• Months Of Life •

di EvgeniaPsyche Rox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** January -Normal- ***
Capitolo 2: *** February -Away- ***
Capitolo 3: *** March -Confused- ***
Capitolo 4: *** April -Hidden- ***
Capitolo 5: *** May -Burning- ***
Capitolo 6: *** June -Protection- ***
Capitolo 7: *** July -Doll- ***
Capitolo 8: *** August -Anger- ***
Capitolo 9: *** September -Together- ***
Capitolo 10: *** October -Sweetness- ***
Capitolo 11: *** November -Emotions- ***
Capitolo 12: *** Dicember -Mine- ***



Capitolo 1
*** January -Normal- ***


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January -Normal- 

«Come on baby, light my fiiiiire!Try to set the night on fiiiire!»
«La vuoi piantare o no con questa dannata canzone?», lo interruppe un giovane ragazzo dagli occhi azzurri, inarcando un soppraciglio per dare maggiore enfasi alla propria irritazione, già abbastanza evidente.
«Oh, suvvìa, Roxas, non fare l'antipatico!», replicò il fulvo, accennando una rumorosa risata prima di passargli una mano tra i biondi capelli.«Ho una bella voce, devi ammetterlo.»
«Ma certo.Non aspetto altro che il tuo prossimo Tour.», commentò sarcasticamente il più piccolo, immaginandosi l'amico mentre cantava su un palco, circondato da una band stravagante quanto lui, e le fans ululanti con i cartelloni che gridavano il suo nome.Scosse la testa, rabbrividendo al pensiero.
«Avrai il biglietto di entrata gratis, non preoccuparti.», affermò con sicurezza il rosso, annuendo, per poi sistemarsi meglio sotto le coperte.
«Wow, che onore.», farfugliò senza alcun entusiasmo Roxas, scrollandosi le spalle, cercando in ogni modo di ignorare il compagno che aveva ripreso a canticchiare la medesima canzone di prima.
Sbuffò, sforzando di concentrarsi sulla televisione, nonostante il programma non gli interessava più di tanto; però, in fondo, sempre meglio che ascoltare il concerto di Axel.
Quest'ultimo, intanto, allungò una mano verso la spalla dell'amico, stringendolo possessivamente a sé prima di ridacchiare nuovamente con nervosismo, un pò impaurito da un rifiuto del biondo, il quale, fortunatamente per lui, si limitò a voltare di scatto lo sguardo.
Axel accennò un largo sorriso, affondando l'altra mano tra i capelli del più giovane, facendolo mormorare qualcosa di incomprensibile tra sé e sé.
«Smettila di giocare con i miei capelli.»
«Mmh...Forse più tardi la smetterò.», si limitò a rispondere con un ghigno il fulvo, strofinando poi la propria guancia contro quella del compagno, facendolo arrossire appena; aveva sempre trovato estremamente fastidiose quelle attenzioni, quei contatti così ravvicinati con il proprio migliore amico.Eppure quest'ultimo gli aveva detto che era normale; sì, era normale che adesso si trovassero entrambi sotto le coperte in una gelida giornata di Gennaio, con i corpi estremamente vicini per riscaldarsi.Così come era perfettamente normale che Axel schioccasse di tanto in tanto qualche fugace bacio vicino alle piccole labbra del biondo.
«I migliori amici fanno così, Roxas.», gli aveva spiegato circa un anno con le iridi smeraldine luccicanti, senza smettere di guardarlo.
«Non saprei...Ne sei proprio sicuro?», il quindicenne aveva assunto un'espressione perplessa, arricciandosi una ciocca di capelli tra le dita, mentre l'altro aveva continuato: «Sicuro come il fuoco brucia.E' normale; non preoccuparti.», e, detto ciò, gli aveva accarezzato dolcemente i capelli, appoggiando il suo volto sulla propria spalla con un sorrisetto dipinto sul volto.
«No, io intendevo dire di smetterla adesso.», continuò aspramente il ragazzo dai dorati capelli ribelli, cercando in ogni modo di spostare la mano dell'altro, il quale sbuffò con aria offesa, incrociando le braccia.«Sei il solito rompipalle.»
Il più piccolo ignorò il suo evidente insulto, limitandosi ad alzare le spalle, tornando a guardare la televisione, riducendo poi gli occhi a due fessure: «Ma grazie, Axel.Per colpa tua non abbiamo capito se il concorrente ha vinto o meno.»
«E chissenefrega.», replicò imbronciandosi il fulvo, arricciando le labbra in una smorfia poco interessata.«Tanto a te neanche piace questo programma.»
Roxas sospirò per l'ennesima volta in quel pomeriggio, alzandosi lentamente dal letto, venendo improvvisamente bloccato per il polso sinistro dall'amico: «Aspetta, Roxas.Dove vai?», e nel suo tono di voce gli sembrò di leggere una sorta di supplica a non andarsene.
O forse se l'era solamente immaginata.
«Vado a prepararmi una cioccolata calda.», spiegò il giovane, riuscendo a liberarsi dalla stretta dell'altro, avviandosi così fuori dalla stanza per raggiungere la cucina.
«Sei sicuro di sapere come si fa?», sentì ancora gridare dalla camera da letto dei suoi; borbottò qualche maledizione contro l'amico, per poi affrettarsi a rispondere: «Ma certo!Non ho mica cinque anni, Axel!»
Si immaginò poi che l'altro avesse mormorato qualcosa del tipo 'Se lo dici tu...', e si alzò in punta di piedi -Accidenti alla sua eccessiva bassezza-, aprendo la mensola che conteneva i svariati bicchieri; afferrò la tazza di Spongebob, appoggiandola poi sul tavolo.
Deglutì, accorgendosi che, effettivamente, non sapeva più come andare avanti; era sempre stato un disastro in cucina, ma non voleva fare la figura del dilettante con Axel, dato che, quest'ultimo, l'avrebbe sicuramente preso in giro per il resto della sua esistenza.
No, non se lo poteva assolutamente permettere; scosse energeticamente la chioma bionda, accendendo i fornelli con aria un pò titubante, osservando la fiammela blu che spuntò improvvisamente.
Si grattò la testa: e adesso cosa doveva fare?
Allungò la mano per afferrare il guantone di seta che usava sua madre, quando, sbadatamente, il proprio bracciò toccò il fuoco che lo costrinse a lasciarsi sfuggire un breve grido, indietreggiando poi di parecchi passi mentre sibilava qualche imprecazione poco carina.
«Ahia, che male, maledizione...», ringhiò a denti stretti tra sé e sé, stringendosi la parte colpita che si era già arrossata.
«Cos'è successo?», e, prima di poter in qualche modo cercare di nascondere il disastro che aveva combinato, si accorse della presenza del suo migliore amico che lo stava fissando insistentemente.«Perchè hai urlato?»
«E-Eh?Niente, niente!», si affrettò a tagliare corto il biondo, sperando di apparire perlomeno convincente, tirandosi la manica del braccio destro per nascondere il livido, avviandosi poi a spegnere i fornelli.«C'era un insetto.»
«Un insetto?Con questo freddo?», chiese con fare perplesso il fulvo, avvicinandosi all'altro, che, invece, cercava di indietreggiare e stargli il più lontano possibile.
«Sì, esatto.Mica devono esserci solamente in estate.», mormorò Roxas, sforzandosi di non sembrare nervoso in alcun modo, per poi prendere velocemente la tazza sul tavolo, intenzionato a rimetterla al suo posto.«Non ho più voglia della cioccolata.»
Il più grande inclinò la testa su un lato, assumendo un'espressione sospettosa: il suo migliore amico che rinunciava alla cioccolata calda?No, qui c'era sicuramente qualcosa che non quadrava, e lo capì non appena l'altro aveva alzato proprio il braccio destro per mettere la tazza nella mensola, facendo scivolare così la larga manica del pigiama.
«Roxas, cos'è quello?», fu la domanda vagamente minacciosa del rosso che aveva afferrato di scatto il polso del giovane, il quale era impallidito.«Q-Quello cosa?»
«Questo livido: come te lo sei fatto?», e, dopo aver chiesto ciò, gli mostrò la parte che presentava ora un colorito violaceo.
Il biondo rabbrividì al tono improvvisamente severo dell'amico, riuscendo però a trovare immediatamente una bugia per evitare spiegazioni dettagliate: «Oh, non lo so; non l'avevo notato!Sarò andato sicuramente a sbattere contro qualco-»
«Roxas.», al sentire il suo nome pronunciato in maniera così dura, il diretto interessato sbuffò, voltando lo sguardo altrove.«Mi sono appena bruciato.»
Axel, dal canto suo, sospirò pesantemente, trascinando nuovamente il compagno nella camera dei suoi genitori, facendolo così sedere sul letto: «Non muoverti, aspetta qui.»
Il giovane dagli occhi cristallini serrò le labbra, sentendosi tremendamente in imbarazzo; detestava farsi male, proprio perchè, ogni volta, l'altro riusciva a scoprirlo e, dopo averlo rimproverato a lungo -Neanche fosse suo padre-, lo medicava e lo faceva sentire veramente un bambino.
Alzò di scatto la testa non appena notò che il più grande era tornato con del ghiaccio avvolto accuratamente in un asciugamano azzurro che, successivamente, appoggiò sulla zona bruciata del biondo.«E meno male che non avevi cinque anni.»
«Evita le tue inutili ramanzine.», tagliò immediatamente corto il più piccolo, ottenendo così un'intensa occhiata da parte dell'altro.«Non è mica colpa mia se sei una catastrofe umana.»
«Stai parlando per caso di te?», lo prese beffardemente in giro Roxas con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto, ottenendo così un pizzicotto sulla guancia dall'amico che aveva accennato una lieve risata.«Ma smettila.Piuttosto, tieni il ghiaccio premuto sul braccio, mentre io vado a prepararti la cioccolata.»
Il biondo annuì lentamente, afferrando il ghiaccio dalle mani dell'altro prima di appoggiarselo sulla parte colpita, borbottando un veloce 'Grazie'.
Praticamente era sempre Axel a prendersi cura di lui; i suoi genitori erano troppo impegnati a lavorare, mentre quelli del fulvo, ormai un diciannovenne, erano separati, permettendo così a quest'ultimo di avere un sacco di tempo libero, senza essere controllato.
Strinse un occhio, sentendo un lieve bruciore al braccio a causa dell'improvviso contatto gelido con il ghiaccio, che si trasformò subito dopo in un dolce sollievo che lo fece sospirare.
Lasciò che il proprio sguardo andasse poi alla televisione, accorgendosi che Axel aveva cambiato canale sui soliti film osceni e sconci che tanto amava.
Scosse la testa, lasciandosi sfuggire un breve sorriso divertito, spostando poi l'asciugamano dal braccio e assumendo così un'espressione delusa al notare che era diventato più viola di prima.
«Non puoi pretendere che guarisca in pochi minuti.Almeno così imparerei ad ammettere che sei una schiappa a cucinare.», l'improvvisa voce a lui familiare lo costrinse ad alzare di scatto gli occhi, incrociando quelli smeraldini dell'amico che aveva accennato un sorriso sghembo, reggendo in mano la fumante tazza di Spongebob.
«Io non sono una schiappa a cucinare!Mi ero...Mi ero solo distratto, tutto qui.», cercò di giustificarsi il biondo, arricciando le labbra in una smorfia infantile, ottenendo come risposta una grassa risata.«Cambia scusa, giovanotto, questa è vecchia!»
«Giovanotto?Axel, ma come parli?», chiese sollevando un soppraciglio con aria scandalizzata il più piccolo, facendo ridere nuovamente il fulvo che si era infilato la mano libera tra i lunghi capelli a forma di riccio.«Io utilizzo un vasto dizionario, caro mio!L'hai memorizzato?»

«Pfh', certo, come no!», il ragazzo dagli occhi cristallini ridacchiò appena, mentre l'altro gli si era avvicinato, porgendogli gentilmente la tazza: «Avanti, adesso bevi, prima che si raffreddi.»
Roxas annuì lentamente, appoggiando l'asciugamano sul letto, afferrando così con la mano sinistra la cioccolata bollente, portandosela alle labbra, sorseggiandola lentamente.
«E' deliziosa.», ammise infine con aria estasiata dalla bontà di quel dolce liquido, mentre Axel gli scompigliò i capelli.«Modestamente, sono il cuoco migliore del mondo!»
«Il solito narcisista.», commentò con fare divertito il biondo prima di riprendere a bere, facendo ridere il fulvo che nel frattempo aveva preso nuovamente l'asciugamano, nonostante il ghiaccio si fosse quasi sciolto del tutto, appoggiandolo sul braccio destro dell'altro.
«Ti brucia ancora?», chiese con una lieve nota di preoccupazione nella voce Axel, scrutando attentamente ogni singola espressione dell'amico, il quale aveva scosso la testa con aria sicura.«No, sto bene, davvero.»
Il ragazzo dalle iridi smeraldini tirò un sospirò di sollievo, accennando un sorriso, ascoltando poi la successiva domanda del biondo riferita alla cioccolata: «Ne vuoi un pò?»
«Nah, non preoccuparti: è tutta tua.», rispose velocemente il rosso senza smettere di sorridere allegramente, per poi assumere però un'espressione ambigua: «Anzi, effettivamente, vorrei assaggiarla...», e, dopo aver detto ciò, senza lasciare nemmeno il tempo all'altro di dire qualcosa, avvicinò furtivamente le proprie labbra a quelle del giovane, sfiorandole lentamente.
«Axel...», si affrettò a chiamarlo in un sussurrio il biondo con aria allarmata, venendo però immediatamente zittito dal più grande.«Sssh'...Siamo migliori amici, Roxas, è normale: ricordi?», e lasciò che la propria bocca potesse esplorare quella dell'altro.



Cercò in ogni modo di rimanere immobile, ma, non appena fece un passo avanti, cadde immediatamente sulla morbida neve, rotolando come un pallone.
«Ma vaffan'...Grrh...», ringhiò a denti stretti, mordendosi la lingua per evitare di aggiungere altro, sforzandosi poi di alzarsi.
Nel frattempo Axel era scoppiato in una grassa risata, chinando la testa all'indietro e appoggiando le mani sulla pancia, con le lacrime agli occhi: «Dovresti vederti, Roxas!Sembri una sottospecie di Babbo Natale in versione nano!»
«Sta' zitto, lurido pagliaccio!», gridò il più giovane con aria infuriata, cercando di corrergli incontro per mollargli un pugno o qualcosa del genere, non facendo altro, però, che peggiorare la situazione, dato che era nuovamente finito per terra.
Il fatto è che non riusciva neanche a muoversi a causa dell'enorme quantità di vestiti che stava indossando; oltre alla cannottiera, ai boxer e ai jeans, aveva addosso due maglioni pesanti, una giacca e, infine, un cappotto che lo faceva sembrare praticamente una palla di lardo.
Il fulvo ignorò il suo insulto, continuando a ridere ossessivamente, appoggiandosi ad un albero vicino per evitare di perdere l'equilibrio, asciugandosi così le lacrime dovute alle troppe risate: «Su', Roxas, non prendertela!Almeno adesso ho scoperto la vera identità di Babbo Natale!»
«Axel, se non chiudi quel cesso, io giuro che...»
«Che cosa?Mi tirerai i tuoi elfi malefici addosso?», continuò il più grande, scoppiando nuovamente a ridere, senza riuscire più a trattenersi.
«Adesso mi hai scocciato!», tuonò Roxas, togliandosi immediatamente il cappotto e lanciandolo così sulla neve, rialzandosi per poi correre contro l'amico che aveva assunto un'espressione divertita: «Avanti, piccoletto, vediamo che sai fare!»
A quell'incitazione il biondo aumentò la propria velocità, saltando addosso al ragazzo dagli occhi smeraldini e facendolo così cadere rumorosamente sulla neve: «Non mi chiamare piccoletto!»
Al contrario delle aspettative del più giovane, Axel sembrava essere soddisfatto della posizione, mettendosi tranquillamente le mani dietro la testa: «Va bene, nanerottolo.»
«Piantala!»
Il fulvo scoppiò per l'ennesima volta a ridere, e, con un fugace gesto, riuscì a capovolgere la situazione, trovandosi esattamente sopra il compagno che tentava in ogni modo di dimenarsi: «Non dovevi farmela pagare, uh?»
«S-Sì, infatti!», mormorò il biondo stringendosi impacciatamente le spalle, sforzandosi di alzarsi, senza risultati.«Adesso vedrai!», e, dopo aver detto ciò, iniziò a tossire per poi lasciarsi sfuggire uno starnuto.
Il più grande sgranò immediatamente le iridi smeraldine, affrettandosi ad alzarsi e ad aiutare a fare altrettanto con il biondo: «Maledizione, Roxas!Non avresti dovuto toglierti il cappotto: lo sai che ti ammali facilmente!»
«Non mi sono ammal-», e starnutì, senza riuscire a terminare la frase, facendo sospirare l'altro che gli aveva afferrato di scatto il polso, trascinandolo verso il cappotto, chinandosi così per raccoglierlo: lo spolverò velocemente dalla neve, infilandolo poi accuratamente al corpo dell'altro.
«Andiamo, Babbo Natale, torniamo a casa così ti preparerò qualcosa di caldo.», nonostante ciò sentì che l'altro stava facendo resistenza, cercando di incamminarsi dalla parte opposta: «No, io voglio stare qui!»
«Roxas, non fare il bambino: muoviti, non voglio che il tuo raffreddore peggiori.», replicò il rosso assumendo un tono rimprovero, continuando a tirare più forte.
«Ho detto che voglio restare qui!»
«E va bene; sarò costretto ad usare le maniere forti.», e, dopo aver detto ciò, Axel acchiappò l'amico per il colletto, caricandoselo sulle spalle: «Accidenti, con tutti questi vestiti sei più pesantuccio, eh.»
«Axel, lasciami!Lo sai che odio essere preso in braccio!», continuò a frignare il biondo, iniziando a tirare i capelli fiammeggianti dell'altro che si fermò di colpo: «Roxas, non ti conviene toccare i miei capelli, a meno che tu non voglia accarezzarli: lo dico per il tuo bene.», sibilò a denti stretti con aria minacciosa, per poi voltarsi verso il giovane che era sbiancato, accennando il solito sorriso: «Su', torniamo a casa!»
Il biondo sospirò, limitandosi ad appoggiare la testa sulla schiena del rosso, socchiudendo gli occhi, pronto a lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo.



Sbuffò, saltellando più e più volte verso l'albero, allungando la mano nella speranza di poter raggiungere il ramo, nonostante era, ovviamente, troppo alto per lui.
«Dai', ti prego, palla, scendi giù!», trillò cercando in ogni modo di non far' uscire le lacrime, temendo di essere sgridato dalla mamma.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo, intuendo che, purtroppo, non c'era più speranza di recuperare il suo pallone colorato; tutta colpa di Riku, il migliore amico di Sora, che aveva tirato un calcio troppo forte.
E poi non si era nemmeno degnato di provare a riprenderlo!
Si tirò su le maniche, prendendo la rincorsa prima di cercare di aggrapparsi all'albero, cadendo però rovinosamente per terra, prendendosi, per giunta, una testata.
Il piccolo bambino di cinque anni si massaggiò il bernoccolo, singhiozzando nuovamente mentre osservava i propri vestiti ora sporchi di terra e di fango.
«Ehi, hai bisogno di una mano?», un'improvvisa voce a lui sconosciuta gli fece alzare di scatto gli occhi verso il nuovo arrivato che lo stava fissando con un allegro sorriso stampato sul volto.
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*Note Di Rox'*
Non ho resistito a pubblicare subito la storia, lo ammetto ;_;
Va beh, tralasciando questo piccolo dettaglio; mi sono buttata in questa storia ormai da qualche giorno, e, devo ammetterlo, mi ha presa parecchio.La scrivo con enorme piacere, sì.
Ho deciso di creare questa fan fiction, suddivisa appunto in tutti i mesi dell'anno -E, ovviamente, si intuisce già quanti saranno i capitoli; in caso non sappiate il numero esatto dei mesi, siete degli ignoranti patentati. <3 - che descrive diversi momenti della vita dei nostri cari protagonisti.
Questa storia è estremamente generale; ci possono essere momenti di dolcezza, acidità, malinconia e litigi.
Mah...Che altro dire...Oh, giusto; alla fine di ogni capitolo sarà appunto presente un breve flash-back.
Non dovrei fare molta fatica ad aggiornare, dato che io sono già arrivata a scrivere al mese di Giugno (:
Beh, detto ciò...Mi auguro che il primo capitolo sia stato di vostro gradimento, e, se avete appunto letto, vi prego di recensire.
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 2
*** February -Away- ***


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February -Away- 

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«Smettila.»
L'improvvisa affermazione fredda e apatica del giovane dai capelli dorati fece irrigidire l'altro, che sgranò appena le iridi smeraldine: «Roxas, che hai?»
«Non...Non è vero.», si limitò a bisbigliare di rimando, abbassando lo sguardo verso le piastrelle bianche della casa di Axel.
«Non capisco di che cosa tu stia parlando.», il fulvo corrugò la fronte, senza staccare lo sguardo dal biondo che, al contrario, cercava in ogni modo di non guardare l'amico.
«Dei tuoi...Dei tuoi atteggiamenti, Axel.», spiegò dopo qualche attimo di esitazione, sentendo le proprie guance avvampare.«Non è vero che...Che è normale, insomma, no, non lo è.Non lo è per niente!», e, lentamente, senza accorgersene, aveva alzato la voce, facendo sussultare l'altro.
«Perchè dici così?», si sforzò di chiedere il ragazzo dai capelli fiammeggianti, mordendosi furiosamente le labbra; si sentiva davvero in crisi.Era terrorizzato.Terrorizzato di perdere definitivamente colui che aveva considerato per anni come la parte più essenziale della propria vita.
«Perchè lo vedo, Axel!I migliori amici non fanno queste...Queste cose.», e tornò a sussurrare, facendosi a malapena sentire, stringendo istintivamente i pugni nella speranza di placare la rabbia e la confusione che si facevano spazio nella sua anima.
«Roxas...», alzò di poco la testa, incrociando lo sguardo fisso del rosso che aveva appoggiato un braccio al muro, accanto a lui.
Sentì il cuore che gli saliva in gola e tentò in ogni modo di non mostrare il proprio imbarazzo; quella situazione era troppo per lui.
Gli sembrò di sentire sempre più vicino il respiro familiare di colui che aveva sempre considerato il suo migliore amico, ma, questa volta, si oppose.
«Axel, ti prego, no.», disse fermamente, spostando il braccio del rosso per poi correre via, giusto in tempo prima che l'altro potesse riafferrarlo per il polso.
«Roxas, aspetta!», si voltò immediatamente, sperando che il biondo lo ascoltasse, che non aprisse la porta di casa per poi fuggire, lontano dalle sue braccia, da lui.
Troppo tardi.
Aveva atteso troppo tempo; aveva lasciato che i minuti, le ore, i giorni, gli anni, scorressero ininterrottamente senza aver' avuto il coraggio di dirgli la verità.
                                'No, Roxas, non è normale: due migliori amici non si comportamento in questo modo.'


Din Don.

Deglutì rumorosamente, stringendo a sé il pacco rosa accuratamente infiocchettato, per poi udire la voce che non gli aveva permesso di chiudere occhio per giorni:
«Chi è?»
Si sentì percosso da un brivido, indeciso se rivelare la propria identità o meno; tanto, anche se avesse mentito, Roxas avrebbe sicuramente riconosciuto la sua voce.
Sospirò: «Sono io.»
Silenzio.
«Vattene.»
Bum.Lo aveva colpito.Dritto al cuore.Come uno schiaffo, una coltellata, un colpo di pistola.
Strinse il pugno destro, imponendosi di non gettare la spugna.«Roxas, ti prego.Ti devo parlare.»
«Non ho niente da dirti.», replicò il biondo aspramente dall'altra parte della porta, cercando di mostrarsi il più duro possibile, nonostante anch'egli, dentro, si sentiva perso e sconsolato.
«Ti supplico: non ti ruberò troppo tempo, davvero!Roxas, aprimi, ti prego...», continuò a ripetere ossessivamente, più e più volte, sentendo alcuni singhiozzi che volevano uscire dalla propria bocca.
No, aveva pianto troppo in quegli ultimi giorni.
Gli sembrò quasi di sentire l'altro sospirare, e osservò, con enorme sollievo, la porta che si spalancava, facendo apparire colui che gli era mancato da morire; il volto di Roxas sembrò particolarmente stanco, mentre indossava dei jeans larghi insieme ad una felpa pesante.
«Che cosa vuoi?», chiese con freddezza dopo qualche secondo di silenzio, cercando di mantenere lo sguardo fisso sul più grande, il quale si gettò su di lui, avvolgendolo in un forte abbraccio.«Oh, Roxas...Roxas, non immagini quanto mi sei mancato, no, non lo immagini, non lo immagini neanche lontanamente.», e lo strinse più forte, impaurito che potesse allontanarsi nuovamente.
Le guance dell'altro si tinsero appena, trovandosi in serie difficoltà a quella reazione inaspettata: «Io...Non...»
«Roxas, ti prego, non voglio che succeda di nuovo.», gli sussurrò in un orecchio, continuando a tenerselo stretto come se fosse il suo peluches più prezioso: «Io non ce la faccio senza di te.Capisci?»

Il più giovane rabbrividì, senza sapere come rispondere.
Cosa poteva dire?Cosa doveva dire?
Sentì solamente il proprio cuore che gli martellava nel petto, rischiando davvero di esplodere da un momento all'altro.
«Mi...Mi sei mancato anche tu.», biascicò infine con enorme fatica, sforzandosi di dire la verità; perchè sì, era davvero così.Gli era davvero mancato tanto.Tanto da avergli impedito di dormire o di fare qualsiasi altra cosa.Tanto che nella sua testa non facevano altro che ronzare domande su domande, senza ottenere nemmeno una misera risposta.
Perchè stava succedendo proprio adesso?Perchè non poteva tutto tornare come prima, come due anni fa?Perchè aveva iniziato a dedicargli quelle strane attenzioni?
«Roxas...», e alzò lo sguardo, sentendosi chiamare, ancora avvolto tra le braccia del fulvo che continuava a guardarlo insistentemente, come se volesse dirgli qualcosa di importante.
Si avvicinò lentamente, e, quando si ritrovò ad un centimetro dalle labbra del biondo, esitò, senza sapere più come comportarsi; combattuto dall'attrazione che provava verso quelle innocenti labbra, ma, allo stesso tempo, terrorizzato da un altro rifiuto.
Non ebbe il tempo di decidere: sentì le proprie labbra venire travolte dal sapore del ragazzo dagli occhi cristallini che, incredibilmente, aveva fatto il primo passo, avvicinandosi quel poco che bastava per baciarlo.
Il rosso sospirò, estasiato da quel profumo che gli era mancato così tanto; riaprì lentamente gli occhi, stupito, non appena si accorse che il ragazzo di fronte a lui aveva schiuso le labbra, facendo sfiorare le loro lingue.
Un bacio.Un vero bacio.
Rabbrividì a quell'improvviso contatto che lo costrinse a stringere con più forza la schiena del biondo: lasciò che la propria mente si svuotasse.
Non gli interessava se di tanto in tanto passava qualcuno che iniziava a guardarli con aria curiosita, non gli interessava dei sussurrii, dei commenti, non gli interessava di niente e nessuno.
Roxas, così come l'aveva iniziato, si staccò lentamente da quel bacio, riaprendo le iridi cristalline con il respiro affannoso e le gote arrossate; ecco, aveva rovinato tutto.

Aveva messo definitivamente la parola fine alla loro amicizia: si frantumò, scivolò via dalle loro dita senza lasciarli il tempo di riacchiapparla.
Non potevano dimenticare o fare finta di niente; no, era impossibile.
Per un attimo sentì l'istinto di piangere, di gridare quelle emozioni che lo stavano torturando da troppo tempo, ma rimase zitto, come sempre.
'E' un ragazzo un pò troppo silenzioso', erano i continui commenti che sentiva su di sé.
'Dovresti assomigliare al tuo amico, quello stravagante.Com'è che si chiama?Ah, sì, Axel.': ma cosa ne sapevano loro?Non capivano niente.Non capivano che Axel teneva tutto dentro, semplicemente nascondeva le proprie preoccupazioni dietro un allegro sorriso.
Le persone sono così stupide.
«Axel...», lo chiamò, con la voce tremendamente stridula, abbassando lo sguardo verso il grigio marciapiede, allontanandosi di qualche passo dalle braccia dell'altro. «Axel, che cosa siamo noi, adesso?»
«Siamo due migliori amici.», si sforzò di sorridere il rosso, ma, tutto quello che ottenne, fu una malinconica espressione; sperò di convincere anche se stesso con quella frase, senza risultati.
«Bugiardo.», e strinse i pugni, venendo assalito da una rabbia improvvisa che non seppe più come placare.«Che cosa siamo noi adesso?Ti prego, voglio una risposta.»
Il ragazzo dai capelli fiammeggianti alzò le iridi smeraldine verso il cielo, notando i primi fiocchi di neve che gli ricordavano di essere ancora in pieno inverno; sbattè più volte le palpebre, per poi chinarsi verso la scatola che aveva fatto sbadatamente cadere poco prima per abbracciare il biondo, porgendogliela.
«Che cos'è?»
«Aprila.», lo incitò con un sorriso stanco il fulvo, mentre il più giovane afferrava con titubanza l'oggetto, scartando lentamente il fiocco e aprendola; sgranò gli occhi non appena si accorse dei numerosi cioccolati presenti al suo interno.«Sono...Sono per me?»
«Certo, sciocchino.Oggi è San Valentino.»
Il biondo continuò ad osservare il regalo, senza sapere più come reagire; non sapeva se ringraziare, se rifiutare, se limitarsi a tornare dentro.
«Noi siamo Axel e Roxas.», disse improvvisamente il ragazzo dagli occhi smeraldini, interrompendo il silenzio creatosi.«Siamo semplicemente Axel e Roxas.»
L'altro annuì meccanicamente, per poi voltarsi lentamente verso la porta, intenzionato a tornare in casa, prima di affermare: «Sono tanti questi cioccolatini; potresti mangiarli insieme a me, se vuoi.»
E Axel sorrise, precipitandosi verso il biondo, prendendolo così per mano prima di trascinarlo in casa.
                                                                                                               San Valentino è la festa degli innamorati.



Si asciugò velocemente le lacrime, mentre l'altro presente gli stava allungando la mano.
«G-Grazie...», farfugliò stringendosi le spalle, accettando l'aiuto del nuovo arrivato, spolverandosi poi i pantaloni sporchi.
«Di niente!Io sono Axel.A.X.E.L.Got it memorized?», si presentò con un buffo accento inglese, e, a quel punto, il più piccolo, un pò spaventato, annuì lentamente, nonostante non avesse capito una parola dell'ultima domanda.«Io mi chiamo Roxas.»
«Piacere, Roxas!Allora, quanti anni hai?», se c'era una cosa che aveva notato era che non smetteva mai di sorridere, mentre i suoi occhi verdi luccicavano come smeraldi.
«Cinque...», mormorò mostrandogli appunto cinque dita, per poi chiedere impacciatamente.«E tu?»
«Io nove!», affermò allegramente, tirandosi all'indietro quegli strani ciuffi rossi che sembravano dei petardi, per poi sistemarsi la sciarpa al collo, indicando il pallone sull'albero:«E' tuo?»
L'altro annuì lentamente, mentre il più grande aveva afferrato un sasso, lanciandolo energeticamente:«Non preoccuparti, vedrai; qualche tiro e riuscirò a riportartelo!», e, detto ciò, ricominciò a lanciare altre pietre.

 

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*Note di Rox'*
Ed ecco a voi il 2° capitolo.
Anzittutto vorrei ringraziare chiunque abbia recensito e anche coloro che hanno messo la storia tra le seguite; mi auguro davvero che continuiate a recensire.
Beh, sì, insomma, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento -w-
Non saprei cos'altro aggiungere...Awh, sì, Mercoledì non c'è scuola, so, I am happy =w=
Oh, e vorrei anche ringraziare quella matta di Hayner per avermi incitata a continuare a scrivere; okey, evito però di perdermi in eccessive sdolcinatezze, non voglio che mi venga il diabete, uh.
Il prossimo capitolo di 'Tutor And Boyfriend' lo posterò domani o dopodomani -w-
Adesso posso svanire di scena.
Alla prossima.
E.P.R. 

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Capitolo 3
*** March -Confused- ***


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March -Confused-  

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Con i capelli legati da un elastico arancione, una larga fascia nera che copriva le cuffie alle orecchie e una gomma da masticare in bocca, Axel sospirò per la terza volta in dieci minuti, appoggiando la schiena alla parete.
Si infilò le mani in tasca con aria estremamente scocciata, alzando lo sguardo verso il cielo azzurro, occupato solo da poche nuvole.
Finalmente la primavera era alle porte; non gli era mai piaciuto particolarmente l'inverno, nonostante non sentisse il freddo, dato che, come diceva Roxas, era una specie di termosifone umano acceso ventiquattro ore su ventiquattro.
«Beh, è una cosa positiva, no?», gli aveva così domandato retoricamente lui con un allegro sorrisetto dipinto sul volto.
«Veramente no, perchè in estate rischi di morire di caldo.», aveva risposto apaticamente il biondo con lo sguardo rivolto al finestrino dell'autobus, sentendo poi una risata vicina alle sue orecchie.«Probabile, ma, se dici così, suppongo che ti dispiacerebbe se io morissi.»
«Nah, me ne farei una ragione, prima o poi.», si era limitato a mormorare il giovane, mentre l'altro, a quell'affermazione, aveva assunto un'espressione imbronciata.«Il solito stronzetto.»
«Eh, lo so.Te ne farai una ragione anche tu, prima o poi.», e, detto ciò, soffocò a stento una risatina, scrollandosi le spalle per poi rivolgere un lieve sorriso al rosso.
Ringhiò qualcosa a denti stretti, iniziando seriamente a perdere la pazienza, quando, proprio in quel momento, vide una figura che si avvicinava velocemente; Roxas, dopo una lunga corsa, giunse davanti a lui, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.«Eccomi, scusa il ri-»
«Ma scusa un corno, Roxas!E' da venticinque minuti che ti aspetto!», trillò il fulvo, incrociando le braccia per dare maggiore enfasi alla propria rabbia.«Si sapeva già che sei un ritardatario nato, ma, insomma, questa mi sembra un'esagerazione!»
Il colpevole voltò lo sguardo altrove, arricciando le labbra in una smorfia imbronciata, farfugliando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, mentre l'altro proseguì: «E adesso non fare l'offeso!»
«Avrei preferito un 'Ciao, Roxas, come stai?', piuttosto che ricevere un rimprovero.», commentò con una punta di sarcasmo nella voce il biondo, alzando le spalle con fare irritato, facendo sospirare il rosso: «Sì, ma non è stato carino farmi aspettare quasi mezz'ora.»
«Ti avrei chiesto scusa, se non avessi iniziato a gridarmi contro.», continuò con la solita testardaggine Roxas, incrociando anch'egli le braccia nella speranza di assumere una posa rimprovera.
«Quindi adesso ti aspetti che sia io a chiederti scusa per averti sgridato?», chiese con aria divertita il più grande, non riuscendo a restare arrabbiato per più di tanto con l'altro, il quale annuì energeticamente.«Ovvio.»
Axel accennò una risata cristallina, scuotendo la testa con aria arrendevole, per poi avvicinarsi al biondo, scompigliandogli dolcemente i capelli.«Va bene, nanerottolo, scusa.»
«Mh, scuse accettate.», farfugliò in risposta il più piccolo, stringendosi le spalle.«Beh, andiamo?»

«Prima vorrei ricevere qualche complimento per il mio new look.E, oserei aggiungere, piuttosto sexy.», e, detto ciò, il fulvo si toccò i capelli con il solito narcisismo che lo caratterrizzava; l'altro, dal canto suo, roteò lo sguardo in cielo.«Ti sei appena fatto i complimenti da solo; cosa ti serve riceverli anche da parte mia?»
«Andiamo, Roxas: cosa ti costa?», continuò a frignare il fulvo con tono supplichevole.
«Beh, devo ammettere che, conciato così, sembri meno pagliaccio del solito.»
Il più grande scoppiò a ridere, prendendo per mano il biondo.«Va bene, mi accontenterò.»
Nonostante entrambi cercassero di non darlo a vedere, erano particolarmente imbarazzati; praticamente era il loro primo appuntamento, dato che, dopo ciò che era successo il mese scorso, avevano smesso per un pò di uscire soli.
Ma poi, il giorno precedente, Axel aveva deciso di chiamarlo e invitarlo per passare un pomeriggio insieme, una volta per tutte.
«Pronto?»
«Ehi, Roxas, ciao!», cercò di salutarlo allegramente il fulvo, nonostante si stesse mordendo furiosamente le labbra, preso dall'ansia.
«Oh, ciao, Axel...Come...Come stai?», chiese con aria un pò titubante l'altro, attendendo la risposta che arrivò poco dopo:
«Bene, grazie.Volevo chiederti se...Ehm, ecco, se ti andava di uscire, domani...», e si sentì tremendamente in imbarazzo; gli sembrava di essere un adolescente che stava invitando la ragazza che le faceva battere il cuore ad un primo appuntamento.
E, effettivamente, in parte era davvero così.
«Sai, c'è un bel film, al cinema...Ed è un pò che non ci vediamo, quindi...Sì, insomma, mi piacerebbe uscire insieme a te, Roxas.», proseguì, notando che il biondo, dall'altra parte della cornetta, era rimasto in silenzio.
«Sì, credo che possa andare bene.Dove ci vediamo?», e tirò un lungo sospiro di sollievo, lasciandosi sfuggire un largo sorriso.
Una volta giunto nella grande sala, sbadigliò, prendendo comodamente posto in quarta fila e facendo cenno al biondo che reggeva in mano i pop-corn di sedersi accanto a lui.
«Cos'è quella faccia?», chiese il fulvo, notando l'espressione imbronciata dell'altro, il quale si limitò a storcere il naso.
«Ah', scommetto che sei ancora arrabbiato perchè ti ho offerto il biglietto di entrata, mh?», e accennò una breve risata, tirandogli una pacca sulla spalla.
A Roxas quel gesto sembrò così strano, e, infatti, sgranò le iridi cristalline per un momento; era così che si comportavano due migliori amici.
Ridevano, scherzavano, si prendevano in giro e si tiravano le pacche sulla schiena, insultandosi.
Eppure lui non riusciva proprio a vedere più l'amicizia tra di loro.
Sospirò, sedendosi accanto al rosso.«Mi fai sentire un barbone che chiede l'elemosina.»
«Suvvìa, Roxy; in fondo ti ho invitato io, non potevo non offrirti i biglietti!E poi i pop-corn te li ho lasciati pagare, quindi non lamentarti.»
«Già...», si limitò a mormorare con fare assorto il più piccolo, concentrando la propria attenzione sul grande schermo non appena le luci della sala si spensero, facendo calare il buio.
Durante la prima mezz'ora andò tutto bene; Roxas si lamentava di Axel che faceva troppo rumore mentre sgranocchiava i pop-corn, facevano qualche battutina ironica sul film, ridevano e tornavano a guardare in silenzio.
Il più grande allungò per l'ennesima volta la mano verso il contenitore di pop-corn del suo vicino, quando, a malincuore, si accorse che era vuoto.
«Ehi, ma...Dove sono i pop-corn?», chiese stupidamente, alzando lo sguardo verso il biondo che lanciò un lungo sospiro esasperato.«Nel tuo stomaco, Axel.», e, detto ciò, appallottolò il contenitore di plastica, lanciandolo in un cestino non molto lontano.
«Avrebbero dovuto metterne di più; farò sicuramente causa al padrone del cine-»
«E sta' un pò zitto!», lo interruppe il più piccolo, cercando in ogni modo di seguire il film.
«...Antipatico.», mormorò tra sé e sé il giovane dagli occhi smeraldini, voltando lo sguardo verso lo schermo, quando, dopo qualche secondo, si stiracchiò, allungando un braccio verso l'altro, il quale non si accorse di nulla.
Una classica mossa.
Sogghignò, stringendo improvvisamente la spalla del compagno che sussultò, spaventato dall'improvviso contatto.«A-Axel!Ma che fai?»
«Sssh'...», gli fece cenno di tacere il fulvo, appoggiando l'indice dell'altra mano sulle sue labbra, per poi avvicinarsi pericolosamente ad esse con un sorrisetto sinistro sul volto.«Non si deve parlare durante la visione di un film.»
E, prima che l'altro potesse ribattere in qualsiasi modo, lasciò che le proprie labbra si impossessassero delle sue, afferrandogli dolcemente il mento, mentre permise all'altra mano di infilarsi tra quei morbidi capelli biondi.
Il più giovane sentì il proprio cuore correre all'impazzata, mentre diverse voci nella sua mente gli ordinavano di fare cose differenti; chi gli diceva di fuggire, chi gli imponeva di tirare un pugno ad Axel, chi gli diceva di lasciarsi semplicemente andare.
E Roxas diede istintivamente ascolto a quest'ultima voce; socchiuse lentamente le palpebre, sentendo il caldo sapore del rosso che lo travolgeva lentamente, ignorando il resto del film.



«Sei sempre così gentile con me.», sussurrò con le gote arrossate, sistemandosi la gonna di seta, per poi accennare un sorriso imbarazzato verso il biondo che si stava grattando la testa con fare titubante.«Pfh', ma figurati, Xion...E' un piacere aiutarti, lo sai.»
La ragazza dai corti capelli neri si strinse le spalle, per poi afferrare gentilmente la mano dell'amico.«Andiamo a prenderci un gelato, Rox'?»
L'altro annuì, quando sentì un'improvvisa voce alle spalle che lo fece voltare di scatto:
«Roxas!»
L'imponente figura di un ragazzo da un cespuglio rosso di capelli fece capolineo tra i due, costringendoli così a lasciarsi la mano.
«Oh, ciao, Axel.», lo salutò con un dolce sorriso la giovane, stringendo la cartella marrone tra le mani, mentre l'altro inclinò la testa su un lato.«Ciao, Axel.Cosa ci fai qui?»
«Stavo per farti la stessa domanda.», sibilò a denti stretti il fulvo, lanciando un'occhiataccia al ragazzo dagli occhi cristallini, per poi rivolgersi all'altra presente.«Mi dispiace, Xion, ma adesso Roxas deve andare.»
«Eh?!Ma che cosa stai dic-», e, prima di poter terminare l'esclamazione, Roxas sentì il proprio piede venire calpestato dal rosso che lo costrinse a mordersi la lingua nella speranza di non gridare dal dolore.
«Oh, capisco...», sussurrò a fior di labbra la ragazza, accennando un sorriso rattristato.«Non importa; ci vediamo domani a scuola, Roxas!Ciao Axel, a presto!», e alzò la mano, voltandosi poi per incamminarsi verso casa.
«Ma che ti è preso?!», trillò il biondo dopo essersi accertato che l'amica fosse abbastanza lontana da non sentire, incrociando le braccia con aria scocciata.«Io non devo affatto andare!»
L'altro inarcò istintivamente il soppraciglio destro, per poi affrettarsi a parlare.«Sì, invece.Devi venire con me e di conseguenza non potevi stare con Xion.»
«Axel, accidenti, sarà il ventesimo appuntamento che mi fai saltare!», gli fece notare il più giovane, sbuffando ripetutamente sotto lo sguardo che si fece improvvisamente infuriato del rosso.«Appuntamento?!»
«Appuntamento, uscita: chiamala come ti pare!»
«Si dia il caso che tu abbia degli appuntamenti solo con me, Roxas.», proseguì il più grande tentando in ogni modo di mantenere la calma, nonostante avesse già gli occhi infiammati.«Got it memorized?»
«Sìsì, l'ho memorizzato, ma, sinceramente, mi faresti un favore se mi stessi meno incollato e mi lasciassi vivere la mia vita.», fu l'apatica affermazione del biondo che si era voltato per evitare lo sguardo del rosso, il quale, intanto, aveva sgranato le iridi smeraldine.
«Non è colpa mia.», bisbigliò a fior di labbra, proseguendo dopo un breve silenzio.«Mi sento infastidito ogni volta che qualcuno ti è accanto; non ci posso fare nulla, lo sai.»
L'altro strinse i pugni, mordendosi il labbro inferiore con aria perplessa.«Beh, allora cerca di contenerti, altrimenti farai insospettire la gente.»
«Insospettire la gente?», ripetè ringhiando a denti stretti il giovane dai capelli fiammeggianti, e, prima di poter dire altro, sentì il biondo che continuò: «Sì, insomma...Non è normale che il tuo migliore amico sia geloso di qualsiasi per-»
«Roxas, maledizione!Lo sai che non mi interessa nulla della gente!Non me ne frega niente degli altri e dei loro commenti!», l'improvviso urlo del compagno fece nuovamente voltare di scatto l'altro, che aveva sgranato gli occhi, un pò spaventato dalla sua reazione.«Axel, senti...»
«No, Roxas, adesso ascoltami tu!Cos'è che ti spaventa?Forse provi fastidio perchè io provo qualcosa per te?O è semplicemente il fatto che siamo due ragazzi?!», e, senza accorgersene, alzò il tono di voce fino a gridare, ottenendo alcuni sguardi dei passanti.
Il biondo lo continuò ad osservare con gli occhi spalancati e le labbra schiuse in un'espressione indecifrabile; tremò appena, senza sapere più come rispondere.
E quel dannato silenzio continuò ad appesantire l'aria per diversi minuti, mentre nessuno dei due sembrava intenzionato a staccare lo sguardo dall'altro; chi arrabbiato, chi shockato.
Il fulvo sospirò, infilandosi le mani in tasca prima di alzare lo sguardo in alto, mentre l'altro interruppe improvvisamente il silenzio: «Io devo andare.»
No.
Non un'altra volta.
Non voleva passare di nuovo le notti a piangere, a contorcersi dal dolore.
Questa volta non sarebbe successo di nuovo.
Si precipitò verso il giovane di fronte a sé, allacciando la sua vita in un forte abbraccio.«Non andartene, ti prego.»
«Axel, io...Io non...Non ci capisco più niente...Sono così...Confuso...», ammise in un debole sussurrio il più giovane, stringendosi tra le braccia dell'altro che si mordicchiò il labbro inferiore, in crisi.«Non possiamo fare finta di niente?Non possiamo...Sì, insomma, tornare ad essere due semplici migliori amici?»
Il ragazzo dai capelli fiammeggianti voltò lo sguardo altrove, sciogliendo immediatamente dall'abbraccio il compagno, il quale si sentì stranamente perso.«Ti sentiresti meglio, se noi tornassimo migliori amici?»
E, a quel punto, il biondo avrebbe voluto gridare 'No, per niente!'; lui non si sarebbe sentito meglio, assolutamente no.
«Io...Non lo so...»
«Roxas, il fatto è che per me tu non sei mai stato un semplice migliore amico.», e, a quell'affermazione, il giovane dagli occhi cristallini rabbrividì, incrociando lo sguardo dell'altro che sembrò più serio che mai.
Eppure attese qualcosa, qualsiasi cosa.Attese di sentire una risata, una sua pacca sulla spalla seguita da qualcosa come 'Ehi, stavo scherzando!'.
Ma non ci fu nulla di tutto questo.
Assolutamente nulla.



«Dàdàn!», e, al terzo tiro, il giovane bambino dagli occhi smeraldini era riuscito a colpire il pallone, facendolo cadere esattamente tra le proprie mani.«Che ti dicevo, eh?»
Roxas battè allegramente le mani, accennando un candido sorriso.
«Modestamente; sono il migliore!», si pavoneggiò il più grande, ridacchiando, per poi porgere il pallone colorato all'altro, il quale lo afferrò immediatamente:«Grazie mille...», sussurrò a fior di labbra impacciatamente, alzando appena gli occhi verso il rosso: si era sempre sentito in soggezione con i più grandi.
«Quando c'è un problema, non devi fare altro che chiamarmi!», affermò con un largo sorriso a trentadue denti Axel, indicandosi con aria fiera.«I am Axel the best!»
Roxas si limitò a stringere le labbra, cercando di non mostrare nuovamente la propria ignoranza in quella strana lingua che non aveva mai sentito, limitandosi ad osservare il proprio pallone.«Quindi...Quindi tu sei un supereroe?»
L'altro inizialmente assunse un'espressione perplessa, e, dopo qualche secondo, le sue iridi smeraldine si illuminarono.«Esattamente!»
«Oh...E'...E' la prima volta che incontro un supereroe...»
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*Note di Rox'*
Ed ecco il 3° capitolo di questa storia -w-
Ringrazio molto tutti coloro che hanno recensito; siete stati molto gentili, davvero; e adesso mi metterò a rispondere con calma a tutti i commenti. -w-
Well', vorrei aggiungere una cosa; magari qualcuno di voi potrà pensare a qualcosa del tipo ''Come, anche nella seconda parte del capitolo hanno una discussione?''; beh, questo semplicemente perchè accettare di amare il proprio migliore amico non è facile, per questo, sia in questo capitolo che nel precedente, vi sono state delle discussioni/litigi.
Mmmh...Beh, come sempre, mi auguro di ricevere altre recensioni, e, soprattutto, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento (;
Posterò presto anche il capitolo successivo di 'Tutor and Boyfriend' -w-
Ps. Non sono l'unica che è depressa perchè domani ricomincia la scuola, vero?ç__ç *Si nasconde in un angolino a piangere*
Vabbeh...
Alla prossima (:
E.P.R. 

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Capitolo 4
*** April -Hidden- ***


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April -Hidden-  

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«Roxas?»
Il diretto interessato continuò a scrutare la collana dorata che stringeva tra le mani, perso nei propri pensieri, sospirando di tanto in tanto.
«Roxas?...»
Scosse appena la testa; cosa doveva fare?Qual'era la decisione giusta?
«Roxas, sta' attento!», prima di potersi voltare verso la compagna, andò a sbattere clamorosamente contro un palo di fronte a sé, lasciandosi così sfuggire un'imprecazione poco carina, appoggiandosi poi istintivamente la mano libera alla fronte arrossata.
«Ahia...Che botta, accidenti...», farfugliò con fare addolorato, massaggiandosi la zona colpita, mentre l'amica si avvicinò a lui, assumendo un'espressione preoccupata.«Tutto bene, Roxas?Hai un bernoccolo enorme!»
Il biondo sospirò nuovamente, spostando la mano dalla fronte per poi scuotere la testa con aria assorta.«Sìsì, non mi sono fatto niente, non preoccuparti.»
«Oggi sei così distratto; in classe i professori ti hanno rimproverato due volte, sei scivolato in mensa e adesso il bernoccolo...C'è qualcosa che ti turba?», chiese Xion inclinando la testa su un lato, sbattendo più volte le palpebre, mentre il compagno assunse una smorfia imbarazzata.
«Nah, niente di importante, credo...», mormorò cercando più di convincere se stesso che l'amica, infilandosi poi la collana in tasca, alzando lo sguardo verso il cielo nuvoloso.
«Non capisco...», aveva borbottato con aria perplessa non appena il fulvo, il giorno precedente, gli aveva consegnato quella strana collana, accennando un sorrisetto sghembo.
«Cosa c'è da capire?E' un semplice regalo.»
«Sì, ma non capisco perchè proprio ora.Non è il mio compleanno.», e, dopo aver detto ciò, osservò attentamente l'oggetto, mentre l'altro aveva accennato una risatina nervosa.
«Non sono mica obbligato a farti i regali solamente nelle occasioni speciali, non credi?», chiese retoricamente, e, senza lasciare il tempo al più giovane di dire qualcosa, proseguì: «E poi a te piacciono tanto le chiavi.»
Infatti, la collana in questione, aveva la forma di una chiave, con un fiocco nero in alto che gli dava un'aria più raffinata e preziosa.
Sì, a Roxas era piaciuta davvero moltissimo.
«Beh, grazie...», mormorò impacciatamente, sbattendo più volte le palpebre, rialzando lentamente le iridi cristalline verso il fulvo.
«Spero davvero che tu la indossa sempre.», a quell'affermazione sussultò appena, incrociando lo sguardo del compagno che lo stava scrutando attentamente, come se fosse in cerca di qualcosa.
E capì che quello non era un semplice regalo; intuì che c'era qualcosa di più profondo, una richiesta nascosta al suo interno, la quale non poteva essere espressa a parole.
«Spero che tu stia dicendo la verità...Però sappi che io sarò sempre disposta ad ascoltarti!», si affrettò poi ad aggiungere la giovane amica, accennando uno dei suoi sorrisi più dolci che venne immediatamente ricambiato dall'altro.

«Grazie, Xion.Sei davvero unica.»
L'altra si limitò ad accennare una risata imbarazzata, alzando poi la mano in cenno di saluto.«Adesso devo proprio andare; mia madre mi aspetta a casa.Ci vediamo Lunedì, Roxas, buon week-end!»
«Anche a te, Xion...», e si sforzò di sorridere, nonostante si sentì improvvisamente solo; appoggiò la schiena contro la parete, osservando i numerosi studenti che prendevano vie diverse per tornare a casa.
Aveva sempre provato una sorta di invidia verso l'amica; lei aveva una famiglia perfetta, dei genitori che le volevano un sacco di bene e dei parenti che la riempivano di regali.
E invece lui no.Era indifferente se sarebbe tornato adesso o tra due ore a casa; tanto i suoi erano comunque fuori, quindi non se ne sarebbero accorti.
«Ehi, ma che fai qui tutto solo soletto?», un'improvvisa voce a lui familiare lo risvegliò dai suoi pensieri, costringendolo ad alzare di scatto la testa.
Il raggiante volto di un ragazzo dalla chioma rossa e due iridi smeraldine si abbassò per raggiungere l'altezza del biondo, continuando a sorridere dolcemente; indossava una T-shirt nera, accompagnata da un paio di jeans aderenti e le sue scarpe da ginnastica preferite.
«Axel, ma...Ma che diavolo ci fai qui?», chiese il giovane dopo un momento di stupore iniziale, sollevando istintivamente un soppraciglio.
Il diretto interessato accennò un'allegra risata, mettendosi le mani sui fianchi prima di rispondere: «Sono venuto a prenderti a scuola, no?», e, dopo aver detto ciò, stappò la lattina di Coca-cola che stava reggendo in mano, portandosela alle labbra.
«Non era il caso.», si limitò a mormorare apaticamente il giovane dagli occhi cristallini, stringendosi le spalle con aria imbarazzata.

Il rosso, dal canto suo, si asciugò la bocca con la mano, indicando il cielo con l'indice.«Molto probabilmente sta per piovere, almeno, se proprio dobbiamo bagnarci, lo faremo insieme.»
Il più giovane roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante, sorvolando sul fatto che il compagno indossasse dei vestiti un pò troppo leggeri per essere a inizio Aprile, farfugliando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé.

«Se proprio ci tieni...», e, detto ciò, fece per incamminarsi, quando sentì una calda stretta al polso che lo costrinse a voltare lo sguardo verso l'altro presente che lo stava fissando insistentemente.
«Ma si può sapere che ti prende?», chiese scorbuticamente nella speranza di nascondere il proprio imbarazzo, finchè non si accorse che gli occhi smeraldini dell'altro si erano abbassati fino al suo collo; sussultò, intuendo i suoi pensieri, per poi affrettarsi a tirare fuori la collana dorata dalla tasca destra.
«Axel...»
«Roxas, non sei obbligato a mettertela, sul serio.», lo interruppe immediatamente il fulvo, cercando di accennare un sorriso, nonostante tutto quello che ottenne fu un'espressione amareggiata.
«No, però...Però vorrei che me la mettessi tu.», farfugliò impacciatamente il biondo, porgendo la collana all'altro che aveva sgranato appena gli occhi prima di buttare la lattina per terra, lasciando la presa al suo polso: afferrò così il gioiello, avvicinandosi al compagno per poter fare ciò che gli è stato chiesto.
«Ti sta benissimo.», sussurrò a fior' di labbra il ragazzo degli occhi smeraldini, scrutando attentamente l'altro, le cui gote si erano arrossate appena; voltò di scatto lo sguardo, infilandosi le mani in tasca.
«Beh...Allora andiamo?», a quella domanda l'altro annuì, affrettandosi ad afferrare saldamente la sua mano, accennando un allegro sorriso che si trasformò subito dopo in una smorfia perplessa.«E quel bernoccolo?»
«Ah', lascia perdere.», tagliò immediatamente corto il biondo, nonostante sul suo volto si dipinse un flebile sorriso; sì, aveva preso sicuramente la decisione giusta.




Era praticamente impossibile che una telefonata con Axel durasse meno di un'ora; questo poco, ma sicuro.
E, ogni benedetta volta, Roxas si chiedeva quale fosse la cifra astronomica della bolletta del telefono per il compagno.
Annuì meccanicamente, facendo finta di capire ciò che stava dicendo il diavolo dai capelli rossi dall'altra parte della cornetta, nonostante la propria attenzione fosse concentrata completamente sulla televisione e, precisamente, sul film drammatico che stavano trasmettendo.
«Insomma, è andata più o meno così...Tu cosa ne pensi?», chiese improvvisamente, dopo aver parlato senza interruzione per dieci minuti di fila, attendendo una risposta da parte dell'altro.
Il biondo, dal canto suo, sobbalzò, rischiando di rovesciare il pacchetto di patatine che stava sgranocchiando.«E-Eh?Ah, sì, certo...», si limitò a balbettare, sperando inutilmente che il fulvo cambiasse immediatamente argomento.

«Sì, ma cosa ne pensi di tutta questa storia?», riformulò la domanda il più grande, assumendo un'espressione perplessa, appoggiando la schiena alla parete della propria camera da letto.
«Uhm...Sì, ecco...Sono d'accordo con te.», farfugliò il giovane dagli occhi cristallini, mordendosi il labbro inferiore, infilandosi in bocca un'altra patatina.
«Roxas?», lo chiamò improvvisamente il rosso con un sospiro, sedendosi sul letto.
«Mh?»
«Non hai ascoltato una parola di quello che ho detto; non è vero?», e si lasciò sfuggire una risata divertita, non riuscendo a prendersela per il solito comportamento distratto del compagno, il quale arrossì appena, storcendo il naso.
«Mmh...», si limitò a mugugnare frasi sconnesse e senza un senso logico, serrando poi le labbra, tornando a concentrare la propria attenzione sulla tv, finchè non sentì la voce dell'altro chiamarlo nuovamente: «Ehi, Roxas.Stai facendo qualcosa di particolarmente importante?»
L'altro assunse un'espressione perplessa a quella domanda, appoggiando a lato il sacchetto di patatine prima di rispondere con fare ironico: «Se per importante intendi dire essere sdraiati sul divano, riempirsi di patatine guardando la tv e parlando al telefono con te, allora sì.»
«Allora fatti bello tesoruccio che il tuo Axel viene a trovarti!», trillò improvvisamente il rosso dall'altra parte del telefono, alzandosi di scatto per avviarsi verso l'armadio a scegliere qualcosa da indossare; intanto il più giovane sentì le gote arrossarsi a quell'improvviso appellativo, arricciando le labbra in una smorfia imbarazzata.«Ma cosa vieni a fare?Sono quasi le diciotto.»
«E allora?Vengo a cenare da te, no?». Se c'era un atteggiamento che Axel si era portato avanti da sempre, era proprio il fatto che si auto-invitava in casa del biondo; quest'ultimo, nel frattempo, sospirò.«Va bene, allora ti aspetto.»
«Roxy?»
«Che c'è ancora?», chiese borbottando il biondo, sforzandosi in ogni modo di ignorare quel soprannome che detestava tanto.
«Sappi che, anche se stavi facendo qualcosa di particolarmente importante, io sarei venuto lo stesso.»
Il giovane dagli occhi azzurri si lasciò sfuggire una risata cristallina che sfiorò appena l'orecchio del fulvo, facendolo sussultare.«Lo so, Axel.Lo so.»



Il rosso si passò una mano tra i lunghi capelli, accennando l'ennesima risata.«Allora dovresti sentirti onorato, perchè io sono il supereroe migliore di tutti!»
«Davvero?», chiese ingenuamente il più piccolo, continuando a stringere possessivamente il proprio pallone tanto amato tra le mani.
«Ma certamente!», rispose annuendo energeticamente l'altro, scompigliandogli poi i capelli biondi.«Adesso però devo andare!»
«Devi andare a salvare altre persone?», continuò a chiedere Roxas, sbattendo più volte le palpebre con aria emozionata e, allo stesso tempo, un pò rattristata.
Il fulvo assunse una smorfia divertita, per poi affrettarsi a rispondere: «Sì, esatto!», e, prima di voltarsi per iniziare a correre, sentì che il bambino lo aveva afferrato per la maglia, mantenendo lo sguardo basso. «Domani tornerai?»
Axel inclinò la testa su un lato, accennando uno dei suoi sorrisi più raggianti.
«Certo;tornerò anche dopodomani.Anche il giorno dopo, e quello dopo ancora.»

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*Note dell'autrice*
Ed ecco qua anche il 4° capitolo; accidenti, dopo che l'altro ieri ho pubblicato una nuova storia -Era l'altro ieri?Mmmh', boh.- , mi sono completamente dimenticata di questa storia.*Fissa il vuoto*
E sono piuttosto preoccupata perchè sono ancora ferma al mese di Giugno -Non per mancanza di ispirazione, fortunatamente, ma per mancanza di voglia '.'- e non voglio arrivare poi a dover' scrivere qualcosa in fretta e furia ed essere in ritardo con gli aggiornamenti D:
Ringrazio tutti per le dolci recensioni; mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento,e, soprattutto, che continuiate a commentare (:
Uhm, che dire su questo mese di Aprile; ovviamente, la famosa richiesta nascosta di Axel in quella collana, era riferita al considerarsi davvero più di due semplici migliori amici .w.
A breve -Domani o dopodomani- aggiornerò anche 'Tutor And Boyfriend'.
...Si sta avvicinando il mio compleanno.*Prepara la propria armatura (?) per possibili auguri e sdolcinatezze varie*
Beh, dopo queste mie stronzate che potevo risparmiarmi perle di saggezza, penso che potrei finalmente svanire di scena .w.
Alla prossima!
E.P.R.
 

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Capitolo 5
*** May -Burning- ***


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May -Burning-

 

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Soffocò il volto nel cuscino, imprecando più e più volte contro se stesso.
Non ce la faceva più.
Si voltò di scatto verso l'orologio digitale sul comodino che segnava le 20.30; aveva chiamato Roxas nemmeno un'ora fa e già voleva riafferrare il cellulare.
Tutta colpa di quella maledettissima gita; il biondo e la sua classe sarebbero stati fuori paese per ben una settimana e così lui si era ritrovato a soffrire a causa della nostalgia.
Senza contare il fatto che era solamente il terzo giorno; invece ad Axel sembrava che fossero passati anni, se non addirittura secoli.
Buttò con violenza il cuscino a terra, mandando tutto e tutti a quel paese, prendendo così il proprio cellulare alla sua sinistra; digitò velocemente il numero che sapeva ormai a memoria, senza nemmeno bisogno di andare sulla rubrica, e aspettò che il diretto interessato rispondesse.
Squillò una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci volte, finchè non scattò la segreteria che lo mandò in bestia:«Risponde la segreteria telefonica di Roxas: Salve, se in questo momento non ho risposto alla vostra chiamata, significa che, molto probabilmente, sono impegnato a fare qualcosa di più importante.Quindi, evitate di rompere ulteriormente le pall- Oh, smettila, Hayner!», sentì improvvisamente delle risate e un'altra voce che si aggiunse: «Roxas è un idiota, gente, non dimenticatelo!» «Hayner, vattene a quel paese!», poi tutto si spense.
Si lasciò sfuggire un sorriso malinconico, mentre strinse nella mano sinistra il cellulare, cercando in ogni modo di non provare rabbia, senza ottenere grandi risultati.
Sì, gli mancava.Gli mancava da morire.
Lasciò vagare le proprie iridi smeraldine verso la finestra, notando le tenebre che iniziavano ad impossessarsi del cielo; sospirò, alzandosi per poi appoggiare una mano contro il vetro.
Era davvero assurdo che un semplice ragazzino potesse ridurre la sua anima a pezzi.
Digitò nuovamente il numero con aria assorta, portando il cellulare all'orecchio, mordendosi lentamente il labbro inferiore per placare l'ansia che stava prendendo velocemente possesso della sua anima.
Uno, due, tre, quattro...
«Pronto?», il tono basso e un pò incerto di quel giovane dagli occhi cristallini gli provocò istintivamente un aumento del suo battito cardiaco, ma, nonostante ciò, si affrettò a rispondere: «Ehi, Roxas...»
«Axel?», chiese stupidamente il biondo, nonostante l'avesse già riconosciuto dal numero.«Ma...Mi hai chiamato quaranta minuti fa, lo sai questo, vero?»
Il fulvo a quella domanda retorica si sentì, se possibile, ancora peggio.«Potresti almeno mostrare un pò di entusiasmo nel sentirmi.»
Udì il più piccolo sospirare dall'altra parte.«Non ho detto di non essere contento di sentirti, il fatto è che mi stai chiamando cinque volte al giorno, non so se te ne sei accorto.»
L'altro si morse con più forza il labbro inferiore, sentendo l'amaro sapore del proprio sangue invadergli il palato.«Lo so, è che...», ma, prima di poter terminare la propria spiegazione, venne preceduto dal biondo: «Axel, io...Io capisco che posso mancarti, ma devi cercare di resistere: rimarrò qui ancora domani e dopodomani, poi...Poi tornerò da te!»
«Ma io ti voglio qui, accanto a me, adesso!», e, improvvisamente, il ragazzo dai capelli fiammeggianti alzò il tono della voce, cacciando via tutto l'imbarazzo che aveva sentito all'inizio della chiamata; tanto anche l'altro aveva intuito che provava un'enorme nostalgia, quindi tanto valeva gridare solo ciò che sentiva.
«Axel....», cercò di tranquillizzarlo il giovane, non sapendo più in che modo proseguire la conversazione.
«Roxas, mi manchi.Mi manchi tanto, da morire.E pensa pure che io sia ossessivo o quello che vuoi, ma devi capire che...Insomma, io...», si bloccò improvvisamente, sforzandosi di trovare le parole giuste per spiegare all'altro i propri sentimenti, finchè quest'ultimo non riprese la parola: «E' ora di cena.Ti chiamerò prima di andare a dormire.», e, nonostante quell'affermazione sembrava essere detta quasi con freddezza, Axel si sentì immediatamente meglio, e gli fu grato per aver subito capito cosa lo turbava.
«Ci conto, Roxas.A dopo.»



Assunse un'espressione perplessa di fronte alla porta, suonando per la quinta volta il campanello, senza ottenere però alcuna risposta.
Sospirò con fare arrendevole, risistemando il mazzo di rose nel cestino della bicicletta, salendo successivamente su di essa; lanciò una fugace occhiata alla casa, per poi iniziare a pedalare il più velocemente possibile.
Non riuscì proprio a capire; gli aveva dato appuntamento davanti a casa sua alle diciassette, eppure non c'era nessuno.E, come se ciò non bastasse, aveva il cellulare staccato.
Continuò a pedalare più veloce, non notando nemmeno il semaforo rosso e i clacson delle auto che si fermarono di colpo per evitare di investirlo, troppo assorto nei propri pensieri; dove poteva essersi cacciato?
Raggiunse in meno di cinque minuti il parco, nel quale vi passeggiavano diverse persone; anziani, coppiette, bambini che giocavano a pallone o con il proprio cane.
Ma la sua attenzione si focalizzò su una minuta figura rannicchiata sulla sponda della fontana, con le gambe strette al petto e il volto nascosto, quasi volesse essere invisibile agli occhi degli altri; eppure lui lo vide lo stesso.
Si fermò di colpo, lasciando la bicicletta cadere rumorosamente per terra nonostante fosse di Demyx, correndo alla velocità della luce verso la chioma bionda che aveva riconosciuto già in lontanza; non appena gli fu vicino, si chinò verso di lui con un dolce sorriso, accorgendosi che si sforzava di soffocare dei singhiozzi impercettibili.
Allungò lentamente la mano verso i suoi capelli dal colore della sabbia, prendendo ad accarezzargli delicatamente; il giovane alzò di scatto lo sguardò, mostrando le sue iridi cristalline lievemente arrossate a causa del pianto.
«Gli angeli non dovrebbero piangere, lo sai?E' un peccato.», bisbigliò con dolcezza il più grande, avvolgendo la sua schiena con un braccio, facendo aderire il suo corpo contro il proprio; sospirò appena, baciandogli ripetutamente la testa.
«Un vero peccato.», sottolineò nuovamente mentre con l'altra mano gli alzò immediatamente il volto, permettendo ai propri occhi smeraldini di tuffarsi in quello splendido oceano blu.
«A-Axel...Mia...Mia madre...I miei g-genitori...», continuò a singhiozzare l'altro, tremando un poco, «Non mi...Non mi v-vogliono bene, Axel...», e scoppiò in un pianto disperato, nascondendosi nel petto del giovane dai capelli fiammeggianti, il quale sorrise dolcemente, accarezzandogli nuovamente la testa.
«Sssh', non importa, stai tranquillo.»
«M-Ma loro...Loro hanno detto che...Che...», e, prima di poter' terminare la propria frase, Axel lo interruppe.«Non importa, Roxas.Non ha alcuna importanza.», lo strinse ulteriormente a sé, afferrandogli per la seconda volta il volto bagnato dalle lacrime.«Guardami.Io ti voglio bene.Ci sono qui io.Il resto non conta.»
A quelle parole il più piccolo sembrò finalmente tranquillizzarsi; soffocò un ultimo singhiozzo e rimase in silenzio, osservando intensamente l'espressione dell'altro.«Sono io il tuo mondo.Io e basta.», sussurrò infine con estrema tenerezza, avvicinandosi all'orecchio del biondo prima di morderlo con forza, socchiudendo gli occhi.
Il più giovane si strinse impacciatamente le spalle, sentendo il pesante respiro dell'altro sul proprio volto; rabbrividì non appena quest'ultimo gli lasciò una flebile scia di baci lungo il candido collo, facendolo sospirare appena.
Inclinò la testa all'indietro con aria persa, godendosi le attenzioni del rosso e notando solo in quel momento del cielo sereno e del sole che gli bruciava la pelle; bruciava, così come lui lo stava bruciando.
Lo divorava, lentamente e piacevolmente.
Quel piacevole bruciore del sole sulla propria pelle assomigliava tanto ai baci di Axel.
Allungò le esili braccia e avvolse il caldo collo del più grande che lo aiutò a rialzarsi, ritrovandosi il suo volto a pochi centimetri di distanza.
«Non voglio più vederti piangere.», parlò piano al suo orecchio, baciandolo di tanto in tanto, «Sono stato chiaro?», chiese poi con insistenza, arricciando una ciocca di quei capelli color' cenere che amava tanto.
Senza attendere alcuna risposta da parte del giovane, si chinò lentamente verso di lui, avendo voglia di assaggiare un pò quelle piccole e delicate labbra, quando il diretto interessato si scostò in un soffio, sfuggendo dalla presa dell'altro.
Sapeva che se l'avesse lasciato fare, lui l'avrebbe rissucchiato tra le sue fiamme per sempre.
Quel fuoco lo avrebbe divorato, si sarebbe impossessato del suo corpo, mentre lui, così piccolo e ingenuo, non avrebbe potuto fare nulla per dimenarsi.
Non voleva ancora essere preso.
Sarebbe fuggito nuovamente, per quanto possibile; ancora, ancora un pò.Avrebbe giocato ancora un pò al gatto e al topo, nonostante quel diabolico gatto rosso sapeva che presto lo avrebbe acchiappato definitivamente.
E lo avrebbe fatto suo.
«Quei fiori sono per me?», domandò sommessamente il biondo, interrompendo il breve silenzio con la propria voce cristallina e vellutata; voltò timidamente gli occhi blu cobalto verso l'altro che aveva accennato un sorrisetto ironico e divertito.«E come fai ad esserne sicuro?»
«Non lo so...E' che sono molto belli.», ammise poi con aria assorta, tornando a scrutare quelle candide rose nel cestino della bicicletta a terra; sussultò non appena si accorse che due braccia gli stavano circondando la sottile vita, costringendolo a voltare di scatto il volto.
«Ti piacciono?»
«Cosa?», chiese distrattamente il biondo, imbarazzato dalla situazione.
«I fiori.», rispose con un lungo sospiro il fulvo, riprendendo a torturare l'orecchio dell'altro, il quale tentò poi di dimenarsi, senza ottenere grandi risultati.
«Se ti fai dare un bel bacino ti regalerò quel mazzo.Mh, ci stai?», e, dopo quella domanda, sghignazzò, incuriosito dalla prossima risposta del ragazzo dagli occhi azzurri che assunse un'espressione pensierosa.
Detestava e amava quelle attenzioni da parte del più grande; le amava perchè lo facevano sentire bene, protetto, mentre le detestava perchè lo cambiavano.Non riusciva ad essere più acido, orgoglioso, ma si scioglieva, di fronte a quell'immenso fuoco che ardeva di fronte a lui.
«Chi tace acconsente.», bisbigliò improvvisamente il diavolo dai capelli scarlatti, afferrando di scatto il volto dell'altro e premendo così con passione le proprie labbra sulle sue; si divertì poi a passare la lingua su di esse, mordicchiando quella delicata pelle che in poco tempo iniziò a gonfiarsi.
E Roxas si scottò.
Di nuovo.
Rimase lì, immobile, mentre l'altro si allontanò lentamente, lasciando trapelare dal proprio volto un sorriso beffardo.«Il mazzo è tutto tuo.»
Con le gote arrossate e lo sguardo basso, si affrettò a raggiungere la bicicletta, chinandosi verso il cestino di plastica per afferrare quelle splendide rose avvolte accuratamente nella stoffa; avvicinò il naso ad esse ed annusò intensamente quel piacevole profumo.
Sfiorò con l'indice quei sottili petali, quasi impaurito di poterli far' cadere in qualche modo.«I miei genitori...», iniziò improvvisamente a parlare sommessamente, accorgendosi che il fulvo gli si era nuovamente avvicinato.
«Sai, i miei genitori mi avevano detto che sono sbagliato.», e un malinconico sorriso incupì il suo volto, costringendolo ad abbassare nuovamente lo sguardo.
Sentì la lieve brezza scompigliargli i capelli ribelli, quando una mano gli accarezzò delicatamente la guancia sinistra; Axel lo guardò con tenerezza, come un padre pieno d'amore guarda il suo giovane figlio.
«Oh, Roxas, se tu sei sbagliato, allora io dovrei essere già all'Inferno.»



«Sembri Giulietta!»
Un'improvvisa folata di vento rischiò di fargli perdere l'equilibrio e il giovane bambino strinse immediatamente la presa al ramo, sforzandosi in ogni modo di non cadere.
«Giulietta?», ripetè poi impacciatamente, chiedendosi perchè non riuscisse mai a seguire i discorsi dell'altro che, nel frattempo, era scoppiato a ridere, annuendo.
«Giulietta!Quella di Romeo e Giulietta.Hai presente?», continuò a chiedere il ragazzino di sotto, sedendosi sul prato con un sorrisetto ironico dipinto sul volto.
«Veramente no.», brontolò con le labbra arricciate in una smorfia infantile, dondolando i piedi sospesi nell'aria.
«Beh, non importa.Comunque tu sei Giulietta e io sono Romeo.Got it memorized?», e il fulvo si picchiettò la fronte, ridacchando nuovamente.
«Perchè io ho un nome da ragazza?Non voglio essere Giulietta!», tuonò improvvisamente il più piccolo, incrociando le braccia in totale disaccordo, mentre l'altro aveva sollevato un soppraciglio.
«Ma tanto tu ce l'hai già un nome da ragazza.»

«Non è vero!»
«Sì invece.Roxas è un nome da femmina!», lo prese allegramente in giro il giovanotto, alzandosi e facendogli poi la linguaccia.
«Bugiardo!», replicò il biondo, sforzandosi in ogni modo di non scoppiare a piangere, sentendosi veramente offeso; tentò impacciatamente di alzarsi in piedi sul ramo, appoggiandosi con una mano sulla robusta corteccia.
«Adesso arrivo lì e ti farò male!», annunciò a gran' voce prima di iniziare a scendere lentamente, cercando di infilare i piedi e le mani nei punti giusti, quando, improvvisamente, si sentì pizzicare il naso: abbassò le iridi cristalline e lanciò un urlo, notando l'indesiderata presenza di un'ape.
Lasciò immediatamente la presa all'albero, cadendo così rumorosamente sul prato a pancia in su', sbattendo più volte le palpebre, confuso.
Si guardò attorno e, dopo essersi accorto della scarica di dolore che gli trapassava la schiena, scoppiò a piangere, singhiozzando ripetutamente.
«E-Ehi, ehi, ehi!Calmati!Roxas, tranquillo!», il fulvo cambiò immediatamente espressione, mentre sui suoi occhi smeraldini si dipinse il panico più totale; si precipitò verso il piccolo amico, appoggiando una mano sulla sua spalla.«Su', non c'è bisogno di piangere!»
«Ma...Ma...M-Mi fa male!Mi fa tanto male!», frignò il biondo, senza riuscire a smettere di piangere, accucciandosi e stringendosi le gambe al petto.«Mi...Mi fa t-tanto male la schiena...Mi brucia, tantissimo!»
Axel si chinò lentamente verso di lui, inginocchiandosi; gli alzò poi delicatamente la maglietta di Bugs Bunny, notando con orrore i numerosi graffi rossi che ora solcavano la chiara schiena dell'altro.
«Oh...Non preoccuparti, andiamo!Ti porto a casa mia e ti disinfetto tutto, va bene?», ma, nonostante la domanda posta con dolcezza, il bambino non sembrava intenzionato a frenare il pianto; continuò a singhiozzare, nascondendo il volto bagnato sulle piccole ginocchia.
«Roxas, lo sai perchè sei Giulietta?, chiese improvvisamente il ragazzo dagli occhi verdi, accennando un caldo sorriso e ottenendo l'attenzione dell'altro che aveva alzato un poco lo sguardo. «P-Perchè?»
«Perchè Romeo voleva tanto bene a Giulietta.E io ti voglio tanto bene.»
______________________________________________________________

*Note di Rox'* -Ormai quindicenne è_é*
Ebbene, sì, rieccomi.
Allora, vorrei iniziare scusandomi per non aver' pubblicato il successivo capitolo di Tutor and Boyfriend; il fatto è che sto ancora scrivendo il capitolo e quindi lo pubblicherò domani.
In questo periodo -Oltre a non avere le emozioni giuste per continuare una storia del genere-, sono piena di ispirazioni e sto scrivendo praticamente 6-7 storie contemporaneamente °-°
Well', passiamo adesso a questa storia.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e quelli che hanno messo la storia tra le seguite/preferito; spero che continuerete a commentare, come sempre (:
E boh...In questo capitolo è stato praticamente un pianto continuo (?); prima la nostalgia di Axel, poi Roxas e, infine, il nostro caro biondo che si è fatto male.
Oh, e vorrei ringraziare 'Birba_chan_98' per avermi aggiunta tra i suoi autori preferiti; sono onorata, davvero!
Mah, penso di non avere altro da dire...
Alla prossima (;
E.P.R.

 

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Capitolo 6
*** June -Protection- ***


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June -Protection- 

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In quel lungo corridoio gli sembrava tutto maledettamente grande.
Troppo grande.
Si guardò attorno con aria spaesata, iniziando poi a camminare lentamente; ad ogni passo, però, sentì una presenza dietro sé.
Voltò di scatto il volto, ma non trovò nessuno.
Solo un silenzio soffocante.
Un urlo disperato gli gelò il sangue nelle vene: di fronte a sé vide una tomba non molto grande, su cui vi era un piccolo mazzo di rose rosse.
Rosse.Del medesimo colore di una folta chioma di un ragazzo inginocchiato e lo sguardo perso nel vuoto.
Si sentì pulsare la testa: non riusciva a riconoscerlo.Aveva dei ricordi confusi, frammenti spezzati di parole e frasi, ma non gli veniva in mente un nome con cui chiamarlo.
Si avvicinò di qualche passo e si porse in avanti: si pietrificò non appena scorse una piccola fotografia che lo raffigurava.
E in un attimo ricordò tutto.
«Axel!», allungò le mani, ma toccò improvvisamente qualcosa di duro: il muro invisibile sembrava volerlo tenere lontano dal mondo esterno.
«Axel!Axel, sono io!Axel, sono Roxas!Non sono morto!», eppure non riuscì ad udire la propria voce: tremò, tirando diversi pugni contro quella dannata barriera.
«Axel...», sussurrò con aria afflitta, lasciandosi scivolare sul gelido pavimento.
Era morto.
Era morto, ecco perchè non poteva avvicinarsi.
Pian piano gli sembrò di dimenticare ancora: quella chioma rossa non gli apparve più come qualcosa di familiare e si accorse di non ricordare più nessun nome.
Si voltò lentamente e sgranò le iridi blu: un'enorme ombra incombeva su di lui con aria minacciosa e gli si lanciò addosso.
Sentì il tutto e il niente.
Vide il nero, il nero più nero che aveva mai visto, e le tenebre sembrarono graffiargli la pelle: era terrorizzato.

Un gelo mai sentito prima gli scavò le ossa ed ebbe l'impulso di gridare.
Doveva essere l'Inferno.
Senza alcun dubbio.
Stava morendo e ora stava precipitando all'Inferno.
Un dolore lancinante gli mozzò il respiro, quando, improvvisamente, tutto scomparve e aprì di scatto gli occhi: udì il proprio cuore martellare violentemente e si guardò attorno con aria inorridita.
Un incubo.Un dannatissimo incubo.
La cosa più terrificante degli incubi è che quando si svegliava non riusciva più a riaddormentarsi: restava lì, in mezzo al buio della propria stanza, a tremare, cercando di concentrare i propri pensieri su altro, inutilmente.
«Sei sveglio?», un'improvvisa voce calda e un pò assonnata interruppe il silenzio della notte.«Non riesci a dormire?Non è che hai bevuto ancora il caffè?Lo sai che ti fa male.»
Quel giorno era andato a dormire dal rosso, dato che i suoi erano fuori città per lavoro.
«Non...Non ho bevuto il caffè.», si limitò a bisbigliare sommessamente il biondo, portandosi le coperte fino al naso nonostante il caldo soffocante di Giugno.
«Mmh...E allora che cos'hai?», domandò Axel sbadigliando, grattandosi la folta chioma rossa.«Stavo sognando di scoparti selvaggiamente.»
L'altro arrossì violentemente e scostò di scatto le coperte, sedendosi a gambe incrociate prima di allungare la mano e stampare un sonoro schiaffo sulla guancia del fulvo, svegliandolo completamente.«A-Axel!N-Non voglio conoscere certi dettagli, diamine!»
Il più grande brontolò qualcosa di incomprensibile allo schiaffo, massaggiandosi la zona colpita.«Ma nel sogno c'eri anche tu, quindi avevi tutto il diritto di conoscere questi...Mmh, piccanti dettagli.», replicò con un ghigno dipinto sul volto.
Roxas si limitò a mugugnare in segno di disapprovazione; si voltò improvvisamente e si sdraiò accanto al ragazzo dagli occhi smeraldini, accucciandosi a forma di punto di domanda.
«Ho fatto un incubo.», borbottò impacciatamente, avvicinandosi ulteriormente all'altro che sospirò.«Che genere di incubo?»
Il giovane serrò istintivamente le labbra, appoggiando la testa sul petto nudo del rosso, il quale rabbrividì a quel dolce contatto.
«Va bene, me ne parlerai domani mattina.Adesso stai calmo, piccolo.», bisbigliò con tenerezza Axel, facendo scivolare una mano sulla spalla dell'altro per stringerlo possessivamente a sé.«Era solo un incubo, non preoccuparti.», e, dopo averlo rassicurato, iniziò a canticchiare sommessamente una ninna nanna, baciandogli la testa con estrema dolcezza.
Si sentì bene, tra quelle fiamme brucianti.
Lo proteggevano dal resto del mondo; lo proteggevano da se stesso.
Quel fuoco lo circondava, lo avvolgeva, lo rilassava.
Era il suo fuoco.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla voce sensuale dell'altro.



«Grandissimo Roxas!», Hayner gli tirò una pacca sulla spalla con un allegro sorriso, indicando il tabellone sulle loro teste.«Sei arrivato secondo, eh, niente male.Non supererai mai il sottoscritto, ma, insomma, ti terrò d'occhio.», e scoppiarono entrambi a ridere, mentre il biondo si asciugò le gocce di sudore dalla fronte.
«Certo che giocare a bowling è faticoso.», commentò Pence, tirando fuori una bottiglia d'acqua, sedendosi.
«Oh, suvvìa, ragazzi!», iniziò a parlare il giovane dagli occhi castani, rivolgendosi all'intera classe «Dovevamo pur festeggiare la fine della scuola, no?»
«Tu hai scelto di giocare a bowling perchè sapevi già che avresti vinto.», commentò a braccia conserte Roxas, seguito dal commento della sua migliore amica.«Come tutti gli anni precedenti, d'altronde.»
Olette ridacchiò, divertita dai soliti battibecchi tra i compagni, mentre il diretto interessato sbuffò, infilandosi le mani in tasca.«Non è mica colpa mia se siete un ammasso di schiappe.E, comunque, è ovvio che dovevo decidere io il posto in cui andare, dato che so-»
«Sìsì, dato che sei il rappresentate di classe e bla, bla, bla.», si intromise il biondo, prendendolo in giro, ottenendo un'occhiataccia da Hayner.
«Beh, ora che si fa?», domandò improvvisamente uno degli altri compagni, ottenendo un'immediata risposta da Naminè.«Usciamo a prenderci una boccata d'aria?»
Gli altri presenti annuirono, estremamente accaldati; qualche ragazzo si tolse anche la maglia, tanto per mostrare i propri muscoli scolpiti alle giovani fanciulle che sparlottavano tra di loro, ridacchiando sommessamente.
Il biondo lanciò un sospiro di sollievo, come molti altri suoi coetanei; sicuramente la brezza serale era molto meglio del caldo afoso che c'era nella sala da bowling.
«Allora, gente», il più grande della classe, Seifer, il giovane bocciato per due anni di fila, ottenne l'attenzione dell'intera combricola, tirando fuori due lattine di birra.«Chi vuole favorire?»
Roxas aveva sempre cercato di tenersi alla larga da lui; non gli erano mai piaciuti tipi del genere, e, quando egli cercava di attaccarlo con qualche insulto o presa in giro, si sforzava sempre di ignorarlo.
Fece per allontanarsi, quando il più grande lo chiamò.«Ehi, Roxas, che ne dici?Non ne vuoi un sorsetto?»
«No, grazie.Ne faccio volentieri a meno.», si limitò a rispondere aspramente l'altro.
«Oh, povero piccino; non ha il coraggio di assaggiare l'alcool perchè è troppo buono e perfettino!», lo prese diabolicamente in giro Seifer, sogghignando.«Ma sì, va' pure, Roxas.Torna a giocare con il tuo amato skate.»
Il giovane dagli occhi blu abbassò lo sguardo, sentendo qualche risatina soffocata da parte dei compagni; Hayner, nel frattempo, fulminò con lo sguardo il più grande, avvicinandosi all'amico.«Lascialo perdere.E' il solito imbecille.»
Eppure Roxas lo ignorò, scuotendo la testa e voltandosi verso l'altro.«Non sono piccolo.E' solo che non vorrei finirti la birra.», l'improvvisa sicurezza del giovane stupì perfino Seifer, il quale, però, tentò di non darlo a vedere.«Oooh, il gattino ha tirato fuori gli artigli, finalmente!», e, dettò ciò, gli porse la prima lattina dopo averla aperta.«E' tutta tua, piccoletto.Vediamo cosa sai fare.»
Il biondo la afferrò saldamente, osservandola con attenzione, cercando di non mostrarsi titubante in alcun modo; tirò un lungo sospiro e si portò la lattina alle labbra, sorseggiando quella bevanda a lui nuova.
Amara.Era tremendamente amara.
Socchiuse un occhio, disgustato, e, non appena svuotò metà lattina, la allontanò da sé, sotto lo sguardo preoccupato dei presenti.
«Roxas, tutto...Tutto bene?», chiese la giovane Olette, consapevole del fatto che l'amico non aveva mai bevuto.
«E questo è ciò che sai fare?Andiamo, sei patetico!», il più grande scoppiò così in una rumorosa risata, la quale si interruppe immediatamente non appena ascoltò l'intromissione di Hayner: «Smettila di fare tanto il figo, Seifer.Sei solo uno sfigato del cazzo.»
L'altro strinse i pugni, preparandosi ad una futura rissa, finchè il biondo allungò la mano libera tra i due, facendo cenno di lasciare perdere; si portò poi nuovamente il liquido alla bocca, sentendo per la seconda volta quell'orrendo sapore che gli stava mettendo lo stomaco sottosopra.
«Roxas...», la voce di Xion gli sembrò improvvisamente lontana e per un attimo temette seriamente di perdere i sensi; cercò di riscuotersi e si aggrappò ad un palo, buttando a terra la lattina.
«Ehi, niente male, come inizio.Potresti quasi iniziare ad essermi simpatico.», commentò con affilata ironia il più grande, giocherellando con la seconda lattina, sollevando un soppraciglio non appena il biondo aveva allungato nuovamente la mano.
«Per oggi basta così.», si intromise Hayner, facendogli cenno con la testa di seguirlo per tornare a casa, finchè non venne spintonato da Seifer che gli aveva lanciato in mano la seconda lattina.«Non rompere, mocciosetto.Non vedi che Roxas vuole imparare ad essere un vero uomo?»
Il giovane dalle iridi cristallini stappò la bevanda, ridacchiando appena senza un motivo apparente, per poi iniziare a sorseggiarla il più velocemente possibile; per quanto il liquido risultava fin troppo amaro per il suo delicato palato, si sentiva tremendamente bene.
Non sapeva esattamente se fosse l'alcool, o semplicemente il fatto di essere al centro dell'attenzione ed essere visto da Seifer come un ragazzo grande.
«Roxas, che cazzo stai facendo?», un'improvvisa voce a lui familiare gli congelò completamente il sangue nelle vene; sgranò gli occhi, allontanando immediatamente la lattina da sé, iniziando a balbettare.«A-Axel...E-Ecco, io...S-Stavo...»
«Che cazzo stai facendo?!», ripetè con aria minacciosa il nuovo arrivato, afferrando di scatto la lattina dalle mani del biondo.
«'E' solo una serata tra compagni di classe'.E io che mi sono fidato di te, cazzo.», continuò con il tono di voce incredibilmente alto, ringhiando qualche altra parolaccia a denti stretti.
«Oh, guardate, il piccolino ha il baby-sitter!», ridacchiò nuovamente Seifer a braccia conserte; Axel si voltò di scatto, riducendo gli occhi a due fessure.
«Scusa, stavi parlando di noi?»
«Ma certo.», rispose fermamente l'altro, ghignando; il fulvo gli si avvicinò pericolosamente, accennando un falso sorriso innocente.
«Non ho la più pallida idea di chi tu sia, ma mi stai già sul culo.», e, dopo aver detto ciò, rovesciò la birra rimanente dalla lattina, schiacciando poi quest'ultima tra le mani e lasciandola cadere in testa al ragazzo.«Spero che la birra ti piaccia.»
E Seifer rimase a bocca aperta, non aspettandosi proprio un gesto del genere: si morse le labbra, infuriato e, sopratutto, inzuppato; la classe, nel frattempo, scoppiò a ridere e tutti iniziarono ad applaudire verso Axel, il quale non si lasciò sfuggire l'occasione per fare un inchino.
Lanciò un veloce saluto ad Hayner e a Xion con la mano, afferrando poi il biondino per il polso, trascinandolo via da quel casino.«Muoviti, torniamo a casa.»
Sentì l'altro accennare una strana risatina.«Va bene, Axey.»
«Eh?»
«Tu sei il mio Axey!», l'improvvisa voce stridula e acuta di Roxas fece venire i brividi al fulvo; lo guardò storto, sospirando e intuendo già che si era ubriacato in poco tempo.
Raggiunse il parcheggio e lo fece sedere accanto a sé, mettendo in moto la vettura, sibiliando qualcosa a denti stretti.«Questa volta mi hai fatto proprio incazzare, lo sai?»
«Mmh...Ti sei arrabbiato perchè avevi paura che ti tradissi?», il biondo ridacchiò nuovamente, punzecchiando la guancia sinistra di Axel con l'indice.
«Roxas, piantala.Lo dico per il tuo bene.», lo incalzò il rosso con aria spossata, cercando di concentrarsi sulla strada di fronte a sé, mentre il più piccolo aveva messo sul volto un'adorabile broncio. «Mi tratti così male, sei cattivo!Adesso esco e mi faccio accompagnare dalla prima persona che passa, ecco!»
«Non dire idiozie.Se ti fai vedere in questo stato come minimo ti stuprano.»
«E a te farebbe piacere stuprarmi?», domandò improvvisamente con innocenza il biondo, appoggiando una mano sulla gamba del rosso che stava fremendo dall'eccitazione; si morse il labbro inferiore, sforzandosi in ogni modo di non lasciarsi comandare dall'istinto.
«Si può sapere che razza di domanda è mai questa?»
«E' una semplice domanda.», farfugliò infantilmente il giovane dagli occhi blu cobalto, avvicinandosi improvvisamente al volto dell'altro, schioccandogli un rumoroso bacio sulla guancia.
Axel frenò di colpo l'auto, ignorando di aver posteggiato nel parcheggio dei disabili; si voltò verso il biondo che stava sorridendo appena, afferrandogli di scatto il mento e fiondandosi così con ferocia sulla sua bocca.
Roxas schiuse immediatamente le labbra, permettendo alla lingua dell'altro di esplorare la propria bocca; arrossì lievemente, facendo per sbottonarsi i pantaloni, quando il fulvo si allontanò, sgranando le iridi smeraldine.«Che cosa stai facendo?»
Il più piccolo si limitò a mugugnare qualcosa di incomprensibile e si avvicinò all'orecchio dell'altro, leccandoglielo con aria giocosa.«Io ti voglio bene, Axey.Tu no?»
Il diretto interessato sospirò, massaggiandosi le tempie, stremato; era sicuramente ciò che desiderava più al mondo da tempo, ma non voleva farlo così.
Non voleva approfittarsi del fatto che il biondino fosse ubriaco: no, non sarebbe stato giusto.
«Roxas, ti prego.Così mi rendi tutto più complicato.», sibilò a denti stretti, cercando in ogni modo di non saltare addosso all'altro che, nel frattempo, aveva inclinato il volto su un lato, tornando al proprio posto.«Axey non mi vuole bene.»
«No, Roxas, è solo che...Non ora, ecco.», e sospirò per l'ennesima volta, sentendo lo sguardo del giovane dalle iridi cristalline addosso.
«Axey?»
«Mh?»
«Mi vuoi bene lo stesso?», e il rosso si voltò verso il più piccolo, notando quanto fosse innocente e candido sotto il pallore della luna all'esterno.
«Non immagini neanche quanto.», bisbigliò sorridendogli, prima di rimettere in moto l'auto.




Fece qualche passo indietro, sogghignando, mentre l'altro lo guardava attentamente con un palloncino in mano comprato poco prima.
«Adesso guarda, eh.», gli raccomandò il ragazzino di dieci anni, strofinandosi le mani per poi correre in avanti, facendo volare via tutte le colombe e i piccioni presenti; il più piccolo scoppiò in una candida risata.«Poverini, stavano mangiando!»
«Ma è divertente spaventarli!», osservò l'altro, annuendo energeticamente, notando che gli uccelli stavano velocemente tornando al punto di prima.
«Lasciali in pace, Axel!», brontolò il biondo, seduto sul muretto, pensando che quelle povere creature meritassero un pò di pace.
«Un'ultima volta e poi li lascerò stare.», promise il rosso, per poi aggiungere un veloce 'Forse', ridacchiando; prese nuovamente la rincorsa e balzò in avanti, spaventandoli e facendo nuovamente ridere Roxas; quest'ultimo battè allegramente le mani, lasciando andare la presa al filo del palloncino.
«O-Oh, no!Il...Il mio p-palloncino!», il bambino di sette anni salì in piedi sul muretto, allungando le braccia nella speranza di afferrarlo, senza risultati; saltò diverse volte, ma il palloncino era ormai troppo alto.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo, ma trattenne il pianto, limitandosi ad abbassare lo sguardo con aria sconsolata.«Il mio palloncino è andato via.», sussurrò scendendo dal muretto, stringendosi le spalle.
«Non essere triste; se vuoi te ne comprerò un altro.», cercò di consolarlo il più grande, tirandogli una pacca sulla spalla: il giovane dagli occhi blu cobalto scosse la testa.«Ma io rivoglio il mio palloncino!Lui era mio amico...»
«I palloncini non possono essere tuoi amici, Roxas.», spiegò pazientemente Axel, sospirando: avere un compagno così piccolo, talvolta, era stressante.
«E invece sì!», trillò testardamente il bambino, stringendo i pugni, per poi rialzare lo sguardo in cielo, notando che il suo amato palloncino era diventato solo un punto indistinto nel cielo.«E adesso dove andrà?»
«E io che ne so.», rispose con acidità il rosso, scocciato da quella stramba domanda a cui non sapeva dare risposta.
«Forse volerà in Paradiso...», sussurrò con aria persa il biondo, ignorando l'affermazione dell'altro.«Con il mio nonnino.Lui ci è andato qualche giorno fa.», e, di fronte a quella beata e dolce innocenza, Axel non riuscì a fare a meno di sorridere malinconicamente, pensando a quando i suoi gli dicevano che i morti volassero via, nel cielo più limpido e azzurro.
«Tuo nonno adesso sta tenendo in mano il tuo palloncino, lo sai?E ti starà pensando.Ne sono sicuro.»
«Dici...Dici davvero?», chiese con aria abbagliata il più piccolo, osservando intensamente l'altro, il quale annuì, senza smettere di sorridere.

«Ma certo.E anche noi, un giorno lontano, voleremo nel cielo, in Paradiso.»
«Insieme?»
«Sì.»
«Me lo prometti?»
«Te lo prometto.»
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*Note di Rox'*
Ed ecco anche il 6° capitolo di questa raccolta (:
Uh, siamo alla metà esatta =O
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo; l'ispirazione mi è venuta molto facilmente e, in particolare, la scena delle colombe l'ho vissuta in prima persona, quindi .w.
Mmh..Beh, come sempre, ringrazio tutti coloro che hanno recensito e chi ha messo la storia tra le seguite/preferite; spero che continuiate a recensire.
Insomma, se leggete le mie storie io voglio sapere una cazzo di opinione.
Vorrei in particolare ringraziare '_KHProminence_' per avermi aggiunta tra le autrici preferite; sono lusingata, davvero.
...E ormai ci stiamo avvicinando alla fine della scuola.*Fissa il vuoto*
Va beh, dopo le mie solite perle di saggezza di cui a nessuno frega qualcosa, posso finalmente svanire di scena.
Non dovrei fare fatica ad aggiornare, dato che sono già arrivata a scrivere fino a Settembre (;
Per quanto riguarda 'Tutor & Boyfriend', sto lavorando sul capitolo; mi auguro di non tardare com'è successo l'ultima volta .w.
Alla prossima!
E.P.R.

 

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Capitolo 7
*** July -Doll- ***


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July -Doll- 

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Sarebbe stato divertente per lui.
Senza alcun dubbio.
Axel si strofinò le mani con un sorrisetto sghembo dipinto sul volto, affrettandosi poi a sbottonarsi la camicia celeste, lasciando scivolare anche i jeans lungo il pavimento del bagno.
Osservò il proprio corpo perfetto allo specchio, infilando le dita tra i capelli fiammeggianti con aria fiera. «Ogni giorno mi stupisco della mia bellezza.», affermò con evidente narcisismo di fronte al proprio riflesso, spogliandosi infine anche dei boxer neri.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta e il fulvo si voltò di scatto con un allegro sorriso.
«Axel? Hai finito?», sentì la candida voce della persona che stava attendendo e si lasciò sfuggire un sospiro che aveva una vaga punta erotica.
«Entra pure: è aperto.», cercò di rassicurarlo il più grande, osservando la porta in legno massiccio che lentamente si apriva, facendo apparire una timida figura.
Con quell'espressione imbarazzata e le gote appena arrossate, ad Axel venne in mente la recita scolastica del biondo, in quarta elementare: avevano messo in scena la famosa fiaba di Hansel & Gretel, e Roxas, con quei corti capelli ribelli e i suoi grandi occhi blu, risultava perfetto per la parte del giovane protagonista.
Gli avevano fatto indossare un buffo vestito azzurro e verde con le bretelle che lo facevano sembrare più bambino di quello che già era.
E, nonostante il più grande non aveva fatto altro che prenderlo in giro per giorni e giorni dopo la fine dello spettacolo, la verità era che l'aveva trovato tremendamente adorabile.
Il ragazzo dagli occhi smeraldini scoppiò in una fragorosa risata di fronte al volto ulteriormente arrossato dell'altro; Roxas tentò di coprirsi goffamente la visuale e fece per andarsene, quando si sentì afferrare improvvisamente per il polso destro.
Axel lo trascinò verso il proprio corpo; sghignazzò così con aria divertita, baciando teneramente la chioma bionda del giovane.
«Avevi...Avevi detto di aver finito...», balbettò il più piccolo, appoggiando la testa sul petto muscoloso del fulvo che sorrise nuovamente, facendo scivolare una mano verso i pantaloni dell'altro, sbottonandoli con aria ambigua.
«Non preoccuparti, non ti faccio nulla.», si affrettò a sussurrare sordamente accanto all'orecchio sinistro del biondo, avendo notato la sua espressione improvvisamente impaurita e spaesata.
«Lo sai...», continuò a bisbigliare sommessamente mentre privava il giovane anche della maglietta, «Lo sai, sei bellissimo.»
Ormai lo stava sciogliendo completamente.
Quella lastra di ghiaccio che aveva caratterizzato per anni e anni il ragazzo dagli occhi blu cobalto si stava sciogliendo sotto il suo fuoco.
«Sei perfetto.», ripetè afferrandolo per i capelli, costringendolo ad alzare il volto, osservando così intensamente quel profondo sguardo.
Prima che Roxas potesse ringraziare in qualsiasi modo, il fulvo si lanciò con forza sulle sue piccole labbra, divertendosi a torturarle con la lingua e con i denti.
Strinse la presa al polso, mentre con l'altra mano lo spogliava anche della biancheria intima; lo vide stringersi timidamente le gambe e arrossire ulteriormente, con gli occhi sgranati e allarmati.
No.
Lui aveva paura.
Non voleva. Non ora.
Appoggiò la mano libera sul caldo petto del diavolo dai capelli fiammeggianti, cercando di spingerlo appena per ottenere la sua attenzione; egli, infatti, si allontanò con un'espressione infastidita, riducendo gli occhi a due fessure. «E adesso che hai, nanerottolo?»
Il biondo, dal canto suo, lo guardò male per quello stupido appellativo; successivamente sospirò, abbassando timidamente lo sguardo. «Axel, senti...»
«Ti ho già detto che non ti faccio nulla.», ribadì il rosso con esasperazione, estremamente infastidito per aver interrotto il proprio lavoro di seduzione; senza lasciare all'altro il tempo di dire qualcosa, si chinò nuovamente, riprendendo a giocare con le sue labbra.
Succhiò con avidità quella bocca che si arrossò sempre più, facendo gemere il biondo che temeva seriamente di poter perdere l'equilibrio, dato che le sue gambe si stavano sciogliendo come il burro sotto il sole bollente di luglio; in quel momento lo detestò più che mai.
Sperò che smettesse di baciarlo con tanta foga, ma, al tempo stesso, desiderò ardentemente che continuasse a stregarlo con quel suo caldo sapore così travolgente da annebbiargli i sensi.
«Axel...», lo chiamò con aria estasiata, mugugnando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé; l'altro, dal canto suo, scoppiò a ridere, lasciandogli un ultimo bacio sulla fronte. «Ti piacciono i miei baci, eh?»
Roxas arrossì ulteriormente e non rispose, limitandosi ad incrociare infantilmente le braccia; il fulvo soffocò una seconda risata e si infilò una mano tra la folta chioma rossa, avviandosi poi verso la vasca da bagno che aveva preparato poco prima.
Si immerse nell'acqua calda e inclinò la testa all'indietro, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro rilassato; il più piccolo, nel frattempo, lo osservò attentamente con le gote arrossate, stringendosi le spalle.
«Beh, non vieni a farmi compagnia?», chiese retoricamente Axel, socchiudendo gli occhi, mentre l'altro prendeva qualcosa dal cassetto bianco, affrettandosi poi a scivolare anch'egli nell'acqua.
Sentì l'intero corpo vibrare di fronte a quell'improvviso calore che lo rilassò completamente; osservò le due paperelle di gomma che aveva preso galleggiare allegramente accanto a lui e si divertì a soffiare su di esse, cambiando la loro direzione.
«Ma che stai combinando?», chiese improvvisamente il ragazzo dagli occhi smeraldini, sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro.
«Gioco...Gioco con le papere, no?», domandò innocentemente il biondo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

«E poi dici che non sei infantile.», gli fece notare con affilata ironia il diavolo dai capelli rossi, lasciandosi sfuggire un'acuta risata.
«Io non sono infantile; è...E' divertente, tutto qui.»
«Ti diverte giocare con le papere di gomma?», chiese con aria sinistra Axel e si avvicinò appena all'altro, afferrandogli con un gesto secco il mento per poterlo guardare dritto negli occhi. «Ti faccio provare io qualcosa di più divertente.», bisbigliò poi senza lasciare al più piccolo il tempo di rispondere.
Lo costrinse ad inclinare la testa e appoggiò le labbra tra la spalla e il collo; strinse la sottile pelle tra i denti ed iniziò a succhiare lentamente, lasciandovi di tanto in tanto qualche bacio.
Le fiamme.
Quelle dannate fiamme lo stavano sfiorando ed erano pericolosamente vicine.
Troppo.
Ma lui, ormai, era troppo debole per lottare; lasciò le paperelle e gemette a lungo, sussurrando più e più volte il nome di quel ragazzo che lo stava facendo impazzire.
Allungò timidamente le braccia e appoggiò le mani sulla schiena di lui, socchiudendo gli occhi.
Era inutile lottare contro il fuoco, si ritrovò a pensare.
Lo aveva già sciolto del tutto.
Si lasciò trasportare da quella miriade di emozioni e, prima di chiudere definitivamente gli occhi, osservò le due paperelle di gomma che, galleggiando, si allontanavano da lui, nuotando nella parte opposta.

 


«Andiamo, Demyx, fatti accompagnare da Saix: sei praticamente ubriaco fradicio.», Axel scosse la testa con aria divertita, osservando l'amico sbronzo che stava tentando di avere un'animata conversazione con la lampada nel soggiorno.
«Perchè me ne devo andare? Io voglio rimanere qui!», si lamentò improvvisamente il castano, sbattendo infantilmente il piede per terra, tornando poi tranquillo come prima, osservando un punto perso nel vuoto.
L'altro sospirò, massaggiandosi le tempie per poi rivolgersi al ragazzo dai capelli celesti accanto a sé. «Saix, ti prego, fa' qualcosa.»
Il diretto interessato annuì, avvicinandosi al terzo presente, afferrandolo furtivamente per il colletto della maglia. «E' ora di tornare a casa.»
«No! No, no! Non potete trattarmi così! Tra me e Lucynda è nato un grande amore! Lucynda, non mi dimenticare!», gridò Demyx, allungando le mani verso la lampada con aria afflitta, mentre l'altro lo trascinò fuori dalla stanza.
«Grazie ancora dell'invito. E buon compleanno.», lo salutò apaticamente Saix prima di aprire la porta e svanire dietro di essa, portandosi dietro il castano che continuava a dimenarsi e a strillare come un bambino.
«Non aspettarti che ti aiuti a pulire tutto questo casino.», si voltò di scatto, notando l'improvvisa apparizione di un biondino dagli occhi blu cobalto che aveva incrociato le braccia, indicando con un cenno della testa il pavimento sporco di pop-corn, patatine, torta e birra.
«Eppure io ti avevo invitato proprio per questo.», rispose ironicamente il fulvo, sogghignando, mentre l'altro sollevò istintivamente un soppraciglio, schioccando la lingua in segno di dissenso. «Arrangiati. Così impari ad invitare venti persone.»
Axel ridacchiò, scuotendo la chioma rossa. «Beh, ho fatto vent'anni, no? Così ho invitato venti persone. Logico. L.O.G.I.C.O. Got it memorized?», e si picchiettò la fronte con un'espressione divertita, nonostante il biondo continuasse a guardarlo male.
«Certo, certo. Come vuoi tu.»
«Sei proprio uno stronzo, lo sai?», chiese retoricamente il rosso, storcendo le labbra in una smorfia improvvisamente imbronciata; l'altro, dal canto suo, sbuffò, intuendo già a cosa si stesse riferendo.«Ancora con questa storia? Ti ho già detto che non sapevo che cosa comprarti, diamine.»
«O forse è solo una scusa perchè ti eri scordato del mio compleanno, uh?», lo incalzò il più grande, tremendamente offeso.
«Mi vuoi spiegare come diavolo avrei fatto a dimenticarmi del tuo compleanno se me ne hai parlato già settimane prima?», Roxas sospirò nuovamente, avviandosi verso la porta, venendo però improvvisamente bloccato dall'imponente figura del ragazzo dagli occhi smeraldini.
«Mh, hai ragione. Non importa. Anche se...»
«Anche se cosa?», lo incitò a continuare con esasperazione il biondo, notando il sorrisetto ambiguo dipinto sul viso dell'altro.
«Anche se sei l'unico che non mi ha fatto il regalo.», continuò il fulvo, senza smettere di sorridere.
«E mi dovrebbe importare qualcosa?»
«Teoricamente sì.»
«Peccato che non sia così.», tentò di concludere il più piccolo, allungando la mano verso la maniglia, quando il rosso gli afferrò di scatto il braccio.
«Ehi, cos'è tutta questa fretta?»
«Axel, lasciami: devo andare, cavolo. Ho una vita fuori da vivere, sai?», domandò con sarcasmo Roxas, facendogli cenno di spostarsi, senza essere però ascoltato.
«Non ti ricordi che ti avevo parlato di una piccola sorpresina?», il ventenne lasciò la presa al braccio dell'altro, allontanandosi un poco, sapendo già di aver attirato la sua attenzione.
«Una piccola sorpresina?», ripetè il biondo con ingenua curiosità, guardandosi attorno. «E dov'è?»
Axel non rispose e si limitò ad avviarsi in camera sua in fondo al corridoio, lanciando una fugace occhiata al biondino che, come aveva sospettato, si precipitò a seguirlo; aprì velocemente la porta, facendo entrare il giovane ospite con un sorrisetto inquietante.
«Allora? La sorpresa?», chiese fremendo dall'emozione il ragazzino dalle iridi blu, facendo saettare lo sguardo da una parte all'altra della stanza, non trovando nulla di nuovo; si voltò di scatto, accorgendosi che l'altro aveva chiuso la porta a chiave.
«La vedrai presto, ma ad un patto...», iniziò a parlare con aria ambigua il rosso, muovendosi lentamente verso il biondo che era ancora in piedi al centro della stanza. «Mi devi dare il mio regalo di compleanno. Ne ho tutto il diritto in fondo, no?»
Roxas si sentì improvvisamente percosso da un brivido; annuì debolmente con aria incerta, sforzandosi di tirare fuori la voce che, stranamente, si era fatta più fioca. «Però adesso i negozi sono chiusi, è tardi. Non so se...Se riuscirò a comprarti qualco-»
«Non preoccuparti.», lo interruppe di scatto Axel. «Non ci serviranno i negozi. E non dovrai nemmeno spendere un centesimo. E' un piccolo regalo che desidero da tempo, Roxas.»
Il biondo si irrigidì, incastrando il volto tra le spalle; come un lampo che squarciava il cielo, la sua mente sembrò elaborare immediatamente che cosa avesse in testa quella specie di diavolo dai capelli fiammeggianti.
Eppure sperò con tutto il cuore di aver capito male.
«E tu hai già capito qual'è. E' proprio quello, dolcezza.», lo prese allegramente in giro il rosso, notando l'evidente disagio dell'altro che lo osservava con le iridi blu sgranate e spaurite; si avvicinò a lui alla velocità della luce, sedendosi comodamente sul letto.
Picchiettò le mani sulle proprie gambe, facendogli cenno di sedersi su di esse; ma il biondo scosse la testa, facendo un passo indietro.
«A-Axel, apri la porta, io devo a-andare. Sul serio.»
Eppure il più grande si limitò ad accennare un vago sorriso tirato; allungò il braccio, riuscendo ad afferrare il polso dell'altro, tirandolo verso di sé e facendolo sedere sulle proprie ginocchia. «Voglio il mio regalo di compleanno, Roxas.»
Era un bugiardo.
Gli aveva detto che avrebbe atteso quando lui sarebbe stato pronto.
E invece no.
Le sue calde labbra stavano già assaggiando ogni punto del suo collo, lasciandovi dei segni rossi di tanto in tanto; lo sentì ridere sommessamente e capì immediatamente che si sarebbe bruciato definitivamente.
Ormai era immerso tra le fiamme e non poteva più uscire.
Era in trappola.
Si lasciò spogliare e osservò i propri vestiti scivolare lentamente sul pavimento.
Uno bugiardo. Un bugiardo molto furbo.
E lui così stupidamente ingenuo.
«Hai paura?», lo udì chiedere accanto al proprio orecchio mentre lo costringeva a sdraiarsi sul letto, sistemandosi esattamente sopra di lui.
Lasciò che quegli occhi indecifrabili gli trapassassero l'anima; si lasciò guardare, nudo, così maledettamente nudo.
Si sentì sbagliato; troppo esile, le gambe troppo magre, il corpo troppo minuto; la pelle troppo chiara e nivea, gli occhi troppo blu, le labbra troppo piccole, lo sguardo troppo impaurito.
Era tutto sbagliato.
Lo vide togliersi velocemente la maglietta e sbottonarsi i jeans, lasciando che le sue vesti facessero compagnia a quelle dell'altro.
«Roxas, hai paura?», gli chiese nuovamente con insistenza, lasciando che le sue mani esplorassero il corpo del giovane che rabbrividì; si sforzò di scuotere la testa, ottenendo una squillante risata da parte dell'altro.
«Stronzate.», bisbigliò con aria divertita, facendo scivolare le calde labbra fino al suo ombelico; sogghignò, mordicchiandogli la pelle con dolcezza.
«Sei stato molto bravo», sussurrò improvvisamente dopo qualche secondo di silenzio il rosso, ottenendo l'attenzione del più piccolo. «Non hai opposto molta resistenza. Bravo.»
Bravo?
Era stato bravo?
Sì, era stato bravo.
I bravi bambini ascoltano sempre le parole degli adulti senza fare i capricci.
«Non immagini neanche quanto ti ho desiderato.», continuò a parlare piano, facendo scorrere le labbra lungo quel corpo vellutato e chiaro; lasciò che una mano lo privasse dei boxer e si tuffò in quell'oceano blu tremante.
«Cerca solo di rilassarti.», Axel si sdraiò accanto al più giovane, permettendo alla propria mano di sfiorare la sua intimità; lo vide arrossire violentemente e chiudere di scatto gli occhi, sperando forse di potersene andare al più presto.
Ascoltò i flebili sospiri del biondo aumentare di intensità non appena lui aveva iniziato ad accarezzarlo più velocemente; nel frattempo allungò la testa e gli baciò delicatamente il collo, cercando di tranquillizzarlo in ogni modo.
Quelle fiamme così brucianti lo stavano trascinando via, lontano.
Bruciava.
Stava bruciando.
«Axel...Axel...», lo chiamò ripetutamente, senza fermarsi; sentì il proprio colpo accaldarsi di fronte a quelle attenzioni a cui non era per nulla abituato, le gote che si arrossavano sempre di più e i gemiti che non riusciva più a trattenere.
Strinse le coperte con disperazione, soffocando a fatica un breve gridolino non appena raggiunse l'apice di quella miriade di emozioni; si ritrovò con il respiro affannato, gli occhi rivolti verso il basso e il cervello in tilt.
«Axel...», lo chiamò nuovamente con voce terribilmente stridula, sforzandosi di non tremare; l'altro gli alzò il mento, fiondandosi sulle sue labbra senza lasciargli il tempo per riprendere fiato, violandole immediatamente con la lingua.
E, per la prima volta, sentì il caldo mescolato ad una punta fredda.
Riaprì gli occhi, confuso e spaesato di fronte a quelle nuove sensazioni e vide che il più grande si era allontanato da lui, tirando fuori la lingua con un'espressione divertita, mettendo in mostra quella piccola pallina di metallo. «Dàdàn. Ecco la tua sorpresina.»
Il biondo allungò timidamente l'indice, sfiorando il piercing; l'altro, dal canto suo, ne approfittò e iniziò a mordicchiargli il dito, baciandoglielo delicatamente, spostandosi poi verso la mano e il braccio, lasciandogli una lunga scia di baci lungo la spalla.
Roxas si chiese se si poteva morire per la troppa emozione.
Sperò che la risposta fosse negativa, perché, nel caso non fosse stato così, sarebbe sicuramente morto.
Il diavolo dai capelli rossi gli afferrò entrambi i polsi, spingendoli contro il materasso; abbassò poi il volto verso il candido collo dell'altro, riprendendo a baciarlo con sensualità, scivolando poi verso i capezzoli, mordicchiandoli giocosamente.
Il biondo, nel frattempo, tra gemiti e sospiri, voltò faticosamente lo sguardo verso la finestra, scrutando l'immenso paesaggio che si ergeva di fronte a sé; vide la bellezza del tramonto e il miscuglio dei colori che amava tanto.
«Non potevi farmi regalo migliore.», commentò improvvisamente Axel, massaggiando dolcemente la gamba sinistra del più piccolo che si lasciò sfuggire un debole sorriso; poi si sentì capovolgere e si ritrovò a pancia in giù.
Ebbe paura.
«Sentirai un pò di dolore.», ammise in un sospiro erotico il fulvo, strusciando il proprio corpo sull'altro, il quale iniziò a mordersi furiosamente il labbro inferiore, cercando di concentrarsi sul cielo dipinto di rosso, arancio e giallo.
Volle improvvisamente dire un'infinità di cose.
Volle spingerlo via, alzarsi e scappare.
Volle dirgli che non era pronto.
Volle implorarlo di non fargli male.
Ma non disse nulla; sgranò solo gli occhi e si sentì mancare il fiato non appena l'altro lo penetrò lentamente.
Il rosso gemette appena, iniziando a muoversi con estrema attenzione dentro il corpo del giovane che temeva di impazzire all'impatto di quelle numerose emozioni a lui nuove.
«Roxas...Roxas, sei...Sei fantastico...», mugugnò a fatica, stringendo i fianchi del biondo con brama.
Fantastico.
Gli aveva detto che era fantastico anche se lui non stava facendo nulla.
Era fantastico a non fare nulla?
Eppure lui sentiva solo un dolore immenso mescolato ad un pizzico di piacere: infilò le unghie tra le coperte e si morse con forza il labbro inferiore, accorgendosi poi del liquido rosso che iniziava a sgorgare lentamente.
Sarebbe sicuramente impazzito.
Sussultò, sentendo le labbra di lui andare a succhiare la pelle della propria spalla, mordendola con forza per scaricare la tensione.
Strinse i denti, senza riuscire più a trattenersi: gemette e gridò, lo chiamò, più e più volte, gli disse che sentiva dolore e piacere, gli disse che non era giusto, che era tutto sbagliato.
Scosso da brividi sempre più frequenti, urlò con disperazione, raggiungendo il culmine di quelle violenti sensazioni, udendo il battito furioso del proprio cuore.
Sentì una scarica di calore all'interno del proprio corpo e socchiuse gli occhi, improvvisamente stanco, mentre l'altro uscì lentamente dalla sua apertura.
Rimase immobile, riempiendo la stanza con il proprio respiro affannato; lo aveva spogliato della sua verginità, della sua innocenza.
«Roxas...», si sentì chiamare sommessamente dall'altro, ma non si mosse: lasciò che il proprio sguardo vagasse per la stanza e notò una mensola vuota sulla parete gialla.
Gli venne in mente di quando, parecchi anni prima, si era recato a casa di Xion; nella sua piccola camera rosa, accanto alla scrivania, vi era una mensola di legno su cui sedevano ordinatamente numerose bambole di porcellana.
Indossavano candidi vestitini, la pelle lattea, gli sguardi persi e i capelli estremamente curati, ricadenti sopratutto in morbidi boccoli sulle spalle.
«Sono fantastiche.», gli aveva detto la giovane bambina, osservando con aria sognante le bellissime bambole.
E Roxas si era chiesto come potessero essere fantastiche, se erano lì, immobili, immerse nella loro bellezza.
«Roxas.», l'ennesimo richiamo e si sentì afferrare per un braccio; Axel lo costrinse a sedersi sulla propria gamba e infilò una mano tra i i capelli ribelli dell'altro, incollati al viso a causa del sudore.
«Sei bellissimo.», bisbigliò mordicchiandogli il lobo dell'orecchio, facendo scorrere l'altra mano lungo il corpo del biondo.
Troppo esile, troppo piccolo, troppo silenzioso; eppure era fantastico e bellissimo.
Si domandò se il rosso lo considerasse una bambola; una bellissima bambola di porcellana, come quelle in camera di Xion.
Se c'erano ancora.
«Ti voglio solo per me.», fu l'ultima cosa che disse prima di baciargli teneramente le labbra rosee, mentre il più giovane osservò intensamente il cielo che faceva posto alla sera.
Rabbrividì e si voltò verso il fulvo, sorridendo flebilmente. «Buon compleanno, Axel.»




«Perchè fanno così?», chiese il giovane bambino di otto anni, osservando una coppia di ragazzi che avevano le labbra incollate in un lungo bacio, seduti su una panchina di legno accanto alla fontana.
«Perchè fanno schifo.», Axel storse il naso in una smorfia disgustata; baciarsi era da sfigati.
«Mia zia mi aveva detto che la gente fa così quando ci si vuole bene.», spiegò impacciatamente il biondo, stringendo il piccolo skate bianco e nero tra le mani.
«Io voglio bene a tante persone, però non faccio così.», replicò fermamente il dodicenne, sbuffando.
«Ma forse si fa solo quando si vuole veramente tanto bene a qualcuno. Tantissimo.», aggiunse infine il più piccolo, annuendo con aria saggia.
L'altro sollevò un soppraciglio. «Ne sei sicuro?»
«Veramente no.»
Il giovane dai capelli scarlatti afferrò improvvisamente Roxas per le spalle, chinandosi per raggiungere la sua altezza; osservò intensamente quell'immenso oceano blu e gli stampò un rumoroso bacio sulle morbide labbra, facendo arrossire violentemente il biondo che aveva fatto cadere a terra lo skate.
«Ecco.», disse poi con espressione indecifrabile, allontanandosi appena.
Il bambino appoggiò una mano sulla bocca, tremando un poco, imbarazzato e allibito al tempo stesso; si guardò attorno, quasi timoroso che qualcuno avesse visto tutto, per poi sforzarsi di chiedere. «Quindi adesso...Noi facciamo schifo?»
Il fulvo assunse una smorfia pensierosa, tastandosi anch'egli le labbra per poi scuotere la testa. «No, non facciamo schifo.»
E si chiusero in un ostinato silenzio, nel quale Axel continuò ad osservare intensamente il più piccolo che, invece, tentava di concentrare la propria attenzione altrove.
Vide i due giovani alzarsi e allontanarsi dal parco mano nella mano, sorridendo e ridacchiando sommessamente, scambiandosi altri baci di tanto in tanto.
Si voltò poi impacciatamente verso il rosso. «Axel?»
«Sì?»
«Me...Me lo rifai ancora?», chiese timidamente, stringendosi le spalle, osservando poi l'altro che gli si era nuovamente avvicinato.
«Sì.», rispose brevemente prima di appoggiare entrambe le mani sulle guance dell'altro tinte dolcemente di rosso, unendo nuovamente le loro labbra.
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*Note di Ev'*
Ehm', sì...
Allora, eccoci qua a Luglio, con appunto il titolo di 'Bambola'.
Questo, per ora, è il capitolo più lungo della storia -Non capisco perchè lo dico tutte le volte; cioè, ma chissenefotte! D:- , ehm'...Mmmh...
Avevo deciso immediatamente di infilare il compleanno di Axel nel mese di Luglio; non so perchè, ma ce lo vedo bene nato in quel periodo .w.
Sicuramente ha maggiore importanza la parte centrale del capitolo, anche perchè, ecco...Sì, è la prima volta che descrivo una scena porn-hard più erotica; ho sempre avuto timore di scrivere qualcosa del genere perchè temo di non riuscire ad utilizzare i termini giusti, o di ricadere nel banale. -No, la verità è che mi vergogno a morte perchè poi arrossisco da sola ;__; -

Quindi, siate clementi; ho descritto la scena senza utilizzare termini espliciti o volgari -E, proprio per questo, ho pensato che, forse, potrei anche lasciare il Raiting Giallo; se qualcuno ha da ridire, mi faccia sapere e vedrò di cambiarlo.Anche se ho letto storie in Raiting Arancione che sono molto peggio.-, anzi, ho reso la scena più...Più riflessiva possibile, attraverso i pensieri di Roxas.
Mi vorrei scusare se sembro così impacciata o imbarazzata nel trattare tali discorsi ;___; -Cioè, cazzo, mi faccio pena da sola D:-
Comunque, mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento; e, se avete letto, vi prego di recensire.
Come ripeto sempre fino alla nausea siamo in un sito dove ci si deve confrontare, porco pinguino del Polo-Nord che vive insieme a Babbo Natale (?!)!
...Cioè, vi rendete conto che oggi c'è stato un terremoto? Va beh, che poi qui si è sentito a malapena; diamine, era assurdo vedere il volto scosso delle mie compagne, neanche ci fosse stata la fine del mondo D: Bah, gente catastrofica...
Non ho altro da aggiungere; piuttosto ora vado a farmi una bella piz- etciù ;___; Vi prego, ditemi che non ho preso again il raffreddore ;AAA;
Alla prossima, gente!
E.P.R.

 

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Capitolo 8
*** August -Anger- ***


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August -Anger-

 

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Si dondolò con aria assorta in quella piccola altalena, osservando un punto vuoto del terreno.
Amava profondamente quel parco perché era nascosto e non ci veniva mai nessuno, nemmeno in piena estate.
Era lui il re di quel giardino. Lui e nessun altro.
Non aveva mai condiviso quel suo posto segreto, eppure gli venne improvvisamente voglia di farlo; si lasciò sfuggire un lieve sorriso sulle piccole labbra e tirò fuori il cellulare, quando quest'ultimo vibrò.
Un nuovo messaggio.
Inclinò il volto su un lato, incuriosito, e si affrettò a leggerlo: un MMS da Olette.
Strano. Lei di solito detestava inviare messaggi.
'Mi dispiace.'
Ridusse gli occhi a due fessure, senza capire a cosa si riferisse; ma, nonostante ciò, si sentì inspiegabilmente in ansia.
Notò poi che il messaggio non era finito: vi era allegata una foto che non si era ancora caricata.
Sbuffò, picchiettando le Vans bianche e nere sul terreno, spazientito: accidenti al suo dannato cellulare risalente al Paleolitico.
E, proprio mentre stava per chiudere il messaggio e chiamare Olette per dirle che non aveva ricevuto nulla, si pietrificò: i suoi occhi blu cobalto si dilatarono in un'espressione shockata e gli sembrò di sprofondare tre metri sotto terra.
Rimase perfettamente immobile con il telefono in mano ad osservare quella foto che gli aveva fatto avere un improvviso contatto di nausea; per un attimo ebbe l'impulso di piangere o di gridare, ma non fece nulla.
Si limitò a stringere l'aggeggio tra le mani, senza riuscire a staccare gli occhi da quell'immagine che raffigurava un ragazzo dagli occhi smeraldini intento ad assaggiare le labbra di una giovane ragazza particolarmente attraente.
Ma certo.
Lei era bella, formosa, simpatica, dolce; ma, soprattutto, era una lei.
Avrebbe dovuto immaginarsi che sarebbe finita così.
Si lasciò sfuggire una risata amara e scosse la chioma bionda: ma finita cosa, poi?
Come poteva finire qualcosa che non aveva mai avuto un inizio?
Un ammasso di sciocchezze, ecco qual'era la verità.
Deglutì e si detestò a morte per la propria debolezza; si detestò a morte per aver iniziato a bagnare le proprie guance, il proprio collo e la propria maglietta con quelle dannate lacrime amare.
Sentì un dolore indescrivibile alla pancia e si piegò in avanti, singhiozzando lentamente: tremò appena e si portò le mani al volto, vomitando via tutta la disperazione e la sofferenza che lo stava uccidendo.
Era uno stupido.
Uno stupido ingenuo che si era lasciato inghiottire dalle fiamme, solamente per il loro gusto di bruciare e di divorare.
Era stato preso in giro.
Si accorse di non avere nemmeno la forza di alzarsi; singhiozzò più forte e spostò le mani, lasciando che le lacrime potessero rugargli tranquillamente il volto.
Fa niente, si disse, andava bene così, in fondo.
Sobbalzò improvvisamente, accorgendosi della suoneria del proprio cellulare; osservò con aria amareggiata il piccolo schermo luminoso e si irrigidì nuovamente, riconoscendo il numero di Axel.
Udì il proprio cuore martellare più velocemente e roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante, quasi volesse chiedere aiuto, indeciso sul da farsi.
Eppure avrebbe dovuto affrontarlo, prima o poi.
Quindi meglio prima che poi, giusto?
Prese un respiro profondo e premette il tasto verde, portandosi l'apparecchio all'orecchio con aria titubante, rimanendo però in silenzio.
«Pronto? Ehi, Roxas, ci sei?», sentì l'acuta voce del ragazzo che gli mandò l'anima completamente in frantumi.
Non riuscì a rispondere.
Era come se qualcuno gli avesse improvvisamente rubato la voce; sapeva benissimo che se solo si fosse azzardato a parlare, sarebbe scoppiato nuovamente a piangere come un bambino.
E quella era l'ultima cosa che voleva.
«Roxas? Roxas, mi senti?», trattenne il fiato, quasi impaurito di essere scoperto, come un ladro che tentava di uscire furtivamente dalle case altrui.
«Roxas?», si morse forte il labbro inferiore, sperando che l'altro si zittisse, sperando che smettesse di chiamarlo.
«Roxas? Roxas, ci sei?», si lasciò sfuggire un flebile singhiozzo e sgranò gli occhi, affrettandosi a chiudere la chiamata e a spegnere immediatamente il cellulare.
Si tappò le orecchie, come terrorizzato dall'ascoltare ancora il richiamo del fulvo, e si inginocchiò sul terreno, scoppiando nuovamente a piangere.
Non gli importava. Non gli importava. Non gli importava. Non gli importava.



Rise di cuore, schizzando la giovane amica che tentava di coprirsi il volto con le mani vellutate, senza smettere di ridere. «Roxas, smettila!»
«E va bene, ti lascio un pò di tregua.», rispose con aria divertita il biondo, immergendosi completamente nell'acqua cristallina e tiepida.
«Meno male.», commentò con un sospiro Xion, mettendosi una mano al petto.
Riemerse dopo qualche secondo e sorrise appena. «Grazie ancora dell'invito, Xion.»
La corvina ridacchiò appena con le gote lievemente arrossate, scuotendo la testa. «Non devi ringraziarmi, Roxas: sei il mio migliore amico e volevo passare un pò di tempo insieme a te.»
L'altro si sentì scaldare il petto di fronte alla dolcezza della compagna; era davvero fortunato ad averla conosciuta.
«Roxas, che ne dici se conto quanto tempo riesci a stare sott'acqua?», propose improvvisamente la ragazza, continuando a sorridere teneramente; il volto del giovane dagli occhi cristallini si illuminò ed annuì energeticamente, compiaciuto dall'idea. «Mi sembra perfetto!»
«Bene, sei pronto?»
Il biondo annuì, stando attento alla partenza. «Tre, due, uno...Via!», e chiuse di scatto gli occhi, immergendo la testa in acqua, cercando in ogni modo di non concentrare i propri pensieri sul tempo che passava.
Due settimane e cinque giorni.
Era riuscito ad evitarlo, anche se con estrema fatica: aveva ricevuto decine di chiamate, messaggi in segreteria e tutti i suoi amici appena lo vedevano gli dicevano ''Ehi Roxas, c'è Axel che ti sta cercando!''
Come se già non lo sapesse.
Si era trovato anche un paio di volte addirittura dei mazzi di fiori di fronte alla porta di casa, con dei bigliettini su cui erano scritte frasi del tipo ''Mi manchi'', oppure ''Cercami'', o ancora ''Perché?''
Era partito poi per cinque giorni per passare un pò di tempo con suo cugino Ventus; si era divertito un sacco, aveva fatto nuove conoscenze ed era riuscito a rilassarsi un pò.
Per una volta desiderava solo svuotare la mente.
Si accorse che iniziava a mancargli il fiato e non riuscì più a trattenersi a lungo; si affrettò a fuoriuscire dall'acqua, respirando affannosamente per poi portarsi una mano alla gola, alla ricerca di ossigeno.
Si voltò verso la giovane amica, aspettandosi un suo complimento o un suo sorriso; eppure sul suo volto era dipinta un'espressione indecifrabile e si limitava ad osservare un punto in particolare dietro di lui che si voltò istintivamente.
Si sentì mancare un battito.
Fu come se qualcuno gli avesse improvvisamente puntato la pistola sulla testa, o meglio: se gli avesse appena sparato.
Che ingiustizia, si disse: era orribile che il passato continuasse a bussare insistentemente alla porta della sua mente.
Era proprio una cattiveria.
Lui non parlò, si limitò ad osservarlo con aria fredda che gli fece venire i brividi: avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi.
Si accorse di un movimento veloce nell'acqua e si voltò di scatto verso Xion che si stava allontanando lentamente, rivolgendogli un sorriso di scuse; strinse i pugni con rabbia, intuendo che, quasi sicuramente, anche lei c'entrava qualcosa con quell' incontro casuale.
Non riuscì a mantenere il silenzio ancora per molto: era troppo agghiacciante e soffocante. «Che cosa vuoi?»
Axel accennò una risata sinistra, infilandosi una mano tra i capelli ancora perfettamente asciutti, scuotendo la testa, come se fosse a conoscenza di un segreto che l'altro ignorava. «Scompari nel nulla e mi chiedi che cosa voglio? Molto bravo, Roxas.»
Ebbe l'istinto di abbassare lo sguardo, ma si sforzò di mostrarsi forte: lui aveva tutto il diritto di essere offeso, no?
Forse no.
In fondo loro cos'erano?
Perché mai avrebbe dovuto arrabbiarsi?
«E adesso stai anche zitto: ti diverti a prendermi in giro per caso?», Axel avanzò di un passo verso l'altro che invece indietreggiò lentamente.

«Non...Non ho nulla da dirti.», si sforzò di tirare fuori la voce il più piccolo, mantenendo lo sguardo fisso sul volto del fulvo che sogghignò. «Questo però non ti autorizza ad evitarmi così.»
Roxas lo ignorò, intezionato ad andarsene, quando il più grande gli gelò il sangue nelle vene, per quanto il sole gli stesse riscaldando la pelle. «Non dovresti farmi arrabbiare, Roxas. Non ti conviene.»
Venne scosso da un forte brivido e si fermò, senza riuscire più a muovere un altro passo; aveva paura, ecco la verità.
Axel lo aveva sempre spaventato; il fuoco era in grado di bruciarti il corpo e ucciderti dall'agonia.
Le fiamme sapevano proteggerlo ed essere la fonte della sua morte al tempo stesso.
Abbassò lo sguardo verso l'acqua salata del mare e sussultò, sentendo un paio di braccia cingergli la vita: si odiò profondamente.
Non riuscì nemmeno a dimenarsi, a spingerlo via e a gridargli contro che l'aveva fatto soffrire; era immobile, rabbrividendo non appena l'altro aveva iniziato a mordicchiargli l'orecchio.
Una schifosissima bambola.
Non c'era più niente: nè i bambini che giocavano a pallone, nè le ragazze che prendevano il sole, nè i bagnini che scrutavano l'orizzonte, nè i materassi galleggianti.
Solo loro, il mare e il sole in una calda giornata di Agosto.

«Cosa ti è successo?», gli chiese bisbigliando accanto all'orecchio, afferrandogli poi il volto per farlo voltare verso sé.
Il biondo arrossì violentemente, tuffandosi in quegli smeraldi scintillanti che l'avevano stregato ormai da tempo. «Io...Io so quello che hai fatto.»
Axel sollevò un soppraciglio, aspettandosi una spiegazione più dettagliata.
«Tu...Tu hai baciato una...U-Un'altra ragazza.», balbettò il giovane, venendo nuovamente assalito dalla rabbia e dalla voglia di fuggire via.
«Come fai a saperlo?»
«Non ti deve interessare.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti rise di cuore come se avesse appena sentito una barzelletta, scuotendo la testa. «Roxas, stavo facendo il gioco della bottiglia con i miei amici.»
Il biondo si sentì improvvisamente male, accorgendosi di avere un attacco di nausea.
«Ma non ti preoccupare!», si affrettò ad aggiungere, notando l'aria scossa dell'altro. «Ho solo dato un bacio veloce a quella ragazza e me ne sono andato.»
Solo un bacio veloce.
Come faceva ad avere la certezza che gli stesse dicendo la verità?
Come poteva sapere se in realtà lui non si fosse trattenuto più a lungo, baciando magari altre persone e, chissà, forse facendo anche altro.
Non poteva avere quella sicurezza.
E questo Roxas lo sapeva bene; eppure non fece nulla, non si mosse, rimase lì, con lo sguardo basso e amareggiato, sentendo improvvisamente le calde labbra dell'altro travolgerlo nelle sensuali emozioni a lui ormai familiari.

«Mi dispiace.», lo sentì sussurrare a malapena e lo guardò dritto negli occhi, in quelle splendide iridi smeraldini e, allora, capì.
Capì che stava dicendo la verità; sentì un sussulto al cuore e sorrise con dolcezza, appoggiando la testa tra la spalla e il collo del fulvo.
«Non importa. Va bene così, davvero.», bisbigliò lasciando che il sole, e non solo quello, gli baciasse dolcemente la schiena.



Il tredicenne buttò con violenza i libri sul pavimento, tirando poi un calcio contro la sedia. «Cazzo, cazzo, cazzo!», imprecò ripetutamente, mettendosi una mano ai capelli con rabbia; il più piccolo, di fronte a lui, indietreggiò di qualche passo, impaurito.
«A-Axel...»
«Che c'è?!», rispose aspramente il diretto interessato, voltandosi verso il biondo che si strinse le spalle. «Sei...Sei arrabbiato?»
Axel sbuffò ripetutamente, perdendo completamente il controllo. «Ma che domande del cazzo mi fai?! Non si vede per caso?!»
«S-Scusa...», balbettò timidamente il bambino di nove anni, abbassando immediatamente lo sguardo.
«Quegli stronzi dei professori... Ma sì, sempre a rompere le palle e a riempirmi di compiti, cazzo!», continuò a strillare il fulvo, spaventando ulteriormente l'altro che si sforzò comunque di parlare.
«Perché... Perché dici delle parole così brutte?», domandò alzando lentamente gli occhi blu verso il compagno che si irritò sempre di più. «Roxas, la vuoi smettere o no di rompere i coglioni?! E' normale usare questo linguaggio quando si è arrabbiati, porca miseria!», esclamò così in preda all'ira, afferrando il pesante libro di matematica per poi lanciarlo di fronte a sé; Roxas non riuscì a spostarsi in tempo, venendo colpito pesantemente sulla spalla sinistra.
Il rosso sgranò le iridi verdi, placando immediatamente la propria rabbia alla vista del ragazzino che si era appoggiato una mano sulla parte colpita. «Roxas... Merda, scusa, io...»
Il diretto interessato scosse la testa con lo sguardo rivolto verso il pavimento, stringendosi contro il muro; si abbassò lentamente il colletto della felpa blu fino a raggiungere la spalla, mostrando un livido violaceo.
«Roxas, mi... Mi dispiace...Ti giuro che non volevo...», cercò di giustificarsi il compagno, avvicinandosi al più piccolo che allungò di scatto una mano, scuotendo nuovamente il volto e facendogli cenno di allontanarsi.
«Roxas... Scusa, scusami, ti prego, perdonami... Ero molto arrabbiato e non ho pensato alle conseguenze...»
Il biondo osservò un punto vuoto sulle piastrelle, stringendosi con più forza la spalla per poi correre verso l'uscita, spintonando volontariamente il fulvo. «Sei... S-Sei uno stronzo!», e svanì dietro la porta.
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*Note di Ev'*
E rieccomi qua con l'ottavo capitolo di questa raccolta con il titolo di 'Rabbia'. L'intero capitolo è appunto collegato proprio perché nella prima parte viene mostrato il motivo per cui Roxas smetterà di parlare al nostro caro e vecchio (?) Axel; nella parte centrale, invece, si vede una sorta di riappacificazione, dettata soprattutto dalla testardaggine del rosso e dalla paura dell'altro verso quest'ultimo. Inizialmente, proprio per quest'ultima paura, volevo intitolare il capitolo 'Afraid', ma non mi convinceva; successivamente ho pensato a 'Forget' dovuto al fatto che Roxas volesse in un certo senso dimenticare il rosso e... Boh, alla fine, ieri, ho scritto il solito flash-back della loro infanzia; in realtà questa parte doveva andare nel mese di Ottobre, però mi sono accorta che se avessi invertito tutto sarebbe stato meglio, proprio per permettere all'intero capitolo di basarsi sulla rabbia. Infatti questo flash-back, al contrario degli altri, non termina nei migliore dei modi e Roxas, con la sua prima parolaccia, desidera mostrare a parole la propria rabbia.
...Okey, chissenefotte. Non so perchè l'ho scritto, ma ci tenevo a farlo °-°
Uhm altro dire... Beh, sì, io praticamente devo solo scrivere una parte di Novembre e Dicembre per terminare la storia, quindi direi che sono proprio a buon punto.
Insomma, come sempre mi auguro che la storia sia stata di vostro gradimento e vi prego di recensire
Oh, vorrei inoltre dare un ringraziamento speciale a 'Beckill' per avermi aggiunta tra le sue autrici preferite; sono lusingata da tutto ciò, davvero! *Si asciuga una lacrima di commozione*
Sabato ultimo giorno di scuola.
Ohm, vorrei inoltre augurare a tutti coloro che hanno degli esami -Terza media/Maturità/Universitari- un grandissimo in bocca al lupo, gente (:
Alla prossima.
E.P.R. 

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Capitolo 9
*** September -Together- ***


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September -Together-

 

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Una delicata fragranza gli pizzicò il naso e alzò un poco gli occhi, notando un'elegante donna che attraversava la via di fronte a sé.
Gli era sempre piaciuto annusare l'odore altrui; pensava che esso potesse in qualche modo descrivere un piccolo frammento della persona.
Sussultò di colpo, sentendo improvvisamente delle mani nascondergli completamente la visuale; udì una sensuale risata accanto al proprio orecchio e sbuffò con il naso, cercando di spostare le braccia dell'altro.
«Indovina chi sono. », bisbigliò porgendo il volto in avanti, mordicchiandogli giocosamente una guancia; il giovane arrossì lievemene, affrettandosi a ribattere aspramente. «Un idiota. »
Axel grugnì qualcosa a denti stretti in segno di dissenso; soffocò una seconda risata e scostò le mani dal volto del biondo. «Un idiota? Caso mai un figo pazzesco.»
Il più piccolo roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante, borbottando un: ''Ma per piacere.''
Il fulvo nel frattempo si infilò una mano tra la folta chioma, prendendo posto accanto al giovane prima di accennare un radioso sorriso. «Non noti nulla di particolare?»
«Mh?», fece Roxas, poco interessato; lanciò però una fugace occhiata alla propria sinistra, accorgendosi della presenza di una scatola di cartone rettangolare: il suo voltò si illuminò immediatamente. «Pizza!»
«Eh già. », Axel ridacchiò, prendendo lo scatolone ancora caldo tra le mani. «C'era molta gente, ecco perché ci ho messo così tanto. », spiegò con aria concentrata verso il gustoso cibo, leccandosi le labbra.
«Strano che tu abbia avuto un'idea così geniale. », lo prese allegramente in giro il quindicenne, ottenendo un'occhiataccia dal rosso; afferrò poi la prima fetta, portandosela alla bocca.
«Aspetta, Roxas: forse quella è ...», ma, prima che potesse terminare la frase, il biondo stava già masticando con un'espressione estasiata che però mutò quasi subito: si portò una mano sulle labbra, sentendo gli occhi iniziare a lacrimare.
«Ecco, forse quella è la mia parte. », concluse con aria divertita il diavolo dai capelli fiammeggianti, osservando l'altro che nel frattempo tentava di farsi aria alla bocca, cercando disperatamente una bottiglia d'acqua nello zainetto.
«E me lo dici adesso?!», tuonò infuriato Roxas. «E' piccantissimo, accidenti!»
Il rosso scoppiò in una grassa risata. «Non è colpa mia se hai iniziato subito a mangiare. »
L'altro sbuffò, arrendendosi al fatto che non c'era nulla di fresco da bere; si limitò a guardare male Axel che stava mangiando tranquillamente la pizza.
Si chiese se non avesse davvero la lingua di fuoco: come faceva a gustarsi un cibo così piccante senza fare una piega?!
Roxas sospirò, aggiungendolo mentalmente alla lista dei misteri del rosso.
Nel frattempo quest'ultimo si voltò di scatto verso il giovane dalle iridi blu, parlando con la bocca piena. «Cos'è, ti è passata la fame? Guarda che l'altra metà non è piccante. »
«Chissenefrega. », rispose aspramente il quindicenne, imbronciando le labbra in una smorfia offesa. «E finisci di mangiare prima di parlare: sembri un animale. »
Il più grande sospirò con fare stremato, limitandosi a mandarlo a quel paese mentalmente. «Ti spicci o no a mangiare? Non lamentarti se poi troverai la scatola vuota. »
L'altro non disse nulla e serrò le labbra; il ventenne assunse allora un'espressione divertita, pensando a quanto fosse adorabile quando faceva il bambino.
Aveva sempre pensato che Roxas, con quegli strani atteggiamenti, volesse inconsapevolmente attirare l'attenzione.
E ci riusciva. Eccome se ci riusciva.
Ingoiò l'ultimo boccone e afferrò di scatto il mento del giovane, facendolo voltare verso sé. «Oooh, il mio Roxy non è contento?»
Il diretto interessato si sentì avvampare, sforzandosi però di mantenere il contatto visivo dell'altro per poi borbottare: «Stupido. »
«Uno stupido che ti piace, o sbaglio?», chiese retoricamente con aria divertita il fulvo, accennando un sorrisetto sghembo.
Roxas brontolò qualcosa contro quelle dannate risposte pronte, maledicendolo più e più volte; notò che intanto il più grande si stava avvicinando pericolosamente alle sue labbra e decise così di spingerlo appena, facendogli la linguaccia.
«Ehi!», si lagnò il rosso, aspettandosi un bacio piccante.
«Mmh... Ho fame: lasciami mangiare in santa pace.», mugugnò l'altro, prendendo una fetta di pizza con tutta la calma del mondo.
Axel sbuffò, allontanandosi dal giovane come se avesse appena scoperto di avere la peste, per poi incrociare le braccia e chiudere gli occhi. «Allora quando hai finito di mangiare ti lasci baciare e fai il bravo bambino?»
Il biondo assunse un'espressione pensierosa. «Chissà; forse sì, forse no...», rispose con fare ambiguo, scrollandosi le spalle prima di dare un morso alla pizza.
«Che diavolo vuol dire 'Forse sì, forse no'?!», trillò il ventenne con aria irritata, massaggiandosi le tempie.
«Dipende tutto dal destino. », Roxas annuì tra sé e sé, sentendosi tremendamente saggio.
«Non sparare cazzate. Dopo ti lasci baciare e basta. »
«E se il destino non vuole?», continuò a domandare con insistenza il quindicenne, divertendosi a vedere la smorfia infastidita dell'altro.
«Questo famoso destino se ne può andare allegramente a quel paese. », a quella schietta risposta il biondo si lasciò sfuggire una risata cristallina, avvicinandosi poi al rosso per sorprenderlo e stampargli un flebile bacio sulle labbra calde.




Osservò a lungo l'albero spoglio di fronte casa sua con aria assorta, lasciandosi sfuggire dei sospiri impercettibili di tanto in tanto.
La lieve brezza che annunciava l'inizio dell'autunno scosse le numerose foglie sul terriccio bagnato, facendole danzare soavemente tra di loro, per poi farle adagiare delicatamente, creando immense coperte colorate.
Appoggiò una mano sul vetro trasparente, socchiudendo un poco gli occhi con aria stanca nonostante fossero le sette e un quarto del mattino; detestava il suo primo giorno di scuola appunto perché di notte non riusciva mai a dormire.
Proprio mentre si stava per lasciare trasportare dalle braccia di Morfeo, riaprì di scatto gli occhi, notando una figura a lui conosciuta sotto casa che sventolava le braccia per attirare la sua attenzione; Axel, con i lunghi capelli ricadenti sulla schiena in una coda, indossava un paio di pantaloni aderenti e una giacca di pelle nera che gli davano un'aria più aggressiva.

Roxas gli fece un cenno con la testa per fargli capire che l'aveva visto; successivamente afferrò la cartella e se la mise sulle spalle, affrettandosi ad uscire di casa e scendere i gradini dell'ingresso, ritrovandosi di fronte al volto sorridente del rosso.
«Buongiorno, pagliaccio.», salutò in malo modo il biondo.
L'altro assunse una smorfia divertita e gli scompigliò i capelli con aria paterna. «'Giorno, bambolotto. Sbaglio o oggi siamo più acidi del solito, mh?»
«Di sicuro non mi metterò a saltare di gioia per l'inizio della scuola. », replicò aspramente il quindicenne, soffiandosi via un ciuffo fastidioso di capelli sugli occhi. «Piuttosto, si può sapere perché tu sei così allegro?»
«Io sono sempre allegro, baby. », lo schernì sghignazzando il diavolo dai capelli fiammeggianti, aggiungendo poi: «Al contrario tuo. »
«Solo gli idioti sono sempre allegri. », commentò il quindicenne, roteando lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante per poi iniziare a camminare con aria indifferente.

«Mi stai dando dell'idiota?»
«Lieto che tu l'abbia capito. », Roxas accennò un sorriso estremamente falso che fece poi posto ad un'espressione spaesata non appena si accorse che l'altro lo aveva afferrato per le ascelle, prendendolo in braccio senza mostrare alcuno sforzo; successivamente lo spinse contro la corteccia di un albero.

«Beh, e ora chi è l'idiota?»
«Di certo non io. », replicò senza battere ciglio il giovane, mentre il ventenne aveva schioccato la lingua in segno di dissenso, avvicinandosi dopo qualche secondo alle sue labbra fino a sentire il suo respiro sul proprio.

«Axel, lasciami. Così tarderò a scuo-», e, prima di poter terminare il rimprovero, sentì la propria bocca venire innumidita dalla lingua calda del rosso che lo strinse più forte, sghignazzando appena; mordicchiò poi quelle labbra che amava tanto con brama, sospirando pesantemente.
«Axel...», brontolò il biondo con le gote già arrossate, sperando di attirare l'attenzione dell'altro che infatti si allontanò un poco.
«Farò tardi a scuola.», ripetè il concetto per poi sbattere più volte le palpebre, stringendosi impacciatamente le spalle mentre Axel ridacchiò sommessamente.
«Puoi sempre dire che è stata tutta colpa del tuo ragazzo.»
Un tonfo.
Si irrigidì improvvisamente, sgranando le iridi blu: era la prima volta che si definiva il suo ragazzo.
Che cosa voleva dire?
Quindi adesso loro erano... Fidanzati?
Un termine strano; così pesante, ma al tempo stesso estremamente piacevole.
Probabilmente rimase a lungo immerso nei propri pensieri, perché nel frattempo il fulvo lo scosse appena, osservandolo intensamente con gli occhi verdi velati da un filo di preoccupazione. «Roxas?»
Il diretto interessato si riscosse e alzò lentamente lo sguardo verso il più grande. «Che c'è?»
«A cosa stavi pensando?», domandò il diavolo dai capelli fiammeggianti, soffiando giocosamente sull'orecchio del più giovane che aveva socchiuso improvvisamente gli occhi. «Niente di particolare. »
«Sicuro?», chiese con insistenza il fulvo, appoggiando la propria fronte su quella del biondo che accennò un lieve sorriso, annuendo. «Si sta bene qui.»
«E che fine ha fatto il 'farò tardi a scuola'?», lo prese allegramente in giro il ventenne, ghignando.
«Dirò che è stata tutta colpa del mio ragazzo.», rispose prontamente il giovane dagli occhi blu, imitandolo e facendo così scoppiare in una grassa risata l'altro; scosse la chioma rossa con aria divertita e stampò un flebile bacio sulle sue piccole labbra.
Roxas a quel punto riaprì lentamente gli occhi, avvolgendo il collo del fulvo tra le braccia per stringerlo a sé. «Axel?»
«Mh?»
«Ti piacciono le foglie?», ormai Axel era abituato alle strambe domande del biondo; ma, nonostante ciò, non riuscì ad evitare di stupirsi. Sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro prima di chiedere: «Che diavolo di domanda è?»
Il quindicenne gli indicò con un cenno della testa un mucchio di foglie colorate alla sua sinistra, inclinando il volto su un lato con aria assorta. «Quelle foglie. Ti piacciono?»
Storse il naso in una smorfia indecifrabile, seguendo il punto indicato dal ragazzo; successivamente le sue iridi smeraldine luccicarono e soffocò una risata, continuando a tenere in braccio il biondo per poi buttarlo come un sacco di patate tra le foglie che gli permisero di avere una morbida caduta.
«Axel!», trillò il giovane, sbucando immediatamente dal tappeto colorato con aria infastidita. «Si può sapere che cosa ti è saltato in mente?!»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti scoppiò in una fragorosa risata, inginocchiandosi di fronte all'altro per poi strofinare la mano sui suoi capelli dorati. «Sì, adesso queste foglie le adoro perché contengono un bel micetto che mi piace tanto.»
«Axel, piantala!», sbuffò il suddetto 'micetto', spostandogli la mano, infastidito; si imbronciò e incrociò le braccia.
Il ragazzo dalle iridi smeraldine continuò a ridere, riprendendo subito dopo a parlare. «Beh, allora, perché mi hai posto una domanda così strana?»
Roxas si lanciò una fugace occhiata attorno, come se la risposta avesse potuta trovarla lì, da qualche parte in quell'ambiente autunnale; tornò poi ad osservare il ventenne di fronte a sé, prendendo delicatamente una foglia rossa tra le mani. «Perché... Perché le foglie cadute hanno lo stesso colore del tramonto; non te n'eri mai accorto?»
Il più grande sembrò assumere un'espressione pensierosa, cercando di decifrare i ragionamenti del biondo; lo guardò intensamente per diversi secondi, spostando poi gli occhi verso le numerose foglie che li circondavano. «Effettivamente hai ragione. Un motivo in più che mi spinge ad amare queste foglie, no?», chiese retoricamente, accennando un sorrisetto sghembo; il ragazzino di fronte a lui annuì debolmente con aria assorta. «Suppongo di sì.»
Entrambi si chiusero improvvisamente in uno strano silenzio, interrotto solamente dal fruscio delle foglie provocato dal vento e dal rumore di alcune auto che di tanto in tanto attraversarono la strada di fronte a loro; Roxas alzò un poco lo sguardo verso il cielo, notando la presenza di numerose nuvole che lo oscuravano.
«Si sente il profumo dell'autunno.», commentò improvvisamente il fulvo, facendo voltare di scatto l'altro che annuì. «Sì, è vero.», e, dopo aver detto ciò, lanciò una veloce occhiata al proprio orologio a polso, sgranando poi le iridi blu con aria allarmata. «Oh, porca miseria! Sono le le sette e mezza! Muoviti, Axel, dobbiamo correre: non voglio arrivare in ritardo il primo gior-»
«Sssh.», il diavolo dai capelli fiammeggianti appoggiò un dito sulle sottili labbra dell'altro, osservandolo con fare divertito. «Ehi, non preoccuparti. Sono venuto in auto e quindi ci metteremo cinque minuti.»
La frase rassicurò immediatamente il biondo che si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. «Potevi dirmelo prima, scemo.»
«Ma è così divertente vederti in crisi.», lo prese allegramente in giro Axel, costringendo il più piccolo a sdraiarsi sull'ammasso di foglie per poi coricarsi sopra di lui, guardandolo intensamente. «Pensi che posso avere un pò di tempo per coccolarti, mh?»
Roxas accennò una risata imbarazzata e divertita al tempo stesso, socchiudendo gli occhi e annuendo, lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli.




Osservò attentamente quei piccoli barattoli ammucchiati di fronte a sé, lanciando una fugace occhiata al prezzo prima di sospirare.
Si guardò attornò con aria impaurita, afferrando poi di scatto una di quelle bottigliette, infilandosela nella larga tasca della felpa; fece per voltarsi, quando una mano si appoggiò sulla sua testa, facendogli salire il cuore in gola. «Ehi, giovanotto, che cosa stai facendo?»
Il piccolo bambino di otto anni si voltò di scatto con le iridi blu sgranate e impaurite, riuscendo solo a balbettare frasi sconnesse.
«E-Ecco...Io...Stavo...Ecco...», il commesso sollevò un soppraciglio con fare accigliato e, prima che il biondo potesse scoppiare a piangere, una terza voce alle sue spalle lo fece sussultare.
«Lui è con me.», accennò un sorrisetto sghembo, abbassandosi le cuffie che portava alle orecchie. «Lo scusi; sa, è un pò timido.», spiegò tirando fuori dalla tasca i soldi necessari per poi porgergli gentilmente all'uomo che sembrava piuttosto confuso.
Axel afferrò poi il biondo per il polso sinistro, trascinandolo lontano dal negozio di giocattoli; lo fece sedere su una panchina verde e si inginocchiò di fronte a lui, appoggiando i gomiti sulle sue cosce. «Lo sai che queste cose non si fanno?»
Roxas abbassò lo sguardo, pieno di vergogna: strinse i pugni e si morse furiosamente il labbro inferiore
«O almeno, se vuoi farle, falle bene.», proseguì con un sorriso divertito il fulvo, inclinando il volto verso il basso per incrociare lo sguardo del giovane che si sforzò di parlare. «Non.... Non avevo i soldi; mia mamma e mio papà non ci sono... Io volevo le bolle di sapone... Volevo solo...», e si lasciò sfuggire un flebile singhiozzo, accorgendosi di aver fatto una cosa brutta; allora era un bambino cattivo?
Magari sarebbe finito in prigione con altri bambini cattivi.
Se lo meritava in fondo.
Il tredicenne si allarmò e si affrettò ad avvolgere in un caldo abbraccio il più piccolo, consapevole del fatto che i suoi genitori fossero poco presenti.
«Andrò... Andrò in carcere e mi picchieranno?», chiese timidamente il biondo, nascondendo il volto sulla spalla dell'altro che scoppiò in una rumorosa risata, scompigliandogli teneramente i capelli.
«Nah, non preoccuparti.»
«Ne sei sicuro?», il bambino dalle iridi blu rialzò impacciatamente lo sguardo.
«Sì. E nel caso venissero a prenderti, non preoccuparti: io ti seguirò in carcere.», gli sorrise allegramente, soffiandogli sul volto e asciugandogli con il pollice gli occhi lievemente bagnati.
Roxas si illuminò immediatamente. «Non mi prendi in giro?»
«Certo che no.», a quella risposta, il biondo circondò il collo del compagno tra le esili braccia, avvicinando appena le labbra alla sua guancia sinistra per poi schioccargli un candido bacio.
E Axel sentì la propria fiammella scoppiare in un immenso incendio.
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*Note di Ev'*
Ed ecco a voi il... Uhm... Ah, sì; il nono capitolo di questa raccolta con il mese di Settembre (:
Non ho molto da dire; ormai devo solo scrivere il mese di Dicembre e avrò terminato definitivamente tutto, così potrò pubblicare molto più facilmente e dedicarmi alle altre storie con più facilità. -Per quanto, come ho già detto, ho amato immensamente scrivere codesta raccolta ;A;-
Mah... E' un pò strano scrivere dell'autunno, quando siamo in pieno estate, mah °-°
Anyway, mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, come sempre, e vi prego immensamente di recensire; ogni commento mi rende estremamente felice, ve lo posso garantire ;A;
Alla fine di questo capitolo, con l'ultima frase, diciamo che volevo far trasparire il fatto che Axel, dopo quel piccolo bacio, avesse iniziato a provare qualcosa di più profondo per il nostro biondo .w. Well... Che altro dire... Uhm, beh, il mio prossimo aggiornamento sarà della storia 'Evanescenti giornate incorniciate da sguardi indiscreti', e, poi, Sabato -Sperando di non fare ritardi-, dovrei dedicarmi con la pubblicazione di 'Tutor And Boyfriend' -w-
Oh, e siccome qualcuno mi aveva chiesto di postare il mio contatto Facebook, vi posto il link del nuovo profilo che ho creato, nel caso voleste aggiungermi *A* -> http://www.facebook.com/#!/evgeniagothiclolita
E, detto ciò, posso finalmente andare a farmi un bel pisolino, per poi dedicarmi a rispondere con calma alle recensioni e alle e-mail. Almeno spero D: Mi raccomando, recensite (;
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 10
*** October -Sweetness- ***


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October -Sweetness- 

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Asciugò accuratamente l'interno del bicchiere con uno straccio, appoggiandolo poi sulla mensola prima di voltarsi verso il volto distaccato dell'uomo di fronte a sé. «Allora, desidera, signore?», lo prese allegramente in giro, mettendosi le mani sui fianchi.
«Axel, smettila.»
Ridacchiò appena, incrociando poi le braccia con aria teatrale. «Oh, suvvia, Saix! Mostrati entusiasta del mio nuovo lavoro!», lo incitò sogghignando, afferrando una lattina di birra per poi porgergliela.
«Mi hai preso per quell' alcolizzato di Xigbar?», domandò retoricamente il compagno, sollevando istintivamente un soppraciglio sotto lo sguardo divertito del fulvo che scosse appena la testa. «Probabile. Sai, vi assomigliate così tanto.»
«Molto divertente.», commentò con affilata ironia il cliente, continuando poi a parlare con il suo solito tono piatto. «Un caffè può bastare.»
«In arrivo!», cinguettò Axel con aria allegra, afferrando una tazza per iniziare a preparare immediatamente l'ordinazione, quando sentì nuovamente l'apatica voce dell'altro. «In arrivo insieme alla tua amata preda.»
A quella frase il rosso alzò di scatto lo sguardo con le iridi smeraldine luccicanti; un sorriso a trentadue denti gli si allargò sul volto mentre era intento a versare il latte all'interno della tazza.
«Gli hai già detto che lavori qui?»
Scosse la testa, senza smettere di sorridere. «No. Gli farò una bella sorpresa.», ghignò strofinandosi le mani, continuando ad osservare il giovane dai capelli dorati che si era seduto ad un tavolo in fondo insieme ai suoi tre amici.
Porse il bicchiere a Saix, seduto dall'altra parte del bancone, per poi asciugarsi le mani con uno straccio e buttarlo nel primo posto che gli capitò a tiro; afferrò il block-notes delle ordinazioni e una penna nera, avviandosi verso i nuovi arrivati, ignorando bellamente il fatto che ci fossero numerose persone giunte prima di loro.
La sua imponente figura attirò immediatamente l'attenzione dei giovani che si voltarono di scatto verso di lui, spalancando gli occhi in un'espressione stupita e sorpresa.
«Axel?», lo chiamò incredulo Hayner, smettendo improvvisamente di parlare. «Woh, complimenti per l'abbigliamento.», fece poi sghignazzando, senza lasciar intendere però se fosse serio o meno, indicando il vestito da cameriere dall'altro che sorrise allegramente. «Modestamente, sono figo con qualsiasi cosa. Anzi», borbottò poi, roteando istintivamente lo sguardo verso il giovane dalle iridi blu. «sono molto meglio senza nulla addosso.»
Roxas, che fino a quel momento era rimasto ad osservarlo con aria allibita, si riscosse, arrossendo vistosamente; Pence soffocò una risata, divertito dalla battuta.
«Ah, sinceramente questi dettagli non interessano a nessuno.», commentò sarcasticamente Hayner, facendo ridacchiare la ragazza dai capelli castani seduta accanto a lui.
«Uh, il nostro piccolo micetto non ha ancora detto nulla.», Axel sogghignò, rivolgendosi al biondo che sussultò, storcendo le labbra in una smorfia. «Ma piantala. Mi stavo solo chiedendo come abbiano fatto ad assumere un pagliaccio come te.», affermò aspramente, lasciandosi sfuggire un sorrisetto sghembo; i tre amici scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Axel sollevò un soppraciglio in un'espressione accigliata. «Mh, siamo in vena di battute o sbaglio?»
«Probabile.», rispose brevemente l'altro, scrollandosi le spalle.
«Comunque», si intromise improvvisamente il giovane dagli occhi castani, «facciamo una cioccolata calda per tutti e quattro. Offre Pence.», e adocchiò l'amico che annuì con aria saccente.
«Oh, ma che ragazzo altruista.», fece ironicamente il fulvo, scrivendo velocemente l'ordinazione sul foglio.
«Beh, ha perso alle macchinette, quindi gli tocca sganciare i soldi.», spiegò Hayner ridacchiando appena, dondolandosi sulla sedia di legno.
Axel annuì, fingendosi interessato mentre gli altri tornavano a chiacchierare allegramente; ne approfittò così per avvicinarsi furtivamente all'orecchio di Roxas, sussurrandogli sommessamente: «Ehi, guarda che dopo non te la farò passare liscia per avermi dato del pagliaccio. Tanto finisco il turno tra poco.»

Il biondo si sentì avvampare le gote in un attimo; quanto detestava quando lui riusciva ad averlo in pugno, lo faceva sentire tremendamente piccolo e fragile, cosa che non era per nulla. O almeno, lui diceva di non esserlo.
«Ma piantala e torna a lavorare.», brontolò nella speranza di nascondere il proprio imbarazzo, ottenendo invece come risposta una squillante risata da parte dell'altro che però fece come gli era stato chiesto.
Doveva ammetterlo; Axel si era scelto proprio un bel posto per lavorare. Amava immensamente quel bar, neanche troppo grande, sempre pieno di persone diverse; coppiette, signore anziane, donne che desideravano stare lontane dai propri mariti, e, chissà, forse anche amanti alla ricerca di luoghi nascosti per potersi incontrare.
Amava sentire il vento autunnale bussare alla finestra e amava osservare i passanti in mezzo al freddo, mentre lui era lì, al calduccio.
«Ed ecco qui quattro cioccolate calde per i miei clienti preferiti.», cinguettò allegramente il fulvo, appoggiando accuratamente le tazze fumanti di fronte ai volti affamati dei giovani.
«Grazie mille, Axel.», parlò finalmente la giovane dai capelli castani, osservando con aria divertita Pence di fronte a sé che aveva già iniziato ad ingozzarsi di quella deliziosa bevanda.
«Mh, niente male.», commentò con un'evidente menzogna Hayner dopo aver assaggiato il liquido, facendo ridacchiare il giovane dagli occhi blu cobalto, il quale lanciò una fugace occhiata al cameriere che si era già voltato, andando a prendere altre ordinazioni con il solito sorriso dipinto sul volto.
Sapeva però che quei sorrisi erano tutti falsi.
Sì, dovevano essere tutti falsi. L'unico vero sorriso di Axel doveva essere esclusivamente per lui.
Il suo bellissimo sorriso.
Quel sorriso che era capace a scioglierlo come la cioccolata di fronte a sé; tornò ad osservare i tre amici che stavano discutendo animatamente sulle monotone lezioni scolastiche, divertendosi ad imitare i professori con le labbra leggermente sporche della bevanda.
Abbassò poi gli occhi verso la propria tazza che non aveva ancora toccato, accorgendosi che, accanto ad essa, vi era un piccolo bigliettino rosso; sorrise stupidamente, appoggiandolo sulle ginocchia per non farsi vedere dagli altri prima di aprirlo lentamente.
Riuscì immediatamente a riconoscere la caligrafia frettolosa proveniente da una biro nera di un Axel perfino troppo pigro per scrivere:
''Mi sono innamorato di te dal primo istante in cui il mio sguardo si è posato sui tuoi capelli che mi ricordano il colore della sabbia bagnata dall'acqua salata del mare.
Se hai apprezzato la mia cioccolata, raggiungimi in cucina alle 17.00
Il tuo sexy ammiratore segreto.
Ps. E vedi di venire, perché non è stato affatto facile spremersi il cervello per tirare fuori termini così romantici, baby.''

Si accorse di essere arrossito immediatamente; possibile che quel diavolo dalle iridi verdi come lo smeraldo gli faceva questo effetto?
Alzò timidamente lo sguardo verso il bancone, scrutando l'imponente figura del cameriere intento a parlare con l'amico dai capelli celesti; proprio in quel momento si voltò di scatto, osservandolo a sua volta con un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra.
Il biondo spostò subito gli occhi altrove, tremendamente in imbarazzo; notò l'enorme orologio marrone appeso al muro che segnava le sedici e cinquanta.
Pazzesco, si sentiva una stupida ragazzina al suo primo appuntamento e tutto ciò era a dir poco vergognoso per lui.
«Roxas? Ehi, Terra chiama Roxas, pronto?», sobbalzò appena, accorgendosi che Hayner aveva appoggiato una mano sulla sua spalla con un'espressione accigliata. «Non dirmi che ti sei perso nelle tue solite seghe mentali.»
Arrossì involontariamente, ripiegando il biglietto per poi infilarlo nella tasca dei jeans; scosse energeticamente la testa, iniziando finalmente a parlare. «No, stavo pensando al fatto che è uscito un nuovo film horror. Non lo sapevate?», e sorrise flebilmente, riuscendo ad ottenere l'attenzione dei tre, nonostante l'aria impaurita della ragazza.
«Ma dai, sul serio?», chiese retoricamente il ragazzo dagli occhi castani, pulendosi volgarmente la bocca con il braccio. «Allora dobbiamo assolutamente andare a vederlo, mi raccomando!»
Chiacchierarono allegramente per altri quindici minuti; infine tutti e quattro si alzarono contemporaneamente, avviandosi verso l'uscita dopo aver, ovviamente, pagato.
«Rox, non vieni?», chiese Pence, notando che l'amico si stava avviando verso la parte opposta.
«Ehm... No, mi sono scordato una cosa. Non preoccupatevi, ci vediamo a scuola!», si affrettò a salutarli il biondo, ottenendo un cenno con la mano da parte degli altri tre compagni; successivamente si precipitò verso il bancone, andando furtivamente dietro di esso per infilarsi nella cucina, la quale era, stranamente immersa nel buio più totale.
Si guardò attorno con aria spaesata e confusa, aspettando che i propri occhi si abituassero all'oscurità; riuscì a riconoscere i lineamenti di svariate macchinette per le bevande, mentre le sue narici si riempirono di svariati profumi differenti.
Tremò un poco e sgranò gli occhi non appena si sentì spinto con forza contro la gelida parete; rabbrividì al contatto con essa, accorgendosi di essere schiacciato dal corpo di qualcun altro.
«Oh, è bello vedere che alla fine sei venuto.», udì una calda voce a lui familiare accanto all'orecchio e ringraziò il buio che stava nascondendo le sue gote imporporate. «Non sono così maleducato da rifiutare l'invito di un ammiratore.»
«Un ammiratore sexy, non dimenticare.», bisbigliò con fare divertito il fulvo, facendo scivolare una mano lungo i pantaloni del giovane, slacciandoli in un elegante gesto, ignorando le proteste dell'altro.
«Axel, ma... Q-Qui...»
«Ogni luogo è buono.», affermò lui con estrema sicurezza, ridacchiando sommessamente; afferrò le sue esili gambe per permettergli di allacciarle intorno alla propria vita, strusciando lentamente il proprio corpo contro quello più fragile del biondo, il quale stava già sentendo il cervello andare in tilt.
«Siccome sei il mio cliente preferito in assoluto», iniziò il più grande con sensualità, sbottonandosi la divisa. «Ti serverò un trattamento speciale, baby.»
E, mentre lo privava anche della biancheria intima, Roxas inclinò il volto su un lato, rilassandosi del tutto, permettendo al profumo del caffé e della cioccolata di riempirgli le narici.



Le gote lievemente tinte di rosso a causa del freddo, un grembiule bianco legato alla vita e un paio di pantofole di Spongebob; Roxas tentava goffamente di mantenere l'equilibrio nonostante il grosso vassoio argentato che reggeva in mano.
«Axel, eccomi.», mugugnò impacciatamente raggiungendo il letto su cui vi era disteso comodamente un ragazzo dai lunghi capelli rossi legati accuratamente da un elastico viola; si voltò verso il biondo, sorridendo teneramente. «Oh, Roxy, ma che combini? Guarda che sto meglio, davvero.»
«No, non è vero; tu hai il raffreddore!», replicò con una smorfia infantile il giovane, appoggiando il vassoio sul comodino per poi afferrare il piatto fumante della minestra. «E' tutto il giorno che guardi la tv: adesso devi mangiare un pò.»
Il ventenne lanciò una fugace occhiata al televisore acceso, voltandosi poi verso il ragazzino accanto a sé, storcendo il naso in una smorfia contrariata. «Roxas, qui il bambino sei tu; non ho bisogno di essere curato.»
Il più piccolo si strinse impacciatamente le spalle. «Io... Io non sono un bambino!»
«Certo, come no.», borbottò con aria poco interessata l'altro, abbassando lo sguardo verso la minestra di verdure. «La mangerò solo se mi imboccherai tu con le tue belle manine.»
Roxas arrossì un poco, immergendo così impacciatamente il cucchiaio nella minestra per poi avvicinarlo alla bocca del fulvo che ghignò. «E' troppo calda. Rischierò di bruciarmi la lingua.»
Il quindicenne ridusse gli occhi a due fessure, affrettandosi a ribattere. «Ma se ingoi la roba piccante senza probl-», Axel iniziò a tossire falsamente, mettendosi una mano sulla fronte in un gesto teatrale. «Oh, povero me! Il mio ragazzo desidera vedermi morire su questo morbido letto che diventerà presto la mia tomba eterna!»
«Scemo.», farfugliò il biondo storcendo il naso per poi soffiare delicatamente sul cucchiaio, avvicinandolo nuovamente alle labbra carnose del rosso; Axel schiuse la bocca, sentendo il caldo gusto della tiepida minestra accarezzargli lentamente il palato.
«Allora? Com'è?», domandò ansiosamente il giovane dalle iridi blu che si era improvvisato cuoco. «Questa volta non mi sono neanche bruciato e ho seguito alla lettera tutto quello che c'era scritto sul libro delle ricette.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti sorrise dolcemente in risposta, allungando il braccio destro per poter accarezzare i capelli dorati del compagno. «E' buonissimo, tesoro. Sei stato molto bravo.»
A quell'appellativo il giovane sussultò, sentendosi avvampare violentemente le candide gote per poi illuminarsi; finalmente poteva essere utile in qualche modo e questa consapevolezza lo faceva stare immediatamente meglio.
Che stupido.
Fece per afferrare nuovamente il cucchiaio, quando l'altro gli avvolse improvvisamente il polso sinistro con una mano, costringendolo ad appoggiare la testa sul proprio petto; Roxas socchiuse allora timidamente gli occhi, sospirando flebilmente a quel dolce contatto.
Che stupido.
Non riusciva a capire che per Axel la sua esistenza era più essenziale di una stupida minestra calda in una giornata autunnale di Ottobre; anzi, era più essenziale dell'ossigeno stesso.


 

Battè felicemente le mani con un candido sorriso dipinto sul volto, osservando con aria abbagliata le numerose bolle che galleggiavano delicatamente nell'aria, andando poi a toccare i propri indumenti o quelli del compagno di fronte a sé, intento a soffiare dentro i due cerchi all'estremità dello stecco.
«Continuate a volare, bollicine!», l'allegra risata del biondo mise di buon umore anche l'altro che si intenerì automaticamente al vederlo in quello stato; lo trovava delizioso, sotto ogni punto di vista.
«Roxas», lo chiamò improvvisamente, «perché non provi anche tu?», domandò con gentilezza, porgendogli lo stecco e ottenendo un cenno di 'no' con la testa da parte del bambino.
«Non sono capace!»
«Ma non ci vuole niente, te lo assicuro!», cercò di convincerlo il fulvo, incitandolo nuovamente ad afferrare l'oggetto; il più piccolo decise così di provare, portandosi i due cerchi accanto alle sottili labbra.
«Adesso devi solo soffiare.»
Roxas annuì lentamente, emettendo un sospiro impercettibile, accorgendosi poi l'assenza totale delle bolle che amava tanto; Axel accennò una soave risata, scuotendo la chioma rossa con l'aria di chi la sa lunga. «No, devi soffiare più forte!»
Il giovane dalle iridi blu storse le labbra in una smorfia imbronciata, cercando però di riprovare; prese un profondo respiro e soffiò con più forza, troppa forza, notando che la pellicola trasparente nei cerchi era scomparsa nel nulla.
Abbassò così lo sguardo con aria sconsolata, lasciando cadere a terra lo stecco. «Sono un incapace, Axel. Te l'avevo detto che non ci sarei riuscito.»
A quelle parole il rosso spalancò le iridi smeraldine, sconvolto. «Ma che diavolo stai dicendo, Roxas? Chi ti ha detto che sei un incapace?!»

«Il mio papà.», rispose a fior di labbra il bambino, osservando il prato sotto le proprie scarpe. «E aveva ragione, non è vero?»
Axel strinse i pugni con forza, mordendosi furiosamente il labbro per poi gridare un sonoro 'No!'; si avvicinò così al compagno, afferrandolo saldamente per le spalle. «Tu non sei un incapace, Roxas! Non lo sei, non lo sei affatto! Tu... Tu sei... Sei...», si interruppe improvvisamente, non sapendo in che modo continuare la frase. Osservò le iridi blu un poco tremanti del bambino, lievemente spaventato dalla sua reazione così dura; scrutò il suo angelico volto incorniciato dai capelli del medesimo colore del grano e le labbra sottili, appena schiuse.
Si chinò lentamente, riprendendo lo stecco per poi soffiare altre bolle, notando che il biondo si era illuminato, ricominciando a ridere e a battere le mani.
Desiderava solo questo. Desiderava solo udire la sua risata cristallina e rimanere ad osservare i suoi grandi occhi blu splendere di gioia per sempre.

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*Note di Ev'*
Ed eccoci qua ad Ottobre -w- Bùah, ci stiamo avvicinando tristemente alla fine di codesta raccolta ;_; Come ho già detto, il capitolo di 'Novembre' è già pronto, ma, stranamente, non ho ancora scritto l'ultimo capitolo. Forse perché ho paura di terminare questa storia D:
Mmmh... Che dire... Ah, beh, sì; ho trovato un pò di difficoltà nel trovare un titolo adatto; ma, insomma, alla fine, tra tutti questi momenti, ho deciso di intitolarlo 'Dolcezze'. E' azzeccato, più o meno -w-
Insomma, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e, come sempre, vi incito a recensire dato che non vi costa nulla e bla, bla, bla... °-°
Il mio prossimo aggiornamento sarà -Almeno spero- di 'Evanescenti Giornate Incorniciate Da Sguardi Indiscreti' -w-
Non ho altro da aggiungere... Oh, no, wait; questa sera c'è 'La guerra Dei Mondi' ;AAA; Insomma, è un film so wonderful! -Ma perché devo sempre scrivere cose che non c'entrano assolutamente nulla?-
Va bene, basta. Spero che stiate passate un buon estate (;
Alla prossima, people.
E.P.R.

 

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Capitolo 11
*** November -Emotions- ***


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November -Emotions- 

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Soffocò un lieve singhiozzo, mordendosi con violenza il labbro inferiore per poi sfiorare con l'indice la fredda lapide di marmo; tirò un pugno sul terreno, sibiliando qualche imprecazione a denti stretti.
Sussultò appena quando sentì una mano posarsi sulla propria spalla; si voltò lentamente e si scontrò con il debole sorriso di Roxas.
«Tutto bene?», si sforzò di domandare timidamente e Axel lo vide. Vide la maniera delicata in cui tentava di esprimersi, vide come si sforzava di toccarlo, vide il modo in cui cercava di mostrarsi, vide come non desiderava essere indiscreto, come non voleva disturbare in alcun modo i suoi sentimenti ora pieni di rabbia e dolore.
Nonostante tutto, tornò a guardare la lapide e riuscì comunque a ricambiare il sorriso, afferrando la sua fredda mano per poi strofinarla delicatamente contro la propria guancia; si immaginò che l'altro era arrossito immediatamente a quell'improvviso gesto e, infatti, così fu.
«Non preoccuparti Roxas, sto bene.», bisbigliò con tenerezza, senza smettere di sorridere. «Sapevo benissimo che sarebbe successo prima o poi. E' pur sempre mia nonna e ha una certa età, no?», domandò retoricamente, ottenendo un cenno positivo con il capo da parte del biondo.
«Sì, c'era... C'era da aspettarselo.», borbottò a fior di labbra, facendosi a malapena sentire. Lo sentiva. Sentiva il suo timore; la sua paura di sembrare in qualche modo invadente, la sua paura di essere di troppo, di ferirlo in un momento così delicato. Axel lo sentiva benissimo e per questo lo amò, lo amò più che mai perché nessuno si era mai comportato in tale maniera con lui.
«Già.», sospirò tristemente prima di proseguire. «Quello che mi ha fatto arrabbiare è stato il comportamento dei miei genitori. Diamine, è morta praticamente tre giorni fa e loro si sono degnati di chiamarmi solo oggi?», ringhiò con rabbia, stringendo con più forza la mano del giovane che sussultò appena.
«Forse... Forse non sapevano come dirtelo.», azzardò poi, osservando la schiena curva del ventenne che sospirò per una seconda volta, scuotendo la chioma rossa con aria contrariata. «Sciocchezze. Si erano semplicemente dimenticati della mia esistenza, come al solito. Non è una novità.»
«Axel...»
«Ehi, no, no, no. Non dirmi nulla. Non voglio parole di conforto.», si affrettò ad interromperlo il più grande, osservando la foto che raffigurava il volto rugoso e sorridente della nonna. «Non ne ho alcun bisogno, sul serio.»
Il suo interlocutore annuì lentamente, spostando la mano dall'altro che aveva sistemato accuratamente le rose accanto alla lapide con aria assorta, immergendosi in numerosi ricordi che pensava di aver dimenticato per sempre; Roxas alzò lo sguardo in cielo non appena vide un lampo seguito da un tuono, accorgendosi solo in quel momento delle numerose gocce che gli stavano bagnando la giacca dal colore del limone. Fortunatamente aveva intravisto i nuvoloni già da casa e aveva portato il suo ombrello verde; lo aprì goffamente, chinandosi furtivamente verso il ragazzo dai capelli scarlatti per poi sistemare accuratamente l'oggetto accanto alla lapide, incastrandolo nel terreno per riparare il suo corpo inginocchiato. Successivamente si allontanò silenziosamente di diversi passi, appoggiando impacciatamente le mani sui capelli dorati che si stavano già inzuppando a causa della pioggia, la quale era aumentata improvvisamente.
Al rosso venne in mente che a sua nonna era sempre piaciuto Roxas; con quei capelli arruffati, le labbra sottili perennemente imbronciate, quegli occhi grandi che gli davano un'aria più infantile, il viso tondo, la pelle lattea, le guance morbide e il suo aspetto così minuto che talvolta le aveva fatto pensare che fosse un bambolotto da coccolare e non un ragazzino.
Roxas. Il suo bellissimo Roxas.
Un altro tuono rieccheggiò nell'aria e il ragazzo dalle iridi verdi sobbalzò, guardandosi attorno con aria spaesata, strappato dal lago dei propri ricordi; notò l'ombrello che gli aveva permesso di rimanere perfettamente asciutto e si voltò all'indietro, alla ricerca del biondo.
E lo trovò: guardava timidamente l'ambiente circostante, quasi cercasse di leggere tutti i nomi delle lapidi di marmo e di pietra; Axel si lasciò sfuggire un tenero sorriso con gli occhi splendenti come gli smeraldi. «Ehi, vieni qui.»
Roxas sussultò, sorpreso dal sentire la calda voce dell'altro; si indicò impacciatamente e il fulvo annuì lentamente. «Sì, tu. Vedi per caso qualche altro nanerottolo nei d'intorni?»
Il quindicenne arricciò le labbra in una smorfia contrariata al solito appellattivo dovuto alla propria crescita ad effetto ritardato; mugugnò qualcosa tra sé e sé prima di avvicinarsi al compagno, inginocchiandosi con fare imbarazzato accanto a lui. Il più grande avvolse la sua spalla con un braccio, spingendolo il più possibile contro il proprio corpo per permettergli di rannicchiarsi sotto l'ombrello; sospirò e nascose il volto tra i capelli odoranti di pioggia del biondo, chiudendo istintivamente gli occhi.
Gli fu grato per essere rimasto in silenzio. Gli fu grato per non aver fatto domande inutili e per non aver accompagnato la pioggia con frasi che non avrebbero fatto altro che appesantire l'aria. Gli fu grato per essere rimasto lì, accanto a lui.
Desiderò solamente condividere il dolore in quel modo, sotto quel piccolo ombrello verde, di fronte ad una grigia lapide; sì, grigia, come il colore delle nuvole in quel momento cariche d'acqua.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo e pianse.




«Axel, ma si può sapere dove mi stai portando?»
«Hai finito di lamentarti o vuoi andare avanti ancora per molto, mh?», al quarto rimprovero della serata Roxas sbuffò, decidendo di arrendersi di fronte al comportamento ambiguo del fulvo; continuò a tenere le braccia in avanti per evitare di scontrarsi contro qualche albero, com'era appunto successo prima, nonostante Axel lo stava reggendo dolcemente per i fianchi.
«Lo sai che oggi sei più insopportabile del solito?», chiese retoricamente, ottenendo come risposta una calda risata da parte dell'altro che gli baciò flebilmente l'orecchio sinistro, facendolo avvampare immediatamente. «Vedrai che cambierai presto idea, baby.»
Il biondo borbottò qualcosa come 'se lo dici tu...', per poi riprendere a camminare, sentendo il rumore delle proprie scarpe da ginnastica sul terriccio ricoperto da numerose foglie; il contatto dell'aria fredda sul proprio collo lo costrinse a rabbrividire e, a quanto pare, Axel se ne accorse perchè lo strinse con più forza a sé. «Hai freddo?»
«No, tranquil-»
«Roxas, hai freddo?», ripetè lui con più durezza, aspettando che l'altro svuotasse il sacco. «Se sai già la risposta, perché continui a chiedermelo?»
Il ventenne rimase un attimo allibito da quella domanda; successivamente soffocò una risata e scosse la chioma rossa, stampando un umido bacio sulla morbida guancia del giovane. «Questa volta te lo concedo; hai fatto una bella domanda.»
«Modestamente.», ribattè sarcasticamente il più piccolo, sfiorando con il palmo della mano una ruvida corteccia.
«A sinistra.», sentì sussurrare accanto al proprio orecchio; annuì lentamente, spostandosi nella direzione indicata.
«Non manca ancora molto, non preoccuparti.», era tutto il giorno che quella sottospecie di diavolo dai capelli fiammeggianti lo sorprendeva; la mattina si era ritrovato il suo radioso volto con in mano un vassoio, augurandogli il buongiorno con una deliziosa colazione a letto; a pranzo lo aveva portato in un magnifico ristorante; durante il pomeriggio, invece, aveva ricevuto una festa a sorpresa, trovandosi in casa anche gente che non conosceva; e ora questa assurda ricerca notturna.
Oh, giusto. Era il suo compleanno. Sedici anni finalmente. Un'età piuttosto importante, almeno così dicevano.
La verità era che l'unica cosa a cui lui mirava era di crescere almeno un paio di centimetri in più.
Axel fece improvvisamente pressione sulla sua pancia, il che lo costrinse a fermarsi immediatamente. «Siamo arrivati, piccoletto.», annunciò con dolcezza, slegandogli la benda bianca sugli occhi, affrettandosi poi ad aggiungere. «Però continua a tenere gli occhi chiusi.»
Il festeggiato annuì con aria spossata, arrendendosi al fatto che era impossibile cercare di decifrare il cervello del compagno; si limitò così a mantenere le palpebre abbassate, mentre sentì le sue calde mani sfiorargli delicatamente il collo, avvolgendo attorno ad esso qualcosa di lana, sicuramente una sciarpa.
«Stai un po' meglio?», a quella domanda posta in maniera così dolce, con un tono tremendamente premuroso, Roxas non potè fare a meno di arrossire come un pomodoro maturo; annuì meccanicamente per una seconda volta, incastrando il volto tra le spalle.
«Meno male. Adesso puoi aprire gli occhi.», il volto del sedicenne si illuminò e aprì immediatamente i grandi occhi blu cobalto, guardandosi immediatamente attorno; riuscì a riconoscere, nonostante fosse buio inoltrato, il boschetto che si trovava a pochi isolati dalla città. Era un bel luogo, molto amato sia da lui che dal rosso; abbassò poi le iridi verso la sciarpa arancione, sorridendo timidamente.
«Ehi, sciocchino. La sorpresa è di fronte a te.», fece per maledire Axel e quel ridicolo appellativo, quando alzò lo sguardo, spalancando istintivamente la bocca, allibito; un telescopio nero di medie dimensioni sembrava luccicare di fronte agli occhi del giovane, già perfettamente montato, con il binocolo rivolto verso il cielo.
«Sono o non sono il ragazzo più intelligente dell'Universo?», chiese con evidente narcismo il fulvo, appoggiando una mano sulla spalla del sedicenne che sembrava essere caduto in uno stato di trance momentanea; dopo un'altra decina di secondi, si riscosse, voltandosi verso il suo interlocutore con aria ammagliata. «Axel... Io... E-Ecco...»
«Sssh, ho costretto Demyx a portare questo aggeggio fino a qua e adesso voglio soltanto che tu lo provi.»
Roxas tentò in ogni modo di non balbettare o di non gridare dalla gioia; si limitò così ad annuire, avvicinandosi verso l'oggetto; inizialmente lo sfiorò lentamente, quasi impaurito di rimanere folgorato dalla troppa emozione. Dopo una breve titubanza, si decise finalmente ad afferrarlo, avvicinando l'occhio destro la lente; le sue iridi blu si dilatarono immediatamente di fronte al magnifico spettacolo che gli si presentò davanti.
Fu come immergersi per un attimo nel cielo; come nuotare tra le numerose stelle, sfiorarle con un dito talmente esse risultavano vicine. Non sembravano più dei punti luminosi lontani, tremendamente lontani, ma enormi bagliori pronti a donarti la loro splendente luce.
Il biondo ne rimase profondamente affascinato; fu rapito da quel mondo sopra la sua testa, da quell'Universo che per pochi secondi gli era parso più tangibile e non più infinito ed irraggiungibile.
«Allora? Sono riuscito a colpirti, Roxas?», una calda voce lo riportò alla realtà, sulla Terra; sentì un paio di mani cingergli con dolcezza i fianchi e alzò timidamente lo sguardo, incrociando le iridi splendenti del ventenne.
«Io... Sono senza parole, davvero. Non so come ringraziarti.», bisbigliò accennando un candido sorriso; Axel rise teneramente per chissà quale motivo, accarezzando lentamente la guancia del più piccolo prima di stampargli un flebile bacio sulla fronte.
«Mi basta sapere che mi resterai accanto; sarebbe sicuramente il più bel ringraziamento di tutti.», ammise il ragazzo dai capelli scarlatti, sorridendo radiosamente; il compagno gli spostò gentilmente le mani dai fianchi, voltandosi lentamente per poi alzarsi in punta di piedi e schioccare un rumoroso bacio sulle sue calda labbra. «Ti basta come risposta?»
E lui rise di nuovo, annuendo con fare divertito. «Sì, assolutamente.»
Il sedicenne tornò a concentrarsi sul proprio regalo, riprendendo ad osservare l'immensità del cielo. «Rimarrei qui per sempre, sai?»
«Abbiamo tutta la notte.», borbottò il fulvo sedendosi comodamente sul terreno, inclinando il volto all'indietro per poi socchiudere gli occhi, lasciandosi accarezzare dalla gelida brezza notturna.
«Comunque», proseguì improvvisamente Roxas con fare un pò imbarazzato, «ti assicuro che i tuoi occhi sono più luminosi delle stelle.»
E Axel rise ancora, questa volta più forte di quelle precedenti.



Indietreggiò di un paio di passi prima di prendere la rincorsa e calciare con forza il pallone di fronte a sé; esso si sollevò in aria per qualche metro, colpendo poi il palo della rete.
Axel, seduto comodamente davanti a quest'ultima, sbadigliò, stiracchiandosi. «Niente da fare, Roxas. Sei una schiappa nel calcio.»
Il suo interlocutore sbuffò, calciando una vecchia lattina di coca-cola per poi incrociare le braccia. «Ho solo bisogno di un po' di allenamento.»
Il rosso ridacchiò, scuotendo la folta chioma. «Certo, come no. Il fatto è che hai le gambe troppo deboli e una mira da schifo, ecco la verità.»
«Perché, tu saresti un giocatore professionista, non è vero?», domandò retoricamente il più piccolo, sollevando un soppraciglio; l'altro annuì energeticamente, alzandosi. «Assolutamente sì.», confermò andando verso il pallone e facendo cenno al compagno di recarsi di fronte alla rete. «E adesso te lo dimostrerò.»
Roxas lo guardò male, appoggiando le mani sulle ginocchia, pronto a parare; il quattordicenne si strofinò i palmi ghignando, riprendendo a parlare. «Signori e signore: ecco a voi il mitico Axel the best! Giocatore professionista in seire A!»
«Certo, e io sono Babbo Natale.», commentò sarcasticamente il giovane dalle iridi blu. «Ti vuoi muovere o no?»
Il fulvo gesticolò animatamente, facendo strani riti che avrebbero dovuto portargli fortuna; l'altro si irritò ulteriormente e strinse di scatto i pugni. «Axel!»
Il diretto interessato sobbalzò, facendogli la linguaccia. «Dai tempo ai professionisti, bimbo.», Roxas si sforzò in ogni modo di sorvolare sul suo patetico appellativo; il più grande prese la rincorsa e tirò un violento calcio pallone che sfiorò la guancia del biondo alla velocità della luce, colpendo rumorosamente la rete.
Il ragazzino di dieci anni rimase a bocca aperta, chinandosi poi lentamente per raccogliere la palla; Axel si passò una mano tra i lunghi capelli fiammeggianti. «Beh, che cosa ti dicevo?»
Il compagno si riscosse, passando l'oggetto tondo all'altro con aria irritata. «Ero distratto. Questa volta la prenderò.»
«Ah, se lo dici tu.», mormorò con fare canzonatorio il quattordicenne, fermando il pallone con un piede prima di tirare un secondo calcio con altrettanta forza verso la rete; Roxas si spostò velocemente alla propria sinistra, afferrando al volo la palla, strisciando una gamba sul prato per evitare di perdere l'equilibrio.

«Ce l'ho fatta!», trillò allegramente, illuminandosi, stringendo nel frattempo l'oggetto tra le mani. «Hai visto?»
Il rosso si lasciò sfuggire un sorriso divertito, avvicinandosi a passi veloci verso il compagno, prendendogli il pallone tra le mani per poi farlo scivolare a terra, allontanandosi con un balzo. «Vediamo se riesci a scartarmi.»
Roxas sussultò, affrettandosi a rincorrere il fulvo, cercando in ogni modo di allungare la gamba per portargli via la palla. «Aspetta e vedrai!»
Il più grande rise di cuore, infilando il piede tra le caviglie dell'altro, facendolo inciampare e cadere goffamente sul prato.
«Ehi!», tuonò massaggiandosi il sedere dolorante. «Ma è fallo!»
Axel ridacchiò, calciando lontano il pallone per poi sdraiarsi comodamente sul giovane, ghignando appena. «Lo so.»
Quest'ultimo arrossì lievemente e il fulvo inclinò il volto su un lato; lo trovò delizioso con quelle gote tinte dolcemente di rosa.
«Togliti! Sei pesante!», brontolò il biondo, cercando di dimenarsi in ogni modo, senza risultati; l'altro si avvicinò lentamente al suo volto, accennando un radioso sorriso. «Roxas?»
«S-Sì?»
«Ti piacciono i miei occhi?», a quella strana domanda il più piccolo sussultò, del tutto impreparato. «E-Eh?»
«I miei occhi... Ti piacciono?», bisbigliò il rosso soffiandogli tra i capelli dorati con aria divertita.
Roxas si strinse timidamente le spalle, tuffandosi nelle profonde iridi smeraldine dell'altro. «Io... Io non lo so... Perché mi fai questa domanda?»
«Mi piacerebbe molto sapere se ti piacciono o meno i miei occhi, perché a me i tuoi piacciono. Tantissimo.», quella piccola rivelazione fece sentire maggiormente in imbarazzo il giovane dalle iridi blu; abbassò un poco lo sguardo, sbattendo più volte le palpebre. «Anche... Anche a me piacciono tanto i tuoi occhi.»
«Davvero?»
Il biondo annuì timidamente e la squillante risata di Axel eccheggiò nell'ambiente, mentre il vento accarezzava il prato e le nuvole continuavano a rincorrersi.
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*Note di Ev'*
Eh, già, sono ancora viva e vegeta, insieme al mio computer :'3 Il motore, fortunatamente, è ancora qui. Sinceramente, credo di aver cambiato idea; non so se lo manderò ad aggiustare o meno, boh... Comunque, ripeto; nel caso vedete che le storie non andranno avanti, sapete già il perché.
Questo capitolo, come ho già detto parecchie volte, era già pronto; e, ahimè, sì, è il penultimo capitolo di questa raccolta ç____ç' *Cerca di non piangere* Siamo pericolosamente vicini alla fine.
Dopo aver postato il sedicesimo capitolo di Tutor And Boyfriend, qua siamo al mese di Novembre; per una volta sono abbastanza sicura, inoltre, di aver azzeccato il titolo. 'Emozioni', in questo caso, è riferito soprattutto al personaggio di Axel, il quale nella prima parte alla fine scoppia in lacrime, mentre, al contrario, nella seconda e nella terza si ritrova a ridere per i dolci complimenti del biondo sui suoi occhi.
Insomma, mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di recensire, dato che non vi costa nulla; anzi, almeno allenate le dita (?) sulla tastiera, uhm. Ci tengo a sapere i pareri altrui.
Il capitolo successivo non l'ho ancora scritto per questa mia terribile fobia di terminare la fan fiction D: Ma penso che tra qualche minuto inizierò a scriverlo, almeno l'inizio... *Sospira tristemente*
Va beh, gente; questa volta, stranamente, non ho stupidaggini da dire. Forse perché sono particolarmente scazzata per aver avuto un brutto litigio con mia madre; ma non succede solo a me di litigare ogni due minuti con i miei, vero? *Fiss*
Alla prossima, people.
E.P.R.

 

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Capitolo 12
*** Dicember -Mine- ***


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Dicember -Mine- 

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Roteò una seconda volta su se stesso e fece l'ennesimo giro lungo il perimetro della pista, frenando a pochi centimetri dall'altro presente che era comodamente seduto sul bordo, intento a mangiare una crêpe alla nutella con fare estremamente concentrato a godersi il gusto del dolce.
«Allora?»
«Allora cosa?»
Roxas sollevò un soppraciglio in un'espressione estremamente irritata. «Come sarebbe a dire 'allora cosa'? Ti ho chiesto come sono andato.»
«Ah», fece il ventenne, poco interessato, addentando un altro morso. «Sì, sì, molto bravo.»
Il biondo lo guardò malissimo e si strinse le spalle nella pesante giacca, sistemandosi meglio la sciarpa al collo. «Ma vaffanculo, Axel.»
Quest'ultimo iniziò immediatamente a tossire, stupito dall'improvviso insulto da parte del compagno; si tirò diversi colpi sul petto e sbattè più volte le palpebre. «Ma... Si può sapere che c'è? Ti ho comprato due biglietti per la pista in un orario fantastico, dato che non c'è praticamente nessuno e ancora ti lamenti?», nonostante ciò, il più giovane continuò a mantenere un'espressione imbronciata e si limitò ad allontanarsi pattinando.
«Dovevo proprio scegliermi il tipo più strano mai esistito come ragazzo.», brontolò tra sé e sé il fulvo, riprendendo a mangiare tranquillamente il dolce, lasciandosi sfuggire un sospiro estasiato alla bontà della nutella che gli accarezzava il palato.
Ridusse gli occhi a due fessure e finalmente si concentrò sull'esile figura del biondo; i pattini erano bianchi come la neve che ora addobbava l'intera città, mentre i pantaloni, piuttosto pesanti nonostante fossero di cotone, erano neri come la notte, così come la giacca a bottoni.
I capelli del medesimo colore della sabbia erano leggermente schiacciati dal paraorecchie di seta celeste; Roxas stava girando ripetutamente su se stesso e aveva davvero la grazia di una ballerina di danza classica.
No, ovviamente non era inteso come insulto, anzi.
Il fatto è che era veramente bravissimo a pattinare sul ghiaccio; si muoveva in maniera estremamente elegante e sembrava voler spiccare il volo da un momento all'altro con i notevoli salti che riusciva a fare nonostante la pesantezza dei pattini ai piedi.
Iniziò perfino a pattinare all'indietro, girando poi giusto in tempo per evitare di scontrarsi con il bordo della pista; riprese a scivolare con estrema grazia, ricominciando a roteare su se stesso.
Axel era piuttosto sicuro di non aver mai visto una persona così brava a pattinare; effettivamente, adesso che ci pensava, il sedicenne non gli aveva mai detto di questo suo talento nascosto; forse semplicemente perché temeva di apparire narcisista in qualche modo, chissà.
A quel pensiero si lasciò sfuggire una mezza risata; nessuno lo batteva in campo di narcisismo, questo era poco, ma sicuro.
Terminò in pochi secondi la crêpe e si leccò le dita sporche di nutella, sia per pulirle, sia per godersi ancora per gli ultimi secondi la dolcezza della cioccolata; successivamente fece per chiamare il giovane, pensando che fosse ancora a pattinare, quando si accorse che egli si trovava dall'altra parte della pista, intento ad ascoltare una giovane dai lunghi capelli rossi.
Kairi. Non gli era mai piaciuta quella ragazza, non solo per le brutte voci che giravano sul suo conto, ma anche perché aveva visto di persona che aveva la fissa di cambiare ripetutamente i ragazzi come i vestiti firmati che indossava.
Osservò Roxas accennare una soave risata e annuire, mentre la rossa, all'esterno della pista con i gomiti appoggiati sul cornicione, sorrise allegramente, dicendo qualcos'altro che lui non riuscì, ovviamente, a sentire; in un attimo la rabbia prese possesso del suo corpo e serrò i pugni, scendendo poi dal bordo della pista con una certa cautela.
Appoggiò entrambe le mani sul cornicione, rimanendo perfettamente attaccato ad esso, mentre scivolava lentamente sul ghiaccio, raggiungendo in una decina di secondi gli altri due; proprio in quel momento udì la squillante voce della ragazza. «Oh, sì, ti prego; sono proprio curiosa di vedere come pattini!»
Il suo interlocutore allora annuì appena, allontanandosi dal bordo della pista per poi iniziare a scaldarsi nuovamente le gambe, disegnando ampie circonferenze invisibili sul ghiaccio per poi ricominciare a roteare intorno a se stesso, abbassando e rialzando le ginocchia ripetutamente; successivamente fece un salto elegante, atterrando a pochi centimetri di distanza da Kairi, riuscendo perfino a frenare in tempo.
Accennò un sorriso, facendo un breve inchino all'udire gli applausi della giovane; non appena rialzò il volto, si accorse che qualcun'altro stava battendo le mani coperte da un paio di guanti rossi e notò solo in quel momento la presenza del ragazzo dai capelli scarlatti, il quale stava sorridendo allegramente. «Bravo Roxas, bravissimo!»
Il diretto interessato inclinò il volto su un lato, assai perplesso. «Ma tu non stavi mangiando?»
A quella domanda il fulvo storse le labbra in una smorfia imbronciata; scosse la folta chioma rossa. «Ho cercato di finire il prima possibile, così potevo vedere il mio adorato pattinare.», e al termine 'mio adorato' alzò volontariamente la voce, lanciando una fugace occhiata alla ragazza che aveva uno sguardo stralunato; dopodiché sorrise nuovamente, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. «I miei più sinceri complimenti, Roxas. Sei un mito a pattinare!», affermò con estrema sicurezza senza lasciare il tempo al biondo di rispondere ai complimenti dell'altro presente che grugnì a denti stretti.
«Non esagerare.», borbottò stringendosi impacciatamente le spalle; accennò un secondo sorriso piuttosto imbarazzato, quando il diavolo dai capelli fiammeggianti si intromise nuovamente. «Ehi, Kairi, ma non hai ancora saputo?», la giovane si voltò di scatto, rivolgendo finalmente la propria attenzione verso il più grande. «Saputo cosa?»
Axel ghignò. «Hanno aperto un nuovo centro commerciale giusto questa mattina. E' fantastico, te lo assicuro.»
«Un nuovo centro commerciale?», la rossa sollevò un soppraciglio, poco sicura. «Non mi stai prendendo in giro, vero?», chiese stringendo la propria borsa.
«Ho la faccia di qualcuno che scherza?», il ventenne cercò in ogni modo di nascondere il proprio sorriso sadico per lasciare trasparire un'espressione innocente e sincera. «Purtroppo non ricordo esattamente dov'è, ma vedrai che se chiederai in giro ti daranno delle informazioni più dettagliate!»
Il volto dell'altra si illuminò immediatamente; i suoi occhi scintillarono e sorrise gioiosamente, voltandosi in un attimo. «Grazie mille, Axel: non ti facevo così gentile!», e alzò la mano sinistra in cenno di saluto prima di sparire tra la neve. «Ciao Roxas, a presto!»
Quest'ultimo, che nel frattempo si era limitato a grattarsi la testa con fare confuso, inclinò il volto su un lato. «Un nuovo centro commerciale? Non ne sapevo nulla.»
Axel si tirò una manata sulla fronte, allungando poi l'altro braccio per afferrare la giacca del biondo, trascinandolo verso di sé. «E' un centro commerciale immaginario, baby. E adesso vieni qui.», appoggiò così il volto del giovane sul proprio petto, accarezzandogli delicatamente la chioma ribelle.
«Immaginario? Ma per-»
«Sono molto geloso, Roxas. Lo sai bene.», affermò con estrema decisione il rosso, osservando intensamente gli occhi blu del compagno, il quale aveva intanto timidamente alzato il volto con le gote già lievemente colorate. «S-Sì, lo so, però lei...»
«Sssh.», bisbigliò interrompendolo, appoggiando l'indice sulle sue labbra sottili. «In fondo me lo sono meritato. Non ti ho degnato delle attenzioni che desideravi.»
Il sedicenne ritornò ad osservare il ghiaccio sotto di sé, estremamente imbarazzato; nonostante stavano insieme ormai da parecchio tempo, nonostante lo conosceva da anni e anni, nonostante doveva essere abituato ai suoi comportamenti, non riusciva ancora a fare a meno di arrossire come uno stupido di fronte a lui.
E questa era una delle cose che Axel amava più di quel biondino.
Lo trovava terribilmente delizioso con le gote tinte di rosso, gli occhi che cercavano di guardare tutto tranne lui, le labbra che balbettavano frasi sconnesse e senza senso.
Il suo bellissimo Roxas.
Gli afferrò velocemente il mento, attirandolo a sé in uno scatto deciso di fronte alle iridi un poco sgranate del più piccolo; premette così con forza le proprie labbra sulle sue, come a voler marcare il fatto che fosse solo ed esclusivamente suo.
Il biondo mugugnò qualcosa di incomprensibile, appoggiando timidamente le mani sulla giacca blu del compagno; si ritrovò poi a scivolare all'indietro lentamente ed involontariamente a causa del ghiaccio e osservò con aria divertita il volto allarmato di Axel, il quale si mostrò poi estremamente irritato all'improvvisa interruzione del bacio che desiderava solo essere ulteriormente approfondito.
Roxas accennò una sottile risata, pattinando ancora un poco all'indietro; il ventenne allungò immediatamente un braccio nella futile speranza di poterlo riafferrare, quando perse l'equilibrio e cadde goffamente in avanti, sbattendo dolorosamente il mento contro il ghiaccio duro.
Il piccolo pattinatore si fermò un attimo, sbattendo più volte le palpebre; inclinò il volto su un lato, analizzando attentamente la situazione per un'altra manciata di secondi, scoppiando poi rumorosamente a ridere. «Avresti dovuto vederti! Sei ridicolo, davvero!», e si mise addirittura una mano sulla pancia, ricominciando a ridere.
Axel spalancò la bocca, scioccato dalla reazione dell'altro; successivamente ringhiò qualche insulto contro di lui a denti stretti e appoggiò le mani sul ghiaccio scivoloso, perdendo però nuovamente l'equilibrio e ritrovandosi a terra per la seconda volta.
Il sedicenne rise più forte, estremamente divertito nell'aver trovato un punto debole nel rosso; a quanto pare era una frana totale a pattinare, senza alcun dubbio.
«Axel non sa pattinare, Axel non sa pattinare, Axel non sa pattinare!», iniziò a prenderlo in giro con fare canzonatorio, volteggiando allegramente intorno alla figura sempre più arrabbiata del fulvo; improvvisamente l'espressione infuriata lasciò il posto ad un ghigno sinistro dipinto sulle labbra.
«Axel non s-», non riuscì a terminare l'affermazione che si sentì improvvisamente afferrare per la caviglia sinistra, venendo poi trascinato rovinosamente sul ghiaccio; sbattè il gomito e socchiuse istintivamente un occhio, mordendosi il labbro per placare il dolore.
«Adesso siamo pari.», disse con aria saccente il più grande, accennando un sorriso decisamente falso; Roxas gli lanciò un'occhiata torva. «Io non ti avevo fatto cadere, stupido!»
«Pazienza.», si limitò a farfugliare il rosso, scrollandosi le spalle. «Qua si sta al fresco, non trovi?», chiese poi ironicamente.
«Togliti quel cazzo di ghigno dalla faccia, Axel.», lo ammonì aspramente il giovane dalle iridi blu, cercando di rialzarsi, finché non si sentì di nuovo afferrare per la caviglia, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto del fulvo che si era pericolosamente avvicinato a lui.
«Sei mio, Roxas.», sussurrò sommessamente il ventenne con aria così seria da far venire i brividi all'altro; il biondo si sentì immediatamente avvampare e voltò lo sguardo altrove. «Non dire stup-»
«Sei mio e basta.», ripetè con maggiore sicurezza il ragazzo dai capelli scarlatti; successivamente notò che il giovane si stava stringendo il polso sinistro con aria addolorata e si affrettò così ad alzargli la manica della giacca e della maglia. «Ti sei fatto male?»
«No, io... Non... Non è niente.», balbettò a fatica il sedicenne, sperando inutilmente di sembrare credibile.
«Lo sai che non mi piace quando mi dici le bugie.», affermò con tono rimprovero il più grande, osservando il livido viola che si era formato sulla zona colpita; a quel punto si portò lentamente il gomito del ragazzo accanto alle labbra, stampandovi un candido bacio. «Ora come va?»
Roxas si irrigidì, temendo seriamente di poter svenire a causa dell'imbarazzo. «M-Meglio, grazie...»
Il rosso accennò un premuroso sorriso in risposta e riprovò ad alzarsi per la terza volta, questa volta riuscendo nell'intento; dopo aver capito come tenere i pattini sul ghiaccio per evitare di scivolare per l'ennesima volta, allungò la mano verso l'altro presente, senza smettere di sorridere. «Dai, vieni. Torniamo a casa.»
Il biondo ricambiò con altrettanta tenerezza il sorriso, annuendo, e afferrò saldamente la sua mano, senza lasciarla nemmeno quando giunsero a casa.

 




Si alzò le maniche della felpa su cui vi era raffigurata una renna -A parer suo, terribilmente e schifosamente ridicola; se non fosse stato per quel babbeo di Axel e dei suoi ricatti non se la sarebbe mai messa- e osservò con aria di sfida l'abete posizionato al centro del soggiorno, illuminato da numerose lucine colorate e addobbato accuratamente dalle palline -Principalmente rosse, dato che era stato il fulvo a comprarle.-
«E adesso a noi due.», affermò con sicurezza tra sé e sé, arrampicandosi faticosamente sul comodino dove Axel teneva tutti i trucchi e i profumi; fece estrema attenzione a non far cadere nulla, terrorizzato dal vedere il rosso infuriato e sputare fiamme dalla bocca come un drago assatanato, inginocchiandosi poi cautamente; fortunatamente era di legno pregiato e lui era assai leggero.
Strinse la piccola stella dorata nella mano sinistra e allungò così il braccio, sfiorando appena la punta dell'albero: accidenti ad Axel che non aveva ancora comprato una dannatissima scala, pensò. E accidenti a lui che lo obbligava a fare l'albero di Natale da solo; così, ogni maledetissimo anno, si ritrovava a fare strambe acrobazie per cercare di arrivare alla punta del famigerato abete.
«Ma tu sei alto, perché non ci pensi tu?!», aveva tuonato l'anno scorso sull'orlo di una crisi isterica; il rosso, nel frattempo, era tranquillamente di fronte allo specchio a curarsi i capelli. «Perché non è compito mio.»
«Che cazzo vuol dire?!», e si era ritrovato già a strillare. «Siamo a casa tua!»
Axel si era poi voltato verso il giovane con un allegro sorriso divertito dipinto sul volto, mettendosi le mani sui fianchi e porgendo il volto in avanti prima di spiegare: «Io mi occupo del cibo e di ospitarti, tu dell'albero, Roxas. E' la legge.»
«Ma legge di cosa?! Vaffanculo!», ed era tornato in soggiorno imprecando ripetutamente, udendo le risate dell'altro rieccheggiare nella casa.
«Ti prego, dai», mormorò tra sé e sé, allungando il più possibile il braccio fino a sentire l'osso scricchiolare, «ancora un po' e ci siamo, dai...», la stella si infilò finalmente nella punta e Roxas si illuminò; proprio in quel momento sentì la porta di casa aprirsi rumorosamente e la squillante voce di Axel spargersi per la casa. «Sono tornato!», e a causa dello spavento si sporse eccessivamente in avanti, perdendo l'equilibrio e cadendo rovinosamente in avanti.
«Roxas? Sei qui?», sentì poi chiedere; alzò a fatica la faccia da terra, brontolando qualcosa di incomprensibile sul dolore e sulla sua fissa di fare gli alberi; vide successivamente il fulvo osservare l'abete e mettersi una mano sul mento con aria pensierosa. «Oh, bravo Roxas, hai già fatto l'albero. Niente male, sì. Anche se la stella è un po' stor-»
«Non osare dire nulla sulla stella.», sibilò a denti stretti il biondo, rialzandosi per poi spolverarsi i pantaloni; Axel assunse un'espressione perplessa e si grattò la nuca, appoggiando i diversi sacchetti sul piccolo tavolo.
Il sedicenne nel frattempo si sedette sul divano con aria spossata, socchiudendo gli occhi. «Mh, che stanchezza...», brontolò tra sé e sé; udì poi l'allegra risata del rosso che gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui con un piccolo pacchetto rosso incartato tra le mani. «Adesso non c'è tempo per essere stanchi, baby. Ho una sorpresa per te.»
«Mh?», il giovane riaprì un occhio, nascondendo però una grande curiosità dentro sé; di solito le sorprese di Axel o erano meravigliose o erano qualcosa di folle. Deglutì, sperando seriamente che questa volta fosse da prendere in considerazione solo la prima opzione.
«So che manca ancora qualche giorno a Natale», iniziò a parlare il rosso con le iridi smeraldine luccicanti. «ma ci tengo troppo a dartelo e a vedere la tua faccia. Sono appena andato a prenderlo e...», si interruppe per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore. «Insomma, tieni.»
Roxas scrutò attentamente il piccolo pacchetto prima di prenderlo delicatamente dalle mani dell'altro, assai confuso e perplesso; sbattè più volte le palpebre dopo aver ottenuto un cenno di approvazione da parte del ventenne, afferrando così il fiocco giallo per poi scioglierlo lentamente.
Il giovane inclinò il volto su un lato alla vista di una scatoletta di pelle nera come la notte; la osservò per qualche secondo prima di aprirla quasi con gentilezza, come se fosse timoroso in qualche modo di non essere pronto per vederne il contenuto.
E si sentì mancare un battito.
Uno splendido anello di oro bianco luccicava di fronte alle iridi del ragazzo che spalancò la bocca, senza parole; al centro del gioiello vi era incastonata una piccola pietra verde, più splendente che mai.
«Lo so che nè io nè te siamo dei tipi da anelli e cose del genere», interruppe il breve silenzio Axel, mostrando la propria mano destra e il medesimo anello che aveva una pietra blu all'anulare, «ma io ci tenevo tanto, Roxas.», e sorrise dolcemente. «Così tu avrai un anello che ha il mio stesso colore degli occhi e lo stesso sarà per me.», dopo aver detto ciò ridacchiò nervosamente, un poco imbarazzato dalla situazione e, soprattutto, dalle proprie parole.
«A-Axel, io... Io... Non...», le parole si bloccarono nella gola del biondo che appoggiò una mano sulle labbra per soffocare un singhiozzo; prese lentamente l'oggetto prezioso e se lo infilò nell'anulare destro, alzando poi timidamente gli occhi verso quello che poteva ormai tranquillamente considerare il suo fidanzato. «Grazie.»
«Tutto qui?», chiese ironicamente il rosso sorridendo e spalancando le braccia; Roxas ci si buttò immediatamente, appoggiando timidamente la testa sulla spalla del ventenne con le gote imporporate e lo sguardo emozionato. «E' la cosa più bella che tu mi abbia mai fatto.», sussurrò sommessamente, come i bambini bisbigliano tra di loro i segreti all'orecchio.
«Adesso non fare il sentimentale.», continuò a dire scherzosamente il più grande, stampando un bacio tra i capelli dorati del compagno. «Sai, Roxas...», iniziò improvvisamente, ottenendo l'attenzione del diretto interessato. «Credo di essere molto fortunato. Anzi, ne sono sicuro. Più che sicuro.», si corresse poi, annuendo.
Roxas sorrise dolcemente, stampandogli un flebile bacio sulle labbra prima di socchiudere gli occhi, appoggiando nuovamente il volto sul suo petto.
Mentre lui si sentì felice come non mai, Axel pensò che ora quel ragazzino gli apparteneva davvero e che non l'avrebbe mai lasciato andare.
Mai e poi mai.




«Com'è stato?»
Strinse la cornetta del telefono, senza rispondere; lanciò una fugace occhiata a sua madre che, nel frattempo, stava richiudendo la porta di casa dietro di sé, dicendogli qualcosa che lui non sentì. O meglio, che non sentì perché non gli interessava proprio.
«Axel?», udì la voce del suo compagno di classe dall'altra parte; Marluxia, un ragazzo un po' strano, un po' fatto a modo suo con atteggiamenti davvero ambigui. Però, dopo tutto, gli stava anche simpatico; anche perché lo aveva avuto come vicino di banco per ben due anni e quindi alla fine fu inevitabile stringere una specie di amicizia.
«Axeeel, mi senti?», lui sussultò, scuotendo la chioma rossa mentre si osservava di fronte all'imponente specchio posto sul muro del corridoio.
«Sì, ci sono.», si limitò a farfugliare apaticamente, scrutando il riflesso verde dei propri occhi come se fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.
Sentì l'amico ridere. «Cos'è, stai ancora pensando a quello che hai appena passato?», domandò maliziosamente, sghignazzando.
Ma Axel non rise, anzi, sembrò piuttosto irritato dall'indescrizione dell'altro; appoggiò la mano libera sul vetro dello specchio e strofinò l'indice su di esso con fare distratto. «Più o meno.»
«Che risposte brevi. Sembri Zexion.», osservò il compagno, facendo riferimento ad un altro tipo strano della loro classe. «Comunque non mi hai ancora detto com'è stato. Dai, sono curioso! Voglio sapere tuuuuttti i particolari!»
Era prorio quello il problema.
''Com'è stato''.
Avrebbe voluto dire, anzi, più che altro si aspettava di utilizzare aggettivi come sensazionale, fantastico, unico, incredibile e roba del genere. Invece nella sua mente non facevano altro che galleggiare parole come noioso, tremendo, vuoto. Terribilmente vuoto, senza nulla.
Il quindicenne sospirò, decidendosi finalmente a parlare. «Sì, bello.», mentì con poca convinzione, spostando poi lo sguardo verso una fotografia in particolare posta su un comodino. «Bello.», ripetè ancora apaticamente.
«Wow, che entusiasmo.», commentò sarcasticamente Marluxia, intuendo immediatamente la bugia del rosso. «Ma si può sapere che hai? Sei il secondo ragazzo della classe ad aver già scopato; dovresti sentirti alla grande! E poi la ragazza non era mica male, anzi.», e ridacchiò nuovamente.
Eppure l'espressione di Axel non cambiò in alcun modo; indescifrabile e assorta, mentre stringeva con più debolezza la cornetta. «Devo andare, Marluxia.», disse infine, attendendo una risposta dall'altro che non tardò ad arrivare. «Va bene», brontolò con aria un po' offesa, «allora a domani, Axel.»
Ma lui non rispose al saluto e si limitò a riagganciare con fare estremamente spossato; afferrò la fotografia incorniciata tra le mani e la scrutò intensamente con le iridi smeraldine improvvisamente lampeggianti alla vista del proprio sorriso accanto a quello di un bambino dai capelli dorati e disordinati.
Era successo tutto in fretta; era stato lui a cercare di essere sbrigativo con la giovane perché l'amara verità era che non ne aveva voglia. Era stato anche sgarbato e antipatico, come se fosse un dovere da svolgere e non un piacere.
Poi si era alzato dal letto e si era vestito velocemente, aprendo la porta della stanza per far uscire immediatamente la ragazza, la quale sperò inutilmente di avere almeno il suo numero di cellulare.
C'era stato solo un piacere erotico e fisico, nient'altro. Sperava in qualcosa di meglio, di più profondo e invece si era sentito deluso in qualche modo.
Improvvisamente sentì il campanello suonare e sobbalzò, appoggiando con estrema cura la foto al suo posto; fece qualche passo in avanti e si avvicinò al portone, chiedendo uno scocciato: «Chi è?»
«Sono Roxas.», all'udire la voce appena percettibile del compagno, si irrigidì e sgranò istintivamente gli occhi, stupito da quell'inaspettata visita; successivamente si riscosse, decidendosi finalmente ad aprire la porta con un largo sorriso -A dire il vero, il primo sorriso di quella dannata giornata- stampato sul volto. «Ehi, Rox!», lo salutò calorosamente, prendendogli immediatamente il polso per poterlo trascinare dentro, chiudendo poi la porta dietro di sé.
Il giovane ospite si guardò timidamente attorno, come se fosse entrato per la prima volta in quella dimora; successivamente si sentì tirare un poco la mano e alzò gli occhi blu, incrociando lo sguardo raggiante del più grande che non smetteva più di sorridere. «Ti va di giocare con i videogiochi?»
L'undicenne si illuminò, annuendo; a causa del divorzio in corso tra i suoi, ormai trovava davvero poco tempo per dedicarsi a qualche passatempo piacevole, dato che non faceva altro che finire a casa dei suoi parenti.
«Sono venuto perché la mamma è andata a fare la spesa», iniziò a spiegare, mentre Axel lo accompagnava in soggiorno, sedendosi sul divano. «e le ho chiesto se poteva accompagnarmi qui.», poi imbronciò le labbra in una smorfia infantile, abbassando lo sguardo con lieve imbarazzo; Axel accennò una sottile risata, tirandogli il braccio per farlo sedere accanto a sé. «Hai fatto bene a venire.», ammise sorridendo. «Avevo bisogno di te.»
«Dici sul serio?», domandò il biondo con le iridi più splendenti che mai, osservando intensamente il quindicenne che annuì energeticamente. «Ma certo. Sai, sei l'unico che mi capisce.», appoggiò una mano sulla chioma dorata del giovane, facendola scorrere ripetutamente con aria assorta; Roxas arrossì appena e gonfiò infantilmente le guance, scostando il braccio dell'altro con fare scocciato. «Smettila, Axel. Non sono un bambino. Sono grande, ormai!»
«Certo, certo.», borbottò ironicamente il rosso, sistemando il proprio gomito sul cuscino con un'espressione divertita. «A proposito, come va nella nuova scuola? Ti stai ambientando?»
«Benissimo!», rispose immediatamente l'undicenne, lasciandosi sfuggire un flebile sorriso. «Le medie non sono brutte come pensavo. E mi sono già fatto una nuova amica.», a quel piccolo dettaglio Axel corrugò improvvisamente la fronte, quasi fosse infastidito in qualche modo. «Ah, sì?»
Il giovane dalle iridi blu annuì. «Si chiama Xion. Un giorno te la farò conoscere, è molto gentile.»
«Ti ha mai toccato?», chiese bruscamente il fulvo, cercando di analizzare ogni più piccola espressione del biondo che si trovò sapesato e confuso di fronte a quella strana domanda. «Eh?»
Axel sbuffò. «Niente, niente. Lascia stare.»
Il più piccolo si strinse timidamente le spalle, accuciandosi meglio sul divano; sbattè più volte le palpebre e osservò attentamente il compagno. «Ti sei arrabbiato con me?»
All'innocenza e alla soave ingenuità con cui pose la domanda Axel non potè fare a meno di cambiare espressione, sorridendo nuovamente; scosse un poco la folta chioma rossa, alzandosi per accendere la play station. «Sono un po' arrabbiato, ma non con te, non preoccuparti.»
Successivamente infilò il disco e afferrò i due joystick, porgendone uno al biondo che continuò a parlare: «Vedrai che giocando un po' la rabbia ti passerà.»
Axel inclinò il volto su un lato, rimanendo in silenzio per qualche secondo a riflettere; successivamente sorrise, avvicinandosi all'orecchio del giovane prima di soffiare su di esso, sghignazzando, consapevole del fatto che al compagno infastidiva e, soprattutto, imbarazzava molto. «Piantala, scemo!»
Il fulvo ridacchiò, concentrandosi poi sullo schermo del televisore. «Non ti auguro buona fortuna perché tanto perderai.»
«Questo lo dici tu.», replicò accennando un sorriso sghembo il giovane; l'altro rise nuovamente e non pensò più a ciò che aveva passato.
Anzi.
Sorrise anche più del solito e pensò che fu proprio una bella giornata. Se non addirittura bellissima.
Sì, proprio come lo era Roxas.
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*Note di Ev'*
-Passa una processione con gente vestita di nero e le croci al petto (?)*
Oggi siamo qui tutti riuniti per annunciare la tragica fine di codesta storia.
Riposa in pace, e che Dio sia con te. (??)
Amen.

Cioè, è finita... Non ci posso credere. It's a Nightmare ç_ç
No, beh. Poi da un lato è meglio così, dato che ho un sacco di storie in mente da scrivere. *Osserva l'orizzonte con aria filosofica (?)*
Uhm, sì. Allora... Questo capitolo -Oddio, spero che il titolo 'Mio' vada bene °-° All'inizio volevo mettere 'End', ma mi sembrava troppo banale.- è appunto ... Uhm, cos'è? Cioè, insomma, in questo capitolo diciamo che si fidanzano ufficialmente e Axel si mostra nuovamente geloso. Nella prima parte egli si accorge che non desidera altro che donare attenzioni al biondo; mentre nell'ultima parte capisce che lui è l'unico a farlo stare bene. Ah, e ovviamente la sua prima volta è stata un fiasco totale perché nel suo cuoricino c'è solo Roxey ;A; <3
Che orrore aver barrato sulla casella 'Completa' prima di aver pubblicato il capitolo çAç
Ehm, sì. Insomma, questa storia è stata davvero una specie di diabete-carie e chi più ne ha più ne metta. Cioè, oddio, non mi credevo capace di tirare fuori tutte queste zuccherosità (?). Non so se sia una cosa positiva o meno, ma lasciamo stare.
La prima parte del capitolo l'ho scritta la settimana scorsa, tutto il resto oggi, nonostante, ad un certo punto, non mi sono sentita neanche dell'umore giusto. *Sighs* -Che poi ho passato la giornata a parlare con mia madre; poi notavo che lei non mi rispondeva e non ho fatto altro che chiederle 'Ma perché non mi caghi?' D: - Ma, insomma.. PER VOI HO POSTATO LO STESSO. :'D
Allora, spero che quest'ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento -E che non sia stato eccessivamente sdolcinato... *Si fiss intorno*- e vi prego di commentare, dato che è la fine çWWWç PLEASE! Almeno nell'ultimo capitolo, uhmpfh'.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, quelli che hanno messo la storia tra le ricordate/seguite e preferiti.
E ringrazio le sedici persone che mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti. <3
Ora posso sparire definitivamente di scena, sperando di postare il capitolo successivo di 'Tutor And Boyfriend' domani, nonostante non l'abbia ancora iniziato °-°
La prossima long-fic che pubblicherò sarà un dramma, awwwh. Non vedo l'ora di postarla. <3
Alla prossima, people C:
E.P.R.

 

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