Cicatrici

di Jadis_89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Reina era addormentata, con la testa appoggiata al torso nudo di Richard, le dita sfioravano la lunga cicatrice sul petto di lui. Richard continuava a spostare lo sguardo dal viso di lei alla sua ferita. Cercando di non svegliarla le spostò le dita affusolate per accarezzarsi quella striscia di pelle ruvida e in rilievo pensando amaramente che se non fosse stato per quella cicatrice, per quell'operazione, non avrebbe avuto tutti questi problemi.

 

 

La mattina del ricovero Richard James Truman era di pessimo umore, come al solito. Il giorno precedente un'infermiera dalla voce squillante l'aveva svegliato dal sonno agitato che stava conducendo. Gli aveva riferito che avevano finalmente trovato un donatore compatibile e che la sua operazione poteva finalmente avvenire. Richard, con la voce ancora impastata dal sonno, le aveva domandato se questa volta ne fossero davvero sicuri perchè non avrebbe sopportato un altro errore come la volta prima. L'infermiera del S. Francisco Hospital aveva riso senza rispondere alla sua domanda dopodichè gli ricordò di portare con sè le analisi, le pillole che prendeva regolarmente e di non fare colazione, infine riagganciò.
Richard spense la sveglia e, con lo sguardo fisso al soffitto, cercò di pensare a qualcosa di bello ma niente riuscì a distrarlo dall'idea poco entusiasmante di andare in ospedale.
Raggiunse il bagno e guardando la sua immagine nello specchio notò con orrore quanto si fosse lasciato andare negli ultimi tempi, dov'era finito quel bell'uomo; alto, moro con gli occhi di un azzurro brillante che facevano cadere ai suoi piedi ogni donna che desiderasse? Ora vedeva quel ometto pallido che sembrava esserse rimpicciolito, anche il petto e le spalle sembravano meno larghe di come le ricordava, gli occhi spenti cerchiati di rosso. I capelli troppo lunghi attirarono la sua attenzione... "Come diavolo avranno fatto a crescere così tanto? " pensò.
Aprì lo sportello dei medicinali e mise in ordine sul lavandino le quattro pillole colorate che ogni mattina doveva assumere, riempì il bicchiere d'acqua e sorrise amaramente a quell'uomo sconosciuto che stava imitando tutti i suoi movimenti < Salute Ricky >.


Il viaggio in taxi fu frustrante, si sentiva agitato e ansioso ma non voleva ammetterlo. Avrebbe voluto avere un'atteggiamento più distaccato e freddo come se la cosa non lo toccasse minimamente, invece era preoccupato e anche spaventato, poteva ingannare il tassista e forse anche il personale dell'ospedale ma non avrebbe mai potuto ingannare se stesso.
Una volta davanti a quelle porte di vetro si rese finalmente conto che una volta entrato sarebbe potuto non uscirne più.
< Ha bisogno? > la guardia nel gabbiotto di sicurezza sembrava annoiato, stava leggendo un giornale sportivo e parlava senza staccare lo sguardo dal giornale.
< Sì > rispose secco Richard, la guardia lo guardò incuriosito
< Mi dica > con gesti lenti ripiegò il giornale.
< Dovrei essere ricoverato, mi hanno chiamato ieri mattina >
Fece passare nella piccola fessura nel plexiglass un foglietto stropicciato. L'uomo iniziò a leggere con estrema lentezza mentre Richard a disagio iniziò a giocherellare distribuendo il peso da una gamba all'altra ordinandosi di smettere quasi subito, non voleva risultare impaziente. Dopo un tempo che gli sembrò interminabile la guardia gli restituì il foglio < Terzo piano >.
Senza salutare Richard s'incamminò verso l'ascensore.

 

Richard era affetto da una forte insufficienza cardiaca che gli aveva già messo a repentaglio la vita una volta con un infarto. Per fortuna riuscirono ad intervenire in tempo e dalle analisi scoprirono la sua malattia, dopo vari tentativi con le cure il suo medico aveva suggerito che sarebbe stato meglio intervenire chirurgicamente dato che il cuore non dava cenni di miglioramenti.
Ora era lì davanti alle porte del reparto dei trapianti, con le palme delle mani sudate e il cuore che gli martellava nel petto, ci appoggiò il pugno chiuso e si strinse la camicia tra le dita.
< Vecchio mio, non fare scherzi > dopo un bel respiro suonò il campanello.

Camminando a fianco dell'infermiera che lo stava accompagnando nella sua camera Richard si rese conto per la prima volta in tutta la sua vita che era malato. Non era un idiota, sapeva che il suo fedele corpo aveva qualcosa che non andava ma non se ne era mai reso conto. Invece adesso camminando in mezzo ai pazienti in pigiama che strisciavano i piedi inciabattati sul pavimento accompagnati dall'asta portaflebo, con le facce pallide e sciupate si rese conto che non era diverso da loro.
Una volta rimasto solo nella sua camera si guardò attorno; i muri bianchi completamente spogli a parte i piccoli crocifisso appesi sopra i due letti, uno in disordine con le lenzuola stropicciate e l'altro ancora intatto, le grandi finestre spalancate per combattere il caldo torrido di luglio. Svogliato e triste iniziò a disfare la sua valigia, sistemò gli abiti nell'armadio e sul comodino accanto al letto il notebook, il cellulare, i prodotti del bagno e il suo i-pod. Com'era abituato a casa sua infilò sotto al cuscino il libro che aveva iniziato a leggere la sera prima e il suo portafortuna, un vecchio disco da Hockey d'epoca regalatagli da suo nonno per il suo dodicesimo compleanno, che subito gli riportò alla memoria la sua famiglia.
Il padre di Richard aveva abbandonato la famiglia quando lui aveva appena tre anni, non lo ricordava per niente e nemmeno le foto potevano aiutare dato che Caroline, sua madre, le aveva ritagliate e gettate via in preda ad un raptus di rabbia. Da quando si era ammalato Richard aveva allontanato tutti; sua madre, sua sorella e persino sua moglie che, non essendo a conoscenza del motivo per cui lui l'avesse lasciata, aveva chiesto il divorzio. Si sentiva un debole, un peso e non aveva nessuna intenzione di farsi compatire dagli altri, lui era sempre stato un duro, uno che affrontava le situazioni di petto senza perdere mai il controllo ora invece... Non si sentiva più quell' uomo che conosceva da ormai trentadue anni, no, Richard era morto quel giorno in ospedale quando gli avevano annunciato della malattia.
Ebbe appena il tempo di tirarsi su i pantaloni della tuta che gli facevano da pigiama che un'esuberante infermiera grande come un armadio entrò nella stanza.
< Buongiorno Signor Truman > gli sorrise chiudendosi la porta alle spalle.
< Buongiorno... > rispose lui con meno entusiasmo, si sedette sul bordo del letto e si lasciò prelevare il sangue per gli esami. Conosceva la routine del ricovero e si era ripromesso di non fare un solo gemito quando l'ago gli avesse penetrato la carne ma, la sua fobia degli aghi ebbe la meglio.
< Ahia! > poi, come se niente fosse, ritornò a fissare le chiome degli alberi fuori dalla finestra.
< Suvvia, un omone come lei non dovrebbe lamentarsi per una puntura > esclamò l'infermiera.
Richard scelse di non rispondere, anche se avrebbe voluto insultarla, la lasciò fare mentre gli attaccava le ventose al petto per l'elettrocardiogramma.
Dalla porta entrò un'altra infermiera che non appena lo vide gli sorrise gentilmente. Spingeva una sedia a rotelle con sopra un uomo di circa 60 anni, Richard la osservò mentre aiutava l'uomo a sdraiarsi sul letto. Era magra ed esile ma era riuscita senza troppi sforzi ad alzare l'uomo che a malapena si reggeva in piedi, dopo avergli infilato la mascherina per l'ossigeno gli versò un bicchiere d'acqua e gli accese la televisione, dopodiché lasciò la stanza.
< Dunque, ora si riposi tra poco verranno per gli altri esami. Se ha appetito chiami l'infermiera che le porterà qualcosa, benvenuto al S. Francisco Hospital > gli rivolse un sorriso forzato e dopo avergli attaccato un braccialetto di plastica con su scritto il suo nome, se ne andò lasciandolo solo con quell'uomo che non smetteva un attimo di tossire.
< Lei fuma? > chiese una voce rauca e ovattata.
Richard aveva appena chiuso gli occhi, con la testa sprofondata nel cuscino e il lenzuolo tirato fino alla vita. Riaprì gli occhi e guardò frustrato il suo interlocutore.
< Le ho chiesto se fuma > il suo compagno di stanza spostò la mascherina dell'ossigeno per ripetergli la domanda.
< No > rispose secco
< Meglio così... Si può alzare? >
< Cosa? > Richard iniziava a stufarsi di tutte quelle parole, voleva semplicemente stare lì sdraiato con gli occhi chiusi, non gli sembrava di chiedere poi così tanto.
< Ma lei per caso ha problemi di udito? > quella risposta non sembrò piacergli un granché
< Non capisco un accidenti con quella mascherina davanti alla bocca > l'uomo sembrò non ascoltare nemmeno la sua risposta.
< Mi chiamo Gregory Matther, lei? > Rick sbuffò
< Richard. Richard Truman > Gregory si alzò a sedere abbassandosi la mascherina che non gli permetteva di parlare.
< Come mai è qui? > sembrava esser passato molto tempo dall'ultima volta che aveva chiacchierato con qualcuno, peccato che Rick non aveva assolutamente voglia di fare conversazione.
< Sono malato di cuore > dirlo gli provocò un brivido, forse era la prima volta che lo diceva ad alta voce.
< Diavolo! Un ragazzone come lei non dovrebbe avere questi problemi... > venne interrotto da un'altra crisi di tosse, Rick ne approfittò per scappare dall'interrogatorio. Si alzò dal letto e camminò fino ad una stanzetta da dove proveniva il suono di una televisione accesa a basso volume, trovandola deserta si accomodò su una delle tante poltrone di pelle e iniziò a fare zapping tra i canali.
Dopo circa un'ora l'esile infermiera che aveva aiutato il Signor Matther a rimettersi a letto fece capolino dalla porta.
< Signor Truman? L'ho cercata dappertutto... > Rick si stava quasi assopendo. Era normale per lui, a casa passava tutto il giorno in poltrona davanti alla televisione, non andava quasi mai a letto, di solito si addormentava in poltrona guardando vecchi film in bianco e nero e si risvegliava il mattino con le telepromozioni di un nuovo aspirapolvere o l'offerta di un tappeto persiano.
< Ehm... cercava me? > ancora disorientato si alzò in piedi
< Sì, dovrei farle qualche altro esame e poi scenderemo al piano di sotto per fare dei raggi al torace. Mi vuole seguire in camera? > il passo della giovane era svelto come chi è abituato a non stare un attimo fermo, Richard faticava a starle dietro ma riuscì a raggiungerla con due ampie falcate grazie alla differenza d'altezza tra i due. Lui misurava circa 180 centimetri lei le arrivava sì e no alla spalla.

Richard la osservò mentre lei le bucava la punta del dito per misurargli la glicemia, era decisamente attraente, capelli castani e occhi verdi con i lineamenti tipici dei latino americani ma più delicati e dolci, proprio il tipo di ragazze che piacevano a lui. Quando lei si allontanò per segnare la temperatura su un grosso raccoglitore anche questi pensieri si allontanarono dalla sua mente, no, non doveva neanche averli questi pensieri.
< Apposto? > chiese con la sua tipica voce impostata, che usava quando intendeva intimorire e tenere a distanza le persone, su di lei però sembrava non aver funzionato.
< Veramente no, dovrebbe riempirmi questa > rispose sorridendo e porgendogli una provetta per le urine.
Finiti gli esami Richard decise di tornare nella saletta a vedere la televisione ma, durante la sua assenza era stata occupata da due ragazzini che seguivano un programma di musica. Amareggiato tornò in camera e finse di dormire per evitare le domande del suo compagno di stanza.
Dormì per quasi tutto il giorno e la sera venne svegliato da un'infermiera che gli portava la cena, era da così tanto tempo che non mangiava qualcosa di diverso da snack in busta o prodotti surgelati che quel pasto gli sembrò delizioso. Dopo cena, per sua grande fortuna, il suo compagno di stanza si addormentò quasi subito e lui poté godersi i suoi programmi televisivi in santa pace Da circa un anno la televisione era diventata la sua migliore amica. L'unica che gli tenesse compagnia, che non lo guardasse con pena o gli chiedesse notizie sul suo stato di salute, lei parlava soltanto senza chiedere mai. I vecchi amici avevano provato tantissime volte a farlo uscire di casa, magari a vedere una partita di baseball o semplicemente a bere un drink, ma lui si sentiva a disagio. Da solo in casa sua, sulla sua poltrona si sentiva bene, non doveva fingere- A volte rideva con le trasmissioni dei comici e non pensava al suo futuro altre invece sembrava che guardasse un muro, non distingueva le immagini o i suoni. Quelle sere si abbracciava le ginocchia e piangeva, solo nella sua disperazione e nessuno lo giudicava un debole, solo lui stesso il giorno successivo si rammaricava di quanto era stato smidollato.
Quando l'infermiera del turno di notte lo avvertì che era giunta l'ora di dormire spense la televisione e si coprì con il lenzuolo, oppresso dal caldo che neanche la finestra spalancata riusciva a diminuire si addormentò.
< Controllo > una voce gentile e la sensazione di freddo nell'orecchio lo fece trasalire.
< Che succede? > afferrò il polso della persona accanto a lui
< Niente stia tranquillo signor Truman, devo solo controllarle la temperatura > l'infermiera inserì il termometro nell'orecchio di Rick, un bip e lei si allontanò.
< Mi scusi se l'ho svegliata > la voce gentile si fece più lontana, le ombre si sfocarono e Rick venne traghettato di nuovo nel mondo dei sogni.
Sognò una lunga tavolata di un ristorante, si guardò attorno ma non riusciva a riconoscere nessun viso eppure doveva essere una festa ed essendo stato invitato doveva pur conoscere qualcuno. La gente parlava ad alta voce, rideva e scherzava Rick invece non parlava con nessuno. Aveva provato a far parte del discorso dell'uomo che aveva alla sua destra ma niente, aveva finto di non sentirlo. Poi si voltò alla sua sinistra e vide una donna che come lui non parlava con nessuno, era intenta a sminuzzare con forchetta e coltello la braciola che aveva nel piatto. Richard si sentì sollevato nel vedere che non era l'unico a sembrare un pesce fuor d'acqua, decise quindi di provare ad instaurare un discorso con la giovane sconosciuta, e poi chissà magari avrebbero potuto svignarsela da quel ristorante ed andare a bere qualcosa in un posto carino, era da così tanto tempo che non...
< Buongiorno a tutti > Richard battè un paio di volte le palpebre per riuscire a mettere a fuoco la figura vestita di bianco in mezzo alla camera, si stropicciò gli occhi con il dorso della mano e si alzò a sedere, il suo compagno di stanza era sveglio e stava facendo un cruciverba.
< Buongiorno dottore > lo salutò Matther sfilandosi gli occhiali.
Il dottore si concentrò su di lui per qualche minuto per visitarlo. Richard lanciò un'occhiata veloce alla donna sulla porta, era di nuovo l'infermiera gentile, ma all'improvviso qualcosa lo sconvolse... Era lei la donna del sogno, quella che come lui non parlava.
< Qui cosa abbiamo invece? > domandò sedendosi sul bordo del letto di Rick. L'infermiera lo raggiunse tenendo la sua cartelle clinica in mano aperta.
< Richard Truman, affetto da una grave forma di insufficienza cardiaca scoperta un anno e mezzo fa dopo un attacco di cuore, il paziente non risponde alle cure e si è scelto di intervenire chirurgicamente mediante un trapianto >
Richard la guardò offeso sentendosi trattare come una cavia da laboratorio più che da una persona, era questa la parte più denigrante di tutta la malattia.
< Benissimo, allora facciamo ancora un paio di analisi dopodiché saremo pronti. Il donatore è arrivato ieri mattina > Rick si limitò ad annuire, non voleva sapere niente di quell'uomo anzi non voleva nemmeno pensare che era un uomo, proprio come lui, deceduto la mattina scorsa e che lui il giorno dopo avrebbe preso il suo cuore.
< Non sembra molto soddisfatto... > commentò il medico guardando Rick dritto negli occhi, lui si sentiva così nervoso e stressato che non riuscì a sopportare il peso di quello sguardo.
< Mi scusi tanto se non faccio i salti di gioia pensando che un uomo ieri è morto e io domani gli ruberò un pezzo del suo corpo > sbottò alzando la voce più del dovuto.
< Non è questo il modo di pensare Richard, vedila come l'opportunità di rinascere e... > Richard non gli diede il tempo di finire la frase.
< Stronzate > si voltò nel letto e si coprì fin sopra la testa con il lenzuolo.
< Dobbiamo finire il giro delle visite, dottore > le ricordò l'infermiera, il medico sospirò rumorosamente e si alzò dal letto.
Era stato stupido comportarsi così però, come potevano aspettarsi che lui fosse felice? Magari il donatore era una brava persona, che amava la vita e la sua famiglia... La sua famiglia... Scosse la testa come se quel gesto potesse cancellare quel pensiero.
Richard si sentiva un mostro, sapeva che da quando si era ammalato aveva iniziato a spegnersi, e aveva praticamente buttato via la sua vita. Si era licenziato dal prestigioso studio pubblicitario dove lavorava, aveva lasciato sua moglie e da circa sei mesi ad oggi aveva messo il naso fuori dalla porta al massimo tre volte. Prima era pieno di vita, amava andare a sciare ed allenava la squadra di football dei bambini del suo quartiere, in quel periodo si sentiva bene. Sentiva che meritava la chance di vivere ed era davvero innamorato della vita. Poi tutto era cambiato ed ora, solo in quel letto, valutava l'idea di firmare per uscire dall'ospedale e permettere a qualcuno più meritevole di ricevere quel prezioso organo in grado di salvargli la vita.
Mentre rifletteva su questa possibilità sentì dei movimenti alle sue spalle, non ebbe il coraggio di voltarsi per non dover parlare con il suo logorroico compagno di stanza, ma dai rumori non era difficile capire che stava raccogliendo i suoi effetti personali per andarsene.
< Buona fortuna, ragazzone > sentì la sua voce farsi lontana e finalmente si alzò a sedere.


Note:  Ciao a tutti, ho deciso di riprovare a proporvi qualcosa di mio. Questa storia l'ho sentita tanto e sta praticamente venedo fuori da sola, spero davvero che qualcuno mi dedichi qualche minuto del suo tempo per leggerla e magari spendere qualche parola nelle recensioni. Sono davvero interessata alle vostre opinioni, come sempre grazie a tutti quelli che la leggeranno, spero vi piacerà.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Perso in un'accattivante puntata di uno dei suoi tanto amati telefilm, Rick finse di non notare l'infermiera che era appena entrata nella sua camera, con il suo solito passo svelto, spingeva un carrello per cambiare le lenzuola del letto del signor Matther.

Richard era arrabbiato con lei, non che gli avesse fatto qualcosa di male però lui l'aveva sognata e la cosa gli dava al quanto fastidio. Con noncuranza si voltò verso di lei, la squadrò qualche istante sporta in avanti e l'occhio gli cadde sulla scollatura, quando lei alzò la testa lui spostò lo sguardo sulla televisione.

I giorni passavano in fretta, Richard si sentiva sempre più angosciato, come un agnello sacrificale conscio del suo destino. Il medico era andato da lui per rispondere a tutte le sue domande, peccato che Rick non gliene aveva posto neanche una. Così il medico, armatosi di santa pazienza aveva improvvisato un monologo in cui gli spiegava ogni rischio e ogni possibile complicanza. Il dottore spiegò che i decessi durante l'operazione erano inferiore al 3% , passati tre mesi erano il 10% e l'85% delle persone che subivano un trapianto superavano l'anno. Poi il dottore parlò delle complicazioni, nei primi anni si rischiava il rigetto dell'organo o delle infezioni, dopo invece si rischiava la modificazioni delle coronarie, tumori, ipertensione, disturbi della funzione renale e l'osteoporosi. Rick continuava a sembrare impassibile ma quelle parole gli misero addosso ancora più ansia, ma il medico sembrò non accorgersene e continuò. Gli mostrò sul petto la lunghezza della cicatrice e gli spiegò che in al massimo sette settimane sarebbe perfettamente cicatrizzata e che grazie alle medicine moderne avrebbe sentito pochissimo dolore. Per evitare un rigetto, si dovevano prendere medicamenti che inibiscono il sistema immunitario e, per questo motivo nel primo periodo doveva stare molto attento alle influenze ed ai raffreddori.

< Dopo l'operazione le verrà data una dieta da seguire per i primi mesi, perché alcuni cibi, come l'alcol possono modificare l'effetto dei medicinali. Può tranquillamente tornare a praticare lo sport che le piace, anzi sarebbe raccomandabile fare attività fisica due volte a settimana... Poi, sarebbe meglio evitare i rapporti sessuali nei primi mesi, ovviamente con le solite precauzioni ed è sconsigliato avere un rapporto anale, sa per il rischio d'infezione. > Rick lanciò un occhiataccia al medico, infastidito da quei discorsi davanti all'infermiera, era troppo riservato per queste cose.

 

La mattina dell'intervento Richard era distrutto, era rimasto per quasi tutta la notte a rigirarsi nel letto, sbuffare, piangere e maledire il giorno in cui aveva deciso di entrare in quel dannato ospedale. Non aveva la certezza di sopravvivere e in più sentiva i rimorsi per quel povero essere umano che era morto, lo sapeva che comunque i suoi organi sarebbero stati distribuiti a persone bisognose e che era stata una scelta sua però... Non riusciva a smettere di vergognarsi e di sentirsi l'ultimo uomo sulla terra che meritava questa seconda possibilità.

Venne svegliato circa due ore dopo essersi finalmente addormentato dalla giovane infermiera che ultimamente gli gironzolava sempre attorno.

< Buongiorno signor Truman > entrò nella camera e spalancò le tende per far penetrare la luce di un timido sole coperto dalle nuvole.

< Uhm? > Rick, ancora mezzo intontito dal sonno si tirò il lenzuolo fin sopra alla testa, si stropicciò gli occhi e cercò di abituarli piano piano alla nuova luce per lui accecante.

< Come si sente oggi? > chiese l'infermiera mentre si avvicinava a lui per misurargli la temperatura del corpo, per la seconda volta da quando aveva iniziato il turno.

< Insomma... > si abbandonò sul letto pronto a sentire quella fastidiosissima sensazione di freddo nell'orecchio e guardandosi il ventre, finalmente si accorse della sua evidente erezione. Mortificato e viola dalla vergogna cercò di coprirsi con il cuscino, lanciò una fugace occhiata al viso dell'infermiera per capire se si era accorta dell'accaduto. “ Di sicuro se ne è accorta, non è mica un idiota” pensò “Non è certo la prima volta che vede un uomo con il...”

< Ha dormito male vero? Prima che sono passata a prenderle la temperatura non si è neanche svegliato, di solito si accorge di me non appena entro nella stanza > faceva finta di niente ma Reina si era accorta di tutto. Ma non ne era rimasta scandalizzata, era normale per un uomo al mattino avere un erezione, con il lavoro che faceva vedeva la scena ogni giorno. Però l'imbarazzo di Rick la fece sorridere di tenerezza. Sembrava così burbero e solitario ma era semplicemente spaventato dall'importanza dell'intervento a cui si doveva sottoporre, era del tutto normale.

Richard si limitò ad annuire con fare insicuro, voleva metterla sul ridere e spiegargli che per un uomo era del tutto normale però era come pietrificato dall'imbarazzo, sentendosi per l'ennesima volta così diverso da come era un tempo. Una volta non avrebbe perso l'occasione per mostrarsi virile davanti ad una bella donna, ora invece si sentiva umiliato e imbarazzato.

Guidata dall'esperienza, Reina non si era mai imposta con Richard, certo aveva provato ad instaurare qualche dialogo ma vedendo gli scarsi risultati aveva deciso di non calcare troppo la mano per non irritarlo. Però sentiva una strana attrazione per quell'uomo, da quando era stato ricoverato non aveva ricevuto neanche una visita né da parenti né da amici, non che gli facesse pena, magari era un uomo d'affari e non gradiva che la gente attorno a lui sapesse del suo disagio, poteva essere, Reina ne aveva sentite di tutti i colori da quando lavorava in ospedale. Rimaneva comunque incuriosita dallo strano comportamento contraddittorio di Richard; usava un tono di voce impostato e stava sempre per conto suo però a volte la notte lo sentiva piangere e di giorno notava il suo sguardo smarrito e fragile come quello di un bambino, che prontamente celava dietro una maschera di vacuità e noncuranza, fingeva che non gli importasse niente di vivere o morire.

Con quei pensieri che le girovagavano in mente, decise di fare uno strappo alle sue regole e tornare indietro, lo trovò nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato con l'unica differenza che ora sbirciava sotto al lenzuolo con un'espressione sconsolata.

< Signor Truman? > lo chiamò a bassa voce appoggiandosi alla cornice della porta

< Che c'è? > chiese lui trasalendo e coprendosi di nuovo con il cuscino, nel suo viso di nuovo quell'espressione fragile e tenera che piaceva tanto a Reina.

< Senta io... > cercò con cura le parole giuste < Le volevo semplicemente dire che io sono qua, se ha bisogno di qualcosa ci sono > Rick la guardò perplesso

< Sì lo so, basta che schiaccio il campanello delle emergenze e arriva subito un operatore sanitario, giusto? > Reina gli sorrise con dolcezza

< Non intendevo quello, se ha bisogno di qualcuno per fare due chiacchiere o per rassicurarla sull'intervento io sarei felice di farlo. Certo non sono un chirurgo però... > sentendo quelle parole Rick si sentì impietrire, non aveva nessun bisogno di avere qualcuno attorno che provasse pena per lui, aveva fatto di tutto per non provare quella sensazione di sconforto e d'impotenza, di non avere sguardi di compassione e per non essere un peso per nessuno e ora, arrivava lei dal nulla e gli diceva schiettamente che gli faceva così pena che avrebbe trascurato il suo lavoro per concedergli cinque minuti di pianto sulla sua spalla.

< Signorina io non ho bisogno di niente > cercò di mantenere un tono di voce freddo e distaccato ma dentro urlava di rabbia

< Certo, ma io intendevo... > Richard la interruppe di nuovo, stavolta la sua voce non riuscì a celare tutte le sue sensazioni.

< Non sono stato abbastanza chiaro? Cercherò di spiegarmi meglio, sono qui solo per farmi curare non ho assolutamente bisogno della compassione di un'infermiera impicciona, non voglio raccontarle i fatti miei e non voglio che lei mi racconti i suoi. Io ho finito può tornare tranquillamente al suo lavoro, se avrò bisogno suonerò il campanello > con lo sguardo duro accennò al pulsante che penzolava dalla testiera del letto. Reina si morse il labbro inferiore abbassando lo sguardo sul pavimento, dannazione, dopo tutti gli anni passati qua dentro ancora non riusciva a capire cosa volessero i pazienti.

< Le chiedo scusa signor Truman se l'ho fatto alterare, non accadrà più > senza più guardarlo in viso uscì dalla camera 238 e vi si appoggiò con la schiena, sbuffò frustrata e riprese il giro tra le camere.

Richard si sentì un vero bastardo, era talmente amareggiato da tutta questa faccenda che aveva usato quella giovane infermiera come valvola di sfogo, senza che lei gli avesse fatto nulla di male le aveva scatenato contro un fiume di parole poco gentili che non meritava assolutamente, voleva solo cercare di aiutarlo tutto qua invece lui l'aveva maltrattata. Si scoprì con un gesto deciso e appoggiò i piedi sul pavimento freddo, intenzionato ad uscire dalla camera per andare a cercarla e scusarsi con lei. Le avrebbe detto che era dispiaciuto per il suo modo poco cortese di poco prima però... non era una giustificazione ma sperava che lei capisse la situazione. E così avrebbe ammesso la sua debolezza, no, ritornò a letto e si coprì fino alla vita, allungò il braccio per raggiungere il telecomando e si concentrò sulla sua unica vera amica.

 

L'intervento durò cinque ore, nessuna complicanza rilevante. Alle 14:30 Richard Truman, ancora intontito dall'anestetico che gli avevano somministrato sonnecchiava un sonno agitato e confuso in sala rianimazione, con attorno una decina di tubicini e dei macchinari per tenere sotto controllo il nuovo cuore. Dopo due ore circa i dolori lancinanti al petto lo avevano svegliato completamente. Rick si sentiva la testa pesante e aveva un sonno incredibile, ma il dolore al petto non riusciva a farlo dormire. Si guardò intorno sentendo fitte di dolore ad ogni movimento, era in una stanza bianca ed era solo, circondato da tubi, cavi, elettrodi e macchinari che emettevano dei bip fastidiosi. Sentiva un dolore alla gola e in poco tempo capì che era un tubo a dargli noia, sembrava immettergli direttamente l'ossigeno nei polmoni, un altro tubicino gli spuntava dal naso. Il medico gli aveva spiegato che arrivava fino allo stomaco, alzò la mano sinistra e sentì un altro tubo partirgli dal ventre, uno a sinistra e l'altro a destra, semplici drenaggi dei liquidi della cassa toracica.

< Buongiorno signor Truman, finalmente si è svegliato > una donna dalla voce gentile apparì davanti agli occhi di Rick, portava un camice verde, un cappuccio e una mascherina, sussurrava. Richard cercò di dirle del male alla gola ma, quando cercò di parlare il dolore fu talmente acuto da fargli venire le lacrime agli occhi.

< Non parli, ha un tubo in gola che le permette di inalare la giusta quantità di ossigeno, non può parlare so che è fastidioso e le fa male ma deve portare un po' di pazienza. Quando riuscirà a respirare da solo lo rimuoveremo, adesso cerchi di dormire e di rilassarsi > con una siringa gli iniettò un liquido nel braccio e si sentì subito meglio.

Dormì per quasi tutto il giorno, quando si svegliò le infermiere gli tolsero la maggior parte dei tubi, compreso quello in gola e quello al naso. Il medico disse a Richard di inspirare profondamente e tossire forte, subito i dolori si fecero più acuti.

< So che fa male Richard però è per il tuo bene, tossendo i polmoni si espanderanno nuovamente così non dovrai più utilizzare il tubo > fece una carezza sui lunghi capelli di Rick, dopodiché se ne andò, lasciandolo di nuovo da solo. Preso dallo sconforto Richard si pentì della sua scelta e iniziò a piangere. Si sentiva solo, gli mancava sua madre e sua sorella, aveva bisogno di qualcuno vicino che gli dicesse parole rassicuranti perché era davvero terrorizzato.

Quando voltò la testa quel poco che gli permetteva il tubo infilato nel collo la vide, fuori dalla grossa finestra che dava sul corridoio c'era lei.

 

Reina era scesa in sala rianimazione per chiedere notizie sull'intervento di Richard, lo aveva fatto anche il giorno prima durante la sua pausa. Lo aveva guardato da dietro il vetro, addormentato, pallido e provato dall'intervento. La caposala del reparto si era incuriosita da quel bizzarro comportamento, era raro che un'infermiera del reparto scendesse a vedere come stava un paziente.

< Ehi Rei, sei di nuovo qui? > le chiese avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla, Reina era in punta di piedi e si teneva in equilibrio appoggiandosi al vetro, lo osservava preoccupata mentre il medico gli faceva fare gli esercizi di respirazione, sapeva quanto dolore gli poteva provocare quell'esercizio.

< Ciao Kim, sì, come va? > chiese staccandosi dal vetro

< Bene, l'intervento è riuscito a regola d'arte, scommetto che non avrà nemmeno problemi di rigetto > il medico uscito dalla stanza di Richard si unì alla conversazione.

< Reina, cosa ci fai qua? > gli chiese anche lui sorpresa di vederla

< Sono in pausa... > si giustificò come se spiegasse la sua presenza < Come sta? >

< Questi sono i giorni più duri, non devo di certo spiegartelo, se stringe i denti tra una settimana, al massimo dieci giorni lo rimandiamo su. Toglimi una curiosità, i suoi parenti? > Rei cercò di pensare in fretta, l'altra volta Rick era stato molto infastidito nel parlare di cose personali era indecisa se dire la verità o inventarsi qualcosa.

< Vivono lontani... Soffre molto? > domandò, conscia di aver chiesto una cosa banale ma era l'unica cosa che le era venuta in mente per deviare il discorso.

< Sì, quando vediamo che non sopporta più gli diamo un po' di morfina, anche se sarebbe meglio evitare > il medico si allontanò.

< Rei... > Reina era di nuovo appoggiata al vetro, questa volta Rick era voltato verso di lei e la stava guardando.

< Sì? > spostò lo sguardo sul viso della caposala per qualche secondo, poi si concentrò sull'uomo a letto che sembrava porgerle la mano.

< Perché sei venuta? > lei le lanciò un'altra occhiata

< Te l'ho detto per... > Kimberlee la interruppe

< Una spreca una delle sue pause per scendere a vedere come sta un perfetto estraneo, a chi vuoi darla a bere? > le sorrise maliziosamente.

< Non so a cosa ti riferisci e non lo voglio sapere... > rispose al suo sorriso < Mi sta simpatico, tutto qui > aprì il palmo della mano sul vetro, come per raggiungere la mano tesa di lui.

< Vogliamo anche aggiungere che è decisamente attraente? > Rei la fulminò con lo sguardo

< Ma piantala, mi credi così poco professionale? E poi cosa vuoi capire tu di uomini che nemmeno li guardi... >

< Solo perché sono attratta dalle donne non significa che non ho gli occhi, è alto, bello, aitante e anche ben fornito... credimi, l'ho depilato io per l'intervento > Rei si sentì avvampare dall'imbarazzo a quel pensiero.

< Piantala... E' tardi, devo tornare a lavorare > lanciò un'ultima occhiata a Rick e si allontanò nel corridoio.

La sera a casa il pensiero di Richard nel letto che le tendeva la mano continuava a tormentarla, la sua espressione e la sua mano tesa verso di lei non le davano pace. Kim le aveva dato il permesso di entrare per qualche minuto, ovviamente prendendo tutte le precauzioni necessarie per non portare batteri all'interno, ma lei aveva rifiutato usando come scusa la fine della sua pausa. In realtà aveva paura che Rick la cacciasse di nuovo, ci era rimasta male davvero sentendo le parole che lui aveva usato, Rei voleva solo cercare di essergli amica lui invece aveva sprangato tutte le porte, non permettendole di entrare nel suo mondo.

< Mamma che hai? > Zack la guardava seduto al tavolo della cucina, il viso appoggiato sulle mani e un'espressione indecifrabile sul viso.

< Niente scimmietta, perché? > lei ritrovò all'istante il sorriso

< Sembri triste > ammise lui mordendosi il labbro inferiore, se avesse continuato così si sarebbe messo a piangere nel giro di dieci minuti. Era il bambino più emotivo del mondo, se Reina piangeva anche lui piangeva, se la madre era arrabbiata con qualcuno anche lui incrociava le braccine sul petto e metteva il broncio.

< No amore mio, mi dispiace per un signore in ospedale tutto qui > Zack s'interessò al discorso della madre.

< E' morto mamma? > lei scosse la testa, aveva spiegato da un paio di mesi il concetto di morte e malattia al bambino. Era mancata la zia del padre di Zachary e lui non era riuscito a capire cosa volesse dire, a cinque anni la morte è un mistero. Così Reina lo aveva fatto sedere sulle sue gambe e aveva cercato di spiegargli, senza spaventarlo troppo, cos'era successo a Zia Marge.

< No Zack, aveva male qui... > gli appoggiò il palmo della mano all'altezza del cuore < E il dottore gliene ha messo uno nuovo > il bambino aprì la bocca in un'espressione stupita.

< Uao, mamma hai aggiustato una persona! Lo devo raccontare a Ramona > Rei si voltò con le mani appoggiate sui fianchi

< Zack no, quante volte te lo devo dire che non devi raccontare bugie? La mamma non ha fatto assolutamente niente, lei non guarisce le persone ma si... > aspettò che lui finisse la frase

< … si prende cura delle persone malate finché non guariscono > cantilenò lui, era successo troppe volte che raccontasse alla sua baby-sitter che sua madre aveva guarito magicamente tutto l'ospedale.

< Bravo il mio principe, adesso mangiamo > iniziò a disporre le verdure e il pesce nei piatti, dopo il solito bacio per augurarsi una buona cena iniziarono a mangiare.


Note: Ciao a tutti, spero che la mia storia vi piacerà, so che per adesso non è ancora successo nulla di eccezzionale però giuro che se avrete la pazienza di seguirmi non ve ne pentirete. Grazie a tutti i lettori silenzioso che l'hanno letta, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Ciao a presto
Ps. scusate se ci sono errori di ortografia.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Richard si svegliò in piena notte, i dolori continuavano ad essere insopportabili, era sicuro di non essere ancora impazzito dal dolore solo perché lo riempivano di morfina. Non sapeva se era per colpa delle medicine o perché il suo viso era l'ultimo che aveva visto ma aveva di nuovo sognato l'infermiera gentile. Non si poteva dire che era veramente un sogno, sembrava più una confusa serie d'immagini, infatti non rammentava un granché solo ricordava perfettamente il dolce viso di quell'infermiera appoggiata al vetro che sembrava tendergli la mano.

Il tempo sembrava non passare mai ma finalmente arrivò il giorno in cui Richard fu pronto per uscire dalla sala di rianimazione e trasferirsi in reparto. Il fisioterapista lo aiutava tutti i giorni ad alzarsi e con lui iniziava a riabilitare il corpo alle semplici attività motorie.
La stanza in cui venne portato non era molto differente da quella del ricovero, le pareti e il mobilio era identico l'unica differenza era che aveva il bagno all'interno, c'era un letto solo e aveva una doppia porta.
I dolori andavano a migliorare ogni giorno e avevano praticamente smesso di sedarlo, ogni giorno Rick aveva aspettato l'infermiera gentile per chiederle il motivo delle sue visite giornaliere ma soprattutto per ringraziarla. Si era già preparato un discorso dove si scusava per il comportamento che aveva tenuto l'ultima volta che si erano visti, le voleva far sapere che aveva apprezzato molto il fatto di aver visto un viso amico. Aveva aspettato ma lei non era mai entrata nella stanza, la vedeva praticamente solo andare via appena lui si svegliava dal sonnellino pomeridiano. Dopo qualche giorno aveva iniziato a pensare che facesse parte della normale prassi che un'infermiera scendesse a vedere come stava un paziente, per fare rapporto.
Anche se si era imposto di credere questo e non farsi false speranze, in cuor suo non riusciva a smettere di pensare a quando si era appena ripreso dall'anestesia e l'aveva vista. Oggi sarebbe tornato in reparto e non vedeva l'ora di vederla.

Reina era stravolta, aveva dovuto coprire il turno di notte di una sua collega, aveva iniziato la sera prima alle 23 e non avrebbe staccato prima delle 12. In più era preoccupata per Zack, l'aveva dovuto lasciar dormire da suo padre e la cosa non le piaceva per niente. Kevin e Reina si erano sposati 4 anni prima perché lei era rimasta incinta, il padre di lei era rimasto sconvolto dalla notizia dato che stava facendo enormi sacrifici nello spendendo soldi per farla studiare, lei gli aveva promesso che non avrebbe abbandonato gli studi e così il padre si era accollato tutte le spese. Kevin era riluttante al pensiero del matrimonio ma, dopo un discorso “ da uomo a uomo” con il proprio padre era stato più o meno costretto a sposare Reina. Lei era felicissima, amava in un modo incredibile quel ragazzo e la notizia della gravidanza le era sembrata una manna dal cielo per esaudire il suo sogno di avere una famiglia. Certo l'uomo che aveva scelto non sembrava entusiasta della situazione e neanche pronto a diventare padre e marito, ma Rei sapeva che un giorno sarebbe cambiato, sarebbe cresciuto rivelandosi un padre amorevole e un compagno affidabile. Nulla era più lontano dalla verità.
Quando lei era agli ultimi mesi di gravidanza avevano fatto il grande passo e si apprestavano ad iniziare la loro convivenza, entrambi vivevano ancora con i propri genitori e Kevin, rendendosi conto finalmente che era a casa sua e non doveva più stare alle regole ferree dei genitori, aveva iniziato a darsi alla pazza gioia. Spendeva somme incredibili per computer, impianti stereo e televisioni, invitava praticamente tutte le sere i suoi amici a casa facendo festa fino a tarda notte, e Rei doveva combattere con le nausee, i dolori e lo studio per diventare medico da sola. La cosa che più la feriva però, era il fatto che Kevin non sembrasse più attratto da lei. Stava affrontando un periodo della sua vita dove si sentiva vulnerabile, non aveva mai superato i 50 kg di peso e da un giorno all'altro aveva una pancia enorme, non si riconosceva più quando si specchiava, si sentiva orribile e Kevin non le dava il giusto appoggio. Lei era giovane e insicura e suo marito, che doveva farla sentire la più bella donna del mondo, a letto neanche più la toccava, lei incolpò la gravidanza dato che prima lui non si staccava un attimo da lei e le ripeteva in continuazione che aveva un corpo da favola, che era stupenda e non poteva desiderare altro. Dopo la nascita di Zachary le cose sembravano migliorare, lui iniziava ad essere più presente in casa e si prendeva cura del bambino mentre lei era all'università. La felicità sembrava così vicina per Reina, le mancava un esame e poi avrebbe potuto iniziare a studiare per diventare cardiochirurgo, il sogno della sua vita. Ma Zack aveva problemi di salute e aveva dovuto abbandonare il suo sogno e scegliere un campo meno impegnativo per rimanergli accanto, l'infermieristica. Kevin intanto saltava da un lavoro all'altro dicendo che era sprecato per fare ogni tipo di lavoro che gli si presentava, Rei aveva sopportato in silenzio per il bene del bambino che però iniziava ad essere anche lui trascurato. Poi il tradimento e la scoperta dell'uso di droga da parte del marito l'avevano decisa a lasciarlo, l'affidamento di Zack era andato alla madre però Kevin poteva fargli visita ogni volta che voleva, era il massimo che aveva ottenuto dal giudice.

 

Rick era seduto sul letto, la mascherina davanti alla bocca per proteggerlo da eventuali batteri della camera, si fingeva non curante ma stava aspettando, la stava aspettando.
< E' permesso? > una voce lo fece trasalire
< Avanti > rispose con la voce ovattata, ancora non si era abituato a sentirla risuonare in quel modo.
< Buongiorno signor Truman > non poteva vederlo perché anche lei portava una mascherina tenuta davanti alla bocca con una mano ma sapeva che stava sorridendo, il nuovo cuore di Rick iniziò a battere più veloce
< Buongiorno > il discorso che si era preparato, le parole gentili che voleva dirle erano scomparse, aveva dimenticato tutto, iniziò a sudare e a sentirsi accaldato, “ Che diavolo mi sta succedendo”? pensò.
Reina si avvicinò al letto per cambiargli la flebo ormai finita, lui la osservò senza dire una parola, aveva gli occhi segnati dalla stanchezza ma erano comunque stupendi, più belli di come se li ricordava.
< Allora, come si sente oggi? > le chiese guardandolo negli occhi
< Meglio grazie, molto meglio > balbettò
< Mi fa davvero piacere > si avvicinò al suo comodino, tenendo la mascherina con la mano destra, sistemò in ordine dei contenitori con delle pillole con la sinistra.
< E' sposata? > lei lo guardò per un attimo perplessa, Rick sarebbe voluto sprofondare sotto al letto per l'imbarazzo. Come aveva potuto fare una domanda così personale ad una sconosciuta? E poi in che contesto, “Diavolo, ora penserà che oltre al cuore dovremmo dare una sistematina anche al cervello,” pensò
< Mi scusi è che ho visto il segno chiaro dell'anello nell'abbronzatura e... Mi scusi saranno le medicine > cercò di giustificarsi Rick, lei lo scrutò con uno sguardo malizioso
< Ma non mi aveva detto che non voleva raccontare i fatti suoi ad un'infermiera impicciona e non voleva che le raccontassi i miei? > Richard accusò il colpo ed abbassò la testa
< No > disse Rei dopo un paio di minuti di silenzio imbarazzante
< Cosa? > chiese lui senza staccare lo sguardo dal pavimento
< Non sono sposata, non più almeno >

 

Richard si sentiva sempre più il vecchio Richard, ora usciva spesso dalla camera e aveva anche fatto amicizia con qualche altro paziente. Sembrava che questo nuovo cuore gli avesse davvero dato la possibilità di rinascere, di guardare la sua vecchia vita e di rimodellarla a suo piacimento come un artigiano del vetro. Il tempo passava in fretta anche grazie all'aiuto di Reina, che faceva sempre più spesso visita a Rick, erano diventati amici. Quando lei faceva il turno di notte, Rick passava tutto il tempo con lei e nella saletta delle infermiere, le aveva raccontato di tutto; dagli aneddoti delle scuole superiori ai racconti su suo padre, dal lavoro che faceva alla sua ex moglie per poi finire sempre a parlare della sua malattia. Anche Rei si era aperta con Rick, gli aveva raccontato del lavoro e di quante volte si era chiusa in uno sgabuzzino a piangere le morte di un paziente, della scuola e di suo padre, di Kevin e di Zack. Richard adorava ascoltarla parlare di suo figlio, aveva una luce particolare negli occhi quando parlava di lui, quando pronunciava il suo nome, lo amava davvero più della sua stessa vita e a volte, Rick, provava una punta di gelosia nei suoi confronti dato che aveva una cosa speciale che lui non aveva voluto dare alla sua ex moglie.
< Sono davvero curioso, quando esco dall'ospedale me lo devi far conoscere > Rei gli sorrise e gli accarezzò il dorso della mano
< Con vero piacere > Rick sentì di nuovo il cuore martellargli nel petto, cosa che succedeva ogni volta che lei lo toccava.
< E se non dovessi piacergli? > domandò in tono preoccupato, Rei si abbandonò ad una dolce risata.
< Appena gli dirai che cosa ti abbiamo fatto qui diventerai il suo eroe > anche Rick sorrise
< In tutto questo tempo io... > Richard temporeggiava < Bé non ti ho ancora ringraziata per quella volta, sai quando ero in sala rianimazione e tu eri fuori... > fece un altra pausa, non sapeva come chiederglielo poi prese fiato e parlò.
< Mi stavi porgendo la mano? > chiesero all'unisono, poi si guardarono. Rei spostò lo sguardo e arrossì, il cuore di Richard batteva come un matto.


Note:  Come si dice in questi casi? Boia chi molla, e io, anche se nessuno mi dice cosa ne pensa vado avanti! Spero che la storia vi piaccia, so che all'inizio è forse un pò noiosa però volevo come dire creare un punto di partenza per far capire qualcosa dei personaggi, dal prossimo capitolo inizierà ad essere più interessante e movimentata. Ringrazio tutti quelli che l'hanno letto e spero che continueranno fino alla fine. GRAZIE A TUTTI, alla prossima

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Richard finalmente uscì dall'ospedale, era così felice che non riusciva a crederci e dopo un paio di ripensamenti decise di andare a fare visita a sua madre.
Sempre usando tutte le precauzioni che il medico gli aveva suggerito, si presentò senza preavviso nella casa in cui era cresciuto. Caroline rimase molto scossa nell'apprendere a quale intervento si era sottoposto il figlio, ma più di tutto era ferita che non gli avesse detto niente, che non l'avesse voluta al suo fianco.
Rick gli spiegò che l'aveva fatto per lei, per non farla preoccupare, lei non sembrava voler capire ma lo accettò. Lui le raccontò di Reina, della loro romantica storia d'amore che stava sbocciando.
< Oh Richard, non ci posso credere. Finalmente hai incontrato una brava ragazza e fa pure l'infermiera è fantastico avere qualcuno così in casa... > si abbandonò ad una risata selvaggia, Richard la guardò perplesso.
< Sì è una persona fantastica, ha anche un figlio sai > Caroline iniziò a storcere il naso, questa notizia del bambino la metteva un po' meno in buona luce ai suoi occhi.
< Ah... > commentò < E dov'è il padre? >
< E' un bastardo che trascurava la famiglia e non li meritava > la spiegazione sembrò bastarle, Rick non aveva nessuna intenzione di parlare del fatto dei problemi di droga di Kevin.
< D'accordo, quando me la fai conoscere? > sinceramente, non ci aveva ancora pensato.

 

L'amicizia tra Richard e Reina si stava lentamente trasformando in una relazione seria, Richard non aveva mai conosciuto una ragazza incantevole e dolce come lei che, dal canto suo amava la parte tenera e gentile di Richard. Appena lui riuscì ad uscire di casa senza problemi avevano iniziato a vedersi fuori dall'ospedale e, col passare del tempo arrivò il momento per Rei di presentare tra loro i due uomini della sua vita.
Zack rimase molto impressionato dall'altezza e dal fisico prestante di Richard, era abituato a vedere suo padre che misurava un paio di centimetri più di Reina. I due andarono subito d'accordo e, come aveva predetto Rei, appena Zack vide la rosea cicatrice di Rick lo credette un supereroe.
Dopo qualche momento di diffidenza, il bambino iniziò a parlare a mitraglietta, gli raccontò della sua migliore amica, della sua scuola e che ormai era grande perché aveva imparato a fare la pipì in piedi. Dopo cena lo prese per mano e lo portò in camera da letto per mostrargli la sua collezione di giocattoli, ne tirava fuori uno dal baule, ne faceva una breve descrizione e poi lo sistemava ordinatamente sul pavimento il tutto con un espressione solenne e seria dipinta in viso, Rick sorrise di tenerezza guardandolo.
Quella notte Richard rimase a dormire a casa di Rei e Zack, si sistemò sul divano dato che l'unico letto della casa era abitualmente occupato dalla madre e dal figlio. Durante la notte però Rei era scivolata fuori dalle lenzuola e si era infilata sotto quelle di Richard, avevano passato una notte indimenticabile a parlare e scambiarsi effusioni. Di sesso per ora non se ne parlava neanche, un po' perché Rei temeva che era troppo presto per l'intervento subito dal compagno e poi, ancora non se la sentiva, l'esperienza le aveva insegnato di non correre troppo nelle relazioni.

 

La sera prima del controllo che doveva fare in ospedale, Richard la passo a casa di Rei. Anche se lei doveva uscire di casa qualche ora prima, voleva approfittare della presenza di Richard per tenere compagnia a Zack nel frattempo che arrivasse sua madre Alina, che abitualmente si occupava del piccolo quando lei era a lavorare.
< Rei, sei sicura che sia una buona idea? Non ci conosciamo neanche, non sa nemmeno che faccia ho, come faccio a farmi trovare qua con suo nipote? > Rick, con indosso solo i pantaloni del pigiama seguiva Reina per tutta la casa, sussurrando per non svegliare il bambino.
< Dai Rick, mica ti mangia e poi è un opportunità per conoscerla no? > lei con indosso solo gli slip e una maglietta a mezze maniche si preparava per andare in ospedale. Per la prima volta avevano dormito tutti e tre nello stesso letto, Rick sulla destra, Rei in mezzo e Zack incollato al suo fianco, era l'unico che dormiva ancora. Rick disperato la seguì anche in bagno mentre lei si faceva la doccia.
< Reina, non credo sia il modo giusto... e poi voi latini avete il temperamento bollente, cosa faccio se mi alza le mani? Sono ancora in convalescenza... > scherzò lui, Rei fece capolino dalla doccia fingendosi arrabbiata.
< E' la donna che mi ha messo al mondo, e non mi ha mai alzato un dito contro non credo che se la prenderà con te... > chiuse il box ma poi tornò indietro < E poi la tua convalescenza finiva una settimana fa, non sei più una “pantofola” ricordi? Mi hai promesso che saresti tornato a vivere la vita al 100% non è un buon inizio farti soggezionare da mia madre > sconsolato Rick tornò in cucina e iniziò a preparare la colazione, tra qualche minuto Zack si sarebbe svegliato. Era incredibile, appena Reina se ne andava lui era come se lo sentisse e si svegliava, ogni volta. Controllò per l'ennesima volta la lista dei cibi che ancora non poteva mangiare, era attaccata al frigo con una calamita colorata accanto a quella delle intolleranze di Zack, dopo averle lette attentamente entrambe si mise all'opera.

Dopo una ventina di minuti Rei uscì dal bagno, pronta per andare al lavoro, andò in camera da letto e si stese vicino al corpo addormentato del figlio. Gli accarezzò i capelli e gli diede un bacio sulla fronte, rimase qualche istante a guardare il viso assopito di Zack, “Chissà cosa sta sognando” pensò. Si avvicinò così tanto che riuscì a sentire il suo dolce respiro sulle labbra, il suo profumo di bambino misto al sapone che tanto adorava.

Era incredibile l'amore e l'affetto che provava per quella piccola creaturina, dal primo istante che il dottore gli aveva detto che in lei stava crescendo una vita, Rei aveva capito a cosa si sarebbe dedicata per tutta la vita. Il suo matrimonio era fallito però con Kevin aveva creato lui, e non poteva chiedere niente di più dalla vita. Zack la guardò con gli occhi ancora pieni di sonno, si avvicinò a lei ed appoggiò la fronte contro la sua.
< Mamma... Non andare oggi a lavorare, rimani a casa con me > lei sorrise teneramente
< Non posso amore mio, lo sai... > lui si morse il labbro inferiore, nel gesto tipico che aveva appreso dalla madre.
< Uffi... però quando torni guardiamo gli Aristogatti? > gli accarezzò i capelli castani e soffici.
< Sì folletto e ceniamo con il gelato, ora dormi e fai tanti bellissimi sogni > gli sistemò il cuscino sotto la testa e gli mise il suo peluche tra le braccia.
< Va bene mamma, ti voglio bene... >
< Anch'io folletto mio... > lo baciò ancora sulla fronte e sospirò, voleva davvero rimanere a casa con lui a guardare gli Aristogatti. Lo guardò ancora una volta prima di uscire dalla stanza, senza sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto il suo bambino.

 

 

Rei ricevette una telefonata da sua madre, prima gli parlò di Richard, di quanto fosse bello ed educato. Poi la conversazione prese una brutta piega.
< Reina, hoy Kevin no me ha dicho si lo reconduce él a casa Zachary o tenemos que pasar a cogerlo nosotros... > Rei alzò gli occhi al cielo
< Mamá, habla... ehm mamma parla inglese per favore... > a Rei dava molto fastidio quando la madre parlava in spagnolo, anche se la capiva perfettamente, la confondeva e così rischiava di mischiare le due lingue.
< Aburrida... dicevo che oggi Kevin non mi ha detto se riporta lui a casa Zachary o dobbiamo passare a prenderlo noi > Rei sbuffò, l'aveva fatto di nuovo. Si era di nuovo presentato a casa e aveva portato via Zack senza dirle niente, certo loro praticamente non si parlavano più però almeno riguardo a suo figlio Rei esigeva sapere dove fosse.
< Che bastardo, ora lo chiamo e gli chiedo > la caposala le lanciò un occhiataccia, era al telefono in orario di lavoro, doveva sbrigarsi per chiamare Kevin < Va bene mamma, ci sentiamo più tardi grazie... Ah a proposito, sei tu quella noiosa non io> velocemente riattaccò e compose il numero del suo ex marito.
< Pronto? > sentì una fitta allo stomaco sentendo la sua voce
< Kev sono io Reina, Zack è da te? >
< Ciao tesoro mio... sì il nanetto è qua a casa mia > respirò a fondo per non perdere la calma
< Potevi dirmelo, a che ora vengo a riprenderlo? > lui fece finta di pensarci su
< Facciamo che te lo porto io quando abbiamo finito di giocare ai soldati, ai cowboy e... > sentì la voce di Zack in sottofondo < Giochiamo anche agli astronauti e ai dottori così salviamo noi la vita a Rick... >
< Chi è Rick? > chiese Kevin in tono sospettoso, Rei era indecisa se dirgli la verità o limitarsi a dire che era un suo amico.
< Un... amico > anche se non lo voleva ammettere aveva ancora soggezione dell'ex marito.
< Speriamo sia solo un amico... Ora dobbiamo andare, ci si sente splendore > senza aspettare la sua risposta riattaccò.

La visita di Richard andò bene, i medici gli fecero l'elettrocardiogramma, gli prelevarono il sangue e ancora una voltò dovette far pipì nella provetta. Tutto sommato fu molto soddisfatto ma se lo aspettava, lui si sentiva un vero leone. Con il nuovo cuore e... la nuova famiglia aveva ritrovato la voglia di vivere, era come se avesse finalmente capito quale fosse il suo posto nel mondo, accanto a Reina e al suo bambino.
Quando i medici lo congedarono decise di rischiare di prendersi una bella lavata di capo dalle altre infermiere, entrò nell'ascensore e salì fino al terzo piano dove lavorava Reina.
Il viso di Rei s'illuminò quando lo vide e, quando lui gli riferì quello che gli avevano detto i medici il suo sorriso esplose.
< Sono così felice > disse buttandogli le braccia al collo e affondando il viso nel suo petto, respirando la sua acqua di colonia, un profumo che giorni dopo giorno diventava sempre più familiare.
< Rei... > lui le mise una mano sul mento e le fece alzare il viso con gentilezza, quando i loro sguardi s'incontrarono prese fiato e parlò < Io ti amo >
Lei non ebbe il tempo di rispondere a quella dichiarazione d'amore che si sentì chiamare, quando si voltò il viso sconvolto della sua collega le fece gelare il sangue nelle vene.
< Reina, io non so come dirtelo... al pronto soccorso... tuo figlio > Reina lasciò la mano di Rick e iniziò a correre giù per le scale.

 

 

Note: eccomi di nuovo a voi, ora con una vera recensione tutta per me mi sento un leone, potrei scrivere per decenni. Niente paura non lo farò! XD
Ora inizia la parte movimentata, mi scuso se fino ad ora qualcuno l'ha trovata un po' barbosa ma ci tenevo a descrivere con attenzione i personaggi, i luoghi e i sentimenti. Diciamo che è stato un po' come sulle montagne russe, una lunga salita per poi arrivare alla discesa entusiasmante... o almeno spero che lo sia. Come sempre grazie a tutti quelli che hanno letto e spero vivamente che continuerete a seguirmi, a presto

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Zachary era steso sulla barella, gli occhi arrossati e gonfi come le labbra e le mani. Kevin spiegò ai medici che non sapeva cosa fosse successo, il bambino ad un certo punto aveva iniziato a lamentarsi che aveva la nausea, gli prudeva tutto il corpo e che non riusciva a respirare bene, poi era svenuto. Non avevano fatto niente di strano; erano arrivati a casa avevano giocato, aveva voluto vedere i cartoni animati poi gli era venuta fame e gli aveva preparato uno spuntino. Quando i medici gli chiesero cos'aveva mangiato Kevin impallidì, si era completamente dimenticato che Zack era allergico alle noccioline, gli aveva preparato un sandwich con marmellata e burro di arachidi.
I medici spiegarono che appena l'
allergene era entrato in contatto con il sangue si era scatenata una reazione di difesa dell'organismo, che aveva rilasciato una quantità esagerata di una proteina chiamata istamina. Questa proteina in grandi quantità provocava emorragie, dilatazione dei vasi sanguigni, calo della pressione arteriosa e restringimento delle vie respiratorie.
Appena arrivato in ospedale a Zack era stata diagnosticata una reazione anafilattica maggiore, avevano iniziato una terapia
adrenalinica e antistaminica, ignettandola direttamente in vena. Dato che non rispondeva alla terapia decisero di intubarlo e iniziare le manovre di rianimazione.
Venticinque minuti dopo, alle ore 10:34 Zachary Koby fu dichiarato clinicamente morto, avevano provato in tutti i modi a salvargli la vita ma era arrivato troppo tardi in ospedale, non c'era niente da fare.
La cosa più angosciante era che Reina era lì, ed aveva visto tutto, aveva visto morire suo figlio. Richard era a qualche metro da lei e dalle infermiere che la tenevano indietro, coprirono il corpo di Zack con un lenzuolo bianco e portarono via la barella. Reina si voltò, prima guardò Kevin e poi Rick, barcollando raggiunse l'ultimo. Arrivata a mezzo metro di distanza con una mano poggiata sulle labbra, gli occhi gonfi di lacrime e l'altra mano tesa verso Richard, non sopportò più tutta quella tensione e svenne tra le braccia del suo compagno.

Rick si sentiva stordito come quando era stato operato e l'avevano sedato, era impotente non poteva fare altro che tenere la mano si Rei, stesa su un letto in una stanzetta buia.
Erano successe troppe cose e troppo in fretta, ancora non riusciva a crederci che per un motivo così futile il piccolo era morto, era morto. Certo, lo conosceva da poco, però Zachary era un bambino così dolce e adorabile che era impossibile non innamorarsi di lui a prima vista, in più Rick amava i bambini. Accarezzò i lunghi capelli di Reina, “ Oh, Rei... Non sai quanto mi dispiace” pensò.
Decise che doveva far qualcosa, Reina continuava a dormire anche se non sembrava un sonno tranquillo, Rick prese il cellulare di lei e compose il numero di Alina per avvisarla della tragedia.
Quando chiuse la conversazione si avvicinò a Kevin, che stava seduto su una panca con la testa fra le ginocchia, si fermò a meno di un metro da lui per cercare di capire cosa stesse dicendo. Ripeteva la stessa frase all'infinito come una specie di mantra; non mi perdonerà mai.

< Coraggio > Rick, non sapendo come comportarsi fece l'unica cosa che gli venne in mente, cercò di consolarlo. In fondo era lui il responsabile, chissà come doveva sentirsi male. Ma la reazione del padre di Zack non fu quella che lui sperava.
Iniziò ad inveire contro Richard chiedendogli chi diavolo fosse e per quale ragione era lì.
< Bé io... > Rick non si aspettava uno scatto d'ira del genere
< Chi sei, quello che si scopa mia moglie? > avrebbe voluto correggerlo, fargli presente che Reina non era più sua moglie dato che aveva divorziato quasi da due anni, però decise di non infierire, era visibilmente sotto shock. A salvarlo da quella situazione difficile arrivò la madre e il fratello di Rei, un ragazzino di 23 anni che piangeva disperato come un bambino.
< Qué le pasó a mi sobrino? No sé cómo pasó... > Rick la guardò perplesso, le uniche rare volte che aveva sentito parlare spagnolo erano state conversazioni telefoniche tra lei e la figlia.
< Signora io... > il giovane s'intromise
< Domando scusa mia madre fa confusione a volte...> fece una pausa per asciugarsi le lacrime < Ha chiesto cos'è successo a suo nipote, lei sa cos'è successo a Zack, vero? > Rick lanciò un occhiata a Kevin e vide che lo stava osservando, “ Diavolo, se avessi fatto quel corso di spagnolo tre anni fa” pensò “ A quest'ora potrei tranquillamente spiegare com'è morto Zack ai suoi parenti senza rischiare di prendere un pugno da Kevin”
<
Dónde está mi hija? > la donna fece un lungo sospiro tra un singhiozzo e l'altro, cercò di riprendere il controllo di se stessa < Dov'è mia figlia? > le costava una gran fatica parlare inglese in questo momento.

Reina si era svegliata, era coperta fino alla vita con un braccio che le penzolava giù dal letto e lo sguardo fisso sul soffitto. Vedere sua madre non le provocò nessuna reazione, Rick decise di uscire dalla stanza per lasciare loro un po' di privacy ma Rei lo chiamò.
< Non mi lasciare > disse a bassa voce, lui si sedette sul bordo del letto e iniziò ad accarezzarle i capelli con gesti lenti e regolari. La famiglia iniziò a parlare ma lui non riusciva a capire nemmeno una parola, Rei parlava poco, rispondeva a monosillabi o con cenni della testa senza staccare lo sguardo dal soffitto. L'unica frase che disse anche Richard la capì;
<
Aquel hijo de puttana ha matado a mi niño > quel figlio di puttana ha ucciso il mio bambino.

Il giorno del funerale fu incredibilmente strano, era così simile al sogno che aveva fatto quando era ricoverato in ospedale. Tutti parlavano tra loro in una lingua che lui neanche conosceva, non erano seduti in un ristorante ma nel salotto della casa di Alina. Richard era seduto sul divano, l'uomo alla sua destra stava raccontando qualcosa che lo rendeva nervoso, Rick ipotizzò che il fulcro del discorso era Kevin. Alla sua sinistra invece, come nel suo sogno c'era Reina, in silenzio e con la testa china stava disegnando con le dita i contorni del peluche preferito di Zachary, un dinosauro di pezza.
Nel vedere la piccola bara bianca le lacrime arrivarono inaspettate, Rick cercò di farsi vedere forte da Rei, che non aveva smesso un attimo di piangere, ma non era riuscito a trattenere le lacrime quando aveva visto la piccola bara uscire dal carro e venire calata nella terra fredda e morta.
“ Addio piccolo Zack, potevamo fare tante cose insieme. Potevo aiutarti a crescere ed a diventare un uomo forte e coraggioso... mi sarebbe piaciuto tantissimo”

 

Rick faceva continue visita a Reina. Quando entrò in casa sospirò, si diresse in camera da letto sicuro di sapere come l'avrebbe trovata. Rei era seduta sul letto, indossava solo una maglietta imprestatale da Rick e gli slip, si abbracciava le ginocchia con la testa appoggiata alle gambe e dondolava avanti e indietro. Era in quella posizione dal giorno del funerale, non mangiava e non dormiva. Rick aveva provato a parlarle ma lei sembrava sorda, aveva alzato la testa e l'aveva guardato, poi quando era sul punto di rispondergli le lacrime avevano soffocato le sue parole.
Lui si sedette accanto a lei, badando bene a non occupare la parte alla sua destra che era il posto di Zack, le cinse le spalle con un braccio e le appoggiò le labbra sul collo. Voleva dirle qualche parola rassicurante, che sarebbe andato tutto bene e che doveva essere forte, ma non parlò, ogni parola gli sembrava vana e l'unica cosa che fece fu continuare a stringerla fra le sue braccia.

Reina non riusciva a reagire, il dolore era troppo forte. Non riusciva proprio a rendersi conto che Zack non c'era più, non lo avrebbe visto mai più. Cercava di ripeterselo tra se e se, Zachary è morto, Zachary è morto, Zachary è morto, Zachary è morto, Zachary è morto, Zachary è morto...
Niente, la sua mente continuava a sperare di vederlo entrare da un momento all'altro in camera, si sarebbe avvicinato alla televisione e avrebbe inserito il DVD degli Aristogatti nel lettore, poi si sarebbe arrampicato sul letto e si sarebbe seduto in mezzo alle sue gambe, muovendo la testa a tempo e cantando tutte le canzoni insieme ai personaggi del cartone animato.

Stremata dalle lacrime si addormentò, tra le braccia di Richard che la tenevano stretta a lui come per ricordarle che faceva ancora parte di questo mondo, lei però si sentiva di aver lasciato la vita terrena, non riusciva più a distinguere la realtà e le immagini nella sua mente. Sognò un letto enorme con delle profumate lenzuola bianche, si guardò attorno e si accorse che la luce era talmente accecante che doveva socchiudere gli occhi per vedere la figura che era stesa al suo fianco.
< Ciao mamma > Zack gli sorrideva < Non vai a lavorare oggi?>
< No amore mio, oggi rimango a casa con te, come stai? > gli occhi le si riempirono di lacrime, sapeva di averlo visto morto sulla barella ma non se ne curò, voleva assaporare quegli istanti con lui.
< Bene mamma, tu? > lei gli passò una mano tra i capelli e l'abbraccio.
< Ora sto bene > chiuse gli occhi e affondò il viso tra i fini capelli di lui, respirò a fondo il loro odore e quando riaprì gli occhi si allontanò dal corpo del figlio, terrorizzata.
< Mamma cosa mi è successo? > non era più sorridente come prima, era gonfio e livido in viso come l'ultima volta che l'aveva visto prima che coprissero il suo corpo con il lenzuolo, preso dal panico iniziò ad agitarsi e a toccarsi il viso.
< Stai calmo Zack, va tutto bene > cercò di tranquillizzarlo, con fare insicuro avvicinò la mano al suo viso, deformato dall'attacco allergico.
< Sto male mamma? Sto per morire? > si fece coraggio e l'abbracciò
< No amore mio, fidati di me va tutto bene... > Zack sembrò crederle e si calmò un po'
< Sai mamma, qui è tutto buio e freddo... non mi piace, voglio tornare a casa > lei sentì le lacrime sgorgare dai suoi occhi, silenziose ed ardenti.
< Lo so bambino mio >
< Vorrei che tu fossi qui con me... > la manina di lui si avvicinò al viso di lei e iniziò a premere sulla sua bocca con una forza disumana, lei cercò di liberarsi dalla presa del figlio ma non riusciva più a muoversi né a respirare.


Reina si svegliò urlando dal terrore, Rick, che dormiva accanto a lei si alzò di scatto ed accese la luce.
< Che succede? > gli chiese preso dal panico
< Io... > balbettò con voce rauca dal sonno e dalle troppe ore trascorse nel silenzio più totale, non riuscendo a parlare abbassò la testa fino ad appoggiarla sulle ginocchia e iniziò a piangere disperata.
< Hai fatto un brutto sogno? > lei si limitò ad annuire. L'aveva visto, nel suo sogno, e le aveva chiesto di raggiungerlo era facile capire cosa dovesse fare ora lei.
Rick decise che per la salute mentale della sua compagna, sarebbe stato meglio che si trasferisse nello spazioso appartamento di lui. Sicuramente non le faceva bene passare tutto il tempo nella casa dove aveva abitato con suo figlio, ovunque guardava c'era qualcosa che gli ricordasse lui, i suoi vestiti, giocattoli e sul letto ancora il pigiamino che portava la mattina dell'incidente... Era troppo, doveva assolutamente portarla via, non avrebbe ma superato la perdita se avesse vissuto un altro giorno in quella casa.

 

La convivenza sembrava procedere bene, visto che Rei aveva smesso di prendersi cura della casa Richard aveva iniziato ad occuparsi della pulizia e della cucina, anche se era completamente negato.
La sua preoccupazioni nei confronti di Reina continuava a tormentarlo, era passata una settimana dal funerale e lei non si era minimamente ripresa, continuava a non parlare e mangiava solo quando Rick insisteva, per il resto della giornata rimaneva a fissare fuori dalla finestra o a dormire, abbracciando il cuscino o stringendo le lenzuola nel punto occupato di solito dal figlio.

Reina dormiva in continuazione, aveva bisogno di dormire perché nei suoi sogni continuava a vedere Zachary. Con lui aveva progettato il suo suicidio, sarebbe stato silenzioso e indolore, una manciata di pillole e finalmente avrebbe potuto riabbracciare il suo piccolo.
Col passare del tempo però aveva praticamente smesso di vedere suo figlio come lo ricordava, ovvero un piccolo bambino sempre allegro e con il sorriso sdentato, quel ricordo era stato sostituito dall'immagine del cadavere del piccolo che non conservava quasi più niente dell'aspetto di una volta. Aveva anche iniziato a farle visita quando lei era sveglia, lo vedeva nel riflesso della finestra o magari quando passava davanti allo specchio. E in più aveva anche iniziato a parlarle, prima le sue parole erano dolci e malinconiche ma col passare del tempo, iniziavano ad essere sempre più insistenti e chiedevano una sola cosa, vendetta.
Così Rei capì che il suicidio doveva aspettare, prima doveva sbrigare una faccenda molto più importante.


Note: scusate per gli errori di ortografia, grazie a tutti i lettori

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


« Rick, ti prego fammi questo favore » lo guardava con occhi supplichevoli

« No Rei, te lo già spiegato. Non mi va di lasciarti da sola » lei le si era avvicinata e si era seduta sulle sue ginocchia.

« Rick sarà al massimo per un paio d'ore cosa vuoi che succeda. E poi cerca di capire, sono stufa di indossare la tua biancheria e i tuoi abiti... » lui sospirò, deluso nel constatare che la logica del suo discorso era impeccabile

« Ma... » Reina lo interruppe con un bacio

« Ti chiamo il taxi » si alzò e con il suo passo svelto si avvicinò al telefono, “ Andare fino al suo vecchio appartamento, prendere un paio di cose e ritornare... Cosa mai potrebbe accadere? “ pensò, si alzò dalla sedia ed iniziò a prepararsi per uscire. Un ultima raccomandazione, di non scordarsi il peluche di Zack, e Rick uscì dalla porta, lanciando un'ultima occhiata preoccupata prima di salire sul taxi.

 

Rei aveva aspettato di vedere l'auto gialla girare l'angolo, poi era corsa in camera da letto per prepararsi per uscire, indossò gli stessi abiti che aveva quando era arrivata e che Rick le aveva amorevolmente lavato e stirato.

Fece un veloce calcolo a mente mentre raggiungeva il bagno. Con il traffico che c'era di solito a quell'ora, Rick, ci avrebbe messo un'ora e mezza solo di viaggio, per farle i bagagli, conoscendolo, ci avrebbe messo minimo un'altra ora e mezza. Aveva tempo sufficiente per andare e tornare.

Aprì l'anta del mobile dei medicinali nel bagno sicura che ci avrebbe trovato le cose che le servivano, preparò la siringa e richiuse lo sportello. Sorrise all'immagine deturpata del figlio che la osservava.

« Sei pronta mamma? »

« Sì amore mio » chiuse la porta di casa e salì in auto.

 

 

Richard entrò nell'appartamento.

Reina entrò nell'appartamento.

Lui aprì lo sgabuzzino, tirò fuori la valigia blu che le aveva descritto la sua compagna e l'appoggiò sul pavimento davanti all'armadio aperto. Si mise le mani sui fianchi e sbuffò.

Lei camminò con passo lento ma deciso come un felino durante la caccia, attraversò le camere di quella casa sconosciuta, arrivò in salotto e si mise a sedere sulla poltrona, in attesa.

 

Rick non aveva idea di cosa mettere in valigia, prese delle magliette e dei jeans, aprì la cassettiera e recuperò tutto l'intimo, cercando di non sgualcirlo lo infilò nella valigia. Era imbarazzante per lui mettere le mani nell'intimo di una donna, anche se era la sua compagna, ma la cosa che lo disturbava di più era quella strana sensazione che non riusciva a scrollarsi di dosso. L'aveva incuriosito il comportamento di Reina, si era alzata dal letto quando lui l'aveva svegliata per il pranzo, aveva spizzicato qualcosa dal piatto e poi era andata a farsi una doccia. Era stata quasi due ore in bagno, e quando ne era uscita si era avvicinata a lui e l'aveva abbracciato, sussurrandogli all'orecchio che l'amava. Certo era felice che lei avesse dato un segno di reazione però... sentiva che qualcosa non andava, il tono che aveva usato era malinconico come se avesse deciso di abbandonarlo, e poi gli aveva fatto quella strana richiesta di andare a recuperare i suoi effetti personali, non ne aveva mai sentito il bisogno in quest'ultimo mese. “ Che l'abbia usata come scusa per andarsene?” pensò, scosse la testa come per cancellare quel pensiero, sicuramente si stava facendo le sue solite paranoie, era un segno di miglioramento e doveva rallegrarsene.

Dopo aver raccolto i vestiti di Reina, Rick si lasciò trasportare e mise in valigia delle creme che trovò nel bagno ed altri oggetti che Rei non aveva richiesto. Quando si sentì soddisfatto scese a buttare la spazzatura e chiamò un taxi. In macchina venne preso dal panico di aver dimenticato Rex il peluche di Zack, aprì la valigia e lo vide. Lo tirò fuori e iniziò ad osservarlo, sperava che avere quel ricordo sottomano non avrebbe influenzato i miglioramenti di Rei.

« È un regalo per suo figlio? » gli chiese ad un tratto il tassista che aveva intravisto il giocattolo.

« Ehm... no, cioè era suo » gli sembrava talmente sbagliato non aver corretto il tassista, lui non era suo padre però non aveva intenzione di spiegare tutta la storia ad un perfetto estraneo.

« I figli... crescono a vista d'occhio eh? Da un giorno all'altro ti ritrovi degli ometti per casa che ti chiedono le chiavi della macchina o di uscire la sera, e con i giocattoli poi non ti rimane che giocarci tu... » accennò la foto dei due adolescenti sul cruscotto e si abbandonò ad una risata selvaggia.

« Già... » mise in valigia il peluche, appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi.

 

« Rei sono tornato » aprì la porta di casa e appoggiò la valigia sul pavimento, fece il giro di tutte le stanze lasciando per ultima la camera da letto, pregando silenziosamente di non ritrovarla sul letto con la testa tra le ginocchia a piangere.

Le sue preghiere, in un modo o nell'altro vennero esaudite, lei non c'era.

 

Rei sentì la serratura scattare e quella voce familiare chiacchierare al telefono, accarezzò la siringa dura nella tasca dietro dei jeans come per darsi coraggio, e subito sentì la voce del figlio.

« Non vorrai tirarti indietro ora... » lei chiuse gli occhi e scosse la testa « Non farti intimorire da lui, noi siamo i più forti mamma »

Kevin interruppe la telefonata, accese la luce ed entrò in salotto.

« Rei mi hai fatto una paura del diavolo, cosa ci fai qui? Come sei entrata? » a disagio si guardò intorno, aveva di nuovo dimenticato la finestra della cucina aperta, quella che dava sulla scala antincendio. Per Rei era stato un gioco da ragazzi commettere l'effrazione.

« Avevo bisogno di vederti » rispose lei in tono convincente, rammentava le parole di suo padre quand'era piccola e doveva farsi perdonare qualche marachella “ Bambina mia, tu da grande farai il dottore o l'attrice “

« Senti, se sei venuta qua per parlare di... » Rei lo interruppe

« Non... voglio parlare di questo » non doveva neanche pronunciare il suo nome, non doveva permettersi. Lei non doveva lasciarsi trasportare dall'ira, non adesso, il suo piano, il loro piano non poteva fallire ora.

« Ok, che c'è allora? » lei rimase seduta sulla poltrona, si morse il labbro inferiore ed abbassò lo sguardo.

« Volevo parlarti di me, di te... sai mi sento molto sola » lui la guardò perplesso

« Sola? Non hai un fidanzato adesso? » lei scosse la testa

« Una specie... »

« Mi sembra un vero idiota » come si permetteva lui di giudicare Richard? Nascose la mano e iniziò a stringere convulsamente il pugno.

« Come mai? »

« Non è adatto a te, non ti merita... in verità nessuno ti merita a parte me » sorrise maliziosamente.

« Sono venuta a parlarti proprio di questo... » lui s'interessò al discorso e si accomodò sull'altra poltrona.

« Sai... » continuò lei con voce ammaliante « Devo ammettere che ho fatto uno sbaglio con te. Non ti ho dato abbastanza fiducia, e ti ho lasciato andare, non avrei mai dovuto permettere una cosa simile » lui la scrutò per qualche istante, lei cercò di fingere l'espressione più innocente e pentita che riuscisse ad immaginare.

« Anch'io ho le mie colpe, ero giovane ed ero un coglione. Ho lasciato che mia moglie, la mia bellissima moglie e mio figlio uscissero dalla mia vita, non me lo perdonerò mai » Rei lo guardò allarmata, non aveva pensato ad una risposta del genere, non sapeva cosa fare.

« Ormai è passato » balbettò

« Già, acqua passata. Non vorrei sembrarti scortese però, cosa sei venuta a fare? »

« Per scusarmi e per chiederti una cosa »

« Accetto le tue scuse, chiedimi pure quello che vuoi » lei cambiò posizione sulla poltrona

« Mi trovi bella? » Kevin accusò il colpo, non si aspettava quella domanda

« Sei stupenda » rispose sinceramente

« Se tornassi indietro mi rivorresti? »

« Sì »

« Ti manca il sesso con me? » ad ogni parola il suo tono diventava più seducente

« Mai trovata un amante migliore di te »

« Vorresti rifare quell'esperienza? » vide negli occhi di lui accendersi una scintilla

« Sì » rispose con voce bassa e roca tipica degli uomini eccitati, Rei sorrise e si alzò dalla poltrona.

« Mi ami ancora? » si avvicinò di qualche passo

« Da impazzire » anche lui si era alzato, ormai erano a meno di un metro di distanza l'uno dall'altro

« Ti manca tuo figlio Zael? » domandò avvicinandosi al suo orecchio

« Penso sempre a lui » Rei chiuse gli occhi, non si era nemmeno accorto che aveva sbagliato il nome del figlio di proposito.

Senza farsi notare prese la siringa dalla tasca posteriore, lo abbracciò e mise in bocca il cappuccio per sfilare l'ago.

Lanciò un occhiata al vetro della finestra spalancata alle spalle di Kevin, nel riflesso vide Zack, annuì.

« Muere, hijo de puta » gli sussurrò all'orecchio e veloce come il morso di un serpente, penetrò violenta e decisa il collo di Kevin con l'ago della siringa.

 

Rick era angosciato e disorientato, aveva provato una decina di volte a chiamare Reina al cellulare, era sempre spento. Iniziò a pensare a tutte le cose peggiori che potevano accadere ad un essere umano; da un irruzione in casa da parte di una banda di malviventi ad un rapimento, pensò anche ad un malanno e la corsa in ospedale, magari era successo qualcosa a sua madre ed era dovuta correre da lei... “ no avrebbe almeno lasciato un biglietto” . Poi l'illuminazione, si affacciò dalla finestra in cerca dell'auto di Rei parcheggiata li da più di due settimane, niente, non c'era. Deciso a ritrovare la calma e a pensare lucidamente cercò di riflettere su cosa potesse essere successo, una persona non poteva svanire nel nulla.

Arrivò alla conclusione che se ne era andata, anche se solo poche ore prima gli aveva confessato di essere innamorata di lui, non voleva ammetterlo, ma aveva seriamente paura che Rei avesse deciso di farla finita.

 

 

 

Kevin, colpito da un dolore accecante al collo spinse via Reina, lei cadde all'indietro rovinando contro la poltrona. Appoggiò le dita sulla parte lesa e trovò la siringa ancora appesa alla sua carne, la staccò e la osservò accigliato, ci mise qualche istante a rendersi conto di quello che era successo.

« Che cazzo mi hai fatto? » urlò ormai in preda al panico

« Io? Niente, hai fatto tutto da solo... » l'espressione sul suo viso era spaventosa

« Reina, non sto scherzando. Ti prego dimmi che diavolo mi hai iniettato » continuò a supplicare tenendosi il collo con entrambe le mani.

« Dunque, è un mix di due farmaci. Uno è la morfina che è un combinato di oppiacei, cioè una droga ma tu lo sai benissimo cosa sono, l'altro si chiama Clobazam ed il suo principio attivo è il benzodiazepine. Entrambe queste sostanze hanno un effetto calmante sul sistema nervoso centrale e combinati insieme intensificano l’effetto di una o dell’altra sostanza. Il risultato è un drastico rialzo della pressione sanguigna e dei problemi respiratori, avresti dovuto fare più attenzione quando studiavo queste cose... » Kevin era terrorizzato

« Reina... non è stata colpa mia, è stato un'incidente lo sai, io amavo quel bambino... »

« Kevin stai zitto per l'amor di Dio » si tappò le orecchie, non voleva neanche sentirli questi discorsi « Comunque, questi due farmaci non vanno mai, per nessun motivo al mondo, combinati assieme e sai perché? » Kevin scosse la testa « Perché sono un cocktail mortale » sussurrò lei.

Kevin le si gettò addosso ed iniziò a colpirla sul viso, terrorizzato dal non sapere che diavolo fosse entrato in circolazione nel suo corpo, ma soprattutto dallo sguardo allucinato e folle che lei aveva dipinto sul viso.

« Sei una puttana » urlò « Ti prego, presto, dammi un antidoto... qualcosa, qualsiasi cosa » lei rise, e la sua risata era soffice e vellutata come al solito.

« Tesoro mio, non c'è più niente da fare. Te lo sei sparato dritto in vena, se le avessi ingerite. con due dita in gola e una lavanda gastrica saresti salvo ma così... » si finse triste

« Tu sei matta, adesso chiamo la polizia » lei le si parò davanti

« E per dirgli cosa? Che un drogato come te, oppresso dai sensi di colpa per aver ucciso il proprio figlio ha deciso di farsi fuori con una dose più massiccia del solito? Piuttosto patetico... » lui la spinse via e cercò di raggiungere il telefono, Rei guardò l'ora, Kevin cadde carponi.

Il viso le doleva per tutti i colpi inflitti da Kevin. Faceva fatica a tenere aperto l'occhio destro, il naso non smetteva di sanguinare e sentiva bruciare lo zigomo sinistro.

Kevin era in ginocchio davanti a lei, si teneva la gola con entrambe le mani e cercava di tossire per respirare meglio, iniziò a sanguinare copiosamente dal naso.

 

Reina si sedette in poltrona, accavallò le gambe e prese una sigaretta dal pacchetto di Kevin lasciato sul tavolo, l'accese e aspirò il fumo. Erano sette anni che non fumava.

Decise di rimanere finché lo spettacolo non fosse finito e, dopo averlo visto piangere e supplicare, rantolare verso di lei a meno tesa e cadere di faccia sul pavimento, con i lunghi capelli biondi che gli incorniciavano il viso. Spense la sigaretta e si avvicinò a lui.

Il viso straziato dal dolore, la vena blu sulla sua tempia e nessun battito cardiaco le annunciarono che il suo lavoro li era finito, “ Vendetta è stata fatta “ pensò. Guardò il riflesso nella finestra in cerca del viso di Zack, ma non vide altro che lei con il volto martoriato.

Note  da da dada!!! Un po di azione finalmente, spero che il capitolo vi piaccia, ditemi pure cosa ne pensate grazie a presto

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ormai era buio, aveva iniziato a piovere e Reina non era ancora tornata. Rick decise di andare alla polizia, anche se non erano passate 24 ore, per denunciare la sua scomparsa.

Aprì la porta e se la trovò davanti.

« Amore, dove sei stata io... » le parole le morirono in gola vedendo in che stato era. I capelli bagnati come gli abiti, il volto tumefatto e quasi completamente coperto di sangue, l'occhio destro gonfio e chiuso e una grossa ferita sullo zigomo sinistro che sanguinava copiosamente. Lei gli sorrise.

« Che diavolo ti è successo? » con la bocca improvvisamente secca, Rick la fece entrare e l'aiutò a spogliarsi degli abiti ormai fradici.

« Ehm... ho avuto un'incidente » rispose lei cercando di essere convincente.

« Un'incidente? Ma dove sei andata? E come sei tornata a casa? » lei si morse il labbro inferiore, doveva pensare in fretta ad una scusa plausibile.

« Rick, metti la mascherina per favore » ad un tratto si rese conto di essere piena di batteri potenzialmente nocivi per Rick, non voleva che si ammalasse per colpa sua.

« Ma a cosa vai a pensare adesso? Cosa vuoi che me ne importi dei batteri »

« Fai come ti dico, ti prego » lo sguardo di Rei lo convinse, tornò in bagno dopo qualche minuto con la mascherina davanti alla bocca

« Grazie » Rei aprì l'acqua calda ed entrò nel box doccia.

Doveva spiegare a Rick un sacco di cose, il perché era dovuta uscire, le dinamiche dell'incidente e soprattutto perché la sua auto non avesse un graffio. Non poteva dirgli la verità, non ancora almeno, la scusa dell'incidente non era stata brillante però, era l'unica cosa che le era venuta in mente per spiegare i lividi sul corpo e sul viso. Non aveva potuto lottare con Kevin e si era dovuta far pestare, prima di lavorare nel reparto dei trapianti era stata per un po' di tempo in pronto soccorso, sapeva che si notavano subito i segni di colluttazione su un corpo

Mentre lui le disinfettava il taglio e applicava del ghiaccio sull'occhio lei le spiegò cos'era successo; aveva deciso di uscire perché era triste, aveva scelto un locale a caso in zona e li aveva conosciuto una ragazza. Aveva bevuto qualche drink e dopo lei si era offerta di riaccompagnarla a casa, ma avevano avuto un incidente poco dopo la loro partenza, così lei era tornata indietro per recuperare la macchina e raggiungerlo a casa.

Rick, dopo aver ascoltato la sua storia rimase a braccia conserte in silenzio, poi sospirò, voleva dirle che non credeva ad una sola parola che lei aveva pronunciato. Sapeva che lei non era un amante dell'alcol, che non era dell'umore di conoscere gente nuova ma soprattutto che i segni che aveva in viso non erano stati procurati da un'incidente stradale. Ma non disse niente, non voleva reputarla una bugiarda, sicuramente prima o poi gli avrebbe detto la verità, se non parlava aveva i suoi motivi.

Rei quella sera a cena aveva appetito, si sentiva diversa, rinata. Aveva fatto la cosa giusta, quell'uomo aveva ucciso il suo bambino e quella fine era l'unica che meritava. E poi gliel'aveva chiesto Zack un paio di settimane dopo il funerale, lui non sopportava l'idea di essere morto mentre il colpevole scorrazzava in giro.

Mamma, io non potrò più giocare, più correre, non potrò più vederti e non potrò mai diventare grande, perché lui può vivere mentre io sono morto? Tu non puoi fare niente per aiutarmi? ” Reina gli aveva risposto che gli dispiaceva, ma non poteva fare niente.

Sono così geloso, io volevo diventare grande, diventare un medico e salvare le persone come fai tu. Invece sono nella terra e nessuno gioca con me, sono solo... “ Rei ormai piangeva disperata, tra un singhiozzo e l'altro gli aveva domandato se voleva che la mamma andasse con lui a fargli compagnia. Inizialmente aveva detto di sì, gli aveva detto che non si sarebbe più sentito solo così. Lei non sarebbe dovuta andare a lavorare e lui a scuola, avrebbero avuto l'opportunità di stare per sempre insieme. Poi aveva cambiato idea.

Mamma, tu non sei arrabbiata con papà? “ Reina gli aveva detto che lo odiava“ Anch'io tanto, credo che dovrebbe esserci lui al mio posto nella terra, solo e al buio. Sarebbe meglio perché papà non ha paura del buio, io sì... Come vorrei che tu lo mandassi qui nella terra con me, gli starebbe bene, è stato cattivo, lui non mi vuole bene... “ Richard la stava fissando mentre era seduta sul letto che dondolava avanti e indietro, sembrava in trance e fissava il nulla davanti a lei, singhiozzando e piangendo.

Mamma, Rick ci sta guardando... Mi sento a disagio. Ne parliamo un'altra volta quando siamo soli...”

 

 

Quella sera a letto, con grande stupore di Richard, Reina si era messa in una posizione diversa per dormire. Non le voltava le spalle come al solito ed abbracciava il cuscino, si era avvicinata a lui, gli aveva chiesto di togliersi la maglietta ed aveva appoggiato la testa sul suo torso nudo, dopo qualche minuto si era addormentata.

 

Richard si svegliò disorientato, sentì una fitta di piacere e aprì gli occhi. Con la vista ancora annebbiata dal sonno vide la figura di Rei sopra di lui, nuda.

Lei si era svegliata qualche minuto prima, aveva abbassato la mano e con le dita aveva sfiorato un rigonfiamento del lenzuolo e lo aveva sentito duro e pronto, non aveva resistito alla tentazione e ne aveva approfittato.

« Amore... che stai facendo? » la prese per i polsi e cercò di fermarla

« Shh, lascia fare a me » aveva sussurrato lei con voce bassa e carica di sensualità, poi lo aveva baciato con passione.

« Ma... » lei le appoggiò le dita sulle labbra e continuò a cavalcarlo.

A Richard vennero in mente un miliardo di buoni motivi per farla smettere; il rischio per la sua operazione, la vulnerabilità di lei in quel momento, gli venne la paura di non essere più capace a soddisfare una donna dato che era più di un anno che non andava a letto con nessuna e in più non stavano usando nessuna protezione, era decisamente una pessima idea.

Quando decise di parlare le parole gli morirono in gola, un altra fitta di piacere e l'orgasmo di lei gli annebbiarono la mente.

« Ti prego Richard... Fammi tua » la sua voce sensuale, il profumo della sua pelle e i suoi gemiti furono per Rick il migliore afrodisiaco del mondo. Con un'agile e veloce scattò cambiarono posizione e la inchiodò al materasso, iniziò a muoversi più lentamente di lei, il timore che il suo nuovo cuore cedesse lo rallentava ma dopo pochi istanti il piacere prese il sopravvento sul buon senso ed aumentò il ritmo.

Quel cuore sembrava fatto apposta per fare sesso, non dava cenni di stanchezza ne fitte di dolore. Si sentiva un leone, iniziò a pompare sempre più veloce sul corpo di Reina, non aveva mai provato delle sensazioni simili con le sue altre amanti.

Quando fu al limite del piacere le mise una mano sul ventre piatto e definito per spostarsi, Rei capì le sue intenzioni e lo tirò verso di lei da una spalla, facendolo sprofondare di più nel suo corpo.

« Non lo fare, ti voglio sentire... » gli aveva sussurrato all'orecchio tra un gemito e l'altro.

Un altro paio di affondi e Rick inarcò la schiena, lei lo strinse per la spalla e si morse il labbro inferiore, pronta ad accogliere il suo seme.

Lui le crollò addosso e la baciò con passione, lei sorrise, Rick non capì se quel sorriso era di appagamento sessuale oppure era per il seme che aveva appena piantato nel suo corpo. Non se ne curò e l'abbracciò, si addormentarono nudi e stretti l'uno all'altra.

 

Il mattino Richard fu l'ultimo a svegliarsi, tastò la parte destra del letto e la trovò vuota, si alzò a sedere e si guardò attorno.

« Buongiorno dormiglione, come sei bello mentre dormi... » Reina era in cucina, indossava solo gli slip e una canottiera aderente. Stava preparando la colazione.

Richard si sedette al tavolo e accese il televisore, sintonizzandolo sul notiziario, l'unico programma che ormai seguiva.

Rei gli servì un piatto di frittelle ancora calde con lo sciroppo, marmellata e pane tostato e una tazza di caffè nero, in un piattino aveva sistemato le sue pillole.

« Tu non mangi? » gli chiese lui infilandosi in bocca un pezzo di frittella, Reina era davvero un'ottima cuoca.

« No, lo sai che al mattino non mangio mai » prese la sua tazza di caffè e si sedette sulle ginocchia di Richard.

Il notiziario parlò della morte di Kevin “ Giovane musicista del luogo trovato morto questa notte nel suo appartamento dalla sua fidanzata; Kevin Koby 30 anni, il corpo del giovane era riverso a faccia in giù sul pavimento, l'autopsia rivela un mix di droghe nel suo sangue. Il giovane si era disintossicato dall'eroina 6 mesi fa ma adesso, si sospetta, abbia avuto una ricaduta grazie alla precoce scomparsa del figlio; Zachary Koby di appena cinque anni. Morto qualche settimana fa per uno shock anafilattico. La polizia per ora non sta indagando, si tratta di suicidio. “

Reina aveva spostato lo sguardo quando dietro la giornalista era apparsa la foto di Zack, per tutta la durata del servizio invece aveva fissato la foto di Kevin, con un sorrisino soddisfatto stampato sul volto.

« Oddio, ti rendi conto... » Rick sembrava sconvolto dalla notizia, guardò perplesso l'espressione della compagna per qualche secondo.

« I sensi di colpa sono una cosa orribile sai » aveva commentato alzandosi per aggiungere del latte alla sua tazza di caffè. Richard era sconcertato.

« Rei, Cristo, lo conoscevi ci sei stata sposata. Possibile che non provi niente? » lei scocciata gettò rumorosamente la sua tazza nel lavello.

« Richard, ha ucciso mio figlio, come pretendi che provi pena per lui? Non provo pena anzi sono felice che sia morto, e spero che abbia sofferto parecchio, almeno quanto abbia sofferto Zack quando è morto, cazzo... » si passò le mani tra i capelli, frustrata, non avrebbe voluto parlare così tanto. Rick la guardava con un espressione indecifrabile sul viso.

« Scusami Rick è che la notizia mi ha scosso un po'... » cercò di giustificarsi poi gli porse la mano

« Perdonami, mi ami? » lui si sciolse in un sorriso e si alzò per andarle incontro

« Che domande, certo che ti amo... »

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


« Leggi qua... » Rick porse il giornale che stava leggendo a Rei che le sedeva davanti, era mattina e si erano alzati tardi dopo un'altra lunga notte di passione a cui si erano nuovamente dedicati, ultimamente il sesso per Reina era diventata una valvola di sfogo. Rimanendo sempre nei limiti della precauzione per il cuore di Richard, era diventata sempre più esigente durante il rapporto; era sempre molto coinvolta e passionale, provocando in Richard la voglia di far durare di più l'atto o di rifarlo più volte. Addirittura quando Rei era al massimo del piacere o lui eccedeva con troppa foga nei suoi movimenti e le faceva sentire dolore, lei gli chiedeva letteralmente di non curarsene e di continuare, sempre più forte fino a farle male. Rick vedeva questo comportamento come un bisogno di affetto e di contatto fisico, come un modo per non guardarsi alle spalle e per coprire quel malessere emotivo con uno fisico. Non voleva ammetterlo ma lo turbava.

Reina appoggiò il toast con la marmellata che stava mangiando nel piatto, si pulì le mani con un tovagliolino di carta e prese il giornale che Rick le porgeva, prestando attenzione all'articolo che lui le indicava con un dito.

Lesse l'articolo;

Ultime notizie sulla morte del giovane Kevin Koby, durante l'autopsia nel sangue sono state riscontrate traccie di benzodiazepine, una sostanza che non è stata ritrovata nella sua abitazione e difficile da reperire. In più, il medico legale ha dichiarato che, l'iniezione al collo non è stata auto inflitta. Il livido che è apparso sul collo della vittima dichiara che sia stato violentemente provocato da una seconda persona, in più, a confermare la teoria c'è l'innaturale angolazione della ferita dell'ago, impossibile che sia stato lui stesso a iniettarsi la siringa.

Le forze dell'ordine hanno aperto le indagini, Kevin Koby è stato assassinato “

 

Reina rilesse due volte l'articolo, possibile che quel particolare le fosse sfuggito? Eppure aveva avuto mille accortezze nella preparazione del piano, ed era convinta di non aver tralasciato niente. Aveva pulito ogni cosa in casa per cancellare le tracce del suo passaggio, dal bracciolo della poltrona al davanzale che aveva scavalcato. Non aveva spostato niente e, la busta che aveva usato per gettare via la siringa l'aveva portata da casa “ Diamine, la fidanzata di Kevin ha dato l'allarme troppo presto, le tracce di benzodiazepine non ha fatto in tempo a sciogliersi nel sangue “

« Mi sembri pensierosa... » disse Rick guardandola

« No sto bene » lei si sforzò di apparire naturale, non era preoccupata per le indagini ma solamente un po' delusa dal fatto che avesse sbagliato i tempi della dispersione del farmaco nel sangue.

« Cosa facciamo oggi? » domandò lui ripiegando il giornale e finendo le sue uova.

« Non so... Sai, stavo pensando all'idea di tornare a lavorare »

« Di già? » a Rick non sembrava un'idea geniale, ogni tanto la vedeva incantata a guardare fuori dalla finestra oppure la sentiva parlare da sola chiusa in bagno, nel suo mestiere bisognava essere lucidi e concentrati.

« Sì, credi che sia troppo presto? » chiese lei fingendosi distratta

« Ho paura di sì, senza offesa ma io farei passare ancora un paio di settimane... » la guardò per valutare la reazione di lei, ecco, era di nuovo incantata a guardare la finestra.

« Forse hai ragione, vado in bagno » si alzò e a passo svelto raggiunse il bagno. Si chiuse la porta alle spalle e guardò speranzosa nello specchio, Richard sospirò frustrato.

« Mamma... » il bambino nello specchio aveva un'espressione dura

« Lo so Zack, ho fatto male i calcoli però a mia difesa posso dire che non sapevo che avesse una fidanzata, come potevo saperlo? » il bambino rimase immobile, Rei iniziò a tremare, non voleva deluderlo, non di nuovo almeno.

« Va bene, non ti preoccupare l'importante è che il lavoro sia stato fatto »

« Sì, l'hai visto anche tu no? »

« Certo, ho sentito che dicevi a Richard di voler tornare in ospedale... »

« Sì ho pensato che così magari riuscirei a distrarmi un po', mi manchi così tanto »

« Tu hai la fortuna di continuare a vedermi, nessuna mamma ha questa seconda opportunità. Comunque non è una buona idea, sospetterebbero subito di te se tornassi a lavorare. Sai con tutte quelle medicine che puoi tranquillamente prendere in sala infermiere, in più con tutte le cose che ti sono successe attireresti troppi sguardi su di te. » Rei era stupita, gli sembrava incredibile sentir parlare il suo bambino di certe cose, lui si accorse del cambiamento d'umore della madre e sorrise.

« Sai quest'anno per natale, volevo chiedere a Babbo Natale un cagnolino » Rei chiuse gli occhi ed appoggiò il palmo aperto della mano sullo specchio freddo.

« Lo so amore mio, ti ho sentito una volta mentre lo dicevi a Ramona » anche Zack appoggiò la mano gonfia ed edematosa sullo specchio, in corrispondenza delle dita della madre.

« Oh Zack, non ce la faccio più senza di te, mi manchi da morire... » con gli occhi pieni di lacrime cercò nel riflesso il viso di suo figlio, sembrava triste anche lui.

« Rei tutto bene? È più di un'ora che sei chiusa lì dentro... » la voce di Rick la fece trasalire, spostò la mano dallo specchio e si voltò verso la porta.

« Sì, va tutto bene esco subito » quando guardò di nuovo lo specchio vide solo la sua immagine, con gli occhi lucidi e confusi, e l'impronta della sua mano che stava evaporando.

 

Richard iniziava ad essere seriamente preoccupato, nel pomeriggio decise di chiamare la persona a cui, una volta, raccontava tutti i suoi problemi e le sue preoccupazioni, l'unica persona che l'aveva sempre aiutato dandogli sempre il consiglio giusto. Sua sorella Michelle.

Disse a Rei, mentre era occupata a sistemare la casa, che doveva uscire per incontrare sua sorella che aveva bisogno di parlargli, aveva un problema con il suo nuovo fidanzato e si sentiva triste. Lei gli chiese perché non l'avesse invitata a casa, non sembrava insospettita dalla bugia di Richard solo incuriosita.

« Non ci avevo pensato... » era già pentito di averle mentito.

« Era solo un idea, questa è sempre casa tua non devi certamente farti problemi ad invitare le persone in casa tua » lui iniziò a giocherellare con la maniglia della porta, a disagio.

« Ormai è anche casa tua, comunque non è per colpa tua... » lei lo guardò perplessa

« Ok, cerca solo di non affaticarti... » le si avvicinò per lasciargli un morbido bacio sulle labbra e tornò alle sue faccende.

« Ti amo » le disse Rick a bassa voce uscendo dalla porta

 

Rick era eccitato all'idea di incontrare la sorella dopo più di sei mesi, era sempre stata più un'amica per lui che una sorella maggiore. Una bella donna, intelligente e gentile. Quando la vide seduta nel bar dove si erano dati appuntamento sentì il cuore martellargli nel petto.

Entrambi cresciuti nella stessa maniera, non si lasciarono andare ad effusioni in pubblico una volta che Rick si sedette al tavolo, lei fece cenno al cameriere di avvicinarsi per l'ordinazione e dopo qualche indugio lei prese la parola.

« Allora come sta il mio fratellino? » Rick sorrise, non sopportava quando lei lo chiamava così

« Bene, tu? » cercava le parole adatte per raccontargli quello che aveva affrontato in ospedale, lei si accorse del disagio del fratello e prese la situazione in mano.

« Mamma mi ha raccontato le ultime novità... » lui la guardò

« Sei arrabbiata perché non ti ho detto nulla? » sapeva che avrebbe dovuto affrontare questa conversazione, lei era sempre stata molto protettiva nei suoi confronti e nasconderle un trapianto di cuore, certo non era stata un'idea geniale.

« Fai un po' tu... » Richard abbassò la testa « Capisco tenermi nascosto un trapianto di cuore però... Non dirmi che ti sei trovato una fidanzata, questo non lo accetto! » scherzò

Rick alzò la testa e sorrise, Michelle, come sempre, aveva spianato la strada del fratello, per rendergli il discorso più facile da affrontare. Lui sentì la tensione sciogliersi e iniziò a raccontarle delle sue preoccupazioni.

Partì dal principio, parlando del suo intervento e di quanto si sentisse solo nella camera di rianimazione. Poi parlò di Reina, di quanto era splendida e brillante in quel periodo fino al giorno dell'incidente, della morte improvvisa del suo ex marito e dello strano comportamento che aveva ultimamente.

« Capisci cosa intendo? Sono preoccupato è strana, si comporta in modo bizzarro... »

« No, non riesco a capire, cosa intendi per “ modo bizzarro? ” » rispose lei perplessa, Rick non voleva rivelarle che la sua compagna parlava da sola o entrava in trance guardando lo specchio. Voleva presentargliela, le sarebbe piaciuto far conoscere a Rei la sua famiglia dato che, anche se in un modo poco piacevole, lui aveva già conosciuto quella di lei.

« Non so come spiegartelo... » lei sospirò e si stropicciò gli occhi con le dita.

« Vedi Ricky, per una madre perdere un figlio dev'essere la cosa più dolorosa del mondo. Cerca di capirlo è normale che si senta un po' strana dato che un pezzo di lei le è stato portato via, devi avere pazienza, sii per lei un sostegno, un punto di riferimento... » lui annuì, lo sapeva che doveva aiutarla l'unico problema è che non sapeva come. « Ricky... Hai paura che lei stia impazzendo? » domandò ad un certo punto Michelle.

« No... Che diavolo dici... » rispose in fretta lui, iniziava ad odiare ed avere paura di quella parola perché sì, temeva che Reina stesse perdendo la ragione.

« È sicuramente un po' di stress, non ti preoccupare » sentenziò lei « Quando la potrò conoscere? »

Qualche ora dopo Richard e Michelle percorrevano insieme la strada per arrivare a casa di lui.

 

 

Rei non era per nulla agitata, anzi, era emozionata di conoscere finalmente la sorella di Rick. Lui parlava spesso di lei nei suoi racconti sull'infanzia, le sembrava quasi di conoscerla già. La notizia di avere un ospite così importante a cena le aveva fatto dimenticare la storia di Kevin, e Zack da quella mattina non si era più fatto vedere.

Michelle rimase incantata nel conoscere Reina, tutte le ragazze che aveva avuto Richard, soprattutto la sua ex moglie, lei l'aveva odiate dal profondo dell'anima. Le sembrava sempre che stessero con lui solo perché era un ragazzo gentile e aveva sempre trattato le donne con i guanti bianchi, e loro ne avevano sempre approfittato.

Rei sembrava diversa, una donna brillante e forte, dopo tutto quello che aveva passato era ancora in piedi. Ma la cosa che apprezzò di più era il modo in cui guardava Richard, era dolce e premurosa e non aveva occhi che per lui, Michelle ne fu molto soddisfatta, quella ragazza sembrava davvero innamorata del fratello.

 

 

« Come ti è sembrata? » chiese Richard una volta solo con la sorella mentre la riaccompagnava a casa

« Ti sembrerà strano ma sono rimasta molto impressionata, è una persona magnifica » Rick si voltò a guardarla incredulo, era pronto a ricevere qualche critica magari sull'abito corto che indossava Reina oppure sulla sua cucina.

« Sei sicura di stare bene? » si finse preoccupato e cercò di toccarle la fronte per controllare se c'erano tracce di febbre.

« Non fare sempre l'idiota! » rimbeccò la sorella « Mi piace davvero sembra una tipa... In gamba » rispose lei ripensando a come si era mostrata gentile ed educata.

« Solo una cosa però... » disse ad un certo punto Michelle « Hai ragione ad essere preoccupato per lei, ha qualcosa che non va anche se cerca di nasconderlo. Me ne sono accorta in un paio di occasioni in cui sembrava completamente assente, certo è giustificabile ma cerca di tenerla sempre sott'occhio e per l'amor di Dio falla svagare un po'. Portala al mare, allo zoo anzi niente zoo... Cerca un posto che non sia frequentato da bambini, stare tappati in casa non fa bene né a te né a lei » Richard fu molto soddisfatto e attento mentre sua sorella le dava delle dritte su come affrontare questa situazione, era proprio quello di cui aveva bisogno, si era rivolto a lei per due motivi; il primo perché era sua sorella e ogni volta che aveva bisogno lei sistemava magicamente la situazione, e per secondo voleva un parere di un'esperta, una psicologa come Michelle.

 

 

Richard rientrò in casa in punta di piedi, senza accendere la luce si sfilò le scarpe ed entrò in salotto. Addormentata sulla sua poltrona c'era lei, si avvicinò e la guardò. Era stato un vero idiota a pensare che c'era qualcosa di sbagliato nella sua compagna, se ne accorse nel guardarla addormentata e tranquilla, sembrava così tenera e indifesa. Come aveva potuto credere che... Non sapeva nemmeno lui cos'aveva creduto, era solo che l'espressione di Rei nell'apprendere la notizia della morte del suo ex marito l'aveva turbato parecchio. Decise di non pensarci più, le prese in braccio e la portò a letto.

« Rick non devi fare sforzi, mettimi giù » lui sorrise, anche se era ancora mezza assopita si preoccupava per la salute di lui.

« Stai tranquilla... » la posò con delicatezza nel letto e dopo essersi spogliato la raggiunse, sì, era stato un bastardo a pensare male della sua fidanzata.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Rick era in bagno, solo con i jeans addosso a farsi spalmare sulle spalle da Rei, una crema per le scottature. Erano tornati solo il giorno prima da un'indimenticabile week-end al mare che aveva giovato ad entrambi. Reina in quei giorni sembrava essere un'altra persona, si era divertita ma soprattutto appariva molto più rilassata, a Richard sembrò quasi di rivederla quando si erano appena conosciuti. In quei giorni, non avevano mai parlato delle cose spiacevoli che erano successe. Il momento più bello per Rick fu stato quando l'aveva portata fuori a cena, lei quella sera era a dir poco stupenda, aveva indossato un abito corto ma elegante che le metteva in risalto l'abbronzatura dorata che aveva acquistato in quei due giorni di mare. Quando lui la vide rimase senza fiato, non l'aveva mai vista così elegante e bella, a parte la prima volta che erano usciti insieme che rimaneva uno dei ricordi più belli nella mente di lui.

« Vai tu ad aprire? » chiese lei, dopo aver sentito il campanello della porta, mostrandogli le palme delle mani ancora impiastrate di crema lenitiva.

« Ok » lui si alzò dallo sgabello sentendo la pelle che gli tirava « Anche se sono rosso come un peperone, come diavolo hai fatto a non scottarti tu? » chiese mentre si avvicinava alla porta, la risata morbida di lei lo raggiunse e gli scivolò sulla pelle come una soffice carezza.

« Ho la carnagione più scura della tua caro il mio latticino e non mi scotto mai, anzi, riesco ad abbronzarmi anche d'inverno... » Rick ancora sorridendo del nomignolo che gli aveva affibbiato aprì la porta.

« Richard Truman? » un agente di polizia in divisa gli mostrava il distintivo, confuso Rick si limitò ad annuire e a guardare l'altro agente sul pianerottolo, intento a controllare le scale.

« Avremmo bisogno di parlare con la signorina Reina Pilar Rodriguez, è in casa? » chiese l'agente sorridendo

« Prego » li invitò ad entrare, Rei si affacciò dalla porta del bagno e vide gli agenti. Controllò nello specchio che i segni delle percosse di Kevin non si notassero, a parte il segno sullo zigomo era tutto a posto. Rick la raggiunse in bagno, sembrava intimorito.

« Rei ci sono... » lei lo interruppe

« Lo so... » lo baciò dolcemente sulle labbra ed uscì dal bagno

 

« Buongiorno signorina Rodriguez, avremmo bisogno di farle qualche domanda » lei si sedette davanti agli agenti, non era spaventata, si mostrava calma e un po' incuriosita dalla loro presenza.

« Certo »

I poliziotti gli fecero molte domande, sul passato di Kevin e sulla motivazione per la quale il loro matrimonio era fallito. Le chiesero di descrive i sentimenti che provava per il suo ex marito e il legame che ancora li univa.

« Lei sapeva che si era disintossicato dalla droga? » chiese il poliziotto pronto ad annotare la sua risposta

« Certo, eravamo andati in tribunale circa otto mesi fa per parlare appunto di questo, il giudice aveva deciso che dato che ormai lui ne era uscito poteva vedere il bambino quando voleva » rispose lei rimanendo tranquilla, Rick invece era agitatissimo, anche se non riusciva a spiegarsi il perché.

« E lei come ha reputato questa decisione? » Rei lo scrutò per un lungo attimo

« Bé ho pensato che era giusto voler dare a Kevin un'altra chance »

« Come si è comportato il signor Koby dopo, con il bambino intendo »

« All'inizio si presentava praticamente ogni sera sotto casa, diceva che voleva augurargli la buonanotte, io gli avevo detto che se voleva poteva tenerlo a casa sua per la notte, cosa che facevamo abitualmente ogni volta che io avevo il turno di notte in ospedale » ci fu un lungo attimo di silenzio mentre l'agente scriveva, Rei si voltò verso Rick e gli sorrise cercando di tranquillizzarlo.

« Poi? » chiese l'altro poliziotto, quello più magro, mentre era intento a guardare le gambe nude di Reina.

« Poi ha iniziato a venire sempre meno frequentemente per stare con Zack, lo veniva a prendere solamente le volte che io non riuscivo a trovare qualcuno che rimasse con lui » rispose lei coprendosi le gambe con il corto vestito.

« Chi stava abitualmente con il bambino mentre lei era a lavoro? » Rei iniziava a sentirsi a disagio, non era ancora pronta a parlare di Zachary con gli estranei, si voltò verso la finestra per cercare il suo viso nel riflesso. Il poliziotto gli dovette ripetere la domanda per farle riportare l'attenzione su di lui.

« Mia madre o la sua baby-sitter »

« Avete mai litigato lei e il signor Koby? » Rei lo guardò perplessa

« Bé eravamo una coppia... »

« Intendo dire per chi doveva tenere con se il bambino » l'altro agente corresse il collega più magro

« Quando abbiamo divorziato no, lui sapeva di non essere in grado di badare al piccolo. Poi come le ho già detto io non ho mai ostacolato Kevin nel suo ruolo di padre, era lui che a volte... » Rei cercò le parole giuste « A volte prometteva a Zack di passare il pomeriggio con lui e poi non veniva »

« E lei come si comportava in quei casi? » Rei si mise più comoda sulla poltrona, chiedendosi se sarebbe durato ancora molto quell'interrogatorio.

« Cercavo di convincerlo che il padre era molto impegnato e a volte era trattenuto per gli impegni di lavoro. Mio figlio ne soffriva quindi cercavo di convincerlo che Kevin gli volesse bene... »

« Lei ne è convinta? Che gli volesse bene... »

« Credo di sì, era pur sempre suo figlio » Rei dovette sforzarsi parecchio per pronunciare quelle parole, sapeva che era una bugia ma non poteva rischiare.

« Cosa sa dell'omicidio? »

« Quello che hanno detto i notiziari, che l'hanno trovato in casa sua e si pensava fosse suicidio »

« Sa quale sostanza è stata rinvenuta nel suo sangue? »

« Non ricordo esattamente » il poliziotto cambiò posizione

« Era benzodiazepine, sa che tipo di medicinale é? »

« Mi sembra ovvio, sono un'infermiera »

« Quindi sa che viene usato per curare... » tirò fuori dalla tasca un foglietto e iniziò a leggere ad alta voce « Stati gravi di ansia, insonnia, agitazione, convulsioni, spasmi muscolari. Sapeva se il signor Koby soffriva di questi disturbi? »

« Non ne ho la più pallida idea... » rispose Rei un po' scocciata da tutte quelle domande che iniziavano ad innervosirla.

« D'accordo, per ora non abbiamo altre domande. Possiamo contare su di lei se avessimo bisogno di farle qualche altra domanda? » Reina annuì e Rick li accompagnò alla porta, il poliziotto più basso prima di uscire si fermò

« Un'ultima cosa signorina Rodriguez... Lei che mano usa per scrivere? » Rei lo fissò per qualche istante perplessa

« La sinistra, perché? »

« Niente di rilevante, una semplice domanda di routine, grazie del tempo che ci ha concesso e buona giornata »

 

 

Reina rimase qualche istante a riflettere seduta in poltrona con le gambe raccolte al corpo, ripercorse a ritroso tutte le azioni di quel giorno, a parte lo sbaglio nel contare i tempi della scoperta del corpo di Kevin non aveva commesso altri errori. Non riusciva proprio a capire perché gli agenti le avessero fatto quella strana domanda. “ Cosa centra il fatto che sono mancina? “ pensò

 

Rick sembrava ancora sconvolto, non capiva perché avessero fatto tutte quelle domande a Rei né il perché si sentisse così agitato. Era già stato presente ad un interrogatorio, da giovane lui e dei suoi amici avevano assistito ad un brutto incidente stradale. La polizia aveva interrogato tutti i presenti sul posto, compreso lui, ma non avevano usato quel tono inquisitore anzi gli erano sembrati sbrigativi ed annoiati di essere lì, a chiedere la stessa cosa a tutti e a sentirsi rispondere le medesime frasi.

« Come ti senti? » le chiese lui preoccupato, vedendola così assorta nei suoi pensieri.

« Bene »

« Sei sicura? Secondo te come mai ti hanno fatto tutte quelle domande? » domandò cautamente, Rei sorrise vedendo quell'espressione tenera dipinta sul viso di lui. Allungò la mano per fargli una carezza sul viso.

« È normale amore mio, ero sua moglie è normale che interroghino anche me » Rick sembrò accontentarsi di quella risposta tranquillizzante.

« Andiamo in bagno » disse lei alzandosi dalla poltrona « Finisco di spalmarti la crema così eviti di perdere la pelle come i serpenti. »

 

 

La sera mentre Reina preparava la cena, Rick accese la televisione per ascoltare il notiziario. Si era quasi dimenticato della visita da parte della polizia di quel pomeriggio, quando la giornalista parlò del caso della morte di Kevin, Rick sentì gelarsi il sangue nelle vene.

 

Continuano le indagini sulla morte di Kevin Koby, la polizia ha dichiarato che oggi sono state interrogate varie persone, compresa l'ex moglie della vittima, Reina Rodriguez. La notizia più interessante è che è spuntato un super testimone oculare che dichiara di aver visto una donna uscire dalla casa del signor Koby, non era la sua abituale fidanzata. Dalle altre analisi sul corpo del defunto, il medico legale ha dichiarato che il cocktail mortale iniettato nelle vene della vittima era stato preparato da qualcuno di esperto apposta per uccidere, non tutti sanno infatti che il benzodiazepine mischiato con la morfina porta ad una lenta agonia e uccide nel giro di 30 minuti. L'omicidio è avvenuto nella fascia oraria dalle 15 alle 18, gli esami hanno anche rivelato che il colpo è stato inflitto da una persona che non supera i 170 centimetri d'altezza, si è scoperto anche un altro dettaglio importante sull'assassino, è mancino. La ferita infatti è situata sul lato destro della vittima, un destrimano avrebbe colpito il lato sinistro. Le indagini sono in corso, vi terremo aggiornati. “

 

 

Rick iniziò a pensare velocemente, sentì l'orrore che iniziava a crescere in lui. Kevin era stato ucciso tra le ore 15 e le ore 18, Rick era tornato a casa alle 17: 30 e Rei non c'era.

Il testimone aveva visto una donna uscire dall'appartamento, la ragazza di Kevin era alta e bionda, probabilmente quell'uomo aveva visto una donna minuta e mora, Richard iniziava seriamente ad avere paura.

Si alzò dal tavolo e corse in bagno, aprì l'armadietto dei medicinali e li rovesciò tutti nel lavandino cercando di leggere più in fretta possibile il principio attivo dei suoi farmaci. Si portò la mano alla bocca, il principio attivo del Clobazam, il medicinale che prendeva per gli spasmi muscolari da quando aveva iniziato la fisioterapia, era quello che aveva ucciso Kevin. Ora tutto diventava più chiaro, Reina superava di pochi centimetri il metro e sessantacinque e in più usava la sinistra.

Si lasciò scivolare contro il muro del bagno, fino a raggiungere il pavimento. Appoggiò la testa alle ginocchia e iniziò a rosicchiarsi l'unghia dell'indice destro, in testa continuava a sentire le parole di Rei quando avevano sentito in televisione la notizia dell'omicidio di Kevin

Sono contenta che sia morto... Spero abbia sofferto molto... Almeno quanto abbia sofferto il mio bambino... “

 

 

Reina era ancora in cucina, spense il fornello e si lavò le mani sotto l'acqua. Non era un'idiota, sapeva che la polizia aveva capito tutto e non ci avrebbe messo molto a bussare alla porta per venirla a prendere. Sospirò forte spostandosi i capelli dietro la spalla, aveva commesso troppi errori o semplicemente era stata sfortunata? Presto quell'uomo avrebbe fatto il suo identikit, sarebbero venuti a casa e avrebbero trovato le medicine di Richard. Lei aveva un movente, la vendetta e il dolore, avrebbero pensato che era una pazza scatenata che aveva assassinato il colpevole della morte di Zack, “ Però loro non sanno che è stato lui a chiedermelo, chi riuscirebbe a negare una cosa così al proprio figlio? “ pensò.

Rei iniziò ad avere davvero paura. Non era spaventata per la polizia, il processo o il carcere, no, aveva paura perché finalmente si rese conto che l'avrebbero portata via dall'unico uomo che lei amava, da quello che la proteggeva e la faceva sentire la persona più importante del mondo. Era sopravvissuta al dolore della perdita di Zack grazie a Richard, come avrebbe fatto a sopravvivere senza di lui?

 

 

Richard uscì dal bagno e tornò in cucina, si mise davanti alla sua compagna sempre tenendo gli occhi chiusi. Il cuore gli martellava nel petto, in bocca sentiva un sapore metallico e nella testa vedeva le immagini della sua compagna che uccideva un uomo. Aprì gli occhi e la guardò, lei si mordeva il labbro inferiore e a sua volta lo guardava dal basso.

« Rei... Che cos'hai fatto? »

Note: scusate gli errori, grazie.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Reina piangeva, non riusciva a capire perché l'uomo della sua vita fosse tanto infuriato. Continuava ad urlare ed inveirle contro, quando lei aveva cercato di toccarlo Rick si era scostato come se lei, con il suo tocco, gli avesse ustionato la pelle.

Richard era terrorizzato e in preda ad una crisi isterica, non riusciva a capacitarsi di come quella donna così piccola, dolce ed indifesa fosse riuscita a commettere un gesto tanto barbaro e crudele.

« Non mi toccare Rei, sei un mostro... Oddio sei stata tu, non ci credo. Dimmi che mi sto sbagliando, dimmi che non sei stata tu ad uccidere Kevin... Ti prego... » iniziò a singhiozzare tenendosi a distanza da lei.

« Richard... » lui si tappò le orecchie

« Non pronunciare il mio nome, non mi parlare. Mi hai detto che mi amavi e invece ero solo una pedina del tuo gioco, mi hai solo usato. Stronza! A cosa ti sono servito? Come alibi anzi no come riserva, dato che era appena morto tuo figlio hai deciso di rimpiazzarlo facendoti mettere incinta da me, ecco perché hai sempre insistito per farlo senza preservativo, volevi solo... » il suo torrente di parole venne interrotto da un violento schiaffo di Rei, che gli fece voltare il viso dall'altra parte.

« Non... Ti permettere Rick, non ti permettere di parlare in questo modo di mio figlio » disse lei con la voce carica di rabbia e di lacrime trattenute « Non puoi dire questo » Rick, con la schiena al muro si lasciò scivolare sul pavimento.

Non voleva che la preziosa vita di Rei andasse in fumo in quel modo, lei era una brava persona e Rick lo sapeva, non riusciva a spiegarsi da dove aveva tirato fuori tutta quella rabbia e quella violenza da uccidere un essere umano.

« Perché l'hai fatto? Perché hai rovinato tutto? » gli chiese lui tra un singhiozzo e l'altro, lei si avvicinò cautamente e gli si sedette sulle ginocchia appoggiando il viso contro il suo collo, respirando il suo profumo di acqua di colonia.

« Cerca di calmarti un attimo e ti racconterò tutto »

 

Reina cercò di spiegargli come era iniziata tutta questa storia, iniziò con spiegargli le sue sensazioni il giorno del funerale. Solo lì aveva capito che non avrebbe mai più rivisto il suo bambino, poi arrivarono i sogni ed erano stupendi all'inizio, rivedeva ricordi di Zack. Il giorno della sua nascita,il suo primo compleanno, la sua prima parola...

Poi i sogni cambiarono, Zack era cambiato. Non era più il bellissimo bambino che ricordava ma un piccolo cadavere in decomposizione straziato dai morsi della morte, da quel giorno in poi aveva smesso di essere il suo Zack, di parlare come il suo bambino ed era diventato il morto che le chiedeva di unirsi a lui. Infine le aveva dichiarato il suo bisogno di vendetta, le aveva letteralmente chiesto di uccidere Kevin in modo che finalmente lui potesse riposare in pace, e Reina si era convinta che quello era l'unico modo. Quando lei lo uccise Zack era lì. Orgoglioso della madre che lo aveva finalmente consegnato al suo eterno riposo.

« Capisci perché l'ho fatto? Ho dovuto... » Rick la guardava pieno di orrore, cercava un semplice alibi o era sincera? Si schiarì la voce prima di parlare.

« Reina sei seria? » lei lo guardò perplessa « Vedi davvero tuo figlio? » lei sorrise e si alzò, lo prese per mano e l'accompagno in bagno. Rick non sapeva come comportarsi, lo sguardo di lei lo spaventò a morte, sembrava folle.

« Zack, amore mio... » chiamò a bassa voce, niente. Appoggiò la mano sullo specchio cercando di vedere il viso del figlio nel riflesso ma non riusciva a vedere altro che lei stessa.

Finalmente il viso tumefatto del piccolo Zachary apparve, Rei rimase a bocca aperta per lo stupore. Oggi mentre i poliziotti la interrogavano le era mancato, l'aveva cercato ma lui non era venuto ad aiutarla.

« Amore mio... » disse con gli occhi pieni di lacrime, porse la mano a Richard « Rick lo vedi? Ora lo vedi anche tu? » chiese sorridendo, sentendosi di nuovo felice come nell'ultimo periodo, dove la sera erano tutti e tre nello stesso letto.

« Rei... » Rick non sapeva cosa dire, si mise una mano sulla bocca per lo stupore

« Mamma... Lui non mi vede, neanche lui ci vuole bene. Devi allontanarti anche da lui... » il sorriso di Reina si spense a poco a poco, l'espressione dura del figlio le mise i brividi.

« Ma Zack, perché non posso stare con lui? Io lo amo già devo stare lontana da te... » il bambino la interruppe brusco

« Ma non capisci? » urlò « Lui non ti ama, ti crede una pazza e non vuole neanche darti un figlio. Mamma... Vieni da me, io ho bisogno di te e tu hai bisogno di me, non ci serve nessun altro. Mi hai già deluso una volta non riuscendo a proteggermi da papà, non vorrai deludermi di nuovo lasciandomi da solo? » lei iniziò a piangere e fece cenno di no con la testa.

« Rei... Rei... » Rick iniziò a scuoterla per le spalle, sembrava in trance e parlava alla sua immagine riflessa nello specchio, Rick non vedeva altro che lei con quello sguardo folle e allucinato che parlava con il figlio, cambiava tono di voce e si rispondeva da sola.

Preso dal panico iniziò a scuoterla sempre più violentemente, non si riprendeva, fece l'unica cosa che gli venne in mente; la prese di peso, aprì l'acqua fredda della doccia e la sistemò sotto il getto gelato.

Rei iniziò ad urlare per lo stupore e per l'acqua che era talmente fredda da farle male sulla pelle, però uscì dal suo stato di trance.

« Rick mi fai male » urlò continuando ad agitarsi. Non sapeva più cosa fare, pensava che il suo lavoro fosse finito e invece Zack le aveva chiesto di lasciare Richard e di raggiungerlo, voleva che si suicidasse. Ma lei non voleva, ama davvero il suo uomo, finalmente aveva trovato una persona che l'amava e la rispettava, cercava di proteggerla in tutto e per tutto e ora doveva abbandonarlo.

 

Rick cercava di tenerla ferma dai polsi, Rei si stava agitando troppo e aveva già sbattuto la testa un paio di volte contro le piastrelle del box doccia, rischiava di farsi male seriamente se lui non faceva qualcosa.

Ora si era convinto, Reina aveva perso la ragione. Tutti i sospetti e le paure che aveva avuto si erano rivelati fondati, Rei aveva ucciso ma non per il gusto di farlo, si era sentita costretta dal senso di colpa che la opprimeva. La sua mente, incapace di elaborare la morte del figlio, aveva creato un'immagine del rimorso che lei provava e l'aveva trasformato nel viso martoriato di Zack, lei voleva togliersi la vita e Zack le diceva di suicidarsi per raggiungerlo, lei voleva uccidere Kevin e lui urlava vendetta. Ma non era davvero lui a parlare. Rei si sentiva colpevole, non avrebbe mai dovuto permettere che Kevin portasse via suo figlio da casa sua, così aveva iniziato ad avere queste allucinazioni che le permettevano di andare avanti nella sua vita, senza sentire la mancanza del figlio ma, il bisogno di vendetta aveva iniziato a farsi sentire fin da subito.

 

 

Reina non riusciva a calmarsi, continuava a piangere, agitarsi ed urlare che non voleva perdere anche Richard. Lui si rese conto che con tutto quel trambusto, presto i suoi vicini di casa avrebbero iniziato ad insospettirsi, magari avrebbero chiamato la polizia e...

Chiuse l'acqua e si allontanò da Rei, aprì l'armadietto delle medicine e tirò fuori i sonniferi che gli aveva prescritto il medico prima dell'intervento, controllò la data di scadenza e senza troppa grazia infilò due pastiglie in bocca alla compagna e la costrinse ad ingoiare.

Dopo venti minuti Rei dormiva tranquilla. Richard la prese in braccio e la portò in salotto, adagiandola con gentilezza sul divano, la spogliò degli abiti bagnati e tenendosi la testa tra le mani sprofondò nella poltrona.

Aveva bisogno di qualche minuto di pace per poter pensare a cosa fare, “ Magari non domani... “ si disse “ … ma dopodomani la polizia verrà a bussare alla porta e... “ deglutì rumorosamente incapace di terminare la frase. Lanciò un'occhiata a Rei distesa sul divano, sembrava condurre un sonno agitato e sgradevole. Si avvicinò a lei e le scostò dal viso una ciocca di capelli bagnati, anche se adesso conosceva la realtà, Richard non riusciva a vedere un'assassina, vedeva solo la sua compagna che aveva avuto un brutto esaurimento nervoso. Si preoccupava più per la salute di lei che per l'omicidio che aveva commesso.

Era chiaro che ormai Reina non fosse più in grado di badare a se stessa, Rick non riusciva a spiegarsi come era potuto succedere, da un giorno all'altro, la vita di Rei si era completamente stravolta e rovinata.

Decise che non poteva più stare li, lui sapeva che Rei non avrebbe saputo sopravvivere in carcere e non voleva assolutamente vederla morta, l'amava troppo. L'unica cosa da fare era scappare.

Senza più indugiare troppo sui pensieri iniziò a riempire una borsa da palestra di abiti, sia suoi che di Reina, prodotti per il bagno, le sue pillole e il peluche di Zachary. Scese in strada e mise il tutto nel baule dell'auto di Reina, poi tornò su e dopo una doccia veloce vestì Rei, ancora addormentata, e portandola in braccio la sistemò delicatamente sui sedili posteriori.

Dopo un gran sospiro si mise alla guida, uscendo dal vicolo in cui abitava incrociò una volante della polizia con i lampeggianti accesi, guardò dallo specchietto retrovisore la macchina che si fermava davanti a casa sua. Rick ingranò la marcia e partì.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Richard guidò per tutta la notte, anche se aveva commesso un errore madornale, diventando automaticamente complice di Reina avendola aiutata a fuggire, si sentiva stranamente tranquillo.

La sua unica preoccupazione era per lei che dormiva sul sedile posteriore da più di 5 ore, iniziò seriamente a pensare di aver sbagliato a darle tutte quelle pillole, era stato impulsivo, cosa che lui non era mai e ora temeva di averle fatto del male.

Si fermò in un caffè aperto 24 su 24, prima di scendere dall'auto si fermò a controllare Rei, respirava regolarmente e sembrava calma come una bambina. Entrò nel locale e davanti ad una tazza fumante di caffè iniziò a pensare, dove sarebbero andati? La polizia li avrebbe cercati anche lì? Si passò una mano tra i capelli e guardò fuori dalla finestra, se qualcuno avesse guardato dentro avrebbe pensato che la ragazza era stremata dal viaggio o che fosse un rapimento? Preso dalla paranoia si fece mettere il resto del caffè avanzato in un bicchiere di carta ed uscì.

 

Reina sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco quello che aveva davanti, stordita si guardò intorno non riuscendo a capire dove si trovava. Poi ad un certo punto si ricordò, la lite, l'espressione orripilata di Richard, Zack...

« Rick... Rick... » chiamò un paio di volte ad alta voce, provò a mettersi a sedere ma un capogiro la fece ritornare alla posizione di partenza.

« Sono qua » il viso di lui fece capolino dal finestrino, spostò in avanti il sedile e la raggiunse nella parte posteriore dell'auto, sollevato nell'apprendere che aveva ripreso i sensi.

« Dov'eri? » chiese lei, poi guardandosi intorno un'altra volta si corresse « Dove siamo? » lui non rispose e le mise tra le mani il bicchiere di caffè bollente, lei avvicinò il viso ma quando ne sentì il profumo venne assalita da un senso di nausea, scosse la testa e lo restituì nelle mani di Richard.

« Non mi hai risposto, dove siamo? » insisté Rei.

« In autostrada » rispose senza guardarla

« Dove stiamo andando? »

« Non lo so ancora » Richard abbassò la testa, non aveva ancora deciso la loro meta, si era semplicemente messo al volante. Non sapeva quanto sarebbe bastato allontanarsi per fare uscire dai guai la sua compagna, si stropicciò gli occhi con le dita e gettò la testa all'indietro, esausto.

« Non dovevi... » mormorò lei avvicinandosi al corpo di Rick, l'abbracciò e lui nascose il viso tra i suoi capelli scuri « Non dovevi Rick, perché hai fatto una cosa del genere? » continuò lei sussurrando.

« Perché ti amo... » rispose Richard tenendo gli occhi chiusi e le labbra appoggiate sui capelli di lei, stremato dalla stanchezza crollò addormentato qualche minuto dopo.

 

 

Rei teneva la testa di lui sul suo grembo ora, a parte qualche capogiro, era completamente lucida e preoccupata. Richard aveva commesso l'errore più grande della sua vita a fuggire con lei, iniziò a chiedersi se avessero avuto qualche possibilità di riuscire a farla franca. Lei non si sentiva colpevole, non aveva ancora seriamente pensato a cos'aveva fatto, aveva ucciso un uomo, non era uno scherzo e si rischiava grosso per una cosa del genere. Accarezzò i lunghi capelli di Rick facendoli passare tra le sue dita affusolate, “ Finirai nei guai anche tu, amore mio “ pensò.

Dopo qualche ora fece una passeggiata per il parcheggio, per constatare che fosse in grado di guidare, si mise al volante e partì. Non sapeva dove andare ma non intendeva rendere vano il gesto di Richard, l'importante era allontanarsi da lì.

 

 

Richard si svegliò madido di sudore, si alzò a sedere sentendo una fitta di dolore al collo per la scomoda posizione in cui aveva dormito. L'aria fresca che entrava dal finestrino abbassato gli sferzò i capelli, rimasti appiccicati alla fronte dal sudore, guardò Rei che guidava tranquilla con il braccio appoggiato alla portiera, tornò a sdraiarsi e chiuse gli occhi.

Aveva avuto un incubo terribile, i poliziotti che sfondavano la porta di casa mentre loro facevano sesso e portavano via Rei, si passò la mano sul viso.

« Buongiorno » lei sorrise dolcemente, Rick non sarebbe mai riuscito a resistere a quel sorriso dolce e luminoso, scavalcò il sedile e si sistemò al fianco di Reina.

« Come stai? » chiese lui

« Bene, tu? » lui fece un cenno di assenso con la testa « Cos'è successo ieri? » domandò lei dopo qualche istante di silenzio.

« Non ricordi niente? »

« No » mentii lei, ricordava perfettamente il figlio che le ordinava di suicidarsi, lo sguardo pieno di orrore di Rick appoggiato su di lei, scosse la testa.

« Eri agitata e ti ho dato delle pillole per dormire, non riuscivo a calmarti... » cercò di giustificarsi, mai in vita sua avrebbe fatto una cosa del genere, drogare la sua compagna. Ma la situazione era estremamente difficile, erano successe troppe cose troppo in fretta e lui preso dal panico aveva agito senza pensare.

Rick disse a Rei di fermarsi così avrebbe guidato lui per un po', lei sembrava tranquilla ma Rick era intenzionato ad affrontare un discorso importante e, vista la reazione della sera prima, non voleva rischiare un incidente stradale.

« Rei, ho bisogno che tu sia completamente sincera con me » lei annuì, seduta dal lato del passeggero con le ginocchia raccolte al corpo.

« Non voglio essere brutale ma ho una domanda da farti, ieri davanti allo specchio del bagno, hai visto davvero Zachary? » a Richard tremava la voce, temeva che Rei perdesse di nuovo il controllo.

« Che domanda strana... Sì, perché vuoi dirmi che tu non hai visto niente? » si voltò a guardarla e la trovò con l'espressione più sincera che avesse mai visto. Mise l'indicatore di direzione e svoltò nel parcheggio di un bar, spense il motore e la scrutò.

« Reina, io non ho visto niente » lei lo guardò perplesso

« Impossibile, magari non l'hai riconosciuto ma era lui »

« Riconosciuto? » Richard non riusciva a capire

« Sì... » lei scosse la testa « Sai con tutto quello che è successo, il suo viso è... »

« Rei! » la interruppe Richard, si avvicinò e le prese il viso tra le mani « Non c'era nessuno, c'eri solo tu riflessa nello specchio. E parlavi, un po' con la tua voce normale e un po' con una voce... Strana, che non era la tua » lei lo fissò con le labbra dischiuse

« No Richard, non è vero. Lui mi parlava, te lo giuro... » gli occhi ormai carichi di lacrime

« No amore mio, ti stai sbagliando. Stavi parlando da sola, non c'era nessuno in bagno oltre me, era solo la tua immagine riflessa... » cercò di tenerle il viso fermo mentre lei provava a divincolarsi

« Credi davvero che sia stato Zack a chiederti di uccidere Kevin? » lei annuì, incapace di parlare dalle lacrime che ormai scendevano calde e silenziose dai suoi occhi.

« Rei, lo credi ma non è così »

« Sì invece, Rick ti prego, te lo giuro... Dimmi che mi credi » chiese tra le lacrime, il suo viso addolorato e spaventato fece venire un brivido a Richard. Anche gli occhi di lui si riempirono di lacrime, la strinse tra le braccia e le baciò la fronte.

« Sei solo confusa amore mio » la rassicurò mentre lei piangeva sulla sua spalla « Ne parliamo un'altra volta va bene? Quando sarai più tranquilla, adesso non ti agitare andrà tutto bene... »

 

Guidò ancora per molte ore, poi i morsi della fame iniziarono a farsi sentire e dovettero fermarsi in un piccolo locale sulla strada, era accanto ad un mini-market aperto tutta la notte così, dopo aver cenato, Richard decise di fare un salto nel negozio per comprare l'occorrente che nella fretta aveva dimenticato a casa.

Rei entrò nel piccolo e buio bagno accanto alla stazione di servizio, con titubanza si avvicinò allo specchio.

« Rei... Che diavolo stai combinando? » lei si morse il labbro inferiore e si aggrappò al lavandino.

« Oh Zack ti prego... » il bambino riflesso nello specchio scuoteva la testa

« Non puoi scappare con lui... Avevamo deciso un'altra cosa, perché hai rovinato i nostri piani? »

« Io... Non è stata colpa mia, non l'ho scelto... Mi ha drogata... » si giustificò

« Bé ora sei sola, finisci quello che abbiamo iniziato » lei scosse la testa con veemenza

« No, non voglio stare senza di lui » iniziò a piangere, si stropicciò gli occhi con le dita ripensando alle parole di Richard. Non era confusa, lei lo vedeva con una chiarezza cristallina, sapeva che era impossibile ma vedeva ancora suo figlio.

« Vuoi mettere in pericolo anche lui? Tu fai così, metti in pericolo e fai del male a tutti quelli a cui vuoi bene, non è vero? Devi scappare, ora. E poi venire da me » lei si coprì il viso con le mani, si lasciò scivolare sul pavimento e iniziò a piangere. L'unica cosa che sentì fu la voce di Zachary; “ Non sei una brava madre “

 

 

« Rei... Stai bene? » Rick inginocchiato accanto a lei sul pavimento la guardava preoccupato, piangeva e si dondolava avanti e indietro ripetendo, con quella voce che gli metteva i brividi, non sei una brava madre. Finalmente alzò la testa, si guardò attorno confusa e si fece aiutare ad alzarsi in piedi.

« Che è successo? » lei abbassò lo sguardo, indecisa se dire al compagno la verità o mentire.

« Non lo so... » mentì, lui le cinse i fianchi e l'accompagnò fuori dal bagno.

« Vuoi venire con me o mi aspetti in macchina? » chiese lui indicando il mini-market con un cenno della testa.

« Vengo con te » rispose lei in fretta, terrorizzata all'idea di rimanere di nuovo sola.

Entrarono nel locale e cercando di fare più in fretta possibile, Rick iniziò a scegliere lo stretto indispensabile, temeva che qualcuno li riconoscesse immaginando che ormai, le loro foto apparivano su tutti i giornali.

Arrivò nella corsia dei saponi e la sua attenzione venne attirata da un preciso articolo, fece un breve calcolo a mente e poi si voltò verso Reina.

« Ehm Rei... » la chiamò sottovoce attirandola a se « Questi non ti servono? » accigliata, Rei seguì lo sguardo di lui fino agli assorbenti sullo scaffale, piegò la testa da un lato e si unì al calcolo mentale che stava facendo il suo compagno.

« Non... È strano... » Rick annuì pensieroso e si avvicinarono alle casse.

Una volta fuori accompagnò Rei alla macchina ed infilò la busta nel baule.

« Aspettami qua, ho dimenticato di comprare una cosa » le disse prima di salire in macchina.

« Rick no... » Rei lo guardò allarmata ma lui la zittì

« Ci metto un attimo, aspettami » a passo svelto entrò di nuovo nel locale, diretto alla corsia dei prodotti per il bagno, prese un test di gravidanza e tornò in macchina.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


I giorni passavano lenti, Richard e Reina continuavano a viaggiare, dormivano in macchina e mangiavano nei bar trovati sulla strada, sempre più frequenti in Rick i timori che qualcuno avesse visto le loro foto al notiziario e li riconoscesse.

Un problema ancora più grande di questo era che Richard stava male.

« Rick, stai bene? » chiese Rei mentre guidava, aveva notato che il suo compagno era pallido e silenzioso, con la testa appoggiata alla testiera del sedile e gli occhi chiusi

« No » una risposta breve e concisa, stava veramente male. Rei uscì dall'autostrada e incominciò a girovagare per un piccolo paesino di montagna, conscia del rischio che stava correndo nel farsi vedere in giro.

Parcheggiò davanti ad una farmacia e, dopo aver appoggiato il palmo della mano sulla fronte rovente di Rick scese.

 

L'intervento di Richard aveva terribilmente abbassato le sue difese immunitarie e, anche se era una semplice influenza, Rei non volle correre il rischio di peggiorare il suo stato di salute, decise così di prendere una stanza in un Motel che le permettesse di prestare le cure al compagno.

Disteso sul letto Richard tremava, la febbre era salita drasticamente nel giro di qualche minuto. Rei gli mise una pezzuola bagnata sulla fronte, lo spogliò, e preparò l'iniezione di antibiotico da iniettargli in vena.

Richard aprì gli occhi e la vide vicino al suo braccio, con un batuffolo di cotone in una mano e nell'altra...

« Che diavolo fai? » domandò brusco alzandosi a sedere e allontanandosi, prima che Rei spingesse lo stantuffo e permettesse al liquido di entrare in circolazione nelle sue vene

« Rick stai calmo, è solo antibiotico so quello che faccio » l'espressione sorpresa e perplessa di lei fece sentire in colpa Rick, si era spaventato, aveva immaginato la scena di Reina che uccideva Kevin un miliardo di volte ed era proprio simile a quel momento nei suoi pensieri.

« Sì scusami » si risistemò nel letto e sospirò

« Non ti farò del male... » Rick non riuscì a capire se la ragazza intendesse che non lo avrebbe ucciso o che, con il suo tocco delicato, non gli avrebbe fatto provare il dolore della puntura.

« Lo so » sussurrò, poco dopo si addormentò.

 

Ci vollero tre giorni di assoluto riposo a Rick per riprendersi, tre giorni in cui la follia di Rei era incontrollata. Lo vedeva continuamente, sempre arrabbiato con lei per non essere riuscita a seguire un semplice piano.

Quando finalmente Richard riuscì a rimettersi in sesto cercò di arginare le debolezze della compagna, sembrava che solo la presenza di Richard riuscisse a distrarre la sua mente confusa, lui le indicava qual'era la vera realtà.

« Ah, mi sono dimenticato di una cosa... » disse lui alzandosi dal letto, Rei lo seguì con lo sguardo mentre era intento a cercare nella valigia. Tirò fuori il test di gravidanza e glielo porse, lei sorrise.

« E questo? » chiese con aria divertita

« L'ho preso un paio di giorni fa, dovresti... » lei gli accarezzò il viso con dolcezza

« Amore mio, non credo che ce ne sia bisogno, il ciclo è una cosa delicata può avvenire un ritardo se la persona in questione ha dei particolari sbalzi emozionali... e sinceramente sono stata al quanto stressata in questo periodo »

« Sì lo so, però... » lei sospirò e glielo prese dalle mani, si avvio verso il bagno scuotendo la testa. Dopo dieci minuti lo raggiunse a letto.

« E adesso? » chiese lui

« Aspettiamo »

Richard non aveva smesso un attimo di pensare alla possibilità della gravidanza di Reina, si chiedeva come sarebbe stato essere padre, dimenticando parzialmente la situazione in cui si trovavano, non voleva pensare al futuro. Lei invece ignorava completamente l'idea, sapeva che erano normali per lei i ritardi.

« Cosa facciamo se... » Rick non riuscì a finire la frase, si sentiva un'egoista, a Reina era appena morto un figlio e lui invece immaginava come sarebbe averne uno tutto suo.

« Non lo so, ma ti ho detto che... » lui la zittì con un bacio, guardò per la centesima volta l'orologio e, con l'emozione che cresceva in lui, aprì la porta del bagno e afferrò l'oggetto. Lo guardò, due linee rosse, positivo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Richard deglutì rumorosamente, ricontrollò le istruzioni sulla scatola e si mise seduto sulla vasca da bagno.

Non poteva crederci, le sue sensazioni erano giuste, stava per diventare papà. La cosa che più lo spaventava quando stava con Christina, la sua ex moglie, ad un tratto gli si era materializzata davanti e, non faceva così paura come pensava!

« Rick, ti sei perso? » la voce vellutata di lei gli accarezzò la pelle, deglutì di nuovo e pensò a come darle la notizia. Perché sembrava sbagliato essere felice in quel momento?

« Allora? » chiese lei nascondendo un sorriso beffardo « Ti sei convinto adesso? » lui si avvicinò con passo lento, cercando di non lasciare trapelare l'emozione gli mostrò il piccolo aggeggio.

Rei piegò la testa da un lato, poi glielo strappò dalle mani, incredula. Rick smise di respirare.

« Positivo? » come poteva essere possibile? Mille pensieri affollarono la mente di Rei, nella situazione in cui erano un figlio era la cosa meno giusta a cui pensare, erano ricercati e fuggitivi, come avrebbe potuto portare avanti una gravidanza?

Richard aspettò pazientemente che la sua compagna apprendesse a pieno la novità, per un istante ebbe il timore che lei gli chiedesse di portarla in una clinica per aborti.

« Rei... » lei alzò la testa, sembrava immersa nei suoi pensieri « Amore, di qualcosa... »

« Dovremmo fare degli analisi del sangue per esserne sicuri... »

« Cazzate! » sbottò lui, al limite della tensione non era riuscito a sopportare quella risposta vaga e stupida, poche volte un test di gravidanza sbaglia. Lei lo guardò perplessa.

« Ci mancava solo questa... » borbottò Rei

« Cosa? »

« Ho detto ci mancava solo la notizia che aspetto un bambino... »

« Aspettiamo » la corresse lui, rimase stupita nel vedere l'espressione quasi raggiante di Richard.

 

Secondo il test, Reina era alla sesta settimana di gravidanza, Richard aveva iniziato subito a fare mille calcoli per capire il giorno del concepimento e del giorno in cui sarebbe nato.

« Mi stai dicendo... » iniziò Rei mentre strofinava le piastrelle del bagno « Che mi hai messa incinta la prima volta che abbiamo fatto l'amore? » lui gonfiò il petto e la raggiunse in bagno, con un sorriso mascolino e soddisfatto dipinto in viso.

Vederla sul pavimento, sudata e indaffarata a pulire il bagno gli fece provare un senso di tenerezza, s'inginocchiò accanto a lei e la strinse tra le braccia.

« Che c'è? » sussurrò lei, lui scosse la testa

« C'è che sei bellissima » disse, avrebbe invece voluto dire “ vorrei poter tornare indietro “

« Non fare l'idiota e lasciami finire » lo spinse leggermente di lato, ma lui aveva bisogno di stare un po' a contatto con la sua compagna. Aveva bisogno di sentire che lei era li, che era vera e non un illusione come sembrava.

« Lascia stare è già pulito, non ti affaticare per niente » lei appoggiò la fronte sul collo di lui

« A parte che non mi sto affaticando, non iniziare a tormentarmi, in bagno non ci devono essere batteri sennò rischio di perdere il mio uomo » lui sentì un brivido

« Perché dire uomo e non... Marito? » Reina lo guardò a bocca aperta.

La sera stessa, in una cappella nella vicinanze, con indosso jeans e una camicia Richard James Truman sposò Reina Pilar Rodriguez.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


I giorni passavano e diventavano settimane, due per precisione. Rei era raggiante e aveva quasi completamente smesso di vedere il cadavere di suo figlio, evitava di specchiarsi e di rimanere sola, le pesanti tende alle finestre l'aiutavano molto nel compito di ignorare quel viso che la tormentava.

Ogni giorno non riusciva a fare a meno di guardare l'anello attorno al suo anulare, ancora non ci poteva credere che, dopo tutto quello che era successo, Richard aveva deciso di sposarla.

Alcune notti però, il pensiero di quello che poteva succedere non la faceva dormire, si accarezzava la pancia e si raggomitolava vicino al corpo addormentato del marito, immaginando con orrore il momento della separazione.

Anche Rick a volte pensava a quello ma, per la prima volta nella sua vita era davvero felice, aveva trovato la persona giusta, quella persona che puoi immaginare al tuo fianco per tutta la vita. Non aveva nessuna intenzione di perdere nemmeno un istante accanto a lei, deciso a non pensare al futuro e godersi quei puri attimi di felicità.

Ma niente dura per sempre.

Le indagini proseguivano, la polizia ci mise poco a identificare Reina e mettersi sulle sue tracce.

 

« Buongiorno principessa » Rei sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco il viso di Richard che le sorrideva, disteso accanto a lei la osservava dormire.

« Ciao amore mio » sorrise e appoggiò la testa sul petto nudo del marito, poi di colpo si alzò per dirigersi in bagno, come tutte le mattine, la sentì rimettere. Lui si era svegliato qualche ora prima, aveva passato quel tempo scrivendo su un pezzo di carta tutti i nomi per bambini che gli passavano per la mente e ad accarezzarle la pancia. Finalmente iniziava a vedersi un leggero rigonfiamento sul ventre piatto di Reina, e ad occhio e croce aveva messo su 2 o 3 chili.

Lei ricordava perfettamente quanto era stata devastante per lei la prima gravidanza ma, questa volta era ben diverso, Richard non faceva altro che prestarle attenzioni. L'unica cosa di cui lei aveva bisogno, tornò a letto e si stese accanto a Rick.

« Vuoi un cracker? » offrì dal pacchetto che teneva nel cassetto del comodino per le evenienze

« Per carità. Da quanto tempo sei sveglio? » lui la baciò sulla fronte

« Un paio d'ore... Ho pensato ad altri nomi sai? » lei alzò gli occhi al cielo

« Spara » lui con un grande sorriso prese il foglio, si schiarì la voce e iniziò a leggere;

« Caleb, Howie, Ethan, Felix... » Reina storse il naso

« Grazie per aver aggiunto anche qualche nome tipico delle mie parti, è stato un pensiero davvero gentile... » disse ironica, Rick si strinse nelle spalle

« Non conosco molti nomi spagnoli... Josè? » lei gli rifilò una gomitata

« E comunque sei proprio convinto che sia maschio eh? » Rick annuì

« Posso metterci la mano sul fuoco, dimmi i nomi spagnoli che ti piacciono così li aggiungo alla lista» Rei ci pensò su qualche istante

« Nataniel... » Rick fissò il soffitto per qualche istante, ripeté quel nome tra se e se

« Mi piace! » si avvicinò alla pancia della moglie « Ehi piccolino, allora che ne dici di Nataniel? Ti piace? Nataniel Truman, sì suona bene » Rick rideva come un bambino, si vedeva che era davvero felice, non vedeva l'ora di trovare un nome alla piccola creatura che cresceva nel corpo della sua amata, che in quel momento aveva riservato per lui lo sguardo più dolce e pieno d'amore con cui avesse mai guardato un uomo.

« Ti amo, lo sai? » chiese lei, lui si fece serio e incollò i suoi occhi in quelli di lei

« Lo so, vi amo, lo sai? » si baciarono, e fu un bacio dolce e gentile, entrambi con gli occhi chiusi.

Il suono di una sirena si stava avvicinando, Rei rimase ferma, con le labbra ancora appoggiate a quelle di Richard, si lasciò sfuggire un sospiro.

Rick si alzò dal letto e finalmente si rese conto che per tutto questo tempo aveva semplicemente finto di non vedere la realtà, accecato dalla luce sfolgorante della felicità aveva creduto che, bastasse chiudere gli occhi per cancellare quello che aveva fatto sua moglie.

Si amavano, si erano sposati ed aspettavano un bambino, però lei rimaneva comunque un'assassina.

Lui si avvicinò alla finestra e vide le due volanti parcheggiare davanti al Motel, in quel momento capì che era tutto finito, vide letteralmente i suoi sogni frantumarsi nelle sue mani. Sua moglie, suo figlio, la loro vita, la loro felicità, tutto perduto.

Reina teneva ancora gli occhi chiusi, le sembrò che il tempo si fosse fermato. Sentiva distintamente il battito del suo cuore che le martellava nelle orecchie, una goccia di sudore scenderle lenta sulla vellutata pelle della schiena, le sembrò persino di sentire il respiro accelerato di Richard dall'altra parte della stanza.

Nella sua mente una serie d'immagini confuse e sentimenti contrastanti fra loro, cercavano di convincersi che aveva fatto una cosa orribile, che era un mostro. Ma niente riusciva a smuoverla dalla sua idea.

Era stata una madre, anzi lo era ancora, sia per Zack che per la piccola creatura che cresceva nel suo ventre, ed una madre deve fare di tutto per proteggere il proprio figlio. Anche uccidere.

Aveva visto spegnersi la vita di suo figlio davanti ai suoi occhi, tutti i sacrifici, le paura le lacrime che aveva versato per farlo crescere erano state rese vane da una dannatissima fetta di pane tostato e burro di arachidi. Da chi poi? Da un uomo che non meritava il figlio che aveva, che non lo aveva mai amato e non gli era mai stato vicino quando lui aveva bisogno del padre. Un uomo a cui piaceva farsi chiamare “ papà “ ma non aveva la minima idea di cosa volesse dire essere genitori.

Lo odiava, non perché non l'avesse mai amata e trattata ogni giorno della loro vita insieme come un oggetto, solo perché aveva fatto soffrire suo figlio, fino all'ultimo giorno gli aveva fatto del male fino ad ucciderlo.

Si sentì una voce lontana ma Rei non riuscì a capire cosa diceva, Richard si passò le mani tra i capelli esasperato dal non sapere più cosa fare. Si voltò per guardare la sua compagna immobile sul letto, con le gambe incrociate e gli occhi chiusi, Rick le si scaraventò addosso e senza grazia la tirò in piedi.

« Rei, dobbiamo andarcene da qui, dobbiamo scappare forza! » lei aprì gli occhi sorpresa, come se non si aspettasse di vederlo li, gli sorrise con dolcezza e lo baciò con forza, premendo le sue labbra contro quelle di lui.

Poi la scricchiolio del legno della porta che si sfondava, Rei spinse Richard sul letto facendolo stendere.

« Che diavolo stai facendo? Dobbiamo andarcene di qua, ora! » lei scosse la testa e prese dal cassetto accanto al letto un lungo coltello, chiuse gli occhi e appoggiò la lama sulla gola di lui.

Richard era terrorizzato, non voleva morire, cercò di alzarsi ma era diventato incredibilmente debole frenato dal sorriso e lo sguardo triste di sua moglie che lo incollava al materasso

« Ti prego... » supplicò con un filo di voce, lei si piegò fino a raggiungere il suo orecchio

« Non hai paura di me, lo sai che non ti farei mai del male. Sei l'unico Rick... l'unico al mondo per cui valga la pena morire, ti amo » Richard aggrottò la fronte non riuscendo a capire quelle parole confuse, lei gli baciò il viso e le labbra, al secondo bacio lui rispose.

« Cosa vuoi dire... » lei rimase a fissarlo negli occhi, lui continuava a non capire, poi si voltò verso la porta e vide i poliziotti con le pistole puntate contro di loro.

« Rei... » le parole gli morirono in gola, lei continuava a fissarlo senza spostare la lama dalla sua gola.

Gli agenti urlavano ma Richard non riusciva a capire una sola parola, si sentiva sordo come se tutto attorno fosse ovattato, riusciva solo a perdersi nello sguardo sicuro e dolce della sua compagna.

Lo sparo invece lo sentì chiaramente.

« Reina ! » urlò, poi vide il corpo della moglie scaraventato dall'altro lato del letto e una macchia di sangue sul fianco che iniziava ad allargarsi. In un secondo gli fu accanto.

« Rick no... mio dio, quanto sei ingenuo... » sorrise e poi un colpo di tosse le fece sputare sangue.

« Cosa stai dicendo? Non capisco... » poi guardò il coltello ricaduto sul letto e capì, chissà da quanto tempo l'aveva nascosto li in attesa di essere usato. Voleva proteggerlo, fare credere ai poliziotti che lui non centrava niente, che era solo una vittima proprio come Kevin, rapito dalla furia omicida di Reina.

Invece lui aveva rovinato tutto, rendendo vano il suo sacrificio. Venne trascinato via dal corpo della moglie senza che nemmeno riuscì a darle l'ultimo bacio.

 

Dopo sei mesi Richard era rinchiuso nella sua cella a fissare il soffitto, senza maglia per il caldo opprimente, si accarezzava distrattamente la cicatrice sul petto.

Non c'era giorno che non aveva pensato a lei, pensava ai momenti belli come il giorno in cui l'aveva vista, alle loro chiacchierate notturne oppure alle cene a casa sua con lei e Zachary. A volte ripensava anche ai momenti tristi come a quando aveva scoperto dell'omicidio di Kevin, ai suoi momenti di follia oppure alla sua morte. L'aveva appreso dal notiziario, la ferita era troppo profonda e aveva perso troppo sangue grazie all'interruzione della sua gravidanza, l'aborto le aveva provocato un'emorragia interna, la corsa in ospedale risultò inutile. Reina era morta in ambulanza.

Richard ricordava ancora perfettamente le sue ultime parole, ogni giorno cercava di trovare un nuovo senso a quelle parole confuse, recitate con la sua solita calma e vellutata voce.

Le porte della cella si aprirono e Rick, insieme agli altri carcerati, si diresse in mensa per il pranzo.

Prese il suo vassoio e si posizionò al solito posto, davanti alla finestra. Il sole brillava nel cielo azzurro, si sentiva persino il canto dei passeri mentre volavano ma Richard neanche degnava di uno sguardo queste cose. Era attento a fissare la finestra, non dalla finestra, e aspettava. Era convinto che un giorno o l'altro, se avesse continuato a guardare, lei gli sarebbe apparsa. Avrebbe finalmente visto il suo bel viso, i suoi occhi scuri e dolci, si sentiva morire al pensiero che lei era morta, che suo figlio era morto, il loro piccolo che magari avrebbe potuto ricucire la cicatrice lasciata a Reina dopo la morte del figlio. Era sicuro che un giorno o l'altro sarebbe impazzito come lei, e quindi passava le sue giornate aspettando, aspettando che la follia ingoiasse anche lui.

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