Ama chi ti vuole bene.

di hello_crazy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regalati il posto in cui per ora non sei mai potuta andare. ***
Capitolo 2: *** Se frughi tra i ricordi fai tesoro dei migliori. ***
Capitolo 3: *** Regala un giorno di silenzio se non c'è chi sa ascoltare. ***
Capitolo 4: *** Regala il peggio che hai da dare giusto per ricominciare. ***
Capitolo 5: *** Si tratta solo di lasciarsi andare un po' alla volta. ***
Capitolo 6: *** Ti piace camminare non sapendo dove andare. ***
Capitolo 7: *** La linea del peccato è un po' difficile da confinare. ***
Capitolo 8: *** Regala il sole ad un davanzale da dove tutto sembra uguale. ***
Capitolo 9: *** Si tratterebbe solo di aiutarci in questo mare. ***
Capitolo 10: *** E fai quel gesto che sono anni che ti prometti di fare. ***
Capitolo 11: *** Ama chi ti vuole bene. ***



Capitolo 1
*** Regalati il posto in cui per ora non sei mai potuta andare. ***


-Ci andrò.

-No che non lo farai!

-Certo che lo farò mamma! Mi posso mantenere da sola! Ho un buon lavoro e dei soldi da parte!

-Non mi stai chiedendo di tornare più tardi sta sera! Mi stai chiedendo di andare in Africa! Non ti dirò mai si.

-Ma io non ti sto chiedendo il permesso! Ti sto solo mettendo al corrente della situazione!

-Se andrai via di qui non ti disturbare a tornare!

-Va bene! Per quel che vale vivere qui!

-Ma cosa ti manca?

-Mamma, da quando papà è morto e tu ti sei risposata qui dentro non è più la stessa cosa... tu sei cambiata.

-Certo... e adesso sarei io il problema?

-No il problema sono io che non riesco ad adattarmi.

-Sei un medico di prestigio mi spieghi cos'è questo capriccio?

-Non capirai mai... papà avrebbe acconsentito.

-Papà non c'è più.

-Appunto per questo ho un motivo in più per andarmene.

-Te lo ripeto un'altra volta: se esci di casa non tornare più.

-Non ti preoccupare mamma, sarà come se io non sia mai esistita.

La lascio li senza neanche ascoltare la sua risposta e vado come un tornado in camera mia. Apro l'armadio prendo i vestiti e inizio a riempire borsoni e valigie.

Perché me ne vado? Perché ho bisogno di sentirmi utile, perché mio padre è morto mia madre se è risposata e lui ha portato le sue figlie qui. Sembra la storia di cenerentola ma è quello che è successo. Mio padre è morto di tumore quando ero adolescente, così ho deciso di diventare medico come lui; poi mia madre si è sposata con Jack un importante imprenditore con non si è fatto problemi a trasferirsi qui con le sue due vipere, scusate volevo dire figlie; dopo aver perso il lavoro.

Ho finito gli studi e ho iniziato a lavorare ma vivere qui con loro si fa ogni giorno più difficile e sinceramente un altro dottore qui a Phoneix non serve; così mi è venuta in mente l'Africa, quel continente pieno di povertà, li magri posso essere utile a qualcosa. Penso che l'Africa mi possa dare qualcosa e spero di poter dare anche io qualcosa. Sarà difficile ho sempre vissuto in una mega-villa, tipo quelle dei film, con tutti i tipi di agi ma ho deciso che è quella la mia strada, papà sarebbe stato orgoglioso di me.

-Mi spieghi che succede? Tua madre piange a dirotto, cosa le hai fatto?-questo è Jack l'uomo più odioso e perfido del pianeta, non so come mia madre si sia potuta innamorare di lui.

-Cosa succede? Lo vuoi sapere? Succede che mi sono stancata di vivere qui con te e le due ochette delle tue figlie che non perdono occasione per mettersi in mostra. Cosa succede? Succede che penso che tu abbia ipnotizzato mia madre. Succede che mi sono rotta di passare sempre all'oscuro perché le oche delle tue figlie sono sempre meglio in tutto. Succede che io ho studiato e ho una carriera davanti e loro sono ancora qui a fare le mantenute con i soldi di mio padre. Succede che me ne vado perché odio vivere qui. E non ti azzardare a toccarmi potrei denunciarti.-gli dico mentre lui si avvicina.

-Sai che potrei toglierti tutto?

-L'eredità? Prenditela non mi serve avere tutta questa ricchezza ed essere come te! E poi non sono soldi tuoi ma miei! Perché qualcuno a questo mondo mi voleva bene prima di morire.

-Fuori da casa mia adesso.-dice indicando la porta.

-No caro! Finché io non varco la soglia e non rinuncio a tutto questa è solo casa mia!

-Quando esci voglio tutte le tue chiavi.

-Non ti preoccupare le avrai... adesso però scusami devo prepararmi per uscire dalla falsità, ipocrisia e dal denaro per entrare nel mondo!-gli dico sbattendogli la porta della mia camera in faccia: che odio quell'uomo.

Conosco tanta gente, ma nessuno sembra apprezzarmi per quello che sono realmente. Se tu mi guardi vedi i miei soldi non me, vedi i miei vestiti firmati e le mie unghie perfette. Mi sono affezionata a persone che non mi meritavano, il mio ultimo ragazzo credevo mi amasse ma è bastato un no secco a farlo scappare ma adesso mi sono stancata di questa vita, è anche questo il motivo per cui me ne vado.

Continuo a riempire le valigie e i borsoni con tutta la rabbia che ho in corpo devo poter iniziare a dire Amo chi mi vuole bene!

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Capitolo 2
*** Se frughi tra i ricordi fai tesoro dei migliori. ***


-Queste sono le mie chiavi, ho preso tutte le mie cose adesso però vado ho un aereo che mi aspetta.-dico dando le chiavi al marito di mia madre mentre lei piange a singhiozzi dietro di lui.

-Se esci da quella porta non ci entrerai più.-afferma mia madre.

-Certo mamma, me lo hai già detto non occorre che lo ripeti.

Lei continua a piangere mentre John ha l'aria di uno a cui non importa niente, guardo in faccia le sue due figlie e dico:

-Cercate di combinare qualcosa nella vostra vita, i soldi non sono tutto e prima o poi finiscono!

Nessuno parla, riecheggiano le mie parole e i singhiozzi di mia madre nell'atrio della casa che mi ha dato gioie e dolori.

-Vabbè adesso è inutile continuare a guardarci in faccia vado via che è meglio.-faccio un passo verso la porta, mi fermo, mi giro e dico alle mie due “sorelle”-la mia stanza la può prendere una delle due, così non dovrete dividerne una e litigare per il bagno. Ciao a tutti.

Esco di casa, entro nel taxi che mi aspetta e mi dirigo verso l'aeroporto, mi volto verso casa mia, non c'è nessuno fuori a sbracciarsi per salutarmi, di solito si dovrebbe fare così, ma per me non c'è nessuno che mi auguri buona fortuna.

Il viaggio sarà lungo, chissà a cosa mi porterà è tutto così incerto, male che vada tornerò a Phoneix e riprenderò a fare il medico ma di certo non tornerò a casa.

Sono seduta nell'aereo, che è partito da poco. La mia testa è affollata di ricordi.

La prima volta che entrai in quella casa c'eravamo solo io, mia madre e mio padre sorridevamo contenti di ciò che la fortuna, il coraggio e l'esperienza di mio padre ci aveva regalato. Mio padre mi portò in cima alle scale, mi fece scendere sul corrimano, così avevamo scoperto un gioco nuovo e prima che uscissimo da quella casa per tornare in quella vecchia tutti e tre facemmo almeno un giro sul corrimano. Ridevamo felici come bambini in un negozio di caramelle, era tutto diverso.

Un giorno mia madre portò un cucciolo di barboncino bianco in casa, era tenerissimo decidemmo di tenerlo e lo chiamammo Golosone, non faceva altro che mangiare e di fare i suoi bisogni in giro per la casa!

Siamo stati bene con papà, poi è morto mamma si è risposata ed è cambiato tutto. Quella felicità è durata solo un anno poi tutto è finito, Golosone lo abbiamo affidato ad un'altra famiglia, perché le figlie di John sono allergiche, dal corrimano non potevo più scendere perché lo avrei insegnato anche alle due vipere e John credeva non fosse una cosa normale farlo.

La felicità è finita con John, è come se lui avesse portato le nuvole in una giornata di sole.

-Vuole qualcosa da bere signorina?

-Una bottiglietta d'acqua, grazie!

Che carine le hostess si occupano dei passeggeri come fossero loro figli.

Poi ho conosciuto il mio ex ragazzo che non era interessato ai miei soldi ma a portarmi a letto, così gli ho detto no e lui se ne è andato. Prima che lui mi dicesse che voleva portarmi a letto era bello stare con lui, ma erano solo due settimane che stavamo insieme e poi lui si è messo con un'altra e dopo aver fatto ciò che voleva, l'ha lasciata, di conseguenza penso di aver fatto la cosa giusta.

Ho avuto solo un'amica in tutta la mia vita, poi si è trasferita altrove, Caterina. Ha origini italiane e a lei interessava solo quello che ero io: dei miei soldi, della mia famiglia di quello che accadeva e che non riguardava me non interessava niente. Era speciale, le volevo bene poi è tornata in Italia.

E con questi pensieri che piano piano mi addormento e penso che: Se frughi tra i ricordi fai tesoro dei migliori.

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Capitolo 3
*** Regala un giorno di silenzio se non c'è chi sa ascoltare. ***


Regala un giorno di silenzio se non c'è chi non sa ascoltare.

Scendo dall'aereo, so dove devo andare, prima di partire ho mandato domanda di ammissione di un ambulatorio e mi hanno preso: viste le mie capacità e referenze; così do l'indirizzo al “tassista” e iniziamo ad andare.

È tutto così diverso niente è come quello che io ho sempre visto. Scendo da quello che dovrebbe essere un taxi ma non ne ha né la forma né il colore, pago e mi avvio verso l'entrata dell'ambulatorio.

-Principessa? La carrozza ha sbagliato strada!-mi fa un tipo mentre cammino.

-Salve.-dico io gentilmente.-Io sono Joanna, sono la nuova pediatra!-gli porgo la mano, lui mi guarda e si gira dall'altra parte senza stringermela.

-Ah è un medico...

-Si lo sono e di solito dalle mie parti quando qualcuno ti porge la mano bisogna stringerla.

-Si e...da che mondo vieni?

-Phoneix, America, ma scusi a lei cosa importa? Potrebbe gentilmente dirmi dove posso andare?

-Prego principessa, mi segua.

-Grazie lei è sempre molto gentile.-dico facendo un falso sorriso.

Entriamo in questo ambulatorio dove c'è molta confusione, mi porta in una specie di buco.

-Questo è il suo ufficio, c'è la coda fuori quindi si muova, tutto l'occorrente è in quell'armadio e poi...

-So cosa fare...è il mio lavoro.

-Ecco appunto.

Inizio a fare entrare gente, c'è molta confusione, gli strumenti non sono il massimo e non ho abbastanza medicinali,così spesso mi ritrovo a dover far uso dei “rimedi della nonna”. Fortunatamente arriva la pausa pranzo e quindi tutto si ferma. Vado all'aperto e trovo tutti i miei colleghi. Prendo l'occasione al volo per conoscere qualcuno e fare amicizia. Sono tutti molto carini a parte il tipo di prima di cui ancora non so il nome.

Dietro l'ambulatorio ci sono gli alloggi dei medici così durante quella pausa vado a portare le valigie in casa. È un piccolo appartamento a piano terra, con una cucina, un piccolo salotto, un bagno e la camera da letto. È perfetto per me, per quanto possa essere piccolo, senza televisione e telefono, è luminoso e accogliente e per me queste sono qualità importantissime.

-Avrebbe preferito una reggia?-di nuovo il tipo di prima.

-No è perfetto.

-Certo perché dovrebbe dire il contrario! Ci sono televisione, telefono e computer qui dentro.

-A me va bene così.

-Si certo Jenna.

-Joanna.

-Fa lo stesso.

-No no fa lo stesso...-mi blocco.-ma se non sbaglio lei non mi ha detto il suo nome.

-Oh che peccato.

-Scusi mi dovrei cambiare potrebbe uscire?

-Ah è giusto... i tacchi qui non vanno bene.-dice alludendo alle mie scarpe.

-Di certo a lei non importa che scarpe indosso io.

-Si infatti Jenna.

-Ho detto che mi chiamo Joanna.

-E' uguale.

-Senta per favore esca immediatamente di qui.

-Se no?

-Esca, le ho detto.

-Arrivederci Jenna.-dice uscendo.

Esco di casa correndo:

-Joanna!-grido lui si gira e mi fa un sorriso odioso.

Dopo essermi cambiata anche se la pausa non è finita torno nell'ambulatorio .

-Bhè Joanna, com'è l'America? Tutti dicono che è un posto favoloso.

-Si lo è!-rispondo io ad una ragazza che fa l'ostetrica.

-E' ovvio basta guardarla: soldi, soldi e poi soldi-dice il tipo di prima.

-Esattamente come dice lei! Come darle torto.-rispondo.-Peccato che ci sia gente convinta che in America ci sia anche altro.

-Certo. Come no, lei ha ragione! Ma queste cose, li non le vede nessuno, Jenna.

-Glielo ripeterò un'altra volta io mi chiamo Joanna!

-Si certo, come dici tu.

-Sai che ti dico? Non ti rispondo più!

-Siamo passati dal lei al tu...Jenna!

Lo guardo con aria di sfida, mi giro e vado a visitare un paziente, sono dell'idea che ogni tanto bisogna regalare un giorno di silenzio se non c'è chi non sa ascoltare.

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Capitolo 4
*** Regala il peggio che hai da dare giusto per ricominciare. ***


Finita la mia prima giornata di lavoro mi rifugio nella mia piccola casa e con un'insalata ben condita inizio a pensare a ciò che ho fatto, ho fatto bene?

Squilla il telefono, da quando sono qui mi sono dimenticata di averlo e sinceramente non credevo funzionasse ancora.

-Joanna?

-Si sono io chi parla?

-Sono tua madre.

-Ah ciao mamma.

-Ascolta quando torni?

-Mai.

-Si dai, smettila di giocare, torna.

-No mamma! Ho trovato un lavoro, ho un appartamento e degli amici non tornerò!

-Ti stai facendo scappare l'ultima chance di tornare.

-Ok adesso posso chiudere?

Una voce fuori-campo chiede con chi mia madre stia parlando è John, sento il telefono muoversi e poi...

-Joanna? Hai esattamente 72 ore per tornare a casa, dovrebbero bastare.

-Non tornerò, salutami le vipere delle tue figlie e l'illusa di mia madre.-sto per riagganciare ma sento lui che parla.

-Se tua madre è l'illusa e le mie figlie sono le vipere io che sono?

Senza pensare un attimo a cosa sto per dire rispondo:

-Sai nelle storie il cattivo è identificato da un mantello nero, tu invece no, hai dei capelli perfetti e uno sguardo che farebbe sciogliere chiunque. Ma sei comunque il cattivo.

-E tu?

-Io sono la stupida che ha gettato la spugna, quella che si è arresa prima di combattere. Adesso scusa salutami tutti i personaggi della storia più cattiva e crudele del mondo.

Se vuoi davvero ricominciare e farti una vita di nuovo devi azzerarti: devi dare il peggio di te.

Riaggancio e vado all'aperto, sul portico, dove chi viveva prima di me ha messo un salottino di bambù. Mi siedo e guardo quel magnifico tramonto. Non ricordo di averne visto mai uno più bello.

-Ciao Jenna!

-Ciao... sai mi sfugge il tuo nome! Ma non mi sembra che per te i nomi siano importanti devi ancora capire il mio.

-Si certo.

Continuo a guardare il tramonto mentre il tipo si siede sulla poltrona.

-Prego... fai come se fossi a casa tua.

-Certo, lo avrei fatto anche se tu non mi avessi detto niente.

Annuisco.

-Come ti sembra il lavoro nell'ambulatorio? Difficile?

-Non è difficile, grazie per l'interessamento.

-Di la verità ti aspettavi bambini paffuti e tanta felicità.

Lo ignoro non rispondendo.

-Ciao ragazzi!-lui è Pete, poco dopo ci raggiungono Violet, Charlotte e Robert.

Sono tutti europei o americani. Tranne il tipo di cui non so il nome.

Siamo tutti seduti, chiacchieriamo e ci divertiamo. Sembra un di quelle scene dei film, dove dopo una giornata estenuante i protagonisti si incontrano e discutono dell'accaduto.

Mi piace vivere qui. È vero è passata solo una giornata, ma qui senti che la gente ha bisogno di te, dove vivevo il massimo problema era la varicella! Adesso mi sento utile.

-A che ora si inizia domani mattina?-chiedo.

-Alle 8.00 devi essere già li.-mi risponde Pete sorridendo.

-Ah... e che ora è adesso?-chiedo soridendo a mia volta.

-Le 19.30

-Uh...

Mi avvicino a Charlotte chiedendo il nome del tipo odioso e lei mi risponde:

-Te lo direi volentieri! Ma ha fatto questo scherzo a tutti,si vuole proteggere da non si sa cosa, così mette una barriera davanti a lui. Nessuno gli rivolge la parola se non è necessario.

Ho una sfida, conoscere il nome di quell'uomo che da oggi chiamerò QSN (Quello Senza Nome).

 

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Capitolo 5
*** Si tratta solo di lasciarsi andare un po' alla volta. ***


La sveglia suona, mi alzo. È ormai quasi un mese che sono qui. La mia missione non procede né male né bene...non procede proprio! QSN è un tipo duro, penso abbia avuto qualche delusione in passato e adesso abbia paura a raccontarsi.

Ho notato che anche se gli altri probabilmente (ma non sono sicura), conoscono il suo nome, lui trova il modo di non renderlo importante e di chiudersi ancora di più.

Così ho deciso di dargli tempo, anche io ho difficoltà ad aprirmi e mi lascio andare un po' alla volta. A me basta qualche giorno forse lui ha bisogno di più tempo, sono disposta a darglielo, ma solo se mi renderò conto che sarà utile.

Robert e Violet si sono fidanzati, mi hanno detto che sono una di quelle coppie che spesso si prendono pause di riflessione che non durano più di 2 settimane. Questa volta è stato diverso è durata quasi un mese.

Sono carini, non sono appiccicati, ma piuttosto sembrano amici di vecchia data... mi piacciono le coppie così, non ti fanno sentire sola anche se non hai un ragazzo.

Esco di casa per avviarmi verso l'ambulatorio. Come ogni mattina incontro e faccio la strada (anche se brevissima) con QSN. Oggi sono di buonumore così anziché fare come ogni mattina e restare in silenzio gli rivolgo la parola.

-Buongiorno!

-Ciao Jenna.-mi risponde lui con una finta felicità.

-Che succede?

-Non sono fatti tuoi Jenna.

Mi metto davanti a lui non facendolo passare.

-Ascoltami bene QSN, io sono stanca ok?

-QSN?

-Si QSN, significa quello senza nome, dal momento che ti vuoi proteggere da non si sa cosa e non dici il tuo nome alla gente.

-Si Jenna, adesso fammi passare.

-No! Di qui ci muoviamo solo quando lo dico io!

-Ma che vuoi fare?

-Parlare!

-Allora parla e fai in fretta!

-Grazie!-dico rivolgendogli un sorriso.-Ok va bene,non mi vuoi dire il tuo nome, non lo capisco ma lo rispetto, ma ci tengo a farti sapere una cosa: è un mese che sono qui, non puoi ignorarmi e non parlarmi anche quando ti rivolgo la parola! Sono una persona!

-Hai finito?

-Non ancora.

-Muoviti.

-Si fammi finire piuttosto che interrompermi! Ok ho notato che non ti rapporti con la gente, ma ti fa piacere stare con noi! Non pretendo un cambiamento istantaneo ma almeno provaci! Avrai avuto delusioni che ti hanno portato a fare così oppure è avvenuto qualcosa che ti ha turbato, ma non ci puoi stare sempre a pensare voltandoti male verso la gente che semplicemente si presenta e ti chiede come ti chiami.

-Adesso basta finiscila!-mi grida contro.-non sai niente di me, non puoi giudicarmi.

-Non ti sto giudicando! E forse non so niente di te perché tu non mi vuoi far sapere niente!-grido anche io. Lui non mi risponde e se ne va.

Entro nel mio studio e inizio la mia giornata. È pesante fa molto caldo e l'aria condizionata non funziona, anzi non credo proprio che ci sia. Arriva la pausa pranzo vado a casa mia mi faccio una doccia e inizio a mangiare.

Bussano alla porta.

-Avantii.-grido dalla cucina.

Entra qualcuno, non so chi è.

-Sono in cucina!-grido di nuovo.

Sento i passi avvicinarsi e una figura dai capelli lunghi e castani entra in cucina è Charlotte.

-Mi offri il pranzo?

-Ok! Accomodati!

-Ascolta.-mi dice mentre mangiamo.-sta mattina ti ho visto prima che venissi in ambulatorio.

-Ah si?

-Non insistere con lui! Non vuole amici preferisce vivere solo.

-Ah io non direi! È sempre con noi! L'unico difetto è che non parla o se parla offende o sbaglia il mio nome.

-Si lo so ma lascialo stare.... cosa ti cambia?

Annuisco finiamo di mangiare laviamo i piatti e torniamo a lavoro.

Adesso è peggio di sta mattina, i pazienti non finiscono mai e fa caldissimo, inizia a girarmi la testa.

Sento bussare la porta, lego i miei lunghi capelli biondi e dico il solito avanti, preparandomi psicologicamente ad un altro paziente.

Alzo la testa dalla scrivania e vedo QSN con una bottiglia in mano.

-Ho pensato che avresti avuto sete, ho visto che non si sei portata da bere.-mi porge la bottiglia, ringrazio con un sorriso e inizio a bere.

-Bevi piano, è fredda!-mi dice.

-Grazie!-dico dopo aver bevuto.

-Prego!-mi risponde uscendo.

Bevo un altro sorso di quell'acqua fredda che mi fa tornare su questo pianeta e ricomincio a lavorare.

A fine giornata sono esausta, sono tutta sudata, così mi dirigo verso casa e mi faccio una lunga doccia rilassante. Al termine di questa mi metto una canottiera, un pantaloncino e un paio di infradito comodi e vado all'aperto dove si sono già sistemati tutti gli altri che arrostono un po' di carne. Mi siedo comoda sulla poltrona di bambù e bevo un lungo bicchiere d'acqua.

A fine serata mi dirigo verso casa e quando sto per chiudere la porta sento il mio nome un po' storpiato, così la riapro e vedo QSN.

-Luke...-mi dice, gli sorrido, lui si gira se ne va mentre io chiudo la porta.

Quando si conosce qualcuno di nuovo ci si lascia andare solo un po' alla volta e spesso il cambiamento non si nota.

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Capitolo 6
*** Ti piace camminare non sapendo dove andare. ***


Mi sveglio con un solo pensiero: Luke. Non so perché ci penso tanto ma mi fa piacere mi abbia detto il suo nome. Oggi l'ambulatorio è chiuso, così faccio tutto con molta calma: una doccia, una colazione abbondante... praticamente mi rilasso.

Bussano alla porta.

-Avantiii

-Ehy! Buongiorno Joanna!.-è Pete-Ti ho portato un cornetto, pensavo ti sarebbe piaciuto!

-Grazie mille!-rispondo dandogli un bacio sulla guancia.

Così ci sediamo e mangiamo insieme. La mia casa è una specie di posto di passaggio ci vengono tutti a turno, non ho ancora capito perché ma tutti trovano un motivo per venirci almeno una volta al giorno. Luke ci viene spesso, ma solo con il pretesto di darmi fastidio, di solito è tutto molto veloce: entra, mi chiama Jenna, si sdraia sul divano e se ne va. Non lo rimprovero neanche più, semplicemente aspetto, in silenzio e con la faccia arrabbiata, che se ne vada.

-Cosa fai oggi?-mi chiede Pete con un grande sorriso.

-Non lo so... pensavo di rilassarmi, sono un po' stanca.

-Ti andrebbe un'escursione? Si lo so hai detto di volerti rilassare però sarà divertente!

-Ok!-dico sorridendo.-mi vado a mettere dei pantaloni lunghi e le scarpe da ginnastica e andiamo!

-Vado a prepararmi anche io, aspettami qui!

-Certo!-rispondo mentre esce.

Così preparo, da mangiare, metto delle bottiglie d'acqua al fresco e mi vesto. Appena finisco, Pete entra e ci avviamo verso una meta oscura ad entrambi.

-Mi piace camminare non sapendo dove andare, è come parlare senza pensare! È divertente perché sono i tuoi piedi che ti portano... non il cervello!-dico i tutta felice con lo zaino in spalla.

-La penso anche io come te!

Dopo un paio d'ore di cammino ci fermiamo e iniziamo a mangiare.

-Ti devo dire una cosa...-mi dice Pete, che si è fatto serio tutto d'un tratto.

-Dimmi!-gli rispondo io con un grande sorriso.

-E' difficile per me... sai...

-Pete mi devo preoccupare? È un cosa grave?

-No!-mi dice lui sorridendo.-non è niente di grave!

-Ah ok!-rispondo io ricambiando il sorriso.

-Allora il fatto è che...praticamente io...è che.... è facile da dire ma non trovo le parole...-mi sorride di nuovo.

Non so cosa rispondergli così sorrido anche io: sta cosa sta diventando una gara a chi sorride prima...no faccio altro che guardare i suoi occhi verdi, è un bel ragazzo. No no, non è bello è di più... si ok mi sto fumando il cervello...

-Il fatto è che....-mi si avvicina, lo guardo non capendo cosa stia facendo.

Mi fissa gli occhi.

-Sei bellissima Joanna... mi sono innamorato di te.-mi sfiora i capelli, mettendomene un ciocca dietro l'orecchio.

Lo guardo negli occhi, mi avvicino a lui e lo bacio.

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Capitolo 7
*** La linea del peccato è un po' difficile da confinare. ***


Tutto quello che è successo ieri è abbastanza prevedibile. Adesso non so bene come stiano le cose, non so se devo definirmi fidanzata.

-Buongiorno bellissima!-mi dice Pete, sedendosi sul letto e dandomi un bacio sulla bocca.

Lo guardo, sorrido e dico:

-Pete ma...

-Non dire niente! Non lo so neanche io!

-Bhè potremmo provarci... non siamo bambini sappiamo come comportarci!

-Dici?-mi chiede lui con un'aria pensierosa.

-Si... se vuoi...

-SI lo voglio!-dice alzandosi con aria solenne! Scoppio a ridere, poi mi dirigo verso il bagno per farmi una doccia prima di andare al lavoro. Quando esco vedo Pete che litiga con Luke che come di suo solito è steso sul mio divano.

-Che succede?-dice per cercare di fargli stare zitti.

-E' entrato e si è steso lì.-mi spiega Pete.

-Non mi sembrava di dover chiedere il permesso dato che per te non ci sono problemi.-dice Luke rivolgendosi a me.

Tutti e due mi fissano in cerca di una risposta, così io tento di prendere in mano le redini della situazione.

-Allora, si Pete devi sapere che Luke viene ogni mattina a farmi “visita”. Tu, Luke devi sapere che io e Pete...

-Sta zitta, ti prego non continuare... mi disgusterebbe tutta questa dolcezza.-interviene lui.

-Penso che tu Luke potresti continuare a venire-Pete mi fa una faccia strana così aggiungo.-Magri prima di entrare bussi così se...

-Si magari faccio anche un inchino prima di fare ciò che faccio di solito.-interviene Luke.

-Senti perché non te ne vai?-interviene Pete con aria minacciosa.

Vedendo che stanno per picchiarsi intervengo io a placare questo litigio.

-Pete? Tu hai bisogno di vestiti perché non vai a casa tua? Ci vediamo in ambulatorio!-dico sorridendo, ma vedo che non attacca, quindi aggiungo.-Luke? Da che ora sei qui?

-Dieci minuti.-risponde.

-Quindi sei stato sul divano abbastanza, puoi andartene?

-Ok Jenna!-dice uscendo, seguito da Pete che sembra infastidito dal mio comportamento.

Sinceramente, non sapevo che fare. Non posso scegliere tra Pete e Luke, è difficile e per quanto Luke sia fastidioso so di poter sempre contare su di lui. Pete è diverso, è un amico... non riesco ancora a vederlo come fidanzato... non so quanto possa durare. Il fatto è che io gli ho proposto di stare insieme, inizio a pentirmi di quello che ho fatto. È tutto così complicato niente è come vorrei... adesso cosa dovrei fare?

Esco di casa con questi pensieri. Arrivo in ambulatorio incrocio Luke per il corridoio quindi gli sorrido.

-Jenna puoi venire un secondo?-mi chiede.

-Dove?-chiedo io.

-Vieni e basta!

-Va bene vengo!

Mi prende per mano e mi porta dietro l'ambulatorio, nel deposito.

-Ti devo parlare.-dice chiudendo la porta a chiave.

-Non potremmo parlarne fuori?

-No qui è meglio... se Pete di vedesse con me penso impazzirebbe.

-Ok parla...-dico sedendomi su una cassa di legno.

-Non so cosa tu ci trovi in quello ma non è a posto.

-Ahahahah Luke ti rendi conto di quello che dici? Mi hai detto il tuo nome solo dopo un mese che ci conoscevamo, mi chiami ancora Jenna, non so niente di te e questa è la prima vera conversazione che noi abbiamo mai avuto!

-Ok forse le parole non sono giuste ma sappi che è come dico io.

-Certo.-dico alzandomi.

-Aspetta.-dice mettendomi una mano sulla spalla.-Non te ne andare.

Mi fa girare, mi sposta una ciocca di capelli dalla faccia, mi sorride, mi mette le mani sui fianchi e mi avvicina a lui.

-Luke, non è una buona idea...

-Se tu non avessi voluto adesso non saremmo così vicini...

Lo avvicino a me, i nostri corpi sono molto vicini, si toccano tra di loro, alzo la testa e ci baciamo, con molto trasporto. Sento delle sensazioni che con Pete non ho sentito.

-Joanna?

-Qualcuno mi sta chiamando...-dico staccandomi.

-Joanna, scusami.-mi dice Luke serio.

-Non ti preoccupare.-rispondo sorridendo.

Esco dal deposito e mi trovo davanti Pete.

-Dobbiamo parlare.-mi dice.

-Oh no... anche tu?

Non capendo a cosa mi riferisco annuisce e mi porta nel suo studio.

-Ascoltami mi dispiace aver reagito così, fa fare a Luke quello che vuole per me andrà bene.

-Pete? Non credo sia una buona idea per adesso stare insieme. Magari più avanti ma adesso no.-dico io decisa.

-E perché?

-Perché sono confusa.

-Con chi eri nel deposito?

-Non ti importa...tanto non stiamo insieme non ti devo delle spiegazioni.

Esco dal suo studio e mi dirigo verso il mio, non c'è ancora nessuno, meglio così; penso. Ho l'occasione per riflettere riguardo ciò che è successo. È tutto così confuso...

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Capitolo 8
*** Regala il sole ad un davanzale da dove tutto sembra uguale. ***


-Secondo me dovremmo fare una zona giochi vicino all'ambulatorio.-dico convinta.

-Si e poi magari ci vestiamo da pagliacci e divertiamo i bambini.-aggiunge Pete prendendomi in giro.

-Sarebbe un'idea...-dico io pensierosa.

È passato del tempo e tutto fila liscio come l'olio, adesso stiamo cercando un'idea per migliorare l'ambulatorio e dato che la maggior parte dei nostri pazienti sono bambini e che si annoiano molto ad aspettare il loro turno penso che dovremmo fare un parco qui vicino ma nessuno approva.

-Joanna quello che dici è da pazzi.-afferma Charlotte.

-Io non penso sia malvagia come idea. Anzi penso che se aprissimo un parco qui vicino potrebbe diventare uso comune e le persone potrebbero venirci abitualmente.-afferma Robert.

-Esatto!-dico io alzandomi in piedi di scatto e puntandogli un dito contro!

-Si penso sia una buona idea...-dice Luke.

-Va bene...-dico io.-mettiamola ai voti. Chi dice si alzi la mano.

Così si alza la mia mano, quella di Luke, di Robert e quella di Violet.

-Bene la maggioranza vince!-dico io trionfante!-domani iniziamo i lavori!

Usciamo tutti dallo studio e ci dirigiamo alle rispettive case.

-Quello che stiamo facendo è da pazzi.-dice Pete mentre camminiamo.

-E' una tua idea.-rispondo io con aria superiore.

-Ma mi spieghi dove prendiamo tutte le cose che ci servono?-mi chiede Charlotte.

-In un negozio penso potremmo trovare tutto.-rispondo sorridendo.

-Ma dai? Questo lo sapevo... intendo i soldi!-aggiunge Charlotte.

-Bhé io ho abbastanza soldi da parte, magari se ognuno di noi desse un piccolo contributo ce la potremmo fare.-rispondo proponendo l'idea.

-Avviso già tutti che il mio contributo sarà minimo, perché non ho molti soldi da parte.-dice Luke.

-Bhè magari tu potresti costruire il tutto!-dico io prendendolo in giro.

-Si certo! Non so mettere insieme un tavolo e due sedie figuriamoci costruire giostrine per bambini.

-Ascoltatemi con un po' di buona volontà ce la possiamo fare!

Siamo arrivati a casa e tutti prendono posto nel mio soggiorno.

-Stavo pensando.-aggiungo.-Ho notato che dietro l'ambulatorio c'è molto legname, potremmo fare la staccionata con quello...

-Potrei farla io!-si propone Robert.-Mio padre era falegname e so come si utilizzano quegli attrezzi.

-Perfetto!-dico io sorridendo.-Abbiamo tolto un problema di mezzo! Poi dovremmo piantare degli alberi e dei fiori... questo lo so fare! Poi ci sono da montare le giostre e le panchine...

-Dai una mano ciascuno ce la possiamo fare!-dice Luke.

-Si dai... facciamolo!-afferma Violet.

Ci ritiriamo nelle nostre case, domani inizieremo i lavori, sarà faticoso ma fortunatamente è sabato e quindi abbiamo due giorni di pausa dal nostro lavoro.

Forse è solo un'impressione ma Pete ultimamente mi sembra strano, accusa sempre qualche dolore e non si fa visitare da nessuno di noi, ho paura ma spesso non ci penso perché lui sa badare a se stesso è adulto abbastanza.

Mia madre non si è più fatta sentire, nessuno si è più fatto sentire chissà come vanno le cose li in America. Tutto mi sembra lontano anni luce da me. Se guardo le differenze da come sono arrivata a come sono adesso è sorprendente quanto io sia potuta cambiare. Sono arrivata qui che sembravo uscita da uno di quei film in cui la mamma è una donna d'affari e adesso sono una ragazza comune non più quella ultra ricca e americana.

*DRIIIIN*

Odio la sveglia, è accertato, metto le prime cose che trovo davanti e mi reco sul posto dove dobbiamo iniziare i lavori.

Abbiamo molto da fare ma i miglioramenti piano piano si stanno iniziando a vedere: Robert sta lavorando sodo per la staccionata, io le ragazze ci occupiamo dei fiori e degli alberi mentre tutti gli altri montano e posizionano giostrine e panchine.

 

Sono passati e due giorni e c'è ancora molto lavoro da fare ma purtroppo il weekend è finito quindi si torna a lavorare sul serio,a fine giornata ci incontriamo tutti li e continuiamo a lavorare sodo. È molto faticoso dopo una giornata di lavoro andare a piantare alberi malo facciamo con piacere. Quando tutti hanno saputo del parco hanno iniziato a portare torte preparate in casa e dolciumi vari per ringraziarci è bello rendere la gente felice. Abbiamo deciso di chiamare questo parco SOLE. È come se questo parco fosse un sole regalato ad un davanzale da dove tutto è uguale. Quando la vita non cambia, è sempre uguale regalati un “sole” questo ti renderà tutto più bello. È per questo che noi lo stiamo facendo, la vita a volte è crudele ma tu rendila bella per andare avanti.

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Capitolo 9
*** Si tratterebbe solo di aiutarci in questo mare. ***


È successo tutto molto velocemente”. Penso mentre prendo una maglietta nera da dentro l'armadio.

Stavamo andando al lavoro tutti insieme come ogni mattina ma Pete non c'era: Charlotte ci tranquillizzò dicendoci che l'aveva visto uscire un po' prima; quindi con tranquillità e stanchezza ci dirigemmo all'ambulatorio.

Quando entrammo le nostre le nostre facce si allarmarono perché vedemmo Pete steso a terra privo di sensi.

Era già troppo tardi il suo cuore non reagiva più: era morto.

Aveva un tumore, non l'aveva detto a nessuno e non stava eseguendo nessuna terapia. Aveva deciso di farla finita e dirlo a qualcuno avrebbe significato cercare di guarire. Oggi c'è il funerale ci saremo tutti, sono arrivati anche i suoi parenti dall'Australia. Nel testamento ha scritto di voler essere seppellito qui, vicino all'ambulatorio.

Sapeva quello che gli stava accadendo, ne era cosciente ma non gli interessava: continuava a vivere come sempre. A quanto pare non credeva nella frase: Vivi ogni giorno come fosse l'ultimo, lui viveva e basta.

Da quando è successo non dormo più, non mangio, non parlo mi è difficile anche camminare. Stiamo tutti così, non stiamo lavorando, lo so non è professionale ma non ci riesco.

Esco di casa vestita di nero e mi dirigo al luogo dove si terrà la cerimonia. Sento un peso sulle spalle e gli occhi gonfi di lacrime ma mi trattengo, non posso piangere devo essere forte. Tutti piangono, io no. Mi sento in dovere con gli altri mi sento come se dovessi trasmettere io la forza agli altri; nessuno mi obbliga ma sento di doverlo fare. Luke non c'è, ieri mi ha detto che non sarebbe venuto perché i funerali lo fanno stare male. Mi manca, vorrei che fosse qui, vorrei potermi appoggiare sulla sua spalla e sfogare tutta la mia tristezza.

La cerimonia finisce ed io corro a casa dove trovo Luke. Senza paura mia lascio cadere sul divano e inizio a piangere. A lui non devo dimostrare niente, lui sa che io sono debole, anche se mi mostro sempre forte e decisa su tutto e per tutto. Lui sa che crollo nell'oscurità dove nessuno mi può vedere.

-Brava, piangi-mi dice dandomi un fazzoletto-solo se ti sfoghi completamente puoi andare avanti.

-Grazie.-dico afferrando il fazzoletto.

-Sai in queste occasioni bisogna aiutarsi. È come quando sei al mare, se non sai nuotare hai bisogno di qualcuno che ti aiuti se no... affoghi!

-Metafora interessante.-rispondo non avendo capito capito cosa mi stesse dicendo.

Mi sorride e si siede accanto a me. Non mi va di parlare, so che dovrei ringraziarlo ma non ci riesco così semplicemente, mi appoggio alla sua spalla.

Non so quanto tempo siamo stati così forse un secondo forse un'ora, poi mi sono addormentata e non so cosa sia successo. Ho dormito bene: un sonno tranquillo e senza incubi. Al mio risveglio mi sono trovata nel mio letto senza Luke: ho dormito tutto il pomeriggio e tutta la notte. Mi alzo, mi vesto e decido di riprendere a lavorare.

È tutto come sempre. A me sembrava che il mondo si fosse fermato, che il terreno sotto i piedi stesse per crollare e invece no. Tutto il mondo continuava ad andare avanti mentre IO mi ero fermata.

Luke mi ha aiutata, adesso capisco la sua metafora: mi ha lanciato un salvagente mentre io ero in mare aperto in difficoltà. Mi ha aiutato in questo mare.

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Capitolo 10
*** E fai quel gesto che sono anni che ti prometti di fare. ***


Non mi sono fidanzata con Luke, no non l'ho fatto e non penso lo farò per lui provo un grande affetto ma non amore. Io sogno di poter passare tutta la vita con qualcuno che amo non con qualcuno a cui voglio bene. Voglio poter amare chi mi ama e voler bene a chi mi vuole bene; per questo AMA CHI TI VUOLE BENE. Quello è un mischio, il riassunto di cosa voglio nella mia vita.

Da quando Pete è morto è tutto diverso ho cambiato la mia visione del mondo, sono arrivata ad essere convinta che se devi fare una cosa la devi fare e basta, non aspettare che arrivi domani: per questo che sono su un aereo diretto in America, ma non per tornarci ma piuttosto per fare qualcosa che non sono mai riuscita a fare.

Mio padre è morto quando ero piccola, non ho mai avuto il coraggio di andare al cimitero a trovarlo: ogni volta che arrivavo li, qualche metro prima, mi fermavo e tornavo indietro. Non so perché ma sento la presenza di mio padre ogni giorno quindi penso che leggere il suo nome sulla tomba avrebbe reso tutto più reale. È passato molto tempo, è vero ma per me non è ancora reale il fatto che mio padre sia morto, quando sono sola parlo con lui e ho la sensazione che mi risponda perché tutti i miei dubbi in un attimo svaniscono.

Scendo dall'aereo con solo un bagaglio a mano, rimarrò in America solo oggi e sta notte, domani mattina ritorno nella mia vera terra: l'Africa. Quella terra ormai è mia mi appartiene. Passo dall'hotel mi faccio una doccia veloce, mi cambio e corro al cimitero. Entro in quel luogo che mi ha sempre tanto tormentata e con passo deciso mi avvio verso la tomba di mio padre, so che potrei cambiare idea e tornare indietro ne sarei capace, ma non voglio.

Indosso i miei occhiali neri e grandi prima che le lacrime inizino a sgorgare. Mi ritrovo in un niente davanti alla tomba, il nome di mio padre scritto in grande e affianco un delle sue migliori fotografie. Ormai le mie lacrime sono irrefrenabili escono senza che io cerchi di fermarle, poso una girasole sulla tomba e mi siedo per terra. Da piccola lo facevo sempre, mi sedevo a terra e lui mi raccontava delle storie, questa volta non ci sono storie ma solo tante lacrime per qualcosa che era già reale ma che per me è diventato reale solo adesso.

Sento una mano calda sulla spalla, mi volto è mia madre, così torno subito in me trattengo le lacrime e mi alzo.

-Ciao Joanna!

-Ciao mamma.

-Sei riuscita a venire fino alla fine.-annuisco a questa affermazione e lei continua.-Quando parti?

-Domani mattina.

-Verrai a salutarci?

-No.

-Ti trovi bene li?

-Si.

-Sai che se ti serve qualcosa puoi sempre chiedere.

-Lo farò.

-Sai che le due figli di Jack hanno preso medicina?

-Interessante.

-Jack ultimamente non sta molto bene...

-Mi dispiace.

-Scusa se non ti ho chiamato...ma per me era una situazione difficile.

-Non ti preoccupare.

Stanca di dare risposte meccaniche mi giro di spalle e me ne vado lasciandola li...

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Capitolo 11
*** Ama chi ti vuole bene. ***


Tornata a casa mia mi assalgono le notizie: Violet e Robert si sposano mentre Luke ha adottato un cane buffissimo con il pelo lungo, penso sia un barboncino ma non ne ha le sembianze! C'è una nuovo arrivato: il fidanzato di Charlotte sono carini! Il rapporto tra me e Charlotte si è fatto molto profondo siamo quasi come sorelle mentre quello con Luke è un rapporto come quello di due migliori amici. Ci vogliamo molto bene ma niente di più.

Adesso siamo tutti sul mio portico che arrostiamo carne in allegria.

Accendo la radio ( http://www.youtube.com/watch?v=eJ9vjSeajdA mettetela e ascoltate attentamente le parole), mi siedo su una poltrona e mi godo il panorama e la compagnia dei miei amici! <3 adesso posso dire che AMO CHI MI VUOLE BENE.

 

 

 

Ciao a tutti!

Come sempre alla fine delle mie storie ci sono i ringraziamenti.

Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito e anche quelli che hanno solo letto!

Per me è molto importante scrivere storie anche se so che questa non è delle migliori ci ho messo come sempre tutto il cuore.

Grazie a tutti un bacio grande!

Natalia.

 

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