Together Once Again

di dark_dream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning ***
Capitolo 2: *** Closer to the edge ***
Capitolo 3: *** Predator and prey ***
Capitolo 4: *** An Unexpected Fight ***



Capitolo 1
*** The beginning ***


Ehilà!! :) Non so perchè, prima, scrivendo un capitolo per una fanfic in corso ("Love & Blood", se voltete dateci un occhiata *viva la pubblicità XD*), mi si è accesa una lampadina per buttare giù questa nuova storia.
Quindi ecco qui il primo capitolo. Vi avverto, non ho idea di dove voglio andare a parare con questa storia (il caldo mi dà alla testa), ma spero che alla fine non risulti troppo banale.
Non abbiate paura di farmi sapere che ne pensate e recensite, please! :)
Detto ciò vi auguro una buona lettura!!
PS: scusate per gli errori, per quanto rilegga, sembra me ne sfugga sempre qualcuno...


Un tempo vi era la pace, la tranquillità. Sui monti bianchi, sulle valli verdeggianti, in riva ai fiumi cristallini tutti viveno in pace. Certo, vi era qualche disputa qua e là, ma non vi erano guerre, l'odio era qualcosa di sconosciuto.

 

Nessuno viveva nell'ombra e nessuno cercava di prevalere sugli altri. I popoli vivevano in simbiosi, senza chiedere agli altri niente di più di quello che fosse necessario.

Due erano i popoli, in particolare, che vivevano lontano dalla civiltà umana, che non avevano bisogno del contatto con le persone comuni, avevano bisogno l'uno dell'altro. Ma poi, tutto cambiò.

 

Alla stazione dei pullman la pioggia picchettava intensa sulla già malconcia tettoia davanti al grande piazzale deserto. Era quasi mezzanotte e solo qualche debole lampadina illuminava le panchine protette dalla pioggia.

Un ragazzo era seduto nell'attesa che arrivasse il suo pullman. Era fradicio, era arrivato lì di corsa e aveva ancora il fiatone.

Indossava un giubbotto nero, senza maniche e il cappuccio tirato su a coprirgli il capo. I capelli corvini, scomposti e umidi, coprivano gli occhi, conferendogli un alone di mistero.

Portava dei pantaloni della tuta, anch'essi neri, e delle scarpe da ginnastica.

Nelle sue mani continuava a rigirare una fotografia. La osservavò per diversi minuti, poi la voltò leggendo ciò che c'era scritto in un angolo, con grafia elegante.

 

Ricorda Adam, l'amore supererà l'odio e tutto sarà perfetto, di nuovo. Non smettere di crederci.

 

Adam, quello deveva essere il suo nome. E' ciò che avevano pensato quando lo avevano trovato neonato, abbandonato alle porte di un paesino, al limite di un mondo naturale incontaminato dall'uomo. Un mondo che non era stato affatto influenzato dalla tecnologia, la quale nemmeno nel mondo degli uomini aveva trovato particolare successo.

Adam aveva trovato quella fotografia solo pochi giorni prima, quando aveva ordinato le soffitta impolverata. Aveva fatto qualche ricerca in proposito e ciò che scoprì non lo lasciò tanto stupito, quanto deluso. Quelli che per vent'anni si erano definiti i suoi genitori, non lo erano davvero.

Si era sempre sentito strano, come se quello non fosse il suo posto, se quello non fosse il suo futuro. E quella sera ne ebbe la conferma. A cena chiese spiegazioni alle persone che lo avevano cresciuto, ma non ottenne molto. L'unica cosa che potesse avere una certa utilità era il luogo in cui fu ritrovato.

A quel punto, deluso dalle bugie, dalle verità nascoste, senza farsi prendere ulteriori dubbi, fece i bagagli con lo stretto necessario e se ne andò.

Ora se ne stava ad aspettare lo sgangherato pullman che lo avrebbe portato in quel paesino. Da lì avrebbe iniziato la sua ricerca alla scoperta delle sue origini.

Dopo quasi mezz'ora un pullman si fermò davanti alla tettoia, aprendo la porta. Adam mise finalmente la foto nel borsone che si era portato appresso e ne estrasse il biglietto che mostrò al conducente.

Non c'era nessuno. Beh, chi mai prenderebbe un pullman nel bel mezzo della notte per andarsene in un luogo dimenticato da Dio?

Percorse il corridoio e si andò a sedere in fondo, lontano dal conducente e vicino a finestrino, dove poteva immergersi nei suoi pensieri.

Era ormai da un ora che era partito, e le luci segno della civiltà iniziavano a diradarsi. Pensando a ciò che lo attendeva e desiderando una nuova vita, una vera vita, si addormentò.

 

* * * * * * *

 

-Dai, Tommy, dovresti uscire qualche volta, andare in città. Non vorrai mica vivere qui da solo per sempre?-

-Non sono solo, ci sei tu.-

-Sai cosa voglio dire.-

Tommy prese la chitarra e usci dalla casa, mentre Jailynne lo seguiva.

Erano gli unici a vivere lì ormai. Gli unici rimasti della loro specie, per quanto ne sapevano. La città in cui vivevano non si poteva definire più tale dopo la guerra. Distutta dall'odio e dalla sua stessa popolazione. Quello che ne rimaneva erano mere rovine, buone solo a diventare una potenziale meta turistica.

Tommy era tornato a vivere lì solo sette anni prima, quando era quindicenne. A quel tempo il luogo era completamente deserto, ma non gli importava di avere compagnia, non voleva compagnia. Aveva smesso di fidarsi della gente.

Tre anni dopo comparve Jaily, che a quanto pare, era tornata lì, alla ricerca di altri come lei, come loro. Altri vampiri.

Così li avrebbero descritti gli umani. Accaniti assassini, bevitori di sangue, bestie senza pietà o rimorso.

Ma un tempo non era così.

-Seriamente Tommy, se ti ostini a restare qui, ti trasformerai in una vecchio acido, che non è nemmeno in grado di sostenere un conversazione civile.- lo inseguiva la ragazza.

-Non credi che forse non mi interessi nemmeno?- Tommy, entrò nella boscaglia salendo la collina. Senza fretta percorreva lo stesso tragitto che ripeteva ogni sera da quando era tornato lì.

-Ma perchè ti ostini a chiuderti in te stesso? Hai tanto di quel tempo davanti. Hai intenzione di continuare a venire quassù ogni sera con la tua chitarra a creare nuove canzoni per l'eternità?-

Tommy non rispose, ma continuò a camminare fino ad arrivare in cima alla collina. Lì si sedette a una vecchia panchina di legno e osservò il paesaggio che gli si apriva davanti: il sole quasi tramontato illuminava di un'atmosfera magica le montagne e i boschi, che si distendevano per le infinite valli.

Iniziò ad accordare la chitarra e non appena fu pronta iniziò qualche arpeggio.

-Ascolta e osserva il paesaggio. Chi ha bisogno delle persone quando hai qualcosa come questo? La bellezza della natura e della musica vale molto di più.-

-Lo sai, sembri un ibrido tra ragazzina alle prese col primo amore e un eremita hippy.-

-Divertente, molto divertente.- ribattè il ragazzo -Ma pensaci per un istante: questo, la musica, non ti tradirà mai e potrà sempre farti sentire meglio. Mentre cosa possono fare le persone? Sono buone solo a tradire e voltare le spalle a quelli che si fidano di loro. No, questo è molto meglio.-

-Forse hai ragione, sì. Ma non credi che bisogni almeno provarci?-

-Non ne vale la pena.- rispose secco il biondo mentre chiudeva gli occhi e si concentrava sull'armonia.

La ragazza capì che continuare la conversazione non l'avrebbe portata da nessuna parte, quindi ascoltò per qualche istante la musica, cercando di percepire le emozioni dell'altro, poi osservò il paesaggio.

Effettivamente quella sequenza di note la facevano sentire in pace con se stessa, ma ciò non implicava che dovesse isolarsi dal mondo.

Scrutò la foresta che si apriva sotto di lei, finchè non riuscì a intravedere del fumo salire da una piccola radura. Probabilmente degli intrepidi campreggiatori che si volevano godere le meraviglie di un ambiente puro.

-Tommy, credo sia ora di cena.- lo riscosse la ragazza da ciò che stava facendo -Non so te, ma io ho bisogno di un drink.-

-Va bene, andiamo.- il biondo si alzò e seguì la ragazza indietro per lo stesso sentiero da cui erano arrivati.

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Capitolo 2
*** Closer to the edge ***


Allora, eccomi qua con il secondo capitolo, nella speranza che non sia troppo noioso.
Tra un po' si entrerà nel vivo della storia, ma dovete avere ancora un po' di pazienza. Intanto vi lascio alla lettura sperando di avere anche qualche commento...XD
Scusate come al solito per gli errori :(
PS: il titolo si riferisce a una canzone dei 30 seconds to mars...



Quella città che per tempo incalcolabile fu prosperosa e piena di vita, riuscì, in pochi anni, forse anche solo mesi, a trasformarsi in una desolata rovina. Un tempo vi erano i bambini che correvano per le strette strade sterrate, mentre gli adulti discutevano vivacemente in qualche zona ombreggiata, resa tale da dei teli di stoffa colorata. L'aria pura e il candido suono della natura accompagnava la piacevole vita della cittadina. Piccoli ciuffi d'erba crescevano lungo i muri dei bianchi e bassi edifici. Piccole case, modeste. L'utilizzo della tecnologia era limitato al minimo necessario, giusto elettricità per la luce e gas per cucinare. La vita scorreva piacevolmente.

 

Ora non più. Ora non si potevano udire le risate dei bambini, non si sentivano le chiacchere più calme degli adulti. Ora non si percepiva più nulla. Il silenzio era sovrano. Alcune volte, solo alcune volte, si sentiva qualche animale, che, di passaggio, lasciava un'ultimo saluto alla città e alla sua civiltà ormai decaduta. Delle case erano rimasti su solo pochi muri pericolanti, diventati verdeggianti per i rampicanti, che avevano già coperto la purezza del bianco.

 

-Ehy, ragazzo! Ehy!- Adam sentì una voce svegliarlo dal suo sonno. Come aprì gli occhi realizzò dove si trovava e ricordò tutto ciò che era accaduto la giornata precedente.

Ora era mattina e il paesaggio oltre i vetri impolverati era completamente diverso da quello con cui si era addormentato. Un paesino di montagna, intrappolato in una valle. Tipica immagine di un'anonima cartolina.

-Ehy! Siamo arrivati al capolinea.- era conducente che lo chiamava dal suo posto.

Adam si alzò e si diresse verso l'uscita.

-Grazie.- l'autista non rispose, ma annuì e riparti non appena il ragazzo fu sceso.

E adesso che fare? Ritirò fuori la fotografia sì decise a chiedere informazioni.

Entrò in un piccolo locale adiacente all'edificio, davanti al quale il pullman lo aveva lasciato. Era un modesto bar: giusto un paio di tavolini e qualche sgabello davanti al vecchio bancone di legno. Molto rustico.

Decise di optare per il bancone e ordinò subito qualcosa da mettere sotto i denti, dato che non aveva ancora fatto colazione.

Non appena venne servito, porse la foto all'anziano barista.

-Sa forse se questa fotografia è stata scattata da queste parti?- chiese. L'uomo si pulì le mani sul grembiule e prese in mano il pezzo di carta per osservarlo da più vicino. Dopo qualche momento di esitazione, esordì: -Vedi questo monte qui in fondo?- disse, indicando un punto preciso dell'immagine. Adam annuì.

-Lo si può vedere anche da qui. Ma sembra che questa sia stata scattata da un luogo opposto a dove ci troviamo noi rispetto alla montagna. Aspetta – il barista, scomparì in un'altra stanza, per ricomparire un minuto dopo con quella che sembrava essere una cartina topografica. La aprì e la distese sul bancone.

-Ecco, noi siamo qui.- indicò un piccolo agglomerato urbano a mala pena visibile -E il luogo da cui questa è stata scattata dovrebbe essere circa – passò lo sguardo dalla foto alla cartina per un paio volte, confrontando gli elementi, poi concluse indicando una zona abbastanza limitata: -Qui.-

-Fino laggiù?- chiese preoccupato Adam.

-Sì, più o meno.- saranno stati ottanta chilometri, forse più. Evviva! Avevo proprio bisogno di un po' di allenamento! Si disse sarcastico Adam.

-Ehm, potrebbe prestarmi la cartina, per favore?-

-Non dirmi che vorresti andare fino a lì? Sei fuori di testa!-

-Perchè? Saranno al massimo due giorni di caminata, non mi sembra una cosa tragica.-

-Perchè non sai cosa succede in quella zona.- vedendo l'espressione confusa del ragazzo, cercò di spiegarsi meglio: -Quasi tutti quelli che si avventurano in quella zona, tornano indietro confusi, con vuoti di memoria, alcuni hanno anche graffi e morsi d'animali sul corpo. E questi sono quelli che tornano, poi ci sono quelli che scompaiono del tutto. Dammi retta, tornatene a casa. Questo non è i posto più adatto per una gita.-

-Starò attento, ma grazie.- così dicendo, cercò il consenso dell'uomo per prendere la cartina e uscì dal bar.

 

* * * * * *

 

Il soffito. Tommy continuava a osservare il soffito della piccola stanza in cui si trovava. Era ormai il suo rifugio, quando la luce del sole diventava troppo forte.

Lo spazio era piuttosto spoglio: vi era un piccolo armadio accanto alla porta, un piccolo tavolo con una sedia e un semplice letto, posto nell'angolo.

La luce proveniva solo da una piccola finestra, posta in alto, che non faceva mai entrare direttamente i nocivi raggi del sole.

La casa in questione, era stata costruita scavando nella roccia di una montagna ai limiti della città. Si mimettizzava piuttosto bene con l'ambiente circostante, a tal punto che, quando Tommy era tornato lì anni prima, non la notò immediatamente. Ma vista la sua posizione, decise più tardi di stabilirsi lì.

Con l'aiuto di Jailynne, la sistemò e la rese un ambiento vivibile. Il rampicanti, si erano infatti impossessati delle mura e la polvere aveva ricoperto gli interni. Ora invece era un'abitazione di tutto rispetto, solamente un po' più spartana del normale. E più particolare. Infatti avevano ritrovato, in fase di ristrutturazione, quelli che un tempo, probabilmente, erano stati dei passeggi segreti, e che ora erano utilizzati come normali corridoi. Mettevano in comunicazione divere stanze create a ridosso della montanga, che però si mimetizzavano come fossero parte del monte stesso.

Poi vi era un particolare passaggio, invece, che portava dall'altro lato della valle. Sembrava fosse più recente. Forse era stato scavato dopo l'inizio della guerra o giù di lì.

Erano tutti modi molto utili per evitare il diretto contatto con la luce del sole, che, contrariamente a quanto si crede, non inceneriva direttamente gli sventurati vampiri. (E, tranquillli, non li faceva nemmeno brillare come se si fossero rovesciati addosso qualche chilo di troppo di glitter.)

No, la luce non lì aiutava, questo era certo. Infatti, seccava il loro sangue, lo disidratava, a velocità maggiore rispetto ai normali esseri umani. Da qui anche la necessità di nutrirsi di altro sangue.

Tommy si alzò dal letto su cui era disteso e si mise a sedere. Era stufo di rimanere lì. Non ne poteva più di restare ogni giorno lì per ore e ore a non far niente, ad aspettare che il sole si avvicinasse all'orizzonte.

Un ricordo attraversò la sua mente:

Era piccolo, avrà avuto forse due anni, e il suo sangue non era ancora mutato completamente.

Era nel giardino di casa, a quei tempi ci passava intere giornate, mentre i genitori se ne stavano seduti a un tavolino lì vicino, sorseggiando un po' di vino e osservando ogni cosa che faceva, preoccupati che si facesse male.

Ricordò di come aveva visto un bel fiore, di come lo aveva colto, volendo portarlo alla madre.

Si era messo a correrle incontro, mentre lei lo attendeva con un sorriso.

Si riscosse dai sui pensieri con rabbia. Rabbia di una vita rovinata, di una menzogna. Si alzò dal letto e percorse il corridoio che conduceva dall'altro lato della valle. Dove si estendeva una fitta foresta che lo avrebbe comunque protetto. Non riusciva a rimanere lì un secondo di più.

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Capitolo 3
*** Predator and prey ***


Allora, ecco qui il terzo capitolo :)
Dato che ho notato che nessuno a voglia di scrivere recensioni, a parte quelle rare persone (Grazie Vero!! XD), vi chiederei almeno di mettere 'mi piace', a meno che proprio non odiate come o cosa scrivo. Almeno così potrei capire se sto facendo un lavoro accettabile o mi convine andare a fare l'edicolante XD. Ovviamente, se qualcuno avesse anche il buon cuore di recensire, non mi lamenterei di certo ;)
Detto ciò vi lascio alla lettura, scusandomi come al solito per gli errori :)



Erano vent'anni prima che tutto cambiò. Una pacifica e isolata cività conobbe la guerra. Una guerra che portò alla sua frantumazione. Una guerra che portò la sua decimazione. Una guerra che devastò tutte le generazioni.

 

Pochi si salvarono quando il legame tra hunter e vampiri si indebolì fino a rompersì. Quelle rare eccezioni, il quale legame resistette, si diedero spesso alla fuga, nella speranza di salvare quello che era rimasto.

Tuttavia, alla fine nulla ne rimase.

 

Alberi, alberi e alberi. Ovunque si voltasse, non riusciva a vedere nient'altro che alberi. Erano ormai ore che si era messo in marcia, e il mondo civilizzato era sfumato dietro di lui.

La natura era l'unica a dominare lì. Non vi era nemmeno un sentiero ben tracciato, solo qualche pianta in meno a ostacolare i suoi passi.

Ma non si lamentava di ciò: aveva preso la sua decisione e non aveva nessuna intenzione di tornare indietro. Tanto più che non era sicuro che ci sarebbe riuscito nemmeno se lo avesse voluto.

Continuò con sicurezza a farsi strada, fino a quando non arrivò in una piccola radura.

Da lì potè finalmente intravedere nuovamente il monte che il barista gli aveva indicato. Non era molto lontano, probabilmente sarebbero bastate ancora poche ore di camminata per arrivarci.

Tuttavia, non aveva intenzione di proseguire anche di notte, vista la reputazione che quel posto aveva. Era quasi il tramonto e in più era distrutto. Si sarebbe fermato lì da qualche parte per la notte.

Iniziò un piccolo sopraluogo nella speranza che ci fosse una zona più riparata o una grotta. Si sentì incredibimente fortunato quando trovò, a ridosso di una piccola altura, quello che poteva essere stata una facilitazione per qualche campeggiatore.

Vi era un telino verde tirato tra gli alberi a un'altezza di due metri. E, poco più in là, vi erano i residui di un falò. Non capiva, come mai, chiunque fosse stato lì avesse lasciato il telino, solo il telino.

Non vi era nient'altro, ma aveva bisogno di un posto dove stare per la notte, quindi, senza pensarci oltre, si sistemò e andò a cercare della legna per il fuoco.

In realtà, non aveva nemmeno idea di come si facesse, ma un accendino ce l'aveva e si sarebbe arrangiato per poi non farlo spegnere.

 

Tommy si era un po' sacricato, dopo aver camminato per qualche ora, si era tolto dalla testa quei tristi ricordi.

Grazie alla protezione offerta dalla foresta e il sague bevuto il giorno prima da quel gruppetto scout, era riuscito a passare quasi tutta la giornata fuori, ma adesso era arrivato quasi limite, non sarebbe neanche riuscito tornare alla città, se non fosse stato per il fatto che il sole stava calando.

Decise di prendersela con comodo, a questo punto poteva anche vedere se trovava qualcuno che avesse avuto il fegato di avventurarsi fino a lì. Ultimamente i visitatori erano sempre più rari, quella zona si era lentamente fatta una pessima reputazione. Di quel passo si sarebbero dovuti trasferire presto se non volevano rischiare di lasciarci le penne.

Percepì un rumore tra il fogliame, qualche decina di metri più in là. Con agilità si mosse portandosi dietro a una quercia centenaria e silenziosamente si sporse, cercando di scorgere cosa fosse stato a causare il fruscio. Ma gli andò male: era solamente un coniglio, che cercava qualcosa da mangiare in un cespuglio, e di certo non aveva intenzione di prendere il sangue da un'animale. Ciononostante si rese conto che prima o poi forse avrebbe dovuto. Ma, fortunatamente, non era ancora arrivato il momento.

Un altro suono lo distrasse. Questa volta doveva per forza essere una persona: poteva chiaramente distinguere il rumore dei passi nell'erba dirigersi verso di lui. Rimase immobile, attendendo di vedere la sua preda, che non tardò a presentarsi.

Non ci potè credere quando vide un ragazzo che avrebbe potuto avere la sua età. Si domandò cosa ci facesse lì...di solito solo qualche vecchio che vuole riavvicinarsi alla natura si avventurava per i boschi. Occasionalmente vi passavano anche degli scout, ma poteva chiaramente dedurre che il ragazzo che aveva davanti non lo fosse. Aveva il tipico aspetto di ragazzo di città: ben vestito e che non aveva la più pallida idea di come comportarsi in un bosco.

Non poteva, tuttavia, essere arrivato lì da solo. Erano ore di viaggio, forse giorni se non era abituato (come sembrava) e perchè mai un tipo come lui avrebbe mai voluto arrivare in quella zona. Forse una gita di famiglia?

Tommy decise di aspettare e tenerlo d'occhio, in poco lo avrebbe sicuramente portato da altre potenziali vittime.

Ma quello che non si aspettò fu che qualcuno tentasse di rubargli la cena. Infatti, avvolto su un ramo basso, si preparava ad attaccare un serpente verde, mimetizzato perfettamente con l'ambiente circostante. E il ragazzo gli stava giusto andando incontro.

Cazzo! Gli toccava pure diventare angelo custode per poter bere qualche sorso?!

Scattò e bloccò l'animale appena in tempo prima che mordesse il ragazzo.

-Che cazzo pensi di fare qua?! Cerchi di ammazzarti?!-

Il ragazzo rimase lì impalato, con gli occhi sbarrati, sopreso dalla sua comparsa improvvisa.

-Ehy?! Rispondimi.-

-Oh, ehm....grazie....dov'eri? Non avevo notato ci fosse qualcun'altro...- disse confuso, guardandosi in giro, cercando di capire se ci fosse qualcuno oltre a loro.

-Mi hai sentito? Che cazzo ci fai qui? Non è un posto per te...-

-Potrei dire la stessa cosa.-

-Non sono io quello che è stato quasi morso da un serpente.-

-Ho le mie ragioni...- si giustificò seriamente Adam abbassando lo guardo. Da dove era sbucato quel ragazzo biondo che si trovava davanti? Non riusciva a capirlo. Si era guardato in giro per un po' e non c'era nessun segno che qualcuno fosse lì. Nessuna tenda, nessuno zaino. Eppure era evidente che non fosse in viaggio: era vestito normalmente, con dei jeans e una semplice t-shit nera col collo a v, nessuna traccia di stanchezza e non aveva assolutamente nulla con lui.

-Dove sono i tuoi genitori?- Chiese poi, con un tono calmo il biondo.

-Lo sai, è divertente che tu lo dica...-lo soprassò, rimettendosi alla ricerca della legna per il fuoco. -Sono qui per trovarli.-

-Qui? Li stai cercando qui? Perchè sarebbero dovuti venire qui?-

-E tu? Perche sei qui?- ribattè Adam, voltandosi e guardandolo con aria di sfida.

-E' diverso per me.-

-Oh, davvero?-

-Sì...-sorrise -Posso chiederti una cosa?- continuò prima che Adam potesse riprendere a fare domande.

-Sei qui da solo?-

-S...ì...- Non era sicuro che quella fosse la risposta giusta, c'era qualcosa di strano in quel ragazzo. Ne ebbe la conferma quando si ritrovò con la schiena contro un albero. Con il braccio del biondo che gli bolccava la gola. Si era mosso a una velocità che non aveva mai pensato fosse possibile, in un battito di ciglia, e ora bloccava ogni suo movimento con un semplice braccio. Com'era possibile che un ragazzo, che sembrava così esile, avesse una tale forza?

-Bene...perchè ho proprio bisogno di bere.- Si avvicinò al collo e socchiuse la bocca.

Quelle erano zanne?!?!?! Che diavolo pensava di fare?

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Capitolo 4
*** An Unexpected Fight ***


Ecco qui il quarto capitolo! :) Scusandomi per gli errori, vi auguro una buona lettura!!


-Oh Cristo!- voleva morderlo?!?! Diavolo, non si era fatto ore e ore di viaggio per finire divorato da qualcuno!

 

Con uno scatto si liberò dalla sua presa e lo spinse via.

Lo vide barcollare facendo qualche passo indietro, allontanandosi da lui. Poi si fermò: stava immobile, fissando il terreno, la lunga frangia bionda gli ricadeva sul volto, impedendo ad Adam di interpretare la sua espressione.

L'atmosfera era tesa, non era sicuro di come si sarebbe dovuto comportare. Dai, lo aveva appena attaccato cercando di fargli solo Dio sa cosa...doveva essere malato, avere qualche problema. Ma, dopotutto, perchè lo avrebbe salvato dal sepente se avesse voluto ferirlo?

Sentiva una parte del suo istinto che lo avvisava a gran voce di darsela a gambe, che se voleva salvarsi la pelle doveva andarsene. Gli tornarono in mente le parole del barista riguardo alle persone che non erano tornate. Forse avrebbe dovuto dargli retta....

Ma poi, vi era un'altra parte di sè, che gli impediva di muoversi. Non sapeva se fosse dovuto al fatto che gli aveva salvato la pelle due minuti prima o cosa.

Infine, cercò di ragionare: persone disperse, traumatizzate....non poteva essere tutto dovuto a un ragazzo, che poteva essere un suo coetaneo. Tuttavia, dopo la sua aggressione, non sapeva cosa fosse il caso di pensare.

Dopo quelli che gli erano parsi diversi minuti, ma erano effettivamente solo una manciata di secondi, il biondo alzo lo sguardo.

-Come hai fatto?- la voce non lasciava trasparire emozioni, ma poteva leggere la confusione e lo stupore nei suoi occhi.

Perchè si stupiva tanto? Lo aveva solamente spinto via. Dopotutto aveva una corporatura abbastanza più esile della sua, cosa c'era di strano? Eppure, non sembrava aspettarsi quella sua possibile reazione.

Lo vide muoversi, venire velocemente nella sua direzione. Troppo velocemente, come faceva? Lo schivò appena in tempo.

Ma un'attimo dopo senti un tonfo e si rese conto che stato lui stesso a causarlo:era con la schiena a terra e il ragazzo gli stava a cavalcioni bloccandolo.

In un altro momento la cosa non gli sarebbe dispiaciuta affatto, ma in quel caso era diverso.

-Come. Hai. Fatto?- scandì le parole una ad una – Come mi hai evitato- Questa volta sentiva l'irritazione nel suo tono.

-Non so di cosa tu stia parlando.- non era certo di cosa avrebbe dovuto dire. Non aveva la più pallida idea di come l'altro avrebbe potuto comportarsi.

Era spavantato, preoccupato. E forse l'altro se ne rese conto, capì che non nascondeva niente, perchè nel giro di qualche secondo l'espressione così inasprita si addolcì leggermente.

Adam provò a immaginarlo completamente rilassato, tranquillo...doveva essere stupendo, una visione.

Poi sentì una fitta al collo. Merda, lo aveva morso!

 

Tommy aveva affondato i canini nel ragazzo.

Ancora non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a scansarlo: nessun umano riesce possibilmente e tenergli testa, eppure lui lo aveva fatto, anche se per un breve momento. Lo aveva allontanato e poi evitato.

Ora sentiva il suo sangue in bocca. Era dannatamente più dolce del normale e gli stava facendo uno strano effetto, gli sembrava di starsi ubricando. Si sentiva dannatamente bene...sarebbe andato avanti per sempre, ma si rese conto di essere sazio. Aveva bevuto come se fossero passati giorni dall'ultimo sorso, rendendosi conto solo più tardi di aver superato il limite. Si staccò dalla sua vittima, convito ormai di averlo ucciso.

Come si stava per allontanare, però, sentì un lieve lamento provenire dalle sue labbra. Com'era possibile che fosse vivo?? Lo doveva aver quasi prosciugato del tutto. Forse se lo era immaginato.

Un'altro lamento, più forte del precedente, provenne dal moro. Nessun umano poteva resistere....ma allora com'era possibile? Un sospetto gli si insinuò nella mente. Non poteva essere. Non poteva essere uno di quei dannati traditori, sembrava troppo innocente, troppo ingenuo. Quando gli si era avvicinato non aveva letto nessuna sensazione nei suoi pensieri che gli potesse far pensare a una cosa del genere.

Sembrava però essere già sul punto di riprendersi. Quindi quante altre spiegazioni c'erano?

Si sedette lì accanto e attese pazientemente che riacquistasse lucidità. Aveva bisogno di avere conferma delle sue supposizioni, anzi, per meglio dire, sperava in una smentita.

 

La notte era ormai calata, dopo un paio d'ore e il ragazzo si stava lentamente riprendendo: le ferite sul collo si erano già rimarginate, mentre Tommy poteva sentire il suo respiro profondo, che spezzava regolarmente il silenzio delle tenebre.

Si alzò, decidendosi ad andare a cercare dove aveva lasciato le sue cose, magari aveva anche una coperta o un giubbotto, iniziava a fare freddo.

Si allontanò senza fare rumore, augurandosi che non si svegliasse mentre lui era lontano.

Era buio pesto, ma essere un vampiro aveva anche i suoi vantaggi: riusciva a muoversi senza troppi problemi anche nel buio. Si aggirò per un po' prima di trovare, non molto lontano, dove aveva lasciato la sua roba. Sembrava che il ragazzo girasse leggero: c'era solo un borsone. Lo prese e tornò indietro.

Lo ritrovò come lo aveva lasciato, che dormiva come un bambino. Si chinò accanto a lui e iniziò a frugare nel borsone.

Sarà anche stato un idiota a venire in quel posto, ma almeno si era portato un sacco a pelo. Tommy lo aprì e glielo distese sopra come fosse una coperta, poi gli mise una giacca dietro il capo.

Ma che sto facendo? Mi sembra di essere la sua babysitter! Imprecò mentalmente, osservandolo. Aveva sempre cercato di evitare di uccidere le sue vittime, a meno che non ne avesse strettamente bisogno, ma addirittura preoccuparsi che non prendessero l'influenza? Ma per favore! Non aveva idea di cosa gli fosse preso per comportarsi così.

Tornò a sedersi dov'era prima e portò il borsone con sè, magari conteneva qualcosa che spiegasse cose ci facesse lì un ragazzo di città. Chi diavolo si sarebbe avventurato là senza una motivazione decente?

Tirato fuori il sacco a pelo e la giacca, quello che era rimasto era pressoche nulla. Trovò un coltellino sviezzero, dell'acqua, un panino, dei vestiti e per ultimo, sul fondo, pescò un piccolo foglio, che riportava solamente una frase:

Ricorda Adam, l'amore supererà l'odio e tutto sarà perfetto, di nuovo. Non smettere di crederci.

Cosa sarebbe dovuto significare? Si rese conto che al tatto il foglio era più lucido sull'altro lato, era una fotografia.

-Hey, che stai facendo?- il ragazzo si era svegliato e Tommy lo poteva vedere seduto un paio di metri da lui. Ma quello che non capiva era come lui potesse vedere cosa stava facendo, lì, nel buio pressoche totale.Che fosse davvero...?

Si stava alzando per venirgli incontro, ma Tommy capiva perfettamente che non aveva ancora recuperato le forze necessarie, per quanto cercasse di non darlo a vedere.

Nel tentativo di restare in equilibrio barcollò un paio di volte, prima di ricadere a terra. Senza darsi per vinto, ritentò. Di certo gli avrebbe dato un punto per la tenacia, peccato che quella non fosse sufficiente.

Era ancora instabile, ma questa volta, il vampiro si mosse e lo afferrò in tempo prima che toccassse il suolo.

-Sei davvero un idiota! Non hai le forze per muoverti. Stai fermo e riposa.-

-Perchè mai dovrei fare come mi dici?! -scoppiò il moro -Dopotutto se tu che....che....- sul suo volto comparve un'esspressione confusa, sembrava incapace di continuare. Tommy non capiva se fosse perchè non ricordava, o perchè non riusciva a crederci.

Fissò il vuoto per qualche istante, probabilmente pensando, finchè non sentì una fitta al collo.

-Sì, sono io che ti ho morso.- ammise senza troppe cerimonie e tatto.

Immediatamente, lo potè veder spalancare gli occhi incredulo.

 

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