Trust me - La legge dell'Orgoglio

di jede
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 3.PUNIZIONE ***
Capitolo 3: *** 2.COLPO DI TESTA ***
Capitolo 4: *** 4.COS'è STATO... ***
Capitolo 5: *** 5.CODARDA ***
Capitolo 6: *** 6.TI DOVREI DIRE MOLTE COSE ***
Capitolo 7: *** 7.DOMANDE ***
Capitolo 8: *** 8.TU NON MI CONOSCI ***
Capitolo 9: *** 9.IL MIO POSTO ***
Capitolo 10: *** 10.PROBLEMI & ALTRI CASINI ***
Capitolo 11: *** 11.CONFESSIONI ***
Capitolo 12: *** 12.FESTA CON SORPRESA parte I ***
Capitolo 13: *** 13.FESTA CON SORPRESA parte II ***
Capitolo 14: *** 14.DANIEL DAVIS ***
Capitolo 15: *** 15.SEMPRE GLI STESSI ***
Capitolo 16: *** 16.MENTIMI ANCORA ***
Capitolo 17: *** 17.PROVARCI NON COSTA NIENTE ***
Capitolo 18: *** 18.FREDDO E POI CALDO ***
Capitolo 19: *** 19.INNOCENTI SORRISI ***
Capitolo 20: *** 20. SE DAVVERO MI VUOI ***
Capitolo 21: *** 21. TUTTO HA UN PREZZO ***
Capitolo 22: *** 22.PUNTO D'INCONTRO ***
Capitolo 23: *** 23. UNIONI E SCONTRI ***



Capitolo 1
*** 1.PROLOGO ***


PROLOGO

C'è sempre poco da dire...

 

 

Anche solo per tentare di capire che diavolo è successo nel mio ultimo anno di liceo bisogna che vi racconti dall'inizio. Come è iniziata la mia piu grande pazzia.

Non mi vedo come una persona con sani principi e bla bla bla, ma c'erano alcune cose di cui ero fermamente sicura, su cui potevo contare, come dire che il sole è giallo e che non girerà mai attorno alla terra: sono cose basi.

Le semplici cose che la mattina ti fanno svegliare e ti preannunciano che non è cambiato poi molto dalla notte prima, quando calma calma te ne sei andata a dormire dopo una serata di studio, una festa tra amici, una notte focosa, un semplice maratona di film o una dose di musica e nutella. Che non sei cresciuta di venti centimetri mentre sognavi, che i tuoi voti scolastici sono sempre gli stessi, che la persona che odi è e resterà fastidiosa, che non sei donna da un momento all'altro e che non hai trovato un senso a tutto.

Sono le piccole cose che formano l'intero.

Il mio intero era essenzialmente quello: voti orribili, amici nella media, bambina nell'animo e nessuna convinzione ancora solida. Ero sicura di poche cose infatti: i miei migliori amici, la mia famiglia, la scuola.

Basta. Non c'era poi molto.

Ma c'erano anche tante, ma tante, cose che non avrei mai fatto nella mia vita, o che almeno pensavo che non avrei mai fatto. Semplici cose, anche stupide sotto certi punti di vista, come il ballo della scuola.

Stupida tradizione utile solo a far crescere l'ego di qualche stramaledettissima oca, la bella della scuola, la reginetta del ballo, umiliando chiunque si fosse messo in tiro e presentato a quel ballo senza la benchè minima ombra di un cavaliere.

Bè questa era solo una delle mie solide basi ,poi non tanto cosi solide se ci si penso un attimo.

Ma come si dice la vita è piena di cambiamenti i quali possono essere negativi o positivi, a differenza di come sia una persona.

Ma ci sono cose che o sono nere o bianche e che non puoi cambiare.

Quello che aveva cambiato la mia vita era proprio uno di questi: un cambiamento bello e buono. Che si era presentato così, d'un colpo, invertendo tutti i miei punti fissi, sotto sopra, destra sinistra, giusto sbagliato, bene male...

Sappiate solo che tutto quello che ho fatto e scelto...e che ci posso fare, ormai è fatto. Noi siamo che pedine su una scacchiera nelle mani del destino.

Il resto è storia.

 

 

CAPITOLO CORRETTO.

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Capitolo 2
*** 3.PUNIZIONE ***


CAPITOLO 3

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Punizione

 

My heart still feels divided,

halfway between wrong and right.

I know I’m playing

with fire but I don’t mind.

 

[il mio cuore è diviso,

a metà tra giusto e sbagliato

so che sto giocando

con il fuoco ma non mi importa]

 

Masochista io? Noo...forse un pò pazza.

Scesi dal treno semi-deserto e mi avviai subito verso la scuola; non distanziava molto dall'istituto, ma abbastanza per poter ripassarmi le serie regole o meglio dire i seri obblighi di mio padre. Avrei dovuto fare la brava bambina per tutta la serata e se ci fossi riuscita, cosa improbabile ,andare d'accordo con Davis, o a costo ignorarlo.

Era vietatissimo qualsiasi tipo di lite, verbale o fisica.

Chissà, forse se non possiamo litigare, l'unico modo per non far saltare la serata sarebbe stata il non parlarci;

Si, era l'unico modo, perchè era inimmaginabile poter vedere, o anche solo pensare a me e Davis parlare in maniera "normale" o civile di qualunque cosa.

Era pazzesco però, se ci si fermava un attimo a pensare: che iniziasse uno o l'altro, alla fine scoppiava sempre un dialogo "botta e risposta" obbligatoriamente offensivi e sprezzanti. Ci fosse stata una volta che ci eravamo risparmiati.

E dire che di tentativi ne avevamo fatti molti, entrambi.

Dal non parlare al provare addirittura di conoscerci!

Neanche a dirlo che fu tutto un fallimento! Nel periodo di "ignorami" si era scoperto che sia io che lui eravamo come una bomba: pronti a scattare appena uno dei due avesse individuato lo sguardo dell'altro addosso.

Con una semplice occhiata poteva partire una lite sul "perchè mi stai fissando?" o "avanti così mi sciupi: Piantala!", mentre a conoscerci, bè diciamo che quello era risultato molto ma molto piu duro;

Non mi fidava abbastanza per potergli confidare qualsiasi cosa e di fatti appena buttammo la spugna non si potè trattenere sul raccontare ai quattro venti quelle poche acche che gli avevo detto, seppur inutili.

Niente fiducia, niente amicizia!

Certo, una cosa era stata tentare, duro e faticoso e tutt'altro è stato tornare all'origine, tra cui liti e dispetti, molto molto semplice, come respirare.

Il lato positivo di tutto questo però è che scoprii che litigare e sfogarmi con Davis mi calmava. Eccome! Dopo ogni lite, e dopo aver superato la fase dei nervi a fior di pelle, mi sentivo libera da un peso di tre chili la volta;

Un effetto beneficio.

Lisciai la camicia prima di suonare il campanello del cancello laterale.

-Micheletti-.

Sobbalzai voltandomi sentendo dei passi dietro di me, sorpresa. Cercai di coprire la sorpresa e lo spavento con l'ironia: ottima arma.

-Oh, Davis. Che dispiacere!-.

-Aspettavi qualcun'altro?-,capii dalla voce che sorrideva anche se era fermo sotto ad un albero, pochi metri distante da me, con una sigaretta tra due dita e il buoi a celarlo.

-Chiunque sarebbe meglio di te!-,risposi aprendo il cancello e entrando veloce.

Prima che potessi richiudermelo alle spalle, con uno scatto, Davis bloccò l'entrata col piede e vi si intrufolò.

-Non vorrei lasciarti sola-, sorrise ironico vedendo la mia espressione.

-Taci che mi dai gia sui nervi!-,sbottai dirigendomi verso il grande ingresso.

-Maddai, non dirmi! Mi ferisci-.

-Lo accetto solo se è un male fisico!-.

Mi precedette entrando dentro e spingendo forte la porta dietro di se; Logico che l'aveva fatto apposta per dispetto.

-ma cresci, coglione!-.

-Ti hanno mai detto che sei acida?!Cos'hai il sangue avvelenato?-,mi fissò scuotendo ironico il capo.

Incrociai le braccia;-Peccato che tu non sia una vampiro, allora!-.

-Mi vorresti come tuo Edward?-,ghignò avvicinandosi pericolosamente al mio viso.

Risi;-Non mi dire che ti sei visto Twilight! Fa molto femminuccia, sai? Non mi dire che hai anche un poster di Robert Pattinson!-.

Ignorò la mia frase:-Non l'hai mai visto te, vero?!-.

Aggrottai la fronte, confusa: che voleva dire?.-Si invece-.

-Strano allora,-Alzò le spalle, infilando le mani nelle tasche dei jeans scuri.- Femmina te non lo sei per nulla-.

Risi, senza allegria .-Oh, ma come siamo simpatici!-.

Mi avvicinai a Giacomo, il bidello, senza aspettare una sua qualche risposta.

-Ciao Già! Che devo fare?-.

Lui alzò lo sguardo da un giornale che stava leggendo, seduto pigramente su una sediolina di plastica azzurra.

-Oh, Natalie! Pronta per la punizione?-,sorrise.

-Si, come sempre!-,alzai gli occhi gia stufa.

Rise;-Bene allora mettiamoci all'opera! Oh, ci sei anche te Daniel, perfetto!-,salutò Davis alzandosi dalla sua comoda postazione e salendo le scale.

Lanciai uno sguardo infuocato verso il mio "compagno" di punizione e seguii il nostro caro bidello fino allo stanzino delle scope.

-Prendete scope e panni! Si va a pulire!-.

Mi bloccai sull'ingresso. -Ma non dovevamo stare giu, con i professori e insegnanti?-.

-Oh, no! Per i camerieri  hanno le persone del cathering, voi aiuterete me a dare una bella lucidata alla scuola-.

Sbuffai;-Ma che bello-.

-Stai sempre a lamentarti! C'è una cosa che ti andrebbe bene di fare, senza dover sentire sempre la tua fastidiosa vocina nelle orecchie?-.Ed eccolo!

Il brillante commento di Mr perfezione.

-Si ammazzarti! Quello sarebbe una cosa che farei senza tante storie-.

-Bambina!-.

-Cretino!-.

Giacomo rise. Lo fissammo confusi e schioccati.

-Dovete proprio invitarmi al matrimonio, miei cari!-.

Arrossii e distolsi veloce lo sguardo da Davis, col quale avevo scambiato un'occhiata atterrita. Non fraintendete, ero arrossita per la rabbia.

-Giacomo, lo sai che le canne alla tua età fanno male?-,disse calmo Davis, come a spiegare ad un bambino che mangiare troppi dolci non fa bene.

-Certo certo! Giovani come voi sono proprio ciechi!-.

Scossi la testa.- Meglio se vai a riposarti, Già. Oggi sei tutto fuso ,lascatelo dire!-.

-Okay, fate come volete. Pulite il terzo piano, per il resto vi posso coprire io, ma vedete di farlo risplendere ragazzi!-,rise un'ultima volta uscendo fuori dallo stanzino e avviandosi verso le scale.

Scossi la testa e con un sospiro afferrai secchiello e panni.

-Prendi te le scope-, dissi.

-Non dirmi che fare!-,sbottò prendendole, comunque.

-Era solo un dato di fatto-.

-Col tono di un ordine!-.

-Non è vero. Era un consiglio-.

-Un consiglio nella tua testa, forse! Quello era un ordine-.

-No-.

-Si-.

-No-.

-taci una buona volta-.

-Non dirmi che fare!-.

-Si sono invertiti i ruoli?!-,ridacchiò ironico.

Lo fissai truce.- Non immagini quanta voglia avrei di inficcarti uno straccio in gola e lasciarti morire  là-.

Si avvicinò fino a che sfiorò le mie spalle con le sue, mentre salivamo le rampe di scale. -Ti mancherei, e lo sai!-.

-Come la peste nera!-.

Rise. -Non sia mentire-.

-Te invece le cazzate le sai dire molto bene. Cos'è fanno parte del tuo essere?-.

-Ammettilo! Sarebbe normale dopotutto: io manco a tutti-.

Alzai un sopracciglio. -Hai una visuale un pò contorta della realtà-.

-Ah si? Non direi!-.

-Tzè pensa quello che vuoi-.

-Ovvio, come sempre-.

Scossi la testa appoggiando secchio e straccia  terra.

-Te fai per di là e io per di qua-, indicai le due parti di corridoio opposte.

Incrociò le braccia. -E chi l'avrebbe deciso?-.

-AHhh, basta! Vai dove vuoi, ci vediamo a fine lavoro, anzi è meglio se non ci vediamo proprio-, acciuffai i miei strumenti e mi allontanai a grandi falcate spazientita.

 

Sbuffai spostando, inavvertitamente un ciuffo di capelli che si era appoggiato candidamente alla mia guancia; Buttai nel secchio il panno con cui neanche un secondo prima avevo lucidato il millesimo banco; mai avevo pensato che il povero Già aveva cosi tanto da fare. E dire che la maggior parte del tempo i bidelli della nostra scuola stanno seduti alla propria cattedretta a bere caffè e mangiucchiare merendine, peggio di noi studenti.

E invece...

Mi sembrava di essere entrata nei panni di una donna di mezza età, che si ripuliva la fronte con un braccio, togliendo il leggero sudore, con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti e continui sbuffi stanchi. Era stressante per davvero!

Davis per mia fortuna, o sfortuna, l'avevo incontrato solo una  volta e non ero stata l'unica a fingere nulla; diciamo che entrambi avremmo voluto essere da un'altra parte, e non a scuola, a ripulire lo sporco dei maiali dei nostri compagni.

Almeno non sembrava messo meglio di me, sorrisi ripensando alla stessa espressione scocciata e alla tenuta uguale alla mia.

Non che non fossi poi abituata a fare le pulizie, con solo mio padre in casa era d'obbligo che io e mia sorella eravamo state obbligate a dividerci i compiti e a tenere pulita casa, dopo la partenza di mia sorella maggiore, ma comunque non avrei mai pensato di dover pulire dieci classi in una sola sera; per riflesso lanciai uno sguardo all'orologio appeso al muro e mi raggelai: come era possibile che mancasse meno di mezz'ora alla mezzanotte?

erano forse impazziti? Tesi un orecchio e sentii chiaro i chiacchericci che arrivavano dal primo piano, segno che la festicciola non si era ancora conclusa e che io e l'altro non avevamo il permesso di andarcene.

In quel momento il cellulare che avevo appoggiato sulla cattedra iniziò a squillare, riempiendo lo spazio silenzioso con Your Love Is My Drug di Kesha,e sorrisi riconoscendo la suoneria personalizzata di Alice.

Lo afferrai.

-Hei, cooosa combini?-.

Sorrisi. -Il fatto che mi stai chiamando a quest'ora significa che sei senza amante per questa sera?-.

-Non è possibile che avessi solo voglia di sentire un'amica?-.

-Si, certo avanti sputa il rospo-, mi sedetti sopra alla cattedra ammirando il panorama che si vedeva dalla finestra.

-Che ragazza di poca fede! Comunque può essere che Luca stasera avesse il raffreddore e che è meglio se non rischio di beccarmi qualche microbo-.

-Ed ecco che la verità salta fuori...-.

-Si, si si non cambiare discorso! Sei a casa?-.

-No, ma non dovrei metterci ancora molto-, fissai infastidita l'orologio.

Sbuffò. -Sei piu introvabile di Obama, Nate!-.

-Addirittura!-.

-Non scherzare, sono seria!-,sbuffò.

-Certo, certo te invece gia a casetta?-.

-Macchè mi sono fermata a dormire da Jack-.

Sorrisi pensando al fratello maggiore di Alice: era stato il mio primo amore, o meglio la mia prima cotta, quella che ti fa capire che sei femmina e che gli ormoni girano pure a te. All'inizio avevo semplicemente cercato di ignorare tutto quello che i suoi sorrisi, le sue attenzioni, la sua presenza mi scatenava, ma dopo un'attenta maratona di One Tree Hill con mia sorella e Alice avevo iniziato a sospettare che forse mi potevo essere innamorata di lui; neanche a dirlo che avevo deciso di buttare tutto fuori, subito e velocemente cosi da togliermi qualsiasi dubbio e fastidio.

Jack era stato gentile, sorridendo e calmandomi, dicendo che ero forse troppo piccola per poter stare con lui,c he mi vedeva come un'amica o peggio una sorellina, e che per il momento non avrei potuto aver nulla da lui se non l'amicizia e, perchè no, un po d'affetto vero e sincero; Se all'inizio l'avevo presa un pò male cercai di mascherarlo bene e pian piano mi accorsi che non diventava poi cosi dura e capii che come era arrivata, la miracolosa cotta era passata lasciando dietro un po di imbarazzo e molte battutine

-Salutamelo-.

-Si, come se l'avessi gia fatto- ,disse infastidita.

-Qualche problema?-,mi feci attenta.

-No ,è solo che i miei mi rompono un casino, sai per la storia delle insufficienze e per il fatto che non torno quasi mai a casa; che alla fine non è niente vero perchè dormo da Jack solo in pochi giorni e sempre quando non ho nulla da fare..-.

Sin da quando avevamo stretto amicizia avevo imparato che il rapporto tra Alice e i suoi genitori è come il normale rapporto di un'adolescente con i famigliari, ma sembrava sempre che tra questi due ci fosse una guerra fredda per decidere che fosse piu maturo: i genitori con le loro regole o lei con le sue basi e convinzioni.

Per un attimo immaginai come poteva essere stato il rapporto tra me e mia madre se quest'ultima fosse rimasta con noi. Avevo appena cinque anni quando decise che la vita che stava vivendo non era quella che desiderava e che restando con noi si sentiva oppressa ;il giorno in cui se ne andò pensai che come al solito stava uscendo per andare a prendere il pane o per fare un acquisto dell'ultimo minuto, o addirittura una regalo segreto per me o la mia sorellina di tre anni. Peccato che però la vera sorpresa fu proprio che non tornò con nulla.

Forse è arrabbiata con me, continuava a dire Bea mentre papà fingeva che andasse tutto bene e armeggiava in cucina, cercando di cucinare un pasto decente mentre noi due ce ne stavamo in sala a guardare Pretty Princess 2 e a fingerci delle gran duchesse anche noi. Forse si è arrabbiata perchè abbiamo litigato, forse vuole giocare, forse si è dimenticata qualcosa in ufficio, forse è andata a comprare una nuova casa piu grande come aveva detto, forse, forse forse...

Forse è solo una vigliacca, scossi la testa stringendo i denti come per scacciare quei pensieri.

Dall'altra parte del telefono Alice mi chiamava allarmata.

-Oddio Ali scusa, stavo sovrappensiero..-.

-Eh me ne sono accorta! Mi hai spaventata quando non hai risposto con una delle tue pillole di saggezza-, sdrammatizzò anche se sentivo un pò di tensione.

-Solo perchè mi sono persa l'ultimo pezzo...-.

-Ovvio. Vado che mio fratello rompe. Notte Nate!-.

Sorrisi. -Notte Ali...vedi di non fare macelli-.

Appoggiai l'apparecchio accanto a me e mi alzai sgranchendo le gambe.

-Ma come siete dolci!-.Mi voltai verso la porta dove, bellamente appoggiato allo stipite, ci stava Davis con un sorrisino divertito sul viso.

-Che cazzo vuoi?-.

-Nervosa?-.

-Impiccione?-.

-Spiritosa! Comunque muoviti che c'è da finire-, si alzò dalla postazione dandomi le spalle.

Aggrottai la fronte.-Hei aspetta! Io ho finito, me ne vado, te fai un pò come ti pare!-.

Infilai il cellulare in tasca uscendo dalla classe e chiudendo la porta dietro di me.

Rise. -Mi dispiace deluderti, Micheletti, ma te vieni con me-, detto fatto; mi afferrò per il polso e iniziò a trascinarmi giu per le scale.

-Pirla mollami!-,sbraitai cercando di non cadere e ruzzolare giu dalle scale, obbligata com'ero a seguirlo.

Strinse maggiormente. -Taci e stà buona!-.

-fanculo, mollami subito o urlo-.

-Stai gia urlando-, mi fece costatare imboccando il corridoio che dava verso la palestra.

-Mi spieghi perchè stiamo andando per di qua?-.

-Ma non riesci a stare buona per mezzo minuto?-.

Strinsi le labbra per non rispondergli e fissai scocciata il corridoio.

-ecco vedi? non è dura!-.

Mi feci trascinare e non mollò il polso fino a quando, superata la porta rossa della palestra non si bloccò di fronte ad una torretta di materassini.

-Ora posso andarmene?-,sbottai alterata.

-Pace finita! Per rispondere alla tua domanda: No!-,sperai di poterlo fulminare con uno sguardo.

Incrociai le braccia capendo che ogni tentativo era vano;-Perchè?-.

-Già mi ha chiesto di spostare questi materassi-.

-E io cosa c'entrerei?-.

-Bè il semplice fatto che sei nei casini con me e che quindi dobbiamo far metà-.

La soglia di pazienza con lui era ogni minuto piu bassa, e prima di poter dar voce a tutti gli insulti che volevo rivolgergli dalla mattina stessa serrai forte le labbra, convincendomi che prima avremmo iniziato prima avremmo finito con questa tortura.

Afferrai saldamente un lato del materasso e aspettai che lui prendesse l'altra parte prima di far leva per riporlo vicino all'altra pila messa vicino al muro.

-Un pò di muscoli, Micheletti, forza-, ridacchiò osservando la mia parte, molto piu bassa della sua.

-Taci và!-.

Dopo altri lunghi minuti dove, grazie al signore, entrambi non parlammo tranne per alcuni versi incomprensibili, riuscimmo a spostare metà del mucchio, anche se ne mancavano ancora tre.

-Comunque sto ancora aspettando le tue scuse-, e rieccolo!

Lo fissai cercando di capire se scherzava, ma tranne che fermarsi con in mano ancora il millesimo materasso e guardarmi fisso, nulla dava l'idea che volesse giocare.

-Non credo proprio-, strinsi forte il materasso.

-Dovresti però-.

-E perchè?-.

-Il pugno ,ricordi?-.

Mi lasciai sfuggire un sorrisetto. -E come dimenticare quella sensazione fantastica-.

-Continua pure, tanto aspetto comunque le scuse-.

-Aspetta e spera. E ammettilo, il mio destro è micidiale-, ridacchiai anche se le braccai iniziavano a dolere per il peso del materasso che restava sollevato a mezz'aria tra noi.

Alzò le spalle. -Non hai nulla di femminile, lo sai questo vero Micheletti?-.

Strinsi gli occhi, recependo l'accusa. -Bè di certo non voglio sembrare femminile ai tuoi occhi, ma non per questo non lo sono, Davis-.

-Ma per piacere! Mi sorprende il fatto che tu sia donna-.

-Mi dispiace, ma lo sono eccome-.

Lasciò andare un risolino che mi fece alterare maggiormente. Ma come si permetteva di dirmi certe cose? Io potrei essere molto femminile se volessi.

Si allungò sopra al materasso. -Non ti hanno mai detto che se continui cosi nessun ragazzo verrà mai a letto con te? Poverina…vergine a vita-.

Mi imposi di non indietreggiare alla sua improvvisa vicinanza. -E te ti hanno mai detto che se continui cosi prima o poi ti ritroverai senza i gioielli di famiglia?-.

-Non si risponde con un'altra domanda, Micheletti, non è educato-.

-Oh, bè se sei te a darmi lezioni di buone maniere allora sono assicurata!-,sorrisi sprezzante.

-E per tua informazione di ragazzi ne ho avuti, anche sotto le lenzuola-, continuai a testa alta.

Di una cosa ero sicura: l'orgoglio va prima di tutto!

Mi beai della sua espressione sorpresa, anche se durò troppo poco, sostituita invece da un'altra che però non identificai. -Oh ma non mi dire! La Micheletti sverginata!-.

Scrollai le spalle osservando attentamente il mio polso come se fosse diventato magicamente la cosa piu interessante del momento, cercando di nascondere il velo di rossore sulle guance: per quanto possa essere una cosa normale, era comunque un discorso imbarazzante da fare con un ragazzo.

-Non ci credo-, alzai lo sguardo giusto in tempo per vedere un sorrisino derisorio.

-Non farlo, capirai quanto me ne freghi-,sibilai alzando di peso il materasso e spostandomi verso il mucchio dove riporlo, ma Davis continuava a stare fermo dov'era e osservarmi.

-Che c'è?-,sbottai stufa e non vedendo l'ora di tornarmene a casa.

-Quando?-,ignorò la mia domanda.

-Quando cosa?-,chiesi confusa.

-Quando è stata l'ultima volta-.

Aggrottai la fronte: intendeva forse...?-Che sono andata a letto con qualcuno?-.

-Si-, disse senza scomporsi.

Mi strinsi nelle spalle. -Che ti frega!-.

Non rispose ,ma continuò a fissarmi, immobile al suo posto e capii che finchè non gli avessi risposto non saremmo potuti andare avanti con il lavoro. Quindi le cose da fare erano due: o fare forza e finire di spostare quei pesanti materassi da sola o rispondere alla sua domanda e umiliarmi ulteriormente.

Sbuffai. A pensarci da sola non riuscirei nemmeno a far un passo con uno di quei cosi in mano quindi...-Non mi ricordo! Primi di settembre, penso...-.

Lo vidi alzare un sopracciglio nel religioso silenzio e posso addirittura dire di aver visto le rotelline del suo cervellino girare. Aspettai paziente che si riprendesse per poter finire di sistemare e lasciarmi questa stupida conversazione alle spalle...

-Dimostramelo-.

Mi riscossi dai miei pensieri. -Cosa?-.

-Dimostralo-.

-Che cosa?-.

Sbuffò. -Micheletti ci sei? No perchè sembri tanto addormentata-.

-Sei te che parli come mangi, idiota! Che diamine stai dicendo?-.

-Dimostralo. Non credo che tu sia realmente andata a letto con qualcuno, e poveraccio che ti ha sopportato anche solo per un bacio-.

Scossi la testa confusa, accorgendomi a malapena che avevo mollato il materasso, che ormai toccava terra, e avevo fatto un passo in avanti, sbilanciata.

-Primo: che mi frega se non mi credi! Secondo: eh? Che vuoi dire?-.

Mollo anche lui il peso e mi si avvicinò. -Semplice: vieni a letto con me-.

Lo fissai per un momento mandando giu le parole e poi scoppiai a ridere.

-Ti sei fumato una canna?-.

-Non scherzo- ,inclinò la testa di lato restando a guardarmi con quell'espressione seria, mai vista addosso.

Mi passai una mano davanti alla bocca per reprimere le risa e ricambiai lo sguardo.

-Non puoi essere serio! Cosa credi, che io sia come quelle troiette che ti scopi?-,ribattei seccata.

Anche da una mente perversa come la sua, una cosa del genere era fuori luogo.

Alzò le spalle .-Sono serio. E non intendevo quello, anche se so che pure te cederesti-.

-A cosa?-.

-Al mio fascino, come tutte-.

-Sbagli-.

Fece un altro passo avanti, vicino, troppo vicino a me. -Dimostrami di essere diversa-.

Repressi un brivido al tono di voce che usò, cosi caldo e confortevole, dandomi della scema per aver anche solo avuto quella reazione e osservai attentamente i suoi occhi, impenetrabili e cosi pieni di misteri e domande senza risposta, concentrandomi per davvero sulle sue parole.

E mentre l'ultimo spiraglio di luce spariva dalle finestre, lasciandoci illuminati solo dalla luce fioca dei neon le sue parole pian piano prendevano forma, anche se non aveva ancora senso.

Mi aveva davvero chiesto di andare a letto con lui...?

 

 

 

 

CAPITOLO CORRETTO

 

 

NdA:)

Sono finalmente riuscita a sistemare il prolema con il carattere!!non immaginate il sollievo nel leggere finalmente tutto x bene!!:)Spero che lo appreziate e se proprio volete una recensione mi farebbe davvero molto contenta,anzi contentissima^-^

Grazie e spero a presto!!

p.s.:potrei postare subito il prossimo capitolo se vi faceste un pò sentire^-^Mi bastano 5 recensioni e entro 15 h avrete il proximo cap!!^-^

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Capitolo 3
*** 2.COLPO DI TESTA ***


CAPITOLO 1

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COLPO DI TESTA

 

Scivoli di nuovo e ancora

come se non aspettassi altro

che sorprendere le facce

distratte e troppo assenti

per capire i tuoi silenzi

 

Diciamo che essenzialmente non temo i confronti.

Per nulla.

Da una vita cerco di misurarmi contro me stessa e contro chiunque provi a sfidarmi; la mia indole e il mio orgoglio mi impongono di non abbassare mai la testa. Cosa io abbia fatto per finire in presidenza è un dettaglio!

Mi mossi nervosa sulla sediolina di ferro che si trovava fuori dall'aula del preside, o in questo caso il vice-preside. Forse era pure ora di cambiarle queste griglie che ti intorpidivano il didietro.

Ma certo che in questa scuola non c'è proprio giustizia eh? Un'energumero mi spinge giu dalle scale e finisco pure io in presidenza. Maschilismo puro!

-Piantala-.

Mi voltai riluttante verso il proprietario di quella voce. A tre sedie di tortura c'era lui, Daniel Davis, mia unica fonte di odio; Sin da quando avevamo nove anni i nostri genitori ci obbligavano a giocare assieme ,dato che mia sorella maggiore si era sposata con suo fratello, e pensavano che un'altra generazione di amanti sarebbe stata proprio la ciliegina sulla torta.

Quanto si sbagliavano!

A costo sarei rimasta zitella che finir sposata con un' essere del genere! Anche se oggettivamente non era proprio brutto, biondo occhi profondi, alto e con un pacco di muscoli al punto giusto io lo consideravo solo un gallo con la cresta troppo alta, anche se ero l'unica femmina a pensare cosi.

E poi, cosa credeva, che dato che ero una femmina non potevo essere piu forte di lui?!Bè si sbagliava.

Si sbaglia proprio di grosso, mi ritrovai a pensare fissando il pezzo di stoffa che premeva contro il labbro inferiore su cui si notavano benissimo le macchie di sangue.

-Che vuoi?!-,sbottai.

Piegò di lato la testa, fissandomi astioso;-Si sente pure da qui quello che stai pensando! Piantala-.

-Oh, sei talmente presuntuoso da essere convinto di leggermi la mente?-,ironizzai.

-No, ma dato che ti ho vista pure in mutande ho il privilegio di poter affermare di conoscerti-, ghignò allegro.

Affinai lo sguardo. -Punto primo te mi hai visto in mutande dieci anni fà, quando non ero ancora in grado di intendere e volere, e punto secondo, com'è possibile che tu riesca a credere che puoi leggermi nel pensiero quando sei in assenza pure del tuo di cervello?-,era iniziata come una specie di minaccia ma avevo rispolverato per bene il mio sarcasmo verso la fine.

-Ah, perchè ora sei in grado di intendere e volere?!-.

-Taci Davis!-.

-E comunque ad essere sinceri non eri neanche un granchè in mutande Micheletti. E preferisco le ragazze con un pò di tette, comunque-, sorrise tornando a fissare il muro di fronte a sà.

-Deficiente! Sorvolando sul fatto che sei un porco maschilista primitivo, avevo sette anni, quanto seno pensi che potessi avere!?-.

-Io mi riferivo anche ad adesso Micheletti. Cos'è sei l'unica donna che non dispone di ormoni della crescita?-,sorrise sorniose.

Drignai i denti. -Da uno a dieci quando puoi pensare che a me interessino i tuoi commenti?!Oh, ma è vero, te non hai la capacità di pensare! Scusa per l'errore-.

-E questo ci riporta al nostro discorso: oltre al seno, pure il cervello va a ritroso?!-.

-Sai, Davis, non sò cosa mi stupisca: che tu conosca termini come "ritroso" o che il tuo immenso ego e la tua presunzione non ti abbiano ancora soffocato!-,distolsi lo sguardo come lui.

Sbuffò. -Sei immatura lo sai?!-.

-Oh, parla lui!-.

-Almeno io non ti ho dato un pugno!-,disse lanciandomi addosso il panno sporco.

Lo afferrai buttandolo a terra schifata. -Non l'avrei fatto se non mi avessi spinto giu dalle scale!!-.

-Ma finiscila! Non ti sei fatta nulla!-.

Oh, certo rotolare per venti scalini non era proprio nulla.

-Mi sono fatta male invece, idiota!-.

Si portò i pugni vicino agli occhi facendo il verso di un bambino che piange, facendomi il verso.

-Si, Davis lo sapevo che eri un bambino non serve che lo dimostri pure!-.

-Ha ha ha ma che divertente!-,disse ironico;-Cos'hai messo oggi nel latte? Zucchero e allegria?-.

-E te vuoi che ti presti un'assorbente? Ti vedo nervoso!-.

-Perchè ti servono pure gli assorbenti a te?!-,rise senza allegria.

-Lo sai di esser proprio un fottu...-.

La cosa che davo per scontato è che fossimo soli, vero? Bè non c'è due senza tre, no?

-Micheletti!!-,la voce categorica della vice preside bloccò a metà la mia brillante frase.

Sussultai voltandomi verso la donna bassa con un completo rosa sbiadito che metteva ben in mostra le sue troppe forme un pò troppo visibili sotto quella stoffa attillata.

-Prof-, salutai cortese.

-Non provarci! E nemmeno tu!-,ringhiò contro Davis che stava per aprire bocca di sicuro con l'intendo di rifilare una balla per andarsene via.

-Entrate immediatamente, ed è meglio per voi che stiate zitti! Vi si sente pure da dentro!-,esclamò rientrando dentro la stanza.

Mi alzai afferrando la tracolla, seguita da l'energumero.

La stanza era grande poco meno di un'aula scolastica normale, con la sola differenza che era molto piu luminosa, con una fila di finestre su una parete, un tavolo lungo al centro e due armadi ai lati  e soprattutto era pulita, cosa che in un'aula normale era un optional.

-Sedetevi-.

Seguii l'ordine accomodandomi su una delle sedie girevoli che circondavano il tavolo, nere e lucide.

-Chi vuole iniziare a spiegare?-.

Scambiai uno sguardo con Davis fissandolo truce e che ricambiò.

-Posso solo dire che la Micheletti mi ha colpito, il che dovrebbe essere punito con un'espulsione o una sospensione!-,sbottò lui.

-Ma chè scherzi?!Per una roba simile? E comunque, ignorante, non si mette l'articolo di fronte al nome-, mi difesi.

-Infatti è un cognome-.

-Ma è la stessa cosa!!-.

Alzò gli occhi. -Se volevo studiare grammatica me ne andava in classe, no?-.

-Sei stato tu a spingermi giu dalle scale! Potevo rompermi il collo!-.

-Come sei melodrammatica-.

-Come sei infantile-.

-Ma taci!-.

-Taci te-.

La preside battè un pungo sul tavolo.-Zitti tutti e due, per l'anima della pace!-.

Strinsi le labbra fissando torva la tela appesa dietro a lei.

-Ma riuscite almeno per una volta a non litigare?!E non voglio una risposta!-,puntò il dito contro Davis che rimase con la bocca spalancata senza poter dare aria alle sue demenze.

-Non sospenderò nessuno, anche se liberando la scuola da due casi come voi mi darebbe piu possibilità per un premio nobel! Il regolamento è chiaro e non è accettabile un comportamento del genere da due diciottenni!-.

-Tecnicamente io ne ho ancora diciassette-, ribattei.

Davis sbuffò .-E chi se ne frega?!-.

-Infatti non parlavo con te-.

-Santo cielo BASTA!-,sbraitò la preside;-Voi due mi volete proprio mandare al manicomio!-.

Incrociai le braccia sotto il seno spostando un ciuffo dietro l'orecchio.

-Siete impossibili!-,continuò elencando vari danni che avevamo riportato all'istituto con molte delle nostre risse e dei nostri battibecchi. Ma cavoli non era mica colpa mia se lui stava sempre in mezzo ai piedi, ma questa mattina io non avevo proprio colpa di nulla.

Posso dire di non averlo neppure visto, presa com'ero dai miei pensieri, fino a quando non mi si è piazzato davanti facendomi perdere l'equilibrio e cadere con una spallata; un pungo era il minimo come legittima difesa.

Lo dice pure la parola legittima: avevo fatto benissimo e non me ne pentivo.

-Vi darò solo una nota di demerito a testa e per oggi la scuola per voi è finita-, sentenziò scuotendo la testa e scrivendo il verdetto in una cartellina marroncina.

-Ma..-.

-Niente ma Micheletti! Cos'è non ti basta?-.

-Stà zitta-, sibilò Davis.

Strinsi i denti obbligandomi a stare zitta per non urlargli contro.

-In piu voglio da voi una prova di maturità-.

Annuii e vidi con la coda dell'occhio che anche lui aveva fatto lo stesso.

-Una promessa non mi basta, non piu almeno, non dopo tutte le volte che siete finiti qui! Mi servono i fatti e guarda caso stasera ci sarà un ricevimento professori e genitori, e siamo a corto di aiutanti per la serata-, sorrise.

No, no no no no no no no no...io una noiosissima serata tra grandi intellettuali non me la faccio.

-No-, sbottò Davis. -Mi scusi prof, ma io non posso proprio...-.

-Bè allora in tal caso dovrò sospendervi!-.

Peggio!-Hei io non ho detto nulla! per me va bene!-,mi difesi.

Sarebbe stato come mettere le mani nell'olio bollente, ma era l'unico modo.

-Non avete capito. O tutti o nessuno! é ora che iniziate a collaborare, Micheletti-.

Spostai lo sguardo su Davis che fissava la cartellina di fronte alla preside.

-Decidete voi!-.

Per la prima volta cercai di immaginare quello che li potesse fluttuare in mente ma ogni tentativo era proprio nullo: io non lo capivo proprio e la prova fu proprio la domanda che fece poco dopo.

-Di quanti giorni di sospensione parla?-.

Mi irrigidii; era impossibile che lo facesse per farmi torto!

-Minimo una settimana e mezza. Ma devo parlarne col preside e sceglierà poi lui-;la preside aveva avuto la mia stessa reazione: sguardo scioccato e bocca semi aperta.

Ma che diavolo faceva! Preferiva per davvero due settimane di sospensione invece di passare poche ore ad un ricevimento, che per quanto noioso potesse essere, ci avrebbe salvato il culo?!

Mi sporsi verso la sua sedia. -Che stai blaterando-.

Lo sguardo che mi lanciò mi fece per un attimo arretrare; Gli occhi erano quasi due pozzi neri talmente erano concentrati.

Mi irrigidii per un attimo ma mi ripresi subito;-Io una settimana di sospensione non me la faccio, quindi vedi di farti passare quest'aria da incompreso!-.

Sbuffò, senza spostare lo sguardo.

-Stare zitta mai, eh?!-.

-Lo farei, se te non sparassi solo cazzate!-.

-Oh, ma lo sai che sei logorroica?-.

-Lo sai che sei pesante?!-.

-Ah, sarei io quello pesante?!Ma sentitela!-.

La preside battè un pugno sulla cattedra. -Adesso basta! La volete finire una buona volta?!-.

Mi lasciai andare contro lo schienale. -Mi dispiace prof, ma quando mi trovo a cospetto di una testa di caz...-.

-Micheletti!!!-.

-Di cavolo, volevo dire di cavolo, mi risulta difficile stare zitta-.

Mi fissò per un attimo con un cipiglio severo. -Che sia chiaro ad entrambi! Ho tanta quanto voi, la voglia di avervi intorno pure questa sera, ma ahimè, la scuola ha un regolamento molto ferreo, e scusate il termine, ma mi sono proprio rotta del vostro comportamento; infantile aggiungerei.

Per una volta, Davis e Micheletti, vi chiedo di mettere da parte il vostro odio, ormai conosciuto in tutto lo stato e di fare una tregua. Non credete, lo so benissimo che è contro natura che voi due potreste trovare un punto di incontro, quindi ne troverò uno io per voi: la scuola- ,incrociò le mani, sopra alla cartellina.

Scambiai uno sguardo confuso con Davis.

-Entrambi da quel che immagino odiate la scuola, tanto quanto questo istituto odia voi due, quindi perchè non allearsi e fare un ultimo sforzo? La scuola è iniziata da neanche due mesi e questo, si presume, sia l'ultimo anno insieme per entrambi, soprattutto lei signor Davis, dopo di che lascerete definitivamente questa scuola e si spera anche il paese, per trovare un lavoro e le probabilità che le vostre strade, e prego il signore anche le nostre, saranno divise per molto, molto tempo e difficilmente incrociabili;

Questa sera è molto importante per tutti i professori, dato che se la scuola farà una buona impressione potremmo ricevere dei finanziamenti per gite anche all'estero, ristrutturazione della palestra e molto altro. Voi sarete solo una formalità; come due camerieri o altro: invisibili e silenziosi.

Non vi chiedo altro-.

Aveva parlato tutto di seguito e solo a fine discorso prese fiato abbassando lo sguardo e rialzandolo subito dopo per scrutarci in viso.

-Io come ho detto, accetto. E' lui che...-.

Mi interruppe;-Accetto-.

Spostai un ciuffo dal viso, fissandolo.

Contraccambiò lo sguardo e si aprì in un ghigno poco rassicurante. -Non credere, lo faccio solo perchè la parte sul "strade divise per sempre" suona stramaledettamente bene-.

Fui combattuta nel fargli una linguaccia o il verso, ma optai per il semplice alzata di occhi e sguardo fisso sul legno del tavolo.

-Ma cresci!-.

-Ma taci!-.

-Oh, senti hai rotto!-.

-Micheletti sei proprio una...-.

-RAGAZZI! il discorso di prima non è servito a nulla?!-,sbottò infiammandosi al preside.

Sbuffai fissando astiosa Davis.

-Bene, dato che avete accettato entrambi e non ho voglia di farmi venire un esaurimento nervoso di cui potete andare fieri sareste le uniche cause, potete andare! A casa intendo! La scuola per oggi vi ha gia sopportato abbastanza!-,sibilò premendosi due dita sulle tempie.

Mi alzai di scatto dirigendomi veloce verso l'uscita, ma bloccandomi davanti ad essa quando la preside ci richiamò.

-Alle otto. Non accetto ritardi e vestiti adeguati. Informerò io tra poche ore le vostre famiglie!-.

Con un smorfia aprii con rabbia la porta facendola scontrare contro il muro, tirando dritta senza fregarmene.

Chi l'avrebbe sentito mio padre!

 

 

Come immaginavo la reazione di mio padre fù da terza guerra mondiale.

Okay, forse il fatto che avevo, neanche a distanza di due mesi, ricevuto una punizione poteva essere abbastanza scocciante, ma io non c'entravo!

Come prassi, però lui non mi stette nemmeno ad ascoltare. Inizio con la solita paternale su come fossi immatura, di cui i diciassette anni erano sprecati con me, che invece di migliorare peggioravo e che non finivo mai di stupirlo.

-E sentiamo, che avresti fatto stavolta?!-,sbottò infatti rosso fuoco.

A vista mio padre potava sembrare il solito mammone, dolce e timidone, che faceva tenerezza con la sua panciotta e la sua bassa statura, ma era tutt'altro di carattere; duro e testardo, proprio come la sottoscritta.

-Che ti ha detto la preside?-.

-Che hai fatto un rissa, come se fosse questa grande novità, vero?-,passeggiava avanti e indietro per il salotto ,e quasi mi aspettavo che comparisse un buco sotto ai sui piedi come con Zio paperone nei fumetti.

Schiarii la voce spostandomi di poco sul materasso del divano. Nell'angolo della sala, appoggiata con noncuranza alla libreria, ci stava mia sorella, Beatrice, con un sorrisetto divertito sul viso, neanche stesse vedendo una puntata di qualche sit-com americana!

-Tecnicamente non c'è stata nessuna rissa, ma solo un pugno-.

-Un pungo?!UN PUGNO?!E per te non è abbastanza grave?!Oddio se inizi cosi tra neanche due anni ti dovrò venire a trovare in carcere!-.

Alzai gli occhi al cielo: che esagerato.

-E' stata auto-difesa pà-.

Mosse la mano, per farsi aria. -La immagino proprio la tua auto-difesa! E chi era questa volta il poveraccio che hai preso a pungi?-.

Lancia uno sguardo di fuoco a mia sorella che ridacchiava coprendosi la bocca con la mano.

-Punto uno: è la prima volta che tiro un pugno. Secondo,-roteai gli occhi,-lo chiamerei tutt'altro che poveraccio quel gran idio..-.

Uno sguardo di fuoco da mio padre, mi fece bloccare. -Davis-.

Neanche avessi detto di aver ucciso un uomo, mio padre si bloccò in mezzo alla sala mentre mia sorella smise di ridere spalancando invece la bocca, seppur nei suoi occhi leggevo chiaro il divertimento.

-Ancora lui?!!Diavolo ma perchè non crescete tutti e due?!Basta! La mia sopportazione è ai minimi immaginabili. Mi chiedo che ho fatto per essermi ritrovato con un maschiaccio del genere!-,sbottò.

-Papà forse è meglio se bevi qualcosa-, suggerì mia sorella avvicinandosi.

Infatti non è che abbia un colorito cosi rassicurante, pensai fissando la tonalità di bordaux che ricopriva interamente il viso.

Gli allungò un bicchiere d'acqua muovendo inevitabilmente una cascata di boccoli biondi, perfetti.

 Ecco ,pensai, qui mi viene da chiedermi da dove diavolo sono uscita io!

Mio padre, prima chiaramente di perdere tutti i capelli era biondo, mia madre pure, mia sorella maggiore aveva dei morbidi boccoli biondi e anche Beatrice mentre l'unica a possedere quei stramaledetti capelli castani, nè mossi nè lisci, ero io!

Chiaro indizione di un'adozione, annuii tra me.

Nel frattempo mio padre aveva appoggiato il bicchiere sul tavolino in vetro al centro della stanza e aveva fatto dei grossi respiri.

Quando riprese a parlare, il tono era fin troppo calmo per essere normale.

-Stasera andrai a quella serata..-.

-Si, io ho..-.

-Non ho finito!-.

Mi zitti storcendo appena la bocca; odiavo quando faceva il prepotente, e lui lo sapeva benissimo, ma forse ribattere non sarebbe stata la soluzione migliore, non per ora almeno.

-Andrai, non farai storie, non farai risse, non discuterai, non farai qualsiasi tipo di macello che poi sarò obbligato io a ripagare, non farai arrabbiare la preside e di conseguenza io e ti vestirai adeguatamente; Piantala una buona volta di comportarti da bambina e cresci! Natalie, ti sto dando la mia fiducia, non deludermi ancora-, mi osservò come a leggermi l'anima.

Strinsi i denti annuendo.

-Bea, aiuta tua sorella per i vestiti-, disse indicando con un cenno le scale.

Mi alzai inforcando veloce le scale e chiudendomi nella mia camera, e lasciando fuori Bea e la sua aria da "Ha-ha l'hai fatto di nuovo" sdraiandomi sul letto.

Fissai il soffitto dove da piccola mi ero divertita ad attaccarci, con mia sorella minore, miliardi di stelle che si illuminavano al buio, quando ancora sognavo di diventare un'astronauta e di possedere una stella che vegliava su di me, come un angioletto custode; Peccato che poi avevo superato quella fase e avevo compreso che non c'è nessuno che ti aiuta e che per essere forti bisogna essere il piu sicuri possibili e non mostrare mai le proprie paure.

Come quella del buio, pensai fissando le stelline; Una delle cause, inconfessabili, per cui le avevo lasciate era proprio la mia paura di non essere sola nella stanza, ma che ci fosse qualcuno che mi fissava da dentro l'armadio o dal fondo del letto, e le stelline erano una buona scusa per avere un pò di luce, seppur pochissima.

Con gli anni però anche quella paura era scomparsa, ma a volte, come dopo una serata horror, succedeva che un piccolo dubbio mi veniva a ritrovare dopo tanti anni.

Erano le mie stelline.

Sbuffai, sgridandomi mentalmente per quei pensieri cosi stupidi e iniziai a sfilare i libri dallo zaino e buttarli ai piedi del letto, con gli altri.

Non si poteva certo dire che fossi una persona ordinata, pensai fissando tutti gli oggetti sparsi per la camera anche sopra ai mobili.

Un ronzio mi distolse dai miei pensieri.

Frugai nella borsa, ma non trovai nulla quindi mi lancia verso la scrivania sentendo sempre piu vicino il ronzio fino a che non lo trovai, sotto ad un mucchietto di palline di carta, vicino al cestino.

Chissà come c'è finito là...

-Pronto?-,risposi senza guardare il numero.

-Hey  hey, che non mi riconosci piu? Poteri offendermi!-,dall'altro capo della cornetta si sentii un leggero ridacchiare.

Sorrisi riaccomodandomi sul letto;-Hòla baby! A cosa devo questa telefonata!-,dissi riconoscendo la voce di Alice, la mia, unica, migliore amica.

-Cosa vorresti insinuare! Che non ti chiamo mai?-.

-Qualcosa del genere-.

-Senti senti chi parla! Hai mia pensato che i cellulari gli hanno inventati cosi da poter portare in giro?!-.

Sbuffai. -Non ti ci metter pure te! Oggi sono stufa!-.

-Che è successo?-,si fece seria sentendo il mio tono.

-Il solito! Davis, punizione, lite con mio padre...Non cambia poi molto dal solito. Anzi forse sì: questa volta ha addirittura esagerato dicendo che l'ho deluso. Ma sai una cosa? Chissenefrega! Non sono e non voglio essere come Beatrice: lei e la sua perfezione!-,sbottai fregandomene se qualcuno poteva sentirmi attraverso la porta.

-Oh lo sai che tuo padre ti adora, non sparare cazzate! E' solo che non sa come dimostrartelo...sei troppo simile a lui-.

-Bè non mi sembra una scusa buona! Bah, lascia perdere!-.

-Se sei sicura..-,sembrò titubare;-Ma che è successo questa volta con Davis?-.

Mi lasciai cadere all'indietro;-Che hai sentito dire a scuola?-.

-Nulla, è questo il bello! Nessuno sa nulla stavolta-.

-Quindi speri di sapere da me qualcosa per essere la prima a spettegolare-, ironizzai. Essere la migliore amica della piu popolare della scuola aveva i suoi costi.

Ridacchiò. -Vedo che ci intendiamo bene! forza spara!-.

-Quel deficiente mi ha spinta per le scale, solo perchè l'ho ignorato, neanche fosse il papa aggiungerei, e per parità gli ho dato un bel pungo in faccia-, sorrisi ripensando alla sua espressione dopo aver visto il sangue.

-Oh Dio no! Non dirmi che gli hai fatto venir fuori un taglio, senò mi incazzo Nat!!-,sibilò. Ormai sapevo benissimo che Davis era il secondo nella sua lista di potenziali-futuro-marito nonchè sua attuale cotta..

-Ma non sei sempre te a dire che gli uomini con le cicatrici sono sexy?-.

-Ti uccido, lo giuro!-.

-Gia sentita, bella-.

-Grazie, lo so di essere bella. E anche simpatica, generosa, attraente, eccitante..-.

-Modesta..-.

Rise e la seguii. Eravamo l'opposta, era vero, ma era anche l'unica con cui sapevo aprirmi.

-Va bè, vado che c'ho un'uscita!-.

Giocherellai con una pallina di spugna che spuntava da sotto il letto. -Sai non dovresti lamentarti se poi la gente ti soprannomina la macchina del sesso o peggio!-.

-E chi ha detto che mi lamento!-.

-Tzè te e Davis sareste proprio una bella coppia!-,feci una smorfia.

-Mi piacerebbe, ma il giorno che quel ragazzo vorrà un rapporto che non comprenda solo la parola sesso, sarà l'apocalisse! Diciamo che con i rapporti seri è peggio di me-.

-Il chè è già grave per sè-,ridacchiai.

-Fai poco la spiritosa! Vuoi forse che dica a tuo padre di quel che è successo l'estate scorsa in Spagna?-.

Rabbrividì .-Avevo sedic'anni e il sacrosanto dovere di perdere la verginità-.

-Si si, e da quant'è che non fai piu sesso?-.

-Hum hum...penso dall'estate, sai?-.

-Ecco vedi? Devi uscire una volta con me. Ho dei nuovi amici che non ho neanche parole per descrivere quanto siano boni!!-.

Scossi la testa. -Ma non dovevi andare te?!-.

-E' inutile che cambi discorso, tanto domani ci vediamo a scuola e ne riparliamo!-,mi minacciò.

-Certo certo, ora vado che ho una noiosissima serata con professori e genitori pallosi e con la puzza sotto al naso!-.

-Eh? Cos'è sta storia?-.

Risi. -Lascia stare, ti spiego domani! Ciao ciao baby!-.

-Okay, ciao ragazza!!-.

Scossi la testa ridacchiando; Pazzesco: ecco come poteva definirsi l'amicizia tra la favolosa, sensuale, bellissima, bionda, perfetta Alice Mulini e il maschiaccio, pazza, imbranata, goffa, strana Natalie Micheletti. Chi mai penserebbe che due come noi possano essere addirittura migliori amiche?

Forse è proprio per questo, pensai. In fondo con lei non mi vergognavo di essere cio che sono ,io non la prendevo in giro per essere una troia e una bambolina che i maschi sfruttavano e basta e lei non commentava i miei modi di fare e non cercava di cambiarmi in ogni secondo, per ogni cosa che facevo, come invece si era imposto di fare mio padre, classificando i miei gesti e tutto il resto come semplice "fase di ribellione adolescenziale" anche se ormai avrei dovuto averla gia superata da un po.

Buttai da parte il cellulare dirigendomi verso l'armadio e fissando storta i miei paia di jeans e tute. Forse non erano proprio i vestiti adatti per una serata come quella.

Sobbalzai sentendo due colpi forti contro la porta.

-Lilly, posso entrare?-,riconobbi la voce di mia sorella e il nomignolo che mi aveva dato lei sin da quando avevamo nove anni.

Sbuffai;-Entra-.

Beatrice fece il suo grande ingresso con sotto braccio un paio di abiti piegati alla perfezione. Tipico di lei.

-Ti ho portato qualcosa da indossare. Penso che camicetta e gonna sia adeguato, ma se non vuoi ho anche un paio di vestiti non troppo corti- ,appoggiò gli abiti sul letto, spostando con le unghie laccate di azzurro, intonate al maglioncino, un paio di fogli che avevo dimenticato prima, svuotando la borsa.

Incrociai le braccia. -Pensi sul serio che indosserò una gonna?-.

-Potresti fare uno sforzo no?-.

-Senti, non ho voglia di litigare pure con te, quindi prendi i tuoi bellissimi capi di alta moda e quella è la porta-, mi voltai afferrando a caso una camicia, forse troppo lunga, verde e una paio di jeans schiariti.

-Fai come vuoi-, si imbronciò uscendo e chiudendo dietro di sè la porta.

Fissai per un attimo la porta, sentendo una strana sensazione all'altezza dello stomaco;

Dispiacere? No, era impossibile. Lei se lo meritava. in fondo quanto aveva fatto per me? nulla ero sempre stata io quella sbagliata, lei quella perfetta.

Io non avevo mai avuto mio padre in prima fila ad ogni mio stupido spettacolino scolastico, non era mai venuto alle mie gare di atletica, non aveva mai organizzato una serata per me e le mie amiche, non mi aveva mai offerto una pizza per ogni voto sufficiente che avevo preso...io non ero lei!

Stupidissimi sensi di colpa! Siete inutili!

Se per una volta non si sentiva al cento dell'attenzione ci stava male? Bè che si abituasse, perchè io non sarei mai stata una di quelli che la riempivano di lodi, non io!

 

 

CAPITOLO CORRETTO.

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Capitolo 4
*** 4.COS'è STATO... ***


CAPITOLO 4

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Cos'è stato...?

 

Now listen to me baby

Before I love and leave you

They call me heart breaker

I don't wanna decieve you

 

[Ora ascoltami baby

Prima che io ami e ti lasci

Mi chiamano spezzacuori

Non ti voglio ingannare]

 

 

Alzai un sopracciglio scettica: stava scherzando forse?

Lo fissai bene negli occhi e lui sostenne il mio sguardo, fissandomi di rimando con una strana luce negli occhi.

-Perchè dovrei?-.

Alzò di poco le spalle e ruotò gli occhi. -Puoi fare ciò che vuoi, io non ti obbligo-.

-Bhè, ne ha tutta la forma- ,ribatto.

-di che?-.

-Di una sfida-.

Sorride;-Una sfida non è un ricatto!-.

-Allora è una sfida?-,chiedo confusa. Ma che diavolo stava blaterando? una sfida su una cosa del genere!

-Te ti fai troppe canne, secondo me-, aggiungo dopo poco.

-Sarebbe un no?-.

-Stai scherzando, vero?-.

Scosse la testa, continuando a far bella mostra del suo sorrisino da Son-Figo-Solo-Io.La voglia di prenderlo a sberle è alle stelle ragazzi!

-Mi stai sfidando ad andare a letto con te per dimostrare che non sono una verginella?!-,storsi il naso infastidita solamente da quelle parole,-Ma che ti sei rincretinito?-.

-Messa cosi suona abbastanza male-.

-Abbastanza?!Anche mettendola come diavolo ti pare risulterebbe squallida e volgare!-,sbotto infiammata.

Storce la bocca in una smorfia che non capii;-Ti hanno mai detto che urli troppo?-.

-Ti hanno mai detto che hai il cervello bacato??-.

-E' facile sotto sotto, Micheletti-.

-Ma ti ascolti? prima mi dici che non credi che io sia donna, poi ti infili a forza nella mia vita privata, e sottolineo privata, ed ora mi proponi di venire a letto con te SOLO per convincerti che io sia davvero andata a letto con qualcuno!-,presi fiato,-La cosa non è abominevole, Davis, pure per uno come te?-.

-Eddai, stai gonfiando troppo questa cosa-,sorrise.-Non è che in realtà temi proprio questo?-.

Mi stringo nelle spalle: temere?.-Non ti seguo-.

-Ammettilo: temi il confronto corpo a corpo; sotto sotto sei attratta da me come lo sono poi tutte!-.

La risposta acida si spegne nella gola. Perchè? Semplice quel sussurro roco sputato fuori vicinissimo alle mie labbra, tanto da sentire il suo alito fresco di menta infilarsi prepotente in bocca, scatenando un'inondazione di acquolina. Chissà poi come poteva essere baciare quelle labbra cosi ben fatte, scolpite a mano, vicinissime a me che sembrano cosi maledettamente morbide e calde.

Okay cervello offuscato, si richiede immediatamente soccorsi: sto pensando cose da pazza, non sono io.

Spostai veloce lo sguardo dalle sue labbra, come scottata; enorme sbaglio, soprattutto se alzando lo sguardo e puntandolo nei suoi occhi non mi sfuggì il suo sguardo fisso sulle mie labbra.

Sussultai scossa quando incrociò i miei: due pietre marroni fuse.

Mi accorsi appena, presa com'ero ad osservare quegli occhi, che aveva appoggiato una mano sul mio finco e che mi stava lentamente spingendo verso di lui;

Ma che diavolo mi prende! Perchè non riuscivo a scansarmi e ad urlargli contro che era solo un maniaco? Dov'era il mio acido quotidiano, possibile che l'avessi già esaurito?

No, Davis NON POTEVA farmi questo effetto. Io non ero attratta da lui. Nemmeno fisicamente, era scientificamente impossibile!

Scienza o meno che fosse il mio corpo era come in black out; non rispondevo piu ai comandi e per quanto gli potesse fregare potevano anche darmi fuoco, e non avrebbe fatto un movimento, se non continuare a piegarsi in avanti, lentamente, guidati dalla mano del nemico, posizionata furbamente sull'incavo del collo, e fissare confusa/smarrita il suo sguardo di ferro.

Schiusi automaticamente le labbra: stupido ammasso di ormoni!

Con la mia stessa espressione seria Davis infranse quell'ultimo millimetro che ci separava, abbattendo ogni tipo di pensiero, ogni tipo di ostacolo, unendo le nostre labbra in quello che la gente avrebbe definito un abominio. Ma sinceramente, in quel momento tutto poteva fregarmi meno di quello che la gente avrebbe potuto pensare vedendoci, io e lui, lì,al buio di una palestra umidiccia, fredda e silenziosa, a baciarci come due adolescenti trascinati solo dagli ormoni; tutto poteva accadere, ma l'ultimo neurone che funzionava in me era troppo concentrato sulle sue labbra, che come immaginavo, lambivano morbide e calde le mie, ad occhi aperti.

Una scossa mi fece socchiudere le labbra, seguita immediatamente da lui e chiudere gli occhi, lasciandomi andare.

Caldo. Brividi che partivano dallo stomaco e arrivavano fino alle punte dei piedi si fecero vivi quando spostò la mano libera intrecciandola tra i miei capelli, avvicinando di piu il mio viso al suo.

Smettendo di essere una bambola tra le sue braccia mi aggrappai alle sue spalle, alzandomi in punta di piedi per approfondire in contatto con la sua lingua;

Cos'era? Cosa mi avrebbe lasciato quel momento?

Dovevo dar ragione a quello spiazzo di lucidità: cosa mi avrebbe dato quel bacio?

E soprattutto: Che Cosa Sto Facendo?

Nello stesso momento in cui il pensiero prese forma un altro si fece spazio con forza: la scommessa. Era solo una scommessa e avevo perso; Stupida io, stupido il mio corpo, stupidi i miei ormoni!!

Mi scostai da lui, interrompendo il bacio.

Col fiato corto lo osservai mente apriva anche i suoi occhi e mi fissava confuso da quella interruzione.

-Avevi ragione te, sfida persa, ritieniti soddisfatto-, dovetti schiarirmi due volte la voce per farmi capire;-Ora però mollami-.

Mi continuò a fissare confuso e vidi una scintilla nei suoi occhi prima che sorridesse.

-Hai ceduto-.

Punta nel vivo stacco con forza le mie braccia da lui, che però non sembra intenzionato a levare le sue zampacce da me.

-bene deridimi pure. Togliti di mezzo, che per oggi è gia abbastanza!-,sbottai voltandomi, ma la sua presa si salda maggiormente, obbligando a tornare a fissarlo.

C'è ancora un piccolo accenno di sorriso, ma non dà per nulla l'idea di voler deridermi, anzi sembra quasi...dolce.

Dolce? Tzè impossibile!

-Possiamo trovare un accordo no?-.

Stingo i denti .-Non ho intenzione di strin...-.

-Non dirò assolutamente nulla a nessuno di stasera, se..-,mi interrompe.

-Se...?-.

Non parla, si avvicina fino a sfiorarmi un orecchio con le labbra; io resto perfettamente immobile, zittirla dalla sua improvvisa vicinanza, troppo vicina e i brividi di prima continuano a correre sul mio corpo, su e giu, come ad una maratona.

-Lasciati andare per una notte-.

Vorrei vederlo in viso per poter decifrare la sua espressione, ma le nostre posizioni me lo impediscono, quindi cerco solo di non dar a vedere il respiro accelerato che mi ha provocato, e respirare normalmente, cosa molto difficile in questo momento.

-Ch-che...in..tendi?-, scandì bene le parole, anche se messa a dura prova dalle sue labbra che ora vagano silenziose salendo e scendendo lente il mio collo, dall'orecchio alla clavicola.

-tu lo vuoi e io lo voglio...una notte di cui nessuno farà parola-, sibila.

Dire che mi stavo sciogliendo era dire poco.

Mi irrigidii immediatamente sentendo contro la mia gamba Davis Junior piu attivo di come avessi mai potuto mai immaginare; ero stata io a eccitarlo?

Chissà perchè, ma una piccola parte di me, molto molto molto piccola,ne era davvero felice. Però...c'era comunque un però...

Una notte di sesso? Era questo che intendeva Davis?...ma che mi aveva preso per una delle sue puttanelle?!Mai e poi mai. Sarebbe stupido, irresponsabile, non da me per nulla, estremamente idiota...come buttarsi in una vasca di squali per una persona che non sa nuotare: un suicidio!

Te l'hanno mai detto che sei melodrammatica?...le parole di Alice scivolano dentro di me, come a darmi una spinta; Anche se le parole fanno proprio l'effetto desiderato, nella realtà Alice non intendeva di sicuro spingermi ad andare a letto con il suo amato. No,non potevo farlo! Figurarsi, io che mi concedevo a Davis...a costo resto zitella a vita!

-Forse mi confondi con una delle tue putt..-.

Ridacchiò. -Non si dicono parolacce-.

-Scherzi,vero? Dimentichi forse chi siamo, chi sono e chi sei? Non è per nulla una cos...-,protestai debole, cullata dalle sue carezze appena accennate.

-Non sei stanca di dover sempre mantenere un'immagine? Rilassati Micheletti, per una volta-, mi interruppe, ancora;-Fai solo quello che vuoi, penseremo piu tardi a rispondere a tutte le tue domande-.

Piantala di comportarti da bambina e cresci...

Non sarebbe da me, non sarebbe giusto nei miei confronti, non sarebbe cosa buona, non sarebbe da persone adulte, non sarebbe quello che farebbe mia sorella.. Esattamente per questo non capisco cosa mi abbia spinto a spostare la testa di scatto per scontrare le mie labbra con le sue, per la seconda volta.

Mi fissò un secondo, per poi riavvicinarmi veloce a se, baciandomi con impeto mentre riallacciavo le braccia al suo corpo. La differenza di altezza mi obbligò ad alzarmi sulle punte per baciarlo come ben si dice.

In un lampo mi ritrovai sollevata di peso e allacciai d'istinto le gambe intorno al suo busto, finendo per stringere dei ciuffi biondi, al posto della spalla.

Per saper baciare, Davis ci sapeva proprio fare, e l'unica cosa che mi restava da fare era continuare a sciogliermi come burro tra le sue braccia calde e ignorare le mani del nemico poste sul mio fondoschiena.

Spostò una mano sul mio collo ,iniziando a slacciare la camicetta e scoprendo la parte superiore del mio reggiseno azzurrino; trattenni appena un gemito quando strinse un seno tra le mani, massaggiandolo in modo circolare, e lisciando il mio collo con le labbra umide. Piegai indietro la testa per lasciarli libero accesso, scollegando definitivamente il cervello. Strinsi piu forte i suoi capelli, sinceramente fregandomene se gli facevo male,e lasciai andare un sospiro un pò troppo forte per essere confuso con gli altri silenziosi.

Lo sentii bloccarsi un attimo e mi maledii per non averlo trattenuto, ma prima che potessi anche solo ricollegare il cervello tornò a baciare il mio collo, scendendo fino al seno, cospargendolo di baci caldi.

Mi accorsi del materassino duro solo quando mi ritrovai distesa su di esso, con sopra Davis che mi sovrastava, continuando a baciare, scendendo sul ventre, che stava lentamente scoprendo dalla camicetta, che fini presto sul pavimento,da qualche parte lontano da noi.

Cosè che avevo pensato poco fà...?Cosa stò facendo?

Ufficialmente non lo sapevo, ma nel profondo sapevo benissimo perchè non stavo spostando le sue mani da me,non mi allontanavo dal suo corpo e non protestavo come sempre: stavo semplicemente facendo quello che per una volta volevo fare e cioè lasciarmi andare, senza tabù, nè preoccupazioni, nè muraglie, nè pensieri piu o meno giusti.

Aprii gli occhi, non sentendo piu movimenti da parte sua, trovando cosi i suoi intenti a scrutare io mio corpo mezzo nudo.

Alzai un sopracciglio orgogliosa. Ti sorprende vedere la tua cara Micheletti con un corpo femminile? O semplicemente pensavi che a rendermi acida e scontrosa col genere maschile fosse per colpa di alcuni chili di troppo? Bè devi proprio ricrederti, eh?

Feci scivolare le mani fino ai suoi fianchi dove acciuffai i lembi della maglietta che sfilai; si mise seduto per levarsela del tutto e sfilarsi le scarpe e poi liberare anche me di quell'intralcio. Tornò, caldo come una coperta, sul mio corpo e unì le nostre labbra.

Feci scivolare una mano sul suo petto, lisciandolo e sentendo la pelle d'oca formarsi al mio passaggio per le mani fredde, bloccandomi solo per slacciare la cintura della Gucci che portava. Stranamente non impiegai troppo tempo, senza fare la figura dell'imbranata e la sfilai anche dalle asole portandola sopra la mia testa, non so bene dove.

Lo sentii sorridere sulle mie labbra.

-Pratica Micheletti-, commentò.

-Ti avevo avvisato che non sono una verginella-, mi schernì trovando non so dove la voce.

Spostò lo sguardo sul mio seno, coperto dal sottile strato di tessuto; ancora per poco, sembrava dire il suo sguardo. -Ho pensato tutto fuorchè quello, fidati-.

Questa volta toccò a me sorridere;-Fidarmi di te,Davis? Cascasse il mondo-.

-Stai rovinando l'atmosfera- ,mi ribattè, anche se continuando a tenere quel sorrisetto divertito.

-Quale atmosfera?!Dimentichi chi siamo forse?-.

-Difficile da dimenticarti-, sussurrò facendosi piu vicino, baciandomi casto sulle labbra e facendomi perdere un battito,-Soprattutto con la tua vocina fastidiosa sempre nelle orecchie-, aggiunse sogghignando e facendosi riconoscere subito.

Tirai forte un ciuffo di capelli. -Fastidiosa a chi??!-.

-Te mia cara Micheletti!-,contraccambiò il mio colpo sganciandomi veloce il gancio del reggiseno, approfittando della mia distrazione.

-Potersti pentirtene, non credi?-,sibilai incrociando le braccia sul seno, impedendogli di togliere anche quel pezzo di stoffa, facendo anche ben intuire a cosa mi riferissi, anche se le mie gambe ancora allacciate alla sua vita davano ben altra idea di quello che volessi fare.

Braccia strette al petto e gambe intorno ai suoi fianchi: ma chi ero?E stranamente dovetti ammettere che scherzare cosi, leggera, con lui era piu piacevole di un nostro normale litigio.

-Potrei sempre mandarti in bianco, a questo non pensi?-,continuai sorridendo e beandomi un attimo del suo di sorrisetto.

-Non credo sai?-,lasciò un dolce bacio sopra al seno destro, per poi spostarsi verso il collo.

-Co..cosa te l-lo fa credere?-,balbettai rabbrividendo e inarcando appena la schiena senza volerlo.

-Lasciati andare a me, Nate,sii mia per una notte-, quel sussurro, quelle parole..il mio nome detto da lui. Aspetta. aveva detto il mio nome? era la prima volta da quando ci conoscevamo che lo faceva! E come lo faceva...con una voce maledettamente roca.

-Fidati di me-, un brivido mi scosse. Non mi fidavo di lui,e non l'avrei fatto...

Slacciai il bottone dei suoi jeans e abbassai la zip, sfiorando innavertitamente il rigonfiamento del cavallo, riempiendo il silenzio di quella palestra, fatta solo dei nostri respiri veloci fruscii indistinti e pochi ansimi.

Contraccambiai il suo sorriso, mentre lui sfila i miei di pantaloni, lasciandomi finalmente solo con le mutandine addosso, mentre mi liberavo da sola del reggiseno dalle spalle.

Anche gli ultimi indumenti scivolano via, mentre le sue mani accarezzano calde il mio corpo e le mie curve, spezzando il silenzio solo da qualche piccola battutina di entrambi. Quando però le sue carezze si concentrarono soprattutto sulle parti piu intime, le battutine vennero messe a parte e gli ansimi divennero veri e proprio gemiti di piacere, con un pò d'imbarazzo.

Si sistemò meglio tra le mie gambe e capii che il momento è arrivato :lo voglio veramente? è davvero questa quello che voglio?

Si, finchè lui continua a guardarmi cosi, pensai.

Mi morsi il labbro mentre lo sentii scivolare in me, procurandomi dei brividi in tutto il corpo con una leggera fitta,e mi strinsi maggiormente a lui, come per farmi riscaldare dal suo corpo. Mi accarezza una guancia obbligandomi a portare lo sguardo su di lui e sorridendo dolce, iniziò la sua lenta tortura, piacevole aggiungerei. Da spinte lievi si passa a spinte sempre piu veloci e forti che mi portando a gemere e ansimare senza nessun contegno, peggio di qualunque puttanella che insultavo sempre.

-Solo una notte-, mi sfuggì.

-Solo una notte...nessun tipo di complicazione-, garantì al mio orecchio, un un sospiro rauco ed eccitato.

Venni prima di lui inarcando la schiena e affondando le unghie nelle sue spalle e l'orgasmo mi colpì forte come uno schiaffo; lui mi raggiunse subito dopo, dando gli ultimi affondi e appoggiando lieve la testa nell'incavo del mio collo.

Uscii da me veloce e si sistemò al mio fianco mentre io ero impegnata a rallentare il respiro e il battito impazzito del mio cuore. La cosa però che non mi sfuggì fu quella sensazione che provavo ogni volta dopo una litigata, soprattutto dopo una sua litigata: stanchezza, confusione e la sicurezza che il giorno dopo avrei avuto tutto il tempo per ribattere e litigare ancora. Ed è proprio quella sicurezza che mi obbligò a stringere forte un labbro per non dire o farmi sfuggire cavolate; perchè era ovvio: non era cambiato nulla e lo sapevamo entrambi.

Neanche il tempo di appoggiare la testa al materasso che...

-Sorprendente Micheletti-...siamo tornati ai cognomi...

-Potrei dire lo stesso Davis-, un leggero soffio di aria fredda mi fece rabbrividire e mi stringo le braccia addosso per non gelare.

Davis mi attirò verso di se, circondandomi la vita con un braccio e stringendomi al suo corpo caldo. -Non fraintendere, semplicemente non voglio che congeli-.

Sorrisi. -Non sono mica una fanciulla in pericolo, me la so cavare-.

-Oh, non lo metterei in dubbio, ma approfittane: sono solo gentile!-.

-Te la gentilezza non l'hai neanche mai incontrata-.

Appoggiò la frante sui miei capelli, stringendo maggiormente il mio fianco nudo.-Perchè sembra che tu voglia sempre litigare?-.

-Sempilce: non ti sopporto-.

Alzai gli occhi verso il suo viso quando lo sento scostarsi.

-Bè non mi sembra ti fossi dispiaciuto poco fa-.

Lo fissai confusa. -Mica ti sarai offeso-.

-Macchè-,sibilò infilandosi i boxer e i jeans,-Capirai se mi offendo per qualcosa detto da te, Micheletti-.

Sentii una strana sensazione, ma diedi colpa al freddo e cosi lo imitai afferrando l'intimo e abbottonandomi la camicetta.

Nel silenzio ci rivestimmo, senza parlare ne, stranamente litigare. Mi sentivo come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, e sapevo benissimo cosa avevo fatto che non avrei mai dovuto fare; mi alzai, riallacciando il bottone dei jeans e di nascosto osservai il suo profilo, concentrato a legarsi una delle sue Nike: non l'avrei mai ammesso con nessuno, ma era carino.

Carino...?...oddio Nate no! Non diventare mielosa come tutte quelle ochette che si fanno scopare da lui.

Ma anche io sono andata a letto con lui...No, no, non dovevo pensarla cosi! Entrambi ci eravamo usati e non avrebbe avuto complicazioni la cosa. Eravamo entrambi stanchi e arrabbiati e volevamo sfogarci in qualche modo...nient'altro.

Mi riscossi giusto in tempo per sentirlo parlare, anche se a bassa voce.

-Non lo saprà mai nessuno-, sussurrò, concentrato a nascondere il suo petto con la maglietta di cui poco prima mi ero occupata io per farla sparire.

Annuii.-Si,e non riaccadrà mai piu-.

Sobbalzai sorpresa quando lo sentii lasciare un casto bacio sul mio collo mentre dentro di me mi urlavo di stare calma; Ma da dove diavolo era spuntato fuori??!

-Soddisfatta Micheletti?-,sibilò e sentii chiaro dal tono che stava sorridendo.

Mi morsi una guancia per non lasciarmi scappare sospiri troppo poco confondibili. -Abbastanza. Te Davis?-.

-Hum-.Si allontanò afferrando da terra un paio di chiavi che dovevano essergli cadute e avviandosi verso l'uscita senza salutare o altro, semplicemente andandosene.

Mi raggelai sul posto quando compresi cosa avevo appena fatto.

Pensai a Alice, mio padre, mia sorella...la serata non era ancora finita, vero?

Con un gemito di dolore mi avviai verso l'uscita e aspettai paziente che i sensi di colpa venissero a farmi visita.

 

 

Infilai la chiave nella toppa e finalmente varcai la soglia di casa; il viaggio in treno era stato estremamente silenzioso e quasi ero sobbalzata sentendo la voce di una signora quando mi aveva domandato che fermata c'era dopo.

Scossi la testa appendendo le chiavi sull'appennino e sfilandomi le scarpe per non far rumore salendo le scale; mi infilai in camera distrutta e sentendo un leggero fastidio allo stomaco, ricordandomi solo ora che era mezzanotte passata, e non avevo messo nulla sotto ai denti.

Stanca e stressata mi buttai di peso sul materasso, convincendomi che potevo benissimo aspettare altre sei ore per riempire lo stomaco con un'abbondante colazione, all'americana. Sfregai il viso contro il cuscino trovandolo troppo freddo e troppo morbido, quando io invece avrei preferito altro. Spalancai gli occhi battendomi una mano sulla fronte.

-Ma che cazzo dico!-,sibilai.

Osservai le stelline sul soffitto. Qualcosa era cambiato quella sera, e non è mai una buona cosa;

Con uno scatto presi il cellulare e andai direttamente sui messaggi.

--Domani ti devo parlare. E' molto impo, ti va di saltare la prima ora?--

Inviai a Alice.

Forse sbagliavo, ma era la cosa migliore da fare, e farla subito era la miglior cosa possibile che io potessi fare. I telefilm insegnando e io non sarò cosi scema da tenere tutto per me e poi come accade, perchè accade sempre, lei scopre la verità da qualcun altro e la prende ancora peggio e l'ultima frase storica era "Avessi almeno avuto te il coraggio di dirmelo". Film o meno,io non avrei fatto la parte della codarda e domani, appena arrivata a scuola glielo dovevo subito dire!

--Ok;)Cos'hai da confessare, piccola ladruncola?--

--Domani...Notte Ali--

Lasciai cadere il telefono e mi presi tra le mani la testa. Era anche da dire che le persone sono un pò melodrammatiche e chiunque prenderebbe quello che ho fatto per un tradimento.

Pensai ad Alice. Oddio,no. Sperai con tutto il cuore che non la prendesse troppo male, dato che avevo deciso che il giorno dopo le avrei raccontato tutto, per lavarmi la coscienza; No,non avrei fatto la fine di quelle che stanno zitte e poi si inficcano nella merda piu totale solo perchè non hanno il coraggio di dire le cose e affrontarne le conseguenze.

Alice avrebbe capito. Non è il fidanzato, e anche se ne è infatuata le cose non potevano essere cosi gravi;In fondo ero sempre stata convinta che era il destino a guidarci: se Alice si sarebbe arrabbiata era destino che fosse cosi, come lo sarebbe se invece la prendesse bene.

No, destino un tubo! Non poteva accadere e punto!

Sbuffando allungai un braccio per spegnere la luce e tenni lo sguardo fisso sulle piccole stelline luminose chiedendomi se pure quella pazza sera era stata scritta cosi come l'avevo vissuta o ero stata io a modificare quello che sarebbe dovuto succedere. In casi come questo avrei pianto, anche solo per liberarmi di quel peso che mi rendeva duro anche solo respirare, ma ormai non ero piu piccola e piangere era poco piu che inutile ormai. Avrei dovuto pensarci prima di dare il mio corpo a Davis.

Che fosse stata cosi o meno, due erano le cose che ormai erano chiare: sono stata a letto con il mio peggior nemico e avrei dovuto affrontarne le conseguenze.

Ma in fondo, cosa mai poteva accadere di peggio...?

 

 

CAPITOLO CORRETTO.

 

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Capitolo 5
*** 5.CODARDA ***


CAPITOLO 5

 

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Codarda

 

 

 

She got her own thing

That's why I love her

Miss Independent

Ooh the way you shine

Miss Independent

 

[lei ha le cose giuste

ecco perchè la amo

miss indipendenza

il modo in cui splendi,

miss indipendenza ]

 

Non sono mai stata convinta se credo o meno al destino,ma a volte ci sono delle situazioni in cui sei obbligata a scegliere,di dire sì,ci credo o no,non credo che quello che è successo in questa giornata sia stato da subito programmato.Partendo dalla mattina,appena ti svegli e scopri che la felpa che volevi indossare è magicamente sparita,o che non ci sono piu cereali e quindi o sei obbligata a spendere la tua pagetta,che onestamente è veramente scarsa,o fai l'elemosina o muori di fame e ti subisci per tutta la mattinata i brontolii dello stomaco.

Come poi svegliarsi e nel mentre sei concentrata  nella grande imprersa di lavarti i denti mentre ti pettini e tutto cercando di tenere gli occhi aperti,per radio trasmettono frasi come:"L'amicizia è come il silenzio: basta una frase per infrangerla" o "Spesso capisci davvero una persona quando ormai ti sta dicendo addio",davvero come posso non toccare ferro.

Di sicuro non mi aspetta una semplice mattinata e frasi del genere,anche se trasmesse dalla mia stazione ragio e dal mio dj preferito,comunque non sono appropriate.

Succede anche che il treno che dovresti prendere è in ritardo di mezz'ora e se non vuoi arrivare in ritardo ti tocca salire sull'autobus e sederti accanto ad una signora di ottan'anni che per tutto il viaggio non fà altro che riempirti la testa di informazioni della sua vita e di come sia dura essere una pensionata al giorno d'oggi,e che ti fà solo venir voglia di urlargli in faccia "Perchè allora non te ne stai a casa,invece di alzarti alle sei dimattina e prendere un'autobus e invelenarmi il fegato",ma che comunque non puoi a meno che non voglia scatenare una rivolta di vecchietti e passare ancora peggio quel viaggio,che ti tocca fare.

Poi accade di  arrivare a scuola e incrociare compagne di classe come Benedetta Croce,la piu grande lecchina dei prof e che chiaramente,non vedendoti la prima ora sul banco di scuola non perderà l'occasione di spifferare tutto ai prof.E per finire in bellezza quando stai per chiamare la tua migliore amica,e meta della giornata,il tuo cellulare ti muore tra le mani,senza degnarsi di salutare.

Ecco,in questi momenti mi viene da chiedermi se sia destino una cosa del genere e se qualcuno lassù si diverti cosi tanto a prendermi per il culo;perchè,ragazze mie,una cosa cosi non è possibile!

Per fortuna,o meno,però Alice guidata da uno spirito tutto suo mi venne in contro alla fermata dell'autobus e cosi riuscimmo a svignarcela e a rinchiuderci in un bar,vicino alla scuola,ma poco frequentato da professori e alunni.

-Cosa dovevi dirmi?-,sorrise avvicinandosi verso il bancone.

-Prima ordiniamo,okay?-,cercai di apparire rilassata e con stupore mi accorsi che non era poi cosi dura.In fondo era sempre la mia migliore amica e confessione o meno con lei io ero a mio agio.

Annuii sorridendo radiosa.-Bene,perchè anch'io ho una notizia pazzesca di cui devo raccontarti tutto!!-.

Ecco il perchè di quell'espressione di Alice nel mondo delle meraviglie.

Brooke prese il suo cappuccino con tanta panna e la brioche integrale e si diresse verso un tavolino sul fondo del locale,mentre io mi immergevo nel mondo "tramezzini".

-Humm,prendo un succo alla pesca e un...tost con formaggio e prosciutto-,sorrisi riprendendo la posizione eretta.

La biondina dietro al bancone sorrise cordiale trafficando con i bicchieri.

Lanciai un veloce sguardo a Alice che però sembrava troppo concentrata sul suo motorola per degnarmi di attenzioni,continuando a sorridere.Chissà,forse la sua allegria poteva aiutarmi con quello che dovevo dirgli.

Scossi la testa voltandomi.Non stavo mica per confessare di aver ucciso un gattino,solo di essere andata a letto con qualcuno.

Eddai,ci stavo ricamando troppo io sopra a tutta questa storia!

-Ecco a te-.Afferrai il piattino e il bicchiere.

Ci sedemmo in uno dei tavolini centrali dato che la maggior parte di quelli con i cuscinetti messi attorno erano occupati soprattutto da donne e coppiette varie.Avevo messo si e no una decina di volte piede in quel posto,ma non mi ero mai soffermata sulle decorazioni:facevano tanto da lunaparck.Festoni sul soffitto e lucine sparse,carta da parati rossa e azzurra chiaro,tavolini colorati e sedie con cuscinetti intonati.

Con una smorfia diedi un morso alla colazione per poi concentrarmi su Alice che aveva finalemnte abbassato il cellulare senza però abbandonare quell'aria da Come sono felice,dio come sono felice.

-Dimmi allora:cosa  dovevi dirmi di cosi tanto favoloso?-,chiese.

-Prima te!-.Codarda?No...forse.

Con un sospiro estasiato congiunse le mani sopra al tavolino,spostando di poco il piattino con la brioche e sorridendomi furba.

-Sai che ieri sera sono restata a dormire da Jack?Bè verso le due circa mi sono svegliata e sono andata di sotto per bere un bicchiere d'acqua;Non ti dico che freddo,dato che sono scesa con solo i pantaloncini e la canottiera,senza calzini e mi sono gelata pure le unghie dei piedi..-.

Una cosa che bisognava sapere di Ali prima di diventare amica sua era che lei è molto logorroica.Difficilmente una persona normale potrebbe riuscitre a farla tacere,ma io,con tutto il mio buon impegno,era l'eccezione alla regola:abbastanza dura per fermare i suoi chiacchericci infiniti.

Peccato che però questa volta non mi dispiaceva molto aver del tempo in piu da sprecare per trovare il miglior modo per sputar fuori la verità.

-Ma questa è un'altra storia;quello che devi sapere però è che scendendo,così,per puro caso ho lanciato uno sguardo fuori dalla vetrata che si affaccia sulla casa del vicino e indovina chi ho visto stravaccato sul divano ad angolo-di un bellissimo colore aggiungerei-in una posa stile modello/dio dell'olimpo,in tutta la sua bellezza?-,allargò il sorriso e iniziò a battere i piedi a terra come per annunciare l'arrivo del re d'Inghilterra.

Lanciai un'occhiata alla coppietta che ci affincava e notai che stavano ridendo sotto ai baffi.

Scrollai le spalle e tentai con un "chi?" parecchio sopresso.

-Daniel!!-,esclamò.

Iniarcai le sopracciglia confusa.

-Chi?-.

Il sorriso che teneva ostentamente piazzato sul viso si abbasso impercettibilmente;-Daniel.Daniel Davis-.

Una fitta allo stomaco mi fece quasi tossire ma mi obbligai di rilassare tutti i muscoli del viso e di non muovere neanche un muscolo.

-Ah-.

-Ah?Solo questo?!Nate,ho fatto la scoperta del secolo!!Non capisci?Non solo Daniel è il mio vicino di casa,ma lo è anche da chissà quanto tempo-.

Respira,espira,respira,espira...

Mi schiarii la voce;maledizione!Ma che diavolo mi prendeva.non avevo fatto niente,e sottolineo niente,per sentirmi cosi dannatamente in colpa.Chissà Alice quante ragazze ha tradito finendo a letto con i loro ragazzi...io per una volta che mi ero lasciata andare non avevo mica firmato un contratto col diavolo.

Avrei sorriso,se non avesse formato sospetti,quindi mi limitai a stringermi le mani sotto al tavolino quando tornai finalmente in me.

-E cosa mi interesserebbe a me?-.

Strinse le palpebre.-Potresti fingerti almeno un pò felice per me?E' una scoperta unica!-.

Alzi gli occhi al cielo.-Oh si,Ali.Gli scienziati che scoprono ogni giorno nuove galassie in confronto a te sembrano delle nullità;ma come ho fatto a non capirlo da subito?-.

Finse una risata.-Sempre simpatica,eh?ma continui a non capire cosa ho sco..-.

-Hai capito che un'essere come Davis può possedere un'abitazione nel nostro stesso pianeta e che,cosa immaginabile,ha anche un divano!!-.

-Scherza,scherza,ma potresti fare un tentativo per me-,tirò in fuori il labbro inferiore e abbassò lo sguardo sul tavolino.

-Eddai Ali!E' una cosa talmente stupida-,sbuffai.

So che in un momento come questo posso sembrare solo una povera ragazzina acida e scontrosa,ma davvero,di Davis,ne avevo le tasche piene!Era possibile che dovesse essere sempre al centro del mondo?

Scossi la testa.-Che faceva?-.

Anche se si notava lontano un miglio la mia espressione scocciata,anche se la mia voce trasudava di nervosismo,anche se tutto in me gridava che doveva star zitta,Alice sembrò risollevarsi alla velocità della luce.Sbattè una paio di volte le palpebre felice e iniziò a raccontarmi da capo tutta la scena:dallo sbigottimento inizale,la confusione,l'entusiasmo e la delusione quando vide che si stava alzando e pian piano allontanarsi.

-Ovvio,mica poteva star là tutta la sera!-,commentai alla fine.

Sospirò appoggiando la guancia sul palmo della mano;-Io l'avrei fatto;dovessi vedere che bellezza,così,al buoi illuminato solo da pochi raggi di luna,immobile e fermo:sembrava un dipinto.Favoloso!-.

L'immagine di Davis,solo poche ore prima che Alice lo vedesse,seduto sul materasso,intento a sistemarsi,dopo quello che era accaduto,mi bloccò per un'attimo la respirazione e non potei fare a meno che dar ragione alla mia migliore amica:quando voleva Devis era proprio carino,e non solo.

Scossi la testa,allontanandomi da quei pensieri cosi sbagliati.

-Boh,se lo dici te-;per fortuna non notò il mio tono soffocato intenta com'era a ripensare alla sera prima.

-Era così...perfetto!Dio Nate dovevi essere là per capire-.

Non credo proprio...

-Era cosi surreale tutta quella situazione-.

-Brooke,forse stai un pò esagerando le proporzioni di tutta la vicenda.Okay,che hai scoperto che è il vicino di casa di Jack,e non tuo,e che era addormentato su un divano,ma non mi sembra poi tutta questa grandissima cosa-,stesi le braccia e sbuffai piano.

Alzò per un'attimo la testa dalla mano e mi illusi di averla fatta ragionare quando...

-Ma non stava dormendo!Anzi,mi sembra che stesse pure sorridendo mentre fissava il vuoto.Chissà com'è mentre dorme-,ridacchiò tornando nel suo mondo.

Bevvi il succo d'un sorso per non dover parlare.

Sorrideva.Sorrideva?Sorrideva!Com'era possibile.

Io avevo passato una sera infernale per i sensi di colpa e ripensando a quallo che avevo combinato mentre lui calmo calmo tornava a casa,si buttava sul divano e sorrideva allegro?ma che diavolo tiene in testa quel ragazzo?!

Cos'è aveva gia trovato un'altra fiamma con cui passare la sera o semplicemente era felice che finalmente era riuscito a fregarmi?Stupido idiota!

Strinsi i denti e borbottai un"andiamo".

Dopo aver pagato ci dirigemmo verso la scuola dato che ormai era ora.Per tutto il tragitto,mente Alice continuava a raccontarmi della sera precedente non feci altro che inveenire contro Davis e mi convincevo sempre di piu che era solo un'idiota che si divertiva a giocare e basta.Avrei avuto una mia vendetta in un modo o nell'altro.

No,di sicuro non sarei passata per la scema della sitazione.

 

 

Come avevo immaginato Benedetta aveva riferito tutto alla professoressa di matematica che con mia immensa fortuna però era troppo occupata a strigliare la classe per il compito in cui avevamo fatto pena per prestarle realmente attenzione.

Irritata già dalla situazione Davis/Ali non mi riuscii a trattenere dal lanicarle uno sguardo pieno d'odio e avrebbe fatto bene a non farsi trovare durante la ricreazione;Alice,invece non aveva battuto ciglio,ancora troppo su di giri per i miei gusti.

-Tutto bene?-,mi chiese quando suonò la campanella.

Mi accorsi di aver stretto troppo la penna e strirai i muscoli per riprenderne sensibilità.Sul palmo però c'era inciso il segno rosso di essa.

Scossi la testa;-Un pò di mal di testa.penso andrò a prendermi un tè alle macchinette,te che fai?-.

Sbuffò indicando il libro di scienze.-Dopo quella m'interroga.Mi sa che ci devi andare da sola...anzi,prendimi uno snack okay?Dopo ti dò i soldi-.

Annuii ma prima di essere uscita dalla classe sentii la sua voce chiamarmi e feci in tempo a recepire le parole con uno sguardo malizioso,in mezzo a tutto il frastuono chi i miei compagni stavano scatenando:-Attenta a Davis-.

Mi irrigidii,anche se le sue parole,dette da lei,non potevano aver lo stesso senso in cui le avevo recepite io;perchè se quelle parole dette da lei erano una semplice battutina,forse adirittura ad avvertirmi di non litigarci come ero solita far solitamente,mentre dal mio punto di vista,dalle stesse orecchie che erano presenti ieri sera,la frase assumeva tutt'altro aspetto.

Attenta a Davis,mel'avessi detto ieri,pensai scocciata sbuffando e uscendo finalmente da quell'auletta.

Ma mica le cose devono per forza mettersi male,no?E cavoli!

Quante persone sulla faccia della terra passavano notti brave e se la cavavano?Perchè proprio io avrei dovuto mettermi nei casini per...una semplice nottata.

Imboccai le scale,quando notai che la fila davanti alle macchinette era tremendamente lunga,e passarmi una ricreazione in fila solo per un pò di tè mi sembrava un pochino esagerato.

-Hei Micheletti!Hei!!-,mi voltai verso la voce che riconobbi subito.

Un ragazzo slanciato,forse troppo magrolino,con due occhi verdi mi si affianco appoggiandosi bellatamente alla mia spalla riprendendo fiato.

-Oh,ciao Filippo.Qual buon vento?-,sdrammatizzai scostandomi e riprendendo il mio percorso.

-Non me lo chiedere.Ho passato una settimana d'inferno e tutta colpa di quella vipera di scienze!!-,sibilò e non mi servii fissarlo per sapere che aveva assunto la solita aria da cagnolino bastonato,con tanto di testa incastrata tra le spalle.

Sorrisi.Non so se quello che mi lega a Filippo si possa definire semplice amicizia:lo vedevo molto simile ad un parente.Tipo un cugino di secondo o terzo grado,di quelli che non vai a cercare,ma che se te li ritrovi nella stessa stanza non puoi far a meno che chiaccherare e scherzare come se fosse il migliore dei tuoi amici.

Lui era questo per me:un cuginetto.

Lo avevo conosciuto per sbaglio due anni prima,durante le vacanze estive quando mi ha quasi messo sotto con la sua bici fuori dal supermercato.Dopo lo scontro mi aveva galantemente aiutata a raccogliere la spesa e mi a dato un passaggio fin sotto casa;mi ero ritrovata molto sorpresa quando,a settembre,lo vidi entrare dal mio stesso cancello,diretto nella mia stessa scuola e pure lui lo fù,sorpattutto dopo aver scoperto che ero un'anno avanti a lui dato che gli arrivavo a malapena al collo,anche se questo non gli impedii di abbracciarmi e chiaccherare con me,neanche ci conoscessimo da anni.

Un vizio,però,che si era preso fù quello di chiamarmi sempre per cognome.

In piu,dopo un paio di mesi,mi aveva confessato che preferiva chiamarmi così perchè nella mia scuola era quasi un privilegio conoscere uno dei componenti del duetto Davis-Micheletti,neanche fossimo i Brad Pitt e Angelina Jolie della nostra cittadina;che poi è pure una cosa stupida,dato che tra noi c'era solo odio e fastidio.

Se?E ieri sera che era?!

Scossi la testa e mi misi in coda,minore dell'altra,affincata sempre da Filippo e le sue lamentele sulla così detta "arpia" che se la prenderebbe unicamente con lui e che lo tratta con un'odio in cui potrebbe morir anche affogato.

-Ma ho una teoria io!-,incorciò le braccia chiaramente soddisfatto del suo pensiero.

-Se lo dici te-,borbottai troppo interessata alle scitte impresse sulla magietta della ragazzina che mi precedeva.

-Vabè te lo dico comunque!-,alzai gli occhi al cielo,-E' tutta una copertura la sua,e crede ancora che io ci possa cascare-.

Alzai un sopracciglio.-Copertura?Per cosa?-.

Inclinò il capo,-Per non ammetter la sua incontrollabile passione per il sottoscritto-,ammiccò.

Dopo un secondo di smarrimento in cui immaginai la prof di scienze,la Belletti,in atteggiamenti poco casti con Filippo,alto tre metri e magro come un chiodo,e non riuscii a trattenermi dallo scoppiar a ridere.

E pure in modo forte,dato che diversi alunni si voltarono nella mia direzione per fissarmi confusi/curiosi.e soprattuto lo sguardo divertito di Filippo.

-Ha!Sono finalmente riuscito a farmi dare un pò d'attenzione da parte tua-.

Scossi la testa cercando di trattenere gli singhiozzi che mi venivano sempre quando ridevo troppo forte;ecco questa era una sua qualità che amavo:la leggerezza e,lo sò che fà tanto discorso da vecchi,la sua giovinezza.In tutto e per tutto era un bambino,il mio Fili.

-Spero te sia soddisfatto ora-.

Annuii.-Si,e anche le immagini di me e l'arpia in un lettone le posso sopportare per questo suono-,si finse ammirato per poi tornare a fissarmi.-E poi come poterebbe amarmi quella:è ovvio che vorrebbe squoiarmi-.

Appoggiai una mano sul braccio(la spalla è decisamente troppo alta per me).-Potrebbe,mio caro,potrebbe.Si sa che dietro all'odio c'è sempre un pò d'amore-.

Prima di poter anche solo rispondermi,una voce,LA voce,bloccò ogni tentativo di Filippo e gelando contemporaneamente me sul posto.

-E così devo pensare che sotto sotto mi ami,Micheletti?-.

Mi voltai verso Davis,sentendo gia il mio animo di sfida tornar fuori.Per una secondo il suo sorrisetto mi fece tentennare,mentre immagini della sera precedente si fecero vivide nella memoria come a voler ricordare la loro esistenza e ricordarmi,soprattutto che dovevamo ancora parlare di quel che era accaduto e chiudere questa storia prima di farmi venire troppi sensi di colpa.

-Oh,sii Davis.Non te l'avevo ancora detto?Sono perdutamente innamorata di te-,sbottai rendendomi fiera di me stessa e della mia voce decisa e sicura.

Arricciò appena il naso,-In tal caso,spiacente,ma la cosa non è reciproca-.

Sporsi il labbro inferiore e sbattendo piu volte le ciglia;-Non dire cosi,mi fai soffrire-.

-Scherza pure-.

-Sti dicendo che tra noi è finita,tesoro?-,sorrisi ironica.

Abbassò per un'attimo lo sgurado e quando tornò a incrociare i miei occhi,la ua espressione mi fece raggelare.Pian piano un sorrisetto affiorò sul viso;-E' appena cominciata,Micheletti-.

Tornai seria sul colpo:che voleva intendere?C'entrava con la notte scorsa o solamente stava giocando?Dannazione!

Ripresi il controllo.-Spiacente ma sono io ora ad aver fatto inversione di rotta-.

-Non per molto-.

-Contaci pure Davis,ma sono abbastanza testarda-,sbottai.

Ridacchiò.-Strano,ma credo che riuscirei a piegarti,se mi ci metterei d'impegno-.

Sbuffai,per nulla intimorita dalla gratuita provocazione e accenno alla sera prima;-Tutti possono prendere un'abbaglio,ma non capiterà a me-,non di nuovo almeno,avrei voluto aggiungere,ma sarebbe stato troppo rischioso.

-Non ci credo-.

-Fa come vuoi-,lanciai uno sguardo alla fila che mi precedeva e mi accorsi che come al solito tutti erano intenti a fissarci,allungando le orecchie stile cartoni animati e che non si decidevano a darsi una mossa.-Anzi,mi hai fatto pure passare la voglia di star qui:Addio Davis,a mai piu-,sbottai.

Feci inversione a U e mi avviai verso la classe,sicura che Fili mi stesse seguendo,a gioudicare dai passi incerti e striscianti che mi segiuvano.Arrivai al mio piano non prima però di sentire la voce di Davis urlare:A presto,Micheletti.

Sbuffai facendomi largo tra la folla.

-Oh Mio Dio-.

Il commento estasiato di Filippo,però mi convinse a fermarmi e a fissarlo negli occhi,che emozionati,sembravano sorridermi.-Che c'è?-.

-Non ero mai stato cosi vicino da sentire una delle vostre liti e ora sono sicuro che tutti sappiano che ti conosco,dato che ti ero attaccato,ma...wow!Come litigate voi,ragazza,non lo fanno neanche i miei-,sorrise.

Alzai un sopracciglio,scettica.-Sono felice di diffondere cosi tanta gioia nel mondo-.

feci per girarmi,ma la sua mano sul mio braccio mi bloccò.

-Seriamente però sembrate due fidanzatini.Io stesso all'inizio lo credevo,quando vi vedevo in mezzo ai corridoi mentre giocavate-.

-Noi non giochiamo,noi ci insultiamo-,precisai.

-No,voi giocate.Sono sicuro che mai avete fatto o detto qualcosa di troppo esagerato,sconfinando che ne so,nella vita privata dell'altro,come famiglia,amici piu stretti e altro.Si vede che vi volete bene-,annuii convinto mettendo su l'espressione piu seria che gli abbia mai visto addosso.

Scoppiai a ridere.-Volerci bene?No.no,no Filippo.Se vuoi vivere seneramente in questo istituto devi imparare delle cosucce-,sorrisi,-Punto uno:io e Davis,mai e dico mai ci vorremo bene.Punto due:Io e Davis litighiamo e anche pesantemente se è brutta giornata.Punto tre:non sono un'attrazione da circo,le nostre liti,ma semplici scambi di opinioni e non serve che dei marmocchi ci stiano sempre intorno o che ci afficnhino come,senza offesa,ai appena detto di fare tu solo per farsi vedere.Punto quattro:tutto quello che diciamo,o che dico dato che non sò,fortunatamente,quello che gli passa per la mente a quell'essere,è la pura verità.Punto cin...-.

-Si,si vabbè ho compreso-,sbuffò sventolando la mano e interrompendomi.

ormai era diventata un'abitudine non farmi finire le frasi.

-Spiegami solo una cosa allora,e poi giuro che non mi immischierò piu-,sbottò incorciando le braccia al petto.

-Spara-.

Inclinò la testa di lato.-Perchè ogni volta che siate a meno di nove metri l'uno dall'altro vi fissate sempre,anche solo un'occhiatina e litigate sempre,in ogni momento,ogni giorno,ogni volta che potete?-.

Boccheggiai un'attimo,insicura su quello da dire.Davvero?Era serio?Non mi ero mai accorta allora di tutto ciò,prima d'ora.

Scossi la testa.-Non è vero che litigh..-.

-Pensaci bene:sai che non ho torto-,sorrise gia vittorioso.

Strinsi le labbra cercando di scacciare quella stupida vocina che gli dava ragione.Io non lo fissavo.Non litigavo sempre con lui.Non ci parlevamo tutti i giorno;Ad esempio c'era quella vlta in gita,che avevamo perso il bus...no,avevamo litigato.Ma c'era stato San Valentino che non gli avevo rivolto la parola...no,mi aveva presa in giro perchè non avevo il coraggio di regalargli i cioccolatini e dicendo che non sapevo cucinare neanche un biscotto.O quella volta che ero a fisica...no,mi aveva fatto lo sgambetto.

Strinsi forte i denti.-Ohhh vabbè!!E anche se fosse?litighiamo comunque,ci odiamo comunque...c'è poco da dire-,sbottai infuriata,piu con me stessa che con lui.

Anzi no!Ero arrabbiata con lui:chi diavolo era,il mio pscicologo?Ma che si facesse gli affari tuoi.

-Suscettibile,vuol dire che ho toccato un tasto dolente,primo sintomo-,sorrise.

-Se è sintomo di incazzatura allora hai ragione perchè sono furiosa ora-.

-No,no Natalie,ma non serve che te lo spiego,lo capirai molto presto se continui cosi-,indiettreggiò,lascinadomi lì,immobile e a bocca aperta,confusa sui suoi discorsi,fino a che non lo vidi ormai intento a girare l'angolo.

-capire cosa?!-,urlai prima di potermi zittire.

Ma ovviamente non ricevetti risposta,tranne alcuni sguardi di alcune ochette appicicate alla finestra,che mi fissavano e si sussurravano qualcosa all'orecchio ridacchiando.

Come benzina,presi fuoco e prima di esplodere definitivamente corsi a chiudermi in una delle cabine del bagno e a prendere il controllo che avevo perduto per poco,poco prima.

Mi diedi una rinfrescata e uscii segiuta dal suono fastidioso della campanella.

Strinsi i denti sentendo lo stomaco brontolare,ancora,e sbuffai rigirndomi le moetine tra le mani dicendo addio al mio tè ed alla merendina di Alice.

E rieccolo,il pensiero di Alice mischiato a Davis e me,con un bel materassino:dovevo affrontarla e basta,smettendola di pensarci.

Era arrivato il momento,no?

 

NdA:)

Salve a tutti:)Inanzitutto grazie per le recensioni...siete gentilissime davvero!e gazie anche a tutti quelli che leggono senza farsi sentire!!Lo so lo so dovevo mettere il cap ieri ma mia sorella mi ha trascinata al cinema a vedere harry potter 7...l'avete visto voi?non è bellissimo??io l'ho adorato!pieno di azione e soprattutto lilyyyyyy*-* io l'adoro lily:):)..hihihi...vabbè andiamo avanti,eh?

Il prossimo cap è più un collegamento con il 7...è piu una gran chiaccherata e mi serviva x far entrare in scena un pò di persone che ricompariranno nei prossimi cap futuri!!

Poi...rileggendo i vecchi cap mi è sorto un dubbio...devo passare al rosso?non vorrei ne essere esagerata ne togliere  nessuno l'opportunità di leggere,anche a chi non ha mai commentato perciò fatei sapere se sbaglio o faccio bene a mettere rosso cosi da calibrarmi anche x i futuri hot capitoli;)

X ultimo...vi piace l'immagine?:)

fatemi sapere e ditemi che ne pensate di queto cap!!:)

Ciao Je:):)

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Capitolo 6
*** 6.TI DOVREI DIRE MOLTE COSE ***


 

CAPITOLO 6

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Ti dovrei dire molte cose

 

Though it's easy to pretend

I know your not a fool

Should've known better than to cheat a friend

And waste the chance that I'd been given

So I'm never gonna dance again

The way I danced with you

 

[benchè sia facile fingere

so che non sei uno stupido

avrei dovuto sapere meglio

che imbrogliando un amico

sprecavo la possibilità che volevo mi fosse data

quindi non ballerò mai più

nel modo in cui ho ballato con te]

 

 

Sarah Lestini era il prototipo di brava ragazza. Quella con la famiglia perfetta con un padre avvocato ed una madre casalinga, una media scolastica perfetta, una sorella perfetta, il guardaroba perfetto ,le amicizie giuste e cose cosi; diciamo che sembrava nata dall'uovo di pasqua.

Io avevo avuto la sfortuna di ritrovarmici in classe assieme e chiaramente avrei continuato a sopportare la sua aria da perfettina fino in quinta superiore dato che non ci tenevo a restare bocciata e immergermi tra quelli piu piccoli; i primi due anni erano passati anche bene, io non paravo con lei e lei non parlava a me ed entrambe continuavamo a vivere seneramente. Fu in terza, durante gli esami, che la mia indifferenza verso di lei divenne fastidio profondo: uno di quelli che sembra scavarti all'interno se non dici la tua contro di lei. Da un giorno all'altro aveva iniziato a fissarmi male e venni a scoprire, con le mie fonti, che spargeva la voce che io fossi incinta del professore di ginnastica, un gran pezzo d'uomo.

Chiaramente non è nel mio DNA lasciar perdere, o chiudere un occhio e quando dopo una prima sfuriata in cui, orgogliosamente, ero riuscita a portala alle lacrime, avevo iniziato giorno dopo giorno a punzecchiarla fino a che tra noi si creò una vera e propria guerra fredda; una cosa che poi non sopportavo proprio era quella sua aria di dolce angioletto che metteva su quando un prof le prestava attenzione o quando un essere di razza maschile le rivolgeva la parola.

Patetica.

O forse ero io la patetica che continuava a fissarla incazzata durante l'interrogazione di storia solo perchè era ormai ovvio che sarebbe riuscita a portarsi a casa un altro otto o nove, cosa che a me non capitava mai.

-Se continui cosi prenderà fuoco-, bisbigliò Alice al mio fianco.

-Speriamo-.

Ridacchiò tornando a scarabocchiare sulla copertina del libro.

Sbuffai distogliendo lo sguardo e fissando i primini che correvano in cerchio all'aperto inquadrando gia quelli che cercavano di tagliare il percorso; Almeno una cosa di positiva c'era in quella settimana: educazione fisica.

L'unico momento in cui si poteva tirar un respiro di sollievo, e non solo fisicamente. E solo chi amava come me lo sport può capirmi.

C'è molto poco da dire su questo: tranne il sudore e qualche dolorino alle gambe l'ora di fisica era veramente un toccasana per me e alcuni dei miei compagni. Contrariamente però, persone come Ali, che di sport ne faceva il minimo indispensabile, io riuscivo a rilassarmi solo giocando a qualche partitella o facendo qualche garetta.

Sin da piccola seguivo un corso di danza che poi ho mollato, seguito da pallavolo e atletica leggera; niente diete ma molto sport...piu di cosi, che si puo avere?

Ancora un po’ per quella tortura e come meglio impiegarla se non farmi una corsetta mentale? Sempre per restare in tema.

-Ottimo ragazzi andate pure al posto-.

Prestai attenzione alla prof che, soddisfatta, stava gia scarabocchiando sul registro. -Allora...Scalzi ti sei meritato la sufficienza oggi, mentre Lestini ti va bene un nove piu? mi sembravi abbastanza preparata, ma di piu non posso darti-.

Sbuffai contrariata. E che avevo detto?!

-Certo-,civettuò la diretta interessata.

Alice al mio ennesimo sbuffo mi diede una pacca sul braccio, senza però poter contenere le risate.

-Allora ragazzi con oggi penso che il primo giro di voti si possa concludere, a meno che qualcuno che aveva preso l'insufficienza non desideri essere interrogato una seconda volta-, sorrise scorrendo l'elenco e adocchiando subito gli insufficienti, tra i quali, ne ero certa, c'era stampato il mio nome.

Neanche a dirlo che mi ero gia abbassata di parecchi centimetro, cercando di farmi coprire il piu possibile da Alex, lo spilungone della classe che per una volta apprezzavo davvero.

-Forse dovresti uscire te-, bisbigliò Alice.

Le lanciai un'occhiata che doveva essere tutto un programma dato che si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo, giocherellando con l'astuccio.

-Era per dire: hai gia tre brutte insufficienze e questa puoi recuperarla facilmente. Sarebbe una bella ventata d'aria fresca-.

Si, certo...-Non credo sia una buona idea Ali-.

-Dicevo-.

Alzai gli occhi al cielo sentendo il suo solito tono da cucciolo. Le lanciai un sorrisetto per farle intendere che non mi aveva dato fastidio la sua domanda; Il piu delle volte ero ironica e fredda senza neanche accorgermene. Il sorriso però mi morì sulle labbra quando ricordai quello che ancora non gli avevo raccontato. Ma come diavolo facevo! Io le volevo bene e non vorrei mai che mi giudicasse una stronza o che si arrabbiasse con me.

Ti dovrei dire molte cose Ali...

 -A proposito: non mi hai ancora detto dove sei sparita ieri-, sibilò avvicinandosi al mio viso.

Sobbalzai spaventata e sorpresa, sgarando gli occhi; Merda!!

Mascherai la sorpresa di quella domanda con un paio di colpi di tosse, non troppo forti-meglio non rischiare con la prof-, e feci un gesto allusivo con la mano.

-Una semplice punizione-.

-Tuo padre?!-.

Ti dovrei dire molte cose…

Scossi la testa. -No, no la preside. Ha pensato bene che tenerci segregati a scuola per delle belle orette di lavoro sarebbe stato molto istruttivo-.

Si voltò di scatto .-Con chi?!-.

In automatico una maschera da poker mi scivolò sul viso impedendomi di dar sfogo alla mia preoccupazione e…qualcos’altro che ancora non avevo compreso cosa fosse.

Ti dovrei dire tante cose…

La risposta era chiarissima ad entrambe e aveva capito benissimo con chi avevo condiviso la detenzione dato il luccichio improvviso dei suoi occhi. -Davis, chi altrimenti?-.

Emise un verso tra un urletto ed un gemito tendendosi meglio verso di me.

-Per la storia del pugno? e che è successo? che avete dovuto fare?-.

Ti dovrei dire tante cose…

Roteai gli occhi sbuffando scocciata;-Ma perchè tutti ricordate esclusivamente il mio pugno? vorrei ricordarvi che anche Davis ha avuto la sua fetta di colpa ,infastidendomi per primo e soprattutto facendomi rischiare l'osso del collo-,sbattei malamente la braccia sul banco,-cioè insomma, avrei potuto restare paralizzata a vita: a nessuno frega?!-,alzai il tono di voce senza accorgermene.

-Micheletti! Ha qualcosa di cui discutere con la classe o il suo è soltanto un'altra delle sue crisi?-,ironizzò la professoressa attirata dal mio tono.

Sorrisi falsamente. Un'altra cosa che non sopportavo? L'ironia gratuita, soprattutto se rivolta verso di me e soprattutto se proveniente da un'insegnante. E si, le cose che odio sono veramente moltissime...

Scrollai le spalle. -No, no non si preoccupi. Stavo solo commentando il milionesimo voto positivo della Lecchini...pardon, volevo dire Lestini-.

La professoressa si limitò ad ammonirmi con lo sguardo tornando a rivolgere l'attenzione al resto della classe.

Alice ridacchiò. -No che me ne dimentico. Solamente il pugno ha piu effetto di una spintarella: in fondo ne avete fatte pure di peggiori voi due-.

Come finire a letto assieme...Ti dovrei dire tante cose

-Si, non è il peggio-borbottai.

-Hei, ma che hai?!-,sorrise,-scherzavo sullo spintone; metti caso che non potevi neppure sfoggiare queste belle gambette, con che coraggio uscivi di casa?-,pizzicò una coscia facendomi sussultare.

-Tieni le mani a posto, ragazza-, sibilai,-e comunque mica servono belle gambe per avere un pò d'autostima-.

-Dici cosi perchè non hai quel problema, ma se non fosse cosi avresti gli stessi complessi di qualunque ragazza-, annuii con aria sicura di sè.

La fissai per storto.- No ti sbagli, non me ne frega nulla di quello che pensa la gente-.

-Si, si il giorno in cui metterai su peso ne riparleremo-.

Scossi la testa recependo il segnale di "argomento chiuso".

Sospirai di sollievo, senza farmi sentire per il cambio di argomento e per la sua parlantina che riusciva a saltare da un argomento all’altro;

Con un’occhiata veloce, percorsi tutto il suo profilo, dalla curva morbida del suo nasino alla bocca rosata fino al ciuffo biondo che ondeggiava seguendo tutti i suoi piu minimi movimenti;

Ti dovrei dire molte cose Ali…ma non posso farlo…

Prestai un pò d'attenzione alla prof che aveva iniziato a fare la solita predica che ogni anno veniva fatta, come una noiosa rutine che non finiva mai.

-Ragazzi impegnatevi. Manca davvero poco, un anno passerà in fretta, e prima che ve ne rendiate conto sarà già giugno e ben presto la maggior parte di voi, ma spero tutti, vi ritroverete davanti alle porte della maturità. L'esame non è uno scherzo e non dimenticate che una bocciatura resta nel curriculum e se ci tenete ad un buon lavoro per il vostro futuro e quindi essere indipendenti, dovete tirarvi su le maniche anche quest'anno, benchè siete in quarta e siamo ancora agli inizi-.

Per un attimo cercai di focalizzarmi, immaginando come sarebbe stato tra li ad un anno e mi resi conto, con molto rammarico, che le cose piu di tanto non sarebbero state differenti.

Lanciai un'occhiata all'orologio, piu per abitudine, e mi accorsi che ormai era ora di mettere via tutto; Inizia la raccolta di oggetti e buttai un pò tutto a casaccio nell'astuccio e in borsa.

-Bene ragazzi, buon fine settimana e non fate troppi casini-, ci salutò allegra poco prima che suonasse la campanella.

 

 

Prima di uscire dal cancello una scena rivoltante mi si parò davanti: Daniel .Davis ed una ragazza. Davis e una brunetta tutta curve che gli si stava struscicando addosso senza minimamente pensare che si trovasse in mezzo ad una flotta di studenti che visibilmente gli stava osservando, indicando e spettegolando sulla prossima vittima del ragazzo piu idiota sulla faccia della terra.

Spostai lo sguardo obbligandomi a camminare facendo finta di non aver visto nulla. Ma alla fine non era davvero nulla di nuovo, nulla che non si è gia visto;

-Nate! Hei Nate!!-,Filippo si fece largo tra la folla e sbracciandosi mi raggiunse, attirando troppa attenzione per i miei gusti.

-Ciao-, sbottai innervosita.

Il suo sorriso tremò appena;-Ti rompo?-.

-No, no dimmi pure-.

-Nervosa?-,riacquistò tutta l'allegria di poco prima.

Incrociai le braccia;-Se non la pianti, si molto-.

Ridacchiò. -Okay, come non detto. Vabbè volevo solo chiederti se ti andava di venire stasera in un locale nuovo. Cioè non è nulla di granchè ma mi hanno detto che è molto bello e spazioso e che la musica è davvero bella, e non solo la solita musichetta da discoteca, ma anche concerti dal vivo e che i prezzi sono bassi. Ma non preoccuparti, se non vuoi non importa, ma era cosi, solo per passare una serata allegra e poi ti volevo presentare dei miei amici che comunque volevano conoscerti dato che non credono che sei mia amica..-,parlò a macchinetta che difficilmente capii tutto quello che disse.

Mi venne spontaneo sorridere,-Hei, calmati e respira-, dopo che mi rassicurai che lo ebbe fatto continuai. -Devo chiedere prima a casa, sai per la storia della punizione, e poi ti faccio sapere, ma mi andrebbe proprio di distrarmi un pochino-.

Sorrise,-davvero? allora ti faccio mettere in lista-.

Annuii. -Mandami poi un messaggio-.

Si sporse e mi baciò la guancia, trattenendosi un pò troppo. Io, immobile e sbalordita, mi accorsi in ritardo che si stava gia allontanando quando sentii la vocina squillante di Alice raggiungermi con una delle sue battutine.

-Wow, ti dai da fare anche con i piu piccolini, eh?-,mi fece l'occhiolino ridacchiando.

Sorrisi;-No non cado cosi in basso-.

-Per ora-.

Ridacchiai individuando il mio passaggio a casa: l'auto di Mel, un'amica di Alice.

-Comunque dato che te sei sempre quella che non sa nulla mi sono documentata da sola, sapendo che chiaramente te non sapevi nulla di Clarissa-, continuò imperterrita Alice.

-Chi?-,voltai lo sguardo in tempo per vederla scuotere la testa e ridacchiare.

-CVD...Nat, come volevasi dimostrare, non sai un piffero come al solito, vero?-,tirò un sorrisino ironico a cui risposi con una normale occhiata di fuoco.

Odiavo quando mi prendeva per il culo.

Ridacchiò aumentando il mio istinto assassino;-Vabbè lasciamo perdere eh? comunque la cosi detta Clarissa, quella di III B è incinta-sibilò scioccata l'ultima parola come fosse una bestemmia,-Ti rendi conto?!-.

Mi stupii: okay che era giovane, ma che male c'era? se vuole prendersi questo carico, o se le è successo per errore o sbaglio solo lei potevano prendersene le colpe ,a meno che non decidesse di abortire. Quello era tutt'altra cosa, chiaramente, ma comunque non toglie che solo lei, o anche lui a seconda dei casi, dovesse prendere una decisione.

-Eddai Ali! Siamo nel ventunesimo secolo: quante ragazze restano incinta a quest'età se non prima?-,ribattei fermandomi.

Sbuffò. -Saremo nel secolo che diamine vuoi ma è stata una stupida cronica!!-.

-Non ti capisco-.

Incrociò le braccia al petto;-Allora se ti venissi a dire di punto in bianco che sono incinta te che mi diresti?-.

-Ti darei una sberla e direi che sei un'idiota-, scrollai le spalle e sorrisi sarcastica,-ma solo perchè sei te! come minimo riusciresti a far partecipare il tuo bambino ad un set fotografico per quelle campagne di mini giubbotti o mini vestitini-.

Assottigliò gli occhi;-si e il tuo crescerebbe con un'acidità talmente elevata da renderlo simile a Hulk-.

Raggiunsi Mel ridacchiando .- Si, dai era carina questa-.

Mi fissò per tre secondi prima di scoppiare pure li a ridere seguita a ruota da me lasciando cosi una Mel scioccata e confusa.

-Che mi sono persa?-,chiese quando ci eravamo un pò calmate.

Feci per rispondere la Ali mi superò, bloccandomi il passaggio e mettendosi di fronte e Mel.

-Oggi Natalie è di buon umore, goditela senza far troppe domande-.

Ignorai bellatamente il suo sarcasmo e mi accomodai nei sedili posteriori, frugando a casaccio nella sacca per trovare un pezzo di carta. Aspettai che si mettessero comode anche loro prima di riprendere a parlare.

-Comunque quando avrai finito di fregartene degli affari altrui, volevo avvisarti- ,scarabocchiai sul foglietto e glielo gettai malamente sulle gambe,- che la prof di scienze ha dato avviso che ti avrebbe interrogato la settimana prossima-notando dallo specchietto, che aveva abbassato solo per controllare che il trucco fosse al posto giusto, la sua espressione scocciata mentre recuperava il foglietto.

-Cos'è?-.

-Gli argomenti che dovrai sapere a memoria, cara mia-,sbattei le ciglia, felice di aver avuto una piccola vendetta indiretta.

Sbuffò ripiegandolo e mettendolo in tasca;-Quella mi odia-.

-Si ,soprattutto perchè non ci sei mai alle sue lezioni; che stranamente esci prima che arrivi e rientri cinque minuti prima che la campanella di fine lezione suoni-, ridacchiai,-Dimmi come non puoi biasimarla quella donna-.

Mentre Mel imboccava la strada verso casa mia, mi lanciò uno sguardo d'avvertimento che compresi subito :L'odio tra la Fiorucci e Ali era palpabile ogni volta che quelle due erano nella stessa stanza e le battutine reciproche che si mandavano erano sempre una continua sfida.

Certo, bisogna contare che la prof non ha mai messo una nota ad Ali,e di questo la mia amica doveva solo ringraziarla, ma sortiva in lei l'effetto contrario, dato che secondo lei questo era solo un modo per farla "rilassare" fino a fine anno e che alla fine gli avrebbe messo un 4 (se non di meno)per prendersi la sua vendetta.

E benchè i professori di solito sono oggettivi e nei limiti della stronzaggine, non ho mai osato dire il contrario dato che i sorrisetti che concedeva ad Ali erano molto espliciti. Il marchio "Te-Continua-Così-Che-Poi-Vedi" la caratterizzava sempre a fine di una discussione con la bionda che mi stava di fronte.

.Se quella vipera acida continua ogni volta che sono in classe ad infastidirmi con quell'aria da So Tutto Io ovvio che dopo un pò me ne vado e col cavolo che mi faccio viva-, sbottò riportandomi alla realtà.

Alzai un sopracciglio;-E' esattamente quel dopo un pò che stona-, scossi la testa,-Diciamo che proprio non ci sei, dall'inizio alla fine-.

Mi lanciò uno sguardo di fuoco e iniziò a brontolare insulti verso la "vipera" e il suo modo di commentare ogni cosa che faceva.

Individuai la staccionata di casa mia e mi affrettai a raccattare la mia roba; Mel si fermò dietro all'auto di mio padre e mi rivolse un sorrisino, l'ennesimo della giornata, e dopo un saluto veloce smontai, lasciandola a subirsi tutti i farfugli di Ali.

Prima di poter attraversare il cancelletto, però ,sentì una voce chiamarmi e vidi Ali che, sporgente fuori dal finestrino ,con entrambe le braccia mi sorrideva con uno di quei sogghigni malefici che individuai subito come...

-Shopping oggi pomeriggio, ricordi?-,rise alla smorfia che di sicuro feci,-Ti passo a prendere dopo-.

Prima di poter ribattere erano gia ripartite e non mi restò altro che strisciare verso casa con l'umore tutto d'un tratto sotto le scarpe. Di sicuro papà era ancora a lavoro quando non mi restava altro che sperare che Bea avesse deciso di andare a mangiare con qualche amichetta;

Lanciai uno sguardo ironico alla staccionata color puffo che faceva a cazzotti con la tinta rosa albicocca della facciata di casa, mettendo in risalto i diversi gusti tra mia madre e mio padre;

Certo a quell’epoca era una cosa fatta con molta ironia, ma c’è sempre stato, bisogna ammetterlo, che i gusti dei miei erano a due capi del mondo completamente differenti;

Senza soffermarmi troppo sui dettagli cacciai fuori le chiavi e buttai la borsa sul divano del salotto dirigendomi in cucina: deserta.

-Perfetto-, borbottai con asprezza.

Ammetterlo è dura, ma litigare e essere sempre in collera con qualcuno della propria famiglia è davvero dura come cosa. Con un sospiro mi accomodai a tavolo, allungando appena un braccio dietro di me per acciuffare un pacchetto di biscotti col ripieno di mela;

Un foglietto piegato a fianco del centrino fece bella mostra di sé, anche se era impossibile non notarlo data la grafia ondulata impressa sopra con una penna rosa. Lo afferrai trattenendo appena un altro sbuffo; solamente una persona usava penne regorosamente rosa e profumate.

Dopo aver vissuto anni con quelle tipo di penne potevo ufficialmente dire che avevo una vera e propria allergia per quell’odore di cocco e ciliegia;

Aprii il foglietto e per poco non mi cadde la mascella; No, no, no tutto ma non quello!!

Lo accartocciai con rabbia e lo gettai vicino al sacchetto di biscotti ormai abbandonato: mi era pure passata la fame, notai con una smorfia di disgusto mentre fissavo il sacchetto.

Ormai, pensai, tanto vale andarmi a fare un bagno veloce prima di cambiarmi.

Mi diressi al piano superiore verso la doccia cercando di non pensare a nulla che non fosse l’acqua calda su di me e il profumo del mio shampoo, scacciando tutto ciò che ormai non faceva altro che continuare a vorticare nella mia mente;

 

Il biglietto faceva mostra di sé, abbandonato sul tavolo in cucina, accartocciato e gettato malamente in un angolo del tavolo; un semplice pezzetto di carta, un’insignificante quadrato strappato da un vecchio quaderno.

Ma a volte basta una cosa semplice per crearne una altrettanto complessa, e sfortunatamente era proprio una cosa difficile che era saltata fuori con quel biglietto.

 

 

 

 

NdA:)

 

Alloooooooora ragazze…capitolo un po’ vuoto ma serve a me per introdurre idee e personaggi che piu avanti mi daranno una mano con la storia a darle un po’ di volume.

Come dice Nate, lei dovrebbe dire molte cose ad Ali, ma nessuna delle quali le sfugge dalle labbra.

Ma non sono cattiva e dato che il capitolo non ha nulla dentro vi lascio uno spoiler molto sostanzioso che vi preannunci che accadrà nel proximo cap:)….

Me lo lasciate ora un commentino please?....silenzio in aula…okokok sono ridicola -.-

 

Spero di sentirvi presto…

Baci Je:)

 

 

SPOILER

 

“Ero pronta a congedarla con un no grazie, come poco prima, ma una voce mi precedette[…]-Oh, non si preoccupi. La mia ragazza è una timidona, ma ora ci penso io-, un braccio mi cinse la vita.

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Capitolo 7
*** 7.DOMANDE ***


CAPITOLO 7

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Domande

 

What hurts the most

Was being so close

And having so much to say

And watching you walk away

And never knowing

What could have been

 

[Ciò che fa più male

E' essere stato così vicino

Ed aver avuto così tanto da dire

E guardarti andare via

E non sapere mai

Cosa sarebbe potuto essere]

 

 

 

 

L’acqua fredda solitamente aveva un effetto molto calmante sui miei nervi, e grazie a non so quale divinità superiore pure questa volta non mi delude; pazzesco come tutte quelle fastidiose vocine nella mia mente di colpo hanno deciso di mollare la presa e lasciarmi respirare.

Certo, era anche abbastanza impossibile ignorare completamente quel piccolo spiraglio che sembrava ripetere come un mantra ,in continuo, senza sosta, i loro nomi: Alice, Davis, papà.

Ognuno di loro era un bel blocco da sopportare e solo provarci a ragionare o a concentrarmi su uno di loro, trascinava l’altro, a catena, come se fosse impossibile aggiustarne uno alla volta.

L’acqua fresca scivolava sciogliendo ogni nervo;

Ma questa sensazione non sembrò voler durare le goccioline che scivolavano ancora dopo che chiusi l’acqua assomigliavano ad piccoli spifferi d’aria soffiati sulla mia pelle fredda, come il respiro di una persona, le mie mani immerse nei capelli imbrattate di shampoo richiamarono alla memoria un altro tipo di mani, con palmi caldi e morbidi e dita lunghe che massaggiavano ciocca a ciocca, dalla radice e scendendo stringendo ogni tanto e tirando, senza far però male.

Mi accorsi troppo tardi che stavo pian piano ripercorrendo la sera in palestra, soffermandomi sulle scene piu dolci e su quelle piu sfuocate, che non ricordavo bene e, ad occhi chiusi, cercai di riavvolgermi in quella sensazione che avevo avuto quando era entrato dentro di me, con un contatto cosi intimo che subito sentii le guance colorarsi.

Mai avrei creduto che avrei permesso a Davis di avvicinarsi cosi tanto ad un aspetto di me, o semplicemente anche solo di avvicinarsi cosi a me. Era stato cosi…stupido quello che avevo fatto!!

Per cosa poi…una ripicca? Certo, verso mio padre e verso Ali e verso chiunque abbia anche solo pensato che io fossi prevedibile, sempre la stessa, che non avessi il coraggio per una volta di far di testa mia, come se andare a letto con uno mi rendesse piu indipendente dall’idea che la gente si era fatta di me; Ma era davvero cosi?

No. Dura da ammettere, ma fare quello che avevo fatto dava completa ragione a chiunque che diceva che fossi infantile. Io non sono cosi! Io non vado a letto col primo che passa solo per hobby e soprattutto non sarei mai stata cosi stupida da andare con Davis.

Ma l’hai fatto, no? ,zitta stupida vocina. Di sicuro non mi serviva il mio inconscio per farmi sentire ancora di piu pentita.

Perché si, ero pentita di quello che avevo fatto; Non dovevo farlo, e non per Ali o mio padre-anche se una parte di me si dispiaceva soprattutto perché avevo fatto ad entrambi un torto, anche se in modo diverso-, né perché tra tutti quelli che potevo scegliere avevo deciso di farlo con Davis, ma perché io non faccio cosi; Cosa mi differenziava da una di quelle troiette che tanto mi divertivo a giudicare se poi facevo come loro? Nulla.

Appoggiai stanca la fronte contro le piastrelle fredde della doccia, rivolgendo lo sguardo al soffitto;

Okay, pensai ormai all’ultima spiaggia, facciamo il punto della situazione e risolvere un po’ di complessi mentali prima di fondere quei pochi neuroni ancora in vita.

Sono andata a letto-che poi sarebbe un vecchio materassino da esercizi della palestra scolastica- con Davis ed ero consenziente, e fino a qui ci siamo.

Alice è cotta, o ha una sottospecie di cotta per Davis e dirle che la sua migliore amica, ancora per poco, c’era andata a letto non era la miglior cosa se volevo essere ritenuta ancora una sua amica; Quindi qui le opzioni sono due: o le dico tutto e mi metto in pace la coscienza, o non le racconto nulla, per il suo bene, e avrei trovato un accordo con la vocina del mio subconscio perché non mi perseguiti a vita. Hum, la seconda non era poi tanto male dopotutto!!

E con che coraggio la guarderesti ogni giorno sapendo di averle mentito?, e rieccola!

E poi dannazione, non mi ero innamorata di Davis, è stato solo un blackout di poco in una squallida palestra e in un squallido modo, per dirla tutta, e molta gente riesce ogni giorno a convivere con un piccolo segreto…se poi Alice si risveglia da questa strana fase rem dove crede di provare qualcosa per Daniel Davis che supera la semplice attrazione allora le confesserò tutto! è successo una sola volta, e con un po’ di buona volontà potrei anche riuscir a dimenticare e fingere nulla; In fondo non mi ero dimenticato quello che mi aveva detto, subito dopo, prima di lasciarmi anche solo il tempo di infilarmi le mutande.

Non lo saprà mai nessuno.

Come se poi potessi anche solo farmi passare per la testa di andare a raccontarlo in giro. Mica ero cosi stupida da rallegrarmi solo perché ero riuscita a far eccitare uno come Davis!!

Chiusi con forza il rubinetto dell’acqua e scostai i capelli che si erano attaccati sulla fronte; Basta problemi ,basta complessi e basta Davis nei miei pensieri. Di sicuro non avrei rovinato la mia amicizia per una cosa valsa meno di zero, e che soprattutto avrei ben presto rimosso dalla mia mente.

Finalmente piu libera uscii e mi legai un telo, lanciando uno sguardo all’orologio digitale che stava in corridoio,15.04.

Alice sarebbe arrivata tra poco, meglio muoversi.

 

 

 

Non amavo molto le vie piene di negozietti, e dopo un paio di volte che Alice mi aveva portato lì, senza riscuotere gran successo da parte mia si era messa il cuore in pace e avevamo puntato verso un semplice centro commerciale, dove però qualcosa riuscivo sempre a trovare di mio gusto; Preferivo molto di piu qui, immersa in un mare di gente che in un piccolo negozietto con capi da minimo 30 euro, soprattutto perché non mi sentivo costantemente osservata. Era come se appena messo dentro un piede subito lo sguardo fintamente allegro della commessa ti osservasse in ogni minimo spostamento che facevi, quello che toccavi, guardavi o ti soffermassi troppo  a tenerlo in mano senza provarlo; mi sentivo a disagio: si, quello era uno dei pochi luoghi dove mi sentivo davvero a disagio starci.

Nulla a che vedere con il centro commerciale.

Mi piaceva starci, lì,e passarci anche un intero pomeriggio. Compravi qualcosa, ti sedevi ,andavi a mangiare qualcosa da Spizzico o McDonnald’s libera di muoverti. Era grande e pieno di vetrate che mi sembrava quasi di stare all’aperto, ma protetta dal freddo d’inverno o dal caldo d’estate, e pieno di famiglie, come piaceva a me.

Quel giorno con Ali e due sue amiche conosciute in piscina, Elena e Camilla, però qualcosa mi impediva di apprezzare il clima del centro commerciale e dopo ben quattro negozi non avevo ancora toccato il portafoglio e di divertirmi con le altre.

Dovevo risultare abbastanza nervosa anche a gli occhi di Alice perché dopo neanche un’ora di compere con una scusa mi trascinò ad un negozio opposto a quello delle altre, che erano ancora impegnate a provare un paio di jeans corti; Mi afferrò malamente per un polso e mi fece mettere con le spalle ad un camerino, parandosi di fronte a me con l’espressione piu scocciata che gli ebbi mai visto addosso ,completa con braccia incrociate sotto al seno.

-Okay, ora mi dici che hai!-,sbottò.

-Io? Nulla!!-;voce troppo stridula.

Sbuffò alzando gli occhi al cielo;-Oh, andiamo Nate, non prendermi per stupida! Si vede a un miglio di distanza che non sei per nulla qui con la testa e non credo che sia perché ti annoi senò avresti trovato una scusa per tornartene a casa un secolo fa, quindi ora puoi dirmi che diavolo ti prende?-.

Merda. Spostai lo sguardo su un manichino vicino a lei troppo poco vestito per essere esposto, ma mi accorsi solo in quel momento che fossimo capitate in un negozio di intimo; voltai il capo dalla parte opposta nervosa, sentendo per la prima volta tutti i muscoli del collo contratti e indolenziti.

Infilai le mani dentro le tasche, facendo mezzo passo indietro.

-Sei arrossita?-,la voce sorpresa e incredula di Alice mi riportò alla realtà, facendo sentire la sua presenza accanto a me.

-Cosa??!No, ma che cavolo dici!-,sbottai fin troppo nervosa per capire che con quella uscita era una chiara ammissione che ero davvero arrossita; ma lo ero davvero? strinsi forte i pugni per non portare la mano sulle guance per costatare la temperatura.

Alice, non essendo a conoscenza dei miei pensieri mi fissò confusa e infine abbassò le braccia lungo i fianchi e scosse la testa.

-Me lo dici che ti succede?-,il suo tono si era abbassato di molte ottave e aveva abbandonato anche la sua aria da ispettore.

Incassai la testa tra le spalle;-Nulla, ho solo…litigato con i miei. Si,lo sai, come al solito, nulla di grave-, cercai di abbozzare un sorriso.

Avevo detto una mezza verità, no?

Diciamo un quarto di verità…

Ignorai la vocina e mi concentrai su Ali che non aveva ancora abbassato il radar, dato che continuava a scrutarmi cercando una nega nel mio sguardo a quello che avevo detto o a spronarmi ad andare avanti.

E che diavolo arei potuto aggiungere senza passare per stronza?

Ma era davvero cosi? era stata solo una svista, non la stavo forse facendo troppo grande? Ero pessimista di mio, e questo lo sapevo, forse dovevo solo tentare. Okay, c’ero andata a letto e non lo avevo detto subito, ma avevo rimandato il momento, ma adesso è lei a chiedermelo. E’ lei che vuole sapere che mi sta a chiedendo nella testa, è giusto dirglielo. Che migliore amica posso essere se non riesco ad essere sincera con lei? Non lo ero è ovvio.

Lei doveva saperlo perché a parti inverse io l’avrei visto come una mancanza di importanza. Non era nulla di grave e se io e Davis potevamo fingere che non fosse accaduta e che mai piu si sarebbe ripetuta anche Ali l’avrebbe capito.

-…questa volta?-;Sentii solo la fine della sua frase e mi affrettai a scusarmi e chiesi di ripetere.

Il suo sorrisino derisorio mi spronò il mio inconscio a trovare le parole per iniziare il discorso;-Hei, allora oggi sei proprio persa eh?-,ridacchiò,-Che hai combinato stavolta? E’ andata peggio del solito?-.

-Oh, bè, no. Cioè come al solito, sai?-.Oddio ero davvero io che dicevo quelle cose con quella voce? dannazione Nate ripigliati!!Che diavolo stai dicendo, metti in moto il cervello e smettila con tutte queste pippe mentali, okay?

Di sicuro non è parlando cosi che sembrerai normale.

Schiarii la voce, senza riuscire però ad eliminare quel groppo che mi impediva di essere davvero sincera nel tono;-Mi padre e le sue solite pillole di vita, ma non è stata piu dura del solito-, sbuffai sciogliendo un po’ di muscoli,-Ci vuole di peggio per buttarmi al tappeto-.

Tappeto…materasso…materassino…palestra…Oh! e basta diamine!!!            

-Hem vi serve aiuto?-.

Ci voltammo entrambe verso la commessa, che dall’altra parte del bancone ci fissava con un sorriso che aveva un che di inquietante, eclissandola con un no grazie;

Ali acciuffò veloce due completini dal ripiano e me ne ficcò uno in mano, fingendo di leggere la taglia della coppa; feci poco caso a quello che avevo in mano, ma mi concentrai per riuscire a scacciare o al massimo mascherare il subbuglio interiore. Sicuro: entro fine giornata avrei avuto un mal di testa colossale.

La presi pe un braccio allontanandola da quel punto e ci nascosimo dietro ad una lunga fila di completini con busto molto altro, che ci riusciva a oscurare allo sguardo per nulla rassicurante della commessa.

-Odio quei sorrisini; sembrano tutte fatte di lattice-.

-Dici che mi dona il verde?-.

Parlammo in contemporanea, ma Ali sembrava troppo rapita a osservare il completino che teneva in mano per prestarci attenzione.

Alzi le spalle;-Sei bionda. Se non è troppo scuro ovviamente ti starà bene-.

Piegò la testa, voltano il pezzettino minuscolo di stoffa per rimirarlo in tutti i punti possibili;-Dici? Mah, sono anche abbronzata e non so..-.

-Provalo allora-, sapevo benissimo che lo voleva provare e infatti non mi lasciò finire di parlare che si stava gia chiudendo la tendina dietro di sé urlano un “fai la guardia” come si faceva alle medie per paura che i maschietti entrassero di nascosto nei gabinetti delle femmine.

Prestai un po’ d’attenzione ai capi riposti di fronte a me, cercando di capire in che ordine fossero sistemati, un giochino che facevo sempre da piccola con mi padre quando mia annoiavo a stare ferma ad aspettare che scegliesse una maglia; mio padre era peggio di una donna in fatto di compere e non si decideva mai se comprare o meno un capo, e alla fine finiva sempre allo stesso modo, tornando a casa senza nessuno dei due accompagnata dalla sua solita lezione di vita: se non sai scegliere tra due problemi, importi di scegliere non è una soluzione.

Afferrai un completino azzurro e verde abbastanza carino; non compravo granchè in negozi come quelli, ma a casa avevo un paio di completini abbinati che non avevo ancora usato, e la mia mancanza di fidanzati nella mia vita era una buona scusa per non dovermi umiliare indossandone uno. Alcuni erano talmente corti e talmente aderenti che mi stupivo che avrei mai potuto indossarli senza romperli.

Quello invece era carino.

A due pezzi azzurro, coppe decorate con pizzo verde e un perizoma molto mutandina che mi piaceva, anche perché io odiavo i perizomi; Era molto semplice, ma per quello che mi serviva a me-e cioè nulla-, sarebbe potuto andare bene.

-Io credo che una tonalità piu scura le andrebbe bene per l suo tipo di pelle-, sussultai sul posto sentendo la voce della commessa alle spalle.

Mi voltai di colpo registrando a malapena il suo sorrisetto plastificato prima che lei si spostasse di poco e afferrò qualcosa alle mie spalle; non mi voltai a vedere, ma quando mi posò davanti a gli occhi lo stesso identico completo, solo di un azzurro tendente al blu mi ricomposi;

Ero pronta a congedarla con un no grazie, come poco prima, ma una voce mi precedette, impedendomi di cacciarla e un profumo mi colpi forte, bloccandomi per un minuto buono la respirazione normale.

-Oh, non si preoccupi. La mia ragazza è una timidona, ma ora ci penso io-, un braccio mi cinse la vita facendomi fare mezzo passo indietro e sbattere contro un petto che, dannazione!, conoscevo troppo bene. Troppo, piu di quanto avessi mai voluto.

Ridacchiando la commessa si eclissò da sola con un,-Certo, fatemi sapere se avete bisogno- ,e riconobbi subito il tono, magicamente modificato, da ochetta.

5 secondi: Un respiro profondo, occhi chiusi a forza, pugni stretti, posa rigida…5 secondi soltanto.

-LEVA QUEL CAVOLO BRACCIO DAL MIO CORPO!!-,riconobbi a stento la mia voce, ma ci badai ben poco, concentrata com’ero a sfuggire a quella presa e a voltarmi a fronteggiare quel maledetto di Davis, che ridendo si piegò in due, tenendo una mano sulla pancia e una appoggiata al manichino per reggersi.

Mi lanciò uno sguardo di sfuggita e notai tutto il suo divertimento;-Sshh, Micheletti vuoi forse farci scoprire?!-.

Strinsi i denti.-Tu.Sei.Un.Vero.Idiota-,sibilai con rabbia.

Dio che razza di stupido essere mi ritrovavo di fronte! Lo vidi prendere dei lunghi respiri per calmare l’eccesso di risa che ,chiaramente, non poteva trattenere.

Quando rialzò in fine lo sguardo su di me, dovetti avere in viso un’espressione estremamente divertente dato che lo trascinò in un altro attacco di risa; piu scocciata di prima, e sull’orlo di un esaurimento nervoso per colpa di tutte quelle pippe mentali che mi ero fatta fino a prima sempre per causa, non riusci a trattenere dal tirargli una pacca, sperai abbastanza forte, sul braccio sbilanciandolo di poco indietro.

-La vuoi piantare?!Non è giornata, quindi vattene che oggi non sono proprio dell’umore per sopportarti, va bene?-,sbottai cercando di non alzare troppo il tono e riempire la frase con tutto la stanchezza, il fastidio e l’odio che provavo in quel momento.

Stavolta riuscii almeno a farlo smettere di ridere, dato che si ricompose e mi osservò assumendo un’espressione concentrata che in pochissime volte gli avevo visto usare.

Piegò appena gli angoli della bocca.-Hei stavo solo scherzando non devi mica scaldarti-.

Scaldarmi? Alzai un sopracciglio. -Oh credimi mi stò fin troppo trattenendo-.

-Non riesco ad immaginarti piu acida di cosi, sai? Solitamente raggiungi un livello di incazzatura molto elevato per una semplice sedicenne; non ti voglio neppure immaginare tra vent’anni-, sorrise divertito.

Affilai lo sguardo. -Ho diciassette anni, cretino. E te se continui cosi neppure ci arrivi ai prossimi vent’anni-.

-Vedi? Sei acida-.

Mi trattenni dal pestare a terra i piedi come una bambinetta capricciosa e mi voltai, decisa piu che mai ad ignorarlo, ma lui non sembrava della mia stessa intenzione dato che mi seguii;

-Non dirmi: ho di meglio da fare che stare a parlare con un essere come te, Davis-, storpiò malamente la sua voce, cercando di farla assomigliare ad una femminile o alla mia.

Parlai senza voltarmi;-Sbagli, ma ci sei vicino-.

-Illuminami allora-.

-Sostituisci “l’essere” con idiota e puoi concorrere all’oscar-, sorrisi falsamente girandomi ed arrestandomi di fronte ad un pezzo di negozio neutro a cui mancassero pizzi e merletti.

Sorrise;-Sei un amore Micheletti-.

-Oh, lo so Davis-.

Scorsi una scintilla nel suo sguardo che non seppi classificare e che mi colse impreparata insieme al suo sorrisino mezzo divertito e mezzo…non seppi come classificare neppure quello, ma lo sapevo gia che Davis avesse disturbi della personalità. Senza accorgermene sfilai qualche particolare a quella notte nella palestra dalla memoria e mi persi per un attimo, diciamo anche piu di un attimo, nel ricordo e nei suoi occhi che in quel momento mi fissavano indagatori, come se potessero leggere ogni cosa.

Mordicchiai il labbro inferiore per scaricare lo stress e per darmi un appoggio con la realtà per non farmi distare, ma vidi subito i suoi occhi seguire i miei movimenti e quando li riportò ai miei non ero per nulla preparata a quello che vidi e che mi fece immediatamente mollare la presa e boccheggiare in cerca di quell’aria che sembra essere sparita nel nulla.

I suoi occhi mi sembravano piu vicini, no, anzi era lui piu vicino, si stava avvicinando, facendo pochi passi lenti verso di me, senza mollare però la presa dal mio sguardo, calibrando ogni minimo movimento, per timore-paura?-che reagissi.

No, stammi lontano…

Cercai di dire qualcosa, ma il mio corpo non seguiva i miei ordini.

Non parlare, mi sembrava quasi di sentire sul serio la mia vocina che mi urlava di non muovermi; Non farlo…

Indifferentemente da quello che voleva dire la mia coscienza sapevo solo che il mio corpo era in blackout, e Davis era troppo vicino; Cosa voleva fare? Voleva baciarmi? Qui, dove avrebbe potuto vederci chiunque? Abbassai di riflesso lo sguardo sulle sue labbra e poi sui suoi occhi, andata e ritorno, senza sapere cosa aveva intenzione di fare;

Ma per fortuna non dovetti essere io a dover decidere, e neppure Davis, ma bensi Ali che sbucò proprio in quel momento da dietro una fila di magliettine a rete,trasparente,e feci in tempo a voltare il capo di scatto dall’altra parte prima di ritrovarmela a una decina di passi di distanza.

-Nate? Oh,eccoti, pensav…Daniel!!-,la sua voce mi raggiunse ovattata e non mi sorpresi se in quel momento avevo le orecchie rosse fuoco e, ma sì diamoci una bella pugnalata, la faccia completamente sconvolta.

Non spostai lo sguardo dal paio di calza che mi stavano di fronte cercando di dare un ritmo normale al mio respiro.

Che cavolo avevo fatto? O meglio dire che cavolo stavo per fare??Oddio mi sono completamente rincretinita, è ufficiale.

Davis al mio fianco, anche senza controllare sapevo che era messo come me, e sentii che si schiri con forza la voce prima di salutare Alice. In modo troppo freddo e formale per risultare normale, ma per fortuna Ali era talmente presa dall’averlo di fronte per curarsene.

-Non mi dire che sei venuto qui per sbirciare nei camerini-, scorsi il suo tono malizioso ed ero certa che sorridesse; Mi voltai per controllare e si, sorrideva ma la cosa che mi fece sgranare gli occhi era che fosse senza maglietta ed indossava il reggiseno che si stava provando.

Un po’ di pudore dico io! poteva esserci chiunque e di sicuro era dovuta passare davanti alla vetrina per raggiungermi.

-Beccato-, Davis ridacchiò passandosi una mano tra i capelli e rivolgendomi di sfuggita uno sguardo inquisitorio.

Sentii a malapena Alice domandargli se fosse solo.

-No sono con due della squadra di basket-, aveva recuperato il suo solito tono allegro, e sorrise facendo un passo in avanti; Un passo lontano da me, mettendo un po’ di spazio, quello che bastava per farmi riprendere fiato.

-Volete unirvi a noi? Siamo con altre due, ma è una noia-, ridacchiò mordendosi un pezzo di labbra e sporgendosi in avanti, mani sui fianchi.

Un moto di fastidio mi colse di colpo, portandomi a rispondere per lui senza starci troppo a pensare:-No!!-.

La mia voce suonò troppo squillante e i loro sguardi si posarono entrambi su di me. Merda.

Lo sguardo di Ali si riprese per primo dalla sorpresa e mi fissò accigliata prima di richiamarmi con forza ,lanciando un po’ di occhiate nascoste verso la figura di Davis. Figura che però non avevo il coraggio di guardare a mia volta.

-Cioè, volevo dire…io devo andare quindi vai solo te-, sorrisi posando il completino che stringevo ancora e senza veder bene quel che facevo, rigida come un pezzo di legno mi ritrovai fuori da quel negozietto soffocante e camminai diretta verso la scritta Exit, mai stata piu bella di come lo era ora.

Appena fuori presi un grosso respiro, placando quel senso di…sbagliato che sentivo. Come un masso posato dentro al petto e che mi impediva di ragionare lucidamente; Ma che diavolo mi stava succedendo? Avevo sbagliato! mai fatto un errore piu grande di quello che avevo fatto con Davis in quella dannata palestra.

Cosa avevamo combinato lo avremmo si sicuro pagato tra breve e non ero di sicura l’unica che sentiva che non potevo dimenticare quello che c’era stato, perché se anche le parole dicono altro ,i suoi occhi, li avevo visti, puntati sulle mie labbra e avevo letto benissimo quello che non aveva voluto nemmeno lui mascherare: era semplice desiderio.

Ma era sbagliato. Tutti ma non io e lui; io e Davis eravamo sbagliati…non c’era nulla di semplice in tutto ciò. No, non sarebbe mai stato niente di diverso da complicato.

Io ero complicata. Lui era difficile. Noi eravamo sbagliati…non c’è una soluzione, solo un dato di fatto.

Non è una domanda è una risposta. E non c’è nulla si facile in questo…

 

 

 

 

NdA:)

 

Buondì per chi è a casa in vacanza come me...mentre buona fortuna x chi il lunedì torna al lavoro!!Questo capitolo è un pò piu ripieno dell'altro e mi sembra che le cose si stiano un pò muovendo...uno o due capitoli e ci sarà una svolta molto grande;)Dovete solo aspettare...:):)

Non c'è altro da dire se non grazie a tutte quelle che commentano e anche a quelle che leggono e scappano via!...mi lasciate una recensione?daiiii se lo fate vi posto il proximo cap e ben presto anche una sorpresina in fase di lavoro...proviamo?dai!6 recensioni x qst e vi posto subito il cap...*-*vi voglio bene*-*.... ù_ù davvero non voglio far la lecchina ù_ù ...forse....

Baci Je:):)

 

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Capitolo 8
*** 8.TU NON MI CONOSCI ***


 

Ahhhh non so proprio che fare con voi ù_ù Vi ricatto e voi scrivete se non lo faccio sparite nel nulla!!

^-^Seiete tutte pazze...ma grazie x le recensioni che vi ho estratto^-^

cercate di non volatilizzarvi ancora ed ecco x voi il nuovo cappy come promesso:):)

*-*

 

CAPITOLO 8

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Tu non mi conosci

 

 

Do you ever feel like breaking down?

Do you ever feel out of place?

Like somehow you just

don't belong and no one understands this

 

[Ti sei mai sentito come se stessi crollando?

Ti sei mai sentito fuori posto?

Come se in qualche modo

non fossi adatto e nessuno lo capisca]

 

Mai come in quel momento casa mia mi sembrava cosi bella. Certo oltre alla sua bellezza avevo in mente le mie gambe doloranti e il mal di testa che sentivo da quando avevo messo piede dentro all’autobus che, grazie a non so quale grazia divina, era passato proprio nel momento giusto, per impedirmi di farmi piu di un’ora di camminata a piedi con tutti i miei maledetti pensieri. Dopo un pezzo di tragitto in cui avevo dovuto comunque camminare finalmente vidi la mia cara staccionata dei puffi. La serratura in quel momento mi sembrava troppo complicata e i tamburi dentro alla mia testa non mi aiutavano di certo per concentrarmi cosi mi accontentai di fare ancora una decina di passi ed entrare dalla porta del garage, collegato con la casa, ma sempre piu facile da aprire.

Socchiusi gli occhi quando, appena varcata la soglia, sentii la musica sparata a tutto volume dalla camera di mia sorella con una delle sue solite playlist piene di giovani e carini ragazzi che a malapena erano conosciuti su TRL, le solite boy band amate tanto dalle ragazzine e che durano meno di un’estate.

Mi diressi in cucina con un’umore ancora piu nero di quello che avevo prima; Tazzina secondo scompartimento, bustine di tè in alto a sinistra, microonde di fronte al tavolo.

Mi mossi veloce e in modo meccanico, riuscendo a classificare il mio mal di testa con i normali dolori pre-mestruazione e mi misi in azione prima che le fitte allo stomaco mi venissero a far visita. In fondo le avevo sempre avute regolari, non alla perfezione, ma sapevo quando e cosa aspettarmi ogni volta.

Seduta sul tavolo, con una tazza fumante di tè e una bottiglietta accanto di limone, mani premute sulla testa e occhi sigillati cercavo di pensare alla piu alta gamma di imprecazioni che potevo urlare dalla cucina in poco tempo, cosi da far smettere a mia sorella di cantare e ascoltare quella schifezza di musica neanche fosse ad un concerto, senza impiegarci troppo tempo e accorciarmi la tortura, ma per fortuna mio padre mi venne in soccorso facendo il suo solito, trionfale, rumoroso, ingresso in cucina. dalla porta del garage. Mia sorella abbassò di poco la musica venendo ad accogliere il suo papà.

-Natalie stai male?-,mio padre mi posò una mano sulla fronte prima che la spostai cercando di non essere troppo brusca.

-Cose da donna-, borbottai, sapendo che con questa giustificazione mio padre non avrebbe fatto uno dei suoi soliti interrogatori.

E infatti si alzò subito imbarazzato dando l’ordine a Bea di occuparsene lei.

Con su sorriso a trentadue denti mi si avvicinò sedendosi accanto a me e spostando la bottiglietta di limone; non mi toccò e fece bene, il mio nervoso era alle stelle questa volta, molto piu del solito e non era una cosa facile da controllare. Mio padre ancora ancora, era pur sempre un adulto e mi era stato insegnato che chi è piu grande deve essere trattato con rispetto, ma Bea…no, con lei non sarei riuscita a trattenermi.

-Vuoi che faccio qualcosa?-,il suo tono dispiaciuto mi fece innervosire maggiormente.

Alzai lo sguardo fulminandola e scostai malamente la tazza da me, ancora piena di liquido che traballò all’interno della ceramica e poche gocce caddero sul tavolo;-Si, mi faresti un favore se spegnessi quello schifo di musica che ascolti sempre-, mi alzai nervosa dirigendomi verso le scale trovando rifugio in camera.

Mi appoggiai sulla superficie della porta e presi un respiro profondo; Dio, come odiavo essere sempre cosi incazzata col mondo esterno.

Avevo mollato Alice senza tante scuse al centro commerciale, avevo combinato una macello con Davis e ora si aggiungeva alla lista mia sorella e il suo sguardo da cane bastonato; oh, senza dimenticarci delle mestruazioni che erano una punizione fin troppo dolorosa per essere donna.

No, non era una buona giornata.

 

 

Ero nello stesso negozio di quel pomeriggio; Davanti a me Ali mi sorrideva, indossava ancora il completino ,o almeno la parte superiore dato che il pezzo inferiore era nascosto dai jeans stretti. Mi guardava e si avvicinò di un passo, ma si immobilizzò sgranando gli occhi e fissando un punto vicino a me.

Confusa feci per avvicinarmi a lei, ma qualcosa non mi permetteva di muovermi dal punto in cui stavo; Abbassai lo sguardo sentendo a contatto con la pelle sensibile del ventre il calore di due mani, che calme e delicate ne percorrevano l’intera lunghezza e massaggiavano dolci la porzione di pelle sotto all’ombelico. Infatti le vidi, appoggiate sul mio ventre, grandi e famigliari.

Ruotai quel tanto che bastava la testa per incontrare i suoi occhi che mi guardavano divertiti, ma senza traccia di derisione, solo allegri.

Mi accorsi che ero appoggiata al suo petto e sentivo la mia pelle a contatto con la sua, registrando anche quel particolare: eravamo nudi.

Indossavo solo il completino che mi ero provata quel pomeriggio, mentre lui solo un paio di boxer grigi.

Un colpo; qualcuno colpì il legno.

Mi voltai e incrociai lo sguardo di Ali, e vi lessi solo delusione; Feci per giustificarmi ma Davis da dietro strinse maggiormente la presa sulla mia vita e un aroma dolce mi avvolse, donandomi una sensazione di benessere che mi fece morire le parole in bocca.

Stavo bene lì tra le sue braccia ed è una sensazione che mi sembrava molto famigliare, ma che poche volte avevo vissuto;

Un colpo;

Alice scosse la testa guardandomi a labbra strette e occhi socchiusi.

Un colpo;

Davis mi posò un casto bacio sui capelli. Daniel…

Un colpo;

Vidi la palestra, il materassino posto di fronte a me e due corpi abbracciati stesi sopra, il buio a fare da testimone e una luna troppo piccola per rischiararlo.

Un colpo più forte degli altri ed una voce.

-Lily!-.

Aprii di scatto gli occhi, trovando solo un soffitto al posto della palestra e solo un paio di stelle al posto del buio; Mi passai una mano sul viso per togliermi di dosso quella stanchezza che mi appesantiva ancora gli occhi e mi guardai un po’ attorno riconoscendo la mia camera e il materasso su cui mi ero stesa pochi attimi prima di addormentarmi.

Mi misi seduta cercando di dare un ordine ai miei capelli tutti arruffati e chiusi gli occhi con un sospiro.

Ora pure nei sogni veniva a farmi visita Davis. Daniel…

No, no no no, Davis lui si chiama Davis; Solo nei sogni, dove la mia ragione andava a riposo potevo permettermi di chiamarlo cosi, ma lui era e restava Davis. Chiamarlo per nome sarebbe stato il primo errore che mi avrebbe portato alla sconfitta.

Non stai combattendo una battaglia Natalie

Con un gemito di fastidio mi alzai in piedi, facendo ruotare per un momento le pareti attorno a me e poi mi misi alla ricerca del cellulare per avvertire Filippo che per stasera non c’è l’avrei fatta. Mi dispiaceva, ma era meglio cosi.

Un colpo alla porta mi fece cambiare idea, soprattutto perché seguito dalla voce di mia sorella che quando urlava riusciva a beccare note conosciute solo da un cantante lirico;

Spalancai la porta, prima che mi facesse tornare il mal di testa e me la ritrovai di fronte, con un’espressione preoccupata in viso, un pugno alzato e un pacchetto di moment nell’altra mano.

Con l’espressione piu seria che trovai nel mio repertorio ,riuscii a sibilarle un “Sii?” abbastanza innocente e libero da qualunque nota infastidita e dura; forse per oggi avevo gia fatto abbastanza la stronza con lei.

-Non rispondevi, mi sono preoccupata!-,striò un sorrisetto quando vide che non avevo intenzione di sbatterle in braccia la porta;-Lo so che vuoi stare sola, ma ti vedo sempre prendere un casino di queste qui quando stai male e credevo…si, bè che ti avrebbe fatto piacere averle in camera, in caso di bisogno-, mi allungò il pacchettino di moment.

Non seppi che dire; Poche erano le volte in cui ero davvero insicura nelle mie parole, ma stavolta era piu dura del solito, come se fotti spezzata a metà, tra la vocina che mi urlava che era mia sorella, la mia sorellina, quella che avrei dovuto proteggere e l’altra che era agitata e nervosa a livelli cosmici per colpa delle robe mie.

Mi limitai quindi a sussurrare un flebile grazie, insicuro e anche un po’ freddino, prendendo il pacchetto e tornando a fissarla di sottecchi; Aveva notato che prendevo quel tipo di medicinale al posto di altri, e noi ne avevamo davvero molti per colpa di mio padre, che pur di evitare di parlare di certe cose con noi aveva rapinato la farmacia di qualunque rimedio dal dolore, o nausea o giramenti di testa, o indolenzimenti di muscoli…si, robe del genere e riempito completamente l’armadietto dei medicinali.

Mi aveva osservata quando stavo male e aveva osservato i miei movimenti.

Avrei sorriso in un’altra situazione, in un altro periodo ,lontana da Davis e i miei rompicapi, in un altro corpo o con un’altra mentalità; anni addietro non mi sarei trattenuta dall’abbracciare la mia dolce sorellina, ma non ora.

Ero cambiata e capii che mi mancava la vecchia Natalie.

Quella che non temeva di esporsi troppo o che cercava di essere il piu possibile sulle sue per non lasciar avvicinare troppa gente, farsi scoprire, aprirsi davvero con qualcuno e mostrare le proprie paure; o anche solo parlare liberamente. Ed era brutto.

Brutto davvero; come guardarsi allo specchi e spostare lo sguardo non riconoscendosi in quel riflesso; brutto come ferire le persone a te piu care perché non ti comprendono e sono troppo occupate per accorgersi che stai male e che avresti bisogno di una parola, una carezza e un abbraccio; cose troppo intime, poste nel dimenticatoio molti anni prima, insieme a delle illusioni da bambina, che non si sarebbero avverate e mai svelate.

Era brutto cambiare in quel modo.

-Ti va un film?-.

Sentii la mia voce, come fuori da uno schermo e vidi le mie labbra muoversi prima che il mio cervello assorbisse le parole che avevo pronunciato di mia iniziativa, stupendomi; Una reazione identica a quella di Bea, che però a differenza mia si rianimò subito sorridendo ancora piu contenta di prima e facendo un mezzo altino sul posto, uscendosene con un “Si!!” molto squillante e gioioso.

E’ felice, le basta poco, visto? E a te quanto costa essere gentile con lei?

Con un sospiro la seguii per le scale e la vidi diretta alla libreria per scegliere uno dei suoi filmetti con qualche attore giovane e famoso, di cui era pazzamente innamorata, sapendo gia che me ne sarei presto pentita della mia intelligente uscita.

 

 

 

Neanche il tempo di rovesciare un po’ di pop corn dal sacchetto al palmo della mano e mi ritrovai di fronte Zac Efron in uno dei suoi film; Afferrai la custodia del DVD da sopra al tavolino e capii che era il personaggio principale insieme ad una moretta.

Eddai…vabbè che sono acida di mio, ma se poi mi rifila pure un film del genere come posso non farmi scoppiare un nervo? A me non piaceva Zac e nessuno dei suoi film per adolescenti, di canti e musichette ogni tre minuti.

-Parla di lui ed il fratello che amano entrambi le gare in barca a vela, e si allenano ogni giorno con i tiri di baseball, alla stessa ora nel porto; però il fratellino minore muore in un’incidente stradale e lui va tipo in depressione.-,spiegò Bea, senza staccare gli occhi dallo scemo ,-Cosi si ritrova a lavorare in un cimitero e crede di vedere ancora suo fratello ed ogni giorno va nel bosco per incontrarlo e fare i soliti lanci che lui gli aveva promesso. E’ un patto, sai quindi lui la vede come una cosa seria.

Poi però appare lei, una campionessa di barca a vela che conosceva anche prima dell’incidente e si innamorano; Succedono un po’ di casini e lui scopre di riuscire a parlare con i morti e capisce che anche lei durante una prova si era dispersa in mare e data per morta, e dato che non era mai tornata a casa, lui capisce che tutto quello passato con lei era una cosa identica a quella con suo fratello; però alla fine lui non crede che sia davvero morta e la va a cercare, rompendo cosi il patto fatto con suo fratello, non presentandosi e la ritrova mezza morta di ipotermia su degli scogli-, finì il resoconto mandando giu una manciata di pop corn.

Della serie: come rovinarsi un film.

Senza commentare riappoggiai la custodia al suo posto e dopo una lunga occhiata corrucciata a mia sorella, che non si accorse di nulla troppo intenta a rimirare Zac Efron mi rimisi comoda contro lo schienale del divano.

Se dovevo sopportare quella tortura tanto valeva prenderla comoda, rilassando i muscoli contratti; La stanchezza di poco prima tornò a farmi visita e socchiusi le palpebre, sicura che non avrei infastidito nessuno facendo un sonnellino.

-Nate?-,Bea si voltò verso di me, tenendo gli occhi bassi.

Sbattei le palpebre riprendendomi e la guardai di rimando aspettando che continuasse.

-Mi dispiace per quello che è successo tra te e papà l’altro giorno, ma con lui dovresti andarci un po’ piu leggera.-,mi ripresi immediatamente;-Ci sta male ogni volta che litigate-, concluse alzando lo sguardo.

-Contrariamente a quanto crediate tutti io non ci godo nell’essere sempre incazzata, ma per voi non è cosi, vero?-, abbassò gli occhi sotto al mio sguardo;-Per voi io sono il prototipo di adolescente in fase di ribellione, no?-.

Bea aprì la bocca, penso con l’intenzione di ribattere ma si limitò a scuotere la testa;-Scusa, non mi devo immischiare-.

Mi voltai fingendo interesse fissando lo schermo; maledizione ero un’altra volta sulle miei e che pensavo di poter passare un pomeriggio normale con mia sorella, come una volta.

Bea però era piu decisa che mai che quel pomeriggio potessi risolvere i suoi dilemmi sulla mia vita ,non capendo che non mi conosceva affatto se continuava cosi. -Posso farti una domanda?-.

Deglutì gli stufa di stare lì. -Dimmi-.

-Papà ti ha detto che stasera verranno i Davis a cena?-,parlò titubante come se avesse paura della mia reazione, ma avrebbe dovuto sapere che nel momento in cui venivano nominati i Davis, o uno in particolare, preferivo di gran lunga tacere che dire cose di cui avrei dovuto dare spiegazioni; soprattutto nell’ultimo periodo.

Mandai giu un fiotto di saliva e un mucchio di parole non dette;-No, mi ha lasciato un biglietto-.

-Oh, bè volevo chiederti se a te andasse bene-.

La guardai e non riuscì a trattenere un sorrisetto, sicurissima che non fosse quella la domanda che mi voleva rivolgere, ma lo sapevo che cercava di prenderla con calma;-Come se cambiasse qualcosa se dicessi che non c’è lo voglio sotto il mio tetto-.

-Forse…-.

-No.-,l’interruppi,-Non servirebbe a nulla parlarne con papà, e penso che tu sappia bene anche il perché-.

Spalancò la bocca;-Cosa? No, ovvio che papà ti starebbe a sentire, Nate, sei sua fi…-.

-Non fare l’ingenua né la stupida Bea, perché ti conosco e non lo sei,-,sbottai alzando la schiena dallo schienale come scottata e voltandomi per fissarla negli occhi, stufa marcia di quella situazione;-Ti ho fatto per quasi dieci anni da baby-sitter e non provarci neppure a prendermi per il culo-.

Mi guardò con lo sguardo piu indifeso che sapeva tirar fuori e capì che cercava di chiedermi scusa; Non doveva, non doveva scusarsi, non avrebbe dovuto mai farlo, ma lei per chissà quale motivo aveva preferito lasciar perdere invece di dirmelo chiaro e tondo quello che realmente pensava.

Mi alzai, scocciata e mi diressi in cucina; Bevvi un po’ d’acqua, respirando e guardando fuori dalla finestra e guardando il cielo scuro che sovrastava la casa, lanciando  un’occhiata veloce all’orologio; Le giornate si erano accorciate ed erano già le otto e mezza; tra non molto sarebbero arrivati i nostri ospiti e non avevo la benchè minima intenzione di recitare la parte dell’amabile figlioletta davanti a Davis.

Ma con tutti gli scapoli esistenti al mondo proprio con fratello di lui doveva fidanzarsi mia sorella? Pazzesco.

Diamine che sfortuna essere pure obbligati a doverlo sopportare altre ore dove avrebbe continuato a fare lo scemo e di sicuro mi avrebbe fatto incazzare ancora di piu. Era insopportabile e mio padre lo sa che andrà a finire cosi anche stavolta;

-Penso che lui ti piaccia-.

Sobbalzai.

Mia sorella, spuntata da non si sa dove, era appoggiata col bacino sull’isolotta della cucina a mi fissava sorridendo. Per la sorpresa mollai per un attimo la presa sulla bottiglia, che afferrai giusto in tempo prima che si scontrasse contro il ripiano del tavolo.

Quando alzai lo sguardo su di lei, per rimproverarla la trovai ancora con la stessa espressione sul viso e mi concentrai su quello che aveva detto. -Cosa?-.

-Daniel. Penso che ti piaccia-.

Silenzio. Io la fissavo e lei fissava me. Dentro di me passarono molte emozioni, una di seguito all’altra: stupore, incredulità, confusione, shock, sbigottimento; fu l’ultima però ad avere la meglio su di me e l’irritazione crebbe piu di quanto credevo fosse possibile in un secondo.

Strinsi il legno forte tra le mani, per non esplodere e le lanciai uno sguardo che la convinse una volta per tutte a smetterla con quel sorrisino; -Non dire cazzate-.

Fece un passo in avanti ma bloccai la sua millesima scusa con un semplice: -Torniamo di là-.

In silenzio riprendemmo posto l’una accanto all’altra, ma con delle piccole differenze che si notavano ad occhio nudo: io ero rigida sul mio posto e tra me e lei c’era quasi mezzo divano a dividerci, ognuna appoggiata ad un bracciolo e lo sguardo fisso di fronte a sé.

Le immagini scorrevano nullo schermo ma ero troppo impegnata a mordermi la guancia per prestarci attenzione e non so quando, tra il film, l’aria insopportabile che aleggiava in quella stanza troppo stretta e troppo soffocante o il fastidioso dolore ai reni, la sonnolenza ebbe la meglio e mi ritrovai a combattere contro le mie palpebre che volevano a tutti i costi chiudersi, anche contro il mio volere;

Dopo neanche mezzo minuto infatti ero gia addormentata.

 

 

 

Mi riscossi appena, sentendo un ronzio di sottofondo e tentai di aprire gli occhi ma rinuncia appena capì che non c’è l’avrei mai fatta ad aprirgli del tutto e mi concentrai sulle voci che sentivo attorno a me; Una era di mio padre, mia sorella e poi quella di un’altra donna, dolce che era piu vicina delle altre prima di venir distratta da altro.

In un secondo ero stata alzata dalla morbida superficie del divano e la testa non appoggiava piu sul bracciolo ,–mi ero appoggiata per dormire?-, e mi stavo muovendo.

Per riflesso mi ancorai al tessuto della felpa di chi mi stava trasportando, sperai, al mio letto e appoggiai il viso nell’incavo della sua spalla.

Inspirai un forte odore di dopobarba maschile che mi stuzzicò la memoria, ma solo per pochi secondi, prima che il sonno mi intorpidisse anche quel senso e restai solo a contatto con la stoffa morbida e le mani strette attorno al tessuto, a farmi da ancora per non sprofondare nel sonno e, lo ammetto, per paura di cadere.

Fortunatamente riuscì ad arrivare al letto intatta e senza far cadute, cosa che sarebbe successa se chi mi avesse in braccio fosse stato mio padre, e che quindi scartai come opzione; Sentì il morbido contatto con il mio piumone sotto a me e una coperta che mi si posava addosso.

Provai a riaprire gli occhi e con successo riuscì a mettere a fuoco alcuni dettagli della mia stanza prima che venisse oscurata da qualcuno che si posizionò davanti a me, occupandomi tutto il campo visivo; sentì qualcosa scivolarmi sulla guancia e capì che fosse la sua mano che mi accarezzava, prima di posarsi sulla mia fronte e una voce sussurrare qualcosa.

Afferrai solo le ultime parole, troppo scossa dal sonno; -..e riposa-.

Una voce troppo bassa per riconoscerla, ma l’accontentai, chiudendo gli occhi e lasciandomi scivolare nel sonno, ma non prima di sentire qualcos’altro sostituire la mano poggiata sulla mia fronte; qualcosa di piu caldo, morbido e dolce, qualcosa che addirittura nel sonno riconobbi benissimo, che non doveva essere lì; E senza dovermi attenere a stupide regole d’orgoglio almeno nel sonno, sorrisi.

 

 

 

Mi risvegliai quando ormai era piena notte e per il freddo che entrava dalla finestra ancora aperta della mia camera; Scesi dal letto forse troppo velocemente dato che la testa iniziò a girare e dovetti appoggiarmi alla scrivania per non cadere a terra come una patata cotta, e con passi piccoli e cauti mi avvicinai alla finestra.

L’aria fresca della sera mi colpì in viso dandomi un po’ di sollievo e raffreddandomi il viso che sentivo a tremila gradi; Dio ero proprio a pezzi, costatai portandomi una mano alla fronte e sentendola scottare contro la mia pelle. Dal piano di sotto arrivavano delle voci e risate; Curiosa chiusi la finestra e tirai giu la serranda prima di incamminarmi verso le scale.

A metà di esse però sentì anche delle voci di bambine che emi fecero gelare sul posto: no, era impossibile, ma ero sempre stata certa che non esistessero altri filmati della mia infanzia oltre a quelli che avevo “per sbaglio” distrutto due anni fa, nel pieno della mia fase di ribellione dei 14 anni; invece però ora ero sicurissima che quella vocina era la mia, e quando mi ritrovai sul pianerottolo vidi benissimo tutto.

Mio padre era seduto sulla poltrona piegato in avanti con mia sorella seduta sul bracciolo al suo fianco, sul divano che mi dava le spalle, Davis e tutta la sua famiglia; Notai anche mia sorella e il suo maritino di ritorno dalla terza luna di miele, con un’abbronzatura perfetta che faceva da contrasto con i suoi boccoli biondi e tutti erano voltati verso il televisore, dove un video stava scorrendo, con le immagini un po’ sfocate e rovinate, ma comunque visibili.

Una bambina con i capelli lunghi e ondulati stava scartando tutta concentrata un pacco grande quasi quanto lei, e doveva avere massimo tre anni.

Si voltò verso la telecamera quando qualcuno le fece segno e sorrise biricchina prima di acciuffare il pacco e trascinarlo fino al divano dove si arrampicò e riprese la sua missione; la visuale cambiò e la videocamera si spostò in cucina dove una donna con un grembiule stava sistemando su un vassoio posate, tovaglioli e piattini e appoggiata accanto a lei una torta con sopra un disegno di un draghetto che riconobbi subito come il mio personaggio preferito che da piccola adoravo.

-Forza, muoviti con quella macchina e dammi una mano-, disse la donna sorridendo e indicando con il pollice una bimba che stava seduta sul seggiolone e che stava mangiucchiando un biscotto;

L’immagine divenne nera prima di riaprire il sipario in sala, dove ora era stata sistemata la torta su di un tavolino di legno, la più piccola in braccio alla mamma e accanto a lei, che stava giocando con una piccola pianola giocattolo che emetteva suoni di tutti i generi; la donna la afferrò per la vita e se la mise a sedere sulla gamba libera e le fece segno di guardare il papà. Sorrise e sgusciò dalle braccia della mamma per tornare al suo giochino mentre l’attenzione della telecamera si rimpicciolì sul viso dolce della donna.

Aveva i tratti del volto decisi, una fossetta sotto al labbro, occhi verdi e brillanti tutto incorniciato da una cascata di capelli mossi e marroni chiarissimi, quasi biondi, che le mettevano in risalto la carnagione abbronzata.

-Com’era bella la mia Chiara-, il commento di mio padre si disperse nell’aria e capì dal tono che stava sorridendo;

Debbi, la mia sorella con la passione per l’avventura, gli sorrise annuendo e stringendosi al marito che le posò un bacio sul collo.

Strinsi la mascella, ma davvero non riuscì a trattenere le parole; -Non è morta non serve mica che usi il passato-, sbottai facendolo sobbalzare e forse anche gli altri restarono sorpresi, ma me ne curai poco, troppo concentrata su mio padre e la sua espressione sorpresa.

Sorrise; -Nate! Stavamo guardando i vecchi…-.

-Si, ho visto, ma ripeto: non serve che parli di lei al passato, non è morta-, lo interruppi.

Mi fissò per un secondo prima di scuotere la testa, sempre col sorriso sulle labbra e annuì;-Si, hai ragione. E’ solo l’abitudine, ma vieni, era il tuo terzo compleanno e tra poco…-.

Lo bloccai prima che potesse continuare; -No, grazie non ci tengo a guardare vecchi filmini, non con quella-, indicai con la testa l’immagine della donna che era in pausa.

Mio padre si alzò, ammonendomi con lo sguardo e capì che avrei dovuto star zitta prima di iniziare l’ennesima discussione; -Nate!-.

Stai zitta. Non parlare, conta fino a tre e respira.

Uno...l’immagine di mia madre bloccata sullo schermo che mi fissava sorridendo.

Due…i Davis a poca distanza da me, mia sorella che mi guardava non lasciando trasparire nulla dal suo sguardo fisso.

Tre…mio padre che in piedi mi guardava corrucciato.

Respira…la mia voce o il silenzio.

Abbassai lo sguardo sulle scale sotto di me e strinsi le labbra, obbligandomi a deglutire tutte quelle parole che potevo risparmiarmi, e che avrebbero risparmiato a tutti una brutta serata; Stavano guardando dei vecchi video divertenti e appesantire tutto con una frase cattiva non avrebbe lasciato un clima allegro come poco prima.

-Non parlare di lei, non è morta; è solo una stronza che è scappata da codarda-, ecco avrei potuto star zitta, ma io non avevo mai imparato a farlo, dopotutto.

Fissi mio padre negli occhi e lo vidi finalmente capire: non sarei mai stata zitta e con me non avrebbe mai potuto credere che mia madre era ancora con noi o amata da noi;

Scesi gli ultimi scalini e afferrai il mio giubbotto nel piu religioso silenzio.

Mi padre mi si avvicinò e mi trattenne per il polso; -Perché ti comporti cosi, me lo vuoi spiegare? Se c’è qualcosa che devi dirmi, fallo, ma smettila di trattarmi cosi sono tuo padre e anche se tua madre ha sbagliato non devi per sempre fargliene una colpa-, aveva abbassato il tono, ma ero sicura che tutti sentissero quello che mi stava dicendo.

Guardai la sua mano e poi lui; dio come era brutto vederlo cosi, ma qualcosa nel suo tono e nel suo sguardo mi fece cambiare completamente prospettiva e feci un passo indietro stupita per mettere piu spazio tra noi, anche se con difficoltà per colpa della sua mano che non mi mollava. No, non era possibile…

-Te la ami ancora?-, piu che una domanda sembrava un’accusa e sembrò capirlo pure lui perché mollò la presa sul mio braccio.

Si grattò il braccio come faceva sempre quando era in imbarazzo; -Le ho giurato per sempre all’altare e ci credo-.

Scossi la testa senza saper cosa dire: come faceva dopo tutto questo tempo a vederla ancora come la sua dolce mogliettina?

-Natalie, non essere cosi caparbia e ragiona: è tua madre e non puoi portargli rancore, non ci riusciresti perché ti conosco-, allungò una mano verso il mio viso e ci lasciò una leggera carezza prima che mi scostai; -Hei, ma tu scotti-.

Ignorai la sua ultima frase; -Credi che non posso odiarla ancora a lungo? Bè allora mia dispiace ma tu non mi conosci affatto-.

Aprì la porta e sgusciai fuori veloce prima che potesse bloccarmi ancora e corsi veloce uscendo finalmente dal vialetto e senza smettere mi diressi nell’unico posto in cui ero sicura mio padre non mi avrebbe mai cercato.

 

 

 

Il parco giochi era quasi completamente vuoto per quell’ora, e c’era solo una coppietta appartata in un angolo del giardino, stesa su una coperta.

Si da piccola mio padre mi ripeteva che in quel parco ci vivevano le fatine, per il boschetto vicino al confine e lo stagno al centro, e ci avevo sempre creduto, curiosa di vedere se davvero esistevano restavo per ore lì a gironzolare e giocare con mia sorella e qualche amichetto, ma con gli anni mi era passato di mente anche quel racconto e andavo lì solo per giocare e sedere a lungo sulla mia altalena dove avevo inscritto le mie iniziali con mio padre, dopo il mio ennesimo capriccio.

Mi piaceva dondolare i piedi ed ogni tanto immergerli senza scarpe e calzetti nella sabbia che stava sotto, fingendo di stare in qualche posto esotico, con i raggi del sole dritto in faccia, il mare dritto di fronte a me e chilometri di sabbia morbida e dorata; ma ora non c’era solo un laghetto di fronte a me, erba intorno e davanti a me e poca sabbia sotto ai piedi che non potevo sentire per il freddo della sera.

Tutto quello che potevo immaginare faceva fatica a venire a galla e riuscivo a pensare solo alle parole pronunciate poco prima a mio padre e quelle che lui aveva incassato senza ribattere, forse piu preoccupato per la mia temperatura che per un battibecco che non sarebbe dovuto avvenire e che aveva rovinato la serata;

Sbuffai dondolandomi sull’altalena e strisciando a terra i piedi.

Vidi qualcuno appoggiarsi al ferro dell’altalena e incrociare le braccia al petto, con calma, forse per non spaventarmi, ma l’avevo gia riconosciuto e mi era impossibile non lanciargli uno sguardo arrabbiato; che diavolo voleva ora?

-Ritira il pungiglione apetta, voglio solo parlare-.

 

 

NdA:)

 

 

Allooooooooora…penso che non sia sto grande mistero chi sia venuto (no, non c’è un doppio senso ù_ù pervertite) a vedere come stava Nate e nel prossimo cappy vi annuncio ci sarà una scena molto molto dolce tra i due...quindi per chi avesse problemi di diabete lo avviso di non leggere!!:)

La lite tra il padre e nate è durata poco, ma so di mia esperienza che il credere di non conoscere un proprio figlio è brutto, soprattutto se rivolto da uno di loro. Nate sa dove colpire e la maggior parte delle volte lei punta al ferire, anche se non vuole sempre che accada.

Poi è entrata in scena la coppia che ha unito le due famigliole, e la sorella maggiore Debbi si è finalmente presentata a noi col maritino.

E poi Daniel…humm cosa pensate farà??Curiose di sapere che accadrà tra loro?

…poi avrei una domandina: chi vorrebbe un POV Daniel?

 

 

Vabbè basta…a presto e mi lasciate un commentino??? ç_ç please??

Baci Je:)

 

 

Per ultimo grazie alle 29 persone che hanno messo la mia storia tra le seguite:

1 - 8kami [Contatta]
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Le 9 persone che hanno messo tra i preferiti:

 

1 - antogirl97 [Contatta]
2 - cupidina 4ever [Contatta]
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4 - kyla91 [Contatta]
5 - layla493 [Contatta]
6 - momo0otaku [Contatta]
7 - saketta [Contatta]
8 - Sara_22 [Contatta]
9 - winter12 [Contatta]

 

E le 5 tra ricordata:

 

1 - LichtKawaiiChan [Contatta]
2 - manuela94 [Contatta]
3 - Sara_22 [Contatta]
4 - _lovely_ [Contatta]
5 - _Sara_ [Contatta]

 

 

 

 

E un grazie molto caloroso a chi mi ha recensito facendomi sapere che la mia storia è apprezzata e seguita:)vi adoro…

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Capitolo 9
*** 9.IL MIO POSTO ***


Allora mi volete bene?*-*...scherzo siete dei tesori...9 recensioni: chi vuole sposarmi?;)

aspetto la vostra risposta e ne frattempo leggete il nuovo cappy:)

Grazie...

 

CAPITOLO 9

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Il mio posto

 

 

Some things we don't talk about

better do without

and just hold a smile

falling in and out of love

a scene their proud of

together all the while

 

[Ci sono cose di cui non parliamo

preferiamo farne a meno

e mantenere il sorriso

cadendo dentro e fuori l’amore

vergognata e orgogliosa

allo stesso tempo]

 

 

 

 

Sbuffai dondolandomi sull’altalena e strisciando a terra i piedi.

Vidi qualcuno appoggiarsi al ferro dell’altalena e incrociare le braccia al petto, con calma, forse per non spaventarmi, ma l’avevo gia riconosciuto e mi fù impossibile non lanciargli uno sguardo arrabbiato; che diavolo voleva ora?

-Ritira il pungiglione apetta, voglio solo parlare-.

 

-Guarda caso io no-, alzai lo sguardo giusto per vederlo sorridere.

-Eddai, non fare l’acida-, si avvicinò e si sedette sull’altalena accanto a me.

Chinai il capo tornando a guardare la sabbia. –Ti ha mandato mio padre?-.

-Ah, intendi quel pover’uomo che hai trattato da cane?-, mi stava prendendo per il culo, lo capivo benissimo dal tono senza dover alzare lo sguardo.

 

Trattenni uno sbuffo e mi limitai a dondolarmi un altro po’, con nessunissima voglia di litigare pure con lui, anche se sarebbe stato molto liberatorio, me ne sarei stata solo lì, zitta finché non se ne sarebbe andato via; Lui però sembrava della stessa idea perché mi imitò e si sedette sull’altalena libera al mio fianco e stette in silenzio.

Spostai un po’ di terra col piede e lo spiai di nascosto con la coda dell’occhio per vedere che faceva: era chino all’indietro e non gli vedevo bene il viso ma il colore dei suoi capelli illuminato dalla poco luce dei lampioni mi ricordava la stessa sfumatura che aveva avuto due sere prima, durante la nostra notte.

La nostra notte? Ma che diavolo mi passava per la testa…

Quel pensiero mi innervosì e mi bastò come scusante per interrompere quel silenzio fastidioso;

-Senti, perché non vai da un’altra parte? Non vedo perché devi proprio star qui-, sbottai alzando lo sguardo e scorgendo un sorriso increspagli le labbra.

Mi lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio, -Non ci riesci vero?-.

-Che intendi?-.

-A non sentirti a disagio con me-, spiegò con la massima calma.

Mi venne da ridere ma mi trattenni: ero quasi sicura che sarebbe risultata troppo isterica; mi limitai quindi a alzare un sopracciglio. –E qui sbagli, mio caro. Se tu davvero mi mettessi a disagio vorrebbe dire che di te qualcosa mi frega ma hai proprio sbagliato-.

Fù lui a ridere; -Allora che fastidio ti do a star qui?-.

-Perché ci sono arrivata prima io!-, alzai troppo il tono di voce e sembrai una bambina capricciosa anche alle mie orecchie e mi spostai nervosa col peso sull’altro piede facendo ondeggiare un po’ le catene.

Gettò la testa all’indietro: si stava proprio divertendo quel coglione; -Oddio siamo ancora tornati all’asilo?!-.

-Taci-.

-Uhh suscettibile la ragazza-.

-Non sai che vuol dire taci??!-.

-Si, ma non immagino nemmeno quanto possa essere noioso in confronto alle tue stupende quanto acide risposte-, sorrise mostrandomi tutti i denti e mettendo su un’espressione che avrebbe fatto invidia a Giuda.

Mi alzai di scatto infastidita; -non vuoi andartene? Bene levo le tende io!-, mi voltai e presi a camminare spedita; Fu però quando sentii i suoi passi dietro di me che mi alterai e mi girai per mettere in chiaro alcune cose. Me lo ritrovai poco distante con le mani nei jeans e un sorriso divertito stampato in viso.

Alzai le mani per bloccarlo; -Okay, non ci siamo capiti. Io non ti sopporto e non ho la minima intenzione di sprecare un’altra singola parola con te e non pensare neppure di seguirmi chiaro? E ora te lo ripeto con piu colma cosi che il tuo cervello bacato assorbisca il significato-, sorrisi alzando il tono e stringendo i denti per non ucciderlo sul posto; -Stammi.Alla.Larga!! capito? Devo ripeterlo?-.

-Te lo dico Natalie, per gentilezza: sembri pazza-.

-Non chiamarmi per nome e comunque ritieniti l’unico e solo responsabile della mia pazzia-.

-Grazie-.

Ignorai il suo commento e mi riavviai verso l’uscita del parco e stavolta lo sentì prima ridacchiare e poi affiancarmi; Alzai gli occhi al cielo, -Non ti avevo detto..-.

-Tuo padre mi ha mandato per vedere se stai bene e controllare che non fai pazzie e dato che hai tu stesso ammesso di non essere proprio nel completo delle tue capacità mentali, penso che resterò a vedere che combini ora-, spiegò interrompendomi e piazzandosi di fronte a me senza smettere di camminare.

Spalancai la bocca; -Allora ti aveva mandato mio padre!!-, suonò molto come un’accusa.

Sogghignò; -Mai detto il contrario-.

-Io non ti sopporto-, sbottai inviperita continuando a marciare.

Lui continuò la sua, all’indietro e prima di rendermi conto di che stava accadendo avevo gia reagito d’istinto; una macchina passò veloce affianco a noi e afferrai la manica della sua felpa giusto in tempo, tirandolo di forza verso di me e spingendolo sul marciapiede.

Era accaduto tutto troppo velocemente per ricordarne i dettagli, ma mi accorsi che sebbene fosse stato veloce avevo trattenuto il respiro per tutto il tempo e serrato gli occhi; Gli aprì di scatto fissando il ragazzo al mio fianco che con una mano sul petto stava fissando la strada con sguardo stralunato e il respiro affannoso. Percorsi la sua figura in cerca di qualche lesione anche se ero sicura che non avesse nulla e che nulla era stato colpito dalla macchina: me ne sarei accorta quando l’avevo afferrato per tirarlo a me, ma mi fù impossibile respirare fino a che mi accertai che stesse sul serio bene.

Incontrai i suoi occhi e reagì senza pensare: forte e deciso uno schiaffo gli arrivò dritto su quel muso da idiota.

-Sei un deficiente!-, urlai ancora prima di rendermene conto.

Lui si portò la mano alla parte lesa e mi guardò come se fossi impazzita; -Hei!-, protestò non so per cosa tra la sberla, il tono o lo sguardo arrabbiato che gli lanciai.

-Stupido che non sei altro! Potevi morire cretino!!-, ormai ero fuori controllo, e ci pensò lui nell’unico modo che poteva portarmi ad incazzarmi maggiormente; Mi accorsi in ritardo che mi stava stringendo e solo quando entrai in contatto col suo petto mi resi conto che mi stava abbracciando. Mi divincolai con forza finché non fui libera e stavolta la sberla che partì era ben voluta dalla sottoscritta.

-Piantala di picchiarmi-.

-Perché diavolo lo hai fatto!-.

Parlammo contemporaneamente e la mia voce riuscì a sovrastare la sua protesta un’altra volta, piu incazzata che mai; Soprattutto quando alzò le spalle indifferente, come se non fosse accaduto nulla di rilevante.

-Quando una persona è sotto shock bisogna sempre dargli da bere qualcosa di caldo o abbracciarla per calmarla-, spiegò.

-E te pensi di essere una tisana per caso? E non sono sotto shock idiota!-.

-Bè continui ad urlare!!-, alzò pure lui il tono.

-Sono incazzata demente-.

Abbassò le braccia; -okay, la smetti di offendere?-.

Presi un respiro chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi un pochino almeno; -E dimmi grande genio della scienza dove avresti imparato queste grandi pillole di saggezza?-.

Mormorò qualcosa che non capì bene, speravo di non aver capito bene.

-Cosa?-.

-Gli scout-, borbottò.

Aprì le braccia; -Oh siamo apposto allora! Davis te hai frequentato si e no tre lezioni degli scout e sei scappato durante la prima escursione!!Che diavolo puoi sapere di…Ahh lasciamo stare và, prima che divento pazza sul serio-, lo lasciai là, riprendendo a camminare.

-Hei, dai aspetta-.

Lo ignorai continuando a camminare diretta a casa; -Fermati dai, non far la bambina!-.

-ha, la bambina, da che pulpito poi!-, parlai troppo piano perché capisse.

Continuava a seguirmi lo capì e quando non sentì piu i suoi passi pensai di essermene liberata anche se mi accorsi di aver rallentato il passa senza volerlo.

-Nate, dai fermati-.

Mi gelai sul posto prima di far dietrofront e fissarlo di nuovo; -Mi sembrava di aver..-.

-Ti sei girata però-, costatò come se avesse fatto chissà quale scoperta.

-Ovvio ti ho detto che..-.

-Si, ma ti dà talmente fastidio da farmi prestar attenzione-.

Mi innervosì; -Interrompimi ancora e ti do la terza sberla!-.

Sorrise divertito senza mollare l’osso però; -Ti dà fastidio che ti chiamo per nome o ti mette innervosisce?-.

Ma che razza di domanda era? –Non è lo stesso?-.

-No, perché se ti dà fastidio vuol dire che non sopporti che pronunci il tuo nome, ma-, si avvicinò abbassando il tono e facendosi sempre piu vicino fino ad essere ad un palmo dal naso a me; -se ti innervosisce, vuol dire che ho fatto o detto qualcosa che ti metta sull’attenti appena lo dico-.

Deglutì a disagio; -La tua logica fa schifo-.

-Si ma ti ho centrata vero? Ho ragione-, sorrise vittorioso  come un bimbo.

-No e non capisco neppure perché a cosa cerchi di arrivare-, sbottai al limite; mi voltai scorgendo da lontano la casa, ma prima di far anche solo un passo la sua mano bloccò il mio polso e mi fece tornare di fronte a lui con lo sguardo;

-Non ti conviene tornare a casa: ci sono ancora i miei e sarebbe abbastanza imbarazzante, non credi?-, storse la bocca in una smorfia tra divertito e comprensivo.

Lanciai uno sguardo alle mie spalle e si, dovetti ammettere che aveva ragione Davis; -Bè non ho neppure voglia di gironzolare per la città con te, quindi mi accontento-, sbottai.

Sembrò concentrato su qualcosa e dopo un po’ mi decisi a tornarmene a casa, prima che morissi di freddo là fuori con una statua, ma si ridestò proprio in quel momento. -Io avrei una soluzione-.

-Che vuoi dire?-, mi misi sulla difensiva.

Sorrise; -Ti porto in un posto-.

-Non so…chi mi dice che non mi prendi per il culo?-, assottigliai lo sguardo.

Sbuffò anche se continuava a sorridere; -Oh eddai, giuro che non ti porto in palestra-.

Arrossì di colpo sgranando gli occhi; -Che stro..-.

-Dai, vieni. Non avresti altri posti dove andare quindi tanto vale tentare: al massimo mi darai la terza sberla che mi spetta, no?-, cercò di scherzare, ma capì che cercava solo di non farmi incazzare ancora.

Guardai ancora alle mie spalle prima di tornare su di lui che aveva fatto un passo indietro facendomi cenno di seguirlo; Non mi potevo fidar di lui e la frase che aveva detto ne era una prova: poteva rinfacciarmi in qualunque momento quello che avevamo fatto e il modo in cui mi ero comportata.

Non potevo fidarmi, era questa la verità.

Incontrai il suo sguardo che di fiducioso non aveva nulla se non divertimento e sfida; dio iniziavo ad odiare le sfide, ma ero troppo scema per capire che mi stavo mettendo in cun casino dopo l’altro, e il primo passo che feci nel cedere a Davis non fù in quella palestra, ma quando lo raggiunsi nel mezzo di quella stradina, buia e silenziosa che non mi avrebbe giudicato.

-Prova a fregarmi e altro che sberla: ti castro a forza di calci-.

 

 

 

 

Lanciai uno sguardo incerto alle tre rampe di scale che ancora mi attendevano e mi lasciai scappare uno sbuffo; Davis mi aveva trascinata per piu di cinque chilometri, ne ero sicura, per ritrovarci di fronte ad un immenso edificio in fase di costruzione che avevo sempre creduto fosse una scuola o un vecchio parcheggio per auto, di quelli a piu piani.

Avevamo scavalcato il cancello e avevo ringraziato il signore per avermi fatta cosi ben disposta per la ginnastica perché altrimenti l’avrei mandato a cagare sul posto e avrei fatto ritorno a casa, dopo la mia promessa sulla sua presunta castrazione; Già il fatto  che ci eravamo introdotti di nascosto non mi piaceva, ma si era aggiunto anche il fattore scale che mi aveva fatto sgranare gli occhi: era impazzito o cosa Davis a farmi affrontare nove rampe di scale e sottolineo il numero per arrivare chissà dove e per chissà quale motivo?

Bè ora le cose erano ferme cosi: tre rampe di scale di fronte a me e un Davis particolarmente atletico che sembrava star facendo una passeggiata al posto di una scarpinata;

Dio non ricordavo nemmeno quand’era stata l’ultima volta che avevo fatto tante scale e non me ne veniva in mente nessuna ad essere onesti;

-Dai Micheletti, un po’ di muscoli su quelle gambette fiappe-, sogghignò allegro.

Ti farei passare la voglia di ridere io

Mi limitai a lanciargli uno sguardo che parlava da solo di per sé e continuai imperterrita la scalata, ignorando le occhiate che di tanto in tanto mi lanciava; Dovevo solo concentrarmi sulle scale, potevo farcela, e pensare ad altro; una canzone ecco! Vediamo …proviamo con una facile…

This is the way you left me…I’m not pretending…No hope, no love, no glory…

Okay, non è granchè allegra ma il ritmo era abbastanza semplice da ricordare e canticchiare;

La voce di Davis mi riscosse e mi accorsi che mi mancavano ormai pochi scalini alla fine: mi trattenni dall’esultare come allo stadio e quando toccai con i piedi l’ultimo e maledetto scalino mi sentì i muscoli delle gambe a pezzi. Fanculo a Davis…

-Eccoci arrivati-, sorrise divertito, -Visto non era cosi difficile-.

Lo fulminai con lo sguardo; -Spero per te che ne valga la pena-.

Annuì con forza; -Oh si, credimi è un vero spettacolo-.

Aprì la porta di sicurezza davanti alla quale si era fermato e mi lanciò uno sguardo enigmatico prima di entrare dentro, precedendomi e sparendo nel buoi. Era diventata notte buoi e sperai che mio padre sapesse che ero con Davis altrimenti sarebbero stati guai;

Appena entrata non vidi nulla di nulla tranne ombre l’una accanto all’altra fino a che una forte luce non mi colpì facendomi chiudere di scatto gli occhi mezzi accecati dal raggio di luce; Aprì piano gli occhi guardandomi attorno e lo ammetto, fissare incantata tutto quello che mi circondava. Delle lampadine erano state fissate ad un filo che percorreva tutto il perimetro del terrazzo che si estendeva di fronte a me; in verità ne copriva solo un pezzo, mentre tutto il restante era al buio, delle sedie di plastica e dei teli dello stesso materiale erano stesi atterra e passandoci sopra notai che sotto di essi c’erano dei grafitti di svariati colori e sfumature.

Mi concentrai su di uno, quello che mi era sotto ai piedi e riconobbi l’immagine di un cane che dormiva con tutt’attorno una specie di vortice che lo circondava e lo rendeva quasi reale sotto ai miei piedi; Alzando lo sguardo vidi Davis avvicinarsi con due torce in mano accese e me ne porse una, con la stessa espressione di poco prima, che non riuscì a decifrare.

-E’ bello-, non seppi che altro dire guardando ancora tutta la superficie del pavimento riempita da miliardi di grafitti che andavano anche oltre il perimetro segnato dalle lampadine di cui alcune erano anche a colori, notai. –Come l’hai scoperto?-.

Scrollò le spalle; -Chi ti dice che è mio?-.

Lo scrutai per un minuto e mi limitai ad abbozzare un; -Non credo-.

-Perché?-.

-Chiedi troppe volte perché Davis, dovresti solo imparare a rispondere-, lo ripresi tornando a guardare i disegni;

Lo sentì ridacchiare; -Okay, in tal caso allora l’ho trovato per caso, una sera, non ricordo bene che mi spinse quassù ma mi ritrovai di fronte un bel panorama e decisi di sistemarlo in caso di eventualità-, spiegò con semplicità.

-E questi?-, indicai i disegni; -Sei stato tu?-.

Scosse il capo; -No, non ne sono capace, ma a volte capita che alcuni gruppetti si mettano quassù e si divertano a decorare un po’ l’ambiente-, capì dal sorriso che stava scherzando, e che invece ci tenesse a quei grafitti.

-Belli-.

-Si-.

Calò il silenzio ed ero troppo indaffarata a studiare i disegni per rendermi conto di altro e fù solo quando Davis mi acciuffò per un braccio, notai che non molto lontano da noi c’era una coppia di ragazzi che stavano parlando seduti sul bordo del terrazzo in pietra, anche se non sembravano interessati a noi; Mi accorsi della sua presa solo quando mi ritrovai ormai di fronte al bordo come i ragazzi, lontani da noi, e scostai senza sembrare brusca il braccio.

Lui non sembrò farci caso e mi indicò con un cenno di guardare avanti e sebbene all’inizio non misi bene a fuoco quello che c’era fuori, vidi, poi, una linea di sfondo piu chiara che irregolare tracciava tutto l’orizzonte e mi venne da sorridere senza sapere il perché; mi trattenni, lasciando scivolare solo dal tono un po’ del mio entusiasmo.

-Si vedono le montagne. Oddio, ma quanto in alto siamo?-, mi venne da chiedere.

-Non molto, davvero è solo che da qui si vedono bene e non sono poi così lontane da dove abitiamo-, sussurrò forse per non farsi sentire dalla coppia o forse per non rovinare il momento fragile, -Sapevo che da piccola ci andavi sempre in vacanza-.

Rimasi sorpresa da quella notizia, non che sapessi che mio padre gliene aveva parlato ma perché era strano che ci avesse pensato per quell’occasione o anche solo in quel momento;

Mi venne spontaneo fargli una domanda che mi ronzava un po’ per la testa: -perché mi hai portato qui?-.

Mi guardò; -Non ti piace?-.

Negai prima di prender un respiro e continuare; -No, è bello, davvero. Ma sembra quasi…non lo so come fosse il tuo posto e non capisco che c’entro io-.

-Il mio posto-, sembrò pesar le mie parole per un momento prima di sorridere; -Bè non l’ho mai pensato cosi, ma credo sia un buon modo di vederlo, ma i sbagli; Non ti ho portato qui per chissà quale ragione o per uno di quei motivi che ti ha creato la tua mente diabolica; Semplicemente a te serviva un posto per distrarti e credo che questo ti abbia un po’ allontanata dalla tua famiglia-, scrollò le spalle guardando il profilo delle montagne; -Tutto qui-.

Lo guardai a lungo, chiedendomi se fosse davvero quello il motivo per cui ero lì in quel momento e anche se non mi sembrava perfetta come risposta ma avesse qualche pecca sorvolai, cercando di non prestarci troppa attenzione e godermi il momento.

-Questa giornata sembra non voler mai finire-, mi sfuggì.

Sospirò; -forse sei te a sentirla piu piena di quanto lo sia in realtà-.

-Non ne sono cosi sicura-.

-Perché?-, chiese ma scoppiò a ridere nell’attimo successivo distraendomi e facendomi girare curiosa verso di lui che si era appoggiato alla pietra; -Che hai?-.

-Avevi ragione chiedo troppe volte perché e l’ho notato solo ora-.

Lo guardai incerta; -te hai qualche problema lo sai?-.

Annuì lui sorridendomi divertito; -Mai però quanto te-.

-Fottiti-, sbottai senza sentirmi però realmente offesa o innervosita.

SI avvicinò; -Solo se mi fai compagnia-.

Lo guardai di sottecchi limitandomi a dargli uno spintone sulla spalla; -piantala-.

In sottofondo s sentì una musichetta e riconobbi il ritmo di un rep provenire dalla direzione dei due ragazzi e mi sentì stranamente rilassata in quell’ambiente: come se l’altezza e la differenza del luogo avesse avuto il potere di calmare il mio stato perennemente acido e fosse andato per un po’ in pausa, lasciandomi libera di respirare.

-Anche se non ne vuoi parlare, Nate, prima o poi dovrai accettarlo-, la voce di Davis mi fece sobbalzare; registra in ritardo che mi avesse chiamata per nome ma stranamente non ci badai presa dal resto della frase; E le cose strane mi sembrarono aumentare d’un colpo.

Era strano che fossi lì con lui.

Ea strano che stessimo parlando e non litigando.

Era strano che mi sentissi cosi bene benchè di fosse lui.

Era strano che mi piacesse star lì con lui.

Era tutto troppo strano.

-Accettare cosa?-, sussurrai.

Si voltò, e vidi che ora era serio, diversamente da poco prima ed era strano che la cosa mi mettesse a disagio; -Che quella notte ha cambiato un bel po’ di cose-.

Ed era strano che non trovassi parole per ribattere.

Così com’era strano che non mi scostai quando mi baciò.

 

NdA:)

 

Hem,hem hem nessuno mi odia vero? Visto? Vi ho anche fatto conoscer una Nate piu gentile…*silenzio in sala* é_é siete arrabbiate x il finale?noooo dai…dovete essere felici,no?si sono baciati:) …. Ok vado a nascondermi, mi sa che è meglio,no?

Bè x il resto grazie mille ancora x le bellissime recensioni mi avete fatta tanto tanto felice e rispondo subito a tutte tra poco:)

Fatemi sapere x questo cappy e...vi piace il posticino?

p.s.questo cappy lo dedico a  saketta x lasciarmi sempre dei bellissimi commentini ad ogni capitolo e a  rityvampire x essere stata la prima a recensire;)

grazie ancora e a presto...:)

 

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Capitolo 10
*** 10.PROBLEMI & ALTRI CASINI ***


CAPITOLO 10

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Problemi & Altri Casini

 

 

Just tell me what do you want from me,

this is love in the first degree,

tell me why, everytime

I feel your eyes all over me.

 

Tell me what do you want from me,

are you mad enough to see,

that its hard to cross the line

[Dimmi solo questo,

che cosa vuoi da me?

Dimmi perché ogni volta

mi sento i tuoi occhi addosso

 

Dimmi, che cosa vuoi da me?

Sei abbastanza pazzo da vedere

Che è difficile oltrepassare

quella linea]

 

 

Gomma. Quel giorno avrei tanto voluto aver in bocca una gomma, di quelle piccole e che pizzicano che puoi masticare anche se non ne senti il sapore in bocca, solo per la voglia di farlo; per scaricare lo stress e le gomme sono molto utili per questo.

Penso fossero state create proprio per rilassarsi e il continuo masticare aveva un potere curativo sui miei nervi sempre in tensione. Ma non quella mattina: quella mattina non ero tesa o arrabbiata o nervosa ma avevo solo voglia di una gomma.

Peccato che proprio in quell’ora avevo ginnastica e grazie al signore onnipotente non eravamo dentro, in quella stupida quanto tentatrice palestra; sentivo che forse le cose iniziavano a girai per il verso giusto, almeno per ora, dai! E il bello della ginnastica all’aperto era proprio che potevi filartela e nasconderti da qualche parte con gli amici e non dover sopportare la voce nasale del prof  Tonilo e le sue mani che toccavano troppo soprattutto nelle femmine; E ci credo che ci prova con delle ragazzine dato che la moglie l’aveva mollato per un altro, anche se sinceramente mi chiedevo come lei abbia fatto a starci assieme per cosi tanto tempo. Forse ero io ma la sua vocina fastidiosa e il modo che aveva di strizzare le palpebre faceva senso.

Ma oltre questo io amavo la ginnastica; potevo star comoda in tuta e mi piaceva correre fuori, non che lo avrei mai fatto oltre le ore obbligatorie ma era comunque bello quando lo facevo e mi liberava dello stress; come la gomma.

In assenza di una di queste però mi dovetti accontentare di correre per una mezz’oretta intorno alla scuola con Ali che non faceva altro che borbottare contro lo schiavismo a cui ci sottoponevano su quella scuola provocando le mie risa; Quando passammo accanto al prof però non riuscì a trattenere un connato di vomito quando vidi lo sguardo del viscido sulle nostre gambe scoperte. Aspettai di aver svoltato all’angolo prima di fermarmi e sbottare con un aggraziato: -Ma vaffanculo, schifoso maniaco-.

Ali mi sorrise; -Dovresti apprezzare: vuol dire che almeno qualcuno può godere della vista delle tue gambette-.

Repressi un altro connato e le diedi uno spintone; -Ma stai zitta-.

-Vabbè se non ti accontenti-.

-A costo me le amputo queste “gambette” che farle toccare da quello schifoso-, sibilai lanciando uno sguardo alle mie spalle.

-Si, si vabbè-, eclissò il discorso dirigendosi verso il muretto accanto alla palestra e tirando fuori il cellulare dalla tasca della felpa; Non avevo mai capito perché si intestardisse tanto per comprarsi delle felpe belle per poi usarle solo durante ginnastica e rovinarle, ma lei era la classica che chiudeva ogni discorso con un “è un fatto di estetica”.

Mi sedetti per terra; -Novità?-.

Scosse la testa annoiata mentre giocherellava con il telefono; -No, ieri c’era una specie di festicciola vicino alla palestra, dicono fosse bello, ma Claudio mi ha portata a vedere un nuovo film-.

Appoggiai i gomiti sulle ginocchia, sentendo i muscoli tirare nelle cosce: dannazione mi facevano pure male!! –quale?-.

-L’ultimo di Harry Potter, ma lo sai che a me certi film non piacciono!!-, scrollò le spalle. –E te che hai fatto ieri?-.

-Nulla!-, mi accorsi da sola che il tono era fin troppo tirato per risultare normale; Mi imposi di calmarmi e non far cazzate.

-Hum-, mise da parte il cellulare e mi squadrò dalla testa ai piedi, -Non mi stai dicendo tutto, vero?-.

-Non dire cavolate Ali-.

-Sarà-.

-Hai gia visto Daniel?-.

Deglutì sentendo la saliva seccarsi in gola; -Chi?-.

-Davis-.

-No. Dovrei?-.

Annuì facendomi segno di seguirla mentre si alzava e si dirigeva verso la porta laterale della scuola; -Devo andare un attimo in classe, mi accompagni?-.

Mi ripulì il didietro e mi accostai a lei; -Certo, non c’è di meglio da fare-.

Si sistemò la felpa e i pantaloncini prima di salire le scale; -Dici che se ne accorge che manchiamo?-, sorrise indicando col capo il  giardino dove poco prima c’era il prof.

-Sicuro-, scrollai le spalle; -Non faceva che fissarti il culo-.

Ghignò divertita; -Gelosa Nate?!-.

Risi sarcastica e le rifilai uno spintone superandola e afferrando la maniglia che però rimase ferma tra le mie mani; Cavoli!! –Ali è chiuso-.

-No-, sbuffò guardandosi attorno.

Il corridoio era completamente vuoto e tranne una macchinetta del caffè poco piu in là, io e Ali eravamo le uniche a far rumore; Mi girai verso la mia compagna e osservai critica come si mise la mani sui fianchi e guardare attorno a sé alla ricerca di altri segni di vita, chiedendomi cosa diamine doveva mai prendere di cosi importante;

Richiamai la sua attenzione. –Che devi prendere?-.

-Dovevo fregare gli appunti di storia alla Lecchini-, borbottò. Mise su un muso da cane bastonato; -Non è che andresti a chiamare Giacomo?-.

-No-, sbottai; e che cavoli!! –Vacci te-.

Incrociò le mani; -Eddai lo sai quanto odio tutte quelle dannate scale e come minimo mi ritroveresti morta assiderata al primo piano, stramazzata al suolo senza forze. Non pui volere questo per me, Nate!-, si imbronciò.

-Punto uno a meno che la temperatura sulle scale del primo piano non sia parecchi gradi sotto lo zero, non credo morirai assiderata e punto due dillo chiaro e tondo che sei pigra e che hai paura di sudare-, incrociai le braccia al petto socchiudendo gli occhi e aspettando sapiente la sua brillante risposta che non si fece troppo attendere; Dio era uno spasso vedere la sua espressione accendersi e arrabbiarsi.

Infatti sbuffò sbattendo a terra una delle sue nuove Nike usate solamente per attività fisica singolare; -E va bene, miss so tutto, andiamo alla ricerca del bidello, ma sappi che se non lo troviamo entro mezz’ora e l’aria che ho in corpo si esaurisce dovrai avermi sulla coscienza-, sibilò dirigendosi verso le scale a passo di marcia.

Risi e passai una man sulla fronte, togliendo un finto strato di sudore; -Fiiu, fortuna allora che so fare la respirazione bocca a bocca. Sono proprio fortunata oggi, non c’è che dire!!-.

-Fanculo-.

-Grazie-.

Ogni tanto le lanciavo uno sguardo e mi veniva da ridere ogni volta vedendo la sua aria imbronciata mentre percorreva il corridoio per la terza volta alla ricerca del vecchio e sorridente bidello. -Non mi hai detto che hai fatto ieri, comunque-,

Sobbalzai presa alla sprovvista per la seconda volta; -Nulla-.

-Oh, eddai Nate, puoi dirmelo: c’entra un ragazzo?-.

Guarda dritto davanti a te, non voltarti, non voltarti, non voltarti mi ripetei guardando le piastrelle che sotto a noi scorrevano.

Non ricevendo risposta insistette con una delle sue frasette; -Andiamooo a me puoi dirlo-.

-Ali-, l’ammonì.

-Okay, allora di solo si o no, mi accontento-, sorrise spingendomi verso le finestre.

Potrebbe andare peggio, dai… -Va bene-.

Battè le mani stile cheerlader –Grande-, sorrise appoggiandosi di schiena al vetro e guardando la fila di libri di fronte a lei sullo scaffale del corridoio; -Allora…andiamo sul classico: c’entra un ragazzo?-.

Deglutì. -Si-.

-Bene. E’ carino? Oggettivamente parlando?-.

-Oggettivamente? Si-.

Si incuriosì; -E soggettivamente?-.

Scrollai le spalle.

-Okay, lo è. Poi…lo conosco?-.

-Si-. E’ Davis, il ragazzo di cui sei cotta…ecco, sentivo proprio la mancanza della stupida vocina.

-E’ di questa scuola?-.

-Si-.

-Davvero?! Chi è?!!-, sbottò e credetti che si sarebbe pure messa a saltellare tra poco.

Il mio sguardo d’avvertimento però le fece capire che non avrei risposto a quella domanda; Tanto valeva dire tutto dall’inizio se doveva venirlo a sapere cosi.

Sbuffò calmandosi; -Dove ti ha portata?-.

L’immagine del terrazzo mi rapì e mi sciolsi subito ripensando al bellissimo clima che avevo respirato stando lassù, lontano da tutto e con l’ultima persona che avrebbe dovuto esserci con me; ero stata troppo bene e mi ero sentita sollevata per un attimo da tutto quello che mi ero sempre imposta di non fare, non dire o non credere, libera di rilassarmi e mollare un po’ la spina, e dannazione!, la sua compagnia mi era piaciuta.

-In un bel posto-.

-Romantico?-.

-Circa-.

-Ti piace?-.

Mi riscossi sentendo i suoi occhi puntati su di me; -Cosa?-.

Ridacchiò, sorridendomi complice; -Lui. Ti piace?-.

-No!-, risposi con troppa foga e capì da sola che mi stavo scavando da sola la fossa.

Sorrise ancora piu felice puntandomi contro un dito; -Oddio ti piace sul serio! Sei addirittura arrossita!!-.

Mi irritai; -Piantala-, scostai il dito e senza riuscir a star ferma mi diressi di nuovo alle scale.

La voce di Ali mi seguì per un pezzo cercando di richiamarmi ma la ignorai e scesi il piu veloce possibile sfuggendo a lei e alle sue domande, ma non riuscendo a sfuggire ai ricordi della sera prima.

 

 

Non mi resi neppure conto come arrivammo dal baciarci in piedi di fronte al buoi della sera all’avvinghiati addosso ad un muro, ma non poteva toccarmi per nulla in quel momento; nulla che non fossero le sue labbra, le sue mani e il suo sapore. Mi piaceva: era indescrivibile, ma sapeva molto da caramelline Muh e qualcos’altro, forse ne aveva mangiata una poco prima, mi ritrovai a pensare.

Strinsi maggiormente la presa sulle ciocche bionde che avevo catturato, mordicchiando il labbro inferiore, prima di essere un’altra volta attirata dalla sua lingua che saggiamente cercava la mia per giocare; Me venne da ridere in quel momento pensando alle parole di Filippo, che lui stesso aveva definito il mio modo di comportarmi con Davis come un giocare continuo, e che ora, in quel momento, aveva preso in pieno.

Tra schiocchi di labbra e respiri affannosi però un pezzo di me tornò alla notte prima…era passato davvero meno di un giorno? Che diavolo era successo per ritrovarci cosi? Non ero mai stata attratta da Davis, e cascasse il mondo non avevo mai creduto che mi sarei ritrovata a dover pensare queste cose in una situazione simile. Ma dovetti ammetterlo: stavo combinando un casino.

Non potevo lasciarmi andare cosi, l’avevo gia fatto una volta e dio solo sa che diavolo avevo scatenato con quella scelta e a distanza di neanche 24 ore ci stavamo ritrovando nella stessa situazione di prima, e non andava affatto bene; Soprattutto perché era Davis.

Per un’istante lo sentì separarsi da me, ma non feci n tempo ad aprire gli occhi per controllare che lui era gia sceso sul collo e con una scia di baci si stava dirigendo verso il basso; non doveva essere molto comodo e alla ceca trovai il bordo del muretto alle mie spalle e mi issai, sedendomi sopra e arrivando così alla sua stessa altezza. Lo spostamento lo distrasse perché alzò lo sguardo su di me e quando incrociai gli occhi con i suoi mi resi conto di che stava per accadere;

-No-, fù solo un sussurro ma lo percepì; La mia espressione doveva essere identica alla sua: confusa e anche un po’ allucinata.

Non disse nulla, rimase solo fermo e rigido con le mani poggiate affianco alle mie gambe e mi guardò per tutto il tempo, che mi sembrarono ore, mentre dentro di me cercavo di mettere punti su delle i ancora inesistenti; Deglutì piu volte per decidermi a riprendere coscienza, ma i suoi occhi non mi aiutavano affatto a capire, cosi scuri e…strani, come se volesse dirmi qualcosa che però non diceva.

Furono però i ragazzi di poco pria ad interrompere quella bolla privata che in pochi secondi era stata creata e rotta, liberandomi anche da quella sensazione di annebbiamento che sentivo.

Il buio non aiutava ma riconobbi le due sagome poco distanti da ni che si avvicinavano: -Scusate avete da accendere?-.

Davis distolse per primo lo sguardo, e ne approfittai per abbassare il mio a terra, o per meglio dire sui suoi jeans dato che non vedevo oltre; -Tieni-, tirò fuori dalla tasca un accendino verde e glielo passò. Quando ebbe finito e ringraziato si dileguarono e di nuovo mi ritrovai con quella sensazione di errore che sentivo sempre addosso.

Avevo ripreso il mio carattere che avrei preferito poter abbandonare ai piani di sotto, ma ora il pacchetto completo era tornato a pesare con i miei difetti…perché ero cosi io: Testarda, pignola e orgogliosa.

Si schiarì la voce; -Deja vu-, sorrise.

-Si-, ricambiai gia piu rilassata, sapendo che non sarebbe andato oltre;

-Dobbiamo parlarne? Di ieri, intendo-.

Dovete parlarne…dovremmo parlarne… -No-.

Sospirò e lo bloccai prima che riniziasse con la sua solita filosofia; -E’ capitato e…si, forse non possiamo fingere che non sia accaduto, ma non per questo intendo dover sopportare che tutti lo sappiano e far la figura della troia-, alzai lo sguardo e non mi stupì di trovar il suo; -Quindi quello che abbiamo detto lì non cambia affatto: non deve saperlo nessuno-, sibilai.

Con un’espressione di schermo alzò gli occhi al cielo; -Dico un sacco di cose-.

Parlava di quella sera o di quello che poteva dire dopo questo..?

-Bè vedi di non farti uscire qualcosa di troppo Davis-, sbottai già piu agguerrita.

-Calma calma, ritira gli artigli-, ridacchiò, -Neppure io ci tengo che tutti lo sappiano, mi va bene cosi, come stanno ora le cose-, spiegò tirandosi un po’ indietro.

Presi un respiro profondo; -Okay, allora non c’è altro da dire-.

-Sicura?-.

Alzai gli occhi al cielo; -Ohhh Davis piantala!!-.

-Di far cosa?-, sorrise.

Gli lanciai un’occhiata di sdegno; -Ti prego taci: lo so benissimo cosa cerchi di fare e non provarci neppure-.

Divertito si abbassò per arrivare alla ma altezza, vicino, troppo vicino, al mio viso e una mano scivolò testarda su una coscia; -Cos’è che cercherei di fare? Sentiamo-.

Dovevo divertirlo molto si vede perché nemmeno il mio sguardo piu minaccioso diretto alla sua manaccia sembrò intenzionato a rimuoverla. –Leva quella mano-, sibilai.

-Ti infastidisce il contatto fisico?-, il suo fiato caldi sul viso mi distrasse per un momento e sentì le guance pizzicare, senza un reale motivo.

Scostai malamente la sua mano dal mio corpo e sorrisi senza riuscire a negar di essere un po’ divertita da quella scena: chi l’avrebbe mai detto… -Ti ho già detto che mi irrita piu che infastidire-.

-Hum interessante-, ridacchiò sfuggendo alla mia presa e riappoggiando la mano sulla gamba; -Vabbè rischierò-.

-Davis piantala!-.

-Rilassati Micheletti-, sussurrò eliminando la distanza tra i nostri visi e schiusi automaticamente le labbra al contatto;

 

 

 

 

L’ennesimo sbuffo da parte di Ali mi ricordò che ero a scuola, lontana dal personaggio dei miei pensieri; Eravamo ancora al punto di partenza, l’atrio della scuola e avanti di quel passo non avremmo mai trovato Giacomo e nemmeno saremmo riuscite ad entrare in classe senza far notare la nostra mancanza in cortile.

-Ali, non è meglio lasciar perdere?-, realizzai che non potevamo ancora a lungo girovagare e che l’unico modo per non far venire sospetti al prof di ginnastica era lasciar perdere;

Rispolverò il muso triste; -Mi servono-.

Alzai gli occhi al cielo. –Te li procuro io okay? Ma ti prego adesso lasciamo stare-.

Si arrese anche lei dopo un paio di borbottii decidemmo che saremmo passate dal retro per non attirare troppa attenzione ma come succedeva ogni volta non mi era possibile dimenticare un fatto che mi si ripresentava davanti; letteralmente avevo un Davis in carne e ossa che a pochi metri da noi stava sparlando con Giacomo seduti su delle sedia                                                     , peggio di due comari.

L’istinto mi diceva di tornare indietro, ma l’espressione entusiasta di Ali lasciava poco a cui pensare ed eliminava ogni possibilità do fuga;

-Daniel!-, il diretto interessato alzò lo sguardo allo squittio della mia compagna e le rivolse un veloce saluto; Per un’istante credetti che mi avrebbe salutata ma scacciai veloce quel pensiero e la voglia che avevo di essere salutata da lui e mi concentrai su Giacomo.

-Già sei il bidello piu ricercato dello stato-, sorrisi.

Lui scosse il capo passandosi una mano sui vecchi jeans schiariti e alzandosi in piedi; -Hai proprio ragione ragazza, ma che ci vuoi fare: pure io sono attratto da qualche pettegolezzo ogni tanto-.

Incrociai le bracciai al petto divertita: sapevo che Giacomo fosse un pettegolo, ma averne la conferma era sempre accettato. –Qualcuno di interessante?-.

Mi lanciò una strana occhiata ma durò troppo poco per farmi venire qualche dubbio; -Nulla, soliti pettegolezzi-.

Lasciai perdere, pensando invece al motivo per cui avevo cosi desiderato la sua apparizione, ma quando mi voltai per richiamare l’attenzione di Ali il sorriso entusiasmato che avevo mi prese di sprovvista come l’occhiata che Davis le diede; Mi avvicinai a lei che si accorse della mia presenza.

Si sistemò un ciuffo che le era ricaduto sulla fronte; -Oh Nate, indovina un po’? ho finalmente trovato qualcuno che mi accompagna al concerto di questo sabato-.

-Chi?-; Domanda stupida…lo sai chi!!

-Guarda caso anche Daniel andrà al concerto con degli amici e mi sono aggiunta-, si rivolse al soggetto in questione; -Non ti facevo tipo da Vasco Rossi, sai?-. Riconoscevo benissimo il tono da gatta morta che in molte occasioni avevo preso in giro, ma che ora mi infastidiva soltanto.

Mi trattenni dall’impulso di voltare i tacchi e andarmene; -Bè forse il viaggio ci aiuterà a conoscersi-, la sua risposa mi diede pure piu fastidio.

-Non vedo l’ora-.

Dovevo davvero star lì ad ascoltarli flertare? E che faccia tosta che era lui dopo tutte quelle palle mortali che mi rifilava e mi aveva rifilato per tutta la sera, adesso si metteva pure a provarci con la mia migliore amica davanti a gli occhi? Che stronzo!!

Aveva proprio una faccia tosta!!

-Perché non vieni anche tu Nate? Ti divertiresti-, Ali riusciva sempre a dir la cosa sbagliata in ogni situazione, ma quella volta voleva proprio arrivare al limite;

Misi su un sorriso stirato; -Sono molto allettata, ma devo proprio dir di no!-.

Sembrò essere proprio la risposta che sperava e mi regalò un sorriso luminoso, come ne avevo visti pochi: ci teneva proprio al successo di quel sabato si vede; -Okay, come vuoi-.

-Che devi fare?-, la sua voce si fece sentire e mi sorpresi che parlasse con me; Fino a quel momento mi aveva ignorata bellamente quindi che cavolo gli poteva…ohh lasciamo perdere! Provare ad entrare nella sua mente non mi interessava per nulla.

Mi trattenni dall’uscire con un “oh mi hai notata eh?” perché avrebbe fatto un po’ troppo fidanzata gelosa e io non ero ne la sua fidanzata, né gelosa, cosi mi limitai ad un’occhiata gelida ed ad un: -Fatti i fatti tuoi-.

-Ah senza la tua deliziosa dose di acidità non saprei proprio come vivere-, sorrise.

-Impiccati Davis-, sbottai.

Mi trattenni dall’impulso di prenderlo a sberle quando mi sorrise derisorio; -Si sentirà proprio la tua mancanza-.

-Vivrò con questi sensi di colpa-, mi rivolsi poi ad Ali che mi guardava corrucciata; -Io vado, a dopo-, senza lasciarle il tempo di ribattere me la svignai di corsa e solo quando mi ritrovai all’aperto mi concessi il lusso di respirare. Non poteva ridurmi sempre cosi, quello stupido.

Non mi accorsi della presenza dietro di me fino a che non parlò; -Devi dirmi qualcosa?-.

 

 

NdA:)

 Allora neppure oggi ho sforato e spero che anche al prossimo, che è ancora in fase di lavoro, capiti lo stesso:)Spero che non vi abbia deluso il continuo della sera e ho interrotto per un buon motivo il racconto lì e nel proximo cap capirete perchè...ho messo molto "Alice" in questo capitolo perchè non manca ancora molto che scopra la verità! Ditemi poi secondo voi se sbaglio perchè c'è chi dice che è tutto troppo veloce e altri che è troppo lento e nn vorrei vi annoiasse!!

Ringrazio ancora le 8 persone che hanno recensito...sappiate che per me vale molto e sono felice che continui a piacervi;)

per utimo...di chi pensate sia l'ultima frase?? ^-^ Si, mi piace lasciarvi in sospeso...

Baci je:):)Fatevi vive mi raccomando^-^

 

Auto-Pubblicità:):)

 

Just The Way You Are  => Harry Potter

Ultimo film.Dopo la battaglia tutti si ritirano con i propri cari.Ron và da Hermione;Quello che nel film manca ma che sarebbe dovuto accadere tra la coppia piu goffa e dolce della serie.
Un sorriso nel silenzio.Ma si può sorridere ora perchè il peggio è passato
-Sei bellissima-.

SAVE TONIGHT => Twilight

1932, Poenix. Bella Swan data in sposa all’età di diciassette anni acerbi e madre di famiglia di un bambino di tre anni si ritrova dopo anni duri affianco ad un uomo di cui non conosce altro che gli spostamenti finanziari, a prendere la decisione più difficile e importante della sua viat che la porterà in un luogo che mai avrebbe creduto poter frequentare;

-Benvenuta, signorina Swan al Blue Night Club-.

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Capitolo 11
*** 11.CONFESSIONI ***


Scleri di un autore:)

Allora ciao a tutte quante, benvenute a quelle che hanno appena scoperto la mia storia e gli è piaciuta, a chi ha trovato un minutino per lasciarmi un commentino e farmi davvero felice, a chi si è iscritta al Team Nate, a chi cerca di capirci qualcosa come me in questo macello di pensieri e pippe e a chi legge o leggerà questa dedica per la prima volta …Grazie!!!

Amo scrivere, adoro i miei personaggi un po’ pazzi ed è bello sapere che non sono da buttare, che piace ciò che creo ed è bellissimo quando entro nel sito e leggo le vostre recensioni belle o brutte che siano; Lo so, ci sono molte pecche ed errori ad ogni frase ma sono agli inizi e sinceramente a volte non vedo l’ora di mettere il capitolo al più presto per leggere cosa ne pensate…

E’ per questo che non vorrei mai tardare e scrivere il più in fretta possibile le parti “aspre” per regalarvi un po’ di zucchero!;) siete magnifiche ragazze e qui c’è una certa rossa che gongola ogni volta che vede che c’è un nuovo commento! Bè mi sembra di aver detto tutto…ci vediamo sotto: starò lì a mordermi le unghie nell’attesa!!la sto tirando alle lunghe dite? Boh non so più che sto scrivendo! Hemmm vebbè vi lasciò seno vi rompete e non leggete più!

Buona lettura e vi ho lasciato una sorpresina x tutte voi…

p.s.: vi consiglio una tazza di caffè perché tra capitolo e note si và x le lunghe;) leggete mi raccomando anche in fondo se non vi perdete nel mezzo…^-^

 

 

 

CAPITOLO 11

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Confessioni

 

It started out as a feeling

Which then grew into a hope

Which then turned into a quiet thought

Which then turned into a quiet word

 

[E’ partita come una sensazione

Che poi è cresciuta diventando una speranza

Che poi si è trasformato in un pensiero silenzioso

Che poi si è trasformato in una parola silenziosa ]

 

 

 

-Devi dirmi qualcosa?-.

Mi sorpresi, di sicuro non immaginavo che mi avrebbe seguita fin fuori, ma sembrava proprio il contrario;

Sorrisi; -Dovrei?-.

Con passo lento scese i tre scalini e mi posizionò di fronte a me scrutandomi affondo e mi chiese se davvero potesse riuscire a leggere nei miei occhi quello che, dannazione!, non riuscivo a dire a parole.

Abbassai lo sguardo non riuscendo a fingere a lungo di poter far l’indifferente, non con lui;

-Non lo so, piccola, ma di sicuro a me non mi freghi!!-, sorrise forse cercando di alleggerire l’atmosfera.

Deglutì; -Devo andare, il prof ci starà cercando-, sussurrai.

-Lascia perdere quello, ci sono cose piu interessanti di un’ora di ginnastica; Puoi dirmi tutto a me, lo sai-.

Forse fu il tono in cui lo disse o forse il modo sinceramente interessato che mi convisse ad annuire; In fondo che motivo avevo di essere acida di fronte al musetto dolce di Giacomo? Era ormai un amico piu che un semplice bidello; -Hai ragione-, mi convinsi.

-Visto? E poi non mi dirai che vuoi tornare da quell’uomo. L’ho visto come vi guarda a voi ragazze e non mi piace per nulla!-, sbottò.

Sorrisi scuotendo il capo; -Hai ragione, ma io intendevo altro-.

Codarda…non è a lui che devi dire queste cose…

Giacomo però capì e mi fece segno di seguirlo; svoltò l’angolo e ci ritrovammo nel lato ovest della scuola, dove non c’erano né porte né finestre troppo vicine, cosi da tener lontano orecchie indesiderate. Si, invece, lui era quello giusto.

Si sedette sul marciapiede facendomi segno di accomodarmi, dopo aver pulito il posto; -Oh che cavaliere-, lo sbeffeggiai ridacchiando.

-Eh che ti aspetti da un bidello, ragazza?-.

-Giusto-, annuii.

Il salice lì accanto ci proteggeva dai pochi raggi del sole, quelli che erano sopravvissuti al brutto tempo e ci lasciava in ombra, al fresco e a goderci del panorama: una delle passioni di giacomo infatti era il suo giardino che aveva accudito da sempre, proteggendolo dai bulletti del primo anno, orgoglioso che il suo sudore avesse dato cosi tanti frutti, da rendere un pezzo di era vuota che era in una vera e propria opera d’arte con fiori e cespugli. Era la sua passione e il suo talento.

Raccolsi un bastoncino che era stato perso durante l’autunno dall’albero; Non avevo idea da dove cominciare e sinceramente mi stavo pure pentendo di averlo seguito;

La sua voce infranse il silenzio; -Lo sai come ho conosciuto la mia Susanna?-, il viso era rilassato e un sorriso dolce addolciva tutti i tratti, lo sguardo perso nel nulla, o forse in qualche ricordo.

-No-, sussurrai; Sapevo benissimo che la moglie era morta e mi domandai perché ne volesse proprio parlare in quel momento.

Lui scrollò le spalle, come se avesse sentito i miei pensieri e mi sorrise; -Lei era la piu bella della mia classe: oh, era desiderata da molti, mentre io non avevo neppure il coraggio di guardarla negli occhi, arrossivo sempre-, ridacchiò; Quel lato tenerone di lui era la prima cosa che mi aveva attratta di lui e conoscendolo mi aveva sempre piu dimostrato che buona persona fosse: un uomo d’altri tempi. –Non gli avevo mai parlato, in due anni nella stessa classe e quando un giorno me la ritrovai davanti al mio banco, come nulla fosse mi venne quasi un infarto dalla sorpresa; ma lei voleva solo far due chiacchere, mi disse

-Passammo l’intero intervallo assieme, tra lei che parlava del suo amore per il pattinaggio e io che parlavo invece del basket; Non c’era nulla di piu strano che stare accanto a lei e parlare cosi, senza far altro, ma ero giovane e credetti quasi di essermi preso una cotta. Passammo diverso tempo assieme, unicamente dentro scuola e poi non so come riuscì a domandarle di uscire-, abbassò il capo sempre sorridendo, -Allora non era come adesso: se volevi uscire con una ragazza la portavi al parco o la sera al massimo al cinema, ma io le chiesi di venir con le alla partita e lei accettò. In quel momento capì che le piacevo: li odiava il basket-, mi guardò, -E capì che ero innamorato di lei-.

Sorrise perso nei ricordi, ma non riuscì a trattenermi; -Cosi?-, suonai scettica anche alle mie orecchie; -Bastò solo questo? Non voglio fare la guasta feste, ma non ti sembra…non so; tutto troppo facile?-, domandai a fatica senza trovar le parole giuste e sperai non fraintendesse,

Contro ogni logica però lui annuì; -Oh, si fu molto semplice per noi, anche perché nessuno dei due aveva problemi ad ammettere che eravamo presi, ma come ti ho gia detto, all’ora non è come adesso: essere fidanzati era molto piu semplice, soprattutto perché ci si sposava presto e tutti pensavano alla famiglia; Era quello il pensiero di una volta-, poi scoppiò a ridere; -Sembro quasi un bisnonno a parlare cosi, mentre sono passati così pochi anni-.

Sorrisi anche io, anche se non ero ancora del tutto sicura. –Quindi vi siete sposati-, non era una domanda.

-Si-, annuì, -Ma eravamo davvero incompatibili di carattere: non fraintendermi, l’amavo, ma eravamo entrambi troppo testardi e convinti di aver ragione, che ci ritrovammo molto spesso a litigare, a volte anche arrivando al limite, ma poi tornavo sempre da lei-, il tono che usò per dire lei mi bastò per capire quanto ancora l’amasse;

-Non capisco però perché me lo stai raccontando-, uscita indelicata, lo so.

Il tono divenne più serio; -Nate, quando ero io un diciottenne vedevo tutto ingigantito e pensavo che ogni piccolo puntino potesse causare una catastrofe, ma non era cosi-, spiegò. –Le cosi col tempo cambiano e ho capito che tra me e Susanna era stato facile dove io tempo prima pensavo fosse impossibile trovar una soluzione-.

Passai una mano tra i capelli; -Mi stai dicendo che tutto quello che faccio è inutile?-.

-Cosa? Oh no, no Natalie. Dico solo che le cose sono piu facili di come le vedi; non vedere tutto come una sfida, guardalo come qualcosa che tra un paio di anni a malapena ricorderai-.

Capì finalmente che voleva dire; -Hai ragione, ma cosa mi dice che sto facendo giusto a far cosi?-.

Si dondolò un po’; -Bè dovesti saperlo cos’è meglio fare, se poi fai in un altro modo è perché non è detto che testa e cuore vadano d’accordo-.

-E l’istinto?-, chiesi indecisa se continuare o meno; -Da che parte stà?-.

-L’istinto è il nemico della logica e l’amante del cuore, Natalie-, sorrise; -E se nessuna di queste ti aiuta hai sempre un bidello annoiato che ti starebbe volentieri a sentire-.

Risi; -Bè se non hai altro da fare-.

-Dopo tre figlie femmine e una moglie penso proprio che un aiuto da questo vecchio signore, può farti solo che bene-.

Ignorai quella vocina che mi diceva che non era a lui che dovevo delle spiegazioni, che stavo sbagliando, ancora e mi lasciai andare; -Non so che diavolo fare Già, Le cose si sono complicate e tutte troppo in fretta nello stesso attimo, e non ci capisco piu niente!! Sbaglio a voler il bene della mia migliore amica anche se per questo sono obbligata a mentirle? Faccio bene a tenermi tutto per me?-, il peso che avevo sullo stomaco non si alleggerì per nulla, e non mi sorpresi piu di molto perché era logico che non era trovando una via piu facile che le cose si sarebbero risolte.

-E poi…io non lo so, è che mi sembra tutto cambiato e non…sbaglio forse a voler vedere tutto come prima? Non mi lascia pensare… e ogni volta che penso di aver deciso, lui… non so che fare!-, chinai la testa tra le mani; -Non ci capisco nulla-.

Non lo vidi, ma sentii dei movimenti al mio fianco; -La tua amica ha capito qualcosa?-, sapeva anche lui chi fosse, ma non la nominò, forse per facilitarmi le cose.

-Non credo-, la voce uscì soffocata, -Ma forse si: è brava a capire quando le cose girano storte-.

-Allora dovresti dirglielo prima che lo venga a scoprire da qualcun altro; se le cose sono davvero cosi complicate è bene pensare che lo diventeranno sempre di più finché non sarai sincera con lei-, non faceva una piega ma…

-Ho paura-, dirlo fu davvero dura e non fu più che un sussurro, come se temessi di essere ascoltata da qualcun altro;

-Di cosa?-.

Il nome Alice si bloccò in gola sentendo una strana sensazione impedirmi di classificare solo lei; restai muta, con la bocca dischiusa per un bel minuto prima di riprendermi scacciando quel pensiero cosi stupido che mi era saltato in mente: non era possibile che avessi paura di Davis! Era impossibile, dai!!

Strinsi le labbra, insicura; -Non voglio rovinare tutto-.

-Non voglio essere negativo, e non ti chiedo nemmeno che è successo di cosi grave, ma da come ne parli, ragazza, ho paura che le cose si sono già rovinate ormai-, mi sfuggì un sospiro; -E sinceramente, Natalie, se non l’accetti per prima, è impossibile che qualcun altro lo possa fare al tuo posto-.

Non risposi; Non avevo problemi a parlarne è che mancano le parole! Non è facile, non è una cosa che si può spiegare cosi, come se niente fosse a tutti. E comunque se dovevo confessarlo ad Ali dovevo anche darle delle spiegazioni, non potevo solo dire “è successo, scusa” quando sapevo benissimo che era cotta di lui, anche se non è una cosa ufficiale;

Sperai non lo fosse perché seno non credo che tutto questo tempo passato a mangiarmi le unghie nell’attesa di un miracolo o di perdita di memoria imminente, possa aiutarmi a trovare le parole giuste.

Non sentì Giacomo alzarsi, non lo sentì salutarmi né parlare con la ragazza che era venuta a chiamarlo, ma sentì il suo tocco sulla spalla e un vago senso di ragione che restava al suo posto: dovevo accettare per prima tutti quei cambiamenti per far si che anche Alice li comprendesse?

Accettare cosa?

Che quella notte ha cambiato un bel po’ di cose…

 

 

 

PoV Daniel

 

 

La guardai uscire veloce, testa alta e orgoglio a mille, sicura come al solito e non potei far a meno di sorridere: era buffa quella piccola apetta acida; Giacomo la seguì oscurandomi la vista del suo lato B ben scolpito in quei pantaloncini corti che mi mostravano un po’ troppo, due gambe lisce che avevo già percorso, sentito e accarezzato durante nostra notte. Mostravano troppo perché io non mi metessi a ricordare ad ogni dettaglio…nella palestra…

La sua amica, Alice mi sembra, stava elencando dei punti, a detta sua, importantissimi per quel viaggio ma oltre al corpo non ero proprio sicuro di essere lì con lei; bensì era con Giacomo per provar a capire cosa, sotto tutto quell’astio, Nate stava realmente pensando per rifiutare l’offerta.

Le opzioni però non potevano che essere due: o non sopportava proprio Vasco Rossi o mi evitava e conoscendola un po’ era probabile che potesse essere la seconda, quella giusta tra le due scelte.

Mi evitava, sorrisi mascherandolo per una risata alla battuta di Alice; Come se potesse farlo, dopotutto, come se davvero per cosi poco avrei mollato.

-Ti do il mio numero, cosi possiamo metterci d’accordo per tutti i dettagli, va bene?-, mi sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e afferrò una penna da un contenitore lì accanto; Prima di rendermene conto aveva scritto il suo numero sul mio braccio, scoperto dalla manica della felpa che avevo tirato su poco prima, lasciandomi interdetto. Ritirai il braccio di scatto infastidito e mi tirai su, non vedendo tornare Giacomo: tanto valeva tornare in classe.

La biondina era ancora di fronte a me; -Si, certo ti faccio sapere. Ciao-, veloce e diretto girai i tacchi e mi diressi in classe. Sentì il suo saluto ma non me ne curai preso orami da un’altra onda di pensieri opposti, che mi portavano fuori da quelle mura, lontano da quella ragazza, da qualche parte con una mora con la battuta pronta e il veleno sempre a portata di mano; Bè almeno non è sempre pronta ad urlarmi contro.

Il ricordo di lei con le barriere abbassate, sul terrazzino, il mio terrazzino, che si guardava intorno riusciva ad addolcirmi più di qualsiasi altra cosa: sembrava così tenera, anche se non glielo avrei mai detta una cosa del genere sapendo che come minimo mi sarei trovato lo stampo della sua mano per la terza volta sulla guancia. E finalmente avevo visto le sue barriere allentarsi, abbastanza da vederla, senza protezioni, per pochi secondi come era accaduto solo un’altra volta in cosi poco tempo;

E mi era piaciuta.

Inutile negarlo e non ne avrei nemmeno un valido motivo per farlo: era bella, solo uno stupido non l’avrebbe notato. L’avevo vista crescere, sin da piccoli quando eravamo costretti a passare interi pomeriggi assieme accontentando i nostri genitori e le loro fiabe mentali alla Beautiful, avevo visto il suo corpo crescere e modellarsi sotto ai miei occhi, i suoi tratti ammorbidirsi giorno dopo giorno e non era stata di certo quella sera a farmelo notare. Non avevo paura di ammettere che anche tempo prima un pensierino me l’ero fatto soprattutto durante i nostri litigi dove era più facile scatenargli qualche reazione…come dire, interessante! Era uno spasso vederla incazzarsi man mano che le battutine crescevano d’intensità e poi quando esplodeva, solitamente in un contatto fisico, anche se tutto poteva essere che erotico, si vedeva che era femmina.

Quando oramai ero arrivato in classe mi dissi che era ancora presto per rientrare e che tanto valeva farmi un giretto, e una pausa wc ci stava proprio;

Cambiai rotta sperando di non incontrare altri professori che, ne ero certo, mi avrebbero sbattuto in classe obbligandomi a subir un’ora di discorsi inutili e già sentiti e risentiti sull’esame e quello che ci sarebbe stato dopo; Erano sadici i professori, l’ho sempre detto, dicono di non preoccuparsi e di essere rilassati ma sono i primi a sbatterci in faccia ogni giorno cosa sarebbe accaduto tra un paio di mesi.

Chiusi veloce la porta alle spalle notando che il bagno fosse deserto e ne approfittai per mandare un messaggio ad Alex;

Sono nei bagni! Mi raggiungi?

Inviai; lui era l’ultimo che sarebbe riuscito a star sveglio con una strigliata della Gallini sull’esame di maturità e mi domandai come mai non l’avessi già incontrato davanti a qualche macchinetta in completa contemplazione delle schifezze, assolutamente salutari, che essa ci forniva.

Lo sguardo mi cadde poco più su del polso, lasciandomi scappare una smorfia infastidita e poggiai il cellulare sul bordo per levarmi dalla pelle l’inchiostro; Acqua e sapone e poco alla volta i cerchietti perfetti degli 0 iniziarono a sparire insieme a tutti gli altri, lasciando solo un segno arrossato: che palle!

Afferrai il cellulare prima che si schiantasse al suolo, quando vibrò mettendo in evidenza la bustina sullo sfondo: Alex. Dannazione a lui! Ormai il peggio era fatto, pensai asciugandomi alla bel è meglio le mani sulla felpa e il cellulare ridotto allo stesso modo; Non potevo rompere anche quel cellulare, chi l’avrebbe sentita mia madre!!

No ha finito! vedi te di tornare…la prof è incazzata nera!!

Sbuffai scrivendo veloce una risposta, mettendolo al suo posto e controllando le condizioni del braccio: segni rossi verticali e una segno quasi invisibile di inchiostro sullo sfondo. Poco più sotto si leggeva però bene il nome Alice neppure fosse stato un tatuaggio, che non si voleva levare e tirai giù la manica, sperando che Alex non se ne accorgesse: non avrei sopportato la Gallini e lui nello stesso momento, quindi meglio prevenire che curare!

Vecchi detti saggi!!

Un ragazzo entrò nel bagno in quel momento e forse notando la mia presenza, avvampò imbarazzato e si diresse nella prima cabina: era di sicuro uno di prima erano loro che si imbarazzavano più facilmente quando vedevano uno grande;

Me ne andai in classe senza la minima voglia, ma sarà un fatto mio, ma mi infastidiva stare in un bagno con qualcun altro soprattutto se non è il mio. Il mio rientro in aula fu accolto da un paio di risatine da parte delle due lecchine sedute nei primi banchi, davanti alla porta a far da gufi e un commento della prof.

Ecco in questi casi preferivo pure star con mia madre durante la sua “settimana speciale” dove sclerava, che sentire la voce acida della Gallini; -Oh, Davis per un minuto ho temuto che si fosse perduto nei bagni-.

E il peggio era che non potevi nemmeno mandargli a fanculo;

Cosi mi dovetti accontentare di sorridere e sedendomi accanto ad Alex che nella sua perfetta posa relax, gambe allungate, testa quasi poggiata sullo schienale e braccia sul banco, si voltò appena per regalarmi uno dei suoi ghigni divertiti, sottolineando la reazione della prof che mi aveva già annunciato quando ero uscito per “bisogni urgenti”, che mi ero tenuto alla larga da specificare per non aver colpe: anche staccare la spina da una lezione noiosa era un bisogno importante.

A volte mi chiedevo se anche i prof erano stati giovani una volta; -Problemi con la carta igenica, ma non si preoccupi è tutto risolto-, si ammutolì limitandosi a lanciarmi uno sguardo di rimprovero senza scomodarsi dalla sua postazione. Riprese la sua spiegazione e io mi concedetti un altro black-out mentale, accorgendomi solo allora di un particolare: io non ero seduto vicino alla finestra?

Mi voltai verso Alex che mi accorsi che sghignazzava sotto ai baffi lanciandomi occhiate troppo strane per risultare innocenti; -Brutto stronzo!-, sbottai a bassa voce non volendo beccarmi un altro rimprovero.

Il suo sorrisetto si accentuò; -Avevo il torcicollo-.

-Oh e stare accanto alla finestra può che farti bene ,vero?-, ironia saltami addosso.

Fece spallucce;

Li diedi una pacca in testa, storcendo il cappellino di lana che amava tanto tener addosso: gli stringeva troppo l’elastico ecco perché non gli arrivava l’ossigeno al cervello;-Ma vaffanculo-, attirai l’attenzione di Gioia che ridacchiò, strizzandomi l’occhio.

Troppo nervoso per provarci tirai fuori una penna dall’astuccio e mi misi a svitarla e a spezzettarla per passar la noia: mi mancavano i bagni!!

-Che mi sono perso?-.

Scrollai le spalle; -Nulla, sono stato con Giacomo-.

Sorrise; -lo sai? Ieri mi ha offerto il caffè: io adoro quell’uomo-.

-Te pur di avere qualcosa gratis, venderesti anche tua madre e meglio che taci, Alex-, non era un segreto il suo braccino corto, soprattutto quando doveva pagare debiti o scommesse e più di una volta eravamo arrivati alle mani per “incomprensioni” con altri ragazzi.

-E vabbè, ma capirai che mi sono perso-, cambiò discorso.

Sorrisi; -C’era pure quella che ti piace, quella del primo-.

Rizzò le orecchie; -Non è del primo, idiota, è del terzo-.

-Vabbè l’altezza è quella-.

-E che t’à detto?-.

Oddio, era proprio andato: mi sembrava di essere due ragazzine quando vedono il ragazzo dei sogni passarle accanto; -Nulla, non si è neppure fermata e poi che doveva dirmi? Manco c’ò mai parlato-.

Perse il suo interesse e tornò nella fase rem nella quale l’avevo trovato borbottando qualcosa che assomigliava ad un sei inutile. Risi alla sua espressione imbronciata, appunto, simile ad una ragazzina.

Arrotolai le maniche della felpa lanciando veloce un’occhiata alla situazione del braccio e sollevato non vidi più segni visibili; Era quasi ottobre e io avevo caldo, non che le temperature si fossero granché abbassate, ma io stavo ancora in maniche corte a casa e non era rassicurante perché o tutti sentivano freddo o ero l’unico a non percepirlo. Guardai Gioia alla mia sinistra e vidi che aveva già un maglione addosso: c’era che da dire che le femmine erano un po’ tutte vittimine, eh! Le piaceva far la parte delle piccole infreddolite…e dire che io ero stato nudo con questo tempo senza aver freddo, anche se avevo un buon motivo per esserlo.

E neppure lei se ne era lamentata anche se la palestra era senza riscaldamento e c’era la porta laterale aperta, per fortuna ben lontana dal materassino da permetterci la giusta privacy per quell’occasione;

-Ah conosco quel sorriso! Levatela dalla testa-, Alex in tutta la sua delicatezza mi mollò una pacca sul braccio.

Massaggiai la parte lesa; -Chi?-.

-Lo sai! Io no, ma chiunque lei sia smettila perché non ho intenzione di vedere il tuo amichetto sull’attenti, okay?-, sorrise indicando con capo il cavallo del pantalone.

Ricambiai scuotendo la testa; -Non rischio, vai tranquillo-.

-Mah, non saprei…-.

Gli tirai un pezzo di penna che ribalzò lontano; -Piantala coglione, sembri una ragazzina arrapata a far sti discorsi-.

-Ah-, sgranò gli occhi, fintamente sorpreso, -Sarei io quello arrapato? Sei te che ti fai filmetti porno in testa-.

Sorrisi, -Io non ho bisogno di farmi i filmini…-, calcai sul soggetto ricevendo un’elegante risposta da parte sua e poi il mutismo; Si era incazzato, come una ragazzina.

Mi faceva pena però, quasi quasi, mica era colpa sua se le trovava tutte lui quelle più romantiche in cerca del principe azzurro e che volevano essere corteggiate per minimo un mese prima di dartela. Prima o poi gli avrei dato alcuni consigli…forse, ma per ora era meglio godersela!

-E comunque ho visto pure la Micheletti-, non so perché mi uscì, nemmeno come mi uscì e fui il primo a sorprendermi, seguito da lui che sbattè con troppa forza la mano sul banco attirando l’attenzione della prof che lo richiamò;

-Scusi, una mosca-, scusa poco credibile e lo pensò anche la Gallini perché lo minacciò di buttarlo fuori; Appena ci diede le spalle tornò alla carica; -Ma sei fissato, eh?-.

-Macchè-, mi difesi, -è lei che è venuta da me e Giacomo-.

-Sarà, ma siete insopportabili voi due-.

-Perché?-.

Alzò un sopracciglio; -Non fate altro che litigare, e dopo cinque anni con voi mi sono rotto. Almeno fossero migliorate le cose dopo che avete scopato, no, anzi sembrate ancora più attivi di prima: cos’è vi si sono ricaricate le pile?-, gli diedi una pacca facendogli capire di abbassare il tono; Era l’unico a cui l’avevo raccontato ma era un tale coglione che neanche la scusa che fosse il mio migliore amico a volte mi impediva di dargli qualche pugno, tanto per scaricarmi.

Mi chinai; -Sta zitto, idiota! Non ti ho detto tutto perché potessi raccontare in giro i cazzi miei!-.

-Scusa-, sbottò rimettendosi apposto il cappellino; -ma dammi retta, Dan, quella o ti porta alla pazzia o ti ritrovi infossato-.

Eravamo amici da quasi sei anni ormai, dalla terza media, ma a volte comprendere il suo linguaggio era una vera impresa e tanto valeva domandare, senza perdere tempo a comprenderlo; -Infossato?-.

-Innamorato, infossato, scottato…dillo come ti pare, ma non far cazzate per poi rimpiangere di non avermi ascoltato-, lo disse in modo serio che escluse il fatto che scherzasse.

-Ma và, è la Micheletti che cavolo spari!!-.

-Hem bè? Pure lei è donna e quelle sono furbe, amico mio, ti fregano sempre-, si avvicinò complice.

Risi; -Quanti cavolo di film amorosi ti guardi, eh Alex? Piantala ti fanno male al cervello!!-, lui si voltò, io mi voltai discorso concluso; Eppure…

No, non era cosi! Erano passati solo due giorni, dovevamo abituarci, non era la fine del mondo, e comunque le cose erano già tornate un po’ sulla giusta strada; Mi attraeva, al massimo mi piaceva non serviva ingigantire le cose e metterci in mezzo cazzate varie e già mi bastava lei da comprendere non avevo proprio tempo per le pippe mentali del mio compagno di cazzate.

Non ho idea perché non lo voglia ammettere pure lei, neanche fosse una confessione di omicidio, ma sentivo che pure lei era attratta da me, l’avevo sentito quando mi avevo baciato quella sera, in palestra come aveva tremato tra le mie braccia e non per il freddo, come aveva risposto al mio bacio la sera prima e come stava per baciarmi anche in quel cavolo di negozio di intimo! Dio quella volta ero ad un passo dal trascinarla nel camerino, soprattutto per quel cavolo di completino che aveva in mano e che aveva fatto volare la mia fantasia non poco. Proprio quello col pizzo aveva dovuto aver in mano? Io amavo il pizzo e ricordarmi il suo corpo, mezzo nudo, stretto sotto al mio, le sue gambe in torno ai fianchi e quelle piccole collinette che erano cosi morbide; era dolce, la sua pelle ed era liscia, calda come poche e mi era piaciuto.

Ero sicuro che mi avrebbe castrato il giorno dopo, a mente fredda, e invece quando l’avevo incontrata alle macchinette…nulla! Nessuna reazione da mogliettina tradita come succedeva a volte o ferite gravi sul corpo, solo battutine e una fuga per nulla salutare: perché era stato lì che avevo capito che quello che c’era stato non mi sarebbe bastato, era servito solo il panorama del sul lato B per farmelo capire; Ma le occasioni per vederla non erano affatto mancate fino a ieri sera: lei, senza barriere, addormentata sul divano mi era sembrata cosi piccola che non mi ero trattenuto dall’offrirmi per portarla nella sua camera.

Si era stretta, mentre salivo le scale, tirando a sé un pezzo della mia felpa, una mano sul mio braccio, posando il viso su di me e mai come allora l’avevo vista così…ragazza! Okay era stupido, mail più delle volte lei era una iene, sempre arrabbiata e irritabile ad ogni passo che facevo e questo non mi pesava, non mi aveva impedito di veder che era bella, che i maschi la guardavano forse però troppo intimiditi per farsi avanti, che il suo corpo cresceva e migliorava fino a renderla una donna: perché era inutile mentire, lei aveva il corpo di una donna, caldo e sensuale, come molte lo vorrebbero;

L’avevo lasciata sul suo letto liberandomi della sua stretta e vederla stretta sotto alle coperte, sbattere le palpebre come un bambino, non avevo trattenuto la mia mano che l’aveva accarezzata, dalla guancia alla fronte, sentendo la pelle bruciare al contatto per la febbre e l’avevo baciata; sulla fronte, ma l’avevo baciata, perché lo volevo e perché era troppo debole per picchiarmi: meglio approfittarne, no?

Inutile mentire: mi piaceva quella piccola pazza; mi piaceva Natalie.

-No, è solo una cosa di passaggio-, gli sorrisi,- Non rischio, non ne vedo il motivo-.

Alex strinse le labbra; -Sta attento Dan, lei è complicata-, spiegò,- e quelle complicate ti fanno sempre innamorare-.

 

 

 

 

 

NdA:)

 

*Je che si dondola sui talloni*……………………………………………………

…………………………silenzio in sala…………………………………………

…………………………………………………..……tutti tacciono…

 

Hemmmm… si bè tàtadàn! Il mio primo Pov maschile…che ne dite? Rispecchia un po’ come ve lo eravate immaginato? Si, no? Bè fatemi sapere!!

Non c’è tanto da dire ma il capitolo è ben definito in due parti: Natalie e Daniel.

Parte 1: Abbiamo scoperto il primo strato della nostra Nate e per la prima volta si è aperta davvero facendo uscir fuori un po’ dei suoi dubbi e della sua confusione. Giacomo è l’unico con cui avrebbe potuto parlare senza aver paura di scoprirsi e dire troppe cose. Allora come vedete con Ali le cose non si sono sistemate, ma anzi si complicano pian piano ed è meglio che Natalie si decida a muoversi prima che tutto peggiori e le sfugga di mano la situazione…deve essere la prima a dover accettare i cambiamenti ed è proprio questo che volevo far capire da tutta la discussione: lei sfugge come se non volesse accettare quello che le è attorno e teme Daniel….una paura molto forte che forse qualcuno di voi conosce, quella di fidarsi. In un’altra storia lei ora metterebbe da parte queste stupidaggini e direbbe tutto a lui, ma questa è Trust Me e la fiducia è tutto e l’orgoglio non la regala a tutti, come farà la nostra ragazza…che farà anche un po’ di stupidaggini…

Per ultimo…la storia di Giacomo forse è una cavolata, ma serviva qualcosa per rompere il ghiaccio….spero non sia uscita una stupidaggine…

 

Parte 2: ohhh quello che molte di voi (mi sa tutte -.-) stavano aspettando…abbiamo penetrato (porcelline non fate volare la mente nel mondo dei doppi sensi) la mente di Daniel e abbiamo un po’ capito che gli passa per la mente! deluse? vi aspettavate altro? Bè è tutta colpa di patrick quindi date la colpa a lui che non ha voluto far da cavia! -.- vabbè lasciamo perdere… spero non sia uscita una cosa troppo sdolcinata o noiosa…è il meglio che potevo far!

Parliamo di lui? Diretto, sicuro senza timori…dice le cose come stanno senza problemi accettando i sentimenti ancora un po’ acerbi per Nate e convivendoci benissimo! Non so se si è capito ma lui non sarà proprio un gran problema per la storia, anche se non si comprenderà a volte cosa vuole! Stop sto dicendo troppo…e poi mi dispiace ragazzuole ma no, Daniel non è né era già innamorato di lei…anche per lui è nuovo anche se non tanto come Nate!! Bè c’è poi un gran riassunto di Dan su tutto quello che è successo…forse un po’ frettoloso ma è chiaro…

Altro….Alex! a chi piace? Non è carino? *---* io lo adoro sinceramente…un altro guru dell’amore che ha messo una pulce nell’orecchio al nostro playboy!!;)

 

 

Basta penso di aver detto tutto (e forse troppo) spero che qualcuna di voi sia arrivata qui sana e salva fino alla fine per leggere queste ultime quattro righe:)!!

Grazie…sarà la ventesima volta che lo dico ma non immaginate quanto bello sia leggere le vostre recensioni…ogni volta sono più belle e si pure più pazze, ma mi fanno ridere! siete favolose…

Un BACIO e un GRAZIE ENORME a roxi, Meganenci e Darklolita per avermi messa tra gli autori preferiti…

E infine questo capitolo lo dedico a vero bigia che mi compete in pazzia ^---^ spero ti arrivi presto un Daniel tutto x te su misura;)

 

 

…capitolo lungo eh?:) *posso dirlo anche se ormai tutte lo sanno?* :)me lo lasciate un commentino? daiii! ^---^ aspetto e spero…alla prossima ragazze!!

Baci Je;)

 

p.s.: tra ieri e oggi 11 recensioni…vi amo ragazze!! Viziatemi ancora…mi raccomando;)

 

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Capitolo 12
*** 12.FESTA CON SORPRESA parte I ***


CAPITOLO 12

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Festa con sorpresa

 

I'm not a trick you play,

I ride a different way

I'm not a mistake, I'm not a fake,

It's set in my DNA

Don't change me

I can't be tamed

 

 

[Io non sono il tuo giocattolo

percorro una strada diversa

non sono un errore

non sono falsa

è tutto nel mio DNA

non cambiarmi

non posso essere domata]

 

 

 

Tre ore all’arrivo;) Il viaggio è FA VO LO SO! Ti devo un favore…buon week lolita;)

Rilessi per la terza volta il messaggio di Ali e per la terza volta non riuscì a scriverle qualcosa di normale; Come diavolo facevo a rispondergli se le uniche cose che avrei voluto dirle erano ben lontane dai semplici auguri di buon viaggio.

Nelle bozze ero passata dal telegrafico “ok, ciao” al “Non mi frega nulla del tuo cavolo di viaggio”, e tutto era rimasto lì, bloccato in quella casa con me e i miei pensieri negativi e lontano dall’autostrada dove una macchina ben precisa stava andando a vedere un concerto, facendo ritorno per questa notte o anche più tardi; Avrebbero sempre potuto fermarsi in un motel chi poteva dirlo? Io no di sicuro perché non c’ero.

Avrebbero potuto prendersi una camera insieme lei e Davis, non era un mistero che lui non avesse una ragazza fissa e che fosse abbastanza libertino, e non mi sarei affatto stupita se quei quadrattini argentati che Ali si era messa in borsa sarebbero tornati a casa dimezzati o proprio non avrebbero fatto ritorno.

Mi tirai su di scatto prendendomi la testa tra le mani, nervosa e borbottando contro una qualche divinità che si divertiva a torturarmi cosi; Dannazione, a me non avrebbe dovuto fregar nulla di quello stupido viaggio e di quello che avrebbero fatto, soprattutto di quello che avevano intenzione di fare lei e Davis. Ha, io non avevo proprio idea del perché mi stessi facendo quelle pippe mentali per nulla!

Dio, ero una vera cretina! Che diavolo mi passava per la testa? Ero o non ero stata io ad aver detto no per quello stupidissimo concerto? Perché ora me ne fregava tanto? E no, non sono gelosa! Questa non è affatto gelosia!!

Troppo orgogliosa per dire si? Cos’è che ti da davvero fastidio, Nate?, ecco pure la vocina ci mancava all’appello per entrare nel programma per psicopatiche mentali!

Non mi da fastidio nulla, okay? Sono solo preoccupata per Ali e si, avrei voluto andare con lei a vedere Vasco Rossi, tutto qui!

Per Alice? Davvero?!

Basta!! Aprì la porta diretta al bagno: se non mi calmavo cosi non sapevo più che fare; Chiusi a chiave prima di aprire i rubinetti e buttare metà flacconcino di schiuma alla vaniglia nella vasca. Mi sedetti sul bordo incrociando il mio riflesso che mi guardava allo stesso modo in cui io spesso guardavo mio padre quando non lo capivo, confusa, mentre l’aroma dolce del bagnoschiuma si spargeva nella stanza; cosa mi passava per la mente per rendermi cosi? Bastava davvero cosi poco per confondermi? Avrei messo in bilico la mia amicizia con l’unica persona che non mi aveva mai giudicata? Come l’avrebbe presa?

Dio è solo una cotta, mi ripetevo dentro, ma quanto ne sapevo davvero di quello che aveva in mente Ali o di quanto le cose avrebbero potuto cambiare in quel maledetto week end? Quanto mi sarei pentita di tutto ciò?

Forse è già in bilico tutto…aspetta solo di cadere!

La mia immagine non si mosse, mi studiava facendomi notare lo stato in cui ero ridotta, interno ed esterno; indossavo ancora il pigiama e i capelli erano un macello, forse dovuto al mio pomeriggio passato a letto, con un libro, i-pod e un sacchetto di patatine: ero uno straccio e ne avevo anche l’aspetto.

Presi il cellulare che avevo poggiato sul lavandino e entrai veloce sulla cartella dei messaggi ricevuti; Apri, rispondi…

Un favore? Portami una maglietta allora! Dimmi quando arrivi…

Invia.

Ecco fatto e ora basta pippe mentali dovevo trovare assolutamente qualcosa da fare, prima di impazzire del tutto, qualcosa di semplice che non richiedesse troppe energie, ma che mi togliesse dalla mente quegli stupidi problemi che mi pongo da tutta la mattinata e che non mi fanno affatto bene. Prima di uscire definitivamente fuori di testa serve un’idea.

Una cosa facile e scontata. Una stupida ma utile. Una cosa da poco…Mi illuminai d’un colpo, ricordandomi tanto una scena da cartone animato e acciuffai il cellulare prima di cambiare idea e ritrovarmi a contare i pro e i contro: mi serviva qualcosa di semplice, banale e anche un po’ stupido e cosa c’era di meglio di un gruppo di ragazzini arrapati e tanto alcool? Nulla maglio di una festa.

Incrociai le dita mentre la bustina con il mio messaggio volava via;

Se speri di risolvere qualcosa…zitta stupida vocina! Non è il momento!

Il cellulare vibrò subito e mi stupì della sua velocità nel rispondere, ma in fondo non sapevo molte cose di Filippo e una di queste era la sua bravura nell’organizzare feste quasi ogni settimana se non ogni giorno.

Ciao:) Certo che c’è una festicciola e un posto libero x te lo trovo sempre:)…alle 11 passo da te e andiamo assieme?

Assieme. Qualcosa in quella parola non mi piaceva ma dovevo mandare giù tutto il bicchiere, con annessi e connessi per far funzionare davvero quell’idea, e se era solo una parola ad intralciarmi era già un buon inizio.

Certo! A dopo allora!:)

Invia.

Congratulazioni!! Una parola e l’ironia di una voce immaginaria e fastidiosa…bell’inizio.

Stai cadendo…bell’inizio!

 

 

Il contatto con l’acqua calda mi fece venire la pelle d’oca ancora prima di immergermi tutta e sentì i primi muscoli cedere al rilassante tempore che mi fondeva ogni volta il vapore dell’acqua, sciogliendo anche i nodi che sentivo dentro la testa. Un buon modo per non lasciarmi sopraffare era ignorarli o al massimo ragionarci senza irritarmi troppo perché in quel caso un’emicrania non me l’avrebbe tolta nessuno, ma se si poteva un bagno mi concedeva quella piccola quanto apprezzata via di fuga che tanto desideravo infilarmi sempre.

Vigliacca.

No, realistica.

Non avrei trovato risposte per tutte quelle domande e in caso contrario mai le avrei ammesse, nemmeno se ero sola e le pensassi solamente; Non ero vigliacca, ma ero realistica sapendo che non avrebbe portato a nulla se non ad altri problemi, ad altre domande, ad altri quesiti, ad altre reazioni che il corpo faceva senza un reale motivo, come ragionando da solo, scegliendo per sé stesso come era già accaduto due volte ed in entrambe aveva complicato ancora di più le cose.

Le aveva complicate.

La nostra notte, che aveva quel “nostro” che non c’entrava nulla come non avrebbe dovuto far Davis: non doveva entrare lui nei miei pensieri, soprattutto dopo essere entrato in me senza però essersene mai andato; Era rimasto quando lui era uscito ed era cresciuto quando lui si era avvicinato ancora ,-le macchinette, il negozio, l’altalena, i pensieri-, peggiorando ancora la situazione. Complicando le cose.

Cose che non dovrebbero essere complicate, pensai con amarezza rendendomi conto di come nemmeno quando lo scacciavo, riuscissi realmente ad allontanarlo; Dalla mente, con tutti i pensieri che produceva contro di lui, con lui, per lui, di lui ,dal corpo ,da come rabbrividiva ricordando le sue mani, la sua pelle, il suo calore, il suo tocco, il suo sapore, il suo profumo, la sua presenza ,ricordando come eravamo stati vicini l’un l’altro e allo stesso tempo come eravamo stati troppo lontani, con due pensieri contrapposti e con dei motivi opposti tra loro, come lo eravamo sempre stati io e Davis, e per ultimo dal cuore che ricordava anche lui come era bello sentirsi stringere dalle sue braccia dopo quando avrebbe potuto farne a meno, come era stato brutto vederlo alzarsi e rivestirsi indifferente e come era stato deludente capire che le cose in superficie non erano cambiate dopo il tutto; cose che non si erano complicate, diversamente da come erano cambiate, e peggiorate dentro, sotto la pelle e sotto le apparenze, laddove nessuno avrebbe mai potuto pensare cosa stava accadendo.

E che neppure io volevo saperlo.

Le cose sarebbero tornate come prima, forse non esattamente uguali, ma abbastanza per staccarsi da questo momento, ripulire quello che era rimasto di lui e dimenticare quello che non avrei mai potuto ripulire di lui; ma andava bene cosi perché ancora un passo falso e sentivo, le cose sarebbero cambiate. Ancora uno sguardo e avrei potuto cedere ancora al mio corpo, a quello che non mi ascoltava e che non mi dava pace, e proprio per quello che non avrei incrociato quello sguardo.

Perché mi avrebbe sfidato ancora e io ancora avrei messo tutto in gioco, con lui, ancora.

E le cose si sarebbero complicate ancora.

La speranza è l’ultima a morire, chi l’ha detto non era poi cosi furbo dopotutto perché non sempre è quella l’ultima a morire, perché non tutto può essere affidato alla speranza e a non tutto bastava quell’illusione: la speranza non è mai l’ultima a morire. Cede subito, quando il corpo non risponde e la testa corre troppo e il cuore si illude troppo, cede quando non si è abbastanza forti e cede quando non si vuole essere abbastanza forti per sperare che le cose vadano bene, perché non sempre è il bene che noi desideriamo sotto sotto: sotto la pelle e sotto le apparenze.

L’orgoglio è l’ultimo a morire.

Perché non muore mai realmente ma crea barriere, si difende e quando cade si rinforza per tornare a riprendere il suo posto perché non cade mai realmente, ma dà quell’illusione che tanto vogliamo. Illusione che la speranza promette ma non mantiene.

E dopotutto io ho sempre odiato il verde.

 

 

 

Dopo un paio d’ore avevo già cambiato completamente idea su quella fantomatica festa accentuando il fatto che non avessi poi le idee cosi chiare come mi vantavo di possedere, ma il peggio fu quando mi ritrovai davanti all’armadio, lo sguardo allucinato e mani sui fianchi: cosa diavolo avrei indossato?

Non ne avevo la piu pallida idea ad essere sinceri e in più il mio armadio non contribuiva ad aiutarmi, con la sua mancanza totale di abiti che non potessero essere classificato semplicemente come “comodi”; Magliette, maglioni, canottiere, pantaloni, pantaloncini ma nulla che fosse…qualcosa di più.  Ero proprio nei casini ed ero quasi arrivata a riprendere in mano il cellulare e comunicare che mi sentivo poco bene quando, questo, tra le mie mani tremò prima di incominciare a squillare con la solita musichetta e ancora prima di mettere a fuoco il nome sullo schermo il cuore aveva fatto un salto prima di riprendere i battiti impazzito.

Ecco, solitamente quando una persona ha una reazione simile è per sorpresa o gioia nel vedere la chiamata di un ragazzo o il ragazzo, ma sfortunatamente per me che ero sfornita- quasi- da questo tipo di attenzioni la mia era una reazione classificata come paura; si, avevo paura perché sebbene non l’avessi mai ammesso, tra il pensare e il parlare con -o di- una persona, c’era un baratro di differenza e in quel momento non credevo di essere nel pieno della mia forma per affrontare verbalmente Alice, soprattutto dopo tutte quelle pippe mentali che mi ero ritrovata a fare nell’arco di poche ore e che neppure il sollievo di una distrazione era riuscito a far tacere del tutto.

Avrei dovuto lasciarlo squillare, inventando poi col tempo una qualunque scusa che potesse giustificarmi –se l’avessi mai dovuto fare- e metterci una pietra sopra, poi, seppellendolo sotto mille e mille strati di orgoglio per non ammetterlo: ammettere qualcosa di troppo difficile, qualcosa che non uscirebbe sincero, non semplicemente come una bugia che a differenza in quei giorni sembrava quasi una mia dote nascosta.

E questo non era bello.

Vedendo che però la scena non cambiava mi decisi a pigiare il tasto verde; io odio il verde.

-Ciao-.

Dall’altra parte schiamazzi e qualche altro rumore inclassificabile. -Finalmente ragazza, dove diavolo eri rintanata?-.

Mi sedetti sul letto. –Ero in doccia-.

Mezza verità: mi ero fatta il bagno, ma in quel caso Alice avrebbe capito che qualcosa non quadrava perché non avrei mai risposto durante uno dei miei bagni rilassanti che l’avrebbero portata a pensare che tanto rilassata non dovevo essere in quel momento.

-Oh, spero di non aver interrotto una coccola solitaria allora-, ridacchiò facendomi risentire il suono della sua risata.

-No, non era assolutamente uno di quei bagni che fai te-, bugia, ne avevo fatto uno peggiore. La dote nascosta.

-Ma dai lo sappiamo entrambe che noi donne siamo molto generose e che in mancanza di uomini non ci resta che darci una mano-, il doppio senso era quasi palpabile nell’aria e il fatto che Ali l’avesse sottolineato con tanta grinta mi diceva che era già partita per un mondo tutto suo, fatto di star del cinema e doppi orgasmi.

Sospirai. -Tieni lontane da me le sue perversioni-.

Un paio di rumori e poi una porta che veniva chiusa con forza. -Perversioni di cosa? Andiamo Nate non mi diventare come quelle suore di clausura che non sanno neppure che diavolo vuol dire mastur..-.

-Alice!!-, la bloccai subito.

-Nate quanto sei esagerata… dico sempre io che nulla meglio di una sana scopata ti rilassa-, lei rise come mi aspettavo.

Qualcosa mi diceva però che il mal di testa a cui avevo cercato di sfuggire mi sarebbe tornato molto presto dopo quella deliziosa chiaccherata con quella psicopatica. –Ali solitamente sei abbastanza fissata col sesso, ma che diavolo ti è successo ora? Sei peggiorata?-.

-Oh si, penso che stare per quattro ore di fila rinchiusa in uno stretto abitacolo con altrettanti quattro maschi, ascoltando i loro discorsi non mi abbia fatto molto bene-.

-Sembri quasi ubriaca, a dirla tutta-.

-Infatti c’è da sottolineare che erano tutti e quattro dei gran pezzi di manzo-, alzai gli occhi esasperata sentendola abbassare il tono e altri tonfi provenire dall’apparecchio.

-Ma che succede?-, non riuscì a trattenermi.

-Cercano di origliare ma li ho seminati, per ora-, spiegò divertita.

Mi incuriosii. –Dove siete?-.

-Manca poco, quasi mezz’ora e ci siamo fermati in un negozietto di souvenir ma stanno praticamente svaligiando tutti gli scaffali-, sorrideva, lo sentivo, -Si chiama Il Jack Verde, avrai capito perché si sono proprio fermati qui; Forse gli ha attirati la donna mezza nuda sull’insegna ma non saprei proprio-. Era ovvio cosa gli avesse attirati lì, ma era una cosa talmente banale che parlarne non avrebbe fatto altro che mettere vergogna dove c’era già! Tzè maschi!!

Io odio il verde.

 –Ti ho preso anche una cosina che penso ti piacerà proprio-, ridacchiò facendomi intuire che non mi sarebbe piaciuta per nulla quella cosa.

-Ali-, sospirai, -Guai a te se mi porti roba tipo vibratori o altre cavolate simili okay?-, l’avvisai: meglio prevenire che curare.

Un sospiro. –ma dai, mi credi davvero così banale?-.

-No, ed è proprio questo che mi preoccupa-.

-Che palle Nate, fidati no?-.

Mi lasciai scivolare all’indietro a rilassarmi contro il materasso morbido e lenzuola fresche di lavatrice. –Ecco, questa è una tipica frase che mi spinge maggiormente a pensare che sia proprio qualcosa del genere che te mi hai comprato-.

Sbuffò. –Sei una stronza! Dovresti fidarti invece perché sono sicura che ti piacerà molto-.

-Allora dimmi cos’è e vediamo insieme se è da gettare subito o quando lo avrò direttamente in mano-.

-Donna di poca fede-, borbottò trafficando; intuì stesse cercando il mio “regalo”.

Capì che aveva fatto quando scoppiò a ridere dal nulla: dio doveva essere una vera e propria cazzata!

-Dai descrivilo-, tanto valeva togliersi il pensiero.

Un minuto di silenzio in ricordo per quel povero neurone che aveva cercato di sopravvivere nella piccola ed estetica testolina della mia amica prima di cadere nel baratro.

-Allora è piccolo, verde, con dei lacci e una scritta sul didetro: cos’è?-, voleva far la spiritosa ma già alle parole piccolo e lacci io ero davvero arrivata sull’orlo del baratro. Oh e non dimentichiamo: io odio il verde!

-Ali-.

-No dai davvero, provaci! Non è un indovinello cosi difficile-.

-Ali-.

-Vuoi un altro indizio?-.

-Alice-.

-Okay si usa soprattutto in un certo luogo-.

-Alice-.

-Almeno provaci Nate!-.

-Alice-.

-Oh e andiamo! tenta-.

-Ali-.

-Okay Nate te lo devo dire: il tuo cervello si sta regredendo, chiaramente non riuscendo a connettere bene con la mia assenza ma reagisci ragazza oppure ti si è inceppato il disco!-, scherzò ridacchiando, -Devi respirare ed inspirare con calma, come un’onda nell’oceano che silenziosa e ondeggiante si muove e si scontra con altre onde: rilassati e concentrati-, silenzio dall’altra parte -Riesci a parlare ora?-.

Da questa parte invece non credo ci sarebbe stato poi cosi tanto silenzio se avessi perso il controllo e urlando, quindi pensai bene che mantenere un tono calmo, o almeno qualcosa che sia avvicinava ad esso sarebbe stato più salutare per me e i miei nervi gia messi a dura prova dopo i miei giri e rigiri che avevo in testa.

-Alice dimmi esattamente cos’è-.

Un altro sbuffo da parte sua. –Non sei neanche un po’ eccitata dal giochino?-.

Lasciai perdere il doppio senso e mi concentrai su altro. –Cos’è?-.

-Okay va bene, ma sappi che sei una vera piattola e che non accetto rifiuti-, chiusi gli occhi già preparandomi al peggio, -Un costume-.

Non so bene cosa fù , forse il tono in cui lo disse, troppo eccitato e simbolico o la pausa ad effetto che aveva fatto poco prima o ancora come aveva calcato sul nome dell’oggetto, ma qualcosa mi impedì di immaginarmi un normale costume come avrei fatto solitamente. Tutto stava ora però scoprire cosa c’era di non normale.

E sebbene qualcosa già mi diceva che non l’avrei gradito comunque quel dono –io odio il verde- , mi ritrovai ad analizzare le parole da lei pronunciate per scoprirne il tranello.

Cosa non andava in qualcosa che era piccolo, verde, con dei lacci e con una scri…- Che scritta c’è sul didietro?-, aprì gli occhi che fino ad allora erano rimasti chiusi per la mia incolumità e sperai che la linea fosse davvero caduta come sembrava ma quando la voce di Alice riprese a parlare mi dovetti ricredere su un mio colossale errore: il suo ultimo neurone era ormai morto da anni non da soli pochi minuti per mia sfortuna ed io l’avevo affidata ad un branco di animali per una giornata intera. Ero proprio pessima.

-Io ti uccido, lo sai, vero che io ti uccido se osi portarlo in casa mia?-, minacciai.

Dall’altro capo lei rise, ancora; -Oh andiamo! Io sinceramente non ci vedo nulla di strano in “Adoro bagnarmi”, sei te che stai diventando troppo pudica-.

-Cosa non và? -, ribattei alzando il tono, non riuscendo a trattenermi, -Ali c’è tutto che non và!! Dal “bagnarmi” al verde-, e io odio il verde.

-Non ti piace il colore?-, chiese confusa.

-Non mi piace l’oggetto!!-, sbottai, anche se il colore non era dei miei preferiti.

Io odio il verde.

Sbuffò. –Vabbè ormai è fatta e non posso cambiarlo e comunque tutti lo sanno: un regalo non si rifiuta mai!-.

-Capirai ci sono un mucchio di cose che vengono dette tanto per dire-, mi tirai su aggiustando il nodo dell’asciugamano che avevo ancora indosso, -Molte tra queste sono pure un mucchio di bugie-.

Non ricevetti subito risposta ma il tono cambiò subito. –Ah si? E te mi hai mai detto cose tanto per dire?-, aveva quel tono: la vocina da bambina e immaginai il suo sguardo triste e il labbro teatralmente in fuori per farmi pena, ma quella frase era proprio una di quelle che temevo maggiormente e a cui non ero pronta.

Deglutì. –No! Ali cosa vai a pensare, il mio era un esempio?-.

-E se per esempio prendiamo te come cavia? L’hai mai fatto?-.

Possibile che tutte quelle situazioni me le creavo sempre io? Non c’entrava nulla Davis ora in quel momento anche se lui era vicino alla mia amica, che a sua volta aveva iniziato un discorso in cui lui era la causa principale.

Non sei stata obbligata a far nulla, devi affrontarne le conseguenze!

Lo so, ma non era né il momento, né il luogo, né il modo in cui avremmo dovuto parlarne, in cui avrei dovuto dirle tutto;

Non lo saprà mai nessuno.

Ti dovrei dire molte cose Ali…ma non posso farlo…

Ma sembra quasi…non lo so come fosse il tuo posto e non capisco che c’entro io.

Anche se non ne vuoi parlare, Nate, prima o poi dovrai accettarlo

Accettare cosa?

Che quella notte ha cambiato un mucchio di cose

Aumentai la presa sul cellulare; -Non lo so Ali-.

Stupida, vigliacca e codarda…non serviva la vocina per ammetterlo questo e non servì ad Alice per farle capire che non era affatto una risposta normale, neppure dal tono;

-Hei stai bene?-.

Presi un respiro. –Si scusa è che c’è una festa e non so neppure che mettere! Sono un po’…indecisa-, stupida! Non era il momento e non lo era stato nemmeno nei tre giorni passati, quando sarebbe arrivato il momento che avrei fatto per scappare ancora? Cosa diamine stavo facendo?

Te lo stai scavando te il baratro…

-Oh e che problema c’è-, sorrise, -Ci sono io per questo!-.

Lasciai andare un sospiro: non era il momento. –Okay, ma non esagerare-.

…e ci cadrai.

 

 

 

Guardai un’altra volta la mia immagine allo specchio e per la ventesima volta storsi il naso: no, cosi non poteva affatto andare;

Dopo la telefonata dove Alice mi aveva praticamente obbligata a tirar fuori dal mio armadio tutto quanto e analizzarlo in ogni piccolo dettaglio per descriverglielo bene e dargli un’ampia scelta con cui consigliarmi, aveva riattaccato dicendo che gli animali stavano tornando e che voleva una foto del mio abbigliamento per vedere come ero uscita la sua opera d’arte, neanche fossi una bambola e lei la mia bambina-padrona. Sta di fatto che però i vestiti consigliati erano rimasti sul mio letto, intoccati, mentre io mi ero data alle pulizie del week con mia sorella che mi stava alle calcagna per sapere piu dettagli su quella festa e, ne ero sicura, tirarne fuori un invito pure per lei, che si era giustificata dicendo che anche se era minorenne, sotto i sedici, con me sarebbe potuta entrare; come se non sapesse benissimo che mai l’avrei portata con me ad una festa, soprattutto ad una festa e soprattutto con me.

Sette ore che passarono in fretta e prima che me ne potessi anche solo accorgere avevo già indossato la tenuta che mi aveva consigliato Ali; Il mio riflesso non mi convinceva però, a differenza di quello che aveva detto che avrei provato guardandomi.

I capelli non gli avevo toccati anche se mi aveva consigliato di tirarli indietro con un cerchietto o una cosa simile, ma erano liberi di scendere come meglio credevano sulle spalle, una maglietta senza spalline e maniche rossa, che si abbinava alle ballerine e faceva risaltare le gambe nude coperte a malapena da una gonna; Il problema reggiseno era stato facilmente risolto con uno a fascia che mi aveva regalato lei stessa un paio di mesi prima, per mia sfortuna verde, mentre la cosa che non mi convinceva affatto era il sotto: io le gonne non le portavo mai, e c’era anche un valido motivo! Non ci sapevo stare e non mi piaceva averle addosso.

Avevamo discusso su questo e alla fine gliela avevo data vinta per farla tacere ma ora le cose erano diverse: come potevo andare ad una festa se non riuscivo nemmeno a stare a mio agio tra le mura della mia camera con indosso quell’affare? Non potevo, ecco! Non sarei uscita cosi, anche se Alice non sarebbe stata d’accordo.

Sfilai veloce la gonna in jeans lasciandola ai piedi del letto e mi misi al suo posto un pantalone nero aderente che comunque non avrebbe stonato ma sarebbe sembrato solo più coprente e …sobrio in confronto alla gonna, utile per farmi rilassare che alla fine era il vero motivo per cui avevo fatto tutto quello.

Alice per prima si era impressionata sapendo che era arrivata da me quella proposta e si era detta dispiaciuta di non poter essere presente per un avvenimento del genere, ma che avrebbe risolto dandomi una mano e comportandosi da buona amica.

Buona amica…una cosa talmente facile eh?

Feci in tempo a chiudere il bottone che il campanello suonò: doveva essere arrivato Filippo.

Afferrai giacca e scesi di sotto veloce, sperando che né mia sorella né mio padre si facessero vedere per una scena doc in american stile, con tanto di interrogatorio e coprifuoco; Fortunatamente arrivai per prima e presi le chiavi spingendo automaticamente Filippo fuori dall’uscio per richiudere subito alle mie spalle la porta. Una volta fuori mi concessi il lusso di guardarlo: sotto uno strato di confusione si vedeva che era felice, forse per la festa o forse perché finalmente avevo deciso di accettare il suo invito e mostrarmi in giro con lui; Indossava una semplice camicia blu e dei jeans abbinati…sobrio come me! Bene allora ero apposto pure io!!

Mi squadrò per un attimo copiando forse le mie mosse prima di far cenno di seguirlo.

-Andiamo?-, sorrise.

Ricambiai il sorriso, un po’ in soggezione dalla sua occhiata. Soggezione? Ma chi diavolo stavo diventando?! Ahh lasciamo stare! Ero senza speranze pure io.

Lo seguì all’auto dove c’erano due ragazzi sui posti davanti che ci fissavano sorridendo: ragazzini, pensai alzando gli occhi al cielo, sempre a pensare con le parti basse.

-Allora-, parlò Filippo quando già mi ero accomodata dietro con lui, -Natalie loro sono Thomas e Roberto-, sorrisi limitandomi ad un cenno del capo, -Ragazzi lei è Natalie-.

I due ridacchiarono mentre iniziavamo a muoverci;

-Ma che hanno-, chiesi avvicinandomi e abbassando il tono, innervosendomi per quegli attacchi di stupida ridarella.

Sorrise; -ricordi che ti avevo detto che i miei amici non credevano che davvero ti conoscevo? Bè sono loro-.

-Ah-, gli squadrai, -E dove stiamo andando?-.

-Al pub che ti dicevo, ti piacerà-, ammiccò e mi trattenni dal ridere: di sciuro una cosa che  gli mancava a lui era l’arte della seduzione e di sicuro io ero l’ultima persona su cui avrebbe potuto provarci. Mi trattenni dal commentare e abbozzai un sorriso sperando che davvero per una volta riuscissi a divertirmi ad una festa, cosa alquanto impossibile, e mi soffermai a guardare la strada che scorreva al nostro passaggio, ricordando come da piccola pensassi che fosse la stessa strada a muoversi e noi che ci facevamo trascinare, come i nastri delle casse dei supermercati;

Forse non avevo del tutto torto a pensare cosi.

Non ci mettemmo molto ad arrivare e quando io e Filippo smontammo, lasciando agli altri il duro compito di trovare parcheggio capì cosa davvero non avevo considerato in tutta quella storia; Guardai il mio compagno e poi il locale, poi la scritta, poi il mio compagno e infine il locale ancora: si, qualcuno mio odiava proprio. Infilai il braccialetto colorato che mi pose Filippo per identificarci e passare senza far la fila e mi chiesi se davvero la mia sfortuna avesse un limite, perché in quel momento, guardando la scritta del pub, non l’avevo ancora raggiunto; e questo era preoccupante.

La scritta: The Green. Verde.

Il reggiseno. Verde.

Il costume. Verde.

Il negozio: Il Jack Verde. Verde.

La speranza. Verde.

Io odio il verde.

No, oggi non era per niente un giorno fortunato!!

 

 

 

NdA:)

 

Lo so, lo so, vi aspettavate altro e non che finisse cosi, ma…era taaaanto lungo se lo lasciavo intero e se l’avessi fatto non avrei aggiornato prima di giovedì piu o meno quindi ho pensato di renderlo un po’ piu leggero e metterlo prima!! E’ quindi un capitolo di passaggio per il prossimo, che invece sarà un po’ pienotto, mentre per ora abbiamo visto solo un altro strato di pensieri di Nate e qualche indizio sul viaggio che fa Alice.

Non c’è molto Daniel, e se non fosse x i pensieri di Nate non ci sarebbe proprio, ma lui è in viaggio, ragazze, quindi ovvio che non apparirà e sarebbe strano se lui la chiamasse o cose simili, no? In fondo si odiano…forse…un pochino…

Vabbè non credo ci sia altro se non grazie x le bellissime recensioni a cui risponderò subito!!:)

A presto…baci Je:):)

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Capitolo 13
*** 13.FESTA CON SORPRESA parte II ***


CAPITOLO 13

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Festa con sorpresa

 

 

Miss “no way it’s all good”

It didn’t slow me down

Mistaken

Pretty, pretty please

Don’t you ever, ever feel

Like your less than

Fuckin’ perfect

 

 

[Miss “no va tutto bene”

Non mi sono fermata

Sbagliando

Bello, bello per favore

Non hai mai, mai sentito

Di essere meno che

Fottutamente perfetto]

 

 

La prima cosa che mi colpì appena entrata nel locale fu il buio. Non essendo una grande amante di certi posti, mi tenevo ben lontana solitamente da pub discoteche e quant’altro, quel posto non mi piacque molto, soprattutto per l’aria viziata che si respirava e la calca di gente che ospitava all’interno; No, non era proprio il posto che faceva per me e sinceramente quando Filippo aveva parlato di una festicciola nella mia mente si erano già creati scenari in stile americano, con la consueta casa sgombera dai genitori e piena di alcool, e sebbene anche quel posto non mancasse di fiumi di alcool non era per nulla come me l’ero immaginato, ma forse ero io ad essere troppo poco informata su certi tipi di festa.

Filippo si accostò al mio orecchio. –Ti piace?-.

Annuì allungando il polso con il bracciale verde ad una ragazza che stata all’entrata togliendomi definitivamente dalla testa l’idea di una classica festa con il classico buttafuori tutto muscoli che stava all’entrata.

Mi guardai un po’ attorno, certa che il mio compagno mi fosse abbastanza vicino da non perderlo di vista e mi concessi per un secondo il privilegio di ammettere che poi non era cosi male come posto, ma che anzi, subito dopo l’impatto claustrofobico potevo notare quanto grande potesse essere e con addirittura due piani, pieno di gente ma bello. Almeno non era uno schifo di buco in cui mi aveva trascinato Alice per iniziarmi alle discoteche e al puro divertimento come mi aveva spiegato lei.

Potevo benissimo vedere dal punto in cui eravamo io e Filippo ci fossero un paio di scalini verso il basso che arrivavano diritti ad una fila di tavolini sparsi in tutta la sala; nessuna pista da ballo o spazio libero, solo alcuni divanetti attorno, tutti già occupati ovviamente e tavolini alti con spazietti angusti tra l’un l’altro. Aveva un po’ tutto in tinta o tonalità del verde e le scale che conducevano al piano superiore erano illuminate da luce al neon.

Roberto e Thomas arrivarono in quel momento e dopo aver parlato fitto con Filippo per un minuto buono si diressero verso i tavolini senza dire altro e prima che avessi il tempo di far altro Filippo mi prese la mano e li seguì trascinandomi con sé.

-Vieni-, mi lanciò un’occhiata stranita, sentendo l’improvvisa reazione del mio corpo al contatto ma senza commentare abbassò lo sguardo guardando le nostre mani e poi sorridere dandomi una leggera spinta in avanti per seguirlo, aumentando la presa.

Io invece non ero poi tanto sicura che fosse obbligatorio quel contatto e mi infastidì più di quanto potessi immaginare, sentendo un vago senso di colpa per quel gesto spontaneo quanto fraintendibile: e non c’era assolutamente nulla da fraintendere. Forse fu quel pensiero a far aumentare la mia irritazione abbastanza da convincermi a liberarmene o semplicemente diedi ascolto all’istinto, ma la conclusione fu la stessa e anche la reazione di Filippo su cui preferì non soffermarmi troppo: non ero una sciocca e non era per flertare con lui che mi trovavo in quel locale, solo per prendere una pausa.

Gli concessi però un sorriso prima di precederlo e individuare il tavolo dove si erano già accomodati gli altri due;

Il piano superiore era a forma di ferro di cavallo e avevamo una visuale perfetta da quel punto su tutto ciò che accadeva al piano di sotto.

-Allora-, alzai lo sguardo trovando il moro, Roberto, che mi sorrideva amichevole, -Da quanto vi conoscete te e Filippo?-.

Vidi benissimo l’occhiata che si scambiò con l’amico. –Conoscere o frequentare?-.

Mi guardò insicuro. -Come?-.

–Se la tua è una domanda per chiedermi da quanto ci frequentiamo io e Filippo la risposta è mai-, eh no caro mio, a me non mi freghi.

Si scambiarono ancora un’occhiata e notai il viso di Filippo arrossire, fulminando gli amici forse sperando di riuscire a dargli fuoco. Sorrisi allo sguardo più intimidito che mi rivolse Roberto ignorando completamente le minacce del compagno.

Ricambiò togliendosi di dosso l’aria da bello e impossibile rivelando la sua vera età con uno sguardo più tenero: in fondo assomigliava un po’ a Filippo. –E’ vero che hai sempre la risposta pronta-.

-Oh si-, ironizzai, -mi esercito a casa per ore-.

-Bè allora è una fortuna non aver rovinato un mito-.

Alzai un sopracciglio. –Un mito?-.

-Metti caso che scoprivamo che davvero te e Filippo foste fidanzati, non immagini neppure la delusione-, ridacchiò schivando un pugno ben mirata da parte del diretto interessato.

Veci vagare lo sguardo tra i due. –in che senso davvero?-.

Al suo posto rispose Thomas che mi era di fronte. –Bè ne girano di storie su di te a scuola, tanto valeva levarsi il dubbio, o almeno uno tra i tanti-.

-E voi davvero ci credete in certe cavolate che dicono?-, incassarono il colpo, -Allora è a me che cade un mito-.

Roberto scosse la testa. –Bè dopo tutti quei siparietti che si vedono ogni giorno è normale porsi dei quesiti-.

-Tipo?-, la curiosità: quella no non potevo ignorarla. Soprattutto se si parlava di me e dei miei siparietti che venivano tanto commentati.

Si fece più vicino portandosi una mano vicino al viso. –Si dice che tra te e Davis ci sia una relazione segreta-.

Strinsi d’istinto le mani a pugno che erano poggiate sul tavolo al nome del ragazzo e lanciai un’occhiata infuocata al moro che ridacchiò alzando le mani. –Oh non l’ho mica detto io-, si difese.

Dio non riuscivo davvero mai a liberarmene del tutto di Davis, vero?! Cerco di rilassarmi in sua presenza e ci finisco a letto con tanto di sensi di colpa allegati, cerco di rilassarmi senza la sua presenza e lui compare sotto forma di fantasma per rompermi ancora i cogl…okay meglio sorvolare! Non è per avere un’altra crisi esistenziale che ero uscita di casa.

-No-, sibilai senza riuscire a trattenere l’irritazione, -Tra me e Davis non c’è assolutamente nulla, chiaro?-, mettiamo le cose in chiaro. –E fareste meglio a non credere a tutto quello che dicono-.

Alzò le spalle. –A scuola non c’è di meglio quindi anche una cavolata può essere interessante-, gli lanciai un’occhiata chiara, -Ma ora sappiamo la verità-, si affrettò ad aggiungere.

Sentì il cellulare vibrare nella tasca ma lo ignorai sicura che fosse Alice curiosa di sapere come andasse la serata; Per più di mezz’ora mi aveva psicoanalizzato per riuscire a storcermi con l’inganno qualche segreto sulla serata, che a detta sua, c’era di sicuro, continuando con la sua teoria che io non avrei mai messo il naso fuori di casa il sabato sera a meno che non fossi pazza o innamorata e quando avevo negato a tutte e due le opzioni aveva giurato su non-so-bene-cosa che avrebbe scoperto cosa c’era sotto. Fortunatamente parlava esclusivamente della serata perché quando Alice si metteva una cosa in testa non la piantava finche non raggiungeva il suo scopo, e più di una volta mi era toccato subirmi i suoi interrogatori.

Mi ripresi giusto in tempo per sentire la frase borbottata a mezza voce di Thomas;

-Bè meglio farlo sapere in giro cosi almeno certa gente che conosciamo noi si metterebbe il cuore in pace per una volta tanto-, ridacchiò scambiando un’occhiata d’intesa col compare; iniziavano ad infastidirmi pure loro con quegli sguardi da so-tutto-io.

-Che intendi?-, chiesi d’istinto.

Sobbalzò forse sorpreso che l’avessi udito. –Io? Oh nulla solo che…-, Filippo lo bloccò di colpo afferrandomi, ancora, la mano e tirandomi, ancora, verso la sua direzione;

-Dai Nate accompagnami al bar-, sorrise un po’ nervoso ma l’accontentai;

-Okay-, borbottai tirandomi su scrutando il suo viso di sottecchi che però non incontrava mai il mio; Aveva stampata in faccia un’espressione strana che gli avevo già visto addosso ma non so bene quando e il modo in cui stava parlando veloce con gli amici mi fece notare anche come fosse teso: era arrossito? Non sarà mica…No, impossibile! Scacciai l’ipotesi ancora prima che diventasse concreta nella mente.

-Andiamo-, borbottò.

Scesi le scale poco piu indietro di lui, per colpa anche delle coppiette che si erano fermate lì in mezzo. –Fili tutto bene?-, alzai un po’ il tono per superare la musica che in quel punto era maggiore.

Lui si limitò ad annuire abbozzando un sorriso. –Certo-.

Mi scontrai con un gruppetto di ragazzine che ad occhio avevano al massimo quindici anni e dovetti spintonarne una per riuscire a passare trattenendo un insulto poco galante alla sua intelligenza e concentrandomi di più sul non perdere di vista Filippo: stupida io a non essere rimasta al tavolo.

Una di loro mi squadrò dalla testa a i piedi e distolsi lo sguardo irritata: odiavo essere fissata cosi! Dio che fastidio quando avevano quell’aria superiore e gli avrei fatto abbassare con piacere la cresta io, se solo non avessi di meglio da fare che “rilassarmi”. E poi dannazione, mi sorgeva spontanea quella domanda: ma si dovevano muovere sempre in branco? Che razza di problemi avevano da non riuscire nemmeno a spostarsi dal mezzo della corsia?

Lasciamo perdere…

Filippo si era già trovato un buco tra la gente intorno al bar e si voltò verso si me poco prima che lo chiamassi io.

-Cosa bevi?-, chiese.

Scrollai le spalle. –Fai tu-.

Lui annuì fermando giusto in tempo un tipo dall’altra parte del bancone e dirgli qualcosa che non compresi bene; in quel punto la musica dal locale era piu alta e mi martellava nelle orecchie senza che potessi capire da che parte precisa arrivasse. Mi guardai attorno e mi spostai prima che una delle ragazze dietro al bancone mi spingesse diretta ai tavoli: dio che casino, ecco perché non amavo andare in giro per locali.

Tirai un braccio a Filippo finché non si voltò verso di me. –Dov’è il bagno?-.

Mi scrutò a fondo. –Stai male? Sei pallida-, passò la mano sulla mia guancia fino alla tempia.

Scossi la testa. –Mal di testa-, mi scostai, -Sai dov’è?-.

-Aspetta che chiedo-, sbottò voltandosi verso il ragazzo di poco prima che gli aveva messo di fronte tre bicchieri e pian piano li riempiva con diversi intrugli; gli disse qualcosa all’orecchio e il tipo alzò lo sguardo su di me incrociando il mio e mi rivolse un cenno allegro. Abbozzai un sorriso, prestando attenzione al mio compagno che mi indicò un punto oltre la sala, poco distante dalle scale.

Lo ringraziai e mi diressi veloce verso i bagni, sperando che almeno lì non ci fosse tutta quella confusione; Desiderio esaudito, per una volta ogni tanto, e appena varcai la soglia non potei trattenere un sospiro di sollievo. I bagni erano molto simili a quelli della scuola, solo poco piu luminosi e con il sapone, cosa che invece mancava negli altri, e per mia fortuna era vuoto tranne per una ragazza poggiata addosso ad una porta, forse a far la guardia all’amica, che non mi guardò neppure. Mi poggiai al lavello chiudendo gli occhi e cercando di bloccare sul nascere un mal di testa quando un ronzio mi distrasse; tirai fuori il cellulare: 4 chiamate perse Alice.

Quattro? Perché mi aveva chiamato cosi tante volte? Non è che era successo qualcosa? Dio, perché non avevo risposto?

Aprì l’acqua e mi bagnai il viso, cercando di evitare gli occhi per non far colare la matita e mi asciugai veloce: dovevo uscire e avvertire Filippo che andavo a chiamare Alice. Non chiamava mai cosi tante volte e di solito quando non rispondevo aspettava sempre che la richiamassi poi io, mentre stavolta l’aveva fatto quattro volte e a pochissimi distanza l’una dall’altra. Che era successo?

Appena uscì guardai verso il bar alla ricerca di Filippo con ancora il cellulare in mano, ma non mi fu permesso fare un altro passo avanti che venni bloccata; Metaforicamente parlando perché fu piu una voce a farmi bloccare.

-Non so cosa mi sorprenda di più, Micheletti, che te sia uscita di notte o che te ti sia vestita sexy per uscire di notte-, fu più un sussurro roco alle mie spalle a farmi venir il mal di testa che mezz’ora dentro a quel localino che , ora ne ero certa, desiderava mettermi sotto dura prova.

Mi voltai e appena incrociai gli occhi di Davis, o meglio dire gli occhi divertiti di Davis mi si bloccò il respiro, senza un reale motivo. Che diavolo ci faceva lui lì? Non era partito con Alice? Ora non dovrebbe trovarsi allora lontano, molto lontano, da qui? Perché è qui? Sapeva che ero lì? Come? O era venuto con qualcun altro? Ma allora non era partito!

Tante cose mi veniva da dirgli, ma il mio cervello, dannazione a lui, si era scollegato e riuscì a dire l’unica cosa, o un tra le peggiori, che potevo risparmiarmi.

-Non sono vestita sexy-, borbottai ancora scossa dalla sua apparizione.

Lo dovette notare perché si avvicinò divertito lasciando vagare lo sguardo su tutto il mio corpo e mai come in quel momento mi sentì nuda; si, nuda, perché sembrava che lui mi stesse davvero guardando attraverso i vestiti e vedesse piu di quanto concesso di norma.

-Sarà-, lo sentì appena concentrata com’ero a recuperare un po’ d’intelletto.

Scossi a testa facendo finire un ciuffo davanti. –Tu che ci fai qui?-.

-Preferivo continuare il discorso di prima, io-, tirò fuori il labbro inferiore in una pessima imitazione di un bambino, anche se in quel momento non era altro che un bambino.

-Davis! Che diavolo ci fai qui?-, ripetei non ricevendo ancora risposta.

Sorrise avvicinandosi e prendendomi alla sprovvista sfiorò la mia guancia, per riportare indietro il ciuffo che mi era scivolato in avanti a coprirmi porzione della pelle; Sentì pizzicare il punto in cui mi aveva sfiorato e mi imposi di non muovermi: scostarmi con fretta gli avrebbe fatto pensare che ero disturbata dal suo tocco che avrebbe riportato a galla la solita discussione sulla differenza tra fastidio e irritazione.

Mi guardò forse sorpreso che non mi fossi, appunto, ritirata di corsa; contro ogni logica però si avvicinò ancora di più posando una mano sul mio fianco, leggera, senza trattenermi, lasciandomi una via di fuga al suo tocco. Mi morsi la guancia ma non mi mossi.

-Preoccupata per me?-, non perse il sorriso.

-No-, mi irritai, -Ma non dovresti essere in viaggio per il concerto?-, stupidissima curiosità femminile!

Abbassò appena lo sguardo. –Il concerto? C’è stato quasi quattro ore fa e ho avuto tutto il tempo per godermelo e ritornare-, spiegò muovendo la mano sul mio fianco

Il calore della mano passava attraverso la stoffa leggera della maglietta e sembrava quasi che stesse accarezzando la pelle nuda, senza quell’intralcio tra di noi; tra di noi? Oddio, no! Non ancora!!

Appena mi resi conto della somiglianza che aveva con l’altra notte mi scostai subito, cercando di salvare quella sera, come non avevo fatto nella palestra. Peccato che non avessi calcolato la sua mano, le sue mani, che si strinsero appena diedi segno di volermi muovere e mi tennero stretta, fermando ogni mio movimento. Non voleva darmi una via di fuga, quando le aveva poggiate una sul fianco e l’altra sull’incavo tra il collo e la guancia ma aveva voluto farmi crede che ci fosse.

Aprì la bocca per ribattere ma la sua espressione era molto chiara e feci appena in tempo a registrare i fatti più importanti che mi ritrovai le labbra incollate alle sue.

Un sapore che difficilmente potevo scordare, sempre cosi buono ma con qualche piccola differenza, piccole sfumature sempre diverse ad ogni bacio che non mi permettevano di dargli un unico gusto e benché non fosse la prima volta che le assaggiavo, solo quella volta mi concessi di soffermarmici prima di distrarmi troppo o scostarmi. Non era un gusto dolce, ma solo un po’ zuccherato e un po’ salato ma buono e caldo, tanto caldo; Le sue labbra erano tenere e quando le dischiudeva per dar spazio alla lingua le incastrava alla perfezione con le mie, non era brusco, non era troppo veloce ma c’era qualcosa che sembrava non farlo restare calmo e tranquillo ma spingerlo a continuare a lambire labbra e lingua, che si arrossavano sotto al suo tocco. Non mi ci ero mai davvero soffermata benché l’avessi baciato più di una volta quella sera e ancora dopo sul terrazzo.

Era diverso dagli altri baci che avevo sino ad ora dato, ma forse non potevano nemmeno considerarsi tali: neppure in quel campo ero una cima.

Mi staccai io per prima per guardarlo aspettando una spiegazione ma non mi arrivò nulla se non l’immagine delle mie stesse braccia attaccate alle sue spalle: non me n’ero neppure accorta di averle spostate.

Deglutì ma anche quella volta non mi venne nulla da dire: Dio quel ragazzo riusciva a farmi tacere come pochi e questo non andava affatto bene! C’era un’aria attorno a noi che non andava bene, troppo simile a quella che avevo respirato nella palestra ed ero troppo vicina a Davis perché le cose stessero bene. Senza movimenti bruschi sciolsi la presa delle mie dita e ritirai le mani prima di notare qualcosa, o meglio qualcuno, che veloce si stava dirigendo verso la porta.

Sgranai gli occhi pregando che non fosse come avevo visto ma appena quella voltò l’angolo per uscire mi si spezzò il respiro in gola. –Merda!!-, sbottai prima di correre verso la porta facendomi spazio tra la gente che si doveva proprio mettere in mezzo: odiavo i posti affollati!!

-Alice!-, urlai sperando che si fermasse, speranza che sapevo non si sarebbe avverata stavolta.

 

 

Il freddo della sera mi punse la pelle nuda, facendomi venir la pelle d’oca su tutte le braccia, ma me ne fregai altamente allungando il passo fino ad arrivarle dietro e fermarla per un polso; Si voltò di scatto liberandosi della mia presa e mi fulminò con uno sguardo bruciante.

Dio che cavolo avevo combinato!!

Non seppi che dirle, se non stupide classiche frasi dette e ridette da un casino di persone ogni volta per difendersi da qualche accusa; posso spiegarti, non è come pensi, ti stai sbagliando, hai visto male, non era nulla, solite frasi che erano un vero classico ma sarebbero state solo un’altra bugia tra le tante perché sfortunatamente non potevo spiegare nulla. Era esattamente come pensava. Non sbagliava affatto. Aveva visto benissimo tutto. Era tanto e troppo, da spiegare e da capire anche per me.

Ti dovrei dire tante cose…

-Io…-, scossi la testa senza distogliere lo sguardo,- non so cosa dirti-.

-Davvero Nate?!-, alzò il tono di voce e sentirla cosi dopo tutte quelle ore passate senza vederci mi fece stare pure peggio, -Oh non c’è nulla da dire, di cosa vorresti parlare?-.

Strinsi le labbra. –Non…-.

-Cosa?! Vuoi parlare del tempo? Di com’è stato il viaggio? Del regalo che ti ho preso? Dei tuoi genitori? Di Jack? O di come la tua lingua sia arrivata nella bocca di Daniel?-, sbottò alzando la voce ad ogni frase; -Cos’è sei scivolata?-.

Lascia un sospiro. –No-. A cosa valeva ancora mentire? Ormai la frittata l’avevo fatta, troppo tempo avevo lasciato passare senza decidermi e ora mi si ritorceva contro. Troppe parole avevo cercato per spiegarmi e ora non me ne veniva nessuna. Troppe volte avevo di fronte il momento opportuno e non l’avevo usato e ora l’aveva scoperto, l’aveva visto, nel modo peggiore.

-Ah no? Bè allora saprai spiegarmi perché lo stavi baciando!-.

Passai una mano spostando un ciuffo e feci mezzo passo in avanti. –Mi dispiace, okay? Ma era solo un bacio-.

Il suo sguardo non si rilassò per nulla. –Non è cosa quello che mi frega ma chi!-, non mi diede il tempo di dire nulla, -Dannazione Natalie era Daniel! Quello che tu odi tanto e che denigri sempre, ma non sembra che poi ti dispiaccia cosi tanto quando può esserti utile-.

Fu il mio turno di scattare. –Io non lo uso quando mi è comodo! E’ solo successo, va bene?-, sbottai, -Avrei dovuto dirtelo prima, mi dispiace, ma perché ti agiti tanto?!-.

Chinò il capo, confusa e sospettosa. –Dirmi prima cosa?-.

Mi morsi il labbro capendo la pecca che avevo fatto: e il premio per miss tatto va a…

-Abbiamo fatto sesso-.

…me.

Silenzio. Nessuna delle due disse nulla e  rimase solo a fissarmi come a cercare una negazione nel mio viso alla mia frase; Sentì appena le persone che a poco distanza stavano chiacchierando forse interessate alle nostre urla, appena sentì il freddo della notte, appena sentì la musica che arrivava dalle porte del pub mezze aperte, ma sentì benissimo il suo sussurro.

-Stai scherzando-, non era una domanda la sua ma negai ugualmente con un cenno del capo.

-E’ stato solo sesso, Ali e se potessi te lo avrei detto prima-. Parlai misurando le parole per non dire qualche cazzata.

-Quando?-, il tono ancora teso.

Strinsi le mani. –Un paio di giorni fa-.

-Quando?-, chiese ancora senza inflessioni nella voce.

-Il giorno della punizione, mi aveva chiamato poco prima che Davis mi venisse a rendere,- E’ stata solo una sera-.

Quello che dissi doveva avere qualche pecca perché fece un passo avanti incazzata.

–Ma ti ascoltai almeno?! E’ stato solo un bacio, è solo successo, è stato solo sesso, è stata solo una sera…peccato che non sia solo uno sbaglio tutto questo, vero?-, sbottò ancora più arrabbiata.

-Non prendermi per stupida-, continuò avvicinandosi ancora, -Io non ti ho mai trattato da tale e sappiamo entrambe che te le cose non le fai solo perché accadono-, ormai eravamo vicinissime e le ultime parole le sussurrò; peccato che furono proprio quelle ad uscire piene di rabbia.

-Cosa volevi: ribellarti alle regole di tuo padre? O attirare un po’ d’attenzione su di te? Oppure pensavi che ti rendesse più desiderabile andare a letto con il ragazzo che mi piace? E’ una competizione?-, stirò un sorriso ironico, -Bè sei ridicola, Nate-.

Abbassai lo sguardo per non farmi prendere dall’irritazione come accadeva sempre quando qualcuno pensava davvero di conoscermi; Avevo sbagliato, non lo nascondevo, ma non avevo bisogno di un’altra persona che parlasse di me al mio posto.

-Non so cosa ti aspetti che dica-, sussurrai, -Ma non ti dirò che hai ragione se è quello che vuoi-, la guardai davvero per la prima volta, forse, e mi sentì come di fronte ad un’estranea; -Non hai capito nulla di me se dici cosi-.

-Ti sei offesa forse?-.

Scossi la tesa. –No, più delusa direi-, alzai la mano prima che parlasse. –Si, io ti ho mentito e non avrei mai dovuto farlo, ma te stai dimostrando davvero cosa pensi di me. Pensi sul serio che l’abbia fatto per competere contro di te? Siamo amiche non potrei mai-, sbottai scrutando la sua espressione basita.

-No, non lo siamo più-. Chiara, decisa, risoluta…fine.

Annuì stancamente senza saper che altro dire: stavo sbagliando ancora?

Si voltò dopo un’ultima occhiata e attraversò il parcheggio senza voltarsi, diretta alla fermata dell’autobus, o forse ad un taxi o sarebbe arrivata a casa a piedi: non lo so, non sapevo più se la conoscevo davvero, se ci avevo mai provato a conoscerla, se gli avessi davvero dato un’occasione per aprirsi del tutto con me, senza timori e imbarazzi. Quanto poco conoscevo la mia migliore amica? E ora che il passato è l’unico modo in cui avrei potuto parlare di noi mi chiesi se avessi mai volto conoscerla davvero o mi andasse bene sapere quel che lei sceglieva di dirmi.

In fondo era lo stesso che avevo fatto io.

Un venticello mi scompigliò ancora i capelli e mi venne spontaneo allacciare le braccia per riscaldarmi un pochino; Bè ora non dovevo più preoccuparmi: era finita. Forse ancora prima di iniziare la conversazione le cose erano già decise, forse ancora prima che mi accorgessi di lei, forse prima che baciassi Davis.

Lo sentì ancora prima di vederlo: dei passi e poi si posizionò di fronte a me. –Come stai?-.

Tenni lo sguardo fisso sul marciapiede cercando una risposta; -Non lo so-.

Lo vidi annuire con la coda dell’occhio. –Bè è già un passo avanti-.

-Cosa?-, lo guardai confusa.

Si strinse nelle spalle senza nascondere un sorriso. –Non mi hai neppure mandato a fanculo: è già un bel passo avanti-.

Scossi la testa. –Ci godi vero? A vedermi star male intendo-.

Tornò serio e mi scrutò per un minuto buono prima di scuotere il capo e avvicinarsi; d’istinto arretrai mettendo un po’ di spazio in mezzo, abbastanza per non far cavolate: non altre almeno.

-Posso dire di non averti mai vista stare male, Micheletti-, sorrise.

Mai. Neppure ora? Mi venne da domandargli ma non lo dissi, sapendo già la sua risposta e forse anche non volendo sentirmela dire; non in quel momento, almeno.

Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo mandandolo mentalmente a cagare; Ridacchiò forse capendo la mia espressione e si spostò facendomi segno di seguirlo.

-Dai andiamo-, accennò al parcheggio.

Lo squadrai. –Che intendi?-, chiesi mettendomi sulla difensiva.

-Non farò sesso in macchina con te, Micheletti, stai calma. Ti porto solo a casa-, sorrise divertito.

-Non posso-, sbottai, -C’è Filippo e poi…bè non mi va di andare a casa-, difficile da confessarlo ma dopo la discussione con mio padre non ne avevamo più parlato, anzi non ci eravamo più parlati e le cose erano troppo pesanti quindi preferivo star fuori dalla portata della mia famiglia per ancora un pochino.

Sospirò. –Perché?-.

-Mica lo vengo a dire a te, Davis-, inclinai il capo fulminandolo solo per aver chiesto una domanda cosi stupida.; ed essersi addirittura aspettato una risposta.

Sorrise. –Bè allora ti toccherà far un’altra volta affidamento su di me-.

Che intendeva? –Il terrazzo?-, chiesi.

Scosse la testa. –Un altro posto-.

Lo guardai indecisa: peggio di cosi che poteva accadere? L’ultima volta in fondo era andata bene!

-Ma Filippo?-, mi sorse spontaneo pensarci: mi aveva portato lui lì ed era cattivo abbandonarlo cosi.

-Gli mandi un messaggio-, scrollò le spalle.

-No-.

Sospirò guardandosi nervoso attorno prima di tornare a posare lo sguardo sul mio. –Bè vedila cosi: o gli mandi un messaggio e puoi andartene da questo posto o devi rientrare e cercare il tuo amico in mezzo a quella calca! Che fai?-, infilò le mani in tasca tirandone fuori un cellulare; il mio cellulare.

-Hei-, sbottai, -quello è mio!-.

Ridacchiò. –lo hai mollato prima mentre correvi via-, si difese alzando le mani al mio sguardo accusatorio.

Allungai una mano. –Okay-, borbottai.

-Okay cosa?-.

Lo fulminai facendogli capire che non era giornata per i suoi giochini. –Lo sai. Andiamo-, lo superai diretta alla fila di auto poste poco più in là.

Mi seguì docile senza far troppe battutine e quando credetti che sarebbe stato buono fino all’auto, forse per concedermi un minuto per mandar giù tutta la questione con Alice, lui si rianimò frantumandomi ogni speranza.

Si avvicinò fino a parlare vicino al mio orecchio. –E comunque ci sono posti migliori per far dell’ottimo sesso, non di certo una sveltina in macchina-, ridacchiò allontanandosi e puntando ad un’auto blu scuro.

Dio che bambino che era!!

-Sai posso dire di non averti mai visto senza quel maledetto sorrisetto fastidioso addosso-, lo imitai ricevendo un’altra risata divertita e, appunto, un altro sorrisetto fastidioso.

Poggiò le mani sul tettuccio dall’altra parte dell’auto prima di aprire la serratura. –Oh, lo so che impazzisci ogni volta-.

-Sai Davis è un gioia continua osservare la battaglia tra la tua autostima super elevata e il tuo ego montato-, sorrisi, -Sei una scoperta continua-.

Passò una mano sui capelli allontanando qualche ciuffo dalla fronte. –Si, hai fatto un altro passo avanti-, fece cenno di salire, -Non perdere mai la tua ironia mi raccomando, potrei rimanerci male-.

Scossi la testa seguendo il suo consigli senza dargli soddisfazione di una risposta e chiusi la porta con forza sperando di recarle qualche danno, leggermente grave; Non riuscì a trattenermi, però quando rise per la millesima volta e mi domandai se fosse per caso sotto qualche stato di droga per essere sempre cosi dannatamente allegro. Era un vero tormento per i miei nervi, stare in sua presenza.

-Ma sta zitto-.

 

 

 

 

 

 

NdA:)

 

Ciao:) allora andiamo per punti sennò faccio un altro dei miei casini…mi dispiace che lo scorso capitolo non sia piaciuto a cosi tante di voi, ma vi avevo detto che era di passaggio e questa è la seconda parte…

Grazie a chi ha comunque fatto aumentare la mia di autostima ^-^ vi lovvo ragazzuole….

Il capitolo: ahhh vabbè lascio a voi commentare, ma sarete felici ora…Davis ha fatto un’altra sua gran entrata in pieno stile beccando Nate alle spalle. C’è stata anche una scena un pochino dolce, no? ù_ù si vabbè meglio che sto zitta…

Alice ha finalmente saputo tutto e forse alcune di voi pensano sia troppo presto/ troppo tardi o che la questione sia stata chiusa troppo in fretta tra loro due, ma non preoccupatevi xk avranno il loro momento x chiarire tutto con calma e a mente fredda!!

Natalie….bè sarò ripetitiva ma è difficile da comprenderla, anche per me ma posso ufficialmente dire che sarà meno complessata ora che le cose sono sotto la luce del sole e ci sarà una diminuzione di pippe mentali!!:)

IMPORTANTE: io parto domenica, ma nessuno mi ha confermato che ci sarà un computer dove vado io e dato che i miei genitori non capiscono bene la funzione di portatile non sono sicura di postare presto come al solito, ma ho comunque fatto un paio di conti mentali e comunque dovrebbe arrivarvi il prossimo cappy x massimo venerdì!:) Non è detto che però non vi arrivi prima quindi buttate un occhio ogni tanto;)

X ultimo risponderò alle recensioni il prima possibile…non dovrei metterci molto anche se la chiavetta internet vuole farmi uscire fuori di testa!! ù_ù

Fatemi sapere che ne pensate….bacioni Je:):)

 

P.s.: Mi sono convinta a mettere delle foto dei miei personaggi, come li immagino io, alcuni di loro, ma siete liberissimi di non prenderli in considerazione o direttamente non guardargli neppure…:)

 

Natalie:

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Daniel:

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Alice:

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Beatrice:

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X ora questi….che ne dite?:)

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Capitolo 14
*** 14.DANIEL DAVIS ***


Chi ha voglia di una chiacchierata e un po’ di zucchero?

A tutte quelle che hanno atteso questo capitolo;)

Buona lettura!!

 

CAPITOLO 14

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Daniel Davis

 

 

Sarà il tempo a dire che

stai benissimo così

certi sbagli fanno crescere

non fanno male

Pochi giorni e tutto tornerà

Normale

 

 

Fare quello che dice il cuore e farlo senza paura, senza sensi di colpa. Perché, quando il cuore parla la sua lingua e nessuno gli suggerisce le parole, allora non può sbagliare. Chi sbaglia è solo l’orgoglio, è l’orgoglio che fa mentire il cuore. Ed è allora che la libertà diventa un’arma e non più una possibilità.

 

Gli occhi non sembravano volermi dar ascolto, ma si chiudevano in continuo, ribellandosi alle mie forse. Soffocai uno sbadiglio, scostando dalla fronte i capelli che se, bravano più un nido per uccelli, un groviglio di ciuffi e nodi che, di sicuro, mi avrebbe portata alla pazzia provare a scioglierli come mio solito; Il rumore della macchinetta da caffè mi distrasse dalla mia attenta analisi della tazza vuota che avevo di fronte, mezza piena di latte e feci leva sulle braccia per tirarmi su dal mio trespolo, che altro non sarebbe che una sedia per andarmi a prendere una dose di caffeina.

Non so bene il motivo ma stranamente la domenica mi alzavo ancora più stanca di come lo fossi tutti gli altri giorni, in cui mi alzavo alle sei per andare a scuola; La domenica  mi svegliavo senza forze. Sarà l’idea, forse, di non dover far assolutamente nulla per un’intera giornata a togliermi anche solo la voglia di tirarmi in piedi. Ero più o meno simile ad uno zombie; Uno zombie mezzo nudo e infreddolito, costatai tirando giù un lembo della felpa che mi ero infilata a tarda notte per non gelare del tutto nel letto, coprendo il più possibile al di sotto degli slip, bevendo intanto un sorso di caffelatte.

Ecco era da precisare che a me non piace il caffelatte, ma dato che in quella dannata cucina non c’era altro che latte e biscotti, l’unica cosa per non morire di fame era accontentarmi e non potevo bere solo il caffè perché non c’era neppure lo zucchero.

-Hei-, l’uomo di casa fece la sua entrata, -lasciamene un po’-.

Mi voltai e lo trovai nel mezzo di una sgranchita di muscoli con tanto di torsioni del busto, tutto a petto nudo e pantaloni di una tuta; Si massaggiò l’occhio destro prima di sorridere e accomodarsi al tavolo soddisfatto del suo operato.

Tornai a concentrarmi sulla mia tazza. –Dovresti far la spesa, non hai praticamente nulla-.

-La mattina non faccio colazione-, si difese battendo le dita sul ripiano del tavolo.

Mi poggiai sul mobile godendomi il caldo del mio latte e sorrisi alla sua espressione imbronciata. –Te lo scordi che te lo porto io-, sussurrai prima di prendere un lungo sorso: Dio bruciava! Rise alla mia smorfia e si tirò su per prendersi la sua porzione.

Osservai i suoi movimenti, lasciandomi scappare un sorriso, reggendo con entrambe le mani la tazza posta di fronte al mio viso. Si riempì a malapena mezza tazzina da caffè e controllò la moca prima di guardare la mia tazza accusatorio.

Scrollai le spalle. –Potevi alzarti prima-.

-Stronza-, sbottò aprendo il frigo con un sospiro stanco e tirarne fuori un cartone di succo; forse pure lui la domenica aveva la teoria del meno lavoro = più stanchezza.

-Uh colazione all’americana-, lo derisi osservando il bicchiere di succo all’arancia e il sacco di biscotti lì accanto, ricevendo un’altra occhiataccia.

Riprese posto a tavola senza degnarmi di altri sguardi e ne mangiucchiò uno; Alzò lo sguardo e mi squadrò dalla testa ai piedi, aprendosi in un sorrisetto divertito. Col capo indicò le mie gambe nude.

-Non hai freddo-, chiese.

Toccò a me fulminarlo. –No, ne avevo di più stanotte quando ti sei preso tutte le coperte-, sibilai. Ogni volta che mi svegliavo, e lo avevo fatto una decina di volte, ogni volta la coperta era tutta arrotolata su di lui e a me copriva appena le caviglie; neppure i calci che gli avevo tirato lo avevano fatto capire di star fermo invece di muoversi in continuo come un’anguilla e trascinarsela dalla sua parte. La morale? Io tutta infreddolita che mi ero raccattata una felpa dalla poltrona lì accanto e lui bello e beato nel mondo dei sogni con tutta la coperta per sé.

Ridacchiò annuendo. –Oh si, sembravi la piccola fiammiferaia, tutta rannicchiata in un angolo-, strinse le braccia al petto, in una distorta imitazione della sottoscritta, -Mi hai fatto una tenerezza-.

Strinsi più forte la tazza tra le mani. –Non abbastanza da concedermi la tua preziosissima copertina però-, l’accusai.

-No, potevi portartela da casa-, mangiucchiò un altro biscotto e sperai che gli si incastrasse in gola facendogli sparire quel sorrisetto.

Alzai gli occhi al cielo. –Hai proprio ragione! Immaginavo proprio che mi sarei ritrovata a passare la notte con te-, sibilai fulminandolo. Si notava l’ironia?

Ammiccò. –Bè di sicuro avresti comprato l’intimo dell’altra volta, allora-, prese un altro biscotto dal sacchetto, -Non che apprezzi comunque quelli tinta unita, ma adoro il pizzo-.

-Bè grazie della dritta ma non credo mi servirà-, sbottai posando la tazza sul ripiano, ancora mezza piena.

-Dici?-, sorrise poggiando i gomiti sul tavolo e piegarsi un po’ in avanti.

-Si-, dissi senza spostare lo sguardo dalla tazza.

Si alzò di scatto, facendo strisciare la sedia sul pavimento e alzai lo sguardo confusa giusto in tempo per vedere un sorriso divertito spuntargli sul viso prima che si piegasse di colpo e mi tirò su a mo’ di sacco di patate e dirigersi in sala.

-Bè vediamo di farti cambiare idea-.

Scalciai lanciando un gridolino sorpreso. –Cretino, mettimi giù-, strillai assestandogli un pugno tra le scapole quando lo sentì ridacchiare. La voce uscì soffocata per colpa della sua spalla che mi stava premendo contro lo stomaco.

Strinse la presa sulle gambe. –Ferma apetta, non dimenarti troppo-.

Riprovai a muovere le gambe ma nulla, le teneva troppo strette e mi sorressi con le mani sulla sua schiena per tirarmi un po’ su e non restare immobile come una marionetta. L’avrei ammazzato!

-Ti castro-, sibilai, -Quando mi metterai giù, e dovrai farlo prima o poi, io ti castro, lo giuro-, gli mollai un’altra pacca che lo fece protestare debolmente stavolta.

Non lo vidi, ma ero certa che avesse ancora quel dannato sorrisetto sulle labbra. –Non dire cose di cui potresti pentirti-.

-Non contarci troppo, stronzo-.

Senza smettere di ridere mi buttò a peso morto sul divano e si stese sopra; Inutile dire che non servì a nulla spingere, o tentare, di spingerlo via o di castrarlo come promesso perché bloccò le gambe con le sue e mi fissò, dall’alto al basso, con un sopracciglio alzato aspettando la mia prossima volta.

Mi presi un’istante per mandare giù quel sorso amaro: quello che mi veniva sempre su ogni volta che pensavo a come diavolo eravamo arrivati a quel punto ed a chi avevo deluso per raggiungere quell’attimo di pace. Stavo bene, inutile mentire, non mi sentivo minacciata dalla sua presenza, non mi sentivo i nervi pulsare al solo pensiero del suo corpo sul mio e non avevo motivo per far la zitella acida: stavo bene.

Tre giorni fa non ci avrei mai creduto, ma forse era proprio questo che mi aveva fregata: non sarei mai scesa a patti con lui se il tempo non fosse stato cosi veloce e furbo contro di me, impedendomi di pensare a tutti i “ma” e tutti i “se”. Era questo che mi aveva aiutata, ci aveva aiutati, come aveva detto lui stesso la sera prima, pensai, ricordando anche come le cose erano corse.

 

 

 

Ancora prima di entrare avevo capito dove ci trovassimo. Girato di spalle, Davis stava trafficando con un mazzolino di chiavi e lanciai un’occhiata alla mia destra, fissando con circospezione l’abitazione accanto sperando davvero che fosse vuota come sembrava.

Ero stata solo due volte nell’appartamento di Jack ma ricordavo ancora benissimo la via piena di abitazioni tutte uguali: piccoli appartamenti, belli e semplici, ad un piano unico con giardino e vialetto. Mi era subito piaciuto come quartiere e soprattutto perché era il posto dove viveva la mia prima cotta e la mia migliore amica.

Ora invece sembrava cosi piccolo e la finestra della cucina di Jack era troppo vicina alla porta dell’appartamento dove Alice aveva visto Davis subito dopo il fattaccio, cosi vicino che mi sembrava di sentire degli occhi puntati addosso.

Sapevo che Alice non era lì perché dal locale non passavano autobus diretti in quel punto e a piedi era impossibile che fosse già arrivata, quindi quella stupida paura di essere beccati era davvero immotivata: soprattutto perché ormai ci aveva già visti; Certo non mi rassicurava sapere che poteva vedermi entrare a casa sua e compromettere ancora le cose.

Non mi sarei dovuta preoccupare ancora di tutta quella storia, ma non mi sentivo per nulla sicura di aver una risposta se mi avesse chiesto perché ero lì o cosa stavo facendo: preferivo non rispondere neppure io a quelle domande.

Realista.

No, codarda.

-Se continui a fissare così quella casa mi sa che ti scambieranno per una stalker-, il commento divertito del burino mi arrivò alle orecchie facendomi sobbalzare; Era poggiato contro la porta socchiusa, e sembrava proprio che non potesse far a meno che illuminarmi continuamente con le sue frasette sarcastiche.

Alzai un sopracciglio. –Scusa eh, se ci stavi mettendo una vita per aprire una porta-, ironica fino alle punte dei capelli, -Pensavo ormai di dovermi accampare qui fuori e fare giorno-.

Sforzò una risata prima di entrare senza dir altro. Lo seguì senza riuscire a trattenere uno sbuffo: la galanteria fatta persona.

-Ma che gentile-, sbottai chiudendo la porta mentre lui si dirigeva con calma verso un divano. Era proprio uguale alla casa di Jack, tranne per i mobili e il resto, ma la struttura era la stessa: appena entrati a destra c’era un salotto con una bella vetrata mentre a sinistra un piccolo ripiano divisorio che la separava dalla cucina. Un corridoio portava poi alle camere da letto e al bagno, da come ricordavo e da qualche parte ci doveva essere anche un piccolo ripostiglio.

Notai subito come fosse stato tutto sistemato, senza tralasciare un dettaglio e la pulizia; Non che mi sorprendesse vedere una casa pulita e in ordine, ma la cosa strana era che fosse di Davis e che se la potesse permettere: non era un gran lavoratore neppure Jack ma Alice mi aveva raccontato che a volte i suoi genitori gli davano qualcosa per pagare l’affitto e le varie spese, bollette comprese.

-Sembri un baccalà-, ironizzò poggiandosi ad un basso mobiletto della sala.

Ignorai la sua offesa, se lo era, e mi concentrai su altro; Mi avvicinai ad un ripiano e guardai scettica le varie scartoffie che c’erano sopra e non riuscendo più a tacere lo fissai confusa e si, anche un po’ sospettosa. –Di chi è la casa?-.

-Mia-, scrollò le spalle.

-Impossibile-, eddai non ero mica una stupida e lui era sempre a zonzo: impossibile che avesse un lavoro a meno che non lavorasse di notte.

Alzò un sopracciglio. –E perché mai? Sono maggiorenne, vorrei ricordarti-.

-Sulla carta, di sicuro di cervello ti sei bloccato ai quindici anni-, ribadì più interessata ad una strana maschera appesa al muro che al suo proprietario. –E comunque è impossibile-, mi voltai verso di lui che era nella stessa posizione, -Non lavori neanche, come può permetterti una casa?-.

-Bè potrei sempre lavorare dopo la scuola, non ci pensi?-, snocciolò una teoria abbastanza stupida.

Sorrisi. –No, non credo. Finiamo scuola all’una, se lavori subito dopo come potevi essere al centro commerciale poche ore dopo?-, spiegai fiera del mio intuito, -Non prendermi per il culo-.

Socchiuse gli occhi, divertito e anche un pochino teso. –E di notte?-.

-Punto uno, se fosse cosi non l’avresti detta come una domanda e punto due, ma per piacere, l’unica cosa che non ti fa dormire a te sono quelle oche che ti porti a letto-, posai una mano sul fianco, certa che la mia teoria non avesse un buco.

-Ti sei offesa da sola, lo sai?-, ridacchiò senza farla davvero suonare come un’offesa come sarebbe successo in un altro momento.

Stavolta fui io a stringermi nelle spalle. –Non cambiare discorso-.

-Te non cambiare discorso-.

-Devi rispondere alla mia domanda-, ribattei incrociando le braccia stizzita.

Mi ricopiò. –E perché dovrei?-.

-Perché mi hai portata qui e se l’hai fatto ci deve essere un motivo valido-, cosa credeva: di farmela sotto al naso?

Sorrise. –Oltre a quello di provarci?-.

-Oltre a quello di provarci-, glielo concessi. In fondo era comunque un minimo comune denominatore maschile della peggior razza.

Sospirò senza spostare lo sguardo e si sedette sul bracciolo del divano, di fronte a me, posando i gomiti sulle ginocchia. –Non è mia la casa-.

Corrucciai la fronte in una muta domanda.

Si strinse nelle spalle. –E’ di mio padre-.

Suo padre? Marco? E dove stava il problema a dirlo? Ma guarda te che razza di scemo che mi era finito tra i piedi…

Alzai gli occhi al cielo. –Potevi dirlo dall’inizio allora, cos’è volevi fare il misterioso?-.

Sorrise, ma c’era una nota strana in lui. –Micheletti ti sfugge qualcosa-.

-Cosa vuoi dire?-.

-Come fa di cognome la mia famiglia?-, chiese e mi venne la voglia di tirargliela in testa quella maschera.

-Ma che razza di domanda cretina mi fai….-.

-Rispondi-, mi interruppe.

Sbuffai stringendo le braccia. –Davis-.

-No-.

Confusa riportai lo sguardo sulla sua figura che avevo spostato poco prima, ma nulla nel suo sguardo mi diceva che stava scherzando. –Ma che diav..-.

-La mia famiglia di cognome fa Torre, Micheletti-, spiegò con calma, illuminandomi.

Oh, si è vero! Come mi era potuto passare di mente? Marco Torre, suo padre lavorava con il mio tempo fa e aveva la targhetta accanto alla sua, sulla porta dell’ufficio che condividevano: ricordo quando andavo lì a giocare dopo la scuola, quando ancora andavo alle elementari ed era lì che si erano incrociate le nostre strade. Proprio un bell’inizio.

Ma lui era Davis. E loro erano i Torre. Okay, mi sono persa…

Ridacchiò .-Si avevo la stessa espressione quando me lo dissero a me, forse era un po’ diverso, ma vabbè-.

Mi poggiai al mobiletto, fissandolo di rimando senza saper che dire. –Non capisco: hai cambiato cognome?-.

–Sulla carta sono sempre stato un Davis-.

-Ma tuo padre è Marco? Non dovresti allora essere Torre?-, dio che macello avevo in testa. Era o non era un Davis? No, perché viveva con i Torre, ma allora qualcosa non quadrava.

-No-, aprì e chiuse un paio di volte le mani. –Non mi ero mai fatto domande sul mio cognome perché non ero l’unico Davis nella mia famiglia, capisci?-, alzò lo sguardo.

Scossi la testa. –No, non ci sto capendo nulla. Mi vuoi dire che diavolo stai dicendo?-, innervosita.

-Mia madre di cognome fa Davis e questo l’avevo sempre saputo, e non avevo mai fatto domande a riguardo, soprattutto per la mia età ma quando arrivai alle medie le cose iniziavo a farsi un po’ confuse dato che ero io a compilare le carte che mi davano a scuola, lasciando ai miei solo l’impiccio di firmare. In realtà fu un mio compagno a farmelo notare, ma già da un po’ non mi sfuggiva quel piccolo particolare-, spiegò tenendo lo sguardo puntato sulle sue mani ancora in movimento.

-Se un cognome è un piccolo particolar allora hai proprio occhi per le cose importanti, davvero-, non riuscì a star zitta ma sorrise invece di irritarsi.

Annuì continuando. –Bè la faccio breve: lo domandai ai miei e sebbene all’inizio non vollero dirmi nulla con un po’ di insistenza mi raccontarono tutto-.

Non commentai aspettando che andasse avanti.

-Il fratello di mia madre è in galera-, sussurrò, -E io sono suo figlio-.

Abbassai lo sguardo per metabolizzare un attimo la cosa ma un dubbio mi sorse spontaneo. –Ma non è incesto?-, chiesi confusa e mezza allibita.

Alzò di scatto gli occhi. –Cosa? Ma scherzi!-, sbottò alzando i toni.

-Bè mi hai detto che tua madre e suo fratello..-.

-No-, mi interruppe gesticolando con le mani, -No, sei pazza! Lei è mia madre ma non biologica…Eddai Micheletti, che schifo! Hai una mente malata!-, fece una smorfia schifata spostando lo sguardo, ancora.

-Hei! Sei te che dici le cose male!-, mi difesi stringendo le labbra e puntandogli un dito contro.

Scosse la testa senza commentare e mi rivolse uno sguardo enigmatico; Non lo capì ma sembrava quasi mi stesse scrutando in cerca di qualcosa, forse una reazione in particolare o una risposta per non-so-nemmeno-io-cosa.

Giocherellai con il bordo della maglietta. –Quindi tu sei…-.

-Adottato-, finì per me, -Da mia zia, tecnicamente-.

Annuì. –E hai tenuto il tuo cognome-.

Okay, forse non era poi cosi complicato, ma andiamo! E’ stato adottato e io non ne sapevo assolutamente. Era come non conoscere un pezzo della propria vita, dannazione, lui c’era sempre ogni giorno e solo ora conoscevo questo; Fosse stata una cicatrice o robe simili, okay, l’avrei capito, ma questo…era grande. Come potevo non averne saputo nulla in quasi dieci anni che ci conosciamo? E poi il cognome: che stupida! Come avevo potuto non accorgermene? E’ proprio vero che il miglior modo per non vedere è non guardare.

Mi schiarì la voce, in quel silenzio innaturale. –Mio padre lo sapeva?-.

-No-.

-Ah-, sospirai incerta su cosa si aspettava che dicessi; Non ero proprio priva di tatto se serviva, ma in una situazione cosi non mi ci ero mai trovata e…si ero anche un pochino a disagio. Ma mi conosco abbastanza per sapere che l’unico modo per non sentirmi cosi era dar aria alla bocca. Cosa che mi riusciva pure molto bene.

Alzai lo sguardo sorpresa di vedere il suo fisso su di me, come se si aspettasse una mossa da parte mia che non era mancata ad arrivare. –Perché lo vieni a dire a me?-, sbottai infatti.

Scrollò le spalle. –Ti conosco-.

-Eh?-, che c’entrava ora questo?

Piegò appena l’angolo della bocca. –E’ l’unico modo per farti aprire, il che dimostra che si, ti conosco-.

-Non capisco che c’entra con tutto questo. Mica stavamo parlando di me-, mi difesi non sapendo dove voleva arrivare di preciso.

Si alzò, facendo scattare l’allarme nel mio cervello: no, non poteva avvicinarsi dopo quello che mi aveva detto. –Perché scappi?-.

-Non sto scappando-, ribattei troppo in fretta.

Si avvicinò. –Davvero? Allora parliamo di stasera-.

-Non c’è nulla da dire-.

Sorrise. -Credi?-.

-No, ne sono sicura-. Fermezza, Natalie, non arretrare;

Bè è difficile bloccata come sono tra lui e il mobiletto…diamine!

-Perché sei qui?-, chiese bloccandosi ad un passo da me.

Lo guardai confusa –Mi ci hai portato tu-, cos’era cretino?

Scosse la tesa sorridendo. –Perché sei qui, Natalie-.

Aprì la bocca ma non capì ancora la sua domanda; Gli puntai contro un dito, intimidatoria. –Smettila di chiamarmi per nome-.

Alzò le mani. –Perché hai litigato con la biondina?-.

-Alice-, puntualizzai.

Sospirò, vagamente divertito. –Okay: perché hai litigato con Alice?-.

Fece per avvicinarsi ma ebbi la prontezza di bloccarlo prima che fosse troppo vicino; Certo ora avevo le mai poggiate sul suo petto e questo sembrava rallegrarlo molto, ma bastava non farci troppo caso.

-Non le avevo raccontato di…bè di quella sera-, borbottai.

Fece passare lo sguardo dalle mie mani al mio viso. –E perché non glielo hai detto?-.

Mi innervosì stavolta. –Ma la pianti! Non sei il mio psicologo, quindi vedi di piantarla-.

-Senza parlare del fatto che non ti farebbe male uno strizzacervelli, te Micheletti stai scappando-, sussurrò.

-Non sto scappando, piantala!-, ero cosi presa a fulminarlo che mi accorsi in ritardo delle sue mani che veloci, presero e spostarono le mie ai lati prima di avvicinarsi maggiormente e poggiare la fronte contro la mia. Sorpresa feci per ritrarmi ma lasciò libera una mano portandola dietro per bloccare il mai testa.

Lo fissai allibita. –Mollami-, la parola perse di tono fino a sciupare quando mi accorsi della sue labbra a pochi centimetri dalle mie.

-Sta ferma e io non faccio altro-, suonò molto come una minaccia.

Strinsi le labbra mollando la presa sul suo braccio, con cui cercavo di scostarlo e rimasi solo a fissarlo.

-Perché non vuoi parlare di quella notte?-.

-Non lo so-, spostai lo sguardo sul muro dietro di lui.

Sospirò. –E’ cosi dura lasciarti andare? Perché non ci provi?-, continuò senza mollare la presa.

Lo guardai scettica. –Non mi fido di te-.

-Non ti ho chiesto di farlo-.

Deglutì: che si aspettava che dicessi? Dio quel ragazzo mi spiazzava completamente!

-Nate-, mi richiamò, -Non devi dimostrarmi nulla; Non a me-.

Lo scostai con forza da me facendolo arretrare di neanche due passi. –Dio, smettila di chiamarmi cosi!-.

-Perché?-.

Passai una mano tra i capelli, spostando alcune ciocche che erano cadute in avanti. –E’ strano. E sbagliato. E troppo veloce, non lo capisci? A malapena ti volevo incontrare un paio di giorni fa e ora ti vedo…bè ovunque! Sei ovunque!-, sbottai nervosa.

Possibile che non vedesse come le cose stavano cambiando? Non era per nulla rassicurante vedere tutto modificato!

Mi guardò confuso. –E ti da fastidio, questo? Preferivi prima?-.

-No-, sussurrai, -Ma non…ci sto capendo più niente, okay?-, confessai stufa.

Sospirò e fece un passo avanti non trovando più barriere, ma ormai a cosa servivano? La figura da scema l’avevo già fatta!

Poggiò le mai sulle mie spalle, cercando il mio sguardo. –Non c’è nulla di così complesso da capire, ma se proprio non vuoi ammetterlo allora non farlo-.

Corrucciai la fronte: che intendeva?

-Possiamo far un patto-, propose con un nuovo slancio nella voce.

Storsi il naso. –L’ultima volta che l’hai detto, non è andata cosi bene-.

Lasciati andare per una notte… Solo una notte...nessun tipo di complicazione

Rise annuendo e dandomi ragione, per una volta. –Stavolta però ci impegneremo di più e non diremmo cavolate-.

Trattenni il fiato, insicura: potevo davvero riprovarci dopo tutto quello che era accaduto l’ultima volta? Non sarebbe stato ancora più complicato? Dio, spero di no!

-Sentiamo-, mi arresi.

Avvicinò la bocca all’orecchio e per un secondo, un piccolo secondo, sperai che non si fermasse lì: stupidi ormoni. –Proviamoci: nulla di serio, quello che vogliamo quando lo vogliamo e per il tempo che vogliamo. Se le cose non funzionano o non vanno bene ad uno dei due la chiudiamo subito-, spostò le labbra sul contorno dell’orecchio e accarezzò appena il lobo.

Cercai di non distrarmi. –Intendi dello squallido sesso ogni tanto?-.

-No-, soffiò sulla pelle tesa del collo, -Non sarebbe squallido, lo sai benissimo-.

Lo sapevo? No, non sapevo perché avrebbe sempre potuto rinfacciarmelo o scherzarci sopra come il suo solito e non credo…ci sarei stata male e questo non potevo permetterlo!

Scossi la testa cercando di liberarmi dalla sua morsa. –No, non credo faccia per me-.

Mi lasciò libera di spostarmi, senza però mollare del tutto la presa sul mio viso. –Cosa ti preoccupa?-, sussurrò dopo un’attenta analisi.

-Non posso fidarmi di te-.

Sospirò. –Natalie, nessuno oltre me e i miei conoscono la verità su di me, tranne te-, sussurrò senza lasciarmi sposare di un millimetro, -Non mi sono fidato di te, raccontandotelo, ma non per questo ti nego il beneficio del dubbio-.

-Nate, non posso prometterti nulla in caso le cose non andassero bene perché non so neppure io che farei in quel caso, ma prova a credermi: non lo direi a nessuno, non per farti un dispetto-.

Deglutì, mandando giù anche le sue parole e i significati a cui forse era meglio non dar voce, abbassando lo sguardo per pensarci un attimo. Non mi dovevo fidare, potevo credergli, che era una cosa simile ma diversa. Potevo provarci e in caso le cose non funzionassero avremmo continuato ad odiarci.

Non potevo negare che c’era una sfumatura troppo dolce in quello che aveva proposto: non sarebbe stato squallido, anzi sarebbe stato come l’altra volta, forse meglio dato che ora sapevamo meglio a cosa andavamo incontro, ma comunque non sarebbe stato un errore, fino a che le cose non si fossero complicate. E se mai mi fossi trovata male o le cose si fossero complicate ulteriormente potevo sempre lasciare; in fondo un salvagente c’è l’avevo.

Annuì, contro ogni logica e buon senso, annuì e mi sembrò la cosa più semplice del mondo.

-Si?-, si chinò fino a sfiorare le labbra contro le mie.

Sospirai, al primo contatto. –Si-, sussurrai eliminando quel piccolo ed inutile millimetro e assaggiare ancora le sue labbra.

Allungai le braccia, circondandogli il collo sentendo il mio corpo riscaldarsi e rispondere subito alle sue carezze, che veloci si infilarono sotto il tessuto della maglietta e del giubbotto che avevo ancora addosso. Passò una mano su tutta la lunghezza della schiena prima di soffermarsi con particolare interesse sul gancio del reggiseno.

Mugolai una debole protesta quando la sciolse, ma venni zittita dalla sua lingua, più smaniosa e ne ero certa, anche soddisfatta di avermi presa in contropiede: dannato Davis.

Portai le mani dietro alla schiena per sfilarmi almeno il giubbotto, infastidita dal contatto molle del reggiseno, e prima che toccasse terra, Davis mi aveva già sollevata e posata poco più in là, sul divano.

Passò al collo, senza separarsi dalla mia pelle. –Bene, allora c’è solo un modo per suggellare un patto-, mordicchiò un lembo di pelle, -E inaugurarlo ovviamente-.

Sorrisi, senza sapere bene perché, rivedendo quel lato che mi piaceva del suo carattere: l’eterno Peter Pan, dolce e giocoso, ma anche passionale e imprevisto; Era come una dose di zucchero inaspettata che mi avrebbe procurato una carie, ne ero certa, ma non ero mai stata brava a dire di no ai dolci io.

 

 

 

 

L’attenzione di Davis, per fortuna, era troppo attirata dalle mie gambe nude e dal pezzo inferiore della mia biancheria per notare la mia momentanea assenza mentale e ne fui contenta. Con un colpo di tosse riuscì a fargli spostare lo sguardo, con un po’ di difficolta, e quando tornò a guardarmi non riuscì a trattenere un sorrisetto.

-E’ domenica-, sussurrai.

Alzò un sopracciglio. –Ma dai! Sei una scoperta continua di intelligenza fuori dall’ordinaria, Micheletti-.

Gli pizzicai un fianco. –Stronzo! Dicevo che è domenica e che mio padre sarà come minimo preoccupato non trovandomi nel mio letto, appena si sveglierà-, spiegai.

Dovetti richiamarlo però quando lo vidi indugiare di nuovo verso il basso; Gli mollai una sberla sulla testa. –Certino, ascoltami-.

Sogghignò. –Okay, okay, comunque non farti venire paranoie inutili: tuo padre l’ho avvertito io-, scese ad assaggiare un altro lembo di pelle, che la notte prima avevo assaporato in lungo e in largo.

Posai una mano sulla sua spalla e l’altra sulla sua testa, immersa nei ciuffi biondi. – E quindi…?-.

Parlò senza spostarsi. -E quindi… è domenica-.

Gli tirai un ciuffo con forza. –Non copiarmi-, sbottai.

Sollevò la testa, mentre con la mano cercava di alzare la felpa che indossavo. –Bè, si sa: la domenica è giorno di riposo-, sorrise chinandosi sul mio viso e posando un casto bacio sulle labbra, -E di coccole; soprattutto di coccole-.

Scossi la testa senza trattenere un sorriso scendendo con le mani sino al bordo della sua tuta e giocando con l’elastico un po’ rovinato. –Forse per una volta, Davis, potrei darti ragione-, sorrisi al suo sguardo incuriosito e divertito, -Ma sopravvivrai anche senza il mio punto di vista-.

Scrollò le spalle. –La colazione può aspettare in tal caso-.

 

 

 

 

NdA:)

 

Hola Ragazzuole:) Allora chi ha voglia di dolci?? *______* Okay lasciamo perdere…

Sinceramente non mi è piaciuto come è venuto fuori, ma forse è colpa del caldo che mi da alla testa e se vi fa schifo come a me date la colpa a lui, lui soltanto ù_ù

Abbiamo scoperto qualcosa su Daniel ma non mi è piaciuto molto come è uscito, volevo essere un po’ piu delicata e sostanziosa su quello, ma non volevo che uscisse un poema o appesantisse un capitolo che doveva essere…più dolce degli altri! Ci saranno cmq altri momenti per parlarne….non lo dimentico! Non vi preoccupate se le scene piu hot non si sono viste del tutto perché se non cambio idea all’ultimo il prossimo cappy dovrebbe essere ancora piu dolce di questo e con una bella scena per guadagnarsi il titolo Erotico che gli ho affibiato.

Cehe ne pensate di come le cose si sono svolte? Pensavate fosse un po’ diverso? Il patto forse è un po’ banale ma è quello che serve a Natalie x lasciarsi andare perche come vedete le risulta ancora difficile!

X le immagini: oh visto che è soprattutto daniel a non piacere, ma come avevo detto non dovete prenderli x forza loro come i miei personaggi…ognuno ha la sua fantasia:)

Ognuno lo immagina come meglio crede:)….bè non la trio alle lunghe!!

Sono dolci? Si? No? Noiosi?

Eeee...Siamo arrivati a 30 nei preferiti:)Siete favolose..vi adoro!!!:):):):):):)

Bè fatemi sapere:):)

Bacioni Je:):)

 

P.s.: Quante di voi non possono leggere capitolo Rossi?? Ditemelo cosi posso gestirmi in caso volessi provare con un capitolo a parte di loro due:)

 P.p.s…Chi vorrebbe fare una colazione in pieno stile Davis?;)

P.p.p.s.: Ho una mezz’ora quindi spero di riuscire a rispondere a tutti i vostri favolosi commenti… Avrete cmq la risposta entro oggi:)

 

Autopubblicità:

SAVE TONIGHT

 1932, Poenix. Bella Swan data in sposa all’età di diciassette anni acerbi e madre di un bambino di pochi anni si ritrova dopo anni duri affianco ad un uomo di cui non conosce altro che gli spostamenti finanziari, a prendere la decisione più difficile e importante della sua vita che la porterà in un luogo che mai avrebbe creduto poter frequentare e scoprire che c'è molto che non ha mai avuto possibilità di conoscere;
-Benvenuta, signorina Swan al Blue Night Club-.

 

Just The Way You Are

Ultimo film.Dopo la battaglia tutti si ritirano con i propri cari.Ron và da Hermione;Quello che nel film manca ma che sarebbe dovuto accadere tra la coppia piu goffa e dolce della serie.
Un sorriso nel silenzio.Ma si può sorridere ora perchè il peggio è passato
-Sei bellissima-.

 

Everything
Estate anche a casa Weasley e una piccola vacanza per rinfrescarsi con Rose e Hugo.
Dal capitolo:–Grazie-.
-Come?-, le chiese distratto.
Lei chinò un po’ il capo all’indietro per incrociare il suo sguardo. –Per oggi. Bè, grazie-.

One of Your -

Una volta mio padre mi ha chiesto se credo nel sovrannaturale,e gli ho rsposto che no,il sovrannaturale è tutta fantasia e illusione...mi sono dovuta ricredere!
Cos'è successo ad Alice?Cos'è l'impriting?Dove è scappato Edward i primi giorni di scuola di Isabella?Perchè l'ha lasciata dopo il compleanno?Cosa sono i Cullen?
Charlie lo sà.
Si ritrova in una nuova casa,in una nuova città in un nuovo mondo cosi simili al suo ma l'esatto opposto e molte delle sue certezze verranno distrutte e stabilire il giuto e sbagliato,in amore,è fin troppo dura per una ragazza.
Dal capitolo I:
Tra il sogno e la veglia però riuscii a capire che quello che stavo facendo non era proprio un vero sogno[...]La voce arrivò soffocata e strisciata come nei comuni sogni,ma riuscii a capire quello che disse:-Allora domani è il gran giorno-,sospirò-suona molto come un'addio-.
Fù soprattutto il tono in cui lo disse ad incuriosirmi:non triste,nè depresso.Era piu simile alla decandenza di una persona che si è messa il cuore in pace.[...]Non dissi nulla.Lo abbracciai.

 

Bene okay ho finito...:)Baci!!

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Capitolo 15
*** 15.SEMPRE GLI STESSI ***


Buondì a tutte quante bellissime e generose ragazzuole;) Come sempre devo ringraziarvi per i vostri commenti, belli o brutti che siano io li apprezzo sempre (soprattutto quelli belli, ovviamente) e sono riuscita pure stavolta ad aggiornare senza sforare!! Strano dato che l’ho tirato giù in poche parole tutto ieri sera, con quel caldo bestiale ed in ventilatore puntato addosso, fino alle 3.32 (eh si il capitolo è stato salvato a quell’ora quindi non mento)!!

Comunque ora vi lascio leggere senza rompervi ancora, ma volevo solo dire: 10 recensioni *-* voi mi riempite di gioia!!

MOLTO IMPORTANTE: la prossima settimana ho un esame importante quindi se ci fosse un ritardo (speriamo di no) sapete il perché!!:)

Ultimissimo…il capitolo lo dedico ad Antogirl97 che ha organizzato il viaggio sola andata x l’India per la povera Alice, che però tornerà presto (mi disp….ma non c’erano abbastanza soldi x farla rimanere lì! C’è crisi, ragazze) ^-^ e x le sue bellissime recensioni:)

Bene quindi buona lettura, ci vediamo sotto!!

 

 

 

Ahh vi farò venire una carie, ma ecco a voi zucchero e coccole

in una tipica domenica a casa Davis;)

 

 

 

CAPITOLO 15

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Sempre Gli Stessi

 

E fuori è un giorno

Fragile

Ma tutto qui cade incantevole

E come quando resti con me

E fuori è un mondo

Fragile

Ma tutto qui cade incantevole

E come quando resti con me

 

 

 

 

Mi piaceva osservare; Mio padre aveva inventato per me e mia sorella un giochetto, quando andavamo via in macchina, per faccende noiose che richiedevano solo l’attenzione dell’uomo di casa, mentre noi eravamo troppo piccole per rimanere sole a casa, senza nessun controllo. Ci portava con se e il più delle volte era sera, per problemi urgenti e cosi lui inventò un giochetto per farci passare il tempo; Nulla di eclatante , solitamente dovevamo contare gli alberi grandi grandi mentre d’inverno solo quelli decorati, e alla fine vinceva chi ne aveva visti di più. Ovviamente baravo.

Non era affatto un segreto ed ero competitiva, c’era poco da fare, e cosi capitava che aggiungessi uno o due alberetti al numero reale e c’era da dire che non ho mai perso: una bella gioia!

Ma questo è un dettaglio; il più delle volte mi perdevo ad osservare dettagli e scenari a me nuovi, cosi da poterli conoscere e classificare anche se non mi capivano neppure allora. Infatti più volte la maestra si arrabbiava perché non le davo ascolto, ma non perché fosse cosi, anche se era noiosa, ma perché era quasi divertente vederla passare rapidamente dal dolce e tenero allo spazientito. Ecco io semplicemente osservavo.

Peccato che non lo capissero.

Neppure ora mi trattenevo e benché parte dell’attenzione mi avesse mandato all’inferno, fregandosene della mia curiosità, l’altra parte pian piano stava appuntando vari e piccoli dettagli; Stesa sul letto, e non uno qualunque capiamoci, ma sul letto di Davis, mi ero completamente staccata dalla realtà, creando una bolla fatta da mura e cemento che riusciva a contenere all’interno noi e all’esterno tutto il resto.

E diamine, io ci stavo bene là dentro; Non tanto per il fatto che non c’era mio padre e quindi che potevo respirare aria pulita e non soffocante, non tanto perché fosse Davis il ragazzo che mi stava baciando, non tanto per il clima confortevole che mi aveva rapita sin dalla sera precedente, non per quel piccolo e fragile momento tutto nostro dove si poteva creder di poter mettere a nudo la propria anima, ma….bè non so neppure io perché ci stessi cosi bene, ma forse era solo perché per una volta potevo essere me stessa senza maschere.

Ci stavo bene perché riuscivamo a calibrare gioco con carezze, litigi con parole scherzose, baci con botte e non mentivo; Non col corpo, non con le parole forse solo un pochino con la mente, ma era già un bel passo avanti.

E tanto per ribadire il concetto morsi il suo labbro quando scostò con troppa velocità il mio intimo che avevo rimesso un’ora prima ormai, facendolo mugolare debolmente.

Mi fissò confuso spostandosi di lato. –Che ho fatto?-.

Mi alzai sui gomiti. –Non sono una bambola gonfiabile-.

Alzò un sopracciglio, aprendosi in un sorrisetto strano e pericoloso. –L’ho notato. Dubito che una bambola posse essere cosi…accaldata-, sussurrò passando una mano sul lato interno della mia coscia.

Spostai di scatto la gamba. –Ma la pianti?!-.

-A fare che?-.

-Ma non sei stanco!-, sbottai cercando di allontanarmi da lui, che seguì con lo sguardo ogni più piccolo spostamento. –Vabbè che non abbiamo fatto granché ma non hai bisogno di…un attimo? Cioè sei un maschio, non hai bisogno di un po’ di tempo prima di tornare a…-, mi inceppai con le parole senza saper bene che dire o come spiegare quello che intendevo.

Da parte sua invece sembrava che la situazione lo stesse divertendo. –Non credo di aver capito-.

Sbuffai. –Hai capito benissimo invece-.

Scosse la tesa cercando, malamente, di nascondere un sorriso divertito; Gli mollai un pacca sul petto e incrociai le braccia al petto, scocciata.

Si calmò un po’. –Okay, okay, non serve essere maneschi-.

Non spostai lo sguardo sul bordo della maglietta che avevo indossato, solo quella più un paio di mutandine, tanto per non girare in casa sua nuda; Non mi piaceva affatto star cosi, troppo esposta, ma mi stavo autoconvincendo che sarebbe stato da stupidi rivestirsi se dovevo passare la domenica con lui.

Infatti, dopo la nostra veloce colazione e il pit-stop sul divano ci eravamo spostati nella sua camera, più vicina al bagno e per riposarci un po’, in una classica giornata tipicamente all’insegna della domenica: in fondo era il giorno mondiale del riposo, per tutti. Certo, poi, all’essere arrivati ancora a pomiciare come due quindicenni non si spiegava bene, ma in fin dei conti finché non ci fossimo stancati, potevamo beatamente goderci il week-end, letteralmente.

Anche un pisolino non mi sarebbe dispiaciuto, ma Davis non aveva mancato a distrarmi, impedendomi di dormicchiare fino a mezzogiorno; Fu per questo che quando ritentò di spogliarmi che mi ribellai, senza essere solo una bambolina tra le sue mani.

Mi chiedevo io: non aveva bisogno di riposarsi un po’, dopo aver dato già sul divano? Quante cavolo di energie aveva in corpo, e non solo quelle?

La sua mano, tanto per darmi ragione, continuò a muoversi con calma sulla mia gamba nuda, senza far altro. –Micheletti, diversamente da quello che immagini tu, non vado ogni sera a letto con una ragazza diversa, quindi non c’è pericolo di rimanere a secco-, ridacchiò e io mi imposi di non arrossire, per nulla al mondo.

Alzai lo sguardo lanciandogli un’occhiata scettica. –Ma fammi il piacere! Vuoi forse farmi credere che non vai mai a letto con nessuna? Mi deludi, Davis-.

Sorrise avvicinandosi maggiormente col viso al mio. –Non ho detto questo, ma neppure sono un ninfomane, sempre in cerca di putt..-.

Un colpo sulla nuca lo fece bloccare. -…ragazze facilmente deviabili-, sembrò divertirlo un mondo a stuzzicarmi.

Con una mano cercai di scostarlo da sopra di me, ma non riuscii a spostarlo di neppure mezzo centimetro: stupida forza maschile. Era ingiusto che i maschi fossero più forti delle femmine, ma forse non era proprio quello il motivo per cui non si alzò da me; forse c’entrava anche il fatto che c’ero andata leggera, non volendo davvero farlo alzare da lì.

Scacciai quei pensieri inutili e mi accorsi in ritardo che si era avvicinato ancora di più, ripassando il contorno del mio mento con il naso. D’istinto trattenni il fiato, non sapendo bene le sue intenzioni, posando i palmi sulle sue spalle.

-E poi, è anche un bene che abbia ancora la resistenza di quando avevo quindici anni e che te abbia un corpo cosi…caldo-.

Parlò a contatto con la mia pelle, senza sfiorarla con le labbra, però, solo soffiandoci sopra, e bastò quello a riempirmi di pelle d’oca; No, cosi non andava affatto…

Strinsi le palpebre e lui continuò con lo stesso tono basso e roco, che, dura da ammettere, mi incantava sempre. –A meno che tu non lo voglia-, soffiò sulla mia pelle già riscaldata, -Dimmi, Nate, lo vuoi?-, seguì tutto il percorso, scendendo sul collo e tornando indietro, sfiorando appena le labbra con le mie e soffermandosi sul pezzo di pelle dietro all’orecchio; lo baciò con calma, senza fretta.

-Rispondi, lo vuoi?-, prese il lobo tra i denti, facendo un po’ di pressione che mi portò quasi a gemere se non fosse per i miei denti che avevano afferrato il labbro, impedendone l’uscita; Non credo proprio che potessi parlare normalmente e non avevo neppure la forza per sgridarmi, cosa già abbastanza strana, e prima di poter anche solo pensare ad una risposta fui deconcentrata dalla sua mano, che ancora posata sulla coscia, iniziò a muoversi verso l’interno.

Spostai una mano sul suo polso, bloccandolo: dovevo prendere un po’ di lucidità per parlare. Lui non sembrò infastidito dal mio movimento, e anzi, ne approfittò per intrecciare le dita con le sue e spostarle di lato.

Baciò, succhiò, leccò quel piccolo lembo di pelle e ci soffiò sopra riuscendo a farmi mugolare debolmente: Dio lo odiavo!

-Dimmi…-, mi stuzzicò avvicinandosi alla guancia, ma senza andare oltre.

Annuì, lasciando uscire un sospiro e piegandomi appena per incontrare le sue labbra che non si fecero attendere, schiudendosi con le mie e iniziando a giocare con la mia lingua, impaziente. La mano che avevo ancora sulla sua spalla si intrecciò in quei ciuffi  biondi, stringendo, accarezzando, tirando, soppesandone la morbidezza. Qualcosa poco più in giù però sembrava parecchio impaziente diversamente dalle sue mani che si muovevano con calma, accarezzando la coscia e la mia mano, ancora bloccata dalla sua.

Mi ritrovai a sorridere, stupidamente, sulle sue labbra e se ne accorse anche lui; Si staccò da me, e scese un’altra volta sul mio collo.

-Cos’è che ti diverte?-, sussurrò.

Mossi una gamba, sotto alle sue, soffermandomi sul cavallo dei suoi pantaloni. –Constatavo la tua teoria-, non trattenni neppure il sorriso. Non serviva più…

Sorrise anche lui, senza staccarsi dalla mia pelle. –Non era un teoria, era un fatto ovvio-, passò più volte su quel punto, con particolare attenzione facendomi scappare un altro ansito.

Lo sentì ridacchiare e capì di star facendo il suo gioco, ma avrebbe dovuto sapere che mi sarei vendicata; Premetti con maggior forza sul suo punto debole, senza esagerare e mossi la gamba, strappandogli un gemito, con mia immensa gioia.

Bloccò il mio movimento. –Calma apetta, non c’è fretta-.

Mi lascia andare contro  le lenzuola fresche e mi rilassai, mentre lui mi massaggiava con calma i fianchi; Spostò il peso su un braccio e si stese completamente sopra di me, continuando a lambire con estrema calma la pelle vicino alla clavicola, senza pesarmi addosso. Mordicchiava e si soffermava sui punti che mi facevano tremare maggiormente ed avevo ormai staccato completamente il cervello quando sentii la sua mano scivolare sotto alla maglietta e posarsi sul tessuto delle mutandine.

Passò il palmo prima di scendere col pollice e accarezzare il punto più sensibile del mio corpo da sopra. –Allora, Nate, dimmi: cosa vuoi che faccia?-.

Già con un piede nel mondo vietato ai minori, non compresi bene le sue parole, e non me ne diede neppure il tempo, premendo più forte con il dito.

-Co-cosa?-, presi un respiro profondo.

Sentì uno spostamento e mi abbassò fino allo scollo della maglietta, fermandosi sul bordo del collo, per passare che lì la sua lingua, lambendo e soffiando sulla pelle: adoravo quando lo faceva!

-Vuoi che vada avanti o mi devo fermare?-.

Si divertiva, ormai mi era chiaro, e voleva giocare, ma dannazione, non credo che sarei riuscita ancora molto a rispondere alle sue domandine, figuriamoci a sostenere una piccola lotta di battuta risposta; No, non c’è l’avrei fatta.

Inarcai il bacino quando con un movimento fluido prese posto sotto al tessuto ormai completamente bagnato della mie mutandine; Passò veloce il dito su tutta la lunghezza, prima di soffermarsi maggiormente sulla mia punta, particolarmente sensibile e giocarci

-Davis!-, non capii se fosse più un rimprovero o uno sprono a continuare, ma sta di fatto che rallentò i movimenti, sadico. Strinsi i denti, per non lasciarmi sfuggire altro e aspettai la sua prossima mossa, che non si fece attendere.

Risalì poggiando la bocca sul mio orecchio. –Cosa? Devi dirlo-, benché il tono volesse sembrare divertito non mi sfuggì la nota di desiderio, come era impossibile ignorare il piccolo Davis Junior sull’attenti, come lo avevo ribattezzato nel nostro primo incontro ravvicinato.

Trattenni a stento un altro gemito, causato ancora dalla sua mano, e mi focalizzai su un punto fisso, anche se quello era un semplice e banale puntino nero sul soffitto, che però riuscii a darmi un po’ di lucidità, che aveva deciso di lasciarmi prendendosi una vacanza.

Feci scorta d’ossigeno prima di parlare, ma uscì comunque un tono roco e basso. –Voglio…-, non finii la frase distratta come al solito dalla sua mano, o meglio dire dal suo pollice, che non mi lasciava un attimo di pace, continuando imperterrito col suo giochino.

La mano libera si spostò tra i miei capelli, alla base del collo. –Vuoi…cosa?-.

Si mosse sopra di me e con un movimento casuale sfiorò la mia fessura, con la mano ancora dentro al mio intimo, facendomi trattenere il fiato ad una nuova fitta allo stomaco che mi portò quasi a sbottare un –Te- con forza, ma morsi il labbro, impedendomi di fregarmi da sola.

Con un po’ di lucidità recuperai anche un po’ d’orgoglio che mi permise di alzare lo sguardo, fissandolo nel suo, caldo ed eccitato, tanto quanto poteva essere il mio e feci scivolare una mano sul suo petto fino ad arrivare alla cordicella della tuta, accarezzando la leggerissima peluria dorata che stava sotto al suo ombelico. Con soddisfazione lo sentì trattenere il respiro e tremare. –Vuoi quello che voglio io-, sussurrai, col fiato corto.

Sembrò abbastanza soddisfatto della mia risposta, e afferrò subito i lembi della maglietta, sfilandomela col mio aiuto prima di abbassarsi sui miei seni e percorrerne l’incavo prima di soffermarsi sul sinistro e cospargerlo di baci, sempre più vicini alla punta. La sua mano riprese il suo lavoro, con più calma, forse per lasciarmi il tempo di metabolizzare la cosa e non scappare.

Titubate restai per un attimo ferma sul bordo dei suoi pantaloni prima di infilarci dentro una mano e accarezzarlo da sopra i boxer, senza esagerare: ero ancora un’inesperta su quel lato, dopotutto!

Non sapendo come muovermi, non sapendo bene che fare, mi fece piacere sentire un gemito strozzato da parte sua che aggiunse anche una tacchetta al mio personale orgoglio; Continuammo cosi ancora per un po’, con semplici, più o meno, carezze ma fui proprio io la prima a far mutare la situazione.

Ormai al limite e sicura che lui non volesse aiutarmi in alcun modo infiali le dita sotto l’elastico e faci pressione abbassarli, dandogli un chiaro segnale che colse al volo. SI scostò appena, incrociando gli occhi coi miei e mi aiutò a sfilarsi del tutto l’indumento, ricambiano l’occhiata che gli lanciai. Abbassò la tesa nell’esatto momento in cui alzai la mia e le nostre labbra si incontrarono a metà, iniziando a giocare tra loro; Fu un continua mordi e fuggi, senza sosta, cercando di trovare un vincitore in quella piccola lotta.

I movimenti da lì, si fecero sempre più frenetici fino ad essere entrambi nudi e pronti, senza mollare la presa sulle nostre pelli.

-Aspetta-, ansimò appena, piegandosi verso il comodino e tirarne fuori una fila di bustine; ne strappò una buttando a terra i resti e quando tornò caldo e protetto su di me, completamente a contatto con il mio corpo, non trattenni un gemito di impazienza e mossi il bacino verso il suo in un chiaro invito.

Prima di prenderlo alla lettera mi guardò in un tacito consenso e lo afferrai dietro al collo, tirandolo verso il basso, succhiando e mordicchiando ancora le sue labbra calde e dolci, come rosse ed invitanti sirene. Scacciai quei pensieri sdolcinati concentrandomi invece sulla sensazione di bello che mi invase quando lo sentì ancora.

 

 

 

Un pensiero mi colse di colpo, del tutto impreparata, facendomi scattare come una molla dal materasso su cui ci eravamo sistemati, dopo averci dato una rinfrescatina in bagno, dopo il nostro esercizio fisico, fuori programma.

-Il preservativo!-, sbottai, senza ottenere granché reazione dall’altro.

Mi voltai verso di lui, che se ne stava ancora sdraiato sul letto, mezzo addormentato, che mi fissava come fossi impazzita tutto d’un colpo; Tirai su il lenzuolo prima di voltarmi maggiormente.

–Il preservativo-, ripetei con più enfasi.

Alzò un sopracciglio, forse pensando davvero che fossi pazza. –L’ho buttato-, mi scrutò, -Perché lo volevi?-, individuai subito la nota divertita che ci mise.

Gli mollai una sberla sul petto. –No, cretino! Hai usato il preservativo, ma l’altra volta no-, spiegai.

Aggrottò la fronte. –Ma si che l’ho usato, l’hai visto pure te che prima dop…Oh-, vidi finalmente un lampo di consapevolezza attraversargli gli occhi. Quel giorno l’avevamo fatto due volte, ma l’altra volta, nella palestra, c’è ne eravamo completamente scordati.

Era una cosa talmente semplice, in quel momento che mi diedi dell’idiota da sola, senza bisogno di aiuti: come avevo potuto dimenticarmene? Ero un’incosciente!

Avevamo potuto rischiare entrambi, ed entrambi da perfetti stupidi non ci avevamo pensato nemmeno per un momento.

Davis però si sollevò facendo leva con due dita per attirare il mio sguardo, alzandomi il mento. Mi fissò con un’espressone priva di gioco o divertimento, era serio e attento.

-Hei, non iniziare con i tuoi contorti giri mentali e dammi ascolto: non è successo nulla di imperdonabile e a meno che te non abbia saltato le tue robe, possiamo rilassarci da quel punto di vista-, sbottò senza lasciare i miei occhi.

Deglutì annuendo, già più sicura. –Mi dovrebbero arrivare tra una settimana, quindi non mi preoccuperei per ora-, contai mentalmente i giorni, certa dei miei calcoli.

-Visto? Dobbiamo solo aspettare e vedrai che non arriverà nessun pargoletto, okay?-, sorrise, alleggerendo l’aria.

Apprezzai il suo tentativo, ma qualcosa non mi permetteva di lasciarmi andare completamente; Non era solo per quello che ero scattata, oltre la prima sorpresa che mi aveva preso da subito, ma non era proprio un mistero il carattere abbastanza…sbarazzino di Davis. Lui sembrò capire il mio sguardo.

Posò le mani dietro di sé, per sorreggersi. –Sono completamente sano. Quella è stata l’unica volta che non ho usato la protezione, quindi non temere-, non lo disse con fastidio o offeso, ma come un dato di fatto, quasi volesse ancora rassicurarmi.

Mio malgrado annuì, concedendogli il beneficio del dubbio e mi affrettai a rassicurarlo a mia volta. –Pure io: mio padre ha fatto fare a me e Beatrice un completo check-up per assicurarsi che fossimo completamente sane, con tanto di test sulle malattie sessuali o genetiche-, spiegai non sapendo nemmeno io perché.

Stirò un sorrisetto, e capì che fosse meglio lasciar scivolare via quel leggero strato di incertezza e, si, anche un po’ di paura, che alleggiava fino a poco prima, pronta ad ascoltare una delle sue frecciatine. –Ma non dirmi: il Grande Puffo sa della sua piccola bambina?-.

Strinsi gli occhi in due fessure. –No, e guai a te se ti scappa mai qualcosa-.

Alzò le mani, divertito. –Che non capitasse mai! Non mi perdonerai mai di aver distrutto la tua preziosa immagine da adolescente sessualmente frustrata-.

Sbuffai. –Non ti sopporto, lo sai?-, sbottai mollandogli un’altra manata sul petto. –E comunque credo che gliene importerebbe davvero poco, con quell’aria che tira in casa-, sussurrai e mi pentii subito di aver detto quelle parole, sperando che non le avesse sentite.

Speranza vana. –Scherzi?! Ma se dopo che te ne eri andata sembrava un’anima in pena. Continuava a guardare la porta e la finestra in continuazione, aspettando di vederti spuntare da qualche parte finché non mi ha chiesto di venirti a cercare-.

Se era stato cosi male, allora perché non mi aveva parlato poi? Perché non aveva neppure tentato di avvicinarsi? Perché non mi guardava neanche?

Perché è orgoglioso come te…no, non è proprio il momento per far la tua comparizione, vocetta fastidiosa.

Poi la sua frase prese un altro aspetto e lo fissai accusatoria. –Ma allora ti aveva mandato davvero mio padre! Brutto stron…-.

Posò una mano sulla mia bocca, bloccandomi. –No, no, non si dicono quelle brutte parole, bambina cattiva-, parlò come se fossi una pappante e scostai con stizza la sua mano.

Prima di poter ricominciare ad insultarlo, però lui mi trasse a sé, trascinandomi con lui di nuovo sul materasso e passò una mano sulla mia vita. –E ora lasciami riposare un po’-.

Fui tentata di ribellarmi, ma pure io sentivo un po’ di stanchezza, ma non riuscì ad addormentarmi neppure con il lento e rilassante battito di Davis sotto la mia tesa, ma rimasi a pensare, lasciando vagare la mente a mio padre, alla notte precedente, alla chiacchierata, alle coccole, alla colazione quel mattino, cosi dolce e si anche familiare, come se fossi da sempre stata pronta ad affrontare quel giorno, come se lo aspettassi. Certo le sorprese non erano mancate, dalla stranissima calma che sentivo a stare tra le sue braccia, alla sua improvvisa apparizione al locale e alla sua storia. Si, forse quella era stata la sorpresa più grande e come al solito mi sorse una domanda tanto ovvia quanto difficile: lo conoscevo davvero, Daniel Davis? No, io conoscevo solo una sua facciata, una delle tante.

-Parlami di tuo padre-, sussurrai senza riuscire a frenarmi.

Lo sentì irrigidirsi e aumentare la presa sul mio fianco prima di scostarmi da sé e tirarsi su. Mi tirai su non capendo che diavolo avevo fatto di sbagliato, e lo osservai infilarsi veloce i boxer e andare alla ricerca dei pantaloni.

-Davis, ma che…?-, non capivo.

Non alzò neppure lo sguardo, sibilò semplicemente: -Non sono affari tuoi-.

Incassai il colpo, del tutto impreparata, e subito sentii montare dentro un familiare calore che in quelle ore si era parecchio assopito; Non aspettai neppure un secondo prima di vedere ed infilare le mutandine, prima abbandonate ai piedi del letto e scivolare fuori dal suo letto, infilando anche il reggiseno. Credeva forse che solo perché ero stata a letto non sarei stata piu la stessa? Bè è ora di vedere dove hai sbagliato, mio caro.

Notò i miei movimenti ma me ne fregai altamente, prendendo invece la maglietta da terra e dargli le spalle.

Lo sentì avvicinare e quando mi fermò, mentre cercavo di infilare la maglietta mi voltai di scatto, fulminandolo con lo sguardo. –Che vuoi?!-.

Si leggeva la confusione ne suoi occhi, ma c’era ancora il fastidio che lo aveva colto prima. –Che fai?-.

-Me ne vado-, sbottai, -Non credere che solo perché sono venuta a letto con te, tu possa trattarmi come ti pare. Non vuoi che mi impicci? Bene allora non dirmi i cavoli tuoi. Non vuoi che ti faccia domande? Bene allora stammi alla larga. Non vuoi dirmi gli “affari tuoi”? Bene allora chiudiamola qui. Non sono e non sarò mai la tua cazzo di bambola, okay?-, gli lanciai contro la maglietta, inviperita.

-Le cose tra noi non cambiano, mettitelo in testa, quindi non fare la donna in piena crisi ormonale con me!-, continuai sottolineando il fatto e dirigendomi subito verso la porta, decisa più che mai ad andarmene.

Mi raccontava i suoi cavoli e poi reagiva cosi appena gli facevo una domanda? Bè, allora poteva anche tenersi per se i suoi preziosissimi affari!

Presa com’era nei miei pensieri mi accorsi in ritardo che mi aveva seguito, dopo un minuto di confusione, e mi afferrò per la vita, impedendomi di voltarmi o muovermi di un passo; mi divincolai, ma aumentò la presa appoggiandosi col petto alla mia schiena e aspettando finché non mi arresi, pronta a fare come voleva per poi rifilargli un calcio nei coglioni appena mi avesse permesso di muovermi.

Orgogliosa, però, non feci nessun verso, e gli conficcai invece le unghie sugli avambracci con forza, felice di poterle usare finalmente in qualche modo, sentendole affondare, sperando di fargli male.

Lui non sembrò sentile neppure e rimase immobile. –Hai finito?!-, il tono non era dolce come poco prima, ma non me ne sorpresi; anzi mi sembrava quasi di aver una delle nostre solite discussioni, sorvolando sul fatto che fossimo entrambi mezzi nudi e che fossimo in una posa abbastanza fraintendibile.

-Bene-, sbottò, senza spostarsi, ma sospirò. –Senti non voglio litigare con te, ma non puoi pretendere che io…ti ho raccontato quelle cose, perché volevo farlo, ma non è una cosa semplice di cui parlare, okay?-, parlò a fatica.

Non parlai, restai semplicemente in ascolto.

Si avvicinò maggiormente e sentì il suo respiro direttamente sul collo, come se si fosse piegato col capo. –Non ne vado affatto orgoglioso, mi capisci? Mio padre è in carcere e…a malapena lo conosco io, come potrei raccontarti qualcosa a te, se non so praticamente neppure io nulla?-, respirò a fondo, prendendosi un momento prima di continuare. –Non ero stato io ad informarlo che...bè che avevo scoperto tutto, ma i miei genitori, intendo quelli adottivi, Marco e Selena, e fu lui poi a mandarmi una lettera, senza che io ne sapessi nulla. Mi scrisse solo un indirizzo e un “scrivimi se vuoi”, come se fossi…un estraneo, cosa non del tutto lontana dalla realtà, ma in quel momento non seppi che fare.

-Avevo sedici anni quando gli risposi per la prima volta e ormai erano passati quasi tre anni dal suo biglietto; Ti giuro, quella fu la cosa più difficile che ho mai fatto in vita mia: non sapevo che dirgli, non sapevo cosa dirgli e come farlo, non sapevo neppure perché fosse lì o come io fossi arrivato lì, ma sta di fatto che riuscii a buttare giù tre righe-, sentì la presa diventare più forte sulla mia vita e senza essermene accorta avevo smesso di graffiarlo e avevo abbandonato le mani sulle sue braccia, in una specie di abbraccio.

-Mi rispose, sempre con poche parole, ma non gli risposi. Non…volevo conoscerlo, penso. Non voglio conoscerlo, per me lui è…non lo conosco, non so chi sia-, borbottò con il viso appoggiato sui miei capelli.

Respirava con calma, ma era ancora teso; Azzardai una carezza e provai a rilassarmi, per fargli capire che non mi sarei spostata oltre e presi un respiro, aspettando di vedere se voleva continuare, ma il suo silenzio mi era chiaro.

Arrivai ad accarezzargli le dita quando parlai. –Posso farti una domanda?-.

Era una campo minato, un suo nervo aperto ed era meglio non calcare troppo la mano, e andarci in punta di piedi.

Dopo un attimo, annuì.

-Perché c’è l’hai con lui?-, usai il tono più calmo e dolce che avevo per non farlo scattare ancora. –Puoi anche non rispondere, se non vuoi-, aggiunsi.

Sospirò, riempiendo di brividi la pelle sensibile del mio collo. –Non c’è un motivo, Micheletti, semplicemente non mi fido di lui-.

Annuì, capendolo da una parte: la fiducia era davvero dura da donare a tutti e il più delle volte veniva sempre tradita.

Restammo immobili però un momento, schiarandoci entrambi un po’ le idee, ma quando l’aria gelida di novembre si fece sentire, provai a scostarmi, senza grandi risultati, dalla sua presa, che restò ferma.

-Davis…-, provai.

Si spostò appena, muovendo il viso sui miei capelli e le braccia si allentarono di poco, non abbastanza per lasciarmi libera. –Non ti spostare-, sussurrò.

E capì. Quello non era un semplice nervo scoperto ma una ferita, profonda e sensibile come non mai, che mi aveva mostrato contro ogni buon senso e contro ogni buon principio, dandomi più di quanto avrei mai potuto dirgli io; Non sarei mai riuscita a scavare e a fidarmi di qualcuno abbastanza da mostrargli le mie di ferite, non l’avrei sopportato.

Un nervo era un pericolo, una ferita era un suicidio.

Ma lui l’aveva fatto ed ora doveva semplicemente lasciar che si richiudesse con calma, senza movimenti bruschi, senza fretta, con un po’ di calore e una carezza; Non avrebbe dovuto aspettarsela da me o prenderla da me ma lo fece e io gliela diedi, senza pensarci troppo, lasciandoli quello che forse sarebbe potuto servire a me in futuro.

Poggiai le braccia sulle sue, rimanendo cosi, fermi, assieme, immobili, senza curarci di quello che poteva accadere al di fuori di quelle mura, senza osservare o studiare la gente, liberi di chiudere la mente e gustarci il nostro limone e il nostro zucchero, forse unici nel loro genere, ma che per noi andavano alla perfezione.

E mai come in quel momento volli davvero provare a conoscere Daniel Davis.

 

 

 

 

 

 

NDA: 21/08/11 ORE 17.30 CAPITOLO CORRETTO

 

 

 

NdA:)

 

 

Hummm….hem hem…che dire! Buona domenica a tutte x cominciare, il capitolo è…molto pieno e quindi ci tengo particolarmente. Lo so che alcune di voi si chiederanno: ma che diavolo si è inventata per Davis? Perché non lo lascia in pace? Ma bè posso giustificarmi dicendo che sono nati e cresciuti da soli, senza che io facessi nulla, quindi non posso farci nulla ed ogni cambiamento mi sembra che li rovini.

X il capitolo: la scena hot spero che non si troppo...banale o smielata o noiosa…vabbè non sono bravissima ma ci stò provando quindi ditemi la vostra!!

La reazione di nate forse è eccessiva (intendo la litigata) ma si è sentita per un secondo, un piccolo piccolo attimo, trattata come una troietta che veniva abbandonata a letto mentre lui se ne va e il suo orgoglio non ha retto.

Davis: ohhhh bè spero di non aver scritto una schifezza perché volevo far capire un po’ il modo in cui si sente lui: ferito, indeciso e impaurito. Non sa cosa fare o come comportarsi col padre, ma neanche stavolta vi ho dato tutti i dettagli su di lui e la sua storia.

Per ultimo: so che non è una storia molto leggera, ma davvero io non voglio farla troppo pesante o deprimente, ma solo raccontare passo per passo come nasce un sentimento in mezzo a rancori, principi ed orgoglio quindi…abbiate pazienza e spero che non vi deluda nessun capitolo!

Risponderò alle vostre recensioni appena possibile…grazie ancora siete degli amori ogni volta ed è solo grazie alle vostre bellissime parole che riesco sempre a scrivere con gioia!!

 

Baci Je:)

 

P.s.: se avete un minuto: Me lo lasciate un commentino? *----* Graaaazie;)

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Capitolo 16
*** 16.MENTIMI ANCORA ***


Buongiorno a tutte oh mie ragazzuole:)Lo so lo so sono in ritardo, ma è la prima volta che lo faccio quindi non uccidetemi!=) Vi avverto che comunque l’esame l’ho fatto e non dovrebbero esserci altri problemi per gli aggiornamenti che troneranno ad essere ogni 4/5 giorni massimo! Devo ancora ringraziarvi tutte quante per le vostre parole:) Grazie…

Poi ci tenevo particolarmente a dire che chi ha trovato errori nei capitoli scorsi non si deve x nulla preoccupare di farmelo sapere, anzi, io la maggior parte delle volte non me ne accorgo quindi se voi li vedete e io no, ditemelo pure cosi che possa correggerli in tempo! Cerco sempre di correggere tutti gli errori che Word mi segna, ma se la “parola” non è scritta male non me la sottolinea come succede con “averi” e “avrei”…non so se avete capito! vabbè comunque volevo solo fare un piccola parentesi! Cercherò di star comunque più attenta adesso!!

Del capitolo ne parliamo sotto, ma già dal titolo/pezzo della canzone potrete capire più o meno di cosa parla…mi sembra di aver detto tutto e x altri dubbi/commenti fatemi sapere!!:) Ah…si per chi mi ha chiesto di Davis: da adesso state tranquille che non mancherà mai in nessun capitolo e che ci sarà sempre anche solo per una piccola ma succosa apparizione:)

A voi il capitolo!! Buona lettura…:)

 

 

CAPITOLO 15

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Mentimi ancora

 

 

Lay down a list of what is wrong

Things you told him all along

Pray to God he hears you

And where did I go wrong?

I lost a friend somewhere

along in the bitterness

 

[stendi una lista di cosa è sbagliato

le cose che gli hai sempre detto

e prega Dio che ti stia a sentire

dove ho sbagliato? Ho perso un amico

da qualche parte, nell'amarezza]

 

 

 

Nel dormiveglia sentii di già che qualcosa non quadrava. Aprii gli occhi, nel vano tentativo di capire cosa fosse, scacciarlo e tornare al mio tempore tanto amato, ma quando lo feci non mi aspettai di certo di vedere quello che mi ritrovai praticamente di fronte: io e Davis, dopo la chiacchierata in salotto avevamo deciso di spostarci in cucina per mettere qualcosa sotto i denti e sebbene nell’aria ci fosse ancora un po’ d’imbarazzo riuscimmo comunque a ridere e scherzare come al solito, come se nulla fosse accaduto, e anche se entrambi non avevamo dimenticato quelle parole, io soprattutto, decisi che per il momento era l’unica cosa che potessi davvero fare per lui e che una faccia dispiaciuta non avrebbe fatto altro che incrementare quel sottile velo di imbarazzo; Non avevamo parlato ancora di argomenti seri, ma forse per quella sera ne avevamo già abbastanza entrambi, io per la reazione, che a mente fredda analizzai, troppo istintiva e lui…bè mi sembra abbastanza logico perché non voleva tornarci ancora su. Sta di fatto che, senza altri esercizi di ginnastica, ci eravamo entrambi addormentati sul divano, praticamente appicciati per la mancanza di spazio che invece ci avrebbe consentito il letto e che durante la notte mi fossi, non so come girata, posizionandomi praticamente ad un palmo dal naso di Davis.

Ecco, ora la mia coscienza mi avrebbe giustamente detto di gettarmi all’indietro, fregandomene altamente dei lividi al didietro che mi sarei procurata di sicuro cadendo, ma ero appena sveglia, ragazze, e pure la mia coscienza se ne stava volentieri a riposo.

Quindi non mi rimase altro che alzare lo sguardo e guardare semplicemente chi mi stava di fronte, anche perché non sarei riuscita a spostarmi da quella posizione neanche volendo, visto la presa ferrea che Davis aveva posto sul braccio che mi circondava la vita. Un paio di ciuffi gli cadevano scomposti sulla fronte dandogli un’aria diversa dal solito, i muscoli del viso erano rilassati e senza quel dannato sorrisetto ironico notai una piccola cicatrice sul labbro superiore che gli increspava appena la linea dritta di esso e arrivava quasi fino all’attaccatura del naso, la mascella dritta, arrocchita appena da un filo di barba incolta e le ciglia gli creavano delle ombre sugli zigomi; Okay, sarà stato stupido, ma avrei tanto voluto avere una macchina fotografica o anche solo il cellulare per salvarmi quest’immagine: aveva qualcosa di diverso, di speciale dal solito, di dolce e di tenero che mi sembrava uno spreco farla diventare solo un altro annebbiato e sporco ricordo dove venivano dimenticati i lineamenti e i dettagli più significativi.

Dovetti accontentarmi però e continuai la mia ispezione; I capelli spettinati gli incorniciavano il viso, sparati in tutte le direzioni e dovetti stringere i pungi, poggiati sul suo petto, per non immergerci dentro una mano e sentirne ancora la consistenza sotto i polpastrelli, come avevo fatto e rifatto il giorno precedente. Scivolai con lo sguardo, seguendo una linea immaginaria che percorreva il naso, scendeva sulle labbra socchiuse da cui potevo sentire il suo respiro lento e caldo, seguiva la linea della mascella e si tuffava sul collo, sulla sua pelle tesa e le forme che aveva, piegato in una posizione abbastanza scomoda, a prima vista; io ero bella che comoda, con la testa posata sopra al suo braccio piegato a farmi da cuscino.

Mi accorsi solo in quel momento di essere mezza nuda, e che pure lui lo era, e che non stavo poi cosi tanto scomoda.

Il petto sfiorava appena il mio, che ritirai, senza proseguire con lo sguardo, sapendo già benissimo cosa avrei trovato poco più sotto e che avevo già visto abbastanza la sera prima e che ora riposava pure lui; Mi venne da ridere a quel pensiero stupido ma mi trattenni, senza voler che Davis si svegliasse proprio mentre ero cosi occupata ad osservare il suo inquilino del piano di sotto.

E sinceramente non avevo intenzione di svegliarlo, non mentre avrei potuto guardarlo senza dover subire il suo interrogatorio o sentire i suoi occhi su di me costantemente; né mi sarei voluta alzare o spostare, ma dovetti farlo proprio quando ricevetti un chiarissimo segnale dalla mia vescica.

Mi morsi il labbro, sgusciando piano via dalla sua presa e fui stranamente contenta di esserci riuscita dato che non si poteva affatto dire che fossi una persona aggraziata. Dopo un ultimo sguardo mi diressi verso il bagno, chiudendo la porta alle mie spalle sperando vivamente che non si svegliasse proprio in quel momento e mi lasciasse un paio di minuti per me.

La sera prima aveva avuto davvero poco tempo per ragionare su tutta la faccenda, ma non ero nemmeno cosi impaziente di pensarci davvero, non per riavere tutti qui punti di domanda in testa, non per farmi venire un altro esaurimento nervoso. Solo una cosa mi era chiara in tutta la faccenda: l’argomento famiglia a casa Davis non era affatto facile.

Mi soffermai un attimo in più di quanto me lo consentisse la mia scarsa vanità davanti allo specchio e controllai con sospetto la mia espressione diversa dal solito; Sorvolando sui capelli arruffati, il pessimo gusto in bocca e lo sguardo mezzo allucinato c’era un qualcosa che mi sembrava diverso dal solito e non so quanto Davis c’entrasse in tutto questo, ma ero certa che ne aveva la gran parte del merito. O della colpa a seconda dei punti di vista.

Certo bisognava anche ammettere che non vedevo nessun gran cambiamento come di solito accadeva nei film o nei romanzi, che dopo aver passato la notte con il ragazzo che occupava la gran parte dei pensieri della sfortunata di turno, si risvegliava con il luccichio negli occhi e un sorriso luminoso. No, spiacente, ma non sentivo e vedevo nessun gran cambiamento e forse mi andava pure bene la cosa; Anzi, senza il forse, stavo bene cosi perché di cambiamenti ne avevo avuti gia abbastanza ed ero certa ce ne sarebbero stati ancora molti.

Il cambiamento poteva benissimo avvenire nel parlare o nel guardarsi, senza dover diventare come tutte quelle gelatine ambulanti che svenivano solo alla vista del proprio amato, cosa altamente preoccupante.

No, stavo bene.

E mentre mi rendevo appieno conto della veridicità di quelle parole la porta del bagno si aprì con un cigolio appena udibile e fece la sua grande comparsa un biondo di mia conoscenza.

-Davis!-, sbottai cercando di nascondere il sobbalzo che avevo fatto.

Il ragazzo interpellato però non diede segno di avermi sentita e si diresse con tutta la calma del mondo verso l’anta della doccia ad angolo e aprì l’acqua. Sgranai gli occhi, rendendomi pienamente conto di quello che stava per fare e non mi trattenni dall’urlargli ancora contro cercando almeno un pochino della sua attenzione.

-Hai mai sentito parlare di privacy?-.

Non si voltò neppure, alzò solo le spalle. –No, non sono un grande asso in inglese-.

Poggiai una mano sul marmo freddo del lavandino. –Dio santissimo, Davis, di mattina sei ancora più cretino del solito!-.

-Non so perché te mi offenda, ma non mi stupisce la tua acidità-, si voltò, sfoderando una sottospecie di sorrisetto ancora mezzo addormentato per il poco sonno, -Ormai me ne sono fatto una ragione sul tuo caratteraccio-.

Mi trattenni dal lanciargli qualcosa addosso. –Puoi uscire?!-, brava, Nate, cerca una via di fuga matura, fai la persona seria e responsabile…

-Perché? Mica sei sul water-, alzò il sopracciglio lanciando un’occhiata significativa alla tavoletta dell’oggetto sopraindicato.

-Te sei un’idiota-, sbottai, -Non sai neppure il significato di bussare, immagino!-.

Sbuffò. –Eddai, è mattina! Non ho la forza psicologica né fisica per litigare con te-.

-Spiacente, ma allora ti conveniva non entrare senza la decenza di bus…-.

-Okay, okay, time-out -, si voltò alzando le mani, -Facciamo una cosa, eh?-.

Irritata attesi che continuasse la sua brillante arringa, incrociando le braccia.

Certo del mio silenzio continuò. –Bene dato che è ancora mattina e che entrambi ci siamo appena svegliati che ne dici di una doccia? Poi solitamente le persone normali fanno colazione e con calma parlano, non urlano né litigano, cosi che la giornata possa cominciare bene, non credi?-.

Mi passarono molte belle risposte per la mente, ma le trattenni tutte, sperando che cosi facendo potessero scendere e assopirsi: sinceramente neppure a me andava  di litigare, ma con lui…ahh era impossibile, okay? Riusciva sempre a fare qualcosa di fastidioso e si, in bagno si doveva bussare prima di entrare come fosse a casa sua. Cosa vera, ma che non ha nessuna importanza in quel momento.

Trattenni comunque l’impulso di mandarlo gentilmente a cagare, e mi limitai a specificare. –Noi non siamo persone normali, e non credo che nessuno sia realmente normale-.

Sorrise, ancora mezzo addormentato. –Bè te no di sciuro-.

-Fanculo-, ecco, visto?!

Si sporse per chiudere l’acqua, ormai calda credo e si voltò per fissarmi, e non si risparmiò di squadrarmi dalla testa ai piedi, aprendosi un sorriso che aveva un ché di divertito; Aggrottai la fronte confusa.

-Cos’è, un modo per farmi capire qualcosa?-, spiegò.

Scossi la testa. –Non ti seguo-.

Indicò il mio petto e mi resi conto solo in quel momento di essere ancora nuda, mutandine e reggiseno a parte, e che era tutto bellamente esposto al suo sguardo; Ancora stupita lo vidi fare un passo aventi e d’istinto indietreggia, di lato, verso la porta lasciata aperta, pronta ad una fuga improvvisata.

Alzai lo sguardo per capire che volesse fare, e lui sorrise.

-Cos’è hai paura di me?-.

-Ovviamente no, ma stai dalla tua parte-.

Piegò la testa di lato. –Ti hanno mai detto che sei strana?-.

-Si, te e più volte-, sorrisi ironica.

-Oh, si, giusto-, si avvicinò.

-Che fai?-, okay, forse il tono era un po’…sull’attenti, ma non bisognava mai abbassare la guardia in sua presenza.

-Nulla-, tono troppo innocente per esserlo realmente.

In automatico mi allontanai ancora mettendo più spazio tra di noi e forse fu questo a convincerlo a stare fermo; Quale fu il motivo però non mi serviva davvero saperlo, l’importante era che si fosse finalmente fermato senza però lasciare quel sorrisetto divertito.

Al sicuro nel corridoio, incrociai le braccia. –Bene allora vedi di muoverti che c’è scuola-.

Alzò un sopracciglio. –Si, mamma-. Cos’è ironizzava pure?!

Assottigliai gli occhi. –Piantala!-.

Mi volta ma la sua voce mi richiamò prima che potessi allontanarmi troppo; bellamente poggiato all’anta del box doccia mi guardavo col classico sorrisetto che preannunciava una battutina.

-Che vuoi?-.

-Non vieni a farmi il bagnetto, mamma?-.

Alzai gli occhi al cielo. –Fanculo, Davis-.

 

 

 

Non ci avevo granché pensato, ma mi sembrava molto chiaro cosa fare appena arrivati in un raggio abbastanza vicino alla scuola, agli sguardi di tutti gli studenti del nostri stessi istituto, ai professori. Non che me ne fregasse poi cosi tanto di quello che pensava la gente ma non mi andava proprio di spiegare un fatto simile; perché sicuramente, egocentrismo a parte, molti di loro avrebbero voluto sapere come mai fossi nella stessa auto di Davis di prima mattina. E io di spiegazioni non ne volevo proprio dare.

Una cosa che non avevo calcolato però era la scarsa intelligenza di Davis, il quale stava andando dritto, dritto verso la scuola.

-Fammi scendere qui-, acciuffai la borsa da sotto il sedile dove l’avevo buttata dopo aver fatto un veloce salto a casa, senza incontrare nessuno, fortunatamente.

Lui però non mi guardò neppure. –No-.

-No?-, alzai lo sguardo sorpresa.

Scrollò le spalle.

-Senti Davis non mi va per niente entrare nella tua logica e cercare di dare un senso al tuo no, quindi ferma l’auto e fammi scendere!-, meglio risolvere tutto con calma.

-No-.

Sbuffai. –Okay, spiegami allora perché no!-.

Si fermò al rosso, già pronto con la freccia a destra, verso scuola, troppo vicino a scuola.

Si strinse nelle spalle tamburellando sul cambio. –Ho un compito alla prima ora e non posso far ritardi-.

-Bè potevi pensarci prima di prenderti la bellezza di ventitré minuti per far colazione-, sbottai; Ero rimasta più di un quarto d’ora ferma in piedi ad aspettare che finisse di bersi quel goccio di latte e quei cavolo di biscotti dalla forma non molto raccomandabile, che con molta calma mangiucchiava. E sorrideva, divertito a fissarmi, sapendo benissimo di infastidirmi; E ora si lamentava? Ma che ci provasse, diamine!

Si voltò verso di me. –Ti hanno mai detto che la colazione è il pasto più importante della giornata?-.

Sbuffai. –Questa è la cavolata che dicono i genitori per farti mangiare, cosa che altrimenti dimentichi di fare; Come quella che i broccoli fanno crescere il seno-.

-Hum, questa non la sapevo-, lanciò un’occhiata al semaforo prima di ripuntarlo su di me, -I broccoli intendo-.

-Bè non sai un sacco di cose, Davis, di questo non mi stupisco-.

Sorrise. –Bè e te la sai allora quella del latte e cacao?-.

-No, ma immagino mi illuminerai te-, ironica, si sente?

-Servono per farti diventare muscoloso -, spostò lo sguardo sulla strada. –Come i calciatori, ricordi la pubblicità?-.

Annuii. –Si, una delle tante-.

-E so anche quella del miele-, sorrise.

-Cioè?-, e quando ridacchiò capii di aver fatto male a chiederlo.

-Servono a far diventare dolce lo sper…-.

-STAI ZITTO-, lo bloccai sentendo già le guance riscaldarsi e volati il capo verso il finestrino, lasciandolo a ridere da solo.

La mia mezza “resa” lo rallegrò molto e riprese a guidare. Una figura sul marciapiede però mi attirò e solo quando ci passammo affianco capii di chi si trattasse.

Sobbalzai. –Fermati!-.

Davis rallentò appena, sorpreso, ma si riprese subito, lanciandomi un’occhiata neanche fossi una pazza uscita fuori dal manicomio, anche se non aveva tutti i torti.

-Che ti prende?-.

-Fermati, scendo qui, c’è Filippo-, spiegai, forse sperando che dandogli più informazioni lo convincessi a lasciarmi andare.

Accostò titubante. –Chi?-.

Sbuffai alzando gli occhi. –Filippo. Quello che ho mollato al pub-.

-Ah-, scrollò le spalle, -E allora?-.

-Devo dargli delle spiegazioni, mi sembra ovvio…ma che lo dico a fare a te! Lasciamo perdere va!-, aprì la portiera senza aspettare risposta, già pronta a seguire Filippo che aveva svoltato per un’altra via laterale.

-Micheletti-.

Mi voltai e lo vidi chino verso il mio finestrino con una strana smorfia in viso.

-Dimmi una cosa-.

Aspettai, curiosa dal suo tono serio, ma capii subito di aver sbagliato quando vidi spuntare il classico sorriso. Non ne facevo una giusta!

-Te li hai mai mangiati davvero i broccoli o li nascondevi nella ciotola del cane?-.

Aggrottai la fronte. –Perch…oh ma vaffanculo Davis-, mi voltai e mi diressi verso la via che portava a scuola, non senza aver sentito la risata del biondo stronzo numero uno.

Vidi da lontano Filippo che, mani in tasca, zaino in spalla e testa bassa, si stava avviando verso il cancello laterale, vicino ai parcheggi delle moto e mi affrettai a raggiungerlo; Ero a pochi passi di distanza quando finalmente lo chiamai.

Sorrise, vedendomi. –Ciao-.

-Ciao-, mi misi al suo fianco, notando altri studenti davanti di noi.

-Senti volevo chiederti scusa per l’altra sera, non sarei dovuta andare via senza dirti nulla-, via il dente, via il dolore. Mi era davvero dispiaciuto lasciarlo lì, soprattutto perché mi sembrava quasi che ne avessi approfittato solo perché ero sola; Certo questo non voleva dire che non l’avrei rifatto anche perché solo con Davis ero riuscita davvero a mandare giù un po’ tutta la faccenda.

-Oh, non preoccuparti-, mi diede una pacca leggera, senza smettere di sorridere. –L’importante è che stai bene-.

Annuii lasciandomi contagiare dal suo sorriso. –Si, si certo. Ti devo però comunque ringraziare, è stata una bella serata-.

Scrollò le spalle. –Ti avevo detto che siamo un bel gruppo-.

-Si, è vero-, mi ero divertita, a parte la fine della serata, ed era merito suo questo lo dovevo dire, -E i tuoi amici? Se si sono offesi chiedigli scusa da parte mia-.

-Scherzi vero? Ti adorano. E finalmente l’hanno piantata col prendermi in giro-.

-Perché?-.

Schioccò la lingua scuotendo la testa. –Nulla, la solita storia. Ma comunque non mi hai detto che fine hai fatto: cosa ti ha convinta a lasciarci?-.

Scrollai le spalle. –Nulla-.

Sorrise. –Bè allora si che sono offeso adesso: anche un nulla viene prima di me?-.

Risi. –No, non intendevo quello…è che non, bè nulla. Nulla che vale la pena di raccontare, ma è una storia lunga comunque-. Molto lunga.

Non cosi tanto in realtà…

Entrammo dentro ai cancelli e la differenza si notò subito: tutti gli alunni erano raccolti in gruppetti in ogni angolo del cortile e c’era anche un gran via vai di motorini e macchine, di professori e studenti. Un forte chiacchiericcio si sentiva appena varcati i cancelli, ma era un suono cosi abituale che era quasi come un calmante per me.

Notai però subito anche l’auto di Davis, parcheggiata vicino alla moto del suo compare ed entrambi erano appoggiati bellamente alla fiancata della macchina; Incrociò il mio sguardo per un attimo ma subito spostai il mio, col timore che qualcuno potesse vedere.

Vedere cosa? Un semplice sguardo…sbaglio o qualcuno ha la coda di paglia?

Scossi la testa, tornando a concentrarmi su Filippo.

-…come meglio vuoi-, sorrise.

Lo copiai, sperando di non aver perso qualcosa di interessante, ma senza aver la forza di chiedergli di ripetere mi limitai a fissarmi attorno.

Grosso, grosso errore. Prima ancora di vederla sentì il suo sguardo puntato contro, ma appena alzato lo sguardo non potevo di certo pensare che sarebbe stata proprio lì. Alice era seduta accanto alle nostre compagne di classe, quelle oche, che odiava e mi fissava.

Non era uno sguardo cattivo né arrabbiato, ma aveva qualcosa di amaro dentro che non ce la feci proprio a reggerlo; Abbassai il mio cacciando fuori un sospiro: diamine, non ci avevo neppure pensato.

-Hei tutto bene?-, Filippo poggiò una mano sulla mia spalla, facendomi fermare.

Annuii sorridendo, una specie di smorfia in realtà. –Certo, è solo che ho litigato con Alice-.

Si voltò verso di lei prima che potessi impedirglielo. –Oh si, vero, ti fissa male-, tornò a guardarmi, -Ma non preoccuparti, vedrai che si risolve-.

-Si, certo-, forse.

Spostai lo sguardo di nuovo su Alice e fu lei stavolta a spostare il suo. Vidi che aveva ancora i capelli umidi e mossi, come succedeva dopo aver fatto la doccia, cosa che lei però odiava far di mattino perché diceva che si arricciavano tutti.

Dio che situazione di…

-Natalie, posso chiederti una cosa?-.

Fissai Fili confusa: perché tutto d’un tratto si era fatto serio?

Annuii aspettando.

Sospirò. –C’entra Davis?-.

Mi irrigidii. Porca miseria, no, dimmi che non ha capito, come diavolo ha fatto. –Cosa?-.

Scrollò le spalle. –Tra te e Alice…è per colpa sua?-.

Colpa di Davis? Si, certo…

-No-, sussurrai, -E’ colpa mia-.

-Ma c’entra lui-, non era una domanda.

Perché mentire? Incrocia i suoi occhioni scuri da cucciolo e non riuscii a far altro che annuire, senza particolari inclinazioni.

-Okay-, si guardò attorno, imbarazzato, -Lo sai vero che puoi dirmi tutto, se vuoi?-.

Non riuscì a trattenere un sorriso. –Certo-.

Annuì. –Bene allora credo che sia meglio andare in classe-, si incamminò ed entrammo assieme diretti allo stesso piano. Prima di arrivare però sentì una voce nota chiamarmi e sperai con tutto il cuore che me la fossi sognata.

Voltandomi però capii di non essermi sbagliata: con la sua solita fastidiosa arroganza Davis ci, mi, raggiunse in pochi passi.

-La preside mi ha detto che ci aspetta a fine lezioni nel suo ufficio-.

Incrociai le braccia al petto, sperando che non facesse o dicesse cavolate, non con così tante persone attorno. –E da quando fai il mio fattorino personale?-.

Sorrise. –Oh non lo sono, era solo per godere della tua avvenente bellezza per un paio di minuti-.

-Era ironia quella che ho sentito?-.

-Oh, ma certo che no-, suonò falso anche a venti metri di distanza.

Sbuffai, da una parte divertita, che tenni ben nascosta. –Senti Davis, vattene-.

-Do fastidio?-.

-Si-, sbottai, notando bene il luccichio divertito che aveva negli occhi, cosi simile a quello del mattino precedente quando avevamo fatto colazione. Quando mi aveva caricata in spalla, ancora con la sua maglietta addosso e il suo sapore sulle labbra; Quel sapore di biscotti e caffelatte.

Come se potesse leggermi nel pensiero, lui si passò la lingua sulle labbra.

Arrossii senza neppure rendermene conto e sperai che non si notasse troppo, ma lo sguardo divertito e sorpreso di Davis mi dissero il contrario; Dovevo chiudere subito quella conversazione e mi venne in aiuto la professoressa di matematica che si fece largo tra gli studenti.

-Allora, non dovete andare in classe voi?-, sbottò con la sua voce nasale. –Vedete di muovervi se non volete che riferisca tutto al vicepreside-.

Il gruppetto di gente si allontanò e anche Davis si voltò, non prima di avermi sorriso un’ultima volta divertito; Lo ignorai, per quanto potessi e a testa bassa mi diressi in classe. Ero quasi sulla soglia quando la notai e approfittai dell’attimo di confusione per fare retromarcia e dirigermi verso i bagni, doveva avevo visto sparire una chioma inconfondibile.

Entrai guardandomi attorno, ma non dovetti far molta strada prima di ritrovarmela di fronte, con braccia incrociate al petto e aria corrucciata.

Mi schiarì la voce. –Alice-.

Alzò lo sguardo. –Che vuoi?-.

Iniziamo bene, pensai

-Parlare. Solo parlare-, sussurrai appoggiandomi con la schiena contro una cabina, di fonte a lei.

Scrollò le spalle. –Dimmi-.

Sospirai, già frenata dal suo tono scontroso. –Io non so se ti stai aspettando delle scuse, ma davvero Ali, non volevo che accadesse, devi credermi-.

-Perché dovrei?-, sbottò ,- Chi mi dice che non stai ancora mentendo?-.

-Non ti ho mentito-, mi difesi.

Sorrise, ironica. –Oh si che l’hai fatto! Te lo concedo, sei stata furba, non hai mai fatto una pecca, invece di inventare grandi belle hai semplicemente deciso di non dire nulla-.

Posai i terra la borsa. –Non volevo ferirti-.

-Bè guarda un po’ dove ci ha portato la tua grande idea-, inclinò la testa di lato, facendo cosi scivolare via il ciuffo di lato, -Dovevi dirmelo subito-.

-Okay, lo so, dovevo farlo, ma ho sbagliato! Ali non so perché te la stai prendendo tanto-, sbottai esasperata, -Non è il tuo ragazzo e anche se non avrei dovuto farlo, non ti ho tradita come invece credi tu-.

-Si invece. Non lo capisci, vero? Te ne sei fregata; Non mi da fastidio che te sia stata a letto con lui, e dopo un po’ me la sarei fatta pure passare, ma non hai fatto solo quello: quanto è passato da quella sera e quante volte avresti potuto dirmelo?! Sei stata zitta, Nate, e questo dimostra che te ne freghi altamente di me-, era arrabbiata e non era stata una grande idea parlarle subito, cosi. Forse avrei dovuto aspettare…

No, meglio chiarire subito.

-Non pensi che forse non te l’ho detto perché non volevo farti star male? Ti sei presa una cotta per lui, pensavo fosse meglio fingere che non fosse accaduto-.

-Ah e il bacio al pub allora? Come me lo spieghi quello?! E io anche da stupida mi ero fatta dire il posto da quel tuo amichetto sfigato per farti una sorpresa, e invece sei stata tu a farla a me-, scosse la testa, -Ironico, vero?-.

-No-, sussurrai, -Non avresti dovuto venirlo a sapere cosi, ma lo sai che non ho un grande tatto-.

-Bè in realtà non so un mucchio di cose su di te, Nate-.

Sospirai: era la stessa cosa che avevo pensato io. –Forse neppure io ti conosco-.

Aggrottò la fronte, sposando lo sguardo sulle sue Nike. –No, forse no-.

Aspettai, ma non rialzò lo sguardo e per un momento, un piccolo momento, avrei tanto voluto tornare a quel mattino, al risveglio, ancora tra la braccia calde di Davis in quella casa sconosciuta quanto confortevole; Per un momento avrei voluto essere ancora stretta a lui, con quella calma che c’era solo lì, con lui.

Sospirai, rendendomi conto che non era possibile. –Quindi?-.

Alzò lo sguardo. –Quindi cosa?-.

Feci per parlare, ma la risposta era talmente ovvia nei suoi occhi che non potevo espormi ancora cercando una piccola incertezza: non mi accontentavo. Scossi la testa lasciando perdere, sicura che prima o poi mi sarebbe passata.

Raccolsi la sacca e aprii la porta del bagno, sotto al suo sguardo incolore; Mi fermai solo per un secondo, un solo secondo.

-Scusa-, sussurrai, -Per averti nascosto tutto, scusa-.

Stirò un sorrisetto. –Visto? Non ti penti di quello che hai fatto con Daniel-.

-No, credo proprio di no-, non dopo tutto quello che ci avevo passato, dopo un fine settimana come mai me lo sarei potuta aspettare e non dopo quella dannata voglia di star ancora con lui; una cosa per nulla rassicurante. –Non so dirti altro-.

Scosse la testa. –Oh, non preoccuparti-, incrociò il mio sguardo, -Fallo di nuovo no? E’ facile: mentimi ancora-.

Scollai le spalle uscendo fuori da quel bagno e lasciarla sola; Una situazione complicata che si era risolta, ecco cos’era accaduto. Non me lo sarei aspettata, ma non potevo dire di esserne del tutto sorpresa. In fondo queste cose non vanno mai a finire bene.

Diretta in classe, incrociai Giacomo che mi sorrise, mentre era intento a pulire un vetro.

-Ciao, Natalie, come va?-, sorrise comprensivo. Sembrava sapere più di quello che poteva vedere.

Mi fermai davanti alla porta della mia classe, indecisa su cosa rispondere: non stavo bene ma neppure male. Non ero triste né allegra. Ero in una sottospecie di blocco, come se fossi in pausa. Con Alice non si poteva dire che le cose si fossero risolte, ma con Davis almeno avevamo raggiunto un buon punto di partenza per un qualcosa di non-ancora-del-tutto-definitivo.

Quindi…non lo so. Le cose stanno solo cosi.

Passai una mano tra i capelli. -Vedo le cose un po’ più facili adesso, Giacomo-, sospirai guardandolo, -Dici che è un buon segno?-.

Sorrise. –Certo, piccola. Non devono mica essere tutte complicate le cose per essere belle-, si appoggiò al bordo della finestra. –Devi solo aspettare un altro po’. Ancora un momento-.

Annuii credendogli pronta ad affrontare la prossima sfida: la professoressa isterica di matematica del lunedì mattina. Un passo alla volta.

 

 

 

NdA:)

 

Allllloooooooora…salve a tutte quante! Partiamo dalla fine? Bene non so se qualcuno ha capito molto dell’ultima frase, ma neppure io scrivendolo ci ho capito molto ù__ù si faccio pena, scusate.

Bene per il resto: alice e nate hanno un po’ parlato ma le cose non sembrano granché migliorare! Tempo al tempo ragazze e le cose prenderanno una piega decisa…

Davis…oh be lui è tutto vostro da commentare! C’e zucchero e battutine, ditemi che altro volete!! ^----^ Un Daniel tutto per voi…chi vuole mettersi in lista per le ordinazioni? Ne regaliamo uno e c’è anche lo sconto speciale;) nessuno? Eddai…In più vi diamo anche una doccia x un bagnetto con lui;) ok ok ok mi fermo qui ù__ù

Risponderò alle vostre bellissime recensioni tra poco…

Aspetto i vostri commenti:)

Alla prossima tesori:)

Bacioni Je:)

 

 

p.s.: se mi fate arrivare a 100 recensioni avrete presto una sorpresina che vi sto preparando x scusarmi del ritardo;)

 

p.p.s. Angoletto mio, a chi non gliene frega, passi oltre: HO PASSATO L’ESAMEEEEEEEEEEEE XD XD XD XDXD XDXDXDXD I’m so so so so happyyy ;)

 

 

****Chiunque volesse spendere un secondo per far felice un’autore…io sono sempre qui ad aspettare i vostri commentini:):):)****

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Capitolo 17
*** 17.PROVARCI NON COSTA NIENTE ***


Hum hum…*me entra a testa bassa* o_o Hem…buongiorno!!

Lo so, lo so sono sparita x intere settimane ma a mia difesa posso dire che non è stato neppure per me facile star lontana dal computer e credetemi, avrei tanto voluto scrivere prima u_u

Sembra la solita scusa ma è la verità: studio, studio e studio. Oh ed è saltato fuori anche un problema sulla sede centrale x cui ogni mattina alle 7 mi tocca farmi 4 km a piedi x raggiungere una nuovo scuola e bla bla bla!! (Oh si, sono proprio tornata, io e i miei discorsi senza senso!!!) tutto per dire che non avevo tempo o non avevo neppure la voglia di far qualcosa che non fosse sdraiarmi a letto o sul divano e sonnecchiare è_è capitemi…

Non è una grade spiegazione, ma almeno non sono del tutto sparita, ma ho lasciato un specie di avviso sulla mia pagina e x futuri ritardi sappiate che spiegherò sempre perché e che se mai ( improbabile) non aggiornassi per alcuni mesi siete libere di inviarmi minacce di morte U_U vi capirei!!

Poi c’è da dire che poteri, in settimana o la prossima, dipende sempre da quel tormento che è la scuola, posterò una One Short su Trust me, che riprende un pezzo della storia a raiting rosso…o_o si mi sono data pure il al rosso, e spero che possiate leggerla tutte voi ragazzuole che amano i dolci limoni di questi due pazzi!! Bene penso di aver detto tutto…

Sorvolando su tutto ciò Bentornate ed ecco l’atteso capitolo! Scusate ancora questa pazza autrice per un ritardo cosi grande=) tutto il resto a piè pagina…;)

Buona lettura=)

P.s.: Capitolo dedicato a Lavender =)

 

 

Ad Emanuela                                                                     

Ti hanno portata troppo presto via da noi

Ci hai dato moltissimo

Spero tu sia in un posto che ti merita!

 

CAPITOLO 17

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Provarci non costa Niente

 

 

 

 

 

Even the best fall down sometimes

Even the wrong words

seem to rhyme

Out of the doubt that fills my mind

I somehow found you

 

 

[anche il migliore alcune volte cade

anche le parole sbagliate

sembrano avere una rima

al di là del dubbio che riempie la mia mente

io in qualche modo ti ho trovato]

 

 

 

-Natalie-, mi salutò Filippo affiancandomi in fila nella segreteria della scuola.

Sorrisi, notando la sua tenuta da ginnastica e un velo di sudore sugli zigomi, addolciti da un sorriso allegro. –Ciao, che hai combinato?-.

-La prova della corsa campestre-, abbassò lo sguardo, seguendo il mio, e con due dita pizzicò il tessuto della maglietta mezza incollata al petto.

-Davvero?-, aggrottai la fronte. –Ma di solito non la fanno solo le prime?-.

Annuì. –Oh, si, ma sto anno hanno deciso di allargare anche per noi-, mi mostrò il foglio con l’autorizzazione.

-Ah-, lasciai cadere il discorso, tornando ad osservare la fila di fronte a me: possibile che proprio quel giorno tutta quella gente era dovuta andare in segreteria? Ci saranno almeno sette persone.

Filippo si schiarì la voce; Lo fissai curiosa. –Cosa sei venuta a fare te?-.

Alzai il foglio che tenevo in mano. –Commissioni per la professoressa di lingua-.

Sorrise. –Ah cerchi di fartela amica-.

-No, mi ha mandato lei perché secondo il suo parere non avevo di meglio da fare-, sbottai. –Certa gente non sa cosa inventarsi per pararsi il culo-.

-Mh?-.

Scossi la testa. –Lascia perdere, va-.

-Okay, certo. Ah, comunque, cambiando discorso, lo sai cosa mi ha raccontato Roberto, ieri?-, abbassò lo sguardo sulle punte delle sue Nike.

Scossi la testa, davvero poco interessata.

-Sai, non ci credevo: al pub, quando è rientrato dal bagno, mi ha detto di aver visto Davis nei parcheggi che parlava con una tipa-.

Drizzai le antenne, cercando di rimanere impassibile. –Mhm mhm-.

-Non che sia sta grande novità che lui rimorchi sempre, ma la cosa più strana è quando mi ha detto di aver visto pure Alice Mulini là-, sentivo il suo sguardo su di me, che mi fissava di sottecchi.

Toccò a me abbassare il mio. –Ah-.

Annuì. –Oh si, e poi non è tutto. Stamattina ha anche visto l’auto di Davis fermarsi poco lontano da qui, sai che Roberto viene in moto, no? E bè l’ha visto mente scaricava una ragazza lì, all’incrocio-.

Scrollai le spalle. –Fatti suoi-.

-Strano però: non si è mai comportato cosi con la sue piccole amichette, chissà…-.

Ignorai la sua ultima frase e mi concentrai sulle scritte del foglio della prof, non leggendo però realmente nulla.

-Natalie-, sbuffò attirando la mia attenzione. –Lo so che eri tu-.

Incrociai i suoi occhi, sorpresa. –Cosa?-.

Alzò un sopracciglio. –Eddai piantala! Non sono scemo, eri tu, non fregarmi-.

-Sbagli-.

-Davvero?-.

-Si-.

Inclinò la testa. –Natalie, mica è un peccato!-.

Sbuffai, guardando un attimo attorno per essere sicura di non essere sentita. –Senti stai sbagliando, okay? Non ricominciare con i tuoi soliti viaggi mentali-.

-Perché ti tocca tanto ammetterlo? Non è un…-.

-Senti-, lo bloccai fissandolo. –Non ho proprio voglia di rispondere anche ai tuoi mille perché e ti sarei molto grata se buttassi questo argomento nel dimenticatoio-.

Schiuse la bocca, rimanendo cosi per un minuto, e non mollò la presa dai miei occhi, prima di alzarli al cielo e voltarsi. –Come ti pare, sei impossibile-.

Mi voltai pure io, lasciando perdere. Ne avevo le scatole piene di gente che chiedeva in continuazione perché e non mi andava di ricominciare.

Quando ero rientrata in classe, poco prima di Alice, non mi ero affatto stupita che si fosse spostata nei banchi davanti, affianco a un nostro compagno che non era chiaramente riuscito a dir di no ad Alice Mulini e mi ero dovuta pure accontentare di aver accanto Sarah Lestini, si la perfetta perfettina e credo anche che la cosa fosse reciproca.

Fu una salvezza quando la prof mi aveva mandato via, sotto intendendo la mia poca voglia a starla a sentire e non avevo aspettato neppure un secondo prima di uscire da quel forno.

Non avevo voglia di peggiorare ancora la giornata, soprattutto perché era solo la seconda ora!!

-Comunque-, riprese Filippo tornando a fissarmi. –Credo che anche se tu non ne voglia parlare i fatti dicano già molto!-.

Lo fissai, ammonendolo con lo sguardo. –Filippo…-.

-No, davvero! Pensaci bene Natalie, puoi fingere davvero che tutto questo si cancellerà solo perché te non ne parli?-, inclinò la testa. –Bè spiacente, ma non è cosi!-.

Sospirai alzando gli occhi al cielo. –Ah la stai vedendo più grande di quello che è; In realtà non è nulla di cosi eclatante-.

-O forse sei tu a non vederla realmente per com’è-.

-Okay-, sbottai stufa, incrociando la braccia al petto. –Sorvolo sul fatto che non sai neppure di che cosa si tratta, cos’è che non vedrei così bene?-.

Schioccò la lingua. –Bè per cominciare ti conosco abbastanza per dire che se non ne vuoi parlare, puntando i piedi per giunta, e cara mia è proprio quello che stai facendo, si deve trattare di una cosa che ti tocca molto, ma molto. Poi c’è da dire che c’è qualcosa di cui non vuoi parlarmi, oltre a questo, che ha fatto qualcosa per far scattare questa strana guerra fredda tra te ed Alice, cosa che una settimana fa sarebbe stata impossibile, qualcosa di veramente grande,- mosse le mani per dare più enfasi.

-In più la tua acidità sembra essersi calmata un pochino, lo so e pazzesco, ma anche a me risulta ancora abbastanza impossibile, e per ultimo, ma non meno importante, te flirti con Davis. Più del solito, per intenderci-, concluse la sua brillante arringa con un sorrisino soddisfatto.

Certa che la mia espressione mostrasse già di suo il mio scetticismo mi presi un secondo per riflettere su tutto quello detto, e come al solito, commentai. –Io non flirto con Davis, né l’ho mai fatto!-.

-Oh ti prego Natalie non ricominciare!-, sbuffò.

-A fare che?-, sbottai.

-Apri gli occhi o almeno non fingere cosi orribilmente con me, perché non mi freghi per nulla, non a me , almeno-, mi fissò dritto al ché mi arresi.

-Okay, okay-, alzai gli occhi, -Ipotizziamo che forse io e lui….no!-, sbuffai scocciata, riprendendomi, -Davvero Filippo io e Davis non flirtiamo, non c’è neppure l’ombra del dubbio qui!!-.

Okay, forse un pochino c’è…ma non serve mica dirlo a tutti!

-Sei un caso senza speranza! Davvero, non capisco neppure perché si sia intestardito per te, dato che non hai neppure il coraggio di ammetterlo al tuo amico, a me, che forse un pochino ti piace. E si lo so, non ti piace-, bloccò sul nascere la mia protesta, precedendomi, anche se con una certa ironia.

Abbassò il tono, avvicinandosi a me, per non essere udito. -Non voglio farti gli stessi discorsi, Nate, ma sei un vicolo cieco, per chiunque anche per te stessa…credi davvero di poter arrivare da qualche parte cosi?-.

Touché: 1 a 0 per Filippo!

Spostai lo sguardo. –Non cerco di arrivare da nessuna parte-.

-Non è vero, ma finché ci vuoi credere…-, borbottò contrariato.

Dio perché ogni santa volta si finiva a parlare di Davis? Possibile che fosse sempre ovunque?! E si finiva sempre anche a discutere, con Alice, mio padre, Filippo, lui…Era stancante, e complicato!

Non mi piaceva per nulla come si stavano mettendo le cose.

Stamattina era molto meglio, pensai relativamente sincera, ma avrei dovuto immaginare che sarebbe finito cosi.

Il suono della campanella mi distrasse e fissai Filippo che si era a sua volta girato vero il corridoio che dava alla palestra, da cui arrivavano gli schiamazzi dei suoi compagni, intenti a cambiarsi, forse, per tornare in classe.

Si girò un’ultima volta verso di me. -E lo sai dove ti porterà tutto questo? Arriverai a vedere le cose quando ormai sarà già troppo tardi-.

Non riuscì a trattenere un sorriso. –Questa frase l’hai trovata in quale film?!-.

Mi fissò serio, per un attimo, prima di aprirsi anche lui in un sorriso. –Non ricordo bene, ma ha un certo effetto, vero?-.

Annuii , ridacchiando. –Si, lo devo ammettere-.

Mi imitò e si allontanò verso il corridoio. –Pensaci, comunque. A parte gli scherzi-.

Scrollai le spalle. –Proverò, ma lo sai che non amo i discorsi seri-.

Ridacchiò. –In compenso invece le situazioni complicate le adori creare, non è vero?!-.

Sbuffai divertita, prima di voltarmi verso la segreteria, lasciando cadere cosi il discorso, dandogli un piccola vittoria.

2 a 0 per Filippo. Palla al centro.

 

 

 

Arrivai in classe, in tempo per sentire l’ultima frase della professoressa.

-Bene, ragazzi, ci vediamo la settimana prossima e mi raccomando non accetto ritardi per il progetto, altrimenti è meglio per voi che vi prepariate per un’interrogazione da maturità!-, sorrise, raccogliendo le sue cose, -Buona giornata-.

Rallentai il passo e quando le fui di fronte gli allungai i fogli che mi avevano consegnato giù in segreteria; Mi sorrise, allegra ringraziando e poi fuggire via di corsa.

Mi avvicinai al banco, dove Sarah stava scarabocchiando qualcosa sul quaderno. Quando spostai la sedia alzò lo sguardo e mi fissò seria.

-Ah, Micheletti, cadi a pennello-.

Alzai un sopracciglio scettica. –Eh?-.

Sorrise, un sorriso freddo. –La professoressa ha assegnato un compito a gruppi, e tu sei nel mio-.

-Scherzi?!-.

Ti prego, dì di si, ti prego, ti prego…

-No, mi dispiace-, abbassò lo sguardo sul quaderno, -Sei in gruppo con me e Matelli-.

Aggrottai la fronte. –Matelli. Claudio Matelli?! Ma se non viene a scuola dai primi di ottobre!-.

Scrollò le spalle. –Oh bè, allora mi sa che saremo solo io e te. Ho già preso degli appunti, a merenda ti dirò tutto-.

Non mi mossi, ancora in piedi, dalla mia postazione e con la coda dell’occhio vidi Alice chiacchierare animatamente con due oche di prima categoria, mentre io ero rilegata in quell’angolo con un capo gruppo rompi coglioni. –Oh, ma che bello-, mi lascia sfuggire sedendomi di pesa sulla sedia.

Si comincia proprio bene, non c’è che dire.

 

 

 

 

 

PoV Daniel

Me la ricordo ancora, quella sensazione, sebbene fossero passati anni. Quasi tre anni da quella volta quando mi ero ritrovato di fronte un quaderno e una penna, che aspettavano solo di essere usati; A sedici anni si ha la forza e la maturità per capire e comprendere certi argomenti, la loro dinamica, la loro importanza e il loro significato, ma non per questo ero preparato a quel momento. Mia madre me lo aveva detto: prenditi tutto il tempo che ti serve, non c’è fretta.

No, pensai ironico, ovviamente lui ha tutto il tempo del mondo in carcere.

A sedici anni non credevo sarebbe stato cosi complicato rispondere al suo bigliettino, e sebbene volessi affrontare tutto con nonchalance non era affatto semplice; non ero preparato e neppure io seppi con certezza come riuscii dopo ben due ore a buttare giù quelle poche righe. Tutto quello che scrivevo mi sembrava estremamente banale ma non ero certo dell’esistenza di un libricino con le “migliori frasi da dire al proprio padre carcerato”.

No, non era facile ma ce la feci e con un sospiro di sollievo ero riuscito a consegnarla nelle mani di mia madre, quella adottiva, specifichiamo, dopo essermi tolto un masso enorme dallo stomaco.

Sedici anni e avevo scoperto che i miei genitori non sono i miei genitori, che mio padre è rinchiuso in un carcere in America e che mia madre era una ragazzina quando mi aveva avuto.

Oh, si perché mio padre aveva avuto la bella idea di mettere incinta una quindicenne, prima di essere ovviamente arrestato. Aveva appena la mia età e con una famiglia fatta con lo stampino non aveva potuto far altro che affidarla ad una casa per l’infanzia, subito dopo le vacanze in Texas, dove, ovviamente, mi avevano trovato Marco e Selena. Non è un granché come famiglia questo lo si può dire, ma col tempo ero riuscito a mandar giù il sorso amaro e accettare le cose come stavano.

Lei non era rintracciabile, cura della privacy mi avevano risposto quando avevo chiamato, e non aveva lasciato nessun recapito ai miei genitori, quindi non potevo far altro che vederla come una figura sfuocata e nient’altro, mentre con lui ero stato più fortunato, se cosi si poteva dire, e aveva cercato subito un modo per mettersi in contatto con me, la posta, in realtà l’unico modo per farlo dato la sua poca libertà.

Ma non me ne lamentavo: non più. Avevo avuto il permesso di usufruire del suo appartamento che aveva fatto comperare a Marco quando ero ancora un poppante e ora avevo un posto tutto mio. Due in realtà se si voleva contare anche la terrazzina del vecchio parcheggio per auto, dove ormai nessuno più andava.

Sorrisi, ricordando che era stata proprio Natalie a chiamarlo cosi; “Il mio posto”.

Quella si che era stata una buona idea, portarla proprio lì, senza un reale motivo e aveva dato i suoi frutti, come anche l’idea pazza quanto geniale della biondina, Alice, di andare a farle una sorpresina subito al ritorno dal concerto.

-Perché sorridi?-, Alex mi fece tornare sulla terra, o meglio dire nel cortile della scuola, dove la gran parte degli studenti stava facendo merenda.

Seduti sul muretto, però io ed Alex stavamo semplicemente cercando di passare inosservati dai professori per fumarci la nostra abituale sigaretta.

Lo fissai scrollando le spalle. –Nulla, pensavo-.

Sorrise tirandosi su il bordo del berretto che indossava che si era calato sugli occhi per cercare un po’ di riposo, neanche avesse fatto chissà che durante le ore di lezione.

-Hum si? E come l’hai passato il week-end?-, si sistemò il collo del giubbotto senza smettere di sorridere.

Lo fulminai con lo sguardo. –Piantala idiota-.

-Di far che?!-, mise su un’espressione fintamente innocente.

Sbuffai. –Senti ti ho raccontato di Natalie non perché te mi sfottessi, okay? Quindi non giocare troppo che poi m’incazzo. E guai a te se qualcuno lo viene a sapere perché sennò…-

-Si, si, perché sennò te lo ficco in gola quel berrettino, lo so, Dan-, alzò gli occhi al cielo, - Sta calmo non lo dico ad anima viva-.

-Ecco infatti-, lo squadrai con sospetto, -Stai attento-.

-Certo, certo-, si rimise comodo contro il muro.

Lasciai perdere, concentrandomi invece su altre fonti di ispirazione molto più interessanti: le primine. Era pazzesco come ogni anno ne arrivassero di peggiori: sempre più oche, sempre più civette, sempre più stupide; Tutte che cercavano solo di attirare l’attenzione di qualche maschio più grande, ecco tipi come me e Alex, che invece passavamo la metà del tempo a riderci su.

E tutte si muovevano in sincrono: puntavano il ragazzo, si metteva in una posizione che ci permettesse di osservarle, ridevano e parlavano con un tono superiore alla media, e ti fissavano. Le solite primine, in poche parole, ma non per questo erano meno divertenti.

Soprattutto quando ti annoiavi.

Intento com’ero a fissarne una per capire se il biondo dei suoi capelli fosse reale o finto mi accorsi in ritardo di un’altra chioma di capelli difficilmente confondibile: un caschetto marrone, con un’inconfondibile ciocca bionda di lato.

 

Strinsi le labbra, per non scoppiare a ridere e rifilai una gomitata ad Alex che si era risistemato comodamente il berretto sugli occhi, in una perfetta fase zen; Sobbalzò, tirandosi su e fulminandomi con lo sguardo.

-Che cavolo ti prende?-.

Indicai la ragazza. –Guarda un po’ chi è uscita?-.

Seguì il mio sguardo e come se fosse stato colpito da una freccia si rizzò, sistemando il cappellino e passandosi una mano sul viso, per svegliarsi del tutto. Scrutai i suoi movimenti con divertimento: era pazzesco come una semplice ragazzina riuscisse a farlo scattare in quel modo, quando pure sua madre il più delle volte lo mandava a cagare per la poca attenzione che gli dava.

Tanto valeva prendersi una piccola vendetta. –La piccola Principessa è uscita dal castello, eh?-.

-Oh, e piantala! Non è piccola-, sbottò senza nemmeno guardarmi.

-Bè c’è da dire che non ha ne tette ne fianchi…sembra quasi una delle elementari-, sorrisi divertito.

-Non è vero!-, si voltò fulminandomi, -E’ solo…magra-.

Ridacchiai. –No, a parte gli scherzi, Alex, ha il fisico di una bambina!-.

-E allora? Che palle, lasciala stare, no?!-, sbuffò tornando a fissarla.

Schioccai la lingua, provando pure io a vedere cosa diamine ci trovava di cosi attraente in lei: non che fosse brutta, anzi aveva anche un bel visetto, ma, non so, non mi convinceva.

Oddio, no, adesso parlo pure come un finocchio! Merda!

Spostai lo sguardo sulla strada al di là del muretto, scocciato da quei pensieri e provai ad immaginare che facevano gli altri che avevano avuto la fortuna di essere usciti con due ore d’anticipo. Pure io avrei voluto poter uscirmene di li il più presto possibile, ma mi toccavano due ore di fisica, e non parlo dello sport! O ancora meglio, quella mattina mi sarebbe andato comodo entrare due ore dopo! Soprattutto con il risveglio che avevo avuto.

Dovetti mordermi il labbro per non sorridere, ripensando alla faccia di Natalie quando ero entrato in bagno; appena sveglio mi era quasi venuto il pensiero che se ne fosse andata mentre ero ancora a dormire, ma per fortuna avevo sentito l’acqua scorrere dalla stanza accanto e per un attimo l’immagine della Micheletti sotto il getto della doccia, della mia doccia, mi aveva fatto venire un mucchio di idee costruttive su come sfruttare quella mattina in grande stile. Peccato che mi fui beccato subito una bella batosta scoprendo che era solo il getto del rubinetto a scorrere e aveva dovuto mandare a riposo i piccoli ormoni appena nati assieme alle immagine della Micheletti bagnata e gocciolante, che aspettava solo me nel box doccia.

-… pure Natalie-.

Mi voltai di scatto verso Alex preoccupato che riuscisse pure a leggere nel pensiero e infastidito dal brusco risveglio, non che quello che stavo pensavo fosse cosi impossibile da azzeccare.

-Eh?-, cercai di avere un tono rilassato.

Non mi guardò neppure. –Là, c’è pure la Micheletti, dicevo-.

Mi girai e, si, era proprio Natalie quella seduta accanto alla piccola amichetta di Alex e ad un’altra ragazza, con addosso un’espressione che avrebbe fatto invidia ad un serial killer; Sorpreso, felicemente sorpreso, intendiamoci, mi ritrovai a sorridere, pensando ai casi della vita: penso alla bisbetica ed eccola apparire dal nulla.

-Hum, chissà come si conoscono-, borbottò Alex.

Scrollai le spalle. –Boh, non me lo chiedere a me! Strano però, lei di solito le prende per il culo quelle più piccole!-.

-Oh ma la finisci!-, si voltò verso di me, infastidito per davvero stavolta, -almeno non c’ha sempre in bocca il tuo nome, come te invece che non fai altro che farti seghe mentali su di lei! Sei quasi malato Dan!-, sbottò attirando l’attenzione di un ragazzo lì accanto che pensò bene di filarsela dopo aver notato il mio sguardo.

-Abbassa la voce-, sibilai, -E non è vero, non sparare cazz..-.

-No, dai davvero, Dan, se dici un’altra volta che sbaglio ti mollo qui! Si vede lontano un miglio che ti sei proprio fissato con lei. Mi chiedo ancora come faccia a non chiederselo pure lei-.

Spostai lo sguardo scuotendo la testa, deciso a lasciar perdere: non mi andava proprio di entrare nel discorso, soprattutto per non toccare punti deboli, e soprattutto per non finire a litigare con Alex.

-Lasciamo perdere?-, sibilai, più come un ordine che come una domanda; Non mi piaceva fare il superiore con lui, era mio amico, ma era meglio chiuderla subito prima di pentirsi. Ed ero certo sarebbe accaduto, col mio carattere di sicuro.

Scrollò le spalle. –Come ti pare!-.

Fissai con la coda dell’occhio i suoi movimenti ma era chiaro che mi stava tenendo il muso, incazzato come al solito quando non lo lasciavo ciarlare a volontà sulle sue teorie da esperto psicologico. Sbuffai girando la testa di lato e pentendomene subito; lo stesso movimento dalla parte opposta del cortile aveva fatto si che Natalie incrociasse il mio, con il semplice risultato di scatenare quello che di sicuro non mi sarei mai aspettato e che, diamine, non avrei mai voluto vedere: un rosso le colorò le guance e abbassò subito lo sguardo in quello che avrei definito un gesto imbarazzato se non fosse stato che provenne da lei.

Mi tirai su, confuso da ciò e non sapendo come catalogare quel gesto…che diavolo aveva? Mai l’avevo vista arrossire solo perché la fissavo e non ne ero per nulla soddisfatto!

Passai una mano tra i capelli, cercando una distrazione.

Guardai Alex, sapendo già come farmi perdonare. .Dai, vieni, ti offro da bere-, sbottai alzandomi dal muretto, sentendo il mio didietro dolorante per il freddo della pietra.

Tentennò per un attimo, ma chiaramente il richiamo per qualcosa di gratuito lo fece desistere dal suo intento di rifiutare, solo per una questione d’orgoglio. –Okay-.

E con le mani intasca e la testa bassa, mi diressi verso le amate macchinette ala ricerca di un pochino di calore.

 

 

 

 PoV Natalie

 

Lo vidi allontanarsi e mi ritrovai a seguire i suoi movimenti con la sguardo: possibile che avesse notato il mio rossore a quella distanza? No, era impossibile!

E poi perché ero arrossita??!

Lo sai il perché!

Pure la vocetta sibillina mi dovevo ritrovare! Ma si, forse il rossore era stato causato anche dai discorsi senza senso di quella logorroica di Sarah e la sua degna compare, una certa Veronica, tutta pepe e sorrisi.

Non avevano fatto altro che parlare di un certo ragazzo che piaceva all’amica e che quindi aveva più importanza di un progetto scolastico, facendomi cosi rimanere per un bel quarto d’ora ferma immobile ad ascoltarle; Veronica aveva raccontato passo per passo il suo appuntamento a Sarah, nulla di eclatante o particolarmente piccante, ma molto, molto sdolcinato, un racconto che mi aveva fatto quasi avere i crampi allo stomaco per il troppo zucchero. Ero stata però distratta da un pensiero, un’idea, un’immagine talmente…pazza, strana che non sembrava neppure mia: mentre lei raccontava io immaginavo, e non era un cosa cosi normale se accanto a me, seduta su ad un tavolino del bar, che mi facevo bellamente coccolare da Davis, si lui! Pazzesco!

Era stato per questo che quando avevo alzato lo sguardo per schiarirmi un attimo le idee, peccato che il fato non stesse dalla mia e mi ritrovai davanti, poco meno del reale Davis che per reazione istintiva era arrossita, come una tredicenne, quasi temendo che potesse legger tutto quello che avevo in mente come fosse stampato in faccia.

E lui era andato via. Dopo avermi guardata in faccia. Dopo avermi vista arrossire.

Merda!!

Prima di pensarci due volte mi voltai verso Sarah. –Ci vediamo in classe-, sbottai prima di seguire le tracce del biondo.

Lo vidi dirigersi verso le macchinette e accelerai il passo, per non perderlo di vista, col cervello ancora in black-out. Mi accorsi solo allora, quando ormai c’erano solo pochi passi tra di noi, che pure il suo amico era con lui e che entrambi erano impegnati nella complicata analisi del cibo all’interno della macchinetta, piena come al solito di alunni.

Mi fissai un attimo attorno prima di fare la più grande cavolata che solo nelle mie più lontane illusioni ero riuscita ad ipotizzare per un lontano futuro: feci tre passi avanti, acciuffai Davis per la manica e lo tirai con forza verso la porticina sul retro, che dava sul giardino dove pochi giorni prima avevo parlato con Giacomo.

Non prestai attenzione alla sua reazione finché non ci ritrovammo lontano da sguardi indiscreti e solo allora, dopo un’ultima occhiata attorno, alzai lo sguardo, per incrociare il suo, confuso, stupito e…era incertezza? Agitazione? Che cosa aveva?!

Cavoli, e ora che mi invento?! Mi fissai un po’ attorno, senza sapere neppure che dire: non mi ero preparata nulla, non sapevo neppure perché lo avevo seguito.

-Si?-, parlò lui.

-Hem si-, mi schiarì la voce, guardandolo. –Volevo solo…chiarire-.

Alzò un sopracciglio. –Chiarire? Cosa?-, rimise su la solita espressione: sicura e impermeabile.

-Si, bè quello che ho…quello che hai visto, cioè!-, borbottai.

Piegò un angolo della bocca verso l’alto. –Visto? Cioè?-.

-Non ripetere tutto a pappagallo!!-, sbottai innervosita, -E comunque hai capito-.

Sorrise, infilando le mani nelle tasche dei jeans. –In realtà no-.

Sbuffai. –In cortile. Quando mi hai guardato…Senti lasciamo perdere, okay?! Fingi che non si accaduto nulla e comunque te non c’entravi nulla!-.

-Bè non ho neanch’ora capito molto, ma con te ci sono abituato ormai, quindi va bene, ma penso che qualunque cosa io debba dimenticare io centro di sicuro, altrimenti non mi avresti staccato un braccio nella goffa impresa di trascinarmi via dalle macchinette-, ridacchiò divertito.

Incrociai le braccia. –Bè allora puoi andare-.

-No, mi diverto di più qui, ad essere sincero-.

-Bè allora me ne vado io-, mi voltai diretta a testa alta verso la porta, ma come da copione non feci neppure due passi che mi afferrò per il fianco e mi fece girare, tronando cosi di fronte a lui; il suo naso sfiorava quasi il mio e feci leva, mettendo più spazio tra di noi, abbastanza per riuscire a metter in moto i neuroni già stressata abbastanza.

Sorrise, divertito, incrociando il mio sguardo. –Sta diventando una routine quasi: te fuggi, io ti acchiappo-.

Alzai un sopraccigli. –Mollami allora-.

-Oh no, io adoro le routine-, posò anche l’altra mano sul fianco. –Non lo sapevi?-.

-Non credo possa interessarmi-, scrollai le spalle.

Schioccò la lingua contro il palato, avvicinandosi al mio viso, senza trovare grandi impedimenti da parte mia. –Forse-, sussurrò prima di incollare le labbra alle mie.

Caldo, dolce…aveva bevuto del tè?! Mi lascia andare, come ormai accadeva ogni volta che mi sfiorava, facendomi diventare una sbiadita copia di me, più docile e accondiscendente, troppo piacevolmente colpita dal suo sapore per fregarmi di altro.

Sentii i suoi capelli sotto i polpastrelli prima ancora di capire che avessi posato una mano sulla sua nuca. Accarezzai lisciando le ciocche con le dita e giocando con i ciuffi più lunghi, che raggiungevano di pochissimo la base del collo.

Possibile che con quel freddo la sua pelle fosse sempre tiepida?!

Mi staccai per prima, ricordandomi dove fossimo e che anche se non eravamo in mezzo alla piazza comunque potevamo essere visti da chiunque avesse avuto l’idea di passare per il retro; incrocia i suoi occhi  e abbassai lo sguardo sulle sue labbra, come sottolineare quello che avevamo appena fatto.

-Forse è meglio rientrare, potrebbero vederci-, sussurrai confusa: era un bene che mi abbandonassi sempre cosi al suo tocco? No, non era rassicurante.

Lo vidi scrutarmi a lungo prima di decidere; rafforzò la presa sul mio corpo, avvicinandosi di nuovo. –Se arriva qualcuno diciamo che sono stato io ad assalirti, okay?-.

Lo guardai scettica. –E la tua reputazione?!-.

Scrollò le spalle. –Ci penserò dopo-, e detto ciò riappoggiò le sue labbra alle mie, schiudendole subito, facendo cosi incontrare ancora i nostri sapori creando quel gusto che non avevo mai sentito ma che mi piaceva. Davvero.

E non sapevo neppure se fosse una cosa positiva tutto ciò. Davvero.

Ma ci avrei pensato dopo, il quel momento avevo di meglio da fare.

 

 

 

 

 

 

 

NdA:)

 

Cosa c’è da dire? Be se non mi avete ancora mandata a quel paese ma siete ancora qui a leggere…devo ringraziarvi! Lo so lo so non faccio mai capitoloni, con bellissime frasi ad effetto o che finiscano con un bel punto, ma sempre frasi sibilline o incomplete che solo leggendo, bè capirete, ma questo ormai non lo posso cambiare.

Chi ancora non capisce Natalie? Chi ancora vorrebbe scuoterla e urlargli contro di darsi una mossa con quel benedetto ragazzo? Non so voi ma io si e anche se l’ho creata io…non riesco a farla diversa! Davvero!!! Avevo scritto un pezzo, una mezza frase da parte sua a Davis, e bè…non era da lei! troppo diretta, troppo sicura e soprattutto non avevo per nulla contato l’orgoglio di questa ragazza.

Oh lo so…sta storia dell’orgoglio rompe, ma mi baso su quello che farei io, o che non farei, dato che mi ritengo la persona più orgogliosa che conosca e non c’è proprio nulla da fare! Natalie è e resterà un bel pezzo duro, di quelli che non riesci a mandare giù anche se mastichi per ore.

Poi è apparso ancora filippo e le sue sagge parole: chi è d’accordo con lui? E poi Sarah Lestini…che comparirà ancora!

Nate e Filippo, Nate e Sarah, Nate e Veronica, Daniel e Alex, Alex e Veronica…provate a capirci qualcosa voi perché io sono fusa!

Natalie è come al solito, però, questa è una certezza…C’è da dire che però Davis riesce forse a rigirarsela come meglio crede, no?!;) Mi raccomando però, io per prima amo i lieti fini, ma non immaginatevi mica una dichiarazione da parte sua perché preferirebbe tagliarsi le vene per lungo che fare una cosa simile….solo per avvisarvi ;) =)

Non voglio parlare di loto due perché adoro quando lo fate voi e quindi aspetto, con molta ansia, sperando che qualcuno mi commenti ancora che dopo il mio ritardo!!

Vi adoro e adoro i vostri commentini che mi fanno sempre ridere;)

Poi DEVO ringraziare col cuore le bellissime 41 persone che hanno messo la storia tra i preferiti =) Le 6 persone che hanno messo la storia tra le ricordate =) Le 92 fantastiche persone che hanno messo la storia tra le seguite =) grazie…

Un bacio enorme a tutte quante!!!!

Je:):):)

 

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Capitolo 18
*** 18.FREDDO E POI CALDO ***


Sono ripetitiva ormai, lo so, ma davvero scusate del ritardo che pure stavolta ho fatto! E come sempre vi devo ringraziare per chi commenta/segue questa storia!

Stavolta però vi ho dato un capitolo con un bel momento, ancora se ce ne sono pure alcuni di bruttini, ma sappiate che se scrivo una cosa è perché la storia deve andare cosi…quindi non mi disperdo in chiacchiere e vi lascio leggere questo capitoletto che come sempre ho scritto anche x voi!

Bene vado a guardare per la ventesima volta Tarzan (oh si sta diventando un’ossessione, ma che ci posso fare, amo i vecchi classici Disney!!) e a voi lascio il capitolo 18!!

Buona lettura:) ci vediamo a fine capitolo!!

 

 

 

CAPITOLO 18

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Freddo e poi Caldo

 

 

 

Mi hai detto ti ho visto cambiare

Tu non stai più a sentire

per un momento avrei voluto

che fosse vero anche soltanto

un po’

quando persi sotto tante stelle

ci chiediamo cosa siamo venuti a fare

cos'è l'amore

 

 

Se vuoi un passaggio anche al ritorno, vedi di tirare fuori i soldi x la benzina!

Rilessi il messaggio un’altra volta, reprimendo la stupida voglia di sorridere, come una cretina, e posai con nonchalance il cellulare accanto all’astuccio, fuori dalla portata della prof, senza degnarlo nemmeno di una risposta.

Davis mi aveva fatta andare per prima dentro, sotto mia minaccia, perché secondo lui anche se fossimo entrati assieme dalla porta sul retro, nessuno avrebbe mai pensato che forse ci fossimo accampati assieme per qualche effusione; Ed anche se non eravamo proprio le persone che potessero passare per “coppietta del mese”, non ero ancora intenzionata a fare sapere alla gente di questo “rapporto-non rapporto” con Davis, non che potessi mai esserlo, sia chiaro.

Gettai un’occhiata all’orologio appeso al muro: 13.43 .Di già?

Stiracchiai le braccia, iniziando poi a raccattare tutte le mie cose prima di infilarle nella borsa e mi presi un secondo per decidere se fosse il caso o no di rispondere al messaggio di Davis.

Le scelte erano due, chiaramente: rispondere e farmi la strada con lui, in macchina, oppure lasciare perdere e andarmene in bus o a piedi fino a casa.

Mhumm…scelta molto dura!

Osservai lo schermo nero del cellulare e presi la mia decisione: giocare un pochetto con Davis non mi avrebbe fatto male!

Con un sorriso digitai, lontana dagli occhi della prof una risposta.

Non ho di certo intenzione di tornare a casa con te! Per oggi penso di aver fatto la mia parte con il volontariato!

Invia.

Una strana sensazione all’altezza dello stomaco, mi fece sentire una scema totale, quasi impaziente della sua risposta, sapendo benissimo che sarebbe stato un altro punzecchiamento dei suoi, con allegata qualche frase a doppio senso.

Peccato che questo non avvenne, ed ero quasi pronta a controllare se lo avessi mandato alla persona giusta, si lo so è ridicolo e mi viene difficile solo a pensarlo, ma fui bloccata.

La campanella suonò in sincrono con il mio movimento e feci a malapena in tempo ad infilare l’astuccio in borsa e il cellulare in tasca che già tutta la classe si era alzata, pronta a uscire da quel buco di classe.

Sbuffai, preparata mentalmente per sopportare la fila immensa che ci sarebbe stata per scendere le scale, e mi concentrai sul nuovo taglio di capelli della prof di ginnastica, che stava, di fronte a me, cecando goffamente di farsi strada tra gli studenti accalcati davanti alle macchinette.

-Nate!-, Filippo, con tutto il suo metro e 87 comparve al mio fianco, con un sorrisone stampato in faccia.

Alzai gli occhi al cielo, divertita. –Diamine , Filippo, ma mi stai pedinando?!-.

Lui ridacchiò, scuotendo il capo. –Ohh ti piacerebbe-.

-Contaci-.

Mi si affiancò, superando una coppietta di ragazze che lo guardarono male. –Senti, domani hai da fare?-.

Scossi il capo. –No, perché? Che hai in mente?-.

-Bè, sai c’è quel nuovo film al cinema e pensavo di andarci, ma nessuno sembra disposto ad accompagnarmi-, la voce li tremò, quasi fosse sul punto di piangere, ma sapevo benissimo che era una finta.

Sorrisi. –E volevi che ti facessi compagnia io?-.

Percepì il mio tono scettico, perché si girò a guardarmi. –Si-.

-Spiacente, ma non sono propriamente la persona più adatta per il cinema-.

-E perché?-, alzò un sopracciglio.

-Bè sono la classica persona che non sta un attimo zitta o ferma, che si alza, bisbiglia e odia chi fa lo stesso, però-, schioccai la lingua contro il palato. –Meglio se te ne trovi una migliore-.

Abbassò lo sguardo, quasi…deluso. –Ah-.

Lo fissai, confusa, e prima che il mio cervello partisse in quarta mi affrettai a parlare. –Hei mica ti perdi chissà ché! Chiedilo a chiunque mi sia stato accanto durante un film, è un’esperienza che segna per sempre-, scherzai.

Riuscì a strappargli un sorriso. –Si, forse hai ragione-, borbottò.

-Ovvio, io ho sempre ragione!-.

Sorrise e anche io sorrisi, un buon inizio.

Eravamo quasi arrivati ai cancelli che lo vidi; Fu come un déja vu, ma mai avrei creduto che mi fosse mai fregato cosi tanto. In fondo avevo visto milioni di scene dove c’era Davis accompagnato dalla ragazza di turno, non che fosse un gran puttaniere, ma diciamo che non si rifiutava certo di dare un pochetto di spettacolo e sebbene la cosa non avrebbe dovuto stupirmi, vedere un’altra volta quella scena, lui e la lei di turno, mi infastidii terribilmente.

Penso che rimasi lì un minuto buono, o forse uno di più, che sicuramente non sfuggì allo sguardo attento di Filippo, ma davvero, non so come feci a muovermi, poi, ma lo feci; Con il labbro stretto tra i denti e i pugni chiusi attorno alla stoffa della sacca, mi diressi oltre quella scena.

Stupida, stupida, stupida, stupida…Non so neppure perché mi dia cosi fastidio!

Mi diressi con passo di marcia fino al marciapiede, dove potei finalmente prendere un grosso respiro, neanche fossi in apnea.

Ecco perché non aveva risposto! Era troppo occupato a limonarsi quella finta bionda! Dio che rabbia, ed io che gli aveva pure risposto, come una ragazzina qualunque, come se fosse normale scrivermi con Davis!

Cosa diavolo mi aspettavo?! Che mi rispondesse, che mi avrebbe aspettato per tornare a casa, che mi…ahhh diavolo! Da quando è che mi ero trasformata in una ragazzina in piena crisi ormonale senza nemmeno accorgermene?!

Stupida!!!

-Hum-, Filippo si schiarì la voce, attirando la mia attenzione. –Devi attraversare-, sussurrò indicando con la mano la strada da percorrere.

Annuii seguendolo, senza parlare.

Raggiunto l’altro lato della strada, riprese lui, però la parola. –Non ne vuoi parlare, immagino-.

-No-.

-Come immaginavo!-, sbottò annuendo tra se.

Scrollai le spalle, continuando a camminare.

-Certo, se vuoi posso semp…-.

-No-, lo bloccai, -Filippo davvero non ho proprio voglia di assistere ad un’altra delle tue sedute stile psicologo, quindi lascia perdere!-.

-Non volevo psicoanalizzarti, Nate, solo dirti che…-, abbassò gli occhi, -Bè che è uno stupido, tutto qui-.

Scossi la testa. –Non è granché, sinceramente, ti ringrazio, ma non mi serve conforto-.

-Volevo solo…-.

-Lo so cosa volevi, Fil, ma davvero, non mi serve!-, sbottai lasciando uscire parte del mio fastidio. –Non ho bisogno di un amichetto che mi dia una botta sulla spalla, okay?! Sono una scema, questa è la verità-.

Mi guardò sorpreso e confuso. –Sbagli..-.

-No! Eddai mi sono bastate solo due moine per farmi credere che…-, strinsi i pugni, abbassando per un attimo lo sguardo. -Non sono stata poi tanto diversa dalle altre ragazze che critico sempre, e mi sono fatta le stesse stupide fantasie che pensavo non avrei mai fatto, ma si vede che proprio mi sbagliavo e mi sbaglio su molte cose, ormai-.

-Forse non su tutto-.

-Oh si, tutto tutto no, ma certe cose si vede lontano un miglio che sono le stesse per chiunque! Guardami Credevo davvero che lui…-, mi fermai in tempo, prima di dire chissà cosa, prima di rendermi ancora più ridicola.

Che lui tenesse un pochino a me, com’è difficile da ammettere! Che lui tenesse a me.

-Sono un’idiota-, sussurrai, osservando il palo dietro la sua figura. –Mi sono fidata della persona sbagliata. Sono un’idiota-.

Abbassai lo sguardo, riprendendo a camminare, diretta a casa, per la prima volta vogliosa di arrivarci il prima possibile; Al mio fianco Filippo non aveva ancora parlato, e forse era meglio cosi, ora che mi ero svuotata non avevo voglia di ricominciare una nuova discussione su Davis: quel ragazzo aveva avuto abbastanza per oggi da me.

 

 

 

Aprendo la porta la prima cosa che notai fu la giacca di mio padre appesa all’attaccapanni e le sue scarpe poco più in là, segno inconfondibile che fosse a casa, cosa abbastanza strana visto che era lunedì e solitamente aveva il turno pomeridiano in ufficio.

Infatti, entrando in cucina, lo vidi intendo nella preparazione di un panino dall’aspetto tutto fuorché rassicurante; Alzò lo sguardo, sentendo i miei passi.

-Nate-, mi salutò, sin troppo gentile.

Era impossibile che avesse messo da parte l’orgoglio dopo la nostra litigata, e che avesse deciso di perdonarmi dopo cosi poco tempo.

-Papà-, sussurrai dirigendomi al frigo e tirandone fuori la mia porzione di carne al limone da cucinare al microonde.

Chiusi il piccolo fornellino e mi girai verso di lui, sentendo il suo sguardo puntato addosso.

-Tutto bene, oggi a scuola?-, chiese cordiale.

Annuii. –Si-.

-Cos’hai fatto?-.

-Nulla-, domande e risposte scontate, ormai dette più per abitudine che per altro.

Lui annuì, abbassando lo sguardo sul suo panino e tagliando via la crosta del pane; Si muoveva in modo goffo, che mi riportava alla mente tutte quelle volte che mi aveva preparato lui stesso la merenda per la scuola e che mi faceva scegliere a me ogni giorno quello che ci volevo dentro.

Ed ero una bambina molto fantasiosa, c’è da ammetterlo.

Forse furono quei pensieri, ma qualcosa mi spinse ad avvicinarmi e tenere la mano.

-Dammi, faccio io-, sussurrai.

Mio padre mi fissò e, dopo un attimo di incertezza, mi passò il piatto e il coltello; Inizia il mio compito, senza spostare lo sguardo dal pane.

-Grazie-, sussurrò

Scrollai le spalle, senza aggiungere altro: possibile che pure con la mia stessa famiglia mi dovessi sentire sull’attenti? Era normale o ero io quella strana?

Gli passai il piatto, ad opera finita, appoggiandomi al ripiano del tavolo. –Sei a casa-.

-Si, mi hanno dato un paio d’ore di riposo-.

-Ah-, mi guardai attorno. –E’ successo qualcosa?-.

Alzò lo sguardo dalla scatola di cetriolini e mi fissò. –Si, tua sorella oggi aveva il saggio di danza di inizio stagione, te lo avevo anche scritto sul calendario!-.

Alzai un sopraccigli. –Mhu-.

Sospirò. –Nate, ti avevo detto di ricordartelo, lo sai che ci teneva che ci fossi! Pensavo che fossi venuta a fare un salto dopo la scuola-.

-Sono appena tornata, papà, come avrei potuto…-.

-Si, certo , certo-, borbottò.

Lo fissai stupita: se l’era davvero presa? Stava scherzando vero?!

-Va bene, ho capito, me ne vado in camera mia-, sbottai, voltandogli le spalle.

Pazzesco! Se la prendeva solo perché non avevo assistito all’ennesimo debutto di Beatrice? Dio, si poteva essere tanto ciechi?! Quando mai era venuto a vedere me?!

-Nate aspetta!-, sbottò facendomi bloccare.

Lo fissai. –Cosa? Ho dimenticato altro?!-, ironizzai.

Sospirò. –No, io…bè non volevo dire, sai lei…non credevo che ci…Beatrice ci teneva, tutto qui!-, borbottò impacciato, grattandosi la testa.

Non mi toccò per nulla la sua difficoltà. –Oh si, immagino! Per lei è tutto importante-.

-Che intendi?-.

-Lascia perdere!-, sbottai, -E’ meglio se me ne vado-.

-No! Natalie io volevo parlarti…con calma, senza litigare-, sussurrò guardandomi.

Bè potevi fare a meno di mettere in mezzo Beatrice, allora!!

Presi un respiro, tenendo per  me quei pensieri. –Okay, parliamo-.

Annuì e mi indicò il divano, accomodandosi poi di fronte a me, seduto sul tavolino; Si rigirò tra le mani un tovagliolo, prendendosi un paio di minuti.

-Senti, io ci ho pensato e non voglio che ci sia sempre questa atmosfera aggressiva in casa, soprattutto tra me e te, e tra te e tua sorella-, sussurrò senza alzare lo sguardo. –Vorrei che foste più unite come sorelle e mi dispiace che il vostro rapporto sia cosi…frammentato-.

Lo fissai, scettica. –E…-.

-Non voglio neppure litigare sempre con te-, sospirò guardandomi, -E’ brutto, Nate e non mi piace affatto-.

-Neppure a me, se è per questo!-.

-Bene! I nostri caratteri sono molto simili, per questo credo che servirà un piccolo sforzo da parte di entrambi-, sorrise, ancora un po’ teso. –E’ una cattiva bestia, l’orgoglio-.

Annuii. –Si, hai ragione-.

-Ma sta a noi decidere quando è più opportuno usarlo-.

Assentii ancora d’accordo con lui. Era quasi strano parlare cosi con mio padre, dopo tutto quel tempo in cui non facevamo altro che litigare.

-E soprattutto-, sospirò, -Non mi piace che dormi fuori casa-.

Alzai lo sguardo, che aveva precedentemente abbassato sul tappeto. –Cosa?-.

Tormentò il tovagliolo prima di rispondere. –Bè sei sparita dopo quella festa e non sei tornata a casa…bè io…-.

-Non sono sparita!-, ribattei scuotendo la testa. –E comunque è stata la prima volta-.

Annuì. –Lo so, e spero sia anche l’ultima: in fondo hai solo sedici anni-.

-Ne ho diciassette, papà!-.

-Oh si, certo, scusa-.

Scossi la testa. –Va bene, la prossima volta ti chiederò il permesso-.

Mi guardò, sorpreso. –Prossima volta? Perché, da chi è che dormi?-.

Mi strinsi nelle spalle. –Nessuno di importante-.

-Oh, Nate, lo so che va di moda… tra voi giovani, ma non è una cosa saggia passare la notte a casa di altri ragazzi, soprattutto se questi sono molto più grandi di te! Natalie, con chi sei stata ieri?-, chiese osservandomi serio.

Aprii la bocca, stupita: ma che diavolo blaterava?! –Molto più grandi?! Papà mica me la faccio con i trentenni, cosa credi?!-.

Alzò le spalle. –Bè ho sentito che la figlia di Massimo…-.

-Bè forse, la figlia di Massimo andrà anche a letto con quelli più grandi, ma stai tranquillo che io non sono cosi!!-.

Mi alzai e lui mi seguì con lo sguardo, sorpreso. –Oh, io non lo so…non..-.

-Esatto-, lo stoppai, -Te non lo sai-.

Mi guardò confuso e non ce la feci più a trattenermi, cadendo un’altra volta nel baratro della acidità e della stupidità.

-Mi fai grandi discorsi per poi accusarmi un secondo dopo di andare a letto con chiunque? A cosa serviva quello che hai detto, allora?! Lo vuoi davvero sapere come sono io? Bè è facile, non sono come la tua perfetta figlioletta minore, che possiede il massimo dei voti, che frequenta danza, che va a messa ogni domenica, che studia ogni sera, che non si è mai ubriacata e che è ancora vergine! Non sono come lei, papà, ma te questo lo vedi benissimo, non è vero? E ogni volta cechi comunque di farmi diventare come lei, di spingermi ad essere come lei!-, sbottai.

-Non fare questo, Nate, non dire quello, Nate, fai cosi, non disubbidire, non uscire! Cosa credi che sono ancora un bambina a cui puoi dire tutto quello che ti pare?! Non sarò maggiorenne e forse questo è solo un discorso da isterica che ha tutto o roba simile, ma una cosa di sicuro non sto sbagliando ed è essere cosi!-, presi un respiro. –Me ne pento io stessa, a volte, ma questa sono io, papà! Cosa ti aspetti da me?-.

Si alzò anche lui dalla sua posizione e mi fissò in silenzio, senza sire nulla, senza fiatare…restò semplicemente a fissarmi e basta.

Sentii un velo calarmi sopra, come una nebbia, un sottile volo di stanchezza: ero stanca. Della situazione in famiglia, della situazione con Alice, della situazione di Davis…ero stufa di dover stare incostante attenzione, controllando ogni parola, ogni sguardo, ogni minima azione per paura di essere fraintesa.

E avevo voglia di piangere.

Da non so quanto tempo avevo voglia di versare due lacrime per liberarmi, per sentirmi poco più leggera, per stare solo un attimo più calma.

Ma c’era mio padre davanti a me, e non potevo di certo piangere di fronte a lui.

-Papà-.

Mi voltai verso la porta, dove stava Beatrice, con tanto di sacca appesa al collo e un’espressine tra lo stupore e il confuso che mi fece mandare giù definitivamente il magone che mi era poco prima salito.

-Che succede?-, chiese spostando lo sguardo su di me.

-Nulla-, rispose lui, voltandosi verso la cucina. –Vieni Bea, ti ho preparato uno spuntino cosi mi racconti com’è finito lo spettacolo-.

Lo guardai voltarmi le spalle e non seppi cosa fare.

Beatrice annuì. –Si, arrivo subito-, sussurrò. –Lilly, c’è Daniel fuori che ti cerca-.

Sobbalzai, sorpresa: che diavolo era venuto a fare? Aveva già concluso con la biondina? La tentazione di mandarlo a cagare era grande, ma la voglia di affrontarlo era anche maggiore!

Annuii. –Okay, vado-.

 

 

 

Da piccola avevo sempre amato il cespuglio che stava proprio di fronte allo steccato, da cui potevo benissimo vedere chi passava o chi stava fuori senza essere però vista a mia volta; Stavo sempre ore a fissare la gente passare, divertita, quando loro invece ignoravano la mia presenza e si comportavano…realmente! Non erano le solite statue che si vedevano, ma erano reali, sicuri di non essere visti si comportavano come volevano, senza farsi problemi.

Mi divertiva.

Ora invece mi infastidiva.

Perché sebbene sapessi che non potesse vedermi, il solo sapere di averlo cosi a poca distanza e che fosse cosi rilassato mi dava sui nervi! Se en stava appoggiato contro la fiancata della sua auto, bello e rilassato, a guardarsi le punte dei piedi, in contemplazione, con un’aria corrucciata.

Lo osservai per un secondo ancora prima di uscire dal mio nascondiglio e farmi notare; Alzò lo sguardo, puntandolo sul mio viso ma non comparve nessun sorrisetto, diversamente dalle altre volte, mentre io lo fissava incazzata, come al solito.

-Che vuoi?!-.

-Wow, dritta al punto, vedo!-, non ci fu nessuna traccia di divertimento nel suo tono.

-Si, quindi muoviti: dimmi cosa vuoi e vattene-.

Mi fissò. –Mi chiedevo solo che fine avessi fatto, dato che sei scappata cosi in fretta da scuola poco fa-.

-Scusa se ho di meglio da fare che starti sempre dietro-.

-Oh, quindi non c’entro nulla io?-.

-Ovviamente no!-, sbottai.

Stirò le labbra. –Quindi è una balla la voce che all’uscita te sembrassi quasi…gelosa dopo avermi visto!-.

Alzai un sopracciglio. –Quindi è per questo che l’hai baciata? Per vedermi gelosa?!-.

-Mai detta una cosa del genere, Micheletti! Cos’è hai la coda di paglia?-.

Incrociai le braccia al petto. –No, perché questo significherebbe che sono gelosa di un essere come te. E questo non è vero!-.

-Strano, ieri con quest’ essere ci sei stata con piacere, se non ricordo male!-.

-Errori. Se ne commettono a migliaia nella vita, non lo sapevi?!-.

-Allora anche oggi, quando mi hai portato sul retro è stato un errore?!-.

-Si!-.

-Strano, a me sembravi lucida-.

-Ti sbagli! O forse ti confondi: in fondo scommetto che non sono l’unica che hai baciato là dietro, o che hai portato nel tuo posto speciale-, mimai le virgolette, enfatizzando.

Strinse le labbra. –No, e lo sai! Te l’ho detto che non ci ho mai portato nessuna-.

-Tranne me-.

Cambiò espressione, ma era comunque troppo criptica per capire cosa pensasse davvero. -Si, tranne te-.

-Perché?-, chiesi d’impulso.

-Te l’ho già detto…perché ti serviva un posto dove stare calma!-.

Strinsi le labbra. –Non è tutto, vero?-.

-Che ti importa!-.

-Bè tu a me fai sempre domande, posso farlo anch’io, no?-.

Sbuffò. –Non sembrava te ne fregasse poi molto-.

-Ora si! Perché mi hai portato là?-, sbottai.

-Perché mi piaci!!-.

Mi zittii, sorpresa. Non era la prima volta che diceva una cosa simile, ma in quel momento era differente: aveva un tono diverso, serio e c’era un’enfasi sotto che era impossibile confondere; Era come se si fosse tolto un peso, come se avesse…confessato, qualcosa!

Ma no! era impossibile…

Lo fissai sorpresa e lui ricambiò, scrutandomi il viso, confuso ma serio e deciso. L’aveva detto tanto par dire o era vero? E allora perché…ohhh basta pippe mentali!

-Dì qualcosa-, sbottò.

Lo fissai, confusa stavolta. –Mi prendi per il culo?-.

-No-.

-E allora perché baciavi quella ragazza oggi? Cos’è pure lei ti piace?-.

Si passò una mano tra i capelli, sbuffando; Si guardò per un attimo attorno e fece un passo avanti avvicinandosi maggiormente. –Non voglio far pietà a nessuno-.

Osservai i suoi occhi, maledettamente seri e quasi…accusatori. –Pietà?-.

-Si, hai capito benissimo, non fare quella faccia-.

Sgranai gli occhi. –Cosa?! Non so di che parli-.

-Ah no? E allora cosa voleva dire quel messaggio?-, sibilò ironico.

-Ma quale mess…oh-, sussurrai presa alla sprovvista. Il messaggio…

Per oggi penso di aver fatto la mia parte con il volontariato!

Scossi la testa. –Ma ancora non capisco! Che vuoi dire? Che hai capito!-.

-Volontariato, eh? Non ti ho raccontato della mia famiglia per farti pena-.

Mi sfuggì un’imprecazione, mentre cercavo di non assumere la classica espressione da pesce lesso. –Ma che cavolo hai capito!! Non mi riferivo affatto alla tua situazione, razza di idiota! Stavo solo scherzando-, sbottai.

Fu il suo turno di sorprendersi. –Davvero?!-.

-Ma va!!-.

-Oh-, sussurrò grattandosi il collo. –Bè allora è stato solo un malinteso!-.

Alzai gli occhi al cielo. –Malinteso?! Sei proprio un gran coglione, Davis! Sparisci immediatamente dalla mia vista sennò ti rigo la macchina e quel faccino che ti ritrovi-.

Sorrise, tirando fuori il solito sorrisetto ironico. –Oh grazie, dolce come al solito vedo-.

Lo fissai sconvolta. -Ma soffri di disturbi della personalità multipla, per caso?! Che cavolo di problemi hai!-.

Sospirò, senza perdere il buon umore e si fece più vicino. –Te, mia cara Micheletti, sei il mio problema più grande-.

Fissai allarmata i pochi centimetri che ci separavano sentendo di già il guscio sciogliersi lentamente: non di nuovo! –Bè allora vedi di starmi alla larga, allora-.

Sorrise, appoggiando le mani sulle mane spalle. –E’ questo il problema infatti! Non ci riesco proprio, mi dispiace-.

Puff. Come gelato al sole, ecco la mia forza di volontà sciolta ai miei piedi.

-Te parli a vanvera-, borbottai.

Scosse la testa. –Al contrario: tutto quello che dico è la verità. Devi credermi-.

Parlava in generale o si riferiva alla pseudo confessione di poco prima? Perché non parlava chiaro diamine!!

Sospirai, abbassando lo sguardo sulla sua maglietta. –Comunque hai baciato quella ragazza-.

Annuì mordicchiandosi il labbro inferiore. –Scusa, avevi ragione-.

Alzai gli occhi, sorpresa. –Su cosa?-.

Ridacchiò, avvicinando la bocca al mio orecchio. –Volevo vederti gelosa-, sospirò. –E Natalie, te lo devo concedere, sei un vero spettacolo quando ti arrabbi in quel modo-.

Poggiai le mani sul suo petto per allontanarlo, ma lui non si scostò neppure di mezzo centimetro. –Allontanati!-, sbottai inviperita.

-No-, sussurrò sempre allegro. –Anzi, vieni con me, ti devo proprio portare in un posto-, si allontanò, avvicinandosi alla macchina e allungando una mano verso di me.

-Un altro?-.

Annuì, divertito dal mio tono, sporgendo ancora la mano verso la mia.

Guardai la sua mano, incerta: volevo ancora fidarmi di lui? Gli avrei davvero creduto ancora? In fondo non potevo essere certa che fosse serio!

Gli piaccio davvero? Quanto? Abbastanza per deludermi o forse potevo...fidarmi di lui.

-Fidati di me-, sussurrò.

Incrociai i suoi occhi e mi sembrò troppo facile cedere, troppo semplice accettare, troppo piacevole per essere vero. Sapevo che avrei sbattuto, succede sempre, ma chi mi impediva di godermi il momento? In fondo io ero la prima persona che predicava sempre il Carpe Diem e non c’era momento che valeva la pena di essere vissuto meglio di questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA:)

 

Alloooooooooora mie dolci ragazzuole, che ne dite? Se lo merita nate un ragazzo cosi?! Boh spero di si visto che ormai lui mi sembra un pochino cotto! Vedo che comunque molte di voi sono sicure che lui sia innamorato di lei da molto prima della notte in palestra, ma non farò nessun spoiler quindi inutili sono le vostre domandine a riguardo ù_ù sono una mummia!!

Risponderò a momenti alle vostre recensioni e visto che mi sono fatta quasi una notte in bianco x non aumentare i giorni di ritardo, me lo fate un commentino? Come sempre sono curiosa dei vostri ragionamenti contorti!!

Per ultimo x chi ancora non lo sa ho postato un paio di giorni fa una One-short su Trust Me che si posizione durante il capitolo 14, a raiting ROSSO su Nate & Daniel!! Fateci un salto…

Baci je:):)

 

p.s. x farmi perdonare vi lascio uno spoiler del prossimo cappy!!!

 

“ -Mi rispondi?-, insistetti.

Sospirò. –Guardati attorno, Nate! C’è qualcuno in questo posto che conosci, hai mai visto o che conosce te? Controlla bene-.

Seguii il suo consiglio. -No-, sussurrai.

-Ecco: hai la tua risposta-. “

 

p.ps.tanto x stare in tema: anche da voi finalmente è arrivato il freddo? da me si e sono felicissima!!!

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Capitolo 19
*** 19.INNOCENTI SORRISI ***


Ho zero scuse, lo so e sono davvero dispiaciuta…odio far ritardo e quando arrivo a dover scrivere un capitolo senza neanche ricordare quanti giorni, o addirittura settimane, sono passate dall’ultimo aggiornamento vuol dire toccare il fondo per me! Per questo per la millesima volta chiedo perdono e annuncio ufficialmente che i ritardi che ci saranno potrebbero aumentare ancora per colpa di forze maggiori ma che avrete modo di minacciarmi/linciarmi/vendicarvi con me u_u

Detto ciò ecco il nuovo capitolo e annuncio che dal prossimo capitolo potrebbero esserci dei cambiamenti radicali …sta a voi decidere se in modo positivo o negativo!!

Bene, un bacio:) Ci vediamo sotto…

:):):)

P.s. Capitolo dedicato a Rodney

 

 

CAPITOLO 19

Image and video hosting by TinyPic

Innocenti Sorrisi

 

 

I feel totally lost

If ‘m asking for help it’s only because

Being with you has opened my eyes

 

All the things you said

Running through to my head

All the thing you said

Running through my head

This is not enough

 

 

[Mi sono persa del tutto

Se chiedo aiuto è solo perché

Stando con te ho aperto gli occhi

 

Tutte le cose che dici

corrono nella mia testa

Tutte le cose che dici

mi girano nella mente

E non è mai abbastanza]

 

 

 

 

 

 

Non si era voltato neppure una volta, neppure una singola, silenziosa volta, da quando ero montata in auto al suo fianco. Si era seduto, aveva sistemato la cintura, si era passato una mano tra i ciuffi chiari e poi…basta. Aveva guidato in silenzio, con solo la voce di un dj qualunque alla radio a farci compagnia e non aveva distolto lo sguardo dalla strada o dallo specchietto.

Io dal mio canto invece, lo avevo fissato molte volte, senza neppure sapere bene io il motivo di ciò, ma mi sembrava strano che non avesse iniziato una delle sue solite discussioni su cose stupide, di poco valore, ma che mi avrebbero fatta irritare come al solito.

Okay, forse era proprio per questo che non mi aveva parlato.

Dopo un’intera mezz’ora di giri mentali avevo ipotizzato che la causa del suo silenzio, forse, era proprio perché non voleva rovinare quella strana atmosfera di poco prima, quando mi aveva domandato di fidarmi ed io avevo accettato, silenziosamente, di seguirlo per l’ennesima volta in un posto che non conoscevo sicuramente, come al solito.

Mi chiesi, per un’istante soltanto come mai non mi ero ancora stancata di tutto quel mistero, di tutte le volte che ormai mi aveva detto “vieni” ed io ero andata, senza pormi troppi limiti, seguendolo, ma la risposta mi sembrava cosi semplice che era quasi difficile accettarla. Perché mi ero fidata, alla fine? Perché lui in fin dei conti era Daniel Davis.

Ed io ero io, ma questo non mi aveva impedito di accettare comunque.

Ti va bene cosi, non è un peccato mortale fidarsi del prossimo.

No, ma si finisce sempre per restare scottati, ed io lo sapevo fin troppo bene; Non era facile fidarsi dopo una scottatura, soprattutto se avevi dato la tua fiducia cosi velocemente, in un modo cosi semplice da lasciarti quasi stupefatta dopo, quando ormai la cicatrice è impressa nella pelle.

Ed io lo sapevo bene, quanto può fare male, e lo avevo capito neanche tre anni prima quando tutto era caduto.

 

 

Due anni prima.

 

Il “dlin” del microonde fece scattare mio padre dalla sedia, che si diresse con lo sguardo affamato verso l’apparecchio adocchiando la sua bistecca al limone che tanto agognava.

Scambiai un sorriso con Bea, accennando con la testa alla figura dell’uomo di casa intento nella complicata osservazione del pezzo di carne.

Lei ridacchiò, nascondendosi dietro alcune ciocche bionde per non farsi vedere.

-Bene ragazza, possiamo mangiare-, decretò mio padre.

Lo osservai divertita. –Oh si proprio! Stavamo aspettando te infatti per mangiare!!-.

-Bè dovreste visto che sono io il capo famiglia-, sbottò mentendo su un’aria dura, tutta finzione.

–In fondo sono io che porto a ca…-.

-A casa i soldi per non farvi morire di fame-, completai al suo posto con un’alzata di occhi al cielo. –Si papà, lo sappiamo-.

-Vero-, annuì seria Beatrice.

Lui ci fissò, scioccato. –Ah bene! Vi alleate pure contro di me…che figlie ingrate!! Pure il sarcasmo mi tocca sopportare!!-.

-Ma che faresti senza di noi?! Guarda che lo sappiamo che siamo le tue preferite-, ribattei.

Sbuffò. –Ovvio! Siete le mie donne!!-.

Ridacchiai. –Donne a cui non lasci il permesso di uscire con nessun ragazzo, però-.

Questo gli fece distogliere l’attenzione dalla carne e si concentrò invece su di me, squadrandomi in silenzio sospettoso. –Siete ancora piccole!!-.

-Ho quindici anni, quasi!!-.

-Infatti, troppi pochi!-.

-Guarda che non facciamo mica chissà che!-, ribattei sicura.

Lui posò la forchetta e si fece serio. –Nate, sta attenta! I ragazzi è meglio studiarli a lungo prima di fidarsi di uno di loro! Soprattutto a quest’età…non voglio avere una figlia col cuore spezzato cosi giovane!-.

Alzai gli occhi al cielo. –Tranquillo papà: io e l’amore siamo su due poli opposti-.

Sembrò pensarci un po’ su, prima di rispondere. –Spero-.

Detto ciò riprese a mangiare, seguito a ruota da me e mia sorella che pensò bene di rompere il silenzio dopo poco, schiarendosi la voce e richiamando l’attenzione.

-Senti papà…come l’hai conosciuta la mamma?-.

-Oh, bè non è granché come storia, te lo devo dire-, borbottò a disagio.

Bea insistette. –Oh e dai! Dicci qualcosa!-.

Io non ricambia lo sguardo, ammutolita come mio padre: non sapevo bene perché ma mi sentivo quasi irritata da quella domanda cosi…sciocca! Cavoli, cosa voleva mai sapere di mamma, Bea? Perché l’aveva tirata in ballo?

-Era la migliore amica di vostra zia, la conobbi durante una festa di fine estate, in spiaggia e…bè credo proprio sia stato colpo di fulmine dl primo momento-, iniziò mio padre, -Era la più belle ragazza che avessi mai visto: indossava un piccolo pareo azzurro sopra al costume a fiori giallo, quello che ancora c’è nel suo armadio, e le stava d’incanto. Credo di essere pure arrossito come un peperone perché mi aveva chiesto se volevo qualcosa, se stavo bene, ma in realtà sapevo che anche lei aveva…sentito, quella cosa. Non posso definirla scossa, ma qualcosa di simile si; Quando mi aveva guardato, e avevo incrociato i suoi occhi io….avevo capito già tutto! Lei era perfetta, con le sue piccole imperfezioni che la rendevano unica e straordinaria ai miei occhi-, si era lasciato trasportare e sinceramente, avevo la dannata tentazione di andarmene per non ascoltare neppure.

-Eravate tanto innamorati?-, Bea appoggiò la mano sopra quella di papà.

Lui abbassò lo sguardo sul piatto. –Si-, sussurrò. –E’ stata il mio primo e unico amore-.

Esiste un confine, avevo letto da qualche parte, il quale divide ciò che pensi e provi da quello che dici, dalla bocca, un confine molto spesso, che impedisce alle parole di trovare sempre la via d’uscita. Ma in quel momento nulla mi sembrava poi tanto cosi chiaro neppure quel confine tanto spesso, come confondere la cosa giusta da quella sbagliata…

-Ti manca?-.

-Ogni giorno-, sorrise. –Se vi avesse conosciute ora, se potesse vedervi…vi amerebbe anche lei alla follia-.

E come al solito io sbagliai. –Ma non c’è, no?-.

-No, è vero ma…-.

Lo bloccai. –Nessun ma, papà! Non credo che se ci amava cosi tanto ci avrebbe lasciati, non credi?!-.

Lui scosse il capo. –Non capisci, ma quando sarai più grande si!-.

-Perché non ora?! In fondo non credo ci sia cosi tanto da capire-, sbottai alzando il tono, in una perfetta crisi adolescenziale.

Sospirò. –Perché devi ancora vivere tante cose prima di poter capire cosa porta l’amore, e tra queste cose c’è anche tanto dolore e decisioni difficili-, giocherellò con la forchetta. –Ti prometto che un giorno, capirai-.

-Non credo neppure di volerlo sapere se stanno cosi le cose!-, feci un profondo respiro, calmandomi, e cercai di abbassare i toni. –Papà, lo so che è stata importante per te, ma davvero, è ora di guardare avanti: se né andata-.

Lui annuì. –Hai ragione, è andata via, ma non per questo non ci pensa; Sono sicuro al cento per cento che lei …-.

-Aspetta-, lo bloccai passando una mano tra i capelli. –Te la ami ancora?-.

Più che una domanda uscì fuori come un’accusa. Un’accusa bella e buona, che dentro nascondeva una chiara supplice: dimmi di no, dimmelo ti prego.

Ma non è quello che sentii, oh no, e ne ero certa, nulla di quello che avevo mai sentito, visto o immaginato mi deluse cosi tanto come quelle poche, inutili, parole sussurrate al vento.

-Si, come fosse ieri-.

E ne ero certa, che era vero, perché solo una persona innamorata come lui avrebbe avuto il coraggio di restare immobile mentre sua figlia gli voltava le spalle e si allontanava da lui, da quella cucina e da quella casa. Da quella famiglia.

 

 

Erano passati quasi due anni e la gran parte del ricordo era sfuocato o addirittura dimenticato, ma le sue parole, quello che disse, come lo fece non mi aveva abbandonata per nulla. Ricordo come quella sera ero tornata a casa piena di sensi di colpa per essere stata cosi immatura da essermene andata e senza neppure farmi sentire per ore, ma al mio rientro tutto sembrava cambiato; Ero certa che in realtà, se qualcuno fosse entrato da quella porta non avrebbe notato nulla, e forse era tutto nella mia testa, ma sapevo solo che nessuno era in sala, né in cucina, né al piano di sopra. Non c’era altro che un post-it con un semplice messaggio da parte di mio padre che mi avvisava che lui e Beatrice erano andati a fare un salto al centro commerciale.

Solo un biglietto con un messaggio, ma che mi aveva fatta aprire gli occhi: io non mi ero fermata prima ed ora non lo avevano fatto loro.

E non solo mio padre ma anche mia sorella; Certo quello che accadde dopo nessuno lo aveva previsto, non di certo loro, perché senno ero certa che mi avrebbero aspettata, troppo buoni, troppo perfetti, ma invece accadde. Da quel momento infatti, avevo capito che tutto quello che avevo pensato fosse mio padre,- un uomo forte, duro, senza paura, orgoglioso, testardo, con dei principi,- non era altro che una falsa, perché l’aveva perdonata, mia madre, senza nemmeno pesarci due volte; Anzi forse non era mai neppure stato realmente arrabbiato con lei, da quel che potevo pensare, e questo mi faceva male.

Male, si, perché lo avevo visto sempre come una persona di cui essere fiera e da cui trarne un idolo, ma alla fine non mi era rimasto nelle mani altro che un uomo solo, innamorato e solo; Un…debole. Quello che non sarei stata io.

Dire che da quel momento la mia fiducia nei suoi confronti era morta mi sembra banale, lo avrete capito, dire che i nostri rapporti erano morti là, in quella cucina con ancora l’eco del suo “si” è inutile, dire che non ho mai più avuto un discorso normale con mio padre e mia sorella mi sembra stupido.

-Hei ci sei ancora?-, mi risvegliai sentendo il tono divertito del mio compagno di viaggio.

Mi voltai verso di lui, e notai che si era fermato in un parcheggio, e che se ne stava bellamente poggiato contro il sedile e ridacchiava divertito.

-Sai a volte mi piacerebbe proprio sapere cosa diavolo ti passa per la mente da farti addirittura tacere per mezz’ora, il che è un vero e proprio record-, sorrise.

Risi, ironica. –Divertente-.

-Non scherzavo!-, sfilò le chiavi rigirandosele poi tra le dita.

Scrollai le spalle. –Amen, vivrai con questo dubbio-. Mi guardai un po’ attorno, non riconoscendo il posto. –Ma dove siamo?-.

Lui mi imitò, osservando il posto oltre il vetro e sorrise. –Dai, davvero non te lo ricordi?-.

-Cosa?-, dire che ero confusa è dire poco.

-Siamo venuti qui a passare le vacanze tutti assieme, quasi dieci anni fa!-, sbottò senza staccare lo sguardo dal parco di fronte e noi.

Un parco molto malandato e mezzo distrutto da quel che potevo notare.

Alzai un sopracciglio, scettica. –Davvero? No, non ricordo-.

-Bè peccato! E’ stata un fantastica giornata-.

-Se c’eri anche te, non credo proprio! Forse è per questo che l’ho rimossa-, sorrisi.

Sbuffò. –Ma non dire cavolate! Senza di me ti saresti annoiata a morte-.

-Vabbè non è granché bello parlare di una cosa che non ricordo quindi…dimmi, Davis, cosa siamo venuti a fare qui?-.

Alzò gli occhi al cielo senza aggiungere altro e fece segno di seguirlo, aprendo la portiera. –Seguimi e basta, Micheletti-.

-Ma cos..?-, scesi dall’auto seguendolo, mentre lui, beato, si incamminava verso l’altro lato della stradina, dove faceva bella mostra di sé un bar. Lo affiancai sbuffando e mi guardai un po’ attorno: non c’era molta gente, ma la maggior parte erano soprattutto coppie di anziani e qualche gruppetto di ragazzine o maschi che camminavano per il parco o per la stradina piena di vetrine.

Come posticino mi sembrava abbastanza calmo e pacifico, ma nulla di quelle immagini sembrava volermi ricordare qualcosa della fantomatica giornata passata in compagnia di Davis anni prima.

-Entra-, sussurrò, facendosi da parte tenendo la porta.

Lo fissai, scioccata e lui ricambiò confuso.

-Che c’è?-.

-Wow, davvero molto…-.

-Galante?-.

-Sdolcinato-, contradissi. –Non farlo mai più-.

Ridacchiò. –Oh eddai! Sei davvero cosi tanto priva di romanticismo da non apprezzare neppure un semplice gesto simile?-.

-Un gesto che tre giorni fa non avresti mai fatto-, specificai seria.

-Mi stai accusando di doppi fini?-.

-Dipende da cosa vuoi realmente ottenere-.

Sbuffò sedendosi ad un tavolino ad angolo, senza aspettare l’aiuto di una delle cameriere che si stava avvicinando sorridente; Lo copiai, accomodandomi di fronte a lui e osservando la sua prossima mossa che non attardò ad arrivare.

-Per quanto la tua mente lo rifiuti, Micheletti, le persone a volte fanno le cose senza alcun doppio fine-.

-Anche se si parla di te?-.

-Si, a volte-, sorrise divertito.

Posai le mani sul tavolo, intrecciando le dita per fare qualcosa. –Ed ora? E’ una di quelle volte?-.

Scrollò lasciando cadere il discorsi, voltandosi poi verso la cameriera che si era accostata al tavolino con un blocco e una matita in mano, ed un enorme sorriso in viso.

-Cosa posso portarvi?-, guardò fisso Davis negli occhi.

Lui ricambiò, senza farsi troppi problemi per la mia presenza. –Cosa avete da mangiare?-.

Mi maledii subito, appena il pensiero prese forma nella mia testa, e lo scacciai in fretta, anche se non abbastanza perché questo non ne lasciasse traccia.

Gelosa forse?

Osservai la ragazza, dalla testa ai piedi, notando come fosse normale ma allo stesso tempo fastidiosa ai limiti della sopportazione; la divisa era troppo stretta e bastava che si piegasse di pochi centimetri per scrivere e le si poteva vedere benissimo tutto il reggiseno ed il suo contenuto, i capelli erano raccolti in un’alta coda di cavallo decorata con qualche mollettina colorata e il trucco era eccessivo per una che doveva semplicemente servire a dei tavoli.

Trattenni uno sbuffo infastidito per quei pensieri: davvero ero arrivata a quel punto? Essere gelosa di Davis? In diavolo di situazione mi stavo mettendo??

-Natalie-.

Mi ricossi incrociando lo sguardo confuso di Davis che mi indicò con il capo la ragazza. –Cosa vuoi?-.

Beccata in flagrante. –Oh hem…un thè e un tramezzino-.

La tipa appuntò tutto, e io non spostai lo sguardo sentendo quello di Davis addosso. –Tramezzino con…?-.

-Funghi e prosciutto-, sparai sperando che lo avessero e se ne andasse in fretta.

Sorrise un’ultima volta, ammiccando verso Davis prima di tornare verso il bancone, che per fortuna era abbastanza distante dal tavolo.

Rimasi ancora un minuto girata verso la direzione dove era sparita e poi mi decisi ad affrontare lo sguardo insistente di Davis che sentivo ancora puntato addosso; Infatti, appena alzai lo sguardo, lui era li, che mi fissava in silenzio con un’espressione tra il divertito e il serio.

-Che c’è?!-.

Alzò un sopracciglio. –Nulla. Certo potrei affermare che dal tuo sguardo qualcosa in quella ragazza non ti piace molto, ma non insinuerò nulla visto che sei fin troppo calma-.

Mi morsi la guancia dall’interno per non ribattere, sicuro che come minimo avrei dato inizio ad un’altra delle nostre conversazioni senza capo né coda e cosi annuii e basta.

-Okay-.

Rimasi a fissare i suoi occhi senza aggiungere altro, ricevendo lo stesso trattamento, e riuscii benissimo ad intercettare una scintilla nel suo sguardo divertito, come se fosse realmente stupito della mia silenziosa resa; Non mollò la presa mentre attorno a noi non c’era altro che brusii bassi e qualche piccolo rumore di sottofondo che sembrava fatto apposta per quel posto cosi calmo, come se fosse stato creato apposta per ispirare sensazioni simili.

Davis cedette, lasciandosi sfuggire un sorrisetto e un mezzo sbuffo quando la stessa ragazza di poco prima ci riportò l’ordine, ammiccando per l’ennesima volta verso la sua direzione.

-Okay, quella ci sta provando!-, non riuscii a trattenermi.

Lui ebbe la decenza di non negare, almeno ma invece si lasciò sfuggire una risata divertita. –Oh si, e sembra proprio che a te dia fastidio-.

-Non ricominciare, Davis! Non sono affatto gelosa di te-.

Alzò le mani. –Hei, io non ho detto nulla-.

-Oh ci stavi pensando-.

-Si, lo ammetto, ma come ho già detto non intendo insinuare nulla finché te sarai cosi…accondiscendente-.

Lo fissai scioccata. –Accondiscendente?!-.

-Bè,- giocherellò con il suo pezzo di piazzetta, senza perdere il sorriso, -in fondo sei salita sulla mia auto senza troppe proteste, non hai domandato tremila volte dove fossimo diretti, non ti sei infuriata e hai addirittura accettato di farti vedere in pubblico con me-, sospirò ironico annuendo tra se. –Oh, si, questo è un bel record da appuntarsi-.

-Fai meno lo spiritoso, potrei ripensarci molto in fretta-.

-Oh, io non credo-, insinuò.

Lo osservai, non riuscendo a leggere molto però nella sua espressione. –Come mai?-.

Sorrise. –Bè per cominciare sei a piedi senza la mia auto e comunque devi ammettere che i momenti in cui mi odiavi e basta sono cessati da un po’-, mi fissò serio, prima di sciogliersi un’altra volta. -Oh e sei curiosa di vedere fino a dove si spingerà la cameriera-.

Non sapevo che rispondere, sapendo bene che aveva ragione, sulla storia dell’odio più che delle altre, e decisi di rimanere semplicemente in silenzio fino ad abbassare lo sguardo sotto al suo che aspettava una risposta di un certo peso che di certo non ero pronta a dare.

Mangiucchiai un po’ del mio tramezzino nel vano tentativo di sfuggirgli e spostai lo sguardo al di fuori della vetrata che stava a poca distanza, spiando la gente che passava davanti ad essa.

Una coppia di anziani passò proprio in quel momento, ridendo abbracciati per qualcosa che solo loro potevano sapere, facendomi sentire ancora una volta quella sensazione di calma, che sentivo sempre meno spesso a casa mia: possibile che anche un posto a me sconosciuto potesse farmi stare meglio che la mia stessa casa?

-Perché mi hai portata qui?-, chiesi voltandomi verso di lui, alla ricerca di una distrazione.

Sorrise, forse sorprese del mio brusco cambiamento. –Chiedi troppe volte perché, Micheletti-.

-Mi rispondi?-, insistetti.

Sospirò. –Guardati attorno, Nate! C’è qualcuno in questo posto che conosci, hai mai visto o che conosce te? Controlla bene-.

Seguii il suo consiglio, lasciando vagare un’altra volta lo sguardo nel piccolo ambiente di quel bar senza timore di incrociarne uno familiare. -No-, sussurrai.

-Ecco la tua risposta-.

Aggrottai la fronte , confusa, ma scossi la testa, semplicemente, lasciando perdere sapendo già benissimo come sarebbe finita se gli avessi domandato ancora il perché.

Sorrisi. –Prima o poi finirai i posti da mostrarmi-.

Scrollò le spalle, con un gesto di nonchalance. -C’è ne vuole ancora però, per finirli tutti-.

Ridacchiai scuotendo la testa e dedicandomi finalmente al mio pranzo.

 

 

 

-Okay, ora voglio sapere una cosa-.

-Spara-.

-Oh non mi tentare-.

-Spiritoso-.

Sbuffai, divertita accartocciando il tovagliolo e gettandolo sopra al piattino ormai vuoto. Il bar man mano si stava riempiendo e si erano già presentati i primi gruppi d’amici che avevano iniziato a fare chiasso, disturbando un paio di coppie che invece se n’erano andate borbottando qualcosa sui “giovani d’oggi” che aveva fatto, chiaramente morire dal ridere Davis che come al solito viveva in un mondo tutto suo.

Soggetto che appunto stava ridacchiando. –Okay, okay fammi continuare-.

Aspettai, zitta e comoda nella mia posizione.

-Mi chiedevo se tra te e quel stuzzicadenti del secondo anno…-.

-Chi?!-, lo interruppi.

-Il tuo amico…quello più piccolo-.

Aggrottai la fronte. –Filippo?-.

Si passò una mano tra i ciuffi chiari prima di rispondere. –Che ne so di come si chiama!-.

-Si chiama Filippo-, sibilai.

-Ecco appunto, mi chiedevo se…-.

-Ed è del terzo anno!-, lo bloccai una seconda volta.

Sbuffò. –Okay, va bene, terzo anno-, acconsentì. –Ma ancora non hai risposto-.

-E tu non hai ancora fatto una domanda-.

-Era sottointesa, si capisce-.

-Bè io non l’ho capita-.

Mi fissò con un sopracciglio alzato. –Sarò più chiaro allora: ci sei andata a letto?-.

-No-, sbottai.

-Vi siete baciati?-.

-No-.

-Avete fatto altro?-.

-Ma cos…No!-, sbottai tirandomi su. –ma come diavolo ti passa per la testa una cosa simile?!-.

-Intuito-.

Sgranai gli occhi. –Bè vedi di fartelo aggiustare allora, perché fa cilecca-.

-Non credo-, disse serio.

Sbuffai. –Vedi bene di bloccare qualunque tipo di pensiero simile che riguarda me  Filippo perché sei fuori strada completamente, Davis! Siamo solo amici anche se nel tuo mondo questa cosa non sembra esistere-.

-Sei certa?-.

-Che vuoi dire?-.

-Bè non mi sembra che la tua “semplice amicizia” sia ricambiata a pieno-, mimò le virgolette.

Incrocia le braccia al petto. –Parla chiaro-.

Si chinò in avanti. –Ascolta, senza offesa ma a volte mi sembra che tu esca dal mondo di Peter Pan, non ti accorgi delle cose più ovvie e invece crei castelli di aria su cose che neppure esistono-, fece un mezzo sorriso. –Quello, Filippo mi sembra chiaro che non ti è solo amico, e penso l’abbiano notato tutti-.

Lo fissai, senza dire nulla per una manciata di minuti, prima di scuotere la testa. –Sbagli-.

-Ne sei certa, Nate? Pensaci, io sbaglio poche volte su queste cose-, alzò un sopracciglio serio come poche volte.

Scossi la testa. –Blocca la fantasia Davis e piantala di dire cavolate-.

Continuai quando fece per ribattere. –Non credo proprio che tu abbia la benché minima ragione ma anche se fosse come dici tu, e non sto dicendo che è cosi, allora sarebbe un buco nel vuoto comunque perché non c’è e non ci sarà mai nulla tra me e Filippo, proprio perché è mio amico-.

Sbuffò. –Quindi…discorso chiuso?-.

Annuii. -Si, discorso chiuso-.

In pieno stile “scuola materna” entrambi distogliemmo lo sguardo, in due punti opposti della sala e mancavano solo le braccia incrociate per completare il quadretto perfetto. Peccato ovviamente che Davis volesse superarsi come al solito e ribadire il concetto di non lasciare mai un discorso a metà, anche dopo aver posto un punto fisso.

-Sei impossibile!-, sbottò squadrandomi dalla testa in giù, con sguardo ostile, come solo uno come Davis può usare.

-Cosa? Io?-, sbottai sorpresa. –Sei te quello fuori ti testa!!-.

-Sei pazza, invece! Te lo dico io-.

Scossi la testa senza neppure commentare e lui mi fissò con occhi socchiusi.

-Pazza-.

-Bambino-.

-Isterica-.

-Cretino-.

-Manipolatrice-.

-Manipolatrice?! E perché mai?-.

Scrollò le spalle. –Ci stava bene-.

Lo guardai, perdendomi per un attimo in quel marrone chiaro che mi stupiva sempre e che senza rendermene conto avevo smesso di odiare da molto (troppo) tempo, senza sapere se restare allibita, scioccata o semplicemente sbattere la testa da qualche parte, preferibilmente una superficie abbastanza dura da aiutarmi a dimenticare che razza di essere avessi di fronte.

Ma alla fine, dopo un duro confronto di occhiatacce, da parte sue, e sguardo stupito/ allibito da parte mai, scoppiai a ridere, cosi dal nulla.

E lui mi seguì dopo neppure tre secondi di distacco.

Una risata che mi fece davvero ricordare com’è essere bambino, ridendo senza neppure un motivo logico, solo per la voglia di farlo e la soddisfazione di poterlo condividere con qualcuno, senza fraintendimenti, senza se e senza ma, solo una semplice risata che però come ogni tradizione vuole fu interrotta. E questa volta toccò alla cameriera di turno che si era avvicinata un’altra volta al nostro tavolo di soppiatto, e quasi sobbalzai presa alla sprovvista, ritrovandomela invece di fronte tutta sorridente.

-Volete altro?-.

D’istinto voltai lo sguardo verso Davis, alla ricerca di un incentivo.

-Oh, hem no, no. Veniamo a pagare, solo un secondo-, tossì interrompendo bruscamente le risa e calmandosi per non far la figura del cretino, anche se ormai la genti si poteva essere fatta un’idea chiara di come eravamo messi di testa.

Guardai la ragazza mentre si allontanava e quasi potevo vedere la coda in mezzo alle gambe e il muso lungo anche di spalle.

Afferrai la giacca che mi ero levata prima e dopo un ultimo scambio di sguardi con Davis annuii scivolando fuori dal divanetto, posizionandomi già vicina all’uscita e aspettando che lui, il cavaliere dei poveri, pagasse il conto. Per quanto possa essere fraintendibile però in quel gesto non c’era nulla di romantico, sia chiaro, ma semplicemente dopo essere stata mezza rapita da l’essere sopraindicato non avevo di certo con me il portafoglio né neppure il cellulare, che solitamente avevo sempre appresso.

Mi spostai, facendo passare una coppia di signore, e cercai con lo sguardo Davis trovandolo invece immerso in una fitta conversazione con la ragazza alla cassa che non era altro che la cameriera di poco prima; era impossibile dalla mia postazione sentire quello che si stavano dicendo ma ero certa che non stessero parlando del clima.

Aspettai, paziente, che si muovesse, sentendo già quella classica puntina di irritazione salire dalla bocca dello stomaco e che cacciai giù a forza.

Intenta com’ero in quest’opera però non mi accorsi del suo ritorno, ma bastò uno sguardo per capire che non era tutto apposto; Infatti appena gli fui a distanza ravvicinata allacciò le braccia sui miei fianchi e mi tirò avanti, e prima che me ne potessi rendere conto aveva poggiato le labbra sulle mie, sussurrando un veloce e quasi impercettibile “coprimi”.

Neanche a dirlo, dopo il millisecondo di sorpresa e confusione, mi sciolsi peggio di un ghiacciolo, poggiando le mani sul tessuto ruvido del suo cappotto.

Ohh, cosi non va mica bene, Nate! , mi ammonii mentalmente, ma poco servì visto che non mi spostai di neppure mezzo millimetro.

Fu lui a staccarsi, sorridendomi e spingendomi leggermente verso la porta e con la coda dell’occhio vidi tre ragazzine fissarci ridacchiando; Sentendo le guance prendere colore uscii veloce e sospirai di sollievo al contatto con l’aria gelida che c’era in quel posto, che calmò anche un po’ il surriscaldamento improvviso e stupido che mi aveva colto.

Davis invece appena eravamo usciti dal bar aveva cominciato a ridacchiare sommessamente, attirando subito la mia attenzione.

In fondo la curiosità è donna…

-Che hai?-, chiesi.

Scosse la testa, calmandosi appena, ma senza perdere il sorriso. –La hum…la cameriera-.

Lo fissai confusa. –Siii?-.

-Ehh hai un’avversaria-, sorrise divertito.

-Che intendi?-.

Ti prego fa che non sia come penso che sia…

Sospirò, fintamente dispiaciuto. –Non te ne sei neppure accorta, ma cara Nate quella bella ragazza ci stava provando spudoratamente con me-.

Socchiusi gli occhi. –Perché mi dovrebbe interessare? …e comunque l’ho visto benissimo, fai meno il sapientino-.

Lo vidi sorridere maggiormente e capii di essermi infognata da sola con le mie stesse parole e soprattutto usando quel tono leggermente irritato; Puntai lo sguardo dritto davanti a me, prendendo a camminare alla cieca seguita subito da lui. Impossibile non sentirlo perché riuscivo benissimo a “sentire” il suo sorriso alle spalle, ingrandirsi man mano.

Quando sentii un singhiozzo però sbottai. –La pianti?!-.

Un colpo di tosse. –Oh hem si, si certo!-.

Infilai le mani in tasca, sfregandole contro la stoffa per riscaldarle. –Quindi mi hai baciata per cosa? Per farla ingelosire?-.

Lo presi di sorpresa, forse, perché passò un minuto buono prima che mi si parasse di fronte, bloccandomi la strada; Lo guardai confusa, ma lui mi aveva già acciuffata per un braccio e attraversò la strada, entrando dentro al parchetto davanti a cui avevamo parcheggiato.

Ci inoltrammo nel verde, seguendo lo stretto percorso fatto dalla ghiaia.

Lo guardai di sottecchi e beccai il suo sguardo, serio fisso sul prato.

-Stai giocando, Nate?-.

Aggrottai la fronte, sorpresa. –Eh?-.

Voltò lo sguardo, fissandomi. –Adesso. Stai giocando? So che la maggior parte delle cose che dici sono ironiche o dette con scarso interesse, ma a volte proprio non so cosa ti passa per la testa. Soprattutto quando fai domande simili che, sono certo, una risposta sbagliata ti fa chiudere a riccio-.

Mi fissò serio e per un minuto non riuscii a pensare a nulla, mi fece perdere la capacità di ragionare, offuscata invece dai suoi occhi che sembravano pretendere sempre di più da me, molto più di una semplice domanda.

Sbattei gli occhi, riprendendomi, riportandoli di fronte a me. –No…non capisco la domanda-.

Sospirò e con un gesto rapido mi passò un braccio attorno alla vita, attirandomi a sé come poco prima, tanto che sentivo il contatto del suo petto che era quasi appoggiato sulla mia spalla.

-No-, soffiò tra i miei capelli. –Mi ha dato il suo numero ma ho rifiutato, dicendo che la mia ragazza si sarebbe incazzata e ti ho baciata, si, per essere più credibile ma soprattutto perché volevo farlo, avevo voglia di baciarti perché mi piace baciarti Natalie-.

Abbassai lo sguardo, cercando di nascondere il rossore sulle guance che non aveva nulla a che fare con il freddo e il sorriso che stava nascendo sulle mie labbra. Una morsa sembrava avermi bloccato lo stomaco e quando sentii le sue labbra a contatto con i capelli e lasciarvi un bacio non riuscii ad allontanarmi dal suo calore e dal suo contatto. Da lui.

Aprii la bocca, non sapendo in realtà nemmeno cosa dire, ma sapevo che dovevo parlare.

-Io non son…-, mi bloccai.

Io non sono la tua ragazza stavo per dire, ma diversamente da tutte le altre volte che lo avrei potuto affermare con sicurezza ed orgoglio ero certa che stavolta sarebbe solo apparso con delusione. Una delusione che non ci dovrebbe essere dovuta stare.

Lui sembrò capire perché staccò la fronte dalla mia testa e riprese a camminare normalmente sussurrando solo un –Shh-, che mi fece desistere dal continuare.

Un soffio che mi fece capire più di qualunque altra cosa che anche lui non aveva la più pallida idea di cosa dire o fare, di come muoversi in quello stretto spazio che avevamo creato noi stessi, fatto di mezze parole, di patti da scopamici e di stupidi orgoglio che non avrebbero messo giù la bandiere fino alla fine.

Non potevamo essere come tutti gli altri, ormai questa cosa mi era chiarissima ma per un’istante, un solo battito di ciglia, mi chiesi come saremmo dovuti apparire visti da fuori: un ragazzo ed una ragazza abbracciati che camminavano romanticamente in un parco, chiacchierando del più e del meno, come d’altronde fanno tutti. Per un momento volli provare ad immaginare come sarebbe se davvero fosse cosi e per quanto orgoglio ci vuoi mettere in una persona, pure io dovevo ammettere che non era male; Non era affatto male.

Peccato che da dentro era tutto un altro spettacolo: da dentro c’erano solo una ragazza che era fin troppo orgogliosa anche solo per ammettere con se stessa che il cuore poteva iniziare a correre solo sentendo la voce di Daniel Davis, ed una ragazzo che sembrava tanto chiaro quanto complicato, che diceva due cose al posto di una e che comunque ne nascondeva altre mille.

Da dentro era tutto complicato e per quanto la fantasia sembrava quasi urlarmi contro di smetterla di comportarmi cosi, di provarci a cambiare anche solo per un momento ero certa che mai l’avrei fatto. Non io.

E in quel momento capii realmente le parole di Davis riguardanti la ragione per cui mi aveva portata là: chi in quel paese ci conosceva come Micheletti e Davis? Se fossimo andati in giro per il paese in quel modo di sicuro avremmo incrociato come minimo un paio di nostri compagni di scuola, conosciuti e non, e soprattutto non sarei mai uscita neppure a fare una passeggiata con lui, col mio carattere e il mio modo di fare. Là invece potevamo davvero essere solo un ragazzo ed una ragazza.

Senza accorgermene mi ero appoggiata anche io a lui, senza rimanere un blocco di legno tra le sue braccia e mi lasciai scappare un sospiro che segnava quasi una resa silenziosa a lui, come se gli desse il via libera per un paio di ore, per abbassare la guardia.

E lui sembrò capirlo, ancora.

-Natalie-, mi richiamò e aspettò finché non alzai lo sguardo, specchiandomi nel suo, confuso. Aveva la fronte aggrottata e sembrava avere quasi un piede da tutt’altra parte, mentre riportava lo sguardo avanti e continuava a camminare, con calma.

-Ti sembrerà strano ma penso di fidarmi davvero di te-, sussurrò.

Deglutii, presa alla sprovvista. –Ah-.

Annuì. –Si bè, intendo più di prima, l’ho capito ora e so di potermi fidare-, fece per aggiungere qualcosa ma scosse la testa, sorridendo.

Abbassò gli occhi, incontrando cosi i miei. –So che se te ne parlassi te…boh saresti seria e non lo andresti a raccontare in giro-.

Rallentai il passo, senza spostare lo sguardo. –Parlare? Di cosa?-.

-Di mio padre. Perché è in galera-.

 

 

 

 

NdA:)

 

Ahhh buongiorno a tutte…se c’è ancora qualcuno sia chiaro!!

Non immaginate la gioia di vedere questo capitolo finito e concluso e farvelo anche leggere! Come avevo già detto e ridetto il ritardo non è solo colpa mia, anche se pure io mi ci sono messa tra poca voglia, stanchezza, sonno continuo e blocco dello scrittore se si può definire cosi!! :(

Ho paura che però ci saranno ancora ritardi, vi preparo e che comunque ho pensato di creare un gruppo su FB x tutte quelle che vogliono seguirmi anche dopo un capitolo, per spoiler curiosità, chiarimenti, commenti e perché no, anche un po’ di chiacchiere :) Quindi fatemi sapere se devo bocciare subito questa idea scema o se invece siete interessati!!

Ringrazio comunque tutte quelle che mi seguono ancora, chi (con mia enorme gioia) recensisce facendo sapere a questa pessima autrice cosa ne pensati di quello che scrivo, e per ultimo ringrazio chi mette la storia tra preferiti/seguiti/ricordati che fa comunque sempre piacere!!

Parlando del capitolo…boh parlatene voi, a me non piace granché ma forse è solo perché mi ha portato via un pezzo di fegato! Il finale lascia un po’ in sospeso e forse alcune di voi saranno finalmente accontentate e saprete tutta la verità sulla famigliola del nostro Daniel che in questo capitolo è ancora più coccoloso del solito mi sembra.

Bene detto ciò lascio a voi e spero che tra tutte quelle meravigliose personcine che leggono la storia lascino un commentino che fa taaaaaaaaaaaaanto piacere senza tirar dritto come al solito :) XD

Grazie! Un bacione a tutte

Je:)

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Capitolo 20
*** 20. SE DAVVERO MI VUOI ***


CAPITOLO 20

Se davvero Mi Vuoi

 

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Tell me what you want to here

Something that were like those years

Sick of all the insincere

So I'm gonna give all my secrets away

This time, don't need another perfect line

Don't care if critics never jump in line

I'm gonna give all my secrets away

 

 

[Dimmi cosa vuoi sentire

Qualcosa che era come quegli anni

Sono stanco di tutta questa falsità

Perciò svelerò tutti i miei segreti

Questa volta, non ho bisogno di un’altra linea perfetta

Non mi importa se i critici non si mettono mai sull’attenti

svelerò tutti i miei segreti]

 

 

 

 

 

 

 

Abbassò gli occhi, incontrando cosi i miei. –So che se te ne parlassi te…boh saresti seria e non lo andresti a raccontare in giro-.

Rallentai il passo, senza spostare lo sguardo. –Parlare? Di cosa?-.

-Di mio padre. Perché è in galera-.

 

Guardai i suoi occhi, per un minuto non seppi cosa dire, impacciata come poche volte mi ero trovata ad essere, e sentivo quasi l’aria attorno a noi farsi quasi un po’ più densa.

Lui non spostò lo sguardo dal mio, rimanendo fermo com’era al mio fianco, guardandomi dritta negli occhi e analizzando.

Aprii la bocca, ma boccheggiai per un momento. –Io, bè…non, no…cosa?-.

Piegò un angolo, in un mezzo sorrisetto e piegò la testa di lato indicando una panchina. –Vieni, sediamoci-.

Fece un passo avanti, stringendo la presa sulla mia vita, ma io rimasi con i piedi ben piantati per terra.

-No-, mi uscii senza rendermene conto.

Si voltò a guardarmi. –Cosa?-.

Scossi la testa. –No, cioè non intendevo…che no, che tu…-, presi un respiro, calmandomi. –Non serve che me ne parli-.

Mi scrutò a fondo, alzando un sopracciglio, scettico. –Voglio farlo-.

-No, non vuoi-.

Sbuffò, alzando gli occhi al cielo. –Andiamo Nate, non vorrai mica ricominciare con la solita storia, vero?-.

Confusa, aggrottai la fronte. –Che intendi?-.

-Te dici una cosa, io nego, te insisti, io nego ancora e cosi via…Davvero vuoi ricominciare?-, sorrideva, ma si vedeva che era teso dietro a quell’aria cosi rilassata.

Sospirai. –No, ma ascolta. Lo so che non vuoi realmente parlarne, e anche se fosse come dici tu-, aggiunsi bloccando la sua protesta. –Comunque non sarebbe una bella idea-.

Mi fissò, chiaramente confuso, aspettando un chiarimento.

Aprii le braccia, lasciandole cadere ai lati. –Oggi siamo cosi, ma chi ti dice che domani non torneremo ad odiarci? Chi ti assicura che non riprenderemo a litigare? Te ne pentiresti e non sarebbe una bella cosa-.

Socchiuse gli occhi, serio. –Non sai il significato di "fidarsi", vero Natalie?-.

Alzai un sopracciglio. –Certo che lo…-.

-Fidarsi-, mi interruppe facendo un passo avanti e piazzandosi di fronte a me, ancora più vicino di come lo era pochi minuti fa. –Significa conoscere una persona nell’animo e farsi conoscere, accettarla com’è, sempre, e aprirsi completamente per farsi accettare come si è realmente, con malanni al seguito. Significa non doversi nascondere o difendere continuamente, e non c’è fiducia senza sincerità-.

Sentii la mano entrare in contatto con la sua che si intrecciò, tirandomi verso di lui. –Quindi, Nate, se voglio essere davvero sincero con te e far si che anche tu ti possa fidare di me, ci sono cose che devi sapere di me. Cosa che voglio che sai di me, perché potrai non essere la mia ragazza, potrai non essere una mia amica, ma qualunque cosa tu diamine sia-, sorrise vedendo la mia smorfia alle sue parole,- ci tengo-.

Abbassai lo sguardo, sentendo quasi un brivido scorrere a quelle parole.

-Io mi fido di te, e se domani tornerai ad odiarmi…oh bè, amen-, sorrise. –E’ andata, e ora come ora sento che domani sarà ancora cosi, come è oggi-.

E adesso? Che ti inventerai, Natalie?!

Lui aspettò e giurai di averlo sentito quasi sospirare quando, con un gesto di resa totale, annuii scansandolo per andarmi a sedere sulla panchina di legno, completamente rovinata e ricoperta da qualche foglia ancora giallognola.

Il legno poco curato scricchiolò quando anche lui mi raggiunse; incrociò le dita poggiando i gomiti sulle ginocchia. –Bene, allora sai del mio rapporto di mio padre e di come i miei me lo dissero, giusto?-.

Annuii senza interromperlo.

Annuì tra se. –Si bè, c’è stato un momento, mentre avevo in mano quel pezzo di carta con due righe messe assieme, in cui mi ero quasi scordato dove fosse o per quale motivo ancora per me assurdo ci si trovasse e posso dire di essere stato felice, perché era mio padre-, sospirò. –Lo è ancora-.

-Te non sai…Non immagini come sia avere una famiglia del genere-, mi fissò serio ed allo stesso tempo…emozionato?

Possibile? Quanto dura poteva essere stata per un ragazzo conoscere tutto ciò? Aveva avuto un cambiamento cosi grande, mentre io nel frattempo non ne sapevo nulla e continuavo ogni giorno a dargli il tormento.

Bè, anche lui non è che si risparmiava, sia chiaro…

Oddio no, ti prego! Non è di certo il momento più opportuno per ricominciare con le analisi e i viaggi mentali!

Ricambiai lo sguardo, cercando di essere il più fredda possibile senza esagerare.

Piegò la testa di lato. –Te non immagini cosa voglia dire sentirsi felici e il secondo dopo avere il pavimento che si sgretola senza aver neppure idea di cosa stia accadendo: avevo una famiglia e tutto d’un tratto avevo un casino al suo posto.

Due zii che mi fanno da genitori, due cugini che mi fanno da fratelli, un padre in carcere e una madre… Dio non te lo immagini neppure! E’ come…come se pure le cose più normali non fossero normali, ma si fossero complicate-.

Alzò lo sguardo, ma abbassai subito il mio, puntandolo invece sulle sue mani.

-Te hai un padre-.

Aprii la bocca, sentendo già la punta d’irritazione salire con quelle parole, ma non mi permise di parlare, continuando.

-Te hai un padre, e per quanto tu possa detestarlo non potrai mai negare che non lo sia-, sbottò fissandomi. –Io no, non posso neppure dire una cosa del genere perché mio padre non è realmente mio padre e quello che dovrebbe essere mio padre non lo è mai stato-.

Sentivo i suoi occhi su di me ma non trovai il coraggio di alzare i miei, cosi mi accontentai di seguire la figura di un tronco poco distante.

Presi un respiro. –Com…Perché è in galera?-.

Per un momento pensai che non avrebbe risposto, ma come al solito lo fece, invece. –Non è in galera per uno sbaglio, nè per una sentenza errata ne per qualunque altra cosa possa renderlo una persona migliore-.

-Quando mio padre, mio zio ebbe deciso che fosse ora che io sapessi...bè ero a malapena in grado di farmi il letto da solo e di certo non ero preparato per una cosa simile, anche se non lo avrei mai ammesso ad altavoce chiaramente; Non ero stupido, sò e sapevo benissimo che per prendersi come minimo dieci o quindici anni di carcere devi aver combinato qualcosa di grave, ma non mi fregava di quello.

-Ero felice, ero curioso e pensavo che nulla potesse mai davvero sfiorarmi, come se quello strato di felicità potesse farmi da protezione, come se sapere che avevo un passato, una famiglia diversa, mi rendesse in qualche modo migliore...più interessante, capisci?-, alzò lo sguardo che aveva prcedentemente spostato e mi osservò, senza realmente vedermi.

No, ma vorrei poterlo fare

Annuii, aspettando.

Stirò un angolo della bocca, in una smorfia divertita. -Bè ero stupido. Credere di poter essere tre metri sopra gli altri e voler salire sempre più in alto, non ti rende speciale. Ti rende stupido. E ingenuo.

-Quando Marco mi raccontò, senza mezzi termini quello che lui aveva fatto io,...boh non lo so, forse avrei dovuto starci a pensare un minuto in più, ma penso che comunque avrei reagito allo stesso modo-.

Incrociò i miei occhi. -Ho chiuso tutti i ponti con lui-.

Riportò lo sguardo di fronte e se e senza dire altro iniziò a disegnare ghirigori sul dorso della mia mano; Osservai per un minuto il suo profilo senza saper che dire, ma sapendo di dover dire quelcosa.

-Lui, hum...ti ha..?-.

-Cercato? oh no, Nate, neppure una volta e questo penso valga molto piu di mille parole-.

Lasciò cadere un'altra volta il discorso. Non vuole parlarne, pensai, e ne ha anche tutte le ragioni, soprattutto perchè se fossi stata io al suo posto non avrei neppure cominciato una discorso simile, non ci avrei nemmeno mai pensato. Come si può essere certi che una persona conosciuta da amalapena una settimana potesse comprenderti o anche solo ascoltarti? Le persone non ascoltano.

Mai.

Le persone guardano, studiano e giudicano, ma non ascoltano mai e questa forse è una delle cose che mi aveva bloccato e che mi blocca il più delle volte, quando vorrei provare ad aprirmi. ma in fondo qui non parlavamo di me.

Parlavamo di Davis. Di Daniel che per quanto potessi odiarlo era comunque una delle poche persone che sembrava voler davvero provare a caprmi. Ad ascoltarmi anche quando non parlavo.

Anche quando parlava lui.

Ma era cosi difficile, crede, che si fidasse realmente di me a tal puntio da esporsi; Si forse in questo momento lo credeva, ma quando questo momento di "quiete" tra di noi fosse finito ero certa che se ne sarebbe pentito.

Ci si può davvero fidare di chi per anni hai sempre odiato? Abbassare tutte le barriere, lasciare che osservi tutto di te, che ti ascolti.

Me lo chiedevo ormai da giorni ma ogni volta che lo guardavo negli occhi mi sembrava quasi di leggervi dento una sfida, una continua sfida, come se volesse dirmi di provare, di spingermi fino a dove credevo di arrivare, perchè se non l'avessi fatto io l'avrebbe fatto lui, in un modo fastidiosamente dolce e tenace, a cui, sapevamo entrambi, avrei prima o poi ceduto.

Era come se mi chiedesse di creare uno spiraglio.

Una sfida per tentare, una richiesta continua di aver di più.

Se davvero mi vuoi, allora provaci, ma provaci davvero.

Provaci, fidati, ...Esponiti.

-Ha ucciso-.

Sobbalzai, colpita dal suo tono più che dalle sue parole: freddo e chiaro.

Teneva lo sguardo basso, come se si vergognasse, mentre piccole nuvolette gli uscivano ad ogni respiro dalla bocca. -Era sera, era ubriaco e fece la sciocchezza di mettersi alla guida; Una cosa che capita, penserai, ma lo beccarono dopo neppure tre ore ubriaco fradicio, tanto che dovettero aspettare un giorno intero per sapere il suo nome, sbronzo com'era e ebbe la sfortuna che la ragazza che...morì era la nipote di un giudice.

-Ovviamente fatto più vendetta del giudice li sono costati quindici anni senza grazie. A volte mi viene da domandarmi se è giusto quello che gli è capitato, ma per quanto ci provi, per quanto posso essere egoista non riesco a pensarci senza odiarlo;

-Senza sentire costantemente il desiderio di cancellare il suo nome dalla mia testa, fingere che non sia mai esistito e che non abbia mai cambiato cosi tanto la mia vita-, sbuffò raddrizzando la schiena.

-Lo so che ogni persona una volta nella vita minimo ha bevuto tanto da non ricordarlo neppure, ma questo non lo giustifica, non tutto quello che ha fatto passare alla mia famiglia e a mia madre-.

Pronunciò l'ultima parola con un tono diverso.

-Tua madre? intendi quella biologica?-.

Annuì, stringendosi nelle spalle. -Lei non aveva neppure tredici anni quando si sono conosciuti e quando ne ebbe sedici si fidanzarono; Marco dice che si amavano davvero, davvero tanto, che lei era diventata tutto per lui, ma io non ci credo.

-Aveva dicassette anni quando rimase incinta di me. Era una bambina di testa, la classica ragazza che dalla vita ha sempre avuto tutto servito su un piatto d'argento e che voleva sempre di più, fino a spingersi ai limiti e superarli. Con questo non dico che non mi amasse, forse era cosi, ma non era abbastanza matura per affrontare una cosa simile: prendersi cura di qualcuno quando ancora non sapeva badare a se stessa-, prese un respiro profondo.

Aggrottai la fronte. -Sei un pò cinico a dire questo-, mi sfuggii prima di rendermene conto. -Cioè, forse non era cosi. Forse poteva benissi...-.

-Forse Micheletti-, sbottò interrompendo il mio discorso senza senso. -ma quando decidi di voler un figlio i forse non bastano; Non sono stato un incidente, lei mi voleva, ma era un capriccio-.

Mi ritrovai quasi colpita dalle sue parole, era pieno di rancore e non l'avevo mai visto cosi, sotto ad una luce simile.

-Non ci mise neppure un giorno dopo l'arresto di mio padre a decidere di darmi via e non so chi ringraziare, ma fortunatamente mia zia riuscì ad aver l'affidamente immediato, soprattutto grazie alla sua posizione e alla sua bella vita che la rendeva in un certo senso la miglior scelta-.

-Non sono stupido, so come gira il mondo e so che tutti hanno uno o piu scheletri nell'armadio, quindi me ne dono fatto una ragione e un giorno, non so nemmeno bene quale fosse, ho capito che non mi fregava poi piu di niente-, abbassò il tono, mentre una coppia di ragazzini ci passava di fronte. -Mio padre è in galera, mia madre è una stupida e i miei genitori non sono realmente i miei genitori, ma...va bene. Cioè penso che potrebbe andarmi peggio, no?-.

Incrociò il mo sguardo e lo vidi abbozzare un sorrsetto. Falso.

-In fondo ho comunque due persone che si sono prese la briga di crescermi e ho ricavato una casa e un patrimonio senza alzare neppure un dito: c'è gente messa peggio-.

Mi si strinse lo stomaco quando realizzai che avevo di fronte un'altro tipo di Davis, completamente diverso dalla persona con cui avevo passato la notte scorsa; e questo non era affatto una cosa bella dato che non credo di saper chi fosse neppure l'altro ragazzo.

Erano passati anni da quando avevo incontrato per la prima volta Davis e avevamo passato altrettanti anni ad odiarci e insultarci e soli pochi giorni prima avrei riso di fronte a chiunque mi avesse detto che avrei potuto parlare civilmente con Davis senza scannarci a vicineda, figuramoci iniziare a confessarci i nostri segreti come due adolescenti.

Scossi la testa: stupida! Che andavo a pensare?!

Mi accorsi del suo sguardo solo quando, dopo un profondo respiro, mi votai verso di lui, per vedere se era ancora immerso nell'immenso vuoto con lo sguardo o se si fosse finalmente sbloccato.

Schiarii la voce. -Non mi sono mai accorta di nulla-, confessai.

Ridacchiò, senza distogliere lo sguardo. -Oh bè sono un grande attore io-.

Mi irrigidii appena, ma cercai di non darlo a vedere mentre come al solito il cervello partiva per miliardi di viaggi mentali in tutte le direzioni, ma una cosa che, non lo avrei mai ammesso, avevo capito era che riusciva a capire quello che mi passava per la testa.

-Non ti ho raccontato questo per mettermi in bella luce con te, Natalie, ma per dimostrarti che forse nessuno è davvero come vuole apparire-, cambiò discorso, attirando la mia attenzaione.

-Che intendi?-.

Voltò la testa completamente verso di me e, lo posso giurare, arrossì. -Tu mi piaci-.

Rischiai di strozzarmi con la mia stessa saliva ma lui finse di non accorgersene, o semplicemente lo ingorò perchè riprese a parlare come niente fosse.

-Mi piaci, ma non come ad un ragazzino sciocco alla sua prima cotta e soprattutto non solo per il sesso, ma è cosi. Mi fai ridere e anche se la maggior parte delle volte sono incerto su cosa dire per non farti fuggire come un fulmine e altrettante volte vorrei solo mandarti a fanculo, mi piaci e non voglio che tu pensi che questo-, indicò me e poi se stesso con l'indice, -Sia solo uno scherzo-.

-Io non l'ho pensato-.

Sorrise. -Oh andiamo! Lo hai pensato di sicuro con la tua testa bacata-.

Scrollai le spalle, punta sul vivo, ma anche sollevata che avesse cambiato argomento; Non che non mi facesse piacere scoprire nuovi dettagli su di lui, ma vederlo cosi teso non era per nulla un bel vedere. Io per prima avevo sempre avuto problemi a parlare della mia famiglia perchè...è mia! E' mia, non penso ci sia definizione migliore, e sincermente alle altre persone non avrebbe dovuto fregare nulla.

-Torna qua Natalie-.

Mi voltai verso di Davis, sbattendo le ciglia, cercando di scacciare quei pensieri. Dio! Se andavo avanti cosi di sicuro avrebbe pensato che vivessi sulle nuvole!

Notai troppo tardi che però lui, aprofittando del mio attimo di smarrimento, si era avvicinato, tanto che trovai i suoi occhi a pochissimi centimetri da me.

Abbassai d'istinto lo sguardo sulle sue labbra.

-Dovrebbe stupirmi sai?-.

-Cosa?-, chiesi.

Con un sorrisetto malizioso si avvicinò maggiormente, colmando quella già precaria distanza tra i nostri visi.

-Che te voglia baciami-, sibilò.

Ci impiegai un minuto in più, ma appena incanalate le sue parole scattai come fulimanta, allontanandomi, scivolanda sulla superificie ruvida della panchina e perdendo quasi l'equilibrio per un secondo.

Lo fulminai con lo sguardo. -Fanculo-.

Sorpreso, abozzò un sorriso prima di scoppiare in una fragorosa risata, tanto da piagarsi in due e tenersi la pancia. Quando capii che non aveva intenzione di smettere mi alzai di scatto, tornando sui miei passi, senza voltarmi.

-Hei, dove vai?-, riprese l'uso della parola.

-Lontano da te-, sbottai.

-Ti sei offesa?-.

-'Fanculo-, mi voltai appena per fulimanlo, ma questo non sembrò far altro che scatenare altre riste da parte sua.

 

 

 

Sospirai, per la decima volta, cambiando appena posizione, seduta sul cofano dell'auto di Davis.

Incrociai le braccia, voltandomi a guardare il paesaggio, unicamente concentrato in negozietti ed erba. Svariate persone stavano camminado, e piu passava il tempo piu amuentavano, mentre il celo si scuriva.

Scivolai più in alto, sulla carrozzeria, sperando quasi di rigarla con i bottoni posti sul retro dei jeans, lasciando cosi un bel ricordino a Mr Simpatia, che non si era ancora deciso a farsi vivo.

Infatti dopo la mia teatrale scena non si era preso il disturbo di alzarsi, ma se n'era rimaso comodo sulla panchina a godersi l'ilarità del momento.

-Nate-.

Sobbalzai, voltandomi verso la figura al mio fianco, e assottiglia subito gli occhi, senza rispondere.

Davis, con tutta la calma del mondo, sfilò dalla tasca le chiavi e fece scattare le serrature, dirigendosi verso il suo posto.

Per un secondo ebbi la tentazione di restarmene là, ma poi mi resi conto che sarebbe stato davvero troppo, anche per i miei canoni e che era meglio resare impassibile di fronte alla sua faccia da sberle. Cosi, con uno slancio scesi dal cofano e mi accomodai nell'abitacolo.

Mi strinsi nella felpa, rabbrividendo al freddo della sera e lui, notandolo, iniziò a giocherellare con i pulsantini del cruscotto, accendendo il riscaldamento.

Gli lanciai uno sguardo di sottecchi e non potei far a meno di ammetterlo ancora: dico com'era carino!

Mi strinsi appena nelle spalle, scacciando quel pensiero inutile e riprendendo lucidità.

-Hai intenzione di non parlarmi piu?-.

-Non vorrei interrompere il tuo divertimento-, sibilai, ricomponendomi.

Ridacchiò. -Oh andiamo, non era neanche una delle mie uscite piu brillanti-.

Alzai un sopracciglio. -Ah perchè ne fai mai qualcuna di brillante? Siginifica che me le perdo tutte, io sento sempre e solo cazzate-.

Scosse il capo, senza smettere di sorridere. -Che linguaggio scurrile, Micheletti. Non va mica bene, sai?-.

Sbuffai, voltanomi verso il finestrino.

Pian piano stavamo uscendo dalla cittadina e non mi sorpresi di sentire una piccola punta di tristezza; Era sempre accaduto, ogni volta che lasciavo un posto che mi iaceva, e benchè non mi ricordassi ancora granchè molto dell mia infanzia passata là, quelle poche ore che avevamo passato tra quelle case, mi erano piaciute moltissimo. Mi appuntai mentalmente di farci un giro, prima o poi, con tutta calma.

Ripercorsi i pochi attimi passati nel caffè, la corta passeggiata ma molto più intensa di altri milioni di momenti ed infine la panchina del parco dove avevamo affrontato uno degli argomenti più difficili.

Dovevo ammettere che se da una parte mi stupiva che Davis avesse scelto me per aprirsi, dall'altra era molto lusingata: si fidava davvero di me, o almeno pensava di poterlo fare visto quanto accaduto.

Il ragazzo freddo e superficiale che avevo conosciuto fino alla settimana scorsa stava pian piano scomparendo lasciando invece luce ad un altra completamente diversa persona, che contro ogni logica mi incuriosice sempre di più.

Una persona che ti piace.

Strinsi le labbra, colpita da quell'affermazione fin troppo schietta del mio alter-ego che non taceva mai. Una frase che era vera...forse, un pò.

Guardai Davis, perso nell'osservare a sua volta la strada con un braccio piegato contro il finestrino e l'altro sul cambio, mentre giudava con tutta la tranquillità esistente al mondo.

Possibile che una persona potesse comparire come l'esatto opposto di quello che era?

Avevo sempre ensato che Davis fosse superficiale, e invice ora scoprivo che riusciva a notare anche i particolari più minuscoli; Pensavo che fosse egocentrico, ma sin dal primo momento lui aveva sempre cercato di capire me , di farmi aprire e ascoltava davvero ogni cosa che dicevo.

Pensavo che della vita non avesse capito nulla, viziato com'è, che ha tutto quanto, e che non dove chiedere nulla, ma mi sbagliavo: lui era la persona più ferita che io conoscessi, portava cictrici che gli occhi non vedevano ma che ascoltando per un secondo soltanto, si potevano scoprire facilmente.

Mi chiesi anche se qualcuno mai si fosse soffermato ad ascoltare.

C'era davvero qualcuno che lo conosceva fino in fondo? A quanti davvero interessava quello che aveva dentro? Quanti sapevano di lui? A quanti importava?

Sentii un groppo formarsi, quando mi resi conto che fino a poco tempo prima neppure a me era mai fregato nulla, che non mi ero accorta neppure di nulla, seppur avendolo ogni giorno accanto a me, senza rendermene conto.

Deglutii, colpita da un pensiero assurdo e prima di starci troppo a pensare, feci scivolare la mano sotto alla sua, che aveva precedentemente spostato sulla sua gamba.

Sobbalzò, a quel contatto, ma non lo guardai. Rimasi invece voltata verso il paesaggio al di là della lastra di vetro e cercai di non farmi prendere dall'imbarazzo, mentre dentro di me iniziavo già ad insultarmi in tutte le lingue del mondo per quel gesto.

Lui non si mosse, ma sentivo comunque i suoi occhi puntati contro, come due torce, peggio di uno squallido film poliziesco.

Ero sul punto di ritirarla, dandomi della stupida, quando con un movimento fluido, Davis accartocciò la sua mano sopra la mia, portandole sul cambio e facendo una leggera pressione per scalare la marcia.

Trattenni appena un sospiro di sollievo, e presa una manciata di coraggio lo fissai.

Guardava dritto davanti a se, come se non si fosse mai mosso da come era poco prima, ma adesso c'erano delle differenze impossibili da non notare; Partendo dalla mia mano, stretta sotto alla sua, schiacciata tra la plastica e il calore della sua pelle, i muscoli delle spalle molto più rilassati contro lo schienale e un sorriso ad illuminargli il volto.

Percependo il mio sguardo si voltò a fissarmi e riconobbi subito la scintilla divertita nel suo sguardo ancora prima che parlasse.

-Sentivi il disperato bisogno di coccole, Nate?-, sorrise a trentaquattro denti.

Divertita, lo dovevo ammettere, alzai gli occhi al cielo. -Oh, ma taci-.

Borbottai, guardando la strada, lasciandolo ridacchiare in santa pace.

 

 

 

Lasciai passare un pò di tempo prima di dar voce ad una mia domanda.

Infatti dopo vari tentativi andati a vuoto in cui aprivo la bocca, prendevo aria e poi la serravo velocemente, mi ero data la spinta finale per parlare, dopo una serie di insulti mentali verso la mia persona propria.

Scusa, ma ti pare che io abbia paura di fare una domanda?!

Mi schirii la voce. -Posso chiederti una cosa?-.

Lui annuì, senza fare altro.

-Mi hai detto che tuo padre non ti ha mai cercato dopo il tuo allontanamento, ma mi chedevo se mai tua madre avesse provato a...bè a contattarti. Se conoseva chi ti aveva preso, forse sapeva anche come trovarti... o poteva cercare.-, aggrottai la fronte. -Hai capito cosa intendo?!-.

Lui annuì, serio. -No-.

Alzai un sopracciglio. -No, non ha capito o no, non ti ha cercato?-.

-No, non mi ha mai cercato-, sbottò, senza voltarsi.

-Ah-, lasciai cadere il discorso, mettendoci un punto sopra.

Per quel giorno poteve benissimo bastarmi ed ero più che certa che anche per lui era la stessa indentica cosa.

Ma come al solito sbagliai.

Infatti, con un sospiro quasi di arrendevolezza si schiarì la voce.

-Pure io ci ho pensato più volte, del perchè non si è mai fatta viva; Sai in molti film vedevo che le donne, le madri, separate dai figli cercano sempre un modo per sapere qualcosa in più su di loro, anche poco, o richiedono delle foto per vedere come sono, e la mia personale esperienza mi ha fatto capire che le femmine sono dannatamente curiose-, sorrise lancinadomi un'occhiata per storto. -Soprattutto su quello che è loro o lo è stato-.

Lo fissai, scettica. -Presuntuoso, a credere di poter etichettare le femmine in modo cosi elementare-.

Ricambiò lo sguardo. -Oh no, Nate. Io adoro tutte le sfacettature delle femmine, le trovo curiose. Nessuna è mai identica all'altra ma per una strana legge naturale vi assomigliate un pò tutte-.

-Io continuo a dire che sei presuntuoso, ma non stavamo parlando di questo-.

Sorrise. -No, infatti. Dicevo: mi stupiva che non avesse mai neppure chiesto a mia madre un contatto, ma vedere per credere, era proprio vero-.

Si adombrò appena. -Nulla, mai, neppure una mail, non una chiamata nessun contatto-, scrollò le spalle. -Ma con il tempo mi sono reso conto che alla fine era la cosa più logica da aspettarsi da lei-.

-Perchè ti aveva lasciato?-, domandai curiosa.

-No, perchè non mi ha mai amato-, sibilò freddo. E ferito. E deluso.

Sentii quella piccola ferita aperta tornare a pulsare e d'istinto guardai la sua mano, sulla mia, che si era stretta maggiormente, nervosa.

Strinsi gli occhi. -Secondo me è solo spaventata-.

Scosse la testa. -No, Nate non cadere anche te nel banale clichè della madre impaurita che teme la reazione del figlio abbandonato. Sei troppo furba per ragionare in questo modo-.

-Una mente contorta direbbe anche che siamo sulla stessa barca-, continuò imperterrito. -Tua madre se n'è andata, la mia ha mandato via me-.

Colpita nel profondo aggrottai la fronte. -Mia madre non aveva sedicianni e aveva una famiglia accanto a lei-.

Sorrise, senza allegria. -la mia aveva troppe cose a cui avrebbe dovuto rinunciare per colpa mia-, scosse la testa. -Vedi? Siamo simili ma completamente diversi, e come ho già detto solo una mente contorta direbbe che siamo sulla stessa barca-.

Cercai di mettere da parte il nervoso, rilassando i nervi per non rovinare la gornata. Chiusi gli occhi, appoggiandomi maggiormente contro lo schienale. -Continua-.

Lanciò un'occhiata di sottecchi nella mia direzione prima di continuare. -Comunque Marco mise a mia completa disposizione un album pieno di foto loro quando erano ancora all'estero e prima della mia nascita, cosi, per farmi un'idea di loro; Di come potessero essere fisicamente almeno-.

Non staccai lo sguardo dal sup profilo nemmeno per un momento, curiosa e -lo ammetto- anche un pochetto incantata.

-E...?-, domandai curiosa, vedendo che non aveva intenzione di proseguire; Non senza una piccola spinta.

Sospirò, strizzando un sorriso. -Sono identico a mia madre: occhi marroni, capelli biondi, naso, bocca...addirittura il taglio degli occhi è identico al suo-.

-Dev'essere una bella donna-, sussurrai pianissimo, tanto che sperai non avesse sentito. Alzai lo sguardo e notai un sorrisetto far caplinea dagli angoli della bocca, da cui intuii che avesse sentito benissimo.

-E' un complimento? Perchè se lo è, penso sia la prima volta che me ne rivolgi uno con tanta schiettezza-.

Sentii le guance scaldarsi, colta in flagrante. -No!-, sbottai, -ma che spari! Era rivolto a tua madre...mica a te, cretino!-.

Ridacchiò. -Oh ecco che ti riconosco-.

Sbuffai, decisa a non cedere e con un colpo di tosse cercai di recuperare l'atomsfera seria che c'era sino a poco prima.

Alzai un sopracciglio. -Comunque l'hai guardata bene, per aver notato tutti i particolari-.

Scrollò le spalle.

-E di lui? Cosa hai preso?-, insistetti cercando di non calcare troppo la mano.

-Non so-, borbottò aggrottando appena la fronte, -Penso il carattere o qualche tipo di passione-.

Nulla? Mi sorpresi molto piu curiosa del previsto. -E' biondo?-.

-Rossiccio-, si voltò verso di me, la macchina ferma davanti al semaforo rosso e mi esaminò con lo sguardo.

-Che c'è?-.

Mi squadrò un ultima volta. -Perchè tutto questo interesse?-, non capii la domanda fino a quando non vidi spuntare uno dei suoi soliti sorrisetti divertiti. -Dovrei ingelosirmi?-.

Spalancai gli occhi, scioccata, e gli diedi una manata sul petto. Ridacchiò lasciandosi sfuggire un piccolo mormorio contrariato, prima di riacciuffare la mano e appoggiarla con la sua sul cambio dove c'era rimasta fino a pochi minuti prima.

-Cretino-, borbottai, girandomi verso il finestrino per vedere dove diavolo fossimo, e notai che mancavano ancora un paio di kilometri per arrivare a casa.

Si schirì la voce, catturando la mia attenzione. -Spero solo di non aver preso il carattere di mia madre, almeno-.

Notai subito la posa rigida delle spalle e mi sentii in dovere di liberarlo di quel peso invisibile che le opprimeva. -No, non sei come lei-.

Si voltò, confuso e stupito, aspettando.

-Non sei il tipo che scappa, Davis-, giocherellai con un filo dei jeans, per distrarmi almeno un pò dal suo sguardo. -Era innamorata di tuo padre, e ha avuto paura; Ma te non scapperesti -, ricordai le parole che mi aveva detto solo il pomeriggio precedente quando il pensiero (ancora terrorizzante, per il mio punto di vista) dell'aspettare un figlio da lui, lo aveva scosso si, ma non da sclerare e darsela a gambe. Anzi, era restato calmo e aveva consolato me.

Un'altra persona avrebbe potuto pensare esclusivamente per se, anche se per ora i fatti certi non c'erano, ma solo stupide teorie.

-Almeno questo te lo concedo-, conclusi alzando lo sguardo dalla stoffa dei jeans.

Lui mi fissò di rimando, impenetrabile come solo poche parsone riescono ad essere, senza proferi parola.

Mi sentii a disagio sotto a quel sguardo. Presi un respiro profondo prima di continuare. -Poi c'è anche da dire che sei arrogante, fastidioso, la maggior parte delle volte presuntuoso e troppo scuro di sè, mi da sui nervi il tuo modo di fare e fai ragionamenti e battutine a doppio denso che neanche nei film di livello C si è mai sentito-.

Ecco, ora lo vidi sorridere, divertito e sentii già il disagio scivolare via come sempre accadeva con lui.

-Cavoli, ti sto proprio simpatico-, disse portando lo sguardo di fronte a se.

-Oh non ho ancora finisto se ti intaressa-, sdrammatizzai, sorridendo a mia volta.

Scosse la testa. -No, tieniti per la prossima volta-.

Ridacchiai, lasciandgli questa piccola vittoria.

Vittoria che lui cercò subito di duplicare, riprendendo la parola quando sarebbe stato meglio tacere.

-Tocca a me allora-.

-Per cosa?-.

-Per elencare tutte le meravigliose cose che penso di te-, mi strizzò l'occhio.

Sbuffai facendo segno con la mano libera. -Avanti, dai! Non mi offenderò mica per pochi insulti: ne ricevo a valanghe, orma ci ho fatto l'abitudine-, commentai sentendo riaffiorare la parte piu acida.

Non lo guardai, ma sentivo i suoi occhi puntatai addosso, fino a che non cominciiò a parlare e mi obbligai a serrare i denti, pronta come al solito ad essere giudicata.

Non seppi neppure spiegarmi perchè mi sentii cosi delusa e irritata da quello che mi avrebbe detto, di sicuro non cose belle visto quello che gli avevo detto io, nè seppi dare una spiegazione al mio comportamento che nel giro di mezzo secondo era peggiorato solo perchè Davis, non una persona qualunque, ma Davis stava per in qualche modo, in quello più scherzoso esistente, insultando, come d'altronde eravamo soliti fare.

E invece ora era cosi: mi sentivo troppo esposta per non prendere seriamente quello che mi avrebbe detto; Che ero sciocca, stronza, acida, irritabile...

-Sei la persona più fastidiosa che io conosca-, cominciò con un sorrisetto.

Ecco appunto, commentai tra me e me, amaramente.

Lui però non sembrò farci troppo caso. -Riesci a portare una persona all'esasperazione e hai un carattere impossibile-, il tono si fece poco più serio, -Sei buffa, fai delle espressioni che non ho mai visto e quando sei arrabbiata sembri un piccolo micio che soffia offeso-, ridacchiò.

Assorbii le sue parole e mi voltai stupita verso di lui, sentendo anche delle carezze che aveva incominciato a fare sul dorso della mia mano, mentre paralava a ruota libera.

-Sei acida, ma quando inizi a litigare tri fuori frasi che a mente lucida sono certo non ricordi neppure, sei dolce e in quei pochi momenti in cui ti concedi di abbassare le armi diventi la persona più...fragile che esista; Ti chiudi a riccio appena ti si sfiora e non accetti che le persone possano giudicarti, ed è forse per questo che non dai nulla a nessuno, cosi che la gente non abbia nulla da poter usare contro di te.

-Ma io so anche che non lo fai apposta il più delle volte perchè c'è qualcosa dentro di te che sembra bloccarti ogni volta che ti lascia andare, come un istinto primordiale che di vieta di essere fragile e semplice difronte ad altre persone-, aggrottò la foronte, senza levare lo sguardo dalla strada, facendo cadere del tutto il tono scherzoso.

Era serio. Dannatamente serio mentre diceva quelle cose.

-Hai un costante bisogno di far vedere a tutti che da sola sta benissimo, ma quando sei con me, quando siamo stati a letto assieme, ti ho vista Nate-, sussurrò serio. -Ti sei resa fragile e ho capito che la maggior parte delle volte non vorresti nemmeno essere cattiva ma sei solo...spaventata. E questo è il tuo modo per salvaguardarti-.

Per un momento pensai che non stesse neppure guardando la strada: aveva uno sguardo troppo concentrato, come se non si trovasse neppure più lì, in auto, ma da qualche altra parte.

Sorrise appena e continuò. -E mentre dormi assumi un'espressione dolcissima, assomigli ad una bambina e ti stringi da sola con le braccia, quasi a volerti proteggere anche mentre i sensi sono assopiti-, rafforzò la presa sulla mia mano. -E in questi momenti sei bellissima-.

Ignorai il leggero pizzicchio che sentivo agli occhi e al naso, ignorai il calore sulle guance, ignorai la stretta che sentivo allo stomaco: prestai attenzaione solo a lui.

Aveva detto che ero bellissima, aveva detto che ero dolce e altre cose che al solo pensiero mi facevano arrossire e contemporaneamente schifavo per la troppa dolcezza da diabete, ma...le pansava davvero?

Erano davvero pensieri suoi? Mi vedeva cosi?

Mi resi conto ancora di non conoscere per nulla Daniel Davis, ma solo una parte di lui, quella che permettava di essere vista, e senza neanche accorgermene era stato lui a capire me, mentre io cercavo a scarsi risultati di capire lui.

Poteva essere la stessa persona?

Lo stronzo arrogante e quello gentile.

Era questo Davis?

-Mi vuoi baciare vero?-.

Quella domanda mi colse impreparata.

-No!-, arrosii colta in flagrante.

Ridacchiò, sorridendo a trentadue denti. -Oh andiamo...ho fatto un discorso da urlo, perfino io mi bacerei se potessi-.

Aveva il tono ancora un pò serio e la voce rauca, segno che anche lui aveva sentito l'aria seria che si era formata poco prima.

Mi voltai dalla parte opposta, cercando di nascndere le guance al suo sguardo attento. -Ecco, allora lascio a te l'onore di farlo-.

Ridacchiò lasciando sfumare definitivamente l'atmosfera seriosa, ma continò ad accarezzare il dorso della mia mano.

Sentendo quel contatto non potei negare di aver davvero una piccola e minucola voglia di baciarlo; Ma di farlo davvero, cercando di trasmettergli quello che a parole non gli avrei mai detto.

Avrei davvero voluto che sapesse che avevo capito che quelle parole non erano solo buttate a caso, che mi avevano scaldato il cuore, che ero stupita e grata perchè aveva capito con quanto animo aspettavo e temevo un suo giudizio e che ero felice che lui provasse questo per me.

Si, provasse, perchè anche se in amore non sono una cima, sono certa che una persona che odi non ti tirerebbe mai fuori parole simili, com'ero anche certa che una persona che odi non avrebbe mai potuto farti sentire come le sue parole avevano fatto sentire me: aprezzata, come donna e come persona.

Cosi mi ritrovai a sorridere, mentre dentro di me sentivo nascere una leggera paura a quei pensieri cosi...complicati e sbagliati.

E sempre con quella sensazione contrastante tra dentro e fuori, mi sorse una domanda, anche se non avevo idea su come esporla.

-Tua madre amava molto tuo padre, vero?-, chiesi a bruciapelo. -Era sicura di quello che provava, tanto che si era sentita persa senza di lui-.

Non rispose, e lo presi come una conferma.

-Lo amava-, sussurrai più a me stessa che a lui.

Osservai il suo profilo teso, mentre il sole illuminava quei tratti seri e incredibilmente attraenti.

Ora o mai più, mi obbligai, sponandomi.

-E te invece? Ti sei mai innamorato, Davis?-.

La domanda non lo colse di sorpresa, o se lo fece lui non ne diede prova, rimanendo rilassato contro il sedile, bloccando solo per pochi secondo il movimento del pollice sulla mia mano.

Sorrise, guardandosi un po’ attorno prima di spostare lo sguardo sulla mia mano ancora stretta tra le sue gelide.

-Si, forse si-.

Incassai il colpo, cercando di non pensare che quel forse fosse per me, ma neanche che fosse per qualcun'altra e seguii il suo suggerimento silenzioso, accomodandomi a mia volta contro il sedile morbido, guardando fuori dal finestrino il paesaggio scorrere.

Lasciai solo svincolare un dito da sotto la sua mano e carezzai la sua mano a mia volta.

Qualunque cosa tu sia ci tengo, pensai sperando che anche lui potesse capirlo.

 

 

 

Chiusi la porta del bagno dietro di me, sgattaiolando di corsa in camera, per non prendere freddo, coperta com'ero da un semplice asciugamano.

Frizzai con un asciugamano le punte, cercando di non gocciolare da tutte le parti e mi diressi decisa verso la cassettiera, sentendo di già il gelo pungermi la pelle bagnata.

Per un secondo il mio pensiero volò a Davis;

In macchina avevamo discusso un pò sul da farsi, io decisa a tornare a casa, lui un pò meno, ma alla fine aveva dovuto soccombere. Avevo notato come avesse allungato il viaggio, scatenando una piccola lite e alla fine ero riuscita a tornare a casa sana e salva.

Avrei voluto rimanere ancora un pò nella sua macchina a parlare ( litigare a seconda dei punti di vista), ma avevo subito notato la pettegola della casa di fronte rallentare il passo quando ci vide assieme dentro lo stesso veicolo; Non che potesse ricordarsi di Davis e riconoscerlo, ma ero certa che mi avesse vista a me e non sarebbe passato neppure un giorno prima che tutti venissero a conoscenza del fatto.

Quindi ci eravamo salutati con un semplice ' A domani' ed ero entrata di corsa in casa.

E dopo una doccia rilassante e rinfrescante mi sentivo molto più rilassata di come lo fossi mai stata sotto a questo tetto. Un pò di merito chiaramente andava a Davis, ma non lo avrei mai ammesso, che sia chiaro.

Sentii un tocco alle mie spalle e mi voltai veloce, aspettandomi mio padre. Invece, contro ogni mia aspettativa c'era Beatrice che, mani infilate nelle tasche della tuta viola, mi fissava.

-Si?-, chiesi senza farci troppo caso.

Non mi sarei fatta scalfire l'ottimo umore che dopo tanto ero riscita a tenermi.

Indicò il letto. -Posso?-.

La squadrai, incerta, ma alla fine annuii. La osserva attraversare la stanza fino al letto, dove ci si sedette, incrociando le gambe sotto al corpo.

Aspettai.

-Sei uscita con Daniel-, sussurrò guardandomi dritta negli occhi.

Non era una domanda. -Si-.

-E sei stata con lui ieri sera, vero?-.

La fissai stupita. -Tu com...-.

Scrollò le spalle. -Intuito-.

Lo aveva capito semplicemente vedendolo quel pomeriggio o per altro?

-Si-, sussurrai cercando di non far trapelare altro.

La vidi abbassare lo sguardo prima di aprirsi un un sorriso e guardarmi. -Ti piace?-.

Scostai un ciuffo dalla fronte, seria. -Non sono fatti tuoi-.

-Oh bè, volevo solo saperlo, perchè a lui sembri proprio piacere-, ridacchiò sorvolando sul mio tono duro.

Per un momento rividi la Bea bambina che mi raccontava della sua cotta che aveva per Andrea, il figlio del fruttivendolo, che sorrideva e arrissiva al solo pensiero.
Per un momento, solo.

Deglutii scacciando quel pensiero. -Ripeto, non sono cavoli tuoi-, sbottai incrociando le braccia al petto.

Questa volta sembrò capire perchè sbattè le ciglia più volte, arricciando il labro inferiore.

-Ah-, sussurrò alzandosi dal letto come scottata. -Bè allora vado di sotto. A dopo-.

Mi sentii in colpa, vedendola cosi e cercai di scacciare anche quella sensazione, senza riuscirci stavolta;

Perchè sei cosi stronza?, la vocina più fastidiosa del mondo sembrava aver messo le tende nella mia testa. Perchè fai cosi con tua sorella?

Le parole di Davis tornarono quasi per dargli ragione: ho capito che la maggior parte delle volte non vorresti nemmeno essere cattiva, ma sei solo...spaventata. E questo è il tuo modo per salvaguardarti.

Era davvero cosi? Era solo paura la mia?

-Bea-, parlai senza neppure rendermene conto.

Lei si voltò, sorpresa forse dal tono gentile, e aggrottò la fronte.

Toccava a me. -Lo pensi sul serio?-, domandai semplicemente.

Beatrice mi osservò incerta se parlare o meno, ma non si fece troppo pregare: sorrise scoprendo una fila di denti bianchi e dondolò appena sui talloni prima di riscondere.

-Se gli piaci? Oh, è ovvio-, assunse un'espressione furba e felice allo stessto tempo che fece alleggerire il peso che sentivo nel petto.

Annuii stringendo il nodo dell'asciugamano come appiglio, sorridendo a mia volta. Forse con un pò meno di entusiasmo.

Ma lo feci, e penso che capì anche lei che stavo tentando, più di come avessi mai provato a fare in quattro anni a quella parte.

Le feci cenno con la testa. -Chiudi la porta, dai-.

E con un ultimo sorriso, suo, e un sospiro, mio, rientò in camera, chiudendo alle sue spalle la porta.
Un ultimo pensiero si fece largo nella mia testa: ma che diavolo mi hai fatto Davis?!!

 

 

 

 

 

 

 

NdA:)

Saaalve =)

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO A TUTTE!! XD

Hei hei..okay ora abbassate i forconi e le lance...vengo in pace :):)

lo so, lo so sono in ritardo come al solito ma sono qui, no? Com'è il detto...? meglio tardi che mai?

Bè ora sono arrivata e sono pronta per i pomodori!!!

Come al solito faccio una piccola parentesi per poi lasciare la parola a voi:)

Punto 1: La storia di Davis: premesso che non ho mai vissuto una situazione del genere nemmeno lontanamente, ho cercato di renderla il meno possibile banale, scontata ma neppure mi sono creata chissà quale ragnatela in testa; Volevo una cosa semplice ma come già detto non è un campo conosciuto, come gli altri che bene o male ho un'idea ben precisa e ho qualcosa di concreto su cui basarmi, non sapevo bene come muovermi, come iniziare, come trattare l'argomento che credo sia anche abbastanza delicato

Come scrittore penso che scrivere di una cosa mai davvero provata sulla propria pelle sia come un salto nel vuoto, e quindi ero un pochetto spaesato ma...ormai ero in gioco!!

Detto ciò mi scuso se qualcuno con più esperienza in questo campo si è sentito in qualche modo toccato o offeso! Ho cercato di dare il meglio...

Punto 2: Nate&Daniel: Le cose si sono allargate ulteriormente e la scena in macchina era da un pezzo che ci pensavo e credo di ver messo tutto ciò che avevo in mente:)

Su di loro c'è sempre troppo poco da dire o mai abbastanza quindi spero di sentire cosa avete voi da dire a proposito!!!

Punto 3: Bea: bè...chiamiamola riconcigliazione o nuovo inizio, ma forse Davis è la causa che ha smosso un pò le acque (in bene stavolta) Tra le due sorelle;)

 

 

Ricordo per ultimo il gruppo su Facebook interamente dedicato alle mie storie _______

Jede EFP @Between Pride&Love@ (https://www.facebook.com/update_security_info.php#!/groups/295983767087053/329706003714829/?notif_t=like) per chiunque volesse iscriversi!!! :):)

 

Un bacione enorme:):)

Je:):):)

 

 

 

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Capitolo 21
*** 21. TUTTO HA UN PREZZO ***


 
CAPITOLO 21
Tutto Ha Un Prezzo
 
 
 
 
All of these word whispered in my ear,
Tell a story that I connot bear to hear,
Just 'cause I said it, it don't mean I meant it,
people say crazy things,
Rumours Has It
Rumours Has It
 
 
[Tutte queste parole sussurrate nel mio orecchio,
Raccontano una storia che non sopporto di sentire
Soltanto perchè l'ho detto, non vuol dire che lo intendevo davvero
La gente dice cose folli
Le voci dicono
Le voci dicono]
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ero in terza media quando avevo capito come funzionassero per davvero le cose tra un ragazzo ed una ragazza. Intendo sentimentalmente parlando, sia chiaro.
Forse sembrerà strano, ma sono il classico tipo che fino all'ultimo è certa che fra due ragazzi, di sesso opposto possa anche esistere della semplice amicizia. 
Della semplice, banale, noiosissima amicizia.
Col tempo imparai a osservare dato che di paratica ne ebbi ben poca.
Perchè? Bè mi piacerebbe dire che avevo un carattere duro anche alle medie, mentre tutto attorno a me sembrava fatto di cuoricini e zucchero a velo, ma con dispiacere devo ammettere che non fu per colpa del mio caratteraccio.
Oh no. Stavolta fu il destino a decidere che non ero ancora preparata per fidanzarmi con un ragazzo. O lo fece proprio un ragazzo.
E cosi fu infatti per ben quattro anni, partendo dalla prima media in cui ebbi la prima scossa da parte degli ormoni, ma che non servì a nulla se non un orrendo, orrendo periodo fatto di pensieri smilati e sguardi persi che mi rese agli occhi altrui perfettamente identica a tutte le altre.
Come gia detto il fatomatico ragazzo, in questo caso il fratello di quella che sarebbe diventata la mia migliore amica, era completamente indifferente a tutto questo e finì veloce com'era iniziato tutto.
Non ebbi il cuore spezzato, cosa che mi lascia la deliziosa prerogativa di credere di non essere stata realmente innamorata di lui.
In seconda superiore conobbi Alice e le cose cambiarono.
In fatto di amicizia capii che esisteva davvero qualcuno con cui potermi confidare e che esisteva anche la possibilità che le bionde possedessero un cervello, cosa che sino a quel momento era una vera incognita per me.
Chiusa come ero sempre stata in fatto di sentimenti e soprattutto d'amore non ho mai avuto l'onore di poter scambiaro consigli su questo campo; Sembra una grande cavolata ma davvero, essere in classe con venti ragazze che non fanno altro che parlare di fidanzati, amore e sesso non è il massimo della vita, soprattutto se a me mancavano.
Più di una volta avevo assitito alla scena di una fidanzatina in lacrime durante la ricreazione e delle sue, probabili, amiche che la consolavano, aggiungendoci anche un confortante "lo so, ti capisco, so cosa provi".
Ecco. Per quanto possa essere una frase fatta o una banalità io non avrei mai potuto dire una cosa simile, non con l'esperienza che avevo. E cioè nulla.
Dopodichè con Alice arrivarono anche le domande e i discorsi imbrarazzanti. Hai un ragazzo? hai mai baciato qualcuno? Sei mai stata a letto con uno? Ti piace quello? 
Domande banali che ricevevano altrettante risposte banali e ben presto mi resi conto che provavo disagio.
Una leggera puntina di disagio, a camminare in mezzo a tutte le altre, ma che mascherai sempre al meglio, cercando di non darlo a vedere; E iniziò la prima vera crisi che io ricordi dopo i braccioli a cinque anni e le tempere all'asilo.
Iniziai a domandarmi se non fossi io quella strana, se avessi qualcosa che non andava e che, chiaramente, non attirava i ragazzi, ma posso affermare con orgoglio di essermi ripresa in fretta.
Solo dopo aver perso la verginità.
Oh si, feci sesso la prima volta durante una vacanza assieme ad Alice e i suoi genitori, Nelle spiagge assolate della Spagna, in un piccolo cottage poco lontano dalla casa che mi ospitava, con un ragazzo che non avevo mai visto, che non avrei mai rivisto e che non ricordavo neppure tanto bene.
Certo, ricordo benissimo la sua voce e il suo tocco, ma per il viso e il corpo col tempo avevo iniziato a perderne i contorni fino a dimenicarmene quasi.
Mi ricordo solo che sapeva di mentolo. Quello che usano gli uomini per farsi la barba cosa che mi porta a credere che avesse pochi più anni di me.
Non voglio sembrare superficiale, ma ricordare i particolari rende il ricordo piu speciale di quando in realtà sarebbe.
Ma questo è un'altra storia.
Ora invece il dilemma è un'altro. Come ragazza sono costantemente spinta a credere che quello che vedo non può essere vero, che devo sbagliarmi e che ci deve essere una spiegazione logica a quello che ho di fronte, ma come mente fredda mi rendo conto che le cose che mi si sono presentate sotto agli occhi sono esattamente come sono, che non ci sono dubbi su ciò che vedo e che, sfortunatamente, non c'è alcun fraintendimento.
Ecco perchè sono stupita e scioccata alla stesso tempo nel rendermi conto che la persona che sto baciando è Filippo.
 
 
 
Cinque ore e mezza prima
 
 
Appena messo un piede fuori dal letto venni assalita da una sensazione mai provata prima; Fu qualcosa che mi artanagliò il petto, facendolo stringere in una morsa all'altezza della bocca dello stomaco. Un sensazione bella.
Come se fossi certa che quella sarebbe stata un buona giornata.
Come se lo potessi sentire.
Probabilmente fu proprio per questo motivo che quando uscii di casa quel mattino, con ancora in bocca il sapore del latte e il spalla un kilo di libri, mi venne da sorridere in modo alquanto idiota difronte all'immagine che mi apparve.
Una cosa stupida, banale e tremendamente sciocca che in un qualunque altro momento mi avrebbe fatto alzare un sopracciglio sciettica e scocciata ma che per questa volta mi colse impreparata e contenta.
Per un secondo sperai che Davis non se ne fosse reso conto ma quando montai sull'auto, dentro cui mi stava aspettando lui, venni accolta da un sorrisetto derisorio.
Sbuffai, lanciandoli un'occhiata come avvertimento di non rovinarmi il morale.
-'Giorno-, salutò iniziando a muoversi.
Sistemai lo zaino in mezzo alle gambe senza guardarlo. -'Giorno, a cosa devo questa sorpresa?-.
Scrollò le spalle. -Mi andava, problemi?!-.
-Non l'hai mai fatto-.
-Aiuto la crescita della tua istruzione, facendoti arrivare a scuola in orario-.
-Potevo andare in autobus-.
-Potevi-.
-Non eri obbligato a venire a prendermi-.
Sembrò pensarci un'attimo. -No, non lo ero-.
Annuii, voltandomi verso la sua direzione. -Ma sei qui-.
Strirò un sorrisetto sulle labbra. -Se vuoi ti mollò alla prossima fermata. E comunque sembri allegra: non sono certo se esserne felice o averne paura-.
Lasciai perdere la sua provocazione, incuriosita dall'ultima parte della frase. -Perchè dovresti aver paura del mio umore? Di solito non dovresti preoccuparti di quando sono incazzata più che felice?-.
-Hum quindi sei davvero felice, l'hai ammesso-, si voltò a guardarmi, sorridendo.
Scaccia con la mano un ciuffo finito davanti agli occhi. -Non hai risposto-.
Riportò lo sguardo di fronte a sè, svoltando all'incrocio.
Continua ad osservarlo testarda finchè con uno sbuffo divertito fece saettare gli occhi dalla strada a me e ritorno.
-Che c'è?-.
-Non vuoi rispondere?-.
Rilasciò un'alito, divertito. -Oh Nate, era per dire, no?!-.
Incerta se lasciar perdere o meno, spostai lo sguardo di fronte a me; Avevo imparato col tempo che qualunque cosa dicesse Davis, o qualunque altra forma maschile dell'universo, non era mai detta tanto per dire. Anzi la maggior parte delle volte era semplicemente un modo per far uscire una cosa senza che nessuno gli desse troppa importanza.
Il mio silenzio attirò la sua attenzione, o forse non aveva mai abbassato la guardia, e non mi stupii quando sentii un'altra volta i suoi occhi puntati addosso.
-Dovresti guardare la strada-, sbottai.
Seppi con certezza che sorrideva. -Sono un'eccellente autista. Mai neppure una multa-.
-Bene allora vedi di non cominciare da oggi-, gli lanciai una veloce occhiata, complimentandomi da sola: stava sorridendo. Come al solito.
Ridacchiò. -Ma tu non eri felice fino a poco fà?!-.
-Non mi piace chi sorvola sulle cose-, mi difesi, senza essere aggressiva. O almeno ci provai, ma venni messa a dura prova dalla risatina di scherno che gli sfuggì dalle labbra. 
-Disse colei che scappava sempre-.
Touchè, sibilò divertita la vocina nella mia testa.
Assottigliai gli occhi. -Mi sembrava di aver smesso di farlo-.
Il sorriso si restrinse di poco, sul suo viso. -Non tanto come credi tu-.
-Oh scusa. Non sapevo di essere sotto analisi-.
Sospirò, facendo svanire il resto del sorriso che fino a poco prima aveva stampato in faccia. -Nessuno ti sta analizzando, Nate-.
-Più passo il tempo con te, e più mi sembra il contrario-, constatai voltandomi verso il finestrino, in un gesto, che lo ammetto, aveva dell'infantile.
Bè almeno lo ammetti da sola.
-Oh andiamo!! Ti ho mai fatto intendere che ti volessi analizzare, forse?! Non sono uno strizzacervelli, e non mi disperdo in svariati giri mentali, io-, una fecciatina neppur tanto velata.
Lo fulminai. -Se con analizzata intendi osservata, giudicata e punzecchiata fino allo sfinimento allora si, caro Davis, te mi analizzi continuamente-.
Registrai appena le dita delle sue mani che stringevano con una presa soffocante il volante, sino a sbiancarsi le nocchie. -Punzecchiata?!!-, sbottò scettico.
-Si! Punzecchiata!! Non fai altro da giorni e guai a te se dici il contrario-, alzai il tono senza neppur rendermene conto. 
Spalancò gli occhi, senza mollare la presa dalla strada. -Oh avanti! Allora illuminami: in che modo ti avrei punzecchiata in un modo che chiaramente, ti fa uscira fuori di testa?-.
-Mi stai dando velatamente della pazza?!-.
-No-, sbottò, voltandosi appena per incrociare il mio sguardo. -Di sicuro non velatamente -.
-Fanculo Davis-, sibilai allo stremo.
Pazzesco come in pochi attimi riuscissimo a passare da una semplice coppia di ragazzi che chiacchieravano a diventare cane e gatto. Certo, non mi dovevo neppur sorprendere visto che si trattava di Davis e che di semplice c'era ben poco tra di noi.
-E comunque-, ripresi. -Ogni singolo istante che abbiamo passato assieme dopo la palestra te non hai fatto altro che spingere e spingere ancora per arrivare a Solo-Dio-Sa-Cosa! Non fai altro che insistere per aver delle risposte e ancora e ancora, finchè non sei soddisfatto-.
Presi fiato. -E sai una cosa, Davis?! Io mi sono rotta-.
-Dopo la palestra?-, ripetè scettico. -Lo sai vero che non è un reato dire che abbiamo fatto sesso?!-.
Non potei vedere la mia espressione, ma sono certa che non fu proprio un bello spettacolo; Sentii in pochi secondi le guancie prendere colore e veloce cercai una risposta per non rimanere immobile a boccheggiare come un pesciolino fuor d'acqua.
-Lo so! Ma vedo comunque che non hai perso il vizio di non rispondere-.
-Ah perchè era una domanda quella di prima?! Scusa tanto ma io sentivo solo accuse e veleno-, non si fece attendere.
-Non era una domanda, idiota!-, sbottai al limite della sopportazione.
Il mio ultimo acuto si disperse nell'abitacolo, mentre un silenzione calava tra di noi, spazzando via tutto quel buon umore che avevo posseduto per un pochino.
Sentivo un maciglio gravare sulla bocca dello stomaco e un nodo in gola, diverso dal semplice nodo da pianto; Questo era molto peggio era una sensazione che non era la prima volta che provavo con Davis, ma che ogni volta che la sentivo portava con se tanto di quel rancore e fastidio da rendermi più acida del solito. Molto più del solito.
Era frustrazione. Fredda e sentimentale frustrazione.
Quella che senti quando sei ad un passo dal baratro che in questi casi era una vera e propria lite che mai come in quel momento speravo di poter evitare. Ehmbè si, non volevo litigare con Davis.
Non fino a quel punto.
Volente o dolente ormai mi c'ero affezionata, come accade con un cucciolo di cane; più o meno. 
Forse.
Ma invece di scigliersi, con questi ragionamenti, il peso sembrò aumentare di secondo in secondo. Secondi che nessuno dei due aveva intenzione di riempire.
Con un rapido sguardo fuori dal finestrino mi resi conto che non mancavano molti chilometri prima di arrivare a scuola: la fortuna di abitare a chilometri di distanza dalla propria scuola. Diamine che situazione del cavolo.
Mi agitai appena sul sedile del passeggiero, prendendo una boccata d'aria e facendomi mentalmente coraggio per rompere quel silenzio che sembrava piu pesante di mai.
-Non voglio litigare con te-.
Spalancai gli occhi. Non ero stata io a parlare, ma Davis, che non si girò neppure nella mia direzione.
Addossai appena la schiena sul sedile, sollevata di non aver dovuto fare io il primo passo e che fosse stata lui ad aver rotto quel silenzio, dimostrando ancora una volta che non ero di certo io a far girare le cose per il verso giusto.
Annuii, trattenendo per me il sollievo.
-Sembra che però non riusciamo a far altro-, uscì un tono più acido di come l'avevo pensato, ma non ci feci caso. -Continuamente-.
Sentii provenire un sospira dalla sua parte. -Ritira gli artigli, Micheletti-.
Forse scherzava, ma lo presi in parola per una volta; annuii cercando di scacciare quella sensazione di malessere.
Volevo davvero che per una volta le cose tra noi andassero bene.
Abbassai lo sguardo per un istante e poi, raccolto un po di coraggio, e messo da parte un pezzetto d'orgoglio, alzai lo sguardo sul suo viso. 
-Neppure io voglio litigare con te-.
Lo vidi annuire, senza staccare lo sguardo dalla strada. -Sembra che però non riesci a far altro-, mi scimmiottò.
Lasciai che stavolta fosse un sorriso a rispondergli, alleggerendo l'aria e chiudendo il discorso.
Con un rapido sguardo fuori e un calcolo mentale, mi schiarii la voce. -Comunque siamo arrivati. Fammi scendere pure qui-.
Ricambiò il mio sguardo, corrucciando la fronte. -Eh?!-.
-Fammi scendere qui-, ripetei tirandomi inbraccio la tracolla.
-No-.
Sbattei le palpebre sorpresa. -No?-.
Scosse la testa. -No, perchè devi scendere qui? Posso anche portarti a scuola, sai?-.
-No, non serve-, ribattei.
Sorrise. -Hai paura di presentarti a scuola con me? Quarda che non finiremo in galera per questo-.
-Ascolta lo so, ma ora potresti fermarti?-, mi mossi nervosa sul sedile, notando la distanza dalla scuola dimmezzarmi.
-Nate, non devi...-.
-Ti fermi?!-, sbottai indicando con un gesto il marciapiede. -Per piacere, ti puoi fermare un attimo?-.
Chiuse la bocca, lanciando uno sguardo contrario e, si, anche arrabbiato, ma mi accontentò, mettendo la freccia e accostando a bordo strada.
Deglutii, prendendo tempo e fiato. -Preferisco farmela a piedi-.
Senza più l'obbligo di controllare la strada, Davis si voltò con tutto il busto verso di me, fulminandomi sul posto. -Spiegami il perchè-.
Non era una domanda.
Scrollai le spalle. -Cosi. Non c'è un vero motivo-.
Non finii neppure la frase che lui partì a parlare. -Te lo so dire io perchè: ti vergogni. Si capisce che è cosi, ma non capisco di cosa tu ti debba vergognare-.
Spalancai la bocca, sorpresa. -Cosa? Io non mi vergo...-.
-E invece si! Eccome se ti vergogni-, sbottò. -E qualcosa mi dice che ti vergogni proprio a farti vedere con me-.
Scossi la testa. -No-.
-E dato che non è di certo per il mio aspetto, perchè Dio Santo sono uno schianto!, allora dev'essere per il tuo dannato orgoglio. Hai paura che facendoti vedere con me il tuo ego spoporzionato che fino a ieri si vantava di odiarmi, ne subirebbe?-.
-Non capisci-, sbottai alzando a mia volta il tono di voce.
Davis mise su un'epressione ironicamente sorpresa. -Oh ma davvero?! E cos'è che non capisco, di Grazia?! Non capisco quanto possa essere difficile mettere da parte l'orgoglio e andare avanti o non capisco quanto sia importante per te l'apparenza?-.
-Io non sono cosi superficiale-.
-Strano, stai dando tutt'altra impressione-, sibilò portandosi poi una mano alla fronte e spostandosi indietro i ciuffi biondi ricaduti sulla fronte, nervoso. -Dannazione è cosi importante quello che pensano gli altri per te?-.
-No!-, scattai. -Ma mi ascolti almeno?!-.
Si zittì, tenendo gli occhi chiusi. -Parla allora-.
Aspettai che mi guardasse prima di continuare. -Non mi vergogno, e non mi frega di quello che pensano gli altri, non mi è mai fregato di quello che pensano.
-E' solo strano, tutto qui! é strano che io e te arriviamo a scuola assieme, che andiamo a scuola assieme, che parliamo e scherziamo, che passiamo ogni pomeriggio assieme-.
Si lasciò scappare un sorrisetto ironico. -Allora è ancora per quella storia-.
-Quale?-.
-"Va tutto troppo veloce"-, mi fece il verso, -Allora? è cosi?!-.
Annuii. -Si, è vero. Che ci posso fare se questo mi sembra ancora tutto troppo strano per essere credibile?!-.
-Dovresti semplicemente farlo, Natalie! Cazzo ma non ti è mai passato per la testa che non siamo in un film e che le cose accadono solo se vuoi che accadano?! Che anche se non abbiamo avuto settimane per avvicinarci va comunque bene?-, sbottò fulminandomi con lo sguardo. -Va bene cosi Natalie, non ci serve altro tempo-.
-Non siamo in un film, lo so, ma non ci sono abituata-.
-Stiamo parlando di me e di te?-.
-Sto parlando di me!-.
-Siamo in due, non ci sei solo te-.
-Lo so!-.
-Non hai porvato a metterti nei miei panni?-.
-E tu nei miei, allora?!-.
-Non esisti solo tu, lo capisci-.
-Sto provando a lasciarmi andare, okay?-.
-Ma non ci riesci vero? Fidarsi di Davis, che cosa inimmaginabile!!-.
-Non è semplice-.
-C'hai provato almeno una volta?-.
-Si ma mi devo abituare-.
-A fidarti del prossimo?!-.
-No, ad amare stupido idiota!!-.
Il silenzio che ne seguii mi fece pensare di aver detto qualcosa di sbagliato,  ma nulla che non fosse pugnalare Davis fino alla sua morte non mi sfiorava la mente. Vittima che si era chissà come zittita sul posto e mi fissava mezzo allucinato.
Certa di aver detto qualcosa di sbagliato, ripensai alle parole dette e l'illuminazione mi colpii in pieno come uno schiaffo, facendomi chiudere gli occhi di colpo e maledirmi.
...ad amare.
Cazzo!! 
Bella mossa, soldato, ridacchiò la vocina malefica.
Davis non parlava e il silenzio stava diventando più ingobrante di qualunque altra cosa provata, tanto che mi portò a sussurrare un veloce: -Vado-.
-Cosa significa?-, Davis riprese la parola cercando di incrociare il mio sguardo; cosa che evitai accuratamente che accadesse.
Aprii la portiera prima che potesse fermarmi, ma non abbastanza; riuscì infatti ad afferrare la tracolla che avevo trascinato con me, bloccando cosi il mio tentativo di fuga. 
-Che significa?!-, ripetè.
-Nulla-, sbottai alzando lo sguardo e incrociando il cioccolato dei suoi occhi,  che sembrava in qualche modo essersi oscurato. -Non significa nulla Davis, lasciami in pace!-.
Tirai la borsa affinchè mollasse la presa e poi richiusi con un tonfo la portiera alle mie spalle.
Presi subito la direzione della scuola, lasciandomi sfuggire un sospiro e passandomi una mano, ghicciata, sulla faccia, per riprendermi. Gli avevo detto malamente che mi stavo innamorando di lui, che alla fine non era neppure vero. 
Non ero innamorata di Davis... forse.
...
Cazzo!!
 
 
 
 
 
In Fisica
Una Fusione Dovrebbe Scatenare
Sempre un'Esplosione
 
 
 
 
A parole è tutto semplice. Quante volte abbiamo detto cose che poi a fatti non abbiamo mai fatto?  
E' normale però che questo accada perchè ci si illude che le parole poi ci diano la forza di trasformarle in fatti e quando questo accade siamo presi da una sensazione di dispiacere.
Verso noi stessi o verso gli altri, verso chi abbiamo illuso.
Ma in fondo le promesse sono esattamente cosi: un salto nel vuoto. Soprattutto le promesse, quando noi giuriamo, a volte mettendo in mezzo la nostra vita o qualla di un familiare, per sembrare a volte piu sinceri.
Le promesse sono ipotesi di successo.
Abbiamo la stessa probabilità di fare una cosa che di non riuscire a farla.
Certo il piu delle volte le promesse vengono mantenute, ma è solo un pensiero di base, perchè alla fine, se si osserva bene, c'è sempre una o piu persone che raggirano la promessa per scamparla.
E questo va anche bene.
E' però quando deludiamo qualcuno che non è una cosa cosi bella; Soprattutto se a qualla persona vuoi bene o ci tieni.
Io sinceramente nella mia vita posso dire con assoluta certezza di essere riuscita a deludere tutti almeno una volta; Partendo dalla famiglia, i professori, gli amici e cosi via, tutti hanno avuto la loro buona parte.
E sono stata ricambiata.
Molte volte mi giustifico dicendo che è il mio carattere ed è andata cosi, ma la verità è che io ho deciso che volevo che andasse cosi. E' semplice dire che le cose avvengono perchè è il destino che vuole che queste capitino, ma non è vero.
La verità è che noi anche senza rendercene conto scegliamo sempre la strada meno battuta, che alla fine si rivela la piu semplice.
L'essere umano è di natura una perona complicata che fa scelte semplici.
Sarebbe un bel casino se fosse il contrario, no?
Come è accaduto con me: avevo da scegliere se essere sincera con Alice, ma ho scelto di tacere e lasciare che pian piano da sola la verità saltasse fuori e cosi è stato. Non ho messo gran fatica e non mi sono dovuta sforzare per confessere tutto, ma il risultato è peggiore di come sarebbe potuto essere se avessi scelto un'altro modo.
O forse sarebbe andata allo stesso modo, ma questo non lo saprò mai.
Io, sono un persona che sceglie la strada meno battuta perchè mi va bene cosi.
Perchè non mi va di dare il cento per cento di me stessa per una cosa che forse non ne vale neppure la pena.
Nel mio caso poi bisogna sottolineare che sono orgogliosa. Molto orgogliosa.
Non dare agli altri nulla; non avranno nulla da toglierti.
Ma anche questa è una scelta semplice ma che porta ad una conclusione difficile. 
Da quando mia madre ci aveva lasciate, da quando mia sorella è diventata il punto principale a casa nostra e da quando mio padre non vede altro di me che un superficie opaca, il mio modo di pensare si è semplificato.
Non dare, non ti daranno mai nulla in cambio.
Si, questa è sicuramente la scelta piu facile che esista.
Ed io l'ho scelta.
 
 
-Hei Nate-.
Mi voltai, stampandomi in faccia un sorriso; Filippo scese gli ultimi scalini, sbattendo quasi contro una ragazzina del primo anno, e mi raggiunse di fronte alle macchinette.
Non c'era quasi piu nessuno nei corridoi, ma in classe mia c'era assemblea e non avevo di certo voglia di farmi tre rampe di scale di corsa solo per assistere all'ennesimo tentativo di rendere la nostra classe una classe "piu unita".
Come se potesse mai accadere.
-Come va?-, chiesi quando mi fu accanto.
Oltre a noi c'era un gruppo di ragazzi appoggiati al muro, una ragazzina di fronte a me e una coppia di ragazze dietro di me che attendevano il loro turno.
Filippo scrollò le spalle, guardando la macchinetta. -Cosi e cosi-.
Alzai un sopracciglio. -Che succede?-.
-Hum nulla-, lasciò cadere il discorso scuotendo la testa, spostandosi alcuni ciuffi dalla fronte.
-Che ti prendi?-.
Mostrai le monetine che avevo in mano. -Caffè-.
Lui annuì. Lo guardai con la coda dell'occhio: era strano vederlo cosi calmo, solitamente iniziava a parlare a macchinetta ed era un vero miracolo riuscire a farlo tacere per piu di un minuto. Invece ora se ne stava là, lo sguardo fisso di fronte a sè, e una faccia tirata come pochissime volte gli avevo visto addosso.
-Sicuro di stare bene?-, domandai.
Lui annuì. -Si, si-, borbottò voltandosi finalmente verso di me. -Solo qualche pensiero-.
Sorrisi. -Brutti pensieri?-.
Filippo annuì ancora, stavolta senza neppure provare a sorridere e senza distogliere lo sguardo da me; Aggrottai la fronte confusa.
-Tutto okay? Sei strano Filippo-.
-E' vero che stai con Daniel?-.
Spalancai la bocca e gli occhi di colpo, colta di sorpresa e solo una misera parte del mio cervello stava ipotizzando che razza di faccia da pesce lesso avevo; Tutto il resto era in black out.
-C-cosa?!-, sbottai alzando di parecchio la voce, tanto da attirarmi addosso l'attenzione della ragazza davanti a me.
Filippo non mi rispose, ma continuò  a guardarmi come se nulla fosse.
Spostai lo sguardo attorno a me, prima di afferrarlo per la manica e trascinarlo lontano dalle  macchiente e da tutte quelle orecchie curiose, perdendo di conseguenza anche il mio turno; Si lasciò trasportare come un peso morto fino in fondo al corridoio, dove non c'era altro che uno sgabuzzino e un termosifone.
Lo mollai, posizonandomi di fronte a lui.
-Chi cavolo ti ha detto una roba del genere?!-.
-Ne parlano un pò tutti-, alzò le spalle. -Ti hanno visto nella sua auto-.
Deglutì springendo i denti. -Quando?-.
Lui aggrottò la fornte. -Allora è vero-, non era una domanda.
-Non hai risposto-.
-Nemmeno tu-, stroncò sul nascere la mia difesa. -State davvero assieme?-.
-No!-, sbottai. -No e mi stupisco che tu ci abbia solo pensato. Ma ti pare? Io e Davis?!-.
Misi a tacere la vocina prima ancora che spuntasse fuori con un'altra sua pillola di saggezza e cercati di restare impassibile, senza mostrarmi troppo agli occhi di Filippo.
Io e Davis cos'eravamo?! Bè neppure io ormai lo sapevo piu.
-E allora perchè eri con lui?-.
Scossi la tesa. -E' una storia lunga Filippo-.
-Perchè sei andata via con lui dal pub? E perchè sei sparita per un'intera domenica? E per non parlare di ieri! Dove cavolo eri?!-, alzò la voce, iniziando anche a gesticolare.
Spalancai gli occhi. -Non sono affari tuoi e poi...cos'è mi pedini adesso? Che ti frega di quello che faccio!-.
-Mi frega invece perchè siamo amici-, sbottò. -Siamo amici e tu non mi racconti nulla-.
-Ah allora è questo? Ti senti tagliato fuori o non hai abbastanza scoop da raccontare in giro?-, incrociai le braccia.
Fu il suo turno di rimanere sorpreso. Spalancò la bocca guardandomi come se avesse di fronte una alieno e, contrariamente a quanto mi aspettavo, si calmò; Sarebbe meglio dire che si sgonfiò letteralmente come un palloncino, buttando fuori tutta l'aria. 
Si portò una mano davanti agli occhi, pizzicandosi la punta del naso prima di continuare.
-Perchè stiamo litigando?-.
Incrociai le braccia, lasciando da parte la rabbia. -Non ne ho idea-.
Aprì gli occhi, lasciandosi sfuggire un sorriso. -Facciamo pena-.
Ridacchiai, annuendo. -Si, lo so-.
Spostai lo sguardo, rendendomi conto che ormai eravamo gli unici ad essere in corriodio, ma comunque non sembrava che la nostra lite avesse attirato nessun professore, quindi potevamo stare tranquilli.
-Non mi dirai nulla, vero?-.
Guardai Filippo. Lì immobile, con i suoi soliti jeans strappati e quei bei quindici centimetri di differenza, le spalle diritte e lo sguardo da cucciolo bastonato ma rassegnato mi faceva una grande tenerezza: mi sembrava di essere tornata indietro a quel giorno che, varcati i cancelli della scuola, mi ero ritrovata appresso un bambino che cercava in me un'idolo da seguire.
Infilai le mani in tasca, abbassando lo sguardo e scuotendo la testa.
Filippo era una delle persone migliori che avessi mai conosciuto, ma non  riuscivo neppure con lui a confidarmi; E' dura da spiegare, ma c'era un qualcosa di poco logico che me lo impediva ogni volta che provavo a fare quel passo avanti.
Come se fossi costantemente sul ciglio del burrone, da cui riuscivo sempre a tirarmi indietro poco prima di cadere.
Filippo ridacchiò, riportandomi alla realtà. -Mi accontenterò dei pettegolezzi allora-.
Stirai un sorriso. -Non credere a tutto quello che si dice-.
-Non lo faccio-, aggiunse, -Ma meglio di nulla-.
Annuii, appoggiandomi con le spalle al termosifone, sentendo i calore penetrare tra gli strati di stoffa e tenni lo sguardo fisso sui suoi occhi: mi dispiaceva non riuscire a confidargli tutto, ma ero certa che fosse meglio cosi.
-Dimmi solo una cosa-.
-Spara-.
Prese un respiro. -Ti piace, non è vero?!-.
Alzai un sorpacciglio, ma non mi lasciò parlare, riprendendo il discorso.
-Non mentire-.
Strinsi le labbra, abbassando lo sguardo per un istante sul pavimento; Mi ritrovai a scuotere la testa ancora prima di decidere cosa sarebbe stato meglio dire.
-No-, borbottai. -Ammetto che non mi è piu indifferente, ma no, non mi piace-.
Filippo mi guardò per un momento, standosene in silenzio e osservando una qualche reazione che non riuscì a leggere perchè sbuffò, voltando la testa in un'altra direzione. 
-Non ti credo-.
-Dovresti-, feci un passo indierto. 
Lui scosse la testa. -Non ci credo-, ripetè prima di osservarmi aggrottando la fronte. -E' cosi importante per te questa bugia?-.
Sbattei le palpebre. -Sei libero di non credermi-.
Fece un passo avanti e registrai solo con la coda dell'occhio che stava stringendo i pungi. -Dio santo, Nate, cosa ti ci vuole perchè tu ti possa fidare di qualcuno, eh? guardati, sei sola-, sbottò indicandomi. -La tua miglire amica ti ha voltato le spalle, la tua famiglia è inesistente nella tua vita e ti ostini ancora a ripararti dietro un muro che ti sei costruita da sola per proteggerti da qualcosa che neppure esiste-.
Stava tornando ad alzare la voce e ormai c'erano solo pochi centimetri a separarci. 
-Io sono qui, invece, mi vedi? Sono ancora qui anche se tu non mi hai mai dato nessuno ragione valida per non girarmi e fare come fanno sempre tutti-, distolsi lo sguardo. -Smettila di mentire, okay?-.
Scossi la testa. -Non capisc..-.
-Okay, basta!-, mi interruppe. -Davvero non ti piace? Ne sei convinta al cento per cento?-, sbottò.
Annuii, guardandolo negli occhi, ma lui aveva distolto lo sguardo, puntandolo a qualcosa alle mie spalle. Socchiuse gli occhi, ma non feci in tempo a voltarmi per controllare cosa guardasse, bloccata dalle sue mani che mi tennero ferma per la spalle.
Abbassò lo sguardo. -Ne sei sicura?-.
Lo fissai confusa. -Ti ho già det..-.
-Okay-, sbottò prima di calare e unire le nostre labbra.
Mi ritrovai cosi a sentire il suo sapore dritto in bocca, soprattutto grazie alla sorpresa che mi aveva lasciata letteralmente a bocca aperta cosi che lui ne approfittò per infilare appena la lingua.
Accarezzò il mio labbro inferiore, e quello mi bastò per riprendermi dallo shock iniziale e respingerlo; Sebbene fosse piu alto di me e piu muscoloso ci misi davvero poco a separami da lui, mettendo spazio tra di noi con una spinta.
Non potei farmi prendere per troppo tempo dallo stupore perchè sentii un tocco conosciuto stringermi il braccio e tirarmi indietro. 
Non ebbi neppure il bisogno di voltarmi, per sapere chi fosse.
Davis, al mio fianco era livido di rabbia. 
-Che cazzo fai?-, sbottò.
Filippo arrettrò di fronte a quello scoppio, ma non disse nulla limitandosi a passarsi una mano tra i capelli, cosa che sembrò riuscir a far infuriare ancora di piu Davis.
-Mi rispondi, deificente?!-, fece un passo avanti, verso di lui.
-Io, non volev...-, borbottò qualche scusa che non riuscii a capire, ma quando vidi Davis avvicinarsi ancora a lui mi decisi a riprendere tutte le finzionalità del mio corpo.
Gli afferrai un lembo della maglietta. -Davis-, lo richiamai.
Lui si voltò appena verso di me e aggrottò la fronte, squadrando il mio viso; Non ho idea di come potesse essere il mio viso, ma un'angolino del mio cervello stava cercando di placare il bollore che sentivo sulle guancie.
-Vi lascio parlare-, borbottò Filippo, filando via di corsa prima che Davis riuscisse a bloccarlo.
Mi strinsi nelle spalle, senza voltarmi, ma sentendo comunque i sui passi salire la scale; Nessuno dei due parlò e non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo per vedere cosa stava facendo.
Feci un passo indietro, appoggiandomi contro il muro per riprendere fiato.
Per affrontare tutto dovevo prima fare un rapido riassunto: in meno di mezzo minuto Filippo mi aveva baciata, Davis ci aveva visti, aveva fatto una scenata degna dei peggiori film di serie C ed ora sembrava essersi imbalsamato sul posto.
Quando parlò, poi, la sua voce era stranamente calma. -Che cosa stavi facendo?-.
Alzai lo sguardo stupita. -Io?-.
Annuì, serio. -Si, e non fare la finta tonta-.
Socchiusi gli occhi. -Cosa?!-, sbottai.
Si passò una mano davanti agli occhi. -Porca miseria, Natalie! -.
-Che hai-, mi difesi. -Io non ho fatto nulla-.
Spalancò gli occhi. -Ah e la sua lingua nella tua bocca, com'è che c'è arrivata?-.
Stinsi le labbra. -Piantala, piantala subito, okay?-.
-Cosa?-, sbottò.
-Smettila di far...fare questo-, gesticolai indicando la sua figura. -Non sei il mio ragazzo, e questa cosa dovrebbe essere? Una difesa del mio onore? Un'entrata in scena da perfetto gentiluomo?-.
Strinse i pugni, avvicinandosi. -Ti sei lasciata baciare-, concluse gelido.
Lo guardai confusa e stupita sentendo all'altezza dello stomaco una fastidiosissima stretta, quasi dolorosa che mi tolse il fiato per un minuto.
Cosa voleva dire con quella frase? Pensava che l'avessi tradito? Pensava davvero che mi ero lasciata baciare cosi, dal nulla dopo che per giorni non avevo fatto altro che baciare lui? Possibile che avesse cosi poca fiducia in me?
E perchè diamine mi dà cosi fastidio?
Socchiusi gli occhi, ingoiando il nodo che mi stringeva la gola. 
-Non sei il mio ragazzo-.
Davis incassò il colpo, sbattendo gli occhi e stingendo i denti. -Perchè fai cosi?!-.
Scossi la testa, facendogli capire che non sapevi di cosa parlava. 
-Lo sai che mi piaci, te l'ho detto mille volte, cos'altro ti serve per capirlo, eh?-, sbottò.
-Non te l'ho mai chiesto-, ribattei fredda, cercando di non dar a vedere la confusione che invece avevo dentro. -Non ti ho mai detto di amarti-.
-Stamattina però hai detto...-.
Spalancai gli occhi. -Stamattina non ho detto di amarti-, ripetei.
Davis si fece indietro, spostandosi di lato, senza distogliere lo sguardo. -No, vero. Non mi hai però neppure detto il contrario-.
Deglutii, sentendo la risposta affiorare ed il cervello carcare di ricacciarla lontano.
No, non farlo.
Fallo.
Quanto passava dal voler fare una cosa per il proprio bene e farne una per il bene di qualcun'altro? Troppo poco.
-Te lo sto dicendo ora-.
Non distolsi lo sguardo e riuscii quasi a vedere la delusione passare nei suoi occhi; Dopo la mia frase si allontanò maggiormente e dentro di me sentivo che tra noi c'era molto piu spazio di quei pochi centimenti.
Eravamo troppo distanti.
Lo eravamo sempre stati.
Annuì, abbassando per un attimo gli occhi. -Hai ragione-, borbottò, - Sincermante? Credevo che ci fosse qualcos'altro dietro a quello che fai vedere ogni giorno, ma penso sia arrivato il momento di lasciar perdere-, sussurrò scuotendo la testa.
Mi si strinse il cuore, ma cercai di non darlo a vedere.
-Sei davvero gelida come appari, Micheletti-,  borbottò mordicchiandosi il labbro, seguito dai miei occhi, -E mi dispiace per questo, perchè avevo scommesso su di noi-.
Abbassai lo sguardo, sfuggendo ai suoi occhi e prendendo un respiro cercando di rischiarirmi le idee. 
Parlagli, sbottò la vocina, smettila di comporarti da stupida.
Continuò lui. -Basta, sarai felice, finalemnte mollo la presa-.
Scusa, pensai invece, rendendomi conto che non avrei fatto nulla.
Ma non accade sempre cosi nei film, d'altronde? Non ci si capisce, si litiga, ci si lascia.
E solitamente è il personaggio principale a prendersele e rimanere immobile mentre l'altro se ne va, forse per sempre?
-Non dici niente?-.
Alzai lo sguardo, sentendo gli occhi lucidi senza una vera motivazione però a giustificarli e un groppo stringermi la gola.
Scossi la testa, osservando quegli occhi marroni che mi avevano fatto dannare cosi a lungo e che in questi pochi giorni però erano riusciti ad entrarmi dentro come nessun'altra cosa c'era mai riuscita.
Sei pronta a rinunciarvi?
-Perfetto-, borbottò prima di voltarsi ed incamminarsi dalla parte opposta.
E come nei migliori film, io rimasi immobile.
 
 
 
 
 
 
 
NdA :)
 
Okay, tanto per cominciare chiedo umilmente perdono e vi prego di lasciar da parte forconi e fucili, vengo in pace :)
Spero che non abbiate abbandonato Nate e Daniel anche se vi ho lasciato epr un luuuuungo periodo senza loro notizie, ma spero che mi possiate perdonare!! Certo non è un capitolo particolarmente dolce e felice, ma...bè stiamo proseguendo, abbiate pazienza.
Questa è la svolta, e ancora per una volta nate ha fatto la sua scelta, giusta o sbagliata che sia ormai è fatta...tocca a voi dirmi che ne pensate!!
^^ 
Mi ritirio, aspettando vostri giudizi e come al solito ringrazio tutti quelli che mi hanno commentato lo scorso capitolo, riempiendomi come sempre di gioia e che ricaveranno presto una risposta come sempre... e un ringraziamento a tutte quelle che mi seguno ancora sul gruppo su facebook :)
 
Spero stiate tutte bene e che il capitolo vi sia piaciuto...hum difficle visto come finisce però vabbè :)
Un bacione
Je :)

p.s. Avverto che correggerò in questi giorni gli errori di ortografia degli scorsi capitoli :)


Ricordo che vi potete sempre iscrivere al gruppo creato per le mie storie e i vostri commenti :)
Between Pride&Love _____________
http://www.facebook.com/groups/295983767087053/

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Capitolo 22
*** 22.PUNTO D'INCONTRO ***


Lo so che vorrete tutte andare a leggere il capitolo, ma vi chiedo solo pochissimi secondi e dopodichè potete andarvi a leggere questo capitolo che si è fatto attendere per troppo tempo.
Intanto volevo ringraziare di cuore le ragazze sul gruppo fb che hanno aspettato con pazienza e non mi hanno mandato a quel paese ad ogni scusa; e anche a voi che leggete senza fermarvi a recensire e che sparite veloci, ma che amate almeno un pochettino Daniel e Natalie tanto da poter aspettare anche un pò...
Per chi non fa parte del gruppo fb ci tenevo a spiegare che il ritardo è dovuto ad un esame importantissimo che, per fortuna, ho superato e adesso, per chi ricorderà, ricomincierò a scrivere come facevo agli inizi, con aggiornamenti non troppo distanti, massimo una settimana, e spero che cosi possiate anche trovare voi un minuto per scrivermi qualcosa :)
Bene chiedo scusa per l'attesa e... buona lettura :)
 
 
 
 
CAPITOLO 21
Punto d'incontro
 
 
Come on, come on
Don’t leave me like this
I thought I had you figured out
Something’s gone terribly wrong
You’re all I wanted
 
[Dai, dai
Non mi lasciare così
Ho pensato di averti compreso
Qualcosa è andato terribilmente storto
Tu sei tutto quello che io abbia mai desiderato]
 
 
 
 
 
Sono una persona obbiettiva. 
Okay, forse il piu delle volte sbaglio a dire, o fare, o giudicare una particolare circostanza, ma ho sempre cercato di essere il piu sincera possibile con me stessa.
In fondo l'unica persona con sui posso esserlo senza sentirmi sotto pressione, sono proprio io, quindi non mi viene difficile ammettere ciò che sono.
Se dovessi stendere una lista di difetti, questa sarebbe molto lunga. Per cominciare sono pigra, ma chi a questo mondo non lo è; Sono orogliosa, bè ormai questo si è pure capito e poi sono cinica.
Oh, si, sono molto cinica, soprattutto con le altre persone e ancor di piu con quelle che mi stanno piu vicine.
Tendo a non ascoltare quello che mi dicono e a non credere alle loro parole.
Poche volte infatti posso affermare di aver creduto a qualcuno, ma con il carattere che possiedo è una buona arma per non cedere.
Dopo la partenza di mia madre, circa due anni dopo, mio padre aveva portato mia sorella da uno psicologo perchè si era chiusa un pò in se stessa e, oltre alla sottoscritta, tendeva a non rivolgere la parola a nessun altro, cosi da isolarsi in una bolla di silenzio.
Con me però parlava: ero io infatti ad asciugarli le lacrime quando, a notte fonda, sgusciava nel mio letto e dormiva abbracciata a me per non sentirsi sola.
Ma in fondo la capivo, era piccola.
Comunque, nel periodo che andò in analisi, se cosi la vogliamo chiamare, mio padre non le staccava gli occhi di dosso, neppure per un secondo; Avevo nove anni quando mi ruppi il braccio destro dopo essere caduta dalla bicicletta e mio padre, anche se Beatrice ormai era grande, preferì mandarmi al ponto soccorso con i vicini che accompagnarmi e lasciarla a loro per un paio di ore.
Inutile spiegare il casino che accadde dato che serviva un tutore legale per firmare tutti i moduli, ma da quel che ricordo quella è stata la prima volta in assoluto in cui ha guardato mio padre in modo diverso; mi feci un'idea ben lontana da quella che avevo prima di lui.
Me ne stavo seduta sul divano con un braccio ingessato e lo guardavo aiutare mia sorella a fare i compiti e ogni secondo che passava mi sembrava di non riconoscere piu nessun dei sui movimenti, come se fosse un'estranero, come se non l'avessi mai visto muoversi in quelle mura.
E poi venne la gelosia.
Bruciante e fastidiosa gelosia, il costante desiderio di essere migliore di mia sorella e allo stesso tempo inutile dato che sembrava non vedere nessuno dei miei tentativi. Non passarono neanche dodici mesi prima di rendermi conto che quel desiderio era completamente svanito lasciando solo dell'amaro laddove c'era affetto.
E quando provò lui ad avvicinarsi, toccò a me metterlo da parte.
Quello che però ricordo con assoluta precisione erano le sue parole, ogni qual volta io gli facevo presente la sua preferenza per Bea: negava e mi rassicurava, ma non passava neppure mezz'ora prima che tornasse da lei.
E da lì la mia sicurezza nelle promesse e parole degli altri è pian piano sfumata fino a scomparire.
Per questo, ora, ripensando alle parole di Davis, non riesco a credergli. Mi piaci.
Poteri crederci, ma sono certa che dietro quelle parole c'è di piu. Non riesco ancora a credergli, ma questo, diversamente dalle altre volte, mi fà male.
 
 
 
Lascia cadere la matita sul tomo di letteratura, producendo un rumore sordo che non distrubò per nulla la quiete che regnava in biblioteca.
Il tomo di scuola restava immoblie ed inutilizzato di fronte a me, ma non passò neppure mezzo secondo prima che spostassi un'altra volta lo sguardo da tutt'altra parte; Al mio fianco il continuo rumore della penna che scriveva sul foglio mi stava facendo venire il mal di testa, ma non avevo neppure la forza per chiedere gentilemente a Sarah di piantarla.
Ci fosse stato poi chissà cosa da scrivere.
Trattenni l'ennesimo sbadiglio e mi stiracchiai, cercando di adattarmi alla scomoda forza della sedia il legno della biblioteca.
-Che fai?-, Sarah parlò per prima, dopo quelle che mi sembravano ore.
Le lancia uno sguardo scettico. -Secondo te?-.
Lei non si risparmiò di fulminarmi. -Ci eravamo divise il lavoro o sbaglio? Perché mi sembra tanto che sto facendo tutto io-.
Sbuffai, posando le braccia sul tavolo. -Sto lavorando-.
-Vedo-, borbottò tornando a scrivere.
Trattenni un commeto acido e tornai a fissare le scritte sul libro; Inutile dire che non passò neppure un minuto prima che la mia attenzione fu catturata dallo scaffale che mi stava di fronte.
-Micheletti-.
Mi voltai riluttante verso Sarah che mi fissava con uno sguardo allucinato; Sembrava una classica bambina che richiama all'ordine la compagna di giochi, con tanto di mani sui fianchi.
-Che c'è? Devi andare in bagno?-, sorrisi. -Vai pure, non serve che mi chiedi il permesso-.
Sbuffò. -Senti, io non ho intenzione di lavorare anche per te, okay? Quindi vedi di muoverti o sulla relazine il tuo nome non ci sarà-.
Schiocchai la lingua contro il palato, alzando gli occhi al cielo. -Oddio, mi sto quasi preoccupando-.
Lei scosse la testa. -Bene, fai un pò come ti pare-.
Io sospirai, voltando la testa dall'altra parte e seguendo con lo sguardo una coppietta che stava in quel momento uscendo fuori dal portone in legno dell'entrata.
Mordicchiai il labbro inferiore, presa da un'idea; mi voltai di scatto verso Sarah.
-Sai cosa mi farebbe studiare bene?-.
La mora alzò gli occhi dal foglio, aggiustandosi gli occhiali con la sua solita aria da superiore. -Sentiamo-.
-Aria fresca-, sorrisi.
Lei mi scrutò per un minuto buono prima di sbottare: -Non se ne parla-, e piegarsi un'altra volta sul tomo.
Incrociai le braccia. -E perché, scusa?-.
Sbuffò. -Fuori ci potremmo distrarre e basta, meglio restare qui-.
-Qui, mi sento soffocare-.
-Qui, solitamente si studia-.
-Bè io non sono il tipo che studia e se lo devo fare mi serve ossigeno, cosa che in questo luogo scarseggia-, assottigliai lo sguardo.
Sarah espirò con calma, prima di guardarmi negli occhi. -Mi spieghi qual'è il tuo problema?! Non puoi restare qui? Manca ancora poco e poi potrai andare dove piu ti pare e piace-.
Alzai un sopracciglio. -Si, ma a me serve aria adesso-.
-E sia-, sbottò senza alzare la voce. -facciamo come vuoi, ma se dopo non lavori, ti giuro che finirò il lavoro per conto mio e te ti arrangi-.
Iniziò a raccogliere le sue cose e con un sorriso di vittoria la imitai.
In men che non si dica eravamo già fuori, dirette ad un bar poco distante dal centro dove avremmo potuto sostare per quanto ci comodava e mettere anche qualcosa nello stomaco.
Presi un grosso respiro, finalmente felice di poter ascoltare dei rumori che non fossero solo pagine di libri sfogliate e penne che strisciavano sui fogli; e finalmente quell'opprimente odore di libri se n'era andato.
Come ci si può aspettare da un sabato pomeriggio, il centro era pieno zeppo di gente: anziani, coppie, gruppi di amici, single con cani appresso e cosi via.
Io e sarah ci sedemmo su un tavolino all'ombra, abbastanza grande per contenere tutti i nostri libri, e ci fermammo solo un secondo per ordinare due tramezzini e bibite; Giusto davanti a quel bar c'era un parco dove la maggior parte della gente si era fermata, sdraiata all'ombra di qualche albero a godersi i primi raggi di sole o a chiacchierare.
L'atmosfera era stupenda e non ero l'unica a pensarla cosi.
-Sai, avevi ragione. Qui si respira meglio-, sorrise Sarah pulendosi gli occhiali con la maglietta.
Sorridendo soddisfatta di quella piccola vincita, mi limitai a lanciarle un'occhiata di sottecchi che ingorò bellatamente.
Calò il silenzio per qualche minuto, in cui, nessuna delle due sembrò avere intenzione di continuare la ricera; Ci guardavamo semplicemente attorno, in una pausa concorda.
Solitamente non programmavo i miei pomeriggi, ma a volte mi ritrovavo spesso in giardino a guardare la gente che passava e lasciando che la mente partisse per qualche direzione a me sconosciuta, quindi non era una novità per me rimanere immobile ad osservarmi in giro, ma ero certa al cento percento che non fosse la stessa cosa per Sarah.
Se ne stava, infatti, dritta e rigida sulla sedia, guardandosi attorno con circospezione, come se si aspettasse un attacco alieno da un momento all'altro.
-Rilassati-, sbottai, appoggiandomi meglio allo schenale.
Sarah spostò lo sguardo su di me, prima di riportarlo di fronte a se. -Sai io non ti ho mai capita-.
Le lanciai un'occhiata di sottecchi. -Ti prego non dirmi che è arrivato il momento delle confessioni-.
Scrollò le spalle, ignorando il mio commento. -Ma si, questo tuo costante atteggiamento da superiore, come se non ritenessi nessuno alla tua altezza-.
Mi irritai. -Parla meglio: dove vuoi arrivare?-.
Sbuffò. -Da nessuna parte, rilassati. Ho solo provato a vedere come avresti reagito di fronte ad una confessione cosi diretta e come immaginavo, hai messo su di nuovo quell'espressione-.
Socchiusi gli occhi. -Hai finito?-.
Sarah mi fissò per un minuto prima di annuire; Abbassai lo sguardo sulle mattonelle sotto ai miei piedi e iniziai a tracciare un contorno di una con la punta della scarpa.
-Posso chiederti solo una cosa?-.
Come un fulmine mi tornarono alla memoria tutte le volte che avevo sentito quella domanda e ogni santissima volta spuntava fuori lo stesso nome. 
-Se stai per domandarmi di Davis, ti avverto che...-.
-E chi lo ha mai nominato?!-, mi bloccò subito. -Lui non c'entra-.
La guardai, incerta se crederle o meno, ma alla fine mi arresi, scrollando le spalle in un tacito consenso a proseguire.
-Che è successo tra te e Alice?-, sbottò senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Mi strinsi nelle spalle, deglutendo. -Nulla di cosi importante-.
-Strano perchè a scuola si dice che te e lei non vi parlate piu, e visto che eravate praticamente inseparabili, mi chiedevo...-.
-Quando sarebbe stata l'ora di farti una vita tua?!-, sbottai, chiudendo subito il discorso. 
Non ne volevo parlare, possibile che la gente non potesse farsi gli affaracci proprio? Che problema avevano tutti.
La mia frase sembrò andare a buon fine perchè Sarah si zittì immediatamente e ricadde il silenzio; La guardai, notando come il suo sguardo non si scrollasse dalla strada e un leggero, leggerissimo, senso di colpa mi fece quasi pentire di quello che avevo detto.
Sospirai. -Non ne voglio parlare, ok?-.
-L'avevo capito-, borbottò.
-Strano che ancora tutti a scuola non lo sappiano, visto come corrono le voci là dentro-.
Si strinse nelle spalle. -Non sono un tipo particolarmente interessato ai pettegolezzi-.
La squadrai. -E allora perchè me lo domandi?-.
-Sai com'è, la curiosità vince sempre su tutto-.
-Immagino-, repressi a stento una smorfia infastidita.
Lanciai uno sguardo al parco, sentendomi attratta da quel paesaggio cosi calmo, anche se pieno zeppo di gente, e per un attimo mi sembrò quasi di non essere seduta là, su una scomoda sedia di uno squallido bar, ma essere sdraiata su una coperta, a prendere quei pochi raggi del sole che sembravano ancora troppo timidi per farsi vedere.
Mi venne quasi da chiudere gli occhi se Sarah non mi avesse riportato al presente. 
-Allora?-, continuò, -Ricominciamo?-, indicò i libri con un cenno.
Annuii senza staccare lo sguardo dal verde. -Si-.
Come una calamita però non riuscii a distogliere lo sguardo dal parco e rimasi ancora per parecchi attimi incantata a fissare quel verde scuro che sembrava attirarmi tanto.
Aggrottai la fronte, spostando lo sguardo sul quaderno e sentendo una strana sensazione addosso, come se qualcosa di inspiegabile mi stesse punzecchiando lo stomaco.
Scossi la testa, aprendo il libro a dove mi ero interrotta in biblioteca e ripresi a leggere il paragrafo, pronta a scrivere le cose piu importanti; Non passò però neanche un minuto che alzai un'altra volta lo sguardo dal libro per posarlo sul giardino.
-Natalie?-, Sarah mi richiamò.
La guardai.
-Scrivi anche tu, sennò il tuo nome non c'è lo metto sulla ricerca-.
Annuii, abbassando lo sguardo, ancora confusa. Ripresi a scrivere, scostando una ciocca di capelli che mi cadde davanti gli occhi e alzando ogni tanto lo sguardo, attratta inesorabilmente da quel paesaggio.
Sarah mi richiamò ancora. -possibile che tu non riesca a sgombrare la mente per piu di pochi secondi? Non scherzo quando dico che...-.
Smisi immediatamente di ascoltare, quando finalmente individiai cosa mi attrisasse tanto.
Non è possibile.
Come se fosse accanto a me, vidi ogni dettaglio della sua figura: era lì, era lui, era Davis. Al parco, in quel momento, proprio in quell'ora, come a farlo apposta!
Era seduto su una coperta, sotto ad un albero e stava scrivendo qualcosa al cellulare, rilassato; Il dettaglio che però, attirò subito dopo la mia attenzione fù un'altro: non era solo.
Una ragazza era sdraiata al suo fianco e giocherellava con il laccio delle sue scarpe, ridacchiando di tanto in tanto e si da dove ero seduta io, potevo vedere le sue labbra muoversi nel dire qualcosa.
Strinsi le labbra, sentendo un ago perforarmi definitivamente lo stomaco e una gran rabbia montarmi dentro; Ironico pensare che fino a pochi giorni prima mi stava confessando con cosi tanto trasporto che gli piacevo e adesso casualmente dopo che gli avevo rifilato un due di picche si fosse trovato di già un'altra ragazza.
Ironico, davvero molto divertente.
-Natalie-.
Mi voltai verso Sarah, piu per ignorare quella visione piu per reale interesse. 
-Mi spieghi che hai?-, mi osservò un'attimo aggrottando la fronte. -Ancora arrabbiata per prima?-.
Prima...?
-No, non è per prima-, abbassi lo sguardo.
Mi voltai verso il parco giusto in tempo per vedere Davis alzarsi e sistemarsi prima di allungare una mano verso la ragazza. Lei si pettinò i ciuffi chiari con le dita prima di sorridergli, sistemandosi il maglioncino e mi sentii cosi stupida a notare tutti quei dettagli inutili.
Come notare quando fosse magra e piccina, la classica ragazza che sarebbe potuta stare con un tipo come Davis; Come notare che era vestita in un modo dannatamente semplice che però le stava benissimo.
E la cosa peggiore, la piu stupida fu quando mi ritrovai a paragonarla a me, con una felpa di tre taglie piu grande e dei jeans che usavo dal lontano 2009.
Chusi gli occhi, sentendo quella sensazione peggiorare di secondo in secondo e mi obbligai a non guardare oltre.
-Oh-.
Il sussurro stupito di Sarah però attirò la mia curiosità e non c'è la feci a non guardarla. Lei di rimando, invece, guardava verso il parco ed ero certa che aveva visto la stessa cosa che avevo visto io.
Abbassai lo sguardo, aspettandomi ad un momento all'altro uno sguardo pietoso o patetico da parte sua. 
-Hei, hemm, stai bene?-, mi chiese.
Alzai lo sguardo, sorridendo ironica. -Oh, penso che puoi fare anche di meglio-.
Sarah si morse un labbro. -bè, io non...-.
Alzai gli occhi al cielo. -Non ti preoccupare, ti tolgo subito dall'imbarazzo, non devi dire nulla. Io e Davis non stiamo assieme, non ci siamo lasciati e non mi ha tradita, quindi non ho bisogno di essere consolata-.
-Okay-, borbottò Sarah voltandosi di nuovo verso di loro.
La imitai e li guardai mentre si scambiavano le ultime parole prima di separarsi; ovviamente prima di andare lei gli si appiccicò addosso e gli stampò un bacio sulla guancia, che lui non rifiutò. Ma era ovvio: in fondo era un'appuntamento, no? a meno che in quei due giorni non si fossero già incontrati altre volte.
Certo, forse prima lui l'aveva portata sul terrazzo e dopo ancora nel suo appartamento, e solo allora aveva deciso di portarla in un luogo pubblico. forse l'aveva anche presa per mano e abbracciata, confessandole che le piaceva, e che non avrebbe mollato la presa.
Era ovvio, no? Un modo per entrargli dentro e farla innamorare, quello che ogni ragazza sogna e aspetta: di incontrare un ragazzo che ti cerca sempre e che non aspetta un momento per dirti che ti vuole, e per dimostrartelo.
No! col cavolo, non era ovvio per nulla!
Strinsi i denti abbassando lo sguardo infuriata sul tavolino.
Aveva sprecato intere settimane per seguirmi, darmi il tormento e rendermi la vita impossibile per cosa? Una stupida sfida o cosa! Non aveva ottenuto quello che  voleva e quindi se ne era trovata subito un'altra, era cosa che funzionava con lui?!
-Natalie?-.
Guardai Sarah, senza riuscire a mascherare la mia rabbia. Non dissi nulla, la osservai solo mentre, lanciato un'ultimo sguardo verso Davis, parlò osservando i libri. -Penso di riuscire a continuare da sola per oggi-.
-Che intendi?-.
Sbuffò, lanciandomi un'occhiata per storto. -Intendo, Natalie, va da lui-.
Lo guardai mentre con la sua indomabile calma si allontanava pian piano dal centro, dirigendosi verso una via laterale.
-Sai-, dissi girandomi dall'altra parte, -Penso che non lo farò-.
Borbottò qualcosa, Sarah, prima di distogliere lo sguardo. -Non so cos'è successo tra di voi, e se devo essere del tutto sincera neppure mi interessa, ma da una settimana a questa parte siete diversi, entrambi-, disse, guardandomi negli occhi e abbozzando un sorriso. -Avete smesso di picchiarvi, di rompere le cose e sbraitare ad ogni ricreazione, e questo ha anche fatto calmare i professori e la preside-.
Ridacchiò e di rimando io non riuscii a trattenere un sorriso pensando alla preside.
-Certo, a scuola adesso tutti parlano di possibili relazioni segrete tra te e Davis, e se anche fosse non sarebbe un problema, perchè sei cambiata-.
La guardai alzando un sopracciglio. 
-E' inutile che fai quella faccia: okay, forse non sei diventata una dolce e timida diciassettenne, ma qualcosa è cambiato, come se quella crosta che impediava alla gente di avvicinarti fosse scempata. 
Forse è perchè ti stai innamorando-, sorrise schioccando la lingua.
-Io non sono innamorata!-, sbottai.
Sorrise, scuotendo la testa. -Si, ovvio, scusa-.
-Ma è solo per dirti che se anche ci fosse una remota possibilità che tu provi qualcosa per Davis... bè, non ci sarebbe nulla di male-, concluse poggiandosi allo schienale. -Si sente continuamente parlare di storie d'amore che da odio sono diventate amore e la gente ama questo genere di cose; E in fondo credo che nessuno le amerebbe se fossero le solite patetiche storie di lui incontra lei ed  amore al primo sguardo-.
Abbassai gli occhi. -E' diverso quando ci sei dentro-.
Sarah ridacchiò. -La vuoi sapere una cosa? Sotto sotto invece è identico, ma siamo noi a metterci in mezzo tanti di quei problemi che invece crediamo cosi importanti-.
Alzai lo sguardo, bloccandomi nel punto in cui avevo visto sparire Davis solo pochi attimi prima. Non voglio essere una stupidissima storia d'amore, anche perchè quest'ultimo mancava, ma... ahh chi volevo prendere in giro! 
Mi piaceva Davis.
-Ma la sai la cosa piu strana?-.
Guardai Sarah.
Sorrise. -Tu sei ancora qui-.
Mi morsi un labbo, schiarendomi la voce. -Hum, si forse, credo che andrò-.
Lei si limitò ad annuire, mentre io mi alzavo e raccoglievo la tracolla da terra e ammucchiavo tutti i libri; sentivo una strana agitazione in tutto il corpo e una voglia tremenda di raggiungere Davis, se fossi riuscita a trovarlo è ovvio, ma prima di andare mi imposi di guardare un'ultima volta Sarah.
La squadrai. -Sai, sotto sotto non sei cosi rompiballe-.
Sorrise alzando le spalle. -Lo so-.
E dopo un'ultimo sguardo mi voltai.
 
 
 
Che cavolo sto facendo, pensai svoltando l'angolo.
Scossi la testa, sistemandomi meglio la tracolla sulla spalle e iniziai a guardarmi attorno alla ricerca di Davis. Lanciai un'occhiata alla fila di macchine sistemate dall'altra parte della stradina, alla ricerca della sua auto, ma nessuna corrispondeva alla sua immagine.
Forse è venuto a piedi, o forse è gia partito.
No, impossibile; aveva svoltanto l'angolo soli pochi minuti prima di me, era impossibile che fosse gia potuto partire, soprattutto in una stradina cosi piccola.
Con uno sbuffo mi scostai i capelli, cercando di non perdere la calma: possibile che ogni volta che ne avevo bisogno non ci fosse mai e che invece quando meno lo volevo spuntava da ogni angolo?
Forse farei prima ad andare direttamente a casa sua.
Seguii la strada, e per poco non andai addosso ad una coppia di ragazze che mi venivano in contro; Feci appena in tempo a guardarle in volto che tutt'altra figura attirò la mia attenzione.
Davis...
Camminava a passo lento, forse solo grazie a quello ero riuscita a raggiungerlo, con le mani affondante nelle tasce e la testa alta: dei ciuffi ribelli gli stavno ritti sulla testa, e ne ricordavo ancora la morbidezza, mentre facevano contrasto con gli occhi scuri e profondi, che sembravano guardare tutt'altro che una stradina del centro.
Attraversai di corsa la strada, decisa piu che mai a non perderlo di vista.
Mi morsi la guancia, sentendo il cuore battere piu forte; Cavoli, lo stavo per fare davvero? fare cosa, poi...? Confessare il mio amore? No, perchè non è mica di amore che stiamo parlando, forse forse di una piccola cotta, una svista...
Forse.
Sbuffai, facendo un'ultimo sforzo e rendendomi conto che continuando cosi non sarei arrivata da nessuna parte.
-Davis!-, sbottai dopo aver preso un grosso respiro.
Per istinto, piu che per altro, il sottoscritto voltò subito la testa verso di me, ma non riuscì a nascondere del tutto la sorpresa.
Aggrottò appena la fronte, squadrandomi il viso, senza proferire parola, ma fermandosi.
-Nate?-.
Mi fermai solo quando gli fui praticamente di fronte, ma non trovai nulla di sensato da dire: incominciavamo proprio bene, eh?!
Mi schiarii la voce. -Hem, si.. io-, presi un respiro, obbligandomi a calmarmi. -Ti ho visto. Prima-.
Davis accantonò subito la sorpresa, fissandomi astioso. -Ma davvero?-, sibilò ironico.
Seguii i suoi movimenti, mentre incrociava le braccia al petto. -Si-.
-E quindi?-.
Abbassi la testa. -Mi chiedevo... Bè, in fondo mi chiedevo dopo quanto avresti trovato qualcuna con cui rimpiazzarmi-.
Lui aggrottò la fronte. -Rimpiazzare cosa. Mi sembra che noi due non siamo mai stati nulla-.
Spostai il peso da un piede all'altro, a disagio. -Mi sbagliavo, forse-.
-Maddai-, sibilò. -Scherzi forse?!-.
-Ho sbagliato, okay?-, sbottai. -Cosa ti aspetti che ti dica ancora?-.
Ridacchiò, aspro. -Oh, ci sono un mucchio di cose che potresti dire, Natalie, ma sono io stavolta a non volerti ascoltare-.
Sentii una fitta allo stomaco: che intendeva?
Fece un passo avanti. -Brutto quando le parti si invertono, vero?-.
Che cos'era quella, una specie di vendetta?! Certo, a ripensarci ero stata io la maggior parte delle volte a non voler ascoltare quello che aveva da dirmi, ma cavoli! Lui alla fine riusciva sempre a parlare e a farmi entrare in testa tutte le sue grandi convinzioni.
Agii d'istinto, e quando lo vidi voltarsi per andarsene, lo afferrai per un braccio, bloccandolo subito.
-No, aspetta!-.
-Cosa?-, sbottò guardandomi. -Sono proprio curioso di vedere fin dove arriverai questa volta-.
-Ti devo parlare-.
-Fallo-.
-Se tu aspettassi solo un secondo, senza mettermi tutta questa fretta, forse...-.
-Cosa?! Non ho fatto altro che darti tempo, Natalie. Sinceramente mi sono rotto i coglioni di aspettarti-.
Sgranai gli occhi. -Quindi? Che vuoi dire?-, scossi la testa. 
-Intendo: cosa siamo per te, noi due?-, sibilò facendo un passo avanti.
Ormai erano solo pochi centimetri a dividerci, e mi accorsi solo in quel momento che gli stavo ancora tenendo il braccio; come scottata da quella consapevolezza, lo mollai subito di scatto.
Lui non spostò lo sguardo dal mio viso, ma lo vidi cambiare l'espressione, diventando piu fredda ancora.
Socchiusi la bocca, alla ricerca di una risposta giusta.
Cosa eravamo noi? Tutto e Nulla.
Non eravamo fidanzati, non ci prendavamo per mano a scuola e non ci mettavamo a chacchierare come fidanzatini al telefono.
Ma stavamo sempre assime, ridevamo e... dannazione! Mi faceva stare bene. Sembrava essere l'unico che mi lasciava parlare, che mi ascoltava, mi sapeva prendere e non aveva mai mollato, anche dopo tutte le mie parole e i miei rifiuti.
Lo conoscevo da una vita, l'avevo visto con il pannolino e lo avevo osservato crescere. Con il tempo avevo imparato ad odiarlo, ma anche ad amarlo.
Davis prese il mio silenzio per una millesima rinuncia perchè scosse la testa. -Visto? Non sei ancora pronta, e io lo sono da troppo tempo-.
Alzai di scatto la testa. -Non è vero! Ti ho detto... vedi? Non mi stai ascoltando-.
Sgranò gli occhi. -Ah, sarei io a non ascoltare? Ma da quando!-.
-Non le so dire queste cose, okay?!-, sbottai al limite.
-Dire cosa...?-.
-Dire alle persone che gli voglio bene!-, mi morsi un labbro, sotto al suo sguardo inespressivo. -Non sono abituata-.
Davis spostò lo sguardo, sospirando. -Okay, quindi mi vuoi bene?-.
-Si-, sussurrai. -No!-.
Alzò un sopracciglio, guardandomi scettico e aspettando.
Chiusi gli occhi. -Io, no, volevo dire che, bè, che si...-.
-Non ci resci proprio, eh?-, sorrise aspro.
Presi un respiro, cercando di calmarmi, cercando un altro modo. -E' come... come quando da piccolo cadi e ti fai male, e hai paura che se risalirai sulla bicicletta te ne farai ancora-.
Okay, esempio veramente molto patetico, Nate.
-Ma tu non sei mai caduta, Nate-, disse abbassando la voce.
Annuii. -Ma ho paura di farlo-.
Davis sospirò, allungando una mano e possandomela dietro il collo. -E se io ti promettessi, ti giurassi, che non cadrai?-.
-Non puoi saperlo-.
Ridacchiò. -No, è vero, ma sono testardo e sappi che neppure io voglio cadere-, sorrise muovendo le dita, in dolci massaggi circolari. -Sono da troppo tempo innamorato di te per lasciare che questo possa accadere-.
Sorrisi, senza potermelo impedire. -Troppo tempo? Poche uscite sono per te troppo tempo?!-.
Scosse la testa, prendendo un respiro profondo. -Mi sono sempre piaciute le nostre liti, davvero, mi esaltava sapere di poter scherzare con te, solo con te, in quel modo, ma solo dopo un pò di tempo mi sono reso conto che non mi piacevano solo quelle.
Eri tu a piacermi, ma non nel modo che credono tutti: non mi piaceva prenderti per mano o chiacchierare con te, ma era fantastico portarti all'esaurimento, vedere e sfidarti cercando di capire fin dove arrivava il tuo confine di sopportazione. Hai sempre avuto una grinta pazzesca e... bè era soprattutto quello ad attirarmi-, disse tutto d'un fiato senza distogliere lo sguardo.
Non osai immaginare che espressione potessi avere in quel momento, ma ero certa di riuscire ad assomigliare benissimo ad un pesce lesso.
-Poi però anche quello sembrò non bastare piu e nella palestra... bè-, sorrise malizioso, -Sappi solo che eri da sempre stata il mio sogno erotico,e stranamente non hai deluso le mie aspettative-.
-Stranamente?-, alzai un soppracciglio allubita.
-Shh, non mi distrarre che perdo il filo-, ridacchiò. -E dopo quella sera, litigare con te e guardarti da lontano non mi è piu bastato. Volevo e voglio di piu, Natalie. Per questo non posso aspettarti in eterno e per questo non può bastarmi piu quello che mi hai dato fino all'altro giorno-.
-Non mi è piaciuto che sei uscito con quella-, sussurrai, sperando un secondo dopo che non mi avesse sentito.
Alzò le spalle, scuotendo la testa. 
Abbassai lo sguardo. -E... si, vorrei avere il diritto di incazzarmi con te se lo fai ancora-.
Sorrise, e per un secondo rimasi incantata dai suoi occhi: erano cosi scuri ma allo stesso tempo sembravano i piu limpidi che avessi mai visto. 
-Manca ancora qualcosa-.
Strinsi le labbra. -Okay! va bene potrei... essere innamorata di te-.
Lasciò cadere la testa all'indietro con un verso sarcastico. -Finalmente! ti ci volteva cosi tanto?!-.
Sgranai gli occhi e gli tirai un pugno sul petto. -Stronzo-.
-Okay, okay scusa-, rise. -Ma davvero, Natalie, mi hai fatto penare-.
-Credimi, te lo sei meritato, e comunque qualunque sia la piega che prenderà questa storia, ti odio ancora-.
-Oh, ma ti odio anch'io e non credere che non ti darò ancora della pazza psicopatica isterica-.
Sorrisi. -Bene-.
Prima ancora di rendermene conto però, Davis mi stava già baciando; me ne resi conto quando sentii il suo sapore mischiarsi d'un colpo con il mio e scollegai il cervello in pochissimi attimi, cosi da permi godere il primo bacio del mio... ragazzo? Miglior nemico?
Mi aggrappai alle sue spalle, sorridendo contro le sue labbra, sentendo il peso che mi premeva sullo stomaco vaporizzarsi a quel contatto; era stato semplice, alla fine.
Davis fece passare l'altra mano ancora libera tra i miei capelli, premendo ancora di piu la mi nuca contro la sua, senza dover interrompere il bacio, come a non volermi lasciare piu andare via. 
Ci dovemmo staccare, però, quando la riserva di ossigeno arrivò al minimo, entrambi con il fiatone.
Mi specchiai nei suoi occhi e pensai che per il momento potevo anche lasciare da parte tutte le insicurezze e le pippe mentali.
Un pensiero molesto mi attraverò la mente e non riuscii a non ridere, sotto allo sguardo confuso di Davis.
-Sai, solitamente è la ragazza a volere un'etichetta a tutti i costi e il ragazzo a voler qualcosa senza impegno-.
Scrollò le spalle. -Vabbè, vuol dire che saremmo una coppia anticonformista-.
Ridacchiai, pensandoci bene per un minuto. -Si, forse è l'unico modo-.
Diciamo che essenzialmente non temo i confronti, sono masochista la maggior parte delle volte, credo che la maggior parte delle cose che ci accadono solo scelte da qualcun altro, avevo la dannata tendenza a giudicare prima di conoscere, sono orgogliosa a livelli immaginabili, vendicativa alle volte, poco femminile nel carattere, una vocina interiore che non mi lasciava mai in pace, l'istinto di allontanare la gente e un talento naturale nel ferirle, e chissà grazie a quale divinità superiore, ero innamorata del mio miglior nemico.
Io e Davis non conoscevamo mezze misure, questo è vero, ma forse per una volta avevamo trovato un punto d'incontro; Un qualcosa da cui poter cominciare
Perchè forse non eravamo posi cosi diversi....
-Sai una cosa?-.
-Dimmi-.
-Non vedo l'ora di litigare con te-.
-E perchè?-.
-Ti immagini quanto sesso riparatore dovremmo fare?!-.
Scossi la testa, rimangiandomi subito l'ultimo pensiero buono per lui appena concepito.
 
 
 
 
NdA :)
 
 
Okay okay, stavolta mi sono meritata i pomodori, i forconi, e le spade ma giuro che stavolta dovrebbe essere l'ultimo ritardo cosi grande.
Bene se non siete morte di dibete nel corso del capitolo inzio premettendo che non è esattamente il mio stile, ma sono stata contagiata dalla gioia e la spensieratezza dell'estate e di alcune cazoni forse troppo allegre che mi hanno fatto diventare Nate dolce e Daniel.. bè diciamo che lui è sempre stato cosi, dai!!
Ho fatto un conto veloce e mi sa che mancano 3 capitoli massimo e epilogo a parte... eh si mi sambra che sia passata un'eternità e forse è cosi perchè mi ritorvo dopo un'anno ad avere quasi concluso quella storia che da sempre mi è stata in testa.
Forse avrei voluto farla diversa, forse non doveva andare cosi, ma è cresciuta assieme a me e non le dirò addio fino all'ultimo punto che dovrò scrivere e voglio che anche voi ci siate per dirle addio :)
Bene, dopo questo bellissimo argomento vi ricordo il sito fb dove potete sempre chiedere spoiler o curiosità... o anche solo per sgridarmi in caso di ritardo :)
Risponderò alle recensioni dello scorso capitolo con piu calma rispetto al solito perchè non ho molto tempo, ma lo farò, fidatevi.
E come sempre grazie a chi anche stavolta mi ha spronta a continuare a scrivere!
Un bacione, lasciatemi un commentino che fa sempre bene @__@
Je :)
 

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Capitolo 23
*** 23. UNIONI E SCONTRI ***


Buondì :) stavolta cercherò di mettere un pò meno note, ma devo fare un ringraziamento speciale a 5HuNtEr5 che mi ha lasciato una bellissima recensione e ha compreso in pieno i miei personaggi!!
Lo so che alcune di voi non capiscono come mai Nate si comporta cosi con la sua famiglia o perchè è cosi sola, ma come adolescente posso assicurare che ci sono molte ragazze che di periodi brutti ne hanno passati e io in prima persona ci sono stata dentro.
Per questo ho volute scrivere di Natalie, una ragazza diversa dal solito stereotipo, con i suoi alti e bassi e con il suo coraggio e la sua forza di tirare avanti; Con la sua testardaggine e l'orgoglio, il classico ghicciolo che giudica prima di conoscere e il solito maschiaccio che non crede nell'amore. Perchè scommetto che di ragazze come lei là fuori ce ne sono a miliardi ma che si lasciano la maggior parte delle volte influenzare o ferire dalle opinioni altrui.
Scrivo di Natalie perchè lei è la forza e il coraggio che ognuna di noi sa di possedere e la sua storia serve per far capire che anche una ragazza che non sogna gli arcobaleni e San Valentino può trovare qualcuno di speciale.
E spero sempre che ci sia un Davis là fuori per ognuna di voi :)
Bene, dopo questa -non tanto- piccola nota e sviolinata, vi lascio al capitolo e il resto ve lo dirò di sotto :) 
Buona Lettura!
 
  
CAPITOLO 23
Unioni e Scontri  
 
 
 
 
How to be brave
How can I love when I’m afraid to fall
But watching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer
 
 
[Com’essere coraggiosi
Come posso amare quando ho paura di cadere
Ma mentre ti guardo li da solo
Tutti i miei dubbi improvvisamente
 si allontanano in qualche modo
Un passo in avanti]
 
 
 
 
 
Sbuffai, scoccata, rigirandomi tra le mani la prima cosa che mi era capitata sotto tiro, e cioè un volantino per una festa quel fine settimana, chiedendomi per la milionesima volta come cavolo avevo fatto a finire in una situazione cosi. Ancora.
Un fastidioso rumore continuava a riempire il silenzio del corridoio, il rumore di una suola che continuava a battere sulle mattonelle del pavimento.
Presi un profondo respiro. -Piantala-.
Il rumore si interruppe. 
Mi voltai verso la sua direzione e incorociai finalmente lo sguardo di Davis, che sapevo mi stava fissando da un bel pezzo facendo cosi aumentare la mia irritazione già nata poche ore prima.
Mi osservò senza proferire parola e non mi rispiarmai di squadrarlo astiosa.
-E' pazzesco come sia sempre per causa tua che mi ritrovo qui-, sbottai.
Il qui per precisare era la presidenza della scuola e tutto quello mi sapeva come da deja-vu.
-Io? Stavolta non c'entro nulla. Anzi, la cosa strana è che io sia qui-, sgranò gli occhi.
Incrociai le braccia. -Ringrazia che siamo qui, altrimenti ti avrei già ucciso-.
Un sorrisetto gli arricciò subito le labbra. -Oh, ma quanto amore scorre in te, mia dolce Nate-.
Lo fulminai con lo sguardo. -Non chiamarmi cosi, stronzo-.
Lui si limitò a ridacchiare, riportando la sua attenzione al muro posto di fronte a noi, e io lo imitai, stringendo le labbra, infastidita da quella sua aria cosi rilassata e tranquilla.
Gli farei passare io la voglia di ridere, pensai.
Ormai conoscevo quel luogo fino alla nausea e mi bastava solo chiudere gli occhi per poterne descrivere ogni piu piccolo dettaglio, ma stavolta, per davvero, io non avevo nessuna colpa.
Anzi, da come era iniziata la giornata mai avrei potuto dire che mi sarei ritrovata ancora qui, per la centesima volta.
Con un sospiro mi sistemai meglio sulla sedia, insicura sul quanto ancora avrei dovuto attendere e mentre il fastidioso rumore prodotto dalla scarpa di Davis ricominciava, ripercorsi mentalmente le azioni della giornata, provando a capire bene dove avessi sbagliato.
 
 
Poche ore prima
 
 
-Ciao-, salutai mia sorella quando comparve in sala con la sua tenuta notturna.
Bea si voltò e rimase impalata a fissarmi mentre mi allacciavo le scarpe.
-Che c'è?, sbottai.
Lei sbattè le ciglia. -Esci?-.
Mi morsi il labbro, annuendo e tornando a concentrarmi sui lacci. -Si, dormo fuori-.
La vidi incoriciare le braccia al petto, con la coda dell'occhio. -E papà lo sa?-.
Scrollai le spalle. -Sono piu che certa che appena lo vedrai glielo riferirai tu stessa-.
-Non è lo stesso-.
Sospirai, voltandomi verso la sua direzione. -Beatrice, ti prego, non voglio discutere-.
Mi guardò un secondo lei, prima di annuire e avvicinarsi al divano sopra cui ero seduta io. -Dico solo, poi puoi anche ignorarmi, che sei minorenne e che papà ha il diritto legale di sapere dove vai a dormire-, sussurrò sorridendomi incerta. -Puoi anche mentirgli, ma non fuggire via. Lui ci sta male-.
Sorrisi alzando un sopracciglio scettica. -Sopravviverà, ne sono certa-.
-E' la seconda notte che dormi fuori senza dire nulla a nessuno-.
-Bea...-.
-Aspetta che torna, manca poco, e poi esci. Ti dirà di si, non serve fare le cose di nascosto-, continuò.
Mi alzai. -Oh, ma io non faccio nulla di nascosto-, sorrisi prendendo il giubbotto dall'appendiabiti e infilandomelo. -Se facessi le cose di nascosto non mi sarei mica messa a chiacchierare con te-.
-Ma..-.
-Bea-, la bloccai subito. -Buonanotte-.
Mia sorella continuò a fissarmi fino a quando non mi chiusi la porta alle spalle; All'aperto, laddove si poteva respirare, mi poggiai per un attimo contro la superifie dura e fredda della porta e ripensai alle sue parole.
Forse aveva ragione, e avrei davvero dovuto aspettare mio padre per chiedergli di uscire, ma ero piu che certa che non mi avrebbe detto di si, soprattutto visto che avevo già dormito fuori quella settimana e non gli avevo chiesto nulla neanche quella volta.
Con un sospiro, però, mi obbligai a non pensarci troppo e mi staccai dalla porta, diriendomi verso la macchina di Davis, che mi aspettava da una buona mezz'ora.
Appena salii in auto subito mi rivolse uno dei suoi sguardi scioccati. 
-E dire che avevi detto solo dieci minuti, eh?!-.
Mi strinsi nelle spalle. -Ringrazia, potevo metterci anche di piu-.
Strirse le labbra. -Immagino-.
Con un'ultima occhiata mise in moto e ci allontanammo da casa mia, diretti come al solito verso casa sua.
Quando vidi che ci stavamo allontanando dalla mia via tirai un sospiro di sollievo che, fortunatamente, Davis stavolta non vide; Sinceramente mi faceva ancora strano pensare che adesso io e lui eravamo una coppia, ma c'era un'eco di fondo che emanava calore ogni volta che pensavo a noi in quel contesto.
Forse era davvero la cosa piu giusta, e chissà, questo poteva essere un inizio tutto nuovo da dove posare i primi mattoni.
Voltai il viso, guardando Davis e un pensiero di balenò nella mente: potrà mai durare?
Era bello lui, mentre era concentrato nella guida, con lo sguardo dritto di fronte a se e gli occhi appena socchiusi a causa del buio della sera; Era bello e sarebbe stato cosi facile perderlo, veloce com'era arrivato se ne sarebbe potuto andare.
Con un sospiro però mi obbligai a non pensarci ancora a lungo e di distogliere lo sguardo prima che lui potesse accorgersene, e persa com'ero nei miei viaggi mentali mi accorsi a malapena che già da lontano si vedeva il suo appartamento.
Quando si fermò e lo vidi scendere dall'auto, però, avevo già messo da parte quei pensieri e molti altri se ne vagavano liberi nella mia mente.
Prima cosa: cosa si aspettava da noi?
E soprattutto: cosa si aspettava da me?
Lo guardai con la coda dell'occhio mentre, sempre senza parlare infilava le chiavi nella toppa ed entrava.
Scossi la testa cercando di scacciare via tutti quei pensieri inutili e provai ad accantonarli una volta per tutte, mentre con un ultimo tentennamento entravo dentro e iniziavo a togliermi la sciarpa.
-Allora, Nate-, iniziò Davis, stirando uno dei suoi soliti sorrisi e dirigendosi versa la cucina, -Posso aprire una finestra senza dover rischiare una tua fuga improvvisa?-.
Socchiusi gli occhi. -E' meglio che taci, sai?-.
Ridacchiò, voltandosi verso un'altra parte.
Sbuffai, liberandomi anche della giacca e raggiungerlo in cucina dove aveva iniziato ad aprire varie ante del mobile e frugare.
-Che vuoi fare?-.
Mi guardò. -E scusa, non è ovvio? Cucino-.
Incorociai le braccia. -Tu cucini?-.
-Sennò come te lo spieghi che sono rimasto vivo fin'ora?-.
Alzai le spalle. -Pizza e altra roba d'asporto-.
Sorrise. -Ho soldi, ma non cosi tanti soldi: non posso permettermi quella roba ogni giorno-.
-Hum, bene-, borbottai facendomi avevanti e aiutandolo a frugare nel friogo alla ricerca di qualcosa. -Uova e insalata?-.
Storse la bocca. -Non c'è altro?-.
Scossi la testa. -Nulla che si possa cucinare cosi in fretta: ho fame-.
Ridacchiò. -Okay, va bene ma fai te l'insalata-.
Con un cenno accettai e gli passai le uova mentre iniziavo a lavorare l'insalata e prendendo anche i pomodori; Proprio mentre affettavo questi ultimi rimasi colpita da come tutta quella scenetta mi aveva lasciata con una leggerezza nello stomaco, una leggerezza quasi fastidiosa.
Con la coda dell'occhi vidi Davis sorridere ed ero piu che certa che anche lui aveva notato quello.
Era un'atmosfera calma, felice quasi.
Con un sospiro di arrendevolezza dovetti però cedere, isolare la crisi di panico in qualche punto remoto del mio cervelllo: ero arrivata al punto che ormai dovevo accettare anche quelle piccole cose.
Mi accorsi a malapena dello spostamento di Davis, fino a quando non mi fu alle spalle.
-Quel pomodoro sta invecchiando-, sussurrò sulla pelle tesa del collo.
Sentii la pelle d'oca, ma cercai di non sarlo a vedere; Voltai di poco la testa. -E le tue uova-.
Piegò il capo, cosi da potermi osservare negli occhi senza spostarci. -Hanno bisogno di un minuto prima di essere cotte-.
Agrottai la fronte. -Le uova non devono aspett...-.
-Lo so, Micheletti-, mi stoppò allacciando le braccia attorno ai miei fianchi. -Ma per una volta, fa la brava-, sorrise calando ed eliminando la distanza che ci separava.
 
 
 
Come dopo un black-out mi riscossi quando sentii sulla pelle nuda la freschezza delle lenzuola pulite. Subito però vennero contrastate dal corpo caldo di Davis che non aspettò un secondo per attaccarsi al mio.
Allaccia le braccia attorno al suo collo, rispondendo al bacio.
Aprii gli occhi, scrutando il suo viso e risentendo quella sensazione di benessere crescere nel mio stomaco e creare scompiglio; Strinsi gli occhi, mentre lui si abbassava verso il mio collo e non so come, non so da dove un pensiero mi percosse da capo a piedi, facendomi rabbrividire.
E se lo amassi...
Amare... non come innamorarsi, non come una semplice cotta, ma un vero amore! Il vero amore, quello che mai avevo provato.
Che fosse davvero lui quello giusto da amare?
Dovetti però abbandonare quei pensieri quando lui tornò a reclamare le mie labbra, e con quelle pure la mia attenzione. Strinsi piu forte la presa sui suoi ciuffi chiari, decidendomi una volta per tutte a lasciar perdere.
Avrei anche dovuto imparare a non essere una bambolina nelle sue mani, ma a darmi anche una svegliata.
Cosi detto, cosi fatto: mi staccai dalle sue labbra, guardandolo negli occhi e feci leva sul suo bacino per spingerlo di schiena.
Fu cosi improvviso che Davis rimase un minuto buono fermo immobile ad osservare il mio viso, mentre io restavo seduta cavalcioni su di lui. Un minuto soltanto perchè si riprese subito, posando le mani sui miei fianchi coperti ancora dal tessuto leggero della biancheria e sorridendo malizioso.
-Come vuoi tu-, sussurrò.
Sorrisi di rimando, baciandolo io stavolta e posando le mani sulle sue spalle. Si lasciò condurre per un minuto, prima di poggiare entrambe le mai sulla mia testa e riprendere a dettare lui il ritmo.
Sorrisi, contro le sue labbra, e mi lasciai andare in un gemito insoddisfatto.
Lasciai scorrere le mani, saggiando la consistenza dei suoi muscoli e mi staccai dalla sua bocca, sedendomi dritta su di lui, sorridendogli poi dall'alto.
Abbassai lo sguardo, sul suo petto e,con la punta di dita, iniziai a percorrere il segno dei suoi addominali, creando la pelle d'oca al passaggio delle mie mani; Sorrisi vittoriosa, vedendolo chiudere gli occhi con un sospiro di arrendevolezza.
Arrivai fino alla chiura dei jeans e tornai indietro, ripercorrendo tutto il busto fino al collo e poi il viso, dove mi soffermai ad accarezzargli le guancie.
Davis aprì gli occhi e aggrottò la fronte.
Incrociai il suo sguardo e senza dire una parola lo baciai. Avrei da subito dovuto fare cosi, sin dall'inizio; Ancora prima della palestra, quando ancora eravamo piccoli e non c'era nulla di piu importante dei cartoni e dei giochi: avrei dovuto baciarlo quando ancora non esistevano pensieri come quelli che avevo in continuazione ora, avrei dovuto semplicemente baciarlo quando ancora non c'era quella dannata paura di perdere ciò che ancora non avevo.
La paura terribile di mettersi in gioco per poi uscirne feriti.
Se tutto fosse potuto essere come quel momento sarebbe stato perfetto, ma si sà, le cose vanno bene solo per gli illusi.
Quando le nostre labbra si separarono Davis trattenne il mio sguardo nel suo e socchiuse gli occhi, come per potermi leggere dentro; Qualcosa dentro di me sperava da una parte che ci riuscisse cosi da potermi rassicurare, dirmi che sarebbe andato tutto bene con una delle sue solite frasette smielate e senza senso che solo lui sapeva dire.
Ma se stare con Davis significava temere ogni giorno di sbagliare e di perderlo era meglio cosi, che non avere neppure l'opzione di averlo: forse lui era davvero la cosa migliore che mi fosse capitata tra le mani.
Presi fiato, guardando Davis negli occhi e bloccando ogni suo movimento mettendo le mani sulle sue spalle.
-Te credi sul serio che ce la faremo?-.
Lui strinse gli occhi, usando un'espressione molto seriosa. -Non lo so, ma da una parte sono certo che non sarà facile rinunciare a te-.
Ignorai il vago rossore che mi salì alle guancie. -Riesci sempre a dire queste cose dannatamente....-.
-Romantiche?-.
-Smielate, direi-, conclusi sorridendo.
Alzò le spalle. -Che ci vuoi fare: è un talento naturale-.
Ridacchiai, scuotendo la testa. -Piantala-.
-Sei tu che mi hai bloccato mi sembra-.
-Guarda che se ti dai tanto...-.
Mi tirò giù, facenndo pressione con la mano posata dietro il mio collo, borbottando un stentato. -Sta zitta-.
Riposi al bacio con poca voglia, decisa piu che mai a continuare il discorso, ma ben presto dovetti soccombere a due grandi verità: primo Davis non aveva intenzione di staccarsi e secondo, neppure io ero tanto desideriosa di interrompere quel bacio.
 
 
 
Un tonfo sordo mi riddestò; sentivo ancora attorno a me il calore del sonno e avevo davvero poca voglia di aprire gli occhi, ma lo stesso rumore, ripetuto, mi fece sospirare stufa e mi decisi ad apire gli occhi.
Un lampo di luce, diretto proprio sui miei occhi però mi fece subito cambiare idea, e con un gemito infastidito posai una mano davanti ad essi, riprovando.
Stavolta la prima cosa che notai fù qualcos'altro che però poteva risulare ancora piu fastidioso di alcuni aghi di luce negli occhi appena sveglia.
Alzai un sopracciglio, sbattendo le ciglia confunsa. -Sai la cosa potrebbe risultare  preoccupante-, sbottai.
Davis, piegato sopra al mio corpo, poggiato su un gomito e con l'altro braccio posto dal lato opposto, vicino alla mia spalla, si limitò a ridacchiare senza accennare a spostarsi.
Sospirai. -A cosa devo questa vicinanza mattutina?-.
Lui sorrise, e io notai che forse lui era l'unico su questa terra che appena sveglio aveva già un sorriso che risplendeva. -Sai, mentre dormivi cosi beata ho notato una cosa che mi ha lasciato stupito-.
Alzai un sopracciglio sentendo il suo tono serio, curiosa.
-Ho notato che appena sveglia sei proprio brutta-, sussurrò allargando il sorriso fino a mostrare i denti.
Trattenni un'imprecazione, prendendo un grosso respiro e placando la pazza voglia di colpirlo al viso; Strinsi invece i denti e ignorai con tutte le mie forze il suo sorrisetto.
-Maddai, oggi sei un amore-.
Ridacchiò, chinandosi fino a poggiare le labbra sulla mia fronte in un fugace bacio. -Grazie, anche tu-.
Detto questo si alzò con un movimento alquanto goffo e si tirò in piedi, stiracchiandosi con soddisfazione; notai che aveva indosso solo i boxer, mentre io tranne un leggere lenzuolo non avevo altro con cui ripararmi dal freddo del mattino.
No, di certo Davis non aveva la stoffa del cavaliere.
Lanciai un'occhiata alla radiosveglia posta accanto al mio cuscino e con uno sbuffo mi feci forza psicologica per alzarmi da lì; Mancava ancora un bel pò per andare a scuola, ma ormai ero sveglia.
Guardai Davis intenzionata a chiedergli il permesso per usare la doccia ma rimasi bloccata: infatti il signorino, con nonchalance si era sfilato i boxer e rovistò nell'armadio infilandosi sotto braccio dei vestiti, voltandosi poi per guardarmi e sorridere.
-Doccia?-, domandò.
Deglutii, cercando di rimanere impassibile e mi alzai, trascinando anche il lenzuolo con me. -Si, grazie-.
Mi avviai verso il bagno, guardandomi i piedi e cercando di riprendere alla memoria come si facesse a camminare normalmente; Presa com'ero dai miei pensieri non mi accorsi del mio compagno fino a che, voltandomi, non me lo trovai ad una spanna di distanza.
Lo guardai, aggrottando la fronte. -Che c'è?-.
Lui indicò alle mie spalle, dove sapevo ci fosse la doccia. -Ho bisogno di lavarmi-.
-E quindi? Non puoi aspettare?-, incrociai le braccia.
Sorrise. -E sprecare cosi un'importantissima fonte come l'acqua? Non ti facevo cosi egoista Nate-.
Scossi la testa. -Sognatelo-.
In pochi secondi le sue mani erano sui miei fianchi e mi stava spingendo verso la doccia ridacchinado. -Oh, fidati, l'ho già fatto molto volte-.
Sgranai gli occhi, cercando di tener su il lenzuolo che lui invece faceva inevitabilemente scivolare verso il pavimento.
-Piantala!-, sbottai, suscitando solo altre risate.
-Spiegami dov'è il problema-.
Spalancai la bocca con l'intento di ribattere ma nulla che non fosse pateticamente sciocco e stupido mi veniva in mente: non si faceva, era tutto ciò che sapevo, non era da brave ragazze.
-Eddai Nate, non c'è nulla di piu scandaloso di ciò che abbiamo già fatto-, sorrise ammorbidendosi.
Strinsi gli occhi. -Non c'entra il sesso-.
-No, ma il sesso in palestra si-.
Mi morsi un labbro, bloccando un sorriso che voleva farsi largo. -E va bene-, cedetti.
Davis si staccò, facendo un passo avanti per aprire l'acqua e poi si voltò, restando fermo immobile a fissarmi; Sapevo cosa voleva, e mentre mollavo la presa sul lenzuolo e lo lasciavo scivolare giù, fino a posarsi leggero sul pavimento freddo del bagno, mi domandai cosa ci trovasse in me.
Certo, avevo un'autostima ben costruita, ma sapevo anche riconoscere che non potevo attirare i ragazzi con i miei modi dolci e le mie parole da ragazzina sognante, mentre fisicamente era molto soggettiva la cosa. Conoscevo il mio carattere e il mio modo di essere poco convenzionale, e proprio per questo mi stupivo di come Davis invece sembrasse essere attrato da me come se fosse la cosa piu semplice del mondo.
-Come fai a sopportarmi?-, mi sfiggì.
Lo vidi sobbalzare: infatti mentre io ero persa in un'altro universo lui ne aveva approfittato per farmi una lenta e dettagliata radiografia. Si riprese subito e vidi la sua espressione seria far capolineo dai suoi occhi.
-Non ne ho idea-.
Distolsi lo sguardo.
Si fece piu vicino, fino a che le nostre pelli si potessero sfiorare e io potessi sentire il calore della sua attorno a me. -Ma-, continuò. -Ci riesco e non ho bisogno di altre risposte per star bene-.
Non risposi e mi limitai a prendere la sua mano quando l'allungò verso di me e lasciarmi condurre dentro al box doccia, appoggiandomi contro le piastrelle fredde e lasciandomi bagnare dalle prime goccie d'acqua calda.
Sorrise, allacciando le braccia alla mia vita  attirandomi sotto al getto dell'acqua. -Bene, se non ricordo male a me avanza un bagnetto-.
Alzai un sopracciglio, sorridendo a mia volta. -Io non ti laverò-.
-Ma se muori dalla voglia di farlo-.
-Ti sbagli-, ridacchiai mentre osservavo le goccie d'acqua scendere dai ciuffi resi piu scuri del solito, scivolargli sulla pelle del viso e poi sul petto.
Allungai una mano, accarezzandogli in punta di dita la guancia e sentendo la mascella dura sotto ai polpastrelli, la pelle calda e leggermente ruvida per la barbetta appena accennata, i pochi ciuffi un pò piu lunghi appicicati alla pelle del collo; Scesi fino al suo petto e ci posai il palmo, sentendo il battito sotto ad esso.
Quella era vita, notai, una vita che aveva irrimediabilmente complicato la mia.
Alzai lo sguardo, trovando i suoi occhi ad aspettarmi e non riuscii a trattenermi: mi alzai sulle punte dei piedi, allacciando la mano libera introno al suo collo per attirarlo meglio a me.
Incollai le labbra alle sue, impaziente di sentire il suo sapore mischiarsi con il mio, e quando accadde sentii una morsa stringermi il petto.
Leccai e morsi le sue labbra, e lui non si fece complimenti, spingendomi con la schiena contro le mattonelle tenendo le mani ben piantate sui miei fianchi.
Ci staccammo ansimanti dopo alcuni minuti e lui poggiò la fronte sulla mia, chiudendo gli occhi; guardai la luce giocare sulla sua pelle e il vapore ondeggaire alle sue spalle, mentre sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi veloce contro il mio, alla ricerca di ossigeno.
-Ok-, sussurrai facendogli aprire gli occhi, curioso e vidi un lapo di malizia passargli attraverso quando allungai un braccio per prendere il sapone dal ripiano.
Sorrise ma non aggiunse altro, limitandosi a seguire i miei movimenti e mi accorsi solo dopo che anche io non ero riuscita ad imperdirmi di fare lo stesso con lui.
Ne versai una quantità forse esagerata sulla mano prima di inziare a farla scorrere sul suo petto, disegnando cerchi sulla sua pelle e ricavandome della morbida e profumata schiuma; Vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi piu velocemente quando con studiata indifferenza faci scendere la mano a massaggiare la porzione di pelle poco sopra l'inguine.
Mi divertii: aveva qualcosa di assurdamente adorabile il modo in cui socchiudeva gli occhi, cercando di restare immobile sotto alle mie carezze. 
Scesi maggiormente, gustandomi in prima visione la sua espressione sorpresa quando lo sfiorai pienamente e non riuscii a trattenere un sorrisetto divertito vedendolo cosi... addomesticato.
Era fantastico per una volta guidare, invece di essere sempre guidati.
La presa sul mio fianco si fece piu forte man mano che i secondi scorrevano e ridacchiai, alzandomi in punta di piedi per arrivare al suo orecchio, o almeno quasi. 
-Sei nervoso? Ti vedo un pò teso-.
Lui però rispose con un sorriso, aprendo solo un'occhio, che aveva chiuso poco prima, per guardarmi dall'alto al basso. -Non hai visto ancora nulla-.
Sorrisi poggiando la fronte sul suo petto. -Mostrami allora-.
Lo sentii rilasciare un sospiro spezzato prima che in un bater d'occhio mi ritrovai sollevata in aria, con la schiena completamente spalmata sul muro e le gambe strette attorno ai suoi fianchi.
Lo guardai sorpresa, stringendo maggiormente le braccia sulle sue spalle, per la folle paura di cadere. 
-Che fai?!-.
-Te lo mostro-.
Mi baciò e sentii le sue labbra tirate in quello che era un sorriso divertito mentre dal canto mio cercavo di trovare un modo per restare lucida.
-Davis-, riucii a respirare mentre lui scendeva sul collo, -Dobbiamo andare a scuola-.
Borbottò qualcosa di non ben definito contro il mio collo, ma non sembrava aver capito quello che avevo detto perchè continuò il suo lavoro, mordendo e succhiando  un pezzo particolarmente interessante della mia epidermide.
-Faremo tardi-.
Lui annuì. -Possiamo direttamente anche non andarci-, borbottò.
Posai le mani sul suo petto, con tutta l'intenzione di spingerlo via ma lui, forse aspettandosi una mia reazione simile, fece scivolare una mano in mezzo ai nostri corpi cosi da farmi dimenticare una cosa cosi sciocca come la scuola.
-Rilassati-, accarezzò il mio orecchi con le labbra, prendendo poi il lobo tra i denti. -Ora tocca a me-.
 
 
 
-Te lo avevo detto-, sbottai infuriata finendo di allacciarmi la scarpa che non avevo fatto in tempo a indossare a casa sua.
-Prima non sembravi cosi dispiaciuta-, ridacchiò, senza staccare lo sguardo dalla strada.
Socchiusi gli occhi. -Meglio che stai zitto, okay?-.
Sorrise. -Però in compenso possiamo dire che il sesso sotto la doccia è fantastico-.
Mi sistemai i capelli, nervosa vedendo ormai cancelli della scuola a pochi metri di distanza.
-Si, e se continui a parlarne non lo ripeterai mai-, lo avvertì, cercando di rilassarmi sul sedile.
Per la prima volta avremmo varcato assieme i cancelli della scuola e non avrei piu avuto scuse di alcun genere; basta fughe e basta giustificazioni: avevo accettato di stare con lui e dovevo farlo a 360 gradi.
Ridacchiò, ma pensò bene di non aggiungere altro.
Davis forse capì il mio stato d'animo e infatti parcheggiò ai confini, vicino ai cancelli, diversamente dal solito che invece si metteva sempre vicino agli scooter dove solitamente lo aspettava il suo amico con il berrettino.
Mi appuntai mentalmente di ringraziarlo per quella piccola copertura,ma sapevo benissimo che avremmo dovuto comunque passare in mezzo alla flotta di studenti per entrare dentro l'istituto.
Mi arresi definitivamente, scendendo dall'auto con un ultimo sospiro, alla ricerca di una fuga in mezzo alle siepi, ma capii subito di non aver possibilità si riuscita.
Davis mi si affiancò pochi secondi dopo e alzò un sopracciglio, di sicuro divertito da quella situazione, mentre io torcevo tra le dita la cinghia della borsa a tracolla.
-Forza, via il dente, via il dolore-, sussurrò lui posandomi un braccio attorno alle spalle.
Annuii cercando di pensare unicamente al mio banco e non a tutta la strada che c'era di mezzo per arrivarci.
Sentivo il braccio di Davis forte sulle spalle, ma anche avendo lui accanto mi sentivo stranamente.. nuda; Come se stessi per mettere a nudo una parte di me che, francamente, volevo che restasse solo mia. Non volevo che si rovinasse sotto ai commenti della gente.
Mi morsi un labbro però, quando mi resi conto di star facendo la figuara dell'idiota a rimanere lì a lasciarmi trascinare da Davis come un peso morto.
Alzai la testa, rimanendo per un istante sorpresa da tutte quelle teste girate verso di noi: gruppetti di ragazzine che ci fissavano neanche fossimo state delle celebrità, maschi che si battevano il gomito l'uno addosso all'altro e, come se non bastasse, Alice e le sue nuove amiche ferme immobili a fissarci.
Trattenni un sospiro e mi feci piu vicina a Davis, notando solo con la coda dell'occhio il suo amico venirci vicino.
-Hei amico-, sbottò questo.
Davis sorrise, senza staccare la presa su di me, e l'altro compare si prese tutta la libertà di squadrarmi in santa pace.
Lo guardai per storto, cercando di trasmettergli il mio fastidio.
-Novità?-, ridacchiò, ignorandomi palesemente e rivolgendosi sempre al biondo accanto a me.
Quest'ultimo si limitò a sorridere. -Bè ti avevo parlato di Nate, no?-.
Lui scosse la testa, sistemandosi meglio il berretto. -Devo essermi perso comunque qualcosa-, sussurrò prima di farmi un cenno con il mento. -Io sono Alex-.
Strizzai le labbra in quello che voleva essere un sorriso. -Incantata-, sibilai.
Notai con la coda dell'occhio Davis sorridere e strizzare l'occhio ad Alex.
-Okay, allora io vado alla ricerca di Giacomo: speriamo che sia gentile come l'altro giorno e mi offra qualcosa-, ridacchiò salutando e sparendo in pochi istanti.
Davis rimase fermo aspettando che fosse lontano da noi per poter parlare. -Allora, che ne pensi?-.
Sorrisi. -Penso che in due non riusciate a formare neanche mezzo cervello-.
-Uhh-, mi fece il verso. -Nervosetta?-.
-Ma quando mai-, sbottai infastidita cercando di levare il suo braccio da sopra di me, ma venni bloccata da una voce.
-Se sapevo che ti piaceva tanto, te lo avrei lasciato anche prima Nate-.
Mi voltai, trovandomi di fronte Alice e le altre; Lei mi guardava con lo sguardo che solo poche volte le avevo visto usare; è come quando vedi un gattino per strada sporco e ferito: vorresti curarlo e ti fa pena, ma ti fa troppo ribrezzo per toccarlo o portarlo a casa tua.
Quello ero lo sguardo di Alice.
Mi strinsi nelle spalle, notando solo allora la mancanza del braccio di Davis.
-Alice-, la salutai.
Lei scosse la mano, come a voler scacciare una mosca. -Dico sul serio-.
Alzai un sopracciglio. -Penso che non sia il posto adatto per parlare, sai?-.
-Ma come sei maturata tutto d'un colpo: Daniel perché non passi un pò di tempo anche con me, sembra che la tua presenza faccia miracoli-.
-Piantala-, sbottai già innervosita per conto mio. -Sei ridicola-.
Sgranò gli occhi. -Io? Io sarei quella ridicola?-, ridacchiò. -Forse, prima di poter giudicare gli altri è meglio che ti guardi allo specchio-.
-Mi spieghi che problema hai? Non ti ho fatto nulla-.
Alice scosse la testa. -Continui a dirlo, ma sappiamo entrambe che non ci credi neppure tu-.
Davis. Era per Davis. 
Socchiusi gli occhi. -Anche se fosse, è una cosa tra noi due-.
Alzò le spalle. -Me ne frego, come poi hai fatto anche tu. Devi ancora capire che non sei migliore di tutti gli altri Nate e che nulla di è dovuto; Volevi Daniel e te lo sei presa, ma questo mi ha solo fatto capire quanto falsa tu possa essere-.
-Smettila, Alice, okay? Non è andata cosi e lo sai bene-.
-So che ti è piaciuto cosi tanto farti Daniel che te ne sei fregata di me, questo come lo definisci eh?-.
Deglutii, sentendo un vago rossore, tra imbarazzo e rabbia, salirmi sulle guancie. -Smettila-.
-Smettila, Alice-, sentii dire anche da Davis, che da dietro le mie spalle non si era mai spostato.
Lei scosse la testa. -Eravamo amiche e te ne sei fregata, ma da una parte ti posso capire-, sussurò facendosi piu vicina fino a sfiorarmi l'orecchio. -E' davvero molto brava a letto-.
Spalancai la bocca, stupita. 
No, era impossibile. Lei non era mai andata a letto con Davis, me lo avrebbe detto sennò; a meno che non fosse successo durante il concerto a cui erano andati ma... No. Erano tornati in anticipo, non si erano mai fermati.
Non poteva essere!
Strinsi i denti sentendo la rabbia affiorare senza controllo e puntai le braccia sulle sue spalle, spingedola via con forza; barcollò all'indietro e si aggrappò al braccio di una ragazza per non finire a terra.
La gente non si avvicinava, ma sapevo che avevano ascoltato tutto ciò che gli era potuto arrivare alle orecchie.
-Stronza-, sbottò Alice facendosi avanti.
Vidi la sua mano alzarsi ma non sentii nulla fino a che un sonoro schiocco non ferì l'aria; E solo allora sentii il leggero pizzicare sulla guancia seguito dal dolore.
Strinsi i denti, portando una mano alla zona lesa.
La sentivo piu calda, ma forse era solo un'impressione, ma prima che potessi anche solo provare ad avvicinarmi a lei sentii Davis tirarmi indietro per le spalle, passando un braccio attorno ad esse e uno attorno ai fianchi.
-Ma che cazzo fai?!-, sbottai non riusciendo a trattenermi.
Lei mi fissava sempre furibonda. -Sei solo una stupida! Non credere di essere migliore di nessun altro, perchè fai schifo-.
Con uno strattone cercai di liberarmi dalla sua presa, ma lui non me lo permise, allontanandomi maggiormente da Alice.
Sentivo la rabbia montarmi dentro, ma appena aprii la bocca per rispondegli un'altra voce si fece sentire, forte e chiara.
-Che cosa sta succedendo qui?!-.
La preside.
Merda.
 
 
 
La porta che stava di fronte alle sedie si aprì e fece capolineo la chioma ben pettinata di Alice; Non mi degnò neppure di uno sguardo e si allontanò veloce verso le scale principali.
La seguii con lo sguardo e aspettai paziente che la preside chiamasse il mio nome; Infatti dopo neanche mezzo secondo la sua figura poco slanciata si affacciò all'uscio e ci squardò, per nulla allegra.
-Davis, Micheletti, venite-, sbottò.
Aspettandomi già il peggio mi alzai, seguita a ruota da colui che non volevo neppure guardare ed entrai, riconoscendo subito l'odore che solo una presidenza può avere.
Arricciai il naso, sedendomi sulla solita sedia girevole, davanti al solito tavolo di legno e osservata dal solito sguardo di disapprovazione.
Quando anche Mr. maturità si fù accomodato la preside inziò a parlare. 
-Che novità vedervi ancora qui, insieme-, ironizzò senza nessun divertimento nella voce. -Ho ascoltato quello che aveva da dirmi la signorina Mulini su ciò che è accaduto poco fà in cortile ed ora ho solo una domanda per voi-, incrociò le braccia. -Che cosa vi è passato per la mente di fare?-.
Alzai lo sguardo. -Come scusi?-.
-Alzarsi le mani dentro scuola, cosi come se foste ad uno di quei reality show americani e non foste dentro un istituto come questo-, sibilò. -Ma dove pensate di essere?-.
-Preside io..-.
-Zitto Davis, ora voglio sentire Micheletti-, lo interruppe subito lei e non riuscii a trattenermi da guardare la reazione di Davis.
Incrociò le braccia, spostando lo sguardo altrove.
-Allora?-, continuò lei.
Sospirai. -Io stavolta, davvero, non c'entro nulla. Ha iniziato lei ad accusarmi di cose stupide e mi ha stuzzicata-.
-Questo ti dà il diritto di alzare le mani?-.
-No, l'ho solo spinta, non ho alzato le mani-, mi difesi.
Lei scosse comunque la testa. -Non va bene lo stesso, lo capisci? Ragazzi io vi voglio vedere fuori da questa scuola, lo volete capire?-, sorrise guardando un momento lui, un momento io. -Ma voi mi state rendendo tutto piu complicato-.
Spostai anche io lo sguardo, puntandolo sul legno scuro del tavolo. 
-Vi chiedo per piacere, anzi no, vi supplico, restate lontano dai guai, almeno per questi ultimi mesi di scuola: dopodichè sarò ben lieta di lasciarvi fare tutto ciò che volte, quando volete e dove. Ma prima uscite da questo istituto, okay?-.
Annuii, imitata da Davis, che sembrava non aver piu intenzione di parlare.
-Per stavolta non vi farò nulla ne avviserò i  vostri genitori, ma solo per stavolta! Alla prossima dovrò essere piu severa-, concluse facendoci segno di uscire.
-Arrivederci-, sussurrai uscendo veloce.
Non sentii la risposta di Davis ma arrivai appena alle scale che subito lui mi fu accante e mi fermò stringendomi per un braccio.
Lo guadrai seria e lui ricambiò, scrutandomi in viso. 
-E' vero?-, chiesi soltanto.
Lui annuì, stringendo le lebbra. -Si-.
Deglutii, liberandomi e riprendendo a salire le scale. 
-Hei, aspetta dai-, mi bloccò ancora.
Mi voltai. -Aspettare cosa?-, sbottai.
-Noi non stavamo assieme, non puoi darmi colpe e non puoi arrabbiarti con me Natalie-, si difese alzando le mani.
Lo fissai per un momento prima di annuire: aveva ragione, ma cavalo!, mi dava lo stesso un fastidio tremendo. Mi lasciai cade, sedendomi su uno scalino.
-Hai ragione, non c'è l'ho con te-.
Lui mi imitò, sedendosi su uno scalino piu basso. -Allora cos'hai?-.
Mi strinsi nelle spalle. -Sono solo nervosa-.
-Nate-, sussurrò girandosi completampente verso di me. -Alice ha torto: tu non sei affatto come ti ha descritto lei, quindi non starci a pensare neanche un minuto-.
Abbassai lo sguardo.
-E se invece è per tutta quella gente... bè fregatene! avranno sempre qualcosa su cui parlare. Cosa, non importa-.
Lo guardai, cercando di non fargli notare il mio momentaneo perdimento e mi concessi di sorridere già piu rilassata.
-Non è per nessuno di questi motivi sono solo... boh. Nervosa-, scrollai le spalle.
Lui mi scrutò a lungo prima di annuire e basta, continuando a rimanere voltato verso di me, in ginocchio sullo scalino sotto al mio.
Poi sorrise. -Bene, ora che la crisi è momentaneamente sparita e che ti sei sfogata abbastanza con Alice-, fece passare un momento. -Ti posso baciare?-.
Sorrisi divertita, stupita da quella richiesta. -Perchè?-.
Lui scrollò le spalle. -Perchè siamo a scuola ed è bello infrangere il regole, perchè sei nervosa, perchè mi va, perchè vederti incazzata è fantastico... Trova tu una scusa che ti vada bene-, si fece avanti, arrivando a sfiorare il naso con il mio. -Voglio solo farlo-.
Sorrisi, poggiando una mano sul suo ginocchio. -Allora fallo-.
Lui annuì, fermandosi all'ultimo. -Mi piace questa, Nate-, e dopodochè mi baciò.
 
 
 
NdA :)
 
Ahhh ci sarebbero molte cose da dire, ma lascio a voi la parola :)
Ringrazio come sempre per le bellissime ragazze che mi recensiscono e se volete lasciarmi un commento io sarò felicissima :) Scusate per il ritardo e... Buon sabato sera!
Fatemi sapere che ne pensate... :D
Je :D
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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