Ti ritroverò di Clover GD (/viewuser.php?uid=145672)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
IMPORTANTE:
ho riletto questa storia da poco. Era orribile, pertanto ho deciso di
cambiarla in meglio. Ho apportato una gran quantità di
modifiche a questa storia. Ho cambiato la focalizzazione (da interna
ad esterna), ho cambiato il narratore (da interno ad esterno anche
lui), ho cercato di eliminare ogni possibile traccia di OOC nei
caratteri dei personaggi ed ho modificato anche l'orribile carattere
di scrittura. L'unica cosa che è rimasta pressoché
uguale è la trama, sebbene non mi esimi dal dirvi che potrebbe
esserci qualche piccola modifica: potrebbe capitare per problemi di
IC.
CERCHERÒ
DI FAR Sì CHE L'IC REGNI SOVRANO. QUALSIASI SBAVATURA È
DA FARMI NOTARE CON UNA RECENSIONE NEUTRA/CRITICA O CON UN MP.
Un
gigantesco grazie alla mia armigera, Akakuro
Hybrid,
che mi ha betato il capitolo.
Sarei
persa senza di te, amore mio! ♥
Grazie
dell'attenzione :)
Dikasterion.
Ti
ritroverò.
«Un viaggio di
lavoro?»
Courtney sentì il
cuore stringersi, ma solo per un millisecondo.
«Esatto,
principessa. Io e Trent!» rispose lui.
Con un moto d'ira ed uno
di gelosia, la ragazza si fece preda del pensiero che solo e soltanto
lei sarebbe potuta diventare qualcuno d'importante, fra i due. Non
considerava Duncan un totale idiota, ma a dirla tutta si vedeva
superiore a lui.
Ciononostante, sapeva di
dipendere dalla sua presenza.
Anche se avesse voluto
negare il fatto che l'amava come non aveva mai amato nessuno in vita
sua, si sarebbe comunque dovuta trovare ad ammettere che aveva
bisogno di lui, anche solo per sentirsi migliore di qualcuno.
«Che diavolo ci
vai a fare un anno in Canada con Trent e...» un velo di lacrime
le appannò la vista, ma lei le ricacciò orgogliosamente
indietro, «senza di me?»
Lo faceva sempre.
Courtney rendeva sempre
ogni cosa una tragedia senza pari.
«Principessa, ma è
un anno solo. E poi il capo ci ha promesso un posto fisso qui, con
uno stipendio migliore di quello che abbiamo ora! Diventeremo
architetti professionisti, capito?»
Duncan era il classico
ragazzaccio che era stato poi rimesso sulla retta via. Più o
meno, insomma.
Aveva smesso di fumare
tutto quello che si trovava davanti, ma non rinunciava al piacere che
riusciva a dargli un bicchiere di whisky. Tuttavia, aveva studiato
architettura, si era impegnato. Aveva trovato motivazione non nel
rendere felice Courtney, ma nel dimostrarsi migliore di quanto lei
l'avesse mai giudicato.
Perché questo era
il problema di Courtney: lei non riusciva a fare a meno di giudicarlo
per ogni secondo della sua vita.
«Ma come
comunicheremo?» chiese lei, con una punta di preoccupazione.
Forse, in qualche modo,
lo amava. E le sarebbe mancato.
«Ti scriverò
una lettera al giorno.»
Duncan la vide sgranare
gli occhi da cerbiatta.
«Ma le poste
funzionano malissimo!» asserì, trattenendo il respiro.
«Ma il mio cuore
continuerà a battere all'unisono con il tuo, no?»
No.
Entrambi sapevano
benissimo che questa frase era soltanto una delle tante del
repertorio di Duncan per conquistare le ragazze.
Duncan e Courtney non
avevano due cuori che battevano all'unisono.
Duncan
e Courtney erano sbagliati.
Si erano messi insieme poco prima che avessero lasciato i loro ex a
distanza di pochi giorni, in pratica li avevano traditi.
Quando si amavano, i loro cuori non battevano insieme, ma erano in
disarmonia.
Erano
sbagliati, ma si erano
trovati arrancando fra i loro errori. E non si erano più
mollati, anche per la paura di ricadere nella spirale di sbagli in
cui erano caduti prima di conoscersi.
«Sì, ma...»
No.
Di
nuovo, entrambi sapevano che quel sì
detto da Courtney era solo fittizio.
«Come faccio a
stare un anno lontana da te?» ansimò lei.
«Lontana da me?»
chiese lui. Non gli sembrava vero, a dir la verità, che lei
avesse appena ammesso una sua debolezza.
«Lontana dalla tua
inettitudine, dai tuoi capelli spettinati, dai tuoi stivaletti
incrostati di fango e dall'innumerevole quantità di matite che
spargi per terra!»
Oh. Ecco.
Courtney non si mostrava
mai fragile.
Una lacrima fece
capolino sulla sua guancia, e Duncan la asciugò con il
pollice.
Ennesima mossa da
rimorchio.
«Su, su, Court.
Sai benissimo che non sarebbe affatto male se venissi anche tu, ma
avresti dovuto sentirlo, quello stronzo di McLean! Sì,
potrei farvi portare una donna, ma poi non sarebbe abbastanza
divertente vedervi soffrire! Trent stava per tirargli una matita
nell'occhio. Patetico, davvero patetico. Ma la morale della favola
qual è, alla fine? Io non posso portarti con me, Trent non può
portarsi Gwen.»
Fu solo grazie ai suoi
immancabili riflessi che evitò lo schiaffo che stava per
partire da lei.
«Cosa cazzo dici?
McLean è un deficiente, non ci vuole nulla a convincerlo!
Avresti potuto insistere, o chiamare un avvocato!»
Duncan scosse la testa.
«Ha troppe
conoscenze, in quel campo. È un fottuto bastardo, ma non posso
farci niente.»
«Tra quanto dovrai
partire? Una settimana? Un mese?» provò a domandare lei.
Chissà per quale motivo, ma sentiva che la risposta a questa
domanda le avrebbe fatto male.
«Veramente...
Domani a mezzogiorno.»
Dio santissimo.
Chris
McLean gliel'avrebbe pagata cara. Carissima.
«Tu... Oh,
Duncan!» mormorò e, incapace di trattenersi, permise a
qualche lacrima di percorrerle il viso.
«Courtney,
Courtney, principessa, non fare così.» disse,
afferrandola per le spalle e scrollandola.
«So che non si
riesce a fare a meno di uno come me per tutto quel tempo, ma ti
toccherà provarci!»
Ammiccò.
Courtney lo guardò
con malizia.
«Abbiamo comunque
ancora stanotte, giusto?»
Duncan inarcò un
sopracciglio.
«Esattamente, ma
poi... Stop. Un anno sarà off limits. Ed io mi rifiuto
categoricamente di scoparmi Trent in mancanza di altro.»
Courtney socchiuse le
labbra e lo guardò inorridita.
«Farò finta
che tu non abbia detto niente, ma ti toccherà farti
perdonare.»
Lui le regalò un
sorriso sghembo.
«Sto seriamente
pensando di farti urlare finché non avrai più voce.»
Courtney lo guardò
come se avesse detto un abominio.
«Coglione»
proferì.
Un istante, e poi si
gettarono avidamente l'uno contro le labbra dell'altra. Si tolsero
velocemente i vestiti.
Sesso per rabbia. Il
migliore, dicono.
Nessuno è in
grado di fermare il tempo, purtroppo.
Se Courtney avesse avuto
una scala abbastanza alta, avrebbe volentieri tentato di raggiungere
il sole per ricacciarlo indietro e non far mai arrivare mezzogiorno.
Ma arrivò, come
tutte le ore della giornata.
«Scrivimi, Dunc.
Lo sai che senza di te sarà dura.»
Era strano come, dopo il
sesso, Courtney si lasciasse andare e dicesse cose che non avrebbe
mai detto in condizioni normali.
«Principessa,
suvvia: è solo un anno!»
Mai sentito parlare
della goccia che fa traboccare il vaso?
Courtney andò
fuori di sé.
«Solo un anno un
cazzo, Duncan! Un anno è tanto, sai? È tanto, ed
io non ho la minima voglia di pensare a come farò senza
di te!»
Di solito, una persona
si fa scappare la parola di troppo quando è ubriaca.
Courtney si ubriacava di
lussuria e di sesso, parlando fin troppo mentre ancora abbracciava
Duncan.
«Uhm... Hai
ragione. Ma che ci posso fare io?» disse lui, con una calma che
uccideva.
Lei stava lì lì
per ribattere, ma si fermò un attimo.
«Duncan?»
disse invece, con quella sua vocetta saccente.
«Sì?»
«Dobbiamo
separarci litigando?» continuò lei, addolcendosi.
«Non penso sia
conveniente.» mormorò lui.
«Sei un cretino.
Addio.» sussurrò con un tono sofferente.
«Suvvia,
principessa... Arrivederci.»
Le lasciò un
bacio dolce, poi salì in carrozza.
«Scrivimi!»
Courtney fece appena in
tempo a gridargli dietro la parola, mentre i cavalli cominciavano ad
andare verso la stazione.
«Lo farò!»
disse la voce di Duncan mescolata al rumore degli zoccoli di quello
stupido cavallo.
Quando la carrozza
diventò solo un puntino all'orizzonte, lei si mise a piangere
davvero.
Aveva voluto dimostrare
di essere forte davanti a lui, ma c'era da ammettere che
trecentosessantacinque giorni e trecentosessantacinque notti erano
tante.
Troppe.
Persino per lei.
***
A/N Ed
eccoci qui :)
Questo
capitolo è stato abbastanza facile da riscrivere, sapete?
L'unica cosa è che penso che qualche cambiamento sulla trama
ci sarà. Sono diventata una perfetta slasher, non vorrei
cadere in tentazione di far sbaciucchiare Trent e Duncan xD
Non
si sa mai, comunque ù_ù
Ansiosissima
di sapere quanto e se
vi sia piaciuta la riscrittura del capitolo :)
A
meno che non ci siano dei problemi -e avvertirò in caso nel
capitolo precedente-, aggiornerò una volta a settimana.
Penso che aggiornerò il mercoledì. Mi piacciono i
mercoledì :D
A
mercoledì prossimo, dunque :)
CloClo
:)
|
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Capitolo 2 *** Capitolo secondo ***
Un
ringraziamento speciale alla mia supermegafoxyawesomehot beta,
la
meravigliosissima
Faithfully,
senza la quale sarei probabilmente
persa
♥ Sperando, ovviamente, che la
mia armigera non se la prenda.
REVIEWS
MAKE CLOVER HAPPY :)
Ti
ritroverò.
Duncan
trascorse la giornata a maledire ogni cosa che si trovò
davanti.
Si
passò ripetutamente una mano fra i capelli, per poi prendere a
torturarsele entrambe.
«Duncan?»
Trent
aveva parlato.
Se
c'era qualcosa che Duncan non aveva mai detto a Courtney, beh, quella
era che lui non sopportava Trent. O meglio, riusciva a stare nella
sua stessa stanza senza aggredirlo, ma a lungo andare non sarebbe
riuscito a coesistergli, lo sapevano tutti e due.
«Cazzo
vuoi?»
Duncan
e Trent.
Tra
di loro non avrebbe mai funzionato: il primo reputava il secondo uno
sfigato, il secondo reputava il primo uno spaccone.
Nonostante
ciò, Trent aveva provato, qualche volta, ad essere carino con
Duncan, specialmente in vista di una convivenza dolorosamente forzata
per un intero anno. Duncan, invece, era rimasto sempre distaccato dal
ragazzo dagli occhi verdi, rivolgendogli la parola sì e no due
volte durante tutto il viaggio: la prima volta l'aveva solo chiamato
sfigato perché si era rovesciato addosso l'acqua che
stava bevendo, la seconda volta gli aveva chiesto l'ora, pur sapendo
benissimo che, a meno che non si fosse portato appresso un orologio
portatile, non ne avrebbe potuto avere la benché minima idea.
«Sei
triste anche tu, vero?»
Se
c'era una qualità positiva di Trent, ecco, quella era il fatto
che lui non desistesse mai dai suoi obiettivi.
Avrebbe
dovuto convivere con Duncan, e per questo si era imposto di andarci
d'accordo.
«Saranno
cazzi miei?»
Duncan
era duro, come sempre.
«Non
puoi tentare di essere un po' più... Carino, con me?»
Trent
aveva parlato con la voce venata di frustrazione. Non si capacitava
del fatto che Duncan non gli volesse rivolger parola e ne soffriva
anche, ma non l'avrebbe ammesso mai.
«Perché
dovrei essere carino con uno sfigato?»
La
già fragile situazione mentale di Trent lo portò a
spezzarsi.
«Posso
sapere cosa diavolo hai contro di me? Non ti ho fatto assolutamente
niente, eppure mi detesti profondamente!»
Duncan
si girò verso di lui.
«Ti
sei mai guardato, Trent? Oh, Dio, sembri uno di quegli squallidissimi
contadini che non riescono a starsene per sé per più di
dieci minuti. Hai continuamente bisogno di relazionarti con qualcuno?
Benissimo, parla coi cavalli. Parla con il cocchiere. Parla con te
stesso, dannazione, ma non starmi fra le scatole!»
Trent
tirò un pugno sul lato della carrozza.
Era
frustrato, ma ciò che non sapeva era che quella era solo la
situazione d'inizio.
Dopo
ben dieci ore di treno, arrivarono a Vancouver.
Dalla
stazione, non ci volle molto perché raggiungessero la
postazione di lavoro di McLean. Avrebbero lavorato ad un progetto
importate, qualcosa come la costruzione di un intero complesso di
case in un nuovo quartiere residenziale della città.
McLean
li accolse con il suo classico sorrisino bastardo.
«A
cosa devo la visita?» scandì ammiccando.
Duncan
represse uno stronzo fra i denti, Trent fu più saggio e
ricordò a McLean chi fossero i due uomini che si trovava
davanti.
«McCord
e Nelson, quindi? Non avevo la minima idea di chi foste voi, come non
avevo la minima idea che lavoraste con me. Ma, dopotutto, non posso
star qui a ricordarmi anche dell'ultimo segretario che lavora per me,
sono un uomo importate, io!»
Duncan
strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
«Siamo
i due architetti che aspettava.» proferì Trent.
«Non
me ne frega un piffero. Siete comunque più in basso di me,
nella scala del successo.»
Se
gli sguardi avessero potuto bucare, in quel momento Chris McLean
sarebbe stato ridotto ad uno scolapasta.
Ma
così non è; uno sguardo non perfora, nessuno sarebbe in
grado di uccidere con un colpo d'occhi, così McLean rimase
illeso.
Arrivò
un assistente con gli occhi bassi ed annunciò ai due che li
avrebbe condotti verso le loro abitazioni.
I
due sbuffarono, poi si decisero a seguire il ragazzo.
Per
chissà quale scherzo del destino, una volta che i due si
ritrovarono davanti ad una casetta piccola e vi entrarono, si
accorsero che c'era un letto solo. Matrimoniale.
«Io
con te non ci dormo.» proferì Duncan.
«Andiamo,
Duncan!»
Trent
lo aveva detto con tono annoiato, come se fosse una baby-sitter stufa
dei lamenti di un marmocchio spocchioso.
«Beh?
Tu con me ci dormiresti?» chiese l'altro, roteando gli occhi.
Trent
prese a contorcersi le mani nervosamente.
No,
lui non avrebbe dormito volentieri con Duncan.
«Bene»
disse il ragazzo dale iridi azzurre, con una nota di soddisfazione
nella voce.
«Vorrà
dire che tu dormirai sul divano»
Il
suo interlocutore spalancò gli occhi verdi.
«Stai
scherzando? Io non dormo su nessun divano!» asserì.
Duncan
si limitò ad inarcare le sopracciglia, risultando assai
antipatico al nuovo coinquilino.
«Allora
dormi per terra. A te la scelta.»
La
mattina dopo, si risvegliarono abbracciati.
«Cazzo,
Trent!» esclamò Duncan, staccandosi furiosamente
dall'altro ed alzandosi velocemente dal letto.
«Non
ti avevo detto di dormire sul divano?» continuò.
«Si
dà il caso che sul divano si sta scomodi, quindi ho preferito
mettermi sul letto accanto a te. - Trent si passò una mano fra
i capelli corvini - Certo, mi sarei dovuto alzare prima di te e
tornare sul divano, ma...»
Fece
il punto della situazione, rendendosi conto della posizione in cui
stavano fino a pochi secondi prima.
«Perché
mi stavi abbracciando?» chiese, sbattendo un paio di volte le
palpebre.
«Oh,
sei tu che stavi abbracciando me.» ribatté Duncan.
Trent
alzò gli occhi al cielo.
«Non
direi proprio!» esclamò, ributtandosi poi all'indietro
sul letto, affondando la testa nei cuscini.
Duncan,
intenzionato com'era ad avere ragione, risalì rapidamente sul
letto, vi si mise in ginocchio e, facendo perno sulle rotule, si
sporse verso Trent. Appoggiò le mani ai lati del corpo del
chitarrista, stando ben attento a non toccarlo nemmeno con la più
insignificante parte del proprio corpo, poi puntò i suoi occhi
in quelli dell'altro.
«Senti
un po', so bene di essere irresistibile, ma qui serve che tu
tenga a bada gli ormoni, se non vuoi finire a dormire nel portico.»
Trent
provò a ribattere, ma Duncan gli si avvicinò ancora di
più, fin quando i nasi quasi si sfiorarono.
«Io
ho una ragazza, a chissà quanti chilometri da qui. Una
ragazza, Trent, e non è una ragazza di copertura. Se tu
e Gwen vi siete messi d'accordo per stare insieme per finta, non sono
problemi miei, ma stammi lontano.»
Inaspettatamente
e contro ogni tipo di reazione che Duncan avesse mai potuto
immaginare, Trent scoppiò in lacrime.
«Sono
etero, stupido, ma lei mi ha lasciato quando le ho detto che sarei
partito.» Arrancò fra i singhiozzi che andavano sempre
di più verso la disperazione estrema. «Spero che tu sia
contento di saperlo, adesso.»
Duncan
ghignò.
«Non
è male come situazione, McCord, ma non ho voglia di scoparti.
Né ora, né mai.»
Si
alzò e si diresse verso il bagno, fingendosi sordo al suono
smorto del vaffanculo che veniva dalle labbra di Trent.
Courtney
non riusciva a credere che se ne fosse andato. Semplicemente, non
riusciva ad accettarlo.
Erano
passate meno di settantadue ore e già sentiva la mancanza di
qualcuno da sminuire per sentirsi migliore.
Una
delle tante cose che legava Courtney a Duncan era il fatto che si
sarebbero potuti insultare quanto avessero voluto, ma non si
sarebbero mai offesi veramente per questo.
Si
davano dell'inetto o della perfettina, del coglione e della
rompiscatole, addirittura una volta Courtney lo aveva definito un
orco chiodato quando, una sera, era rientrato a casa esibendo
il suo orecchino nuovo. Orecchino fatto senza il permesso di lei,
come era ovvio che fosse.
Courtney
Barlow, però, non era il tipo da tirarsi indietro e disperarsi
sciogliendosi in lacrime, qualora avesse sentito la mancanza di
Duncan.
Iperattiva
com'era, iniziò a fare qualsiasi cosa le si presentasse
l'occasione di fare.
Arrivò
anche a pulire il sottoscala, che era un ricettacolo di ragni, topi e
sporcizia, pur di occupare la sua giornata.
Per
quanto riguardasse gli insulti, poi, sfogava la sua frustrazione su
gli oggetti inanimati.
Cadeva
una pentola? Veniva insultata.
Si
scuciva l'orlo di una gonna? Veniva insultato anch'esso.
Cadeva
da un paio di scarpe col tacco? Venivano rimproverate aspramente.
E,
tutto sommato, andava bene così.
Forse.
Dopo
la terza settimana, arrivò una lettera.
La
prima di tante.
Ehi,
principessa!
Io
sono a Vancouver, e quel cretino del chitarrista è con me.
Il
viaggio è stato una noia mortale, se fossi stata anche tu su
quel treno, beh, avrei passato più tempo in bagno. Magari
tirandomiti appresso.
Il
nuovo posto di lavoro non è niente male: abbiamo delle
scrivanie gigantesche e tonnellate di matite. Me ne sono già
rubate sette, non è eccitante? (In effetti, con cosa credi che
ti stia scrivendo?)
Courtney
sorrise, riconoscendo il tratto della mano di Duncan: preciso e senza
la pressoché minima sbavatura, ma dopotutto se lo sarebbe
potuto aspettare. Lui era pur sempre un architetto.
Mi
manchi.
Non
volevo dirtelo, ma ormai l'ho scritto e non mi sono ancora fottuto
nessuna gomma da cancellare, per cui eccotelo scritto su questo pezzo
di carta.
Divido
una casa con Trent, ed abbiamo un solo letto, che è
matrimoniale.
Suona
male, ma il letto grande mi fa pensare a noi.
Ho
provato a costringere Trent a dormire a terra o sul divanetto
all'ingresso (o addirittura nel portico), ma il cretino si infila nel
mio letto ogni notte.
O
almeno l'ha fatto ieri ed oggi, perché è solo la
seconda notte che passiamo qui.
Devo
dire che mi fa piuttosto ribrezzo dormire insieme a lui come due
fidanzati, ma me ne sto facendo una ragione. L'importante è
che non mi tocchi, da lì in poi la strada è spianata.
La mattina dopo il primo giorno ci siamo ritrovati abbracciati nel
lettone, e sono convinto che, se non mi fossi alzato di scatto io,
lui sarebbe rimasto volentieri lì a stritolarmi.
Sorrise:
quasi quasi si immaginava la scena.
Duncan
lo aveva sicuramente irriso, così lei si concesse di provare
un minimo di commiserazione per il chitarrista.
Come
va laggiù? Sei ancora triste per la mia partenza?
Manchi.
Ciao,
principessa.
Duncan
Non
si accorse di quando aveva iniziato a piangere, fatto sta che
riconobbe il bagnato delle prime lacrime che le sfioravano la
guancia.
Decise
di uscire per prendere un po' d'aria: le avrebbe fatto bene.
Prese
il parasole per ripararsi dai bollenti raggi di Giugno e cominciò
a camminare per la strada. Immersa com'era nei suoi pensieri, non si
rese conto della voce che la chiamava ripetutamente.
Si
avvide di chi fosse la ragazza che la stava chiamando quando questa
le posò una mano sulla spalla, ansimando per la corsa.
«Gwen!»
esclamò, sorpresa. «Che ci fai qui?»
Gwen
rimase ferma, boccheggiando.
Già,
cosa ci faceva lì?
Lei
non era forte come Courtney e, poiché aveva lasciato Trent, si
era resa conto di aver bisogno di qualcuno con cui parlare. Non era
una ragazza allegra e solare, no, ma pur essendo silenziosa e
taciturna, aveva bisogno di qualcuno con cui relazionarsi, Lei e
Courtney erano abbastanza amiche da poterle permettere di cercarla e
stare con lei. Almeno per un po' di tempo.
«Sola.
Mi sento parecchio sola.»
Courtney
non sapeva se ghignare o abbracciarla. Si volevano bene, nonostante i
litigi e le frecciatine che ogni tanto si tiravano.
A
disagio, le poggiò una mano sulla spalla e strinse.
«Trent
è lontano, ma sarà sempre con te, no?»
No.
Courtney
non era così, lei non era il tipo da rassicurare le persone.
D'altra parte, però, nemmeno Gwen era il tipo da pentirsi
delle proprie azioni. Era come se fossero state catapultate in una
strana dimensione dove la lontananza da chi amavano cambiava loro il
carattere.
«No,
Court. L'ho lasciato.»
Fredda
e lapidaria, Gwen aveva lasciato trapelare dalle proprie labbra
quell'informazione.
Courtney
rimase scioccata.
«Sei
un'idiota o che altro? Io non avrei mai-
Fu
interrotta da un gesto eloquente di Gwen.
«Non
ho bisogno di una ramanzina.»
Una
lacrima le scese placidamente lungo la guancia, contro la sua
volontà.
«Va
bene, va bene.» asserì Courtney. «Facciamo che
vieni a stare da me, almeno per un po'. Così analizziamo bene
la situazione e ti facciamo tornare con lui senza che ti sembri che
sia successo mai nulla!»
Gwen
sgranò gli occhi di ossidiana: la castana aveva parlato con
un'esaltazione che la faceva inorridire.
«Va
bene» disse svogliatamente. Non aveva voglia di litigare con
l'amica un'altra volta.
Si
separarono perché la mora aveva bisogno di andare a casa a
prendere qualche vestito per trasferirsi momentaneamente dall'altra.
Courtney
tornò a casa lentamente, e prese a svuotare un cassetto del
mobile accanto al letto per lasciare un po' di spazio alla sua nuova
coinquilina.
Mentre
spostava le cose, lo sguardo le cadde sulla pila di pezze spesse
bianche che utilizzava nel periodo del ciclo. La realtà la
colpì come una martellata: aveva un ritardo di due settimane.
Oddio.
Si
accasciò lentamente al suolo, non sapendo se piangere o
urlare.
***
A/N Eccoci
di nuovo nelle note a fine pagina :)
Otto
recensioni al capitolo precedente? Siete una favola, ragazzi **
Devo
ammettere di essermene aspettate di meno (ma questo non è un
invito a recensire di meno ò.ò), mi avete
piacevolmente sorpresa :)
Beh,
qui qualcosa è cambiata, dal punto di vista della trama.
Duncan e Trent si odiano, non sono amiconi (ewww x.x) come
avevo narrato nella versione precedente C.C
Solo
io vedo taaaanta tensione.. particolare fra quei due? E
con 'particolare' intendo 'sessuale'.
Già.
Uhuh,
no, ok. Sono sì una slasher senza speranze di ripresa, ma i
rating è arancione e tale resterà. Al massimo
*SPOILER SPOILER SPOILER* li faccio baciare. Ripetutamente.
Ho
deciso anche di inserire una sottospecie di rubrica in ogni angolo
autrice: gli spoilers.
Avvertirò
prima di iniziare a scriverne e lo farò in grigio chiaro, così
chi non vuole rovinarsi la sorpresa li può comodamente
saltare. Ma tanto so che non li salterete 3:D
Indipercui..
SPOILERS
Vi
ricordate cosa succede a Courtney, sì? Un fastidioso ritardo.
Per
quanto riguarda Trent e Duncan, la tensione salirà fino alle
stelle per poi sfociare in qualcosa di concreto, ma non penso di
parlare di angst (la mia beta Faith sa bene quanto io lo odi xD),
bensì di continue frecciatine. Anche perché in questa
storia, Duncan e Trent non sono innamorati l'uno dell'altro. Per
niente.
Ho
anche un'altra cosa da chiedervi: ho pensato di introdurre un paio di
altri personaggi.
Qui
entrate in gioco voi: vi piacerebbe se fossero Brick e Jo? Come
figura stupida preferite Linsday o Lightning? C'è
qualcun altro che vorreste facesse parte della storia?
Sarò
contenta di trattare il personaggio che sceglierete; come unico
favore, però, vi chiedo di non chiedermi di introdurre né
la Dott né Scott con qualsiasi altro personaggio. Ormai,
Scott io lo concepisco come uno spirito libero e Dawn mi sta un po'
antipatica. Già.
Aspetto
le vostre richieste!
E
fin qui con i tempi di aggiornamento va tutto ok, no? È
Mercoledì ed io ho aggiornato.
Mi
sento infinitamente potente *O*
A
Mercoledì prossimo!
CloClo
:)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo terzo ***
Capitolo
betato in tutta fretta da quella meraviglia della natura che altri
non è che
Akakuro
Hybrid, la mia armigera ♥
senza la quale sarei persa, mi sembra ovvio.
Grazie
per tutto quello che fai per me; ti amo tanto, tesoro ♥
La
canzone citata qui è Somewhere
Only We Know, una delle più belle che siano
mai
state scritte. Ovviamente, con Trent non c'entra niente, come non
c'entra
niente
con l'età in cui l'ho collocata (infatti è del 2004
C.C). Vi chiedo perdono per quest'incongruenza temporale, ma avevo
bisogno di far comporre a quell'uomo
meraviglioso
una canzone e questa mi sembrava calzarci a pennello :)
REVIEWS
MAKE CLOVER HAPPY :)
Ti
ritroverò.
Trent
non trovò il coraggio di spedirle una lettera di scuse nemmeno
un mese dopo esser partito.
Era
sempre stato bravo con le parole, d'altronde era un chitarrista ma
anche un compositore e, oltre a scrivere la musica, scriveva anche il
testo delle sue canzoni.
I
suoi testi erano vari, anche se lui prediligeva le canzoni d'amore.
Non quelle tristi però, non quelle in cui due si lasciano e si
versano lacrime di amara solitudine che come perle vanno a posarsi
sui colletti delle camicie per poi essere assorbite dal tessuto
rigido che li compone. Trent amava le canzoni dedicate a chi si
ritrova, all'amore che rispunta fuori dopo aver passato anni sotto la
coltre più nera di pece e carbone, amava vederlo rispuntare
fuori ancora sporco di polvere solo per poterci soffiare sopra e
rimuoverla riducendola a tanti minuscoli fiocchi di neve.
Ed
era quello il problema: Trent l'amore l'aveva perso e chissà
se l'avrebbe ritrovato.
Gli
mancavano le parole per chiederle scusa -sempre che ci fosse stato
qualche motivo per chiederle scusa- e per dirle che l'amava non di un
amore posticcio, ma che l'amava come un usignolo ama la primavera.
Le
avrebbe cantato queste parole pur sapendo che lei, fredda com'era,
non le avrebbe accettate.
Gliele
avrebbe piante.
Cristo,
dov'è finita la mia dolcezza?
si era ritrovato a chiedersi più e più volte. Il dramma
era che non ne aveva la minima idea. Poteva provare rabbia,
tristezza, rimpianto, ma nessuna traccia di dolcezza.
Non
era più Trent, era perlopiù un fantoccio di cartapesta
con due perle verde spento al posto degli occhi che non era più
in grado di godersi la vita.
Drammatico,
sì, ma terribilmente vero.
Era
notte fonda quando smise di mordersi le unghie e cominciò a
suonare. La casetta era abbastanza staccata dal resto delle altre
dove alloggiavano gli altri membri della cooperativa, per cui non
pensò all'eventuale fastidio che avrebbe potuto produrre e
sfiorò le corde della chitarra con le dita lunghe e sottili.
Dita
di un artista, le aveva una volta definite Gwen.
Ancora
se la ricordava, quella scena. Si erano appena visti, avranno avuto
undici o forse dodici anni. I loro genitori erano amici e,
nell'incontrarsi un giorno, li avevano fatti conoscere. Avevano
passato insieme un intero giorno a ridacchiare e chiacchierare, senza
che lui sapesse quanto poco spesso lei si aprisse in tal modo alle
persone che intersecavano la sua vita.
Comunque
sia, ti voglio bene... Hai le dita sottili, nervose, come quelle di
un artista, ed anche il tuo animo è così...*
Queste erano state le
sue ultime parole della giornata, o almeno le ultime che
Trent ricordava.
Non
gli sovveniva nemmeno come Gwen avesse definito il suo animo, o forse
la madre l'aveva tirato via prima che potesse sentire la parola
lasciare le labbra rosee della ragazzina che, con l'allontanarsi, era
diventata sempre più piccola fino a divenire un puntino non
più grande di un acaro.
Esercitò
una pressione più forte sulle corde e compose il primo
accordo, un Do maggiore senza dissonanze o cacofonie. L'indice che
premeva sulla seconda corda dal basso all'altezza del primo capotasto
venne sollevato per dar vita al secondo accordo, uno dei più
belli che la mente umana avesse mai composto. Un semplice Do settima
aumentata, ma a sentirlo pronunciare l'effetto è molto minore
che a sentirlo vibrare nell'aria.
Dopo
questo, un Re minore intenso e ricco di sentimento.
La
gente non capisce quanto un accordo possa rifulgere dell'anima di chi
lo suona finché non lo prova lei stessa sui calli delle
proprie dita.
Trent
l'aveva provato.
Quattro
tempi dopo, un Sol maggiore elementare.
Mischiati
insieme e ripetuti all'infinito, questi quattro accordi diedero vita
alla strofa dell'ultima canzone che aveva composto Trent, qualche
mese prima.
Is
this the place we used to love? Is this the place that I've been
dreaming of?
Bridge,
La minore e Mi minore. Trent si chiese perché mai i minori
dovessero suonare così strazianti.
Portando
l'indice a barrè sul manico -quell'azione l'aveva fatta così
tante volte che ormai non sentiva più il dolore lancinante al
dito, ma le prime volte non riusciva nemmeno a suonare l'accordo-,
compose un Fa e poi un Sol, spostando la mano di altri due capotasti.
Oh,
simple thing, where have you gone? I'm getting old and I need
something to rely on
Re
minore, di nuovo. Mi minore, un'altra volta. Sol maggiore, come aveva
già fatto. E giù col ritornello, dedicato all'immagine
sfocata di lei che aveva stampata in mente.
And
if you have a minute, why don't we go
Talk
about it somewhere only we know?
«Cristo,
Trent, è l'una e mezza di notte, la pianti o no con quella
chitarra?»
Duncan
aveva spezzato l'universo alternativo che solo e soltanto quella
canzone riusciva a creargli.
«Puoi
evitare di fare l'insensibile?» sputò fra i denti il
moro.
«Ah,
senti, -asserì Duncan, ogni parola come una stilettata nelle
spalle- io ho bisogno di dormire e non me ne frega niente dei tuoi
problemi.»
Perché
Duncan fosse così acre nei confronti di Trent era ancora un
mistero.
«Posso
almeno finire la canzone?»
«Non
esiste. Dormire. Stanco.» disse Duncan passandosi una mano fra
i capelli corvini ed indicando il letto sul quale era sdraiato.
Trent
mugugnò e si stese accanto all'altro sul letto matrimoniale.
«Sparisci.»
sbuffò lui.
Trent
non si mosse, convinto nel restare lì dov'era. Duncan lo
spinse fino al bordo del letto, ma una volta arrivato fino alla
sponda del letto questi si tenne così stretto ai bordi che il
moro rinunciò alla speranza di buttarlo giù.
D'altronde,
però, ormai era un mese abbondante che questa tiritera si
ripeteva.
Accasciata
con la schiena a contatto con la cassettiera, Courtney cercava di
ignorare completamente il pesante senso di opprimenza che le era
caduto sul petto come un macigno.
Convogliava
tutte le sue forze rimanenti -perché gliene restavano davvero
poche- nello sperare che fosse solo un ritardo. Solo uno stupido,
insensato, inappropriato ritardo. Un ritardo madornale, come quelli
di Duncan, ma pur sempre un ritardo.
Purtroppo,
però, le sue aspettative furono totalmente deluse.
Scrisse
con mano tremante e calligrafia incerta una lettera per lui. Almeno
non avrebbe trovato una triste sorpresa al suo ritorno.
Ciao
Dunc.
È
successo proprio quello che, fosse stato per me, avrei evitato.
Ho
un ritardo. Un ritardo non nel senso che non sono arrivata puntuale,
ma che qualcosa di me non è puntuale. Ho.. Aspetto un
bambino.
Non
ho nemmeno la voglia di chiamarla 'dolce attesa', e sai perché?
Beh, mettiti comodo, tesoro, ché ho fatto una lista.
-Sarà
Marzo quando nascerà, ed io sarò qui e tu ancora in
Canada.
-Non
ho mai voluto un figlio.
-Non
penso saresti un buon padre.
-Ho
paura dei dolori del parto.
-Non
so a chi rivolgermi per un aiuto.
-Mi
verranno sicuramente le nausee.
-Mi
verranno anche le voglie.
-Ingrasserò.
Tutto
ciò è ridicolo. Dai una bastonata a McLean e torna qui,
prima che trovi un modo per raggiungerti io stessa. Sai che sarei in
grado di farlo.
Courtney
Il
giorno seguente arrivò una lettera da Duncan.
Calcolando
che la sua l'aveva spedita il giorno prima, la speranza che quella
busta contenesse una risposta riguardo agli argomenti da lei esposti
era praticamente vana. E così fu, perché Duncan le
aveva scritto qualche settimana prima ed i fogli le erano stati
recapitati solo in quel momento.
Hey,
principessa,
Non
ce la faccio più a stare qui, senza di te. È triste.
Mi
manchi tanto.
Ed
io sto diventando fottutamente dolce. Ewww.
Quel
maledetto chitarrista suona, la notte. Mi fa paura, canta canzoncine
su luoghi che conosce solo lui e si lamenta che, pur essendo l'una di
notte, io lo costringa a smettere di suonare. Secondo me si fa di
oppio.
Quasi
ogni notte mi abbraccia.
Secondo
me, fa i pensierini su noi due ogni volta. Mi spaventa.
Ed
io sono sexy. Lo so, altrimenti Trent non ci proverebbe con me.
Perché
ci sta provando, sì?
A
presto.
E
non volevo scrivertelo, ma ti amo.
Duncan
Dio.
Non
sapendo se urlare alla sua insensibilità o piagnucolare al suo
ricordo.
Ormai,
Courtney passava ogni giornata con Gwen -piuttosto normale, visto che
convivevano-, che ormai stava diventando la sua migliore amica. O
forse la sua unica amica, questo non lo sapeva ancora.
Avevano
scoperto di essere molto diverse, ma anche che talvolta l'essere
diverse aiuta ad avvicinarsi.
Ridevano
insieme, mangiavano insieme, uscivano insieme e cucinavano insieme.
Non
mancavano i diverbi, ovviamente, ma non era troppo difficile passarci
sopra, una volta fatto il punto della situazione.
Per
arrotondare un po' -non che mancassero loro i soldi, ma qualche
dollaro in più non guastava mai- facevano dei lavoretti
occasionali, ma più che un modo per guadagnare questo era un
modo per non pensare. Quando si lavora tanto, il cervello smette di
trasmettere immagini tanto profonde e torna a mostrare scenette
quotidiane lasciando corpo e anima di chi si sforza in una situazione
di stallo.
Perché
in realtà c'era qualcosa che mancava a Courtney.
Duncan.
***
A/N Ed
eccoci qui, è Mercoledì ed io ho pubblicato di nuovo.
Figo.
Cos'è
successo, stavolta, di nuovo? Ricapitolando, Trent e Duncan fanno
scintille di tensione, Gwen e Courtney sono amiche e si vogliono
bene, con la speranza che l'IC sia stato mantenuto. Courtney è
decisamente
incinta, ma a differenza della trama precedente, non si scioglie in
lacrime invocando Duncan e pensando a degli eventuali nomi per il
nascituro (Diomio, a volte mi faccio schifo da sola!), ma anzi fa
una lista degli aspetti negativi della faccenda. LOL, amo scrivere
di lei :3
Abbiamo
anche due lettere molto meno mielose delle precedenti (ewww)
e qualcosa di molto più concreto. #Soproudofme :D
Dovete
sapere che io, nel documento che ho sul pc, sto riscrivendo la storia
capitolo per capitolo, e quindi ho ancora i vecchi capitoli dal 4
al 9, visto che non li ho cancellati. Li cancello quando li
riscrivo, e vi assicuro che rileggere la vecchia trama è
traumatizzante.
Era
oscena,
ve lo dico senza mezzi termini.
Trent
che suona Somewhere Only We Know (awwww
**) è
disarmante, l'ho sognato una notte ed era così... vero
che non ho potuto fare a meno di inserirlo qui. E la canzone è
stupenda. Ma lo è soprattutto Darren Criss/Blaine quando la
canta a Chris Colfer/Kurt. È la mia canzone, e gli accordi
sono quelli veri :3 Un consiglio? Se la volete strimpellare, fatela
in La, non in Do. È incantabile (xD), ma l'ho messa in Do
perché mi piaceva l'idea di descrivere il cambiamento di
posizione da Do a Do7+: si toglie un dito per aumentare qualcosa. Non
è spettacolare?
LOL,
ignoratemi. Sono un disastro xD
PRECISAZIONI:
*
- l'avete riconosciuta? Se sì, meritate un oscar ed una
standing ovation ♥ Non è altro che una citazione del
grandissimo Checov, il commediografo che scriveva tragedie nella
Russia della seconda metà dell'Ottocento/primi del
Novecento. La battuta è tratta da Il
giardino dei ciliegi,
atto IV. Non la conoscete? Leggetevi le quattro opere principali di
Checov. Magari non vi piaceranno molto, come è successo a
me, ma qualcosa vi rimarrà.
Le
traduzioni dei pezzetti di canzone che canta Trent sono
rispettivamente:
È
questo il posto che di solito amavamo?
È
questo il posto di cui ho sognato?
Oh,
semplicità, dove sei andata?
Sto
invecchiando ed ho bisogno di qualcosa su cui contare
E
se hai un minuto perché non andiamo
A
parlarne in un posto che solo noi conosciamo?
SPOILERS:
Ve
lo dico chiaro e tondo: vi ricordate che Court va in Canada? Ecco,
scordatevelo. Non farebbe mai una pazzia del genere solo per
Duncan. Non è IC ù.ù
Ma
qualcosa succederà, non sentiatevi svuotati per questa
mancanza (?).
In
arrivo Brick e Jo a breve, e magari trovo anche uno spazietto per
Zoey.
A
Mercoledì prossimo, sperando che non mi riduca all'ultimo
anche stavolta xD
CloClo
:)
|
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Capitolo 4 *** Capitolo quarto ***
E
stavolta la beta è stata di nuovo Faithfully,
che mi ha salvato la storia. Di nuovo.
Non
ho davvero parole per dirti quanto mi faccia bene e quanto mi renda
felice
tutto
quello che stai facendo per me ♥
Sei una persona fantastica ♥
Questo
capitolo è per Giulia,
alla quale ho promesso una storia qualche giorno fa in
uno
stranissimo dialogo su Facebook. Ed io ho tradotto Homecoming
dall'inglese al
greco
antico. Già. Si intitola Καθόδος
Οικάδε
(kathòdos oikàde), e significa ritorno
a casa.
Proprio
come Homecoming.
Oddiomio, lasciatemi perdere.
Annuncio
una sfumatura di OOC (sempre che la mia amata beta non mi smentisca)
nel dialogo
fra
Gwen e Courtney, ma ne ho avuto bisogno.
REVIEWS
MAKE CLOVER HAPPY :)
Ti
ritroverò.
Erano
passati due mesi e Trent non era ancora riuscito a buttare giù
nemmeno il più inutile straccio di lettera.
Aveva
afferrato una matita almeno sette volte nell'ultima mezz'ora, si era
seduto davanti ad un foglio di carta di qualità scadente ma
non era riuscito a cavare un ragno dal buco. O una parola dalla
grafite, come dir si voglia.
Provava
invidia, un'orribile e ingiusta invidia verso Duncan quando lo vedeva
scrivere qualcosa a Courtney. Cosa avevano da dirsi? Come faceva quel
cuore di pietra a trovare le parole più adatte da imprimere
sulla carta per spedirle ad una donna?
Perché
lui era crudele ma aveva una ragazza, mentre Trent era un animo buono
ed era solo?
Quasi
per rimarcare queste sue eterne domande e per amplificare la sua
gelosia, in quel momento entrò un Duncan piuttosto scosso.
«Problemi?»
si ritrovò a chiedere Trent.
Perché
continuasse a parlare con Duncan era un mistero bello e buono.
«Sì,
due: tu e i tuoi affaracci, che non ti fai mai.» sparò
il moro. Era palesemente di cattivo umore, e Trent decise di non
andare oltre per evitare di prendersi altri insulti. Non ne aveva
bisogno.
Aveva
confessato a Gwen di essere incinta, ma dopotutto non sarebbe
riuscita a nasconderlo a nessuno. La sua vita e i suoi seni si
ingrossavano e non c'erano scusanti se non il portare un bambino -o
una bambina, chi l'avrebbe potuto dire?- dentro di sé.
Gwen
aveva sbarrato gli occhi di liquirizia ed aveva tirato fuori la
faccia più scandalizzata del suo repertorio.
«Ed
ora?» chiese, con voce tremante.
«Non
lo so, ma qualcosa mi inventerò.» rispose la castana.
Courtney
non si sarebbe mai buttata giù, nemmeno davanti ad un ovvio
problema come questo.
«Potremmo
andare in Canada.» provò la mora. Inarcò le
sopracciglia verso l'alto e tentò un'espressione
incoraggiante, col solo risultato di un viso segnato dalla
preoccupazione.
«Potrei
venire con te.» sussurrò in seguito.
Courtney
ingrandì le pupille aprendo le ciglia inverosimilmente.
«Non
ho bisogno di te. Hai anche lasciato Trent, seriamente, restatene
qui.»
La
castana era orgogliosa. Era sempre stata orgogliosa fino al
midollo e Gwen sapeva che avrebbe rifiutato questa sua offerta di
accompagnarla. Non voleva di certo dire a Courtney che si era quasi
pentita di aver lasciato Trent, aveva una dignità anche lei.
Diamine.
«No,
Court.»
Non
aveva addotto alcuna spiegazione al suo diniego, ma l'altra sembrava
averla presa abbastanza bene, visto che abbassò gli occhi e
cercò con lo sguardo una borsa nella quale riporre qualche
effetto personale per il viaggio.
«Resta
qui.» sputò Courtney fra i denti.
Per
sua sfortuna, però, Gwen era determinata al massimo. C'è
da dire che da Chicago a Vancouver non era proprio una passeggiata
col parasole, ma c'era in ballo molto.
Non
era mai stato adatto a lei l'amore che tinge di rosa anche il più
nero dei giorni, ma ricordava com'era stata dopo che aveva visto una
ragazza mora e con gli occhi grigio piombo baciarlo a tradimento
davanti a lei solo per far ingelosire un altro.
«Courtney,
no.»
Intrapresero
una lunga e difficile battaglia di sguardi, facendo cozzare le loro
iridi scure senza che distogliessero l'una gli occhi dall'altra. In
quei fili d'argento che legavano le loro pupille, c'era tutto. C'era
tristezza e c'era determinazione, c'erano rimpianti e c'erano
speranze. In quello che partiva da Gwen ed andava a Courtney c'era
anche una richiesta silenziosa.
«Passami
quella gonna.» disse la castana.
Gwen
assottigliò gli occhi e distese le labbra in un mezzo sorriso.
Iniziarono
a mettere le cose nella borsa da portarsi appresso, notando con
contentezza quanto l'aria fosse meno carica di tensione, in quel
momento.
Dieci
ore di treno, questa era la durata del viaggio, o almeno così
appresero alla stazione.
Comprarono
i biglietti senza troppe esitazioni e si diressero verso il binario
indicatogli dal capostazione, dal quale il mezzo sarebbe partito
un'ora dopo. Si guardarono intorno alla banchina d'attesa per
individuare i loro compagni di viaggio.
Notarono
immediatamente due ragazzi, che avranno avuto pressoché la
loro età, ad una decina di metri da loro. Lui, nonostante la
sua aria da ragazzo serioso e rigido, non faceva altro che grattarsi
la nuca coperta da una zazzera nera ed abbassare gli occhi, neri
anche quelli, al suolo, mentre la ragazza agitava le braccia
scuotendo la testa bionda e volgendo gli occhi blu da ogni parte. Le
sue labbra si muovevano, ma a causa del chiasso che c'era, alimentato
anche da tutti quelli che aspettavano il treno da quel binario, né
Courtney né Gwen riuscirono a capire cosa stava dicendo. Le
sopracciglia inarcate verso il basso, però, erano un chiaro
segno che quello non era un discorso dolce, ma una discussione vera e
propria.
Chissà
perché stavano litigando.
Il
rumore del treno in arrivo le destò dalla coltre scura di
pensieri in cui erano affondate, così entrarono e presero i
posti nello scompartimento il cui numero era scritto sul biglietto.
La
coppia che avevano visto prima in stazione si sedette di fronte a
loro, ma la situazione restò bloccata per un po'.
Nessuno
dei quattro parlò per molti minuti.
Duncan
si era alzato prima del solito, beccando di nuovo Trent abbracciato a
lui.
«No,
forse non hai capito.» quasi urlò quando disse queste
parole scandendo bene ogni sillaba. L'altro ragazzo si destò
di soprassalto spalancando gli occhi e ritrovandosi con le braccia
attorno al corpo di Duncan.
«Non
devi toccarmi. Non devi abbracciarmi nel sonno. Non devi dormire nel
mio letto.» continuò con uno sguardo di ghiaccio.
«Posso
sapere, allora, come mai non hai ancora tolto quelle... -fece un
cenno alle proprie braccia- da te?» proclamò il moro in
modo riprovevole.
Duncan
ruotò il busto senza tuttavia sgusciare via dagli arti
dell'altro finché non si trovò faccia a faccia con
Trent. Si avvicinò ancora di più e per un attimo Trent
temette di ritrovarsi nella stessa situazione di qualche mattina
prima, quando Duncan aveva toccato il suo naso con il proprio.
Ricordò la sensazione di sconforto che aveva provato e venne
attraversato da un tremolio. Invece, Duncan accostò le labbra
al collo del moro, per poi sussurrare ad un centimetro da esso
«E
tu perché non ti sei ancora alzato e non ti sei scostato da
me?»
Trent
si girò repentinamente e si tirò in piedi velocemente,
aprendo le braccia e posando i palmi sul petto di Duncan per
allontanarlo in fretta.
Si
riassettò i capelli con una nota d'isteria e si strusciò
le mani sulla giacca del pigiama, per poi aprirla e togliersela.
«Che
succede, sfigato, ti sei accorto di voler andare oltre i semplici
contatti di naso?»
Trent
lo guardò con odio e gli si riavvicinò gonfiando il
petto nudo. Aveva pochi peli sul torace che sembravano decisamente
piacevoli al tatto. Senza dare il minimo preavviso all'altro, andò
a toccargli la fronte con la sua. Inarcò le sopracciglia verso
l'attaccatura dei capelli e piantò le iridi rese più
scure dalla rabbia e dalla frustrazione in quelle quasi trasparenti
di Duncan.
«Smettila
di darmi fastidio. Sei insopportabile, te l'hanno mai detto?»
Duncan
rimase sorpreso da se stesso per l'insolita reazione che aveva appena
avuto. Infatti, si era sentito la gola secca ed aveva avvertito un
flusso di sangue maggiore del solito dirigersi verso le guance.
Ma
non era attratto da Trent, o almeno di questo provò a
convincersi.
Lui
era innamorato di Courtney, ed era etero. Etero
inconvertibile.
Passarono
due ore, ma i quattro passeggeri rimasero in silenzio. In un
imbarazzante silenzio, cosa che portò Gwen a diverse risatine
isteriche e Courtney a chiedere all'altra a bassa voce se avesse con
sé dei biscotti d'avena.
«Ottima
scelta! Io amo i biscotti d'avena!» s'illuminò allora il
ragazzo seduto di fronte a Gwen, suscitando un sussulto della ragazza
in questione e beccandosi una gomitata nello stinco da quella che
stava affianco a lui.
«Fa'
silenzio, Capitan Piscina!»
Courtney
sgranò gli occhi scuri: com'è che l'aveva chiamato?
Si
dipinse in faccia un'espressione intelligente e si passò una
mano sulla fronte.
«Oh,
ma non ci siamo presentati, eppure dovremo trascorrere altre ore
insieme!» tese il braccio verso i due, non sapendo bene se
doverlo dirigere più verso l'uno piuttosto che verso l'altra.
«Courtney.»
Disse
il suo nome con una nota esaltata.
«Gwen.»
pronunciò indicando l'amica al suo fianco.
Il
moro di fronte a loro spalancò gli occhi piacevolmente stupito
da questo slancio, e replicò con un Brick a voce molto
alta.
«E
Jo.» aggiunse quella accanto a lui. Aveva gli occhi blu e
severi, come quelli di un serioso generale pluridecorato dell'USN.
Gwen
rilasciò l'ennesima risatina sconclusionata.
La
bionda davanti a loro sembrava indisposta a parlare, ma Brick no e
quindi la conversazione in cui tanto avevano sperato, per quanto
basilare e poco attenta ai dettagli, ebbe inizio.
«Perché
andate in Canada?» chiese lui ad un certo punto.
La
situazione si bloccò, in quanto né Gwen né
Courtney amavano dire i propri fatti a tutti.
Notando
l'assenza di risposte, Brick prese la mano di Jo e la strinse.
«Noi
ci concediamo un minimo di pausa dall'America. A volte non è
male staccare.»
Non
fece però in tempo a finire la frase che lei rimosse
celermente la mano da quella di Brick e si voltò verso il
finestrino, smorzando ogni speranza che il discorso venisse ripreso.
Quando
arrivarono alla loro postazione di lavoro quella mattina, Trent e
Duncan trovarono una sorpresa né sgradita né ben
accetta.
Accanto
alla scrivania di Duncan c'era una donna molto formosa e poco
vestita, o almeno il proprietario della sedia notò questo.
L'altro, invece, si accorse dello sguardo della donna: aveva due
occhioni azzurri molto grandi che sprizzavano stupidità.
Se
era una ragazza intelligente, allora era veramente brava a
nasconderlo.
«Voi
siete i nuovi architetti? Io sono Lindsay, sono stata assunta ieri da
Chase perché vi aiutassi nel vostro lavoro!»
Enunciò
queste parole di fretta, senza riprendere mai fiato. Trent si chiese
se avesse mai avuto un'ipossia*.
«A
dire il vero -continuò lei-, Chase non ha detto solo 'lavoro'.
Ha detto scabro lavoro, ma al momento non so cosa significhi
la prima parola, quindi...»
Ci
misero un po' prima di capire che Chase era in realtà
Chris: ci arrivarono solo quando sentirono le parole successive della
bionda.
«Chase
mi ha parlato di voi. Siete Dylan e Grant, giusto?»
Alzarono
gli occhi al cielo non propriamente nello stesso momento, ma con un
quarto di secondo di sfalsamento.
«Duncan
e Trent.» puntualizzò quello con gli occhi verdi.
In
quell'istante, entrò un'altra ragazza nello studio. Aveva i
capelli rossi ed era molto graziosa. Soprattutto, aveva due occhi
nocciola come due cavalli imbizzarriti: si muovevano velocemente,
ansiosi di sapere e conoscere.
«Lindsay
è qui?» chiese con una nota acuta di preoccupazione
nella voce.
Dopo
averla vista, si calmò.
«Duncan
Nelson e Trent McCord? Piacere, sono Zoey, la seconda delle due
assistenti.» proclamò tendendo loro il braccio. Trent le
prese la mano e la strinse.
«Il
piacere è mio. Io sono Trent e lui è Duncan.»
disse, tanto per precisare chi fosse chi.
Zoey
sorrise.
«Che
strano, a prima vista avrei detto il contrario! Non è forte?»
trillò la bionda lì accanto battendo le mani tra loro
più volte.
Trent
si passò le dita sulle tempie.
La
situazione gli stava sfuggendo di mano.
***
A/N Non
riesco a credere di essere in regola coi tempi. Sono esaltatissima,
lo ammetto **
E,
lo so, avevo detto che Court non sarebbe andata in Canada. Ma non ho
detto che non ci avrebbe messo piede, bensì intendevo che
non ci sarebbe andata da
sola.
La
tensione tra i due aumenta, non posso fare a meno di scrivere
scenette pseudo-slash su di loro, è più forte di me!
:DD
C'è
un appunto importante su quella scena, ma lo scriverò negli
spoilers, per chi non si vuole rovinare la sorpresa.
E
poi cos'altro abbiamo? Ma loro, i nuovi arrivi: finalmente, eccovi
Brick, Jo, Zoey e Lindsay, come avevate richiesto! Diciamo che mi
sono divertita troppo a scrivere di Lindsay, è la mia
paperotta ed è troppo divertente da descrivere :°D Zoey
è un po' l'anima ragionevole della situazione, colei che
farà rendere conto Trent e Duncan di una cosa.
Di
Brick e Jo si sa ancora poco, ma vi assicuro che se ne saprà!
Vi
chiedo umilmente perdono per la coltre di OOC che non sono riuscita a
rimuovere dal primo dialogo fra Gwen e Courtney, se lo trovate
estremamente sgradevole non esitate a dirmelo!
Ed
ora ho una domanda: cosa ne pensate del femslash? Insomma, ormai ho
deciso che *SPOILER
SPOILER SPOILER*
Trent e Duncan si baceranno, anche se vi ricordo che NON SARANNO
INNAMORATI. Non ne scaturirà una storia slash, voglio solo
provare a farli sbaciucchiare :33 Per questo la mia domanda è:
volete che si bacino anche Gwen e Courtney? Ovviamente senza
innamoramenti, come fra i Trencan ù.ù
PRECISAZIONI:
*
- l'ipossia è la malattia di chi ha poco ossigeno che arriva
al cervello. Lindsay, parlando velocemente senza prendere mai
fiato, fa destare in Trent il sospetto che le possa venire :D
E
questa la scrivo per Faith: no, tesoro, il fatto che Lindsay scambi
il nome di Trent per Grant non è un caso xD
SPOILERS:
Zoey
darà la spinta a Trent e Duncan perché accettino che
sono l'uno il ragazzo eccezione dell'altro. Sapete cos'è un
ragazzo eccezione? È una persona del sesso opposto dal quale
si è attratti verso la quale comunque c'è attrazione.
Attenzione, non amore, ma attrazione. Un po' come Santana e
Sebastian, se seguite Glee xD
AVVISO:
Dunque,
mi vedo costretta a comunicarvi che Mercoledì prossimo non
potrò aggiornare, perché sarò in vacanza
studio. Lo sarò anche la settimana dopo, ma per fortuna ho un
fratello fantastico, Hidden Writer, che avrà il capitolo e
le informazioni con cui postarlo. Comunque sia, mi piange il
cuore, ma salterò una settimana nella tabella di marcia :(
CloClo
:)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo quinto ***
Sono
una persona orribile :/
Vi
avevo promesso un capitolo per Mercoledì scorso, ma la valigia
aveva impiegato tutto
il
mio tempo e per questo motivo non ho scritto il capitolo che avrei
dovuto far postare
a
quel geniaccio di Hidden Writer. Se ve lo state chiedendo, però,
Barcellona era stupenda :)
Akakuro
Hybrid, la mia armigera, ha betato il capitolo ♥
Amatela! *sparge arcobaleni ovunque*
Dunque,
mi sono anche accorta di aver fatto un errore madornale, e vi chiedo
perdono ancora
prima
di dirvi che razza di errore sia xD
Ho
detto che il viaggio in treno delle due ragazze sarebbe durato dieci
ore, ma mi sono resa conto
or
ora che dieci ore è un tempo incredibilmente breve. Basti
pensare che, a giorno d'oggi,
attraversare
la Russia impiega OTTO GIORNI in treno, se contiamo che si parla del
1871..
Ho
deciso che dieci ore di treno saranno la prima parte del viaggio,
ossia quella che porterà i
passeggeri
da Chicago a Thunder Bay, una cittadina appena più a nord del
confine Canadese.
Da
lì, si vedrà :) Ho già provveduto a modificare i
capitoli precedenti :)
REVIEWS
MAKE CLOVER HAPPY :)
Ti
ritroverò.
Courtney
sedeva su una poltrona verde a righe color crema, che si poteva
definire comoda, al centro del salotto di una casetta assolutamente
deliziosa al centro di Vancouver. Le pareti richiamavano il crema
delle decorazioni geometriche sulla poltrona, al centro c'era un
divano realizzato con la stessa stoffa e al centro c'era un tappeto
verde. Su quest'ultimo, un tavolino in ebano faceva la sua figura,
sopra vi erano costantemente appoggiati un vassoio con dei bicchieri
di cristallo ed una brocca della stessa linea, quasi sempre vuoti.
Addossato al muro c'era un camino, che in quel momento era spento, ed
accanto una gran libreria piena di trattati e saggi ostentava la sua
importanza. In un angolo c'era anche un mobiletto pieno di alcolici,
ma era più per tenerli in bella vista perché
risultavano gradevoli nell'insieme estetico del salotto che per
scolarsene un bicchierino a sera.
La
pancia di lei era grande poiché era incinta del terzo figlio
all'incirca al quinto mese.
Accarezzò
dolcemente il bracciolo della poltrona mentre si concedeva di
guardare la sua vita ingrossata. I dolori degli altri due parti erano
solo fantasmi all'interno della sua mente, oramai ricordava solo la
gioia di tenere una creaturina appena venuta al mondo fra le braccia.
Si
stava quasi per assopire quando le si avvicinarono le altre due
bambine: Diana, uno scricciolo di sette anni con i capelli castani e
gli occhi azzurri, ed Ellie, una bimba di cinque anni mora e con gli
occhi castani. Una spruzzata di lentiggini al cioccolato figurava sui
entrambi i visini delle piccole e le rendeva solo un po' più
adorabili di quanto non fossero già.
Diana
tese una manina verso la madre, che l'afferrò immediatamente,
Ellie si sedette semplicemente a gambe incrociate ai piedi della
poltrona verde.
«Mamma,
c'è un problema.» disse la maggiore con uno sguardo che
sarebbe voluto essere serioso, ma che in realtà di severo non
aveva niente.
Courtney
si girò verso di lei e le lanciò un'occhiata
interrogativa, ansiosa di sapere quale fosse il fulcro della
conversazione.
Fu
Ellie a parlare.
«Papà
ha detto che sono finiti i biscotti al cioccolato.»
In
un'altra occasione, la donna sarebbe scoppiata a ridere in faccia
alle bambine, per poi portare una mano sulle loro guance in una
tenera carezza con un lieve retrogusto di maternità, ma quella
volta sbiancò.
Non
dovevano finire proprio in quel momento, quei dannatissimi biscotti.
Non
quando il suo corpo aveva deciso di farsi venire l'ennesima voglia,
stavolta di cioccolato.
E
quei biscotti erano l'unica traccia di cacao che avevano in casa. Ed
erano finiti.
Inspirò
lentamente, poi espirò.
Aprì
le labbra, mentre le piccole si portavano le manine alle orecchie
preparandosi all'urlo che sarebbe arrivato di lì a momenti.
«Duncan!»
esclamò Courtney.
In
poco più di dieci secondi, l'uomo era dinnanzi a lei e aveva
spalancato gli occhi cerulei come per domandare cosa ci fosse che non
andava.
Duncan
era diventato un architetto con una certa fama, era molto conosciuto
e stava progettando un altro importante quartiere residenziale,
insieme ad un'altra squadra di professionisti di cui lui, ovviamente,
era il migliore e il più efficiente.
Con
il tempo, si era rasato quell'orribile pizzetto per lasciare che la
sua faccia fosse liscia, si era tolto l'orecchino fatto anni prima
-anche se il buco non si era mai chiuso- ed aveva iniziato a vestire
in modo tutt'altro che indecente. Era diventato un marito modello e
Courtney ne era fiera.
«I
biscotti al cioccolato.» proferì lei.
L'uomo
la guardò con fare interrogativo.
«Sono
finiti.» continuò la donna.
«E
quindi?» chiese lui.
Oh,
no.
Pessima
mossa.
Davvero
pessima mossa.
Courtney
inorridì e gli puntò un dito contro.
«Le
voglie! Le mie voglie!»
Duncan
sembrava non capire.
«Le
tue voglie cosa?»
Fu
Diana a prendere parola.
«Papà,
mamma ti sta dicendo che vuole un biscotto, ma tu hai mangiato gli
ultimi quattro dieci minuti fa.»
La
piccola, esaltata com'era dal potersi immettere in una discussione da
grandi, non si era però accorta del padre, che le stava
facendo gesti a metà fra il supplicante e l'arrabbiato.
Evidentemente,
Duncan non voleva che si sapesse che i biscotti li aveva mangiati
lui.
«Tu...
Cosa?» Lei sgranò gli occhi.
«Sei
stato tu?» chiese.
Nel
preciso momento in cui Duncan aprì la bocca per tentare di
giustificarsi, la moglie iniziò a sbraitare su quanto fosse
stato egoista e meschino, e lo obbligò in quattro e
quattr'otto ad andare a comprarne un paio di nuovi pacchi.
L'uomo
annuì sconsolato e, dopo aver baciato sulla guancia le
bambine, si avviò verso la porta, chiedendo mestamente scusa
con gli occhi a Courtney.
«Signorina?»
Courtney
aprì gli occhi di botto, trovandosi Brick a pochi centimetri
da lei.
«Che
c'è?» chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
Il
ragazzo le disse qualcosa, ma lei non lo ascoltò, in quanto
aveva appena deciso di concedersi di guardarsi attorno per capire in
che situazione fosse.
Si
mosse sul sedile. Non assomigliava per niente ad una comoda poltrona
verde a righe crema. Attorno a lei non c'era una possente libreria,
ma solo le pareti ferrose del treno, e dell'armadietto degli alcolici
nemmeno l'ombra.
Gwen
si era addormentata accanto a lei, mentre Jo teneva ancora lo sguardo
fisso in un punto inesistente e rifiutava qualsiasi contatto umano.
«Allora?»
La
voce di Brick la riscosse dall'oblio in cui stava candendo.
In
un attimo si rese conto di non aver sentito quello che lui le aveva
domandato e, rassegnata, gli chiese di ripetere ciò che aveva
detto poco prima.
«Stava
dormendo quando all'improvviso si è messa ad agitarsi nel
sonno. Qualche problema?» ripeté docile il ragazzo.
Courtney
scosse la testa e si voltò dall'altra parte.
Peccato
che fosse stato solamente un sogno.
Quella
mattina, Duncan notò con piacere che Trent, pur dormendo nel
suo stesso letto, non l'aveva abbracciato. Si alzò e si
diresse verso il bagno per potersi lavare e preparare.
Uscì
a petto scoperto, senza curarsi dell'altro ragazzo, che si era appena
svegliato e tirato su a sedere sulla sponda del materasso. Non appena
il moro si trovò Duncan davanti, sentì la salivazione
azzerarsi e tenne evidentemente lo sguardo sul ragazzo dinnanzi a lui
un secondo di troppo, visto che Duncan gli si avvicinò
lentamente fino a mettere entrambe le gambe fra le sue -in una
posizione tanto esplicita quanto inconveniente.
«Non
sai convivere con il mio fisico perfetto, eh musicante di Brema*?»
Il
moro strizzò gli occhi, mentre cercava di non pensare a quello
che gli aveva detto Duncan.
Si
sarebbe dovuto abituare a questi sbalzi d'umore -e di salivazione-,
visto che oramai scenette del genere capitavano giornalmente.
Trent
sbuffò sul progetto che aveva davanti, stringendo una matita
fra le mani fino a far diventare le nocche biancastre. Odiava il
fatto che non riuscisse a creare niente di accettabile, mentre Duncan
era già a metà della sua parte del progetto. Portò
le dita alle tempie per massaggiarsele e accasciò la testa
sulla scrivania di legno scuro.
«Problemi?»
chiese una voce amica.
Trent
riconobbe Zoey nella persona che gli stava accanto. Alzò lo
sguardo e le regalò un sorriso sincero.
«Se
mi venisse qualcosa in mente da scrivere, starei molto meglio.»
sospirò.
La
ragazza gli posò una mano sulla spalla.
«Scommetto
che non mi hai detto tutto.»
Il
moro sgranò gli occhi.
Come
diavolo aveva fatto a capire tutto?
Trent
ricordava che quando era piccolo aveva conosciuto una ragazzina
bionda e con gli occhi così chiari che sembravano scaglie del
più grande iceberg che avesse mai solcato i mari. Lei era in
grado di leggergli la mente come nessun altro mai aveva fatto.
Nemmeno Gwen l'aveva mai capito così tanto, ma forse era anche
per questo che la amava: gli piaceva raccontarle di sé, lei
faceva un'espressione tanto adorabile mentre parlavano di loro stessi
all'altro che lui si scioglieva ogni volta. Amava quella sensazione.
«Duncan.»
proclamò infine, arrendendosi allo sguardo penetrante della
rossa.
Zoey
aprì le palpebre ancor di più di quanto non fossero già
aperte.
«L'avete
capito, finalmente?»
Un
attimo.
Cos'era
che avrebbero dovuto aver capito?
Rivolse
quella stessa domanda alla ragazza, che sorrise ampiamente e rispose
«Che
siete l'uno il ragazzo eccezione dell'altro!»
Trent
spalancò gli occhi verdi, mentre le ciglia si aprivano e le
pupille si ristringevano.
Lui
e Duncan erano cosa?
All'improvviso,
il treno iniziò a tremolare. Non era un semplice movimento da
svincolo ai binari, e Jo e Gwen l'avevano capito immediatamente,
visto che la prima si era rizzata velocemente e la seconda aveva
afferrato il braccio di Courtney stringendolo.
Il
tremore continuò fino a che il treno non si fermò di
botto, frenando e facendo cedere tutti i passeggeri alla forza
d'inerzia, che li scaraventò qualche centimetro più
avanti.
Il
confine non era molto lontano, un cartello marrone molto grande
informava che mancavano pressapoco dieci miglia.
Passò
un uomo che aveva tutta l'aria di essere un inserviente. Aveva i
capelli ricci e neri, due occhi color miele molto grandi, espressivi
e con un ché di tenero che avrebbe di certo steso le ragazze
che lo stavano guardando, se non fosse stato per il terrore del treno
fermo; non era molto alto ma era piuttosto aggraziato nei movimenti.
«Che
succede?» domandò Brick in preda all'ansia.
«Un
guasto al treno. Sono assai spiacente, ma temo che sia opportuno
scendere ed aspettare che il problema venga risolto.» affermò
l'uomo. Aveva una voce sorprendentemente calda.
Molto
probabilmente l'avevano sentito tutti, all'interno del vagone, poiché
scoppiò una miriade di reazioni diverse. Ci fu chi pianse, chi
tremò, chi agitò le braccia e chi si alzò di
scatto.
Brick
si bagnò i pantaloni e Gwen e Courtney capirono il motivo per
cui Jo lo soprannominava spesso Capitan Piscina.
Dopo
qualche minuto di scompiglio totale, tutti i passeggeri presero i
loro bauli o le loro valigie e scesero dal treno. Courtney e Gwen si
sedettero sull'erba; Brick e Jo si accomodarono sotto un albero.
Per
fortuna non pioveva.
Brick
tremava -di freddo o di paura? In quella sera dell'Ottobre del 1871
non lo si sarebbe potuto dire-, ma Jo,
che era seduta accanto a lui, appena lo notò si alzò e
se ne andò.
Il
ragazzo che li aveva avvertiti del problema al treno lo vide
guardarla con un velo di tristezza negli occhi.
«Ti
ha lasciato?» domandò senza pensare di star violando una
sfera privata.
Brick
lo guardò.
«E
tu saresti..?» chiese, sorpreso da quella domanda.
«Everett.»
si presentò il ragazzo con gli occhi color miele.
Brick
lo guardò e sospirò.
Sì,
magari si sarebbe potuto aprire con lui: non l'avrebbe mai più
rivisto, dopotutto.
A/N Sono
in uno schifoso ritardo D:
Perdonatemi,
ve lo imploro dalla mia bassezza (LOL), ma non sono riuscita a
tenermi al passo :/
Volevo
chiedervi una cosa che mi ha un po' lasciata triste: come mai il
numero delle recensioni è calato così drasticamente?
Da nove ad otto e poi a tre. La mia domanda è semplice,
cosa ho sbagliato? Vi chiedo di farmi capire cosa c'è che non
va, poiché non mi riesco a spiegare come questi numeri siano
diminuiti così tanto.
Non
sto elemosinando recensioni, non fatevi strane idee, è solo
che.. Boh. Sono un po' mesta per questo motivo.
Passiamo
oltre, vi aspettano le Precisazioni, gli Spoilers e un altro Avviso
:)
PRECISAZIONI:
*
- Conoscete la storia dei Musicanti di Brema? È una fiaba, e
qui
potete trovarla :)
Oh,
questo lo dico di nuovo per la mia Faith: no, non è un caso
che l'inserviente sia così simile a Blaine :3 E non è
un caso nemmeno che si chiami Everett, che è il secondo nome
di Darren Criss. Per questo, però, c'è da ringraziare
Akakuro ♥
SPOILERS:
Ho
poco da dirvi, in realtà xD Vi anticipo solo una cosa:
siamo in Ottobre, nel 1871. Le due ragazze sono di Chicago.
Cosa
è successo a Chicago nell'Ottobre del 1871? *musica da
thriller*
AVVISO:
Miei
amati lettori, parto di nuovo e il computer nemmeno me lo porto :/
Avrete
il prossimo capitolo fra tre Mercoledì, ma vi prometto che
stavolta sarò puntuale ♥
CloClo
:)
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