Miracle

di Distress_And_Coma
(/viewuser.php?uid=133345)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 09 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** cap. 12 ***
Capitolo 13: *** cap. 13 ***



Capitolo 1
*** cap. 1 ***


 

Questa, amici miei, è una storia particolare. E' la storia di un sogno.
Ed io sono il cantastorie che ve la canterà.
Tutto parte inizialmente da un sito, chiamato EFP. Qui si incontrano quattro ragazze. All'inizio non si conoscono bene, amici, ma con il passare del tempo, imparano a conoscersi sempre meglio: i loro limiti, le loro passioni, le loro sofferenze.

Sofferenze che hanno in comune.

Tutte e quattro amano infatti il Giappone, terra esotica e quanto mai lontana, piena per altro di tante cose sconosciute. Ad esempio il Visual Kei, movimento musicale variegato e accattivante ai loro occhi: ne conoscono le tragedie, i morti, i dolori. Soprattutto stimano tre band in particolare, ovvero i The Gazette , i Versailles e i Malice Mizer di un'era lontana.

Ed ora, io da bravo cantastorie, vi svelerò una cosa.
Queste ragazze si sono celate sotto nomi fantastici, scelti per una serie di fattori che porteranno loro fortuna nei tempi a venire.
La fortuna che queste ragazze avranno dopo essersi incontrate in chat, la conoscono solo i cieli.
Guren, bella come quel fiore di loto rosso di cui porta il nome.
Kaisui, legata all'acqua che rappresenta.
_Hime_ educata in un ambiente familiare di rispetto delle apparenze, proprio come una principessa.
Yuri, amante dei fiori delicati come lo Yuri.
Ma ora, amici miei, forse è meglio che siano loro a raccontarvi questa storia: la storia di un miracolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Miracle




Legenda:
corsivo: pensieri
“virgolette”: dialoghi


Disclaimer: i personaggi che descrivo non mi appartengono, sebbene basati su persone reali sono fittizi. Non pretendo di descriverli in realtà, così come non pretendo di descrivere situazioni realmente vissute. Rivendico i miei diritti su di essi solo perché frutto della mia immaginazione.








Era crudele quel giorno per lei. Proprio crudele.
Se ne stava li, svogliata come una donna con le voglie, a pensare all'assurdo sogno che aveva fatto quella notte, e che, purtroppo per lei, si era trasformato presto in incubo, facendola svegliare alle quattro del mattino di un giorno terribilmente afoso.
Fortuna che non aveva scuola. Le scuole superiori, ovvero il prestigioso Liceo Torricelli, le aveva finite a giugno.
Si era dovuta impegnare un sacco a studiare, lottando contro la caldera portata da quelle correnti africane, studiando la notte (eh, si...notti in bianco non mancavano), e spaccandosi praticamente la schiena per portare quella dannata cartella che pesava come un macigno, che, povera lei, mica era colpa sua. Oh, no no no, era colpa del numero spropositato di libri che vi erano dentro. Quei libri che un giorno o l'altro le sarebbero serviti per l'esame d'ingresso alla tanto ambita Università Cà Foscari di Venezia, indirizzo Lingua e Cultura Giapponese. Fortuna che lei si era informata in modo molto approfondito sul Giappone.
Molti dei suoi compagni la deridevano per quello, sostenendo che fosse impossibile un sistema scolastico così rigido.
Eppure lei sapeva che le divise scolastiche dovevano sempre essere perfette, i compiti sempre fatti, a fine lezione c'era sempre l'inchino dinanzi all'insegnante, che gli studenti avevano un loro armadietto di cui possedevano le chiavi. Inoltre erano vietatissimi i ritardi, e la pena era starsene fuori nel corridoio a pulire i pavimenti fino all'inizio dell'ora successiva.
Perchè la figura del bidello non esisteva, in quella terra così esotica, in quanto gli studenti erano responsabili dell'ordine e della pulizia a scuola.
Alcuni giorni, con le sue amiche aveva organizzato delle giornate di "economia domestica".
Un giorno c'era talmente tanta neve che il professore di matematica era rimasto bloccato in casa, un altro giorno c'erano ore buche.
Così, tanto per guadagnare note di merito e per semplificare la vita a quei poveri cristi dei bidelli.
Si misero a pulire i banchi, la lavagna, il pavimento con le scope e gli stracci. E avevano guanti. Qualcuno ai corsi di recupero pomeridiani si divertiva a sprecare l'intera mina di piombo della matita sui banchi, macchiandoli o riempiendoli di disegni osceni.
E il piombo era nocivo se respirato, quindi le ragazze avevano i guanti. Chiesero alla bidella Melania lo smacchiatore a base di alcool e iniziarono.
Lei li ringraziò molto, disse che ne avrebbe parlato con la coordinatrice di classe, e alla fine di un'ora un po' sfinente, la classe luccicava.
Quei poveri cristi dei professori lo sapevano che le cartelle a causa dei libri pesavano molto.
Lei non era certo l'unica a farsi accompagnare, e per fortuna dalla sua parte aveva la famiglia.Un fratellino piccolo e pestifero come pochi, con cui però poteva giocare a volano nelle due ore in cui non studiava, dopo aver ovviamente guardato Dragon Ball Z.
Ci era davvero cresciuta con quell'anime.
Una madre, che sebbene sfinita da molte ore di lavoro, non le rinunciava mai un consiglio "Suddividi le ore di studio", "Ora ripetiamo insieme queste cose". Perchè sapeva che la figlia era in difficoltà, dopo cio' che era successo anni prima, in cui si era ritrovata quasi impossibilitata a gestire le sue ore di studio. Un padre che al mattino, prima di andare al lavoro, passava dal villaggio vicino a prendere un collega, romeno e buonissimo, dolce come il pane. E che poi, lasciava la figlioletta poco lontano da scuola.
Quel dannatissimo Liceo. Nessuna delle sue compagne, perchè era una classe totalmente femminile, avrebbe mai più voluto vederlo.
Quelle poveracce, e lei non era da meno, avevano realmente dovuto sfacchinare come delle matte fino a due giorni prima dell'inizio della prima prova.
Sempre per la disorganizzazione interna dell'istituto.

Ma ora era li, tremendamente fiera dei suoi risultati agli esami, perchè si, la fatica paga, a pensare a quel diamine di incubo.
Si trovava in un giardino, una radura all'interno del suo amato Palazzo di Schönbrunn, per essere precisi. Finchè una splendida giornata di sole con i Versailles attorno, perchè si, i Versailles li voleva da una vita, non si tramutò in un temporale. Un tuono aveva squarciato la calma e la serenità di quel luogo, la luce emanata dai Versailles era sparita. E' stato qui che si era terrorizzata.
Infine, era comparso un angelo il cui corpo, coperto di una vestaglia bianca, riluceva. Quell'angelo somigliava alla sua Sara.
Così finiva il suo incubo. Pensò di contattare l'altra ragazza, sperando che fosse online su facebook. Voleva parlarle di questo incubo. Ne era rimasta proprio stravolta.
"Dannazione, fa che ci sia-fa che ci sia-fa che ci sia" mormorava tra sè e sè come una fanciullina in un atto capriccioso.
Eh, si, per sua fortuna Sara c'era.
"Ciao"
"Ciao. Come va?"
"Ho caldo."
"Anche io. A quest'ora sono sveglia perchè ero scesa a prendermi un gelato, ma poi mi è venuta voglia di vederti."
Condito con cuoricini e stelline, per dirle che le voleva bene.
E lei lo sapeva.
"Mhm...Sai, pensavo che potevamo incontrarci, magari...magari al Lucca Comics and Games"
"Si, mi piacerebbe molto. Sai quando è?"
"Ho già controllato, è dal primo al quarto di novembre. Tu ci sei? Io per allora sarò già patentata, potrei andare sola."
"Io si, vengo su in treno, ma sarà una sfacchinata assurda."
"Tranquilla, quando ci incontreremo sarà tutt'altra storia. A proposito? Come ci riconosciamo?"
"Cosplay?"
"Mh. Capitan Ovvio. Perchè volevo invitare qualche altra mia amica."
“Tipo?"
"Tipo la piccola Kohai. Volevo parlarvi di un progetto. E Valentina"
"Ah, canteremo i Versailles."
"Ok, ciao amo'."
"Ciao. Kiss."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


 Hm. Santo Kami.
Come spiegava alla sua amica che i suoi amati Versailles avevano annunciato una pausa per dicembre?
Si riconnetté ad Internet, sperando che la sua dolce interlocutrice non avesse un infarto.
“Cara?”
“Si?”
Ah. C’era ancora.
Bene.
Di male in peggio
“Ehm…Sai, è successa una cosa…”
“Cosa? Dimmi tutto, ti ascolto.”
“Guarda nel sito dei Versailles.”
“Perché? E’ forse uscito un nuovo singolo?” le chiese lei, quasi speranzosa.
Mi dispiace cara, ma non riesco a spezzarti il cuore… pensò lei.
La ragazza ci guardò, e trovò un messaggio in cui veniva annunciata la cessione delle attività del gruppo per il venti di dicembre.
Rimase molto sorpresa, pensava al suo piccolo e dolce fiore di gelsomino.
Al ragazzo che faceva parte dei Versailles e che per loro suonava il basso.
“Hm. Qua c’è scritto pausa. Io sono tranquilla.”
“Ok, d’accordo, scusa ma era perché mi pareva giusto che anche tu lo sapessi. Come mai non lo hai saputo prima?”
“Perché io non ho l’accesso a Internet tramite cellulare. Ero fuori tutto il giorno e…” beh, mica era colpa sua, se era fuori tutto il giorno.
“Ho in mente una cosa, vorrei formare un gruppo”
Eccola lì che glielo ripeteva.
Erano finite sulla questione all’incirca una settimana prima.
“Lo so, me lo hai già detto.”
“Pensavo di invitare anche altre mie conoscenze. Tipo la piccola Kohai, che è fissata con la chitarra elettrica.”
“Per me va bene. Ora devo andare. Ciao. :)”
E così lasciò quella matta di una sua amica a pensare a questo fantomatico gruppo.





Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Era rimasta basita.
Sul serio, era basita.
Non c'era combinazione di parole migliore per descrivere come si sentiva in quel momento.
La sua Sara le aveva praticamente detto che i suoi tanto amati Versailles avevano annunciato una pausa per dicembre.
Il dicembre era il mese del suo compleanno.
Controllò meglio sul sito ufficiale della sua band preferita, l'ultimo loro concerto era fissato per il venti di dicembre alla NHK Hall di Tokyo.
Controllò per scaramanzia anche il giorno di vendita dei biglietti per i fan oltreoceano.
Era già passato. Era tre giorni prima.
Che peccato, pensò. Avrebbe tanto voluto esserci, ma non avrebbe potuto.
E, oltretutto, il dicembre era anche il mese del natale.
Il Natale, con la lettera maiuscola, così le piaceva scriverlo.
Era quella la festa che tanto le piaceva, tra tutte le feste dell'anno.
Perchè poteva sentire quei canti che tanto le piacevano.
Ma il giorno di Natale 2012 i Versailles non sarebbero esistiti più.
E lei avrebbe pianto.
Si accorse che piangeva solo perchè una sua lacrima le aveva bagnato la maglietta.
Lei piangeva, e guardava il cielo fuori della sua grande finestra.
"Avrei tanto voluto passare un ultimo Natale con Voi..." si disse.
"Oh, Signore, vi prego siate buono con i Versailles, fate che abbiano il successo che si meritano, e fate che tornino insieme...
Vi auguro solo tanta fortuna.
E spero vivamente che non coviate odio gli uni per gli altri. "
Non aveva neanche mai potuto vederli. E ne era dispiaciuta. Molto.

Prevedeva che sarebbe stata molto male di lì a pochi giorni.
E sperava che le sue amiche, ovvero le ragazze che sentiva quasi tutti i giorni su facebook o su messenger, avessero potuto aiutarla.
O almeno, lei le sentiva come sue amiche.

E, infatti, fu così.
Quella mattina si era svegliata, era verso fine di agosto.
Si sentiva debole e calda.
Era ancora mattina presto, sua madre doveva ancora partire per lavoro.
Si sentì la fronte, era molto calda.
Poi si sentì il polso, ma aveva un tale mal di testa che non riusciva a prenderselo per sentire i suoi battiti.
Chiamò sua madre da sotto.
"Ehi, che ti è successo?!" era sempre così, sua madre, quando la figlia stava male.
"to...ae..." cercò di confabulare lei.
Non ricordava di aver mai avuto un mal di gola tanto forte.
"Cosa?? Non capisco. Comunque ho visto che stai male. Aspetta, prendo il termometro."
Dopo poco tornò con il termometro.
Segnava 37 e 4.
"Io ti lasco qualcosa da riscaldarti nel microonde. Ora devo andare. Papà è al lavoro. Ciao."
"...ao..." salutò lei.
Sembrava più un barrito che un saluto, ma comunque andava bene così.
L'orologio segnava le 5:30 del mattino.
Teneva sempre nota di che ora era, nel caso dovesse prendere una tachipirina.
Poi, forse troppo stanca, si addormentò.
Quando si risvegliò era quasi mezzogiorno, e lei aveva fame.
Riuscì a scendere al piano di sotto con non poca fatica, e trovò nel microonde delle cosce di pollo.
Sforzandosi molto, riuscì a riscaldarle e a portarle su, cercando di concentrarsi sul fatto che camminava e non era ancora giunta nel suo caldo letto.
Quando vi giunse, si tirò su alla bell'e meglio e si mangiò (con qualche barrito e qualche sputacchio qua e là) le sue due amate cosce.
Il corpo lo lasciò li, nel piatto.
Dovette fare il doppio della fatica per tornare sotto e mettere i resti di cibo nel frigo.
Si sedette a tavola e si sentì di nuovo la febbre, o perlomeno ci provò, ma dato che tremava decisamente troppo dovette rinviare il tentativo.
Il padre le aveva spiegato come vedere se una persona era ammalata o meno, dal tocco del polso.
Le disse: "Se è debole e veloce, allora hai la febbre; se invece è regolare allora sei sano come un pesce".
Era troppo svelto, quel suo piccolo polso carotideo.
Almeno il suo corpo le aveva permesso di arrivare alla confezione di paracetamolo, alias il bene che le premeva più della vita in quel momento, se in vita voleva restare.

Tornata nel suo caldo letto dopo aver preso il farmaco, si addormentò di nuovo.
Si svegliò la sera, sua madre era tornata, riusciva a distinguere dei rumori da sotto.
Se la trovò accanto dopo un po', che continuava a guardarla con sguardo critico.
"Hai ancora la febbre. Te la sei misurata?"
"No."
Miracolo!
Parlava, con qualche sforzo e tanto dolore, ma parlava.
"Ora la misuriamo. 39 e 2. Hm, non è tanto, ma è meglio se ti prendi una tachipirina. Aspettami qui."
"E dove cristo vuoi che vada? Sulla luna??"
Le era salita di nuovo, come temeva.
Sua madre un giorno che era malata le disse che la febbre si alza (o che comunque tende ad alzarsi) sempre verso sera, mentre all'alba si abbassa.
Mah, di sicuro era vera la prima parte.

La mattina dopo invece, stava ancora peggio.

Era come se fosse stata investita da uno schiacciasassi e buttata nell'acido.
Pensò alle sue amiche.
Valentina l'aveva conosciuta su quel sito in cui poteva pubblicare le sue storie sui musicisti giapponesi.
Quelli che, come i Gazette e i Versailles e i Malice Mizer, le piacevano tanto.
Dei Gazette amava le ballate, in particolare Cassis, Guren e Reila.
Ma le piaceva anche Miseinen.
Cassis era inglese, ne era sicura (per lei quella lingua aveva ben pochi segreti).
Guren era giapponese, e voleva dire "Loto Rosso".
Oh cielo, quanto amava quella parola.
Il loto rosso era il suo fiore preferito, dopo la rosa.
Di Cassis amava la melodia, il ritmo e il testo, cioè in pratica tutto.
Specie il ritornello, che le sue orecchie ritenevano così melodioso.
Reila, invece, a quanto sapeva dalla sua dolce Sara, l'aveva scritta Ruki, dopo che la sua ragazza si è suicidata buttandosi da un cornicione.
Ruki altrimenti detto "nano malefico", ma solo perchè era un nano, intendiamoci.
Le aveva anche detto che i motivi di quel suicidio non si sapevano, e a tutt'oggi non si sapranno mai, ma che Ruki ne soffrì molto.
E che Reila era il vero nome della sua ragazza.

Miseinen invece era un pezzo forte, e nella seconda parte era una ballata, e niente altro.
Anche Sofia l'aveva conosciuta su quel sito. Era una ragazzina molto dolce. Parlavano di tutto insieme, di animali, di fattorie, dei classici Disney. E del visual kei. Guren si era messa pure a piangere quando aveva scoperto che i "The Gazette" erano giapponesi e non americani. Perchè lei, sia chiaro, pensava che fossero americani fin da quando aveva sentito una canzone che al suo orecchio tanto allenato pareva inglese pronunciato male.
Con lei, anche se non si erano mai viste in faccia (in fondo si erano scambiate solo fotografie di loro stesse), aveva costruito un rapporto SENPAI-KOHAI.
E sembrava che alla piccola andasse bene.
A Sara parlava su facebook, invece.
Si sedette al computer, o forse è meglio dire si buttò sul computer.
Per fortuna quello là con il nuovo sistema operativo fece poche storie e si accese subito.
La ragazza con cui lei voleva parlare, era online.
"Sto male".
"Come stai male?" chiese lei.

"Sto male, ho la febbre. Se tra tre settimane non sono guarita, allora posso preoccuparmi?"
"Allora, ok. In quel caso dimmelo. Che vengo da te."
"Che??"
"Si, hai capito bene. Tanto l'indirizzo lo so già. Ora riposati, mangia riso in bianco e ti riprenderai. A meno che non sia qualcosa di serio."
"Ok. Allora tra tre settimane ti chiamo io se qualcosa peggiora. Per favore non dire nulla alla mia Kohai. Vorrei parlarle io di tutto il caos che ho dentro."
"Certo."



Quella sera...

Poteva suonare il suo pianoforte a coda per distrarsi, tutte le volte che voleva.
Così aprì la grande finestra della sala che dava sul giardino, si stirò le dita da brava pianista e le pose sulla tastiera .
E suonò.
E un suono incredibile colpì le sue orecchie.
Le sue dolci orecchie, che lei sapeva essere così affidabili.
Aveva sentito qualcosa che definire suono forse era un errore.
Arricciò il naso in una smorfia schifata.
Almeno la febbre era calata, se lei poteva fare una tale smorfietta.
Filò a prendere uno dei suoi diapason e una chiave quadrata.
Preferiva usare il metodo "a mano e orecchio", visto che, l'avesse mai accordato elettronicamente, il suono sarebbe risultato di bassa qualità.
Dopo un po', finito il lavoro di accordatura, iniziò a suonare il "Kanon in D Mayor".
Nutriva una profonda ammirazione per quella composizione.
Finchè si addormentò.

Quando si risvegliò, era nel suo letto, coperta e ancora febbricitante.
"Come stai?" una voce alla sua destra attirò la sua attenzione.
Si sentiva tappata e debole, ma quella voce la riconosceva.
Era suo fratello.
"Ho visto che ti avviavi in sala, e non ho saputo resistere."
Stava per mettersi a ridere?
"
Anche oggi mamma e papà sono al lavoro tutto il giorno. Siamo soli in casa. Appena ti sei seduta al piano ed hai iniziato a suonare il Canone mi sono nascosto dietro alla porta e ti ho ascoltata suonare. Sei stata brava, lo sei sempre stata."
Lei era la migliore. Avrebbe sempre faticato pur di esserlo, fino a morire.
Qui ci giuravano tutti quelli che la conoscevano.
"Grazie. Mi porti una tachipirina?" parlava a voce bassa, e non cantava per evitare di distruggere quel gioiello di cui i Kami l'avevano dotata.
"Certo."
Così lei prese la sua tachipirina.
E dormì di nuovo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap. 5 ***



Ormai erano passate le tre settimane, da quando lei si era ammalata.
Il tempo a disposizione dei suoi Versailles si stava inesorabilmente esaurendo.
Pensò che chiunque avesse fatto loro del male, l'avrebbe pagata.
Si ricordò una cosa, piuttosto importante, a quanto sembrava.

Devo chiamare Sara e dirle che nonostante abbia seguito i suoi consigli, non sono migliorata.
Spero che lei non abbia detto nulla alla mia dolce Sofia.

E aveva pure aumentato la sua energia spirituale, ma stava comunque male.
C'era qualcosa che non le tornava.
Molto probabilmente era una specie di maledizione.
Quindi sollevò il cellulare che aveva vicino a quel suo letto tanto bollente.
Sentire la voce calda della sua amica, anche se per tramite aveva un metallico cellulare, era già stato un temporaneo sollievo.
"Hm...Sara...S-Sara ascolt-t-ami...Non sto bene...Vie..."
E svenne.
"Piccola? Tesoro? Tesoro ci sei?"
Non ricevette risposta.
Così Sara scelse di recarsi a casa dell'amica.
Avrebbe dovuto prendere il treno.
Ma voleva che anche le altre due ragazze fossero con lei.
"Pronto Valentina?"
"Dimmi tutto. Che è successo?"
"E' successa una cosa a Martina. Mi aveva chiamata, ma era molto debole... E poi non ha risposto più." disse, quasi piangendo, al cellulare.
"Dimmi se magari prima l'avevi sentita. Che io sappia sta benissimo..."
"Non dopo quello che è successo con i suoi tanto amati Versailles. Da quando sa che hanno annunciato una pausa per Dicembre, sta malissimo.
Non ne vuole sapere di vivere una vita senza di loro, e così..." ma la chiamata si chiuse.
Di colpo, senza preavviso alcuno.
Chiaro segno che, o a Valentina della sua amica non importava un bel nulla, o le era venuto in mente un piano geniale.
"Dannazione. Io ho paura... Tesoro mio, dove sei?"
Chiamò Sofia, la Kohai della sua amica.
"...ed è svenuta."

¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨


Il telefono cellulare le squillava.
Lo prese per rispondere.
Quello che lei sentì le gelò il sangue nelle vene.
La sua Senpai, la sua tanto amata Senpai, era in fin di vita.
Secondo Sara la colpa, a quanto pareva, era da assegnarsi ad una maledizione che qualcuno aveva diretto originariamente ai Versailles.
Ma che la sua Senpai aveva rispedito al mittente con tutta la sua forza spirituale.
Annullando così, quasi del tutto, la sua forza, per poter vivere.
Scese al piano inferiore.
Cercò sua madre, e tentò di spiegarle che una cara amica stava molto male, e che desiderava vederla.
"Non se ne parla Sofia, tra poco dovrai iniziare le superiori."
"Cosa?? Ma mamma io le voglio molto bene!!"
"Papà, c'èun'amica mia che sta tanto male e che ha bisogno che io la raggiunga per guarire! Posso andare?"
"No, Sofia, tua madre ha detto che non puoi."
"Ma papà! Ha bisogno di me!"
"Sofia, non la conosci neanche!"
"E invece si che la conosco, lei mi vuole tanto bene, e così io a lei!"
Corse su per le scale, e sotto al suo caldo letto trovò un pezzo di tela.
La sua Senpai le aveva insegnato a creare uno zainetto facendo un cappio con della tela attorno ad un bastone.
Ci mise dentro 300 euro di paghetta settimanale raccolta nel tempo, il portafoglio, il cellulare, la matita.
E si portò dietro la sua amata chitarra acustica, che usava per suonare in casa.
Scappò letteralmente di casa, in fondo, di quello che pensavano i suoi genitori non che gliene importasse, se le proibivano di vedere un'amica. Ora doveva solo sperare che a suo fratello maggiore non venisse un attacco di ipergelosia, o come lo chiamava lei.
Richiamò Sara, si fece dare il nuovo indirizzo di casa della sua Senpai.
Almeno le lezioni di geografia alle scuole medie le erano servite a qualcosa!

Aveva abbastanza soldi dietro per coprire l'equivalente di tre viaggi.
Giunta alla stazione, prese il primo treno per Bologna.
Poi da Bologna sarebbe arrivata a Faenza, e da lì si sarebbe potuta ricongiungere alla sua Senpai.
Una volta salita sul treno, trovò un posto vicino alla finestra.
Da li poteva vedere la vegetazione che tornava a crescere sempre di più.
Ci mise circa quattro ore e mezzo, ormai stava giungendo il tardo pomeriggio.
Forse avrei dovuto ascoltare i miei. Dove Cristo dormo ora? pensò infatti lei.
Hm, forse è il caso di cercare un hotel, o una pensioncina.
Ma intanto devo giungere a Faenza.
"Prossima fermata: Bologna Centrale" sentì dire dalla fastidiosa voce metallica registrata.
Pensò che in circa dieci minuti poteva scendere.
La Senpai le aveva anche ricordato che Bologna era città universitaria universalmente nota, e che quindi lì fosse tutto pieno zeppo di studenti.
Con un po' di fatica scese dal vagone, senza rischiare di essere uccisa dalla calca.
Quando fu in uno spazio poco affollato e un poco appartato, controllò il cellulare.
C'erano svariate chiamate perse, innumerevoli provenivano dal suo fratello maggiore che era iperprotettivo con lei e dai suoi genitori.
Ovviamente in ansia.
Lei le cancellò tutte con uno scatto, e rispose tranquillamente "Non mi chiamare e non cercarmi. Sto bene. Sono quasi arrivata da lei. Poi ti farò sapere".
Subito dopo le giunse un messaggio "Sono tuo fratello, mi hai fatto prendere un colpo. Ma almeno sono riuscito a convincermi e a convincere i nostri genitori che quello che tu fai, lo fai perchè vuoi bene ad una persona."
"Grazie".


"Sofia?" pensò di essere stata chiamata.
Si voltò, e vide una grande calca di studenti. In mezzo a loro ce n'era una che indossava un fuku alla marinara rosso, ma non era giapponese.
"Sara?" chiamò lei. O piuttosto, tirò ad indovinare.
Sara annuì e si avvicinò. "Sai, sono venuta su anche io per Martina. Aspetta, andiamo fuori dalla stazione e mangiamo qualcosa."
In quel momento lo stomaco di Sofia brontolò.
Si era completamente dimenticata che praticamente non mangiava da ore, per la precisione dalla mattina, quando aveva mollato la sua famiglia.
Si sedettero su una panchina, e Sara tirò fuori dallo zainetto nient'altro che due confezioni di ramen in lattina.
Acquistato, a quanto pare, al negozio giapponese sotto casa sua.
"Ma tu... Vieni dal Giappone?" chiese Sofia, meravigliata.
"Hahahahahahahahaha!!! Ah, accidenti! Il travestimento mi è riuscito appieno...
No, è solo un trucco che uso spesso per non farmi ammazzare dalle calche di studenti. Quando un occidentale vede un fuku alla marinara indossato, credo che pensi che la persona con la divisa vada rispettata. Quindi si sposta."
"Quindi...Le persone vedono te nel fuku alla marinara, pensano che tu sia degna di rispetto come studentessa, e si spostano?"
"Sei un genio!"
"Grazie!"
"Ehi! Ma io sono degna di rispetto! So suonare il basso e la chitarra!"
"Io sono fissata con la chitarra elettrica, invece."
"Martina mi aveva confidato che il suo più grande desiderio è quello di mettere su una band, e suonare, un giorno, con i suoi tanto amati..."
"Versailles! Si lo so. La Senpai me lo ha confidato. Ma temo che stia male...E tanto."
"Sono sicura che con una lattina del mio ramen portentoso tornerà in forma, vedrai."
"Ehi voi due? Cos'è questa? La riunione delle fan del visual kei?"
Si voltarono. Sul marciapiede c'era una ragazza dal bellissimo aspetto. Sembrava Sango.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Miracle  

Valentina, insieme alle altre due sue nuove amiche, salì sul treno verso Faenza.
Era un comune di poche centinaia di chilometri quadrati, a sentire Sara.
Si erano accomodate vicino alle porte, una di fronte alle altre due.
Sofia mangiava ancora ramen.
Un cellulare squillò.
"E' il mio. Scusate." disse Sara.
"Ah! Che bello, tesoro, stai di nuovo bene!"
Sofia lasciò andare le bacchette nel cestino.
O era pazza, o quella era la sua Senpai.
"Passamela, passamela, passamela!!!"
"Va bene, ho capito, Sofia...
Tesoro, avremmo una sorpresa per te."
"Che cosa?"
"Veniamo."
"Che?!"
"Hai capito bene. Credevi che mentissi?...Si, con me c'è anche la tua Sofia...Si, hai capito bene...Anche Valentina."
"Allora vi aspetto."
"Senpai!!"
"Oh, ciao piccola Kohai. Come va?"
"Sto bene. Sono scappata di casa."
"CHE COS'HAI FATTOOO??"
"Si, Senpai, hai capito. Non ho esitato un attimo. E credo pure che mio fratello adesso mi odi."
"Ah. Non credo che ti odino...Voglio dire, i tuoi genitori e tuo fratello sono sempre la tua famiglia. Ti sei già iscritta all'universitàe scuole superiori?"
"Si."
"Vediamo se è possibile frequentarle on-line. Dimmi il nome dell'istituto."
"Ok..."
"Ciao. Vi aspetto." disse lei, sul vivavoce.

"Dunque...La casa è in ordine e pulita...Ok.
Ora cerchiamo questa cosa on line. Qua dice che si possono frequentare online le lezioni, a partire da sei mesi di frequentazione effettiva.
Bene, almeno dovremmo aspettare solo sei mesi, per avere il gruppo al completo."
Avrà bisogno di circa due ore di studio al giorno, spero solo che ne abbia la forza. si mise a pensare lei.


Lei aspettò.
Aspettò.
Aspettò e aspettò.
E stette praticamente tutta la notte sveglia.
Quando si toccò la fronte era gelata.

Scese in cucina a prepararsi del tè caldo, almeno quello lo aveva in abbondanza.
Erano le sette e mezza, il fratellino era sull'autobus diretto all'Istituto che frequentava.
Lei stette a guardare qualche programma di natura scientifico culturale e divulgativa alla televisione.
Ma si annoiava.
Così scelse di ascoltare la versione strumentale di Cassis, e senza accorgersene iniziò a cantare.
Amava così tanto quella composizione che ormai la cantava senza accorgersene.
Ma a lei e ai suoi genitori andava bene così.

Quando si risvegliò, si accorse che il sole era ancora alto, sebbene si stesse avvicinando il tramonto.
Qualcuno suonò.
Lei andò ad aprire, dopo aver controllato chi fosse dal videocitofono.
Erano le sue amiche.
Le fece entrare immediatamente.
"Salve, Sacerdotessa" dissero in coro.
"Salve a voi."
"Come stai?" chiese Valentina.
"Ho ancora un po' di febbre, come potete vedere dalla mia maschera, ma sto bene".
"Oh, Senpai, ero così in ansia..." si ritrovò con la piccola e dolce Sofia che la abbracciava.
"Mi dispiace, davv..."
"Non devi scusarti. Colei che qui deve chiederti perdono sono io. Io e solamente io. Ammetto che avrei dovuto usare tatto, nel darti una notizia del genere. Scusami, non sai quanto me ne vergogno." disse Sara ad occhi bassi.
"Non importa, tesoro. Va tutto bene. Sai, quando ero ancora piccola si ascoltava la musica dei Blue.
Essi si sono separati quando io se non mi sbaglio avevo undici o dodici anni.
Lo avevo saputo da un'amica che come me li adorava, quando loro si erano separati da un mese.
Semplicemente perchè allora ancora non disponevo di una connessione ad Internet.
Io aspettai molto a lungo, ma poi mi accorsi che sebbene amassi ancora la lingua inglese, in quel momento avevo altri interessi.
Come ad esempio la musica giapponese. Quando si riunirono ero molto felice per loro.
Dissero che si erano dovuti separare perchè Duncan non era sicuro del suo orientamento sessuale.
Molto probabilmente i Versailles non hanno litigato, è solo che magari Kamijo è omosessuale.
Magari è innamorato di Teru e Teru nemmeno lo sa.
O forse è innamorato di Hizaki (come molte di noi vorrebbero) ma non può dirglielo, perchè magari ha paura di un suo giudizio.
Io ho dato loro il mio cuore, loro ne erano i responsabili.

Sapete, ragazze, le rose sono un fiore estivo, quando arriva l'inverno con il suo gelo, loro appassiscono. Sta succedendo anche ai Versailles.
Ma le rose la prossima estate le vedremo ancora.
I Versailles al giorno d'oggi hanno raggiunto una maturità e una tecnica musicali tali che molto probabilmente vogliono dedicarsi a dei progetti solisti per esplorare nuovi confini, nuovi elementi musicali che precedentemente non hanno analizzato.
Non è detto che ci siano differenze musicali, ognuno ha le sue individualità.
E' solo che non dobbiamo scordarci che anche loro sono umani, hanno le stesse passioni di un comune essere umano.
E come tutti gli esseri umani anche loro sbagliano. Fanno errori, poi, quando vedono che ne hanno fatto uno, lo correggono."
"Da quando sei diventata così saggia?" cheise Sofia sbalordita dal lungo discorso.
"Non ho più dodici anni, sono cresciuta. Adesso sono grande abbastanza da capire queste cose."


Intanto Valentina aveva posato la sua maschera sul tavolo.
"Sedete al tavolo, vi preparo qualcosa...Se volete."
"No, Senpai, sei ancora debole per via delle febbri, lascia fare a noi."
"Comunque Sofia ho controllato sul sito della tua scuola. Potrai frequentarla online dopo sei mesi di frequentazione diciamo *effettiva*".
"Capisco. Il tuo ramen istantaneo è pronto, tieni."
"Grazie."
"Itadakimasu!"

Quando le ragazze finirono il ramen, Guren aveva acquistato un po'di colore.
"Quali nomi scegliereste, se doveste mettere su una band?" chiese poi lei.
"Io vorrei chiamarmi con qualcosa che richiami l'acqua" disse Sara, pensierosa.
"Kaisui può andarti bene? Vuol dire Aqua Marina".
"Accidenti, Senpai, quante cose che sai..."
"Ho studiato gispponese per circa tre mesi al giorno d'oggi. Sto imparando a tracciare i kanji." disse lei con un sorriso.
"A me piace molto il giglio, so che in giapponese si dice Yuri" disse Valentina.
"Infatti. Brava."
"Io ho sempre amato le principesse..."
"Chiamati Hime, Sofia..."


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Miracle

"Cavolo Sofia, fatti vedere bene! Come sei... bella" disse Guren.
E voleva farsi chiamare solo Guren.
"Davvero? Grazie. Ma chiamami Hime. Sai, mi è sempre piaciuto il suono di questo nome."
"Beh, vedo che voi due vi conoscete già" disse Yuri.
"No, non è vero. Ci siamo conosciute tutte quante su quel sito. Parlando con lei ho scoperto che anche lei come me amava gli animali, le piaceva giocare fuori nella neve e ascoltare musica.
"Beh, io ricordo che mi hai scritto in una mail di come tu amassi l'inglese e il francese! Niente ti sfuggiva, hai perfino superato gli esami Kangourou.
Ah, ed hai ottenuto il certificato di merito. Ricordo ancora la faccia di Ilaria... me l'hai fatta vedere che era verde d'invidia!" disse Hime, ridendo.
"Grrrrrrrr... Vedi di non nominarla in mia presenza! Ho sempre malsopportato quella fanciullina. Misericordia!"
A quel punto, Kaisui e Yuri si misero a ridere.

E' così che ci si sente in famiglia?
Ci si sente a casa?

Questi erano i pensieri che si affollavano nella mente di Guren, che se non fosse stato per Hime sarebbe stata sola per tutta la vita.
Poi però Hime se n'era andata, in un'altra città.
Voleva frequentare un istituto che le offrisse buone possibilità di lavoro nel campo dell'arte.
Hime suonò sempre la musica che adorava, e (cosa più importante), restò spesso in contatto con Guren.
Per evitare che le bollette salissero eccessivamente, si scambiavano mail due o tre volte al mese, massimo.

"Gahn...Gahn...Ragazze, scusatemi, ma sono stanca..." disse Yuri con uno sbadiglio.
Questo fece ricordare alle altre ragazze di quanto anche loro fossero stanche.
"E io purtroppo non posso cantare..." disse Guren. Era triste, si vedeva.
"Riposiamoci, domani vedremo il da farsi..." disse Kaisui.



Un colpo secco, poi il rumore di qualcosa che cadeva, fece sobbalzare Kaisui.
Guardò fuori dalla finestra della camera per gli ospiti, vide Guren discendere leggermente, quasi come se guardasse un cartone animato.
Poi ci ripensò.
I cartoni animati! Giusto! Lei ama
犬夜叉!
Infatti, poco dopo, vide un boomerang di compensato alto quanto la sua amica, finirle tra le mani.
E poco lontano stava Sofia, ops, Hime, tranquillamente stesa su un' amaca.
Ci manca solo il gonnellino e che si metta a ballare la hula. Oh, cielo!
"Eh? Hahahahaahahahahahahaha...." Kaisui si spaventò a morte quando sentì l'amica ridere.
"Bhe, che ho detto? Ah, capisco, forse al posto di tenerlo per me ho alzato la voce. Scusami tanto..." e si diresse da Yuri a cui le risate stavano faceno cascare le budella.
"Kaisui, hai visto la mia maschera?" chiese Yuri, che si era ripresa da poco accanto a lei.
"No, ma ho visto chi può avertela presa. Gurda fuori."
"Oh? Ah..." e vide il volto di Yuri aprirsi a crisantemo.
Sorrideva.
Guren sentì dei passi. "Oh, scusa, Yuri. Avrei dovuto chiederti il permesso, prima di indossare la tua mascherina. Mi dispiace."
"Ah, ma no! Non è un problema. Appena ti ho visto afferrare quel boomerang, mi sono subito ricordata di Sango. Potrei provare?"
"Certo. E' compensato, quindi è leggero. Ma sta' comunque attenta, non mi sembri abituata a uno sforzo tale."
"Bene!" disse Yuri mettendo la maschera.
"Fa' piano, lancialo con dolcezza e decisione, deve girare intorno a quelle bandierine laggiù." le speigò Guren.
"Senpai, potrei provare io, dopo?" le chiese Hime.
"Non credo...non ti ho ancora insegnato. Hai le braccia troppo graciline Sofy, forse è meglio se prima provi a lanciare questo qui, che è in plastica."
"D'accordo. Via!
...
Oh! Grrr...Accidenti."
"Riprova, magari ce la fai" disse Kaisui, che intanto li aveva raggiunti fuori.
"Grrr...accidentaccio!"
Dopo un numero non ben precisato di lanci, tutti andati a male, Kaisui arrivò ad una sconcertante delucidazione.
"Si vede che è indemoniato...Sacerdotessa??" Kaisui chiamò il suo amore.
Le era difficile pensare che questa ragazzina più o meno alta quanto lei, non l'amasse.
E lei sperava tanto che quando su Messenger le scriveva "t.a.d.b.", lo intendesse veramente.
Pensava che comprendeva la sua amica, o il suo amore, come amava pensare lei, perchè anche lei aveva un grande bisogno di affetto.
"Ma che era successo, prima? Ho sentito tante risate..." chiese ad un certo punto Hime, risvegliando Kaisui dal fiume di pensieri.
"Oh...beh...si ecco io... Ho pensato che a te mancasse un gonnellino per ballare la hula. Ti giuro, ero convinta di averlo solo pensato, ma si vede che ho alzato la voce e Yuri mi ha sentito e..."
"Capisco" anche Guren era tornata.
Guren congiunse le mani e tenne gli indici alzati, mormorando qualcosa in giapponese.
"Ora il boomerang dovrebbe essere libero dai demoni. Provaci adesso."
"Ok, Senpai Sama!"
Hime lanciò il piccolo boomerang in plastica, che corse per un ovale largo, esattamente dove doveva.
Cioè poco al di fuori delle bandierine che erano state fissate in giardino. E tornò alle mani di chi lo aveva graziosamente lanciato.
"Fantastico!" disse Yuri.
Così a turno provarono tutti quanti anche con il boomerang in compensato.
E vi riuscirono perfettamente.
"Ora proviamo con l'arco, mia Senpai?"
"D'accordo Hime, puoi andare a prenderlo."
Quando uscì con l'arco in mano, Hime ebbe alcune difficoltà a visualizzarne la scocca.
Nonostante, proprio in virtù della debole vista della sua amica, questa fosse segnata da un nastro argentato.
Provarono tutte quante, Kaisui all'inizio con difficoltà (dato che non aveva mai tirato con l'arco prima), ma ci riuscì anche lei.
"Ah, il tuo desiderio era quello di formare una grande band, vero?" chiese poi Yuri.
"Esattamente. Anche se giungessimo a questo risultato quando ormai i Versailles saranno già in pausa da tempo, non mi interessa.
Io voglio il successo, quello vero, quello grande. Voglio la famiglia, l'amore di amici veri che credano davvero in me.
E non il falso amore delle persone che dicono "ti voglio bene", solo perchè a loro fa comodo dirlo al momento.
Non voglio più essere circondata dal falso sorriso di gente ipocrita, perchè non ne posso più di questa gente."
Hime guardò prima Guren, poi anche Yuri e Kaisui.
"Ehi, è per caso successo qualcosa, piccola Hime?" chiese quest'ultima.
"No, no, non è nulla. Cioè... Si. Ti chiedo scusa, Guren."
"Come? E perchè?" chiese Yuri, forse molto più persa rispetto a Kaisui.
"Beh, ecco... Non me la sento di dirvelo. Non ancora. Ma è perchè io non vi conosco ancora abbastanza bene. Vi prego, datemi il tempo di abituarmi a voi.
E per favore, per favore, siate sempre sincere. Con me e con Guren. Ha sofferto molto."
Entrambe si voltarono, e videro che Guren piangeva. Piangeva soffici calde lacrime di cristallo.
Così le chiamava la sua Kohai. Lacrime di cristallo, perchè erano così pure e trasparenti come il cristallo.
Sembrava una sacerdotessa. O qualcosa di simile.
Si era tolta la divisa da sterminatrice che indossava precedentemente, cambiandosi con una specie di accappatoio bianco.
E sembrava debole.
Le mani le tremavano, e lei non riusciva a prendere bene la mira, perchè non allineava la freccia alla scocca dell'arco.
"Guren? Guren, mi senti?" chiamò dolcemente Yuri.
In momenti come questo, aveva sentito dire ad un documentario, bisognava parlare alla persona con un tono di voce dolce e rassicurante.
Ed è esattamente ciò che fece.
"Ehm..si? Cosa??"
"Ah, sei tornata normale. Meno male... Mi hai fatta spaventare." era la sua Kaisui.
"Scusatemi."
"Non è nulla. Piuttosto, si sta alzando il vento, torniamo in casa. Ti preparo qualcosa di caldo." era ancora Yuri, rimasta davanti a lei.
"Un the andrà benissimo, grazie."
Quando tutte furono dentro, si prepararono il thè con i biscotti.
C'era rosso, verde e alle erbe officinali.
Ma alla valeriana, che era cio' di cui Guren aveva bisogno, non c'era.
Poco male, si sarebbe fatta un decotto.
"Devo andare fuori a prendere la valeriana..." disse infatti.
"Potrei andare io. Non sono imbecille, so come è fatta la pianta e so riconoscerne l'odore." si offrì la persona che lei ammirava.
"D'accordo, grazie. Porta i semi e le foglie. Bastano quelli per un decotto."
"Da quanto sei così esperta, tu??" chiese Yuri, forse un po' troppo invadente.
"Da quando guarda Inuyasha e studia tutte le erbe officinali per curarsi usando meno medicinali possibili." spiegò l'altra.
Poco dopo Kaisui tornò, con semi e foglie di valeriana in un cesto di vimini intrecciati.
"Metteteli a bollire a fuoco lento, ma attenti. prima vanno sciacquati." spiegò.
"Ok...Tempo?"
"Mah, direi quindici minuti.
Il colore dev'essere scuro.
A me concentrato non piace, in realtà non mi piace per niente.
Ma in questo periodo sono stata tanto stressata, in ansia e sotto pressione che devo prenderne un po' per calmarmi."
"Potresti darne un po' anche a me?" chiese Hime.
"Certo. Sta' buona, mi ricordo benissimo che hai sempre provato repulsione per quella pianta officinale.
Da quando me lo hai detto in un'altra mail, mi è rimasto in testa. "Mi hai detto che con tuo fratello badavi ad una anziana signora con i nipotini, e che la dovevate tenere calma con la valeriana. Ma tu ne avevi repulsione e la lasciavi cogliere a lui"
"Già, e provo ancora repulsione." disse Hime con una flemma degna di una sfinge egizia.


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Miracle

"Hime, proviamo a suonare qualcosa? Ho voglia" disse Kaisui, con un bel sorrisetto maligno a farcirle quel bel volto.
"Uhm...Ok. Yuri? Guren?"
"Si? Che c'è?" rispondono in coro le interessate.
"Vorresti suonare. Ah. Beh, io vorrei cantare. La conoscete Starry Heavens, dei DAT?"
"L'opening di Tales of Symphonia?" chiese Yuri.
"Io si, benissimo. Credo che tutte qua conoscano questa canzone." disse Hime.
"Allora che aspettate? Proviamo a suonarla in camera mia." disse la padrona di casa, visibilmente eccitata.
E così iniziarono a suonare, Guren cantava. Oddio se cantava.
Nessuno osava interrompere quell'incantesimo, la sua voce pareva fatta per ricalcare esattamente il canto di Starry Heavens.
Quando la canzone finì, Guren cambiò radicalmente genere, chiedendo di poter cantare Taion dei The Gazette.
"So benissimo che Taion è dei The Gazette" soggiunse Kaisui con la flemma che non pensava di possedere.
"Vi prego, fatemi provare..."
"Ti sei ripresa da poco. Tutte lo sappiamo che Taion è forte come argomento, e personalmente se penso agli scream di Ruki mi si gela il sangue nelle vene..." disse Yuri, che aveva smesso di suonare la piccola batteria da camera che gentilmente Guren le aveva fatto trovare già montata.
"Già...Senpai, ti sei ripresa da poco, so che ami cantare, ma ho paura che la tua voce ne venga compromessa. Ti prego non lo fare."
"Beh, è stata lei a chiedercelo. Potremmo modificare l'altezza delle note con i pick up. O almeno, io potrei farlo, ma tu... Tu hai un'acustica con te."
"Aspettatemi qui. Vado a prendere il kit del cambio."
"Il che??" ma la domanda restò inascoltata.
"Te l'ho lasciato in salotto!"
"Ok!" ... Dopo poco Hime tornò nella stanza, con la sua chitarra acustica e qualche filo, attaccato a ciò che aveva l'aria di essere un piccolo amplificatore domestico.
"Ehi, siete sicure che quell'aggeggio non mi azzannerà?" chiese Guren con una certa fifa.
"Tu bada a cantare, altrimenti è certo che la mia bimba ti mangia! Hihihihi"
Fu allora che Yuri e Kaisui si scambiarono un'occhiata eloquente, un po' (o forse molto) preoccupate della sanità mentale delle altre due.
Per sette minuti e un po' le chitarre crearono una specie di universo parallelo,accompagnate dalla batteria.
Un universo parallelo che queste ragazze potevano aprire tutte le volte che volevano, solo chiamandosi, perchè sapevano che era una dote quella che loro avevano.
Rimasero così, ognuna concentrata sullo strumento che suonava, ma che allo stesso tempo poteva vedere le altre.
E come Guren aveva promesso, la sua voce non riportò alcun danno, anzi le sue amiche furono fiere e sorprese di poter tranquillamente constatare che la voce di Guren era perfetta, versatile come quella di Ruki. E che le armonie vocali di Kaisui aumentarono la magia.

"Che c'è, Hime? Sembri triste" notò Yuri.
"Uhm, si. Effettivamente lo sono. Dovrò impegnarmi molto con la scuola, nei sei mesi durante i quali dovrò frequentarla."
"Beh, sono solo sei mesi, dov'è il problema? Proprio non capisco." disse Kaisui.
"Beh, per quei sei mesi non vi vedrò, anche se mi potrò fare tanti altri amici, e mi mancherete..." era molto triste.
"Beh, potrei usare quei sei mesi per imparare a suonare il pianoforte."
"Eh? Che cos'hai detto, Guren?" sbottò Yuri. Quasi incazzata.
"Beh, forse ho detto una piccola bugia..." disse divenendo tutta rossa "Guren sa suonare il pianoforte, è una ragazza forte e decisa, che protegge le sue amiche. Ma Martina nella realtà è molto debole.
Spesso ha paura delle persone, teme di guardarle negli occhi, perchè teme di essere giudicata. E sogna di potere e sapere suonare il pianoforte con grande maestria. Ma ha paura che le persone la guardino male perchè lei non è in grado di farlo. Vorrebbe davvero, e se potesse, sono sicura che lo farebbe."
"Cosa? Io non lo sapevo..."
"Certo, Kaisuisan. Non potevi saperlo. Ho spesso timore di uscire di casa, ma speravo che parlando con tutte voi su internet potessi dimenticare la sofferenza... e tutto... tutto quello che ho passato."



Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cap. 09 ***


Miracle newnew

Era notte, Yuri sentiva dei rumori che provenivano da una stanza della grande casa. Non ne aveva capito molto, ma prese il boomerang e la maschera con sè.
Andò al piano superiore, per vedere se Guren dormisse. La trovò anzi con gli occhi semi aperti,in uno stato di dormiveglia, o meditazione profonda.
Poi scese nuovamente,e per poco non emise un urlo che altrimenti avrebbe svegliato tutti. Sui letti di Hime e Kaisui c'erano dei coltelli lunghi e affilati.
A prima vista anche di quindici centimetri.
Si recò nuovamente nelle stanze di Guren, e le disse che le sue "amiche" avevano dei coltelli sui materassi.
Guren rimase calma, impassibile, come una fredda bambola di porcellana.
"Resta qui per stanotte, ho un piano per risolvere la cosa. Purtroppo la voce non mi è ancora tornata del tutto. Immagino che all'alba verranno quassù e cercheranno di uccidermi. Spero che non ti feriscano. ..."
Le spiegò il suo piano.
"Forte!" disse quella.

Quando quelle due entrarono, Yuri le colpì con l'enorme boomerang che Guren le aveva dato.
"ORA VOI VE NE ANDRETE DA QUI IMMEDIATAMENTE! Questi sono due biglietti ferroviari. Prendeteli, sono tarati a chilometraggio. Vi riporteranno a casa. SPARITE DALLE NOSTRE VITE E LASCIATECI IN PACE."
Le due sparirono dalla porta della camera, e non vennero mai più viste.
"Ma dico io, ammazzarti solo perchè hai una voce splendida. Mah..."
"Ricorda, Yuri, troverai gente e gente. Chi è buono, e chi è cattivo."
"Già. Scommetto che pensavano che volevi far loro la morale. Ora però siamo senza chitarriste."
"Uhm... Perchè te ne preoccupi?"
"Non dirmi che anche per questo hai un piano! Se è così, sei un genio!"
"Oh, modestamente..." disse Guren, strisciandosi le unghie affilate nella coperta.
"Neanche stessimo parlando di un gatto. Che fai lì a terra, Yuri? Per quel che riguarda la chitarra ritmica, Anael sarebbe perfetta."
"Scusami, sai, ma non so chi sia, questa Anael..."
"Calmati, Yuri... Prendi quella foto, lì sulla scrivania."
Così fece.
"Questa foto è stata scattata alla mia classe dell'asilo. Io sono la bambina più a sinistra, seduta."
"Che carina, che eri. No, eri anche bella."
"Sopra di me c'è Anael. E' nata il 30 di novembre, quindi (dato che allora come oggi QUELLA legge non esisteva) era anticipataria, esattamente come me."
"Cavolo! E' bellissima." disse ammirando i lunghi capelli dorati e mossi della bimba, raccolti in due code ai lati della testa.
"Ha frequentato lo scientifico. E un corso di chitarra. Quindi a comporre musica per noi ci metterà poco. E poi per la chitarra d'accompagnamento c'è Ottavia. Come noi due loro hanno la passione di anime nipponici."
"Non vedo l'ora..."

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Miracle

Un piccolo appunto: ascoltate INNOCENT LOVERS degli Anonimous Confederate Ensemble mentre leggete. Grazie. E' dedicato ad due persone in particolare. Lo sapete che vi voglio bene.






Esco fuori con rabbia. Guren mi ha urlato in faccia. Ah, no, è stata Yuri.
Lo ha fatto per un coltello sul mio cuscino. Un momento. Ma di che sto parlando?



Quando mi sono addormentata nel letto vicino a quello di Kaichan, non c'era. A meno che non l'abbia messo lei, per fare in modo che rompessimo.
Se è così, me la paga.
La notte è fredda, di quel freddo umido e gelido, che ti si insinua sotto alla maglia, facendoti gelare.
Mi volto, sapendo che ho percorso chilometri per arrivare fino a qui.
Penso ancora a Kaichan, Kaisama, per essere più precisa.
Perchè io e la Senpai abbiamo litigato il giorno prima di questo, sui Sereme'dy.
"Non mi piace che perdi la testa pensando "Oh ma quanto è bello, oh ma quanto talento..." tu sei bella così, ok?"
Mi fanno sorridere queste parole.
"Non lo sopporto! Come osi perdere la testa per una persona più piccola della tua Senpai?!"
Mi fanno piangere queste parole.
Forse anche lei ha perso la testa in quel momento. E si è arrabbiata senza voler suo.
Yuri è venuta da lei, io sono andata da Kai. Che mi ha abbracciata. E sorrideva.
Un sorriso falso e finto. Un sorriso malvagio. Si è presa gioco di me, affinchè io e loro ci separassimo.
Guardo avanti. Sto seguendo le sue orme nella neve.
Neve?
Ah, no. Questo è un sogno.
Cieli stellati, vegliate su di lei, perchè sappia vivere.
Non ha senso chiamarla, per invitare a riflettere.
Perchè non ascolterà.
Non lo farebbe, non questa volta.
Non ha senso piangere per lei, perchè io non ho colpa di cio'che lei ha commesso.
Lo ha fatto per male, io non lo avrei mai fatto, e neanche pensato, ad essere sincera.
La sua figura si fa sempre più piccola, fino a sparire.
Ma io non voglio.
Voglio far parte del grande sogno che ha visto Guren.
Della sua grande famiglia.
Ritorno.



Driiin. Qualcuno suonò.
"Saranno i miei genitori, vado ad aprire"
"Finisco di fare il thè", al che Guren rispose "Ok."
Quando Guren aprì, però, davanti a lei c'era solo Sofia, o Hime.
"Cosa? Hime? Che vuoi da me?"
"Che cosa? Ah sei tornata! Come os..." disse Yuri.
"Ferma Yuri! Ferma. Facciamola entrare."
"Ma vi ha offeso!"
"Ah. Gli ordini sono ordini."
"Si, signorina." e si ritirò a preparare il thè. Era per quella sua fissazione con le buone maniere (sii pacata, sii gentile, mai dare troppa confidenza) che Yuri a Guren era piaciuta subito.
"Volevo chiederti scusa, Senpai cara. E' stata Kai, a farlo, intendo. Io non avevo coltelli con me. Mi sono chiesta da dove diavolo uscissero. Perchè pensavo di vedere doppio. E poi Kaisui aveva detto che ti dovevo uccidere."
"Capisco. Vieni a bere thè, fuori è freddo." disse gentilmente.
"Volevo dirti che anche io ho riflettuto sul nostro litigio, o come lo vuoi chiamare." continuò.
"Se posso, volevo chiederti di farmi tornare con te. Anche io voglio una famiglia."
"Volevo chiederti se ti andava di tornare ad essere la nostra chitarrista."
E si abbracciarono. Non servirono grandi parole.


-No! Non voglio sentire storie! Chi sono questi bamboccini travestiti da artisti visual kei?
-Ti prego! Non posso farci nulla se a me piacciono e se lui mi ricorda HizakiSama!
-Che cosa sono? Svedesi. Mah. A me non vanno giù per nulla. Fondamentalmente perchè si considerano visual kei.
-Comunque lui ha talento ed è così bello che mi faccio le seghe, ormai.
-Che cosa? No, non voglio che perdi la testa per uno come lui che è più piccolo di me. E' per quello che non posso amarli.
-Ma guarda che solo lui è più piccolo di te nei Sereme'dy.
-Appunto per questo!
Da quel momento, Hime è come sparita dalla mia vita, alienata. Io la vedo, ma non posso parlarle. Perchè non me lo permetterebbe.
Ho appreso l'educazione di corte fin da piccola. Anni di negazioni, divieti, che sempre accettavo.
Allenati con l'inchino, il portamento, cammina diritta, non sbavare, impara a danzare, leggi con tono, scrivi in bella grafia, parla le lingue, porta rispetto, parla a voce pacata, bassa, sii comprensiva, paziente...
Quando sarebbe finito tutto questo??
La risposta era una sola: quando avessi trovato una persona che come me era stata educata.
Un'amicizia sincera poteva finire per una litigata causata da futili motivi?
A quanto pareva, si.
Poteva finire per via di una educazione troppo dura?
Poteva finire per amore? Ho sempre pensato che non importa chi si ama, che il bianco va con il nero, che l'amore si vede anche nei piccoli gesti.
Ma ora quegli occhi da cerbiatto non mi guarderanno più come hanno sempre fatto. Perchè li ho delusi.
La delusione si prova quando ad una persona cara fai qualcosa che non ci si potrebbe mai aspettare. Io la sto provando proprio adesso.
Chi siamo, noi? Amanti innocenti che per via di vite travagliate non hanno potuto amarsi.
Ho deluso me stessa, ho deluso Hime, ho deluso Yuri, ho deluso Kaisui, che per questo se n'è andata.
Per che cosa? Per il dolore che volevo provare per una notte sola?
Sii egoista, ma non concederti mai un capriccio, se voglio il dolore che non c'è, allora esiste il sadomasochismo.






Camminavo da tanto, da troppo.
Ancora faticavo, come da subito, a tenermi in piedi.


Queste erano, fondamentalmente le parole di Kaisui. Anche perchè, fondamentalmente, aveva un peso sul cuore.

Maledetto peso sul cuore.
Maledetta invidia, che mi hai strappato una delle persone più care al mondo.
O maledetta tu, che mi sei cresciuta dentro come un tarlo, avvelenandomi con la tua voce.
Oh stelle lucenti, quale è mai la voce che devo seguire?


E lei fissava il cielo, pieno di nuvole temporalesche e pure di stelle così belle. Finchè sobbalzò, le pareva di aver avuto allucinazioni.

"Eh? Ma ci vedo o son cieca?" si chiese lei. Là nel cielo blu, dove guardava, vedeva le stelle formare volti che già sapeva.
Era Hizaki Sama, che si inchinava a Kamijo Sama. Come a voler chiedere perdono. E se non si sbagliava, a disegnare le palpebre della principessa c'erano stelle più lucenti. Come lacrime.
Strabuzzò gli occhi per meglio mettere a fuoco, e notò che erano proprio stelle più luminose. Poi si ricordò delle parole di Guren, di quella Guren di cui era divenuta invidiosa al punto tale da odiarla, nel giro di... Di quanto? Una notte, forse?

Se solo non l'avessi odiata, per quella voce così melodiosa, ora potremmo di nuovo essere amiche.
"Ricorda: il perdono è tale solo fin quando è voluto. Fino a dove saresti disposta a perdonarti?"
Sono le parole che Guren mi ha rivolto, quel giorno. Era una grande lezione di morale.
E' vero, a volte e' immatura, ma in fondo, Guren ha il cuore puro. Voglio vedere se mi può perdonare.
Nessuno ha mai detto che io non posso chiedere perdono, no?
E non nego di voler tornare a stare con lei. Forse devo solo fare cio' che ho visto intessuto nelle stelle.
Chiederle perdono e inchinandomi, dirle che mi dispiace.

for this love to this life but this life sesadewo...

wasure sorare mori wo hoku fukaku ima mo yume o ozusukeru...



Quando Kaisui varcò di nuovo le soglie della dimora di Guren, allora si videro danze e fuochi, musiche e il canto degli Arcangeli Celesti.









ps: le parole scritte in violetto chiaro sono una parte del testo di Innocent Lovers degli ACE. Per quel che riguarda il nome dei Seremedy, sono stata io a mettere l'apostrofo, per pronunciarlo senza sembrare il maiale affannato. La prima parte rappresenta il pov di Hime, la seconda parte è il pov di Kaisui.
Detto questo, mi dileguo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


“Guren, mi stavi dicendo che la tua amica Anael, avendo studiato allo scientifico, potrebbe comporci canzoni. Noi non siamo esattamente inette, ma forse all’inizio potrebbe aiutarci molto” disse Yuri.
“Come? Scusatemi, ma non so di cosa voi state parlando” intervenne allora Kaisui, che se ne era stata silenziosa in un angolo. “Silenziosa come l’aria” diceva sempre Guren.
“Giusto, ditecelo, ditecelo.” cominciò l’altra, che forse offesa, aveva ribattuto niente meno che alla sua Senpai.
“C’è una foto, questa, che ritrae la mia classe dell’asilo. Sopra di me c’è Anael. Mi ha sempre protetto e aiutato, perché all’inizio non sapevo difendermi da sola. Poi alle elementari ho capito che fondamentalmente mi bastava fare in modo di essere considerata la migliore in tutto. Per non essere presa di mira, dato che Anael venne spostata in altra sezione scolastica e non potevo più vederla così spesso. Quando anni fa l’andai a trovare, mi disse che frequentava lo scientifico. Per questo motivo mi è venuta in mente lei.”
“In teoria basterebbe chiamarla e chiederlo, no? Non vedo dove sia il problema.” disse Kaisui.
“Va bene, aspettate qui. Ora scendo e la chiamo, per fortuna ho ancora il suo numero”
“Forse conviene che aspettiamo qui, sapete, non vorrei si incazzi nuovamente con voi.”
“Quant’ha ragione signora Yuri” sghignazzò la più piccola.
“In fondo, non ha molto torto quando dice che le basta fingere di essere la migliore” si lasciò scappare la ragazzina dell’acqua “E’ tutta la vita che fingo, e credo che anche per voi sia così” trovandosi in mezzo a due persone che annuivano, a lei parve di vedere la conferma che ciò che Guren aveva visto, ciò che insieme progettavano, era più di un semplice gruppo di amiche, era famiglia.

“Pronto? Chi parla?”
“Pronto? Sono Guren, c’è Anael, per favore?”
“Gu… Chi? Ah, sei tu. E’ fuori, ora te la chiamo, figlia.”
Dall’altro lato della cornetta sentì distintamente Graziella chiamare la figlia adolescente: “Anael, figghia mei, veni. Ta amica no telefunu”.*
“Sta arrivando”
“Grazie”.
“Pronto? Anael… Ti… Ti ricordi di me?”

“Certo! Come potrei dimenticare? Dimmi, è successo qualcosa? Mamma mia ha detto che era urgente.”
“Ehm… Ecco, tu non hai frequentato lo scientifico?”
“Si, ricordi ancora queste mie parole di due anni fa? Allora la tua memoria è proprio assoluta, amica mia” e la sentì ridere. “Comunque, cosa dicevi?”
“Si, dato che tu hai studiato matematica avresti meno difficoltà rispetto a me nel comporre musica, o sbaglio?”

“Dipende.” disse dubbiosa.
“Voglio formare un gruppo musicale.”
E ancora sentì risate. Ah, no, era proprio scoppiata a ridere fuori del suo campo visivo.

“Dammi un’ora per prenotare un volo charter. In circa cinque ore sono da te. A dopo.”
“A dopo.”

“Ho sistemato tutto” annunciò fiera, con un luccichio negli occhi.
“Quando arriva la tua amica?”
“Tra circa cinque ore sarà qui, Yuri. Ricorda che nella vita serve pazienza” disse sospirando.
Ma qualcuno la interruppe.
“Senpai, posso cambiare il mio nome d’arte?”
“Che…. Coff… Maledetta”
“ODDIO STA SOFFOCANDO!” disse Kaisui afferrandola sotto al diaframma.
Yuri finì spalmata in terra per le troppe risate. La piccola era rimasta allibita.
“TU… NON PROVARE MAI PIU’ AD INTERROMPERE UN MIO ATTO RESPIRATORIO” disse la vocalist ringhiando.
“Chiedo umilmente perdono per quanto è successo” disse inchinandosi.
“Bene. E… Si. Quale sarebbe il nuovo nome da adottare per chiamarti all’interno di noi?”
“Pensavo a Karasu.”
“Cioè Corvo. Si, mi piace.”
“Idem”
“Anche a me.” disse Yuri, che si era ripresa.
“E come nome, per il gruppo, intendo, pensavo a qualcosa di soave, scintillante.”
“Davvero Riida? Del tipo?”
“Seraria o Stellaria, scegliete voi.”

“Eh? Ma scherza o cosa?” pensò Yuri.
“Seraria” disse Karasu.
“Stellaria” disse Yuri.
Guardarono tutte interrogativamente la povera Kaisui, che non aveva ancora espresso la sua opinione.
“Stellaria”.
“Nooo… Non è giusto, Senpai!”
“Calme… Useremo Seraria in Giappone, e Stellaria internazionalmente. Ok?”
“E come nomi di album…. Ghiiiiiii…”

Oh mamma… Kaisui è andata con la mente… Partita per un lungo viaggio, che come meta ha la pazzia… pensò la riida.

Finalmente mi ha chiamato. Dopo due anni. Almeno so che non si è scordata di me. Per certo di lei so che ha una lieve forma di discalculia, ma in pubblico non direbbe mai quella parola, preferendo usare “pigrizia mentale”. Mi ha ripetuto spesso che i licei e la formazione culturale del settentrione sono molto migliori e molto meglio sviluppati rispetto a quelle del meridione. Molto probabilmente ha ragione. Persino sua madre è venuta con lei fino a casa mia, percorrendo tre quarti di questo Bel Paese, che poi tanto bello non è, per chiedere consiglio a mia madre.
Ha spiegato che fin dal primo giorno nella nuova scuola, ed era ancora alle elementari, ha avuto problemi con la matematica. Ed io so che lei era nella sezione peggio fornita.
Povera…
“Masci mia, me fazzu na valiggia.”
“Unni vai?”
“Unni Guren. Mi disse che avi ‘nu probleminu picciriddu picciriddu. E chi jo a pozzu ‘gghiutari.”
“Vabbeni, ma stai attenta, figghia mei. Avvettimi quannu veni. Bada di non peddiri nudda cosa ca’ ti servi, e si ‘mmi saluti a so famigghia ‘nu favuri mi fai. Buona fortuna.”
“Grazie, masci mia.” *
disse con un sincero sorriso.
Mise nella piccola valigia a mano le cose essenziali, niente liquidi. Solo suoi vestiti, e il beauty case con lo stretto necessario per l’igiene personale. Accese il piccolo portatile che aveva con sé, caricò il cellulare e il lettore MP3, rigorosamente SONY, e accedette a Internet. Stampò un biglietto di sola andata con il prossimo volo charter che partiva dal Fontanarossa. Era tra un’ora. Spense il computer, il cellulare e il lettore, infilò nella valigia il primo e nella giacca i secondi, e si fece accompagnare da sua madre. Lei la portò subito. Per fortuna sulle strade non c’era traffico a quell’ora, in quanto tutti erano al lavoro e i bimbi piccoli a scuola.                                                         

Attese pazientemente per due ore prima di effettuare l’imbarco. Sua madre l’aiutò dandole saggi consigli, e attese con lei. Lo passarono smangiucchiando patatine e schifezze varie, quel dannato tempo che pareva non voler passare mai.
“Masci mia… Mi mancherai. Forse non potrò tornare più da te…”
“La tua amica è una grande persona, sai che ti ama, va’ da lei, se vuoi. E’ giusto quello che tu stai facendo. Il tuo sogno è sempre stato anche il suo, il suo sogno è sempre stato anche il tuo. Seguila, e credi in lei. Vedrai che se glielo chiederai ti farà tornare qui per brevi vacanze, ne sono convinta.”
“Va bene, masci mia. Ti voglio bene.” disse abbracciandola.
Non sapeva come mai, ma nel momento in cui afferrò la sua valigetta e s’imbarcò per il volo, provò una malinconia tremenda.
Il volo fu solo un altro paio di maniche. Lo passò serenamente, pensando alla strana idea che era balenata in mente alla sua cara amica.
E io chi sono in questo, la manager? si ritrovò a pensare lei, seppur con un sorriso sulle labbra.
Le luci delle cinture di sicurezza erano spente, ma lei lasciò la sua allacciata. Guren con la sua mania degli incidenti in volo le aveva messo un po’ di timore. Dice che è meglio se sto allacciata. Mah… forse ha ragione lei.
Chiese alla hostess di portarle dei biscotti, che sgranocchiò in modo talmente lento da essere quasi snervante. Per farlo scorrere un po’ più velocemente accese la sua musichetta. Neanche a dirlo, partirono i The Gazette. Circa alla terza canzone, che era Pledge, il suo MP3 si spense, essendosi lei addormentata ed essendo lui in modalità sonno. Si risvegliò quando avvertì il carrello abbassarsi, ed anche con uno spavento, dato che dormiva.
Chissà com’è fatta Bologna…
La risposta la ebbe solo scendendo: molto caotica. Per fortuna ci mise poco tempo per trovare l’uscita dalla sezione arrivi.

 

Note di fine capitolo: *”Anael, figlia mia, vieni, la tua amica al telefono”
*”Madre mia, mi faccio una valigia.”
“E dove vai?”
“Da Guren. Mi ha detto che ha un problemino piccolo piccolo, E che io la posso aiutare.”
“Va bene, ma stai attenta, figlia mia. Avvertimi quando vieni. Bada dinon perdere nessuna cosa che ti serve, e se mi saluti la sua famiglia, un favore mi fai. Buona fortuna.”
“Grazie, madre mia.”
Sono tutte frasi in siciliano, che è pure bello da sentire, almeno per me.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** cap. 12 ***


“Quando arriva la tua amica, Senpai? Quando arriva?”                                                        “Te l’ho già detto, Karasu. Arriverà tra poco tempo. Se svolgiamo attività per tenerci occupate, passerà tutto più velocemente.”                                      
“E’ vero, Guren ha ragione. Se permettete vorrei fare una doccia.”                                  “Puoi andare, Kaisui, i bagni sono liberi.”                                                                              “Vorrei seguire il tuo consiglio, Kaichan” disse Yuri.                                                         “Dopo faremo noi la doccia, Karasu. Ora, se permettete, vorrei sistemare la mia stanza. E’ qui che Anael ci aiuterà a creare una piccola sala prove. La stanza più grande della casa sarà pronta tra pochi giorni, per questo all’inizio, purtroppo dovremmo sistemarci così.”  Quando anche Guren e Karasu furono pronte, Guren si ritrovò pensosa a fissare la sua immagine riflessa nello specchio, con un cipiglio piuttosto arrogante che definire impaziente era poco. Salì in macchina e si diresse fino all’aeroporto. Adesso doveva solo aspettare di arrivare lì, riuscire ad orientarsi nella calca di gente, trovare la sua amica e portarla a casa.  Quando Anael arrivò notò subito Guren per la sua straordinaria bellezza.  

“Salve, Guren” .
“Salve a te, Anael. Spero che ti troverai bene, qui da noi. Vieni con me.”  
“A cosa stai pensando, cara amica?” 
“Pensavo che tu provieni da una realtà diversissima da quella alla quale sono abituata io, e che di conseguenza potresti sentirti sperduta, soprattutto i primi giorni. Come vedi qui è tutto molto più grande e caotico rispetto al villaggio dei benedetti dal mare. Quindi ti prego di farmi sapere immediatamente se hai bisogno di qualcosa.” 
“Certo, certo. Ma al telefono mi avevi parlato di alcune tue amiche, potrei sapere?” 
“Sono tre ragazze molto importanti, almeno per me. Spero che lo diventeranno anche per te. E sono bellissime. Sono sicura che ti troveranno splendida, esattamente come io trovo splendida te. Stavo pensando che non le ho fatte venire perché stanno cercando di registrare al computer. Spero che potrai aiutarci.” 
“Sono sicura di potervi aiutare. Altrimenti non mi avresti chiamata, e poi me lo ricordo benissimo che tu in matematica non sei mai stata brava.” 

“Puoi sistemare nel cofano posteriore la tua valigetta; vorrei chiederti di non utilizzare l’autoradio, essendo io neopatentata”. 
“Certo. Quanto dura il viaggio?”.   
"Circa due orette in autostrada.” 
“Già, la matematica…” disse Guren salendo in macchina “La matematica… Non fraintendermi Anael, è una bellissima materia, il problema è che io non sono molto brava”.

“Pigrizia mentale?”. 
“Già… In musica invece me la cavo, ma non sono molto brava a suonare il pianoforte. Il mio tanto sognato Steinweg...”  

Dopo circa un ora di strada, quando stavano per arrivare…“Ah, Guren, ti manda tanti saluti mia madre, e anche mio padre.” In risposta a ciò, la ragazza ricevette un cenno di ringraziamento.
 “Che tipo di ragazze sono? In che ambiente sono cresciute intendo? Ah, si, scusa l’impazienza. Le conoscerò appena arriveremo.”   
                                                                                 
Però, come è tutto grande e… caotico, qui. E’ così diverso dalla mia realtà. Al villaggio non c’è un ospedale, ma c’è solo l’ufficio di guardia medica, c’è una sola scuola elementare, che è quella che ha frequentato Guren, e la cui scarsa preparazione le ha causato tanti problemi. Scarse conoscenze che ancora restano tali, in quanto nessuna riforma è mai stata attuata. Ricordo ancora che i bambini continuano a frequentare le lezioni per quattro ore al giorno cinque giorni alla settimana, e che gli argomenti trattati non vengono mai sottoposti a verifica. Osservo placidamente la strada susseguirsi davanti ai miei occhi, mi sento così leggera che penso schiaccerò un pisolino.
Vedo visioni di quando ero una fanciulla innocente che faceva il bagno in mare insieme a Guren, lei mi chiamava sempre Angel. Mi ha spiegato che il mio nome ha origini bibliche. Se lo dice lei posso stare tranquilla. Visto che era una bambina genio. Stavo ad osservarla per ore, mentre seduta su una sedia, con gambe stese e sguardo sognante, quasi annoiato, divorava libri su libri.  Ai suoi genitori faceva domande che di solito bambini della sua età non avrebbero mai posto.  Notai che a scuola si sentiva a disagio perchè non poteva mai stare seduta e avere momenti di raccoglimento. Anzi, le maestre dicevano agli altri bambini che potevano prenderla in giro e farne lo zimbello dell’istituto. Sua madre mi ha detto così, ed io ho ricercato su Internet degli elementi che potessero aiutare me e lei nel nostro rapporto. Trovai informazioni dettagliate su siti in inglese. Chiesi a mia madre di leggere per me. Mi disse che “i bambini prodigio sono coloro che in età assolutamente precoce mostrano interessi in vari campi, che spaziano dalla musica, all’arte, alla storia e alla letteratura. Inoltre imparano a scrivere presto, tuttavia questo non è un elemento sempre presente. Spesso pongono domande sull’origine dell’universo e si interessano di cose a cui usualmente un bambino non pone attenzione. Molti pensano che inserire questi soggetti in una Università, circondati da adulti, sia la soluzione migliore per al meglio sviluppare le loro conoscenze. Tuttavia è un errore, perché bisogna ricordarsi che sono bambini, che hanno bisogno di coccole e del gioco, e che l’intelligenza non deve essere sempre richiesta dagli adulti.”    
 
Noto che Anael si è appisolata sul sedile del passeggero. Regolo la mia macchina in modo tale da non disturbarla con manovre un po’ brusche, come quell’uscita là in fondo…                                                                              
 E intanto sogno. Sogno le supercar come la Lamborghini Murcielago, la Mustang e la Jaguar. Sogno che un giorno diventerò amata, da tutte le persone che mi hanno odiata. E questo Anael lo sa bene. Perché io le ho già parlato di questo.


“Stiamo per arrivare, Anael” disse Guren, e la ragazza si svegliò. 
“Che bel rifugio che hai, amica cara” disse Anael con occhi sognanti. 
“E’ tornata la senpai! Senpai, senpai!” 
“Certo, Karasu, sono tornata. Lei è Anael!”  
“Ah… Come siete bella, signora!”  
“Signorina…”

“Signorina. Le altre sono lassù, che stanno provando…”  
“Bene, ne sono felice.” disse l’angelo con un sorriso alla ragazzina. Effettivamente si sentiva Taion dei Gazette uscire dalla camera della padrona di casa, che in quel momento sedeva pensosa sull’erba.   
“Karasu, non mi sembra corretto farla lavorare subito, aspettiamo che si ambienti!” 
“Va bene, scusatemi.” 
“Torna a suonare, su, bambina”  
“Va bene, riida”

“Questa è la mia umile dimora, Anael. Spero davvero che qui ti troverai bene”   
“Senza dubbio, Guren.”   Le mostrò tutto ciò che c’era da vedere, dalla grande piscina nel giardino, al campo da calcio subito dietro, alla super car del padre. La fece anche entrare, rimase incantata dall’acquario e dai canarini gialli che teneva in una gabbietta. E che il fratello chiamava puntualmente 
pennuti o piccioni.   “Se volessi fare un bagno non ho il costume…”                         

 “Te lo presterò io, tranquilla. E poi è ancora inverno, no? Già, è ancora inverno... Il momento non è ancora arrivato per loro. Il mio piccolo...” 
“Stai pensando ai tuoi Versailles, vero?” disse Anael, che intuì lo sguardo sofferente dell’amica.   
“Si… Avrò un grave collasso se non mi aiuterete ad elaborare…” 
“Uhm.. Ok. Ti staremo vicine tutte noi, ne sono sicura. Quindi non temere. Ora mostrami ciò che hai per registrare… Cercherò in poco tempo di scrivere canzoni. Le tue amiche hanno un po’ d‘orecchio?” 
“Suppongo di si.” 
“Bene, se ti conosco bene, suppongo che per un po’ ti distrarrai.”   
“Speriamo…” L’angelo iniziò a spiegare alle ragazze la teoria musicale, diceva “questa nota e questa vanno accoppiate, o comunque nella composizione potreste farlo… Poi potreste sincronizzare un pentagramma per chitarra principale più accompagnatrice, e uno per basso. Ricordate che il basso dà il ritmo, insieme con la batteria.”      

“Uhm… Si, certo…. Scusate angelo, ma sono cose che sappiamo già.” era Kaisui, che ormai ridacchiava. 
“Ok, capisco… Provavo a dirvele per farvele comunque sapere, non si sa mai che perdiate il ritmo…”  

“Bene. State sicure che se perdete il ritmo mandate me fuori tempo.”     
“Perché, se lo perdi tu?” chiese Yuri.                       
“Se lo perdo io mando fuori tempo tutte voi…”
“Ah… ecco, ci pareva strano…”
Anael nel giro di poco compose tre canzoni. Ora era almeno chiaro a tutte le sue amiche il motivo per cui lei aveva scelto proprio questa ragazzina che veniva da un luogo così sperduto, come quello dei benedetti dal mare.                                                                                                                                  
“Bene. Senpai, ora tocca a te, trova le parole, su…”                                                                                           
“Va bene, spero solo di metterci poco.”
La-la-la-la-la-la canticchiava lei.
Incredibile a dirsi, in un’ora e mezza, finì di stendere tutti e tre i testi. Ed erano solo all’inizio.        
In un attimo, si trovò proiettata nel suo mondo di luccichio e cortesia, un mondo dorato da cui nemmeno Yuri o Karasu potevano certo toglierla, almeno non limitandosi a chiamarla per nome. Sognò di essere su un palco circondato da fan urlanti. Non che i gruppi musicali v-kei fossero composti in gran parte da giovani uomini, ma a lei piaceva l’idea del “sogno dei tanti, che noi possiamo realizzare perché ci… amiamo, in un certo senso.”
 
 
Sketch: quando Karasu toccò quel… coso.
 
Erano già passati tre giorni, dall’arrivo di Anael, tre giorni in cui fondamentalmente c’era stato un po’ di movimento: un po’ per il micio nero della famiglia di Guren, che aveva smangiucchiato il foglio del compito di ecologia al fratellino, un po’ perché il suddetto micio spariva in continuazione e non si faceva trovare facilmente, un altro po’ perché con i suoi attacchi di pazzia, faceva impazzire anche le quasi famose coinquiline della grande casa.                                                                             
Fu così che Anael, per distrarsi, volendo anche evidentemente restare fedele al suo incarico, accese il computer dell’amica e iniziò a modificare in vario modo vari file, precisamente quelli registrati nei giorni precedenti dalle Stellaria. Perché ormai le chiamavano così.                                                  
Ascoltò un po’ ciò che era venuto fuori dopo vari tentativi infruttuosi. Fiera del risultato ottenuto con tanto sforzo, scese in cucina, per fare una merenda grassa ma anche leggera (almeno per il suo stomaco): una bella fetta di tiramisù preparato quella stessa mattina da Karasu, con l’aiuto di Guren. Nel frattempo, la suddetta Karasu, che essendo impazzita era in vena di fare scherzi, sgusciò mooolto silenziosamente nella camera da poco insonorizzata, iniziando solo successivamente a premere quei “bei bottoncini colorati”.              
Vide i bottoncini, poi alzò la testa, vide anche quelle bellissime sinusoidi verdi e blu elettrico su sfondo nero. Impazzì ancora di più, ed ecco che scribacchiò un comando che avrebbe dovuto rovesciare tutto il campionamento. Partiva dalla fine ed arrivava all’inizio.                                                 
“Hihihihihihi ora moriranno tutti i circuiti!!” e se ne sgusciò via come un cobra. Anche fortemente incazzato con il mondo intero. E perché mai? A caso.                                         
Quando la povera Anael ritornò nel suo cosiddetto “ufficio”, fece partire il tutto e…                          
“KARASU!! DOVE SEI?? VIENI FUORI CHE TI SPENNO COME HAI FATTO TU CON LA MIA COMPOSIZIONE!!!! AAAAAARGHHHH!”                                                                                       
E da lì in poi, amici, furono guai grossi per il povero piccolo corvo della famiglia di Guren.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** cap. 13 ***


Miracle Anael, con poco sforzo (chissà come mai), riuscì a far registrare dopo poche ore una cover. Ed era anche venuta bene. La prima cover delle ragazze. Lei ne era fiera, e si strofinava le mani con la faccia di chi la sapeva  (molto) lunga.
Guren si era stancata, non perchè la sua voce si fosse sforzata, quello non lo avrebbe mai ammesso, ma perchè "da un paio di giorni era stanca", a sentire le sue parole. La sua Sofia si era messa a dormire nel SUO letto, quindi il fatto che ancora non l'avesse ammazzata (o non se n'era accorta?), almeno ad Anael, pareva strano.
"Guchan, Karasu è sul tuo letto"
"E allora?"
"No, mi chiedevo come mai non le hai detto niente?"
"Me lo ha chiesto, le ho detto io che poteva farlo".
"Ah. Dov'è Yuri??"
"Uhm... Cucina. E' andata a recuperare qualche stuzzichino per noi."
"Kaisui?"
"Vasca".
E avevano l'abitudine di capirsi al primo colpo. Era proprio vero che erano cresciute insieme, allora! Quando chiese che cosa intendesse per stuzzichino Guren si limitò ad indicare sommariamente con il suo ventaglio la povera Yuri, la quale, sepolta sotto mucchi di Mars, Twix, Plasmon e Maltesers, si stava avvicinando.
Con un sonoro tonfo, tutto finì sul piccolo tavolino.
"Pensavo di fare merenda... Vi va?"
"Certo, Yuri, ti ringrazio... Sono un po' stanca... Dopo torno nel mio letto..."
"Ma Guchan... Ma se ha detto che nel tuo letto sta Karachan!" disse silenziosa, per non farsi sentire.
"E allora??"
"E allora cosa?"
"Come Yuri?? Dormo con lei. Svegliatevi, una doccia vi farà bene..."
Tornò ai suoi stuzzichini, quando ebbe finito, si congedò.
Passando dal bagno, incontrò la fanciulla dell'acqua, che osservava quella faccia conosciuta per la sua calma, farsi contorta.
Rientrò senza emettere un sibilo.

Ma stiamo scherzando? pensò Yuri. Che diavolo aveva Guren?

"Credo che se la sia un po' presa... Per il fatto che l'hai chiamata Guchan. Per lei non è usuale sentirsi chiamare così."
"Ah, no? Scusatemi, non lo sapevo."
"Solo tra me e lei c'è questa confidenza. Io so tutto di lei e lei tutto di me. Ma non ci amiamo, quello no. E' a lei che devi scusarti, non a me. Vai, ti sta aspettando!" disse ridendo.

"Guren San, Guren San, eccomi. Scusatemi per prima, io non..."
"Non darmi del voi, mi fai sentire vecchia. E' tutto a posto, non ti preoccupare" le disse con un sorriso.
"Volevo augurarti buon riposo."
"Domo arigatou."

Si vestì con la camicia da notte, e si infilò sotto le coperte, dopo aver oscurato l'enorme finestra con la tenda meravigliosamente blu.
Involontariamente, sfiorò con le sue gambe quelle di Karasu. Sorrise guardandola. Si era addormentata arrotolata come i gatti.
O come un feto.
"Un bambino che cerca protezione tra le braccia della madre".



Intorno a lei c'erano fiure scure, avanzavano verso di lei minacciose. Si guardò intorno, ma attorno a lei non c'era nessuno.
Solo buio.
Buio? Strano come poco prima si trovasse sotto un sole cocente.
Ora invece c'era solo gelo. Un gelo di quelli forti e bastardi, di quelli penetranti che arrivano fino alle ossa, che ti congelano addirittura il cuore.

Forse la senpai mi ha abbandonata perchè non sono stata buona con lei. In fondo, è la punizione che mi merito.
200 frustate avrebbero fatto meno male di sicuro. Io non merito di stare con loro, sono troppo pure.
Quell'angelo biondo, che di un angelo ha il nome. La ragazza dai capelli corvini che ha la dolcezza e l'energia dell'acqua.
Yuri, capelli corvini e lunghi fino alla punta. Anche se si chiama Giglio. E poi, lei. La mia senpai. Non ho mai incontrato una ragazza più sensibile di lei. Ha detto che ha delle malattie strambe, ma se a lei non danno fastidio, allora va bene.
Lilium, quella canzone così bella. Forse la senpai me la suona al pianoforte per il mio funerale.

Persa in quel buio, era arrivata ad un cimitero. Le sagome oscure erano sparite. Croci e tetre lapidi la circondavano. Corse fino ad un mausoleo, in stile giapponese. L'unica cosa che non era giapponese era una statua di un cherubino, elemento tipicamente cattolico.
La mia senpai ama il Giappone
pensò.
Poco più in là, vi erano tre tombe dorate. La terra si muoveva, da lì stavano letteralmente uscendo corpi putrefatti. Osservò sopra a quelle tombe, qualcuno vi aveva posto un arcangelo.
Anael è il nome di un arcangelo. E' l'arcangelo protettore del bello.
 No, non può essere vero. Si è uccisa per colpa mia!


"Cosa sono questi rumori?" chiese Kaisui.
"No... Non può essere!"
"Ehi Guren! E' la seconda volta che vai via senza dirci niente!"
"Aspettate qui, ok? Vado a controllare."
Appena entrò nella sua stanza, quella che per qualche ora aveva condiviso con il piccolo corvo, capì il problema. Si stava agitando nel sonno.
"Karasu! Karasu, tranquilla! Va tutto bene! Svegliati, è solo un incubo! Karasu!"
La bambina si svegliò con un gemito. Pareva stesse affogando. Guren incontrò due occhi liquidi, con pupille grandi così. Erano troppo dilatate, rendendo quegli occhi scuri ancora più neri. Comprese che si trattava di un attacco di panico appena incrociò quei pozzi scuri.
Respirava a fatica, il cuore pompava troppo lentamente perchè l'ossigeno le arrivasse ai polmoni. La pressione era bassissima e frequente.
"Stai tranquilla, piccola. Qui non c'è niente. Hai avuto un incubo, vero? Non c'è nulla di vero. Le Stellaria lo hanno mandato via."
"Ma che sta succedendo?!" esplose Anael.
"Shht! Anael, così la spaventi. No, tesoro, no... Non c'è niente, la morte l'abbiamo mandata via."
Yuri fissava la scena dallo stipite della porta, con occhi grandissimi.
"Rilassati, Yuri, o finirai per peggiorare le cose." le disse Kaisui. Che pure teneva gli occhi terrorizzati fissi sul pallore di Karasu, quasi vampiresco.
 Guren iniziò a cantare, intonava una canzone che a loro pareva sconosciuta da quanto era bella la sua voce.
Il tempo sembrò fermarsi. Tutto tornò normale solo quando sentirono un gemito da parte di Karasu. Si stava addormentando.
"E' normale, questo vuol dire che l'attacco di panico è passato, e che quindi ora ha bisogno di dormire un po'. Restiamole accanto." Guren la teneva in braccio, come l'avrebbe tenuta tutto il tempo.

"S-S-enpai...Che è successo?"
"Nulla, Karachan, nulla. Hai solo avuto un attacco di panico. Sei stata un po' male, ma ora è passato."
"Mi sento come nuova."
"Beh, è normale, dopotutto hai dormito." le disse Anael.
"G-Grazie... Non volevo recarvi alcun disturbo."
"Si è fatta sera" notò Kaisui.
"Dormiamo insieme?" chiese Yuri.
"Ah! Vero! Siamo bambine inguaribili!" ancora Yuri, che fece ridere tutti di gusto.
Per la benevolenza di tutti gli dei, nonostante il temporalaccio notturno, dormirono serenamente, abbracciate.






Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1139322