Masquerade di tenshina (/viewuser.php?uid=99302)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Era in piedi.
Il volto impassibile, rivolto verso l’impersonale
attività della metropoli autunnale, nascondeva il tumulto
della sua anima.
Il suo più fidato collaboratore, la persona a cui aveva
affidato la cura e la protezione dell’essere per lui
più prezioso, lo aveva appena informato che Maya era caduta
in un profondo stato di prostrazione.
Dopo il mancato appuntamento sul cavalcavia, non aveva
più avuto modo di incontrarla e, doveva ammettere
con se stesso, aveva anche evitato di inviarle altri mazzi di rose
scarlatte.
La vista della ragazza che baciava con tanta passione e trasporto
l’unica rosa miracolosamente sopravvissuta
all’assalto di quei bruti, prima, e delle auto indifferenti,
poi, lo aveva abbacinato. Il suo ricordo lo accompagnava nella
coscienza del giorno e nell’incoscienza della notte. Non
capiva come doveva agire.
Recidere quell’unico legame che li teneva uniti? per lui era
impensabile. Avrebbe significato perdere anche l’illusione di
vivere che ancora persistentemente nutriva.
Continuare il suo ruolo di “donatore delle rose”?
non era forse egoistico nei confronti di Maya? Se veramente era
innamorata della sua ombra, come sembrava fosse, continuare avrebbe
significato tenerla legata a sé per sempre, senza
consentirle di vivere una vita sua.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con la spietatezza
del destino.
Tuttavia sperava, sempre, di rimandare l’inevitabile.
Il dannato matrimonio sempre più prossimo lo opprimeva e gli
toglieva il poco di lucidità che gli era rimasto.
Rise di se stesso: dove era finito l’affarista senza scrupoli
che Maya tanto odiava? dove si era nascosto il freddo individuo che per
raggiungere i suoi scopi era pronto a sacrificare tutto e tutti?
Ebbene… probabilmente era soffocato nella viscosa palude
dell’incertezza e del dubbio: l’incertezza sul
futuro, il dubbio sul presente.
Se solo fosse riuscito a risolvere i dilemmi che opprimevano il suo
cuore, niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarlo.
Hijiri gli aveva fatto un rapporto preoccupante sugli ultimi giorni di
Maya. Pur essendo sempre puntuale alle prove, mostrava un totale
disinteresse per tutto il resto. Più volte l’aveva
sorpresa con lo sguardo perso nel vuoto o un’espressione
sofferente sul bel viso. Gli occhi erano spesso segnati dal pianto.
Kuronuma l’aveva ripresa più e più
volte spronandola ad immergersi nella dea.
Hijiri l’aveva seguita, tenendola al sicuro e cercando di
indagare, finché Maya il giorno prima, fuori dal teatro di
prova, aveva alzato lo sguardo sul nugolo di giornalisti che era
assiepato all’uscita. Aveva scrutato attentamente i loro
volti e, rassegnata, si era incamminata verso casa.
Passando davanti al vicolo dove l’uomo era celato aveva
mormorato un mesto “Mi ha abbandonata”. Il sussurro
non era però sfuggito all’uomo.
Masumi era ammutolito: trovarsi di fronte, per l’ennesima
volta, all’attaccamento di Maya per il suo ammiratore
l’aveva paralizzato.
Non voleva che lei, il suo piccolo amore, pensasse che
l’avesse abbandonata: mai avrebbe potuto. Ma non poteva
neanche permettersi di pensare che ci sarebbe stata la remota
possibilità di non essere più solo
un’ombra. Rivelarsi significava solo dover fronteggiare di
nuovo il suo disprezzo. Significava fronteggiare la sua più
intima paura.
Non riusciva a venirne a capo.
Intanto i dipendenti della Daito Art Production iniziavano a prendere
possesso delle varie postazioni. Anche l’efficiente Mitsuki,
arrivata prima di tutti gli altri, di lì a qualche momento,
sarebbe apparsa portandogli la stampa del giorno e la nuova
corrispondenza.
Accendendosi una sigaretta cercò di ricomporsi e si
avvicinò all’ordinata ed elegante scrivania. Si
sedette proprio nel momento in cui la sua segretaria fece il suo
ingresso.
La donna lasciò sulla scrivania tutte le pubblicazioni ed
arretrò di qualche passo in attesa di eventuali istruzioni
che il giovane vice-presidente avrebbe potuto impartirle.
“Qualcosa di interessante, stamane?”
“Sempre il solito signore: la casa di produzione H. ha
annunciato la messa in scena di un nuovo Macbeth, mentre
l’Associazione Nazionale Cinematografica ha svelato i
dettagli dell’evento annuale che anticipa la premiazione dei
film partecipanti al suo concorso.”
“Ah, si? Che cosa abbiamo quest’anno?
Un’asta di beneficienza? Un galà con spettacolo
canoro?” – L’atteggiamento del giovane
uomo era quasi sprezzante. Raramente ormai riusciva a trovare
interessanti quegli avvenimenti. Erano caratterizzati da troppa
ipocrisia: falsi sorrisi, falsi convenevoli, false amicizie, falsi
amori.
Con una punta di ironia, la collaboratrice rispose: “No
signore. Quest’anno hanno ideato un ballo in maschera a tema:
il Carnevale di Venezia. Vogliono così omaggiare uno dei
più longevi festival del cinema del mondo occidentale,
coniugandolo con la bellezza e la fastosità dei costumi
tradizionali rinascimentali.”
Quella notizia lo scosse dalla monotonia dei suoi pensieri.
Un’idea stava prendendo forma nella sua mente di affarista.
Doveva essere cauto e pianificare tutto nei minimi dettagli. Se ci
fosse riuscito, forse, sarebbe stato finalmente in grado di esprimere a
Maya i sentimenti celati nel cuore del suo adorato ammiratore.
Sarebbe riuscito, finalmente, a mettere a nudo la sua anima pur
indossando una maschera.
Avrebbe parlato con Maya come mai aveva potuto fare fino ad allora:
avrebbe guardato i suoi occhi ridenti, avrebbe ascoltato la sua gaia
voce squillante e avrebbe custodito quei ricordi per sempre.
Maya avrebbe esaudito il desiderio di parlare con il suo ammiratore e
avrebbe avuto la certezza che mai sarebbe stata abbandonata. Magari una
volta soddisfatto quel desiderio – Masumi sperava e temeva
– lei avrebbe iniziato a vivere lontano dalle sue braccia. Ma
questo gli avrebbe evitato di rivelarsi e, conseguentemente, di
recidere il flebile legame che lo teneva ancorato alla vita.
La signorina Mitsuki, nel frattempo, studiava con interesse il lieve
mutare delle espressioni sul volto del suo capo, nascosta dalle lenti
ambrate. Aveva visto come un lampo improvviso nel suo ormai abituale
sguardo spento e rassegnato. Si chiedeva a cosa fosse dovuto, visto che
lei non aveva nominato Maya, né aveva ancora aperto le
riviste che potevano contenere qualche trafiletto
sull’attrice. Solo lei suscitava un tale interesse.
La donna non capiva come quell’uomo potesse essere
così timoroso di fronte alla giovane donna. Come
spesso aveva sottolineato, il semaforo non resta rosso per sempre. Le
persone cambiano. Il cammino che il tempo assegna ad ogni individuo
porta la personalità ad adattarsi, maturare, guarire dalle
ferite, comprendere, amare. Lei aveva colto dei chiari segnali di
cambiamento in Maya: non era più battagliera di fronte alle
provocazioni del signor Hayami, anzi, la sua espressione era quasi
sempre velata da una strana mestizia. Il suo non era lo sguardo di una
donna che odia. Era piuttosto quello di una donna innamorata che si
sente respinta ed inadeguata.
A nulla erano valsi i segnali che aveva lanciato al suo capo. Chiuso
nel suo tormento, restava cieco e sordo all’evidenza.
Venne riscossa dal suo superiore con l’elenco delle mansioni
per la giornata. Mentre si apprestava ad uscire, con la coda
dell’occhio, vide il vice-presidente che apriva una delle
riviste proprio sul segno del ballo in maschera.
“Che stranezza!” pensò lei. Solo
più tardi, nell’arco della giornata, le venne in
mente una pazza ipotesi. Sarebbe stato interessante scoprire cosa
sarebbe successo.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Anche quella mattina Maya si alzò di buonora per recarsi
alle prove dello spettacolo dimostrativo. Si diresse alla fermata della
metro e salì.
Non era ancora Akoya, solo un semplice simulacro. Capiva i sentimenti
dell’amore negato, capiva il dolore lancinante del cuore
della dea perché era il suo stesso dolore. Tuttavia non
riusciva ad allentare il controllo sulle sue espressioni,
perché temeva che il fiume in piena della sua tristezza non
sarebbe mai più tornato dentro gli argini.
Aveva ormai compreso di aver perso anche il suo adorato ammiratore.
Quel giorno aveva aspettato e aspettato invano che il signor Hayami si
presentasse all’appuntamento rivelandosi finalmente per la
persona che era. Ma lui aveva preferito continuare ad indossare la
maschera che oramai era divenuta abituale. Si era illusa di essere
più di un’attrice, di essere la sua anima gemella:
evidentemente si era sbagliata.
Da quel giorno non ne aveva più ricevuto notizie.
Aveva atteso che il signor Hijiri si facesse vivo anche solo per
raccogliere un suo messaggio vocale. Il suo adorato donatore di rose
aveva, alfine, interrotto il loro legame. Probabilmente aveva osato
troppo chiedendo quell’incontro.
Arrivata alla sala prove iniziò ad interpretare le sue
battute. Era talmente assorta da non avvedersi del suo Isshin che si
avvicinava.
“Akoya…”
Maya si riscosse e, timorosa, si voltò verso Sakurakoji. Il
suo migliore amico, colui che le era stato vicino negli ultimi mesi.
Colui che aveva ammesso di amarla e di volerla aspettare. Colui a cui
doveva ancora dare una risposta.
In fondo al suo cuore sapeva che non avrebbe mai potuto ricambiarlo.
Per lui nutriva un profondo affetto fraterno che mai avrebbe potuto
tramutarsi nell’amore di anime. La sua infantile infatuazione
era sparita ben presto, soppiantata dalla passione per il teatro prima
e dal profondo amore per il signor Hayami poi.
Gli sorrise “Mio Isshin, ben arrivato. Vogliamo
iniziare?”
Sakurakoji assentì.
Egli sentiva e vedeva che Maya era cambiata.
Non era più la ragazza gioiosa di un tempo, né
vedeva affiorare più tanto spesso la passione per il teatro
che la contraddistingueva. In quegli ultimi giorni era come svuotata e
sapeva, con certezza, che tutto dipendeva dal fatto che quella dannata
ombra non si era mostrata quel giorno sul cavalcavia.
Aveva desiderato che Maya verificasse con i suoi occhi che il
sentimento che nutriva per uno sconosciuto non poteva essere reale. Se
si fosse trovata di fronte ad una persona diversa da quella sognata,
lui “sapeva” che avrebbe potuto prenderlo in
considerazione finalmente come compagno di vita.
Invece quel vigliacco non si era presentato, continuando
così a prolungare l’illusione del giovane cuore.
Gli sembrava di sentire in petto il dolore che Maya stava provando ma,
nonostante tutto, lei continuava a credere e sperare in colui che per
tanto tempo l’aveva sostenuta.
Arrivarono anche tutti gli altri attori.
Quel giorno le prove furono più dure del solito con il
regista che li spronava a dare diverse interpretazioni della stessa
scena: il risveglio della dea.
Quando ormai era buio da un pezzo, andarono negli spogliatoi per
prendere poi la via di casa.
Sakurakoji approcciò Maya con l’intenzione di
accompagnarla fino a casa: quel giorno, in particolare, gli era
sembrata troppo taciturna.
Lei lo ringraziò sorridendo ma, come temeva, volle tornare
da sola.
Maya passeggiò lentamente lungo le strade della periferia di
Tokyo. Arrivò a casa e mentre saliva le scale
alzò gli occhi verso la grigia e buia coltre di nubi che
rappresentava il cielo della capitale giapponese in quella sera di
novembre. Quel cielo che lei sapeva essere stellato, quel cielo che
custodiva nel suo cuore come un tesoro.
Lo ricordava, la prima volta al planetario quando la sua
maestosità l’aveva fatta vacillare ed il signor
Hayami l’aveva sostenuta: anche allora.
E lo ricordava la seconda volta, nella valle dei susini, quando lui le
aveva confidato che il suo desiderio non si sarebbe mai avverato.
Quanto avrebbe voluto consolarlo allora! Il suo cuore iniziava in
quegli attimi a comprendere la triste dolcezza dell’amore
eppure non aveva fatto in tempo… era arrivata tardi.
Una lenta lacrima di rimpianto scivolò sul delicato profilo
della sua gota come una lucente perla sul velluto.
Stava per infilare la chiave nella serratura della porta di ingresso
quando un leggero colpo di tosse attrasse la sua attenzione.
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Scusate, ma oggi non sarò in grado di postare: recupererò i prossimi giorni con più capitoli!
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
In quel mentre, Masumi stava approssimandosi al ristorante dove aveva
dovuto prenotare la cena per sé e la sua fidanzata.
Quando era uscito dalla Daito si era diretto allo Shuttle X. Voleva
rendersi conto di persona dello stato d’animo di Maya.
L’averla vista rifiutare la compagnia di Sakurakoji,
avviandosi a testa bassa verso casa, l’aveva convinto di aver
preso la decisione giusta. Quella visione gli aveva straziato il cuore,
più del pensiero di essere per lei sempre e solo
un’ombra scarlatta.
Entrò nel ristorante lasciando il soprabito al solerte
cameriere. Shiori lo stava già aspettando al tavolo.
Stancamente si scusò per il ritardo e prese posto esaminando
con disinteresse il menù e la carta dei vini.
Non riuscire a ricambiare l’interesse che la donna
evidentemente nutriva per lui lo allarmava, ma accettare quel
fidanzamento mesi addietro gli era parsa una cosa plausibile: come
spesso si era ripetuto, se non poteva avere Maya nella sua vita, tanto
valeva sposare una donna che sarebbe stata utile alla Daito.
Questo era il suo intento iniziale. Ma più andava avanti e
più capiva di essersi cacciato in una trappola lunga una
vita.
Certo, non era ancora troppo tardi, ma pensava anche alla donna che
aveva di fronte: se da un lato sapeva che non era giusto illuderla come
aveva fatto e continuava a fare, dall’altro capiva che non
avrebbe accettato di buon grado un suo eventuale ripensamento.
Shiori parlava della sua serra, di come curava le sue piante. Poteva
apparire perfino graziosa in quei frangenti, ma lui non riusciva ad
appassionarsi ai suoi discorsi né a rispondere con frasi che
non fossero monosillabi. Soprattutto quando lei immaginava la loro vita
da sposati, lui non riusciva a simulare la gioia che ci si sarebbe
aspettati: erano altre le fantasie a cui agognava, altri gli occhi in
cui desiderava perdersi, altre le mani che voleva stringere, altri i
discorsi che voleva affrontare.
Che tristezza! Come avrebbe potuto continuare quella farsa?! Se solo
fosse stato un matrimonio di interesse per entrambe le parti, sarebbe
stato molto più semplice sia piegarsi sia opporsi
perché sapeva che non ci sarebbero stati strascichi emotivi.
Sì, perché ora pensava realmente a come eludere
quell’impegno.
Mentre la cena continuava con ritmo letargico e fastidioso, arrivarono
finalmente al dolce. Non vedeva l’ora di poterla
riaccompagnare a casa. Voleva rientrare nella tranquillità
della sua camera per continuare a programmare il piano che stava
orchestrando.
Guidando, compose un numero telefonico ed ascoltò con
attenzione le parole che la persona all’altro capo della
linea gli riferì. I suoi occhi si illuminarono.
Shiori Takamiya era appena scesa dalla macchina del suo fidanzato per
rientrare nella sontuosa dimora di famiglia.
Quella sera, come spesso accadeva, Masumi era con la testa altrove.
Sapeva che il lavoro lo prendeva molto e che era un uomo che aveva
votato la sua esistenza all’attività
imprenditoriale. Vi era abituata: suo padre si comportava allo stesso
modo, salvo poi scoprire che l’interesse del genitore per il
lavoro nascondeva la sua passione per il gioco d’azzardo. Il
nonno l’aveva scoperto giusto in tempo, salvando in extremis le
finanze familiari, prima che le voci di un eventuale tracollo
finanziario giungessero all’orecchio degli operatori.
Masumi, naturalmente, era diverso. Aveva ricevuto
un’educazione ben più ferrea di quella di suo
padre: testimone ne era la continua crescita dell’impero
degli Hayami.
Shiori però sapeva che il fidanzato le stava nascondendo
qualcosa. Se il suo comportamento vago e freddo non dipendeva da
comportamenti economici viziati, doveva forse temere un’altra
donna?
Comprendeva che il matrimonio era stato fortemente voluto da suo nonno
con lo scopo di riparare i danni provocati da suo padre: non era
un’ingenua come spesso le piaceva lasciar credere.
Più volte si era quindi interrogata sull’eventuale
altra presenza femminile nella vita del suo futuro marito. Ma mai aveva
individuato una possibile minaccia al suo status.
Poteva forse lei immaginare che quell’esserino tanto misero
ed insignificante costituito dalla talentuosa quanto giovane attrice
Maya Kitajima fosse in realtà al centro della vita del
potente ed affascinante Masumi Hayami da ben sette anni?
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Maya si girò di scatto, trovandosi di fronte
l’alta figura del signor Hijiri.
“Signor Hijiri…” sussurrò.
Non riusciva a crederci.
Dopo tutti quei giorni finalmente l’intermediario tra lei ed
il suo donatore era ricomparso.
“Come sta signorina Maya? La vedo triste.”
“Oh signor Hijiri… credevo…
pensavo… che non l’avrei più
rivista!” riuscì a dire lei in un soffio.
L’uomo si avvide del sollievo e del sorriso
dell’attrice: aveva quindi ragione. Era
all’ammiratore che si riferiva la giovane donna lamentandone
l’abbandono.
“Signorina Maya, lei non dovrà mai dubitare della
mia presenza. Credo di poter affermare che il suo ammiratore mai lo
permetterebbe!”
“Lo pensa davvero, signor Hijiri?” – la
flebile domanda racchiudeva tutta la sua speranza.
“Sì, signorina. Lo so.” –
affermò con forza – “Sono qui per
portarle un messaggio dal suo ammiratore. Spero che sia di suo
gradimento. Se vuole potrei ritornare domani per ascoltare una sua
eventuale risposta.”
“Certo! Certo!” – come erano diverse,
ora, le lacrime che facevano capolino tra le sue lunghe ciglia, da
quella solitaria che aveva visto cadere prima!
Le consegnò senza altri indugi la lettera accompagnata
dall’immancabile rosa.
Maya corse in casa con i suoi tesori stretti al petto. Le stanze erano
ancora buie: Rei non era tornata. Si diresse verso la sua piccola
camera e, cercando di calmare il respiro, si accinse ad aprire la
missiva.
Solo in quel momento capì quanto aveva sperato in un segno
del signor Hayami. L’aveva atteso ogni giorno, ogni ora,
perfino ogni secondo da quel pomeriggio sul cavalcavia.
Finalmente aveva tra le mani un suo messaggio.
Aprì con dita tremanti la pesante busta in carta pregiata,
tanto diversa dal foglietto di block-notes che aveva accompagnato il
suo primo omaggio floreale.
Mentre estraeva la lettera cadde un piccolo cartoncino. Prendendolo in
mano iniziò a leggere. Come ogni volta cercava di simulare
nella sua mente la calda voce del signor Hayami. La stessa voce che
aveva sognato quella notte al tempio e che l’aveva
accompagnata fino all’alba.
Cara Maya,
come sta? Ho sentito che
il suo burbero regista la sta pressando molto, ma non abbia timore:
come per Lande Dimenticate, sono certo che riuscirà ad
ottenere una rappresentazione meravigliosa della Dea Scarlatta: la sua
Dea mi ammalierà e mi darà la certezza della sua
esistenza.
Le scrivo dopo tutto
questo tempo perché ho molto riflettuto dopo il suo gentile
invito ad incontrarla.
So che l’ho
fatta soffrire e me ne rammarico perché non era certamente
questo il mio intento.
Fino alla fine sono
stato indeciso se recarmi al suo appuntamento: alla fine è
prevalso il timore di deluderla sul desiderio d’incontrarla.
Mi rendo conto comunque
di averla privata della possibilità di parlarmi senza alcun
filtro. Posso intuire come il suo animo sia combattuto. Per questo
voglio farmi perdonare e, se me ne darà la
possibilità, vorrei incontrarla.
In allegato a questo mio
semplice messaggio troverà l’invito a partecipare
ad un ballo in maschera indetto dall’Associazione Nazionale
Cinematografica. E’ un evento importante che spero la
vedrà presente. In quell’occasione
saprò farmi riconoscere.
Voglio che lei sia
libera di vivere la sua vita senza che si senta obbligata in qualche
modo nei miei confronti. D’altro canto, io
continuerò a vegliare su di lei: non dubiti mai di questo.
Il suo affezionato ammiratore.
La rilesse una, due volte.
Voleva capire e, allo stesso tempo, temeva di comprendere le parole
scritte.
Il signor Hayami aveva deciso di incontrarla ad un ballo in maschera.
Questo significava che avrebbe parlato con la sua ombra e che lui non
si sarebbe rivelato?
E poi, cosa significava che la voleva “libera di vivere la
sua vita senza sentirsi obbligata nei suoi confronti”? Come
poteva pensare che lei potesse vivere lontana dal suo cuore.
Decise di non farsi turbare da tristi pensieri e di concentrarsi sul
ritorno sospirato del suo donatore di rose. Il solo fatto che non
l’aveva abbandonata e la rassicurazione che mai
l’avrebbe fatto bastava a renderla felice.
Né poteva pensare, senza un brivido caldo che le percorresse
la schiena, che avrebbe potuto parlare al signor Hayami, avrebbe potuto
esprimersi senza dover indossare la maschera della
“ragazzina” dietro cui gli anni passati a
battibeccare l’avevano costretta.
Aveva capito infatti che era stato il suo atteggiamento infantile ed il
suo continuo disprezzo per Masumi Hayami a rafforzare la figura
d’ombra dell’ammiratore.
Negli anni la dualità tra il produttore senza scrupoli, che
la provocava e la ostacolava, e la figura dell’ammiratore,
che la sosteneva e la coccolava, era divenuta talmente accentuata che
lei stessa aveva stentato a credere che fossero la stessa persona.
Quando aveva compreso la verità, aveva finalmente capito che
anche gli atteggiamenti sprezzanti dell’uomo erano modi per
indirizzarla sulla giusta via: era stato lui a farla tornare nel mondo
dell’arcobaleno dopo la morte di sua madre, lui ad
indirizzarla verso le audizioni delle Due Regine, lui aveva attirato
l’attenzione della critica su Lande Dimenticate.
E lei, a tutto questo, aveva risposto con odio e disprezzo,
giustificati, secondo lei, dalla morte di sua madre,
dall’astio tra la signora Tsukikage e Masumi Hayami,
dall’atteggiamento di quest’ultimo.
Era quindi solo sua la colpa se il signor Hayami aveva timore di
rivelarsi. Temeva che sarebbe stato disprezzato anche dopo.
Il ballo in maschera sarebbe stata l’occasione per trovare il
modo di convincerlo: che si sbagliava, che poteva rivelarsi, che
sarebbe volata tra le sue braccia se avesse voluto. Avrebbe fatto di
tutto per realizzare questo suo proposito.
Presa questa decisione, andò a letto: il futon
l’accolse in un calmo sonno ristoratore per la prima volta
dopo settimane di angoscia.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Masumi scese dalla macchina nella rimessa della villa. Entrò
nella buia residenza e si diresse verso la sua camera. Una volta
arrivato, con eleganza, si tolse gli abiti formali, indossando una
morbida veste da camera.
Con le candide dita affusolate prese uno dei bicchieri di cristallo
posti sul tavolino e si versò dello scotch ambrato.
Bevendo lenti sorsi ripensò alle parole di Hijiri:
“La signorina Maya è rinata!”
Gli era bastato questo per capire: finalmente era sulla strada giusta.
Per tanto tempo aveva vagato nell’oscurità
dell’incertezza, ma ora poteva muoversi verso la direzione
che aveva scelto. Avrebbe rischiato: avrebbe permesso a Maya di
incontrare il suo ammiratore.
Nella sua camera Eisuke Hayami stava riflettendo.
Aveva sentito suo figlio rientrare e aveva colto un passo leggermente
meno strascicato del solito.
Il vecchio generale aveva iniziato a dubitare delle sue decisioni
già qualche mese prima.
Dopo le sue pressioni affinché Masumi si fidanzasse, aveva
visto il figlio perdere quel poco di passione per la vita che di solito
manifestava.
La frequentazione con Shiori aveva peggiorato al situazione. Il
presidente sperava di evitare al figlio la triste vita che lui aveva
passato. Vederlo crescere senza alcun interesse a parte il lavoro
l’aveva indotto a credere che aveva esagerato spronandolo
negli affari. Presentandogli Shiori come la candidata ideale per
l’impero degli Hayami, il genitore voleva assicurare al
figlio una vita meno cupa rispetto alla propria, nascondendo le sue
intenzioni dietro il velo del matrimonio di convenienza.
Lui sapeva infatti che, nonostante la rete di conoscenze, la famiglia
Takamiya aveva bruciato buona parte dei fondi di cui disponeva.
Chiaramente non era sul lastrico, ma gli Hayami erano decisamente
più potenti.
Masumi gli aveva ribadito di non essere interessato a nessuna donna in
particolare. Lui aveva quindi deciso di indirizzarlo.
Ma ora, dopo i mesi di fidanzamento trascorsi, dopo
l’incupirsi del figlio, era giunto alla conclusione che
“doveva” essere interessato ad un’altra
donna.
Credeva anche di sapere di chi si trattava: l’uomo doveva
essere convinto di non essere corrisposto. Solo una donna, il vecchio
conosceva, che odiava apertamente suo figlio e che aveva attratto il
suo interesse e la sua protezione negli ultimi sette anni: una delle
candidate al ruolo di Akoya. Come il padre prima di lui, anche Masumi
era rimasto incantato. A differenza sua però, lui amava la
donna, non quello che rappresentava, e l’aveva amata da
lontano, donandole tutto quanto poteva senza mai rivelarsi per
riscuotere la sua gratitudine.
Era combattuto perché sapeva che il matrimonio tra suo
figlio e la nipote di Takamiya sarebbe stato infelice ma non poteva
decidere da solo. Voleva che suo figlio uscisse
dall’incertezza, che combattesse finalmente per la sua
felicità.
Da anni aveva capito che Masumi non lo considerava un padre e lui aveva
un carattere troppo introverso per cercare di risolvere le loro
divergenze. Sapeva di aver sbagliato più e più
volte con suo figlio. L’aveva fatto soffrire e
l’aveva reso l’affarista senza scrupoli che era
diventato. I lunghi anni di solitudine l’avevano aiutato a
capire, ma, ironia della sorte, Masumi era caratterialmente
più simile a lui di quanto lo sarebbe stato un suo vero
figlio e questo rendeva difficile un qualsiasi approccio di
avvicinamento. Entrambi non volevano mostrarsi deboli: Masumi per
vendetta, Eisuke per principio.
Eisuke decise che avrebbe fatto quanto era necessario per riparare ai
torti commessi, ma avrebbe dovuto essere Masumi a prendere
l’iniziativa.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Come splendeva caldo il sole novembrino di quella mattina.
Maya pensò che fosse dovuto sicuramente al suo stato
d’animo più leggero. L’apparizione del
signor Hijiri ed il messaggio del signor Hayami le avevano instillato
nuova forza.
Arrivò sorridente agli studi di prova e salutò
tutti con un sorriso che pensava di aver dimenticato. Sakurakoji,
incuriosito, le si avvicinò chiedendole a cosa fosse dovuto
quel cambio d’umore gradito quanto inaspettato.
Maya gli rispose con trasparenza: “Il mio ammiratore
è tornato da me, non mi ha abbandonata!”
Lo sguardo del ragazzo si fece di ghiaccio infuocato: “Come
puoi ancora farti influenzare dalle sue misere lettere? Non ricordi il
dolore che hai sofferto in queste ultime settimane? Perché
ti ostini ad amare un uomo che non conosci, quando…
quando…” – l’attore si
bloccò, aveva visto il sorriso di Maya incrinarsi, ma ormai
aveva espresso il suo pensiero – “quando io ti sono
stato accanto in quei momenti? Perché non ami me?!”
Maya restò per un istante muta, valutando le dure parole
dell’amico. Voleva mettere tutto in chiaro, non aveva senso
prolungare la sua incertezza.
“Sakurakoji, mi dispiace. Ciò che dici sarebbe
giusto se io non conoscessi nulla di quella persona, ma quelle che tu
chiami ‘misere lettere’, sono frammenti della sua
anima che egli mi dona ogni volta. E’ vero, ho sofferto! Ma
anche lui è stato tormentato! E’ vero, tu mi sei
stato vicino, ma ‘devi’ sapere che per me sei il
più caro amico, sei il fratello che non ho mai avuto! Non
posso trasformare questi sentimenti nell’amore di anime! Ti
prego, accettalo!”
Sakurakoji tentò di dire qualcosa, ma rinunciò di
fronte a tanta veemenza. Decise di dirigersi negli spogliatoi.
Maya fece per seguirlo, ma fu bloccata da Kuronuma.
Il regista aveva notato il cambiamento d’umore di Kitajima e
aveva assistito allo scambio tra i due ragazzi. Finalmente aveva visto
la grinta sul volto della sua prima attrice.
“Non seguirlo, ha bisogno di stare solo. Non ti preoccupare,
vedrai che capirà… E tornerà ad essere
l’amico che tu conoscevi.”
“Lo spero veramente!” –
singhiozzò la ragazza.
“Kitajima, tu hai fatto la tua scelta, è giusto
che lui l’accetti. Ora che hai preso la tua decisione e sei
uscita dalla coltre dell’incertezza, riversa tutto il tuo
essere in Akoya e nella tua dea!”
“Signor Kuronuma…” – Maya lo
guardò commossa. Aveva bisogno del suo sostegno in relazione
a Sakurakoji – “Grazie. Vedrà che
riuscirò ad interpretare una dea umana, che
lascerà a tutti un ricordo indelebile.”
“Sono felice di sentirtelo dire! E ora: a lavoro!”
Maya si diresse verso gli altri membri della compagnia, mentre Kuronuma
si appostò fuori dagli spogliatoi. Voleva attendere
Sakurakoji per valutarne le intenzioni.
Qualche minuto dopo l’attore uscì e, trovandosi di
fronte il regista, fece per evitarlo. Kuronuma lo afferrò ad
un braccio: “Che hai intenzione di fare Sakurakoji?”
“Non lo so ancora! So solo che voglio uscire e passare del
tempo per conto mio. Non mi aspettavo che Maya fosse tanto
ingenua!”
“Potrei dire lo stesso di te! Era chiaro
dall’inizio come Kitajima non ricambiasse i tuoi sentimenti.
Hai confuso la pièce teatrale con la realtà. Non
hai voluto vedere la verità nascosta dietro i suoi occhi.
Fidati di lei. Fidati del suo buon animo! Sono sicuro che
sorprenderà tutti!”
“Ma come posso accettare tutto di buon grado? Io
l’amo! E lei invece preferisce un’ombra a
me.”
“Tu l’ami… non vuoi per questo vederla
felice? Se la sua felicità è amare
quell’anima sconosciuta chi sei tu per impedirglielo?
Kitajima ti ha detto chiaramente che non potrà mai
ricambiarti! Non ti è sembrata abbastanza chiara?”
L’attore titubò per qualche secondo:
“Si, certo. E’ stata chiara, ma forse, se
aspettassi…”
“Sakurakoji non fare il bambino. Dovresti ormai sapere che
certi sentimenti ci sono o non ci sono, sbocciano o non sbocciano. Maya
ti conosce ormai da sette anni, pensi che se ti potesse considerare
più di un amico non l’avrebbe ancora scoperto? Le
due questioni, quella dell’ammiratore sconosciuto e la tua,
sono distinte. Se anche Maya non amasse più lui, non
amerebbe comunque te. Quindi, ora se vuoi prenderti un giorno per
riflettere fa pure, ma domani ti voglio di nuovo qui a
provare!”
“Si… signore. Farò come dice.
E… grazie.”
Con passo lesto si avviò verso la porta: avrebbe passato la
giornata al mare. Passeggiare sulla sabbia con le onde invernali che
rumoreggiavano l’aveva sempre aiutato a riflettere. Avrebbe
sicuramente ritrovato la serenità.
Masumi Hayami era arrivato alla solita ora in ufficio. Anche lui si
sentiva l’animo un po’ più sollevato:
sapere come Maya si fosse tranquillizzata alla comparsa del suo
collaboratore l’aveva confortato. Ma era ancora ben lungi dal
provare felicità. Sapeva che per quell’obiettivo
avrebbe dovuto rischiare tutto quanto aveva e sapeva che troppe erano
ancora le mani da giocare in quella partita: doveva ancora capire fin
dove poteva spingersi.
Attendeva con impazienza l’arrivo della sera con il nuovo
rapporto di Hijiri. Occupava alacremente il tempo attendendo a tutti
gli impegni presi per la giornata.
La serata sarebbe stata tranquilla: Shiori era impegnata con le altre
signore del club di giardinaggio in un evento benefico a favore della
protezione e salvaguardia delle acque marine. Lui avrebbe potuto
dedicarsi al piacere dei ricordi, come sempre faceva quando era solo.
Mitsuki vegliava sempre con interesse.
_________________________________________
Continua lunedì...
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Le prove procedevano con ritmo sostenuto, concentrandosi sulle scene
dove Isshin non era presente.
Maya aveva dato un’impressione totalmente diversa dal giorno
prima. Sembrava riuscire ad esprimere in Akoya tutto il sentimento che
fino ad allora aveva tenuto stretto nel suo cuore. Gli altri attori
erano in fibrillazione, perché per la prima volta iniziavano
a credere che Ayumi Himekawa ed Hajime Onodera non avrebbero avuto una
vittoria facile.
Maya sapeva da cosa derivava quel cambiamento: lei non poteva aspirare
ad essere ricambiata dal signor Hayami, ma la sola volontà
dell’uomo di incontrarla con la maschera del suo ammiratore
aveva acceso in lei la speranza di poter comunque parlare al vero
signor Hayami, quello che l’aveva protetta ed aiutata, senza
sarcasmo e cinismo.
Questa nuova speranza aveva generato determinazione, anche
nell’interpretare Akoya. Mai aveva dimenticato la promessa
fatta all’uomo di creare una dea che potesse farlo credere di
nuovo.
Concluse le prove, la ragazza se ne andò svelta verso casa,
impaziente di incontrare il signor Hijiri, che sicuramente la stava
aspettando. Durante la lunga giornata aveva spesso pensato al suo
partner di scena. L’aveva ferito e lo sapeva, ma non poteva
comunque continuare a dargli delle illusioni. Se avesse ritardato
ancora il momento della verità l’avrebbe fatto
soffrire ancor di più.
Accelerò il passo mentre la sera cedeva il posto alla notte.
Aveva deciso di fidarsi del suo amico e delle parole del signor
Kuronuma.
Finalmente arrivò a casa. Avvicinandosi alle scale, vide
un’ombra muoversi nel buio. Attese: non voleva attirare
l’attenzione di qualche sconosciuto sulla figura del signor
Hijiri.
L’alta sagoma dell’uomo si fece avanti. Aveva negli
occhi un caldo sorriso d’affetto.
“Buonasera signorina Maya. Come sta?”
“Molto bene signor Hijiri, sì, oggi sto molto
bene!” – esclamò la ragazza.
L’uomo sapeva che non mentiva: lo vedeva nei lucenti occhi
della donna.
“Ha letto la lettera che il mio datore di lavoro le ha
recapitato ieri?”
“Sì, signor Hijiri, certo. Non avrei potuto farne
a meno neanche volendo.”
“Signorina Maya, sono felice di constatare che il suo affetto
e la sua stima per il suo ammiratore non sono scemati in queste ultime
settimane…”
Maya lo guardò leggermente stranita –
“No, signor Hijiri. Mai potrei far perdere il mio affetto al
mio ammiratore. Può sicuramente rassicurarlo sul fatto che
nessun evento potrebbe mai farmi ricredere sulla sua
persona.” Le parve di cogliere del sollievo nei suoi begli
occhi.
“Questo mi fa piacere. Cosa pensa di rispondere al messaggio
del mio datore di lavoro?”
Maya senza indugiare trasse dalla piccola borsa una bianca busta. La
consegnò ad Hijiri. “La prego, la dia al mio
ammiratore!”
“Certamente signorina, sarà contento di leggere le
sue parole.”
Una volta congedatosi e risalito in macchina, chiamò Masumi
Hayami.
Masumi era rientrato a casa e aveva cenato con un leggero piatto di
verdure. Si era poi appartato in camera, affacciandosi sul nudo
terrazzo per fumare le sue Vogue. Sapeva di mettere a rischio la sua
salute, ma fumare il sottile cilindro bianco intontiva i suoi nervi
come il bicchiere di scotch che abitualmente beveva prima di andare a
letto.
Rispose al cellulare sapendo già di chi potesse trattarsi.
Ascoltò le parole del suo collaboratore: il resoconto
puntuale dell’incontro con la sua ragazzina. Rimasero
d’accordo che si sarebbero incontrati la mattina successiva
al solito posto.
La notte passò per entrambi. Tranquilla per Maya,
soddisfatta perché aveva potuto scrivere quelle poche righe
al signor Hayami. In attesa per Masumi, che aspettava
l’incontro del mattino successivo.
Il giovane uomo si svegliò prima del solito, recandosi
all’appuntamento. Il parcheggio era pressoché
deserto a quell’ora. Solo la macchina di Hijiri era
parcheggiata in un angolo buio dell’area sotterranea. Masumi
si avvicinò abbassando il finestrino.
Il suo collaboratore fece altrettanto e gli passò una
cartelletta, all’interno della quale sapeva esserci la
lettera di Maya.
Entrambi lasciarono il parcheggio prendendo la propria strada.
Masumi Hayami si recò in ufficio tenendo la cartella
sottobraccio. Nessuno se ne sarebbe chiesto il perché: era
solito portarsi il lavoro a casa.
Entrato nell’ambiente discreto del suo ufficio, si chiuse la
porta alle spalle e si accomodò nell’ampia
poltrona in pelle della sua scrivania.
Prese il pregiato stiletto in argento intarsiato che utilizzava come
tagliacarte ed aprì la leggera busta, tanto semplice quanto
simile alla sua ragazzina. La carta era segnata dalla sottile grafia
che aveva imparato ad amare. Lesse con attenzione e trasporto, parole
schiette e vere. Quanto avrebbe voluto che il sentimento che traspariva
da esse fosse rivolto anche a Masumi Hayami e non solo alla sua ombra
scarlatta, al suo alter
ego. Rise, scoprendosi una volta di più
geloso… geloso di se stesso. Già…
oramai era un’abitudine. Era geloso del suo partner
Sakurakoji, che i giornalisti vedevano come suo partner anche nella
vita. Era geloso delle sue amiche, che potevano stare con lei e godere
dei suoi sinceri sorrisi. Era geloso del vento che accarezzava i suoi
lunghi capelli color del caldo cioccolato. Era geloso di tutto
ciò su cui si posava il suo sguardo, perché
sapeva che i suoi occhi non avrebbero mai guardato lui con i sentimenti
della benevolenza e dell’affetto. Lui poteva ricordare quegli
sguardi appassionati e caldi solo quando lei era sul palcoscenico e si
rivolgeva ai suoi co-protagonisti. Mai avrebbe potuto sperare di
ricevere altro che lampi di disprezzo e dardi rabbiosi.
Mio caro donatore di
rose,
il mio cuore
è sollevato dal sapere che lei è ancora al mio
fianco. La tristezza e lo sconforto che mi hanno colta dal giorno del
nostro mancato appuntamento si sono disciolti come neve al sole.
D’altro canto,
mi rendo conto di averla costretta a compiere una scelta sofferta. La
mia anima trabocca di gratitudine e felicità, al pensiero di
poterla incontrare al ballo a cui mi ha gentilmente invitata.
Accetto quindi con
piacere e non vedo l’ora che arrivi quella sera.
Senza mai stancarmi di
comunicarle il mio affetto e la mia gratitudine, la saluto.
Maya Kitajima.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Masumi fu sollevato dalla comprensione di Maya. Non avrebbe mai sperato
tanto: temeva di aver reciso il sottile filo scarlatto che li legava
con la latitanza che si era imposto e, invece, Maya aveva compreso che
il suo invito l’aveva posto di fronte a degli interrogativi.
Finalmente libero di agire chiamò la sua segretaria: era
l’unica di cui si potesse fidare in quel frangente.
Mitsuki comparve solerte. Aspettava la chiamata del suo principale da
un momento all’altro, visto che quella mattina non
l’aveva ancora convocata. Entrò con il solito
plico di riviste e corrispondenza ed il solito blocco di appunti.
Con aria sorniona Masumi Hayami iniziò ad elencarle le
commissioni per quella giornata. Iniziò
dall’ordinaria amministrazione: appuntamenti, lettere da
scrivere, contratti da perfezionare. Con sguardo attento
passò a quelle più impegnative –
“Infine signorina Mitsuki, passando a quel ballo in maschera
a cui accennava qualche giorno fa, non potendo esimermi dal
partecipare, dovrei procurarmi dei costumi.”
“Costumi, signore? Ha forse intenzione di cambiarsi
d’abito?”
La battuta provocò un minimo volgersi
all’insù degli angoli della bella bocca
– “No, signorina Mitsuki. Non ho intenzione di
cambiarmi d’abito, ma ho intenzione di andare
accompagnato!”
La risposta dell’uomo non la colse di sorpresa, ma male
interpretò le sue parole – “Pensavo che
la signorina Takamiya non avesse intenzione di affidarsi a sarti che
non fossero i suoi personali.” C’erano arrivati
finalmente. “Infatti non andrò con la signorina
Shiori.”
Mitsuki restò per qualche istante a bocca aperta:
“Ma allora…”
Subito si riprese con uno scintillio negli occhi che la diceva lunga
– “Sì signore, mi dica pure!”
La successiva mezz’ora fu dedicata alla definizione dei
dettagli. Per i sarti sarebbe stata una bella sfida: realizzare due
abiti in stile rinascimentale con quei tessuti e quel pregio in pochi
giorni avrebbe richiesto un impegno non indifferente.
Prima di congedarsi, Mitsuki prese coraggio e chiese: “Ha
finalmente deciso di lottare, signore?”
“Ho deciso di vedere se ci sono speranze per cui valga la
pena di lottare” – lo sguardo dell’uomo
era sereno, nulla a che vedere con quello tormentato e sofferente che
aveva caratterizzato il suo volto negli ultimi mesi.
“E’ comunque un bel passo avanti, signore. E sono
sicura che di «speranze» ne troverà
parecchie!”
“Ah, signorina Mitsuki! Lei e le sue assurde congetture!
Chissà quante volte le dovrò ripetere che quella
ragazza mi odia! Voglio solo cercare di capire la natura dei suoi
sentimenti per il donatore di rose”
“Si, certo signore! Chissà quante volte le
dovrò ripetere io, invece, che probabilmente avrà
delle sorprese!”
“Vada, signorina Mitsuki, vada!”
Con il sorriso sulle labbra, Mitsuki si congedò:
“Con permesso.”
Masumi Hayami, di nuovo solo, sorrise con soddisfazione, ché
non capitava spesso di sorprendere la sua collaboratrice.
Pensò di contattare Hijiri quella sera stessa: gli spiaceva
arrivare a tanto, ma avrebbe dovuto fare in modo di evitare la presenza
di Shiori la sera del ballo in maschera e avrebbe approfittato
dell’occasione per far investigare dall’interno il
suo uomo.
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Ringrazio Rospina, Nisi e Tetide per gli assidui commenti!! ^^
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
I giorni passavano veloci.
La sera del ballo in maschera si avvicinava, ma Maya non se ne
preoccupava. Hijiri le aveva assicurato che il suo ammiratore stava
organizzando tutto per il meglio e che lei avrebbe dovuto concentrarsi
solo sulle sue prove.
La mattina si svegliava, chiacchierava amichevolmente con Rei durante
la colazione, andava alle prove. La sera rientrava, cenava e si
chiudeva in camera aspettando il sonno ristoratore mentre fantasticava
su come si sarebbe comportata la sera del ballo. Sapeva che
l’emozione le avrebbe attanagliato lo stomaco, ma sapeva
anche che sarebbe stata la sua unica occasione per esprimere la sua
gratitudine e tutto l’amore di cui era capace, convincendolo
che poteva rivelarsi, che non doveva temere.
Era un obiettivo arduo, lo sapeva, perché non poteva far
capire al signor Hayami che conosceva il suo doppio ruolo e doveva
anche ricordarsi che Masumi Hayami era un uomo fidanzato con una
bellissima ed altolocata signorina.
Sospirò: si chiese se sarebbe rimasto sconvolto,
l’austero Masumi Hayami, se avesse saputo di quali fantasie
era protagonista nella mente di quella ragazzina.
Forse era questo che intendeva la signora Tsukikage quando affermava
che due anime gemelle non potevano che cercarsi pazzamente quando si
incontravano: lei sicuramente era pazza.
Rei Aoki notò il cambiamento dell’amica.
L’ombra che la perseguitava nelle ultime settimane era
sparita e Maya sembrava essere rifiorita e divenuta donna. Aveva gli
occhi ridenti. Tutto il giorno aveva lo sguardo di quando saliva sul
palcoscenico. Lo sguardo di chi amava.
L’energica ragazza restò interdetta: sapeva
dell’attaccamento di Maya al suo ammiratore, ma mai avrebbe
immaginato che la ricomparsa di quella figura misteriosa provocasse un
cambiamento tanto radicale.
Al contempo, era preoccupata: se l’uomo non si era mai
mostrato, doveva aver avuto le sue ragioni. Quindi lei temeva che prima
o poi Maya sarebbe dovuta tornare con i piedi per terra
perché non era detto che l’invito al ballo in
maschera si rivelasse più di quello che era. Quante volte
aveva sperato la giovane attrice di veder rivelata
l’identità nascosta? Ogni volta era rimasta
delusa. Rei ricordava ancora l’invito al ristorante prima
della rappresentazione de “ Le Due Regine”: anche
quello si era rivelato solo un mezzo dell’ammiratore per
aiutare Maya ad interpretare la dolce e solare Ardis, con la
partecipazione inconsapevole di Masumi Hayami.
Concluse alla fine che altro non poteva fare se non aspettare e
supportare Maya nel caso in cui anche questa volta non ci fosse stato
nessun risultato.
Rei non poteva sapere che la piccola Maya già conosceva
l’identità di quell’ombra che
l’aveva seguita.
Karato Hijiri stava seguendo pedissequamente le indicazioni del suo
principale. Aveva sorvegliato la villa dei Takamiya annotando tutti i
movimenti in entrata ed in uscita. Alla fine aveva fatto domanda di
essere assunto quando il capo dei domestici aveva inspiegabilmente dato
le dimissioni.
Voci di corridoio sussurravano che avesse ricevuto una cospicua
eredità. In realtà, lui sapeva che il signor
Hayami aveva fatto in modo di farlo assumere presso un’altra
famiglia molto altolocata dell’estremo nord del Giappone.
Forte delle sue false referenze, Hijiri era stato prontamente assunto:
la famiglia non poteva certo permettere che la numerosa
servitù si auto-gestisse. L’impiego di maggiordomo
consisteva in un impegno effettivo abbastanza limitato nel tempo;
inoltre aveva accesso a tutte le stanze della residenza. Questo gli
consentiva di girovagare indisturbato, raccogliendo informazioni e
pianificando le sue mosse in vista della sera del ballo in maschera.
Era stato molto sollevato quando il signor Hayami aveva deciso di
incontrare Maya. Lei era diventata anche la sua protetta. Dopo tutti
gli anni passati a seguire le evoluzioni e a risolvere le problematiche
relative alla ditta M. aveva fatto sue le intenzioni del suo capo,
capendone anche i sentimenti: il radioso sorriso della ragazza, la sua
bontà d’animo, la sua schiettezza e la sua forza,
tutto, aveva contribuito a ridare il cuore all’algido
superiore. E, nel momento stesso in cui riprendeva a battergli nel
petto, il suo cuore gli veniva rubato inesorabilmente dalle stesse
virtù.
Hijiri era grato a Maya. Masumi Hayami era quello che aveva dato un
senso alla sua vita di uomo inesistente e soffriva nel vedere
l’odio e la sete di vendetta, l’ambizione e la
freddezza che albergavano in quell’animo che lui sapeva
essere nobile.
Ricordava ancora il primo incarico che gli aveva affidato in relazione
a Maya. Quando gli aveva parlato della ragazza aveva mantenuto il
solito atteggiamento freddo e distaccato, ma quando l’uomo
gli aveva chiesto come mai si interessasse per la prima volta ad
un’attrice, per di più tanto inesperta, con lo
sguardo perso in lontananza ed un lieve tremito nella voce, il giovane
aveva affermato: “Maya Kitajima ha ancora la forza di vivere
per i suoi sogni e arde della passione necessaria per raggiungerli. Non
permetterò a nessuno di spegnerne la fiamma.”
Erano passati anni da allora: aveva visto tutti i mutamenti nel cuore
del suo principale. Dall’istinto di protezione iniziale era
passato all’attaccamento: non passava settimana senza che
l’importante Masumi Hayami, vice-presidente della Daito Art
Production, non trovasse modo di incontrarla casualmente e divertirsi a
battibeccare con lei. Dall’attaccamento all’amore
il passo fu breve: come poteva non riconoscerlo dopo la morte della
signora Haru e tutto quello che fece per farla ritornare a vivere nel
mondo dell’arcobaleno? Da quel momento il suo cuore fu
attraversato da sentimenti sempre più forti e totalizzanti:
il desiderio, glielo leggeva nello sguardo ogni volta che parlavano di
lei e pensava di non essere visto; la gelosia, ad ogni notizia
riguardante i suoi partner di scena; il tormento, quanto soffriva per
l’odio ed il disprezzo che credeva di vedere nello sguardo di
Maya ogni volta che la incontrava; l’altruismo, donava tutto
di sé per favorirla.
L’uomo ombra della Daito sperava che, indossando una
maschera, questa volta Masumi Hayami sarebbe riuscito ad essere se
stesso. Chissà che non avesse potuto finalmente provare
anche la felicità, la completezza, l’appagamento
ed il senso di appartenenza che l’amore dona ai fortunati che
glielo consentono!
Saeko Mitsuki, nel frattempo, aveva dato le disposizioni necessarie ai
sarti della Daito per il taglio e la cucitura dei costumi. Era molto
soddisfatta delle idee che aveva avuto in merito ai decori: il signor
Hayami avrebbe sicuramente apprezzato. Doveva solo procurarsi gli
accessori ora: maschera, gioielli, scarpe.
La donna non avrebbe mai creduto possibile di poter ricordare il giorno
in cui l’animo tormentato e ferito del giovane uomo avrebbe
provato ad emergere dal pozzo senza fondo in cui si era voluto
nascondere.
Era fermamente convinta che i suoi sentimenti fossero ricambiati,
pertanto credeva che anche nascosti dalle maschere, una volta che i due
avessero iniziato a parlare sinceramente, non più semplici
caricature di se stessi – l’ammiratore e
l’affarista senza scrupoli, da una parte, e la ragazzina
sfrontata e sprezzante, dall’altra – le loro anime
veramente si sarebbero incontrate.
Shiori Takamiya non stava più nella pelle. Il suo bel
fidanzato l’aveva invitata ad un ballo in maschera e, adesso,
non vedeva l’ora di parteciparvi.
Ancora ricordava lo sguardo languido di Masumi mentre la invitava:
erano nel salotto di villa Takamiya mentre il nuovo assunto
supervisionava il servizio del tè da parte della
servitù.
Masumi le aveva fatto una sorpresa presentandosi inaspettatamente a
metà pomeriggio a casa sua. Si era cortesemente scusato di
non averla avvisata e le aveva proposto quel piacevole diversivo alla
solita routine.
Lei aveva naturalmente accettato entusiasta: non aspettava altro di
vedere come si sarebbe comportato il freddo fidanzato nascosto da una
maschera. Shiori avrebbe convocato immediatamente i suoi sarti
personali per iniziare a confezionare l’abito. Avrebbe
sedotto il suo fidanzato con lo stesso fascino di una figlia dei dogi.
Hijiri aveva assistito alla scena pensando che il suo capo avrebbe
benissimo potuto fare l’attore: dovette sforzarsi non poco
per non sorridere sarcasticamente.
Eisuke Hayami, chiuso nella sua villa, cercava di capire cosa stava
accadendo.
Vedeva suo figlio fare delle strane mosse e non riusciva a coglierne il
senso: l’assunzione di Hijiri presso i Takamiya ne era un
esempio.
Che avesse deciso finalmente di muoversi? Lo sperava, ma ancora non
scorgeva il disegno d’insieme.
Avrebbe atteso.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Di ritorno dalla villa dei Takamiya, il vice-presidente della Daito Art
Production non poté resistere alla tentazione di recarsi
alle prove della Dea Scarlatta della compagnia di Kuronuma. Era tanto
tempo, troppo, che non aveva occasione di vedere e parlare con la sua
ragazzina: gli mancava la sua voce squillante perché,
nonostante gli insulti che gli avrebbe affibbiato, era in grado
comunque di fargli dimenticare la monotonia e l’ipocrisia
della sua vita. Inoltre voleva vedere il suo volto radioso,
così come gliel’aveva descritto Hijiri.
Parcheggiò la lussuosa auto lungo il marciapiede. Scese con
movimenti fluidi e si avvicinò all’entrata. Il
cuore gli batteva talmente forte da fargli temere che gli uscisse dal
petto. Posando la mano sul maniglione della porta della sala prove
trasse un profondo sospiro ed entrò. L’ampia
stanza era avvolta nella penombra. Solo un’area era
illuminata, quella che doveva essere dedicata ad un palcoscenico.
Lì, al centro della luce, Akoya si prendeva cura di un
Isshin ferito dalla spada della battaglia.
Le sue amorevoli mani lo curavano, la sua voce calda cullava il suo
riposo, il suo sguardo appassionato raccontava dei sentimenti che il
giovane uomo suscitava in quel cuore puro.
Come ogni volta, Masumi guardava Maya rapito, pur non potendo fare a
meno di serrare i pugni fino a incidere la pelle dei palmi con le
unghie. Come poteva dar torto ai giornalisti che ipotizzavano una
liaison tra i due? Vedeva lui stesso il loro affiatamento sul
palcoscenico, i loro occhi che si incatenavano, dimentichi del mondo
che li circondava.
Mentre le prove procedevano, non visto, si avvicinò alla
buia postazione di regia.
“Buona sera signor Kuronuma!” –
salutò con voce tirata senza perdere una sola battuta.
“Giovane presidente Hayami! Buona sera! A cosa debbo la sua
visita?”
“Come al solito, sono venuto a vedere a che punto siete con
le prove. Che cosa ne pensa? Mi pare che i due protagonisti se la
cavino abbastanza bene!”
Kuronuma rispose sinceramente: “Ero preoccupato per Kitajima.
Fino alla settimana scorsa sembrava essere svuotata di ogni sentimento.
Veniva alle prove, pronunciava le battute, ma non riusciva a infondervi
nessuna passione, tristezza, amore, calore, furore. Più
volte l’ho ripresa, anche duramente. Poi, un giorno,
arrivò ed era tornata quella di sempre, dando fiducia a
tutta la compagnia. Come può vedere, adesso è
un’Akoya radiosa.” – Kuronuma fu
soddisfatto della risposta: da tempo aveva intuito il particolare
interesse del giovane presidente per la sua prima attrice.
Masumi aveva chiaramente compreso a quale giorno si riferisse il
burbero regista, tuttavia la sua insicurezza non poteva evitare di
volere delle conferme: “Evidentemente la ragazzina aveva
problemi con il suo partner, problemi che deve aver risolto abbastanza
bene a quanto posso vedere.” – La smorfia della
bocca rafforzò il sarcasmo nella sua voce.
Kuronuma lo guardò stranito: “No, anzi. Quel
giorno i problemi con Sakurakoji si sono creati. Poi, fortunatamente,
sono riusciti ad appianare le loro… ahehm…
divergenze, per così dire.”
“In che senso, scusi?”
“Beh…” – Kuronuma non sapeva
se mettere a parte il presidente Hayami degli eventi che si erano
verificati, ma poi pensò che se l’uomo avesse
voluto notizie non avrebbe faticato a procurarsele –
“Ecco, Kitajima quel giorno ha detto a Sakurakoji che non
può ricambiare i suoi sentimenti e il ragazzo ha stentato ad
accettare la sua decisione.”
Masumi Hayami quasi non riusciva a credere a quanto aveva appena
sentito. Ah, il suo cuore stava cantando!
“Capisco. Certo, non si direbbe!”
“Che vuole che le dica?! Kitajima è riuscita
finalmente ad essere chiara con quel ragazzo. Certo, era deluso, ma ha
capito che non poteva continuare una corte indesiderata.
L’importante comunque è che abbiano ritrovato
l’affiatamento sul palcoscenico.”
Il giovane chiese se poteva restare ad assistere ancora qualche minuto.
Il regista non si oppose: “Faccia pure con comodo,
presidente. Le prove sono quasi giunte al termine: fra una decina di
minuti farò riaccendere le luci”.
Masumi si rilassò sulla piccola sedia, godendosi lo
spettacolo della piccola creatura che impersonava la dea scesa in
terra. La sua mente era in fibrillazione: pensava freneticamente. Il
giorno successivo in cui Maya aveva ricevuto il messaggio
dell’ammiratore aveva trovato la forza di fermare gli
approcci di quel ragazzo. Questo non faceva che rafforzare le teorie di
Mitsuki e di Kuronuma. La sua segretaria sosteneva che Maya non fosse
innamorata di Sakurakoji: a ragion veduta, non poteva darle torto.
Kuronuma asseriva invece che lo fosse dell’ammiratore
segreto. Il suo cuore iniziava a contemplare la possibilità
di rivelarsi cercando di immaginare la reazione della ragazza: non
riusciva però a superare il terrore di essere odiato ancora
di più. Rivelarsi significava distruggere la figura
dell’uomo di cui era innamorata: l’uomo amato, in
realtà, era colui che più lei odiava. Tuttavia,
una flebile ed assurda luce stava facendosi largo nel suo animo.
Nella penombra si alzò e si diresse verso
l’uscita, mentre alle sue spalle Kuronuma stava dando il
segnale di accendere le luci.
Maya si riscosse lentamente dalla maschera di Akoya, si alzò
e si diresse verso i camerini. Mentre usciva dalla sala, le parve di
scorgere l’alta figura di spalle del signor Hayami, ammantata
dal solito lungo impermeabile grigio. Si disilluse subito: era troppo
impegnato per venire ad assistere alle sue prove.
Velocemente si cambiò d’abito e, salutando gli
altri, uscì in fretta dirigendosi verso casa.
Rifletteva sul nuovo rapporto che stava cercando di creare con
Sakurakoji, quando si sentì chiamare.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Quella voce… quel tono… non poteva essere lui!
Eppure… eppure!
“Ragazzina!”
L’appellativo lasciato sospeso nella fredda aria della sera.
Maya lasciò che quella parola le scivolasse addosso andando
a colmare la mancanza di lui che aveva sentito. Era tornato come suo
ammiratore segreto ed era tornato come Masumi Hayami.
Lentamente, lentamente si girò.
Lo vide lì, con il suo impermeabile, appoggiato alla sua
lussuosa auto. Quanto aveva desiderato rivederlo: era più
bello di come lo ricordava. Le bionde ciocche gli incorniciavano i
tratti delicati del viso. Gli occhi, così azzurri e
profondi, le stavano rivolgendo un muto sorriso. La bocca virile era
piegata nell’abituale smorfia ironica. Una mano guantata
alzata a mo’ di saluto.
E ora? Ora cosa doveva dire?!
Decise di lasciare a lui la parola. Semplicemente lo salutò
inchinandosi profondamente: “Buona sera signor
Hayami!”. Non voleva battibeccare come al solito. Non sapeva
se ne avrebbe avuto la forza. Gli rivolse un sorriso che voleva essere
tranquillizzante.
Fortuna era appoggiato all’auto, altrimenti avrebbe
vacillato.
Cos’era
quell’inchino? Cosa quel sorriso? Possibile non abbia
intenzione di sbraitarmi contro?
Fu curioso. Decise di testare il terreno.
“Ragazzina, come mai quell’inchino? Non ci sono mai
state queste formalità tra noi!”
Uff… ma
proprio non può evitare di provocarmi? Perché
deve rendere vani i miei sforzi?
Cercò di essere paziente.
“E’ vero signor Hayami. Però aveva
ragione quando mi consigliò di essere educata nel nostro
ambiente. Sto cercando di seguire i suoi consigli.” Ed era
vero.
Fu spiazzato una seconda volta nel giro di pochi istanti.
“E da quando segue i miei consigli?”
Ecco! Ora ne ho la
conferma: il suo è un vizio.
“Da quando ho capito che sono corretti, signor Hayami. Non
sono più una ragazzina. Riesco a pensare con la mia testa,
sa?”
Rise tra sé e sé. Ecco che finalmente la sua
ragazzina impertinente tornava a fare capolino.
“Bene, ne sono felice ragazzina” –
calcando volutamente su quel termine da lei tanto odiato.
Da quanto tempo era che non si divertiva più con lei in quel
modo? Nemmeno lo ricordava più, tanto era stato buio il
tempo che aveva trascorso cercando la via da percorrere.
“Ci sono altri miei consigli che sente di dover mettere in
pratica?” – La guardava con occhi ridenti.
Ma perché il
signor Hayami si ostina a prendermi in giro? Eppure sono tanto felice
di vederlo… possibile che lui non pensi ad altro che a
divertirsi alle mie spalle?
“No, signor Hayami. Questo è l’unico suo
sconsiglio che mi sento di seguire. Ma cosa ci fa da queste parti,
signor Hayami?”
Questa volta era stata lei a sottolineare il suo appellativo.
Sempre più
divertente!
“Sono venuto a vedere come procedono le prove dei nostri
rivali. Mi erano giunte voci preoccupanti sulla sua interpretazione. Ma
a quanto ho potuto vedere, erano prive di fondamento!”
Non poteva certo dirle che guadarla solo sulle immagini del suo album
non gli bastava più…
“La ringrazio signor Hayami per la sua attenzione.
Sì, ora non si deve più preoccupare!”
E’ venuto a
vedere me, solo me, non la compagnia!
“Ragazzina… significa forse che mi sarei dovuto
preoccupare prima? Non si faccia distrarre da cose superflue! Le va di
seguire questo mio consiglio?”
Gli occhi dell’uomo brillavano, ché ben sapevano
quali erano state le preoccupazioni della giovane donna.
“Signor Hayami, come le ho detto, decido io quali consigli
seguire e decido sempre io quali sono le questioni superflue. Il mio
ammiratore non è tra queste”.
Il tono, partito battagliero, si addolcì alla fine. I suoi
occhi fiammeggianti si mitigarono in un caldo sole primaverile. La
piccola mano si era stretta al petto.
Signor Hayami,
perché? Perché mai fa queste domande se non ha
intenzione di rivelarsi?!
L’uomo contemplava la piccola ed appassionata figura. Ora che
ce l’aveva dinanzi, capiva quanto le era mancata e quanto la
voleva. Era inutile chiamarla “ragazzina”. Non lo
era più da tempo.
“E’ tardi, ragazzina. Non le andrebbe di essere
accompagnata in auto?” – aveva parlato prima ancora
di pensare. L’unico suo intento era di passar ancora un
po’ di tempo con lei. Sinceramente, non credeva che avrebbe
accettato.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Maya era tentata, si vedeva che era tentata. Voleva prolungare ancora i
momenti da passare con lui.
“La ringrazio, signor Hayami. Accetto volentieri!”
– e gli si avvicinò abbassando leggermente lo
sguardo. Non voleva che le leggesse dentro l’agitazione che
le aveva provocato dire quelle poche parole.
Se non avesse abbassato lo sguardo avrebbe invece visto
l’impassibilità scomparire dal viso
dell’imperturbabile presidente della Daito. Vedendola
avvicinarsi, si scostò dall’auto, aprì
la portiera e galantemente, togliendosi il guanto, le offrì
la mano per aiutarla a salire.
Quelle dita sottili nel suo palmo parvero imprimere il loro marchio.
Una volta chiuso lo sportello strinse a sé quella mano:
avrebbe voluto trattenere il suo calore per sempre.
Salì in auto e mise in moto: non voleva certo che ci
ripensasse.
“Quasi non ci credo ragazzina! Per farla salire in macchina
non ho dovuto ordinarglielo, né sbraitare e nemmeno portarla
di peso. Cosa c’è? Non sono più
inaffidabile e odioso?”
Ora era lui che si chiedeva come mai non riusciva a chiudere la sua
boccaccia: perché vederla tanto docile scatenava in lui
l’istinto di provocarla?
Dopo qualche istante, in cui lui pensò che Maya non avrebbe
detto una parola, la sua risposta giunse inattesa nei toni e nei
contenuti. Con voce pacata la ragazza rispose: “E’
strano signor Hayami, ma ultimamente mi sono resa conto che
è sempre stato una persona affidabile e… no, non
la odio più. L’ho perdonata da tempo per la morte
della povera mamma. All’epoca ero veramente una ragazzina e
feci sopportare anche a lei il peso del mio dolore e dei miei sensi di
colpa. Non è certo stata solo colpa sua quello che
è successo. L’ho capito da tempo.”
Finalmente era riuscita a dirglielo. L’aveva in cuore da
prima che scoprisse la sua vera identità, ma solo dopo se
n’era accorta. Prima era troppo accecata da quello che lei
credeva rancore e disprezzo. Aveva poi capito che non si rivelava anche
perché pensava che lei l’odiasse. Ora
l’aveva detto. Chissà se qualcosa sarebbe cambiato?
Sicuramente lei non era la sua anima gemella, vista la sua splendida
fidanzata, ma almeno poteva sperare di veder evolvere il loro rapporto
in qualcosa di migliore rispetto a quello che era stato finora.
“Grazie… Maya”
Quelle parole, sospese nel silenzio dell’abitacolo,
pronunciate dalla sua voce calda e fremente, senza inflessioni ironiche
o provocatorie, furono la prova del grande peso che gravava sul suo
cuore. Quel nome, pronunciato quasi con dolcezza, era il riconoscimento
più gradito.
“Prego, signor Hayami. Era da tanto che volevo dirglielo, ma
le nostre conversazioni non sono mai abbastanza…”
– si fermò in cerca dell’aggettivo
adatto.
“Serene” – dissero entrambi.
Si guardarono brevemente e sorrisero.
“Signor Hayami, lei è comunque un affarista senza
scrupoli!” – alzò la voce lei.
Lui volse i suoi occhi azzurri verso quella figurina perduta nel comodo
sedile della sua auto e scoppiò in una risata liberatoria.
“Anche lei è comunque una ragazzina!”
Sorridendo Maya gli rivolse una linguaccia.
Nel frattempo erano arrivati.
Masumi spense la macchina.
Il tempo era trascorso velocemente. Quello di cui avevano discusso era
il massimo a cui aveva mai osato aspirare. Il perdono della sua
ragazzina… non l’odiava più. Gli aveva
parlato con calma, cullata dai rumori attutiti che si percepivano
nell’abitacolo. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno:
sarebbe sempre rimasto in fondo al proprio cuore.
Si voltò a guardarla. Lei era ferma, in attesa di una sua
parola.
“Maya, faccia del suo meglio. Si ricordi la promessa che mi
ha fatto!”
“Non si preoccupi, signor Hayami. Sto entrando molto bene nel
personaggio di Akoya e della sua dea. Ogni giorno vedo più
in là e più a fondo.” –
stette un attimo silenziosa, poi riprese, con voce più
tenue: “Ricordo la promessa che le ho fatto! E’ mia
intenzione mantenerla signor Hayami. Lo farò per
lei… e anche per il mio ammiratore.”
“Il suo ammiratore è sempre molto importante per
lei, vero?”
Dèi, fate che
non possa sentire il battito del mio cuore! pensò
Maya mentre abbassava lo sguardo arrossendo.
“Sì, signor Hayami. Lui è sempre
più importante per me.”
“Se fossi in lui, anche lei lo sarebbe per
me…”
I suoi occhi si spalancarono. Le sue gote si imporporarono.
Cielo! Come erano
arrivati a quei discorsi? L’uomo non lo sapeva.
Era stato sul ciglio del dirupo della verità e si era tirato
indietro. Non poteva rischiare tutto, non subito, non ora che sapeva
che lei l’aveva perdonato. Doveva muoversi con cautela.
Con questi pensieri, Masumi ritornò ad essere un Hayami,
riprese il controllo del proprio corpo e, insieme, della situazione:
“Venga, l’aiuto a scendere.”
Maya annuì, gli occhi sempre bassi, aspettando che la
portiera si aprisse.
Con studiata lentezza e cortese garbo il presidente della Daito Art
Production tese la mano alla ragazza e
l’accompagnò fuori dall’abitacolo.
Si salutarono con un sorriso che ricordava ad entrambi i momenti appena
vissuti.
Maya si diresse verso le scale dal suo piccolo appartamento guardandolo.
Masumi Hayami rientrò in macchina e si diresse verso casa.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Di ritorno verso casa, Masumi Hayami ripensò ad ogni
dettaglio degli eventi appena trascorsi. In confronto, la rivelazione
di come Maya avesse respinto Sakurakoji sbiadiva. Ora capiva meglio
Maya: lei, negli ultimi tempi, gli era sempre sembrata in attesa di
dirgli qualcosa e restia a rispondere alle sue provocazioni. Ancora
ricordava il suo sguardo ferito quando l’aveva pungolata
nella Valle senza rendersi conto della presenza della sua fidanzata.
Capiva che fin da allora Maya voleva trasmettergli il suo cambiamento.
Si sentiva leggero: forse poteva ritenersi libero di non temere
più il suo odio ed il suo disprezzo, per lo meno non per gli
eventi del passato.
Se lui avesse deciso di rivelarsi, avrebbe dovuto affrontare la sua
rabbia per averla ingannata, ma molte erano le motivazioni che
l’avevano spinto. Iniziò a coltivare la speranza
che lei avrebbe potuto perdonarlo anche per quello.
Rientrato in garage, spense il motore e chiamò Hijiri per
avere un rapporto dettagliato di come si erano svolti i fatti in casa
Takamiya dopo la sua partenza.
Quello che il suo collaboratore gli riferì lo
incuriosì.
Maya rientrò in casa tendendo l’orecchio al rumore
dell’acceleratore che dava gas all’auto del signor
Hayami.
Finalmente! Finalmente era riuscita a dirgli parte della
verità che le gravava in petto.
Aveva visto le spalle dell’uomo sollevarsi come libere da un
macigno da cui erano gravate. Mai avrebbe pensato di poter influenzare
tanto l’animo di un uomo come Masumi Hayami eppure lei lo
conosceva, sapeva della nobiltà del suo spirito e della
gentilezza del suo cuore.
Quanto doveva aver sofferto, da solo, ogni volta che lei lo accusava
degli atti peggiori.
Ogni volta che qualcosa andava storto, “doveva”
essere colpa del signor Hayami ed era stata cieca, cieca agli atti
positivi che lui si era spinto a fare o causare per lei.
Shiori se ne stava tranquilla davanti alla sua toeletta in camera:
ancora ripensava all’inaspettata visita del pomeriggio di
Masumi.
Come aveva supposto, la freddezza solita dell’uomo non era da
imputare alla presenza di un’altra donna. Il ballo in
maschera sarebbe stato un’ottima occasione per lasciarla da
parte ed invitare un’altra, visto che tutti sarebbero stati
nascosti agli occhi indiscreti.
Invece lui l’aveva appositamente invitata.
Dopo che l’aveva lasciata sola, erano giunti i suoi sarti per
mostrarle alcuni tessuti e scegliere il modello dell’abito.
Si era completamente spogliata per permettere alle sartine di prendere
le misure: voleva che il corsetto fosse più aderente che
mai. Voleva incantare e sedurre il suo fidanzato.
Fu proprio in quel momento che il nuovo maggiordomo entrò
nel grande salone: la colse così, in biancheria intima.
Subito si scusò per l’intrusione, asserendo che
pensava che lei si fosse ritirata nel suo salottino privato. Si
inchinò, in attesa di un suo eventuale rimbrotto.
La donna guardò l’alta figura inchinata del
giovane e prestante domestico. Ricordando la scintilla di apprezzamento
che aveva notato subito nel suo sguardo, l’aveva congedato
senza grossi rimproveri.
Era stata proprio fortunata a che il vecchio maggiordomo fosse stato
sostituito da quell’esemplare di uomo: avrebbe dovuto
chiedere a suo nonno se avesse potuto portarlo con sé nella
nuova residenza, dopo il matrimonio. Non sarebbe stato un problema
convincere Masumi: in fondo pendeva dalle sue labbra.
Chiuso nella sua stanza, nell’ala della servitù,
Hijiri risentiva corrergli lungo la schiena il brivido di disagio che
l’aveva colto sotto lo sguardo della fidanzata del suo
principale.
Era entrato nel gran salone per il solito giro di controlli.
Effettivamente non si aspettava di trovarla lì, come si era
affrettato a spiegare. E, soprattutto, non si aspettava di trovarla
semi-nuda. Si era subito inchinato scusandosi in attesa di essere
congedato.
Aveva atteso e finalmente un mellifluo “Può
andare” raggiunse il suo orecchio. Prima di uscire le
lanciò una fugace occhiata: uno sguardo che ben poco aveva
di misterioso e dolce seguì la sua figura fuori dalla stanza.
Questo era stato il rapporto che aveva fatto al signor Hayami.
Attendeva ora indicazioni su come muoversi visto che la sera del ballo
era sempre più vicina.
***************
E con questo ho concluso la pubblicazione della settimana... continuo
lunedì...
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e, soprattutto, coloro che hanno
anche recensito.
Spero che la storia vi piaccia anche in futuro!
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Mentre il tempo passava, Maya migliorava sempre di più,
tanto che anche Kuronuma poteva dirsi soddisfatto.
Anche Sakurakoji non poteva non riconoscere che mai l’aveva
vista risplendere in quel modo.
Dopo quel giorno in cui si era assentato dalle prove, aveva cercato di
recuperare almeno il rapporto di amicizia che lo legava alla ragazza.
Aveva capito che il suo modo di fare l’aveva fatta chiudere
in se stessa, facendole rinunciare anche a quello che lei considerava
essere il suo migliore amico.
E aveva anche capito, soprattutto, che Kuronuma aveva ragione: se Maya
non ricambiava i suoi sentimenti dopo tutto il tempo che avevano
trascorso insieme, nulla sarebbe cambiato anche se
l’ammiratore non si fosse più fatto sentire: lei
avrebbe continuato a considerarlo alla stregua di un amico.
Aveva pertanto ripreso le prove, approcciando la ragazza con
atteggiamento franco e privo di secondi fini. Le aveva dichiarato di
aver compreso la sua posizione, che si sarebbe impegnato ad essere solo
un amico per lei e che avrebbe voltato pagina.
Restava convinto che la ricomparsa dell’ammiratore non fosse
una buona cosa per lei e, quindi, voleva comunque essere presente e
sostenerla quando se ne sarebbe presentata la necessità.
Maya guardava il nuovo Sakurakoji. Non credeva fosse possibile un
cambiamento tanto repentino di atteggiamento.
Forse neanche lui si era reso conto che il sentimento che nutriva per
lei evidentemente non era tanto profondo quanto lui si era ostinato a
pensare. Lei ricordava lo shock che aveva subito quando aveva scoperto
del fidanzamento del signor Hayami. Aveva pianto lacrime e sangue. Non
era riuscita a guardarlo negli occhi per molto molto tempo.
Ora la situazione sembrava migliorata perché il suo povero
cuore sperava in qualcosa visto il rinnovato interesse
dell’ammiratore. Ma il suo dolore non era certo fugato.
L’unica spiegazione che le venne in mente fu la sostanziale
differenza di carattere del ragazzo. Evidentemente era più
realista di quanto non fosse essa stessa. E, forse, era da considerare
anche la filosofica spiegazione delle anime gemelle: se Sakurakoji non
era la propria anima gemella, Maya non poteva essere quella del
ragazzo.
Le prove avevano giovato di questo nuovo rapporto che si era creato tra
i due protagonisti. Entrambi sembravano aver scelto finalmente la
strada da percorrere. Non vi erano più insicurezze o
titubanze nei loro occhi.
A tarda serata, con il cuore leggero, Maya si diresse verso casa.
Ad attenderla trovò una Rei stranamente agitata.
“Maya! Maya! Devi venire! Non perdere tempo a cambiarti!
C’è un messaggio per te ed un grosso pacco! Sono
troppo curiosa… ti prego aprilo!”
L’euforia dell’amica contagiò anche lei
ed in fretta si tolse le scarpe avvicinandosi al tavolo su cui era
appoggiato il tutto.
Rei le disse che era venuto un facchino durante l’ora di
pranzo. Lei immaginò che si trattasse del signor Hijiri.
Prese la pesante busta, l’aprì e lesse.
Cara Maya,
come promesso le invio
oggi l’abito per il ballo in maschera che si terrà
domani sera.
Spero che il costume sia
di suo gradimento.
Manderò
qualcuno a prenderla alle 20.00 domani sera.
Attendo di vederla.
Il suo affezionato ammiratore.
Maya strinse al petto il biglietto e lo ripose sul tavolo.
Sotto gli occhi spalancati dell’amica tolse il coperchio alla
grande scatola. Vi era un insieme di scatole più piccole ed
un costume piegato con cura.
Da quello che poteva vedere era in un bel velluto pesante di colore
viola. Vi erano degli inserti in velluto nero che modellavano la linea
sottile del corpetto. Un fine profilo di raso nero rifiniva la discreta
scollatura quadrata.
Passò ad aprire le altre scatole. Quella più
grande conteneva un ricco mantello in velluto viola. In
un’altra vi era un grazioso paio di scarpe in raso nero con
un leggero tacco. E poi, una splendida maschera bianca e lucente
decorata finemente con delle rose viola su un lato ed un velo in
merletto nella parte bassa; dei gioielli e dei decori per
l’acconciatura ornati da piccole ametiste che rilucevano dei
loro splendidi riflessi.
La giovane donna guardò estasiata tutti i tesori che il
signor Hayami le aveva inviato. Non riusciva a credere ai propri occhi.
Tutto era stato fatto per lei. Ormai avrebbe dovuto essersi abituata
alle sue attenzioni, invece trovarsi di fronte a tali oggetti le faceva
mancare il fiato. Richiuse tutte le scatole, le prese e, chiedendo a
Rei di aiutarla l’indomani ad indossare tutto, si diresse in
camera.
Era troppo scossa.
Nel frattempo, a villa Takamiya, Hijiri stava predisponendo i dettagli
per la strategia dell’indomani. Avrebbe dovuto muoversi con
cautela, ma era più che certo di raggiungere il risultato
sperato.
Masumi era in piedi di fronte all’ampia vetrata della sua
camera.
Il momento più importante della sua vita si stava
avvicinando. Probabilmente da lì alle prossime
ventiquattr’ore avrebbe rischiato tutto ciò che di
prezioso aveva.
Sperava di cogliere in Maya dei segnali che potessero rincuorarlo e
spingerlo ad agire.
I doni che le aveva inviato quel giorno forse sarebbero stati gli
ultimi da parte dell’ammiratore segreto. Il loro incontro lo
faceva ben sperare.
Avrebbe voluto vedere il suo sguardo mentre apriva le scatole.
Purtroppo quello era un piacere che da sempre si era negato, dipendendo
in tutto dai resoconti del suo collaboratore.
Avrebbe aspettato l’indomani per poterle finalmente parlare.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
La mattina giunse troppo tardi per Maya.
Già da tempo era sveglia nel suo letto pensando alla serata
che l’attendeva. Visto che le prove procedevano con
soddisfazione di Kuronuma, aveva chiesto al regista di potersi
assentare per motivi personali.
L’uomo aveva acconsentito, ben sapendo che erano
più le volte in cui la ragazza si assentava senza dire nulla
per capire i propri personaggi che quelle in cui chiedeva del tempo per
se stessa.
Appena il sole iniziò a fare capolino
all’orizzonte si alzò ed uscì per
recarsi alla “sua” altalena. Quante volte il signor
Hayami l’aveva ripescata dal suo nascondiglio? Quanta pioggia
aveva dovuto prendersi l’uomo per farla tornare in
sé? Ricordava ogni singolo momento. Rimpiangeva di non
essere stata più avvezza alla comprensione dei cuori,
perché altrimenti avrebbe presto capito il motivo della
persistenza nella sua mente e nel suo cuore di quei ricordi; avrebbe
certamente compreso l’origine della sensazione di pace e
calore che provava ogni volta che il signor Hayami si mostrava gentile
con lei.
Ripensare a quei momenti nel freddo sole mattutino le stava riscaldando
il cuore. Chissà cosa sarebbe successo quella sera? Cosa le
avrebbe detto il signor Hayami? Sarebbe stata capace di convincerlo a
rivelarsi? E… sarebbe stata in grado di non lasciar
trapelare il dolore che albergava nel suo cuore sapendolo di
un’altra?
Intanto, nella strada che costeggiava il parco cittadino era
parcheggiata una berlina scura di grossa cilindrata. Era da poco ferma
in quel punto e non sembrava che qualcuno ne volesse uscire. Solo un
fil di fumo usciva dal finestrino leggermente aperto e volteggiava
disperdendosi piano nell’aria.
Shiori era particolarmente euforica quel giorno.
Aveva passato una notte agitata da sogni riguardanti Masumi e la serata
che avrebbero condiviso.
Si accinse a far colazione con il suo solito latte macchiato: il suo
sguardo tradiva il desiderio che il tempo passasse in fretta.
Dopo colazione si ritirò nella sua serra sperando che le sue
care orchidee potessero chetare la sua anima.
Masumi Hayami spense la solita sigaretta e rimise in moto.
Andando al lavoro era passato per il parco e lì,
sull’altalena, aveva scorto la sua ragazzina. Quanto era
bello osservarla anche solo da lontano: la vedeva dondolarsi sulle
snelle gambe, appoggiata con le mani ed il viso ad una delle catene. Le
guardava gli occhi sognanti, le mani sottili e piccole, tutto il suo
essere che tanto amava.
Ripromise a se stesso che niente e nessuno l’avrebbe tenuto
lontano da quel tesoro! Anche se avesse dovuto rischiare di rimanere
per sempre nell’ombra.
*** Scusate, oggi capitolo corto... ***
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Masumi Hayami lavorò per tutta la giornata, facendo
susseguire briefing con la sua segretaria a riunioni con il direttivo
della Daito, appuntamenti con influenti personaggi della
società nipponica a firme di documenti di poco conto.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando si decise finalmente a recarsi a
casa per prepararsi alla serata.
Giunto all’ingresso della villa il maggiordomo lo
informò che la signorina Shiori era impossibilitata ad
accompagnarlo al ballo in maschera. Si dichiarava molto dispiaciuta, ma
aveva avuto uno dei soliti mancamenti ed il nonno le proibiva di
muoversi da casa.
Gli angoli della sua bocca si alzarono impercettibilmente: il suo piano
stava funzionando.
Il vecchio servitore lo informava infine che il padre voleva
incontrarlo. Chiedendosi cosa mai volesse e stando in guardia si
diresse verso la sua camera.
Eisuke Hayami aveva sentito della telefonata ricevuta da suo figlio a
proposito del malore della fidanzata e sapeva della commissione di
confezionare uno splendido costume rinascimentale impartita ai sarti
della Daito da parte della segreteria della presidenza. Ora la presenza
di Hijiri a casa Takamiya iniziava ad assumere dei connotati
più nitidi.
Forse il figlio aveva finalmente deciso di muoversi e di non indugiare
oltre.
Voleva vedere come avrebbe reagito se l’avesse punzecchiato
un po’.
Ascoltò il figlio bussare alla porta ed entrare con passo
lento ma fermo.
“Volevi vedermi, padre?”
“Sì, Masumi. Ho sentito che la tua fidanzata ha
avuto un malore.”
“Sì, padre. Non sembra essere niente di
preoccupante tuttavia. Ho intenzione di chiamarla, comunque.”
“Perché non le fai una visita piuttosto che andare
a quel ballo? Sarebbe sicuramente contenta!”
Un brivido freddo corse lungo la schiena del giovane. Non avrebbe
rinunciato per niente al mondo alla sua partecipazione a quel ballo. Si
stava giocando tutto, arrivando anche ad ingannare la donna che si
supponeva diventasse sua moglie. No, non avrebbe certo rinunciato per
un “consiglio” del genitore.
“Penso che una chiamata sia sufficiente. Non credo gradisca
che la si veda debilitata. Inoltre devo prendere parte
all’evento organizzato dall’Associazione Nazionale
Cinematografica”.
L’accento sul “dovere” non
sfuggì al padre. Rise sotto i baffi: sembrava molto
impaziente di partecipare all’evento. Di solito era
così disinteressato, invece. Era una situazione veramente
divertente.
“Ho capito. Ma ti toccherà andare solo al gran
galà! Attento a che non si spargano strane voci
sull’assenza della tua fidanzata.”
“Certo padre, come sempre. Non devi preoccuparti. In fondo
è un ballo in maschera. Nessuno ci farà
caso.”
“Ho capito. Va pure allora. Divertiti.”
Appena chiuse la porta sentì la risata del padre risuonare
tra le pareti dell’ampia stanza. Non credeva di aver detto
nulla di divertente: cosa stava tramando?
Rientrato in camera chiamò Villa Takamiya. Rispose il
maggiordomo: riconobbe la voce del suo collaboratore. Chiese notizie
della signorina e se era possibile parlarci.
“Certamente signore, gliela passo subito. La signorina ha
avuto un leggero mancamento. Ora è nella sua
camera.”
Restò in attesa mentre la chiamata veniva inoltrata
all’interno.
Passò i successivi interminabili minuti ad ascoltare le sue
lacrime, il suo dispiacere ed il suo rammarico per non poterlo
accompagnare. Cercò di rassicurarla dicendole che ci
sarebbero state altre occasioni e che l’evento comunque si
sarebbe risolto in uno dei soliti noiosi e convenzionali
galà.
Si salutarono in modo formale, come sempre.
Iniziando a prepararsi, Masumi avvertì in fondo al cuore il
senso di colpa per averla delusa e averle provocato il leggero malore.
Aveva preso accordi con Hijiri perché le somministrasse un
leggero farmaco sedativo durante la mattinata. Aveva previsto che il
comportamento iperprotettivo del nonno di lei non le avrebbe mai
consentito di uscire quella sera.
Era proprio un affarista senza scrupoli. Shiori non lo meritava. Ma non
poteva più ignorare il senso di soffocamento che provava
ogni volta che si trovava vicino a lei. Doveva trovare il modo ed il
motivo per uscire da quella farsa.
Nella sua bella camera, una Shiori Takamiya ben diversa da quella che
Masumi Hayami conosceva tracciava passi stizziti e furiosi da un lato
all’altro della stanza. Avanti e indietro.
Non si capacitava della sfortuna che aveva avuto quel giorno.
Di solito non era avvezza allo svenimento, semplicemente li manovrava.
Aveva capito fin dalla più tenera età che
mostrare una salute cagionevole l’avrebbe favorita. Quindi
aveva “imparato” a svenire quando più le
faceva comodo: sfuggire una punizione dei genitori, sviare
un’interrogazione da parte dei suoi precettori, farsi
corteggiare da Masumi.
Il fatto che quella mattina, invece, non avesse avuto nessun controllo
la preoccupava. In più ci si era messo suo nonno che le
aveva fatto sfumare l’occasione di sedurre Masumi.
Santi Dèi! Più ci pensava e più si
alterava.
In quel mentre bussarono alla porta.
In tutta fretta si infilò sotto la calda coltre delle
coperte adagiandosi sul mucchio di morbidi cuscini in piuma
d’oca. Assumendo un’espressione debilitata e
sofferente fece entrare il domestico.
Inaspettatamente era il bel maggiordomo.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
“Le ho portato la cena, signorina. Spero di non averla
disturbata. So che sarebbe stato meglio che gliel’avessi
fatta portare dalla sua cameriera, ma ero
preoccupato…” – si trattenne un attimo e
poi aggiunse – “Mi scusi.”
Shiori sorrise del suo imbarazzo. Sapeva di essere affascinante.
Evidentemente aveva fatto colpo su di lui. Questo le fece migliorare
leggermente l’umore.
“Non preoccuparti. Prego, entra. Non ho mai seguito molto le
convenzioni sociali.”
Hijiri pensò a quanto ipocrita fosse
quell’affermazione. Non aveva forse incontrato a scopo
matrimoniale il signor Masumi proprio in funzione della sua
appartenenza ad una famiglia di spicco dell’alta
società giapponese?
Tuttavia non lo diede a vedere: non era andato in camera sua per
mostrare sentimenti negativi.
“Si, signorina. Grazie.”
Entrò con il carrello delle vivande ed
apparecchiò velocemente in modo impeccabile il piccolo
tavolo al centro della camera. Sentiva gli occhi della donna scorrergli
addosso, lungo la schiena.
Stava per congedarsi quando la calma voce della donna lo
fermò – “Ti andrebbe di farmi
compagnia?”
“Ma… signorina… non è
decoroso che un domestico segga allo stesso tavolo della sua
padrona!” – di proposito aveva usato un tono
esageratamente deferente.
“Takeshi… posso chiamarti così, vero?
Ti ho già detto che non mi formalizzo. Ti prego accomodati.
Fammi compagnia durante la cena e anche dopo. Mi sento così
sola questa sera…” – i suoi occhi
spaziarono da destra a sinistra, abbracciando tutto lo spazio vuoto
dell’elegante camera. Alla fine si fermarono su di lui:
sembrava volessero implorarlo.
“Si… signorina.”
Mentre Shiori si alzava con studiata lentezza dal suo letto, Hijiri si
avvicinò per sorreggerla. Tuttavia non sembrava che ne
avesse bisogno. La fece accomodare al tavolo e, mentre lei iniziava a
piluccare le prelibatezze che la cuoca le aveva preparato, lui studiava
il suo volto. Cosa che non sfuggì alla donna.
A ben vedere poteva dar ragione ai rotocalchi che la giudicavano bella
quanto una dea: l’incarnato diafano come alabastro, i
profondi occhi neri, i lineamenti delicati, i lunghi capelli neri come
il carbone. Quello che però gli altri non vedevano e lei non
lasciava trasparire era uno spirito cinico che annullava
l’aspetto angelico. Lui aveva colto alcuni sguardi che Shiori
aveva lanciato al suo principale e nulla avevano degli occhi innamorati
che invece vedeva sul volto di Maya.
Ora voleva capire se aveva colto effettivamente la sua essenza o si era
trattato di un banale errore di valutazione.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Maya rientrò a casa a metà mattina.
Preparò alcune pietanze per il pranzo attendendo il ritorno
di Rei. Si erano messe d’accordo che l’amica
l’avrebbe aiutata ad abbigliarsi per il ballo in maschera
prendendo un pomeriggio libero dal lavoro.
Dal canto suo, Rei non voleva perdere
l’opportunità di ammirare la piccola Maya nelle
vesti della solare Ardis fuori dal palcoscenico!
Fecero pranzo silenziosamente perse ognuna nei propri pensieri: Maya
ancora indecisa sull’atteggiamento da tenere, Rei curiosa
della piega che stavano prendendo gli eventi. Nel frattempo il piccolo
televisore trasmetteva le notizie di cronaca e attualità del
giorno.
Verso le quattro del pomeriggio iniziarono a stendere sul letto il
contenuto delle varie scatole.
Maya si rilassò nella vasca da bagno colma di calda acqua
profumata, mentre Rei pensava all’acconciatura da fare.
Sarebbe stato bello intrecciare i sottili fili di perle e ametiste ai
suoi setosi capelli, raccogliendoglieli alla nuca e lasciando sfuggire
qualche ciocca.
In un festoso clima iniziarono la “vestizione”: di
fronte alla modesta toeletta Maya vide trasformarsi.
Dapprima il lungo e pesante abito, poi l’elaborata
acconciatura, infine il leggero trucco. La
“ragazzina” era scomparsa per lasciare spazio ad
una gran dama del Rinascimento. La maschera donava una nota misteriosa
all’insieme. Nessuno avrebbe potuto riconoscerla e lei si
sentiva meno inadeguata ed imbarazzata del solito rimirandosi nello
specchio. Forse era l’effetto della maschera,
pensò.
Quando puntualmente alle venti l’autista bussò
alla sua porta, quello che si presentò davanti agli occhi
dell’uomo era una piccola creatura che si muoveva con
leggiadria ed eleganza, creando tenui fruscii con il velluto. Il
pesante e lungo mantello la copriva interamente ed il grande cappuccio
era calato sugli occhi.
Velocemente si diressero verso il centro e l’hotel che era
stato allestito per l’evento. Maya approfittò dei
brevi attimi di calma per cercare di chetare il proprio cuore. Quella
sera avrebbe cambiato il suo futuro: nel bene o nel male la sua vita
non sarebbe più stata la stessa. Respirò
profondamente più volte: l’avrebbe visto subito?
sarebbe stato presente? avrebbe dovuto cercarlo? come si sarebbe
presentato? Queste erano solo alcune delle domande che le affollavano
la mente mentre scendeva dalla vettura e si avvicinava
all’ingresso camminando con passo leggero e a testa alta sul
tappeto scarlatto della scalinata.
I flash dei fotografi giunti per l’occasione la abbagliavano
ma non vi prestò attenzione. Si stava dirigendo verso il
futuro.
Masumi Hayami era arrivato ormai da una decina di minuti. Era entrato
in incognito, mascherato come si conveniva. Certo, la sua statura non
lasciava molti dubbi sulla sua identità, ma non era
l’unico giapponese alto un metro e ottanta che si occupava di
spettacolo: c’erano anche parecchi attori.
Una volta lasciato il mantello di velluto al guardaroba si era diretto
nel grande salone, appoggiandosi con le spalle alla parete di fondo da
cui dominava tutto l’ingresso e a cui gli altri invitati non
davano importanza.
Fu con un bicchiere di champagne in mano che notò
l’ingresso di Maya. Se non avesse conosciuto nei minimi
dettagli il suo costume non l’avrebbe mai riconosciuta.
Ne rimase abbagliato: emanava eleganza e grazia. Era di una bellezza
sfolgorante.
Non credeva possibile una tale mutazione: dove era finita la sua
ragazzina impacciata? dove si era nascosta? Non riusciva a rispondersi,
perché davanti a lui vi era una favolosa giovane donna dal
corpo minuto ma proporzionato che si muoveva con calma e sicurezza
apparenti, piccole mani candide dalle lunghe dita affusolate ornate da
un piccolo anello d’ametista. La scollatura quadrata
dell’abito metteva modestamente in evidenza dei piccoli seni
che si abbassavano e si alzavano al ritmo del suo respiro:
l’elegante ciondolo che aveva al collo vi attirava
l’attenzione. L’alta acconciatura esaltava la curva
delicata del collo e della nuca. Le poche ciocche che sfuggivano
sembravano chiedere alle sue mani di rimetterle al proprio posto. Le
piccole labbra che si scorgevano appena sotto il pizzo della maschera
erano leggermente socchiuse e velate di rosso. Si stava lentamente
voltando da destra a sinistra cercando, pensava lui, di
individuare colui che l’aveva invitata.
Guardandola, doveva ammettere con se stesso che i sarti della Daito
avevano fatto un ottimo lavoro.
Con eleganza si staccò dalla parete prendendo
un’altra coppa di champagne da un cameriere di passaggio. I
suoi occhi non l’abbandonavano un istante. Muovendosi con
lenti passi pregustava ogni momento del suo incedere.
Stava andando incontro al suo destino, lo sapeva: ora che
l’aveva vista, non avrebbe resistito e non si sarebbe tirato
indietro. Avrebbe lasciato decidere a lei della sua vita e anche della
morte della sua anima.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
La cena procedeva con Shiori che mangiucchiava mentre interrogava
Hijiri sulla vita che aveva preceduto l’assunzione presso la
sua casa: presso quali famiglie aveva lavorato? cosa l’aveva
portato a Tokyo?
Hijiri rispondeva secondo il copione che aveva stabilito con il suo
principale. I dati del suo curriculum erano certo noti anche alla
signorina.
Arrivata all’ultima portata, Shiori iniziò a fare
domande sulla sua vita privata: aveva una fidanzata? No!? Come mai?
Hijiri rispondeva in modo garbato lasciando intendere che aveva provato
un sentimento non corrisposto verso una sua datrice di lavoro che
l’aveva poi portato ad abbandonare quella casa. Mentre
raccontava la vicenda, assumeva un’aria sofferente mista
all’imbarazzo che avrebbe provato se tali fatti tanto
personali ed equivochi fossero stati veri e ne avesse trattato
effettivamente con lei.
Intrecciando le dita delle mani appoggiate al tavolo, l’uomo
raccontò di come la figlia del suo
“padrone” fosse tanto buona d’animo
quanto cagionevole di salute. Lui se ne era innamorato osservando la
sua gentilezza nel trattare con i subordinati: mai un minimo di rabbia,
mai un moto di superbia. La sua figura ispirava il suo istinto
protettivo ed il proprio cuore aveva risposto al suo animo tanto solo.
Shiori ascoltava rapita mentre comprendeva che la figura che Takeshi
stava dipingendo si adattava perfettamente a se stessa, o per lo meno
all’immagine di sé che lasciava trasparire: forse
l’attesa per il matrimonio sarebbe stata meno noiosa di
quanto si aspettava.
“Visto che ora sei qui, deduco che questa storia non abbia
avuto un lieto fine. Non è così?”
“No, signorina. Nonostante non avessi fatto nulla per mettere
in imbarazzo la signorina, i miei sentimenti trasparivano dai miei
atteggiamenti troppo solerti. La signorina ne sembrava felice, lo
stesso non posso dire di suo padre che pur non potendomi attribuire
comportamenti sconvenienti preferì allontanarmi dalla
residenza.”
I suoi occhi mesti dicevano che il suo cuore era ancora preso da quella
fanciulla.
“Takeshi, non voglio riaprire vecchie ferite. Ora che me ne
hai parlato, capirò se vorrai starmi lontano!”
“Signorina! Non potrei mai! Mi scusi se mi permetto, ma lei
mi sembra talmente sola che una persona amica potrebbe
aiutarla” – e aggiunse con deferenza
– “Naturalmente, so di non poter aspirare a
tanto”.
Lei colse la palla al balzo.
“Tu sembri conoscermi perfino più di me stessa.
Hai ragione, sono sola. Non bastano le attenzioni di mio nonno,
né la cortesia del mio ‘fidanzato’ a
rallegrare le mie giornate!”
Hijiri si rese conto del tono che lei aveva utilizzato al momento di
pronunciare “fidanzato” e ne approfittò
per indagare sui reali sentimenti della signorina per il signor Hayami.
“E’ facile, signorina. Chiunque si renderebbe conto
al solo guardarla che nonostante il matrimonio imminente non
è felice. Mi chiedo solo come mai possa essere
possibile!”
“Saresti felice se dovessi sposare una persona che vede in te
solo un ‘affare’? Fin dall’inizio
l’incontro con il signor Masumi è stato dettato
dalla volontà delle due famiglie di unirsi. Io non ho fatto
altro che adeguarmi. E continuerò in questo modo. Neanche il
mio fidanzato è molto partecipe, ma va bene
così…”
“Ma signorina… eppure quando gli parla mi sembra
così innamorata!”
Lei si rese conto delle attenzioni inavvertite che il maggiordomo le
aveva riservato in quei pochi giorni e si sentì lusingata e
potente.
“E’ l’ipocrisia del nostro ceto. Si
conviene che io mi mostri innamorata e allora io mi mostro tale. Se
devo essere sincera, come sembra che questa sera debba succedere, ti
confesso che non penso di essermi mai innamorata. L’amore non
va d’accordo con le esigenze di famiglia.”
Shiori sollevò il capo e lo guardò con occhi che
volevano comunicare tutta la sua tristezza.
Hijiri, fedele al suo personaggio, decise di essere partecipe della sua
malinconia, pur rendendosi conto della visione fondamentalmente cinica
che aveva la signorina nei confronti di tutto l’affare.
“Signorina, non posso credere che non voglia essere felice!
Se non vuole sposare il signor Hayami, sono sicuro che suo nonno
capirà! Se io stesso soffro a vederla tanto affranta, posso
solo immaginare i suoi sentimenti!”
“No. Tu hai in mente l’immagine di un nonno
affettuoso. Devi capire che le sue attenzioni per me sono limitate
all’utilità che rappresento per la
famiglia.”
Una lacrima scese solitaria sulla sua guancia. La lasciò
scorrere. Evidentemente ben sapeva l’effetto che le lacrime
possono avere sul cuore di un uomo.
Hijiri l’osservò e ricordò
un’altra lacrima. Quanto era diversa questa, caduta nel mezzo
del compassionevole monologo, da quella che Maya si era lasciata
sfuggire giorni prima quando era da sola e guardava le stelle, pensando
che la persona a cui più teneva l’avesse
abbandonata.
“Signorina, le posso solo dire di lottare per la sua
felicità. Non si arrenda per convenzione!”
L’uomo sorrise tra sé: quante volte aveva cercato
di far capire lo stesso messaggio al suo capo? Non ricordava neanche
più…
“Non c’è modo di uscirne.
Cercherò di far funzionare il mio matrimonio tentando di
avere un rapporto sincero almeno con mio marito e prendendo quel che di
buono vorrà venire.”
I suoi occhi si posarono per qualche secondo sulla figura del
maggiordomo per poi tornare alla luce pulsante del fuoco che ardeva nel
caminetto. Vivaci bagliori si riflettevano sul suo volto.
Proseguì dicendo che era stata felice di parlare con lui, ma
che era ora che si riposasse.
Si alzò lentamente ed iniziò a camminare verso il
grande letto.
Fece qualche passo per poi sentirsi mancare. Immancabilmente,
pensò lui, con un pensiero segretamente malizioso.
Hijiri fu pronto a sorreggerla ritrovandosela tra le braccia.
Le sue piccole mani si aggrapparono alle sue spalle, rendendogli
più semplice il compito, mentre un leggero rossore si
diffondeva sul viso della donna.
“Perdonami… sono proprio incorreggibile”
– sussurrò.
“Non si preoccupi signorina.” L’uomo la
prese in braccio e l’adagiò nel letto, mentre gli
occhi di lei continuarono ad essere allacciati ai propri e le sue rosse
labbra restavano socchiuse lasciando intravvedere i piccoli denti di
perla.
Lentamente Hijiri la lasciò e con la mano seguì
il suo esile braccio, finché, arrivato alle sue dita, non
avvertì una leggera stretta. La guardò negli
occhi, lei sostenne il suo sguardo per soli pochi secondi per poi
abbassare le ciglia ed arrossire ancora di più.
Forte dell’atmosfera che si era creata, Hijiri trattenne la
sua mano e con l’altra le diede una leggera carezza sul volto
appoggiando brevemente le labbra sulla sua fronte.
La vide spalancare gli occhi e trattenere il fiato.
In tutta fretta si volse, uscendo dalla camera e chiudendosi la porta
alle spalle, non senza prima notare un leggero sorriso di trionfo
aleggiare su quelle labbra.
Il maggiordomo, conclusi i compiti della sera, si ritirò
nella sua stanza. Pensò soddisfatto di aver posto le basi
per un’eventuale rottura del fidanzamento del suo capo.
Inoltre, le informazioni che stava raccogliendo erano proprio
interessanti.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Aveva lasciato il pesante mantello nel guardaroba
all’ingresso. Si era diretta verso il salone adibito
all’evento. Aveva sceso i pochi gradini che la separavano
dagli altri invitati.
Ora voltava lo sguardo intorno a sé, osservando quello che
si presentava ai propri occhi.
L’ambiente era sontuoso. L’alto soffitto dominato
da stucchi e trompe-d’oeil rimandava allo stile barocco
occidentale. Semplici colonne in marmo bianco sormontate da capitelli
sorreggevano il soffitto circondando tutto l’ambiente. Grandi
finestre in legno davano su quello che doveva essere il terrazzo
affacciato sul giardino interno. Un lato della sala ospitava una
piccola orchestra che suonava melodie classiche.
Coloro che erano già riuniti sfoggiavano costumi e maschere
all’altezza dell’evento: i colori erano vivaci come
variegate erano le fattezze ed il taglio dei costumi. Qualcuno si era
prestato al gioco con una maschera talmente ridotta da renderne facile
il riconoscimento: era il caso del presidente
dell’Associazione Nazionale Cinematografica che stava dando
in quel momento il benvenuto a quanti erano convenuti prima di far
riprendere i musicisti a suonare.
Lo sguardo della ragazza vagava per la sala: il signor Hayami era
già arrivato? come avrebbe fatto ad individuarlo?
Nel frattempo notò un uomo che si stava dirigendo verso di
lei con andamento fermo: era alto e teneva in mano un paio di coppe di
quello che doveva essere champagne.
Si chiese se non fosse lui. Il suo cuore accelerò i propri
battiti. Sembrava volerle uscire dal petto!
La distanza si accorciava…
Masumi si dirigeva verso la ragazza ammirandone i dettagli a mano a
mano che si avvicinava. Ad un certo punto però vide un uomo
che la puntava. Le si stava avvicinando di lato.
Vide gli occhi di lei illuminarsi d’aspettativa. La vide
protendersi in avanti: i bicchieri rischiarono di infrangersi al suolo
e poteva affermare con certezza che solo la maschera che indossava
stava salvando il suo autocontrollo dallo stesso destino.
Arrestò il suo cammino, osservando il nuovo venuto. Il suo
occhio allenato riconobbe le movenze e gli atteggiamenti di un giovane
attore che aveva collaborato anche con la Daito Art Production. Doveva
ricordarsi di allertare Mitsuki sul fatto di non chiamarlo
più ai loro provini: ironizzò sulla sua gelosia
immediata.
Pur dovendo ritardare il suo incontro con Maya, voleva restare nelle
vicinanze: nel caso avesse avuto bisogno di lui, certo!
Certo… e chi
pensi che ci creda? – Si chiese.
Con i due calici si avvicinò ad una colonna e riprese la sua
posizione iniziale. Da lì poteva avere una visione chiara di
entrambi i protagonisti di quel siparietto.
L’uomo stava sfoderando un sorriso magnetico.
Accidenti! E’
proprio vero che non è più una ragazzina! Ovunque
si muova ha pretendenti affascinati pronti a corteggiarla!
Appoggiò la coppa della ‘ragazzina’ sul
tavolo vicino: non voleva attirare l’attenzione.
Con apparente indifferenza continuò a sorseggiare la propria.
Quando la distanza si annullò, l’uomo le
offrì il calice che teneva in mano salutandola con voce
ferma ma allo stesso tempo gioiosa:
“Buonasera! E’ venuta sola al gran ballo?”
Gli occhi d’ebano la scrutavano in attesa da dietro la
maschera.
Ebano? Ebano?! Oh no!
Non è lui! Devo trovare il modo di liberarmi!
“No, mi scusi! Sto aspettando una persona!” rispose
lei lasciandogli in mano la coppa.
“Ma quanto sono sfortunato!” –
insisté il ragazzo – “Una
così bella dama! Non è un cavaliere fidato se la
lascia venire da sola. Io invece…”
L’accenno all’inaffidabilità del signor
Hayami le fece perdere le staffe. Si rendeva conto del luogo dove si
trovava, ma non poteva fare a meno di insorgere in sua difesa: troppe
volte l’aveva attaccato lei stessa ingiustamente.
“Lei invece che cosa? Lei mi starebbe vicino qualsiasi cosa
succeda? Lo farebbe se cadessi in disgrazia? Lo farebbe se perdessi la
gioia di vivere? Non credo debba paragonarsi ad una persona che neanche
conosce! E ora, se vuole scusarmi, devo cercare il mio
accompagnatore!”
La sua voce che era partita in tono abbastanza sommesso aveva alzato i
toni fino a raggiungere le orecchie di alcuni invitati poco lontano. Le
signore guardavano l’uomo con un mezzo sorriso di scherno,
mentre Maya lo lasciava impalato con le due coppe di champagne. Gli
uomini invece gli riservarono occhiate di comprensione, mentre
seguivano quella piccola donna che si era rivelata oltremodo decisa.
Masumi stentò a credere ai proprio occhi!
Aveva visto e sentito tutto. Eppure ancora non ci credeva.
Aveva notato il momento in cui Maya si era irrigidita ed aveva concluso
che l’uomo non era il suo ammiratore: dedusse che doveva
averlo giudicato troppo giovane per esserlo. Era l’unica
spiegazione che era in grado di darsi.
Aveva visto il sorriso sornione del tipo ed aveva stretto i pugni per
evitare di prenderlo per il bavero del suo bel costumino.
Come si permette di
essere tanto ammiccante?
Aveva alfine udito le gelide eppur furiose parole che Maya aveva
scagliato come frecce su quel pover’uomo, difendendo colui
che neanche ancora conosceva.
Gli si strinse il cuore ed allo stesso tempo, non senza divertimento,
constatò che si era destreggiata proprio bene e che una
volta tanto il suo temperamento non era stato rivolto al famigerato
affarista senza scrupoli Masumi Hayami.
Preso da una gioia inaspettata, riprese il calice e si diresse nella
direzione che aveva preso la ragazza.
Una volta raggiunta, attrasse la sua attenzione con le stesse parole
con cui il damerino l’aveva salutata: l’avrebbe
accolto allo stesso modo? anche lui sarebbe sembrato troppo giovane
rispetto all’idea che si era fatta?
Dissimulando leggermente la propria voce disse:
“Buonasera! E’ venuta sola al gran ballo?”
E si preparò all’attacco frontale.
**********
Continua lunedì...
Buona lettura!
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
La vide bloccarsi.
Passarono un paio di secondi prima che la donna si girasse con occhi
furenti:
“Se ancora non ha capito, io sono…”
“Lei è ‘cosa’
signorina?” – il tono più dolce.
Aveva colto il momento in cui gli occhi della giovane avevano afferrato
che non era l’individuo inopportuno di prima. Ma ora, come
l’avrebbe accolto?
Maya si girò di scatto.
Ma cosa aveva quella sera attaccato alla schiena? Un cartello con
scritto “Vi prego, sono sola fatemi compagnia?”
Ad ogni festa a cui era andata aveva fatto da tappezzeria, tranne
naturalmente quando il signor Hayami pensava a curare le sue pubbliche
relazioni ed anche lì non si poteva certo affermare che lo
facesse per farle avere successo con l’altro sesso. Possibile
che il solo vestito fosse in grado di provocare tutto questo?
“Se non ha ancora capito, io sono…”
La parole le morirono in bocca!
Non era possibile… era lui! Finalmente era lui!
L’aveva raggiunta. Doveva averla sentita battibeccare con lo
sconosciuto ed il sorriso divertito che vedeva aleggiare sulle sue
labbra bastò a darle la conferma.
“Lei è ‘cosa’
signorina?”
Cos’è
questo sguardo? Pensavo che dovessi battibeccare! Invece come mai la
sua furia si è subito spenta? Forse non vuole essere
scortese con uno sconosciuto?! Si deve essere così!
“Io sono… molto felice di incontrarla. Finalmente.
Non sa da quanto tempo aspettavo che si palesasse a
me…”
Come? Come
può aver capito che sono io l’ammiratore? Non le
ho detto nulla, non sa che aspetto lui abbia. Il mio costume non
richiama in alcun modo il suo!
Masumi non riusciva a credere alle sue orecchie, ma i suoi occhi gli
confermavano ciò che aveva udito. Le mani giunte della
ragazza, il profondo inchino in cui si era profusa ed il suo sguardo,
tanto simile (eppur diverso) a quando dava vita ad Akoya innamorata non
gli lasciavano dubbi: lei sapeva che aveva di fronte il suo donatore di
rose, il suo ammiratore.
“Non capisco signorina! Chi pensa che io sia?”
Gli era venuto spontaneo. Non aveva resistito. Lei l’aveva
preso in contropiede.
Maya senza farsi demoralizzare da quell’interrogativo
espresso, sembrava, per confonderla rispose:
“Lei è il mio prezioso ammiratore! Lei
è colui che dal mio primo spettacolo mi è stato
vicino e mi ha aiutata in tutti i modi possibili, a volte anche senza
che me ne rendessi conto. Lei è colui a cui debbo
ciò che sono ora. Non mi sbaglio!”
Dopo che aveva rialzato la schiena dall’inchino, aveva visto
l’incertezza comparire nei suoi occhi azzurri –
sì, finalmente era lo sguardo giusto!
Aveva immaginato che non si sarebbe aspettato un simile riconoscimento
da parte sua, ma per una volta voleva essere lei a spiazzarlo.
Quando l’aveva visto, aveva concluso che tutti i suoi
interrogativi su come comportarsi o quale atteggiamento assumere erano
spariti di colpo: avrebbe detto e fatto quello che il momento le
avrebbe ispirato. Non c’era un copione da seguire stavolta.
Avrebbe seguito la marea delle sue emozioni.
Per questo si era voluta prendere una piccola soddisfazione.
Con voce calma l’uomo le chiese come potesse esserne certa.
Maya lo guardò, pensando a come formulare la sua risposta.
Dopo un breve momento e guardandolo dritto negli occhi rispose:
“Ne sono certa perché anche questa sera, come ha
sempre fatto, mi ha seguita da vicino nel caso avessi avuto bisogno. Me
l’ha fatto capire il suo saluto.” – e,
con un leggero rossore, ammise – “Immagino abbia
assistito al mio poco decoroso battibecco con
quell’individuo!”
“Rag… Maya, la devo ringraziare per la sua strenua
difesa della mia persona. Inoltre, mi ha stupito. Non è
facile, gliel’assicuro. Ma lei l’ha fatto ben due
volte questa sera. Speravo che sarei stato io a sorprenderla, invece
prima ho visto come ha liquidato un corteggiatore inopportuno e poi ho
saggiato sulla mia povera pelle il suo spirito
d’osservazione! Decisamente non è più
una bambina.”
“Ma lei mi ha sorpresa così tante volte che per
una volta ho voluto farlo io. Volevo anche ringraziarla per tutti i
suoi doni: sono magnifici. Quasi non mi riconoscevo!”
Ed ecco ricomparire la ragazzina gioiosa…
Masumi non capiva! Dove era stata nascosta quella Maya così
aperta?! Pur riconoscendo che era cresciuta, immaginava comunque di
trovarsi di fronte una ragazza impacciata come l’aveva sempre
ricordata. Invece aveva incontrato una giovane dal piglio deciso.
La serata si stava svolgendo in un modo del tutto inaspettato.
“Maya devo essere io a ringraziarla: ogni personaggio a cui
ha dato vita mi ha rubato il fiato. Lei è quello che
è oggi perché mai si è arresa in
passato. I miei aiuti sono stati ben poca cosa. Come ben poca cosa
è l’abito che le ho donato stasera. Indosso ad
un’altra donna non avrebbe dato lo stesso
risultato!”
Vide i suoi occhi dietro la maschera allargarsi per lo stupore e vide
le piccole labbra tremare leggermente. Si chiese se non avesse
esagerato!
Non voleva pensasse che la stava adulando. Credeva ad ogni lettera che
aveva pronunciato… come poteva essere altrimenti?
Sperando di togliersi d’impaccio le porse una mano
invitandola a ballare.
Lei accettò chinando lievemente il capo e appoggiando le sue
dita nel palmo lo seguì al centro della pista da ballo
insieme alle altre coppie.
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Con la mano posta in quella dell’uomo, Maya si
diresse verso la pista da ballo. La mano di Masumi
scivolò sulla sua vita sottile, mentre quella della giovane
si appoggiava sulla sua spalla. Sembravano aver trovato armoniosamente
il loro posto nell’universo, lì, l’una
nelle braccia dell’altro.
Masumi si muoveva con passo sicuro intorno alla pista. Maya lo seguiva
lasciandosi guidare.
La ragazza ancora ripensava al breve dialogo che avevano avuto.
Sembrava quasi che il signor Hayami l’avesse considerata una
donna. Era gentile il signor Hayami quella sera. Ed affascinante.
Proprio come se lo ricordava al loro primo incontro. Lei
così spaurita. Lui così sicuro di sé.
Non era cambiato. Lei invece si era fatta donna: certo, a volte non se
ne rendeva conto e le sembrava di essere ancora una bambina, ma i suoi
pensieri ed i suoi sentimenti erano maturati, grazie a lui.
Alzò lo sguardo con occhi sognanti: voleva guardargli il
viso, ma sapeva che avrebbe incontrato solo una maschera. Diversa da
quella che indossava di solito come Presidente della Daito Art
Production, ma era comunque una maschera. Tutte le loro vite sembravano
essere segnate dalle maschere che indossavano.
Lo trovò intento a fissarla: solo gli occhi erano rivelati
dalla maschera. Quei favolosi occhi azzurri che la scrutavano come non
ricordava avessero mai fatto.
Li ricordava beffardi nelle loro scaramucce; preoccupati e colpevoli
dopo la morte di sua madre; pensierosi e nostalgici il giorno del giro
in barca; titubanti la sera dell’appuntamento; infuocati la
notte al tempio. Arrossì e riabbassò lo sguardo
al ricordo ed al pensiero che aveva formulato: ringraziò il
velo della maschera che nascondeva il suo imbarazzo.
Poi ricordò che quella era la sua occasione quindi, decisa,
rialzò il volto: ed eccoli ancora lì quegli occhi!
L’abbraccio dell’uomo si strinse iniziando i giri
vorticosi del valzer. Maya non staccò più i suoi
occhi dallo sguardo di zaffiro dell’uomo.
Mai coppia appariva più affiatata! Sembrava di ammirare un
unico corpo che girava e girava leggero sul lucido pavimento.
Masumi passò i brevi minuti del ballo ad osservare la
ragazza.
Scrutava con attenzione il volto tanto amato. Avrebbe voluto che
nessuna maschera potesse offuscarne la vista, ma allo stesso tempo
ringraziava quell’artificio che gli avrebbe permesso di
passare quella magica serata insieme a lei.
Non sapeva neanche lui cosa sperava di vedere nei suoi occhi.
Inizialmente aveva tenuto il volto basso, forse presa dalla sua
timidezza proverbiale. Poi si era accinta ad alzarlo ma, evidentemente,
non si aspettava di incrociare il suo sguardo perché
l’aveva quasi subito riabbassato.
Infine, decisa, gli aveva puntato in viso i suoi caldi occhi color del
cioccolato senza più riabbassarli. Approfittando del
momento, l’uomo strinse la presa sul suo corpo sottile ed
iniziò una serie di giri vorticosi che Maya seguì
con entusiasmo.
Avrebbero avuto tutta la sera per parlare. Per ora, decise, avrebbe
semplicemente goduto di quel momento insieme.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Mentre le ultime note svanivano e permettevano ai ballerini di
rallentare gli ampi giri, Masumi si chinò ad accostare il
suo volto all’orecchio della ragazza.
Beandosi del sottile profumo che Maya emanava la informò con
voce dolce:
“Maya, l’orchestra ha appena suonato una delle
composizioni di un musicista austriaco noto per i suoi valzer e vissuto
nell’Ottocento. Vuol conoscere come si intitola il pezzo che
abbiamo appena ballato?”
Maya rimase nel suo abbraccio, godendo della sua vicinanza e dei
gentili brividi che le percorrevano la schiena. Sentiva le guance che
le stavano andando a fuoco. Come potevano quelle semplici parole
provocarle un tale effetto?
Un flebile “Sì” uscì dalle
sue labbra.
Lentamente, rialzandosi e guidandola ai margini della sala, con voce
pacata la informò che il pezzo si intitolava “Rose
del Sud” e che era stato dedicato ad un re d’Italia
dallo stesso compositore.
“Non trova, Maya, che sia stato gentile da parte
dell’orchestra omaggiare il nostro incontro con una tale
accoglienza?”
La giovane donna, con ancora la mano destra appoggiata in quella
dell’uomo, osservava il suo profilo seminascosto.
“Sì, è vero.” –
Maya non capiva se fosse serio, vedeva solo la curva morbida delle sue
labbra piegate in un lieve sorriso.
“Venga Maya, andiamo a prendere un po’
d’aria fresca. Ci aiuterà a riprenderci dal
vortice del valzer e potremo parlare in
tranquillità.”
Con gentilezza la condusse sulla terrazza lievemente illuminata.
Entrambi si appoggiarono con le mani alla bianca balaustra in marmo. Le
loro dita erano talmente vicine che un unico piccolo movimento sarebbe
bastato a farle sfiorare.
Per qualche minuto tennero lo sguardo fermo e perso sul buio giardino.
Solo le sagome degli arbusti più alti e dei pini erano
riconoscibili grazie al tenue riverbero che proveniva dalle luci della
città.
Alzando gli occhi al cielo, Maya scorse ben poche stelle che potevano
considerarsi abbastanza luminose da vincere contro la cupola illuminata
di Tokyo.
Era la prima volta dall’incontro nella Valle che si
ritrovavano a guardare il cielo notturno insieme. Masumi la osservava
silenzioso e, senza saperlo, i suoi pensieri corsero nella stessa
direzione di quelli della ragazza. Chissà se poteva
permettersi di esprimere quel desiderio che al tempo non aveva avuto il
coraggio di formulare.
Maya voltò il viso per osservarlo.
Senza riflettere gli chiese: “Guarda spesso le
stelle?”
Masumi la osservò e decise che non valeva la pena
dissimulare. Pertanto rispose sinceramente: “Quando ero
ancora un bambino? Sì. Ora non più. Allora
osservare le stelle era l’unica cosa che mi dava sollievo.
L’universo è così vasto,
così immenso… il solo osservarlo ridimensiona
tutti i problemi che in genere ci angustiano. Maya, ha mai fatto caso a
quanti siano i problemi risolvibili per cui perdiamo inutilmente il
sonno? E quante poche siano invece le avversità che meritano
le nostre lacrime ed il nostro dolore?”
Lei lo fissava. Era veramente il signor Hayami, quell’uomo
mesto e fatalista con cui stava parlando? Effettivamente aveva la
stessa rassegnazione di quando si era rifiutato di esprimere il
desiderio irrealizzabile sotto la volta stellata della Valle.
“Sì, me ne sono resa conto molto presto nella mia
vita, ma ho capito appieno il significato di ciò che mi sta
dicendo solo recentemente.”
Il non detto fece sospettare all’uomo che la sua latitanza
avesse fatto maturare in quel verso la sua ragazzina. Avrebbe dovuto
sentirsi responsabile anche di quella dura lezione impartita alla
giovane donna?
Masumi fece cadere l’argomento, anche per evitare che Maya
ricollegasse il loro discorso a quello che avevano affrontato nel
pomeriggio al planetario.
“Allora… Maya…” –
iniziò voltandosi leggermente verso di lei –
“Come mai voleva incontrarmi?”
“Ho voluto incontrarla per vari motivi. Il primo,
naturalmente, è ringraziarla per tutto quello che ha fatto
per me in questi lunghi sette anni. Grazie a lei sono diventata
un’attrice che merita di concorrere al ruolo della Dea
Scarlatta nel capolavoro scomparso. Grazie a lei non sono
più una ragazzina.”
– Maya usò volontariamente
quell’appellativo. Voleva che il signor Hayami se ne rendesse
conto anche per il suo dire.
“Lo sa che quel poco che ho fatto per lei non ha bisogno di
ringraziamento?! Il mio miglior premio è sempre stato,
è e sarà sempre vederla
risplendere…”
“… nel mondo dell’arcobaleno!”
– concluse lei.
“Come?!”
“Sì.” – continuò la
ragazza – “Il mondo dell’arcobaleno:
quello in cui si può essere chi si vuole e vivere tante vite
diverse. Me ne ha parlato la prima volta una persona che credevo di
odiare.”
Masumi non si aspettava di sentir parlare di sé in quel
frangente. Maya aveva finalmente incontrato colui che diceva di amare.
Perché iniziava a parlargli di colui che invece doveva
odiare?
Titubante ed incerto si accinse a chiedere: “E
ora… ora non lo odia più?”
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
I tratti malinconici della ragazza si distesero in
un’espressione di dolcezza:
“No, non lo odio più da molto tempo. Da quando ho
capito che anche lui, pur con metodi discutibili, si è
sempre mosso per aiutarmi. Mi addolora molto non avergliene mai
parlato. L’ho spesso accusato ingiustamente.”
Masumi era sconvolto. Il cuore gli batteva in petto come il galoppo
selvaggio di un cavallo finalmente libero di correre.
A tal punto è
mutata la sua visione del vero me stesso? Come ho potuto non rendermene
conto?
“Sono sicuro che gli farebbe piacere saperlo. Come mai non
gliene ha mai parlato? Il coraggio non le manca, non le è
mai mancato! Spesso si è opposta con successo a personaggi
del calibro di Masumi Hayami, che certo non gode di buona
fama.”
Cosa mi
risponderà ora? Perché parlava di me, no? Doveva
parlare di me!
“Sì, ha ragione. Ma proprio perché non
mi è mai mancato il coraggio di attaccare il signor Hayami,
quando ho capito, finalmente, era tardi. Lui è convinto che
io lo odi, come potrebbe altrimenti? Avrebbe sicuramente delle riserve
sulle mie parole. Capirei come potrebbe stentare a credere ad un mio
cambiamento tanto radicale nei suoi confronti.”
“Sono sicuro, invece, che se è una persona che
l’ha aiutata sarà felice di sapere che non lo odia
più.” – insistette l’uomo.
Allora è
vero… mi ha perdonato per sua madre e per tutti gli altri
miei intrighi.
L’uomo non capiva come la sua ragazzina avesse compreso il
suo comportamento. Forse era diventato troppo imprudente quando si
trattava di lei.
Maya avvertiva il cambiamento nella voce dell’uomo. Sembrava
stentare a pronunciare anche quelle poche parole. Aveva la voce rotta
dall’emozione. Riusciva a percepirlo nonostante la maschera.
Sarebbe bastato a farlo svelare? Le sue mani tremavano
dall’agitazione. Solo il tenerle appoggiate alla balaustra le
permetteva di nasconderlo.
Era così forte l’emozione in quel momento.
Quell’attimo era il culmine dei sette anni che avevano
vissuto dacché si erano incontrati. Sentiva che
quell’istante sarebbe stato fondamentale per il suo futuro.
Voleva lottare fino alla fine per vivere l’amore della sua
vita.
Non sapeva cosa provasse per lei il signor Hayami: forse era davvero la
sola ammirazione per le sue doti di attrice a spingerlo ad aiutarla. Ma
come poteva allora essere così triste? Aveva tutto!
L’amore di una donna stupenda come la signorina Shiori, il
successo negli affari… proprio quella tristezza,
paradossalmente, sembrava darle speranza.
“Non credo… vede, il signor Hayami oramai non ha
più tempo per me. Si sta per sposare ed io sono solo la sua
gallina dalle uova d’oro!”
Accidenti!
C’è sempre Shiori di mezzo! Chissà se
il suo ammiratore riesce a convincerla?!
“Secondo me dovrebbe provare. Sono proprio sicuro che
l’apprezzerebbe! Se si è preso cura di lei, anche
se in modo maldestro, deve considerarla importante!”
La giovane donna sollevò una mano al viso e, coprendosi le
labbra, si lasciò sfuggire un risolino nervoso. Masumi la
guardò interrogativo.
“Signor Ammiratore, lo sa che ha utilizzato quasi le stesse
identiche parole del signor Hayami nei suoi confronti? Vi conoscete
forse?”
Ragazzina… ci
sei andata vicina stavolta!
Un lieve rossore imporporò il viso di Masumi, che benedisse
l’oscurità che lo proteggeva.
“Forse…” – rispose
laconicamente, ma subito riprese – “Quali sono gli
altri motivi per cui voleva incontrarmi?”
Lo capiva… era stato un codardo. Quale migliore occasione
per rivelarsi se non quella? Sarebbe stato talmente facile!
Non ho mai gradito le
cose facili. Si rimproverò.
Uff… lo
sapevo! Non è bastato. Ma quanto è difficile
signor Hayami?!
“Beh… il secondo motivo riguarda anche il signor
Hijiri. Lui mi ha detto che lei sarà sempre presente per me.
Ma io come potrei esserne sicura?”
Poi lentamente, impiegando tutto il suo talento di attrice, si
girò togliendosi la leggera maschera. Gli piantò
in volto i suoi occhi sfavillanti: erano sul terrazzo deserto, protetti
dall’oscurità. Il suo era un palese invito a
rivelarsi.
“Nel suo messaggio mi diceva che dovevo essere libera di
vivere la mia vita senza sentirmi in obbligo nei suoi confronti! Ma
io… io non voglio vivere lontano da lei!”
Lui era abbacinato, incantato.
I suoi occhi lo guardavano come non avevano mai fatto! Con
più passione di quanta ne riservava alla recitazione ed alle
sue rose.
Quanto ancora a lungo poteva resisterle?
“Hijiri… Hijiri ha espresso bene il
mio… pensiero. E’ vero, non
l’abbandonerò mai! Lei è veramente
troppo importante per me! Lei è capace di farmi sentire vivo
con un solo sguardo, una sola espressione fuggente, un solo movimento
inaspettato, un solo messaggio!”
Lo sentiva… mancava poco.
Il suo autocontrollo proverbiale stava lentamente ma inesorabilmente
andando a farsi benedire. Infatti, continuò
incoscientemente:
“Esserle accanto, aiutarla in caso di bisogno, vederla
superare le difficoltà anche grazie ai miei piccoli aiuti
è per me fonte di gioia. Lo strano legame che ho, che
abbiamo intessuto mi salva ogni giorno dalla disperazione di una vita
fatta di un lavoro che non mi entusiasma più da tempo
e… e basta.”
Non poteva parlarle della sua vita privata. Sarebbe stato ingiusto.
Maya lo guardava estasiata. Tutto il suo piccolo corpo si protendeva
nella sua direzione. Le piccole mani erano strette al petto. La
maschera abbandonata sulla balaustra. Il suo volto era rivolto a quello
nascosto dell’uomo. Il signor Hayami la guardava, eppure i
suoi occhi sembravano persi altrove. Forse era vero che la sua vita non
era come appariva.
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
“Allora… allora… resti qui con me, la
prego. In tutti questi anni non ho fatto altro che cercarla.
Aspettavo… e aspettavo che lei si rivelasse a me.
Nell’attesa riflettevo e pensavo a quanto generoso lei fosse,
che animo nobile dovesse avere per prendersi cura di una ragazzina che
ancora così poco sapeva della vita. Lei mi ha permesso di
continuare a fare l’attrice. Lei ha pagato i miei studi. I
suoi messaggi sono gli unici apprezzamenti che attendo con
trepidazione. La prego… mi dica… si
sveli!”
Mai Maya aveva utilizzato una voce più accorata. Le parole
sembravano seguire la forza della corrente dei suoi sentimenti, tanto
erano forti. Masumi non ricordava di averla mai vista in quel modo.
Come posso resisterle?
Come?
Con un ultimo barlume di lucidità si oppose:
“Se io ti rivelassi chi sono mi odieresti!”
Nemmeno si era reso conto di essere passato ad un linguaggio informale.
Solo la sua voce, abbassatasi di un tono, sembrava aver colto quel
cambiamento.
I suoi occhi limpidi si spalancarono quando videro la piccola mano di
Maya staccarsi dal suo petto e muoversi al rallentatore verso il suo
viso. Le dolci e sottili dita si appoggiarono sulla piccola porzione di
pelle scoperta del suo volto saggiandone la morbida consistenza.
Brividi percorsero contemporaneamente le schiene dei due innamorati
inconsapevoli.
Era la prima volta che Maya toccava in modo tanto dolce il signor
Hayami. Lo sapevano entrambi. Una sola volta, prima di quel momento,
lei lo aveva toccato volontariamente, ma allora voleva solo asciugarlo
dalla pioggia del tifone. Ora, invece, vi era il chiaro intento di
accarezzarlo.
No! Non sta accarezzando
me! Sta accarezzando il donatore di rose!
Con tutta la tenerezza e la forza di cui era in grado Maya lo
salvò dal baratro.
“Non ti odierei neanche se tu fossi un affarista senza
scrupoli come credevo che fosse il signor Hayami.”
– fece una pausa, lasciando che la sua mano facesse piccoli
movimenti, carezze leggere come le ali di una farfalla –
“Ti prego… fidati di me!”
Come fosse stata la sua stessa anima a rispondere, dal suo intimo
emerse una sola sillaba che avrebbe cambiato per sempre i loro destini.
“Sì.”
Lentamente, quasi temesse che un movimento troppo brusco potesse fargli
cambiare idea, Maya gli tolse il copricapo che aveva nascosto per tutta
la serata le tanto amate ciocche bionde.
E poi, con il fiato in gola e gli occhi che le brillavano per le
lacrime che stavano iniziando silenziosamente e lentamente a scendere,
con entrambe le mani prese la maschera.
Masumi era ipnotizzato dalla scena che si parava davanti ai suoi occhi.
Cosa sarebbe successo? La paura ed il terrore si riaffacciarono nella
sua mente. Avrebbe voluto abbassare le palpebre come fossero state
delle pesanti tende che lo avrebbero protetto dal mondo.
Ma resistette: probabilmente quella sarebbe stata l’ultima
volta in cui avrebbe visto Maya tanto vicina a sé.
Era giunto infine al termine del suo tormento. Come avrebbe reagito la
sua piccola Maya? Avrebbe fatto librare in alto il suo cuore o
l’avrebbe precipitato nel pozzo più profondo della
disperazione?
Dal canto suo Maya stava assaporando ogni singolo istante. Il signor
Hayami si era infine affidato a lei. Leggeva nei suoi occhi il timore,
ma allo stesso tempo scorgeva un piccolo lume di speranza.
Con un ultimo, lento movimento delle mani sfilò la maschera.
Silenzio.
Niente sembrava turbare quell’attimo.
Non il vento, che si era fermato e non accarezzava più gli
aghi dei pini del giardino.
Non la musica, che solo lievemente giungeva attraverso le vetrate.
Non la città, che sembrava immobile, anch’essa in
attesa di scoprire se quelle due anime si sarebbero infine incontrate.
Non loro due, che, muti, continuavano a fissarsi.
Maya finalmente poteva vedere con i propri occhi quello che aveva
scoperto mesi addietro.
Masumi era stupito di non veder comparire ancora le espressioni di
disprezzo e di odio che tanto aveva temuto.
La giovane donna ruppe per prima l’immoto incantesimo. Quasi
temendo di essere respinta, piano, si avvicinò al signor
Hayami, stese le braccia e lo strinse, affondando il volto infuocato
nel suo petto.
Non ci credo! Deve
essere un sogno! Adesso mi sveglierò, lo so!
Alcuni brevi secondi che sembravano eterni passarono prima che Masumi
si rendesse conto che no, non stava sognando e Maya lo stava realmente
abbracciando.
Non avrebbe fatto fuggire quel momento: avrebbe colto la
possibilità di essere felice.
Alzò le braccia e la strinse, forte, come un naufrago
stringe il suo unico appiglio nell’oceano in tempesta.
La strinse come aveva fatto nella sua villa a Nagano, ma ora non
c’erano bende che lo nascondevano ai suoi occhi. Nulla aveva
più importanza: solo la presenza della giovane donna tra le
sue braccia.
E così, stretti l’uno all’altra rimasero
per lunghi momenti.
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
Dopo alcuni minuti in cui i due stavano stretti, con i loro cuori che
battevano all’unisono l’un contro l’altro
ed i loro respiri che si confondevano leggeri, sempre tenendola, Masumi
sospirò:
“Quando… quando è successo? Come
è stato possibile?”
Nel suo animo stava ancora ringraziando il cielo ché non
credeva veramente di avere Maya tra le braccia.
Con voce rotta dall’emozione, finalmente Maya poté
dare libero sfogo al suo cuore:
“Alla premiazione di Lande Dimenticate l’ammiratore
mi mandò un messaggio complimentandosi con me e citando il
colore azzurro della sciarpa usata durante lo spettacolo. Quella
sciarpa si rovinò la sera della prima, la utilizzammo solo
allora. Solo un uomo poteva averla vista. Un uomo che aveva sfidato
perfino un tifone per venire allo spettacolo e mantenere la sua
promessa. Eri tu… ed era il mio ammiratore.”
La voce le si incrinò mentre poche lacrime scesero lungo le
sue guance.
Masumi le asciugò con una leggera carezza della sua mano.
Non voleva interromperla. Intuiva, sapeva, che c’era
dell’altro.
“Poi venne l’anniversario della morte di mia madre
e trovai un tuo mazzo di rose sulla sua tomba. Avevi dimenticato anche
la tua stilografica. Era la certezza che mi mancava. Feci in modo di
fartela restituire e tu la mettesti nel taschino.”
Sorrideva Maya. Dimentica del dolore che aveva sofferto. Masumi
l’aveva abbracciata, non l’aveva respinta. Ora
voleva realmente rivelargli tutto.
“Passai giorni terribili” – si
interruppe, ma subito continuò perché non voleva
che l’uomo continuasse ad angustiarsi –
“non riuscivo a credere che quella persona tanto gentile
fossi tu. Allora rimisi in discussione tutto quello che sapevo di te,
ricordai tutti i nostri incontri. Ricordai anche come mi stupivo ogni
volta che l’ammiratore mi aiutava: come faceva a sapere che
avevo bisogno del suo aiuto?!
“E allora capii.
“Capii che eri stato tu, eri sempre stato tu, tu che mi
aiutavi come donatore di rose e mi ostacolavi come Masumi Hayami.
Eppure, ogni volta che mi ostacolavi ne venivo fuori più
forte e più brava.
“E capii quanto dovevi aver sofferto tu stesso per la morte
della mamma. Ripensai a tutte le volte in cui ti avevo accusato
ingiustamente, mentre tu, imperterrito, continuavi a starmi accanto.
Come hai potuto resistere?! Come puoi resistere?!”
“Maya! Basta! Non preoccuparti! Ora è tutto
passato! Non sentirti in colpa. Lo sai! Sono un affarista senza
scrupoli. Non ho fatto nulla che non avessi previsto di fare. Ogni
volta volevo farmi odiare da te perché sapevo che avresti
tirato fuori il meglio solo sfidandomi! Quindi, non pensare neanche per
un momento di sentirtene responsabile. La tua stessa esistenza per me
è diventata indispensabile. Tu mi hai fatto riscoprire di
avere un cuore. Ogni nostro incontro è un segno indelebile
nella mia mente.”
“Eppure… eppure ti stai per
sposare…” – non era riuscita a
trattenersi. La sua gelosia aveva avuto il sopravvento.
Con una languida carezza sulla schiena l’uomo rispose:
“Non temere. Farò in modo di liberarmi di quel
fidanzamento. Doveva essere un matrimonio per fondere le due famiglie
ed i due patrimoni. Ma ora che so…” – e
la guardò con i suoi veri occhi, non più quelli
rassegnati della Valle, non più quelli beffardi di Masumi
Hayami, ma quelli dolci e appassionati di Masumi –
“ora che so, non ho più intenzione di prestarmi al
loro giochetto. Avevo già iniziato a muovermi. Si
tratterà solo di accorciare leggermente i tempi. Fidati di
me, ragazzina”
L’uomo sorrise tra sé. Non aveva resistito. Voleva
vedere se il temperamento “vivace” di Maya
c’era ancora. Non conosceva altro modo. Ed infatti, la sua
reazione non tardò ad arrivare…
“Ancora?! Pensavo di essere stata chiara: non sono
più una ragazzina mio caro Presidente! Si rende conto di
quanto mi ha fatto penare questa sera per portarla a rivelarsi? Mi sono
dovuta impegnare parecchio, sa?”
Ed eccola lì, la sua risata, quella forte, sincera, quella
che faceva ad ogni sua gaffe. Quella che le faceva mancare alcuni
battiti al cuore. Quella che la faceva tremare nel profondo. Quella che
lo faceva apparire ancora come un ragazzino.
“Hai ragione! Ho visto… ti sei divertita parecchio
a tendermi la trappola?!”
“Beh… in quel momento no. Non sapevo cosa sarebbe
successo. Ma ora… devo ammettere che sì,
è stato divertente…” – e
sorrise con il suo sguardo birichino da ragazzina.
Masumi si finse arrabbiato. La costrinse contro la balaustra,
imprigionandola tra le sue braccia senza ancora toccarla. Si
abbassò, come aveva fatto alla fine del valzer.
“E ora? Ora ti stai divertendo?” – la
voce bassa dell’uomo le richiamò i brividi; le
gambe sembravano volerle cedere; le solite farfalle le stavano volando
nello stomaco.
“Sì, direi di sì.”
– la giovane donna sospirò fremente.
“Bene…” – l’uomo
sembrava volerla ammaliare. Voleva assaggiare di nuovo le sue dolci
labbra. Questa volta lei sarebbe stata con lui. Si avvicinò
lentamente al suo viso.
Maya tremava d’aspettativa! Stava veramente succedendo!
Masumi ricambiava i suoi sentimenti. E ora sembrava intenzionato a
baciarla.
“Ti amo…” –
singhiozzò lei.
“Ti amo… ragazzina” – con il
tono talmente dolce che Maya avrebbe voluto continuare per sempre ad
essere chiamata in quel modo.
Alla fine le loro labbra di incontrarono.
Dolci e pazienti quelle di Masumi, titubanti ed arrendevoli quelle di
Maya. Tanti piccoli baci all’inizio: sulle labbra, sulle
gote, ancora sulle labbra.
La stava baciando come se volesse accarezzarla. Piano portò
le mani alla sua vita e la strinse a sé.
Ora non l’avrebbe più lasciata fuggire.
Mai più.
Troppe volte era corsa via. Troppe volte l’aveva lasciata
andare.
In un sospiro, Maya schiuse leggermente le labbra. L’uomo
l’accarezzò ed approfondì il bacio.
Quello che fino a quel momento era una tranquilla esplorazione dei
sensi, divenne, come in una spirale, un vortice caldo di emozioni. Le
labbra si muovevano le une sulle altre; le lingue si intrecciavano. Non
erano mai sazi, mai paghi.
Le piccole mani di Maya erano aggrappate al suo petto e si alzarono
fino ad intrecciarsi dietro la sua nuca.
Eccola dunque la passione che entrambi avevano coltivato per anni.
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
Rimasero ancora, per lungo tempo, sulla terrazza.
Niente poteva distrarli. Neppure la frescura di quella notte di inizio
dicembre.
A tratti si tenevano per mano e si raccontavano.
Altre volte si abbracciavano stretti per sentirsi ancora più
vicini. Non smettevano mai di guardarsi, ancora increduli.
Il ballo stava ormai giungendo al termine. Decisero quindi di
concedersi un ultimo giro in pista prima di lasciare la sala. Entrambi
rimisero la propria maschera e, mano nella mano, rientrarono.
Masumi si diresse con Maya nei pressi dell’orchestra. La
ragazza non sentì le sue parole, ma alle prime note che si
alzarono nell’aria comprese. Stavano suonando ancora il
valzer delle Rose del Sud, quello che aveva segnato l’inizio
della serata. Abbracciati l’una all’altro,
guardandosi, senza più timore o tormento, danzarono.
La pista era oramai pressoché deserta. Erano gli unici a
godere di quei momenti.
Alla fine, fermandosi, Masumi si chinò sulla mano di Maya,
accolta tra le proprie e, baciandogliela, sussurrò un
“Grazie” che suonava dolce come il miele.
La giovane lo guardò adorante.
Si diressero entrambi verso l’uscita, con l’intento
di recuperare i propri mantelli.
Vennero fermati dall’uomo che Maya aveva incontrato
all’inizio della serata.
Lo sconosciuto la stava infatti apostrofando: “Allora era
vero che non era da sola… speravo fosse una scusa e che
avrei potuto parlarle durante la serata!”
Doveva essere alticcio perché non considerava minimamente la
presenza di Masumi al suo fianco. Con uno sguardo d’intesa,
egli chiese a Maya il permesso di intervenire: era da prima che voleva
rimettere a posto quel giovinastro.
“Ragazzo… la signora è evidentemente
occupata. Vada a cercare compagnia altrove!” – la
maschera rivelava solo gli occhi di ghiaccio, ma sarebbe stato
sufficiente anche solo il tono della voce per farlo
allontanare… se fosse stato sobrio.
“Ma la signora potrebbe non essere dello stesso
parere…” – insistette infatti.
“Non mi faccia essere scortese. Se vuole la risposta della
signora, si ripeterà l’imbarazzante scena
dell’inizio della serata! Se la ricorda?! Io sì e
credo che lo stesso possa valere per molti altri qui intorno. Inoltre,
se vuole continuare a lavorare in ambito cinematografico anche in
futuro, le consiglio di andarsene. Non le conviene avermi per
nemico!”
La minaccia neanche tanto velata alla sua carriera lo fece desistere
finalmente.
Masumi e Maya recuperarono i mantelli dal guardaroba e, uscendo nel
freddo della sera, trovarono l’autovettura del giovane ad
attenderli. Si accomodarono sul sedile posteriore, mentre
l’autista partiva alla volta dell’abitazione della
donna.
“Lo sa che è proprio cattivo, signor Presidente?
Minacciare così quel pover’uomo solo
perché ha provato a parlarmi!” –
scherzò lei.
“Ti stai prendendo gioco di me, vero? Ti diverti a vedermi
geloso. Sapessi quante volte lo sono stato e non potevo fare
niente… ogni volta era peggio!” –
ribatté lui serio.
Con sguardo sognante Maya chiese: “Quante?”
“Se te lo dicessi, mi prenderesti per pazzo!”
“Dimmelo, ti prego!” mormorò.
“Sono stato geloso praticamente di tutti i tuoi partner di
scena… lo sono stato pazzamente del tuo primo
amore… non hai notato come abbia smesso di lavorare nel
mondo dello spettacolo Shigeru Satomi dopo che ti ha abbandonata? Non
ti sei mai chiesta il perché?”
Gli occhi le si illuminarono. Saperlo innamorato da tanto tempo la
rendeva felice. Quanto tempo aveva perso dietro alle sue scaramucce!
“Ma allora è proprio perfido!”
– sorrise. Poi continuò in tono più
serio – “Comunque non provo rancore nei suoi
confronti. Neanche all’epoca ne provai. Anche lui non fu
altro che un’infatuazione. Solo più seria di
quella che ebbi per Sakurakoji quando avevo 14 anni!”
Masumi colse la palla al balzo. Era quello di cui era stato
più geloso in assoluto. Meglio metterci una pietra sopra:
“Ho saputo che l’hai respinto. Come l’ha
presa?”
Lei lo guardò stupita: “Ma come fai a sapere
sempre tutto? E comunque sembra essersi ripreso….”
In quel mentre arrivarono sotto casa di Maya.
Le prese entrambe le mani portandosele al viso. Le baciò per
poi baciare lei.
Prima di aiutarla a scendere la rassicurò:
“Non ti preoccupare. Continua le prove con
tranquillità in vista dello spettacolo dimostrativo. Mi sto
già muovendo. Ti prometto che presto, il prima possibile,
saremo insieme alla luce del sole. Abbi fiducia in me!”
– si zittì un attimo per subito dopo riprendere
– “Dèi, già mi
manchi!”
“Non temere” – lo rassicurò
lei – “ti aspetterò. Vieni
presto!”
Con un ultimo struggente bacio si augurarono la buonanotte.
Masumi attese finché la ragazza non rientrò, poi
ordinò all’autista di condurlo a casa.
Sapeva che avrebbe dovuto sentirne la mancanza per qualche tempo, ma
sperava di risolvere la questione con la famiglia Takamiya entro breve,
soprattutto dopo le informazioni che aveva già raccolto
Hijiri. Non poteva rischiare di coinvolgere Maya in uno scandalo.
Ora sapeva. Sapeva che Maya lo amava, che l’aveva accettato
per quello che era. Se ne rendeva conto al solo parlarle. Si sentiva
leggero e rilassato quando era con lei: si sentiva libero, finalmente.
La partita si stava avvicinando alla chiusura, ma non era ancora
finita. Troppe erano ancora le incognite da risolvere: il suo sguardo
divenne freddo e calcolatore.
Tornò ad essere Masumi Hayami. Mandò un messaggio
al suo collaboratore: “Accelera i tempi”. Sorrise.
Rientrò a casa che il buio della notte stava lasciando il
posto alle prime luci dell’alba all’orizzonte. Le
stelle stavano lentamente sbiadendo. Di lì a poco avrebbe
dovuto recarsi a lavoro, ma non sentiva la stanchezza. Come avrebbe
potuto?!
Salì in camera, si spogliò del costume. Si
concesse pochi momenti di relax sotto una doccia bollente e si
rivestì pronto per scendere a fare colazione con suo padre.
Il suo pensiero non abbandonava i momenti che aveva vissuto quella
sera. Un alone di dolcezza gli sembrava che lo avvolgesse.
Sorrise. Che effetto devastante aveva Maya su di lui!
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
Dall’altra parte della città, in un piccolo
appartamento di periferia che niente aveva a che vedere con la solenne
villa della famiglia Hayami, Maya uscì dalla sua camera per
fare colazione con Rei con un sorriso raggiante.
Sentiva di camminare ad un metro da terra. Non ricordava di avere mai
provato una sensazione del genere.
Non sapeva cosa avrebbe raccontato all’amica. Avrebbe voluto
dirle tutto, in fondo la ragazza le era sempre stata vicina, ma sapeva
che non sarebbe stato sicuro per Masumi.
Si inginocchiò ad un lato del kotatsu ed iniziò a
mangiare silenziosamente. Gli occhi le brillavano anche se cercava di
apparire come al solito.
Rei la guardava con interesse: non era triste, quindi doveva aver
incontrato l’ammiratore. Lei si era preparata a doverla
consolare, ma evidentemente non ce ne sarebbe stato bisogno.
Inoltre sembrava quasi che l’amica si stesse trattenendo:
aveva gli occhi brillanti e cercava di non sorridere. Senza potersi
fermare, Rei se ne uscì con un “Si è
rivelato, vero? Sei riuscita ad incontrarlo! … E…
Ti ricambia!!”
“Come? Cosa?” – Maya era interdetta.
Veramente era così trasparente fuori dal palcoscenico?
Eppure si era impegnata per mostrarsi indifferente.
Rei rise. E rise di gusto.
“Scusa Maya, ma dovresti proprio vederti! Hai una faccia
adesso!!” – e rideva. Poi si interruppe –
“A parte gli scherzi, non devi stupirtene. Siamo amiche da
tanto tempo, è normale che io ti conosca e ti capisca. Sono
contenta per te.”
“Perdonami Rei, ma io non so se…”
– incominciò Maya.
“Non sai se puoi dirmi di chi si tratta? Non preoccuparti, io
una mia idea me la sono fatta quando ti ho vista stamattina. Ed il
fatto che tu non sappia se puoi dirmelo o meno me la conferma.
Così, facciamo finta per ora che tu ieri sera non sia andata
al ballo in maschera, non abbia incontrato il tuo ammiratore, non abbia
capito di chi si tratta, non ti ricambi. In questo modo”
– continuò lei – “non sarai
costretta a dirmi cose che non sai se puoi rivelarmi. A me basta che tu
stia bene. Quando potrai, me ne parlerai.”
“Grazie Rei.” – poté solo
aggiungere la ragazza.
Masumi scese nel solarium per fare colazione con suo padre. Si muoveva
in modo compassato, simulando una stanchezza che non provava.
Si sedette dall’altro capo del tavolo rispetto
all’anziano genitore. Eisuke lo stava guardando con molto
interesse: non era mai successo che suo figlio tornasse da un evento
mondano all’ora a cui era tornato quella mattina. Di solito
assicurava la sua presenza per il minimo indispensabile ad intessere
nuove relazioni d’affari o a consolidare quelle
già in essere.
Rise fra sé. E così aveva avuto ragione. Suo
figlio finalmente si era mosso e, a giudicare da come si sforzava di
apparire dimesso quella mattina, doveva anche aver raggiunto ottimi
risultati.
“Allora, come è andato il ballo in maschera ieri
sera?” – chiese con voce piana il vecchio.
“Bah… come sempre. C’erano le solite
facce note: attori per lo più, produttori,
registi…”
“Come mai sei tornato tanto tardi allora? In genere ti defili
subito!”
Masumi si aspettava anche quella domanda: “Volevo parlare un
po’ con tutti. In fondo non capita spesso di avere tutti
riuniti ad un unico evento.”
“Immagino” – chiosò Eisuke
– “Hai concluso qualcosa?”
Fortunatamente il giovane aveva pensato anche a quello. Si era fatto
prendere un appuntamento nel primo pomeriggio del giorno prima con il
presidente di una casa di produzione americana che sapeva sarebbe stato
presente al ballo. Avevano raggiunto l’accordo per incaricare
la Daito Art Production della distribuzione in Giappone dei suoi film.
Ne parlò quindi al padre.
“Molto bene. Le candidate alla Dea Scarlatta erano
presenti?”
Ecco, questa invece non se l’aspettava. Impiegò
qualche secondo per rispondere: “No, non mi sembra di averle
viste” – sostenne pensoso –
“Immagino siano impegnate nelle prove. I tempi
stringono!”
Suo padre sogghignò con soddisfazione.
Suo figlio lo scambiò per un ghigno di crudeltà.
Sapeva a cosa stava pensando: se Maya Kitajima avesse vinto i diritti
di rappresentazione e non li avesse ceduti alla Daito avrebbe dovuto
distruggerla.
Ma questo non sarebbe mai successo. Mai.
Terminata velocemente la colazione si alzò e si diresse in
ufficio. Voleva stare il meno possibile sotto lo sguardo indagatore del
generale.
Andando in ufficio, l’uomo pensò a come affrontare
la sua segretaria. Metterla a parte degli avvenimenti significava
condannarsi ad una vita di “Gliel’avevo
detto!” o “Erano anni che glielo
dicevo!”. Ma non poteva neanche evitarlo…
d’altra parte gli era stata molto utile.
Entrando nel disimpegno del suo ufficio la trovò
già alla sua postazione. Stava evidentemente morendo dalla
curiosità: la vide trepidante appena appoggiata sulla sedia,
agguantare il block-notes e prepararsi a seguirlo.
Masumi alzò una mano: “Non ancora signorina
Mitsuki, la chiamo io quando sarà il momento.”
Se proprio devo subire
le sue frecciatine, per lo meno mi voglio divertire prima.
Mitsuki si rassegnò e si risedette.
Aveva visto il signor Hayami entrare con passo spedito e sguardo
sereno. Qualcosa ‘doveva’ essere successo! Lei
pensava che l’avrebbe resa partecipe, ma
l’atteggiamento dell’uomo non sembrava andare in
quella direzione.
Giocherellò con le matite e le penne per un bel pezzo.
Sicuramente non sarebbe riuscita a portare avanti nessun lavoro
tant’era la curiosità.
Passò poi a temperare tutte le matite e a riordinare
meccanicamente pile di documenti già perfettamente
organizzati.
Dopo ben due ore il suo principale la chiamò
all’interfono:
“Venga signorina Mitsuki, altrimenti non
concluderà niente tutt’oggi!”
Svelta, entrò nell’ufficio della Presidenza e
restò in attesa di fronte alla scrivania.
Non si vedeva fumo nell’aria. Come poteva essere che Masumi
Hayami non avesse fumato neppure una sigaretta in due ore di permanenza?
Vedendola annusare leggermente l’aria la informò:
“Non ho fumato perché non ne sento il
bisogno!”
“Ah.” – fece la segretaria –
“E questo cambiamento dipenderebbe da…?”
“Lo sa da cosa dipende signorina!”
“Non credo di saperlo.” – insistette lei.
“Come ho fatto a sopportarla per tutti questi anni? Me lo sa
dire?” – un lento sorriso iniziava a formarsi sulle
labbra dell’uomo.
“Forse mi sopporta perché a volte do voce alla sua
coscienza e… visto il risultato deduco che avevo ragione
anche riguardo ai sentimenti di Maya.”
Ed eccolo, il suo incubo divenuto realtà.
“Sapevo che se le avessi detto che aveva ragione avrei dovuto
fare i conti con i suoi commenti ogni volta che si fosse entrati in
argomento…”
La donna aveva gli occhi che le brillavano, da dietro le lenti ambrate.
“Signor Hayami, mi lasci dire che la mia più
grande soddisfazione è vederla finalmente vivere le sue
emozioni. Le rose che aveva nel suo cuore avevano bisogno di sbocciare
alla luce del sole.”
Masumi la guardò grato. Sapeva che poteva fidarsi di lei.
Risolsero alcune questioni di carattere lavorativo ed infine le
raccontò per sommi capi quello che era avvenuto.
Lei gli pose alcune domande sul suo fidanzamento e l’uomo la
rassicurò che tutto stava andando come doveva andare.
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Capitolo 29 *** Epilogo ***
****
E con questo epilogo la storia si conclude. Ringrazio coloro che hanno letto e anche coloro che hanno commentato. In particolare Rospina, Tetide, Seferidi, Nisi, Silvermoon74. Ringrazio anche coloro che l'hanno seguita (BrianneSixx, Sailorgemini, Saruccia, Silvj, Tetide, The_time_is_over) e preferita (Rospina, Arcadia5 e Seferidi).
****
2 mesi dopo…
Eisuke Hayami era seduto sulla sua sedia a rotelle nella platea dello
Shuttle X. Osservava rapito le prove della nuova Dea Scarlatta. Non
credeva ai propri occhi: oramai erano innumerevoli le volte in cui
l’aveva vista rappresentare il capolavoro
scomparso… eppure… ogni volta era come la prima.
Aveva visto la ragazza alla competizione preliminare, l’aveva
vista nelle successive prove una volta che Chigusa Tsukikage le aveva
assegnato i diritti di rappresentazione e l’aveva vista di
fronte al pubblico.
Ogni volta veniva rapito fuori dal suo corpo e con lo sguardo incantato
veniva condotto nella magica Valle dei Susini.
La Dea Scarlatta lo prendeva per mano, gli parlava del suo amore umano
e del suo sacrificio. Ogni volta riviveva la sua intera esistenza. Era
incredibile!
Non perdeva occasione di osservare la giovane, soprattutto dopo che la
Daito aveva ottenuto la delega per l’allestimento dello
spettacolo.
Ricordava ancora quando la candidata vincitrice aveva scelto loro:
Chigusa Tsukikage non aveva battuto ciglio. Doveva aspettarselo.
Di lì a poco le prove si sarebbero concluse. Attese
pazientemente.
Saeko Mitsuki era in giro per Tokyo in uno dei suoi rari giorni liberi.
Doveva incontrarsi con il suo compagno. Già da tempo aveva
quella relazione che si era cementata anche grazie alle vicende
sentimentali del suo principale.
Si era detta che se lei aveva avuto la possibilità di
incontrare una persona che la faceva sentire accettata per quello che
era, che non pretendeva che si comportasse in modo diverso da come
sentiva, che l’attraeva nel profondo e che era in grado di
farla sentire ‘a casa’ in ogni parte del mondo si
trovasse, allora non doveva buttarla al vento.
Avevano così deciso che avrebbero sempre cercato di superare
i problemi che si sarebbero presentati: non avrebbero abbandonato la
nave al primo cenno di tempesta.
Masumi Hayami stava per lasciare l’ufficio.
Da quando si era sposato non aveva più orari di lavoro
massacranti.
Andava presto in azienda, ma non vedeva l’ora di tornare a
casa da sua moglie. Aveva atteso talmente tanto, che ora ogni minuto
lontano da lei gli sembrava un’eternità.
Ogni sera tornava a casa e la trovava lì, accogliente con i
suoi dolci occhi innamorati ed il suo caldo sorriso di benvenuto.
Solo lei era in grado di riscaldare la fredda dimora della famiglia
Hayami.
Mentre Eisuke stava aspettando la giovane attrice, ripensò
divertito alla mattina in cui suo figlio si presentò nella
sua stanza con una cartelletta piena di resoconti economico-finanziari
sul gruppo Takamiya.
“Non ho intenzione di fondere le imprese Hayami e la Daito
Art Production con un gruppo che sta rischiando il fallimento. Ti sei
fidato troppo degli analisti e della tua ‘amicizia’
con l’imperatore. Le voci non si sono ancora sparse, ma
sarà solo questione di tempo. Non voglio che la nostra
liquidità vada a far fronte ad impegni non mantenuti per
colpa del ‘vizietto’ del padre di
Shiori.” – disse tutto d’un fiato.
Il vecchio, con sguardo vivo, restò in silenzio.
Infine rispose con un laconico: “E allora?”
Il figlio comprese in quel momento che Eisuke Hayami era ben
consapevole della situazione del gruppo Takamiya.
“Se sapevi tutto, perché hai acconsentito alla
fusione ed al matrimonio?” – chiese Masumi con
impazienza.
“Al di là del fatto che il gruppo Takamiya, pur
nella difficile situazione finanziaria in cui versa, è
comunque un buon investimento, ero giunto alla conclusione che fosse
tempo che ti trovassi una moglie. Non voglio che ti ritrovi alla mia
età senza nessuno accanto perché sei stato
accecato dal lavoro.” – sospirò
profondamente il vecchio, come se si decidesse a fare un passo
importante – “Ho commesso molti errori nella mia
vita e molte conseguenze ricadono anche su di te. Volevo provare a
riparare.”
Masumi non riusciva a capire se l’uomo che aveva odiato dalla
fine precoce della sua infanzia stesse mentendo o se finalmente stava
rivelando di avere un cuore.
“Ammesso e non concesso che quello che dici sia vero, padre,
perché i Takamiya? Perché Shiori?”
“Perché quando ho avuto modo di conoscerla mi
è sembrata una bella signorina aggraziata, molto dolce e
gentile, del tipo che poteva sciogliere il tuo
gelo…”
Masumi non sapeva se ridere o piangere. Il vecchio generale non si era
mai comportato da padre e, per una volta che ci provava, stava per
farlo finire in una trappola.
Con un mesto sorriso il figlio gli rivelò: “Non
sembra che tu sia un giudice affidabile in fatto di donne: ti vorrei
far notare che Shiori è ben consapevole che io non
l’amo, che tuttavia accetta il matrimonio per salvare le
finanze di famiglia e che intende prendere il buono che dalla nostra
unione verrà, ivi compreso il maggiordomo.”
– si fermò un attimo per vedere
l’effetto che le sue parole avrebbero prodotto sul volto del
genitore. Sembrava averlo realmente stupito, pertanto
continuò: “Visto e considerato che ho prove
circostanziate sia della situazione finanziaria del gruppo Takamiya,
sia delle intenzioni di quella persona tanto dolce e gentile che
è la mia fidanzata, ti informo che intendo sciogliere
l’atto preliminare stipulato nell’uno e
nell’altro verso. Inoltre, ho le carte in regola per non far
pagare nessuna penale alla Daito, vista la falsificazione dei libri
contabili che ci sono stati consegnati al momento della trattativa e
della firma.”
“Bene” – concluse il vecchio –
“Raramente ti ho visto tanto deciso. Hai la mia
benedizione… ad un paio di condizioni.”
Eisuke immaginava il cervello del figlio arrovellarsi per trovare una
soluzione a tutte le possibili richieste che lui gli avrebbe avanzato:
era proprio suo figlio.
“La prima è che voglio essere presente quando lo
comunicherai all’imperatore ed alla sua delicata nipotina.
Non vorrei proprio perdermi lo spettacolo.” – un
breve sorriso sarcastico accompagnò la sua richiesta.
Masumi attese un attimo e fece un breve cenno di assenso con il capo.
“La seconda” – proseguì in
tono piatto – “è che non appena ti sarai
liberato da questo impegno porterai a casa la signorina Kitajima nella
veste ufficiale di tua fidanzata.”
Ah! Ah! Vide il figlio sobbalzare dalla poltrona. Era troppo
concentrato a trovare una contromossa ad un suo eventuale attacco, per
aspettarsi di vedere le proprie carte scoperte in modo tanto sfacciato.
“Ma padre… cosa dici??”
“Masumi, ti conosco molto bene, contrariamente a quello che
credi. Ho visto che questo matrimonio non ti entusiasmava e che,
nonostante questo, l’avevi accettato passivamente. Ora ti
presenti da me con tutte le carte in regola per mandarlo a monte.
L’unico pensiero è che sei innamorato e che solo
recentemente… diciamo ad esempio dalla sera del ballo in
maschera? hai scoperto di essere ricambiato. Se consideriamo che hai
corteggiato nell’ombra la signorina Kitajima da quando non
era nemmeno adolescente e ti sei premurato ben bene di farti invece
odiare come Masumi Hayami, allora deduciamo che lei ti abbia scoperto
ed abbia concluso che ricambia i tuoi reali sentimenti.
Quindi… quando pensi di portarla a casa?”
“Credo… padre…” –
si vedeva che stava cercando di riprendersi dal colpo –
“che sarebbe il caso di aspettare l’esito dello
spettacolo dimostrativo.”
“Concordo. E ora vai e fai quello che devi.”
Masumi si alzò e fece per andarsene. Si fermò,
girandosi ancora a guardare suo padre: “Grazie.”
“Figlio, ho fatto ben poche cose degne di un padre nella vita
che ho vissuto con te… spero alla fine di riuscire in parte
a rimediare”.
Vide il figlio portarsi una mano alla fronte mentre si avvicinava alla
porta. Una piccola lacrima fece capolino nei suoi occhi. Quasi non si
rendeva conto di cosa fosse.
I suoi ricordi furono interrotti da una piccola mano ornata da una
sottile vera d’oro giallo che si appoggiava sulla sua spalla.
“Vogliamo andare? Masumi rientrerà tra poco a
casa!”
“Sì, Maya. Andiamo a casa.”
Chigusa Tsukikage era tornata a Nara. Aveva atteso fino alla prima
messa in scena de La Dea Scarlatta e poi, affidandosi a Genzo, era
tornata nella sua terra.
Ora si trovava a casa, adagiata in una comoda poltrona di vimini sotto
il portico, a respirare la fresca e pulita aria delle sue montagne.
Aveva apprezzato entrambe le prove delle sue allieve, ma come aveva
detto a Genzo tempo prima, Maya era avvantaggiata.
L’aveva visto già alla prima scena: nei suoi occhi
bruciava un fuoco che Ayumi ancora non conosceva. Maya brillava della
stessa luce di cui aveva brillato lei nella sua giovinezza. I suoi
movimenti, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, tutto faceva
pensare che provasse nel suo cuore il vero amore di anime. Ayumi aveva
invece fatto risaltare le sue capacità interpretative e la
sua eleganza. Aveva dato vita ad una Dea scesa in terra che non si era
liberata della sua divinità e non era stata catturata nel
profondo dal sentimento umano dell’amore. Il suo era stato
uno spettacolo esteticamente accattivante. Ma solo quello.
Le sue stesse reazioni le aveva colte anche nel pubblico. Ayumi aveva
destato la meraviglia per i suoi movimenti e la sua grazia. Maya aveva
catturato il loro favore facendo vivere a tutti gli stessi sentimenti
che albergavano nel suo cuore.
La vecchia attrice sorrise nel buio.
Ricordava l’imbarazzo misto alla gioia con cui Maya le si era
presentata dopo il verdetto.
La donna le aveva riservato un aperto sorriso di approvazione e
l’aveva lodata per i risultati che aveva conseguito. Maya
aveva pianto silenziose lacrime di riconoscenza rifugiandosi
nell’abbraccio di colei che considerava una seconda madre.
“Signora… signora… la ringrazio per
tutto! Per tutto! Se non fosse stato per lei, non avrei mai potuto
nemmeno iniziare il percorso che mi ha portato fin qui”
– singhiozzò.
“Maya, in un modo o nell’altro ci saremmo
incontrate. Il fuoco del teatro già ardeva in te. Era solo
questione di tempo.” – si interruppe per poi
continuare – “Inoltre, quello che hai fatto oggi
non te l’ho insegnato io. Oggi hai recitato seguendo i
sentimenti che vivono in te. Hai incontrato anche tu la tua anima
compagna. Sei fortunata. Rallegratene.”
Maya si allontanò arrossendo e abbassando lo sguardo.
“Sì, signora Tsukikage. L’ho incontrata.
E’ una persona gentile e generosa, anche se non sembra. Si
è sacrificato nell’ombra pensando che non lo
ricambiassi. Mi è sempre stato accanto e io non
l’ho riconosciuto per molto tempo!”
L’alta figura in nero rimase immobile.
Maya stava parlando del suo ammiratore? L’aveva infine
incontrato?
“Sono contenta per te, Maya. Quando avrò modo di
conoscere questa persona?”
“Ecco… lei lo conosce già,
signora.” – Maya sembrava sempre più
imbarazzata. La donna non capiva per quale motivo.
“Da come vi comportate, non mi sembrava che amassi
Sakurakoji.”
“Infatti…” – rispose
sinteticamente Maya.
“Ma allora… non sarà? Non
dipenderà da tutto questo l’annullamento del
matrimonio di Masumi Hayami?”
Maya lasciò andare un leggero sospiro:
“Sì, signora. Vede è stato Masumi che
mi ha sostenuta in tutti questi anni nell’ombra. E’
lui che mi mandava sempre i mazzi di rose scarlatte. Lui che mi ha
indirizzata per farmi migliorare. L’ho scoperto dopo Lande
Dimenticate.” – disse tutto d’un fiato
ché non voleva che la signora iniziasse a parlare di
intrighi e pregiudizi.
“Non credevo fosse possibile. Alla Valle l’avevo
visto diverso dal solito, senza più il ghiaccio che gli
bruciava negli occhi. Ora capisco perché.”
– si sedette in una poltrona vicina –
“E’ stato merito tuo, Maya! Tu hai cambiato
quell’uomo. Gli hai ridato l’anima.”
Un lieve cenno di diniego col capo: “No, signora Tsukikage.
Masumi ha avuto sempre un’anima gentile. Era solo troppo
ferito.”
“Capisco. Quindi immagino che i diritti di rappresentazione
li lascerai a lui!”
Altro cenno di diniego: “No. Masumi mi ha proposto di cedere
il solo allestimento della Dea Scarlatta alla Daito con contratti
annuali, in modo da tutelarmi pienamente. Non vuole che si pensi ad un
suo interesse economico nella nostra relazione. Inoltre avrò
un ruolo decisivo nelle scelte della messa in scena.”
“Bene” – sospirò di sollievo
la donna – “Quando vi sposerete?”
Maya arrossì di nuovo. Questa volta fino alle orecchie.
“Ecco… pensavamo dopo la prima messa in scena.
Ritarderemo poi il viaggio di nozze fino alla fine delle
repliche.”
Il flusso dei ricordi fu interrotto dal buon Genzo che la invitava a
rientrare.
“Che ti dicevo Genzo? Maya ci ha sorpreso
veramente!” – disse guardandolo con dolcezza.
“E’ vero, signora! Ha proprio ragione!”
“Genzo, il mio tempo sta finendo… lo sento. Ma,
grazie a te e a quelle ragazze, i miei ultimi anni sono stati
piacevoli.”
“Signora!” – Genzo, commosso,
l’aiutò a rientrare in camera e a sdraiarsi per la
notte.
Shiori Takamiya girava le strade di Ginza alla ricerca di qualche nuovo
abito. Ancora non si capacitava di quello che era avvenuto negli ultimi
due mesi.
Aveva dato per scontato di aver accalappiato lo scapolo più
ricercato della buona società nipponica ed invece poco prima
delle nozze Masumi aveva annullato tutto. Si era opposta con tutte le
sue forze quando aveva visto suo nonno capitolare di fronte alle prove
della frode contabile del gruppo Takamiya. Aveva pianto, era
svenuta… le aveva provate tutte. Eppure, quando era svenuta,
Masumi non si era degnato nemmeno di soccorrerla e avrebbe rischiato di
finire per terra se non avesse deciso di buttarsi dalla parte del
divano dello studio.
Inoltre i suoi strepiti non avevano fatto altro che indurre Masumi a
tirare fuori una registrazione compromettente in cui lei provava a
sedurre Takeshi, il loro giovane maggiordomo.
Suo nonno era rimasto attonito dall’imbarazzo e dal trovarsi
di fronte aspetti della nipote che non si immaginava.
Lei aveva mandato a chiamare il maggiordomo, sperando in una sua
smentita.
Dopo lunghi minuti di attesa e di pesante silenzio, un cameriere si era
presentato dicendo che non lo si trovava da nessuna parte e che
l’uomo aveva liberato perfino la sua stanza.
Era stato tutto così sconvolgente che non aveva potuto
ribattere nulla. Inoltre avevano dovuto sottostare alle condizioni
della famiglia Hayami, pena la denuncia della frode alle
autorità.
Il vecchio Eisuke sembrava essersi goduto lo spettacolo.
Dopo qualche settimana, ricordava Shiori, seppe che Masumi aveva
annunciato il fidanzamento e l’immediato matrimonio con la
nuova Dea Scarlatta. Tutti i suoi ‘amici’ si erano
premurati di avvisarla.
Quella piccola ragazzina
impudente!!
In un moto di stizza batté un tacco. Un passante si
voltò stupito dall’atteggiamento di quella donna
all’apparenza tanto elegante e sofisticata.
Shiori si scusò a mezza bocca notando in quel mentre la
segretaria del suo ex-fidanzato al tavolino di un ristorante con un
bell’uomo, vestito con un completo di alta sartoria.
Dalla posizione in cui era lo vedeva solo di spalle, ma
provò invidia per quella donna che lei riteneva quasi
scialba.
La sagoma dell’uomo aveva un che di familiare, ma non se ne
curò e continuò per i suoi acquisti. Quei plebei
non meritavano certo la sua considerazione!
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