Miracle di Distress_And_Coma (/viewuser.php?uid=133345)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 09 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** cap. 12 ***
Capitolo 13: *** cap. 13 ***
Capitolo 1 *** cap. 1 ***
Questa,
amici miei, è una storia particolare. E' la storia di
un sogno.
Ed io sono il cantastorie che ve la canterà.
Tutto parte inizialmente da un sito, chiamato EFP. Qui si incontrano
quattro
ragazze. All'inizio non si conoscono bene, amici, ma con il passare del
tempo,
imparano a conoscersi sempre meglio: i loro limiti, le loro passioni,
le loro
sofferenze.
Sofferenze che hanno in comune.
Tutte e quattro amano infatti il Giappone, terra esotica e quanto mai
lontana,
piena per altro di tante cose sconosciute. Ad esempio il Visual Kei,
movimento
musicale variegato e accattivante ai loro occhi: ne conoscono le
tragedie, i
morti, i dolori. Soprattutto stimano tre band in particolare, ovvero i
The
Gazette , i Versailles e i Malice Mizer di un'era lontana.
Ed ora, io da bravo cantastorie, vi svelerò una cosa.
Queste ragazze si sono celate sotto nomi fantastici, scelti per una
serie di
fattori che porteranno loro fortuna nei tempi a venire.
La fortuna che queste ragazze avranno dopo essersi incontrate in chat,
la
conoscono solo i cieli.
Guren, bella come quel fiore di loto rosso di cui porta il nome.
Kaisui, legata all'acqua che rappresenta.
_Hime_ educata in un ambiente familiare di rispetto delle apparenze,
proprio
come una principessa.
Yuri, amante dei fiori delicati come lo Yuri.
Ma ora, amici miei, forse è meglio che siano loro a
raccontarvi questa storia:
la storia di un miracolo.
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Capitolo 2 *** Cap. 2 ***
Miracle
Legenda:
corsivo: pensieri
“virgolette”: dialoghi
Disclaimer: i personaggi che descrivo non mi appartengono, sebbene
basati su
persone reali sono fittizi. Non pretendo di descriverli in
realtà, così come
non pretendo di descrivere situazioni realmente vissute. Rivendico i
miei
diritti su di essi solo perché frutto della mia
immaginazione.
Era
crudele quel giorno per lei. Proprio crudele.
Se ne stava li, svogliata come una donna con le voglie, a pensare
all'assurdo
sogno che aveva fatto quella notte, e che, purtroppo per lei, si era
trasformato presto in incubo, facendola svegliare alle quattro del
mattino di
un giorno terribilmente afoso.
Fortuna che non aveva scuola. Le scuole superiori, ovvero il
prestigioso Liceo
Torricelli, le aveva finite a giugno.
Si era dovuta impegnare un sacco a studiare, lottando contro la caldera
portata
da quelle correnti africane, studiando la notte (eh, si...notti in
bianco non
mancavano), e spaccandosi praticamente la schiena per portare quella
dannata
cartella che pesava come un macigno, che, povera lei, mica era colpa
sua. Oh,
no no no, era colpa del numero spropositato di libri che vi erano
dentro. Quei
libri che un giorno o l'altro le sarebbero serviti per l'esame
d'ingresso alla
tanto ambita Università Cà Foscari di Venezia,
indirizzo Lingua e Cultura
Giapponese. Fortuna che lei si era informata in modo molto approfondito
sul
Giappone.
Molti dei suoi compagni la deridevano per quello, sostenendo che fosse
impossibile un sistema scolastico così rigido.
Eppure lei sapeva che le divise scolastiche dovevano sempre essere
perfette, i
compiti sempre fatti, a fine lezione c'era sempre l'inchino dinanzi
all'insegnante, che gli studenti avevano un loro armadietto di cui
possedevano
le chiavi. Inoltre erano vietatissimi i ritardi, e la pena era starsene
fuori
nel corridoio a pulire i pavimenti fino all'inizio dell'ora successiva.
Perchè la figura del bidello non esisteva, in quella terra
così esotica, in
quanto gli studenti erano responsabili dell'ordine e della pulizia a
scuola.
Alcuni giorni, con le sue amiche aveva organizzato delle giornate di
"economia domestica".
Un giorno c'era talmente tanta neve che il professore di matematica era
rimasto
bloccato in casa, un altro giorno c'erano ore buche.
Così, tanto per guadagnare note di merito e per semplificare
la vita a quei
poveri cristi dei bidelli.
Si misero a pulire i banchi, la lavagna, il pavimento con le scope e
gli
stracci. E avevano guanti. Qualcuno ai corsi di recupero pomeridiani si
divertiva
a sprecare l'intera mina di piombo della matita sui banchi,
macchiandoli o
riempiendoli di disegni osceni.
E il piombo era nocivo se respirato, quindi le ragazze avevano i
guanti.
Chiesero alla bidella Melania lo smacchiatore a base di alcool e
iniziarono.
Lei li ringraziò molto, disse che ne avrebbe parlato con la
coordinatrice di
classe, e alla fine di un'ora un po' sfinente, la classe luccicava.
Quei poveri cristi dei professori lo sapevano che le cartelle a causa
dei libri
pesavano molto.
Lei non era certo l'unica a farsi accompagnare, e per fortuna dalla sua
parte
aveva la famiglia.Un fratellino piccolo e pestifero come pochi, con cui
però
poteva giocare a volano nelle due ore in cui non studiava, dopo aver
ovviamente
guardato Dragon Ball Z.
Ci era davvero cresciuta con quell'anime.
Una madre, che sebbene sfinita da molte ore di lavoro, non le
rinunciava mai un
consiglio "Suddividi le ore di studio", "Ora ripetiamo insieme
queste cose". Perchè sapeva che la figlia era in
difficoltà, dopo cio' che
era successo anni prima, in cui si era ritrovata quasi impossibilitata
a
gestire le sue ore di studio. Un padre che al mattino, prima di andare
al
lavoro, passava dal villaggio vicino a prendere un collega, romeno e
buonissimo, dolce come il pane. E che poi, lasciava la figlioletta poco
lontano
da scuola.
Quel dannatissimo Liceo. Nessuna delle sue compagne, perchè
era una classe
totalmente femminile, avrebbe mai più voluto vederlo.
Quelle poveracce, e lei non era da meno, avevano realmente
dovuto sfacchinare
come delle matte fino a due giorni prima dell'inizio della prima prova.
Sempre per la disorganizzazione interna dell'istituto.
Ma ora era li, tremendamente fiera dei suoi risultati agli esami,
perchè si, la
fatica paga, a pensare a quel diamine di incubo.
Si trovava in un giardino, una radura all'interno del suo amato Palazzo
di
Schönbrunn, per essere precisi. Finchè una
splendida giornata di sole con i
Versailles attorno, perchè si, i Versailles li voleva da una
vita, non si
tramutò in un temporale. Un tuono aveva squarciato la calma
e la serenità di
quel luogo, la luce emanata dai Versailles era sparita. E' stato qui
che si era
terrorizzata.
Infine, era comparso un angelo il cui corpo, coperto di una vestaglia
bianca,
riluceva. Quell'angelo somigliava alla sua Sara.
Così finiva il suo incubo. Pensò di contattare
l'altra ragazza, sperando che
fosse online su facebook. Voleva parlarle di questo incubo. Ne era
rimasta
proprio stravolta.
"Dannazione, fa che ci sia-fa che ci sia-fa che ci sia" mormorava tra
sè e sè come una fanciullina in un atto
capriccioso.
Eh, si, per sua fortuna Sara c'era.
"Ciao"
"Ciao. Come va?"
"Ho caldo."
"Anche io. A quest'ora sono sveglia perchè ero scesa a
prendermi un
gelato, ma poi mi è venuta voglia di vederti."
Condito con cuoricini e stelline, per dirle che le voleva bene.
E lei lo sapeva.
"Mhm...Sai, pensavo che potevamo incontrarci, magari...magari al Lucca
Comics and Games"
"Si, mi piacerebbe molto. Sai quando è?"
"Ho già controllato, è dal primo al quarto di
novembre. Tu ci sei? Io per
allora sarò già patentata, potrei andare sola."
"Io si, vengo su in treno, ma sarà una sfacchinata assurda."
"Tranquilla, quando ci incontreremo sarà tutt'altra storia.
A proposito?
Come ci riconosciamo?"
"Cosplay?"
"Mh. Capitan Ovvio. Perchè volevo invitare qualche altra mia
amica."
“Tipo?"
"Tipo la piccola Kohai. Volevo parlarvi di un progetto. E Valentina"
"Ah, canteremo i Versailles."
"Ok, ciao amo'."
"Ciao. Kiss."
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Capitolo 3 *** Cap. 3 ***
Hm.
Santo Kami.
Come spiegava alla sua amica che i suoi amati Versailles avevano
annunciato una
pausa per dicembre?
Si riconnetté ad Internet, sperando che la sua dolce
interlocutrice non avesse
un infarto.
“Cara?”
“Si?”
Ah. C’era ancora.
Bene.
Di male in peggio
“Ehm…Sai, è successa una
cosa…”
“Cosa? Dimmi tutto, ti ascolto.”
“Guarda nel sito dei Versailles.”
“Perché? E’ forse uscito un nuovo
singolo?” le chiese lei, quasi speranzosa.
Mi dispiace cara, ma non riesco a spezzarti il
cuore… pensò lei.
La ragazza ci guardò, e trovò un messaggio in cui
veniva annunciata la cessione
delle attività del gruppo per il venti di dicembre.
Rimase molto sorpresa, pensava al suo piccolo e dolce fiore di
gelsomino.
Al ragazzo che faceva parte dei Versailles e che per loro suonava il
basso.
“Hm. Qua c’è scritto pausa. Io sono
tranquilla.”
“Ok, d’accordo, scusa ma era perché mi
pareva giusto che anche tu lo sapessi.
Come mai non lo hai saputo prima?”
“Perché io non ho l’accesso a Internet
tramite cellulare. Ero fuori tutto il
giorno e…” beh, mica era colpa sua, se era fuori
tutto il giorno.
“Ho in mente una cosa, vorrei formare un gruppo”
Eccola lì che glielo ripeteva.
Erano finite sulla questione all’incirca una settimana prima.
“Lo so, me lo hai già detto.”
“Pensavo di invitare anche altre mie conoscenze. Tipo la
piccola Kohai, che è
fissata con la chitarra elettrica.”
“Per me va bene. Ora devo andare. Ciao. :)”
E così lasciò quella matta di una sua amica a
pensare a questo fantomatico
gruppo.
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Capitolo 4 *** Cap. 4 ***
Era
rimasta basita.
Sul serio, era basita.
Non c'era combinazione di parole migliore per descrivere come si
sentiva in
quel momento.
La sua Sara le aveva praticamente detto che i suoi tanto amati
Versailles
avevano annunciato una pausa per dicembre.
Il dicembre era il mese del suo compleanno.
Controllò meglio sul sito ufficiale della sua band
preferita, l'ultimo loro
concerto era fissato per il venti di dicembre alla NHK Hall di Tokyo.
Controllò per scaramanzia anche il giorno di vendita dei
biglietti per i fan
oltreoceano.
Era già passato. Era tre giorni prima.
Che peccato, pensò. Avrebbe tanto voluto
esserci, ma non avrebbe potuto.
E, oltretutto, il dicembre era anche il mese del natale.
Il Natale, con la lettera maiuscola, così le piaceva
scriverlo.
Era quella la festa che tanto le piaceva, tra tutte le feste dell'anno.
Perchè poteva sentire quei canti che tanto le piacevano.
Ma il giorno di Natale 2012 i Versailles non sarebbero esistiti
più.
E lei avrebbe pianto.
Si accorse che piangeva solo perchè una sua lacrima le aveva
bagnato la
maglietta.
Lei piangeva, e guardava il cielo fuori della sua grande finestra.
"Avrei tanto voluto passare un ultimo Natale con Voi..." si disse.
"Oh, Signore, vi prego siate buono con i Versailles, fate che abbiano
il
successo che si meritano, e fate che tornino insieme...
Vi auguro solo tanta fortuna.
E spero vivamente che non coviate odio gli uni per gli altri. "
Non aveva neanche mai potuto vederli. E ne era dispiaciuta. Molto.
Prevedeva che sarebbe stata molto male di lì a pochi giorni.
E sperava che le sue amiche, ovvero le ragazze che sentiva quasi tutti
i giorni
su facebook o su messenger, avessero potuto aiutarla.
O almeno, lei le sentiva come sue amiche.
E, infatti, fu così.
Quella mattina si era svegliata, era verso fine di agosto.
Si sentiva debole e calda.
Era ancora mattina presto, sua madre doveva ancora partire per lavoro.
Si sentì la fronte, era molto calda.
Poi si sentì il polso, ma aveva un tale mal di testa che non
riusciva a
prenderselo per sentire i suoi battiti.
Chiamò sua madre da sotto.
"Ehi, che ti è successo?!" era sempre così, sua
madre, quando la
figlia stava male.
"to...ae..." cercò di confabulare lei.
Non ricordava di aver mai avuto un mal di gola tanto forte.
"Cosa?? Non capisco. Comunque ho visto che stai male. Aspetta, prendo
il
termometro."
Dopo poco tornò con il termometro.
Segnava 37 e 4.
"Io ti lasco qualcosa da riscaldarti nel microonde. Ora devo andare.
Papà
è al lavoro. Ciao."
"...ao..." salutò lei.
Sembrava più un barrito che un saluto, ma comunque andava
bene così.
L'orologio segnava le 5:30 del mattino.
Teneva sempre nota di che ora era, nel caso dovesse prendere una
tachipirina.
Poi, forse troppo stanca, si addormentò.
Quando si risvegliò era quasi mezzogiorno, e lei aveva fame.
Riuscì a scendere al piano di sotto con non poca fatica, e
trovò nel microonde
delle cosce di pollo.
Sforzandosi molto, riuscì a riscaldarle e a portarle su,
cercando di
concentrarsi sul fatto che camminava e non era ancora giunta
nel suo caldo
letto.
Quando vi giunse, si tirò su alla bell'e meglio e si
mangiò (con qualche
barrito e qualche sputacchio qua e là) le sue due amate
cosce.
Il corpo lo lasciò li, nel piatto.
Dovette fare il doppio della fatica per tornare sotto e mettere i resti
di cibo
nel frigo.
Si sedette a tavola e si sentì di nuovo la febbre, o
perlomeno ci provò, ma
dato che tremava decisamente troppo dovette rinviare il tentativo.
Il padre le aveva spiegato come vedere se una persona era ammalata o
meno, dal
tocco del polso.
Le disse: "Se è debole e veloce, allora hai la febbre; se
invece è
regolare allora sei sano come un pesce".
Era troppo svelto, quel suo piccolo polso carotideo.
Almeno il suo corpo le aveva permesso di arrivare alla confezione di
paracetamolo, alias il bene che le premeva più
della vita in quel momento,
se in vita voleva restare.
Tornata nel suo caldo letto dopo aver preso il farmaco, si
addormentò di nuovo.
Si svegliò la sera, sua madre era tornata, riusciva a
distinguere dei rumori da
sotto.
Se la trovò accanto dopo un po', che continuava a guardarla
con sguardo
critico.
"Hai ancora la febbre. Te la sei misurata?"
"No."
Miracolo!
Parlava, con qualche sforzo e tanto dolore, ma parlava.
"Ora la misuriamo. 39 e 2. Hm, non è tanto, ma è
meglio se ti prendi una
tachipirina. Aspettami qui."
"E dove cristo vuoi che vada? Sulla luna??"
Le era salita di nuovo, come temeva.
Sua madre un giorno che era malata le disse che la febbre si alza (o
che
comunque tende ad alzarsi) sempre verso sera, mentre all'alba si
abbassa.
Mah, di sicuro era vera la prima parte.
La mattina dopo invece, stava ancora peggio.
Era
come se fosse stata investita da uno schiacciasassi e buttata
nell'acido.
Pensò
alle sue amiche.
Valentina l'aveva conosciuta su quel sito in cui poteva pubblicare le
sue
storie sui musicisti giapponesi.
Quelli che, come i Gazette e i Versailles e i Malice Mizer, le
piacevano tanto.
Dei Gazette amava le ballate, in particolare Cassis, Guren e Reila.
Ma le piaceva anche Miseinen.
Cassis era inglese, ne era sicura (per lei quella lingua aveva ben
pochi
segreti).
Guren era giapponese, e voleva dire "Loto Rosso".
Oh cielo, quanto amava quella parola.
Il loto rosso era il suo fiore preferito, dopo la rosa.
Di Cassis amava la melodia, il ritmo e il testo, cioè in
pratica tutto.
Specie il ritornello, che le sue orecchie ritenevano così
melodioso.
Reila, invece, a quanto sapeva dalla sua dolce Sara, l'aveva scritta
Ruki, dopo
che la sua ragazza si è suicidata buttandosi da un
cornicione.
Ruki altrimenti detto "nano malefico", ma solo perchè era un
nano,
intendiamoci.
Le aveva anche detto che i motivi di quel suicidio non si sapevano, e a
tutt'oggi non si sapranno mai, ma che Ruki ne soffrì molto.
E che Reila era il vero nome della sua ragazza.
Miseinen
invece era un pezzo forte, e nella seconda parte era una ballata, e
niente
altro.
Anche Sofia l'aveva conosciuta su quel sito. Era una ragazzina molto
dolce.
Parlavano di tutto insieme, di animali, di fattorie, dei classici
Disney. E del
visual kei. Guren si era messa pure a piangere quando aveva scoperto
che i
"The Gazette" erano giapponesi e non americani. Perchè lei,
sia
chiaro, pensava che fossero americani fin da quando aveva sentito una
canzone
che al suo orecchio tanto allenato pareva inglese pronunciato male.
Con lei, anche se non si erano mai viste in faccia (in fondo si erano
scambiate
solo fotografie di loro stesse), aveva costruito un rapporto
SENPAI-KOHAI.
E sembrava che alla piccola andasse bene.
A Sara parlava su facebook, invece.
Si sedette al computer, o forse è meglio dire si
buttò sul computer.
Per fortuna quello là con il nuovo sistema operativo fece
poche storie e si
accese subito.
La ragazza con cui lei voleva parlare, era online.
"Sto male".
"Come stai male?" chiese lei.
"Sto male, ho la febbre. Se tra tre settimane non sono guarita, allora
posso preoccuparmi?"
"Allora, ok. In quel caso dimmelo. Che vengo da te."
"Che??"
"Si, hai capito bene. Tanto l'indirizzo lo so già. Ora
riposati, mangia
riso in bianco e ti riprenderai. A meno che non sia qualcosa di serio."
"Ok. Allora tra tre settimane ti chiamo io se qualcosa peggiora. Per
favore non dire nulla alla mia Kohai. Vorrei parlarle io di tutto il
caos che
ho dentro."
"Certo."
Quella
sera...
Poteva
suonare il suo pianoforte a coda per distrarsi, tutte le volte che
voleva.
Così aprì la grande finestra della sala che dava
sul giardino, si stirò le dita
da brava pianista e le pose sulla tastiera .
E suonò.
E un suono incredibile colpì le sue
orecchie.
Le sue dolci orecchie, che lei sapeva essere così affidabili.
Aveva sentito qualcosa che definire suono forse
era un errore.
Arricciò il naso in una smorfia schifata.
Almeno la febbre era calata, se lei poteva fare una tale smorfietta.
Filò a prendere uno dei suoi diapason e
una chiave quadrata.
Preferiva usare il metodo "a mano e orecchio", visto che, l'avesse
mai accordato elettronicamente, il suono sarebbe risultato di bassa
qualità.
Dopo un po', finito il lavoro di accordatura, iniziò a
suonare il "Kanon
in D Mayor".
Nutriva una profonda ammirazione per quella composizione.
Finchè si addormentò.
Quando si risvegliò, era nel suo letto, coperta e ancora
febbricitante.
"Come stai?" una voce alla sua destra attirò la sua
attenzione.
Si sentiva tappata e debole, ma quella voce la riconosceva.
Era suo fratello.
"Ho visto che ti avviavi in sala, e non ho saputo resistere."
Stava per mettersi a ridere?
"Anche oggi mamma e papà sono al lavoro tutto il
giorno. Siamo soli in
casa. Appena ti sei seduta al piano ed hai iniziato a suonare il Canone
mi sono
nascosto dietro alla porta e ti ho ascoltata suonare. Sei stata brava,
lo sei
sempre stata."
Lei era la migliore. Avrebbe sempre faticato pur di esserlo,
fino a morire.
Qui ci giuravano tutti quelli che la conoscevano.
"Grazie. Mi porti una tachipirina?" parlava a voce bassa, e non
cantava per evitare di distruggere quel gioiello di cui i Kami
l'avevano
dotata.
"Certo."
Così lei prese la sua tachipirina.
E dormì di nuovo.
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Capitolo 5 *** Cap. 5 ***
Ormai erano passate le tre settimane, da quando lei si era ammalata.
Il tempo a disposizione dei suoi Versailles si stava inesorabilmente
esaurendo.
Pensò che chiunque avesse fatto loro del male, l'avrebbe
pagata.
Si ricordò una cosa, piuttosto importante, a quanto sembrava.
Devo chiamare Sara e dirle che nonostante abbia seguito i suoi
consigli, non
sono migliorata.
Spero che lei non abbia detto nulla alla mia dolce Sofia.
E aveva pure aumentato la sua energia spirituale, ma stava
comunque male.
C'era qualcosa che non le tornava.
Molto probabilmente era una specie di maledizione.
Quindi sollevò il cellulare che aveva vicino a quel suo
letto tanto bollente.
Sentire la voce calda della sua amica, anche se per tramite aveva un
metallico
cellulare, era già stato un temporaneo sollievo.
"Hm...Sara...S-Sara ascolt-t-ami...Non sto bene...Vie..."
E svenne.
"Piccola? Tesoro? Tesoro ci sei?"
Non ricevette risposta.
Così Sara scelse di recarsi a casa dell'amica.
Avrebbe dovuto prendere il treno.
Ma voleva che anche le altre due ragazze fossero con lei.
"Pronto Valentina?"
"Dimmi tutto. Che è successo?"
"E' successa una cosa a Martina. Mi aveva chiamata, ma era molto
debole...
E poi non ha risposto più." disse, quasi piangendo, al
cellulare.
"Dimmi se magari prima l'avevi sentita. Che io sappia sta
benissimo..."
"Non dopo quello che è successo con i suoi tanto amati
Versailles. Da
quando sa che hanno annunciato una pausa per Dicembre, sta malissimo.
Non ne vuole sapere di vivere una vita senza di loro, e
così..." ma la
chiamata si chiuse.
Di colpo, senza preavviso alcuno.
Chiaro segno che, o a Valentina della sua amica non importava un bel
nulla, o
le era venuto in mente un piano geniale.
"Dannazione. Io ho paura... Tesoro mio, dove sei?"
Chiamò Sofia, la Kohai della sua amica.
"...ed è svenuta."
¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨
Il
telefono cellulare le squillava.
Lo prese per rispondere.
Quello che lei sentì le gelò il sangue nelle vene.
La sua Senpai, la sua tanto amata Senpai, era in fin di vita.
Secondo Sara la colpa, a quanto pareva, era da assegnarsi ad una
maledizione
che qualcuno aveva diretto originariamente ai Versailles.
Ma che la sua Senpai aveva rispedito al mittente con tutta la sua forza
spirituale.
Annullando così, quasi del tutto, la sua forza, per poter
vivere.
Scese al piano inferiore.
Cercò sua madre, e tentò di spiegarle che una
cara amica stava molto male, e
che desiderava vederla.
"Non se ne parla Sofia, tra poco dovrai iniziare le superiori."
"Cosa?? Ma mamma io le voglio molto bene!!"
"Papà, c'èun'amica mia che sta tanto male e che
ha bisogno che io la
raggiunga per guarire! Posso andare?"
"No, Sofia, tua madre ha detto che non puoi."
"Ma papà! Ha bisogno di me!"
"Sofia, non la conosci neanche!"
"E invece si che la conosco, lei mi vuole tanto bene, e così
io a
lei!"
Corse su per le scale, e sotto al suo caldo letto trovò un
pezzo di tela.
La sua Senpai le aveva insegnato a creare uno zainetto facendo un
cappio con
della tela attorno ad un bastone.
Ci mise dentro 300 euro di paghetta settimanale raccolta nel tempo, il
portafoglio, il cellulare, la matita.
E si portò dietro la sua amata chitarra acustica, che usava
per suonare in
casa.
Scappò letteralmente di casa, in fondo, di quello che
pensavano i suoi genitori
non che gliene importasse, se le proibivano di vedere un'amica. Ora
doveva solo
sperare che a suo fratello maggiore non venisse un attacco di
ipergelosia, o
come lo chiamava lei.
Richiamò Sara, si fece dare il nuovo indirizzo di casa della
sua Senpai.
Almeno le lezioni di geografia alle scuole medie le erano servite a
qualcosa!
Aveva abbastanza soldi dietro per coprire l'equivalente di tre viaggi.
Giunta alla stazione, prese il primo treno per Bologna.
Poi da Bologna sarebbe arrivata a Faenza, e da lì si sarebbe
potuta
ricongiungere alla sua Senpai.
Una volta salita sul treno, trovò un posto vicino alla
finestra.
Da li poteva vedere la vegetazione che tornava a crescere sempre di
più.
Ci mise circa quattro ore e mezzo, ormai stava giungendo il tardo
pomeriggio.
Forse avrei dovuto ascoltare i miei. Dove Cristo dormo ora?
pensò infatti
lei.
Hm, forse è il caso di cercare un hotel, o una
pensioncina.
Ma intanto devo giungere a Faenza.
"Prossima fermata: Bologna Centrale" sentì dire
dalla fastidiosa
voce metallica registrata.
Pensò che in circa dieci minuti poteva scendere.
La Senpai le aveva anche ricordato che Bologna era città
universitaria
universalmente nota, e che quindi lì fosse tutto pieno zeppo
di studenti.
Con un po' di fatica scese dal vagone, senza rischiare di essere uccisa
dalla
calca.
Quando fu in uno spazio poco affollato e un poco appartato,
controllò il
cellulare.
C'erano svariate chiamate perse, innumerevoli provenivano dal suo
fratello maggiore che
era iperprotettivo con lei e dai suoi genitori.
Ovviamente in ansia.
Lei le cancellò tutte con uno scatto, e rispose
tranquillamente "Non mi
chiamare e non cercarmi. Sto bene. Sono quasi arrivata da lei. Poi ti
farò
sapere".
Subito dopo le giunse un messaggio "Sono tuo
fratello, mi hai fatto
prendere un colpo. Ma almeno sono riuscito a convincermi e a convincere
i
nostri genitori che quello che tu fai, lo fai perchè vuoi
bene ad una
persona."
"Grazie".
"Sofia?" pensò di essere stata chiamata.
Si voltò, e vide una grande calca di studenti. In mezzo a
loro ce n'era una che
indossava un fuku alla marinara rosso, ma non era giapponese.
"Sara?" chiamò lei. O piuttosto, tirò ad
indovinare.
Sara annuì e si avvicinò. "Sai, sono venuta su
anche io per Martina.
Aspetta, andiamo fuori dalla stazione e mangiamo qualcosa."
In quel momento lo stomaco di Sofia brontolò.
Si era completamente dimenticata che praticamente non mangiava da ore,
per la
precisione dalla mattina, quando aveva mollato la sua famiglia.
Si sedettero su una panchina, e Sara tirò fuori dallo
zainetto nient'altro che
due confezioni di ramen in lattina.
Acquistato, a quanto pare, al negozio giapponese sotto casa sua.
"Ma tu... Vieni dal Giappone?" chiese Sofia, meravigliata.
"Hahahahahahahahaha!!! Ah, accidenti! Il travestimento mi è
riuscito
appieno...
No, è solo un trucco che uso spesso per non farmi ammazzare
dalle calche di
studenti. Quando un occidentale vede un fuku alla marinara indossato,
credo che
pensi che la persona con la divisa vada rispettata. Quindi si sposta."
"Quindi...Le persone vedono te nel fuku alla marinara, pensano che tu
sia
degna di rispetto come studentessa, e si spostano?"
"Sei un genio!"
"Grazie!"
"Ehi! Ma io sono degna di rispetto! So suonare il basso e la
chitarra!"
"Io sono fissata con la chitarra elettrica, invece."
"Martina mi aveva confidato che il suo più grande desiderio
è quello di
mettere su una band, e suonare, un giorno, con i suoi tanto amati..."
"Versailles! Si lo so. La Senpai me lo ha confidato. Ma temo che stia
male...E tanto."
"Sono sicura che con una lattina del mio ramen portentoso
tornerà in
forma, vedrai."
"Ehi voi due? Cos'è questa? La riunione delle fan del visual
kei?"
Si voltarono. Sul marciapiede c'era una ragazza dal bellissimo aspetto.
Sembrava Sango.
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Capitolo 6 *** Cap. 6 ***
Miracle
Valentina,
insieme alle altre due sue nuove amiche, salì sul
treno verso Faenza.
Era un comune di poche centinaia di chilometri quadrati, a sentire Sara.
Si erano accomodate vicino alle porte, una di fronte alle altre due.
Sofia mangiava ancora ramen.
Un cellulare squillò.
"E' il mio. Scusate." disse Sara.
"Ah! Che bello, tesoro, stai di nuovo bene!"
Sofia lasciò andare le bacchette nel cestino.
O era pazza, o quella era la sua Senpai.
"Passamela, passamela, passamela!!!"
"Va bene, ho capito, Sofia...
Tesoro, avremmo una sorpresa per te."
"Che cosa?"
"Veniamo."
"Che?!"
"Hai capito bene. Credevi che mentissi?...Si, con me c'è
anche la tua
Sofia...Si, hai capito bene...Anche Valentina."
"Allora vi aspetto."
"Senpai!!"
"Oh, ciao piccola Kohai. Come va?"
"Sto bene. Sono scappata di casa."
"CHE COS'HAI FATTOOO??"
"Si, Senpai, hai capito. Non ho esitato un attimo. E credo pure che mio
fratello adesso mi odi."
"Ah. Non credo che ti odino...Voglio dire, i tuoi genitori e tuo
fratello
sono sempre la tua famiglia. Ti sei già iscritta
all'universitàe scuole
superiori?"
"Si."
"Vediamo se è possibile frequentarle on-line. Dimmi il nome
dell'istituto."
"Ok..."
"Ciao. Vi aspetto." disse lei, sul vivavoce.
"Dunque...La casa è in ordine e pulita...Ok.
Ora cerchiamo questa cosa on line. Qua dice che si possono frequentare
online
le lezioni, a partire da sei mesi di frequentazione effettiva.
Bene, almeno dovremmo aspettare solo sei mesi, per avere il gruppo al
completo."
Avrà bisogno di circa due ore di studio al giorno,
spero solo che ne abbia
la forza. si mise a pensare lei.
Lei aspettò.
Aspettò.
Aspettò e aspettò.
E stette praticamente tutta la notte sveglia.
Quando si toccò la fronte era gelata.
Scese in cucina a prepararsi del tè caldo, almeno quello lo
aveva in
abbondanza.
Erano le sette e mezza, il fratellino era sull'autobus diretto
all'Istituto che
frequentava.
Lei stette a guardare qualche programma di natura scientifico culturale
e
divulgativa alla televisione.
Ma si annoiava.
Così scelse di ascoltare la versione strumentale di Cassis,
e senza
accorgersene iniziò a cantare.
Amava così tanto quella composizione che ormai la cantava
senza accorgersene.
Ma a lei e ai suoi genitori andava bene così.
Quando si risvegliò, si accorse che il sole era ancora alto,
sebbene si stesse
avvicinando il tramonto.
Qualcuno suonò.
Lei andò ad aprire, dopo aver controllato chi fosse dal
videocitofono.
Erano le sue amiche.
Le fece entrare immediatamente.
"Salve, Sacerdotessa" dissero in coro.
"Salve a voi."
"Come stai?" chiese Valentina.
"Ho ancora un po' di febbre, come potete vedere dalla mia maschera, ma
sto
bene".
"Oh, Senpai, ero così in ansia..." si ritrovò con
la piccola e dolce
Sofia che la abbracciava.
"Mi dispiace, davv..."
"Non devi scusarti. Colei che qui deve chiederti perdono sono io. Io e
solamente io. Ammetto che avrei dovuto usare tatto, nel darti una
notizia del
genere. Scusami, non sai quanto me ne vergogno." disse Sara ad occhi
bassi.
"Non importa, tesoro. Va tutto bene. Sai, quando ero ancora piccola si
ascoltava la musica dei Blue.
Essi si sono separati quando io se non mi sbaglio avevo undici o dodici
anni.
Lo avevo saputo da un'amica che come me li adorava, quando loro si
erano
separati da un mese.
Semplicemente perchè allora ancora non disponevo di una
connessione ad
Internet.
Io aspettai molto a lungo, ma poi mi accorsi che sebbene amassi ancora
la
lingua inglese, in quel momento avevo altri interessi.
Come ad esempio la musica giapponese. Quando si riunirono ero molto
felice per
loro.
Dissero che si erano dovuti separare perchè Duncan non era
sicuro del suo
orientamento sessuale.
Molto probabilmente i Versailles non hanno litigato, è solo
che magari Kamijo è
omosessuale.
Magari è innamorato di Teru e Teru nemmeno lo sa.
O forse è innamorato di Hizaki (come molte di noi
vorrebbero) ma non può
dirglielo, perchè magari ha paura di un suo giudizio.
Io ho dato loro il mio cuore, loro ne erano i responsabili.
Sapete,
ragazze, le rose sono un fiore estivo, quando arriva l'inverno con il
suo gelo,
loro appassiscono. Sta succedendo anche ai Versailles.
Ma le rose la prossima estate le vedremo ancora.
I Versailles al giorno d'oggi hanno raggiunto una maturità e
una tecnica
musicali tali che molto probabilmente vogliono dedicarsi a dei progetti
solisti
per esplorare nuovi confini, nuovi elementi musicali che
precedentemente non
hanno analizzato.
Non è detto che ci siano differenze musicali, ognuno ha le
sue individualità.
E' solo che non dobbiamo scordarci che anche loro sono umani, hanno le
stesse
passioni di un comune essere umano.
E come tutti gli esseri umani anche loro sbagliano. Fanno errori, poi,
quando
vedono che ne hanno fatto uno, lo correggono."
"Da quando sei diventata così saggia?" cheise Sofia
sbalordita dal
lungo discorso.
"Non ho più dodici anni, sono cresciuta. Adesso sono grande
abbastanza da
capire queste cose."
Intanto Valentina aveva posato la sua maschera sul tavolo.
"Sedete al tavolo, vi preparo qualcosa...Se volete."
"No, Senpai, sei ancora debole per via delle febbri, lascia fare a
noi."
"Comunque Sofia ho controllato sul sito della tua scuola. Potrai
frequentarla online dopo sei mesi di frequentazione diciamo
*effettiva*".
"Capisco. Il tuo ramen istantaneo è pronto, tieni."
"Grazie."
"Itadakimasu!"
Quando le ragazze finirono il ramen, Guren aveva acquistato un po'di
colore.
"Quali nomi scegliereste, se doveste mettere su una band?" chiese poi
lei.
"Io vorrei chiamarmi con qualcosa che richiami l'acqua" disse Sara,
pensierosa.
"Kaisui può andarti bene? Vuol dire Aqua
Marina".
"Accidenti, Senpai, quante cose che sai..."
"Ho studiato gispponese per circa tre mesi al giorno d'oggi. Sto
imparando
a tracciare i kanji." disse lei con un sorriso.
"A me piace molto il giglio, so che in giapponese si dice Yuri"
disse Valentina.
"Infatti. Brava."
"Io ho sempre amato le principesse..."
"Chiamati Hime, Sofia..."
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Capitolo 7 *** Cap. 7 ***
Miracle
"Cavolo
Sofia, fatti vedere bene! Come sei... bella"
disse Guren.
E voleva farsi chiamare solo Guren.
"Davvero? Grazie. Ma chiamami Hime. Sai, mi è sempre
piaciuto il suono di
questo nome."
"Beh, vedo che voi due vi conoscete già" disse Yuri.
"No, non è vero. Ci siamo conosciute tutte quante su quel
sito. Parlando con
lei ho scoperto che anche lei come me amava gli animali, le piaceva
giocare
fuori nella neve e ascoltare musica. "Beh, io
ricordo che mi hai scritto in una mail di come
tu amassi l'inglese e il francese! Niente ti sfuggiva, hai perfino
superato gli
esami Kangourou.
Ah, ed hai ottenuto il certificato di merito. Ricordo ancora la faccia
di
Ilaria... me l'hai fatta vedere che era verde d'invidia!" disse Hime,
ridendo.
"Grrrrrrrr... Vedi di non nominarla in mia presenza! Ho sempre
malsopportato quella fanciullina. Misericordia!"
A quel punto, Kaisui e Yuri si misero a ridere.
E' così che ci si sente in famiglia?
Ci si sente a casa?
Questi erano i pensieri che si affollavano nella mente di
Guren, che se non
fosse stato per Hime sarebbe stata sola per tutta la vita.
Poi però Hime se n'era andata, in un'altra città.
Voleva frequentare un istituto che le offrisse buone
possibilità di lavoro nel
campo dell'arte.
Hime
suonò sempre la
musica che adorava, e (cosa più importante),
restò spesso in contatto con
Guren.
Per evitare che le bollette salissero eccessivamente, si scambiavano
mail due o
tre volte al mese, massimo.
"Gahn...Gahn...Ragazze, scusatemi, ma sono stanca..." disse Yuri con
uno sbadiglio.
Questo fece ricordare alle altre ragazze di quanto anche loro fossero
stanche.
"E io purtroppo non posso cantare..." disse Guren. Era triste, si
vedeva.
"Riposiamoci, domani vedremo il da farsi..." disse Kaisui.
Un colpo secco, poi il rumore di qualcosa che cadeva, fece sobbalzare
Kaisui.
Guardò fuori dalla finestra della camera per gli ospiti,
vide Guren discendere
leggermente, quasi come se guardasse un cartone animato.
Poi ci ripensò.
I cartoni animati! Giusto! Lei ama 犬夜叉!
Infatti,
poco dopo, vide un boomerang di compensato alto quanto la sua amica,
finirle tra
le mani.
E poco lontano stava Sofia, ops, Hime, tranquillamente stesa su un'
amaca.
Ci manca solo il gonnellino e che si metta a ballare la hula.
Oh, cielo!
"Eh? Hahahahaahahahahahahaha...." Kaisui si
spaventò a morte
quando sentì l'amica ridere.
"Bhe, che ho detto? Ah, capisco, forse al posto di tenerlo per me ho
alzato la voce. Scusami tanto..." e si diresse da Yuri a cui le risate
stavano faceno cascare le budella.
"Kaisui, hai visto la mia maschera?" chiese Yuri, che si era ripresa
da poco accanto a lei.
"No, ma ho visto chi può avertela presa. Gurda fuori."
"Oh? Ah..." e vide il volto di Yuri aprirsi a crisantemo.
Sorrideva.
Guren sentì dei passi. "Oh, scusa, Yuri. Avrei dovuto
chiederti il
permesso, prima di indossare la tua mascherina. Mi dispiace."
"Ah, ma no! Non è un problema. Appena ti ho visto afferrare
quel
boomerang, mi sono subito ricordata di Sango. Potrei provare?"
"Certo. E' compensato, quindi è leggero. Ma sta' comunque
attenta, non mi
sembri abituata a uno sforzo tale."
"Bene!" disse Yuri mettendo la maschera.
"Fa' piano, lancialo con dolcezza e decisione, deve girare intorno a
quelle bandierine laggiù." le speigò Guren.
"Senpai, potrei provare io, dopo?" le chiese Hime.
"Non credo...non ti ho ancora insegnato. Hai le braccia troppo
graciline
Sofy, forse è meglio se prima provi a lanciare questo qui,
che è in
plastica."
"D'accordo. Via!
...
Oh! Grrr...Accidenti."
"Riprova, magari ce la fai" disse Kaisui, che intanto li aveva
raggiunti fuori.
"Grrr...accidentaccio!"
Dopo un numero non ben precisato di lanci, tutti andati a male, Kaisui
arrivò
ad una sconcertante delucidazione.
"Si vede che è indemoniato...Sacerdotessa??" Kaisui
chiamò il suo amore.
Le era difficile pensare che questa ragazzina più
o meno alta quanto lei,
non l'amasse.
E lei sperava tanto che quando su Messenger le scriveva "t.a.d.b.",
lo intendesse veramente.
Pensava che comprendeva la sua amica, o il suo amore, come
amava pensare
lei, perchè anche lei aveva un grande bisogno di affetto.
"Ma che era successo, prima? Ho sentito tante risate..." chiese ad un
certo punto Hime, risvegliando Kaisui dal fiume di pensieri.
"Oh...beh...si ecco io... Ho pensato che a te mancasse un gonnellino
per
ballare la hula. Ti giuro, ero convinta di averlo solo pensato, ma si
vede che
ho alzato la voce e Yuri mi ha sentito e..."
"Capisco" anche Guren era tornata.
Guren congiunse le mani e tenne gli indici alzati, mormorando qualcosa
in
giapponese.
"Ora il boomerang dovrebbe essere libero dai demoni. Provaci adesso."
"Ok, Senpai Sama!"
Hime lanciò il piccolo boomerang in plastica, che corse per
un ovale largo,
esattamente dove doveva.
Cioè poco al di fuori delle bandierine che erano state
fissate in giardino. E
tornò alle mani di chi lo aveva graziosamente lanciato.
"Fantastico!" disse Yuri.
Così a turno provarono tutti quanti anche con il boomerang
in compensato.
E vi riuscirono perfettamente.
"Ora proviamo con l'arco, mia Senpai?"
"D'accordo Hime, puoi andare a prenderlo."
Quando uscì con l'arco in mano, Hime ebbe alcune
difficoltà a visualizzarne la
scocca.
Nonostante, proprio in virtù della debole vista della sua
amica, questa fosse
segnata da un nastro argentato.
Provarono tutte quante, Kaisui all'inizio con difficoltà
(dato che non aveva
mai tirato con l'arco prima), ma ci riuscì anche lei.
"Ah, il tuo desiderio era quello di formare una grande band, vero?"
chiese poi Yuri.
"Esattamente. Anche se giungessimo a questo risultato quando ormai i
Versailles saranno già in pausa da tempo, non mi interessa.
Io voglio il successo, quello vero, quello grande. Voglio la famiglia,
l'amore
di amici veri che credano davvero in me.
E non il falso amore delle persone che dicono "ti voglio bene", solo
perchè a loro fa comodo dirlo al momento.
Non voglio più essere circondata dal falso sorriso di gente
ipocrita, perchè
non ne posso più di questa gente."
Hime guardò prima Guren, poi anche Yuri e Kaisui.
"Ehi, è per caso successo qualcosa, piccola Hime?" chiese
quest'ultima.
"No, no, non è nulla. Cioè... Si. Ti chiedo
scusa, Guren."
"Come? E perchè?" chiese Yuri, forse molto più
persa rispetto a
Kaisui.
"Beh, ecco... Non me la sento di dirvelo. Non ancora. Ma è
perchè io non
vi conosco ancora abbastanza bene. Vi prego, datemi il tempo di
abituarmi a
voi.
E per favore, per favore, siate sempre
sincere. Con me e con Guren.
Ha sofferto molto."
Entrambe si voltarono, e videro che Guren piangeva. Piangeva soffici
calde
lacrime di cristallo.
Così le chiamava la sua Kohai. Lacrime di cristallo,
perchè erano così
pure e trasparenti come il cristallo.
Sembrava una sacerdotessa. O qualcosa di simile.
Si era tolta la divisa da sterminatrice che indossava precedentemente,
cambiandosi con una specie di accappatoio bianco.
E sembrava debole.
Le mani le tremavano, e lei non riusciva a prendere bene la
mira, perchè
non allineava la freccia alla scocca dell'arco.
"Guren? Guren, mi senti?" chiamò dolcemente Yuri.
In momenti come questo, aveva sentito dire ad un documentario,
bisognava
parlare alla persona con un tono di voce dolce e rassicurante.
Ed è esattamente ciò che fece.
"Ehm..si? Cosa??"
"Ah, sei tornata normale. Meno male... Mi hai fatta spaventare." era
la sua Kaisui.
"Scusatemi."
"Non è nulla. Piuttosto, si sta alzando il vento, torniamo
in casa. Ti
preparo qualcosa di caldo." era ancora Yuri, rimasta davanti a lei.
"Un the andrà benissimo, grazie."
Quando tutte furono dentro, si prepararono il thè con i
biscotti.
C'era rosso, verde e alle erbe officinali.
Ma alla valeriana, che era cio' di cui Guren aveva bisogno, non c'era.
Poco male, si sarebbe fatta un decotto.
"Devo andare fuori a prendere la valeriana..." disse infatti.
"Potrei andare io. Non sono imbecille, so come è fatta la
pianta e so
riconoscerne l'odore." si offrì la persona che lei ammirava.
"D'accordo, grazie. Porta i semi e le foglie. Bastano quelli per un
decotto."
"Da quanto sei così esperta, tu??" chiese Yuri, forse un po'
troppo
invadente.
"Da quando guarda Inuyasha e studia tutte le erbe officinali per
curarsi
usando meno medicinali possibili." spiegò l'altra.
Poco dopo Kaisui tornò, con semi e foglie di valeriana in un
cesto di vimini
intrecciati.
"Metteteli a bollire a fuoco lento, ma attenti. prima vanno
sciacquati." spiegò.
"Ok...Tempo?"
"Mah, direi quindici minuti.
Il colore dev'essere scuro.
A me concentrato non piace, in realtà non mi piace per
niente.
Ma in questo periodo sono stata tanto stressata, in ansia e sotto
pressione che
devo prenderne un po' per calmarmi."
"Potresti darne un po' anche a me?" chiese Hime.
"Certo. Sta' buona, mi ricordo benissimo che hai sempre provato
repulsione
per quella pianta officinale.
Da quando me lo hai detto in un'altra mail, mi è rimasto in
testa. "Mi hai
detto che con tuo fratello badavi ad una anziana signora con i
nipotini, e che
la dovevate tenere calma con la valeriana. Ma tu ne avevi repulsione e
la
lasciavi cogliere a lui"
"Già, e provo ancora repulsione." disse Hime
con una flemma
degna di una sfinge egizia.
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Capitolo 8 *** Cap. 8 ***
Miracle
"Hime,
proviamo a suonare qualcosa? Ho voglia" disse
Kaisui, con un bel sorrisetto maligno a farcirle quel bel volto.
"Uhm...Ok. Yuri? Guren?"
"Si? Che c'è?" rispondono in coro le interessate.
"Vorresti suonare. Ah. Beh, io vorrei cantare. La conoscete Starry
Heavens, dei DAT?"
"L'opening di Tales of Symphonia?" chiese Yuri.
"Io si, benissimo. Credo che tutte qua conoscano questa canzone."
disse Hime.
"Allora che aspettate? Proviamo a suonarla in camera mia." disse la
padrona di casa, visibilmente eccitata.
E così iniziarono a suonare, Guren cantava. Oddio se cantava.
Nessuno osava interrompere quell'incantesimo, la sua voce pareva fatta
per
ricalcare esattamente il canto di Starry Heavens.
Quando la canzone finì, Guren cambiò radicalmente
genere, chiedendo di poter
cantare Taion dei The Gazette.
"So benissimo che Taion è dei The Gazette" soggiunse Kaisui
con la
flemma che non pensava di possedere.
"Vi prego, fatemi provare..."
"Ti sei ripresa da poco. Tutte lo sappiamo che Taion è forte
come
argomento, e personalmente se penso agli scream di Ruki mi si gela il
sangue
nelle vene..." disse Yuri, che aveva smesso di suonare la piccola
batteria
da camera che gentilmente Guren le aveva fatto trovare già
montata.
"Già...Senpai, ti sei ripresa da poco, so che ami cantare,
ma ho paura che
la tua voce ne venga compromessa. Ti prego non lo fare."
"Beh, è stata lei a chiedercelo. Potremmo modificare
l'altezza delle note con
i pick up. O almeno, io potrei farlo, ma tu... Tu hai un'acustica con
te."
"Aspettatemi qui. Vado a prendere il kit del cambio."
"Il che??" ma la domanda restò inascoltata.
"Te l'ho lasciato in salotto!"
"Ok!" ... Dopo poco Hime tornò nella stanza, con la sua
chitarra
acustica e qualche filo, attaccato a ciò che aveva l'aria di
essere un piccolo
amplificatore domestico.
"Ehi, siete sicure che quell'aggeggio non mi azzannerà?"
chiese Guren
con una certa fifa.
"Tu bada a cantare, altrimenti è certo che la mia bimba ti
mangia!
Hihihihi"
Fu allora che Yuri e Kaisui si scambiarono un'occhiata eloquente, un
po' (o
forse molto) preoccupate della sanità mentale delle altre
due.
Per sette minuti e un po' le chitarre crearono una specie di universo
parallelo,accompagnate dalla batteria.
Un universo parallelo che queste ragazze potevano aprire tutte le volte
che
volevano, solo chiamandosi, perchè sapevano che era una dote
quella che loro
avevano.
Rimasero così, ognuna concentrata sullo strumento che
suonava, ma che allo
stesso tempo poteva vedere le altre.
E come Guren aveva promesso, la sua voce non riportò alcun
danno, anzi le sue
amiche furono fiere e sorprese di poter tranquillamente constatare che
la voce
di Guren era perfetta, versatile come quella di Ruki. E che le armonie
vocali
di Kaisui aumentarono la magia.
"Che c'è, Hime? Sembri triste" notò Yuri.
"Uhm, si. Effettivamente lo sono. Dovrò impegnarmi molto con
la scuola,
nei sei mesi durante i quali dovrò frequentarla."
"Beh, sono solo sei mesi, dov'è il problema? Proprio non
capisco."
disse Kaisui.
"Beh, per quei sei mesi non vi vedrò, anche se mi
potrò fare tanti altri
amici, e mi mancherete..." era molto triste.
"Beh, potrei usare quei sei mesi per imparare a suonare il
pianoforte."
"Eh? Che cos'hai detto, Guren?" sbottò Yuri. Quasi incazzata.
"Beh, forse ho detto una piccola bugia..." disse divenendo tutta
rossa "Guren sa suonare il pianoforte, è una ragazza forte e
decisa, che
protegge le sue amiche. Ma Martina nella realtà è
molto debole.
Spesso ha paura delle persone, teme di guardarle negli occhi,
perchè teme di
essere giudicata. E sogna di potere e sapere suonare il pianoforte con
grande
maestria. Ma ha paura che le persone la guardino male perchè
lei non è in grado
di farlo. Vorrebbe davvero, e se potesse, sono sicura che lo farebbe."
"Cosa? Io non lo sapevo..."
"Certo, Kaisuisan. Non potevi saperlo. Ho spesso timore di uscire di
casa,
ma speravo che parlando con tutte voi su internet potessi dimenticare
la
sofferenza... e tutto... tutto quello che ho passato."
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Capitolo 9 *** Cap. 09 ***
Miracle newnew
Era
notte, Yuri sentiva dei rumori che provenivano da una
stanza della grande casa. Non ne aveva capito molto, ma prese il
boomerang e la
maschera con sè.
Andò al piano superiore, per vedere se Guren dormisse. La
trovò anzi con gli
occhi semi aperti,in uno stato di dormiveglia, o meditazione profonda.
Poi scese nuovamente,e per poco non emise un urlo che altrimenti
avrebbe
svegliato tutti. Sui letti di Hime e Kaisui c'erano dei coltelli lunghi
e
affilati.
A prima vista anche di quindici centimetri.
Si recò nuovamente nelle stanze di Guren, e le disse che le
sue
"amiche" avevano dei coltelli sui materassi.
Guren rimase calma, impassibile, come una fredda bambola di porcellana.
"Resta qui per stanotte, ho un piano per risolvere la cosa. Purtroppo
la
voce non mi è ancora tornata del tutto. Immagino che
all'alba verranno quassù e
cercheranno di uccidermi. Spero che non ti feriscano. ..."
Le spiegò il suo piano.
"Forte!" disse quella.
Quando quelle due entrarono, Yuri le colpì con l'enorme
boomerang che Guren le
aveva dato.
"ORA VOI VE NE ANDRETE DA QUI IMMEDIATAMENTE! Questi sono due biglietti
ferroviari. Prendeteli, sono tarati a chilometraggio. Vi riporteranno a
casa.
SPARITE DALLE NOSTRE VITE E LASCIATECI IN PACE."
Le due sparirono dalla porta della camera, e non vennero mai
più viste.
"Ma dico io, ammazzarti solo perchè hai una voce splendida.
Mah..."
"Ricorda, Yuri, troverai gente e gente. Chi è buono, e chi
è
cattivo."
"Già. Scommetto che pensavano che volevi far loro la morale.
Ora però siamo
senza chitarriste."
"Uhm... Perchè te ne preoccupi?"
"Non dirmi che anche per questo hai un piano! Se è
così, sei un
genio!"
"Oh, modestamente..." disse Guren, strisciandosi le unghie affilate
nella coperta.
"Neanche stessimo parlando di un gatto. Che fai lì a terra,
Yuri? Per quel
che riguarda la chitarra ritmica, Anael sarebbe perfetta."
"Scusami, sai, ma non so chi sia, questa Anael..."
"Calmati, Yuri... Prendi quella foto, lì sulla scrivania."
Così fece.
"Questa foto è stata scattata alla mia classe dell'asilo. Io
sono la
bambina più a sinistra, seduta."
"Che carina, che eri. No, eri anche bella."
"Sopra di me c'è Anael. E' nata il 30 di novembre, quindi
(dato che allora
come oggi QUELLA legge non esisteva) era anticipataria, esattamente
come
me."
"Cavolo! E' bellissima." disse ammirando i lunghi capelli dorati e
mossi della bimba, raccolti in due code ai lati della testa.
"Ha frequentato lo scientifico. E un corso di chitarra. Quindi a
comporre
musica per noi ci metterà poco. E poi per la chitarra
d'accompagnamento c'è
Ottavia. Come noi due loro hanno la passione di anime nipponici."
"Non vedo l'ora..."
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Capitolo 10 *** Cap. 10 ***
Miracle
Un
piccolo appunto: ascoltate INNOCENT LOVERS
degli Anonimous Confederate Ensemble mentre leggete. Grazie. E'
dedicato ad due
persone in particolare. Lo sapete che vi voglio bene.
Esco fuori con rabbia. Guren mi ha urlato in faccia. Ah, no,
è stata Yuri.
Lo ha fatto per un coltello sul mio cuscino. Un momento. Ma di che sto
parlando?
Quando mi sono addormentata nel letto vicino a quello di
Kaichan, non c'era.
A meno che non l'abbia messo lei, per fare in modo che rompessimo.
Se è così, me la paga.
La notte è fredda, di quel freddo umido e gelido, che ti si
insinua sotto alla
maglia, facendoti gelare.
Mi volto, sapendo che ho percorso chilometri per arrivare fino a qui.
Penso ancora a Kaichan, Kaisama, per essere più precisa.
Perchè io e la Senpai abbiamo litigato il giorno prima di
questo, sui
Sereme'dy.
"Non mi piace che perdi la testa pensando "Oh ma quanto è
bello, oh
ma quanto talento..." tu sei bella così, ok?"
Mi fanno sorridere queste parole.
"Non lo sopporto! Come osi perdere la testa per una persona
più piccola
della tua Senpai?!"
Mi fanno piangere queste parole.
Forse anche lei ha perso la testa in quel momento. E si è
arrabbiata senza
voler suo.
Yuri è venuta da lei, io sono andata da Kai. Che mi ha
abbracciata. E
sorrideva.
Un sorriso falso e finto. Un sorriso malvagio. Si è presa
gioco di me, affinchè
io e loro ci separassimo.
Guardo avanti. Sto seguendo le sue orme nella neve.
Neve?
Ah, no. Questo è un sogno.
Cieli stellati, vegliate su di lei, perchè sappia vivere.
Non ha senso chiamarla, per invitare a riflettere.
Perchè non ascolterà.
Non lo farebbe, non questa volta.
Non ha senso piangere per lei, perchè io non ho colpa di
cio'che lei ha
commesso.
Lo ha fatto per male, io non lo avrei mai fatto, e neanche pensato, ad
essere
sincera.
La sua figura si fa sempre più piccola, fino a sparire.
Ma io non voglio.
Voglio far parte del grande sogno che ha visto Guren.
Della sua grande famiglia.
Ritorno.
Driiin. Qualcuno suonò.
"Saranno i miei genitori, vado ad aprire"
"Finisco di fare il thè", al che Guren rispose "Ok."
Quando Guren aprì, però, davanti a lei c'era solo
Sofia, o Hime.
"Cosa? Hime? Che vuoi da me?"
"Che cosa? Ah sei tornata! Come os..." disse Yuri.
"Ferma Yuri! Ferma. Facciamola entrare."
"Ma vi ha offeso!"
"Ah. Gli ordini sono ordini."
"Si, signorina." e si ritirò a preparare il thè.
Era per quella sua
fissazione con le buone maniere (sii pacata, sii gentile, mai dare
troppa
confidenza) che Yuri a Guren era piaciuta subito.
"Volevo chiederti scusa, Senpai cara. E' stata Kai, a farlo, intendo.
Io
non avevo coltelli con me. Mi sono chiesta da dove diavolo uscissero.
Perchè
pensavo di vedere doppio. E poi Kaisui aveva detto che ti dovevo
uccidere."
"Capisco. Vieni a bere thè, fuori è freddo."
disse gentilmente.
"Volevo dirti che anche io ho riflettuto sul nostro litigio, o come lo
vuoi chiamare." continuò.
"Se posso, volevo chiederti di farmi tornare con te. Anche io voglio
una
famiglia."
"Volevo chiederti se ti andava di tornare ad essere la nostra
chitarrista."
E si abbracciarono. Non servirono grandi parole.
-No! Non voglio sentire storie! Chi sono questi bamboccini
travestiti da
artisti visual kei?
-Ti prego! Non posso farci nulla se a me piacciono e se lui mi ricorda
HizakiSama!
-Che cosa sono? Svedesi. Mah. A me non vanno giù per nulla.
Fondamentalmente
perchè si considerano visual kei.
-Comunque lui ha talento ed è così bello che mi
faccio le seghe, ormai.
-Che cosa? No, non voglio che perdi la testa per uno come lui che
è più piccolo
di me. E' per quello che non posso amarli.
-Ma guarda che solo lui è più piccolo di te nei
Sereme'dy.
-Appunto per questo!
Da quel momento, Hime è come sparita dalla mia vita,
alienata. Io la vedo, ma
non posso parlarle. Perchè non me lo permetterebbe.
Ho appreso l'educazione di corte fin da piccola. Anni di negazioni,
divieti,
che sempre accettavo.
Allenati con l'inchino, il portamento, cammina diritta, non sbavare,
impara a
danzare, leggi con tono, scrivi in bella grafia, parla le lingue, porta
rispetto, parla a voce pacata, bassa, sii comprensiva, paziente...
Quando sarebbe finito tutto questo??
La risposta era una sola: quando avessi trovato una persona che come me
era
stata educata.
Un'amicizia sincera poteva finire per una litigata causata da futili
motivi?
A quanto pareva, si.
Poteva finire per via di una educazione troppo dura?
Poteva finire per amore? Ho sempre pensato che non importa chi si ama,
che il
bianco va con il nero, che l'amore si vede anche nei piccoli gesti.
Ma ora quegli occhi da cerbiatto non mi guarderanno più come
hanno sempre
fatto. Perchè li ho delusi.
La delusione si prova quando ad una persona cara fai qualcosa che non
ci si
potrebbe mai aspettare. Io la sto provando proprio adesso.
Chi siamo, noi? Amanti innocenti che per via di vite travagliate non
hanno
potuto amarsi.
Ho deluso me stessa, ho deluso Hime, ho deluso Yuri, ho deluso Kaisui,
che per
questo se n'è andata.
Per che cosa? Per il dolore che volevo provare per una notte sola?
Sii egoista, ma non concederti mai un capriccio, se voglio il dolore
che non
c'è, allora esiste il sadomasochismo.
Camminavo da tanto, da troppo.
Ancora faticavo, come da subito, a tenermi in piedi.
Queste erano, fondamentalmente le parole di Kaisui. Anche
perchè,
fondamentalmente, aveva un peso sul cuore.
Maledetto peso sul cuore.
Maledetta invidia, che mi hai strappato una delle persone
più care al mondo.
O maledetta tu, che mi sei cresciuta dentro come un tarlo,
avvelenandomi con la
tua voce.
Oh stelle lucenti, quale è mai la voce che devo seguire?
E lei fissava il cielo, pieno di nuvole temporalesche e pure di stelle
così
belle. Finchè sobbalzò, le pareva di aver avuto
allucinazioni.
"Eh? Ma ci vedo o son cieca?" si chiese lei. Là nel cielo
blu, dove
guardava, vedeva le stelle formare volti che già sapeva.
Era Hizaki Sama, che si inchinava a Kamijo Sama. Come a voler chiedere
perdono.
E se non si sbagliava, a disegnare le palpebre della principessa
c'erano stelle
più lucenti. Come lacrime.
Strabuzzò gli occhi per meglio mettere a fuoco, e
notò che erano proprio stelle
più luminose. Poi si ricordò delle parole di
Guren, di quella Guren di cui era
divenuta invidiosa al punto tale da odiarla, nel giro di... Di quanto?
Una
notte, forse?
Se solo non l'avessi odiata, per quella voce così
melodiosa, ora potremmo di
nuovo essere amiche.
"Ricorda: il perdono è tale solo fin quando è
voluto. Fino a dove saresti
disposta a perdonarti?"
Sono le parole che Guren mi ha rivolto, quel giorno. Era una grande
lezione di
morale.
E' vero, a volte e' immatura, ma in fondo, Guren ha il cuore puro.
Voglio
vedere se mi può perdonare.
Nessuno ha mai detto che io non posso chiedere perdono, no?
E non nego di voler tornare a stare con lei. Forse devo solo fare cio'
che ho
visto intessuto nelle stelle.
Chiederle perdono e inchinandomi, dirle che mi dispiace.
for
this love to this life but this life
sesadewo...
wasure sorare mori wo hoku fukaku ima mo yume o ozusukeru...
Quando Kaisui varcò di nuovo le soglie della
dimora di Guren, allora si
videro danze e fuochi, musiche e il canto degli Arcangeli Celesti.
ps:
le parole scritte in violetto chiaro sono una parte del testo di
Innocent
Lovers degli ACE. Per quel che riguarda il nome dei Seremedy, sono
stata io a
mettere l'apostrofo, per pronunciarlo senza sembrare il maiale
affannato. La
prima parte rappresenta il pov di Hime, la seconda parte è
il pov di Kaisui.
Detto questo, mi dileguo.
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Capitolo 11 *** Cap. 11 ***
“Guren,
mi stavi dicendo che la tua
amica Anael, avendo studiato allo scientifico, potrebbe comporci
canzoni. Noi
non siamo esattamente inette, ma forse all’inizio potrebbe
aiutarci molto”
disse Yuri.
“Come? Scusatemi, ma non so di cosa voi state
parlando” intervenne allora
Kaisui, che se ne era stata silenziosa in un angolo. “Silenziosa
come l’aria”
diceva sempre Guren.
“Giusto, ditecelo, ditecelo.” cominciò
l’altra, che forse offesa, aveva
ribattuto niente meno che alla sua Senpai.
“C’è una foto, questa, che ritrae la mia
classe dell’asilo. Sopra di me c’è
Anael. Mi ha sempre protetto e aiutato, perché
all’inizio non sapevo difendermi
da sola. Poi alle elementari ho capito che fondamentalmente mi bastava
fare in modo
di essere considerata la migliore in tutto. Per non essere presa di
mira, dato
che Anael venne spostata in altra sezione scolastica e non potevo
più vederla
così spesso. Quando anni fa l’andai a trovare, mi
disse che frequentava lo
scientifico. Per questo motivo mi è venuta in mente
lei.”
“In teoria basterebbe chiamarla e chiederlo, no? Non vedo
dove sia il
problema.” disse Kaisui.
“Va bene, aspettate qui. Ora scendo e la chiamo, per fortuna
ho ancora il suo
numero”
“Forse conviene che aspettiamo qui, sapete, non vorrei si
incazzi nuovamente
con voi.”
“Quant’ha ragione signora Yuri”
sghignazzò la più piccola.
“In fondo, non ha molto torto quando dice che le basta
fingere di essere la
migliore” si lasciò scappare la ragazzina
dell’acqua “E’ tutta la vita che
fingo, e credo che anche per voi sia così”
trovandosi in mezzo a due persone
che annuivano, a lei parve di vedere la conferma che ciò che
Guren aveva visto,
ciò che insieme progettavano, era più di un
semplice gruppo di amiche, era famiglia.
“Pronto?
Chi parla?”
“Pronto?
Sono Guren, c’è Anael, per
favore?”
“Gu…
Chi? Ah, sei tu. E’ fuori, ora
te la chiamo, figlia.”
Dall’altro
lato della cornetta sentì
distintamente Graziella chiamare la figlia adolescente: “Anael, figghia
mei, veni. Ta amica no telefunu”.*
“Sta
arrivando”
“Grazie”.
“Pronto? Anael… Ti… Ti ricordi di
me?”
“Certo!
Come potrei
dimenticare? Dimmi, è successo qualcosa? Mamma mia ha detto
che era urgente.”
“Ehm…
Ecco, tu non hai frequentato
lo scientifico?”
“Si,
ricordi ancora
queste mie parole di due anni fa? Allora la tua memoria è
proprio assoluta,
amica mia” e
la sentì ridere. “Comunque,
cosa dicevi?”
“Si, dato che tu hai studiato matematica avresti meno
difficoltà rispetto a me
nel comporre musica, o sbaglio?”
“Dipende.”
disse
dubbiosa.
“Voglio formare un gruppo musicale.”
E ancora sentì risate. Ah, no, era proprio scoppiata
a ridere fuori del suo
campo visivo.
“Dammi
un’ora per
prenotare un volo charter. In circa cinque ore sono da te. A
dopo.”
“A
dopo.”
“Ho
sistemato tutto” annunciò fiera,
con un luccichio negli occhi.
“Quando arriva la tua amica?”
“Tra circa cinque ore sarà qui, Yuri. Ricorda che
nella vita serve pazienza”
disse sospirando.
Ma qualcuno la interruppe.
“Senpai, posso cambiare il mio nome
d’arte?”
“Che…. Coff… Maledetta”
“ODDIO STA SOFFOCANDO!” disse Kaisui afferrandola
sotto al diaframma.
Yuri finì spalmata in terra per le troppe risate. La piccola
era rimasta
allibita.
“TU… NON PROVARE MAI PIU’ AD
INTERROMPERE UN MIO ATTO RESPIRATORIO” disse la
vocalist ringhiando.
“Chiedo umilmente perdono per quanto è
successo” disse inchinandosi.
“Bene. E… Si. Quale sarebbe il nuovo nome da
adottare per chiamarti all’interno
di noi?”
“Pensavo a Karasu.”
“Cioè Corvo. Si, mi piace.”
“Idem”
“Anche a me.” disse Yuri, che si era ripresa.
“E come nome, per il gruppo, intendo, pensavo a qualcosa di
soave,
scintillante.”
“Davvero Riida? Del tipo?”
“Seraria o Stellaria, scegliete voi.”
“Eh?
Ma scherza o cosa?” pensò
Yuri.
“Seraria” disse Karasu.
“Stellaria” disse Yuri.
Guardarono tutte interrogativamente la povera Kaisui, che non aveva
ancora
espresso la sua opinione.
“Stellaria”.
“Nooo… Non è giusto, Senpai!”
“Calme… Useremo Seraria in Giappone, e Stellaria
internazionalmente. Ok?”
“E come nomi di album….
Ghiiiiiii…”
Oh
mamma… Kaisui è andata con la
mente… Partita per un lungo viaggio, che come meta ha la
pazzia… pensò
la riida.
Finalmente
mi ha chiamato. Dopo due anni. Almeno so che non
si è scordata di me. Per certo di lei so che ha una lieve
forma di discalculia,
ma in pubblico non direbbe mai quella parola, preferendo usare
“pigrizia
mentale”. Mi ha ripetuto spesso che i licei e la formazione
culturale del
settentrione sono molto migliori e molto meglio sviluppati rispetto a
quelle del
meridione. Molto probabilmente ha ragione. Persino sua madre
è venuta con lei
fino a casa mia, percorrendo tre quarti di questo Bel Paese, che poi
tanto
bello non è, per chiedere consiglio a mia madre.
Ha spiegato che fin dal primo giorno nella nuova scuola, ed era ancora
alle
elementari, ha avuto problemi con la matematica. Ed io so che lei era
nella
sezione peggio fornita.
Povera…
“Masci
mia, me fazzu
na valiggia.”
“Unni vai?”
“Unni Guren. Mi disse che avi ‘nu probleminu
picciriddu picciriddu. E chi jo a
pozzu ‘gghiutari.”
“Vabbeni, ma stai attenta, figghia mei. Avvettimi quannu
veni. Bada di non
peddiri nudda cosa ca’ ti servi, e si ‘mmi saluti a
so famigghia ‘nu favuri mi
fai. Buona fortuna.”
“Grazie, masci mia.” *
disse con un sincero sorriso.
Mise nella piccola valigia a mano le cose essenziali, niente liquidi.
Solo suoi
vestiti, e il beauty case con lo stretto necessario per
l’igiene personale. Accese
il piccolo portatile che aveva con sé, caricò il
cellulare e il lettore MP3,
rigorosamente SONY, e accedette a Internet. Stampò un
biglietto di sola andata
con il prossimo volo charter che partiva dal Fontanarossa. Era tra
un’ora.
Spense il computer, il cellulare e il lettore, infilò nella
valigia il primo e
nella giacca i secondi, e si fece accompagnare da sua madre. Lei la
portò
subito. Per fortuna sulle strade non c’era traffico a
quell’ora, in quanto
tutti erano al lavoro e i bimbi piccoli a scuola.
Attese
pazientemente per due ore prima di effettuare l’imbarco. Sua
madre l’aiutò
dandole saggi consigli, e attese con lei. Lo passarono smangiucchiando
patatine
e schifezze varie, quel dannato tempo che pareva non voler passare mai.
“Masci mia… Mi mancherai. Forse non
potrò tornare più da te…”
“La tua amica è una grande persona, sai che ti
ama, va’ da lei, se vuoi. E’
giusto quello che tu stai facendo. Il tuo sogno è sempre
stato anche il suo, il
suo sogno è sempre stato anche il tuo. Seguila, e credi in
lei. Vedrai che se
glielo chiederai ti farà tornare qui per brevi vacanze, ne
sono convinta.”
“Va bene, masci mia. Ti voglio bene.” disse
abbracciandola.
Non sapeva come mai, ma nel momento in cui afferrò la sua
valigetta e s’imbarcò
per il volo, provò una malinconia tremenda.
Il volo fu solo un altro paio di maniche. Lo passò
serenamente, pensando alla
strana idea che era balenata in mente alla sua cara amica.
E io chi sono in questo, la manager? si
ritrovò a pensare lei, seppur con un sorriso sulle labbra.
Le luci delle cinture di sicurezza erano spente, ma lei
lasciò la sua
allacciata. Guren con la sua mania degli incidenti in volo le aveva
messo un
po’ di timore. Dice che
è meglio se sto allacciata.
Mah… forse ha ragione lei.
Chiese alla hostess di portarle dei biscotti, che
sgranocchiò in modo talmente
lento da essere quasi snervante. Per farlo scorrere un po’
più velocemente
accese la sua musichetta. Neanche a dirlo, partirono i The Gazette.
Circa alla
terza canzone, che era Pledge, il suo MP3 si spense, essendosi lei
addormentata
ed essendo lui in modalità sonno. Si risvegliò
quando avvertì il carrello
abbassarsi, ed anche con uno spavento, dato che dormiva.
Chissà com’è
fatta Bologna…
La risposta la ebbe solo scendendo: molto
caotica. Per fortuna ci mise poco tempo per trovare
l’uscita dalla sezione
arrivi.
Note
di fine capitolo: *”Anael,
figlia mia, vieni, la
tua amica al telefono”
*”Madre mia, mi faccio una valigia.”
“E dove vai?”
“Da Guren. Mi ha detto che ha un problemino piccolo piccolo,
E che io la posso
aiutare.”
“Va bene, ma stai attenta, figlia mia. Avvertimi quando
vieni. Bada dinon
perdere nessuna cosa che ti serve, e se mi saluti la sua famiglia, un
favore mi
fai. Buona fortuna.”
“Grazie, madre mia.”
Sono tutte frasi in siciliano, che è pure bello
da sentire, almeno per
me.
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Capitolo 12 *** cap. 12 ***
“Quando
arriva la tua
amica, Senpai? Quando arriva?”
“Te l’ho già
detto, Karasu. Arriverà tra
poco tempo. Se svolgiamo attività per tenerci occupate,
passerà tutto più
velocemente.”
“E’
vero, Guren ha
ragione. Se permettete vorrei fare una doccia.”
“Puoi andare,
Kaisui, i bagni
sono liberi.”
“Vorrei
seguire il tuo consiglio, Kaichan” disse Yuri.
“Dopo faremo noi la doccia,
Karasu. Ora, se permettete, vorrei sistemare la mia
stanza. E’ qui che Anael ci aiuterà a creare una
piccola sala prove. La stanza
più grande della casa sarà pronta tra pochi
giorni, per questo all’inizio,
purtroppo dovremmo sistemarci così.”
Quando anche Guren e Karasu furono
pronte, Guren si ritrovò pensosa a fissare la sua immagine
riflessa nello
specchio, con un cipiglio piuttosto arrogante che definire impaziente era
poco. Salì in macchina e si diresse fino
all’aeroporto. Adesso doveva solo
aspettare di arrivare lì, riuscire ad orientarsi nella calca
di gente, trovare
la sua amica e portarla a casa. Quando Anael
arrivò notò subito
Guren per la sua straordinaria bellezza.
“Salve,
Guren” .
“Salve a
te, Anael.
Spero che ti troverai bene, qui da noi. Vieni con
me.”
“A cosa stai
pensando, cara amica?”
“Pensavo che tu provieni da una realtà
diversissima da
quella alla quale sono abituata io, e che di conseguenza potresti
sentirti sperduta,
soprattutto i primi giorni. Come vedi qui è tutto molto
più grande e caotico
rispetto al villaggio dei benedetti dal mare. Quindi ti prego di farmi
sapere
immediatamente se hai bisogno di qualcosa.”
“Certo, certo. Ma
al telefono mi avevi parlato di alcune tue amiche, potrei
sapere?”
“Sono tre
ragazze molto importanti, almeno per me. Spero che lo diventeranno
anche per
te. E sono bellissime. Sono sicura che ti troveranno splendida,
esattamente
come io trovo splendida te. Stavo pensando che non le ho fatte venire
perché
stanno cercando di registrare al computer. Spero che potrai
aiutarci.”
“Sono sicura di potervi aiutare. Altrimenti non mi
avresti chiamata, e poi me lo ricordo benissimo che tu in matematica
non sei
mai stata brava.”
“Puoi
sistemare nel
cofano posteriore la tua valigetta; vorrei chiederti di non utilizzare
l’autoradio, essendo io neopatentata”.
“Certo. Quanto dura il viaggio?”.
"Circa due orette in autostrada.”
“Già, la matematica…” disse
Guren
salendo in macchina “La matematica… Non
fraintendermi Anael, è una bellissima
materia, il problema è che io non sono molto
brava”.
“Pigrizia
mentale?”.
“Già… In musica invece me la cavo, ma
non sono molto brava a suonare
il pianoforte. Il mio tanto sognato Steinweg...”
Dopo circa un ora
di strada, quando stavano per arrivare…“Ah, Guren,
ti manda tanti saluti mia
madre, e anche mio padre.” In risposta a ciò, la
ragazza ricevette un cenno di
ringraziamento.
“Che
tipo di
ragazze sono? In che ambiente sono cresciute intendo? Ah, si, scusa
l’impazienza. Le conoscerò appena
arriveremo.”
Però,
come è tutto grande e… caotico, qui.
E’ così diverso dalla mia realtà. Al
villaggio non c’è un ospedale, ma
c’è solo
l’ufficio di guardia medica, c’è una
sola scuola elementare, che è quella che
ha frequentato Guren, e la cui scarsa preparazione le ha causato tanti
problemi. Scarse conoscenze che ancora restano tali, in quanto nessuna
riforma
è mai stata attuata. Ricordo ancora che i bambini continuano
a frequentare le
lezioni per quattro ore al giorno cinque giorni alla settimana, e che
gli
argomenti trattati non vengono mai sottoposti a verifica. Osservo
placidamente
la strada susseguirsi davanti ai miei occhi, mi sento così
leggera che penso
schiaccerò un pisolino.
Vedo
visioni di quando ero una fanciulla
innocente che faceva il bagno in mare insieme a Guren, lei mi chiamava
sempre
Angel. Mi ha spiegato che il mio nome ha origini bibliche. Se lo dice
lei posso
stare tranquilla. Visto che era una bambina genio. Stavo ad osservarla
per ore,
mentre seduta su una sedia, con gambe stese e sguardo sognante, quasi
annoiato,
divorava libri su libri. Ai suoi genitori faceva domande che
di solito
bambini della sua età non avrebbero mai posto.
Notai che a scuola si
sentiva a disagio perchè non poteva mai stare seduta e avere
momenti di
raccoglimento. Anzi, le maestre dicevano agli altri bambini che
potevano
prenderla in giro e farne lo zimbello dell’istituto. Sua
madre mi ha detto
così, ed io ho ricercato su Internet degli elementi che
potessero aiutare me e
lei nel nostro rapporto. Trovai informazioni dettagliate su siti in
inglese.
Chiesi a mia madre di leggere per me. Mi disse che
“i bambini prodigio
sono coloro che in età assolutamente precoce mostrano
interessi in vari campi,
che spaziano dalla musica, all’arte, alla storia e alla
letteratura. Inoltre imparano
a scrivere presto, tuttavia questo non è un elemento sempre
presente. Spesso
pongono domande sull’origine dell’universo e si
interessano di cose a cui
usualmente un bambino non pone attenzione. Molti pensano che inserire
questi
soggetti in una Università, circondati da adulti, sia la
soluzione migliore per
al meglio sviluppare le loro conoscenze. Tuttavia è un
errore, perché bisogna
ricordarsi che sono bambini, che hanno bisogno di coccole e del gioco,
e che
l’intelligenza non deve essere sempre richiesta dagli
adulti.”
Noto
che Anael si è appisolata sul sedile
del passeggero. Regolo la mia macchina in modo tale da non disturbarla
con
manovre un po’ brusche, come quell’uscita
là in fondo…
E intanto sogno. Sogno le supercar come la Lamborghini
Murcielago, la
Mustang e la Jaguar. Sogno che un giorno diventerò amata, da
tutte le persone
che mi hanno odiata. E questo Anael lo sa bene. Perché io le
ho già parlato di
questo.
“Stiamo
per
arrivare, Anael” disse Guren, e la ragazza si
svegliò.
“Che bel rifugio che
hai, amica cara” disse Anael con occhi sognanti.
“E’ tornata la senpai!
Senpai, senpai!”
“Certo, Karasu, sono tornata. Lei è
Anael!”
“Ah… Come
siete bella, signora!”
“Signorina…”
“Signorina.
Le
altre sono lassù, che stanno
provando…”
“Bene, ne sono felice.” disse
l’angelo con un sorriso alla ragazzina. Effettivamente si
sentiva Taion dei
Gazette uscire dalla camera della padrona di casa, che in quel momento
sedeva
pensosa sull’erba.
“Karasu, non mi sembra corretto farla lavorare
subito, aspettiamo che si ambienti!”
“Va bene, scusatemi.”
“Torna a suonare,
su, bambina”
“Va bene, riida”
“Questa
è la mia
umile dimora, Anael. Spero davvero che qui ti troverai bene”
“Senza
dubbio, Guren.” Le mostrò tutto
ciò che c’era da vedere, dalla grande
piscina nel giardino, al campo da calcio subito dietro, alla super car
del
padre. La fece anche entrare, rimase incantata dall’acquario
e dai canarini
gialli che teneva in una gabbietta. E che il fratello chiamava
puntualmente pennuti o piccioni.
“Se volessi fare un bagno non ho il
costume…”
“Te
lo
presterò io, tranquilla. E poi è ancora inverno,
no? Già, è ancora inverno... Il
momento non è ancora arrivato per loro. Il mio
piccolo...”
“Stai pensando ai
tuoi Versailles, vero?” disse Anael, che intuì lo
sguardo sofferente
dell’amica.
“Si… Avrò un grave collasso se non mi
aiuterete ad
elaborare…”
“Uhm.. Ok. Ti staremo vicine tutte noi, ne sono sicura.
Quindi non
temere. Ora mostrami ciò che hai per registrare…
Cercherò in poco tempo di
scrivere canzoni. Le tue amiche hanno un po’
d‘orecchio?”
“Suppongo di si.”
“Bene, se ti conosco bene, suppongo che per un po’
ti distrarrai.”
“Speriamo…”
L’angelo iniziò a spiegare alle ragazze la teoria
musicale, diceva “questa nota
e questa vanno accoppiate, o comunque nella composizione potreste
farlo… Poi
potreste sincronizzare un pentagramma per chitarra principale
più
accompagnatrice, e uno per basso. Ricordate che il basso dà
il ritmo, insieme
con la
batteria.”
“Uhm…
Si, certo….
Scusate angelo, ma sono cose che sappiamo già.”
era Kaisui, che ormai
ridacchiava.
“Ok,
capisco… Provavo a dirvele per farvele comunque sapere, non
si sa mai che
perdiate il ritmo…”
“Bene.
State sicure
che se perdete il ritmo mandate me fuori
tempo.”
“Perché,
se lo
perdi tu?” chiese
Yuri.
“Se lo
perdo io
mando fuori tempo tutte voi…”
“Ah…
ecco, ci
pareva strano…”
Anael nel giro di
poco compose tre canzoni. Ora era almeno chiaro a tutte le sue amiche
il motivo
per cui lei aveva scelto proprio questa ragazzina che veniva da un
luogo così
sperduto, come quello dei benedetti dal
mare.
“Bene.
Senpai, ora
tocca a te, trova le parole,
su…”
“Va bene,
spero
solo di metterci poco.”
La-la-la-la-la-la canticchiava lei.
Incredibile a
dirsi, in un’ora e mezza, finì di stendere tutti e
tre i testi. Ed erano solo
all’inizio.
In un attimo, si
trovò proiettata nel suo mondo di luccichio e cortesia, un
mondo dorato da cui
nemmeno Yuri o Karasu potevano certo toglierla, almeno non limitandosi
a
chiamarla per nome. Sognò di essere su un palco circondato
da fan urlanti. Non
che i gruppi musicali v-kei fossero composti in gran parte da giovani
uomini,
ma a lei piaceva l’idea del “sogno dei tanti, che
noi possiamo realizzare perché
ci… amiamo, in un certo senso.”
Sketch:
quando Karasu toccò quel… coso.
Erano già
passati
tre giorni, dall’arrivo di Anael, tre giorni in cui
fondamentalmente c’era
stato un po’ di movimento: un po’ per il micio nero
della famiglia di Guren, che
aveva smangiucchiato il foglio del compito di ecologia al fratellino,
un po’
perché il suddetto micio spariva in continuazione e non si
faceva trovare
facilmente, un altro po’ perché con i suoi
attacchi di pazzia, faceva impazzire
anche le quasi famose coinquiline della
grande
casa.
Fu così
che Anael,
per distrarsi, volendo anche evidentemente restare fedele al suo
incarico,
accese il computer dell’amica e iniziò a
modificare in vario modo vari file,
precisamente quelli registrati nei giorni precedenti dalle Stellaria.
Perché
ormai le chiamavano
così.
Ascoltò
un po’ ciò
che era venuto fuori dopo vari tentativi infruttuosi. Fiera del
risultato
ottenuto con tanto sforzo, scese in cucina, per fare una merenda grassa
ma
anche leggera (almeno per il suo stomaco): una bella fetta di
tiramisù
preparato quella stessa mattina da Karasu, con l’aiuto di
Guren. Nel frattempo,
la suddetta Karasu, che essendo impazzita era in vena di fare scherzi,
sgusciò mooolto
silenziosamente nella
camera da poco insonorizzata, iniziando solo successivamente a premere
quei
“bei bottoncini
colorati”.
Vide i bottoncini,
poi alzò la testa, vide anche quelle bellissime sinusoidi
verdi e blu elettrico
su sfondo nero. Impazzì ancora di più, ed ecco
che scribacchiò un comando che
avrebbe dovuto rovesciare tutto il campionamento. Partiva dalla fine ed
arrivava
all’inizio.
“Hihihihihihi
ora
moriranno tutti i circuiti!!” e se ne sgusciò via
come un cobra. Anche
fortemente incazzato con il mondo intero.
E perché mai? A
caso.
Quando la povera
Anael ritornò nel suo cosiddetto
“ufficio”, fece partire il tutto
e…
“KARASU!!
DOVE
SEI?? VIENI FUORI CHE TI SPENNO COME HAI FATTO TU CON LA MIA
COMPOSIZIONE!!!!
AAAAAARGHHHH!”
E da lì
in poi,
amici, furono guai grossi per il povero piccolo corvo della famiglia di
Guren.
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Capitolo 13 *** cap. 13 ***
Miracle
Anael, con poco sforzo (chissà come mai),
riuscì a far
registrare dopo poche ore una cover. Ed era anche venuta bene. La prima
cover delle ragazze. Lei ne era fiera, e si strofinava le mani con la
faccia di chi la sapeva (molto) lunga.
Guren si era stancata, non perchè la sua voce si fosse
sforzata,
quello non lo avrebbe mai ammesso, ma perchè "da un paio di
giorni era stanca", a sentire le sue parole. La sua Sofia si era messa
a dormire nel SUO letto, quindi il fatto che ancora non l'avesse
ammazzata (o non se n'era accorta?), almeno ad Anael, pareva strano.
"Guchan, Karasu è sul tuo letto"
"E allora?"
"No, mi chiedevo come mai non le hai detto niente?"
"Me lo ha chiesto, le ho detto io che poteva farlo".
"Ah. Dov'è Yuri??"
"Uhm... Cucina. E' andata a recuperare qualche stuzzichino per noi."
"Kaisui?"
"Vasca".
E avevano l'abitudine di capirsi al primo colpo. Era proprio vero che
erano cresciute insieme, allora! Quando chiese che cosa intendesse per stuzzichino Guren
si limitò ad indicare sommariamente con il suo ventaglio la
povera Yuri, la quale, sepolta sotto mucchi di Mars, Twix, Plasmon e
Maltesers, si stava avvicinando.
Con un sonoro tonfo, tutto finì sul piccolo tavolino.
"Pensavo di fare merenda... Vi va?"
"Certo, Yuri, ti ringrazio... Sono un po' stanca... Dopo torno nel mio
letto..."
"Ma Guchan... Ma se ha detto che nel tuo letto sta Karachan!" disse
silenziosa, per non farsi sentire.
"E allora??"
"E allora cosa?"
"Come Yuri?? Dormo con lei. Svegliatevi, una doccia vi farà
bene..."
Tornò ai suoi stuzzichini, quando ebbe finito, si
congedò.
Passando dal bagno, incontrò la fanciulla dell'acqua, che
osservava quella faccia conosciuta per la sua calma, farsi contorta.
Rientrò senza emettere un sibilo.
Ma stiamo scherzando? pensò
Yuri. Che diavolo aveva Guren?
"Credo che se la sia un po' presa... Per il fatto che l'hai chiamata
Guchan. Per lei non è usuale sentirsi chiamare
così."
"Ah, no? Scusatemi, non lo sapevo."
"Solo tra me e lei c'è questa confidenza. Io so tutto di lei
e lei tutto di me. Ma non ci amiamo, quello no. E' a lei che devi
scusarti, non a me. Vai, ti sta aspettando!" disse ridendo.
"Guren San, Guren San, eccomi. Scusatemi per prima, io non..."
"Non darmi del voi, mi fai sentire vecchia. E' tutto a posto, non ti
preoccupare" le disse con un sorriso.
"Volevo augurarti buon riposo."
"Domo arigatou."
Si vestì con la camicia da notte, e si infilò
sotto le coperte, dopo aver oscurato l'enorme finestra con la tenda
meravigliosamente blu.
Involontariamente, sfiorò con le sue gambe quelle di Karasu.
Sorrise guardandola. Si era addormentata arrotolata come i gatti.
O come un feto.
"Un bambino che cerca protezione tra le braccia della
madre".
Intorno a lei c'erano fiure scure, avanzavano verso di lei minacciose.
Si guardò intorno, ma attorno a lei non c'era nessuno.
Solo buio.
Buio? Strano come poco prima si trovasse sotto un sole
cocente.
Ora invece c'era solo gelo. Un gelo di quelli forti e bastardi, di
quelli penetranti che arrivano fino alle ossa, che ti congelano
addirittura il cuore.
Forse la senpai mi ha abbandonata perchè non sono stata
buona con lei. In fondo, è la punizione che mi merito.
200 frustate avrebbero fatto meno male di sicuro. Io non merito di
stare con loro, sono troppo pure.
Quell'angelo biondo, che di un angelo ha il nome. La ragazza dai
capelli corvini che ha la dolcezza e l'energia dell'acqua.
Yuri, capelli corvini e lunghi fino alla punta. Anche se si chiama
Giglio. E poi, lei. La mia senpai. Non ho mai incontrato una ragazza
più sensibile di lei. Ha detto che ha delle malattie
strambe, ma se a lei non danno fastidio, allora va bene.
Lilium, quella canzone così bella. Forse la senpai me la
suona al pianoforte per il mio funerale.
Persa in quel buio, era arrivata ad un cimitero. Le sagome
oscure erano sparite. Croci e tetre lapidi la circondavano. Corse fino
ad un mausoleo, in stile giapponese. L'unica cosa che non era
giapponese era una statua di un cherubino, elemento tipicamente
cattolico.
La mia senpai ama il Giappone pensò.
Poco più in là, vi erano tre tombe dorate. La
terra si muoveva, da lì stavano letteralmente uscendo corpi
putrefatti. Osservò sopra a quelle tombe, qualcuno vi aveva
posto un arcangelo.
Anael è il
nome di un arcangelo. E' l'arcangelo protettore del bello.
No, non
può essere vero. Si è uccisa per colpa mia!
"Cosa
sono questi rumori?" chiese Kaisui.
"No... Non può essere!"
"Ehi Guren! E' la seconda volta che vai via senza dirci niente!"
"Aspettate qui, ok? Vado a controllare."
Appena entrò nella sua stanza, quella che per qualche ora
aveva condiviso con il piccolo corvo, capì il problema. Si
stava agitando nel sonno.
"Karasu! Karasu, tranquilla! Va tutto bene! Svegliati, è
solo un incubo! Karasu!"
La bambina si svegliò con un gemito. Pareva stesse
affogando. Guren incontrò due occhi liquidi, con pupille
grandi così. Erano troppo dilatate, rendendo quegli occhi
scuri ancora più neri. Comprese che si trattava di un
attacco di panico appena incrociò quei pozzi scuri.
Respirava a fatica, il cuore pompava troppo lentamente
perchè l'ossigeno le arrivasse ai polmoni. La pressione era
bassissima e frequente.
"Stai tranquilla, piccola. Qui non c'è niente. Hai avuto un
incubo, vero? Non c'è nulla di vero. Le Stellaria lo hanno
mandato via."
"Ma che sta succedendo?!" esplose Anael.
"Shht! Anael, così la spaventi. No, tesoro, no... Non
c'è niente, la morte l'abbiamo mandata via."
Yuri fissava la scena dallo stipite della porta, con occhi grandissimi.
"Rilassati, Yuri, o finirai per peggiorare le cose." le disse Kaisui.
Che pure teneva gli occhi terrorizzati fissi sul pallore di Karasu,
quasi vampiresco.
Guren iniziò a cantare, intonava una canzone che a
loro pareva sconosciuta da quanto era bella la sua voce.
Il tempo sembrò fermarsi. Tutto tornò normale
solo quando sentirono un gemito da parte di Karasu. Si stava
addormentando.
"E' normale, questo vuol dire che l'attacco di panico è
passato, e che quindi ora ha bisogno di dormire un po'. Restiamole
accanto." Guren la teneva in braccio, come l'avrebbe tenuta tutto il
tempo.
"S-S-enpai...Che è successo?"
"Nulla, Karachan, nulla. Hai solo avuto un attacco di panico. Sei stata
un po' male, ma ora è passato."
"Mi sento come nuova."
"Beh, è normale, dopotutto hai dormito." le disse Anael.
"G-Grazie... Non volevo recarvi alcun disturbo."
"Si è fatta sera" notò Kaisui.
"Dormiamo insieme?" chiese Yuri.
"Ah! Vero! Siamo bambine inguaribili!" ancora Yuri, che fece ridere
tutti di gusto.
Per la benevolenza di tutti gli dei, nonostante il temporalaccio
notturno, dormirono serenamente, abbracciate.
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