Sono solo, e voglio vendicarmi.

di Elieen03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “Ecco a voi, Cato e Clove, i tributi del distretto 2!” ***
Capitolo 2: *** Un filo invisibile. ***
Capitolo 3: *** Un passo alla volta. ***
Capitolo 4: *** Che gli Hunger Games, abbiano inzio! ***
Capitolo 5: *** Sono solo al mondo ***
Capitolo 6: *** Ma c'è qualcosa di sbagliato. ***
Capitolo 7: *** Il mio cuore manca un battito ***
Capitolo 8: *** La mia ancora di salvezza. ***
Capitolo 9: *** Oggi, è il giorno. ***



Capitolo 1
*** “Ecco a voi, Cato e Clove, i tributi del distretto 2!” ***



<<  Avevo solo 7 anni, mia sorella 5. Mio padre è stato tributo, vincitore e poi schiavo di Capitol City. Non avrebbe mai voluto la stessa sorte per i suoi figli, ed è per questo che provammo a scappare.  Furono tre giorni difficili, era inverno e l’aria dei boschi ci sferzava il viso. Mia madre riusciva a sfamarci con i pochi scoiattoli che mio padre catturava. Io mi prendevo cura della mia sorellina, le raccontavo storie di un mondo migliore, un mondo senza Hunger Games. La amavo come solo un fratello può amare una sorella. Lei mi guardava, dal profondo dei suoi occhi verdi, e mi sorrideva. Aveva sempre un sorriso in serbo per me, sorriso che Snow mi ha portato via. Quel terzo giorno un hovercraft è sceso dal cielo e ci ha imprigionati tutti. I miei genitori sono stati torturati fino alla morte, davanti ai nostri occhi. Immagini indelebili. >>


Mia sorella mi è stata strappata via dalle braccia, mentre le promettevo che l’avrei salvata.
Da quel giorno non l’ho più vista.


 
CLOVE:
 
“Prima le signore”
Non c’è bisogno che estragga nulla da quel contenitore, quest’anno. Questo è il mio anno.
“Mi offro volontaria come tributo”
Nessuno stupore, nessun respiro trattenuto.
Nel distretto 2 ci sono sempre stati volontari. Solo i migliori. I più allenati.

Posso colpire il cuore di una persona, in movimento, a distanza di metri.

Non ho paura.
Vedo mia madre stringere la mano di mio padre, ma non c’è preoccupazione nei loro occhi.
 Non c’è nulla.
Non verranno a salutarmi.

 
CATO:

“Mi offro volontaria come tributo”
Non riesco a metterla a fuoco finchè non si sposta verso il palco.
E’ la ragazza dei coltelli, Clove se non sbaglio.
E’ agile, veloce e molto furba…mi dispiace doverla uccidere.

Ma questo è il momento che aspetto da una vita: “Mi offro volontario come tributo”
_______________________________________________________________________________________

"Ecco a voi, Cato e Clove, i tributi del distretto 2!”.
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E’ il momento dei saluti, ma non per me.
Nessuno aprirà quella porta, nessuno verrà ad abbracciarmi, a darmi una pacca sulla spalla.
Sono solo, e voglio vendicarmi.
I ricordi mi assalgono, mi tormentano, mi bruciano dentro.

Immagini indelebili.

Vincerò gli Hunger Games, e ritroverò quegli occhi verdi.
 Manterrò la mia promessa e salverò quello che rimane della mia famiglia.

Costi quel che costi.

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Capitolo 2
*** Un filo invisibile. ***


<< Riesco a sentirla piangere fin da qui. Mi avvicino e la vedo accovacciata in un angolo. Si stringe il polso e vedo i suoi occhioni verdi pieni di paura. “Dovresti smetterla di giocare con quei maledetti coltelli!Lasciami vedere…”. Tiro il suo polso verso il mio e la vedo, un piccolo taglio sanguinante a forma di semicerchio. Lo immergo nel ruscello finchè non pulisco tutto il sangue ed improvviso un laccio emostatico con un lembo della mia camicia. “Guarirà, non è nulla di grave, però ti rimarrà la cicatrice”. Leggo la delusione nei suoi occhi. E’ una bambina, e le cicatrici non le donano. “Dai, non fare così, è come un tatuaggio..”. Le mie parole non la convincono. Prendo il coltello e avvicino il suo polso al mio. Seguo con la lama il contorno della sua ferita, e con un movimento rapido e deciso mi incido l’altra metà del cerchio sul polso. Potrei svenire dal dolore da un momento all’altro, ma resisto per lei. Tutto per lei. “Ecco, hai visto?Ora è davvero come un tatuaggio, abbiamo due metà di un cerchio!”. Spalanca gli occhi al mio gesto folle, ma vedo nascere un accenno di sorriso dalle sue labbra mentre mi chiede il significato di quel simbolo. Trattengo una smorfia di dolore. “Il cerchio è il simbolo della perfezione, dell’unione. Vedi?Se siamo uniti, siamo perfetti”. Mi sorride. L’ho convinta. Torniamo a casa.>>


 
Mi sveglio di colpo, completamente sudato, e con il respiro affannato.
E’ la prassi.
I ricordi mi assalgono di notte, sono frammenti, spezzoni.

Quanto vorrei poter ricordare tutto.
Quanto vorrei tornare in possesso della mia mente.


Niente potrà farmi tornare indietro, ma posso andare avanti.
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Oggi i tributi verranno presentati agli sponsor, a Capitol City. A tutta Panem.
Io e Clove siamo vestiti dei colori dell’oro.
Sono stati sufficienti un paio di sguardi in treno per unirci.
Siamo volontari ma siamo comunque tributi , c’è un filo invisibile che ci lega.


Un filo invisibile.
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Cato al mio fianco saluta il pubblico, fiero.
Centomila persone esultanti ci acclamano, e la cosa mi intimorisce.
Non posso mostrarmi debole.

“Sorridi Chloe, sorridi”.


Ubbidisco.
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Tiro giù il mio abito per coprire la cicatrice.

 Le parole mi arrivano ovattate, ma il contenuto è chiaro: “…Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere a vostro favore”.

Che la partita abbia inizio.

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Capitolo 3
*** Un passo alla volta. ***


<< Riesco a malapena ad aprire gli occhi mentre il sangue mi scorre sulle ciglia. Non vogliono uccidermi, altrimenti l’avrebbero fatto da un pezzo. Quanto posso resistere ancora? Quanto potrà resistere lei? Cosa le staranno facendo? Continuano a farmi le stesse domande, da ore. “Dove stavate andando? C’era qualcuno ad aspettarvi?Pensavate davvero di potervi sottrarre così alle regole di Capitol City?”. E poi risate. Cosa le staranno facendo? Penso che non ci sia nulla di umano  a torturare una bambina di 5 anni, poi ricordo che stanno torturando me. Si divertono a vedere dei ragazzini combattere fino alla morte, perché dovrebbero provare pena per noi?  Un altro schiaffo mi colpisce il viso in pieno. Mani così grandi per un viso così piccolo. Le loro voci mi giungono lontane, come se mi trovassi dentro una bolla di sapone. Colgo poche parole: “ memoria, dimenticare, manipolare, un’altra persona”. Vorrei solo che tutto questo finisse, vorrei prendere mia sorella e tornare dalla mia famiglia. La famiglia che non ho più. Prima di cadere in una sorta di limbo oscuro, la mia mente richiama un’immagine. Un’unica immagine, prima di abbandonarmi a quello che vorrei fosse un sonno eterno. Un albero, con due lettere incise sulla corteccia: “T&C”>>

 CLOVE:

Atala, la donna che si occupa degli allenamenti, ci sta dando le indicazioni generali per questi giorni.
Orari, postazioni, regole di sopravvivenza generali.
Questa roba potrebbe salvarci dentro l’arena, ed è questo il motivo per cui tutti, chi più chi meno, le prestiamo attenzione.
Evito lo sguardo degli altri tributi, ogni mossa sbagliata potrebbe apparire come un segno di debolezza.

Io sono pronta a tagliare la gola a tutti loro.
Sfidatemi, se non ci credete.

Non c’è più nessun sentimento d’amore né di pietà nella mia anima. Solo odio che brucia come il fuoco.

Più del fuoco.

Cerco lo sguardo del mio compagno di distretto, l’unico vero alleato che avrò nell’arena.
Sarei pronta a piantargli un coltello nel cuore alla Cornucopia se fosse necessario, ma c’è qualcosa che mi lega a lui.

Un filo invisibile.

La spiegazione è ovvia. Siamo compagni di distretto. Tutto qui. L’unico legame tra di noi…il genere di legame che ti può salvare la vita agli Hunger Games.
Alzo la testa ed incrocio i suoi occhi, ma non il suo sguardo.

Quello è perso nel vuoto.

Leggo diversi sentimenti sul suo volto: dolore, ansia, frustrazione.
Scuote lievemente la testa e torna in sé.  
E torna tra noi.

CATO:

La donna continua a parlare, ma sono tornato solo ora nel mondo normale.
Quando i ricordi mi assalgono non posso fare nulla per controllarli.
Posso solo lasciarli andare.

Devo lasciarli andare.

Ho tanti pezzi di uno stesso puzzle, e vorrei poterli ricostruire.
Mi soffermo sull’incisione del mio ricordo: T&C.

Un passo alla volta.

Volgo lo sguardo agli altri tributi, le mie prede. Mi sento come una tigre in un pollaio.

Affamato e letale.

Indossiamo tutti le stesse divise, ma la mia ha un particolare.
Sul polso ho un nastro a coprire la cicatrice, ma nessuno sembra accorgersene.
Noto di non essere l’unico ad avere un tocco in più. Altri tributi hanno i polsi coperti.
In ogni caso non ho ascoltato una sola parola sui fondamentali, quindi mi dirigo immediatamente da Clove.
In due minuti netti mi fornisce le informazioni necessarie e ci dirigiamo alle postazioni.

Io lance, lei coltelli.

Siamo formidabili.

Faccio a pezzi un manichino in 3 mosse nette, con tutta la furia che ho in corpo.

Sono forte. Allenato. Assetato di sangue.

Mi giro e la vedo.

Rue. Distretto 11.
Mi guarda, dal profondo dei suoi occhi neri.

Occhi neri, occhi verdi.

Come farò ad uccidere lei?

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Capitolo 4
*** Che gli Hunger Games, abbiano inzio! ***


<< Luci colorate si susseguono tra di loro. Farfalle e bolle arancioni. Tutto luccica e splende. Dove sono?Chi sono?  Uno schiaffo mi riporta alla realtà. “Svegliati moccioso, non abbiamo ancora finito con te”. Scorgo la mia immagine riflessa in un pannello sul muro. Chi sono? Non riesco più a vedere me stesso. Non trovo i miei capelli castani in quell’immagine. Un bambino dai capelli biondi ricambia il mio sguardo vacuo. La voce fatica ad uscirmi dalla gola: “Cosa mi state facendo?”. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi. Non avranno questa soddisfazione, non da me. Un urlo glaciale mi riporta alla realtà. Non riesco ad inquadrare quella voce. Dove sei?Chi sei?Chi sono?  Nella mia mente c’è solo confusione. Lo leggono nei miei occhi, e la risposta arriva come un pugno allo stomaco: “E’ la tua sorellina, ma è troppo stupida per poter sopravvivere. Tu hai ancora qualche speranza. Ora ci riproviamo…da dove vieni?” Confusione e shock, non provo altro. Cosa volete da me? Cerco di sforzarmi, ma la risposta sale naturale dalle mie labbra: “Distretto 11” Sbam! Questo schiaffo è ancora più forte dell’altro. Un ago si avvicina al mio braccio. No. Vi prego. Non di nuovo. Non riesco a pronunciare nessuna di queste parole, ed il veleno mi viene iniettato in vena. Farfalle e bolle arancioni. Tutto luccica e splende. Prima di abbandonarmi al delirio la sua voce mi giunge, e mi toglie il respiro. Sento le sue suppliche, i suoi lamenti. NO. Prendete me, non lei. Non lei. Inizio ad urlare e gemere come un animale ferito. Cerco di strappare le catene che mi separano da lei con tutte le mie forze. Quali forze?Sono solo un bambino. Un bambino che cerca di lottare contro Capitol City. I polsi e le caviglie mi sanguinano all’altezza delle catene. Ma non sento dolore. Il veleno inizia a fare il suo effetto. Mia sorella è morta. Se non lo è ora, lo sarà a breve. Vedo me stesso, con i capelli biondi, passeggiare per le vie di un distretto 2 che non ho mai conosciuto. Potranno cancellare tutto del mio passato. Potranno cancellare me. Ma non potranno cancellare il mio ricordo di lei.>>


CATO:

L’addestramento, se così possiamo chiamarlo, è finito.
Con un punteggio di 10/12 , ho ottime possibilità anche con gli sponsor.
Caesar Flickerman ci ha sottoposti al solito giro di interviste per capire il nostro personaggio.
Io non ho avuto problemi a dichiarare apertamente il mio.

Sono preparato. Cattivo. Pronto alla lotta.

Vi infilzerei con una lancia uno ad uno. Lacererei i vostri organi vitali, in maniera non letale, e godrei della vostra agonia.

Purtroppo, non posso dichiarare anche questo. Avrò occasione di dimostrarlo nell’arena.
 
CLOVE:

Dieci.
Dieci su dodici.

Un pensiero veloce ed inaspettato mi attraversa la mente: “I miei genitori sarebbero fieri di me”.
Un unico problema.

Quali genitori?

Scaccio via questo pensiero dalla mia mente. Tra meno di 12 ore saremo nell’arena.
Tutti contro tutti.

Tutti tranne Cato.

Abbiamo un accordo, un patto. Chiaro, preciso e sintetico.

Dopo cena mi ha raggiunto sull’enorme divano di pelle su cui sono appollaiata.
“Clove, dovremmo decidere un piano per domani. Ci massacriamo a vicenda alla Cornucopia, o dichiariamo un’alleanza formale?”

Così. Diretto. Senza giri di parole.

Devo puntare al tuo cuore, domani?O al cuore delle persone che ti stanno attaccando?

Opto per la seconda. I tributi del distretto 1, 2 e 4 costituiscono sempre il gruppo dei favoriti…non vedo perché dovrei privarmi di questo privilegio.
Gli sorrido, e mi capisce all’istante.

“Allora punta pure i tuoi coltelli al cuore degli altri, mentre cercherò di trascinarti viva fuori dal bagno di sangue”.

Una provocazione.

Un sorriso.

Un filo invisibile.
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La plancia di metallo sale lenta ed inesorabile.
Pochi secondi e saremo nell’arena.

Posso sentire l’odore del sangue che spargerò.

Un ricordo lotta per salire a galla, ma impongo alla mia mente di bloccarlo.
Ora non posso. Ora non c’è tempo.
Il bambino che Capitol City ha manipolato, ora è un uomo pronto alla sua vendetta.

9…8…7…

Mi bastano pochi secondi per individuare l’arma più vicina a me, una sciabola.
Clove è stata più fortunata di me, proprio alla sua destra ci sono due coltelli pronti all’uso.

6…5…4…

Quali famiglie farò piangere oggi? Chi saranno i primi genitori a disperarsi?
Sento l’adrenalina scorrere nelle vene.

Sangue. Sangue. Sangue.

L’ibrido che è in me è pronto ad essere liberato.

3…2…1…

Prima ancora che il tributo del 3 possa rendersi conto di quello che accade, le ho piantato la sciabola nel cuore. Marvel ha sgozzato il tributo del distretto 6. Lux ha fatto a brandelli il tributo del distretto 7. Clove ha trafitto il cuore al tributo del 9.

Mi compare davanti il tributo del 4. Il bambino dodicenne dai riccioli castani.

Non ho pietà neanche per lui.

Un gesto secco e gli taglio la gola.
Un macabro sorriso di sangue si apre sul mio viso.

Che gli Hunger Games, abbiano inizio.

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Capitolo 5
*** Sono solo al mondo ***


<< Farfalle e bolle di sapone. Tutto luccica e tutto splende. Non distinguo più i sogni dalla realtà. Ricordi fugaci mi trafiggono la mente. Quanto tempo sarà passato? Ore? Giorni? Mi sveglio in una stanza anonima e vengo subito ributtato sul letto. La solita raffica di domande ha inizio, ma ora so cosa rispondere: “Come ti chiami? Da dove vieni?Che fine ha fatto la tua famiglia?”. Mi chiamo Cato, vengo dal distretto 2, la mia famiglia è morta in un incidente. Sono solo al mondo. Solo al mondo. Non so neanche se sia la verità, ma faccio quello che vogliono loro. Sarò quello che vogliono loro. Se lo farò, forse la salveranno.  Salvare chi? Non lo ricordo più. Non ricordo neanche il suo nome. Solo il verde dei suoi occhi. L’ultimo indizio di ciò che rimane della mia famiglia. Sento un dolore lancinante al petto. Non credevo che il cuore potesse far male.  Domani mattina mi sveglierò al distretto 2, ma non basta.
Un’ultima dose di veleno mi entra in circolo. Prima di rientrare nel mio limbo luccicante, riesco quasi a sentire una voce che implora: “Salvami, Trey.” …Trey?>>


CATO:

I colpi di cannone abbondano, dopo il bagno di sangue.
Ne abbiamo contati 11.
Almeno la meta sono mie vittime.

Mie.

Posso giocare al tuo stesso gioco, Snow. Privare le persone della loro vita in una manciata di secondi.

Far disperare le loro famiglie.

Le ore trascorrono velocemente, mentre la gran parte dei tributi cade ai piedi dei favoriti.
Io mi limito a spargere quanto più sangue possibile, solo così l’ibrido che è in me riesce a saziare la sua sete.

Clove, invece, è sadica.

Gioca come un gatto con il proprio topolino.

Non so cosa l’abbia spinta ad offrirsi volontaria, ma c’è qualcosa di strano in lei.
Alterna momenti di pura follia a momenti in cui il suo sguardo è perso nel vuoto.

Come se stesse cercando di afferrare qualcosa che le sfugge.

Non ci sono tributi in questa zona dell’arena.
Un ricordo lotta per salire a galla.
Mi lascio inondare.
 
CLOVE:

Basta uno sguardo alle mie mani per capire qual è la mia specialità.

Mutilare e sfregiare.

Questo è solo uno spettacolo, ed io so offrire il meglio.
Mentre cerco di grattare via dalle unghie il sangue della mia ultima vittima, vedo Cato seduto sul tronco di un albero.
Stringe forte i pugni sulle tempie, come se volesse sfondarsi il cranio.
Appena mi vede, scatta in piedi.

Lo infastidice che qualcuno l’abbia visto.

Mi si avvicina e mi sussurra: “E’ solo un orribile emicrania. Sono 2 giorni che devo faticare il doppio per salvarti la pelle.”

Un’altra provocazione.

Odio quando mi fa apparire debole.

In una frazione di secondo gli incastro il braccio dietro la schiena e gli punto il coltello alla gola.

Ma non potrei ucciderlo ora, e lui lo sa.

Una risata gli parte dal fondo della gola, mentre con il braccio libero mi stringe il polso fino a farmi mollare il coltello.

Non ci vuole molto.

“Non provarci, piccoletta. Ne parliamo tra qualche giorno.”
Le sue parole fanno scattare in me un campanello d’allarme.

“Cato, dobbiamo decidere la durata di quest’alleanza. Quando la scioglieremo?”

Posso quasi sentire la sua mente lavorare frenetica.
 
CATO:

“Cato, dobbiamo decidere la durata di quest’alleanza. Quando la scioglieremo?”

E’ giusta e ovvia come domanda, ma riesce a cogliermi di sorpresa.

Sto ancora cercando di riprendermi dall’ultimo ricordo.

Faccio qualche rapido calcolo. Nel bagno di sangue ci sono state 11 vittime, altre due la notte stessa. Ho perso il conto dei colpi di cannone della giornata, quindi presumo che in gioco ci siano ancora una decina di tributi.

“Quando saremo in sei”.

La risposta sembra convincerla, perché raccoglie il coltello e si incammina alla ricerca della nostra prossima vittima.
Mi concedo un ultimo minuto di riflessione, poi mi incammino dietro di lei.

Per coprirle le spalle.

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Capitolo 6
*** Ma c'è qualcosa di sbagliato. ***


<< Sento la frustrazione montare dentro di me. Sono giorni che tento di far divampare una maledetta fiamma, senza alcun risultato. Ripasso mentalmente il  procedimento, ma non riesco a capire l’errore. Strofino questi maledetti legnetti fino a farmi sanguinare le dita. Uno degli altri ragazzi che si allena nella mio stesso centro addestramento, si avvicina a me e termina il mio lavoro in due semplici mosse. “Sei un pivello, non ti lasceranno mai essere un tributo.” La rabbia mi appanna la vista. Vorrei strozzarlo. L’ibrido che è in me chiede di essere saziato. Senza pensarci due volte raccolgo uno dei rametti e punto ai suoi occhi. Voglio distruggere quell’espressione di scherno che ha nei miei confronti. Sento l’impatto del legno appuntito con la carne, e il sangue inizia a sporcarmi le mani. Sangue. Sto per alzare il legnetto ed iniziare a colpire alla ceca, quando due mani pesanti mi strappano via dalla mia preda e mi sbattono al muro. Evoy, il nostro istruttore. Solo lui può trattarmi così e non rischiare la vita. Mi trascina in uno sgabuzzino e mi colpisce con il dorso della mano in pieno viso. Sono passati sette anni, ora sono abituato. La sua voce dall’accento marcato mi raggiunge come un sussurro: “Lui aveva buone possibilità di essere il tributo di quest’anno, mentre tu dimostri di essere ancora un moccioso”. Bam! Ho già compiuto 14 anni, e speravo che quest’anno potesse essere il mio anno. La delusione mi brucia dentro, ed Evoy sembra capirlo. “Questo non è il tuo anno, Cato. Sei una macchina da guerra quasi perfetta, ma devi imparare a controllarti”. Chiude la porta alle sue spalle, lasciandomi al buio più totale. Sono una macchina da guerra.
E le macchine da guerra non hanno sentimenti. >>

 
CATO:

Sono passati altri quattro anni, e mi sento come allora.
Il tributo del 12 mi guarda dall’alto di quel maledetto albero, e mi sento impotente.
Mi sorride e urla: “Forse dovreste lanciare la spada”.
Si prende beffa di me, e la cosa mi fa letteralmente impazzire.

Giuro che se potessi, le strapperei il cuore dalla gabbia toracica.
Con le mani.


 Colpisco l’albero con una scarica di calci e pugni.
So di non ottenere nulla, ma potrei impazzire da un momento all’altro.

Il ragazzo del 12 sembra avere una soluzione:  “Aspettiamola qui. Deve scendere prima o poi, o morirà di fame..e la uccidiamo.”

Mi sento di nuovo il bambino che Capitol City ha incatenato. Un bambolotto che deve solo aspettare.
Stringo i denti mentre impartisco ordini agli altri: “Ora pensate al fuoco”.

Nonostante gli anni trascorsi ad allenarmi con Evoy, non ho ancora imparato a farlo da solo.
L’assurdità della cosa mi fa quasi ridere.

CLOVE:

Addormentarsi nell’arena è una delle cose più difficili.
Nonostante la consapevolezza che non ci sia nessuno più forte di me, e che potrei annientare tutti nel tempo di un respiro, mi risulta difficile abbandonarmi all’incoscienza.

Lux sembra più che lucida, e spero per lei che resista fino alla fine del suo turno di guardia.
Altrimenti, userei quei suoi dannati capelli biondi per far presa sulla testa, mentre con l’altra mano mi divertirei a distruggere il suo bel visino.

Chissà quanto impiegherebbero i suoi meravigliosi occhi verdi ad abbandonare la vita..

Mentre mi crogiolo in questi pensieri, sento il sonno prendere il sopravvento.
Non riesco a capire se siano trascorsi secondi, minuti oppure ore, quando uno schianto ci fa sobbalzare tutti.
 
CATO:

Non riesco a capire cosa stia succedendo, sento solo le grida disumane degli altri, mentre una minaccia che non riesco ad individuare si abbatte su di noi.
Le urla di Lux e Clove mi riportano alla realtà.

Il loro ronzio è inconfondibile.

Aghi inseguitori. Veleno.

Per me l'associazione mentale è più che ovvia.

Ora nell’arena non c’è il diciottenne Cato, ma il bambino del distretto 11, che ha paura di loro.

L’isteria mi coglie, mentre penso a ciò che questo veleno ha provocato alla mia mente.
Mi alzo di scatto e vedo Marvel correre davanti a me.

Giro gli occhi solo un istante e vedo Lux, completamente accerchiata da quegli ibridi.
I suoi occhi schizzano disperati da un lato all’altro, cercando aiuto...ed incontrano i miei.

E’ come se solo ora mi rendessi conto dei suoi occhi verdi...


Ma c’è qualcosa di sbagliato.

Sono gli occhi marroni di Clove e le sue urla a riscuotermi.

“Corri Cato, CORRI!”


E questa volta sono io ad ubbidire.




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Capitolo 7
*** Il mio cuore manca un battito ***


<< La voce di Evoy riempie la sala: “Il percorso da seguire è abbastanza semplice, roba di ordinaria amministrazione nell’arena. Se riporterete anche solo un graffio, sarete fuori.  Non ho intenzione di portare dei pivelli ai giochi. Ho una reputazione da difendere. Mettetevi in fila”.  La tensione sale alle stelle. Devo stare attento, non posso fallire. E’ la mia occasione. Un solo graffio, e sei fuori. Evoy non esagera mai. Nessuno di noi sa in cosa consiste il percorso, ogni anno è diverso. Sto per mettermi in prima posizione…poi ci ripenso. Potrei apparire spavaldo e irrequieto. E lo sono. Ma se voglio farcela, devo reprimere i miei sentimenti. Metà fila andrà più che bene. Il tempo scorre lentamente mentre i  tributi che mi precedono affrontano la prova. Tecnicamente, sarebbe illegale allenarsi prima della mietitura. Tecnicamente. In pratica nessun tributo del 2 approda nell’arena senza essersi allenato una vita intera. Solo i migliori vengono scelti, e quest’anno sarò io. Grazie al cielo, il mio turno arriva prima che l’impazienza tradisca i miei sentimenti. Come da manuale, supero gran parte del percorso senza alcuna difficoltà. Sembra fin troppo semplice. Infatti non lo è. Mentre abbatto un tributo-manichino con una lancia, un branco di ibridi sbuca dal nulla. Sembrano dei ragni enormi. Sono velocissimi e perfettamente in grado di intrappolarti con le loro ragnatele. Ma questi sono dettagli, perché possono usarle anche per ucciderti. Non so se Evoy gli abbia dato questi ordini, ma non intendo scoprirlo a mie spese. Ne schivo due e trafiggo il terzo con la lancia che mi è rimasta nelle mani. Sono a pochi metri dall’uscita quando la mia tuta viene lacerata. Artigli, hanno anche quelli. Sono completamente disarmato e decido di avvalermi della mia forza fisica. Sbatto l’animale al suolo con tutta la rabbia che ho dentro, e un rumore di ossa rotte mi ricompensa. Uno scatto felino, e sono fuori. Ce l’ho fatta! L’adrenalina del momento offusca il dolore, ma non la vista. Ho un graffio. Una piccolissima goccia di sangue mi scorre sul polso. >>

 
CATO:

Il mio corpo è completamente pervaso dal veleno, ma reagisce bene. Paradossalmente, reagisce meglio degli altri.

Sto accogliendo un vecchio amico.

Io e Clove siamo riusciti a rotolare fino ad una grotta prima di crollare, ma di Marvel e Lux non c’è ombra.

Lux.

I suoi occhi verdi, insieme al ricordo degli occhi di mia sorella sono stati il centro dei miei incubi per ore. Mi osservavano, mi scrutavano e mi imploravano di non abbandonarla, di salvarla. Un lamento incessante: “Salvami Trey...salvami…salvami…”

E se fosse stata lei? E se il destino avesse voluto prendermi in giro ancora di più?

Non ho una risposta logica a tutto ciò, quindi mi aggrappo all’incoscienza. Alla speranza.

Il destino ha in serbo una sorpresa peggiore per me.

CLOVE:

Apro lentamente un occhio. Poi l’altro. Piccoli gesti meccanici mi riportano alla realtà.

Perché questa è la realtà, vero?

La risposta è di fronte a me.
Cato cerca di mettermi dritta vicino al muro, mentre mi accosta alle labbra una borraccia d’acqua.
“Come mai non mi hai lasciata qui a morire?”
Il mio commento doveva essere sarcastico e pungente, ma la mia voce è troppo debole.

Odio apparire debole.

Neanche il mio compagno sfoggia una grande forza in questo momento, perché la sua voce mi giunge debole: “ Abbiamo un patto piccoletta, gli aghi inseguitori te l’hanno rimosso dal cervello?”.
Mantiene il suo cinismo, come sempre.
“Non preoccuparti, lo ricordo benissimo.”
Come potrei dimenticarlo?
Un’altra vittima, e l’alleanza finirà.

Tutti contro tutti.

Mi porge una pomata come offerta di pace.
“Questa la manda Evoy, ma è solo per le ferite…per gli incubi non esiste nulla”

Gli incubi.

Prima di poter pensare alle conseguenze delle mie parole, la domanda mi sale alle labbra: “Ne hai avuti anche tu?”
Per la prima volta da quando lo conosco, l’espressione sul viso di Cato sembra ammorbidirsi e la sua voce sembra quasi tremare: “Si.”
Una sola sillaba, niente di più.
Guardo il ragazzo che mi siede di fronte, e penso che fuori dall’arena sarebbe stato un buon amico.

Una persona a cui confidare i propri segreti.

CATO:

Le tenebre ci avvolgono, e la temperatura scende sempre di più.
Mi sono offerto per il primo turno di guardia perché non potrei mai dormire questa notte, non con gli incubi pronti ad assalirmi.
Clove si è abbandonata da un po’ ad un sogno irrequieto.
Si agita e mormora tante parole.
Tutte incomprensibili, meno una.

Scandita perfettamente.

Un nome.

“Trey.”

Il mio cuore manca un battito.



 

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Capitolo 8
*** La mia ancora di salvezza. ***


<< Vedo quella piccolissima goccia di scendere verso il basso ed il mio cuore sprofonda. E’ finita. Non entrerò mai nell’arena. La mia ultima possibilità di vendicare la mia famiglia si schianta al suolo con quella stramaledetta goccia di sangue. Panico. Mi pulisco velocemente e sposto il polsino sul braccio sinistro per coprire il graffio prima che qualcuno mi veda. Alzo gli occhi ed incrocio quelli di Evoy. Da quanto tempo mi starà guardando? Assumo la mia miglior espressione di spavalderia mentre esco dalla palestra con sguardo fiero, ma dentro di me sento il mondo cadere a pezzi. E se mi avesse visto? Cosa farò? Solo Evoy può scegliere i volontari. Offrirsi come tributo contro la sua volontà vorrebbe dire entrare nell’arena senza alcun supporto da parte degli sponsor. E decido su due piedi che non mi importa. TUMP. TUMP. Il cuore mi batte in gola. TUMP. TUMP. Cerco di allontanarmi il più possibile dalla palestra per raccogliere i pensieri quando mi accorgo che qualcuno mi sta seguendo. Mi giro appena in tempo per prendere al volo un pacchetto. “Lì dentro ci sono due polsini. Uno per la cicatrice, uno per il graffio. Non farmene pentire.” Alzo gli occhi, e lo sguardo duro del mio mentore è lì ad aspettarmi. “Saresti entrato lo stesso nell’arena, non è vero?” Il mio volto si distende, e riesco quasi ad accennare un sorriso mentre annuisco. Tump. Tump. Il battito del mio cuore torna regolare. Ce l’ho fatta. >>

 
CATO:

“Trey.”

La sua voce riempie la caverna.

“Trey.”

Un brivido mi percorre la schiena.

Cosa diavolo sta succedendo?

Mi sento paralizzato. Inchiodato alla roccia su cui siedo.
Mi impongo di respirare con calma e mantenere la mente lucida.

Non può essere vero.

Una parte di me vorrebbe scattare verso di lei e tempestarla di domande.
Scuoterle le spalle per avere una risposta, una spiegazione. Qualsiasi cosa.
L’altra parte vorrebbe uscire dalla caverna e correre il più lontano possibile.

“Trey.”

Un richiamo incessante. Sussurra il mio nome nel silenzio più assoluto.

Ma è come se stesse urlando.

Mi avvicino molto lentamente, quasi come se la bolla di sapone in cui mi trovo potesse esplodere da un momento all’altro.

Ho paura.
Paura della verità, paura di una bugia.
Ho paura.

Le mie mani tremano mentre le avvicino ai polsini di Clove.
Lo tiro giù in un colpo secco e mi sento svenire.

E’ lì.

Un semicerchio quasi perfetto. Una linea incisa sulla pelle.

La nostra cicatrice.

Trattengo il respiro in maniera troppo rumorosa e sento Clove agitarsi nel sonno.
E’ irreale. Dannatamente irreale.
Cerco di aggrapparmi alla realtà con tutte le mie forze, di cancellare questa visione dai miei occhi.
Occhi.

Dove sono i miei occhi verdi?

Il mio appiglio, la mia speranza.

Forse quella cicatrice è solo un caso. Forse non è lei. Non può essere lei.

Prima che un immotivato senso di gioia mi pervada, una ciocca di capelli mi scende lungo il viso.

Capelli castani/Capelli biondi.
Occhi verdi/Occhi marroni.

Mi trascino fuori dalla caverna e lascio che il mio corpo si abbandoni ai conati di vomito.
 
CLOVE:

Fortunatamente, il sole spunta prima che gli incubi mi portino alla follia.
Ho bisogno di distendere i muscoli e schiarirmi i pensieri.
“Cato, quanti tributi sono rimasti?”
“Sette.”
Un ultimo colpo di cannone, e la nostra alleanza sarà sciolta.

E non ho ancora un piano.

CATO:

Mai come prima, l’arena mi appare piena di pericoli.
Mi muovo come l’ombra di Clove, pronto a scattare al minimo segnale.
E’ solo quando la vedo sgozzare un fagiano con un colpo secco che torno alla realtà.
La mia sorellina non c’è più…l’innocente bambina che giocava al lago e che necessitava della mia costante protezione ha lasciato il campo ad un’assassina fredda e cinica.

Come potrei smettere di volerle bene per questo?

La vita ci ha cambiati, non è colpa di nessuno…ma  non so cosa farò.
Gli Hunger Games, il mio sogno di vendetta contro Capitol City, si sono trasformati nel mio incubo peggiore.
Siamo entrati in 24, e solo uno di noi uscirà vivo dall’arena.

E non sarò io.

CLOVE:

L’arena è troppo silenziosa per i miei gusti, e sicuramente anche per quelli degli strateghi.
Non ho il tempo di esprimere la mia preoccupazione ad alta voce, che tre enormi bestie ci circondano.

Ibridi, senza ombra di dubbio.

Cato scagli la sua lancia verso il primo, uccidendolo. Io, con i miei coltelli, non sono da meno e faccio fuori il secondo.
Con un colpo di spada prova a ferire l’ultimo, ma la bestia lo disarma e si dirige verso di me.

Non lo temo, ma vedo un lampo di preoccupazione attraversare gli occhi del mio alleato.

Scarto a destra, e gli pianto un coltello nello stomaco.
“Cosa c’è? Avevi paura che mi staccasse la testa davanti ai tuoi occhi?”
“No, avevo solo paura di doverlo uccidere con i tuoi coltelli e trascinarti semisvenuta nella grotta.”
Cerco di fissarlo con sguardo truce, ma lascio che mi scappi una piccola risata.

CATO:

Vorrei solo fermare il tempo per un po’, per raccontarle tutto quello che è successo, per dirle che non l’ho mai abbandonata…che ogni sforzo che ho fatto è stato solo per ritrovarla.
Sogno un ipotetico dialogo a cuore aperto che non potrà mai avvenire.

Se le dicessi la verità non mi lascerebbe andare via. Io non posso sopravvivere. Devo salvare lei.

L’ho promesso.

“Salvami Trey.”
Ti salverò, Chloe.

Il nostro piccolo momento di tranquillità viene infranto da un colpo di cannone.
Bang!
Siamo in sei, e la nostra alleanza è rotta.
Mi sento come se stessi affogando in mare.
Provo a risalire, ma le onde mi spingono sempre più in basso e non mi lasciano via d’uscita.

TUMP. TUMP. TUMP.

Pensa Cato. Pensa.
Non posso continuare con l’alleanza.
Gli sponsor si appoggiano molto a queste promesse, se non voglio mettere in rischio la sua vita, devo andare via.
 Ma non ci riesco.
Nuoto lontano da lei, ma le onde mi riportano indietro.

Poi arriva.

“Attenzione tributi, attenzione. Il regolamento che stabiliva un unico vincitore è stato…sospeso!  D’ora in avanti potranno essere incoronati due vincitori, purchè provenienti dallo stesso distretto. “

La mia ancora di salvezza.
 
 

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Capitolo 9
*** Oggi, è il giorno. ***


<< “Signore e Signori, sono lieto di annunciare i vincitori dei 74° Hunger Games.
Ecco a voi, Cato e Clove, i tributi del distretto 2.”
La voce di Claudius Templesmith riempie il silenzio dell’arena mentre un brivido mi percorre la schiena. Siamo salvi. Clove si appoggia alla cornucopia, esausta e sfinita, mentre un sorriso le appare sulle labbra. Vorrei urlare di gioia e correre verso di lei. Lascio cadere la spada sporca di sangue che stringo in pugno e mi volto. Faccio un passo. Gli occhi di tutta Panem sono puntati su di noi. Un altro passo. Voglio godermi il momento più bello della mia vita. Sono a pochi metri da lei, quando un rumore lontano mi raggiunge. Un Hovercraft sbuca dal nulla e si dirige verso di noi, per portarci a casa. Poi...tutto esplode. Un braccio meccanico stringe il busto di Chloe per trascinarla via. I suoi occhi verdi sono pieni di terrore, mentre la mia sorellina di 5 anni viene portata via da Capitol City. Mi giro per cercare una qualsiasi arma, e trovo un arco. Provo ad alzarlo, ma è troppo pesante per me. Troppo pesante per un bambino di 7 anni.
Non posso farcela. “Salvami, Trey!”.  E’ troppo per me. Mi accascio al suolo, sfinito. >>


CLOVE:

Un tributo è consapevole del rischio della propria morte dal momento in cui il suo nome viene estratto dall’ampolla di vetro alla mietitura.
Alcuni ne sono certi, altri nutrono qualche speranza.

Un favorito, no.

Un favorito si offre volontario, consapevole della sua supremazia.
Un favorito non pensa alla sua morte, ma alla gioia del sangue.

Per Capitol City, siamo macchine da guerra.
Per il popolo di Panem, siamo mostri senz’anima.
Per il mondo, siamo solo ragazzi.
 
CATO:

Ora che tutto mi è chiaro non sono più i ricordi ad assalirmi, ma gli incubi.
Infilo la testa nell’acqua fredda per schiarirmi le idee e ritrovare la lucidità.
Ne avrò bisogno, dopo l’annuncio di ieri.

“Attenzione tributi. Attenzione. A partire dall’alba di domani ci sarà un festino alla cornucopia. Non sarà un occasione di poco conto, ognuno di voi ha un disperato bisogno di qualcosa e noi intendiamo essere ospiti generosi.”

Io e Clove ne abbiamo discusso a lungo, anche se non ce n’era bisogno.
Siamo guerrieri e la battaglia non ci spaventa.
Tutti i tributi parteciperanno al festino e la situazione potrebbe trasformarsi in un bagno di sangue.

Oggi, il cerchio potrebbe chiudersi.
Oggi, potrei tener fede alla mia promessa, e salvare Chloe.
Oggi, è il giorno.

CLOVE:

Il silenzio nell’arena è totale.
Il minimo rumore, il minimo respiro, potrebbero essere fatali.

E’ la quiete prima della tempesta.

Con lo sguardo cerco Cato, nascosto dalla fitta vegetazione, ma non lo trovo.

E’ arrabbiato con me.

Non voleva lasciarmi andare, non voleva mettere a rischio la mia vita.

E’ solo uno stupido.

Tra i due, il bersaglio più appetibile è lui.
Io non ho paura, non ne ho più da undici anni.

Oggi, andrà tutto bene.
Oggi, la mia famiglia tornerà a casa.

CATO:

Piccole gocce di rugiada mi bagnano il corpo, mentre cerco una posizione con un buon campo visivo.
Le mani mi tremano nervose nonostante stia cercando di impormi tutta la calma possibile.
Chloe non è più una ragazzina spaurita, ma un’assassina professionista.

Devo solo preoccuparmi di tenere quel maledetto gigante lontano da lei.

Mi siedo, e attendo.

Secondi. Minuti. Ore.

Sembra passata un’eternità, quando il rumore di un ramo spezzato mi fa sobbalzare.
Raccolgo le armi e parto di scatto, con una lancia nella mano destra, la spada nella sinistra, e la voglia di uccidere che mi scorre dentro.
Avrò percorso un centinaio di metri quando il suono della sua voce mi gela il sangue.

“CATO!!”

Mi blocco all’istante, incapace di muovermi.
Incapace di pensare.

Incapace di respirare.

L’eco prodotto dal silenzio dell’arena si confonde con l’eco prodotto dalla mia mente.

“Cato. Cato. Cato.”
“Trey. Trey. Trey.”

Lascio cadere le armi, e corro.

Corro come non ho mai corso in vita mia.

I rami degli alberi mi tagliano le braccia, le gambe, il viso.
Nulla ha più importanza.

Corro, spinto da un panico cieco.
Corro, sperando di essere abbastanza veloce.


L’aria fredda del mattino mi brucia nei polmoni trasformando ogni respiro in una pugnalata di ghiaccio.
L’immensa radura appare ai miei occhi, insieme a lei.
Nel silenzio più profondo, riesco a cogliere un solo rumore.

Il rumore di un cuore che si spezza.

Il mio.

Poggio la mia mano sotto l’incavo della sua testa, sentendo il sangue che mi scorre tra le dita.

La mia voce è un sussurro: “Clove, Clove, resisti. Ti prego. Chloe. Ti supplico.”
Una lacrima solitaria mi bagna il viso, prima che la sua mano la porti via.

“La mamma non ha mai voluto vederti piangere, diceva che gli uomini di casa erano dei duri. Smettila, Trey”.
Vorrei urlare per la frustrazione. Per la rabbia. Per l’angoscia.

“Da quanto l’hai capito?”
“Dalla notte degli aghi inseguitori, anche tu parlavi nel sonno. “

Emozioni. Sogni. Paure. Speranze.
Vorrei raccontarle tutto, ma riesco solo a sussurrarle: “Mi sei mancata.”

“Anche tu mi sei mancato, ho sempre saputo che mi avresti ritrovata.”
Le lacrime mi rigano il viso.

“Ho fallito Chloe, non riusciremo a tornare a casa.”
“Sei qui, Trey. Tu mi hai salvata. Tu non mi hai mai abbandonata.”

L’ultima frase diventa un sussurro, mentre l’unica ragione per la quale ho sempre vissuto e lottato, muore tra le mie braccia.
“Ti voglio bene, Chloe.”
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I can’t win, I can’t reign,
I will never win this game without you.
I am lost, I am vain,
I will never be the same without you. 

 

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Sono solo, e voglio vendicarmi.
Mi volto verso di lui.

L’uomo nero che ha distrutto tutti i miei sogni.


Un’altra schifosa pedina del loro stupido gioco.
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Secondi. Minuti. Ore.

Bang.
Siamo rimasti in quattro, ma questo lo sapevo già.

Secondi. Minuti. Ore.

Bang.
Siamo rimasti in tre.

Che senso ha vivere?

Che senso ha lottare?
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Il cuore mi martella in petto, ultimo lottatore di un corpo che si è già arreso.
“ Fallo. Uccidimi. Io, sono morto comunque.”

La sua freccia mi colpisce, e per me è una liberazione.
Il vuoto mi accoglie a braccia aperte.
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Sono sempre stato un combattente, un lottatore.
Mai avrei pensato di arrendermi, mai nella vita.
Oggi, rinuncio a tutto, per tornare da lei.

Oggi è il giorno della mia morte.
 
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Angolo autrice:

 Non l'ho mai fatto prima, ma ci tenevo a ritagliarmi un piccolo spazio alla fine di questa storia per dirvi poche e semplici parole.
Prima di tutto, grazie.
Grazie per aver creduto in me, per aver letto la storia, per averla seguita.
Grazie, perchè è grazie a voi che sono riuscita a farlo.
Spero che questi miei pochi capitolo vi abbiano fatto provare qualche emozione.
Angoscia, triistezza, felicità.
Sarei contenta in ogni caso.
Con affetto,
Elieen.



   

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