lost and insecure, you found me.

di marasmaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter one. ***
Capitolo 3: *** Chapter two. ***
Capitolo 4: *** Chapter three. ***
Capitolo 5: *** Chapter four. ***
Capitolo 6: *** Chapter five. ***
Capitolo 7: *** Chapter six. ***
Capitolo 8: *** Chapter seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter nine. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***







Prologue.


Le luci dei fuochi d'artificio illuminavano il mio volto e la leggera brezza delle sere di luglio accarezzava i miei capelli.
Claire mi stringeva le mani più forte ad ogni sparo. Le sue mani erano così piccole in confronto alle mie. Ogni tanto i suoi occhioni verde acqua si giravano per cercare i miei, come se cercassero conferma che io stessi ancora lì e che non me ne fossi andata. Ma come avrei mai potuto abbandonarla? Era la persona più importante della mia vita. E tornando indietro nel tempo non avrei mai rinunciato a lei, l'avrei tenuta lo stesso. E poi era l'unica cosa più vicina a Daniel che avessi, a parte il suo maglione e altri piccoli oggetti.
Le scintille colorate che andavano a tempo di musica mi riportarono indietro negli anni, a quella sera in spiaggia. Il suo volto ridente, i piedi nella sabbia fredda, il rumore rilassante delle onde che si infrangevano sugli scogli, i nostri corpi vicini che si facevano compagnia. Fu una delle serate più belle della mia vita. 
Scossi il capo, mi faceva male ricordare. Tutti i flashback che ritornavano in mente mi facevano mancare l'aria. Ogni volta che ricordavo i miei occhi diventavano cupi e mi sentivo ancora più malinconica. Con i ricordi mantenevo viva l'immagine di lui accanto a me, ma ogni volta che la mia mente ritornava alla realtà sentivo un vuoto terribile nello stomaco, che solo un altro ricordo poteva riempire, per poi lasciare un vuoto ancora più grande.
Terminarono i fuochi e la musica che li accompagnava, presi Claire in braccio e rientrai dentro. La misi nel letto stampandole un dolce bacio sulla fronte e poi mi diressi in camera mia. Quel letto matrimoniale quasi mi faceva paura. Mi ero promessa più volte di cambiarlo e di comprare un letto più piccolo. Era troppo grande per me e mi faceva sentire ancora più sola. Forse il motivo per il quale ancora non l'avessi cambiato era dovuto al fatto che speravo ancora di poter trovare un uomo con il quale condividerlo, con il quale passare le mie notti. Ma ogni anno diventava più difficile, il mio corpo e il mio cuore erano legati ad un ricordo.





hil's corner *
salve a tutti, ho deciso di iniziare una nuova storia, mi sentivo ispirata :3
questo è solo il prologo, spero vi piaccia, è la prima volta che scrivo una 
storia 'originale' che non sia un fan fiction!scusate per eventuali errori ma
sono le due passate di notte lol se vi va recensite o seguitela,

mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate :) 
a presto, hil 

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Capitolo 2
*** Chapter one. ***








Chapter One.


- Abgail Stone! - 
Eccolo, era arrivato il mio momento. Con le gambe ancora tremanti mi avviai al centro del palco, dove mi aspettava il preside con il diploma. 
Finalmente sarei stata diplomata e avrei finito il liceo, quell'ultimo anno era stato quasi un inferno. Per molti adolescenti l'ultimo anno di liceo era uno degli anni più belli, le feste, le uscite di gruppo, gli amori, le notti di puro divertimento.. Di quell'anno invece io mi sarei ricordata solo l'ospedale, i dottori, mia nonna in fin di vita, bambini da badare più studio per raggiungere una buona media. 
Ma finalmente quell'anno era terminato, a settembre sarei andata a Yale grazie ad una borsa di studio. Fin da piccola sognavo quel posto, vedendo la locandina su internet. Avrei lasciato San Francisco e tutti i problemi, sarei volata via, sarei scappata. D'altronde scappare era la cosa che riusciva meglio alla mia famiglia.
Mi spostai una ciocca di capelli oro con sfumature arancioni dietro l'orecchio e presi il diploma, dopo aver stretto la mano al preside. Guardai la macchinetta fotografica e cercai di fare una faccia decente, ma impacciata com'ero uscì solo uno sgorbio.
Scesi dal palco e mentre alcuni professori e alcuni miei compagni si congratulavano con me, cercavo con lo sguardo mia madre. Neanche quel giorno era riuscita a spostare qualche impegno per sua figlia. Le avrei voluto ricordare che ci si diploma una volta sola nella vita.
Mi tolsi la tunica e il cappellino e presi la mia roba per tornarmene a casa, avrei preso il bus, così mi diressi verso la fermata.
- Ahi! - urlai non appena mi sentii calpestare il piede. 
- Scusa, non volevo.. - Rispose un ragazzo alzandosi da terra, per sbaglio era inciampato sul mio piede ed era caduto. Ma non feci in tempo ad inquadrarlo che se ne scappò, letteralmente. Poco dopo vidi passare un signore urlando, probabilmente era questo il motivo per il quale il ragazzo correva. 
Scossi la testa stranita e salìì sul bus.

Arrivata a casa mi buttai sotto la doccia, una delle cose più rilassanti al mondo. Lasciai scivolare l'acqua bollente sul mio corpo gracile e chiusi gli occhi. La mente, che di solito era un susseguirsi di pensieri, si oscurò. Per un attimo non pensai a nulla, e fu una sensazione bellissima.
Dovevo sempre badare a tutto io, mia madre ultimamente lavorava di più per guadagnare dei soldi extra. Ma straordinari o non, non era mai stata una mamma presente, anche se capivo che era difficile essere allo stesso tempo madre, padre, donna in carriera, figlia. Sì, non avevo un padre, mai conosciuto. Non mi aveva neanche visto nascere, appena aveva saputo della gravidanza di mia madre se ne era scappato. Ero sempre stata un problema, prima ancora di nascere. Quando ero piccola mamma cercava delle scuse, inventava storie per spiegarmi il motivo per il quale gli altri bambini andavano al parco la domenica con due genitori e io invece ne avevo solo uno. Però crescendo e iniziando a capire le persone e i loro strani comportamenti, mia madre mi aveva raccontato la verità, dopo avergliela chiesta più volte.
Mi misi un pantaloncino di jeans e la prima canotta che trovai e scesi giù. Non sapevo a che ora sarebbe tornata mamma, probabilmente avrei dovuto preparare io la cena. Prima però sarei andata al cimitero a trovare nonna. 
Era morta da un mese e mi mancava tantissimo. La malattia si era accanita contro lei circa un anno fa, e da una parte ero contenta che la sua sofferenza finalmente avesse avuto fine. Non ce la facevo a vederla ogni giorno star male nel letto, nell'ultimo periodo non riusciva neanche a muoversi.
Indossai le converse panna e presi le chiavi della macchina. Con i risparmi che avevo accumulato lavorando da babysitter era l'unica macchina che mi potevo permettere, quindi non era un granché, ma a me bastava che fosse a quattro ruote e che si muovesse. Accesi la radio e misi in moto. Non riuscivo a stare senza musica, era un altro modo che avevo per fuggire dai miei pensieri incasinati.

Mi fermai al semaforo e mentre canticchiavo vidi un ragazzo che assomigliava a quello che qualche ore prima mi aveva calpestato il piede. I capelli erano gli stessi, un po' scombinati, castani con i riflessi biondi.. e anche i piedi erano quelli! Non avevo avuto il tempo di osservarlo bene prima, ma mi era rimasto impresso, e avrei potuto giurare che quel ragazzo che stava attraversando ora la strada era proprio lui. 
Senza neanche accorgermene il semaforo diventò verde e le macchine dietro iniziarono subito a bussare. Distolsi lo sguardo e accellerai. Con la coda dell'occhio vidi che il ragazzo, che aveva appena attraversato, mi stava fissando. Scossi il capo, era sicuramente colpa della stanchezza.

Parcheggiai e mi fermai al fioraio accanto al cimitero per prendere un bel mazzo di peonie bianche e rosa. Erano i fiori preferiti da nonna e ogni volta che andavo al cimitero portavo un mazzo nuovo. 
Entrai nel cimitero e mentre mi dirigevo verso la tomba di nonna sentii piangere, e più mi avvicinavo più era forte il suono. Con mia grande sorpresa trovai mia madre inginocchiata che si copriva con le mani il volto. Aveva portato anche lei un mazzo di peonie e aveva già buttato via i fiori vecchi. Mi avvicinai e le misi una mano sulla spalla, era la prima volta che ci trovavamo lì dalla nonna insieme dopo i suoi funerali. Lei si voltò e appena mi vide si alzò in piedi e mi abbracciò, senza dire nulla. 
Avevo già visto mamma piangere, ma questa volta mi sembrò più fragile del solito. Era come una tartaruga priva del suo guscio. La strinsi forte a me, non servivano parole, i nostri corpi uniti valevano più di qualsiasi altro gesto.





hil's corner*
ho aggiornato il prima possibile, anche questo
capitolo l'ho scritto di notte, ormai è l'unico momento
della giornata in cui ho ispirazione!spero vi piaccia,
in pratica da questo capitolo ha inizio il flashback.
fatemi sapere cosa ne pensate, baci
hil 

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Capitolo 3
*** Chapter two. ***








Chapter Two.



Uscii dal cimitero stringendo la mano di mamma. La guardai e lei ricambiò il mio sguardo con un sorriso, un sorriso spento come la luce nei suoi occhi, ma che voleva dire 'grazie', il grazie che non riusciva mai a dirmi con le parole.
Salutai mamma che si avviò alla sua macchina, ci saremmo riviste a casa. Mi avviai al parcheggio cacciando il cellulare dalla borsa sperando di trovare qualche messaggio, nulla. Sbuffai e presi le chiavi della macchina, feci per aprire lo sportello quando vidi di nuovo il ragazzo di prima, ed ero sicura che fosse stato anche il ragazzo di quella mattina. Lo fissai per un attimo, e lui fece lo stesso con me. Abbassai lo sguardo scuotendo il capo e facendo finta di nulla, ma quando rialzai lo sguardo mi stava ancora fissando. 
- Mi stai seguendo per caso? - Chiesi scocciata. 
- Eh?No, no.. sono venuto al cimitero! - Rispose imbarazzato.
- E stamattina?E prima all'incrocio? - Ribattei rimanendo ferma vicino la mia auto.
- Stamattina?Ah, tu sei quella a cui sono quasi caduto addosso! - Iniziò a ridere, non capivo il motivo. Quella risata però mi fece sorridere, era un po' strana però bella.. sì, sapeva ridere proprio bene. Cercai di ritornare seria e lo continuai a guardare in attesa di una risposta. Smise di ridere e mi guardò sorridendo.
- Non l'ho fatto apposta, sul serio!E ritrovarti ora e prima all'incrocio è solo un caso, tranquilla non sono uno stalker, o robe simili. - Continuò senza togliersi dal volto quel bellissimo sorriso che si ritrovava. Lo guardai perplessa, poi automaticamente sorrisi. 
- Si hai ragione, scusami, forse ho esagerato un po'.. -
- Un po'?Fra poco mi denunciavi per molestie sessuali solo perché era la terza volta in un giorno che mi vedevi! - Disse ridacchiando. 
- Dai, non l'avrei mai fatto.. però se ti avessi visto una quarta volta, allora la sì che avrei chiamato la polizia! - Iniziai a ridere anche io, e ci guardammo sorridendo e senza dire nulla. Era riuscito a farmi ridere, non era cosa da molti. Quel ragazzo era intrigante, e nonostante fosse un completo sconosciuto, una parte di me voleva conoscere quel tipo. Scossi il capo cercando di allontanare quei pensieri.
- Senti, ora devo andare se no il cimitero chiude, però vorrei avere l'occasione di rivederti una quarta volta.. magari domani.. oh e senza i poliziotti possibilmente! - 
- Devo controllare sull'agenda, però ti posso far sapere! - Anche se ero tentata a rispondergli di sì e a fissare già l'appuntamento, non potevo accettare la proposta di un ragazzo che non avevo mai visto prima di quella mattina. 
- Allora scriviti il mio numero, se sei libera mi mandi un messaggio, se no vuol dire che è destino e proverò ad inciampare su qualche altra ragazza. - Risi insieme a lui, poi presi il cellulare e mi salvai il suo numero. Non potevo accettare subito il suo invito, però mi ero appena salvata il suo numero, cosa c'era che non andava in me?

Lo salutai con un 'ciao' ed un cenno di mano ed entrai in macchina. Accesi il motore e partii. Intanto riguardavo l'immagine del ragazzo impressa nella mia mente. Capelli castani con riflessi chiari con qualche riccioletto, occhi grandi color nocciola, labbra carnose e rosee, corpo snello e longilineo. Aveva un'aria misteriosa che lo rendeva ancora più intrigante. 
Abgail togliti quell'immagine dalla mente ripetevo a me stessa mentre parcheggiavo davanti casa. Eppure per tutto il tragitto non avevo fatto altro che pensare a quell'incontro nel parcheggio del cimitero. Luogo tutt'altro che romantico.
Entrai in casa e vidi mia madre ai fornelli che stava preparando la cena. Era da tanto che non la cucinava lei. La salutai con un bacio sulla guancia e con un sorriso, grande e lucente, davvero raro sulla mia bocca. Anche mamma fu sorpresa di vedermi in quello stato, tanto quanto lo fui io nel vedere mia madre già a casa che cucinava per noi due. Il ragazzo mi aveva tirato su di morale, era da tanto che qualcuno non lo faceva.
Cenai e aiutai mamma a sparecchiare, poi andai di sopra e misi un po' di musica ad alto volume, musica allegra questa volta.

Mi alzai dal letto verso le 11, amavo svegliarmi tardi. Oramai la scuola era finita, avevo terminato il liceo finalmente. Basta lunghi corridoi pieni di oche starnazzanti, giocatori di football pompati, nerd ossessionati dallo studio. 
Aprii le finestre, c'era il sole anche oggi e l'estate iniziava a farsi sentire. Così come gli uccellini rompiscatole che venivano a cinguettare davanti casa. No, non ero il tipo di ragazza che amava il sole, gli animali, gli unicorni e l'arcobaleno. Ero più il tipo da giornata piovosa, musica nelle orecchie e cibo di McDonald's da divorare. Ma ero di buon umore, quindi mi andava bene anche la giornata calda e soleggiata.
Scesi per fare colazione e portai con me il cellulare. Ci avevo pensato tutta la notte sull'appuntamento e avevo deciso di accettare, a meno che non avessi cambiato idea. Si sa che le idee la notte sembrano migliori. 
Andai in rubrica e solo allora realizzai che non sapevo il suo nome. Cavolo, non ci eravamo detti i nomi! Bene, mi sarei vista con un ragazzo di cui non sapevo nemmeno il nome. Pensai a come l'avessi potuto salvare in rubrica ed eccolo, il numero era sotto il nome 'sconosciuto del cimitero'. Sorrisi. Il nostro incontro era stato proprio strano. Lui era davvero un tipo strano, e potevo dire lo stesso di me. Due strani facevano una bella coppia? 
Sorrisi come una scema nel fissare il suo numero. Ecco che succedeva di nuovo, appena qualche ragazzo mi dava un po' di attenzioni, subito ci cascavo. Dovevo ripetermi che era uno come gli altri, insomma un cretino. E poi stavo fantasticando su un qualcuno che neanche conoscevo, magari appena l'avrei conosciuto avrei subito gettato la corda. O forse non avrei dovuto proprio conoscerlo. Sarebbe stata una pazzia.
Guardai di nuovo il numero sullo schermo del cellulare, lo fissai per una decina di minuti mentre addentavo un pezzo di cornetto vuoto. Cliccai 'invia messaggio' e iniziai a scrivere. Hey, sono la ragazza che ieri stavi stalkerando!Ti volevo dire che oggi sono libera, sempre se è valida l'offerta di vederti per una quarta volta e sempre se mi rassicuri che non debba portare i poliziotti!
Cliccai invio e spensi il cellulare per paura di ricevere la risposta. Ohh al diavolo, in fondo se non avessi mai provato, non avrei mai saputo, no?





hil's corner*
ecco il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento c:
come al solito è notte fonda e io mi ritrovo ad aggiornare,
ma mi è venuta ispirazione all'improvviso lol
recensite se vi va e se la state leggendo mettete
la storia tra le seguite, per sapere se vi interessa!
grazie in anticipo,
hil 

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Capitolo 4
*** Chapter three. ***








Chapter Three.




Infilai la chiave e accesi il motore, dopo essermi data un'ultima occhiata allo specchietto. Stavo davvero per uscire con uno sconosciuto, un completo sconosciuto? Peggioravo sempre di più.
Quella mattina Daniel aveva risposto quasi subito al messaggio scrivendo già l'ora e il luogo di ritrovo. Sì, mi aveva scritto anche il suo nome, Daniel. Un nome elegante ma allo stesso tempo non troppo elaborato, un nome semplice ma efficace. D'effetto. Da quella mattina non facevo altro che ripetere quel nome nella mia mente.
Ci saremmo dovuti vedere alle 5.30 per un caffè, erano le cinque e mezza spaccate e io stavo partendo da casa. Puntuale come un orologio svizzero. Non potevo avviarmi prima perché, essendo una donna, dovevo farmi aspettare almeno un po'. E poi non sapevo se fosse puntuale o meno, insomma se fosse stato un ritardatario cronico?Non potevo rimanere lì ad aspettare, ero molto impaziente.
Avevo legato i miei capelli in una coda di cavallo, faceva caldo e sarebbero diventati appiccicosi se li avessi lasciati sciolti. E poi i capelli raccolti mi stavano piuttosto bene, davano risalto al mio viso ovale e ai miei grandi occhi verdi - grigi, di sicuro la parte che preferivo del mio corpo, forse l'unica che adorassi. Avevo indossato poi un paio di shorts a vita alta color albicocca e una camicietta bianca intonata ai sandali. 
Parcheggiai davanti al bar dove era stato fissato l'appuntamento, se così poteva essere definito. Ci ero stata solo una volta in quel bar, di solito era molto affollato. Mi guardai intorno cercando Daniel con lo sguardo. Per un attimo l'idea di andarmene attarversò la mia mente e sembrò molto convincente, ma alla fine decisi di fare un bel respiro e di scendere dalla macchina. Faceva bene vedere qualche ragazzo ogni tanto. Avevo bisogno di qualcuno che mi facesse stare bene o semplicemente che mi facesse svagare. Forse Daniel non sarebbe stato quel qualcuno, ma valeva la pena provarci.
Era un ritardatario cronico, lo sapevo. Sbuffai pensando che avrei potuto prendermela con più calma, quando qualcuno mi coprii gli occhi. Erano mani grandi, possenti e morbide.. sì, morbide da far venir voglia di accarezzarle. Avevo capito che era Daniel, o lui o uno stupratore che cercava di trascinarmi con sé coprendomi gli occhi. Sorrisi e mi voltai. La prima cosa che vidi furono i suoi grandi occhi nocciola, poi mi persi nel suo sorriso immenso. 
 - Eri qui da molto? - Mi chiese reggendo il mio sguardo.
- No, da qualche minuto. - In realtà erano dieci di minuti, ma non volevo fare la pignola. 

Prendemmo posto ad un tavolino all'aperto, visto che era una bella giornata. La luce del sole faceva apparire i suoi capelli di un colore tra il castano e il biondo, che però stava benissimo sulla sua carnagione dorata. Ripensai alle sue mani sui miei occhi e un brivido percorse la mia schiena. Certo che era un tipo strano, in tutto ciò che faceva.
Ordinammo due frappè e poi ci guardammo in silenzio. Mi era sembrato un tipo più loquace, ma al momento nessuno dei due sapeva cosa dire. Questo succedeva quando si prendeva appuntamento con uno sconosciuto! 
- Allora, credo che dovremmo iniziare a farci qualche domanda, sai questo significa 'conoscersi' - Disse lui rompendo il silenzio, con la sua solita risatina. 
- Sì giusto.. Inizi tu? - Non sapevo il motivo, ma non mi uscivano le parole di bocca, eppure di solito non ero molto timida. 
- Va bene.. Quanti anni hai? Cosa fai nella vita? Oh, come hai fatto a prenderti un frappè alla vaniglia? A me disgusta! - Disse quasi tutto d'un fiato e concludendo con un bel sorriso. 
- Beh, evidentemente non siamo anime gemelle, insomma io vado matta per la vaniglia e tu la detesti! - Esclamai buttandola sul ridere, rischiando però di incantarmi sulla sua bellissima risata. - Ho quasi 18 anni, a settembre andrò finalmente via da qui e.. che vuoi sapere più? - Notai che mi guardò un po' sorpreso appena nominai Yale.
- Via da qui? Per dove? -
- Sono stata presa a Yale.. - Dissi quasi in imbarazzo. Imbarazzo poi per cosa?
- Wow, Yale? Sai che mi sarebbe piaciuto andarci? - 
- Oh, hai fatto domanda di ammissione anche tu? - Chiesi perplessa, non me l'aspettavo un tipo da Yale.
- No, in realtà non ci ho proprio provato.. -
- E come mai? -
- Sono successe diverse cose e alla fine ho pensato che il college non fosse la strada giusta, meglio un lavoro - 
- Quindi lavori? -
- No! - Esclamò. Ci guardammo e l'attimo dopo scoppiammo in una fragorosa risata. Era davvero buffo, ma in senso positivo. 
- Che fai nella vita allora? E quanti anni hai? - Chiesi dopo essere ritornata seria.
- Credi che potrai sapere tutto e subito? Io sono un tipo enigmatico. - Assunse un'aria di sfida e iniziò a sorseggiare il suo frappè cioccolato che era appena arrivato.
Era davvero enigmatico, mistertioso, intrigante.. Di solito riuscivo a leggere nelle persone, riuscivo a inquadrarle solo leggendole negli occhi. Invece negli occhi di Daniel, sempre se quello fosse stato il suo vero nome, sapevo solo perdermi.


Rimanemmo seduti al tavolino fino a quando non finimmo i frappè. Parlammo del più e del meno, senza però cadere sul privato o sulla vita personale. Scoprii solo che abitava senza i genitori, e per un attimo lo invidiai. Poi però pensai che dietro quelle parole nascondeva ben altro, e che io volevo scoprirlo, volevo sapere tutto di lui.
Mi portò a fare una passeggiata sul viale lì vicino. 
- Hai detto tu che ci siamo visti per conoscerci, quindi dovresti dirmi qualcosa di te, sai? - Dissi all'improvviso, curiosa di ciò che avrebbe potuto rispondere. Guardò in avanti, accennò un sorriso, ma non molto convincente. Sapevo che stesse nascondendo qualcosa.
- Non ho molto da dire, non sono un tipo interessante.. - Invece a me sembrava il contario, lo trovavo interessante e forse proprio perché aveva quell'aria misteriosa che nei ragazzi suscitava sempre un certo fascino.
- Tutti abbiamo qualcosa da dire. - Lo guardai, aveva ancora lo sguardo perso in avanti. Io rimasi a fissarlo, sperando che non mi beccasse mentre osservavo il suo corpo ben scolpito, le sue labbra carnose e i suoi occhi profondi. 
- Io non sono tutti. - Ribattè poi posando i suoi occhi su di me e chiudendo le sue labbra in un sorriso di quelli che ti possono far perdere la testa. Amavo le sue risposte, sempre così enigmatiche. Era come se non volesse far sapere nulla di lui ma allo stesso tempo mi invogliava ad indagare. 
- Certo che sei strano, molto strano! - Dissi io non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi.
- Parla quella di nome Abgail, non lo trovi un nome strano? - 
- Prenditela con mia madre che l'ha scelto, non con me! - Risposi io ridacchiando. Non andavo matta per il nome Abgail, ma era particolare, proprio come me.
- E perché dovrei? A me piacciono i nomi strani. - Quel ragazzo mi stava facendo impazzire, ed era appena la prima uscita. Non mi era mai capitato.

- Come te la cavi con la corsa? - 
- Come scusa? - Dissi io perplessa. Ci eravamo seduti su una panchina. Si stava proprio bene, c'era ancora il sole in cielo e un venticello che rinfrescava l'aria.
- Sai correre? - Lo guardai ancora più perplessa. Che domande erano? 
- Chi non sa correre? - Risposi ridendo. Daniel si alzò e mi lanciò un'occhiata di sfida, per poi iniziare a correre. Così, all'improvviso. Non era strano, era psicopatico.
Mi guardai attorno, il viale non era affollato, c'era solo qualche anziano qua e là. Mi alzai e iniziai a correre anche io. Corsi più forte che potevo cercando di raggiungerlo, ma era davvero veloce. Per fortuna dopo poco si fermò e così feci anche io, tirando un sospiro di sollievo. 
- Non è stato liberatorio? - Mi chiese aspettandomi con le mani in vita. Il vento aveva scombinato i suoi capelli, e questo in qualche modo lo rendeva più attraente. Lo guardai per un attimo senza dire nulla.
- Sì, hai ragione! - Esclamai poi. Era stato sul serio liberatorio. Nonostante il fiatone, mi sentivo meglio. Il vento sulla mia pelle mentre correvo mi aveva dato una scarica di adrenalina.
- Io lo faccio sempre quando ho bisogno di sfogarmi. - Disse per poi guardare avanti, come faceva spesso. Avevamo superato il viale, eravamo in un quartiere lì vicino circondato da alti palazzi. 
- E' un peccato che ci siano questi palazzi enormi, rovinano tutta l'atmosfera! Qui ci avrei costruito un grande parco verde. - Dissi osservando il luogo circostante.
- Hai ragione.. Ma se vuoi vedere un bel parco verde domani vieni con me! - Esclamò così, su due piedi. Mi stava proponendo di vederci un'altra volta, domani. Perché al suono di quelle parole il mio cuore fece un sussulto? 
- Per me va bene, dove ci vediamo e a che ora? - Risposi senza neanche pensarci. Domani sarei uscita di nuovo con uno sconosciuto. Anzi forse ora era un semi - sconosciuto, visto che ci ero uscita insieme. 
Ci mettemmo d'accordo e poi ci avviammo al bar, dove avevamo parcheggiato le macchine. Ci salutammo con due baci sulle guance, dopo esserci guardati un po' imbarazzati non sapendo cosa fare. 
Quel ragazzo era una boccata d'aria fresca dopo un periodo della mia vita che avrei voluto volentieri dimenticare. Mi sentivo in dovere di rivederlo e di indagare su di lui. La sua aria misteriosa mi stava coinvolgendo e non poco.





hil's corner *
eccomi con un nuovo capitolo, un po' più lunghetto
e direi anche più interessante! grazie per le recensioni,
poche ma buone :3 spero che continuiate a seguire la storia,
e spero che qualcun altro inizi a seguirla lol 
al prossimo capitolo,
baci, hil 

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Capitolo 5
*** Chapter four. ***








Chapter Four.




Oggi ero io in ritardo. L'appuntamento era alle sei davanti al solito bar, e alle sei e dieci stavo ancora in macchina. Ma non era stata colpa mia, la mamma dei bambini a cui badavo ogni tanto mi aveva chiesto gentilmente di stare con loro oggi perché aveva delle commissioni da sbrigare, ma mi aveva promesso che dopo pranzo sarebbe tornata. Invece fu di ritorno per le cinque e mezza. Feci finta di non essermela presa per l'enorme ritardo e li salutai con il mio solito sorriso finto sulle labbra. 
Come se non bastasse la strada era anche trafficata, se il destino fosse esistito sul serio, molto probabilmente mi stava lasciando segni per fare in modo che non andassi all'appuntamento. Però al destino non credevo, quindi all'appuntamento ci sarei andata lo stesso.

Appena arrivai lo vidi, era lì, con una t-shirt bianca e una bermuda di jeans. Aveva un paio di occhiali da sole che coprivano i suoi grandi e profondi occhi nocciola. Si passava la mano tra i capelli ripetutamente scombinandoli, sembrava nervoso, o impaziente. Approfittai del fatto che non mi avesse ancora visto per darmi un'ultima occhiata allo specchietto. I miei capelli dorati erano lisci ed arrivavano fino a sotto il seno, il mio viso era coperto da un velo di trucco e indossavo un vestitino a fiori. Ero stata attenta però a non sembrare troppo elegante, anche perché amavo vestire semplice, e poi non volevo dare l'impressione di essermi preparata tanto per lui. 
Scesi finalmente dalla macchina e salutai Daniel con un cenno di mano per poi avvicinarmi.
- Eccoti! Pensavo mi avessi dato buca. - Disse venendomi incontro sorridendomi.
- Scusa per il ritardo, ma sono stata trattenuta. - 
- Non ti preoccupare, e poi ora siamo pari, no? - Sorrise, ancora. I suoi denti luccicavano al sole, erano perfetti. Non era impacciato come me, anzi sembrava avesse sempre la risposta pronta. La sicurezza era una cosa che mi piaceva nei ragazzi. 
- E' vero! Allora, dove mi porti di bello? - Chiesi io curiosa. 
- Ti ho già accennato ieri del parco, è un po' lontano da qui, quindi andiamo con la macchina.. se vuoi lascia qui la tua, vieni con me.. - Mi guardò e si fermò. - O non ti fidi? - Aggiunse poi con uno sguardo di sfida.
- Non lo so, potresti essere un pessimo guidatore! - Esclamai io scherzando. In effetti non sapevo come guidasse.
- Hey, non sono una donna! - 
- Ah, è così eh? Lascia qui la macchina, guiderò io! - Ricambiai lo sguardo di sfida e mi avviai alla macchina. Daniel mi guardò prima stranito, poi mi seguì.

- Ecco, gira qui ora. - Daniel continuava a darmi indicazioni, anche se non era molto pratico nel farlo. Ero quasi sicura ci fossimo persi, quando vidi un cancello arrugginito e un cartello sopra con scritto 'Green park'. Però, che fantasia! pensai guardando il cartello un po' consumato. Da fuori non sembrava un parco affollato, anzi tutt'altro!
Scendemmo dalla macchina e Daniel si avviò al cancello.
- Ma è sicuro qui? - Chiesi io rimanendo ferma.
- Tranquilla.. e poi ci sono io con te! - Disse voltandosi e facendo un occhiolino. Qualcosa nel mio stomaco si mosse, farfalle? Non ne avevo idea. Quelle parole risuonavano nella mia mente, ci sono io con te.
Varcai il cancello e seguii Daniel. Aveva ragione, non era per niente un brutto posto. C'era una distesa di verde e tanti alberi. In più il sole e gli uccellini che cinguettavano facevano sembrare quel posto un luogo dei cartoni animati.
- Oh no! - Urlò all'improvviso.
- Che è successo? - Chiesi spaventata. Forse l'aveva morso qualcosa, corsi da lui e lo vidi con le mani sulla fronte, come per disperazione. - Che c'è? - Continuai guardandomi intorno.
- Ho dimenticato il telo per sederci in macchina.. ne hai mica qualcuno tu? - Tirai un sospiro di sollievo, avevo immaginato subito il peggio.
- E' questo che ti preoccupa? Non possiamo sederci sul prato? Oh, poi ti sporcheresti, hai ragione.. - Risposi io prendendolo in giro. Mi guardò male e poi si avvicinò. 
- Pensavo che fosse un problema per te in realtà, però se non è così.. - Si avvicinò ancora di più. Non capivo cosa volesse fare. All'improvviso mi buttò per terra iniziando a farmi il solletico. Cercai di allontanarlo, ma non lasciava la presa. Iniziai a ridere fortissimo, soffrivo in una maniera incredibile il solletico. Si ritrovò sopra di me, gli occhiali gli erano caduti così i nostri occhi poterono incontarsi. Ma i miei occhi una volta dentro i suoi perdevano la strada del ritorno, erano persi come la mia lucidità. Cercai di ritornare in me, lui era ancora intento a fissarmi. Le sue mani che tenevano strette i miei polsi e i suoi occhi fermi su di me mi fecero venire la pelle d'oca. Scossi il capo e cercai di muovere la situazione. Lo buttai sul prato e mi misi sopra di lui, inziando a fargli il solletico. Scoppiò a ridere rumorosamente, con la sua risata stupenda. 

Una volta ricomposti, ci sedemmo ad osservare il paesaggio. Era davvero bello lì. 
- Allora, oggi mi dirai qualcosa di te? Almeno qualche indizio, per esempio puoi dirmi perché quando mi hai calpestato il piede quel signore ti stava inseguendo! - Ruppi il silenzio. Mi ero preparata una lista di domande da fargli, e non poteva evitare di rispondermi ancora una volta.
- Oh - Ridacchiò e poi si girò verso me. - Se te lo dico poi probabilmente vorrai andartene. - Disse mantenendo il sorriso sulle labbra. Che cosa poteva aver mai fatto?
- Tu inizia a raccontare, poi vediamo se hai ragione. - Non smisi di guardarlo in attesa di una risposta.
- Okay. - Sospirò e rivolse di nuovo lo sguardo verso me. - Ho rubato un pacchetto di sigarette nel negozio di quel tipo.. In realtà non è la prima volta, avevo già rubato delle caramelle e delle gomme ma non se ne era accorto! - 
- Quindi sei un ladro? - Chiesi io, anche se mi ero immaginata di peggio.
- Ho rubato solo un pacchetto di sigarette e delle caramelle, non credo di definirmi un ladro. -
- Sì, hai ragione! - Ridacchiai. - Ma perché non pagare? - 
- Per il brivido dell'avventura. - Rispose ridendo. Risi anche io, la sua risata era davvero contagiosa. E lui era sempre più strano, e io ci capivo sempre meno. - Ora sei contenta? Ho risposto ad una tua domanda, mi merito un premio! - Aggiunse con aria soddisfatta, come un bambino che vuole il leccalecca dai genitori.
- Scusa? Hai risposto solo ad una piccola domanda, io sono pronta a farti un questionario! - 
- Allora posso anche dormire! - Ridemmo. Ridevo sempre quando stavo con lui, e ciò mi succedeva con pochi.

Ci distendemmo, non fregandocene se ci fossimo sporcati i vestiti e i capelli. Mi sentivo così libera con lui. Non come quando stavo in casa con mia madre o quando uscivo con le ragazze. Era solo la seconda volta che uscivamo e sentivo già di non poter fare a meno di quello che provavo quando stavo con lui. Potevamo diventare amici, e magari avremmo avuto una di quelle amicizie durature e sincere. Anche se mi veniva la pelle d'oca e il mio stomaco tremava quando stavo con lui, poi ci avrei fatto l'abitudine. Non era una buona idea andare oltre l'amicizia, sarei rimasta scottata più del dovuto.
- Quella nuvola sembra uno squalo! - Esclamò indicando il cielo. 
- E quella un'aquila! - Esclamai poi io indicando un'altra nuvola. Erano passate le sette e la luce del sole era meno forte, però comunque illuminava i nostri visi vicini.
- Hai davvero dei bei capelli. - Disse all'improvviso guardandomi. Non era un complimento che mi aspettavo, non da un ragazzo.
- Grazie. - Risposi un po' stranita girandomi verso di lui. 
- Mi piacciono soprattutto queste sfumature arancioni. - Continuò giocherellando con una ciocca di capelli. Sorrisi instintivamente. Il mio cuore iniziò a battere più forte e mi misi paura della poca distanza che separava i nostri corpi.
Percorse con i suoi occhi tutta la mia gracile figura, poi alzò lo sguardo e mi fissò. Sentii le mie guance colorarsi e il suo sguardo penetrarmi, come se i suoi occhi fossero raggi x. Non so come successe, fu uno scatto involontario, non ebbi neanche il tempo di pensare che le mie labbra si posarono all'improvviso sulle sue. Gli diedi un piccolo bacio a stampo. Mi guardò, non seppi decifrare quello sguardo, non capii più nulla. Rimasi ferma, i nostri nasi si toccavano. I nostri occhi continuavano a fissarsi, quando le sue labbra sfiorarono le mie per poi unirsi in un bacio, uno vero. Le nostre lingue si intrecciarono mentre le sue mani presero i miei fianchi.
Non riuscivo a staccarmi, tutto quello che volevo era il sapore che le sue labbra lasciavano sulle mie.





hil's corner *


ho aggiornato finalmente! questo doveva essere un capitolo un po'
più interessante, però non sono molto soddisfatta di quello che mi è uscito!
spero comunque che vi piaccia, ringrazio tutti quelli che recensiscono
e che hanno messo la storia tra le seguite :3 spero si aggiunga anche
qualcun altro lol btw, domani parto e torno tra due settimane,
quindi aggiornerò un po' più tardi del solito ç.ç
baci e buone vacanze
hil

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Capitolo 6
*** Chapter five. ***








Chapter Five.




Si mise sopra di me e ci continuammo a baciare senza renderci conto del tempo che passava.
Quando ci staccammo presi il cellulare e vidi che erano le 8 e mezza, eravamo stati più di un'ora a pomiciare e neanche me ne ero accorta? Mi alzai di scatto e raccolsi la mia roba.
- Che fai? - Mi chiese Daniel rimanendo seduto. 
- E' tardissimo, devo tornare a casa. - Risposi aggiustandomi i capelli e scuotendo i vestiti.
- Già? - Si alzò e mi prese da dietro spostandomi una ciocca di capelli. Mi baciò il collo e poi l'orecchio. Rabbrividii. - Andiamo, però ora guido io! -
Entrammo in macchina e lasciai che lui si mettesse al volante. Avevo ancora la pelle d'oca e non facevo altro che sorridere. Forse era una reazione allergica, ero allergica al suo sorriso, al suo modo di scherzare, ai suo baci, al suo modo di essere.. perfetto. E la sua presenza mi faceva stampare un sorriso da ebete in volto. Non era da me, non sorridevo mai per più di 10 minuti, con lui invece non stavo seria per più di cinque. Ma non lo conoscevo, sapevo solo il suo nome, era solo la seconda uscita e sembrava tutto così surreale. Come un sogno, e sapevo bene che i sogni all'improvviso finiscono, a volte cogliendoti di sorpresa, terminano da un momento all'altro.
Notai che la strada non era quella che avevamo preso prima.
- Ma dove stiamo andando? - Gli chiesi preoccupata e curiosa.
- Lascia fare a me! - Esclamò con un occhiolino.
- Sai che devo tornare a casa vero? - 
- E infatti ci tornerai a casa, solo non ora. - Ridacchiò e spontaneamente ridacchiai anche io. Per quello che ne sapevo poteva anche essere uno stupratore che mi stava portando in un posto sconosciuto, ma continuavo a ridacchiare e pensare a quanto fosse bello.

Parcheggiò la macchina davanti una salita ripidissima e mi fece scendere.
- Ho paura che con la macchina non ce la facciamo, così andiamo a piedi, tanto fa bene! -
- Eh? Ma dove porta questa salita? - Guardai la salita e mi prese quasi un attacco di panico.
- Vedrai. - Mi prese la mano e mi trascinò con sé.
Dopo qualche passo mi venne già l'affanno, non amavo camminare, figuriamoci le salite. Ma Daniel non mi lasciava la mano, era davvero tenero e già mi stavo iniziando a preoccupare che stesse confabulando qualcosa. Ero fatta così, quando le cose andavano bene dovevo sempre pensare che ci fosse qualcosa dietro, e il più delle volte avevo ragione.
- Sai, con me devi mantenerti in forma, sono un tipo molto atletico! - 
- Cosa vorresti dire scusa? Che non sembro sportiva? O peggio, che sono grassa? - Gli diedi uno schiaffetto e la presi a ridere.
- Guarda, sei una botte! - Iniziò a ridere anche lui. - Hai detto che volevi sapere più cose su di me, e io ti sto dicendo che sono uno sportivo, non leggere sempre tra le righe cara. - cara, gli sorrisi e instintivamente lo presi alle spalle per dargli un bacio sulla guancia.
- E questo? - 
- Mi andava di farlo, se vuoi non ti bacio più! - 
- No tranquilla, baciami pure quanto vuoi! - Si avvicinò e mi stampò un bacio sulle labbra.

- Dai muoviti! - 
Arrivammo in cima la salita e il mio sguardo fu subito colpito da un panorama stupendo, solo lui conosceva questi posti. Iniziò a correre e si appoggiò ad una ringhiera che separava l'altura dal vuoto.
- Ma che posto pazzesco è questo? -  Esclamai eccitata come una bambina che va alle giostre. Mi posizionani accanto a lui.
- Volevo che vedessimo il tramonto insieme, è una delle cose romantiche che si trova nell'80% dei film strappalacrime. - Disse avvolgendomi tra le sue braccia.
Effettivamente era romantico. Avevamo avuto un tempismo perfetto, il cielo si era colorato di un rosa salmone con sfumature azzurre. Si vedeva parte di San Francisco, i miei occhi non volevano più staccarsi da quella visione.. anzi mi correggo, volevano staccarsi solo per osservare Daniel.
- Posso farti una domanda? - Gli chiesi continuando a guardare il cielo roseo.
- Anche due. -
- Perché tutto questo? Cioè, perché mi hai portato prima al parco, ora qui.. Mi conosci appena! -
- Credi nei colpi di fulmine? - Nel sentire queste parole mi voltai verso di lui. Non lo sapevo, non ne avevo uno da quando ero una ragazzina che si innamorava del primo ragazzo carino che le passava davanti. - Io non so se crederci o meno, come non so se credere nell'amore e in tutte quelle cavolate varie.. Però tu mi hai colpita subito, e non so perché, forse per i tuoi capelli dalle sfumature arancioni.. Ma ho subito capito che eri una ragazza sveglia, e spero di non dovermi ricredere. - Continuò accarezzandomi il braccio e fissandomi negli occhi. 
Di colpo si fece sera, il cielo si colorò di un bluetto e le prime stelle iniziarono a intravedersi. Sembrava uno dei quadri ottocenteschi, il cielo come sfondo e io e Daniel al centro che ci baciavamo. 

Tornai a casa verso le 11, il tempo in sua compagnia volava. Trovai mia madre sulla poltrona che si era addormentata, evidentemente mi stava aspettando visto che non mi vedeva da stamattina e non aveva avuto mie notizie. Le diedi un bacio sulla fronte facendo attenzione a non svegliarla, mi sentivo particolarmente dolce. Mia madre però aprì gli occhi di scatto.
- Abgail? Dove sei stata? - 
- A fare la babysitter e poi sono uscita con le ragazze.. Avevo una cena con loro. -
- Me lo potevi dire!Comunque ho sonno, ne riparliamo domani. - Disse sbadigliando e alzandosi dalla poltrona per recarsi in camera da letto.
- Mamma! - La chiamai e lei si voltò. - Che ne dici se stasera dormiamo insieme? - Da piccola adoravo dormire con mia madre.. poi sono cresciuta e ci siamo distaccate sempre più.
- Abgail? Ma sei tu? - Mi guardò stranita, quasi scioccata. Poi però sorrise, amavo quando sorrideva proprio perché lo faceva di rado. Presi quel sorriso come un sì e mi precipitai in camera con lei.
Stare con Daniel mi faceva bene, più di quanto credessi.





hil's corner *


lo so, è da un casino che non aggiorno, ma sono stata occupata
e non ho avuto ispirazione!spero che questo capitolo vi piaccia,
fatemi sapere cosa ve ne pare con qualche recensione :3
ila

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Capitolo 7
*** Chapter six. ***








Chapter Six.




Passavo sempre più tempo con Daniel. Ci vedevamo la mattina e ci salutavamo la sera. Pranzavamo insieme e andavamo all'avventura, nonostante avessi sempre abitato a San Francisco, mi sembrava di non aver mai visto i posti dove mi portava. Forse perché con lui tutto era diverso, anche una strada abbandonata e piena di rifiuti poteva trasformarsi nel posto più carino. A volte capitava che mi fermavo a riflettere su noi due, e iniziavo a preoccuparmi. Ero preoccupata di che piega stesse prendendo la nostra storia. Ero praticamente cotta di un ragazzo che prima di allora non avevo  mai visto. Di un ragazzo di cui non conoscevo la famiglia, ma sapevo solo che aveva un nonno a cui voleva molto bene, un po' come io ne volevo alla mia, infatti ogni volta che ne parlava mi venivano in mente i momenti passati con nonna.  Poi però pensavo che mi ero promessa di non pensare a nulla e di non complicarmi la vita, come avevo fatto fino ad allora. Dovevo sentirmi libera e spensierata, e soprattutto felice, o almeno provare qualcosa che si avvicinasse alla felicità. Almeno fino a quando non avrei iniziato l'università. E con Daniel mi sentivo proprio così, anzi mi sentivo meglio. Ogni volta che ci vedevamo il mio stomaco si ingarbugliava e il mio cervello si disconnetteva. Non pensavo a niente, le parole mi uscivano da sole dalla bocca. 

Era domenica, una delle ultime domeniche di giugno e il caldo afoso si iniziava a far sentire a San Francisco. Non avrei visto Daniel perché avevo un pranzo in famiglia. No, non uno dei classici pranzi in famiglia domenicali con parenti da tutte la parti e grandi abbuffate. Sarebbe venuta mia zia Samantha da New York e quindi mamma si era data un po' da fare per preparare un pranzo decente. Zia Samantha era la sorella di mamma, e loro due erano state sempre molto unite. Anche io le volevo bene. Era una di quelle persone solari e decise, pronte a seguire i suoi sogni ad ogni costo e l'ammiravo tantissimo per questo. Era diventata codirettrice di un'importante azienda, e viaggiava di continuo. L'ultimo viaggio che aveva fatto, appunto, era stato New York. Anche se ormai lì c'era di casa, visto che ogni tanto prendeva il primo volo che trovava per andarci. Ero contenta di rivederla dopo tanto tempo, ed ero anche curiosa di sentire tutti i suoi discorsi stravaganti. Anche se avrei preferito comunque passare la giornata con Daniel.

Andai ad aprire la porta e mi ritrovai dei capelli rossi luccicanti davanti accompanati da un paio di occhiali enormi.
- Ziaa! - La strinsi in un lungo abbraccio. - Ma da quando in qua sei rossa? -
- Sono più sexy così, no? - Mi fece un occhiolino e poi scoppiammo a ridere.
Ci sedemmo a tavola e mamma iniziò a servire le pietanze. Quando si impegnava ci sapeva proprio fare in cucina, peccato  lo facesse di rado.
- Allora che mi raccontate di bello? Tu signorinella? Ormai stai diventando grande, hai qualcosa da dire a zietta cara? - Era chiaro che volesse sapere se avessi un ragazzo o meno. Rimasi un attimo in silenzio a fissarla, ma io ce l'avevo un ragazzo? A mamma ancora non avevo detto nulla, non sapeva proprio dell'esistenza di Daniel. Io d'altra parte, non sapevo che cos'era la nostra relazione, non sapevo neanche se stessimo in una vera e propria relazione. Non avevamo mai affrontato l'argomento e avevo paura che se l'avessi fatto avrebbe pensato che stessi correndo troppo e si sarebbe sentito soffocato.
- No, niente, solite cose! - Feci finta di niente, ma sentii le mie guance colorarsi.
- Uhm, va bene, faccio finta di crederti. - 

Si fecero le sei e decisi di salutare zia ed andare in camera, tanto sarebbe stata altri tre giorni con noi e avrei avuto modo di parlarle meglio. Il clima in casa con zia era allegro, dopo pranzo eravamo state a guardare le foto di quando lei e mamma erano ragazzine e mi avevano raccontato tutti i loro aneddoti, o almeno la maggior parte. Risi così tanto che mi venne da andare in bagno.
Controllai il cellulare, Daniel non mi aveva mandato neanche un messaggio. In compenso però c'era un messaggio di Claire che mi chiedeva se stasera fossi libera per una pizza e qualche chiacchiera. Visto che Daniel non mi dava segni di vita, e zia avrebbe dovuto riposare, accettai la proposta.

Prima di darmi un'ultima occhiata allo specchio guardai lo schermo del cellulare, nessun nuovo messaggio o chiamata. Sospirai e guardai la mia immagine riflessa allo specchio. Non ero proprio in vena di uscire, non avevo trovato niente che mi stesse bene ed ero stata costretta a legarmi i capelli in una treccia, visto che erano di un mosso indefinito. Presi la borsa e il cellulare, ancora nessuna traccia di Daniel. Scesi le scale e mi imbattei in zia. 
- Dove vai così carina eh? Dai, ora che non c'è mamma puoi dirmelo! - 
- Esco con delle semplici amiche zia.. e comunque poi domani ne parliamo meglio davanti una tazza di tè! - Le stampai un bacio sulla guancia e le sorrisi per poi avviarmi alla porta.
- Chiunque lui sia, spero solo sia alla tua altezza. - Continuò zia prima che aprissi la porta. Mi voltai e le feci un dolce sorriso che lei ricambiò. 
Daniel era sicuramente alla mia altezza, anzi spesso mi chiedevo se fossi io alla sua.





hil's corner *


e dopo una vita, rieccomi con un nuovo capitolo!
spero di avere recensioni questa volta, almeno per sapere 
cosa ne pensate :3 lo so, è un po' piatto come capitolo, ma il prossimo
sarà meglio lol 
baci, ila

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Capitolo 8
*** Chapter seven. ***








Chapter Seven.




Avevo passato una bella serata con le ragazze, e non mi ero annoiata come capitava spesso. Però c'era qualcosa che non andava, non c'era Daniel.. o meglio, era presente solo nei miei pensieri. Non avevo fatto caso neanche agli apprezzamenti dei ragazzi sul mio fisico, ogni tanto guardavo un punto fisso e mi perdevo e alla domanda "Abbi, che hai?" rispondevo con un semplice niente. 
Non mi aveva scritto per un'intera giornata e continuavo a non avere sue notizie, così, facendomi coraggio, provai a fare io il primo passo.
Sei morto per caso? Fammi avere tue notizie.. buongiorno comunque :) Ero indecisa sullo smile alla fine del messaggio, usavo poco le faccine, però non sarei voluta sembrare troppo seria.
Appena sentivo uno squillo o un minimo rumore mi avvicinavo al cellulare, poi iniziai a controllarlo ogni tre secondi. Niente. Nessun messaggio.

Zia mi portò ad uno dei bar di San Francisco più carini, con poltroncine e tavolini al posto di sedie scomode e banali. Sembrava di stare nell'Inghilterra dell'800, e noi da brave dame sorseggiavamo il nostro tè.
- Allora, mi vuoi parlare di questo ragazzo? - Zia non resisteva più dalla voglia di sapere, era sempre stata una curiosona. Prima di rispondere guardai il cellulare, inutilmente.
- Non c'è molto da dire.. - Sospirai, dovevo sfogarmi, sentivo il bisogno di confidare tutto a qualcuno e sapevo che zia non lo avrebbe riferito a mamma. - L'ho conosciuto davanti il cimitero, dopo che ero andata a trovare nonna. In realtà già la mattina ci eravamo incontrati, anzi scontrati, mi era quasi caduto addosso! - Zia sgranò gli occhi e assunse l'espressione di chi vuole ascoltare senza perdersi neanche un dettaglio, come da bambini quando la mamma ci vuole raccontare una nuova storia. - Zia tu ci credi al destino? Perché io non so se farlo o meno.. prima non ci credevo, ma averlo incontrato due volte nella stessa giornata in una metropoli cosa vuol dire? - Sorrise aspettando che proseguissi, di solito i commenti li esprimeva sempre alla fine. - Quindi ci siamo conosciuti al parcheggio del cimitero e da lì è iniziato tutto.. è da poco più di una settimana che usciamo insieme, ma il tempo non esiste quando sto con lui. Mi sembra di conoscerlo da una vita e di non conoscerlo affatto, infatti so poco di lui ma non mi importa. Mi fa stare bene, come nessun ragazzo aveva fatto prima d'ora, e questo mi sembra impossibile! Ho anche paura, tanta in realtà.. Non voglio innamorarmi, non so cosa sia l'amore ma tutti gli innamorati finiscono per stare male, e io non voglio, quest'anno sono stata male abbastanza. E poi non lo sento dall'altra sera, non mi risponde al messaggio, si è già stancato? Prima o poi doveva capitare, forse è meglio che sia capitato adesso. - Mi accorsi di aver parlato troppo velocemente senza neanche prendere fiato, respirai. Zia stava ridendo, ero così tanto disperata? 
- Tesoro, hai paura di innamorarti, ma credo che tu lo stia già facendo! Non so se tu ci creda o meno, ma ti sei innamorata a prima vista, è stato un innamoramento lampo! Una volta è capitato anche a me, non sono qui a spiegarti tutta la storia, troppo  lunga, ma è stata una delle storie più belle che io abbia mai avuto. Gli innamoramenti a prima vista sono i migliori, a mio parere. I tuoi occhi si incrociano con i suoi e da subito hai voglia di sapere a chi appertengono quelle due biglie colorate e se ne hai l'occasione, beh è subito amore! Perché non ti importa se è un cretino pieno di sé, o un completo rompiscatole, appena i suo occhi rincontreranno i tuoi.. boom! Di nuovo farfalle nello stomaco! E io e te ne siamo la dimostrazione, anche io provavo le stue stesse cose e avevo paura, tanta paura. Paura che tutto finisse in fretta senza neanche accorgemene, paura che mi stesse solo prendendo in giro, paura di stare male proprio come tutti gli innamorati. Sarò sincera, non è durata molto, solo un mese, poi io sono dovuta partire e ognuno è andato per la sua strada. Ma ne è valsa la pena provarci, perché è stata una delle esperienze più belle, mi sentivo dentro con tutta me stessa.. mi sentivo viva. Sì, ho sofferto, per giorni, per settimane, ma l'amore porta con sé la sofferenza. E tu non puoi sfuggire a questa stupenda e allo stesso tempo struggente esperienza, non si può sfuggire a qualcosa se già ci sei dentro. Lasciati andare, è estate, liberati da ogni pensiero e buttati. Non ti risponde ai messaggi, non ti risponderà più? Almeno ci hai provato. Poi chissà, è possibile che sia successo solo un malinteso, che non durerà solo un mese come è successo a me, ma durerà un anno, due.. tutta la vita! Non voglio illuderti, voglio solo dirti che tutto è possibile e che rimpiangerai più le cose che non hai fatto che quelle che hai fatto.. non farti troppi problemi, la vita è troppo corta per risolverli tutti! Libera, sentiti libera proprio come ti senti quanto sei con lui. A proposito, non mi hai detto neanche come si chiama! - Concluse con un grande sorriso. 
- Daniel, si chiama Daniel. - A pronunciare il suo nome i miei occhi si illuminarono. Zia aveva ragione, mi stavo innamorando, o forse lo ero già. Daniel mi aveva colpito subito, colpo di fulmine si dice? Destino? Qualsiasi cosa era stata ormai ci ero dentro con tutte le scarpe e dovevo lasciare che le cose andassero come dovevano andare, dovevo lasciar fare al tempo, io dovevo solo aspettare. Avrei voluto rivederlo ovviamente, avrei voluto mordere le sue labbra ancora. Ma qualsiasi cosa sarebbe successa, avrei avuto un rimorso e non un rimpianto.

Era venerdì. Erano passati sei giorni da quando non lo sentivo. L'altro giorno mi ero anche preparata per andarlo a cercare, ma appena uscita fuori mi guardai e scoppiai a ridere istericamente per poi rientrare. Dove potevo andarlo a cercare se non sapevo neanche dove abitasse? Mi stava per venire un attacco di panico, quando pensai alle parole di zia, a lei era durata un mese, a me una settimana.. doveva andare così. 
Mamma mi aveva incaricato di fare la spesa, così mi vestii pensando che mi avrebbe fatto bene uscire, stare fuori e pensare a qualcosa il cui nome non iniziasse con la D.
Prima di uscire di casa squillò il cellulare, mi ero anche dimenticata di prenderlo! Misi sotto sopra il divano del salotto e poi tutta la cucina, per poi trovarlo in dispensa, oh povera me! Squillava ancora, ma non era un numero registrato nella rubrica. Sbuffai. Visto che non aveva smesso di squillare pensai che fosse qualcosa di importante e decisi di rispondere.
- Pronto Abgail? Sono Daniel. - Mi mancò il respiro, la gola diventò secca e iniziai a tossire. Voleva farmi avere un infarto?
- Abgail? - 
- Ssi, sono io! - Non riuscii a pronunciare altro. Avrei voluto prenderlo a brutte parole, mandarlo a quel paese per avermi fatto stare uno schifo in questi giorni.
- Io e te dobbiamo parlare, che ne dici di oggi pomeriggio? -
- Non ti sei fatto sentire per giorni e tutto quello che sai dire è che dobbiamo parlare? Mi aspettavo almeno uno 'scusa per essermi comportato da cretino', che fine hai fatto? - E all'improvviso esplosi. 
- Hai ragione, scusa. - Al sentire le sue scuse mi calmai e sorrisi, sorrisi perché era stupendo risentire la sua voce. - Allora va bene oggi pomeriggio? Se vuoi dimmi dove abiti, ti vengo a prendere io! Ti prometto che risponderò a tutte le tue domande.. cioè a quelle che potrò rispondere. - 
- Va benissimo, ti mando per messaggio il mio indirizzo. A dopo. -
A dopo. Non mi importava cosa avesse dovuto dirmi, quel 'dobbiamo parlare' non mi piaceva affatto, non portava mai niente di buono. Ma non mi importava. Ero contenta, l'avrei rivisto, forse per l'ultima volta, ma l'avrei fatto.

Mi misi un jeans stretto e uno di quei top larghi, poi legai i miei capelli in una treccia a spina di pesce. Prima di mettermi le mie amate converse mi guardai allo specchio una decina di volte. Mi sedetti sul divano e aspettai ansiosamente Daniel. Le attese mi mettevano sempre tanta ansia, infatti mi mordevo sempre le labbra e mi muovevo continuamente.
Squillò il cellulare, mi affacciai alla finestra e lo vidi davanti la sua macchina. Colpo al cuore, non me lo ricordavo così bello. Uscii di fretta da casa e mi fermai davanti a lui. Non sapevo come salutarlo, aspettai che facesse lui qualcosa. Mi guardò prima senza dire nulla, poi esclamò un semplice 'hey' e andò in macchina facendomi cenno di entrare. Deglutii, avevo il magone. Entrai in macchina e lo fissai. Non disse nulla, accese solo la radio e partì.
Tutto il viaggio fu silenzioso, c'era solo la musica della radio di sottofondo. Lui non parlava, e così neanche a me uscivano le parole di bocca. Sembrava particolarmente in ansia.
- Ma dove stiamo andando? - Dovevo rompere quel silenzio.
- Oh, al green park.. Siamo stati bene lì l'altra volta. - L'avrei corretto, eravamo stati benissimo. Lo continuai a guardare silenziosamente.
Arrivammo e scavalcammo il cancello arrugginito. Quel parco era bellissimo, ed era ancora più bello perché lì ci eravamo baciati per la prima volta. Lo seguii e mi fermai dove si fermò lui. 
- Scusami ancora per non essermi fatto sentire in questi giorni e per essere sembrato scontroso.. -
- Tranquillo, vorrei sapere solo il perché.. Hai detto che avresti risposto alle mie domande. - Accennai un sorriso, cercando di calmare la tensione. 
- Ho pensato molto, stranamente, visto che non amo pensare.. E sono arrivato alla conclusione che dobbiamo smettere di frequentarci. - Ecco, una doccia fredda. Mi voltai a fissare il paesaggio e ascoltai il suo silenzio, sì perché il suo silenzio parlava, e mi stava appena dicendo che non era quello che voleva, non voleva chiudere definitivamente i nostri rapporti.
- Perché? Dammi almeno una spiegazione. - Mi girai di scatto e lo fissai, quasi fulminandolo.
- Non c'è sempre un perché, è così e basta. - Abbassò gli occhi, non riusciva a reggere il mio sguardo. 
- Hai detto che hai pensato, hai riflettutto, e a che conclusioni sei arrivato? Perché vuoi chiudere con me? E non uscirtene con scuse del genere 'non c'è sempre un perché'. I perché in questi casi ci sono sempre. - Senza accorgemene alzai la voce.
- Perché? Vuoi sapere perché? - Alzò di nuovo gli occhi, sembrava che si stessero riempendo di lacrime e di rabbia. Non poteva avere due occhi così belli, così profondi, e così maledetti. - Perché non ti merito. -
- Per favore, è la scusa più banale di sempre! - 
- No, è vero, io non ti merito. Tu sei stupenda, gentile, disponibile, limpida e onesta. Io.. io non sono così gentile, così disponibile e soprattutto così limpido e onesto! Qualche anno fa ho iniziato a drogarmi, a fare uso di droghe pesanti e per fortuna poi ne sono uscito, ma in quel periodo ho fatto cose terribili. Rubavo per procurarmi i soldi, trattavo male tutti e ho anche picchiato un amico che per me era come un fratello, sono arrivato quasi ad ucciderlo. Ho perso tutti, ho fatto soffrire anche mia madre, sono stata la causa della fine del suo matrimonio con papà. Ora mi ritrovo con mio zio, un padre che ogni tanto mi viene a trovare solo perché gli faccio pena e una madre che vive in Europa. Perdo sempre tutti perché non riesco a dare alle persone le giuste attenzioni. Sono una frana nei rapporti umani. Capito ora perché non ti merito? Se continuo a frequentarti perderò anche te, ti farò solo soffrire. Non sono un bravo ragazzo, e neanche il cattivo ragazzo che piace sempre a tutte. Io sono solo un fallimento, non sono fatto per le relazioni. Non riesco a badare a me stesso, non posso badare ad altri. - Lo guardavo con gli occhi lucidi, mentre buttava tutto fuori assieme alle lacrime. Finalmente si era aperto a me. Non ero spaventata dalle sue parole, non avevo paura del suo passato, sapevo che potevamo costruire il nostro presente insieme e quello che dovevo fare era convincerlo di vivere la nostra storia giorno per giorno. Non dissi nulla, lo lasciai piangere. A volte le lacrime servono a svuotarsi. Mi buttai su di lui, lo strinsi forte in modo tale che potesse trasferirmi le sue paure, cosicché non avrebbe sentito tutto il peso su di lui. Volevo aiutarlo, ci saremmo aiutati a vicenda. 







hil's corner *


ho riaggiornato, anche se nessuno più si caga la storia lol
questo capitolo mi piaciucchia, quindi spero di avere
qualche recensione :) lo continuerò presto, se state
leggendo la storia mettetela almeno tra seguite,
mi farebbe molto piacere :3
buona giornata,
baci ila 

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Capitolo 9
*** Chapter eight. ***







Chapter Eight.


- Dammi la mano. -
Feci ciò che mi disse, prese la mia mano delicatamente e l'appoggiò sopra il tronco di una grande quercia secolare. Era enorme, i suoi rami pieni di foglie che facevano ombra e coprivano la luce del sole pomeridiano. Accompagnandomi con le sue mani mi fece accarezzare il tronco ruvido e vissuto.
- Non è fantastico? -
- Cosa? - Lo guardai un po' sorpresa, aveva un'aria estasiata mentre, con la mano poggiata sulla mia, accarezzava il tronco della quercia. Aveva gli occhi chiusi, quasi mi dispiaceva disturbarlo.
- Amo accarezzare i tronchi degli alberi, penso alla loro storia.. Questa quercia all'inizio era un seme, un piccolissimo seme nato grazie a del polline trasportato dal vento da chissà dove! Poi qui, in questo terreno, ha messo le sue radici e adesso è un albero secolare, di dimensioni mastodontiche. Chissà quanti anni ha.. Mio padre mi aveva insegnato a contare gli anni degli alberi.. - Si bloccò fissando le grandi foglie verdi. Lo fissavo in silenzio, aspettando che continuasse. Osservavo i suoi lineamenti ben marcati, il suo naso lungo e snello, i suoi occhi fissi nel verde e la sua bocca carnosa socchiusa.
- Quando ero piccolo mio padre mi portava sempre qui, al Green Park. Un tempo era più curato e ci venivano sempre le famiglie la domenica. Mio papà invece mi portava sempre il sabato pomeriggio, sul presto, quando era ancora spopolato. Mi faceva accarezzare i tronchi degli alberi secolari, in silenzio osservavamo la natura e la sua magnificenza. Se da piccolo mi avessero chiesto 'Che cos'è per te la felicità?' avrei risposto ' Andare con papà al parco a guardare gli alberi'.. ora invece non so qual è la risposta. - Fece un'altra pausa. Il suo volto questa volta si incupì, capii che era il momento di intervenire.
- Hai ragione, è fantastico. - Lo guardai con un sorriso da bambina e gli occhi luccicanti, si voltò verso di me sorridendo e mi stampò un lungo bacio.
Ci distendemmo sul prato con la chioma della quercia che ci copriva, con le mani intrecciate l'una nell'altra. Chiusi gli occhi, avevo trovato la pace. 'Che cos'è per te la felicità?' questa frase echeggiava nella mia mente, ero convinta di aver trovato la risposta, in quel momento, con Daniel al mio fianco.
Erano le quattro del pomeriggio e non ero proprio rientrata a casa. Non avevamo mangiato nulla, ci nutrivamo delle nostre presenze, stare insieme ci saziava. Non avevo lasciato neanche un messaggio a mamma e lei stranamente non aveva provato a chiamarmi, così decisi di farlo io ma non rispose. Stavo per preoccuparmi, quando Daniel mi propose di andarci a prendere un gelato al bar lì vicino, lasciai andare i pensieri e gli strinsi la mano pronta a seguirlo ovunque fosse diretto.
- Gusto? -
- Fragola e fior di latte. -
- Che stai a dieta? A me tiramisù e nutella! - Mi guardò con un'aria di sfida, nascondendo una risata.
- Scusi, ho cambiato idea! Per me nutella e cioccolato bianco, anche con un po' di panna sopra, grazie! - Ricambiai lo sguardo di sfida e poi scoppiai a ridere.

- Mi vuoi far ingrassare? - Gli domandai mentre passeggiavamo con i nostri gelati giganti e pieni di calorie che colavano per il caldo.
- Hai fatto tutto tu! - Esclamò poi con il suo solito sorriso. Gli diedi un colpo sulla testa cercando di trattenermi dal ridere, ma non ci riuscii, era inevitabile, soprattutto se Daniel aveva un baffo fatto di tiramisù e nutella.
- Mi dovresti dire 'Ma dai, sei bellissima così come sei, anche con 10 kili in più!' -
- Ma io sono sincero! -
Lo guardai male e accellerai il passo superandolo, lui scoppiò a ridere e mi prese da dietro. Lasciò stare per un attimo il gelato e poggiò le sue labbra sulle mie.
- Sanno di cioccolato. - Osservai senza staccarmi da lui. - Sono ancora più buone. - Sorridemmo e ci continuammo a baciare, lasciando colare i gelati.

Mi riaccompagnò a casa e con sorpresa non vidi la macchina di mamma, erano le cinque e mezza, sarebbe dovuta tornare da lavoro per le cinque. Varcai la soglia, e niente mamma non c'era. Poggiai la borsa e il cellulare sul tavolo della cucina e presi una bottiglietta d'acqua dal frigo. Mentre mi dirigevo in camera mia sentii delle voci interrotte da risatine. Erano sempre più vicine a casa. Mi affacciai al finestrone del salotto che portava sulla strada e vidi mamma.. in compagnia di un uomo!
Quel tizio aveva un'aria familiare, già visto da qualche parte. Mi nascosi dietro le tende e continuai ad osservarli come fanno le spie esperte. Si fermarono davanti la porta e tra una risata e l'altra si diedero un bacio, poi mamma lo salutò ed entrò in casa. Mi precipitai sul divano, aspettando qualche spiegazione.
- Oh, ciao Abbie! - Mi chiamava 'Abbie' solo quando era di buon umore, dopo essersi slinguazzata un uomo anche di bell'aspetto, doveva essere per forza di buon umore! E se non avessero solo slinguazzato.. ? Nella mia mente entrarono pensieri orribili, anzi erano schifosi, che scacciai subito.
- Dove sei stata? -
- A lavoro, dove se no? -
- Non dovevi tornare mezzora fa? -
- Si ma mi hanno trattenuta.. Eh che cos'è questo? Un'interrogatorio? Sono io la madre qui! - Continuò senza levarsi quel sorriso da ebete dal volto.
- Non hai niente da dirmi? -
- No, tu? - No, tu? Aveva intenzione di nascondermi tutto?
- Sì.. Ti ho vista con quel tizio, chi è? - Tutt'un tratto mamma sbiancò e rimase paralizzata. Non mi rivolse neanche lo sguardo. Balbettò in attesa che le venissero le parole da dire, come si spiega a tua figlia che hai un 'ragazzo'?
- Ehm, chi? Ehm, ah! Dici Pier? -
- Non so, quello con cui stavi limonando due minuti fa! -
- Abgail! Non dire queste cose, non stavamo limonando.. Oh insomma! - Si fermò un attimo. Era chiaro che volesse ribaltare la frittata, voleva rimproverarmi per riacquistare il suo ruolo di madre e non quella di adolescente. - E' il mio capo.. -
- Oh.. Ma non stavate mica lavorando qua fuori! - Continuai io con fare da investigatore.
- No, mi ha solo accompagnato a casa. - Si sedette accanto a me. Mi fissò per un secondo in silenzio, sapeva che io sapevo. O meglio, sapeva che io avevo intuito che ci fosse una relazione tra i due, non era difficile da capire.
- Ma lui è sposato? -
- Come lo sai? - Mi guardò con aria da cane bastonato. Mi pietrificai e stetti in silenzio, fissando la tv spenta. - Non è come pensi.. Lui e sua moglie si stanno lasciando, devono divorziare a breve! -
- Mamma! - Urlai io. Non sapevo che dire, ad un tratto persi tutte le parole. Scappai di sopra lasciandola lì sul divano.

Mi chiusi in camera, rimasi ferma sul letto a guardare il soffitto. Mamma non si era mai sposata, la sua relazione più lunga l'aveva avuta con un tizio che definiva il suo primo amore, durante il liceo. Poi dopo la loro rottura aveva capito che non era fatta per gli uomini, ma un giorno incontrò mio padre e per lei fu amore a prima vista, io direi più svista. Stettero realmente insieme per circa cinque mesi, dopo iniziarono i problemi e le continue discussioni. Lui viaggiava molto, a mamma non andava bene. Poi una sera, mentre lui era a Toronto per lavoro, mamma lo chiamò per dire di essere rimasta incinta, lui non si fece più sentire. Non volle sapere niente di me. A volte mi chiedevo dove fosse, cosa facesse, se fosse ancora vivo. Ma non avevo mai avuto il coraggio di andarlo a cercare.
Presi il cellulare e cliccai sul contatto di Daniel per chiamarlo.
- Rispondi, rispondi, risp.. Daniel! -
- E' successo qualcosa? -
- No no, volevo solo sentirti.. - Lo sentii ridere e mi rassicurai.
- Trovata tua madre? -
- Guarda lasciamo stare! Tu piuttosto, che fai? -
- Sono tornato a casa, c'è zio che legge un libro di là e io che sto in camera mia ad ascoltare musica.-
- Usciamo? -
- Ti passo a prendere, giusto il tempo di scendere e arrivare sotto casa tua. -
La sua presenza non mi stancava mai. Di solito quando uscivo con gli altri ragazzi dopo poco già ero stufa, li inziavo ad evitare senza rispondere ai messaggi o alle loro chiamate. Ma con Daniel era diverso, Daniel era.. Daniel.





hil's corner *
  Dopo una vita rieccomi con la continuazione della storia! Ho 
trovato magicamente ispirazione e poi ora è finita la scuola
(finalmente) e quindi posso dedicarmi a ciò che voglio, quindi
anche scrivere. Spero vi piaccia, continuate (o iniziate) a
lasciare recensioni per farmi sapere cosa ne pensate, mi
serve la vostra opinione :)
baci, ila

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Capitolo 10
*** Chapter nine. ***







Chapter Nine.


Sbuffai davanti lo specchio del camerino provando l'ennesimo vestito che mi stava male. Avevo deciso di andare in giro per negozi  e cercare qualcosa di decente da mettermi, ma non era stata un'ottima idea. Quella sera Daniel mi avrebbe portato "in un posto speciale" per festeggiare il mio 18esimo compleanno. Nonostante non sapessi ancora cosa mettere, sapevo già che avrei trascorso finalmente un compleanno senza l'ansia di dover fare qualcosa e non sapere cosa e la delusione di non essere andata come speravo. Odiavo i compleanni, essenzialmente odiavo essere al centro dell'attenzione e preoccuparmi che tutti si divertissero alla festa. Per questo motivo non festeggiavo mai e forse per questo ero considerata un caso quasi umano dalle mie amiche.
Daniel mi aveva promesso nessuna festa a sorpresa, dopo che gli avevo ripetuto per tre giorni di fila il mio disagio esistenziale. Ma lui mi accettava così, anche perché neanche lui amava essere al centro dell'attenzione. Era quasi un mese ormai che andava avanti la nostra conoscenza, c'erano ancora molte cose che non sapevo di lui ma nonostante questo mi sembrava di conoscerlo da sempre. Ogni giorno trovavamo il tempo per vederci: mi passava a prendere dalle gemelle a cui facevo da babysitter, oppure andavamo a bere birra nei pub più asociali di San Francisco, altre volte invece tornavamo nel nostro green park. Nostro perché da nessun'altra parte ci sentivamo liberi di essere noi come lì. Lì dove era nato tutto.
Catherine e le altre erano giorni che mi tartassavano, sostenevano mi stessi allontanando e si erano offese perché anche il giorno del mio 18esimo non l'avrei passato con loro. Era vero, sapevo anche io che non era giusto dedicare il mio tempo solo a Daniel. Ma con lui ero finalmente ciò che volevo essere. Qualsiasi cosa in quel momento io volessi essere. Comunque avrei festeggiato domani a pranzo con le altre, facendo scegliere a loro dove così le avrei fatte felici.
Partì a tutto volume Bohemian Like you ed arrivò quasi al ritornello prima di riuscire a trovare il cellulare per rispondere.
- Mamma dimmi! Il che? No.. non ho preso io i tuoi costumi, staranno in qualche valigia nascosta in soffitta!- Attaccai senza aspettare risposta.
Mia madre doveva partire con la sua nuova fiamma, viaggio regalato da lui. Sarebbe stata via solo una settimana, ma tanto da quando aveva iniziato a frequentarsi col suo capo a casa c'era sempre meno. Io non avevo voluto mettermi in mezzo e quindi sapere retroscena e dettagli della loro relazione. Mi sarei solo innervosita.
Mi tolsi il vestito blu che avevo indosso, mi stava largo e sembrava ancora di più che non avessi tette. Mi era rimasto da provare solo un kimono lungo beige con qualche fiore rossastro. Lo indossai controvoglia, ma con grande sorpresa mia piacque un sacco. Sicuramente non sarei potuta andare solo con il kimono e le mutande sotto, ma un paio di short di jeans e un semplice top bianco sarebbero andati più che bene. Decisa, mi rivestii e mi diressi verso la cassa.

Alle nove sarebbe passato Daniel a prendermi, erano le nove meno dieci e mi stavo ancora piastrando i capelli. Cercai di velocizzarmi, tanto i miei capelli con il caldo umido avrebbero ripreso la loro forma indefinita dopo 10 minuti fuori casa. Mentre mi stavo mettendo l'eyeliner sento un clacson, lo riconosco subito. Ovviamente non ero capace di mettere bene e velocemente l'eyeliner quindi dopo buoni 15 minuti esco dal bagno con due linee enormi nere sulla palpebra superiore e tanto mascara per cercare di equilibrare il tutto. Ero solita disegnare solo una linea sottila alla punta dell'occhio, quindi in quel modo non riuscivo proprio a vedermi. Ma Daniel aveva già suonato il clacson troppe volte per struccarmi e rifare il tutto.
Presi il mio zainetto e mi fiondai fuori casa, urlando un "ciao ma'" non sapendo neanche se fosse in casa.
- Ah ce l'hai fatta! - esclamò lui prima ancora entrassi in macchina.
- Almeno il giorno del mio compleanno permettimelo! - risposi stampandogli un bacio sulle labbra.
Mise in moto senza dirmi dove eravamo diretti, come suo solito. Dopo circa 20 minuti e svariate canzoni brutte alla radio arrivammo all'Ocean Beach. Una delle più belle spiagge di San Francisco. Lo guardai sorridendo e gli presi il volto per baciarlo.
- Quindi quando ti dico che amo il mare di notte mi ascolti non fai finta! -
- Qualche volta - mi rispose con uno dei suoi più bei sorrisi. Scese poi dalla macchina e prese un telo grande e una borsa frigo. Me li porse per poi prendere una chitarra.
-Ma quindi sul serio suoni! - Esclamai con gli occhi che mi brillavano.
- Quando ti dico che quando ho del tempo per me amo chiudermi in stanza e suonare allora mi ascolti?-
- Qualche volta  - Sorrisi mentre ci incamminammo per la spiaggia.
- Comunque questa chitarra è il mio regalo del compleanno. Stasera ti insegno a suonarla-
- Ma sei pazzo! - lo guardai sorpresa, non mi venne altro da dire e lo abbracciai felice. Felice.
Posizionammo il telo sulla sabbia fredda e ci sedemmo. Daniel estrasse dalla borsa due contenitori ed una bottiglia di vino con due calici, di quelli in plastica. Aprii i contenitori ed erano lasagne, il mio piatto preferito.
- Ho cercato la ricetta originale italiana, non so come siano uscite. Ero tentato ad ordinarle da "Peppe's" ma poi ho detto 'vediamo se con queste mani splendide riesco a fare qualcosa di altrettanto splendido' -.
Risi mentre il mio cuore scoppiava. Più lo guardavo e rideva, più non sapevo descrivere la sensazione che provavo. Mai nessuno aveva fatto una cosa del genere per me, soprattutto una persona che conoscevo da un mese.
- Tanti auguri Abgail Stone. Brindiamo ai tuoi 18 anni e al nostro incontro, che ha sicuramente migliorato la tua vita!- Continuò stappando il vino e versandolo nei calici. Ridemmo e bevemmo. Poi iniziammo a mangiare. Le lasagne erano buone, per averle cucinate un ragazzo che a stento sapeva farsi un panino erano sorprendenti.
Finimmo la bottiglia di vino tra risate e aneddoti, finii anche le lasagne. Cacciò dalla borsa frigo un'altra bottiglia di vino rosso ed un vassoio con una torta, questa volta comprata. Era l'Anastasia, la mia preferita. Non mi ricordavo neanche di averglielo mai detto.
- Tranquilla, ho pensato proprio a tutto! - Esclamò prendendo due candeline e mettendole sulla torta. Non riuscivo a proferire parola, aveva superato le mie aspettative. Mi bastava poco in effetti.
Soffiai le candeline dopo però aver espresso il desiderio che quella notte sarebbe durata per sempre, o che almeno l'avremmo ricordata.

Daniel prese la chitarra e me la porse tra le braccia iniziando a spiegarmi come si doveva tenere.
- Guarda che ho studiato per ben un anno  chitarra quando avevo 11 anni! -
- Immagino allora che tu già mi sappia fare un assolo alla Jim Hendrix! -
- Era il mio secondo nome! -
Rise e si posizionò dietro di me, poggiando la chitarra tra le mie braccia e guidandomi nei movimenti.
Era un'atmosfera così surreale che non penso sia esistita sul serio. La luna si rispecchiava nell'oceano, le onde facevano da sottofondo, le sue braccia possenti mi tenevano al sicuro e i suoi occhi nocciola non smettevano mai di fissarmi.
Lo convinsi ad interrompere per un attimo la lezione per suonarmi qualcosa, dopo averlo supplicato. Mi tolse la chitarra dalle braccia e si mise di fronte a me.

Lost and insecure you found me
You found me
Lying on the floor
Surrounded surrounded


La canzone dei The Fray. La adoravo, oltre la melodia che entrava in testa, le parole erano stupende. Una di quelle canzoni che quando ascolti pensi "magari qualcuno me la dedicasse".
Continuai a cantare con lui.

Why'd you have to wait?
Where were you, where were you?
Just a little late
You found me, you found me


Neanche il tempo di terminare che mi buttai addosso a lui stringendolo tra le braccia. Lo baciai, una due tre volte. Perdemmo il conto.
Continuammo a baciarci distesi sulla sabbia, ora senza telo. Si mise sopra di me e iniziò a baciarmi il collo. Rabbrividii. Amavo quando lo faceva.
Ad un tratto si alzò e mi lanciò uno sguardo di sfida per poi correre verso il mare. Iniziò a spogliarsi, io lo fissai seduta immobile.
Le sue spalle nude assomigliavano a quelle di un dio greco. In fondo alla schiena erano disegnate le fossette di Venere, che nei maschi erano ancora più belle che nelle femmine. Si tolse i jeans e restò in boxer. Neri semplici, ma mettevano in risalto il suo sedere. Quanto ero fortunata?
Si voltò e mi fece cenno di raggiungerlo. Non esitai. Corsi verso di lui e quasi mi strappai i vestiti da dosso. Ero stata presa da una strana frenesia, forse anche merito del vino. Rimasi anche io in mutande e reggiseno. Ci guardammo per un secondo lunghissimo, poi lui fece per togliersi i boxer e io mi paralizzai per un momento. Fino ad allora non ci eravamo mai trovati nudi insieme. Non perché non volessimo, anzi io lo desideravo così come lui desiderava me. L'attrazione tra noi due c'era sempre stata. Ma non si era mai creata l'occasione, e poi non volevo correre. Volevo concederci il lusso di aspettare.
Ma sentivo fosse giunto il momento.
Lui si buttò in acqua. Mi slacciai il reggiseno e tolsi gli slip per seguirlo. Feci un tuffo nell'acqua calda in contrastio con la sabbia. Mi bagnai i capelli e mi sentii libera.
Mi prese da dietro e mi strinse per poi baciarmi il collo e le spalle e la schiena. Mi voltai e avvinghiai le mie labbra alle sue. Sapevano di sale. Non ci staccammo un attimo. Le sue mani stringevano il mio seno, ora più piano, ora più forte.
Lo facemmo. Presi da un'incontenibile passione. Fu bellissimo.
Uscimmo dall'acqua e solo allora sentimmo delle voci. Era una comitiva in lontananza venuta a passare una serata tra alcol e falò, come si usava in questo periodo. Nonostante i falò fossero vietati. Eravamo completamento nudi, ci guardammo e scoppiamo a ridere, poi corremmo a rivestirci prima che qualcuno ci scoprisse. Anche se probabilmente avevano già potuto ascoltare i miei gemiti.
Erano le 2, ma faceva troppo freddo per restare a dormire lì e il genio non aveva pensato a portare delle coperte. Così raccogliemmo tutto e ci dirigemmo verso la macchina.
- Se dormissimo qui? -
- In macchina in un parcheggio assieme ad altre macchine che ci fissano? - osservai io bocciando l'idea. - Andiamo a casa mia. Mia madre domani mattina, anzi tra qualche ora, parte. Non ci farà neanche caso.-
Accese il motore e tornammo a casa. Entrammo in punta di piedi cercando di non svegliare mia madre e ci dirigemmo in camera mia. Feci per prendere il pigiama e qualcosa per lui, ma iniziò a spogliarmi e io lo lasciai fare.
Quella notte lo facemmo altre due volte. Anche l'intesa sessuale tra noi era fantastica. Ci addormentammo abbracciati e nudi con un solo lenzuolo che ci copriva. Sarei rimasta così per sempre.



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