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Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
Premessa… per quelle di voi che hanno
la fortuna di aver trovato questa storia familiare, non preoccupatevi non ho
intenzione di plagiare! O meglio lo sto facendo, ma
non senza avvisare i lettori che la mia storia è tratta da un film.
Il film in questione è coreano ed è uscito nel
2004. “Naesarangssagaji” è
il suo nome originale, ma credo sarà più facile trovarlo con il titolo inglese
(quello della mia fic), e la storia da me narrata è interamente ripresa da esso, anche se la modificherò (vedi nomi, luoghi etc) per renderla più alla nostra portata!
Perché scrivere una fic
“copiata” da un film? Perché (ahimè) dubito di trovare tante
lettrice che conoscano il film o che abbiano avuto la possibilità di
vederlo (in Italia difficilmente le commedie romantiche coreane arrivano). Però dopo aver scoperto questi film, che alle commedie
romantiche americane o italiane non hanno niente da invidiare ANZI (e vi parla
una che non le disprezza affatto) trovo un vero peccato che restino sconosciuti
qui in Italia.
Quindi mi accingo a scrivere la fic con due obbiettivi: o riportarvi anche se in parte qualcosa che io
trovo davvero esilarante e carino. Oppure, meglio ancora, incuriosirvi e
costringervi a trovare un modo per scoprire queste perle orientali ;o)! In qualsiasi caso BUONA LETTURA (o VISIONE)!
PRINCIPI O ROSPI?
Nel bel
mezzo di un bosco fatato sopra un letto di morbide foglie dai colori autunnali
giace una fanciulla dalla folta chioma bionda.
- Uff… ma non arriva? – sbuffa la ragazza dopo aver aperto
l’occhio destro per sbirciarsi intorno.
Scocciata la
giovane si guarda intorno alla ricerca di qualcuno o qualcosa.
Velocemente
si sdraia di nuovo quando sente il rumore delle foglie calpestate.
- Arriva qualcuno.
– dice mentre si ricompone.
Un giovane le si avvicina, ha i capelli neri folti e lucidi le spalle
larghe risaltano dal mantello di velluto rosso tipico dei principi
azzurri.La guarda appassionato e
prendendola delicatamente per il collo la solleva verso di se lentamente pronto
a baciarla per risvegliarla dal suo…ehm sonno.
La fanciulla incuriosita dal suo principe apre gli occhi per
vederlo prima del romantico bacio.
- Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
– urla la giovane alla vista di Marco, il ragazzo più brutto che conosce.
- Erika… Erika… - si sente chiamare la ragazza.
- Cosa? – dice mentre
continua a pulirsi la bocca ancora convinta di aver appena ricevuto un bacio
dal ragazzo.
- Le vorrei far notare che è in classe signorina.
– le urla il professore di matematica. – Come osa dormire durante le lezioni. –
continua impaziente l’uomo.
- Cosa stavi sognando? –
chiedono poco dopo alla ragazza Sara e Carla due sue compagne di classe.
- Un principe azzurro. – risponde Erika. – Secondo
voi cosa vorrà dire? – aggiunge la ragazza senza dare il tempo alle compagne di
chiedere come fosse il suo principe.
- Non lo so... – le risponde
Carla. – Era un sogno bagnato? – aggiunge subito.
- Bagnato? – chiede Erika senza capire.
- Mia mamma dice che è un sogno bagnato se ti
svegli con le mutandine bagnate. – spiega Sara all’amica con fare malizioso.
- Ma cosa cavolo andate a pensare… - urla irritata
Erika ma viene interrotta da una voce proveniente dai
uno dei gabinetti.
- Seeee… see sogni un……. – comincia a dire qualcuno mentre si
sforza. – sogni un principe… se sogni un princ… aahh… se sogni un principe vuol dire che presto ne
incontrerai uno. – finisce finalmente la frase la ragazza, Alessia un’altra
compagna di scuola di Erika.
- Oddio che bello… - urlano in coro Sara e Carla.
– Ti rendi conto incontrerai presto il tuo principe azzurro… aaahhh che invidia.
- Il mio principe azzurro! – ripete Erika
guardandosi allo specchio determinata.
Erika cammina a bordo piscina distratta, senza
accorgersi del bellissimo ragazzo che cammina verso di lei finche non solleva
lo sguardo. Con i capelli ancora bagnati e piccole gocce che scivolano sul suo corpo statuario il giovane cammina sicuro di se senza badare
a tutte le ragazzine che lo guardano con la bava alla bocca, cadendo a terra
innamorate al suo passaggio.
Anche Erika una volta vicino a
lui inciampa distratta da tanta bellezza. Con gesto veloce e deciso lui
l’afferra per la vita, reggendola sicuro come se fosse fatta di piume.
- Stai attenta potevi… -
le dice con voce suadente fissandola negli occhi. – Potevi anche ferirmi. –
aggiunge acido lasciandola cadere a terra e riprendendo a camminare.
- Domani è il nostro centesimo giorno. – dice Erika
davanti ad un gelato fissando sorridente un ragazzo seduto davanti a lei. – E tu invece di farmi un regalo che fai? Mi lasci? – aggiunge
spostando bruscamente il gelato da davanti a se.
- Sì… beh ecco… io… - cerca di dire il ragazzo
intimorito. – La mamma ha detto che sei troppo vecchia per me. – aggiunge quasi
mettendosi a piangere davanti allo sguardo severo della ragazza.
- Guarda che ho solo tre anni più di te brutto
moccioso. – replica la ragazza con tono di superiorità.
- E poi neanche stiamo insieme,
l’hai deciso tu solo per poterlo raccontare alle tue amiche. – insiste il
ragazzino tirando fuori tutto il suo coraggio, ma con il viso di chi sta quasi
pronto a piangere.
- Brutto… - inizia a direErika, ma si accorge che tutti la fissano.
Con calma si alza dalla sedia e fissando il ragazzo di fronte a lei. – Tanto
volevo lasciarti anche io.- dice mentre si allontana.
- Così oggi è il centesimo giorno. – dice Sara
avvicinandosi al banco di Erika.
- Oddio che romantico cosa
farete? – chiede questa volta Carla appoggiandosi al banco della ragazza.
- Ci siamo lasciati. – risponde Erika con aria
triste.
- Come lasciati? Perché…
proprio oggi. – chiedono in coro Sara e Carla.
- Beh era troppo piccolo per me… - dice Erika
evitando lo sguardo delle amiche. – Non poteva mica essere il mio principe
azzurro. – aggiunge questa volta fissando decisa le compagne.
- Già… - replicano le amiche poco convinte.
– Sicura però di aver sognato un principe? Non che
era piuttosto un rospo? – si intromette Alessia
ridendo di gusto.
Ok questo è il primo capitolo… l’ho scritto di
scatto in meno di un ora, dovrei ricontrollarlo e
tutto ma visto che non sono sicura che la storia sia pubblicabile lo pubblico
così per vedere che succede!
Erika se nonostante il mio avviso di “plagio” comunque la storia non può essere pubblicata chiedo scusa e
cancellala tranquillamente, capirò!
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
GUAI IN VISTA!
- A domani… vedrai che troverai il tuo rospo… ehm volevamo dire il tuo principe… ah ah ah!
– dissero Sara e Carla per salutare Erika alla fine di quella pesante giornata.
La ragazza che già si era voltata e camminava tristemente
per la sua strada, quasi inciampò al sentire le parole delle amiche.
- Idiote… vedranno! – si disse mentre continuava a
camminare distrattamente. Si sentiva davvero triste, aveva già diciassette anni
e non aveva mai avuto un ragazzo. Eppure non capiva
perché, non era poi così brutta.
“ O sì?” pensò
tristemente. Si sentiva davvero depressa e arrabbiata inoltre aveva una voglia
matta di sfogarsi su qualcuno o qualcosa.
- Ecco cosa fa al caso mio! – disse fermandosi
improvvisamente davanti ad una lattina di birra gettata a terra. Concentrandosi
su tutto ciò che la faceva arrabbiare, Erika prese la rincorsa e con un colpo
centrò l’oggetto come per dare un calcio a tutto ciò che la faceva soffrire.
Ma evidentemente ciò non bastava, dopo aver lanciato
la lattina ,la ragazza si sentiva ancora arrabbiata e abbattuta
come prima.
Quello che però la giovane non aveva notato era la
fine che l’oggetto aveva fatto.
Mentre Erika continuava a
camminare triste e distratta questa era atterrata sulla fronte di un ragazzo
alla guida di una macchina grigia, una splendida Lexus SC 430 nuova
fiammante.
- Cazz…
- urlò il giovane dopo essere stato colpito dalla lattina e aver perso il
controllo della macchina.
STONF!
- Ahi… - si lamentò il
ragazzo mentre
cercava di rialzarsi. Dopo aver perso il controllo del auto
era andato a sbattere contro un muro. – Cosa diavolo èst… - disse guardando prima la lattina e poi la
strada per capire cosa fosse accaduto. Poco distante vide una giovane che
camminava distratta.
- Io l’ammazzo! – disse immaginandosi che fosse
lei la colpevole dell’accaduto e alzandosi velocemente per raggiungerla. – Ehi
tu! – urlò, ma la ragazza non sembrava sentirlo assorta com’era nei suoi
pensieri.
- Tu ragazza… - insistette ma senza risultato. –
Tu con la ridicola sciarpa rosa. – continuò ad urlare.
Mentre i pensieri più disparati le passavano per
la testa Erika, guardando la sua sciarpa preferita, capì che forse il
proprietario della fastidiosa voce che continuava ad urlare alle sue spalle ce l’avesse con lei.
- Cosa vuole? – rispose
scortese mentre si voltava.
- E’ tua questa? – le chiese subito il giovane
squadrandola da parte a parte.
- No! – replicò Erika guardando con attenzione il
ragazzo che aveva davanti. “ Però… che carino” pensò
mentre questo la fissava.
- L’hai per caso calciata? – insistette lui
nervoso.
- Sì… ma cosa vuole? Non è giornata! – rispose
nuovamente la ragazza in modo scortese.
- Ehi tu porta rispetto… - le urlò lui furioso. –
Guarda cosa hai fatto? Guarda la mia macchina! – concluse voltandosi verso l’auto
che si trovava ancora spiattellata contro il muro.
- E allora? – rispose la
ragazza con voce mielosa.
- Allora? Sai che macchina è quella? Hai idea di quanto costi farla riparare? Cosa
hai intenzione di fare? – disse lui tutto di un fiato senza dare il tempo ad
Erika di rispondere.
- Fare riguardo a cosa? –
chiese lei confusa.
- Per la mia macchina… mi devi pagare i
danni.– rispose lui. Sai quanto costa
quella macchina? – aggiunse con tono di superiorità.
- Beh sembri tanto ricco… io
sono solo una studentessa! – replicò la giovane facendogli gli occhi
dolci.
- Non sono ricco… - contestò lui.
- Spilorcio! – sussurrò la giovane.
- Cosa hai detto? –
chiese lui fissandola con sospetto.
- Ok dai… quanto ti devo?
– disse lei per concludere la cosa tirando fuori il
portafoglio.
Il ragazzo a quelle parole la guardò pensieroso. –
Cinquemila! – le disse serio.
- Ci…cin… cinquemila? –
balbettò Erika.
- Sì… cinquemila euro! – confermò lui.
- Ma non ho tanti soldi.
Sono solo una studentessa io. – replicò la ragazza spaventata.
- Beh fattegli dare dai tuoi genitori. – rispose
lui tranquillo.
- Io… - cominciò a dire Erika. – Oh… ecco un
poliziotto! – urlò subito dopo.
- Come? Dove? – disse il ragazzo voltandosi di
scatto. – Non lo vedo! – ripete, mentre continuava a guardarsi intorno.
Soltanto quando si voltò per chiedere spiegazioni
alla ragazza si accorse che nel frattempo lei aveva
cominciato a correre per scappare.
- Brutta st… - disse
pronto per cominciare a correre anche lui, ma la corsa fu interrotta appena si
accorse di pestare qualcosa. Abbassandosi a raccogliere l’oggetto, notò che era
un portafoglio. O meglio il portafoglio, quello che poco prima la giovane
davanti a lui aveva tirato fuori dalla borsa.
Non appena a casa Erika si gettò sul letto, era
completamente distrutta. Si era fatta l’intero tragitto fino a casa correndo,
per paura di essere rincorsa dal ragazzo a cui aveva rovinato la costosa
macchina.
Mentre cercava di rilassarsi si sentiva decisamente in colpa per quello che aveva fatto, ma infondo
lui non era ferito e lei non aveva di certo tutti quei soldi. E poi la macchina
si era fatta solo qualche graffio, possibile che costasse
così tanto? I suoi genitori l’avrebbero uccisa e lei sarebbe davvero morta
zitella!
- Uffa! – sbuffò, poggiata al cuscino, pensando
che non era giusto le capitassero tutte a lei. E se lui l’avesse seguita? E se
avesse visto davvero un poliziotto?
- Erika Solano sei in arresto! – Erika senti una
voce metallica proveniente dalla finestra. – Ripeto arrenditi!
– insistette la voce. La ragazza si alzò velocemente dal
letto spaventata dalla voce e dai rumori, elicotteri, sirene.
Lentamente la giovane si avvicinò alla finestra e
cauta guardò fuori.
- Cazzo! – urlò spaventata. Una cinquantina di
macchine della polizia erano ferme davanti al suo
palazzo, almeno il doppio di poliziotti era pronto a sparare verso la sua
finestra e un elicottero svolazzava sopra la sua testa.
- Ti ripeto di arrenderti, non
hai scampo! – ripete la voce metallica. – Pensavi di cavartela dopo
avergli distrutto la macchina? – aggiunse crudele.
- Cosa faccio… cosa
faccio? – continuava a chiedersi la ragazza dopo essersi allontanata dalla
finestra e aver cominciato a cercare un posto dove nascondersi.
- Arrenditi o do vi al fuoco. – disse nuovamente
la voce sonante. Ma questa volta non diete tempo alla ragazza di spaventarsi,
ancor prima di concludere la frase si la ragazza udì
sparare. In un attimo la sua stanza fu perforata come una groviera e lei saltellava avanti e indietro cercando di non essere colpita.
Non sapendo dove scappare Erika si gettò a terra.
PIRIRI PIRIRIPIRIRI PRIRIRI
- Aaaahhh… - urlò la
ragazza alzandosi di colpo e guardandosi in torno sapventanta.
Non sentiva più nessun rumore di sirene e voci metalliche, ma solo la sua
fastidiosa suoneria.
- Il telefono! – disse cercando a
tastoni il suo cellulare sul letto. – Pronto!
- Sono io! – le rispose una voce maschile.
- Che vuoi? – replicò lei
brusca.
- Abbiamo un affare in sospeso! – rispose il
ragazzo al telefono.
- Che affare? – chiese Erika
confusa. - Cosa vuoi ancora? Ho detto che anche io
volevo lasciarti no? Quindi non mi seccare ancora! – aggiunse
ancora più brusca la ragazza.
- Ma sei pazza? – le chiese
il ragazzo dall’altro lato del telefono.
- Chi diavolo è Fabiano? – chiese il ragazzo al
telefono. – Io sono Alberto! – aggiunse.
- Chi? Alberto? – replicò lei distratta. – E chi saresti? – aggiunse ora curiosa.
- Io? Il proprietario della mia amata Lexus che tu
hai distrutto! – rispose tranquillo il ragazzo.
- Aaaaaahhh! – urlò la
ragazza prima di spegnere il telefono e togliere la batteria, per precauzione.
- Voi conoscete la Lexus SC 430? – chiese Erika
il giorno dopo mentre parlava con le amiche.
Carla e Sara si guardarono completamente ignare di cosa stesse parlando la
giovane.
- Ehm sì certo! –
risposerò in coro.
– Però non ci abbiamo mai fatto un giro, ma ne ho sentito parlare! –
aggiunse Carla.
- Ah! – fu l’unica
risposta di Erika. – E secondo
voi quando costa riparare un graffio così piccolo su quella macchina? – continuò
a dire dopo una piccola pausa, indicando la misura del graffio con le mani.
- Non so… ma è una
macchina molto costosa. – rispose Sara.
- Secondo me almeno seimila.
– aggiunse Carla.
- Oddio! – si lasciò
sfuggire Erika spaventata.
- Che
hai fatto? – le chiese subito Sara.
- Io? – rispose la
giovane esitante. – Niente… lo chiedevo per un amico… -
continuò a disagio.
Per il resto della giornata la ragazza non pensò a niente altro, come aveva
fatto quel ragazzo ad aver avuto il suonumero, continuava a chiedersi spaventata. Soltanto dopo l’ultima ora
aveva ripreso a pensare ad altro, anche perché aveva già riacceso il cellulare
da qualche ora e di lui neanche l’ombra.
“ Sicuramente ci avrà
rinunciato!” pensò sollevata mentre usciva da scuola a braccetto con le due
amiche.
- Ehi… - disse Sara interrompendo i pensieri di Erika e la valanga di inutili parole di Carla. – Secondo me distribuiscono qualcosa gratis… guarda che folla! –
continuò puntando un gruppo di alluni poco davanti a
loro.
- E’ vero… - confermò subito Carla. – Dai andiamo… - aggiunse prendendo l’amica per il braccio e
mettendosi a correre lasciando indietro Erika.
- Sempre a pensare agli oggetti gratis… - disse Erika
sprezzante, guardando le amiche correre come due pazze. – FATE LARGOOOOOO!!! – aggiunse mettendosi a correre ancora più velocemente e
facendosi spazio tra la folla.
Quello che si trovò davanti non era proprio il
solito gadget, sfizioso o inutile, che ti capita di ricevere
gratis per pubblicità. La giovane si ritrovò faccia a faccia ad un muro
ricoperto di volantini tutti uguali. Su ognuno di essi
c’era stampata una sua foto e in caratteri giganteschi.
ERIKA SOLANO
VIENI FUORI!
Confusa Erika cominciò a strappare via i volantini
dal muro, evitando di sentire i commenti curiosi dei compagni di scuola alle
sue spalle.
Quello che non riuscì ad evitare di sentire fu la voce di Alberto dirle:
- Da quanto tempo… -
Al suono di quella voce Erika si volto lentamente.
- Sembri in forma. – continuò Alberto come se
niente fosse.
Era in
piedi poco più in là, con una gamba poggiata sul muro, indossava un pantalone nero e una
camicia bianca. Ed era davvero quello che le sue compagne
definivano “un vero figo”!
- Ciao! – rispose la
ragazza sfoggiando il sorriso più smagliante possibile.
- Oohhh!
– sospirarono all’unisono tutte le sue sciocche compagne di scuola, mentre Alberto
si spostava dalla sua posizione e per incamminarsi verso Erika.
- Aaaahhhh…
- continuavano ad starnazzare come un branco di oche
le ragazze, mentre il giovane si avvicinava sempre di più alla loro amica e con
un gesto deciso la sollevava di peso portandosela via appesa come uno straccio.
A niente servirono le
imploranti grida di aiuto lanciate da Erika, visto che
le sue compagne continuavano a gridare come sceme, non riuscendo periò a sentirla.
Ciao KIRBY grazie
per il tuo commento! Sì il film è davvero bello, infatti
ho deciso di raccontare la storia tramite una fic perché non essendo uscito in
Italia in pochi avranno avuto la fortuna di averlo visto! E se la cosa vi
piacerà penso che racconterò anche le storie di altri
film del genere che ho visto! Beh ecco il secondo capitolo… spero ti piaccia! Comunque è dal prossimo che si svelerà un po’ di più la
trama e sono sicura che troverai l’idea davvero divertente! Il fatto di vedere
altri tuoi commenti lo prendo come una promessa!!!
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
PAGA… O SCHIAVA!
“ Dove mi starà portando? “ continuava a chiedersi
Erika a bordo dell’odiata Lexus
SC 430.
- Ah… che bella
giornata. – disse Alberto dopo un po’, era da quando l’aveva rapita all’uscita della
scuola che non diceva una parola. – Una bellissima giornata per andare alla
polizia! – aggiunse, sorridendo alla giovane.
Erika non poté fare a
meno d’immaginarsi in una cella squallida e buia
torturata dalle sue compagne di cella dall’aspetto per niente rassicurante.
- O…
magari in montagna. - continuò il ragazzo divertito.
Anche questa volta la
ragazza non riuscì a frenare la sua immaginazione e si vide legata ad un
piccone conficcato sul terreno, mentre accanto a lei Alberto scavava una
profonda buca, dove l’avrebbe gettata dopo averla
uccisa.
- Ti prego, non
uccidermi! – supplicò la ragazza spaventata, guardando Alberto con sguardo
implorante.
- Non ti ucciderò. –
replicò il ragazzo dopo aver riso alle parole della giovane. – Però devi darmi le mie cinquemila euro. – concluse.
- Ma
io sono solo una studentessa. Non ho soldi. – replicò avvilita la giovane.
- Quindi
non puoi ripagarmi per il danno vero? – chiese Alberto ancora una volta ad
Erika.
La ragazza non rispose,
ma si limitò a scuotere la testa. Neanche lui rispose, ma le
sorrise gentile.
- Firma. – disse Alberto
ad Erika dopo averla portata in uno dei ristoranti più lussuosi della città.
- Cos’è? – chiese
sorpresa la ragazza sbirciando da lontano i fogli che il giovane le aveva lanciato davanti.
- Leggi! – rispose lui
guardando i documenti sul tavolo. – Cinquanta euro al
giorno… in cento giorni mi ripagherai. – aggiunse prima che Erika potesse
leggere ciò che aveva davanti.
- Cosa?
– disse la giovane sporgendosi verso i documenti. – Contratto di schiavitù. –
lesse.
- Contratto? Schiavitù…
- continuò a ripetersi per dare un senso al tutto. – Ma… è ingiusto! – disse appena capì cosa aveva davanti.
- Ingiusto? – chiese
Alberto. – Vorrà dire che mi pagheranno i tuoi genitori. – continuò prendendo il
cellulare.
- Ok. Ok. Firmo! –
replicò subito la giovane.
- Se
credi davvero che sia ingiusto… pagami i miei cinquemila euro. – ribadì il ragazzo fissando Erika che leggeva attentamente i
documenti davanti a lei.
Mentre
la ragazza continuava a studiare i fogli davanti a lei la sua fervida
immaginazione prese nuovamente il sopravvento.
- Non
è che vuoi sfruttarmi… - cominciò a dire mentre s’immaginava Alberto che
la vendeva al migliore offerente. Si vedeva già tutta, truccata e vestita in modo succinto, mentre un gruppo di uomini d’affare di
mezza età le offrivano da bere e cercavano di palparla dove e quando possibile.
- Sei pazza… -la riprese
subito il ragazzo. – … non sei abbastanza carina. – aggiunse divertito.
- Comunque…
- cercò d’insistere Erika, ma fu interrotta dal giovane.
- Sbrigati che ho fame.
– la interrompete Alberto, voltandosi a guardare il resto del ristorante.
Erika convintasi ormai
che non c’era altro da fare cominciò a firmare il foglio. Anche
in quella situazione non si dimenticò di sfoggiare la firma che aveva ideato
con Carla e Sara, composta dal suo nome, un cuoricino e la scritta…
- Ma
che fai? – le chiese il ragazzo prima di strapparle il
foglio da davanti e non permettendole di finire. Gettò un rapido sguardo ai
documenti appena firmati dalla ragazza e piegò il foglio in due riponendolo con
cura. – Ah… la tua carta d’identità, te la restituisco alla fine dei cento
giorni. – disse.
Mentre
Erika continuava a guardare in cagnesco Alberto, i camerieri cominciarono a portare
le pietanze. La ragazza guardava tutto con sguardo deliziato, quel ristorante
oltre che lussuoso aveva anche fama di essere
buonissimo, e dal aspetto le sembrava fosse davvero così. La tavola era colma di ogni prelibatezza e la giovane continuava a guardare
tutto con la bava alla bocca.
- Uffa! – sbuffò Erika
guardando ancora il cibo appena portato. Davanti a lei non c’era il piatto, ma
soltanto un bicchiere con dentro dell’acqua, era chiaro che il ragazzo non ci pensava a farla mangiare.
- A proposito… -
cominciò a dire lui mentre si portava la prima forchettata alla bocca. – Non
mangiò con gli schiavi. – aggiunse poggiando sul piatto la forchetta ed
estraendo una carta di credito dalle tasche.
- Prendi. – disse
lanciando la carta verso Erika. – Vai a prenderti un tiramisù… non mangiare
troppo. – aggiunse in attesa che la ragazza si alzasse
dal tavolo.
- Tu? – disse Alberto, dal
ristorante era passato in facoltà e quando stava per
andare via era stato attratto dall’assordante rumore di una batteria,
proveniente da un’aula abbandonata accanto ai bagni. – Non ti hanno ancora
espulso? – aggiunse guardando Luca un suo compagno di facoltà interessato solo
alla musica.
- Chi vuoi
che espelle il figlio del rettore? – fu la risposta di Luca.
- E
cosa c’è da vantarsi? – replicò il giovane sarcastico.
- Allora? Hai fatto
riparare l’auto? Hai avuto i soldi? – chiese subito dopo Luca all’amico.
- Ti sembro così disperato
da cercare i soldi della riparazione? – replicò Alberto con tono superiore.
- Sei tu che hai fatto
tutte quelle storie per quel graffietto. – reagì Luca divertito.
- Come? – replicò Alberto
guardandolo con fare minaccioso. – Comunque non posso
negare di aver riavuto i soldi. – aggiunse tirando fuori il contratto firmato
da Erika.
- Cos’è? – chiese subito
incuriosito Luca. – Contratto di schiavitù. Io, schiava Erika Solano… -
cominciò a leggere dopo che Alberto gli passo il foglio.
- Credevo non fossi
interessato alle ragazze in questo momento. – domandò subito sorpreso Luca.
- E’ solo per svago. – rispose
Alberto.
- Per cento giorni? –
chiese sorpreso Luca.
- Cos’è… pensi che la mia
vita sia noiosa come la tua? – replicò Alberto riprendendosi il foglio e
uscendo dalla stanza.
- Come la mia? – replicò
Luca offeso. – Eh… ma chi si crede di essere un nobile? Contratto di schiavitù!
– continuò a parlare sorridendo da solo.
- Papà! – disse mentre il
sorriso gli moriva sulle labbra, fissando il padre che entrava distratto nella
stanza.
- Ancoraperdere tempo? – urlò il padre puntando
furioso la batteria del giovane. – Corri in classe! – aggiunse avvicinandosi
minaccioso al ragazzo.
Sdraiata nel letto ancora
stravolta per gli eventi degli ultimi giorni, Erika fissava il soffitto
cercando di non pensare quale trattamento le avrebbe riservato
Alberto nei prossimi giorni.
PIRIRI PIRIRIPIRIRI
PRIRIRI
Il cellulare cominciò a
squillare incessantemente. La giovane lanciò uno sguardo e con orrore riconobbe
il numero di Alberto.
- Pronto! – rispose
malinconica.
- Ehi! Come osi rispondere in modo così irrispettoso… - esordì il
giovane.
- Aaahhh…
- urlò la Erika. Non c’era niente che non andava nel
suo “pronto” quindi s’immagino spaventata che il
ragazzo la stesse vedendo. Terrorizzata cominciò a guardarsi intorno, fino a
notare la finestra. Si affacciò cauta e cominciò a guardare in ogni direzione.
Nella palazzina davanti casa sua al sesto piano notò Alberto, che con il
cellulare in mano la salutava divertito.
- Tu che ne dici? – le rispose Alberto sarcastico, si stava divertendo davvero
molto a torturarla. Neanche lui ci aveva creduto quando aperto il portafoglio
della ragazza e visto l’indirizzo sulla carta d’identità, aveva scoperto che
Erika abitava davanti casa sua.
Ciao FIOR
DI LUNA… in che senso “Finalmente non il solito
polpettone strappa-lacrime”? Parli dei film orientali o delle ff?
Comunque certo che sì…
se l’iniziativa piacerà e non crea nessun problema ad Erika lo faccio
volentieri. Amo questi film e poterli dividere con voi mi fa davvero piacere :D!!! Mi piace l’idea della
traduzione hehe… anche perché sì, non ho nessun
intenzione maligna. Non mi è mai passato per la testa di spacciare la storia
come mia e lo ripeto anche qui: LA FIC E’ INTERAMENTE RIPRESA DA UN FILM
COREANO. Solo che tale film non ha mercato qui in Italia (nel senso che da noi
non è arrivato e dubito arriverà), quindi visto quanto mi piacciono questi film
ho voluto dividerlo con voi! Beh detto ciò… grazie del
commento e spero anche questo capitolo ti piaccia… da qua le cose si fanno
interessanti ;o)!!!
Ciao anche a te LITTLE JEWEL… sono felice che anche a te piaccia! Oddio scritta
bene? Difficile visto che l’ho scritta io (me
ipercritica… a ragione)! Il film come ho scritto sopra è coreano… e beh ecco
sempre come scritto su, qui in Italia non ha mercato… quindi (mettiamola così
se vuoi informazioni su come averlo contattami in pvt ^_^”)!!! Grazie per la segnalazione… ho restituito al
nostro principe il suo nome vero ;o)! Spero ti è piaccia anche questo capitolo!
RiCiao anche a te KIRBY! Grazie… sono convinta che quest’altro ti piacerà anche di più, se non altro perché comincia
a scoprirsi la trama! Concordo con te… Alberto è un tipo decisamente
rude (e concordo anche che sia affascinante così)! Quanto a
Erika, sì è geniale e carina… però quanto al cervello… diciamo che è furba ma
scoprirai che per lo studio (me si zittisce da sola)! Beh non perdo altro tempo
e corro a scrivere il prossimo capitolo… quali ingrati compiti riserverà Alberto alla nostra povera Erika???
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
IL PRIMO INCARICO
-
Ma dove l’hai rimediato quel… quel figone
da paura? – le chiese subito Sara non appena entrate in
classe la mattina seguente.
-
Con quel macchinone, così bello, ricco… - continuò
Carla. – …il tuo sogno si è avverato! – aggiunse sognante.
-
Non è un principe… - replicò subito scocciata Erika. Ma poi ci ripensò, forse
poteva sfruttare la cosa a sua vantaggio. – Ma è gentile e carino, credo… - disse sorridendo compiaciuta
e provocando un “oh” generale dalle compagne che si erano tutte riunite attorno
a lei.
-
E da quando? – le chiese Francesca
una sua compagna.
-
Dove l’hai incontrato? – domandò subito Giada un’altra alunna.
-
In che scuola va? – insistette Lidia, una sua altra amica.
-
Dove abita? – la interrogò Elena.
Tutte
le facevano domande senza darle il tempo di rispondere.
-
E a cosa siete arrivati? – chiese Carla guardandola in
modo malizioso. – L’avete fatto? – aggiunse.
-
Eh… beh… - cominciò a dire Erika arrossendo, ma ancora una volta si bloccò. Insomma
la situazione era già brutta disuo,
perché essere anche derisa dalle compagne? Meglio lasciarle credere di aver
trovato il principe azzurro. – Siamo andati a cena in quel
ristorante carissimo… - cominciò a dire modificando “leggermente” i
fatti.
-
Ha detto che sarebbe diventato mio schiavo… - continuò provocando il solito
coro di “oh” delle compagne ad ogni pausa. – Abbiamo fatto un
giro nella sua Lexus430… è stato un po’ noioso. Poi mi ha portata a
casa. – continuò vantandosi mentre tutte le compagne l’ascoltavano rapita.
-
Gli avevo detto di non venire a scuola… - stava dicendo, ma fu interrotta dal
suono del suo cellulare.
-
Hai messaggio. – le disse Sara passandole l’oggetto.
-
Grazie! – rispose Erika dandosi grandi aeree.
-
Non ti avevo detto di rispondermi in fretta? – tuonò la voce dall’altra parte
del telefono.
-
Mi dispiace. Sono appena uscita di classe! – rispose Erika, a bassa voce, che
nel frattempo aveva abbandonato l’aula per rinchiudersi in
bagno lontana da orecchie indiscrete. – Perché
mi hai chiamata? – domandò.
-
Vieni a casa mia. – le ordinò Alberto. – Adesso! – aggiunse senza darle il tempo
di replicare.
-
Cosa? Ma ho ancora due
lezioni. – provò a dire Erika ma non ebbe alcuna risposta. – Pronto? Pronto? –
continuava inutilmente a dire, era chiaro che Alberto avesse già attaccato.
-
PRONTO? PRONTO! – urlava senza pensare che qualcuno potesse sentirla. – Ahhh STRONZO!!! – gridò prima di
uscire dal bagno dando un calcio alla porta.
Dietro
ad essa c’era quasi metà delle ragazze della sua
classe, tutte appiccicate alla porta per ascoltare la conversazione. Erika non
badò a loro ma continuò a camminare, era furiosa.
-
Che ti ha detto? Ti ha detto di andare? – le chiesero
contemporaneamente Carla e Sara. - E’ giunto il momento. Non essere tesa, ok? –
insistettero le due ragazze prendendo ognuna una mano di Erika.
-
Puoi farcela! – continuarono senza badare al fatto che Erika le guardava
irritata. – Buona fortuna! – conclusero.
-
Ahhh… - urlò la ragazza liberandosi dalla presa delle
amiche. – Ma di che state parlando? – gridò ancora allontanandosi dalle amiche, era furiosa. Con
loro, con Alberto ma soprattutto con se stessa.
Con
mano tremante Erika puntava la piccola bomboletta spray contro il viso.
Continuava a ripetersi che doveva farlo, ma trovandosi faccia a faccia con il
contenitore non aveva il coraggio di spruzzare. Cercò svariate volte di contare
fino a tre nella speranza di trovare il coraggio ma niente, fu soltanto quando
immaginò Alberto che andava dai suoi genitori a reclamare i suoi soldi che trovò il coraggio.
-
Aaaaaaahhhhhhhh… - continuava ad urlare con le mani
negli occhi dopo aver gettato a terra la bomboletta spray. Gironzolava per il
corridoio della scuola come una mosca mezza morta andando a sbattere sui muri.
-
Cos’è successo ai tuoi occhi? – le chiese poco dopo uno dei suoi insegnanti nella sala professori, dove la
ragazza si era recata.
-
Professore posso tornare a casa? – chiese Erika con
voce spenta, aveva gli occhi cerchiati e completamente rossi.
DLIN DLON DLIN DLON.
Erika
si trovava davanti alla porta di casa di Alberto,
aveva appena suonato il citofono e lo guardava incuriosita. Era un
videocitofono.
-
Password! – le chiese subito una voce dal citofono.
-
Non sono in vena. – replicò scocciata Erika.
-
Non ti faccio entrare se non me lo dici. – insistette Alberto.
-
Allora vado a casa? – ne approfittòsubito la giovane.
-
Vuoi morire? – replicò il ragazzo.
-
Qual è la password? – chiese Erika sconfitta.
-
SailorMoon! – la informò
allora il giovane.
-
SailorMoon. – replicò
subito Erika.
-
Vuoi morire? Imitala! – fu la risposta di Alberto.
-
Come? – domandò subito Erika pensando che il ragazzo stesse
esagerando.
-
Non vuoi farlo? – le chiese lui in tono falsamente gentile.
– Allora chiamo i tuoi genitori. – la minacciò.
-
Ti punirò in nome della legge! – disse subito Erika.
-
Ma che SailorMoon è questa? Falla bene! – le ordinò il ragazzo
evidentemente non soddisfatto dell’interpretazione della giovane.
Erika
si guardò intorno sofferente, era davvero stanca del modo di fare di Alberto. Ma del resto non aveva
scelta. Allontanandosi dal citofono si mise in posa e ripete
la frase copiando i gesti di SailorMoon, saltellando per tutto il pianerottolo.
Ancora
in posa Erika sorrise soddisfatta, infondo era stato
divertente pensò. Questo finche non si voltò e vide
una donna che la guardava sconvolta, doveva essersi convinta che lei fosse
pazza.
La
donna che la guardava con sospetto s’incamminava lentamente verso la sua porta
di casa, e sembrava essere presa dal panico, tanto che non riusciva ad aprire
la porta.
-
Pervertito… – mormorò Erika al citofono. – Me la pagherai. – aggiunse.
Nel
frattempo la porta si era aperta. Erika la spinse ed entrò. Alberto non sembrava essere da nessuna parte, così s’incammino
all’interno della casa.
Si
trovo in un enorme salotto dall’aspetto molto carino o almeno doveva essere carino, una volta eliminata la montagna di panni gettati a
terra e la sporcizia che ricopriva gran parte della casa.
-
Ehi! – si sentì dire la ragazza, era Alberto che sdraiato sul divano la
guardava divertito.
-
Ciao! – replicò acida la ragazza mentre lui si alzava dal sofà.
-
Mio padre torna oggi. – cominciò subito a dire il ragazzo mentre s’incamminava
verso di lei. – Sai cosa fare, giusto? – le sussurrò all’orecchio mentre le
dava dei colpetti sulla spalla.
Erika
sbuffò, non era possibile pensava.
-
Torno alle quattro! – urlò il ragazzo sbattendo la porta.
La
giovane lo guardò uscire e istintivamente guardò l’orologio.
-
Cazzo! – urlò, erano già le due.
Senza
perdere tempo si avvicinò allo stereo di cercò un cd. Così
accompagnata dalle note di Iwillsurvive di Gloria Gaynor
Erika cominciò a ripulire, a modo suo, la casa di Alberto.
Cominciò
dalla camera da letto, dove con pinze cominciò a raccogliere vestiti e
biancheria del ragazzo. Spostò mobili e oggetti vari per passare l’aspirapolvere.
Mentre smuoveva sotto al letto trovò un giornale “per
uomini”. Niente di troppo eccessivo, solo qualche modella
appariscente che posava in pose accattivanti con indosso biancheria
intima sensuale.
Divertita
Erika imitò quelle modelle, ma ricordandosi di nuovo dell’ora accantonò il
giornale. Non sarebbe mai stata come quelle modelle.
Si
spostò poi in salotto, anche là ogni sorta d’oggetto era sparso per il
pavimento e i mobili. C’erano anche delle cose piuttosto bizzarre, che Erika cercò di capire come funzionassero, ma non c’era tempo.
A
quel punto toccava alla lavatrice, aveva ammucchiato
tanta di quella roba da lavare. Senza badare a colori e tessuti la ragazza
infilò tutto dentro la macchina, spingendo il più possibile perché tutto
entrasse. Dopo di che verso un misurino di detersivo,
ricordandosi come faceva sua madre. Ma la ragazza si ricordo
anche che sua madre non aveva mai tanti panni da lavare, così per precauzione
infilò l’intero contenitore del detersivo dentro la lavatrice.
Passò
quindi alla cucina, anche quella era piena di cose da lavare. E senza perdere
altro tempo cominciò a lavare tutto e a gettare le cose nel cestino, senza
badare che fosse o meno immondizia. L’unica cosa che
conservò fu una mela, che avrebbe mangiato una volta finita la cucina.
Finalmente
anche la cucina era apposto, pensò la ragazza agguantando la mela e mordendola.
Era affamata e stanchissima. Tranquilla si diresse verso il bagno.
-
Aaaaahhh… - urlò passando davanti alla lavatrice. Questa
continuava a girare serena mentre un fiume di sapone fuoriusciva.
Dopo
aver ripulito dal sapone la ragazza si occupò del bagno, che fortunatamente non
le diete alcun problema. Sfinita si diresse poi in salotto ad ammirare il suo
lavoro. Aveva adocchiato uno straccio rimasto sul divano, le mancava sistemare
quello ed ecco che aveva finito.
DLIN DLON DLIN DLON…
…
CU CU
- CU CU!
Udì
la ragazza. Erano le quattro, Alberto era già arrivato
con suo padre.
Urlando
spaventata Erika si gettò sul divano dove raccolse lo straccio, ma nervosa lo
lanciò in aria. Questo andò a finire dritto in faccia al padre di Alberto.
-
Ti vedi con una minorenne? – fu quello che disse subito il padre del ragazzo
guardando ora lo straccio ora Erika.
-
Come? – chiese Alberto. – Oh… lei! È solo la cameriera papà. – spiegò il
ragazzo sorridente.
Il
padre sembrava però non credergli e continuava a fissare Erika e Alberto con
fare sospettoso.
-
Davvero. – insistette il giovane. – Puoi andare ora… su! – ordinò con tono
superiore alla ragazza.
Erika
avrebbe voluto replicare qualcosa, ma si limitò ad
abbassare la testa e uscire silenziosa.
-
Ehi… - le disse Alberto. – Vai a comprare dei pasticcini. Tsk…
ma guardati! – aggiunse guardandola sdegnato. La ragazza era un vero disastro,
tutta sporca e spettinata.
Ma per la ragazza le
umiliazioni non erano finite. Preso l’ascensore incontrò la donna che prima l’aveva
vista esibirsi nell’imitazione di SailorMoon. La donna, che si teneva a
debita distanza sembrava guardarla disgustata.
Guardandosi
allo specchio dell’ascensore Erika non ci mise molto a capire cosa dovesse pensare. Spettinata, con la maglietta leggermente
sbottonata, un po’ di schiuma sul collo e la banconota appena consegnatale da Alberto stretta tra le mani, la giovane dava tutta l’impressione
di essere una prostituta.
Benvenuta Kry333…
e GRAZIE! Sono contenta ti piaccia! Humhai ragione sai… non gli ho
descritti! Comunque non l’ho fatto perché avendo visto
il film per me i protagonisti sono quelli… posso anche cambiare il nome i
luoghi e alcune cose che non si spiegherebbero nella nostra cultura (alla fine
vi dirò)! Ma non riesco a immaginarmeli diversi… e
descrivere quindi i due personaggi è un po’ difficile per me. Comunque da bravi
coreani sono castani con occhi scuri un po’ a mandorla ahah!!! Vedrò se rimedio
una foto ok? Lui per essere orientale (io amo l’oriente ma di solito i ragazzi non
sono gran che) è un vero sballo!!!
Little jewelgrazie
per le segnalazioni! Ho provveduto a rimettere apposto
il nome del povero Alberto… mi sa che dovevo dargli un altro nome, con questo
non vado decisamente d’accordo! Ho provato a rivedere anche i verbi ma non so
se ho corretto quelli giusti o sbagliato di più ^_^”! Quanto alla lunghezza mi
spiace… cercherò di fare del mio meglio… il fatto è
che si è rivelato anche più faticoso che scrivere una fic questa cosa! Nel
senso che appena visto il film ok, ho scritto tutto a “memoria”… ma poi è
passato il tempo e scrivo riguardandomi le scene. Quindi
va a finire che mi stanco prestino… così le cose sono due o posto ogni secolo o
allungo! Impaziente come sono appena scrivo un po’… posto! Cercherò di fare del
mio meglio però (non con questo ahimè che mi sa è
anche più breve)!
Mi è piaciuta la tua
domanda sull’età, credevo di aver detto che Erika avesse
sedici anni come nel film, ma per fortuna non l’ho fatto (appunto per una
questione culturale… che magari spiegherò alla fine se no rovino tutto). Il fatto
è che vedendo il film la cosa è un po’ complicata… la scuola sicuramente in
corea funziona diversamente quindi per tradurre il tutto dare un’età e un tempo
preciso la cosa diventa davvero difficile.
Ti spiego, per il film
Erika dovrebbe essere al ultimo anno delle superiori. Ma per giustificare ciò che succede dopo in maniera “italiana”
devo cambiare un po’ di cose rendendo Erika minorenne. Perciò avrei bisogno che
avesse sedici massimo diciassette anni, ma come fa una
diciassettenne a fare l’ultimo anno di superiori? Anche
perché (sempre per la storia) non può essere un genietto!
Altrimenti
dovrei fare in modo che nella storia passino quasi due anni… ma non so sarebbe
un sacco di tempo!
Uffi…
che confusione… facciamo così non fate caso al papiro che ho scritto (è l’una)!
Ci penso un po’ e nel prossimo capitolo vi faccio sapere!
Sì pvt
vuol dire privato! Non credo però sia in linguaggio sms…
non sono pratica neanche io di solito scrivo complete ma comunque
tanto ^_^”! Mi pare che il qualche forum per contattare
qualcuno ci sia proprio scritto PVT… o mi sbaglio?
Ciao Kirby…
sono come sempre felice di sapere che la storia ci
piaccia! Anche perché adoro il film… e attaccarvi la mia passione per il cinema
orientale mi rende felice!!!
Happy end? Stiamo a
vedere… ti dico però subito di non scoraggiarti ad un certo punto ;o)!!!
Scusa per il ritardo… ma
ecco finalmente il nuovo capitolo! Piaciuto? Scritto non rende ma le scene di lei che fa SailorMoon e che pulisce la casa sono ESILARANTI!!!
Concordo
in pieno… la sfortuna (MI) vede benissimo! Ok l’ammetto
anche io l’aiuto :oP !!!
Benvenuta anche a te LAURA,
mi spiace di averti tenuta un’altra ora al computer… non è vero! CHE BELLO :o)… sono contenta ti piaccia! Allora il film l’ho visto in
coreano, con sottotitoli italiani. Doppiato in italiano non esiste, perché, come
ho detto, qua in Italia non è mai arrivato e temo mai arriverà! Comunque se vuoi qualche informazione contattami.
Benvenuta anche a te Nina
Grint! Sono felice che questa fic ti piaccia… ma
lo sono ancora di più perché ti piace l’altra “UNA RAGAZZA… QUATTRO RAGAZZI ”, che è tutta “farina del mio
sacco”! Purtroppo come vedi sono un po’ lenta ad aggiornare… però spero di
averti accontentata con questo nuovo capitolo! E soprattutto spero di farti
felice visto che ho già in mente altre due tre storie!
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
TI HO SCOPERTO!
- Ah… che bella
giornata! – disse Sara uscendo dalla gelateria. – Sono così annoiata… - continuò mentre assaggiava il suo gelato.
- Facciamo qualcosa di
divertente. – le rispose prontamente Erika.
-
Come se non facesse mai niente di divertente.
– replicò Carla superiore.
- Uffa in questo periodo
solo studio e depressione. – continuò Sara ignorando l’amica.
-
Come se studiasse tanto da essere depresse. – rispose
nuovamente Carla con aria superiore, era noto a tutti che Erika e Sara non
brillavano certo per le loro capacità a scuola. – Ahio…
- urlò la ragazza dopo aver ricevuto un colpo da Sara.
- Andiamo al cinema. –
propose quindi la ragazza evitando di essere colpita dall’amica.
- Si! – rispose subito
entusiasta Erika.
Le due compagne di
classe la guardarono torve.
- Beh… visto che tu sei fidanzata noi andiamo da sole. – le disse
subito Sara.
- Ciao… ciao! – la
salutarono le due amiche lasciandola sola come un’idiota.
PIRIRI PIRIRIPIRIRI PRIRIRI
- No… lui no! – disse
subito Erika sentendo l’odiata suoneria del suo cellulare. Per un po’ rimase
immobile a guardare il telefono, pensando a cosa poteva fare per liberarsi di
lui.
Evidentemente però non
c’era niente da fare perché dopo un’ora la ragazza si trovava chiusa in un
internet point costretta a scrivere una chilometrica
tesina per Alberto, mentre lui giocava soddisfatto, al suo fianco, a qualche
stupido giochino su internet.
E
quello fu solo il secondo dei compiti che il ragazzo le affidò. Nei giorni che
seguirono Erika fu costretta ad accompagnarlo a fare spese. Mentre
lui girava per costosi negozi scegliendo cosa provare, la ragazza doveva
stargli dietro reggendo gli abiti che lui le gettava addosso. Una volta usciti dai vari negozi poi era costretta a portare
tutte le buste. Vestiti, scarpe, oggetti vari, profumi. Le cose erano due: o
Alberto era ricco e non aveva altro da fare che shopping sfrenato oppure lo
stava facendo apposta per farla sgobbare.
Non l’aveva risparmiato
neanche l’umiliazione di portarla al cinema. Arrivati là la ragazza si era
seduta soddisfatta e felice, convinta che forse lui si era un po’ dispiaciuto
per come la stava trattando. Ma appena il film
cominciò capì le sue vere intenzioni. La fece alzare svariate
volte, il che non solo non le permise di guardare il film, ma soprattutto
attirò su di lei le ire di quelli che le stavano vicino e dietro. Ogni volta
che si alzava la guardavano male e si lamentavano, per non parlare poi di
quando era costretta a rientrare con le braccia colme delle cose che Alberto le
aveva chiesto di comprare.
Senza pietà l’aveva
persino costretta a lavargli la macchina mentre lui se ne stava all’interno
comodamente seduto ad ascoltare la radio.
- Posso andare a casa
adesso? – chiese la giovane poggiando a terra le
numerose buste che portava in mano dopo l’ennesima uscita per fare shopping.
- Certo… - le rispose il
ragazzo. – … prima però comprami qualche biscotto. – aggiunse mentre lei
entusiasta si preparava a scappare.
- Papà! – disse Erika
mentre tornava triste a casa dopo un’altra giornata passata sotto i comandi di Alberto.
Una macchina grigia le
era passata davanti e lei l’aveva subito riconosciuta, era quella di suo padre.
Corse lentamente per
raggiungerlo, ma si bloccò presto quando vide che l’uomo all’interno della
macchina aveva rallentato per osservare meglio una giovane, vestita in modo
succinto, che si era accucciata per raccogliere da terra le chiavi che le erano
cadute.
POFF!!!
- Papà! – urlò la
ragazza al genitore aprendo lo sportello della macchina, dopo che questa era
andata a sbattere contro un’altra auto.
- Te… tesoro… - balbettò
il padre in imbarazzo. –Hai visto? - chiese avvilito.
La ragazza rispose di sì
con la testa cercando di sembrare arrabbiata .
- Si è graffiata? –
domandò il genitore riferendosi alla macchina.
- Sì! – rispose Erika.
- Si potrebbe
ridipingere… - cominciò a dire il meccanico guardando l’auto del padre di Erika. – Ma ti conviene un
paraurti nuovo, per questo modello ti costerebbe solo venti euro. – spiegò
l’uomo.
- Perfetto… può farmelo
subito però? – chiese il padre della giovane. - - Non dirai niente alla mamma vero? – aggiunse il genitore guardandola
supplichevole.
La ragazza però non
rispose, era sbalordita.
- Ehi… ma… - cominciò a
balbettare incredula. – Costa così poco ridipingere un paraurti? – continuò.
- Eh… sì! – rispose il
meccanico, sicuramente stava pensando che forse avrebbe potuto chiedere di più.
- E
per una Lexus 430… - domandò seria la giovane. – Quanto costa? – aggiunse
puntando il dito minacciosa.
- Beh… per quella di
più… - cominciò a spiegare l’uomo ma fu interrotto dalla giovane.
- Ah… - disse Erika
calmandosi.
- … in quel caso nuovo
costerebbe sui trecento euro massimo! – spiegò.
- COSA?
– replicò la giovane furiosa.
Il padre e il meccanico
la guardavano spaventati, sembrava che la ragazza
stesse per esplodere.
- Lo uccido…
l’ammazzo… io… - continuava a borbottare la giovane mentre tornava a
casa con il padre.
- Te… tesoro cosa devi
farci con quella bomboletta? – aveva provato a chiederle il genitore mentre
spaventavo guidava verso a casa.
Gli bastò uno sguardo
della figlia per capire che non era il caso d’insistere.
- Dove
vai? – provò a chiedere di nuovo il padre una volta scesi dalla macchina.
- Ho un lavoro di scuola
da fare! – spiegò Erika sorridendo gentilmente e sollevando la bomboletta per
far capire che doveva usarla per tale lavoro.
- A quest’ora…
- cominciò a dire l’uomo ma fu azzittito dalla figlia che, smettendo di
sorridere, lo fissò con sguardo minaccioso.
PADRONE! HO DIPINTO IL
PARABREZZA PER PROTEGGERTI DAL SOLE.
La scritta bianca
brillava sul parabrezza, della Lexus 430,
completamente dipinto di nero.
- Devi cambiare tutto il
vetro. –esordì il meccanico, lo stesso in cui era stata
Erika con il padre, dopo aver esaminato la macchina per un po’. - Ci vorrà
qualche giorno! – aggiunse sogghignando, sembrava che la cosa lo divertisse
molto.
Alberto invece non era
dello stesso parere, furioso pensava a centinaia di modi per fargliela pagare a Erika.
Ben presto però capì a
pagare stavolta sarebbe stato lui.
Il giorno dopo
recandosi, a piedi, all’università il ragazzo capì subito che qualcosa non
andava. Mentre camminava tranquillo tutti quelli che venivano dal lato opposto
al suo lo guardavano e cominciavano a bisbigliare tra di
loro.
- Non posso crederci! –
disse una biondina guardandolo schifata.
- È lui. – le rispose
sdegnata l’amica.
- Che
stronzo! – disse un ragazzo con la maglia a strisce rivolgendosi a degli amici
vicino.
- Sembra lui? – disse un moretta all’amica tirandola per un braccio.
Alberto gli guardava
tutti sorpreso, passandosi un braccio sulla nuca e chiedendosi cosa avesse che
non andava. Ma mentre continuava a pensare fu attratto
da una piccola folla che si era formata poco più avanti. Sembrava che tutti
stessero ascoltando una ragazza che parlava con il megafono, nonostante la voce
alterata per l’oggetto non ci volle molto a riconoscerla.
- Vi prego! Aiutatemi a
trovare il padre di mio figlio. – urlava Erika al megafono, muovendosi tra la
folla.
- Ci ha lasciati dicendo che andava in gita scolastica e non è più
tornato. – continuava la giovane con voce sofferente.
- TESORO! – continuava
disperata.
- E’ un donnaiolo che
gira sulla sua Lexus 430! – aggiunse la ragazza.
- È il più grande
stronzo! – continuò. – Cerco il padre di mio figlio! – ricominciò a dire mentre
consegnava dei volantini.
Alberto le si avvicinò e a quel punto riuscì a vedere meglio la
ragazza. Portava alle spalle un bambolotto e davanti un cartello con la sua foto
e sopra scritto le cose che aveva appena detto alla folla.
Anche
lei lo vide e con aria di sfida lo guardò beffarda, mentre continuava a
lanciare i volantini alla folla.
- Io ti ammazzo! –
borbottò il ragazzo mentre si avvicinò alla folla e prendendo Erika per un
braccio la trascinò lontana.
- Ma
sei pazza? – le urlò una volta lontani. – Vuoi morire?
– aggiunse minaccioso.
- Cos’è questo? – le
chiese strappandole il bambolotto.
- Mio figlio! – urlò
Erika.
Alberto la guardò torvo
e lanciò il pupazzo lontano.
- Il mio bambino! –
insistette Erika con voce piagnucolosa saltellando qua e là.
Lui continuò a
guardarla, non riusciva a capire se doveva essere furioso o pensare che fosse
pazza.
– Perché
l’hai fatto! – chiese la ragazza, ora aveva un tono
furioso. – Sei stato tu il primo che mi ha mentito su cinquemila euro. – spiegò
furibonda.
- Vuoi vendicarti? – chiese il ragazzo tranquillo, aveva capito che Erika aveva
scoperto l’inganno. – Bene… e cosa dici del contratto? – le domandò dandole un
colpetto sulla spalla.
La ragazza non rispose.
- Forse sei troppo
piccola per saperlo… - cominciò a dirle lui
prendendole il mento con le mani. - …ma puoi andare in
galera se vieni meno ad un contratto! – le spiegò.
- Bene… allora anche io
ti denuncio! – replicò la giovane. – Per… per… per truffa! – concluse
trionfante.
- Truffa? – domandò
Alberto guardandola sorpreso. – Mi dispiace! È tutta colpa mia… non
denunciarmi! – disse poi con voce docile, dopo essersi messo in ginocchio.
Erika lo guardava confusa, non sapeva se esultare o perdonarlo.
- Pensi che direi
questo? – le chiese subito dopo il ragazzo distogliendola dai
suoi pensieri e guardandola in modo derisorio. – Vuoi denunciarmi? Bene…
denunciami! – continuò il giovane sollevandosi da terra.
- Pensi di farmi paura?
– insiste a chiederle senza darle il tempo di rispondere. – Sei carne morta se
non mi denunci, ok? – concluse sussurrando.
- Pensi che non lo
faccia? – urlò, dopo essersi ripresa Erika, spingendolo e allontanandosi di
corsa.
Alberto rimase a
fissarla divertito.
Grazie per i complimenti
sina07... sono felice ti piaccia! Oddio non
farmi ritrovare con una denuncia per aver dato strane idee alle mie lettrici è ;o)! Amore? Eheh… stiamo a vedere!!! Purtroppo per Natale non c’è stato verso… ecco
però l’ultimo aggiornamento del 2006!
Grazie anche a te bychan!!! Non fate
complimenti falsi però… scrivo DAVVERO bene è un po’ troppo ahah. Spero che per
te una settimana sia presto :o)!!!
È sempre difficile
scegliere un nome… quello di Erika e Alberto mi è
venuto così. Alberto è un nome che neanche mi piace… forse essendo una storia
non mia non tenevo molto ai nomi. Beh Chaosreborngrazie e… spero la cosa con la
tua amica sia risolvibile ;o)!
Il kobaper
il film contattami in privato! Non dovrebbero esserci
problemi a parlarne qui, visto che non è in commercio qua n Italia, ma sempre
meglio privatamente! A proposito devo rispondere ad una ragazza che mi ha contattata. ME SBADATA!!!
Machi…
idem che con il koba, per sapere del film contattami in pvt! Comunque no, non lo si trova a noleggio… come ho detto qui
in Italia non esiste! Vero? L’idea del film è geniale… l’ho
trovata davvero unica, oltre che troppo spassosa! Come vedi ho aggiornato prima
del anno nuovo… temevo che non facendolo la terza
recensione sarebbe stata di minacce ahah!!! ME FIFONA!
Lissasono
davvero felice che piaccia la fic… vuol dire che ci avevo
indovinato quando vedendo il film ho pensato: “devo dividerlo con quelli
di EFP”! Spero che anche per te otto giorni siano presto hehe!
Un GRAZIE a tutte… BUON
ANNO… ma soprattutto BUONA LETTURA!!!
Ah sì… ho corretto il titolo che non è “100 dayswith Mr. ARROGANCE”… ma “100 dayswithMR. ARROGANT”… che ignorante!!!
Anche per questo o tolto e ripostato il capitolo SCUSATEMI!!!
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
LEZIONI PRIVATE!
Insicura se quello che
Alberto le aveva detto era vero o meno Erika non andò
alla polizia, ma sapeva di averlo scoperto, quindi pensava di essersi liberata
del ragazzo. La sua però era soltanto un illusione.
Alberto non si era fatto ne vedere ne sentire per un paio di giorni, ma un
giorno, mentre Erika usciva felice da scuola, convinta di aver riconquistato la
propria libertà, si ritrovò davanti il ragazzo che le
sorrideva in modo scaltro.
Appena lo vide Erika
lanciò un piccolo urlo e si voltò automaticamente cercando di far finta di niente, Sara e Carla invece lo fissavano sognanti.
- Ferma lì! – le urlò il
ragazzo quando lei cominciò a correre.
Erika non era certo
un’amante dello sport e della corsa, ma quel giorno sembrava che le fossero
spuntate le ali ai piedi. Correva velocemente e si nascondeva in ogni angolo
possibile per cercare di liberarsi del ragazzo, ma Alberto le teneva testa e
riusciva sempre a trovare ogni suo nascondiglio.
Riuscì a liberarsi di
lui soltanto quando salì in un autobus in partenza. Una volta dentro al mezzo, con il fiatone che non le permetteva di respirare,
poggiò la testa contro il vetro e fece la linguaccia ad Alberto.
- Piccola… ! – lo sentì
urlare, ma fortunatamente era troppo lontana per sentire
il resto.
- Mamma… mamma… ti prego mandami in un’altra scuola! – appena
entrata a casa Erika aveva deciso di pregare la madre di cambiare scuola.
- E
perché vuoi cambiare scuola? – le chiese la madre confusa
cercando di staccare Erika dalle sue gambe, la ragazza si era
appiccicata alla donna come un koala ad un ramo. – Ti manca poco per la
maturità! – aggiunse la madre cercando ancora di liberarsi della figlia.
- Ti prego! – fu l’unica
risposta della figlia.
- Non dire sciocchezze…
- rispose la madre cercando di mantenere l’equilibrio. – E
lasciami… - le urlò mentre riusciva finalmente a liberarsi dalla presa della
figlia.
- Mamma… - urlò Erika
mentre la madre si allontanava. -… voglio cambiare scuola! – insistette con
voce piagnucolosa.
La madre di Erika, una donna severa e rigida, non aveva certo
intenzione di far cambiare scuola alla ragazza. Ma
quello che Erika non sapeva era che anche cambiando scuola non avrebbe risolto
nulla, Alberto aveva già progettato un piano per poterla controllare da vicino
la cui unica via di scampo sarebbe stata cambiare città.
Aveva preso a seguire la
madre di Erika ovunque andasse, al supermercato, nei
parcheggi, nelle strade che percorreva di solito, in lavanderia, ovunque la
donna passasse il ragazzo aveva messo ben in vista dei volantini dove si
offriva come insegnante privato a basso costo.
La donna sembrava non accorgersi nemmeno degli svariati sforzi del ragazzo,
passava davanti ai manifesti ignorandoli completamente. Alcune volte
gettava uno sguardo ma la cosa sembrava non interessarle, eppure Alberto sapeva
che Erika non era quel che si dice una studentessa
modello e che sua madre voleva che la figlia s’iscrivesse all’università.
Disperato, Alberto aveva
applicato dei volantini persino dentro l’ascensore del edificio
di Erika e davanti sulla porta di casa della ragazza, era impossibile che la
madre non gli avesse visti. Infatti alla fine riuscì a
spuntarla, la donna era rientrata dalla spesa e distratta aveva aperto la porta
di casa senza badare al manifesto. Alberto la spiava di nascosto, convinto che
doveva trovare una nuova soluzione, ma dovette ricredersi, poco dopo aver
chiuso la porta, la donna si era riaffacciata e aveva staccato il manifesto
leggendolo con interesse.
Quello che anche Alberto
non sapeva però, era che ad aiutarlo con il suo piano fu, sebbene senza
saperlo, proprio Erika. Sua madre non avrebbe mai deciso di
prendere un insegnante privato, se pochi giorni dopo aver trovato il volantino,
non fosse arrivata la pagella della figlia.
- Tre in matematica? –
l’aveva accolta un pomeriggio mentre la ragazza rientrava sorridente da scuola.
– Ma sei stupida? – domandò a
Erika che guardava pietrificata la pagella, se ne era completamente
dimenticata.
- Mammina…
- provò a dire con dolcezza la ragazza.
- Com’è possibile
prendere voti così bassi? – le urlò la donna ignorando il tentativo della
figlia. – Che hai in testa? Usa il cervello! –
aggiunse severa allontanandosi dalla porta.
Erika che non aveva
avuto più il coraggio di alzare lo sguardo davanti alla madre, non si accorse
del ragazzo che aveva davanti.
- Ciao! Sono il tuo
nuovo insegnante. – si senti dire, anche se la voce era molto bassa e incerta.
– Piacere di conoscerti. Ci divertiremo – aggiunse
ridendo.
Erika alzo lo sguardo
per guardarlo.
- Ahh…
- urlò. Nonostante il travestimento da secchione,
occhiali spessi, vestiti ridicoli e capelli pettinati in modo orrendo,
riconobbe subito Alberto.
- Sì signora… - rispose
Alberto alla madre di Erika, mentre spingeva la
giovane verso la sua stanza. – Cominciamo la lezione? – aggiunse a voce alta
per farsi sentire dalla donna.
- Mamma… - continuava a
piagnucolare la ragazza cercando di liberarsi di Alberto,
ma lui le impediva di parlare e la spingeva deciso verso la stanza.
Una volta chiusa la
porta della camera, il ragazzo gettò a terra la cartella che teneva in mano e
si voltò a guardare la ragazza con aria minacciosa.
- Vuoi proprio morire,
eh? – le disse spingendola sul letto.
- Mi dispiace! – disse
subito la giovane mettendosi in ginocchio sul letto e unendo le mani come se
stesse pregando.
- Mi dispiace, padrone!
– la corresse Alberto fissandola severo e sfilandosi
gli occhiali dalle spesse lenti.
- Mi dispiace, padrone!
– ripete Erika sempre con le mani unite.
- Iniziamo con un test
di base. – le disse poco dopo il ragazzo seduto di fronte a
Erika, non aveva molta voglia di dare lezioni alla giovane, ma se voleva
mantenere la copertura con la madre di lei, doveva fingere. - Chi ha scritto
“Il piacere”? – le chiese il ragazzo.
- Pavese! – rispose prontamente
Erika.
- Vuoi morire? – fu la
risposta immediata di Alberto.
- Calvino? Svevo? – continuò convinta Erika mentre Alberto la guardava
tra il furioso e l’incredulo.
- Almeno le tabelle le
sai? – le chiese il ragazzo mentre cercava di tenersi la testa con una mano.
- Mica sono stupida! – fu la risposta, offesa, di
Erika.
- Sei per otto? – le
domandò allora il ragazzo.
- Quarantotto… - rispose
Erika dopo aver contato le dita per qualche secondo. – Trentotto? – chiese
subito dopo, dato che il ragazzo la guardava rabbioso.
- Venti otto? Diciotto?
– cominciò a dire Erika visto che Alberto continuava a
non risponderle. – Qualcosa otto giusto? – disse infine.
- Qual è il teorema di
Pitagora? – le domandò il giovane sfiduciato, chiedendosi come aveva potuto
cacciarsi in tale guaio.
- I teoremi sono il mio punto debole! – fu la risposta sinceradi Erika.
- Dimmi un teorema che
conosci allora! – replicò Alberto cercando di non commentare
il fatto che non erano solo i teoremi il problema.
- Coff…
coff… - tossì Erika come per schiarirsi la voce. –
“Prendi una donna, dille che l'ami scrivile canzoni d'amore mandale rose, poesie dalle
anche spremute di cuore…” – cominciò a cantare la ragazza.
- Vuoi davvero morire? –
la interrompete Alberto al limite della sopportazione.
- Questa è “Teorema”! –
replicò offesa Erika.
- Whatam I goingto do withyou?
– le domandò allora il giovane al limite della sopportazione, per testare
l’inglese di Erika.
- Yes!
– fu la risposta sorridente di lei.
- You
are a desperate case! – insistette il ragazzo
distrutto.
- Why?
– fu la replica.
- You
are a stupid gir!!! – affermò Alberto.
- Of course!
– fu la risposta di Erika.
- Almeno questo è
giusto. – replicò allora Alberto accasciandosi esausto sulla scrivania.
- Oh… oh my god! – fu il commento di Erika
portandosi le mani sul viso e fingendo di svenire.
Alberto però non era
certo un ragazzo che rinunciava davanti ad una sfida, voleva poter controllare
la sua schiava, ma l’unico modo per continuare a darle ripetizione era
dimostrare alla madre di Erika che con lui la ragazza
migliorava negli studi.
Cominciò quindi a
portarla ovunque, costringendola a studiare e ad eseguire i suoi ordini. In
palestra, nella sala biliardo, in sala giochi. In ogni luogo trovava sempre un
angolo dove far studiare la giovane, avendola però sempre a portata di mano per
svolgere i suoi compiti da schiava.
Una soleggiata domenica
mattina, decise di andare al parco. Mentre lei era costretta a stare china sui
libri il ragazzo si era sdraiato sul prato sorseggiando
una bibita fresca e spiluccando schifezze che non perdeva l’occasione di
lanciare ogni tanto alla giovane per disturbarla.
- Ehi, fammi un
massaggio alla schiena! – le ordinò dopo la terza nocciolina lanciata senza che
la giovane lo degnasse di uno sguardo.
Erika sollevo la testa
dai libri e fisso Alberto, il ragazzo le si era fatto
così tanto vicino che riusciva a sentire il suo respiro profondo. La ragazza
arrossì leggermente, ma Alberto non lo notò, senza badarle si limitò a voltarsi
e a sdraiarsi sul prato aspettando che la giovane eseguisse il suo ordine.
- Ahi! – fu il primo
commento di Alberto, Erika non aveva nessuna
intenzione di essere delicata.
Senza la minima
delicatezza, ma anzi con la leggerezza di un elefante, fece scricchiolare ogni
osso del corpo del ragazzo. Dopo di che si getto seduta su di
lui, bloccando ogni suo movimento e cominciò a fargli il solletico.
Scoprì presto che quello era un punto debole di Alberto.
Il giovane cominciò a ridere senza alcun ritegno e muovendosi come un forsennato
per liberarsi dalla presa di Erika. Cercando di
ribaltarsi per fermala, riuscì a girarsi trovandosi
così Erika sdraiata sopra di lui, con il viso incollato al suo che lo guardava
sorridendo felice. Anche lui sorrideva divertito alla
ragazza cercando a sua volta di farle il solletico.
Nessuno dei due fece
caso alla madre di Erika, che passeggiando per il
parco con un’amica, gli aveva visti in quella posizione decisamente equivoca.
Figurati Laura anzi…
non serve farmi troppi complimenti, primo perché la storia come sai non èproprio mia, due perché BENE BENE non scrivo dai! Purtroppo ci
sono una marea di errori disseminati qua e là! Beh, ma
tanto la “perfezione” non fa per me… anzi ben lungi da me hehe…
quindi accetto i complimenti, si vede che nonostante le sviste
il testo si lascia leggere! Beh visto che sei
la prima lo dico subito… per quelle di voi che (come me) aspettano sempre il
lato romantico, dal prossimo capitolo sarete felici di sapere che comincerà a
farsi sentire :o) !!!
Grazie
anche a te Lete, come detto a Laura
sono convinta di non scrivere benissimo. Ma accetto
anche i tuoi complimenti, non pretendendo di essere una vera scrittrice (che comunque non penso siano perfette ma hanno sempre chi rivede
i loro scritti), ma mi fa piacere sapere che secondo voi scrivo in modo
scorrevole! Vero? Trovo anche io che faccia molto
manga… comunque clicca sul mio nick e mandami una
mail, così ti dico di più sul film! Forse sto facendo un buon lavoro nel
riportarvelo, ma ti assicuro che se lo vedi è ancora più spassoso! Alberto è
terribile vero? Però ti assicuro che saprà farsi perdonare tutto eheh!!!
Grazie Kry333… spero anche questo capito ti piaccia! Ah… e BUON ANNO anche
a te… anzi a TUTTE!
Bychanbeh
visto che sei la terza a dirlo mi tocca accettare in
silenzio i complimenti :o) … che non dico siano falsi, ma troppo buoni!
Fortuna che questo
capitolo sia arrivato prima delle minacce… oddio
nooooMachicome hai trovato il mio indirizzo… no ti prego… non uccidermi ecco il capitolo… no metti giù il coltello, prendi pure il film… no pietà… noooooooooooooooooooooooooo!!!
Ahahah…
forse non dovevo bere prima di rispondere alle recensioni ;o)!
Yunagrazie
anche a te… beh spero vi piaccia anche questo capitolo… dal prossimo, come già
detto, comincerete a sentire “puzza di bruciato” tra i due protagonisti ;o)!
Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa
storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione
LE SCHIAVE DIVENTANO AMANTI?
Alberto
si trovava nell’aula abbandonata della sua facoltà, dove era solito nascondersi
per suonare, il suo amico Luca, il figlio del rettore.
-
Signor Trevino… - gli disse improvvisamente il ragazzo mentre continuava a strimpellare
con la chitarra. – Come va la tua schiava? – gli domandò.
-
Va bene. – rispose Alberto distratto appoggiandosi alla tastiera elettrica
dell’amico.
-
State durando più del previsto. – aggiunse sarcastico Luca. – Avete
appuntamento? – continuò con tono malizioso.
-
Ma sei fuori? – replicò Alberto guardandolo sdegnoso. – Perché dovrei uscire
con una così? – aggiunse arrogante.
-
Le schiave diventano amanti… - fu la risposta di Luca. – Le amanti diventano
mogli… è la vita! – continuò solenne.
-
Taci! – rispose Alberto minaccioso. – Uno schiavo è uno schiavo per sempre, ok?
– concluse.
-
Come vuoi, signor Trevino. – replicò allora Luca sorridente. – Comunque ci
vieni al mio concerto? – chiese cambiando totalmente discorso.
-
Pensi di essere una rock star degli anni ottanta? – chiese allora Alberto
alzandosi e andando via.
-
So che ci sarai. – urlò allora Luca mentre l’amico si allontanava. – Facciamo
rock-roll! – aggiunse raggiante e riprendendo a suonare con grinta la sua
chitarra.
Il
piccolo pub vicino all’università che Alberto era solito frequentare con gli
amici, era stato decorato con striscioni e cartelloni i primi riportanti in
lettere rosso fuoco il nome del gruppo di Luca, Geco, i secondi con i cinque
componenti del gruppo in bella mostra.
Quel
giorno la clientela del locale non era composta per la maggior parte da giovani
studenti universitari, ma soprattutto da liceali urlanti.
Luca
accompagnato dai suoi quattro colleghi si esibiva soddisfatto sul piccolo palco
del locale, credendosi per davvero una grande rock star. E a smontare la sua
convinzione non aiutava certo il branco di ragazzine che sbraitavano ai suoi
piedi e che continuavano a cantare le sue canzoni a tutta voce.
“Sei entrata nella mia vita
come una luce
Non potrò dimenticare i tuoi occhi
blu
i tuoi begli occhi
Riempiamo la nostra vita di sorrisi
e belle storie
Non essere triste quando
la solitudine si avvicina
Il mio cuore sta male
a vederti soffrire
Sei tu quella che mi ha portato
il più grande amore della mia vita.”
Cantava
Luca mentre un incredulo Alberto si guardava intorno non riuscendo a credere al
successo che il gruppo dell’amico riscuoteva. Le liceali che lo circondavano
urlavano così tanto che il ragazzo era costretto a tapparsi le orecchie dal
fastidio. Non ordinò però la sua schiava, Erika, di smettere di urlare come le
altre. Anche se non voleva darlo a vedere era fiero del successo di Luca.
-
Tu mi guardi, ma io non provo niente per
te. Io non so… - cantava più tardi a squarciagola Erika nel pub dove, dopo
l’esibizione dei Geco, era stato montato un piccolo karaoke. - Non so cosa provo. Non chiedermi troppo.
Potrei stancarmi di te. – continuava la ragazza convinta.
-
Fammi posto! – le disse Alberto interrompendola e strappandole il microfono
dalle mani. Nonsopportava più di
sentirla cantare, era terribilmente stonata.
Seduta
in uno dei tavoli del pub più vicino al palco Erika fissava incantata Alberto
mentre cantava. Stava eseguendo la canzone dei Geco che più le era piaciuta,
solo che invece di cantarla come l’aveva eseguita Luca, lui l’aveva
“trasformata” intonandola con una melodia soft.
Mentre
il ragazzo cantava Erika non poteva fare a meno di sospirare udendo la sua voce
seducente e accorgendosi che in effetti Sara e Carla avevano ragione, Alberto
era decisamente un “figo da paura”!
-
Ti sei divertita? – le chiese più tardi il ragazzo in macchina.
“
Ma che cos’ha? Perché è gentile con me” – si chiese la ragazza prima di
rispondere.
-
Certo moltissimo! – rispose Erika, ma si senti un po’ in colpa perché si accorse
che pur non volendo, la sua risposta uscì con uno sgradevole tono sarcastico.
-
Accidenti! – disse subito dopo il ragazzo guardando il quadrante della sua
auto. La macchina era rimasta completamente a secco, infatti Alberto si accorse
che da lì a poco si sarebbe spenta.
All’uomo
che poco più avanti aspettava tranquillo un autobus, dovette sembrare
decisamente strano vedere un ragazzo al volante di una macchina, mentre una
ragazzina la spingeva completamente sfinita.
Totalmente
distrutta Erika, mentre si asciugava la fronte, guardò con odio Alberto.
Dopodichéalzò lo sguardo e con terrore
vide l’indicazione che il prossimo benzinaio era distante dieci chilometri.
-
Scendi. – le ordinò Alberto più tardi quando arrivarono davanti casa.
-
Ok! – rispose Erika scendendo dalla macchina.
Anche
Alberto era già sceso dall’auto e aspettava che Erika chiudesse il suo
sportello per poter chiudere la macchina. Non appena la giovane sbatte lo
sportello cominciò a piovere pesantemente.
Mentre
il ragazzo guardava il cielo cercando di capire da dove venisse quel
acquazzone, Erika cercava velocemente il suo ombrello dentro la borsa. Dopo
averlo trovato e aperto si indirizzò verso il ragazzo.
-
La pioggia ti fa diventare calvo! – disse ad Alberto mentre lo riparava sotto
l’ombrello.
-
Davvero? – chiese lui guardandola incredulo. – Puoi andare adesso. – aggiunse
strappandole l’oggetto dalle mani e lasciandola come una sciocca sotto la
pioggia.
Erika
rimase a guardarlo incredula, era così stupita che non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi.
Si ritrovò infatti a sorridere ad Alberto come una sciocca, quando lo vide
voltarsi e guardarla, convinta che dispiaciuto sarebbe tornato a prenderla.
Scoprì invece che il ragazzo si era voltato solo perché aveva dimenticato di
chiudere l’auto.
Sdraiata
sul letto dopo un lungo bagno caldo Erika era intenta ad armeggiare con il
cellulare. Dopo un po’ di dubbi rileggeva soddisfatta il suo messaggio.
Circondata da una serie di cuoricini, una frase riempiva lo schermo del
cellulare: Padrone grazie per la serata ^^ Buonanotte.
Ancora
una volta la giovane rielesse la frase, ma colta da nuovi dubbi cancellò i
cuoricini e si sforzò di inviare il messaggio solo con la frase.
Dopo
pochi istanti il ragazzo, disteso sul divano e circondato da svariati oggetti e
intento a guardare la televisione, sentì il cellulare squillare. Con fastidio
cercò di allungare la mano per prenderlo, ma non riuscendoci non avendo nessuna
intenzione di alzarsi, tentò con il piede. Dopo un po’ di sforzo riuscì ad
afferrarlo stringendo la cornicina tra le dita dei piedi.
Con
un sorriso lesse il messaggio di Erika e rispose senza esitare: Anche io mi
sono divertito. Sogni d’oro.
Pronto
ad inviare il messaggio lo rilesse ma sembrò poco convinto.
Alcuni
minuti dopo, sempre sdraiata sul letto, in trepida attesa Erika ricevette la
risposta. Con un lungo respiro premette sul pulsante che le permetteva di
leggere il messaggio.
Sul
cellulare spiccavano due semplici lettere: OK. La ragazza rimase un po’
a fissare con rabbia e delusione l’apparecchio.
-
Ehi… - disse improvvisamente Alberto pochi giorni dopo. Il ragazzo era sdraiato
sul letto di Erika intento a sfogliare uno dei suoi manga, mentre lei era
seduta alla scrivania studiando a malincuore. – Questa settimana iniziano le
vacanze estive? – continuò il ragazzo scuotendola con il piede.
-
No la prossima! – rispose Erika senza voltarsi e continuando a leggere il libro
davanti a se.
-
Davvero? – domandò lui cercando un calendario nella stanza. – Andiamo a fare un
viaggetto? – aggiunse poi come se nulla fosse.
-
Viaggetto? – domandò la giovane perplessa, voltandosi
a guardare Alberto incredula e lasciando cadere la matita sul libro.
-
Ci prendiamo qualche giorno di pausa. – disse lui sorridendole. – Così quando
torni studierai di più per gli esami. – aggiunse severo, forse per non sembrare
troppo gentile.
-
Mi piacerebbe, ma… - rispose Erika sognante. - …i miei non mi fanno mai passare
la notte fuori. – spiego subito tristemente, voltandosi di nuovo a studiare.
-
Nessun problema. – replicò Alberto. – C’è una soluzione a tutto! – aggiunse
misterioso mettendosi di nuovo sdraiato.
La
soluzione infatti Albero la trovò. Dopo aver prenotato una vacanza per due
persone e stampato la prenotazione, inserì il foglio in una busta, fatta
precedentemente da lui, con il logo di una nota marca di biscotti. Dopo di che
mise la lettera nella cassetta della posta di Erika e si premurò di mandare un
MMS alla madre della ragazza in cui le annunciava che aveva vinto una vacanza
per due persone e che presto le sarebbero arrivati i biglietti omaggi per
posta.
-
Sono così eccitata ! – urlò la madre di Erika al marito, mentre usciva dal
portone di casa, carica di valige.
-
Su… fai presto! – rispose l’uomo uscendo dietro alla moglie e guardando il
cielo. – Tempo perfetto! – sentenziò felice.
Erika,
che uscì dopo il padre chiudendosi il portone alle spalle,guardava i genitori
incredula. Sembrava quasi un sogno, quello era il suo ultimo giorno di scuola e
presto avrebbe passato un incredibile fine settimana con il suo padrone
preferito.
-
L'ultimo anno delle superiori è... il momento più importante della vita ! –
cominciò a dire il professore di matematica all’ultima ora di scuola. -
Significa che, dovete saggiamente spendere il vostro prezioso tempo! –
continuava senza accorgersi che nessuno lo stava ascoltando.
Infatti
tutta la classe sembrava immersa in un sonno profondo, tranne Sara che si
pettinava i capelli fissandosi in un piccolo specchio giallo.
-
E inoltre, dovete decidere... – insistette l’uomo ma tacque per guardare la
classe. - Dormite tutti ? – disse aspramente accorgendosi che nessuno lo stava
ascoltando.
Nessuno
rispose, anzi non si scomodarono nemmeno ad alzare la testa e fingere di essere
svegli.
-
Va bene ! – disse allora l’uomo con tono sconfitto. - Od ogni modo… spero
passiate una buona vacanza ! – aggiunse allegro indossando i suoi occhiali da
sole e uscendo dalla classe.
Appena
l’uomo uscì dalla stanza tutta la classe si risvegliò dal sonno e cominciò ad
urlare di gioia festeggiando per la fine della scuola e l’inizio delle vacanze
estive!
Piccola osservazione… forse non ci avete fatto caso
perché non vi ho avvisato, ma ho messo la foto di Erika e Alberto sul mio
profilo! Date un’occhiata e ditemi cosa ne pensate.
Ciao Kirby!!!
Come mai non ti ho risposto l’altra volta? Se è perché me ne sono dimenticata
PERDONAMI… mi spiace, prometto di non ripetere più uno sbaglio simile! Ok se lo
faccio sappi che è solo perché sono sbadata non è cattiveria ;o)! Comunque sì è
la stessa cosa che ho pensato io guardando il film… e per farmi perdonare ti
anticipo che sì, sarà più dolce! Ma farti venire subito l’acquolina eheh!
Mi sa che ci ho messo
più dell’altra volta vero Machi? E poi ammetto
che sono stata anche cattivella… volevo mettere in questo capitolo anche
l’atteso viaggio! Ma proprio perché so quanto sarà atteso sono stata cattiva e
ho deciso di farvi aspettare il prossimo capitolo :o)… però ti assicuro che ti
piacerà!
BENVENUTA juju…
perché non fate già il tifo per Erika? Povera schiavetta… invece di essere
solidali con lei tifate tutte per quel “mostro di Alberto” ahah! Beh senti chi
parla, guardando il film ho pensato più volte: perché non trovo anche io un
“padrone” così?
BENVENUTA anche a te Valentina78!
Grazie per il complimento :o)… oddio se continuate così finirò per crederci hehe!!! Comunque ti assicuro che non potrei mai eguagliare
la comicità del film, l’attrice coreana che fa “Erika” fa dell’espressioni
davvero uniche. Sono però felice di riuscire a trasmettere un po’ di quella
comicità.
Lo so… mi ripeto
ma:BENVENUTA anche a te zoa! Come ho detto su
non posso competere con il film quanto a comicità, ma sono contenta di riuscire
a trascriverne un po’ nella fic. Di come ho visto il film preferirei parlarne
in privato… comunque sì l’ho visto in Italiano, ahimè non so il coreano! Ah ho
scoperto che se lo cercate su YouTube c’è, ma al
massimo sottotitolato in inglese. Però potreste dare un occhiata per farvi
un’idea dei due protagonisti… non rovinatevi il finale però ;o)!
Anche tu nuova vero Salumi?
Beh allora il BENVENUTA è d’obbligo!!! Beh visto che sei stata sintetica, due
sole parole: DAVVERO GRAZIE!!!