Bring me to life.

di Laay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** New haircut, new life. ***
Capitolo 3: *** Dinner. ***
Capitolo 4: *** Two meetings. ***
Capitolo 5: *** You're not a hero. ***
Capitolo 6: *** Just Friends. ***
Capitolo 7: *** Back. ***
Capitolo 8: *** Green eyes. ***
Capitolo 9: *** I can't. ***
Capitolo 10: *** Present. ***
Capitolo 11: *** You saved me. ***
Capitolo 12: *** Past. ***
Capitolo 13: *** I'm not an easy girl. ***
Capitolo 14: *** Wedding. ***
Capitolo 15: *** You are not alone. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


'Una vita distrutta insieme alla mia infanzia.'



Come ogni sera tentò di addormentarsi con la speranza di sognare il principe azzurro pronta a portarla via da quell'inferno. E con principe azzurro non intendeva per forza l'amore della sua vita, ma soltanto qualcuno che la salvasse dalla sua stessa vita. 15 anni e un triste passato avevano fatto sì che ora Lane si trovasse in quella situazione. Abbandonata dal padre dopo la morte di sua madre, la ragazza viveva in uno sgabuzzino tra la 23esima e la 24strada. Chelsea, New York. Lane era stata abbandonata lì, abbandonata al suo destino, abbandonata alla sua solitudine. Aveva quattro anni quando suo padre le disse: 'Hey Lane, se mi aspetti qui fuori vado a comprarti un bel gelato, okay?' 
Ma il gelato non arrivò mai. Era stata abbandonata in un modo così brutale che aveva perfino quasi dimenticato il volto di suo padre. Fu così che Lex le offrì delle caramelle e da allora la fece sua senza darle nessuna via di fuga. Per quanto avrebbe voluto non sarebbe mai riuscita a scappare. Rinchiusa in una prigione mentale, rinchiusa in se stessa a causa di un uomo, se di uomo si può parlare. Quell'essere, in cambio di un pezzo di pane e qualche frutto, la costringeva a recitare la parte della povera ragazzina abbandonata per rubare qualche dollaro ai ricconi di passaggio ogni giorno. Aveva dimenticato il significato della parola amore, aveva dimenticato tutto quello che non fosse rubare. Quella notte però il suo caro e atteso principe azzurro non arrivò, soltanto lui, Lex, 43 anni. Non se lo sarebbe mai aspettato. Mentre era sulla sua brandina, fantasticando sul suo futuro, quello le si avvicinò sussurrando:'Per la prima volta stasera ti farò divertire, non sei contenta?' 
Le legò i polsi dietro la testa e iniziò a strapparle i vestiti. Poi un attimo, un urlo. Lex, insieme all'infanzia, la felicità e l'ingenuità di Lane, si era preso brutalmente anche la cosa più importante che una ragazza possa conservare: la sua verginità.




Salve c:
Sono consapevole di star scrivendo troppe fan fiction ma mi sono ripromessa di portarle tutte a termine u.u
Questo è solo un piccolo prologo, spero possa piacervi e incuriosirvi c:
Spero seguirete, fatemi sapere cosa ne pensate c:
xx

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Capitolo 2
*** New haircut, new life. ***


Era il 19 Dicembre quella mattina, si sentiva già l'aria Natalizia tra le strade. Tutti a comprare regali, tutti a fare la spesa per il cenone della vigilia e Lane distesa sulla sua brandina, dopo la notte peggiore della sua vita. Se ne stava lì, tremante a guardare il vuoto, rannicchiata su se stessa insieme ad un grande dolore. Lei non aveva fatto nulla eppure si sentiva sporca, non aveva chiuso occhio tutta la notte. Lex era uscito da un po' e nonostante Lane non avrebbe più voluto rivederlo, stentava a scappare, non riusciva neanche a muovere un muscolo. Era stato così brutale con lei quell'essere; meschino, senza pudore, senza rammarico non aveva pensato due volte alla situazione psicologica della ragazza. In quel momento Lane avrebbe avuto voglia di farla finita, avrebbe avuto voglia di smettere con quella vita, non la sopportava più. Si sentiva fuori posto dopo quella notte, peccatrice al tal punto da non meritare di vivere, da non meritare di esistere neanche sotto forma d'anima. Il raggio di sole che si faceva spazio tra le sbarre della finestrella in alto non la riscaldava. Era flebile, freddo, stanco. Un sole stanco di splendere, di brillare. Come Lane. All'improvviso gli occhi della ragazza si spalancarono. Scese velocemente dalla brandina e prese il coltello che Lex usava per tagliare i pezzi di formaggio. Si sedette, lo osservò. Era vecchio, malandato e anche poco tagliente. Chissà che se ne faceva Lex. Con un gesto deciso afferrò i suoi lunghi ricci castano scuro e iniziò a tagliarli. Li tagliò fino all'altezza del volto, poco più in basso. Guardò le ciocche cadute a terra, erano illuminate da un unico raggio di sole, quello che con sforzo riusciva a penetrare in quella buia stanza. Per la prima volta notò dei riflessi rossi su quegli spessi filamenti scuri; probabilmente quella sfumatura l'aveva ereditata da sua madre. Prese di nuovo il coltello per tagliarsi i capelli che non erano ancora alla lunghezza degli altri, come per esempio quelli che le componevano una sorta di ciuffo laterale. 
-Ciao Lane.- Lex entrò improvvisamente nella stanza facendo sbattere la porta. La ragazza saltò involontariamente, lasciando al coltello la possibilità di tagliarle la guancia. 
-Nuovo taglio di capelli?- Chiese l'uomo. Lane non rispose. Quello scosse la testa e si andò a sedere pesantemente sulla sua poltrona. 
-Va a fare quello che devi, il ristorante di fronte è pieno. Ah, stasera ho saputo andrà a cenare lì un ricco cantante con sua moglie, punta su di loro.-
Senza annuire o dare risposta alcuna, Lane uscì di casa sapendo che Lex l'avrebbe spiata. Si fece spazio tra la gente che sembrava perfino non vederla, ma in fondo lei ci era abituata. Ormai non sapeva neanche più trovare una ragione per stare al mondo. La sua vita si riduceva soltanto a rubare qualche spicciolo ai ricconi di passaggio e nulla più. Per quale divino motivo l'Essere Superiore che ha creato tutto continuava a tenerla in quel mondo? Cosa voleva da lei? Lain sapeva che non avrebbe mai trovato una risposta a quella domanda. Nonostante questo continuava a fare quello che faceva da sempre. Attraversò la strada insieme ad una ventina di persone. Lo trovata divertente, divertente vedere come persone che durante un'intera vita non riescano ad andare d'accordo con un solo essere umano, riuscivano ad attraversare la strada tutti insieme. A parte la considerazione del semaforo comunque. 
Si trovò sul marciapiede apposto, proprio dove si trovava il ristorante indicato da Lex. Si rannicchiò lì fuori e attese che qualcuno si accingesse ad entrare nel locale. Avvistò una coppia di uomini in giacca e cravatta, probabilmente stavano andando ad una riunione di lavoro. 'O probabilmente sono gay' pensò, guardando le loro mani prive di qualsiasi fede nuziale. Non aveva niente contro di loro, anzi. Avrebbe sempre voluto che smettessero di nascondersi, in fondo l'amore è sempre amore.
Cominciò a piagnucolare nella speranza di essere sentita, così fu. Poi lei sapeva che gli omosessuali avevano una sensibilità molto accentuata e questo era un lato che adorava.
-Ciao piccola, che c'è?- Le chiese amorevolmente il più basso dei due inclinando la schiena verso di lei.
-Ho fame, non mangio da giorni ormai. Ho paura che non sopravviverò.- Disse Lane singhiozzando.
I due uomini si scambiarono uno sguardo per cercare conferma l'uno dall'altro sul da farsi. Poi l'altro prese 50 dollari e li porse alla ragazza seduta per terra.
-Ecco tieni bella, va a comprarti anche un paio di magliette.- Consigliò. 
-No, grazie, non deve disturbarsi per me.- 
-Avanti prendili, io non vado in rovina se ti dò 50 dollari.-
-Grazie.- Lane li guardò col volto coperto di lacrime ed uno sguardo da cerbiatta. I suoi occhi erano particolari: marroni, si, ma quando illuminati dalla luce del sole prendevano le sfumature dell'arancione. Prese delicatamente i 50 dollari e salutò educatamente i due uomini. Corse via di lì e giunse da Lex per mostrargli la somma appena 'guadagnata'.
-Niente male piccoletta, un buon guadagno come inizio giornata. Tieni, prendi.-
Disse l'uomo tirandole un pezzo di pane con un pò di formaggio.
-Non mi piace il formaggio.- Rispose fredda Lane.
-Meglio, lo mangio io.- Concluse freddamente Lex mentre dava un violento morso al latticino.
Lane passò il resto della giornata sulla sua brandina. Si sentiva così inutile. Si sentiva una marionetta nelle mani di un essere che a volte si divertiva ad accorciarle i fili. Vedeva il buio nel suo futuro, un buio solitario in cui nessuno si sarebbe ricordato di accendere la luce. Tutto dannatamente uguale e inutile. Chiuse gli occhi per un po', addormentandosi.
-
Sveglia, svegliati!- Urlò qualcuno. Era Lex.
La ragazza stropicciò gli occhi prima di comprendere di trovarsi ancora in quella realtà senza via di fuga. Senza farselo ripetere due volte si alzò dalla brandina e senza curarsi dell'aspetto, senza curarsi di porgere un saluto che in fondo non era nemmeno meritato, uscì dalla porta di casa in attesa dell'arrivo delle 20:00. Sapeva cosa doveva fare, era inutile stare ad ascoltare il violento rumore delle parole di Lex. Era una violenza per la sua mente ogni volta che quell'essere parlava. Camminò lungo la lunga strada in cui 'risiedeva' e notò un enorme cartellone. The Jonas Brothers Are Back, recitava l'intestazione. Tutti si erano affollati per leggere qualcosa, come supponeva Lain forse le date di nuovi concerti. Ricordava di aver sentito parlare di quei tre qualche anno prima, lei era più piccola, ma non aveva mai avuto la possibilità di ascoltarli. Sentì improvvisamente il grande orologio sulla vecchia chiesa evangelica a pochi metri di distanza scoccare le otto. Ora quella chiesa era stata occupata da alcuni volontari che si dedicavano all'educazione e la crescita di bambini con disturbi particolari. Era così fiera di quelle persone, anche se non ne conosceva neanche una. Pensava semplicemente che fosse una bella cosa aiutare chi più ne ha bisogno. Abbassò il capo. Tornò indietro calpestando qualche foglia secca di tanto in tanto. Attraversò la strada e si sedette davanti la porta del ristorante, attendendo. Dopo pochi minuti vide un volto conosciuto. Si, l'aveva visto poco prima sul cartellone. Era lui probabilmente il cantante di cui aveva parlato Lex. L'aveva immaginato più vecchio, invece sembrava avere non più di una ventina d'anni. Era mano nella mano con una splendida ragazza dal sorriso raggiante che a quanto pare era contagioso per il ragazzo con la barbetta che doveva essere suo marito. Rimase a fissarli per un po' finché i due non la notarono.


Salve di nuovo C:
Primo capitolo, spero sia di vostro gradimento!
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Un bacio, 
xx

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Capitolo 3
*** Dinner. ***


-Cos'hai bella?- Le chiese il ragazzo sedendosi accanto a lei. Meravigliata, Lane, rimase per qualche istante a fissarlo con le lacrime che smisero di scendere. Riabbassò la testa e recitò la battuta che usava sempre.
-Ho fame, non mangio da giorni ormai. Ho paura che non sopravviverò.-
Il ragazzo cercò lo sguardo della moglie, preoccupato, come in cerca di conferma.
-Non va bene, no!-Disse per cercare di rendere la situazione meno drammatica. Saltò in piedi pulendosi il pantalone e porse una mano a Lane per aiutarla ad alzarsi.
-Abbiamo un tavolo prenotato, perché non ceni con noi?- Le propose.
Lane rimase impassibile, non poteva. Se avesse accettato non avrebbe potuto racimolare danaro da portare a Lex che probabilmente non gliel'avrebbe fatta passare liscia facilmente. Spostò lo sguardo dal ragazzo alla ragazza in continuazione. 
-Io sono Danielle, lui è mio marito Kevin. Tu come ti chiami?- Disse dolcemente la ragazza piegandosi sulle ginocchia.
-Lane, mi chiamo Lane.- Rispose timidamente.
-Bene Lane, hai un bellissimo nome, sai?-Le fece notare mentre le asciugava le lacrime dal viso.-Perché non vieni con me? Sennò, vedi quel ragazzo?-Chiese indicando Kevin. Lane annuì.-Devo sopportarmelo tutto da sola!- Esclamò scherzando.
-Hey! Dovresti essere grata di passare le serate con me!- Disse Kevin per tutta risposta, lasciando che le labbra di Lane si curvassero in un dolce sorriso. 
-Dai, vieni.- La incitò Kevin porgendole ancora la mano. Danielle le fece un cenno di assenso e Lane prese la mano del ragazzo per alzarsi. La scortarono dentro il ristorante. Nonostante lei fosse sempre lì fuori non aveva mai visto come quel locale fosse all'interno. Aveva davvero stile, molto moderno, anche se i colori che si alternavano erano soltanto il nero e il bianco. Semplice ma davvero piacevole, di pianta rettangolare. Di fronte l'entrata principale c'era l'angolo bar, un lungo bancone semicircolare sotto cui erano disposti diversi sgabelli in pelle nera e bianca, alternando ogni sgabello. Tutto il resto dello spazio era occupato da tavoli rotondi e su uno dei lati più lunghi del ristorante il muro era sostituito da un enorme acquario contenente pesci rossi, pesci angelo e di diversa specie. Lane giurò d'aver visto anche qualche cavalluccio marino. Era rimasta sbalordita, non aveva mai visto niente di simile.
-Ti piace?- Le chiese Danielle.
-È meraviglioso, non ho mai visto nulla così.- 
-Buonasera signori Jonas, vedo che avete un'ospite. Il solito tavolo?- Chiese un'educata cameriera ai due sposi.
-Possiamo avere quello che prendemmo l'ultima volta vicino all'acquario?- Chiese Kevin.
-Certo, seguitemi pure.-
La signorina lì scortò fino al tavolo e lasciò loro i menù mentre Kevin faceva sedere Lane e Danielle tirando la sedia per farle accomodare. 
-Cosa Prendete?- Chiese Kevin.
-Io proporrei qualche antipasto misto, così facciamo assaggiare a Lane diverse cose e poi un bel piatto di spaghetti con le cozze e vongole, come li abbiamo mangiati a Natale. Vi va?- Propose Danielle.
Lane si limitò ad annuire e a voltare lo sguardo ad osservare i pesci. Li vedeva così in trappola, come lei. Si era sempre chiesta se interagissero tra di loro, se in qualche modo comunicassero, e come. Li vedeva sempre lì, a nuotare a vuoto, tutto il giorno. Dovevano pur fare qualcosa!
-Allora Lane, dove vivi?- Chiese Kevin.
La ragazza si voltò di scatto e cercò un risposta sostitutiva alla verità da dare in fretta.
-Ehm..io..in uno sgabuzzino, se così si può chiamare.- Disse calando il capo come per vergogna.
-Vivi da sola?- 
Lane avrebbe tanto voluto dire la verità, avrebbe voluto dire di quanto la vita fosse stata ingiusta con lei, di come suo padre l'aveva abbandonata dopo la morte di sua madre, di come quell'uomo l'aveva usata e molestata.
-Si.- Mentì.
Kevin e Danielle si accorsero dell'imbarazzo che quelle domande suscitavano nella ragazza, così evitarono di porgerne altre.
-Tu fai il cantante?- Chiese Lane a Kevin.
-Si, conosci me e i miei fratelli?-
-Sentivo parlare di voi qualche anno fa, oggi poi ho visto il cartellone del vostro ritorno. Avete smesso per un po'?-
-Si, ci siamo dedicati un po' a noi stessi. I miei fratelli, Nick e Joe, hanno registrato un album da solista e io mi sono sposato con questa donna meravigliosa.- Disse mentre guardava la ragazza seduta accanto a lui e stringendole la mano, facendo comparire così un dolce sorriso sul viso di quella.
Lane pensò che quei due dovessero amarsi molto, nonostante la loro giovane età. Si vedeva dalla complicità che c'era tra le loro menti, dagli sguardi che nonostante non avessero parole celavano tutti i sentimenti che l'uno provava per l'altra. Erano in sintonia e Lane non aveva mai visto nulla del genere.
-Siete meravigliosi insieme.- Disse Lane. Danielle le accarezzò la guancia.
-Domani devo andare a fare un po' di shopping ma questo cattivone non vuole accompagnarmi. Ti va di venire con me?- Propose Danielle a Lane.
-Io.. Ehm.. In realtà.. Ho da fare.-
-Dai, ti giuro che non ti annoierò, anzi, ti aiuterò a scegliere qualcosa di carino!-
-Ma non avete obblighi verso di me, non devi comprarmi qualcosa.- Fece notare Lane abbassando lo sguardo.
-Voglio farti un regalo.- Disse Danielle sorridendole. Lane annuì.
-Domani alle 9:00 qui fuori allora?-
-Va bene!-
Arrivarono finalmente gli antipasti e Kevin e Danielle spiegarono a Lane di cosa era fatto ogni alimento servito su quei vassoi. La ragazza li ascoltava mentre gustava uno ad uno tutti i cibi, così per provarli. Pensò fossero davvero buoni.
La serata passò in modo veloce e piacevole, e quando arrivò il primo Lane lo divorò senza fare complimenti. Scherzarono tutta la sera e la ragazza avrebbe tanto voluto che il tempo smettesse di scorrere. Si trovava bene e stare con Kevin e Danielle, era un sollievo dalla realtà. Nonostante non la conoscessero l'avevano già fatta entrare nelle loro vite come se nulla fosse, come se fosse una parente venuta da lontano. A Lane piaceva quella sensazione. Essere presa in considerazione per un attimo, trovare qualcuno a cui interessasse il suo bene. Anche se si erano appena conosciuti si sentiva amata.
-Grazie.- Mormorò Lane appena usciti dal ristorante. 
-E di cosa?!- Risposero entrambi.
-Sono stata bene stasera e non è mai capitato.- 
I due le sorrisero.
-Ci vediamo domani alle 9:00 qui allora, okay?- Le ricordò Danielle.
-Certo!-
-Buonanotte.-Si dissero tutti e tre.
Lane rimase lì ancora per un po' mentre li osservava tornare a casa felici, mano nella mano, ridendo e scherzando mentre entrambi, di tanto in tanto, voltavano il capo per dare un'ultima occhiata alla ragazza. Dopo poco girarono l'angolo e Lane si ricordò improvvisamente che Lex l'aspettava ancora a 'casa'. Tremò al solo pensiero della sua figura, dei suoi occhi pieni d'ira. Si incamminò lentamente, sperando che apparisse qualcosa dal nulla a trattenerla, ma niente. Dopo pochissimo eccola lì, di fronte la porta attraversata la quale avrebbe trovato solo distruzione e rabbia. Sospirò, consapevole che una volta dentro probabilmente non sarebbe più uscita. 
-Buonasera, Lane.-
Lex la salutò non appena udì la parte scricchiolare. La ragazza entrò con cautela nella fredda stanza in cui viveva da circa undici anni.
-Ho visto che ti sei fatta degli amici.-
-Non sono riuscita a prender denaro, mi spiace.- Disse abbassando il capo.
-Ci penserai. Continua a frequentarli.-
Lane lo guardò sbalordita.
-Glieli prenderai man mano.-
-Sono brave persone, posso continuare a fare quello che faccio sempre.-
-Da loro trarremo più profitto.-
-E se non lo facessi?- Domandò con un tono di sfida che però si consumò subito.
-Se vuoi che non gli sia fatto niente lo farai.-
Tradire le uniche persone che le avevano dimostrato affetto. Quell'uomo le aveva appena tolto anche l'ultima speranza di essere felice.



Salve! Sono consapevole di aver tardato un po' e di non aver scritto proprio un capolavoro, perdonatemi!
Cercherò di essere più costante c:
Avrete notato che il nome di Lane non è scritto come in precedenza, soltanto perchè mi sono resa conto di averlo sbagliato, in ogni caso la pronuncia è sempre 'Lain' c:
Spero possa piacervi almeno un po'! Fatemi sapere e grazie tanto a chi segue la storia e a chi recensisce, significa molto per me!
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un bacio,
xx

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Capitolo 4
*** Two meetings. ***


Erano quasi le 9:00 e Lane si avviò verso il ristorante dove avrebbe dovuto incontrare Danielle. Si sentiva male, aveva un peso allo stomaco. Teneva a quei due ragazzi come a nessuno, anche se li aveva conosciuti solo la sera precedente, e se non avesse voluto che fosse fatto loro del male sarebbe dovuta essere lei a ferirli. Attraversò la strada con quel pensiero che continuava a martellarle la testa. Urtò un paio di passanti, ma chiese umilmente scusa. Arrivò di fronte al ristorante e attese che Danielle arrivasse. Ad un certo punto la vide proprio mentre girava l'angolo, era bellissima. Sorrideva, l'aveva già adocchiata da lontano, la stava salutando. Come avrebbe fatto a guardare quegli occhi tanto puri, tanto dolci? Non emise gesti particolari, si limitò ad aspettare che la raggiungesse. 
-Buongiorno Lane! Tutto bene oggi?-
-Si, grazie Danielle. Tutto bene, tu?-
-Si, ma a dire la verità ho un certo languorino, non ho fatto colazione. Ti va di mangiare un cornetto?-
Lane annuì e si lasciò guidare verso un bar.
-Eccoci.-
'Starbucks' lesse Lane sull'insegna. Doveva essere davvero un bar molto conosciuto, era pieno zeppo di gente. Tanta gente che parlava, che prendeva le ordinazioni più assurde, con combinazioni di caffè, cacao, latte, caramello e non si sa quale altra cosa. Lane si guardò intorno, incapace di leggere nei gesti delle persone ogni loro impegno. La maggior parte della gente prendeva un caffè e scappava via mentre poi c'era chi si sedeva comodamente ad un tavolino, con caffè, cappuccino, muffin e cornetti e si godeva la propria colazione in santa pace, magari con un paio di cuffie nelle orecchie.
Danielle e Lane si misero educatamente in fila. Danielle elencò tutti i prodotti che poteva fornire Starbucks a Lane per farle scegliere cosa più preferisse. Non chiese niente di particolare una volta arrivata alla cassa. Un cappuccino col caramello e un muffin. Danielle prese lo stesso. Le due si andarono a sedere ad un tavolino vicino alla vetrata che dava sulla strada. 
-Allora, sei pronta per un po' di sano shopping?- Chiese Danielle entusiasta.
Lane annuì mostrando un sorriso che tentò di far sembrare più spontaneo possibile. Le parole di Lex le giravano ancora in testa e come sempre erano una violenza. Attaccavano ogni singola cellula del suo cervello e le prostravano al volere di quell'essere malefico. Era strano, erano solo parole eppure Lane non riusciva a liberarsene. Uno strano gioco psicologico che la rendeva schiava di un uomo.
Le due ragazze finirono dopo poco la colazione e uscirono da lì per iniziare la loro sana mattinata di shopping. Danielle mostrò a Lane i più bei negozi di quell'enorme quartiere di New York. Girarono davvero a lungo, provarono vestiti su vestiti e Lane per qualche ora dimenticò che cosa fosse essere sola. La compagnia di Danielle le sembrava quella di una sorella maggiore, anche se non l'aveva mai avuta. Si era affezionata a lei in così poco tempo e Lane non sapeva neanche perché visto che non si riteneva nulla di speciale.
Erano ormai le 12:00 in punto e con diverse buste di acquisti in mano, Danielle e Lane dovettero terminare la loro mattinata insieme. 
-Stasera a casa nostra viene Joe, il fratello di Kevin. Ti va di venire? È molto simpatico, penso andrete d'accordo. E poi fai anche compagnia a me visto che quei due quando iniziano a parlare non finiscono più!-
Lane rimase un attimo contraddetta. Le parole di Lex fecero di nuovo capolino nella sua mente.
-Dai, avanti!-
-Va bene, grazie mille per l'invito.-
-Ti vengo a prendere un po' prima, così ti prepari da noi, okay?-
Lane annuì e sorrise. Avrebbe tanto voluto essere felice ma non ci riusciva. Lex era nella sua mente, sempre allerta nel veder spuntare un sorriso sul viso di Lane e di conseguenza fare in modo che le labbra della ragazza tornassero piatte, al loro posto. Danielle diede un bacio sulla fronte a Lane e si diresse verso casa.
-Alle sei meno un quarto qui fuori, okay?- Urlò a Lane mentre si girava verso di lei. Lane annuì e con la mano le diede un ultimo saluto.
Tornò così alla sua triste realtà, mentre i suoi piedi ripercorrevano la fredda strada di casa. Indossava un cappottino marrone, l'unico che aveva, non la riscaldava tantissimo, non era di ottima qualità. In realtà l'aveva preso su una bancarella di vestiti usati. Lo stringeva al petto per cercare di soffrire meno il freddo, ma, ahimè, non ci riuscì. Ma in fondo era abituata a convincerci, lei non viveva in una casa col riscaldamento, magari con un bel camino. Aveva sempre vissuto in un freddo sgabuzzino in cui anche la luce del sole aveva paura di entrare.
Aprì lentamente la porta di quella stanza, Lex non c'era. Posò le buste degli acquisti regalatele da Danielle sulla sua brandina e si sedette accanto a quelle. Le fissò, come se non fossero sue, come se le avesse rubate a qualcuno. Poi improvvisamente si alzò e lentamente infilò la mano in una delle buste e prese il primo capo, un lupetto blu elettrico. Lo sfiorò, ci passò sopra le mani come per segnarne il possesso. Un po' come fanno gli animali che per circondare il loro territorio spargono urina sul perimetro.
-Vedo che hai fatto acquisti.- Lex era appena entrato, senza farsi sentire. Lane si spaventò e il suo sistema nervoso la fece indietreggiare automaticamente di qualche passo. Si sentiva come se fosse stata colta con le mani del sacco anche se non aveva fatto niente. Era strano il modo in cui si sentiva quando appariva quell'uomo.
-Stasera ho una cena a casa loro.- Confessò.
-Ottimo, eccellente! Mi raccomando.- Strizzò l'occhio in segno di raccomandazione e uscì di nuovo. 
Lane si lasciò andare sulla sua brandina, come se fosse appena sfuggita alla morte. Si pentì subito di aver informato Lex della cena ma non riusciva a trattenere niente. Non sapeva cosa di preciso le facesse sempre dire la verità, quale strana forza di costrizione agisse su di lei. Aprì il cassetto della scrivania di Lex e prese un po' di pane. Non era affamata come le altre volte, gli ultimi due pasti erano stati soddisfacenti.
Per tutto il pomeriggio camminò avanti e indietro cercando un discorso intelligente da proporre al fratello di Kevin in serata. Non voleva fare brutta figura. Anche se cercò disperatamente qualcosa, nulla le venne in mente. In fondo lei non conosceva molto, invece quei ragazzi avevano visto il mondo, avevano storie da raccontare, luoghi da descrivere. Cos'aveva lei? Un'infanzia distrutta che era meglio lasciar stare nel passato.
Erano ormai quasi le sei meno un quarto e Lane rovistò tra le buste cercando il vestito adatto da mettere per la serata. Scelse una gonnellina blu scuro con un lupetto grigio e un cardigan dello stesso colore della gonna, su cui però il blu era interrotto agli estremi delle maniche da alcune striscioline grigie. Calzettoni lunghi neri e scarpe erano già pronti. Mise il cappellino nuovo in testa, prese la busta con i vestiti e si diresse verso il ristorante, dove la attendeva Danielle. Quando arrivò la trovò già lì ad aspettarla.
-Sei qui da molto?- Chiese preoccupata di averla fatta aspettare troppo.
-No, tranquilla, sono appena arrivata. Andiamo?- La incoraggiò quella con un sorriso.
La casa di Kevin e Danielle a quanto pare non era molto distante da lì, la raggiunsero dopo poco. Era davvero una bella casa, anzi, era una casa. Per Lane la defizione di casa era alquanto lontana e vedere tante stanze messe insieme era qualcosa di sovranaturale. Era davvero molto accogliente. Kevin a quanto pare era già a fare la doccia poiché sarebbe dovuto andare a prendere suo fratello Joe all'aeroporto. Danielle condusse Lane al piano superiore, nella stanza degli ospiti. C'era addirittura un bagno in camera! A Lane pareva di sognare. 
-Ti preparo un bel bagno caldo, ti va?- Le propose Danielle.
La tentazione era forte così Lane annuì sorridendo e senza esitare. Danielle scomparse nel bagno, mentre Lane si tolse il cappottino e sistemò per bene i vestiti sul letto. Diede loro un ultimo sguardo e poi raggiunse Danielle che le poggiò accappatoio e asciugamani puliti su un mobiletto e le lasciò godere il suo bagno caldo. Lane chiuse la porta e si spogliò dai vestiti che portava addosso. Si guardò allo specchio, cosa che non poteva mai fare. Osservò il suo viso, i suoi capelli, il suo corpo. Sapeva di non essere l'ideale di bellezza angelica ma era consapevole di non essere da buttare. Eppure, più guardava il suo viso, più guardava il suo corpo notava piccole cicatrici sofferte nel tempo, quelle che gli altri non vedono, che solo lei sapeva esistere perché non erano stata impresse sulla superficie cutanea. Erano all'interno, nel profondo. Accarezzò i suoi capelli tagliati male, un 'taglio' che si era presa la libertà di farsi da sola poco prima quando Lex.. Scosse la testa, infilò un piede nell'acqua della vasca; era meglio smettere di guardarsi allo specchio o i ricordi sarebbero riaffiorati. Si lasciò andare tra quelle bollicine su cui iniziò a soffiare quasi per divertimento. Notava i diversi colori in ognuna di loro. Poi chiuse gli occhi per un attimo e notò che quello era davvero un momento felice per lei ma si ricordò della cena e sbrigò a lavarsi, uscire dalla vasca e asciugare i capelli che, nonostante il taglio malriuscito, avevano tutto un altro aspetto. Corse in camera, tolse l'accappatoio e iniziò a vestirsi. Si guardò di nuovo allo specchio, per notare per la prima volta nella sua vita il suo aspetto. Riordinò tutto e tornò da Danielle.
-Sono pronta.-
-Sei meravigliosa, Lane!-
La ragazza sorrise, non aveva mai ricevuto un complimento da qualcuno.
-Grazie.- Disse timidamente.
-Kevin e Joe stanno per arrivare. Vedrai, ti piacerà!-
-Posso aiutarti a mettere la tavola?- Non l'aveva mai fatto. Danielle annuì. Le mostrò la sala da pranzo e il mobile dove c'era tutto l'occorrente per apparecchiare. Mentre la padrona di casa quindi finiva di preparare la cena, Lane iniziò a prepare la tavola meglio che poteva, e, fortunatamente, non combinò disastri nonostante non avesse mai provato. Dopo poco ecco che bussarono al campanello. Ci siamo, pensò Lane. Sentì Kevin che faceva battutine insieme ad una voce sconosciuta e sentì Danielle dare un caloroso benvenuto a Joe.
-Vieni, ti presentiamo una persona.- Disse Kevin. 
Stavano per giungere in salotto. Lane si diede un'ultima sistemata, fece un rapido ripasso di tutto quello che doveva e non doveva fare e cercò disperatamente un argomento convincente da introdurre, ma fu troppo tardi.
-Ecco Joe, questa è Lane, una nostra amica.- Disse Kevin.
Joe per un attimo rimase intontito, probabilmente non si aspettava un'amica così piccola. Poi però sciolse le sue perplessità in un simpatico sorriso da cui Lane fu subito colpita.
-Ciao Lane, io sono Joe, il più bello della famiglia, come puoi notare!-
-Lascialo perdere, non perde occiasione per lodarsi.- Sussurrò Kevin con una mano davanti alla bocca come per cercare di non far sentire a suo fratello.
-Piancere mio, sono Lane.- Rispose la ragazza con un sorriso stampato in faccia.
-Bene, vogliamo accomodarci?- Chiese Danielle.
Tutti presero a sedersi intorno al tavolo rotondo in salone dove era già servita la cena. Spaghetti al pomodoro, pollo al forno e contorni vari. Lane non avrebbe potuto chiedere di meglio.
-Allora Lane, perché non mi dici qualcosa di te?-
-Beh, c'è poco da dire. Penso che tu abbia più cose da raccontare. Kevin e Danielle mi hanno detto che sei stato in giro per dei concerti.- Disse Lane, ormai abilissima nello sviare i discorsi. 
-Si, in effetti si. Sono stato in giro per alcuni concerti del mio album 'Fast Life', e non sto cercando di fare pubblicità occulta.-Ironizzò.-Dovresti sentirlo, non faccio così schifo, eh! Tornando a noi.. Ho girato molto in Canada, negli USA e nell'America meridionale. Ci sono dei posti fantastici, credimi. Per il video di una canzone sono andato a Parigi, personalmente è una città che amo. Ovviamente mi piace sviare e andare a Milano senza che nessuno lo sappia. Mi piace la moda e quello è il posto giusto. Tra l'altro le fan italiane sono meravigliose, mi trasmettono sempre amore e attenzioni. Non mi stanco mai di fare foto con loro, ma vorrei parlarci di più, anche se purtroppo non è possibile, sono davvero tante!- Disse sorridendo.
Lane rimase sbalordita dal discorso di Joe, lei probabilmente non sapeva nemmeno dove si trovassero tutte quelle città. No, lo sapeva. Ogni tanto le piaceva andare in biblioteca, di nascosto. Certo, i libri non erano della migliore qualità, ma almeno era riuscita ad imparare qualcosa.
-Sembri molto affezionato alle tue fan.- Osservò Lane.
-Si, lo siamo tutti e tre. Senza di loro in fondo cosa saremmo? Ci hanno sempre sostenuti ed aiutati e per noi questo vale molto.-
-Tre?!- Chiese Lane, dimenticandosi dell'esistenza di un terzo fratello nel gruppo.
-Si, tre. Me, Kevin e Nick. Lui è il più piccolo, probabilmente non l'hai ancora conosciuto. Ma comunque sta tranquilla, non ti sei persa niente. Il più simpatico è bello sono sempre io!- Disse, impostando la faccia in un'altra strana espressione. Kevin scosse la testa in segno di disappunto mentre Lane e Danielle erano divertite dall'autolodarsi di quel ragazzo.
-Convinto?!-
-Avresti da ridire?- Commentò Joe in tono di sfida, poggiando un gomito sul tavolo e alzando un sopracciglio.
-Oh no, solo che, sai com'è, Nick non l'ho ancora conosciuto e Kevin è già di gran lunga più bello di te. Non a caso è sposato con questa ragazza meravigliosa seduta al mio fianco da tre anni mentre tu...ehm..-
-Ti ha chiuso amico, mi dispiace, stavolta devi starci!- Commentò Kevin, divertito dalla brillante risposta di Lane.
-Hey, hey, hey! Un momento! L'avete pagata apposta?!- Chiese Joe ironico scatenando la risata di tutti.
-Nick è fidanzato?- Chiese Lane.
-Si, si chiama Delta.- Rispose Danielle.
-Ecco Joe, devo continuare a m
etterti davanti agli occhi altre prove?- Rispose soddisfatta.
Per tutta risposta Joe sbuffò e si lasciò andare sulla sedia incrociando le braccia, fissando Lane.
-Che c'è? Non ho detto che sei brutto, da bravo avvocato ho solo contestato la tua convinzione con delle semplici prove!-
-Kevin, dille qualcosa!- Urlò Joe come quando un bambino arrabbiato fa col padre.
-Eh no, non ho mai trovato qualcuno che riuscisse a farti star zitto in un modo così brillante quindi mi dispiace, stavolta hai perso!- Disse divertito.
Per fortuna la serata non si svolse del tutto così, Joe riuscì a 'perdonare' Lane da quelli che lui aveva definito 'insulti per i quali avrebbe dovuto smettere di parlarle'. Nonostante questo, l'aveva trovata una ragazza davvero brillante e piena di qualità. Non mancarono interminabili risate, strani racconti sui draghi e un ottimo sufflè per dessert. La serata era volata e Lane si era divertita davvero tanto come mai in vita sua. Aiutò Danielle a sparecchiare e lavare i piatti, era piacevole aiutarla.

-Andiamo Lane, ti accompagno.- Disse Danielle.
-Non preoccuparti, vado a piedi, ho voglia di fare due passi.- Rispose Lane, non voleva disturbare ancora.
-L'accompagno io, sono a piedi!- Si intromise Joe.
-Ti prego, falla arrivare sana e salva che altrimenti ti taglio i capelli a zero!- Commentò Kevin.
-Tranquilli!- 
-A quanto pare con te non c'è da stare tranquilli!- Osservò Lane.
-Senti, la smetti di mettermi in imbarazzo davanti a mio fratello e mia cognata?! Guarda che ti faccio mangiare dai cani!- Disse Joe, cercando di nascondere la sua faccia divertita dietro una minaccia.
Lane salutò affetuosamente Kevin e Danielle e li ringraziò di nuovo per la splendida serata passata insieme. Lei e Joe uscirono di casa e si incamminarono insieme.
-Allora, dove abiti?- Chiese Joe.
-E' una lunga storia Joe, non mi sembra il caso ora.-
-Hey, se è lontano prendiamo la macchina, tranquilla!-
Lane sorrise, avrebbe davvero voluto che 'la lunga storia' fosse soltanto qualche strada aggiuntiva.
-No Joe, non è questo. Magari un giorno ti racconterò tutto. Adesso va bene se mi lasci davanti al 'Black&White', proseguo da sola.-
Joe la guardò per un attimo spaventato. -Sei sicura?-
Lane annuì. Mentre camminavano non uscivano le parole, Lane ne avrebbe volute dire tante e Joe ne avrebbe volute ascoltare altrettante.
-Quanti anni hai, Lane?-
-Sono piccolina, quindici.-
-No che non lo sei! Io ventitre.-
-Rispetto a te abbastanza.-
-Mentalmente ne dimostri molti di più-
Come avrebbe potuto mostrarne di meno in fondo con tutto quello che le era capitato?
-Io mi fermo qui, tranquillo puoi andare.-
-Ti va domani un gelato?-
Lane tentennò.
-Avanti! Mangio il gelato, mica te!-
-Va bene, alle quattro e mezza qui fuori va bene?-
-Certo! Buonanotte Lane.-
-Buonanotte Joe.-
Il ragazzo la lasciò con un bacio sulla guancia, mentre Lane lo guardava camminare verso il buio della strada successiva, poco illuminata a causa di alcuni lampioni rotti da sostituire. Quando non lo vide più, si sedette su una panchina e ripensò alla meravigliosa giornata appena trascorsa. Joe era davvero un bravo ragazzo, come Kevin. Non si era mai soffermata a pensare su come i cantanti e gli attori conducessero le loro vite ma era sicura che la puzza sotto al naso ce l'avessero un pò tutti. Loro invece non erano così. Erano semplici, divertenti, spiritosi, umili. Erano persone meravigliose e ora riusciva a capire di cosa Danielle si fosse innamorata. Si accorse che tra un pensiero e l'altro si stava facendo tardi, così fece per alzarsi quando sentì qualcuno tossire. Il rumore proveniva da una piccola stradina, un vicolo cieco che si trovava proprio accanto al 'Black&White'. Con cautela si avvicinò sempre di più fin quando non vide qualcuno disteso a terra. Corse subito in suo soccorso.
-O mio Dio, o mio Dio! Cosa ti è successo?!- Chiedeva preoccupata mentre si era inginocchiata accanto al ragazzo disteso a terra.
-Niente.- Disse quello a fatica. Continuava a tossire. Lane non riusciva a vedergli gli occhi, la luce presente in quella stradina era troppo fioca. Notò un paio di labbra però che non aveva mai visto in giro. Nonostante fossero macchiate di sangue erano a poco dire perfette. Sembravano essere state disegnate appositamente da qualcuno. Avevano lineamente dolci e morbidi. Il ragazzo continuava a tossire, così Lane smise di fissare le labbra.
-Cosa ti hanno fatto?! Devo chiamare un'ambulanza.-
-Tieni.-Disse il ragazzo porgendole il suo cellulare.-Chiama da qui e scappa, potrebbe essere ancora in giro.-
La ragazza chiamò il 911 per far giungere i soccorsi.
-Chi? Chi potrebbe essere in giro?- Chiese preoccupata.
-Scappa ti ho detto, scappa!- Urlò il ragazzo a fatica.
Senza farselo ripetere due volte corse via, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a quello e pregando Dio che i soccorsi potessero arrivare velocemente.




Saaaalve! c:
Okay, sono qui a rompervi le balle con un capitolo più lungo del solito! Ma dovevo scriverlo, pardon! (?)
Spero possa piacervi, fatemi sapere cosa ne pensate!
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Un bacio,
xx.



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Capitolo 5
*** You're not a hero. ***


-Come lo prendi il gelato?-
Erano le 16:30 e Lane e Joe si erano da poco incontrati per la loro passeggiata. Quel giorno sembrava fare meno freddo del solito, non a caso Lane aveva lasciato il suo cappottino nuovo in busta.

-Fragola e cioccolato.- Rispose la ragazza.
-Fragola e cioccolato?! Ma che abbinamento è?!- Esclamò Joe.
-Scusa, tu che hai preso?-
-Melone e bacio.- Rispose quello, mantenendo la stessa espressione di pochi istanti prima, avendo appena capito la stranezza del proprio abbinamento.
Lane lo guardò con una faccia quasi severa che voleva dire 'Devo proprio replicare?!'. Joe pagò i gelati e i due iniziarono una lunga passeggiata. Lui fremeva dal sapere la lunga storia della ragazzina ma era cosciente che non poteva forzarla se non era pronta a raccontarla.
-Dove sei a Natale?-
-Ehm.. Da nessuna parte.- Rispose Lane, evitando lo sguardo di Joe e addentando letteralmente il cono del gelato.
-Da nessuna parte?! Eh no, non va bene. Quest'anno a casa facciamo una grande festa mi sa, anche perché i Jonas hanno ricominciato a lavorare insieme, siamo tutti e tre New York. Ti va di venire? Penso che mia madre ne sarebbe contenta.-
-Joe, a me fa piacere ricevere queste attenzioni da parte vostra ma non posso vivere a vostro carico.-
-Hey Lane, è solo una cena!-
-Con tutta la famiglia.-
-Va bene, non insisto, prometti che ci penserai però.-
-Giuro.-
Lane sapeva che non ci avrebbe pensato neanche un attimo, la sua idea non sarebbe cambiata. Adorava quelle persone, ma non voleva intromettersi nelle loro vite, specie se si trattava anche di conoscere i genitori. Nessuno aveva responsabilità verso di lei e non voleva essere di peso a nessuno.
-Ti va di andare lì?-
Joe alzò il capo, indicando con lo sguardo un'enorme montagna russa.
-Scherzi, vero?-
Si trovavano vicino a uno dei 'Six Flags', un parco giochi della zona. Lane non era mai salita su una giostra, nemmeno la più stupida, ma Joe era intenzionato a farle fare un giro. Il ragazzo le prese d'improvviso la mano e iniziò a correre, trascinandola. Correva talmente veloce che Lane quasi non riusciva a stare al suo passo. Si vedeva che era allenato, mentre lei non aveva mai provato a fare particolari attività sportive nella sua vita. Supplicò il ragazzo di fermarsi e di tornare indietro perché la sua ultima intenzione era salire su 'uno di quegli aggeggi', come aveva appena urlato. Joe sembrava non ascoltarla, si limitava a tenerle la mano durante la corsa. Pagò i biglietti per l'entrata e cominciò di nuovo a correre per raggiungere le montagne russe. Diede la precedenza a Lane e la fece salire per prima sul primo vagone dell'attrazione. Si sedette anche lui e entrambi agganciarono le protezioni.
-Tu sei pazzo, io ci muoio qua davanti.- Disse Lane freddamente.
-Tranquilla, ti piacerà da morire.- Rispose Joe, completamente distaccato dallo stato d'animo della ragazza.
Emise un urlo di entusiasmo e Lane sperò che non fosse sempre così bambino. Sembrava il suo primo giro in assoluto, e non credeva proprio lo fosse.
-Avanti, fammi scendere.- Ordinò la ragazza.
Joe stava per aprir bocca, ma la risposta arrivò dalla giostra stessa, la quale partì senza dare la possibilità a Lane di replicare. Quest'evento disegnò sul volto di Joe un sorriso soddisfatto che si ritrovava a guardare Lane mentre questa, presa dallo spavento e dalla consapevolezza di non poter più scendere, distolse lo sguardo dal ragazzo cercando di scorgere quello che la attendeva. La prima salita poteva essere circa di 35 metri, o qualcosa in più. Discesa a tutta velocità, accelerazione da 0 a 100 km in tre secondi, giro della morte e buco nero. Cosa poteva chiedere più dalla vita? Una scimmia urlante accanto poteva essere la risposta? Joe continuava ad emettere lunghi acuti mentre l'attrazione partì e Lane chiuse gli occhi. Sentiva i vagoni salire, salire, salire, salire senza mai fermarsi e si chiedeva come sarebbe stata la discesa. Poi, un attimo, un secondo di pausa, dopodiché iniziarono a perdere quota, rendendo le urla di Joe sempre più entusiaste. Senza volerlo, senza accorgersene, Lane afferrò la mano del ragazzo seduto accanto a lei, che, appena accortosi del contatto, smise di urlare.
-Alza le mani insieme a me.- Le disse.
Lane non riusciva a rispondere, la testa le veniva spinta all'indietro, così seguì il consiglio di Joe, tanto la situazione non sarebbe potuta peggiorare, ormai era già lì. Tenendo stretta la mano del ragazzo, alzò le braccia al cielo, anche se all'inizio fu difficile visto la resistenza dell'aria. Aprì gli occhi d'improvviso e realizzò che, nonostante fosse apparentemente pericoloso, era una sensazione fantastica. Prese ad urlare, zittendo Joe per la meraviglia, il quale però in seguito si unì a lei. Un giro intero era circa di due minuti, così i due si trovarono a scendere dopo poco con la testa un po' intontita.
-Sei un idiota!- Urlò Lane accusando Joe senza risparmiargli uno spintone.
-Hey! Alla fine ti è piaciuto, quindi smettila di fare la cagasotto!-
-Io non sono una cagasotto, sei tu un idiota!- Replicò la ragazza.
-Ah no? Dovevi vederti! 'Sto per morire, sto per morire!'- Disse Joe facendole il verso e imitando alla perfezione il comportamento di Lane sull'attrazione, accentuando un po' troppo però i gesti femminili.
-Stupido!- Disse Lane prendendo a camminare.
-Dai Lane! Non fare così, era solo una giostra!- Urlò Joe raggiungendola e prendendola per il braccio, voltandola verso di sè. Scorse qualche lacrime sul viso di Lane e si sentì in colpa per quello che aveva fatto.
-Scusami Lane io, davvero, non pensavo potesse provocarti questa reazione, ci vanno tutti!- Si giustificò.
Lane scosse il capo, mentre il ragazzo le lasciò affondare la testa nel suo petto. Lei riusciva a sentire ogni curva, ogni lineamento muscolare di quello, e anche il cuore un pò agitato che emetteva battiti irregolari.
-Non sono mai stata libera.-spiegò-Ho sempre avuto paura della libertà. Per la prima volta lì sopra ho capito cosa sia ed è spaventoso.-
Joe rimase per un attimo allibito da quelle parole.
-Hey, hey, hey! Sta tranquilla, non ti ci porterò più promesso.-La rassicurò accarezzandole i capelli.-Ma tu devi promettermi una cosa.- Le disse allontanandola dal proprio corpo per guardarla negli occhi.
-Cosa?-
-Un giorno mi spiegherai questa storia e quando lo farai.. Credimi, sarai pronta ad andare lì sù di nuovo e allora potrai tirare fuori tutto quello che continui a tenerti dentro, urlare lì è una specie di sfogo.-
La ragazza annuì, cercando di convincersi che un giorno l'avrebbe fatto, ma sapeva che non avrebbe mai rivelato nulla a quel moretto. Lo conosceva pochissimo, ma aveva già capito quale persona speciale fosse, come Kevin e Danielle d'altronde, e non aveva la minima intenzione di coinvolgerlo nelle proprie vicende.
-Zucchero filato?!- Propose Joe.
-Non mi piace.- Rispose Lane asciugandosi le lacrime con le mani.
-Neanche a me.- Sorrise.
Poggiò un braccio intorno alle spalle di Lane e iniziarono a camminare. Erano circa le cinque e mezza, il sole era già sul punto di tramontare. Joe e Lane continuavano a camminare senza preferir parola, senza che i loro respiri facessero rumore o i loro sguardi si incontrassero. Giunsero in breve tempo al 'Black&White', si fermarono lì mentre entrambi si aspettavano qualche parola l'uno dall'altra, ma nessuno si azzardò ad aprire bocca.
-Okay Joe, grazie per il pomeriggio, è stato...diverso.-
-Spero diverso in senso buono!- Lane annuì. -Beh, ti va di andare a mangiare una pizza stasera?-
-Vedi che non hai la ragazza? Non hai mai niente da fare!-
Per tutta risposta Joe le regalò un pugno sulla spalla.
-Ti ho detto che devi smetterla di prendermi in giro! Sto aspettando quella giusta.- Disse, incrociando le braccia e girando la testa di lato con fare orgoglioso.
-Bella scusa!- Scherzò Lane ridendo, restituendogli anche il pugno ricevuto poco prima.
-Sta attenta a non diventarlo tu.-
-Potrei denunciarti per pedofilia!-
-Gne Gne!- Esclamò Joe, sapendo di aver perso l'ennesimo punto.-Scusami, il cellulare.- Disse voltandosi dall'altro lato.
-Pronto Kev, dimmi! Si, è con me. Davvero? È grandioso! Ci vediamo stasera fratello, ottimo lavoro!- Fu tutto quello che Lane sentì fuoriuscire dalla bocca di Joe che si girò verso di lei con un sorriso da ebete stampato sul volto.
-Stasera andiamo da Kev.-
-Che c'è, rinunci alla serata romantica con me?!-Scherzò la ragazza.
-È una cosa seria Lane, va a prepararti. Passo a prenderti qui tra un'ora.- Detto ciò le stampò un bacio sulla guancia e andò via, senza lasciarle la possibilità di replicare, facendo aleggiare nell'aria una vaga sensazione di mistero.
Lane tornò sui suoi passi, chiedendosi quale grande notizia avrebbe potuto annunciare Kevin e soprattutto perché doveva essere presente anche lei. Non voleva interferire nelle loro cose di famiglia, l'aveva sempre premesso.
Attraversò la strada e sotto il tramonto si incamminò per tornare nel suo sgabuzzino. Piano piano sentiva sempre meno il peso della presenza di Lex, ma non poteva rinnegarlo. I Jonas non erano la sua famiglia e lei non era intenzionata a influire troppo nelle loro vite, ma in qualche modo stavano riuscendo ad alleviare i suoi dispiaceri e la sua vita. Davanti la porta, la aprì, Lex era lì. Ignorandolo gli passò avanti, senza curarsene.

-Salve signorina. Mi sembra che ci stiamo dando troppo alla pazza gioia. Vedi di non innamorarti di quel cosetto.-
-Si chiama Joe, non è un cosetto.- Replicò fredda Lane senza guardare l'uomo in faccia e cercando qualcosa nelle buste degli abiti.
Lex fece per avvicinarsi a lei e la girò in modo da guardarla negli occhi. La ragazza rimase immobile, come se avesse appena visto la morte in faccia, quella da cui non puoi sfuggire, anche se vorresti. Le si pietrificarono gli occhi, le palpebre non avevano più il loro movimento naturale, forse per rimanere allerta, o forse per la troppa paura.
-Tu sei solo mia.- Disse l'uomo, stringendo nella mano sinistra il fondoschiena della ragazza, mentre con l'altro braccio le avvolgeva i fianchi per tenerla a sé. Prese così a baciarle il collo, mentre la ragazza immobile aveva purtroppo la consapevolezza di quello che stava per accadere, di nuovo. Le forze la abbandonarono, il suo corpo veniva fatto prigioniero ancora, ancora e ancora.
-Dì a cosetto che se non vuole sia fatto lui del male deve stare lontano da te. Se prova a sfiorarti anche solo con un dito, lo faccio fuori.-
Le marroni iridi della ragazza persero quel po' di luce e speranza assunti poco prima, consapevoli ormai che la vita della ragazza a cui appartenevano non sarebbe mai cambiata. Lane venne stesa sulla brandina e, mentre lei era immobile e abbandonata, Lex non perse tempo per approfittarsene, stavolta più violentemente, più dell'ultima volta. Era il suo giocattolo, e ogni bambino quando pensa di star perdendo qualcosa fa del proprio meglio per dimostrare la sua proprietà su quello e Lex stava decisamente agendo in questo modo. Lane all'improvviso prese ad urlare, per il forte dolore, per il modo in cui si sentiva e per le forti e violenti spinte che creava Lex. Questo le mise una mano sulla bocca per evitare di far sentire all'esterno le sue urla. Poco dopo completò il lavoro, era più che soddisfatto, mentre Lane aveva lo sguardo vuoto fisso su un mattone.
-Se solo fossi partecipe ti divertiresti anche tu, credimi.- Le disse quell'uomo alto, grosso e senza capelli, che portava la barba del tutto rasata e un paio di strani baffi sotto il naso.
Il silenzio fu l'unica risposta che ricevette da Lane.
-Ti ho ordinato di frequentarti con quella gente per fregar loro soldi, non per fartela coi moretti.- Continuò lui addentando una mela rossa che Lane sperò fosse avvelenata.
La ragazza rimase lì, immobile, senza stimoli e dimenticandosi dell'appuntamento con Joe. Il giovane era già arrivato da un po' nel luogo in cui avrebbero dovuto incontrarsi, la stava aspettando. Alternava continuamente il sedersi su una panchina al camminare avanti e indietro, al guardarsi l'orologio e, di tanto in tanto, allo sbirciare le diverse strade da cui sarebbe potuta arrivare la ragazza. Lui sapeva che sarebbe arrivata, una come lei non gli avrebbe mai dato buca, non era il tipo. E poi le aveva detto che era importante, e infatti lo era, parecchio. Kevin e Danielle avrebbero dovuto annunciare qualcosa che probabilmente avrebbe cambiato le vite di tutti. Ma le ore passavano e di Lane neanche l'ombra. Joe chiamò suo fratello per chiedere se Lane fosse già lì, ma neanche i due sposi sapevano niente. Il giovane si risedette sulla panchina, sperando non fosse capitato qualcosa di brutto alla ragazza che intanto lo osservava tra le sbarre della finestrella nel suo sgabuzzino. Notava quando Joe tenesse a lei, era ancora lì dopo tre ore e mezza dall'appuntamento. Lex era appena uscito, così Lane mise il suo vecchio cappottino e decise di raggiungere Joe. Per strada non c'era nessuno. Il 'Black&White' aveva il suo giorno di chiusura e tutti i locali si trovavano lontano da quel posto. Lane si avvicinò a Joe, il quale essendo di spalle non la notò.
-Che ci fai ancora qui?- Chiese la ragazza, Joe si voltò.
-Dove diavolo eri finita Lane?! Sono stato in pensiero.- Disse alzandosi.
-Devi andartene.-
-Cosa?! No, no, no.. Senti, dobbiamo andare da Kevin, deve dirci una cosa favolosa, okay? Forza.- Disse prendendole la mano.
-Joe, stammi a sentire per una volta, cavolo!- Urlò la ragazza, facendo impostare il volto di Joe in un'espressione di sorpresa e delusione. -Dobbiamo smettere di vederci, devo smettere di vedere Kevin e Danielle, hai capito? Devi andare via e non cercarmi mai più!-
-Lane, ma che diavolo succede? Oggi pomeriggio andava tutto bene..-
-Senti Joe, non sono pazza e in questo momento non ho sbalzi d'umore per le mie cose, ma tu devi starmi a sentire. Io ti voglio bene, non so nemmeno come visto che ci conosciamo praticamente da ieri, ma non ho mai voluto bene a nessuno che io ricordi e tu, Kevin e Danielle siete le prime persone per cui ho provato affetto.-
-E allora che ti prende, andiamo!-
-Fammi finire Joe. Proprio perché siete le uniche persone a cui voglio bene devo lasciarvi andare, sarete in pericolo se continuerete a frequentarmi. Quindi per favore, va via Joe, devi andare via!- Disse la ragazza, piangendo qualche lacrima.
-Lane qualsiasi cosa stia succedendo, devi dirmela! Kevin mi ha detto che ti ha incontrato mentre facevi l'elemosina, pensi che non lo sappia?! E pensi anche che non sappia come funzionano queste cose? Pensi che non sappia che c'è qualcuno dietro a manovrare tutto?! Si Lane, sembro un idiota, sarò anche un tonto, ma non sono stupido. Lane tu devi dirmelo, capito?-Urlò il ragazzo, accompagnando il discorso a larghi gesti con le braccia.
-No Joe, devi andare via, o ti farà del male, ti prego Joe!- Lo supplicò Lane in lacrime.
-Chi Lane? Chi mi farà del male? Chi?- Chiese insistentemente Joe, scrollando con le mani la ragazza.
-Devi andare Joe, per favore, fallo per me.-
-Pensa che tu sia di sua proprietà, non è così?- Urlò il giovane guardandosi intorno, cercando di far sentire a qualche probabile spione quello che diceva.- Se non mi dici chi è ti giuro che ti bacio e allora dovrà picchiarmi a sangue.-
-Joe, tu sei pazzo, tu devi andartene!-
Senza dare il tempo alla ragazza di spostarsi, di replicare o di scappare, il giovane la afferrò e la baciò, sfidando il destino, sfidando il male, sfidando chiunque li stesse guardando. La baciò senza sforzo, con amore, un amore protettivo.
-Tu non sei un eroe, Joe.- Disse sottovoce la ragazza accasciata a terra.




Saaalve! Sono tornata! Per fortuna internet è di nuovo a posto, anche se il segnale al mio pc non è dei migliori, speriamo si risolva.
Nel frattempo ho scritto questo modesto capitolo che spero possa piacervi perchè a me piace davvero tanto lol
Grazie a tutti quelli che seguono la storia, mi fa davvero molto piacere e ogni volta sorrido come un'ebete a leggere le recensioni c':
Spero che anche questo capitolo sia decente (?), ma ora devo concentrarmi sul seguito uu
Fatemi sapere e se volete seguitemi su twitter c:
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U
n bacio,
xx.

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Capitolo 6
*** Just Friends. ***



-Non lo sono, hai ragione, ma sono tuo amico.- Le disse Joe porgendole la mano per farla alzare.
-Joe, mi conosci appena!-
-Abbastanza da volerti salvare la pelle.- Lane lo guardò stupita.
-Bene, anche io. Quindi va via prima che...-
-Prima che cosa?!- Disse una voce fuori campo senza neanche lasciar finire la frase alla ragazza. Quella gelò, lasciando il sangue ghiacciarsi nelle vene e le iridi diventate grigie avendo perso ogni colore, allargarsi. L'aria si fece pesante, Lane si ritrovò il peso del mondo sulle spalle.
-Prima che io ti trovi?! Te l'avevo detto di stare lontano dal moretto.-
Si sentirono dei pesanti passi sprofondare nell'asfalto. Istintivamente Joe prese Lane tra le braccia, scatenando una malefica risarà sulle labbra dell'uomo che avanzava.
-Non sei un eroe, Joe!- Disse l'uomo imitando la voce della ragazza.-Esatto Lane, il tuo amichetto non è un eroe.-
Finalmente l'uomo si mostrò alla fioca luce del lampione mentre sembrava che il mondo si fosse fermato e che il vento fosse l'unica cosa a osare emettere rumore.
-Vada via.- Fu tutto quello che fuoriuscì dalla bocca del ragazzo, il quale iniziava a sudar freddo.
-Scommetto che ora vorresti proprio andare via con lei per farla vivere felice, non è così?-Rise di nuovo.-Come sei romantico, ragazzino. Ma Lane ha ancora qualcosa da fare. Lasciala andare e non ti farò niente.- Esordì l'uomo caricando la pistola. Joe e Lane deglutirono.
-Perché Joe, perché non sei andato via quando potevi?!- Sussurrò la ragazza, più a se stessa che al ragazzo che la stringeva.
-Posso pagarti. Ti darò qualsiasi cifra.- Propose Joe, sperando che venire a patti col diavolo potesse funzionare.
-Cinquantamila dollari andranno bene.- Rispose l'uomo, con calma.
Un mezzo sorriso di speranza affiorò sul viso di Lane, ma purtroppo non durò a lungo.
-Domattina avrai i tuoi soldi, io inizio a portare Lane con me.- A Joeseph sembrava davvero fatta.
-Aspetta, aspetta. I soldi erano per averla usata un paio di giorni. Lei è mia.-
Con una mossa veloce il ragazzo prese Lane sulle spalle e iniziò a correre, sperando che le sue corse mattutine avessero reso le sue gambe più veloci di una pallottola. Corse per pochi secondi, pensava di essere appena riuscito a girare l'angolo per chiedere aiuto quando si accorso di star perdendo sangue dalla gamba sinistra. Lasciò Lane scendergli dalle spalle e le urlò di correre a mettersi in salvo.
-Sono tua amica abbastanza da volerti salvare la pelle.- Gli ricordò la ragazza, facendo riferimento alle parole di Joe poco prima.
Approfittando della debolezza del ragazzo, fermò un taxi, chiedendo al conducente di portarlo al pronto soccorso.
-Ti voglio bene, Joe. Grazie di tutto.- Gli disse senza neanche dargli occasione di replicare, accompagnando le parole a qualche lacrima mentre chiudeva la portiera del taxi prima di vederlo andar via insieme alla speranza che un giorno avrebbe potuto rivedere quel moretto.
Lane tornò sui suoi passi, sapendo che quella sarebbe stata l'unica strada possibile nelle sua vita. Aveva paura della reazione di Lex, di quello che avrebbe potuto farle, ma il pensiero che Joseph fosse salvo la rincuorava più di ogni altra cosa. Quella sera iniziò a nevicare, eppure lei neanche se ne accorse. Le era sempre piaciuta la neve; ricordava che da bambina abitava in una grande casa con un enorme giardino dove spesso usciva a giocare con suo padre. In inverno facevano la battaglia di neve, costruivano pupazzi e si distendevano a terra per creare delle forme di angeli spiegando braccia e gambe su e giù. Era divertente. Ma ormai questi pensieri neanche le sfioravano più il cervello. Aveva capito che la vita non è una battaglia con la neve, ma una battaglia in cui qualcuno non ha armi per combattere. Aveva capito che gli angeli non c'erano sulla terra, nonostante tutti si sforzassero di credere il contrario o di fare qualsiasi cosa per farli apparire. Ma soprattutto aveva capito che i pupazzi di neve appena sorge il sole si sciolgono, esattamente come il lieto fine della sua vita. 
Si trovò improvvisamente lo sguardo di Lex puntato addosso. Sapeva di non poter sfuggire alla sua ira, sapeva di non poter scappare via. La cosa giusta da fare era consegnarsi nelle sue mani. 
-Tra due ore partiamo, preparati.- Fu tutto quello che l'uomo le disse prima di fare dietrofront e sparire nel buio. 
La ragazza corse nello sgabuzzino in cui aveva alloggiato fino a quel momento, prese una busta e mise dentro tutti i suoi vestiti, poi ne prese un'altra, dove mise tutti gli abiti che le aveva comprato Danielle. Scrisse un bigliettino che attaccò alla busta che lasciò sotto casa dei coniugi Jonas. 
Era ancora buio pesto, il sole sarebbe sorto dopo molto tempo, ma Lane non sapeva di preciso che ore fossero. Si era addormentata appena tornata a casa visto il ritardo di Lex e ora si trovava su un camion probabilmente, diretto non sapeva dove. Sentiva Lex parlare con qualcuno, probabilmente al telefono, ma non riusciva a comprendere cosa dicesse. Improvvisamente il mezzo di trasporto si fermò e Lane sentì la portiera anteriore aprirsi e poi chiudersi. Scese velocemente dalla vettura stando attenta a non farsi vedere; Lex stava parlando con qualcuno, era più basso di lui, ma Lane non riusciva a vederlo.
-Lascia stare la mia famiglia, chiaro?- Sentì dire dallo sconosciuto.
-Aspetto i prossimi cinquantamila dollari. Tu paga senza ritardo e vedrai che non verrà fatto loro niente. Sono uno stronzo, ma sono un uomo di parola.- Rispose Lex.
-Sono contento che tu lo sappia, mi stai prosciugando il conto in banca. Quei soldi mi servono.-
-Chiedili ai tuoi fratelli, ne avete in abbondanza.-
-Devo curarmi, capisci?!- Disse lo sconosciuto, arrabbiato, ma anche supplichevole.
-Scrivi altre quattro canzoncine e vedrai come farai altri soldi. Ora devo andare.-
-Dove devo spedirti le altre quote?- Chiese. Lane risalì sul camion.
-Lorella, nell'Oregon.-Rispose Lex risalendo sulla vettura e mettendo in moto.-Basta che tu scriva il mio nome sul pacco, i miei uomini me lo porteranno. Ah, dì a tuo fratello che deve smetterla di girare intorno alle cose che non gli appartengono, per favore. Non mi avresti dovuto pagare la benzina se non fosse stato per lui. Sarei ancora a NYC in pace.- Detto ciò, partì velocemente, lasciando indietro le imprecazioni del ragazzo.
Lane sospirò, chiedendosi chi fosse quel ragazzo. Lex parlava sicuramente di Joe dicendo del ragazzo che girava intorno alle proprie cose. Quindi lo sconosciuto era suo fratello. Kevin! No, Kevin non poteva essere, la voce era completamente diversa. Nick! Doveva essere lui, il terzo fratello che Lane non aveva ancora conosciuto. Ma da cosa doveva guarirsi? E perché dava dei soldi a Lex?
Il camion era già ripartito, insieme a tutte le speranze di Lane. Aveva pensato di aver trovato degli amici e ora invece era costretta ad andare via per tenerli al sicuro. Sapeva che la sua esistenza non avrebbe portato a nulla di buono, ormai si era arresa all'idea che Lex l'avrebbe sempre tenuta per sé. 
Il viaggio fu molto lungo, si trattava di passare da un lato degli Stati Uniti all'altro. Per tutto il tempo Lane stette a chiedersi cosa l'avrebbe aspettata nell'Oregon. Pensava a Joe. Sperava che l'auto l'avesse portato in fretta in ospedale, sperava che ora stesse bene, ma soprattutto sperava che Joe avesse rinunciato a salvarle la vita.
All'improvviso il camion si fermò e Lex andò a spostare il telo verde scuro che copriva il retro della vettura. 
-Eccoci.- Disse freddamente.
Lane scese velocemente e si guardò intorno; il paesaggio era quasi deserto, se non per qualche casetta disposta a circa 100 m l'una dall'altra.
La ragazza si sentì per qualche attimo smarrita. Lex le fece strada fino a una piccola catapecchia che, pensò Lane, era più simile ad una casa di quanto lo fosse lo sgabuzzino in cui viveva a New York, almeno qui aveva una stanza tutta per sè, seppur con pericolo di frana.
-Domani verranno dei ragazzi ad aggiustarla, l'ho appena comprata.- La informò Lex.-Tu nel frattempo puoi andare a fare qualche giro a cavallo, ne ho acquistato uno, è nel box accanto alla casa.-
Lane si aspettava che le chiedesse di lavorare e invece non fu così. Si meravigliò di quel comportamento, ma non chiese spiegazioni. Magari avrebbe cambiato idea.
Senza farselo ripetere due volte si diresse a dare un'occhiata al cavallo. Era alto, nero, con una bella criniera e due occhi verde scuro. Era meraviglioso. 
-Ti piace? È un bel maschio. Devi solo stare attenta, è spericolato.- Le suggerì Lex.
-Molto, grazie.-
-Come hai intenzione di chiamarlo?-
Lane ci pensò un attimo su. -Danger.- Affermò accarezzando la criniera del cavallo. Ricordava che Danielle le avesse accennato il soprannome che Joseph si era guadagnato da bambino.
-Nome azzeccato! Io vado, divertiti.-
Lane non sapeva il perché di tutta quella gentilezza, ma non esitò ad approfittarsene. Non era mai andata a cavallo e sperava dannatamente che Lex avesse assunto qualcuno per insegnarle.
_____________________________
-Ma dove sono?- Joseph si era appena ritrovato nel letto di una stanza completamente bianca. Appena aprì bocca, le teste dei suoi due fratelli fecero capolino sopra di lui ed erano talmente buffe che a Joe sembrava di essere in un film comico.
-Buongiorno dormiglione!- Esclamò Nicholas.
Joseph aveva un gran mal di testa, si stava scomodi in quel letto, o almeno, per lui era davvero fastidioso non riuscire a cambiare posizione perché aveva una flebo attaccata al braccio. Nell'aria c'era uno strano odore di disinfettante, sembrava finta. 
-Qualcuno mi spiega che ci faccio qui?!- Esclamò, facendo per alzarsi, ma Kevin con uno spintone lo fece appoggiare di nuovo ai tre cuscini.
-A meno che non avevi intenzione di provare un nuovo vestitino a pallini verdi che ti lascia intravedere il fondoschiena per sembrare più sexy, dovresti essere tu a spiegarlo a noi.- Rispose il maggiore facendo allusioni al camice che gli avevano messo addosso i medici.
Joe sospirò. 
-Mi hanno sparato ad una gamba.- 
-Dai, non l'avrei mai detto. Joe, chi diavolo è stato?!- Disse Nick arrabbiato, quasi come se volesse che suo fratello facesse quel maledetto nome, in modo da poter andare a denunciare quel farabutto.
-Un tizio, non so chi sia.-
-C'entra qualcosa con Lane?- Chiese Kevin.
-Si. Dovevamo venire da voi ma lei non si è presentata all'appuntamento. Sono rimasto ad aspettare e alla fine è venuta, mi ha detto che dovevamo stare tutti lontani da lei se avessimo voluto salvarci la pelle. Io le ho detto che sapevo che c'era qualcosa sotto, che qualcuno la controllava e quel qualcuno è uscito allo scoperto. Ho cercato di contrattare offrendogli dei soldi, ma lui niente. Così alla fine ho preso in spalle Lane e ho iniziato a correre, ma il proiettile mi ha perforato la gamba. Le ho detto di correre a chiamare aiuto, ma lei mi ha messo su un taxi e mi ha detto addio.- Lo disse gesticolando e tutto d'un fiato, quasi come se volesse sottolineare la velocità con cui si erano successi gli avvenimenti.
-È una brava ragazza.- Disse Kevin sedendosi.
-Se solo fosse venuta all'appuntamento! Adesso saremmo una famiglia felice.- Esclamò Joe.
-Un momento, qualcuno mi spiega questa storia?- Si intromise Nicholas.
Kevin e Joe lo guardarono.
-Io e Danielle abbiamo conosciuto questa ragazza, Lane, abbiamo iniziato a frequentarla e avevamo anche deciso di adottarla. Vive di elemosina, ma è meravigliosa. Purtroppo però c'è qualcuno che a quanto pare la 'possiede'. La sua vita sarebbe potuta cambiare.- Spiegò Kevin, abbattuto.
Nicholas si sedette, mettendo insieme quei pochi pezzi del puzzle che aveva. 
-Lex, lui si chiama Lex. E adesso sono a Lorella, nell'Oregon.- Disse con gli occhi bassi, con la consapevolezza che in quel momento avrebbe dovuto raccontare tutta la verità.
 
 
 
 
 
 
Saaaaalve a tutti!
Scusate il ritardo, ma sono in vacanza e non ho possibilità di aggiornare, quindi ringraziate Marta perché senza di lei questo capitolo l'avrei postato tra due settimane v.v
Spero vi piaccia, non è il massimo. 
Ah comunque, Lorella è il mio vero nome, ed esiste un paesino nell'Oregon chiamato così, ho voluto citarlo :').
Vado via! Ringrazio tutti per le recensioni e tutti quelli che hanno la storia tra le preferite/seguite. Grazie, davvero. 
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Back. ***


Erano passati quasi cinque anni dall'ultima volta che Joseph vide Lane. Kevin e Danielle non si perdonavano ancora di non aver preso la decisione più in fretta, e il pensiero di dove fosse finita la ragazza continuava a tormentarli ogni giorno. Joe non era da meno. Si era affezionato così tanto a quella ragazza. 
Nessuno riusciva a perdonarsi di averla lasciata morire in quel modo.
Ognuno se ne addossava la colpa, perfino Nicholas, che neanche la conosceva. Si chiedeva se avesse parlato prima cosa sarebbe successo, magari sarebbe stata ancora viva. 
Nonostante questo la loro vita andava avanti, cercando di fare come se niente fosse, cercando di non pensare a come non erano riusciti a salvare una vita.
Era piena estate quel giorno, il 13 agosto precisamente. Joe stava per compiere 28 anni e, nonostante avesse avuto delle storie, nessuna era riuscita ad andare a buon fine. Aveva paura, paura di non riuscire a proteggere più nessuno. 
Quel giorno era a fare la sua solita corsa mattutina a Central Park, era un giorno come un altro. Guardava la gente, cercava qualcosa, non sapeva neanche lui cosa. Ispirazione, sorrisi. Qualcosa, lui cercava sempre qualcosa. Ma non si sarebbe mai aspettato di trovarlo davvero.
Quasi gli mancò il respiro. Si fermò di botto, gli sembrava di star guardando un fantasma. All'improvviso il tempo rallentò al punto tale da lasciare a Joe la possibilità di scrutare ogni attimo con precisione. La gente intorno sembrava quasi immobile, gli sembrava di sognare, era tutto surreale.
Una pallina blu rotolò fino ai suoi piedi, seguita a ruota da un bambino di quasi tre anni più o meno, e dallo sguardo di una ragazza fin troppo nota agli occhi di Joseph. Uno sguardo che lui pensava essere spento per sempre, uno sguardo che lui pensava essere annegato nelle acque più torpide degli Stati Uniti.
Sentì il corpo irrigidirsi, il cuore andare in apnea. 
-Joseph! Torna qui! Non allontanarti!- Urlò la ragazza. 
Il bambino guardò il giovane, come per chiedergli di restituirgli la palla, e quello lo fissò per qualche istante, chiedendosi da dove potesse venire quel piccolo faccino angelico. Si abbassò lentamente, e dopo aver restituito la pallina a colui che portava il suo stesso nome, si sentì dire un enorme 'grazie' in faccia. 
Alzò gli occhi, intenti a cercare la voce che prima aveva chiamato quel bambino. Affondò il suo sguardo in quello della giovane, che impietrita, rimase a guardarlo senza emettere suono. Sembrava per entrambi una situazione surreale. La bocca incredula della ragazza si curvò in un enorme sorriso. Le lacrime iniziarono a scenderle dal viso, incontrollabili. Corse sino al ragazzo, che ancora incerto di quello che vedeva, le circondò il corpo col braccio sinistro mentre lei gli aveva attaccato le braccia al collo.
La ragazza lo guardò un secondo negli occhi, per cercare di scorgere lo sguardo che le era mancato per così tanto tempo.
-Joseph.- Disse sottovoce.-Tu sei vivo.-
Il ragazzo le prese le mani, ancora più confuso.
-Vivo? Certo che sono vivo, ma tu...Lane.- Pronunciò il nome della ragazza, con una tale dolcezza con cui non aveva mai fatto prima.
-Si, sono Lane, Joe! Che diavolo ti prende?! Io sapevo che tu fossi...-
-Morto? Anche io sapevo lo stesso di te.-
-Come?- Fece la ragazza, allontanandosi di qualche passo, e accarezzando la testa del bambino che l'aveva appena raggiunta.
Joseph si piegò sulle ginocchia e scompigliò i capelli castano scuro del bambino.
-Ciao piccolo, sai che abbiamo lo stesso nome?- Disse con dolcezza, porgendogli la mano.
-Joe..- Sussurrò Lane. -Io devo andare, non vorrei che..-
-Sei ancora con lui?- Tirò ad indovinare il giovane. Lane abbassò il capo.
-Stasera è la sua serata libera e io e il piccolo Joe andiamo al McDonald. Ti va di venire? Mi piacerebbe parlare un po'.-
-Sicuro Lane. Alle otto al solito posto?-
-Alle otto al solito posto.- Confermò la ragazza sorridendo.
-Ciao piccolo Joe.- Salutò educatamente il ragazzo.
Tornò sui suoi passi, sperando che tutto quello che aveva appena vissuto non fosse surreale. Aveva ritrovato Lane! Lei non era morta! Era viva! Con un bambino e..il bambino portava il suo nome. Ed era strano, aveva una strana sensazione alle gambe, si sentiva felice, triste. Sentiva così tante cose nello stesso momento da non poterle distinguere. E Lane, cavolo, quanto era cresciuta!
Non fece passare più un minuto, radunò subito i suoi fratelli nell'appartamento di Nicholas. 
-Cosa diavolo é successo, Joe?!- Chiese Kevin non appena il mezzano oltrepassò la porta.
-Lane, Lane è viva.- Disse col fiatone, senza neanche sedersi.
-Cosa?!- Continuò il maggiore.
-É viva! Era a Central Park! Stasera dobbiamo vederci.-
-Joseph è una notizia meravigliosa! Perché non la invitiamo a cena da noi? Lo dico subito a Danielle!- Disse Kevin entusiasta. Non sapeva se piangere, ridere, esultare.
-No Kev, con calma. È ancora con quel mostro e..- 
-E...?-
-Ha un bambino. Ha il mio nome.- Rispose Joseph calando il capo.
-Un bambino?- Intervenne Nicholas, era appena entrato nella stanza.
-Lane, è viva.- Ribadì Joe.
Il minore guardò prima il mezzano, poi Kevin, incredulo. 
-Dici sul serio? É fantastico! È surreale! Ma è fantastico!- Esclamò.
-Chi è il padre Joe?- Chiese Kevin, ruotando sulla sedia.
-Non lo so. Ho paura, tantissima.-
-Perché non la inviti a pranzo da noi domani? Nicholas potrà conoscerla, e il piccolo Joe potrà giocare con Emma e Ben. Danielle ne sarà felicissima.- Propose il maggiore.
-Ci provo. Non dipende da lei, lo sai.-
-Va a prepararti, Joe. Io sto qui con Nick, appena torni ci racconti tutto.-
Joseph non esitò, fece un occhiolino e scomparve di nuovo. Passò tutta la giornata a chiedersi come fosse riuscita a sopravvivere, di chi fosse il bambino, come mai Lane fosse di nuovo a NYC. Si chiedeva perché nessuno degli investigatori che aveva ingaggiato era riuscito a trovare uno straccio di prova della sua esistenza.
Per pranzo mangiò solo una mela, non riusciva neanche ad aprire la bocca. Quando si fece orario andò a farsi una doccia e a prepararsi.
Era davanti allo specchio, i suoi boxer bianchi erano l'unica cosa che aveva addosso. Guardò il suo corpo, come per ricercare i segni del tempo. La cicatrice dell'operazione alla gamba sinistra era ancora lì, a ricordargli che un proiettile gli aveva perforato la coscia. Quella cicatrice era il segno del suo fallimento, della sua sconfitta. Lui non ce l'aveva fatta, e ancora non riusciva a perdonarselo. 
Infilò i jeans, le scarpe e una t-shirt. Si guardò ancora una volta, sistemandosi i capelli, chiedendo a quale verità stava per andare incontro.
Aveva iniziato a piovere, il cielo si era oscurato. La pioggia estiva era strana, umida. Joseph si avviò con il suo ombrello nero per le strade di NYC, che quando pioveva erano sempre più trafficate. I clacson suonavano sempre più rumorosamente, tanto da coprire i pensieri della gente. Le persone correvano da un marciapiede all'altro, ce n'erano alcune senza ombrello, probabilmente erano state sorprese dalla pioggia all'improvviso. Joe continuava a camminare, senza curarsene. In quel momento non gli importava di altro, voleva solo sapere di non star sognando. Si sentiva in una specie di limbo: passato e presente, fallimento e riuscita, menzogna e verità.
Arrivò finalmente al luogo dell'incontro, era in anticipo, per fortuna. Pensò che se avesse tardato, quel povero bambino sarebbe dovuto restare sotto la pioggia ad aspettarlo. Si sedette sulla panchina e fissò l'insegna che gli era davanti: 'B&W'. Era stata rimodernata, come il locale all'interno. Sapeva che a Lane piaceva tanto quel ristorante. Una serie di flashback gli occuparono la mente. Si ricordò di quella sera buia in cui aveva tentato di proteggerla e invece aveva fallito. Era stato lui ad essere stato protetto da lei. 
-Che ci fai ancora qui?- Chiese una voce.
A Joe parve la voce di Lane, quella di cinque anni prima. Gli aveva detto la stessa e identica cosa. Gli sembrava solo uno scherzo della mente che l'aveva riportato indietro nel tempo.
-Joe!?- Insistette la voce. 
Il ragazzo sentì il calore di una mano poggiarsi sulla sua spalla. Si voltò di scatto.
-Lane, io ero soprappensiero, scusami.- Spiegò alzandosi e passando la mano dietro i capelli.
-Figurati. Ti ho visto sotto la pioggia e mi chiedevo quando ti decidessi a metterti sotto un porticato! Andiamo?- Propose la ragazza mentre Joe salutava il piccolo.
Presero un taxi e arrivarono al McDonalds dopo poco. In macchina regnava il silenzio assoluto, a parte qualche parolina di tanto in tanto pronunciata dal bambino. C'era qualcosa nell'aria, forse imbarazzo, paura.
Joe andò al banco a prendere le ordinazioni e poi portò gentilmente i vassoi al tavolo dove erano seduti Lane e il piccolo Joseph.
-Mi sei mancato, Joe.- Disse Lane, interrompendo l'imbarazzante silenzio venutosi a creare.
-Anche tu, Lane! È stato difficilissimo, pensavo che fosse stata colpa mia, che fossi stato io ad averti lasciata morire!- Pronunciò quelle parole una dopo l'altra, tutte d'un fiato. Erano rimaste lì per troppo tempo.
-Mi spieghi questa storia?- Chiese la ragazza mentre aiutava il bambino ad aprire la sorpresa uscita dal suo hamburger.
-Avevamo appena saputo che Lex ricattava Nick e lui gli dava delle somme di denaro. Gli stava prosciugando il conto e lui aveva bisogno di cure, essendo diabetico. Noi non sapevamo nulla. Quando venne a scoprire la storia che ci legava a te ricollegò il tutto e ci disse dove vi trovavate. Ero ancora in ospedale e nonostante facessi di tutto, nessuno mi lasciava uscire neanche dalla stanza. Assunsi un investigatore privato, ma non mi portò buone notizie. Mi disse di aver scoperto dove ti trovavi di preciso, ma purtroppo mi disse che non c'eri piú.- Raccontò il ragazzo malinconicamente, abbassando il capo.
-Lex mi disse che eri stato sparato. Una rapina riuscita male.- Confessò la ragazza sotto gli occhi di Joseph. -Lui è il mio bambino.- Confermò Lane, per togliere ogni dubbio al ragazzo. 
Lui sapeva già quello che le sue orecchie avevano appena sentito, ma una piccola parte di sé sperava non fosse così. Non tanto per il bambino, quanto per il fatto che quel bambino legava Lane a qualcuno di orribile e le avesse fatto assumere delle responsabilità più grandi di lei prima del tempo giusto.
-Dopo un paio d'anni che siamo andati via di qui sono rimasta incinta. Lex aveva iniziato a trattarmi bene, e tutto ciò era strano per me, ma non chiesi spiegazioni. Non sapevo come scappare ormai, e comunque se pure avessi voluto, non avrei avuto la forza psicologica. Poi nacque lui, e da sola non ce l'avrei fatta. Sono dovuta rimanere con Lex per crescere Joe.- Spiegò Lane.
-Perché proprio Joseph come nome?- Chiese il ragazzo.
-Non sei cambiato di una virgola! Le cose proprio vuoi sentirete dire, eh?!-Ironizzò la ragazza.-Beh, per te, mi sembra ovvio.- Rispose sorridendo.
Questa risposta disegnò sul volto del ragazzo un sorriso, quasi di conforto per tutte quelle cose orribili accadute. Abbassò di nuovo lo sguardo e prese a fare su e giù con la cannuccia nel bicchiere della coca-cola.
-Posso pensare io a voi.- Disse poi guardando Lane.
-Cosa?!- Disse la ragazza, mentre puliva il musino del bambino.
-Posso prendermi io cura di voi!- Ribadì Joe, in modo più convincente stavolta.-Se il motivo perché stai ancora con quell'essere sono i soldi, beh, lascialo! Io non sono mica un poveraccio, posso occuparmi io di tutti e due.-
Questa fu una decisione difficile per Joe da prendere su due piedi che lasciò Lane impietrita.
-Joe, io..- Accennò.
-Lane, lascialo! Per favore!- La supplicò.
-Non è così semplice. Il bambino è suo.-
-Ma non per la giustizia.-
-Cosa vuoi dire?-
-Se avesse riconosciuto il bambino legalmente, sarebbe stato arrestato per pedofilia, poiché la madre, tu, era minorenne. Quindi legalmente Joe non ha un padre!-
-E con questo?- Chiese Lane, incuriosita.
-Lasciami riconoscere il bambino.- La pregò Joseph, sospirando.
 
 
 
Saaaalve!
So che non aggiorno da tantissimo, cercherò di fare il mio meglio cwc. Scusatemi! <3.
Bene, questo capitolo non doveva essere così, anzi, la storia è praticamente cambiata lol. Se farà schifo da qui in seguito ditemelo pure, mi ritiro uu.
Lo so che vi aspettavate qualcosa di più lungo ma doveva finire così, non potevo continuare uu
Fatemi sapere, un bacio,
Laay

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Capitolo 8
*** Green eyes. ***


A quelle parole Lane si vide passare davanti tutte le possibilità. Era ancora convinta di non voler coinvolgere Joe e la sua famiglia nella sua vita. 
La ragazza fissava ancora Joe dal viso impaurito, ma allo stesso tempo determinato a salvarle la vita. Poi passò lo sguardo su suo figlio; sarebbe stato felice con un padre come Joe. L'aveva sempre ammirato, aveva fatto di tutto per lei. Era una persona amorevole, scherzosa, una persona con cui parlare di tutto, e soprattutto, amava i bambini.
-Allora?- Chiese il ragazzo, con fare più insicuro che mai. Aveva paura, era una decisione azzardata, ma era convinto di una cosa: non avrebbe rinunciato a salvare la vita di Lane ancora una volta.
-Joe io...io non voglio coinvolgerti nella mia vita.- Rispose Lane.
-Cosa? Scherzi? -Chiese Joe, battendo violentemente un pugno sul tavolo. Forse per scaricare la tensione, forse perché era davvero arrabbiato.
-Non voglio metterti nei guai.-
-Mi hai salvato la vita, Lane!-Esclamò il ragazzo alzandosi in piedi, urlando e gesticolando con le mani.- Devi smetterla di non voler essere salvata! Hai bisogno d'aiuto!- Joe si guardò in giro, poi tornò a sedersi.- Non farmi urlare, non voglio che il piccolo Joseph si spaventi.- Tornò a dire sotto voce.
-Dovevi pensarci prima.-
-Senti, io devo aiutarti, io voglio aiutarti! Ti prego Lane, lasciami riconoscere Joseph, ti prego.- La supplicò, ancora una volta.
-Joe io..-
-Bene, domani stesso chiamo il mio avvocato e andremo dal giudice. Ciao piccolino!- Disse il ragazzo, facendo per andarsene.
-Joe!-
-Si?-
-Grazie, ti devo la mia vita.-
Il sorriso di quel ragazzo fu l'ultima cosa bella che Lane ricordava del suo oscuro passato.
 
Per tutta la sera Joe pensò a cosa stava andando incontro. Pensò che avrebbe dovuto prendere un appartamento, con una stanza per il bambino. Pensò ad una probabile cameretta, con tanti giochi. Gli scappò un sorriso. Pensò che avrebbe dovuto iscriverlo all'asilo, e lui da bravo papà sarebbe andato a prendere il piccolo a scuola, nel pomeriggio. Pensò che una volta a casa avrebbe ascoltato tutto quello che il piccolo Joseph aveva da raccontare e pensò che avrebbe voluto essere il meglio per quel bambino.
Un po' tutto questo lo spaventava, ma aveva ventotto anni quasi ed ormai era anche arrivato il momento di mettere su famiglia. Non si aspettava che Lane l'avrebbe sposato, neanche che avrebbe potuto vederlo come probabile compagno, ma avrebbero potuto tenersi compagnia l'uno con l'altra. Tutti questi pensieri, pian piano, lasciarono che il ragazzo chiudesse piano gli occhi sul divano dell'appartamento di suo fratello.

 
14 Agosto.
Quel giorno c'era un sole caldo, proprio come se quella grande stella stesse facendo il suo pieno lavoro estivo. L'appartamento a New York del minore dei Jonas era silenzioso, se non fosse per l'alternarsi del sottile russare di Nicholas con la sveglia che continuava incessantemente a suonare. Erano le dieci del mattino e il riccio proprio non voleva saperne di alzarsi. Gli piaceva rimanere a letto, anche se sapeva benissimo che non poteva. Kevin aveva pensato di organizzare una festa a sorpresa per Joe e, ovviamente, i preparativi erano stati affidati a Nick. Non avevano pensato a nulla di particolare, solo una festa in giardino insieme ai vecchi amici. Non c'era l'atmosfera giusta per il mega-party della storia. 
Quando Nicholas comprese che ormai non c'era più tempo per rinviare, fece volare la sveglia dal comodino e, malvolentieri, si alzò. Quel rumore lo rendeva nervoso, eppure non c'era nient'altro che avrebbe potuto svegliarlo, ci riusciva già a mala pena una sveglia.
Gridò il nome del fratello per assicurarsi che non ci fosse e, infatti, non ricevette risposta, se non da un leggero eco della propria voce. Bevve un succo e mangiò qualcosa al volo e corse a fare una doccia. Riuscì a vestirsi appena in tempo, o non proprio, per aprire la porta a cui avevano appena bussato.
-Arrivo!- Esclamò, dando per scontato che fosse suo fratello.
Quando aprì la porta si trovò davanti un paio di occhi verdi che penetrarono nei suoi ed emisero quasi una tale luce da fargli spostare lo sguardo. Era un bambino, con dei ricci corvini. 
-Ciao!- Esclamò la ragazza che lo teneva in braccio.
-Ciao.-Salutò cordialemente Nicholas, palesemente imbarazzato.
Il bambino guardò i piedi del giovane ed emise una piccola risatina, facendo segno alla madre di guardare.
-Joe, basta, dai!- Gli disse la ragazza.
-Ehm, mi sono appena svegliato e mi stavo vestendo, pensavo fosse mio fratello, scusami se sono in queste condizioni!- Spiegò il ragazzo.
-Ma scherzi?! Sei solo a piedi nudi, non devi scusarti! Comunque mi sa che aspettiamo la stessa persona.- Lo informò la ragazza.
-Aspetti Joe?- Chiese Nicholas. La ragazza annuì. -Ehm, entra, scusami se ti ho tenuto sulla porta. Io sono Nick.- Le disse facendola accomodare e porgendole la mano.
-Io sono Lane, piacere, tuo fratello mi ha parlato molto di te. Lui è Joe, il mio bambino.- Si presentò la ragazza, mentre era intenta a scrutare ogni singolo particolare che componeva il ragazzo che aveva di fronte. Dai nei che gli incorniciavano il viso, agli occhi piccoli e penetranti. 
-Ciao piccolino, io sono Nick. Ti va di mangiare qualcosa?- Disse amorevolmente il ragazzo.
Il bambino annuì e prese la mano del giovane che lo condusse in cucina.
-Posso offrirti qualcosa Lane?- Chiese Nick dall'altra stanza.
-No, grazie. Non disturbarti.-
Dopo poco i due tornarono indietro, insieme ad una manciata di cose buone. Il piccolo Joe si sedette sulla sedia nera e dispose tutto quello che aveva in mano sul tavolino. Anche Nick si sedette e offrì a Lane un bicchiere di succo.
-Grazie Nick, non dovevi disturbarti.- 
-Figurati, spero che Joe gradisca. Io non ci sono quasi mai, e a parte quando vengono i figli di Kevin, tutta questa roba non la mangia mai nessuno...a parte Joe, ovviamente!- Esclamò, suscitando una piccola risata.
 
Ci fu qualche attimo di silenzio, Lane sorseggiava il suo succo guardando suo figlio che giocava e mangiava di tanto in tanto qualche biscotto, cercando di evitare lo sguardo di Nicholas di fronte a lei. Il ragazzo per tutta risposta faceva lo stesso, ma ad un certo punto pensò bene di infilare un paio di calzini e le scarpe. Appena tornò, fu Lane ad aprire il discorso.
-Nick senti...non so se Joe ti ha già avvisato, ma lui vuole riconoscere il mio bambino.- Lo informò la ragazza. Non sapeva che reazione avrebbe potuto avere il minore, magari l'avrebbe cacciata di casa, o avrebbe pensato che fosse tutto una pazzia.
Nick sospirò.-Joe, che ne dici di conoscere il mio cane? Si chiama Elvis. Magari potete giocare insieme lì sul tappeto!- 
Il bambino corse subito giù dalla sedia. Aveva solo tre anni, ma Nick sapeva bene che è sempre meglio tenere fuori i bambini da certe cose, anche se non capiscono certi discorsi.
-No, non mi aveva detto niente.- Rispose, abbassando lo sguardo.
-Io ho provato a dirgli che è una follia! Io non voglio che si metta nei guai, non per me! Per favore Nick, convincilo tu.-
-Senti Lane, io so quanto Joe tenga a te. Non hai la minima idea di come sia stato in questi anni, di come siamo stati in questi anni, credendoti morta. E' stato orrendo, credimi. Adesso vuole fare qualcosa per te, tu gli hai salvato la vita! Lui ti vuole bene. Non nego che sia una follia, ma Joe non è un bambino. Domani compirà 28 anni ed è abbastanza grande da capire cosa è giusto e cosa no. Ci tiene molto a te e farebbe di tutto.- 
La ragazza rimase colpita dalle parole del ragazzo. Non aveva potuto fare a meno di notare la profondità della sua voce, la sincerità del suo sguardo. Sapeva di potersi fidare.
-Posso farti una domanda?- Chiese Lane. Nick annuì.-Joe è innamorato di me?-
-Non lo so, Lane. Non è mai stato chiaro, non ne abbiamo mai parlato.- Rispose il ragazzo.
Qualche attimo di silenzio interruppe i pensieri di entrambi, che si fermarono a guardare il piccolo che giocava insieme ad Elvis.
-Devo andare. Non dirgli che sono stata qui, per favore. Grazie ancora Nick, è stato bello conoscerti, davvero molto.- Disse la ragazza sorridendo.
-Dove vai?-
-Lontano dalla vita di Joe.-



Saaaaalve!
BUM, fa schifo, lo so. Sapete cosa? Non so perchè, ma per quasi tutto il tempo ho immaginato Nicholas quindicenne, coi capelli ricci ricci, lunghi lunghi. A parte questi momenti romantici nella mia mente (?), credo di aver definito più o meno come andrà la storia, almeno nella mia mente, quindi siate fieri di me! (?)
So che fa schifo, ma spero che possa piacervi almeno un po'!
Un bacione, fatemi sapere,
Laay.

P.S. Se volete seguirmi su twitter sono qui c: 
https://twitter.com/Laay_N

 

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Capitolo 9
*** I can't. ***


Quel giorno il piccolo Joseph si risvegliò nel letto di suo padre. Erano le 9 del mattino del 15 di Agosto e Lane era già uscita di casa. Il sole brillava alto in cielo e lei continuava a camminare senza curarsi della gente. Voleva trovare un regalo per Joseph, ma non un regalo qualunque, qualcosa di significativo. Solo che non aveva la minima idea di cosa comprare.
 
Il giorno prima si era ripromessa di uscire definitivamente dalla vita di Joe, ma Nicholas le aveva chiesto di restare, almeno per il giorno del suo compleanno. In fondo che compleanno sarebbe stato quando Joe avrebbe scoperto che Lane era andata via?
Nicholas sapeva quanto sarebbe significato per Joe vederla lì, tra gli invitati. Si ricordava ancora i cinque compleanni precedenti e Joe non era stato più lo stesso da quando Lane era andata via una prima volta. Non gliel'avrebbe permesso di nuovo.

Così la ragazza guardava le vetrine, ma non voleva comprare vestiti. Guardava le gioiellerie, ma non voleva comprare orologi. Sapeva che a Joe i regali non importavano e questo la metteva in doppia difficoltà.
Così prese un paio di cuffie e iniziò ad ascoltare le sue canzoni. In ognuna di esse c’era un po’ di lui, c’era lui, ed era perfetto, perfetto in ogni angolo del suo essere.
Ma improvvisamente qualcosa le venne alla mente, come un fulmine a ciel sereno. Si ricordò dei giorni in cui si erano conosciuti ed era tutto chiaro. Corse in un negozio di oggettistica, fece il suo acquisto soddisfatta e tornò dal suo piccolino.
-Dove sei stata?- Chiese Lex quando la ragazza superò la porta d’ingresso.
-A comprare un regalo, Joe oggi compie ventotto anni.- Rispose, osservando attentamente ogni movimento dei muscoli del viso dell’uomo davanti a lei. -Solo oggi, poi ti prometto che non lo vedrò più. Soltanto oggi. E’ il suo compleanno.- Disse, cercando di essere convincente come una ragazzina quattordicenne prega suo padre per poter andare ad una festa, promettendo che il giorno dopo avrebbe iniziato a studiare sul serio.
-Va bene, solo stasera. Dopodiché deve uscire dalla nostra vita.-
La ragazza annuì, e per evitare che Lex ci potesse ripensare, corse in camera da letto a salutare suo figlio. Il piccolo era ancora tra le coperte con gli occhi aperti mentre abbracciava il suo orsacchiotto preferito.
-Ciao amore della mamma!- Esclamò la ragazza, togliendosi la borsa di dosso e sedendosi sul letto. Il bambino si alzò di scatto per scaraventarsi sulla madre.
-Sai dove andiamo stasera? Andiamo da Joe, oggi è il suo compleanno. Dobbiamo farci belli!-Gli disse la ragazza.
-Joe, auguri!- Esclamò il bambino. Lane sorrise.
-No amore, non adesso, quando lo vediamo stasera glielo dirai, va bene?-
-E posso anche abbracciarlo?- Chiese il bambino.
-Certo che puoi abbracciarlo!- Gli rispose la ragazza sorridendo.
 
*
-Sai Joe, ieri Lane è stata da me.- Confessò Nicholas a suo fratello maggiore mentre si dava da fare col le salsicce sul barbecue.
Erano le sei della sera e mentre Kevin finiva di gonfiare i palloncini insieme ai suoi due figli, Nicholas cuoceva le prime salsicce, gli invitati sarebbero arrivati a momenti. I due fratelli avrebbero voluto che quella fosse stata una festa a sorpresa, ma a causa della lunga lingua di Frankie non ci erano riusciti.
-Vi siete conosciuti?- Chiese Joseph.
-Ti cercava e mi ha detto di suo figlio e del fatto che vuoi riconoscerlo.- Disse Nick. Joe continuò a fare quello che stava facendo, incurante del discorso che suo fratello aveva intenzione di aprire.-Joe, devi smetterla!-Esclamò Nick, lasciandosi cadere il forchettone da mano.- Pensavo ci rendessi partecipi delle tue decisioni. Pensavo che affrontassimo tutto insieme, anche le cose difficili, soprattutto…le cose difficili.-
Joe continuava a non prestare ascolto a quello che stava dicendo suo fratello. Si voltò, senza dar peso ad una singola parola che aveva appena ascoltato. Si diresse verso Kevin, sperando di poter gonfiare anche lui qualche palloncino, in modo da tener la bocca occupata per non rispondere a tutte le accuse di Nick.
Per tutta risposta suo fratello maggiore prese la busta con i palloncini e, insieme ai suoi due figli, entrò in casa per lasciare i due da soli.
-Joe.-Disse Nick avanzando verso di lui.- Io vorrei solo che tu parlassi. Io e Kevin siamo i tuoi fratelli, possiamo aiutarti, lo sai.- Gli ricordò, quasi come se da tempo ormai Joseph non lo sapesse più.
Dalla bocca di Joe provenne una risata amara. –Vuoi sapere che succede, sul serio? Non posso, non posso riconoscere il figlio di Lane. Il mio avvocato ha detto che non è possibile. Non posso adottarlo perché io e Lane siamo niente, non siamo sposati, né conviventi. Sai cosa ha detto? ‘Non sei suo padre, toglitelo della testa. Non sei il marito di Lane, lascia stare.’ Ha avuto il coraggio di dirmelo senza un minimo di tatto. Ha anche aggiunto che anche se lo riconoscessi un giorno il padre naturale del bambino potrebbe tornare e per vendetta volere la patria potestà su Joe. Ha detto che io non sarò mai niente di stabile per il bambino e che sapendo chi è Lex è meglio lasciar perdere.- Disse il ragazzo, consapevole di essere sull’orlo del fallimento.
Nicholas rimase con lo sguardo sterile, non sapendo come reagire. Non sempre c’è qualcosa da fare, purtroppo. Per un attimo si fermò tutto intorno, si sentì solo il fruscio del vento serale. Kevin era sulla porta, con gli occhi proiettati sui due fratelli, anche lui ignaro sul cosa fare.
-Perché? Perché non posso aiutarli? E’ tutto quello che voglio.- Disse Joe singhiozzante.- Ma sai cosa penso, Nick? Penso che dietro tutto questo ci sia ancora Lex. Lo giuro, lo giuro che da adesso non avrò nessuna pietà.-
-Te lo prometto Joe, troveremo una soluzione. Insieme.- Concluse il minore mentre fissava un Kevin annuente. 




Buonasera!
Questo è  il capitolo più brutto che io abbia scritto fino ad ora, ne sono consapevole! E non dite di no, basta rileggerlo per capire che è così.
Ho in mente già un'altra Fan Fiction, ma per volere di qualcuno *coff*Marta*coff* devo continuare questa, anche perchè non sono mai riuscita a finirne una.
Che dirvi, se non vi piace potete pure abbandonarmi cwc
Grazie comunque per tutte quelle che seguono ancora, grazie davvero!
Un bacio.

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Capitolo 10
*** Present. ***


Premessa: ho scritto questo capitolo con sottofondo questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=rtOvBOTyX00, vi consiglio di ascoltarla mentre leggete, io mi sono quasi commossa cwc Okay basta, buona lettura (:



La sera era calata del tutto, il sole aveva lasciato il posto alle stelle e gli invitati erano già arrivati a casa Jonas. I tre fratelli cercarono di essere i più ospitali possibile, tentando di nascondere le tensioni venutesi a creare poco prima.
Nicholas aveva servito le salsicce e si stava occupando di dare il benvenuto agli ospiti, Kevin intratteneva i bambini insieme a Danielle e i suoi figli e Joe era seduto su una sedia bevendo wisky e alzandosi di tanto in tanto per ricevere gli auguri e mostrare un bel sorriso. In fondo era il suo compleanno.
Il mezzano stava pensando a come dare la notizia a Lane, ma sperava che in fondo tutti si sarebbe risolto. Nick gliel'aveva promesso, insieme ce l'avrebbero fatta.
Nell'aria si espandevano note di musica jazz che facevano da sottofondo ai pettegolezzi delle donne sugli ultimi ragazzi più sexy delle hit e alle leggere conversazioni degli uomini sul football e sull'ultimo completo di Lingerie indossato da qualche modella in passerella.
In fondo, cervello o no, quando si è ad una festa parlano tutti della stessa cosa.
Quando anche l'ultimo invitato era arrivato, il campanello suonò di nuovo e una Lane più sorridente del solito si fece spazio tra la gente. Aveva un vestito color indaco monospalla, abbinato ad un paio di tacchi non troppo alti color argento ed era accompagnata da un insolito accompagnatore, suo figlio, che aveva vestito proprio come un vero ometto, con tanto di cravattina.
-Ciao Nicholas.- Esclamò la ragazza alla vista del riccio che le aveva aperto la porta.
-Ciao Lane, sei bellissima. Vieni pure.- Disse quello, arrossendo leggermente in volto. -Ciao piccolo Joe! Tutto bene?-Chiese il ragazzo al bambino, che subito gli si avvicinò per farsi prendere in braccio.
-Dov'è Joe?- Chiese la ragazza.
-E' in giardino, vieni, ti accompagno. Ci sono anche Kevin e Danielle, non vedono l'ora di vederti!- La informò il ragazzo entusiasta, mentre Lane si avviava verso l'esterno.
-Lane. -La fermò il ragazzo. -Sono contento che sei venuta, sul serio. E lo sarà anche Joe.- Le disse, facendo spuntare un sorriso sincero sul volto della ragazza.
Appena fuori, il piccolo Joe corse dal festeggiato per abbracciarlo e augurargli tanti auguri. Quello, troppo concentrato su altri pensieri e sul suo wisky che continuava a sorseggiare lentamente, non si accorse per niente dell'arrivo del bambino e sobbalzò.
-Joe! Piccolo! Grazie!-Gli disse prendendolo in braccio e sorridendogli come non faceva con nessuno probabilmente.-Lane.-Disse quando vide la ragazza. -Grazie di essere venuta.-
-Pensavi davvero che mi sarei persa il giorno in cui diventi più vecchio di quello che già sei? Auguri Joe.- Gli disse abbracciandolo forte.
-Lane!- Era Kevin, che stava guardando la ragazza, quasi come se avesse rivisto sua figlia dopo molti anni, con gli occhi lucidi e le due braccia aperte pronte ad accoglierla.
-Kevin!-Esclamò la ragazza appena si accorse della sua presenza, dimenandosi tra le braccia di quello che avrebbe voluto accoglierla molto tempo prima.
-Sei cresciuta tantissimo e sei diventata bellissima...non che non lo fossi già!-Disse il ragazzo con le lacrime agli occhi .-Mi dispiace Lane.-
-Ti dispiace per cosa?-
-Se avessi preso prima la decisione di adottarti tu adesso non saresti in questa situazione.- Disse Kevin, con la testa bassa e la voce amara.
-Volevi adottarmi?!-Chiese la ragazza stupita. Kevin annuì. Lane lo abbracciò come per ringraziarlo di tutto quello che avrebbe potuto fare per lei, poiché anche se erano stati distanti, per lei contava più di ogni altra cosa.
Nel frattempo era arrivata anche Danielle, le due si erano abbracciate, e la scena fu davvero commovente, poiché, penso Nick, che era l'unico a non aver avuto legami con Lane prima di allora, sembrava davvero che una famiglia intera si fosse riunita dopo anni.
-Ragazzi, non è colpa vostra, sul serio. Non dovete addossarvi la colpa per come è andata. Adesso ho Joe e credetemi, non chiederei di meglio.- Spiegò la ragazza. -Vieni tesoro, ti presento due persone!- Disse rivolgendosi a suo figlio.
Il bambino si avvicinò ai due sposi che chiamarono anche i loro due bambini e iniziarono a giocare tutti insieme.

Nel frattempo Joe chiamò Lane in disparte, per confidarle tutto quello che aveva saputo.
-Lane ho parlato con il mio avvocato. Mi ha detto che non posso fare niente con Joseph. -Disse, notando un sorriso amaro sul volto della ragazza. -Ma io lo so, so che dietro tutto questo c'è Lex, lo so! E te lo giuro, farò, anzi faremo, di tutto per far sì che la verità venga a galla. Lane, noi vogliamo il meglio per te e per Joe.- Disse il ragazzo, con paio d'occhi tanto sinceri, un sorriso tanto affettuoso, che Lane non poté non pensare a quanto fosse speciale. Quanto fosse speciale ogni singola parte di lui, ogni singola nota della sua voce, ogni singolo battito del suo cuore.
Si limitò ad abbracciarlo, perché certe volte le parole sono inutili, per questo hanno inventato gli abbracci, perché dicono tutto quello che le parole non riescono.
Lo abbracciò per ricordargli che in qualsiasi modo le cose sarebbero andate, lei gli avrebbe sempre voluto bene in un modo unico al mondo, qualunque cosa sarebbe successa, lei l'avrebbe ringraziato solo per essere una delle poche persone ad averle sorriso.
-Grazie Joe.-Gli ribadì, come se tutte le volte che gliel'aveva detto non fossero state abbastanza. -Ah! Ho dimenticato di darti il regalo.-
Prese dalla borsetta un piccolo pacchetto e glielo porse. Il ragazzo lo prese con cautela in mano, come se stesse ricevendo una stella che si sarebbe potuta dissolvere nel nulla.
-Non è niente di che. Se devo essere sincera non sapevo cosa prendere, volevo prendere qualcosa di significativo.- Spiegò la ragazza mentre Joe apriva il regalo. Eraun braccialetto che aveva come cioncodolo una miniatura delle montagne russe del Six Flag. Era in argento e si poteva leggere una frase incisa nella parte interna. 'Are you ready for the roller coaster that life is? You'll never be alone. I'm with u.'
-Te lo ricordi Joe? Mi avevi detto che salire lì sopra sarebbe significato vivere. Sarebbe significato urlare al vento tutte le proprie paura lasciando che si schiantassero al suolo. E a quel punto avrei potuto iniziare a vivere. Tu mi hai insegnato a vivere, Joe. Non potrei mai ringraziare di più qualcuno per qualcosa. Ho aspettato qualcuno come te per così tanto tempo mentre morivo ogni giorno. Ho aspettato che qualcuno mi insegnasse a sperare, che qualcuno mi portasse via da tutto quello. Ho aspetto di essere salvata. Io ho aspettato te, Joe.- Gli disse Lane, con un paio d'occhi che si commuovevano a tanta dimostrazione d'affetto.
Il ragazzo rimase senza parole, non credeva di aver fatto tutto quello. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma si rese conto che tutte le parole sarebbero state inutili di fronte a quel discorso.
-E' il regalo più bello che qualcuno potesse farmi, Lane.- Le disse Joe abbracciandola. Piangeva, piangeva come nessuno l'aveva mai fatto piangere in vita sua. Perché quando qualcuno ti dice di avergli salvato la vita e tu sei consapevole che in fondo non hai ancora fatto niente, non puoi che commuoverti.
-Ragazzi, scusatemi, ma c'è la torta, abbiamo bisogno di Joe! Il piccolo ne reclama un pezzo, e se non spegni le candeline, Joe, non posso tagliarla!-Esclamò Nick arrivando.
-Si Nicholas, vado subito.- E così Joe si allontanò con lo sguardo fisso su Lane, con un sorriso che, anche se bagnato di lacrime, era il più sincero che il suo volto aveva disegnato fino ad allora.
Lane si asciugò le lacrime e prese per mano suo figlio, insieme si avvicinarono alla torta, intorno la quale tutti stavano già cantando 'Happy Birthday' ad un Joseph più felice di quanto non fosse all'inizio della festa.




Saaaalve! :D
Eccomi di nuovo! Bene, devo dire che di questo capitolo sono più soddisfatta sinceramente, quindi non dirò che fa schifo u.u
Spero possa piacervi c:
Allora, chi guarderà gli EMA stasera? Io non vedo l'ora!
Grazie a tutti quelli che seguono, sul serio.
Un bacione, fatemi sapere.
Laay.

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Capitolo 11
*** You saved me. ***


Il tappo della prima delle cinque bottiglie di champagne era stato stappato ed era finito chissà dove. Joseph era ancora dietro la torta, sorridente, mentre tutti si accalcavano per scattare fotografie, molte delle quali sarebbero finite su twitter.
 
Lane se ne stava appoggiata al grande albero del giardino, osservando ogni curva del sorriso di Joe. Sapeva di non aver mai avuto abbastanza tempo per farlo. Sapeva che fino a quella sera non aveva mai notato il luccichio delle stelle nei suoi occhi, o il colore che assumevano in determinate situazioni. O per esempio le sue labbra, il suo sorriso. Non si era mai soffermata a notare quanto fosse morbido, quanto fosse dolce.
 
Non si era mai soffermata su così tante cose che per certi versi non riusciva neanche ad ammettere di conoscerlo, ed invece in cuor suo, sapeva di averlo conosciuto bene. Anzi, lei l’aveva conosciuto davvero.

-Lane! Vieni, dobbiamo fare la foto!- Le urlò qualcuno, facendola allontanare dai propri pensieri. Nicholas, il piccolo Joe, Kevin, Danielle e i bambini stavano andando verso il festeggiato per scattare la foto.
Si misero tutti in posa, il piccolo Joe in braccio a Joseph, entrambi con la testa quasi nella torta. Era divertente. Perché quella foto avrebbe fatto pensare di loro come una vera famiglia. Era il primo scatto, il primo attimo di Lane immortalato con le persone più importanti della sua vita.

Non sapeva quanto sarebbe durato quell'attimo, anche perchè si ritrovò improvvisamente tra una folta folla che aveva appena iniziato a ballare sulle canzoni messe in play da un ragazzo che si divertiva a fare il DJ. Non le piaceva molto ballare in effetti. Più che altro non le piaceva ballare la musica da discoteca, non lo considerava ballare. Per lei ballare significava tutt'altro; sentire il calore di due mani che l'avvolgevano, sentire di non essere sola a muovere i passi su quelle note. Alzare la testa e perdersi negli occhi di chi ti stringe, sentire il suo respiro che si intreccia al proprio. Per lei ballare significava completarsi. Significava danzare insieme su una sola serie di note.

Si ricordava che da bambina a volte si fermava a guardare le persone ballare nelle scuole dai vetri delle scuole di danza. Tra tanghi, valzer, musica leggera e quant'altro, Lane sapeva che quelle persone non erano sole, perchè per ballare con qualcuno bisognava avere gli spazi tra le dita fatti gli uni per gli altri. Non bastava prendere uno sconosciuto e sperare che quelli coincidessero. C'era bisogno del giusto pezzo del puzzle.

Così si fece spazio tra la gente e raggiunse Kevin e Danielle, con cui mangiò una fetta di torta al cioccolato. Tutti erano intenti a guardare Joe che era finito sulle spalle di un ragazzo con una trombetta in bocca a battere le mani. Lane non l'aveva mai visto così felice ed era contenta di essere, in parte, motivo di quella sua felicità.
 
*
-Hey.- Sussurò Lane dolcemente mentre gli accarezzava delicatamente la testa.
-Hey. Che ore sono?- Chiese il ragazzo, appena sveglio, con lo sguardo assonnato e i capelli un po’ arruffati.
-Sono le quattro e mezza. Mi dispiace averti svegliato.- Rispose Lane.
-Sta tranquilla, hai fatto bene, adesso posso tornare a letto, è sempre più comodo del divano, no?- Chiese il ragazzo retoricamente.
-Devo prendere Joe, devo tornare a casa.- Lo informò Lane.
-Sicura? Lane, guardalo, dorme come un angioletto, sono le quattro del mattino, dove credi di andare?-
La ragazza si sedette pian piano a terra, senza far rumore, cercando di non svegliare il suo bambino che dormiva beatamente sulla pancia del riccio.
-Ti piacciono i bambini, eh? Si vede. Grazie per avermelo tenuto tutta la sera, Nicholas.- Gli disse la ragazza guardandolo negli occhi. Quegli occhi che facevano ancora fatica ad aprirsi.
-Non devi neanche dirlo. Per me è un piacere, Joe è meraviglioso, andiamo d’accordo!-
-Prima vi stavo osservando giocare.- Lane esitò per un momento, guardando nell’angolo della stanza, poi tornò agli occhi del ragazzo e gli sorrise.- Nemmeno con suo padre ha l’espressione che aveva con te prima. E sai, quando è felice lui sono felice anche io. Non l’ho mai visto così con qualcuno.- Confessò, più che a se stessa che al proprio interlocutore.
I raggi della luna entravano diretti nella camera da pranzo ed erano l’unica fonte di luce ad illuminare la stanza circostante. Nicholas era lì, immobile, ad osservare qualcosa che non aveva mai visto prima. Perché si sa, di notte si riesce a vedere anche l’invisibile. Guardò gli occhi della ragazza. Non vide di che colore fossero, se avessero delle pagliuzze gialle, se fossero a mandorla o se avessero la pupilla dilatata. Li lesse. Lì dentro lesse una storia, una storia in un attimo. E in un attimo si accorse di averli già visti, di aver già letto quella storia.

-Scusami Nick, non volevo metterti in imbarazzo.- Disse la ragazza in risposta al palese silenzio del riccio. Si alzò velocemente e fece per andare in giardino.
Il ragazzo esitò per qualche istante, poi si decise a spostare il bambino dal suo petto. Lo sistemò accuratamente sul divano: la testa sul cuscino e la copertina di lino stesa su tutto il corpo. Lo accarezzò dolcemente e si voltò per andare in cucina. Preparò due grandi tazze di caffè lungo e poi andò a sedersi sotto il gazebo, accanto a Lane.
Non era rimasto più nulla della sera prima; Lane, Joe, Kevin e Danielle avevano sistemato tutto.
Di tanto in tanto, una scia di vento spezzava il caldo della metà di agosto. Giaceva tutto in un pacato silenzio.
-Grazie.- Disse Lane prendendo la tazza gentilmente porsale da Nicholas.
Passarono alcuni istanti senza che un minimo suono fuoriuscisse dalle loro bocche. Si limitavano solo a sorseggiare di tanto in tanto il caffè e a guardare oltre il cancelletto.
-Tu mi hai salvato la vita.- Azzardò il ragazzo, senza guardarla, continuando a fissare un punto oltre la staccionata.
-Cosa?- Chiese Lane, confusa.
-In quella strada, quella notte, cinque anni fa, tu mi hai salvato la vita, non è così?- Stavolta lo ripetette in modo più convincente, guardandola in faccia, appoggiando la sua tazza sul tavolo.
La ragazza lo guardò per un attimo spaesata, mentre nel suo cervello una serie di neuroni lavoravano per farle ricostruire la scena.

 

 Si accorse che tra un pensiero e l'altro si stava facendo tardi, così fece per alzarsi quando sentì qualcuno tossire. Il rumore proveniva da una piccola stradina, un vicolo cieco che si trovava proprio accanto al 'Black&White'. Con cautela si avvicinò sempre di più fin quando non vide qualcuno disteso a terra. Corse subito in suo soccorso.
-O mio Dio, o mio Dio! Cosa ti è successo?!- Chiedeva preoccupata mentre si era inginocchiata accanto al ragazzo disteso a terra.
-Niente.- Disse quello a fatica. Continuava a tossire. Lane non riusciva a vedergli gli occhi, la luce presente in quella stradina era troppo fioca. Notò un paio di labbra però che non aveva mai visto in giro. Nonostante fossero macchiate di sangue erano a poco dire perfette. Sembravano essere state disegnate appositamente da qualcuno. Avevano lineamenti dolci e morbidi. Il ragazzo continuava a tossire, così Lane smise di fissare le labbra.
-Cosa ti hanno fatto?! Devo chiamare un'ambulanza.-
-Tieni.- Disse il ragazzo porgendole il suo cellulare.- Chiama da qui e scappa, potrebbe essere ancora in giro.-
La ragazza chiamò il 911 per far giungere i soccorsi.
-Chi? Chi potrebbe essere in giro?- Chiese preoccupata.

-Scappa ti ho detto, scappa!- Urlò il ragazzo a fatica.

 

-Tu sei il ragazzo che avevano picchiato!- Esclamò, stentando a crederci. Nick annuì.- Come hai fatto a riconoscermi?-
-I tuoi occhi. Quando li ho guardati prima ho realizzato che sono come il mio libro preferito, quello che ho riletto tante e tante volte. Ho sognato tante volte i tuoi occhi, Lane. Come si fanno a dimenticare le uniche due stelle che hai visto brillare quando eri tra la vita e la morte?-
Lane trattenne un sorriso per le ultime parole ricevute. Adesso ricordava. Si ricordava delle sue labbra, quelle morbidi curve da cui non riusciva proprio a staccare gli occhi. Si ricordava di aver pensato di non aver mai visto linee tanto curve quanto belle in vita sua. Linee che, a sentirle parlare, rendevano ogni parola diversa, come la loro essenza, il loro colore, la loro forma. Non riusciva ancora a credere di aver salvato la sua vita. Non aveva neanche idea di come potesse essere stato grave quel ragazzo in quella strada. Si ricordava che era agitata, non riusciva a parlare, e lui continuava a dirle di scappare perché qualcuno poteva essere ancora lì.
-Lex. E’ stato Lex, non è così?- Domandò con gli occhi bassi, il pugno serrato e i denti stretti.
-Vuoi davvero saperlo?-
-Voglio sapere tutto.- Rispose con convinzione.
-Quando avevo tredici anni mi ha è stato diagnosticato il diabete di tipo 1. Essendo cantante posso permettermi ottime cure e mi occupo di donare somme per la ricerca. Ma nell’anno precedente a quello in cui tu entrasti nelle nostra vita, era da molto tempo che le cose andavano male. Cominciò tutto una sera, stava per arrivare la primavera. Avevo appena accompagnato la mia, allora, ragazza a casa e stavo camminando per strada, non c’era quasi nessuno, era tardi. Successe tutto in un attimo, all’improvviso, senza che me ne rendessi conto. All’improvviso mi sentii afferrare da alcune mani, cercai di urlare, ma ovviamente provvedettero subito a tapparmi la bocca. Mi sentivo come catapultato non so dove. –Si fermò, sospirò.- Mi ritrovai una luce proiettata negli occhi, era accecante. Mi dissero che conoscevano tutto. Conoscevano la storia della mia famiglia, l’indirizzo dei miei genitori, quello dei miei fratelli, conoscevano la mia malattia. Mi minacciarono dicendo che se non avessi pagato ogni mese avrebbero fatto loro del male. E dimmi, tu cosa avresti fatto? Man mano mi stavano prosciugando il conto in banca, non riuscivo più a curarmi e a donare soldi per la ricerca. Avevo detto loro di lasciarmi stare, di lasciar stare la mia famiglia, ma mi picchiarono. Mi sembra di sentire ancora il rumore dei loro pugni o il dolore dei lividi. Quando mi trovasti stavo avendo una crisi dopo la scazzottata ed ero senza insulina. Mi sembrava di star per morire. Sai Lane, Lex non si muove mai da solo.- Spiegò il ragazzo, rallentando sulle ultime parole.  Non lasciava vedere la gran parte di quello che provava, ma gli si poteva leggere nello sguardo che era ancora impaurito.
Per un attimo cessò qualsiasi suono. I respiri si sentivano appena, le palpebre non azzardavano battiti. 
Nei ricordi dei ragazzi era ancora tutto chiaro e vivido, come se fosse accaduto appena il giorno prima. L'ansia, la paura, le urla. Sembravano ancora sentire ogni particolare. 
Lane non sapeva cosa dire. Di solito riusciva a esprimere frasi intelligenti e di senso compiuto, ma quella volta sentiva che non aveva nulla di significativo da dire, perchè ogni cosa avrebbe annullato il resto. Sentì solo un legame improvviso col ragazzo che aveva di fronte, anche se non riusciva ancora a comprendere l'importanza del proprio gesto di cinque anni prima. 
-Mi dispiace non poter fare niente, Nicholas.- Gli disse, stringendogli la mano. Entrambi al contatto sobbalzarono, come se fosse qualcosa di proibito e illegale.
-Tu mi hai salvato la vita Lane, hai fatto già tutto.-
-Finirà Nicholas, ti giuro che Lex finirà. Per sempre.-




Saaaalve!
Sono consapevole di aver scritto un'altra merdata! yeeeeah AHAHAHHA Alla fine non fa tanto schifo (?) Ma i primi capitoli mi piacevano di più cwc Bene, che dire, spero che almeno a voi piaccia un po', fatemi sapere!
Grazie davvero a tutti quelli che recensiscono, per me è importante conoscere il vostro parere. Graaazie :3
Per qualsiasi cosa sono contattabile su twitter 
https://twitter.com/Laay_N
Un bacio! <3.
Laay.

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Capitolo 12
*** Past. ***


‘Buongiorno Nicholas. Perdonami, sono dovuta correre via con Joe, ma ti ho preparato la colazione. Joe, Dani e Kevin sono andati a fare un giro, ho chiesto loro di lasciarti dormire. Spero di vederti presto.        Lane.’
 
Il sole era alto in cielo, coperto appena da alcune nuvole di passaggio che sembravano assumere le forme degli oggetti in cui si rispecchiavano in terra. Lane era uscita da poco, Nicholas lo dedusse dal fatto che il caffè che gli aveva preparato era ancora caldo e il suo profumo aleggiava ancora leggero nell'aria. Si fermò alla finestra, guardando le strade e l'imponente grattacielo che sorgeva davanti a lui. Notava il contrasto tra l'enorme staticità che c'era in quella casa in quel momento e la sfrenata frenesia che si impadroniva della Grande Mela. Sorseggiando dalla tazza iniziò a pensare a tutto quello che era sul punto di accadere e poi, all’improvviso, il cuore gli si svuotò; non si era mai sentito in quel modo prima d’ora. Non era dolore, era vuoto. Poggiò di scatto la mano sulla parte sinistra del petto, come per sentire se ci fosse ancora qualcosa e automaticamente chiuse gli occhi. Vide un bambino, un bambino che urlava il suo nome e sua madre che gli stringeva la mano. Riaprì gli occhi e sentì come se la bolla immaginaria che lo circondava fosse scoppiata. Non era più da solo.
 
*
-Ti sembra questa l’ora di tornare?- Urlò furioso Lex, comodamente seduto sulla poltrona di casa, come un padre aspetta sua figlia in ritardo da una festa.
-Quando abbiamo ripulito tutto ci abbiamo messo un po’ di tempo, si è fatto tardi, molto tardi.- Disse Lane, come in cerca di una giustificazione.
-Non è una scusa plausibile. E adesso sparisci dalla mia vista!- Urlò Lex, alzandosi dalla sua postazione.
La ragazza annuì, senza indugiare, portò il bambino in bagno per lavarlo.
Da quando erano tornati a New York, si parlava soltanto di Joe. Di quanto Lane dovesse smettere di vederlo, di quanto tempo ci passava insieme. Lane non si era mai azzardata a fare una scenata davanti a Lex perché quello le aveva detto che Joseph era stato assassinato, cosa che invece si era rivelata falsa. Aveva semplicemente lasciato scorrere le cose per il loro verso, evitando di parlarne e fare storie.
La ragazza spogliò con cura il suo bambino, mentre entrambi si divertivano a scambiarsi strane facce buffe. Lo ripose nell’acqua tiepida con cui era stata riempita la vasca e gli diede i suoi pupazzetti per lasciarlo giocare mentre gli avrebbe fatto lo shampoo.
Lei amava quel bambino, lo amava con tutta se stessa. Lo amava anche se era il frutto di qualcosa di orribile, ma Lane voleva soltanto che suo figlio fosse felice, che fosse amato, nient’altro. Era suo figlio, il suo sangue scorreva nelle vene di quella piccola vita. Sapeva che un giorno, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe amato insieme a lei, qualcuno che il piccolo Joe avrebbe potuto chiamare papà, qualcuno che avesse fatto sì che tutta la violenza da cui quel bambino era nato, si trasformasse in amore, amore puro, amore vero.
Aveva appena finito di fare il bagnetto al piccolino, i vetri del bagno erano tutti appannati e Lane aveva permesso a Joe di fare qualche disegnino su quelle superfici riflettenti la loro immagine.
Gli stava facendo fare l’aeroplanino sino al letto, ascoltando la sua fragorosa risata, fin quando sentì una musichetta proveniente dalla borsa: era il suo cellulare.
-Pronto?- Rispose Lane, mentre asciugava il bambino e teneva il cellulare conficcato tra l’orecchio e la spalla.
-Hey…- Accennò la voce, un po’ impacciata- Disturbo?-
-No, non disturbi mai Nicholas! Sto asciugando Joseph, gli ho fatto il bagnetto.- Rispose.
-Dagli un bacio da parte mia! Senti, grazie per la colazione.-
-Nick, sono io a doverti dire grazie, fai davvero tanto e con Joe sei fantastico!- Disse Lane, mostrando tutta la sua felicità.
-Devo ancora ricordarti che senza di te non sarei qui?-
-Nick…-
-Non dire niente. Stasera a cena, va bene?- Chiese, mordicchiandosi un labbro in attesa della risposta.
-Nicholas, a cena? Non mi sembra il caso…- Rispose la ragazza, esitante, mentre vestiva suo figlio disteso sulle lenzuola di lino color panna che ricoprivano il letto.
-Perchè?-
-Vedi, non ho tutta questa libertà, mi dispiace, oggi non ho proprio possibilità di uscire, Nicholas. - Era dispiaciuta di non poterlo vedere, ma Lex si sarebbe infuriato. Era diventato più irritabile da quando erano tornati a NYC.
-Ci vedremo comunque, Lane, ho bisogno di parlarti.- Disse il ragazzo, terminando subito dopo la telefonata.
-Nick? Nicholas?- Urlò la ragazza ad un telefono muto.

Lane non capì subito a cosa si riferisse Nicholas e quando si sarebbero visti, ma non ci pensò. Giocava con il suo bambino, l'unica gioia della sua vita. Avrebbe tanto voluto vedere lo sguardo dell'amore della sua vita riflesso negli occhi di quella creatura. Ma di una cosa era certa: quel bambino era suo e soltanto suo e non c'era cosa più bella. Dopo poco si accasciò sul letto, abbracciando il piccolo fagottino già disteso ed entrambi, con lo stesso ritmo del respiro, si addormentarono. Lane si chiedeva cosa sognasse il suo bambino. Gli schiaffi del padre? Gli occhi di Joe? Il sorriso di Nicholas? O magari sognava di giocare con Kevin, Danielle e i loro bambini? O magari sognava della cioccolata, o dei biscotti. O forse Peter Pan. Se lo chiedeva spesso, si.
Negli ultimi cinque anni la vita di Lane era cambiata del tutto, e per quanto fosse ancora in una brutta situazione si reputava più felice. Era più indipendente, più forte e non era più da sola in fondo. A NYC non vivevano più nello sgabuzzino, ma in una bella villa a due piani. Non era grandissima, ma aveva dello spazio verde che abbracciava la casa in cui Joe poteva giocare. Lane gli aveva comprato il cavalluccio a dondolo, la casetta di legno, l'altalena e lo scivolo. Ormai conducevano una vita agiata e non era più un mistero il perché Lex non li facesse vivere nella miseria. L'uomo aveva già stabilito che suo figlio avrebbe preso il suo posto alla sua morte. Sarebbe stato il Capo. E un capo non può vivere in condizioni disagiate, no?
E questo era lo stesso motivo per cui gli serviva Lane, lo stesso motivo per cui il padre l'aveva abbandonata. Quello che sto per raccontarvi servirà solo per smettere di infagare la figura del padre della ragazza, ma purtroppo sarà una storia di cui lei non sarebbe mai venuta a conoscenza.
Era il 3 Novembre di 17 anni prima, quando la madre di Lane morì assassinata, quando sua figlia aveva solo 3 anni. Suo padre riceveva un misero stipendio e per mantenere la famiglia entrò in un brutto giro di affari, seminando debiti in giro. Quando non riuscì più a pagare gli interessi più il debito, gli strozzini lo minacciarono, e quando i soldi non arrivarono dopo la seconda minaccia conficcarono un colpo di pistola nella testa di sua moglie, come avvertimento. L'uomo rimase sconvolto mentre guardava le gocce di sangue che scendevano e si confondevano col rosso del tappeto del salotto del loro appartamento. Non sapeva come avrebbe cresciuto sua figlia, ma anche in quello non fu libero. 
-Dammi la bambina o vi uccido entrambi.
-No, non posso lasciartela, non togliermi anche mia figlia, ti prego!
-Vuoi che muoia? Vuoi morire?
-No, no. Voglio che sia felice.
-Lo sarà.
Glielo promise, prima di uccidere anche lui, appena poco dopo che l'uomo abbandonò sua figlia nelle mani di uno sporco destino. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avreste fatto voi?
A Lex serviva un erede, e qualcuno che lo generasse.


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Dopo mesi e mesi eccomi tornata con un nuovo capitolo! Pensavate fossi morta? lol Marta non mi permette di lasciare la FF in sospeso, quindi devo terminarla prima di iniziarne un'altra che ho già in mente.
Beh in questo capitolo ho spiegato un po' di cose, la FF sta comunque per terminare, e avevate bisogno che alcuni concetti si chiarissero!
Spero di non avervi annoiati, spero vi piaccia e spero che non siate troppo delusi dal mio ritorno!
Mi auguro continuiate a seguire! (:
Grazie a tutti, come sempre!
Sono sempre reperibilie su twitter (
https://twitter.com/Laay_N) se avete bisogno! (:

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Capitolo 13
*** I'm not an easy girl. ***


http://www.youtube.com/watch?v=e-aaencD-dY

La tavola non era ancora stata sparecchiata, c’erano tutti i resti della cena. Quella sera Lane aveva preparato il piatto preferito di Joseph: pollo al forno con patate e piselli. Erano le 22:00, il suo piccolo già dormiva da circa un quarto d’ora mentre Lex girovagava ancora senza meta per la casa, andando avanti e indietro, uscendo e rientrando, fumando e spegnendo sigarette, guardandola, senza batter ciglio.

Lane aveva il sospetto di quello che stava per accadere, ma cercò di dedicarsi alle faccende domestiche ed evitare di pensarci. Canticchiava una canzone che le piaceva molto, era brava. Aveva una bella voce, ma nessuno gliel’aveva mai detto, anche perché nessuno l’aveva mai sentita cantare oltre Lex.
Stava lavando i piatti, con ancora quel motivo tra le labbra, quando l’uomo le si avvicinò.
-Questo puoi farlo più tardi.- Le sussurrò all'orecchio, mentre con l'indice le sfiorava il braccio destro. 
Lane si ritrasse di colpo.
-Lo sai che non mi piace fare tardi. Devo finire ora.- Cercò di controbattere mentre sperava vivamente che quell'affermazione bastasse.
-Dai, non c'è fretta.- Disse presuntuoso lui, staccandola letteralmente dal lavello e girandola verso di sè per tentare di baciarla.
Lane tentava di resistergli, scaraventarsi, di allontanarsi, ma l'uomo era davvero troppo grande e grosso. Senza che se ne accorgesse, si ritrovò sul letto matrimoniale in camera di Lex. 
Loro avevano due camere separate, lui non voleva dormire col bambino perchè sosteneva che durante la notte piangesse troppo, così Joseph dormiva con sua madre.
Lane non era molto abituata a quel letto, i rapporti col il suo compagno erano diventati più rari, molto più rari. Ma da quando era tornata a New York, Lex non faceva altro che voler affermare il suo possesso su di lei, e quello era un modo come un altro per farlo.
Joe Jonas era diventato la principale ossessione di quell'uomo, colui che con un solo schiocco delle dita avrebbe potuto portargli via tutto, compagna e figlio, ma lui non l'avrebbe permesso. Lex non lo dava a vedere, in realtà nessuno l'avrebbe mai sospettato, ma era debole, debole quanto una foglia su un ramo che viene sottoposta al violento fruscio del vento invernale e inutile, quanto un fiammifero spento. 
Alle 2:00 del mattino Lane si alzò dal letto, sgattaiolando fuori dalla stanza con indosso soltanto un lenzuolo bianco. Chiuse lentamente la porta per cercare di non far rumore, mentre sentiva ancora l'eco di Lex soddisfatto mentre si impastava la bocca. Corse velocemente nella stanza del suo bambino e lo trovò ancora a dormire come un angioletto. Infilò in pigiama e la sua vestaglia di seta color indaco elettrico e si distese accanto a quello. Gli accarezzò la testa, piena di capelli, e pensò a quello che era successo poco prima. Stentava ancora a credere di come potesse nascere una creatura tanto bella da un atto così violento e meschino. In realtà poteva considerarsi violento e meschino solo nel suo caso, perché di solito era un atto d'amore e desiderio. Avrebbe voluto affermare che le facesse schifo, come succedeva all'inizio, ma ormai ci era abituata. E per quanto le potesse far girare lo stomanco non aveva molta alternativa. 
Si ricordò improvvisamente di aver lasciato qualcosa in sospeso, non aveva ancora terminato di lavare i piatti. Scese velocemente dal letto e senza la minima voglia di farlo, si diresse in cucina. 
Era lì, a strofinare con la spugna insaponata l'ultimo piatto, quando il telefono riposto sulla tavola vibrò.
'Esci. Nicholas.' Recitava il messaggio.
Un po' sorpresa e alquanto incredula, Lane prima controllò che nessuno fosse sveglio, e poi uscì di soppiatto dalla casa. Trovò un ragazzo seduto sui gradini dell'entrata, con le spalle alla porta.
-Ma io dico, sarai mica impazzito? Tu hai idea di cosa ti succede se Lex ti trova qui?!- Gli rimproverò Lane, chiudendosi meglio la vestaglia.
-Avevo bisogno di parlarti.- Le spiegò il ragazzo, facendo spallucce. Girò la testa verso di lei: non era Nicholas.
-Joe? Cosa ci fai qui?- Esclamò la ragazza, ancora più stupita di quanto non lo fosse già.
-Siediti.- Le disse, picchiettando la mano sul legno del primo scalino.
-Mi aveva scritto Nicholas, non pensavo di trovarti qui.» Gli spiegò.
-Lo so, gliel'ho chiesto io.-
-E perché non me l'hai detto tu?-
-Non so, pensavo non saresti uscita.-
Ci fu un attimo di silenzio, entrambi presero a guardare oltre la staccionata bianca che confinava il giardino della casa. Non c'era un alito di vento, nè una nuvola. Tutto era stranamente fermo.
-Non la senti?- Chiese Joseph, chiudendo gli occhi.
-Cosa?-
-La pace, la calma. Se respiri l'aria non ti pesa.- Le spiegò lui, con un fare così naturale e pacato che sembrava appartenere alla notte.
-Io.. si, forse.- Gli rispose titubante la ragazza.
-Tu non senti più, Lane.-
-Cosa dovrei sentire?-
-I sentimenti, il mondo. Non sei più consapevole. Per te ci siete solo tu e Joseph.- Joe si girò a guardarla. Lane iniziava a non capire. Perché stava dicendo quelle cose? Cos'altro sarebbe dovuto esistere per lei se non suo figlio?
-Cosa stai blaterando, Joe?! Certo che per me esiste solo Joseph, è mio figlio!- La ragazza iniziava a scaldarsi così si alzò in piedi bruscamente, mettendo piede sull'erba fresca.
-Non deve essere così. C'è un mondo così grande! Se continui così anche tuo figlio non vedrà nient'altro!- Le disse lui, alzandosi di sua volta.
-Stai forse dicendo che non sono una buona madre per Joseph?!- Lane era adirata da quelle parole, delusa dal fatto che fosse proprio Joe a pronunciarle.
-Non sto dicendo questo...- Obiettò lui.
-Invece tu stai dicendo proprio questo, e non sai quanto mi fa stare male detto da te!- La ragazza girò il viso e si strinse nella sua vestaglia.
-No, Lane.. mi stai fraintendendo.- Il ragazzo le si avvicinò, prendendole le mani. -Sto dicendo che hai il cuore spezzato, che non vuoi più provare nulla perché sei nella tua bolla protettiva dove hai riposto anche Joseph e non ne hai intenzione di uscire. Sto dicendo che non sai più cosa sia restare a guardare le stelle, o ascoltare una canzone, o divertirsi, o fare qualcosa per te, sapere che sei importante per te stessa.. sto dicendo che non sai più cosa sia amare, perché non vuoi farlo.- Le disse, tutto d'un fiato, sembrava avesse fatto una maratona perché sull'ultima parola si poteva leggere un accenno di fiatone.
La ragazza rimase per un po' immobile a fissarlo, poi le sembrò quasi di star per piangere, ma non lo fece.
-Sei un cantante, non uno psicologo.- Disse fredda, distogliendo lo sguardo.
-Tu lo sai che è tutto vero quello che sto dicendo, lo sai. Guardati, non hai neanche il coraggio di piangere.- Le fece notare.
Nessuno parlò, finché Joe non aprì di nuovo bocca.
-Dove sono le tue speranze e i tuoi sogni?- Le chiese, quasi supplichevole.
-Non ci sono mai state, lo sai.-
Lane non dava segni di scomporsi, non aveva intenzione di cedere. Seguì il ragazzo con lo sguardo mentre si allontanava, puntando lo sguardo sulla luna. Era piena, grande. Lane non l'aveva mai vista così. 
-Joe, dovresti anda...- 
Il ragazzo non le diede neanche il tempo di finire la frase. -Guarda, è bellissima.- Lane gli si avvicinò. -A volte mi ispira, mi fa scrivere belle canzoni. E' un peccato per quelli che non la guardano, si perdono uno spettacolo incantevole.-
-Non la penso così. Tu ami la luna perché riesci a vederla, non ti acceca. Prova a guardare il sole, ci riesci? No. Per questo non ti soffermi su di esso. E così è anche la vita. Le persone amano le cose facili, è per questo che più niente ha valore.- 
-Io.. non l'avevo mai pensata sotto questo punto di vista.- Confessò il ragazzo, ancora un po' scosso dalle parole appena sentite.
-Lo so, nessuno la vede sotto questo punto di vista.- 
-Quindi io sarei una persona come tutte le altre, a cui piacciono le cose facili.- 
-Può darsi.- Rispose Lane, tornando sui suoi passi. 
Joseph continuò ad osservare la luna, senza smuoversi di un centimetro. Il silenzio regnava padrone nell'aria, nessuno dei due osava spezzarlo, ma nessuno dei due osava neanche andare via.
-Pensi di essere una persona facile?- Chiese Joe, inaspettatamente.
-No Joe, per niente.- 
-E quindi pensi di non trovare mai nessuno che ti amerà per quello che sei, non è così?- Continuò il ragazzo.
-Te l'ho detto Joe. Come il sole, se qualcuno mi amasse, si brucerebbe. Non ne guadagnerebbe niente.- Gli spiegò Lane, quasi come se quello fosse un concetto palese.
-Sai, Lane, ci si può mettere gli occhiali da sole, io li ho proprio qui...- Fece per prendere gli occhiali che aveva appeso alla maglia, quando Lane lo fermò.
-E' tardi, devo andare a dormire, Joseph potrebbe volere sua madre.- Disse lei, sottolineando l'ultima parola e facendo per allontanarsi.
-Lo vedi che avevo ragione?-
-Va a dormire, è tardi. Buonanotte.- Disse e così sparì dietro la porta d'ingresso.


______________________________
Salve a tutti!
Sono ancora qui, ma non c'è più nessuno! AHAHAH
Per quelli che vogliono restare, grazie davvero, per me è un'ardua impresa finire una FF, quindi vi ringrazio davvero!
Questo non è il massimo, ma spero vi possa piacere!
Grazie se ancora ci siete, un bacio a tutti! <3

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Capitolo 14
*** Wedding. ***


http://www.youtube.com/watch?v=gH476CxJxfg

Era mezzogiorno, Lane era in cucina a preparare il pranzo, mentre suo figlio era seduto sul divano in salotto a guardare i cartoni. I condizionatori erano programmati a 19°, e in casa si stava così bene che Lane a volte dimenticava quell'opprimente e afoso caldo che c'era fuori. 
Si poteva sentire espandersi nell'aria la dolce voce del piccolo Joseph che innocentemente canticchiava la sigla del cartone in onda. Lane sorrise. 
-Hey piccolo, sta un po' zitto!- Urlò una voce. Lex si era appena svegliato e stava giungendo in cucina con un'orribile vestaglia, la cui flebile cinta di raso gli si annodava sotto la pancia. Non chiamava mai il bambino per nome, e per ovvie ragioni. Non sopportava per niente il secondo portatore di quel nome, figuriamoci pronunciarlo. In quello stesso istante l'innocente canto cessò e Joseph si sistemò  tranquillo sul divano. 
-Non capisco perché devi sempre fare così. È solo un bambino!- Esclamò Lane, continuando a tagliare i pomodori.
-È questo il buongiorno che mi merito? Avanti, dammi un bacetto.- La spronò lui, avvicinandosi e allungando le labbra. Lane lo guardò con uno sguardo di disapprovazione. 
-È un bambino fastidioso. Somiglia tanto alla madre da piccola.- 
I nervi della ragazza stavano iniziando a cedere e per poco non si tagliò con coltello.
-Hey, fai piano.- Disse Lex, in un tono quasi tenero. -Non vorrei che ti rovinassi quelle manine così belle e delicate che mi hanno fatto vedere le stelle...- 
In quel momento Lane pensò davvero che se Lex non fosse uscito immediatamente dalla stanza, al posto di tagliare il pomodoro gli avrebbe diviso la testa a metà. 
L'uomo non faceva mai mancare occasione per ricordarle quanto si sentisse l'anima sporca, ma poi Lane ricordava che da qualcosa di così putrido era nato il suo meraviglioso Joseph, e questo pensiero la rinquorava non poco. 
Quando si sedettero tutti a tavola per pranzare, la televisione era spenta e il silenzio era l'unico suono che si sentiva nell'aria, oltre la forchetta di Joseph che batteva di tanto in tanto sul piatto e l'orribile e fastidioso rumore che Lex emetteva dalla bocca succhiando ogni singolo spaghetto.
Poi d'improvviso l'uomo poggiò la posata nel piatto, si pulì la bocca col tovagliolo e fece un annuncio.
-Tra una settimana ce ne andremo a vivere in Europa, ho degli importanti affari internazionali da gestire lì. Non siete contenti?- 
Non ci fu nessuna reazione particolarmente evidente da parte di nessuno. Era sempre meglio non contraddire le aspettatire o le decisione di Lex apertamente. Ma no, Lane non era per niente contenta e soprattutto odiava quando Lex parlava dei suoi affari internazionali. Li chiamava così quando invece si trattava solo di spaccio di droga e pianificazione di omicidi. Quelli non erano per niente da definirsi affari. 
-Io non ci voglio venire.- Affermò Joe con convinzione.
Lex strinse leggermente gli occhi e aggrottò la fronte, stampandosi un fasullo sorriso sul viso.
-Piccolo, tesoro. Tu invece ci verrai, l'Europa è molto bella e imparerai tante cose nuove.- Gli disse.
-No, no e no! Io resto con Joe, lui mi terrà con sé!- Esclamò il piccolo, mettendo a dura prova la pazienza di suo padre. Lane ebbe un attimo di paura e sperò davvero che Lex avesse pietà per quel bambino.
L'uomo si alzò in piedi e sbattè il pugno sul tavolo, emettendo un urlo.
-Basta, ne ho abbastanza di questo tizio e della sua famiglia! Voi verrete in Europa e vi dimenticherete per sempre di questa gente, chiaro?! E adesso fila, cerca un nome che ti piace. Appena torno dal mio imminente viaggio andremo a cambiarlo. Non so nemmeno perché ho permesso a tua madre di chiamarti così.- Lex era in piedi, con l'indice sinistro puntato verso la scala.
Joe corse via in camera sua, al piano superiore, senza singhiozzare o piangere. 
-Come puoi pretendere rispetto da tuo figlio se non gliene dai neanche un po'!?- Lane si era alzata in piedi d'improvviso, era a dir poco furiosa. Aveva reagito in modo così istintivo che non aveva neanche pensato alle conseguenze. 
-Sta zitta tu!- Disse Lex stringendole il polso. -Purtroppo devo andare via per qualche giorno, per concludere l'acquisto della casa, ma tornerò a riprendervi. Nel frattempo fa abituare tuo figlio a fare l'uomo, un giorno dovrà esserlo!- Disse, facendo per uscire dalla stanza. 
-Sta sicuro che non diventerà mai come te.- Sussurrò Lane, più a se stessa che a Lex.
-Cosa hai detto?-
-Fa buon viaggio.- 
-Esatto, così ti voglio. Ah, Lane, inizia a scegliere l'abito da sposa, in Europa diventerai ufficialmente mia moglie.- Detto questo sparì dalla vista della ragazza, lasciandola allibita e spaventata sulla sedia della cucina.

*
Erano le tre e mezza del pomeriggio, Joe si era addormentato in camera sua, Lex era appena uscito di casa infilando quel suo pancione in un piccolo taxi giallo che l'avrebbe portato all'aeroporto. Lane era seduta in giardino, sotto il gazebo, osservando la desolata strada su cui affacciava la sua casa. Stava pensando a diverse cose, come per esempio al fatto che da lì a due settimane sarebbe stata condannata all'ergastoro, visto che per ora si trovava solo agli arresti domiciliari. Era strano che la paura la soggiogasse solo in quel momento. Era stata per tutta la vita schiava e prigioniera di quell'uomo e ora l'idea del matrimonio le stava facendo venire un'assurda ansia. Si sentiva condannata, come se la sua finita fosse finita, di colpo. In fondo cosa sarebbe cambiato? In più avrebbe avuto un anello d'oro al dito. La verità è che sperava davvero che la situazione in cui si trovava sarebbe potuta cambiare, ma sapeva che una volta diventata una donna sposata le cose da fare sarebbero state davvero poche e inutili. Avrebbe preso il cognome di Lex: Lane Russell. Si ripeteva quel nome di continuo, con diverse intonazioni, per sentirne il suono. Mentre era intenta a girovagare tra i pensieri della sua mente, una voce la chiamò. Nicholas la stava salutando da oltre la staccionata bianca. Lane si disse che non era il caso di mostrare la sua faccia da funerale, così cercò di sfornare il più bel sorriso che aveva in serbo. 
-Nicholas, hey..- Disse, aprendo la porticina del recinto bianco invitandolo ad entrare.
-Mi fai entrare?- Le chiese il ragazzo, stupito.
-Si, Lex è in viaggio e tu hai un paio di cose da spiegarmi.-
Si incamminarono verso la porta principale e Lane fece entrare il ragazzo in casa. Lo fece accomodare in salone sul divano in tessuto grigio che giaceva su un tappeto rosso inglese con dei motivi orientali. Lane si era sempre chiesta dove fosse stato acquistato. 
-Come mai mi hai mandato tuo fratello ieri sera?- Gli chiese porgendogli una tazza di caffè e sedendosi accanto a lui.
-Voleva parlarti, ma pensava che se ti avesse scritto lui non saresti uscita.- Le spiegò il ragazzo, dopo aver sorseggiato dalla tazzina di porcellana bianca.
-Me l'ha detto, ma non ho capito perché.- Lane posò la tazza sul tavolino di fronte il divano. Poggiava su una base color nero, era in vetro, di forma ovale e con il contorno color rosso fuoco.
-Io non penso di potertelo dire, magari te lo spiegherà lui.- Nick fu palese e deciso, senza lasciare neanche un'ombra di sospetto.
-Io davvero non vi capisco, siete così strani!- 
-Che hai oggi? Sei.. nervosa.- Osservò il riccio.
Lane gli avrebbe davvero detto volentieri 'Hai da fare tra due settimane? Sai, mi sposo in Europa con un idiota che mi ha rovinato la vita. Ti andrebbe di essere il mio testimone?'
-Niente Nick, sto bene.- Fu tutto quello che le uscì di bocca.
-Dov'è Joseph? Kevin porta i bambini al parco, mi ha chiesto se poteva portarlo con loro.-
-Certo che può! E' di sopra, sta dormendo, ma ora vado a svegliarlo. Sarà entusiasta!- La ragazza corse velocemente di sopra e Nick capì che era arrivata nella camera del bambino quando non sentì più i piedi sbattere sulle scale irrefrenabilmente.
Il ragazzo iniziò a guardarsi intorno, toccando oggetti e osservandoli come per scoprirne il vissuto, fin quando dopo poco non stava per far cadere un piccolo vaso non appena fu sorpreso dall'arrivo di Lane e di suo figlio.

-Ecco Joe pronto per uscire! Saluta Nicholas, dai!- Il bambino si avvicinò al ragazzo e gli diede un tenero bacio sulla guancia e quello, per tutta risposta, gli scompigliò i capelli con fare affettuoso.
-Allora noi andiamo, eh! Ah, stasera Kevin viene da me e Joe, mangiamo tutti insieme, ti va di venire? Cucina Joe, tranquilla!- Propose il riccio.
-Beh, se cucina lui non so quanto ci sia da stare tranquilli!- Esclamò la ragazza, provocando una timida risata su tutte le bocche presenti.
-Tranquilla, non è male come cuoco, almeno è il migliore di tutti e tre!- 
Lane accompagnò suo figlio e Nick fuori la porta e salutò il bambino con un bacio.
-Alle sette. Non mancare.- Le disse il ragazzo, facendole un occhiolino e allontanandosi con il bambino.



______________________
Eccomi di nuovo!
Okay, sto riscoprendo l'amore per questa fan fiction! AHAHAHAH
Ho definito il lieto (e non) fine per ogni personaggio, quindi penso di poter andare avanti senza tanti problemi.
Mercoledì sera parto, quindi non so quanto spesso riuscirò ad aggiornare, ci riuscirò più spesso dal 7 al 21 forse (?) quando andrò a Londra da mio fratello e avrò il pc a disposizione! Nel caso, c'è sempre Marta che può aggiornare per me! AHAHAHHA
Grazie a tutti voi che seguite, davvero senza di voi non riuscirei mai a finirla!
Un grazie di cuore, a presto,
un bacio <3.


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Capitolo 15
*** You are not alone. ***



http://www.youtube.com/watch?v=pAyKJAtDNCw
 (Vi consiglio di metterla in play solo più avanti ;) )


-Kevin, il campanello!- Urlò Nick dalla terrazza.
-Dani, tesoro, puoi aprire per favore?- Chiese Kevin a sua moglie.
Nicholas era impegnato in un’importantissima partita di twister coi bambini. Avevano fatto una scommessa: se il ragazzo avesse perso, avrebbe dovuto portarli tutti a mangiare fuori a cena, ma non una cena usuale, una cena che comprendesse solo dessert.
Kevin era impegnato in cucina ad aiutare Joe, che con un ridicolo grembiule rosso e una bandana coordinata nei capelli tagliuzzava verdure, patate e pomodori, così toccò a Danielle andare ad aprire.
-Ciao Lane, vieni, entra!- La invitò gentilmente la donna.
-Grazie Dani, come stai?- Le chiese Lane, mentre poggiava la borsa sul divanetto all’entrata.
-Tutto bene, a te? Il piccolo Joe è fuori con Nick e gli altri, stanno giocando a twister!-
-Nessuno batte mio figlio a quel gioco, è assurdo!- Entrambe ridacchiarono.
Erano passate accanto alla cucina, e senza farsi notare, si misero ad osservare i due fratelli cucinare. Kevin sembrava davvero soddisfatto della sua decorazione sulla pizza, perché si comportava come se quella pasta di pane fosse figlia sua, ed era davvero bizzarro. Joe invece sembrava più concentrato che soddisfatto, Lane l’aveva visto poche volte così. Non riusciva ad accorgersi di nulla intorno, eppure stava solo tagliando delle zucchine.
-Hey, Lane!- Nick era appena rientrato, con la folla dei bambini che lo rincorrevano per chiedergli di giocare ancora. Joe alzò improvvisamente la testa accorgendosi che l’ospite era appena arrivata.
-Nicholas...-
-Ho vinto la partita e adesso vogliono la rivincita.-Disse ancora con un accenno di fiatone- Ma ora è tempo di mangiare bambini, quindi forza, a lavare le mani!- Li esortò il ragazzo.
-Joe, tesoro, lo dai un bacino alla mamma?- Il piccolo corse da Lane e la abbracciò forte.-Ti sei divertito oggi?- Gli chiese
-Si mamma, molto!- Esclamò il bambino entusiasta.
-Adesso va con gli altri a lavare le mani, che tra poco è pronto in tavola.-
Il bambino annuì e senza farselo ripetere due volte corse in bagno.
-Buonasera ragazzi!- Disse Lane ai due fratelli che si erano appena accorti della sua presenza. Kevin lasciò subito la sua pizza, ormai pronta per essere infornata, per salutarla da vicino.
-Kev, perché non vieni con me di là? Dobbiamo cambiare Ben.- Lo esortò Danielle, per tentare di lasciare soli i due ragazzi. Kevin capì subito le sue intenzioni, così la seguì nella stanza accanto.
Joe non si mosse da dov’era, mentre Lane gli si avvicinò piano, a piccoli passi, ma lui non mosse un dito, nè tentò di guardarla con la coda dell’occhio. La ragazza si sedette sullo sgabello davanti la penisola, dove, al lato opposto, Joe stava finendo di condire i pomodori. Lane si guardò un po’ intorno e poi cercò di prendere velocemente uno dei pomodorini che stava preparando il ragazzo, ma questo non glielo permise, dandole uno schiaffetto sulla mano.
-Ahio, Joe!-
-Dai che non ti ho fatto niente! Dovresti sapere che uno chef professionista non fa assaggiare le sue prelibatezze prima che siano messe a tavola.- Le spiegò, con totale nochalnce, con strani movimenti delle mani e assumendo uno strano accento che la ragazza non capì se fosse esattamente francese o inglese. Lane ridacchiò.
-Più che chef professionista, sembri un cretino, Joe!-
-Se non vuoi che i tuoi capelli diventino tutti bianchi ti suggerisco di allontarti da me perché ho la farina proprio qui, a portata di mano.-
-Cos’è, una minaccia?- Lo sfidò la ragazza.
-No, è una promessa.- Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
Zittirono ancora per un po’, Joe stava mettendo i pomodorini a cuocere in una bella padella grande.
-Joe, mi dispiace per ieri sera.- Ammise la ragazza.
-No, scusa tu Lane, non dovevo essere così invadente.-
-Joe, è che tu hai ragione su tutto, hai sempre ragione su tutto.- Ammise la ragazza.
-Lo so.-
-Non saprei come fare senza di te, lo sai, no?- Gli confessò Lane. Il ragazzo sorrise.
-Mamma, mamma! Vuoi vedere che mi ha comprato Joe?- Il piccolo Joseph si era appena catapultato di corsa in cucina.
-Joe?- Disse la ragazza guardando il moro ancora alle prese coi pomodori.
-Si, Joe! Guarda!- Il piccolo corse in salone a prendere un pacco abbastanza grosso da essere pesante per lui, per poi tornare in cucina. Era ancora incartato, ma solo perché Joe aveva chiesto al piccolo di tenerlo ancora così fino all’arrivo di sua madre. Lane lo guardò prima, come se volesse cercare di indovinare cosa fosse. Poi lo scartò con cura, dando di tanto in tanto un’occhiata al ragazzo. Era una chitarra.
-Joe.. non dovevi, davvero.- Gli disse Lane, ancora meravigliata.
-Dai, è solo una chitarra. Non l’ho presa di misura normale, così appena potrà inizierà già a suonarla, noi possiamo insegnargli volentieri!- Le spiegò il moro, con un sorriso che non poteva essere più sincero di così.
-Io... non so che cosa dire...-
-In questi casi si dice ‘grazie’, ma fai tu!- Esclamò Joe, prendendola in giro.
Lane era davvero commossa. Nemmeno Lex aveva mai comprato nulla a suo figlio, ma ripensandoci non c’era da meravigliarsi. Pensò che in quel momento sarebbe stato più difficile il distacco. Il piccolo Joseph non avrebbe mai imparato a suonare una chitarra, suo padre non gliel’avrebbe permesso una volta in Europa.
-Grazie, Joe.- Disse, ricevendo un sorriso come risposta. Lo disse in un modo molto tenero, puro e pieno. Dietro quel grazie c’era molto di più, ma ci sono dei momenti in cui è meglio non lasciar leggere tra le righe.
*

Il tavolo, che era stato apparecchiato con un bel servizio di piatti, posate e bicchieri era a forma circolare e sostanzialmente non c’era quindi un capotavola. Visto che i ragazzi avevano cucinato, le ragazze si occupavano di portare in tavola le portate. Joe e Kevin avevano preparato davvero un sacco di cibo, ma ne avanzò poco. Joe aveva anche aiutato i bambini a fare una torta al cioccolato da mangiare come dessert. Ben, Emma e Joseph ne andavano davvero fieri. Lane non aveva mai passato serate così piacevoli, a meno che non ci fossero stati loro. Era come sentirsi a casa, per un po’.
Ma si sa che in questi casi il tempo vola, come successe proprio quella sera. A fine cena, tutti si diedero da fare per sparecchiare e lavare i piatti, tutti a darsi una mano, mentre i bambini si erano addormentati sul divano.
-Lane se vuoi possiamo portare Joseph a dormire a casa nostra, i bambini volevano guardare insieme un DVD appena svegli domattina.- Propose Kevin a Lane.
-Sei davvero tanto gentile, Kev! Grazie davvero!- Lane lo abbracciò.
-Per così poco? Per me è solo un piacere! – Kevin le sorrise, e in quel momento a Lane venne in mente una cosa. Forse per lui era anche un modo per prendersi cura di una parte della ragazza prendendosi cura di suo figlio, visto che anni prima non aveva potuto farlo con Lane stessa. Un brivido le percorse la schiena.
La ragazza diede a Kevin la borsa che portava sempre con sè con i cambi di Joseph e salutò i coniugi insieme ai bambini che tornarono tutti insieme a casa.
-Siamo rimasti in tre!- Esclamò Joe, scaraventandosi pesantemente sul divano.
-Joe, fai piano! O farai un buco a terra!- Ironizzò la ragazza. Per tutta risposta il ragazzo le regalò un pugno sulla spalla.
-Penso che prenderò un taxi e tornerò a casa. Grazie mille, è stata una bella serata!- Lane fece per alzarsi.
-Ti accompagno io, tranquilla!- Le disse Joe.
-Ragazzi, mi piacerebbe venire, ma domani ho un po’ da fare in studio quindi buonanotte a tutti e due! – Annunciò Nicholas.
-Buonanotte!- Risposero in coro gli altri due, guardandolo dirigersi verso la sua stanza.
I due ragazzi entrarono in macchina e Joe mise in moto. Era l’una di notte, ma in una città come quella c’era sempre qualcuno in giro, a qualsiasi ora. Una canzone un po’ malinconica alla radio faceva da sottofondo al silezio che giaceva in quella macchina. Lane guardava fuori dal finestrino, Joe dritto davanti a sè. Quando arrivarono fuori casa Joe si fermò d’improvviso.
-Ci vediamo domani?- Le chiese. La ragazza annuì, e lo lasciò con un bacio sulla guancia aprendo la portiera e attraversando il giardino di casa sua. Appena pochi passi però e Lane tornò indietro. Joe aprì il finestrino.
-Dimenticato qualcosa?- Le chiese.
-Ehm, ti andrebbe di entrare in casa?- Chiese a fatica Lane. Il ragazzo era leggermente stupito dalla proposta, ma si disse che probabilmente non sarebbe capitato un’altra volta.
-Posso lasciare la macchina qui fuori o dà fastidio?-
-Certo che puoi.-
Spense i fari e tolse le chiavi dall’auto e di scatto mise i piedi a terra, chiudendo la portiera. Raggiunse Lane e insieme camminarono verso la porta d’ingresso. L’erba del giardino era un po’ secca, andava innaffiata.
-Accomodati Joe.- Disse la ragazza, mostrandogli la cucina.
-E’ carino qui.- La ragazza fece una smorfia di disapprovazione.
-Ti posso offrire qualcosa?- Gli chiese Lane.
-Sono apposto, grazie.- Disse, mentre continuava a guardarsi intorno. Lane era appoggiata al lavello della cucina.
-Dov’è Lex?- Chiese Joe, prendendo a fissare la ragazza che si sedette accanto a lui.
-E’... in Europa.- La sua voce era triste. Abbassò la testa.
-E non sei contenta?- Chiese il ragazzo, alzandole il capo con il mento. Si accorse che Lane aveva preso a piangere mentre annuiva.
-Beh, a meno che queste non siano lacrime di gioia, non penso davvero che tu lo sia. Cosa c’è?- Le chiese, asciugandole le lacrime col pollice e cercando di guardarla negli occhi.
-Tu ci tieni a me, Joe?- Gli chiese singhiozzando.
-Lane, ma che domande sono?- Joe si stava iniziando seriamente a preocupare.
-Ci tieni a Joe?- Chiese stavolta.
-Certo che ci tengo, Lane! Come potrei non volergli bene?!- Il viso del ragazzo era visibilmente stravolto, gli stava salendo un’ansia assurda, non sapeva cosa aspettarsi. La ragazza scoppiò improvvisamente a piangere, lasciandosi stringere dalle braccia del giovane. Ci sarebbe morta in quelle braccia se avesse potuto. Se avesse potuto fermare il tempo, sarebbe rimasta lì. Se avesse potuto avere una vita diversa, sarebbe stata volentieri lì a sentire la vita che scorreva nei battiti del cuore di quel ragazzo.
Joe le accarezzava lentamente i capelli, cullandola dolcemente. Rimasero lì per un bel po’, fin quando Lane non si distaccò.
-Adesso vuoi dirmi che ti prende?- Le chiese Joe, prendedole la mano.
-Mi sto per sposare, Joe. In Europa, dove andrò a vivere.- Pronunciò quelle parole con una tale rabbia e con un tale disgusto che Joe non aveva mai sentito. La ragazza si lanciò di nuovo tra le braccia del giovane che non riusciva neanche a stringerla. Si era sentito per un attimo mancare le forze, come se ormai combattere fosse inutile. Poggiò le mani sulla schiena di Lane, cercando di accarezzarla, ma non riusciva per niente a rassicurarla. Non poteva proprio dirle che sarebbe andato tutto bene. Non sapeva davvero cosa dirle, non c’era niente che potesse dirle.
-Sono innamorato di te, Lane.- Confessò, finalmente. Non pensava fosse davvero il momento giusto, non aveva mai pensato ci fosse davvero. Ma in un modo o nell’altro lo disse. 
Il pianto della ragazza cessò di colpo, mentre un'inaspettata pioggia prese a battere sulle finestre. Lane aveva sempre visto la pioggia come una sorta di protezione dal mondo esterno, una barriera in cui fosse confinato il suo piccolo mondo che, fino ad allora, non aveva mai avuto occasione di esistere.
Joe lasciò la presa, già flebile, debole in precedenza, permettendo alla ragazza di guardarlo in faccia. Il cuore di Lane si era fermato per un istante, e la ragazza aveva avuto la strana sensazione che ci fosse stata una morte momentanea, la morte della sua vita fino ad allora, per poi sentire la nascita di qualcosa di nuovo, un'opportunità, forse già persa, inaugurata dal primo battito di un cuore che non era più solo.
-Cosa?- Chiese Lane, forse più a se stessa che al ragazzo che le sedeva davanti.
-Ti amo, Lane. Lo so che questo non è il momento giusto, non so nemmeno se ci sia mai stato un momento giusto. Non so nemmeno se ci voglia un momento giusto per dire queste cose, ma so che è l'ultimo momento che ho. Ti amo, non so da quando e non so come, non so se da ieri, da oggi, da tre anni fa, da cinque, dal primo giorno che ti ho vista o da sempre. Ti ho amata senza neanche conoscerti. Ti ho amata semplicemente perché eri su questa terra, sapendo che esistessi la mia vita era migliore. Ti amo e forse sono un pazzo idiota, perché tu hai bisogno di qualcosa di meglio, e so che non puoi amare uno come me, so che non potrai mai farlo. Perché sono un disastro. Non so quanto conti ora tutto questo, forse praticamente niente, ma volevo farti sapere che qualsiasi cosa succederà, io ci sarò. Ci sarò, anche da lontano, sempre. Quando sarai triste dovrai pensare che c'è qualcuno che ti ama, come mai nessuno è stato amato, e il suo amore ti proteggerà da ogni male. Tu non sarai mai sola, Lane.- Fu forse il discorso improvvisato migliore della sua vita. Sul finire, chinò il capo, lasciando percepire un singhiozzo indifeso.
La ragazza rimase senza parole, indecisa sul da  farsi. La pioggia continuava a battere e lei sapeva che forse, in quel momento, il suo mondo avrebbe avuto modo di uscire fuori, modo di essere abitato senza essere oltraggiato. Lane sapeva che tutto può essere rubato da persone malvagie, la vita, la verginità, la libertà. Ma una sola cosa, una sola, nessuno avrebbe mai potuto tenere in pugno: il cuore, simbolo del vero amore.
-Non dirlo a nessuno, Joe. Tu sei il mio disatro preferito. Ti amo e ti amerò come se il mondo finisse domani. Ti amo e vorrei che fossi tu il padre di Joe.- Disse tirando su il volto del giovane.-Puoi guardarmi Joe, il sole non splende senza di te.- Il ragazzo la guardò un istante, esitante, accarezzandole il volto, asciugandole le lacrime, sorridendole appena. Lane gli prese la mano e la portò sul suo cuore, per fargli sentire i battiti.
-Sta piovendo, Joe. Con la pioggia nascono i fiori, l'acqua lava lo sporco delle anime, è un momento di solitudine e protezione. L'acqua dona una nuova vita. Puoi farmi vivere, Joe?- Gli chiese, quasi supplichevole, tra le lacrime che le rigavano fortemente il viso, in cerca di un luogo in cui sostare.
Joe le sorrise, Lane non aveva davvero visto un sorriso così pieno d'amore in vita sua. Senza più paura, in un'atmosfera in cui nessuno poteva accedere, il giovane le prese delicatamente il viso, poggiò le labbra su quelle della ragazza, come per sentirne la morbidezza, poi esitò di nuovo per paura di essere invadente, ma Lane gli si avvicinò, lo strinse e lo baciò. Fu il bacio più bello della loro vita, perché significava mille cose e portava con sé così tanti sentimenti che nessuno potrebbe provarli tutti insieme. In quell'istante Lane si sentì protetta, capace di amare e di essere amata, per la prima volta era con chi doveva essere, in un luogo che sembrava non avere tempo. Perché in fondo la pioggia fa anche questo. Annulla le cose, le vite, la luce, il buio. Quando piove non è c'è nè luce nè buio. Annulla il tempo. 




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Buonasera! sono in un terribile ritardo, lo so! All'inizio questo capitolo mi faceva pena, poi ho trovato una canzone (quella che ho inserito) e mi sono lasciata guidare. Non so se sia venuto fuori qualcosa di decente, ma in questo capitolo c'è veramente tanto di me, partendo dalla canzone. Mi ricorda tante cose tristi e non so neanche perché l'ho inserita. Ma in fondo è questo quello che fanno gli scrittori e gli attori. Devono vivere le esperienze dei propri personaggi attraverso se stessi. E' davvero un lavoraccio a volte, ma ho scelto di fare teatro e di scrivere questa Fan Fiction, e come si dice? Hai voluto la biciletta? E ora pedala! 
Spero vi piaccia, almeno un pochino! 
Vi mando un forte bacio da Londra e vi consiglio di ascoltare questa canzone: 
http://www.youtube.com/watch?v=UWSCx64BrRA è di un gruppo che ho scoperto a Trafalgar Square ieri, mi piace molto il loro sound! 
Con questo vi saluto, fatemi sapere!
Un bacione a tutti,
Laay <3


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