Il mare, me e te

di Rebeccah
(/viewuser.php?uid=207986)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** CapitoloIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
Elena non sapeva cosa le prendesse: aveva già preso l'aereo, ma si sentiva improvvisamente insicura, come se fosse seduta su un filo da cucito. Le doleva la testa, inoltre aveva lo stomaco sottosopra, tuttavia non poteva farci niente. Aveva una leggera inquietudine che non riusciva ad ignorare. E se l'aereo cade? Si chiedeva, e se l'aereo prende fuoco improvvisamente?

Serena non era preoccupata, sapeva che la paura di Elena sarebbe passata con il prossimo volo, funzionano così le sue paure dopotutto, si diceva. Una volta, due anni prima, si erano recate a Gardaland. Elena amava Space Vertigo, era uno dei suoi giochi preferiti, tuttavia, si era rifiutata di salirvi, affermando che “non possiamo sapere cosa ci riserva il destino, potrebbe slacciarmisi la cintura di sicurezza”. Serena l'aveva guardata come se fosse pazza, si era girata dall'altra parte e avevano cambiato gioco. Prima di andare via ci erano tornate, ed Elena si era divertita come non mai.
Elena era una ragazza strana, lo era sempre stata, ecco perché erano diventate amiche. Si conoscevano fin dalla prima liceo, avevano fatto entrambe il linguistico. Elena non conosceva nessuno, tranne un ragazzo che faceva le medie con lei. Non socializzava facilmente, perciò per lei i primi mesi furono duri. Durante un'uscita di classe si erano fermati in gelateria e Serena stava camminando con Diletta e Sofia (altre due ragazze della loro classe) nella piazzetta. Ad un certo punto Elena, che stava mandando un messaggio, mi si era scontrata contro, macchiando la mia maglia di gelato fragole e frutti di bosco. Era tanto dispiaciuta per quello che era successo, che nella foga di aprire lo zaino per estrarvi dei fazzoletti aveva lasciato cadere il cellulare. Mi dispiace, sono una sciocca, devo fare più attenzione, continuava a ripetermi. Il suo cellulare mezzo distrutto (mancava parte dello schermo, era uno di quei cellulari touch che valgono la meno della metà del loro già basso prezzo) a terra, nemmeno l'aveva notato. Serena le ripeteva che non faceva niente, il gelato va via facilmente, una volta lavato, diceva. Ma Elena non l'ascoltava. Forse era da questa sua enorme dolcezza e preoccupazione che Serena era stata conquistata da lei. Infatti erano tre i tratti principali di Elena: dolcezza, bontà, sbadataggine. Quella volta che era entrata in classe cadendo come un sacco di patate perché era inciampata nelle sue stesse scarpe Serena se lo ricorderà per tutta la vita. Quante risate che s'erano fatti. Elena se ne vergogna ancora e diventa rossa come un peperone, ma alla fine anche lei ci ride sopra.
Quando in quarta liceo Serena aveva avuto il suo primo ragazzo, Elena le era stata accanto come una sorella, in particolare quando l'ha fatto per la prima volta. Elena non era d'accordo, secondo lei Serena e Massimo avrebbero dovuto aspettare. Avevano discusso per ore al cellulare, alla fine Serena, stanca, aveva chiuso la chiamata e non le aveva dato ascolto. Rimpiangerà sempre di non averle dato ascolto. Elena non aveva mai nutrito una particolare ammirazione nei confronti di Massimo, anzi, lo riteneva un “approfittatore” e uno “stupido ragazzino”. Nonostante tutto, Serena non poteva vederlo per quello che era veramente. Era innamorata, il suo primo amore, e l'amore annebbia la vista. Il giorno dopo la loro nottata d'amore, Massimo l'aveva trovato nel bagno delle ragazze, intento a strusciarsi con una ragazza del terzo anno, unna certa Camilla, nota a tutti come la ragazza più facile della scuola. Serena se n'era andata piangendo, rifugiandosi al piano superiore. Non aveva il coraggio di parlare con Elena, di ammettere che aveva ragione. Serena era una persona molto orgogliosa e amante delle sue idee. All'uscita Massimo si era avvicinato a lei. “Ehi, piccola”, le aveva detto, avvicinandosi per baciarla, convinto di non essere stato visto. Serena, incurante di essere davanti a tutta la scuola, gli aveva lanciato uno schiaffo, prima di salire sul suo scooter e scappare via, a casa. Elena, che aveva visto la scena e capito tutto, le corse dietro, fino a raggiungerla e tranquillizzarla. L'aveva saputa ascoltare e comprendere, l'aveva abbracciata e le incomprensioni fra le due si erano immediatamente dissipate.

- Elena, stai sudando freddo -, le domandò Serena, guardandola di traverso.
- Perché? Si nota molto -, sussurrò lei di rimando, come se alzando la voce avrebbe fatto saltare in aria l'aereo.

In quel momento, venne comunicato ai passeggeri di allacciarsi bene le cinture di sicurezza e prepararsi per l'atterraggio. Elena fece un respiro di sollievo, Serena alzò gli occhi al cielo.
Poco dopo erano al ritiro bagagli, con due grosse valige in mani, dirette verso l'uscita.

- Sbrigati, Serena! - La rimproverò Elena, che fino a pochi minuti fa stava per svenire a causa dell'aereo, ma che adesso era più energica di un gatto che gioca con il suo gomitolo.

Chiamarono un taxi e ovviamente Serena non perse l'occasione di conversare con il conducente, un affascinante (almeno a parer suo) trentenne single. Quando successivamente Elena le chiederà come faceva a saperlo lei le risponderà “Non aveva la fede!”, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Elena. “E chi ti dice che non fosse fidanzato?”, le chiese. A questo Serena non seppe rispondere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II
La hall dell'hotel non era niente di che, tuttavia era accogliente e pulita e questo a Serena ed Elena bastava. Si entrava attraverso una porta di vetro. La pavimentazione della stanza era di moquette rossa, in tono con le morbide poltroncine ai lati della hall. Davanti alle poltroncine c'erano invece dei tavolini con le gambe in legno scuro e la superficie di vetro, sopra cui erano state posizionate delle riviste e il giornale del giorno. Alla destra della reception saliva una scala, anch'essa di legno scuro, e alla sua sinistra un ascensore.

Era occupato per lo più da anziani in vacanza, di quelli che vengono con i pullman e se ne vanno dopo una quindicina di giorni. Quando Elena aveva dieci anni, era andata in Sardegna con i suoi genitori e aveva incontrato unna vecchietta molto simpatica. La ricorda sempre con piacere: era bassa e rotondetta, una di quelle nonnine che si vedono nei cartoni, con un sorriso smagliante e gli occhiali blu davanti a due occhioni marroni. Giocava spesso a carte con Elena e Mariastella, la sua sorella maggiore, e prima di andarsene aveva regalato ad entrambe una collana, una di quelle semplici, che si regalano ai bambini, ma che per Elena aveva significato molto, tanto che la custodisce ancora nel suo portagioie.

Si avvicinarono al bancone, dove una donnetta con dei capelli color paglia, piccoli occhi porcini, naso da topo e unghie laccate di verde (verde?) stava ritta davanti ad un computer che aveva visto tempi migliori.

- Buon giorno, sono Donatella - , squittì l'addetta alla reception vedendole arrivare, con un grande sorriso in volto. - Avete bisogno di aiuto? - .

- Salve! Sì - , rispose Elena. - Siamo Elena Mantovi e Serena Dotti, abbiamo prenotato - .

Dopo aver consultato un qualche file a computer, Donatella alzò lo sguardo e ci guardò ancora più sorridente di prima. Ma ha una paralisi facciale?, pensò fra sé Serena.

- La vostra stanza è al terzo piano - , ci comunicò, consegnandoci una un portachiavi di cuoio con appesa una piccola chiave.

Ringraziarono, presero la chiave e si diressero verso l'ascensore.

La loro stanza, in linea con il resto dell'albergo, non era la camera da letto della principessa Sissi ma era comunque adeguata a soddisfare le loro esigenze. Aveva le pareti azzurre e il parquet marroncino chiaro, due letti singoli troneggiavano al centro della stanza, divisi da un solo comodino. Una scrivania era posizionata contro il muro sotto la finestra, mentre dall'altra parte della stanza c'era un tavolino con quattro sedie. Davanti ai letti avevano posizionato un mobile con la tv (una di quelle vecchie, no a schermo piatto) e un armadio che, da tanto era grande, sarebbe bastato pere tutta la famiglia di Serena. Elena aveva sempre desiderato far parte della famiglia di Serena, non perché andasse in disaccordo con la sua, anzi, ma perché l'aveva sempre vista come una famiglia grande ed accogliente. Serena aveva due fratelli, Simone e Federico, e una sorella, Claudia. Federico aveva un anno in più di loro e, anche se non l'aveva mai detto a Serena, per una certo periodo Elena si era presa una bella cotta per lui.

- Allora, chi si prende il letto sotto la finestra? - , domandò Elena con un finto sguardo indifferente, anche se dentro di lei sperava che Serena ci rinunciasse.

-  Sinceramente pensavo di prenderlo io.-  affermò Serena

- Ah. -  disse Elena.

Si guardarono per un momento negli occhi e poi, come se si fossero messe d'accordo prima, urlarono insieme “E' di chi arriva prima!”

Si gettarono insieme sul letto, ridendo come pazze.

- Io l'ho toccato prima!-  disse Elena.

- Hahahaha, okay, per questa volta te lo concedo, sono troppo buona! - rispose Serena, ridendo.

- Sei la migliore Sere! -

Passarono la mattinata a sistemare i vestiti negli armadi. Decisero che quella mattina non sarebbero andate in spiaggia, poiché erano stanche per il viaggio e un paio di orette di sonno non avrebbero fatto male a nessuno.

Elena aprì gli occhi. Aveva le palpebre pesanti dal sonno. Dopo un grande sbadiglio, lanciò un'occhiata all'orologio da polso nero che aveva appoggiato sul comodino. Sgranò gli occhi, divisa fra il divertito e l'allarmato.

- Sere, svegliati! -  urlò nelle orecchie alla sua amica, saltando sul suo letto.

- Che vuoi? Mi sono appena addormentata... - la rimproverò, assonnata.

Elena rise divertità.

- Macché? Hai, anzi, abbiamo, dormito cinque ore! -.

Serena si alzò tanto velocemente dal letto, che finì con la schiena a terra.

- Ahi! - si lamentò - Ma come! Quindi sono già le tre? Mi stai dicendo che abbiamo saltato il pranzo...?-

Aveva un volto tanto affranto che sembrava che fosse una bambina a cui era stato rubato il lecca-lecca.

- Mi dispiace, ma si. Dai, vestiamoci che andiamo a comprarci una piadina! - 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CapitoloIII ***


Capitolo III

- Mmh, questa piadina è fantastica! - affermò Serena, gustato un'enorme piadina al gusto di speak, mozzarella e funghi.

- Certo, siamo in Emilia-Romagna, la patria della piadina! La vera domanda è: come fai a mangiare una piadina del genere? E' gigantesca, metterai su chili!

- Non è vero, - rispose Serena, offesa – Io, a differenza di te, cara mia, vado a correre tutte le mattine. Certo che se fossi come te... Non ingrassi neanche a costringerti... In oltre mangi come un topino: una baby al cotto e mozzarella, ma come si fa!

Elena le fece una linguaccia, odiava quando qualcuno parlava della sua costituzione troppo magra, ma dopotutto aveva iniziato lei, perciò non aggiunse altro. Tutti i giorni a pranzo e cena doveva sorbirsi i suoi genitori che le ricordavano “di mangiare di più” perché “sei troppo magra” e “altrimenti diventerai anoressica”. I suoi non capivano che lei conosceva meglio il suo corpo di loro e capiva quando aveva fame e quando preferiva tenersi indietro con il cibo.

- Certo che se passiamo l'estate a non fare altro che mangiare e prendere il sole fra un mese peseremo 100 kg! - Soggiunse ad un certo punto Sonia.

Elena fece uno sguardo allarmato.

- Oddio, hai ragione! - disse, sul punto di riporre la piadina nel tovagliolo.

- Hahaha, adesso non esageriamo! - rise Sonia – mangiati pure quella piadina. Dico soltanto che non sarebbe male l'idea di farsi una corsetta la mattina.

Elena la guardò allarmata. No, la corsa no! I suoi ricordi in merito erano terrificanti. Seconda liceo, professor Tonoli, tiranno dello sport. Ricordava ancora la sua voce rauca a causa del troppo fumo che scandiva il tempo. I “Sveglia lumache! Muovete quelle gambette flaccide” risuonavano ancora nella sua mente. Ce l'aveva in particolare con Elena, poiché era sempre stata una frana negli sport. Per lei fare un palleggio era una cosa impossibile, più difficile di una verifica di aritmetica. Fortunatamente era soltanto un supplente. Ancora qualche mese e ce lo leviamo dalle palle, ripetevano tutti in continuazione prima di una sua lezione, per farsi forza. Oltre ad Elena, un'altra frana in educazione fisica era Maurizio. Maurizio era un ragazzo affatto muscoloso, con un'autentica allergia alla ginnastica. Non portava gli occhiali e non era gracile come quelle persone negate allo sport che si vedono nei film. Lui ed Elena erano i preferiti del prof... per farli faticare. C'era da andare a prendere i pensi? Elena, sono nel ripostiglio, muoviti, che il tempo passa. C'era da andare a prendere gli ostacoli? Maurizio, vai tu. Quell'anno Elena era certa che avrebbe avuto il debito di ginnastica. Di solito il debito in ginnastica non viene dato, ma lui era un professore celebre per l'importanza che dava alla sua materia (inutile), al tal punto di metterla al livello delle altre. Grazie, molto probabilmente, agli altri professori del consiglio, sia lei che Maurizio evitarono l'esamino a settembre e l'anno successivo la Folozzi era ritornata in campo, con i suoi esercizi facili facili e le sue schifose battute che, proprio a causa del fatto che erano schifose, facevano sbellicare dalle risate gli studenti. Tuttavia, Elena non aveva mai superato l'odio e l'inquietudine che le procuravano gli sport in generale e la corsa soprattutto.

- Eddai, ancora con quella vecchia storia di Tonoli? - indovinò Serena.

Elena la guardava male.

- Non si scherza con queste cose! Era un tiranno...

- Okay, dobbiamo superare questo tuo terrore. Domani alle sette corsetta, è deciso!

L'amica cercò di lamentarsi, ma con Serena non c'erano storie che tenessero. Aveva preso la sua decisione, e così satrebbe stato.

Dopo uno spuntino tutt'altro che insignificante, andarono in spiaggia. Passarono il resto della giornata sdraiate sotto il sole ad abbronzarsi e la sera già si vedevano i segni della prima abbronzatura. Non c'era che dire, era un'estate molto calda.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1142454