Disney!Gay Faberry in Rapunzel (Tangled)

di willbeyoungforever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disney!Gay Faberry in Rapunzel (Tangled) ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Fiore dammi ascolto ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Se risplenderai ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Con i tuoi poteri ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Tu mi proteggerai ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Con la tua magia ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Tu Mi Aiuterai ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - E non dirmi che ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Per me è tardi ormai ***



Capitolo 1
*** Disney!Gay Faberry in Rapunzel (Tangled) ***


Disney!Gay Faberry
in:
Rapunzel (Tangled)


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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Fiore dammi ascolto ***


Ciao a tutti! rieccomi qui con la nuova storia che fa parte della serie Disney Gay (trasposizione delle storie Disney, togliendo tutta la componente magica).
Questa volta abbiamo Rachel e Quinn rispettivamente nei panni di Rapunzel e Eugene. Gli altri personaggi sono Rory come Pascal, Santana come Maximum il cavallo, Sheila e Ronnie come gli ex alleati di Eugene, e Figgins come capo delle guardie...buona lettura!


Capitolo 1: Fiore, dammi ascolto
 
C’era una volta, non molto tempo fa, in una rinomata università di New York, un uomo di nome Leroy.
Leroy era un grande appassionato di qualsiasi forma d’arte: ballo, canto, recitazione, musical, opera lirica e quant‘altro. Uno dei suoi più grandi rimpianti era sicuramente quello di non aver mai trovato il tempo per prendere lezioni in nessuna di queste discipline. Era anche dotato, cantava spesso sotto la doccia e aveva una bella voce, così gli riferiva il suo fidanzato Hiram, anch‘esso grande appassionato d‘arti sceniche e performative.
Leroy e Hiram formavano una coppia ormai da un paio d’anni, e quando entrambi finirono i loro corsi in università, decisero di comune accordo di  coronare il loro rapporto sposandosi e andando a vivere insieme in un modesto appartamento nella periferia della grande mela.
 
Anche tra le coppie omosessuali si sente spesso il desiderio di allargare il proprio nucleo famigliare, e i neoconiugi Berry decisero di ricorrere all’inseminazione artificiale.
Leroy e Hiram desideravano per il loro futuro figlio il meglio.
E si sa che a volte i genitori riversano le loro passioni sui propri pargoli. Per questo motivo i Berry ricercarono una donna che avesse delle ottime doti canore, che fosse una modesta ballerina e una grande artista. Quella sarebbe stata la donna perfetta, con l’utero perfetto per il loro bambino.
Dopo lunghe ricerche trovarono nella signorina Shelby Corcoran la candidata ideale. La ragazza aveva appena concluso gli studi in accademia d’arte, ed era in lizza per vari ruoli da protagonista a Broadway. Aveva un bel fisico asciutto, lunghi capelli corvini, e una voce mozzafiato. L’unica pecca era il naso non proprio perfetto e la mascella pronunciata. Ma il bambino avrebbe preso qualcosa anche dai papà, no?
Dopo lunghe trattative legali e mediche, i due uomini riuscirono a coronare il loro sogno: la signorina Corcoran era rimasta incinta.
Dopo nove mesi d’attesa, nacque una bella bambina.
La chiamarono Rachel.
I coniugi Berry erano intenzionati a rimanere a New York per poter garantire un ottimo futuro alla loro bambina, ma a causa di forze maggiori (motivi di lavoro di Hiram) furono costretti a trasferirsi in una cittadina dell’Ohio di nome Lima.
La signorina Corcoran troppo presa dal suo imminente debutto sulle scene non si dispiacque molto per la partenza di “sua figlia”. In quel momento aveva bisogno di tempo per se stessa, e alla fine aveva accettato di prestare l’utero a quella simpatica coppia soprattutto per motivi economici.
Fu così che Rachel crebbe viziata e coccolata dai suoi papà a Lima, ignara di chi fosse la sua vera madre, mentre Shelby, essendo riuscita ad ottenere il ruolo di Elphaba nel musical Wicked, ogni sera si esibiva di fronte a una folla adorante ed estasiata.
 
 

*

 
“Ti prego Rory, riesci a passare da me? C’è una cosa importante di cui dobbiamo discutere…te lo ricordi?”
“Rachel sono preso in questo momento…e poi cosa ci sarà mai di così importante che non puoi aspettare nemmeno un’ora?” rispose il ragazzo seccato dall’altro capo del telefono.
“Rory come puoi essertelo dimenticato? Dobbiamo provare il discorso che devo fare domani ai miei Papà…il mio compleanno….New York…ti ricordi adesso?” disse la ragazza in tono quasi isterico.
“Ancora con questa storia? Ma l’abbiamo già provato mille volte…sei pronta, andrà benissimo e vedrai che ti diranno di si!”
“Si vede che sei appena arrivato…non conosci proprio i miei Papà…sono le persone più gentili e buone del mondo, tranne quando si trattano due argomenti…mia mamma e New York….non so se le due cose siano collegate in qualche modo…ma ti preeeegooooo!”
“Io sono arrivato da poco in America, non sono ancora stato a New York e come vedi sono ancora vivo…mi spieghi perché è così importante andarci?” chiese il ragazzo sempre più stanco. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era accendere il pc, la web cam, collegarsi a Skype e parlare con sua mamma in Irlanda. Ma Rachel non sembrava intenzionata a smettere di ciarlare, e andando avanti di quel passo a Dublino si sarebbe fatta notte.
Era una ragazza simpatica, certo, una delle poche che a scuola non gli tirava granite in faccia o lo gettasse in un cassonetto, ma quando iniziava a parlare di se stessa era veramente petulante e insopportabile.
“SONO SCONVOLTA DALLA TUA MANCANZA D’INIZIATIVA! Eppure ti ho fatto entrare nel Glee Club mi pare…hai una bella voce, dovresti aspirare anche tu a Broadway…e New York è la patria del Musical…se continuo a stare qui rinchiusa in Ohio non potrò mai sfondare! La mia casa è la Grande Mela…e il mio sogno più grande è riuscire a vedere le luci di Time Square nel giorno del mio compleanno. Essere avvolta da quella atmosfera magica fatta da cartelloni pubblicitari, da artisti di strada, turisti affascinati con lo sguardo perso tra i grattacieli…” Rachel sospirò mentre la sua mente vagava tra le strade di New York, perdendosi totalmente in quei pensieri che l’assillavano da quando era piccola e aveva visto un documentario sul musical Cats in televisione. Ecco, quello era stato il preciso istante in cui aveva deciso che non sarebbe diventata una cantante famosa come le Spice Girls ma un’artista di Broadway.
Da quel momento in poi il suo modello di vita cambiò da Gery Halliwell a Barbra Streisand, il suo film preferito divenne “Funny Girl“, non più “Spice World” e sotto la doccia si ritrovò a cantare “Don’t Rain On My Parade” al posto di “Wannabe“.
I suoi due Papà erano rimasti entusiasti da questo repentino cambiamento della figlia, fino a quando la bambina non espresse il desiderio di andare a New York finito il liceo. L’idea che in quella città, e soprattutto nel mondo di Broadway, Rachel sarebbe potuta entrare in contatto con Shelby Corcoran e venire così a conoscenza di un passato che le era stato tenuto nascosto per lungo tempo, per evitare inutili sofferenze, li terrorizzava.
Tutto questo, naturalmente Rachel non lo sapeva.
Ma a pochi giorni dal suo diciassettesimo compleanno, e ad un anno dal diploma, la ragazza era più che decisa a farsi regalare un viaggio in quella città. Internet aveva degli ottimi siti che illustravano tutte le scuole d’arte presenti a New York, ma Rachel desiderava esplorarle di persona, per rendersi effettivamente conto delle sue opzioni.
“Non si discute Rory, ti lascio 30 minuti e poi ti aspetto a casa mia. Tanto cos’hai da fare? Non conosci nessuno qui. E non dirmi che devi farti una doccia, perché sappi che non mi interessa…il mio problema è più importante della tua igiene personale!”
Rory nella sua stanza lanciò un occhiata all’orologio e sbuffando rispose “30 minuti dovrebbero bastare, vorrà dire che parlerò solo con mia mamma, i miei fratelli e i cugini di primo grado….quelli di secondo e terzo dovranno aspettare la prossima videochiamata…”
“Grandioso!” rispose Rachel che si era fermata alla prima parte della frase dell’amico “allora ti aspetto qui!” aggiunse riattaccando il telefono.
 

*

 
“Da capo!”
“Rachel ti prego…bastaaaa”
“Rory, smettila! Dai, vai li in fondo…” disse la ragazza spingendo l’amico verso la porta d’ingresso della sua camera “ora esci, bussi e ricominciamo tutto dall’inizio, per l’ultima volta….”
“Questa volta dev’essere veramente l’ultima….” disse il ragazzo chiudendosi la porta alle spalle.
Rachel si posizionò sul suo letto in attesa che l’amico irlandese bussasse.
Toc Toc.
“Si?” chiese la ragazza fingendo un tono sorpreso
“Rachel, siamo noi, Leroy e Hiram…siamo venuti a darti il bacio della buona notte…possiamo entrare?”
“Certo, certo….venite pure….”
Rory con aria annoiata entrò nella stanza e si avvicinò all’amica. Poi riprese a parlare “allora hai qualcosa da dirci?”
“ARGH RORY! Com’è possibile che ti sbagli ancora? Prima devi chiedermi com’è andata la giornata, poi devi chiedermi quanti assoli ho ottenuto al Glee Club e solo a quel punto puoi domandarmi -hai qualche cosa da dirci-”
Rachel scosse la testa abbattuta, mentre il ragazzo si lasciava pesantemente cadere sul letto mormorando “Basta ti prego…ne ho fin sopra i capelli di questa storia…non sono credibile come padre…figurati che tu mi stai facendo addirittura fare DUE padri contemporaneamente….impossibile!”
Rachel guardò Rory con occhio critico, e prima di abbandonarsi anche lei accanto all’amico disse “hai ragione, sei un pessimo attore….e soprattutto nessuno dei miei papà si vestirebbe mai total green come te in questo momento…e questa cosa non aiuta per niente il mio processo Stanislavskjiano di immedesimazione…”
Rory fece finta di capire quello che avesse appena detto la ragazza, anche se in realtà non aveva afferrato assolutamente nulla.
Pochi istanti dopo i due ragazzi sentirono bussare alla porta. Questa volta per davvero.
Rachel si drizzò sul letto con una velocità inaudita sussurrando all’amico “Rory….sono loro! I miei papà! È arrivato il momento….vai a sederti su quella sedia e….mimetizzati con l’ambiente!” disse indicando una poltrona in fondo alla stanza.
“Mi sarà un po’ difficile…hai tutti i muri rosa a fiorellini…e io sono vestito di verde acceso….” disse il ragazzo incamminandosi verso quel punto.
“Sfrutta le tue abilità camaleontiche….svelto!”. Rachel si rassettò il vestitino lilla che indossava quel giorno, si sistemò i capelli e poi domandò “Si?”
“Rachel siamo i tuoi Papà, siamo venuti per darti il bacio della buona notte…possiamo entrare?” dissero i due uomini all’unisono dall’altro capo della porta. La ragazza prima di rispondere guardò l’amico seduto scomposto sulla poltrona come per dire -vedi come fanno i miei papa?!- e poi disse “certo, certo!” aprendo la porta.
I due uomini entrarono in stanza vestiti di tutto punto, (non si sa come non si accorsero della presenza di Rory) e abbracciarono la figlia come se niente fosse. Poi come la ragazza aveva preannunciato poco prima all’amico, iniziarono a domandarle della sua giornata e del Glee Club. Solo a quel punto Hiram aggiunse: “Hai qualche novità da darci?”
Rachel si fece coraggio, raddrizzò la schiena e alzò il mento, e misurando bene le parole che ormai sapeva a memoria, disse: “a dire il vero si…ho deciso il mio regalo di compleanno!”
“Fantastico Rach, 17 anni sono importanti, hai fatto bene a pensarci a lungo…” disse Leroy “di cosa si tratta?”
“Voglio andare a New York, voglio vedere le luci di Time Square la sera del mio compleanno, voglio poter assistere a un Musical dal vivo e partecipare agli Open day delle università poi…”
Leroy era rimasto allibito da quella richiesta, mentre Hiram aveva assunto un colorito vicino al porpora. Infatti fu proprio quest’ultimo a sbottare per primo interrompendo il monologo della figlia “Rachel, non se ne parla nemmeno! Ne abbiamo già discusso a sufficienza, non sei ancora pronta per il mondo che c’è la fuori….figuriamoci per il mondo dello spettacolo e soprattutto per New York!”
“Ma papà, è il mio sogno!” piagnucolò la ragazza.
Questa volta fu Hiram a parlare “quando avrai 25 anni ne riparleremo…ora sei troppo piccola”
“ma a 25 anni sarò troppo vecchia per pensare di far carriera!” rispose Rachel con tono isterico.
“Basta Rachel io e tuo padre abbiamo deciso così! Per il tuo bene…” continuò Hiram, facendo capire che non c‘era altro da discutere.
Rachel abbattuta andò a sedersi sul letto, con gli occhi pieni di lacrime.
Leroy, aveva il cuore spezzato nel vedere sua figlia così, ma lui e Hiram ne avevano parlato a lungo, ed erano entrambi d’accordo che quella fosse la decisione migliore.
“Rach…” disse Hiram dopo qualche minuto di silenzio interrotto solo dal respiro pesante della ragazza e da qualche singhiozzo “ora vai a dormire…domani mattina dobbiamo svegliarci presto, ti ricordi che devi accompagnare me e tuo padre all’aeroporto…”
“Certo che me lo ricordo….come potrei dimenticarlo? Voi ve ne andate, guarda caso a New York, per lavoro…e io invece devo starmene qua in Ohio come una sfigata!”
“Il lavoro è lavoro Rachel, non abbiamo deciso noi la meta, lo sai…” disse Leroy, poi Hiram aggiunse “e comunque domani mattina in aeroporto puoi iniziare a informarti sui prezzi e sugli orari dei voli….alla fine non manca molto al tuo venticinquesimo compleanno….”
Rachel tuffò la testa nel cuscino con fare melodrammatico gridando “ANDATE VIA!”, e così fecero i due uomini, seguiti da Rory che non aveva nessun intenzione di sorbirsi i lamenti della ragazza.

Come per le altre storie ho le cover pronte da porre al vostro giudizio...a presto!
Ottavia

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Se risplenderai ***


Capitolo 2: Se risplenderai
 
Appoggiate a una colonna dell’aeroporto c’erano tre ragazze.
Due erano alte e robuste, con i capelli lunghi e gli abiti trasandati. Incutevano davvero terrore.
La terza invece era più piccola e dal fisico minuto, indossava un paio di anfibi neri, delle collant a rete larga bucate, degli shorts di pelle e una maglietta nera dei Rancid. Nonostante fosse la più piccolina del trio, risaltava tra la folla come un fanale. Probabilmente a causa dei suoi capelli fuxia circondati da una fascia maculata. Fumava con disinvoltura lanciando occhiate sprezzanti a tutti i passanti.
Gettando la sigaretta a terra e calpestandola con lo stivale disse alle altre due ragazze “Sheila, Ronnie avete individuato le nostre vittime di oggi?”
“Io ho visto alcuni uomini d’affari…” disse una delle due ragazze
“Sheila non hai ancora imparato niente dai nostri vecchi appostamenti? Gli uomini d’affari sono off-limits…sono pieni di soldi ma al massimo hanno un computer portatile dietro…e il portafogli se lo tengono nella tasca interna della giacca…non possiamo rubare niente a quel genere di persone…devi guardare le famiglie e le coppiette…quelli sono i nostri bersagli…” disse Quinn con fare scocciato.
“Hai sempre delle idee fantastiche Q, questa degli appostamenti in aeroporto è veramente il massimo!” disse Ronnie entusiasta, ricevendo in tutta risposta da Quinn un cenno di sufficienza con la mano. La ragazza con i capelli rosa fece poi segno alle altre due di seguirla all’interno dell’aeroporto.
Quinn era una ragazza sveglia. Aveva passato gli ultimi anni al Mckinley a saltellare tra le fila delle Cheerios come capo cheerleader, fino a quando non era stata messa incinta dal migliore amico del suo ragazzo, per poi ritrovarsi single e abbandonata da tutti.
Quella sensazione di non appartenere a nessun posto preciso le stava davvero stretta. Per questo nell’estate tra il terzo e quarto anno aveva deciso di dare una svolta alla sua vita. Aveva bisogno di un po’ di adrenalina. Per questo si era unita alle Skanks, diventandone in breve tempo il leader. Da quando era in quel gruppo non si sentiva più così sola, certo non si sentiva nemmeno appagata, ma il fumo le annebbiava la mente e le impediva di pensare a quanto miserabile fosse la sua esistenza. Marinavano spesso la scuola e nell’ultimo periodo Quinn aveva lanciato questa idea di andare in aeroporto a fare qualche colpetto.
La ragazza non era certo una ladra, ma in quel momento aveva bisogno di sensazioni forti che la facessero sentire ancora viva. Per questo effettuava dei piccoli furti, proprio lì in quel luogo, perché stando alla sua passata esperienza (due estati prima aveva lavorato come aiuto hostess al Check In) in aeroporto tutti andavano di corsa ed erano parecchi distratti. Sottrarre cellulari o portafogli dalle tasche era veramente un gioco da ragazzi.
Le tre ragazze si diressero con passo deciso all’interno dell’aeroporto verso la zona dei Check-in. Sheila e Ronnie avevano imparato a non fare troppe domande a Quinn; la seguivano e basta, anche perché avevano capito dallo sguardo del loro leader che la ragazza aveva un piano preciso. Sicuramente aveva adocchiato qualche preda particolarmente facile. Grazie a lei, la settimana prima erano riusciti a rubare un Rolex a un ragazzo disperato perché la fidanzata stava partendo per chissà dove.
Quinn si fermò di colpo e fece segno alle due amiche di posizionarsi su una panchina. Poi senza proferire parola indicò un gruppetto formato da due uomini e una ragazzina mora a qualche metro di distanza da loro.
 

*

“Rachel starai bene per tre giorni senza i tuoi papà?” chiese Leroy alla figlia che aveva ancora il broncio a causa della discussione avuta il giorno precedente.
“Torneremo per il tuo compleanno, tesoro, non preoccuparti…ti porteremo a casa un regalo fantastico…”
“Io non voglio un regalo fantastico…io voglio venire con voi a New York!” disse la ragazzina pestando un piede a terra come una bambina di tre anni che strilla in mezzo a un supermercato perché ha visto un giocattolo stupendo.
“Rachel ne abbiamo già parlato…”
“Ma io ho ancora dei punti in sospeso!” continuò quella arrabbiata, prima che Hiram potesse stringerla in un abbraccio fortissimo e posarle un bacio sulla fronte. Poi fu il turno di Leroy che scompigliò i capelli della figlia dicendo “Ti voglio bene mia cara…”. Hiram aggiunse “E io te ne voglio di più…”
Rachel ancora con il bronciò rispose sottovoce e con tono poco convinto “…e io anche di più del tuo più…” e poi guardò i suoi due papà mettersi in coda per il Check In, e con una piccola lacrima che stava spingendo per uscirle dagli occhi girò i tacchi, perché oltre ad essere una ragazzina testarda era anche molto fiera di se, e non avrebbe mai ammesso di sentire il bisogno di piangere per la mancanza dei suoi due papà che stavano andando in viaggio d’affari.
Così si allontanò a gran velocità, continuando a recitare la parte dell’offesa.
Senza saper bene dove la stavano portando i suoi piedi si diresse verso l’ascensore e si infilò tra la gente. Decise di scendere a un piano a caso, giusto per trovare un posto dove sfogare tutta la sua rabbia e frustrazione mista a quel pizzico di tristezza che sentiva in quel momento concedendosi un bel pianto liberatore in solitudine.
Optò per l’ultimo piano; se tutto andava bene avrebbe anche potuto trovarci una specie di terrazzo, dal quale sarebbe riuscita a vedere gli aerei partire, immaginandosi quello dei suoi papà diretto verso la scintillante New York.
 

*

 
Nel frattempo Quinn e le altre due ragazzone stavano fissando il quadretto della famiglia Berry da lontano. La ragazza aveva adocchiato con i suoi occhi verdi smeraldo un pacchetto che spuntava dalla tasca dei pantaloni di uno dei due uomini. Era stretto, lungo e ben incartato. Poteva trattarsi di un orologio, una collana o un gioiello. Sinceramente non le interessava molto. Era un colpo fin troppo semplice. In più quelle tre persone sembrava stessero litigando, e la sua esperienza le insegnava che non c’era occasione migliore che un litigio per rubare qualcosa. Le persone abbassavano la guardia in quei momenti.
Per questo Quinn aspettò solamente che la ragazza mora smettesse di frignare come una bambina dell’asilo e si allontanasse per iniziare ad avvicinarsi con passo felpato ai due uomini.
Con il fare più innocuo che riuscì ad assumere, finse di scontrarsi con uno dei due uomini. Quello si girò per cercare di capire cos’era successo e vide solo alle sue spalle una buffa ragazzina più o meno dell’età di Rachel con i capelli rosa acceso e un look punk.
Quinn sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e con tono dispiaciuto disse “Mi scusi! Non l’avevo proprio vista….è questa la coda per San Francisco?”
I due uomini si guardarono per un secondo e poi uno dei due rispose “No cara, questa è per New York, Frisco è laggiù” disse indicando un punto non poco distante.
“Ah grazie mille! Quindi di qui si va a New York…fantastico! Ho sempre sognato andarci…ma i miei mi rivogliono a casa…non ci sono storie…grazie comunque!” prima di allontanarsi Quinn continuò a parlare “…visto che è così gentile ha per caso una sigaretta?” poi vedendo lo sguardo sconvolto dell’uomo astutamente aggiunse “No, non pensi male! Non è per me! Io non fumo! È per una mia amica, vede quella laggiù…” disse la ragazza indicando Sheila poco distante. L’uomo scosse la testa e disse “Mi spiace cara, ma ne io ne mio marito fumiamo…a dir la verità Hiram prima fumava…ma poi quando ci siamo conosciuti l’ho convinto a smettere…sai fa male…dovresti convincere anche la tua amica a smettere…”
Quinn avrebbe veramente voluto rimanere ad ascoltare le prediche sul fumo di quello sconosciuto, ma ormai aveva già ottenuto da lui tutto quello che gli serviva. Infatti mentre quello era intento a decantare come un catalogo pubblicitario i rischi delle sigarette, la ragazza aveva estratto velocemente e senza farsi vedere il pacchetto che aveva nella tasca. Così con un cenno del capo e una scusa improvvisata “Mi scusi Signore, ma devo mettermi in coda per il Check in se non voglio perdere il volo per San Francisco” si allontanò, facendo cenno alle sue due amiche di seguirla.
Non appena le tre ragazze riuscirono a raggiungere un punto ben nascosto Quinn iniziò ad aprire il pacchetto per vedere il bottino.
La ragazza scartò velocemente il pacchetto e vi trovò una confezione stretta e lunga di Tiffany. Probabilmente le altre due ragazze non si resero conto di cosa avevano appena rubato, ma lei che in fondo era sempre stata una ragazza popolare, amante della moda e dei bei vestiti (certo prima di decidere di diventare punk) aveva riconosciuto il marchio.
Aprì lentamente la confezione e trovò una catenina con una R d’oro. Sheila e Ronnie sbuffarono come se fossero deluse, eppure a Quinn quella collana sembrava perfetta. Iniziò a domandarsi a cosa si riferisse quella R e a chi fosse diretto il regalo. Ma ormai poco importava. Adesso era suo.
Ma uno strano desiderio iniziò a impossessarsi della ragazza. Non voleva dividere quel gioiello con le altre due. No, lo voleva tenere per se stessa. Si sentiva come legata a quella R dorata, e non ne capiva il motivo.
Così iniziò a camminare con passo svelto verso un punto indistinto dell’aeroporto, convinta di allontanarsi dalle altre due ragazze. Quelle però la seguivano come due cagnolini. Scocciata iniziò a correre velocemente e quando Sheila e Ronnie domandarono “Ehy Q, ma dove stai andando con quel pacchetto!? Non puoi tenertelo tutto per te…abbiamo fatto un accordo…torna qui!” la ragazza in tutta risposta disse “Scordatevelo…questo è mio!” continuando a correre divertita.
Mentre svoltava l’angolo cercando di farsi largo tra la gente la ragazza si scontrò letteralmente con un uomo indiano, accompagnato da una ragazza in tenuta da Cheerleader che la guardava con grande disgusto.
Erano il preside Figgins e Santana, la nuova capo Cheerleader.
Cosa ci facevano li?
“Fabrey, eccoti finalmente!” tuonò il preside con il suo strano accento “hai marinato ancora la scuola! Ma questa volta ti abbiamo beccato! Io e la qui presente Signorina Lopez, conosciuta anche come membro onorario degli Spazza Bulli del McKinley, siamo venuti per dichiararti in arresto!”
“Preside…non le pare eccessivo? Arresto? Io direi più che altro qualcosa tipo sospensione…detenzione…compiti extra…sette in condotta, non le pare?” disse la ragazza ispanica con tono scocciato.
Il preside non sembrò farci molto caso e continuò a parlare a vanvera sull’importanza della condotta e della frequenza. Quinn non si fece scappare quell’occasione per sgusciare via, scappando da sotto il naso dei due.
Se Figgins era lento come un bradipo a correre, Santana era allenata e senza pensarci due volte scattò inseguendo Quinn.
La ragazza dai capelli rosa sfortunatamente imboccò il corridoio sbagliato, perché vide avvicinarsi verso di lei Sheila e Ronnie. Si voltò e alle sue spalle c’era Santana (e poco lontano un ansante Preside Figgins).
Era in trappola.
Alla sua destra c’erano due sottospecie di elefanti che volevano solo la collana, alla sua sinistra invece c’era l’incarnazione del diavolo (così era conosciuta Santana) che invece voleva probabilmente consegnarla nelle mani della Coach Sylvester che le avrebbe fatto un bagno nella candeggina, convinta che così sarebbe riuscita a farla tornare la biondina immacolata di qualche tempo prima.
Quinn cercò di visualizzare le opzioni velocemente: nessuna delle due sembrava particolarmente invitante.
L’unica fonte di salvezza era quella porta antincendio che vedeva poco distante. Non sapeva di preciso dove l’avrebbe condotta, ma sapeva con precisione che avrebbe potuto bloccarla dall’interno. Con uno slancio si tuffò verso quell’ingresso mischiandosi tra la folla per non essere vista. Con altrettanta velocità bloccò la porta e iniziò a correre verso l’alto, facendo gli scalini due a due.
Non seppe di preciso quanti piani fece, ma decise di fermarsi solo una volta raggiunta la cima dell’edificio, stremata.
Aprì la porta e immediatamente fu investita dall’aria pungente.
Aveva fatto talmente tanti scalini che era giunta fino alla cima della torretta dell’aeroporto. Un posto perfetto, nessuno l’avrebbe mai cercata lì. La ragazza voleva solo stendersi e riposarsi un poco, visto che la corsa l’aveva distrutta, e quel posto era l’ideale, visto che non c’era nessuno.
Almeno così credeva.

Non ho molto da dire, a parte che adoro Punk!Quinn :-)
Spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto e che vi invogli a leggere il seguito della storia...
se conoscete il cartone magari riconoscete i riferimenti...per la torre di Rapunzel ho deciso di usare la torretta dell'aeroporto...

Grazie a tutti quelli che già seguono la storia, che l'hanno aggiunta tra le preferite e ricordate, e a chi ha commentato!
Alla prossima
Baci
Ottavia

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Con i tuoi poteri ***


Capitolo 3: Con i tuoi poteri
 
“Ah finalmente soli…” furono le ultime parole che riuscì a pronunciare Quinn prima di ricevere un colpo diritto sulla testa che la fece barcollare e cascare sulle ginocchia. La ragazza iniziò a massaggiarsi la testa e nel momento stesso in cui stava cercando di voltarsi per capire cosa l’avesse colpita, riuscì a vedere solo un paio di occhi castani, perché un'altra botta la colpì direttamente sul viso.
Quinn rimase stesa a terra questa volta, massaggiandosi il naso e mugugnando frasi sconnesse e gemiti di dolore.
Non si accorso che il pacchettino di Tiffany era rotolato lontano, e che la persona che l’aveva colpita l’aveva raccolto e ora se lo stava rigirando curiosamente tra le mani.
Quella persona era Rachel, che presa dal panico, non appena aveva sentito una voce estranea aveva agito d’impulso aveva colpito alla cieca con la sua borsa marrone.
Quinn dopo qualche minuto si risollevò tenendo le mani davanti al viso, preparata questa volta a un nuovo attacco.
Alzò lo sguardo e si trovò a poca distanza dalla ragazzina mora che aveva visto poco tempo prima nella zona partenze.
Questa era in posizione d’attacco con la borsa a mezz’aria pronta a colpirla nuovamente.
La ragazza dai capelli rosa spostò le mani dal viso in segno di resa e sfoderò uno dei suoi sorrisi enigmatici.
La morettina disse balbettando “Ogni tuo ten-tentativo di fuggire…sarà…sarà tutto inutile…”
Quinn ridacchiò con la sua voce cristallina e mordicchiandosi la lingua tra i denti rispose
“Ciao splendore…io sono Quinn Fabray…come ti va la giornata?”
Rachel in tutta risposta alzò ancora di più la borsa minacciando un nuovo colpo diritto sul naso, quindi Quinn decise di moderare un poco i toni:
“Senti morettina…”
“Rachel”
“Come vuoi, non voglio farti niente di male…sono qua su perché cercavo un posto dove nascondermi e riposare…ma non è che abbasseresti quella dannata borsa?” aggiunse Quinn arrabbiata cercando di rimettersi a sedere.
Rachel non era intenzionata ad abbassare la guardia per questo l’altra ragazza con un gesto secco della mano scansò la borsa e si alzò pulendosi le gambe dalla polvere.
Solo in quel momento Rachel ebbe il tempo di analizzarla per bene e rendersi conto di quanto fosse fisicamente affascinante.
Quinn non si lasciò certo sfuggire quello sguardo che la stava studiando dalla testa ai piedi e con fare di sfida disse “Ti piace quello che vedi?”
Rachel abbassò immediatamente lo sguardo arrossendo vistosamente.
La ragazza con i capelli rosa iniziò a toccarsi nelle tasche di quei micro pantaloncini di pelle nera, cercando la collana, ma ben presto si accorse che non l’aveva addosso e che quella non era nemmeno per terra, così disse: “Ce l’hai tu?”
“Cosa?” domandò Rachel con finta innocenza.
“La collana….” Rispose quella in modo ovvio.
Rachel cercando di farsi coraggio disse: “Si, ce l’ho io…”
“Dammela!” disse Quinn avvicinandosi fin troppo a Rachel e afferrandole un polso. La mora cercò di divincolarsi da quella stretta, ma la mano di Quinn era davvero salda e non le permetteva quasi più di sentire il sangue circolare lungo le dita.
A quel punto Rachel fece un gesto brusco come se volesse lanciare la collana oltre il terrazzo, direttamente verso le piste degli aerei.
Quinn sbarrò i suoi occhini verdi pesantemente truccati di nero e disse “Non ne hai il coraggio”
Rachel sogghignando rispose con tono di sfida “Vuoi mettermi alla prova?”
Quinn leggendo la convinzione negli occhi della morettina decise di lasciarle il polso e poi con passo svelto si diresse verso il bordo del terrazzo, voltando le spalle a Rachel, iniziando a guardare in un punto imprecisato dell’orizzonte.
La mora non potè fare a meno di osservare quella ragazza così misteriosa. La conosceva di fama, a scuola era passata dalla Cheerleader-stronza alla ragazza-incinta alla Leader-Delle-Skanks nel giro di due anni.
Rachel dal canto suo aveva sempre cercato di evitarla per i corridoi, ed era quasi sicura che quella non sapesse nemmeno che frequentassero lo stesso liceo. Eppure in quel momento, era particolarmente attratta da lei; probabilmente a causa del suo profumo, un misto tra cannella e fumo di sigaretta, dei suoi occhi penetranti, dei suoi capelli vaporosi o da…
Rachel si vergognò particolarmente dell’ultimo pensiero che il suo cervello stava formulando, eppure gli occhi della morettina non avevano potuto evitare di soffermarsi a lungo sul sedere di Quinn, che avvolto in quei micro shorts di pelle era qualcosa da urlo.
Deglutì sonoramente mentre si portava una mano sul collo torturandosi i capelli. Cercava in tutti i modi di allentare lo sguardo, ma non ci riusciva.
Fortunatamente fu proprio Quinn a girarsi e appoggiando le braccia dietro di se iniziò a parlare: “Allora, cosa vuoi in cambio di quella collana?” e dopo aver guardato Rachel con il viso ancora arrossato a causa dei pensieri che le stavano frullando per la testa aggiunse “dalla tua faccia posso intendere qualcosa…”.
Quinn si avvicinò con passo lento verso Rachel e quando le si trovò di fronte iniziò a farle scorrere due dita lungo la coscia, con il suo tocco leggero, tenendo gli occhi incatenati in quelli della ragazza. Le sue mani delicate l’accarezzavano lentamente percorrendo un tragitto casuale che andava dal ginocchio fin sotto la gonnellina.
Rachel sentiva il cuore battergli a mille, e diamine! Non aveva mai provato quella sensazione strana nel basso ventre, nemmeno quando era con un ragazzo.
Quinn terminò le sue carezze quando aveva quasi raggiunto le mutandine della ragazza, solo per domandare in un sussurro “è questo che vuoi?”
Rachel ebbe giusto quei secondi per riprendere fiato e per far tornare in moto il cervello e con uno scatto e grande imbarazzo si allontanò da Quinn scuotendo la testa vigorosamente.
“No!” disse quasi gridando “no, non-non è questo che v-oglio…” credo aggiunse mentalmente.
Quinn divertita appoggiò quelle sue mani affusolate sui suoi fianchi e disse “allora cosa vuoi in cambio di quella collana? Ci sono parecchie cose che possiamo fare insieme…”
E fu proprio in quel momento che a Rachel venne un idea.
Malsana, probabilmente.
Certo perchè passare troppo tempo con Quinn Fabray, da sole, non avrebbe giovato alla sua salute mentale e fisica (o forse a quella fisica si?), ma tanto valeva provare.
“Sei…sei mai stata a New York?” domandò in un sussurro la mora che stava cercando di riprendere fiato e di distogliere l’attenzione dal suo interno coscia che bruciava insistente come se le dita di Quinn fossero ancora posate su quella porzione di pelle.
La ragazza non capendo bene dove volesse andare a parare quella domanda rispose quasi seccata “Si tre o quattro volte…con le Cheerios abbiamo fatto lì parecchie gare…”
“Vorresti….vorresti accompagnarmi?” disse Rachel in un sussurro piantando i suoi occhi castani in quelli verdi di Quinn che la stavano fissando turbata.
“Perché dovrei?” domandò quella.
“Per riavere la tua collana…”
“Non-se-ne-parla!”
“Allora non la riavrai mai…” disse Rachel avvicinandosi a un bordo del terrazzo e sporgendo la mano con il pendente verso l’esterno.
“NO!” gridò Quinn. Non sapeva bene per quale motivo, ma quella collana le piaceva, la voleva tenere tutta per se. L’aveva capito dal primo istante che l’aveva vista.
“Cosa vuoi andare a fare a New York?” domandò la ragazza dai  capelli rosa con fare scocciato, ma lasciando intendere a Rachel che era riuscita ad ottenere la sua attenzione.
“New York è il mio sogno! Io diventerò una cantante famosa di Broadway e dopo il liceo devo iscrivermi a qualche scuola nella Grande Mela…ma i miei genitori non vogliono lasciarmi andare a New York…e io fin da quando sono bambina sogno di poter vedere le luci di Times Square…e poi…tra pochi giorni è il mio compleanno…” disse Rachel tutto d’un fiato emozionata.
Quinn la guardava senza commentare, ma il suo sguardo si era addolcito. Quella ragazza era petulante in un modo assurdo, ma era anche molto tenera. Aveva un sogno, glie lo si poteva leggere negli occhi. Ci teneva veramente a quella città, a Broadway, ai Musical e alle luci di Times Square.
Così interrompendola disse:
“Vediamo se ho capito bene….io ti porto a New York, ti faccio da guida, andiamo in qualche college a prendere dei volantini, guardiamo le luci di Times Square e poi tu mi ridai la collana?”
“Hai dimenticato il fatto che mi devi riportare a casa sana e salva…però si, più o meno il patto è questo…”
Quinn ci pensò un po’ su, arricciando le labbra e torturandosele con i denti.
E per la seconda volta in un ora Rachel si ritrovò a pensare in modo poco casto al corpo di quella ragazza, questa volta però la sua attenzione era tutta rivolta verso quelle labbra, quei denti e, perché no, quella lingua che ogni tanto riusciva a intravedere.
“Affare fatto...” disse Quinn, ma Rachel era ancora persa nei suoi pensieri.
“AFFARE FATTO” ripetè quella agitandole un braccio davanti agli occhi per farla tornare sulla terra.
“Co-cosa?”
“Ti porto a New York!”
“AAAAH! GRAZIE!” disse Rachel e in uno slancio si tuffò tra le braccia di Quinn, abbracciandola stretta. Quinn ricambiò l’abbraccio con trasporto, allacciando le sue braccia dietro la schiena della mora.
Solo dopo aver combinato il danno Rachel si rese conto di quello che aveva fatto, così velocemente si staccò dalla ragazza arrossendo e balbettando delle scuse.
Quinn in tutta risposta la guardò intensamente e con una mano iniziò a giocare con la chiusura del reggiseno di Rachel, che aveva afferrato attraverso la camicetta leggera che la ragazza indossava quel giorno.
Rachel si paralizzò a quel contatto, suscitando solo più divertimento nella ragazza dai capelli fuxia.
“Qui-quindi…” biascicò la morettina
“Quindi?” domandò Quinn con finto fare innocente, mentre la sua mano continuava a torturare i gancini del reggiseno dell’altra.
“Si…quindi…allora…” Rachel connetti il cervello…ce la puoi fare…per prima cosa allontanati e mentre pensava a queste cose riuscì a far compiere alle sue gambe un passo all’indietro. Sentì la mano di Quinn allontanarsi dalla sua schiena. Perfetto. Ora era molto più facile ragionare.
“Bene…” disse quella con un nuovo tono risoluto “Come ci andiamo a New York? Passiamo da casa a prendere i soldi e prenotiamo un volo low cost?”
Quinn rise di gusto a quella domanda così ingenua “Io non ce li ho i soldi per comprare un volo…i miei non mi passano al paghetta da quando sono rimasta incinta di quel coglione di Puckermann…me lo paghi tu, Raggio di sole?”
Rachel pensò velocemente ai soldi contenuti nel suo porcellino. Non sarebbero bastati neppure per prendere un biglietto di sola andata per New York…figuriamoci due A/R. Doveva trovare qualche altro piano.
“Il treno?” chiese incerta la ragazza mora, ma Quinn scosse vigorosamente la testa “Non ho i soldi nemmeno per quello…”
Rachel era pensierosa oltre che abbattuta. Il sogno di vedere New York era così vicino, ma nello stesso tempo non sapeva come fare per realizzarlo.
Quinn d’altra parte colse l’occasione al volo dicendo “Ci abbiamo provato Rachel, non ci siamo riuscite….ora dammi la collana e torna a casa….ti sollevo dal nostro patto…”
“NO!” disse sconcertata la mora. Sembrava quasi che Quinn stesse facendo apposta per non accompagnarla. Doveva farsi venire in mente una nuova idea, e al più presto.
“Andiamo in autostop?”
Quinn inarcò le sopracciglia in modo bizzarro. Come poteva essere venuta in mente l’idea dell’autostop a Rachel? Quella ragazza sembrava tutta perfettina….non sarebbe durata nemmeno un’ora insieme a un camionista che puzzava di sudore e sigarette, diretta verso New York.
Proprio per questo motivo la ragazza dai capelli rosa accettò.
“Ottima idea Rachel!” disse con un sorriso abbagliante “Autostop sia!”


Salve a tutti! Ecco a voi il terzo capitolo di questa Faberry!
Ho sostituito la padella di Rapunzel con la borsa, per il resto ci sono dei riferimenti abbastanza evidenti...
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate
Grazie a tutti quelli che leggono questa storia.
Nel prossimo aggiornamento metterò le cover da votare
Baci
Ottavia

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Tu mi proteggerai ***


Capitolo 4: Tu mi proteggerai
 
Rachel e Quinn scesero dalle scale antincendio senza rivolgersi la parola. Rachel era troppo agitata per pensare a qualcosa di diverso da New York e dal fatto che stesse disobbedendo ai suoi genitori e che li avrebbe fatti soffrire molto. Quinn invece stava meditando un piano per liberarsi di quella ficcanaso chiacchierona e per riprendersi la collana. In cuor suo la ragazza dai capelli rosa sperava che nessuno si fermasse per dargli uno strappo, cosicché quella storia sarebbe finita li.
Quinn continuava a guardarsi attorno aspettandosi di incontrare da un momento all’altro Santana, Figgins Sheila o Ronnie. Fortunatamente la via era libera, e le due ragazze si spinsero verso la strada.
Quinn iniziò a guardare divertita Rachel che si sporgeva con il braccio verso le macchine, sventolando le mani.
Era così buffa nel suo tentativo di fare autostop, che era impossibile odiarla.
Purtroppo la ragazza dai capelli rosa abbassò la guardia, e non si accorse minimamente del fatto che due occhi castani la stavano fissando nascosti dietro a una macchina parcheggiata.
Era Santana, che insieme al preside Figgins era accovacciata a spiare le mosse delle due ragazze.
Stranamente un camion si fermò allo sbracciare di Rachel e le due ragazze, dopo aver spiegato che erano dirette a New York (era un viaggio di circa 11 ore) salirono e iniziarono la loro avventura.
Santana, con il suo udito sopraffino, era riuscita ad origliare la destinazione e non appena le due ragazze si chiusero la porta alle spalle, ordinò al preside di prendere la macchina per iniziare l’inseguimento.
 
Il conducente del camion era un uomo sulla cinquantina, pieno di tatuaggi e con lo sguardo burbero. Rachel era particolarmente intimidita da costui ed era proprio quello che desiderava Quinn.
Eppure dopo una mezzora buona di silenzio, Rachel riuscì a fare amicizia addirittura con quell’uomo, iniziando a tempestarlo di domande sulla sua musica preferita, sui suoi hobby, sulla sua famiglia…
Quella ragazzina sapeva essere davvero petulante, ma era impossibile odiarla.
Purtroppo il camionista non era diretto verso la grande mela, quindi dopo quasi 8 ore di viaggio ininterrotte (dove Quinn cercò di dormire senza successo in quanto Rachel a un certo punto iniziò a cantare tutte le canzoni dei Miserabili, duettando con il guidatore, che non aveva proprio una voce melodiosa) le due ragazze vennero lasciate in un piccolo motel sulla strada.
Ormai era buio e stava diluviando; era decisamente ora di cercarsi una stanza. Rachel aveva con se la carta di credito, ed era evidente il fatto che avrebbe dovuto pagare lei per entrambe.
Il giorno successivo avrebbero cercato un passaggio da qualcun altro.
Quinn e Rachel entrarono nel motel e vi trovarono la Hall stracolma di gente.
E che gente.
A Rachel sembrò di essere stata catapultata in un film horror. La sala era piena di uomini dalla faccia cattiva, per di più camionisti, ma c’era anche una buona dose di homeless.
La puzza era insopportabile.
La ragazzina mora si nascose dietro Quinn, che nel frattempo aveva iniziato a pensare che quella fosse la situazione perfetta per demotivare Rachel.
“Qu..Quinn…che brutta gente…non c’è un altro posto dove passare la notte?”
Quella alzando un sopracciglio rispose “per strada?”
Rachel scosse la testa in modo vigoroso, nascondendosi sempre di più dietro l’amica.
“Che profumino!” disse Quinn in tono divertito, spingendo l’altra ragazza dentro la stanza
“fa un bel respiro profondo con il naso, che l’odore penetri! Cos’è per te? Perché per me è un po’ profumo di uomo, e un altro po’ profumo orribile di uomo! Direi a metà tra cane bagnato e bue muschiato…” continuò a scherzare la ragazza, volteggiando attorno a quel gruppo di uomini, senza perdere di vista Rachel. Negli occhi della morettina poteva leggere solo paura e terrore.
“Oh Rach, che brutta cera! Sarebbe meglio rinunciare a tutto e tornare a casa, no?” continuò ad insistere la ragazza con i capelli rosa.
Nel frattempo Rachel stava per scoppiare a piangere.
“Ehy, aspettate un momento” disse all’improvviso un uomo alto e robusto, cercando di richiamare l’attenzione dei suoi compagni “Questa ragazzina con i capelli rosa, non è per caso quella che hanno fatto vedere al telegiornale qualche ora fa?”
“Oh si! Mi sembra proprio lei!” rispose un altro uomo, avvicinandosi a Quinn.
Tutta la sala iniziò a mormorare discorsi sconnessi a proposito dell’annuncio fatto da un uomo indiano e da una cheerleader, a proposito di una ragazzina scappata da scuola. Segni identificativi: capelli fuxia e un caratteraccio.
 
La situazione si ribaltò in pochi secondi.
Quinn si trovò accerchiata da quegli uomini che, con fare minaccioso, si avvicinavano sempre di più a lei, aspettando il momento giusto per acciuffarla.
Il più alto le aveva già messo le mani addosso, quando Rachel, sfoderando tutto il suo coraggio, iniziò a gridare: “Ehm…Ehy! Ehy! Lasciate stare la mia guida! Lasciatela!”.
Ma nessuno sembrava intenzionato ad ascoltarla.
La morettina decise quindi di sfruttare per la seconda volta in quella giornata il potere della sua borsetta (contenente diversi libri particolarmente pesanti), scagliandola con forza contro la testa dell’uomo che aveva messo le mani addosso alla sua amica.
Riuscì così ad ottenere l’attenzione di tutta quella brutta gente.
Nonostante fosse ancora tremante e sotto shock, decise di tentare ugualmente di esporre le sue ragioni: “ Sentite, io so a malapena dove mi trovo, ma ho bisogno che lei mi accompagni a New York, per vedere le luci di Broadway…perché è il sogno più grande della mia vita! Ritrovate un po’ di umanità! Nessuno di voi ha mai avuto un sogno?” domandò Rachel sfoderando tutte le sue doti di attrice drammatica.
Sentendo quelle parole, la folla attorno a Quinn si paralizzò.
Dopo qualche momento di silenzio, finalmente si fece avanti uno di quegli uomini che afferrando la mano di Rachel domandò “Ragazzina…anche tu sogni New York?”
“…Si…” rispose titubante la mora.
“Era anche il mio sogno da ragazzo…ma non ho nemmeno avuto il coraggio di provare a realizzarlo, e ora guardami qui! E’ il mio più grande rimpianto…” disse quell’uomo con gli occhi lucidi.
“Io invece sognavo di diventare un pianista famoso…” disse un altro uomo, poco distante, confessando i suoi desideri “ma anche io non ho mai avuto la forza d’animo per andare fino in fondo…in più mi sono lasciato condizionare dal giudizio dei miei amici…”
“Hai ragione! Anche io, nonostante fossi dotato per giocare a Basket, non mi sono mai impegnato sul serio negli allenamenti…avrei potuto diventare qualcuno, se solo mi fossi messo sotto…” disse a sua volta un terzo uomo.
Non si sa bene come, ma da quel giro di confessioni, uscì un vero e proprio gruppo di supporto e scambio di opinioni riguardo i propri sogni e desideri più profondi. Rachel era a capo di questo comizio, e tutti gli altri uomini si erano seduti a cerchio attorno a lei, perdendo totalmente l’interesse per Quinn.
“Dai, raccontaci di New York!” chiese uno di quegli uomini, dopo che tutti avevano confessato il loro desiderio più profondo “cosa vuoi andare a fare?”
“Sogno Broadway da quando sono bambina, e poi desidero con tutta me stessa vedere le luci di Times Square…solo che i miei genitori non vogliono lasciarmi andare…così sono scappata…e Quinn è la mia guida! Per cui, ve lo chiedo per favore…non so cosa sappiate di lei, ma non potete portarmela via!” disse implorante.
Quegli omaccioni si commossero sentendo le parole di Rachel, tanto che uno di loro si tuffò ad abbracciarla singhiozzando “Il tuo sogno è così puro…”
“Grazie a tutti!” cercò di ringraziare la morettina “se fino a ieri ho semplicemente sognato New York, oggi ho quasi realizzato il mio desiderio più grande! Non dimenticherò mai questa chiacchierata!”
Il resto della serata passò in tranquillità.
Le due ragazze si erano perfettamente integrate nel gruppo. Rachel in quel momento sorseggiava un the freddo circondata da tutti quegli uomini malfamati, mentre la ragazza dai capelli rosa stava conversando con un altro gruppo di uomini a proposito di tatuaggi e piercing.
Ogni tanto Quinn si distraeva e si disinteressava del discorso per osservare Rachel sorridere e chiacchierare allegramente con quelle strane persone.
La ragazza stava iniziando ad apprezzare le doti di Rachel. Certo era chiassosa e si credeva chissà chi, ma era molto disponibile e non si lasciava condizionare dai pregiudizi. Quinn in sua presenza non si sentiva per nulla giudicata.
Mentre pensava a queste cose, un dolce sorriso comparve sul volto della ex cheerleader, e una sensazione di calore le invase il petto.
Cos’era quello che stava provando?
La ragazza spaventata da quei nuovi sentimenti scosse la testa con vigore per cercare di scacciarli.
Stava per inventarsi una scusa per lasciare il gruppetto e andare a riposarsi in camera quando la porta d’ingresso del Motel si aprì improvvisamente, lasciando entrare due figure che Quinn riconobbe immediatamente.
Erano Santana e Figgins. I due erano bagnati dalla testa ai piedi ma avevano sul volto uno sguardo soddisfatto.
Ne Quinn ne Rechel se li aspettavano.
Avevano fatto la loro grande entrata in scena.
“Ciao Quinn” sorrise Santana rivolgendosi alla ragazza.
Quinn corse ad afferrare Rachel per un braccio e iniziò a strattonarla. Sinceramente la morettina non capiva cosa stesse succedendo, ma assecondò l’amica iniziando a correre.
La ragazza dai capelli rosa gridò a tutti quegli uomini presenti in sala “Amici, ho bisogno del vostro aiuto! Fermate quei due mentre io e Rachel scappiamo!”
A quel comando una massa di camionisti si alzò e corse incontro a Figgins e Santana. Il preside iniziò ad urlare spaventato, nascondendosi dietro la Cheerios ispanica, che invece non indietreggiò nemmeno di un passo.
Tuttavia Quinn, nonostante avesse la via libera, andò a sbattere contro una ragazza alta e corpulenta.
Sheila.
E affianco a lei c’era Ronnie.
Cosa ci facevano quelle due ragazze lì?
Da che parte erano entrate?
E da quanto tempo erano in quella stanza?
Rachel guardò l’amica sempre più confusa.
Quinn nel frattempo stava cercando di partorire un piano di fuga. Ma si sentiva in trappola.
Guardò velocemente in giro, cercando una porta secondaria o una finestra o qualcosa del genere, ma c’erano solo pareti.
All’improvviso, uno degli uomini che aveva parlato con Rachel, corse verso di loro, e le spinse verso il divano gridando “Belle bimbe, ci pensiamo noi anche a queste due…voi scappate al piano di sopra, c’è una porta finestra, potete calarvi da li!”
“Ma…” cercò di protestare Rachel, non capendo quello che stava succedendo.
“Rachel, ascoltami, vai! New York ti sta aspettando! Il tuo sogno chiama!” la convinse l’uomo, spingendola con forza nella direzione da lui indicata.
Quinn non se lo fece ripetere due volte, e tenendo sempre per mano la morettina iniziò a strattonarla su per la scalinata. Ronnie fece uno scatto verso di loro, ma venne immediatamente bloccata da uno dei camionisti, mentre un gruppo di barboni iniziava a gettarle addosso alcune coperte puzzolenti e pidocchiose.
Rachel decise di non fare domande e nemmeno di voltarsi, non voleva vedere quello che stava succedendo alle sue spalle.
Seguì silenziosamente Quinn, correndo come non aveva fatto mai nella sua vita.
Appena le due ragazze arrivarono al piano superiore trovarono subito la porta finestra. Effettivamente non era troppo alto, ed era fattibile saltare, almeno per una ragazza atletica come Quinn….ma Rachel ce l’avrebbe fatta?
La ragazza dai capelli fuxia si voltò verso l’amica e la trovò con uno sguardo sconvolto.
“Rach, ce la puoi fare! Non è alto come sembra!”
“No! Lasciami qui! Non so nemmeno cosa sta succedendo, vai avanti tu…ti sarei solo d’intralcio!”
“Rachel, smettila di fare la stupida e pensa a New York! Questa finestra ti sta separando dal tuo sogno. Solo questa finestra! Hai intenzione di mollare proprio adesso? Dopo che hai superato un viaggio lunghissimo su un camion di uno sconosciuto? Dopo che hai sorseggiato The e cantato con dei barboni? Ti arrendi per un piccolo salto?”
Rachel rimase paralizzata dalle parole della ragazza. Aveva ragione.
Lei era Rachel Berry e New York era il suo sogno.
Doveva solo saltare.
Così si fece coraggio, e dopo aver preso un bel respiro, andò davanti a Quinn e senza guardare da basso, saltò giù atterrando sulle mani.
Quinn la guardò soddisfatta e poi le gridò: “Tutto ok?”
“Sisi! Salta anche tu Quinn! Avevi ragione, non è poi così alto!”
La ragazza era abituata a salti ben più complessi quando era nelle Cheerios, per questo non ci mise molto a compiere quello. Atterrò con grazia sull’erba e poi riafferrando la mano di Rachel, le due ragazze iniziarono a correre lungo l’autostrada, sotto la pioggia incessante.
Sapevano che era solo questione di tempo prima che Santana e Figgins o Sheila e Ronnie, o peggio tutti e quattro, fossero riusciti a raggiungerli.
Non sapevano di preciso dove stavano correndo, ma l’importante era allontanarsi da quel posto il prima possibile.

Sera a tutti!
Grazie per chi ha votato la copertina! Sta stravincendo la prima all'unanimità!
Mercoledì parto per una settimana, dovrei riuscire ad aggiornare tutte le FF con la connessione della chiavetta vodafone, ma mai dire mai!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto
a presto
Ottavia

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Con la tua magia ***


Capitolo 5: Con la tua magia
 
“Quinn, Quinn…ti prego….possiamo rallentare adesso?” chiese ansimando Rachel all’amica che non aveva ancora smesso di correre come una pazza.
“Rach, dobbiamo allontanarci ancora un po’!” rispose quella, senza mai lasciare la mano della ragazza mora.
Rachel continuò a correre stremata, cercando di tenere il passo di Quinn, lungo il ciglio dell’autostrada, sotto la pioggia incessante.
Finalmente Quinn si fermò ed entrambe le ragazze si presero qualche istante per recuperare il fiato.
“Chi erano quelle persone, Quinn?” chiese Rachel, con il fiatone “e cosa vogliono da te?”
“Persone a cui non piaccio….diciamo che non sono molto popolare ultimamente” rispose la ragazza, sorridendo goffamente. Aveva tutti i capelli rosa bagnati e appiccicati sul volto, e anche tutto il trucco nero e pesante le si era sbavato attorno agli occhi. Nonostante questo Rachel la trovava ugualmente bellissima.
Le mani delle due ragazze erano ancora intrecciate, e quel contatto rendeva la morettina particolarmente agitata.
“Rachel” disse Quinn stringendo involontariamente le loro mani “dobbiamo trovare un posto dove stare a dormire…un posto dove nessuno ci può trova-“.
La ragazza non riuscì a finire la frase perché alle sue spalle comparvero prima Santana e Figgins, e subito poco dietro Ronnie e Sheila.
“Ora non riuscirete a sfuggirci, Faberry” disse Figgins con il suo particolare accento.
Le due ragazze non si domandarono nemmeno cosa significasse quel nomignolo; la cosa più importante in quel momento era cercare una nuova via di fuga. Correre non se ne parlava proprio. Erano stremate, non sarebbero mai riuscite a distanziarli abbastanza.
Rachel prese il coraggio a quattro mani e afferrò la sua borsetta marrone e senza preavviso la scagliò contro la faccia di Ronnie, tramortendola.
“Accidenti Rach, quella cosa è davvero un’arma micidiale! Devo assolutamente procurarmene una!” disse Quinn a metà tra lo stupore e la gioia.
“Smettila di parlare, e inventati qualcosa!” rispose sicura l’altra ragazza.
Quinn senza farselo ripetere due volte, con uno scatto spinse Sheila, che scivolò sulla terriccio bagnato. Quelle due erano troppo stupide, non c’era nemmeno competizione. Lo stesso valeva per Figgins. Infatti Quinn si avvicinò a lui, e con una mossa svelta gli abbassò i pantaloni, lasciandolo in mutande, e totalmente sconvolto. L’uomo non si aspettava una mossa del genere, per questo non fu nemmeno pronto a reagire quando Rachel lo colpì in viso con la sua borsa.
Ora l’osso più duro da sconfiggere era Santana.
Quinn e Rachel iniziarono a guardarsi attorno, e scorsero poco distante una specie di baita.
Cosa ci facesse una casetta del genere in metto alla Freeway, era assolutamente un mistero, ma in quel momento era la loro unica fonte di salvezza.
A Quinn bastò fare un cenno con il viso per far capire a Rachel che doveva correre li dentro.
La morettina con le sue ultime forze si diresse il più velocemente in quella direzione, lasciando però la sua arma (ossia la borsa) all’amica.
 
“Santana, una volta eravamo amiche, che ti è successo?” cercò di convincerla Quinn.
“Che è successo a me? Io piuttosto mi farei la domanda opposta Fabrey…guarda come sei ridotta! Eri una delle ragazze più belle e popolari…e ora guarda come sei conciata!” la rimproverò Santana.
“E’ solo per questo che ti sei schierata dalla parte del preside? Perché non ti piace come mi vesto?” chiese Quinn facendo qualche passo indietro.
“Tu ti sei bevuta il cervello, Fabrey! Ti stai rovinando! Io, il preside e la Sylvester vogliamo farti tornare in te!” rispose Santana avvicinandosi sempre di più con fare minaccioso alla ex amica.
“Perché vi interessate tutti a me? Non pensate che è un po’ troppo tardi?” chiese la ragazza, con la voce rotta dal pianto.
“Smettila, Q. io ti sono sempre stata vicino!”
“Ah si? Anche quando la coach mi ha sbattuto fuori dalla squadra? Anche quando ho dovuto dare in adozione la mia bambina? Non mi pare Santana…non mi pare!”
“Q. tu sei meglio di così, perché non ti valorizzi? Smettila di sminuirti…”
Quinn nel frattempo continuava a retrocedere lentamente, il suo obiettivo era quello di raggiungere la baita, e sperare che ci fosse una serratura.
In quel caso sarebbe riuscita a chiudere fuori Santana, e con quella pioggia la ragazza si sarebbe allontanata per cercare un posto sicuro dove passare la notte.
Cercò di attuare quel piano, ed effettivamente ci riuscì; non appena la distanza tra lei e l’ispanica fu sufficiente, fece un piccolo sforzo e riprese a correre verso la porta della casetta, tenuta aperta da Rachel. Appena riuscì a fiondarsi al suo interno, la richiuse alle sue spalle, e fortunatamente vi trovò un’ottima serratura.
Le due ragazze sbarrarono la porta a chiave, e poi si accasciarono al suolo.
“E ora?” chiese Rachel, dubbiosa, sentendo la voce di Santana alle loro spalle, e i colpi che la ragazza stava tirando alla porta.
“Ora non possiamo far altro che aspettare. Santana non passerà mai tutta la notte qua fuori come un cane da guardia…per di più con tutta questa pioggia…”
”Tu dici, Fabrey?” replicò l’ispanica dall’altro capo della porta.
 
Quinn e Rachel riuscirono ad appisolarsi un pochino, solo quando Santana smise di battere sulla porta come un’ossessa.
Le due ragazze cullate dal suono della pioggia scrosciante, si addormentarono una accoccolata all’altra, con tutti i vestiti e i capelli bagnati.
Quando Rachel riaprì gli occhi, vide Quinn di fronte a sé che stava giocherellando preoccupata con la sua chioma rosa.
“Qui-Quinn…qualcosa non va? Ti vedo pensierosa…” chiese Rachel titubante.
“No, tranquilla Rachel…tutto ok…” rispose quella, con poca convinzione.
“Sei…sei sicura? Mi sembri turbata…è per colpa di qualcosa che ha detto Santana? Sai…anche se ero distante sono riuscita a captare comunque qualche frase…”
“Probabile…” rispose quella abbassando lo sguardo sulle sue scarpe nere.
“Ma non ne vuoi parlare, è così, vero?”
“Esatto…”
“Ok…però sappi che io sono qui se hai bisogno…tu stai facendo così tanto per me….ascoltarti è il minimo che possa fare…” rispose Rachel. La ragazza poco dopo, come colta da un’improvvisa illuminazione aggiunse “Aspetta! Ho un’idea! Molto dicono che la mia voce è magica, lo sai?”.
Quinn alzò finalmente i suoi bellissimi occhi verdi, incrociandoli con quelli castani dell’amica, facendo un’espressione buffissima.
“Non fare quella faccia! E’ vero! La mia voce ha il potere di guarire le ferite più profonde! Ti va di sentire?”
“Guarda che le mie sono belle profonde!” disse Quinn diverita.
“E io sono molto brava! Ora stai in silenzio e ascolta!”
Rachel prese la mano di Quinn, e poi la obbligò a chiudere gli occhi.
Dopo qualche secondo iniziò ad intonare le prime note della primissima canzone che i suoi genitori le avessero mai insegnato:
 
“Flower Gleam and Glow
Let your power shine
Make the clock reverse
Bring Back what once was mine
Heal what has been hurt
Change the Fates' design
Save what has been lost
Bring back what once was mine
What once was mine”
 
Quinn non potè far a meno di commuoversi sentendo quella dolce melodia.
“Co-come ti senti?” chiese titubante la morettina.
L’altra ragazza riaprì gli occhi e in un sussurro disse “Grazie”.
Rachel era riuscita nel suo intento, con la sua voce aveva toccato il cuore di Quinn Fabray, scaldandolo.
 

*

 
 
“Salve signori Berry, mi spiace disturbarvi così di primo mattino, ma volevo semplicemente avvisarvi che la vostra adorata figlioletta Rachel, è stata rapita da una poco di buono di nome Quinn Fabray, una ragazza di facili costumi che frequenta brutte compagnie. Sospettiamo che siano dirette a New York…come dite? Voi siete già li? Perfetto! Io e la mia squadra stiamo per prendere un volo per la Grande Mela…ci vediamo là. A presto”.
Il preside Figgins riattaccò il telefono e poi rivolse uno sguardo soddisfatto a Sheila e Ronnie, aggiungendo: “Abbiamo Fabrey in pugno, ormai!”
 

*

 
Rachel si risvegliò a causa del telefono che le squillava nella tasca. Stropicciandosi gli occhi, si ritrovò accoccolata contro Quinn.
Arrossendo vistosamente, si allontanò subito dal corpo dell’amica, e poi si affrettò a rispondere al telefono.
Per non disturbare la ragazza che stava ancora dormendo placidamente, si diresse nel bagno di quella piccola baita, chiudendosi la porta alle spalle.
“Si?” domandò, parlando sottovoce.
“ODDIO RACH, MA ALLORA SEI VIVA! MA DOVE SEI? E CHI è QUESTA FABREY CHE TI HA RAPITO?”
Rachel era confusa. Le voci dei suoi due papà si sormontavano preoccupate dall’altro lato del telefono.
“Papà? Ma che vi prende?” chiese la ragazza turbata.
“Rachel ci ha appena chiamato il preside della tua scuola, spiegandoci che una pazza ti ha rapito e ti sta portando a New York! Tesoro noi non abbiamo i soldi per pagare un riscatto, lo sai vero?”
“Ma cosa state dicendo? Siete impazziti? Nessuno mi ha rapito! Quinn è una mia compagna di classe! L’ho incontrata in aeroporto…”
“Com’è fatta?” chiese immediatamente Leroy.
“Dio papà, è una ragazza normale, è solo un po’ eccentrica…”
“In che senso? Anche tu sei eccentrica, tesoro mio…” chiese Hiram dall’altro lato della cornetta.
“Si ma io non ho i capelli rosa…” rispose seccata Rachel.
“Rosa?!” dissero all’unisono i due uomini.
“Dio papà, non fatene un dramma! È  un colore come un altro…”
“Non è per questo, Rachel! Quella ragazza è tutta vestita di nero, con degli anfibi neri, e delle calze a rete nera?” chiese Hiram, quasi facendole l’interrogatorio.
“Si…ma come fai a saperlo?”
“Dove siete adesso? Veniamo immediatamente a prenderti Rach! Quella ragazza è una ladra e anche una bugiarda!”
“Ma cosa state dicendo?” chiese sconvolta Rachel.
“Rachel, quella ragazza ci ha rubato una collana all’aeroporto…non fidarti di quello che ti racconta! E’ subdola!”
”Non vi credo!”
“Vai a controllare! Ha una collanina di Tiffany con una R….era per te, Rach!”
Rachel rimase attonita sentendo quella confessione.
“Sta con te solo per rapinarti!” aggiunse Hiram preoccupato.
”Non voglio sentire le vostre sciocchezze!” disse la morettina improvvisamente, chiudendo la chiamata sconvolta.
Decise addirittura di spegnere il cellulare, per evitarsi qualsiasi chiamata.
Certo quello che le avevano detto i suoi papà era vero, in parte. Quinn aveva quella collanina con la R, ma non poteva essere una subdola ladruncola che la stava sfruttando solo per derubarla.
No, Rachel aveva scoperto il vero carattere di Quinn.
Era una ragazza dolcissima e anche molto sensibile. E forse Rachel si stava innamorando di lei.
Non poteva credere che le parole dei suoi papà fossero vere.

Ecco a voi il nuovo capitolo!
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono/seguono/recensiscono la storia!
Alla prossima e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate
baci
Ottavia

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Tu Mi Aiuterai ***


Capitolo 6: Tu mi aiuterai
 
“Ehy Rachel…ti sei già svegliata?” chiese Quinn all’amica, che stava uscendo dal bagno stringendo il cellulare tra le mani.
“Ehm…si…scusa forse ti ho disturbata…ma sai come sono i genitori…” cercò di replicare Rachel.
“Tranquilla, mi sono svegliata da sola…ma che faccia...è tutto ok?”
“Sisi….non c’è nessun problema!” rispose frettolosa Rachel, cercando di mettere in pratica tutte le sue doti di attrice.
“Rachel” disse improvvisamente Quinn facendosi seria e avvicinandosi sempre più all’amica.
L’atmosfera cambiò immediatamente nel giro di pochi secondi.
“S-si?” chiese titubante la mora, che si era totalmente persa in quelle magnifiche iridi verdi.
“Lucy” disse semplicemente l’altra ragazza.
“…scusa?” rispose Rachel senza capire il significato di quella parola.
“Il mio vero nome è Lucy. Lucy Q. Fabray. Non l’ho mai detto a nessuno…ma volevo veramente dirlo a qualcuno…e tu sei stata così gentile con me…” disse Quinn arrossendo leggermente “sei insopportabile, ma in qualche modo mi sto legando a te…quindi…spero che non ti dispiaccia se mi sono confidata in questo modo…”
Rachel immediatamente abbracciò l’altra ragazza.
Come aveva anche solo potuto minimamente dubitare di Quinn, lasciandosi traviare dalle parole dei suoi papà, che non sapevano niente?
Quinn era una ragazza fantastica, non era certo una persona subdola, e tanto meno una ladra!
“Ehy, Rach…così finirai per strozzarmi!” disse Quinn ridacchiando, mentre ricambiava l’abbraccio dell’amica.
“Ops…scusami!” rispose l’altra, staccandosi dalla presa “è che sono una persona molto fisica…adoro abbracciare gli altri…a volte non riesco a trattenere le mie emozioni…”
“E a volte non riesci nemmeno a trattenere la lingua!  Sei una gran chiacchierona!” disse ancora la ragazza, sempre in tono canzonatorio.
Rachel sentendo quelle parole si limitò a sorridere divertita.
Dopo un lungo momento di imbarazzante silenzio, Quinn riprese a parlare “Secondo te…Santana è ancora là fuori?”
”Spero di no per noi…e per lei! Ha piovuto tutta notte…non oso immaginare in che condizioni potrebbe essere…” rispose la mora.
“Andiamo a controllare…”
Le due ragazze si avvicinarono di soppiatto alla porta d’ingresso, aprendo i catenacci e sbirciando fuori.
Non c’era nessuna traccia della ragazza ispanica.
“Ok, via libera…” disse Quinn sorridendo verso Rachel “prendiamo le nostre poche cose e andiamo a trovare un nuovo accompagnatore per la Grande Mela…”
“Ferme dove siete!” disse una voce nota alle due ragazze.
Rachel e Quinn si girarono improvvisamente, trovandosi una Santana con tutti i vestiti sporchi di terra e i capelli pieni di rametti e foglie.
“Sei ancora qui?!” chiese Quinn, facendosi istintivamente avanti, per proteggere Rachel.
“Sono un osso duro, Fabray…” rispose la ragazza con fare minaccioso “ora vi ho in pugno! Non mi scapperete…vi porterò dritte dal preside!”
“Non se ne parla!” rispose Quinn sicura di se.
“Scommettiamo?”
“BASTA!” si intromise Rachel gridando “Smettetela tutte e due di litigare!” poi rivolta verso Quinn “non ne vale la pena…qui ci penso io!”
Detto questo si girò verso Santana e sfoderando tutto il suo coraggio, disse “Senti, io non so che problemi hai con Quinn o con me…ma devo dirti una cosa….sono a tanto così dal raggiungere il mio desiderio più grande…vedere New York…tra poco è il mio compleanno, e non ho certo intenzione di farmi fermare da una cheerleader con la coda da cavallo!”
Santana rimase interdetta sentendo il tono sicuro con cui la ragazza si era rivolta a lei. Cercò di controbattere, ma non ci riuscì in quanto dalla bocca gli uscirono solo parole senza senso.
“Ok, quindi a questo punto puoi anche lasciarci in pace, sarebbe il caso!” aggiunse Rachel roteando la sua borsetta con fare minaccioso.
“No” rispose improvvisamente Santana.
“Quindi devo passare alle maniere forti?” chiese Rachel, agitando più velocemente la borsa.
“No, intendevo che non vi lascerò andare da nessuna parte, perché non durereste dieci minuti senza di me a New York…per questo verrò con voi.”
“Cosa?” chiese Quinn stupita “ti sei bevuta il cervello?”
“Q. sono ancora tua amica, e mi piacerebbe riaverti a casa sana e salva…e poi ho parecchi soldi con me…possiamo raggiungere la stazione Greyhound più vicina e andare direttamente a NY, senza fare autostop…”
“Oddio…grazie!” disse Rachel con gli occhi che le brillavano dalla felicità e saltando al collo della ragazza ispanica.
Santana interdetta rivolse un’occhiata a Quinn, che si limitò a rispondere con una scrollata di spalle, aggiungendo “è una persona molto fisica…”
 

*

 
“Salve Signor preside”
“Salve Signori Berry”
Il preside Figgins sedeva in un caffè di New York con Leroy, Hiram, Sheila e Ronnie. La strana combriccola stava tramando qualcosa per separare Rachel da Quinn e per poter finalmente catturare la ragazzina dai capelli rosa.
“Allora ricapitolando, il piano è il seguente…”
 

*

 
 
“Ce l’ho fatta!”.
Queste furono le prime parole di Rachel, nel momento in cui poggiò il piede sul suolo di New York.
Le tre ragazze avevano preso il Greyhound e in seguito un taxi che le aveva condotte direttamente a Times Square.
Il sogno di Rachel si era quindi avverato, anche se in parte. Infatti la ragazza era arrivata nel cuore di New York, ma essendo giorno non aveva ancora la possibilità di vedere le fantastiche luci che illuminavano tutta la città.
Nonostante questo, Rachel non riusciva più a trattenersi. Saltellava di qua e di la come una bambina, canticchiando e ballando per le strade di New York.
Quinn e Santana si tenevano a debita distanza, fingendo di non conoscere quella pazza, che aveva già cantato con tutti gli artisti di strada che aveva trovato sul ciglio del marciapiede.
Solo nel momento in cui si mise a girare a braccetto con un vecchietto, Quinn decise di richiamarla all’ordine. Stava decisamente superando ogni limite.
“Rachel, capisco che sei particolarmente emozionata…ma se sei in queste condizioni adesso, non oso immaginare come sarai ridotta quando calerà la sera…”
“Dio, non lo so nemmeno io!” rispose la morettina, quasi spaventata da quello che avrebbe potuto combinare con tutta quell’adrenalina in corpo.
“Dai Rach, da dove vuoi partire? Dove andiamo?” chiese nuovamente Quinn, passandole una mano tra i capelli tranquillizzandola “oggi è la tua giornata, decidi tu…”
“Grazie!” rispose Rachel con gli occhi che le brillavano dalla felicità “direi di fare un giro di alcuni istituti d’arte, e poi vorrei andare a vedere qualche teatro…”
“Perfetto!” rispose l’altra.
 
Le tre iniziarono il loro giro turistico di New York, scorrazzando di qua e di là per le scuole più rinomate della Grande Mela, raccogliendo informazioni e volantini. Rachel era felicissima, e il suo entusiasmo si trasmetteva anche alle altre due amiche, che l’assecondavano in tutto e per tutto.
Nel pomeriggio dopo aver mangiato qualcosa, il trio iniziò a fare il giro dei teatri. Rachel per prima cosa volle andare a vedere quello di Hairspray e dei Miserabili, subito dopo fu la volta di H2$, dove Rachel sperava di incontrare Nick Jonas, il suo Jonas preferito, non perché fosse il più carino, ma perché era riuscito a staccarsi dal ruolo di icona teen per diventare un cantante di Broadway. La ragazza voleva chiedergli a tutti i costi come ci fosse riuscito.
Naturalmente non riuscirono a vedere Nick, nemmeno le minacce in spagnolo di Santana furono sufficienti per farle accedere nell’area backstage. Così le tre amiche sconsolate si diressero alla meta successiva, il teatro di Wicked.
“Dai, Rach non abbatterti…non c’è nessuno di famoso che canta in Wicked? Tipo uno dei OneDirection…” disse Santana cercando di fare il possibile per consolare la ragazza.
“Ti prego Santana!” sbottò Rachel spalancando gli occhi dallo shock e dal disgusto “non provare a ripetere nemmeno per scherzo! Comunque nel ruolo di Elphaba c’è Shelby Corcoran, la seguo su Youtube e su Twitter…è veramente bravissima…mi piacerebbe incontrarla per stringerle la mano…”
Le tre ragazze si avviarono verso la biglietteria del teatro guardandosi attorno. La stanza era sommersa da una luce soffusa verde smeraldo, e ovunque erano appesi gadget ritraenti Glida e/o Elphaba.
Dalla sala retrostante alla biglietteria, Rachel sentì provenire delle voci.
Era il cast al completo che stava provando.
La ragazza a bocca aperta si avvicinò il più possibile, rimanendo incantata ad ascoltare la melodia che proveniva dalla stanza adiacente.
Riconobbe chiaramente il duetto “ As long as you’re mine” cantato da Fiyero e Elphaba, e qualche lacrima iniziò a scivolarle dagli occhi.
Santana e Quinn rimasero in disparte ad osservare la scena senza sapere bene come comportarsi.
La ragazza ispanica controllò addirittura nel portafogli, ma non aveva abbastanza soldi per permettersi nemmeno un solo ingresso al musical.
Così le due attesero che Rachel si sfogasse e poi la convinsero ad uscire dalla sala.
Nessuno ebbe il coraggio di parlare, Quinn si limitava ad accarezzare la schiena di Rachel per confortarla, mentre Santana le seguiva a testa bassa.
Nessuno sapeva di preciso cosa fosse preso a Rachel, certo avevano capito che fosse un tipo melodrammatico ma non si aspettavano una reazione così spropositata per una canzone.
“Dai Rach” disse finalmente Quinn “è calato il sole…ti porto a Times Square…il tuo sogno sta per realizzarsi…”
“Ragazze, io vi lascio sole…d’accordo?” disse Santana, sentendosi d’intralcio.
Rachel rispose semplicemente tirando su con il naso in modo poco fine, mentre Quinn fece un cenno con il capo.
Le due ragazze camminarono per circa quindici minuti, tra le vie affollate di New York, prima di raggiungere il centro.
Rachel continuava a tenere la testa bassa, ancora sconvolta per quello che era successo circa mezz’ora prima. Per questo motivo Quinn fu costretta a richiamare la sua attenzione, dandole un piccolo buffetto sulla spalla: “Ehy…Rachel…alza gli occhi…ci siamo…ecco le luci di New York…”

Scusate l'immenso ritardo ma ero in vacanza! 
Spero che il capitolo vi piaccia!
A presto
Ottavia

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - E non dirmi che ***


Capitolo 7: E non dirmi che
                    
Rachel sollevò lo sguardo e si ritrovò immersa tra le luci di Times Square. Il sogno della sua vita si era appena realizzato. Era tutto perfetto, meglio di come se l’era immaginato. Le sembrava di stare al centro del mondo.
Nel frattempo Quinn guardava l’amica con aria estasiata, e senza pensarci troppo, le afferrò una mano. La morettina ricambiò immediatamente la stretta, e se fino a qualche momento prima pensava che tutto fosse completo, si sbagliava.
Ora che stava stringendo la mano di Quinn, era tutto perfetto.
“Rachel….” disse dolcemente la ragazza “…come ti sembra?”
“E’ tutto perfetto….” Rispose l’altra “grazie…” aggiunse poi, distogliendo finalmente gli occhi dalle insegne luminose e fissando l’amica.
Quinn lasciò la mano di Rachel e si sedette sul bordo del marciapiede.
La morettina non appena perse quel contatto si sentì persa, e mise un leggero broncio. Quinn lo notò immediatamente e senza troppi giri di parole disse “Dai Rach, non fare così…siediti qui con me…”
Rachel immediatamente si sedette affianco all’amica, e le due intrecciarono nuovamente le loro mani.
“Sai Quinn” parlò Rachel fissando nuovamente le luci di Times Square “Chiusa tra le mura di casa mia sono sempre stata una ragazzina piena di utopie e curiosità…ma oggi sotto queste luci, sento come uno scintillio dentro di me…questo è il mio posto.”
Mentre la ragazza pronunciava queste parole, Quinn continuava a fissarla, stringendole sempre di più la mano, per esortarla a continuare.
“E’ come se vedessi la realtà, come se si fosse dissolta la nebbia che mi oscurava la vista…Oggi per la prima volta è come se avessi assaporato la libertà…tutto è così diverso…solo grazie a te…”.
Quinn sorrise istintivamente sentendo quelle parole.
Anche per lei era lo stesso.
Quei due giorni passati con Rachel avevano significato moltissimo; grazie a quella ragazzina Quinn non aveva più dubbi.
Rachel le aveva fatto aprire gli occhi capendo che il posto in cui voleva e doveva stare era lì, con lei.
A Quinn tornarono in mente le parole di Rachel alla locanda, quelle inerenti ai sogni, e si rese conto che non aveva più bisogno di cercare il suo sogno, perché sentiva di averlo trovato.
Quinn immersa in quei pensieri non si rese nemmeno conto del fatto che le sue labbra si stavano dolcemente avvicinando a quelle dell’altra ragazza. Erano così vicine, sarebbe bastato pochissimo per eliminare quella distanza. Ma l’attenzione di Quinn fu catturata da due figure nascoste dietro un angolo.
Si trattava di Sheila e Ronnie.
Controvoglia Quinn si allontanò da Rachel.
Voleva baciarla con tutta se stessa, ma prima aveva una cosa da fare, riconsegnare a quelle ragazze la collana con la R, così se le sarebbe potuta togliere di torno, Poi sarebbe stata tutta di Rachel.
“Scusami, Rach…torno subito” disse quindi la ragazza improvvisamente, lasciando l’amica a bocca asciutta,
“Ho…ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese lei, confusa.
“No, tranquilla…ho una cosa da fare….ma non ti preoccupare che torno…tra poco sarò di nuovo da te…promesso!” e dicendo queste parole la ragazza dai capelli rosa scomparve di corsa dietro l’isolato, lasciando Rachel seduta sul marciapiede, sola.
 

*

Quinn si diresse il più velocemente possibile da Sheila e Ronnie, voleva chiudere in fretta la faccenda.
“Non so cosa ci fate qui, o come abbiate fatto a trovarmi…” disse la ragazza dai capelli rosa alle due amiche, una volta che le ebbe raggiunte “ma non voglio altri casini, quindi questa è vostra…” e mentre pronunciava quelle parole stava per lanciare la collanina alle due ragazze, che tuttavia la immobilizzarono.
“Ehy…ma che…che state facendo?” chiese Quinn iniziando a dimenarsi come una matta.
“Ormai non ci interessa più quella collana….abbiamo ordini dai piani alti…” disse Sheila, che tra le due era la più sveglia (anche se di poco).
Entrambe le ragazze erano belle piazzate, e Quinn era stata colta di sorpresa, per questo non riuscì a liberarsi da quella stretta.
Nonostante questo la ragazzina continuava a scalciare e tentò anche di gridare, ma una mano con un fazzoletto le si posizionò sulla bocca. Quinn inevitabilmente iniziò a respirare in quel lembo di stoffa, e dopo qualche minuto le forze l’abbandonarono.
Tutto si appannò diventando indistinto, gli arti iniziarono a farsi sempre più pesanti, così come le palpebre.
Cadde svenuta senza rendersene conto.
 

*

 
Rachel era preoccupata, non poteva mentire a se stessa.
Prima di tutto perché si trovava in una grande città, da sola. Ed era la prima volta che questo succedeva.
In più aveva paura che Quinn non tornasse, ci stava mettendo un sacco di tempo, forse doveva andare a cercarla? Ma in fondo aveva promesso che sarebbe tornata, perché avrebbe dovuto abbandonarla?
Con questi pensieri contrastanti la povera Rachel non riusciva nemmeno a stare seduta composta sul marciapiede, Fu costretta ad alzarsi e a cominciare a camminare avanti e indietro, per cercare di tranquillizzarsi, senza tuttavia riuscirci.
Perché Quinn non arrivava? Le era successo qualcosa? Doveva andare a cercarla?
Erano passati più di 30 minuti da quando la ragazza si era allontanata, e ormai Rachel era decisa ad andare a cercarla.
Raccolse le sue poche cose dal pavimento, e iniziò a mettersi in marcia, nella direzione in cui aveva visto l’amica scomparire, quando però sentì due voci molto famigliari, dire il suo nome:
“Ehy Rach….”
La ragazza si girò di soprassalto e si trovò di fronte ai suoi due papà, che le sorridevano cercando di tranquillizzarla.
“Voi…cosa….come avete fatto a trovarmi?” chiese la figlia, allontanandosi involontariamente dai suoi padri. Sicuramente l’avrebbero sgridata, oltre che portata immediatamente a casa.
“Rach, eravamo così preoccupati…” disse Leroy immediatamente “non puoi nemmeno immaginare cosa ci hai fatto passare! Vieni dai tuoi papà…”
“NO!” rispose Rachel decisa, e vide le espressioni dei suoi padri tramutarsi velocemente.
“Rachel?” chiese Hiram preoccupato.
“Papà non guardarmi così…devo prima cercare una persona…poi posso tornare con voi…ma è importante….Quinn è importante per me…”
“Rachel smettila! Non capisci che ti ha sfruttato? Che ti ha preso in giro? Non ti puoi fidare di quella…ora che ha raggiunto il suo scopo non tornerà più da te…puoi starne certa….ascolta i tuoi papà…loro sono più esperti di te…”
“non vogliamo che la nostra piccola venga ferita, se possiamo evitarlo….” Aggiunse Hiram al discorso del marito.
“Smettetela!” gridò Rachel “non vi credo! Non vi credo!”
“Dovresti cara…non ti sei domandata perché non è ancora tornata da te?” disse Hiram avvicinandosi alla figlia.
“Rachel ci spiace essere così crudeli…”
“Ma non torna…”
Rachel sentendo quelle parole si lasciò prendere dallo sconforto e scoppiò a piangere. Non sapeva perché ma le parole dei suoi due papà sembravano così reali. Quinn non era tornata, ormai era passata più di un’ora.
L’aveva ingannata.
Era stata così stupida a credere che potesse funzionare tra loro due.
“Portatemi a casa…” disse tra le lacrime, abbracciando i suoi papà.
“Ti vogliamo talmente bene, cara” disse Hiram accarezzando i capelli della sua bimba.
“E io anche di più…” rispose Rachel tra i singhiozzi
“E noi anche più del tuo più” rispose Leroy asciugando le lacrime della sua piccola.
 

*

 
Erano passati due giorni da quando Rachel era tornata a Lima, e non era ancora uscita dalla sua camera. I suoi papà erano preoccupati, la ragazza non mangiava, non parlava e non si muoveva dal suo letto. Continuava a piangere come una disperata. Nemmeno i canti e i balli tipici irlandesi del suo miglior amico Rory riuscirono a strapparle un sorriso.
Rachel si sentiva persa.
Da una parte voleva dimenticare tutto quello che era successo a New York, tuttavia era anche stata la giornata più bella di tutta la sua vita, non poteva gettarsi tutto alle spalle.
Ma dov’era Quinn? Cosa le era successo? l’aveva veramente abbandonata oppure le era successo qualcosa di brutto?
Tra tutte queste domande non riusciva nemmeno più a prendere sonno.
Per questo una notte, dato che di dormire non se ne parlava proprio, si intrufolò in soffitta e iniziò a sfogliare gli album di fotografie dei suoi genitori. Voleva trovare qualche bella foto di New York che ritraeva i suoi papà, per portarla nel suo portafogli.
La sua attenzione venne catturata da una foto che ritraeva Leroy, Hiram e una donna dai capelli corvini, e dal volto noto. Rachel si soffermò a lungo su quella foto, togliendola dall’album e iniziando a rigirarsela tra le mani.
Chi era quella donna?
Dove l’aveva già vista?
Subito dopo la sua attenzione venne catturata da una serie di fogli ben ripiegati in una busta ingiallita. La ragazza l’afferrò e iniziò a sfogliare quel plico, per cercare di capirne qualcosa.
Dopo pochi secondi, quando si rese conto di quello che aveva trovato, rimase senza parole.
Aveva tra le mani il suo certificato di nascita.
Su quei fogli, a chiare lettere svettava il nome della sua madre biologica.
Leroy e Hiram le avevano sempre raccontato che sua madre era una bella donna, amante del canto e della musica, ma che non sapevano assolutamente dove fosse, per questo motivo non gli andava nemmeno di dire a Rachel come si chiamasse.
Peccato che Rachel l’avesse appena scoperto, e nel peggiore dei modi.
Shelby Corcoran.
Sua madre era Shelby Corcoran, la famosa cantante di Broadway.
Come avevano potuto i suoi papà tenergli nascosto un segreto così grande?


Scusate per il ritardo, la storia è già tutta scritta ma tra una cosa e l'altra mi dimentico di aggiornare!
Comunque siamo al penultimo capitolo!
Grazie a tutti quelli che seguono la storia!
Al prossimo aggiornamento
Baci
Ottavia

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Per me è tardi ormai ***


Capitolo 8: Per me è tardi ormai
 
“Ehy…Pssss….Q….svegliati….”
Quinn sentendo quelle parole, sommate a delle leggere scosse sul suo braccio, aprì gli occhi, e si ritrovò di fronte Santana.
“Co-“ cercò di domandare la ragazza, ma fu immediatamente interrotta dalla cheerios, che le fece segno di fare silenzio.
“Quinn, le due ciccione sono nell’altra stanza, ma stanno dormendo…seguimi, ti porto fuori da qui….” Sussurrò l’ispanica
“Ma dov’è Rachel?” chiese la ragazza dai capelli rosa, sollevandosi a fatica e guardandosi attorno. Si trovava in una stanza d’hotel vecchia  e diroccata. La finestra era aperta (molto probabilmente l’aveva scassinata Santana per entrare) e fuori era buio.
“Ti porto da lei…è tornata a Lima…i suoi papà l’hanno riempita di menzogne sul tuo conto…ma non preoccuparti ho comprato i biglietti dell’aereo - non chiedermi con che soldi – si torna a casa Fabray!”
“Ma quanti giorni sono passati?” chiese Quinn ormai in piedi dietro all’amica.
“Un paio...”
“E ho dormito tutto questo tempo?”
“Evidentemente…” rispose Santana, porgendo la mano all’amica e invitandola a fare come lei.
Le due ragazze il più silenziosamente possibile saltarono fuori, arrampicandosi sulla scala antincendio.
Una volta uscite intravidero le figure di Sheila e Ronnie che si stavano precipitando verso la finestra, imprecando, ma ormai le due ragazze erano fuori dalla loro portata.
Si precipitarono lungo le scale il più velocemente possibile e una volta raggiunta la strada, Santana gesticolò verso un Taxi che si fermo immediatamente.
“Salta su Fabray!” disse la ragazza ispanica tenendo aperta la portiera all’amica che senza farselo ripetere due volte seguì il consiglio.
“Dove vi porto ragazze?” domandò il conducente
“JFK” rispose Quinn “il più in fretta possibile…non vedo l’ora di tornare a casa!”
 

*

 
A Rachel non interessava che fosse notte e che probabilmente i suoi papà l’avrebbero messa in punizione per tutta la vita, doveva tornare a New York a tutti i costi.
Sua madre era Shelby Corcoran, la famosissima cantante di Broadway. Doveva conoscerla, parlarle per qualche minuto, abbracciarla e ringraziarla per il dono incredibile che le aveva dato, la sua voce.
Per questo afferrò le chiavi della macchina di Leroy e la carta di credito, uscì di casa velocemente e si diresse in aeroporto.
 
I suoi padri sentirono sbattere la porta, e realizzarono che la figlia era scappata. Senza nemmeno verificare se Rachel fosse nella sua stanza, si cambiarono e salirono in macchina, dirigendosi anche loro in aeroporto.
Non avevano bisogno di verifiche, sapevano che era solo questione di tempo, la loro bambina stava tornando a New York, per cercare quella teppistella dai capelli fuxia.
 

*

 
Rachel corse immediatamente verso la sala imbarchi, scoprendo però che purtroppo il piccolo aeroporto di Lima chiudeva di notte. Il primo volo per New York era esattamente tra 4 ore.
Sconsolata la ragazza iniziò a girovagare per i corridoi senza sapere bene cosa fare e dove andare. Non voleva tornare a casa, ma non poteva nemmeno stare lì in bella vista. I suoi papà l’avrebbero potuta trovare da un momento all’altro.
Per questo decise quasi istintivamente di andare in cima alla torretta dove tutto quella storia era cominciata.
Dove aveva incontrato per la prima volta Quinn Fabray.
Così la ragazza si diresse verso la porta antincendio e ripercorse quella scala conosciuta, fino a raggiungere la cima dell’edificio.
I suoi capelli furono scompigliati dall’aria pungente non appena aprì la porta.
Naturalmente quel luogo era deserto, totalmente al buio, solo qualche lucina di servizio in lontananza illuminava il panorama.
Rachel si trovò immediatamente a rimpiangere il caos e le luci abbaglianti di New York.
Osservando quel paesaggio triste si sedette in un angolino appartato e senza volerlo si appisolò.
 

*

 
Rachel si svegliò dopo qualche ora. La luce dell’alba era appena spuntata.
La ragazza era tutta indolenzita per aver dormito all’aperto e in una posizione scomodissima.
Guardò immediatamente l’orologio e imprecò mentalmente. Aveva appena perso il primo volo per New York.
Doveva immediatamente andare al primo piano per discutere con la ragazza del centro informazioni e scoprire l’orario del prossimo volo.
Si sollevò lentamente massaggiandosi la schiena, quando all’improvviso si sentì chiamare dai suoi papà.
Perché l’avevano già trovata?
Rachel si girò di malavoglia e iniziò immediatamente a parlare a macchinetta, con le lacrime agli occhi “Non provate a rimproverarmi! Ho dovuto farlo! Ho dovuto!”
“Rachel perché non riesci a dimenticarti quella ragazzina punk? Non capisci che ti ha stregato con qualche sotterfugio?” disse Hiram disperato.
“Basta! Qui non si parla di Quinn, non tiratela in mezzo quando non ha fatto niente! Qui stiamo parlando di voi! Mi avete tenuto nascosto una cosa importantissima! Mia madre è Shelby Corcoran! Come avete potuto mentirmi su una cosa del genere?”
“Rachel…come fai a saperlo?” chiese Leroy colto di sorpresa.
“Ho trovato i certificati qualche ora fa…perché l’avete fatto? Perché?” domandò Rachel in lacrime.
“Tesoro non volevamo perderti…abbiamo agito irrazionalmente, ma dopo la tua nascita non abbiamo più avuto notizie di quella donna…non volevamo farti soffrire…non sappiamo nemmeno se è disponibile a conoscerti o altro…” cercò di spiegare Hiram.
“Ma potevate almeno dirmelo…tutto questo mistero…questo vostro disperato tentativo di tenermi lontana da New York…tutti questi anni sono state solo bugie!” rispose Rachel fuori di sé.
La ragazza si avvicinò alla porta cercando di scendere al piano terra, ma fu immediatamente bloccata per un braccio da Leroy.
“Rachel aspetta…”
“LASCIAMI!” gridò la ragazza divincolandosi dalla presa.
“Avete sentito? Ha chiesto di essere lasciata!”
“Quinn!” disse Rachel con le lacrime agli occhi, guardando verso la porta d’ingresso.
La ragazza dai capelli rosa era appena entrata: aveva tutti i capelli arruffati e il fiato corto, ma era bellissima.
Alle sue spalle c’era Santana, che si teneva leggermente in disparte per non disturbare il quadretto famigliare.
“Cosa ci fai qui, ragazzina?” chiese Hiram infuriato.
“Figgins e le due ragazze non hanno rispettato il patto!” aggiunse poi Leroy.
Rachel riuscì a liberarsi dalla stretta del padre e corse immediatamente ad abbracciare l’amica.
“Quinn che bello rivederti! Ma cos’è successo?”
“Dopo ti spiego piccola!” disse la ragazza abbracciando l’amica, e schioccandole un bacino tra i capelli.
“Rachel, torna immediatamente qui!” disse il padre con voce dura.
“NO! Io voglio stare con Quinn…perché non capite che non ha fatto niente di male? Non mi ha ingannato!”
”Ma potrà farlo in futuro!” disse Hiram sconsolato.
“Papà, vi prego smettetela di trattarmi come se fossi qualcosa di raro, come se vivessi in una teca di cristallo…fatemi imparare dai miei errori…io voglio conoscere mia mamma, voglio andare a New York, e voglio stare con Quinn…” disse la ragazza arrossendo e abbassando lo sguardo “sempre che lei me lo permetta…”
Quinn sorridendo afferrò la mano di Rachel e rispose “Ovvio…come puoi solo pensare il contrario?”.
Rachel alzò gli occhi in quelli dell’amica e le sorrise felice.
Hiram e Leroy respirarono rumorosamente all’unisono: si erano arresi all’evidenza.
La loro bambina era diventata grande, e aveva scelto Quinn Fabray. Poteva non piacergli il suo colore di capelli, come si vestita, ma non potevano di certo negare la chimica esistente tra le due ragazze. Era evidente che si amavano, e non sarebbero stati certamente loro a mettere i bastoni tra le ruote alla loro bambina.
“D’accordo Rachel….ma veniamo anche noi…” disse ad alta voce Leroy cercando di attirare nuovamente l’attenzione della figlia, che si era persa negli occhi verdi di Quinn.
“Do-dove?” chiese la morettina, distogliendo controvoglia gli occhi da quelli dell’amica.
“A New York…da Shelby. Veniamo anche noi..”
“Anzi facciamo così, adesso andiamo giù a prendere 4 biglietti per il primo volo…”
“Quattro?” chiese ancora stupita Rachel.
”Si quattro” aggiunse Hiram al monologo del marito “immagino che Quinn voglia venire con noi, no?”
Rachel saltò immediatamente al collo dei suoi due papà, baciandoli e abbracciandoli, mentre Quinn sorrideva e ringraziava in modo molto più composto ed educato.
Dopo quel colorito scambio di convenevoli, Leroy Hiram e Santana scesero al primo piano, lasciando Rachel e Quinn finalmente sole.
“Allora Rach…” disse Quinn avvicinandosi e sorridendo maliziosamente alla morettina “Mi sa che ci sono molte cose di cui dobbiamo discutere….”
“Umpf, ma io non ne ho voglia…” rispose Rachel mettendo il broncio come una bambina, suscitando una risata divertita all’altra ragazza.
“Sicura? Io volevo solo sapere se hai già deciso cosa dirai alla tua mamma, appena l’incontrerai…”
“Oh, quello…voglio ringraziarla per la voce magica che mi ha dato…” disse Rachel sognante.
“Ouch” rispose Quinn, mimando una fitta al petto.
“Q, che succede?”
“No niente, è che le tue parole mi hanno ferita, qui direttamente nel cuore!”
“Penso di sapere come fare a curarti…” rispose Rachel avvicinandosi all’amica.
“Con la tua voce magica?” chiese Quinn canzonando la mora.
“Io avevo un’altra idea, ma se vuoi che mi metta a cantare, ecco a te: Flower Gleam and Glow, let your power shine, make the clock reve-“
Quinn bloccò Rachel poggiandole una mano sulla bocca, impedendole di proseguire, poi aggiunse “Ehy sciocchina! Non che mi dispiaccia sentirti cantare, ma io intendevo qualcosa d’altro…” e mentre pronunciava queste parole, liberò la bocca dell’amica e le si avvicinò, baciandola dolcemente.
Rachel immediatamente portò le braccia attorno alle spalle di Quinn, intrecciando le mani tra i suoi capelli, ricambiando il bacio.
“Pensi che sia meglio se mi ritingo di biondo? Forse i tuoi papà inizierebbero a guardarmi meno male, se tornassi del mio colore naturale…” disse Quinn staccandosi momentaneamente dalle labbra di Rachel.
“Guarda, per me potresti anche farti crescere i capelli lunghi fino ai piedi, che saresti lo stesso perfetta…” rispose la morettina fondandosi nuovamente sulle labbra di Quinn, impedendole di controbattere.
Le due ragazze rimasero a baciarsi per un tempo indefinito, consapevoli che quello era il loro posto, nessuno le avrebbe più potuto dividere.
 

-The End-

 

Anche questa Disney!Gay è giunta al termine.
Grazie a tutti per il supporto che mi avete dimostrato, siete fantastici!
Grazie anche per aver votato la copertina.
Sfortunatamente non ho pronta la storia successiva, quindi diciamo che il progetto Disney!Gay va in pausa con data da stabilirsi (ossia fino a quando non mi verrà qualche nuova idea per la FF successiva!)
Ringrazio ancora tutti
A presto
Ottavia

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