Il Necroforo

di Azathoth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Jack Daniel's on the blood ***
Capitolo 3: *** La sensazione di un battito ***
Capitolo 4: *** La ferita si riapre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




NOTE DELL'AUTRICE : questa è la prima storia che scrivo, sono aperta a tutti i tipi di critiche e anzi spero di riceverne di costruttive per migliorare il mio stile di scrittura o il contenuto della storia in base ad esse. Spero che comunque risulti interessante ai vostri occhi. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate..
(Il titolo momentaneamente è provvisorio in quanto non mi convince appieno)

Azathoth

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Il silenzio della notte.
Sirio che illuminava il Cielo.
La neve bianca adagiata delicatamente al suolo.
Tutto ciò porta alla mente il pensiero di un amabile momento.

Un amabile momento. . . Di angoscia e paura, come piaceva a Lui.

- Agente Hoover.
- Sono Kane, 11 West 53rd Street, codice 187. Credo sia tornato.
Hoover, Hailey Hoover, rimase incredula nell’udire quelle parole dal suo partner, spense il telefono e si fermò a riflettere portandosi entrambe le mani sulla testa come se volesse sfiorare i suoi pensieri per farli risuonare nelle corde vocali che quasi le stritolavano la gola.
- Maledizione!
Prese la pistola e corse fuori dal suo appartamento, colma di adrenalina nel sangue.

- Crediamo sia successo tra l’1.15 e le 02:00, è ancora presente l‘eccitabilità del miocardio e l‘ ipostasi è di 1° grado, si sta sviluppando la fase di insorgenza, attualmente è in atto il Livor Mortis e questa bassa temperatura invernale rallenterà il processo di Rigor Mortis.
- Dimmi di lei.
- Ragazza bianca, sui 25 anni, capelli neri, alta 1.73. Ha vari tatuaggi sul petto, tutti rappresentano la religione cattolica. Una donzella molto credente… che fottuta morte le ha riservato il suo caro Dio.
Ironicamente Hailey gli rispose - Ah, esiste un Dio? -
L’agente Hoover era una donna molto testarda e schietta, non dava retta a nessuno e seguiva la sua strada. A volte dava l’impressione di sembrare un uomo, credo sia per questo che decise di intraprendere la carriera di Detective  al Federal Bureau of Investigation, preferiva essere qualcuno con le palle che una semplice donnetta vuota che prepara la cena, pur dovendo sopportare i suoi squallidi colleghi e le loro battutacce.
Con Kane era se stessa: lavoravano insieme da 3 anni, quando lui da Boston fu trasferito al Dipartimento di NY la moglie lo lasciò e si tuffo a capofitto nel lavoro giorno e notte e lei gli rimase sempre accanto,senza dover dimostrare per forza di essere l’Agente Hoover, ma solo Hailey.
- Dai dimmi la tua versione.
- La mia versione? Secondo me ha voluto soltanto riprendersi la scena. Ha trovato una ragazza e l’ha massacrata per bene, praticando la resezione dell’intestino, degli occhi e l’infibulazione genitale, per poi ricucirla con ago e filo, il nostro signore dell’uncinetto.
Hailey tirò fuori una risata frenata - Signor che?! Lavoriamo assieme da anni, ma resterai sempre un coglione!!Ascolta, prima hai parlato di tatuaggi cattolici; l’infibulazione è legata a tradizioni dell‘antico Egitto, ma tutt‘ora è praticata solo in Africa, nella penisola araba e nel sud-est asiatico. -
- Si, viene consigliata come sistema per mantenere intatta la purezza della donna. Pensa che un’associazione islamica sta finanziando campagne di infibulazione gratuita nelle scuole per bambine indonesiane, assurdo! -


- La scientifica sta arrivando, abbiamo contattato il Medico Legale, faremo immediatamente l’autopsia e cercheremo in tutti i modi di risalire a Lui, sempre che sia realmente l’assassino. La Dott.ssa Beverly ci aspetta al Presbyterian Hospital.
- Capo, è lui l’assassino ne sono certa.
- Agente Hoover, non è da sottovalutare l’ipotesi che si tratti di un imitatore ossessionato.
- No. È Lui.
Rimase lì, inamovibile, guardando allontanarsi Jacob Gavin, a capo delle indagini, sapeva quanto fosse irascibile.
Si accese la sigaretta, e in quel momento la nicotina non le bastava più. La eccitavano queste situazioni, del resto aveva scelto lei l‘ F.B.I., e ciò che egli concupiva era proprio questo: vederla lì, in piedi, di fronte la pozza di sangue che lui stesso le aveva conferito, con il suo cappotto nero di pelle, i capelli che le scivolavano sulle spalle cullati dal vento gelido di Novembre, aspirando ripetutamente quella Lucky Strike.
Il suo amabile momento… era arrivato.

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Capitolo 2
*** Jack Daniel's on the blood ***


NOTE DELL'AUTRICE: Eccomi con il secondo capitolo, spero vi risulti interessante, non vi ho ancora svelato come mai Hailey conosce così bene questo assassino e perchè provi così tanta rabbia nei suoi confronti, per ora preferisco lasciar viaggiare la vostra fantasia!!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il  Prologo e che lo hanno recensito!! Attendo altri pareri per migliorare.
Buona lettura . . .
A.


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Hailey in quel momento non capì cosa stesse realmente accadendo, non riuscì a spiegarsi come potesse essere il “Necroforo”, ma sapeva bene che era Lui l’autore di quel crimine. La cosa che più le  inondava il cervello era il fatto che lo aveva visto saltare in aria, uccidersi con le sue stesse mani, in quel cantiere a East Harlem, strappandole quella soddisfazione.
Ora le interessava saperne di più su quella donna brutalmente uccisa.
- Kane, sei stato il primo ad arrivare sulla scena, com’è stato scoperto il corpo? -
- Ha chiamato il ragazzo del palazzo di fronte, sta al terzo piano, ha notato il sangue dalla finestra, non è difficile notare una chiazza del genere sulla neve -
- C’era qualcosa di particolare attorno alla donna? -
- Cazzo smettila! Non è Lui l’assassino. Basta con queste stronzate, quando ti passerà questo terrore?!
Le prese un braccio con forza guardandola dritta negli occhi per vedere se in lei ci fosse ancora un briciolo di lucidità - Lui è morto! -
Hailey lo allontanò con tutta la rabbia che aveva in corpo, quasi come se nei suoi occhi si celasse il veleno.


Si tolse la giacca di pelle che le nascondeva fin troppo bene quel corpo sensuale, la gettò sul letto, camminando tra le mura del suo monolocale intravide una bella donna raffigurata nello specchio di fianco la credenza dei liquori. E per una volta si piacque. I capelli ondulati tenuti sempre sciolti, di un colore nero corvino che le facevano risaltare ancor di più i suoi grandi occhi verdi, era sempre stata un’appassionata di sport ed è inutile dire quanto fosse scolpito il suo corpo con quel seno prosperoso che tendeva sempre a coprire. Desiderava avere qualcuno accanto, qualcuno che la stringesse facendole dimenticare anche solo per un istante quale fosse il suo compito. Aprì la credenza e prese il suo fedele Jack Daniel’s versandosene una bella quantità nel bicchiere che teneva sempre lì, a portata di mano. - Beh, anche per stasera saremo solo io e te! -
Si mise in balcone con le gambe distese sulla ringhiera pensando ad una soluzione logica mentre si gustava piccoli sorsi di whiskey .

Attorno a lei il calore, il fuoco, udendo quelle frasi che le colmavano la mente.
- Non aver paura Ley, sono forte, e finché ci sarai tu con me nulla mi attaccherà.-
E subito dopo sentì il cuore scalarle la gola.
- Hoover, c’è stato un omicidio. 383 Lafayette Street.-
- Ma quella è l’università. -
- Mi dispiace. -

Il bicchiere le cadde in terra ed improvvisamente si svegliò con cenni di lacrime represse sul viso.
- Kane, scusa, non avevo intenzione di svegliarti all’alba ma sto andando al dipartimento, appena puoi raggiungimi. -
Riprese il cappotto e tornò a svolgere il suo compito.

-La Dott.ssa Beverly ha già dato risultati riguardanti l’autopsia?-
L’agente Gavin non le rispose, si allontanò di soppiatto, odiava avere una donna tra i piedi.
- Bastardo! -
In quel momento dall’ingresso principale entrò Kane con due tazze di caffè. Era un uomo buono e premuroso, sembrava quasi buffo con quella barba crespa, era intelligente e sapeva giocare di astuzia. Con il suo fisico robusto da battitore di Baseball alto circa 1.83, ma che di quello sport non conosceva neanche il numero di giocatori, due occhi color giacchio e dei capelli castani che teneva sempre tirati indietro, ed immancabilmente la sigaretta sull’orecchio.
Non fumava più, ma diceva sempre che se mai ci fosse stata occasione per ricominciare avrebbe dovuto averla.
- Dai, butta giù qualcosa di sano, hai ancora l’odore di quel fottutissimo whiskey!-
- Ehi non parlare così del mio Jack! Ti perdono solo per il caffè. -
- Ho sentito poco fa il Medico Legale, ci sono risultati. Nella scatola cranica della donna è stato trovato un “Edema cerebrale”, la causa della morte sarebbe un emorragia acuta in multipli traumatismi che implica l’arresto cardio-respiratorio causato dal dolore estremo. -
Rimase immobile a fissare il vuoto continuando ad ascoltare ciò che Kane aveva da dirle. Come se in quel momento, stesse provando dentro sé quel “ dolore estremo”.

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Capitolo 3
*** La sensazione di un battito ***


NOTE DELL'AUTRICE: Ho inserito qualche stuzzicante dettaglio romantico, spero che questo terzo capitolo verrà apprezzato. Ritenetevi liberi di commentare e criticare, anzi, lo spero! :) Buona lettura appassionati di FF.
A.
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L’agente  Gavin in quel momento era impegnato a scegliere accuratamente l’aroma da inserire nella pipa quasi sdraiato sulla sedia accanto la finestra, ascoltando i dettagli che Kane riferiva alla sua rivale. Non accettava il fatto che gli fosse stata assegnata lei alla squadra. Ebbero grandi discussioni irrisolte l’anno precedente a causa dell’ultimo omicidio che questo Killer lasciò alla Hoover.
Era a favore per sospenderla dal caso, ma lei non si fece sottomettere, nonostante tutto il dolore e la rabbia che provava non lasciò il dipartimento per farsi affliggere da psicologi indiscreti come desiderava lui, soltanto per lasciargli completamente la via libera e non perché le interessasse realmente qualcosa di lei.
- Se continuerete a svolgere le indagini in questo modo vi farò sospendere entrambi! -
Hailey si voltò e lo fulminò con quegli occhi pieni di risentimento lasciandolo inerme.
Lui capì immediatamente di trovarsi in una situazione pantomima e rimase fermo senza dire una parola.
- Lo sai che non riuscirai a farlo. Questi omicidi non ti riguardano nemmeno. Ricorda che prima ero io a capo delle indagini, ero il tuo superiore, quindi smettila di blaterare. Piuttosto, torna al lavoro! -
Con aria di sfida si voltò poggiando il caffè sulla scrivania accanto ad un’infinità di fascicoli e fogli di giornale sparsi un po’ ovunque. Prese le chiavi della sua Lexus e fissando Gavin disse - Kane, abbiamo del lavoro da svolgere. - incamminandosi verso le grandi porte vetrate del dipartimento diretta verso l’uscita, seguita dal suo partner.


- Dannazione Ley, lo sai che non puoi rivolgerti a lui con certi termini. -
Si fermò di scatto provando a trattenere i nervi - Non chiamarmi più così !! -
- Lo so, lo so! - Salirono in macchina senza dirsi una parola,  accese il motore e partirono, senza sapere dove stessero andando.

[…]  If we could take the time to lay it on the line
I could rest my head
Just knowin' that you were mine
All mine. […]

Tenendo la sigaretta tra le dita e battendole sul volante per tenere il ritmo della canzone fece uscire quella strofa che tratteneva tra le labbra - […] All mine… -
- Non pensavo ascoltassi questo tipo di musica. -
- E cosa pensavi ascoltassi? -
- Non so, magari Lady Gaga! - E scoppiò a ridere scrutando con la coda dell’occhio Hailey.
- Ma io bevo Jack Daniel’s!! -
- Ohh già, avevo dimenticato questo dettaglio, “ tu bevi whiskey”! -
Non riusciva a fare a meno di guardarla, era così bella, nonostante il freddo gelido che li avvolgeva sentiva un tale calore dentro sé. Aveva una gran voglia di accarezzarle i capelli e perdersi tra i suoi occhi, contare i nei che le ricoprivano il corpo per conoscere ogni cosa di quello splendore di donna, e a dirla tutta, quell’odore di whiskey che emanava le piaceva fin troppo.
- Ehi, sai una cosa? Credo sia arrivato il momento. -
- Di che parli? -
- La voglio, non resisto più. Passami l’accendino! -
- Finalmente cazzo!! - Ed ammiccando un sorriso di vincita gli passò l’accendino.
-

- Ti và un caffè? si congela.. Offro io!
- Come desidera donna! -
Si fermarono al Candle Cafè. Un posticino tranquillo tra la 74th e 75th Strett, al 1307 3rd Avenue. Speravano di riscaldarsi un po’ davanti ad un caffè bollente.
 
Restarono a lungo seduti al tavolo sorseggiando caffè corretto dimenticando persino di dover lavorare. Kane aspettava questo momento da quando iniziò a capire che Hailey lo faceva stare bene, considerandola donna non più come una semplice collega.
Improvvisamente le squillò il telefono rovinando quell‘istante tanto atteso.
- Dove siete finiti? - esclamò Gavin. Così forte che Kane lo udì dall’altro lato del tavolo.
- Che succede?? -
- Vi aspetto al dipartimento. -
Hailey interruppe la chiamata e fissò per un attimo Kane facendogli cenno con la testa di alzarsi  - Andiamo! -

- L’arma non è un coltello, crediamo sia un bisturi. -
- Come immaginavo. - esclamò Hoover sogghignando.
Gavin le lanciò un’occhiataccia e riprese subito il discorso.
- Capire il tipo di strumento è molto difficile: il foro d’ingresso è sempre più piccolo del diametro dello strumento, e la profondità del foro non è indicativa.
Kane ribadì -La ferita assume la dimensione della lama solo se il colpo è stato inferto perpendicolarmente, ma spesso è maggiore per l’inclinazione del colpo d’entrata o della retrazione. Se l’inclinazione è molto pronunciata si possono avere accenni di codette, ovvero le due estremità della ferita. -
- Esattamente agente De Falco. -
- Ha usato un bisturi Nr. 13-15, è quello più adatto per incisioni precise e delicate, specialmente per il viso. -
Hailey tornò in sé e si rivolse a Kane - Aspetta!!Gli egizi effettuavano incisioni a fini medici con bisturi in ossidiana, il vetro vulcanico la cui formazione è dovuta al rapido raffreddamento delle lave. -
- La cosa più curiosa è che si torna sempre a loro. Gli Egizi.-

Spense la macchina e rimase a pensare godendosi il silenzio della notte, il mondo dormiva e lei aveva paura di farlo. Credeva stesse per impazzire, un anno senza pace, non era più un lavoro, ormai era diventata una questione personale. Tra lei e Lui.

Nonostante la temperatura quasi artica si sdraiò sul letto con indosso solamente la sottoveste di seta, lasciò le tende aperte per farsi cullare dalla luce della luna, si accese una sigaretta e in quel momento non riuscì a controllare i suoi pensieri. Desiderava Kane.

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Capitolo 4
*** La ferita si riapre ***


NOTE: Eccomi tornata con un nuovo capitolo, scusate la lunga assenza ma tra le vacanze e il lavoro ripreso non ho avuto tempo di pubblicare, ma in mente ho molte idee ;) , la storia continua e succederanno cose inaspettate, spero sia di vostro gradimento!

P.S. Credo di aver scritto meglio dei capitoli precedenti, ma questo dovete giudicarlo voi!! :D
Buona lettura amici di FF...
A.

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6:15 a.m.

Delicatamente si spostò qualche ciocca corvina che le copriva il viso, tirò su il lato del lenzuolo che era finito quasi ai piedi del letto, si strofinò gli occhi e mentre si voltò a controllare quell’interminabile sveglia che non smetteva di infastidirle i timpani pensò che un nuovo giorno stava iniziando.
Un nuovo. Interminabile. Giorno.
Si diresse in cucina e alzando le braccia si stirò i muscoli che sentiva ancora indolenziti per via del troppo riposo di quella notte appena trascorsa, la quale non era solita fare.
Vide la caraffa di caffè piena per metà, lo desiderava caldo ma si accontentò di quello che stava lì da giorni senza perder tempo a doverlo rifare, girò intorno al tavolo e si soffermò notando l’innumerevole corrispondenza che le occupava il ripiano accanto al frigorifero, Richard, il portiere, gliela consegnava ad ogni suo rientro e lei, ad ogni suo rientro, l’abbandonava lì pensando che l’avrebbe letta poi, quando avrebbe trovato il tempo. Alzò la serranda permettendo alla luce di entrare, notò che il cielo era grigio e che molto probabilmente sarebbe scoppiato un diluvio a breve, lasciando quell’inutile pensiero si diresse nel bagno, guardandosi allo specchio pensò fino a che punto potesse ancora andare avanti, distruggersi dentro, logorarsi l’anima fino a non riconoscersi più, si passò le dita sotto gli occhi andando ad accarezzare quelle occhiaie nere come se volesse farle sparire con quel semplice gesto, sospirò e aprì l’acqua facendola scorrere così forte che in un attimo la stanza si riempì di vapore, fece scivolare la sottoveste lasciandola sul tappeto ed entrò in doccia sperando di lavarsi dallo sporco che le imprigionava la mente.

Con i capelli ancora bagnati si sedette sul letto vestita solo dell’intimo, l’unico capo che secondo lei la rendeva donna e sensuale, posò lo sguardo fermo sul distintivo che si trovava sul comodino accanto alla pistola e in un attimo lo squillare del telefonino la riportò sulla terra ferma.
- Hoover.-
- Ehi! Buongiorno fabbrica di whiskey.-
- Simpatico! Che c’è?- Hailey cercò di liquidarlo pensando a ciò che aveva desiderato quella notte, prima di addormentarsi.
- Sono qui fuori, caffè amaro e cornetto alla crema.-
Hoover sgranò gli occhi, era in intimo sul letto e Kane fuori dalla sua porta di casa.
Si mise l’accappatoio e prima di aprire la porta si fermò davanti lo specchio accanto alla credenza dei liquori per sistemarsi i capelli.
- Ma che ci fai davanti la mia porta alle- si girò per controllare l’ora che rifletteva sul microonde in cucina -sette di mattina!?-
- Beh, sai, stavo leggendo il giornale e c’era un articolo sulla borsa, è calata del 2%, sono venuto a discuterne.-
Hoover provò a trattenere una risata e le labbra si curvarono all’insù. -Fammi capire, mi stai dicendo che sei venuto da me a quest’ora con la colazione in mano per discutere della borsa in calo?!- Kane mostrandogli la colazione sorrise - Secondo me si discute meglio con un cornetto che riempie lo stomaco!-
- Dai entra!- si scostò dalla soglia per permettergli di entrare e si richiuse la porta alle spalle pensando quanto era stato premuroso, sapeva che si trovava lì solo per controllare se quel giorno, stesse bene.
- Ti ringrazio per essere passato, e soprattutto per il caffè, quello che mi attendeva avrebbe rovinato la mia giornata!- indicando con un cenno del capo la caraffa che si trovava sul tavolo della cucina, aggiungendo - anche se avere ospiti all’alba non era il mio più grande desiderio!-
- Non ho chiuso occhio stanotte Hailey - ammise avvicinandosi a lei, poggiando le mani sul tavolo. Hoover sentì un brivido percorrerle la schiena.
- Come mai? C’è qualcosa che ti turba?-
- Ti ho pensata- confessò con tono basso fissando le nuvole scure che coprivano il manto del mondo. Hailey rimase un attimo in silenzio e capì di doversi togliere quel pensiero dalla testa prima di commettere un errore che non si sarebbe perdonata.
Kane alzò lo sguardo e la fissò dritta negli occhi - Non mi capacito di ciò che è successo quel maledetto giorno, non doveva andare così - Hoover si immobilizzò - Non è stata colpa tua - e abbassando lo sguardo si portò una mano tra i capelli - Dovevo proteggervi, sono il tuo partner! - replicò Kane sbattendo entrambe le mani sul tavolo.
- Smettila, è andata così e non possiamo farci nulla ormai, voglio solo impedire che quel bastardo faccia del male a qualcun altro che non c’entra nulla- Kane si avvicinò a lei e accarezzandole il mento le alzò delicatamente la testa, Hailey si tirò indietro, lui rimase per un attimo in silenzio e avvicinandosi alla finestra aggiunse - Sarà meglio che vada ora, ci vediamo al Dipartimento - Hoover non rispose e lo seguì con lo sguardo finché non lo perse di vista uscendo dalla cucina.

- Agente Gavin.
- Agente Hoover.
Si salutarono solo per educazione ma entrambi avrebbero preferito evitarsi, come del resto ogni giorno. - Abbiamo ricevuto questa- le disse porgendogli una lettera senza mittente - da stasera avrai una scorta sotto casa e non dovrai mai abbandonare l’appartamento senza prima aver avvertito l’agente di turno - Hailey aprì la busta e camminando fino alla sua scrivania lesse la lettera senza dare ascoltò a ciò che le era appena stato riferito.

Mia cara,
non mi sono dimenticato di te come noti, come hai trascorso questo ultimo anno? Io ho riflettuto tanto e ho avuto molte idee per i miei prossimi lavori.
Eri molto eccitante stanotte con quella sottoveste rosa, avrei voluto strappartela di dosso e assaporare il tuo sangue ma dormivi così bene che mi sono limitato a fissare la tua carotide aspettando il momento adatto per farla mia, sprofondare all’interno del tuo collo la mia arma per poi affondarci le labbra e succhiare ciò che ti tiene in vita fino a vederti impallidire, sentire il tuo respiro farsi più lento fino a farti smettere di esistere lasciando tutto per me solo Il tuo corpo con cui giocare, a breve avrai il tuo regalo per questo giorno, diciamo, speciale.
Buon compleanno.. E condoglianze.
N.

Le mani le tremavano, gli occhi si erano riempiti di lacrime e di rabbia, era stato a casa sua quella notte, l’aveva fissata e avrebbe voluto ucciderla.
- Cosa dice quella lettera?- le disse Kane notando la ragazza scossa da ciò che aveva appena letto - L’ha fatto apposta un anno fa e oggi non ha perso tempo per ricordarmelo -
- Vuole solo spaventarti e renderti fragile, questo è il suo gioco, aspetta il momento in cui crollerai per farti sua ma tu sei forte, non mollerai.-
- Oggi è un anno che è stata uccisa, ed è anche il mio compleanno - disse rimettendo la lettera nella busta e nascondendola nel cassetto con i documenti del caso.
- Lo so - si limitò a dirle Kane - Non aver paura, non sei sola - ed avvicinandosi le mise una mano sulla spalla cercando il suo sguardo purtroppo non ricambiato.
Nessuno poteva immaginare come si sentisse sola contro il mondo, quanto volesse avere la sua vendetta per tutto il male che le aveva fatto, senza un vero motivo.

Era seduta nel parco, le avevano lasciato il pomeriggio libero anche se lei era decisa a non lasciare le indagini, tra le mani un libro, Che tu sia per me il coltello, gli occhi fissi su quelle pagine quasi come se volesse far parte di quella storia per scappare dalla sua realtà, nell’aria l’odore della pioggia faceva intuire che l’inverno ancora non voleva lasciar posto alla primavera, si sistemò il cappotto chiudendo gli ultimi bottoni per ripararsi dal vento freddo, avrebbe preferito tornarsene a casa e leggere quel libro sul divano bevendo un po’ di whiskey, ma non lo fece, anche se sapeva che prima o poi sarebbe dovuta tornare a casa. Chiuse il libro e si accese una sigaretta, odiava fumare mentre leggeva, non riusciva a godersi entrambe le cose facendole contemporaneamente, pensò a sua madre, quella meravigliosa donna che le aveva insegnato ad essere forte nei momenti in cui il mondo sta per crollarti addosso, ripensò a quel giorno, quando dovette telefonarle, le sembrava ancora di sentire le sue lacrime e le sue urla di disperazione lacerarle il cuore. Alzò lo sguardo al cielo, “E’ solo colpa mia. E’ solo colpa mia se tu non sei più al mio fianco, avrei dovuto proteggerti”, questo pensiero che non l’abbandonava mai.
Mise il libro nella borsa e tirando fuori le chiavi si diresse verso la macchina.
Mentre guidava cercava un modo per impegnare il tempo una volta arrivata a casa e un pensiero le solleticò la mente , prese il telefono e digitò il numero.
 - Kane. - appena le rispose si blocco, stava facendo la cosa giusta? - Pronto?-
- Si Kane, sono Hoover, novità sul caso?-
- No, abbiamo una pista ma senza certezze, il suo telefono ha allacciato la cella della 34th oggi alle 2 p.m. -
- Bene, speriamo di trovarlo quel bastardo -
- Hailey, lo troveremo, tu riposa e stai attenta -
- Kane, ti andrebbe di essere stracciato a scacchi finito il turno?- lui non sapeva bene quale fosse la risposta giusta ma seguì l’istinto senza tirarsi indietro - Ehi, sarò io a stracciarti.- e sorridendo aspettò la risposta di Hailey - Beh, l’importante è esserne convinti.- e chiuse la chiamata, capendo che forse era giunto il momento di farsi avanti. Dentro era piena di dolore, ma non sai mai quando darai l’ultimo respiro in questo universo.

Le tremavano così forte le gambe che quasi faceva fatica a salire le scale che conducevano al suo appartamento, estrasse la pistola dal cappotto in caso di eventuali sorprese e con passo lento poco dopo si trovò dentro casa. - Fottuto bastardo, hai reso inaffidabile anche l’unico posto sicuro che avevo! - rimise la pistola al proprio posto e posò il cappotto sulla sedia della cucina per poi lasciarsi cadere sul divano, cercò il telecomando senza sapere bene dove fosse, quando lo trovò fece zapping passando da un canale all’altro in continuazione, cercò l’ora sul display, - le 7:45 p.m., muoviti Kane - era spaventata, non era più solo un agente che indagava su questo caso, ma era anche una sua vittima.
Si alzò andando verso la cucina, aprì il frigo sapendo di dover mettere qualcosa sotto i denti, ma quando scrutò i ripiani per fare una selezione di ciò che le andava di mangiare prese l’acqua e lo richiuse, aveva lo stomaco a pezzi e mangiare controvoglia avrebbe peggiorato la situazione.
Si accese una sigaretta e si avvicinò alla finestra, vide l’agente che le avevano affidato come protezione fermo in macchina parcheggiato vicino il vialetto, si sentì umiliata, solo un anno prima era capo delle indagini, padrona di ogni decisione e scelta, ed ora si trovava indifesa anche nel suo appartamento con un ragazzetto forse poco esperto a farle da scorta.
Si fece mille domande, non riusciva ancora a capire perché avesse preso di mira lei, perché volesse distruggerle la carriera, la vita. Ormai faceva parte di ogni cosa.

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