si bloccò.

- Quando cosa?-

La ragazza esitò: poteva dirgli di suo padre? La sua voce decise in completa autonomia dal suo cervello:

- Quando mio padre morì. Avevo 19 anni, ed era il giorno di Natale. Mio padre era in missione quando rimase ucciso-

- Mi dispiace… e tua madre?-

- Morì dopo il parto-. Stranamente non le faceva più male parlarne. Forse era davvero riuscita superare tutto. O forse aveva semplicemente voglia di parlarne con Kei? Ripensò ai pivelli che la chiamavano "Comandante di Ghiaccio": in quel momento, non si sentiva affatto così.

- Nemmeno io ho i genitori. Mio padre morì tre anni fa… e non ho mai conosciuto mia madre, quindi per me è come se non esistesse-

Rika preferì non insistere e spostò l’argomento:

- Abiti da solo?-

- Esatto. Hai visto, no? Vivo nell’appartamento sopra il bar dell’altra volta, praticamente sotto la Torre di Tokyo-

- Ma tu non sei giapponese, o sbaglio? Hai un vago accento…-

- Russo. Ho vissuto in Russia fino a 14 anni-

- Non ci credo! La Russia… fantastico!-

- Be’… io ho vissuto in collegio-

- Oh. Mi dispiace- balbettò Rika, lieta che dall’altra parte del filo Kei non potesse vedere quanto era arrossita.

- Non ti preoccupare-

Per tutta l’ora successiva, i due parlarono di diverse cose. Quando la pendola nell’angolo batté le 10.30, Rika non poté reprimere una serie di sbadigli dovuti a numerose ore di sonno arretrate. Dall’altra parte, Kei se ne accorse:

- Ti lascio dormire in pace, non mi crollare-

- Ok… forse è meglio che mi faccia davvero una bella dormita. Grazie per avermi sopportata-

- È stato un vero piacere-

- Buonanotte…-

- Buonanotte e sogni d’oro, piccola-

Fece in tempo solo a chiudere la chiamata arrossendo violentemente, prima di cadere addormentata sprofondata nella poltrona, dimenticandosi la pizza nel microonde.

 

 

 

 

Fu svegliata qualche ora dopo da una puzza di fumo. Aprendo gli occhi di scatto si ricordò della pizza nel microonde. Lanciò un’occhiata terrorizzata alla pendola: le 4.30 del mattino.

Saltò giù dalla poltrona e si precipitò in cucina, urtando violentemente uno spigolo del tavolino basso che Lucrezia si rifiutava categoricamente di togliere. Corse fino al microonde, rischiando di scivolare sul lucido parquet, e si piazzò a gambe larghe davanti allo sportello: il timer era spento.

- Ma allora cosa…?-

La risposta arrivò da sola quando la ragazza guardò fuori dalla finestra.

Da una delle finestre della libreria "Ye Old Bookshop" usciva una colonna di fumo. Rika si stropicciò incredula gli occhi, e si diede un pizzicotto sulla guancia, convinta di essere ancora tra le braccia del dolce Morfeo, che da giorni non le rimaneva accanto a lungo. Ma non era così.

Senza prendere il cappotto, uscì dall’appartamento e si lanciò giù per le scale, più volte sul punto di cadere. Quando si trovò fuori, attraversò la strada senza nemmeno controllare l’eventuale passaggio di automezzi.

Arrivata davanti alla porta della libreria, tentò di aprirla, ma senza successo, mentre si preparava a sfondarla, sentì qualcuno che la chiamava. Si voltò:

- Elion!-

- Rika, che succede?- balbettò la fotografa, raggiungendola insieme a Brooklyn.

Il comandante buttò giù la porta con un calcio e indicò la finestra al pianoterra dalla quale il fumo continuava a uscire:

- Un incendio… credo-

- Andrew?-

L’altra non rispose, pregando affinché il terribile presentimento che si faceva strada nel suo cuore fosse totalmente sbagliato, e che per una volta il suo infallibile istinto avesse fatto un buco nell’acqua.

Entrando nel negozio, si accorse che l’intera stanza del pianoterra era invasa dal fumo. Riprendendo il sangue freddo che la contraddistingueva come comandante, ordinò a Brooklyn di chiamare i vigili del fuoco e a Elion di telefonare per farsi mandare un’ambulanza, oltre che di rimanere il più lontana possibile.

Facendosi strada a fatica attraverso gli scaffali che ancora non erano stati attaccati dalle fiamme, circondata dal fumo che le faceva lacrimare gli occhi e bruciare la gola, giunse fino alla poltrona accanto al bancone, quella dove qualche ora prima aveva visto seduto Andrew. Da lontano aveva visto solo una sagoma scura, ma ormai la certezza aveva preso il sopravvento sulla sua speranza, con tutto il suo peso.

Andrew era legato alla poltrona con delle spesse corde. Il suo corpo sembrava integro, a parte che era un cadavere.

Ricacciando indietro una bestemmia che premeva sulle sue labbra per uscire, Rika estrasse il coltellino svizzero che portava sempre con sé, abitudine ereditata dal padre, e cominciò a tagliare febbrilmente le corde, conscia che l’incendio, dovunque fosse la fonte, l’avrebbe presto raggiunta.

Finalmente le corde cedettero. Il corpo di Andrew, non più sostenuto, cadde in avanti. Rika gli posizionò un braccio dietro le ginocchia e l’altro dietro la schiena e lo sollevò, preparandosi per uscire. Mentre percorreva con difficoltà il breve tratto verso l’ingresso, con i polmoni pieni di fumo e appesantita dal corpo dell’inglese, si accorse che il fuoco si stava rapidamente propagando sugli scaffali, e quello accanto alla porta stava per cedere. La ragazza accelerò il passo, calcolando freneticamente quanto tempo ci avrebbe messo per arrivare all’esterno, e quanto ce ne avrebbe messo lo scaffale per crollare. Vedendolo ondeggiare pericolosamente, saltò in avanti e chiuse gli occhi, ruotando contemporaneamente sulla schiena, per evitare di cadere sul corpo di Andrew.

Sentì un dolore lancinante alla schiena quando colpì il suolo, poi un calore insopportabile, e infine fu tutto buio.

 

 

 

 

- È una stupida incosciente!-. Boris. Era la sua voce.

- Poteva lasciarci le penne e tu sai dire solo questo?-. Sara.

- Appunto! Poteva lasciarci le penne!-. Ancora Boris.

- Ma si è salvata-. Lucrezia.

Aprì gli occhi a fatica, sentendosi più vecchia di secoli. Sbatté le palpebre per abituarsi alla luce:

- Dovrai aspettare un bel po’ prima di prendere il mio posto di comandante, Boris-

Il giovane tenente fece un salto sulla sedia:

- Sei sveglia?-

- Sì, e ti ho sentito-. Rika si alzò sui gomiti e si guardò intorno. Era nel letto di camera sua, circondata da un consistente gruppetto di persone: Sara, Lucrezia, Boris, Yuri, Ben e Aika. Tutti la fissavano a bocca aperta, ma incapaci di emettere il benché minimo suono.

- Be’? Aspettate una richiesta scritta per dirmi che ci faccio qui?-

Fu Yuri a parlare:

- Dal resoconto di Brook… quando ti sei buttata in avanti per uscire, hai battuto violentemente la schiena e più leggermente la testa, ma abbastanza forte per perdere conoscenza-

- Come se non bastasse- proseguì Aika -Un intero scaffale ti è crollato sulle gambe-

Dilatando gli occhi per il terrore di ciò che avrebbe potuto vedere, il comandante si liberò delle pesanti coperte invernali con un unico, ampio gesto del braccio destro. Le gambe nude erano completamente nere a causa delle botte. Sospirò di sollievo: temeva già di averne perso l’uso.

- Non hai riportato alcuna ustione né ferite gravi, ed è un vero miracolo, nonché un mistero- commentò Ben. -Oh, sai che sarai su tutti i giornali?-

Rika scese dal letto e zoppicò fino all’armadio, lanciando un’occhiataccia a Yuri che si era avvicinato per aiutarla. Aprì le ante e recuperò una camicia nera e un paio di jeans:

-"Giovane comandante della prefettura di Tokyo tenta di salvare un amico da un incendio, lo trova già morto e portandone fuori il cadavere finisce spiaccicata sotto uno scaffale, rimanendo in vita per miracolo?" Scriveranno questo?- ironizzò, vestendosi. Afferrò la cravatta blu appoggiata sul comodino, ma accorgendosi di avere un lieve tremore alle mani, rinunciò all’idea di indossarla come sempre, per evitare che gli altri notassero la sua ansia.

Boris non smise un istante di fissarla male:

- Ringrazia Dio che sei viva, idiota. Tra lo scaffale e la caduta, avresti già dovuto essere all’altro mondo-

La ragazza gli lanciò un’occhiata gelida mentre si allacciava i lacci degli anfibi, abituata a non lasciare le scarpe all’ingresso:

- Io non ho un dio. Sono atea, ricordi?-

- Fai male- borbottò il tenente. -Ma dove stai andando?-

Rika appoggiò una mano allo stipite della porta:

- Hai presente quel luogo dove si portano i cadaveri per appurarne le cause di morte? Quel buco dove lavora Garland? Quella tana sotterranea chiamata obitorio?-

Boris si alzò di botto, facendo slittare indietro la sedia con un rumore stridente:

- Ma che ti salta in mente? Ti sei bevuta il cervello o cosa? Sei conval…- urlò. Ma non aveva ancora finito di parlare che la ragazza era già scappata fuori dalla stanza e stava correndo verso la porta d’ingresso.

Il giovane partì al suo inseguimento, chiedendosi come facesse una con le gambe così martoriate a correre a una tale velocità. Nel frattempo Rika era schizzata fuori dall’appartamento e si stava fiondando giù per la scale, saltando i gradini a tre a tre. Uscì dal portone d’ingresso aperto per permettere il trasloco dei nuovi vicini e si trovò in strada.

Il primo momento fuori dal piumone caldo del suo letto fu orribilmente gelido; ma si scaldò subito alla vista di chi c’era davanti a lei.

- Rika?!-

- Ciao Kei-

- Rikaaaaa! Maledetta!-

L’urlo di Boris le fece tornare in mente ciò che doveva fare. Afferrò il casco che Kei teneva sulle gambe e se lo infilò, saltando in sella dietro di lui:

- All’obitorio, in fretta! Poi ti spiego- esclamò, prima che il giovane accendesse il motore e partisse con un rombo.

Boris si fermò appena uscito dal portone, osservando torvo i due che si allontanavano. Mentre borbottava imprecazioni in una lingua che sembrava vagamente un misto tra russo e giapponese, sentì qualcuno che gli appoggiava una mano sulla spalla destra. Si voltò:

- Certe volte non la capisco proprio… eppure è la mia migliore amica-

Sara sorrise:

- Io ci vivo insieme da tre anni e la capisco meno di te-

Il russo sospirò:

- Vorrei proprio sapere che ci trova in quel motociclista da strapazzo-

- Be’… è affascinante… gentile… intelligente… dolce… sexy…-

Accorgendosi dell’occhiata storta che il fidanzato le rivolgeva, Sara scoppiò a ridere e lo baciò con trasporto:

- Torniamo su e avvertiamo della sua fuga romantica…-

Lo sguardo di Boris si illuminò di una luce maligna:

- Grave errore da parte sua rivelare la destinazione… muhuha…-

- Piantala… più che un genio del male, con quella risatina sembri un pervertito…-

 

 

 

 

 

- Tempismo perfetto… ma che ci facevi fuori casa mia?- chiese Rika, mentre Kei si fermava a un incrocio in attesa che il semaforo diventasse verde.

- Dovrei farle io le domande, questa volta… comunque, per risponderti, stamattina ho visto i titoli di giornale-

Rika imprecò, insultando pesantemente i giornalisti, proprio nel momento in cui scattava il verde. Kei sovrastò il rombo del motore:

- Come ti senti?-

- Intendi a parte il dolore per la morte di Andrew e quello alle gambe?- ribatté acida Rika. Accorgendosi di aver reagito in modo veramente assurdo, si affrettò a scusarsi:

- Mi dispiace… non ci sto molto con la testa-

- Non ti preoccupare, non mi sono offeso. Intendevo chiederti come vanno le ferite-

- Oh. Be’, i ragazzi dicono che mi è andata bene. Le gambe sono completamente annerite per le botte, ma il dolore è sopportabile-. Ripensò alla corsa a rotta di collo giù per le scale e non riuscì a trattenere un sorrisino all’immagine di Boris, campione dei 100m a ostacoli della regione, seminato da lei.

Entro pochi minuti, trascorsi in silenzio, i due arrivarono davanti all’obitorio. Prima di togliersi il casco e scendere, la ragazza controllò che non fossero stati inseguiti. Non vedendo né Boris né altri, slacciò il casco e lo porse a Kei:

- Grazie del passaggio-

- Figurati. Va’ pure, ti aspetto qui- rispose il giovane.

Rika stava già per rifiutare cortesemente, quando si ricordò che se fosse tornata a piedi, da sola, avrebbe affaticato in maniera esagerata le gambe… e accettando, avrebbe potuto invece passare ancora un po’ di tempo con Kei. Sorrise e annuì, poi si voltò e si diresse verso l’ingresso dell’edificio che ospitava la sede della polizia scientifica: un ex-palazzo aristocratico ristrutturato e le cui prigioni sotterranee erano state eliminate per accogliere l’obitorio.

Quando le porte scorrevoli si aprirono per permetterle il passaggio, Rika inspirò profondamente e, dopo aver contato mentalmente fino a cinque, entrò.

Davanti a sé vide ancora il rosso della sua visita precedente, che le dava le spalle. Gli si avvicinò con un sorriso maligno appena trattenuto, in silenzio, e gli appoggiò pesantemente una mano sulla spalla destra:

- Ehilà pivello-

L’altro sobbalzò:

- C-comandante Hoshino…- balbettò, tremando impercettibilmente.

La ragazza non aggiunse altro, ma si diresse verso le scale che portavano al piano inferiore, lasciando Daichi a fissarla come se avesse appena visto un vampiro. Da una porta laterale uscì un giovane biondino russo.

- Quella tipa non è una ragazza… è una furia!- commentò il rosso.

- Che vuoi farci?- replicò Sergej -In fondo, è la ex di Garland…-

- Della serie… "Se non sono bastarde non le voglio?"- borbottò Daichi sarcastico.

- Euh… sì-

 

 

 

 

 

Nel frattempo, Rika era arrivata al piano sotterraneo. Attraverso il vetro trasparente delle porte automatiche, vide Garland che, chinato su un cadavere, le dava le spalle. Quando il giovane si spostò, lei intravide il volto del corpo: Andrew.

Inspirò profondamente, scacciando dalla mente i rimproveri della sua coscienza per non essere arrivata in tempo, ed entrò a passo deciso. Garland si voltò di scatto:

- Rika! Cosa… come…?- balbettò.

La ragazza ignorò la domanda lasciata all’inizio, e lo fissò seria negli occhi blu:

- Causa e ora di morte-

- Ma che ci fai qui?-

- Sono morta e voglio che tu mi faccia un’autopsia…- commentò acida Rika -Secondo te?-

- Dovresti essere a casa a riposare-. Dopo un primo istante di stupore, lo svedese aveva ritrovato il suo tono calmo e dolce: - Vieni, ti riaccompagno io…-

- Non farmelo ripetere ancora-. Rika scansò il braccio che Garland aveva teso per afferrarle una mano.

- Eri a tanto così dall’andare al Creatore e vuoi ancora pensare al caso?- "La sua determinazione è stupefacente… ma ormai non so più se chiamarla così oppure idiozia".

La ragazza fece un passo in avanti:

- Ti ricordo che sono atea. Levati, fammi proseguire le indagini-

- Rika, ascoltami-. Garland le strinse le dita attorno al polso destro, ma lei reagì all’istante. Con un rapido movimento del polso e uno scatto in avanti, torse il braccio dello svedese dietro la schiena, immobilizzandolo:

- Sarai anche un campione di arti marziali… ma ricordati che nemmeno io scherzo- mormorò. Poi si alzò sulla punta dei piedi e gli soffiò all’orecchio una minaccia: -E ora, lasciami lavorare… oppure ti sbatto davanti alla Corte Marziale per disobbedienza ai superiori, agente speciale Von Cetwald-

- Soffocamento dovuto al fumo inalato, tra le 4 e le 4.30 di questa mattina- si affrettò a rispondere lo svedese, sospirando di sollievo quando la ragazza lo liberò dalla morsa di ferro delle sue gelide mani. Accorgendosi che lei si avvicinava ugualmente al corpo, le tagliò la strada:

- Hai ottenuto ciò che volevi. Ora ti riporto a casa, e lascerai fare le analisi a me…-

Rika si spazientì e lo fulminò con lo sguardo:

- Ti giuro che se non mi fai lavorare subirai la fine di quel tizio crivellato di colpi nel secondo libro di Sara e Lucrezia-

Conoscendo la fama del comandante, nota per non minacciare a vuoto, Garland si arrese e le permise di passare. La ragazza cominciò ad esaminare con attenzione quasi maniacale ogni centimetro del corpo di Andrew, completamente privo di ustioni. Gli unici segni erano quelli viola causati dalle spesse corde che lo avevano tenuto legato alla poltrona, stringendogli i polsi e le braccia e bloccando la circolazione sanguigna; poi fece un cenno allo svedese, che la guardava all’opera, immobile e ammutolito:

- Dammi una mano a voltarlo, devo guardare la schiena-

Il giovane si avvicinò per aiutarla:

- Sei arrivata in tempo…-

- Per cosa?-. Rika gli lanciò un’occhiata glaciale, ma Garland sostenne il suo sguardo:

- Per evitare che finisse bruciato-

- Se me ne fossi accorta prima…-

- Non sarebbe cambiato nulla- tagliò corto lo svedese. -So cosa stai cercando- aggiunse poi, puntando il raggio della lampada da lavoro sulla schiena di Andrew.

- Merda- imprecò Rika.

Sulla pelle candida dell’inglese c’era un marchio, impresso a fuoco, a forma di stella a 5 punte, con uno dei vertici rivolto verso l’alto, verso il centro esatto del collo. Al centro, impressa più profondamente, in modo da farla risaltare nettamente, una "T".

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