The Ghost's Diary di Ili91 (/viewuser.php?uid=75721)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° capitolo ***
Capitolo 19: *** 19° capitolo ***
Capitolo 20: *** 20° capitolo ***
Capitolo 21: *** 21° capitolo ***
Capitolo 22: *** 22° capitolo ***
Capitolo 23: *** 23° capitolo ***
Capitolo 24: *** 24° capitolo ***
Capitolo 25: *** 25° capitolo ***
Capitolo 26: *** 26° capitolo ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** 1° Capitolo ***
Kodocha - 1° capitolo
Salve
a tutti! Eccomi tornata con una nuova long-fic. Il genere è
completamente diverso dal precedente e spero che questo primo capitolo
vi invogli ad arrivare fino alla fine. Ho deciso di pubblicarla oggi che è il mio Compleanno... 19!
In fondo alla pagina c'è
un albero genealogico che illustra la complicata situazione
famigliare di Akito e Sana e, per la prima volta in una mia fanfiction,
un piccolo spoiler del secondo capitolo.
Buona lettura!
The Ghost's Diary
1
4 Aprile
Caro
Diario,
Mi chiamo Hana e ho
sedici anni. E’ la prima volta nella mia vita che tengo un diario
in cui racconto che cosa mi succede, ma spero di riuscire a farlo con
continuità.
Sono
una ragazza di bassa statura e con una costituzione fisica nella media. I
miei capelli sono di color castano chiaro, ondulati e lunghi fino alle
spalle, e i miei occhi marroni.
Le mie più grandi passioni sono il disegno e la cucina. Proprio
ieri ho avuto il tempo di completare un acquerello che raffigura la mia
grande casa. Io l’adoro! E’ stata fatta costruita da mio
nonno e si trova poco distante da Tokyo; è composta da due
piani, esclusa la cantina e la soffitta, e dispone di un curato
giardino esterno pieno di alberi in fiore.
Sono figlia di Chikage e Yukito Kougami. Mia madre è una donna
tutta d’un pezzo ed è lei che tiene le redini della casa,
mentre mio padre si occupa di commercio. Ogni tanto penso che lui sia
succube di mamma.
Ho anche un fratello, ma è molto più piccolo di me.
Abbiamo ben dieci anni di differenza. Il suo nome è Aoi e io gli
voglio molto bene. Lui è davvero un bravo bambino.
Oh, è tardi. Mia madre desidera che vada a dormire.
Buonanotte, Caro Diario.
Hana
Tokyo, 6 maggio 2010
Il treno si muoveva a tutta
velocità verso Tokyo. Sana aveva lo sguardo puntato fuori dal
finestrino, ma non vedeva nulla del paesaggio che scorreva davanti ai
suoi occhi. La sua mente era rivolta verso tutt’altri pensieri.
Pensava a suo padre, Ryo Kurata,
che era deceduto a seguito di un infarto alcune settimane prima. Le era
ancora difficile credere che il suo amato papà non ci fosse
più, non riusciva ad accettarlo. Le sembrava che fossero passato
solo poche ore dall’ultima volta che l’aveva visto, due
mesi prima. Era stato il giorno in cui era ripartita verso Matsumoto, la città dove viveva, dopo un vacanza a Tokyo che aveva trascorso
insieme a suo padre. Non abitava più nella capitale già
da un paio d’anni, perché aveva deciso di trasferirsi in
un luogo più tranquillo, che le permettesse di lavorare meglio
ai suoi romanzi ed essere indipendente. Ora, non poté fare a meno di pentirsi di quella
decisione, che l’aveva portata a trascorrere molto tempo lontana
da Ryo.
L’altoparlante la distolse
dai suoi pensieri, mentre annunciava che la fermata successiva era la
sua. Abbandonò il suo posto di fianco al finestrino e
recuperò il piccolo trolley. Non era nelle sue intenzioni
fermarsi molto a Tokyo. Ci era venuta solo per assistere alla lettura
del testamento di suo padre e, all’occorrenza, sistemare
eventuali situazioni che lui avesse lasciato in sospeso, come, ad
esempio, decidere cosa fare della sua casa.
Il treno si fermò e le porte
davanti a lei si aprirono. Sana scese dal treno trascinandosi
dietro la valigia. Evitando le varie persone che si erano ammassate per
salire o scendere dal treno, si avviò verso l’uscita.
Quando, uscita dalla stazione, Tokyo si presentò interamente
davanti ai suoi occhi, la tristezza che già provava si
intensificò. L’ultima volta che era venuta era stato una
settimana prima. Aveva appena saputo del malore di suo padre - era
stata la sua governante Shimura
ad avvisarla - era partita immediatamente, ma non aveva fatto in tempo
a giungere al capezzale di suo padre prima che lui chiudesse gli occhi
per sempre. Era rimasta i giorni necessari perché potesse
organizzare il funerale e presenziarci, e poi era ripartita. Si era
detta che era inutile trattenersi fino alla lettura del testamento e
che doveva riprendere il lavoro o rischiava il licenziamento - lavorava
come cameriera perché ancora il ricavato di ciò che
scriveva non le bastava per mantenersi -, ma la verità era che
non voleva rientrare nella casa che per tanti anni aveva condiviso con
suo padre. Era troppo piena di ricordi e il dolore per la sua morte era
ancora troppo vivo in lei. Nei pochi giorni che si era trattenuta a
Tokyo aveva preso una stanza in albergo proprio per evitare di essere
costretta a tornare nella casa di famiglia.
Rendendosi conto di essere stata
ferma immobile con lo sguardo fisso nel vuoto per troppo tempo, aveva
ripreso a camminare alla ricerca di un taxi. Appena ne trovò
uno, consegno all’autista la sua valigia, che la ripose nel
portabagagli, mentre lei si accomodò sulla vettura.
Diede all’autista l’indirizzo dello studio e il taxi si mise in moto.
Sana appoggiò il capo sul
sedile e chiuse gli occhi. Si sentiva sola. Dopo la morte di suo padre
non le era rimasto niente se non i suoi amici, ma non bastava. Ryo era
l’unico famigliare che le era rimasto, dato che sua madre Misako era morta
da anni e non aveva fratelli né parenti prossimi, ma ora anche
lui se n’era andato. L’aveva lasciata sola.
Una lacrima sfuggita al suo
controllo venne asciugata con un gesto della mano. No, non
doveva lasciarsi andare così, doveva essere forte e reagire. Suo
padre non sarebbe stato contento di vederla così depressa e
triste. Doveva farsi forza e riprendere in mano la sua vita.
Il taxi giunse a destinazione. Sana
pagò l’autista e si fece consegnare il trolley. Si
avvicinò al portone del condomino e si mise alla ricerca del
citofono del notaio.
Sawako Ayase… no. Kyohei Mizuki… no. Notaio Izumi Tamiya… ecco! E’ lui.
Premette il pulsante accanto al suo nome e attese. Passarono pochi
secondi prima che una voce femminile rispondesse: - Sì? Chi
è? -
- Salve, sono la signorina Sana Kurata. Avevo un appuntamento con il notaio. -
- Ah, sì, certo. - Il
portone venne aperto. - Salga. Lo studio è al terzo piano - la
informò la donna prima di chiudere la comunicazione. Forse era
la segretaria del notaio.
Entrò nell’atrio; era
in buone condizioni, ma la struttura e l’arredamento erano
piuttosto antichi. Si diresse verso l’ascensore, l’unica
cosa moderna presente - dovevano averlo installato da poco - e lo
chiamò.
Arrivata davanti alla porta dello
studio suonò il campanello. Una donna sui quarant’anni dai
capelli castani e tarchiata le venne ad aprire. - Salve, signorina. -
La fece entrare. Riconobbe la voce, era la stessa con cui aveva parlato poco prima al
citofono. Percorsero un breve corridoio fino ad una piccola stanza,
allestita come sala d’attesa e come ufficio della donna. La
stanza non era vuota come si era aspettata, c’era un uomo. Doveva
avere più o meno la sua età. I suoi capelli era ribelli e
biondi, e il suo sguardo, o meglio, gli occhi ambrati la catturarono
subito quando si incontrarono con i suoi. Era muscoloso, ma anche
piuttosto magro, soprattutto il viso dava segni di pallore e una non buona
salute fisica. Forse era stato malato recentemente e si era appena
ripreso. Non avrebbe saputo dire se era alto o basso perché era
seduto, ma squadrandolo le sembrava che la superasse di parecchi
centimetri. Notò due stampelle appoggiate al muro bianco, ma
nessuna delle gambe presentava a prima vista una fasciatura.
Chissà che cosa gli era successo? Si concentrò sul viso,
l’espressione che gli vide dipinta in viso era dura e lei
provò un’immediata antipatia verso quello sconosciuto che
la squadrava senza ritegno.
- Signorina Kurata? - la richiamò al presente la segretaria.
Si voltò verso di lei. Le stava sorridendo. - Sì? -
- Si accomodi pure. Il notaio si libererà tra pochi minuti e si occuperà della sua pratica. -
La osservò confusa. -
Ma… e quel signore? - chiese, scoccando una breve occhiata allo
sconosciuto, che, resosi conto dello sguardo, pensò bene di
fulminarla con gli occhi. - Non c’è lui prima di me? -
- Ah, no. Anche il signor Akito Hayama è qui per presenziare all’apertura del testamento del signor Ryo Kurata. -
Oh, quindi conosceva suo padre.
Dovevano essere grandi amici se gli aveva lasciato qualcosa in
eredità, però non ricordava di averlo mai incontrato di
persona, né di averlo mai sentito nominare. Che fosse un parente
alla lontana? Ma allora perché non l’aveva mai visto? -
Capisco - disse e andò a sedersi. Scelse apposta un sedia
piuttosto vicina a quella del signor Hayama in modo che potesse
facilmente conversare con lui e scoprire come conosceva sua padre.
Gli porse la mano. - Salve, io sono Sana Kurata, la figlia di Ryo Kurata - si presentò.
Sentendo le sue ultime parole vide
gli occhi di Hayama accendersi di una luce misteriosa, ma per niente
rassicurante. Guardò prima la sua mano protesa verso di lui e
poi di nuovo lei. - Akito Hayama. -
Sana ritirò la mano. Che maleducato.
Non si perse d’animo e riprovò ad instaurare una
conversazione: - Ho saputo che è qui per il testamento di mio
padre. Lo conosceva, quindi? -
Lui inarcò un sopracciglio e
la fissò con aria saccente. - Lei lascerebbe dei beni in
eredità ad una persona che non ha mai visto? -
Stringendo forte la mano a pugno,
trattenne la rabbia che provava e si stampò un falso sorriso in
faccia. - Ha ragione, ho posto male la domanda. Volevo solo sapere come
conosceva mio padre. Eravate amici? -
- Non direi proprio. -
Ma allora lo faceva apposta ad eludere le sue domande! Odioso. - Parenti? -
- E’ così importante per lei saperlo? - le chiese, stanco.
Sennò perché ti starei tempestando - inutilmente - di domande? Per divertimento? - E’ solo per curiosità. -
- Ah, sì? Beh, io non sono
disposto a soddisfarla. - Hayama voltò la testa in direzione
opposta. La loro esaltante conversazione era giunta al termine.
Imbronciata, Sana prese a far
vagare lo sguardo per la stanza. Era piccola, a superficie
rettangolare; sul pavimento c’era il parquet che era coperto da
un enorme tappeto. C’erano poche sedie in velluto rosso con la
spalliera rivolta al muro, un piccolo tavolo in vetro con delle riviste
sopra e delle piante di vario genere vicino alle finestre ricoperte da
tendine semplici. La scrivania della segretaria era interamente coperta
di carte e cartellette, ed era piuttosto disordinata; la donna che vi
era seduta dietro, batteva velocemente sulla tastiera del computer.
Quattro lampade poste agli angoli della stanza illuminavano il tutto.
Annoiata, prese una delle riviste dal tavolino e cominciò a sfogliarla svogliatamente.
Era arrivata a metà delle pagine del giornale, quando la porta che delimitava lo studio del notaio si aprì.
Uscirono due uomini. Con sua
sorpresa, il primo lo conosceva piuttosto bene. Si alzò in piedi
e si avvicinò per salutare Naozumi Kamura. - Arrivederci,
notaio. E grazie - disse quest’ultimo all’uomo che era
uscito dallo studio dietro di lui. Si strinsero la mano, poi Naozumi si
voltò e notò la sua presenza; i suoi occhi azzurri si
illuminarono. - Oh, Sana, ciao - la salutò.
- Naozumi, che piacere vederti. Come stai? - gli chiese sorridendo.
- Bene, grazie. E’ da molto che non ci vediamo. -
- Sì, tra il lavoro e mio padre non ho avuto molto tempo, soprattutto perché non vengo spesso qui a Tokyo. -
Il viso di Naozumi si
rabbuiò. - Ho saputo quello che è successo a tuo padre.
Mi dispiace molto. Come ti senti? - le chiese premuroso.
Con fare nervoso, Sana
scostò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e
sospirò. - E' stato… piuttosto inaspettato. Ancora
fatico a crederci che lui non ci sia più. - Piegò le
labbra in un lieve sorriso e continuò: - Ma sto bene, non devi
preoccuparti. Ora, devo andare. Chiamami, okay? -
- Contaci. - Le riservò un
enorme sorriso e si congedò. Naozumi era un suo vecchio amico
dai tempi del liceo Jimbo, ora faceva l’attore e aveva cominciato
a farsi un nome. Era molto bravo nel suo lavoro, lo vedeva sempre
più spesso in tv.
Nel frattempo, il notaio aveva
fatto accomodare Akito Hayama nello studio e i due stavano aspettando
solo lei. Si decise a raggiungerli e, dopo essersi presentata al notaio
e avergli stretto la mano, si accomodò sulla sedia davanti alla
scrivania di fianco a quella di Hayama.
- Bene, ora che ci siamo tutti
possiamo cominciare - annuncio Tamiya tirando fuori dei fogli da una
busta sigillata. Il notaio Izumi Tamiya era un uomo che sembrava avesse
passato la cinquantina. Aveva composti capelli grigi e gli occhi di un
semplice marrone. Era di un’altezza inferiore alla media ed era
magro. Degli spessi occhiali da vista erano appoggiati sul suo lungo
naso. Il notaio spiegò i fogli contenuti nella busta e
cominciò a leggere: - Io sottoscritto Ryo Kurata, in pieno
possesso delle mie facoltà e senza costrizione alcuna, decido di
lasciare a mia figlia Sana Kurata e a mio figlio naturale Akito
Hayama… - Scioccata, Sana girò il capo verso Hayama. Lui
era il suo quasi fratellastro? Quasi, perché lei non era la vera
figlia di Ryo Kurata, ma era entrata a far parte della sua famiglia
quando sua madre si era risposata - pochi anni dopo il decesso del
primo marito, nonché suo padre naturale - con lui. Ma per lei
era Ryo il suo papà dato Shota era morto quando aveva solo tre
mesi e di lui sapeva ben poco, se non quello che le era stato
raccontato.
Non si sarebbe mai aspettata che Ryo avesse avuto un
figlio. Non l’aveva mai visto in vita sua, non era mai venuto
nella loro casa. L’oggetto dei suoi pensieri incontrò il
suo sguardo. Su di lui non c’era traccia di stupore.
- Signorina Kurata, si sente bene? - le chiese il notaio.
Sana si voltò a guardarlo e annuì. - Sì. Mi scusi, potrebbe ripetere le disposizioni di mio padre? -
- Il signor Ryo Kurata lascia a voi
due tutto il suo patrimonio, vale a dire la sua casa e il considerevole
conto in banca, equamente diviso in due parti. La casa sarà
vostra immediatamente, mentre entrerete in possesso del denaro fra sei
mesi se rispetterete la clausola da lui pensata. -
Di che clausola parlava?
- Dovrete abitare nelle stessa casa per sei mesi, altrimenti perderete tutto. Sia la casa che il
denaro - la cifra è pressappoco di dodici milioni di yen* - verranno
dati in beneficenza. -
- Cosa?! - Doveva vivere per sei mesi nella stessa casa con un completo sconosciuto?
Quel giorno Akito era dovuto andare
dal notaio per presenziare all’apertura del testamento del padre
naturale, Ryo Kurata. Non aveva avuto la possibilità di
conoscerlo molto bene, né di arrivare a considerarlo suo padre,
dato che aveva scoperto che lo fosse solo due anni prima alla morte
della madre Koharu. Sua madre li aveva lasciato una lettera in cui gli
rilevava che il suo vero padre non era Keiichi Hayama, come aveva
sempre pensato, ma era il frutto di una relazione clandestina con Ryo.
Quest’ultimo inizialmente non sapeva che sua madre era sposata e
per questo, dopo averlo scoperto, aveva deciso d’interrompere la
relazione. Da quella breve storia era nato Akito, ma Ryo Kurata non ne
venne al corrente se non alla morte di Koharu. Nella lettera, sua madre
concludeva chiedendogli di perdonarla per averlo ingannato. Gli aveva
fatto male sapere che gli aveva mentito per tutta la vita, ma lei era
pur sempre sua madre e lui le voleva bene, quindi non le aveva serbato
rancore. Saputa l’identità del padre biologico, aveva
provato a rintracciarlo. Dopo un inizio piuttosto impacciato era
riuscito ad instaurare un fragile rapporto con lui, peccato che un
infarto glielo aveva portato via, sottraendogli la possibilità
di conoscerlo davvero. Ma ormai era inutile rammaricarsi sulle
occasioni perdute, si disse.
Era seduto davanti alla scrivania
del notaio ed aspettava che l’impicciona e strana ragazza di cui
Ryo gli aveva tanto parlato si decidesse a congedare il tizio con cui
parlava e raggiungesse lui e Tamiya. Vide Kurata sorridere affabilmente
al damerino - con una sola occhiata Akito aveva deciso che lui e il
tizio
mingherlino dai capelli grigi e gli occhi azzurri non avevano niente in
comune - e non rendersi conto dell’occhiata di pura adorazione
che le riservava. Beh, in fondo poteva benissimo provare un po’
di compassione per quel povero uomo… insomma, era una vera
disgrazia perdere la testa per una donna come quella: esuberante,
logorroica e impicciona… In una parola… insopportabile!
Doveva ammettere, però, che
era davvero carina, anche se troppo magra, sembrava quasi priva di
curve. I lunghi capelli erano rossi e lisci, mentre gli occhi
ricordavano la cioccolata. Era di altezza superiore alla media per le
donne giapponesi.
Kurata decise finalmente di
congedare il damerino ed entrare nella stanza. Si accomodò al
suo fianco e il notaio cominciò la lettura del testamento.
Scoprire che lui in realtà era il suo fratellastro l’aveva
colta di sorpresa: sbarrò gli occhi e le labbra rosse e
luccicanti per il lucidalabbra. Quando si era girato a guardarla,
l’aveva sorpresa a fissarlo in quella posa.
- Signorina Kurata, si sente bene? - Il notaio aveva notato la distrazione della donna e il suo improvviso pallore.
Kurata riprese coscienza della
realtà e rispose al signor Tamiya, mentre le sua guance si
tingevano di un lieve rossore. Seguì l’utile richiesta di
lei di ripetere il contenuto del testamento - nemmeno lui era stato
attento, dovette ammettere Akito con sé stesso.
Il notaio spiegò loro che
avrebbero dovuto convivere civilmente nella stessa casa per sei mesi
prima che fosse concessa loro la possibilità di ereditare il
patrimonio lasciato loro da Ryo.
Akito non era per niente felice di
essere costretto a vivere per metà anno insieme a quella
ragazzina, la convivenza con lei sarebbe stata un inferno.
D’altro canto, non voleva nemmeno rinunciare ai sei milioni di
yen dell’eredità. Con quel denaro avrebbe potuto
realizzare il suo sogno di aprire una palestra di karaté.
Anche Kurata, come immaginava, non
aveva preso bene l’imposizione di dover vivere insieme a lui. -
Cosa?! - esclamò, poi aggiunse: - Non ho alcuna intenzione di
vivere con uno sconosciuto. Non mi interessa se è mio
fratello, mio padre o mio cugino… io non lo conosco minimamente.
-
- Nemmeno a me esalta l’idea
di dover vivere con te, ma perlomeno tento di utilizzare il cervello
anziché sbraitare. -
- Stai insinuando che sono scema? -
replicò, puntando su di lui due occhi che se avessero potuto lo
avrebbero incenerito.
- Sto solo dicendo che
anziché perdere la calma come stai facendo tu, analizzo prima i
pro e i contro di questa storia. -
- Non ho bisogno di perdere tempo a
farlo, mi è bastato un istante per capire che non sarebbe una
buona idea vivere con te. E non ci sono lati positivi. -
- Davvero? Nemmeno i sei milioni di yen? -
Lei esitò un attimo. - La salute è più importante del denaro. -
- Signorina Kurata, per favore, si calmi e mi lasci finire - provò a calmarla il notaio.
- Mi scusi, non volevo essere scortese con lei. Prego, vada avanti. -
- Ehm, come vi dicevo. Queste sono
le disposizione del signor Kurata. L’unica cosa di cui non siete
ancora al corrente è che la casa dove andrete a vivere, se lo
vorrete, non è la stessa in cui il signor Ryo aveva abitato per
anni, ma una villa da lui recentemente acquistata, mentre la precedente
abitazione è stata venduta. -
- Venduta? - ripeté Kurata abbattuta.
- Sì. Poco tempo fa aveva
deciso di acquistare una grossa villa, bisognosa di lavori di
ristrutturazione, situata appena fuori Tokyo, in un luogo piuttosto
isolato. Perché non andate a vedere la casa insieme prima di
prendere una decisione? - propose loro. Il notaio li guardò
speranzoso.
- Per me non c’è problema - acconsentì Akito, scrollando le spalle.
Kurata rimase in silenzio per un
po’ prima di annuire dicendo: - Bene, andiamo a vedere questa
casa. Anche se non credo che cambierò idea. -
* Circa 108.000 €
Eccovi qui un bel prospetto per districarvi nella complicata situazione famigliare dei due protagonisti: (se qualcosa non vi è chiaro non esitate a chiedere)
Shota (14/5/58 - 15/6/88) - Misako (21/10/63 - 10/1/2006) [matrimonio celebrato nel 1985]
Figli: Sana (7/3/1988)
Misako [2°matrimonio] - Ryo Kurata (19/2/55-27/4/2010)
Figli: Sana entra nella famiglia di Ryo dopo il matrimonio con Misako, celebrato nel 1991.
Ryo - - - Koharu [relazione]
Figli: Akito (12/10/1987)
Koharu (5/12/57 - 17/7/2008) - Keiichi Hayama (11/3/50 - 4/2/1997) [Matrimonio celebrato nel 1980]
Figli: Akito, anche se è stato riconosciuto e ha il suo cognome non è figlio di Keiichi
(Pensate che inizialmente gli unici
adulti defunti dovevano essere Shota e Ryo, per ovvi motivi. Poi piano
piano si sono aggiunti tutti gli altri. Perdonatemi se ho fatto una
strage.)
Spazio Autrice:Ed
ecco qui il primo capitolo della mia nuova fanfiction! Spero vi sia
piaciuto. Mi raccomando fatemi sapere che cosa ne pensate. Ho
già scritto altri due capitoli e una pagina del quarto. Per ora la pubblicazione
sarà settimanale.
A presto!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Ma noi non ci conosciamo
per niente! - replicò. - Tu saresti disposto a dividere casa con
una completa sconosciuta?! E se una notte decidessi di soffocarti con
un cuscino mentre dormi? -
|
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Capitolo 2 *** 2° capitolo ***
Kodocha - 2° capitolo
Grazie mille per i vostri commenti. Ecco a voi il secondo capitolo. In fondo alla pagina c'è un piccolo spoiler del terzo. Buona Lettura!!!
The Ghost's Diary
2
7 Aprile
Caro
Diario,
Oggi
è stata un bellissima giornata! Non solo in cielo splendeva un
meraviglioso sole, che io adoro, ma sono anche uscita a fare un
passeggiata in compagnia del mio fidanzato, Sentaro.
Sentaro
ha diciassette anni; è molto alto e prestante. Il suo viso
è illuminato da due meravigliosi occhi grigi e i suoi capelli
sono scuri come una notte senza stelle. Non l’ho mai potuto
frequentare molto, anche se da bambini abbiamo giocato spesso insieme,
però so che ama la lirica, la letteratura e io gli piaccio.
Mi
sembra un ragazzo molto educato e gentile; sono davvero contenta che i
nostri genitori abbiano combinato il fidanzamento. Presto potrò
sposarlo!
Sentaro
è venuto a prendermi nelle prime ore del pomeriggio e abbiamo
fatto una lunga passeggiata in città. Mentre stavamo uno di
fianco all’altra mi ha parlato molto di sé, era un piacere
ascoltarlo. Non è stato facile entrare nella conversazione per
me però, perché la sua presenza mi scatenava nervosismo e
timidezza. Spero di avergli fatto una buona impressione.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
- Prima che andiate, il signor Kurata ha lasciato un‘altra cosa per voi - affermò il notaio.
Sana sollevò lo sguardo su di lui e anche Hayama la imitò. - Che cosa? - chiese lei.
Dalla busta che a suo
tempo era stata sigillata Tamiya ne prese due più piccole. -
Queste sono per voi, una per ciascuno - disse, porgendo loro le
lettere. Lei e Hayama presero la propria.
Per Sana, lesse su un lato della busta. Una lettera di mio padre. Sentì i suoi occhi inumidirsi di lacrime. La leggerò con calma non appena avrò il tempo e sarò sola, decise. - Grazie, notaio - mormorò infine, mentre riponeva con cura la lettera nella borsa.
- Dovere, signorina Kurata. -
Sana, insieme a Hayama,
si fece dare dal notaio le indicazioni per raggiungere la villa e le
chiavi, e si congedò da lui. Mentre si dirigeva verso
l’uscita, incrociò lo sguardo delle segretaria che le
rivolse un sorriso e un cenno di saluto con la testa. Lei
ricambiò scuotendo una mano.
Nel breve tempo che passarono insieme nell’ascensore né lei né Hayama dissero una parola.
- Penso che potremmo
andare adesso a vedere la villa, se per te non è un problema -
propose Sana nell'atrio, ormai stanca di quel pesante silenzio. - Tu hai
l‘automobile? -
Hayama inarcò un
sopracciglio e poi spostò lo sguardo verso il basso. Lei
seguì il movimento e arrossì per la gaffe. Era ovvio che
lui non potesse avere l’auto, non in quel momento almeno, dato
che si muoveva aiutandosi con le stampelle. - Scusa. Ehm, io sono
venuta qui da Matsumoto in treno, perché la mia macchina è
dal meccanico. Che ne dici se ci andiamo in taxi? -
Hayama scrollò le spalle. - Fa come vuoi. -
Ma è sempre così di poche parole?
Sana prese il telefonino dalla borsa e telefonò alla compagnia
dei taxi per farsene mandare uno il più presto possibile.
Erano sul marciapiede,
molto vicino al bordo della strada. Le molte automobili che passavano
davanti a loro, mentre impedivano che fra di loro ci fosse il completo
silenzio, scuotevano i loro capelli. Sana spostò una ciocca
rossa fastidiosa dietro l’orecchio. Scoccò un rapido
sguardo sul suo fratellastro, era a pochi passi da lei. - Hayama? -
- Uhm? - I loro occhi si
incrociarono; anche da quella distanza Sana aveva la sensazione che
avrebbe potuto perdersi nei suoi occhi ambrati.
- Hai… hai visto
papà negli ultimi giorni? - La frase le era uscita un po’
priva di senso, ma era sicura che lui avesse capito comunque cosa
voleva chiedergli.
- Sì. -
- E come… - Deglutì e riprovò: - Come stava? Non solo fisicamente, intendo. -
- Se mi stai chiedendo se
avrei mai immaginato quello che sarebbe accaduto, la risposta è
no. Era normale, almeno dal mio punto di vista - rispose secco, con un
tocco d’irritazione nella voce.
Sana si zittì, non sapeva cosa dire. Prese ad osservare le macchine che le passavano davanti senza vederle realmente.
- Gli mancavi - aggiunse Hayama dopo un po’.
- Cosa?! - replicò, presa alla sprovvista.
- A Ryo mancavi molto. -
Sana piegò il capo verso il basso. - Anche a me mancava molto. -
Poco dopo giunse il taxi
richiesto da Sana. Mentre consegnava la valigia all’autista, vide
Akito salire sulla macchina aiutandosi con le stampelle. Lo raggiunse e
si sedette al suo fianco.
Erano già alcuni
minuti che il taxi era partito e né Akito, né Kurata
spiccicavano parola. Per lui questo non recava alcun problema, anzi,
era contento di non essere costretto a sostenere una conversazione non
voluta.
Il suo sguardo era fisso
sull‘esterno. Osservava senza particolare interesse il paesaggio
che gli passava davanti agli occhi. La proposta di Ryo l‘aveva
decisamente sorpreso, ma aveva deciso di accettare se anche la donna di
fianco a lui si fosse convinta. Non amava che le cose gli venissero
imposte, ma in questo caso si trattava dell‘ultimo desiderio di
Ryo che, tra l‘altro, gli aveva dato più di un motivo per
accettare. Si accomodò meglio sul sedile. Si sentiva stanco e il
ginocchio gli faceva più male del solito.
Era vero che il luogo in
cui si trovava la villa era piuttosto isolato dal caos cittadino, ma
aveva anche il vantaggio di non distare molti chilometri dal centro di
Tokyo. La vettura accostò. Sana pagò la sua parte al
taxista e scese. L’abitazione era molto più grande di
quanto avesse immaginato e di quanto fosse stata la precedente casa
posseduta da suo padre, ma non furono le dimensioni a colpirla
maggiormente; la villa era stata progettata seguendo uno stile
occidentale, che, se non ricordava male, si chiamava gotico. A causa
dello stile architettonico e della necessità di alcuni lavori di
ristrutturazione, la casa appariva piuttosto sinistra. Era a due piani
ed era piuttosto vecchia. Sana sorrise, le piaceva molto.
La casa era anche
provvista di un grande giardino, peccato però che necessitasse
di cure perché sembrava un campo abbandonato. Intorno
c’erano anche altre ville, ma queste erano decisamente più
recenti e più piccole. Sana si ritrovò a pensare che non
sarebbe stato male vivere lì, dove avrebbe avuto tutta la
tranquillità che voleva e la casa le piaceva molto.
- Beh, ti sei incantata? - la chiamò Hayama. Fermo a pochi metri più avanti di lei, la attendeva.
- Arrivo subito. - Mentre
si affrettava a raggiungerlo, notò che il taxista se n’era
andato. Raccattò la sua valigia ed entrò nella villa. Due
grandi finestre illuminavano l’ingresso che aveva bisogno di
essere dipinto e di essere pulito, i pochi mobili che c’erano
presentavano uno spesso strato di polvere. Si bloccò. Ma a cosa
stava pensando?! Perché la sua mente stava mettendo in conto che
cosa c’era da fare per sistemare quella casa? Lei non sarebbe
andata a vivere con quell’uomo… anche se era suo fratello.
Fratellastro, si corresse.
Hayama proseguì il
giro e la lasciò sola. Meglio, lui la confondeva. Riprese a
camminare, ma in direzione opposta a quella presa da Hayama.
La stanza in cui giunse
era un salotto. La prima cosa che la colpì fu un grande camino.
Si avvicinò e con la punta delle dita sfiorò la
superficie in pietra quasi con venerazione. Quanto le sarebbe piaciuto
sedersi davanti a quel camino accesso con un libro aperto in mano e un
bicchiere di vino rosso di fianco.
Salì al piano
superiore. La prima stanza in cui entrò era un camera da letto.
Non doveva essere stata una matrimoniale, perché il letto era di
una piazza e mezza e c’era solo una vecchia lampada impolverata e
con delle ragnatele su un comodino nelle stesse condizioni. Quando ci
avrebbe messo a pulire quella casa da cima a fondo? Non aveva il denaro
sufficiente per assumere un’impresa di pulizie. Forse avrebbe
dovuto implorare l’aiuto dei suoi amici. In tanti sarebbe stato
più semplice e veloce. In quel momento, la porta lasciata aperta
da Sana si mosse cigolando in modo sinistro e sbatté. Che strano… non c’è corrente. Scrollando le spalle, liquidò la questione e si ripromise di far oliare i cardini, ne avevano un gran bisogno.
Incontrò Hayama
quando ritornò al piano inferiore ed entrò nella
biblioteca. Lui non disse nulla, né si voltò a guardarla.
Sana si avvicinò
ad uno delle librerie e osservò i vari titoli dei volumi che vi
erano riposti. C’erano moltissimi libri antichi e famosi. Quanto
le sarebbe piaciuto leggerli!
- E’ proprio una bella casa - commentò.
Solo un mormorio d’assenso fu la risposta di Hayama.
- E’ tranquilla ed è anche un luogo che mi ispira molto. Sai, io scrivo romanzi fantasy. -
Lui si girò. - Hai deciso di venire a vivere con me, ma non sai come dirmelo? - le chiese, diretto.
- Eh?! Cosa? No, non intendevo affatto questo. Dicevo solo che sarebbe un buon posto dove vivere, almeno per me. -
- La tua unica
possibilità di poter venire ad abitare in questa casa è
di dividerla con me. Se accettassi, potrei anche essere disposto a
lasciartela alla scadere dei sei mesi per una bassa cifra. -
Sana dovette ammettere
con sé stessa che quella di Hayama era una buona offerta e
cominciava ad essere tentata di accettare. - Ma noi non ci conosciamo
per niente! - replicò. - Tu saresti disposto a dividere casa con
una completa sconosciuta?! E se una notte decidessi di soffocarti con
un cuscino mentre dormi? -
Un lieve sorriso, che
ricordava molto un ghigno, gli piegò le labbra. - Vorrà
dire che chiuderò la porta a chiave, o forse sei anche una
provetta scassinatrice? -
- Non prendermi in giro. -
- Kurata, credimi, quei
sei milioni di yen mi servono; se per averli devo solo dividere una
villa, in cui potrebbero starci comodamente dieci persone, per sei mesi
con te, per quanto strana tu sia, sono ben disposto a farlo. -
Chissà a cosa gli
serviva a lui tutto quel denaro. Okay, doveva ammettere che anche a lei
avrebbe fatto comodo, visto che le avrebbe permesso di
dedicarsi a tempo pieno alla scrittura senza preoccuparsi di guadagnare
i soldi necessari per sopravvivere, almeno per un po’. In quella
storia c’erano decisamente più lati positivi di quanti
avesse immaginato. - Io… ecco, non so. Non sono ancora convinta
che sia una buona idea. Anche se devo dire che non sono più
contrariata come prima. - Il fatto che la casa fosse tanto grande era
un bel vantaggio: avrebbero potuto dividerla senza quasi mai
incontrarsi, sarebbe stato come vivere da sola. Oh, accidenti! Stava
cominciando ad essere convinta anche lei della possibilità di
dividere la villa. - Vorrei pensarci ancora un po’, scusami.
Penso che riprenderò ad esplorare le varie stanze. - Senza
attendere risposta, lo aggirò e abbandonò la biblioteca.
Camminando a passò svelto risalì al piano superiore ed
entrò nella prima camera che le capitò. Era
un’altra stanza da letto, un più piccola di quella che
aveva visto precedentemente. Si avvicinò al letto e si sedette
sul bordo. Cosa devo fare?,
si chiese. Fino a poche ore prima voleva solamente partecipare
all’apertura del testamento e riuscire a ritornare il prima
possibile a Matsumoto. Ora, invece, stava prendendo in considerazione
l’idea di tornare a Tokyo stabilmente. Che cosa le stava
accadendo?
Il suo sguardo si
posò sulla borsa che teneva in grembo. Si ricordò della
lettera che le aveva consegnato il notaio. Ora che era sola, poteva
leggerla con calma e tranquillità.
Fece scorrere la cerniera
che teneva chiusa la borsa e tirò fuori la busta. Le dita di
Sana scivolarono sulla superficie ruvida; con un gesto secco e deciso
la aprì e tirò fuori il foglio bianco piegato. La lettera
che vi era contenuta diceva:
Cara Sana,
Se
stai leggendo questa lettera, significa che non sono più qui. E
che hai scoperto dell’esistenza del tuo fratellastro Akito. Ti
chiedo scusa, tesoro, per non avertelo detto di persona, ma l’ho
scoperto da così poco tempo anch’io e ancora mi è
difficile accettare di aver perso tutta la vita di mio figlio. Tante
volte sono stato sul punto di dirtelo, ma le volte in cui tornavi a
casa eri così felice che non volevo turbarti. Perdonami, ma
temevo di deluderti e perciò non ti ho detto nulla.
Ma
passiamo al reale motivo di questa mia missiva: quando aprirai questa
lettera, sarai già al corrente della condizione posta nel mio
testamento. Spero che eviterai di vedere solo negativamente la mia
proposta ed escludere con testardaggine l’idea di andare a vivere
con il tuo fratellastro. Lo so benissimo che non vi siete mai visti
prima e che dividere casa - anche se enorme come quella che ho
acquistato - con uno sconosciuto non ti aggrada, ma è proprio
questo il motivo della mia idea. Vorrei tanto che voi vi conosceste
meglio e vi voleste bene come i fratelli che avreste dovuto essere se
io avessi saputo prima dell’esistenza di Akito.
Posso
immaginare quali pensieri stiano passando per la tua testolina in
questo momento, ti conosco, ma ti assicuro che Akito è un
bravissimo ragazzo. Solo un po’ scontroso e scorbutico. La tua
vicinanza gli farebbe bene. Spero tanto che esaudirai la mia richiesta.
Concludo questa lettera augurandoti tutta la felicità di questo mondo. A te e ad Akito.
Ti voglio bene,
Papà
Le
lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance e il suo corpo
venne scosso da singhiozzi implacabili. - Se-sei… sco…
scorretto, papà - mormorava con voce sconnessa. - Come
po… potrei dirti d-di no? - No, non avrebbe potuto. Non se
quello era l’ultimo desiderio di suo padre. Pianse ancora per
qualche minuto, lasciando fuoriuscire dolore e disperazione. Quando si
fu calmata, prese un fazzoletto di carta dalla borsetta e si
asciugò gli occhi. Era certa che fossero talmente rossi da
risultare inguardabili, ma in quel momento non gliene importava.
Si alzò in piedi,
lisciò la gonna che indossava lungo le gambe e si avviò
alla ricerca di Hayama.
Akito stava sfogliando un
libro con fare distratto, in attesa che Kurata lo raggiungesse. Il
rumore della porta della biblioteca che si apriva con uno scatto lo
fece girare verso di essa. Vide Kurata entrare, notarlo e raggiungerlo
decisa. Quando solo pochi metri li distanziarono, Akito si rese conto
degli occhi rossi di lei. Doveva aver appena smesso di piangere,
constatò. - Verrò a vivere con te - affermò
diretta.
Akito sollevò le
sopracciglia, un chiaro segno dello stupore che la frase di Kurata gli
aveva scatenato. - Davvero? E cosa ti ha fatto cambiare idea
così repentinamente? -
L’espressione dura
che aveva dipinta in volto si sciolse un po’ e Akito per un
attimo temette che si mettesse a piangere davanti a lui, ma non fu
così. - Questi non sono affari tuoi - disse infine Kurata.
Lui scrollò le spalle. - Come ti pare. Era solo per chiedere. -
Lei lo ignorò e osservò il suo orologio da polso. - Se hai finito anche tu il giro direi che possiamo andare. -
- Okay. -
- Chiamo il taxi, allora. -
Lui annuì di
nuovo. Passò poco più di un’ora prima che si
potessero salutare e andare ognuno per la propria strada.
Spazio Autrice:Salve
a tutti! Ed anche il secondo capitolo è andato. Quando
stavo scrivendo la parte in cui Sana legge la lettera mi stavo quasi
per mettere a piangere anch'io... Sana è disperata, ma mi sembra
più che giustificata visto che le è appena morto il padre
che adorava. Sapete, sono riuscita a finire il quarto capitolo... un
paio di scene mi hanno fatto impazzire, ma ce l'ho fatta!
Beh, spero che vi sia piaciuto. A mercoledì!
E ora i ringraziamenti:
QeenSerenity83: Ciao! Che
bello, una lettrice di "Omicidio"! Sono contenta che mi segui anche in
questa nuova fanfiction e che ti interessi. Non preoccuparti se non
potrai sempre recensire, non sempre si ha il tempo per farlo, ma quando
lo farai ne sarò felice. Spero ti sia piaciuto questo secondo
capitolo. A presto! Kiss
roby5b: Ciao! Ahah, sì,
sono proprio io, Ilaria. Sono molto felice che ti sia piaciuto il primo
capitolo di questa nuova fanfiction, spero ti sia piaciuto anche
questo. Grazie per i complimenti al mio stile e sono contenta ti sia
piaciuto "Omicidio". Ahah, sì, sì! Scrivo! A presto! Kiss
ryanforever: Ciao! Grazie mille
per gli auguri! Sì, beh, come hai visto in questo secondo
capitolo alla fine Sana si è convinta... accadranno un bel
pò di cose. Spero ti sia piaciuto questo secondo capitolo. A
presto! Kiss
daygum: Ciao! Grazie, sono
contenta che ti piaccia. Sì, esatto, non sono fratelli di
sangue, anzi, non si può nemmeno dire che sono fratellastri.
Fare il loro albero genealogico è stato complicato, dovevo fare
in modo che tutto combaciasse. Come hai visto, in qualche modo si sono
messi d'accordo, ma i problemi tra i due sono appena iniziati. Come ho
detto, l'aggiornamento sarà settimanale, ogni mercoledì,
almeno per ora. A presto! Kiss
Deb: Ciao, carissima! Grazie
per gli auguri! Come mi sento? Uhm... di sicuro non mi sembra di avere
già diciannove anni... XD!
Quella frase che dici tu nel diario è ispirata a me! Infatti...
anch'io una volta ho tentato di tenere un diario, ma sono durata
quattro o cinque giorni. Proprio non faceva per me... Ah, e anch'io
quando l'ho iniziato ho utilizzato la tua stessa frase. Comunque, Hana
continuerà a scriverlo, anche se non lo farà tutti i
giorni (altrimenti la sua storia procederebbe troppo lentamente).
Sì, povera Sana, per ora non sfonda... ma, chissà... prima o poi...
Ahah, Sana parla parla... e invece... alla fine si fa convincere.
Ci credo che "Kyohei" ti ha ricordato PGE, l'ho usato apposta! Speravo tanto che tu lo notassi!
Grazie, sono contenta che ti piacciono le mie descrizioni.
Povero Akito... purtroppo ha le stampelle, però smette di usarle presto.
Kamura è spuntato senza che nessuno l'abbia chiamato, come un
fungo velenoso. Non volevo nemmeno metterlo, ma alla fine ha fatto lo
stesso la sua comparsa... è probabilmente non sarà
nemmeno l'ultima. Mi dispiace deluderti... ma non era andato dal notaio
per il suo testamento...
Oh, non preoccuparti. So benissimo che in questo periodo sei
impegnatissima. Appena ti libererai, ci sentiremo di più. A
presto! Kiss
elenafire: Ciao! Grazie mille
per i complimenti, sono contenta che il primo capitolo ti sia piaciuto.
Sì, quei due insieme combineranno un bel pò di cose.
Spero ti sia piaciuto questo secondo capitolo. A presto! Kiss
LipsOfBlackPearls: Ciao! Wow...
non so cosa dire... grazie! Mi hai fatto dei complimenti bellissimi
(che nemmeno credo di meritare, ma vabbè...). Contenta che il
primo capitolo ti abbia colpito, spero tanto che sia la stessa cosa con
questo e i successivi.
Kodocha è un manga meraviglioso e direi che un pò tutte
quelle che l'hanno letto adorano Akito, io compresa. I personaggi che
ha creato Miho Obana sono veramente ben fatti ed è un piacere
prenderli in prestito per scriverci su. Alla prossima settimana! Kiss
Grazie per le 7 recensioni, le visite, le 4 preferite, le 10 seguite e le 2 ricordate.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Non è questo il punto,
Hayama. Quello che voglio dire è che avresti dovuto essere
più gentile. -
- Ma lo sono stato! - insistette lui.
|
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Capitolo 3 *** 3° capitolo ***
The Ghost's Diary - 3° Capitolo
Grazie mille per le vostre parole. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura!
The Ghost's Diary
3
10 Aprile
Caro
Diario,
Oggi, il mio
adorato Sentaro ha cenato con la sua famiglia nella mia casa. Eravamo
seduti vicini e abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare
molto. Mi sento ancora un po’ a disagio nei suoi confronti, ma
sto migliorando man mano che lo conosco.
Quando è
arrivato mi ha consegnato un mazzo di fiori. Sono bellissimi, tutti
colorati. Li ho messi dentro un vaso sopra la scrivania della mia
camera; sono proprio qui, di fianco a me. Non riesco a smettere di
guardarli. Annuso il loro profumo e un sorriso sempre più grande
si dipinge sul mio viso.
Dato che questa
sera avevamo a cena la famiglia di Sentaro, oggi, insieme a mia madre e
ad una domestica, siamo andate in città a fare compere. A
seguito di questo ho fatto un nuovo incontro.
Mia madre si
è fermata a parlare con un uomo poco più vecchio di lei
accompagnato dal figlio. Il ragazzo ha la mia età e si chiama
Shotaro. Ho scoperto che l'uomo, il cui nome è Takumi Tanigawa, è un
vecchio amico di famiglia e fa affari con mio padre. Shotaro ha i
capelli castani e gli occhi marroni; è piuttosto magro e pallido. Mentre i nostri
genitori parlavano, mi ha sorriso e devo ammettere che è
piuttosto carino. Mia madre ha invitato lui e il padre alla mia festa
di fidanzamento, quindi lo rivedrò ancora. Ho la sensazione che
questo non porterà nulla di buono, ma forse mi sto preoccupando
inutilmente.
Buona notte, caro Diario,
Hana
Sentendo un leggero indolenzimento
al collo e alla schiena, Akito si svegliò. Sbatté
più volte le palpebre e mise a fuoco la stanza. Era sdraiato sul
divano del salotto davanti al televisore ancora acceso, che stava
trasmettendo il telegiornale. Sbadigliando, si tirò su a sedere
e stiracchiò i muscoli indolenziti. Prese il telecomando e
spense la televisione, riducendo al silenzio la stanza.
Guardò l’ora e si rese
conto che erano due del pomeriggio passate. Aveva dormito almeno
un’ora. Si era messo a guardare i programmi televisivi seduto sul
divano, appena terminato di mangiare il sushi che aveva acquistato per
pranzo, finendo per addormentarsi.
Akito si alzò in piedi e si
diresse in cucina. Le vettovaglie che aveva utilizzato ore prima
attendevano di essere lavate e riposte al loro posto. Non aveva molta
voglia di farlo, ma viveva da solo e non gli sembrava di avere altra
scelta. Uhm, forse avrebbe dovuto prendere in considerazione
l’idea di assumere una donna delle pulizie. Era l’unico
abitante - per ora - di quella grandiosa e tetra villa dove da pochi
giorni si era trasferito e non era per niente facile tenerla in ordine
da solo. Quasi quasi sperava che Kurata si sbrigasse a venire ad
abitare lì con lui, così almeno si sarebbero divisi le
faccende domestiche, che al momento erano tutte a suo carico. Anche se,
doveva ammettere, Kurata non gli dava per niente l’idea della
donna di casa, anzi, temeva che avrebbe fatto più danni che
altro con il suo aiuto.
Suonarono alla porta. Akito
scrollò le mani bagnate e le asciugò malamente con uno
strofinaccio. Andò nell’ingresso e lasciò entrare
Sana Kurata. La donna aveva legato i capelli in una lunga treccia rossa
e indossava una leggera giacca sopra la maglietta e dei jeans.
- Ciao - lo salutò. Nelle mani lei teneva un grosso borsone e al suo fianco c’era un trolley.
Lui ricambiò con un cenno
del capo. Si spostò di lato per lasciarla passare. - Di sopra è pieno di stanze da letto, scegli pure quella che
preferisci. La mia è l’ultima in fondo. -
- Va… va bene - disse un po’ incerta.
Akito l’aggirò e
zoppicando leggermente si avviò verso un mobiletto dove
c’era il telefono fisso. Da poco aveva smesso di utilizzare le
stampelle, ma ancora non riusciva a camminare bene. Aprì il
cassetto e prese un mazzo di chiavi. Gliele lanciò e lei le
prese al volo, ma fu costretta a lasciar cadere sul pavimento il
borsone con un tonfo. - Sono le chiavi di casa e della cantina - la
informò. - Me le ha date il notaio insieme ad un paio per me. -
Gli parve di averle detto tutto, perciò andò verso la
cucina, lasciandola sola.
Sana era rimasta a bocca aperta di
fronte al comportamento poco gentile e maleducato di Hayama. Era quello
il modo con cui secondo lui si accoglieva una ragazza in casa e le si
dava il benvenuto? Aveva fatto un lungo viaggio in macchina ed era
stanca, non le sarebbe dispiaciuto un’accoglienza più
calorosa. Mandandolo mentalmente a quel paese, agganciò il
pesante borsone - ma quante cose ci aveva messo dentro?! - alla sua
spalla e trascinò il trolley con l’altra mano.
Percorrere i pochi metri fino alle
scale non fu difficile, ma quello che le si prospettava richiedeva uno
sforzo ben maggiore. Guardando le scale con disperazione, sbuffò
e cominciò a salirle uno scalino alla volta.
Arrivata in cima alla rampa ancora
più stanca e con il fiatone, Sana posò il borsone a terra
e lasciò andare il trolley. Decise di dedicarsi alla scelta
della camera. Se si trascurava quella di Hayama, scoprì che
c’erano ben cinque stanze da letto. Erano tutte piuttosto belle e
spaziose, ma lei era rimasta colpita dalla prima che aveva visitato la
volta precedente che era stata in quella casa. Era una della più
piccole tra quelle proposte, ma comunque più che sufficiente per
una persona sola. L’armadio a muro era enorme, ma sarebbe bastato
a contenere tutti i suoi vestiti?
Si avvicinò alla finestra e
scostò la tenda polverosa che la ricopriva. Sorrise vedendo la
vista che aveva a disposizione. Sì, decise infine sicura, quella
sarebbe stata la sua stanza.
Sana tornò nel corridoio per
prendere i bagagli e portarli nella sua nuova camera da letto. Si
avvicinò di nuovo alla finestra e la spalancò per lasciar
circolare l’aria. C’era davvero un gran bisogno di
eliminare l’aria viziata di cui era impregnata la stanza. Quando
scostò le pesanti tende, una grande luce illuminò ogni
angolo. Soddisfatta, Sana aprì le ante dell’armadio e
lasciò andare un sospiro di frustrazione. Davanti a sé
c’era uno spesso strato di polvere e ragnatele. Avrebbe dovuto
immaginarlo… Sospirò. Non le restava altro da fare se non
rimboccarsi le maniche e dare una bella pulita a quella stanza. Negli
anni che aveva trascorso lontana dalla casa in cui aveva abitato
con suo
padre, era andata a vivere da sola e aveva acquisito una cerca pratica
con le faccende domestiche. Anche se in cucina, dovette ammettere
almeno con sé stessa, era un vero disastro. Era riuscita a
sopravvivere con cibi precotti - almeno con il microonde non aveva
problemi - o già pronti. Nel periodo che aveva trascorso a
Matsumoto aveva potuto assaporare la bontà di un piatto fatto in
casa solo quando un’amica la invitava a pranzo. Era la sua vicina
di casa, si chiamava Mitsuko ed era una donna di mezz’età
amante dei canarini; ne aveva sei.
Il suo stomaco scelse quel momento
per brontolare. Sana posò una mano sul ventre e sorrise. Beh, le
pulizie avrebbero dovuto aspettare, prima era meglio riempirsi la
pancia.
Uhm, dato che Hayama si era
trasferito già da qualche giorno era molto probabile che lui
avesse fatto la spesa, ma non poteva chiedergli le sue provviste. Loro
non erano veri fratelli, né amici e men che meno fidanzati. Non
c’erano gli estremi perché lei gli chiedesse qualcosa.
Sospirò. Era stanca e non aveva voglia di uscire, ma se voleva
mangiare non le restava altro che andare al supermercato. Si
sistemò meglio la borsa sulla spalla e scese al piano inferiore.
Prima di andarsene si mise alla ricerca di Hayama. Doveva parlargli di
alcune questioni.
Lo trovò in cucina. Era
appoggiato al bordo del tavolo e con una mano reggeva un tazzina di
caffé fumante. L’aroma della bevanda si era diffuso in
ogni angolo della cucina. Lo stomaco di Sana si lamentò con
più forza e le venne l’acquolina in bocca.
Avendola sentita arrivare, Hayama sollevò lo sguardo e si mise in attesa che lei parlasse.
- Senti, Hayama, dovremmo stabilire
delle regole per poter convivere al meglio. Partiamo dalla cucina ad
esempio? Come la dividiamo? Potremmo organizzare degli orari precisi e
dividerci equamente le credenze e il frigorifero. Uhm… Idea! E
se attaccassimo anche delle etichette sui vari cibi per distinguere i
miei dai tuoi? - Solo in quel momento si accorse del sopracciglio
inarcato di lui e del sua espressione molto poco favorevole. - Che
c’è? Non sei d’accordo? Io almeno sto proponendo
delle soluzioni. -
- Kurata, tu devi essere fuori di
testa. Secondo te ogni volta che comprassi un maledetto barattolo
dovrei metterci un’etichetta con il mio nome? Elabora una
soluzione più semplice. Tipo: quando c’è bisogno di
fare la spesa mettiamo metà dei soldi a testa. Ah, seconda cosa:
scordati che io mangi ad orari fissi. Se ho fame vengo in cucina e
mangio, chiaro? - Non lo conosceva ancora bene, e forse mai sarebbe
successo, però era certa che quello fosse uno dei discorsi
più lunghi che mai gli avrebbe sentito dire.
Hayama si girò per
andarsene, mentre Sana rimaneva a bocca aperta. Non voleva stabilire
nessun rapporto con quell’uomo, ma suo padre avrebbe tanto voluto
che loro si conoscessero meglio e lei non se la sentiva di deluderlo.
Gli corse dietro. Dato che era impossibilitato a muoversi normalmente,
lei lo raggiunse in pochi rapidi passi. Gli posò la mano sul
braccio e gli disse: - Aspetta, Hayama. Ascolta, abbiamo cominciato con
il piede sbagliato. -
Lui si voltò e
incontrò il suo sguardo. - Io?! Me se sei tu che volevi
stabilire dei turni per evitare d’incontrarmi. Meno male che
abbiamo tre bagni, altrimenti vorresti stabilire dei turni anche
lì. -
Va bene, doveva ammetterlo, quella
che aveva avuto non era stata una delle sue idee più brillanti,
ma non capiva perché lui dovesse prendersela tanto. - Non dare
la colpa solo a me. Ti ricordo che il tuo modo di accogliermi in questa
casa è degno del peggior zotico presente sulla faccia del
pianeta. - Una vocina dentro di sé le aveva detto di tener la
bocca chiusa, ma Sana non aveva alcuna intenzione di darle ascolto.
- Ah, sì? Perché, che cos'ho fatto? -
- Beh, tanto per cominciare avresti
potuto tenere una conversazione più brillante, chiedendomi
magari com’era andato il viaggio, invece che quei quattro
monosillabi che mi hai rifilato. Poi, avresti potuto offrirmi qualcosa.
-
- Credimi, se avessi voluto
veramente accoglierti male avrei fatto ben altro. E poi, se volevi
qualcosa, bastava chiedere. Come potevo sapere che avevi sete o altro?
Non leggo nel pensiero - disse con semplicità.
Sana si coprì gli occhi con
una mano e scosse la testa leggermente. - Non è questo il punto,
Hayama. Quello che voglio dire è che avresti dovuto essere
più gentile. -
- Ma lo sono stato! - insistette lui.
Aveva la sensazione che se avessero
continuato così non sarebbero arrivati da nessuna parte. -
Sì, va bene, ho capito. Lasciamo perdere. - Come aveva detto
prima? Ah, sì. Erano partiti con il piede sbagliato. Decisamente, io e Hayama non saremo mai amici, figuriamoci fratelli. Con
voce calma disse: - Credo di essere d’accordo con la tua idea per
l’utilizzo della cucina e la spesa. Se per te va bene,
utilizzerò le tue provviste finché non sarà
necessario fare rifornimento. Se mi dici quanto hai speso, ti
pagherò la mia metà. -
Hayama annuì e in breve sbrigarono quella piccola formalità.
Finalmente poté andare in
cucina per cercare qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti.
Beh, almeno tutta quella lunga discussione - litigata - le aveva
risparmiato un viaggio fino al supermercato più vicino.
Riflettendoci, forse sarebbe stato meno faticoso anche se fosse dovuta
andare a piedi al supermercato, magari percorrendo chilometri,
piuttosto che trovare un punto d’incontro con Hayama.
Sicuramente.
Quando finalmente Kurata si
convinse che la sua idea era balzana e a dirigersi verso la cucina per
pranzare, Akito si girò e si avviò verso il piano
superiore in direzione della sua camera.
Quella donna era un tornado e portava solo guai.
Sei mesi. Sei mesi e probabilmente
non l’avrebbe più vista in vita sua. Era certo che, quando
il giorno della separazione sarebbe arrivato, un’ondata di
sollievo lo avrebbe invaso.
Per intanto, non gli restava che averci a che fare il meno possibile.
Era molto carina - anche se era
sempre più convinto che fosse troppo magra, oltre che piatta - e
aveva un qualcosa che lo aveva colpito, ma mai e poi mai avrebbe
iniziato una relazione, anche se solo sessuale, con una donna con un
carattere di quel tipo.
Oltretutto, era la sua sorellastra - anche se non avevano sangue in comune -, no?
Sana suonò il campanello, su cui c’era una targhetta con incisa la parola “Tomiya”.
Era il cognome della famiglia in
cui avrebbe dovuto prestare servizio per quella sera. Dato che ancora
non guadagnava molto come scrittrice, arrotondava facendo la
babysitter o altri lavori part-time; lei amava molto i bambini. Era la
prima volta che prestava
quel servizio a Tokyo, l’esperienza l’aveva acquisita a
Matsumoto. Sperava che sarebbe andato tutto bene. Anche se non aveva
affitto o mutuo da pagare, aveva bisogno di guadagnare per sostenere le
molte spese che aveva.
La porta davanti a lei si
aprì e fece capolino una donna vestita elegantemente sulla
trentina. Era magra ed aveva lisci capelli neri lunghi fino alle spalle
e gli occhi marroni. Le sorrise vedendola e Sana ricambiò. -
Ciao, Sana, ben arrivata. Accomodati. - Si fece da parte per lasciarla
passare, mentre lei ricambiava il saluto.
Sana aveva messo un annuncio sul
giornale ed era stata molto fortunata ad aver trovato subito lavoro.
Dopo essere stata contattata dalla famiglia Tomiya aveva presentato le
sue referenze alcuni giorni prima.
Entrò
nell’appartamento. L’ingresso era piccolo e portava
direttamente al soggiorno, che era arredato con gusto. Era sera e le
persiane erano abbassate. A dare luce alla stanza erano delle lampade
con un grosso paralume beige appoggiate sui mobili. Questi erano in
legno di faggio e c’erano due poltrone e un divano bianchi in
pelle. Sopra un grosso tappeto era seduto un bambino di sei anni con la
schiena appoggiata al divano. Si chiamava Junichi e aveva lo sguardo
puntato sul televisore.
- Junichi, è arrivata Sana. Vieni a salutarla. -
- Sì, un attimo - disse, senza nemmeno voltarsi.
Sana sorrise. - Oh, non importa. Dopo avremmo tutto il tempo per conoscerci meglio. -
Dal corridoio che presumeva
portasse alle camere da letto sopraggiunse Renge Tomiya, il padre del
piccolo Junichi. Era un uomo alto sui quarant’anni. Avevi i
capelli castani, bianchi sulle tempie, e gli occhi grigi. Indossava un
completo blu da sera. - Oh, ciao, Sana. Ecco, se hai bisogno di
rintracciarci questi sono i nostri numeri di cellulare e quello del
ristorante dove andremo - le disse porgendole un foglio di carta. Lei
allungò il braccio e lo prese.
- Perfetto. Ora dobbiamo andare -
disse il signor Tomiya. Sua moglie annuì e raggiunse suo figlio
per scoccargli un ultimo bacio sulla fronte e salutarlo.
- Alle nove mettilo a dormire,
okay? Se hai bisogno non esitare a chiamarci - le ripeté la
signora Tomiya ritornando nell‘ingresso. Sana annuì.
- Andiamo, tesoro, o faremo tardi -
richiamò di nuovo la moglie l‘uomo. - A dopo, Sana - disse
poi, rivolgendosi a lei.
- Arrivederci, Sana. -
- Buona serata - augurò ai
due coniugi mentre la porta di casa si richiudeva. In risposta
sentì un soffocato - a causa della porta - ringraziamento.
Ora, il silenzio della casa era
interrotto solo dal rumore proveniente dalla televisione. Si
avvicinò al bambino e si sedette sul divano. Facendola scivolare
lungo il braccio, appoggiò la borsa di fianco a lei. - Ciao,
Junichi. Cosa stai guardando? - chiese riferendosi al programma in
televisione.
Era di sicuro un anime, ma lei non lo conosceva.
Lui le riferì il nome. - E’ forte! - le spiegò, voltandosi un istante verso di lei e sorridendole.
Junichi aveva i capelli castani come il padre e gli occhi della madre.
Era alto per la sua età e aveva un bel sorriso. Sana era certa
che dieci anni dopo le ragazze avrebbero fatto la fila per uscire con
lui!
Sullo schermo cominciarono a
comparire i titoli di coda. Sana si alzò in piedi e premette il
pulsante della televisione che si spense. - L’anime è
finito. - Guardò l’orologio che aveva al polso. Erano le
otto e trenta. - Adesso è ora di prepararsi per andare a
dormire. - Lui la
guardò male e imbronciò le labbra. - Se ci vai senza
lamentarti ti racconterò una storia. Ma non una delle solite
fiabe,
sai, io scrivo racconti. Ti va di sentirne uno? - Il genere a cui si
dedicava era il fantasy, era sicura di poter raccontargli una storia
che potesse piacergli.
Gli occhi di Junichi si illuminarono. - Wow! Scrivi libri! Raccontami due storie! -
Sana rise. - No, mi dispiace. La mia proposta non è soggetta a contrattazione. -
Lui la guardò confuso. - Cosa vuol dire con… cont…? -
- Beh, in pratica significa: o una storia o niente. Andiamo a metterci il pigiama, adesso. -
- Prima devi prendermi - disse con un sorriso dispettoso e fuggì via.
Sana gli corse dietro. - Attento, Junichi. Se ti prendo non sai cosa ti faccio! - disse con voce fintamente spaventosa.
Una risata infantile fu la risposta che ottenne.
Lo trovò nella camera da
letto matrimoniale. Quando la vide arretrò in direzione dalla
finestra, ma mentre lei si avvicinava, lui la prese di sorpresa.
Salì sul grande letto a due piazze e lo attraverso correndo.
Ricade sul pavimento con un salto e ripartì di scatto verso il
salotto.
Sorridendo per la sua furbizia,
Sana riprese la sua caccia. Junichi girò intorno al divano e lei
lo acchiappò arrivando dall’altra parte. Lo prese in
braccio, lo distese sul divano e cominciò a fargli il solletico.
Dopo alcune implorazioni soffocate da incontrollabili risa smise.
Junichi si lasciò prendere
per mano ed accompagnare nella sua cameretta. Sana lo aiutò a
prepararsi per la notte e gli rimboccò le coperte. - Ora
raccontami la storia - le disse lui.
Lei annuì. In un angolo
della cameretta adocchiò una piccola sedia di colore azzurro. La
sollevò e la posizionò di fianco al letto. Si sedette su
di essa e accavallò le gambe. Quale storia avrebbe potuto
raccontargli? Beh, ovviamente l’avrebbe resa più adatta ad
un bambino della sua età.
Prendendo fiato cominciò a
raccontare. Junichi inizialmente pendeva dalle sue labbra, ma poi, pian
piano, cominciò a sbattere più volte le palpebre nel
tentativo di non addormentarsi. Poco prima che potesse sussurrare la
parola fine, il bambino
chiuse gli occhi e il suo respiro si fece più lento e regolare.
Era precipitato nel sonno. Sorridendo dolcemente, Sana si alzò
il piedi e si chinò per scoccare un bacio della buonanotte sulla
fronte del bambino. Rimise la sedia dove l’aveva presa e senza
far rumore ritornò in salotto.
Ora che il bambino dormiva avrebbe
potuto dedicarsi alla stesura del suo nuovo romanzo finché non
fossero tornati i genitori di Junichi. Prese il suo block-notes e una
penna, e si sedette comodamente su una poltrona. Sbadigliò. Era
troppo comoda quella poltrona, sperava che non avrebbe finito per
addormentarsi anche lei.
Giocherellando con la penna, si
concentrò su quello che voleva scrivere. Ancora non le era ben
chiaro il protagonista. Sarebbe stato misterioso e di poche parole.
Biondo e maleducato. Uhm? Mi ricorda qualcuno.
Scrollò le spalle e finì di tratteggiare il profilo del
suo personaggio, poi si dedicò alla bozza dei primi capitoli.
Si appisolò davvero un paio
d’ore dopo, ma fu solo per pochi minuti perché venne
svegliata dal rumore della porta d’ingresso che si apriva. I
coniugi Tomiya erano tornati.
Sana ripose le sue cose e andò ad accoglierli. - Bentornati. -
- Ciao, Sana. E’ andato tutto bene? - le domandò la signora Tomiya.
- Sì. Adesso Junichi sta dormendo. E’ stato bravissimo. -
L’altra sorrise, mentre il
signor Tomiya annuì e ringraziandola le diede il compenso che le
spettava. Erano duemiladuecento* yen.
- Buonanotte e arrivederci - salutò Sana.
- Grazie. Potresti venire anche domani pomeriggio? Alle due - le disse la signora Tomiya.
- Sì, non c'è problema. A domani, allora! -
- A domani. Buonanotte. -
Sana sorrise
mentre la porta si richiudeva. Era molto stanca. Non vedeva l’ora di potersi rifugiare tra le calde coperte del suo letto.
* Circa 20 €
Spazio Autrice: Ed
eccomi qui con il 3° capitolo (tra i cinque che ho scritto,
è quello che mi piace di meno). E' un pò di passaggio,
dato che l'ho sfruttato principalmente per vedere l'arrivo di Sana
nella nuova casa e ho anche lasciato trascorrere qualche giorno di
convivenza. Nel prossimo si scoprirà come si trovano Akito e
Sana a vivere insieme.
Parlando dei capitoli futuri: oltre ad aver scritto il capitolo cinque,
sono riuscita a preparare la scaletta dei capitoli dal 6°
all'11°. Spero vi sia piaciuto il capitolo.
E ora i ringraziamenti:
roby5b: Ciao! Sì, Sana
ha deciso, ma, conoscendola, non possiamo nemmeno dire che ci ha messo
su troppo tempo, dai! Beh, l'importante in fondo è che si
trasferissero e in questo capitolo, come hai visto, l'hanno fatto.
Evviva! E adesso vedremo che cosa combineranno!
Non preoccuparti, il fatto che in un certo senso loro possano definirsi
anche fratelli non è poi questo gran problema. Non si faranno
molti scrupoli in questo senso. Il loro problema maggiore deriva dal
carattere che si ritrovano e dalla mancata conoscenza. Alla prossima
settimana! Kiss
Deb: Ciao, carissima! Oh, mamma... che lunga recensione... preparati perchè ti arriverà una lunga risposta.
Sì, è vero... l'attesa è una cosa speciale. Stai
lì ad aspettare nell'attesa che arrivi e nel frattempo pregusti
il momento in cui accadrà.
Oh, accidenti... hai delle aspettative alte? Con una frase del genere
sai che potrei rischiare l'ansia da prestazione?! XD! Farò del
mio meglio, te lo prometto.
Sono contenta che ti piaccia Hana. Piano piano si scopriranno sempre
più cose di lei e della sua storia. E adesso è meglio che
tacio prima che te la riveli tutta.
Sì, Sana è molto triste, povera. Beh, piano piano
tornerà quella di sempre. Già ora alterna momenti in cui
torna quella di sempre, come hai visto.
Sana è Sana, ma è pur sempre una donna e quale donna potrebbe rimanere completamente indifferente ad Akito?
Come ti ho già detto per e-mail... il ginocchio di Akito verrà introdotto nel prossimo capitolo.
Sì, anch'io adoro lo stile gotico... è veramente
suggestivo... avrei l'ispirazione ventiquattro ore su ventiquattro!
Ci mette un pò, ma alla fine si è decise a darti retta e ad andare ad abitare con Akito, eh, Deb?
Ahah... di porte cigolanti e scricchiolii se ne sentiranno un bel
pò nel prossimo capitolo. Ecco, vedi... te l'avevo detto che
lentamente avrei scucito tutto...
Contentissima che ti è piaciuta la battuta... se non ricordo
male, mi è venuta in mente quando ero sul bus e mi sono messa a
ridacchiare. Cioè, giusto giusto per far capire agli altri
passeggeri con che pazza stavano viaggiando...!
Credimi, dalla lettera non sembra, ma il padre di Akito (e Sana)
è speciale (oltre per il fatto che ha concepito Akito,
intendo!!!)...
In questo capitolo è avvenuto il trasferimento di Sana. Ho
lasciato perdere l'abbandono della vecchia casa di Akito e anche quello
di Sana, perchè si sarebbe trattato solo di pratiche e di
scatoloni da riempire... del tutto inutile ai fini della storia.
Sì, è vero che il tempo passa veloce... mi ricordo che
quando stavo in prima superiore una volta ho detto che la
maturità era lontana... è invece è già
venuta e passata. Corre tanto veloce il tempo che non facciamo nemmeno
in tempo a rendercene conto.
Sai, sono tornata a vedere la tua prima recensione di "Omicidio". E'
datata 2 Settembre 2009 (è già un anno e due mesi che ci
conosciamo!) e pensa che in quell'occasione avevi azzeccato l'omicida!
E' vero, mi ricordo che in quel periodo soffrivo perchè non
potevo leggere "Love or Sex". Beh, perlomeno, mentre aspettavo, mi sono
goduta "Scoop". Sì, in effetti parlare del tempo che passa mette
un pò tristezza.
Ahah... hai ragione. Uhm, i produttori di diari dovrebbero scrivere
un'etichetta con questa avvertenza: "è sconsigliato cominciarlo
scrivendo: spero di riuscire a scriverlo con continuità. O
derivati." XD!
Oh, è vero... anche a me dispiace un pò non chiamarla
più "altra" (anche se è un sollievo averle trovato un
titolo). Sono tantissime le mail in cui la chiamavamo così.
Grazie mille per i complimenti alle mie descrizioni...*me arrossisce*.
Uhm... forse. Sì, è probabile che prima o poi Naozumi il
mollusco ricompaia e che dica a Sana i motivi della sua diparti... eh?!
No, volevo dire... del perchè è andato dal notaio! XD!
Ahah, no, non è troppo lunga. Sì, beh, è lunga, ma a me ha fatto molto piacere riceverla.
A presto, cara! Kiss
ryanforever: Ciao! Grazie! Sono
molto contenta che ti piace come sto gestendo la vicenda. Nello spoiler
del prossimo capitolo già si capisce che accadra qualcosa fra
loro... di non molto piacevole (tanto per cambiare), mentre in quello
successivo, il quinto, qualcosa di inaspettato. Sono felice che ti
interessi la storia del diario... ad Hana accadranno anche a lei molte
cose. Piano piano si scoprirà ogni cosa. La sua è una
storia che ho ben in mente. Grazie per la recensione. Alla prossima
settimana! Kiss
elenafire: Ciao, cara! Felice
di aver catturato il tuo interesse. Presto vedrai se i tuoi sospetti
avranno conferma. Ahah, sì conbineranno un pò di
casini... a cominciare da prossimo capitolo. Nello spoiler si capisce
già qualcosa. La lettera del papà di Sana l'ho cominciata
almeno in quattro modi diversi... ero indecisa su che tono darle e sono
contenta che abbia scatenato delle emozioni. Alla prossima settimana!
Kiss
daygum: Ciao! Wow, grazie. Sono
contenta che la mia storia ti piaccia tanto che abbia già
meritato l'appellativo di preferita. Ti è piaciuta la lettera?
Meno male. Sì, è stato davvero un duro colpo per Sana. E
sicuramente si sarà sentita in colpa per non essere stata
presente quando Ryo ha esalato l'ultimo respiro.
Mi dispiace davvero, ma più di un capitolo a settimana non posso
fare, rischierei di pubblicare subito i pochi capitoli che ho
già pronti e se mi capitasse di rimanere senza ispirazione per
qualche settimana (o di ritrovarmi con meno tempo per scrivere) vi
lascerei senza capitoli. L'aggiornamento settimanale per ora mi
consente di mantenere un ritmo costante. Grazie per la recensione. Kiss
Angye: Ciao! Grazie mille per i
complimenti. E' bello sapere che anche se non è il genere di
storia che ti interessa, ti abbia presa a sufficienza da decidere di
leggerla e seguirla. Spero di non deludere le tue aspettative. Alla
prossima settimana! Kiss
vanille_blue: Ciao! Sono molto
contenta che la mia storia ti piaccia. S^, anche a me piacciono le
storie AkiSana, loro due sono personaggi speciali. A presto. Kiss
lillixsana: Ciao, omonima! E'
bello risentirti. Grazie mille per i tuoi complimenti, spero davvero
che questo terzo capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima settimana! Kiss
So smile: Ciao! Sono felice che ti piaccia la mia storia e spero che ti piacerà la piega che prenderà. A presto! Kiss
Grazie mille per le 9 recensioni, le visite, le 7 preferite, le 5 ricordate e le 19 seguite.
Al prossimo capitolo!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Perché no? - Kurata
sorrise, alzandosi. Il suo sorriso non prometteva nulla di buono.
[...]
Bevve solo un minuscolo sorso,
poi abbassò il braccio e gli versò il vino addosso.
|
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Capitolo 4 *** 4° capitolo ***
The Ghost's Diary - 4° capitolo
In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona lettura!!!
The Ghost's Diary
4
Caro Diario,
Perdonami
se per ben quattro giorni ti ho trascurato, ma ero così presa
dai preparativi per la festa di fidanzamento che mi sono dimenticata.
La
suddetta festa si è tenuta questa sera e vi hanno partecipato
tutte le persone più importanti di questa città; mio
padre è un uomo molto stimato.
La
cena è stata abbastanza noiosa, soprattutto perché ero
seduta di fianco ad una ragazza che non faceva altro che parlare di
cose di poco conto. Stavo per chiederle se aveva mai preso un libro in
mano, ma mi sono trattenuta. Solo per educazione, ovvio.
Per
fortuna, sono iniziate le danze e ho potuto divertirmi al fianco del
mio Sentaro. Mentre ballavamo abbiamo parlato molto e ne sono stata
molto felice.
Ho
concesso un ballo pure a Shotaro - ti ricordi? Il figlio
dell’uomo incontrato qualche giorno fa - ed è molto
simpatico. Ha fatto alcune battute che mi hanno fatto ridere e mettere
a mio agio, e poi è stato molto gentile con me. Sai, penso che
potremmo diventare amici.
A
fine serata, è stato ufficializzato il mio fidanzamento e
Sentaro mi ha regalato un bellissimo anello a cui è stato
incastonato un diamante. Ho quasi il terrore di perderlo!
Oggi, è stata una lunga giornata.
A presto, caro Diario,
Hana
- Ecco a lei il resto - gli disse
la cassiera sorridendogli e porgendogli alcune monete e una banconota.
- Grazie e arrivederci. -
Akito prese le buste della spesa, un paio per braccio e si avviò verso l’uscita del supermercato.
Davanti all’uscita
c’era un marciapiede e subito dopo una fila di automobili di
modello e colore diversi. Si diresse verso la sua macchina. Posò
le pesanti borse sul marciapiede - ma quanta roba aveva inserito nella
lista Kurata? -, poi si infilò una mano nella tasca anteriore
dei jeans per prendere le chiavi.
- Ehi, Akito! - lo chiamò una voce alla sua destra.
Akito si voltò ad incontrare lo sguardo di Tsuyoshi. - Ciao. Bentornato nel mondo dei vivi. -
L’altro fece un sorriso
mesto. Tsuyoshi Sasaki, il suo migliore amico dai tempi delle
elementari, fino a pochi giorni prima era stato impegnatissimo con la
tesi di laurea e praticamente non usciva mai di casa per essere
preparato al meglio. Beh, alla fine ne era valsa la pena dato che aveva preso il massimo dei voti. Ora, Tsuyoshi era laureato in
architettura. - Adesso che sono libero, voglio che mi racconti del
testamento di tuo padre, della casa e della ragazza con cui convivi.
Quando me l’hai accennato al telefono, mi hai incuriosito molto.
-
- Tanto per cominciare io non convivo con quella, ma semplicemente dividiamo casa - precisò Akito, mentre posava i sacchetti della spesa nel bagagliaio della sua automobile.
Tsuyoshi inarcò un sopracciglio. La sua espressione chiaramente esprimeva il concetto: e quale sarebbe la differenza? - Sì, come vuoi… dividete casa. Beh, lei com’è? -
- Bella, penso. Senza dubbio
è comoda… Ma, sai, non mi intendo molto di queste cose,
sei tu l’esperto. - Stava per aggiungere qualcos’altro, ma
quando vide gli occhi e la bocca spalancata di Tsuyoshi si
bloccò. Che cosa aveva detto di sbagliato? - Tsuyoshi, tutto
bene? -
- Akito, potresti ripetere? - gli chiese l’amico pallido in volto.
Ma cosa aveva Tsuyoshi? Tutto
quello studio doveva proprio avergli fuso il cervello. - Ho detto che
secondo me è una bella casa, ma tu potresti giudicare meglio di me visto che sei laureato in architettura. -
Tsuyoshi si portò una mano
al viso. - Ah, parlavi della casa. Io intendevo la ragazza, Akito. La
figlia di tuo padre com’è? -
- Oh. Beh, lei è impicciona e insopportabile. In due parole: da evitare! -
Tsuyoshi sollevò gli occhi
al cielo e sospirò. - La conosci da pochissimo, Akito. Non ti
sembra un impressione un tantino troppo affrettata? -
- No - affermò lui laconico.
- E quindi con lei va male? -
Akito scrollò le spalle. - No. Va bene, direi. -
- Davvero? Ma se mi hai appena detto che non la sopporti! - esclamò Tsuyoshi sorpreso.
- Lo so, appunto. Va tutto bene proprio perché non parliamo mai e ci vediamo pochissimo. Capita
solo che qualche volta pranziamo o ceniamo alla stessa ora, ma non
comunichiamo. E a me va benissimo così. - Non mentiva, era
davvero così. Era convinto che tutta quella brutta storia
scaturita dal testamento di suo padre si sarebbe risolta più
facilmente di quanto avesse pensato.
- Il solito asociale. Beh, mi piacerebbe conoscerla. E anche ad Aya piacerebbe. -
Aya Sugita era la ragazza di Tsuyoshi. Stavano insieme dalle superiori e andavano d’accordissimo. Lei lavorava in una sartoria ed era una ragazza carina, dolce, gentile e tranquilla… Esattamente l’opposto di Kurata, si ritrovò a pensare Akito.
- Se proprio ci tieni, stasera puoi venire a cena a casa mia con Aya, così la conoscerete. - E la smetterete di assillarmi. Non pronunciò queste ultime parole, ma si potevano benissimo dedurre dalla sua espressione.
- Con piacere. Facciamo alle otto? -
- Okay. -
Era quasi ora di cena quando Sana
rientrò a casa dopo il pomeriggio di lavoro con il piccolo
Junichi. Dato che c’era il sole, lo aveva portato al parco e gli
aveva fatto trascorrere delle ore piacevoli.
Era stanca. Avrebbe riscaldato
qualcosa nel forno a microonde, avrebbe preso un bel libro dalla
rifornita biblioteca e sarebbe andata a letto a leggere.
Sana passò dalla sala da
pranzo e con la coda dell’occhio notò che c’era
qualcosa di strano. Il tavolo rettangolare in legno al centro della
stanza era apparecchiato, ma non per uno, o al massimo per due,
bensì per quattro persone. Hayama ha ben tre ospiti, stasera? Poteva almeno prendersi la briga di avvertirmi…
Sbuffando, proseguì verso la cucina. Trovò Hayama davanti
ai fornelli, ma non si stupì molto. L’aveva già
visto altre volte, in quei pochi giorni che vivevano insieme, cucinare
e, dal profumo che emanavano i piatti da lui preparati, doveva essere
anche bravo. - Vengono un mio amico e la sua ragazza, stasera - si
decise ad informarla, appena si accorse della sua presenza.
D’accordo che in matematica
era sempre stata una completa incapace, però sapeva ancora fare uno
più uno. - Perché hai apparecchiato per quattro, allora?
Tu più due amici fa tre, no? -
Hayama sollevò gli occhi al cielo. - Il quarto piatto è per te, sciocca. -
- Eh?! Da quando prepari e cucini
anche per me? E poi… perché dovrei partecipare ad una
cena in cui non conosco nessuno? - Mai parole era state più
vere. Non conosceva proprio nessuno dei partecipanti, organizzatore
compreso.
- Ti lascerei volentieri cucinare
se non fosse che non ho ancora intenzione di avvelenare il mio migliore
amico. E se lo facessi alla sua ragazza, sarebbe lui ad uccidermi. In
caso contrario ti chiamerò, okay? - replicò l’altro
con ironia.
- Spiritoso… - Se gli sguardi potessero uccidere, Hayama sarebbe stato un mucchietto di cenere ai suoi piedi.
Lui ghignò. - Sai, lui
è un architetto e muore dalla voglia di vedere questa casa. E
poi gli piacerebbe conoscerti - aggiunse.
Sana sospirò, l’aveva
convinta. Poteva dire addio al suo programma dedicato al relax per
quella serata. - Okay, va bene. Hai bisogno di una mano qui? -
Hayama scosse la testa. - No. -
Aveva la sensazione che lui temesse
che lei combinasse qualche guaio, ma decise di passarci sopra. Era
troppo stanca sia per discutere sia per aiutare. - Uhm, okay. Vado a
cambiarmi, allora. Tra quanto arrivano i tuoi amici? - chiese.
- Una mezz’ora, più o meno. -
- Farò in un lampo! - E con queste ultime parole uscì dalla cucina e si diresse verso la sua camera.
Il suonò del campanello
risuonò in tutta la casa. - Accidenti! - mormorò Sana
sentendolo. - Sono già arrivati. - Non era ancora pronta! Doveva
finire di vestirsi e pettinarsi. Per una volta aveva tentato di
prepararsi nel minor tempo possibile, ma non era bastato. Quasi
litigò con la cerniera della maglietta blu notte che stava
tentando di indossare, ma alla fine riuscì a vincere lei la
battaglia e a chiuderla. Prese la spazzola dal comò e se la
passò tra i capelli ancora un po’ umidi per la doccia.
Infine, li raccolse dietro la nuca con un mollettone. Di corsa,
lasciò la stanza e scese le scale per raggiungere
l’ingresso a tempo di record.
Hayama aveva già aperto la
porta e fatto entrare i suoi ospiti. Sana si stampò un sorriso
sul viso e a grandi passi li raggiunse. Cosa?!
La sorpresa le mozzò l’espressione sorridente. - Aya?! E
anche tu, Tsuyoshi? - esclamò riconoscendo la coppia. - Che ci
fate voi due qui? - Essendosi trasferita da poco a Tokyo aveva avuto
moltissime cose da fare, soprattutto in casa, e non aveva avuto il
tempo di contattare nessuna sua amica, tanto meno il fidanzato di
questa. E nessuna di loro conosceva nemmeno il suo indirizzo, tra
l’altro. Sapevano a stento che era ritornata.
- Noi che ci facciamo qui?!
Potremmo chiederti la stessa cosa, Sana - disse Aya. - Oh, mi avevi
detto che eri ritornata in seguito alla morte di tuo padre, ma non
l’ho collegato all’improvviso trasferimento di Akito. -
Sana si voltò verso Hayama.
- Allora l’amico di cui parlavi era Tsuyoshi. Mamma mia, che
coincidenza! - Si voltò verso il fidanzato di Aya dicendo: -
Beh, felice di rivederti. -
Lui sorrise. - Anche per me è un piacere, Sana. -
Sana si avvicinò ad Aya e
l’abbracciò. - Sono contenta che sei qui. Scusami se non
ho ancora avuto il tempo di vederti. - Si staccò da lei. - Sono
stata impegnatissima con il trasferimento. -
- Non preoccuparti, Sana. Capisco. -
- Bene, visto che vi conoscete, mi avete risparmiato le presentazioni - commentò Hayama.
Ma era sempre così freddo?
Lei vide Tsuyoshi alzare gli occhi al cielo e Aya muoversi nervosa. -
Ehm, che ne dite di spostarci in sala da pranzo? - suggerì Sana.
- Sì, è una buona idea - affermò Tsuyoshi. Al suo fianco, Aya annuì solo.
I quattro si incamminarono verso la
sala da pranzo. La sua amica la prese sottobraccio e le chiese
sottovoce: - Allora? Racconta. Con lui come va? -
- Diciamo che ritengo quasi
impossibile solo che io e lui possiamo intrattenere una normale
conversazione, figuriamoci diventare amici. Se non fosse che ogni tanto
mi fa irritare, poi, penserei quasi di star vivendo da sola in questo
enorme maniero. -
- Va così male? -
- Sì. - Fece una pausa per
riflettere su i suoi impegni per il giorno successivo. - Senti…
ti va di vederci domani mattina? Facciamo un giro in centro e possiamo
fermarci ad un bar a prendere un caffè, così
chiacchieriamo un po’. Ho un milione di cose da raccontarti.
-
Aya sorrise. - Ma certo. Alle nove e mezza davanti alla fontana in centro? -
- Perfetto. -
- E allora, Akito, come va il tuo ginocchio? - gli domandò Tsuyoshi portandosi alle labbra un boccone di sushi.
Erano arrivati al secondo. Akito
aveva deciso di preparare quel piatto che non gli dispiaceva affatto e
che avrebbe volentieri mangiato tutti i giorni.
Spostò lo sguardo sul suo
amico e rispose: - Migliora. Ho smesso di utilizzare le stampelle da
circa una settimana. - Era vero che la sua gamba stava meglio, ma era
altrettanto certo che non sarebbe mai tornata come era prima
dell’incidente. Non sarebbe più potuto tornare a praticare
il karaté a livello professionistico, il massimo che si sarebbe
potuto concedere sarebbe stato aprire una palestra ed insegnare a dei
mocciosi.
- Come ti sei ferito? - gli domandò Kurata.
Prima di rispondere pensò
bene di fulminarla con gli occhi. Non gli piaceva affatto ricordare
quel maledetto giorno. - In combattimento, sono caduto. -
- Sai, Sana, Akito praticava karaté. Era molto bravo - la informò Aya.
I fatti tuoi, no, eh?, pensò Akito.
- Oh… mi dispiace molto. -
- Risparmia la finta cortesia,
Kurata - replicò lui con tono minaccioso. Lei poteva benissimo
risparmiarsi il suo tono compassionevole.
- Non era finta cortesia! - si
indignò lei. - Sono un essere umano, io, e quindi sentire che
qualcuno ha sofferto mi provoca dispiacere, in special modo se conosco
questa persona. -
- Bene. E allora vai a dimostrare
il tuo dispiacere, o la tua compassione, o in qualsiasi modo tu voglia
chiamarlo a chi lo desidera. Di certo, non a me! -
Kurata lo fissò con odio. E Akito fu ben lieto di ricambiare il favore.
Entrambi, ora, si fissavano in cagnesco.
- Ehm, Sana, non ti ho ancora detto
che Tsuyoshi si è laureato in architettura a pieni voti.
Perché non facciamo un brindisi per festeggiarlo? - propose,
tentando di sviare la conversazione e riportare la calma.
- Oh, grazie, tesoro - commentò Tsuyoshi reggendole il gioco.
- Perché no? - Kurata
sorrise, alzandosi. Il suo sorriso non prometteva nulla di buono. Prese
il bicchiere riempito di vino bianco e, sollevando il braccio sopra la
testa, proclamò: - A Tsuyoshi! - Bevve solo un minuscolo sorso,
poi abbassò il braccio e gli versò il vino addosso.
- Brutta… - imprecò
Akito osservando la macchia sulla camicia. Lo aveva colpito in parte
sulla faccia e sui vestiti.
Kurata si voltò verso
Tsuyoshi e Aya, che avevano osservato la scena in silenzio e a bocca
aperta. - Vi chiedo scusa per avervi rovinato la serata. Ciao,
Tsuyoshi, spero di rivederti presto. Aya, ci vediamo domani - si
congedò. Girò sui tacchi e fece per andarsene.
Non così in fretta!
Akito strinse con le dita il collo della bottiglia mezza piena e si
alzò in piedi. In pochi passi raggiunse Kurata e, con la mano
libera, la fermò stringendole il polso. - Pensi di potertene
andare così? - E le versò il contenuto rimanente della
bottiglia sul capo, bagnandole i capelli, il viso e parte dei vestiti.
- Bastardo! - strillò lei. Sollevò il braccio libero e lo schiaffeggiò con forza.
Akito fu costretto a lasciare il polso e lei ne approfittò per lasciare la sala da pranzo.
Lui la osservò andarsene,
mentre sentiva il dolore pulsare sulla sua guancia. Il silenzio era
interrotto solo da tacchi frenetici che battevano sul pavimento in
legno.
Sbadigliando, Sana si tolse i
vestiti indossati quella sera e prese quelli per dormire.
Indossò la maglietta grigia con rappresentata sul davanti
l’immagine della protagonista di un anime e i pantaloni azzurri.
Si infilò tra le coperte, spense la luce della lampada e chiuse
gli occhi.
Rimase immobile per alcuni minuti, ma poi, non soddisfatta della posizione, si girò dall’altra parte.
No. Era stanca, ma se non avesse
letto qualcosa non sarebbe riuscita a dormire. Scostò le coperte
con rabbia e si alzò. I suoi muscoli però non furono
molto contenti di aver abbandonato il comodo materasso. Non vedeva
l’ora di tornarci.
Si avventurò in corridoio e
scese al piano inferiore. In biblioteca avrebbe certamente trovato
qualcosa che faceva al caso suo. L’aveva già visitata
molte volte da quando abitava lì e c’erano parecchi libri
interessanti.
Entrò nella buia biblioteca
della casa e accese la luce. La stanza si illuminò e Sana
sorrise alla vista di tutti quei libri ben ordinati nei propri
scaffali. Si avvicinò ad uno di questi e cominciò a
scorrere i vari titoli. Ogni tanto toglieva qualche volume e lo
sfogliava, ma alla fine lo rimetteva sempre al suo posto. Non erano
quelli che voleva, non per quella sera, almeno.
Il suo sguardo cadde su una vecchia
raccolta piuttosto rovinata di favole per bambini. La tirò fuori
per darle un’occhiata, ma, aperta la copertina, il libricino
contenuto all'interno cadde a terra con un piccolo tonfo. Ma che...? Incuriosita,
Sana appoggiò la raccolta sullo scaffale e si chinò per
raccogliere il libricino. Questo si rivelò essere in
realtà un diario.
Lesse le prime righe:
“4 Aprile
Caro
Diario,
Mi chiamo Hana e ho sedici anni. E’ la prima volta nella mia vita che tengo…”
Il libro sembra piuttosto vecchio -
le pagine era ingiallite e piuttosto fragili -, quindi poteva essere
appartenuto ad una parente lontana dell’ultimo proprietario della
casa acquistata da suo padre, oppure uno dei precedenti.
Soddisfatta, strinse il diario al
petto, spense le luci e uscì dalla biblioteca. Aveva trovato
cosa leggere per quella sera.
Spazio Autrice: Ed eccoci qui
con il quarto capitolo! Il diario di Hana è stato trovato, ma
c'è scritto quello che serve? Chissà... lo scoprirete
presto. Beh, per ora di presenze strane si è sentito poco, ma molto presto le cose cambieranno.
La situazione tra Akito e Sana sta degenerando più di quanto
avevo previsto (ad esempio nella scaletta non c'era la scena della
lite, tantomeno il vino versato prima da Sana e poi da Akito...), beh,
vedremo come andrà tra questi due. Non potranno litigare per
sempre, no? O meglio, non sarà l'unica cosa che faranno...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
E ora i ringraziamenti:
Deb: Ciao, cara! Ah, Sentaro
non ti ispira? Beh, presto vedrai se i tuoi dubbi troveranno conferma o
no. Come hai visto anche Hana aveva i suoi dubbi, chissà se ha
ragione oppure no.
Credo che Akito pur di mangiare sushi non si farebbe problemi perfino
ad ipotecare la casa... XD! Ehi, ma la casa mi serve... dovrò
fare qualcosa perchè non arrivi a tanto!!!
Sìsì, la stanza prescelta è quella di Hana, almeno questo posso dirtelo.
Ho scelto di far tenere all'ex vicina di casa di Sana i canarini
perchè ne ho uno a casa e allora ho pensato a lui, e poi era per
fare qualcosa di diverso. Sempre cani o gatti, per una volta...
canarini!
Sì, è vero, la soluzione di Akito è molto
più comoda di quella di Sana... uhm, mi ricordo che con qul
pezzo di capitolo ci ho praticamente litigato... i personaggi facevano
quello che volevano.
Contenta che lo scambio di battute ti sia piaciuto. Sì, bella l'accoglienza che hai descritto...
Brava! Fai bene a dare ordini ad Akito... forse è la buona volta che comincia a fare solo quello che gli diciamo.
In verità la parte transitoria doveva durare di meno - giusto
giusto per far vedere i lavori che fa Sana per sopravvivere e che e
cosa scrive -, ma alla fine mi sono dilungata un pò in
più (penso che sia per questa parte che il capitolo mi sia
sembrato peggio degli altri, temevo fosse un pezzo un pò noioso
o simili). Sai, ho anche pensato di far tornare Junichi in seguito, ma
non sono ancora sicura nè di quando, nè come.
Ahah, scusa, non so nemmeno sicura che si scoprirà il motivo per
cui è speciale il papà di Sana. L'idea c'è, ma non
so se la metterò in pratica... rischio di cadere nel banale,
temo.
La patente procede... sto facendo tanti quiz, però non ho ancora iniziato la pratica.
Beh, appena ho visto la pubblicazione di "Love or Sex?" ci sono rimasta
male vedendo che era rossa e quindi allora non potevo leggere... non
vedevo l'ora di compiere i diciotto anni e fiondarmi nei tuoi capitoli.
Infatti, esattamente il 13, ho letto immediatamente tutti i capitoli
che erano stati postati.
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. A presto! Kiss
daygum: Ciao! Felice che ti sia
piaciuto lo scorso capitolo. E grazie mille per i complimenti che mi
hai fatto. Sì, Akito è sempre Akito, non cambierà
mai! In questo hai visto cosa ne pensano i due della loro forzata
convivenza... uhm, sempre opinioni opposte hanno quei due. Alla
prossima settimana! Kiss
Angye: Ciao! Grazie, sono
contenta che ti piaccia la mia storia. Sì, sto facendo del mio
meglio per tentare di mantenere i loro caratteri originari. Spero che
il capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima settimana! Kiss
venus 189: Ciao! Grazie mille,
sono contenta che la mia storia ti piaccia. Mi dispiace, ma purtroppo
non posso proprio dirti se Hana si innamorerà o no di Shotaro,
dovrai aspettare qualche capitolo per saperlo. Comunque, nel prossimo
capitolo la parte soprannaturale prenderà il sopravvento. Alla
prossima settimana! Kiss
lillixsana: Ciao! Sì, lo
scorso dovevo per forza farlo di passaggio, per far vedere che tutti e
due si erano trasferiti, questo capitolo è diverso, invece. Sono
contentissima che il capitolo scorso ti è piaciuto, soprattutto
la parte finale... per quella ero un pò incerta perchè
temevo che la trovaste noioso o inutile o cose simili. Grazie per i
complimenti. Alla prossima settimana! Kiss
Grazie per le visite, le 5 recensioni, le 9 preferite, le 5 ricordate, le 18 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Successe tutto molto in fretta.
Prima ancora che il suo cervello potesse capire che cosa stava
accadendo, lei crollò a terra e perse conoscenza.
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Capitolo 5 *** 5° capitolo ***
The Ghost's Diary - 5° capitolo
Un
capitolo per cui sono un pò in ansia. L'idea iniziale è
cambiata parecchie volte e alla fine è venuto così.
Poi, volevo spiegarvi una piccola cosa del diario di Hana: all'inizio di
ogni capitolo non vengono annotati tutti i giorni, ma ogni volta
c'è un breve salto temporale (dai due ai quattro giorni circa).
A volte perchè è Hana a non averle scritte e altre non le
annoto perchè la sua storia non procederebbe più se
mettessi un giorno a capitolo. In fondo alla pagina un breve spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.
The Ghost's Diary
5
18 Aprile
Caro Diario,
In questi
giorni, purtroppo, non ho avuto modo di vedere Sentaro nemmeno una
volta. E’ fuori città insieme a tutta la sua famiglia e
non farà ritorno prima del 21 aprile. Uhm, ancora due giorni e
mezzo. E’ dura aspettare, ma devo avere pazienza.
Nel frattempo,
ho visto di nuovo Shotaro. Mia madre ha invitato i suoi per il
tè e quindi ho avuto la possibilità di passare il
pomeriggio insieme a lui. Lo conosco sempre di più e, anche se
questa volta più che risate ci sono state discussioni per futili
motivi, ho trovato piacevole il tempo che abbiamo passato insieme.
Sua madre, al
contrario, mi ha innervosito. Non era mai venuta a casa nostra e,
quando ha visto che non era una tipica abitazione giapponese, ha storto
il naso. Se penso che mio nonno ha lavorato tanto per poterla un giorno
costruire… Va bene, lo so che ognuno ha i propri gusti, ma
c’era bisogno di dimostrare così apertamente il suo
disgusto? Spero davvero di non doverla più incontrare, e provo
pena per Shotaro e suo padre - una persona simpatica e interessante -
che la devono sopportare tutto il giorno.
Sai, domani
Shotaro ha promesso che verrà con me a vedere gli alberi di
ciliegio in fiore. Non vedo l’ora! Sarà un meraviglioso
spettacolo.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Appoggiandosi pesantemente al
corrimano salì la rampa di scale che separava il piano terra con
quello superiore. Ogni pochi passi era costretta ad avvicinare il palmo
alle labbra a causa dei frequenti sbadigli che emetteva.
Che sonno…
Si era stancata parecchio nella
ricerca del libro giusto. Decise che avrebbe dato solo una breve
occhiata per quella sera al diario. Le sue palpebre non avrebbero
resistito aperte a lungo.
Giunta nella sua stanza, con gioia le sue membra ritornarono fra le calde coperte.
Accese la lampada sul comodino e riprese la lettura da dove l’aveva interrotta poco prima.
Hana sembrava una persona interessante e lei non vedeva l’ora di conoscere la sua vita.
Riuscì a leggere le prime
due giornate descritte nel diario, ma poi fu costretta a riporre il
libro di fianco alla lampada.
La stanza sprofondò nel buio e lei si addormentò.
Degli scricchiolii insistenti la
strapparono della calde braccia di Morfeo. Voltando il viso verso la
sveglia digitale sul comodino si accorse che erano le tre di notte.
Che Hayama soffrisse di insonnia e
per questo si stesse facendo una passeggiata notturna? Certo, poteva
evitare di fare tanto casino da essere riuscito a svegliarla, comunque.
Tutta intenzionata a riprendere a dormire, lasciò sprofondare la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
Il rumore inquietante di prima si ripeté.
Ma cosa succede?
Ormai completamente sveglia, si
tirò su a sedere e accese la luce. Era sicura che non provenisse
né dal piano in cui si trovava lei, né da quello
inferiore, ma dalla soffitta.
Che cosa ci fa Hayama in soffitta? Il suo cuore perse un battito. E se non fosse stato Hayama? Magari era un malintenzionato.
Gli scricchiolii si ripeterono ancora e a questi si aggiunse anche il rumore fastidioso di una porta non oliata.
I suoi sospetti vennero confermati. C’era qualcuno in soffitta.
Non poteva essere un ladro,
tentò di convincersi Sana. Quale ladro sarebbe così
incapace da fare tanto rumore? E perché rubare in soffitta dove
difficilmente potrebbe esserci qualcosa di valore?
Che Hayama stesse tentando di
giocarle un brutto scherzo? Sì, doveva essere proprio
così. Perché non ci aveva pensato prima? Sicuramente
voleva vendicarsi per il vino che gli aveva tirato addosso e lo
schiaffo della sera precedente.
Beh, non l’avrebbe passata liscia. Lo avrebbe ripagato con la stessa moneta.
Risoluta, scostò le coperte
e si alzò. A piedi scalzi si avviò verso il corridoio
tentando di non rendere nota la sua presenza. Un passo alla volta
raggiunse la piccola e malandata scala che conduceva in soffitta.
Da quando era arrivata, si rese
conto, nemmeno una volta ci era salita. Era stata tanto occupata a
rendere abitabili le stanze che utilizzava di frequente e a trovare un
lavoro che non ne aveva avuto il tempo. In effetti, era anche curiosa
di sapere quali meraviglie nascondeva. Certo, era anche vero che
avrebbe preferito visitarla di giorno, quando il sole fosse stato ben
alto nel cielo, piuttosto che alle tre di mattina. Beh, non si poteva
avere tutto.
Era giunta a destinazione.
Posò la mano sulla maniglia della porta davanti a lei, mentre
sentiva il suo cuore battere forte nel petto. Non riusciva a capire
perché si sentisse tanto nervosa, era solo una casa.
Facendosi coraggio, abbassò
la maniglia ed entrò. La stanza era in penombra, illuminata solo
dalla luce della luna che traspirava da una tapparella in parte
sfasciata. Si guardò intorno alla ricerca di Hayama. Vide alcuni
scatoloni in un angolo - si ripromise di scoprire il giorno dopo che
cosa contenevano -, un armadio a muro poco distante e cianfrusaglie di
vario genere sparse sul pavimento. Vide una lampadina collegata ad un
filo pendere dal soffitto e sperò che funzionasse. A tentoni
cercò l’interruttore sul muro e, quando lo trovò,
una pallida luce diede una visione meno angosciante di quel polveroso
posto. Con stupore si rese conto che la soffitta era vuota, Hayama non
c’era.
Ma allora da dove provenivano i rumori?
Eppure era sicura di averli sentiti di nuovo mentre saliva i ripidi
scalini. Hayama non avrebbe mai potuto passarle davanti senza che lei
lo vedesse. Sempre che non si possa rendere invisibile, pensò con sarcasmo.
La porta che aveva lasciato aperta dietro di sé cigolò e si richiuse con un colpo.
Sana si girò di scatto.
Successe tutto molto in fretta.
Prima ancora che il suo cervello potesse capire che cosa stava
accadendo, lei crollò a terra e perse conoscenza.
Qualcosa di caldo e pesante gli
pesava sullo stomaco. Qualcos’altro di umido gli stava
solleticando piacevolmente il collo. Erano… labbra?!
Akito spalancò gli occhi. Ma cosa…?
Allungò un braccio e accese la luce. Piegò di pochi
centimetri il capo, quel tanto che bastava per riuscire a capire cosa -
o meglio, chi - c’era con lui in quel momento.
Una testa colma di scompigliati capelli rossi fu la prima cosa che vide.
Kurata?!, si rese conto con shock.
Era sopra di lui, le labbra sul suo collo, le gambe intorno ai suoi
fianchi e le mani strette intorno alle sue braccia.
Akito le posò entrambe le mani sulle spalle e si tirò su, scostandola da sé. - Kurata, sei impazzita? -
Lei incrociò il suo sguardo.
C’era qualcosa di strano. Non sembrava lei. D’accordo, non
la conosceva molto, ma non avevo mai visto una persona con lo sguardo
fisso nel vuoto. Sembrava quasi che non lo vedesse, come se fosse
cieca.
Kurata, in risposta alla sua
domanda, gli strinse le braccia intorno al collo e lo avvicinò a sè
per baciarlo. Akito non riuscì proprio a impedirlo, anche se non
era del tutto certo di averci provato per davvero. Lei si
avvinghiò ancora più stretta a lui e approfondì il
bacio. Gli morse il labbro inferiore con i denti e fece incontrare le
loro lingue.
Un angolo del cervello di Akito
continuava ad insistere che non era possibile che tutto ad un tratto
Kurata volesse venire a letto con lui e di ripensare con
lucidità allo sguardo strano che aveva notato trasparire dagli
occhi di lei, ma lui non l’ascoltò.
Si lasciò ricadere sul
materasso portandola con sé e le infilò una mano sotto la
maglietta che indossava. Le accarezzò la pelle del fianco,
mentre cominciò a tracciare una scia umida lungo la guancia.
Kurata emise un lieve gemito. - Sho… - sospirò.
Cosa?!
Con inesistente gentilezza la rivoltò supina sul materasso di
fianco a lui e poi si allontanò da quel letto. - Kurata, a che
gioco stai giocando? - le ringhiò contro. Come si era permessa
di nominare il nome di un altro uomo? Non era una questione di
sentimenti, ma di principio.
Lei lo guardò - o forse era meglio aggiungere il non dato che sembrava non lo vedesse - confusa.
Che accidenti le era successo? - Kurata, tutto bene? -
Lei ignorò la domanda. - Sho… amore mio, non mi hai perdonato, vero? - disse invece.
Okay, considerando che nella stanza
c’erano solo loro due, si stava rivolgendo proprio a lui. Ma
perché lo chiamava in quel modo? E da quando era diventato il
suo amore?
Akito si avvicinò di nuovo
al letto e si sedette al suo fianco. - Io sono Akito Hayama, non Sho, o
come cavolo si chiama. Non mi riconosci? -
Lei lo ignorò di nuovo e gli posò una mano sulla guancia. - Sho, scusami. E’ solo colpa mia. -
Lui scostò la mano come se
fosse una mosca molesta. Era in stato confusionale, sicuramente. Che
fosse caduta e avesse battuto la testa? Forse avrebbe dovuto portarla
all'ospedale. - Ehm, senti, Kurata, come ti senti fisicamente? Hai
dolore da qualche parte? - provò a chiederle gentilmente. Ma
perché si trovava in quella situazione?
La vide imbronciare le labbra. E ora che cosa aveva detto di sbagliato? - Che c’è? - le chiese preoccupato.
- Perché continui a
chiamarmi in quel modo? Non mi riconosci? - La sua espressione si fece
scura e una lacrima le rigò la guancia. - Ti sei innamorato di
un’altra? Mi hai dimenticato. -
D’accordo, stava decisamente
perdendo la pazienza. Era decisamente più semplice sopportare la
Kurata isterica e schiaffeggiatrice che quell’essere che aveva
davanti. Le strinse le spalle con le mani e la scosse. - Forza, Kurata,
torna in te. - Infine, le schiaffeggiò la guancia tentando di
non metterci troppa forza. Per quanto strana e problematica fosse, era
pur sempre una donna.
Lei chiuse gli occhi, ma li
riaprì poco dopo. Fissò prima lui - veramente questa
volta - poi se stessa e il luogo in cui si trovava. Con uno scatto si
prese la briga di mettere più metri possibili di distanza fra di
loro. - Hayama, che accidenti ci faccio qui? -
In cuor suo, Akito tirò un
lungo sospiro di sollievo. Era tornata. - A me lo chiedi? Sei venuta
qui da sola mentre stavo dormendo e mi sei letteralmente saltata
addosso. -
La pelle chiara di Kurata si tinse di rosso. - Che… cosa? Stai mentendo. Non farei mai una cosa simile. -
- E invece sì. Stavo tranquillamente dormendo, quando il tuo pesante
corpo sul mio mi ha svegliato. Eri completamente avvinghiata a me e
tutta impegnata a baciarmi il collo. - Akito godette ogni singolo
istante dell’espressione sconvolta di lei.
- No, no, stai zitto. Non è
vero. Tu nemmeno mi piaci, perché dovrei provare a sedurti?! Io
stavo tranquillamente nel mio letto a dormire. Sicuramente mi avrai
portata qui per vendicarti dello schiaffo di ieri. - Si bloccò
improvvisamente. Si prese la testa fra le mani. - No, io… non
stavo dormendo. Ero andata in soffitta per tenderti una trappola,
perché tu eri andato lì per fare rumore e così
spaventarmi. E poi… -
- Tu stai vaneggiando - la interruppe Akito. - Esattamente come prima. -
- No, ti giuro che è andata
così! - si infiammò lei. - Dunque, poi… ero in
soffitta, convinta di beccarti, ma non ti ho trovato. Te ne eri andato
via prima? -
- Non ci sono mai andato in
soffitta! - urlò. - Ti ripeto che sono sempre stato qui.
Probabilmente dei mobili avranno scricchiolato, in tutte le case
capita, e sei andata in soffitta. Non trovando nessuno avrai deciso di
tornare in camera, ma sei caduta dalle scale e avrai picchiato la
testa. Dev‘essere andata così. -
- Non è andata così.
E’ vero che non ho trovato nessuno, ma non ho lasciato la
soffitta. Stavo per andarmene, anche questo è vero, ma quando mi
sono girata… - Si fermò di nuovo.
- Cosa? - le chiese spazientito
Akito. Ormai era completamente sveglio, ma sentiva che alle sue membra
non sarebbe dispiaciuto tornarsene a dormire. Sempre che Kurata glielo
avesse permesso.
- Non lo so. E’ l’ultima cosa che mi ricordo. -
- Ulteriore conseguenza della caduta - continuò a sostenere. - Ora, ti senti male? -
- Direi di no. -
- Bene, e allora tornatene a dormire. Così posso seguire anch’io il tuo esempio. -
Lei lo fissò indignata. -
Non puoi liquidare così la questione. Dobbiamo capire per bene
cosa è successo. -
- Ti ho già dato la mia versione dei fatti, no? -
- Non del tutto. Mettiamo che hai
ragione tu e che dopo essere caduta, mi sono risvegliata un po’
confusa e sono venuta qui. Dopo che ti sei svegliato, cosa è
successo? - Appoggiata ad uno dei muri della stanza, lei lo fissava, in
attesa.
Uhm, doveva dirle
dell’interessante intermezzo che avevano avuto prima che lui
ponesse fine a tutto? Beh, lei ci teneva tanto a conoscere ogni cosa,
no? Anche se non le avrebbe fatto piacere, l‘avrebbe
accontentata. - Sei sicura di volerlo sapere? -
Lei esitò. - Perché? -
Akito sorrise malignamente. - Come
probabilmente ogni uomo presente sulla faccia del pianeta che sappia
apprezzare una donna, non ho… come dire… saputo tirarmi
indietro alle tue incontrollabili manifestazioni d’affetto. Eri
una specie di… piovra, ecco. -
Kurata strinse forte il pugno e lo
guardò male. - Piantala di girare intorno l’argomento,
Hayama. Dimmi senza mezzi termini se siamo andati a letto insieme o
meno. -
Forse stava tirando un po’ troppo la corda. Sospirò. - Stai tranquilla, non è accaduto nulla. - O quasi. - Mi sono tirato indietro. -
- Oh, ma quale nobile gesto da parte tua - replicò lei con sarcasmo.
- Risparmiati i commenti, Kurata, o dovrai rinunciare al resto. Che, credo, ti interesserà molto. -
Kurata incrociò le braccia al petto e sbuffò.
- Poi, hai cominciato a comportarti
in modo strano. Più del solito. - Non riusciva proprio a
trattenersi dal stuzzicarla. - Mi chiamavi “Sho” e questa
persona per te dev’essere davvero importante dato che
non smettevi di professare il suo amore per lui. Ah, e poi devi avergli fatto qualcosa
dato che imploravi il suo perdono. -
- Hayama, fermati. Hai detto che ti chiamavo “Sho”? -
- Sì. Chi è? Un tuo ex? -
- No. Io non ho mai sentito nominare questo tipo. Mai, nemmeno una volta. -
Akito si fece pensieroso. Possibile
che la faccenda fosse più seria di quanto avesse creduto fino a
quel momento? Che cosa era veramente successo in soffitta? E poco
prima? - Non so proprio cosa dirti, Kurata. Forse è andata come
penso io e questo Sho è solo un parto della tua testa. -
- Uhm, non ne sono così
convinta. - Fece un pausa, poi aggiunse: - Non so… forse…
forse hai ragione. Adesso tornerò a dormire. Buonanotte. - Si
girò e si avvicinò alla porta. La mano era chiusa intorno
alla maniglia però non si mosse. - Ehm, Hayama? -
- Che c’è? - chiese esasperato. Cosa voleva ancora da lui? Quando lo avrebbe lasciato in pace?
Lei di voltò a guardarlo. -
Metti il caso che non sia caduta giù dalle scale o simili, ma
colpita alla testa da qualcuno. Forse dovremmo fare un giro della casa
- propose, ma, chissà perché, ad Akito parve quasi un
ordine.
- Metti il caso che ti sbatta fuori
di qui e richiuda la porta a chiave, immagino troveresti il modo di
assillarmi lo stesso, vero? -
Lei sorrise. - Esatto. -
Quando sarebbe finita quella giornata? Ah, già. Era appena cominciata.
Spazio Autrice: Salve a tutti!
Sapete, ho scritto questo capitolo praticamente di corsa... ma non nel
senso che ho dovuto farlo in fretta per mancanza di tempo... anzi,
è vero il contrario. Ho trovato relativamente
facile scriverlo (soprattutto la prima parte). Le parole comparivano a
velocità impressionante per i miei standard. La parte finale
è stata un pò difficile perchè non mi convinceva
molto e non sapevo nemmeno come chiudere. Alla fine ci sono riuscita e
spero che vi sia piaciuto. Personalmente, non sono convintissima del
risultato (Akito in primis), anche se devo ammettere di aver trovato
divertente scriverlo. Lascio a voi l'onere del giudizio, spero
vi sia piaciuto.
E ora i ringraziamenti:
Deb: Ciao, carissima! Ahah, grazie mille, Deb. E' un bel complimento sapere che non vedevi l'ora che postassi.
No, ahah, ti giuro che Hana non abbandonerà il diario. La tengo
sotto controllo (un pistola puntata alla tempia) e le impongo di non
smettere di scrivere tutto quello che ha combinato. Comunque, questa
cosa del diario trascurato è proprio vera, almeno per chi come
noi due dopo un pò ha smesso. Si inizia a farlo bene i primi
giorni, poi piano piano si smette completamente.
XD! Povera Hana, che deve girare con quel coso al dito e magari ogni secondo controllare che ci sia ancora...!
Sai, quella battuta della casa temevo davvero che non sarebbe
piaciuta... credevo che fosse un pò scontata. Sono molto
contenta che tu l'abbia apprezzata.
Sì, è vero, sono in molti ad immaginarsi Aya con ago e
filo in mano... chissà perchè. Beh, per scoprire di che
cosa si occupa più specificamente bisogna attendere il sesto
dove lo spiega.
Sì, Akito nel quarto fa innervosire un pò tutti... che
dici dopo questo capitolo metti da parte l'intenzione d'ucciderlo?
Guarda, io te lo lascerei anche volentieri fare, ma mi serve. Se fai
fuori il protagonista con chi lascio Sana? Non vorrai mica che finisca
con il Mollusco, vero? XD!!!
Forse ora Sana ha attivato una sorta di meccanismo che porterà il fantasma ad apparire! *_*
Questa
frase della tua recensione mi è piaciuta molto. In fondo, si
può benissimo dire che ci hai azzeccato, infatti in questo
capitolo succeddono cose strane e subito dopo la scoperta di Sana.
Spero ti sia piaciuto il quinto capitolo.
A prestissimo! Kiss
lillixsana: Ciao, omonima! Sono
molto felice che ti piaccia la mia storia, i tuoi apprezzamenti mi
hanno fatto molto piacere. Spero che questo capitolo e quelli che
seguiranno ti piacciano. Grazie mille per la recensione e i
complimenti. Alla prossima settimana! Kiss
ryanforever: Ciao! Non
preoccuparti, può capitare di mancare un aggiornamento,
piuttosto sono contenta che la mia storia continui a piacerti.
Mi dispiace, ma la mia bocca rimarrà cucita e non quindi non
posso smentire nè confermare i tuoi sospetti su Hana. Piano
piano scoprirai tutto, vedrai!
Ahah, ti prometto che non litigheranno e basta... già qui
trovano qualcosa di meglio da fare, non trovi? Sì, è
vero, lei non era cosciente, ma prima o poi lo sarà. Spero ti
sia piaciuto il capitolo! Kiss
daygum: Ciao! Grazie mille per
i complimenti. Sono contenta che ti sia piaciuto il battibecco... no,
ti assicuro che non litigheranno sempre. Discuteranno spesso (sono Sana
e Akito e questo dice già tutto), ma faranno anche altro. Alla
prossima settimana! Kiss
Grazie per le 4 recensioni, le visite, le 10 preferite, le 5 ricordate, le 21 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
-
Uhm? Che c’è, ora? - Girò il capo e la
fissò. Lei lo stava osservando con un’espressione
colpevole e un po’triste.
- Ti fa male la gamba perché ti sei stancato troppo per colpa mia? -
|
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Capitolo 6 *** 6° capitolo ***
The Ghost's Diary - 6° capitolo
Grazie mille. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona lettura!!!
The Ghost's Diary
6
22 Aprile
Caro Diario,
Questa
sera, sono triste. Purtroppo, la bella giornata che speravo di passare
con Sentaro appena fosse tornato, non è andata come speravo.
Abbiamo avuto una brutta discussione.
Come
ben sai, in questi ultimi giorni ho passato molto tempo con Shotaro, mi
piace molto la sua compagnia e, dopo che lo è venuto a sapere -
una serpe dalla lingua biforcuta deve averglielo riferito -, Sentaro se
l’è presa molto con me. Immagino che in fondo dovrebbe
farmi piacere questa sua gelosia nei miei riguardi, un’ulteriore
conferma dei suoi sentimenti per me, ma non ho affatto apprezzato che
lui desideri che interrompa la mia amicizia con Shotaro.
Mia
madre sicuramente mi direbbe di seguire il suo suggerimento dato che
presto diventerà mio marito, ma io non sono della sua stessa
opinione. D’altro canto, mi dispiace arrecare dispiacere al mio
fidanzato, ma non voglio nemmeno dire addio per sempre a Shotaro. Mi
trovo bene con lui, perché Sentaro non può semplicemente
essere felice per me? Non mi piace questa mancanza di fiducia che ha
nei miei confronti; io lo amo, non lo tradirei mai!
Sono un po’ insicura, non so cosa fare. Spero tanto che la notte mi porti consiglio e mi suggerisca come comportarmi.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Il tempo soleggiato e temperato di
quel giorno contrastava completamente con quello che provava Sana. Dei
grossi nuvoloni grigi sarebbero stati più in sintonia con la
stanchezza e il sonno che aveva. La notte precedente, aveva trascinato
Hayama in giro per tutta la casa - e la loro non era certo un
monolocale - e questo aveva fatto perdere loro le restanti ore che
mancavano all’alba. Ormai convinta che in casa ci fossero solo
loro due, era andata in cucina per prepararsi una tazzina di
caffè che la tirasse un po’ su. Hayama, al contrario,
senza pensarci due volte, era tornato in camera sua. Mentre scendeva
verso la cucina, Sana era certa di aver sentito la serratura della
porta di lui scattare. Non voleva che lei lo disturbasse? Benissimo.
Anche se accidentalmente la casa avesse preso fuoco lo avrebbe lasciato
lì.
Lei, purtroppo, non aveva potuto
nemmeno prendere in considerazione l’idea di seguire
l’esempio di Hayama e ritornare a dormire. Aveva temuto che se si
fosse riaddormentata, magari anche con l’intenzione di concedersi
una sola ora di sonno, non sarebbe riuscita a svegliarsi per tempo. Con
il sonno che aveva avrebbe rischiato di non ridestarsi prima di
mezzogiorno.
Ora, Sana era seduta sul bordo
della fontana dove si era data appuntamento con Aya, per la prima volta
in vita sua in anticipo. Pensava che forse doveva ringraziare il sole
di essere luminoso nel cielo, perché tutta quella luce,
nonostante le sembrasse stranamente comodo il marmo della fontana, le
impediva di appisolarsi.
- Sana?! - esclamò una voce
famigliare. Aya era arrivata. Sana sollevò lo sguardo su di lei.
La sua amica aveva lasciato liberi i capelli castani e aveva indossato
una camicetta bianca insieme ad una gonna lunga. - Sei già qui?
- riprese stupita.
Alzandosi, Sana sbadigliò. -
Sì, ho avuto una notte difficile. Visto che non ho potuto
dormire, mi sono preparata presto e sono arrivata qui in anticipo. -
- Beh, se eri stanca potevi
chiamarmi così disdicevi l’appuntamento e ci vedevamo
un’altra volta. Potevi passare la mattina a letto e riprenderti. -
- Ma no - replicò Sana,
escludendo la possibilità con un gesto della mano. - E’
tanto tempo che non ci vediamo. Oggi pomeriggio volevo passarlo a
scrivere, ma se non ci riuscirò andrò a schiacciare un
pisolino e recupererò, non preoccuparti. - Si guardò
intorno per vedere quale direzione prendere. - Dai, iniziamo il giro -
suggerì con un sorriso.
Lei e Aya si incamminarono a passo lento per le vie del centro. Gli occhi puntati sulle vetrine che le circondavano.
- Nel tempo che sono stata via
c’è stata qualche novità? Le cose con Tsuyoshi come
vanno? - cominciò a chiedere Sana.
Lei si sistemò meglio la borsetta sulla spalla in un chiaro gesto di nervosismo. - Bene. Almeno credo. -
- In che senso? - chiese Sana,
volgendo il capo verso di lei. Se Tsuyoshi avesse fatto soffrire
la sua amica l’avrebbe pagata.
- Beh, come sai è stato
molto impegnato negli ultimi tempi con l’università e
potevamo vederci poco, ma anche adesso mi evita utilizzando scuse un
po’ stupide. -
Sana rifletté. Forse era
solo un’impressione di Aya che magari negli ultimi tempi si era sentita un po’ trascurata da Tsuyoshi, però la
sua amica era una persona concreta che difficilmente prendeva un
abbaglio. Decise che avrebbe affrontato l’argomento con Hayama:
gli avrebbe fatto le domande più discrete possibili in modo che
non capisse che si stava impicciando nella relazione di Tsuyoshi e Aya.
- Forse ti sbagli - tentò di rassicurarla con un sorriso.
L’altra piegò le
labbra in un lieve sorriso. - Lo spero. Io… ci tengo molto a lui
- disse arrossendo leggermente.
- Ehm… ma parlami del tuo lavoro. Quella linea di abbigliamento che hai creato come va? -
Gli occhi di Aya si illuminarono.
Sana era contenta di essere riuscita nell’intento di rasserenare
l’amica. - Va alla grande! Sta piacendo molto, quasi non riesco a
crederci. -
Lei rise. - Ma cosa dici?! Tu sei bravissima. -
- Oh, Sana, guarda - disse Aya con gli occhi puntati su una vetrina.
Lei seguì la rotta del suo
sguardo e vide un abito da sera blu notte. Le spalline erano sottili,
la scollatura era a barchetta e la stoffa scendeva a coprire fino alla
caviglia. Era veramente
bellissimo. Vide il prezzo segnato nel cartellino. Ecco, quello era
decisamente
meno bello.
- Ti starebbe benissimo - riprese la sua amica.
- Grazie, se lo dici tu che sei un’esperta, dev’essere così. -
- Dovresti provarlo. -
Se lo avesse fatto, molto
probabilmente - per non dire di sicuro - avrebbe finito per non
resistere ed acquistarlo. Ripensò ai pochi soldi che aveva da
parte e scosse la testa. - Magari un’altra volta. - Già,
quando avrebbe pubblicato un libro di successo, o, comunque, sistemato
le sue finanze. - Proseguiamo? -
A malincuore Aya annuì e ripresero a camminare. - Le tue storie come vanno? -
- Sto lavorando ad un racconto
nuovo, ma non sono ancora riuscita a sviluppare bene la trama. Ci
penserò meglio oggi pomeriggio e nei prossimi giorni - le
spiegò Sana.
- Sei bravissima a scrivere. Vedrai che questa sarà la volta buona. -
Lei rise. - Speriamo! -
Arrivarono ad un bar così
decisero di fermarsi e prendere un caffé. Sana sperò che
la seconda dose di caffeina la svegliasse del tutto, o quel pomeriggio
non avrebbe scritto una riga.
Era una bella giornata e quindi
decisero di sedersi ad uno dei tavolini all’aperto. Ordinarono il
caffé che fu portato loro da un cameriere sui venticinque anni
molto carino. La sua altezza era nella media, aveva i capelli color
castano chiaro e gli occhi grigi.
- Carino, eh? - rise Aya, quando si fu allontanato.
- Aya! - la riprese, ridendo anche lei.
- Che c’è? Sono fidanzata, mica morta! -
Sana smise di girare il cucchiaino
nella tazzina e se la portò alle labbra. Il calore e il sapore
della fragranza la colmarono facendola sentire meglio.
- Non te l’ho ancora
chiesto… - disse Aya dopo un po’. - Spiegami meglio come
va la situazione tra te e Akito. -
- Uhm… non ne sono sicura. -
- Che vuoi dire? - chiese, osservandola con più attenzione.
- Ieri notte è capitata una
cosa strana. Mi sono svegliata perché ho sentito un rumore. Ieri
sera ho litigato con Hayama, no? -
Aya annuì.
- Ecco, per questo ho pensato che
lui volesse vendicarsi giocandomi un brutto tiro. Dopo aver capito
che il rumore proveniva dalla soffitta, ho pensato di andare a vedere e
rovinare il suo scherzo, ma… non c’era nessuno. Non so
bene cosa è successo poi, perché ho perso conoscenza e mi
sono ritrovata in camera di Hayama. -
- Eh?! - La sua amica sgranò
gli occhi. - Aspetta, Sana. Credo di non aver capito molto bene.
Perché hai perso conoscenza? E come ci sei arrivata in camera di
Akito? -
- Non lo so, è questo il
punto! Dopo aver capito che in soffitta non c’era anima viva, mi
sono girata per tornare in camera, ma da quel momento in poi non
ricordo. -
- E Akito? Lui cos’ha detto? -
Sana non poté fare a meno di arrossire lievemente. Non era molto propensa a dire proprio tutto quello
che Hayama le aveva raccontato. Ancora faticava a credere lei stessa a
ciò che aveva fatto. Come aveva potuto saltargli - quasi -
addosso? - Solo che mi sono comportata in
modo strano. Chiamavo Sho, ma sono sicura di non conoscere nessuno che
ha questo nome. Che ne pensi? -
L’espressione di Aya si fece
pensierosa. - Forse questo Sho è solo un prodotto della tua
fantasia, Sana. Hai a che fare con romanzi tutti i giorni e forse ti
sei immedesimata nella protagonista di un qualche libro. Probabilmente
in soffitta sei scivolata e hai battuto la testa. -
- Sì, forse - disse Sana con
poca convinzione. Anche Hayama aveva dato una spiegazione molto simile.
Sembrava proprio che in torto fosse lei a pensare che ci fosse una
verità più complicata dietro quella storia. D’altro
canto, lei e Hayama non avevano trovato nessuno in casa la notte
precedente e quella, al momento, sembrava davvero l’unica
spiegazione possibile.
- Tutto a posto, Sana? - domandò con leggera apprensione Aya.
- Sì. Riprendiamo il giro? - chiese con un sorriso. - Chiamo il cameriere per il conto. -
Gli faceva male. Molto più
di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere anche con se stesso, ma
era davvero così. Erano parecchi giorni, forse settimane, che
il suo ginocchio malandato non si lamentava più così
tanto. Evidentemente, la lunga passeggiata
che Kurata gli aveva costretto a percorrere quelle notte non gli aveva
fatto per niente bene. L’aveva detto che quella avrebbe portato
solo guai, e ora ecco il risultato!
Zoppicando più vistosamente
del solito, prese a salire le scale che lo avrebbero portato al piano
superiore. Aveva intenzione di stendersi anche quel pomeriggio dopo
aver passato la mattina a letto, tanto non aveva nulla
d’importante da fare.
Poco dopo, sentì la porta
sbattere e dei passi frenetici girovagare per la casa. - Hayama? - si
sentì chiamare. Ignorando Kurata che continuava a strillare il
suo nome, riprese a salire gli scalini, tentando di sbrigarsi e
così evitare d’incontrarla. Purtroppo…
fallì. Non aveva ancora raggiunto il piano superiore che non fu solo voce di Kurata
ad arrivare fino a lui, ma anche lei. - Hayama, finalmente ti ho
trovato. Ma… non mi hai sentito chiamarti? -
Sospirando, si voltò verso di lei. - Sì, ma speravo fosse solo frutto della mia immaginazione. -
Lei lo fulminò. - Sempre più simpatico, che bravo! - replicò con ironia.
Akito ghignò. - Solo per te. -
- Odioso. -
- Mi dici cosa vuoi? - chiese
esasperato Akito. Aveva strillato per tutta casa in cerca di lui e
ancora non gli aveva spiegato il motivo.
- Eh? Ah, sì! Sai, ieri sera
a cena mi è sembrato che Tsuyoshi fosse un po’ strano. Un
po’… distante, ecco. -
Lo prendeva in giro? - E allora? -
- Beh, dato che sei suo grande amico pensavo che magari fossi a conoscenza se lui abbia o no qualche problema. -
Tsuyoshi non gli aveva detto
proprio nulla e nemmeno lui si era accorto di qualcosa. D‘altra
parte, negli ultimi tempi lo aveva visto pochissimo. Comunque, lei non
c'entrava nulla. - Kurata, anche se questo fosse vero, non sarebbero
fatti che ti riguardano. -
La vide arrossire. - Oh, ehm… immagino che tu abbia ragione. Speravo solo di essere d’aiuto. -
- Forse non ti è mai
capitato, ma non tutte le persone apprezzano che la gente si impicci
dei loro affari anche se non è stato chiesto loro aiuto - le
disse.
- Magari non lo fanno per troppo
orgogliose o per timore - replicò lei sollevando il capo e
fissandolo con aria di sfida.
- Mantieni pure le tue convinzioni
da crocerossina se vuoi. Ora, se hai finito con le domande, posso
finalmente andare in un luogo tranquillo lontano da te. - Senza
attendere risposta, le voltò le spalle e riprese a salire i
gradini con il suo passo zoppicante.
- Ehi, Hayama, mi era parso che la tua gamba fosse migliorata negli ultimi giorni, va tutto bene? -
- Benissimo - affermò secco.
Ma lei non lo ascoltò, tanto
per cambiare. La sentì salire di corsa le scale e giungere al
suo fianco. - Vuoi una mano? -
- No, sto benissimo - ripeté.
- Dai, non mi costa nulla. In fondo
tu mi hai aiutato gironzolando per tutta casa con me stanotte e vorrei
ricambiare e… Oh. - Si fermò. - Hayama? -
- Uhm? Che c’è, ora? -
Girò il capo e la fissò. Lei lo stava osservando con
un’espressione colpevole e un po’triste.
- Ti fa male la gamba perché ti sei stancato troppo per colpa mia? -
Akito non se la sentì di
confermare i suoi sospetti e, di conseguenza, ferirla. Sospirò e
scosse la testa. - Ma no, è solo che ci vorrà ancora un
po’ prima che guarisca. -
Lei lo guardò poco convinta e poi lo prese sotto braccio. Che vuole fare? - Ma… cosa? -
- Appoggiati a me, ti do una mano a raggiungere la tua camera. E’ lì che stavi andando, vero? -
- Sì, ma… ce la
faccio da solo. Non ho bisogno di aiuto - disse, tentando di staccarsi
dalla sua presa. Era diventata una piovra, come la notte prima? Almeno
la volta precedente ne valeva davvero la pena. Con uno scatto
improvviso, riuscì a separarsi da lei e giungere finalmente in
cima al
piano superiore. Più che una semplice rampa di scale sembrava
quasi avesse dovuto scalare una montagna.
- Che scontroso - commentò
lei, ma questa volta il suo tono non era del tutto serio ed era
possibile riscontrare una nota di divertimento nella voce.
Anche ad Akito quasi scappò
un sorriso e questo lo sorprese. Cominciava a trovare divertenti le
loro discussioni, forse? Doveva essere impazzito. Che fosse il dolore a
farlo sragionare? Con questi pensieri confusi in testa, percorse a
passo lento il corridoio fino a giungere nella sua camera.
Quando Sana era tornata a casa
carica di borse - avrebbe dovuto fare più economia, ma non era
riuscita a resistere - le aveva subito abbandonate nell’ingresso
e si era messa alla ricerca di Hayama. Non era stato semplice trovarlo,
dato che la casa era grande e lui non si era nemmeno degnato di
rispondere ai suoi ripetuti richiami.
Finalmente lo aveva trovato, sulle
scale, che tentava di sbrigarsi a raggiungere il piano superiore e
così poterla evitare. Infantile, pensò.
Purtroppo, il suo discreto
tentativo di strappare qualche informazione a Hayama su Tsuyoshi era
andato a vuoto. Beh, con un tipo del genere avrebbe dovuto
aspettarselo, decretò alla fine.
Sana non aveva preso benissimo la
sua lezione di vita. Lei non voleva affatto impicciarsi degli affari di
Tsuyoshi, ma semplicemente aiutare una sua amica. Non vedeva cosa
c’era di sbagliato in questo. Hayama è troppo rigido.
Dopo che l’aveva lasciata
sola tornando in camera sua, Sana si era seduta in soggiorno, su una
delle sedie del grande tavolo ovale. Aveva tirato fuori i suoi appunti
scritti su svolazzanti fogli a penna e il computer portatile, e aveva
cominciato a lavorare al suo romanzo.
La sua concentrazione, però,
era al minimo, troppo presa com’era a ripensare alla
conversazione avuta con Hayama. Quando si sarebbe deciso a lasciarla in
pace e permetterle di lavorare?
Spazio Autrice: Salve a tutti!
Inizialmente la parte dedicata ad Akito e Sana doveva essere un
pò più lunga, però, questa volta, Akito è
stato un pò più parco con i suoi pensieri. Beh, spero vi sia
piaciuto.
Sapete questa settimana trascorsa è stata dedicata alla stesura
dell'ottavo capitolo (sono un pò più avanti rispetto agli
aggiornamenti per permettere a voi di avere lo spoiler e a me di
sentirmi più sicura in caso non avessi nè tempo nè
ispirazione)... e non è stato semplice scriverlo... da
mercoledì a sabato ho affrontato una maledetta crisi ispirativa.
C'era la pagina bianca davanti a me e non riuscivo a riempirla...
veramente terribile... per fortuna poi mi sono sbloccata e l'ho scritto
l'ottavo capitolo.
E ora i ringraziamenti:
92titti92: Ciao! Grazie, sono
contenta che ti piaccia la mia storia. Sìsì, ti assicuro
che tra Aki e Sana accadranno tante cose... non potrebbe essere
altrimenti con due come loro.
Grazie per avermi fatto notare l'errore, l'ho corretto subito. Ogni
tanto quei cattivelli scappano! Spero ti sia piaciuto il capitolo. A
presto! Kiss
sailorm: Ciao! Sono felice che
ti sia piaciuto lo scorso capitolo, grazie mille. Sì, Hana ha
preso il posto di Sana e a quanto pare ha commesso un'azione sbagliata
verso questo Sho. Ovviamente non posso dirti nulla, lo scoprirai in
seguito... e temo proprio che per questo particolare dovrai attendere
un bel pò... dubito che salti fuori prima degli ultimi capitoli
a cui manca ancora molto. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo.
Alla prossima settimana. Kiss
Deb: Ciao, cara! Ahah, ringrazia la tua gatta Ester per il saluto e ricambia.
Dai, non prendertela con Hana... lei approfondisce la conoscenza con
Sho in assoluta buona fede. Se poi le cose dovessero cambiare non era
una cosa voluta inizialmente.
Sì, anche a me piacciono questo genere di storie... una bella
casa buia, misteriosa, porte che cigolano e fantasmi o simili... troppo
interessante!!!
Mi dispiace, Deb... il fantasma si vedrà prima o poi, però è ancora troppo presto.
Dici che dovevo descrivere un pò di più in quel pezzo? Uhm, sì... forse hai ragione...
Alla fine Akito si è fermato... anche se ho dovuto dargli un incentivo... XD!
E' vero, avevi indovinato... tra Sho e Hana succederà qualcosa e
presto vedremo cosa e dove porterà loro due e Sentaro. In
verità avevo pensato di modificare il nomignolo "Sho" con "Taro"
in modo che non si potesse capire se ci si riferiva a "Shotaro" o a
"Sentaro" (giuro che è causale che i loro nomi finiscano allo
stesso modo!), ma il secondo non mi piaceva... e allora ho lasciato
Sho. Vi ho risparmiato l'incertezza!
Povera Hana, non trattarla male... non è colpa sua se ha
conosciuto Shotaro dopo... pensandoci bene... è colpa mia...
Il fantasma è rimasto "addormentato" parecchio tempo... concedigli almeno di essere un pò confuso la prima volta.
Sono molto contenta che la mia storia ti piaccia sempre di
più... e spero che continui così. Spero ti sia piaciuto
anche questo capitolo.
Ovviamente non ci si può aspettare che Akito diventi dolce
nè tutto ad un tratto nè dopo vent'anni... al massimo...
un pochino meno insopportabile... Come si dice nelle ricette di cucina:
q.b. ... quanto basta!!! A presto! Kiss
venus 189: Ciao! Grazie mille
per i complimenti! E sono molto felice che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo. Purtroppo, non posso acconsentire alla tua richiesta... a
stento riesco a scrivere un capitolo a settimana... se dovessi farne
due scenderei di qualità perchè dovrei farli in fretta e
furia. Uno a settimana è il massimo che posso fare...
Spero ti sia piaciuto il capitolo. Alla prossima settimana! Kiss
roby5b: Ciao! Sono contenta che
ti sia divertira a leggere il capitolo e che ti piaccia sempre di
più la mia storia. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo.
A presto! Kiss
chany41: Ciao! Sono felice che
la mia storia ti abbia colpito. Per ora continuerò a postare il
nuovo capitolo di mercoledì. Sì, Hana si era impossessata
di Sana... il fantasma aveva "dormito" per parecchio tempo ed era un
pò confuso al risveglio. Akito assomiglia un pochino (veramente
pochissimo... giusto giusto i lineamenti) a Shotaro e non si rendeva
conto della realtà. Poi c'è un'altra cosa, ma non te la
posso dire... si scoprirà in seguito. Alla prossima settimana!
Kiss
ryanforever: Ciao! Nello scorso
capitolo, mi preoccupava un pò come mi era riuscita Akito... un
pò... incontrollabile! Sono contenta che ti sia piaciuto.
Ahah, mi dispiace... a parte le due righe a fondo pagina in ogni
capitolo non faccio spoiler... Vi toglierei il gusto di leggere,
altrimenti. Spero ti sia piaciuto il capitolo. Alla prossima settimana!
Kiss
lillixsana: Ciao! Grazie mille per i complimenti. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! A presto! Kiss
daygum: Ciao! Grazie per i
complimenti! Ahah, sì, Akito parla parla, ma poi i fatti si
vedono!!! Oh, grazie... sono felice che ti abbia colpito quella scena.
Piano piano si scopriranno sempre più cose sulla storia del
fantasma. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. A presto! Kiss
Grazie per le visite, le 9 recensioni, le 13 preferite, le 5 ricordate e le 20 seguite!
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Non la smetti mai di impicciarti dei fatti altrui, eh? - la stuzzicò.
Lei lo guardò male e sbuffò. - E tu di fare il saputello? -
|
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Capitolo 7 *** 7° capitolo ***
The Ghost's Diary - 7° capitolo
Eccomi
qui con il settimo capitolo! Sono molto incerta per la parte in cui
compare Fuka, soprattutto in quella in cui c'è anche Sana,
perchè mi sembra di averla resa molto OOC. A voi il compito di
giudicare. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.
The Ghost's Diary
7
24 Aprile
Caro Diario,
Sono
proprio contenta! Quest’oggi, Sentaro è passato a trovarmi,
portando con sé un mazzo di fiori e le sue scuse. Mi ha detto di
essersi reso conto che erano ingiuste le sue parole, dettate solo dalla
gelosia che prova, e voleva il mio perdono. Dopo averglielo concesso,
l’ho rassicurato su i miei sentimenti per lui.
Sono
sollevata che Sentaro abbia compreso le mie ragioni e abbia ritratto
l’ordine di non vedere più Shotaro. Non volevo davvero
trovarmi costretta a dover scegliere, non sarebbe stato per nulla
facile e mi avrebbe fatto soffrire molto.
Ora,
basta, non devo più pensarci. Il peggio è passato e io e
Sentaro siamo tornati una coppia unita. Anche l’amicizia con
Shotaro diventa sempre più salda. A proposito di questo, oggi,
Shotaro mi ha rivelato di avere anche una sorella più giovane di
alcuni anni. Non è potuta intervenire né alla mia festa,
né al pomeriggio passato insieme nella mia casa perché era malata.
Ora che sta meglio le piacerebbe conoscermi. Sono ansiosa d’incontrarla.
A presto, caro Diario,
Hana
Sana sbatté più volte le palpebre e si stropicciò
gli occhi. Voleva finire di leggere la pagina di diario di Hana che
stava leggendo e perciò lottava per rimanere sveglia, anche se
gli occhi premevano per essere chiusi.
Un forte sbadiglio la colse, mentre arrivava alle parole di commiato e
al nome in mezzo alla pagina scritto in una calligrafia svolazzante, ma
non particolarmente bella.
Prima di chiudere il diario - era arrivata a leggere la facciata dedicata
al 20 aprile - voltò la pagina per vedere quale data fosse
segnata sulla seguente. Capitava spesso che Hana saltasse alcune date e
quindi era curiosa di sapere quanto fosse durata la pausa, questa volta.
Con delusione notò che la pagina successiva aveva subito dei
danni e delle parole erano illeggibili. Sembrava come se qualcuno
avesse bagnato la pagina, che poi, con il tempo, si era riasciugata, anche se
non era più tornata come prima.
Voltò nuovamente pagina e vide che lo scempio era un po’
più evidente. Man mano che scopriva una nuova facciata sempre meno
parole erano visibili alla vista; l’ultima si presentava
spiegazzata e con macchie di colore d’inchiostro e carta
ingiallita. In quella nulla si sarebbe potuto leggere. Sana richiuse il
diario e lo appoggiò sul comodino al suo fianco. Le sarebbe
davvero piaciuto apprendere che cosa era successo a Hana, ma, a quanto
pareva, quel desiderio sarebbe rimasto tale. Voleva leggere ancora di
lei e del fidanzato Sentaro, dell’amico Shotaro, dei suoi
genitori, i suoi sogni e le speranze.
Mentre appoggiava la testa sul cuscino e spegneva la lampada, si disse
che il giorno dopo avrebbe pensato ad un modo per scoprire qualcosa su
quella giovane ragazza. Almeno quel piccolo mistero di quella enorme
casa non sarebbe rimasto insoluto, come invece era accaduto con quello
capitato a lei.
Akito seguiva con assoluta concentrazione un incontro di karaté
in televisione. Vedeva il combattimento e si lamentava di quanto fosse
incapace uno dei due partecipanti. No, non così… che cosa combini?!
Lui non avrebbe utilizzato una mossa così prevedibile,
lui… avrebbe tanto voluto essere al posto di quello alla tv.
Avrebbe voluto praticare karaté.
Abbassò lo sguardo e fissò il suo ginocchio, che non era
più quello di prima. Che non sarebbe mai più tornato come
era prima dell’incidente.
No, non gli piaceva piangersi addosso e compatirsi, per questo riportò lo sguardo sullo schermo del televisore.
- Hayama?! - strillò una voce fin troppo famigliare. Kurata
arrivò quasi di corsa in soggiorno. Era mattina presto, che cosa
ci faceva sveglia a quell’ora? In genere non la vedeva comparire
prima delle dieci passate, a meno che non avesse un impegno, ma anche
in quel caso si svegliava molto più tardi. E a fatica. - Senti,
Hayama… - Si fermò.
Aveva già dimenticato cosa doveva dirgli?
- Che cosa stai guardando? -
Si voltò verso di lei. In verità aveva capito che quella
di Kurata era una domanda retorica, ma le rispose comunque. - Un
incontro di karaté, non lo vedi? - sbottò acido.
Lei lo fissò triste. Lo stava compatendo? Non doveva farlo, non
lo avrebbe sopportato. - Allora, cosa vuoi? - la sollecitò.
- Guarda che cosa ho trovato qualche giorno fa in biblioteca - disse e
gli mostrò un piccolo quaderno malridotto. Akito lo prese e lo
sfogliò. Era un diario. - E quindi? - le chiese, osservandola
confuso.
- Questo è un diario di una ragazza vissuta qui anni fa.
Purtroppo solo le prime pagine si leggono senza problemi, perché
le altre sono composte da parole scolorite e non si riesce a capire
né come prosegue, né tanto meno come va a finire. Mi
piacerebbe saperlo. Hai qualche utile suggerimento da darmi? - chiese
speranzosa.
- Non la smetti mai di impicciarti dei fatti altrui, eh? - la stuzzicò.
Lei lo guardò male e sbuffò. - E tu di fare il saputello?
- Gli strappò il diario di mano. - Non ho bisogno di te. - Si
allontanò lamentandosi sottovoce e dandosi della stupida
perché si era illusa che lui volesse o potesse aiutarla.
Akito, guardandola, non poté trattenersi dal sollevare un lato
della bocca a formare un mezzo sorriso. - Ehi, Kurata, perché
non dai un’occhiata in soffitta? C’è un mucchio di
roba antica là dentro - le suggerì, mentre era ancora a
portata d’orecchio. L’unica volta in cui era salito in
soffitta era stato quando lei l’aveva trascinato alla ricerca di
un fantomatico ladro e aveva visto la moltitudine di cianfrusaglie che
vi erano abbandonate.
Un po’ più sereno di prima che arrivasse Kurata, tornò a concentrarsi sul programma in televisione.
Con il diario stretto in una mano, Sana salì gli scalini in
direzione della soffitta. Anche se era un po’ burbero, alla fine
Hayama le aveva dato un suggerimento. Non era così male in
fondo.
Arrivò davanti all’entrata della soffitta e si
fermò prima di attraversare la porta. Doveva ammettere che non
le faceva molto piacere essere costretta a tornare lì dentro
dopo quello che era successo alcuni giorni prima. Dandosi della stupida
per delle preoccupazioni senza fondamento, si decise ad entrare
nell’angusta soffitta.
La stanza era un po’ più illuminata rispetto alla volta
precedente in cui l’aveva vista perché era mattina e la
luce del sole passava attraverso le parti mancanti della tapparella
rotta.
Doveva ricordarsi di farla sistemare. Si avvicinò alla finestra
e con delicatezza tentò di sollevare la tapparella e dare ancora
più luce alla stanza. Purtroppo, non resse: un pezzo si
staccò e precipitò sul pavimento, mentre una nuvola di
polvere si sparse in giro e inondò Sana.
Infastidita, cominciò a tossire. Beh, perlomeno ora la stanza
era perfettamente
illuminata.
Volse lo sguardo sugli scatoloni abbandonati in un angolo - si
ricordava che la famosa sera, prima di perdere conoscenza, aveva
pensato di tornare e scoprire cosa contenessero - e decise di cominciare
da quelli. Si inginocchiò di fronte a loro e ne prese uno per
studiarne il contenuto.
Il primo conteneva vecchi soprammobili e vecchi kimono in buono stato;
la stoffa era veramente molto bella e pregiata e la fantasia era molto
elegante e particolare. Purtroppo, nessuna di quelle cose
c’entrava qualcosa con il motivo per cui si era spinta fin
lassù.
Sana rimise gli oggetti estratti dallo scatolone al suo
interno un po’ alla rinfusa. Avvicinò a sé
un’altra scatola e l'aprì, ma nemmeno con quella ebbe
fortuna dato che il suo contenuto era piuttosto simile al precedente; all’appello mancavano solo i kimono.
Nella terza, in cima alla pila di oggetti ben ordinati nello scatolone,
c’era un piccolo cofanetto in metallo rifinito con dei rilievi.
Sul lato anteriore Sana vide che un lucchetto sigillava il coperchio.
Studiò la serratura rigirandola con le dita e osservandola
attentamente.
Forse avrebbe potuto forzarla, non sembrava molto resistente come
lucchetto. Avrebbe voluto avere una forcina, nei film funzionava! Peccato
che non ne aveva con sé al momento, le toccava andarne a
prendere una. Si alzò in piedi e scese di corsa verso il piano
inferiore con, stretto tra le mani, il cofanetto. Si diresse in camera
sua e buttò all’aria il contenuto del beauty-case alla
ricerca di una forcina. Quando finalmente ne tirò fuori una
trionfante, il suo comò era coperto per metà da oggetti
di ogni tipo.
Armeggiò con il lucchetto per alcuni minuti, ma non ebbe
successo. Con nessuna intenzione di arrendersi utilizzò ogni
possibile cosa potesse passare attraverso la serratura.
Alla fine, la sua perseveranza fu premiata e il lucchetto cedette.
Soddisfatta, Sana prese il cofanetto con sé e ritorno in
soffitta. Sarebbe ritornata lassù prima di decidersi ad aprirlo
e svelare i segreti che conteneva. Sempre che ce ne fossero,
naturalmente.
Lettere non sigillate, carte e documenti, questo era il contenuto del cofanetto.
Sana sperò che qualcuno di quei fogli le svelasse quello che voleva sapere.
Una ad una prese le carte e le lesse per scoprire di che cosa si
trattassero. Alcune erano vecchie lettere destinate ad una certa
signora Kougami - quel nome le ricordava qualcosa, doveva averlo
incontrato, probabilmente nel diario di Hana - e altre appunti di poco
conto, almeno per lei che cercava tutt’altro. Senza permettersi
di scoraggiarsi, riprese in mano lo scatolone che aveva abbandonato
prima senza finire di svuotarlo. Avrebbe trovato qualcosa di utile
prima o poi, ne era certa.
Akito, convinto che grazie alla sparizione di Kurata nella soffitta
della casa non sarebbe più stato disturbato da nessuno, si era
rimesso tranquillo a vedere l’incontro di karaté.
Purtroppo per lui, si era sbagliato. Meno di mezz’ora più tardi, il campanello suonò.
Chi cavolo è che rompe?, si chiese Akito gettando uno sguardo scocciato verso la porta.
Anche se presumeva che fosse piuttosto difficile che Kurata, chiusa in
soffitta, potesse aver sentito suonare ed andare lei ad aprire, ci
sperò lo stesso. Attese qualche momento di sentire i suoi passi
svelti discendere la scala, ma non andò come voleva. Quando
sentì per la seconda volta il suono fastidioso del campanello si
decise ad alzarsi, borbottando: - Arrivo, arrivo. -
Alla porta, con un espressione sorridente dipinta in volto, c’era
una ragazza. Il sorriso si incrinò un poco vedendolo, lasciando
spazio alla sorpresa. La donna doveva avere più o meno
l’età di Kurata e doveva ammettere che anche i lineamenti
erano piuttosto simili. I capelli erano diversi però, notò; erano di
color castano scuro e tenuti più corti di una decina di
centimetri e scalati. Anche gli occhi avevano una tonalità un
po’ più scura e l’abbigliamento, almeno in
quell’occasione, era meno appariscente di quello in genere
indossato dalla sua coinquilina.
- Ciao - lo salutò. - C’è Sana? -
La sconosciuta aveva anche un accento strano. Non era molto marcato, ma
si sentiva che proveniva dal Kansai. Doveva essersi trasferita da
lì, probabilmente.
- Sì, è in soffitta. Vieni. - Si fece da parte per lasciarla passare.
- Io sono Fuka Matsui, un’amica di Sana. Aya al telefono mi ha
detto il suo indirizzo visto che lei sembra che non ha avuto tempo di
riferirmelo. - C’era un nota di risentimento nella voce. Lo
squadrò, curiosa. - Non mi ha parlato di te, però. Sei il
ragazzo di Sana? -
Lui il ragazzo di quella?! Si trattenne a stento dal boccheggiare. -
Nemmeno per idea! Sono Akito Hayama e sono il fratellastro di Kurata. -
Per un volta la quasi parentela gli era tornata utile per semplificare
la questione del “viviamo insieme, ma non siamo fidanzati”.
Se si era stupita che la sua amica avesse un fratello a lei ignoto, non
lo diede a vedere. - Akito Hayama, eh? Beh, piacere. Prima hai detto
che Sana è in soffitta, ti spiacerebbe accompagnarmi, o,
perlomeno, indicarmela? -
Gli spiaceva eccome, ma decise comunque di acconsentire alla richiesta di Matsui. Non
aveva molto scelta, comunque. Essere scortese con un’amica di
Sana avrebbe potuto farla irritare e decidere di conseguenza
di vendicarsi su di lui... meglio evitare.
Akito accompagnò Matsui fino alla porta chiusa della soffitta e
poi ritornò zoppicante al primo incontro di karaté della
sua vita che non era riuscito a vedere per intero.
La porta della soffitta si aprì improvvisamente, tanto che Sana
si voltò verso di essa con il cuore che batteva come un tamburo.
- Fuka! - si lamentò. - Stava per venirmi un infarto! -
- Beh, amica mia, te lo saresti meritato - sentenziò
l’altra incrociando le braccia al petto. - Non ti sei fatta
vedere nemmeno una volta, non mi hai nemmeno telefonato per farmi
sapere il tuo nuovo indirizzo. -
Sana sospirò e si alzò in piedi. Okay, Fuka aveva
ragione, ma cosa poteva fare se il suo tempo era stato tiratissimo
negli ultimi giorni. - Si avvicinò all’amica e
l’abbraccio. - Scusami, hai ragione. Lo so che la scusante del
poco tempo non è molto, ma è vero che ho avuto un milione
di cose a cui pensare. L’altra sera sono riuscita a vedere Aya
praticamente per puro caso. Sono contenta di vederti! - Si
separò da lei e la osservò: l’espressione
accigliata era meno accentuata e un mezzo sorriso era comparso sul
volto di Fuka.
- Sì, va bene. Ti perdono. Nei prossimi giorni fatti sentire più spesso però, okay? -
Sana sorrise. - Te lo prometto. -
- Uh, cambiando argomento… raccontami chi è quel bel
biondino al piano di sotto. Dai, a me puoi dirlo: è il tuo
ragazzo? -
- Eh? Ma stai parlando di Hayama? - replicò Sana scioccata.
- Sì, esatto. Quanti altri biondi nascondi in casa? - chiese, con un sorriso ironico dipinto in faccia.
Sana si chiese se in segreto la sua amica frequentasse Hayama dato che
la sua espressione le ricordò molto la faccia da schiaffi di
lui. - Ehi, non nascondo proprio nessuno io! Hayama non è il mio
biondo e il fatto che abitiamo insieme è pura fatalità! -
strillò indignata. Quello il suo ragazzo? Ma in quale universo
parallelo?
- Non state insieme, ma abitate nella stessa casa? Cos‘è,
un nuovo modo di vivere una relazione sessuale? - chiese Fuka. Aveva
piegato la testa da un lato e la fissava confusa.
- Fuka, sei impazzita?! Ti ripeto che non c’è un bel
niente tra me e Hayama, e mai ci sarà. Divide casa con me
perché è il figlio naturale di papà - le
spiegò alla fine, abbandonando il tono accesso per uno serio.
Parlare del padre non smetteva d’intristirla e di rammentarle i
bei momenti passati insieme.
- Ah, sì. In effetti mi aveva detto di essere tuo fratello, ma pensavo scherzasse. -
Hayama che scherzava? Si vedeva che ancora Fuka non lo conosceva a
fondo. - No, diceva sul serio. Vedi, il giorno che sono tornata a Tokyo
per il testamento di papà, sono anche venuta a sapere che lui aveva da
poco scoperto di avere un figlio naturale, mai riconosciuto. Nel
testamento ha imposto che noi due avremmo dovuto vivere per sei mesi, o
non avremmo visto un centesimo dell’eredità. -
- Sicuramente ti ha proposto questa clausola per costringerti a conoscere meglio Hayama. -
Sana annuì. - Sì, è proprio così. Me
l‘ha scritto nella sua ultima lettera che mi ha consegnato il
notaio. -
Rimase in silenzio qualche istante, poi Fuka sorrise. - Beh, comunque dovresti farci un pensierino. -
- Su cosa? -
- Ma su Hayama, no? -
- Fuka! -
Spazio Autrice: Ciao! Che dite, Fuka è OOC? Non so
perchè, ma mi è venuta così.
In questo capitolo sono anche tornata a parlare del diario di Hana
trovato da Sana... purtroppo in passato si è rovinato... come
mai? Passarà parecchio prima che risponda a questa domanda, ma
ci arriverò.
Spero che il capitolo
vi sia piaciuto.
A questo punto, di solito, dovrei rispondere alle recensioni, ma vista
la novità (fantastica!) messa da Erika, ho già provveduto
a farlo.
Grazie per le 7 recensioni, le visite, le 15 preferite, le 5 ricordate e le 21 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Ti vedi con Tsuyoshi? Me lo saluti? -
- Non posso farlo, non mi vedo con lui. -
Sana inarcò le sopracciglia. - Fai fisioterapia di sera, adesso? -
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Capitolo 8 *** 8° capitolo ***
The Ghost's Diary - 8° capitolo
E'
stato un incubo scrivere questo capitolo, dato che per tre giorni ho
avuto una brutta crisi creativa. Per fortuna alla fine è venuto
fuori e spero che vi piaccia. In fondo alla pagina un piccolo spoiler. Buona Lettura.
Alla mia amica Deb,
anche se in ritardo, questo è mio regalo per il suo compleanno.
The Ghost's Diary
8
26 Aprile
Caro Diario,
Oggi, ho
incontrato la sorellina di Shotaro. Ha solo tredici anni, ma è
molto matura per la sua età, e si chiama Mieko. Ha un carattere
abbastanza simile a quello di suo fratello e, come lui, anche lei mi
è molto simpatica. Penso che potremo diventare grandi amiche con
il tempo.
Sono contenta
di aver conosciuto un’altra persona speciale. Questo è
stato un mese davvero importante per l’amicizia. E l’amore,
ovviamente! Aprile è anche il mese in cui c’è stata
la mia festa di fidanzamento.
A proposito di
questo, ora, io e mia madre stiamo organizzando il matrimonio.
Sarà in grande stile, ovviamente, e si terrà tra alcuni
mesi.
Sentaro
l’ho visto questa sera. E’ passato a trovarmi e abbiamo
trascorso un po’ di tempo insieme. Prima di andarsene mi ha
baciato. Lo aveva già fatto prima - una volta, alla festa di
fidanzamento - e mi è piaciuto.
Anche
se… ecco, forse mi sbaglio, non sono pratica di questo genere di
cose, ma ero convinta che avrei provato un’emozione più
grande. Mi è piaciuto, è vero, ma è tutto qui.
Credi che mi stia immaginando tutto? Forse ero solo un po’ stanca
per tutti gli avvenimenti di questa giornata, ci sono molti preparativi
per questo matrimonio ed è probabile che sia un po’
stressata.
E’ solo questo, ne sono sicura.
Ora chiudo, non faccio altro che sbadigliare.
A presto, caro Diario,
Hana
Fuka se ne era andata da circa
un’ora, con la promessa che Sana si sarebbe fatta sentire o
sarebbe andata a trovarla e viceversa. Aveva rivoltato la soffitta, ma
per quella mattina si era dovuta rassegnare: non aveva trovato nulla di
utile alla sua ricerca.
Peccato. Beh, comunque non aveva
alcuna intenzione d’arrendersi. Appena ne avesse avuto il tempo -
in quei giorni aveva troppi impegni - avrebbe provato in biblioteca. In
fondo, era proprio in quel luogo che aveva rinvenuto il diario,
perciò sperava di avere ancora fortuna e trovare
qualcos’altro.
Ripose al loro posto le poche cose
che ancora giacevano sul pavimento della soffitta, poi uscì
dalla stanza chiudendosi alle spalle la porta.
Mentre scendeva le scale, venne
presa da un’improvvisa voglia di scrivere. Sì, era proprio
ora di tirare fuori carta e penna - o per meglio dire il computer
portatile - e mettersi a scrivere un bel capitolo!
Sana inghiottì il boccone di Donburi e subito si riempì di nuovo la bocca. Era veramente buono.
Era un piatto unico giapponese, veloce da preparare e sostanzioso, ma, soprattutto, casalingo.
Questa, per lei, era quasi una
novità. Ovviamente, non era stata lei a cucinarlo. Per quanto
la sua preparazione non fosse particolarmente complessa - per gli altri
-, Sana non si era nemmeno avvicinata ai fornelli. No, l’autore
di tutto quello era Hayama.
Poteva sembrare incredibile, ma
erano riusciti a stipulare un accordo. Dato che mangiavano agli stessi
orari - colazione esclusa - erano giunti alla conclusione che non
sarebbe stata una cattiva idea se Sana si fosse occupata lei della
spesa e Hayama della cucina. In questo modo, lei non avrebbe fatto
saltare in aria la casa e lui non avrebbe dovuto perdere tempo al
supermercato e, soprattutto, alla fila alla cassa.
A Sana non dispiaceva affatto fare
la spesa - lei amava girovagare tra gli scaffali e osservare la gente
-, perciò era del parere che era lei ad averci guadagnato
di più da quella situazione. Ovviamente, questo era solo il suo
punto di vista.
Davanti a lei, Hayama mangiava
velocemente e aveva il piatto quasi vuoto, mentre il suo era ancora a
metà. Aveva avuto molti giorni per accorgesi che lui si
comportava sempre così, ad esclusione di quando in tavola
c’era del sushi - situazione che accadeva piuttosto di frequente
- dove diventava l’ultimo a finire. Doveva piacergli molto,
considerò Sana.
- Ehi, Hayama! Dimmi una cosa. Ho
notato che cucini il sushi molto spesso, è il tuo piatto
preferito, forse? - chiese, sollevando lo sguardo verso di lui. Era
curiosa di veder confermata la sua ipotesi e poi fino a quel momento
erano rimasti in silenzio. Se non ci pensava lei a fare un po’ di
conversazione, chi l’avrebbe fatto?
- Non mi dispiace - replicò Hayama scrollando le spalle.
Wow, una risposta davvero
precisa. Beh, in quelle settimane che avevano trascorso insieme si era
abituata alle mezze risposte o ai monosillabi di Hayama, quindi non ci
fece molto caso.
Sana lo vide allungare il braccio lungo il tavolo, prendere la bottiglia d’acqua e riempirsi il bicchiere vuoto.
- Una risposta di più facile comprensione no, eh? -
Finì di bere, poi le
rispose, fingendo sorpresa: - Non hai capito quello che ho detto? Qual
è la parola che hai difficoltà a comprendere?
“Non“, “mi” o “dispiace”? -
- Il tuo umorismo e la tua ironia peggiorano di giorno in giorno, Hayama, te ne sei accorto? -
Lui ghignò. - Dici? Sarà la tua vicinanza a farmi male. -
Sana sbuffò. - Figurati. E’ vero il contrario, piuttosto. -
Lui non disse più nulla per
qualche minuto. Svuotò il piatto e si alzò. Prima di
andare in cucina a riporre le vettovaglie sporche, si voltò
verso di lei. - Stasera dovrai arrangiarti per la cena, non ci sono. -
Sana lo guardò sorpresa. Non
se lo aspettava perché Hayama non usciva molto, non in quel
periodo almeno, dato che non voleva sforzare troppo il ginocchio e
quindi si limitava a vedere Tsuyoshi ogni tanto e andare a fare
fisioterapia. - Ti vedi con Tsuyoshi? Me lo saluti? -
- Non posso farlo, non mi vedo con lui. -
Sana inarcò le sopracciglia. - Fai fisioterapia di sera, adesso? - domandò, piegando la testa da un lato.
Hayama sollevò gli occhi al cielo. - No. -
Ora, lui aveva tutta la sua
attenzione, non che lui la volesse. Se non vedeva Tsuyoshi e non doveva
fare fisioterapia, cosa rimaneva? - Ma allora dove vai? -
- Kurata, quante volte dovrò
ripetertelo prima che ti entri in testa, si può sapere? Non.
Sono. Affari. Tuoi - disse scandendo bene ogni singola parola.
Uhm, reticente… Possibile che…? - Esci con una… -
- Donna. Sì - completò lui per lei. Interruppe la conversazione voltandosi e dirigendosi verso la cucina.
Non era possibile. La stava prendendo in giro. Chi era la pazza che sarebbe uscita con un tipo del genere? Una con un paio d’occhi, probabilmente,
giunse come conclusione subito dopo. Come le aveva fatto notare Fuka -
non che lei non ci avesse fatto caso -, Hayama era decisamente un
bel uomo. Già, ma la bellezza non era sufficiente perché
si decida d’uscire insieme ad una persona, almeno non per Sana.
Sì, ma non tutte le donne erano come lei, e forse la conquista
di Hayama era un tipo superficiale.
Lui aveva un brutto carattere, ma,
come anche le aveva ricordato suo padre, era il suo fratellastro. Non
avrebbe dovuto permettergli d’imbarcarsi in una storia con una
donna superficiale. Era il suo dovere di sorella.
Abbandonando l’ormai freddo
Donburi dov’era, si alzò e raggiunse Hayama in cucina. Lo
trovò intento a mettere in ordine gli ingredienti che aveva
utilizzato per cucinare.
Cosa avrebbe dovuto dirgli?
“Non uscire con lei”? “Lei non fa per te“?
“Trovati una donna che sia interessata a te e non al tuo
fisico”?
Beh, Hayama fino a quel momento non
era sembrato molto propenso ad ascoltare lei e i suoi consigli. Forse
non le conveniva immischiarsi.
E se avesse sofferto - anche a lui poteva capitare, no? - gli sarebbe servita come lezione.
Si era quasi convinta della sua decisione, quando aprì la bocca e parlò: - lei com’è? -
Lui la guardò stranito. - Cosa? -
- Lei, la ragazza con cui esci,
com’è? Saprai descrivermela, no? Per… per
curiosità, ovvio, non voglio mica impicciarmi - disse
gesticolando con le mani.
- E’… è una donna - affermò scrollando le spalle.
Wow, che descrizione!
Sana assunse un’espressione ironica. - Fin lì c’ero
arrivata. Ma è alta o bassa, mora o bionda, o rossa, esile o
formosa, intelligente o stupida? Com’è? Non mi sembra una
domanda particolarmente difficile. -
- No, ma sicuramente è una domanda da impicciona. Non sono tenuto a dirti nulla. -
Okay, in effetti non poteva davvero
costringerlo, anche se le sarebbe piaciuto, a svelarle niente, ma lei
voleva saperlo! - Che c’è di male a descrivermi la
tua… - Fece una pausa, trovava difficile pronunciare quella
parola. - fidanzata? - concluse alla fine, con stizza.
- Non è la mia fidanzata! Difficilmente riceverai a breve una partecipazione di nozze, Kurata. -
- Anche se non è la tua
fidanzata ora, potrebbe diventarlo. Prima o poi la porterai qui. Non
vuoi farle conoscere tua sorella? -
Lui la guardò schifato. - Tu
non sei mia sorella. - L’idea lo disgustava? Oh, beh, in effetti,
anche a lei infastidiva l’idea di considerarlo suo fratello. Se
avessero avuto veramente sangue in comune avrebbe pensato ad uno scambio di culle alla nascita.
- E poi… - aggiunse lui
ghignando. La sua espressione non le piaceva, macchinava qualcosa. - Ti
capita spesso di saltare addosso a tuo fratello per portartelo a letto?
-
Sana sentì le proprie guance
tingersi di rosso. Glielo avrebbe rinfacciato a vita? Probabilmente
sì. Avrebbe tanto voluto che anche lui non si ricordasse nulla.
- Se fossi stata in me non avrei mai fatto una cosa simile, non con te.
E poi tu non sei mio fratello. -
Le puntò un dito contro. -
Ecco, vedi. Niente parentela e nessun motivo per cui ti presenti le
donne con cui esco o con cui faccio sesso e basta. -
Sana si infiammò. Come le
era saltato per la mente di preoccuparti per lui? Aveva bevuto solo
acqua a tavola, non era ubriaca. - Ah, arrangiati! - disse, alzando il
tono della voce e muovendo le braccia come a scacciare la questione. -
Probabilmente quella
lì sarà una pazza che non vede al di là del
proprio naso. Deve essere stupida o disperata se esce con un tipo
maleducato e rozzo come te! -
- Beh, sempre meglio di te. Qualsiasi donna, anche quella con tutti i difetti di questo mondo, sarebbe una scelta migliore. -
- Non voglio più ascoltarti!
- strillò lei. Era insopportabile. Lei tentava solo di essere
gentile, d’instaurare un rapporto di civile convivenza, ma a
quanto pare si era illusa di poter andare d’accordo con Hayama.
Avevano mentalità molto diverse.
- E chi te l’ha chiesto! - replicò lui.
Sana si voltò e a grandi
passi uscì dalla cucina. Sfogò un po’ della sua
rabbia sferrando un calcio ad una delle gambe della sedia dov’era
stata seduta fino a pochi minuti prima e poi si diresse verso la sua
stanza. Decise di uscire. Non sarebbe rimasta in compagnia di
quell’individuo un minuto di più.
Il tergicristallo era acceso alla
massima velocità, l’unico modo per riuscire a vedere dove
andava e così evitare di sbattere contro un muro. Era
una sera non esattamente giusta per uscire.
Arrivò alla villetta dove
abitava Eri Taneoka, la sua fisioterapista, alle otto in punto. Akito
parcheggiò la macchina nel vialetto e raggiunse la porta di casa
coprendosi con un piccolo ombrello. Nelle settimane precedenti aveva
passato parecchie serate in casa, doveva scegliere proprio quella per
mettersi a diluviare? Che pessimo tempismo…
Suonò il campanello e
attese. Pregò che si sbrigasse prima che la pioggia e il freddo
gli facessero prendere un brutto malanno.
Poco dopo la porta si aprì e
Eri oscurò la soglia. Era una giovane donna di venticinque anni
- circa tre più di lui -, con un viso a cuore contornato da
ricci biondi. Gli occhi erano scuri ed era piuttosto bassa - gli
arrivava al petto - e formosa. Era la sua fisioterapista, si occupava
lei di rimettergli in moto il ginocchio, ed era stata sempre lei a
chiedergli un appuntamento.
Ad Akito Eri non piaceva
particolarmente - in quel senso -, ma non aveva trovato nessun buon motivo per cui
dovesse rifiutare - oltre che carina, era simpatica - e quindi aveva
accettato.
Non aveva idea se sarebbe nato
qualcosa fra di loro, nemmeno aveva intenzione di pensarci subito,
però sperava di passare una bella serata. Perlomeno, sperava che
lo distogliesse per un po’ dal pensare al suo ginocchio
malandato. Ecco, quello sarebbe stato già un buon risultato.
- Akito, ciao! - lo saluto lei con un sorriso. - Presto, entra. - Si fece da parte per lasciarlo passare.
L’ingresso era carino,
arredato con gusto e dava una strana sensazione di calore famigliare.
Un brivido lo attraversò.
- Oh, hai freddo. Vieni in salotto,
c’è il camino, e ti darò qualcosa che ti
tirerà su. - Eri aveva frainteso, ma Akito annuì e la
seguì.
In salotto, la vide avvicinarsi ad una credenza. La aprì e questa rivelò essere riempita con liquori di vario genere.
- Che cosa preferisci? -
- Se c’è, un aperitivo. -
- Sì, eccolo. - Prese la
bottiglia e riempì due bicchierini. Gliene offrì uno.
Mentre bevevano si scambiarono qualche rapido commento sul brutto
tempo, poi calò il silenzio.
Akito non era il tipo che
intratteneva conversazioni, anzi, preferiva di gran lunga stare in
silenzio e lasciare il piacere agli altri di condurle. Eri, nelle ore
che avevano passato insieme per la fisioterapia, aveva parlato quasi
sempre lei, adesso, invece, non diceva una parola e lo guardava di
sottecchi. Nel suo lavoro era brava e impediva che lui si perdesse
d’animo o si opponeva con fermezza se non voleva fare gli
esercizi, ma adesso tutta quella energia sembrava scomparsa. Si sentiva
a disagio in sua presenza, forse? Ma perché solo ora? Era
perché avevano un appuntamento? Akito svuotò il bicchiere
e lo appoggiò su un basso tavolino lì vicino. - Ehm, che
ne pensi d’andare? -
Lei annuì. Indossò una giacchetta sopra il vestito rosso che aveva e prese la borsetta.
Si addentrarono nell’aria frizzante e sotto la pioggia scrosciante.
Akito era infastidito. Eri, dopo un
inizio un po’ impacciato, probabilmente solo dovuto alla
situazione, durante il tragitto verso il luogo dove avrebbero cenato
aveva cominciato a chiacchierare e non aveva ancora smesso. Non che
quello che diceva fosse esasperante o noioso - beh, forse un po’
-, piuttosto lo irritava la parlantina veloce e senza controllo, molto
simile a quella di un’impicciona a lui famigliare.
Già, perché non
voleva assolutamente che Eri gli rammentasse Kurata e quella era una di
quelle sere in cui voleva dimenticarsi completamente della sua
esistenza e il fatto che l’avrebbe trovata a casa ad aspettarlo.
Oh, beh, non ad aspettare lui, ovviamente.
Kurata diventava irritante davvero
molto spesso - sempre, avrebbe voluto dire in quel momento, ma non
sarebbe stato sincero con se stesso -, ma a volte lo era più di
altri giorni. Quella sera era uno di quelli.
Si impicciava sempre di quello che
faceva, ma non aveva altro di cui preoccuparsi. Era gelosa, forse? Rise mentalmente
di quell’assurdo pensiero.
Perso nei meandri della sua mente,
Akito aveva perso qualche passaggio della conversazione di Eri. Ora,
stava parlando dei libri che le piacevano e lui si sentì
costretto a prendere parte all’argomento, perlomeno con qualche
piccolo commento su quello che piaceva a lei e sulle sue preferenze.
Aveva notato che con molto tatto
Eri aveva evitato di nominare il suo ginocchio e il karaté e
Akito le era grato per questo. Meno ci pensava, meglio era. Appena
fosse guarito, termine fra
l’altro che aveva poco riscontro con la realtà dei fatti,
avrebbe cominciato seriamente a mettere su la palestra di
karaté. Non era come praticarlo a livello professionistico, ma
era certo meglio che rinunciarci del tutto, no?
- Akito, tutto bene? - lo richiamò all’attenzione Eri, probabilmente aveva notato la sua distrazione.
- Eh? Sì. -
La discussione con Kurata gli
bruciava ancora, possibile che lei fosse riuscita ad impicciarsi nella
sua serata anche se non era presente?
Erano passate solo un paio di
settimane, sarebbe stato costretto a vederla almeno per altri cinque
mesi e poco più. Decisamente un tempo troppo lungo.
Spazio Autrice:
Sull'appuntamento di Akito ci sono un altro paio di cose da dire, ma le
leggerete nel prossimo capitolo. Spero che vi sia piaciuto... a me,
sinceramente, non dispiace solo la prima parte, mentre per la seconda
temo proprio di avervi deluso. Beh, a voi l'ardua sentenza.
Grazie per le 9 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 23 seguite e
le 5 ricordate. E grazie anche alle 13 persone che mi aggiunto tra gli
autori preferiti.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Sarebbe stato meglio un bicchiere d’acqua - commentò una voce famigliare alle sue spalle.
[...]
- Chi è che si sta impicciando, adesso? -
|
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Capitolo 9 *** 9° capitolo ***
The Ghost's Diary - 9° capitolo
Grazie mille. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo.
Buona Lettura.
The Ghost's Diary
9
3 Maggio
Caro Diario,
Purtroppo,
alcuni giorni fa, la mia cara nonna, la madre di mio padre, è
venuta a mancare. Da tempo soffriva di una brutta malattia e, anche se
fino all’ultimo abbiamo sperato in un miglioramento, sapevamo che
non le restava molto da vivere.
Avrei tanto
voluto che potesse vivere abbastanza da vedermi maritata con Sentaro,
ma questo desiderio non si è potuto realizzare.
Ancora fatico a
crederci e mi sembra solo un brutto sogno da cui vorrei svegliarmi, ma
purtroppo è tutto vero e nonna Setsu ha lasciato un vuoto nei
nostri cuori.
Tra pochi
giorni le daremo l’estremo saluto, ma, anche se l’ho
pregato di farlo, Sentaro non potrà intervenire. E’ di
nuovo lontano, fuori città fino alla prossima settimana, e ha
detto che non riuscirebbe a tornare in tempo. Speravo che mi offrisse
il suo conforto, ma a quanto pare non sarà così.
La nonna
adorava dipingere - nella mia stanza c’è un suo bellissimo
quadro - e in quei momenti sprizzava gioia da tutti i pori ed è
così che la ricorderò sempre.
A presto, caro Diario,
Hana
Akito, terminata la cena, aveva
riaccompagnato alla sua abitazione Eri e si era trattenuto per il
bicchiere della staffa. Esattamente come la prima volta che ci era
entrato, vale a dire poche ore prima, anche questa volta scese fra di
lui e la padrona di casa un inquietante silenzio.
Si erano seduti sul divano a debita
distanza l’uno dall’altra e sorseggiavano lentamente il
contenuto alcolico del bicchiere.
Akito non aveva idea di cosa
parlare - e nemmeno ne aveva voglia, veramente -, mentre Eri
probabilmente aveva esaurito gli argomenti di conversazione. A
questo aveva notevolmente influito il fatto che avevano molto poco
in
comune, per non dire nulla affatto.
A lui lei non interessava
già dal principio e la cena non aveva fatto che confermare
quello che già pensava: non vedeva possibilità per
l’inizio di una relazione fra di loro. Forse, in un altro momento
meno difficile della sua vita, non avrebbe detto di no ad una sessuale,
escluso il fatto che Eri non sembrava quel tipo di donna. Sembrava
piuttosto bramare una normalissima relazione, fidanzamento…
Matrimonio! No, Akito scosse la testa più volte, non c’era
futuro per loro. Se fosse stata interessata, invece, dal canto suo
c’era da considerare l’incidente, la futura
palestra… Beh, sinceramente doveva ammettere che quelle erano
più motivazioni da: non voglio una storia seria. Il vero
problema era Kurata, era lei che voleva. L’aveva ammesso
silenziosamente, ma il solo pensiero lo preoccupava e lo infastidiva.
Quasi quasi, per quanto fosse sbagliato pensarlo, gli dispiacque di
essersi fermato quella notte.
Quella donna noceva veramente in
modo grave alla sua salute mentale. Ancora una volta desiderò
che i sei mesi trascorressero nel più breve tempo possibile e di
poter tornare alla realtà.
Svuotò il bicchiere e lo
appoggiò sul basso tavolino in vetro colorato davanti al divano.
Si alzò e Eri seguì il suo movimento con lo sguardo. -
E’ ora che vada. -
Anche Eri lasciò il suo posto sulla poltrona. - Ti accompagno - disse seria.
Prima che Akito potesse varcare la soglia, lei lo fermò. - Aspetta. -
- Uhm? - Si voltò a guardarla. Un’espressione triste e nervosa le distorceva i lineamenti.
- Senti… mi dispiace.
E’ stato un errore da parte mia invitarti a cena. - Si
fermò e sbarrò gli occhi. - Oh, con questo non voglio
dire che tu sia un pessimo accompagnatore, sono io il problema. Tu mi
piaci, Akito, davvero, ma solo come persona e paziente, non come
possibile fidanzato. Scusami, non avrei dovuto mischiare lavoro e vita
privata. Ti capirò se vorrai cambiare fisioterapista. -
- Ehi, Eri, aspetta un secondo. Nemmeno tu mi interessi e non ho nemmeno intenzione di cambiare fisioterapista. -
Lei sorrise. Si alzò in
punta di piedi e gli scoccò un bacio sulla guancia. - Grazie.
Buonanotte e a domani, allora. -
Akito la salutò con un cenno
del capo e uscì. Si sfiorò la guancia con due dita. No,
non poteva funzionare in nessun caso.
L’odore di fumante
caffé la svegliò. Sana si guardò intorno, non era
la sua stanza quella, ma il salotto. Ah, sì, ora ricordava:
stava terminando il capitolo della sua storia e si era addormentata.
Il computer, però, non si
trovava più sul suo grembo, ma vicino ai suoi piedi e un coperta
messa un po’ a caso la copriva.
La testa le pulsava in modo
pauroso. Rammentò di aver passato la sera insieme a Fuka - Aya
non era potuta venire perché impegnata con il lavoro - in un
pub, ma non aveva bevuto molto.
Era tornata a casa poco dopo la
mezzanotte, non ricordava bene l’ora, e si era messa a lavorare
dato che non riusciva a dormire.
Sana scostò la coperta e si diresse in cucina. Desiderava una bella tazza di quel profumato caffè.
- Hayama… già in
piedi? - chiese, prima di ricordassi che la sera prima avevano
discusso. Questi erano i problemi del risveglio, ci voleva un po’
di tempo prima che il cervello si rimettesse in moto. - Ah, ehm…
scusa per ieri. Non avrei dovuto impicciarmi della tua vita privata. Non
accadrà più. - Nel tempo che aveva passato insieme a
Fuka, Sana le aveva parlato della discussione avuta con Hayama e alla
fine l’aveva convinta che aveva torto, non doveva intromettersi e
sarebbe stata una buona idea scusarsi con lui.
Lui la guardò. - Lascia
perdere le false promesse, Kurata. Tanto sai benissimo, esattamente
come me, che alla prima occasione non riuscirai a fare a meno di
immischiarti nella mia vita. Evita l’ipocrisia, almeno. -
Quello che aveva detto Hayama era, purtroppo, sostanzialmente vero. Comunque per lei non si trattava di impicciarsi, ma di interessarsi in buona fede
della vita delle persone che conosceva. E aiutarle, in caso occorresse.
- Ma possibile che tu debba sempre essere così freddo? Cosa
precisamente vuoi che dica? Va bene, hai ragione, mi
intrometterò nei tuoi affari perché non ho di meglio da
fare? Se ti chiedo qualcosa è perché mi interessa
saperlo, non c’è bisogno d’essere così
rigidi. Meno male che al mondo c’è ben poca gente come te!
- Si portò una mano alla tempia. Aveva parlato veloce e la sua
testa non aveva apprezzato lo sforzo: il suo mal di testa era aumentato
considerevolmente. Il caffé non sarebbe bastato, aveva bisogno
anche di un cachet.
- Stai male? - le chiese Hayama inclinando il capo da un lato, doveva aver notato la sua espressione distorta dal dolore.
- E’ solo mal di testa,
starò subito meglio. - Si avvicinò a lui e gli
rubò la tazzina di mano. Hayama non aveva opposto resistenza
dato che non si era aspettato la sua azione.
- Ma… cosa? -
- Scusa, versati un’altra
tazzina. - Con queste ultime parole lasciò la cucina e si
diresse verso il mobile dove teneva i medicinali. Si trovavano in un
cassetto nel suo bagno.
Posò sulla lingua la
pastiglia e l’affogò con il caffè. Sperò che
facesse effetto il prima possibile, o come avrebbe affrontato la
giornata?
- Sarebbe stato meglio un bicchiere
d’acqua - commentò una voce famigliare alle sue spalle.
Dietro di lei, appoggiato allo stipite della porta con le braccia
conserte, c’era Hayama.
- Chi è che si sta impicciando, adesso? -
Lui ghignò, ma questa volta
sembrò essere meno ghigno rispetto al solito. Un mezzo ghigno,
ecco. - D’accordo, chiudiamo la questione dicendo: è nella
natura umana non occuparsi solo dei propri affari? -
Sana sorrise. - Mi sembra una buona idea. -
Sdraiato sullo scomodo pavimento
del soggiorno, Akito riprese gli allenamenti da troppo tempo trascurati
facendo gli addominali. Quando sentì dei passi arrivare nella
sua direzione, stava contando: - ottantanove… novanta…
novantuno… - Faticava parecchio, non era più abituato a
quello sforzo quotidiano; la degenza in ospedale l’aveva
distrutto.
- Hayama, fai esercizio? - sentì chiedergli.
- Novantatre… Oh, che intuito! - replicò con sarcasmo.
Lei, si stupì, decise di lasciar correre. - Ma… e il ginocchio? -
- Ho fatto esercizi…
Novantasei… Che non comportassero… Novantasette…
Il suo utilizzo - spiegò a scatti.
- Uhm… capisco. Attento a
non strafare - disse, mentre lui esalò il numero cento e
concludeva l’esercizio. Si alzò in piedi e si voltò
a guardarla. Si era raccolta i capelli all’indietro in modo che
nessuna ciocca le penzolasse davanti dandole fastidio e aveva indossato
una semplice camicetta a righe a mezze maniche e i pantaloni di una
tuta. Un braccio era abbandonato lungo un fianco e la sua mano
tratteneva un grosso volume, mentre l’altra reggeva una tazza
fumante. Ad un esame più attento giunse alla conclusione che
fosse tè. Notò con piacere che almeno l’acqua calda
riusciva a non bruciarla. - No, ma nemmeno tu. Sempre a leggere? -
chiese e indicò il libro che Kurata stringeva tra le dita.
Lei seguì il suo sguardo e scosse il capo. - Uhm… questo? No, mi serve per una ricerca per il mio romanzo. -
- Ah - commento Akito, mentre qualcuno suonava il campanello.
Lei appoggiò la tazza e il
libro sul divano, e lasciò il soggiorno. Chiedendosi chi fosse,
seguì Kurata che andò ad accogliere il visitatore.
- Naozumi, ciao! - esclamò lei poi, mentre sul viso si andava a formare un grosso sorriso.
Aperta la porta, si erano ritrovati
davanti un giovane uomo della loro età, pochi centimetri in
più di Kurata e magro. Quello che stupì Akito furono i
capelli grigi - invecchiamento precoce? - e gli occhi azzurri - era
veramente giapponese?
Quel tipo indossava un
abbigliamento elegante: camicia bianca con stretta intorno al collo una
cravatta intonata ai pantaloni. Gli era famigliare, dove l’aveva
già visto? Ah, sì, nello studio del notaio. Quel giorno
era stato convinto che non l’avrebbe mai più rivisto, ma,
a quanto pareva, si era sbagliato.
Dopo i saluti di rito da ambedue le
parti, Kutata aveva fatto accomodare l’ospite. - Naozumi, ti
presento Akito Hayama. Il mio coinquilino. - Momentaneo,
probabilmente avrebbe voluto aggiungere, ma la sua ipotesi non venne
confermata. - Hayama, lui è Naozumi Kamura, un mio amico. Uhm,
non so… forse ti è capitato di vederlo in qualche
programma televisivo o al cinema, è un attore famoso. -
Se anche fosse stato veramente
così, l’aveva dimenticato. A meno che in quelle occasioni
l’istinto non gli avesse suggerito di cambiare canale o, nel caso
del cinema, abbandonare la sala. - Può darsi - disse solo. Nel
frattempo, i due si studiarono, come due leoni che lottano per un pezzo
di carne. Anche se, a detta di Akito, non era ben chiaro quale fosse
per lui il pezzo di carne, mentre per Kamura era sicuramente Kurata.
Era lampante che il tipo fosse preso da lei, se non addirittura
innamorato. Lui, invece, al massimo voleva portarsela a letto. Anche
se, doveva ammettere, non gli faceva piacere l’interesse di
Kamura verso Kurata, lo rendeva nervoso.
- Beh, piacere - disse rigido il damerino, si era ricordato come l’aveva chiamato nei suoi pensieri la prima volta.
- Il piacere è solo tuo - gli sbatté
in faccia. Perché avrebbe dovuto fingere qualcosa che non
provava minimamente? Il damerino spalancò la bocca sorpreso,
mentre l‘altra si limitò a scuotere la testa e ad alzare
gli occhi al cielo. Che si stesse abituando al suo modo di fare? - A
dopo, Kurata. Kamura… - si congedò e si allontanò.
Prima che le voci si furono fatte
troppo lontane perché potessero giungere al suo orecchio,
sentì Kurata scusarsi con il damerino per il suo comportamento e
suggerirgli di non prendersela.
- Scusa, Naozumi. Hayama non
è cattivo, ma ha un carattere un po’ scostante e asociale.
Non prendertela. - Sana aveva notato che tra i due c’era stata
un’antipatia immediata, però le sfuggiva la causa
scatenante.
- Sana, non riesco a capire: perché vivi con un tipo simile? -
- E’ una storia lunga. Se
vieni con me, ti spiego. - Lo guidò fino in soggiorno e gli
offrì da bere. Dato che l’acqua che aveva usato per
preparare il suo tè era ancora calda, Naozumi ne accettò
una tazza. Sapeva che il suo amico non apprezzava molto gli alcolici* e
quindi, in alternativa, non aveva molto da dargli.
- Ecco, tieni - disse Sana posando la tazza sul tavolino di fronte a lui, poi si sedette poco distante.
- Grazie. - Bevve un sorso, senza
darle il tempo di avvertirlo che il tè era bollente. - Scotta! -
si lamentò, ispirando con la bocca spalancata a pieni polmoni,
mentre gli occhi si fecero lucidi..
- Scusa, ho l’abitudine di scaldare sempre troppo l’acqua. Vuoi che te ne porti un po’ fredda? -
- No - rifiutò Naozumi con
un gesto della mano. - Sto bene, sto bene. - Si asciugò gli
occhi e aggiunse: - Cosa stavi dicendo di quel tipo? Perché
abitate insieme? -
- Ho scoperto da poco che è
il figlio naturale di papà, praticamente il mio fratellastro.
Papà ha preteso che vivessimo insieme per un po’, per
conoscerci meglio - spiegò in poche parole, cominciava ad essere
stanca di dover ripetere sempre la stessa cosa ogni volta.
- Non capisco… tuo padre ti
ha nascosto di avere un figlio per tutti questi anni? - Naozumi prese
il cucchiaino e soffiò sul suo contenuto prima di portarselo
alle labbra, evitando di scottarsi di nuovo.
- No… Anche lui aveva da
poco scoperto della sua esistenza. E’ una storia un po’
complicata della famiglia di Hayama e della mia - tagliò corto.
Naozumi sgranò gli occhi e
s’adombrò. - Mi stai dicendo che tuo padre voleva che
vivessi per mesi in compagnia di un completo sconosciuto? Non temeva
per la tua incolumità? E se ti succedesse qualcosa? Hayama mi
sembra un tipo molto poco raccomandabile. Senti, Sana, se vuoi posso
darti una mano. Rinuncia all’eredità e vieni a stare da me
finché non ti sarai sistemata in un buon posto tutto tuo. -
Stringendo forte il pugno, Sana si
alzò in piedi. - Adesso basta. Naozumi, posso capire che sei
preoccupato per me, ma ora stai esagerando. Non pensi che prima di
prendere la decisione di venire ad abitare in questa casa non abbia
pensato se fosse una buona idea vivere con Hayama o meno? Sono adulta a
sufficienza per prendere le mie decisioni e per capire se mio padre
sapesse o no quello che faceva. - Kyo Kurata era un tasto dolente e non
avrebbe permesso a nessuno d’infangarne la memoria. Con la testa
si rendeva conto che Naozumi aveva parlato spinto dalla preoccupazione
nei suoi confronti, ma non poteva accettare che mettesse in dubbio una
decisione ponderata a lungo o una supplica del suo adorato papà.
Incapace di stare ferma, si allontanò dal divano e andò
alla finestra; il suo sguardo puntato verso l’esterno, ma non
vedeva realmente il paesaggio che circondava la grande casa.
Prima che gli voltasse le spalle,
aveva visto Naozumi portassi una mano alla testa, imbarazzato. -
Io… ecco, scusami, Sana. Non volevo certo mettere in dubbio il
tuo buon senso, ero solo preoccupato. -
Sana sospirò. - Accetto le
tue scuse, chiudiamo il discorso. - Tornò al suo posto, bevve un
sorso di tè - ormai non era più bollente - per calmarsi e
chiese: - Il motivo della tua visita? -
Naozumi sorrise incerto. - Volevo
invitarti fuori a pranzo, domani, sempre che per te non sia un
problema. Ovviamente offrirò io per farmi perdonare per oggi. -
A Sana bruciava ancora un po’
per la lite con lui, ma il giorno successivo le sarebbe passata
sicuramente del tutto l’arrabbiatura e le avrebbe fatto piacere
passare del tempo con Naozumi. - Preparati, allora, perché
ordinerò tutti i piatti più costosi! - affermò
sorridendo.
Lui rise. - Dici che sarò costretto a portare il libretto degli assegni? - chiese scherzando.
- Certo, e dovrai anche vendere casa! -
- D’accordo. Ora devo andare, tra poco devo presentarmi per la registrazione di un programma. -
Dopo che gli accordi su dove e a che ora vedersi furono presi, Naozumi la salutò e se ne andò.
*
Nell’anime non ricordo bene, anche se mi sembra che un accenno ci
sia, ma nel manga c’è una scena in cui il manager di Nao
il Mollusco dice che lui non sopporta niente di “forte” (ma
da quando le gomme da masticare sono forti? Bah!) e quindi ho deciso di
mantenere questo particolare riportato agli alcolici.
Spazio Autrice:
Salve a tutti! Ogni tanto ho il dubbio di essere troppo crudele con il
Mollusco… (non credeteci, sto scherzando!) Nel storia precedente è morto prima ancora che
cominciasse la storia e in questa gli ho fatto ustionare la
lingua… chissà cosa mi inventerò la prossima
volta! XD!
Ah, comunque la litigata non era prevista… il Mollusco mi è sfuggito di mano e Sana ha fatto il resto.
Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 5 ricordate,
le 27 seguite e le 15 persone che mi hanno aggiunto tra gli autori
preferiti.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
- Qui ogni piatto è molto buono, ma ti consiglio il
sushi. Quello che cucinano in questo ristorante è il migliore
della città - le consigliò.
- Sushi? Oh, se qui ci fosse Hayama sarebbe davvero felice di mangiarlo, lo adora! -
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Capitolo 10 *** 10° capitolo ***
The Ghost's Diary - 10° capitolo
Anche
questo capitolo, come l'ottavo, è stato parecchio difficile da
scrivere, soprattutto la parte di Naozumi. Spero vi piaccia. In fondo
alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo.
The Ghost's Diary
10
6 Maggio
Caro Diario,
Quest’oggi
non posso aspettare fino a stasera per confidarti gli avvenimenti della
mia giornata. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma, oltre te, non
saprei proprio con chi confidarmi su quanto è accaduto dopo il
funerale della mia adorata nonna Setsu.
Shotaro, dopo
aver chiesto il permesso ai miei, mi ha accompagnata a casa. Abbiamo
fatto una passeggiata a piedi e mi ha ascoltata e consolata.
Quando abbiamo raggiunto la mia abitazione, però, mi ha colto di sorpresa e mi ha baciata.
Non era un semplice bacio sulla guancia in segno di conforto, mi ha sfiorato le labbra.
Davvero non me
lo aspettavo e non sono riuscita ad impedirglielo. Io ero - e sono -
disperata per la morte della nonna ed ero troppo confusa e distante per
accorgermi per tempo del suo gesto.
Non ho idea dei motivi che hanno spinto Shotaro a baciarmi, magari voleva solo distrarmi.
Io amo Sentaro
e il bacio di Sho non ha significato nulla. Farò finta che nulla
sia successo e spero che anche per Shotaro valga lo stesso.
A presto, caro Diario,
Hana
P.s.
No, non è vero! Perdonami, in parte ti ho mentito. La
verità è che quel bacio mi ha quasi fatto uscire il cuore
dal petto. Non so proprio cosa dovrei fare ora. Io sono fidanzata.
Shotaro si trovava al funerale
della nonna della sua amica Hana. Non sapeva come ci era arrivato, ma
sapeva che era giusto che si trovasse lì.
Il kimono che indossava era scuro,
adatto per quei momenti di dolore, così come quello degli altri
presenti. Hana si trovava a pochi metri di distanza da lui e i capelli
castani, essendo raccolti dietro il capo in una stretta crocchia, non
ricoprivano il viso contratto dal dolore e bagnato di lacrime. Le mani
erano strette una all’altra e lei era leggermente chinata in
avanti, come se la testa pesasse troppo per essere tenuta dritta. Ogni
tanto sollevava un braccio e se lo passava sulle guance nel vano
tentativo di porre fine al pianto.
Shotaro non riusciva a smettere di
staccarle gli occhi di dosso e di provare un dolore terribile al cuore
osservandola soffrire tanto. Gli era capitato di incontrare la signora
Setsu Kougami e gli era sembrata un donna davvero speciale. Hana
era davvero molto legata a lei e quindi non c’era dubbio che
probabilmente fosse quella che soffrisse di più tra le tante
persone presenti in quel momento.
L’unica cosa - improponibile
e sconveniente - che avrebbe voluto Shotaro era avvicinarsi a lei,
stringerla in un forte abbraccio e non lasciarla andare mai più.
Ma non poteva farlo, Hana era
fidanzata con un altro, un uomo che certamente non la meritava. Lei non
era sua, non lo sarebbe mai stata.
Mentre il funerale volgeva al
termine, Shotaro si sentì strano. Un piccola parte dentro di
sé gli suggeriva che non era quello il suo posto, il suo nome e
il suo carattere.
Quello era il suo corpo, si disse. Mentre ognuno prendeva direzioni diverse, lui poté finalmente avvicinarsi ad Hana.
- Hana - sussurrò solo con tono dolce e le strinse una mano con la sua in segno di conforto.
Lei sollevò il capo ad incontrare il suo sguardo e gli rivolse un sorriso tremulo. - Grazie per essere venuto. -
Dov’era quel tipo, il suo
fidanzato? Perché non era lì a lenire il suo dolore?,
pensò con rabbia celata Shotaro.
I genitori di lei, alle sue spalle,
gli sorrisero. Anche se, notò con rammarico, quello della madre
era piuttosto finto e si notava un accenno di disapprovazione.
Come mai?,
si chiese. - Scusatemi, signori Kougami, vi chiedo il permesso di
accompagnare io vostra figlia a casa - domandò poi,
accantonando il dubbio.
Prima che la signora Kougami
potesse rispondere, la precedette il marito: - Accettiamo
l’offerta con piacere. Penso proprio che sia una buona idea per
lei. -
Shotaro ringraziò e condusse
l’amica lontano da loro. La villa dei Kougami non era molto
lontana ed era una giornata nuvolosa, ma non fredda, non sarebbe stato
un problema fare una passeggiata fino a lì.
Hana lo prese sottobraccio e gli si strinse addosso.
- Su, andiamo - le disse e la
trascinò via. Camminarono per alcuni minuti in silenzio, Shotaro
era incerto su cosa dirle, sicuro che ogni argomento fosse inopportuno.
- Sho? - lo chiamò. Era un
po’ di tempo che aveva cominciato ad utilizzare quel diminutivo,
anche se a lui non piaceva molto. In un’altra occasione le
avrebbe detto di smetterla, ma questa volta non lo fece ed
accettò di buon grado il modo in cui lo chiamava.
- Sì? -
- Lei mi… mi mancherà
molto. - Non c’era bisogno che specificasse a chi si riferisse,
era ben chiaro ad entrambi.
- Sì, lo so. - Si sentiva
dannatamente impacciato. Fermandosi, si girò verso Hana e la
strinse forte tra le braccia. - Sfogati, sfogati ancora, fino a che non
ti sentirai meglio! - disse con intensità, stringendola ancora
più forte, fino quasi a farla soffocare.
Le passò un mano tra i
capelli e l’acconciatura non resse. I capelli ondulati le
ricaddero sulle spalle e lui sentì di nuovo una sensazione di
stranezza. Quello che stringeva tra le dita doveva essere liscio, non
mosso e come mai quelle profumate ciocche non erano rosse?
No, strillò nella sua mente, Hana ha i capelli castani!
I singhiozzi incontrollati di Hana
non cessarono prima di qualche minuto, al termine dei quali lui si
separò da lei e le consegnò un fazzoletto.
Gli sorrise e questa volta il suo gesto fu molto più naturale del precedente.
Ripresero a camminare arrivando in
breve tempo davanti al porta della casa di Hana. - Grazie per oggi. Per
essermi stato vicino, per avermi consolata… per tutto. Grazie di
esserci - disse seria.
Shotaro la osservò e si
sentì felice dei grandi sentimenti che provava per lui. Senza
che potesse farne a meno, i suoi occhi si posarono sulle labbra di lei.
Prima che se ne rendesse conto, le strinse una mano sulla spalla e si
chinò ad incontrare le sue labbra.
Non fu un contatto lungo,
perché tornò in sé in fretta e si rese conto con
sconcerto di aver baciato la sua migliore amica, che non solo era
innamorata di un altro, ma era pure fidanzata.
- Sho, che cosa…? - Non disse altro mentre lo fissava a bocca aperta.
Shotaro arretrò e si allontanò, sordo ai richiami di lei.
Akito sbarrò gli occhi. Le
immagini di un mondo diverso dal suo ancora gli vorticavano nella
mente. Si passò una mano fra i capelli e sentì il sudore
che gli imperlava la fronte.
Shotaro? Hana?, ripetè nei suoi pensieri incredulo.
Si tirò su a sedere e
rifletté. Era il sogno più strano che avesse mai fatto.
Lui era un altro, un certo Shotaro. Più basso e più magro
di quanto non fosse realmente e c’era una ragazza, Hana, un
po’ gli ricordava Kurata, di cui era innamorato. Di cui era
innamorato Shotaro, precisò.
Perché aveva sognato certe cose, che cosa gli era preso al suo subconscio?
Si passò le mani sul viso e si strofinò gli occhi con le dita. Sho, l’aveva chiamato Hana.
Era lo stesso che aveva sentito pronunciare da Kurata quando lei aveva perso la testa.
Che cosa gli stava accadendo?
Perché la sua vita aveva sempre meno senso? Chi erano Sho e
Hana, esistevano veramente? Akito si lasciò scivolare
all’indietro fino a toccare con il capo il cuscino e chiuse gli
occhi. Che cosa aveva quella casa di sbagliato?, fu il suo ultimo
pensiero, la sua ultima domanda senza risposta, prima che sprofondasse
di nuovo nel sonno.
Quel giorno pioveva. Diluviava,
avrebbe detto qualcuno, ma a Sana non interessava perché lei
amava la pioggia, esattamente come qualsiasi tempo atmosferico. Certo,
forse stare spaparacchiata sulla poltrona con un libro in mano e il
fuoco accesso nel camino sarebbe stato preferibile, ma andava bene
anche così. Sperava solo che il vestito corto a fiori che
indossava non si rovinasse dato che era uno dei suo preferiti.
Sana scosse l’ombrello per
scrollarlo in parte dall’acqua di cui era impregnato e lo
richiuse, poi entrò nel ristorante. Aveva fatto bene a scegliere
quel locale, era carino e accogliente. La sala era spaziosa e occupata
da semplici tavoli in legno quadrati e ricoperti da tovaglie bianche. I
muri, dipinti di un colore caldo, che circondavano il ristorante era
ricoperti in modo alternato da sostegni di colore nero - lo stesso
delle sedie - a cui erano appese lampade con intorno un piccolo
paralume bianco circolare. Lasciò scorrere lo sguardo lungo i
tavoli fino ad incrociare lo sguardo allegro e sorridente di Naozumi.
L’aveva vista entrare e
perciò aveva sollevato un braccio per richiamare la sua
attenzione e farle notare il posto in cui era seduto. Lui aveva
suggerito di venirla a prenderla e portarla in uno dei ristoranti
più cari della città, ma Sana aveva rifiutato. Non era
mica un appuntamento il loro, ma un’uscita tra amici.
Lo raggiunse e lui si alzò.
Sana gli posò le mani sulle spalle e si avvicinò per
scoccargli un bacio su entrambe le guance. - Naozumi, ciao! -
- Sana, ben arrivata. Sei
bellissima! - Si separarono e lui, impeccabilmente, le scostò la
sedia per farla sedere. - Oh, grazie. Diventi sempre più galante
- rise lei e gli sorrise con calore.
Naozumi tornò a suo posto e
le passò uno dei menù. - Qui ogni piatto è molto
buono, ma ti consiglio il sushi. Quello che cucinano in questo
ristorante è il migliore della città - le
consigliò.
- Sushi? Oh, se qui ci fosse Hayama sarebbe davvero felice di mangiarlo, lo adora! -
Sana vide il sorriso di Naozumi incrinarsi leggermente. Aveva detto qualcosa di male? - Hayama? Tuo… fratello. -
- Fratellastro - lo corresse lei
con una smorfia, interrompendolo. Ma nemmeno quello. Sana dubitava
davvero che sarebbe mai arrivata a considerare Hayama come un parente,
era impossibile.
- E… come sta? - chiese rigido.
- Meglio, sempre meglio. Sai, un
po’ di tempo fa si è ferito ad un ginocchio ed è da
poco che ha smesso di utilizzare le stampelle. Però ha
già ripreso ad allenarsi, spero solo che non esageri e si faccia
male di nuovo. -
Naozumi annuì e si
concentrò sul menù. Sana lo imitò e pensò a
cosa le andava di mangiare. Non aveva molto appetito, forse
perché, essendosi alzata tardi, aveva fatto colazione solo un
paio d’ore prima. - Penso che prenderò il Misoshiru e i
Takoyaki - disse alla fine, richiudendo con un scatto il menù.
Una cameriera doveva aver colto il suo gesto, perché si
avvicinò affermando: - I signori hanno deciso cosa ordinare? -
Naozumi si girò a guardarla
e sorrise. La cameriera - i capelli era rossi ed era formosa, piuttosto
attraente e giovane - ricambiò lo sguardo e arrossì di
botto. - Lei è l’attore Naozumi Kamura? - chiese, con gli
occhi che le luccicavano.
Il sorriso di Naozumi si incrementò.
- Sono una sua fan, ho visto tutti i suoi film - riprese la cameriera. - Lei è veramente bravissimo! -
- Grazie. Ora, se non le dispiace, vorremmo ordinare - disse con gentilezza glaciale.
L’espressione dell’altra si riempì di vergogna. - Scusatemi. Cosa prendete? -
- Una porzione di Udon, una di
Misoshuri e poi due di Takoyaki - rispose. Dopo che ebbe ordinato acqua
- per lui - e vino bianco - per lei -, la cameriera li lasciò
soli.
- Non pensi di essere stato un po’ duro con lei? Una volta eri più gentile - si decise a chiedere Sana.
- No. - Si zittì un momento
poi aggiunse: - Forse hai ragione. Ma, sai, ultimamente le mie fan sono
aumentate e non volevo rischiare che ci interrompesse ogni due minuti.
-
- Capisco. Uhm… a proposito del tuo lavoro… l’ultimo film come sta andando? -
- Molto bene, ne sono piuttosto
soddisfatto. - Sorridendo pago, cominciò a raccontarle del suo
ultimo lavoro da poco ultimato e di prossima uscita nei cinema.
Mentre la conversazione si spostava
sul lavoro di Sana, ritornò la cameriera con le loro
ordinazioni. - Grazie! - esclamò lei rivolgendo all’altra
un sorriso. Venne ricambiato, ma Sana vide un lampo di irritazione sul
viso della cameriera dai capelli rossi.
Non se la prese, né ci fece
molto caso. Era amica di Naozumi da molto tempo ed era abituata a
notare gelosia e invidia negli occhi delle sue fan.
- Sai, Sana… -
cominciò Nao, mentre ancora stavano assaporando il primo piatto.
Era buonissimo il Misoshiru di quel locale. - Mi piacerebbe leggerlo il
tuo manoscritto. Ho a che fare con molti copioni e, dunque, ho
acquisito una certa pratica. Magari potrei esserti di un qualche aiuto.
-
- Te lo farò leggere,
sì, ma non subito. Non è ancora completo. Nessuno legge
quello che scrivo fino a che non ho raggiunto la conclusione - disse
lapidaria. Naozumi non avrebbe potuto replicare e tentare di
convincerla nemmeno se avesse voluto.
- D’accordo, come vuoi. -
Quando finirono entrambi di
mangiare, Naozumi chiamò un cameriere e si fece portare il
conto. Sana prese la borsetta e tirò fuori il portafoglio.
- Ma no, Sana, lascia stare. Ti ho invitato io e quindi tocca a me pagare - affermò Naozumi scuotendo la testa.
- Figurati… è
un’uscita tra amici, non un appuntamento. Non è giusto che
tu sostenga da solo la spesa. Pagherò la metà. -
- Ieri avevi detto che avrei pagato io per farmi perdonare. -
- Stavo scherzando, non dicevo sul serio. -
- Ma… -
- Non riuscirai a convincermi, Naozumi - lo interruppe Sana con un sorriso.
Naozumi sapeva che quello che aveva
detto era vero. Sana era caparbia e nulla di quello che avrebbe potuto
dire l’avrebbe fatta desistere dal suo proposito. Rassegnato,
pagò solo la metà del conto. Sana aveva detto che il loro
non era appuntamento e lui sapeva che purtroppo era così, anche
gli aveva fatto piacere pensarla diversamente. Naozumi amava Sana da
molto tempo, forse dalla prima volta che l’aveva vista, non
avrebbe saputo dirlo con certezza.
Entrambi si alzarono e si avviarono
all‘entrata del ristorante. Mentre le apriva la porta per
lasciarla passare per prima, Naozumi vide che aveva smesso di piovere.
Ne era contento, non amava molto la pioggia. Il sole era molto
più facile da gestire.
Sana si voltò a guardarlo e
disse: - Ora devo andare, ho alcune commissioni da sbrigare. Grazie
mille per il pranzo. - Si avvicinò a lui e gli schioccò
un bacio sulla guancia. Era stanco di quell’amore a senso unico,
voleva qualcosa di più.
Quando si staccò, lui le posò una mano sul braccio, ma senza stringere. - Sana? -
Lei lo fissò con espressione interrogativa. - Sì? -
Sentì gli occhi inumidirsi
di lacrime. Doveva dirglielo, aveva aspettato tanto tempo e sentiva che
era il momento di essere sincero.
- Nao… Cosa? - Sbatté le palpebre più volte.
- Sana, io ti amo. Ti amo, Sana - ripeté. Una lacrima gli rigò la guancia. Accidenti alla commozione!
L’espressione di lei si fece
seria e gli coprì la mano con la sua. - Naozumi, noi siamo amici
e ti voglio molto bene, ma non posso amarti, non nel modo che intendi
tu. -
Accusò il colpo. In fondo al
suo cuore sapeva che lei non lo amava, ma il dolore lo sentì
comunque, perché un barlume di speranza c’era sempre. -
Potresti lo stesso stare con me e, magari, con il tempo amarmi -
provò a convincerla, perfettamente consapevole di starla
pregando, ma non gli importava.
- No… non potrei mai stare con qualcuno di cui non sono innamorata. Scusami. -
Naozumi si limitò ad annuire, non sapeva proprio che cosa avrebbe potuto replicare.
- Scusami - la sentì ripetere. - Ciao. - Dopo averlo salutato, si girò e andò via.
- Ciao - sussurrò Naozumi poco dopo, quando ormai era troppo lontana per sentirlo.
Spazio Autrice: Voi
non avete idea di quanto mi sia costato far comportare la cameriera in
quel modo… Purtroppo siamo tutti al corrente che Naozumi
è piuttosto famoso e ha molte fan, per motivi ancora oscuri al
genere umano, e perciò ho pensato che fosse giusto che qualcuna
lo riconoscesse. Inizialmente, poi, la dichiarazione doveva essere dal
punto di vista di Sana, ma alla fine, non so nemmeno come, sono
arrivata a scrivere il PDV del Mollusco. Spero vi sia piaciuto.
Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 17 preferite, le 6 ricordate
e le 28 seguite. Grazie di cuore anche alle 17 persone che mi hanno
aggiunto tra gli autori preferiti.
Alla prossima settimana!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Abbassò lo sguardo e osservò con malcelato stupore le macchie rosse che ricoprivano il parquet.
Si inginocchiò e le sfiorò con le dita prima di portarsi quest’ultime più vicine al viso.
Sembrava… sangue.
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Capitolo 11 *** 11° capitolo ***
The Ghost's Diary - 11° capitolo
Ecco un capitolo in cui il fantasma compare parecchio. Spero vi piaccia. In fondo alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo! Buona Lettura.
The Ghost's Diary
11
9 Maggio
Caro Diario,
Dopo quello che
è avvenuto subito dopo il funerale di mia nonna Setsu, non ho
più avuto il coraggio di incontrare Shotaro e perciò mi
sono rifiutata di vederlo inventando scuse ridicole.
Mi sento a disagio, come posso far finta che non sia accaduto nulla dopo quello che è successo?! E impossibile, ecco.
Il mio
brillante piano di evitarlo, però, ha presentato una falla. A
quanto pare non avevo tenuto conto di quanto mi sarebbe mancato non
vederlo.
Sì, sono trascorsi solo tre giorni, ma è un sacco di tempo, non ti pare?
Vorrei tanto che non fosse successo niente, che non mi avesse baciato.
Oh, ma
perché l’ha fatto?! Non poteva lasciare le cose come
stavano? Non potevamo rimanere amici e basta? Quel… quel coso ha rovinato la nostra amicizia.
Tre giorni fa
avevo detto che avrei fatto finta di nulla e ci ho provato, davvero. Ma
poi ho capito che non potevo passarci sopra come se nulla fosse. Non
è qualcosa che potessi prendere alla leggera.
Come mi devo
comportare? Forse dovrei parlare con Shotaro e discutere di quanto
è accaduto e scoprire finalmente il motivo del suo gesto.
A Sentaro non
dirò nulla. Volevo essere sincera con lui, ma temo che
pretenderebbe di nuovo che dica addio a Shotaro e non potrei mai farlo.
Nei prossimi
giorni tenterò di vedere Shotaro e risolvere la situazione. Devo
comunque assolutamente vederlo, mi manca molto.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Sana rientrò a casa alcune
ore dopo il pranzo con Naozumi, aveva appena riportato ai suoi genitori
il loro pestifero figlio. Il dolce angioletto,
di nome Hiroto, era riuscito a farle uno strappo nel vestito e a
macchiarglielo di terra; era certa che non sarebbe mai riuscita a
riaverlo com’era prima. Aveva appena varcato la soglia che si
precipitò a prendere la cornetta per telefonare.
- Pronto? - rispose la voce di Fuka dopo alcuni squilli.
- Ciao, Fuka. Come stai? - chiese andando verso il salotto e lanciando la borsa verso il divano.
- Sana, ciao! Sto bene, sì,
ma sono irritata. Ho appena avuto una lezione con il professor
Shibusawa… ma quando si decide ad andare in pensione? Quando
spiega perde in continuazione il filo del discorso ed anche mezzo
sordo! - si lamentò la sua amica. Fuka frequentava
l’università per diventare avvocato. Sana era sempre stata
convinta che quello fosse il ramo giusto per l’amica.
Un sorriso le incurvò le
labbra e trattenne a stento una risatina. Aveva fatto bene a telefonare
a Fuka, si sentiva già meglio. - Mi dispiace. Uhm, adesso sei
impegnata? Ti sto disturbando? -
- No, è tutto okay. Sono in pausa pranzo, adesso. Perché mi hai telefonato? Va tutto bene? -
Sana sospirò, era arrivato
il momento di confidarsi. Si lasciò cadere all’indietro
finendo distesa sul divano e con l’ausilio dei piedi si
sfilò le scarpe; i talloni avevano cominciavano a dolerle a causa
dei tacchi alti. - Ehm, ti ricordi Naozumi? -
- Kamura, intendi? L’attore che veniva a scuola con noi e che, tra parentesi, ti moriva dietro? -
Sana sgranò gli occhi e si
tirò su a sedere, certa di aver capito male. - Mi… cosa?
Come hai detto, scusa? -
- Dai, Sana, non dirmi che non lo
sapevi. Era così evidente, gli si leggeva in faccia. Tutti
quelli che vi conoscevano se n’erano accorti. In effetti non
dovrei essere così sorpresa che tu non ti sia accorta di
nulla… sei sempre stata poco… come dire… sveglia
per certe cose. -
Sana aveva ascoltato ogni sua parola
in silenzio e con un’espressione di sorpresa dipinta in volto. -
Io… non immaginavo proprio - commentò alla fine.
- Beh, comunque… cosa volevi dirmi a proposito di Naozumi? -
- Avevi ragione, è innamorato di me. Oggi si è dichiarato - rivelò con tono neutro.
- Davvero? E tu cosa gli hai risposto? -
Scuotendo la testa, Sana si
alzò dal divano e cominciò a passeggiare nervosamente
avanti e indietro per la stanza. - Sai benissimo che non mi interessa
nessuno al momento e quindi l’ho rifiutato, ovviamente. -
- Ah, capisco. Beh, mi trovi d’accordo con la tua decisione. -
- Perché? - chiese e smise di girare intorno.
- Sana, secondo me un tipo come Naozumi non fa per te. Ti ci vuole un uomo con un carattere completamente diverso. -
Non riusciva a capire, cosa aveva Naozumi che non andava? O era lei il problema? - Un tipo come? -
- Cosa vuoi che ne sappia io?! -
strillò l’altra e Sana fu costretta a staccare di alcuni
centimetri la cornetta dall’orecchio ed evitare così la
frantumazione del suo innocente timpano. - Ah, e poi? Che cosa è
successo dopo? -
Entrò in cucina e aprii il
frigorifero dove prese una bottiglia piena per tre quarti di succo di
frutta. Distratta dalle sue azioni, la domanda la colse impreparata. -
Dopo? Dopo cosa? -
- La dichiarazione! - le
ricordò Fuka spazientita. - L’hai rifiutato, e questo
l’ho capito. Ma dopo cosa hai fatto? E lui? -
- Ci siamo salutati e me ne sono
andata. Ero anche di fretta perché rischiavo di arrivare tardi
dalla famiglia in cui avrei prestato servizio - spiegò, mentre
prendeva il bicchiere e lo riempiva per buona parte.
- Capisco. Poverino, gli avrai spezzato il cuore. -
- Fuka! Mi sento già
abbastanza in colpa senza che peggiori la situazione - la
rimproverò, sollevò il bicchiere e bevve. Non aveva
voluto certamente far soffrire Naozumi, d’altro canto non poteva
amarlo per forza.
- Non volevo farti sentire più in colpa… no, aspetta! Ti senti colpa? Non devi sentirti in colpa! -
Il succo quasi le andò per traverso. - Cosa? E perché? -
- E’ vero, l’hai fatto
soffrire, ma non è certo colpa tua se non lo ami. Metterti con
lui per compassione, quello sì che meriterebbe sensi di colpa da
parte tua. Non l‘hai ingannato e perciò non hai commesso
errori. Hai capito? -
- Certo, non sono stupida -
replicò, ma il dispiacere verso Naozumi era ancora ben radicato
in lei. Ci fu un attimo di silenzio, poi Sana riprese: - Fuka, pensi
che riusciremo a rimanere amici comunque io e lui? -
- Beh, tu comportati normalmente,
come se nulla fosse accaduto. Se lui tiene così tanto a te, non
ti starà lontano. -
Sana sorrise. Era contenta di aver
interpellato la sua amica e ora si sentiva più sollevata. - Grazie,
Fuka. Ci sentiamo presto, d’accordo? -
- Certo. Ciao - la salutò.
Sana ricambiò e chiuse la
telefonata. Finì di svuotare il bicchiere e lo posò nel
lavandino. Lo sguardo le cadde sul vestito - sulle orrende macchie - e
un gemito di frustrazione infranse il silenzio nella cucina. Una
missione impossibile l’aspettava.
Hana passeggiava per il corridoio
della sua casa. No, non più sua, si corresse, ora ci abitavano
due persone, un uomo e una donna, che non erano nemmeno parenti.
Se sua madre fosse stata presente avrebbe gridato allo scandalo per questo.
Se, appunto. Ma lei ora non
c’era più e nemmeno suo padre o il suo fratellino. La loro
vita era proseguita e alla fine se n’erano andati com’era
giusto che fosse.
Arrivò alla soglia del bagno
e vide Sana - così si chiamava la donna che aveva preso possesso
della sua camera - intenta a utilizzare l’acqua per ripulire un
vestito a fiori molto corto. Ormai i giapponesi non indossavano
più abitualmente il kimono o lo yukata*, ma abiti occidentali.
Hana arretrò, poi si voltò e si diresse in direzione della sua
stanza. Passò attraverso la porta chiusa e osservò con
commozione la camera dove aveva passato anni della sua vita.
Era diversa da come l’aveva
lasciata, ma a lei sembrò comunque di tornare indietro nel tempo
a quando era viva e felice. Lasciò vagare lo sguardo fino a che
esso non si posò sul comodino su cui era stato abbandonato il
suo diario. Si avvicinò lentamente, quasi con timore e
fissò con attenzione il libricino malconcio.
Ricordava bene il motivo per cui si
era ridotto così, non l’avrebbe mai scordato.
Sollevò un dito e il diario si aprì. Non poteva toccarlo,
ma per fortuna aveva a disposizione altri modi per ovviare il problema.
Lesse alcune righe e un lieve
sorriso le spuntò in volto. Erano passati decenni da quando
aveva vergato quelle pagine e lei non era più la ragazzina che
era stata allora.
Chinò il capo e la nostalgia
l’assalì di nuovo. Doveva uscire da lì, abbandonare
il luogo che la faceva soffrire.
Corse fuori e attraversò il
corridoio. Se fosse stata ancora viva sarebbe stata piegata in due e
avrebbe avuto il fiatone.
Si fermò. Davanti a lei
c’era una porta chiusa. Alcune notti prima, non ricordava bene
quando, si era impossessata del corpo di Sana e ci era entrata. Aveva
visto il corpo addormentato di Akito e aveva creduto per un attimo che
lui fosse Sho. La somiglianza tra i due non era moltissima, ma rivedere
qualcuno che somigliava anche solo in minima parte a Sho le aveva fatto
credere che lui fosse tornato da lei. Com’era stata sciocca.
Ripercorse il corridoio e scese al piano inferiore. Vide Sana avviarsi verso la cucina e la seguì.
Hana l’aveva vista molte
volte cercare informazioni su di lei per scoprire che cosa le era
accaduto, ma non riusciva a comprenderne il motivo.
Perché voleva conoscere i particolari della sua vita? Era così importante per lei?
La osservò socchiudendo gli occhi e con sospetto. Beh, se ci teneva tanto a scoprire quanto era stata felice e gli sbagli che aveva commesso, le avrebbe dato una mano.
Sana aveva steso il vestito ad
asciugare ed era ritornata in cucina. Aveva appetito e perciò
aveva deciso di prepararsi un panino.
Mancavano solo alcune ore alla cena, ma non avrebbe resistito così tanto, il suo stomaco richiedeva cibo ora.
Avrebbe mangiato e poi si sarebbe
spostata sul divano a vedere un po’ di televisione, non era
dell’umore giusto per mettersi davanti allo schermo del computer
a scrivere.
Prese il coltello e divise in due parti il pane e poi cominciò ad affettare i pomodori.
Alle sue spalle ci fu uno spostamento d’aria e la porta, da lei lasciata spalancata, si mosse.
Si girò, ma non vide
nessuno. Aveva forse lasciato in salotto una finestra spalancata? Ma non
ricordava di averne aperta una. Che fosse stato Hayama?
Scosse le spalle e rimostrò la schiena alla porta.
Fu improvviso e inaspettato e Sana non poté rendersi conto di non essere più lei, ma qualcun’altra.
E il coltello le scivolò di mano.
Sana aprì gli occhi. Si
trovava ai piedi della scala, come ci era arrivata? Rammentava di
essere stata in cucina fino ad un attimo prima. Si guardò intorno
incuriosita. La sua casa era arredata in modo differente, solo alcuni
dei mobili più vecchi erano al loro posto. Che cosa…?!
Sentì un forte dolore al
polso sinistro e istintivamente chinò il capo. Lo sfiorò
con le dita, ma non aveva niente che non andava.
- Perché? Dannazione,
perché? - sentì urlare qualcuno in cima alla rampa. Era
un uomo, ma non Hayama. Chi era e cosa ci faceva in casa sua?
Una voce femminile con un tono
molto più basso disse qualcosa, ma Sana non riuscì a
decifrare, era troppo lontana.
- Rspondimi, Hana. Rispondimi! - ordinò di nuovo la voce maschile.
Hana? Possibile che sia la ragazza del diario?
Ignorando il dolore al braccio,
Sana salì i gradi di corsa, giusto in tempo per sentire Hana
replicare: - Perdonami, Sentaro. Ma io… amo un altro. Per questo
non posso più sposarti. -
Sana si trovava abbastanza distante da loro, ma distinse lo stesso senza problemi le lacrime sul volto di Hana.
Hana e Sentaro. Poteva
essere solo una coincidenza? Ma lei era convinta che fossero morti, o
al massimo anziani, come potevano essere giovani e lì davanti a
lei?
Hana era più bassa di lei,
ma nei lineamenti le somigliava abbastanza. I capelli erano castani
chiari e ondulati. Sentaro, invece, doveva essere alto
all’incirca come Hayama, ma meno muscoloso, anche se aveva lo
stesso un bel fisico. I capelli erano neri e corti e sia lui che lei
indossavano un kimono.
- Non puoi annullare tutto e
lasciarmi, hai capito? Tu sei mia, solo mia! - urlò ancora
Sentaro fuori di sé, sollevò una mano e le mollò
uno schiaffo.
Sana si arrabbiò. Come osava quel tipo malmenare in quel modo la fidanzata? Decise di raggiungerli e aiutare Hana.
A frenare il suo intento furono dei
passi concitati lungo le scale. Si girò e vide un uomo e una
donna di mezz’età oltrepassarla e dirigersi verso i due
litiganti. Nessuno dei due degnò di un’occhiata Sana,
nemmeno Hana e Sentaro che si erano voltati sentendo l’arrivo dei
due signori. Possibile che non la vedessero?
Che cosa le stava succedendo? Era
come se si trovasse nel passato o in una dimensione parallela. Stava
forse sognando? L’ultimo suo ricordo risaliva a lei in cucina che
preparava un panino. Non avrebbe mai potuto addormentarsi in piedi
così di colpo!
Il dolore al polso non accennava a
diminuire e avvertiva una sensazione come di bagnato e di gocce che le
rigavano il braccio e la mano.
Nel frattempo, i due signori, che
scoprì essere i genitori di Hana, avevano raggiunto
quest’ultima e Sentaro e stavano discutendo. Il padre era
furibondo con il ragazzo che aveva schiaffeggiato la figlia e lo
cacciò di casa con l’ordine di non farsi più
vedere. La madre osservava con un misto di distacco e preoccupazione la
guancia rossa di Hana.
Avrebbe voluto avvicinarsi, provare che in realtà i presenti potevano - dovevano - vederla e farsi aiutare, ma si sentì mancare e le sue ginocchia cedettero sotto il suo peso.
Akito rientrò a casa con un
sacchetto del sushi migliore della città stretto in una mano. La
fisioterapia aveva dato buoni risultati quel giorno e quindi si
sentì sereno e pronto a dividere la sua preziosa - e abbondante
- cena con Kurata.
Mentre richiudeva la porta con due mandate sentì che c’era qualcosa di strano. Troppo silenzio.
Che Kurata non fosse in casa? In
genere la sentiva sempre fare qualcosa di rumoroso quando rientrava in
casa e tutto quel silenzio non era da lei.
Liquidando la questione con
un’alzata di spalle si diresse verso il salotto, ma prima di
raggiungerlo un piede scivolò sul pavimento e quasi cadde
riverso a terra.
Abbassò lo sguardo e osservò con malcelato stupore le macchie rosse che ricoprivano il parquet.
Si inginocchiò e le sfiorò con le dita prima di portarsi quest’ultime più vicine al viso.
Sembrava… sangue.
Si alzò in piedi e chiamò: - Kurata? -
Le macchie rosse proseguivano in
direzione del salotto. Preoccupato, le seguì e giunse fino in
cucina. Non c’era nessuno, ma sul tavolo erano rimasti un panino
diviso a metà e dei pomodori in parte affettati. Akito
sgranò gli occhi quando vide un coltello abbandonato sul
pavimento e sporcato con alcune macchie rosse.
Con il cuore che batteva come un
tamburo, ripercorse il tragitto appena compiuto all’inverso e
giunse ai piedi della scala che portava al piano superiore.
Le macchie rosse - il sangue - non
si fermavano neanche lì. Salì più velocemente che
poté i gradini e sbiancò completamente quando giunse in
cima.
Kurata era sdraiata sul pavimento -
svenuta? -, girata su un fianco. Il braccio destro piegato, mentre il
sinistro, il cui polso presentava una brutta ferita da taglio, era
allungato sopra la testa.
- Sana! -
* Lo yukata sarebbe il kimono estivo.
Spazio Autrice: Crudele ad averlo fatto finire così? Forse.
Beh, comunque spero che vi sia piaciuto. Akito purtroppo compare solo alla fine, ma non si poteva fare altrimenti.
Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 5 ricordate e le 28 seguite.
A mercoledì!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Lo osservava con espressione fiammeggiante, mentre le lacrime
avevano smesso di scorrere.
- Hai smesso di piangere, direi che ti ho fatto un favore. Dovresti
ringraziarmi. - Sapeva che con quella risposta l’avrebbe fatta
imbestialire di più, ma non gli importava.
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Capitolo 12 *** 12° capitolo ***
The Ghost's Diary - 12° capitolo
Avviso (Importante): Da questo momento in poi sono costretta a mantenere la pubblicazione di "The Ghost's Diary" ogni due
settimane, anzichè una, a causa di un calo d'ispirazione per
questa storia. Se riuscirò a tornare a scrivere come prima,
riprendererò a pubblicare settimanalmente, ma al momento non mi
è possibile. Scusate.
In fondo alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.
The Ghost's Diary
12
11 Maggio
Caro Diario,
Come ti avevo già
preannunciato, oggi sono andata a casa di Shotaro per incontrarlo e
chiarire la questione. Volevo che tornassimo amici come un
tempo… tutto era più facile fino a qualche settimana fa.
Inizialmente, tenevo la testa bassa a
causa dell’imbarazzo, era la prima volta che mi capitava con lui.
Stare in sua compagnia mi era sempre venuto naturale, ma non questa
volta.
Mi sono fatta coraggio e gli ho
chiesto spiegazioni riguardo al suo gesto. Lui mi ha spiegato che era
preoccupato per me e voleva farmi stare meglio quindi ha pensato di
dimostrarmi quanto mi volesse bene. Come amico, ha specificato.
Poi si è scusato,
perché allora non si era accorto dell’errore che stava
commettendo e sperava che lo potessi perdonare. Temeva che fossi
arrabbiata e non volessi mai più vederlo.
In realtà, io ero solo confusa.
L’ho rasserenato dicendogli che
non ci avremmo pensato più entrambi e che la nostra amicizia
sarebbe tornata quella di sempre.
Gli ho sorriso e mi sono congedata,
fingendo di avere delle commissioni da sbrigare per il matrimonio. Sono
stata costretta a mentirgli altrimenti avrebbe finito per accorgersi
della delusione che traspariva dal mio volto. Non mi ha fatto piacere
sapere che per lui quello che è accaduto non ha significato
nulla, per quanto mi costi ammetterlo.
D’altro canto, se lui avesse
ammesso di amarmi, avrebbe finito per calare un pesante imbarazzo tra
di noi dato che sono legata a Sentaro.
Non riesco a capirmi, perché continuo a sentire incessantemente la sensazione di star commettendo uno sbaglio?
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Akito, per alcuni interminabili istanti, aveva osservato bianco in
volto il corpo privo di conoscenza e macchiato di sangue della sua
coinquilina, Sana Kurata.
Incredulo, l’aveva raggiunta in due rapidi passi, si era inginocchiato e l’aveva scossa, ordinandole di svegliarsi.
Lei però non gli aveva risposto.
Immediatamente aveva preso il telefono cellulare dalla tasca anteriore
dei pantaloni e aveva chiamato il pronto soccorso, urlando loro di
sbrigarsi, perché lei stava morendo.
Ma è davvero così? Deglutì nervosamente, mentre
avvicinava due dita al collo di Sana. O è già
morta? Con sollievo ascoltò i lenti, ma regolari battiti
del cuore di lei.
Al telefono aveva risposto in breve alle domande che gli venivano
poste, tentando in qualche modo di frenarsi ed evitare di perdere la
pazienza. Un angolo della sua testa sapeva che così non avrebbe
certo giovato a lei.
L’ambulanza quando sarebbe arrivata? Perché ancora non
sentiva le sirene in lontananza? E se non fosse arrivata in tempo?
Doveva fare qualcosa. Strappò un pezzo della maglietta che
indossava e lo premette forte sulla ferita al polso. Voleva arrestare
l’emorragia ed evitare che perdesse altro del tanto sangue che
aveva già versato.
Il suo ginocchio cominciò a lamentarsi per la scomoda posizione,
ma lui lo ignorò e appoggiò una mano sul ventre di Sana
per accertarsi che respirasse. Poco dopo, sentì il leggero
movimento dell’addome di lei.
Respira.
I restanti minuti che mancarono all’atteso arrivo
dell’ambulanza, lui li passò in silenzio, il cuore a mille
e con la mente concentrata su di lei e sull’impedire con ogni
mezzo a suo disposizione che si lasciasse andare.
Akito, seduto su una delle sedie bianche nel corridoio
dell’ospedale, la testa appoggiata al muro rivolta
all’indietro e le braccia incrociate, si rese conto, per la prima
volta, di quanto fosse interminabile l’attesa di una notizia.
Di fronte a lui, passavano avanti e dietro senza tregua medici,
infermieri e pazienti di ogni tipo, ognuno con la propria destinazione,
ma nessuno diretto ad informarlo delle condizioni di Sana.
Ad aspettare, però, non era solo. Poco distante c’erano
due uomini in divisa che lo tenevano sotto controllo - credevano che
sarebbe fuggito? -, uno lo osservava con cipiglio severo, l’altro
indifferente. Anche se non era accusato di niente, era stato comunque
trovato vicino ad una donna con un ferita da taglio e finché
Sana non avesse chiarito la questione, rimaneva comunque come
possibilità che lui c’entrasse qualcosa.
Dopo che aveva accompagnato Sana in ospedale con l’ambulanza, i
due uomini in divisa erano arrivati alcuni minuti dopo e gli avevano
fatto le solite domande di routine. In seguito, si erano allontanati di
alcuni metri, ma da allora non avevano smesso di spostare ripetutamente
lo sguardo da Akito alla stanza in cui era scomparsa Sana.
Improvvisamente, un uomo di mezz’età che indossava un
camice bianco aprì la porta che Akito aveva fissato intensamente
per tutto quel tempo e si avvicinò a lui. Si alzò in
piedi e si portò all’altezza del dottore.
- Lei è un parente della signorina Kurata? - gli chiese l’uomo.
Ecco un’altra occasione in cui si rendeva utile la sua quasi
parentela con Sana. - Sì, è la mia sorellastra. -
- La ferita al polso non era molto profonda ed è la sola che
abbiamo riscontrato, però aveva perso molto sangue.
L’abbiamo medicata e praticato una trasfusione. -
Akito ascoltava in silenzio, sentendosi più sollevato ad ogni parola, e con gli occhi lo esortava a continuare.
- Si è svegliata pochi minuti fa e, a parte un po’ di
stanchezza, sta abbastanza bene e può tornare a casa. Per
sicurezza, si è ritenuto necessario un antitetanica e
perciò le abbiamo prescritto un antidolorifico. Glielo faccia
prendere se sente troppo dolore. -
Lui annuì impercettibilmente.
Il dottore si spostò di lato. - Ora può entrare,
l’aspetta - concluse e si voltò per avvicinarsi ai due
uomini in divisa.
Akito si avvicinò alla porta da cui era sbucato il medico e
entrò nella stanza. I colori che predominavano erano il bianco e
l’azzurro, fu la prima cosa che notò. Cercò con lo
sguardo Sana e la trovò seduta su un lettino con il braccio
ferito ripiegato e tenuto vicino al corpo e l’altro la cui mano
stringeva il bordo in ferro. Aveva la testa chinata in avanti e
l’espressione tesa. Quando sentì il rumore dei suoi passi
in avvicinamento, sollevò lo sguardo e si accorse della sua
presenza. - Hayama! E’ successo… ecco, io non mi so
spiegare, ma… - cominciò confusamente.
Lui la raggiunse in pochi e rapidi passi e le strinse il polso sano con
una mano. - Kurata! - l’apostrofò con durezza. Il
sospetto, che da quando l‘aveva trovata sdraiata a terra aveva
tenuto ben nascosto in sé, senza volersi soffermare, uscì
fuori. - Hai tentato il suicidio? - le chiese diretto. Trovava del
tutto inutile girare intorno alle cose senza esporle chiaramente.
Lei spalancò occhi e bocca, non doveva esserselo aspettato. -
Eh? Ma perché lo pensate tutti? Prima i dottori e ora tu!
E’ stato un incidente, dannazione! -
Akito rallentò la presa sul polso di Sana e lei ne
approfittò per farlo scivolare via e stringergli la mano con la
sua. Si rabbuiò e precisò: - Un incidente… strano.
-
Lui socchiuse le palpebre e la incitò a continuare.
- Ero in cucina e stavo tagliando i pomodori e preparandomi un panino.
Dietro di me ho sentito il rumore della porta che si muoveva e mi sono
girata. -
- C’era qualcuno? Ti ha assalita? -
Sana scosse la testa. - No, c’ero solo io, te lo assicuro. Mi
sono voltata di nuovo e in quel momento è accaduto qualcosa di
strano. E’ come se avessi perso conoscenza senza nessun motivo
apparente. Non so quanto tempo dopo, ma mi sono risvegliata ai piedi
della scala, il polso mi faceva male e ho sentito delle voci. Mi sono
avvicinata e ho visto Hana e Sentaro litigare, capisci? La ragazza del
diario e il suo fidanzato. Ho visto una scena del passato, a cui non
era possibile avessi assistito. Stai pensando che sono pazza o che mi
sto inventando tutto per evitare che tu mi creda un'aspirante suicida,
vero? -
Se non la conoscesse già da un po’ di tempo e non avesse
lui stesso sognato Hana, probabilmente lei avrebbe avuto ragione e non
avrebbe mai creduto alla sua stramba storia. Al punto a cui erano
arrivati, però, non aveva più idea in che cosa credere,
che cosa fosse reale o solo frutto della loro fantasia. - Ti credo. -
Lei sorrise e annuì. - Grazie, Hayama - disse, mentre una lacrima le rigava la guancia, seguita da un’altra.
Stava piangendo, ma ad Akito parve bella comunque. Cominciò a
pensare di avere qualcosa che non andava, perché non era
possibile che dopo solo un mese che si conoscevano - e vivevano a
stretto contatto - lui si sentisse già così legato a lei.
La sua presenza, poi, non lo infastidiva più, anzi, cominciava
anche a fargli piacere averla intorno.
Spinto da un impulso si piegò e le cercò le labbra. Una
mano era ancora stretta a quella di lei, ma il braccio libero le
circondò le spalle e la attirò a sé. La sorpresa
di Sana doveva essere stata grande, perché non mosse un
muscolo e lui ne approfittò per mordicchiarle leggermente il
labbro inferiore e far incontrare le loro lingue. In quel momento, Sana lo spinse bruscamente premendogli una mano sul petto,
saltò giù dal lettino e gli pesto violentemente un piede.
Akito emise un lamentò per il dolore al piede. Meno male che quella
maledetta non indossava scarpe con il tacco a spillo, altrimenti
sarebbe stato perduto. - Ma sei pazza? -
- Io? Io?! E tu che mi sei saltato addosso? Che accidenti ti è
preso? - Lo osservava con espressione fiammeggiante, mentre le lacrime
avevano smesso di scorrere.
- Hai smesso di piangere, direi che ti ho fatto un favore. Dovresti
ringraziarmi. - Sapeva che con quella risposta l’avrebbe fatta
imbestialire di più, ma non gli importava.
- Mi baci solo per farmi smettere di piangere?! - strillò infatti indignata.
Akito scrollò le spalle. - Beh, ritornando a quel discorso, che
ne pensi se torniamo a casa e mi spieghi meglio? - propose.
Lei lo osservò interdetta e incerta su cosa fare per alcuni
secondi. Alla fine, sembrò decidere che scoprire con esattezza
cosa le era successo fosse più importante che mettersi a discutere sul suo
innocuo bacio. Forse perché lui non l’aveva quasi
dissanguata? Poco dopo la vide annuire. - Sì, andiamo. -
Akito arretrò di un passo, lasciandole spazio a sufficienza per farla passare. - Per ora chiudiamo il discorso, ma non
credere che ci passi sopra così. Prima o poi mi dovrai spiegare
i motivi che ti hanno spinto a baciarmi - aggiunse, fulminandolo con lo
sguardo.
Lui sollevò gli occhi al cielo, esasperato, mentre si voltava e si avviava verso la porta seguito a ruota da Sana.
Usciti dalla stanza, Akito notò con stupore che
gli uomini in divisa erano scomparsi. - Che cosa hai detto ai dottori
riguardo quello che è successo? - chiese a lei.
- Che maldestramente mi è scivolato il coltello e mi sono
tagliata. Stavo andando verso il bagno per prendere qualcosa di
igienico con cui tamponare la ferita, ma prima di arrivarci mi sono
sentita male e non c’era nessuno che mi potesse aiutare. Le bugie
più semplici sono le migliori e nessuno avrebbe creduto alla
verità a cui io stessa stento a credere. -
Akito rispose affermativamente con un mormorio. A chi lo dici. Lui
stesso, infatti, doveva compiere un grosso sforzo per credere a quanto
era accaduto a Sana, ma le coincidenze erano troppe.
Quando poterono lasciare l’ospedale, Akito fu costretto a
chiamare un taxi dato che aveva seguito Sana in ambulanza e la sua
automobile era rimasta a casa.
- Ho sonno - mormorò lei sbadigliando sonoramente. - Sono
proprio distrutta. - Si strofinò un occhio con il dorso della
mano e un altro sbadiglio la colse.
Nel frattempo, il taxi era arrivato e loro poterono accomodarsi
nell’autovettura. - Resisti, tra un po’ saremo a casa e
potrai andare a dormire. - Poi si rivolse al taxista e gli diede
l’indirizzo della loro abitazione.
Lei scosse la testa più volte. - No, a casa devo mostrarti
quanto è successo - replicò, mentre lottava per rimanere
sveglia. La voce cominciava già ad essere impastata.
Con tutto quello che le era accaduto, Akito non si stupì affatto
che non riuscisse quasi a reggersi in piedi. - Lascia perdere, lo farai
domani. - Mentre pronunciava queste parole, Sana appoggiò il
capo sulla sua spalla e si appisolò.
Spazio Autrice: Scusatemi, so che questo capitolo è un pò
più breve del solito, ma è venuto così.
Vi ho fatto attendere così tanto, che spero di non avervi deluso.
Grazie per le 9 recensioni, le visite, le 20 preferite, le 5 ricordate e le 30 seguite.
Il prossimo capitolo tra due settimane, cioè il 19/1.
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Akito scrollò le spalle. - Beh, non lo trovi interessante? -
Sana lo fissò come se fosse pazzo. - Interessante?! Seccante calza meglio. -
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Capitolo 13 *** 13° capitolo ***
The Ghost's Diary - 13° capitolo
The Ghost's Diary
13
15 Maggio
Caro Diario,
Sono passati
alcuni giorni da quanto mi sono riappacificata con Shotaro, anche se in
realtà non avevamo proprio litigato, e tutto è ritornato
alla normalità.
Io, lui e sua
sorella continuiamo a vederci come sempre abbastanza spesso e i
preparativi per il mio matrimonio sono ricominciati, anche se abbiamo
posticipato la data di un mese.
Sono stata io a
proporlo, per rispetto verso mia nonna Setsu da poco mancata.
Purtroppo, è il massimo che ho potuto fare, perché i
preparativi erano già troppo avanti perché si annullasse
tutto e poi per Sentaro è stato molto difficile accettare che la
data fosse stata spostata di un mese, non avrebbe accettato un solo
giorno di più. Perché ha tanta fretta, aspettare qualche
mese in più avrebbe fatto qualche differenza?
Come ti avevo
già preannunciato, quando è tornato Sentaro, tre giorni
fa, non gli ho rivelato quanto è successo con Shotaro. In questo
caso è stato meglio così, l’avrei fatto soffrire
per qualcosa di cui non ho colpa. Lui, invece, appena è arrivato
mi ha abbracciato, mi ha fatto di nuovo le sue condoglianze e si
è scusato profondamente per non essere stato presente al
funerale. L’ho perdonato e gli ho detto che non importava
più ormai.
In
verità, non sono stata sincera fino in fondo. E’ vero che
ormai è passato, che non conta più molto, ma il suo gesto
ha aperto una profonda ferita nel mio cuore che credo sarà
difficile da risanare.
A presto, caro Diario,
Hana
Sana si destò sentendo gli
uccellini cantare e la luce del giorno sugli occhi. Si premette il
palmo contro le palpebre mentre le apriva e lentamente si rendeva conto
del luogo in cui si trovava.
La stanza era la sua, non c’era dubbio, però le sfuggiva il come ci
era arrivata. Il solito fastidio, anche se meno marcato, che provava
dalla sera prima al polso le fece rammentare alla perfezione gli ultimi
avvenimenti che l’avevano vista protagonista e vittima.
Doveva parlare con Hayama, non vi
era alternativa. Spostò le lenzuola con un gesto del braccio
sano, l’altro appena ne muoveva la mano le si tiravano i punti
che le avevano messo.
Si alzò in piedi e si
diresse verso l’armadio per scegliere cosa indossare. Si
bloccò con la mano chiusa attorna all'anta spalancata, lo
sguardò fisso di fronte a sè, e un nome stampato in
testa.
Hayama.
Il ricordo del bacio che lui le
aveva dato le riaffiorò nella mente, provocandole irritazione.
L’aveva colta di sorpresa e non aveva potuto fare niente per
impedirglielo. Non riusciva proprio a capire che motivo avesse avuto di
assalirla in quel modo. Possibile che lei gli piacesse? Scosse
più volte la testa scacciando quell’immaginario pensiero. Impossibile.
Si conoscevano da poco, circa un mese, avevano caratteri diversi e
discutevano in continuazione, non era possibile una simile
eventualità.
Hayama aveva detto di averla
baciata per farla smettere di piangere. Poteva davvero essere
così innocente il suo intento, solo far star meglio la sua quasi
sorella? Forse si era sentito impacciato e non aveva saputo che fare,
finì per convincersi Sana. Beh, qualunque fosse la sua stramba
motivazione, doveva scoraggiarlo dal riprovarci. Non aveva intenzioni serie con
lei, non era certamente innamorato e quindi non aveva senso iniziare
una relazione intima con lui senza queste premesse. Ammetteva che il
bacio di Hayama non l’aveva di certo disgustata, anzi, le era
anche piaciuto, ma solo perché era una donna anche lei come
tutte le altre, non era fatta di legno e Hayama era oggettivamente un bel ragazzo e baciava bene. Ovviamente, ciò non
significava che lui le interessasse in quel senso, proprio no, non era
nemmeno il suo tipo.
Nel frattempo, aveva preso una
semplice maglietta arancione e dei pantaloncini con una simpatica
fantasia a fiori, l’intimo e si era diretta in direzione del
bagno per farsi la doccia.
Akito passò davanti al bagno
di Sana sbadigliando sonoramente. La sera prima non erano tornati
tardi a casa, poco dopo le nove più o meno, ma lui, quando era
andato a letto, non era riuscito a prendere sonno per molte ore. Era
rientrato tenendo in braccio Sana profondamente addormentata e
l’aveva in qualche modo messa a dormire, poi era sceso in cucina
per prepararsi una frettolosa cena e infine aveva osservato le macchie
del sangue di Sana nel tentativo di capire meglio cos’era
successo. Inutile dire che non era arrivato a capo di nulla.
Giunse in cucina, la quale era
ancora nello stesso stato della sera precedente, aveva preferito
lasciare il pane, i pomodori e il coltello dov’era nel momento in
cui era rientrato a casa.
Akito aprì la dispensa e
cominciò a preparare la colazione per sé e per Sana.
Passando davanti al bagno aveva sentito lo scroscio dell’acqua
della doccia, perciò immaginava che lei lo avrebbe raggiunto da
un momento all’altro.
Come aveva previsto, Sana fece
capolino in cucina alcuni minuti più tardi, mentre il
caffè bolliva ed era pronto per essere versato nelle tazzine.
- Accidenti! - esclamò lei,
entrando. - La scia del mio sangue arriva fino in cima alle scale. A
proposito, come mai non le hai lavate via? -
- Ho pensato che ti potessero
essere d’aiuto per ricordare meglio - le spiegò, posando
la caffettiera sul tavolo e accomodandosi su una delle sedie.
- Capisco. Sì, è una
buona idea. - Sana prese posto davanti a lui. - Grazie - disse,
probabilmente riferendosi alla colazione.
Akito scrollò le spalle e
prese una piccola porzione di riso bianco dalla scatola laccata. La
masticò mentre colmava la tazzina davanti a lui con il
caffè. - Come va il polso? -
- Meglio - rispose lei, addentando un polpo.
- Ti sei fatta male in modo davvero stupido. -
- Ehi, non è vero! -
- Sì, invece. Avevi il
coltello in mano e quando ti è caduto sei andata a
c’entrare proprio il polso… solo tu potevi fare una cosa
simile. - Già, e gli era quasi venuto un infarto per averla
trovata in quelle condizioni, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad
alta voce.
Sana sbuffò. - Se non
avessi perso il senso della realtà, letteralmente, non mi
sarebbe accaduto nulla. Proprio non mi spiego cos’è
accaduto - concluse con lo sguardo perso, mentre si portava la tazzina
alle labbra. Lo sguardo di Akito si fissò su quest’ultime.
Quelle erano le labbra che neanche ventiquattro ore prima aveva fatto
incontrare con le proprie, che aveva baciato e assaporato, anche se per
pochi istanti. Un modo come un altro per dimostrarle che in fondo gli
piaceva. Decisamente usare le parole per esprimere i proprio sentimenti
non era mai stato il suo forte. - A proposito di questo, spiegami
meglio cos’è accaduto ieri. -
La vide annuire prima di cominciare
a parlare: - Come ti ho già spiegato, mi stavo tranquillamente
preparando un panino. Ho sentito dei rumori alle mie spalle, ma,
ripeto, non c’era nessuno. E prima che tu possa chiedermelo:
sì, ne sono sicura. -
- Non stavo per farlo! - replicò Akito.
- Ma devi criticare ogni cosa che dico? - Sana batté il cucchiaino che aveva in mano sulla superficie del tavolo.
Lui inarcò un sopracciglio. - Come se non facessi lo stesso anche tu… -
Il cucchiaino venne stretto ancora
con più forza dalla mano di Sana, come se la sua intenzione
fosse quella di piegarlo. - Non è possibile che almeno una volta
possiamo tenere una conversazione civile senza metterci a discutere? -
si lamentò lei, scuotendo la testa esasperata.
Akito scrollò le spalle. - Beh, non lo trovi interessante? -
Sana lo fissò come se
fosse pazzo. - Interessante?! Seccante calza meglio. - Sospirò
stancamente. - Lasciamo perdere, è meglio. E’ inutile
discutere con te. Dunque, dopo essermi accertata che non ci fosse
nessuno, mi sono voltata ed è in questo istante che i ricordi si fermano.
-
- Così di colpo? - Era
strano quello che era accaduto, non vi era dubbio. Anche se credeva
alla parola di Sana, non aveva scelta a quel punto, era difficile
trovare un senso logico in quella vicenda.
Lei annuì. - Mi sono risvegliata,
per così dire, ai piedi della scala, ma non era casa nostra
quella. Cioè, sì, ma non quella attuale… era come
se mi trovassi in un’altra epoca - specificò. - Il polso
mi faceva male, anche se non vedevo nessuna ferita apparente. Poi ho
sentito le voci. -
- Hana e Sentaro, giusto? -
Seguì un nuovo cenno
d’assenso da parte di Sana. - Per un attimo ho pensato che ci
fosse qualcuno, ancora non avevo capito che quella non era casa mia,
non allora, almeno. Sono salita e li ho visti. Stavano discutendo
animatamente. Lui ha detto qualcosa… che lei non poteva
annullare tutto e lasciarlo, poi l’ha schiaffeggiata. -
Akito la fermò con un cenno della mano. - Frena, frena. Annullare cosa? -
- Non lo so, non l’ha detto.
- Subito dopo il suo viso s’illuminò. - Anzi, no…
Mi è tornato in mente che prima di Sentaro, Hana ha detto che
amava un altro e che non poteva più sposare lui. E pensare che
stavano organizzando il matrimonio, l’ho letto nel diario. - Sana si fece
pensierosa. - Non riesco a capire il ripensamento di Hana, però,
sembrava così ansiosa di convolare a nozze con lui… Di
chi si sarà innamorata? -
Akito ripensò al sogno che
aveva fatto poche sere prima. Shotaro, un amico di Hana, che andava al
funerale della nonna di lei e finiva per rubarle un bacio. Forse non
era poi così strano che quella Hana avesse cambiato idea
così improvvisamente, considerò. - E poi? - la
sollecitò.
- Uhm… sono arrivati i
genitori di lei e hanno cacciato via Sentaro. Basta, è tutto
qui, perché poi mi sono risvegliata all’ospedale. -
Già, e meno male che
l’aveva trovata in tempo, anche se avrebbe preferito trovarsi a
casa molto prima. Beh, ormai era passato, non si poteva
più cambiare quanto era successo. Sana era salva e questo era
ciò che più contava.
Finirono di fare colazione e riposero le stoviglie in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
- Io vado. A dopo, Kurata - annunciò Hayama, entrando nella stanza dove si trovava lei.
Sana era seduta di traverso su una
poltrona davanti al camino accesso, la schiena appoggiata ad un
bracciolo, le gambe ripiegate su se stesse e un libro in grembo. Sana
sollevò una mano e fece un cenno di saluto. - A dopo, ciao! -
Hayama annuì con un cenno del capo, poi si voltò e richiuse la porta alle sue spalle.
Ecco, era sola, avrebbe passato il pomeriggio oziando. Aveva un ottima scusa per farlo.
Riprese a leggere con un sorriso,
ma dopo appena un paio di pagina risollevò la testa. Le era
parso di sentire un rumore, per questo le si gelò il sangue
nelle vene e cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta.
Accidenti, dopo quello che le era accaduto cominciava forse a spaventarsi per un nonnulla?
Avrebbe cominciato a guardarsi le
spalle, le si sarebbero rizzati i capelli in testa per il terrore per
ogni singolo suono fuori dalla norma?
Quando si era svegliata non si era
sentita così vulnerabile, perché sapeva di non essere
sola, ma ora che lo era, doveva ammettere che gli avvenimenti di poche
ore prima l’avevano scossa.
No, era inutile, quel giorno non se
la sentiva di rimanere sola in casa, dove qualcosa di oscuro e
misterioso li stava tormentando.
Richiuse il libro con un colpo
secco e si alzò dalla poltrona. Sarebbe salita in camera, si
sarebbe preparata per uscire e sarebbe andata a fare una passeggiata. Avrebbe
allontanato la mente dai brutti pensieri e si sarebbe ripresa.
Sana salì di corsa gli
scalini, mentre la sua mente veniva di nuovo bombardata dei ricordi
della sera precedente, in particolare riguardanti la lite a cui aveva
assistito. O a cui l’avevano fatta assistere?, finì per
chiedersi. Richiuse la porta dietro di sé e si precipitò
di fronte al suo armadio, da cui estrasse un top colorato e una gonna
abbinata.
Si preparò molto in fretta e
si passò la spazzola tra i capelli con tanta foga quasi volesse
strapparseli dalla testa. Anche per il trucco impiegò pochi
minuti, infine prese la borsa e uscì di casa.
Era da poco iniziato giugno,
l’estate era alle porte, e quel pomeriggio faceva molto
più caldo del giorno precedente; aveva fatto bene a vestirsi
leggera. Il sole picchiava, forse avrebbe fatto meglio a dirigersi in
direzione del parco, dove avrebbe potuto trovare un po’ di ombra.
La passeggiata di Sana
proseguì in completa tranquillità e lei poté
riflettere su quanto era accaduto a lei e a Hayama. Quando decise che era
giunta l’ora di tornare a casa, al parco, nascosto dietro ad
un albero, notò un ragazzo che conosceva molto bene, o almeno le
sembrava, era piuttosto lontano.
Si avvicinò e la sua prima
impressione venne confermata. - Tsuyoshi - lo salutò lei ad alta
voce, attirando l’attenzione anche di un paio di persone. Vide
l’interpellato irrigidirsi e voltarsi verso di lei. La prese per
un polso, sfortunatamente scelse quello ferito e Sana emise un gemito
di dolore, e la spinse dietro di sé. La lasciò subito,
osservandola con espressione contrita, poi cominciò a fissare
preoccupato un punto oltre l’albero.
- Tsuyoshi, cosa stai facendo? -
gli chiese confusa. Si sporse oltre la sua spalla e vide che il suo
amico stava guardando con tanto interesse un ragazza di circa tre o
quattro anni più giovane di loro. Quest’ultima si era
fermata da un gelataio e aveva capelli di colore castano chiaro che le
arrivavano al mento ed era piuttosto bassa. Sana giunse ad una sola
conclusione: - Oh, accidenti, non riesco a crederci! Tsuyoshi, ti
interessa quella ragazza, vero? Pensi forse di tradire la mia amica Aya
con lei?! E la stai pure seguendo! Cosa sei, uno stalker? - Il tono che
usò non si poté certo considerare soave. Ora, i passanti li guardavano con curiosità mista a disapprovazione.
Tsuyoshi si voltò di nuovo
nella sua direzione e la guardò ad occhi spalancati. - Ma che
stai dicendo, sei impazzita? -
- Perché tutti mi danno
della pazza? - si lamentò e incrociò le braccia sotto al
seno. - E comunque… ti ho visto benissimo mentre stavi fissando
quella ragazzina… avrà sì e no diciotto anni,
vergognati! -
Tsuyoshi si portò una mano davanti agli occhi e scosse la testa esasperato. - Sana, quella è mia sorella! -
Sorella, sorella… aveva detto sorella?! - Mi stai prendendo in giro? -
- No, ti giuro che quella è
mia sorella Aono. Ha quattro anni circa meno di me. - Sembrava sincero,
dovette ammettere Sana. Si sporse un’altra volta oltre Tsuyoshi e
osservò di nuovo la ragazza. - Non ti somiglia molto -
commentò poco convinta.
Lui si adombrò. - Sì, invece. -
- E perché la stai seguendo? -
Tsuyoshi si infilò le mani
in tasca con fare nervoso. - Sono preoccupato per lei. Credo che
frequenti persone poco raccomandabili. -
Sana si rassicurò, era solo
un ragazzo preoccupato per la sorte di sua sorella. - D’accordo,
Tsuyoshi. Ti aiuterò. -
Nota:
La storia “discutere per Akito e Sana è interessante o
seccante” è una rivisitazione di un pezzo del volume 2,
dove salta fuori proprio questa questione.
Nota 2: So che per molti di noi
(per non dire tutti), il pensiero di riso e polpi al mattino
è... beh... strano, ma la colazione giapponese è
così (fatta esclusione per il caffè, perchè
è una mia idea), anzi, mangiano anche sottaceti, verdure... cibo
pesante, in altre parole.
Spazio Autrice:
Salve a tutti, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Sono ancora un
pò in crisi creativa e perciò questa volta lo spoiler
sarà un pò misero dato che il cap. 14 non è ancora
completo e non posso darvi nulla di meglio.
Grazie per le 10 recensioni, le visite, le 21 preferite, le 7 ricordate e le 34 seguite.
Al 2/2!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Sana spalancò la bocca. - Che fedifrago! - sbottò,
arrabbiata. - Gli faremo pentire di essere nato, Tsuyoshi, vedrai. -
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Capitolo 14 *** 14° capitolo ***
The ghost's Diary - 14° capitolo
The Ghost's Diary
14
20
Maggio
Caro
Diario,
Sono
triste, questa sera. Anche oggi io e Sentaro abbiamo litigato. Il
giorno del matrimonio si avvicina sempre di più, ma io e lui
non siamo mai d'accordo su niente. Non abbiamo praticamente nulla in
comune e nessuno dei due vuole cedere.
Inizialmente,
ho tentato di assecondarlo il più possibile, ma ora mi sono
stancata. E' anche il mio matrimonio e perciò vorrei che
rispecchiasse anche il mio gusto personale, non solo il suo.
Non
sopporto questo suo eterno tentativo di soffocare i miei voleri e di
comandarmi. E' da poco che mi sono resa conto che lui si è
comportato in questo modo fin dall'inizio. Prima i miei sentimenti mi
hanno impedito di vedere com'è in realtà e ora che lo
so, comincio a chiedermi se non sto commettendo un grosso errore.
Potrei davvero passare tutto il resto della mia vita con una persona
come Sentaro? Ora capisco che il fidanzamento è stato
organizzato troppo presto, non lo conoscevo abbastanza per sapere se
i miei sentimenti per lui fossero davvero amore. Che cosa devo fare?
Un altro
fatto che ha reso negativa la mia giornata è che mia madre mi
ha impedito di vedere Shotaro quest'oggi. Lei mi ha detto che questo
periodo, sempre a causa del matrimonio, è pieno d'impegni e
non c'era tempo, ma penso che la sua sia solo una scusa. Ho avuto una
brutta sensazione.
Buonanotte,
caro Diario,
Hana
All’ombra
di un albero, Sana vide Tsuyoshi osservarla sorpreso. - Mi…
aiuterai? - articolò, inarcando un sopracciglio.
Lei
annuì vistosamente. - Proprio così. Ti darò una
mano nella tua indagine. Forza, Watson, al lavoro. - Avvicinò
una mano chiusa a pugno al viso, come se in essa fosse racchiusa una
lente d’ingrandimento.
Tsuyoshi
impallidì leggermente, come se la prospettiva lo preoccupasse.
Sollevò gli occhi al cielo e probabilmente si chiese come
fosse finito in quella situazione. Poi, socchiuse le palpebre e il
suo sguardo si puntò sul suo polso sinistro, ma più
precisamente sulla benda che vi era avvolta attorno. - Che hai fatto
al braccio? -
-
Ehm, niente. Uno stupido incidente: mi è scivolato il coltello
di mano. Ma nulla di grave, non preoccuparti - lo informò,
minimizzando la questione.
Tsuyoshi
sembrava intenzionato a chiederle altro, ma lei lo precedette, perché
oltre le spalle di lui aveva visto muoversi Aono. - Ehi, guarda! Tua
sorella se ne sta andando! - esclamò a gran voce.
Tsuyoshi
si voltò e seguì la direzione del suo sguardo. La
sorella dell’amico aveva già percorso alcune centinaia di
metri, se non si sbrigavano l’avrebbero persa. Svelta, lei lo prese
per un polso e lo trascinò con sé. Quando raggiunsero
una distanza accettabile - quanto bastasse per non perderla di
vista e non farsi beccare, in altre parole -, rallentarono.
Sana
lasciò andare Tsuyoshi e si portò al suo fianco. -
Allora? - bisbigliò. - Spiegami meglio perché segui
Aono-chan. -
Lui
annuì. - Aono, qualche tempo fa, si è messa con un
ragazzo e temo che lui la farà soffrire. -
-
Perché? -
-
Ho sentito delle voci sul suo conto… -
-
Ti sei informato, vorrai dire - sentenziò Sana e gli rivolse
un sorriso comprensivo.
-
Ecco… sì. Ho chiesto un po’ in giro, a scuola di Aono, se
qualcuno lo conosceva. So che non si dovrebbe dare retta ai
pettegolezzi, però… insomma, sembra proprio che questo tipo
abbia un’altra. -
Sana
spalancò la bocca. - Che fedifrago! - sbottò,
arrabbiata. - Gli faremo pentire di essere nato, Tsuyoshi, vedrai. -
Quest’ultimo
si mosse, a disagio. - Beh, a me basterebbe che lasci in pace mia
sorella - disse, passandosi una mano fra i capelli.
Era
sempre il solito pacifico. Peccato, un traditore di quel calibro si
sarebbe meritato ben di peggio. Sana scrollò le spalle. - Come
vuoi. - Riportò l’attenzione su Aono, che si era fermata per
buttare via un fazzoletto di carta, e un dubbio la colse in quel
momento. - Tsuyoshi, ma perché seguiamo Aono-chan e non il suo
ragazzo? - chiese confusa, inclinando la testa da un lato. - Come
facciamo a scoprire se lui vede un’altra se seguiamo lei? -
-
Purtroppo non l’ho mai incontrato e perciò non so com’è
fatto. So che si chiama Masashi, ma non conosco il suo cognome. -
-
Sì, capisco. Beh, speriamo che lo incontri oggi. -
Tsuyoshi
annuì più volte. - Lo spero davvero, la seguo da
parecchio tempo e non ho ancora avuto fortuna. -
Sana
si voltò di scatto verso di lui. - E’ per questo che
trascuri Aya ultimamente? -
-
Cosa? - La domanda lo aveva preso in contropiede. Le guance gli si
colorarono di rosso. - Oh, ecco… ehm, sì. Forse è
proprio così. Ti ha detto qualcosa? - aggiunse, riferendosi
chiaramente ad Aya.
Ops,
che sciocca. Senza volerlo aveva rivelato il segreto dell’amica. -
No, niente, era una mia impressione - mentì e distolse lo
sguardo. - Hai provato a parlare con Aono-chan dei tuoi sospetti? -
domandò, cambiando bruscamente argomento.
Tsuyoshi
si rabbuiò. - Certo, l’ho fatto subito, ma lei si è
arrabbiata. Ha detto che sa badare a se stessa e non ha voluto sapere
una parola in più sull‘argomento. Non voglio che mi odi, ma…
-
-
Nemmeno che uno stupido ragazzino la prenda in giro, giusto? -
completò lei per lui.
Lo
vide annuire. - Già. - Spostò lo sguardo e subito lo
vide illuminarsi. - Guarda, Sana! - esclamò vivacemente. -
Dev’essere lui. -
Lei
si girò e vide che davanti ad Aono si era fermato un ragazzo
della sua stessa età. Era piuttosto alto, ma meno di Hayama,
robusto e muscoloso. I capelli neri come la pece erano piuttosto
lunghi e mossi. Sorrise alla sorella di Tsuyoshi e si chinò
per schioccarle un bacio a stampo. Apparentemente, sembrava un
ragazzo piuttosto comune, che vuol bene alla proprio ragazza. Le
apparenze ingannano, si ricordo Sana e fissò Masashi con
espressione pungente e attenta.
I
due ragazzi si presero per mano e si allontanarono, così
l’inseguimento di Sana e Tsuyoshi riprese. Meno male che la sua
doveva essere solo una breve passeggiata, pensò lei con un
sorriso.
Aono
e Masashi passeggiarono e chiacchierarono amichevolmente per poco
tempo. Neanche dieci minuti dopo che si erano incrociati, Sana vide
il ragazzo scusarsi con lei e allontanarsi per la sua strada.
Probabilmente non avevano un appuntamento quel giorno e si erano
incontrati casualmente, oppure quello di lui era un impegno
improvviso. Lei sperò con tutto il cuore che l’impegno
improvviso non fosse vedersi con un’altra rappresentante del
genere femminile, non voleva che la sorella dell’amico soffrisse.
-
Ecco l’occasione giusta! - affermò trionfante. -
Seguiamolo! - E trascinò Tsuyoshi con sé.
Sana
era stanca, ma non avrebbe abbandonato Tsuyoshi. Aveva deciso di
aiutarlo e lo avrebbe fatto senza lamentarsi. In più, lontana
da casa e tutta presa da quel nuovo impegno, la tensione che aveva
accumulato, a causa di quanto era successo, si era allentata e lei si
sentiva molto più rilassata rispetto a poche ore prima.
Il
timore di rimanere sola nella sua abitazione riusciva a vederlo in
un'altra prospettiva, ora.
Nel
frattempo, Masashi si era fermato. Sana, che era persa nei suoi
pensieri, non se ne accorse subito, perciò toccò a Tsuyoshi
fermarla posandole una mano sul braccio.
Lei
riporto l'attenzione sul ragazzo di Aono che si era fermato
sorridente di fronte al citofono di un piccolo condominio.
Masashi
mormorò qualche parola che lei non riuscì a decifrare a
causa della troppa distanza. - Chissà di chi è quella
casa - sussurrò Sana all'indirizzo di Tsuyoshi. Si voltò
verso di lui e vide che aveva assottigliato le palpebre e stretto le
mani in due forti pugni. Doveva covare una gran rabbia, pensò
Sana.
Il
portone d'ingresso del condominio si spalancò e ne uscì
una ragazza della stessa età di Aono, ma con i capelli rossi e
ricci, e più robusta e bassa. Il volto era dipinto di
un'espressione innocente e sorridente. Sembrava una comune ragazza
innamorata, esattamente come Aono.
Per
un'istante, Sana si chiese se lei avesse mai avuto il viso illuminato
da un'espressione del genere. Probabilmente no, si disse poi con una
punta d'amarezza, non era mai stata veramente innamorata. Speriamo
sia sua sorella. O sua cugina.
Masashi
si avvicinò alla ragazza, le prese il viso fra le mani e la
baciò. Sana e Tsuyoshi erano distanti, ma non abbastanza per
non rendersi conto che quello era certamente un bacio vero, troppo
intimo perchè potesse venir scambiato con un parente. Una
versione prolungata di quello che le aveva rubato Hayama, per
intenderci.
Maledetto
traditore! Ti faremo pentire di quello che hai fatto alla povera
Aono!
Sana
si affrettò a seguire Tsuyoshi, che era già partito
alla carica per far passare un pessimo quarto d'ora a Masashi. Lei
non l'aveva mai visto così, era veramente furioso e privo di
controllo.
Prima
che potesse chiedersi se fosse il caso o no di fermarlo, ci pensò
qualcun altro ad attaccare l'infedele prima di loro.
Aono,
una ragazza non troppo alta e sottile, si era appena trasformata in
una belva, la versione al femminile del fratello.
Aono
corse verso Masashi e gli mollò un ceffone, tanto forte e
improvviso che gli girò la faccia dall'altra parte e lo costrinse a fare un involontario passo indietro. - Bastardo traditore! - la sentì
urlare.
La
ragazza dai capelli rossi, che fino a un attimo prima era rimasta a
bocca aperta di fronte al maltrattamento del suo ragazzo, ora aveva
il viso rigato di lacrime e stava insultando Masashi colpendolo con
la borsetta. A Sana sarebbe piaciuto aggiungersi alle due ragazze, ma
era davvero troppo stanca e poi sembrava proprio che non ce ne fosse
il bisogno. Si voltò verso Tsuyoshi, che fissava Aono come se
la vedesse per la prima volta. La sua sorellina era grande ormai,
sarebbe stato costretto ad ammetterlo, pensò lei ghignando.
Masashi fuggì via più
veloce che potè, ma nessuna delle due ragazze si prese la
briga di seguirlo. Entrambe si limitarono a guardarlo allontanarsi,
una in lacrime e l'altra furibonda, ma a Sana parve scorgere
tristezza anche in quest'ultima.
La
ragazza dai capelli rossi li salutò con un cenno per
educazione e si ritirò in casa, mentre Aono si avvicinò
a lei e Tsuyoshi.
-
Avevi ragione, scusa per non averti dato retta - disse Aono e
abbracciò il fratello.
Lui
ricambiò la stretta e disse: - Scusa tu per considerarti
ancora la mia sorellina da proteggere. -
Sana
sorrise. Non aveva dubbio che prima o poi Aono non avrebbe di nuovo
dato retta ai consigli di Tsuyoshi e lui avrebbe ripreso a trattare
la sorella come una bambina, ma questa volta avevano fatto pace e
questo era ciò che più contava.
- Come
sapevi che avremmo seguito Masashi? - si intromise Sana nel quadretto
familiare, rivolgendosi ad Aono.
- Non lo
sapevo. Stavo per andare in direzione della biblioteca, quando vi ho
visto per caso. - Arrossì leggermente, poi continuò: -
In verità, la mia intenzione era di raggiungervi e farla
pagare a mio fratello per le supposizione che aveva sul mio... su
Masashi e per essere arrivato addirittura a pedinarmi pur
d'incontrarlo, ma... alla fine è andata diversamente. -
Lei annuì
con il capo. Poteva capire quanto doloroso fosse stato scoprire come
veramente stavano le cose, ma sempre meglio che vivere una menzogna.
- Ora devo andare – si congedò alla fine. - A presto,
ragazzi. - Prima che potesse voltarsi, Tsuyoshi le propose
d'accompagnarla, ma lei rifiutò; c'era chi aveva molto più
bisogno del suo sostegno. Fece un cenno di saluto che venne
prontamente ricambiato, poi si avviò verso la strada di casa.
Un brivido
corse lungo la schiena di Akito al suo rientro. La grande casa
immersa in uno spettrale silenzio gli aveva fatto provare la stessa
sensazione della sera prima quando aveva trovato Sana.
Per
fortuna, questa volta il silenzio era causato solo dalla mancanza di
lei e non dall'impossibilità di rendere nota la sua presenza.
Si diresse
in salotto chiedendosi dove Sana fosse andata a cacciarsi,
soprattutto considerando tutto quello che era successo nemmeno
ventiquattro ora prima.
Accese il
televisore e prese una lattina di coca-cola dal frigorifero, poi
prese posto al centro del divano. Guardò praticamente senza
alcun interesse il programma che stavano trasmettendo, sentendosi
sempre più nervoso man mano che i minuti passavano.
Va bene,
doveva ammetterlo, era preoccupato. Un sentimento certamente non
dovuto al pensiero di doverla cercare ovunque se non fosse tornata al
più presto, ma causato solo dalla paura che potesse esserle
capitato qualcosa. Di nuovo.
Akito
cominciava a sentirsi sempre più legato a Sana, troppo per i
suoi gusti.
Decisamente,
aveva un problema.
- Hayama,
sono a casa! Ci sei? - chiese allegramente Sana appena varcata la
soglia. Lo trovò seduto sul divano con lo sguardo puntato sul
televisore acceso.
- Ah, sei
viva, allora. Pensavo fossi svenuta per strada – commentò
con tono indifferente.
Lei scacciò
la possibilità con un gesto della mano. - Figurati, sono una
roccia io! - si vantò e occupò il posto al suo fianco.
La roccia era sfinita. -
Dimmi di te, piuttosto. Com'è andata fisioterapia? - domandò
e sospirando si appoggiò più comodamente sul cuscino
dietro la sua schiena.
-
Migliora. -
-
Wow, sono riuscita a tirarti fuori una parola, sto migliorando –
commentò con sarcasmo, ma non riuscì a trattenersi dal
piegare le labbra in un lieve sorriso.
-
Come mai sei uscita? - le chiese dopo un po', cogliendola di
sorpresa.
Nervosamente
si alzò e girò intorno al divano. - Ma che domande
sono? Avevo voglia di una passeggiata. - Rise falsamente e si voltò
a guardarlo. Lui la stava fissando intensamente, come se la
studiasse. - Ho fame! E se cenassimo? - E con queste ultime parole
fuggì in cucina.
Spazio Autrice: Questo capitolo
ha avuto bisogno di settimane per venir completato, tutto a causa della
mancanza d'ispirazione... in qualche modo, alla fine sono riuscita a
finirlo e spero via sia piaciuto.
Ho trovato lavoro e quindi il tempo per scrivere si è ridotto di
parecchio... però spero di riuscire comunque a pubblicare ogni
due settimane. Purtroppo, però, questa volta niente spoiler del
prossimo capitolo, dato che non ho potuto ancora iniziarlo.
Grazie per le 4 recensioni, le 26 preferite, le 35 seguite, le 6 ricordate e le visite.
Al 16/2!
Ilaria
|
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Capitolo 15 *** 15° capitolo ***
The ghost's Diary - 15° capitolo
The Ghost's Diary
15
24 Maggio
Caro Diario,
Che brutta
sorpresa ho avuto, oggi! E' stato tremendo scoprire che mia madre da
qualche tempo ha trovato il mio diario e lo legge di nascosto. Non so
da quanto va avanti questa storia, ma penso non da molto. Anzi, credo
che il suo cambiamento di atteggiamente verso Shotaro derivi da questo:
deve aver letto le mie parole sul bacio che lui mi ha dato e pensato
che volessi mandare all'aria il matrimonio.
Sono veramente
delusa e arrabbiata con mia madre. Stamattina sono uscita di casa per
fare una passeggiata, ma sono tornata subito indietro perché
avevo scordato il quadretto con uno dei disegni di mia nonna che avevo
promesso alla sorella di Shotaro. Sono salita in camera mia e l'ho
trovata china sul mio diario a leggere a mia insaputa. Avrei voluto
rivelarmi e arrabbiarmi con lei, ma poi ho capito che non era la scelta
migliore. Sono tornata sui miei passi e ho fatto la passeggiata che
avevo in programma. Quando sono tornata in casa ho preso un quaderno,
identico al precedente e ho trascritto il diario. Poco fa, sulla pagina
di oggi, ho segnato una finta pagina di diario, mettendo solo cose di
poca importanza e ho messo il quaderno dove stava prima questo. Il mio
vero diario, invece, continuerà ad essere il luogo in cui
riporto i miei pensieri più segreti e perciò ho cambiato
il suo nascondiglio. Da questo momento in poi lo terrò
praticamente sempre addosso, in una piega del kimono, in questo modo
sarò certa che nessuno potrà leggerlo.
A presto, caro Diario,
Hana
Sana era appena andata in cucina.
Anzi, lei era appena corsa in cucina, si corresse. Aveva voluto evitare
l'argomento del perché fosse uscita di casa, per quale motivo?
Akito si stava sbagliando e aveva frainteso il modo in cui lei aveva
liquidato la questione? Probabilmente no, era chiaro come il sole che
nascondesse qualcosa.
Se fosse andata a lavorare glielo
avrebbe detto, non avrebbe avuto senso mentire. Aveva dovuto forse
vedersi con qualcuno? Un'amica? E perché mentirmi, allora? Un uomo?, finì per chiedersi e non riuscì a trattenere l'irritazione al pensiero di Sana con un altro.
Loro non stavano insieme, non era
affar suo se lei aveva una qualche relazione con chicchessia, anche se
ciò non toglieva che questo potesse dargli fastidio. Molto fastidio.
Lasciò il posto vuoto sul divano, spense il televisore, che era stato ignorato fino a quel momento, e seguì Sana.
La trovò intenta a cuocere
del riso e non poté fare a meno di domandarsi se quella sera
avrebbe mangiato cibo commestibile.
- Guarda che a me non interessa se
ti vedi o meno con qualcuno, non c'è bisogno d'inventarti una
scusa. Ti ho chiesto il motivo della tua passeggiata solo perché mi è sembrato strano che uscissi dopo quanto ti era accaduto, tutto qui – le disse.
- Eh? - mormorò lei confusa. Si era girata al suo arrivo e ora lo fissava con espressione stranita.
- Hai sentito –
borbottò Akito. La raggiunse in due passi e la scostò dal
fornello per dedicarsi al salvataggio del riso. Uhm, forse era ancora
recuperabile.
- Aspetta un secondo! Hai forse pensato che ti avessi mentito per non dirti che mi vedevo con un uomo, ho capito bene? -
Benissimo, peccato che, stringata
in quel modo, la sua affermazione assumeva una connotazione diversa.
Suonava un po' come una... scenata di gelosia.
Si girò a guardarla e vide che sorrideva perfida. - Sei geloso, Hayama? -
Anche se fosse, non glielo avrebbe
mica detto. - Di chi, di te? - domandò con ironia. - Ma
figurati, scema! Hai completamente frainteso quello che ho detto. -
- E cosa volevi dire, allora? - replicò, senza smettere di sorridere e incrociando le braccia al petto.
- Dannazione, ho parlato in chiaro
giapponese! Possibile che tu non abbia capito? Beh, arrangiati, io non
ho intenzione di ripetermi. -
- Uffa, quanto sei noioso e
irritante! - sbuffò lei, mentre si avvicinava alla credenza per
prendere uno alla volta piatti e posate, utilizzando solo il braccio
sano. - E anche stupido! - aggiunse dopo un attimo.
- Uhm? Perché? -
- Beh, se non fossi stupido,
avresti dovuto capire che ieri sera, quando mi hai baciato, ti avrei
almeno lanciato dietro qualcosa se fossi stata fidanzata. E poi, scusa,
mi hai mai vista con un uomo prima d'ora? -
- Sì. Uhm, come si chiamava
quel tipo, il damerino? Non ricordo. - L'aveva visto poche volte, ma
gli erano sembrati molto in confidenza. E, anche se gli dava parecchio
fastidio, doveva ammettere che il tipo e Sana potevano stare bene
insieme.
- Naozumi, intendi? - Ad Akito
parve di notare una leggera tensione in Sana per un momento, prima che
lei aggiungesse scherzosamente: - Figurati, lui è solo un amico,
niente di più. -
Forse era un amico per lei,
ma era sicuro che il damerino la pensasse diversamente. Si voltò
verso la pentola e subito si affrettò a spegnere la fiamma sotto
di essa; ancora un attimo e sarebbe stato lui stesso a rendere il riso
immangiabile. Riempì i piatti e Sana si accomodò al suo
posto.
- Uhm, allora ti sei decisa a
spiegarmi il motivo della tua scusa poco plausibile? - chiese, mentre
soffiava piano sopra una piccola porzione di riso fumante.
Lei sbuffò di nuovo e si
mosse a disagio sulla sedia. Perché si lamentava? In genere era
lei a torchiarlo per ottenere quello che voleva sapere, per una volta
le parti erano state invertite. Akito attese in silenzio la replica di
Sana, evitando di domandarsi il motivo del suo eccessivo interesse.
Poco dopo le guance di lei si
colorarono di rosso e finalmente rispose: - Ho deciso di uscire
perché mi preoccupava un po' rimanere qui da sola dopo quanto
successo. -
Tra tutte le possibilità che
Akito aveva vagliato, quella era certamente l'ultima che avrebbe preso
in considerazione. - Capisco – disse solo. Non voleva compatirla,
altrimenti l'avrebbe fatta stare peggio, ne era certo.
- Ma ora va molto meglio! - si
affrettò ad aggiungere Sana. - E' stato solo un momento, ora non
ho più problemi. -
- Comunque, se avessi bisogno... io
sono qui – concluse con un po' d'incertezza. Le parole in cui
erano racchiusi sentimenti non erano il suo forte.
- Grazie, Hayama – disse lei dolcemente e sorrise.
Cenarono in silenzio per alcuni
minuti, il viso puntato sul proprio piatto, poi lui sollevò lo
sguardo su di lei e affermò: - Sai, penso che i tuoi timori non
fossero proprio infondati, oggi. -
Lei lo osservò confusa. - Che vuoi dire? -
- Solo che effettivamente questa
casa è un posto pericoloso. Non sappiamo perché ti sei
ferita, se sia stato un incidente o meno. Forse sarebbe meglio per
tutti e due trasferirsi. -
- Ma non sono ancora passati sei
mesi! In questo modo non avremmo la possibilità di rispettare la
clausola del testamento – replicò lei. - Pensavo fosse
importante per te. -
Lui annuì con il capo. - Sì, ma... - Tu sei più importante,
pronunciò nella sua mente, anche se mai e poi mai l'avrebbe
ammesso ad alta voce. - Sopravvivere è più importante. Il
prossimo incidente potrebbe concludersi diversamente. -
Sana deglutì nervosamente. -
Non so. Io penso che l'incidente sia stato solo causale e che non
corriamo il rischio che ne capitino di più gravi. Trasferirsi mi
sembra... eccessivo, ecco. -
Akito scrollò le spalle. Si era scoperto troppo per i suo gusti. - Come vuoi, ma almeno pensaci. -
- Okay. -
Sana era seduta su una delle sedie
del tavolo del salotto con lo sguardo puntato sullo schermo del
computer. Stava lavorando alla bozza del suo romanzo da alcune ore,
mentre, poco distante, Hayama era seduto sul divano e guardava la
televisione.
Avevano finito di cenare da alcune
ore e, dopo aver sistemato la cucina, avevano dedicato la loro
attenzione ad una diversa occupazione.
Lei salvò il documento e
spense il computer, poi sollevò le braccia sopra la testa e si
stiracchiò.
- Ehi, Hayama! - lo chiamò girandosi nella sua direzione.
Lui, senza smuovere di un
millimetro la sua attenzione dal programma in tv – ancora karate?
Ma non si stancava mai? –, rispose apatico: - Cosa? -
- E' un po' che mi faccio questa
domanda... ma tu perché hai accettato di sottostare alla
clausola del testamento di papà? - Lei si alzò e
andò a sedersi anche a lei sul divano, anche se di traverso, con
la schiena rivolta al bracciolo. - Il denaro che ci ha lasciato ti
serve per un motivo in particolare? -
Seguì un pesante silenzio,
tanto lungo che lei credette che Hayama non avrebbe risposto. - Per una
palestra. Voglio aprire una palestra di karate. -
- Davvero? - sussurrò
interessata. - A me servono per darmi il tempo necessario ad ingranare
come scrittrice. Potrei smettere con i lavoretti e dedicarmi solo alla
scrittura. - Era quello il suo sogno, lo era sempre stato. Da
così tanto tempo che quasi non ne aveva memoria.
Lui finalmente si girò e la
guardò interrogativo. - Ah, sì? Ero convinto che ti
piacesse lavorare con i bambini, in mezzo al gente. Forse mi sono
sbagliato. - E con queste ultime parole tornò a rivolgere la
massima attenzione al incontro di karate.
Sana rimase interdetta per qualche
secondo. Certo che le piacevano i bambini e la gente, ma non aveva mai
pensato di dedicare la sua vita a qualcosa che comprendesse queste
cose. Ricordava bene sua madre seduta davanti ad uno schermo del
computer o, prima ancora, ad una macchina da scrivere e di come lei
avesse seguito le sue orme. Sua madre che le diceva quanto era brava e
suo padre che le aveva regalato un quadernino con un set di penne per
scrivere le sue storie.
Ecco, visto in quel modo, il suo
sembrava un percorso predestinato, quasi forzato, anche se ciò
non significava necessariamente sbagliato.
Possibile che la professione a cui stava dedicando tutto il suo impegno
non fosse la più giusta per lei? Era la prima volta che si
poneva una domanda del genere. Ritrovò la voce e chiese: - Pensi
che scrivere romanzi non faccia per me? -
- Non sono io che devo pensarlo, Kurata, ma tu. In fondo riguarda la tua vita, non la mia – replicò saggiamente.
- Sì, ma come posso
immaginare che devo pensare che sto sbagliando lavoro se nessuno me lo
dice? - si lamentò in modo contorto, incrociando le braccia al
petto.
Hayama sollevò gli occhi al
cielo. - Beh, ora lo sai. E non angustiarti troppo, non vai in pensione
domani, se vuoi puoi cambiare professione anche un milione di volte. -
Sana si spinse qualche centimetro
in avanti e reclinò la testa all'indietro, fino a poterla
appoggiare al bracciolo alle sue spalle, e fissò il soffitto. -
Hayama, come hai capito che il karate era la tua vita? Perché
hai cominciato a praticarlo? -
Lui scrollò le spalle. - Ho
cominciato a praticarlo senza un motivo in particolare. Mi avevano
detto che era lo sport che faceva per me e io volevo dedicarmi a
qualcosa. All'inizio non ero poi così preso, ma poi mi sono
appassionato. Insomma, Kurata, che domande fai?! - si spazientì
alla fine e il suo viso assunse un'espressione scocciata e minacciosa.
Sana rise. Doveva averlo messo
molto in difficoltà parlare di sé e del suo maggiore
interesse. Il sorriso le morì sulle labbra. Era così
strano! Lei e Hayama che conversavano civilmente – più o
meno – e approfondivano la loro rispettiva conoscenza come due
normali amici. Fino a poche settimane prima non avrebbe mai immaginato
che sarebbero arrivati fino a quel punto, ma che avrebbero continuato a
ignorarsi e comportarsi come se non abitassero nella stessa casa. Anche
la pessima opinione che aveva di Akito Hayama era cambiata –
quasi – completamente, forse ormai lo considerava davvero un
amico a cui voler bene. Doveva ammettere che la sua presenza le piaceva
e non aveva più tanta fretta che i sei mesi imposti dal
testamento trascorressero.
- Perché sorridi come una stupida? - sentì chiedere.
- Ehi! - si arrabbiò. Prese un cuscino e glielo lanciò contro. - Perché sono felice, scemo. -
Hayama agguantò il cuscino
con una mano prima che questi lo colpisse in faccia e lo rispedì
al mittente. Mentre Sana cominciava a pensare che avrebbero cominciato
una battaglia a suon di cuscinate, un tuono improvviso la fece
sobbalzare. Si voltò verso la finestra e vide che pioveva
piuttosto forte.
- Oh, piove. Peccato, era una così bella giornata fino a poche ore fa. -
- Rasserenati, domani è previsto bel tempo – la informò Hayama.
Nel frattempo si era alzata per
avvicinarsi alla finestra. - Uhm? Una macchina? - sussurrò poco
dopo, quando vide due fari avvicinarsi in direzione della casa. - Sta
venendo qui. Chi sarà a quest'ora? - chiese, più a se
stessa che a Hayama.
- Chiunque sia, avrebbe dovuto restarsene dov'era. -
Lei lo fulminò con un'occhiata e si avviò verso l'ingresso. - Non fare l'asociale. -
Alle sue spalle, lo sentì sbuffare.
- Fuka! – esclamò
aprendo la porta. Sulla soglia fece capolino Fuka. I vestiti che aveva
indosso – una maglietta a mezze maniche e un paio di jeans
– erano completamente bagnati e i capelli le si erano incollati al
viso. Sana si scostò e la lasciò entrare. - Perché
sei venuta? Con questo tempo, poi. -
- Ho un problema a casa. E'
successo un casino con l'impianto idraulico e si è allagato
tutto. Ci vorrà qualche giorno prima che sia tutto sistemato,
perciò volevo chiederti se nel frattempo potevi offrirmi
ospitalità. -
- Non devi nemmeno chiederlo! Mi fa
piacere averti qui. Andiamo di sopra che ti prendo qualche asciugamano
così ti puoi asciugare. - La osservò per qualche secondo
e aggiunse: - Dovrò prestarti anche qualcosa di mio, i tuoi
vestiti sono inservibili per ora. -
Fuka sollevò le braccia per
farle cenno di fermarsi. - Aspetta, non c'è bisogno. Ho una
borsa con qualche vestito in macchina. Vado a prenderla. -
- Eh? Ma no, sei già bagnata e infreddolita. Dai, chiedo a Hayama, tu vai in bagno al piano di sopra. -
Fuka inarcò un sopracciglio,
poco convinta della sua idea, ma le consegnò le chiavi
dell'auto. Poi seguì il suo suggerimento e si avviò verso
le scale.
Sana, invece, andò in salotto. - Hayama? Potresti andare a prendere la borsa con... -
- Ho sentito - la interruppe.
- Bene. Allora, ci vai? -
- Neanche per sogno! Fuori diluvia.
Mandaci Matsui che è già completamente bagnata,
perché devo andarci io? -
Sana assunse un finta espressione
tragica. - Fuka è già di sopra ad asciugarsi,
toccherà a me, quindi. E pensare che ieri ho avuto un brutto
incidente e ho perso molto sangue. Chissà che brutto malanno
prenderò! - Attese un istante, giusto il tempo di vedere il
cipiglio di Hayama scomparire dal suo viso. Per completare la sua
scenetta, si girò e fece alcuni passi.
- E va bene, vado io. - Hayama la
raggiunse a grandi passi, le strappò le chiavi di mano e
uscì dal salotto. Solo quando sentì la porta
dell'ingresso sbattere, lasciò andare le risa che aveva
trattenuto fino a quel momento. Senza smettere di ridacchiare,
salì al piano di sopra per raggiungere la sua amica.
Spazio Autrice: In extremis, praticamente, ma sono riuscita a portare a termine il capitolo. Spero vi sia piaciuto.
Che fatica scrivere quel pensiero
di Akito secondo cui Sana e il Mollusco starebbero bene insieme...
purtroppo, anche se io la penso diversamente, credo che Akito lo
consideri un buon rivale.
Purtroppo, non sono riuscita a darvi uno spoiler nemmeno questa volta,
però perlomeno ho scritto un capitolo lungo come lo erano i
primi... gli ultimi erano stati un pò più brevi.
Grazie per le 5 recensioni, le 27 preferite, le 39 seguite e le 7 ricordate.
Al 2/3!
Ilaria
|
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Capitolo 16 *** 16° capitolo ***
The Ghost's Diary - 16° capitolo
The Ghost's Diary
16
1 Giugno
Caro Diario,
La mia idea del
doppio diario sta funzionando alla perfezione e la presa su di me che
aveva esercitato mia madre si sta allentando. Per essere sicura che non
si intromettesse nella mia amicizia con Shotaro e che mi impedisse di
vederlo, ho inventato che sta rivolgendo le sue attenzioni verso
un'altra ragazza e professato il mio amore per Sentaro praticamente in
ogni riga. Purtroppo, mi duole dire che, al contrario, i rapporti tra
me e il mio – per quanto? - fidanzato peggiorano di
giorno in giorno. Ora che mi sono ribellata al suo tentativo di
soffocare i miei voleri, non facciamo altro che discutere.
Sto seriamente
prendendo in considerazione l'idea di rompere il fidanzamento, pensi
che stia commettendo uno sbaglio? Vorrei veramente che potessi
rispondermi e darmi un consiglio. Sei l'unico con cui posso parlare
della situazione che si è creata. Shotaro è il mio
migliore amico, ma dubito fortemente di potermi confidare con lui su
questo. Ultimamente mi sento sempre più a disagio in sua
presenza. Non fraintendere, lui non ha colpa, sono io il problema.
Non sono certa
di riuscire a vederlo più solo come un amico. Ecco, l'ho detto!
I preparativi per il matrimonio continuano e - forse - la sposa
è innamorata di un altro. Era tutto così semplice fino a
poco tempo fa, come ho fatto a complicare tanto la mia vita?
Vorrei tanto
lasciare la situazione com'è e permettere che si evolva da sola,
ma sarebbe sbagliato. Questo pasticcio è soprattutto opera mia e
sono l'unica che può risolverlo. Non voglio vivere di
rimpianti.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
- Grazie mille, amica mia, per
l'ospitalità – le disse Fuka con il suo irrinunciabile
accento di Osaka, quando Sana entrò nella stanza. Ora che si era
fatta la doccia e aveva indossato vestiti asciutti, Fuka aveva un
aspetto decisamente migliore, notò.
Lei si avvicinò, prese posto
sul bordo del letto della stanza per gli ospiti che aveva offerto alla
sua amica e incrociò le gambe. L'altra, invece, aveva appoggiato
la schiena contro la testata del letto e al suo fianco aveva
posizionato una pila di libri di diverse dimensioni. Probabilmente
aveva intenzione di studiare per buona parte della notte in vista degli
esami universitari.
- Noi abbiamo già cenato, però se vuoi possiamo fare uno spuntino di mezzanotte! - propose sorridendo.
- Sono le undici, Sana! -
- Lo so, però spuntino delle undici
non suonava bene come nell'altro modo – replicò e
scrollò le spalle. - E poi mamma diceva sempre che non
bisognerebbe mai studiare a stomaco vuoto. -
Fuka mise le mani avanti. - Okay,
okay! Facciamo questo spuntino – accettò, rassegnata
all'idea che non sarebbe mai riuscita a far cambiare idea a Sana.
Soddisfatta della vittoria ottenuta, si alzò e uscì dalla stanza. - Torno subito. -
Akito spense il televisore e
sbadigliò. L'incontro di karate era finito, peccato che non
fosse riuscito a seguirlo completamente, come succedeva ogni volta che
Sana era nei paraggi.
La nominata comparve proprio in
quel momento. Entrò nel salotto e gli gettò un'occhiata,
poi lo oltrepassò per dirigersi in cucina. Lui la seguì e
la trovò intenta a prendere un grosso vassoio e riempirlo di
bibite, lattine di birra e schifezze di vario genere.
- Oltre a Matsui hai invitato anche
un esercito, per caso? Per chi è tutta quella roba? -
domandò ironico incrociando le braccia al petto.
- Per me e Fuka – rispose, senza raccogliere la provocazione.
- Quanto si ferma? -
- Chi? -
Difficile dire se dicesse sul serio
o lo stesse solo prendendo in giro. - Mio nonno! La tua amica, Kurata.
E' lei che stai ospitando, no? - Quelle due insieme gli avrebbero
portato guai e problemi, ne era certo.
- Non lo so. Qualche giorno, penso. Non essere maleducato, Hayama, Fuka rimarrà finché ne avrà bisogno. -
Uhm, forse avrebbe dovuto chiedere
asilo a Tsuyoshi, però questo avrebbe significato sopportare lui
e la fidanzata Aya che insieme erano più dolci dello zucchero.
Dopo quello che il suo amico gli aveva accennato al telefono prima che
Sana tornasse, poi, la situazione sarebbe stata anche peggiore. Okay,
forse rimanere a casa propria era la soluzione migliore.
Sana gli passò davanti con il vassoio destinato all'esercito e lui svelto le rubò una pesca matura da sotto il naso.
- Ehi, molla l'osso! - la sentì lamentarsi.
Akito, con un ghigno, uscì
dalla cucina con il suo bottino, mentre lei alle sue spalle continuava
a blaterare. - Buonanotte, Kurata – le augurò e si
avviò verso la sua camera, sordo ai richiami dell'altra.
Sana entrò in camera di Fuka
sfoderando un grosso sorriso, anche se dentro di sé era ancora
un po' indispettita per quanto accaduto in cucina. Quello sciocco!
- Sana, aspetta, ti aiuto! -
esclamò Fuka vedendola e capendo che da sola stava avendo un po'
di problemi di equilibrio nel reggere il pesante vassoio con un braccio
solo. - Potevi usare due mani, no? - Puntò lo sguardo sul suo
braccio sinistro e subito si accigliò. Accidenti, beccata di
nuovo! Questa volta le sarebbero toccate un bel po' di spiegazioni. -
Che ti è successo? - chiese, un dito ad indicare la parte offesa.
Ecco, lo sapevo.
- Nulla, niente di ché – minimizzò nella vana
speranza che l'altra di accontentasse di quella breve spiegazione.
Ovviamente no. - E' una strana fasciatura. Ti sei slogata il polso? -
Sana scosse il capo. - Mi sono
tagliata con un coltello. Mi è scivolato di mano – ammise.
Si sedettero entrambe sul letto, una di fronte all'altra a gambe
incrociate e il vassoio a dividerle. - E' una storia lunga e anche
parecchio strana. -
Fuka allungò un braccio e prese una patatina. - Sono curiosa, racconta! -
Sana si arrese e cominciò a
parlare. Sapeva che Fuka era un persona molto concreta e razionalista,
ma anche Hayama lo era e se ci aveva creduto lui...
Il sospirato sonno tardava ad
arrivare quella notte. Era stanco, però non era ancora riuscito
ad appisolarsi. Akito cambiò nuovamente posizione, tenne serrate
le palpebre e attese in silenzio.
Passarono solo pochi minuti prima
che si spazientisse e decidesse di alzarsi e scendere al piano
inferiore. Forse se avesse sprecato qualche energia con qualche
flessione sarebbe stato più semplice addormentarsi quando
sarebbe tornato a letto.
Infilò i piedi nudi nelle
ciabatte e uscì dalla camera a passo lento e felpato. Nel buio
corridoio non si udiva un solo suono, chiaro segno che sia Sana e la
sua ospite erano profondamente addormentate.
O forse no, fu costretto a
correggersi, quando arrivò in salotto e vide che la luce della
cucina era accesa. Si avvicinò alla stanza chiedendosi se in
realtà era solo che Sana non aveva spento la luce.
In cucina, un'assonnata Matsui
girava lentamente il cucchiaino in una tazzina di caffè. Lei si
accorse della sua presenza e si voltò a guardarlo. - Hayama.
Devo studiare ancora un po' e volevo tenermi sveglia... spero non ti
dispiaccia se ho preparato un po' di caffè. -
- No. -
- Prima non c'è stata occasione per salutarsi e volevo ringraziarti per la valigia. -
Akito liquidò la questione con un cenno della mano. - Non importa. -
- E grazie anche per l'ospitalità. -
- E' stata Sana ad invitarti, io non c'entro nulla. - Se fosse stato per lui, l'avrebbe volentieri spedita in un albergo.
Lei inarcò un sopracciglio e
insistette: - Va bene, però è anche casa tua e
perciò ritengo giusto ringraziare anche te. -
- Okay, okay – si arrese Akito.
- Ti ha mai detto nessuno che sei davvero irritante? -
Lui curvò un labbro in un mezzo sorriso ironico. - Qualche volta. -
Matsui bevve un grosso sorso di
caffè fumante. - Aspetta, non voglio discutere con te. Volevo
parlarti e, visto che sei capitato qui e presumo che tu non riesca a
dormire, mi sembra giusto sfruttare l'occasione. -
Lui non voleva parlare, ma solo
fare gli esercizi e andare a dormire. - Che cosa volevi dirmi? - chiese
con voce atona e senza il minimo interesse.
- Sana stasera mi ha raccontato
quello che le è successo ieri... anzi, l'altro ieri vista l'ora,
e volevo conoscere la tua opinione in proposito. -
- Che cosa ti ha detto esattamente? -
- Tutto, credo. Ogni cosa strana successa a te e a lei qui dentro mi è stata riferita. -
Akito dubitava che Sana le avesse raccontato proprio tutto, ma non fece commenti. - Se sai com'è andata, cosa vuoi sapere da me? -
- Il racconto di Sana è
abbastanza... come dire... fantasioso. Non fraintendermi, non penso che
si sia inventata ogni cosa, solo vorrei avere conferma che lei non
abbia equivocato. Una controprova, ecco. -
Akito non poteva darle torto.
Nemmeno lui al suo posto avrebbe creduto alla loro storia, piuttosto
avrebbe preferito pensare che avevano perso qualche rotella, ma ormai
non si poteva più negare l'evidenza. Sospirando si accinse a
rispondere. - Sì, da quando ci siamo trasferiti sono successi
fatti soprannaturali. Siamo stati presi di mira, Sana soprattutto, da
non si sa bene cosa, forse un fantasma. Lei, ieri sera, è come
se avesse rivissuto un avvenimento passato in cui comparivano persone e
luoghi descritti in un diario. -
- Il diario che ha ritrovato Sana? -
- Precisamente –
confermò con un cenno. - Che tu ora mi creda o no non mi
interessa, sono fatti tuoi. Se è tutto, tornerei a dormire. -
L'espressione pensierosa di Matsui scomparì. - Aspetta, non essere precipitoso! Accidenti, che carattere! -
Akito, sul punto di voltarsi, si bloccò e ritornò a guardarla.
- Sia quel che sia, non pensi sia
necessario andarsene da qui? Credo che entrambi teniate al testamento,
ma la vita è più importante. -
- In bocca al lupo nel tentativo di
convincere Sana. - Lui ci aveva provato e senza successo. E certamente
non poteva abbandonarla lì da sola.
- Ah, è così? - la sentì sussurrare con tono malizioso.
- Cosa? -
Matsui svuotò la tazzina e
l'appoggiò nel lavandino. - Buonanotte, Hayama – gli
augurò e lo lasciò lì a chiedersi cosa avesse
detto di tanto divertente.
- Sana! Sana, svegliati. Sana
– chiamava una voce poco conosciuta. Chi era, cosa voleva da lei?
Sana sbatté piano le palpebre e lentamente mise a fuoco una
pallida figura sospesa in aria.
- Hana! - esclamò incredula.
Era proprio lei, anche se non corporea come la volta in cui l'aveva
vista nel suo sogno-non sogno. L'espressione era diversa, notò,
molto più triste e tormentata. Sbatté più volte le
palpebre aspettandosi che la visione sparisse
e si pizzicò la pelle della mano. Okay, era sveglia, non vi era
dubbio, e quello che aveva davanti era un fantasma.
- Finalmente – sospirò quella.
Una lieve luce illuminava la stanza, proveniva dalla lampada sul comodino. La fissò confusa. Strano, mi sembrava di averla spenta, pensò, mentre il cuore nel suo petto batteva come un tamburo per la preoccupazione.
Hana, o meglio, il suo fantasma, individuò il suo pensiero e disse: - E' opera mia. -
- Sei un fantasma? - chiese incredula. Era pericolosa? Sarebbe dovuta fuggire?
- Sì. Non tutti vanno avanti, qualcuno rimane bloccato qui. Sospeso a metà strada. -
- E perché sei qui? -
domandò ancora, un po' più calma, perché
rassicurata dall'espressione tranquilla dell'altra.
Hana inarcò le sopracciglia. - Volevo parlarti. -
Lei scosse il capo. - No, intendevo... perché non sei andata avanti? -
Ci fu un attimo di pesante
silenzio. - Non è importante. - Il fantasma era evidentemente
sulla difensiva. - In genere non ci presentiamo ai vivi, preferiamo
proseguire la nostra esistenza in solitudine, ma mi sembrava giusto
chiederti perdono per la ferita che ti è stata inferta. Non
è stato intenzionale da parte mia, non volevo assolutamente
farti del male. -
Sana annuì. Era un modo per
assicurare all'altra che le credeva. - Perciò sei stata tu a
farmi vedere quella scena, giusto? -
- Sì. Avevo visto quanto ti
eri mostrata interessata alla mia vita, anche se non ne capisco il
motivo, e volevo farti vedere quanto fosse stato difficile. Non avrei
dovuto, è stato uno sbaglio. Il passato è meglio che
resti dov'è. -
Sana si tirò su a sedere e
poggiò la schiena contro la testata del letto. - Scusa se sono
stata invadente, ero solo curiosa, non pensavo che avrei potuto ferire
qualcuno. -
- Non importa, non lo sapevi. Shotaro mi manca molto, vorrei tanto poter dimenticare... -
Hana emanava un tale tristezza che
anche lei si sentì contagiata. - C'è nulla che io possa
fare per aiutarti? Se magari sapessi meglio cosa ti è
successo... -
Il fantasma indietreggiò di
scatto provocando un lieve spavento a Sana. Sembrò quasi
impallidire e sgranò gli occhi. - No, io... dimenticami –
pregò e sparì.
Spazio Autrice: Eccomi qui con
un nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto, anche se ammetto di essermi
trovata un pò in difficolta con la scena in cui compaiono Aki e
Fuka... è stato difficile gestirli insieme.
Grazie per le 8 recensioni, i 30 preferiti, le 40 seguite, le 7 ricordate e le visite.
Al 15/3!
Ilaria
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Capitolo 17 *** 17° capitolo ***
The Ghost's Diary - 17° capitolo
Eccomi tornata con il capitolo 17! E questa volta, finalmente, è disponibile uno spoiler del prossimo capitolo, visto che sono riuscita a cominciarlo, almeno. Buona Lettura.
The Ghost's Diary
17
5 Giugno
Caro Diario,
E' finita. Tra me e Sentaro è
tutto finito. Oggi, finalmente, mi sono decisa e ho rotto il
fidanzamento. Non potevo più andare avanti così, il
matrimonio era sempre più vicino e la situazione mi stava
sfuggendo di mano.
Questo pomeriggio Sentaro è
passato a trovarmi. Mi sono fatta coraggio e gli ho detto che non lo
amo e non me la sento più di sposarlo. E' stato molto difficile,
soprattutto perché lui è diventato insistente. Non sapevo
più cosa dirgli per convincerlo, perciò gli ho mentito e
ho inventato di amare un altro. Beh, in verità non saprei dire
con certezza se questa fosse o meno una bugia, perché in effetti
il legame che si è creato tra me e Shotaro si fa di giorno in
giorno più forte.
Purtroppo, la mia giustificazione
è servita solo a far infuriare di più Sentaro. Mi ha
schiaffeggiata. Non mi ha fatto troppo male, però mi sono
spaventata e ho provato anche una cocente delusione: non pensavo di
essermi sbagliata così tanto sul suo conto.
Fortunatamente, i miei genitori hanno
sentito le urla, ci hanno raggiunti e l'hanno cacciato via. E' stato un
sollievo vederlo percorrere per l'ultima volta la strada per uscire
dalla mia casa. Spero davvero di vederlo mai più.
A presto, caro Diario,
Hana
- Fuka! - strillò Sana entrando nella stanza che aveva assegnato
all'amica. Il colpo dato alla porta fu tale che questa sbatté
con forza contro il muro. La luce proveniente dal corridoio
illuminò in parte la stanza permettendole di vedere l'interno.
Si avvicinò al letto dove era profondamente addormentata Fuka.
Quest'ultima era ricoperta dal lenzuolo solo fino alla vita e le dita
stringevano un libro. - Ma dormi?! - sussurrò sorpresa, prima di
gettare uno sguardo all'orologio. - Oh, beh, in effetti sono le
quattro. - Si sedette con poca grazia sul letto sperando che questo
bastasse a svegliare l'altra, ma fu delusa. Fuka si limitò a
girarsi verso di lei e mugugnare qualcosa d'incomprensibile, ma non si
svegliò.
- Avanti, svegliati, è importante! Importantissimo! -
Cominciò a scuoterla e bastò poco perchè Sana
venisse accontentata.
- Che vuoi, Sana? Ho sonno – disse Fuka con voce impastata e gli occhi socchiusi.
- Devo parlarti, è importante. -
- Se si tratta di Hayama, ne parliamo domani. - L'amica si voltò
dall'altra parte. - E spegni la luce – aggiunse infastidita.
Sana, però, ignorò completamente le ultime parole
pronunciate da Fuka, era ancora presa dalle prime. - Hayama?
Perché dovrei parlarti di lui? - Che cosa c'entrava Fuka con
Hayama? Proprio non riusciva a spiegarselo.
- Oh, Sana, a volte mi stupisco di quanto ancora tu sia lenta per certe cose. - Ora l'altra sembrava un po' più sveglia.
- Stai forse insinuando...? - Sentì le guance accalorarsi,
doveva essere arrossita. - Non c'è nulla tra me e Hayama!
– negò con forza. Loro erano così diversi e... ma
perché perdeva tempo a pensarci?! Aveva cose molto più
importanti di cui occuparsi al momento. - Hayama non c'entra nulla con
questo, non direttamente, almeno. Si tratta di Hana –
rivelò. Con esasperazione si rese contro che Fuka era scivolata
di nuovo nel sonno.
Sana risalì le scale e attraversò il corridoio in
direzione della stanza di Akito Hayama. Dopo aver risvegliato Fuka per
la seconda volta, l'aveva convinta ad alzarsi e l'aveva accompagnata in
salotto. Ora non le rimaneva che svegliare il suo coinquilino e
finalmente avrebbe potuto confidarsi con qualcuno su quanto aveva visto
poco prima in camera sua.
Spalancò la porta e premette il pulsante alla sua destra.
Provò un leggero fastidio perché i suoi occhi, abituati
alla penombra, non apprezzarono l'intensa luce che illuminò la
stanza. Istintivamente si schermò il volto con una mano e
oltrepassò la soglia.
Hayama era steso prono sul materasso e con un mugugno la imitò
coprendosi il viso con braccio. Non dovette sembrargli sufficiente,
dato che nascose la testa sotto il cuscino come gli struzzi fanno con
la sabbia. Sana si sedette al suo fianco e lo scosse leggermente. - Hai
forse intenzione di soffocarti? - scherzò. - Su, vieni fuori. -
La voce di lui le arrivò soffocata. - Che vuoi? Vattene! - Con
quello che sembrò essere il più grande sforzo di questo
mondo, estrasse il viso da sotto il cuscino e la guardò
minaccioso.
- Qualcuno è venuto a trovarmi questa notte. -
- Eh? - La guardò confuso, poi scosse la testa. - Non è possibile, Kurata viene a tormentarmi anche nei sogni! -
- Hana, idiota! Sei assolutamente sveglio. In piedi, avanti! - Si
alzò e lo prese per un polso cominciando a tirare con forza.
Sbilanciato e colto di sorpresa, Hayama non poté evitare di
scivolare e precipitare sul pavimento insieme al lenzuolo che gli
avvolgeva le gambe.
Sana sorrise diabolica. - Ti aspetto di sotto – disse candida e canticchiando lasciò la stanza.
Akito entrò in salotto meno di cinque minuti dopo che Sana lo
aveva abbandonato sul pavimento della sua camera. Il suo corpo era
ancora caldo di sonno, però la sua mente ora era perfettamente
attiva e sveglia. Era bastato il nome di “Hana” - la causa
di alcuni dei loro problemi – a stuzzicare il suo interesse. Non
era riuscito a capire che cosa Sana gli aveva detto con precisione,
però qualsiasi cosa fosse sarebbe stata almeno importante.
Sana e Matsui l'aspettavano sedute sul divano, una di fianco all'altra.
La prima era seria, anche se si illuminò quando lo vide entrare,
mentre la seconda era leggermente irritata, forse per essere stata
svegliata.
Akito prese posto su una delle poltrone e puntò uno sguardo
interrogativo su Sana. Lei colse subito la sua domanda silenziosa e
annuì. - Fino a poco fa stavo dormendo come voi, solo che Hana
è venuta a svegliarmi. -
- Hana?! - Matsui fissò l'amica sorpresa. - Non è quella
del diario? Pensavo che fosse vissuta qui molto tempo fa, come ha fatto
a... -
Non poté terminare la replica, perché l'altra la interruppe: - E' un fantasma. -
Un fantasma? La mente di Akito
immaginò la ragazza che aveva visto nel sogno trasparente e si
chiese quanto questo suo pensiero fosse distante dalla realtà. -
Ma non esistono! - si lamentò, anche se lui stesso non
poté credere completamente alle proprio parole.
Sana lo guardò male, anche se Matsui annuì leggermente
nella sua direzione. - Esistono eccome! - esclamò la prima. - Io
l'ho vista. -
- Ti ha detto qualcosa? - chiese lui, rinunciando a confutare l'esistenza o meno dei fantasmi.
- Sì. Voleva scusarsi per quanto accaduto l'altro ieri in
cucina, mi ha detto che è stato un incidente e che non aveva
nessuna intenzione di ferirmi. -
- Kurata, non penso che dovresti fidarti ciecamente delle sue parole.
Poteva essere il suo modo per convincerti a non andartene da qui e poi
cogliere l'occasione migliore per aggredirti di nuovo. -
- Avrebbe potuto farlo anche prima, visto che ero sola, no? -
- Ha ragione – la sostenne Matsui. - E poi se avesse voluto
attaccarvi avrebbe avuto migliaia di altre occasioni, è
più di un mese che vi siete trasferiti qui. -
Okay, non avevano tutti i torti, doveva concederglielo. - Sì, forse. -
- Ti ha detto altro? - parlò di nuovo Matsui e si girò verso l'amica.
Sana inarcò le sopracciglia, pensierosa. - Mi ha detto che aveva
visto come mi ero interessata a lei e l'altra volta aveva voluto
mostrarmi la sua vita... penso che sia un po' sospettosa riguardo a
questo. Credo non capisca la mia curiosità. -
- Non è l'unica! - affermò ironico e lei fu lesta a
mollargli un calcio, prima di tornare a rivolgere l'attenzione a
Matsui. Un lieve gemito di dolore gli fuoriuscì dalle labbra e
si toccò la parte lesa con la punta delle dita. Colpiva forte!
- Hana è molto restia a parlare della sua vita, vuole che mi dimentichi di lei. -
- Mi sembra un buon suggerimento. Sarebbe una buona idea seguirlo – riprese lui con lo stesso tono di prima.
- Questa volta sono costretta a trovarmi d'accordo con Hayama, Sana
– disse l'altra, sorprendendolo. Meno male che non prendeva per
oro colato qualsiasi cosa dicesse l'amica. - Non sai che cosa nasconde
il suo passato. Costringerla a riviverlo potrebbe causare in lei grande
dolore. -
Akito annuì con il capo, pensava la stessa cosa.
Sana reclinò la schiena fino a toccare la superficie morbida del
divano e sollevò il viso pensieroso. - Probabilmente avete
ragione, ma... non so, non sono convinta. Penso che se sapessi, se
conoscessi la sua storia, potrei aiutarla in qualche modo. -
Lui sollevò gli occhi al cielo. - Kurata, lei è morta.
Non c'è più nulla che tu possa fare –
affermò senza mezzi termini. Aveva sempre pensato che fosse
inutile girare intorno alle questioni senza giungere direttamente al
punto della situazione.
Negli occhi di Sana passò un lampo d'irritazione. - Questo lo so
anch'io. Ciò non significa che Hana non possa ritrovare la pace
che necessita. -
- Kurata, dammi retta, rassegnati. Non puoi cambiare il passato, quel
che è fatto è fatto. - E non si riferiva solo ad Hana, ma
anche a se stesso. Il suo ginocchio non era più quello di prima,
il karate per lui non sarebbe più stato quello di prima. Si
alzò in piedi e sia Sana che Matsui seguirono i suoi movimenti
con lo sguardo: la prima lo fissava infuriata, la seconda indifferente
e, se gli fosse importato, non avrebbe saputo dire che cosa le passasse
per la mente. - Se vuoi continuare la tua ricerca della verità
fai pure, non posso fermarti, ma non contare su di me. - Voltò
le spalle ad entrambe e si avviò verso la porta. Poté
muovere solo qualche passo prima che gli giungesse all'orecchio la
risposta di Sana. - Non me ne frega niente del tuo aiuto, posso
arrangiarmi benissimo da sola. -
Tornò in camera sua con l'intenzione di riprendere il sonno da
dove era stato interrotto, anche se aveva la nefasta sensazione che la
sua fosse solo una vana speranza e addormentarsi non sarebbe stato per
nulla semplice.
- Mostro privo di sentimenti, verme senza cuore... - borbottava
imperterrita la sua amica Sana da alcuni minuti. Fuka era certa che
ormai avesse esaurito tutti gli insulti che le saltavano in mente e
avrebbe cominciato ad inventare qualcosa privo di senso.
- Uomo acido – la sentì dire e un lieve sorriso le incurvò le labbra. Ecco, appunto. Era il caso di fermarla e farle ritrovare la ragione, sempre che fosse possibile.
- Dai, Sana, non prendertela. Ha solo detto quello che pensava –
tentò di blandirla. Hayama le era sembrato strano poco prima.
Aveva notato un'espressione ferita mentre lui parlava di passato e
dell'impossibilità di cambiarlo. Non aveva potuto capire con
precisione che cosa lo tormentasse però, non lo conosceva a
sufficienza. Sana, invece, era stata troppo arrabbiata e presa da
quella Hana perché si rendesse conto di qualcos'altro.
- Mi irrita quando si comporta così. Come fa ad essere
così insensibile? - Dall'espressione accigliata traspariva una
nota di delusione.
Se voleva, Sana era brava a fingere, ma Fuka la conosceva da molto
tempo e sapeva che l'amica era dispiaciuta d'aver litigato con Hayama.
- Vedrai che cambierà idea e farete presto pace. -
- Pace?! - La fissò come la volta in cui aveva chiesto se lei e
Hayama erano fidanzati. - Non ho alcune intenzione di fare pace, voglio
che i mesi rimanenti trascorrano in fretta per poter non vederlo
più. - Incrociò le braccia sotto il seno e a Fuka
quell'immagine ricordò molto una bambina capricciosa.
- Non lo pensi veramente. Ti da solo fastidio che ti abbia contraddetta. -
- Non è vero, non sono più una bambina. Il punto è... -
- Il punto è... – la interruppe Fuka. - Che sai che lui ha
ragione, ma non vuoi ammetterlo. - Con tono più dolce, aggiunse:
- Sana, se vuoi aiutare davvero quella ragazza, fallo, hai il mio
appoggio, però non puoi pretendere da Hayama lo stesso. -
- Pensavo ci stessimo avvicinando, invece abbiamo finito di nuovo per
litigare – sospirò tristemente Sana. - Beh, peggio per
lui. Ora torno a dormire. Buonanotte, Fuka. - Sbadigliò e
sollevò le braccia per stiracchiarsi. Poi si alzò dal
divano e lasciò il salotto.
- Buonanotte – le augurò Fuka un attimo prima che
oltrepassasse la soglia della stanza. La sua amica era caparbia, ma,
anche se era stata poco propensa a dare retta alle sue parole, sperava
che avrebbe fatto pace presto con Hayama. Aveva avuto poco tempo e
forse era troppo presto per giudicare, però quei due le erano
sembrati in sintonia insieme.
Sorrise. Era proprio curiosa di scoprire come sarebbe andata a finire
tra Sana e Hayama. E, con quest'ultimo pensiero, tornò anche lei
nella sua stanza.
Spazio Autrice: Scusate se il
capitolo è leggermente più breve del solito, ma sono
stata costretta a troncarlo in quel punto per ragioni temporali. Spero
comunque che vi sia piaciuto.
In verità non era previsto che litigassero, ma i personaggi mi
sono sfuggiti di mano ed è andata così... beh, presumo
che se non litigassero non sarebbero Sana e Akito, no?
Grazie per le 7 recensioni, le 33 preferite, le 8 ricordate, le 44 seguite e le visite.
Al 30/3!
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Con sua sorpresa, ferma sulla soglia c’era Aya. Il sorriso sul suo
viso era enorme, era parecchio che non la vedeva così allegra. Gli
occhi marroni erano luminosi e le guance lievemente arrossate. - Ciao,
Sana! -
[...]
- Tutto bene, Aya? - chiese cauta.
L’interpellata annuì con il capo ed entrò in salotto.
|
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Capitolo 18 *** 18° capitolo ***
The Ghost's Diary - 18° capitolo
The Ghost's Diary
18
9 Giugno
Caro Diario,
In questo periodo stanno accadendo
tante cose troppo in fretta. Prima io che sento di non amare Sentaro e
di provare qualcosa per Sho, poi la rottura del fidanzamento e infine,
proprio questo pomeriggio, il secondo bacio da parte di Shotaro.
Quest'oggi ci siamo incontrati e
gli ho fatto sapere che il mio matrimonio è saltato e che
Sentaro non mi interessa più – e forse non mi è mai
interessato davvero. Lui mi ha guardata sorpreso, poi mi ha preso il
viso tra le mani e le ha sfiorate con le proprie. E' stato tutto
così improvviso, proprio non me l'aspettavo, anche se credo che
sapendolo in anticipo non l'avrei comunque fermato. E' stato bellissimo
sentirlo più vicino, il cuore mi batteva forte e mi prudevano le
mani dalla voglia di toccarlo. Sono davvero contenta che il mio diario
ora sia assolutamente al sicuro, lontano dalle mire di mia madre: le
prenderebbe un colpo se leggesse le mie parole!
Dopo che si è separato da
me, Shotaro mi ha osservato intensamente. Mi vergogno a dirlo, ma non
sono riuscita a dirgli quello che provavo davvero e sono scappata via.
Non voglio sbagliarmi questa volta, voglio essere assolutamente certa
dei miei sentimenti prima di farli sapere a Shotaro. Non voglio rompere
un altro fidanzamento.
A presto, caro Diario,
Hana
Sana era seduta a gambe incrociate
sul divano, il computer posato sulle ginocchia e aveva lo sguardo fisso
e concentrato sullo schermo. Alla sua destra, nella sua stessa
posizione, c’era Fuka, solo che lei non batteva velocemente i
pulsanti della tastiera, ma era china su un grosso volume scolastico e
quaderni pieni di ordinati appunti.
Anche Sana aveva scritto parecchi
appunti riguardanti il suo romanzo, ma i suoi erano segnati in pessima
calligrafia su fogli volanti sparsi ovunque: alcuni sui cuscini intorno
a lei e altri buttati a caso sul pavimento.
Il suono fastidioso e disturbatore del campanello interruppe il lavoro di entrambe.
- Vai tu? - chiesero all’unisono. Resesi conto della coincidenza, voltarono il capo una verso l’altra.
- Sana, io sto studiando per l’esame e poi questa è casa tua - le fece notare Fuka.
Con suo disappunto, lei non seppe
proprio come replicare alla sua logica. Si alzò e borbottando
sottovoce, si rassegnò ad andare ad aprire.
Se Hayama fosse stato presente,
avrebbe potuto lasciare a lui l’onere, pensò. Certo,
bisognava anche considerare che era una settimana che facevano il
possibile per evitarsi e i loro discorsi, quando necessari, si
limitavano a frasi del tipo: “mi passi il sale?”
Probabilmente, anche se Hayama non fosse uscito per andare a
fisioterapia, lo stesso non si sarebbe fatto alcuno scrupolo ad
ignorare completamente il campanello che suonava. Idiota.
Con sua sorpresa, ferma sulla
soglia c’era Aya. Il sorriso sul suo viso era enorme, era
parecchio che non la vedeva così allegra. Gli occhi marroni
erano luminosi e le guance lievemente arrossate. - Ciao, Sana! -
- Ciao, Aya. Prego, entra. - Si
fece da parte per lasciar passare l’amica. La condusse in salotto
e con stupore notò che Aya si comportava in modo diverso dal
solito. Lei, che era sempre molto composta e tranquilla, quel giorno si
muoveva nervosamente. Che cosa poteva esserle successo?
Sembrava davvero allegra, quindi a Sana non parve ci fosse bisogno di preoccuparsi, però…
- Tutto bene, Aya? - chiese cauta.
L’interpellata annuì
con il capo ed entrò in salotto. Quando i suoi occhi
incrociarono la figura di Fuka, si avvicinò e la salutò.
L’altra ricambiò subito, accennando un sorriso nella sua
direzione.
- Come va a casa tua, Fuka? - domandò Aya e prese posto su una poltrona poco distante.
- Ci sono stati dei problemi e la
riparazione dell’impianto idraulico sta durando più del
previsto, però a breve il mio appartamento sarà di nuovo
disponibile. Sana dovrà sopportare la mia presenza ancora per un
po’! - scherzò.
Lei sorrise. Era contenta che Fuka
fosse rimasta ancora da lei per altri giorni, soprattutto visto il
freddo rapporto che si era creato con Hayama. Chiese ad Aya se
desiderasse qualcosa da bere, ma questa rifiutò, perciò
ritornò ad occupare il suo posto accanto a Fuka.
Fissò l'amica con espressione interrogativa e tacitamente le domandò il motivo della sua visita.
Aya, come risposta, si
limitò a sollevare il braccio sinistro. Sana lo fissò
inarcando un sopracciglio. All'inizio le sfuggì il motivo del
suo gesto, ma poi il suo sguardo si soffermò su un luccicante
anello portato sull'anulare. Un anello di fidanzamento!
Lei fissò a bocca aperta il cerchio dorato con incastonato sulla superficie un piccolo diamante.
Era semplice, ma di buon gusto.
- Wow! Finalmente Tsuyoshi si
è deciso, eh? - esclamò Fuka e si alzò per andare
ad abbracciare l'amica. - Sapevo che te lo avrebbe chiesto da un
momento all'altro, si vedeva. -
Aya sorrise e cominciò a
ridere spensierata. - Beata te. Ultimamente era così strano,
così... distante. Cominciavo a credere che mi volesse lasciare.
-
Sana ripeté il gesto di
Fuka stringendo l'amica a sé e affermò: - Figurati,
tu e Tsuyoshi siete predestinati. Vi immagino già tra molti
anni, più vecchi e grigi, ma ancora innamorati e felici. -
Fuka le diede un colpetto scherzoso
sul braccio. - Dai, Sana. Che pensiero prematuro il tuo, almeno dalle
il tempo di sposarsi. -
- Dobbiamo festeggiare – propose Aya in quel momento.
Sana si voltò a guardarla
sorpresa. - Che fai, mi rubi le battute? Stavo per dirlo io. Potremmo
dare un grande, enorme, colossale festa. Inviteremo un sacco di gente,
tanto qui c'è un mucchio di spazio. - Nella sua testa, lei aveva
già tutto in mente. Sarebbe stato bellissimo e si sarebbero
divertiti tutti moltissimo.
- Ehm, Sana, forse Aya preferirebbe
qualcosa di più semplice – le fece notare Fuka. La
nominata non la stava guardando, perciò colse l'occasione al
volo per dirle qualcosa utilizzando solo il labiale. Lei la
fissò intensamente, ma Fuka dovette ripetersi più di una
volta prima che potesse cogliere il messaggio: fantasma.
Okay, ripensandoci, forse la sua
non era un'idea così brillante. Non tanto per gli ospiti, ma
più che altro per la povera Hana che si sarebbe ritrovata la
casa piena di sconosciuti.
- Beh, una festa qui, se non invitiamo troppa gente, potrebbe andare bene se a Sana non dispiace – commento Aya.
Avevano un problema. Ora, potevano
raccontarle tutto, ma ad Aya non piaceva il soprannaturale e Sana non
voleva spaventarla, oppure trovare un soluzione per ritirare l'offerta
di utilizzare la propria casa per festeggiare il fidanzamento. Meglio
la seconda.
- L'ho proposto io, Aya, certo che
mi fa piacere organizzare la festa qui, però... credo proprio
che Hayama sarà contrario – inventò. E in fondo, si
disse poi, non si poteva nemmeno definire un bugia.
- Già! - le rese prontamente il gioco Fuka. Grazie, amica mia! - Odia le feste e la confusione. Non darebbe mai il suo benestare. -
- Non puoi proprio provare a
convincerlo? - Al suo cenno negativo, aggiunse: - Proverò a
chiedere a Tsuyoshi. Si conoscono da molto tempo e forse, se glielo
chiederà lui, accetterà. -
- Ehm, ma... - provò a dire, ma fu Fuka a bloccare sul nascere la sua replica. - Prova, forse funzionerà. -
Sana si girò a fissarla con
gli occhi sbarrati. Che accidenti stava dicendo? Appena sarebbero
rimaste da sole, avrebbe preteso delle spiegazioni.
Accantonato, almeno per il momento,
l'argomento “festa”, chiese, piena di
curiosità, in che modo Tsuyoshi le avesse fatto la proposta,
dove e quando.
- E' successo poche ore fa. Si
è presentato a casa mia tutto in tiro e si è
inginocchiato ai miei piedi. Prima si è scusato, perchè
mi ha detto di essersi reso conto di avermi trascurata negli ultimi
tempi... - Si girò verso di lei e le gettò un'occhiata. -
Tu c'entri qualcosa, per caso? -
Sana sentì le sue guance
imporporarsi. - Ehm, beh, come prima impressione può anche
sembrare così, ma osservando bene i fatti è chiaro che...
- si fermò, aveva perso il filo del suo discorso contorto.
Sollevò le mani in segno di resa. - Va bene, lo ammetto. In
questa storia potrei c'entrare qualcosina. -
- Immaginavo. Non importa, Sana. So che volevi solo aiutarmi. -
- Non so di cosa state parlando, ma
è irrilevante. Dai, Aya, continua a raccontare. Poi cosa ha
fatto Tsuyoshi? - si intromise Fuka. Naturalmente quest'ultima non
poteva conoscere che Aya le aveva fatto sapere che il suo
fidanzato era stato distante negli ultimi tempi, nè quello che
aveva fatto lei in proposito. Beh, glielo avrebbe raccontato un'altra
volta, ora anche lei voleva sapere il resto sulla proposta di
matrimonio di Tsuyoshi. Piegò la schiena in avanti per
avvicinarsi di più, come se in questo modo potesse ascoltare
prima e meglio. - E tu cosa hai fatto? - Entrambe pendevano dalle
labbra della loro amica.
- Poi mi ha offerto una scatolina di velluto. -
Quest'ultima frase scatenò
delle urla da parte delle altre due, soprattutto Sana che si
alzò e prese a saltellare per la stanza.
- All'interno c'era questo – continuò Aya facendo sventolare di nuovo la mano con l'anello davanti a loro.
- Infine, mi ha fatto la proposta. E' stato molto dolce e romantico. -
- Sono veramente molto felice per te – le disse e la strinse in un altro abbraccio.
Era contenta che le cose tra Aya e
Tsuyoshi si fossero risolte nel migliore dei modi, avrebbe voluto che
lo stesso succedesse tra lei e Hayama. Cioè, non proprio lo
stesso, voleva solo che smettessero di ignorarsi e tornassero amici.
Lei e le sue amiche chiacchierarono
piacevolmente per qualche altro minuto, poi Aya si congedò. -
Ora devo proprio andare, mia madre mi ha invitato a pranzo –
spiegò.
Sana assunse un'espressione delusa.
- Oggi è già la seconda volta che vengo anticipata, avrei
voluto anch'io che restassi per pranzo. -
- Dai, Sana, sarà per un'altra volta – la consolò Fuka posandole una mano sulla spalla.
- E' vero – confermò Aya e se ne andò.
In piedi davanti alla porta d'ingresso, Sana si girò ad incontrare gli occhi di Fuka. - Abbiamo un problema. -
- Già, che tu hai causato con la tua mania per le feste. -
Beh, almeno poteva evitare di
rigirare il coltello nella piaga. - Senti chi parla! Tu le hai detto
che sarebbe stata una buona idea chiedere a Tsuyoshi di intercedere
presso Hayama – replicò e incrociò le braccia al
petto. - A proposito, perchè lo hai fatto? -
Fuka sollevò gli occhi al
cielo. - Dai, Sana, sai benissimo che Hayama è testardo e non si
farà convincere a fare qualcosa che non gli piace nemmeno dal
suo migliore amico. In questo modo, Aya sarà certa d'aver
tentato il possibile e non ci penserà più. -
In verità a Sana era
capitato più di una volta di riuscire a convincere Hayama a fare
quello che voleva lei e la storia della valigia di Fuka era solo un
esempio, ma era anche vero che Tsuyoshi era meno caparbio di lei.
Avrebbe funzionato, doveva funzionare. - Forse hai ragione – concesse e scrollò le spalle.
Dimentiche del problema, Sana tornò al suo capitolo e Fuka al suo studio.
- Fuka, puoi chiedere a Hayama se mi passa la pentola con il riso? - domandò la pazza alla sua amica.
Akito sospirò. Così stavano – no, stava – leggermente sfiorando il ridicolo.
- Credo ti abbia sentito –
replicò Matsui, evidentemente poco propensa a dare corda alle
pagliacciate di Sana. - E comunque non ho intenzione di farti da
tramite: o glielo chiedi tu, o ti alzi e t'arrangi. - Uhm, forse anche
lei come lui si era stancata di vederli perennemente impegnati a
ignorarsi.
Vide Sana rimanere a bocca aperta e
senza parole. A disagio, lei si mordicchiò il labbro inferiore
con i denti e Akito seguì il gesto con gli occhi, provando una
fitta in mezzo alle gambe.
La desiderava, era chiaro da molto
tempo questo, ma non era così semplice. Provava sentimenti molto
più complessi nei suoi confronti per quanto trovasse difficile
anche solo accettarlo e ammetterlo con sé stesso.
Non sapeva bene cosa fare ora, lei
era ancora furiosa con lui, aspettava forse che si scusasse? Avrebbe
atteso a lungo, allora. Ad Akito non sembrava di aver fatto nulla di
sbagliato, aveva solo detto ciò che pensava e non si sarebbe
scusato senza motivo.
Perché si era innamorato di
una donna tanto strana come quella? Sarebbe stata preferibile una come
Matsui, che diceva le cose come stanno.
Proprio per confermare
il suo pensiero, Matsui scelte quel momento per alzarsi, prendere il
bicchiere e sbatterlo sulla superficie del tavolo con rabbia. Nemmeno
lei doveva possedere un carattere mite.
Sia Akito che Sana si voltarono stupiti verso di lei, impreparati davanti al suo gesto.
- Fuka, cosa...? - provò a dire Sana, ma venne bruscamente interrotta.
- Ora basta! Mi avete stancato!
– esclamò, senza usare toni soavi e con l'accento di Osaka
ancora più marcato del solito. - Avete discusso una settimana fa
e ancora non vi parlate? Beh, mi sembra sia arrivato il momento di
farlo. Non ne posso più di vedervi ignorarvi a vicenda e allo
stesso tempo cercarvi con lo sguardo. Vi rendete conto di essere
ridicoli? - Si allontanò dal tavolo e si avviò verso la
soglia del soggiorno. - E' arrivato il momento che parliate –
sentenziò e Akito ebbe un presentimento, che fosse brutto o
bello era ancora da decidere.
Anche Sana aveva lasciato il suo
posto e aveva mosso qualche passo in direzione dell'amica. - Fuka, non
puoi costringerci a parlare. -
Matsui si voltò a guardarla
e sorrise. - Io penso di sì. - Estrasse la chiave dalla
serratura interna e il sorriso si allargò. Akito sbarrò
gli occhi, sorpreso, abbastanza sicuro delle intenzioni dell'amica di
Sana e del fatto di non avere possibilità di riuscire a fermarla.
Sana mosse qualche altro passo e
pregò: - Aspetta, non... - Due mandate diedero conferma ai loro
sospetti. - Chiuderci dentro – completò lei, ma era troppo
tardi.
Sospirando, Akito riportò l'attenzione sul suo piatto. Solo perchè Matsui aveva fatto loro la cortesia
di chiuderli in quella stanza, non significava che avrebbe buttato via
il suo pranzo. Sana si voltò e lo fissò infuriata. - Come
puoi mangiare in un momento simile? -
Lui scrollò le spalle. - Ah,
non lo so. Fame, forse? - chiese ironico. Oh, gli aveva rivolto la
parola. Uhm, forse il colpo di testa di Matsui – ora era anche
più chiaro perchè quelle due fossero amiche – si
sarebbe rilevato davvero utile.
Spazio Autrice:
Questa volta ho rischiato davvero di non farcela a pubblicare per oggi,
infatti, fino a ieri, era pronto solo metà capitolo, ma alla
fine - sempre ieri - sono riuscita a finirlo. La prima parte riguarda
le tre amiche Sana, Aya e Fuka insieme, tranquille e felici (più
o meno), spero vi piaccia com'è venuto fuori. La seconda - tanto
per cambiare - è una scena che mi è sfuggita di mano...
stavo scrivendo di quei tre che pranzavano e Fuka mi è uscita
fuori di testa.
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Grazie per le 6 recensioni, i 33 preferiti, le 8 ricordate, le 51 seguite e le visite.
Al 13/4!
Ilaria
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Capitolo 19 *** 19° capitolo ***
The Ghost's Diary - 19° capitolo
Ecco il nuovo capitolo. Per questa volta sono riuscita a mettere anche uno spoiler del capitolo 20. Buona Lettura!
The Ghost's Diary
19
14 Giugno
Caro Diario,
Dopo aver evitato Shotaro per giorni,
quest'oggi mi ha colto di sorpresa e si è fatto trovare in
camera mia. E' salito sull'albero ed è passato dalla finestra!
Quando l'ho visto non riuscivo quasi a crederci.
All'inizio l'ho rimproverato,
perché ha rischiato di precipitare giù e rompersi l'osso
del collo, ma poi non sono riuscita a tenergli il muso e l'ho
abbracciato.
Quasi subito mi sono accorta che un
ramo gli aveva ferito una guancia e un braccio, così l'ho fatto
sedere e l'ho medicato.
Shotaro ha pensato bene di
approfittare di quel momento per mettermi con le spalle al muro. Ha
stretto le mie mani con le sue e mi ha confessato d'amarmi.
Sapevo che non era più il caso
di evitare l'argomento o mentirgli, perciò gli ho detto che per
me era lo stesso, ma anche che non volevo che ci fidanzassimo
ufficialmente per il momento. Voglio essere sicura questa volta,
perciò voglio godermi questi giorni in suo compagnia senza
pensare troppo al futuro. Forse tra qualche mese cambierò idea,
ma per ora è meglio così.
A presto, caro Diario,
Hana
Sana distolse lo sguardo da Hayama, disgustata. Erano chiusi dentro e lui pensava a riempirsi lo stomaco. Ridicolo!
Con passo deciso, raggiunse la porta chiusa a chiave dalla sua amica Fuka
poco prima. Cominciò a colpirla con la mano stretta a pugno con
tanta forza che se non fosse stata robusta l'avrebbe buttata
giù. - Fuka, facci uscire! - urlò. - Ti conviene darmi
ascolto, perché prima o poi uscirò di qui e te la
farò pagare! - La parte razionale di sé, al momento ben
nascosta dentro di lei, era certa di quanto i suoi sforzi fossero
inutili, ma Sana era decisa a provarci lo stesso. E comunque era anche
un modo come un altro per sfogare rabbia e frustrazione.
- Dubito che sia dietro la porta ad aspettare – affermò la
voce di Hayama alle sue spalle. - Avrà di meglio da fare che
attendere invano che tu rinsavisca. Sempre che questo sia possibile. -
- Se è il tuo modo di affermare di avere ragione, sprechi il
fiato – replicò, e si girò a guardarlo. In quella
settimana aveva riflettuto sulla sua lite con Hayama ed era giunta alla
conclusione che forse era stata un po' troppo precipitosa a prendersela
con lui. D'altro canto, non aveva nessuna intenzione di dargli ragione
e ammettere la sua colpa.
Lo vide scrollare le spalle e riportare l'attenzione sul piatto. Con
tutta l'intenzione d'ignorarlo e non rivolgergli più la parola
finché fossero rimasti lì dentro – tanto era sicura
che prima o poi Fuka li avrebbe liberati comunque -, prese posto al
centro del divano e accese la televisione.
Le sembrava di ricordare che a quell'ora dessero un telefilm a cui
partecipava nel ruolo del protagonista Naozumi Kamura. Non lo seguiva
con continuità, molto spesso a causa della mancanza di tempo, ma
le poche volte che l'aveva visto doveva dire che il suo amico era
proprio un bravo attore. Era un telefilm in costume, ambientato nel far west e Naozumi interpretava il ruolo di un cowboy.
Sintonizzò la televisione sul canale che voleva e sorrise
riconoscendo il primo piano di Kamura. Molte donne lo consideravano
bello e anche lei era della stessa opinione, ma non era il suo tipo e
non era nemmeno mai riuscita a vederlo più che come amico, al
massimo come fratello.
- Non mi sembra un ruolo che gli si addica – commentò Hayama, ancora una volta alle sue spalle.
Si era mosso così silenziosamente che non l'aveva sentito
avvicinarsi e il suo cuore perse un battito per la sorpresa. - Non
arrivare così alle spalle della gente. Ancora un po' e mi
sarebbe venuto un infarto! – si lamentò. Riportò
l'attenzione sulla televisione e la sua mente registrò le ultime parole
che lui aveva pronunciato. - Perché? Mi sembra molto bravo,
invece. -
- Sarà... - sussurrò poco convinto.
Ehi, ma cosa stavano facendo, discutevano tranquillamente riguardo un
programma televisivo?! Lei era ancora arrabbiata con lui, molto
arrabbiata. Cominciò a fissare lo schermo senza vedere realmente
il telefilm.
Lo sentì girare intorno al divano e con la coda dell'occhio le parve che volesse occupare il posto – o il mezzo
posto considerando che si era seduta nel centro apposta – al suo
fianco. Hayama non si fece scoraggiare dalla sua presa di posizione e,
spingendola con il solo uso del corpo, riuscì a guadagnare
sufficiente spazio per sé.
Sana ribolliva di rabbia. Che cosa pensava di dimostrare in questo
modo? Incrociò le braccia al petto e continuò a fissare
ostinatamente davanti a sé.
Fu proprio per questo, probabilmente, che non si accorse della mano di
Hayama che lesta le sfilò il telecomando di mano. Si girò
a guardarlo con espressione sorpresa. - Cosa...?! -
- Non mi sembravi molto interessata al programma del damerino,
perciò pensavo di cercare qualcosa di meglio –
spiegò e iniziò a fare zapping.
Era disposta ad ammettere che il telefilm di Naozumi non la faceva
impazzire, ma il punto non era questo! - Ridammi il telecomando, sono
arrivata prima e ho il diritto di guardare quello che voglio! -
Allungò un braccio e si sporse sulla destra nel tentativo di
recuperare il maltolto, ma Hayama lo tolse dalla sua portata.
- Non stavi realmente seguendo prima, hai perso la precedenza. -
Se sperava si fosse arresa, sarebbe rimasto deluso. Si spinse
ulteriormente in avanti, decisa a prendere ciò che voleva e
ignorando totalmente la vocina che sosteneva quanto fosse infantile il
loro comportamento, soprattutto il suo. Si aggrappò alla
maglietta a mezze maniche di lui con la mano destra e allungò la
sinistra verso quella che tratteneva fermamente il telecomando.
- Sana, finiscila! -
Cosa? Da quando la chiamava per nome? Si fermò e gli diede un
colpetto sulla spalla. - Maleducato! Come ti permetti di chiamarmi per
nome senza suffissi? Non siamo grandi amici, né parenti,
né fidanzati. -
Lui fece un sorriso di scherno. - Però ti ho baciata. Il che denota un briciolo d'intimità fra noi. -
Sana sentì le sue guance imporporarsi di rosso. Ora che si era
calmata e aveva sospeso – momentaneamente – la lotta per la
conquista del telecomando, la posizione in cui si trovava sembrava un tantino
compromettente. Lei era praticamente appoggiata al petto di Hayama,
aggrappata alle sue spalle, e teneva un ginocchio sopra una delle gambe
di lui. E il viso... Oh, accidenti! A distanziarli c'erano veramente
pochi centimetri. Come aveva fatto a spingersi tanto in là?
- Allontanati immediatamente! - strillò isterica, spingendolo via da sé.
- Adesso sarebbe colpa mia?! Ma se hai fatto tutto da sola. -
Tecnicamente poteva essere così, ma era stato lui a cominciare.
Sbuffò e si allontanò il più possibile. Decise di
alzarsi e raggiunse il tavolo ancora apparecchiato. Il riso nella
pentola era stato coperto, per questo non era ancora totalmente freddo
e immangiabile. Se ne servì una porzione.
- Non dicevi che era ridicolo mangiare in un momento simile? - le chiese l'irritante voce di Hayama.
- In qualche modo devo pur passare il tempo e poi è un peccato
sprecare questo cibo – replicò e infilò tra le labbra
un generoso boccone della tiepida pietanza.
Noia. Seduta su una delle sedie del tavolo, il mento appoggiato su una
delle mani, Sana si stava annoiando. Erano passate alcune ore e lei
aveva mangiato, dato uno sguardo di tanto in tanto alla tv – ora
spenta – e passeggiato su e giù per la stanza. Ora non
sapeva più cosa fare. In effetti, avrebbe potuto lavare i piatti
e mettere apposto, ma non aveva proprio voglia di farlo, perciò
continuava a stare seduta a fissare il vuoto in attesa di un'idea per
passare il tempo.
- Presto Tsuyoshi ti chiamerà per chiederti un favore, tu rispondigli di no – buttò lì a quel punto.
- Cosa? Che favore? - chiese lui con il fiato corto. Circa mezz'ora
prima si era disteso sul pavimento e aveva iniziato ad allenarsi.
- Lui e Aya si sposano, lo sapevi? -
- Sì, Tsuyoshi mi aveva accennato al telefono che voleva
chiederlo. Ma questo cosa c'entra con il favore? - Si fermò e si
mise seduto, poi si voltò a guardarla.
- Aya vorrebbe organizzare qui la festa per il suo fidanzamento, ma,
per Hana, vorrei evitarla. Dato che le ho detto che probabilmente non
avresti dato il tuo benestare, lei ha pensato di chiedere a Tsuyoshi di
convincerti. -
Lui sbarrò gli occhi sorpreso. - Davvero? Aya non mi sembra
proprio il tipo di farti una proposta del genere e poi importela. -
- E' vero, ma sono stata io a proporlo – ammise imbarazzata.
Lui ghignò e lei provò l'impulso di lanciare contro
qualcosa a quella faccia da schiaffi. - Piuttosto ironico, non trovi? -
- Evita di infierire, per favore – sibilò lei, fumando di rabbia.
Una lieve risata colse Hayama, ma durò poco, perché lui si fece subito serio. - Non preoccuparti. -
Un'ondata di sollievo l'avvolse e gli sorrise. - Grazie, Hayama. -
Lui si voltò di scattò e borbottò. - Non lo faccio
solo per te, davvero non voglio che venga organizzata una festa qui. La
casa finirebbe sottosopra e ci sarebbe solo insopportabile casino. -
Sana inclinò la testa da un lato e lo fissò attenta.
Quella di Hayama sembrava solo l'ennesima dimostrazione dei suo
carattere burbero e asociale all'apparenza, ma era diverso questa
volta.
- Dai, Hayama! Sei imbarazzato? - Con un balzo scese dalla sedia e di corsa lo raggiunse, posizionandosi di fronte a lui.
- Non essere sciocca, Kurata – negò lui, ma un quasi impercettibile rossore alle guance lo tradì.
- Che carino, sei imbarazzato. Wow, questa è una scoperta
sensazionale, non pensavo potesse accadere veramente. Il freddo Hayama
che si imbarazza... - commentò e si sedette al suo fianco
ridendo.
Qualcosa non andava, però. Stava prendendo in giro Hayama e
conversando con lui – quasi – normalmente, ma lei avrebbe
dovuto essere arrabbiata. Si girò a guardarlo. - Senti, riguardo
la discussione dell'altra volta... - cominciò, incerta per un
momento su come proseguire. - So che il passato è passato,
però se riuscissi a risollevare Hana da quanto è accaduto
nella suo vita, qualsiasi cosa sia, non pensi che potrebbe esserle
d'aiuto. -
Lui la fissò e Sana notò dell'amarezza nel suo sguardo. -
Ma, anche se le tue parole fossero le più giuste e adatte
possibili, potrebbero non bastare e peggiorare la situazione. Non hai
pensato a questo? -
Hayama chinò il capo e, nel momento in cui lei notò le
mani dell'altro appoggiate sulle ginocchia, la consapevolezza di essere
stata cieca davanti al dolore di lui la colse. D'istinto, lo
abbracciò. Non disse una parola, si limitò a stringerlo a
sé e lasciare che lui ricambiasse la stretta. Non c'erano
bisogno di parole, non in quel momento, non tra loro due.
Con un sospiro soddisfatto, Fuka chiuse con un lieve tonfo il libro.
Piegò la schiena all'indietro fino a toccare la testata del
letto e sollevò le braccia per stiracchiare i muscoli
intorpiditi. Aveva finalmente portato a termine lo studio e ora non le
restava che dare un'ultima riguardata la mattina successiva.
Voltò il viso verso la finestra e si stupì nel notare che
era sera inoltrata. Era stata così presa dal suo lavoro che non
si era resa realmente conto del tempo che passava e poi la casa di Sana
era così silenziosa che nulla aveva potuto intervenire a
distrarla. Le sarebbe piaciuto anche a lei vivere stabilmente in un
posto simile, era così diverso dal suo appartamento
in città.
Si alzò in piedi e completò platealmente l'opera di
stiracchiamento, poi provò l'acuta sensazione di aver
dimenticato qualcosa. Di cenare, probabilmente, pensò, quando sentì il suo stomaco lamentarsi in proposito. Ma era qualcos'altro, Fuka ne era sicura.
Uscì dalla sua camera e attraversò il corridoio con
l'intenzione di raggiungere la cucina. Lontana dai libri e con la
pancia piena, le sarebbe certamente tornato in mente ciò che
aveva dimenticato.
Si bloccò di colpo dopo pochi passi, però, perché
la menzione della cucina era stata sufficiente a rammentare che non
aveva ancora permesso a Sana e Hayama di uscire dal salotto.
Accidenti allo studio e agli esami, come aveva potuto scordarsi un fatto tanto importante?!
Improvvisamente frettolosa, scese di corsa gli scalini per raggiungere
il piano inferiore e liberare i due prigionieri. Beh, la cucina era
collegata al salotto e non avrebbero rischiato di soffrire la fame,
tentò di tranquillizzarsi, anche se le nacque il dubbio che
fosse stato poco saggio lasciarli con tanti oggetti contundenti in
vista.
Finalmente raggiunse la porta che aveva sigillato – molte - ore
prima e la fissò apprensiva. Stava diventando melodrammatica e
frenetica come Sana, frequentarla molto le aveva trasmesso due suoi
difetti, o forse anche di più.
Prese la chiave dalla tasca in cui l'aveva riposta e la infilò
nel toppa. Spalancò la porta ed entrò, preoccupata su
cosa avrebbe potuto trovare all'interno.
Nessuno?, osservò
sorpresa, quando né Sana, né Hayama comparvero davanti a
lei per riguadagnare finalmente la libertà. Si guardò
attorno, ma la prima impressione venne confermata: in salotto sembrava
non esserci nessuno. Attraversò la stanza e provò in
cucina, ma nemmeno lì ebbe fortuna. Entrambe le stanze erano
come le aveva lasciate, compreso il tavolo dove avevano pranzato.
Ritornò in salotto e, con un'occhiata accurata, notò dei
piedi che sbordavano dal divano. Si avvicinò e sorrise
tranquillizzata quando vide la sua amica Sana e il suo complicato
coinquilino pacificamente appisolati. Lei teneva la testa sulla sua
spalla ed era appoggiata quasi completamente addosso a Hayama, che le
aveva avvolto un braccio intorno alla vita.
Era molto contenta che la sua idea avesse permesso ai due litiganti di
riappacificarsi. Muovendosi silenziosamente per il timore di svegliarli
e rovinare il momento, si diresse un'altra volta in cucina. Era il
momento di soddisfare anche lo stomaco.
Spazio Autrice: Salve a tutti!
Eccomi tornata come promesso con il diciannovesimo capitolo (wow,
stanno diventando tanti!). Ecco cosa a portato il colpo di testa di
Fuka, spero abbiate apprezzato la scena e il capitolo. Uhm, purtroppo
accade anche che Akito promette a Sana che non darà il suo
benestare per la festa... se va avanti così non si farà a
casa di loro due. Vedremo come si evolverà la situazione.
Al 27/4! (Visto che pubblicherò dopo le feste vi auguro già di trascorrere una felice Pasqua!)
Grazie per le 8 recensioni, le 35 preferite, le 7 ricordate, le 54 seguite e le visite.
Ilaria
Spoiler del prossimo capitolo:
Si voltò verso il cuscino,
che non era molto comodo, ma abbastanza per riuscire lo stesso a farci
una buona dormita, e spalancò la bocca sorpresa. Che cosa ci
faceva abbracciata a Hayama?!
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Capitolo 20 *** 20° capitolo ***
The ghost's Diary - 20° capitolo
The Ghost's Diary
20
20 Giugno
Caro Diario,
Oggi sono molto
felice. Il tempo è stato soleggiato per tutta la giornata, la
temperatura era calda, ma piacevole, e Shotaro mi ha portato a fare un
picnic.
La mattina ho
preparato il cestino, ho scelto i suoi e i miei piatti preferiti, poi
sono uscita per incontrarmi con lui. Ai miei ho mentito però, ho
raccontato che al picnic sarebbe stata presente tutta la famiglia di
Shotaro, altrimenti non avrei mai ottenuto il permesso di vedermi sola
con lui.
Ci siamo
fermati sotto la chioma di un'enorme quercia e abbiamo mangiato quello
che avevo portato. Sono stata felice di vedere Shotaro mangiare di
gusto i miei piatti.
Dopo pranzo, abbiamo fatto una lunga passeggiata, chiacchierato e riso, è stato molto divertente.
Ci siamo scambiati anche molti baci e carezze, è stato bellissimo!
Vorrei tanto che giornate come questa si ripetessero più spesso.
A presto, caro Diario,
Hana
Fu l'odore gustoso del cibo sul
fuoco a svegliarla. Con gli occhi ancora chiusi, sdraiata su un fianco
e abbracciata ad un cuscino, annusò a pieni polmoni il delizioso
profumo che proveniva da poca distanza. Doveva essere dalla cucina,
ragionò, e lei probabilmente si era appisolata di nuovo sul
divano del soggiorno. Il suo stomaco brontolò e le venne
l'acquolina in bocca. Appena avrebbe avuto sufficiente energia e voglia
si sarebbe alzata. Socchiuse un poco gli occhi e li spalancò
completamente quando vide che il salotto era avvolto nel buio. Era sera
o notte, allora, non mattina, si rese conto.
Si voltò verso il cuscino,
che non era molto comodo, ma abbastanza per riuscire lo stesso a farci
una buona dormita, e spalancò la bocca sorpresa. Che cosa ci
faceva abbracciata a Hayama?! Prima che la sua mente si rimettesse
completamente in moto, istintivamente gli diede un poderosa spinta e lo
osservò precipitare a terra e svegliarsi di colpo.
- Ma sei matta?! - esclamò Hayama girandosi a guardarla e massaggiandosi un braccio dolorante per la caduta.
Improvvisamente, Sana
rammentò per quale motivo si trovava lì con lui. Alcune
ore prima, dopo che lei lo aveva abbracciato, si erano messi a parlare
di argomenti più leggeri, tranquillamente, come due normali
amici. Avevano parlato a lungo, o meglio, lei
aveva parlato a lungo. Hayama, per lo più, si era limitato ad
ascoltarla e borbottare qualche parola di tanto in tanto. Infine, si
erano addormentati, anche se non avrebbe saputo dire con esattezza chi
fosse stato il primo a scivolare nel sonno, né tanto meno come
fosse possibile che lei avesse utilizzato il petto di Hayama come
cuscino. Solo di un particolare era dannatamente certa, vale a dire chi
era stato a scatenare tutta quella situazione. - Scusa, Hayama –
gli disse, prima di scavalcare il divano. Lui non c'entrava e non aveva
meritato la brusca sveglia che gli aveva rifilato.
A passo di carica, attraversò la soglia della cucina e con lo sguardo cercò la figura di Fuka.
- Fuka! - strillò il nome di
lei e provò soddisfazione nel vederla sussultare per la sorpresa
e irrigidirsi leggermente. La sua amica
si girò e la fissò malamente. - Non arrivare in questo
modo alle spalle della gente – la rimproverò. - E
risparmiami quella brutta espressione che hai dipinta in faccia. Hai
fatto pace con Hayama e questo
è ciò che più conta. - Incrociò le braccia
al petto per un attimo, poi si girò per spegnere i fornelli.
- Ci hai tenuto chiusi dentro per quasi un giorno! - Era vero che grazie all'espediente di Fuka la lite con Hayama era giunta al termine, però avrebbe potuto trovare una soluzione migliore.
- Esagerata – replicò
l'altra. - Saranno state poco più di dodici ore. Adesso terrai
il muso a me come hai fatto con Hayama per tutta la settimana? - chiese
alla fine, fissandola con espressione dispiaciuta.
Forse avrebbe potuto, ma era stanca
di litigare. - No – sospirò. - Ma non pensare nemmeno di
rifarlo! - la minacciò velatamente alla fine, anche se ci
aggiunse un sorriso.
Fuka le si avvicinò e
l'abbracciò. - Mi dispiace di avervi tenuti rinchiusi per tutto
quel tempo, però sono contenta che abbiate appianato le vostre
divergenze. -
Sana ricambiò la stretta. - Grazie a te. -
- Uhm, avete finito? Io vorrei
mangiare prima che la cena si trasformi in colazione. - Alle spalle di
Sana, l'irritante voce di Hayama giunse alle loro orecchie.
Ridendo, Fuka si allontanò e
prese la pentola aiutandosi con una presina. - Avanti, sotto con i
piatti! - proclamò.
Akito osservò il contenuto
del bicchiere appoggiato sul bancone davanti a sé e si chiese
speranzoso se sarebbe stato possibile potercisi affogare. Probabilmente
no, ma era da prendere in considerazione l'idea di bere a sufficienza
da non sentire più le chiacchiere ininterrotte di Tsuyoshi.
Quando quest'ultimo l'aveva
invitato ad andare in un locale per staccare un po' dalla solita vita,
non aveva trovato nessun motivo per rifiutare, anche se sospettava che
quell'uscita nascondesse un secondo fine. In più, il fatto che
non ci fosse Aya lì con loro, aumentava i suoi dubbi in
proposito che l'invito fosse genuino.
Con la testa rintronata di discorsi
di cui non aveva capito – ascoltato – nemmeno la
metà, sollevò il bicchiere e ingurgitò in un sorso
il cocktail. Probabilmente non sarebbe bastato a salvarlo, ma almeno
avrebbe aiutato.
Gettò uno sguardo alla sua
sinistra, dov'era seduto Tsuyoshi che gli stava raccontando della
proposta di matrimonio che aveva fatto ad Aya. Aveva la testa
leggermente piegata all'indietro e l'espressione sognante. Il bicchiere
che teneva tra le mano era ancora intatto e forse era meglio
così. Se Tsuyoshi fosse stato ubriaco la situazione non avrebbe
fatto altro che peggiorare.
Voleva bene a Tsuyoshi, anche se
non l'avrebbe ammesso ad alta voce nemmeno sotto tortura, ma quando
parlava a manetta era davvero insopportabile.
Intercettò la barista con la
coda dell'occhio e sollevò di qualche centimetro il bicchiere
vuoto. - Un altro – ordinò indicandoglielo.
La donna, piuttosto giovane e
carina, annuì con il capo ed eseguì la sua richiesta.
Quando si avvicinò di nuovo a lui per consegnarli la sua
ordinazione, lo osservò maliziosa e gli posò una mano sul
braccio con fare languido. I capelli neri erano molto lunghi e un
ricciolo nero arrivò a posarsi sulla sua spalla. Gli occhi
castani si illuminarono mentre diceva: - Ciao, io sono Yoko. Tu come ti
chiami? -
- Akito Hayama. - Yoko sembrava
parecchio interessata a lui, sarebbe stato così semplice
cedere. O almeno, lo sarebbe stato se lui non fosse stato
così preso da Sana, era lei che voleva.
- Akito, eh? Hai un nome molto
bello. - Spostò la mano dal suo braccio fino a posarla sulla sua
e stringerla leggermente. Lo chiamava già per nome? Quasi rise
rammentando le scene che aveva fatto Sana quando si era permesso di
fare lo stesso.
Al suo fianco, Tsuyoshi aveva smesso di parlare e fissava malamente Yoko. Non approvava che lei ci provasse con lui, forse?
Ritirò la mano come se si
fosse scottato e scosse la testa. - Scusa, ora devo andare. -
Svuotò il bicchiere, pagò il conto e trascinò via
Tsuyoshi. Ora il suo amico sembrava ad un passo dal ridere felice e
saltellare come un canguro.
- Si può sapere a cosa è dovuta quell'espressione
contenta? - sbottò ad un certo punto. Avevano lasciato il locale
da alcuni minuti e ora stavano percorrendo le vie illuminate di Tokyo.
Doveva aveva parcheggiato la macchina...?
- Io tifo per te e Sana, lo
dovresti sapere. Certo, se ti dessi una mossa, sarebbe tutto più
facile – commentò pensieroso.
- Lascia perdere, Tsuyoshi, dammi
retta – sibilò con tono minaccioso. Non aveva proprio
voglia di ascoltare nessuna predica.
- Va bene, va bene, come vuoi
– si affrettò a ritrattare l'altro. Rimase in silenzio per
qualche minuto, poi riprese a parlare: - Senti, Akito, ho un favore da
chiederti. -
Lui aveva qualche sospetto su quale fosse la richiesta che l'amico gli premeva fargli, ma lo lasciò parlare.
- Ti dispiacerebbe se la festa di fidanzamento mia e di Aya la organizzassimo a casa tua? E' stata Sana a proporcelo. -
- Scordatelo – rispose, come
da copione. Se avesse accettato, cosa peraltro che non voleva, Sana se
lo sarebbe mangiato vivo.
Tsuyoshi incurvò le spalle,
sconfitto. - Dai, amico, fammi questo favore. Aya ci tiene molto. Sana
si arrabbierà se le impedirai di organizzare la festa. -
Non gli importava di passare per
l'asociale rovinatore di propositi, ma lo infastidiva un po' sistemare
i guai che lei combinava e prendersi la colpa al posto suo. Uhm, forse
avrebbe dovuto accettare per ripicca. Per un secondo, il suo proposito
di aiutarla vacillò, ma si riprese subito. - No - affermò
lapidario.
- Penserò io alle cibarie e ci sarà molto sushi. Tutto quello che vuoi. -
Akito si bloccò sul posto e
Tsuyoshi, che camminava un passo dietro di lui, gli finì contro.
- Tutto quello che voglio? - ripeté, con l'acquolina in bocca.
- Esattamente. - Non poteva
vederlo, ma poté immaginare benissimo l'espressione vittoriosa
che doveva essersi dipinta sul volto di Tsuyoshi.
- Va bene, potete fare la festa a casa mia. -
- Grazie, amico! -
Sana lo avrebbe ammazzato.
Spazio Autrice: Salve
a tutti! Capitolo breve, lo so, solo tre pagine invece delle solite
quattro e mezzo, ma questa volta è il massimo che ho potuto
fare. Spero lo stesso che vi sia piaciuto.
Uhm, forse l'espediente del sushi
è un pò scontanto, eccettera, eccettera, ma ho pensato
fosse la soluzione migliore.
Grazie per le 10 recensioni, 39 preferite, le 9 ricordate, le 60 seguite e le visite.
Al 11/5!
Ilaria
|
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Capitolo 21 *** 21° capitolo ***
The Ghost's Diary - 21° capitolo
The Ghost's Diary
21
24 Giugno
Caro Diario,
Questa sera,
sono un po' preoccupata. E' cominciato tutto questo pomeriggio, quando
sono uscita con Mieko, la sorella di Shotaro, e la cameriera, e siamo
andate in città. All'inizio andava tutto bene e Mieko e io
ci stavamo divertendo molto, poi però ho incontrato Sentaro.
Non gli ho
parlato, ho solo incrociato il suo sguardo da lontano, ma è
stato sufficiente a provocarmi inquietudine. Era fermo a guardarmi e il
suo sguardo era carico di odio. Sì, capisco che sia normale data
la situazione che si è creata fra noi, ma... Non lo so. Credo di
non conoscere nemmeno io il motivo della mia preoccupazione. Forse
è solo dovuta al fatto che non mi ha fatto piacere vederlo e sto
esagerando.
Più
tardi, sempre nel pomeriggio, quando abbiamo riaccompagnato Mieko a
casa, ho visto Shotaro e ho passato del piacevole tempo con lui. Per un
po' non ho più pensato al brutto incontro che mi aveva rovinato
la giornata. Non gliene ho fatto cenno, ma pensi che dovrei dire a
Shotaro che ho visto il mio ex fidanzato? Non vorrei farlo preoccupare
per una simile sciocchezza.
In fondo, Sentaro non ha fatto nulla, a parte guardarmi, nemmeno ci siamo parlati.
Credo di volermi solo dimenticare di quel brutto momento e non pensarci più.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Sana spalancò la porta con
rabbia. Quello stupido non aveva mantenuto la promessa!
Intercettò il suddetto e gli lanciò un'occhiata malevola.
Akito Hayama era in piedi davanti ad una scrivania, la cui superficie
era in parte ricoperta da fogli e altri oggetti. Un cassetto era
spalancato e le mani di lui erano ferme a mezz'aria e stringevano una
risma di carta. Stava evidentemente dando una sistemata alla sua
stanza, prima che il fragore della sua entrata lo distrasse e lo
facesse voltare verso di lei. Lo stupore sul volto di lui durò
poco, la sua espressione arrabbiata gli doveva aver rammentato alla
perfezione la colpa di cui si era macchiato.
- Hayama, sei un bugiardo –
lo accusò e gli puntò un dito contro. - Avevi detto che
avresti rifiutato il tuo consenso alla festa e invece sai che cosa mi
ha detto tutta contenta Aya, oggi? -
Lui rimase in silenzio, un accenno
di pentimento sul suo viso, anche se sicuramente non sufficiente ad
ottenere il perdono di Sana.
- Ridendo, Aya ha detto che
Tsuyoshi ti ha offerto del sushi in cambio del tuo consenso e tu non
hai esitato ad accettare. Mi avevi fatto una promessa, sei un bugiardo.
- Avrebbe voluto tirargli qualcosa, fargli pentire di essersi messo
contro di lei, ma la verità era che avrebbe reagito in quel modo
se lui avesse mancato ad una promessa futile. Teneva davvero a quello
che gli aveva chiesto e il comportamento di Hayama l'aveva ferita a tal
punto che desiderava solo urlargli contro e poi non rivolgergli mai
più la parola. - Mi avevi fatto una promessa –
ripeté di nuovo. - Ti odio! - Forse non lo pensava davvero e
forse a lui non sarebbe importato, però aveva voluto tentare di
fargli provare la sua stessa sensazione di ferimento. Si voltò e
oltrepassò la soglia di scatto. Portò con sé la
porta e lasciò che sbattesse, poi si allontanò.
Akito, lo sguardo sulla porta
chiusa, rimase immobile qualche secondo, incerto su come comportarsi;
era ancora in parte sconvolto dal turbine che era piombato nella sua
stanza improvvisamente e allo stesso modo era sparito. Che cosa aveva
fatto?! Lui non aveva avuto nessuna intenzione di mancare alla
promessa, tanto meno di ferire Sana. Era stato davvero sciocco da parte
sua. Allentò la stretta intorno ai fogli che teneva in mano e
questi scivolarono sul pavimento sparpagliandosi tutti intorno. Akito
non li degnò di un'occhiata e si precipitò in corridoio.
Stava veramente correndo
dietro ad una donna? Se la situazione fosse stata diversa, forse
avrebbe dovuto fermarsi e riflettere sul suo comportamento, ma quello
non era certamente il momento adatto. - Sana... Kurata, aspetta,
fermati – la chiamò e, avvolgendole una mano intorno al
polso, la strattonò all'indietro. Sbilanciata, lei non
poté impedirsi di ritrovarsi faccia a faccia con lui e
impossibilitata a fuggire. Aveva il capo piegato all'indietro e i suoi
occhi esprimevano tutta la rabbia che provava. - Lasciami –
sussurrò e Akito poté scorgere una velata minaccia nel
suo tono se non le avesse dato retta.
- No. - Sapeva di essere in torto e
che l'unica cosa gli rimaneva da fare era parlare sinceramente, anche
se esprimere quello che provava a parole non era mai stato il suo
forte. - Kurata, io non volevo assolutamente ferirti. Non... lo vorrei
mai. Io... - incespicò leggermente e avrebbe tanto voluto non
dover più dire nulla. - Ecco... non mi ero reso conto di quanto
tenessi al fatto di non organizzare la festa qui. Scusa. - Quasi
inconsapevolmente, allentò la presa intorno al polso di Sana, al
punto che sarebbe bastato un lieve strattone per liberarsi, ma lei non
si mosse. - Penso che andrò a chiamare Tsuyoshi per dirgli che
ho cambiato idea. - La lasciò andare del tutto e il braccio di
Sana ricadde lungo il fianco.
- Non chiamare Tsuyoshi. - Erano
le sue prime parole da quando l'aveva raggiunta. Non sembrava
più molto arrabbiata, perciò Akito si rilassò in
modo impercettibile.
La fissò sorpreso. Uh? Soffriva di duplice personalità, forse? - Che cosa? Ma... -
- Prima, quando mi ha telefonato Aya, lei era così felice. E' una mia amica, le voglio bene e non voglio deluderla. -
- E Hana? Tutto questo è nato per lei, no? -
Sana annuì. - Sì, lo
so. Farò in modo che la festa non degeneri e inviterò
poche persone. In fondo, Aya stessa voleva una festa tranquilla, con
solo gli amici più intimi. -
- Bene, come preferisci. Ma sei una
donna volubile – aggiunse, senza riuscire a trattenersi. Lui
aveva sbagliato e si era scusato, ma alla fine lei aveva cambiato idea.
Che razza di comportamento era quello?
- Eh?! Non è vero. Il danno
ormai è stato fatto, perciò ho solo pensato di lasciare le
cose come stanno. Sei stato tu a farti comprare! -
- Lo so, ma anche se avevi
già accettato il fatto che quel maledetto fidanzamento si
festeggiasse qui, ti sei lo stesso infuriata con me e hai preteso che
mi scusassi. - Magari anche la sua espressione ferita era una finta.
- Non ho preteso un bel niente! - strillò, alzando la voce. - Hai fatto tutto da solo. -
Se non fosse che Matsui se n'era
ritornata a casa propria il giorno prima, probabilmente si sarebbe
precipitata da loro. - Ah, ma dai, hai fatto in modo che mi sentissi in
colpa. -
Lei sorrise, trionfante. - Oh, no,
Hayama, i sensi di colpa sono nati perché non volevi ferirmi,
perché in fondo ci tieni a me. A discapito di tutte le volte che
fingi indifferenza verso tutto e tutti. -
Akito sentì le sue guance
imporporarsi e si odio per questo. - Tenere a te? Nemmeno se fossi
l'ultima persona sulla faccia del pianeta. - Si voltò e si
incamminò in direzione della sua camera. Alle sue spalle,
sentì distintamente il ridacchiare soddisfatto di Sana.
Dannazione a Tsuyoshi e alla sua balorda idea di sposarsi!
Sana controllò il contenuto
della sua borsa, aveva voluto verificare di non aver dimenticato nulla.
Tranquillizzata, fece scorrere la cerniera, richiudendola. La
agganciò alla spalla, poi si voltò verso il divano dove
era seduto Hayama. Erano passati alcuni giorni dalla loro lite e la
festa di fidanzamento si sarebbe tenuta l'indomani. Da allora non
avevano più toccato l'argomento della promessa non mantenuta,
non ce n'era più stato bisogno, Sana aveva capito che Hayama era
sinceramente pentito ed aveva accettato le sue scuse. Nonostante quello
che gli aveva detto, lei era rimasta davvero sorpresa dal fatto che lui
sentisse il bisogno di scusarsi, ma aveva apprezzato il gesto. Era
anche contenta che lui avesse finito per affezionarsi a lei e
viceversa. Suo padre sarebbe stato contento di sapere che i due
fratelli acquisiti avevano cominciato a volersi bene.
Aggirò il divano e si
posizionò proprio davanti al televisore in modo da costringere
Hayama ad ascoltarla. I piedi ben piantati a terra, le gambe
leggermente divaricate e le mani sui fianchi, lei lo fissò
decisa.
- Che vuoi? - le chiese Hayama, gettandole un occhiata molto poco benevola.
- Vado a fare la spesa e... -
- E allora? - la interruppe con tono annoiato.
- Vado a fare la spesa per la festa
e tu vieni con me – affermò ed era davvero sicura di
riuscire a portarlo con sé.
Lui inarcò un sopracciglio e sembrò quasi sul punto di scoppiare a ridere. - No. Che domande fai... -
Lei incrociò le braccia al petto. - Non era una domanda. -
- Va bene, ma la risposta rimane sempre no. Perché dovrei farlo? -
- Forse perché tu non hai mantenuto la promessa e questa sarebbe la tua buona occasione per farti perdonare? -
- Mi sono scusato. -
- Pensavi fosse sufficiente? - In
effetti lo era stato, ma se poteva sfruttare l'occasione per farsi
aiutare... Gli prese la mano e lo strattonò per farlo alzare in
piedi. - Dai, andiamo. Ho parecchie cose da prendere per la festa e ho
bisogno di aiuto. -
- E va bene –
acconsentì lui alla fine. - Ma smetti di tirarmi il braccio in quel
modo o me lo staccherai – si lamentò, prima di decidersi
ad alzarsi.
Sana sorrise e lo spinse verso la
porta. - Forza, andiamo! E' già tardi e non voglio trovare il
supermercato pieno di gente. -
Arrivati nei pressi della porta
d'ingresso, lui si sfilò le ciabatte e si chinò per
mettersi le scarpe. - Se ti alzassi prima, non correresti un simile
rischio. -
Sana sbuffò, poi insieme oltrepassarono la soglia di casa.
Era mattina inoltrata e il
supermercato dove Sana l'aveva trascinato era, come da lei temuto,
pieno di gente. Anche a lui infastidiva questo fatto, riteneva che era
molto più semplice e comodo fare la spesa alcune ore prima,
quando non c'era quasi nessuno. Akito prese la moneta che gli tendeva
Sana e la infilò nell'apposita fessura del carrello, per poi
guidarlo fra i reparti del supermercato con lei al suo fianco. - Che
cosa devi prendere? Hai preparato la lista? -
- Sì, aspetta che la prendo. -
Akito la vide rovistare nella
borsa a lungo – ma quanto roba ci metteva dentro? - e poi
estrarre un pezzo di carta arrotolato su se stesso. Sana lo aprì
e lui fissò a bocca aperta l'infinita lista di prodotti che si
presumeva dovessero acquistare. - Kurata, per curiosità, quanta
gente viene alla festa? -
Lei si voltò a guardarlo. -
Quanti...? Uhm, dunque... - Utilizzando le dita come abaco e
borbottando sottovoce, la vide svolgere la complicata somma. - Inclusi noi otto, credo. Sì, otto, ma uno deve ancora confermare. -
Akito riportò per un momento
lo sguardo sulla lista, poi si concentrò di nuovo su Sana e
alzò gli occhi al cielo. - Devono essere elefanti, allora, vuoi
comprare lo stesso quantitativo che servirebbe per un reggimento
– commentò ironico.
Lei imbronciò le labbra. -
Non è vero, è lo stretto necessario. E anche se avanzasse
qualcosa non importa, la terremo da parte per finirla i prossimi
giorni. -
- O i prossimi mesi –
replicò e le rubò la lista di mano per osservarla meglio.
Lesse alcune voci e sentì che c'era qualcosa di strano. Quando
arrivò alla fine, capì: quelli che Sana aveva segnato
erano tutti ingredienti sciolti, nessun pasto pronto. - Hai assunto una
cuoca, per caso? Chi cucinerà tutta questa roba? -
- Lo farò io. -
La cucina sarebbe saltata in aria o sarebbero finiti al pronto soccorso per una lavanda gastrica? - Tu? - chiese scettico.
Lei annuì e le parole
“con il tuo aiuto”, anche se non pronunciate ad alta voce,
rimasero sospese fra di loro. Come aveva fatto a cacciarsi in quel
guaio? Accidenti a Tsuyoshi e alle sue offerte irrinunciabili. Rilesse
la prima voce sulla lista e girò il carrello per dirigersi nella
giusta direzione. - Su, vieni. O saremo ancora qui quando questo posto
chiuderà – borbottò.
Lei sorrise e lo seguì.
Sana premette il dito sul pulsante
sulla superficie della penna per farne uscire la punta e tracciò
un'altra riga sulla lista che aveva preparato. Lei e Hayama erano un
paio d'ore che giravano quel supermercato, il loro carrello era quasi
pieno e dovevano prendere ancora una decina di prodotti assortiti. Uhm,
forse aveva davvero esagerato un pochino.
- Che cosa manca ancora? - le chiese Hayama.
Sana abbassò lo sguardo. - Il sake* e qualche bibita – lesse.
- Mi sembrava che ci fosse il sake a casa. -
- Sì, ma è quasi
finito. - Si guardò intorno per controllare se stesse
dimenticando qualcosa e finì per incrociare gli occhi di
un'anziana signora che li fissava sorridendo. Sana non riuscì a
capire il motivo di tanto interessamento, ma cordialmente
ricambiò il sorriso.
Raggiunsero lo scaffale delle
bibite e dei liquori in breve tempo; ora che l'ora di punta era
passata, era molto più semplice girovagare per i reparti senza
correre il rischio di scontrarsi con qualcuno.
Sana prese alcune bottiglie
di sake e qualche vario tipo di bibita gassata e non, compreso del
tè verde freddo molto buono. - Così dovrebbe bastare
– commentò, studiando le bottiglie che aveva riposto nel
carrello. - Che ne pensi? -
- Direi che gli ospiti non moriranno di sete nemmeno se organizzerai una spedizione nel deserto. -
Lei sbuffò. - Il solito scemo. Andiamo a prendere il pane, ora, vorrei preparare dei tramezzini. -
- Akito-kun? - mormorò una
voce a lei sconosciuta pochi metri davanti a loro. Una voce femminile.
- Eh, sì, sei proprio tu. -
Sana sollevò il capo e vide
una giovane donna dai lunghi e ricci capelli neri venire verso di loro.
Era molto carina, aveva dei bei lineamenti e dei luminosi occhi
marroni. Indossava un vestito corto a vita alta marroncino chiaro che
le sottolineava il fisico e sandali intonati con il tacco a spillo.
Lei, in confronto, con la sua maglietta azzurra, la gonna di jeans e le
scarpe da ginnastica, non si sentiva niente.
La sconosciuta li raggiunse e
scoccò due baci sulla guance ad Hayama, sotto lo sguardo
incredulo di Sana. Ma chi era e perché si prendeva tutta quella
confidenza con lui? Senza riuscire a capire nemmeno lei il motivo, la
odiò istintivamente.
Era sbagliato giudicare una persona
senza nemmeno conoscerla, ma non le importava. L'unica cosa che voleva
era capire chi fosse, cosa volesse e che se ne andasse il
più lontano possibile da loro.
* Sake: Bevanda alcolica tipica del giappone, che si ottiene dalla fermentazione del riso. Contenti loro...
Spazio Autrice: Volevate
la svolta? Eccola qui! Beh, questo è un argomento che prima o
poi avrei dovuto introdurre, aspettavo solo il momento migliore. Come
ben sappiamo, Sana è un po' – molto – lenta a capire
certe cose, ma un po' di sana gelosia sveglia chiunque.
La giornata al supermercato proseguirà nel prossimo capitolo, a presto.
Grazie per le 14 recensioni (wow!), le 41 preferite, le 9 ricordate, le 64 seguite e le visite.
Al 25/5!
Ilaria
|
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Capitolo 22 *** 22° capitolo ***
The Ghost's Diary - 22° capitolo
Salve a tutti. Vorrei dirvi un paio di cose prima di lasciarvi al capitolo:
1) Prima di tutto mi scuso per il capitolo breve... la prossima volta sarà meglio, ve lo prometto.
2) Ho indetto un Contest su Kodocha sul forum di Efp. Spero che a qualcuno di quelli che ama questo fandom interessi parteciparvi. Ecco il link:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9787966
E ora il capitolo!
The Ghost's Diary
22
30 Giugno
Caro Diario,
Oggi
ho rivisto di nuovo Sentaro. E' venuto a casa mia e ha chiesto di
vedermi. I miei genitori non erano presenti, perciò sono stata
costretta a parlagli di persona. Questo incontro mi preoccupava molto,
ma forse ho esagerato.
Sentaro è stato gentile e ha
implorato il mio perdono per il suo comportamento e ha pure aggiunto
che avrebbe capito se non avessi più voluto vederlo.
Solo pochi mesi fa, lo avrei
perdonato immediatamente senza pensarci su due volte, acceccata com'ero
dall'infatuazione che sentivo nei suoi confronti, ma ora non sono
più così, sono cambiata.
La sua presenza mi metteva a
disagio e sono stata un pò fredda, ma non sgarbata. Gli ho detto
chiaro e tondo che accettavo le sue scuse, ma che sarebbe stato meglio
per entrambi non rivederci più, che era meglio buttarci il
nostro passato alle spalle. Ho anche rinnovato le mie scuse per aver
rotto il fidanzamento a così breve distanza dalle nostre nozze;
nemmeno il mio comportamento è stato esemplare.
Sentaro ha acconsentito alla mia richiesta, anche se mi è parso
contrariato. Beh, immagino sia comprensibile. Prima di andarsene, mi ha
chiesto se poteva tornare un'altra volta per scusarsi anche con i miei
genitori. Lo ammetto, avrei voluto rifiutare con tutte le mie forze, la
sua presenza continua ad inquietarmi, ma non ho potuto. Sarebbe stato
davvero maleducato da parte mia e mia madre avrebbe dato di matto se lo
avesse saputo.
Domani mi vedrò con Shotaro, sono molto felice.
A presto, caro Diario,
Hana
Preda di una furia crescente, Sana
cominciò a stringere quasi inconsapevolmente la lista
pasticciata che aveva in mano. La carta, a causa dei ripetuti segni, il
passaggio da Sana a Hayama e viceversa, e spiegazzamenti vari, era
diventata sempre più fragile, tanto che sarebbe bastato poco
perché si spezzasse.
Sana si voltò verso Hayama e
osservò di sottecchi la sua reazione alla vista della
sconosciuta. Lesse confusione nel suo sguardo, come se non riuscisse a
riconoscere la donna che l'aveva salutato. Anziché provare
sollievo per questa scoperta, che la rassicurava sul fatto che Hayama
non la conoscesse bene, un disgustoso pensiero le si affacciò
alla mente.
Possibile che lui non la
riconoscesse perché i due avevano avuto pochi incontri,
terminati magari con una notte di sola passione? La stretta, che
provava allo stomaco da quando la donna riccia aveva fatto la sua
comparsa, si intensificò.
Hayama poteva essere quel tipo d'uomo? Non lo sapeva, la sua domanda sarebbe rimasta senza risposta.
Lei vide i lineamenti, finora contratti, di Hayama distendersi. - Yoko – sussurrò lui.
Yoko? Ah, così si chiamava quella?
Si voltò verso di lei e sorrise, affabile. - Ciao, io sono Sana
Kurata – si presentò, tendendole una mano.
Yoko – ma non ce l'aveva un
cognome? - la fissò imbarazzata per un momento, poi
ricambiò la stretta. - Yoko Honjo. - Si rivolse ad Hayama: - Hai
una ragazza, allora. E' molto carina. -
- Akito è mio fratello. -
Hayama si girò a guardarla,
interdetto. In effetti, al suo posto, anche lei si sarebbe guardata
sorpresa. Aveva perso il controllo delle sue parole e delle sue azioni,
come se il suo cervello avesse perso una delle viti che lo facevano
funzionare.
- Siete fratelli? Non vi somigliate molto – commentò Yoko, lasciando scorrere lo sguardo da uno all'altra.
- Perché siamo fratelli
acquisiti – spiegò Hayama. - Non pensavo di rivederti
– aggiunse, riportando l'attenzione sull'altra.
Quella sorrise. - Già, nemmeno io. Che coincidenza incontrarci di nuovo così presto. -
- Dove vi siete conosciuti? - chiese Sana.
- Al locale dove lavoro. Sedeva al
bancone in compagnia di un ragazzo con gli occhiali e mi è
sembrato un po' solo. Volevo fargli compagnia... peccato che fosse di
fretta. - Abbassò lo sguardo, un po' delusa.
La tensione alla bocca dello
stomaco si allentò del tutto e Sana cominciò a provare un
inspiegabile ed acuto senso di soddisfazione. - Capisco – disse
con tono neutro.
Yoko spostò l'attenzione per un attimo sul loro carrello. - Quanta roba. Siete in molti a casa o date una festa? -
- Sì, una piccola festa privata. Due nostri amici stanno per sposarsi. -
- Oh, congratulazioni. -
- Grazie. - Sana spostò
innocentemente lo sguardo sull'orologio da polso di Hayama. -
Accidenti, com'è tardi. Akito, andiamo, o faremo tardi.
Arrivederci, Honjo, piacere di averti conosciuta. - Prese lui
sottobraccio e lo trascinò via.
- Ciao. - Hayama sollevò una mano in un accenno di saluto.
L'altra ricambiò e si allontanò con un'espressione corrucciata dipinta in viso.
Sana riuscì a raggiungere il
reparto del pane, prima che Hayama dicesse qualcosa. - Si può
sapere che ti è preso? E da quando mi chiami per nome? -
Lei sbuffò e si mise ad
osservare indecisa i sacchetti di pane fresco. - Non essere sciocco,
Hayama. Che fratelli sono due che si chiamano per cognome? E poi non
capisco di cosa stai parlando. -
- Con Yoko sei... stata strana,
ecco. Piuttosto falsa, a dirla tutta. Non è da te –
spiegò lui, ignorando volutamente la questione del chiamarsi per
nome o cognome. Probabilmente aveva capito che non sarebbe riuscito a
spuntarla, qualsiasi cosa avesse detto.
Lei aprì e chiuse la bocca
un paio di volte prima di decidersi a parlare. - Ti sbagli, il mio
comportamento è stato assolutamente naturale –
mentì. Beh, d'altra parte, che avrebbe potuto dirgli? Nemmeno
lei era riuscita a decifrare il proprio comportamento. C'era qualcosa
in Honjo che l'aveva irritata, anche se non avrebbe saputo dire quale.
Non voleva assolutamente che avesse a che fare con Hayama. - Credo che
prenderò anche del pancarrè – affermò,
prendendo una confezione del suddetto e cambiando argomento.
Hayama sospirò e scosse la testa esasperato, poi la seguì.
Akito spinse il carrello fino alla
cassa più libera e si mise in fila. Lui e Sana erano stati
fortunati, c'era solo una persona davanti a loro: una donna un po'
più vecchia di loro insieme ad un moccioso di quattro o cinque
anni. Non vedeva l'ora di essere fuori da quel supermercato. L'ora di
pranzo era passata da un pezzo e stava morendo di fame, voleva mettere
qualcosa sotto i denti il prima possibile. Gettò uno sguardo su
Sana che era al suo fianco e si guardava intorno in silenzio.
Nonostante avesse negato, lui continuava a pensare che con Yoko si era
comportata in modo strano. Forse la trovava antipatica, concluse fra
sé e sé con semplicità. Ormai era abituata ai
comportamenti fuori dalla norma di Sana. A lui, invece, l'incontro a
sorpresa non aveva fatto né caldo, né freddo, Yoko gli
era piuttosto indifferente e non aveva interesse a stringere amicizia o
qualcosa di più con lei.
- Trentaquattromilacentocinquantasette yen*, signore – lo informò la cassiera.
Akito quasi sbiancò. Ma
quanto avevano speso? Sana, poco distante, infilava con espressione innocente i loro
acquisti nelle borse. Pagò il conto e uscì da quel posto
succhiasoldi seguito da Sana. - Tu sei matta! Quasi trentacinquemila
yen. In un mese spendiamo praticamente lo stesso. -
- Uffa, non essere tirchio. Lo facciamo per Aya e Tsuyoshi. A casa ti darò la metà. -
Akito annuì distrattamente.
- E poi non capisco perché dobbiamo essere noi a occuparci
dell'organizzazione. - Cercò con lo sguardo l'automobile. Dove
l'aveva parcheggiata? Appena la trovò, prese la chiave dalla
tasca anteriore dei jeans e fece scattare la serratura.
- Aya mi ha proposto di aiutarmi,
ma le ho detto che ce ne saremo occupati da soli. Voglio che sia una
sorpresa! - esclamò con sguardo sognante. - Sarà tutto
perfetto. -
- Che sciocchezza... -
borbottò lui, mentre riponeva i sacchetti nel bagagliaio. - Ehi,
aspetta un attimo, perché parli al plurale? -
- Perché tu mi aiuterai. - E con queste ultime parole, Sana salì in macchina e sbatté la portiera.
* 34157 yen sono poco più di 300 euro circa.
Nota: Ho messo una piccola citazione del nono volume di Kodocha. Avete capito quale?
Spazio Autrice: E' il capitolo
più breve che io abbia mai scritto per questa storia e mi odio
per questo, ma l'alternativa era non pubblicare e non mi sembrava
giusto lasciarvi completamente all'asciutto.
Spero davvero che comunque sia venuto fuori lo stesso qualcosa di buono.
Grazie infinite per le 14 recensioni (siete gentilissimi), le 44 preferite, le 10 ricordate e le 65 seguite.
Al 8/6!
Ilaria
|
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Capitolo 23 *** 23° capitolo ***
The Ghost's Diary - 23° capitolo
The Ghost's Diary
23
7 Luglio
Caro Diario,
Questa sera
c'è stata una festa, si è svolta a casa di Shotaro. C'era
davvero molta gente e ho trascorso la maggior parte del tempo con lui.
Nonostante
questo, non sono serena come dovrei. Non mi ero mai accorta che Sho
riscuotesse più interesse nelle donne di quanto fossi disposta a
sopportare. In verità, ha dedicato la sua attenzione
praticamente solo a me, ma non riesco a frenare questo malumore e il
disprezzo provato verso le ragazze con cui ha ballato, o anche solo
parlato. Una in particolare, Hinako “qualcosa”, ha tentato
di attirare la sua attenzione in tutti i modi, senza particolare
ritegno o decenza. Tutto questo è solo colpa mia. Se non avessi
preteso di aspettare, prima di dichiarare ufficialmente il nostro
fidanzamento, sono sicura che quella ragazza non ci avrebbe provato
tanto spudoratamente. Agli occhi del mondo lui risulta libero e un bel
partito.
Non sono ancora
pronta a desiderare di voler preparare un altro matrimonio, ma non so
quanto riuscirò a resistere a questa gelosia che mi consuma.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Sana oltrepassò la soglia
del salotto e osservò soddisfatta il suo lavoro. Il divano era
stato spostato, per aumentare lo spazio destinato al passaggio, e messo
in un angolo. Il tavolo che utilizzavano per pranzare era stato
accostato al muro e ricoperto con una bella tovaglia colorata; vassoi e
piatti colmi di cibo appena preparato, utensili, bicchieri e bottiglie
occupavano ogni suo spazio disponibile.
Lei, nei giorni precedenti alla
festa, aveva anche preparato festoni adatti all'occasione, divertendosi
molto, e costretto Hayama ad aiutarla a disporli in giro per la stanza.
Sorrise e annuì, era tutto a posto. Ora mancavano solo gli
ospiti e la festa avrebbe avuto inizio. Sospirò, sperava che
tutto sarebbe andato bene.
Il campanello suonò in quel momento e Sana si precipitò ad aprire. - Hisae – riconobbe sorridendo.
- Ciao, Sana. Sono felice di
rivederti. - Hisae oltrepassò la soglia e la strinse in un
veloce abbraccio. Negli ultimi tempi non si erano viste perché
l'amica si trovava lontana dal Giappone per il suo lavoro di hostess.
Era molto spesso in viaggio e aveva visitato tante parti del mondo.
La sua amica era un po' più
bassa di lei e più in carne, ma era molto carina. I capelli
castano chiaro, ondulati le ricadevano sulle spalle e gli occhi marroni
erano grandi e luminosi.
Hisae entrò in casa e
sospirò, estatica. - Una festa in casa Kurata, da quanto tempo
non ne organizzavi una. E poi questa casa è veramente
bellissima. -
- Grazie. Beh, comunque, hai
ragione. Si vede che aspettavo l'occasione giusta –
scherzò. Sana prese l'altra sottobraccio e la trascinò in
salotto.
- E l'hai trovata. - Si
guardò intorno. - Ehi, è proprio bello qui. Hai
organizzato bene. Ma... i festeggiati dove sono? -
- Non ci sono, sei la prima. Dovrebbero arrivare a momenti, comunque. -
Hisae si staccò da lei e si
avvicinò al tavolo che faceva da buffet. - Quante buone cose. Ti
sei affidata ad una ditta di catering? -
- E' così difficile
immaginare che possa essermi occupata da sola di tutto? - chiese
imbronciando le labbra e incrociando le braccia al petto.
- Ehm, non prendertela, Sana, sei brava a fare tante cose, ma la cucina non è proprio il tuo campo. -
Sana sospirò. Purtroppo era
vero, doveva rassegnarsi al fatto che non sarebbe mai stata una brava
cuoca. Beh, decise, un giorno avrebbe lasciato l'incombenza a suo
marito. - Va bene, lo ammetto, è stato Hayama ad occuparsi di
cucinare. -
Hisae si illuminò e le si
avvicinò. - Oh, sì, il tuo fratellastro. Sono proprio
ansiosa di conoscerlo. Che tipo è? -
- In che senso? -
L'altra scrollò le spalle. - Non so... è carino, simpatico? Ti somiglia caratterialmente? -
Sana la fissò perplessa. -
Se mi somiglia? Siamo come il giorno e la notte, esattamente l'opposto.
Hayama è asociale, antipatico, apatico e un insopportabile
saccente. Non credo ti piacerebbe. - Sana si scoprì a trattenere
il fiato per l'apprensione. La stessa misteriosa sensazione provata al
supermercato al cospetto di Yoko Honjo ritornò più
prepotente che mai. C'era la possibilità che Hisae e Hayama si
interessassero l'uno all'altra? Non lo sapeva, ma non voleva che fosse
così.
Hayama scelse quel momento per
entrare. Tra le mani stringeva alcune bottiglie e si diresse
direttamente al tavolo per posarle senza degnarle d'attenzione.
- E' davvero carino – le sussurrò Hisae all'orecchio. - Anzi, di più. -
Carino? Carino come uomo, questo
intendevano tutte le ragazze a cui lo presentava? Sana lo
osservò, ma veramente questa volta, come non aveva mai fatto
prima. Da quando lo aveva conosciuto, si era concentrata su di lui
all'inizio come fratellastro con cui non voleva avere a che fare, poi
come amico.
Forse c'era qualcosa di più che non aveva mai preso in considerazione, che non mai voluto prendere in considerazione.
Si riscosse dai suoi pensieri, perché Hayama si era girato a guardarle, probabilmente sentendosi osservato.
Senza che quasi potesse rendersene
conto, Hisae si era avvicinata ad Hayama per presentarsi e porgergli la
mano. - Ciao, io sono Hisae Kumagaya, un'amica di Sana. -
Lui le strinse la mano brevemente e rivolto un freddo e scostante: - Akito Hayama. -
Sana sollevò gli occhi al cielo. C'era da immaginarselo, si disse, mentre Hisae lo fissava interdetta.
- Torno in cucina. C'è ancora molto da fare – aggiunse Hayama, rivolgendosi a lei e scoccandole un'occhiata eloquente e piena di risentimento.
Uhm? Lo aveva forse sfruttato
troppo per organizzare la festa? Sana sorrise divertita. - Un attimo e
ti raggiungo – promise.
Hayama annuì con il capo e scomparve di nuovo in cucina senza un'altra parola. -
Hisae le ritornò vicino. -
Che peccato. Una così bella faccia, ma un così pessimo
carattere. Tieniti il tuo fratellino, non ho proprio idea di come fai a
viverci insieme. -
Lei scosse il capo. - Ti sbagli.
Hayama è molto più di questo – affermò
solenne. Vide Hisae assottigliare le palpebre e fissarla in modo
strano, come se la stesse studiando. - Che c'è? - le chiese
confusa.
- Sana, non ti sarai innamorata, per caso? -
Innamorata? Ma cosa?! - E di chi? -
L'altra sospirò esasperata. - Ma di Hayama, no? -
Probabilmente avrebbe dovuto
ridere, davanti all'assurdità detta da Hisae, ma si rese conto
che non c'era nulla di divertente. - Stai scherzando? Io voglio davvero
bene a Hayama, ma da questo a... insomma... - Stava tentennando.
Perché stava tentennando?! - Io... no, certo che no. Ora
è meglio che vada. - Lei innamorata di Hayama? Assurdo,
veramente assurdo.
In disparte, Hana osservava Sana e
quella sconosciuta parlare. Si era nascosta e non potevano vederla, non
aveva alcuna intenzione di rendere nota la sua presenza. Inizialmente,
era scesa al piano inferiore per scoprire come stessero occupando
febbrilmente il loro tempo da alcuni giorni a quella parte Akito e
Sana, dare una breve occhiata e non farsi vedere.
A farle cambiare idea era stato
sorprendere Sana in compagnia di quella sconosciuta, una ragazza che
non aveva ancora avuto l'occasione d'incontrare. Hana non era riuscita
ad impedirsi di origliare i loro discorsi.
Un'altra amica di Sana o una serpe
in seno? L'aveva visto quell'eccessivo interesse verso Akito della
sconosciuta, l'eccessiva curiosità, e poi gli occhi dell'altra
accendersi per la gelosia.
Hana aveva vissuto una scena
simile, quando era in vita. Era passato molto tempo e non rammentava
più alla perfezione la rivale, ma riusciva ancora a sentire la
stretta al petto che aveva sentito, la rabbia cieca verso... - come si
chiamava? - ...Hinako, i pensieri cupi, il seme del dubbio che le era
stato insinuato...
Anche Sana avrebbe provato le stesse cose? Avrebbe messo in pericolo l'amore tra lei e Akito?
Hana si ritrasse, aveva ascoltato
abbastanza. Avrebbe solo voluto non essere costretta ad assistere alla
distruzione di un altro grande amore.
Silenziosamente, si avvio verso il piano inferiore. Ebbe appena il tempo di vedere Akito fare il suo ingresso nella stanza.
Akito osservò le condizioni
in cui era ridotto il suo salotto e si chiese come aveva potuto
permettere che tutto questo accadesse. Sana gli aveva fatto comprare e
cucinare montagne di cibo, gli aveva fatto appendere decorazioni, fatto
spostare mobili, poi si era procurata – lui non aveva idea di
come - luci al neon che cambiavano colore e acceso lo stereo a tutto
volume. Era una fortuna che non avessero vicini nelle vicinanze, o
avrebbero rischiato una denuncia per schiamazzi.
Puntò lo sguardo su Sana, la
causa di tutto ciò, e la vide trascinare i due neo-fidanzati al
centro dell'improvvisata pista da ballo e costringerli a ballare un
lento romantico – spacca timpani.
Poi, lei si avvicinò anche
ad altri due invitati, Kumagaya e Kamura, che stavano parlando
amichevolmente, e provò a convincerli a fare lo stesso. Kamura,
probabilmente per farsi bello agli occhi di Sana, si inchinò
galantemente davanti a Kumagaya e le chiese: - Mi concedi questo ballo?
- Il sorriso pomposo che seguì le sue parole, fece prendere in
considerazione al suo stomaco di rimettere tutto il sushi che aveva
ingurgitato. Inutile dire che invece Kumagaya accolse con gioia la
richiesta e si fece trascinare in pista.
Il grosso sorriso che piegò
le labbra di Sana gli fece pensare che lei era convinta di aver appena
dato vita ad un nuovo ed eterno amore. Illusa.
Poco più lontano, c'era
Fuka, l'amica di Sana, che era appoggiata al bordo del tavolo e teneva
le braccia e le gambe conserte. Gomi, invece, si stava divertendo ad
improvvisarsi fotografo e aveva riempito la memoria della macchina
digitale con centinaia di foto di ognuno di loro. Tranne lui, ovviamente, a meno che Gomi non volesse ingoiarla, quella macchinetta fotografica.
Con la coda dell'occhio,
notò Sana avvicinarsi a Fuka, probabilmente con il proposito di
chiederle – ordinarle – di ballare con Gomi, ma
l'occhiataccia che le getto l'amica la fece desistere. Qualcuno che
scoraggiava i propositi folli di Sana c'era, allora, pensò
Akito.
Lui decide di allontanarsi dal muro
dove aveva appoggiato la schiena ed osservato discretamente la festa, e
ritornare nell'angolo dov'era stato messo il sushi.
Quando assaporò il primo boccone, si sentì decisamente più bendisposto verso Sana e quella stupida festa.
- Ehi, Hayama. Vieni a ballare. -
Non così tanto, però. Akito restò in silenzio e sperò che bastasse a farla rinunciare.
Non fu così fortunato. - Dai, stanno ballando tutti – insistette Sana.
Si girò a guardarla. - Gomi e Matsui no. -
- Probabilmente lo farebbero, se dessimo loro il buon esempio. -
Oh, no. Era riuscita a fargli fare
molte cose contro la sua volontà, ma ballare un lento con lei
assolutamente no. Gli sarebbe piaciuto stringerla tra le braccia,
questo era vero, ma non al punto di rendersi ridicolo. - No, Sana. E
poi non so ballare, chiedilo a qualcun altro. Magari a Gomi,
così smetterà di girare per la stanza come un maniaco
della fotografia. -
Gli prese una mano e lo
strattonò. Colto di sorpresa, gli scivolò il rotolino di
sushi dalle dita che ricadde sul tavolo. - L'ho chiesto a te. Su, solo
un ballo. Perché devo sempre implorarti per ogni sciocchezza del
genere? -
- E tu perché mi chiedi solo cose che non voglio fare? -
Tra una parola e l'altra, era
riuscita ad avvicinarlo alle altre due coppie danzanti. Sana gli teneva
le mani strette alle sue e lo fissava in silenzio. Lesse incertezza nel
suo sguardo, ma non capì a cosa si riferisse. Poté vedere
i suoi occhi luminosi, le labbra lucide e le guance rosse, prima che
Sana si decidesse a stringergli le braccia intorno al collo e farsi
ancora più vicina.
- Dovresti muoverti, ora – lo informò, prendendolo in giro.
Fu lo sguardo irritato di Kamura a convincerlo completamente. Sospirò e mosse un passo.
In quel momento, la luce si spense e la stanza sprofondò nel buio.
Spazio Autrice: Credo non
esistano parole sufficienti per scusarmi per avervi fatto aspettare
tanto. Spero almeno che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se
non è lunghissimo.
Ho avuto una brutta, brutta crisi ispirativa e solo da poco ho
ricominciato a scrivere qualcosa per sbloccarmi ed ancora da meno tempo
ho ripreso a dedicarmi a questo fandom che adoro.
Non vi darò una data precisa per il prossimo capitolo, ma spero
di riuscire a postarlo tra due settimane. Comunque, alla fine non
mancano molti capitoli. Dovrei farcela entro il trentesimo, in teoria.
Vi ringrazio infinitivamente per le 13 recensioni, le 47 preferite, le 8 ricordate, le 76 seguite e le visite.
A presto.
Ilaria
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Capitolo 24 *** 24° capitolo ***
The Ghost's Diary - 24° capitolo
The Ghost's Diary
24
13 Luglio
Caro Diario,
Io e Sho abbiamo avuto una brutta discussione, è la prima volta che litighiamo con toni tanto accessi.
E' tutta colpa
mia, ho fatto un commento malevolo su quella Hinako - quella di cui ti
ho parlato l'altra volta e che ci provava spudoratamente con lui
– e abbiamo finito per litigare.
Lui afferma che
lei sia solo un'amica, ma in quel momento ero così arrabbiata
che non sono riuscita a credere alle sue parole.
Ora che ci
siamo salutati in modo tanto aspro ho riacquistato il senno, anche se
continuo a ritenere che le intenzioni di lei, se non di lui, non
fossero completamente innocenti.
Però... Non voglio perderlo!
Avrei dovuto avere più fiducia, spero che riesca a perdonarmi. Non può essere finito tutto così.
Perdonami, non me la sento di scrivere altro, per oggi.
Buonanotte, caro Diario.
Hana
Sana,
stretta tra le braccia di Hayama, stentava quasi a credere di essere
riuscita a trascinarlo sulla pista da ballo. Ogni tanto era disposto a
cedere, allora.
Sollevò il
viso e lo fissò negli occhi. Non erano stati così vicini
tanto spesso - come le volte in cui l’aveva baciata, ad esempio -
ed era una sensazione strana, ma piacevole.
Quando si rese conto
che ancora non avevano fatto un passo e che Hayama la guardava con
incertezza, decise che gli avrebbe concesso ancora qualche secondo, poi
avrebbe fatto lei la prima mossa.
Non fu necessario.
Lui, dopo aver gettato un’occhiata alle sue spalle - non avrebbe
saputo dire a chi o a cosa -, finalmente prese l’iniziativa e
cominciò a seguire la musica.
Solo per un attimo, però.
Sana ebbe appena il
tempo di provare soddisfazione di essere riuscita a convincere Hayama a
ballare con lei, che la luce si spense. Si bloccò di colpo e
mormorò un sorpreso: - Ma cosa…? -
Alle sue spalle poté sentire elevarsi mormorii sorpresi anche dagli invitati.
Lasciò
scivolare via le mani dal collo di Hayama, ma gli rimase comunque
vicina. - Pensi che sia un sovraccarico? - gli chiese.
Anche se era ormai
sera, il sole era tramontato e l’unica luce presente era quella
lunare, lo vide scuotere lentamente il capo. - No. Non lo senti? -
Fu allora che Sana
fece caso che la musica non si era affatto fermata, ma continuava
imperterrita. Se la corrente fosse davvero saltata, lo stereo non
avrebbe potuto continuare a rimanere acceso e funzionante. -
Forse… forse sono saltate le lampadine. -
- O forse Hana ha qualcosa in mente - replicò Hayama, sussurrandole le parole nell‘orecchio.
Esattamente quello
che aveva temuto. Si girò verso i loro amici. - Ehm, mi dispiace
per il contrattempo, dev’essere saltata qualche lampadina. Vado a
prendere qualche candela. - Si rivolse a Hayama: - Vieni anche tu. -
Lui annuì
senza discutere, doveva aver capito la vera ragione della sua
richiesta, cioè parlare senza essere disturbati.
Akito prese il cellulare dalla tasca dei jeans e, premendo un pulsante, illuminò il display.
Si diresse lentamente verso la cucina – non voleva rischiare di sbattere contro qualcosa -, con Sana al seguito.
Appena entrambi
furono entrati nel locale, lui chiuse la porta e ci si appoggiò
a braccia conserte. - L'elettricità c'è, non c'è
dubbio – affermò.
- Pensi che sia
stata Hana a far sparire la luce? - chiese lei e la sentì
avvicinarsi a tentoni ad un cassetto, aprirlo e rovistare alla ricerca
delle candele. - Forse... forse sono saltate davvero le lampadine. -
Sicuramente lui
avrebbe preferito che la spiegazione fosse questa, semplice e
razionale, ma la realtà gli sembrava ben diversa. - Tutte quante
nello stesso momento? - domandò con tono scettico. - Assurdo! -
Nel frattempo, Sana
aveva preso delle candele e le aveva posizionate sugli appositi
sostegni; ad una ad una le accese utilizzando un fiammifero. Una bassa
e tremolante luce si diffuse nella stanza, permettendogli di scorgere
la figura di Sana.
Lei sollevò
le candele e gli si avvicinò per porgendogliene una; Akito la
strinse fra le dita. - Se è stata Hana... -
Inarcò un sopracciglio. Ancora quel tono ipotetico? Non voleva proprio saperne di dargli ragione, per una volta?
- Che cosa facciamo? - concluse, piegando leggermente la testa da un lato e fissandolo intensamente.
Akito scosse piano la testa. - Non lo so, ma credo che questa sia la conferma che dovremmo andarcene da qui e trasferirci. -
Sana sbarrò
gli occhi. - No, perché? Lei non è pericolosa,
Hayama! Non vuole farci del male, credo che si senta molto sola
– aggiunse cupamente e sospirò. - Sono certa che abbia i
suoi buoni motivi per comportarsi in questo modo. -
- Non sarà pericolosa, però ti ha fatto del male. - E non sarebbe più accaduto, mai più.
Istintivamente, con
la mano libera, lei si sfiorò il polso che ancora portava i
segni dell'incidente. L'espressione di Sana si intenerì. - Hana
non voleva, ho fatto tutto da sola. -
- Beh, ma... - cominciò, non sapendo più cosa fare per convincerla. Probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Improvvisamente, la
porta su cui Akito era appoggiato si spalancò. Sbilanciato, per
evitare di cadere a terra, si aggrappò con una mano alla spalla
di Sana e la distanza tra di loro si accorciò ulteriormente.
Matsui fece capolino
ed entrò nella cucina. - Allora, cosa succede? - domandò.
Li fissò per un attimo, sorpresa, poi aggiunge maliziosamente: -
Se la vostra intenzione era appartarvi, potevate trovare una scusa e un
momento migliore. -
Sana si
allontanò precipitosamente da lui e Akito ne approfittò
per chiudere di nuovo la porta, rimasta socchiusa. - Eh?! Cosa? No, no,
ti sbagli. Stavamo solo prendendo le candele e parlando. Diglielo anche
tu, Hayama. - Si voltò a guardarlo, in cerca di sostegno.
Lui non era del
tutto convinto di volerglielo concedere. - Ha ragione... -
iniziò guardando Matsui, mentre con la coda dell'occhio vide il
volto di Sana accendersi d'approvazione. Non così in fretta! -
Altrimenti mi sarei premurato di chiudere a chiave la porta, onde
evitare inopportune interruzioni. -
Difficile dire se il
viso di Sana si infiammò più per la rabbia o per
l'imbarazzo, sta di fatto che gli mollò uno schiaffetto sul
braccio e gli disse irritata: - Idiota! -
Poi lei si
girò verso l'amica. - Seriamente, Fuka, pensiamo che la
scomparsa della luce sia correlata ad Hana, ma non sappiamo né
perché, né come fare a sistemare le cose. -
- Hana? E perché l'avrebbe fatto? -
Akito sollevò
gli occhi al cielo. - Ma è davvero così importante? Non
sarebbe piuttosto preferibile rintracciarla e convincerla a ridarci la
luce? -
- Magari sapere le
sue motivazioni ci aiuterebbe a convincerla – insistette Sana e
Matsui, che si era spostata al suo fianco e aveva preso anche lei una
candela, annuì.
Far ragionare Sana
era già difficile, ma se veniva pure supportata da Matsui, la
sua diventava una sfida persa in partenza. - Bene, fate un po' come
volete – affermò esasperato. - Ma sbrigatevi,
perché nell'altra stanza abbiamo degli ospiti che non hanno la
minima idea che in questa casa si aggiri un fantasma. -
- Chi è che
si aggira? - chiese Tsuyoshi, entrando in cucina in quel momento.
Dietro di lui, a poca distanza, c’era la sua fidanzata.
Akito si
coprì il volto con una mano. No, forse nemmeno del sushi valeva
i guai che si stavano susseguendo in quella maledetta serata, non
avrebbe mai dovuto dare il suo consenso per organizzare quella stupida
festa.
- Niente! - si
ritrovò ad esclamare insieme a Sana, anche se con toni ben
diversi: irritato il suo e nervoso quello di lei.
- In questa casa si aggira un fantasma – proruppe Matsui.
- Fuka! - la riprese Sana, fissandola sconvolta.
Tsuyoshi
cominciò a ridacchiare, anche se Akito notò un certo
nervosismo nella sua voce. - Molto divertente! Che cosa succede, dai? -
Lui sospirò,
cominciava ad essere stanco di tutti quei sotterfugi. - Matsui non
stava scherzando, il fantasma c'è davvero. Puoi scommettere che
non sto affatto scherzando e che non ho completamente perso il senno
– affermò serio, con tono quasi lugubre.
- Akito! - lo riprese Sana come aveva fatto con Matsui.
Intanto, Tsuyoshi e
la sua fidanzata erano impalliditi visibilmente. - Un fantasma? Non
puoi star dicendo sul serio – disse il primo, mentre l'altra gli
prese la mano e si strinse a lui.
- Mi dispiace non
avervelo detto – si scusò Sana, rinunciando ai suoi
tentativi di negare. - Fuka lo sa solo perché l'abbiamo ospitata
qui e l'ha scoperto, non è qualcosa che volevamo si sapesse in
giro. -
- Anche perché è ben difficile crederci – aggiunse Akito.
- Comunque Hana non è pericolosa, non c'è bisogno che vi preoccupiate. -
Akito aveva qualcosa
da ridire sulla pericolosità di Hana, ma se la tenne per
sé, la situazione era già abbastanza complicata
così com'era.
La luce riapparve
all'improvviso e con essa una bianca figura. Akito la riconobbe
immediatamente come Hana, il fantasma che da un po' di tempo a questa
parte si era infiltrato nelle loro vite – o loro nella sua?. -
Hana! - esclamò Sana, scorgendo anche lei il fantasma.
Hana indossava il
solito kimono bianco, aveva il capo leggermente piegato in avanti e i
capelli lunghi che le coprivano in parte il viso. L'espressione
malinconica era più accentuata del solito. Uno strillo
attirò la sua attenzione, Tsuyoshi non aveva preso molto bene
l‘arrivo della loro trasparente coinquilina. - Un-un fantasma! -
esclamò il suo amico, mentre Aya si fece pallida e si nascose
impaurita tra le braccia del fidanzato. Beh, non poteva di certo
biasimarli per quella reazione.
- Sana – chiamò Hana, avvicinandosi.
Akito, istintivamente, si portò più vicino a Sana come sostegno e protezione.
- Hana, sei stata tu a far saltare la luce? Qualcosa non va? - chiese Sana al fantasma candidamente.
L'espressione del fantasma si scurì e piegò la testa. - Sì, scusami. -
Intorno a loro, Matsui, Tsuyoshi e Aya osservavano la scena senza emettere un suono e la tensione era palpabile.
- Non importa. Ma...
perché l'hai fatto? - Sana, di fianco a lui, avvicinò la
mano alla sua e gliela strinse e lui ricambiò la stretta.
- Io... io... - tentennò Hana, arretrando un po'.
Sana le sorrise incoraggiante.
- Ho visto Hinako e ho perso la testa. -
Akito aggrottò le sopracciglia. - Hai visto chi? -
Avevano invitato una
certa Hisae Kumagaya – si chiamava così, giusto? -, ma
nessuna Hinako per quello che ne sapeva.
- Hinako. So che non
può essere davvero lei, quella che conoscevo io, ma si comporta
esattamente allo stesso modo, con i suoi tentativi di portar via il
fidanzato alle altre. Non dovresti permetterle di farti soffrire come
ho sofferto io. -
L'espressione di
Sana era ancora confusa. - Continuo a non riuscire a seguirti. Di chi e
cosa stai parlando? - In effetti anche Akito stava avendo qualche
problema a capire gli sproloqui di Hana.
- Parlo della
ragazza bionda che c'è in salotto. Ha flirtato con Akito, non
preoccupandosi del fatto che sta con te. E' vergognoso. -
Sana spalancò
la bocca. - Hai frainteso! Hisae non è interessata ad Hayama e
poi io e lui non stiamo affatto insieme. -
Matsui rivolse loro un'occhiata eloquente, Sana la notò e arrossì.
Hana si
allontanò ulteriormente, turbata. - Scusatemi di nuovo. Continuo
a fare sbagli, mentre volevo solo aiutarvi. E' meglio che sparisca
dalle vostre vite – affermò disperata.
- No, Hana, aspetta!
- tentò di fermarla Sana, ma non fece in tempo, perché il
fantasma scelse quel momento per dissolversi.
Spazio Autrice: Salve a tutti! Vi risparmio le scuse, perché credo che non esistano per giustificare i ritardi di questi ultimi capitoli.
Passiamo al capitolo: non mi
piacciono molto le scene con tanti personaggi, perché sono
complicate da gestire, spero pertanto che sia venuto qualcosa di
decente. Comunque, per la cronaca, non mi sono dimenticata di Gomi,
Hisae e il Mollusco, semplicemente sono rimasti tranquilli nell'altra
stanza e parlare mentre aspettano che arrivino le candele o la luce.
Nel prossimo capitolo realizzeranno che gli altri invitati è
troppo tempo che sono in cucina e si aggiungeranno anche loro al
discorso.
Comunicazione:
Dato che non ho la minima idea di quanto arriverà di preciso il
prossimo capitolo (spero presto), il 25°, e per aiutare voi e me
con gli aggiornamenti, ho aperto una pagina autore su facebook. Probabile che oltre a news e scleri metta anche qualche spoiler di tanto in tanto.
Ecco il link: http://www.facebook.com/pages/Ili91/322833071126812?skip_nax_wizard=true
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ora vado a rispondere alle recensione dello scorso capitolo.
Grazie per la pazienza e a presto.
Ilaria
|
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Capitolo 25 *** 25° capitolo ***
The Ghost's Diary - 25° capitolo
The Ghost's Diary
25
16 Luglio
Caro Diario,
Io e Shotaro
abbiamo litigato di nuovo. Non posso credere che mi abbia tradito...
Stringeva quella Hinako tra le braccia, l'ho visto. Non mi ero
sbagliata, non era solo una mia impressione.
Questa volta è finita davvero, dopo tutto quello che c'è stato tra noi.
Non riesco a crederci.
Ero così felice, prima. Eravamo davvero felici insieme, come ha potuto comportarsi così.
Quando si
è accorto di me, Shotaro ha tentato di giustificarsi. Ha
blaterato spiegazioni e ha negato che fosse colpa sua.
Come si è permesso?! So benissimo cosa ho visto, era così evidente.
Ero andata da
lui per scusarmi del mio infantile comportamento,come ha potuto?
Pensavo che il nostro fosse amore vero, che sarebbe durato per tutta la
vita. Sono stata proprio una stupida.
Dopo la
discussione sono scappata via da casa sua e sono tornata a casa a
piedi, il temporale mi ha messo in difficoltà. Anche se
rispecchia alla perfezione il mio dolore.
Spero di non vederlo mai più.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
- Non riesco a crederci - Aya ruppe
il silenzio che si era creato. Era abbracciata a Tsuyoshi che come lei
era pallido e tremante. Sollevò la testa che fino a quel momento
era rimasta nascosta nella spalla del fidanzato e li osservò uno
ad uno. - Un fantasma, uno vero! -
- Forse stiamo avendo un’allucinazione collettiva. -
Tsuyoshi era una persona razionale,
ma se l'aveva accettato Hayama – il che era tutto dire -, anche
lui sarebbe giunto alla realtà della situazione. Solo,
considerò Sana, meritava qualche spiegazione, sia lui che Aya.
- Lasciate che vi spieghi tutto
quello che è successo, così capirete meglio –
cominciò Sana con tono grave, poi parlò a lungo,
raccontando tutti gli incontri che avevano avuto con Hana e quello che
avevano scoperto. Tralasciò solo la responsabilità che il
fantasma aveva avuto con il suo incidente, visto che non voleva si
facessero una brutta opinione di lei. - Ragazzi, quello che avete visto
e quello che vi ho raccontato è tutto vero, ma, ribadisco, Hana
non è affatto pericolosa, è solo molto triste e necessita
di qualcuno che l'ascolti – concluse, fissando negli occhi i suo
amici. Ora sia Tsuyoshi che Aya sembravano molto più tranquilli,
anche se c'era ancora un'ombra nel loro sguardo.
Hayama alzò gli occhi al cielo. - Sei ancora dell'idea di aiutarla? -
Sana incrociò le braccia. -
Certamente. - Sospirò e piegò il capo in avanti. - Forse,
se le parlassi e lei si sfogasse, questo l'aiuterebbe. -
Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, pensando
ad alta voce. - Ma come faccio ad invocarla? -
- E se facessi una seduta spiritica? - propose Aya.
Sana si fermò e si girò a guardarla. - Come hai detto, scusa? -
- Una seduta spiritica. Non è quello che serve per contattare i morti? - chiese cautamente.
Nessuno ebbe il fegato di
contestare l'idea, ne avevano viste troppe di stranezze per non
prendere in considerazione quella possibilità.
Lei si voltò verso Hayama in
cerca di sostegno e di un parere, ma questi aveva il viso pensieroso e
non la considerò. - Forse potrebbe essere la soluzione giusta
– disse più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Sentirono il rumore della porta aprirsi e tutti si girarono a guardarla.
- Beh? Che state facendo tutti qui? - chiese Hisae entrando. - La luce è tornata già da alcuni minuti. -
Alle sue spalle c'erano Gomi e Naozumi. - La festa si è spostata in cucina? - chiese il primo.
- Stavamo prendendo le candele, ma
poi sono arrivati Tsuyoshi e Aya e ci siamo messi a chiacchierare
– spiegò Fuka.
La cosa sorprendente è che non stava affatto mentendo.
- Allora, la luce è tornata,
direi che possiamo tornare alla festa! - affermò Sana, poi
soffiò sulla candela che stringeva tra le dita, spegnendo la
fiamma, e l'appoggio sul tavolo. - Vieni, Hayama, - Posò le mani
sulle sue spalle e lo spinse in direzione della porta, oltrepassando
Hisae, Gomi e Naozumi. - Mi devi ancora un ballo. -
- Eh? Ma... - provò a protestare lui.
Sana sbuffò. - Avanti, ti ho
già pregato una volta e avevo ottenuto il tuo consenso, ora non
puoi tirarti indietro. - Lo trascinò fino al centro del salotto,
dove la musica non aveva smesso di suonare, sotto lo sguardo degli
invitati che li avevano inseguiti.
Gli posò la mano sulla
spalla e gli sorrise, mentre, intorno a loro, gli altri seguirono il
loro esempio e presero a muoversi a ritmo di quella musica assordante.
Quando Hayama sospirò e
prese a muoversi in modo un po' impacciato, il sorriso di Sana si
intensificò. Anche se per un attimo temette che la luce
scomparisse nuovamente, interrompendoli.
Invece, non accadde.
Hayama la fece volteggiare, poi
protese un braccio e lei fece la giravolta. Era un po' rigido e non
sembrava possedere una grande esperienza, ma perlomeno non le aveva
ancora pestato un piede e doveva ammettere di starsi divertendo.
Ballarono in silenzio per qualche minuto, fissandosi negli occhi, poi Hayama disse: - La farai? -
Lei lo guardò perplessa. - Cosa? -
- La seduta spiritica. -
- Sì, credo di sì.
Potrebbe funzionare – aggiunse. - Pensi che sia una sciocchezza,
vero? - Piegò le labbra in una smorfia.
Lui scrollò le spalle. - Fino a qualche tempo fa non credevo nemmeno ai fantasmi, e hai visto com'è finita... -
Sana non poté fare a meno di
sorridere, per quanto in effetti la situazione fosse alquanto tragica.
- Grazie, Hayama – disse lei.
Lui la fissò. - Di cosa? -
- Di esserci, credo. Siamo in
disaccordo praticamente su tutto, litighiamo sempre, ma si è
instaurato un bel rapporto, vero? - Sana era incerta, forse per Hayama
non era la stessa cosa.
- Certo, confermò lui con il suo solito tono apatico.
Sana sbuffò. - Potresti sembrare un po' più convinto. -
Hayama fece una smorfia sofferente.
- Non sono bravo ad esternare i miei sentimenti – ammise a
disagio. - Dovresti saperlo, ormai. -
Lei rise. - Dai, non essere imbarazzato. -
- Non sono imbarazzato! - negò lui, ma le guance un po' rosse lo tradirono.
Sana sorrise intenerita,
trattenendosi dal proseguire nel stuzzicarlo. Nel tempo che avevano
trascorso insieme a stretto contatto, aveva imparato a riconoscere i
suoi pregi e i suoi difetti, il suo modo di fare, quello che amava e
odiava.
Insomma, aveva imparato ad amarlo.
Boccheggiò e si irrigidì, abbastanza da attirare l'attenzione di Hayama. - Qualcosa non va? -
Lei lo guardò negli occhi.
Lo aveva negato talmente tanto a lungo che le era diventato naturale
farlo istintivamente, ma la verità era che, contrariamente ad
ogni logica, si era innamorata.
Era un sentimento profondo, nato e
sviluppatosi lentamente poco alla volta e si era talmente radicato in
lei che era naturale provarlo.
- Certo! - esclamò con finta convinzione e l'altro non parve molto convinto.
C'era qualche possibilità che lui provasse la stessa cosa?
Era complicato, se non impossibile, definire cosa passasse per la mente di Hayama.
Era decisamente insondabile.
Certo, discutevano spesso, ma aveva
dato prova di tenerci a lei a suo modo. Questo ovviamente non implicava
lui l'amasse, però.
E se lui la considerasse come una sorella?
- Hayama, tu non sei mio fratello, capito? - sbottò all'improvviso.
Lui inarcò le sopracciglia. - No, che non lo sono. Che vai a dire tutto ad un tratto? -
- Niente, lascia perdere. - Bene,
almeno non la vedeva come una sorella. D'altra parte, visto come
l'aveva baciata, sarebbe stato strano il contrario.
Aveva la testa così confusa, perché doveva accorgersi proprio ora di questo sentimento?
No, doveva tornare a concentrarsi su Hana, e su quell'idea della seduta spiritica.
Doveva capire come fare ad organizzarne una.
Il sorriso di circostanza sul volto
di Naozumi si incrinò. Per tutta la durata della festa aveva
osservato di sottecchi Sana e il suo rapportarsi a Hayama.
La conosceva da parecchio tempo, ma
mai l'aveva vista così presa da qualcuno. Era giunto il momento
di gettare la spugna, lei non lo avrebbe mai guardato a quel modo.
- Sono una bella coppia – affermò Fuka Matsui, seguendo la direzione del suo sguardo.
Da un paio di canzoni aveva fatto
cambio di compagna con il tipo con la macchina fotografica, Gomi. Ora
lui e Kumagaya si erano allontanati dal centro della pista ed erano
impegnati in un'accesa discussione. Non sembravano andare molto
d'accordo.
- Già – concordò con poco entusiasmo.
- Lei è contenta con lui, se
ti intrometterai e la farai infelice, te la farò pagare –
affermò l'altra con calma glaciale, l'accento del Kansai
più marcato del solito.
Naozumi si adombrò. - Non lo farei mai, la sua felicità viene per me prima di tutto il resto. -
Matsui sorrise improvvisamente, il cambio d'espressione fu talmente repentino da stupirlo. - Bene. -
- Pensi veramente che lui sia la
cosa migliore per lei? - chiese, osservando Hayama con un cipiglio
nervoso. Quello sembrava sempre indifferente a tutto e non gli ispirava
molta simpatia.
Lei scrollò le spalle. - No, non lo so. Ma so che è quello che Sana vuole e che lui è speciale. -
Naozumi inarcò un
sopracciglio. Che cosa le faceva pensare che Hayama fosse speciale?
Proprio non riusciva a capirlo. Scoccò un'altra occhiata alla
coppia che danzava. - Forse hai ragione. -
- Grazie della festa, ragazzi. E' stato gentile da parte vostra – ringraziò Tsuyoshi rivolgendosi a Sana e Hayama.
- Molte grazie – si accodò Aya.
Erano trascorse alcune ore dalla
visita di Hana, la festa era finita e i due futuri sposi erano gli
ultimi invitati ad essere rimasti; Anche per loro era arrivato il
momento dei saluti.
Quando la porta si fu chiusa alle
loro spalle, Sana si voltò verso Hayama soffocando uno
sbadiglio. - Alla fine, la festa è andata bene. Ma che
stanchezza. -
Nel frattempo, erano ritornati in
salotto. Lei si guardò intorno; tutta la sala era sottosopra.
Sedie lasciate in giro per la stanza, il tavolo spostato dal suo solito
posto, e su cui erano rimasti resti di cibo. I flutè utilizzati
per festeggiare si trovavano ognuno su un mobile diverso, completamente
svuotati. Un cuscino del divano era caduto sul pavimento e un altro si
trovata in bilico sulla spalliera. E la cucina non era certo messa
meglio. - A sistemare penseremo domani mattina, ora sono proprio
stanca. -
L'altro annuì, dopo una smorfia disgustata in direzione della stanza. - Sono d'accordo. -
- Buonanotte, allora – gli augurò Sana.
- 'Notte – replicò lui. Fece un cenno con il capo e si avviò fuori dalla stanza, verso le scale.
Si era allontanato di pochi metri che lei si affrettò a raggiungerlo. - Hayama? -
Lui si voltò. - Sì? -
- Hana sembra così timorosa
all'idea di confessarci cosa le sia accaduto; possibile che la sua
colpa sia così grave? - Si morse un labbro.
- Sarà solo una sciocchezza, non preoccuparti. E, anche se non lo fosse, tu l'aiuterai a superarla. -
Lei si spinse in avanti e gli
gettò le braccia al collo. - Grazie, Hayama – gli
mormorò all'orecchio stringendolo a sé. Si staccò
qualche istante dopo. - Buonanotte – ripeté più
dolcemente e con un sorriso.
Si affrettò a raggiungere la sua stanza con il cuore che le batteva a mille.
Spazio Autrice:
Questa volta sono tornata relativamente presto. Spero di impiegarci lo
stesso tempo o meno anche per i prossimi, ultimi due capitoli.
Devo dire solo una cosa su questo
capitolo: la pagina del diario. Ho tentato di mettermi in uno
stato d'animo negativo mettendomi nei panni di Hana e ho cominciato a
scrivere frasi confuse e sconnesse nel tentativo di far capire che non
è lucida in quello che fa, spero di esserci riuscita.
Spero che abbiate apprezzato il capitolo.
Appena sarò a buon punto con il prossimo capitolo (il 26°)
lascerò uno spoiler sulla mia pagina facebook, e lo stesso vale
per qualsiasi news.
Grazie dell'attenzione.
A presto.
Ilaria
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Capitolo 26 *** 26° capitolo ***
The Ghost's Diary - 26° capitolo
The Ghost's Diary
26
17 Luglio
Caro Diario,
Non sento Shotaro da giorni.
Lo so, ho detto
di non volerlo più vedere. E sono ancora di quell'opinione,
veramente. Solo... mi aspettavo un tentativo di riconciliazione da
parte sua.
Non mi ha chiesto perdono, non è venuto da me per darmi una qualche spiegazione, nemmeno una falsa.
La nostra storia è contata così poco per lui da non meritare nemmeno lo sforzo di tentare di salvarla?
So che mi ha amato, gliel'ho letto negli occhi. Non posso essermi ingannata anche su questo.
Non riesco a capire cosa ci sia successo. Cosa ne è stato di Hana e Shotaro?
Ora... cosa succederà?
Continueremo ad
evitarci a vicenda, faremo come niente fosse stato? Forse il tempo
comincerà a scorrere sempre più velocemente e senza
accorgersene ci dimenticheremo l'uno dell'altra e proseguiremo la
nostra vita separatamente.
Sono molto arrabbiata, forse non lo perdonerò, ma lo amo ancora e non voglio che accada.
Buonanotte, caro Diario,
Hana
Akito abbassò la maniglia
della porta d'ingresso e la spalancò. Entrando, notò che
la stanza era buia e questo lo stupì, era certo che Sana fosse
in casa.
Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma di qualcosa era certo: Sana era la causa.
Ormai la conosceva da abbastanza tempo da sapere che portava guai.
Sperava solo che questa volta non
le fosse successo nulla di grave. Attraversò l'ingresso e
raggiunse la soglia del salotto. Questi era illuminato da una
tremolante luce di candele. La concentrazione maggiore era sul tavolo
da pranzo, su cui erano state disposte una lunga fila di candele, che
partiva da un capo all'altro.
In quel momento, notò Sana;
era seduta al centro di un lato della tavola, il viso illuminato in
modo scarso e inquietante, le braccia allungate davanti a sé e
gli occhi chiusi.
- Che diavolo stai facendo? -
sbottò scioccato, prima di rammentare il suo proposito di
organizzare una seduta spiritica. Evidentemente era proprio quello che
aveva fatto.
Lei spalancò le palpebre. -
Oh, bentornato, Hayama. Finalmente sei arrivato. Com'è andata la
fisioterapia? Tutto apposto? Avanti, vieni qui a sederti! -
Lui inarcò un sopracciglio
davanti a quella tempesta di parole, poi allungò un braccio alla
sua destra e premette un pulsante.
La luce del lampadario illuminò la sala.
- Perché hai accesso?! - esclamò Sana indispettita. - Così non può esserci l'atmosfera giusta. -
- Sarebbe questo il modo con cui chiamerai Hana, bruciandole il salotto in cui è vissuta? -
Nemmeno Akito sapeva perché si stava irritando tanto, ma era tutto così assurdo!
Sana sbatté le mani sul
tavolo e si alzò tanto repentinamente che la sedia alle sue
spalle cadde a terra con un tonfo. A grandi passi lo raggiunse. - Si
può sapere qual è il tuo problema? Ti viene naturale o il
tuo obiettivo è farmi arrabbiare? -
- Potrei dire esattamente la stessa
cosa! - Akito mosse un passo in avanti e la breve distanza che li
divideva si ridusse ulteriormente. - Non ho mai avuto tanti problemi
come da quando mi sono trasferito qui. Tu sei una fonte unica di guai, per te stessa e gli altri. -
Il cipiglio di lei si distese. - Eri preoccupato per me, per questo te la sei presa? -
Uhm, sì, probabilmente era
così. - Figurati, sei una sciocca – mentì,
preparandosi alla risposta adirata di Sana.
Solo che... non accadde.
Lei si sporse in avanti, gli prese
il viso tra le mani e lo baciò. Akito rimase immobile, non se lo
aspettava proprio. Non da lei. Socchiuse le labbra e cominciò a rispondere, era troppo tempo che aspettava questo momento.
Le posò le mani sui fianchi
e la tirò a sé fino a che i loro corpi non si toccarono,
poi la circondò con le braccia. Il movimento sollevò
leggermente Sana sulle punte, che spostò le mani dalla guance
e avvolse le braccia intorno al collo di Akito.
Quando Sana separò le loro labbra, lui non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato.
- Che cosa... - ansimò lei. - Che cosa stiamo facendo? -
Entrambi avevano il fiato corto.
Lui la guardò stralunato. Decisamente era troppo aspettarsi da
lei una piena consapevolezza in amore. - Credo che, in fondo, tu mi
piaccia molto – ammise. Aveva allentato la presa intorno ai
fianchi di lei e la fissava intensamente negli occhi, il tono serio.
Lei sorrise. - Ti amo. - Gli accarezzò una guancia. - Anche se sei insopportabile. -
Lui rese meno rigida la piega delle labbra. Non proprio un sorriso, ma quasi. - Da che pulpito! - disse e riprese a baciarla.
La seduta spiritica non sarebbe ripresa per molto tempo.
Sana allungò le mani davanti
a sé e strinse fra le sue quelle grandi e calde di Hayama. Dopo
tutto quello che era successo tra loro, pareva assurdo che lo chiamasse
ancora per cognome, ma a lei piaceva così. Lui sarebbe rimasto
per sempre il suo Hayama.
Chiuse gli occhi e si
concentrò. Pochi istanti dopo spalancò una palpebra. -
Avanti, impegnati un po' di più! Ricambia la stretta e chiudi
gli occhi – disse all'altro.
Lui sbuffò, ma eseguì.
Lei, soddisfatta, riabbassò
la palpebra e riprese a concentrarsi; iniziò anche a mormorare a
bassa voce. - Mh... -
- Stai scherzando?! - sentì esclamare Hayama. - Mh? E che cos'è, una lezione di yoga? -
Il sarcasmo di lui la irritò e gli mollò un calcio sotto il tavolo.
Lui rispose con un gemito di dolore.
- Ben ti sta! - replicò Sana senza cuore.
L'idillio amoroso non era durato molto, ma loro erano fatti così.
- Avanti, riprendiamo – disse lei.
Lo vide alzare gli occhi al cielo,
ma rinunciò a replicare. Lui strinse le sue mani con più
forza ed entrambi smisero di distrarsi, puntando la loro completa
attenzione su Hana.
- Hana, ci stai ascoltando? Noi ci
teniamo molto a tentare di parlarti... di capire. Vorremo riuscire ad
aiutarti. - Sana si interruppe e prese un respiro profondo. - Mostrati.
- Puntò il viso al soffitto e spalancò le palpebre. -
Raccontaci quello che ti è successo. - Si zittì e rimase
ad ascoltare il silenzio, che era tale da riuscire a sentire i battiti
ritmati del suo cuore. - Hana, ti prego. -
Il fantasma apparve. Era seduto su
una delle sedie a capotavola – le candele nelle vicinanze si
spensero – e delle lacrime le scorrevano lungo le guance.
Dovevano essere immaginarie, però, perché appena
scivolavano dal mento di Hana e atterravano sulla superficie lignea
scomparivano. L'espressione funerea era più evidente del solito
e Sana si sentì triste solo a guardarla.
- Hana, sei arrivata – mormorò e Hayama, a quelle parole, aprì gli occhi per vederla.
Hana spostò lo sguardo
affranto su Sana e poi su Hayama. - Ho deciso di dirvi la
verità, vi svelerò cos'è accaduto a me e al mio
Sho. -
Fu il suono del campanello a svegliarla. Seguirono delle voci concitate e gemiti di orrore.
Che cosa poteva essere accaduto?
Hana fece il possibile per prepararsi in fretta, poi lasciò la sua stanza e scese al piano inferiore.
- Oh, che cosa terribile – stava dicendo sua madre. Il tono freddo sembrò più sciolto del solito.
Hana percorse
il corridoio e raggiunse la soglia del salotto, dove i suoi genitori
stavano parlando con un uomo anziano, a lei poco famigliare.
- Sta molto male? - chiese suo padre.
Hana si avvicinò ancora di più, chiedendosi chi fosse l'oggetto della conversazione.
- Dicono che
non passerà la notte – rispose l'uomo anziano, che, Hana
rammentò improvvisamente, era il maggiordomo in casa della
famiglia di Shotaro.
- Chi? - domandò lei, rendendo nota la sua presenza.
I tre si voltarono a guardarla contemporaneamente, con espressione stupita. - Tesoro... - mormorò suo padre, cautamente.
- Chi è
che sta male? - ripeté, sentendo il cuore martellarle nel
petto velocemente per la preoccupazione. Mosse qualche altro passo in
avanti.
Il maggiordomo sospirò. - Il signorino Shotaro, signorina. -
Il suo cuore sprofondò.
Il tempo necessario per raggiungere la casa della persona che amava le sembrò infinito.
Il maggiordomo
aveva provato a dissuaderla dall'andare da Shotaro, perché i
genitori di lui la ritenevano responsabile della malattia –
polmonite – del figlio.
- Che significa? - chiese.
- Ieri pioveva
forte, signorina. Ed era freddo. Provare a cercarla dopo la vostra
litigata ha compromesso la salute già cagionevole del signorino
Shotaro. -
Le lacrime cominciarono senza controllo a rigarle le guance. Non si sarebbe mai potuta perdonare per questo.
Entrò
nella casa di Shotaro correndo, senza curarsi degli sguardi o dei
commenti delle persone che notarono il suo arrivo.
- Sho – urlò ripetutamente tra le lacrime.
Quando arrivò alla soglia della sua camera, fece scorrere lo sguardo lungo la stanza di lui fino al luogo dove giaceva.
Attorno al futon erano raccolti i genitori di Shotaro, e una persona che Hana non conosceva.
Sia la madre sia il padre piangevano e lei ebbe improvvisamente troppa paura di avvicinarsi.
- Sho – mormorò piano, facendosi coraggio e muovendo qualche passo in avanti.
I genitori di
Shotaro si girarono verso di lei, ma l'attenzione di Hana era
completamente rivolta alla figura nascosta tra le coperte.
Il viso di Shotaro era pallidissimo.
No, no, no!
Non si muoveva, non respirava nemmeno.
Ti prego, no!
Era morto.
La voce di Hana si ruppe alla fine
del racconto. Sana si accorse che anche lei stava piangendo, in modo
silenzioso. - E poi? - chiese, trattenendo un singhiozzo. -
Cos'è accaduto? -
- Qualche giorno dopo il funerale,
Hinako venne da me per scusarsi. In realtà non le interessava
davvero Shotaro, era stato tutto un gioco architettato da lei e
Sentaro. E... - La voce le tremò. Deglutì e riprese: -
Shotaro... lui non la stava nemmeno baciando, stava solo tentando di
allontanarsi da lei. - Hana si asciugò le lacrime e concluse con
voce fredda e ferma, come se non fosse capitato a lei: - Subito dopo,
insieme al diario che conteneva tutti i ricordi di me e Shotaro, mi
sono gettata dalla finestra. -
Sana, che fino a quel momento aveva
tenuto le mani strette a quelle di Hayama, le liberò e le
usò per coprirsi il viso.
Si sentì il rumore di una
sedia e dei passi, poi Hayama l'avvolse in un abbraccio. - Tu sei
forte, ricordi? - le sussurrò all'orecchio. - Siilo anche per
lei. -
Sana sollevò la testa, si
asciugò gli occhi ed annuì. Si voltò verso il
fantasma. - Hana, sarei scontata se ti dicessi che non è stata
colpa tua se Shotaro è morto e anche se lo facessi, se non sei
tu la prima a crederci, è come se parlassi al vento. Ma, in fin
dei conti, è proprio così. Si è trattato solo di
una tragica catena di eventi. Smettila di torturarti per questo e vai
avanti. - Spinse la sedia all'indietro, si alzò e si
avvicinò all'altra. - Non conoscevo Shotaro, ma da quello che ho
saputo sembra ti amasse molto. Non penso ti abbia mai fatto una colpa
della sua morte o di non avergli creduto. - Gettò uno sguardo su
Hayama, dolce e intenso. - Continuare a non perdonarti non te lo
riporterà indietro, ma potrebbe aiutarti a rincontrarlo. Fallo
per il vostro amore, è così difficile trovare quello
vero. -
Le lacrime immaginarie smisero di
scendere lungo le guance di Hana. - Grazie, Sana. - Piegò le
labbra in un piccolo sorriso. Non era molto e non era convinta nemmeno
che sarebbe mai riuscita a perdonarsi del tutto, ma ora sembrava
esserci una possibilità.
Il fantasma sparì e l'atmosfera nella casa sembrò improvvisamente più serena.
Spazio Autrice: NON è finita. Sì, ci sarà ancora un capitolo, l'epilogo che chiude quello che è rimasto in sospeso.
In questo capitolo – che
spero abbiate apprezzato -, si scopre finalmente com'è finita
tra Shotaro e Hana. Dannatamente tragico, ma era scontato che non
potesse essere allegro.
Sana e Akito, invece, finalmente hanno concluso qualcosa. Era ora, finalmente.
Ripeto, le ultime cose da dire -
alcune sono solo dettagli, altre abbastanza importanti (tipo
Hana-fantasma) - nel prossimo e ultimo capitolo.
Vi ringrazio per i commenti allo scorso capitolo e spero di non avervi deluso con questo.
Domande, chiarimenti, scleri e lo spoiler che metterò riguardo l'epilogo a disposizione sulla mia pagina fb.
A presto.
Ilaria
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Capitolo 27 *** Epilogo ***
The Ghost's Diary - Epilogo
The Ghost's Diary
Epilogo
20 Luglio
Shotaro è morto.
Addio, amore mio.
Hana
Alcuni mesi dopo
Meiko
sollevò il capo. Si concesse un ultimo sguardo alla casa in cui
era vissuta per molto anni, consapevole che non ci avrebbe più
rimesso piede. Gettò un'occhiata al ragazzo al suo fianco. Non
ci furono bisogno di parole.
Lui annuì, le prese la mano e insieme si allontanarono da quel luogo.
Sana smise di battere sulla tastiera del computer, rilesse le ultime righe e annuì. Sì, aveva finito.
Salvò il documento su cui
era riportato tutto il suo racconto, frutto di mesi di duro lavoro, e
gettò uno sguardo all'orologio.
Spalancò le palpebre.
Era tardissimo, lei e Hayama
rischiavano di arrivare in ritardo al matrimonio di Tsuyoshi e Aya,
mancavano solo venti minuti all'orario concordato.
Spense il computer e uscì di
scatto dalla sua stanza. Sollevò con una mano l'orlo del vestito
per evitare che la intralciasse nei movimenti – per fortuna aveva
avuto l'accortezza di prepararsi in anticipo, per una volta – e
scese le scale per raggiungere il piano inferiore di corsa.
- Hayama? - chiamò. Dove si
era cacciato? E perché non le aveva ricordato del matrimonio? Se
solo ne avesse avuto il tempo, avrebbe preso in considerazione l'idea
di fargliela pagare. Ripeté nuovamente il nome del suo ragazzo.
- Sono qui. -
Sana entrò nel salotto e
vide Hayama in piedi al centro della stanza. Indossava uno smoking nero
semplice che gli stava divinamente. Lo guardò sorpresa, non era
abituata a vederlo tanto elegante, ed era un peccato, perché il
completo gli calzava alla perfezione.
Lui le si avvicinò e per un
attimo Sana scordò che Aya e Tsuyoshi stavano per sposarsi, che
lei e Hayama erano in ritardo e...
Si riscosse e allungò una
mano per stringere quella di lui. - Sono una delle damigelle, Hayama,
non posso arrivare in ritardo. -
Lui fece una smorfia. - Dobbiamo
proprio andare? L'ultima volta che sono stato ad una festa organizzata
per Aya e Tsuyoshi, ho avuto solo problemi. -
Sana sorrise un po' tristemente. Da
quando Hana le aveva rilevato la verità sulla sua storia non
l'aveva più rivista. Ogni tanto le sembrava di sentire la sua
presenza – ogni volta sempre meno cupa -, ma accadeva sempre
più di rado. Le piaceva pensare che ben presto Hana se ne
sarebbe andata definitivamente, smettendo di incolparsi e soffrire. -
Questa volta andrà tutto bene, vedrai. - Guardò l'ora
sull'orologio a muro: quindici minuti. - Sempre che arriviamo in tempo.
- La damigella non poteva arrivare dopo la sposa, sarebbe stato
ridicolo!
Trascinò Hayama fuori di casa e salirono entrambi sulla macchina di lui.
- Ci sarà anche il dam... Kamura al matrimonio? - le chiese Hayama, infilando la chiave nel cruscotto.
- Eh? Perché? - Era confusa, non riusciva a capire il senso di quella domanda così improvvisa.
L'altro scrollò le spalle. - Così. - Mise in moto il motore e l'auto si mosse.
- Beh... come al solito è molto impegnato con il lavoro di attore, però sì, credo che ci sarà. -
Un mormorio poco soddisfatto fu la replica di Hayama.
Sana voltò il capo verso il
finestrino, osservando il paesaggio. Qualche minuto dopo, riprese a
parlare: - Ah, mi sono dimenticata di dirti che l'avvocato ha
telefonato ieri. -
- Uh? Quando? - Hayama si girò un attimo verso di lei, poi riportò l'attenzione sulla strada.
- Mentre eri fuori a concludere gli
ultimi accordi per la palestra di karate. Ha detto che sono rimaste
ancora delle carte da firmare e che vorrebbe rivederci entrambi un
giorno della prossima settimana. - Esattamente dieci giorni prima, si
erano conclusi con successo i sei mesi di tempo che lei e Hayama
avrebbero dovuto trascorrere insieme nella stessa abitazione e
l'eredità era entrata in loro possesso. Hayama aveva potuto
mettere in atto il suo progetto di aprire una palestra di karate, e lei
avrebbe potuto dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Inoltre, a
discapito di quello che entrambi supponevano all'inizio, non avrebbero
abbandonato e venduto la villa in cui avevano vissuto per tanti mesi,
ma sarebbero rimasti ad abitarci. Insieme.
- Va bene – acconsentì Hayama.
Quando raggiunsero il luogo in cui
era stato organizzato il matrimonio dei loro migliori amici, la sposa
li attendeva all'entrata con un sorriso accondiscente sulle labbra.
Erano fortunati che Aya fosse una persona calma e composta in
praticamente ogni situazione.
O forse no, considerò Sana,
quando notò in che condizioni era il fazzoletto di seta che
l'amica stringeva tra le dita.
I due ritardatari si precipitarono ai loro posti: erano uno di fronte all'altro, ai fianchi degli sposi.
Sana incrociò lo sguardo di Hayama e gli sorrise. Lui la imitò, più o meno.
La sposa fece il suo ingresso e il matrimonio incominciò.
Hana pianse le sue ultime lacrime
tra le pagine del suo vecchio diario. I suoi ultimi pensieri non
era più possibile leggerli, ma lei non ne aveva bisogno per
rammentarli.
Sollevò una mano e il diario
si richiuse da solo. Poi si sollevò in aria e si posò sul
copriletto della sua vecchia camera.
Hana fece correre lo sguardo per la stanza prima di lasciarla definitivamente.
Per la prima volta da quando era morta, uscì dalla sua casa.
Shotaro le mancava davvero molto, sperava di rivederlo.
Cominciò a svanire e la paura la colse.
Un calore improvviso, come se fosse
frutto di un abbraccio, le fece spalancare gli occhi per la sorpresa. -
Sho? - mormorò.
Hana scomparve e non fece più ritorno.
Spazio Autrice: Buonasera a tutti. Con questo epilogo si conclude "The Ghost's Diary".
Qualche considerazione (a random):
- La similitudine tra il finale del libro di Sana e l'ultimo pezzo con Hana è voluta.
-
Curiosità: Sana ha abbandonato la sua stanza (sì, sta in quella di
Akito!), perché voleva che quella rimanesse la stanza di Hana e basta
(Akito non c'entra! Non pensate male! XD).
-
Ho fatto un finale un po' aperto, che strano! Credete che l'abbraccio
fosse di Sho? Bene. Pensate che Hana se lo sia solo immaginato? Bene
uguale. Pensate qualsiasi altra cosa? Bene un'altra volta.
- La pagina di diario ad inizio capitolo è l'ultima che Hana
scrive. Perché poi Hinako le rileva la verità su lei e
Sho e Hana infine si suicida.
Sono abbastanza soddisfatta di com'è venuto fuori questo
capitolo, perché è praticamente come volevo venisse.
Purtroppo, non lo sono altrettanto della storia in generale. Ho
commesso degli errori, deluso alcuni di voi, avrei potuto scrivere
meglio alcune parti, comunque, nonostante questo, sono affezionata a
questa storia e spero vi abbia lasciato qualcosa.
Ringrazio chi l'ha seguita fin dall'inizio (il lontano 13 ottobre
2010), chi quando era già cominciata, chi l'ha recensita, chi
l'ha aggiunta alle sue liste, chi ha avuto la pazienza di aspettare il
nuovo capitolo anche non ho pubblicato per lungo tempo (tra il cap.
22-23 e tra 23-24).
Grazie mille a tutti.
Comunicazione: Con questo capitolo, chiudo (forse definitivamente) completamente la mia presenza sul fandom di Kodocha.
Ho scritto moltissimo con Kodocha (tre long-fic, tante storie brevi),
ma ora voglio dedicarmi a dei fandom nuovi, come Revenge e Kaichou.
Akito, Sana e Co mi hanno ispirato per tantissimo tempo, questo fandom rimarrà lo stesso uno dei miei preferiti.
Arrivederci. E grazie. <3
Ilaria
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