Cronache di un'esteta

di Lilith Blake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La nebbia di Londra mi avvolge e ogni mio singolo passo è scandito dal suono che echeggia lungo le buie vie. Il mantello che mi svolazza alle caviglie e il cappello di feltro che porto calato sugli occhi danno alla mia figura un’aura misteriosa, quasi fatiscente. Le allegre signorine che si appoggiano svogliatamente al muro mi rivolgono sguardi maliziosi, interessati, che lentamente vengono turbati da un’ombra di perplessità quando scorgono i lineamenti del mio viso: troppo delicati e rotondi. La loro espressione tramuta in sgomento e rasenta quasi la paura quando incrociano i miei occhi che luccicano di riflessi di sfida. Abbassano repentinamente il capo e arricciano le labbra in atteggiamento imbarazzato. Supero quelle povere donnicciole, troppo miserabili per poter incrociare il mio cammino, troppo volgari per poter meritare la mia attenzione. Continuo lungo il mio tragitto, e ritorno nella Londra rispettabile della vittoriosa borghesia, fino ad un appartamento esternamente come tanti altri. Salgo le scale con tranquillità, quasi noia, e mi stendo sulla poltrona.

<< Lady Royle, sono lieto di trovarla di ritorno così presto>>.

Mi tolgo il cappello e volgo l’attenzione al mio maggiordomo: Wymond è una di quelle poche persone a cui la propria voce stona. E’ un uomo alto, slanciato, con una corporatura terribilmente esile, come se dovesse spezzarsi da un momento all’altro, con i capelli pettinati ordinatamente, le mani curate, e il viso sbarbato; eppure, ha una voce da scaricatore di carbone, profonda. Tutte le volte che lo odo parlare, rimango leggermente sorpresa dalla figura che mi si presenta davanti. E’ un individuo curioso, è per questo che ha l’onore di lavorare per me: la sua presenza è impeccabile, rispettabile come ci si aspetti, eppure vedo nei suoi atteggiamenti, anche più banali, come servire il tè o aprirmi la porta della carrozza, qualcosa di misterioso, come se nascondesse una parte oscura e proibita, come se, oltre a quella sua maschera di cera perfettamente intatta, si celassero oscuri e interessanti fantasmi. Poggio le dita al mento e lo guardo divertita: vorrei aprire quel favoloso vaso di Pandora. D’altra parte, penso che anche lui nutra questo desiderio nei miei confronti: anche se, a differenza di altri che l’hanno brevemente preceduto, non ha mai mostrato nessun tipo di sentimento nei miei confronti, immagino che sia incuriosito da una donna come me, che indossa il panciotto e l’arroganza di un comune uomo borghese; e, detto tra noi, un po’ me ne compiaccio. Suscitare qualsiasi tipo di emozione in altri è già di per sé un segno di interessamento; ma poter vantarsi di sbigottire, sorprendere e far nutrire sentimenti di disprezzo è una caratteristica per cui mi complimento con me stessa.

Wymond interpreta correttamente il mio atteggiamento, e precede ogni mia possibile domanda.

<< La signorina Bailey la sta aspettando nelle sue stanze >>.

Sorrido e scatto in piedi. Lentamente mi dirigo nella camera da letto, e apro la porta con lentezza esasperante. La prima immagine che mi si presenta potrebbe benissimo appartenere ad un quadro; anzi, è quasi troppo perfetta per essere reale: in quell’ambiente ricercato, con pesanti tende e tappeti decorati minuziosamente, con la tappezzeria rossa alle pareti e il profumo di incenso che sostituisce l’ossigeno, sull’ampio letto a baldacchino, sommerso da cuscini orientali e lenzuola dai colori caldi e coinvolgenti, è stesa una donna che potrebbe a buon diritto essere considerata l’incarnazione di Afrodite. Gaila Bailey ha i capelli ramati che le incorniciano il viso, tripudio di pura armonia, e le scivolano sensualmente lungo la schiena; ha la pelle diafana e gli occhi castani, caldi, capaci di assoggettarti senza fatica grazie alla loro forma allungata. Contemplo il suo corpo nudo, nascosto senza vero impegno dalle lenzuola color cremisi; il suo seno pieno mi dà una scossa, e il suo sorriso consapevole mette a dura prova il mio autocontrollo.

<< So che apri la porta lentamente per alzare l’aspettativa, ma con me non serve, Haley. Io ti desidero immensamente anche solo grazie ad un tuo sguardo>>

La sua voce melodiosa e soffusa mi fa avvicinare. Mi seggo accanto a lei e le bacio una mano.

<< Sai che non mi piacciono i giochi troppo facili, honey>>.

A queste mie parole, lei prova a ritrarre la mano, ma senza convinzione, tanto che rimane sospesa tra le mie dita.

<< Sono un gioco per te?>>
Come risposta, mi alzo e sciolgo il colletto.

<< La vita è un gioco, honey>>.

Mi sdraio sopra di lei baciandola, e ogni tentativo di resistenza viene abbandonato, come polline al vento.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


La luce soffusa che entra dalla finestra mi trasporta in uno stato quasi mistico, mentre accarezzo delicatamente i capelli di rame della bellissima donna che dorme sul mio petto. Gaila ha un viso d’angelo, ma non di uno di quei putti stucchevoli e raccapriccianti; ha le guance rosate di puerile imbarazzo, le labbra petali cremisi e il naso di una statua greca. E’ bella da star male, nella sua somiglianza travolgente con una divinità splendente. Siamo in questo letto pomposo da ore, ma sembrano non bastare mai: ogni nostro gesto è preludio di passione. Lentamente mi alzo,  indosso la mia vestaglia blu ornata di oro e seggo alla finestra; i londinesi sono formiche: piccoli, insignificanti, simili gli uni agli altri, ma tutti con un insensato impulso nel sangue che li porta alla laboriosità e allo zelo. Nel guardarli sento un senso di pena misto a disgusto. Distolgo lo sguardo, mentre sento rigirarsi lo stomaco per il nervosismo. Mi vesto e mi accingo ad uscire, quando sento Gaila divincolarsi tra le lenzuola in un atteggiamento di pigro risveglio.

<< Dove vai? >> Mi chiede con la bocca impastata e gli occhi socchiusi contro la luce troppo violenta.

<< Ho bisogno di aria >>.

Gaila si mette a sedere, udendo nella mia voce suoni duri e disarmonici, troppo diversi da quelli che solitamente sussurro al suo orecchio.

<< E’ forse successo qualcosa? >>

<< Nulla che non sia perfettamente ordinario >>.

<< Non comprendo, Haley >>-

Sospiro, cercando di controllarmi: avverto un senso di soffocamento e irritazione, come se fossi compressa in vesti troppo strette e sentissi il desiderio di strapparmele di dosso, essendo puntualmente sconfitta da tentativi falliti.

<< Non riesco nemmeno lontanamente a concepire come persone così comuni siano soddisfatte della loro mediocre vita >>.

Gaila inclina leggermente la testa di lato, preoccupata.

<< Cos’è accaduto? Chi ti ha fatto adirare? >>

<< La quotidianità. E’ monotona. E monotoni sono i manichini che si muovono su di essa, come se scivolassero  per inerzia. E’ terribilmente fastidioso, per un animo come il mio >>.

Gaila si lecca le labbra, soppesando bene le parole.

<< Non capisco come mai tu sia colpita da questi attacchi di nervosismo >>.

Io mi prendo la radice del naso tra pollice e indice, sospirando. So che non può capire. Gaila Bailey è bellissima, è coinvolgente e affascinante; ma è tremendamente ordinaria.

Leggendo i miei atteggiamenti, si posiziona meglio contro i cuscini, alzandosi le lenzuola fino a coprire il seno.

<< Tu non hai nessun rispetto per me, vero? >>
Il suo tono è  carico di quel dolore che cela in sé una misera ombra di speranza, e lo fa apparire ancora più penoso.

<< Sbagli a pensare questo >>

<< Non è forse la verità? Tu pensi che anche io sia come tutti gli altri, quelli che tanto biasimi >>.

<< E’ diverso da non rispettarti >>.

<< Va bene, Haley, allora mi esprimerò diversamente: cosa pensi tu di me? >>

Levo lo sguardo e fisso i suoi occhi mediterranei. Non mi fanno paura i suoi sentimenti, forse perché non possono in alcun modo sfiorarmi. E’ un pensiero estremamente crudele, ma è l’unico che mi attraversa con lucidità disarmante la mente.

<< Io ritengo che tu sia una donna di grande dote, che sia di una bellezza svenevole e abbia atteggiamenti regali >>

L’aria è diventata pesante: Gaila mi guarda con gli occhi enormi di aspettativa: sa che la frase è stata lasciata a metà per caricarsi di elettricità.

<< Tuttavia, sì, non vedo in te nulla che ti discosti anche solo minimamente dalla figura che la società borghese si è impegnata a costruire >>.

La mia conclusione è arrivata come una sferzata, portando con sé una scia di gelo.

Gaila non si muove, rimane in una posa perfettamente stabile. Guardandola in tralice vedo i suoi occhi riempirsi lentamente di lacrime amare, nonostante tutti i suoi sforzi per evitarlo, mentre il suo volto angelico si tramuta in una maschera di sofferenza. In tutta onestà, non mi sento di far nulla per rimediare: semplicemente, non c’è nulla a cui rimediare.

Gaila inspira, cercando di riprendere possesso del proprio corpo, ma la sua voce esce spezzata, incrinata dalla disperazione.

<< Sai essere puerilmente crudele. A volte sembra che tu non sappia nemmeno cosa stai dicendo, da quanta freddezza ti premuri di usare >>.

<< So sempre cosa dico, miss Bailey; i miei atteggiamenti sono perfettamente ponderati >>.

<< Non lo credevo possibile, ma probabilmente tu saresti in grado di uccidere a sangue freddo, se solo lo desiderassi ardentemente >>.

<< Probabile, sì >>.

<< Perché, Haley? >> Mi chiede, sollevando di scatto la testa ramata.

<< perché riversi su di me tutto il tuo odio inespresso? Sai quello che provo per te, sai quanto ti ho dato e ti darei >>.

<< Lo so bene, infatti non lo sto né negando, né sminuendo. Tu mi hai fatto non una, ma più domande, e io ti ho dato le mie risposte. Mi spiace che non ti soddisfino, ma non posso, in tutta onestà, farci nulla >>.

Esco dalla stanza, lasciano Gaila in quel letto diventato troppo grande, abbandonata contro i cuscini come una bambola di pezza. Il mio bell’angelo è caduto e giace languidamente con le ali insanguinate.

 

Al suono dei miei passi, Wymond si alza dalla poltrona di pelle su cui stava leggendo; romanzi russi, che noia infinita.

<< Esco >>. Esordisco con il mio solito tono imperioso.

<< Miss Bailey >>. E’ l’unica sua risposta; non è una domanda, né un’affermazione: è un rimprovero.

Sospiro sentendo il corpo attraversato da una scarica elettrica.

<< Miss Bailey è bella abbastanza per ricevere anch’ella delusioni d’amore >>.

Wymond ha la stessa espressione delle statue di cera e gli occhi imperscrutabili. Non ha mai avuto nulla da ridire né sul mio comportamento, né sui rumori che ode dalla stanza accanto quando sono in compagnia, né sul mio modo di condurre solitamente la mia vita; eppure, sembra avere molto rispetto per i sentimenti altrui.

<< E’ una signorina molto a modo, e certamente molto innamorata, lady Royle. Dovreste avere cura di non ferirla come già state facendo >>.

Gli lancio uno sguardo gelido.

<< Sicuramente è la prima delle cose che voi dite; posso avere più dubbi sulla seconda, ma non è mio interesse discuterne. Tuttavia, ripeto: è abbastanza donna per sopportare un cuore infranto. L’amore, ammesso che esista, è un sentimento talmente mutevole che miss Bailey non si accorgerà neppure di aver provato anche solo un minimo accenno di esso nei miei confronti >>.

Gli volto le spalle, per incalzare la porta, ma Wymond parla con voce tonante: non che abbia urlato, o tanto meno usato toni aggressivi; la sua solita voce profonda, semplicemente, si è amplificata, come se avesse soffiato in un trombone. Sa essere dannatamente testardo, quando si punta su quelle inezie che tanto gli stanno a cuore.

<< Miss Royle, voi dovreste avere maggiore accortezza nel parlare di cose di cui avete poca cognizione di causa >>

 Volto la testa per guardarlo: mentre si staglia in tutta la sua altezza, sento la sua presenza incombere come se fosse una minaccia.

<< Wymond, siete a dir poco irriverente. Ho un appuntamento a cui non posso mancare >>

<< Oh, my lady, è una scusa a dir poco misera: non siete sempre voi, a ribadire che voi non siete mai in ritardo, ma invero sono gli altri ad essere mostruosamente in anticipo? >>
Il suo sarcasmo mi irrita.

<< Wymond, credo che se continuerete di questo passo vi metterò alla porta >>

Il suo viso non viene turbato dall’ombra del dubbio, o dalla paura, né tantomeno da quella del rimorso o della vergogna: egli mantiene i suoi occhi metallici, e le labbra sottili strette in una morsa di rimprovero.

<< Lady, voi pagherete il prezzo della vostra insolenza; presto o tardi che sia >>

Non riesco a non scoppiare in una risata amara, a piena gola, di quelle che provengono dal diaframma ma sono cariche di nervosismo.

<< Passate alle minacce gratuite, ora? >>
<< Oh, no, non potrei permettermelo. Le minacce implicano una fedeltà maggiore delle promesse, e, onestamente, io non credo di essere fedele a nulla. Tuttavia, a tutti arriva il proprio conto da pagare, my lady. Il vostro sarà salato. E non per Provvidenza, ma solo perché è il ciclico movimento della realtà che lo impone >>.

Mi copro gli occhi con una mano e scuoto la testa.

<< State rasentando il ridicolo >>.

<< Immagino >>. Mi risponde, riappropriandosi della poltrona.

<< Spero che questo increscioso episodio sia un caso isolato, Wymond >>.

<< Dipende da voi, non da me, my lady >>.

Gli punto il bastone da passeggio contro, calandomi sugli occhi il cappello di feltro.

<< Mai più, Wymond. Intesi >>

I suoi occhi mi fissano per qualche istante, per sostenere con tutta la loro fierezza le mie parole; tuttavia, tutti noi siamo costretti ad assecondare, se non a sottometterci ai nostri ruoli: e questa consapevolezza arriva come una sferzata anche a lui. Nulla è di più che un maggiordomo, dopo tutto.

Wymond fa un cenno d’assenso con il capo, e io mi lascio il tepore soffocante della casa alle spalle.

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