Paint with me- discovering new colors

di LadyOrlando
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 8: *** capitolo ottavo ***
Capitolo 9: *** capitolo nono ***
Capitolo 10: *** Ma allora è tutto vero ***
Capitolo 11: *** Darlet o Crarris? ***
Capitolo 12: *** The Press ***



Capitolo 1
*** capitolo primo ***


Allora piccola introduzione alla storia: in questo racconto sono presenti varie celebrità, alcune soltanto accennate. alcune informazioni presenti nel testo sono vere, mentre altre sono state inventate ai fini della storia. ad esempio non so se James Franco sia fidanzato, ma nella mia storia è single. Mika non ha ancora pubblicato il suo terzo album (purtroppo).
bene questo è tutto mi sembra. vi lascio alla lettura del primo capitolo e commentate anche se solo per criticare.


Paint with me- Discovering new colors


Si trovava nel suo nuovo appartamento a Kensington da pochi giorni. Alcuni mobili erano ancora coperti da sottili teli trasparenti; eppure lei si sentiva già a casa. La sua vita era cambiata in meglio: ora poteva permettersi una casa propria. Ma Violet sentiva che le mancava qualcosa. Le sue giornate erano piene di impegni: aveva da poco pubblicato il suo secondo romanzo,aveva collaborato alla stesura di una sceneggiatura con una persona che era diventata in poco tempo un amico fidato: James Franco. Tutto filava liscio. Dopo tante disavventure, attese, sofferenze poteva dire di essere serena, non felice: lei non credeva nella felicità assoluta, ma nella serenità si.
Si toccò i lunghi capelli rossi, i ricci si erano attaccati alla sua fronte. Faceva caldo quel giorno pur essendo ancora Aprile. Quella mattina si era resa conto che non doveva correre da nessuna parte, almeno per un giorno niente letture in libreria, nessun incontro con i produttori per stabilire alcuni dettagli per il film, le cui riprese sarebbero iniziate a breve. A proposito del film Violet era convinta che nessun co-sceneggiatore nella storia del cinema fosse stato più coinvolto di lei nella decisioni da prendere: James - che era  anche il regista- l’aveva interpellata su tutto: sulla scelta degli attori, sui luoghi, persino su chi incaricare della colonna sonora. E lei alla fine, dopo tante suppliche, era stata costretta ad accettare anche di essere presente durante tutte le riprese.
“Vieni con me durante le riprese”le aveva detto una sera. Stavano cenando nel loro ristorante preferito.
“Per fare cosa? Ormai il mio lavoro è finito. L’importante è che sia presente uno sceneggiatore sul set per qualsiasi caso. Tu sei uno sceneggiatore. E poi ho già in mente una storia per il mio prossimo romanzo”.
“Non voglio essere costretto a prendere decisioni che magari tu non approveresti”.
“Di certo non mi infurierei con te: tu oltre ad aver scritto con me questo film lo dirigi anche; quindi hai più potere di me e poi non credo che i produttori siano contenti della mia presenza”.
“Con quelli ci parlo io. E poi puoi scrivere anche lì: ti basta il computer. Mi piacerebbe tanto che tu venissi, pensavo lo avessi capito dopo un mese di preghiere. Andiamo: ci divertiremo, io farò il mio dovere e tu scriverai un altro meraviglioso romanzo!”disse sorridendo: sapeva che le sue suppliche stavano funzionando.
“Voglio un posto tutto per me, una connessione internet senza fili,il minimo contatto con i produttori, non voglio essere disturbata per tre ore al giorno durante le quali io non ci sono per nessuno, se c’è un’emergenza solo tu puoi chiamarmi, ; sono stata chiara?”. Aveva parlato tutto d’un fiato.
“Vedo che abbiamo trovato un accordo; bene allora posso prenotare un’altra camera in albergo. Chiediamo il conto?”. Violet annuì.
Erano passati soltanto pochi giorni da quell’incontro. Mentre James si occupava degli ultimi preparativi, lei era intenta a trasferirsi nella sua nuova casa. Non era molto grande, però i soffitti erano alti, le finestre grandi, il pavimento in legno. Un tempo faceva parte di una casa più grande che comprendeva anche quella vicina, ora però gli spazi erano stati separati completamente eccetto che per la cantina. Purtroppo da quando si era trasferita il suo vicino non aveva oltrepassato la soglia di casa: l’agente immobiliare aveva detto che era spesso fuori per lavoro.
Era seduta sul suo letto e guardava la parete di fronte a sé: era bianca, immacolata. E questo le dava terribilmente fastidio: voleva sporcarla. Lanciò un sguardo ai pennelli e alle vernici che aveva comprato. Non aveva idee. Cacciò la testa sotto al cuscino, quando il cellulare squillò. Il suono proveniva dal salotto.
Si alzò ed iniziò a correre a rispondere.
“Pronto?”. Era James.
“Stavo pensando una cosa: abbiamo chi compone la colonna sonora, ma non abbiamo una canzone che rappresenti il film…”
“Cosa intendi dire?”.
“Voglio dire che potremmo contattare qualche cantante famoso per scrivere una canzone, così poi potrebbe lanciarla come singolo e tutti direbbero : “Oh questa è la canzone del film the intellectuals”. Cosa ne pensi?”.
“Ho capito, ma sai è difficile trovare un cantante o una cantante adatto al nostro film. Noi parliamo di… disadatti, nerd, ragazzi che non sono propriamente cool, di certo non puoi chiamare Britney Spears!”.
“Infatti io ho già chiamato il manager di un altro cantante e fidati è quello giusto”.
“Allora perché mi hai chiamato se hai deciso già tutto?”, Violet era sorpresa.
“Perché cara non sei stata raggiungibile per tutta la mattina ed io dovevo cogliere la palla al balzo dato che stasera ha un volo per Berlino, dove tra due giorni terrà un concerto. Inoltre ti ho chiamato perché tra un’ora dobbiamo incontrarlo insieme ai produttori. Ti passo a prendere tra 50 minuti: fatti trovare pronta”.
“Addio giornata rilassante”, sospirò rumorosamente sperando che l’amico la sentisse.
“Dai su, vedrai ci sarà una sorpresa e poi lui è davvero un tipo simpatico, stravagante, ma simpatico”.
“Non mi hai detto ancora chi è”.
“Un’altra sorpresa. Oggi sei fortunata”. Ed attaccò.
“Sfortunata, vorrai dire”disse ad un James ormai lontano.
Lamentandosi del destino e chiedendosi chi fosse il  misterioso cantante si diresse verso il suo armadio indecisa su cosa indossare. Non voleva sembrare troppo elegante: dopotutto era un incontro informale.
Alla fine decise per  una camicia bianca con le maniche a sbuffo infilata in un paio di jeans blu scuro a vita alta; ai piedi dei tronchetti di Louboutin. Le scarpe erano la sua passione.
Lasciò i capelli sciolti. Mise al collo una collana, semplice come il trucco. Inforcò gli occhiali da sole ed uscì. James la stava aspettando fuori appoggiato ad una moto. Violet gli corse incontro.
“Sarebbe questa la prima sorpresa?”.
“Si, my lady. Vogliamo andare”. Le porse un casco nero.
“Volentieri” disse tra le risate.
 
 
 
 
 
 
 Negli ultimi mesi Michael Holbrook Penniman Jr non aveva avuto un attimo per respirare: da quando era uscito il suo terzo album si trovava catapultato da ogni parte. Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti. Tutti volevano sapere tutto su di lui. Sempre le stesse domande.
“Allora siamo in compagnia del famoso cantante di origini libanesi: Mika!”diceva il presentatore di turno.
“Salve”rispondeva lui, educato e cortese.
“Allora Mika parliamo del suo ultimo album con cui chiude una trilogia”. Oh allora il tizio si era informato.
“Si, nei miei primi due lavori ho esplorato la mia infanzia e la mia adolescenza. Invece nel mio ultimo album ho voluto raccontare cosa accade dopo il liceo: tutti gli adolescenti sognano questo momento eppure alla fine, come capita spesso nella vita, le cose sono molto diverse dalla realtà. Questa è l’età in cui tutti si chiedono cosa faranno davvero della propria vita, i giochi, le fantasie sono finite: è tempo di crescere”.
Chissà se hanno davvero capito le mie parole si ritrova a pensare Mika mentre il forte applauso del pubblico invade l’aria. I riflettori sono abbaglianti, la poltrona scomoda, un vero inferno. Sorride e continua.
“E lei ha capito cosa vuole fare della sua vita?”. No razza d’idiota, secondo te che sta a fare qua?
“Come ogni artista ho sempre desiderato poter vivere soltanto della mia arte, della mia creatività. Per ora sono fortunato, ma se un giorno la fortuna dovesse abbandonarmi credo che continuerei lo stesso, anche solo per me stesso; dopotutto è così che è cominciata”.
“Beh io non credo che ciò avverrà molto presto. Tornando a noi, la sua famiglia è di origine libanese…”.
Bla, bla, bla. Le solite domande. Nessuna originalità. Molto spesso aveva anche l’impressione che non prestassero attenzione alle sue parole a tal punto che potesse dire qualsiasi cosa anche che a casa ospitava un elefante rosa! In particolar modo detestava le domande sui suoi gusti sessuali e per questo lui aveva deciso all’inizio della sua carriera di non rivelare le sue preferenze. Questo però aveva causato non pochi danni: non riusciva ad avere una storia stabile con una donna dal 2007. E sentiva che gli mancava qualcosa; così si era buttato nel lavoro, nella famiglia, nelle amicizie.  Ma il vuoto che gli prendeva alla bocca delle stomaco quando si trovava solo nel letto non era andato via. Nessun impegno, nessuna compagnia occasionale era riuscito ad aiutarlo. Mika sospirò guardando fuori dal finestrino. Si trovava in una taxi con il suo manager. Questa era la giornata ideale: piena di impegni, di gente da conoscere, di posti da visitare; nessuna intervista però. Era appena atterrato a Londra e si stava dirigendo verso la propria casa a Kensington. Il tempo di una doccia, di una cambio d’abito ed un altro impegno lo attendeva. E lui non vedeva l’ora: il progetto di cui avrebbero discusso lo intrigava molto. Era eccitato.
Finalmente arrivò a casa. Il manager lo seguì in casa dicendogli: “Prima mi ha chiamato il tuo vecchio vicino e mi ha riferito che finalmente venduto la casa”.
“Era ora, quella casa era in vendita da almeno un anno”. Si tolse la maglietta rimanendo a torso nudo.
“La nuova proprietaria si è appena trasferita. Dovresti incontrarla, ma se vuoi mi presento io così mantieni l’anonimato”.
“Ci penserò, adesso vado a farmi una doccia”. Chiuse la porta del bagno.
Le gocce si posavano sul suo corpo. Chiuse gli occhi: voleva tanto dormire; ma almeno per ora doveva restare nel mondo reale. Uscì dalla doccia, i ricci si erano attaccati alla sua fronte. Si asciugò e poi si diresse nella sua camera. Tutto era in ordine. Guardò il letto: non riposava tra quelle lenzuola da almeno una settimana. Aprì l’armadio. Pochi minuti dopo era nel salone.
“Eccomi qui: lavato, asciugato e vestito.” Indossava un paio di jeans chiari, una maglietta blu.
“Perfetto. Prendiamo un taxi?”.
“Va bene”. Prese le chiavi, il telefono. Uscirono.
  

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Eccoci finalmente con il secondo capitolo. non ho molto da dire quindi vi lascio subito alla lettura.

Capitolo secondo

La prima cosa che pensò Mika quando entrò nel ristorante fu che non aveva mai visto un posto più anonimo di quello, la seconda che tale ristorante si trovava in un hotel di  lusso, la terza che era perfettamente in orario. Il cameriere li fece accomodare al tavolo dove erano seduti i produttori Patrick Jens e Kevin Nibov. Alla vista del giovane si alzarono. Jerry Blair, il suo manager si presentò ai due.
“Salve, io sono Jerry Blair e questo è il signor Penniman  meglio conosciuto come Mika”.
“Salve, mi chiamo Patrick Jens”
“Io sono Kevin Nibov. Siamo i due principali produttori di questo film e parlando anche a nome del signor Franco e della signorina Harris siamo davvero onorati di poter collaborare con un cantante così bravo, un musicista di indiscutibile bravura”. E si sedettero.
“Io non avrei saputo trovare parole migliori, mi complimento con lei signor Nibov. Signor Penniman è un piacere rincontrarla” disse James arrivato velocemente; Violet lo seguiva a qualche passo di distanza.
Quando lo raggiunse riuscì a vedere finalmente la seconda sorpresa di quella giornata. Non aveva pensato minimamente che il cantante scelto fosse Mika, ma quando lo scoprì le sembrò che non poteva essere altrimenti. Lui era perfetto: creativo, originale, giovane, fuori dagli schemi. Sicuramente avrebbe fatto un ottimo lavoro. Dopo le parole di James, lo sguardo del libanese si era sposato verso loro due. Violet sentiva i suoi occhi posarsi su di lei, la stavano esaminando; si sentiva in soggezione. Ma tutto durò pochi secondi.
“Me perché non ci diamo del tu?” disse gentilmente il cantante.
“Certamente” replicò James offrendole la sedia e poi sedendosi a sua volta. Bene adesso erano seduti uno di fronte all’altra. Lui sorridendole le chiese: “Non ci siamo mai incontrati prima, dico bene?”.
“Si, hai ragione. Ma io ti conosco di fama, naturalmente. Se posso permettermi le tue canzoni sono bellissime e proprio per questo io sarei davvero felice se tu collaborassi al nostro progetto”. La tensione si stava sciogliendo. “Vedo che sei una che arriva subito al punto” disse Jerry.
“Sono fatta così e poi negli ultimi mesi mi sono abituata a questi tipi di incontri” rispose Violet. James si lasciò scappare un risolino che sfuggì a tutti tranne a Mika. Guardò i due: tra loro c’era un incredibile sintonia, erano venuti insieme; che la loro unione non fosse soltanto professionale? E un pensiero fugace lo colse e sperò con tutto se stesso che non fosse vero. Scosse la testa cercando di cacciar via quel pensiero, ma il suo sospetto non si affievolì. Parlò nuovamente: “ Io trovo molto interessante la vostra proposta, ma vorrei sapere prima dettagliatamente di cosa parla il film”.
“Mi sembra giusto, io e Patrick ne abbia discusso e credo che la soluzione migliore sia che legga la sceneggiatura integralmente e poi deciderà. Solo, pur essendo sicuri della sua professionalità, siamo costretti a farle firmare un accordo di segretezza; è una procedura che abbiamo utilizzato anche con gli attori che abbiamo contattato” disse Kevin Nibov.
“Va bene, quando potrò avere la sceneggiatura?”.
“Anche subito. Ecco un cd su cui c’è tutto.” disse James tirando fuori il piccolo disco.
Mika vide Violet sussurrargli qualcosa nell’orecchio, lui sorrise e fece finta di niente. Poi lei si alzò dicendo: “Scusate devo fare una telefonata”. Kevin lanciò uno sguardo di intesa ai presenti e sarcasticamente disse: “E tu James, non vai a fare una telefonata?”. Allora Mika cogliendo la palla al balzo chiese con tono non curante: “Ah ma allora state insieme?”.
“No, no e ancora no: non stiamo insieme. Siamo amici, lei è una bravissima ragazza, ma io non sono innamorato di lei e lei non lo è di me. È inutile che tutti cerchino di vedere oltre, perché questa è semplicemente la realtà”. Ma Kevin non ne era convinto. “Andiamo, vuoi forse dirmi che non c’è mai stato niente fra di voi? Tra l’altro non ho mai capito bene come vi siete conosciuti; io e Patrick sappiamo solo che prima di lei non avevi una storia, neanche uno straccio di idea ed adesso stanno per partire le riprese. Ammettilo: lei è la tua musa inspiratrice.”. James sorrise amaramente: nemmeno una sillaba del suo discorso era vera; quell’uomo era insopportabile, soprattutto in quel momento. Sicuramente se Violet non fosse arrivata in quel preciso momento, non sarebbe servito più il lavoro di Mika perché le parole che James stava per pronunciare lo avrebbero fatto sicuramente licenziare e sostituito da qualcun altro.
“Io non credo di essere mai stata una musa e sinceramente non ci tengo particolarmente ad esserlo. Ho conosciuto James alla Columbia University a New York; eravamo nello stesso corso. Ma non eravamo in rapporti molto stretti. Qualche tempo dopo è uscito il mio primo libro e lui mi ha chiamato per congratularsi e per chiedermi se mi andava di scrivere un film insieme. Così tutto è nato e siamo diventato grandi amici”. Disse Violet, dopo essersi seduta.
“Ottimi amici” aggiunse James rasserenatosi.
“Se lo dite voi” dichiarò Kevin. Così si chiuse il discorso.
 Mika tirò un sospirò di sollievo, poi si stupì di quello che aveva fatto. Quella ragazza lo incuriosiva troppo: come era vestita, come parlava, i suoi capelli. Ma mai avrebbe azzardato qualcosa: troppe volte si era esposto con le persone e sempre era stato ferito, abbandonato e preferito a qualcuno di più normale e meno celebre. Non aveva mai pianto, ma aveva sofferto. Aveva trovato un comodo rifugio tra le sue creazioni, così anticonformiste da sembrare reali. Le sue Lollipop girls non lo avrebbero mai abbandonato. Aveva semplicemente rinunciato a cercare qualcuno pronto ad accettare di vivere una relazione segreta. Per questo Violet sarebbe stata semplicemente una collaboratrice, niente di più.  Prima di congedarsi stabilirono gli ultimi dettagli: il cantante avrebbe letto il testo e poi avrebbe deciso; la canzone sarebbe dovuta essere lanciata un paio di settimane prima dell’uscita nelle sale del film, data ancora da stabilirsi. Si salutarono tutti con una stretta di mano. I due produttori presero un taxi, così come Mika e Jimmy;  Violet e James montarono sulla moto e furono presto inghiottiti dalla folla.
Quando arrivò a casa, il libanese disfece la valigia e la riempì di abiti puliti, poi prese uno zaino e ci ficcò qualcosa per il viaggio in aereo: la sceneggiatura  appena stampata, il suo i-pod.Si sedette: aveva pochi minuti e poi suo fratello Fortunè lo avrebbe accompagnato alla stazione. Uscì di casa lasciando un biglietto sullo zerbino della sua vicina, senza prestare nemmeno attenzione al nome sul citofono.
Il suono dell’altoparlante giungeva ovattato attraverso le sue cuffie. Ma lui non prestava attenzione nemmeno alla canzone che stava ascoltando, cercava tra gli scaffali un libro, quello di Violet. Poi i suoi occhi furono colpiti da una copertina bianca: lo aveva trovato.
Rientrando a casa, Violet trovò una sorpresa ad aspettarla: un piccolo biglietto. Lo aprì: lettere incerte erano scritte su un foglio di carta pregiata, sembrava la pagina di un taccuino moleskine. Le piaceva quella grafia così minuta, rannicchiata in sé, sospesa tra quelle righe, su di un lato c’era una piccola sbavatura: il biglietto doveva essere stato scritto in fretta.
“Sono il suo nuovo vicino, mi dispiace non salutarla di persona: sono appena tornato e questa sera parto nuovamente per la Germania. Non si preoccupi: non sono né un agente dei servizi segreti né un terrorista. Viaggio solo spesso. Per quanto riguarda lo scantinato può prendere tutto lo spazio disponibile. A presto, Michael”. Che strano: si era firmato solo con il cognome. Uscì: voleva vedere se fosse ancora in casa. Suonò tre volte: niente. Tornò in casa rigirandosi tra le mani il biglietto. Si sedette sul divano. Accese la televisione. MTV stava mandando in onda alcuni videoclip. Il telefono squillò.
“Grazie per oggi”. Era James.
“Oh di niente. Grazie a te”. Mise la tv sul muto.
“Per cosa? Quello stava mettendo in discussione la mia opinione su di te come se l’amore mi accecasse e io non fossi in grado di pensare lucidamente.”
“Perché so che mi avresti difesa a costo di farti sostituire come regista”.
“Te lo saresti meritato. Avrei detto solo la verità”.
“E qual è?”.
“Che tu sei davvero la migliore e lo sappiamo entrambi che la maggior parte è opera tua. Non puoi negarlo. Inoltre avrei aggiunto che io sono onorato di esserti amico e che...prometti di non sentirti offesa?”.
“Prometto”.
“Che mai, nemmeno quando ci siamo conosciuti, volevo portarti a letto. Con questo non voglio dire che tu non sia attraente, solo che io ti ho sempre vista come una sorella”.
“Lo stesso è per me. Sei un bravo fratello. E comunque lo sappiamo entrambi che sei innamorato di un’altra con cui hai presentato la serata degli Oscar”.
“Io ed Anne siamo soltanto amici”. Perché continuava a negare?.
“Come lo siamo io e te?”.
“Si vede tanto?”.
“No, ma io ti conosco come le mie tasche, mio caro Mr. Franco”. Sorrise.
“Secondo te Mika accetterà?”.
“Io spero di sì, mi sembrava interessato”.
“Cosa ne pensi di lui?”.
“Che è diverso da come lo immaginavo: è più uomo, non sembra gay”.
“Sai come l’ho conosciuto?”.
“No, prima di oggi non sapevo nemmeno che lo conoscessi”.
“Ero ad una festa a casa di un comune amico. Mentre cercavo il bagno sono entrato in una camera da letto e lì lo trovo con una bionda bellissima; e non erano molto vestiti. Il giorno dopo l’ho incontrato in un bar, gli ho offerto un caffè ed abbiamo parlato un po’. Io già avevo in mente di fare un film e lui mi ha detto che sarebbe stato molto felice di poter scrivere una canzone. Per questo l’ho contattato.”
L’attenzione di Violet si spostò sul televisore: c’era Mika che ballava in mutande nella sua camera da letto. Era il video di “We are golden”, sorrise tra sé. Salutò James e mise l’audio alla televisione. L’aria fu invasa da un’ondata di allegria. Il video finì.

Berlino.Il sole filtrava attraverso le tende. Due amanti giacevano addormentati tra le fresche coperte bianche, l’uno tra le braccia dell’altro. Si erano amati tutta la notte. Si conoscevano a malapena.
I morbidi ricci rossi della ragazza si erano posati sul petto dell’uomo. Non c’era visione più beata.
Sembravano felici, lo erano. Mika si svegliò, si guardò intorno. Incomincio a baciare la schiena della rossa.
“Dovresti svegliarti anche tu, non è giusto. È tardi”. Un bacio,due baci, tre baci. Violet aprì gli occhi e li puntò dritto nei suoi. Lo baciò e disse: “Non ho mai fatto una pazzia del genere in vita mia”.
“Cioè tu di solito non seduci poveri uomini indifesi spuntando all’improvviso nella hall dell’albergo dove essi alloggiano dopo che hanno pranzato quello stesso giorno in un’altra città?”.
“Non direi proprio, ma quando ci siamo lasciati mi è venuta l’irresistibile voglia di rincontrarti e vedo che tu eri della mia stessa opinione!”. Mika la baciò di nuovo, poi scese verso il colle e le sussurrò: “Come hai fatto a trovarmi?”. Violet tra un sospiro e l’altro disse: “Internet fa miracoli”.

Mika si svegliò di soprassalto. Si trovava sull’aereo diretto a Berlino.

Violet si svegliò di soprassalto. Si trovava nel suo appartamento a Londra.

Non ricordavano bene: immagini indistinte si susseguivano. Ma entrambi seppur a molti kilometri di distanza pensarono la stessa cosa.

“Che sogno assurdo! Ma chi era quella che baciavo?”. 

“Che sogno assurdo! Ma chi era quello che baciavo?”.

Entrambi voltarono la testa dall’altra parte: non c’era nessuno al loro fianco.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Allora prima del capitolo vorrei dire alcune cose: mi scuso del ritardo con cui ho aggiornato; non ho la minima idea di come si scriva una scenggiatura, quindi non so se ho scritto in modo errato o meno; per aggiornare il più in fretta possibile non ho nemmeno riletto le mie parole; mi scuso in anticipo per evantuali errori di battitura. Dopo la lettura del capitole, mi piacerebbe che ognuna di voi mi scriva la trama del film secondo la propria opinione. penso sia tutto. buona lettura!
P.S. il capitolo è più breve degli altri, ma è fondamentale per gli sviluppi della vicenda.


 Capitolo terzo


Berlino era fredda. Berlino era immensa, Berlino era imponente. Berlino era una pista d’atterraggio. Berlino era un giro in taxi. Berlino era un concerto in uno stadio gigantesco. Berlino era il boato della folla alla sua entrata. Berlino era vibrante tra le sue note acute. Berlino era notte con stelle. Berlino era l’alba sulle sue lenzuola intatte. Berlino era il suo viso bianco e stanco. Berlino era una pila di parole stampate su carta e rilegate con cura dalle sue mani. Berlino era svegliarsi nel sole. Berlino era una città come tante: strade, case, automobili. Berlino era tutto. Berlino era niente.
Berlino non era Londra.
Appena vide la nebbia dal suo finestrino Mika si sentì a casa. Il suo tour non era finito, ma aveva qualche settimana di riposo. Nessuna intervista, nessun set fotografico. Quei giorni sarebbero stati dedicati alla lettura; davvero molto strano per lui. Infatti non toccava libri da mesi ormai. Sua madre si era preoccupata: un tempo la sua dislessia lo aveva portato anche a non saper più leggere e scrivere. Non era accaduto niente di tutto ciò. Soltanto nessun autore, nessun romanzo  era riuscito a rapirlo per portarlo in un mondo diverso dal suo. Non aveva ancora letto nemmeno una sillaba della sceneggiatura.
Ed adesso seduto sulla sua poltrona scrutava con curiosità quei fogli. Riusciva a scorgere sulla prima pagina un titolo: “The Intellectuals”. Prese il manoscritto, lo guardò con circospezione.
“In questo momento preferirei un bel giro nella fabbrica di Willy Wonka” disse  a quelle lettere.
Ecco adesso parlava anche con gli oggetti. Fin dove si sarebbero spinte le sue stranezze?
Lo riposò. Poi lo riprese. Lo sfogliò lanciando uno sguardo di sfida ad ogni parola. Avrebbe vinto lui, avrebbe letto tutta la sceneggiature e poi avrebbe deciso se accettare o meno. In qualsiasi caso avrebbe rivisto Violet.
“Scena n°1- Interno di una classe di liceo. Compito in classe di matematica. Un ragazzo, Tom Lent, scrive tranquillamente sul suo foglio. Dietro di lui c’è Rufus.
Rufus (bisbigliando)- Lent: passami il compito!
Tom(bisbigliando anch’egli)- Dimmi: cosa hai fatto ieri pomeriggio?
Rufus-Sono uscito con i miei amici
Tom-Io ho studiato matematica. Ognuno si sceglie il proprio destino
Rufus(guardandolo adirato)-Tu hai appena scelto il tuo”.
 
La pioggia cadeva copiosa. Si infrangeva sui vetri, ormai appannati. Le auto sfrecciavano. I passanti cercavano di ripararsi. Ma quelle pesanti nuvole nere non avevano l’intenzione di abbandonare tanto facilmente  la capitale inglese.  Un lampo illuminò per un attimo sulla vetrina di uno Starbucks il profilo di Violet.  Stava scrivendo al computer, batteva freneticamente sui tasti presa dalla smania di finire.
Il cielo tuonò, lei sobbalzò. Guardò fuori ed una figura colorata attirò la sua attenzione. Mika camminava a pochi passi dal vetro con un ombrello giallo e bianco tra le mani. Violet come presa da una scossa elettrica cercò di attirare la sua attenzione bussando sul vetro. Il ragazzo sentì un leggero rumore, si girò e la vide. Era bellissima: indossava un paio di jeans scuri e sopra aveva un enorme maglione di cachemire verde scuro che faceva risaltare i suoi lunghi capelli rossi che morbidi scendevano sulle spalle e si disperdevano sulla schiena. Rosso e verde. Per Mika era arrivato il natale. Batté anch’egli le nocche, lei gli sorrise e lo invitò ad entrare.
“In una città così grande le probabilità di incontrarsi sono davvero basse” le disse lo spilungone dopo essersi seduto di fronte a lei.
“Io sono sempre stata l’eccezione che conferma la regola”.
“Oh quindi questo incontro fortuito tra due eccezioni era predestinato. Le posso offrire qualcosa?”.
“Accetto molto volentieri. Un caffè macchiato al caramello”.
“Arriverà presto” e poi si alzò. Tornò dopo pochi minuti con un vassoio pieno di muffin e biscotti; al centro due tazze fumanti.
“Eri indeciso?” gli chiese trattenendo una risata.
“Solo leggermente”. Rise, Violet lo seguì poco dopo. La gente li guardava tra il divertito e l’irritato.
“Ma prego, serviti pure; qui c’è il tuo caffè” disse il ragazzo con la voce impastata ancora dalle risate.
Bevve un lungo sorso del suo thè ai mirtilli e poi addentò con gusto un muffin al cioccolato.
“Non sembri un tipo che mangia molto”.
“Merito dei miei geni. Probabilmente senza di essi sarei ancora l’adolescente cicciottello che ero”.
“So bene di cosa parli: quando avevo 13 anni mi chiamavano balenottera del nord” disse amaramente.
Mika fu colpito dai suoi occhi: erano davvero molto tristi; riconobbe in Violet la stessa sofferenza che aveva provato lui e che nessuno, nemmeno sua madre, aveva mai compreso a fondo. E per un istante si sentì meno solo. La ragazza sorseggiò ancora il suo caffè pensierosa.
“Non ho mai provato in vita mia il caffè con il caramello”.
“Dovresti davvero. È il mio preferito”. Gli porse la tazza ed il cantante ne bevve un sorso. Mentre assaporava quella dolcezza un pensiero lo colpì: in quello stesso punto poco prima c’erano le labbra della donna. Istintivamente arrossì e si giustificò dicendole quanto fosse caldo.
“Dove stavi andando?” gli chiese poco dopo curiosa Violet.
“A casa. Ho appena avuto un incontro con i miei discografici per discutere della possibilità di scrivere una canzone per il film. Loro vorrebbero che io facessi coincidere il lancio del singolo con un disco”.
“Quindi pensi di accettare”.
“Ho già accentato, Jerry si è già messo in contatto con i produttori”.
“Ti è piaciuta la sceneggiatura?”.
“Una storia davvero anti-conformista. Sei riuscita a far vedere sotto una luce diversa gli emarginati senza far perdere loro la loro vera natura. Alcuni dialoghi sono davvero geniali! Sai scrivere davvero in modo eccezionale. Ho comprato anche il tuo ultimo romanzo, ma devo ammetterlo: non sono arrivato nemmeno alla metà”.  Violet era sorpresa: aveva comprato il suo libro.
“Viva la sincerità e sulla sceneggiatura non hai nessuno domanda da farmi, nessun appunto o commento”.
E Mika fu colto da un’idea. “A pensarci bene: potrei scrivere più di una canzone?”.
“Il testo ti ha così ispirato?”.
“Tu non hai idea quanto, pensavo di poter scriverne tre; tre come i filoni centrali del film, gli argomenti principali”.
“Mi piace molto come idea; tienimi informata. Per qualsiasi cosa ti lascio la mia e-mail così nel caso avessi qualche dubbio puoi contattarmi. Io adesso scappo: domani ho un aereo per New York.” Gli lasciò un foglietto, lui si alzò insieme a lei ed uscirono insieme. Si salutarono con una stretta di mano.
Violet si incamminò verso Portbello Road.
Michael per tutto il tragitto si maledì per non averla salutata con un bacio sulla guancia, tra le labbra ancora l’aroma del caramello.
 
 
 
 
  

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


allora ecco il quarto capitolo! non ho molto da dire, spero solo di non aver reso Mika un po'n troppo riflessivo. Buona lettura.

Per Maricuz_M: mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto! anche io ho riso scrivendo quella parte. ti ringrazio davvero tanto che tu recensisca ogni capitolo.


Capitolo quarto

Da due giorni Mika viveva nel dubbio: scrivere o meno a Violet. Guardava lo schermo del suo pc in cerca di una qualsiasi risposta. Ma gli oggetti non parlano, purtroppo. “Cosa fare?” pensava in continuazione da un paio di giorni. Ovvero da quando aveva finito il libro di Violet. Voleva scriverle un  migliaio di cose: quanto gli fosse piaciuto ogni singolo capitolo, quanto avesse amato la protagonista, così vera nel suo sbagliare; voleva sapere come le fosse venuta in mente un’idea simile. Ma lei cosa avrebbe pensato? Si ricordava ancora di lui? Oppure per lei era soltanto uno conosciuto per lavoro? E se fosse stato davvero così, sicuramente lo avrebbe liquidato in poche righe ed avrebbe fatto la figura del cretino. Avrebbe perso tutto; ma adesso cosa aveva? Soltanto un indirizzo e-mail scritto su di un foglietto. Mika era così preso dai dubbi che non riusciva a vedere la verità che era davanti ai propri occhi: Violet voleva rimanere in contatto con lui, altrimenti perché mai gli avrebbe lasciato la sua e-mail? Ma il secco non ne era lontanamente vicino.
Lanciò un ultimo sguardo allo schermo illuminato: un uomo con la barba di alcuni giorni lo fissava incredulo.
Incredibile che fosse lui. Andò nell’altra stanza. Si sedette al piano ed iniziò a suonare. Le sue dita scivolavano sui tasti bianchi sfiorandoli appena. La musica era sempre stata la sua valvola di sfogo, una confidente che non aveva mai giudicato i suoi pensieri. Respirò a pieni polmoni quelle note che stavano nascendo in quel momento. Voleva scrivere una canzone, doveva farlo. Chiuse gli occhi, ripensò alle due settimane appena trascorse, a Violet, al film. Sospirò: troppi pensieri vagavano nella sua mente. Si guardò allo specchio: con quell’accenno di barba, la felpa enorme e gli occhiali da vista sembrava un nerd un po’ troppo cresciuto, quello che sarebbe diventato suo fratello Fortunè tra qualche anno. Sorrise a questo pensiero. Meglio: nessuno lo avrebbe riconosciuto per strada. Prese le chiavi e chiuse la porta dietro di sé.
Si incamminò per le affollate strade di Londra. Quella città come tutte la grandi metropoli era un universo a sé, un mix tra modernità e tradizione. Lì nessuno ti avrebbe mai giudicato, potevi essere quello che volevi, indossare le cose più bizzarre. Era tutto normale. Camminava sicuro, sapeva dove andare. Kensington Gardens era il suo posto preferito  da quando vi aveva messo piede tanti anni prima. Si sedette su una panchina vicino al “Round Pound”. Osservava l’acqua che placida si distendeva sotto quei pochi raggi di sole. Chiuse gli occhi cercando di eliminare la donna dai suoi pensieri. Dopo pochi minuti gli venne in mente un modo per riuscire nell’impresa. L’aria a casa sua era irrespirabile, tutti quei pensieri avevano reso l’atmosfera buia e lui aveva bisogno dei colori per scrivere. Entrò in un negozio, comprò dei pennarelli, delle nuove tempere e dei fogli da disegno. Tutto il suo vecchio materiale era depositato nella soffitta della casa di sua madre e non aveva voglia di subire un interrogatorio sul perché volesse ritornare a disegnare; inoltre voleva farlo da solo, senza l’aiuto di nessuna delle sue sorelle. Tornò a casa. Staccò tutti i telefoni, spense il computer. Salì al secondo piano ed entrò nell’ultima stanza. Non c’era molto: una semplice scrivania, delle stampe alla parete, una grossa poltrona vicino la finestra. Chiuse la porta dietro di sé, la busta con tutto l’occorrente nella mano destra, nella sinistra la sceneggiatura. Sparse i colori sul pavimento, posò i fogli bianchi sulla scrivania. Si sedette sulla poltrona con la sceneggiatura ed iniziò a rileggere ogni parola.
 
"The intellectuals" é la storia di un gruppo di disadattati. Tutto inizia con Tom Lent, che dopo aver negato a Rufus, uno dei ragazzi più popolari del liceo, il compito di matematica viene picchiato nei bagni della scuola. A trovarlo è una ragazza che si è appena trasferita. Il suo nome è Nem. A scuola desta molta curiosità' perché si comporta fuori dagli schemi; tutti le vogliono essere amici. La ragazza suggerisce a Tom di reagire. Infatti secondo lei molte persone nascondono i propri pensieri per paura. E Tom è colui che può dar loro voce. Così i due creano un canale video su You Tube chiamandolo "The Intellectuals". Nel primo video Tom invita tutti quelli che lo desiderano a parlare liberamente. In poco tempo la voce prende piede ed alcuni decidono di partecipare caricando nuovi video. Cosi si aggiungono a Tom e a Nem Blue, Roy, Jaime e Mel. Blue suona il piano, ha un grande talento musicale. Roy, come Nem, ha una forte passione per le lingue classiche. I due iniziano a mandarsi messaggi in codice utilizzando l'alfabeto greco, ma nessuno lo sa. Jaime è una ragazza che ama lo skate, il calcio e la corsa. Nei suoi video attacca sopratutto le cheerleder che credono che per essere donne bisogna sculettare continuamente.  Mel ha subito un forte calo di popolarità dopo che è rimasta incinta e ha dato il suo bambino in adozione. Riesce a trovare un ottimo amico in Tom che la difende dagli attacchi di tutti. Le cose sembrano andare bene: i ragazzi diventano grandi amici, escono insieme, vanno al cinema, si divertono da matti. La maggior parte dei liceali continua a ignorarli, ma loro insieme sono forti e fieri di essere ciò che sono. Non si nascondono più. In particolare Nem punta tutto sulle sue particolarità, ormai consapevole che la vera forza sta nell'essere se stessi. Ad un tratto il capo cheerleader Brittany, vittima dell'ultimo video di Jaime, inizia prende di mira la ragazza e la insulta davanti a tutta la scuola. Interviene in suo aiuto Nem che la ridicolizza. Questa per vendicarsi va nella vecchia scuola della ragazza e scopre che un anno prima era stata allontanta perché aveva abbandonato l'aula nel mezzo di una lezione dopo che era stata chiamata dal professore "schizofrenica". Qualche giorno dopo la ragazza sparge la voce per tutta la scuola. Nem ignora tutto e continua fiera per la sua strada. Roy capisce che questo sarà solo il primo episodio di una lunga serie; inizia a pensare di lasciare il gruppo, ma non dice nienta a Nem.
Roy aveva previsto bene: nelle settimane successive gli episodi si moltiplicano fino a quando non viene dichiarata pubblicamente l'omosessualità di Blue. I ragazzi cercano di resistere, ma tutta questa pressione finisce col dividerli. Una sera un gruppo di giocatori di football ubriachi sorprende Blue da solo e lo picchia a sangue; infine lo lasciano sulla strada, dove lo trovano Nem e Roy. Dopa averlo portato in ospedale i due hanno una forte discussione alla cui fine Roy le dice che abbandona il gruppo. Dopo questo episodio i ragazzi si riavvicinano trovando l’uno nell’altro la forza di affrontare le difficoltà. Il film si conclude con Roy che si fidanza con Brittany e "The Intelectuals" che continuano per la loro strada fieri di essere ciò che sono.
 
Appena Mika ebbe finito di rileggere il testo, prese i fogli, i colori e cominciò a disegnare Nem, Blue e Roy, i protagonisti delle sue future canzoni; o almeno così sperava.
Immaginò Nem con gli occhi grigi, lo sguardo triste come quello che aveva avuto Violet per un attimo soltanto qualche giorno prima in caffetteria. Ecco che i suoi pensieri erano tornati nuovamente alla  scrittrice. Come aveva pensato di poter dimenticarla mentre lavorava circondato dalle sue parole? Mai nella sua vita era stato tanto incuriosito da una persona, in particolar  modo da una ragazza. Per lui era un mistero, voleva conoscerla, parlarle, discutere con lei di tutto, dalla musica all’arte. Ma allo stesso tempo aveva una dannata paura: e se lei si fosse rivelata stupida e superficiale? O soprattutto lei provava le stesse cose? La stessa curiosità? O era indifferente?
E come quasi sempre la paura superava di gran lunga la curiosità. Era la solita classica storia: se si stava bene perché rischiare così ? Ma lui stava davvero bene; o forse era così abituato a fingere che la sua vita fosse perfetta così da non capire più se avesse bisogno di qualcos’altro.
La verità è che nella sua vita si era sempre sentito solo ed incompreso; e non aveva mai trovato qualcuno che provasse le sue stesse sensazioni fino a pochi giorni; quando aveva visto negli occhi di Violet la stessa solitudine che lo circondava dall’adolescenza, da quando aveva lasciato Parigi. Ma quell’incontro era stato così fugace che il cantante aveva avuto l’impressione che fosse stato soltanto un sogno. Ma quel biglietto era lì, l’unica prova di quell’incontro.
Posò il pennarello frustrato. Aprì la porta, uscì di corsa. Aveva finalmente trovato una soluzione: doveva rischiare, altrimenti avrebbe vissuto sempre con una domanda: “cosa sarebbe successo se…?”. Basta dubbi, ora era il tempo dell’azione. E se le cose non fossero andate, avrebbe avuto del materiale in più per le sue canzoni.
Prese il pc, il foglietto e si sedette. Lo accese. Iniziò a scrivere lentamente: dopotutto non era mai stato bravo con le lettere. Prima di spedire il messaggio tirò un sospiro: il momento decisivo era arrivato. O dentro o fuori. E lui non si arrese.
 
Odiava New York. Non per lo smog, il traffico, gli scarafaggi; ma per Jonathan.
La prima volta che era arrivata nella grande mela aveva 19 anni. Doveva frequentare un corso allo Columbia University. Lì le avevano dato l’opportunità di lavorare al New York Times durante l’estate. Un giorno era arrivato Jonathan, il suo capo redazione. Lei se ne era improvvisamente innamorata; avevano avuto una storia che era durata per circa tre anni fino a quando lui non aveva annunciato il fidanzamento con un’altra redattrice del Times. Violet era fuggita via rinunciando anche ad un’offerta di lavoro per lo stesso giornale. Voleva dimenticare l’umiliazione di essere stata trattata come una puttana. Da quel momento aveva deciso che nessun uomo l’avrebbe fatta soffrire in questo modo e che mai sarebbe ritornata sui propri passi. Alcuni anni erano trascorsi, lei aveva scritto il suo primo romanzo, poi ne aveva pubblicato un altro, aveva scritto un film ed aveva anche incontrato una pop star internazionale. Non era mai più tornata a New York fino a quel momento. Il Times le aveva offerto un rubrica mensile; avrebbe scritto a Londra e avrebbe mandato tutto via e-mail. Doveva solo incontrare la redazione per una riunione di un paio di ore. Il tanto atteso e temuto incontro con Jonathan era stato breve, ma doloroso. Lui aveva cercato di scusarsi, lei non lo aveva minimamente ascoltato. Dalle voci di corridoio aveva saputo che il suo matrimonio e la sua carriera erano in una profonda crisi. E pur essendo una brava persona, aveva provato un leggero piacere. Il giorno dopo mentre faceva un po’ di spese aveva ricevuto un’e-mail da Mika. Sorrise raggiante leggendo le sue parole.
“Ciao Violet,
come va nella grande mela? Quando tornerai? Io ho finito il tuo libro e mi piacerebbe parlarne con te. È fantastico! Ho iniziato anche a scrivere le canzoni per il film. Appena saranno pronte sarai la prima ad ascoltarle.
Beh questo è tutto. Spero di aver presto una tua risposta.
Mika”.
 
Erano trascorsi appena pochi minuti. Mika era andato in cucina a bere. Era davvero tardi.
Tornò in salotto. Il suo schermo lampeggiava. Aprì l’e-mail: era di Violet.
Dopo aver letto iniziò a saltare per la stanza chiedendosi perché avesse aspettato tanto e maledicendosi per la sua stupidità.
 
“Ciao Mika,
sarò breve: ti va di andare ad una festa?
È venerdì prossimo al Theatre. Io ti metto in lista. Ci sarà la maggior parte del cast, così potrai conoscerli.
A venerdì, spero.
Violet
 P.S.Per quanto riguarda il libro, possiamo incontrarci la settimana prossima, ma non prima di venerdì.”
Mika le rispose.
 
“Si”.
  

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


Allora prima di iniziare vorrei dirvi solo una cosa: è una capitolo lunghetto, ma serve. inoltre io non sono una che ama le storie brevi. Buona lettura

Capitolo quinto

Uno, due, tre. Violet correva veloce tra i viali di Hyde Park. Era la mattinata ideale per correre: faceva freddo, pioveva ed era molto presto. Non c'era nessuno, solo qualche altro pazzo come lei.  Ne aveva bisogno: così scaricava lo stress. Ed in quei giorni era davvero nervosa. Tutti pensavano fosse per via del film: infatti la settimana prossima sarebbe partita con tutta la troupe per i primi ciak. Ma James non si era fatto ingannare dalle apparenze: sapeva che non poteva essere soltanto il film a preoccuparla. James sapeva che due uomini occupavano la mente della sua amica: Jonathan e Mika. Odiava Jonathan perché era un arrivista: si era servito di Violet per puro piacere, aveva sposato Barbara quando stava diventando una delle giornaliste televisive più importanti del paese; adesso che la donna stava divorziando da lui, voleva ritornare da Violet che era una stella in ascesa nel campo letterario. Dopo quell'incontro Violet era rimasta turbata e gli  aveva telefonato. La comunicazione era stata breve, ma era riuscito almeno in parte a calmarla. James ricordava ancora quando l'aveva chiamata per congratularsi per il suo libro e le aveva chiesto di Jonathan. Lei era scoppiata a piangere dicendogli che si era sposato l’anno precedente con Barbara, una sua collega. Com'era stato possibile? Tutti sapevano di Violet e Jonathan; anche lui che a quell'epoca non aveva stretti contatti con lei. L'aveva consolata e invitata a bere qualcosa. Si erano ubriacati. Nessuno tranne James sapeva quanto Violet avesse sofferto; era il loro piccolo segreto che li rendeva così uniti.  
Sul secondo l'attore era contento: lei aveva diritto alla felicità.  Gli aveva detto che si erano incontrati per caso e lei gli aveva dato la sua e-mail. Questo era molto strano: gli aveva dato il suo indirizzo personale e non quello che usava per lavorare. Inoltre James aveva risentito Violet poche ore dopo quella chiamata e lei era felice. Esprimeva allegria da ogni sua parola.
“Perché sei così allegra?” le aveva chiesto.
“La vita è bella, mio caro James. Non voglio sprecare altro tempo per  uno che adesso si interessa di nuova a me solo perché è in declino”.
“Che cosa ti ha fatto capire tutto questo?”.
“Niente, ho solo capito che in tutto questo tempo ho soltanto scritto e non ho molto vissuto”. Le sue parole non lo convincevano, doveva scavare ancora più a fondo.
“Chi hai sentito?”.
“Non ho sentito nessuno”. Era brava a sviare le domande. Poi gli si accese una lampadina.
“Mika ti ha scritto”. Silenzio.“Sono contento per te”.
“Mi ha fatto solo i complimenti per il nuovo libro. Sta scrivendo delle canzoni per il film. Quando saranno pronte me le farà sentire. Siamo solo due persone che lavorano allo stesso progetto. Credimi: è così”.
“Io ti credo. Ma scommetto che hai risposto subito”.
“Perché mi conosci così bene?”.
“E tu perché mi conosci così bene?”. Sorrise poi come se gli avesse chiesto qualcosa le disse: “Violet non cercare di analizzare tutto quello che è intorno ha te. Agisci, potrà andare bene, potrà andare male. Ma almeno ci avrai provato. E se lui ti farà soffrire, ci penserò io. Sarò più basso, ma lui è una mazza di scopa!”. Violet iniziò a ridere.
“Grazie”.
“Sono qui per questo”. Attaccò.
Eh si Violet era nervosa: odiava Jonathan, era preoccupata per questo suo nuovo interesse nei suoi confronti. Sapeva benissimo la ragione di tutto questo e non si sarebbe fatta abbindolare nuovamente. Ma l’uomo era una mina vagante: conosceva le sue debolezze e le avrebbe potuto sfruttare in suo vantaggio. Qualsiasi dichiarazione compromettente, qualsiasi sua foto con lui avrebbe significato una sola cosa: per lei un arresto alla sua brillante carriera, per lui una nuova popolarità che sicuramente lo avrebbe portato in televisione.
Poi c’era Mika. Diamine non sapeva proprio cosa pensare su quell’uomo, sapeva soltanto che la confondeva e la incuriosiva terribilmente. In alcune cose le sembrava che fossero così simili, mentre in altre erano diametralmente opposti. Si era sentita incredibilmente felice quando lui le aveva detto che aveva amato la sceneggiatura ed il libro. Addirittura ne voleva discutere!
E se lui aveva cercato di conoscerla attraverso le sue opere, neanche lei era stata da meno. Conosceva già la maggior parte delle sue canzoni, ma ne aveva scoperte altre che le avevano dato mille spunti per la sua nuova storia. Era rimasta sorpresa da quanti temi avesse affrontato nelle sue canzoni, temi così diversi. Le sembrava che avesse un’idea geniale per ogni ricciolo che aveva in testa! Ma c’era una vocina fastidiosa nella sua testa che continuava a sussurrarle che era tutto un sogno, l’illusione di una ragazzina alla sua prima cotta. Stava costruendo castelli in aria in cui amava rifugiarsi quando voleva. La vocina le diceva che presto tutto sarebbe finito. Lui era un cantante famoso, pieno di impegni; poteva avere nel suo letto chiunque volesse, e sicuramente più bella di lei.
Era nervosa dannatamente nervosa. Non sapeva cosa fare, sentiva che la cosa le stava sfuggendo di mano e lei non voleva mai perdere il controllo su qualcosa. Anche se non voleva, anche se James l’aveva incoraggiata a seguire il suo istinto, lei in qualche momento di lucidità dava ragione a quella vocina. Però lui aveva accettato subito; non era un buon segno?
Ad un tratto pensò a quella sera quando ci sarebbe stato il ballo. Si immaginò lei nel suo vestito e lui con il suo completo nero che la invitava a ballare. Anche se a giudicare dai video che aveva visto in rete lo spilungone non sembrava un ballerino provetto, o almeno non di lenti.
Si fermò un attimo. Era stanca: correva ininterrottamente da almeno un’ora. Si piegò sulle ginocchia e all’improvviso un cane sbucato dal nulla iniziò a leccare i suoi polpacci. Per la sorpresa e per il solletico provocato da questo gesto la ragazza perse l’equilibrio e cadde sull’erba. Poi vide una figura altissima e magra correrle incontro. E poi buio.
 
 
Quella mattina era perfetta per restare nel letto ed ignorare il mondo. La luce filtrava dalle finestre. Mika si girò dall’altro lato e mise la testa sotto il cuscino. Aveva dormito beatamente tutta la notte e non voleva smettere proprio adesso. Era sereno, rilassato. Pur essendo trascorsi soltanto alcuni giorni dai suoi mille dubbi era estremamente tranquillo. Quando aveva ricevuto la risposta di Violet un grosso macigno era scomparso dal suo petto. Aveva azzardato ed aveva vinto.
E quella mattina voleva godersi al massimo quella serenità perché non sapeva con quale umore la  mattina seguente si sarebbe alzato; per un istante pensò che forse non sarebbe stato solo.
No, non sarebbe mai successo tutto così in fretta: lui era molto attratto da lei, ma voleva prima conoscerla; altrimenti avrebbero rovinato tutto. E questa era l’ultima cosa che voleva.
Stava per ritornare nel mondo dei sogni quando una sensazione di umido lo colpì al piede destro. Qualcuno lo stava leccando e di sicuro non era un essere umano o suo fratello Fortunè. Alzò il busto e girò la testa molto lentamente. Un urlo si propagò per la casa.
“Che schifo Melachi!”. L’animale lo guardava con uno sguardo tenero.
Il cantante sapeva perché lo avesse svegliato: voleva uscire. Sorrise.
“Hai vinto tu:  Hyde Park?”. Il cane abbaiò.
“Bene adesso parlo anche con gli animali”.
Mezz’ora dopo un Mika barcollante portava a spasso un Melachi contento. Lo spilungone destava sguardi curiosi ma allo stesso tempo preoccupati: indossava un paio di lenti scure, i capelli erano in disordine e sembrava sempre sull’orlo di cadere. Era ubriaco? No, semplicemente aveva un disperato bisogno di caffeina perché non era bastato il doppio caffè preso da Starbucks a svegliarlo completamente. Melachi però non voleva attendere il suo padrone; così preso dall’euforia di essere fuori iniziò a correre e in men che non si dica scappò via dal cantante. Quest’ultimo all’inizio non aveva fatto molta attenzione al gesto. Ma ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione: il suo cane che stava leccando un ragazza. Aveva i capelli rossi che erano stretti in una corda. Si tolse gli occhiali da sole. La ragazza cadde. Rimase pietrificato: era Violet. Corse verso di lei.
“Violet, Violet è tutto a posto?” chiese, la ragazza non rispose: aveva perso i sensi a causa della botta. Era preoccupato: non si era mai trovato in una situazione del genere.
Guardava la ragazza sperando che lei potesse dargli una mano. Le diede un paio di schiaffetti sul viso chiamandola ancora. La ragazza improvvisamente aprì gli occhi.
“Hey, sei rinvenuta finalmente” disse Mika davvero felice.
“Mika che ci fai qui?”. Era leggermente confusa.
“Il mio cane ti è saltato addosso. È una bestia.  Mi dispiace davvero tanto”.
Lei iniziò a ridere. Lui pensò che la botta doveva averle fatto davvero male.
“Una bestia?! Scusami, ma di solito il tuo cane come si comporta? Come un alieno?”.
“Beh in effetti non hai tutti i torti, quindi non sei arrabbiata con lui?” le chiese con gli occhi bassi.
“Né con lui né con il suo padrone. Comunque  questo è il nostro secondo incontro fortunato”.
“Ma la prossima volta non sarà un caso: mi hai invitato alla festa”.
“Bisogna pur dare una spinta al destino; non credi? E poi così avrai la possibilità di conoscere alcuni membri del cast”.
“Mi sembra perfetto!  A che ora passo a prenderti?”.
“Alle otto. Abito in una stradina laterale di Prince’s square. La mia casa si trova accanto a quello con il portone rosa. Non puoi sbagliarti”. Mika non riusciva a crederci: abitavano davvero così vicini?
“Allora ci vediamo alle otto. Io sarò quello accanto all’auto italiana”.
“Ferrari?” disse allontanandosi.
“No,  500”.
“Per fortuna: odio le auto sportive. Allora a stasera”.
“A stasera”.
Mika guardò Violet allontanarsi come già aveva fatto una volta, ma questa volta l’istinto vinse sulla ragione, sulle buone maniere e sul non apparire troppo coinvolto. Le corse dietro insieme a Melachi. Lei si girò.
“Vorrei assicurarmi che tu arrivi a casa sana e salva; dopotutto sei svenuta”. Si maledì per la scusa patetica.
“Mi piacerebbe molto la tua compagnia, così stasera non sbaglierai strada”.
Si incamminarono fuori da Hyde Park, lui, Violet e Melachi.
“Ci saranno molte persone stasera?” chiese il cantante.
“Penso di sì, anche se ne conosco in minima parte. Sai hai produttori piace organizzare questo tipo di feste in cui possono dare sfoggio del loro prossimo film che grazie a loro sarà sicuramente un successo”.
“E a te non piace che la tua arte venga utilizzata in questo modo. Ti sembra quasi di contaminarla, di tradire quelli che hanno sempre creduto in te cedendo alle lusinghe dello show business”. Non era una domanda. Violet fu sorpresa: era riuscito a capire davvero cosa c’era nelle sue parole. Mika continuò a parlare. “La vita è fatta di compromessi; se partecipi a queste stupide feste non stai svendendo le tue parole, non stai voltando le spalle a nessuno; sfrutti una possibilità.Io odio quando i discografici parlano solo di cifre, di costi e non di qualità”. Lo spilungone aveva paura di aver fatto un buco nell’acqua.
“Allora non sono la sola. Questo mi conforta un po’”.
“Dal primo momento in cui ti ho vista ho pensato che fossi controcorrente. Le tue storie me l’hanno confermato. Tu racconti la realtà, anche se brutta”.
“E tu non hai paura della realtà?”.
“Temo più la menzogna. Nel tuo ultimo libro la tua protagonista alla fine resta intrappolata nella rete di bugie che ha tessuto lei stessa. Eppure tu hai mostrato la realtà. Il mondo è pieno di ragazze come lei”.
Camminarono fianco a fianco per altri dieci minuti parlando di tutto quello che passava loro per la testa. Senza la paura di essere loro stessi.
Svoltarono a destra, poi a sinistra. Mika ebbe la netta sensazione di un de-jà vu.
“Tu abiti in questa strada?” chiese sorpreso.
“Si, laggiù accanto alla casa con il portone rosa. La conosci per caso?”.
“Si. Quella è casa mia”. Si fermarono all’istante e scoppiarono a ridere.
“Tu sei il mio vicino”.
“Tu sei la mia vicina. Ti va di entrare? Ti offro qualcosa da bere?”.
“Molto volentieri”.
E così Violet finalmente conobbe il suo vicino. Ed entrò nel suo mondo colorato.
 
  

@ Maricuz_M: mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto. avevo qualche dubbio su come rendere i pensieri di Mika; e questo è il modo più soddisfacente che io abbia trovato. Per quanto riguarda la trama del film quando ho iniziata a scriverla non sapevo nemmeno io come svilupparla. Nei prossimi capitoli citerò anche i vari attori che faranno parte del film. Per Jonathan: pagherà, ma non così in fretta. Prima porterà un po' di scompiglio. Fammi sapere cosa ne pensi anche di questo mio nuovo capitolo.

@DakotaLambertJonas: Alla fine, nonostante sia alle prese con la mia nuova passione per Glee ho aggiornatp entro la giornata. Non ho nient'altro da dirti: abbiamo parlato tanto oggi.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


Allora prima di lasciarvi volevo scusarmi per il mio immenso ritardo. Inoltre volevo spiegarvi perchè non sono passata direttamente alla festa ed ho scritto un altro capitolo. Non è per lasciarvi in sospeso, ma questo capitolo è importante, servirà sopratutto molto più avanti per capire alcune decisioni che il nostro Mika prenderà; inoltre introduce anche il passato di Violet, argomento di cui parlerò sempre più avanti. Vorrei dedicare questo capitolo a Patty( DakotaLambertJonas) perchè ogni giorno trovo sempre qualcosa in più che amo in te!

@Maricuz_M: mi fa piacere che ti sia piaciuto così tanto! non credo che ci sarà un rissa tra Jonathan e Mika, ma combinerà non pochi problemi; vedrai tra un paio di capitoli! In compenso già sto immagginando il modo migliore per rovinarlo. E di questo ne sono sicura se ne occuperà James, forse qualcuno lo aiuterà.Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
@DakotaLambertJonas: che dire...ti ho già dedicato il capitolo.Un'altra che fa parte del club "kill jonathan"! Comunque ho una sorpresa per te: uno degli attori del film che diventerà grande amico di Violet è una nostra conoscenza. Ha gli occhi azzurri.

Capitolo sesto


“Secondo te, usano le Tic Tac per Dr House?” chiese un ragazzo molto alto, esageratamente magro e con folti ricci.
“Perché hai chiamato?”. Ah già i due erano a telefono.
“Mi mancava sentire il suono della tua voce”.
“Ti ha costretto la mamma?”.
“NO, MA COSA DICI?” urlò con voce acuta.
“ È  accanto a te?”. Stava perdendo la pazienza: odiava quegli stupidi giochetti. Se sua madre voleva parlagli, doveva telefonare. L’altro, intuendo il suo stato d’animo, cercò di calmarlo.
“ È preoccupata: non hai mai rifiutato un invito a cena. Ci sarà tutta la famiglia”.
“Ho un altro impegno, Fortunè. Una festa”.
“Una festa?!”.
“Si, una festa. Mi ha invitato una persona con cui lavoro”cercò di tagliare il discorso.
“Ok. Questa sarà la versione che darò alla mamma” il fratello non demordeva.
“È l’unica versione esistente. Domani per farmi perdonare verrò a pranzo. E ricorda a nostra madre che l’anno prossimo compirò trent’anni e di certo se non la chiamo per due giorni,  non sono morto!” prese un respiro “Dille inoltre che non accetterò più queste farse. Non ha bisogno di messaggeri”.
“Non si è ancora abituata all’idea di averti lontano. Prima abitavi al piano di sopra: praticamente sentivamo tutto quello che facevi”.
“È trascorso un anno. Non abito in Norvegia”. Era davvero esasperato.
“Neanche lì troveresti la pace!”. Rise. “Tra qualche mese le passerà. Nell’ultimo anno tra la registrazione, la promozione e il tour non sei stato a Londra per circa 9 mesi. È come se ti fossi trasferito da poco”.
“Da dove è uscita tutta questa saggezza?”.
“Dal vivere con un ciurma di donne”.
“Hey, io non conto come uomo?!”.
“Io non seguo l’esempio di chi si pettinava come Astro Boy!” disse ridendo. Mika ignorò la frecciatina.
“Meglio salutarci. Devo prepararmi”.
“Ok, a domani”.
“A domani”. Attaccarono.
Joaine entrò nella stanza appena Fortunè ebbe riagganciato. Era andata via quando aveva intuito che Mika aveva capito tutto.
“Allora?” chiese ansiosa.
“Va ad una festa. È per lavoro. Ma domani verrà a pranzo”.
“Era il minimo per farsi perdonare”.
“Mi ha detto anche di riferirti che ormai è adulto e che è stanco di queste farse”. Leggendo la rabbia sul viso della donna continuò: “Mamma è grande, lo siamo tutti. Trascorre già molto tempo con noi. Ma è normale che voglia vivere per conto suo. Devi rispettare le sue decisioni. Ed io conoscendolo scommetto che va a quella festa per una buona ragione”.
“Quand’è che il mio ometto è diventato così grande?” gli disse colpita dalle parole del figlio. Non attese la risposta del figlio ed andò a cucinare. Dopotutto quella sera c’era una cena a casa sua.
 
Dopo aver chiuso il telefono, Mika si buttò sotto la doccia. Ne aveva davvero bisogno. Era sottopressione. Era sempre stato grato alla sua famiglia per l’appoggio che non aveva mai avuto segni di cedimento, anche nei momenti più bui. Dopo Grace Kelly tutto era cambiato; non solo in meglio. La madre aveva paura che tutto quel successo, quella pressione lo potessero portare su una cattiva strada come era accaduto per altri cantanti prima di lui. Per questo cercava di tenerlo sempre sotto la sua ala protettrice ed ogni qual volta il silenzio si prolungava più del previsto sguinzagliava uno dei suoi figli alla ricerca del fratello.
Nell’ultimo paio di anni il suo livello di sopportazione si era abbassato notevolmente: a volte non riusciva nemmeno  ad ascoltare la voce di sua madre. Per questo  aveva deciso di allontanarsi: la distanza avrebbe permesso di fargli sentire la mancanza della sua famiglia. Joaine però aveva interpretato male quel distacco, soprattutto dopo che aveva scoperto che la casa adiacente a quella del figlio era in vendita e gli aveva proposto di acquistarla per lei. Ma il figlio aveva ignorato i desideri materni dicendole semplicemente che la casa dove abitava era migliore e più spaziosa.
Avevano litigato e non si erano parlati per un paio di settimane. Settimane in cui la mente di mamma Penniman era stata invasa dalle più fervide fantasie: suo figlio in balia della fiamme, o magari rapinato da un folle maniaco. Niente di tutto questo si era avverato. Fu Mika a fare il primo passo invitandola insieme ai suoi fratelli nella nuova casa. La donna era rimasta sorpresa: la casa era in ordine, il frigo pieno, il bagno pulito. Si era tranquillizzata pensando che la voglia di indipendenza del figlio si esaurisse in poche settimane, quando i veri problemi si sarebbero presentati alla sua porta. Non era stato così. Sebbene Mika fosse stato tentato svariate volte di ritornare nella sua vecchia casa, non aveva mai mollato. Si era rimboccato le maniche, aveva imparato dai propri errori. Pur essendosi trasferito un anno prima, aveva vissuto in quella casa pochi mesi durante i quali era concentrato principalmente in due attività: fare niente o lavorare.
In particolar modo negli ultimi giorni le sue energie erano state totalmente impiegate nel comporre. Una canzone era ormai quasi del tutto ultimata, mentre le altre erano solo delle bozze.
Sapeva bene che doveva servirsi di tutto il tempo possibile per scrivere prima della ripresa del tour. Infatti quando sarebbero ricominciate le date non avrebbe più avuto molto tempo a disposizione. I produttori gli avevano chiaramente detto che volevano tutto pronto a metà delle riprese, quando avrebbero indetto una conferenza stampa per presentarlo. E la sua casa discografica gli aveva chiesto altre nove canzoni per lanciare un nuovo album in concomitanza con l’uscita del film e del singolo. E poi dopo? Un altro tour, probabilmente. Anzi, certamente.
Si sarebbe mai fermato? si ritrovò a pensare sotto la doccia. L’orologio sul suo comodino segnava le 19:30. Spense l’acqua ed uscì. Dal vetro appannato riusciva a vedere i suoi ricci appiccicati alla sua fronte bagnata. Prese il phon ed iniziò ad asciugarli.
 
“Spero che la tua roba sia già pronta”.
“Ho paura a chiederti perché, James”.
“Dovremmo anticipare la nostra partenza di un paio di giorni. Mi dispiace Violet”.
“Ho quasi tutto impacchettato, quando?”. Nella sua voce c’era solo rassegnazione.
“Domani pomeriggio, alle tre parte il nostro volo per New York. Da lì andremo in auto nel Connecticut”.
“Perché?”.
“Dobbiamo andare a sistemare delle faccende burocratiche; gli altri ci raggiungeranno come stabilito”.
“Non ti preoccupare, sono cose che capitano. Mi mancherà Londra”.
“Londra o chi c’è lì?” chiese con tono malizioso.
“So a chi ti riferisci, ci conosciamo da troppo poco e poi anche lui partirà per il suo nuovo tour. Quindi non rinuncio a niente, anzi forse è meglio così: la lontananza mi permetterà di lavorare meglio”.
“Niente distrazioni, dico bene?” non demordeva.
“Parliamo delle tue di distrazioni….hai sentito Anne recentemente?”. Silenzio.
“Io probabilmente ho fatto la più grande cavolata della mia vita…”.
“L’hai invitata alla festa?”.
“Si”.
“Anche io l’ho fatto. Io ho usato la scusa del lavoro, tu?”.
“Le ho semplicemente chiesto di venire. E se magari lei e Mika si incontrano e si innamorano perdutamente l’uno dell’altra?”.
“Non credo sia possibile, ma in qualsiasi caso io porto la Vodka e tu la Tequila”. Risero di gusto.
“Ci vediamo stasera”.
“A stasera”.
Dopo aver chiuso la telefonata, Violet si chiese perché non gli avesse detto del suo nuovo vicino. In cuor suo sapeva che non era semplicemente perché era mancata l’occasione. Si sentì in colpa nei confronti dell’amico come se omettendo quell’informazione avesse tradito la sua fiducia. Doveva farlo e così gli mandò un sms. James rimase stupito dal gesto; ma non così tanto.
In molti anni aveva imparato a conoscerla e sapeva bene che appena si ricordava di non avergli riferito qualcosa faceva in modo di informarlo. Era la sua forma di lealtà e lui le voleva un bene dell’anima anche per questo. Entrambi erano incapaci di mentirsi a vicenda. Essendo molto simili sotto alcuni aspetti si conoscevano davvero bene. Eppure l’attore sapeva che c’era qualcosa di Violet che gli sarebbe sempre stato inaccessibile; non perché lei non volesse mostrarglielo, ma semplicemente perché lui non era in grado di capire e mai avrebbe potuto farlo. Avevano avuto storie diverse: lui era nato e cresciuto a Palo Alto in una famiglia felice con due fratelli ; lei era cresciuta tra Londra, Praga e Berlino, in bilico tra un madre inglese, un padre arruolato nell’aereonautica tedesca ed un patrigno severo.
A scuola, lui era stato popolare a tal punto da essere eletto per il miglior sorriso; lei, a causa dei frequenti trasferimenti, non aveva stretto numerosi legami, ma a parte quei pochi fidati amici il resto della popolazione scolastica la prendeva di mira.
Violet si ritrovò a pensare al suo nuovo vicino: si sentiva…. strana, ecco. Pensare che Mika, il cantante dagli acuti strepitosi, suo collega a pochi pasti di distanza la inquieta perché rendeva tutto più reale;poteva ignorare un suo collega a lavoro ultimato, ma non un vicino, poi si rese conto che erano qualcosa di più, forse. Stavano diventando amici?
Era più confusa di prima. Soltanto la festa avrebbe potuto chiarirle le idee.
 
 
Un campanello che bussa ed una porta che si apre. Un alto uomo riccioluto e una donna dai rossi capelli raccolti. Un semplice e classico completo nero e un vestito blu notte.
Mika non sapeva cosa dire: Violet era lì davanti a lui ed era semplicemente bellissima nella sua semplicità. Ella, infatti, indossava un semplice abito blu notte senza spalline che le asciava il corpo come una seconda pelle e si allarga pian piano in tanti strati di velo da metà  coscia in poi. I capelli erano raccolti in una semplice acconciatura alla base del collo ed erano decorati con qualche brillantino. Tra le mani stringeva una pochette di raso blu.
“Sei indescrivibile” disse estasiato il cantante.
“Nel senso: sei talmente brutta che non ho parole per descriverti?”.
“Il contrario: sei talmente bella che non trovo una parola per definirti”. Poi si rese conto di averlo detto ad alta voce ed arrossì. Violet cercò di alleggerire l’atmosfera che si era creata.
“Oh beh è un vestito semplice. Per fortuna il mio cavaliere è alla mia altezza”.
“Eh si, sei una donna davvero fortunata!”. Risero.
Il cantante l’accompagnò alla macchina e le aprì galantemente la portiera. Poi salì dall’altro lato.
Nessuno dei due parlò per qualche minuto fino a quando Violet incominciò a ridere.
“Perché stai ridendo?”.
“Mi sono ritrovata a pensare che questa situazione mi ricorda una scena di Twilight, quando Edward e Bella si ritrovano per la prima volta in macchina”. Rise ancora e questa volta non da sola.
“Mi dispiace: ma io preferisco  il sangue umano; potresti gentilmente porgermi il tuo polso?”.
“Il mio sangue di sicuro non ti piacerà: è troppo amaro”.
“Peccato: avevo un leggero languore”.
“Sono desolata”. Si scambiarono uno sguardo. Poi Violet gli disse dolcemente: “Sono contenta che tu abbia accettato, senza di te non so cosa avrei fatto”.
“Ci sarebbe stato James”.
“Lui non è te”.
E Mika si chiese per tutto il resto del viaggio se questo andasse a suo vantaggio o meno.
 
 
 
 
  

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***


Allora prima di lasciarvi alla lettura del capitolo vorrei precisare una cosa: lo so benissimo che Anne Hathway è fidanzata, ma io mi sono presa una licenza poetica, per così dire; ciò avverrà anche con altri personaggi. In questo capitolo verranno svelati 3 dei nomi degli attori del film ed io vorrei sapere cosa ne pensate della scelta e sopratutto gli altri da chi potrebbero essere interpretati. recensite mi raccomando
@Maricuz_M: sono felice che il mio capitolo ti sia piaciuto, è vero James e Violet hanno un rapporto davvero bello.
@DakotaLambertJonas: mi dispiace, ma almeno per adesso mi attengo alle coppie etero, ma più avanti avrai una sorpresa, piccola, ma entusiasmante!

 






CAPITOLO SETTIMO






C’era un silenzio spettrale intorno a loro, magico. Le poche luci provenienti da fuori illuminavano i loro volti.
Il “Theatre” si ergeva maestoso davanti a loro. Ma i due non accennavano ancora a scendere dall’auto. Si fissavano. Intensamente. Poi lui le si avvicinò, le accarezzò delicatamente una guancia, posò le proprie labbra sulle sue. Erano morbide. La ragazza rispose al bacio con passione. Dopo pochi minuti si staccarono.
Si guardarono negli occhi e capirono che non c’era niente da spiegare: da quel momento erano una coppia.
“Penso che adesso sia meglio andare, non credi Anne?” chiese James poggiandole dei lievi baci sul collo.
 
“Spero che abbiate ordinato una quantità industriale di Diet Coke” disse Chris a Violet. I due erano vicino al bar in compagnia di Mika.
“Non ti preoccupare, me ne sono occupata personalmente”.
“Lo so, può sembrare ridicolo: ma io non posso affrontare la giornata senza la  mia Diet! Uh c’è Mia, vado a salutarla. Ci vediamo dopo”. E Chris Colfer sparì veloce, ma elegante tra la folla.
I due, rimasti soli, si scambiarono un’occhiata divertita.
“Che ruolo interpreta Chris?” le chiese curioso.
“Tom Lent, il nerd appassionato di matematica. E pensare che non voleva fare nemmeno il provino per questo ruolo!”.
“Perché?”.
“Era convinto che l’avessimo chiamato per il ruolo di Blue. Quando gli abbiamo detto che non era così, lui ha  iniziato a sostenere che era meglio dargli subito il copione di Blue perché tanto gli avremmo dato quel ruolo”.
“Perché Blue è gay come lui, mentre Tom è etero. È orribile quando ti cuciono un ruolo addosso e tu non riesci a liberartene” disse tono amaro.
“Ma alla fine, abbiamo avuto ragione noi e dalla settimana prossima Chris sarà Tom Lent”.
“E per Blue avete avuto problemi?”.
“A  onor del vero c’è stato qualche stupido che ha rifiutato di fare il provino per paura di essere additato come gay, ma è stato meglio così: io non ci tengo a lavorare con persone così superficiali. Io penso che la cosa importante sia essere in pace con se stessi e con ciò che si è”. E Mika si ritrovò a pensare a quanto fosse irresistibilmente intelligente.
“E alla fine chi farà Blue?”.
“Sarò io Blue”. A parlare non era stata Violet, ovviamente.
“Oh, ciao anche a te!Mika, lui è Tom Felton. Interpreterà Blue. Tom, lui è Mika”.
“Mika ti conosco di fama naturalmente, sei qui in veste ufficiale o sei l’accompagnatore delle nostra Violet?”chiese incuriosito dalla coppia.
“Entrambe. Scriverò una canzone per il film, forse anche più di una”.
“Tu sei da solo?”chiese Violet per cambiare discorso.
“No, la mia fidanzata sta parlando con Chris. È una grande fan di Glee”.
“Quando inizierete le riprese?”.
“Tra una settimana, il 15 Maggio. Ma io e James partiamo domani mattina; dobbiamo sistemare alcune cose”. A quelle parole si sentì triste: tra meno di 24 ore lei sarebbe stata dall’altra parte del continente. Sentiva che il tempo gli stava scivolando tra le mani e che lui non poteva fare niente per impedirlo. Ma lei doveva lavorare come lui. Tra poco anche il suo tour sarebbe ripartito.
Eppure c’erano tante cose che voleva fare con la scrittrice. Voleva trascorrere interi pomeriggi a parlare con lei di film, di musica, di arte e di libri. Voleva portarla alla Tate modern ad ammirare i quadri di Picasso. Poi si rese conto che in realtà voleva soltanto stare in sua compagnia per conoscerla ancora, per sapere tutto di lei. Infine ammise anche a se stesso che desiderava soltanto assaporare le sue labbra. Capì che doveva godersi ogni attimo di quella serata perché nei mesi seguenti avrebbe potuto parlarle solo tramite telefono o e-mail. Quindi riprese a conversare con lei e Tom, che gli sembrava davvero molto simpatico.
“A proposito di James, l’avete visto?”chiese il biondo.
“Non ancora, ma guardate: eccolo lì. Quando parli del diavolo”gli rispose il libanese.
Violet sorrise quando vide il suo miglior amico mano nella mano con Anne Hathway. Era ora!
Intanto Chris si avvicinò al gruppo insieme a Mia Wasikowska.
“Ragazzi, li avete visti? Violet perché non mi hai detto niente prima?” le chiese il ragazzo.
“Non ne sapevo niente. Comunque Mia Wasikowska, Mika. Mika, Mia Wasikowska.” Disse facendo le presentazioni. I due si strinsero la mano. “Che ruolo interpreti nel film?”.
“Sono Mel”.
Ma la conversazione fu interrotta dall’arrivo della tanto chiacchierata coppia: James Franco e Anne Hathway. Salutarono tutti educatamente, Anne si presentò a tutti tranne che a Violet che conosceva da tempo e con cui era amica. James approfittò della confusione generale per trarre in disparte la sua amica.
“Ti prenderei a calci! Visto? Non c’era niente di cui preoccuparsi!”.
“Avevi ragione. Oh Violet sono così felice! Mi dispiace solo che domani dovrò partire. Ma il lavoro chiama!”.
“James, sono davvero contenta per te. Siete una coppia bellissima”.
“Te la meriti anche tu un po’ di felicità, non credi?”.
Rimase in silenzio. James le accarezzò una guancia, l’abbracciò.
“Osa”. Dopo questo, si allontanò fino a raggiungere la sua fidanzata, le cinse il fianco con un braccio e le sorrise. Violet guardò tutta la scena, ma non accennava ad avvicinarsi al resto del gruppo. Anche Mika si guardò intorno in cerca della sua dama. Incrociò il suo sguardo con quello della donna. I loro occhi si incatenarono, poi lui le si avvicinò lentamente.
“Tutto a posto?”.
“Si, tranquillo. Ti stai divertendo?”.
“Si, molto. Chris è esilarante ed anche Tom non è niente male”.
“Infatti, non oso immaginare che cosa combineranno sul set” si stava tranquillizzando e tutto grazie a Mika. È strano come a volte le persone che sono la causa del tuo malessere siano le uniche a poterlo alleviare.
“Mi dovrai raccontare tutto. Promesso?”.
“Promesso”. Si strinsero solennemente la mano ed entrambi provarono una sensazione di calore all’altezza dello stomaco. Era la prima volta che si sfioravano. Tutto era avvenuto così naturalmente che se ne resero conto soltanto dopo aver smesso di ridere. Il libanese le accarezzò delicatamente l’interno del palmo con il pollice per poi abbandonare la stretta delicatamente.
Cercò di stemperare la tensione e le chiese se volesse qualcosa da bere. “Acqua” gli rispose. E si allontanò in direzione del bar. Ma Violet non rimase sola a lungo. Infatti le si avvicinò subito Chris.
“Violet, sei un incanto. Non te l’ho detto prima perché avevo paura di attirare su di me le ire del tuo accompagnatore”.
“Grazie. E tu non hai un accompagnatore?”.
“Meglio non parlarne. Ma come si dice: meglio soli che male accompagnati! Oh guarda sta arrivando il tuo cavaliere, vi lascio soli e vado dal mio unico amore” . Le fece l’occhiolino e sparì alla ricerca di un’altra Diet Coke.
“Perché è andato via?”.
“Aveva bisogno di un altro po’ di zucchero”.
“Io non credo” disse guardando Chris conversare animatamente con Mia e Tom.
Prese la mano di Violet e le chiese di ballare, lei accettò.
Quando arrivarono sulla pista, si strinsero ed iniziarono a volteggiare.
Violet sentiva il cuore che le batteva all’impazzata come non succedeva da tanto tempo ormai. Dovette ammettere la verità: lui la rendeva felice. E per la prima volta dopo tanti anni pensò che forse poteva aspirare a qualcosa di più che alla semplice serenità.
 
 
Se era possibile di notte Londra era ancora più bella. Mika guidava sicuro tra le vie del centro illuminate dai lampioni. Dopo tanti anni la città riusciva ancora ad incantarlo.
Violet accanto a lui guardava fuori dal finestrino.
“La città è bellissima stasera”disse il cantante.
“Infatti ha quel fascino, quell’atmosfera che non sono riuscita ancora a ritrovare in un’altra città nel mondo”.
“Io se non vivessi qui, vivrei a Parigi. Lì c’è la mia infanzia”.
“Io non sono mai stata a Parigi”.
“Stai scherzando?”.
“No, per niente. Non ne ho mai avuto l’occasione. Durante la mia vita ho vissuto in tutta Europa: sono nata qui, mi sono trasferita all’età di tre anni a Berlino, poi a sei  Vienna, poi a dodici Praga, poi a quindici sono ritornata a Londra; dopo il diploma mi sono trasferita a New York per frequentare la Columbia University, per un’estate ho anche lavorato al New York Times. Ed infine di nuovo Londra”.
“E pensare che pensavo di essere io un vagabondo. E Londra è la tua preferita?”.
“In assoluto si”.
“Perché?”. Dallo specchietto la vide esitare ed allora aggiunse “Se posso chiedertelo”.
“Quando ci sono ritornata dopo tanti anni ho capito davvero chi fossi. Londra per me ha il sapore di libertà, la libertà di essere come si vuole essere”. Aveva parlato tutto d’un fiato.
“Grazie perché, pur sapendo che questo è soltanto uno dei mille segreti che tieni dentro, l’hai condiviso lo stesso con me”.
“Grazie a te per avermelo chiesto. E Londra di cosa sa per te?”
“Accettazione”.
Erano arrivati a casa di Violet senza nemmeno accorgersene. Il cantante l’accompagnò alla porta.
“Mi sono divertito questa sera” le disse.
“Anche io. Abbiamo fatto tardi, che ore sono?”.
“L’una e dieci”.
“Diamine tra meno di 5 ore ho l’aereo per New York. James è un genio a scegliere gli orari dei voli. In questo momento lo sto odiando profondamente”. Lui rise.
“Ed adesso andrai a letto?”
“Non credo proprio, guarderò un po’ di tivù, coprirò i mobili. Mi annoierò e lancerò qualche maledizione contro tu-sai-chi”.
“Posso farti compagnia? Insomma, mi dispiace che tu ti debba annoiare, inoltre ti posso aiutare con i mobili non credi?”. Non poteva trovare una scusa più patetica. Ma funzionò infatti la ragazza già gli stava facendo strada.
Dopo poco erano nella sua camera da letto,lei si stava cambiando nella sua cabina armadio, lui era seduto sul letto che fissava la grande parete di fronte a sé e i barattoli di vernice nell’angolo.
“Cosa fissi?” gli chiese andandosi a sedere accanto a lui.
“Perché hai della vernice? Cosa pensavi di fare alla parete?”.
“Non lo so con precisione, volevo qualcosa di speciale, particolare e fatto da me con l’aiuto di qualcuno, magari”.
“Fai un murales, potrei aiutarti io”.
“Sarebbe una bell’idea, comunque se ne riparlerà almeno tra sei mesi quando saranno finite le riprese”.
“Mancherai per così tanto tempo?”.
“Si più o meno, anche se tornerò ogni tanto”. Adesso si stavano guardando negli occhi ed erano vicini, molto vicini.
“Mi mancherà incontrarti per caso o assalirti con il mio cane”.
Violet si sentì stringere il cuore.
Invece quello di Mika mancò di un battito quando la baciò. 

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Capitolo 8
*** capitolo ottavo ***


Capitolo ottavo




 Dopo pochi istanti Mika si staccò dalle labbra di Violet. I loro visi erano vicinissimi. Si guardavano intensamente. Le accarezzò gentilmente la guancia con un polpastrello. La ragazza chiuse gli occhi beandosi di quel contatto. Riusciva a sentire il respiro dell’altro sul suo viso. Poi lentamente le loro labbra si rincontrarono. Questa volta il bacio durò molto più a lungo. In quel momento lei riusciva a sentire soltanto due cose: le loro lingue intrecciate e il suo cuore che batteva furiosamente. Invece lui non riusciva ancora a credere a cosa avesse fatto. Pochi minuti prima aveva pensato che l’unica cosa che volesse fare davvero in quel momento era baciarla. E l’aveva fatto. Il passaggio tra il pensare e l’agire era stato così veloce che solo adesso con le mani della donna tra sulla sua schiena e le proprie tra i suoi capelli si rese conto di ciò che stava succedendo.
“Ti va un caffè? O magari preferisci un the?” gli chiese quando si furono nuovamente staccati.
“Un the sarebbe prefetto, grazie”. Si spostarono in cucina. Le pareti della stanza erano di un verde leggero mentre il pavimento era in cotto. La stanza non era molto grande e si divideva in due aree. Nella prima, che era anche più vicina alla porta, c’era l’angolo cottura, il forno, la dispensa ed un piano d’appoggio che continuava con un bancone. Quest’ultimo separava l’ambiente in due aree. Nella seconda c’era semplicemente un tavolo rettangolare con quattro sedie. I due si sedettero lì. Tra le mani le tazze di the bollenti.
“Ci siamo baciati”. Ad interrompere il silenzio era stata Violet. Non era una domanda la sua, ma un’affermazione quasi come se volesse “ufficializzare” il tutto.
“Due volte” confermò l’altro con lo sguardo ancora fisso sulla sua tazza.
“A cosa stai pensando?” chiese incerta. Aveva paura che per lui fosse stato soltanto un gioco, la dimostrazione che poteva conquistare chiunque.
“Che è un’ingiustizia”.
“Che cosa è un’ingiustizia?”.
“Il fatto che tu debba partire tra poche ore e che anche io farò lo stesso tra pochi giorni. Tutto questo non è giusto. E se tutto va bene, ci rivedremo tra qualche mese. Non è per niente giusto!”. Socchiuse gli occhi.
“Ti sei pentito di avermi baciato?”. Adesso aveva davvero paura.
“No, solo che se lo avessi fatto prima; se ti avessi invitato fuori a cena, se avessi letto il tuo libro più velocemente, adesso avremmo avuto qualcosa a cui aggrapparci in questo periodo” disse con rammarico.
“Ogni vita è piena di “se”, ma questo” indicò entrambi “è appena iniziato. Avremo i nostri momenti, i nostri aneddoti, le nostre cene”.
Allora il cantante, preso dall’impeto, si alzò velocemente e l’abbracciò.
“Io ti aspetterò. Il tempo passerà in fretta e vedrai che in un batter d’occhio ci ritroveremo: io, te e Melachi!”. Iniziarono a ridere. Stettero così abbracciati a ridere per una decina di minuti. Il the ormai freddo.
“Non mi hai ancora fatto vedere le altre stanze”disse. Erano ancora abbracciati.
“Oh sono una padrona di casa imperdonabile” malvolentieri sciolsero l’abbraccio e lei lo accompagnò per il resto della casa.
“E tu dove scrivi di solito?”le chiese curioso.
“Seguimi”. Gli prese la mano e lo condusse in fondo al corridoio. Salirono per una lunga scala a chiocciola in ferro battuto. Mika si guardò intorno. Quella stanza era bellissima pur essendo semplicemente una soffitta.
Parte del tetto spiovente era stato sostituito da una grande vetrata che sfociava in una finestre che si fermava ad un metro dal pavimento; in quello spazio era stato incastonato un divanetto che permetteva di godere di quella vista comodamente. Le altre tre pareti erano occupati da un’enorme libreria che non si interrompeva mai e che si estendeva dal pavimento al soffitto. Le maggior parte degli spazi erano occupati da libri di ogni genere: testi di medicina, di  scienze, di fotografia, di musica e di cinema. Era sbalorditivo.
Al centro della stanza c’era uno scrittoio in legno con una sedia.
“Sono senza parole” le disse spostando lo sguardo su ogni parete.
 “Dovresti vedere quando piove. Io amo osservare le gocce che si posano sul vetro”.
Il ragazzo l’abbracciò da dietro e poi le sussurrò nell’orecchio: “Perché non aspettiamo la pioggia insieme?”.
“Pensavo che tu odiassi la pioggia”.
“A volte si, a volte no”.
Si sedettero sul divanetto. Violet appoggiò la testa sul suo petto. Mika le circondò un fianco con il braccio.
Restarono così  a parlare di tutto, a parlare di niente.
Lui le disse  dove sarebbe andato per il tour.
Lei gli consigliò un paio di posti da visitare.
Lui le racconto di quanto gli fosse piaciuto il libro.
Lei gli racconto di quanto avesse pianto ascoltando alcune delle sue canzoni.
Lui le confidò che gli sarebbe mancata.
Lei rispose che era lo stesso per lei.
Lui la baciò.
Lei rispose al bacio.
 
 
L’aria del mattino era pungente. Non c’era nessuno a quell’ora del mattino a parte lei e la sua enorme valigia. Ad un tratto le venne in mente di quando era tornata a Londra dopo 12 anni di lontananza. Ma i sentimenti di allora erano completamente diversi.
Ogni volta che partiva sentiva dentro di sé un misto tra ansia ed eccitamento, ma quella mattina, circondata da quel silenzio assordante, voleva soltanto tornare su in casa e stendersi nuovamente sul divano accanto a Mika. Lui aveva insistito tanto per accompagnarla, ma lei aveva rifiutato categoricamente. Non voleva che perdesse altre ore di sonno a causa sua. Così quando era giunto il momento lo aveva rispedito a casa sua dopo essersi scambiati un lungo bacio. Aveva chiamato un taxi ed ora aspettava seduta su uno dei gradini di casa sua.
“Dovresti dormire” disse ad un tratto.
“Non ho sonno” rispose l’altro sulla soglia di casa. Poi rientrò ed uscì dopo qualche momento con una tazza di caffè in mano. Si sedette accanto a lei e le porse la tazza.
“Bevi”. Violet passò un braccio dietro la sua schiena. Mika riprese a parlare mentre lei sorseggiava il caffè.
“Sai, stavo pensando che io e te non abbiamo mai avuto un vero e proprio appuntamento. Intendo dire una cena ed ecco mi stavo chiedendo ti andrebbe un’uscita a data da destinarsi?”.
“Un modo un po’ contorto di chiedermi un appuntamento, ma accetto volentieri”. Si sorrisero.
Poi un clacson interruppe la magia: il taxi era arrivato. Si alzarono entrambi. Mika le prese il volto tra le mani e la fissò intensamente: non voleva dimenticarsi il suo viso, i suoi occhi, le sue labbra.
Violet salì sull’auto. Il cantante restò tutto fuori con la tazza in mano ancora fumante fino a quando la vettura non girò l’angolo.
 
 
“Fratello, sembri davvero cotto!”. I due fratelli Penniman camminavano verso l’abitazione della madre dove il minore abitava ancore e dove si sarebbe tenuta da lì ad un’ora un pranzo di famiglia. Fortunè era passato a prendere suo fratello con uno scopo preciso: chiedergli della misteriosa ragazza. Era rimasto sorpreso da quanto l’altro fosse felice. Aveva ascoltato con attenzione ogni parola ed era riuscito a dire solo questo.
“Non lo so nemmeno io cosa provo. So solo che mi manca già”.
“Vedrai che quando riprenderai il tour sarai talmente impegnato che ti ricorderai a malapena di mangiare!”.
“Già, forse hai ragione tu. Secondo te è per questo che sono così magro?”.
Lo spilungone non ricevette mai risposta perché il loro discorso fu interrotto dall’abbraccio stritolatore di Joaine.
“Mika! Quanto mi sei mancato! Come sei pallido, ma mangi?”.
“Certo che mangio mamma!”.
“Grazie davvero per la considerazione!” disse ironico Fortunè. la madre gli sorrise e poi condusse entrambi dentro casa. In poco tempo il cantante fu circondato da tutte le sue sorelle. Voleva loro un bene dell’anima e solo quando si ritrovò tra le braccia di sua sorella Paloma capì quanto gli fossero mancati tutti, compreso quello squinternato del fratello. Rispose con gentilezza a tutte le domande della famiglia sul film, sulle canzoni che stava scrivendo, sui membri del cast che aveva incontrato e sul regista.
“Quant’è bello James Franco! Ho visto tutti i suoi film” disse con un sospiro Jasmine.
“C’era ieri alla festa insieme alla sua nuova ragazza, Anne Hathway”. La sorella sospirò di nuovo. Tutti risero.
“C’era anche la sceneggiatrice….aspetta come si chiama… ah si Violet Harris?”chiese la madre.
“Si” rispose sbrigativo il cantante. Il fratello gli lanciò un’occhiata stranita.
“Com’è?”domandò Paloma.
“È simpatica, una ragazza davvero molto intelligente”. E cambiò argomento di conversazione.
Dopo pranzo mamma Penniman obbligò i due figli a preparare il the. Appena furono soli, Fortunè diede voce a tutti i suoi dubbi.
“Perché non hai detto niente su Violet? prima per strada sembravi cotto ed ora?”.
“Fort, non è cambiato niente. Semplicemente vorrei tenermi questa cosa un po’ per me. Se la mamma sapesse qualcosa vorrebbe subito conoscerla. Io non ho mai avuto nemmeno un vero appuntamento con lei. Io provo per Violet qualcosa di forte, ma che non riesco ancora a definire. Ti ho raccontato tutto solo perché so che tu non mi avresti giudicato e avresti mantenuto il segreto. Posso contare ancora su di te?”.
“Per tutta la vita”. Non servivano altre parole.
 
 
James aveva incontrato Violet al Terminal dell’aeroporto. Aveva ancora sulle labbra il sapore di Anne che aveva salutato un paio di ore prima. Come la sua amica era triste. Non voleva lasciarla, ma si consolava pensando che anche lei presto sarebbe partita per gli Stati Uniti per girare un nuovo film.  Si sarebbero potuti vedere nei week-end; fuori dal set però. Infatti aveva deciso di imporre una regola per tutti i membri del cast: niente sesso tra colleghi e nemmeno sul set. Così tutti si sarebbero concentrati sul film. E prorpio di questa idea stava discutendo con la sua migliore amica durante il volo.
“Cosa ne pensi?” le chiese dopo averle esposto la sua idea.
“Penso che tu sia davvero sadico. Per me va bene, tanto Mika sarà in giro per il mondo e ci rivedremo tra qualche mese a Londra”.
“Quindi è successo qualcosa?”.
“Ci  siamo baciati”. James fece segno di vittoria e la invitò a schiacciare il cinque.
“Quindi siete pseudo - fidanzati?”.
“Una cosa del genere, credo”.
“E poi?”.
“Poi cosa? Basta. Fine della storia”.
“Vuoi dirmi che non siete andati oltre?”. Era scandalizzato.
“No, James non ci siamo strappati i vestiti di dosso e non abbiamo trascorso una nottata di fuoco come hai fatto tu da quel che posso intuire dal succhiotto sul tuo collo!”. Violet rise nel vedere l’amico imbarazzato.
“Cosa provi per lui?”.
“Non lo so precisamente. Ci conosciamo da poco. So solo che mi manca da impazzire e che la notte che ho passato con lui è stata la migliore della mia vita”. 

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Capitolo 9
*** capitolo nono ***


Ecco il nuovo capitolo! Allora prima di lasciarvi vorrei dirvi un paio di cose: allora da quando inizierà la scuola prevedo che gli aggiornamenti saranno un po' meno frequenti. Credo che tutti comprendiate il perchè. La seconda cosa è: in questo capitolo ho parlato di una coppia che nella realtà non so se esista o meno (alcune migliaia di fan si pongono la stessa domanda), però dato che questa storia è mia, io ho deciso in questo modo(come sono democratica!). Mi dispiace non rispondere a chi mi ha recensito, vi manderò nei prossimi giorni un messaggio privato.

Capitolo nono

Come poteva definire l’ultimo periodo della sua vita? Semplicemente come sua moglie, anzi la sua ex-moglie, aveva definito il suo aspetto qualche settimana prima. Era innegabilmente in declino. A stento riusciva ad ammetterlo. Nel giro di un anno aveva perso tutto quello che si era costruito in tanti anni di sudate parole.
La sua ascesa nel mondo del giornalismo era stata rapida. Non grazie al suo talento, questo lo sapeva benissimo. Infatti la qualità che forse contraddistingueva di più Jonathan Kins era il saper sfruttare a proprio vantaggio ogni conoscenza. Sapeva osservare le situazioni e manovrare le persone accanto a lui.
Era subdolo? Si. Lo ammetteva lui stesso d’aver fatto carte false pur di ottenere quel posto al Times.
Ma c’era sempre stata una cosa che lo aveva spaventato: il talento altrui. Sapeva benissimo che appena fosse arrivato qualcuno con del vero talento lui sarebbe apparso a tutti come la parodia di un genio; insomma senza arte né parte. Quello che era davvero. Per i primi anni aveva dormito sonni tranquilli: nessuno era mai diventato un pericolo reale. Il vero brivido di freddo, quello della paura atroce, gli aveva accarezzato la nuca quando in un afoso giorno di Giugno aveva letto il primo articolo di Violet Harris.
La ragazza studiava alla Columbia University e già alla fine del suo primo anno era riuscita ad ottenere un impiego estivo nella redazione del New York Times, in particolare nel suo ufficio. Chiunque l’avesse assunta aveva intravisto in lei qualcosa di veramente speciale. E Jonathan era perfettamente d’accordo.
Aveva trascorso i primi giorni ad osservarla attentamente: era bella quanto intelligente, era giovane, intraprendente, eppure non gli ricordava per niente se stesso alla sua età. Dopo un paio di settimane l’aveva invitata a prendere un drink. E così aveva saputo che era inglese, che aveva vissuto in giro per l’Europa. Fin da subito aveva capito che non aveva avuto molte storie e che questa carte era tutta a sua favore. Qualche sera più tardi, qualche complimento e qualche drink in più completarono l’opera. Alla fine dell’estate erano una coppia fissa e lei l’anno successiva non aveva fatto nemmeno domanda. Aveva detto che preferiva non mischiare lavoro con vita privata. E lui ne era contentissimo. In alcuni momenti della loro relazione aveva provato un po’ di pietà per quella ragazza così fragile. Dopotutto lei era quella che poteva definirsi una brava persona, sempre pronta ad aiutare il prossimo anche a discapito degli altri. La loro relazione procedeva tra alti e bassi, ma lui interessava che lei stesse lontana dalla sua redazione.
Era la situazione perfetta per lui: la vedeva soltanto quando non voleva dormire solo,per il resto della settimana poteva uscire con chi voleva perché lei era troppo impegnata a studiare. Si era laureata perfino con un anno di anticipo. Ma prima che questo avvenisse aveva incontrato Barbara.
Per lui Barbara era la svolta. La donna era una sua nuova collega sulla trentina. Sembrava quello che Violet sarebbe diventata: una donna in carriera senza tempo per l’amore. All’inizio non le aveva prestato particolare attenzione, dopotutto anche in redazione qualcuno sapeva della sua relazione con la bella studentessa come del resto ne era a conoscenza tutto il campus. Tutto si svolse in poco tempo: la ragazza dopo essersi laureata era tornata a Londra per un paio di mesi, lui si era dato alla pazza gioia ed una sera era anche uscito con la sua collega. Quella sera scoprì che la donna avrebbe presto lasciato il suo lavoro in redazione per andare a lavorare in televisione. La cosa non lo interessò molto e continuò a frequentare la donna.  Inizialmente quella relazione non aveva secondi fini, ma l’uomo si ritrovò a ringraziare gli dei quando il suo capo lo informò che aveva in mente di offrire a Violet un lavoro in redazione. Infatti vedeva in lei delle grandi doti e non aveva intenzione di lasciarla alla concorrenza.
Questo per lui significava solo una cosa: la tanto attesa e temuta rovina sarebbe avvenuta.
Decise di giocarsi la sua ultima mossa: metterla a conoscenza della sua relazione e lasciarla per la donna, anzi ancora meglio sposarla. Tutto andò secondo i propri piani. Ricordava ancora le lacrime della ragazza quando le aveva detto di Barbara e del matrimonio. Non aveva accettato il lavoro, anzi aveva lasciato la città. Non poteva chiedere di meglio.
Tutto stava andando secondo i suoi piani. Barbara era diventata in poco tempo la giornalista di punta del telegiornale nazionale, lui aveva avuto anche una promozione. Dopo un anno circa dalle nozze Violet aveva riavuto la sua rivincita: un’importante casa editrice aveva pubblicato il suo primo libro . In breve tempo in campo letterario non si faceva che parlare di lei e delle sue enormi potenzialità. A 23 anni era diventata la sua minaccia. Negli ultimi due anni era tutto precipitato: sua moglie si era innamorata di un altro e voleva il divorzio, l’ex invece aveva pubblicato un altro romanzo e si apprestava a conquistare anche il mondo del cinema. Però nonostante tutto aveva intravisto la luce in fondo al tunnel quando gli era venuta in mente un’idea da proporre al suo capo: una rubrica mensile da un corrispondente a Londra. Lui, naturalmente, avrebbe fatto il corrispondente. Era perfetto: si sarebbe allontanato da New York e avrebbe avuto la possibilità di poter lavorare anche per altre testate.
Peccato che il suo capo gli avesse preferito qualcun altro. E non una persona qualsiasi.
Aveva visto Violet di sfuggita quando era venuta in redazione. Non era stato nemmeno incluso nella riunione, l’ennesimo smacco. In quel momento capì che oltre a lei non c’era nessun altro per quel posto, nessun altro tranne lui aveva le credenziali per sostituirla. Doveva soltanto trovare un modo per farla licenziare e l’unica via possibile era suscitare uno scandalo. Si era interessato nuovamente a lei, aveva provato a chiederle scusa, ad esserle amico; tutto vano. Non si era perso d’animo e ed aveva continuato ad attendere l’occasione propizia.
I primi articoli erano stati pubblicati con grande successo, ma lui non demordeva. Lui era come uno sciacallo in attesa di un errore della sua preda, in attesa di Violet.
 
 
La folla stava urlando ancora il suo nome quando Mika rientrò  nel proprio camerino stremato. Era trascorsa da poco la mezzanotte. Quello era il primo concerto da quando Violet era partita.
Nei giorni successivi alla festa si era rifugiato nella sua musica ed era riuscito a completare in breve tempo tutte e tre le canzoni. Ormai il suo tour era incominciato e sarebbe finito solo due mesi dopo circa. Riusciva ad andare avanti pensando che il tempo sarebbe trascorso in fretta.
Tentava di rassicurarsi, ma alla fine era preoccupato. Aveva paura che lei si potesse dimenticare di lui, magari si sarebbe innamorata di uno degli attori e lo avrebbe lasciato tramite e-mail o al massimo durante una video-chiamata su Skype.
Si guardò nello specchio del suo camerino. Dio se era sudato! Aveva anche gli occhi rossi. Fantastico!
“Sembri un po’ stanco” disse suo fratello sarcastico appoggiandosi alla porta.
“Leggermente”.
“Come va?”. Il cantante sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo il fratello.
“Ormai mi sono abituato al fatto che mi manchi, tento di non pensarci troppo. La musica, come sempre, è la mia medicina”.
“Io ci sono. Adesso andiamo ci aspetta un bel letto caldo”. Era proprio quello che ci voleva.
Le giornate si susseguivano una uguale all’altra. A volte gli sembrava che fosse ricaduto nella malinconica e frenetica routine di in tempo, prima della pausa, prima del film, prima di Violet. Per tutti era il Mika di sempre, acclamato in tutto il mondo ed adorato dalle fan per la sua creatività e stravaganza. Ma quasi ogni giorno lontano da tutto e da tutti lui si chiudeva in una stanza con il proprio computer e si metteva in contatto con lei.
Tutto era cominciato con un’e-mail, la prima dopo il party. Era stata lei a scrivergli dopo un paio di giorni.
Avevano deciso di limitare gli sms e le chiamate per non sentire troppo la distanza, ma lei, come recitava la lettera, non aveva resistito. Ed allora aveva preso il computer. Gli aveva raccontato di tutti i problemi che lei e James avevano affrontato in così poco tempo, di Chris che inspiegabilmente aveva deciso di raggiungerli. Lui le aveva risposto immediatamente dicendole di quanto mancasse anche a lui, dei testi che stava scrivendo, di Melachi che scorrazzava in giro per casa.
Avevano continuato assiduamente e Violet aveva mantenuto la propria promessa.
In ogni e-mail gli narrava le incredibili avventure che accadevano sul set da quando le riprese erano iniziate.
Tom era un burlone e si divertiva a fare scherzi di ogni genere; la sua vittima preferita in assoluto era Chris.
Quest’ultimo aveva legato in particolar modo con Mia e Violet. Dopotutto avevano molto in comune: anche Chris scriveva ed era già autore di un film e di un libro.
 Poi, dopo circa un mese gli aveva chiesto se lui avesse un account Skype. Dopo un’ora si era svolta lo loro prima videochiamata. Solo quando vide il viso suo viso sullo schermo si rese conto di gli mancasse.
“Ciao” disse Violet agitando la mano.
“Ciao anche a te. Lì che ore sono? Deve essere davvero tardi se qui sono le 11 del mattino”.
“In effetti è un po’ tardino. Il mio orologio segna le due”.
“E tu perché sei sveglia?”.
“Abbiamo appena finito di girare un scena di sera. James è così sadico che mi ha costretta ad aiutarlo!”. Scoppiarono a ridere e poi riprese “Almeno ha avuto una punizione divina: Chris era così stanco che si è addormentato sul set e lui se l’è dovuto caricare in spalla fino alla roulotte. Tu invece dove sei?”.
“Parigi. Domani ho un concerto”.
“Uh dove abita Gaspard!”. Ecco: il momento era arrivato, adesso lei gli avrebbe parlato con sguardo adorato di questo francesino che, magari, le aveva promesso di farle da cicerone nella città dell’amore.
“Chi è Gaspard?” chiese con tono non curante, o almeno ci provò.
“Gaspard Ulliel. È un attore francese. In verità non lo conoscono in molti. È quello della pubblicità Bleu de Chanel. Interpreta Roy. Posso dirti una cosa?”.
Stava per finire tutto. Annuì semplicemente, incapace di proferire parola.
“Non mi è molto simpatico. Insomma è educato, quando mi vede mi saluta, ma niente di più. È stata Mia a dirmi che abita a Parigi”. Tornò a respirare.
“Chi interpreta?”.
“Roy”.
“Allora capisco perché ti è così antipatico!”. Lei rise.
“Hey stai offendendo un mio personaggio!”.
“Oddio! Scusami!”. Iniziarono a ridere compulsivamente. Poi si fermarono e si guardarono. Lei aveva gli occhi lucidi per il troppo ridere.
Mika sfiorò lo schermo, quasi come se volesse accarezzarla e le disse: “Non è la stessa cosa”.
“Lo so, ma è sempre meglio di niente. A fine Agosto ho un paio di settimane di pausa”.
“Mancano solo due mesi in fondo”.
“E poi io non ho mai visto Parigi”.
“Oh Parigi ad Agosto è splendida”. Si sorrisero. “Penso che sia meglio che tu vada a dormire, altrimenti James dovrà portare anche te in braccio!”.
“Buona notte”.
“Buona notte”. Chiusero la chiamata.
Mika aprì una nuova pagina internet e prenotò due biglietti per Parigi.
 
Violet chiuse il computer. Rivederlo era stata più dura di quanto avesse pensato. Lui era lì, ma non poteva toccarlo, sentire il suo profumo, le sue labbra.
In realtà aveva aiutato James quella sera di sua spontanea volontà. Tutto pur di non pensare a lui. Durante il giorno tra un ciak e l’altro riusciva a scacciarlo dalla sua mente per qualche ore. Aveva davvero benedetto il fatto di essere così impegnata. Era persino riuscita a completare la trama per il suo prossimo romanzo.
Lo aveva accennato anche al cantante in una delle sue ultime e-mail, il loro modo di comunicare.
Quella sera durante una pausa tra un ciak e l’altro Chris le aveva suggerito di utilizzare Skype.
"Durante Glee io lo usavo per parlare con la mia famiglia ed i miei amici” le aveva detto.
“Ma non sarà la stessa cosa”.
“Almeno sarà qualcosa. Non otteniamo sempre quello che vogliamo, no?”. Il suo tono era malinconico.
“Vieni qui: voglio abbracciarti!”. Si strinsero l’uno nelle braccia dell’altro. Il ragazzo le sussurrò che tutto sarebbe trascorso velocemente.
Posò la testa sul cuscino. Si addormentò quasi subito sognando di essere a Parigi. Mika le mancava terribilmente.
 
 
Un’altra chiamata persa. Ormai era innegabile ad entrambi che lo stava evitando. Accadeva ogni giorno da due mese ormai, da quando era partito per girare il suo nuovo film. Chris pensava che con il tempo le sue chiamate sarebbero diminuite per poi cessare del tutto. invece aumentavano ogni giorno come se volesse sfinirlo con tutta quell’insistenza. E così succedeva che lo schermo del suo I-phone fosse  pieno di un solo nome:Darren. Gli mancava terribilmente, ma doveva resistere; era una questione di principio.
La maggior parte delle chiamate avvenivano quando lui stava girando e quindi non poteva davvero rispondere; ma c’era una piccola parte che lui evitava deliberatamente. E questo gli causava un’enorme fatica. Il suo istinto infatti gli diceva di mandare l’orgoglio in vacanza e di premere quel dannatissimo tasto verde perché in fono l’unica cosa che gli interessava davvero era risentire il suono della sua voce.
La sua mente veniva costantemente occupata dai ricordi degli ultimi due anni.
Il telefono vibrò un’altra volta. Era davvero ostinato. Era talmente concentrato a guardare il piccolo schermo che non si accorse che qualcuno era entrato nella sua roulotte senza bussare.
“Chris vieni a mangiare con noi?”. Nessuna risposta.
“Chris, tutto a posto?”. Niente. Violet si avvicinò all’attore e prese in mano il telefono che ormai aveva cessato di squillare. Il ragazzo cercò invano di strapparglielo dalle mani.
“Perché hai 19 chiamate perse da un certo  Darren?” chiese ridandogli il telefono.
“Ah fantastico: un nuovo record”. Chiuse gli occhi e si sedette sul divano.
“Aspetta Darren… non è per caso quello che conosco io?”disse posizionandosi accanto a lui.
“Si, hai indovinato. Io non ce la faccio più a fingere Violet! Basta segreti!”.
“Di cosa diamine stai parlando?”.
“Io devo raccontarti un paio di cose”. Sospirò.
“Aspettami qui”. Ritornò dopo poco con una vaschetta enorme di gelato al cioccolato e due cucchiai.
“Nessuno ci disturberà per questa sera. Ho portato anche la cena!”. Si sedettero a terra ed iniziarono a magiare il gelato in silenzio. Lei non voleva forzarlo a dire qualcosa, dove sentirsi pronto al cento per cento.
A metà vaschetta Chris incominciò a parlare. Le raccontò di quando aveva conosciuto Darren Criss, il suo fidanzato in Glee, e di come erano diventati amici subito. Erano sempre insieme sul set e fuori. Condividevano una marea di passioni, la maggior parte da nerd, prima fra tutte: Harry Potter. Avevano trascorse pomeriggi interi tra una scena e l’altra a discutere di quale fosse il miglior personaggio. Le cose erano cambiate drasticamente quando Darren lo aveva baciato a Dublino durante l’ultima tappa del tour di Glee. Un bacio non previsto che aveva confuso entrambi. Soprattutto Darren che  si era sempre dichiarato etero. Poi aveva capito che quello che provava per l’altro era qualcosa di talmente forte che andava al di là delle definizioni. Si era innamorato, tutto qui. Avevano dovuto mantenere la loro relazione segreta, anche se i fan sembravano già aver capito qualcosa. Ryan Murphy, come James, era stato categorico: niente implicazioni sentimentali tra i vari membri del cast. Inoltre lui non si sentiva ancora pronto a fare coming out. Chris aveva aspettato pazientemente che le riprese finissero. Ma i veri problemi sorsero a questo punto. Darren, infatti, aveva paura, una tremenda paura. Negli ultimi mesi le discussioni si erano moltiplicate fino a quella fatale dopo la festa la Theatre quando Chris aveva messo in dubbio l’amore dell’altro ed era partito senza nemmeno salutarlo. Da quel momento non c’era giorno in cui l’amato non lo chiamasse e lui puntualmente non rispondeva.
“Per me dovresti rispondere per sentire cosa ha da dire. Chris: o dentro o fuori. Lo devi sapere”.
“Ho paura della risposta. Se rimando, ho ancora l’illusione che non sia tutto finito”.
Violet pensò che Darren doveva essere davvero innamorato per chiamarlo ancora dopo due mesi, ma celò questo pensiero all’amico. Dopotutto non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Restarono lì tutta la sere e si addormentarono per terra.
Chris aprì gli occhi improvvisamente: un cellulare stava suonando, ma non era il suo. Prese con una mano l’oggetto e lesse il nome sullo schermo:Mika. Rispose.
“Pronto, Mika. Sono Chris, Violet sta dormendo qui accanto a me. Ha trascorso tutta la notte a consolarmi. Le volevi dire qualcosa?”.
“Non la svegliare. Non preoccuparti, anzi non dirle che ho chiamato”.
“Va bene. Ciao allora”.
“Ciao, Chris”.
 
Dall’altra parte del mondo, Mika sorrise: le avrebbe fatto una sorpresa.
 
La sua auto sfrecciava veloce per le strade del Connecticut. Se Chris non voleva rispondergli al telefono, sarebbe andato di persona. Si fa tutto per amore.
 
“Jonathan, ti va di andare ad una conferenza stampa?”.
“Si, non sto lavorando a nessun articolo. Su cos’è?”.
“Cinema, devono annunciare chi canterà la colonna sonora di un film”
“Che film?”.
“The Intellectuals”.
  


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Capitolo 10
*** Ma allora è tutto vero ***


Non ho parole, sono vergognosa. Davvero. Se fossi in voi mi rifiuterei di leggere. Sarebbe troppo presuntuoso da parte mia pretendere che voi leggiate e commentiate anche.
Ma la mia speranza è che voi siate ancora qui ad aspettarmi, perchè questo capitolo è stato una croce per me. Il più lungo. La svolta. Se ne vedranno delle belle!



Ma allora è tutto vero


Si stese sul letto. Il copriletto era morbido al tatto. Il vantaggio più grande del lavorare per un’importante giornale è la possibilità di soggiornare nei migliori hotel a disposizione. In questo caso anche l’unico nel raggio di 50 Km. La fortuna sembrava sorridergli dato che le roulotte del cast e della troupe si trovavano a qualche minuto di auto da lì. Il che significava avere Violet davvero vicino. Era il momento perfetto.
Prese il pass per accedere al set. La conferenza stampa si sarebbe tenuta soltanto il giorno dopo, ma non erano previste riprese per tutto il pomeriggio che, di conseguenza, era libero per tutti. Aveva già visto alcuni attori in giro per la piccola cittadina dove lui soggiornava, ma di lei nessuna traccia.

Quel giorno il set sembrava il posto ideale per un serial killer per sfogare la propria rabbia repressa.
Jonathan si aggirava tra le roulotte e le macchine da presa alla ricerca di Violet.
C’era un silenzio quasi spettrale. Tutti dovevano essere ormai andati via. Si ritrovò a camminare per i corridoi di quella che doveva essere la scuola ricostruita per le riprese. Le lunghe fila di armadietti grigi gli ricordavano il periodo del liceo. Si fece vento con il suo taccuino. L’aria era irrespirabile. Ma lui non avrebbe mollato. Sapeva che la donna era lì da qualche parte, bisognava solo trovarla.
Continuò a girare tra le varie scenografie. Tutto era così maledettamente adolescenziale!
Sulla strada del ritorno incontrò un paio di tecnici.
“Chi è lei?” gli chiese il più grande tra i due.
“Sono un giornalista. Ho il pass: guardi” disse mostrandogli il permesso.
“Cosa ci fa qui?”.
“Sto cercando la sceneggiatrice, Violet Harris. La volevo intervistare”.
“Questa mattina era insieme al regista. Hanno girato un paio di scene e poi lui ha dato la giornata libera a tutti ed è partito per New York insieme ai produttori. Provi a vedere se è nella sua roulotte”.
“Grazie mille”. Si allontanò velocemente. Non c’era nemmeno in giro James Franco, un ostacolo in meno.
Si trovava già nella zona dei caravan quando vide un’ombra: doveva esserci qualcuno dall’altra parte del camper. Fece qualche passo fino a quando non raggiunse il camper della donna, ma invece di bussare si nascose dietro la roulotte opposta. La macchina fotografica al collo.
La porta improvvisamente si aprì rivelando Violet. Iniziò a scattare.
La riccia incominciò a guardarsi intorno. Parlò a qualcuno che lui non riusciva a vedere.
“Darren, muoviti o  ti scopriranno!”. Finalmente la sua fotocamera riuscirono a prendere anche l’altro che fu rapidamente trascinato nell’abitacolo. Fotografò tutto.
Attese ancora sperando che la situazione evolvesse presto in qualcos’altro, cercando di origliare un qualche genere di conversazione. Ma evidentemente avevano acceso la televisione per non farsi sentire.
Dopo una decina di minuti vide due ombre dietro la tapparella. Si stavano baciando ed anche intensamente. Sorrise per la sua fortuna. Questo era davvero quello che ci voleva. Dopo aver fatto gli ultimi scatti, si allontanò soddisfatto. Oh si sarebbe divertito tanto.
 
Dopo la chiamata di Mika, Chris guardò l’orologio: erano già le otto. Dovevano alzarsi o altrimenti avrebbero fatto tardi. Iniziò a scuotere leggermente la donna accanto a lui che dormiva ancora profondamente.
“Violet sono già le otto. Sto morendo di fame e dobbiamo girare”.
“Tu devi girare, io sono solo la sceneggiatrice” e si girò dall’altra parte. Poi si rigirò ed aprì gli occhi.
“Abbiamo dormito sul pavimento?”. Chris annuì. La riccia si alzò e sbadigliò, prese il telefono ed uscì dalla roulotte. Sulla porta gli disse: “Vado a farmi una doccia veloce. Ci vediamo dopo”. “A dopo”.
Un quarto d’ora dopo e Violet si sentì pronta ad affrontare la giornata. Era Venerdì, penultimo giorno di riprese per quella settimana. Ormai aveva perso quasi del tutto il contatto con la realtà. Sapeva solo che erano a metà Luglio e che tra 5 settimane esatte avrebbe rivisto Mika. Non era l’unica a fare il conto alla rovescia a quanto mancasse alla pausa estiva; James era arrivato addirittura a contare i giorni che lo separavano da Anne. Qualcuno bussò alla porta del suo caravan.
“Chi è?” chiese mentre si stava truccando. Probabilmente era Chris.
“James”. Quando parli del diavolo. Gli aprì e continuò a passarsi il correttore.
“Cos’è quel coso che hai in mano?”domandò sedendosi sul divano dell’amica.
“Correttore, serve a coprire le borse sotto gli occhi. Come se non truccassero anche voi uomini!”.
“Lo so, io quando posso mi rifiuto categoricamente. Dormito male?”.
“Si ed anche poco. Ho parlato fino a tardi con Chris”.
“Ecco dov’eri. Tom mi aveva detto che non sareste venuti a cena fuori. Ma tanto ero tranquillo che niente sarebbe accaduto”.
“Perché lui è gay o perché io sono impegnata?”.
“Ah sei impegnata? E da quando?”.
“Stronzo!”disse prima di tirargli un cuscino in faccia. Iniziarono a ridere entrambi.
“Comunque ero venuto qui per dirti una cosa importante: questo pomeriggio e domani non ci saranno riprese”.
“Perché?”.
“Non posso ancora dirlo, nemmeno a te. Anche perché penso che lo saprai presto da qualcun altro. Io, dopo pranzo, parto con i produttori”.
“È successo qualcosa di grave?”.
“No, non ti preoccupare. Adesso vado, devo sistemare alcune cose prima di girare. Ciao”.
“Bye, Bye”. Ma non restò sola a lungo. Dopo pochi minuti Chris entrò nell’ambiente senza bussare.
“Da quanto tempo” lo salutò ironicamente lei.
“Ho visto James uscire. Sai perché non ci saranno riprese né domani né oggi pomeriggio?”.
“Non ha voluto dire niente neanche a me”.
“Senti Violet” iniziò a tormentarsi le mani “volevo ringraziarti. È stato bello potersi confidare senza essere giudicato. Ecco: io ormai ti considero una grande amica e spero che lo stesso valga per te”. Improvvisamente l’attore si ritrovò stritolato tra le braccia dell’altra. “Certo che è lo stesso”. 
Si separarono. “Ok, adesso sarà meglio andare” disse Violet.
Quella mattina sul set c’era il solito e continuo via vai di gente: truccatori, scenografi, costumisti. Nessuno stava un attimo fermo o smetteva di parlare. Il silenzio, quello assoluto che lei tanto amava, c’era soltanto in due casi: quando finiva la giornata o quando si girava.
Fortunatamente quel giorno non erano molte le scene da dover essere filmate e quindi già verso l’una l’ambiente era piombato nella quiete più totale. Il cast si riunì per mangiare e decidere cosa fare del resto della giornata.
“James ci ha detto che pur non dovendo girare dobbiamo restare in zona, soprattutto domani. Quindi niente gite fuori porto” disse Tom.
“Io sono un po’ indietro per l’articolo per il Times, quindi potrò liberarmi solo questa sera tardi” rispose Violet.
“Perché non andiamo a farci un giro in zona oggi pomeriggio e stasera diamo una festa nella mia roulotte?”. Propose sempre Tom. Tutti furono d'accordo. Continuarono a mangiare e a parlare d'altro.
 
Le fonti c'erano, cosi come il tempo ed il computer; le parole invece erano partite in vacanza insieme alla dolce compagnia dell'ispirazione. Voleva essere dovunque tranne che lì a fissare lo schermo del pc.
"Non mi chiama!". Chris Colfer era appena entrato nella sua roulotte. Violet lo fissò con uno sguardo confuso. Il ragazzo si sedette accanto a lei e si prese la testa tra le mani.
"Chi di grazia?" Chiese la scrittrice abbassando lo schermo e spostando lo sguardo sul soprano.
"Darren, è ovvio" disse a stento trattenendo un sospiro. Prese il telefono e lo posò sul tavolino di fronte a lui.
"Da quanto tempo?".
"Da ormai 24 ore e su Twitter ha scritto che presto tutto finirà". Scoppiò a piangere e continuò tra i singhiozzi "ho mandato all'aria tutto!"
"Poteva riferirsi a qualsiasi cosa e non necessariamente a voi due; a me, per esempio, piace da impazzire scrivere post che nessuno capisce davvero". Violet prese ad accarezzare dolcemente la schiena dell'amico.
"Non è da Darren" replicò sconsolato.
"Perché non lo chiami tu allora? Almeno ti togli il dubbio o preferisci questa agonia antiestetica?".
"Sinceramente non lo so. La verità è che ho capito di essermi talmente innamorato di lui da potermi accontentare anche solo di portargli il caffè per stargli vicino. Diamine sono diventato un detestabile romantico!".
"Beh in effetti dovresti iniziare a darti alle soap opera" gli rispose cercando di alleggerire l'atmosfera e proseguì "Vai in bagno a sciacquarti il viso e poi io e te andiamo a fare shopping!". Chris le sorrise riconoscente e si diresse nell'altro ambiente.
In quel momento il telefono del soprano vibrò. Darren Criss stava chiamando. La scrittrice non ci mise molto tempo a decidere, rispose.
“Chris, non mi sembra vero che tu abbia risposto” disse una voce in preda dalle lacrime.
“Non sono Chris infatti, immagino che tu sia Darren. Sono Violet”.
“Come la sceneggiatrice? Dov’è Chris? La sua roulotte è vuota”.
“Si, sono io. Il tuo Chris è nella mia roulotte. Ma tu dove sei?”.
“Sul set”.
“Hai il pass, vero?”.
“C’è bisogno di un pass?”.
“Lasciamo perdere. Sei ancora vicino il caravan di Chris?”.
“Si”.
“Bene vai dritto, un centinaio di metri e vedrai una pazza  che si sbraccia: sono io”.
“Grazie”.
“Lo faccio per lui, ma giuro che se lo farai soffrire, non sarai più  capace di camminare”.
“Non preoccuparti. Sto arrivando”.
Terminata la conversazione, Violet chiuse la porta del suo bagno a chiave per non far uscir l’amico e si precipitò fuori dal’abitacolo.
Si guardò intorno ed a un tratto lo vide: un hobbit con una grossa massa di ricci neri. Aveva paura che qualcuno lo vedesse e lo scoprisse.
"Darren, muoviti o ti scopriranno!" Gli intimò. L'attore la raggiunse e lei lo trascinò all'interno.
Intanto Chris aveva capito che qualcosa non andava: la porta del bagno non si apriva e Violet ignorava i suoi lamenti. Stava per perdere la pazienza. Cosa stava succedendo. Poi aveva sentito un suono che mai avrebbe creduto di poter udire tanto facilmente: la voce di Darren.
"Dov'e' Chris?" Aveva appena domandato. A quel punto la porta del bagno si aprì con uno scatto e lui uscì.
"Prima che tu dica qualcosa, mi chiudo in bagno e vi lascio soli. Accendo anche la televisione così non sentirò niente".
Erano rimasti soli. Stava davvero per finire tutto o era l'inizio di qualcos'altro?
"Mi sei mancato così tanto. Chris, ti prego ascoltami e poi sarai libero di andartene e di lasciarmi per sempre".
L'altro si mise con le spalle contro la finestra e fece segno che lo stava ascoltando.
Allora Darren proseguì " Sono stato uno stupido, ho lasciato che la paura mi avvolgesse, paura che i miei genitori non mi avrebbero più' voluto bene, che nessuno mi contattasse più. Quando sei andato via è stato come avere una pugnalata al cuore, ho avuto paura che ti dimenticassi di me e che ti innamorassi di qualcun altro; per questo ti chiamavo ogni giorno, mi sembrava di continuare a starti vicino".
"Sembravi uno stalker" disse Chris con voce atona. Darren gli sorrise dolcemente e egli gli chiese "Allora perché sei qui? Colto dall'impossibilità di questo amore sei venuto qui a propormi un omicidio-suicidio?".
Darren gli si avvicinò e gli prese le mani.
"No, sono qui per offrirti il pacchetto completo. Basta segreti e sotterfugi. Voglio uscire con te mano nella mano, non mi importa di cosa dice la gente. Io ti amo e niente potrà farmi tornare indietro. Finirei anche sotto i ponti per amarti. Ti prego dimmi che è lo stesso anche per te".
"Ti rendi conto a cosa andrai incontro? La gente inizierà ad additarti, potresti perdere dei lavori, e non sai nemmeno come potrebbero reagire i tuoi!".
"Se tutto questo significa poter stare con te, va bene. Io ti amo come non ho mai amato nella vita, non voglio sembrare un patetico romantico, ma è la verità. Sono stato uno stupido, un immaturo, un codardo". Chris lo guardò con occhi lucidi e rispose " Ed io che pensavo che volessi lasciarmi!". Darren lo abbracciò e gli sussurrò all'orecchio "Devo prenderlo come un sì ?".
"Salto se salti tu Jack" rispose Chris sorridendo. Allora l'altro lo baciò. Un bacio dolce e violento alla stesso tempo. Un bacio che sapeva di mancanza, di ben tornato e di un nuovo inizio. Per qualche minuto l'aria fu invasa da caldi baci e soffici gemiti.
Violet sentendo soltanto la televisione aprì la porta del bagno e sbirciò i due.
"Penso che sia arrivato il momento di prendere una camera ragazzi!".
Scoppiarono tutti e tre a ridere.
"Lo credo anche io" rispose Chris che subito dopo corse ad abbracciare l'amica. "Tu sei malefica" le sussurrò all'orecchio.
"Lieta d'aver avuto ragione" gli rispose.
“Grazie mille, Violet” le disse Darren timido.
“Solo dovere per una fiera sostenitrice dell’amore”. Risero tutti e tre ed uscirono dall’abitacolo, Violet con la tracolla del computer e Darren e Chris mano nella mano.
“Cosa farai adesso?” le chiese quest’ultimo.
“Andrò in città e mi rinchiuderò in un caffetteria per scrivere in santa pace. I vostri piani penso di conoscerli già” disse con un sorriso.
“In effetti c’è un comodo letto che ci aspetta in albergo” rispose Darren.
“Allora ci vediamo domani, magari per un caffè?”.
“Certamente. Vieni tu in hotel, sono registrato sotto il nome Anderson*”.
“Davvero originale” commentò Chris ironico.
Si salutarono e si avviarono in due direzioni opposte.
Violet era intenzionata a finire un articolo che a dir la verità non aveva mai incominciato, ma chissà come mai le era venuta in mente un’idea ed era speranzosa. Davvero strano che una corrispondente da Londra stesse scrivendo dagli stessi Stati Uniti, ma in redazione non avevano avuto problemi dicendole semplicemente che era la sua rubrica e non importava da dove scrivesse, ma cosa scrivesse.
 Si aggiustò la borsa e si diresse con fare spedito verso la sua auto.
Tutto sembrava sorriderle, mancavano poche settimane ed avrebbe rivisto Mika, che, nonostante non avesse ammesso a nessuno, le mancava. Non sapeva quanto in realtà il cantante fosse vicino.
 
L’arrivo di Mika a New York era previsto soltanto per le otto della mattina seguente, però i produttori avevano degli affari da sbrigare in città ed avevano deciso di anticipare la partenza per quello stesso pomeriggio. E lui non aveva niente in contrario, anzi. Il motivo della sua gioia nell’apprendere che avrebbe avuto tutto il pomeriggio e la notte liberi nella grande metropoli poteva addursi ad un semplice nome: Anne. La donna, infatti, si trovava lì già da qualche giorno per terminare le riprese del suo ultimo film.
Soltanto di una cosa si era meravigliato: del fatto che Violet non sapesse nulla dell’arrivo di Mika né della conferenza stampa. Probabilmente voleva farle una sorpresa si ritrovò a pensare mentre osservava le luci della città fuori dal finestrino del suo taxi. Poi il veicolo si fermò e vide Anne. Ed in quel momento si dimenticò di tutto, di Violet, di Mika, del film e della conferenza stampa. C’era solo Anne che lo stava baciando.
 
 
Per la prima volta dopo settimane aveva dormito magnificamente. Il sapere che presto avrebbe avuto la sua rivincita lo aveva fatto sentire sollevato. Il suo era un piano perfetto. In realtà non era molto il materiale a sua disposizione, ma la sua esperienza in campo giornalistico gli aveva insegnato una cosa in particolar modo: come montare una storia dal niente prendendo spunto dai piccoli particolari, mostrare di avere delle fonti sebbene esse fossero semplicemente delle foto di ombre e un portiere d’albergo con cui stava parlando in quel preciso momento.
“Quindi lei mi sta dicendo che non c’è nessuna camera sotto il nome Criss o magari Harris”.
“Mi dispiace, signore, ma in questo momento gli unici ospiti presenti siete voi giornalisti per la conferenza stampa più il signor Anderson e da domani sera il signor Jones”.
“Va bene, grazie mille”.  Si voltò ed il suo sguardo cadde su due figure sulle scale, quando si dice la fortuna. Si rigirò e chiese sorpreso.
“E quello è un cliente?”.
“Oh. È il signor Anderson, il cliente di cui le parlavo prima”.
“Anderson? Come ho fatto a non pensarci prima? Davvero poco originale. Ed il signor Anderson ha una singola?”chiese ancora allungando l’ennesima banconota che stava andando a formare una mancia un po’ troppo grossa per il portiere chiacchierone.
“Grazie signore” disse quello “No, la camera di Anderson è una matrimoniale”.
“Perfetto, i tuoi servigi non saranno dimenticati”. Non appena ebbe pronunciate quelle parole si diresse  senza farsi vedere verso le due figure che erano ancora sulle scale.
Darren e Violet ridevano e scherzavano tranquillamente, iniziarono a scendere i gradini, le loro mani si sfioravano accidentalmente. Jonathan non perse l’occasione. Scattò, scattò e scattò. Decise di seguirli. Questa volta non si sarebbe accontentato. Entrarono in una caffetteria, l’unica in città. Li vide prendere due caffè e poi sedersi. Parlavano tranquillamente senza dare alcun indizio di una possibile relazione tra loro. Ma un particolare destò l’attenzione del giornalista, una macchia violacea abbastanza grande si estendeva sul collo dell’attore. Un succhiotto. Ma non fu l’unico a notarlo. Infatti dopo poco Violet sorrise e fece una commento sarcastico a giudicare le risate di entrambi. Scattò e scattò ancora zoomando sul segno sul collo.
Poi si andò a sedere su un tavolino poco distante, aprì il suo pc portatile ed iniziò a scrivere. Ogni parola era un mondo in cui stranamente due ragazzi che stavano parlando allegramente erano diventati innamorati segreti, due semplice ragazzi che stavano sorseggiando i propri caffè parlando di musica e teatro.
Alle 10 le foto di Darren e Violet circolavano in rete corredate di un articolo scritto da un anonimo. Lo stesso anonimo che cinque minuti dopo si faceva passare al telefono il direttore del New York Times dichiarandosi profondamente indignato del fatto che la rubrica ideata da lui fosse andata ad una sciacquetta che se la faceva con  un cantante qualsiasi. L’uomo gli rispose con voce pacata che avrebbe pensato a tutto lui. Chiuse la chiamata soddisfatto, terribilmente soddisfatto. Poi come ultima cosa twittò il link dell’articolo a James Franco. Oh stava cominciando a prenderci gusto
 
 
 
Toc. Toc.
“Chris hanno bussato alla porta” disse Darren mentre si stava infilando i primi vestiti che aveva visto.
Nessuna risposta.
“Chris?”. Un semplice verso e qualche parola.
“Mhm, troppo sonno”.
“Davvero soddisfacente come risposta” disse ridendo ed aprì la porta.
“Ciao Violet”.
“Ciao a te Darren! Dov’è Chris?”. Entrò nella stanza e gettò uno sguardo al letto.
“Non hai intenzione di alzarti, vero?” chiese rivolta all’ammasso di cuscini e coperte sotto cui si nascondeva il soprano. La massa si mosse in segno di diniego.
Darren sorrise dolcemente a quella scena.
“Peccato, volevo offrirvi un caffè. Ho passato la notte in bianco e non in modo piacevole come voi”. La faccia di Darren si tinse dei toni più accessi di rosso.
“Dar, non arrossire. Chiunque penserebbe lo stesso vedendo questo letto!”. Ci fu una risata generale improvvisamente interrotta dal telefono della scrittrice.
“Spegnete quell’affare infernale!” tuonò Chris prima di chiudere gli occhi. Darren ridendo ancora si diresse in bagno.
“Pronto? Oh, ciao James. All’ hotel Hyatt per le undici. Ci saremo. Avverto io Chris, non ti preoccupare”. Chiuse la comunicazione e si diresse verso il letto sfatto.
“Chris?”. Picchiettò dolcemente la mano sulla sua spalla.
“Voglio dormire!” rispose quello con voce addormentata.
“Fatti trovare alle undici all’ Hyatt, va bene? Ci sarà una conferenza stampa e dovrai partecipare anche tu. Ti  metto la sveglia per le dieci, hai ancora un paio di ore”. Detto ciò si alzò e fece per uscire quando Darren le parlò. “Penso che offrirti qualcosa sia il minimo per sdebitarmi”.
“Non ho fatto niente di eccezionale, ho semplicemente dato una spinta al tutto”.
“Come prendi il caffè?”.
“Non ti arrendi facilmente tu, vero?”.
“No” rispose sogghignando ed aprì la porta facendole segno di uscire per prima “Allora come lo prendi il caffè?”. Si lasciarono alle spalle un Chris dormiente ed un ammasso di lenzuola.
 
Nonostante non fosse molto lontano dalle più grandi città statunitensi, quel posto sembrava davvero dimenticato da dio. Ne era un esempio la totale mancanza di Starbucks. Per Darren fu un trauma, era così abituato a quel caffè che senza esso non gli sembrava di trovarsi in America. Sorseggiò silenziosamente le sua bevanda sotto lo sguardo divertito di Violet.
“Dopo un po’ ci fai l’abitudine”.
“A cosa? Ad una parodia di caffè?”. Risero e continuarono a parlare di tutto e di più.
Si raccontarono di Chris, delle proprie esperienze, dei propri studi, delle proprie passioni.
“Non posso credere che tu abbia letto Harry Potter!” esclamò estasiato Darren.
“Mai sottovalutarmi! Sono cresciuta con quel libro!” poi la sua attenzione si spostò ad una macchia violacea che Darren aveva sul collo. “Wow non facevo Chris un tipo così passionale” ed indicò il collo dell’altro.
Dire che l’attore si fece bordeaux era poco. Sfiorò tutte le gradazioni del rosso per poi passare al viola che portava tanta sfortuna in teatro. “Diciamo che abbiamo sentito la mancanza l’uno dell’altro”.
“Decisamente” concordò sogghignando Violet.
Era strano il rapporto che si era instaurato tra i due. Forse perché Violet era interessata ad un altro riccioluto, decisamente più alto, forse perché Darren era perdutamente innamorato di un paio di occhi azzurri da più di un anno ormai. Non c’era quell’imbarazzo che poteva nascere tra due persone che si erano conosciute per caso in particolari circostanze. Erano come due bambini al parco: tutto era naturale, spontaneo e leggero. Tra di loro si respirava la libertà dello sbagliare, si poteva cogliere la verità delle loro risate. Come se si conoscessero da sempre.
Non si accorsero nemmeno di essere arrivati all’hotel fino a quando James non si fermò davanti a lei.
“Ma allora è tutto vero”.
Accanto a lui, Mika la guardava triste.


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Capitolo 11
*** Darlet o Crarris? ***


  
Darlet o Crarris?
 
Quando Darren Criss aveva dichiarato di volersi prendere una vacanza per sistemare alcune cose nessuno avrebbe mai pensato di trovarlo in un piccolo caffè in compagnia di Violet Harris.
Da tempo si vociferava negli ambienti di Glee che il bel moro avesse un amore segreto, ma di certo non ci saremmo aspettati la Harris.
 
James si trovava in auto ad aspettare che Mika ultimasse gli ultimi controlli doganali quando il suono inconfondibile del suo telefono lo destò dai suoi pensieri. Era arrivato un tweet.
Con sguardo annoiato e leggermente addormentato sbloccò la testiera ed iniziò a leggere.
E dopo pochi secondi, a ridere. Una risata isterica, però. Di chi si aspettava tutto tranne che quello. Una bugia bella e buona che il web rapidamente stava spacciando per vera e alla quale molti avrebbero creduto. Le foto c’erano, questo era innegabile. Ma non erano compromettenti, al massimo fraintendibili.  Per quanto riguardava il bacio, erano solo due ombre: non si poteva affermare niente con assoluta certezza.
Pensò a Violet, nella quale riponeva massima fiducia, e a Mika, che non aveva le basi per fare altrettanto. Decise di tenere la notizia per sé, di far finta che l’uragano non si fosse ancora abbattuto. Violet doveva avere la propria occasione per motivare quegli scatti, di persona, faccia a faccia.  Ripose il telefono appena un attimo prima che Patrick Jens facesse salire Mika sull’auto. Partirono parlando di come era stato il volo. Nient’altro.
 
Eppure le foto non ci lasciano dubbi: ridono e scherzano come due teneri fidanzatini.
La coppia è uscita allo scoperto solo ieri pomeriggio, quando le nostre fotocamere hanno colto Darren sul set di “The Intellectuals”, film di cui la sua dolce metà è sceneggiatrice. I due, dopo essere entrati nella roulotte, si sono abbandonati a baci passionali, come ci testimoniano le foto.
 
Era già trascorso un quarto d’ora da quando lui e James si erano lasciati in albergo. Il regista  aveva delle faccende da sbrigare sul set, mentre il suo unico desiderio era quello di rivedere Violet almeno cinque minuti prima dell’inizio della conferenza stampa.
D’un tratto la sua attenzione fu catturata da due uomini che discutevano animatamente. Sembravano giornalisti. Si avvicinò alle loro spalle per ascoltare incuriosito i loro discorsi.
“Ti dico che li ho visti!” diceva uno.
“Non ci credo, andiamo! E quando si sarebbero conosciuti?!” chiedeva scettico l’altro.
“Non ne ho idea, ma se ci pensi bene Violet Harris corrisponde proprio alla descrizione della persona che molti indicavano come sua compagna segreta”.
“E le voci su Colfer?”.
“Andiamo! Quei due erano equivoci per fare pubblicità! Da quando è finita la serie non si sono più visti insieme”.
“Forse è davvero nata una nuova coppia”.
“A Violet e Darren!”.
Di cosa diamine stavano parlando quei due?
Era davvero arrivato il momento tanto temuto?
 Quello in cui ci si risveglia dal sonno e si scopre che le persone non sono quelle che sembravano?
Sentì un senso di amarezza e disgusto per se stesso alla bocca dello stomaco.
Sapere che tutto era stato un illusione lo faceva stare male, tremendamente male.
Si sentì come se avesse perso qualcosa di prezioso.
Fu risvegliato dalla voce di James che lo stava chiamando.
“Tu sapevi qualcosa?” chiese appena lo ebbe raggiunto.
“Solo quello che hanno riportato i giornali. Ma è tutto assurdo: non ho mai visto Darren di persona, figurarsi sul set ed in compagnia di Violet. Mika, lo so che è difficile, ma cerca, anzi cerchiamo, di non saltare a conclusioni affrettate.”.
“Ci proverò”.
“Guarda, sai che facciamo? La chiamiamo e le chiediamo di raggiungerci; così sarà lei a spiegarci l’equivoco”.
Si girarono e si avvicinarono all’uscita quando il loro sguardo venne catturato proprio da Violet, in compagnia di Darren.
Sembravano così complici, così in sintonia.
E per un attimo James si dimenticò che si trattava della sua Violet.
Quella che amava la sincerità perché nella vita aveva avuto solo bugie.
Quella che odiava la notorietà.
Quella che sorrideva a tutti.
Quella che fino al giorno precedente era triste per la lontananza da Mika.
Per un attimo James se ne dimenticò e si fece trasportare da quel teatrino.
E come una marionetta nel circo dello show business prestò fede a quelle foto e non ai ricordi.
“Ma allora è tutto vero” sussurrò, ma Mika lo udì chiaramente e cadde nella trappola anche lui.
 
“Mika? Che cosa ci fai qui?” chiese sorpresa Violet.
“Più che altro cosa ci fa lui qui?” chiese James al posto del cantante, ancora scosso dal tutto.
Darren si sentì colto in fallo e non seppe cosa rispondere: dopotutto nessuno sapeva di lui e Chris ed in questo momento l’unico posto in cui non si sarebbe dovuto trovare era proprio la hall di un albergo lontano chilometri da New York. Alla fine decise di dire una mezza verità.
“Sono venuto a trovare un mio vecchio amico, Chris. Ieri mi trovavo nelle vicinanze ed ho saputo che aveva il pomeriggio libero, così sono venuto a fargli un saluto”. Lanciò uno sguardo veloce alla scrittrice, pregandola di continuare. “ Questa mattina siamo andati a prendere un caffè tutti e tre insieme. Chris, però, aveva dimenticato il telefono in camera ed è tornato indietro prima, lo stavamo raggiungendo”.
“Peccato che Chris non sia in nessuna delle foto” disse, finalmente, Mika.
“E che non sia qui a confermare la vostra storia” proseguì James.
“Quali foto?” chiese Violet stupita. Appena ebbe finito di porre la domanda vennero interrotti da Patrick Jens.
“Signor Penniman, James, Violet, la conferenza stampa sta per cominciare, dobbiamo accomodarci al piano di sopra. Dov’è Chris?”.
“Vado a chiamarlo” e Darren si allontanò silenziosamente da loro.
Gli altri si diressero verso gli ascensori, James e Patrick davanti, Violet e Mika dietro. Quest’ultimo non sembrava minimamente intenzionato a proferire parola e quel silenzio stava soffocando l’altra, soprattutto perché non era riuscita ancora a capire le parole dei due. Decise di rompere quell’imbarazzo e chiese: “Cosa sta succedendo?”.
“Non fare la finta tonta. Ormai so tutto, potresti anche smettere di fingere” rispose continuando a guardare davanti a sé.
“Mi dispiace deluderti, ma davvero non so di cosa stai parlando. Evidentemente ne sai più di me. E guardami quando ti parlo” e lo prese per un braccio. Mika fuggì a quel tocco, ma rivolse finalmente il suo viso verso la donna.
“Sto parlando di te e Darren”.
“Me e Darren cosa?”.
“Vi hanno fotografati mentre stavate prendendo un caffè insieme, mentre scendevate dalle scale di questo hotel, mentre lo facevi entrare nella tua roulotte. Devo andare avanti?” disse con tono amareggiato. Violet capì di essere al centro del primo scandalo montato dai giornali e che era in una situazione compromettete, davvero compromettente.
“Non è come pensi, tra me e Darren non c’è assolutamente niente!”.
“Allora spiegami perché l’hai fatto entrare nella tua roulette e perché i giornali dicono che tu e lui state insieme!”.
“Non posso, Mika. È una situazione complicata in cui sono coinvolte altre persone, persone a me care e verso le quali ho il dovere di essere leale. Ti prego di credermi: io e Darren non stiamo insieme, né lo siamo stati, né lo saremmo mai”. Il cantante la guardò tristemente. Una parte di lui gli stava dicendo di potersi fidare, di lasciarsi andare, un’altra di non credere a quelle parole, vaghe e vuote. Poi la verità lo colpì in pieno viso: Violet non si fidava abbastanza da condividere il suo segreto con lui.
“Non ti fidi di me” mormorò semplicemente.
“Io mi fido di te” rispose.
“Ed allora spiegami cosa sta succedendo” disse pacatamente. Erano arrivati davanti all’ascensore.
Incapaci di poter continuare a parlare davanti agli altri due, interruppero la conversazione.
Violet, spazientita dall’attesa e stanca delle continue occhiate di James e di Mika, scelse di prendere le scale. Il cantante la seguì poco dopo.
Gradino dopo gradino, la sceneggiatrice cercava di mettere ordine alle proprie idee, di trovare una via di salvezza a quella situazione. Era in un mare di guai. Se avesse raccontato la verità a Mika, sarebbe stata costretta a parlare anche con James. A questo punto, però, avrebbe messo nei guai l’amico, costretto a licenziarla o a essere licenziato per non averlo fatto. Inoltre il “New York Times” sicuramente avrebbe preferito interrompere il loro rapporto di lavoro. Del resto, non voleva nemmeno nascondere niente al cantante. Quello che avevano – a cui non era riuscita ancora a dare un nome- era qualcosa di appena sbocciato e che sicuramente non poteva crescere con menzogne e verità negate.
Voleva essere sincera.
Voleva essere leale.
Voleva proteggere i suoi amici.
Si sedette su uno scalino, le rampe di scale erano vuote ad eccezione del libanese che si avvicinava velocemente a lei.
Si portò la testa tra le mani, scuotendola leggermente.
“Mi fido di te”. Mika si mise di fronte a lei, in piedi.
“Allora spiegami cosa sta succedendo”.
“Non posso”.
“Sì che puoi! La verità è quella che appare e tu stai solo cercando di trovare un’abile via di fuga, un modo originale di rigirare la frittata!” disse con rabbia, alzando il tono di voce.
“Non è vero” rise amaramente “La verità è un’altra. Sto pensando a come limitare i danni a questa enorme, catastrofica montatura!”.
“Non hai nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi! Come pensi che io possa crederti, senza darmi nemmeno uno straccio di spiegazione! Perché dovrebbe essere una montatura?”.
“Per il momento non ti basta che ti dica che è tutta una montatura?”.
“Non mi basta” rispose secco il cantante.
“Dici che non mi fido di te perché non voglio raccontarti nulla, eppure tu non ti fidi abbastanza per credermi”. Il suo ragionamento non faceva una piega.
“Io….io, non è così”.
“Non era una domanda la mia, era una costatazione,un dato di fatto”. Alzò il viso verso di lui.
“Se non mi darai la tua versione dei fatti, per me la verità è quella che appare sui giornali”
“E allora penso che non troveremo mai un punto di incontro” si alzò e continuò “Tu mi piaci, Mika. Sei simpatico, divertente, dolce, colto, interessante. Mi sono piaciute le nostre chiacchierate, ma tu non mi credi e io non posso dirti la verità per il momento. Se non c’è fiducia, non vedo come possa esserci un rapporto che vada al di là della semplice conoscenza”.
L’altro rimase ammutolito: non si aspettava di certo questo.
“Cosa stai dicendo, Violet?” chiese sconcertato.
“Quello che ho detto. Inoltre se tu credi a quelle foto, mi devi lasciare. A detta di quell’articolo io sono stata a letto con un altro uomo mentre  frequentavo  te. Io non so cosa ci sia davvero tra di noi, non so se possiamo chiamare “relazione” il nostro rapporto. Ma qualsiasi cosa ci sia, adesso è finita. Andiamo ora, gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto”.
Violet salì i restanti gradini velocemente, augurandosi che il resto si sistemasse più felicemente del suo rapporto con Mika. 




Allora, non scriverò molto perché penso che ognuno di voi avrà una reazione diversa e si merita una spiegazione diversa. Voglio solo ringraziare DakotaLambertJonas per avere betato il capitolo. 
Vale

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Capitolo 12
*** The Press ***


Allora, so di essere un po' in ritardo. Posso solo giustificare dicendomi che sono stata tre settimane a Londra.
Vorrei dedicare questo capitolo a Patty, la mia beta, indispensabile per questo capitolo. 



Capitolo dodici: The Press

Aveva già partecipato ad un paio di conferenze stampa, ma in qualità di giornalista e non era mai stata al centro dell’attenzione, cosa che, tra l’altro, odiava.
Violet sapeva cosa significasse essere dall’altra parte della barricata: volevano notizie, fatti, date, nomi e luoghi. Si sentì come una preda, ma lei non era una povera pecora, bensì un’agile gazzella, pronta a correre e a schivare i fendenti.
Erano bastate un paio di occhiate tra lei e Chris per capire che lui sapeva tutto. Non aveva idea di che comportamento avrebbe adottato l’attore.
In effetti non sapeva esattamente cosa stesse succedendo: non aveva ancora visto le “famose foto”, ma poteva facilmente immaginarne il contenuto.
Le uniche certezze che aveva in quel momento è che tutto era in bilico e che aveva appena chiuso il suo rapporto con Mika. Un nodo alla gola le salì al solo pensiero di cosa fosse accaduto solo pochi minuti prima.
La delusione della mancata fiducia bruciava prepotente nel suo petto nonostante apparisse a suo agio, calma e sicura di sé; come Chris, d’altronde, seduto alla sua sinistra, che spostava il suo sguardo da Darren, in fondo alla sala, alla donna. Una donna che elargiva sorrisi ai giornalisti fu quella al cui fianco si sedette James. Lanciò un’occhiata all’amica prima di sussurrarle: “Cosa sono quelle foto?”
“Sono una montatura, cioè…sono vere, ma hanno un significato completamente diverso da ciò che è scritto nell’articolo”.
“Quindi Darren non è il tuo amante?”.
“Assolutamente no. Ci siamo conosciuti solo ieri!”.
“Per un momento ho pensato che stesse veramente insieme: sembravate così complici!” disse amareggiato.
“Lo so. C’è una buona intesa, ma niente di più”. James tirò un sospiro di sollievo.
“Per fortuna! Pensavo di aver perso il mio ruolo privilegiato!”.
“Mai e poi mai!”. I due si sorrisero, ma James notò che Mika continuava a lanciare occhiate tristi e allo stesso tempo rabbiose.
“Lui sa la verità?” chiese a voce più bassa, indicando con la testa il libanese.
“Ho provato a spiegargli qualcosa, ma non posso raccontare tutto: ci sono troppe persone coinvolte e non so se vogliono far sapere la verità a tutti. Ed adesso conviene, sia a te che a lui, non sapere la verità” disse con tono amareggiato e con  sguardo triste continuò “Almeno tu cerca di capire le mie ragioni e di fidarti”. James le strinse la mano sotto al tavolo e le rispose “Ciecamente. Mi hai supportato durante le mie tragedie, adesso è il mio turno”.
“Grazie”. Si sorrisero. Poi l’attore  ricordò le parole dell’amica.
“Cosa significa “almeno tu” ?”.
“Non mi ha creduto” rispose semplicemente.
“Non dirmi che ti ha lasciato” disse in un sussurro strozzato.
“No, infatti”. James tirò un sospiro di sollievo: in fondo gli piaceva Mika. Ma Violet non aveva finito.
“Sono stata io a lasciare lui”. L’amico ebbe appena il tempo di realizzare cosa avesse appena detto che Patrick Jens, il produttore prese  parola.
La conferenza stampa era iniziata.
Violet e Chris si lanciarono uno sguardo ed il ragazzo le mimò con le labbra “Qualunque cosa accada tu assecondami e mantieni la calma”.
I minuti passarono veloci così come le domande dei giornalisti, dirette più che altro al cantante ed al regista.
I giornalisti sembravano tranquilli, fin troppo tranquilli per i gusti di Violet. Stavano aspettando semplicemente che qualcuno desse il via alle danze e facesse una domanda qualsiasi sulle foto.
Pur prestando molta attenzione alle parole degli altri, il suo sguardo vagava su quella moltitudine di facce, alcune sconosciute, altre conosciute, fino a fermarsi su un uomo che lei conosceva fin troppo bene. Jonathan le stava lanciando uno sguardo divertito ed appena i loro occhi si incrociarono fece una smorfia triste, palesemente finta. Poi alzò la mano e, poco furbescamente, diede inizio alle danze.
“Salve, sono Jonathan Kins del “New York Times” ed avrei una domanda per la signorina Harris”.
“Mi dica tutto, signor Kins” e gli lanciò uno sguardo di sfida. James guardò preoccupato i due e la cosa non sfuggì né a Mika né a Chris
“Prima di tutto: congratulazioni per la sua relazione con il signor Criss, adesso volevo chiederle del personaggio di Nem: è in parte autobiografico?”. Il silenzio calò in sala.
“Mi dica, signor Kins, come mi dovrei comportare? Dovrei ignorare la sua frecciatina davvero poco velata? Il che mi stupisce: un giornalista del suo calibro non è riuscito ad inventarsi una scusa migliore per iniziare questo discorso”. La maggior parte dei presenti ridacchiò.
“Diciamo che lei e il signor Criss non avete sprecato tempo a nascondervi!”. Altre risate. Darren guardò con tristezza la sceneggiatrice: un’altra persona stava pagando per i suoi errori, per le sue azioni impulsive.
“Quello che ha appena detto è davvero offensivo. Insinuare, anzi essere così sicuri di qualcosa senza fonti certe, non è un comportamento da giornalista. Da Jonathan Kins, forse”. Violet lo sfidò con lo sguardo: ormai non aveva più paura.
“Signorina Harris sta forse insinuando che io non sono un vero giornalista?”.
“Assolutamente no. Io mi attengo alla realtà dei fatti, sono una giornalista e questo è il mio compito. Le mie fantasie, le mie divagazioni dalla realtà, le lascio ai miei libri. Tutto questo mi porta ad analizzare le parole di chiunque io mi trovi davanti. Le sue hanno trasudato sicurezza ad ogni lettera. Una sicurezza che dovrebbe avere se lei avesse davvero delle prove, cosa che non mi risulta”.
“Ma le prove ci sono!”.
“La sua sicurezza mi porta a pensare che lei conosce fin troppo bene quelle prove, come se le avesse scattate  lei stesso quelle foto”.
“Ma come? Prima mi dice  che un giornalista si deve attenere alla realtà e poi insinua cose che non può provare?” e rise, a lungo. Violet mantenne la calma per tutto il tempo.
“Come lei non può provare chi siano i due nella foto”.
“Ed allora perché non ce lo dice lei?”. Scacco Matto, cara Violet.
“Perché non è la ragione per cui siamo qui e non vorrei rubare altro tempo prezioso”. Jonathan  rise strafottente.
“Signorina Harris, la realtà dei fatti adesso è questa: lei non vuole rispondere alla mia domanda. Cosa dovrei pensare?”. Violet non sapeva cosa rispondere: non voleva esporre Chris, ma allo stesso tempo voleva liberarsi da quelle insinuazioni, ed anche un sorso di Tequila.
“Se vuole glielo dico io cosa dovrebbe pensare: le due ombre nella foto hanno entrambe i capelli corti, ergo: devono essere due uomini. Violet è una donna, una bellissima donna. Signor Kins, sa perché io sono sicurissimo che i due nella foto sono entrambi uomini? Perché l’altro sono io”. Chris Colfer aveva appena rivelato una verità che il mondo del gossip sospettava da tanto tempo. In realtà aveva appena aiutato un’amica. Violet guardò con occhi sbigottiti l’attore. Così come James. Così come Mika.
Dopo pochi istanti di sbigottimento generale, tutti i giornalisti iniziarono a sparare domande a raffica.
Chris si alzò e si diresse verso l’uscita della sala. Quando arrivò davanti a Darren, questi si alzò e lo seguì fuori . Le loro mani restarono intrecciate per tutto il tempo.
 
“La conferenza stampa si conclude adesso. Ringrazio tutti voi per aver partecipato” disse Patrick Jens con il sorriso sulle labbra.
 
Uscirono tutti sotto la luce dei flash.
Fuori dalla porta trovarono Chris e Darren.
Violet si diresse subito verso di loro.
“Grazie”.
“Abbiamo semplicemente restituito un favore” rispose Chris.
“E poi in qualche modo dovevo fare coming out!”. I due risero.
Erano ancora tutti insieme quando sentirono dei passi in lontananza farsi sempre più vicini.
Jonathan stava parlando al telefono, ma guardava fisso negli occhi Violet.
Mika si avvicinò a James e gli sussurrò all’orecchio.
“Qualcosa mi dice che si conoscevano già prima”.
“Quando Violet stava all’università si sono frequentati per qualche tempo. Ti dirò solo che lui si è comportato da maiale e lei ne è uscita distrutta. Ci sono alte probabilità che sia stato lui ad architettare questo scandalo”. Mika era incredulo.
“Perché?”.
“Probabilmente vuole il suo posto in redazione e non è abbastanza bravo ad ottenerlo con il proprio lavoro”.
“Sono stato uno stupido: invece di starle accanto, sostenerla, le ho dato addosso e non mi sono fidato di lei!” disse con tono amareggiato. Quando aveva visto quelle foto, aveva perso lucidità. Non era riuscito a capire che erano davvero poche le prove contro Violet. In quel momento si era sentito tradito e non aveva capito più niente. Da quando la conosceva si era sempre sentito in bilico come se da un momento al’altro lei potesse accorgersi del grande perdente che era e decidesse di scaricarlo. Quelle foto erano state la conferma di qualcosa che già temeva e ci aveva creduto, completamente. Solo adesso si rendeva conto di quanto stupido fosse stato. Il suo comportamento era stato da ragazzino immaturo. E Violet lo aveva lasciato. E lui se lo meritava. Deficiente, era stato un deficiente.
 “Ci tieni davvero a lei?” chiese James.
“Nonostante la conosca da così poco tempo, sì, ci tengo davvero tanto”.
“Sai Mika? Mi piaci davvero”. Il cantante lo guardò sorpreso e preoccupato allo stesso tempo.
“Non sono interessato agli uomini, mi dispiace”. James rise.
“Nemmeno io. Ti aiuterò. Per il momento lasciala in pace: ha qualche gatta da pelare”.
I due si lanciarono uno sguardo e spostarono la loro attenzione sulla sceneggiatrice ed il giornalista.
Si avvicinarono, giusto in tempo per vedere l’uomo porgere il proprio telefono alla donna dicendole “Il direttore vuole parlarti”. Violet prese il telefono.
“Signore, mi fa sempre piacere sentirla. Sì, mi è sorto lo stesso dubbio. Mi rendo perfettamente conto che il giornale non si può permettere questi scandali. Certo che capisco: bisogna dare un messaggio deciso a chiunque. Il mondo del vero giornalismo lo richiede. Le dimissioni dovrebbero essere perfette. Arrivederci signore”.
Dimissioni.
A questa parola tutti sbiancarono, in particolar modo James che sapeva quanta fatica all’amica quel posto fosse costato. Jonathan sorrise.
Violet gli restituì il telefono e questo le chiese “Allora?”.
“Il direttore mi ha detto di dirti che ha capito benissimo che è stato uno scandalo montato da qualcuno che voleva danneggiarmi. Sa che ci sei tu dietro tutto questo”. Jonathan sbiancò.
“Non avete alcuna prova!”.
“La figuraccia di prima? Per non parlare del fatto che sei stato l’unico a tirar fuori l’articolo e le foto. Il direttore ti consiglia di dimetterti, almeno ti resterà un po’ di dignità”.
Poi, affiancata da Chris e James, andò via.
 
 
 
Era stata una giornata davvero lunga. In meno di dodici ore erano cambiate tantissime cose, ma l’unica che davvero gli interessava era che Violet l’avesse lasciato.
Era innegabile che fin dall’inizio si era trovato in perfetta sintonia con lei. Aveva pensato per un momento che lei potesse capirlo. Ed in parte era stato così. Era stata presente quando aveva avuto dei momenti di crisi di ispirazione negli ultimi mesi.
Gli ultimi mesi.
Gli ultimi mesi sembravano un sogno, un magnifico sogno. Sembravano un sogno perché, sebbene ci  provasse, non riusciva a trovare qualche elemento di quotidianità. Tutto era stato incredibile, magico, irreale. Conosceva la Violet autrice, la Violet pensatrice, timida ed introversa. Ma non sapeva quale fosse il suo piatto preferito, se preferisse il mare o la montagna.
Non avevano mai avuto un vero appuntamento.
Non avevano mai fatto l’amore.
Non erano mai stati al cinema.
Ma lui era intenzionata a provare tutte queste esperienze con lei.
Avrebbe riconquistato la sua fiducia.
Voleva esserci per proteggerla da tutti i “Jonathan” che ci sarebbero stati. 

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