Avengers in Wonderland

di Lokisass
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** THAT Steve ***
Capitolo 2: *** Tea and Hats ***
Capitolo 3: *** Pinco&Panco and Panco&Pinco ***



Capitolo 1
*** THAT Steve ***


Avengers in Wonderland
 

 
Una calda mattina di luglio, Steve si occupò di mettere a posto il magazzino della Stark Tower, il suo angolo più remoto. Tony non si era opposto, da quando Pepper se ne era andata con il suo nuovo marito, poteva corrompere il biondo in ogni modo senza curarsi di presenze color carota che scorrazzavano per casa sua.
Steve scese le scale fino ad arrivare stremato ad una grande porta di metallo. La aprì e
riuscì ad intravedere nel buio sagome appuntite di oggetti che, a parer suo, o da come aveva raccontato Stark la storia di ogni singola cosa, non erano affatto vecchi, ma probabilmente lasciati ad ammuffire lì da poco più di qualche mese. L’ odore di chiuso asfissiò il ragazzo, e fu costretto a chiudere per un attimo gli occhi, in quanto la polvere gli era arrivata ad accarezzare il viso, come se volesse far di lui ciò che ne era di quelle sagome. Li dischiuse nuovamente, stavolta mettendo a fuoco l’ immagine.
Il magazzino era immenso, pieno di roba da ingegneri, attrezzature per costruire e pezzi di macchine sfasciate. In punta di piedi e sollevando il polverone
che c’ era a terra, si avviò verso il centro dell’ enorme stanza, fino ad arrivare al dispositivo che attivava Jarvis anche là sotto. Lo azionò e con esso si accesero tutte le luci, illuminando quello che non era un semplice magazzino, ma un laboratorio lasciato a marcire. Le finestre oscurate dalla sporcizia subirono immediatamente la mania della pulizia di Steve, munito di guanti di lattice, strofinacci e spray sgrassante.
<< Jarvis, metteresti un sottofondo alla mia avventura? >> Chiese ancheggiando il biondo.
<< Ma certo, signore. >> Rispose la voce metallica.
<< Ti prego, ne abbiamo già parlato. Chiamami Steve! >> Sorrise l’ altro, sentendo sotto i suoi passi le note della sua canzone preferita.
<< Ma certo, Steve. >> E il robot acconsentì, con un tono quasi umano e con una goccia di gioia immersaci dentro.
La maniacale tendenza al terminare tutti i germi, spinse il biondo alla stanchezza, dopo aver passato tutta la mattinata a ballare e a sfregare su quei vetri, interminabili ed enormi. Ad un tratto si voltò, asciugandosi un rivolo di sudore che gli colava dalla fronte e sospirando: << Ci vorranno anni. >> Rise.
Ma il ragazzo era instancabile. Quando aveva un obbiettivo, doveva spuntarlo dalla sua lista, e se si mescolavano l’ ambizione all’ odio dello sporco, si aveva la formula distruttiva per un super soldato come lui.
Era degno di portare quel titolo.
<< Tutto bene, Capitan Pulizia? >> Domandò Stark facendo una capatina giù, un drink in mano e maree di ricordi che lo assalivano ogni qual volta riconosceva
qualcosa.
<< Sì, facciamo progressi. >> Steve sventolò uno spazzolone davanti al naso del moro, che spinse indietro la testa per non essere colpito.
<< Non buttare niente, mi raccomando. Ah, e non curiosare in giro. Limitati a pulire, io adesso ho una conferenza stampa, dovrei sparire e tornare stasera. Non mi aspettare sveglio, capito? >> Gli disse serio Tony dopo aver raggiunto il ragazzo, abbassato lo spazzolone e datogli un bacio a fior di labbra.
<< Sì, non preoccuparti. >>
Perché il miliardario non voleva che Steve curiosasse in giro?
Forse per il fatto che il povero ragazzo, in quanto a robotica, non ci capiva un bullone, ma anche per il fatto che, sempre forse, non voleva che scoprisse qualcosa riguardante il suo passato. Qualcosa che, probabilmente, aveva lasciato incustodito e non voleva tornasse a galla. Steve non aveva la minima intenzione di farlo arrabbiare o vederlo depresso per il resto dell’ estate.
I due si separarono e Steve tornò ai suoi lavori.
Mentre puliva il pavimento, qualcosa tremò sotto di lui. Guardò preoccupato intorno a sé, per controllare se fosse caduto qualcosa, ma niente era cambiato. Riprese a pulire, ma una seconda scossa lo allarmò. Iniziò a correre freneticamente per il magazzino con lo spazzolone in mano, fino ad inciampare e cadere in terra. si voltò indietro e notò dei cardini attaccati al pavimento.
Si chiese che diavolo ci facessero lì, e la risposta arrivò subito, quando al suo sguardo curioso si sostituì lo stupore dell’ aver visto una botola. Una botola in un laboratorio. Poteva contenere qualunque cosa: riserve di vino, pezzi di roba ultramillenaria del padre di Stark, persino un bunker antiatomico, per quanto poteva saperne.
Ogni giorno, Steve si ripeteva che niente, dopo la sconfitta dei Chitauri, poteva più stupirlo, non aveva intenzione di perdere un’ altra scommessa con Fury, ma niente, neanche Clint vestito da coniglio, sarebbe riuscito a…
Clint vestito da coniglio?
Tra le parti rimaste di un vecchio motore, il biondo intravide delle orecchie bianche, lunghe e strette, come quelle di un coniglio, muoversi a scatti, così si avvicinò cautamente ad esse, alzando lo sguardo e trovandosi davanti a una specie di ClintConiglio che stava accovacciato in terra, con un cipollotto in mano che segnava l’ ora esatta di quel giorno, un panciotto bianco ed una codina pelosa che gli spuntava dai pantaloni.
<< Cosa guardi? >> Domandò il coniglio, rizzandosi in piedi e prendendo a camminare verso la botola: << È tardi! È tardissimo! >>
 La bocca di Steve cadde sul pavimento pulito, riuscì a rimangiarsi ogni cosa che aveva pensato fino a quel momento. Osservò ClintConiglio aprire la botola di legno e saltarci dentro, di conseguenza sparire.
Steve si affacciò alla botola e vide solo il buio.
Qualcosa gli fece perdere l’ equilibrio e il biondo ci cascò dentro, urlando per lo spavento e ritrovandosi a viaggiare alla massima velocità in uno strano tunnel. Attorno a sé c’ erano tantissimi orologi, ognuno diverso e che emetteva un suono assordante allo scoccare di un secondo. Ne afferrò uno rettangolare e prese in pieno viso l’ uccellino che ne uscì.
Lo lanciò via subito, infamandolo.
Non era buio là dentro, riusciva a vedere perfettamente la sua ombra sulle pareti stranamente dorate del tunnel ed offuscate da una luce scura, tutti quei marchingegni che gli bombardavano le orecchie e, soprattutto, il vento che gli scompigliava i capelli. Si sentiva confuso, non sapeva dove era finito, probabilmente si era addormentato e stava solo sognando.
Cercò di tirarsi qualche pizzicotto fino ad arrivare ai morsi, ma servirono solo per arrossargli la pelle. Vide il fondo del tunnel, mattonelle a scacchiera bianche e nere, ma la velocità con cui stava cadendo non rallentava. Chiuse gli occhi, si sarebbe certo spiaccicato al suolo, non voleva vedere le sue gambe volare da tutt’ altra parte della testa.
Un leggero tonfo avvertì Steve di essere arrivato a destinazione. Si alzò.
Niente, stava bene, non si era rotto l’ osso del collo né tantomeno la colonna vertebrale. Tirò un sospiro di sollievo, ma poi notò ClintConiglio. Si rese conto che si era rimpicciolito e che stava passando attraverso una porticina.
<< Tardi! È tardi, è tardissimo! >> E svanì di nuovo.
Steve si guardò attorno e cercò di smentire la conclusione che tutto ciò fosse vero. Si era ritrovato in una stanza con il soffitto alto, le pareti dipinte di bordoux e delle porte minuscole tutte intorno. Affrettato di voler uscire da lì, si avvinghiò a tutte le maniglie possibili e cercò di aprirle, senza risultato. Ad un tratto gli venne l’ idea di guardare dalla serratura della porta nella quale era entrato ClintConiglio, per vedere dove fosse andato e se dall’ altra parte c’ era il magazzino di Stark. Ad accogliere il suo sguardo fu uno splendido giardino, ricolmo di fiori ed illuminato da una strana atmosfera blu, come se delle nuvolette di fumo stessero avvolgendo ogni cosa. Stranito ed anche tentato dal voler scoprire dove era finito, infilò un dito nella serratura per aprirla, ma non è esattamente con un dito che si scassina una porta.
<< Se preferisci un piede di porco al posto della chiave che ti ho messo sul tavolo fai tu, signorino. >> Una voce evase sfottente nella stanza e rimbombò nelle orecchie del ragazzo che, impaurito, si alzò in piedi.
<< Tony? >>
<< Tony? Chi è Tony? >>
<< Bhe, lui è… >>
La voce sbuffò: << Prendi la chiave sul tavolo. Cosa c’ è che non capisci? >>
Steve guardò al centro della stanza, era apparso dal nulla un tavolo di cristallo con sopra una bottiglietta trasparente ed un pasticcino bianco. Tra le due cose c’ era una chiave, la chiave di cui parlava la voce, così il biondo la prese.
O almeno tentò.
Aveva le mani troppo grandi. Non riusciva neanche ad afferrarla con i diti.
<< Non pensavo fossi così grosso, ma fa lo stesso, ti ho preparato la colazione. >> Continuò la voce: << Bevi il contenuto della bottiglia. >>
Steve buttò giù un sorso ed iniziò a rimpicciolirsi, fino a sprofondare nei propri vestiti e venirne interamente inghiottito.
<< Stupido, hai bevuto troppo! >> Lo rimproverò la voce.
<< Hey, non mi hai mica dato una quantità! >> Esclamò il ragazzo, uscendo dal cumulo di tessuti con la canottiera ed i boxer. Arreggendo questi ultimi per non restare nudo, andò verso la porta, ma poi si accorse di non aver preso la chiave e mugugnò, voltandosi nuovamente verso il tavolo.
<< Sapevo che sarebbe successo, perciò ora mangia quel pasticcino. >> Disse la voce, sconsolata.
<< Quando mi sveglio me la rifaccio con te, Stark. >> Ringhiò Steve, arrampicandosi sul tavolo e raggiungendo il pasticcino. Gli strappò un morso e, all’ improvviso, la sua piccolezza mutò in enormità.
Le sue spalle arrivarono a sfiorare il soffitto ed i vestiti iniziarono ad andargli stretti.
<< Stupido! >> Ribadì la voce: << Quanto diavolo ne hai mangiato? >>
<< Era buono, mica sapevo che faceva questo effetto! >> Polemizzò l’ altro.
Stando attento a non distruggerla, prese la bottiglietta che rimpiccioliva e ne bevve tutto il contenuto non riuscendo a controllarsi per via della immensità. L’ effetto arrivò subito e la grandezza del ragazzo si stabilizzò. Prese la chiave e, borbottando qualcosa contro la voce, la girò nella serratura.
<< Ricorda, >> Disse la voce un attimo prima di sfumare fino al tacere: << Il Paese delle Meraviglie è un posto pericoloso. A presto! >>
Steve spalancò la porta e si ritrovò immerso in quel giardino che aveva suscitato la sua curiosità. C’ erano strane piante sparse ovunque, dei più strani colori immaginabili, e si intrecciavano in alto, quasi a coprire il cielo intinto nell’ arancione opaco. Fiori enormi si ergevano ai due lati della stradina in ghiaia grigia che Steve si era ritrovato a percorrere, strane creature gli viaggiavano accanto, strani frutti pendevano dagli alberi, il Paese delle Meraviglie.
<< Sì, va bhe, è un sogno. Torno indietro. >> Fece per rientrare nella stanza a scacchiera quando si accorse che la porta dietro di lui…Non era più dietro di lui.
<< Non solo è un sogno da cui non riuscirò ad uscire neanche con la forma più compulsiva di masochismo, ma dovrò trovare la strada di casa partendo dal nulla. Waow. Perfetto. >> Strinse i pugni, evidentemente infastidito da quella situazione e prese a camminare.
La strada sembrava non finire mai, era come girare intorno a se stesso, fino a quando lo sfinimento non colpiva le ginocchia e faceva accasciare qualunque creatura a terra. O almeno così la pensava il biondo ogni volta che vedeva uno strano essere morente ai piedi di un albero.
Al principio, da dietro la serratura, il giardino gli era sembrato fantastico, ma adesso, a vedere lo sgomento negli occhi di tutto e persino nelle piante, pensava solo fosse un campo minato. Tutti quei colori erano belli, su ciò non dubitava, ma tutta la morte e la disperazione che lo seguivano lo straziavano, a tal punto che, anche lui, si sedette sulle radici, il mal di testa che cresceva nelle sue tempie e uno strano dolore senza fondamenta che gli svuotava le viscere.
<< Non farti prendere dalla foresta, Steve. >> Un sussurro.
<< Chi sei? >> Domandò lui.
Troppe voci gli parlavano nella testa, troppe.
<< Fidati di me, alzati e segui il Bianconiglio. Ti porterà al sicuro. Non è il caso di rimanere qui, Steve, potrebbero vederti. >> Ancora, sussurri su sussurri, lo confondevano.
In lontananza, il biondo riuscì ad intravedere ClintConiglio che lo fissava. Steve, riunendo le forze e abbandonandosi a quello strano sogno, si sollevò da terra e lo raggiunse.
Questo gli tese una mano e il ragazzo la prese subito.
Venne strattonato ovunque da quella strana creatura, quello strano Clint, ma non fece caso a dove lo stava portando.
Sarebbe stato al sicuro.
<< Tardi! È tardissimo! >>
<< Perché è tardi? >> Chiese Steve, ormai curioso del perché, dalla bocca del coniglio, era uscita solo quella frase durante tutto l’ arco di tempo nel quale erano stati l’ uno in presenza dell’ altro.
<< Dobbiamo portarti dal Brucaliffo, dobbiamo sapere se sei QUELLO Steve! >> Esclamò l’ animale.
<< Dobbiamo? Brucaliffo? QUELLO Steve? >> Se prima era confuso, adesso si era perso nell’ oceano.
<< Ci salverai tutti! Se sarai QUELLO Steve ci salverai tutti! >>
<< Salvarvi? Da cosa? >> Continuò a domandare il ragazzo.
Il coniglio si fermò per un attimo, guardò serio Steve e gli sussurrò qualcosa all’ orecchio.
La sua curiosità aveva portato il biondo a ciò.
Se non avesse dato spazio a ClintConiglio per sapere cosa ci faceva con una codina pelosa in mezzo al sedere e avesse chiuso la botola una volta che questo ci era entrato, tutto quello non sarebbe successo.
Era più che sicuro che, a spingerlo nel buio era stato qualcuno.
Non poteva essere caduto da solo, il suo equilibrio era pari a quello di un acrobata su un monociclo che con esso faceva tutto, persino la doccia.
Doveva uscire di lì, al più presto, stava per mettersi nei guai, se lo sentiva nelle budella.
<< Dalla morte? >>
Dopotutto, la curiosità domina anche le menti che non se ne vogliono nutrire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 








 
 
Spazio dell’ autrice scema:
E voi vi direte:
“Come diavolo ti è venuto in mente?”
Ed io vi rispondo:
Non lo so.
Steve è biondo, Alice è bionda.
Entrambi vestono di blu.
Mi è flasshata in testa l’immagine di Steve con addosso l’ abitino di Alice.
È partito tutto da lì, ma non ho la più pallida idea di come sia riuscita la mia mente ad elaborare una tale cosa. Che poi era dettagliata.
Ho voluto lasciargli un po’ di dignità, andrà in giro in canottiera e boxer per ora.
Il pairing, probabilmente, cambierà, in quanto ci sarà qualche accenno a delle…coppie.
Si, bhe, è il primo capitolo e, se andrà bene, continuerò questa avventura.
Se no…Dovrò lasciare Steve in quel mondo per sempre.
Ergo, senza il suo Tony.
(Non fatelo vi prego)
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Spero vi piaccia, baci a tutti!

 

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Capitolo 2
*** Tea and Hats ***


Avengers in Wonderland
 

 
Tea and Hats

 
 
<< Cliny? Hey, Clint? >>
Steve aveva iniziato a chiamare il coniglio che continuava ad andare dritto per la sua strada. Erano ore che camminavano ed il paesaggio non cambiava. Il biondino era sicuro che il batuffolo si fosse perso, ma non rinunciò al voler sapere dove fossero diretti.
<< Clint? Ma insomma! >>
<< Chi stai chiamando? >> Il coniglio si voltò sbuffando.
<< Dimenticavo… >> Sussurrò Steve, quasi vergognandosi: << Bianconiglio, dove mi stai portando? >>
<< Al sicuro! È tardi! >>
Il coniglio fece per ricominciare a saltellare, quando il ragazzo lo prese per una gamba e lo fece cadere a terra: << Smettila di dire che è tardi, mi dai sui nervi! DOVE. STIAMO. ANDANDO? >> Urlò, a tal punto che le vene gli si gonfiarono sulle tempie.
<< D-Dal Ca-Cappellaio! >> Questo, terrorizzato, rispose subito, ricoprendo la frase di balbettii.
<< Scusami, eh. È un sogno questo, ed io non ho i capelli lunghi e il vestitino azzurro. Io sono Capitan America! Devo tornare al magazzino subito! >>
<< No, tu sei QUELLO Steve. >> Disse il coniglio, tirandosi su ed aggiustandosi il panciotto.
Il biondo, arreso, sospirò e curvò la schiena: << Portami dove ti pare. >>
Si lasciò trascinare per un altro po’, poi alzò gli occhi al cielo e vide il tramonto arrossare le nuvole.
Davanti a lui si ergeva un’ enorme siepe scura, le foglie sporgevano a forma di lance verso di lui e, dietro di essa, due voci familiari ridacchiavano. Ad un tratto sentì un rumore di vetri rotti ed indietreggiò. Il coniglio lo squadrò, era convinto che quello fosse il giusto Steve, ma da una parte pensava fosse quello sbagliato.
<< Entra. >>  Una zampa si tese verso la siepe, che cominciò a muoversi e a fare un buco grande quanto il ragazzo.
<< Non ci vado lì. >>
<< Sì, invece. >>
<< Cosa te lo fa credere? >>
<< Incontrerai il Cappellaio. >>
Steve roteò gli occhi e fece spallucce. Tanto valeva divertirsi durante quello strano sogno che, oltretutto, non si sarebbe ricordato una volta sveglio.
Affondò le mani in mezzo alla siepe e si spinse dentro, percorrendo il tunnel che si era creato e seguito dal coniglio. Una volta uscito, saltò a terra, scrollandosi di dosso le foglie che gli si erano impigliate nei boxer.
<< Visitatoreeeeeeeee? >> Qualcuno si riferiva a lui.
Da lontano, riuscì a mettere a fuoco un uomo con uno strano cilindro in testa ed un leprotto alto tanto quanto l’ uomo.
<< Cappellaio? >> Domandò Steve.
Ad accoglierlo c’era un tavolo lunghissimo, coperto da una tovaglia bianca e tovaglioli di tutti i colori, cucchiaini, tazzine e zollette di zucchero a volontà e strane teiere dalle forme più improbabili sparse ovunque.
<< Perché nessuno si ricorda il mio nome? >> Si lamentò il Leprotto Bisestile, singhiozzando.
<< Quell’ animale è ubriaco? >> Sibilò Steve al Bianconiglio.
<< Di The, certo. Questi due bevono the a tutte le ore del giorno e della sera. >> Sorrise tranquillo questo.
<< Ma non fanno altro? >>
<< Perché dovrebbero? >>
<< Visitatoreeeeeeeeeeeeeeee? >>
Ancora? Per poco, Steve non fu preso in piena faccia da una tazzina, che si schiantò sulla siepe passandogli a qualche centimetro dal viso.
<< Stai attento, idiota! >>
Lo strano uomo salì sul tavolo e prese a camminare come se nulla fosse sopra la tovaglia. Aveva le scarpe piene di toppe, il davanti cucito e malandato, le gambe erano fasciate fino al ginocchio da delle calze pesanti e bucherellate a strisce nere e blu, i pantaloni marroni, visibilmente strappati, una gamba più lunga dell’ altra, gli cadevano marci sulla vita, stretti da una cintura fatta di sciarpe, che sorreggeva un paio di forbici lunghe quanto un suo braccio e un cuscinetto pieno di spilli. Una camicia bianca era anch’ essa rattoppata con stoffe colorate ed aveva le maniche arricciate ai gomiti. Era scollata, strappata fino allo sterno, ed aveva uno strano disegno nel mezzo, un triangolo azzurro scolorito. Il viso sporco era contornato da della barba nera, i denti bianchi e perfetti, gli occhi color nocciola svegli ed attenti, adornati uno da un filo di trucco celeste e l’ altro da un filo di trucco verde sulle palpebre, i capelli erano leggermente schiacciati dal cappello e cadevano sulla sua fronte, scuri, in contrasto con il nastro rosa scuro che avvolgeva il suo cappello marrone. Guardando bene, il nastro accoglieva una spilla da balia, un foglietto con delle misure ed una piuma bianca.
Il sorriso dell’ uomo, una volta arrivato vicino a Steve e piegato verso di lui, si spalancò.
Il biondo gli puntò il dito addosso: << Tu! Sei Tony! >>
Il Cappellaio rizzò la schiena, fissando il dito del biondo, poi si indicò a sua volta: << Io? Sono Tony? Chi è Tony? >>
Steve ebbe un’ altra rivelazione: << Sei la voce! >>
Il moro lasciò cadere la testa da una parte e si grattò la nuca: << La voce? >> Si voltò verso il Leprotto e gli urlò: << Sono la voce? >>
<< Visitatoreeeeee! >> In aria volò un’ altra tazzina.
Il Cappellaio tornò a guardare il ragazzo: << Ti senti male? Vuoi del the, cucciolo? >> Saltò giù dal tavolo e raggiunse Steve, che rimase impietrito davanti all’ altezza che lo sovrastava: << Ti piacerebbe essere così nella realtà, eh? >>
Il moro si rivolse al Bianconiglio, che cercava di alleviare i pensieri massaggiandosi la testa: << Ma è veramente QUELLO Steven? A me sembra un po’ scemo. >>
<< Non lo so. >> Ammise ClintConiglio.
<< Uh! Allora dobbiamo portarlo dal Brucaliffo! Lui saprà darci una risposta! Prima, però, hai accettato un the, sediamoci! >> Esclamò il Cappellaio.
<< Chi è ‘sto qua? >> Sbottò Steve, disperato.
<< Ce ne occupiamo dopo, non preoccuparti. >> Disse il moro mentre conduceva il ragazzo alla sua sedia e lo faceva sedere. Si mise davanti a lui e gli versò del the, dando una pacca sulle spalle al Leprotto, che stava riempiendo tremante una teiera di zucchero.
Steve lo guardò.
Diamine, assomigliava in tutto e per tutto a Stark, al suo Stark.
Gli era venuta un’ improvvisa nostalgia nei suoi confronti, chissà se l’ uomo la sentiva.
Le labbra del Cappellaio posarono in un sorriso pieno di compassione, tenero, quasi…reale.
<< Visitatore, visitatore! >> Lo chiamò di nuovo il Leprotto.
Solo allora, il biondo lo degnò di un vero sguardo: di lepre non aveva nulla, se non le orecchie, la coda, i baffi ed il naso nero. Aveva gli occhi scuri, la carnagione identica alla sua, i capelli neri, una maglia viola con le maniche strappate e dei pantaloni neri semidistrutti, sopra il ginocchio. Ed era scalzo.
Steve tornò al suo the, ma poi lo sputò tutto, rendendosi conto di a chi somigliasse quella specie di animale: << Dottor Banner? >>
<< Visitatore, fai morire dal ridere! >>
Il Bianconiglio saltellò accanto al ragazzo sorseggiando del the e si mise comodo sulla sedia: << Non so perchè continui a darci dei nomi strani, perdonatelo. >>
Il biondo non parlò, avrebbe solo confuso dell’ altro le cose.
Era strano, ora che ci pensava, il coniglio era di poco più basso di lui: << I conigli e le lepri non sono piccoli? >> Domandò.
<< Mica siamo nel tuo mondo, Steven! >> Canticchiò il Cappellaio.
<< Come sai il mio nome? >>
<< Tutti qui, nel Paese delle Meraviglie, parlano di te. >> Rispose, versando altro the nella tazzina del ragazzo: << Ci salverai, non è mica cosa da poco! >>
<< Io non ho ancora capito che devo fare, però è un sogno, quindi okay. >> Bevve un sorso e poi prese a sfiorare il manico della tazzina delicatamente, con un polpastrello.
Il moro ed il Leprotto fissarono sbalorditi il coniglio: << Gli hai detto che è un sogno? >>
<< No, è lui che lo crede! >> Il batuffolo bianco alzò le zampe al cielo.
<< Caro cucciolo, >> Il Cappellaio gli pose una mano sul braccio: << non è un sogno, questo. >>
<< Cioè vuoi dirmi che se mi afforchetto la mano non mi sveglio? >> Rise il biondo.
<< Esatto! >>
Ma questo continuava a non crederci. Afferrò una forchetta e se la piantò nel palmo della mano, urlando e sporcando poi la tovaglia di sangue. Il moro scavalcò il tavolo, gli prese la mano e, facendo segno ai due animali di andarsene, rimase solo con il ragazzo. Strappò veloce un frammento di tovaglia e la avvolse attorno al palmo ferito di Steve, cucendone poi le estremità prendendo un ago dal cuscinetto che gli pendeva da un fianco.
<< Grazie… >> Sussurrò il ragazzo.
<< Di niente, tutto per il nostro salvatore. >>
<< Ti prego, Tony, smettila di chiamarmi così. >> Sorrise Steve.
Il moro si alzò, entrambi gli occhi mutarono il loro trucco in un nero opaco: << Io sono il Cappellaio Matto, non Tony. Non vuoi capirlo? >> Con aria quasi minacciosa, afferrò un polso al ragazzo e lo fece alzare dalla sedia bruscamente, spingendolo infine verso di sé.
Steve si ritrovò a dover ballare un lento su una base inesistente, impaurito dall’ uomo.
<< Cappellaio… >>
Gli occhi del moro tornarono sgargianti e colorati: << Già meglio. >>
<< Cappellaio, non c’ è la musica… >>
<< Non la senti? >> Gli chiese stranito questo.
Steve scosse il capo.
Il Cappellaio si avvicinò ancora di più a lui e gli sussurrò all’ orecchio: << Apri il cuore, Steven, ascoltalo. Lo senti il vento? Il fruscio delle foglie? Lo scorrere dell’ acqua del ruscello. Riesci a sentirli? >>
Le orecchie del ragazzo furono improvvisamente deliziate da un suono soave, gli colpiva il profondo, lo guidava come guidava il Cappellaio, e lo portò a socchiudere gli occhi e a lasciarsi cullare tra le braccia di quello strano uomo. Sentiva il profumo di Tony, le spalle di Tony, la sua presenza sotto il suo tocco. Come poteva non scambiarlo per lui?
<< Cappellaio… >>
<< Sì, Steven? >>
<< Baciami. >>
 
 

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Capitolo 3
*** Pinco&Panco and Panco&Pinco ***


Premetto che adoro i fratelli PincoPanco e PancoPinco e, sinceramente, i personaggi di Alice nel Paese delle Meraviglie sembrano premeditati per i Vendicatori.
Mi sono messa un po’ a fanartare, sul mio profilo si facebook trovate qualche disegno, mi chiamo Lokisass Efp. Se siete interessati, ovvio.
Ok, inizia la parte fluff and…not pOrn.
Mi spiace per Honey, che sognava tanto questa svolta, però qualcosa di soft c’ è xD
Perdono! *si inchina*
Posso spiegare.
È tutta colpa di questa canzone: “Debussy, Claire de Lune”
Ci ho scritto l’intero capitolo, mi ha semplicemente ammazzata.
Adoro i pianisti, la maggior parte delle mie storie sono scritte sotto la loro “consulenza”, ma ultimamente mi interesso anche i violinisti, perciò, se qualche volta vi cito qualche canzone, è perché ci tengo davvero, ci ho pianto e mi ci sono emozionata.
Spero di trasmettere lo stesso con voi.
Detto questo, non so se aggiungere che devo ritirarmi a studiare o che andrò a deprimermi sotto le note di questa, a parer mio, malinconica ma spettacolare suonata.
Vado a deprimermi, al diavolo lo studio.
Baci a tutti,
Lokisass <3

 
 
Avengers in Wonderland
 
Pinco&Panco and Panco&Pinco

 



<< Cosa? >>
<< B-Baciam…Scusa, sono uno stupido, non volev- >>
Un bacio inaspettato.
Lieve, a fior di labbra, un eterno secondo.
Era come se, intorno a loro, le foglie avessero smesso di muoversi, tutto avesse cessato di fare rumore, ogni cosa si fosse spenta.
Solo per loro.
Steve si sentiva strano, una stranezza che, in qualche modo, gli ricordava di essere tra le braccia di Tony. Perché, alla fine, solo per potersi ricordare di lui aveva chiesto al Cappellaio di baciarlo. Solo ed esclusivamente per quello. Desiderio egoista, debolezza, nostalgia. Voleva riaverlo con sé, voleva svegliarsi e chiamarlo, subito. Voleva correre da lui, voleva stringerlo, supplicarlo di non lasciarlo, non un’ altra volta.
In un attimo, i loro occhi furono gli uni davanti agli altri e si studiarono, si ammaliarono, si bearono della loro presenza. Le palpebre del Cappellaio si tinsero di rosso; all’ improvviso, si era risvegliato dal suo interminabile sonno.
Steve si spaventò.
Sapeva ormai leggere gli sguardi di Tony e, di conseguenza, anche quelli del Cappellaio. E quello che aveva assunto non era certo uno sguardo innocuo.
In un attimo, prese il biondo per una mano e si addentrò nel bosco oltre il lungo tavolo, correndo, facendo scricchiolare sotto i suoi piedi i rami che incontrava ed immergendosi nell’ erba. Steve si lasciò trasportare e sbattere ad un albero, scivolò lungo il tronco, graffiandosi la schiena, mentre il Cappellaio lo baciava con foga. Il moro si tolse il cappello e lo poggiò delicatamente in terra, poi tornò ad aggredire il ragazzo con la bocca, spingendo sulle sue labbra, affondandogli la lingua in bocca.
Steve stava impazzendo.
Quei baci erano di Tony, quel sapore di the assomigliava maledettamente a quello di caffè che aveva Tony, quel viso sporco e quelle mani ruvide erano di Tony.
Si fissarono, fremevano dal desiderio di aversi, di toccarsi, e quegli occhi, quei maledetti occhi color nocciola, fecero rabbrividire Steve.
Lo divorava, cercava di trovare Tony sotto quelle strane vesti, di trovarlo davanti a lui, di aprire la mente ed immaginarlo lì. Non ci riusciva, era come se fosse già dinnanzi a lui, a richiederlo, a volerlo.
Come potevano due tali sconosciuti conoscersi da così tanto tempo?
Come potevano essersi attratti fatalmente l’ uno all’ altro in così poco tempo?
Come?
Un leggero vento fresco li travolse, ogni cosa intorno a loro viveva.
Le sfumature bluastre di quel paesaggio li chiudevano tra le piante, una farfalla volò sopra le loro teste, era perfetto. Il cielo era coperto dalle chiome maestose delle grandi querce secolari, ma non era sera, i due riuscivano a vedersi perfettamente, anche con l’ ombra e il bosco fitto che li avvolgeva. Il Cappellaio si perse in quegli zaffiri che il ragazzo portava divinamente, fieramente, che socchiudeva sbattendo quelle meravigliose ciglia bionde, e notò la tale grazia con cui muoveva le labbra rosse, bellissime, tremanti.
Allungò il collo verso di lui e lo baciò, ancora, teneramente, facendo fluire la passione nei loro corpi, sentendolo ancora parte di sé, unito solo da quei dolci fili di carne, così saporiti, che trasportavano l’ anima da tutt’ altra parte.
Via.
Lontano.
Erano ai piedi di un albero, Steve sentiva le radici dure sotto di lui, cercava di non farci caso, cercava di concentrarsi su quello strano uomo. Cercava di assimilare tutte quelle sensazioni, e pensò che non gli sarebbe dispiaciuto portare Tony in quel suo sogno, buttarlo giù, in quella botola, vivere in quel curioso sogno insieme.
Un po’ si sentiva in colpa per il miliardario, era come se lo stesse tradendo solo perché quel Cappellaio gli somigliava. Non si fece ingoiare dai sensi di colpa, era un sogno.
Il moro addentrò una mano sotto la canottiera di Steve e lo fece tremare, spaventare, avrebbero potuto vederli.
<< Cappellaio… >>
<< Ssssh… >>
Il biondo si aggrappò al suo collo sentendo il moro infilarsi tra le sue gambe e non ebbe il coraggio di guardarlo.
Questo fece scendere lentamente le mani, soffermandole sul tessuto dei boxer con quegli strani disegni e lo carezzò, spostandosi poi sull’ internocoscia di una gamba e soffiandogli sul collo.
Steve aveva paura.
<< Tranquillo, non ti faccio male. >> Lo rassicurò il Cappellaio.
<< Dimmi che non leggi la mente, ti prego. >>
<< Non lo faccio. >>
Steve si sentì afferrare da un palmo gentile, soffice, familiare.
Gemette rocamente sotto quel tocco inaspettato, e si lasciò andare, iniziando ad ansimare ad ogni movimento di quella mano. Adocchiò il collo del moro e si fece spazio fin lì con la bocca, leccandolo piano e lasciandogli dei baci ovunque, cercando di nascondere la verità.
Era in quelle condizioni perché pensava a Tony.
Si sentiva uno stupido idiota, un approfittatore, un meschino e un bugiardo.
Ma non ce la faceva, non resisteva.
I movimenti del Cappellaio erano lenti, controllati, voleva sentire quella pelle morbida sotto di lui, quei fremiti scuotergli il sangue e quel corpo così bello stringerlo, desiderarlo, supplicarlo.
Non aveva fretta, non si era dato un tempo, il moro si stava cibando del ragazzo e non aveva intenzione di farlo scappare, adesso che era suo.
Ansimò lievemente contro il suo sterno e sentì l’ altro agitarsi, i suoi respiri perfetti divenire incontrollati, i suoi baci che diventavano morsi. Con un mugolio, Steve si liberò di ogni cosa, affogato da quel piacere così dormiente e stranamente colmo di sentimento, così calmo, cauto, sentito davvero.
Si abbracciarono, un istante prima di ritrovarsi a respirare normalmente, un attimo prima di sentire il vento affondare le grinfie nelle loro schiene, un attimo prima di sorridersi, eccitati da quella situazione romantica.
Un rumore di zampe che saltellavano tra le foglie li distrasse e li portò ad alzarsi in piedi, a cancellare quel rossore sotto le loro guance, a far finta di niente, a nascondere le prove di quella distrazione sotto la terra, tra quelle radici.
<< Cappellaio, Cappellaio! Dove siete? Dove è il ragazzo? >>
<< Stupido Bianconiglio, il solito guastafeste. >> Ridacchiò il moro, rimettendosi il cappello, sottovoce.
Steve fissò l’ animale avvicinarsi a loro e il Leprotto che aveva in mano un’altra tazzina, intenzionato a lanciala.
<< Faremo tardi, Cappellaio, dobbiamo andare! >>
<< Sì, sì, che noia. >>
Il biondo rimase in fondo al gruppo che gli voltava la schiena, iniziando a camminare.
Non era possibile.
Toglieva orecchie, code e cappello, ed erano loro.
<< Non vieni, punta di diamante? >> Lo chiamò il Cappellaio.
<< A-Arrivo. >> Quasi un sussurro, ma il moro lo captò e gli rivolse un sorriso.
Andarono avanti attraverso il bosco, non tornarono davanti al lungo tavolo imbandito.
Steve non faceva altro che ripensare a quello che era successo, ripetendosi di cancellarlo dalla memoria, di buttarlo da qualche parte, lì, tra quelle piante, ma ormai il Cappellaio era in lui, quel viso magicamente truccato, quel corpo che necessitava di essere curato, quell’ anima che lo aveva toccato nel profondo.
Nonostante tutto, lui credeva ancora che il Cappellaio fosse Tony.
Non poteva farci niente.
La sua fermezza fu bloccata quando qualcuno lo afferrò per le caviglie e se lo lanciò sulle spalle, come un sacco di patate.
<< Ma che diav- >>
Rimase stupito davanti ad uno stangone con fare vichingo, i capelli biondi che gli ricadevano sulla schiena, una maglia a righe rosse e bianche e dei pantaloni stretti, neri, i piedi scalzi che camminavano sui rami come se fossero petali di rosa.
<< Bel lavoro, fratello! >> Una voce estranea, la sentiva vicina, ed intanto vedeva gli altri andare a dritto.
<< Hey! Mi stanno rapendo! >> Urlò in direzione del Cappellaio.
Questo si girò e lo raggiunse, iniziando poi a tirarlo per le braccia, aiutato dai due animali.
<< PincoPanco, PancoPinco, questa potevate risparmiarvela! >> Urlò il moro, riuscendo a prendere Steve e a farselo cadere addosso.
Dall’ alto, il biondo aveva riconosciuto Loki, i capelli di un nero corvino, il solito sorrisetto effimero in faccia, una maglia a strisce bianche e verdi e i soliti pantaloni del fratello, scalzo a sua volta.
Pronunciò i loro nomi, ma la reazione fu tale quale quella ricevuta dagli altri.
<< Thor? Loki? Chi sono? >> Dissero i due all’ unisono.
Il biondo si puntò: << Io sono PincoPanco. >>
Poi si puntò il moro: << Ed io sono PancoPinco. >>
<< Ah, bene, altri nomi strani da ricordare. >>

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