Incubo di Sogni

di BlueJayWay
(/viewuser.php?uid=124481)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sala ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Buone notizie? (I) ***
Capitolo 4: *** Buone notizie? (II) ***
Capitolo 5: *** Preparativi ***
Capitolo 6: *** Lungo il tragitto ***
Capitolo 7: *** Smile and... ***
Capitolo 8: *** smile? ***
Capitolo 9: *** Clive ***
Capitolo 10: *** Ricordo ***
Capitolo 11: *** Un'amica ***
Capitolo 12: *** Discorsi ***
Capitolo 13: *** Poche parole ***
Capitolo 14: *** Sguardi e tensioni ***
Capitolo 15: *** Momento d'incontro ***
Capitolo 16: *** Parlando di... ***
Capitolo 17: *** Annie! ***
Capitolo 18: *** Viaggio di ritorno ***
Capitolo 19: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 20: *** Chiamami ***
Capitolo 21: *** Rapide decisioni ***
Capitolo 22: *** Al numero 22 ***
Capitolo 23: *** Putting Out Fire ***
Capitolo 24: *** Paint It Blue ***
Capitolo 25: *** Colazione da Miss Blue ***
Capitolo 26: *** Parole ***
Capitolo 27: *** In fiamme ***
Capitolo 28: *** Ritorno ***
Capitolo 29: *** (Parentesi) Musicale ***
Capitolo 30: *** Ritorno di Annie ***
Capitolo 31: *** Notte ***
Capitolo 32: *** Madre e padre ***
Capitolo 33: *** In 'famiglia' ***
Capitolo 34: *** Domande senza risposte ***
Capitolo 35: *** L'ospite ***
Capitolo 36: *** Programmazione prove ***
Capitolo 37: *** Pomeriggio di prove ***
Capitolo 38: *** Robert ***
Capitolo 39: *** (S)Profondo ***



Capitolo 1
*** La sala ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 

L'idea di questa story mi é venuta quasi per caso, quindi non so cosa ne verrá fuori piú avanti, spero di riuscire a fare qualcosa di carino questa volta.  Nulla di speciale, ma spero vi piaccia. Buona lettura... 

Era tutto perfetto, sembrava di vivere una favola, anzi, probabilmente nemmeno Cenerentola aveva avuto un banchetto come quello dopo essere fuggita in carrozza con il suo amato. Questo era sicuramente il pensiero di molti quella sera.
La sala era di dimensioni immense e non si riusciva neppure a capire sa avesse o no una fine. Le mura di un colore giallo pastello sembravano dissolversi all’orizzonte in modo indefinito.
Grandi tavoli ovali, sui quali erano state messe tovaglie di seta azzurra, occupavano buona parte del salone. La sala era gremita, parenti conosciuti e sconosciuti, e anche perfetti sconosciuti. Bambini che gridavano e si rincorrevano, persone di tutte le età che si scambiavano sorrisi falsi e parole impercettibili. C’era un grande frastuono di voci, solo la musica non si sentiva, eppure molti invitati si stavano scatenando in balli di ogni genere, dai più movimentati ai più romantici. Romantici appunto. Dopotutto quella serata rappresentava qualcosa che portava il titolo di amore, anzi amore eterno, forse. Non appena fu sfiorato da questo pensiero, si sentì soffocare, eppure sarebbe dovuto essere completamente felice, sereno, in fondo era lui ad indossare l’abito da sposo e per quel che ricordava, non aveva fatto nulla per opporsi. Tutti erano felici per lui. Alzò gli occhi verso il soffitto e iniziò a fissarlo, era completamente ricoperto di palloncini. Ridicolo, quella non era nemmeno  una festa di compleanno, cosa c’entravano dei palloncini? Nonostante questo continuava ad osservarli,  erano tantissimi e in fondo gli piacevano, tutti quei colori. Rosso, giallo, verde, viola... sembravano i colori dell’arcobaleno, anzi, lo erano e non ne mancava nemmeno uno.
< Cosa stai guardando amore > una voce femminile lo distrasse. Si voltò. Seduta accanto a lui una ragazza, giovane, lo si poteva capire dai lineamenti del viso. Indossava uno splendido abito da sposa che risaltava le sue forme senza troppa volgarità. I suoi capelli biondo cenere erano intrecciati tra loro assieme a numerosi sottili nastri bianchi, e le ricadevano poi sciolti sulle spalle.  Un sorriso sincero le illuminava il viso, era in attesa che lui le rispondesse qualcosa.
Improvvisamente un bambino iniziò a strillare, sempre più forte, sempre con maggiore insistenza, e non c’era verso di farlo calmare. Dopo poco non si sentì altro che le grida isteriche della piccola creatura. Istintivamente Julian portò le mani alle orecchie premendo con decisione e chiuse con forza gli occhi, intorno a lui tutto diventò scuro, nero, ogni cosa scomparve, ma le urla del bambino non accennarono né a spegnersi completamente né ad affievolirsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Risveglio ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



 
Julian aprì all’improvviso gli occhi, rivelandone il colore, un verde intenso con leggeri riflessi neri. Il pianto nel frattempo continuava, ma la cosa che lo rincuorava era che tutto il resto era stato solo  un sogno. Rimase disteso, immobile sul letto, quasi pietrificato, lo sguardo rivolto verso un soffitto completamente bianco. Sul viso un’espressione tesa, di chi non aveva dormito come avrebbe voluto, qualche goccia di sudore gli rigava la fronte e scendeva lungo il viso dando uno spiacevole senso di fastidio. Si passò il dorso della mano sulla fronte sospirando. Faceva davvero caldo quella mattina… 
< Stupido neonato! > si alzò poi dal letto buttando a terra il lenzuolo. Andò alla finestra e rimase per qualche momento a guardare la casa di fronte dalla quale si diffondevano le grida.
< Una maledetta sirena, giorno e notte, voi viziate i bambini e poi gli altri si devono sorbire i loro piagnistei > bofonchiò fra se scocciato. 
Chiuse la finestra e solo allora si voltò verso il letto matrimoniale. Le coperte ancora disfatte su entrambi i lati, la sua poi era a terra. 
Annie era sicuramente scesa, che donna premurosa Annie, sicuramente stava preparando la colazione, ma in quel momento si accorse di non avere fame. Avrebbe mangiato giusto qualche boccone, per farla contenta.
Scese le scale mettendo tutto il peso sulle gambe ad ogni gradino che faceva, si sentiva pesante come un macigno, eppure la sera precedente non aveva bevuto nulla.
 
< Amore? > si sentì una voce femminile provenire dalla cucina.
Amore? Si chiese Julian. Non sopportava che lei lo chiamasse così tutte le volte, insomma ogni tanto ci stava ma in fondo lui aveva anche un nome. In realtà non si spiegava bene perché gli desse tanto fastidio, anche perché stavano insieme, già insieme, come gli suonava... strano. Lui preferiva chiamarla per nome, ma non per questo voleva sembrare rude o freddo nei suoi confronti, al contrario, non voleva esserlo per niente, dopo tutto lei non aveva fatto nulla di male e non lo meritava. 
< Si Annie? > rispose con la voce ancora assonnata.
La ragazza uscì dalla cucina e si mise ad aspettarlo in fondo alle scale, sorrideva. Indossava una lunga vestaglia bianca, i capelli biondo cenere le cadevano scompigliati sulle spalle. Teneva lo sguardo fisso verso Julian, i suoi occhi erano quasi dello stesso colore del ragazzo, forse un po’ più chiari, anche se nella penombra non si poteva notare. Aveva un viso magro e allungato una pelle perfettamente liscia di un colore rosa pallido.
Appena la raggiunse la abbracciò con affetto < Buongiorno piccola > le diede un bacio sulla fronte e sorrise guardandola.
< Ciao amore…non volevo svegliarti, così ho pensato di preparare la colazione intanto >
< Hai fatto benissimo, sei un tesoro, ti ringrazio >
< Stai bene? > lo guardò lei con un velo di preoccupazione < Sei un po’... pallido >
< Oh sto benissimo, ho solo avuto problemi con il risveglio come sempre, sai com’è >
< Prima o poi crescerà anche Simon, è ancora un bambino e…>
< E i suoi genitori lo tengono in braccio per tutto il maledetto giorno quando sa già stare sulle sue gambette, poi per forza diventa una lagna appena lo mettono giù da qualche parte! > disse Julian seccato. 
Annie fece una breve risata, divertita 
< Ma sì lasciamoli perdere, andiamo a magiare qualcosa piuttosto, ho una fame! >
Con passo svelto Annie tornò in cucina, lui la seguì raggiungendola poco dopo.
Alla vista del cibo Julian sentì di nuovo il suo stomaco bloccarsi, non aveva proprio appetito quella mattina. Prese tra le mani la tazza di caffèlatte bollente e ci inzuppò dentro mezza fetta di pane tostato, iniziò a masticarla lentamente rimuginando nei suoi pensieri.
< Dovremmo passare dai tuoi un giorno o l’altro > lo distrasse Annie, addentando poi una fetta di pane con qualche chilo di marmellata sopra.
< Si dovremmo > rispose lui accennando un sorriso e nascondendo poi il viso dietro la tazza. 
< Io ho finito gli esami per quest’anno e quindi sono libera, devi dirmi tu quando hai tempo…>
< Certo, la settimana prossima andrà bene >
< Be’ potremmo andarci sabato >
< Non saprei… >
< Dai almeno ti togli il pensiero no? >
Fece per rispondere quando improvvisamente squillò il telefono.
< Vado io! > dichiarò il ragazzo alzandosi e lasciando sul tavolo metà della sua scarsa colazione.
< Pronto? >
Una voce maschile rispose dall’altro capo del telefono. 
< Pronto? Sei Julian vero? Dimmi che sei tu, sto facendo una fatica a ritrovare tutti i vostri numeri che non ti dico, e poi sai com’è Grace, vuole tutto perfetto in queste occasioni, e di solito da a me metà del lavoro da fare, se possiamo chiamarlo lavoro…e… pronto? Ci sei? Insomma sei Julian o no? > la voce dall’altro capo del telefono cercò di riprendere fiato in attesa della risposta.
< Henry! > fece Julian felicemente sorpreso.
< No, io sono Henry > rispose l’altro distratto.
< Sei il solito scemo > continuò Julian ridendo < Sì sono io, non hai sbagliato numero! >
< Uh meno male! >
< Dimmi tutto carissimo idiota! >
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Buone notizie? (I) ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Non fatevi impressionare, non é lungo, ci sono molti dialoghi...giá. Ho dovuto dividere il capitolo in tre parti altrimenti diventava eterno.



< Idiota a me? > continuò Henry ridendo.
< Certo caro, perché non lo sei sempre stato un po’ idiota? >
< Non tanto quanto te >
Rise, < Allora, cosa mi deve dire un tizio a caso, che non si fa sentire da, oh accidenti, non so nemmeno io quanti anni >
< Allora Julian, qua si è deciso di organizzare una rimpatriata scolastica, una di quelle fatte bene però, insomma qualcuno di noi è da anni ormai che non si vede più, e quindi direi che ci sta. L’idea è stata di Grace come sempre, si pensava di andare fino a Brighton, così poi possiamo anche passare a fare il bagno dice Grace e insomma volevamo fare proprio una giornata intera dalla mattina alla sera. Fino adesso hanno accettato tutti quindi mi dispiacerebbe se tu dicessi di no. Sarebbe sabato, sabato quello che viene. Dunque, che vuoi fare? > cercò di riprendere nuovamente il fiato.
< Prima di tutto vorrei che tu imparassi a respirare tra una parola e l’altra > rispose Julian ridendo < Sei incredibile quando parli, non sei cambiato nemmeno un po’, almeno per quanto riguarda la tua parlantina >
< Be’ probabilmente quando mi vedrai nemmeno mi riconoscerai…allora vieni? >
< Certo, vengo di sicuro! > rispose il ragazzo con entusiasmo.
< Bene, molto bene! Se vuoi, ti passo a prendere >
< Mi faresti un piacere >
< Perfetto, allora passerò verso le nove e mezzo, dieci >
< Perfetto, perfetto >
< Non vedo l’ora di rivedervi tutti > dichiarò tutto contento il ragazzo
< Vale anche per me Henry, Grace ha sempre delle belle trovate >
< Sì, ah Julian, compagne e compagni, insomma ragazze e ragazzi non sono ammessi >
< Nessun problema > ed era sincero, la cosa non gli dispiaceva per niente, anzi ne era più che felice.
< Bene, allora ciao vecchio stronzo! >
< Ciao Henry, ci vediamo sabato >
Riagganciò il telefono e si distese sulla poltrona, sorridendo con uno sguardo trasognato. Aveva davvero bisogno di rivedere i suoi compagni, Henry, Jack, Brian, Julia, Rose… insomma tutti, aveva bisogno di staccare da quelle giornate che cominciavano a diventare monotone, tanto monotone da dargli la sensazione di non riuscire più sentirsi realmente se stesso da troppo tempo. Era ansioso da una parte, dall’altra era decisamente teso, insomma ci sarebbero stati proprio tutti. Lui non odiava nessuno, al contrario, ma temeva che qualcuno, dopo tutto quel tempo lo avrebbe odiato, proprio la persona che invece avrebbe voluto rivedere più di tutte le altre. Sentì di nuovo lo stomaco appesantirsi.
< Chi era amore? >
 Annie lo raggiunse in salotto, si sedette accanto a lui.
< Era Henry, un mio compagno di classe del liceo, mi ha chiamato per dirmi che sabato faremo una specie d’incontro, sai tra di noi…conclusione > disse mettendosi più comodo < Sabato non andremo dai miei >
< Oh, va bene. Ma lo sai che prima o poi ci dobbiamo andare > disse Annie accennando un sorriso.
Sospirò mentre lei lo guardava seria, poi  le sorrise
 < Vieni qui > la ragazza si avvicinò  di più a lui appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo, le cinse il braccio attorno al collo stringendola a se.
< Lo sai che non mi va di andare da loro, adesso meno che meno, ci andremo più avanti > le passò le mani tra i lunghi capelli
< Comunque per sabato non sono ammesse amiche fidanzate compagne eccetera. Ti dispiace se ti lascio a casa sola? >
< No, no tranquillo amore. Sono contenta che ti ritrovi con gli ex compagni. E poi posso benissimo andare dai miei sabato, in fondo è lì che abito ancora > rispose la ragazza con un velo di delusione nelle sue parole.
Julian non vi badò, si limitò a darle un bacio sulla guancia
< In fondo sì…> concluse poi.
La ragazza si alzò. < Vado a sistemare in cucina >
< Ti vengo a dare una mano > dichiarò lui alzandosi.
< Tranquillo amore, non c’è molto da fare >
< Come preferisci Annie > tornò a sedersi, quando la ragazza scomparve dietro la porta della cucina, ricominciò a perdersi nei suoi pensieri. Poco dopo si alzò per raggiungere la ragazza e darle una mano..
Sabato mattina si svegliò prestissimo, forse troppo preso ma non riusciva più ad aspettare, né tantomeno dormire, era un’occasione che aspettava da molto.
Era tutto scuro, la stanza era completamente immersa nel buio, dalle finestre non entrava un minimo spiraglio di luce, strano, non era mai capitato prima. Forse avrebbe fatto meglio a tornare a letto, ma non era stanco, non si sentiva stanco. Non voleva nemmeno sapere l’ora, non aveva nemmeno la forza di alzare il braccio per vedere l’orologio al polso, si sentiva il braccio stranamente pesante. Si alzò dal letto e guardò verso Annie, distesa e completamente nascosta sotto le coperte, sembrava una figura indefinita tanta era l’oscurità nella stanza, per un momento si chiese se fosse veramente lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Buone notizie? (II) ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



   
Julian si diresse tentoni verso la porta, con un po’ di fatica riuscì ad uscire dalla camera ed entrò in bagno. Aprì il rubinetto dell’acqua calda, aspettò qualche minuto e poi entrò nella doccia. Un brivido gli percorse tutto il corpo. L’acqua era gelata.
 < Ma cosa gli prende a questo maledetto rubinetto > cominciò a trafficare aprendo e chiudendo entrambi i rubinetti senza risultato. La sua doccia terminò com’era iniziata, gelida. Ancora con il corpo che tremava per il freddo, uscì dalla doccia coprendosi con l’accappatoio, che giaceva per qualche strano motivo a terra. Appena lo indossò il corpo cominciò a fargli prurito, strano, di solito era sempre stato morbido al tatto quell’accappatoio, lo gettò con rabbia e si mise a cercare un asciugamano, eppure sapeva bene che non lo avrebbe trovato, non ce n’erano altri in bagno, abbastanza grandi da coprirlo.
Poco dopo sentì il telefono squillare, cosa insolita a quell’ora…
< Sono sotto la doccia, rispondi tu Annie >
Qualche secondo più tardi la ragazza bussò alla porta del bagno.

< Era Henry, ha detto che alla fine posso venire anch’io, all’incontro del liceo intendo. Quindi poi mi dovrò fare la doccia, appena tu avrai finito >
< Ma non sei obbligata insomma… e poi qui c’è buio e l’acqua è gelata >
< Non mi sento obbligata amore, voglio venire amore. Uh Julian se ti sbrighi riusciamo a fare in tempo amore >
Rimase in mezzo alla stanza da bagno, immobile, lui non voleva che lei andasse, non lo voleva proprio. Si avvicinò al lavandino e cominciò ad osservare la sua figura allo specchio, non vedeva quasi nulla c’era troppo buio, ma cos’era successo alla luce? L’aveva accesa poco fa, o forse no, la sua immagine riflessa sembrava dissolversi. Intanto Annie continuava a chiamarlo, la sua mano cominciò a stringersi in un pugno colpendo poi il bordo del lavandino con forza, non sentì nessun dolore.

< AMORE, sbrigati dai, SVEGLIATI fuori amore…>

< Julian! Amore svegliati! Julian! Tesoro> Annie scuoteva delicatamente il corpo del ragazzo che finalmente aprì gli occhi, appena la vide sobbalzò senza saperne realmente il motivo.
Lei lo guardò sorpresa. < Hai dormito davvero poco stanotte, ti sei addormentato sul divano e sono passate un bel po’ di ore > rise la ragazza accarezzandogli il viso < Quindi ho pensato che era meglio svegliarti > concluse dandogli un bacio.
< Hai fatto bene Annie, grazie >sorrise abbracciandola a se, era sollevato, si era solo addormentato.
< Ha chiamato Henry per l’indirizzo, si era dimenticato di chiedertelo >
< Oh giusto, non gliel’avevo detto > portò la mano alla testa < Ho l’emicrania > si lamentò poi con un sorriso sforzato.
< Ti va se usciamo? Un po’ di aria fará bene ad entrambi no? >
< Sì, sì mi va > sorrise. Ne aveva bisogno, se rimaneva ancora lì, sicuramente si sarebbe addormentato di nuovo e l’idea non gli piaceva per niente.
< Sono contenta, vado a prepararmi allora e poi usciamo >
< Mi preparo anch’io. Mangiamo qualcosa di veloce qui e poi andiamo a fare quattro passi >
< Ottimo! > un sorriso radiante illuminò il volto della ragazza.
Dopo un pranzo veloce a base di panini, Annie e Julian uscirono per una passeggiata. Quella era sicuramente una cosa che avevano in comune, sia Annie che Julian adoravano camminare per ore, che fossero da soli o insieme passavano anche mezze giornate a passeggiare. Non avevano mai una meta precisa, al contrario si divertivano a passare per strade e stradine poco conosciute, anche se in realtà ormai, non erano molte le vie che non conoscevano. Avevano entrambi un buon senso dell’orientamento. In quei momenti riuscivano a parlare di qualsiasi cosa, Annie non era fissata con lo shopping e preferiva cogliere l’occasione per parlare con il suo ragazzo, Julian di solito era molto silenzioso, non amava parlare se non in quei momenti. Intervallavano lunghe chiacchierate con brevi momenti di silenzio. Quel giorno il momento di silenzio per Julian durò più del solito.
Il suo pensiero fisso riguardava ciò che sarebbe potuto accadere il sabato successivo.
In realtà aveva paura, sapeva che si era comportato nel modo sbagliato ma non aveva potuto fare diversamente. Eppure non si era mai dimenticato di Clive.
Clive era un ragazzo più grande di lui, nella sua classe c’erano molte persone che avevano un o due anni in più, questo per vari motivi. Clive di anni in più ne aveva quasi tre, e nonostante l’aspetto fisico non lo dimostrasse si era presentato sempre come persona matura che sapeva prendere le proprie decisioni senza dipendere sempre dal giudizio di altri, al contrario di Julian. Julian lo aveva conosciuto il secondo anno di liceo ed erano diventati ottimi amici, avevano interessi molto simili, ma non erano quelli a contare più di tutto, quello che li teneva davvero legati era altro, quell’altro che probabilmente non esisteva più.
Il ragazzo scosse la testa confuso, riflettere troppo forse non gli faceva bene, e a volte lo rendeva anche stanco.
Si voltò verso Annie. Era una brava ragazza, senza dubbio, le voleva davvero bene e si riteneva fortunato ad averla incontrata, si preoccupava sempre per tutto quanto, forse in modo eccessivo, ma riusciva a capirlo cercava di essere sempre presente, forse troppo spesso, ma sicuramente lei lo amava. Le prese la mano portandola accanto a se.
< Sai Julian, pensavo che >
< Se hai intenzione di andare a trovare i miei genitori ora, la risposta è no >
La ragazza scosse la testa sorridendo < No, non è a questo che pensavo >
< Meglio così > fece qualche passo più avanti mettendosi di fronte alla ragazza.
< Te l’ho mai detto che sei, sei una bella ragazza? >
< Veramente non troppo spesso, ma non ha importanza, grazie > abbassò lo sguardo accennando un sorriso.
Non troppo spesso, non c’era nulla di più vero in questo, eppure era sincero quando diceva quelle cose, le pensava realmente ma, faceva fatica a dirle.
Le mise le mani ai fianchi stringendola a se e baciandola. 
< Ti voglio bene Ann >
< Anch’io ti amo Julian >
< Torniamo a casa? > le chiese poi prendendo la ragazza sotto braccio.
< Sì forse è meglio, non riesco più a reggermi in piedi >
< Ah no? > chiese Julian mordendosi il labbro inferiore accennando un sorrisetto.
< No > continuò la ragazza ridendo
< Per questa volta ti aiuterò io, ma se scopro che menti di lascio in mezzo ai campi ragazzina! >
Prese in braccio Annie, la ragazza portò le mani attorno al suo collo < Non lo faresti mai Julian > disse poi ridendo divertita e contenta, era di buon umore, le piaceva vedere così almeno lei.
Doveva pur fare felice in qualche modo e in alcuni momenti quella ragazza e ce la metteva tutta per farlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Preparativi ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  La sveglia suonò alle sette precise, accompagnata dal pianto del bambino. Julian allungò il braccio verso il comodino e con un colpo deciso la spense, poi si rigirò sul letto fino a nascondere il volto sotto le lenzuola, dopo circa un quarto d’ora si decise ad alzarsi dal letto. Annie stava ancora dormendo le andò accanto e le accarezzò il viso baciandola sulle labbra.
< Ti amo > sussurrò la ragazza, ancora per metà immersa nel mondo di sogni.
Julian sorrise, la guardò ancora per qualche istante < Sei splendida Annie > sorrise.
Andò ad aprire l’armadio e dopo una veloce ispezione ai suoi vestiti scelse un paio di jeans scuri e una semplice maglietta verde, sapeva, che se avesse osato troppo con l’eleganza, poi si sarebbero presentati tutti con un abbigliamento sobrio e molto semplice. Cercando di fare meno rumore possibile andò in bagno per prepararsi. Dopo la doccia e dopo essersi vestito, si piazzò davanti allo specchio per dare un giudizio rapido al proprio aspetto. Quella notte aveva dormito meglio del solito, il viso rilassato e riposato. Era un viso allungato, forse un po’ troppo magro e dai lineamenti accentuati in particolare sulle guancie e sul mento, i capelli non troppo corti erano di un colore castano scuro con accenni di riflessi più chiari a seconda della luce, gli piaceva acconciarli sempre in modo un po’ diverso, quella volta decise di pettinarli semplicemente all’indietro. Dopo una decina di minuti davanti allo specchio, non arrivò a dare nessun giudizio di se, l’unica cosa che concluse con quella specie di riflessione era il fatto di riuscire a vedere in modo nitido la propria immagine riflessa, e quindi senza sfocature o altro e la cosa lo tranquillizzava molto.
Tornò in camera per vedere se Annie si era svegliata, la ragazza non c'era più, sicuramente era già scesa a fare colazione. Scese velocemente le scale per raggiungerla in cucina. La ragazza era seduta alla tavola, la testa china sul giornale e una tazza di tè fumante in mano, presa dalla lettura, non si era accorta di Julian. Il ragazzo le andò accanto da dietro e la abbracciò baciandola sul collo < Buongiorno amore > 
< Buongiorno > rispose lei felicemente sorpresa < Allora a che ora passa a prenderti Henry ?> chiese mentre richiudeva il giornale.
< È ancora presto > rispose sedendosi accanto a lei < Verrà verso le nove e mezzo, dieci e sicuramente si prederà anche nel frattempo > rise.
< Insomma, ti sei trovato un ottimo tassista per oggi allora > lo guardò lei ridendo.
< Oh sì, decisamente il migliore! Be’ non tutti possono avere un buon senso dell’orientamento > disse Julian addentando con un pezzo di toast.
< Noi siamo un caso a parte > continuò lei ridendo.
< È una dote sapersi orientare, non si chiama caso a parte!  Henry non ce l’ha per niente... la capacità di orientarsi dico > rise.
< Te lo ripeto, hai fatto bene ad affidarti a lui per il passaggio > continuò la ragazza con tono divertito.
< Hai proprio ragione Annie > rise di nuovo, si sentiva di buon umore quella mattina e Annie non era certo lì per peggiorarlo, al contrario, qualsiasi fosse il suo umore lei cercava sempre di metterlo a suo agio, era davvero una ragazza speciale, ed era più che convinto di volerle bene.
< Hanno avuto una bella idea, insomma è da anni che non ci vediamo, tre forse? Non ricordo…ma vale quasi per tutti questo, insomma a parte qualche contatto… >
< Sì è stata proprio una buona idea quella dei tuoi compagni, e sono contenta di vederti così... sereno> Annie guardò Julian negli occhi sorridendo < Comunque, oggi mentre tu sarai via, penso che andrò a casa dai miei genitori, quindi forse tornerò più tardi rispetto a te, magari mi fermo qualche giorno da loro, ti dispiacerebbe? >
< No, vai tranquilla Ann non c’è nessun problema, però in caso chiamami, o chiamo io, va bene? >
< Certo amore >
< Tu sei fortunata, sei in buoni rapporti con loro e >
Il campanello suonò proprio in quel momento.
< Caspita che tempismo, sono appena le nove! A quanto pare il tuo amico ha fatto pratica negli anni > rise Annie.
< Forse sì> Julian si alzò ridendo e andò ad aprire la porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Lungo il tragitto ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



   Mi scuso per il ritardo ma dopo gli ultimi esami sono partita per una breve vacanza, anche se probabilmente tutto questo é poco interessante ahaha ;).
Comunque premetto che questo capitolo non mi convinceva molto, ma dopo averlo rifatto la quarta volta ho deciso di non toccarlo più altrimenti lo pubblicavo tra tremila anni e visto che alcuni dei prossimi, sono quasi pronti ( così forse potrò riprendere a postare un capitolo al giorno, spero ahahaha ) non penso sia il caso. Spero non risulti troppo contorto e sia comunque piacevole. Buona lettura.
BlueJayWay!



Quando Julian aprì la porta, si ritrovò davanti Henry e Grace sorridenti.
Riconobbe subito Henry, non era cambiato quasi per niente. Era un ragazzone alto, capelli biondi e corti sparati in aria, una corporatura robusta con qualche accenno di muscoli che si notava in particolare sulle braccia. Il viso squadrato e occhi azzurri.
Grace, al contrario, era cambiata parecchio, era dimagrita rispetto l’ultima volta che l’aveva vista e questo la faceva sembrare più alta. I capelli lisci e lunghi non erano più neri come una volta, ma erano stati tinti di un rosso ramato, Julian riconobbe che le stavano bene, anche perché mettevano in risalto il viso, gli occhi nocciola e in particolare le labbra scure e carnose.
Il ragazzo fu il primo a parlare.
< Salve sono Henry, Henry Harris, tu devi essere Julian vero? Julian Clarke > proclamò con tono scherzoso, poi esitò qualche secondo < An già, e lei è Grace, Grace Russell >
Il viso di Julian s'illuminò con un sorriso che scoppiò poi in una fragorosa risata.
< Ho sempre pensato che il tuo vero cognome fosse un altro Henry, sei proprio uno scemo >
< È uno dei miei pregi, vecchio mio > rise il ragazzo dando a Julian una pacca amichevole sulla spalla.
< Sono contento di rivedervi > continuò Julian guardando anche Grace.
< Anche noi Julian > sorrise la ragazza avvicinandosi a lui e abbracciandolo.
< Sei cambiata parecchio > le disse Julian mentre la stringeva a se, Grace rise e gli diede un bacio sulla guancia tornando poi a guardarlo < Anche tu hai qualcosa di…diverso >
< Se lo dici tu > rise Julian
Nel frattempo Annie li raggiunse.
< Oh, lei è Annie, Annie loro sono Henry e Grace > la portò accanto a se appoggiandole il braccio sulla spalla.
Henry la guardò a lungo < Quindi tu sei la fortunata ragazza che ha sposato Julian, o meglio lui è il ragazzo fortunato tu forse un po’ meno > rise.
< Be’ non siamo sposati > disse lei prontamente < Non ancora almeno…>
< Oh, scusate, pensavo che >
< Non ancora > sottolineò Julian con l’intenzione di chiudere lì l’argomento.
Ci fu qualche secondo di silenzio che venne poi interrotto da Annie.
< Be’ adesso vi lascio andare allora, divertitevi! >
< È stato un piacere conoscerti Annie > la salutò Grace.
< Anche per me ragazzi >
< Ti aspettiamo in macchina allora > fece poi il biondino rivolgendosi a Julian.
< Bene Henry >
I due ragazzi si avviarono verso la macchina parcheggiata davanti al giardino della casa.
Annie si volse verso Julian < Divertiti amore >
Il ragazzo le diede un lungo bacio, poi le accarezzo i capelli all’indietro < Ci vediamo stasera? >
< Certo, a meno che non rimango dai miei… Ti amo Julian! >
Julian sorrise, tornò a baciarla ancora una volta poi uscì per raggiungere Grace ed Henry.
I due ragazzi stavano discutendo su qualcosa, non appena Julian li raggiunse, capì senza difficoltà il motivo del loro piccolo battibecco.
< Guido io! > esclamò Henry con determinazione
< No! > ribatté Grace con tono secco e deciso < Tu sei capace di perderti anche quando c’è qualcuno che ti dà delle indicazioni! >
< Parla la perfettina, e poi ho voglia di guidare, se ci perdiamo pazienza >
< Certo, pazienza! Ti andava anche prima di guidare, se non lo facevo io, a casa di Julian ci arrivavamo stanotte! >
< Quanto sei noiosa, eddai! >
Julian guardava la scena divertito, si sarebbe proposto lui per guidare, ma non voleva essere di troppo e poi quella situazione gli ricordava i vecchi tempi. Grace ed Henry non erano mai andati d’accordo su nulla, ogni occasione era ottima per discutere anche se non sempre in modo serio, e nonostante questo erano sempre stati più che amici, certo, non lo avrebbero mai ammesso.
< Se ti metti alla guida tu, non arriviamo più! > continuò Grace
< Scommettiamo? Arriveremo in perfetto orario >
< Bah > esclamò lei con tono sarcastico
< Dai, per piacere > la supplicò lui, cercando di assumere un’espressione dolce.
< Ok, va bene, ma se tardiamo più di un’ora, non guiderai più la macchina per due settimane. Ho organizzato tutto io, non voglio essere l’ultima ad arrivare >
< Ma sentila, mi tratti come se fossi tuo figlio, ho venticinque anni ricordalo! > senza aggiungere altro, aprì la portiera scocciato si sedette al posto guida e con un colpo secco richiuse la portiera.
Lei non rispose, continuò invece a ridere, poi guardò Julian che se ne stava ritto in piedi, che a quel punto non sapeva più che fare.
< Mettiti pure davanti > gli disse Grace < Io mi siedo dietro e… lascialo perdere, ora gli passa, sai com’è no? > sorrise alzando le spalle ed entrò anche lei in macchina.
Julian si mise accanto ad Henry che nel frattempo in pochi secondi aveva sbollito la rabbia.
< Bene possiamo partire > comunicò con voce decisa, si voltò per un attimo verso Julian < Allora, cosa ci racconti ? >
< Io? Non saprei davvero, non saprei nemmeno da dove cominciare sinceramente > mentì Julian, non aveva voglia di parlare della sua vita privata in quel momento o comunque non voleva essere lui il primo a parlarne < Voi piuttosto cosa mi dite? State insieme adesso? >
< No! > fecero i due ragazzi all’unisono creando quasi un effetto stereo nelle orecchie di Julian.
< Ok > rise lui < Be' cosa posso chiedervi allora… voi avete mantenuto i contatti con qualcuno? >
< Qualcuno sì > rispose Henry che ora teneva gli occhi concentrati sulla strada < Vediamo Robert, John, Jane e Rose >
< Oh Rose la sento anch’io > esclamò Julian quasi eccitato, era una delle sue più care amiche e si sentivano spesso al telefono, lei si era trasferita in Francia, per questioni famigliari.
< Verrà anche lei > specificò Henry
Grace si sporse un po’ davanti verso i sedili anteriori rivolgendosi a Henry < E non dimenticare Clive! >
< Uh è vero! Sento spesso anche lui. Si è trasferito anche lui, lavora e studia medicina adesso, un bel cambiamento dice… Mi chiama spesso, sai com’è, eravamo un bel gruppetto tu, Clive, John, Robert ed io > rise guardando in alto come per ricordare qualche momento < E dice che gli manca un po’ sentirti, mi ha detto che tra noi ragazzi sente ancora tutti, insomma tu sei l’unico che non si fa più vivo. Oh e mi ha chiesto se passiamo a prenderlo quindi ci toccherà fare una deviazione >
Di nuovo quel peso allo stomaco, lo sentiva spesso in quelle situazioni. Era tutto vero, lui aveva troncato ogni contatto in realtà, anche se non avrebbe mai voluto farlo. Era stato il primo a perdere il dialogo con quasi tutti, eccetto poche persone, e il primo che aveva smesso di cercare era stato proprio Clive.
Il fatto che Clive parlasse ancora di lui lo faceva sentire male e in ansia, ma specialmente in colpa.
< No alla fine ha detto che si arrangia…almeno io ricordo così > disse Grace da dietro.
< Sai che non mi ricordo? Magari passiamo lo stesso e se non c’è pazienza >
< Ok > rispose lei con una risata, poi rimase in silenzio per un po’
< Ma perché? > chiese la ragazza dopo qualche secondo di riflessione, rivolgendosi a Julian < Insomma, è strano che non vi sentite più, voi due eravate tanto amici…>
< Be’ non sapevo che si era trasferito e quindi non avevo nemmeno il suo numero > cercò Julian di giustificarsi.
< Capisco > disse lei poco convinta. La ragazza si mise a guardare fuori dal finestrino, per controllare la strada, non impiegò molto tempo per accorgersi che qualcosa non andava < Dove stai andando Henry, hai sbagliato strada lo vedi? Dove siamo? > domandò alzando un po’ il tono della voce.
< Effettivamente ci siamo un po’ persi > rispose il ragazzo con molta tranquillità.
La ragazza senza commentare si lasciò cadere all’indietro sul sedile lanciando un lungo sospiro e bisbigliando qualcosa di impercettibile.
Henry da parte sua si limitò a ridere < Non mi hai dato nessuna indicazione quindi è colpa tua! Comunque tranquilli prima o poi ci arriviamo! >
< No, tu adesso ti fermi e mi fai guidare! > ribatté la ragazza.
I due ragazzi presero di nuovo a discutere finché Grace ottenne ciò che voleva, Henry accostò la macchina e le cedette il posto sedendosi poi dietro.
< Salve! > disse la ragazza a Julian con un sorriso stampato sulle labbra, soddisfatta di avere raggiunto il suo obiettivo.
< Salve Grace, allora cosa mi racconti tu? Come hai organizzato la giornata? >
< Be’ allora sarà una cosa molto tranquilla ma comunque geniale >
< Sì certo, geniale > sbuffò da dietro Henry.
< Tu stai zitto, alla tua età sei ancora in grado di perderti vergogna! > lo rimproverò Grace con tono divertito.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Smile and... ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  < Allora adesso ti spiego  il programma > cominciò Grace con tono quasi eccitato < Prima faremo una sosta per rivedere la scuola, poi andremo a mangiare qualcosa in un locale che ho già prenotato e poi ce ne andiamo a Brighton per un bel bagno! >
< Vedi quanto è interessante? Un bel bagno nell’acqua gelata > disse Henry da dietro con tono sarcastico.
< Be’ non è male come programma > rispose Julian entusiasta.
< Lo vedi Henry, tu devi sempre lamentarti, sei solo geloso della mia genialità! >
< Sicuramente Grace! > le rispose ridendo
< Allora > riprese la ragazza senza badare alla risata dell’amico < Passiamo a prendere Clive? Sempre che non sia giá partito da solo > sottolineò guardando Henry attraverso lo specchietto retrovisore.
< Sei tu che mi hai confuso le idee, quindi decidi tu cosa fare, e se non ti dispiace, mentre tu guidi, io dormirò un pochino >
< Ah fai come vuoi! > poi si volse verso Julian con un’espressione completamente diversa quasi angelica < Se vuoi riposare anche tu, fai pure >
< È meglio di no > le rispose Julian, che non si sentiva per niente stanco < Anzi preferisco non dormire, magari raccontami qualcosa così rimango sveglio >
< Perfetto >
< Oh, tanti auguri amico e buon ascolto > fece Henry con tono divertito < Buona notte a tutti voi > concluse poi appoggiando la testa sullo schienale e addormentandosi in pochi secondi.
Non molto dopo, Julian si pentì della sua richiesta. Grace non la smetteva più di parlare, riusciva ad interromperla solo ogni tanto per dire qualcosa anche lui, ma sembrava che lei avesse messo in moto un nastro inciso infinito, certo quello che diceva era interessante ma parlava decisamente troppo. Le sue parole si trasformarono in una sorta di cantilena che penetrava quasi fastidiosa nelle orecchie del ragazzo, Julian cominciò a sentirsi stanco, si strofinò gli occhi e si sistemò meglio sul sedile, non aveva intenzione di addormentarsi, era l’ultimo dei suoi desideri. Nel frattempo Grace era passata dal parlare della sua infanzia alle sue abilità culinarie, o forse stava parlando dei suoi furetti?  Julian non sapeva più cosa dire e si limitava a rispondere con poche sillabe o cenni del capo. Tentò di distrarsi in altro modo. L’unico pensiero che gli venne fu quello di Clive, sperava di non trovarlo in casa o sul ciglio della strada ad aspettare quella macchina, non era ancora pronto per parlargli e tantomeno per vederlo, conoscendolo non avrebbe esitato a dirgli tutto quello che pensava su ciò che era successo. A quest’ultimo pensiero Henry sperò ancora di più di incontrarlo solo nel luogo dell’appuntamento e non prima.
< Eccoci! > disse Grace eccitata mentre guardava il ciglio della strada alla ricerca di un parcheggio. 
< Whoo! > esultò Henry da dietro < Allora? Non sei contento? > chiese poi a Julian mettendogli una mano sulla spalla.
Julian si voltò verso di lui, si accorse che Henry aveva uno strano sorriso sulle labbra, un sorriso aperto che mostrava i denti, bianchi e perfetti, lo osservò per qualche istante, nell’oscurità di quella macchina il sorriso sembrava brillare di luce propria e non voleva svanire, Henry doveva essere davvero contento.
< Certo che lo sono > rispose poi  accennando un sorriso con le labbra.
Scesero dalla macchina così velocemente da non avere nemmeno il tempo di aprire o chiudere le portiere. Julian fu quasi abbagliato dalla luce che c’era fuori.
Si diressero verso il luogo prestabilito, una specie di fattoria, Julian era confuso, non dovevano trovarsi davanti alla scuola?  Il ragazzo si rese subito conto che erano arrivati in ritardo, gli altri erano giá lì ad aspettarli da parecchio tempo. Ma quanti erano? Sembravano essere più di quelli che si aspettava, erano almeno una quarantina di persone, non potevano essere tutti vecchi compagni di scuola, e molti di loro avevano un viso completamente sconosciuto. Non appena i tre ragazzi raggiunsero gli altri cominciarono i saluti. Julian si sentì soffocato da tutta quella gente, cercò di guardarsi intorno alla ricerca di un volto noto, quel volto, ma l’unico che riconobbe fu quello di Rose la quale si avvicinò a lui con un sorriso a mille denti, simile a quello di Henry. Era un sorriso che sembrava inciso sul volto della ragazza e anche questa volta non accennava a scomparire.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** smile? ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Rose saltò in braccio a Julian stringendolo a se. Non pesava per niente quella ragazza.
< Julian! Dio quanto tempo! >
Il ragazzo sorrise e la guardò, si accorse che la ragazza stava ancora sorridendo allo stesso identico modo. La cosa lo spaventò, forse si era addormentato di nuovo? Si guardò intorno smarrito, tutti stavano andando verso di lui, e ancora non riusciva a distinguere Clive.
< Hey ma tu sei sposato! >disse Grace quasi gridando.
Sposato? Lui non si era mai sposato.
< È un bell’anello sai! > continuò intanto la ragazza
Julian si guardò la mano, aveva davvero un anello al dito. Com’era possibile?
< Congratulazioni ! > Rose lo strinse ancora baciandolo più volte sulle guancie.
Tutte le persone intorno a lui, cominciarono a gridare eccitate e ad avvicinarsi sempre di più quasi come per chiuderlo in una morsa.
Tutte avevano quel sorriso stampato sulle labbra, quel sorriso aperto che permetteva quasi di vedere ogni singolo dente, ed era un sorriso uguale per tutti, sembravano bocche fatte a stampino. Julian indietreggiò di qualche passo, mentre le bocche sorridenti diventavano sempre più numerose e le grida eccitate sempre più fastidiose. Senza accorgersene urtò contro qualcuno sbattendo la testa, si voltò, e vide finalmente quello che cercava.
Clive lo fissava serio, non c’era nessun tipo di sorriso sul suo volto, le labbra carnose erano distese e non accennavano a piegarsi né verso l’alto né verso il basso, erano immobili, eppure in quel momento gli sembrarono le più espressive rispetto a tutte le altre. Qualcuno da dietro lo spinse, Julian sbatté di nuovo la testa più violentemente.

< Pirata della sarda! > Grace gridava gesticolando con il braccio < Scusate ragazzi > disse guardando Julian, < Non ti sei fatto nulla spero >
Julian si stiracchiò un po’ < No niente, ho solo sbattuto la testa > sorrise. Si guardò la mano, non c’era nessun anello, sospirò sollevato.
< Sono ancora vivo! > disse Henry da dietro
< Oh meno male, mi ha fatto fare di quelle frenate quel matto. Siamo quasi arrivati da Clive comunque >
Il nome Clive risuonò nelle orecchie di Julian più e più volte. Tornò a sperare di non trovarlo in casa ma allo stesso tempo cominciò a desiderare di vederlo, qualsiasi cosa fosse successa.
< Questo viaggio sta cominciando a diventare eterno > si lamentò Henry da dietro.
< Taci è sappi che è colpa tua > rispose prontamente Grace.
< Eccoci! > dichiarò la ragazza dopo una decina di minuti < Senti io mi fermo qui, tu scendi e vai a vedere se è in casa > disse rivolgendosi ad Henry
< Ok, ma perché proprio io? Perché non ci vai tu Julian? >
Julian chiuse velocemente gli occhi, non poteva presentarsi da Clive in quel modo, dopo tutto quel tempo, non voleva bussare alla porta della sua casa, o lo voleva?
< Si è di nuovo addormentato > rispose la ragazza ad Henry < Ora lo sveglio, tu vai! >
< Va bene > Henry scese dalla macchina e dopo qualche passo svoltò l’angolo per raggiungere la casa di Clive.
< Puoi anche smettere di far finta di dormire ora > fece Grace con voce tranquilla.
Julian aprì gli occhi e la guardò, lei ricambiò lo sguardo < Non voglio sapere niente, se ti va di farlo anche dopo  fai pure non farò la spia, certo io ti consiglierei di non farlo >
< Grazie > Julian le sorrise poi si voltò per guardare fuori dal finestrino.
Qualche minuto dopo i due ragazzi svoltarono l’angolo. Alla vista di Clive Julian sentì di nuovo una fitta allo stomaco, gli occhi cominciarono a bruciargli li strofinò con il palmo della mano. Clive non l’aveva ancora visto, il suo sguardo era rivolto vero Henry, stavano parlando chissà di cosa. Sembrava che non fosse cambiato per nulla, un ragazzo alto, capelli nerissimi, Julian da lontano non riusciva ancora a rivedere i suoi occhi e questo forse era un bene. Che fare? Richiudere gli occhi facendo finta di dormire? Uscire dalla macchina e andare a salutarlo? Rimanere dentro e salutarlo non appena entrato? Aveva pochi secondi per decidere, intanto poteva continuare a guardarlo ancora per un po’ e capire che i suoi sentimenti non erano cambiati per nulla, nonostante tutto quello che era successo, nonostante si fosse comportato in quel modo.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Clive ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Allora, spero che il capitolo non risulti troppo confusionario, se ècosì mi scuso con voi ma non sono riuscita a farlo in altro modo anche perchéquesta parte non era prevista nell'idea iniziale. Comunque ringrazio tutti quelli che leggono e spero come sempre di non annoiarvi troppo  e che il capitolo vi piaccia :). Buona lettura!
BlueJayWay!




< Io scendo! > esclamò Grace dando una gomitata nel fianco di Julian distraendolo dai suoi pensieri.
Senza dire altro si precipitò fuori dalla macchina e corse incontro i due ragazzi, Clive alzò lo sguardo verso di lei, e dopo qualche scambio di parola, la abbracciò.
Julian osservava la scena come un bambino a cui manca il coraggio di prendere l’iniziativa.
 I tre ragazzi si erano fermati, e avevano cominciato a parlare e ridere tra di loro, Julian continuava a rimanere seduto come se fosse incollato al sedile. Dopo poco capì che non si stava comportando da bambino, bensì da perfetto imbecille. Aprì lo sportello è uscì anche lui. S’incamminò in direzione dei suoi amici, lo sguardo a terra, i passi lenti e corti, l’ansia che gli saliva dallo stomaco man mano che si avvicinava a loro. Quei pochi metri gli sembrarono un’eternità eppure impiegò solo pochi secondi a raggiungere i ragazzi, solo allora alzò lo sguardo da terra e solo allora si accorse che Clive lo stava già guardando.
Gli occhi piuttosto grandi di un azzurro intenso, i lineamenti del viso poco marcati con un accenno di barba scura, i capelli corti e leggermente mossi. Non era cambiato moltissimo nemmeno lui, forse la barba, forse quell’aria più matura che in realtà aveva sempre avuto, e non era cambiato nemmeno l’effetto che faceva su Julian nel vederlo.
< Ciao Clive > le parole gli uscirono dalla bocca quasi come un sussurro, si schiarì la voce e ripeté ancora una volta accennando un sorriso < Ciao Clive! >
Clive rimase in silenzio, continuava a guardare Julian, come per inquadrare bene il tipo di persona che si trovava davanti, come per capire quanto quella persona fosse cambiata Una rapida analisi attraverso una lunga osservazione. Come se fosse sufficiente uno sguardo per capirla, senza bisogno di sentirla parlare.
< Ciao Jules! > sorrise poi avvicinandosi a lui, gli mise il braccio attorno al collo e lo strinse al petto, rimase fermo per un po’ poi gli diede qualche pacca sulla schiena e tornò a separarsi di qualche passo.
< Come stai? > chiese, tornando a fissarlo negli occhi.
< Bene, sto bene > Julian guardò altrove, non poteva e non riusciva a sostenere quegli occhi così addosso a lui.
< E tu? >
< Si va avanti, come sempre > rispose Clive senza staccargli gli occhi di dosso < Mi sembri cambiato sai, spero che la cosa ti renda felice >
< Sì, certo, sono felice > mentì Julian sorridendo.
< Bene! > li interruppe Henry < Possiamo andare allora! E… guido io! > senza dare il tempo agli altri di realizzare ciò che aveva detto, strappò le chiavi dalle mani di Grace, e si mise a correre verso la macchina ridendo e lanciando grida di vittoria.
< Fermati, traditore! > senza aspettare, Grace si precipitò alla rincorsa del ragazzo < Tu il volante non lo tocchi! Fermati ti ho detto! >
Ma Henry senza darle ascolto si fiondò alla sua postazione, quella del guidatore.
< Il solito idiota > rise Clive mentre stava fermo in piedi accanto a Julian.
< Già, la stessa cosa che ho pensato anch’io >
Clive lo guardò, serio, l’espressione era uguale a quella del sogno di Julian.
Indossava una camicia bianca con una stampa di disegni neri stilizzati, sopra la camicia portava un gilet bordò e i pantaloni piuttosto stretti erano di una stoffa marrone con una fantasia a quadri che riprendeva il colore bordò del gilet, scarpe nere un po’ a punta. A Julian piaceva molto quel tipo di abbigliamento, lo trovava elegante e originale.
Dopo qualche attimo di esitazione, Julian prese coraggio per dire qualcosa che realmente pensava. Sapeva che poteva essere la cosa più banale in quel momento, e che quella frase sarebbe stata usata e riusata quel giorno, ma dirla a Clive non era semplice per lui.
< Sono felice di vederti Clive! Mi sei mancato >  
< Davvero? > chiese con tono quasi distaccato < Sai Julian, detto da qualcuno che non si è fatto più sentire, è difficile da credere > senza aggiungere altro s’incamminò verso la macchina. Julian rimase fermo immobile a guardarlo, poi si avviò anche lui e prese posto dietro assieme a Clive, Grace si era già seduta davanti, e secondo Julian lo aveva fatto di proposito.
Quando tutti furono saliti, la macchina ripartì.
< Allora Clive come va con gli studi? > chiese Grace voltandosi indietro
< Se devo essere sincero non molto bene, nel senso che i corsi sono molto stressanti, però in fondo mi piacciono quindi, vado avanti >
< Tu sei pazzo, non avrei mai scelto medicina. Mai! >
Clive rise < Tu preferisci socializzare immagino >
< Certo, infatti, come ben sai, è bravissima a rapportarsi con le persone! > la provocò Henry con un sorrisetto divertito sulle labbra.
< Taci e guida, e specialmente cerca di non sbagliare strada! > ribatté lei seccata.
< Come siete belli > rise Clive incrociando le mani dietro la nuca e accavallando le gambe.
Julian stava in silenzio. Guardava Clive, ascoltando la sua voce con attenzione, risentirla gli dava uno strano senso di piacere, ma cercò di negare a se stesso anche questo pensiero. Cosa stava facendo? Il lavoro che aveva fatto su se stesso stava già crollando alla semplice vista di Clive, al suono della sua voce? Non poteva lasciarsi andare in quel modo, non dopo anni di lavoro, eppure sapeva che sarebbe successo ancora prima di partire. In quel momento si sentì la persona più confusa al mondo, in realtà lui non era mai guarito, e da cosa sarebbe dovuto guarire? Da nulla secondo lui, da molto secondo i suoi genitori.
Julian appoggiò la testa sullo schienale sospirando, chiuse gli occhi. Non voleva dormire, voleva solo pensare o meglio ricordare qualche momento passato, giusto per fare passare il tempo, giusto per non dover parlare con Clive anche se avrebbe voluto e dovuto farlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ricordo ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Come al solito il capitolo èdiventato un po' lungo e confusionario quindi metto le parti del ricordo in corsivo giusto per distinguerle meglio, ma come si legge anche nel capitolo si tratta di un ricordo non di un sogno, non aggiungo altro, spero vi piaccia :)
BlueJayWay!



Julian teneva gli occhi chiusi, ma era completamente cosciente, e la cosa lo tranquillizzava molto. Non si era addormentato e poteva gestire come voleva i suoi ricordi, senza che essi venissero distorti in qualche modo in un sogno. Davanti agi occhi chiusi creava una sorta di proiezione d'immagini di vecchi ricordi, era da tantissimo tempo che non lo faceva, in molti gli avevano detto che non avrebbe mai più ne potuto ne dovuto farlo, e lui per qualche strano motivo, aveva dato ascolto a quelle voci. In quel momento però si sentiva libero di poterlo fare e di pensare a ciò che più voleva. Nel frattempo rimaneva in ascolto, ascoltava ciò che i tre amici dicevano tra di loro e in particolare ascoltava la voce di Clive che stava accanto a lui, ma non accennava a parargli < Non voglio svegliarlo ora, sta dormendo > disse più vote, e in quei momenti Julian aveva la strana sensazione di sentirsi osservato da Clive, anche se non poteva esserne certo, perché i suoi occhi erano chiusi.
Uno dei primi ricordi che gli tornarono in mente fu forse uno dei più speciali, e lo riteneva uno dei migliori.

Era un giorno qualunque e se ne stava tornando a casa dopo le lezioni. Quel giorno Clive non si era presentato, non era il tipo da saltare le lezioni, quindi Julian era un po’ preoccupato, e stava dunque prendendo in considerazione l’idea di andarlo a trovare. Mentre camminava, aveva sentito una voce chiamarlo da un punto ancora non preciso.
< Hey Clarke! >
Julian si era voltato, non sopportava che lo chiamassero così, ma appena si era accorto di Clive aveva sorriso. Il ragazzo era seduto su un muretto e lo chiamava con un sorriso stampato sulle labbra sventolando la mano.
< Clive! > Julian si era subito precipitato da lui correndo.
< Salve bel signorino > aveva detto Clive ridendo.
< Due domande Clive. La prima è, perché mi hai chiamato per cognome, la seconda perché oggi non sei venuto a lezione ? >
Clive quel giorno indossava una camicia bianca con il collo rialzato, sopra la quale aveva un lungo maglione di lana blu che esaltava il colore degli occhi e gli arrivava quasi fino alle ginocchia, un paio di pantaloni scuri e degli stivaletti neri. A Julian piaceva molto il modo in cui l’amico si vestiva.
< Accomodati! > gli aveva detto il ragazzo senza aggiungere altro.
Julian si era seduto accanto a lui e lo aveva guardato negli occhi < Allora? >
< Be’ se andiamo per ordine, la prima risposta è, ti ho chiamato per cognome perché sembravi un po’ perso nei tuoi pensieri e non ti sei accorto di me, mi sei proprio passato davanti Jules. Mi hai dato l’idea di un filosofo occupato ad inventare qualche strana teoria sul perché pensiamo quando camminiamo > gli aveva risposto ridendo < La seconda risposta è, dovevo andare a fare un paio di visite >
< Ma stai bene? > gli aveva chiesto subito preoccupato.
< Certo, non preoccuparti Jules > aveva detto con tranquillità guardandolo negli occhi e sorridendo.
Julian era rimasto ad osservarlo in silenzio, il suo viso dai tratti marcati ma armoniosi quasi illuminato, secondo Julian dagli occhi azzurrissimi. Non poteva negarlo, vedeva in Clive più di un amico. Ormai era passato molto tempo da quando si erano conosciuti e da quando erano diventati amici, e secondo lui il loro legame era un po’ più forte di una semplice amicizia, almeno da parte sua, ma aveva paura di sbagliare e aveva deciso di non dire nulla.
< Che fai Jules, ti sei rimesso a filosofeggiare? > gli aveva chiesto Clive ridendo.

Julian aveva continuato a guardarlo. Clive era l’unico abituato a chiamarlo in quel modo, era tutto partito dalla canzone di “Hey Jude”.

A Julian in quell’attimo venne in mente un altro momento, un altro ricordo, ma voleva prima ripercorre con ordine quello che aveva scelto per primo, voleva rivederlo davanti a se come un film.

< Io? Ma no, i filosofi di solito parlano, parlano, insomma dicono a tutti quello che pensano le loro teorie, tutto. Non credi? >
< Sei un filosofo silenzioso allora > Clive aveva riso di nuovo e si era avvicinato un po’ a Julian.
< Già, silenzioso > aveva risposto Julian mettendosi a ridere anche lui.
< Però lo sai che sono curioso, insomma a me potresti anche esporle le tue teorie >
< Ma io non ho nessuna teoria, non stavo filosofeggiando >
< Peccato! > aveva risposto Clive accavallando le gambe con un sorrisetto sulle labbra.
Julian ancora una volta era caduto in un silenzio tombale mentre la sua testa era piena di pensieri indecisioni e confusine. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo, non voleva rimanere in quello stato per sempre, e non gli importava di come Clive l’avrebbe presa. Si era chiesto se quello fosse stato il momento opportuno, poi aveva smesso di pensare e aveva preso coraggio. Aveva detto, con voce bassa quasi impercettibile, quel breve discorso, che ancora ricordava alla perfezione.
< Non so se chiamarle teorie, non mi piace molto il termine. Senti Clive, tu sei sempre stato più maturo di me e più coraggioso per dire …tutto su di te e questa cosa la ammiro. Quindi non so come dirtelo ma >
Aveva esitato per qualche attimo mentre l’attenzione di Clive si era fatta sempre più grande e lo guardava incuriosito aspettando che finisse quel discorso, Julian lo aveva finito dicendo l’ultima frase tutta d’un fiato
< Mi piaci Clive >
Dopo avere pronunciato quelle parole, Julian aveva cominciato a sentirsi nervoso, e a pensare che forse aveva sbagliato, e forse aveva parlato troppo presto. Clive non gli aveva ancora risposto.
< Stai, stai filosofeggiando anche tu per caso? > gli aveva chiesto poi con una certa agitazione, quei pochi secondi di silenzio da parte di Clive gli erano sembrati un’eternità.
Clive si era probabilmente accorto del disagio di Julian e gli aveva risposto nel modo che riteneva migliore. Si era avvicinato ancora di più a lui e aveva messo una mano sul viso di Julian accarezzandolo, poi si era chinato con il viso vicino al suo avvicinando le labbra carnose a quelle più sottili di Julian.
< Anche tu mi piaci Julian > dopo quelle parole aveva sfiorato le labbra d Julian con le sue poi lo aveva baciato, un lungo bacio al quale Julian aveva risposto dopo pochi secondi, e durante il quale aveva sentito un piccolo brivido di piacere.


Quello era stato il suo primo bacio, o meglio il suo primo vero bacio ad un ragazzo che sentiva di amare veramente.
Julian si lasciò immergere completamente in quel ricordo in quel momento particolare e lo ripensò più di una volta, poi riaprì gli occhi e si voltò verso Clive.
< Ben svegliato Julian! > disse lui senza dare troppa enfasi alla frase.
Lo sguardo di Julian cadde sulle labbra di Clive, strinse leggermente la mano in un pugno, non poteva lasciarsi andare non ora, specialmente perché Clive non avrebbe voluto, questo lo sapeva.
< Grazie e buongiorno > rispose poi stiracchiandosi, per far credere che aveva dormito veramente.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Un'amica ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  < Siamo arrivati bella gente! > disse Henry soddisfatto.
< Aspetta prima di parlare, non hai ancora parcheggiato la macchina e potrebbe succedere qualsiasi cosa! > rispose Grace con aria di sufficienza
< Ma smettila! > Henry parcheggiò la macchina sul ciglio della strada < Arrivati, sani salvi e in tempo mia cara! >
< Bah solo perché ho guidato anch’io >
< Stai cominciando a diventare insopportabile Grace > le disse seccato, aspettò che tutti uscissero e chiuse la macchina.
< Tieni pure le chiavi, al ritorno guidi te, e stai attenta a non perderle > detto questo, lanciò il mazzo di chiavi alla ragazza, che le prese al volo.
< Ma come siamo scontrosi > Grace rise divertita < Dai bei ragazzoni, andiamo > a passo svelto s'incamminò verso la scuola davanti alla quale c’era già un piccolo gruppetto di persone.
Henry rimase fermo assieme ai due amici
< Ditemi voi come si fa a sopportare una come lei >
< Non lo so > gli rispose Clive < Ma visto che state insieme, e non venirmi a dire che non è vero, probabilmente tu sai come fare a sopportarla, e poi è simpatica > rise.
< Mah se lo dici tu >
< Certo, insomma, è una mia opinione > continuò Clive sempre ridendo < E non dimenticare che lei deve sopportare te >
< Allora andiamo? > chiese Julian interrompendoli.
I due ragazzi lo guardarono, Clive sempre con quell’espressione seria di chi avrebbe voluto dirgli in faccia tutto quello che pensava e che aveva tenuto dentro per troppo tempo. Mentre Henry con lo sguardo rilassato e un po’ perso rispose con un cenno del capo, cominciando a camminare in direzione della scuola < Certo andiamo! >
I ragazzi raggiunsero prima Grace e poi con passo tranquillo raggiunsero gli altri compagni, Julian continuava a guardare Clive che rimaneva qualche passo più avanti di lui, e non dava cenno di voltarsi per dirgli qualcosa o sorridere, continuava a parlare con Henry e Grace.
< Eccoli! > una voce si levò dal gruppetto di ragazzi che stavano davanti all’edificio scolastico, tutti si voltarono e cominciarono a gridare, salutare e sventolare le mani.
< Ma guardali, proprio quello che volevo, sono venuti quasi tutti > Grace era eccitata, gli occhi lucidi di gioia. Senza aspettare i suoi compagni di viaggio corse dagli altri e sparì come inghiottita dalla piccola folla di amici.
< Ci teneva tantissimo > commentò subito Henry rivolgendosi a Julian e Clive con un sorriso soddisfatto.
< Già, come una bambina! > disse Julian
< Vero, una giovane ragazzina! > continuò Clive, voltandosi verso Julian e accennando un lieve sorriso. Rimasero a guardarsi negli occhi.
< JULIAN! > una voce femminile gridò con entusiasmo, e non molto dopo una ragazza dai capelli neri lunghi e ricci si mise a correre verso Julian.
< Julian! > gridò di nuovo.
Julian smise di guardare Clive e alzò gli occhi verso di lei, che non appena gli arrivò a pochi centimetri gli saltò in braccio stringendolo forte a se.
< Non hai idea di quanto ti stavo spettando > gli disse la ragazza con il volto quasi illuminato dalla felicità. Gli prese il volto tre le mani e lo guardò < Comment ça va, Jean? > chiese ridendo
< Hem, bene > Julian le sistemò il cerchietto rosso che durante la corsa le era scivolato sulla fronte, le diede un bacio sulla guancia e la fece tornare a terra < E tu invece? Ti vedo molto bene >
< Dovevi rispondermi in francese > scherzò lei < Comunque sto bene, non vedevo l’ora di rivederti dal vivo! Sei sempre un bel ragazzo, e sai che ti dico > continuò prendendogli la mano < Dovresti smetterla di sottovalutarti e specialmente dovresti smettere di fare ciò che dice certa gente >
< Oh ti prego Rose non cominciare > la supplicò Julian quasi a bassa voce, Rose sapeva qualcosa in più degli altri e non si era mai arresa a dire la sua, durante le loro lunghe telefonate.
< Come preferisci Julian, ma sai bene cosa penso a riguardo >
Julian annuì, poi guardò verso gli altri, Henry era sparito, Clive era sparito, in realtà erano scomparsi tutti.
< Credo che gli altri siano entrati senza aspettarci > disse a Rose.
< I soliti stronzi > rispose lei ridendo  < Andiamo> lo tirò per la mano ed entrarono anche loro nella scuola.
< Non so, se trovare la cosa estremamente affascinante o deprimente > disse la ragazza non appena dentro. Fece oscillare la sua gonna rossa.
< Affascinante mi sembra decisamente troppo > le rispose Julian < Gli altri sono lì > indicò il gruppetto che stava fermo davanti ad una classe < Oh comunque, non so quanto mi aiuti, il fatto che adesso tu mi stia vicina, non so se capisci >
< Capisco benissimo, ma so anche che è quello che vuoi, lo so meglio di te >
< Forse hai ragione Rose >
< Ho sempre ragione! Ma è una cosa provvisoria, non contare su di me dopo > sottolineò la ragazza dagli occhi scuri.
< Non succederà nulla >
< Smettila, l’importante è che tu non cerchi di nasconderti tutto il giorno, penso che questa come dritta ti possa bastare >
< Sì ma >
< Niente ma, Julian. Andiamo > Rose aveva ancora l’aspetto di una ragazzina, ma quando si metteva in testa qualcosa, o quando voleva aiutare qualcuno anche solo dandogli dei consigli, sapeva essere molto determinata.
I due raggiunsero i compagni e dopo qualche altro saluto iniziarono la visita della vecchia scuola. Julian completamente distratto continuava a cercare Clive che sembrava sparito nel nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Discorsi ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Premetto che nell'idea iniziale non avevo previsto di concentrarmi molto sulla figura di Rose, ma avevo bisogno di dividere un capitolo in due parti, altrimenti come al mio solito sarebbe risultato troppo lungo molto più degli altri (non che questo sia corto), quindi ho deciso di dividerlo e fare un nuovo capitolo con la parte iniziale, anche perché il prossimo capitolo sarà abbastanza importante. Smetto di scrivere inutili ciance, buona lettura a tutti! :)
BlueJayWay!



Dopo la visita alla scuola, il programma prevedeva un pranzo in un locale accuratamente scelto da Grace. La ragazza era completamente soddisfatta, erano venuti quasi una ventina dei compagni di classe e la cosa la faceva sentire appagata. La piccola combriccola si spostò al locale con vari mezzi, Julian quella volta non andò con i suoi primi accompagnatori, non solo perché li aveva persi di vista ma perché Rose aveva insistito che andasse con lei.
< Vi siete parlati? > chiese la ragazza a Julian non appena entrati in macchina.
< Non molto >
Rose lo fulminò con lo sguardo < Fammi capire Julian, avete fatto metà viaggio nella stessa macchina e non vi siete rivolti neanche una parola? >
< Be’ qualcosa sì, ma, durante il tragitto ho fatto finta di dormire > confessò Julian con voce calma.
< Io, non so cosa dire. Posso capirti solo fino ad un certo punto ma, potevi evitarlo > Rose guardò il ragazzo.
< Insomma Julian. Fregatene, non aspettare che sia lui il primo a venire da te per parlarti. Insomma posso immaginare che lui sia arrabbiato con te ma devi metterti in testa che le colpe non sono tutte tue >
Julian rimaneva ad ascoltarla in silenzio, avrebbe preferito parlare d’altro chiederle della Francia, anche se ormai sapeva tutto, ma Rose era determinata a dire tutto quello che aveva in testa e continuava con il suo discorso.
< Hai venticinque anni Julian, non sei un ragazzino che dipende dai suoi genitori > Rose accentuò l’ultima parte della frase.
< Penso che te ne abbiano fatte passare già troppe, non è giusto che continui a stare sotto la loro pressione > continuò la ragazza < Sono ignoranti e potrei anche dire peggio ma è meglio se mi fermo qui > Rose riprese fiato in attesa di qualche risposta.
< So benissimo come la pensi Rose, e ti ringrazio. La penso allo stesso modo e sai che cerco di evitare qualsiasi rapporto con loro. Ma non è facile, e tu lo sai. Quello che ho passato mi ha comunque cambiato, e Clive non ha idea di cosa ho passato, non sopporto che faccia l’indifferente, mi fa stare male >
Rose accostò la macchina e si rivolse a Julian prendendogli la mano.
Julian alzò lo sguardo verso la ragazza, guardandola nei suoi occhi marroni, quasi neri.
< Ascoltami bene Jules. Vivi con una ragazza che non ami, le vuoi bene sì, ma anche sforzandoti come già fai, non potrai mai amarla e sposarla ti farebbe solo stare peggio >
< Non è vero che non la a…>
< Hai l’occasione di rivedere Clive > continuò la ragazza interrompendolo.
< Hai l’occasione di parlargli e dirgli tutto quello che vuoi. Non penso che non sappia quello che hai passato, credo invece che non lo voglia capire, perché è, è arrabbiato. Credo anche che se vai da lui e pronto ad ascoltarti. Insomma lo conosci meglio di me, non è uno stronzo e non si comporta così perché vuole farti stare male > Rose era seria ad ogni parola che diceva, e cercava in tutti i modi di fare ragionare il suo amico.
< Ma non ho nulla da dirgli Rose, voglio bene ad Annie adesso, cioè la amo, e non me la sento di fare stare male lei, anzi non voglio assolutamente >
< Ti sei sentito? Hai detto prima che le vuoi bene, non che la ami. E non ti credo quando dici, che non hai nulla da dire a Clive >
< Ma è così Rose, non sento più niente per lui >
< Stai mentendo a me e a te stesso Julian! > disse la ragazza quasi con tono di rimprovero < Non ti ascolti nemmeno, dici una cosa e ne pensi un’altra e dici anche cose contrastanti. Se non gli parli, starai male per tutta la vita, e te lo dico come amica Julian >
Il ragazzo sospirò lasciandosi scivolare sul sedile.
< Parlatevi, vai da lui e digli che lo ami ancora >
< Mi risponderà che ha già qualcun altro, me lo sento > rispose Julian con tono melanconico.
< Basta! > la ragazza riaccese il motore di colpo
< Non continuare a fare la vittima, non ti aiuta per niente, reagisci un po’. Hai ancora parecchie ore per deciderti, quindi non deludere la tua cara amica, e specialmente non deludere te stesso > Rose guardò seria l’amico, che rispose con un confuso cenno del capo.
< Non ti ho sentito Julian! >
< Lo farò, andrò a parlargli… > rispose poi il ragazzo.
< Molto bene. Ottima scelta Jean, so che non mi deluderai > disse la ragazza con un sorriso soddisfatto e speranzoso.
< La spiaggia è un posto romantico > aggiunse poi ridendo.
< Rose, per piacere > sbuffò Julian sorridendo.
< Stavo solo cercando di toglierti quella faccia da marmotta depressa >
< Da cosa? > Julian scoppiò a ridere
< Mi hai sentito, e così sorridente, già mi piaci di più > concluse la ragazza ridendo.
< Grazie Rose, ti voglio bene >
< Figurati. Ti voglio bene anch’io, e visto che siamo arrivati, ora possiamo andare ad ingozzarci allegramente! >

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Poche parole ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Tornata qualche giorno fa finalmente mi sono decisa a pubblicare il nuovo capitolo. La mia mania di dilungarmi purtroppo persiste e mi scuso per questo, ma prometto che si arriverà prima o poi a qualcosa di più, insomma so di avere i ritmi un po’ lenti e per ora non sono capace di fare tagli drastici (e magari utili) ai capitoli, magari prima o poi ci riusciró! Cercherò di pubblicare stasera stessa anche il prossimo capitolo (o se proprio domattina presto).
Ringrazio tutti coloro che mi seguono e come sempre buona lettura! :)
BlueJayWay!

 
 
Il luogo scelto per il pranzo era un piccolo locale ben arredato e dal clima piacevole. Grace aveva prenotato una sala a parte, dove una lunga tavola era stata apparecchiata con cura. Le pareti della stanza, completamente bianche, erano rese più vivaci da piatti colorati di varie dimensioni, appesi al muro come quadri . Su una delle pareti più lunghe invece, vi erano grandi finestre ad arco che davano su un giardino.
La tavola era preparata in modo non troppo sfarzoso, ciò che attirò l’attenzione di Julian fu la tovaglia, azzurra e di seta, la sfiorò appena con le dita, trovò il dettaglio curioso, ma pensò che non era nulla di importante, effettivamente cosa avrebbe voluto dire? Risolse i suoi dubbi definendosi, eccessivamente fantasioso. Fece sedere Rose e solo dopo si accomodò anche lui accanto alla ragazza. Appena seduto cercò Clive con lo sguardo tra la confusione data dal continuo spostarsi dei compagni che cercavano il posto a sedere più gradito. Finalmente lo trovò, il ragazzo dai capelli scuri si era seduto sul lato opposto della tavola accanto ad Henry e Sam. Julian rimase a fissarlo senza riuscire a spostare gli occhi su altro, quasi imbambolato, indeciso se chiamarlo o meno. Non appena Clive si voltò quasi per caso verso di lui, Julian abbassò gli occhi sul piatto bianco e ancora vuoto. Com’era lucido quel piatto. Il gomito di Rose andò a colpire Julian nel fianco, la guardò per dirle qualcosa ma lei si era già voltata per parlare con altre ragazze. A quel punto Julian decise di fare altrettanto e si mise a parlare anche lui un po’ con tutti quei vecchi amici e compagni, senza pensare più in modo ossessivo a Clive. Il pranzo passò tranquillo, piacevole e anche divertente, Julian riuscì a distrarsi dal pensiero fisso della giornata parlando un po’ con tutti, o quasi tutti.
< Tutti in spiaggia! > Grace saltò improvvisamente in piedi alzando all’aria il cucchiaino del dolce e tenendolo nella mano come uno scettro.
Henry sbatté la mano sulla fronte < Eccola che ricomincia! > gli altri si misero a ridere.
< Tutti in acqua a fare un bel bagno > continuò lei portando il cucchiaino alla bocca e leccando via quello che rimaneva del creme caramel.
< Esaltata! > concluse il suo ragazzo alzandosi.
< Non credo che farò il bagno, l’acqua é un po’...fresca secondo i miei gusti > disse Clive ridendo.
< Oltre al fatto che abbiamo appena mangiato > aggiunse una delle ragazze presenti.
< Be’ chi vuole lo fa, chi non vuole si arrangia, si può anche camminare o non so cosa >
Qualcuno di più coraggioso disse che avrebbe fatto il bagno mentre altri specificarono che si sarebbero accontentati di una passeggiata sulla spiaggia. Lasciarono il locale in poco tempo e con i vari mezzi a disposizione raggiunsero la loro terza ed ultima tappa.
Dopo un’oretta passata a parlare e digerire il pranzo distesi o seduti sulla spiaggia, Grace prese di nuovo l’iniziativa.
< Allora andiamo? Su forza meno pigrizia ragazzi >
Rose era seduta accanto a Julian che si era rifiutato di mettersi in costume ed era disteso con il viso affondato tra le braccia.
< Certe volte diventa insopportabile > gli disse nell’orecchio ridendo < Ma credo che andrò con lei > arruffò i capelli di Julian e si alzò < Per me possiamo andare! >
Grace sfoderò uno dei suoi sorrisi più soddisfatti che si allargò ancora di più quando pian piano quasi tutti si alzarono.
< Tu non viene Julian!? > chiese Henry mettendosi in piedi accanto al ragazzo, che ancora disteso a pancia in giù mosse la testa in segno di dissenso.
< Ma noi andiamo solo a camminare, con gli altri ragazzi, Sam, Clive, John...>
Julian ripeté il movimento della testa < Stanco > aggiunse giusto per dire qualcosa.
<  Sempre a dormire tu! Come vuoi caro, rimani solo allora, stai attento alle nostre cose e a te stesso, ricorda che >
< Veglierò sui vostri averi > lo interruppe subito Julian mettendosi seduto sull’asciugamano e sorridendogli.
Julian guardò i vari gruppetti allontanarsi, le ragazze con molta cautela entrarono in acqua mentre alcuni dei ragazzi che prima avevano optato per la passeggiata si erano catapultati in acqua tirando dentro con se qualche ragazza meno fortunata. Le loro grida si persero nell’aria.

Julian era rimasto da solo, non aveva ancora parlato con Clive , eppure avrebbe dovuto farlo, ma lui aveva preferito andare a fare una passeggiata. Ma noi andiamo solo a camminare, con gli altri ragazzi, Sam, Clive, John. E cosa avrebbe dovuto dirgli con tutti gli altri ragazzi attorno?
Non avendo nulla da fare cominciò a fare segni sulla sabbia. Lo farò, andrò a parlargli. Davanti a se la faccia di Rose determinata, e quella di Clive più confusa.  Ottima scelta Jean, so che non mi deluderai. Le frasi passavano nella sua testa in continuazione e si ripetevano una dopo l’altra, ma cosa poteva fare Clive era andato via con gli altri. Rimosse nervosamente la sabbia con le dita come per cancellare un disegno di cui non era soddisfatto.
< Non mi hai rivolto nemmeno mezza parola Julian. Ora te ne stai a prendere il sole con una maglietta addosso e fai come se non fosse successo nulla >
Julian si voltò di scatto, il cuore iniziò a pulsargli velocemente, gli sembrava di sentire il battito addirittura dentro le orecchie come se qualcuno si fosse messo a marciare accanto a lui, sia dal lato sinistro sia dal lato destro.
Clive lo raggiunse e rimase in piedi davanti a lui, visto da quella posizione sembrava quasi una figura imponente. In realtà nemmeno lui si era cambiato, notò subito il ragazzo.
Julian non sapeva cosa rispondere.
< Dimmi qualcosa maledizione! > fece Clive con una punta di agitazione nelle sue parole.
Rimase ancora in silenzio, si sentiva confuso stava andando tutto troppo velocemente.
< Be’? >
< Io, io volevo parlarti >
< Ma non lo hai fatto! > continuò cercando di mantenere un’espressione delusa e arrabbiata.
Julian si alzò in piedi, deglutì < Non sapevo, non sapevo cosa dirti , da dove cominciare…>
< Non saprei Julian, per esempio potevi iniziare con lo scusarti di non esserti più fatto sentire > continuò Clive con tono quasi autoritario. A Julian sembrò quasi che Clive volesse dimostrare di avere ragione su tutto, in realtà voleva solo che il ragazzo parlasse, non si sentiva né superiore né tantomeno con la ragione tutta per sé.
Ci fu di nuovo un breve momento di silenzio, che sembrò per entrambi un’eternità.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sguardi e tensioni ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Pubblico questo capitolo prima di ripensarci ancora una volta,  prima di cambiare ancora una volta idea su come impostarlo o decidere di cmbiarlo completamente.
Si sa che la mia mente è contorta, ma non posso farci molto.
Buona lettura a tutti! :)
B.J.W.



 < É meglio se andiamo a parlare altrove > riprese poi Clive rompendo di nuovo il ghiaccio e cominciando ad incamminarsi. Julian lo seguì rimanendo qualche passo indietro, mentre Clive continuava a voltarsi per assicurarsi di essere seguito.
Arrivarono in un punto che poteva definirsi meno affollato. Clive si fermò e tornò a guardare Julian con la stessa espressione di chi aspetta che l’altro cominci a parlare.
< Io volevo davvero parlarti Clive, ma lo sai che ho bisogno di, tempo >.
< No, non so niente > rispose lui scuotendo la testa < L’unica cosa che so è che adesso vivi con una ragazza…> disse chiaramente deluso.
Julian lo guardò negli occhi < Sì, sì è vero. Ma senti Clive, lo sapevi che sarebbe andata a finire così no? Io nemmeno la amo veramente…>
< E allora perché vivi con lei Julian? > riprese quasi isterico < Stai con questa Annie…Annie si chiama vero? E se stai con lei, sicuramente qualcosa c’è, e sei felice immagino.
Dimmi Julian, ha funzionato così bene il piano dei tuoi? Ti è bastata davvero qualche seduta per…> Clive si fermò, in silenzio, come se non riuscisse ad andare avanti con il discorso perché riteneva il tutto troppo assurdo < Per decidere che preferisci le ragazze ai ragazzi, che preferisci qualsiasi donna al posto…mio? > concluse poi tutto d’un fiato guardandolo con una punta di rancore.
< No, non è vero > replicò immediatamente il ragazzo, che si sentiva quasi schiacciato dalle parole del compagno.
Clive rise nervosamente < Come no? Sì invece! Sai quel’è il problema Julian… sinceramente? > lo guardò, serio < Non hai rispetto di te stesso, né tantomeno stima in te stesso. Hai venticinque anni maledizione! > riprese fiato, per poi continuare a parlare con voce più tranquilla < Io non so fino a che punto siano arrivati i tuoi genitori, e quindi non posso dire che è colpa tua ma…Ma se ci tenevi davvero tanto, qualche modo per non farti sottomettere fino a questo punto lo avresti potuto trovare. Invece, sei scomparso, nel nulla >
< Nemmeno tu ti sei fatto più sentire Clive, e probabilmente era quello di cui avrei avuto bisogno. Anche tu sei scomparso, o sbaglio? > rispose Julian cercando di controbattere come meglio poteva.
< Oh sai com’è, ci tengo a non essere pestato da un padre e una madre e altri parenti ignoranti! E poi non vorrai incolpare me, spero. Ti ho cercato finché ho potuto, ma giustamente tu non ti sei fatto mai trovare. >
Julian sentì le gambe tremargli.
< Giustamente allora la colpa e mia, vero? Non sai nemmeno cosa, cosa mi hanno fatto passare > gli rispose immediatamente Julian.
< No, forse no, ma posso immaginarlo > portò la mano alla testa, poi tornò a guardare Julian.
< Ma cazzo, hai un cervello anche tu no? Andartene di casa? Non potevi farlo un po’ prima... no! Certo che no, solo ora che hai trovato una ragazza con cui stare >.
< Non la amo Clive davvero, insomma, le voglio bene ma... >.
< Non m’interessa la tua nuova vita sentimentale Julian. Potrei parlarti della mia no? >
< Perché devi fare la parte di chi ha solo ragione? > gli chiese Julian prendendo di nuovo coraggio, ma con la voce chiaramente interrotta dai singhiozzi che cercava di camuffare con piccoli colpi di tosse.
< Non è questione di avere ragione o meno, voglio solo capire. Insomma, dicono che tra un po’ la sposerai cosa vuoi che ti dica allora ? >.
< Ma non è vero. Insomma io non la voglio sposare. Clive, come devo dirtelo... io >
< Tu ami una donna, vai con lei no? > disse Clive, consapevole di avere detto qualcosa a cui nemmeno lui credeva. Clive non portava tanto rancore quanto Julian poteva immaginare da tutti i discorsi che aveva fatto fino a quel momento, voleva solo mettere alla prova Julian, cercare di capire se ora in grado di reagire sempre e con la sua testa. Lui era così, aveva bisogno di conferme sincere, e cercava di ottenerle anche in questo modo, fare così faceva parte del suo carattere.
< Sai cosa? Forse hai ragione, probabilmente la amo davvero e probabilmente è stato tutto solo un errore, sì. Mi sono sempre piaciute le ragazze. E non ci posso fare nulla se per te non vale la stesa cosa, non devi scaricarti su di me, mi dispiace per quello che è successo, ma ero ancora …giovane. E tutti questi discorsi non hanno alcun senso, hai ragione tu. Ed io mi sono solo fatto prendere di nuovo da fantasie sbagliate. Forse era proprio questo di cui avevo bisogno, parlare con te per, per rendermi conto di amare lei > fece cenno con la testa, cercando di mostrarsi convinto su ciò che aveva appena detto.
Clive lo fissò dritto negli occhi, la risposta di Julian aveva appena confermato tutte le sue preoccupazioni.
< Maledizione Jules > disse alzando di nuovo il tono della voce < Ti stai contraddicendo!  Senti quello che dici? > gli chiese Clive seriamente preoccupato e dispiaciuto < Se vedessi tuo padre e quel suo maledetto fratello strizzacervelli adesso io > strinse i pugni con rabbia. 
< Non posso credere che tu sia convinto di quello che hai appena detto, e non voglio crederci nemmeno! Su quale manuale te le sei studiate quelle parole?
Pensa con la tua testa Julian, con la tua testa! Lo sai fare no? > sospirò < Per piacere… > aggiunse infine con un filo di voce.
In quel momento Julian avrebbe preferito sprofondare nella sabbia, non riusciva più a fare ordine nella sua mente, la testa continuava a pulsargli in modo insistente, come poteva ragionare in quella condizione?
Il volto di Clive quasi esasperato.
< Mi detesto! > gridò infine con rabbia e trattenendo le lacrime.
Clive sussultò, l’unica cosa naturale che gli venne da fare fu avvicinarsi al ragazzo e abbracciarlo con forza. < Non era questa la risposta che volevo sentire > gli disse dispiaciuto.
Julian si strinse a lui singhiozzando cercando di calmarsi.
< Sono peggio di un bambino, sto piangendo come uno sciocco bambino. E ho venticinque anni! >
Clive accennò un lieve sorriso e strinse ancora di più il ragazzo < Non importa Jules, senti cercheremo di risolvere le cose, va bene? In qualche modo ce la faremo, no? >
Julian singhiozzava piano, sperando inutilmente di non farsi sentire.
< No, è impossibile! > scosse la testa.
< Non lo è Jules, non lo è > gli rispose, sospirando lentamente.
< Scusami > ripeté ancora una volta dopo aver ripreso fiato.
< Non devi…>
< Io ti amo Clive! > lo interruppe Julian, tra i singhiozzi. Si rese conto che aveva detto quelle parole in tutta sincerità, e per la prima volta dopo tanto tempo era davvero felice di poterle pronunciare.
Clive appoggiò una mano sul viso di Julian, che subito alzò lo sguardo verso il ragazzo.
Accennò un sorriso < Andrà tutto bene Jules >.
Non aggiunse altro, si avvicinò ancora di più a Julian che ora fissava le sue labbra, con gli occhi ancora bagnati.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Momento d'incontro ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  I due ragazzi rimanevano in piedi, uno di fronte all’altro, si guardavano entrambi, ma nessuno dei due accennava a fare nulla di più. Nonostante anche la vicinanza sempre più stretta, che consentiva a tutti e due di sentire il respiro l’uno dell’altro.
La mano di Clive ancora appoggiata sul viso di Julian scivolò e ricadde con eleganza lungo il suo fianco. Intorno a loro sembrava che si fosse creato un nulla, un silenzio piacevole che percepivano e apprezzavano entrambi allo stesso modo. In quel momento tutto il resto era oscurato, c’erano solo, loro due.
Julian con gli occhi sempre fissi sulle labbra di Clive, sembrava che fossero magnetiche per i suoi occhi. Il desiderio di poterle di nuovo sfiorare, di poterle di nuovo baciare si fece sempre più forte, tanto forte da far oscurare in lui, anche la tensione, i più cupi ricordi del passato e i sensi di colpa che aveva addosso. Ma rimaneva fermo, immobile, quasi insicuro, e quel briciolo d’insicurezza che ancora rimaneva era il timore di un rifiuto. Non sapeva nemmeno lui quale rifiuto.
Clive, dal canto suo non aspettò oltre. La sua mano, grande ma ben curata tornò a sfiorare il viso di Julian, che ebbe un leggero fremito. Clive, più sicuro, e senza esitare si avvicinò completamente e appoggiò le labbra contro quelle di Julian. Socchiuse gli occhi per qualche secondo, ma poi li riaprì subito, guardando Clive negli occhi e assaporando quel piccolo bacio, che in quel momento gli sembrò qualcosa di estremamente passionale. Ma Clive non lo riteneva sufficiente, a lui non bastava davvero, poco dopo prendendo quasi il comando della situazione intensificò il bacio. Julian sentì poggiare quasi con delicatezza la lingua di Clive contro la sua e piano piano avvolgerla con una passione, una passione moderata ma intensa. Rispose al bacio, poco dopo, come aveva sempre fatto tempo addietro.
 Julian non fece caso a quanto durò, per lui sembrò il bacio più lungo della sua vita, forse più importante anche del primo, era un po’ come ripetere quel primo bacio ma in modo intensificato. Non gli importava nulla di cosa gli altri avrebbero potuto pensare, non ci pensò neppure, godette completamente di quell'attimo. Realizzò poi che era da molto tempo, che non aveva più apprezzato così tanto, e con completa sincerità, un momento come quello.
Si separarono piano, come se nessuno dei due volesse terminare quell’attimo, come se l’atto di separarsi fosse un tornare nel timore, e nelle insicurezze di Julian, ma questo non accadde, non in quel momento.
Clive guardò Julian con un sorriso radioso che non nascondeva i segni di soddisfazione completa. Julian ricambiò il sorriso emozionato, rimase in silenzio a fissare Clive senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Si rese conto, che quel continuo fissare, poteva diventare qualcosa di pesante e fastidioso, così volto lo sguardo altrove bofonchiando qualcosa che assomigliava ad uno < Scusami >.
Clive fece finta di nulla, si limitò a sorridere di nuovo, poi prese il ragazzo per il braccio.
< Andiamo, prima che gli altri inizino a preoccuparsi della nostra scomparsa >.
< Certo > rispose Julian prontamente, lasciandosi trascinare dal ragazzo che vantava di qualche centimetro in più non solo in altezza ma anche nella muscolatura. Dopo quel bacio si sentiva quasi e stranamente posseduto da Clive.
Clive dopo qualche passo allentò la presa, e infine lasciò completamente il braccio di Julian. I due ragazzi s’incamminarono verso la spiaggia centrale, mantenendo una distanza di, semplici compagni di classe o per chi preferiva vecchi amici di scuola.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Parlando di... ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



   
Mi scuso per il ritardo (come al solito)  ma non riuscivo proprio ad uscirne da questo capitolo (forse non èuna novità ;) )e oltretutto non succede niente di che qui, ma é stata un'Impresa concluderlo. Diviso anche questo in due parti, visto il mio vizio di dilungarmi, è un tipico capitolo di passaggio (che linguaggio da documentario o.o), nonostante questo spero sia piacevole. So bene che attendete  aaaaltre cose ma dovrete essere pazienti, ci vorrà ancora un po' , ho bene in mente come procedere e da qui posso dirvi che, dovrete essere pazienti (l'ho già detto xD), ma non dovrete per questo abbandonarmi ahahaha ;). Dovrei smettere di scrivere ogni volta una nota dell'autore ma èpiù forte di me. 
Colgo l'occasione per ringraziare chi mi segue,, MrBadGuy <3 in particolare  (<3 <3 <3). 
Buona lettura.
Kiss.
Blue Jay Way!
p.s. Ho rispolverato vecchi documenti word e potrei riuscire a ricavarne qualche nuova FF per altre sezioni, potrei, si vedrà c:





Gli altri nel frattempo erano già tutti tornati nel punto d’incontro, e mentre alcuni si godevano ancora un po’ di sole, qualcun altro aveva cominciato a sistemare le proprie cose.
< A quanto pare tra un po’ si torna a casa> disse Clive a Julian che fece per rispondere, ma fu interrotto dall’inconfondibile voce di Grace. 
< Eccoli lì > gridò la ragazza, accompagnando il tutto con un gesto elegante di un indice che li indicava.
Entrambi le risposero con un cenno della mano e raggiunsero il gruppetto.
< Dove vi eravate cacciati? > chiese poi Grace con una domanda che in realtà non pretendeva nessuna risposta.
< Hai lasciato tutto incustodito Julian! > lo rimproverò Henry con tono divertito < Sei inaffidabile! E se lo dico io…>
< Che sei un perfetto idiota > concluse immediatamente Grace dandogli un pizzicotto sul fianco e ridendo.
Julian rise < Dai su, non è scomparso nulla, ho vegliato con la forza del pensiero, specialmente sui tuoi affetti personali Henry > Tutti risero.
In realtà la sua mente era rimasta completamente occupata da altro. Julian si sentiva inspiegabilmente di ottimo umore, ed era quasi strano per lui. Non che non lo fosse mai stato ma in quel momento era diverso.  
< Comunque stiamo per andarcene > aggiunse Grace guardando i due ragazzi. < Quindi è bene che cominciate a raccogliere le vostre cose >.
< Bene> le rispose Clive raggiungendo la sua borsa e cominciando a sistemare.
Julian lo guardò allontanarsi, poi si chinò per raccogliere l’asciugamano quando Rose lo precedette. La guardò sorpreso, la ragazza si limitò a sorridere e dopo avere piegato il telo, glielo diede.
< Sono tanto contenta Julian > gli disse poi rialzandosi da terra.
< Non ho fatto nulla >. Il ragazzo trovava quella frase inopportuna in quel momento, si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. Nessuno, erano tutti occupati a fare dell’altro.
< Mi hai ascoltata, no? Era da un po’ che non lo facevi > continuò la ragazza rimanendo sul vago e con un’espressione serena in volto. Julian non le rispose, fece un cenno confuso con il capo che Rose accettò come risposta.
< Di che si parla? > Grace piombò tra i due tirando per mano Julia, entrambe li guardarono come se li avessero colti in flagrante.
< Di nulla! > Julian rise < Non siete molto abili come detective! > strizzò l’occhio e infilò il telo dentro lo zaino.
< Se dici questo, vuol dire che hai qualcosa da nascondere > lo punzecchiò ironicamente Julia.
< No, no, sei fuori strada.  E poi dovresti saperlo lui è già prenotato ed io stessa mi tiro indietro > le disse Rose.
< Tu poi tirarti indietro, abiti lontano, ma io potrei anche provare a conquistarlo > continuò la ragazzina scuotendo i suoi capelli corti e appoggiandosi a Julian che rimase immobile quasi pietrificato.
< Ah sei una causa persa ragazzina. Ti assicuro che perdi il tuo tempo > proseguì Rose con tono quasi ironico ma più che convinto.
< Infatti, ha ragione sai. Julian è un ragazzo fedele > specificò Grace < Vero Julian? >
< Certo, si certo che lo sono… > rispose distratto e tentando di ridere. In fondo il tono di quella conversazione era più ironico che altro. Non c’era alcun bisogno di preoccuparsi.
< Non importa > continuò la ragazzina prendendo il braccio di Julian e appoggiandoselo attorno al collo < Mi piacciono le sfide! >
< Oh ma smettila! > Rose le lanciò ai piedi il suo cerchietto ridendo. < E poi Julia e Julian non stanno bene insieme >
< Vero, peggio di uno scioglilingua > disse il ragazzo ridendo.
< Oh adoro gli scioglilingua > continuò Julia divertita. Poi si liberò dalla presa che lei stessa si era creata < Si scherza ovviamente > concluse sorridendo.
< Certo che si scherza…> sottolineò Julian più tranquillo. Si guardò intorno alla ricerca di Clive. Il ragazzo stava chiacchierando con gli altri. Appena si accorse di lui gli sorrise. Julian fece per ricambiare ma istintivamente abbassò lo sguardo e raccolse lo zaino caricandoselo sulle spalle.
< Hey ragazzaccio, vieni qua! > gridò Henry < Smettila di fare il finto asociale solo per rimanere vicino alle ragazze > rise quasi innocente.
< Vengo, vengo! >
< Dai, dai. Non vorrai che faccia la spia con Annie > scherzò Henry.
Julian guardò le ragazze e si rivolse a loro con tono galante e teatrale.
< Scusatemi signorine vi devo abbandonare ora. Sapete gli ami…>
< Vai pure. Sai libero > lo interruppe Julia ridendo e spingendolo via.
Il ragazzo raggiunse il gruppetto di amici, che lo stava aspettando. 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Annie! ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Ecco la seconda parte del capitolo precedente (di passaggio u.u), finalmente sono riuscita a terminarlo, anche se in modo un po'contorto, stavo per dilungarmi come al solito ma alla fine sono riuscita a concludere! :) Il prossimo arriverà tra breve!
Buona lettura!
Blue Jay Way!




< Oh finalmente > disse John appena Julian li raggiunse.
< Salve! > esordì il ragazzo, guardò tutto il gruppetto e poi si soffermò sulla figura di Clive.
< Allora! > fece Henry tirando amichevolmente a se Julian.
< Non avrai intenzione di tradire Annie spero! Con quelle ragazze lì poi. Bah! > diede più tono all’ultima esclamazione di disgusto, sperando di farsi sentire da Grace, ma l’obbiettivo fallì. Alla fine terminò la sua frase con una risata sproposita, per chiarire a tutti che stava solo scherzando.
< Ma Julian non farebbe mai nulla del genere > continuò John, che non disdegnava di tenere buono quello come argomento < No, insomma guardatelo, non è un pezzo di stronzo come te Henry! > fece un piccolo ghigno divertito verso il biondino.
< Stronzo a me? Ma sentilo! >
< Comunque > proseguì un altro dei ragazzi < Avete intenzione di sposarvi? >
Julian rimase per qualche attimo in silenzio, come se fosse indeciso su come formulare al meglio la frase. Mentre pensava a quale migliore scusa inventarsi il suo sguardo cadde di nuovo su Clive, il ragazzo sembrava mostrare lo stesso interesse che s'intravedeva negli altri, Julian ebbe come un brivido.
< Allora? > gli fece fretta John
< In verità ancora non si è deciso nulla. Insomma, penso che le cose vadano fatte con calma. Non ne abbiamo ancora parlato seriamente, e poi, insomma ho ancora voglia di godermi la libertà! > sforzò un sorriso aperto. Si rese subito conto che aveva appena detto una delle frasi più costruite e banali possibili, tanto che le parole appena pronunciate continuavano a ripetersi nella sua testa in modo fastidioso.
< Mi sembra giusto > La voce di Clive in quel momento gli parve quasi come il colpo def1initivo. Gli era sembrata distaccata e allo stesso tempo convinta di ciò che aveva appena detto. Appena lo guardò però si rese subito conto che si stava sbagliando e Clive non si era espresso con cattiveria. Pensò che avrebbe dovuto cominciare a mettere seriamente da parte le sue ansie o avrebbe rovinato tutto da principio.
< Effettivamente, hai ragione > disse subito dopo Mark < Poi diventerebbe tutto una noia, ed io ne so qualcosa >.
Tutti i ragazzi risero, poi qualcuno decise che era il caso di cambiare argomento e i discorsi spaziarono su temi completamente diversi. Julian ne fu sollevato.
Poco più tardi dopo decisero che era davvero il caso di tornare nelle rispettive case. Si salutarono amichevolmente con baci, abbracci, colpi sulla spalla, pizzicotti, strette di mano promettendosi di rivedersi il più presto possibile e di organizzare altri raduni come quelli. Rose si fece giurare da Julian di continuare a mantenere i contatti, poi ognuno si avviò per la propria strada.

I quattro ragazzi si avviarono alla loro vettura con molta calma, a passo lento e stanco. Nonostante la sonnolenza Grace cercava di mantenere in qualche modo il suo stato autoritario rimanendo di qualche passo davanti ai ragazzi e sventolando le chiavi all’aria come per incitarli a camminare più velocemente.
< Sono sempre più convinto che sia tutta pazza > sussurrò Henry agli altri due che risero sotto i baffi tenendo gli occhi fissi sul marciapiede.
Grace si voltò di scatto, fissò per un po’ Henry, come un leone fissa la sua preda.
< Ti ho sentito è! > gridò poi sventolando le chiavi nell’aria, le quali produssero un tintinnio metallico che si perse nel rumore del traffico.
< Eppure non abbiamo neppure bevuto! > aggiunse Julian continuando a ridacchiare.
< Vero! > sottolineò il biondino tutto convinto.
Grace fece finta di nulla e riprese a camminare. Dopo qualche metro la ragazza si fermò di colpo in mezzo al marciapiede e aprì le braccia stringendo le mani a pugno, i tre ragazzi le andarono inevitabilmente addosso urtandola.
< Ma che ti è preso! > protestò Henry massaggiandosi il mento che si era scontrato con la testa della sua ragazza.
< A me? Nulla, sei tu che mi hai pestato il piede, e siete stati voi a venirmi addosso > disse con l’aria di chi aveva avuto la sua piccola vendetta. < E comunque, in caso non ve ne foste accorti, siamo alla macchina, è per questo che mi sono fermata > aggiunse poi aprendo la portiera.
< Bah, io non mi esprimo più > rispose Henry ridendo.
Si accomodarono tutti in macchina, Grace alla guida, Henry vicino e Julian accoccolato nei sedili posteriori assieme a Clive.
< Il servizio taxi è lieto di informarvi che il viaggio comincerà fra pochi secondi. Siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza, vi ricordo che è severamente vietato fumare, e in particolare è vietato infastidire la sottoscritta. La prima tappa sarà la casa del signorino Clive. Detto questo, vi auguro buon viaggio, spero che troverete confortevoli i sedili imbottiti > Grace girò le chiavi e dopo il rombo del motore partirono.
< Posso avere un bicchiere d'acqua? > chiese subito Clive ridendo.
< Non sei in un aereo Clive, mi dispiace > gli rispose Grace divertita.
< Oh capisco, peccato > Clive si voltò verso Julian e senza dire nulla si avvicinò a lui cingendogli il braccio attorno al collo facendogli poggiare la testa sulla sua spalla.
Julian felicemente sorpreso si strinse più a lui e lo guardò contento.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Viaggio di ritorno ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Insensati(?) trip mentali.
B.J.W.


La macchina procedeva a una velocità poco più elevata di quella che i cartelli imponevano. Henry, che teneva gli occhi fissi sul tachimetro, cominciò a punzecchiare Grace, dicendole di diminuire l’andatura, di tutta risposta la ragazza fece ancora più pressione sul pedale. L’unica cosa che riuscì a calmarla fu la pioggia che poco dopo cominciò a cadere, prima quasi silenziosa e poi insistente. Grace sollevò un po’ il piede dal pedale e pian piano la freccia che indicava la velocità cominciò a scendere.
< Avevi bisogno di questa per capire che devi rispettare i limiti di velocità? > chiese Henry con aria di sufficienza.
< Lo sai bene che non riesco ad andare troppo piano, come sai anche che non esagero mai! > rispose lei, tranquilla.
Erano tutti e quattro molto assonnati, ma nonostante questo si misero a parlare della giornata appena trascorsa. I tre ragazzi iniziarono a fare una lunga serie di complimenti a Grace, per la “brillante idea” che aveva avuto, sapevano che la cosa le faceva molto piacere, e oltretutto era divertente vederla bollire e sprizzare nel suo ego di soddisfazione, mentre cercava di concentrarsi sulla strada.
< Davvero è stata un’idea geniale! > tornò a ripetere ancora una volta Julian.
Grace si voltò per un secondo sfoggiando un grandissimo sorriso < Lo so bene! > rispose, tornando a guardare la strada.
Julian si sentiva completamente a suo agio, quasi protetto, sicuramente da Clive ma anche da quella stessa macchina. Trovava la spalla del ragazzo più che confortevole, la sua camicia aveva un piacevole profumo, anche se non riusciva a capire a cosa assomigliasse, gli piaceva e basta. Socchiuse gli occhi assonnati, poi, senza un motivo ben preciso, alzò la testa e si voltò verso il finestrino che stava dal suo lato. Iniziò ad osservare tutto quello che c’era fuori.
La pioggia scendeva ininterrottamente e il cielo era diventato completamente grigio, non solo per il tempo ma anche perché stava cominciando a farsi tardi.
Dopo aver osservato le case che passavano una dopo l’altra come in una diapositiva, l’attenzione di Julian cadde sulle gocce di pioggia che battevano sul finestrino appannato e scendevano lentamente unendosi e separandosi tra loro in continuazione, lasciando nel loro percorso un disegno di lunghe scie, quasi lucide. Sembrava che gareggiassero tra di loro, vinceva quella che per prima andava a posarsi sulla bordatura del vetro. Cominciò a seguirne una che gli sembrava più rapida delle altre, appoggiò il dito che subito diventò umido e la guidò finché non si unì ad un’altra goccia, le guardò scendere entrambe, insieme.
< Julian è da mezz’ora che ti sto chiedendo una cosa, ti sei incantato? > la voce di Grace quasi squillante lo distrasse dal suo schermo da videogioco.
< Eh? Sì? Cosa? >
La ragazza rise < Ti sei incantato a guardare le gocce? > chiese continuando a sorridere.
< Credo di sì > rispose voltandosi verso Clive che si era addormentato con la testa che cadeva penzoloni da un lato. Quanto era…
< Lo facevo anch’io una volta. Be’ almeno tu non ti sei addormentato. Gli altri due sono crollati ed io ho bisogno che qualcuno mi parli o rischio di addormentarmi! > aggiunse poi guardandolo attraverso lo specchietto.
< Oh non preoccuparti, mi è passata la stanchezza, non so come, ma mi è passata > si avvicinò a Clive facendogli poggiare la testa sulla spalla.
< Meglio così, comunque siamo praticamente arrivati da Clive, quindi sarà meglio svegliarlo > rimase pensierosa per un po’ < Anzi no, non farlo. Ci penserò io dopo > soffocò una risata degna di nota.
< Non ti chiedo nemmeno cos’hai in mente > rispose Julian prendendo la mano di Clive e stringendola tra le sue, il ragazzo mosse poco le dita, ma continuò a dormire.
< Non lo ucciderò tranquillo >
Come aveva preannunciato la ragazza, non molto tempo dopo si ritrovarono nella strada sulla quale si erano fermati quella mattina. Grace accostò la macchina, e rimase immobile senza dire nulla.
< SVEGLIA! > gridò alla fine con tutta la sua grazia e la sua femminilità. Sobbalzarono tutti e tre, compreso Julian che non si era preparato ad un urlo come quello.
 < Quanto sei delicata Grace! > disse subito Henry stiracchiandosi sul sedile.
Clive aprì gli occhi di colpo e si guardò intorno per un attimo smarrito.
Grace si voltò < Siamo arrivati a casa sua, signorino! >
< Oh ti ringrazio, anzi grazie a tutti > sorrise e aprì la portiera.
 Anche Henry si voltò a guardare < Allora addio Clive, ci sentiamo per telefono, e magari un giorno ci rivediamo >.
< Certo Henry. A proposito di telefono > puntò gli occhi dritti verso Julian < Devi ancora darmi il tuo numero Julian Clarke! Non crederai di sfuggirmi anche questa volta, ho voglia di sentire la tua voce tramite una stramaledetta cornetta almeno qualche volta! > disse tutta la frase in tono scherzoso, e amichevole, nonostante questo Julian capì che doveva assolutamente dargli quel numero.
< Certo, ora te lo scrivo, non ho penna né nulla però…>.
< Voi maschi sempre molto attrezzati > Grace sfoderò dalla borsa una penna quasi fosse un’arma, prese con forza la mano di Clive e la girò in modo da avere il palmo rivolto verso di se.
< Detto tesoro > disse poi a Julian che dovette ripetere il numero ben tre volte prima che Grace rimanesse soddisfatta della sua opera d’arte.
< Bene, ora dammi la tua mano > continuò prendendo la mano di Julian e guardandola come se fosse un block notes. Clive dettò il suo numero molto lentamente così che, non dovette ripeterlo altre volte.
< Ora siete timbrati! > disse Grace soddisfatta.
< Ottimo! Allora ci sentiamo! Addio a tutti! > Diede un bacio sulla guancia di Grace, un pugno sulla spalla ad Henry che ricambiò immediatamente e infine abbracciò in modo intenzionalmente frettoloso Julian < Chiamami > sussurrò con altrettanta rapidità mentre lo stringeva a se. In quell'istante Julian si ripromise che lo avrebbe fatto, e gli sorrise. Nello stesso momento Henry si sporse dal sedile < Su su, spostati occhi verdi, lascia abbracciare anche a me, questo medico d’alta borghesia > Risero tutti e quattro mentre Clive ed Henry si abbracciarono amichevolmente.
 < Ancora addio > Clive rivolse un ultimo sguardo a Julian e uscì dalla macchina. Senza badare alla pioggia si allontanò a passo lento. Julian lo seguì con lo sguardo finché la macchina non ripartì e Grace fece l’annuncio della prossima tappa, ovvero casa sua.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Sensi di colpa ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Il resto del tragitto proseguì pressoché tranquillo e in poco meno di un’ora arrivarono a casa di Julian.
< Eccoci! > disse Grace, con una voce dalla quale si poteva percepire non poca stanchezza.
< Grazie ragazzi, dovrò ricambiare in un modo o nell’altro >.
< Figurati, per il servizio taxi è stato un piacere, ma solo perché sei tu! Per il resto è stato davvero tanto bello rivederti > rispose Grace appoggiando la testa sullo schienale, esausta.
< Volete entrare a bere qualcosa? > chiese Julian aprendo la portiera.
< Grazie Julian ma é meglio di no, abbiamo ancora un po’ di strada da fare, magari un’altra volta > rispose Henry sorridendo < Così abbiamo una scusa per non troncare di nuovo i rapporti > rise.
< Mi sembra una buona idea, allora ci sentiamo ragazzi... grazie di tutto >.
< Aspetta, scendo anch’io, do il cambio a Grace >.
Uscirono tutti e tre dalla macchina, fuori ormai aveva smesso di piovere, anche se la strada era rimasta bagnata e scivolosa. Si salutarono ancora una volta, poi Henry si accomodò alla guida, Grace aveva bisogno di riposare e non fece nulla per opporsi.
Rimase a salutarli mentre si allontanavano con la macchina, finché non vide scomparire all’orizzonte la luce dei fanali. In quello stesso istante sentì una fitta allo stomaco, come se tutte le deboli sicurezze che si erano create in quella giornata, fossero svanite con lo scomparire della macchina, ma specialmente di Clive. Nel ricordarlo, sentì il forte desiderio di volerlo accanto a se, e quello stesso desiderio lo fece sentire pieno di vergogna.
Ripensò a tutto quello che era successo, e subito penso ad Annie, poverina, come aveva potuto farle questo. Ma gli era piaciuto, si era sentito finalmente bene, finalmente davvero innamorato. Di nuovo. Scosse ancora la testa < Fai proprio schifo Julian > disse tra se, convinto e in disagio per quel che aveva appena pensato.
Il fatto di sentirsi confuso dopotutto non era nuovo per lui, ma quella sera era tutto molto peggio.
Con passo pesante Julian s’incamminò nel vialetto, i piccoli sassolini scricchiolarono sotto i suoi piedi sprofondando e rimescolandosi nella fanghiglia che si era formata con la pioggia, raggiunse la porta di casa. Pulì le scarpe sul tappeto, dove la scritta “Welcome” era ormai quasi completamente sbiadita.
Suonò il campanello. Si appoggiò al muro freddo e umidiccio e chiuse con forza gli occhi, appena la fece gli si proiettò davanti il viso di Clive. Li riaprì subito, ma la figura riflessa del volto scomparve solo più tardi. La testa cominciò a girargli. Si sentiva più disorientato del solito, e i sensi di colpa erano tanti, ma allo stesso tempo, il motivo che lo faceva sentire tanto colpevole lo rendeva anche felice.
Dopo qualche minuto guardò la porta ancora chiusa. Suonò di nuovo, anche se, sapeva che non c’era nessuno in casa, poi frugò in tasca e prese le chiavi.
Entrò. Il salotto era completamente immerso nel buio, la poca luce che entrava da dietro la sua schiena lasciva solo una leggera scia luminosa sul pavimento, c’era un po’ di polvere su quel parquet. Si chiuse la porta alle spalle, per qualche attimo fu immerso nel buio più totale, accese la luce. Attese che i suoi occhi si abituassero alla luminosità, poi appoggiò lo zaino a terra, si poteva capire perfettamente che era da solo, Annie non gli era corsa incontro come faceva sempre. La prima cosa che notò fu un piccolo pezzo di carta appoggiato sul tavolino di vetro davanti al divano. Andò vicino e prese il biglietto, la scrittura caratteristica e inconfondibile di Annie spiegava in poche righe:

“Mi fermo a casa di papà e mamma fino a lunedì, mi raccomando non pensare troppo e lascia in vita il bambino!"
Ti amo tanto,
Annie!
P.S. La cena é in frigorifero”

 
Julian rilesse il biglietto ancora una volta, il nome Annie risuonava in lui come un macigno di sensi di colpa. Prese la penna che era appoggiata sul tavolino, girò il pezzo di carta e guardò il palmo della mano, dove i numeri avevano cominciato a sbiadirsi, copiò velocemente e poi mise in tasca il tutto. Si guardò intorno quasi come se si trovasse in una casa diversa dalla sua, fece un lungo respiro e andò in cucina. Aprì il frigorifero, sul primo ripiano c’era un vassoio con una ricca e invitante cena, dopo avere guardato il cibo però richiuse il frigorifero, non aveva fame. Spense la luce in cucina e in salotto, salì le scale nella penombra ascoltando il silenzio insolito della casa. Forse non sarebbe dovuto andare a quell’incontro, pensò per l’ennesima volta.  Entrò in camera accendendo la luce, si distese sul letto ancora con i vestiti addosso. Si sentiva davvero male, era stato uno stronzo nei confronti di Annie, ne era convinto. Eppure cosa aveva fatto di male? Aveva solo baciato la persona che amava, non aveva fatto nulla di più. Amava ancora Clive, non riusciva a negarlo a se stesso, e quel giorno ne aveva avuta la conferma. Quel bacio gli era piaciuto più di ogni altro. Ma dopotutto era inutile illudersi, ed era ancora più inutile illudere Clive. Annie lo amava e presto l’argomento del matrimonio sarebbe tornato a galla come succedeva sempre più spesso. Avrebbe dovuto parlargli, dirgli che sarebbe stato meglio lasciar perdere, ma questa idea lo fece stare ancora peggio.
Estrasse il biglietto dalla tasca e osservò a lungo quel numero, avrebbe voluto chiamarlo ma decise di aspettare, forse Clive lo avrebbe chiamato per primo.
Spense la luce, continuando a guardare il biglietto.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Chiamami ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  So che oggi ho già aggiornato una volta, ma ci tenevo a postare questo capitolo che ho scritto di getto la notte scorsa c:
B.J.W.



“Chiamami” “Chiamami” Julian nel risentire quella parola detta da Clive, strinse il biglietto nella mano “Chiamami” come poteva aspettarsi di essere chiamato se aveva promesso che lo avrebbe fatto lui “Chiamami”. La voce di Clive continuava a ripetersi in modo chiaro e cristallino. Si alzò dal letto improvvisamente e nonostante si sentisse il corpo pesante, cercò il telefono “Chiamami” Non ricordava dove fosse, girò su se stesso per quattro volte ispezionando la camera, dove entrava ormai una luce abbagliante, forse troppo forte, tanto che gli occhi gli bruciavano “Chiamami”. Infine lo trovò sotto il letto “Chiamami”, appoggiato accanto ad un paio di scarpe. Non ricordava di averlo messo lì, la cosa comunque non aveva molta importanza “Chiamami”, alzò la cornetta senza peso e appena la avvicinò all’orecchio cominciò a parlare, sapeva che qualcuno in linea dall’altro capo del telefono lo stava già ascoltando.
< Ti dispiace se vengo? Adesso, prendo la macchina e ti raggiungo >.
< Perfetto > rispose una voce maschile dall’altro capo del telefono. < Allora ti aspetto Jules >
Non disse altro e riattaccò. Julian fece altrettanto “Chiamami”. Raccolse la giacca che giaceva anch’essa a terra vicino ai suoi piedi, fece un po’ di fatica a rialzarsi. Si ritrovò direttamente in giardino, la luce era abbagliante, socchiuse gli occhi in due piccole fessure per vedere meglio. La macchina era già fuori dal garage, argentata, il colore lo aveva scelto Annie. Salì e solo allora si ricordò che non sapeva da che parte doveva andare, non ne aveva la minima idea “Chiamami”. Accese il motore e la macchina partì lentamente, fece più pressione sull’acceleratore ma la macchina continuava a procedere alla stessa velocità, e inoltre sentiva qualcosa che pungeva sotto il polpaccio, si guardò i piedi, aveva dimenticato di mettere le scarpe, probabilmente era per quello che sentiva dolore. Alzò gli occhi sulla strada e si accorse che stava andando sul lato sbagliato “Chiamami”, una macchina procedeva a grande velocità verso di lui, i fari nell’oscurità lo abbagliarono, chiuse gli occhi di colpo e girò il volante verso la parte esterna della strada per evitare di scontrarsi. Non fece in tempo. La macchina lo colpì in pieno “Chiamami”, e la sua moto blu uscì di strada, sbattendo contro il cavalcavia e scivolando poi sulla strada bagnata “Chiamami”. Poco dopo il suono di una sirena, lui rimase immobile, si sentiva bene, ma quel suono fastidioso era insopportabile. L’ambulanza si fermò vicino la sua macchina argentata, uscì un ragazzo, alto, capelli neri che si affrettò verso di lui “Chiamami” e dopo aver aperto lo sportello, lo guardò. Assomigliava a Clive “Chi…amami” quel ragazzo, ma forse non era lui, Julian provò a pronunciare il suo nome ma dalla bocca non uscì alcun suono. Il ragazzo dai capelli scuri lo prese in braccio e lo adagiò sull’asfalto”Chi…amami”. Si voltò come per cercare qualcosa, poi tornò a guardarlo. Il volto era completamente cambiato, non era più un ragazzo, né tantomeno Clive. I capelli lunghi e biondi, i tratti del viso inconfondibili di Annie che svelavano negli occhi preoccupazione. I suoi lunghi capelli gli sfiorarono il viso pizzicandolo e alcuni gli entrarono in bocca. Tossì. La ragazza gli prese la mano, si accorse che era stranamente più grande della sua, e più forte. Annie sussurrò qualcosa che assomigliava ad un
< Non é successo nulla, andrà tutto bene Julian. Sei forte tu, ce la farai. > Julian la guardò con occhi vacui e inespressivi, si voltò prima a destra poi a sinistra per cercare Clive, ma nulla. Solo la sua moto sul ciglio della strada bagnata, e le luci rosse dell’ambulanza che illuminavano quel cielo scuro come la pece. Annie poggiò con delicatezza la mano sul suo viso mettendolo in posizione dritta, quella era la sua mano, piccola e delicata
< Non muoverti, non ti fará bene. Devi farcela, sei forte > “Chiamami” Julian quella volta sorrise, e strinse la mano forte e robusta “Chi…amami” della ragazza. Guardò verso l’alto, dove il cielo sembrava bianco per la troppa luce. “Chiamami”. Di nuovo sentì il suono della sirena e di nuovo un dolore insopportabile al polpaccio.

Julian si svegliò con la fronte completamente sudata. Il suono della sirena continuò ancora per qualche secondo poi si trasformò nel pianto del bambino. E perché mai non avrebbe dovuto fare fuori quella creatura piagnucolante, fu il suo primo pensiero. Accennò un sorriso divertito. Tese la gamba ancora dolorante poi la piegò piano due, tre volte finché il dolore cessò. Fece un lungo sospiro passandosi la mano tra i capelli che gli erano scesi sul viso.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Rapide decisioni ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Non mi è riuscito esattamente come avrei voluto, ma questo è. Diciamo che era un capitolo indispensabile :). Ringrazio per tutti quelli che leggono e per chi recensisce.
Un Bacio!
Bye!
Blue Jay Way




Julian, si ritrovò come sempre a fissare il soffitto, fece un lungo respiro 
dopodiché
 scese dal letto.
Decise che era il caso di rifarlo, ogni piccola cosa poteva aiutarlo a distrarsi. Non doveva continuare a comportarsi come chi non sa fare nulla, e subisce tutto, per prima cosa se stesso. Avrebbe chiamato Clive e gli avrebbe parlato, avrebbe parlato anche con Annie, in un modo o nell’altro. Il problema era che, nemmeno lui sapeva cosa dire o cosa fare. O meglio sapeva quello che voleva ma aveva paura di agire.
Poco dopo si accorse che rifare il letto non serviva proprio a nulla, i suoi pensieri erano tutti concentrati su quel, problema, perché di problema si trattava.
Aveva bisogno di qualcosa di più forte, una sigaretta, forse. Era un vizio che si concedeva raramente.
Aprì il cassetto del comodino, spostò alcuni fogli e alcune lettere, finché non trovò finalmente ciò che cercava. Una piccola scatola di latta laccata di un colore argento, la prese in mano. Aveva una fantasia a quadri intagliata su entrambe le facce, sui bordi il colore argento era consumato e un po’ arrugginito. La aprì lentamente, dentro era foderata da un tessuto rossastro, su un lato erano allineate in ordine cinque sigarette tenute tra loro da una sottile lamina d’acciaio, dall’altro lato invece vi era una piccola scatola di fiammiferi.
Julian richiuse il cofanetto e lo fece scivolare in tasca.
Uscì dalla stanza e raggiunse il giardino interno della casa, con passo veloce, ansioso di sentire di nuovo il sapore del tabacco sulle labbra. Si sedette sull’erba e riaprì la scatola. Sfilò una sigaretta. Il fatto che potesse essere vecchia, non gli importava molto. La prese tra le sottili labbra e la accese con un fiammifero. Un lungo e profondo tiro, poi lasciò uscire lentamente il fumo dalla bocca. Un bruciore forte alla gola. Chiuse gli occhi, davanti a lui solo uno schermo scuro. Era riuscito a liberare, la mente dai suoi pensieri, anche se in modo illusorio, Poi il telefono prese a squillare. La cosa lo infastidì, non aveva voglia di interrompere quella specie di rituale, quasi terapeutico. Poi tutto gli tornò alla mente, a quel  punto era inutile continuare.  Quello che lo stava chiamando poteva benissimo essere Clive e lui non doveva assolutamente lasciarsi andare quell’occasione. Spense la sigaretta sull’erba umidiccia, la raccolse e andò a rispondere.
< Pronto parla Julian Clarke >
< Amore sono io! > rispose prontamente Annie con voce dolce.
< Annie > fece Julian, assumendo un’espressione quasi delusa < Ciao! Tutto bene? >
< Sì tutto benissimo, a parte una cosa. Ti ho chiamato appunto per dirtela, mia madre sta poco bene, niente di grave, ma  volevo dirti che mi fermo un giorno in più. Torno martedì, non é un problema vero? >
< Problema? No, no amore tranquilla, me la cavo benissimo anche da solo > rise senza saperne bene il motivo < Fai gli auguri a tua madre da parte mia > aggiunse poi con voce seria.
< Certo. Va bene, allora ci vediamo martedì sera >
< Perfetto Annie, a martedì > fece per riattaccare.
< Aspetta. Tu stai bene? >
< Io? Si certo Annie, sto bene > rispose infilando la mano in tasca e cominciando ad accartocciare con le dita il pezzetto di carta che c’era dentro.
< Allora sono più tranquilla > rispose la ragazza < A martedì, ti amo Julian >.
< Anch’io Annie >
< Anch’io cosa? > chiese la ragazza con voce squillante e probabilmente con un sorriso sulle labbra.
 Julian attese qualche secondo < Ti amo anch’io Annie > sospirò piano senza farsi sentire.
< Sono felice! Davvero, allora ciao Julian >
< Ciao…> sentì riattaccare il telefono mentre ancora teneva la cornetta appoggiata all’orecchio, la mano sempre in tasca a giocherellare con quel pezzo di carta. Solo allora si ricordò del numero. Non rimase molto a pensare, appoggiò il ricevitore per poi riprenderlo subito in mano. Prese il foglietto e d’impulso digitò il numero così velocemente da rischiare di sbagliarlo.
Non appena il telefono cominciò a dare il tipico suon dello squillo cadde tutto quel coraggio che gli era venuto per pochi secondi, e senza che lui potesse padroneggiarlo.
Il peso allo stomaco si fece sentire nuovamente, ma allo stesso tempo continuava a tenere la cornetta sull’orecchio. Al quarto suono cominciò a convincersi che nessuno avrebbe risposto e cominciò a sentirsi più tranquillo, al sesto fece per riattaccare.
< Sì pronto é Clive che vi parla! >
Julian deglutì e rimase in silenzio
< Pronto? > disse di nuovo Clive.
< Hem sì, pronto…> Julian si odiò ancora una volta, si sentiva sempre più stupido.
< Jules! > la voce di Clive ebbe un rapido cambiamento, era diventata carica di gioia come se qualcuno gli avesse annunciato la vincita di un ricco premio.
< Non ci posso credere che…hai chiamato! Hai chiamato tu! Dio, sono così felice > continuò con la voce chiaramente emozionata, non sembrava nemmeno il solito Clive determinato e dal carattere forte.
< Spero di non disturbarti > disse Jules con il suo tipico tono impercettibile.
< No, certo che no! > la voce del ragazzo era chiaramente eccitata.
< Sai sono a casa da solo > Julian aggrottò le sopracciglia, che motivo aveva di dirglielo?
< Ho capito! Ho voglia di vederti Jules ma non posso muovermi di casa, sai ho…>.
< Posso raggiungerti li? > chiese Julian in automatico e in modo altrettanto automatico si morse le labbra, era già la terza cosa sbagliata che diceva.
Dall’altra parte ci fu silenzio, Julian cercò subito di rimediare.
< Volevo dire, cioè, no, non volevo dire nulla, scusami >.
< Per me va benissimo > rispose Clive senza badare a quello che Julian aveva appena detto.
< Ok…bene, allora, allora vengo adesso, posso prendere il treno? > continuò il ragazzo ripensando a quello che aveva sognato.
< Quello che vuoi > rispose di nuovo Clive.
< Allora a…a più tardi Clive > fece per riattaccare quando si sentì di nuovo la voce di Clive.
< Hei aspetta! >
Rimise il ricevitore accanto all’orecchio
< Cosa? > chiese con voce ansiosa.
< Non sai dove abito, nel senso solo all’incirca e non riesco a venirti a prendere in stazione. Comunque sia ti manca il mio indirizzo > rise divertito.
< Oh giusto, scusami, scusa Clive > rise anche lui.
Scrisse l’indirizzo accanto al numero di telefono e dopo avere salutato ancora una volta Clive, si affrettò per andare a prepararsi.
< Al 22 > cominciò a ripetere più volte fra sé
, per memorizzare il numero della casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Al numero 22 ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Salve a tutti! Torno dopo secoli, ammetto che questo capitolo è stato una lunga lotta per me e probabilmente io ho perso la sfida, ma vabbe’ pubblico lo stesso perché ormai sono passati davvero millemila secoli! Probabilmente un giorno lo rifarò meglio, ora no XD.
Volevo aggiungere che rileggendo alcuni dei capitoli precedenti ho trovato qualche imprecisione, quindi ora pian piano correggerò :) mi scuso giá ora con tutti voi, per eventuali errori riguardanti anche questo capitolo :).
Che altro? An, i prossimi capitoli saranno due, ovvero il capitolo 23 e il Missing Moment (qualcuno ha gridato finalmente? XD) li pubblicherò a distanza di qualche ora ;), spero davvero di non deludervi…in caso contrario, pazienza :D.
Comunque,visto che già questo capitolo è allegramente approfondito, la smetto di scrivere e…basta! :D
Addio!
Blue Jay Way!

-------------------------------------------------------------------------------



Julian, era più che agitato. Passò una decina di minuti davanti all’armadio per scegliere cosa indossare. Voleva essere elegante, almeno quella volta, ma gli sembrava che nulla fosse abbastanza consono per la situazione. Quando finalmente decise il suo abbigliamento, andò in bagno per farsi una lunga doccia, sotto il getto dell’acqua calda.
Era consapevole del fatto che stava per fare di nuovo un torto ad Annie, ma Annie non lo avrebbe mai saputo e lui avrebbe fatto attenzione a non fare nulla di troppo, grave.
In fondo voleva solo parlare con Clive, passare una giornata con lui, questo almeno era quello che cercava di impartire a se stesso. Gli avrebbe parlato, non sapeva ancora cosa gi avrebbe detto, ma era sicuro che Clive avrebbe fatto in modo da rendergli la cosa più semplice.
Si  sentiva felice e rilassato. La telefonata, gli aveva dato uno strano senso di positività, risentire la voce di Clive gli aveva fatto bene, ancora una volta. Ogni minuto che passava diventava sempre più ansioso di vederlo. Cercava di respingere quel desiderio, di tornare a ragionare come suo solito, ma non ci riusava.
Finì di prepararsi e si guardò allo specchio quasi soddisfatto. Si pettinò i capelli sistemandoli ai lati e lasciando che gli ricadessero un po’ davanti agli occhi.  
Uscì di  casa e si avviò alla stazione cominciando a pensare ad un possibile discorso da proporre a Clive.
Il viaggio fu eterno, anche se durò solo un’ora,  quando scese si sentiva frastornato, si era di nuovo addormentato e aveva sognato di non arrivare mai, ma era arrivato.
Si guardò intorno, frugò in tasca ed estrasse quel pezzo di carta che ormai stava cominciando a sciuparsi. Lesse l’indirizzo e dopo aver chiesto qualche informazione si avviò con passo deciso. Gli bastavano poche indicazioni perché riuscisse poi ad orientarsi. Difatti non impiegò molto tempo a ritrovarsi sulla strada dove erano passati il giorno prima, da lì gli bastò girare l’angolo, come aveva fatto Clive. Imboccò una stretta strada secondaria e cominciò a guardare tutti i numeri delle case finché non arrivo finalmente davanti al numero 22 .
Si fermò davanti la casa e cominciò ad osservarla con curiosità.
L’abitazione, non molto grande, aveva  cinque piccole finestre e i muri erano di un colore rosso bruciato che in qualche modo si intonava con il colore marrone del cancello.
Una piccola stradina piena di sassolini guidava direttamente alla porta d’entrata, mentre sui lati di quel breve percorso vi era il giardino, curato con estrema attenzione in ogni dettaglio. L’erba tipicamente verdissima, piante e fiori di ogni genere e di gusto estremamente raffinato. Julian ne rimase incantato.
Senza esitare oltre, il ragazzo suonò il campanello e si mise ad attendere quasi impaziente ripiegandosi nervosamente sulle ginocchia.
In quello stesso istante un cane cominciò ad abbaiare, e poco dopo il cancello fece un rumore secco e metallico. Julian lo spinse  con decisione ed entrò.
Il cane  cominciò ad abbaiare ancora più forte, finché il ragazzo raggiunse la porta fatta in gran parte di vetro, attraverso la quale si potevano intravedere due ombre indefinite.
Da dentro si sentì immediatamente la voce di Clive
< Aspetta! Stai giù  Martha, giù ho detto! > l’abbaiare dopo un po’ cessò, e Clive aprì la porta. Sorrise a Julian,  tentò di dire qualcosa, quando un cane di San Bernardo si fece spazio tra lui e la porta semiaperta, e balzò addosso a Julian che perse immediatamente l’equilibrio cadendo a terra.
Il cane dopo aver esaminato Julian, cominciò a leccarlo un po’ ovunque, mentre Julian cercava di liberarsi del peso dell’animale ridendo.
 < Ho detto via! Lascialo stare Martha! A cuccia! > il cane sembrò obbedire subito, e lasciò a terra la sua vittima tornando verso l’interno della casa trotterellando.
< Sei una sciocca ragazzina! >  continuò rivolgendosi a Martha che nel frattempo gli lanciava uno sguardo di disapprovazione
< Scusami > disse subito dopo a Julian scuotendo la testa
< Avrei preferito evitare > sorrise e tese la mano verso il ragazzo che ancora  giaceva per terra ridendo.
< Non importa > Si fece aiutare da Clive che continuava a sorridere.
< É bello rivederti così presto > ammise il ragazzo dai capelli scuri.
Julian lo guardò mentre si risistemava i vestiti.
Clive, non aveva addosso i soliti abiti, che in qualche modo, lo distinguevano, ma una lunga e confortevole maglietta che gli arrivava fino alle ginocchia, e portava degli occhiali dalla montatura nera e spessa. Quegli occhiali lo rendevano estremamente, elegante. Pensò subito Julian
< Dai entra > lo invitò Clive mentre i suoi occhi cominciavano ad esaminare colui che già lo stava esaminando.
< Grazie > Julian entrò a passo indeciso e si guardò intorno
La casa era piccola, ma molto ben arredata, in modo semplice e piacevole.
La prima stanza era il salotto, i muri erano di un colore rossastro e vi erano alcuni quadri, dipinti probabilmente da Clive. Oltre ad un grande divano che troneggiava al centro della stanza, ad un tavolo in legno e una televisione, vi erano un pianoforte a muro e una grande libreria nella quale non si riusciva a capire se erano più numerosi i libri o i dischi in vinile.
Un giradischi, era appoggiato su una delle mensole della libreria, e le casse erano ben quattro, poste ad ogni lato della stanza e camuffate con piante decorative.
< Ti posso offrire qualcosa? > chiese Clive distraendo Julian dalla sua rapida analisi e accompagnandolo verso la cucina.
< Un bicchiere d’acqua > sorrise.
< Ok  > fece Clive poco convinto.
Prese un bicchiere e una bottiglia d’acqua dal frigorifero.
< Siediti no? >  gli disse poi vedendo che Julian rimaneva dritto in piedi sull’uscio della porta.
Il cane li raggiunse in cucina e cominciò a fissare Julian
<  E tu come sei entrata! > chiese Clive al cane come se gli potesse rispondere, mentre lei continuava a guardare il nuovo ospite che ricambiava un po’ intimorito.
< Oh non farci caso, fa così con tutti. Studia la persona e dopo, secondo una sua deduzione, una sua analisi, decide se questa gli starà simpatica o meno > il ragazzo appoggiò il bicchiere sul tavolo < Prego signorino, alla sua salute > rise sedendosi al tavolo.
< Grazie. Eh, senti, io sono sulla buona strada? Dici, che potrei stargli simpatico? > chiese Julian sedendosi e bevendo l’acqua tutta d’un fiato.
< Ancora non ti so dire, …é un cane un po’ filosofo secondo me. Un po’ come te > guardò Julian negli occhi, togliendosi gli occhiali e appoggiandoli su uno dei libri che stava sulla tavola.
< Già filosofo > ripeté Julian mordendosi il labbro.
Avere Clive davanti era completamente diverso che pensare di averlo davanti, era come se non riuscisse a trattenersi, sentiva il forte impulso di baciarlo e sapeva che avrebbe potuto farlo senza farsi problemi, ma d’altra parte cercava di trattenersi.
< Tu però non sei un cane> aggiunse subito il ragazzo ridendo.
< Ti ringrazio per la specificazione > continuò l’altro con tono seccato ma scoppiando a ridere.
< Sei sempre il benvenuto per precisazioni come queste >
I due risero ancora,  finché i loro sguardi si incontrarono di nuovo. Rimasero a fissarsi senza dire nulla, Julian non esitò oltre, e quasi senza controllare più il suo impulso si chinò verso Clive, baciandolo. Si baciarono a lungo quella volta, nonostante gli occhi vigili di Martha che sembrava approvare la cosa.


Poi Clive cominciò a parlare.
< Sai Julian, io voglio essere sincero fino in fondo con te. Non so quello che  vuoi tu, ma a me piacerebbe moltissimo provare di nuovo a stare insieme, anzi io lo voglio. Tu mi conosci, quando voglio qualcosa faccio di tutto per ottenerla, ma devi volerlo anche tu, altrimenti mi tiro indietro. Non penso sia il caso darti pressioni. Quindi devi dirmi cosa vuoi fare, non vorrei diventare il tuo amante quando hai una ragazza che ti aspetta a casa, questo, questo vorrei che sia chiaro > fece una breve pausa come per riordinare al meglio le sue idee
< Quindi devi dirmi tu cosa vuoi fare, a ma sembra di capire che la risposta sia ..affermativa, in quel caso posso assicurarti che riusciremo a venirne fuori > guardò Julian, sorridendo convinto
< Poi, poi, volevo solo dirti che in tutti questi anni non sono rimasto senza far nulla > continuò con sguardo serio
< Insomma, ho avuto qualche incontro, e una storia che potrebbe dirsi abbastanza seria, anche se > rise < molto seria non è  per come è finita…ma, non voglio parlartene, il fatto è questo Julian, sono stato con qualche ragazzo, non potevo aspettare che tornasse una persona che sapevo non sarebbe tornata, o comunque credevo. Insomma é stato un  caso no? Mi avresti cercato altrimenti? No.> scosse la testa.
Julian lo ascoltava in silenzio facendo cenni con la testa.
Clive continuò.
< Però sono felice che sia successo, insomma non ci speravo più sai, davvero, e capisco che le cose sono complicate ma sono sicuro che riusciremo a fare qualcosa. Smpre che tu lo voglia, come ti ho già detto > lo guardò in attesa di una risposta
< Sì, sì mi piacerebbe davvero Clive ma…sono confuso, insomma Annie…>
< Annie non sa nulla di te, o sbaglio? Conosce solo quella persona che ti sei creato per fare piacere ai tuoi e a lei >
< Non è del tutto così, sono sempre me stesso >
< Forse è solo quello che pensi, o forse è vero solo in parte >
< Lei mi vuole sposare > disse poi con una risata nervosa.
< Questo lo avevo capito. Henry ce l’ha detto ieri, ma, che senso ha che tu sposi una persona che non ami Julian. Starai male per tutta, per tutta la vita. E farai del male anche a lei, perché prima o poi vorrai tradirla, sarà più forte di te Julian ma io, non ci tengo a fare l’amante, te l’ho appena detto >
< Io non la odio > continò il più giovane senza dare una reale risposta a Clive.
< Certo, ma questo non c’entra nulla, perché non la ami nemmeno. Non è una situazione semplice, ma parte tutto da te alla fine, lei crede che tu la ami, no? Devi prendere un decisione Julian, quella giusta possibilmente. Posso chiederti se…> Clive si fermò realizzando che in quel momento una domanda come quella forse sarebbe stata un po’ troppo indiscreta ma Julian capì, e gli diede subito una risposa accompagnata da un no del capo.
< Le ho detto che preferisco non farlo prima del matrimonio, e lei è d’accordo, dice che per lei va bene così. Sai, in questo modo cerco di tardare il più possibile, ma è  anche per questo che lei comincia ad insistere sempre di più per il matrimonio > finì quella frase con un improvviso caldo di voce e cominciando a giocherellare con il bicchiere vuoto.
Clive lo guardò comprensivo
< Giusto, hai pensato a tutto eh, nella tua calma e nella tua confusine mentale un po’ di astuzia, se la vogliamo chiamare così,  rimane sempre >
Julian sorrise, poi  si distrasse guardando i libri sparsi sulla tavola.
< Mi chiedo ancora come hai fatto a scegliere di studiare medicina > disse
Clive rise < Certe volte me lo chiedo anch’io, tu invece? Hai preso filosofia? >
< Si,  e nel frattempo mi dedico alla musica >
< Ottimo, ancora con il sax? >
Julian fece cenno con la testa e un velo di soddisfazione diede colore al suo volto.
< Allora un giorno lo porti qui e mi fai sentire qualcosa! >
< Oppure tu vieni a sentire il mio gruppo! >
< Certo! Con molto piacere Jules > rispose Clive
Si persero a parlare di ogni genere di argomento, in modo tranquillo e piacevole. Julian si sentiva ogni minuto che passava sempre più a suo agio, Clive sapeva come prenderlo, ma specialmente, Clive gli piaceva. Non aveva più avuto un dialogo così da anni, da quando avevano smesso di sentirsi. Julian in quel momento era consapevole di essere libero di esprimersi su ogni cosa, senza paura di dire quella parola di troppo, che in quel momento avrebbe sol fatto piacere ad entrambi. Di Annie non parlò più nessuno dei due, era stata messa da parte come un’ombra fastidiosa che avrebbe impedito quelle chiacchiere piacevoli e anche divertenti tra di loro,  quei piccoli gesti quasi espliciti, quegli sguardi di Clive penetranti che si erano persi nel tempo.
In realtà non successe nulla di importante, ma le ore passarono quasi troppo in fretta per Julian, che verso le sette di sera decise che era ora di tornare a casa, di tornare alla sua vita di sempre, di chiudere quella parentesi, per poter riflettere su tutto da solo, e poter poi parlare con Annie.
Julian guardò fuori dalla finestra dove ormai si vedeva solo la luce dei lampioni che illuminavano la strada, senza dire nulla, si alzò dalla sedia e guardò il ragazzo
< Si è fatto tardi Cly, è meglio se mi avvio verso casa >
< Come mi hai chiamato? > chiese di rimando Clive, con un sorriso pieno di stupore e soddisfazione.
< Cly > rispose Julian quasi serio e senza dare molta importanza alla precisazione. Aveva fretta di andarsene in quel momento. Un’ ansia inspiegabile di fuggire, ancora una volta.
< Devo proprio andare comunque > aggiunse immediatamente.
Clive si alzò a sua volta dalla sedia e gli si avvicinò.
< Non ha senso che tu torni oggi, insomma a casa tua non c’è  nessuno, la troveresti vuota, e non so quanto la cosa possa giovarti > guardò l’amico, serio < E poi non ha senso che tu rifaccia un viaggio in treno, è tardi. Il posto qui c’è. Il divano in salotto è apribile sai, diventa un letto, è uno dei regali più geniali che io abbia mai ricevuto > sorrise soddisfatto e guardò Julian incitandolo anche con lo sguardo a rimanere.
Ma Julian in quel momento pensava solo a fuggire, senza capire nemmeno lui perché. Si era ripromesso che avrebbero solo parlato, e se fosse rimasto lì, sicuramente sarebbe successo qualcosa in più di qualche bacio che era già sfuggito ad entrambi. Conosceva Clive, e doveva andarsene, non era quello il momento giusto, non ancora.
< No Clive, è meglio se torno e poi si tratta solo di un’ora di viaggio > cercò di sbrigare la faccenda in poche parole e si avviò all’uscita della cucina, dando le spalle a Clive che immediatamente lo afferrò quasi con forza per il braccio
< Stai qui Jules > insistette < Domani mattina ti accompagno in stazione io, sei stanco, devi riposare, sei sempre stanco tu. Se ti addormenti in treno rischi di finire chissà dove >
Clive non sapeva più quali scuse inventare per far rimanere Julian con lui. Lui aveva bisogno che Julian rimanesse, lo voleva e sapeva che avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Julian  si voltò lentamente verso il ragazzo che continuava a guardarlo speranzoso.
< E va bene, rimango! Ma, dormirò sul divano > specificò subito.
< Oh questa si che è una riposta degna di Jules! > esclamò l’altro tutto eccitato abbracciandolo.
< Ti adoro, ti adoro! Sei uno scemo, ma ti adoro! > lo tirò per il braccio < Vieni ti preparo il tuo giaciglio! > Julian si lasciò trascinare, mentre il suo cervello rimuginava sul perché alla fine aveva accettato quella che in fondo non era altro che una, proposta. Le mani gli tremarono per qualche minuto, nonostante questo aiutò Clive a preparare quello che sarebbe stato il suo, o il loro? Letto per quella notte. Clive sprizzava di felicità, aveva ottenuto quello che voleva, e avrebbe ottenuto anche di più, si trattava solo di agire con abilità.
< Ecco a lei, il suo comodo e confortevole giaciglio è pronto! > dichiarò alla fine il ragazzo a Julian.
< Credo che ci crollerò sopra > rispose l’altro ridendo e dopo essersi liberato del peso delle scarpe si distese sul letto. Clive senza esitare si sedette accanto a lui sul bordo del letto e cominciarono di nuovo a parlare. Julian teneva gli occhi fissi sulle labbra di Clive che si muovevano articolando alla perfezione ogni singola lettera. Julian era ipnotizzato da quel movimento, dal suono che usciva da quella bocca, ipnotizzato da quelle labbra, perfette. Improvvisamente si sollevò dal letto e baciò con foga quasi senza controllare i suoi istinti, Clive rispose immediatamente spingendolo lentamente sul letto.  
 
Clive cominciò a sbottonare la camicia del ragazzo lasciandola scivolare leggermente giù dalle sue spalle, mentre Julian  gli sollevava di poco la maglietta, con un movimento quasi insicuro della mano. Clive quasi impaziente si tolse la maglietta, mostrando il dorso nudo. Un corpo scolpito e armonioso, le spalle larghe e robuste. Julian lo guardò quasi meravigliato. Era cambiato rispetto a molti anni prima, non era più quel fisico giovane, aveva qualcosa di più maturo, più perfetto, ma rimaneva per lui qualcosa di affascinante. Avvicinò lentamente la mano e sfiorò il petto con le dita, fece per ritirare subito la mano ma Clive la tenne stretta al petto e poi si distese accanto a lui. Poco dopo le labbra umide di Clive sfiorarono il collo di Julian che sentì un brivido di piacere corrergli lungo tutto il corpo. Clive scese piano con la mano lungo il fianco del ragazzo, e sfiorò di poco la cintura.
In quel momento Julian fu preso senza saperne il motivo dal panico, immobilizzandosi completamente. Clive alzò gli occhi verso di lui, Julian guardava in un punto indefinito come se stesse osservando il vuoto, gli occhi fissi e immobili, tutto il corpo improvvisamente irrigidito. Clive spostò subito la mano e si ritirò su in modo da vedere Julian in viso.
Il ragazzo ebbe un leggero sussulto.
< Mi dispiace Clive > disse immediatamente rannicchiandosi su se stesso ma rimanendo allo stesso tempo rigido.
< Mi dispiace io… >
Clive lo abbracciò a se < Non importa Julian, tranquillo > lo strinse con più forza mentre percepiva il leggero tremolio del corpo di Julian che trattenne le lacrime
< Mi dispiace > ripeté ancora una volta come un disco rotto.
< Stt…> Clive portò il viso di Julian accanto al suo petto e cominciò ad accarezzargli i capelli < É colpa mia non avrei dovuto essere così, impaziente…>
< No, tu non c’entri, sono solo un povero stupido, mi comporto come una bambina di cinque anni…non ci riesco > cercò ancora di trattenere le lacrime ma gli occhi divennero umidi, così da bagnare il petto  di Clive, Julian si chiuse ancora di più a riccio spostando il volto.
< Hei basta Jules, ho detto che non importa e non è colpa tua > disse con un tono più autoritario che gentile.
Julian non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, disse la prima cosa che gli venne in mente < Ti amo Clive >
Clive lo sentì a malapena e maledisse quella volta il modo di parlare di Julian, ripose dandogli un bacio sulla fronte.
< È meglio se vado > fece poi Julian alzando lo sguardo, ma Clive scosse la tesa
< Voglio che rimani >
< Non >
< Io rimango qui, cerca di dormire…> Julian non rispose < O se preferisci ti lascio dormire da solo, forse starai più tranquillo > Julian scosse la testa in modo deciso e si rannicchio ancora più vicino a Clive che accennò un sorriso. < Bene allora adesso cerchiamo di dormire tutti e due ok? >
< Sì…> sussurrò Julian e chiuse gli occhi. Non molto dopo si addormentò.
Clive rimase sveglio ancora per molto accarezzandogli il viso e guardandolo, il petto nudo perfettamente liscio come quello di un ragazzino, le gambe avvolte ancora in un paio di jeans aderenti. Pensò fortemente a cosa probabilmente aveva passato e si sentì veramente male per la prima volta, gli sembrava che qualcuno avesse cambiato per sempre il ragazzo di cui si era innamorato, il ragazzo con cui aveva passato i suoi anni migliori, ora non aveva nemmeno il coraggio di mostrarsi a lui con naturalezza. Avrebbe fatto il possibile per riprenderselo, e avrebbe fatto il possibile per farlo tornare se stesso. In quel momento gli balenò alla mente un’idea. Un’idea che ritenne semplicemente geniale anche se forse poco corretta.
Il problema di Julian era che pensava troppo, aveva troppa confusine nella testa.
Lo avrebbe disinibito, avrebbe fatto in modo che smettesse di pensare almeno per un po’. Sulle labbra di Clive si formò un sorriso quasi pervertito, la mattina dopo avrebbe messo in atto il suo piano. Con la speranza che questo avesse raggiunto il successo.
Abbracciò forte il suo ragazzo,come se volesse possederlo tutto per se, appoggiò le sue labbra accanto all’ orecchio
< Ti amo anch’io Julian > poco dopo si addormentò anche lui.





Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Putting Out Fire ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  N.B.
Leggere please ;)

Saaalve, allora, dunque, come preannunciato questo capitolo è diviso in due parti, la prossima la posterò tra due ore :). Ammetto di essere un sacco in ansia perché capitoli come questi (in particolare la seconda parte) non li ho mai fatti. Spero però di non deludervi, davvero.
Ci ho messo un po’ a farli, e spero che almeno questa prima parte vi piaccia, spero di essere riuscita a scriverla al meglio anche se rileggendola forse non comunica tutto quello che era nelle mie intenzioni, ma, spero lo stesso :), semmai qualsiasi consiglio è ben accetto, come sapete.
Devo poi premettere alcune cose, intanto l’idea mi è venuta quasi per caso mentre ascoltavo il mio lettore (nei miei piani iniziali questa cosa non era prevista, ma sono contenta di avere avuto questa ispirazione, anche perché  in caso contrario il “Missing Moment” si sarebbe fatto attendere ancora di più, come capitolo 27?) La canzone,”Cat People (Putting Out Fire) di David Bowie (:D) è partita in modo molto casuale, ed è stato in quel momento che, mi è venuta l’idea di questo ballo (piccolo spoiler pochi secondi prima del capitolo). Mi auguro davvero di averlo reso il meglio possibile (al massimo lo riscriverò XD)
So che potrebbe sembrare una cosa un po’ senza senso ma così è :D. Non ho inserito spezzoni di canzone, non mi sembrava il caso di farlo, MA in caso voi pensiate che sia meglio o più carino farlo basta dirmelo e ne metterò qualcuna :). Però una cosa che vi chiedo di fare, o meglio, vi consiglio (anzi no, fatelo :D), è ascoltare la canzone prima di leggere il capitolo, e se ci riuscite anche durante, facendola  partire quando inizia anche nel capitolo ;) (ammetto di averlo scritto ascoltandola in continuazione), vi assicuro che può servire molto!
Cos’altro il “missing moment” lo posto più tardi, quindi possibilmente in giornata come avevo già preannunciato :). Probabilmente,essendo la storia gialla mi limiterò ad un arancione, anche perché essendo la prima volta non voglio rischiare di più, insomma non so come verrà. Vabbe’ potrei dare un titolo pure all’introduzione visto che come al solito mi sono dilungata
Direi che ho detto tutto, quindi  buona lettura, e fatemi sapere cosa ne pensate, davvero qualsiasi cosa, se avete consigli ditemelo, se non vi piace ditemi pure quello :D così io mi ritirerò come è giusto fare ;)!
Un bacio!
Blue Jay Way!


-----------------------------------------------------------------------------------------





La mattina dopo Julian si svegliò con la testa dolorante, impiegò qualche secondo per ricordare dove si trovasse, non appena il suo orientamento tornò a funzionare ebbe una fitta allo stomaco, ricordando il suo comportamento della sera precedente. Voltò piano la testa verso entrambi i lati, Clive non c’era più. Si accorse però, di avere addosso una lunga coperta colorata, diversa da quella della sera prima. Aveva una fantasia particolare, lunghe e ininterrotte spirali di colore d’orato si allungavano e s’intrecciavano tra loro su uno sfondo che passava senza un perché da un blu inteso ad un rosso porpora. Il tessuto sottilissimo e morbido, caldo e piacevole al tatto. Julian ne strinse un lembo con la mano come per ritrovare la sicurezza in quell’oggetto.
Aspettò ancora qualche minuto, per riprendere completamente coscienza, dopo una nottata passata a dormire con il cervello in continua funzione. Si sollevò dal letto con un po’di fatica, a causa del corpo appesantito, che sembrava sottolineare anch’esso, il fatto di non essersi riposato abbastanza. I suoi piedi poggiarono sulla morbida moquette rossastra. Julian sorrise percependo una piacevole sensazione, si avvolse la coperta attorno a tutto il corpo e uscì dal salotto per cercare Clive, senza pensare minimamente di chiamarlo prima a voce.
Il ragazzo era in cucina. La testa china su un libro di dimensioni eccessive, le mani appoggiate sul capo, con le lunghe dita in continuo movimento a massaggiare i capelli scuri. Portava la solita maglietta azzurra lunga e aveva di nuovo inforcato gli occhiali, che poggiavano con eleganza su un naso dai tratti marcati e armoniosi. Era, o comunque sembrava, completamente immerso nella lettura di quel manuale.
< Stai studiando per un esame? > chiese Julian entrando in cucina e avvicinandosi a lui.
Clive sobbalzò per un attimo puntando gli occhi su Julian.
< Mi hai fatto prendere un colpo! > disse ridendo e chiudendo il libro
< Sì, un esame… è per questo che ti ho detto che non posso raggiungerti a casa tua > aggiunse poi spostando il macigno su un lato del tavolo e appogiandovi sopra gli occhiali.
< Hai dormito bene? > chiese alzandosi e guardando Julian con un sorriso.
< Sì, grazie. Ma penso che ora tornerò a casa, sai se torna…>.
Clive gli andò vicino e lo baciò prima ancora che Julian potesse finire la frase.
< Come preferisci, ma prima voglio mostrarti una cosa… > rispose lui con voce permissiva.
< Senti mi dispiace per ieri sera, io…>
< Ti ho già detto più volte che non importa Julian! Sono stato troppo precipitoso, e probabilmente ho pensato ad accontentare me stesso, lo sai no? Mi conosci... >
< Forse é meglio se, se ci fermiamo qui Clive e non ci proviamo più. Insomma io torno a casa e faccio la mia vita e... >.
Clive lo fulminò quasi spazientito
< Ho detto che ti voglio mostrare una cosa, tu non pensare a ieri sera, va bene? >
Julian leggermente intimorito, ma senza negare negli occhi una punta di curiosità azzardò la domanda.
< Cosa mi devi mostrare Cly? >
< Vieni > fu l’unica riposta che il ragazzo gli concedette. Detto questo, uscì dalla cucina, e si diresse in salotto, seguito da Julian che continuava a stringere attorno a se la coperta, utilizzandola quasi come un’indispensabile protezione.
Nel salotto, le tapparelle ancora semi abbassate, lasciavano entrare numerosi sottili spiragli di luce che riflettevano sul pavimento. Clive accese la lampada che stava sopra il pianoforte, poi senza dire nulla si avvicinò con passo spedito verso il giradischi e cominciò a trafficare attorno ad esso.
Julian, in piedi e immobile appoggiato al muro lo osservava incuriosito, dopo un po’, cercò di dire qualcosa per rompere quel silenzio, che in quel momento gli strideva nelle orecchie.
< Be’…So come sono fatti i giradischi >
Clive non rispose, appoggiò il vinile sul piatto e accese l’impianto. Sollevò la puntina e la adagiò sopra il disco, dopodiché si voltò verso Julian con un sorriso indefinito sulle labbra.
< Beatles? > chiese Julian mentre Clive gli si avvicinava, ricordando che quello, poteva essere uno dei gruppi che piaceva ad entrambi. Ma il ragazzo scosse la testa.
La puntina face ancora due giri a vuoto sul disco vibrando leggermente e producendo quel tipico suono sabbioso, poi le prime note della canzone cominciarono a diffondersi nella stanza.
Un ritmo inizialmente leggero, di un piatto fatto vibrare quasi con delicatezza e poi percussioni dapprima anch’esse con un suono morbido, ma sempre più numerose, i primi accordi, finché non si distinse anche la voce di David Bowie, Julian riconobbe la canzone immediatamente, “Cat People”. Sarebbe stato strano per lui non riconoscerla, era decisamente una delle sue preferite, e loro due l’avevano ascoltata spesso insieme, e avevano ballato spesso su quelle note.
Sgranò gli occhi quasi intimorito, mentre Clive continuava ad avvicinarsi fino ad arrivare a pochi centimetri da lui, con il volto illuminato da quel sorriso quasi eccitato.
< Te la ricordi questa? > chiese, nonostante sapesse perfettamente la risposta, che si era vista anche nella reazione di Julian, non appena il disco aveva iniziato a suonare.
Julian fece un cenno con la testa e si lasciò sfuggire un sorriso, ma allo stesso tempo piantò la schiena contro il muro, mentre la voce di David penetrava con insistenza nelle sue orecchie.
Clive fece finta di nulla, una reazione come quella da parte del suo, amico, era più che aspettata.
< Allora, mi concede questo ballo, signorino Julian? > gli chiese, chinando leggermente il capo.
Senza aggiungere nessuna parola in più, e prima che il ragazzo potesse rispondergli qualcosa, Clive si avvicinò completamente con il suo viso appoggiando la sua fronte contro quella di Julian e cominciando a fissarlo intensamente negli occhi, portando entrambe le mani sul suo viso.
< Io non saprei, è da un po’ che non, non lo faccio più > rispose l’altro tentando di distogliere lo sguardo e stringendo la coperta attorno a se, cercando nel frattempo di ritrarsi ancora di più, nella speranza di essere risucchiato dal muro perché non vi era più spazio.
Era come intrappolato nell’angolo della stanza.
< Appunto > Clive non aspettò nessuna risposta affermativa, scivolò con la mano lungo la spalla di Julian e gli prese con gesto elegante ma sicuro la mano.
La musica si fece pian piano sempre più intesa, cominciando ad entrare nella sua parte più potente.
Julian lasciò fare il suo amico, non perché voleva, ma perché non riusciva ad opporsi.
Clive tese il braccio verso l’alto accompagnando quello di Julian e appoggiò l’altra mano sul suo fianco. Con un colpo deciso lo strinse a se, mentre la coperta diventava una sorta di tenda che li copriva entrambi da una parte del volto.
Guardò il ragazzo con convinzione, Julian appoggiò l’altro braccio sulla spalla di Clive che s’impossessò della coperta e la avvolse attorno a se come fosse un telo da spettacolo, lasciando Julian indifeso.
Julian reagì immediatamente, azzardò un passo in avanti, e riprese il telo facendolo passare dapprima sopra la testa di Clive e poi sopra la sua, creando una sorta di trappola per entrambi. Si fissarono entrambi sotto quella copertura, la leggera trasparenza del telo lasciava a Julian visibile il volto di Clive, i suoi occhi blu glaciali che lo guardavano con un sorriso di sfida, occhi che in un certo senso, prevedevano una possibile mossa dell’amico.
Le previsioni di Clive furono confermate, Julian portò le mani sui suoi fianchi e con gesto deciso gli sfilò la maglietta mentre la coperta cadeva a terra.
La voce di David e del coro, la musica sempre più potente si diffondeva da ogni angolo della sala, con un volume che era stato impostato al massimo, sembrava di essere completamente immersi in quella musica.
Clive rise e tornò a stringere Julian sui fianchi, avvicinandolo a se e togliendolo definitivamente dal muro di protezione. Lo sollevò di poco da terra per qualche secondo, poi lo rimise giù, stringendolo. I loro corpi si unirono, e rimasero in quella posizione per alcuni secondi.
Clive prese di nuovo il braccio e Julian e con una leggera spinta lo fece andare verso il centro della stanza, tenendo forte il suo braccio delicato. Julian rise mentre la mano di Clive scese fino alla sua. Le loro mani si unirono, strette una all’altra con le dita intrecciate saldamente, le braccia tese. Si guardarono di nuovo nella penombra, con aria di sfida, una sfida nella quale ormai entrambi provavano gusto e divertimento. Julian si diede una spinta girando di nuovo su se stesso per due volte arrivando infine tra le braccia di Clive che lo strinse con il braccio come in una morsa di piacere.
Non appena lo ebbe di nuovo in suo possesso, Clive si abbassò con eleganza, facendo piegare Julian all’indietro con i capelli che ricadevano scompigliati toccando quasi terra.
La canzone continuava nel suo ritmo frenetico e le parole penetravano nelle loro orecchie.
Clive si piegò ancora di più avvicinando la sua testa a quella ripiegata di Julian che attendeva quasi impaziente il bacio inevitabile. Clive rimase a pochi centimetri dalle sue labbra, fermandosi con atteggiamento quasi provocatorio. In quel momento era lui a decidere quando agire, e Jules diventava sempre più impaziente nel tentativo di sollevare il capo. L’obbiettivo di Clive era stato raggiunto completamente, Julian era tutto per lui, senza pensieri per la testa, completamente disinibito ma allo stesso tempo consapevole di quello che stava succedendo. Cly rise di gusto, finché non si decise e lo baciò con passione, soddisfacendo il più piccolo desiderio del Suo ragazzo. Julian assaporò al meglio quel momento, poi con una mano riprese da terra la coperta tenendola forte e supplicando il suo compagno di riportarlo in posizione eretta. Non appena Clive decise di accontentarlo Jules fece per avvolgere la coperta attorno a lui, che fu decisamente più rapido e con gesto svelto s’impossessò di quel telo e lo fece passare attorno alla vita di Julian cominciando a farlo oscillare avanti e indietro più volte.
I loro corpi nudi si scontravano e si abbandonavano con un’eleganza.
I volti rispecchiavano tanta passione e tanto desiderio di un’unione più forte.
Clive riportò ancora una volta Julian vicino a se, tirando con forza i lembi della coperta. Il ragazzo lo strinse per i fianchi mentre lui sollevò la gamba strofinandola contro quella di Julian ancora protetta da un paio di jeans, ma con il desiderio di essere liberata da quell’inutile, copertura.
La musica stava ormai volgendo alla conclusione ma entrambi i ragazzi erano completamente entrati in estasi. Julian sembrava volere sempre di più, in quel momento desiderava solo che la canzone continuasse all’infinto.
Le loro gambe cominciarono a muoversi sempre di più, in modo quasi sfrenato e inarrestabile, ma pieno di passione.
Erano completamente entrati in simbiosi, e tra i due continuava un gioco di sfida e d’intesa. Sui loro volti continuavano ad alternarsi espressioni serie e di confronto, piene di desiderio, e divertite, le loro risa si confondevano con la musica. Era un continuo prendersi, e lasciarsi e riprendersi di nuovo.
Ballavano occupando ogni spazio possibile della stanza, finché non arrivarono accanto a quel letto, Clive con l’ultimo sforzo spinse Julian con decisione, il ragazzo cadde sul letto quasi esausto. Clive rimase in piedi a fissarlo, con un’aria che voleva sottolineare la sua vincita. Ma Jules non ne voleva sapere, riprese fiato e si sollevò di poco dal divano, giusto il tempo per prendere il ragazzo vittorioso per il braccio e tirarlo su di se.
La canzone era finita, ma le danze in realtà non erano ancora cominciate, quello era stato solo l’inizio. Cly cominciò a baciare con insistenza il corpo quasi nudo di Julian che nel frattempo giocava con i capelli del ragazzo, tirandoli.
Arrivato alla cinta Clive fece scendere la chiusura lampo con determinazione e prendendo i jeans su entrambi i lati li sfilò, facendo respirare finalmente quelle gambe così perfette. Julian lo strinse ai fianchi per portarlo accanto a se, e vederlo in volto. I loro corpi si unirono pieni di desiderio, mentre tutti e due continuavano a baciarsi ovunque, con le labbra umide.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Paint It Blue ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Rieccomi :D Muahahaaha! Nuovo capitolo che non era previsto nel progetto iniziale ma queste idee improvvise sono cose che capitano:). Vi ricordo che tra le mie storie c'è; la sottospecie di Missing Moment della storia "With Gasoline" e poi, poi basta c:
An già, il titolo potrebbe ricordarvi Paint It Black dei Rolling Stones, ma in realtà non c'entra nulla c:
Buona lettura a tutti!
Bye!
BlueJayWay!

--------------------------

Le lenzuola completamente sfatte erano scivolate a terra. I due ragazzi si guardavano negli occhi, mentre il loro respiro tornava lentamente a farsi regolare.
Nessuno dei due accennava più a muoversi, entrambi si sentivano completamente appagati e gratificati. Clive con la testa appoggiata sul suo braccio, non negava nel suo volto una punta di orgoglio, e Julian accoccolato a lui ogni tanto chiudeva gli occhi, per poi tornare a guardare il suo ragazzo.
Il desiderio di entrambi era stato saziato, e in quel momento non sentivano bisogno di altro, se non di guardarsi per leggere nei loro volti la soddisfazione.
< Se vuoi, puoi andare a farti una doccia > disse dopo qualche minuto Clive con la voce impastata e allargando le labbra in un sorriso.
< Credo che accetterò la proposta > rispose Julian senza muoversi da quella posizione.
Clive lo baciò sulle labbra
< Molto bene allora > continuò poi spostandosi piano da lui e alzandosi.
< E visto che ho due bagni, nel frattempo andrò anch’io a farmi una doccia, e poi cercherò dei vestiti che possano andarti bene > Il ragazzo cominciò pian piano a rivestirsi con il minimo indispensabile.
Julian rimase in silenzio ad osservarlo, mentre Clive si chinava con eleganza per raccogliere anche la coperta.
Continuava a sorridere quasi senza capirne il motivo, non si sentiva per nulla in colpa per ciò che era successo, non sentiva di dover rimproverare nulla a Clive, che aveva progettato tutto, al contrario si sentiva contento a suo agio e con una strana sensazione di riconoscenza nei confronti del moretto.
Clive tornò a voltarsi verso di lui tenendo la coperta in mano.
< Cosa c’è? > gli chiese accennando una breve risata, nel vederlo sorridere in quel modo così appagato quasi trasognante.
Julian si rannicchiò su se stesso, sorridendo vergognoso.
< Grazie > sussurrò poi.
Clive gli porse la coperta < Ma di cosa Jules > continuò sempre ridendo < Grazie a te >.
Julian si alzò e la prese avvolgendosela attorno alla vita.
< Vai pure, il bagno è di sopra, ultima porta. Fai con comodo che poi ti porto i vestiti > concluse poi sorridendogli.
Julian salì con calma le scale ed entrò in bagno. Era un bagno spazioso e ordinato. Le piastrelle azzurre si adattavano perfettamente al lungo e morbido tappeto bianco. Una specchiera alta, con cinque lampadine avvitate, tutte funzionanti, occupava gran parte della parete e troneggiava sopra un rubinetto con un grande piano d’appoggio in marmo e tutto intorno vi era un mobile bianco con numerosi cassetti. La doccia, sembrava quasi stesse attendendo di essere utilizzata. Il ragazzo si fermò a guardarsi nello specchio, come un colpevole orgoglioso delle proprie colpe. Dopo essersi assicurato di avere degli asciugamani da utilizzare entrò in doccia e si fece un lungo bagno con la testa piena di pensieri che in quel momento andavano solo a Clive e a se stesso.
Uscì dopo una ventina di minuti e dopo essersi asciugato per bene, si piazzò di nuovo davanti alla specchiera, con la luce delle lampadine che lo illuminava completamente.
Allungò la mano verso la sua figura riflessa, senza un motivo preciso come per sfiorare quel suo sorriso che non voleva più andarsene. Era la prima volta dopo tanto tempo che riusciva a guardarsi in modo positivo e a vedere qualcosa di bello in sé.
Si guardò intorno curioso, quei cassetti così grandi, sembravano voler essere perlustrati a fondo. Cercò di trattenersi, finché la curiosità non ebbe la meglio su di lui e cominciò ad aprirli guardandone il contenuto. L’ordine regnava sovrano, ogni cosa era adagiata con cura al suo posto, probabilmente con un criterio ben preciso. Julian amava osservare gli oggetti di qualsiasi tipo, guardarli toccarli e analizzarli era come una mania per lui, e in quei cassetti c’era davvero di tutto. Nonostante questo cercò di limitarsi a guardare senza toccare. Arrivato al terzo armadietto però, trovò una scatola in cartone, rossa. La osservò e dopo un po’ d’indecisione la prese e la appoggiò sul ripiano. Esitò ancora per un po’ poi la aprì con molta attenzione.
Appena ne vide il contenuto, sgranò gli occhi tra l’incredulo e il meravigliato.
Trucchi di ogni genere, a centinaia. Ombretti di vari colori, matite per gli occhi e per le labbra, smalti, pennelli, rossetti e altre cose a Julian quasi sconosciute, e non mancavano neppure orecchini, bracciali, collane e grandi anelli. L’ipotesi che tutte quelle cose, potessero appartenere ad una ragazza segreta di Clive, era da scartare a priori, tutto ciò non poteva che essere del ragazzo.
In un primo momento Julian rimase a fissare il contenuto esitando, confuso. Poi cominciò a frugare nella scatola, sempre più interessato, prendendo in mano ed esaminando ogni singolo oggetto. La cosa cominciava a divertirlo, e in fondo non c’era nulla di strano nel trovare tesori come quelli in casa di Clive.
La sua attenzione fu catturata da un rossetto in particolare.Era di colore blu. Lo prese in mano, tolse il tappo e fece risalire la punta. Quel colore così insolito, che non aveva mai visto neppure sulle labbra di Annie, gli piaceva moltissimo. Rimase a fissarlo.
In quello stesso istante Clive bussò alla porta e senza aspettare una risposta di Julian entrò in bagno con dei vestiti puliti in mano.
< Secondo me questi sono perfetti! > disse appena dentro, richiudendo la porta con il piede senza guardare subito Julian, che sussultò, buttò il rossetto nella scatola e con altrettanta rapidità la chiuse.
Clive lo guardò confuso inarcando le sopracciglia.
< Be’ che succede? Sembri un bambino scoperto a curiosare tra  i vestiti di tua mamma > disse ridendo.
< Stavo cercando… > Julian in quel momento non trovò nessuna scusa abbastanza credibile per giustificarsi, con gesto rapido prese la scatola in mano per rimetterla al suo posto.
< Fermo! > Clive appoggiò i vestiti su una sedia e gli andò vicino prendendogli la scatola dalle mani ed estraendone il rossetto che era rimasto senza tappo. Con gesto indeciso Julian gli passò la parte mancante.
< No! > continuò il moretto convinto dandogli un colpetto sulla mano < Vuoi provare? > chiese poi allargando le labbra in un sorriso. Clive era già vestito, indossava una camicia bianca, e sopra un gilet blu lungo abbottonato solo al centro, dei pantaloni marroni attillati e un paio di stivaletti rossi. Il tutto lo rendeva come sempre, secondo Julian, dannatamente elegante.
< Oh no, no grazie Cly! Non mi starebbe nemmeno bene > rispose l’altro sistemandosi l’asciugamano alla vita.
Clive lo baciò sulla spalla < Io dico che ti starebbe benissimo invece, meglio a te che a me > continò con tono convinto < E poi è divertente sai? Io a volte ci perdo delle ore > a quelle parole si girò verso lo specchio, appoggiò la punta del rossetto sulle sue labbra e le dipinse completamente con tocco esperto.
A Julian sfuggì una risata
< Ti dona davvero Cly! > ammise poi guardandolo attraverso lo specchio, mentre il ragazzo lo osservava con occhi languidi. Le labbra quasi dello stesso colore degli occhi.
< Vuoi provare? > chiese poi avvicinando il rossetto alle labbra di Julian.
Il ragazzo rise di nuovo < Oh no, no, grazie >.  
< Eddai Jules! > lo supplicò l’altro divertito < Poco, poco…>.
Scosse la testa convinto.
< Guarda che poi si toglie, non ti mando a casa con le labbra blu! >
< Lo so che si lava, ma no! >
Clive abbasso gli occhi e curvò la bocca in un broncio.
< Dai per piacere Julsie! > tornò poi a insistere cominciando a frugare nella scatola estraendone altri rossetti.
< Se vuoi, ho anche altri colori, ma secondo me il blu è perfetto con i tuoi occhi verdi, e poi è quello che avevi in mano > alzò lo sguardo sorridendogli.
< Da quando mi chiami Julsiee? >
Clive rise alzando le spalle < Non cambiare argomento Julian Clarke! Se mi permetti di mettertelo poi ti mostro una cosa >.
< Certo! Io non mi fido più di te quando mi dici “Ti devo fare vedere una cosa” > Julian scoppiò a ridere e Clive fece altrettanto, felice di vedere tutta quella positività nel suo ragazzo.
< Allora? > chiese di nuovo avvicinando “l’arma” alle sue labbra.
Julian si convinse < E va bene, proviamo >.
Un lampo di luce passò negli occhi di Clive.
< Tu mi stai rendendo sempre più felice Jules! Mettiti seduto! > gli disse prendendo in mano la scatola
< Hei, ma ho detto sì per il rossetto non per il resto…>.
< Cosa? Non ho capito Julian, hai detto forse qualcosa? > Clive cominciò a spingere il ragazzo verso la sedia ridacchiando soddisfatto < Dai siediti! >.
< E va bene, il mio viso, e solo quello > specificò < É tutto tuo, fai quello che vuoi > detto questo, spostò i vestiti e si mise seduto sulla sedia.
Clive appoggiò i suoi piccoli tesori sul bordo della vasca e si sedette sulle gambe di Julian.
< Non sai quanto sono felice! Che bellezza, sono emozionato! > ammise cominciando a rovistare nella scatola. < Sono bravo! > aggiunse poi vedendo che Julian cominciava a guardarlo sempre più perplesso.
< Con quelle labbra blu, forse ho un po’ di dubbi > ripose l’altro ridacchiando.
Clive rise < Zitto Clarke, sei in mio potere tanto per cambiare >.
< Sei un manipolatore Clive Bennett! >
< E ne vado fiero, mio caro! > continuò Clive ridendo, poi appoggiò la mano sotto il viso di Julian e lo sollevò leggermente.
< Molto bene, ora stai fermo che l’artista deve lavorare! > gli sorrise baciandolo sulle labbra.
Julian ricambiò il sorriso e smise di ridere, cominciando a chiedersi perché aveva acconsentito a una cosa come quella, forse in un secondo tempo si sarebbe pentito, o forse no, ma in quel momento si sentiva di nuovo affidato completamente a Clive, la cosa non gli dispiaceva e si stava divertendo.
Gli sembrava di riscoprire quell’intesa e quel rapporto speciale che aveva avuto con lui, anche se quella cosa del trucco, non l’aveva mai provata prima, ma era una novità che gli piaceva moltissimo. Ne era sempre più convinto, mentre Clive cominciava a impiastricciarli tutto il viso di chissà quale diavoleria.
< Ho un piano di lavoro stupendo! > gli disse poi Clive prendendo in mano una piccola palette con ombretti di tonalità dall’azzurro al viola.
< Grazie Cly >
< Bene, ora socchiudi un po’ gli occhi e solleva il viso > continuò Clive.
Julian obbedì, Clive prese dell’ombretto viola sull’indice e cominciò a truccare le palpebre di Julian.
< Fermo… > gli disse mordendosi il labbro e prendendo dell’ombretto blu.
< Ma sono fermissimo > rispose l’altro cominciando a ridere.
< Fermo! > disse di nuovo Clive ridendo e sfumando i due colori arrivando quasi fino alle sopracciglia.
< Bene, ora apri gli occhi >
Julian li aprì lentamente guardandolo quasi con insicurezza, trovandosi davanti il sorriso blu soddisfatto di Clive.
< Ottimo, ottimo, sono proprio bravo e tu sei proprio bellissimo! > detto questo, prese una matita nera < Cercherò di non farti male > aggiunse e dandogli ancora delle indicazioni fece tutto il contorno degli occhi, cercando di seguirne la forma e allo stesso tempo risaltarla, facendo un tratto più marcato nella parte inferiore. Il suo respiro lento sottolineava la sua concentrazione. Julian eseguiva paziente le indicazioni che gli venivano date, e sperava che i suoi occhi, non abituati a certe cose, non lacrimassero troppo.
< Perché piangi Julian? Povero il mio Julsie cos'è successo? > gli chiese ad un certo punto Clive con tono divertito.
< Non sto piangendo Cly! > ribatte l'altro tornando a ridere.
Clive sorrise e lo baciò sulle labbra, per riprendere poi il suo "lavoro"< Trovo tutto ciò molto eccitante! Spero valga la stessa cosa per te Julsie! >
< Devo dire di sì! > ammise Julian sorridendo. In effetti, quel momento aveva in se qualcosa di speciale ed elettrizzante, e Julian ne era incantato.
< Pesi…> sussurrò poi appoggiando una mano sulla gamba di Clive.
< Oh insomma cos’hai da lamentarti > rispose con un tono di falso rimprovero < Dai ho quasi finito. Fatti vedere… > il ragazzo si alzò accovacciandosi davanti a lui.
< Dimmelo che sono un artista con i fiocchi Julsie! > ammise poi con tono di superiorità ammirando il volto di Julian.
< Sei un artista Cly! > lo accontentò Julian < Anche se io ancora non ho visto nulla…>.
< Porta pazienza, mancano solo alcune cose >. 
La cosa andò avanti per altri cinque minuti, che per Julian furono eterni e nei quali Clive non negò il piacere di dipingergli il viso.
< E ora il tocco finale! > disse Julian con piena soddisfazione frugando nella scatola.
< Oh l’ultimo tocco, è rimasto sopra il lavandino > rise alzandosi < Sei uno schianto! > disse andando a prendere il rossetto.
Julian fece per alzarsi.
< Fermo lì! > gli ordinò Clive puntandogli contro il rossetto < Non puoi vedere finché non ho finito! >
Il ragazzo assunse un’espressione da colpevole dispiaciuto e tornò a sedersi.
< Ecco, bravo > Clive lo raggiunse, si accucciò di nuovo davanti a lui e con molta cura e attenzione gli mise il rossetto.
< Hai delle labbra adorabili Jules, e come ti avevo detto, questo blu ti sta davvero bene! >
< Non so se vorrò guardarmi allo specchio > gli disse Julian ridendo.
< Ma come no? Devi, anche solo perché il lavoro l’ho fatto io > rispose il ragazzo tutto orgoglioso < Sei stupendo, anzi stupenda! Dai alzati ora > lo prese per mano accompagnandolo davanti allo specchio.
< Allora che ne pensi Jules? > chiese sorridendo fiero di sé aggiunse.
Julian scrutò attentamente la sua immagine riflessa. Era del tutto insolito per lui e ci mise qualche secondo prima di decidere la sua reazione. Il trucco era stato fatto con cura e con un tocco di creatività. Metteva in risalto i suoi occhi rendendoli quasi più grandi, e le sue labbra sottili erano decisamente più evidenti. Gli piaceva molto.
< Allora? > tornò a chiedere Clive guardandolo < La tua teoria filosofica cosa dice? >
< Eh molto strano ma…mi piace, mi piace moltissimo Clive! > rispose lui con tutta sincerità.
A quel giudizio Clive abbracciò forte Julian ridendo di felicità.
< Oh come sono contento! Sei bellissima lo sai? >
Julian rise di gusto.
< Grazie, forse posso crederti! >
< Certo che sì! > tornò a guardarlo < Senti fai una cosa, ora vestiti pure e aspettami in cucina, ho già preparato la colazione ma tu aspettami, va bene? >
< Ma devo rimanere così? >
< Certo, almeno per un po’ Jules! Io nel frattempo come promesso preparo la cosa da farti vedere! >
< Hmm va bene Clive, allora io vado >
< Sì vai, ti raggiungo tra una decina di minuti > rispose tenendogli ancora le mani sui fianchi.
Julian lo guardò incuriosito < Posso fidarmi? >
< Certo! > a quelle parole Clive lo baciò intensamente < Ora vai! >
< Allora a dopo > Julian prese i vestiti ed uscì dal bagno lasciando Clive da solo.
Si cambiò in fretta e andò in cucina ad attendere il suo ragazzo, quasi impaziente.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Colazione da Miss Blue ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Salve! Dunque dopo essere riemersa dal mia giornata dedicata alla glottologia, posso finalmente pubblicare il capitolo!:D
Capitolo che è diventato di passaggio, visto che questa notte l'ho passata insonne e l'ho allungato di mooolto, il che vuol dire anche, che ho già pronti altri due capitoli che pubblicherò in questi giorni!:)
Voglio ringraziare tutti quelli che seguono la storia (sembra tanto un discorso di quelli fatti alla tv: Voglio salutare tanto mio zio Clementino ecc ecc :D), e in particolare LadyMadonna che in una sera ha letto tutti tutti i capitoli recensendoli e la cosa mi ha fatto davvero molto felice! Ringrazio anche per tutte le recensioni e, e basta. Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere. (Questa idea era prevista nel progetto iniziale, poi l'ho scartata e poi ho deciso di rimmetterla :D, si lo so, non vi interessa:) )
Un bacio!
Bye!
BlueJayWay!


----------



Julian entrò in cucina. La tavola apparecchiata per due, sopra la quale, c’era di tutto per una colazione più che abbondante “Addirittura un volume di medicina applicata!” Pensò Julian ridendo e sedendosi. Aveva fame, molta fame, e la cosa non gli capitava spesso, decise comunque di aspettare Clive, come gli aveva promesso.
Si mise a guardare fuori dalla finestra che dava sul giardino. Martha era distesa sull’erba a godersi il sole ormai alto. Probabilmente l’ora della colazione era passata da un bel po’ ma questo non era certo un problema. Julian decise, che dopo aver mangiato sarebbe tornato subito a casa, non poteva farla trovare vuota al ritorno di Annie. In realtà non aveva nessuna voglia di ritornare, non era certo pronto per affrontare quell’argomento, e non aveva idea di come, e se lo avrebbe affrontato. Conoscendosi, non ne avrebbe parlato.
Tornò a guardare Martha, pensando che in quel momento, avrebbe preferito essere lei, piuttosto di avere cose così importanti da risolvere. Perché ormai era inevitabile.
Clive dopo dieci minuti ancora non scendeva e si era messo a canticchiare, a quel punto Julian decise di imitarlo per poi chiamarlo.
< Bennett, avevi detto dieci minuti! >
< Dieci minuti? > chiese l’altro di rimando.
< Certo, dieci, me lo ricordo bene, ne sono passati un po’ di più! > rispose l’altro alzando la voce per farsi sentire meglio.
Clive non rispose e riprese a cantare.
Julian scosse la testa sorridendo. Cominciò a giocherellare con il cucchiaio che stava vicino alla grande tazza ancora vuota, poi lo sollevò all’altezza del viso per guardarsi. Naturalmente non riusciva a vedere un granché, ma era più che sufficiente per osservare il trucco. Il suo ragazzo aveva fatto davvero un ottimo lavoro, quella cosa così estremamente insolita non riusciva a non piacergli e a divertirlo. Certo, se lo avessero visto i suoi genitori in quel momento. Un’immancabile fitta allo stomaco, accompagnata da un forte senso di disgusto, lo colsero in modo quasi inaspettato. Preferì non trovare una risposta a quella sua domanda e scacciò subito il pensiero, tanto non avrebbero mai saputo nulla, loro.
Clive dopo essersi preparato, scese velocemente le scale, e arrivato davanti alla cucina, si appoggiò con eleganza allo stipite della porta e si schiarì la voce, per attirare l’attenzione di Julian che sembrava stesse in contemplazione di se stesso.
Julian sentendolo, abbassò lentamente il cucchiaio e alzò lo sguardo.
Al posto del suo viso, si ritrovò Clive, completamente truccato, con tratti decisamente più azzardati dei suoi. In particolare sugli occhi, dove oltre all’ombretto blu e nero, il segno della matita si allungava in due linee che terminavano in una spirale, una andava verso l’alto, l’altra scendeva verso il basso. Nonostante l’azzardo, il tutto rimaneva comunque incredibilmente raffinato. Naturalmente Clive, non si era limitato al trucco, ma aveva cambiato di nuovo vestiti. Indossava un completo che poteva dirsi, molto femminile, una camicia azzurra con tanto di pailette, lunghi pantaloni neri che si allargavano sul fondo, un paio di stivali di un nero lucidissimo e con un leggero tacco. Ma la cosa che colpì maggiormente Julian, che in quel momento lo fissava senza riuscire ad esprimere un suo giudizio, era la parrucca. Una parrucca, dello stesso colore della camicia, lunga e riccia, che arrivava ben oltre le spalle di Clive.
Julian sgranò gli occhi tra il meravigliato e il sorpreso, poi scoppiò a ridere.
< Non ci posso credere! > aggiunse piegandosi e sbattendo la testa sul tavolo.
< Beh questo sarebbe il tuo giudizio? Con tutto il lavoro che ho fatto? Potrei offendermi sai > gli rispose Clive divertito facendo qualche passo in avanti.
< Dovrei forse chiamarti Miss Blue? > chiese l’atro continuando a ridere e cominciando a massaggiarsi la testa.
Clive andò a sedersi sulle sue gambe < Se è quello che desideri fai pure! >
< Mi confondi! > ammise il ragazzo senza smettere di sorridere < Però sei bellissima Cly! >
< Ci mancherebbe! Lo so bene che sono bellissima! > disse sistemandosi al meglio la parrucca < E così io ti confondo Clarke? >
< Direi proprio di sì >
< Adoro confonderti!  > confessò Clive mettendogli le braccia attorno al collo e baciandolo.
< Non mi dire! >
Clive si tolse la parrucca e la mise sulla testa di Julian < Tu però stai decisamente meglio, direi che questa cosa potrebbe farmi arrabbiare molto! > rise e tornò ad abbracciarlo.
< Insomma era questa la cosa che volevi mostrarmi? > chiese Julian, togliendosi la parrucca e rimettendola in testa a Clive, in modo da coprirgli completamente la faccia.
Clive soffiò sulle ciocche azzurre che gli ricadevano sul viso < Esattamente! >
< Sei incredibile Cly! > sorrise e gli sistemò la parrucca < Senti Miss Blue, quando mi accompagni in stazione? >
< Prima facciamo colazione > rispose alzandosi < Poi direi che ci strucchiamo, a meno che tu, non voglia tornare a casa così. Volendo potrei anche mettermi un completino più elegante! >
< Non credo sia una buona idea > rispose Julian serio.
< Infatti stavo scherzando sciocchino! > rise < Allora signorino, cosa desidera per colazione? >
< Tutto quello che offre la casa > rispose Julian stando al gioco.
< Con una risposta come questa, potrei anche fraintenderla Julsie! > sorrise malizioso.
< Clive! > esclamò l’altro con tono di rimprovero.
< Clive? Chi è questo Clive? >
Julian si portò la mano sul viso, ridendo, esasperato.
< Credo che mi andrà bene una tazza di latte bollente e cerali, tanto per cominciare >.
< Niente “Scrambled Eggs”? > domandò Clive intonando le prime note di “Yesterday” dei Beatles.
< No grazie Miss Blue > rispose Julian continuando a ridere.
< Peccato, mi riescono sempre bene di solito >.
< Allora va bene > si convinse Julian < Assaggerò volentieri! >
< Ottima scelta! > esclamò Clive. < Allora lasciami il tempo di prepararle > aggiunse prendendo dal frigo tutto il necessario e cominciando poi a rompere delle uova dentro una ciotola.
Julian cominciò ad osservarlo in silenzio, mentre il ragazzo o forse la signorina, era tutto indaffarato a preparare la colazione e ogni tanto si voltava verso di lui allargando le labbra in un sorriso, che Julian non riusciva a decidere se interpretare come qualcosa di piacevole, divertente oppure qualcosa con un che d’inquietante. Era incredibile quanto Clive riuscisse a stare a suo agio in quel modo, senza farsi alcun problema, lui certo non ci sarebbe riuscito. Era altrettanto incredibile quanto Clive, in qualsiasi modo, riuscisse a farlo sentire, bene.
< Vuoi che ti aiuti? > chiese poi riemergendo dai suoi pensieri.
Clive tornò a sorridergli < No Jules, ho quasi finito, e poi per oggi sei mio ospite > aggiunse tornando cominciando a fischiettare.
< In che senso, per oggi? > domandò Julian confuso.
< Nel senso che, per oggi sei mio ospite! > tornò a ripetere Clive senza dargli alcuna spiegazione, anche se avrebbe potuto benissimo spiegargli cosa intendeva.
< Eddai! > insistette Julian, che non capiva sinceramente nulla e voleva una risposta. Clive scosse la testa
< Non insistere Julsie, come ti ho detto, non voglio che mi aiuti per oggi, perché per oggi sei mio ospite > sorrise con molta tranquillità e come chi aveva chiarito e chiuso quell’argomento < Detto questo, buon appetito Jules! > Clive appoggiò un piatto ricolmo di uova e bacon davanti a Julian e andò a sedersi di fronte a lui piazzando davanti a sé un piatto altrettanto ricco.
< La ringrazio Miss Blue, l’aspetto è molto invitante >.
< Spero di non deludere le sue aspettative. Buon appetito! >
< Sicuramente non accadrà, buon appetito anche a lei >.
Cominciarono a mangiare in silenzio, Clive cercava di atteggiarsi il più possibile per essere consono al suo travestimento, Julian continuava a guardarlo e dopo un po’ nonostante gli sforzi, non riuscì più a rimanere serio e scoppiò a ridere senza riuscire a fermarsi.
.< Perché sta ridendo di me? Potrei sentirmi offesa > disse Clive sistemandosi i capelli azzurri dietro la schiena, assumendo un’aria solo apparentemente irritata.
< Ci vuole buona educazione a tavola > aggiunse, mantenendo la sua compostezza.
< Non ci riesco Cly davvero! > rispose l’altro ridendo e cominciando a tossire per qualche briciola di toast che gli era andata di traverso.
Clive sorrise facendogli l’occhiolino. Poi rise anche lui.
< Va bene dai, basta così > detto ciò si tolse la parrucca e l’appoggiò su una sedia < Dopo mi cambierò anche i vestiti >.
< Comunque sei incredibile, davvero! > gli disse Julian sorridendo < Lo fai spesso? > domandò poi finendo l’ultimo boccone di quella prelibata colazione.
< Questo? Il travestirmi dici? No, solo in certe occasioni! >
< Quindi questa è un’occasione? >
< Direi di si Julian! >
< Mi sento più che onorato allora! > fece Julian arricciando le labbra in un sorriso.
< Addirittura! >
< Sì > rise < E a parte questo, le uova erano buonissime, potevi anche fare a meno di mettere fuori tutti il resto > disse, facendo una breve ripresa di tutto quello che era in tavola.
< Sono proprio felice che ti sia piaciuto Jules. Ora direi che abbiamo bisogno di una sistemata, ci strucchiamo per bene, io mi cambio e poi andiamo in stazione >.
< Bene > rispose Julian alzandosi e cominciando a sparecchiare la tavola.
< Fermo! Sei ospite per oggi, ci penserò io dopo a sistemare >.
Julian si bloccò immediatamente.
Clive quasi meravigliato si mise a ridere < Accidenti ho il potere di comandarti! >
< Smettila! > rispose Julian ridendo.
< Maledizione, quanto ti amo Jules! > gli andò vicino e gli appoggiò le mani sui fianchi < Sappi che ti rivoglio Julian, tutto per me >.
< Mi sembra un po’ azz>
Clive lo interruppe all’istante < Mi sembra che prima di toglierti il trucco, voglio baciarti così almeno altre cento volte! > e prima ancora che potesse rispondergli lo baciò, un bacio lungo e intenso.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Parole ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Dunque, che dire, questo capitolo forse è diventata un po' ripetitivo ma diciamo che in parte mi serve per il prossimo, e quindi lo tengo così :). Spero vi piaccia e se avete qualche consiglio o altro dite pure c:
Buona lettura!
B.J.W.
---------------------


< Andiamo a stuccarci dai! > disse Clive tirando Julian per la mano.
< Va bene! > rispose l’altro lasciandosi trascinare.
L’operazione durò circa una mezz’oretta tra una cosa e l’altra.
< Ottimo! > esclamò Clive passandosi ancora una volta l’asciugamano sul viso < Dammi il bentornato! > continuò, guardando Julian che stava ancora con la faccia immersa sotto il getto dell’acqua.
< Bentornato!> farfugliò Julian rialzando il capo e guardando Clive con il viso bagnato e gli occhi socchiusi. Clive gli mise il suo asciugamano sulla faccia asciugandolo per bene, mentre Julian cercava di dire che era capacissimo di farlo anche da solo. Clive, in quei momenti, aveva la capacità, di diventare improvvisamente sordo.
< Ecco fatto! > disse poi rimettendo con cura l’asciugamano al suo posto.
< Ora vieni in camera mia che mi cambio >
< Posso anche aspettarti in cucina…>
< Così la vedi > precisò Clive, uscendo dalla stanza da bagno. Julian lo seguì senza ribattere oltre.
La camera di Clive era probabilmente una delle stanze più originali di tutta la casa, almeno per Julian. I muri, erano tappezzati di una carta parati con righe di vari colori su una scala di tonalità fredde, le righe non seguivano né una direzione orizzontale né verticale, ma andavano a fondersi tra loro in grandi curve. Sopra il letto matrimoniale, un quadro dipinto a mano, senza cornice. Rappresentava, anche se in modo molto astratto, una piccola via dentro un bosco di alberi fitti fitti tra loro, l’effetto finale dava quasi la sensazione di trovarsi realmente in quel bosco.
Oltre al quadro, sulle pareti non c’era altro. Ai due lati del letto vi erano due comodini in legno scuro, sopra di ognuno un’abatjour, di colore rosso, in contrasto con le pareti. Vi era poi un grande armadio che occupava tutto il muro davanti al letto, e vantava di numerose ante, cassettoni, e di una specchiera doppia. La finestra molto ampia, dava sul giardino interno e sotto di essa vi era una piccola scrivania, apparecchiata con una grande pila di libri e quant’altro. Infine una libreria, più piccola di quella del salotto, ma altrettanto ricca. Un grande lampadario in vetro rossiccio illuminava il soffitto blu.
< Caspita! > esclamò Julian guardandosi intorno piacevolmente sorpreso. < Devo forse intuire a questo punto, che ti piace il blu? > chiese poi al ragazzo ridacchiando.
< Forse > Clive sorrise togliendosi la camicia, mentre Julian esplorava curioso ogni angolo della stanza.
< Tutte queste righe non ti fanno venire il mal di testa ogni volta che entri? > domandò di nuovo, avvicinandosi al muro.
Scosse la testa < No, ci si fa l’abitudine e basta non mettersi a fissarlo come stai facendo tu ora > rise di nuovo.
< Credo sia inevitabile > ammise Julian spostando lo sguardo sul quadro.
< L’ho fatto io > disse Clive prima ancora che Julian potesse porgli la domanda.< E la cosa più incredibile è che lavoro in un negozio dove si vedono per lo più cornici, e questo come vedi non ne ha > sorrise.
< Mi piace moltissimo, è, suggestivo! Complimenti Cly! >
< Ti ringrazio. Siediti pure mente finisco di cambiarmi, non vorrai startene lì impalato >.
< Dove? >
< Sul letto no? > rise.
Con qualche esitazione Julian obbedì e si sedette sul letto, guardando Clive.
< Caspita Julian, sei davvero incredibile Poi anche starci seduto su un letto, no? > rise, si abbottonò il gilet e lo raggiunse sedendosi accanto a lui.
< Allora, dovrebbe esserci un treno tra circa > diede un’occhiata all’orologio sul comodino < Quaranta minuti, forse un po’ di più >.
< Allora manca ancora un po’ > rilevò Julian pensieroso.
Clive si lasciò cadere sul letto con gli occhi rivolti al soffitto.
< Mah, se calcoli che sono una decina di minuti a piedi, in più devi prenderti anche il biglietto non sono poi così tanti >.
Julian si voltò a guardarlo rimanendo seduto < Quindi mi accompagni? >
Clive sollevò le sopracciglia scure < Certo! Che domande mi fai, ne abbiamo già parlato >.
Julian sorrise tornando a guardarsi intorno nella camera. Clive, con gesto fulmineo, lo afferrò per il braccio, tirandolo giù e facendolo cadere sul letto accanto a se.
Julian rise < Che intenzioni hai Clive? >
< Io? Nessuna intenzione, che intenzioni dovrei avere? Perché credi sempre che io abbia secondi fini?> rise con aria da innocente < Solo abbracciarti un po’ e baciarti e farti qualche coccola e >.
Julian lo interruppe, baciandolo quasi con foga e lasciando Clive per qualche attimo stupito.
< Ti amo Cly > sussurrò con un sorriso sulle labbra.
< Quando torni? > chiese il ragazzo di rimando.
Julian sospirò piano < Non lo so, mi piacerebbe anche rimanere qui ma non si può fare. Annie tornerà domani, e non credo che >
< Devi parlargliene! > lo interruppe Clive prima ancora di sentirsi dire le solite cose.
< Vedi non è così semplice Clive…Non saprei nemmeno da dove cominciare. >
< Senti, ti do tutto il tempo che vuoi Julian, anzi, facciamo così. Invitami a casa tua, o anche con altri, come preferisci. Quando c’è lei a casa. Facciamo la cosa più banale possibile ma utile. Presentami a lei, come tuo amico, io cercherò di fare la mia parte, non molto sia chiaro, mi limiterò ad essere me stesso > accentuò le ultime parole guardando Julian negli occhi.
< Non lo so Clive > rispose Julian iniziando a riflettere sulla cosa, seriamente spaventato, in fondo per Clive era tutto così semplice.
< Vuoi dire che preferisci lasciar andare tutto? >
< Non lo so Clive > tornò a ripetere abbassando gli occhi e stingendosi a lui.
< La risposta dovrebbe essere, no! No e basta, altrimenti tutto questo diventa inutile >.
< Forse > sussurrò Julian, pentendosi subito di quello che aveva appena detto.
< Dunque, vuoi dirmi che la sposerai! Ami me e sposi lei, ottimo affare Julian. Fai un passo in avanti e centomila indietro? > domandò Clive con tono convinto, Julian sentì un tuffo al cuore.
< Clive, sono state delle ore stupende per piacere >.
< Oh, allora teniamoci il ricordo delle “ore stupende” e andiamo a sposarci! > fece, quasi sarcastico e irritato.
< Cly, per piacere! >
< Cosa vuoi che ti dica? Maledizione Julian! Smettila e cerca di reagire! Non posso farlo al posto tuo. E ovviamente a me non pensarci nemmeno! >
< I miei genitori sono ancora in vita, ti ricordo > sospirò Julian, convinto che il problema maggiore in fondo fosse proprio quello.
< Tu non hai quindici anni, ti ricordo! E comunque con tutto il bene che ti hanno fatto, non dovrebbe neppure interessarti, anzi, dovrebbe essere l’ultimo dei tuoi problemi. Voglio dire, se mai tu prendessi finalmente la decisione di parlare con Annie e loro ti dicessero frasi del tipo”Non sei degno di essere nostro figlio” Beh tanto meglio! Lo so che sto parlando da stronzo, egoista e sfacciato, quello che vuoi, ma fidati che non perderesti nulla. Non ti hanno neppure trattato come un figlio! Con tutto quello che ti hanno fatto passare Julian! In fondo sei stato anche fin troppo forte per essere sopravvissuto a tutto. Ma devi fare quello che vuoi ora > lo guardò serio < Probabilmente per me è tutto più semplice ma non posso cambiare la loro mentalità ristretta, quello che posso fare lo sto già facendo, ma devi muoverti anche tu. Loro lasciali perdere, che bene da quando hanno saputo chi preferisci, non te ne hanno certo voluto. Io sarei fuggito da casa probabilmente, o chissà…>.
Julian non rispose, sentì solo il forte bisogno di abbracciare Clive che lo accolse tra le sue braccia stringendolo con forza. Rimasero abbracciati nel silenzio più totale. Julian non aveva nemmeno la forza di piangere, si sentiva sfinito dentro, e Clive come al solito aveva ragione.
< Sai Clive…> cominciò poi lasciandolo lentamente < Vogliono che andiamo a trovarli tutti i mesi, sempre. Se tardiamo a farci vedere cominciano a chiamare, chiamare e chiamare. Non lo sopporto! Mi tengono sotto controllo ancora adesso, mia madre, tutte le volte parla ad Annie del matrimonio, mio padre parla dei nostri figli. Ogni mese, sempre la stessa storia. La cosa che odio di più è quella maledetta soddisfazione sulle loro facce >.
Clive corrugò la fronte, infastidito e sconcertato, scosse la testa tornando a stringere a se Julian e baciandolo sulla guancia.
< Sai cosa Jules! > disse accennando un sorriso < Il prossimo mese, invece di andarci con Annie ci andiamo tu ed io! Che te ne pare? Sai, ho un desiderio irrefrenabile di parlare da buon amico con loro > lo guardò mentre Julian era intento a fissare davanti a se < Dopo aver parlato con Annie naturalmente >.
< No! > Julian si voltò di scatto verso il ragazzo, con il terrore che si leggeva nei suoi occhi.
< No Clive è un’idea pessima, una pessima idea! > il suo respiro era improvvisamente diventato irregolare e nonostante questo cercava di controllarlo, senza risultato.
< Va bene > rispose Clive con tono calmo per cercare di tranquillizzarlo.
< Va bene Jules, niente visita parenti allora. Calmati su, che non sono certo qui adesso > lo abbracciò forte mentre Julian riprendeva piano il suo respiro.
< Guarda facciamo le cose con calma. Senza coinvolgere i due vecchi, deve saperlo Annie. Non puoi essere certo di come la prenderà, magari, magari bene > azzardò Clive.
< Dubito, lei mi ama > disse Julian.
< Ma tu no, e da qualche parte si deve pur cominciare >.
Julian lo guardò dritto negli occhi < Ma in fondo non sto così male, insomma ci convivo bene >.
< Oh no infatti, prima di venire qua sprizzavi di una positività quasi abbagliante, e quando tornerai a casa, riprenderai a brillare! > rispose Clive con tono di rimprovero.
< Hai ragione…>
< Non c’è nemmeno il bisogno di dirlo, non è ragione, è verità e basta. E lo sai perfettamente anche tu. >
Clive era la bocca della verità, ogni parola che Julian sentiva era più che giusta, e Clive era più serio che mai. Non alzava minimamente il tono della voce, ma rimaneva quasi calmo, e questo contribuiva ad imprimere meglio nella mente di Julian ciò che diceva. Julian pensava seriamente su ogni singola cosa, in quel momento si sentì completamente convinto che avrebbe cominciato a fare qualcosa, che avrebbe prima di tutto invitato Clive a casa sua.
< Va bene > disse infine dopo una lunga riflessione.
< Va bene? > domandò Clive per sentirsi dire da Julian cosa aveva deciso.
< T’inviterò a casa mia, uno di questi giorni > annunciò Julian tornando a sorridere.
< Ottimo, bravo il mio filosofo che ha tratto finalmente la sua teoria > sorrise anche lui baciandolo sulla fronte < Direi che come inizio è più che sufficiente.  >.
< Speriamo…>
< Certo!> esclamò Clive convinto < Ora avviamoci alla stazione, altrimenti rischi di perdere il treno >.
< Allora andiamo! >
< Aspetta > Clive lo baciò ancora una volta < Così ci siamo salutati come si deve > Julian gli sorrise.
I due ragazzi uscirono di casa, Clive chiuse la porta e poi si guardò intorno.
< Martha! Vieni andiamo ad accompagnare questo bel signorino alla stazione > Il cane sollevò il muso da terra guardando i ragazzi con occhi assonnati, fece uno sbadiglio mostrando in modo elegante le sue fauci e tornò a chinarsi sull’erba.
< Pigra! > la rimproverò Clive avviandosi con Julian al seguito verso il cancello.
< Dici che mi ha preso in simpatia? > Chiese Julian mentre uscivano dal cancello.
Clive si fermò a guardarla mentre li osservava attentamente < Penso proprio che ci stia ancora riflettendo sopra > ridacchiò Clive < Comunque non ti ha certo preso in odio altrimenti te lo avrebbe fatto capire >.
< Non vorrei nemmeno sapere come > I due risero e s’incamminarono verso la stazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** In fiamme ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  In questo sogno ho cercato di mettere qualche frammento di ricordo di Julian mescolandolo ad altre cose, più o meno reali c:. Spero di essere riuscita nel mio intento, ho cercato di non dilungarmi tropppo questa volta.
Buona lettura! 
B.J.W.


----------------



Al binario della stazione, c'era il solito frastuono e caos dell’ultimo minuto. Persone senza bagagli alla mano, e persone che invece erano addobbate più di un albero di Natale, con borse, borsoni e valige di ogni dimensione. Gente che si abbracciava e che si salutava, ultimi arrivati che correvano all’impazzata per salire sul treno che sarebbe partito di lì a poco.
< Aspetto la tua chiamata allora > disse Clive a Julian che era già salito sul treno, dove le portiere si sarebbero chiuse a momenti per l’ultima volta, e i ragazzi cercavano quindi di approfittare di quegli ultimi secondi per dirsi ancora qualche parola.
< Lo farò > promise il ragazzo sorridendogli.
< Molto bene! > gli tese la mano e gliela strinse con determinazione < Allora arrivederci Jules > strizzò l’occhio sorridendogli e fece qualche passo indietro senza togliergli gli occhi di dosso, mentre il capostazione fischiava per annunciare la partenza.
Julian cercò di imprimere il più possibile nella sua mente quei lineamenti eleganti, quegli occhi blu e quelle labbra così carnose. Ebbe l’istinto di saltare giù dal treno per baciarlo ancora, per tornare a casa con lui, ma si trattenne.
< Arrivederci Clive, e buona fortuna per il tuo esame! >
< Ti farò sapere com’è andata >
< Allora ciao…! >
Le portiere si chiusero prima ancora che Clive potesse rispondergli, Julian riuscì a capire solo un “Arrivederci” guardando il labiale del ragazzo, poi il treno partì. Decine di persone cominciarono a sbracciarsi per salutare amici, parenti, compagni e compagne, che erano sul treno assieme a lui, Clive no. Julian lo vide osservare il treno ancora per qualche secondo e poi voltarsi e incamminarsi a passo lento verso l’uscita della stazione, poi non vide più nulla. Fece un lungo sospiro, e si decise a cercare posto per sedersi.
Percorse almeno tre vagoni, mentre la gente lo guardava con ben poca discrezione. Tutti quegli occhi puntati contro di lui, anche se, era quasi normale in situazioni come quelle, gli mettevano ansia, e gli facevano credere di avere qualcosa fuori posto, si sistemò il colletto della camicia e procedette ancora di qualche sedile più avanti. Trovò un posto libero davanti ad un’anziana signora. Era una vecchina, probabilmente sulla settantina, cicciottella e con dei capelli grigi a cespuglio. Indossava un vestito lungo a fiori e portava un paio di occhiali dalla montatura spessa, era completamente immersa nella lettura di un libro. Non appena Julian le si sedette davanti, lei alzò gli occhi per guardarlo da capo a piedi, poi sorrise e tornò a leggere.
< Salve > sussurrò Julian sistemandosi sul sedile.
La signora tornò a guardarlo < Buon giorno >.  
Le lenti spesse degli occhiali, rendevano ancora più grandi quegli occhi color nocciola, e le piccole rughe sotto gli occhi. Un sorriso pacifico sulle labbra.
< Posso chiederle dove scende? > chiese Julian in modo cortese.
< Oh ne avrò ancora per almeno due ore, giovanotto > rise chiudendo il libro lasciandovi l’indice come segnalibro < Tu? >
< Tra un’oretta, e mi sento piuttosto stanco, conoscendomi tra poco mi addormenterò e non vorrei rischiare di perdermi la fermata >.
< Non ti preoccupare giovanotto, ti sveglio io, sempre che non mi addormenti prima > rise e riaprì il libro.
< Ma devo leggere questo, quindi stai pure tranquillo che non mi addormento finché non l’ho finito tutto >
< La ringrazio molto > disse Julian sorridendole. Si lasciò scivolare leggermente in avanti e si appoggiò completamente allo schienale, cominciando ad osservare fuori dalla finestra. Riprese a pensare a come avrebbe detto ad Annie di Clive. Clive gli mancava già moltissimo, e sentiva che presto sarebbe crollato di nuovo senza la sua presenza, ma era necessario cercare di fare qualcosa senza di lui. Dopotutto, nei suoi discorsi di non voler essere il suo amante, non era stato poi così coerente, perché alla fine, avevano fatto tutto quello che potevano fare da amanti, anche se in fondo sapeva benissimo che la cosa non si sarebbe più ripetuta se lui non avesse parlato. Clive era sempre di parola, sempre. Pian piano mentre pensieri di ogni genere s’infiltravano nella sua testa, quasi mescolandosi tra loro, prese sonno e si addormentò con l’immagine di se stesso e Clive truccati ad abbracciati l’uno all’altro.
 
Scese con un balzo dall’autobus e corse verso casa tenendo ben stretta tra le braccia la valigetta che conteneva il sax. Aveva la strana e spiacevole sensazione che quella volta il tempo gli fosse sfuggito di mano. Per fortuna aveva dato ascolto a Clive e non era tornato a casa a piedi come suo solito. Corse ancora per qualche metro, la casa ancora non si vedeva. Le strade sembravano diverse dal solito, ad un tratto credette di essersi perso. Cosa più che strana per lui, lui non si perdeva mai, aveva un buon senso dell’orientamento, e la strada di casa non poteva non saperla. Si fermò disorientato, un treno gli passò accanto senza però investirlo. Di casa sua non vi era alcuna traccia. Si strofinò gli occhi per vederci meglio, in quella strana foschia che si era creata. Doveva assolutamente arrivare a casa, quel desiderio e quella necessità fecero comparire finalmente la sua abitazione proprio davanti ai suoi occhi, esattamente dove il treno era passato poco prima. La sua casa era comparsa dal nulla davanti a lui, nonostante quella fosse una via del tutto sconosciuta. Si fermò per riprendere fiato, si sentiva il sangue in gola per lo sforzo improvviso che aveva fatto.
Entrò in casa cercando di non fare troppi rumori.
< La lezione è durata più del solito? > una voce roca lo accolse non appena dentro.
Alzò gli occhi verso il padre che lo guardava con un certo disgusto.
< Certo > sussurrò lui sorpassandolo
< Fermati Julian! > un tono secco e autoritario.
< Devo studiare > fece, quasi stizzito.
< Lo farai dopo, tuo zio ti sta aspettando in camera tua >.
Deglutì, senza voltarsi verso il padre.
< Devi smetterla di andare da quel Clive! >fece una voce fuoricampo, altrettanto fastidiosa ma più femminile.
Si strinse nelle spalle senza badare neppure alla madre. Li odiava entrambi. Come loro odiavano lui. Aveva quasi terrore di loro, le gambe gli tremarono.
Si guardò allo specchio, i capelli erano stramente più lunghi del solito, quasi blu, per fortuna suo padre e sua madre non lo avevano notato. Eppure per lui era più che evidente, erano blu. Si passò la mano tra i capelli che tornarono improvvisamente del loro colore naturale.
< Ti ho detto di salire in camera Julian! >
Cercò di ribattere, di dire che non li sopportava più, che Robert sarebbe dovuto uscire immediatamente dalla sua camera, e molte altre cose, ma appena aprì la bocca non uscì nessun suono. Si sforzò più volte ma nulla. La bocca si apriva ma le parole rimanevano nella sua testa.
< Tuo padre ha detto di salire! >
Si ritrovò al primo piano, le porte delle stanze erano chiuse, ma si vedeva una luce intensa uscire da tutte le fessure sotto le porte. Decise che non sarebbe entrato in camera e si diresse verso il bagno. Aprì la porta e fu quasi accecato dal bagliore che vi era dentro la stanza, poi il buio più totale, finché non si rese conto che quello non era il bagno, bensì la sua camera. La cosa era più che assurda, l’ordine delle stanze era cambiato, all’improvviso.
Suo zio era intento a rovistare tra le sue cose, e stava versando sul suo letto il contenuto di una scatola rossa.
Sentì la rabbia salire dentro di lui, strinse i pugni. L’uomo si voltò verso di lui con aria impassibile continuando a scuotere la scatola dalla quale uscivano gioielli, trucchi, foto e altri piccoli oggetti. La scuoteva con tanta forza che si sentì sbatacchiare da una parte all’altra anche lui.
< Fuori! > gridò con tutta la forza possibile, le sue labbra si mossero la bocca si spalancò articolando ogni singola lettera, ma ancora una volta non ne uscì nulla. La cosa gli fece ancora più rabbia e cominciò a sentirsi anche angosciato.
Suo zio rise. Poi prese in mano un rossetto, lo vide avvicinarsi a lui per poi mettergli davanti agli occhi il rossetto, blu.
< Cos’è questo Julian? > chiese schifato e con tono spregevole. La faccia dell’uomo sembrava quasi fondersi con tutta la stanza, sperò che scomparisse, ma rimase lì continuando a tenergli davanti agli occhi quell’oggetto.
Non rispose, non si sforzò nemmeno di farlo.
< Dobbiamo prendere questa cosa in modo più serio > continuò poi l’uomo < Altrimenti non farai nessun progresso > si allontanò tornando accanto al letto. Raccolse tutto ciò che ci aveva rovesciato sopra. Julian non riusciva a muoversi, si sentiva bloccato su quel punto. L’uomo ributtò tutto nella scatola rossa, poi si avvicinò al caminetto.
Non c’era mai stato un caminetto nella sua stanza.
Il fuoco accesso emanava grandi vampate di calore e scoppiettava insistente, le fiamme s’innalzavano quasi voraci.
< Questo tanto per cominciare! > disse di nuovo lo zio lanciando nelle fiamme il contenuto della scatola per poi buttarvi dentro anche quella.
Lui gridò. Di nuovo un grido sordo. La sua stanza scomparve del tutto e davanti a lui solo l’immagine del fuoco che bruciava quello che era stato gettato tra le sue fiamme. Fiamme che poco dopo raggiunsero anche lui. Vide sciogliersi i piccoli cofanetti, i bracciali, il rossetto, le foto, li vide sciogliersi e fondersi tra loro per poi svanire. Cercò di liberarsi da quella luce accecante.

Si ritrovò disteso sull’erba di un giardino. Un cane gli si avvicinò, riconobbe subito Martha che cominciò a girargli tutto intorno scodinzolando.
< Martha! Sciocca ragazzina, lascia in pace il mio filosofo! >
Qualcuno lo prese in braccio, cominciando a portarlo in un punto indefinito, solo alberi e luce. Si sentì sbatacchiare ancora per un po’ mentre chi lo aveva preso tra le braccia, lo stringeva amorevolmente.


< Giovanotto! >
Julian aprì gli occhi e si guardò intorno disorientato. L’anziana signora lo guardava con il solito sorriso sulle labbra.
< Tra dieci minuti sarà la tua fermata, ho pensato di svegliarti un po’ prima, così ti prepari >.
Julian le sorrise, strofinandosi gli occhi < Lei è davvero gentile, la ringrazio >.
< Figurati > gli tese la mano < Anche se non ho avuto il piacere di fare quattro chicchere con te, è stato un piacere! >
Julian le strinse la mano sorridendo, poi si alzò < Anche per me, e buona lettura >.
< Grazie! >
Si avviò verso la porta, ripensando al sogno che aveva appena fatto.
Dopo poco più di dieci minuti il treno arrivò alla stazione. Julian scese, era arrivato a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Ritorno ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Dunque,allora ciao! Dopo un lunghissimo periodo di silenzio rieccomi! Ora che il periodo di studio intensivo si è concluso (si fa per dire XD),ho ripreso in mano i mie lavori (a dire la verità,per ora ho ripreso solo questo,ma riprenderò anche gli altri) e se tutto va bene,anche se con molta calma,ricomincerò ad aggiornare più spesso Mi scuso comunque per la lunga assenza.
Dunque,questo capitolo è quello che è,succede poco, mi giustificherò con un “per riprendere il tutto sono riuscita a fare solo questo” Il prossimo comunque non tarderà molto ad arrivare!
Vi auguro una buona lettura,ringrazio le mie lettrici e i miei lettori più fedeli e non solo! Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate!
BlueJayWay

--------------------------------------------------

Julian uscì velocemente dalla stazione e dopo pochi metri pese la via che portava a casa sua.
Le mani in tasca, gli occhi fissi sui piedi. Proseguiva con un’andatura sempre più rapida, una fretta ingiustificata, Annie non era ancora a casa, sarebbe tornata solo il giorno dopo. Continuava a rimuginare sul sogno che aveva fatto, arrivando sempre alla conclusione, che il suo ostacolo più grande non era tanto Annie, ma erano i suoi genitori, almeno per come vedeva lui le cose. Non aveva nessuna intenzione di andarli a trovare, avrebbe inventato qualche nuova scusa, anche se sapeva perfettamente che la cosa non sarebbe potuta andare avanti in quel modo, ancora per molto. In tutto questo, Clive, gli mancava e avrebbe voluto riprendere il treno e tornare da lui, la cosa ovviamente non era assolutamente fattibile.
Cercò di pensare ad altro e si ricordò solo in quel momento, che la sera stessa, sarebbe dovuto andare alle prove con il suo gruppo, sorrise sollevato. La cosa lo rincuorava parecchio e lo faceva sentire di buon umore, nonostante tutto il resto. Adorava suonare, e senza negare un pizzico di orgoglio si riteneva piuttosto bravo, adorava anche i suoi amici del gruppo, che consapevolmente o meno, sapevano sempre come prenderlo. Si sarebbe distratto dai suoi pensieri, suonare per lui era un’ottima terapia, oltre che tanto divertimento. Quando si dedicava al suo sax, al suo gruppo, s’immedesimava in un’altra delle tante sfaccettature di se stesso.
Rialzò lo sguardo dal marciapiede, e in quel momento vide a pochi metri di distanza, avanzare verso la sua direzione Angelica, vicina di casa e madre del piccolo e simpaticissimo Simon. Il piccolo Simon era aggrappato come una scimmia al collo della madre. Julian corrugò la fronte, contrariato, poi cercò di assumere un’espressione sufficientemente cordiale, per salutare con altrettanta gentilezza la sua vicina non appena gli sarebbe passata accanto.
Non appena furono a pochi passi Angelica, bionda ossigenata con delle sopracciglia nero carbone, si fermò sfoggiando uno dei sorrisi più falsi del suo repertorio e salutandolo con voce altrettanto fastidiosa. “Insopportabile ragazzetta” fu il pensiero di Julian, che a sua volta dovette fermarsi.
< Salve Julian! > fece la ragazza, mentre il bambino si stringeva ancora di più il collo quasi a soffocarla.
“Faresti una cosa giusta nella tua vita piccoletto” pensò di nuovo Julian, che si rese conto di avere pensieri eccessivamente ostili nei confronti di quei due e che forse era il caso di ricomporsi.
< Salve Angelica. Come stai? > rispose, senza mostrare alcun entusiasmo.
< Tutto bene, grazie. Ti avevamo cercato a casa l’altro giorno, ma non c’eri, e non c’era nemmeno Annie… >.
< Ho avuto un po’ da fare sai, e Annie è dai suoi genitori, ma domani torna, se devi parlarle…>.
< Ho capito, non importa. Veramente è una cosa che devo dire anche a te, e finalmente ti ho trovato > rise, senza motivo.
< Ho una cosa da darti > Angelica fece scendere il bambino cominciando a rovistare nella sua borsa. Non appena il piccolo toccò terra con i piedi fece una smorfia, che preannunciava, secondo Julian, l’imminente apertura dei rubinetti, dopo pochi secondi, infatti, Simon scoppiò in lacrime.
Il bambino strillava tanto forte da far percepire un fischio fastidioso nelle orecchie di Julian e alcuni cani della via, cominciarono ad abbaiare con insistenza. Angelica intanto, senza badare al figlioletto, continuava a frugare nella sua borsa in modo quasi ossessivo, quasi spazientita.
< Ero sicura di averla messa qui > disse, giusto per far capire a Julian di avere ancora un po’ di pazienza. Simon nel frattempo seguitava a lacrimare, e giusto per dare ritmo al suo pianto cominciò a sbattere i piccoli piedi sul marciapiede.
< Simon basta tesoro, su, che figure fai davanti a Julian? Fai vedere che sei un bravo bambino, la mamma tra poco ti riprende in braccio >.
Julian guardava il bambino alquanto scocciato. La piccola creatura non aveva alcuna intenzione finire i suoi inutili piagnistei, al contrario, aveva cominciato anche ad alzare i suoi piccoli braccini verso la madre nella speranza di essere accolto di nuovo tra le sue braccia, ma accorgendosi di non essere preso in considerazione cominciò ad implorare Julian. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, non aveva nessuna voglia di accontentarlo. Angelica alzò gli occhi verso di lui
< Julian, prendilo in braccio per piacere, solo per un po’ > detto questo riprese la sua ricerca disperata all’interno della sua borsa.
Julian trovava quella proposta un’idea pessima, ma se la cosa fosse servita a far smettere quella sirena si sarebbe sacrificato. Sforzò un sorriso guardando il bambino e si piegò per prenderlo in braccio. Simon si aggrappò a lui con forza, guardò negli occhi il suo salvatore e dopo pochi secondi smise di singhiozzare, Julian fece un sospiro di sollievo e sorrise al bambino che cominciò a mordergli il colletto della camicia soddisfatto. Dopotutto, era davvero un bel bambino, gli mancava solo un po’ di educazione. Julian azzardò una carezza su una sua guancia paffuta.
< Vedi, è un bravo bambino > disse Angelica con convinzione.
< Sì, davvero bravo > fece eco il ragazzo, senza credere molto alle sue parole.
< Oh eccola finalmente! > esclamò infine la ragazza sfilando una busta dalla borsa e porgendola a Julian.
< É un invito > specificò la ragazza con un sorriso.
< Invito per? > chiese Julian prendendo la busta con la mano libera.
< Aspetta > Angelica riprese il bambino tra le sue braccia.
< Thomas ed io ci sposiamo finalmente > la ragazza allargò ancora di più il suo sorriso.
< Davvero?! Questa si che è una notizia Angelica! > disse Julian cercando di mostrarsi il più entusiasta possibile.
< Si lo è, e direi che anche tu ed Annie dovreste farlo! >
< Eh infatti, con calma > rispose il ragazzo trovando quella frase, risentita ormai migliaia di volta, alquanto fastidiosa.
< Oh non fate come noi, non ne vale la pensa > continuò lei con tono eccitato.
< Si vedrà. Quindi questo è l’invito per il matrimonio? >
< Esattamente >
< Be’ ti ringrazio per l’invito allora, penso che Annie sarà contentissima di poter partecipare >.
< Lo penso anch’io. Ora scusami ma devo proprio andare, ci sentiamo il più presto possibile >.
< Certo, ciao Angelica, ciao Simon, buona passeggiata! > li salutò Julian sorridendo.
< Ciao! >
Julian guardò la busta e sospirò, riprese la strada, e dopo pochi minuti arrivò a casa.
Entrò e si fermò davanti alla soglia della porta osservando quell’insolito vuoto, ancora una volta Annie non c’era, e ancora una volta non gli era corsa incontro. Appoggiò le chiavi insieme alla busta sul tavolino vicino all’entrata poi senza pensarci molto si accomodò sul divano, prese la cornetta del telefono e fece il numero di Rose.
< Pronto? > si sentì subito dall’altro capo del telefono.
< Oh, hem, Rose sono io Julian! >
< Julian! > ripeté la ragazza quasi esultando < Dimmi tutto, tutto quanto! >
< Mi metti ansia Rose > ammise il ragazzo ridendo.
< Scusa, scusami hai ragione. Allora? Vi siete rivisti? > chiese la ragazza piena di desiderio di soddisfare la sua curiosità.
< Sono stato a > il ragazzo si guardò intorno, con il timore che Annie potesse essere lì quasi per caso e sentirlo, ma ovviamente Annie non c’era e lo sapeva bene < Sono stato a casa sua > disse infine.
< Mille punti ad un Julian coraggioso! > disse Rose < Dimmi tutto quello che ti ha detto, sono curiosa! >
Il ragazzo raccontò il raccontabile a Rose, specificando che avrebbe invitato Clive a casa sua.
< Mi sembra una buona idea > ammise la ragazza convinta.
< Mah…>
< Stop! Basta non voglio sentire altro, se non i prossimi sviluppi, quindi ora ti saluto, e sappi che sono tanto fiduciosa e tifo per te >.
< Quanto entusiasmo > Julian rise nervoso.
< Direi! Allora fatti sentire Julian! >
< Va bene Rose, appena posso >
< Au revoir Julien >
< Au revoir, Rose! >
Dopo la telefonata Julian entrò in cucina per mangiare quello che aveva lasciato la sera precedente. Masticava piano e intanto continuava a rimuginare sulle cose che aveva fatto, e sulle cose che avrebbe dovuto fare, il tutto sembrava un vicolo senza via d’uscita, per quel che riguardava il suo senso di orientamento, era decisamente smarrito, perso.
Squillò il telefono, Julian si precipitò a rispondere con la strana speranza che si trattasse di Clive.
< Vecchio trombettista! > esordi una voce maschile
< Oh Frankie! > Julian sorrise, felice di sentire quella voce.
< Ti ricordi vero che stasera alle otto abbiamo le prove? >
< Certo amico! >
< Ottimo! Allora alza le tue chiappette, prendi il tuo bassotuba e raggiungici…oggi siamo da George > aggiunse poi.
< Perfetto, sarò puntuale! >
Appena appoggiò la cornetta, Julian diede una veloce occhiata all’orologio, erano le sette passate. Salì in camera prese il suo sassofono e uscì di casa per raggiungere gli amici.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** (Parentesi) Musicale ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Come dice il titolo è proprio un capitolo parentesi! :D
Nonostante questo, buona lettura a tutti!

BJW
---------------------------------------------------------

Le prove erano quasi sempre a casa di George, in rari casi venivano spostate a casa di un altro dei ragazzi, ed era capitato solo due volte, che la cosiddetta band, si fosse riunita da Julian. La casa di George era collocata “Nel punto più strategico” com’erano abituati a dire loro, ovvero tutti impiegavano più o meno lo stesso tempo per raggiungerla, inoltre era la più spaziosa, e poi c’erano tutte quelle strane filosofie come: “È qui che abbiamo iniziato”.
A Julian non dispiaceva affatto, poteva farsi una lunga passeggiata, quasi un’ora e mezza, e lo faceva volentieri, gli altri lo ritenevano pazzo, poteva benissimo prendere un autobus e in mezz’ora se la sarebbe cavata.
Quella sera Julian optò per l’autobus, giustificando se stesso con un “è tardi, non arriverei mai in tempo se andassi a piedi”.
Il mezzo non impiegò molto ad arrivare, il ragazzo salì e andò a sedersi al primo posto libero, appoggiò la custodia con il prezioso strumento sulle gambe e cominciò a guardarsi intorno. Non c’era moltissima gente, ma gli sembrava che tutti lo fissassero, chi con curiosità, chi con disprezzo, e se qualcuno di loro fosse venuto a sapere che lui tradiva la sua ragazza con un ragazzo? Un vecchio signore lo guardò con disappunto, Julian si voltò immediatamente verso il finestrino sospirando. Sarebbe stata decisamente una cosa terribile, concluse passandosi la mano sul viso e facendo un altro lungo e profondo respiro. Guardò di nuovo la custodia appoggiata con cura sulle sue gambe, sorrise, decidendo che non era il caso di pensare alle solite cose in quel momento, ma piuttosto alle prove, con George, Frederick, William e Adrian, si sarebbero sicuramente divertiti, come sempre.
Arrivato a destinazione Julian, scese dalla vettura con un balzo e raggiunse la casa di George. Suonò il campanello e attese pazientemente. Il padrone di casa non si fece attendere molto.
< Puntuale come sempre! > esclamò George sorridendo.
< Questa volta ho barato > confessò Julian ridendo ed entrando in casa < Ho preso l’autobus! >
< Tu hai preso l’autobus? Nah, è impossibile! > ridacchio il ragazzo mentre chiudeva la porta.
< Invece è proprio così George! >
< Questo sarebbe un ottimo motivo per brindare! >
< Per te ogni motivo sarebbe buono per brindare signorino > rise Julian guardando l’amico accomodarsi sul divano e appoggiare le gambe sul tavolino.
< Certo! Appena arrivano gli altri, penderò qualche birra > disse convinto il ragazzo passandosi la mano tra i capelli ricci scuri e folti.
Julian appoggiò il suo strumento sullo spazio che rimaneva sul tavolino e si sedette accanto a George.
< E con chi vorresti brindare? Con William che è astemio, con Adrian che ti maledirà dicendoti che lui deve guidare…>.
< Ci sei tu e c’è Fred! > lo interruppe George sorridendogli < E poi lo sappiamo tutti che William non è assolutamente astemio > rise.
Julian fece spallucce lasciandosi scivolare stancamente sul divano.
< Ti vedo un po’ distrutto ragazzo, che hai combinato? > chiese George, cercando di dare alla sua frase un tono sufficientemente premuroso.
< Oh nulla, sono solo, stanco > confessò Julian.
George gli diede un pugno amichevole sulla spalla.
< Confessa Julian, sei fuggito da casa per spassartela! >
Il ragazzo si sentì mancare il respiro, sapeva perfettamente che George stava scherzando, e che naturalmente non sapeva nulla di nulla, ma quella frase non poteva che metterlo in ansia, nonostante ciò Julian rise, un po’ forzatamente.
< Direi di no, mi chiedo ancora perché non ti hanno fatto santo > concluse poi George sorridendo. In quel momento suonò di nuovo il campanello.
< Perfetto, ora saremo al completo > disse il ricciolino andando ad aprire la porta.
< Salve! >
< Buonasera! >
< Ciao a tutti stronzi! >
Tre ragazzi entrarono nella casa in fila indiana, eseguendo una sorta di passerella ognuno con il proprio strumento caricato sulle spalle, ed esibendo un sorriso smagliante al padrone di casa e poi a Julian che non si era mosso dal divano.
< Indovinate un po’ > disse George richiudendo la porta < Julian è venuto con l’autobus! >
Il ragazzo dalla chioma rossa, la quale non negava le sue origini irlandesi, appoggiò la mano sulla spalla del riccio < Raccontane un’altra George, e non trovare pretesti per stappare una nuova bottiglia di birra! > rise.
< Ma è la verità Frankie! > mugolò il ragazzo.
< Sono venuto in autobus > ammise Julian decidendo finalmente di alzarsi dalla sua comoda postazione.
< Allora si brinda! > esultò il rosso alzando le mani all’aria.
< Voi siete tutti matti > sentenziò il ragazzo più alto di tutti appoggiando la sua preziosissima chitarra sul divano < Qua dobbiamo provare, abbiamo un concerto a breve! >
< E saremo fantastici, come sempre! > disse l’ultimo entrato massaggiandosi la barba.
< Assolutamente! > confermò Julian sorridendo.
< Ottimo ragazzi, allora trasferiamoci in garage! > Il padrone di casa aprì un piccolo armadietto e prese delle bacchette.
< Ave alle bacchette! > ridacchiò Frankie mentre riprendeva il suo basso.
< Non cominciare! > lo minacciò George stringendo a se i due bastoncini di legno.
< Ave alle bacchette! > tornò a ripetere Frankie, una delle bacchette finì gli diede un colpetto sulla testa.  
< Sei un violento George > bofonchiò Frankie ridacchiando sotto i baffi e massaggiandosi la testa.
< Certo che siamo una strana accozzaglia! > si fece di nuovo sentire Adrian.
< Un’accozzaglia di perfezione > lo corresse William, mettendogli la mano sulla testa, giusto per sottolineare la sua altezza, cosa che adorava fare.
< Dico bene Julian?! > fece poi per avere un appoggio dal ragazzo, che subito gli diede corda confermando la sua affermazione.
< Direi che sono completamente d’accordo! > sorrise. Tra tutti quei ragazzi William era quello con cui aveva legato di più, e con il quale c’era sempre stato quel briciolo in più d’intesa, probabilmente molto tempo prima ne era rimasto innamorato, ma era stata solo una cosa breve, per sua fortuna, lo vedeva tranquillamente come ottimo amico, e la cosa era evidentemente reciproca, senza togliere nulla a tutti gli altri.
Il gruppetto si trasferì nella cosiddetta “sala prove” il tipico garage riadattato alla bene e meglio per ospitare strumenti e i loro rispettivi “padroni”. Col tempo il posto era stato allestito con maggior cura, fino ad assomigliare veramente ad una sala prove, era stato insonorizzato, Adrian aveva costruito una specie di palchetto di legno sopra il quale troneggiava sempre la batteria di George, c’era anche un piccolo pianoforte appena sotto il palchetto, e poi vi erano tutti quegli altri oggetti fondamentali come casse, sintetizzatori microfoni, e cavi, cavi ovunque, quelli non erano mai riusciti a sistemarli in maniera accettabile, e avevano presto rinunciato alla difficile missione.
Il loro repertorio spaziava su vari generi, si passava dal rock’n roll, al jazz, anche se in realtà i pezzi che suonavano rientravano più nell’ambito rock. Da qualche tempo, avevano iniziato a scrivere canzoni originali senza limitarsi a sole cover di brani già esistenti.
Il soffitto del garage era completamente illuminato da una serie di lampadine, alcune delle quali colorate, altre semplicemente fulminate.
Frankie alzò gli occhi < Scommetto che entro due mesi rimarremo al buio > rise e cominciò a sistemare il suo basso.
< Mettiamoci all’opera ragazzi > George si affrettò alla sua postazione, sedendosi sullo sgabello davanti alla batteria.
< Da cosa vogliamo cominciare? > domandò William salendo sul palchetto.
< Fate in fretta a decidervi > disse Adrian < Così almeno so se devo mettermi al piano o prendere l’altra chitarra >.
< Mettiti al piano > disse William dopo una sua apparente riflessione, il ragazzo obbedì e cominciò subito a strimpellare qualche nota, per poi accennare la melodia di una delle loro ultime composizioni.
Frankie si dedicò ai cavi e ai microfoni per qualche minuto, finché non si ritenne completamente soddisfatto.
Julian nel frattempo estrasse il suo sassofono dalla custodia, montò il collo e il bocchino, poi diede una veloce ripulita allo strumento con un panno. Salì a sua volta sulla pedana mettendosi nel suo angolino, soffiò nel sax un paio di volte, poi cominciò a suonare anche lui, seguendo Adrian.
Gli altri tre sorrisero ed ascoltarono per qualche minuto i due amici, George impaziente cominciò a far vibrare il piatto della batteria, poi anche William e Frederick presero a suonare, il primo la chitarra il secondo il basso. William cominciò a cantare poco dopo, seguito da George e Frederick che facevano le seconde voci. Quando fu il momento, Julian smise di suonare, e si fermò a guardare i ragazzi. C’era tanta soddisfazione in ognuno di loro, erano ormai anni che suonavano insieme e miglioravano sempre di più, Julian si sentiva sempre più che orgoglioso in quei momenti. William si voltò verso di lui e lo incitò a cantare, ma Julian scosse la testa, era raro che accettasse di far sentire la sua voce nei momenti in cui avrebbe potuto farlo. William di tutta risposta gli fece una linguaccia ridacchiando Julian ricambiò immediatamente il gesto, per poi riprendere la concentrazione. Dopo il primo brano cominciarono a suonare altri pezzi, sia loro sia cover. Ogni tanto facevano qualche pausa che era sempre dovuta all’errore di qualcuno di loro, a volte tutto si perdeva in risate altre volte in nervosismi, poi riprendevano con disinvoltura. Andarono avanti per circa due ore e mezza.
< Siamo sublimi! > esclamò alla fine Adrian sorridendo compiaciuto.
< Sono sfinito > ammise Julian andando a sedersi sul bordo del palchetto per poi lasciarsi cadere disteso all’indietro < Così va decisamente meglio >.
< Seguirò il tuo esempio > il batterista si alzò dalla sua postazione e dopo essersi tolto la maglietta, si distese accanto a Julian.
< Tu dovresti andare su a prendere le nostre meritate birre! > precisò il rosso andando a sua volta a distendersi accanto ai ragazzi. Il pianista si alzò guardandoli scocciato.
< La prossima volta non vi farò da tassista! > li indicò uno ad uno.
Julian alzò le mani ridendo < Io non c’entro! >
< Oh su Adrian, hai sempre il tuo fedele boccale di latte che ti aspetta! > lo consolò George ridendo.
< Bah > fece il ragazzo sistemandosi accanto agli altri tre.
William si alzò dalla sua postazione, tenendo la chitarra in mano, si avvicinò a loro ridendo.
< Mamma come siete belli! >
< Vai su a prendere le birre? > lo supplicò George con un mezzo sorriso.
< No! > rispose secco il ragazzo, e con aria soddisfatta si fece spazio tra Julian e George.
< Faremo un concerto con i fiocchi > disse poi Adrian portando le mani dietro la nuca.
Gli altri approvarono con uno stanco cenno del capo.
Rimasero in quella posizione per una decina di minuti, finché George non si decise finalmente a salire in casa e tornare poi con qualche bottiglia di birra, una di latte e delle cibarie.
< Finalmente > esclamò il rosso.
I ragazzi si dedicarono a quella sorta di banchetto perdendosi in chicchere di ogni genere, ridendo e scherzando come ragazzini che dimostravano qualche anno in meno di quelli effettivi. Quando arrivò mezzanotte Adrian andò a riprendere la maglietta che si era tolto seguendo l’esempio di George.
< Andiamo stronzi, che devo farvi da tassista io! >
< Oh come siamo lamentosi > lo stuzzicò William sorridendo pacifico < Non tocca sempre a te farlo! >
< Non ti risponderò William, perché sono un ragazzo educato io > ribatté Adrian.
< Già hai ragione, potresti cominciare ad insegnare il galateo > William soffocò un’altra risata mentre riponeva il suo strumento nella custodia.
Adrian alzò le spalle bofonchiando, poi guardò Julian < Senti se vuoi ti do uno strappo fino a casa, tanto ormai…>.
< Oh no grazie Adrian, non disturbarti assolutamente, vado a piedi >.
Frederick sgranò gli occhi, per lui una cosa del genere era assolutamente impensabile < Sei un folle Julian >.
Il ragazzo rise < Forse, ma ne ho bisogno >.
William lo guardò contrariato < Bisogno o meno, tu accetterai la proposta di Adrian > lo prese per il polso < Rischi di crollare a terra dal sonno, si vede a miglia di distanza che non ti reggi più in piedi! >
< Per ma non è un problema > disse Adrian mentre s’infilava la giacca di pelle nera
< Davvero > sorrise < Gli altri due sono una palla al piede come ben sai, quindi se ci sei tu, mi fai contento >.
Ridacchiarono tutti quanti.
< Ma si vai con loro! > disse George avviandosi verso l’uscita < Vi accompagno alla macchina >.
 I ragazzi uscirono, si fermarono a fumare una sigaretta e a scambiare ancora qualche parola, sotto il lampione davanti casa di George.
< Te la stai proprio godendo quella sigaretta > osservò William guardando Julian socchiudere gli occhi per lunghi momenti.
< Forse è una sigaretta contraffatta la sua! > rise George.
La risposta di Julian fu un sorriso pacifico e appagato sulle labbra
< A quando le prossime prove? > chiese poi lasciando cadere un po’ di cenere a terra.
< Mah facciamole direttamente il giorno prima del concerto, secondo me siamo messi bene! > suggerì George seguito dall’approvazione di tutti gli altri.
< Perfetto ragazzi, allora ci si vede tra due settimane! >
Si salutarono e Adrian accompagnò tutti a casa, cominciando da Julian.
< Non dimenticarti il sax! > gli ricordò William mentre il ragazzo richiudeva lo sportello della macchina.
< Mai! > rise andando a prendere lo strumento nel bagagliaio < Ciao ragazzi! >
Julian rientrò in casa, pienamente soddisfatto della serata, ma talmente stanco da non riuscire più a reggersi in piedi. Ripescò tutta la sua buona volontà e andò a farsi una doccia e a lavarsi i denti. Crollò sfinito sul letto, talmente stanco da trovarsi addirittura incapace di pensare, si addormentò all’istante.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Ritorno di Annie ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  < Julian, sono a casa! > la voce allegra e squillante di Annie fece sobbalzare il ragazzo sul suo letto.
Dopo una lunga notte di sonno, così profondo da non fargli ricordare nemmeno cosa e se avesse sognato, Julian aveva passato il pomeriggio a preparare qualcosa da mangiare e poi si era di nuovo coricato, sentendosi completamente dolorante e senza forze.
Il ragazzo si stiracchiò alzando le braccia il più possibile, poi saltò giù dal letto e uscì dalla camera.
< Allora? Lo sai che è la quinta volta che ti chiamo? > disse Annie con un sorriso smagliante sulle labbra, non appena lo vide comparire sulle scale.
Julian si fermò a mezza strada < Lo sai che quando dormo ci sento poco > rise ricambiando il sorriso.
La ragazza scosse la testa ridendo e non appena Julian scese le scale, gli corse incontro abbracciandolo.
< Ti odio sai? > disse baciandolo sulle labbra < Sto via qualche giorno in più, e già mi manchi >.
Julian rise e la strinse a sé sollevandola leggermente da terra.
< Come puoi sentire la mancanza di un soggetto come il sottoscritto? > le chiese accarezzandole il viso.
< Fammi pensare, forse perché amo il soggetto in questione? > si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò ancora una volta.
Julian sapeva benissimo che avrebbe dovuto risponderle qualcosa come “ Anch’io ti amo Annie” ma non lo fece.
< Allora > domandò < Com’è andata? Tua madre sta meglio? >
< Direi di sì > rispose la ragazza dirigendosi verso la cucina < Ho una fame! >
< Allora sei fortunata, forse, ho preparato qualcosa da mangiare >.
 Annie lo guardò quasi stupita
< Andiamo ad avvelenarci allora > rispose poi ridendo.
I due entrarono in cucina, dove Julian, aveva già provveduto ad apparecchiare la tavola.
< Ti sei dato da fare! > lo elogiò lei soddisfatta.
< Sapevo che saresti tornata a casa affamata, non ho fatto niente di speciale dopotutto > le rispose Julian cominciando a tagliare a fette una torta di verdure.
< Sono tanto felice di essere tornata > disse Annie accomodandosi a tavola e guardando il ragazzo con occhi dolci. Annie si spostò una ciocca di capelli all’indietro.
Julian sollevò la testa < Anch’io…>
Tutta quella felicità che traspariva dagli occhi di Annie lo faceva sentire a disagio, oltre che in colpa. Per un istante gli venne una voglia quasi incontrollabile di dirle tutto, senza inutili giri di parole e in modo quasi poco delicato, ma infine si trattenne. La cosa che odiava di più, era la consapevolezza che Annie era completamente all’oscuro di qualsiasi cosa, oltre che del suo passato. Dopotutto quel pensiero di fondo c’era sempre stato, ma ora era divento qualcosa di più grave. Provò quasi disgusto per se stesso.
Servì la fetta di torta e si sedette anche lui a tavola, cominciando a mangiare in silenzio.
< Amore, è davvero ottima! > disse Annie senza smettere di sorridere.
< Meno male, sono felice che ti piaccia >
< Moltissimo, amore! > la ragazza finì la sua dose in brevissimo tempo per poi chiedere di averne ancora una fetta e poi un’altra ancora.
< Insomma hai fame > osservò in modo molto acuto il ragazzo.
< Insomma sì > Annie si pulì le labbra con il tovagliolo appoggiandolo poi sulla tavola come per dichiarare che era finalmente sazia.
< Be’, cos’hai fatto durante la mia assenza?  > Chiese poi alzandosi, e cominciando a sparecchiare la tavola. Julian la fermò facendole capire che avrebbe pensato lui a sistemare il tutto.
< Niente di speciale > rispose poi < Ho…ho letto, ho chiamato un po’ di persone, e mi sono un po’ esercitato con il sax…e ieri sera abbiamo avuto le prove, con il gruppo > aggiunse poi, chiedendosi come fosse stato capace di mentirle con tanta scioltezza e tanta facilità.
< Oh bello! Devi anche raccontarmi di com’è andata la tua rimpatriata, sono proprio curiosa di saperlo amore > e dalla sua voce si poteva benissimo notare che era realmente interessata a sapere qualcosa sull’incontro che aveva avuto il suo ragazzo.
< Allora accomodati sul divano, ti raggiungo subito >.
< Volo! >
< Oh un’altra cosa > la fermò lui prima che potesse raggiungere il salotto.
La ragazza si fermò di colpo < Dimmi >
< Ieri ho incontrato Angelica, e mi ha dato l’invito, per il loro matrimonio > abbozzò un lieve sorriso.
Gli occhi di Annie s’illuminarono senza nascondere un po’ d’incredulità.
< Scherzi? Davvero? Oh, era ora che lo facessero! >
< Non scherzo, la busta è sul tavolino all’entrata > il ragazzo indicò davanti a se come per mostrargliela.
Annie scoppio a ridere < Mi sembra quasi una barzelletta! Comunque finalmente, no? Tu che dici? Vado a leggerla! > disse < Pure noi potremmo pensarci, prima che possa sembrare una barzelletta > aggiunse ridacchiando.
Julian la guardò uscire dalla cucina. Quel maledetto invito sembrava essere arrivato apposta per complicare ancora di più le cose, perché non erano incasinate già abbastanza. Sapeva che Annie, avrebbe cominciato ad insistere con più frequenza per il matrimonio, e naturalmente non poteva darle torto, visto che, molte erano le cose a cui avrebbe portato. Inoltre il solo pensiero di doverle dire determinate cose, cominciava a spaventarlo sempre di più. Le voleva bene, non la vedeva certo come nemica, non la odiava, ma come sapeva perfettamente, e come Clive gli aveva ripetuto quasi fino allo sfinimento, non la amava, mentre lei mostrava chiaramente di essere completamente pazza di lui. Finì di lavare piatti e di risistemare la cucina poi la raggiunse in salotto.
Annie era accomodata sul divano, con gli occhi occupati a rileggere per l’ennesima volta il foglio dell’invito.
Julian le si sedette accanto stringendola a se.
< Sono stati carini ad invitarci > disse, accoccolandosi al suo ragazzo.
Julian fece un cenno con la testa e strinse ancora di più la ragazza al petto. Rimasero in quella posizione per qualche minuto, in silenzio. Julian le accarezzava il viso e i capelli mentre lei gli si stringeva sempre più vicino.
Senza saperne il motivo, o meglio, senza volerlo sapere, il ragazzo si rese conto di trovare improvvisamente, estremamente strano abbracciare quel corpo così delicato. Realizzò che per lui, era come fare le coccole a quella sorella che non aveva mai avuto, niente di più, non che la cosa significasse poco, anzi, ma in quel momento avrebbe preferito avere qualcuno di più robusto da abbracciare, qualcuno di più maschile, qualcuno come Clive accanto a se.
“Orribile pensiero” si disse. Un pensiero che era riuscito a non avere per tanto tempo, ora aleggiava nella sua testa in modo dannatamente naturale, cercò di scacciarlo dalla mente. Baciò la ragazza sui capelli, continuando a rimanere in silenzio.
< Julian, posso chiederti una cosa? > Annie interruppe in modo improvviso quella quiete che era diventata addirittura piacevole.
Il "Julian" al posto di “amore” e il “posso chiederti una cosa”, non promettevano nulla di buono, nonostante questo Julian la guardò negli occhi con un sorriso.
< Certo, non hai bisogno di chiedermi se puoi chiedermi, nel senso, non devi chiedermelo. Intendo chiedi e basta >
Annie rise poi lo guardò, seria
< Mi rendo conto che è una domanda un po’ inconsueta > cominciò, mordendosi un’unghia poco convinta del termine utilizzato < Ma volevo chiederti se, se sei ancora, sei ancora convinto di volere aspettare fino al matrimonio? > chiese infine con voce molto cauta.
Il ragazzo cercò di mostrare il meno possibile il suo sbigottimento per quella richiesta, non tanto per la domanda in sé, ma quanto per i mementi più opportuni che Annie riusciva a scegliere in modo completamente inconsapevole.
La fitta allo stomaco non si fece attendere, ma nonostante questo diede un’immediata risposta alla ragazza.
< Io... sì Annie, sì sono convinto mi spiace che >.
< No, no, non dovevo chiedertelo, in fondo avevamo già chiarito questa cosa > disse chiaramente dispiaciuta.
< Già... > sussurrò Julian cominciando a fissare il solito punto indefinito.
< Raccontami un po’ di questo incontro allora > chiese subito dopo Annie tornando a sorridere e accomodandosi sulle gambe di Julian.
< Molto bene > rispose il ragazzo dandole un bacio e cominciando poi a raccontarle qualcosa di quella giornata.
Annie lo ascoltava incuriosita mentre giocava con i bottoni della sua camicia.
Julian, dopo averle parlato di cose più o meno importanti, e più o meno vere, decise che era arrivato il momento di concentrare il discorso su Clive. Fece una lunga pausa per pendere coraggio, dopodiché riprese a parlare.
< Clive è un ragazzo adorabile, vorrei tanto fartelo conoscere. Eravamo ottimi amici lui ed io, è stato bello ritrovarsi. Un ragazzo simpatico, un po’ egocentrico > rise < Ha un modo tutto suo per rapportarsi con le persone, e stai certa che quando c’è lui riesce a fare sentire tutti a proprio agio. > sorrise cercando di pescare nella sua testa altri termini non troppo espliciti
< Ha un carattere forte sai, mi ha spesso aiutato... da ragazzino ero peggiore di adesso, riservato, sempre con i miei pensieri per la testa, e con molte cose che non potevo certo dire o gestire da solo. Diciamo che lui si è sempre accorto di tutte queste piccolezze, se vogliamo chiamarle così, e ha sempre cercato di aiutarmi in un modo o nell’altro…Poi sono successe un po’ di cose, diciamo piuttosto rilevanti, e beh ci siamo completamente persi di vista >
sospirò per poi sorridere
< Solo l’altro giorno ci siamo rivisti > riprese poi, continuando a fare attenzione a calibrare bene le parole, senza dire troppo su di lui o mostrarsi eccessivamente felice di parlarne
< Per me è stato davvero un bel momento. Abbiamo parlato tantissimo, davvero! Posso dire che, che ci siamo ritrovati! > sorrise < Se ti va, un giorno di questi lo invito qui da noi …> concluse, sperando a quel punto in una risposta positiva della ragazza.
< Perché no?! > disse Annie, eccitata e incuriosita
< M’ispira già simpatia, invitalo per quando vuoi > scese dalle sue gambe tornando a sedersi accanto a lui < Però ricorda che questo mese dobbiamo ancora andare dai tuoi genitori, se non lo facciamo, iniziano a chiamarci e sinceramente, come ti ho già detto e come sappiamo bene entrambi, non mi va >.
< Certo lo faremo > disse frettolosamente Julian < Allora lo invito per dopodomani, domani avrà un esame > aggiunse sorridendo.
< Non sarebbe meglio passare dai tuoi, prima? Così siamo entrambi più tranquilli? > chiese sorridendo.
Julian si passò la mano tra i capelli, pensieroso < Non saprei, facciamo che ci pensiamo ancora un po’ > concluse poi, convinto.
< Va bene amore, allora per quando sarà, vedrò di preparare qualcosa, magari per pranzo o cena, vedi un po’ tu >.
< Non devi preoccupai per questo, non è necessario >
< Lo sai che non mi piace accogliere ospiti senza niente > disse Annie sorridendo e alzandosi dal divano < Quindi qualcosa si fará > sollevò le braccia come per stiracchiarsi < Credo che andrò a dormire. Sono esausta, vieni anche tu? > chiese guardando Julian.
Il ragazzo la guardò titubante, aveva finito di dormire qualche ora fa e non si sentiva ancora stanco.
< Per me è presto, ho dormito tutto il giorno > confessò < Credo che rimarrò qui a leggere qualcosa e poi ti raggiungerò più tardi >
< Oh va bene tesoro > la ragazza si chinò su di lui per baciarlo delicatamente.
< Allora buona notte! >
< Buona notte a te Annie >
La biondina si avviò verso le scale, Julian la osservò, i lunghi capelli le ricadevano composti sulle spalle, il corpo magro ma non troppo, i movimenti eleganti. Era davvero una bella ragazza, davvero, e lui era davvero innamorato di Clive.
Aspettò che Annie si ritirasse nella loro camera, poi si alzò e andò alla libreria per scegliersi un buon libro. Forse la lettura lo avrebbe aiutato a distrarsi e rilassarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Notte ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Salve! Premetto che il capitolo potrebbe risultare leggermente confusionario, ma arrivata a questo punto preferisco non metterci più mano, altrimenti troppe modifiche potrebbero solo renderlo ancora più confuso, quindi questo è :). Spero vi piaccia! Ringrazio come sempre chi continua a seguire fedelmente questa storia e chi recensisce! Davvero grazie a tutti!
Fatemi sapere come sempre! 
Un bacio!
BlueJayWay!


--------------------------------------




Il ragazzo rimase a leggere per quasi un’ora intera, rannicchiato nell’angolo del divano, in modo che le pagine del libro venissero meglio illuminate dalla luce dell’abat-jour. Aveva scelto un classico dalla sua collezione di libri, uno dei suoi preferiti in assoluto “Lo strano caso del Dr Jeckyll e Mr Hyde”.Conosceva quel libro a memoria, e ogni tanto gli capitava di leggere qualche frase prima ancora che i suoi occhi potessero focalizzarla.
Quel libro non lo aveva mai annoiato, e questo valeva anche per molti altri. Continuò a leggere, finché i suoi occhi non cominciarono ad appesantirsi e le palpebre ricaddero stancamente su di essi per poi riaprirsi, come per voler respingere quella sonnolenza che lo stava avvolgendo. Lottò contro la sensazione di stanchezza ancora per un po’, infine decise di raggiungere Annie in camera.
La ragazza aveva lasciato la luce accesa, probabilmente con la speranza che Julian la raggiungesse quasi subito, cosa che lui naturalmente non aveva fatto. Avrebbe forse dovuto sentirsi in colpa? Probabilmente sì, ma non ci pensò molto. Annie ora stava già dormendo, sprofondata in un sonno tranquillo e profondo, respirava in modo regolare e aveva un lieve sorriso sulle labbra. Julian si avvicinò posandole un bacio sulla fronte, dopodiché spense la luce e si distese accanto a lei.
Il respiro di Julian era lento e pesante, e contrastava con quello rilassato di Annie.
Rimase sveglio ancora per molto tempo, guardando fuori dalla finestra e voltandosi poi verso la ragazza. Indossava una camicia da notte in seta di un colore verde acqua che scendeva fino alle ginocchia e metteva in risalto le sue forme, la sua corporatura esile. Julian non sentiva nessun desiderio di levarle quel tessuto, nonostante questo si avvicinò e le mise un braccio attorno al fianco. Non riusciva più ad addormentarsi, la sensazione di sonno che aveva avuto in salotto era completamente svanita, affondato di nuovo dai sensi di colpa, si lasciò trasportare dai ricordi.
Annie era con lui ormai da più di due anni. Quando l’aveva conosciuta, le era davvero piaciuta, se ne era innamorato veramente o almeno questa era stata una sua convinzione.
< Il sax dà sempre un tocco di classe > gli aveva detto la ragazzina dagli occhi verdi come i suoi, dopo un suo concerto in un piccolo locale appena fuori Londra, da allora si erano parlati sempre più spesso. Annie aveva cominciato a seguirli ovunque, nessuno di loro la conosceva da prima, eppure lei era sempre puntuale, seduta ad un tavolino, il più vicino al palco, con il suo fedele bicchiere di sidro in mano. Accompagnata da amiche e amici, o da sola, lei c’era sempre. Julian e i ragazzi del gruppo lo avevano notato, e avevano apprezzato moltissimo la cosa. Annie superata la sua apparente timidezza, aveva cominciato a parlare con i membri della band, e con la scusa di far loro i complimenti, pian piano era riuscita a prendersi le attenzioni di Julian, lodandolo sempre per la sua abilità a suonare, colpendolo in uno dei suoi punti deboli.
Julian doveva trovare una ragazza, e aveva trovato lei. Era perfetta, come una sorella per lui, ed era stato proprio quello il problema, una sorella non una fidanzata. Ma nessuno lo avrebbe notato, questo era l’importante, lui avrebbe recitato bene la sua parte e si sarebbe impegnato a cambiare le cose. Lei s’innamorò di lui, lui le si affezionò il più possibile, senza difficoltà, poi si convinse di essersene innamorato.
Tutta quella sottospecie di amore, mai realmente stabile, era crollata completamente alla sola idea di rivedere Clive.
Si addormentò lentamente combattuto dai pensieri.
< Julian! > gridò la ragazza eccitata.
Julian aprì gli occhi, la figura di Annie pareva offuscata nella nebbia, sembrava seduta su di lui e il suo viso era illuminato da un sorriso. Quel sorriso non gli era nuovo. Si strofinò gli occhi con il palmo della mano per vedere meglio. La sua vista non migliorò di molto.
Annie scese dalle sue gambe e s’inginocchiò a terra tenendo i gomiti sul letto.
Sentì una forte pressione sullo stomaco, come se le braccia della ragazza stessero poggiando su di lui e non sul materasso.
 < Buongiorno! > gli disse lei, continuando a mantenere la stessa espressione sul volto.
< Indovina amore! >
Ancora stordito, la guardò, focalizzando il movimento della bocca, mentre tutto il resto della figura si dissolveva. Davanti a lui solo due labbra, che risposero alla sua domanda prima ancora che lui potesse pronunciarla. Risposero con parole completamente inverosimili.
 < Aspetto un bambino, sarai di nuovo papà! >
Dopo una frase come quella, il suo primo istinto fu di liberarsi dal peso della ragazza per poi guardarla negli occhi. Occhi neri.

< Cosa scusa? > chiese cercando di non mostrare incredulità e paura.
Annie rispose con un sorriso per poi, abbandonarlo da solo sul suo letto.
chiese fra se con una sorta di voce fuori campo, e un’altra voce fuori campo, gli rispose.
< Certo! >
Non poteva essere vero, loro due non avevano mai fatto nulla, come poteva essere successa una cosa simile? Cosa voleva dire “di nuovo papà”?
Si rigirò nel letto numerose volte, non riuscendo a trovare una posizione comoda, mentre le parole di Annie tamburellavano nella sua mente.
Quel salone non era certo il suo, gli ricordava piuttosto quello della casa di suo padre e sua madre. L’unica differenza, tutto era completamente grigio.
Qualcuno cominciò a tirarlo da dietro
< Papà papà! Ci andiamo a giocare fuori?! >
Si girò lentamente, un bambino lo guardava con due occhi enormi e lo tirava per la mano. Era certo di non avere mai visto prima di allora quel piccolo che lo stava chiamando “papà”.
Ancora prima che potesse rispondere qualcosa, una bambina poco più grande del maschietto, cominciò a sua volta a tirargli la camicia. Aveva un viso che ricordava molto quello di Grace.
< Papà, hai una camicia nuova?! > osservò < Mi piace tanto > disse e cominciò a tirarla < Te l’ha regalata mamma? >
Guardò la camicia che aveva addosso, si rese conto che era quella di Clive.

< Ha uno strano profumo > continuò la bambina strofinando un lembo della camicia sul viso.
Si sentiva stordito e incapace di muoversi.
 < Papà, papà! > il maschietto riprese a tirarlo da dietro, cercando inutilmente di trascinarlo via, i suoi piedi parevano incollati al suolo. Quell’impossibilità di muoversi cominciò a riempirlo di angoscia.
Annie gli comparve davanti con un bambino tra le braccia.
< Su Clive! Lascia stare papà! >
“Papà” sgranò gli occhi, era finito in una specie di asilo nido. Quelli non potevano assolutamente essere i suoi figli. Invece lo stavano chiamando tutti papà, e uno era ancora in pancia della mamma! Si sentì mancare. Clive, uno dei bambini si chiamava Clive. Si voltò per guardarlo, era cresciuto, non era più un bambino. Era Clive.

Cercò di dire qualcosa, quando la bambina cominciò a strillare.
< Non è il profumo della mamma! Non è nemmeno il tuo! >
Un odore strano e intenso lo avvolse completamente. La bambina continuava ad aprire la bocca lasciandone uscire grida acutissime e presto il bambino cominciò a imitarla, e il bambino era tornato ad essere piccolo.
Il primo pensiero di Julian andò a Clive, come avrebbe fatto?Cosa gli avrebbe detto? Ora non avrebbe più avuto nemmeno la speranza di stare con lui, aveva dei figli, il che significava una famiglia.
Il pensiero successivo fu quello di aprire gli occhi. Con un po’  di fatica, come se tutte quelle immagini surreali volessero trattenerlo, riuscì ad aprirli ritrovandosi nel buio più totale.
Il respiro veloce, il cuore gli pulsava in modo quasi irregolare. Spostò delicatamente il braccio di Annie che gli copriva parte del volto. Non poteva continuare così, doveva reagire, doveva parlare, ma sapeva che non lo avrebbe fatto, avrebbe chiamato Clive per il giorno successivo. Si chiese perché il suo maledetto cervello non gli proponesse sogni come, cavalcate su pony volanti o viaggi sulla luna, ma probabilmente lui sarebbe caduto dal pony mentre tentava inutilmente di raggiungere la maledetta luna dove lo aspettava Clive, o cose del genere. Si alzò dal letto e cercando di non far rumore scese in cucina per bere un bicchiere d’acqua. Aprì lentamente il frigorifero e prese una bottiglia d’acqua, si sentiva ancora completamente stordito. Versò l’acqua nel bicchiere e cominciò a sorseggiarla lentamente.
< Amore…> Julian si voltò di scatto verso la porta. Nessuno. Eppure era certo di aver sentito la voce di Annie. Ma Annie non c’era. Strinse con forza il bicchiere fino a sentire dolore alla mano, tra tutte quelle cose, ciò che mancava all’appello ormai erano solo, le voci immaginarie. Finì velocemente di bere poi lasciò la cucina e tornò a letto strofinando i piedi gelati tra le coperte in modo che si riscaldassero più velocemente. Riprese sonno dopo molto, troppo tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Madre e padre ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Allora salve! Che bello cominciare sempre un nuovo capitolo con delle scusa ahahah! Dunque scusate di nuovo per la lunga assanza, causata da innumerevoli cose, impegni vari, computer non funzionanti, momenti di blocco, ma ora rieccomi :). 
Stavo penando ormai da tempo che il titolo più azzeccato sarebbe stato "Sorriso, sorrise" visto che lo ripeto centinaia di volte..ma pazienza :). Scusate anche se a momenti divento ripetitiva e che ora mi ci vuole un po' per ingranare di nuovo (tanto per cambiare).
Ringrazio i fedeli i fedelissimi e se ci sono anche i nuovi lettori :)
Un bacio! 
BlueJayWay!


--------------------------------------------------------------


< Julian, amore >
Julian sentì la piacevole sensazione di una mano che gli accarezzava dolcemente la fronte.
< Amore…> tornò a ripetere Annie, con voce bassa e calma.
L’“amore” non riusciva ad aprire gli occhi, sentiva la testa appesantita e il suo unico desiderio in quel momento, era quello di continuare a dormire o perlomeno rimanere in quella posizione.
< Dai Julian…> Annie si chinò per baciarlo.
A quel punto il ragazzo aprì lentamente gli occhi, Annie aveva un leggero sorriso sulle labbra, gli accarezzo ancora una volta i capelli.
< Buongiorno dormiglione > il suo sorriso si allargò.
< Buongiorno Annie! > sorrise anche lui strofinandosi gli occhi con il palmo della mano.
< Hai battuto il tuo record > disse la ragazza lasciandosi scappare una breve risata < Sono le undici e mezzo >.
Julian guardò la ragazza incredulo, poi si mise a ridere < Nah, tu mi stai prendendo in giro ragazzina! > la prese per i fianchi per farla sedere accanto a sé.
< Io? > sbuffò teatralmente < Senti chi parla > rise < Comunque no, sono davvero le undici passate. Guarda tu stesso > prese l’orologio dal comodino e lo mise davanti agli occhi di Julian. Il ragazzo strizzò due tre volte gli occhi ancora assonnati per mettere a fuoco l’immagine, l’orologio mostrava effettivamente l’ora detta da Annie, la ragazza non mentiva.
< Hai spostato le lancette > la provocò scherzosamente lui.
< Io? Cos’è la mattinata delle accuse? > rise mentre Julian la tirava a sé stringendola in un abbraccio. La ragazza di tutta risposta cominciò a fargli il solletico, seguì una breve lotta di qualche minuto finché non si ritrovarono distesi sul letto uno accanto all’altra.
< Siamo proprio dei bambini! > osservò Annie con un filo di voce mentre tentava di riprendere il respiro regolare.
< Dici? > Julian si voltò verso di lei e le sorrise.
Cominciò a pensare che forse quello era il momento per parlare ad Annie, anche se, dirle tutto in una volta, sicuramente non sarebbe stata la soluzione migliore, al solo pensiero di confessarle ogni cosa gli sembrò quasi di vedere svanire il sorriso di lei, per sempre. L’avrebbe ferita, ne era più che certo. Mentre la fissava, si accorse che effettivamente il sorriso della ragazza svanì all’improvviso lasciando il posto ad un viso perplesso e quasi contrariato. Di colpo smise di sorridere anche lui.
< Che succede Annie? > chiese, in modo cauto come se quella fosse una domanda troppo azzardata. Qualsiasi cosa in quel momento avrebbe potuto metterlo in ansia.
Annie allungò la mano verso di lui.
< Mentre dormivi hanno chiamato i tuoi > sospirò profondamente mettendosi a giocherellare con le dita sulle labbra di Julian. Julian prese la mano di Annie stringendola nella sua.
< Dimmi che è solo un altro dei tuoi simpatici scherzi di questa mattina > disse, senza alcun velo di speranza nelle sue parole.
Annie scosse la testa < Vero, com’è vero che ormai è quasi mezzogiorno > accennò un sorriso per poi mordersi le labbra pensierosa, tornò a guardare Julian accigliata < Te l’ho già detto che tua madre ha una voce molto, molto, fastidiosa? Senza offesa! >
< Nessunissima offesa > disse il ragazzo, e lo pensava realmente, Annie aveva più che ragione. Il fatto che la ragazza percepisse quel clima teso tra Julian e i suoi parenti, e lo condividesse a Julian non dispiaceva affatto. Annie in qualche modo si era accorta dei rapporti non troppo pacifici tra lui e i suoi genitori e si era subito schierata dalla sua parte. Ovviamente non sapendo molto, spesso diventava ingenua davanti ad un comportamento falso di sua madre e suo padre. Nonostante questo, le loro opinioni erano piuttosto simili a riguardo.
La ragazza rise per tornare immediatamente seria.
< Ha detto che le piacerebbe tanto se andassimo a trovarli. Oggi stesso possibilmente. > lasciò la mano di Julian e si alzò dal letto.
< Quindi, faremo bene a prepararci. Prima andiamo meglio è >
< Certo > rispose distratto Julian.
< Così poi potrai invitare qui il tuo amico in tutta tranquillità e non dovremmo più pensare a tua madre e tuo padre > concluse cominciando a sistemare qualche vestito sparso qua e là per la stanza. D’improvviso si fermò con una camicia in mano studiandola come qualcosa di estraneo < E questa? > chiese incuriosita
Julian alzò gli occhi verso l’abito maledicendosi per non aver pensato a qualche posto dove nasconderlo.
< Mi piace moltissimo > ammise lei, cominciando a rigirare tra le mani la camicia di Clive.
< Davvero bella! Così ti sei messo a fare acquisti in mia assenza? > rise riponendola con cura nell’armadio.
< Oh sì > mentì immediatamente il ragazzo < Sai com’è quando una cosa mi piace è difficile che non la prenda > si morse nervosamente la lingua nascondendo il gesto con un sorriso.
< Potresti mettertela oggi > continuò lei tornando a sedersi accanto a lui.
< Potrei…> disse con un filo di voce < Senti Annie…> continuò con lo stesso tono mentre incrociava le sue dita con quelle della mano di Annie, prendendo senza pensarci troppo, la decisione di dirle qualcosa in più su Clive.
< Dimmi amore? > chiese guardandolo con quegli occhi sereni che non mostravano nessun tipo di preoccupazione.
< Cosa? > insistette la ragazza accorgendosi che Julian non sapeva come cominciare quel suo discorso.
Era un momento pessimo quello per dirle come stavano le cose, pensò subito Julian facendo retromarcia tra i suoi pensieri per la seconda volta in pochi minuti, davvero pessimo. Non le disse nulla, finché non fu la stessa Annie a cambiare argomento.
< Senti direi che io vado a prepararmi tu fai altrettanto e poi partiamo > sorrise e gli diede un bacio.
< Sì, mi sembra una buona idea! > sorrise anche lui mentre la ragazza lasciava la stanza.
Rimase in quella posizione per qualche minuto, dopodiché decise di prepararsi anche lui finendo decisamente prima di Annie.
< Annie io scendo, ti aspetto giù >
< Va bene amore >
Julian scese ed entrò in macchina, ad aspettare quella che per tutti era la sua ragazza. Picchiettava con le dita sul centro del manubrio mentre dallo specchietto retrovisore teneva d’occhio la porta di casa. Annie, quando si trattava di uscire per andare da altri impiegava un po’ di tempo per prepararsi, ma dopotutto non c’era fretta. La prospettiva di quella giornata era piuttosto cupa, ma il sentimento in quel momento non era caratterizzato da ansia e sensi di colpa, ma da rabbia e rifiuto. Era d’obbligo andare a trovare i suoi genitori “perché è educazione, perché è un segno di affetto, perché vivendo già fuori di casa è bene venirci a trovare”. Julian non era ancora riuscito a spiegarsi se quella dei suoi genitori fosse una perfetta recita o solo una reale soddisfazione e senso di sollievo per il fatto che lui era diventato come tutti i ragazzi “normali”. O entrambe le cose. Sicuramente godevano del loro trionfo, questo lo sapeva per certo, anche se in realtà non avevano assolutamente “trionfato”. Chiuse la mano a pugno e colpì il centro del manubrio, il clacson suonò. Annie uscì di corsa e lo raggiunse
< Scusa ci ho messo più del solito, scusami > entrò in macchina accomodandosi accanto a lui.
La guardò confuso < Cosa Annie... oh no, non é per quello che ho suonato, ero un attimo sovrappensiero> le sorrise.
< Sei sempre più spesso sovrappensiero in questo periodo > disse lei un po’ preoccupata, dandogli un bacio sulla guancia.
< Ce la sbrigheremo in un paio d’ore > aggiunse poi mentre finiva di acconciarsi i capelli in una lunga treccia laterale.
< Apprezzo il tuo ottimismo Annie! > rispose Julian accendendo il motore.
 
Arrivarono a destinazione in poco più di dieci minuti. Julian suonò il capannello e lasciò subito ricadere il braccio che iniziò a penzolare come peso morto, Annie in piedi accanto a lui gli cinse il fianco con la mano.
< Mi sembri… più teso delle altre volte > osservò la ragazza.
< Mah, sarà che oggi non ne ho proprio voglia > rispose Julian guardandola e sforzandosi di ridere.
< Dai Julian, almeno poi sarà fatta, e poi cosa vuoi che succeda, ci imbottiranno di cibo, di discorsi lunghi e più o meno monotematici e di foto viste e riviste >.
< Dici che è poco! > il ragazzo rise.
< Oh eccola > lo interruppe Annie osservando la sagoma di una persona attraverso il vetro della porta.  Julian prese un lungo respiro stringendo a se la ragazza, ancora un secondo e la porta si aprirono.
Era sua madre. Alla vista dei due ragazzi la donna curvò le labbra verso l’alto in un leggero sorriso. Una donna piuttosto alta, portava un vestito lungo e variopinto che assomigliava più ad una tonaca di materiale scadente, i suoi capelli lunghi di un colore indefinito e sbiadito erano raccolti in una coda, il viso lungo magro dalla pelle segnata da qualche leggera ruga sulla fronte, occhi piccoli e castani.
< Stavo perdendo la speranza di vedervi questo mese > disse subito guardando il figlio.
< Ciao mamma > disse lui avvicinandosi piano e abbracciandola con distacco mentre le braccia di lei si stringevano a lui con forza. La madre sembrava non volerlo più lasciare Julian poteva immaginare la sua espressione di simulata sofferenza alle sue spalle, lui rimase impassibile e guardò dentro la casa. L’entrata immersa nella penombra, luci fioche che filtravano dalle porte aperte delle varie stanze, da una di queste uscì un uomo alto e robusto, ma che si portava dietro, o meglio davanti una pancia piuttosto voluminosa, un fagotto tipico di qualche bicchiere di troppo. Julian ingoiò la saliva mentre pian piano e con discrezione allontanò la madre da sé. Il padre iniziò a parlare ancora prima che il suo volto fosse illuminato dal sole di fuori.
< Oh i nostri cari ragazzi, finalmente! Tua madre stava già per prendere di nuovo il telefono > concluse non appena arrivato alla soglia della porta. Sorrise nel tentativo di nascondere i segni sul volto severi, gli occhi di un colore chiaro erano messi in risalto dalle ciglia curve e molto marcate, i capelli che mantenevano ancora un certo colorito ricordavano una spazzola. Indossava una maglia con scritte varie, ancora più larga di lui.
< Salve signor Forrest! > disse subito la ragazza sorridendo e dando un bacio sulla guancia barbuta dell’uomo, che sorrise di nuovo con meno difficoltà.
< Ciao Annie, ti vedo bene sai! >
La ragazza ringraziò salutando poi la madre allo steso modo, mentre Forrest si accingeva a stringere la mano al figlio e poi abbracciarlo.
< Su, entrate ragazzi > li invitò la madre < Il pranzo è quasi pronto! >
Entrarono tutti e quattro dirigendosi verso la piccola sala da pranzo dove la tavola era già stata adeguatamente apparecchiata. L’odore intenso del cibo proveniente dalla cucina s’impadronì improvvisamente di Julian che con rapidità intuì il possibile menù del pranzo.
< Accomodatevi > disse Christine indicando le sedie.
< Posso darti una mano? > chiese Annie con tono cortese
< Perché no! > rispose l’altra sorridendo e afferrandola per il braccio < Così ci raccontiamo un po’ di cose noi due, e ti dico quante belle idee mi sono venute per il vostro matrimonio! >
Julian aggrottò le sopracciglia mentre sua madre spariva dalla stanza trascinandosi dietro Annie. Sospirò senza rendersi conto di essere osservato attentamente dal padre che lo risvegliò subito da pensieri a lui ignoti ma forse sospetti.
< Allora ragazzo! Siediti qui con il tuo vecchio papà! > sorrise e si accomodò a tavola. Julian obbedì e si sedette davanti a lui. I due rimasero in silenzio guardandosi. Julian dopo un po’ non riuscì più a sostenere quella comunicazione non verbale e cominciò a giocherellare con le posate mentre sentiva ancora addosso a sé gli occhi del padre. Rialzò lo sguardo con un sorriso decidendo di spezzare il silenzio.
< Allora papà, come state tu e la mamma? Avete qualche nuovo hobby per passare il tempo? >
< Bene, io non ho nessun hobby, a parte leggere il giornale... tua madre invece > si sporse verso Julian come per confidargli un segreto < Completamente pazza, si è messa a fare un corso di taglio e cucito! Hai visto cosa si è messa addosso? >
Julian rise.
< Certo. Ha anche pensato di fare non so cosa per il vostro matrimonio, ma io non voglio proprio sapere nulla > rispose versando della birra nel bicchiere < L’unica cosa che m’interessa è, a quando le nozze? > chiese con un sorriso smagliante.
< Dobbiamo ancora decidere, adesso ci sarà il matrimonio dei nostri vicini, magari prenderemo qualche spunto da lì, per il ricevimento intendo > rispose il ragazzo buttando giù le prime parole che gli vennero in mente.
< Ottima idea! Ottima! Mi raccomando però qui l’attesa sta diventando lunga > bevve la birra in un sorso e poi guardò il figlio con serietà < Che io sto diventando vecchio e vorrei tanto avere qualche nipotino con cui giocare prima di morire >.
Julian sorrise, senza rispondere.
< Eccoci > esclamò Christine con un tono squillante ed esaltato, entrando in salotto con un grande vassoio fondo in mano, seguita da Annie che sembrava confusa. Julian si chiese quali stramberie le avesse ficcato in testa sua madre in meno di cinque minuti, ma sapeva anche che lo avrebbe scoperto molto presto. La giornata era appena cominciata, e lui tanto per cambiare non aveva appetito.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** In 'famiglia' ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Il prossimo capitolo sarà molto breve, e in quello dopo torna Clive ci tenevo a farvelo sapere ahahaha! :) 
Bye!
BlueJayWay!


----------------------------------------------------------------------

Christine appoggiò il vassoio al centro della tavola e si accomodò accanto al marito mentre Annie prese posto vicino a Julian. Il ragazzo nel tentativo di non dover subito iniziare qualsiasi tipo di discorso cominciò a studiare il cibo. Non poteva vedere molto oltre ad uno strato di patate tagliate sottili, ma sapeva perfettamente cosa c’era sotto, carne e verdure di ogni genere.
< Ha davvero un bell’aspetto Christine > disse Forrest alla moglie.
< Ti ringrazio caro! >
I ragazzi fecero un cenno con il capo come per confermare ciò che Forrest aveva appena detto.
< Non vedo l’ora di assaggiarlo > continuò < Ma prima…> guardò verso Julian, Annie e poi la moglie che concluse la frase.
< Prima la preghiera >
La preghiera. Fin da quando Julian si ricordava, la preghiera era sempre stato un rituale fondamentale nella famiglia, una preghiera prima di qualsiasi pasto o in qualsiasi momento in cui i genitori lo ritenessero necessario. Ricordava vagamente, perché probabilmente aveva preferito rimuovere, momenti in cui lo obbligavano a pregare “Così rimetti la testa a posto” dicevano. Lui naturalmente non credeva a nulla e questa continua imposizione aveva solo contribuito a renderlo sempre più diffidente. Sapeva benissimo che i suoi genitori usavano questo come uno dei primi pretesti per “cambiarlo” e rigiravano ogni cosa secondo le loro volontà, lui la riteneva una cosa stupida, pensando che anche se avesse creduto, ciò non avrebbe influito su altre sue decisioni. Ma presto cedette a tutto ciò, finendo di accontentare sua madre e suo padre. Una pressione decisamente troppo forte, alla quale Julian non riuscì più ad opporsi.
Dopo i “dovuti ringraziamenti” e gli auspici per una famigliola sempre più numerosa Christine servì una dose abbondante a tutti e cominciarono a mangiare in silenzio, per qualche minuto si sentì solo il tintinnio delle posate contro i piatti.  
Julian si sforzò di mangiare nonostante la sua mancanza di appetito, dopotutto sua madre se la cavava piuttosto bene in cucina.
< Molto buono, mamma > disse Julian romando d’improvviso il silenzio.
< Grazie Julian caro >
< Bene! Allora belle signorine, di cosa avete parlato prima? > chiese il padre ansioso di intraprendere uno dei soliti argomenti.
< Del ricevimento, e della cena per il matrimonio! > esclamò la madre tutta eccitata
< Immagino che ti siano venute le tue solite idee geniali! > la incalzò Forrest
< Certo! Vedo già tutta la sala, perfetta! > cominciò lei con occhi trasognati < Una sala grande, immensa, una tavola lunga lunga con una tovaglia bianca ricamata, e poi tanti tavolini, con delle tovaglie azzurre e dei musicisti e > si fermò a guardare Annie che sorrideva lievemente cercando di non farsi coinvolgere dall’entusiasmo di Christine < …e Annie mi ha parlato del suo vestito > le sorrise.
A quelle parole a Julian andò di traverso il boccone e cominciò a tossire.
< Mio figlio è emozionato! > disse tutto orgoglioso il padre senza curarsi del fatto che Julian non riuscisse a smettere di tossire.
Annie cominciò all’istante a dargli dei colpi decisi sulla schiena.
< Oddio Julian! > preoccupatissima < Bevi un po’ d’acqua > Julian scosse la testa. Tossì ancora per un po’.
< Bevila! >
Il ragazzo obbedì, prese il bicchiere e mandò giù qualche goccia d’acqua, si schiarì la voce e dopo qualche secondo si riprese completamente.
< Avrai una moglie davvero molto premurosa! > insistette poi il padre scolando un altro bicchiere di birra e sorridendo soddisfatto.
< Veramente Julian! > sottolineò la madre con un’espressione di completa contentezza in volto < Ma io non ti svelerò nulla sul vestito! > rise.
< Tutto bene? > chiese Annie senza curarsi di quello che dicevano i genitori del ragazzo.
< Certo > rispose lui sforzandosi di sorridere < Grazie Annie > riprese a mangiare mentre la testa continuava a pulsargli.
Annie lo guardò, poco convinta, ma non disse nulla e ricominciò a mangiare anche lei.
Christine prese la mano del figlio e lo guardò dritto negli occhi < Però ti svelerò un segreto Julian! >
< Dimmi mamma > sorrise anche lui, cercando di mostrarsi il più interessato possibile.
< Avrà una bellissima acconciatura! I capelli tutti intrecciati con dei nastri bianchi! >
< Oh questo non dovevi dirglielo! > la interruppe Annie < Doveva rimanere un segreto! > rise.
Julian cercò di ridere a sua volta, mentre gli si proiettavano davanti le immagini di un sogno fatto tempo addietro.
A quel punto il padre riprese a parlare < Secondo me il ragazzo pensa già al suo primo bambino! Sono sicuro che sarà maschio! >
< Beh c’è tempo ancora per il figlio! > azzardò Julian, giusto per non starsene in silenzio tutto il tempo. Sapeva perfettamente quale sarebbe stata la risposta, ma ormai erano entrati completamente nel ritmo della conversazione, una conversazione che si ripeteva ogni mese.
< Come c’è ancora tempo Julian! > esclamò la madre
< Guarda che noi siamo vecchi ormai, e ci piacerebbe tanto giocare con un nipotino! >
< Direi! >
< Un bel nipotino con cui passare il tempo! >
< Esatto! >
< Giocare con lui, leggergli le fiabe, portarlo al parco! >
< Assolutamente sì! > gli occhi di Christine erano lucidi di gioia quasi come se avesse già un nipotino davanti a sé.
A Julian invece davano l’idea di due soggetti anonimi nel bel mezzo di una partita di tennis, una partita, che aveva l’unico obbiettivo di  dare spettacolo.
< Mah, potrebbe anche essere una femminuccia! > rispose poi in modo molto calmo.
< Infatti, non lo possiamo sapere. Ma comunque non abbiamo fretta, davvero…> Annie guardò Julian sorridendogli.
< Meglio un maschio! >
< Mah smettila Forrest > lo rimproverò la moglie cominciando a sparecchiare la tavola.
< Magari saranno gemelli! Un maschietto e una femminuccia! > detto questo portò il tutto in cucina e tornò dopo pochi minuti con il dolce.
< Hai ragione due gemelli! >
Julian li odiava.
< State fantasticando! > li interruppe Annie sorridendo.
< A noi piace fantasticare > le rispose Christine servendo il dolce.
Julian li odiava.
< Certo! Noi siamo incontentabili, un nipotino non basta! >
< Questo è esattamente quello che penso anch’io! >
Julian li odiava.
< Dopotutto ce li meritiamo > continuò la madre porgendo il piatto con il dolce a Julian che in quell'istante sentì la rabbia salire e diventare quasi incontrollabile, scosse la testa.
< No grazie, sono a posto! > le disse cercando di non mostrare troppa irritazione nel tono di voce.
La madre lo guardò, dritto negli occhi, con piena disapprovazione.
< Dai mangia! > fu la sua risposta e mise il piatto davanti al ragazzo.
Julian cercò di calmarsi, ma il padre aveva già cominciato a guardarlo con sospetto. Lo guardava sempre in quel modo, sempre. Julian non se ne curò, finché lui non aprì di nuovo bocca.
< Mah, raccontateci un po’ cos’avete fatto in questi giorni? > chiese rivolgendosi ad Annie
< Beh, le solite cose direi > si girò verso Julian come per avere la sua approvazione, approvazione che Julian le diede con un cenno del capo.
< E…oltre alle solite cose? > s’interessò la madre.
< Io sono andata dai miei genitori per il fine settimana, mentre Julian ha avuto un incontro con i suoi vecchi compagni di classe del liceo! Vero amore? > tornò a girarsi verso il ragazzo che a quel punto cominciò a sentirsi veramente ansioso, e sperò che quell’argomento finisse con il suo < Sì >.
Cosa che naturalmente non si avverò.
< Davvero? > chiese la madre < Come mai questa cosa? >
< Perché sembrava un’idea carina ritrovarsi tutti > Julian alzò le spalle e cominciò a giocherellare punzecchiando il dolce con la forchetta.
< Sciocchezze! > borbottò lei senza togliergli gli occhi di dosso.
Il ragazzo alzò piano gli occhi verso di lei < Io non ci vedo nulla di strano > replicò poi con tono sostenuto e più determinato di quello che credeva di riuscire a fare.
< Certo che no. Tu hai sempre avuto queste strane manie! > continuò la madre ancora più nervosa, accorgendosi che Julian non si lasciava mettere i piedi in testa con tanta facilità come di solito succedeva in quelle occasioni.
< Cosa c’è di strano mamma? Sono sicuro che anche tu hai avuto rimpatriate con i tuoi amici e le tue amiche! >
< Questo non c’entra nulla, la situazione è ben diversa e tu lo sai! >
< Cosa mai potrebbe esserci di diverso? > si arrischiò a chiedere Julian.
Fu in quel momento che intervenne anche il padre.
< C’erano tutti? >
La risposta di Julian fu immediata, e sottolineata da un sorriso che nemmeno lui avrebbe saputo interpretare < Certo che sì! >
< Appunto, ecco cosa intende tua madre con, la tua situazione e ben diversa! > disse il padre.
Julian sapeva benissimo che nessuno dei due avrebbe mai potuto o voluto parlare del perché erano tanto infastiditi, guardò Annie con la coda dell’occhio. La ragazza era più che confusa ed era incerta se intervenire o meno.
< Perché mai dovrebbe essere diversa? Si fanno sempre queste cose con i vecchi compagni di classe, sempre. Non potevo certo essere l’unico a rinunciare! Suvvia sarebbe stata maleducazione dopotutto >.
Forrest aggrottò le sopracciglia < Maleducazione è il fatto che tu non ce lo abbia detto! > si versò ancora della birra la bevve in un sorso, riappoggiò il bicchiere sul tavolo con un colpo secco. < Avresti dovuto parlarcene > continuò, guardando Julian con disapprovazione.
< Ma come? Non sono più un bambino, vivo in una casa mia e sono autosufficiente! >
< E noi siamo sempre i tuoi genitori, e lo saremo sempre > rispose la madre < Tu devi ancora tenere conto di molte cose, e lo sai perfettamente a cosa mi riferisco! >
< No! > ribatté Julian trattenendosi dal dirgli tutto ciò che pensava su di lei e sul padre.
< Per il tuo bene! Lo sai! > dichiarò Forrest con l’intento di chiudere quell’argomento.
< Certo papà! >
< Quindi la prossima volta vedi di avvisarci! >
< Sarà fatto. > Julian rispose impassibile.
< Chiudiamo qui l’argomento. >
< Non vedo nemmeno il motivo per cui farci sopra una discussione di questo genere > concluse Julian alzando le spalle.
Annie era rimasta in silenzio fino a quel momento, completamente confusa e spaesata, ma sapeva che era meglio evitare domande, mentre Julian sapeva che le domande le avrebbe fatte a lui non appena fossero stati di nuovo solo loro due. La cosa lo spaventava, ma preferì non pensarci in quel momento. Era riuscito a sostenere al meglio quella conversazione e la cosa gli faceva piacere.
Passarono il resto della giornata seduti su un divano scomodo, a sfogliare vecchi album di fotografie a parlare di matrimonio e di bambini, A Julian non aveva mai fatto un buon effetto rivedere le sue foto.
< Qua eri magrissimo! > osservò Annie indicando una di quelle foto. Lo diceva ogni volta che la vedeva.
< Stava crescendo! > disse la madre sorridendo.
< Sì ma ... eri davvero, troppo magro! > continuò Annie guardando Julian.
< Stavo crescendo > fu la risposta del ragazzo e voltò velocemente la pagina dell’album. 

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Domande senza risposte ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Sì doveva essere molto breve ma come al solito mi sono un po' dilungata! Spero si riesca a capire abbastanza con tutti quest dialoghi che si sovrappongono! Buona lettura a tutti voi =) fatemi sapere! 
BlueJayWay!

-----------------------------------------------------------------------------

Erano già le dieci di sera, finalmente Annie e Julian erano riusciti a fuggire da quella esagerata e ben pianificata ospitalità dei genitori di lui. Sua madre aveva addirittura accennato alla brillante idea di farli dormire lì, nella vecchia camera di Julian. Camera nella quale il ragazzo non metteva più piede da anni e non sentiva assolutamente il bisogno di farlo. Non lo voleva. Dentro di sé temeva sempre di trovarci suo zio ad aspettarlo. Sapeva che quella stanza era vuota, ma allo stesso tempo non si fidava, una specie di paura ben impressa nella mente. Dopotutto non gli mancava per niente, ogni cosa personale alla quale teneva davvero l’aveva portata via con sé, e per il resto non voleva rivedere nient’altro.
Annie era riuscita ad inventarsi un’ottima scusa per fuggire all’ospitalità, nemmeno lei amava rimanere in quell’ambiante, quindi si era inventata in pochi secondi qualcosa che riguardava medicinali e altre cose strane. Nulla di più falso, ma aveva funzionato, e Julian era molto fiero di lei e altrettanto riconoscente nei sui confronti. Tuttavia in quel momento c’era un silenzio quasi angosciante tra i due, si sentiva solo il motore della macchina che proseguiva lentamente sulla strada bagnata da una pioggia che già non scendeva più.
Avevano entrambi lo sguardo rivolto in avanti, per controllare la strada, Annie ogni tanto guardava verso Julian per voltarsi subito dopo. Teneva le mani sulla borsa e vi picchiettava sopra con le dita, al che Julian cominciò a fare altrettanto sul manubrio della macchina.
< E anche questa è fatta! > disse improvvisamente Annie abbozzando un sorriso.
< E anche questa è fatta! > confermò Julian, sinceramente contento e rilassato.
< Non ci dovremo più pensare per un mese! >la ragazza sorrise ancora più convinta < E’ fantastico! >
Julian rise < Si lo è! >
Ci fu una breve pausa, poi Annie riprese a parlare.
< Senti amore…>
< Sì Annie? >
< Bene, so perfettamente che di domande oggi ne hai già avute abbastanza >.
Julian si girò per qualche secondo verso di lei, poi tornò a guardare la strada.
< Dimmi >
< Non credo di avere capito il motivo per cui tua madre e tuo padre si siano tanto impuntati sulla cosa del liceo. La vostra rimpatriata intendo…> si voltò verso di lui < Trovo che sia tutto così assurdo, e non so, mi confonde questa cosa, non riesco a capire perché > fece una pausa nella quale Julian tentò già di risponderle, ma la ragazza riprese subito a parlare.
< Anche perché ci hanno fatto su un discorso inutile e inconcepibile, almeno per me >.
Julian a quel punto non la sentiva più, aveva solo una risposta da darle. In qualsiasi modo lei avesse formulato la domanda.
< Insomma. Perché mai dovrebbe dare fastidio una cosa del genere? >
< Vedi Annie, nemmeno io lo so perfettamente, sono solo molto, vecchi > si morse un labbro, poi riprese il discorso < Vecchi e…selettivi, ecco penso che selettivi si adatti abbastanza bene >.
 < Ho capito > Annie fece ciondolare la testa in avanti < Selettivi sulle tue compagnie insomma, le tue amicizie >
< Già > sospirò < Proprio questo >
< Non me ne hai mai parlato molto, insomma a parte i soliti argomenti che trattano questo non era mai venuto fuori così tanto, e tu... non me ne hai mai parlato > disse la ragazza con voce grave.
< Non la ritenevo una cosa necessaria >
Fermò la macchina al semaforo e si girò verso la ragazza.
< Non la ritenevo necessaria perché è una cosa che pensano loro, e che non voglio che mi riguardi più. Ecco tutto. >
Lei rispose poco convinta < Ho capito amore. Ma insomma, se è sempre stato così, non deve essere stato, facile >
< Sono sopravvissuto come vedi > si sforzò di ridere.
< …e poi in quella foto eri decisamente magro > continuò lei come se la breve risata di Julian non fosse arrivata alle sue orecchie.
Julian ripartì < Oh suvvia Annie > sorrise < Secondo me ti stai facendo troppe domande, tutte cose passate, chiuse. Anche adesso sono magro > rise di nuovo.
< Beh lì lo eri molto di più! > ribatté la ragazza. < E poi questa cosa del “dovevi avvisarci” è una, una grandissima cazzata! > sbottò nervosa, come se si fosse tenuta un attacco di rabbia durante tutto il tragitto. Julian sobbalzò, senza però perdere il controllo del volante.
< Scusami…> sussurrò la ragazza
< Ma figurati Annie, sono bravo a controllare questo trabiccolo e poi siamo praticamente arrivati, e comunque…hai ragione > rispose il ragazzo, sperando di riuscire a concludere lì ogni discorso e di essersela cavata più o meno, bene. Accostò la macchina davanti casa loro.
< Ragione> farfugliò Annie dopo poco tempo. < Ho sempre ragione, ma alla fine tu non mi racconti nulla o poco! > aprì la portiera della macchina. < Almeno questa è la mia impressione, amore. >
Julian non le rispose, uscì e aspettò che la ragazza facesse altrettanto. Non appena fuori lo guardò dritto negli occhi < Se avessi saputo di questa cosa, non avrei tirato fuori l’argomento Julian. Capisci cosa intendo? > chiuse la portiera con un colpo secco.
< Si lo capisco Annie, ma non è stato un problema >
< Non è un problema, hai ragione, anch’io la penso così. Sempre queste risposte così vaghe. Ho quasi l’impressione di svegliarmi su un sacco di cose amore! >
< Dai entriamo in casa > Julian aprì la porta, la sua speranza di terminare quell’argomento era svanita del tutto. Annie sembrava determinata a continuare la sua improvvisa investigazione, e se si trattava di un interrogatorio di quel genere, Julian preferiva affrontarlo e difendersi, in casa sua. Annie entrò per prima con passo deciso, facendo oscillare la sua lunga treccia bionda, Julian la seguì con molta più calma.
< Che stavo dicendo? >
< Che ti stai svegliando Annie > le ricordò Julian cercando di ironizzare, quasi su se stesso.
< Ecco sì. Nel senso, che se mi dicevi certe cose prima, poi non ti beccavi queste inutili e insulse ramanzine da… quelle, scusa il termine, sottospecie di genitori! >
< Annie, ci ho fatto l’abitudine! >
< Che sciocchezza Julian! Perché non tutti? Perché? > in quel momento Annie più che infastidita era confusa e quasi disperata.  
< Non è importante! >
< Si che lo è! Per me lo è! Chiama Clive, lo chiederò a lui allora! Se eravate tanto amici, forse lui saprà che dirmi…insomma sono preoccupata, io non ci voglio più andare da quei due Julian! Mi sono stancata! Chiama Clive dai…invitalo > continuò parlando sempre più velocemente. Una delle sue caratteristiche, quando voleva comunicare a tutti i costi qualcosa che lei riteneva importante, era parlare in maniera velocissima e con frasi sconnesse < sai bene che non chiederò nulla, cosa vuoi che ne sappia lui e poi non sono una che si fa gli affari degli altri, e... insomma chiamalo no? Volevi farlo, così lo conosco. Voglio proprio vedere perché i tuoi genitori non vogliono che frequenti i tuoi amici! > sorrise avvicinandosi a lui con tutte le migliori intenzioni, si fermò di colpo a guardare l’imprevista reazione di Julian.
Il ragazzo era in piedi, immobile, con l’improvvisa incapacità di muovere qualsiasi tipo di muscolo, e l’altrettanta difficoltà nell’emettere suoni. Julian sperò di svegliarsi da un momento all’altro, ma si rese immediatamente conto di essere più che sveglio. Fitta allo stomaco, testa pulsante e battito del cuore che si sentiva anche nelle orecchie e lo rendeva sordo a qualsiasi altro rumore. Insomma, era sveglissimo.
< Julian! > esclamò Annie
Julian si riprese immediatamente, si passò la mano tra i capelli e socchiude gli occhi per cercare di riprendere la calma e ricomporsi.
< Scusa, ho avuto…una fitta allo stomaco. Sarà stato il pranzo >
< E oltre al pranzo Julian? Che c’è con Clive, è nella lista nera di tuo padre e tua madre per caso? >
Lui sospirò profondamente e guardò Annie < Penso sia il primo della lista Annie. > confessò.
< Il primo! Caspita! Dev’essere una specie di assassino allora!> la ragazza scoppiò a ridere, Julian fece altrettanto per rispondere a quella reazione inaspettata della ragazza.
< Oh è un pericolo pubblico! Un assassino di prima classe! >
< Voglio conoscerlo! > disse la ragazza eccitata.
< Ami il pericolo Annie? >
< Molto più di te, e molto più di quello che credi! Anche io ho i miei  segreti sai > rise. 
< Allora lo chiamo! > si affrettò Julian cercando di non perdere quell’entusiasmo offuscato da tanti altri pensieri.
< Vai, vai, io preparo una tisana, così rimetti a posto i tuoi dolori di stomaco > rise ancora.
< Sei un amore Annie! >
Detto ciò si decise a chiamare Clive nonostante l’orario.
< Pronto qui è Clive, se ritieni di essere uno scocciatore lascia un messaggio dopo il "bip": Biiip >
Julian, suo malgrado scoppiò a ridere < Ma che fai? Non ha alcun senso questo messaggio e poi si sente benissimo che non è registrato! Ma funziona almeno? > chiese divertito
< Oh Jules! > il ragazzo rise < No certo che non funziona. Se lo scocciatore comincia a parlare, mi basta mettere giù la cornetta! Non ce l’ho nemmeno il nastro per la segreteria > rise < Sono contento di sentirti, non speravo nemmeno che accadesse così presto, che poi non è nemmeno presto perché sono quasi le undici > ridacchiò di nuovo.  
< Oh scusa, ti ho svegliato? > domandò subito Julian pronto a scusarsi altre cento volte.
< Ma scherzi? No, certo che no Jules! >
Sorrise più rilassato < Com’è andato l’esame? >
< Direi che sono più che soddisfatto! > rispose Clive orgoglioso.
< Che bello sono tanto felice per te! Senti > rimase in silenzio, rendendosi conto di non essersi minimamente preparato il discorso e la domanda da fargli, cosa pessima, davvero pessima secondo lui.
< Dimmi >lo incoraggiò Clive
< Domani, si lo so che non si invita una persona il giorno pri >
< Domani? > si affrettò a chiedere Clive.
< Sei libero da impegni? Perché se sì, insomma, potresti venire, da noi…>
< Da noi? > chiese subito
< Si certo... sai, Annie vuole tanto conoscerti > rispose balbettando un po’ < Ti dispiacerebbe? >
< Certo che no, vedo che hai già provveduto a dire... >
< Diciamo di sì > lo fermò subito Julian, non voleva sentire altro, cose che oltretutto già sapeva < Allora quando preferisci venire? >
< Verso il pomeriggio va bene? >
< É perfetto >
< Molto bene Jude! Allora ci vediamo domani! Sono proprio contento! >
< Sì anch’io…>
< Tranquillo, sarò perfetto, un ottimo attore e un ottimo me stesso. Non preoccuparti > disse Clive per cercare di rassicurare Julian.
< Grazie…>
< Grazie a te! A domani Jules! >
< A domani! >
Julian riagganciò il telefono e raggiunse Annie in cucina.
< Allora? Può venire? >
< Sì > Julian le sorrise e andò a baciarla < Domani, verso il pomeriggio >
< Oh è perfetto! Bevi pure la tisana e poi ce ne andiamo a letto, io sono stanchissima! >
< Anche io! >
Dopo la tisana andarono a letto. Julian agitatissimo non riuscì a prendere sonno per qualche ora, mentre Annie rimase sveglia per altrettanto tempo troppo occupata a pensare a cosa preparare a come prepararsi e al tipo di “soggetto” che avrebbe conosciuto il giorno dopo.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** L'ospite ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



 

Molto bene, e dopo millenni rieccomi di nuovo! Ho avuto problemi con il computer tanto per cambiare (risolti tra l'altro in modo piuttosto rudimentale) esami e tante altre cose che non mi hanno permesso di dedicare il giusto tempo a questa storia. In ogni caso scusatemi davvero tanto! Non so se è un bene che io abbia riavuto il pc, il capitolo è quello che è ci lavoro da giorni ormai  quindi oggi (in questa giornata piatta ed uggiosa) ho deciso di pubblicarlo prima di mandarlo nel dimenticatoio. Spero davvero vi piacci, mi rendo conto sia piuttosto lungo ma avevo promesso Clive e quindi non potevo dividerlo anche questa volta :D. Ogni tipo di critica è davvero ben accetta, sono pronta a rifarlo del tutto volendo, non so per quando promettervi il prossimo aggiornamento ma tenendomi larga direi tra due settimane! :) Ringrazio tantissimo tutti i lettori, in particolare ringrazio le fedeli lettrici e recensitrici che non mi abbandonano mai LadyMadonna e Briciolaj7! Detto questo se il capitolo non vi garba o qualsiasi cosa, ditemelo. Grazie!
Ora mi fermo e vi lascio alla lettura!
Un bacione!
BlueJayWay!
p.s. Tutte le citazioni Beatles sono puramente casuali...(no, non è vero :D)

-----------


Corse fuori di casa. I piedi scalzi poggiarono sulla strada asfaltata dura e fredda. Aveva ancora addosso il pigiama, un pigiama che gli stava decisamente troppo largo, lungo sulle maniche e sui pantaloni, rischiò quasi di inciampare, ma alla fine riuscì a raggiungere l'albero cavo di fronte casa sua. Era sicuro che avrebbe trovato quella lettera, aveva sentito passare il postino. Arrivato davanti alla pianta esitò come colto da un'improvvisa indecisione, poi infilò la mano dentro la piccola incavatura dell'albero. Dopo poco si accorse che la sua mano era rimasta incastrata, cercò di muovere le dita alla ricerca di un pezzo di carta, ma non trovò nulla, in pochi secondi la sua mano fu invasa da formiche che cominciarono a brulicare insistenti su di essa infilandosi poi sotto la manica del pigiama. Poteva vedere chiaramente come quei fastidiosi insetti rossi e neri avessero completamente ricoperto tutta la sua mano, tirò ancora con più forza il braccio finché non riuscì a liberarsi. Le formiche caddero a terra ma ripresero immediatamente la marcia verso di lui, tra l'ansia la rabbia e il fastidio cominciò a pestare su di loro schiacciandole con le scarpe. I resti polverosi dei piccoli insetti lasciarono il posto a piccoli vermi bianchi che sembravano essere ancora più insidiosi delle precedenti. Preso dal panico totale riprese a correre verso casa, i piedi nudi tornarono a percepire una sensazione di freddo pungente. Alcuni bambini intorno a lui cominciarono a ridere, una risata forte e di scherno. Pensò che la causa di tutto, fosse data dal suo abbigliamento Entrò in casa, una casa che sembrava avere mutato del tutto il suo aspetto, ma dentro la quale cominciò a sentirsi più sicuro, rilassato. Si voltò verso la porta. La lettera era lì, appesa con un chiodo, in modo che tutti potessero vederla. Si avvicinò con tanta rapidità da non percepire nemmeno i propri passi. La guardò, nonostante la sua vista fosse offuscata e annebbiata, sapeva benissimo che sopra c'erano miriadi di parole, frasi che avrebbe dovuto leggere. La staccò dal muro e la avvicinò agli occhi, si sforzò di leggerla più e più volte senza ottenere risultato, finché tutte quelle lettere si trasformarono in schizzi senza alcun significato. Cercò disperatamente Clive, ma lo vide solo in lontananza guardarlo con rassegnazione e uscire di casa. Riprese ad osservare la lettera completamente bianca, la strappò non appena percepì la presenza di Annie alle sue spalle. Lei lo guardò, seria. Seria ma non arrabbiata. Era sicuro che sapesse già gran parte delle cose, era sicuro che Clive gliene avesse parlato. Prese coraggio.
< Annie senti, devo assolutamente dirti una cosa > lei continuava ad osservarlo con un'espressione immutevole in volto <
Amo Clive e non posso davvero farci nulla, mi dispiace averti presa in giro per tutto questo tempo, mi sento un perfetto idiota > Fece un lungo discorso, un discorso del quale fu piuttosto soddisfatto. Si scusò centinaia di volte, mentre la ragazza continuava a fissarlo rimanendo nella sua posizione, in piedi con le braccia cadenti lungo i fianchi completamente rilassate. La ragazza accennò un sorriso < Lo so. Me lo hai già detto Julian e me lo ha detto anche Clive >
Improvvisamente si sentì più sollevato, senza alcun peso
da portarsi avanti. Clive gli sorrise, Annie fece altrettanto.

Si sentì bene per qualche altro breve attimo.
Finché riaprì gli occhi, si guardò intorno. Nulla era cambiato e quella sensazione di tranquillità impiegò tempo ad abbandonarlo, prima che potesse realizzare di avere sognato tutto e di non avere risolto assolutamente nulla. Annie era ignara di qualsiasi cosa come era sempre stato.
Julian si alzò stancamente dal divano sul quale si era addormentato dopo pranzo. Erano bastati circa quindici minuti perché il suo cervello gli proponesse un sogno come quello. Lui ed Annie avevano passato la mattinata a risistemare casa nel migliore dei modi. Annie diventava iperattiva quando si trattava di ospiti e specialmente ospiti nuovi, persone che ancora non aveva avuto il piacere di conoscere. Julian sorrideva all'idea che quei preparativi fossero addirittura più intensi di una semplice pulizia primaverile, tutta quella esagerazione lo faceva ridere di gusto e in fondo non gli dispiaceva collaborare e dare una mano alla ragazza. Dopo pranzo era crollato dal sonno sul divano assieme ad Annie, che però aveva già abbandonato il giaciglio ed aveva ripreso la sua attività.
< Annie? > la chiamò con la voce ancora impastata dal sonno.
< Sono su amore, in bagno. Preparati anche tu tra poco arriva Clive! >
Julian sorrise nonostante l'ansia in corpo, salì le scale e si diresse verso la camera, passando davanti il bagno dove la ragazza aveva lasciato spontaneamente la porta semiaperta.
< Te la metti oggi quella bella camicia Julian? > chiese la ragazza non appena vide passare Julian davanti.
Si fermò improvvisamente < Mah non saprei...> rispose entrando in bagno.
< Eddai amore! > Annie stava scrutando con attenzione la sua immagine riflessa nello specchio. Indossava un vestitino smanicato di cotone, nero e bianco stretto con una cintura in vita e lungo fino alle ginocchia. In mano teneva una matita nera per gli occhi, mentre tutto il ripiano di marmo del lavandino era cosparso di altre diavolerie per il make-up. Nel vedere tutti quei trucchi Julian deglutì ripensando a quelli di Clive.
Si avvicinò alla ragazza dandole un bacio sul collo e guardandola poi attraverso lo specchio.
< Dammi due secondi e poi deciderò cosa fare! > sorrise.
< Non l'hai messa nemmeno ieri! Mi piace tanto, davvero mettitela > sorrise Annie ricambiando lo sguardo. Si avvicinò con il viso allo specchio e fece un segno preciso e delicato con la matita, sopra e sotto gli occhi < Ecco! > disse sufficientemente soddisfatta.
< E tu? Hai deciso di farti bellissima?! > ridacchiò Julian appoggiandole una mano sulla spalla.
< Certo amore ho deciso di tradirti sai! > rise anche lei completando il trucco con un filo di rossetto sulle labbra.
Istintivamente Julian ritrasse la mano, portandola dietro la schiena. Non sopportava vederla sorridere per cose che erano effettivamente reali, ed era proprio lui a farle.
< Temo che i tuoi sforzi siano inutili > ammise poi come se volesse confessare qualcosa.
Annie alzò il sopracciglio continuando a tenere lo sguardo fisso sull'immagine riflessa del ragazzo
< Oh e perché mai? > chiese, cominciando a risistemare i trucchi in una piccola trousse.
< Beh vedi...>
< Ha forse già una ragazza? Poco importa, io farei colpo comunque! Tu non sei il tipo che difenderebbe a spada tratta. Insomma non sei abbastanza geloso. > ridacchiò lei scherzando e cominciando a legarsi i capelli in una coda.
< Non proprio > confessò Julian facendosi serio e teso. Annie si voltò verso di lui.
< Allora un ragazzo! > esclamò come per dire una cosa che lei riteneva del tutto normale e possibile.
Julian spalancò gli occhi, preso da un'agitazione quasi incontrollabile. Il modo così semplice schietto e pacifico con cui Annie aveva parlato lo spaventava più di ogni altra cosa, quando avrebbe benissimo potuto avere l'effetto contrario.
< Vado a cambiarmi...> dichiarò quasi con un sussurro incapace di formulare qualsiasi altro tipo di frase.
Annie sciolse i capelli poco convinta della sua acconciatura. < Ho capito, è per questo che i tuoi non volevano che lo frequentassi. Che stronzate! > sentenziò cercando di non badare alla reazione del ragazzo < Beh sappi che a me non da fastidio per nulla, non mi chiamo Christine o Forrest io! >
< Sono contento di sentirtelo dire...>
Annie lo abbracciò istintivamente prima che il ragazzo potesse uscire dal bagno.
< Se è questo che ti mette in agitazione ricordati che io non vede assolutamente nessun problema >
Julian la strinse con forza a sé come se con quell'abbraccio potesse confessarle ogni cosa.
< Annie senti...>
< Dimmi Julian. >
Il campanello suonò. La ragazza sorrise quasi eccitata.
< Beh dimmi! > chiese prima di decidersi ad uscire.
< No volevo dirti che, metterò la camicia > abbozzò un sorriso.
< Fila a cambiarti Clarke! Hai due secondi! Ma guarda te che ragazzo maleducato, non è nemmeno pronto ad accogliere gli ospiti > rise divertita e scese di corsa le scale.
Annie aprì la porta, rimase immobile a guardare il ragazzo di fronte a lei, alto e slanciato, occhi blu enormi, capelli neri e un sorriso che sottolineava piccole fossette sulle guance. Indossava una camicia bianca abbinata a dei pantaloni a righe blu e degli stivali in pieno stile anni '60. Non poteva assolutamente negare che quello fosse un bel ragazzo
< Ciao! > esclamò senza riuscire a trovare in quel momento una parola più adatta dal suo “vocabolario per gli ospiti”.
< Tu devi essere Annie!? > disse Clive allargando ancora di più il sorriso e porgendole un mazzo di fiori.
< In persona! > rispose la ragazza sorridendo e prendendo i fiori < Grazie davvero! >
< Però... devo confessarti una cosa. > disse Clive cominciando ad osservare la ragazza con molta discrezione.
La sua prima conclusione fu che probabilmente sarebbero anche potuti diventare buoni amici, ovviamente se presa a piccole dosi. Una ragazza dall'aspetto fresco e giovanile che sapeva vestirsi bene e oltre a questo piccolo dettaglio riusciva ad essere ospitale e di buon umore. Forse le mancava un pizzico di diffidenza in più verso le nuove persone, cosa che a Julian al contrario sicuramente non mancava.
< Dimmi! > chiese lei senza togliere il sorriso stampato sulle labbra.
Forse sorrideva un po' troppo, in quel momento sembrava che avesse una paralisi facciale. Clive certo non negava di essere un bel ragazzo, bello e simpatico, ma quel sorriso sembrava eterno, era quasi divertente il tutto.
< Sono fiori di mia produzione, colti direttamente dal mio giardino, è giusto che tu lo sappia! > dichiarò con una voce simile a quella dei presentatori delle pubblicità di verdura surgelata, riprendendo poi a ridere.
La ragazza rise di gusto < Sono bellissimi, grazie. Beh entra... Julian è andato a cambiarsi, sai se la prende con comoda il ragazzo >
< Oh non importa, conosco molto bene il tipo. > dichiarò con tranquillità entrando in casa.
< Magari lo conosci meglio di me! > disse la ragazza convinta. Annie solo in quel momento si accorse effettivamente dell'altezza di Clive e la cosa la intimidì non poco, cercò comunque di non darlo a vedere ma Clive impiegò pochi secondi ad accorgersene e la cosa lo fece sorridere. Avrebbe potuto sedersi per togliere qualche centimetro alla sua altezza ma era più forte di lui e su quelle cose era solito prenderci gusto.
< Beh siediti pure Clive vado a vedere se Julian si da una mossa! >
< Oh non preoccuparti, lo aspetto! > rispose il ragazzo rimanendo in piedi proprio accanto a lei.
< Sei alto > ammise infine Annie con voce spezzata dal solito sorriso. In realtà era lei ad essere piuttosto bassa di statura notò Clive che dopotutto non era certo un armadio, decise infine di accomodarsi per allentare il disagio della ragazza. Non era tanto antipatica come aveva immaginato, aveva dello spirito con il quale inconsciamente intuiva parecchie cose sulle quali però non voleva assolutamente e nemmeno riusciva ad andare oltre. Un vero peccato, pensò Clive. Sembrava sciocca.
< Vengo > disse finalmente Julian che era rimasto a fissare la porta della sua camera per parecchi minuti, ad ascoltare i discorsi dei due, prima di prendere coraggio e decidersi a scendere. Se Clive era bravo a comportarsi in un determinato modo lui aveva paura di sbagliare qualcosa. Inoltre non aveva la minima idea di cosa il ragazzo avesse in mente, Clive su quelle cose era imprevedibile assolutamente. Troppo imprevedibile.
< Oh eccolo! > Clive nel vederlo sorrise e si rialzò. Era sinceramente contento di rivedere Julian anche se accorgersi della tensione sul volto del ragazzo lo fece quasi innervosire. Si preoccupava davvero per nulla.
< Ciao Clive! > fece Julian con un tono di voce alquanto strano.
< Mal di gola? > scherzò subito Clive abbracciando l'”amico”. Julian lo strinse con forza cominciando a ridere di felicità. Annie sorrise nel vedere la scena.
“Sta ancora sorridendo” pensò Clive.
< Allora... vi siete già... presentati? > chiese poi Julian riprendendo le distanze.
< Certo! Mi ha portato dei fiori visto? > rispose la ragazza mostrando il mazzo enorme. Julian riconobbe immediatamente la provenienza dei fiori e guardò di sfuggita Clive che ricambiò il sorriso. < Vado a metterli in un bel vaso. Sedetevi pure, dopo preparo il tè >
< Avevo detto che non c'era bisogno di nulla Annie, mettiti tranquilla e siediti anche tu. Non voglio essere di peso! >
Annie ormai era scomparsa nel nulla alla ricerca di un vaso.
< Oh non ti ascolta, finché non sarai servito e riverito come si deve non sarà tranquilla! > disse Julian ridendo. Clive lo guardò serio < Dici che non ti ascolterebbe? > chiese poi a basa voce.
Julian deglutì e scosse la testa < Non ho detto questo >
Clive si mise a ridere dandogli una gomitata sul fianco. < Non ti fidi di me vero? Non puoi fare una faccia da criceto ogni volta che ti senti in pericolo, pericolo poi... >
< Certo che mi fido! > ribbattè il ragazzo visibilmente più sollevato.
< Bene allora, perché io non ho intenzione di dire nulla, non sta a me farlo, a parte questo bella camicia! > sorrise di nuovo. Julian in quel momento non sapeva se odiarlo od amarlo ancora di più, sembrava che Clive si divertisse a provocarlo o metterlo in allerta.
Dopo dieci minuti Annie ricomparve con il vaso ricolmo di fiori in mano.
< Trovato! > annunciò scendendo vittoriosa le scale. Clive trovò quella scena estremamente buffa.
< Beh non vi siete ancora seduti? Amore dai …. > si voltò verso Julian cercando di guardarlo con disappunto senza ottenere alcun buon risultato.
< Ti stavamo aspettando > le disse il ragazzo con tranquillità.
< Bene eccomi. Sedetevi porto il tè e i biscotti! > si girò verso Clive < Di mia produzione! > specificò ridendo.
Clive accennò un sorriso, non sopporta molto che riciclassero le sue battute < Ti diamo una mano! > propose poi.
< Oh no, no, non serve! Sedetevi, torno subito! >
Clive capì che insistere sarebbe stato inutile e si sedette assieme a Julian sul divano appoggiandogli una mano sul ginocchio. Julian la fissò sperando che il suo “amico” la spostasse al più presto, cosa che non avvenne. Annie tornò in salotto con un vassoio dove le tazze e la ciotola di biscotti tremavano pericolosamente, lo sguardo teso della ragazza comunicava le sue infinite preghiere perché il tutto non crollasse a terra, infine riuscì ad appoggiare il vassoio sul tavolino prima che una delle tazze prendesse il volo. Il suo sguardo vittorioso che Clive aveva già annotato come “sguardo del vaso ritrovato” tornò a troneggiare sulle sue labbra.
< Bene! > disse lei sedendosi sulla poltrona davanti al tavolino, senza lasciarsi sfuggire la mano di Clive sul ginocchio di Julian
< Ecco ora sono tranquilla! > dichiarò guardando l'ospite < Sono un sacco curiosa quindi, non so parlami di te! Julian dice che eravate ottimi amici ai tempi del liceo >
Clive alzò la sua mano e la fece ricadere con forza sulla gamba di Julian, l'impatto fu tale da far sentire in modo chiaro l'impatto dello schiaffo sul ginocchio del ragazzo che fece una smorfia di dolore accompagnata da un lieve lamento.
< Ottimi amici! > esclamò Clive sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi e prendendo poi a battere ancora sulla gamba dei Julian. Annie rise divertita!
< Smettila Harris! > sbottò Julian tra lo scocciato e il divertito.
< Oh va bene ...scusa scusa > sorrise sorrnione decidendo di prendersi una tazza di tè < Com'è delicato il ragazzino eh!? > disse poi ad Annie.
< A quanto pare...> rispose lei ridendo.
< Raccontami di te invece, Julian mi ha detto che sei sempre molto proiettata, verso.... il futuro >
< Oh sì è vero anche se lui non mi sembra mai molto convinto. >
< Non è vero penso solo sia, presto! >
< No no tu sei solo poco convinto! Molto poco... Non è mai convinto di nulla lui > sottolineò Clive con tono ironico lasciando l'ennesima volta Julian senza parole.
< Appunto > riprese la ragazza < Comunque per il resto... studio all'università quando capita faccio qualche lavoretto ma purtroppo è raro e poi...mah mi piace leggere e … e camminare sì > concluse guardando Julian < Ci piace ad entrambi, facciamo passeggiate eterne, vero amore!? >
< Sì certo! > rispose Julian sorridendo.
< Oh a Jules sono sempre piaciute le passeggiate! >
< Jules! Che bello posso chiamarti anch'io così? > chiese immediatamente la ragazza.
< ...Certo Annie, puoi chiamarmi come vuoi > in realtà la cosa gli sarebbe parecchio dispiaciuta ma non poteva certo dirlo, Clive se ne rese subito conto e la cosa gli fece piacere
< Jules è tutta una cosa legata a “Hey Jude” dei Beatles > cominciò a spiegare Clive <... lo sai no? > sorseggiò il tè < Prima si sarebbe dovuta chiamare “Hey Jules”. Julian me lo raccontò anni fa pensando che non ne sapessi nulla, hai presente quando le persone ti dicono una cosa con tanta foga ed entusiasmo pensando che tu non ne sei a conoscenza? >
Annie annuì.
< Ma smettila > rise Julian dandogli una gomitata
< Ecco > continuò il ragazzo prendendosi un biscotto e lasciandosi cadere sullo schienale del divano < Ci è rimasto davvero male quando gli ho confessato che già lo sapevo, dovevi vederlo! > rise, sotto lo sguardo contrariato dell' “amico”
< Comunque da allora ho cominciato a chiamarlo sempre Jules , è diverso e gli sta bene secondo me! E poi anche la canzone ci è sempre piaciuta moltissimo! >
< A me certe cose Jules > Annie fissò il suo ragazzo < Non le racconta! In realtà secondo me lo conosci meglio tu della sottoscritta. Magari avete passato più tempo insieme. Comunque sapevo di tutta quella storia della canzone, ecco di musica parla spesso e volentieri, ha un gruppo lo sai? >
< Vuoi dirmi che siete andati avanti? > domandò Clive voltandosi di scatto verso Julian mostrandosi il più incredulo possibile.
< Certo. > sorrise < Siamo anche piuttosto bravini! > confessò
< Quindi non hai abbandonato il tuo sassofono? >
< No no >
Clive gli diede una pacca amichevole sulla schiena < Ma è fantastico! >
< Avranno un concerto tra qualche giorno! Vero amore? >
< Sì tra una settimana o giù di lì! >
< Sono davvero bravi! Io l'ho conosciuto lì, sai ho cominciato a pedinarlo > Continuò la ragazza ridendo < Potresti venire a vederli, poi se vuoi puoi dormire qui da noi! >
< Non so davvero se posso accettare l'invito, penso che sarei di troppo. Comunque verrò sicuramente a vederti Jules! > Concluse guardando il ragazzo con un sorriso
< Mi farebbe davvero piacere come ben sai! >
< Sì vieni! Sono davvero bravi! >
< Bene allora è deciso, fatemi sapere il giorno preciso mi raccomando! >
I discorsi dilagarono su vari argomenti, Clive si mostrava interessato a qualsiasi cosa cercando di rimanere il più discreto possibile e nello stesso tempo di capire qualcosa in più su quella ragazza, tanto ospitale quanto ingenua. Il pomeriggio passò tranquillo e Julian non appena si assicurò che Clive non avrebbe sbandierato nulla si tranquillizzò nonostante le continue frecciatine del ragazzo. Si misero d'accordo per la sera del concerto dopodiché Clive decise di congedarsi.
< Non rimani per cena Clive? > chiese Annie mentre Julian accompagnava Clive alla porta.
< Oh no grazie, sei molto gentile Annie ma ho un treno da prendere e Martha è a casa che mi aspetta! >
< Martha? >
< La mia bellissima ragazza! > ridacchiò lui sotto lo sguardo confuso di Annie che ancora ripensava a ciò che le aveva detto il suo ragazzo.
< Wow! > esclamò poi incerta < Non sapevo che... >
< E' la mia bellissima cagnolona! > specificò poi Clive continuando a ridere. < Una peste! Molto selettiva sulle sue simpatie e molto esigente! Credo sia già alla porta ad aspettarmi per il rancio! >
Annie rise < Allora è meglio se vai! >
< Direi! Grazie ancora di tutto, è stato un piacere conoscerti! > si avvicinò la ragazza e si chinò per darle un bacio sulla guancia.
< Anche per me! Ci vediamo al concerto allora! >
< Sicuro Annie! >
< Ti accompagno Clive vuoi? > domandò Julian che era rimasto in silenzio per un po'.
Clive si voltò verso il ragazzo guardandolo negli occhi
< Va bene, accompagnami vecchio stronzo! >
< Ma se sono più giovane di te? > ribatté l'altro ridendo.
< Appunto! Andiamo! >
< Torno tra una quindicina di minuti Annie...>
< Va bene amore! Ciao Clive, a presto! >
I due ragazzi uscirono di casa e si incamminarono in silenzio verso la stazione.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Programmazione prove ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



 

I due ragazzi proseguivano la loro passeggiata sulla strada che portava alla stazione, l'uno accanto all'altro, in santuario silenzio. Il buio pesante ed annuvolato del cielo rendeva ancora più forti, le luci dei lampioni sulle vie, delle insegne dei negozi e dei piccoli locali ancora aperti. Alcuni locali tranquilli e silenziosi, altri molto più chiassosi, dai quali uscivano grida, canti spensierati e probabilmente annebbiati dall'alcool, in alcuni di questi, le persone dalle più svariate età, si erano appostate a chiacchierare davanti all'entrata. Nonostante questo, il silenzio tra i due cominciò ad essere pesante per Julian, che decise di romperlo, prima di essere preso da un senso di angoscia interpretando quella quiete come un segnale di disapprovazione o rabbia di Clive. Nulla di più sbagliato, Clive era sereno e pacifico.
< Sei stato, sei stato gentile a non dire nulla > alzò gli occhi verso il ragazzo.
< Gentile? Io non sono gentile Jules, dovresti saperlo > rise < Gentile non è il termine esatto!
< Beh allora allora sei statoo... >
< Astuto, di parte, geniale, discreto > rise Clive parlando con un senso di superiorità < Ma ovviamente, ovviamente > sottolineò < Il lavoro rimane a te! >
< Penso che così le cose saranno più facili > azzardò il ragazzo dagli occhi verdi cercando di credere veramente alle sue stesse parole.
< Davvero? > Gli chiese Clive senza fidarsi molto.
< Davvero >
< Mah! Speriamo! >
< Oh insomma cerca di essere più ottimista verso i miei buoni propositi! > scherzò Julian ridendo
< Io sono molto ottimista tesoro! > rise anche lui appoggiando il braccio sulle spalle di Julian e stringendolo a sé.
< Ecco! Meno male! >
< Anche se non lo meriti, visto che hai paura dei tuoi...come li chiami, oh sì, dei tuoi buoni propositi. Amico mio, la situazione potrebbe essere benissimo risolta! Tu però sei un geniaccio a complicare anche le parti che non sono complicate! >
< E tu sei troppo sicuro di te e troppo ottimista! Amico mio! > ribatté Julian sorridendo e rimanendo stretto a lui.
< Ci mancherebbe Jules! Devo fare per due, devo fare! Visto che qualcun altro non si sforza nemmeno un pochino! >
Julian rise nonostante l'enorme verità detta da Clive. Stare solo con lui gli faceva sembrare le cose molto più semplici, la sua schiettezza, nonostante tutto, riusciva in alcuni momenti a metterlo di buon umore. La sua sola presenza, senza altri intorno, lo faceva stare bene.
< Dunque! Carina Annie! > continuò Clive allungando il passo
< Ca-Carina? >
< Sììì carina! Una ragazza carina! Sa essere simpatica sì! Ci prova almeno! > disse quasi enfatizzando su ogni singola parola.
< Quanto la odi da uno a dieci Clive? > lo interrogò l'altro sospettoso.
< Io? Io non la odio Jules figurati! Mi sembra inutile odiare una persona come lei, è uno spreco!
< Sei, sei pazzesco! > Julian rise di nuovo
< Ma è vero > proseguì il più alto convinto < E' una brava ragazza, è buona, un po' sciocca non lo nego, un po' tanto.... Ma sei stato fortunato a trovare una come lei, in fondo è a nostro favore che sia così...non penso abbia armi segrete nel caso in cui le si presentassero determinate situazioni. Oh no, direi di no. >
Julian cercò di decidere come interpretare le parole di Clive e specialmente se era il caso di offendersi oppure no.
< Comunque > cominciò poi fermandosi subito dopo.
< Comunque? >
< Comunque le ho detto che insomma... >
< Che mi piacciono un po' i ragazzi come anche a te? >
< No! Cioè sì...ho solo tralasciato il: come a me! >
< Oh non avevo dubbi su quello! > Clive sorrise compiaciuto.
< Che volevi che facessi? > Domandò immediatamente Julian sotto tensione.
Il ragazzo si voltò verso di lui leggermente sconsolato e stanco dei continui alti e bassi di Julian.
< Stavo scherzando sciocchina! > alzò entrambe le sopracciglia.
< Ouh > sussurrò lui, rendendosi conto di esagerare < Scusami! >
< Sei perdonata! Ma dovresti smetterla di impanicarti ogni secondo! >
< Sì, scusa , hai ragione. > Fece Julian riprendendo a sorridere
Nel frattempo i due ragazzi raggiunsero la stazione.
< Mancano ancora una decina di minuti! > annunciò il moro ancora prima di vedere gli orari dei treni.
< Quindi tu sapevi che > cominciò Julian come per sgamare l'amico.
< Quindi siamo stati veloci! > rise lui senza attendere che il suo ragazzo continuasse.
< Andiamo a sederci > indicò una panchina e trascinandosi dietro il ragazzo la raggiunse e si accomodò su di essa.
< Dunque! Concerto! > disse appoggiandosi sullo schienale e accavallando le gambe.
Julian si sedette accanto a lui < Sì concerto! Sono felicissimo che verrai a vederci! >
< Oh lo sono anche io! > gli diede una pacca sulla schiena < Vorrei tanto sentire quanti progressi ha fatto il mio piccolo Julian! >
< Ma smettila! > rispose Julian voltandosi di scatto e bloccando il braccio dell'amico che tambureggiava sulla sua schiena.
Clive rise < Sei sempre adorabile! Comunque! Concerto... prove, sono sicuro che in questi giorni sarai molto occupato con, le prove, in vista del concertone! >
< Prove? > Chiese Julian spaesato < Oh no > rispose poi < No, niente prove ,cioè siamo messi molto bene e quindi avremo solo un giorno di prove! >
< Hmm! > Clive si morse il labbro e i suoi occhi blu si illuminarono ancora di più < Ma come niente prove? Sono importanti sai? > lo guardò sfoderando un sorriso ambiguo, che metteva in risalto le sue fossette.
Julian capì che era il caso di far partire il suo solito campanellino d'allarme.
< Insomma tu mi hai appena detto che dovrete provare moltissimo in questi giorni! Almeno tre ore al giorno! > proseguì l'altro senza curarsi delle espressioni che si dipingevano sul volto di Julian.
< No, non ho detto questo! Davvero, non ne abbiamo di prove in programma! > rispose convinto e allo stesso tempo chiedendosi dove volesse arrivare il ragazzo pur avendo già intuito molto.
< Sì lo hai detto! Insomma, il treno, le prove, tante ore! > < Tante ore! > ripeté ancora una volta.
Julian scosse la testa < Non ti seguo > disse nonostante avesse capito perfettamente le intenzioni di Clive che lo guardò sornione.
< Allora se non capisci o ti sei fatto influenzare dalla poca perspicacia della tua ragazza o mi stai simpaticamente prendendo in giro! >
< Io non ti prendo in girò > sbottò sentendosi offeso
< Allora ti chiami Annie? >
< Nemmeno > sbuffò Julian facendo dondolare la gamba e cercando di evitare gli occhi di Clive
che ridacchiò soddisfatto.
< Allora togliti quel broncietto da pesce e agisci! >
< Agisco? >
< Senti Jules! > Continuò lui più serio < Visto che ci siamo perfettamente capiti, perché so che tu non sei sciocco ne tanto meno stupido, cerchiamo ora di ragionare giusto un pochino, va bene? Non so tu, ma io ho le mie necessità! Capisci no? Come ho bisogno di vederti di più, mi conosci, anche se non lo do a vedere ho le mie pretese e mi piace essere accontentato! Tu non vuoi vedermi forse? >
< Sì certo che sì ma...insomma ti ho detto che io e i ragazzi ci siamo già messi d'accordo per una sola prova... >
< E questo lo sai tu e lo sanno loro e basta, dico bene? >
< Sì certo, ma... >
< Eddai Julian, Jules, bellissimo Jude! > lo supplicò simulando un piagnucolio.
< Non è sicuro! >
< E che c'è di sicuro in tutto questo casino amore mio! >
Julian ci pensò qualche secondo sotto gli occhi attenti di un Clive, che dal canto suo, riteneva inutile la riflessione e incalzò l' “amico”.
< Signor filosofo > si schiarì la voce per modularne il tono < Lei capisce benissimo che noi dottori in certe cose siamo più colti, ma nonostante questo penso che in due le cose possano funzionare anche meglio, insomma se riuscissimo a trovare un accordo, nel quale io dico cosa fare e lei poi agisce di conseguenza, direi che sarebbe perfetto, un ottimo accordo! >
< Che sciocchezza! > Lo fermò ridendo < Noi filosofi... >
< Hey hey! > Clive gli mise la man davanti alla bocca < Non sviamo i discorsi ora signorino, la conosco molto bene io! >
Julian spostò piano quella mano dalle lunghe dita < Non è sicuro ti dico, cosa vuoi che le dica!? >
< Che vuoi dirle? Che hai le prove, dopotutto quelle hai, no? >
< E se ci scoprisse? >
Clive alzò le spalle < Magari sarebbe anche meglio >
< No! Non è vero! >
< Senti! > esclamò serio Clive girandosi verso Julian e fissandolo negli occhi, sapeva perfettamente che fissarlo era un ottima tattica per farlo cedere finalmente del tutto < Da domani, o se vuoi, ma solo perché riesco ad essere una persona paziente, dopodomani, tu avrai le prove, quindi vedi di avvisare chi hai da avvisare non appena avrai deciso il giorno! >
Julian non riusciva a distogliere gli occhi dallo sguardo del ragazzo, pensò ancora per qualche minuto, finché si convinse. In fondo se avesse detto di no avrebbe fatto un torto anche a se stesso. In fondo anche lui voleva Clive vicino a sé.
< Va bene > disse in fine con un filo di voce.
< Eh? Non ho sentito... >
< Sì Clive, ho detto che domani ho le prove! > Annunciò Julian sorridendo.
< Oh wow! Ottimo! Beh allora buone prove! > Rispose Clive ridendo soddisfatto! < Sei un bravo ragazzo! > disse prendendogli la mano e stringendola < Che si impegna tanto per fare un ottimo concerto! >
< Grazie! > Sussurrò Julian cercando di non pentirsi e di non pensare alle complicazioni nelle quali si era appena buttato a capofitto!
< Il treno! > gridò poi come per scaricare il suo panico.
< Lo vedo! > Clive si alzò < Beh allora buone prove pomeridiane! Noi ci vediamo il giorno del concerto! >
< Certo! Allora alla prossima Cly! >
< Alla prossima Jules! >
Si salutarono quasi di sfuggita, Julian intimorito dalla soddisfazione più completa che si leggeva nel volto vittorioso di Clive, aspettò che il treno ripartisse dopodiché si precipitò a casa da Annie.
< Annie? > Sussurrò entrando in casa.
La ragazza non rispose, Julian richiuse con cautela la porta dietro di sé e con calma raggiunse la cucina. Annie non era nemmeno lì, tutte le luci erano spente. Julian sospirò e salì in camera, temeva che averla fatta aspettare troppo, avesse fatto aumentare in lei dei sospetti.
Annie stava già dormendo con aria pacifica e rilassata, Julian si sentì leggermente più tranquillizzato, chiuse la porta della camera e aiutandosi con il filo di luce proveniente dalla finestra si avvicinò a tentoni al letto, tastò con attenzione tra le lenzuola e recuperò il pigiama sotto il cuscino, si cambiò in fretta cercando di non fare alcun rumore e si infilò con altrettanta rapidità sotto le coperte.
< Amore! > Esclamò improvvisamente Annie.
Julian credette di prendere un infarto e il suo cuore cominciò a battere velocemente.
Si lasciò sfuggire un grido di spavento < Credevo stessi dormendo > si giustificò subito dopo sentendo che la ragazza voltarsi verso di lui.
< No > rispose lei con la solita calma < Scusa se ti ho spaventato > rise < E' andato tutto bene? >
< Certo, Clive aveva guardato male gli orari e quindi abbiamo dovuto aspettare un po' >
< Nessun problema amore! Comunque è davvero un ragazzo simpatico sai? Tanto! Anche bello > rise
<
Lo so! > Rispose Julian senza pensarci troppo pentendosi subito di quella sua reazione immediata.
Annie non vi fece caso
< Sono contenta che verrà a vederti e che, insomma due amici come voi si siano ritrovati! >
< Sono contento anch'io >
< E fregatene dei tuoi caspita! > continuò lei rigirandosi.
< Ci proverò >
< Fallo e basta > ribatté la ragazza < Buonanotte amore >
< Notte Annie > rispose lui rivedendo davanti a se l'immagine di Clive che dava i suoi più schietti e sinceri pareri sulla ragazza accanto a lui, rise silenziosamente e si sistemò sotto le coperte
< Oh Annie...>
< Sì amore? >
< Domani d
ovrò andare a fare le prove...Ti dispiace? >
<
Perché dovrebbe dispiacermi? Vai tranquillo...Notte amore! > gli diede un bacio e poi tornò a voltarsi dall'altro lato del letto.
< Notte
Annie! >
< Ah Julian...ti amo! > disse la ragazza mentre si accoccolava accanto a Julian
< Anche io... >mentì il ragazzo del tutto consapevole, le diede un bacio sul collo < Notte Annie! >




-----------------------

Buonasera a tutti, credo di avere deciso finalmente in modo più sicuro come proseguire e poi concludere questa lunga ed eterna storia! Sono abbastanza ispirata e ho anche abbastanza tempo ora, direi! Presto riprenderò anche altre FF abbandonate (ma smetto di farmi pubblicità subito! :D) Come sempre ringrazio tantissimo chi segue e come sempre sappiate che le critiche e le varie opinioni sono ben accette!
Un bacio!
BlueJayWay!

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Pomeriggio di prove ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



 

Dunque, allora, ciao! Non è fantastico che io debbe sempre iniziare con delle sucse? :D Insomma questa volta sono passati quanti mesi, almeno quattro? Beh ecco, scusatemi davvero tanto. I motivi sono infiniti, vacanze, vacanze, esami, dubbi, blocchi dello scrittore e così via. E pensare che avevo già abbozzato questo capitolo un bel po' di tempo fa, ma niente. In compenso è davvero molto lungo :D. Ringrazio quelli che nonostante la mia scomparsa si accorgeranno dell'aggiornamento e tornranno alegramente a leggere questa  storia infinita :D. Spero che vi piaccia, in quetso capitolo ho voluto approfondire un po' il raporto Julian Clive dedicando una gironata tutta per loro :D, spero di esserci riuscita più o meno anche se so che ho dimenticato quelche dettaglio ma il capitolo sarebbe diventato decisamente troppo lungo. Mi scuso anche se ci sono alcune incogruenze o cose che stonano rispetto ai capitoli precedenti, dovrei davvero rileggere qualcosa per riprendere al meglio il filo della storia (?). Scusate se ci sono errori ma davvero non ho più la forza di rileggere il tutto per l'ennesima volta, in caso fatemi sapere che correggerò immediatamente :). Detto questo la smetto con i miei lunghi discorsi e vi auguro una buona lettura sperando che vi piaccia!
Un mega bacio!
BlueJayWay!

p.s. ci sono già gli altri capitoli abbozzati ma vista la fine di questo non so dirvi a quando il prossimo aggirnamento, mi impegerò a pubblicarlo entro e non  oltre  tre settimane :)

-----------

< Allora io vado Annie > disse il ragazzo prendendo la custodia con i sassofono e caricandosela sulle spalle.
< Va bene amore, quando torni? >
Quella era un'ottima domanda, nemmeno lui lo sapeva ancora, molto probabilmente si sarebbe trattenuto per un bel po' di ore.
< Mah non lo so, dipende, abbiamo ancora tanto da provare, forse mi fermo anche per la cena! > rispose poi elaborando la prima scusa che gli passava per la testa e cominciando a scendere velocemente le scale.
< Per la cena?> domandò Annie dal salotto.
< Sì, George ha detto che a lui farebbe piacere! >
< Oh va bene > sorrise < Allora non ti aspetto stasera... >
Julian la raggiunse e le diede un bacio sulle labbra.
< No Annie, ma non arriverò troppo tardi > sorrise.
< Ricorda che dopodomani c'è il matrimonio di Angelica! >
Il matrimonio! Lo aveva completamente rimosso, nozze sfarzose ed eleganti erano esattamente ciò che in quel momento avrebbe preferito evitare. Annie sembrava più che entusiasta all'idea di andarci, Julian invece non aveva ancora trovato una spiegazione che lo soddisfacesse, del perché una vicina avesse voluto invitarli. Probabilmente, anzi sicuramente, il motivo era semplice, lei ed Annie erano buone amiche, lui invece non si era mai discostato dal vederla come “la vicina” “la vicina fastidiosa con un bambino altrettanto fastidioso e un non ancora marito con la puzza sotto il naso”.
< Quindi sarebbe bello andare a prendere un vestito nuovo > proseguì la ragazza
< Cosa? > chiese distrattamente Julian puntando gli occhi sulle lancette dell'orologio a pendolo appoggiato alla parete, mancava più di mezz'ora alle tre. Julian riabbassò gli occhi verso la ragazza.
< Un vestito! > tornò a ripetere lei alzando di poco il tono della voce.
< Ahn, beh io, penso di avere qualcosa, non ho bisogno di vestiti nuovi, ma se vuoi per te... >
< Sì direi di sì, almeno mi piacerebbe > Annie sorrise convinta.
< Va bene, allora domani ci andiamo >
< Se per te non è un problema, ovvio... > continuò dubbiosa.
< No, certo che no Annie... > rispose Julian continuando a pensare a tutt'altro

< Anzi amore! > esclamò la ragazza come colta da un'improvvisa illuminazione.
< Dimmi... >
< Non serve che vieni con me, ci posso tranquillamente andare da sola oggi, tanto non ho nulla da fare! >
Julian sorrise rilassato, quella era davvero una buona idea < Giusto, così io non giudico le tue scelte, e prendi quello che più ti piace > disse facendole l'occhiolino.
La ragazza sorrise < Esattamente! Ti lascio andare adesso amore! > lo abbracciò e gli diede un bacio < Se vedi che fai tardi tardi mi chiami? >
< Va bene Annie > disse il ragazzo raggiungendo la porta < Ma non ce ne sarà bisogno, sarò a casa sicuramente prima di mezzanotte > ridacchiò.
< Oh buono a sapersi! > rise anche lei e salutò di nuovo il ragazzo che sparì chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena fuori di casa Julian accelerò il passo, non voleva per nessun motivo perdere il treno, era già troppo tardi e dover prendere quello successivo gli avrebbe fatto sprecare ore preziose. Clive gli aveva detto di andare da lui, o meglio, di andare alle prove, il pomeriggio e non erano ancora le tre, se tutto fosse andato bene sarebbe arrivato per le quattro, come orario non gli dispiaceva. Accelerò ancor di più l'andatura. Non appena raggiunse la stazione si accorse che il suo treno stava già per ripartire. Julian lo guardò da pochi metri di distanza con una punta di terrore negli occhi, senza esitare oltre tolse la custodia dalle spalle e la strinse al petto cominciando poi a correre il più velocemente possibile cercando di evitare i passanti come in una corsa ad ostacoli, in quello stato chiunque lo avrebbe potuto benissimo scambiare per un ladro. Il “ladro” riuscì a raggiungere e a salire sul treno appena in tempo prima che le porte si chiudessero.
Julian mise a terra la custodia e si appoggiò sulle porte chiuse per riprendere fiato. Non era più abituato a sforzi di quel genere, ma la cosa che lo sorprendeva maggiormente era che, in altre situazioni, non si sarebbe nemmeno sforzato di correre e avrebbe aspettato il treno successivo. In quel momento invece c'era qualcosa che lo spingeva ad agire il più in fretta possibile. Il suo cervello gli stava giocando brutti scherzi, forse. Nonostante ciò sorrise soddisfatto di sé e recuperato fiato e sassofono andò a cercarsi un posto a sedere. Dopo una rapida selezione, ne scelse uno vicino ad un uomo e davanti ad un bambino, probabilmente figlio del primo.
Nel momento in cui Julian gli si sedette davanti, il bambino cominciò a sorridergli e a fissarlo senza togliergli gli occhi di dosso, erano occhi enormi di un marrone scurissimo. Aveva delle guance paffute e leggermente arrossate, un naso schiacciato delle labbra sottili e un'espressione tipica dei bambini che stanno macchinando qualcosa nella loro testa.
< Ciao! > sussurrò Julian ricambiando il sorriso
Il bambino continuò a guardarlo ancora per qualche secondo per poi voltarsi verso l'adulto
< Papà, adesso che siamo in tre ci possiamo giocare a carte? > domandò il bambino continuando un discorso del quale Julian si era perso la parte iniziale.
L'uomo si voltò lentamente verso Julian. Era poco più alto di lui, un'espressione pacifica e rilassata in volto, occhi decisamente più piccoli di quelli del bambino e un paio di baffi tagliati con estrema cura che gli davano un'aria distinta.
< Devi chiedere al ragazzo se ne ha voglia George! > rispose poi il padre.
< Signore, sai giocare a carte? >
Julian si lasciò sfuggire una breve risata, si era scelto un buon posto dopotutto, ottimo per distrarsi e rimanere svegli per tutto il tragitto.
< Penso di sì! > rispose poi.
< Vuoi giocarci? > domandò di nuovo il bambino tirando fuori dalla tasca dei pantaloncini rossi un mazzo di carte che a malapena riusciva a tenere nella sua piccola mano.
< Se non vuole non insistere George > lo anticipò il padre con voce premurosa, mentre il bambino era già indaffarato a mescolare il mazzo tenendo la testa china su di esso, i capelli nerissimi gli ricadevano davanti gli occhi e la lingua leggermente sporgente voleva comunicare lo “sforzo” che stava compiendo.
< Ha detto che ci sa giocare... > disse mantenendo la concentrazione sul suo difficile compito.
< Non si preoccupi > rispose Julian al padre < Ne ho voglia! >
L'uomo sorrise e gli fece un cenno di ringraziamento. Probabilmente il bambino era da un bel po' che insisteva col giocare e Julian era arrivato nel momento giusto.
< A cosa giochiamo? > chiese poi Julian a George che cominciò a distribuire la carte una ad una contando ad alta voce.
< Adesso te lo dico! > fece George guardando di nuovo Julian negli occhi. Quando ebbe finito di distribuire metà del mazzo, cominciò una più o meno dettagliata spiegazione di un gioco inventato completamente da lui stesso. La cosa divertì molto Julian che cercò di seguire scrupolosamente le “regole”. Passarono l'intera ora a giocare e quando Julian si alzò per andarsene George lo guardò con disapprovazione e dispiacere.
< Dai rimani qui, scendi dopo! > insistette
< Non posso davvero George e poi ci hai già battuti troppe volte, non sopporterei un'altra sconfitta > disse facendogli l'occhiolino
Il bambino lo guardò dubbioso e dopo avere riconfermato la sua delusione con un broncio tornò a sorridere e sussurrò un quasi impercettibile “ciao”.
Lasciati i suoi compagni di viaggio Julian fu di nuovo preso dalla foga e dalla fretta di raggiungere casa di Clive.
Poco dopo le quattro si ritrovò per la seconda volta davanti la casa di Clive. Il cancello marrone, il giardino ben curato, lla breve stradina ricoperta di piccoli sassolini, a porta d'entrata in vetro con una bordura di legno rosso... In quel momento fu assalito da dubbi: “ E se non fosse stato in casa? E se non avesse ancora finito il turno di lavoro?” Cominciò a rimuginare sui suoi pensieri, dimenticandosi di suonare il campanello, rimanendo immobile davanti al cancello, i piedi piantati a terra e gli occhi a fissare nel vuoto. La sua prolungata riflessione venne interrotta bruscamente da Martha, che accortasi della presenza del ragazzo cominciò ad abbaiare e scodinzolare saltando vicino alla cancellata in modo da sporgere con il muso. Un muso più grande del viso del ragazzo. Julian tornò immediatamente in sé spaventandosi non poco per l'improvvisa comparsa della cagnolona, che seguitava ad abbaiare.
< Cristo Martha mi hai spaventato! > sussultò cominciando poi a ridere, mentre la palla enorme di pelo continuava a saltellare con il solo desiderio di buttare a terra ancora una volta quel ragazzo.
Julian nel frattempo suonò il campanello, consapevole che probabilmente con tutto quel chiasso non sarebbe più stato .
Difatti, Clive era già uscito dalla porta di casa e lo stava fissando scuotendo leggermente la testa e ridacchiando divertito.
< Benvenuto signorino! Mi fa piacere vederla qui così presto! > disse aprendo poi il cancello.
Julian guardò il ragazzo. Come la prima volta che lo aveva visto in casa, era vestito in modo molto semplice, una maglietta lunga “extra large” questa volta di colore nero, Julian pensò, che molto probabilmente, quel tipo di magliette, fossero la “tenuta casalinga” di Clive.
Nonostante il ragazzo avesse già aperto il cancello Julian non si mosse < Puoi dire a, a questa bella ragazza di non saltarmi addosso? Almeno questa volta? > chiese prima di entrare.
< Non mi ascolterebbe Jules! Mi dispiace > rispose il ragazzo ridacchiando.
Il più giovane si morse il labbro pensieroso.
< Quindi tu l'altra volta mi hai mentito!? > disse poi dopo avere riformulato al meglio le sue idee.
< Non capisco di che parli! > mentì con il suo ormai tipico sorriso.
< Lo sai benissimo. Ma te lo ricorderò visto che fai finta di scarseggiare di memoria...>
< Ma sentilo! > lo prese in giro Clive accomodandosi al meglio tra il muro e lo stipite della porta.
< Avevi detto che ti dispiaceva e che avresti preferito evitare...>
< Appunto! > < Il problema sta proprio che, non si può evitare > rispose poi soffocando una risata.
Julian lo fissò corrugando la fronte indispettito.
< Eddai Cly, ho anche il sax con me! Se mi butta a terra si … distrugge >
Il moro fece ciondolare la testa, ora appoggiandola sul muro ora risollevandola, incrociò le braccia al petto mostrandosi apparentemente pensieroso.
< Hmm è un problema! > concluse infine mordendosi il labbro per non continuare a ridere.
< CLIVE! >
< Sai cosa?! > continuò il ragazzo con molta calma < Ti conviene appoggiarlo a terra, poi lo recuperi, appoggiare il sax dico... >
Julian incrociò a sua volta le braccia con tutt'altro atteggiamento < So perfettamente che potresti farla rientrare senza che mi butti a terra! >
Clive rise < Come siamo suscettibili! Mi dispiace ma è davvero più forte di lei, io non posso farci nulla. > mentì di nuovo sfoderando un largo sorriso < Ora se ti decidi ad entrare ...o preferisci rimanere lì tutto il giorno? Stiamo già discutendo da più di dieci minuti > continuò con tono pacato.
Julian guardò il ragazzo con disapprovazione. < Vorrei tanto dirti questa me la paghi Harris! >
< Allora dillo! > lo incalzò Clive sempre più divertito < Dai entra, non ti sbrana questo te lo posso assicurare! >
Julian guardò Martha quasi supplichevole < Non sarebbe giusto, sei il doppio di me signorina >
Detto questo appoggiò lo strumento a terra ed entrò richiudendo il cancello, non ebbe il tempo di voltarsi verso la casa, che l'enorme massa di pelo gli saltò addosso facendogli inevitabilmente perdere l'equilibrio.
Julian cominciò a divincolarsi cercando di spingerla via e di nascondere il viso dai suoi “affettuosi baci” < Martha! > farfugliò il ragazzo sotto il dolce peso del cane cercando di assumere una voce autoritaria senza ottenere alcun risultato.
Clive si godette la scena per qualche secondo poi si decise a richiamare Martha che subito ubbidì abbandonando la sua vittima e andando a distendersi sull'erba..
< Su in piedi ragazzino! > disse poi raggiungendo Julian e porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi, Julian scosse la testa energicamente e si rialzò da solo.
< Ti diverte tanto questa cosa eh?! > borbottò poi risistemandosi la camicia e riaccomodandosi i capelli con un gesto veloce ed esperto della mano.
< Certo che mi diverte! > rispose Clive imitandone il tono della voce < Vedine il lato positivo Jules, le stai simpatico! > ridacchiò guardando Martha e poi di nuovo Julian.
< Sono lusingato! Davvero! > esclamò voltandosi verso Martha che in quel momento se ne stava seduta a fissarlo con la lingua fuori a penzoloni.
< Ti toglie fiato ed energia quella lì, e tu > sottolineò puntando il dito su Clive < invece di aiutarmi collabori con lei! Bella coppia siete! > concluse Julian senza accorgersi di essere fissato a sua volta da Clive < Ora se non ti dispiace vado a recuperare il mio strumento altrimenti rischio >
Prima che potesse aggiungere altre parole o altri passi, Clive si avvicinò a lui, gli prese il viso tra le mani stringendolo e lo baciò con tanta foga da non lasciargli nemmeno il tempo di reagire, fu un bacio così lungo che, la spettatrice spazientita cominciò presto ad abbaiare e girare intorno ai due ragazzi.
Non appena le labbra si separarono Julian rimase a fissare Clive, stupito e affascinato.
< Wow... > sussurrò senza riuscire a trovare altre parole.
< Anche io non sono male a lasciare senza fiato no? > disse Clive sorridendo compiaciuto di sé stesso.
< No...direi di no > Julian sorrise, rimanendo immobile davanti al moro, aspettò qualche secondo come per farsi coraggio e convincersi che non c'era nulla di male in tutto quello, poi fu lui a baciare Clive, che già pronto all'effetto sorpresa rispose subito al bacio.
A quel punto Martha più scocciata che mai si mise a saltare appoggiando le zampe prima sul padrone e poi sull'intruso, abbaiando il più forte possibile.
Julian si fermò, distanziandosi solo di pochi centimetri dalle labbra di Clive, giusto per riuscire a parlare < Una cagna gelosa è un po' un problema non credi? > rise
< No, a me non importa! > rispose il ragazzo riprendendo il bacio e Martha riprese i suoi lamenti, a quel punto Clive la guardò dritta negli occhi.
< Signorina, smettila subito di lagnarti, e sappi che dovrai farci l'abitudine! Fila in casa adesso! > Martha abbassò immediatamente il muso visibilmente offesa e se ne rientrò in casa con la coda tra le gambe.
Julian rise di gusto < Dicevi che non ti dava fastidio o sbaglio?.. >
< Ogni tanto è necessaria una bella sgridata in ogni caso > rispose Clive convinto
Julian rise < Bene , è giusto...Vado a riprendermi il sax... >
< Ottimo, così suoniamo qualcosa, se ti va! >
< Certo che mi va Cly! >
< Ottimo! Allora vai! Ti aspetto dentro! > disse scomparendo poi dentro casa.
< Vado, vado > Julian uscì dal cancello per recuperare il suo strumento e tornò indietro fermandosi davanti la porta.
< Permesso... > sussurrò a bassa voce.
I muri rossi, i dipinti, il pianoforte il giradischi e il divano, si ricordava perfettamente la posizione di ogni singola cosa e fu immediatamente assorbito da un certo senso di felicità mista ad ansia.
< No, non è permesso Jules! Fuori di casa mia! > rispose prontamente Clive da un punto indefinito della casa < Ti farò cacciare via da Martha! > continuò, mentre la sua voce si faceva sempre più vicina a Julian che cercava di capire da dove sarebbe prima o poi sbucato il suo ragazzo.
< Ok, ok, non devi farmi pesare ogni cosa che dico! > ribatté Julian ridendo ed entrando < Volevo solo essere educato! >
In quel momento Clive gli passò davanti a petto completamente nudo voltandosi apparentemente distratto e sorridendogli.
< Mi scusi se non ho colto la gentilezza nelle sue parole. Rimedierò subito. Mi lasci solo il tempo di trovare qualcosa da mettermi addosso, dopotutto gli ospiti “educati” non possono essere accolti in questo stato! > rise divertito.
Julian che era rimasto sorpreso e sbigottito nel vederlo liberato delle sue vesti, scoppiò a ridere a sua volta.
< Sei un maledetto stronzo! > ridacchiò continuando a guardarlo, era davvero incredibile la rapidità con la quale il ragazzo si era sbarazzato della sua maglietta nera < Comunque stia tranquillo, non mi da fastidio il suo, abbigliamento. > chiuse la porta dietro di sé e abbassò la testa per appoggiare a terra lo strumento.
Clive gli fu subito accanto. Julian fece qualche passo all'indietro.
< Un ospite educato non apostrofa il gentile padrone di casa con il vocabolo “stronzo” > disse con un tono di falso rimprovero.
< Se è per questo non usa neppure il vocabolo “maledetto” > rispose Julian risollevando lo sguardo verso Clive.
< Credo che, se ci addentrassimo in questo discorso il tutto potrebbe durare davvero troppo, e non so quanto ne valga la pena sai... > sorrise malizioso.
Julian sorrise a sua volta, rendendosi allo stesso tempo conto di non sentirsi per nulla a disagio come era successo altre volte, ma al contrario di trovare quella situazione del tutto, normale. Niente più dubbi o blocchi nei confronti di Clive e vederlo senza abiti addosso non lo aveva per nulla intimorito. Gli era piaciuto,
Clive lo aveva capito immediatamente, non sfuggiva nulla a Clive, e la cosa non poteva che fargli piacere dopotutto era solo uno dei tanti obbiettivi raggiunti.
< Hai ragione, beh cosa proponi di fare allora? > domandò Julian apparentemente confuso.
Clive lo fissò dritto negli occhi < Mah non saprei, potremmo, mettere da parte i discorsi sulla “buona educazione” che dici? > lo provocò mordendosi il labbro.
< Non ti seguo... >
< O fai finta! Ma, in ogni caso sei tu l'ospite, dimmi che ti va di fare >
Clive scosse la testa < Beh non lo so, prima mi hai detto di andare a prendere il sax così suoniamo, tu il piano e io.. non lo so davvero, dimmi tu...>
Clive lo fissò dritto negli occhi senza parlare, la bocca serrata le labbra completamente rilassate, guardava Julian quasi volesse ipnotizzarlo. L'esperimento raggiunse i risultati sperati, infatti la cosa scombussolò Julian, che nonostante gli sforzi non riusciva ad interrompere il contatto visivo, al contrario, mentre i lineamenti del viso diventavano quasi invisibili alla sua percezione, gli occhi blu di Clive erano messi completamente a fuoco. Clive mantenendo gli occhi sul ragazzo lo obbligò a fargli fare altri passi indietro fino a farlo scontare contro la parete, lì Julian si bloccò, riprendendosi e tornando a vedere la figura intera di Clive.
< Cos'è questa mania di mettere la gente al muro...? > domandò poi riprendendo a fissare gli occhi di Clive quasi contro la sua volontà.
Non ricevette alcuna risposta. Clive si limitò ad avvicinarsi ancora di più e non appena fu sufficientemente vicino iniziò a slacciargli la camicia baciandolo sul collo dopo ogni bottone sciolto. Julian dopo poco entrò in completa estasi nel sentire la labbra morbide e umide lungo il suo collo, strinse il ragazzo alla vita, baciandolo a sua volta mentre le mani di Clive scivolavano sotto la sua camicia ormai completamente aperta che ben presto cadde a terra.
Dopo qualche minuto Clive sollevò Julian che immediatamente cominciò a protestare tra le risate e gli insulti amichevoli, Clive non si curò di nulla e dopo averlo caricato con un po' di difficoltà sulle spalle lo portò nella sua camera dove richiuse la porta con il piede.
Martha rimase di guardia al piano inferiore, come per assicurarsi che a nessuno venisse in mente di disturbare i sui padroni.


< Se hai bisogno di una doccia, sai già dov'è il bagno > sussurrò Clive accarezzando la testa di Julian appoggiata stancamente sul suo petto. La risposta di Julian si limitò ad un leggero mugolio, Clive rise.
< Ho capito. Allora dormi, ma non possiamo perdere il nostro tempo con il sonno > disse affondando le lunghe dita tra i capelli morbidi di Julian.
< Non è tempo perso... > rispose il ragazzo con un filo di voce stringendosi al corpo di Clive.
< Ah no? > guardò Julian sollevando un sopracciglio < Ahn già è il tuo sport preferito, tu dormi sempre > disse accentuando il tono della voce che suonò alle orecchie di Julian come una provocazione e allo stesso tempo un rimprovero.
< Con questo vuoi insinuare che sono una persona pigra? > domandò alzando la testa per vedere meglio in faccia l'espressione di Clive.
< Io, no no di certo. Tu dormi perché non vuoi occupare con altro il tuo tempo. Vuoi passare più ore possibili dormendo, così da evitare varie situazioni, discussioni, insomma un po' di tutto...è una cosa automatica, una specie di autodifesa. Ti addormenti anche quando non lo vorresti veramente ormai... oppure fai finta di farlo, nessuno può parlarti quando dormi giusto? Quindi se non ti viene automatico fai finta. > rispose il ragazzo seriamente, passandogli una mano sul viso.
Julian si sollevò ancora di più con lo sguardo teso e pensieroso come appena smascherato dal suo ragazzo
< Adesso sei anche psicologo? > domandò accennando un sorriso tirato.
< No, ma ti conosco > rispose Clive sorridendo e dandogli un bacio sulle labbra come per tranquillizzarlo.
Julian fece ricadere la testa sul petto del ragazzo sospirando.
< Peccato che ho davvero scarsi risultati con la mia...autodifesa o come la chiami tu. >
< Certo sciocchina! Dormendo non risolvi un bel niente! > rispose con tranquillità Clive rimettendo la mano sul viso di Julian e facendo pressione con il pollice e l'indice in modo da far sporgere la labbra. Rise. Julian gli diede uno schiaffo sulla mano, tornando a guardarlo serio.
< Grazie per il tuo sostegno morale! >
< Beh è così. > rispose tornando anche lui serio e appoggiando le mani dietro la sua testa
< Sai Jules...So perfettamente che hai fatto finta di dormire anche quella volta in macchina...>
Il ragazzo rimase dapprima ad ascoltare il respiro regolare di Clive poi si sollevò di nuovo mettendosi seduto accanto al moro.

< Stavi pensando a quanto sono bello bellissimo splendido splendente tanto bravo e intelligente! > rispose immediatamente Clive tutto d'un fiato scoppiando poi a ridere. Julian gli diede un pugno sulla spalla.
< Stronzo! > rise
< Ho indovinato eh? > continuò il ragazzo scivolando nel letto.
< No, certo che no! > ribatte Julian infastidito dalle risate del compagno.
< Sei rosso Julian! >
< Ma smettila, non ho pensato a quello! > continuò Julian cercando di mostrarsi severo.
< Suvvia perché negarlo, non è forse quello che pensi di me? >
Julian guardò dalla sua posizione seduta Clive che sorridendo sornione alzava i suo occhi blu verso di lui.
La barba tagliata probabilmente quella stessa mattina, le lunghe e marcate fossette sulle guance, certo che era bello, che domande. E sì, di certo era intelligente e acuto, anche la sola e semplice “analisi” che aveva fatto pochi secondi prima ne era la conferma.
< Beh > lo incalzò < Sei rimasto incantato eh? Imbambolato, ad ammirare tanta bellezza tutta in un unico splendido individuo! > Clive cominciò a sbattere gli occhi con uno sguardo che in realtà voleva essere tutto tranne che accattivante.
< Ma smettila! > rispose Julian cercando di buttarlo giù dal letto. Il corpo di Clive non si mosse di un centimetro.
< Piccoletto, rischi che ti si spezzino le braccine così > continuò a provocarlo Clive ridacchiando.
Julian prese un cuscino e cominciò a picchiare Clive, il ragazzo che per difendersi incrociò le braccia davanti al volto.
< Non provocarmi! > lo minacciò tra le risate.
< Ritira ogni singola offesa personale che mi hai fatto! > gridò Julian ridendo e continuando a dare cucinaste a Clive.
< Io? Ma se ho solo detto tante verità! E poi ti ricordo che avevamo detto, niente buona educazione! Io proprio non ti ho offeso, si tratta solo di una lunga lista di dati di fatto! >
< Maledetto dottore da quattro soldi! > esclamò Julian.
< Sciocco filosofo allo stato brado! Ora mi hai proprio stancato! > Detto questo Clive afferrò i polsi al ragazzo che lasciò cadere il cuscino e rimase senza arma completamente indifeso.
< Allora, la smettiamo di fare gli eroi? > Clive rise fissando il ragazzo.
< Mollami i polsi! > sbottò Julian che si sentiva del tutto bloccato.
< Hai proprio dei bellissimi occhi Julian! >
< Grazie tante anche tu, ora mollami i polsi! >
< Belli verdi! >
< Mollami! > protestò Julian cercando di muovere le braccia per liberarsi dalla presa.
< No! > Clive scosse la testa facendo oscillare i suoi capelli neri e strinse ancora di più i polsi del ragazzo che si morse il labbro e richiuse gli occhi infastidito.
< Sì! >
< No no! > continuò Clive convinto e divertito nel vedere Julian in difficoltà.
< Sì sì e sbrigati! > ribatté alzando il tono della voce.
< Ok, ok... > Clive allentò la presa lasciando poi libero il ragazzo. Aspetto pochi secondi e non appena Julian cominciò ad assaporare la sua tanto agognata libertà Clive lo spinse di nuovo tra le lenzuola stropicciate. Julian protestò, inutilmente.

 

< Ti odio! > mugolò Julian voltandosi stancamente dall’altra parte del letto.
< No, non mi odi > sorrise Clive con il solito volto compiaciuto e vittorioso. Si avvicinò piano a Julian cingendogli la vita da dietro.
Il ragazzo prese il braccio di Clive e lo fece ricadere sul letto allontanandosi poi ancora di più
< Ti odio tanto! >
Clive rise di gusto. < Eddai Julian, Jules, Jude bellissimo Jude! > scivolò accanto a lui.
< Non funziona, tanto ti odio. > Julian incrociò le braccia davanti al petto imbronciato.
Clive lo baciò sul collo più volte
< Via via pussa via! > continuò Julian liberandosi di nuovo da Clive e spostandosi al limite del letto. Clive prontamente rimise il braccio attorno alla sua vita tirandolo verso di sé.
< Non suicidarti proprio a casa mia! > lo baciò di nuovo.
< Sono stanco... > ammise poi Julian rannicchiandosi.
< Va bene, ti do il permesso di dormire un pochino. Io vado a farmi la doccia e poi ci inventeremo qualcosa da fare > sorrise < Va bene? >
Julian si voltò verso Clive.
< Rimani qui... >
< Faccio la doccia e torno, non ci metto molto >
Julian fece un cenno con la testa e si sistemò comodamente sul letto.
< Bravo bimbo >
< Non sono un bambino e ti odio. >
< Ok ok > Clive si alzò dal letto e si diresse verso la porta. < Io invece ti amo > sorrise ed uscì lasciando Julian solo. Julian rimase a fissare per pochi secondi la porta della camera e incapace di formulare qualsiasi tipo di pensiero si addormentò all'istante.

 

 

Appena sveglio si guardò intorno spaesato. Impiegò un po’ prima di capire in che stanza si trovasse.
Una camera che non aveva nulla a che fare con la sua, le righe colorate dei muri gli facevano quasi girare la testa in quel momento, dalla finestra non entrava alcun tipo di rumore, in particolare non si sentivano i pianti di Simon, perché quella naturalmente non era camera sua. Aveva dormito splendidamente, niente sogni, niente incubi. Si alzò dal letto prendendo in mano la coperta blu messa da parte e legandosela alla vita, poi uscì dalla stanza.
< Cly? >lo chiamò senza muovere un passo perché ancora troppo spaesato.
< Sono in salotto Jules... >
< Va bene...Vado, vado a farmi un bagno > sussurrò con la voce ancora assonnata.
< Vai pure, hai tutto preparato, quando scendi mangiamo qualcosa e poi portiamo Martha a fare un passeggiata. >
< Bene... > rispose avviandosi a passo tranquillo in bagno.
Clive aveva davvero preparato tutto, dall’asciugamano ai vestiti puliti. Julian sorrise ed entrò pigramente in doccia. Non appena finì il suo bagno fu colto da un senso di angoscia pesante. Gli capitava spesso di sentirsi in quel modo dopo una doccia, a differenza di molte altre persone, che probabilmente avrebbero confermato di sentirsi molto più rilassate, lui in quei momenti veniva assalito da un senso di pesantezza alquanto fastidioso. Di solito si trattava di un senso di inquietudine generalizzata, non sempre con un motivo ben preciso. In quel momento invece, si era reso conto, senza volerlo, che non poteva bloccare i suoi pensieri per tutto quel tempo ed Annie gli tornò subito in mente. La stava tradendo nel peggiore dei modi, ma dopotutto non poteva negare a sé stesso di stare bene con Clive e si convinse che prima o poi avrebbe risolto ogni cosa. Decise quindi di scacciare i suoi pensieri, cosa che di certo non avrebbe fatto giorni prima. Si vestì molto velocemente e tornò a sentirsi perfettamente a suo agio.
Scese le scale per raggiungere il suo ragazzo in salotto.
Clive era comodamente seduto sul divano a leggere una rivista, le gambe accavallate facevano da poggia-libro mentre le sue mani erano occupate a massaggiargli la testa. Julian accennò un sorriso e si avvicinò a lui per poi sedersi.
Il moro alzò la testa interrompendo la sua lettura.
< Ti sei riposato allora? >
< Hmm >
< Mi odi ancora? >
< Sì tanto! > con gesto rapido Julian fece cadere la rivista dalle gambe di Clive.
Il ragazzo rise scuotendo la testa e si chinò per riprenderla e appoggiarla accanto a sé sul divano
< Potremmo suonare qualcosa...ti va? > domandò poi alzandosi e guardando Julian.
< Hmm >
< Cos'è da adesso sai solo dire la parola odio? > ridacchiò < Dai me lo avevi promesso >
< Prima mangiamo? >
< Un Julian che ha fame! Caspita... >
< Sì ho fame! > ammise il ragazzo
< Solo perché sono molto bravo a fare da mangiare ammettilo! > disse Clive dirigendosi verso la cucina.
Julian si alzò per raggiungerlo < Ma, scusami tanto Cly, la vogliamo smettere con tutti questi auto elogi? >
Il ragazzo si voltò di scatto verso Julian con uno sguardo sorpreso
< Scusa? Non dico forse tante verità io? >
< Ok. Ci rinuncio > Julian rise
< Suvvia Jules...Mi conosci no?! >
< Certo che ti conosco, è che, sai com'è, devo rifarci l'abitudine! >
< Oh giusto giusto > rispose Clive cambiando completamente tono della voce e facendo numerosi cenni della testa
< Il signorino deve rifarci l'abitudine > continuò mettendo un braccio attorno al colo di Julian e stringendolo a sé.
< Smettila di prendermi in giro Harris! > sbuffò Julian divertito < E togliti quell'aria e quella voce da finto intellettuale, ora! >
< Finto? Ma sentilo, parla quello che per tirarsela direbbe “Sono il nulla inutile, potete benissimo fare senza di me, in realtà non sono vivo, ora scusate vado a dormire perché devo.” >
< Ahh smettila, ti odio lo sai?! > ribatté Julian irritato ma senza riuscire ad essere realmente arrabbiato con Clive che nel frattempo continuava a ridersela di gusto.
< Prova a negarlo! Dai! >
Il ragazzo gli lanciò contro uno strofinaccio < Ho fame. Mangiamo. > fu la sola risposta che gli diede per poi accomodarsi a tavola.
< Sei tanto bello quando ti arrabbi sai! > Clive sorrise e mentre Julian continuava a tenere il broncio e la testa china a fissare il cibo che Clive aveva già preparato.
< Ho fame. >
< Ok ok permalosone! > Clive si sedette accanto a lui e cominciarono a mangiare in silenzio.
Dopo quella che si sarebbe potuta definire una breve cena, Clive si alzò da tavola guardando il ragazzo
< Allora, andiamo alle prove? Che dici, forse è ora? >
< Prove? > domandò Julian come preso alla sprovvista.
< Ma sì! Dai Julian un po' di rapidità. Andiamo a suonare! > strizzò l'occhio.
< Oh già! Scusa stavo ancora … >
< Ti aspetto in salotto! > lo interruppe il ragazzo uscendo dalla cucina.
Julian rimase seduto per qualche attimo, confuso e perplesso, prima di decidersi a raggiungere quel “pazzo esagitato” di Clive.
< Allora cosa suoniamo? > chiese poi entrando in salotto e prendendo in mano il sassofono.
< Che domanda... > Clive era già seduto sullo sgabello davanti al pianoforte e cominciò a suonare qualche nota a caso tenendo intanto gli occhi fissi su Julian.
< Smettila di fissarmi in quel modo Cly, specialmente ora, grazie! > detto ciò infilò lo strumento al collo e raggiunse anche lui il pianoforte, all'angolo in penombra della stanza.
< Smettila di lamentarti Jules! > ribatté il ragazzo continuando a strimpellare note a caso. Clive non era un ottimo pianista, non aveva studiato in nessuna scuola era più un'autodidatta, ma ce la metteva tutta e i risultati si vedevano. Sapeva suonare alcuni pezzi e con quelli si sarebbe potuto benissimo spacciare per un pianista provetto, perché li sapeva alla perfezione, avrebbe potuto fregare tutti, tranne Julian. Guardava le sue lunghe dita scorrere sui tasti prima senza seguire un filo logico e poi cominciare ad accennare le note di “Hey Jude” e man mano acquisire sempre più sicurezza. Rimase ad ascoltarlo in totale silenzio, troppo silenzio che dopo poco fece interrompere bruscamente Clive.
< Allora Clarke. Non sono un pianista da piano bar e tu lo sai bene, quindi accompagnami con il sax o canta! > disse guardandolo con disapprovazione.
< Stavo solo pensando, wow, è meglio dell'ultima volta! > sorrise.
< Oh cerchiamo di restituire le provocazioni eh? > Clive sorrise < Devo risponderti forse, sì perché dall'ultima volta sono passati come minimo cinque anni o non è necessario e cominci a suonare anche tu? >
Julian sospirò < Ah, voleva essere un complimento dai! >
< Lo so. Ma ora suona! > Clive sfoderò un sorriso a mille denti per poi riprendere a suonare.
Julian lo lasciò fare da solo ancora per un po' poi cominciò a seguire la melodia improvvisando qualcosa con il suo strumento, Clive gli fece un cenno di competa approvazione e cominciò a cantare. In quel momento Julian sentì un nodo alla gola che per qualche attimo lo fece smettere di suonare ma riprese immediatamente non appena si sentì addosso gli occhi di Clive. Improvvisamente Martha comparve come dal nulla, trotterellò vicino ai ragazzi e cominciò a ululare con il probabile obbiettivo di farli smettere.
Clive s'interruppe < Credo che la signorina voglia andare a fare la sua passeggiata adesso >
< Oh giusto > disse Julian guardandola con un mezzo sorriso < Beh allora andiamo! >
Il ragazzo abbandonò la sua postazione < Sì, ti accompagniamo in stazione > fece poi senza nascondere un fondo di dispiacere nella sua voce. < Vai a prepararti! >
< Sì sì, devo solo mettere via... >
< Appunto fallo > lo interruppe Clive sorridendogli. Clive si era senza dubbio rabbuiato all'improvviso e Julian se n'era reso subito conto, cercò di dire qualcosa per distrarlo o farlo sentire meglio < Hey mi è piaciuto moltissimo tutto questo eh.. > si portò la mano al collo come per confermare a sé stesso che come frase era piuttosto banale e che lui non era per nulla pratico in quel genere di situazioni.
< Sì anche a me > confermò il ragazzo apprezzando lo sforzo di Julian.
Julian a quel punto gli si avvicinò per abbracciarlo < E ti amo. > aggiunse con piena sincerità Julian, a quel punto Clive allargò il sorriso
< Io ormai ero sicuro che tu mi odiassi > rise tornando a prenderlo in giro. Julian rise a sua volta decisamente più sollevato.
< Sai com'è Cly è una cosa che varia, o forse no, o forse in realtà ti odio e basta > gli fece l'occhiolino.
< Dai andiamo scemo! >
I due ragazzi uscirono di casa. Clive chiamò Martha che subito si unì a loro per la passeggiata.
< Potremmo andare a bere qualcosa c'è ancora tempo > disse Clive dopo qualche minuto di silenzio.
< Sì, si può fare... >
< Sei poco convinto, tanto per cambiare > disse il ragazzo continuando a camminare accanto a lui e controllando con la coda dell'occhio Martha che trotterellava soddisfatta davanti a loro.
< Io? No, no davvero...però >
< Però? >
< Non vorrei mai arrivare tardi... >
< Ma se ho appena detto che è presto! > disse dandogli una pacca sulla schiena.
< Ai... > si lamentò Julian portando la mano sulla schiena < Te l'hanno mai detto che sei manesco?! >
< Piccolo fragile Julian > ridacchiò l’altro.
< Comunque non abbiamo tempo... >
< Hai un treno anche fra due ,cinque ora volendo, non tarderai non preoccuparti, Annie non sospetterà di nulla se è quello che temi >
< Sei sempre così ottimista tu? >
< Penso che un po' di ottimismo sia salutare come ti ho già detto, non credi? In ogni caso Annie non ha motivi per sospettare ma se lo facesse sarebbe anche ora e io sarei pure contento ad essere sincero >
Julian a quelle ultime parole spalancò gli occhi spaventato, Clive non ci fece caso
< In ogni caso avevamo deciso che oggi di questo argomento non ne avremmo parlato, quindi ora stop, andiamo a bere qualcosa e poi ti accompagno in stazione. Vedrai che non farai nessun tipo di ritardo... che le hai detto? >
< Che non tornavo né troppo tardi né troppo presto... >
< Ottimo allora! Vedi non ci sono problemi! Se potessi farlo ti terrei segregato in casa mia > lo minacciò sorridendo.
Julian rise < Allora questa birra? >
< Sentilo come svia gli argomenti, questa è un'altra cosa da annotare sulle tue qualità! > lo provocò Clive ridendo. Julian non ci fece caso. I due ragazzi andarono a bere un boccale di birra in un pub che Clive diceva di conoscere alla perfezione. Rimasero seduti ai tavolini esterni per più di un'ora a parlare di qualsiasi cosa venisse loro in mente.
< Io non bevo mai prima dei concerti! > disse Julian finendo l'ultimo goccio di birra in fondo al boccale.
< Come mai? > domandò Clive incuriosito < Insomma c'è gente che lo fa per la carica no? E tutte quelle cose... >
< Sì ma io non bevo. Perdo controllo e concentrazione se lo faccio, davvero, al massimo un bicchiere perché i ragazzi insistono, insomma il bicchiere del buon auspicio! >
< Capisco... > Clive gli sorrise < Beh non vedo l'ora di vedervi, sul serio >
< Spero davvero che ti piacerà! > disse Julian cercando di nascondere la sua reale preoccupazione all'idea di vedere Clive insieme ai suoi amici e di nuovo ad Annie.
< Mi raccomando Jules, vedi di non fare sciocchezze e di mantenere la tua regola anche la sera del prossimo concerto. Mi capisci no, niente ansie e paranoie, vengo solo a vederti suonare, ok? >
Julian fece un cenno confuso con la testa, non riusciva a credere che quel ragazzo fosse in grado di smascherarlo ad ogni movimento impercettibile del suo volto.
< Bene > disse Clive appoggiando la mano su quella di Julian < Andiamo adesso dai... Martha! Forza solleva il tuo dolce peso che dobbiamo andare in stazione >
Lasciarono il tavolino e dopo una mezz'oretta di camminata arrivarono in stazione. Il treno era già arrivato ma mancavano ancora alcuni minuti per la partenza. Minuti durante i quali Julian si fece ripromettere più e più volte da Clive di andare al concerto. Infine salì sul vagone, e presto il treno ripartì di nuovo.
Dopo un pomeriggio come quello non riusciva nemmeno a pensare ai sensi di colpa, che molto probabilmente lo avrebbero assalito nel preciso istante in cui sarebbe rientrato in casa. L'unica cosa che gli venne in mente in quel momento fu che il tutto non poteva andare avanti in quel modo, stava diventando stancante faticoso e anche costoso, non poteva diventare un pendolare e cliente fisso dei treni per poter vedere Clive. Non poteva e non voleva, ma allo stesso tempo non era in grado di convincersi a risolvere quella situazione. Non ne aveva davvero il coraggio, forse.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Robert ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Eccomi qui! Come promesso ho cercato di rispettare la scadenza che mi ero data e questa volta direi che ci sono riuscita! :)
Alcune premesse da fare, tanto ormai le faccio sempre. Dunque, la parte iniziale è un sogno/ricordo, ho pensato e penso tutt'ora che fosse necessario dire qualcosa in più sul periodo liceo e quindi ho tentato di farlo in quetso modo, so che non è la soluzione migliore ma per ora posso permettermi solo questa. (La mia idea sarebbe di fare capitoli inerenti a quel periodo, ma per ora direi che uno devo concludere questo, due ho poco tempo tre non vorrei che dievnti una cosa a serie. Almeno per ora. Anche se le idee ci sarebbero) Comunque, mi sto dilungando troppo, tanto per cambiare :D.
La parte iniziale è appunto un sogno/ricordo, poi ho voluto fare, non so perché questa parte sullo zio, spero che questa cosa non mi abbia fatto uscire troppo Julian dal suo carattere, è una cosa di cui ho sempre molta paura, quindi spero non sia successo :) . In caso contrario  siete liberissime di darmi tante mazzate e dirmi "No, così non va, toglitaglia e cambia!" :D Le critiche sono ben accette come già sapete! :) Quindi anche per qualsiasi errore avvisatemi :).  La conclusione è un po' affrettata me ne erendo conto, ma di meglio non sono riuscita a fare.
Ringrazio come sempre tutti quanti e in particolar modo Lady Madonna e Briciolaj7!
Buona lettura! :)
BlueJayWay!


---------------------------------------
 

Non riusciva a capire se si trovasse dentro un edificio o all'aperto, la pioggia sottile che scendeva lenta e fitta avrebbe potuto confermare la sua seconda ipotesi, ma lui non si stava bagnando. Davanti a sé un passaggio continuo e disordinato di gente, di macchine, di autobus. Troppa confusione; tutto ciò lo disorientava, e non appena si ritrovò in mezzo a quella folla il suo unico obbiettivo fu quello di liberarsene. Quando ci riuscì andò a sedersi su un divano per mangiare il suo panino.
< Scusa se ti disturbo. >
Alzò gli occhi, un ragazzo lo stava osservando con sguardo incuriosito. Affondò le dita nel panino morbido, con tanta forza da arrivare a toccarne il ripieno umidiccio, smise di masticare, ma non riusciva comunque a rispondere con la bocca piena, scosse la testa.
< Tu > continuò il ragazzo alzando la mano e puntando verso di lui. Fissò confuso il dito che lo indicava quasi minaccioso. Rimase con la bocca serrata, ancora piena.
< Dovresti smetterla di fuggire e di pedinarmi a distanza. Deciditi! > il ragazzo fece qualche passo verso di lui.
Mandò giù il boccone. Sentiva il sapore di quel panino che si era preparato la mattina stessa, ma non riusciva a percepirne la consistenza. Strano. Deglutì il nulla.

Si guardò attorno alla ricerca di vie di fuga, nessuna, un autobus sfrecciò davanti ai suoi occhi. Tornò a guardare il ragazzo.
< Cosa? No, non disturbi...dimmi > farfugliò, dando una risposta sconnessa. Eppure ricordava di aver detto qualcosa di più sensato, ma come, quando e dove non lo rammentava.
< Sono abituato ad essere accolto con tante ovazioni, la gente mi ronza intorno di continuo prima ancora di conoscermi > continuò il ragazzo alto accomodandosi accanto a lui. < Tu invece te ne stai alla larga da me e intanto mi osservi da lontano. > quella voce dal ritmo lento e calmo avrebbe messo in soggezione chiunque < Sei forse una spia? Sono innocente io, sai? > continuò il ragazzo ridendo. I suoi tratti marcati, le sue fossette si fecero ancora più evidenti. Sembrava ringiovanito di qualche anno.

Rise anche lui < Hai tutto fuorché un'aria da innocente >
< Quindi ammetti di pedinarmi! > esclamò il moro soddisfatto.
< No, no, io > si sentì colto alla sprovvista. O quel ragazzo era molto sveglio o lo stava prendendo in giro, o entrambe le cose.
< Non so se essere emozionato o preoccupato, ho la fedina penale pulita sai? > continuò poi il ragazzo con aria divertita e tono canzonatorio.

< Non ti pedino. Non ti osservo da lontano. Tu hai le visioni. Hai manie di protagonismo. > si arrischiò riuscendo finalmente a proferire più di qualche sillaba con quel ragazzo.
Quel ragazzo, rise di nuovo.
Vide un sorriso larghissimo e poi una mano grande, in primissimo piano avvicinarsi verso di lui.
< Clive! > Il nome riecheggiò più volte nella sua testa. Lo conosceva già quel nome. Lo aveva già sentito. Clive.

< So chi sei > rispose strizzando leggermente gli occhi < Frequentiamo la stessa classe, ora. Clive. >
< Oh! Caspita! Hai ragione! Non ci avevo mai fatto caso! Astuto il ragazzo, hai deciso di frequentare la mia stessa classe e i miei stessi corsi per tenermi d'occhio! Sei bravo! > gli occhi azzurri lo fissarono e quella mano che era rimasta tesa fino ad all'ora cadde direttamente sul suo ginocchio. Non sentì nulla.
Scosse la testa sorridendo. Mise ciò che restava del panino in una scatola di latta. Richiuse il sacchetto di carta e lo appoggiò accanto a sé.
< Veramente sei tu, che sei piombato nella mia classe > disse poi a Clive.

< Vuoi forse insinuare che sono io quello che ti sta pedinando? >
< Io non ti pedino Clive! > sbottò tentando di alzare il tono della voce e cercando di mantenere un'aria da innocente.
< Comunque... Julian. Ti chiami Julian, vero? > proseguì Clive con calma, massaggiandosi piano il mento.

< Oh ma allora sei informato! > rise, si distanziò di poco dal moro.
< L'ho sentito per caso. Sono molto più spia io di te. > gli rispose Clive.
< Allora, spia... com'è che ti sei perso tutti questi anni? >
< Mi stai forse dando del vecchio? > una voce volutamente e falsamente stizzita.
< Perché? Non hai forse due anni e nove mesi più di me? >
< I mesi sono otto, ti sei informato male. >.

Vide un sorriso malizioso formarsi sulle sue labbra.
< In ogni caso, volevo fare nuove amicizie, mi annoiavo e quindi perché no, ho deciso di perdere qualche anno >
Lo vide riavvicinarsi a lui e ridere di nuovo.
< Tu sei tutto matto! > gli rispose cominciando a ridere a sua volta.
< Non tanto quanto un soggetto come te, che controlla ogni mio movimento da lontano > Clive accavallò le gambe e si appoggiò allo schienale della sedia, cominciando a dondolarsi lentamente.
In effetti sapeva benissimo di farlo ma questo perché non era mai stato propenso alle nuove conoscenze, faceva fatica. Cercò di difendersi < Hai forse le visioni, Clive? >
< Visioni? Le visioni le ho solo su di me, e sono due occhi verdi che mi ronzano attorno e atterrano tutte le volte che mi avvicino pericolosamente a loro >

Abbassò la testa ridendo.
< Ecco vedi? Proprio in questo modo! >
< Preferisci che ti ronzi attorno fisicamente e mi accalchi vicino a te come fanno gli altri? > domandò per cercare di giustificarsi.

< No...questa cosa a distanza non mi dispiace, fa salire ancora di più il mio ego e te ne sono grato. Ma potresti lavorarci su un po' di più, come vedi la comunicazione, non è una cosa tanto difficile da fare. Specialmente se si tratta di un tipo simpatico come me. >
Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che sapeva di trovare lì, se lo ricordava bene. Trovò il giornale lo prese in mano e dopo averlo arrotolato lo sbatté sulla gamba di Clive che tornò a ridere.
< Penso che questa risposta mi sia sufficiente per ora. Ci si vede a lezione Clarke! >
Lo guardò mentre si alzava e poi si allontanava, una figura sempre più confusa e sempre più annebbiata. La sagoma alta, vista di spalle, svanì lentamente, lasciando il posto a un piazzale completamente grigio e vuoto. Si rese conto di non trovarsi più nel luogo dove tutto era cominciato, lo spazio era diventato più stretto ed era completamente mutato. Desiderò tanto fortemente di rivedere quel ragazzo che un attimo dopo la sua sagoma ricomparve nitida poco lontano da lui. Clive si voltò, indicò prima i suoi occhi poi verso di lui scoppiando a ridere. Cominciò a ridere anche lui alzandosi per raggiungerlo.

Julian si svegliò ridendo. Non appena si rese conto della situazione si diede uno schiaffo sulla fronte come per imporsi di smetterla. Si voltò per assicurarsi che Annie fosse già scesa e tirò un sospiro di sollievo nel non vederla accanto a sé.
< Andiamo bene...sto diventando sempre più scemo. Adesso rido durante la notte! Mi prenderanno per pazzo...> si disse alzandosi quasi di scatto dal letto < Se poi comincio a parlarmi da solo sono davvero sistemato! >.
Nonostante quelle perplessità mattutine poteva almeno dire di aver sognato qualcosa di bello, e dato che Annie, non aveva fatto storie la sera prima quando era rientrato, si sentiva piuttosto tranquillo. L'effetto di Clive su di lui stava ancora durando. Cominciò a vestirsi con molta calma; quel giorno non aveva in programma nulla, una passeggiata con Annie non gli sarebbe dispiaciuta, magari sarebbe riuscito a dirle qualcosa. Ma forse stava nuovamente mentendo a sé stesso. Improvvisamente la sua attenzione fu catturata da rumori insoliti provenienti dalla cucina. Julian rimase in ascolto con estrema attenzione; al piano di sotto Annie era senza dubbio in compagnia di qualcuno. Rumore di piatti, di posate, di cucchiaini fatti girare dentro tazze da tè e specialmente brusio di voci. Due voci ben distinte. Quella di Annie e una seconda voce, senza dubbio maschile. Un voce che Julian ormai non sentiva da tanto tempo. Non appena fu in grado di decifrarla fu preso da un senso di inquietudine.
Rimase immobile, con il maglione stretto tra le mani, indeciso su come agire. Starsene tutto il tempo in camera o scendere. La prima soluzione era senza dubbio, stupida, anche perché avrebbe rischiato che quell'uomo parlasse troppo a meno che non lo avesse già fatto. Si infilò in fretta il maglione e lo strinse a sé come per proteggersi da un' improvvisa folata di freddo della quale poco prima non si era accorto. Prese un lungo respiro e raggiunse il salotto.
Si fermò poco distante dalla porta e rimase in silenzio a fissare le due persone che continuavano a parlare e non si erano ancora accorte di lui. I suoi occhi caddero poi sulla sola figura del fratello del padre, e l'unico sentimento che riuscì a provare fu, odio. Improvvisamente, come se Robert avesse captato e percepito su di sé gli occhi di Julian, si voltò verso di lui.
< Julian! Finalmente ti rivedo, quanto tempo è passato eh? > esclamò l'uomo con finto entusiasmo, alzandosi con impeto dalla sedia che strisciò sul pavimento creando un rumore fastidioso e stridente.
Julian rimase a fissarlo senza accennare una sola sillaba.
Un uomo alto, di bell'aspetto senza dubbio, anche se, per quel che ne sapeva Julian, di bello aveva ben poco. Il viso allungato ricordava vagamente quello di Julian, gli occhi però erano scuri, il naso leggermente schiacciato, i capelli tagliati cortissimi, tanto da non riuscirne più a definirne con precisione il colore, che si poteva però intuire dalla barba castana ben curata. Delle labbra sottili sforzate in una specie di sorriso.
Robert avanzò verso Julian con il sorriso più spettacolarmente falso che il ragazzo potesse ricordare del suo repertorio.
< E' da tanto che non ci vediamo Julian, è davvero un peccato no? Come hai fatto tutto questo tempo senza il tuo zio? >
La voce dell'uomo tanto fastidiosa sentita da vicino, lo riportò indietro di anni e lo fece sentire male completamente a disagio. Nonostante ciò Julian cercò con tutte le sue forze di non darlo a vedere e di ricomporsi.
< Ciao zio Robert. > disse con tono secco.
Robert lo abbracciò cominciando a ridere senza motivo. Una risata con la quale voleva far credere di essere davvero contento di vederlo e di volergli anche un po' bene. Julian sapeva perfettamente che era tutta una messinscena, ormai ne aveva fatto esperienza, e l'unico effetto che quella risata e quell'abbraccio ebbero su di lui fu un improvviso senso di nervosismo e di rabbia. Julian rimase impassibile a quella stretta forte, con le braccia tese lungo il corpo.
< Quando sei arrivato? > domandò poi allontanandosi e guardando anche Annie che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
< Un'oretta fa > rispose Robert con il suo tono irritante < La tua Annie è stata davvero molto gentile, mi ha offerto un'ottima colazione >
< Lo vedo > commentò Julian senza mostrare alcun entusiasmo ma guardando prima la tavola e poi Annie visibilmente tesa e confusa. Sperò con tutto sé stesso che Robert non le avesse detto nulla sul suo passato. Pensandoci bene era impossibile che lo avesse fatto, dato che quell'argomento era la “vergogna di famiglia” piuttosto il disorientamento di Annie era dato dalla semplice presenza di Robert. Quell'umo era in grado di mettere ansia alle persone con il suo continuo parlare di nulla. Robert era quello che sapeva tutto di tutti, quello con la verità in tasca, abile nel muovere in continuazione la bocca per farne uscire tante cose inutili o per come la pensava Julian tante stronzate. Annie era stata fin troppo brava a sopportarlo anche solo per qualche minuto.
La ragazza lo guardò accennando un sorriso
< Beh penso che abbiate un po' di cose da raccontarvi, io vado a sistemare qualche cosa in cucina. > disse poi alzandosi dal divano. Una cosa che Julian ed Annie avevano probabilmente in comune era una fuga strategica, anche se Annie probabilmente la utilizzava quando era realmente necessaria. Julian fu molto contento di sentirle dire quelle parole, lui in quel momento non voleva fuggire, voleva solo liberarsi di quell'uomo. Liberarsene dicendogli però tutto ciò che pensava di lui.
< E' stato un vero piacere vederti Annie! > le disse Robert. Julian lo guardò con disgusto cominciando a passarsi nervosamente la mano davanti al collo.
< Anche per me > mentì con voce angelica la ragazza < Scusami davvero se vi lascio qui soli ma sai ho da fare... >
< Sei una brava ragazza Annie davvero! > rispose Robert prima ancora che Annie potesse finire del tutto la sua frase. La ragazza uscì dal salotto lasciandoli soli.
< Un'ottima scelta davvero, complimenti Julian è una ragazza d'oro! > Robert fece un giro attorno al tavolino e andò a sedersi sul divano.
Julian fissò l'uomo negli occhi con disprezzo.
Sentiva la strana sensazione di avere finalmente la capacità di dirgli in faccia più cosa possibili. Rivederselo lì davanti quella mattina aveva completamente riacceso l'odio nei suoi confronti, ma quella volta l'odio non voleva assolutamente frenarlo. Voleva mettere sé stesso alla prova, verificare se in fondo era in grado di reagire su certe cose almeno un po'.
< Non credi di muovere troppo la bocca zio Robert? > domandò poi senza riuscire a bloccare il suo pensiero dentro la sua testa.
Robert sorrise di nuovo. Julian pensò che sarebbero stati necessari due ami per tenergli alto quel sorriso di disprezzo.
< Suvvia Julian sai come sono fatto! >
< Lo so perfettamente zio Robert, sei un simpatico burlone tu. > rispose con tono infastidito < Avresti potuto avvisare del tuo arrivo, come minimo! >
< Io ho chiamato, ma tu a quanto pare sei stato molto occupato ieri... > disse guardandolo negli occhi. Julian distolse lo sguardo.
< Certo, ma non penso la cosa ti riguardi, dato che non ti è mai interessato nulla di musica. >
< Ma non è vero Julian. Questa cosa te la immagini tu e basta. Lo sai che in realtà mi interessa molto, della musica, dei tuoi progressi, dei tuoi concerti, di te. Sono accuratamente informato su ogni singola cosa. Sei tu che ti immagini le cose, ripeto. >
“Bla. Bla. Bla.” Le parole di Robert rigiravano nella testa di Julian come qualcosa di vuoto e fastidioso.
< Oh io mi immagino sempre tante cose, vero zio? > si avvicinò al tavolino per versarsi una tazza di tè.
< Non ho detto questo, vedi che non segui mai come dovresti i discorsi che faccio? Lo sai bene che abbiamo sempre avuto cose più importanti di cui parlare. > infierì l'uomo.
< Non ho bisogno che tu venga qui a ricordarmelo zio Robert. I tuoi discorsi, se li vuoi chiamare così, non m'interessano e non mi sono mai interessati... e comunque, come vedi, mi sono sistemato nel migliore dei modi. >
Robert si appoggiò allo schienale del divano < Ho sentito tuo padre; mi ha detto che avrei fatto bene a venirti a trovare. Sai, lui pensa che in realtà tu abbia risolto ben poco...e ad essere sincero Julian caro, penso che tuo padre abbia ragione >
Il ragazzo alzò le spalle lasciandosi sfuggire una risata nervosa. < E' sempre così premuroso lui, e anche mia madre! > prese la tazza nella mano destra e cominciò a mescolare piano il liquido < Davvero, sono molto premurosi loro > tornò a ripetere senza nascondere il tono sarcastico.
< Com'è giusto che sia no? > disse Robert leggermente infastidito dalla capacità di Julian di rispondere con tranquillità e provocazione ad ogni cosa, non era mai successo prima d'allora.
Julian sorseggiò dalla sua tazza di tè, rimase a fissare il leggero riflesso dei suoi occhi nel liquido marroncino che pian piano scivolava nella sua bocca. In quel momento l'unica cosa che sapeva di dover mantenere era, la calma. Specialmente con Annie nelle vicinanze. Pensò a Clive e gli sfuggì un sorriso al pensiero che i suoi genitori e suo zio avevano miseramente fallito. Bevve ancora qualche sorso e allontanò la tazza dalla labbra tenendola fra le mani.
< Senza dubbio > rispose con calma < I genitori ci sono per questo. Riferisci loro che è tutto perfettamente a posto e come dovrebbe essere. >
< Com'è andata la giornata con i tuoi compagni di classe, Julian? > chiese Robert, insistente.
< Una meraviglia zio sono stato benissimo. Ma...non ho soldi per pagarti una seduta in questo momento zio Robert > rispose Julian con voce calma, appoggiando la tazza sul tavolino. Robert fece una risata nervosa, Julian sapeva benissimo che se non ci fosse stata Annie in casa, suo zio non si sarebbe trattenuto.
< Vedo che non hai piacere di vedermi oggi. > si limitò a dire alzandosi dal divano.
< Scherzi, come potrei fare senza il mio adorato zio! > disse Julian alzando lo sguardo verso l'uomo < In ogni caso devo chiederti gentilmente di passare un altro giorno. Annie ed io dobbiamo prepararci, sai andiamo ad un matrimonio domani! >
< Annie me ne ha parlato. Allora è giusto che io tolga il disturbo! > disse prendendo il suo cappotto e cominciando ad infilarselo.
< Giustissimo! Ti ringrazio per la tua comprensione. Ti accompagno... >
Il ragazzo si alzò a sua volta dal divano e uscì di casa seguito da Robert.
Appena fuori Julian chiuse la porta e si allontanò ancora di qualche metro dalla casa, si concentrò cercando di mantenere la calma e il controllo, poi si voltò verso lo zio bloccandogli il passaggio.
< Dovresti smetterla di seguire gli ordini di tuo fratello e partire per inutili spedizioni di cura. >
L'uomo rimase ammutolito per poi scoppiare a ridere.
< Come siamo sospettosi Julian, hai forse qualcosa da nascondere? E smettila con questo atteggiamento disinvolto e incazzato, non ti si addice e non sei nemmeno capace di gestirlo bene. >
Julian strinse i pugni cercando allo stesso tempo di non badare alle parole di Robert ma di pensare al suo discorso.
< Hai visto con i tuoi occhi qual'è la situazione, tienti per te le tue conclusioni. Forse non sono stato abbastanza chiaro zietto. Non ti voglio più vedere. Tu odi me io odio te, lo sappiamo entrambi. Quindi dimmi, con che coraggio vieni in casa mia cercando di instaurare un rapporto con Annie, devi lasciarla fuori, e smettertela d'intrometterti in tutto ciò che mi riguarda. Ti ho già sopportato abbastanza, non credi Robert? E direi che tu hai fatto altrettanto. Se mai avrò bisogno di un soggetto come te lo cercherò altrove, e capisci benissimo cosa intendo. Quindi perché non vai a goderti la tua vita e la tua famiglia o impari come si fa davvero il tuo lavoro, dato che lo svolgi in maniera completamente sbagliata?! Sparisci definitivamente dalla mia vista. > Julian cercò di controllare il respiro affannoso.
Robert era immobile davanti a lui, spiazzato e completamente indeciso su come reagire. Julian da parte sua era tesissimo, non gli era mai successo di parlare a ruota libera con quell'uomo. Aveva quasi paura di aver parlato troppo ma nello stesso tempo aveva la consapevolezza di avergli detto solo una piccola e minima parte di ciò che si meritava.
< Allora? > domandò poi alzando il tono della voce.
< Ne parlerò con i tuoi! > fu la risposta di suo zio che strinse le labbra.
Julian rise, senza riuscire a spiegarsene il motivo. < Fallo pure, cosa m'importa? Sprechi solo il tuo tempo zio Robert. Io ho tutte le carte in regola > mentì con chiarezza e semplicità arrivando a credere per qualche attimo alle sue stesse parole < Lo hai visto anche tu. Quindi mettiti l'anima in pace e torna a vivere la tua vita mediocre >
Robert tentò di nuovo di minacciarlo, tirando in ballo la storia dei genitori e tutto ciò che gli veniva in mente. Julian seppe difendersi egregiamente, riuscendo infine a convincere quel suo zio che lui avrebbe sposato Annie senza problemi. Alla fine l'uomo se ne andò stizzito. Julian lo guardò allontanarsi, e ripartire poi con la macchina. Era sicuro che non lo avrebbe più rivisto.
Ebbe un momento di completo sollievo, una piacevole sensazione di essere riuscito a liberarsi finalmente, anche se forse solo in parte, di uno dei tanti pesi che si era portato avanti da anni. Rimase a guardare il vialetto ormai vuoto poi si girò verso la casa per rientrare. Fece solo pochi passi quando tutto d'un tratto e senza riuscire a controllarsi si sentì crollare. Quello sfogo lo aveva completamente svuotato, sentiva il bisogno di lasciarsi andare, di piangere, non era abituato a situazioni come quello. Gli occhi cominciarono a bruciargli e inumidirsi, alzò velocemente il braccio davanti al viso e asciugò gli occhi con la manica prima ancora che potessero cominciare a lacrimare. Non poteva permettersi una reazione come quella. Non poteva e non voleva per nessuna ragione, non davanti ad Annie e nemmeno davanti a sé stesso. Eppure ne sentiva il bisogno, i pensieri di nuovo confusi e la consapevolezza di aver risolto ben poco. Sospirò profondamente per poi ricomporsi e raggiungere la porta di casa. Entrò cambiando completamente espressione del volto, un sorriso leggero ma rilassato.
< Annie? > il tono bassissimo, si schiarì la voce < Annie?! >
La ragazza scese le scale lo raggiunse sorridendogli.
< Se n'è andato finalmente? >
< Direi di sì > rispose Julian abbracciando Annie come in un'improvviso bisogno di contatto e di affetto per scacciare in modo diverso la tensione che aveva addosso. Annie si tenne stretta a lui per poi separarsene e guardarlo negli occhi.
< Che razza di famiglia hai? > domandò seria.
Julian cercò di nascondere il respiro pesante.
< Una famiglia premurosa? > abbozzò un sorriso.
< Più che premurosa mi sembrano tutti degli automi che vogliono renderti altrettanto automa >
Una spiegazione come quella non l'aveva mai sentita e nemmeno l'aveva mai pensata. Gli venne da ridere < Mi sono capitati loro... > disse poi spostandole una ciocca di capelli all'indietro.
< Anch'io me ne sarei andata di casa in una situazione del genere... > la ragazza lo abbracciò di nuovo forte.
< Invece, avresti tutto il diritto di capirli e odiarmi...> si azzardò a dire mentre le accarezzava la tesa.
< Sei uno sciocco Julian. Non ti odierei per nessun motivo...Clive ha ragione, devi metterti in testa che sai ragionare benissimo da solo! >
Julian deglutì, piano. Era forse il momento per confessarle tutto? Perché aveva tirato fuori Clive in quel modo?
< Clive è una persona importante per me, e poi è intelligente a differenza del sottoscritto > si limitò a dire alla fine
< A differenza di te? Ma smettila > sorrise e gli diede un bacio.
< Ti va una passeggiata Annie > chiese il ragazzo per chiudere ancora una volta quell'argomento lasciandolo irrisolto.
< Certo amore! > la ragazza sorrise < Direi che ne abbiamo bisogno entrambi! Andiamo...! > esclamò prendendo al volo dal portabiti un giacca di jeans. Julian indossò il suo lungo cappotto grigio e legò al collo una sciarpa in lana blu.
< Dai su andiamo! > lo incalzò Annie aprendo la porta prima ancora che Julian finisse di abbottonarsi.
< Quanta fretta Annie! > le disse sorridendo.
< Potremmo mangiare fuori > propose la ragazza mentre richiudeva a chiave la porta.
< Sì dai, mi sembra una buona idea... >
La ragazza sorrise < Andiamo allora >
S'incamminarono senza seguire una meta precisa.
Julian non aveva intenzione di perdersi come al suo solito nei suoi profondi silenzi di riflessione. In quel momento doveva distrarsi per riuscire a mantenere il controllo.
< Allora com'è il tuo vestito, non me lo hai fatto vedere! >
Annie alzò gli occhi verso di lui < Beh non lo so sinceramente, spero che vada bene! >
< Sono sicuro che è perfetto! > disse il ragazzo guardandola < Sai come la penso, per me potresti andarci anche così e staresti comunque bene. >
Annie rise tornando a guardare la strada davanti a sé < Mah non è vero >
< Come no? >
< Lo dici solo perché sei tu! Comunque dopo te lo faccio vedere... E' blu. >
Julian sorrise.
< Ci tieni tanto a questo matrimonio...? > le chiese dopo qualche secondo di silenzio.
< Dire che ci tengo tanto è troppo, amore. Però sì, m'incuriosisce. Sai un matrimonio di una come Angelica dev'essere interessante. Io poi non sono mai stata a nessun matrimonio ancora...>
Julian alzò le sopracciglia sorpreso. Tutto poteva essere il matrimonio di quella ragazza fuorché interessante, almeno secondo il suo punto di vista.
< Non sei convinto eh? > domandò Annie ridendo.
< Interessante può voler dire tante cose Annie, dipende da cosa intendi con interessante. Io ne ho visti davvero tanti di matrimoni, anche di persone che non conoscevo assolutamente >
< Non me lo hai mai detto! > disse Annie stupita e incuriosita allo stesso tempo. In effetti Julian aveva sempre evitato di parlarle di quella cosa, delle sue frequenti e obbligate presenze a matrimoni di ogni genere. Matrimoni di parenti vicini e lontani e di persone a lui sconosciute; genitori e parenti lo avevano portato ovunque. Sospirò piano < Te l'ho detto ora > accennò un sorriso.
< Come pensi che sarà domani allora tu che sei esperto? > chiese Annie ridendo.
< Penso che Angelica avrà la tinta rifatta! > rispose Julian scoppiando a ridere anche lui.
< Scemo! > lo riproverò Annie continuando a ridere.
< Scommettiamo? >
< A volte riesci ad essere così stupido! > ridacchiò Annie < Dai andiamo a mangiare qualcosa qui! > disse dirigendosi verso un piccolo locale.
< Va bene, va bene > rispose Julian sorridendo.
Dopo aver pranzato ripresero la loro passeggiata. Passarono l'intera giornata fuori di casa, quando rientrarono erano entrambi stanchissimi. Annie accese la TV e si distese sul divano.
Julian la raggiunse e si fece posto accanto a lei < A che ora dobbiamo essere lì domani? >
Annie sbadigliò stancamente e appoggiò la testa sulla spalla di Julian < Undici di mattina >
< Dovrai svegliarmi tu allora > disse ridendo.
< Vedremo > Annie sorrise e si strinse ancora più a lui. Julian cominciò a coccolarla, come una sorella, la ragazza si addormentò piano tra le sue braccia. Era passata un'altra giornata e lui ancora una volta non aveva concluso nulla con lei. Anzi era riuscito a mentirle meglio di qualsiasi altro giorno. Sospirò piano e dopo essersi assicurato che Annie stesse davvero dormendo si lasciò andare in un breve pianto silenzioso, coperto anche del suono della televisione, poi si addormentò.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** (S)Profondo ***


N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


-----



  Buongiorno e buonasera a tutti! dopo mesi ricompaio per propinarvi i capitoli di questa storia emozionante! (scherzo ;)). In ogni caso non ho più avuto la possibilità di pubblicare perché, tanto per cambiare, ho avuto problemi con il computer, e questa volte è deceduto in modo definitivo. In ogni caso sono andata avanti con la storia, ma non ho auto l'opportunità di trascriverla sul pc; almeno fino ad oggi. Oggi ho la fortuna di avere un computer a disposizione e quindi, dato che nella giornata di oggi non stavo concludendo moltissimo ho pensato, ma perché non tornare ad infastidire i lettori con questo capitolo? :D Quindi eccomi qui! Premettto che questo capitolo è stato scritto mesi fa e prima o poi potrei decidere di aggiustarlo un pochino, per ora lo posto così. (scusate per il finale un po' brusco...poi si ricollega, teaoricamente abbastanza bene con il capitolo successivo...almeno credo)
Come sempre sono ben accette, proposte, critiche e così via :). 
Che altro...an sì, avviso già che potrebbe passare un po' prima della prossima pubblicazioe, questo sempre causa mancanza di un pc a portata di mano :)!
Ringrazio come sempre chi passerà a leggere, vecchi e nuovi lettori! 
Un bacio!
BlueJayWay! 


----------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Si guardò alle spalle senza interrompere la sua corsa, girando la testa a 180° da una parte e poi dall'altra, come gli uccelli. Il respiro era affannoso, rapido e sconnesso, ma non se ne preoccupava, il suo problema era un altro in quel momento. Qualcuno lo stava seguendo, e l'unica cosa di cui era certo era che doveva sbarazzarsene, seminarlo. Pensò addirittura che avrebbe preferito morire per mancanza di aria, piuttosto di essere raggiunto, ma se fosse crollato in mezzo a quella strada, senza dubbio gli si sarebbero avventati addosso. Nella confusione mentale, decise di procedere ancora più rapidamente. La strada davanti a lui era deserta; una lunga scia grigia di cemento di cui era impossibile vedere la fine, attorniata ai lati da piccole strutture, decisamente basse e sproporzionate rispetto al suo corpo, sembravano giochi da costruzione invece di edifici reali.
Julian ne ebbe una completa visione dall'alto.  
Tornò a voltarsi. Dietro di lui non c'era più nessuno. O meglio, non si vedeva più nessuno. Cominciò a camminare, a ritmo lento, perché nonostante lo sforzo, non riusciva più ad andare velocemente. Era come se, dopo aver messo avanti il piede, questo scivolasse poi indietro portando con sé tutto il corpo. 
In alcuni momenti riusciva a vederlo il suo corpo,  tutto intero, magro ed esile. Le braccia cadenti, le gambe che sembravano più sottili e allungate di come era abituato a vederle e il volto era coperto dai capelli castani allungati e scompigliati. Gli parve, di percepire un senso di angoscia nel guardare se stesso affaticarsi tanto per salire verso un punto indefinito. 
Riprese a controllare ogni angolo buio di quella strada deserta, illuminata appena da una luce la cui fonte era introvabile. Improvvisamente si fermò. Sollevò piano la testa. Un uomo gli stava andando incontro, seguendo esattamente la sua direzione; l'unica linea  che gli era concesso di percorrere su quella strada, era ora occupata anche da quella nuova figura. Tentò dapprima di spostarsi per liberargli il passaggio, poi cercò di voltarsi per  riprendere a correre verso la direzione opposta, ma i suoi piedi non si mossero, rimasero ancorati a terra. Provò ad immaginarsi qualcosa di diverso, a dare un nuovo volto a quell'uomo, ma non cambiò nulla. Quello gli era sempre più vicino, non lo aveva mai visto prima di allora e non riusciva a ricollegarlo a nessuno di sua conoscenza. Avanzava verso di lui, con sguardo indifferente e beffardo, e quando gli fu di fronte, l'uomo non si sforzò nemmeno di spostarsi ma gli andò addosso senza curarsene, poi proseguì. 
Julian osservò il suo corpo indifendibile piegarsi in avanti.  
Si risollevò e tentò ancora una volta di muoversi, ma i suoi piedi sembravano essere sprofondati in una fanghiglia che aveva preso il posto del cemento grigiastro. Cercò inutilmente di liberarsi. 
Persone di ogni età, cominciarono a sbucare dal nulla e a dirigersi verso di lui. Tutto lo spazio si riempì con volti confusi e offuscati, che di tanto in tanto prendevano sembianze di persone che lui aveva già visto, ma non rammentava dove. I loro passi erano lunghi e decisi, cercò di dire qualcosa, di urlare, ma il suono uscì completamente sordo e quelle persone non ci fecero caso.  Non appena gli furono appresso cominciarono a spingerlo e ad insultarlo lanciandogli sguardi di disprezzo. Pose le braccia a schermo davanti a se nel vano tentativo di difendersi, provò ancora una volta ad immaginare qualcosa di diverso, come preso improvvisamente dalla consapevolezza di essere nel mezzo di un sogno, ma non vi riuscì. Si ritrovò chiuso in una sorta di bolla invarcabile, formata dalle persone e dal frastuono delle loro voci stridenti. Si lasciò cadere a terra, si lasciò crollare come per dare la sua resa e accontentarli tutti. 
Improvvisamente, l'oscurità creata dalle persone ammassate intorno a lui, venne annientata da una luce forte alle sue spalle, il bagliore intenso dei fari di una macchina lo stordì completamente. 
Julian guardo sé stesso afflosciarsi a terra con tutto il suo peso, nel vedersi in quello stato pensò che doveva reagire in qualche modo e stava a lui decidere cosa fare e che poteva benissimo gestire la situazione, bastava volerlo. 
Si rialzò non senza difficoltà e ancora una volta riprese a correre. Quella vaga speranza lo aiutò a sbarazzarsi di quelle persone, di quell'auto che sentiva avvicinarsi sempre di più.  
Cadde in acqua. Non si era neppure accorto di quella vasca enorme piena d'acqua proprio davanti a lui. Il suo corpo fu immediatamente inghiottito da quel liquido tanto innocuo quando opprimente e cominciò a scendere verso il basso, lentamente. Gli occhi spalancati, ad osservare in modo impassibile quel fluido di colore azzurro cristallino, mosso dal movimento delle mani, occupate nel tentativo di arrancare verso la luce che arrivava dall'alto, quelle mani presto si stancarono e scomparvero dalla sua vista. Si sentiva di nuovo bloccato, impossibilitato di fare qualsiasi movimento e dopotutto non aveva più neppure le forze per farlo. Stava soffocando nella più totale consapevolezza e poco gli importava. Tornò a sentire voci di ogni genere, guardò ancora una volta in alto, vide solo una mano e una piuma cadere verso di lui. L'unico modo in cui si sarebbe potuto liberare  e salvare da quell'annegamento era svegliarsi e lui in quel momento lo sapeva per certo. Provò ad aprire gli occhi più volte finché all'ennesimo tentativo ci riuscì. 

Julian sì risvegliò completamente stordito. La prima cosa di cui si accorse fu che il televisore era rimasto acceso, i suoi occhi infatti vennero come fulminati dal bagliore accecante che veniva dallo schermo e cominciarono a bruciargli; li strofinò con il palmo della mano, e quando li riaprì la sua vista diventò ancora più confusa, su qualsiasi cosa poggiasse il suo sguardo vedeva davanti a se piccoli frammenti di luce colorata che a poco a poco si dissolsero. Ancora leggermente inebetito dal suo sogno agitato cercò di ritrovare il senso dell'orientamento in quella stanza.  Si concentrò per qualche attimo alla televisione; stavano riproponendo il telegiornale del giorno prima, una donnina dalla voce poco piacevole e piatta continuava a parlare ininterrottamente, senza mettere alcuna pausa tra una parola e l'altra. Sospirò profondamente, in modo da svuotare completamente i polmoni da quell'aria dentro di se che sentiva decisamente troppo viziata. Si voltò verso Annie, la ragazza era addormentata in un sonno visibilmente tranquillo, con la testa accoccolata sul suo braccio. Abbozzò un lieve sorriso, poi le sollevò con cautela il capo sfilando il suo braccio leggermente indolenzito. Annie si mosse di poco e Julian ne approfittò per alzarsi e metterla poi in una posizione comoda sul divano, sostituendo al suo braccio un cuscino decisamente più confortevole. Si diresse verso la televisione, rimase a fissare sullo schermo le labbra sottili della giornalista in primissimo piano, i suoi occhi ancora non abituati alla luce ricominciarono a bruciargli e lacrimargli, Julian non vi badò e spense la televisione. Si ritrovò in un buio quasi completo rotto solo dai pochi spiragli  di luce che entravano dalle fessure delle finestre. Ai suoi occhi quei continui cambiamenti non piacevano affatto, li richiuse per un po' per farli riposare. Quando li riaprì dovette nuovamente abituarsi alla semioscurità per riuscire ad orientarvisi, non appena ne fu capace salì le scale e raggiunse la camera da letto. Si avviò direttamente al cassetto del comodino, prese la sua scatola di sigarette e due coperte dal letto. Scese con l'intenzione di rimettersi a dormire ancora un po' ma cambiò idea quasi subito, dopotutto tra poche ore anche Annie si sarebbe svegliata e lui non era più stanco, mise una delle coperte sulla ragazza mentre l'altra se l'avvolse intorno stringendola con una mano vicino al petto come un mantello. Julian poteva vedere ben poco, ma si accorse che Annie in quei pochi minuti aveva cambiato la sua posizione, un braccio sopra la testa e l'altro ricadeva dal divano accompagnato da una delle gambe, il petto si alzava e si riabbassava lentamente, dormiva profondamente come se nulla fosse stato in grado di svegliarla. Si chinò su di lei e le diede un bacio sulla guancia; tornò ad osservarla, riusciva a scorgere il suo volto rilassato coperto per metà da una lunga ciocca di capelli, il corpo magro e dalle curve femminili sprofondato nel divano come se si trattasse del più comodo giaciglio sulla terra,  addormentata in quel modo, sembrava ancora più evidente in lei la completa inconsapevolezza di tutto ciò che stava succedendo. Gli passò per la testa uno strano pensiero, perché mai lui e lei non sarebbero potuti stare insieme? Dopotutto era una brava ragazza, inoltre erano riusciti a convivere benissimo fino a quel momento quindi avrebbero potuto andare avanti in quel modo senza problemi... ma gli bastò poco per realizzare che lui non voleva più vivere in quella situazione e che i problemi erano già sorti, c'erano sempre stati e sarebbero rimasti se non si fosse dato una mossa. Annie nella sua innocente inconsapevolezza rendeva solo le cose più difficili, non sospettava mai di nulla, quando invece avrebbe dovuto farlo,era una persona troppo discreta per decidere di indagare su qualsiasi genere di cosa. Julian non sapeva più a cosa pensare e la testa cominciò a pulsargli, lanciò un ultimo sguardo ad Annie e  poi uscì nel giardino interno. 
Si guardò intorno, in quel lieve bagliore mattutino la siepe e l'unico albero di quel pezzo di prato sembravano solo ombre scure indefinite. I rami dell'albero pareva tagliassero in piccoli frammenti il cielo coperto. Spostò lo sguardo in basso, l'erba era di un colore difficile da definire in quel momento, senza dubbio era bagnata, dopo un'accurata analisi, scelse il punto che riteneva più favorevole e si sedette. Al contatto con l'erba i suoi pantaloni s'inumidirono all'istante e un brivido di freddo lo percorse per tutto il corpo, Julian scrollò le spalle e come unica risposta al suo fisico tanto lamentoso si strinse attorno la coperta.  Accese la sigaretta e cominciò a fumare lentamente, socchiudendo le labbra e sospirando piccoli  fili di fumo.  Alzò gli occhi verso il cielo di un anonimo colore tra il grigio e il blu, coperto da nubi dense in continuo movimento. C'era un silenzio pesante, interrotto di tanto in tanto da qualche cinguettio che invece di dargli un senso di piacere lo infastidiva perché la sua testa ne risentiva pulsando con maggiore insistenza. 
< Tacete! > sbottò improvvisamente come se quelli potessero sentirlo e oltretutto obbedirgli. 
< Maledetti.. > sospirò poi strofinandosi gli occhi e riavvicinando la sigaretta alle labbra. 
< Maledetti, siete tutti maledetti, io non ho fatto nulla! Dannazione!> continuò poi a bassa voce, mentre il suo pensiero abbandonava gli uccelli canterini e si concentrava su ben altre cose. 
Quel sogno, secondo una sua personalissima analisi,  rispecchiava perfettamente  il suo timore, non tanto verso le opinioni della sua famiglia, che conosceva perfettamente e ormai non gli interessavano quasi nulla, ma piuttosto le opinioni di tutte quelle persone che vedevano di malocchio quelli come lui; gli venne in mente una frase che Clive gli aveva detto spesso negli anni in cui si erano appena conosciuti:
 “Hanno un cervello risucchiato, è gente che non si può rinsavire! ” e lo diceva con quel tono di disprezzo e rabbia che copriva una tristezza di fondo che Clive non avrebbe mai ammesso. 
“Ecco perché i tuoi hanno la mente ristretta, peggio delle due gocce di caffè che ti danno in Italia” concludeva ridendo. 
“Sei mai stato in Italia?” gli chiedeva prontamente Julian.
“ No, mai” e scuoteva la testa ridendo.
“ Dicono che è buono  quel tipo di caffè” 
“ Ma a me il caffè non piace!” 
“ E' comunque una buona qualità” 
“ Allora una prugna secca! Guarda Julian possono avere anche un cervello di dimensioni abnormi è il contenuto che scarseggia! Di quello sto parlando, è un esempio simbolico...vedila come vuoi e non fare il pignolo! Il problema è il modo in cui fanno lavorare il loro cervello. Il meccanismo , è rotto! Rotto! ” 
 Immagini fulmine di anni prima cominciarono ad attraversargli la mente; il momento in cui i suoi famigliari erano venuti a conoscenza del suo “problema” e l'unica cose che erano riusciti a dire era stata “Fortuna che tuo zio è dottore e con queste cose ci sa fare!” e allora quel sorriso d'incoraggiamento di Clive era svanito nel nulla per un lungo periodo di tempo e lui aveva smesso di reagire, subendo qualsiasi cosa in modo passivo. Ma infine suo zio aveva fallito, tutti avevano fallito, fuorché Clive, che solo ricomparendo aveva rimesso tutto in discussione. Clive aveva ribaltato tutta la situazione che si era andata a creare, aveva dato uno scossone a ciò che in realtà non era mai cambiato se non in modo illusorio e che prima o poi sarebbe comunque crollato. Quel ragazzo aveva solo accelerato il processo e si era ripreso ciò che riteneva gli appartenesse. Clive in un modo squisitamente egoistico si era ripreso Julian e lo aveva fatto sentire di nuovo se stesso. Julian abbozzò un sorriso pensando che anche Clive fosse un po' “maledetto”.
Era tutto un gran groviglio di problemi che stava a lui risolvere. 
La persona che ci avrebbe rimesso di più sarebbe stata Annie, per lei gli dispiaceva sinceramente. Avrebbe preferito che fosse stata una ragazza diversa e i suoi sensi di colpa sarebbero stati minori. Ma si rese conto che erano tutte inutili e insulse speranze e il fatto che Annie avesse quel carattere probabilmente gli sarebbe solo stato d'aiuto, se si fosse dato una mossa. Più tempo passava più lei rimaneva ingannata e ora che c'era di mezzo un vero e proprio “tradimento” ora che era riuscito a sfogarsi con Robert, doveva affrontare Annie. 
Le sigarette accartocciare accanto a lui erano diventate tre in poco tempo e nella scatola ne era rimasta soltanto una. Le prese tra le dita con gesto annoiato, poi l'accese velocemente come se in quel momento il fumo fosse per lui di vitale importanza. 
< Quanto sono stupido > sussurrò tra se.
Era quasi un'ora che se ne stava seduto lì in quella posizione e ormai il cielo dava i primi reali bagliori di luce di un sole che quel giorno avrebbe riscaldato ben poco.
< Amore... > 
Julian sussultò spaventato. Si voltò,  Annie era in piedi a pochi passi dietro di lui, gli occhi segnati dal sonno e i capelli scompigliati, lo guardava confusa. 
< Mi hai spaventato > le disse accennando un sorriso. 
La ragazza non disse nulla, rimase ad analizzare la situazione in completo silenzio, poi gli andò vicino. 
< Hai fumato... > osservò guardando i mozziconi a terra. 
Julian le fece un cenno con la testa. 
< Che succede Julian...? > domandò lei sedendosi accanto a lui.
< Il solito, ho dormito poco. > rispose immediatamente.
Annie quasi non badò alla risposta 
< Amore. Che succede? >
< Te l'ho detto... > la voce gli uscì secca e irritata contro la sua volontà. 
Annie fece per alzarsi, ma Julian la fermò prendendola per il braccio e tenendovi la mano stretta attorno < Stai qui. > disse con voce molto più calma e controllata <...per piacere >
< Ma fa freddo amore > sorrise < Dai entriamo... Ci prepariamo qualcosa di caldo e mi dici tutto dentro... > fece di nuovo per alzarsi dato che Julian le aveva già liberato il braccio.
Julian non la sentì, e senza riuscire più a controllarsi si lasciò andare di nuovo in un pianto silenzioso. 
< Clive... > sussurrò.
< Cosa? > Annie si voltò immediatamente a guardarlo, con una premura e preoccupazione, che ricordava quella di una sorella affezionata. 
< Ho detto Clive! > tornò a ripetere Julian tra i singhiozzi e nel terrore di non riuscire a gestire quella situazione. 
< Che succede sta male? > s'interessò immediatamente la ragazza
< No... è che >. Ma quella sarebbe stata una scusa perfetta e Julian ne approfittò facendo ancora una volta retromarcia. 
< Insomma > inspirò e si pulì la faccia con la manica del maglione < Non è così grave  in fondo... forse esagero sì, forse sono io quello che sta male... > portò le mani alla testa e cominciò a sfregarsi nervosamente i capelli. 
Annie era più che disorientata, ma voleva capire e questo spaventava moltissimo Julian che cercava di evitare in qualsiasi modo il suo sguardo aprendo e chiudendo gli occhi a ritmo velocissimo a creare una sorta di intermittenza davanti a se.
< Non ti seguo Julian davvero...cerca di spiegarti, mi sto preoccupando > Annie gli fermò le mani
Julian si girò molto lentamente verso la ragazza, che seguitava a guardarlo. In quegli occhi non c'era alcun segno di ostilità o disprezzo ma solo sincera preoccupazione e curiosità. La labbra rilassate si curvarono in un lieve sorriso. 
< Allora...? Avete litigato? >
“No” pensò il ragazzo “ Credo di amarlo, anzi ne sono certo” Lo pensò ma non lo disse.
< No. Almeno non credo. Sta solo un po' male per motivi vari e > cercò di trovare delle parole abbastanza credibili < ...e io sono preoccupato, insomma sto male perché non, non sono in grado di aiutarlo, mi dispiacerebbe se domani non potesse venire, ecco... > sbuffò pensando che un bambino sarebbe riuscito a gestire un discorso in modo molto più intelligente ed accurato, ma Annie si accontentò e Julian ne fu sollevato. 
< Penso che Clive sia il genere di persona che verrebbe anche con una gamba rotta! > rispose poi la ragazza alzandosi < Non lo so, mi ha dato questa impressione e poi dopo tutto quello che mi hai raccontato... >
Julian sperò con tutto se stesso che Annie dicesse qualcosa che  potesse aiutarlo a dirle la verità. 
< Insomma ci tiene tanto alla tua amicizia, e direi che non si lascerebbe perdere l'occasione di vederti dato che per tutti questi anni non vi siete più sentiti, tu non credi? > 
Il ragazzo guardò in alto verso di lei e fece un cenno con la testa 
< Già... > 
< Sono cose che capitano raramente queste e tu signorino non dovresti vedere i problemi e entrare in panico così, al massimo i problemi li affronti! > sorrise < E se avete litigato domani sarà un'ottima occasione per risolvere la cosa! > la ragazza rimase in silenzio come se si aspettasse una risposta che Julian non le diede.
< Adesso entriamo che qui fa freddissimo, va a finire che ce la prendiamo noi un'influenza > rise < Dobbiamo prepararci che tra qualche ora saremo al matrimonio della tua amica! > 
Il ragazzo si alzò, sorridendo < Non è mia amica! > 
Annie gli diede le spalle e si avviò verso l'entrata  < Come no? > 
Julian la raggiunse a passo svelto accennando una risata 
< Hai ragione, non vedi come sprizzo di entusiasmo? Sono proprio contento che la bionda si sposi! > 
< Dovresti smetterla di mentirmi così spudoratamente Julian! > ribatté la ragazza ridendo ed entrando in casa. Julian si chiese se quella frase,fosse riferita solo ad Angelica o anche a tutto il resto, si chiese se Annie avesse cominciato a sospettare qualcosa ma avesse deciso di tacere. Si sforzò di mantenere il controllo e di concentrarsi piuttosto alla preparazione per quella cerimonia della quale non gli importava assolutamente nulla. Dopo un'oretta sia lui che Annie erano pronti e si diressero al luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1143946