Unbound - The Wild Ride

di __Aivlis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - And We Fade ***
Capitolo 2: *** 1 - Changing Season ***
Capitolo 3: *** 2 - High ***
Capitolo 4: *** 3 - And I'm Quite Aware We're Dying ***
Capitolo 5: *** 4 - Coming back as we are ***
Capitolo 6: *** 5 - Eravamo Bellissimi ***
Capitolo 7: *** 6 - Famous Last Words ***
Capitolo 8: *** 7 - The Wild Ride ***



Capitolo 1
*** Prologo - And We Fade ***


g  © Amor Vincit Omnia, 08/12/2011

 Titolo:
Unbound - The Wild Ride
 Generi: Sentimentale; Romantico; Introspettivo.
 Personaggi: Brian Haner, M Shadows, Johnny Christ, Zacky Vengeance, Altri.
 Rating: Giallo
 Avvertimenti: What if?






Disclaimer:
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei personaggi, né offenderla in alcun modo. I fatti riportati non sono realmente accaduti e sono di mia proprietà, pertanto ne è vietata la riproduzione totale o parziale.


Avvertimenti: Approdo con un'altra long-fic su questa sezione e devo ammettere che non so dove andrò a parare. Questo primo capitolo ha una funzione puramente introduttiva ed è per questo che non vedrete svilupparsi alcun tipo di trama. Dal secondo capitolo inizierà lo scritto vero e proprio. L'unica informazione necessaria per leggere questo prologo è che avviene tra Brian, protagonista, e il suo psicologo.

*

« E quindi cosa ne ha dedotto, signor Haner? »
« Sa, dottore? La vita è terribilmente ingiusta. Si fanno cose che non vorremmo aver mai fatto, altre che invece rimpiangiamo di non aver fatto. Nel mio caso, ho lasciato Emily e non ho mai detto a Jimmy che gli volevo bene. Due cose che non mi perdonerò mai »
« E cosa pensa di dover fare in proposito? »
« Niente. Assolutamente niente... »
« … »
« Non posso cambiare il mio passato in funzione del mio futuro... »


« Che poi, io Casey la voglio sposare davvero, ed è forse questo che mi preoccupa di più »
« Se lei non fosse qua adesso, se fosse fermo a un anno fa, sposerebbe Emily? »
« Senza dubbio »


« Provi a riallacciare la sua vita attuale a quella che aveva un anno fa e cancelli quello che è successo nel frattempo »
« Ma nel frattempo è successa Casey, ecco cosa »
« Chi è per lei Casey? »
« Un porto sicuro »
« Che la difende da cosa? »
« Da Jimmy, presumo »


« Mi conceda una domanda poco professionale, signor Haner. Cos'è cambiato realmente da un anno fa ad oggi? »
« Tanto per cominciare, Jimmy non c'è più »
« E cos'altro? »
« … »
« … »
« Niente »
« Crede ci sia una relazione tra la morte del suo amico e il fatto che lei stia per sposare un'altra donna da quella che ha amato per tanto tempo? »
« … »


« Forse le cose tra me ed Emily andavano male da molto tempo prima... »
« Forse... »
« O forse sto cercando l'ennesima scusa per comprendere il motivo del mi gesto scellerato »


« Nella vita si fanno cose stupide, deve per forza essere così »
« La ascolto »
« Dottore, lo avrà ripetuto una ventina di volte, oggi »
« E' il mio lavoro: sto seduto qua e faccio ragionare la gente mentre lei sta sdraiato su quella poltrona e mi racconta la sua vita »
« Sì, presumo io debba scoprire qualcosa di nuovo, su questa poltrona »


« Sposerò Casey, e questa è una delle poche certezze nella mia vita »
« Sa darsi una motivazione, presumo »
« Jimmy la adorava »
« E lei chi adora? »
« Jimmy, perché senza di lui ora sarei dietro alla cassa di un supermercato »


*

Note: Come ho detto prima, non preoccupatevi se non ci avete capito niente, aggiornerò in un tempo lampo, giuro! Che altro aggiungere? Recensire non uccide e ci sentiamo al prossimo capitolo. (^.-)

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Capitolo 2
*** 1 - Changing Season ***


Image and video hosting by TinyPic     © Amor Vincit Omnia, 08/12/2011











« Haner, carica le ultime due casse e poi partiamo »
La voce di Matt arrivò alle sue orecchie in maniera del tutto secondaria rispetto a chi lo teneva occupato. Non poteva davvero credere a ciò che stava facendo e soprattutto non poteva credere di essersi fatto abbindolare dalle lamentele degli altri. Lui quel tour non lo voleva fare e quella consapevolezza comprendeva tutti quelli che lo conoscevano. Non ce l'avrebbe fatto, sarebbe finito per crollare.
« Vedrai, tre mesi passano in fretta »
Brian puntò gli occhi in quelli di Casey - il corpicino fragile che stringeva tra le braccia - e la sentì sospirare nervosamente.
« Lo spero » la sentì dire.
La avvicino ancora di più a sé attirandola per i fianchi e le dette un bacio in fronte.
Sentiva che l'ennesimo capitolo – il più difficile – stava finendo; avvertì questa sensazione quando, allontanandosi un po' da Casey, si avvicinò al bus per caricare gli ultimi marchingegni necessari.
Erano stati dei mesi difficili per tutti: la morte di Jimmy, il CD da finire e registrare; tante cose che, unite tra loro, avevano tolto la forza vitale al gruppo, quella forza che li faceva scatenare sul palco in modo quasi automatico. Nonostante questo, avevano deciso di provarci di nuovo ed ora stavano per partire per un nuovo tour, quindi un nuovo ciclo stava per iniziare come sempre, come se non fosse successo niente.
Brian era sicuro che stare lontano da Casey per così tanto tempo sarebbe stato difficile, ma per quanta paura poteva avere, cercava in tutti i modi di mostrarsi fermo nelle sue scelte e felice per le nuove prospettive, tutto per dimostrare a Casey quanto lui fosse forte, anche psicologicamente. Perché sentiva ancora il bisogno di impressionarla dopo tutti quegli anni che si conoscevano. No, Brian non era ancora troppo abituato a vederla in quei termini, era sempre stata la sua migliore amica, e per questo faceva difficoltà a dichiarare il loro status  ogni volta che gli si presentava l'occasione. La parola “fidanzata” non voleva mai saperne di uscire dalla sua bocca.
Chiuse il portabagagli con un tonfo deciso prima di avvicinarsi di nuovo alla ragazza che sarebbe diventata presto sua moglie. Ne osservò i lineamenti marcati e i lunghi capelli biondi che le ricadevano morbidi sulle spalle; infine si soffermò sui grandi occhi color cioccolato che lo guardavano avidamente e spostavano lo sguardo da un occhio all'altro. Le prese il viso tra le mani e la baciò in maniera lieve mentre Jason fischiava dal finestrino del bus. Nonostante tutto, era sempre stato sicuro delle sue azioni. L'avrebbe sposata, ne era certo.
« Andiamo piccioncini, tra tre mesi sarete di nuovo qui a sbaciucchiarvi » gli urlò dietro, lo stesso Jason.
« Devo andare »
« Fai buon viaggio »
Questa volta fu lei a baciarlo, ma avidamente, e trattenne le lacrime ancora per qualche istante prima di vederlo salire sul tourbus.
Brian entrò nel bus tra gli schiamazzi generali e prese posto sul tavolino alla sua sinistra, si affacciò dal finestrino e vide Casey intenta ad accendersi maldestramente una sigaretta mentre teneva una spalla alzata per non far cadere la lunga borsa marrone che si portava sempre dietro.
Lei era un hippy in rotta di collisione col mondo ed erano state molte le persone che gli avevano chiesto come potesse anche solo pensare di costruire una famiglia con una così; evidentemente Brian era l'unico scellerato che vedeva in quella donna il suo futuro.
In realtà, la situazione non era sempre stata così semplice. La vita di Brian era cambiata radicalmente dopo la morte di Jimmy, ed era stato per sua scelta. Infatti, il ragazzo si era rifiutato di mantenere anche soltanto una delle sue abitudini quotidiane – a meno che non riguardassero la band. Aveva cambiato casa, quartiere, casella postale, negozi di fiducia e tutto ciò che in qualche modo poteva ricordargli l'amico. E tra tutte queste cose, gli sembrava ormai inutile ricordarne una in particolare, che era stata la donna della sua vita per un periodo che, a pensarci ora, Brian rabbrividiva.
Casey era stata la seconda donna a rubargli il cuore, ma non appena questo pensiero accennò a sfiorargli la mente, lui lo scacciò via come si fa con i brutti ricordi, quelli che se solo avessi il potere di farlo, elimineresti dalla memoria collettiva. Perché ti fanno sentire lo stronzo che sai di essere, uno scarto umano nei confronti di tutti quelli che ti stanno attorno.
Dal suo passato, Brian aveva deciso di scappare, e si era rifugiato in una realtà ovattata che gli stava decisamente più comoda, ma ora stare seduto su quel tourbus, dopo tutto quello che era successo, gli faceva male.
Osservò gli altri ridere e scherzare e cercare di soffocare ogni pensiero negativo: tutti, in quel bus, stavano cercando di ricreare un'atmosfera ormai impossibile da rivivere, tanto che Brian si chiese quando si sarebbero arresi ai fatti: Jimmy non sarebbe tornato, e con lui neanche tutte le cose belle che si portava dietro. Niente sarebbe mai stato come prima, e quella era una realtà difficile da accettare.
Per Brian, che in quella storia c'era dentro fino al collo, la scena cominciava ad essere patetica e le risate degli altri, nella sua testa, assomigliavano molto a qualcosa mosso dall'isteria del momento, più che da felicità vera a propria. Neanche l'avessero letto nel pensiero, l'euforia si affievolì sostituita da un più sano borbottio di sottofondo, e ognuno riprese ciò che stava facendo senza soffermarsi troppo su parole inutili. Nessuno parlava, appunto, e nessuno aveva osato farlo per tutto quel tempo. Le registrazioni del CD erano avvenuto in modo automatico, e quando Larry aveva proposto quel tour, tutti avevano acconsentito senza aggiungere altro - anche se magari qualcuno covava qualche disaccordo in quella scelta; quella consapevolezza comune di sapere che insieme ce l'avrebbero fatta era il collante che li aveva sempre tenuti insieme fino a quella che era sembrata la fine.
In effetti, a nessuno dei componenti era mai passato per la testa di finire le registrazioni, pubblicare il CD, o addirittura partire per un nuovo tour, e proprio in questo senso la loro famiglia era allargata, perché se non ci fosse stato Larry, ad esempio, o i gemelli Barry, o le loro famiglie, a sostenerli e ad incoraggiarli in quell'impresa che da subito era parsa titanica, allora non sarebbero in quel tourbus in viaggio per l'ennesimo tour - che senza Jimmy sembrava non far parte del ciclo -, e più volte Brian si era ritrovato a pensare che forse sarebbe stato meglio, che si sarebbero di certo risparmiati quel tumulto interiore e la paura di stare sbagliando tutto ancora una volta. Perché era così che si sentiva, lui: spaventato. Certo, ogni tour era stato diverso dal precedente, ma mai era stato radicalmente differente come stava iniziando quell'ultimo. C'era rabbia e angoscia coperta da un velo di pietà, e sinceramente Brian non credeva che ne sarebbero usciti vivi.
« Magari la tensione svanirà quando romperete il ghiaccio sul palco »
Jason aveva preso posto davanti a lui e aveva parlato senza neanche dare il tempo a Brian di assimilare la sua presenza. Quando lo fece, Brian smise di rigirarsi tra le mani il suo accendino rosso.
« Sinceramente? Non credo che riusciremo a salire su quel fottuto palco »
Era cinico e ne era consapevole, ma nessuno di loro poteva pretendere che tutto andasse bene, non in circostanze del genere. Il fantasma di Jimmy era tra loro in qualsiasi momento, non c'era una giornata che passasse senza che almeno uno di loro lo avesse nominato. In un certo senso, era come se non fosse mai morto, tralasciando il dolore e tutto il resto, e loro non potevano pretendere di non sentirlo ancora tra loro, di non sentirsi inutili quando voltandosi verso la batteria avrebbero visto il volto di un perfetto sconosciuto al posto degli occhi dell'amico di sempre.
Mike era stata la loro salvezza e a livello professionale era stato il punto chiave delle registrazioni, e per questo gli concedeva tutto, ma non di sostituire quello che per tanto tempo era stata la sua famiglia. A questo proposito Brian voltò lo sguardo verso destra dove Mike sedeva con le cuffiette alle orecchie e le bacchette in mano facendo oscillare la testa avanti e indietro a ritmo di musica e battendo le bacchette sulle ginocchia. Ricordava bene il giorno in cui avevano deciso di proporgli l'affare, e se solo fosse stato un po' più fermo sulla sua idea e avesse fatto perno su Johnny - che in quella storia lo spalleggiava -, a quest'ora non sarebbero in viaggio per quel tour che lo costringeva lontano da casa per così tanto tempo.
L'atmosfera fu ravvivata dall'entrata in scena di Matt che, con passo deciso, si era avvicinato al chitarrista e gli aveva puntato subito gli occhi addosso.
« Brian, devo parlarti »
« Sono qui, spara »
« No, è una faccenda privata »
Tutti sapevano che quando Matt iniziava un discorso in quella maniera – e soprattutto con quell'espressione in volto – non c'era mai da stare tranquilli. Poi magari lo ascoltavi e capivi che la sua reazione era esagerata, ma per quegli attimi di ignoranza poteva anche smetterti di battere il cuore e tanto sarebbe stato poco.
Brian si alzò con cautela osservando attentamente ogni movimento del cantante. Respirò a fondo anche se l'aria sembrava mancare e si ripromise di rimanere calmo qualsiasi cosa gli avesse detto, anche perché se fosse sbroccato, allora tutti ne avrebbero viste delle belle, in quel tour, già da subito.
Lo seguì fino in bagno – l'unico luogo che aveva una parvenza di “privato” in quel tourbus – e usò il water come sedia per assicurarsi una presa salda al terreno e tenersi, così, pronto per qualsiasi cosa.
« Ho aspettato fino ad oggi per dirtelo perché sapevo avresti reagito male... »
« Matt, arriva al sodo »
« No, non credo sia una buona idea. Vorrei solo dirti che è stata una scelta unanime da parte degli altri, perché a tutti serviva un appiglio al passato – vedi anche il ritorno dei fratelli Barry in tour – e che in questa decisione tu non c'entri niente »
Brian ricordava quanto Matt fosse arrabbiato con i fratelli Barry da quando avevano fatto quei casini nel tour precedente rischiando di mandare all'aria la maggior parte delle date, e ora non riusciva davvero a comprendere questo suo nuovo atteggiamento accondiscendente nei loro confronti. Ma non era questo che aveva attirato la sua attenzione, quanto piuttosto l'espressione “appiglio al passato”.
« Cosa stai cercando di dirmi? »
« Cosa sto cercando di fare, piuttosto. Sto cercando di arginare i danni che questo potrebbe causare »
Matt stava davanti a Brian cercando di capire cosa lo spingesse a rischiare la vita in quel modo. Portò le mani sui fianchi e subito dopo si strofinò il viso per cercare di rimanere più lucido possibile.
« Dimmi che cazzo c'è che non va! »
« Emily viene in tour con noi! »
Si erano urlati contro all'unisono e Brian fu certo che tutti nel tourbus a parte Mike, erano stati in grado di sentirli chiaramente.
La sua mente ci mise un po' ad inquadrare la situazione e quando lo fece, una rabbia crescente gli era già montata dentro. Era come quando gli avevano detto di aver chiamato Portnoy senza averlo prima avvertito, si stava sentendo tradito allo stesso modo.
« Stai scherzando » affermò.
« No, e non trovo parole migliori per ribadire il concetto, mi dispiace »
« Spero che per la fine del tour avrai trovato una scusa plausibile »
E così detto si alzò dal water e se ne andò dal bagno sbattendosi la porta alle spalle.
Il problema del vivere nel tourbus è che non puoi scappare da niente e da nessuno. L'unico modo che hai per fingere di non essere presente è rintanarti nella tua cuccetta e chiudere la tendina sperando che a nessuno venga in mente di chiamarti.
Quando fu sdraiato sul suo letto, mise la mani dietro la testa e si ritrovò inondato da una scarica di pensieri e ricordi.
Emily era quella che tutti avevano sempre visto come la donna perfetta per lui, ed era stata una storia talmente tanto giusta che nessuno si era preoccupato di motivare tale affermazione. Loro erano sempre stato “Brian ed Emily”, e basta, senza ma e senza perché. Si sarebbero sposati e avrebbero avuto dei figli simili a loro che gli avrebbero ricordato quanto forte fosse il loro amore. Evidentemente tutti si sbagliavano perché tutto ciò che era rimasto, ora, erano solo le ceneri e pochi ricordi di un amore troppo intenso per poter durare in eterno, ed era bastato un niente per farlo crollare.

*

Note: Cavolo! Non mi sarei mai aspettata tutto questo successo in così poco tempo! E quindi eccovi l'aggiornamento lampo che aspettavate, decisamente più consistente del prologo. Spero vi piaccia e ovviamente ringrazio tutti quelli che hanno letto e in particolare Rossaaa, SellySmile, Sux Fans, Miss V Blackmore e  Keiko che hanno avuto il coraggio di recensire. Grazie mille ^^. Al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 3
*** 2 - High ***


Image and video hosting by TinyPic  © Amor Vincit Omnia, 04/01/2012
 Avvertimenti:
Capitolo cortino anche questo, ma davvero, voglio che sia così. Vorrei che non fosse una lettura impegnativa per i lettori,  quindi manterrò questo regime a meno che qualcuno non venga ad insultarmi pesantemente e/o a minacciarmi con una pistola. A parte  le cavolate, è un capitolo un po' di transizione, scritto con poco tempo (sì, so che è passato molto dall'ultimo aggiornamento, ma  davvero, non ho tempo per fare niente). Quindi vi lascio alla lettura, ci vediamo a fondo pagina.











Se Brian pensava al primo ricordo che aveva di Emily doveva necessariamente portarsi a molti anni prima, quando entrambi erano ancora poco più che poppanti. Lui l'aveva vista e la prima cosa che aveva pensato era stata di volerle imbrattare il vestito di malta. Non si era neanche dato il tempo di pensarci una seconda volta che lo aveva fatto, instaurando così il primo contatto, in assoluto, con Emily. Il primo di una lunga serie, in ogni caso. Perché per qualche strano motivo, alla ragazzina quel gesto non era sembrato un dispetto, bensì qualcosa di molto divertente. Inutile dire che il carattere tenace di Emily si era fatto vedere sin da quel momento, dato che a sua volta aveva preso una manciata di terra – dove erano nascosti anche dei bei sassi – e l'aveva lanciata contro il ragazzo, ma con tanta forza da fargli male. Dopo qualche punto al pronto soccorso la testa di Brian era tornata come nuova e tra loro era nato quel rapporto che da bambini ti lega a qualcun altro solo perché ti senti in colpa nei suoi confronti, da parte di Emily, o perché senti che l'altro debba fare qualcosa per ripagare al danno, da parte di Brian.

I suoi pensieri furono interrotti e la sua testa si diresse fuori dalla cuccetta, a pochi metri da lui.
« Ci vado a parlare io »
La voce di Zacky gli parve lontana, ma non passarono neanche pochi secondi che se lo era trovato appena fuori dalla tendina.
« Posso entrare? »
Brian si era limitato a mettersi seduto a gambe incrociate e a scansare la tendina quanto bastava per permettere il passaggio di Zacky.
« Ma prima togliti le scarpe »
Eseguiti gli ordini, Zacky si posizionò proprio accanto a lui fissando il medesimo punto vuoto davanti a sé.
Inizialmente stette in silenzio per paura di dire qualcosa di fottutamente sbagliato. Conosceva Brian, conosceva le sue debolezze, ed Emily era una di quelle. Forse una delle poche cose al mondo in grado di farlo cedere. Proprio per questo motivo, l'argomento “Emily” era sempre stato un tabù da evitare per punto preso, e sin dall'inizio Zacky era stato dell'idea che tutta quella storia fosse solo un enorme sbaglio, anche se tutti, infondo, avevano bisogno di tornare alle origini, per poter digerire il fattaccio e andare avanti. Emily era stata con loro in qualsiasi momento, pronta a farsi in quattro per loro ed era quello di cui avevano bisogno adesso, di qualcuno abbastanza forte da sorreggerli tutti e quattro.
Quando Matt aveva esposto la sua teoria, in sala prove, uno di quei giorni in cui Brian aveva evidentemente fatto tardi all'appuntamento, le era sembrata una cosa molto stupida. Ma poi, pensandoci bene, giorni dopo, era arrivato alla conclusione che affrontare il proprio passato – ovvero l'unico tassello che era andato fuori posto dopo la morte di Jimmy – li avrebbe solo aiutati a crescere. E' come quando nella vita ti perdi, e pensi che l'unico modo per ritrovare te stesso sia scavare a fondo e tornare alle origini, dritto fino a ritrovare chi ti ha visto crescere e ti ha aiutato a farlo.
Emily gli era sempre stata vicina, nella buona e nella cattiva sorte. Li aveva sostenuti anche e soprattutto quando nessuno credeva in loro e gli era stata vicina quando i tempi erano sembrati farsi bui. Nonostante tutte le donne di passaggio, nonostante le amicizie iniziate e finite, lei era stata la costante che gli aveva dato forza; la migliore confidente che un uomo potesse desiderare.
« Allora, io so già che ciò che sto per dirti ti suonerà stupido e che alla fine vorrai solo spaccarmi la faccia, ma so anche che non avresti il coraggio di farlo, e che quindi sono libero di dire ciò che voglio... E' necessario tornare ad essere chi eravamo. Cerca di capire almeno questo. Ma per farlo è necessaria lei. »
« E sarò l'unico a pagarne le conseguenze, quindi, no? »
« Perché non sei mai stato sincero con te stesso e hai lasciato i fatti correre- L'hai lasciata e non puoi più tornare indietro. Accetta di essere stato un coglione e falla finita, stai per sposarti, per diamine! »
« Tu non sai un cazzo, Baker »
« E invece ne so più di quanto tu non voglia ammettere »
« Perché? »
« Perché tra tutti noi, tra tutti questi cazzoni, sono stato quello che ti è stato più vicino, in questa situazione, e ti ho visto fare le scelte sbagliate senza poter fare niente per impedirtelo. Tu l'hai lasciata per paura, per volere a tutti i costi qualcosa di nuovo dopo la morte di Jimmy, senza pensare che magari fosse lei l'unica cosa di cui avevi bisogno »
« Ce l'ho fatta anche senza di lei »
« Se così fosse non staresti in un angolo del tourbus a piangerti addosso tutto il tempo»
« Tu non sai niente, cazzo! »
« C'ero anche io accanto a te, in tutto questo. Sempre! »
« Ma non sei tu quello che ha vissuto in prima persona tutta la faccenda. Emily era la migliore amica di Jimmy, eravamo un trio da quando abbiamo iniziato a camminare. Questo significa fare i conti con il passato, e tu non sai com'era svegliarmi tutte le mattine e guardarla negli occhi vedendo le stesse cose che vedevo in quelli di Jimmy come se lui fosse ancora accanto a me. Venivamo tutti dallo stesso identico passato, con le stese immagini negli occhi. Per questo dico che non sei tu quello che ha dovuto fare i conti con ventotto anni di vita che sembrano stati sprecati. Ventotto anni di vita, equivalono ad altri dieci anni di terapia. Non sai cosa voglia dire convivere con un cazzo di strizzacervelli al seguito! »
« In terapia ci siamo andati tutti e a volte anche insieme, quindi vedi di non fare la prima donna come tuo solito! »
« Tu non capisci un cazzo come tutti gli altri, ecco cosa »
« Allora lo sai che ti dico? Marcisci nella tua stessa merda, me ne lavo le mani! »
Con tutta la rabbia che ora aveva in corpo, Zacky scivolò via dalla tendina e si bloccò prima di richiuderla.
« Non sei l'unico che sta soffrendo, ricordatelo »
E si chiuse il panno blu scuro alle spalle, lasciando Brian in balia di se stesso.

*

Il giorno in cui Jimmy era entrato nella sua vita, era un giorno soleggiato, lo ricordava bene. Era fuori nel cortile insieme ad Emily e ad altri bambini come loro, mesi dopo la storiella del fango sul vestito. Jimmy era questo bambino più alto degli altri, dagli occhi celesti e i capelli biondissimi, con un viso che potevi rimanere a fissarlo per tutta la giornata senza annoiarti. Si era trasferito con la sua famiglia in quel quartiere in seguito ad un allagamento che aveva distrutto al sua casa, come Brian aveva saputo anni dopo, ascoltando i racconti dello stesso amico, con qualche anno in più.
La prima emozione che Brian provò nei confronti di Jimmy fu invidia, e anche gelosia, quando il ragazzo aveva accennato a voler giocare con la sua amichetta. Non ci aveva visto più e aveva agito di conseguenza. L'aveva preso a morsi. Proprio così. Fortunatamente le loro mamme se ne erano accorte prima che i due si facessero realmente del male. Sua madre gli aveva raccontato, anni dopo, che la stessa storia era accaduta per due mesi filati, finché non erano intervenute le maestre dell'asilo e la psicologa del centro infanzia che avevano chiarito la faccenda una volta per tutte. Quindi potevano dire che la loro amicizia era nata con uno strizzacervelli, e a quando pareva era finita allo stesso modo. Forse era destino, pensava Brian. Fatto sta che, dopo varie visite di questa donna bruttissima di cui Brian ricordava solo i baffi da orso, i due avevano finito per adorarsi sotto tutti i punti di vista. Nonostante questo, se Jimmy aveva provato una qualche sorta di attrazione infantile per la bambina, il tutto era stato incanalato in una più sana amicizia. E così erano nati tre dell'avemaria, come li avevano denominati molte volte, in seguito.
Ora, a distanza di venticinque anni, la magia era finita, e anche loro tre erano finiti. Quel trio era diventato un ricordo del passato che Brian non ricordava più serenamente. Ogni volta che lasciava la sua mente vagare, andava a parare sempre lì, e ogni volta, puntualmente, gli si chiudeva lo stomaco per la malinconia. Il problema – questo l'aveva scoperto grazie allo strizzacervelli – era che tutta la sua vita era stata incentrata su Jimmy e Emily prima di tutto il resto, prima della band, prima della musica, prima della famiglia, perché loro erano stati la sua famiglia, in un certo senso. E aveva anche capito di non avere via di scampo. Allora si teneva impegnato a cambiare la sua vita, si teneva impegnato a fare dell'altro pur di non pensare a niente. Ma non sempre gli riusciva bene.

*

Quegli amori che ci sono sempre stati. Ecco tra quali tipi di amore poteva essere catalogato, il loro.
Già da quel primo giorno nel cortile, tra tutto quel fango, Emily e Brian avevano iniziato ad amarsi. E questo non vuol dire che già a quell'età i due fossero capaci di sentimenti tali, bensì che le fondamenta di quello che era poi diventato un'amore da film, erano state gettate proprio in quel periodo.
Poi erano cresciuti, avevano imparato a vedersi con occhi più maturi, fino a capire, all'età di tredici anni, che non sarebbero riusciti ad andare avanti senza essersi scambiati quel bacio. Il primo bacio per entrambi. Anche se solo dopo, con la maturità di chi comincia a programmare il proprio futuro, avevano capito davvero quello sguardo negli occhi dell'altro. Lo stesso sguardo che ora Brian riconosceva davanti a sé. Eppure per un attimo aveva faticato a riconoscerla.
La persona che era entrata nel tourbus, quando avevano accostato in un area di servizio, all'altezza di San Diego, aveva i capelli di almeno dieci cm più corti, ed era decisamente meno rifinita di come la ricordava. Dov'erano gli orecchini, lo smalto, il trucco? Dov'era l'immancabile cornice che si portava sempre dietro? No, per un attimo aveva creduto che quella persona fosse un'altra, ma si era sbagliato.
Gli occhi erano loro, sempre gli stessi, forse un po' più stanchi.
« Ciao »
Quella voce, quella maledetta voce.
Brian non voleva rispondere, ma fu costretto a farlo dalla parte razionale del suo cervello, quella che gli ripeteva che non poteva continuare a fottersene dei sentimenti degli altri. Allora lottò contro se stesso fino alla fine prima di cedere.
« Ciao »
Indifferente. Freddo. Eloquente. Tutte cose false che si era già prefissato di voler ostentare. Comportamenti che aveva già pianificato.
Quel momento fu interrotto dall'arrivo degli altri. Erano iniziati i saluti compassionevoli e, in tutto quel marasma, nessuno si accorse quando Brian si voltò ed andò nella sua cuccetta a smaltire lo shock e a prevenire un infarto.

*

Gli occhi azzurri, la bocca a cuore, la pelle diafana. La conosceva a memoria, quella pelle. L'aveva vista espandersi  per ospitare le forme di una donna adulta. Il miracolo del tempo che passa.
Era stato strano che qualcosa come un banale “ciao” fosse stato capace di toccare qualcosa in quell'essere addormentato che stava  diventato. E quindi ci voleva lei per smuovere qualcosa? No, non aveva smosso un bel niente, e sarebbe stato disposto a tatuarselo addosso, per dimostrarlo al mondo.
Si appoggiò al muro accanto alla sua cuccetta. Da lì poteva osservare la situazione. Emily era seduta al tavolo insieme a Zacky. Ma era di spalle, e non avrebbe potuto vedere che la stava fissando.
Quei due stavano parlando fitto di qualcosa che Brian avrebbe davvero voluto sapere.
« Beh, ti sei incantato? »
Johnny sventolò una mano davanti al volto di Brian, che rispose alzando un sopracciglio e tornando sui suoi pensieri.
« Te che ne pensi di tutta questa faccenda? »
Johnny lo guardò , convinto che quello sarebbe stato il pretesto per una chiacchierata infinita.
« Andiamo nella mia cuccetta? »
Quando Brian rilasciò i muscoli del viso e delle braccia, Johnny cominciò già ad incamminarsi, seguitò dall'amico.
« Tanto ormai si può avere privacy solo là dentro »
« E neanche troppa »

*
Note: Ebbene eccoci qua. Noto con dispiacere che tutti i recensitori (?) del prologo si sono misteriosamente volatilizzati *si dispera*, ma non sarà di certo questo a fermarmi. La storia viene letta, comunque, quindi va bene così.
Dovete sapere che questi giorni sono stati tumultuosi per me, essì. A parte il natale, i regali, il pranzo e tutto il resto, c'è stato capodanno che è stato distruttivo, e dopo di esso ho ripreso a scrivere. Ho anche conosciuto un nuovo gruppo che sono gli About Wayne, di Roma, fortissimi, hanno fatto la colonna sonora di Freaks, una webseries fantastica, e in generale loro sono fantastici. Tanto che il cantante mi presterà (senza permesso) la sua bella immagine per il protagonista dell'originale che sto scrivendo *yeppa*. Se non avete idea di quel che io abbia appena detto, andatevi a cercare tutto su google, se non trovate niente chiedete e vi mando i link sia del gruppo che della web series, meritano davvero.
Altra nota positiva, mi è finalmnte arrivata la batteria nuova *applaude* ed è bellissima. Ora vediamo di imparare a suonarla, però, eh.
Dopo questo sproloquio sulla mia vita (che era necessario perché dovevo sfogarmi D: ) vi lascio. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se non è stato così.. meglio. In entrambi i casi lasciate un recensioncina propio qui sotto, sì, sì... proprio lì, in quel quadrato bianco.
Grazie a todos per l'attenzione e la pazienza.

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Capitolo 4
*** 3 - And I'm Quite Aware We're Dying ***


© Amor Vincit Omnia, 06/03/2012

Avvertimenti: Capitolo corto, ma ormai credo abbiate capito che continuerà così fino alla fine. Scusate per l'immenso ritardo, spero ne sia valsa la pena.

**

Era strano, era come volare con una sola ala; come avere i denti ma non il pane. C'era quest'uomo dai capelli lunghissimi e la barba folta, con gli occhi di uno che la sa molto più lunga di tutti loro messi assieme. Mike montava la batteria con velocità e noncuranza. Quasi ce la gettava, al centro del palco; come se non sapesse che quella era la batteria di Jimmy. Sembrava non lo vedesse, quel deathbat bianco stampato sulla grancassa. E Brian lo guardava di traverso mentre cercava di strecciare i cavi degli amplificatori, senza riuscirci. Avrebbe voluto dirgli di fare piano, che non c'era fretta; di rallentare, che il concerto iniziava fra sei ore. Poi Zacky si alzò in piedi di scatto, dopo aver appoggiato la sua chitarra sul palco, e si irrigidì subito quando Mike appoggiò un tamburo a terra provocando un tonfo sonoro.

« Porca troia Mike, fai piano! » disse Zacky, con quel suo tono aggressivo. L'arroganza era iniziata quando avevano iniziato a prendere confidenza, quando Zacky aveva capito – o forse ne aveva solo avuto paura – che Mike poteva essere quello giusto, l'unico che a Jimmy poteva tenergli testa e superarlo, almeno a livello musicale. Nonostante questo, non c'erano scusanti; era così che funzionava: Mike c'era e se c'era si doveva stare zitti e assecondarlo sempre. Era «una mano dal cielo», «la loro salvezza», ed era «grazie a lui» che potevano andare in tour. Senz'altro era « la loro più grande fortuna », ma lo era anche quando volevi spaccargli la faccia, e ciò accadeva spesso. Ovviamente, senza di lui gli Avenged Sevenfold sarebbero finiti lì. I media sono brutali in questi casi, e loro lo sapevano. Ci voleva uno con la sua notorietà per permettergli di continuare, e così era stato fatto.
« Guarda che è una batteria, non una scultura di cristallo, non si rompe con una bottarella » rispose lui.
E a quel punto Brian fece per alzarsi. Lo avrebbe massacrato se Matt non gli si fosse parato davanti e non lo avesse preso per un braccio.
« Brian, non fare il bambino, controllati » gli disse tra i denti stretti.
Lui lo aveva guardato, aveva visto dentro a quell'espressione seria e composta, e allora aveva capito che in realtà se Matt avesse potuto gli avrebbe sfondato il culo. E se resisteva Matt poteva farlo anche lui.
Nel frattempo Zacky aveva abbassato lo sguardo sulla sua chitarra, poi si era alzato e aveva camminato con passo pesante sotto gli occhi di tutti. Quando gli passò vicino, Brian vide che stava piangendo.
Quella mattina l'aria pesante l'avevano portata da casa, ci si erano svegliati la mattina. Tornare a fare concerti, così, come se niente fosse successo, era uno di quelle cose che avrebbe avuto il potere di ucciderli tutti. Di solito non reagivano così alle provocazioni di Mike, ma quel giorno erano diversi. Forse la parte peggiore era vedersi sconfitti. Perché avevano giocato a fare i giganti quando in realtà erano sempre stati deboli. Tutti, nessuno escluso.
Zacky si chiuse nel camerino senza sbattere la porta.

Il tempo passò in fretta, e il concerto si avvicinò senza che loro se ne rendessero conto. Emily non c'era stata per tutto il giorno; era stata via, in giro per la città, e Brian se l'era figurata appostata da qualche parte a fotografare quei dettagli che lui non era mai riuscito a vedere.
La passione di Emily per la fotografia c'era sempre stata, che lui ricordasse. Suo padre era a sua vota fotografo, così come suo nonno, quindi supponeva fosse nei suoi geni. Ricordava quando all'età di tredici anni si era presentata con una di quelle vecchie macchine fotografiche che a quel tempo sembravano la luna. Le era sembrata strana; era il primo ricordo che gli era rimasto dentro, perché per la prima volta, quella ragazza dagli occhi chiarissimi aveva dimostrato il carattere che avrebbe poi dominato tutte e sue azioni future: la passione. Era la Emily che Brian aveva poi imparato a conoscere, quella con la macchinetta sempre al collo e gli occhi sempre accesi.
Emily aveva ripreso a girovagare come un ossesso per tutto il palco da appena due minuti, e le erano bastati per stravolgere l'illuminazione del suddetto palco. Voleva che le luci fossero perfette, Brian lo sapeva. In un lasso di tempo ormai finito sarebbe andato da lei, l'avrebbe fermata, le avrebbe detto che correre così da tutte le parti non le faceva bene, l'avrebbe in qualche modo costretta e sedersi e ci avrebbe parlato, così, semplicemente. Lei era quella agitata, lui quello calmo; lei era la caffeina, lui la camomilla. L'ordine delle cose per come tutti le avevano sempre conosciute sconvolto in meno di un giorno. Un castello di carte da gioco, di quelli che ci metti una vita a costruirli, crollato con un soffio di vento. Lei era sempre stata attenta ai dettagli. I suoi occhi analizzavano sempre tutto con attenzione maniacale. Lui di attenzione doveva averne inclusa poca, eppure ci vuole una forza d'animo notevole per portarsi via qualcosa di tale grandezza, ne era certo.
Passarono poche mezzore prima dell'inizio dello show, ed ora si trovavano tutti dietro le quinte con i cuori in mano e il groppo in gola.
« Qualsiasi cosa succeda, noi staremo sempre in piedi, questo dovete ricordarvelo » disse Matt.
« Andiamo, ragazzi » disse Johnny prima di dare agli altri una pacca sulla spalla e farsi spazio verso il palco.
Quando Brian salì, gli si chiuse definitivamente lo stomaco. Le luci gli accecavano gli occhi, e per questo fu costretto a coprirsi con una mano. Poi prese il suo posto e diede un'occhiata agli altri. Ognuno era nel suo mondo, nessuno era lì veramente. Guardò la folla: qualcuno stava già piangendo. Non gli era mai successo di sentirsi così fuori luogo e spaesato quando si trovava sopra ad un palco. Allora imbracciò la chitarra, ma non servì a niente.
Cercò attorno a sé qualcosa che non c'era, qualcosa di familiare che non avrebbe trovato negli altri, perché nessuno di loro era più se stesso, sopra a quel palco.
Abbassò lo sguardo verso le transenne, e i fotografi avevano già iniziato a fare il loro lavoro.
Ad un tratto ebbe un sussulto, perché tra un volto e l'altro c'erano gli occhi di Jimmy, fissi, che lo osservavano. Quando tornò a guardare in quello stesso punto, capì tutto, di nuovo. Capì perché aveva lasciato Emily, perché non riusciva più a guardarla negli occhi. E allora lei lo osservò, e per la prima volta dopo quasi un anno, lui fece lo stesso. E quegli occhi lo colpirono come un lama affilata a fior di pelle.

Quando iniziarono a suonare, inutile dire che non era lo stesso. Tra una canzone e l'altra, Matt diceva frasi in cui nessuno di loro credeva davvero, e Brian si mise a piangere solo dopo – non come Johnny, che aveva iniziato già da subito. In realtà Brian iniziò a farlo alla fine, quando la voce di Matt si spezzò e cedette nel primo di una lunga serie di singhiozzi.
Il punto è che il passato è innocuo finché non ci rifletti sopra, ma è inevitabile farlo, rifletterci, perché l'uomo è nato per riflettere, pensare. E' questo che ci fa apparire diversi dagli animali. Noi pensiamo, rimuginiamo, soffriamo... e non possiamo farci niente.
Erano dei relitti, nonostante tutto.
Ma erano anche uniti, nonostante tutto.
Emily non pianse, anche se fu sull'orlo di farlo diverse volte. La vedevi che le tremava il mento e tirava su col naso, ma non cedeva, non lo faceva mai. Continuava ad inquadrare oggetti nell'obbiettivo e a scattare, illudendosi che la sua arte andasse oltre al dolore, non rendendosi conto che la sua arte ora era il dolore stesso.
In ventiquattro anni, Brian l'aveva vista piangere poche volte, ed ogni volta era stato come se avesse dovuto farlo per compensare a tutte le volte che si era trattenuta fino a farsi male. E lui, mentre se la teneva stretta, non capiva la sua tenacia.
In ventiquattro anni, Brian non aveva capito troppe cose di lei.

Alla fine del concerto Brian non si curò nemmeno di salutare il pubblico. Aveva rabbia, dolore e tristezza nel corpo in eguale misura. E allora si sbatté la porta del camerino alle spalle. Si mise seduto sul piccolo divano con la testa tra le mani, e a quel punto di bagnare il pavimento di lacrime non glie ne fregava niente.
Dopo poco, qualcuno bussò alla porta, lui alzo lo sguardo: sapeva che tutti si dovevano essere mobilitati per salvarlo. Funzionava così: se uno affondava, gli altri lo tiravano su. Dal canto suo, Brian era sempre stato più propenso all'aiutare gli altri che all'essere aiutato.
Il bene che voleva agli altri, quello non c'entrava. Si trattava di orgoglio, aveva pensato molte volte, o forse solo di paura. Pensava che quando ti apri con qualcuno sei a nervi scoperti, che se gli gira male ti mettono al tappeto in meno di un secondo. Per questo non rispose, nemmeno in quel momento.
Bussarono di nuovo, e alla fine cedette e si alzò dal divano.
« Chi è? » chiese, prima di aprire.
Dall'altra parte della lastra di compensato nessuno rispose, ma bussò di nuovo.
Brian fece qualche passo e aprì la porta di scatto, pronto a sfogare la sua rabbia sul malcapitato. Quando la porta fu aperta, le parole gli morirono in gola, e invece di fissare quegli occhi, si concentrò sulla sua bocca, sulla curva del collo, sulle spalle... Emily ci mise un po' per iniziare a parlare.
« Volevo sapere come stavi, ti ho visto andare via in quel modo... pensavo volessi parlare con qualcuno » disse infine.
In realtà no, Emily sapeva benissimo come la pensasse lui a riguardo. Nonostante questo, era sempre stata restia a lasciarlo solo quando non se la sentiva di parlare. Forse era per quello che si era presentata con quella bugia in bocca - “pensavo volessi parlare con qualcuno” -, perché lo conosceva meglio degli altri e andava oltre il suo volere. Ma questo lo pensò Brian, sperando con tutto se stesso che fosse vero. Illudendosi che ci fosse ancora qualcuno che lo sapesse a memoria, che sapesse leggerlo e interpretarlo per quello che era.
« Ti sbagliavi » disse lui, chiudendole la porta in faccia. Emily ci mise un piede in mezzo e la porta si bloccò prima di poter sbattere sullo stipite.
« Non ho finito » disse lei.
« Che c'è? »
« Voglio parlare »
Brian aprì di nuovo la porta ruotando gli occhi verso il soffitto e si voltò verso il divano; la lasciò entrare.
Non avrebbe ceduto, la conosceva.
La conosceva, forse era quello il vero problema.
Loro erano due che si erano cresciuti a vicenda, avevano ognuno un pezzo dell'altro, dentro, nonostante l'amore non ci fosse più.
Si rimise seduto dov'era prima mentre lei si chiudeva la porta alle spalle. La vide camminargli di fronte e appoggiare il sedere sull'angolo del tavolo davanti a lui.
« Come stai? » gli chiese, con quel suo tono da mamma protettiva, ma soffice e lento.
L'altro la guardò, chiedendo con gli occhi se per qualche strana ragione lo stesse prendendo per il culo.
« Guarda che siamo sulla stessa barca, non ci resta che collaborare » spiegò lei.
« E se io con te non ci volessi collaborare? »
Lei sospirò: « Vedi come sei? Sempre sulla difensiva, come se il mondo intero stesse complottando contro di te. Te la prendi con le persone anche se non ti hanno fatto niente, ormai ti conosco, so come fai tu, ma in questo momento non puoi farlo Brian, lo sai. Stiamo tutti male, non sei l'unico, non puoi trattare gli altri come cazzo ti pare, mi sembra ovvio »
Colpito e affondato.
« E' qui che ti sbagli: tu non mi conosci » rispose alzando un po' il tono di voce.
Emily chiuse gli occhi come faceva sempre per cercare di attutire i rumori.
« Quello che volevo dire... » e riaprì gli occhi, ora leggermente lucidi « è che mi dispiace vederti così e non poter fare niente »
Quella frase lo colpì come tutte le precedenti, ma in un punto diverso. Quella frase gli fece male di un dolore estremamente diverso, gli colpì lo sterno e gli entrò dentro, e quello che fece male davvero non furono le parole, ma i sentimenti che rievocarono.
La guardò di nuovo, e stette in silenzio prima di continuare.
« Non è come quando avevamo sedici anni, Emily, dobbiamo crescere »
Entrambi si guardarono negli occhi per una frazione di secondo, poi lei uscì dalla piccola stanza senza aggiungere altro. Probabilmente ferita, o solo sul punto di piangere.
Molte volte Brian si era chiesto con chi piangesse ora che lui non c'era. Sapeva che era sempre stato l'unico con cui riusciva a farlo, glie lo aveva detto lei molte volte. Decise di non pensarci e rimase solo coi suoi dubbi e le sue frustrazioni. Poi, nel silenzio più totale, era scoppiato a piangere.

**

Note: Ancora una volta scusate per l'immenso ritardo ma ho dovuto mettere in paro alcune cose a scuola. Ho sistemato questo capitolo negli ultimi giorni nonostante fosse finito ormai da un po' di tempo.
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione. Nel frattempo vi prometto che i prossimi aggiornamenti saranno più regolari, giuro! ^^


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Capitolo 5
*** 4 - Coming back as we are ***


© Amor Vincit Omnia, 15/04/2012

Con immenso ritardo, come sempre, pubblico il nuovo capitolo. Buona lettura.

***

Nobody said it was easy,
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be so hard,
Oh take me back to the start.


Il vantaggio dei tour è che impari a conoscere il mondo mentre fai ciò che ti piace fare e Salt Lake City era solo uno dei tanti profili di città che con il tempo aveva imparato a conoscere a memoria.
Era una giornata estremamente soleggiata, ed era mezzogiorno, quindi il sole picchiava forte sopra le loro teste. Erano in tour da poco più di una settimana e avevano già toccato varie città dell'entroterra americano; quei pochi giorno erano passati sotto i loro piedi e sopra le loro teste con una velocità particolare, ma l'atmosfera era rimasta ancora surreale. Ci sarebbe voluto del tempo – inevitabilmente più di una sola settimana – per prendere coscienza di loro stessi, per capire che in un modo o nell'altro stavano andando avanti. Brian, dal canto suo, era fermamente convinto che quel tipo di consapevolezza sarebbe arrivata con il tempo, molto più di quanto ognuno di loro poteva aspettarsi.
Nonostante questo, quel leggero venticello caldo che gli accarezzava la pelle aveva contribuito a portare qualche sorriso in più sui loro volti. Brian respirava l'aria calda attorno a lui e osservava il cielo estremamente azzurro sopra la sua testa, e arrivò quasi a sfiorare quella sensazione di onnipotenza che aveva dimorato in lui per pochi mesi prima della dipartita di Jimmy. Con quella sensazione strana poteva quasi arrivare a credere che fosse possibile uscire da quella situazione, in qualche modo.
La situazione con Emily non era evoluta, nonostante lei avesse cercato più volte di stabilire un contatto con lui. L'ultima notte, in particolare, Brian l'aveva passata a rigirarsi nella cuccetta rimuginando sui suoi pensieri in maniera a tratti corrosiva. Non poteva affermare che i tentativi di Emily stessero scavando un buco nell'acqua, essendo loro stessi il motivo principale della sua insonnia. Attualmente, il cervello di Brian era diviso in due parti ben distinte e contrapposte tra loro.
Matt parlava ad alta voce al telefono, probabilmente con Valary, a pochi passi da lui, mentre si avviavano per le vie di Salt Lake City.  Accanto a lui Johnny e Zack si scambiavano opinioni sui migliori sushi bar della zona.
« E' inutile che vi mettiate a blaterare come delle checche sofisticate, non riuscirete mai a portarmi a mangiare sushi » affermò fermamente agli altri due.
Zacky lanciò a Johnny un'occhiata d'intesa.
« Non ci giurerei » disse.
Brian pensò che niente è come sembra. Ti vedi questi due grandi e grossi su un palco che si sbattono e fanno le facce da duri, poi li vedi adesso con gli occhi sognanti per un po' di sushi. Niente è come sembra, gli sembrava più che ovvio. Poi rise, perché in fondo Zacky aveva immensamente ragione.
« Però in quel negozio adesso ci andiamo » disse Johnny dirigendosi direttamente all'entrata di un piccolo negozio di vestiti punk, gotici e alternativi in generale, uno di quei negozi a cui Brian avrebbe volentieri dato fuoco.
« Ah, no! » disse Brian. Nel frattempo il suo cellulare iniziò a squillare, salvandolo da quella che si prospettava essere una brutta mezz'ora.
Li lasciò entrare nel negozio e proseguì dritto per conto suo, con il telefono all'orecchio.
« Pronto? »
« Ciao amore! »
« Dai, non chiamarmi così » replico lui, leggermente infastidito.
« Sei noioso, Brian, sappilo. Come sta andando la vacanza? »
« Magari fosse una vacanza, è più stressante di quel che credi »
« Sì lo immagino, deve essere difficile »
« Già »
Casey lo faceva innervosire quando entravano in certi discorsi. Parlare con lei di Jimmy era sempre inutile. Lei non lo aveva conosciuto, e anche se poteva sembrare un dettaglio tralasciabile, non lo era affatto. Però era per questo che l'aveva cercata, no? Per avere accanto qualcuno che non fosse li per ricordargli tutti i giorni lo stesso dolore di sempre. Qualcuno che non fosse come Emily. E quindi c'era stata Casey.
Brian sviò la conversazione su argomenti più leggeri, giusto per non rovinarsi la giornata per così poco, e stettero a parlare al cellulare per un'abbondante quantità di minuti prima che Brian si fermasse, accorgendosi di essersi perso nei meandri di quella città.
« Casey, credo sia meglio che io vada a cercare gli altri, o rischio di non tornare a casa neanche tra un anno » disse, poco prima di chiudere il telefono e rimetterselo in tasca.
Nel momento in cui si volto per fare il punto della situazione, sentì un forte peso sulla schiena. Solo dopo pochi secondi fu in grado di realizzare che quell'ammasso che gli si era catapultato addosso non era altro che la somma dei corpi di Jason e Matt Barry. Dietro di loro, e dietro ai loro schiamazzi, si nascondevano Emily e Adam – fratello minore di Zack – con il loro passo lento e appartato. Emily teneva il suo compagno a braccetto, e questo fu un dettaglio per Brian molto simile ad una piccola scheggia di vetro piantata sotto un piede: piccolo e estremamente tagliante.
Cercò di ignorare la scena, ma prima che potesse distogliere lo sguardo, Emily aveva già preso le distanze da Adam in maniera quasi automatica.
« Allora, abbiamo deciso dove si va a cena? » chiese Jason, rivolgendosi con lo sguardo verso Brian.
« Non lo so, ma dobbiamo trovare un modo per evadere dal progetto-sushi di Zacky »
« Sarà dura » disse Matt.
« Ma ce la faremo » concluse Brian.
Emily rivolse uno sguardo preoccupato agli altri: lei adorava il sushi, ma non lo disse, intuendo che eventuali precisazioni sarebbero state pericolose.
Nel tragitto verso il centro cittadino, Brian si voltò ad osservarla, notando che il suo naso e le sue guance erano leggermente arrossate. Lei si voltò e gli sorrise impercettibilmente e lui distolse lo sguardo immediatamente. Succedeva sempre così ogni volta che i loro volti si incontravano.
Che a pensarci bene lei e Casey potevano essere i poli opposti di una cosa sola. Erano entrambe inevitabilmente affascinate dall'arte, e la cosa in cui differivano era che la prima ragionava la sua arte in modo razionale, l'altra invece si faceva sempre trascinare via. Brian pensò che Emily era diventata così concreta solo negli ultimi tempi precedenti alla morte di Jimmy. Non che prima fosse tra le nuvole, ma questa sua caratteristica era andata man mano affermandosi e dominando nel suo carattere così vario, proprio in quel lasso di tempo. In un certo senso, le cose erano iniziate a cambiare, negli ultimi tempi, un po' per tutti. Brian pensò che forse non era stato Jimmy a far cambiare le cose. Magari erano destinate a mutare a prescindere, ed era una prospettiva decisamente rassicurante per tutti loro.

Ad un tratto, durante il tragitto, Brian vide Jason e Matt prendersi a braccetto e abbassare la testa l'uno verso l'altro come per non farsi sentire dagli altri. Accanto a loro c'era Adam, che sembrava non curarsi di ciò che gli altri due stavano facendo.
Brian ebbe il primo sospetto quando si accorse che Emily, in tutto questo, era l'unica ad essere rimasta in linea d'aria con lui. Col passare degli attimi, quello che era un sospetto si concretizzò fino a divenire palese. Sia Jason che Matt iniziarono a guardarsi intorno con aria sospetta, e alla prima stradina iniziarono a correre all'impazzata trascinandosi dietro Adam che, dal canto suo, non aveva né intuito né saputo niente.
A Brian non disturbava il dover rimanere necessariamente solo con Emily più del fatto di essere consapevole che i due gemelli avrebbero continuato così fino alla fine del tour. Uno scherzo bello e buono, divertente senz'altro per delle menti ristrette come le loro. L'unica cosa di cui Brian poteva essere infinitamente grato era stato avergli portato via dalla visuale la lunghissima cresta fucsia di Adam. Non aveva mai avuto niente contro di lui, ma quella volta, solo per quel tour, gli sembrava di troppo.
Emily li guardò scappare via con gli occhi spalancati, e quando la vide, Brian fu sicuro che il suo cuore iniziò a battere all'impazzata. Infatti, quando succedeva, le sue reazioni involontarie erano: guardarsi i piedi con improvviso interesse, mordersi il labbro inferiore, e abbandonare le braccia a loro stesse per la troppa agitazione. Le credenziali c'erano tutte, e Brian si stupì di farle quest'effetto, ma fu anche il dato perfetto per aumentare il suo ego sempre di più.
« Adam è uno apposto » accennò lui, mentendo a se stesso. Se il loro scopo era quello di metterlo in imbarazzo, non ci sarebbero riusciti. La sua capacità di controllare le situazioni avrebbe avuto la meglio, perciò tanto valeva iniziare a sciogliere il ghiaccio.
« Sì, lo è, davvero » rispose lei, alzando lo sguardo solo per un secondo. Vederla così disarmata gli aveva sempre fatto effetto. Non era la vera lei, questo lo sapeva. Nel suo comportamento estremamente controllato, lei aveva sempre saputo dove andare e come fare per arrivarci. Era uno dei punti che avevano in comune: avere sempre il controllo di se stessi.
Una delle cose che Brian aveva maturato durante la sua notte insonne, era l'incapacità di tenere il muso a una come lei. Oltre al fatto che la convivenza sarebbe stata per tutti un inferno se avessero continuato con la loro politica di repulsione reciproca, c'era anche da puntualizzare che un'amore come il loro non si cancella con pochi mesi trascorsi separati. E quella era stata la prima ammissione che Brian si era concesso. Il primo chiodo era saltato, la prima barriera affrontata. Ciò che lui non voleva, era cedere completamente. Il suo orgoglio, lui non lo avrebbe mai abbandonato.
Dopo pochi secondi, lei sembrò riprendersi dallo sconforto iniziale.
« Non voglio che pensi che ci sto provando con Adam »
« Infatti non l'ho pensato » rispose Brian, al tono fermo e deciso di Emily « e anche se fosse, perché dovrebbe interessarmi? »
Emily sembrò ricordare tutto il dolore che evidentemente doveva aver provato quando Brian l'aveva lasciata, perché arricciò impercettibilmente il naso e volse lo sguardo altrove, fisso su un punto imprecisato.
Aveva i capelli raccolti in una piccola coda nera, ed era struccata. Per un secondo, Brian fece trapelare un pensiero innocente, di cui si pentì immediatamente. Era bella, straordinariamente bella.
« Io non dico che non possiamo convivere insieme per il tempo di questo tour, se te lo stai chiedendo » disse lui, avvicinandosi leggermente al suo orecchio e ridestandola dai suoi pensieri.
« Sapevo che avresti ceduto, prima o poi »
« Ma è necessario lasciarci alle spalle tutto quello che è successo tra noi » continuò senza dare peso alle parole di lei.
« Devi metterti in testa che il passato non si cancella, Brian, e se decidi di cancellare me, decidi di cancellare anche tutto quello che è stato di Jimmy. O entrambi o nessuno, non si può sezionare il passato » il suo tono era aumentato leggermente.
« Cosa c'entra Jimmy adesso? Perché in un modo o nell'altro riesci sempre a mettercelo in mezzo? Adesso non c'entra, Emily, non c'entra proprio niente! »
Quando disse quelle parole, Brian ebbe quella sensazione che ti prende quando menti anche a te stesso. Come poteva dirlo, se ogni volta che guardava Emily, ci vedeva dentro Jimmy e tutto quello che quegli stessi occhi avevano visto? Optò per l'opzione meno rischiosa: evitò di continuare ad inveire contro Emily, e fortunatamente in lontananza scorse i profili di Matt e Zacky. Iniziò a correre senza aggiungere altro, e la lasciò da sola a continuare il tragitto, cercando di scappare, per come poteva, dal fantasma di una vita che voleva non aver vissuto.

Sapeva che il suo comportamento era da bambino, ma era una consapevolezza sepolta nei meandri del suo ego, ed era per questo che poteva permettersi di non accorgersene. Non le rivolse la parola per tutto il resto della giornata, e quando il sole cominciò a calare, lui si sentì un po' più solo.
L'estate si stava avvicinando, e le giornate cominciavano ad allungarsi. In quel momento, sotto quel cielo azzurro scuro ma estremamente luminoso, lui stava cominciando ad odiarsi. Aspirò profondamente dalla sigaretta che aveva in mano mentre con l'altra torturava l'accendino rosso.
Ti accorgi che l'inverno sta finendo quando a quell'ora della sera il sola cerca ancora di allungarsi nel cielo. Si dilata tanto da deformarsi pur di non far spazio alla notte. E tu senti che dovresti fare come lui, che dovresti iniziare a tenere duro e rinascere con la fine della primavera. Per lui non era così, e questo era forse uno dei motivi per i quali stava così dannatamente male.
Aveva iniziato ad odiarsi senza un motivo preciso, solo perché odiare se stessi diventa più facile che odiare il resto del mondo. Mille cose gli si ingarbugliavano nella gola, alcune provenienti dal cervello, altre dal cuore, e non trovavano uscita ma combattevano ardentemente nei meandri delle sue corde vocali.
Di solito la parte migliore dei tour erano i concerti, quella volta invece erano i momenti come quello, quando non c'era niente da fare e potevi prenderti un momento per fuggire dalla tua stessa vita. Iniziò a pensare a Casey, e si ricordò di doverla chiamare. Compose il numero e portò il cellulare all'orecchio. Lei rispose con un'imprecazione.
« Cazzo, mi è caduta una pentola su un piede! »
Brian trattenne a stento una risata.
« Casey, stai bene? »
« Sì, sì, eccomi » rispose lei, dopo qualche secondo.
Brian cercò di immaginarsela mentre cercava di cucinare senza riuscirci. Inutile dire che il cuoco di casa era sempre stato lui. Lei non ci era mai stata portata, rischiava sempre di mandare a fuoco la casa, e questa sua poca autonomia a volte lo divertiva, altre volte lo irritava.
Casey era una ragazza scappata di casa a diciotto anni per i continui litigi con i genitori, la classica storia di un'adolescente ribelle, e di li in poi aveva vissuto con sua nonna, santa donna che suo malgrado era costretta a trattarla un po' come una bambina. Così era cresciuta e così era diventata. Forse non era colpa sua, quel suo non saper vivere per i fatti suoi, ma forse, invece, era colpa sua la perseveranza su quella linea.
Vivevano insieme ormai da qualche mese, e Brian aveva cominciato ad amare anche il suo lato sbagliato.
« Non credi sia meglio ordinare dal cinese? »
« No, ce la posso fare. Vedrai, in pochi giorni diventerò una cuoca provetta »
« Dimmi solo che al mio ritorno casa sarà ancora intatta »
« Quanta poca fiducia nelle tue parole, signor Haner » lo rimproverò scherzosamente. « Come sta andando in tour? » continuò.
« Bene. E' sempre difficile, ma va bene così »
« Emily? »
A Brian si seccò la gola.
Casey ed Emily erano state molto amiche, in un tempo che ora sembrava dannatamente lontano dalla realtà. Erano state sorelle più che amiche. Il loro rapporto aveva sempre superato qualsiasi cosa. Poi Brian aveva scelto Casey, e la loro amicizia era finita con la stessa facilità con cui era iniziata, senza che Brian spendesse troppe parole per spiegare tutto a Casey.
Era un vita piena di rancori, quella di Casey. La malinconia la seguiva ovunque, ma col tempo aveva imparato a nasconderla con quel velo di isteria che a volte non dispiaceva.
Quando Brian le aveva detto di Emily e del tour, l'altra si era irritata, e, anche se non voleva darlo a vedere, Brian se ne era accorto. Per questo, nelle chiamate che seguirono, Brian non aveva mai accennato niente all'argomento. Ora quella domanda. Due parole. E in qualche modo Brian si era spaventato.
« Tutto bene, non ci siamo ancora rivolti la parola » mentì, sapendo che comunque lei non gli avrebbe mai dato consigli a riguardo. Aveva sempre cercato di ostentare disinteresse. Non si era mai sbilanciata con i consigli. E a entrambi andava bene così.
« Ora devo andare, sento puzza di bruciato. Ti amo »
« Corri! Ti amo anch'io » disse, incrociando gli occhi di Emily salire sul tourbus. Rimase agonizzante per qualche secondo, poi chiuse la chiamata. Si accorse che conciliare i due mondi si stava rivelando impossibile.

Stava uscendo dal bagno quando qualcosa di nero gli andò addosso. Ci mise un po' a capire cosa fosse, o meglio, chi fosse. Poi se ne accorse. Era vestita di nero da capo a piedi: brutto segno. Di solito lo faceva quando non si sentiva bene mentalmente. Era come un allarme, era il suo modo per dire agli altri “attenti, non fatemi incazzare che oggi non è giornata”, e lui lo sapeva bene.
« Scusa! » esclamò immediatamente mentre lei faceva lo stesso. Poi si guardarono negli occhi e Brian abbassò immediatamente lo sguardo, involontariamente.
Il corridoio era immerso nell'ombra silenziosa: gli altri erano tutti in cucina. L'unica luce presente a rischiarare l'atmosfera era quella proveniente dal bagno. All'improvviso, la porta alle spalle di Brian si richiuse e entrambi rimasero al buio completo. Per una frazione di secondo, quasi impercettibile, a Brian sembrò di sentire il cuore dell'altra palpitare in modo irregolare. Solo in quel momento percepì la loro vicinanza, e realizzò che il corridoio doveva essere troppo piccolo per entrambi.
Proprio quando stava per interrompere l'incantesimo, lei aprì bocca per parlare.
« Cosa ci sta succedendo? » gli sussurrò.
Lui non rispose, raggelato dal suo sussurro, così incredibilmente serio. La lasciò continuare da sola.
« Siamo tornati bambini, non te ne rendi conto? » chiuse la bocca per pensare alle parole giuste. « Ti ricordi quella volta che ti avevo beccato mentre baciavi Jessica, quando eravamo alle medie? Ecco, sta succedendo esattamente come quella volta, e il fatto che ora non stiamo più insieme non cambia le cose: i tuoi atteggiamenti, e anche i miei, sono gli stessi. Ci evitiamo come se avessimo qualche malattia mortale addosso, non ci guardiamo negli occhi mai, non ci consideriamo. »
« Cosa pretendi? »
« No, tu cosa pretendi. Ero io quella che è stata lasciata sola, tu che mi hai lasciato, e sempre io quella che ci è stata male. Al mio posto un'altra persona ti avrebbe mandato a quel paese, ma sai come sono fatta e sai che non riuscirei mai a tenerti il muso neanche se volessi. »
In qualche modo, con le sue parole, Emily era stata scoperta. Perché il suo messaggio, seppur implicito, era arrivato ai cuori di entrambi con una chiarezza immediata e fatale.
Brian rimase in silenzio davanti ai suoi sentimenti messi a nudo per la prima volta. Emily stava cercando di dimostrarsi forte, pur sapendo che per Brian lei era un libro aperto, che sapeva leggere dentro ai suoi discorsi cose che neanche lei sapeva di aver detto. Ed era un comportamento involontario, da parte di Brian, automatico, per certi versi.
Abbassò lo sguardo su di lei, e fu tentato di abbracciarla, ma non lo fece. Stette lì ad osservare il lieve profilo del suo volto, come se non fosse veramente lì.
Brian capì. Capì di non poter affibbiare colpe agli altri. Capì di essere stato l'unico a rovinare la sua stessa vita e quella di qualcun altro. Capì che il suo continuo tormentarsi dipendeva interamente da lui, a prescindere da Casey, e dagli altri del gruppo. Dipendeva solo da lui. Si caricò di un peso maggiore, e fu insicuro inizialmente: non sapeva se sarebbe stato in grado di continuare così. Se avrebbe mandato tutto all'aria – il tour, Emily e Portnoy – tornando a casa da Casey e sposandola. Abbracciando l'unico porto che per quanto instabile era una certezza. Ma a cosa sarebbe valso? Era come vivere in una campana di vetro: alla fine ti rendi conto che non stai vivendo la vita che volevi. Ma Brian non sapeva ancora se fosse un rischio che era pronto a correre.
Qualcuno aprì la porta che univa il corridoio alla cucina, e il lieve profilo che prima Brian stava osservando si illuminò di più, scoprendo i tratti del naso e degli occhi e della bocca. Allora lui sorrise in modo involontario, e quel suo non essere completamente padrone del suo corpo lo faceva sentire dannatamente disarmato. Lei sorrise di rimando e se ne andò a passi lenti verso la cucina. La vide stappare una bottiglia di birra e cominciare a divertirsi.
Qualcosa, in quegli attimi, era cambiato, e Brian concretizzava quel pensiero mentre la raggiungeva, mentre stappava anche lui una bottiglia di Birra fresca.
Qualcosa era cambiato, e non faceva più paura.


***

Note: Sono le 10:41 di Domenica mattina e sento che vorrei morire qui. La scuola mi sta uccidendo e se oggi riesco a pubblicare è pressoché un miracolo. Quindi ripagatemi lasciando una recensione, su! ^^

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Capitolo 6
*** 5 - Eravamo Bellissimi ***


© __Aivlis, 13/05/2012

Capitolo cortino, spero vi piaccia comunque.

***

Per giorni interi, per i giorni che ci hanno divisi.
Eravamo bellissimi, eravamo bellissimi.


Avete presente quando i giorni passano e non te ne accorci neanche? Ti svegli una mattina, e la settimana è appena iniziata, arrivi alla Domenica che sembra passato il tempo di un battito di ciglia. Era esattamente questo che aveva in mente Brian quando si era alzato, quella mattina. La sensazione di stare bene, ma di essere consapevole dello scorrere del tempo, come avere una clessidra al posto del cuore a ricordarti che il tempo non è mai sufficiente quando ti senti un po' in colpa col mondo. Però stava bene.
Si tirò su seduto dalla sua cuccetta e si strofinò gli occhi con le punte delle dita. Si alzò di malavoglia e andò in cucina. Vide Emily già pronta mentre smanettava tra le stoviglie, poi il suo sguardo si posò sulla tavola imbandita per due, e riconobbe subito il cibo che vi era stato posato. Toast e burro, una spremuta di arancia e caffé solubile. Cercò di ricordarsi l'ultima volta che aveva fatto una colazione del genere, ma il suo cervello veniva automaticamente portato a quasi un anno prima, quando stavano ancora insieme. Era la sua colazione preferita, ma lui continuava ad ignorare il motivo di quell'atto d'amore così esplicito.
« Buongiorno » gli sorrise lei. In quei giorni era cambiata. Da quando le cose avevano preso a girare per il verso giusto, lei era diventata felice come non l'aveva mai vista durante tutto il tour. E la cosa che più lo spaventava era che vedeva lo stesso sorriso nel proprio volto quando si specchiava, e non si era mai visto così da quando Jimmy era morto.
« Buongiorno » rispose, sorridendo dubbioso.
Emily era diventata il punto fisso delle sue giornate, come era ovvio che accadesse. In un certo senso, ne era stato convinto fin dall'inizio del tour, che le cose sarebbero cambiate, ma non aveva voluto ammetterlo. Cercava di vivere quei momenti come se tutto andasse come voleva lui. Perché gli uomini a volte hanno bisogno di questo, di credere che tutto stia andando fottutamente bene anche se magari non è così. E nei momenti come quello, Casey diventava una lontana presenza e forse fastidiosa, anche se quell'aggettivo lui non l'aveva mai usato. Cosa c'era che non andava? Qual'era il problema? Nella sua testa, assolutamente niente. Nell'oggettività dei fatti, tutto.
Capitava a volte, ma raramente, che il suo cervello si soffermasse un po' troppo sull'oggettività, quella tanto temuta sia da lui che da Emily. L'oggettività. Si stava per sposare, quando invece nei suoi pensieri c'era un'altra. E vista così poteva davvero passare per una delle classiche storie da commedia americana. Lui sapeva che non era così. Che dietro a quel legame c'era molto di più. C'era lo stesso sguardo sugli occhi di entrambi, una vita passata a crescersi a vicenda. E se ci pensava gli si riempiva il cuore di gioia, gli ricordava che nonostante tutto la sua vita era stata stupenda, e tutto grazie a lei e a quei suoi capelli corvini, e al sapore del suo corpo e a tutto il resto.
Si sedette sul tavolo e diede un'occhiata all'agenda sul suo cellulare. Scorse vagamente tutti gli appuntamenti della giornata, poi si soffermò sulla data, e fu come se quello fosse stato il dettaglio mancante di un quadro assolutamente perfetto. Era il loro giorno, quello che loro chiamavano anniversario anche se non lo era. Era semplicemente la data di un giorno qualsiasi in cui erano stati davvero bene, tanto da decidere che quello sarebbe stato il loro anniversario, il loro giorno, quello in cui si ricordavano il loro amore più degli altri giorni, quello che celebrava tutti gli altri giorni.
Adesso tutto aveva un senso.
Si voltò verso di lei e le sorrise involontariamente, per farle capire che c'era arrivato. E lei fece lo stesso mentre si sedeva davanti a lui.
La cosa strana di quei giorni era che non si erano mai detti niente direttamente, ma dentro di loro sapevano già tutto. Avevano ripreso a parlare come una volta, a riempirsi la bocca di quei discorsi futili e immaginari di sempre, fatti così, per passare il tempo, o forse per dirsi involontariamente altre cose. Avevano ripreso ad essere amici, a stare bene insieme, senza mai spingersi oltre il limite dell'ovvio, anche se troppe volte avevano rischiato.
Gli si sedette davanti con la sua tazza in mano e ne bevve un sorso tenendo gli occhi sul petto di lui. Aveva una spessa linea di matita sotto gli occhi che le faceva risaltare il colore chiaro dell'iride.
« Quanto tempo è che non ci concediamo una colazione del genere? » disse lui, spalmandosi del burro su un toast.
« Troppo tempo » disse Emily di rimando.
« Beh, allora spero che questa sia una buona giornata per tutti. Mi sto quasi abituando all'idea del tour »
« Inizi ad abituardi a meno di un mese dalla fine? » disse lei, alzando un sopracciglio.
« Giusta osservazione » controbatté lui addentando il suo toast.
La cosa che lo colpì di più fu la perfezione degli elementi del tavolo imbandito. Per certi versi fu come una pugnalata, come un segnale d'allarme. Lo riportava al passato, lo riportava in una vita diversa, ad un Brian necessariamente diverso da quello che ora sedeva su quel tavolo. Era tutto completamente diverso.
Ad un tratto il cellulare squillò, Brian lesse il nome sul display: "Casey".





Un nuovo tramonto, un nuovo giorno che finisce, una nuova città da visitare.
Brian aveva preso quel vizio da un po', ormai, ma gli era sempre piaciuto, sin da quando era bambino. Verso le sette di sera, dopo cena, prendeva la sua chitarra acustica e andava a cercare un posto - un qualsiasi purché fosse bello - dove guardarsi il tramonto e fumarsi qualche sigaretta. Era nei momenti come quello che aveva creato le canzoni che avevano avuto più successo, quelle più belle e anche quelle più sentite.
Il tramonto quel giorno era estremamente bello. Più del solito, ma forse era lui a vederlo più bello.
Si tolse la sigaretta dalla bocca e riprese a suonare, stando attendo a non rovinare la chitarra con la sigaretta.

Ad un tratto sentì qualcuno togliergli la sigaretta di mano e alzò lo sguardo. Vide Emily portarsela alla bocca e aspirare un lungo tiro. Rimase a guardarla senza crederci. Lei era sempre stata quella buona, dei due, quella con la testa sulle spalle, che le cazzate le fa e tante, ma sempre con la rete di protezione.
« Che novità è questa? »
« Una come tante »
In quel momento Brian si accorse del suo tono di voce, le sembrava malinconica.
Allora riprese a suonare senza farci caso, e la sentì sedersi accanto a lui senza dire niente. Dopo poco smise e la guardò. Quel tramonto le rischiarava gli occhi ancora di più. Era cento volte più bella di sempre, e lui non aveva mai creduto che fosse possibile.
Appoggiò la chitarra accanto a sè e stette un po' lì con le mani in mano a guardarla fumare con le sopracciglia leggermente aggrottate e lo sguardo perso in chissà quale dei troppi colori che avevano davanti. Tra un tiro e l'altro, teneva la sigaretta molto vicina alle labbra; quella era una delle poche volte che l'aveva vista fumare.
« Cosa c'è che non va? »
« Dimmelo tu »
Aveva fatto centro, e lui capì che quello sarebbe stato il punto di svolta, che era arrivato il momento di decidere.
« No, non ti sto chiedendo di decidere, se è questo che pensi » gli disse lei, avendolo letto nel pensiero, cosa che ormai non li spaventava più.
Brian non disse niente, prese a tormentarsi le dita mentre pensava a quella fottuta situazione e a come c'erano arrivati. Pensò che erano ancora in tempo a mollare tutto e tornare come prima, senza parlarsi, senza darsi adito a vicenda, ma non era quello che voleva. Ma dall'altro lato c'era Casey e le sue proprietà salvifiche, il suo modo così dolce di curarti le ferite, come aveva fatto con lui quando lo aveva trovato, quel giorno in quel locale, a piangersi addosso.
« Ma cosa ci sta succedendo, secondo te? »
Erano due che della vita non ci avevano capito un cazzo. Due qualunque, davanti ad un tramonto qualunque. Con i loro problemi e le loro paranoie e le loro vite vissute a caso, senza pensarci. Sembravano arrivati al capolinea; potevano decidere di scendere e finirla, o di rimanere su e continuare.
Emily alzò lo sguardo su di lui, uno sguardo che poteva voler dire mille cose, e forse erano mille le cose che voleva dire ma non lo faceva, se le teneva per se, pretendendo che lui la capisse lo stesso.
« Sto per sposarmi... »
« Non facciamo niente di male se torniamo amici,  non è un reato e non è adulterio »
« Forse hai ragione, mi faccio troppe paranoie » disse Brian tornando con lo sguardo verso il sole, ormai quasi invisibile.
« Come sempre... » rispose lei portando la sigaretta alla bocca.
Si sentirono degli urli, e Brian dedusse che Zacky era già ubriaco. Oggi era la serata dedicata all'alcol, lo aveva annunciato nella mattinata, ed evidentemente aveva già iniziato a darci dentro.
Entrambi si voltarono e vennero travolti da Zacky-la-valanga, che gli era violentemente piovuto addosso.
« Vi voglio bene, vi voglio troppo bene! » prese a dire, con gli occhi semichiusi e la bava alla bocca.
« Pensavo avesse appena iniziato, non che fosse già così ubriaco » esclamò Emily cercando di non farsi trascinare giù da Zacky.
« Forza, tirati su, torniamo nel tourbus! » disse Brian cercando di alzarlo e portandoselo dietro.






« Sta per finire, non riesco a crederci! »
Probabilmente era la prima volta che Matt sorrideva sinceramente dopo molti mesi.
Brian lo osservò in silenzio cercando di immergersi in quell'atmosfera festosa, nonostante i mille pensieri che gli volavano in testa.

Era un bel momento, e sentiva di non riuscire a calarsi perfettamente nell'allegria generale. Però era quello di cui avevano avuto bisogno, era quello che erano andati cercando in tutto quel tempo, ed ora era lì, davanti ai loro occhi; semplicemente un po' di calma, un po' di svago, sentire i nervi rilassati, prendersi una pausa. Quella sera era tutto questo messo insieme, e Jimmy era con loro; non un ricordo lasciato alle spalle, ma la realtà da sopportare insieme, la compagnia da condividere nonostante tutto. Ma Brian non c'era, non era lì. Il suo sguardo cercava di superare il vetro appannato, cercava qualcosa al di fuori di tutto, qualcosa che non riusciva ad inquadrare veramente.
Osservò Emily, si soffermò troppo sui suoi lineamenti; gli succedeva spesso ultimamente.
Di notte non si deve pensare, è per questo che si dorme, perché si da ascolto ad un'altra parte del cervello. Lui lo sapeva, ma il suo cervello continuava a vagare su quelle curve che conosceva a memoria.

« Alla fine di tutto è stato un bel tour » sentì dire da Zacky. Sarebbe intervenuto e gli avrebbe dato ragione, se non fosse stato così assente.
« Jimmy sarebbe orgoglioso di noi » sussurrò Johnny, con lo sguardo basso sulle sue mani. A vederlo in quel modo sembrava un bambino piccolo, qualcuno che ha bisogno di aiuto. L'aria festosa si attenuò, e più o meno tutti divennero pensierosi. Qualcuno provò a scaldare l'aria con qualche battuta senza riuscirci.
Brian si alzò e andò verso le cuccette; sentiva di dover stare da solo.

La notte lo uccideva dentro, e non capiva perché. Nella sua testa c'era Emily, quella volta che si era messo a lanciare i sassi alle anatre e lei gli aveva urlato contro di smetterla. Ricordava che aveva le lacrime agli occhi, lui ci era rimasto malissimo.
Oppure la prima volta che avevano dormito insieme, solo dormito, e la mattina la prima cosa che aveva visto era stato quel viso ancora un po' da bambina e gli aveva sorriso il cuore. Non ricordava più quella sensazione. Con Casey non era lo stesso. Avevano 20 anni, si sentivano forti e indipendenti.
Nella sua testa c'era quel giorno in cui l'aveva abbracciata ed era stato diverso dal solito. Era stata la prima volta che aveva pensato di poterla amare.
Appoggiò le braccia sulla cuccetta in alto, quella di Matt, e vi appoggiò sopra la fronte.

Doveva riprendere respiro.
C'erano troppe cose ed erano lì tutte insieme, come una melodia fastidiosa e prorompente, qualcosa che vorresti far cessare a tutti i costi per quanto sia incredibilmente bella e dolorosa. Come il canto delle sirene, qualcosa di alienante.
Emily aveva sempre le mani gelate, anche d'estate. Aveva il vizio di strofinarsi il naso dopo che qualcuno glie lo aveva toccato, era buffa. Si commuoveva spesso.
Una bella melodia.
Alle spalle di Brian la porta si aprì e venne sbattuta subito dopo. Ora Brian aveva il naso inondato di quel profumo che non era cambiato per tutto quel tempo, non ci voleva un genio per capire che dietro di lui, forse proprio a qualche passo di distanza, ci fosse lei. Si sentiva osservato.

Si voltò e la vide. Il cervello in tilt, sì, sicuramente.
C'è che di notte non puoi renderti conto di quello che fai.
Avanzò a passi decisi e le prese il viso tra le mani. In una frazione di secondo, lei smise di respirare e lo guardò preoccupata.

« Non lasciarmi... » sussurrò lei.
Aveva il suo respiro sulla pelle; i volti fusi in uno; i battiti accelerati a sincrono; con i giorni che li avevano tenuti lontani impressi nella mente ognuno come un incubo; era buio, ma gli occhi di lei brillavano.



***

Note: Ho cambiato nickname, a titolo informativo. Prima ero Amor Vincit Omnia.
Bene, ultimamente sto prendendo una pausa degli impegni, e tra una cosa e 'altra sono riuscita a scrivere il capitolo, anche se è un po' corto. Avevo promesso che avrei fatto aggiornamenti più regolari, non sto mantenendo la promessa, ma ce la sto mettendo tutta! ^^ Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione qua sotto.

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Capitolo 7
*** 6 - Famous Last Words ***


© 18/06/2012

Avvertimenti: Finire questa fanfiction sta diventando più difficile del previsto. Ma credo che questo sia il penultimo capitolo.


***



Era una di quelle situazione che con il tempo diventano quasi stancanti. Giocare a rincorrersi non faceva più per loro. Non c'era più lo stesso clima, non era più la stessa cosa. Questo era evidente.
Emily stava sdraiata nella sua cuccetta con l'aria un po' assonnata e un cruciverba in mano. Erano le tre, e il bus sembrava stranamente silenzioso. Probabilmente stavano tutti dormendo, o se n'erano andati in giro per la città. Era caldo, e lei non era proprio in vena di passeggiate rumorose.
In realtà stava ancora riflettendo sulla sera prima e su cosa fosse successo. Niente, si disse. Effettivamente non era successo niente di concreto o visibile. Ma dentro di loro sì, glie lo aveva letto negli occhi.
Quando si era avvicinata a Brian aveva avuto paura, non faticava ad ammetterlo. Il tour stava per finire, e questo avrebbe significato mettere la parola fine a tutto il resto. O almeno questo era quello che aveva in testa ormai da un po'. Una convinzione. Ed era per questo che di concreto non era successo niente. Ma aggrapparsi ai ricordi a volte fa male come riviverli col senno di poi. E' lacerante. Straziante.
Lei non aveva mai capito cosa voleva davvero dalla vita. Era sempre stata così: indecisa fino all'ultimo, istintiva fino all'ultimo. E nella consapevolezza di un comportamento sbagliato su tutti i fronti, commetteva errori, uno dopo l'altro, senza possibilità di fermarsi a ragionare perché non era nelle sue capacità. Eppure ora ci stava provando, stava davvero provando a dare un nome ai sentimenti, a dargli una spiegazione. Ci stava provando con tutta se stessa, a cambiare, a rendersi migliore.
Non era amore. Non lo era più. Ma non ne era sicura. Quello che sapeva era che quando una passione si consuma non si riaccende, e come un fiammifero, non arde due volte.
Ma allora cos'era? La bellezza di un ricordo? La necessità di riprendersi qualcosa che ci si aspetta torni da te?
« Emily » sentì qualcuno sussurrare appena fuori dalla cuccetta.
Scostò la pesante tendina blu e vide Brian in piedi accanto a lei.
« Cosa ci fai qui? Non sei con gli altri? »
« Sono andati a fare una passeggiata, non ne avevo voglia. Su, fammi spazio che c'entriamo anche in due » disse, imponendo la sua presenza nella cuccetta come se fosse di piccola statura.
« Brian, non c'entriamo, non c'entriamo! » si ostinò a dirgli, senza risultato.
Si ritrovarono ammassati uno vicino all'altro, stretti in un abbraccio improbabile.
« Cosa stavi facendo? » le chiese.
« Un cruciverba » rispose Emily, con noncuranza.
Quella vicinanza era pericolosa, e se ne rendeva conto. L'ultima cosa che voleva era creare complicazioni, fare qualcosa senza esserne completamente sicura. Avrebbe significato mandare all'aria tutti i buoni propositi.
Il problema è che non riusciva a guardarlo con occhi oggettivi. Forse lo conosceva meglio di quanto conosceva sua madre. Stavano insieme da così tanto tempo che la visione che aveva di lui era distorta. E ora si trovava combattuta tra la sofferenza e la paura che aveva provato quando, mesi prima, di punto in bianco, era sparito, e la gioia del suo ricordo, di quello di Jimmy, di un tempo che voleva a tutti i costi far tornare.
Lo guardò negli occhi per cercare di capire cose stesse succedendo dentro di lei, con la speranza di trovare le risposte che cercava in quel marrone scuro che conosceva a memoria.
Non era mai stata una debole, e vedersi così, ora, la distruggeva.
« Sei cambiata » le disse Brian, guardando il soffitto della cuccetta.
Lei ci pensò un po', e si disse che sì, era cambiata, e forse era colpa sua.
« In cosa sono cambiata? » gli chiese, spinta dalla curiosità.
« Non lo so, sei meno tu, sei meno rifinita. E poi caratterialmente sei l'opposto di quella che eri prima. Prima eri forte, tenace, sapevi ciò che volevi e come ottenerlo. Adesso no, e io non so neanche più come comportarmi. Mi sembra che ogni passo falso sia in grado di distruggerti »
La verità di quelle parole le fece capire cosa ci fosse che non andasse in lei.
« E credo che un po' sia colpa mia » continuò, lui.
Sì, Brian. E' colpa tua.
« Sai. Quando mi hai lasciata, non ho passato un bel periodo, questo mi sembra ovvio. Mi sentivo abbandonata, tradita dal mondo. Poi senza Jimmy la situazione non faceva che peggiorare. Devi capire che mi sono ritrovata da un giorno all'altro senza più niente per cui valesse la pena andare avanti. Ho vissuto nel ricordo, e credo che io lo stia facendo anche adesso. Ho cercato di cambiare ma non ci sono riuscita. Quando Matt mi ha chiesto di venire in tour sono diventata la persona più felice della terra. Ho rivisto Zacky e tutti gli altri. Mi hanno tirato su il morale, in un certo senso. Poi ho rivisto te, mi sono ricordata di Casey e di come anche quell'amicizia fosse finita. E mi è semplicemente caduto il mondo addosso per la seconda volta. Se prima il ricordo anestetizzava, in quel momento feriva. »
Osservò lo sguardo di Brian puntato su di lei. Vedeva che non aveva il coraggio di dire niente, né di interromperla. Semplicemente stava lì e l'ascoltava come non faceva da anni.
« E ora, in mezzo a tutto questo casino, sono più confusa di prima »
« Credimi, non sei l'unica » disse lui
Stette un po' in silenzio prima di continuare.
« Io sto per sposarmi, e sono davvero convinto di quello che sto facendo »
« E allora perché continuiamo a farci così tanto del male? »
« Perché agli uomini piace fare così. Ci piace farci del male ed esserne consapevole, e nonostante questo non smettere di farlo » disse lui, con voce bassa.
« Parli come se ci avessi capito tutto di quel che sta succedendo »
Lui si voltò di nuovo verso il soffitto.
« E invece... ne so meno di te »
« Oh, ne dubito »
Ultimamente entrambi non erano troppo abituati a dirsi le cose in faccia. Perché è più facile fare finta di niente e fare quel che ci pare, piuttosto che affrontare le situazioni.
Le acque sembravano essersi calmate, e la passione sembrava volare via col tempo, lentamente. Era surreale come sempre, come tutti i tour, ma Brian era convinto che sarebbe finito tutto appena avessero messo piede ad Huntington Beach di nuovo. O forse era una speranza, più che una certezza.



Quando Brian uscì dalla cuccetta, tutto poteva aspettarsi meno che ritrovarsi uno Zacky dall'aria decisamente confusa davanti. Si rendeva conto da solo che la situazione poteva essere definita ambigua senza pensarci troppo sopra, ed era per questo che non riusciva a trovare un modo plausibile per spiegargli che non era come sembrava.
« Non è come sembra » sussurrò, cercando di non farsi sentire da Emily che nel frattempo si era richiusa la tendina alle spalle.
Zacky rispose alzando un sopracciglio. Aveva l'aria di uno che non avrebbe bevuto una tale risposta.
Brian alzò una mano come a mandarlo a quel paese e si diresse in cucina.
« Stasera ci guardiamo un film? » chiese Matt agli altri, appena Brian li raggiunse.
« Non siamo più quelli di una volta. In questo tour abbiamo guardato almeno una decina di film senza stancarci... il karma sta cercando di dirci qualcosa » disse Johnny, con un'espressione in volto che poteva significare mille cose.
Matt Barry rispose dandogli uno schiaffo sulla nuca, risvegliandolo così dai suoi pensieri.
« Ma stai zitto, va! Giusto il karma... »
« Comunque per me va bene » intervenne Brian, aprendosi una confezione di popcorn.
« Metti giù quella roba, servirà per stasera, se vogliamo guardarci questo film » lo rimproverò Matt.
Brian, in risposta, si limitò ad aprire lo sportello della dispensa e a mostrare l'infinita riserva di schifezze che si erano portati dietro. Era ovvio che un pacco di popcorn in meno non avrebbe fatto differenza.
« Cosa state dicendo? Film? » chiese Zacky entrando in cucina seguito da Emily. Vide i suoi occhi di  ghiaccio posarsi sui suoi con un'espressione decisamente poco rassicurante.
Non sapeva cosa passasse per la testa di quel ragazzo, ma aveva quasi paura.



Vide Emily e Adam allontanarsi dal bus uno accanto all'altro. Li stava spiando dal finestrino da appena dieci minuti, e gli erano bastati per intuire le intenzioni entrambi.
Se qualcuno gli avesse chiesto di spiegare cosa stesse provando in quel momento, lui avrebbe risposto “niente”. E questo non significava che vedere Emily insieme a qualcun altro non lo facesse ingelosire, ma solamente che non si sentiva in diritto di poterlo essere. Voleva il meglio per lei, perché se c'era qualcosa che quel tour gli aveva insegnato, era che le voleva bene nonostante tutto, e che non voleva farla soffrire ulteriormente.
A prescindere da tutto, lui amava Casey, e se anche quella ammissione avesse comportato il costringersi a soffocare un sentimento che apparteneva ad un tempo diverso, lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto finta di niente. Perché si trattava solamente di scelte.
Li osservò sparire dietro ad un edificio, e per la prima volta si chiese se fosse questo quello che anche lei voleva.




La conversazione con Brian, alla fine, aveva portato a tutto e a niente. Era riuscita se non altro a dirgli come stavano le cose, aveva provato a spiegare come si era sentita quando l'aveva lasciata sola, anche se facendolo aveva riaperto una ferita ormai chiusa da un po'. Faceva male ripensare al dolore e a quanto tempo le era servito per rimettersi in piedi, ma ora quello di cui sentiva di avere bisogno era aria fresca. Ed era per questo che c'era Adam accanto a lei.
Adam era questo ragazzo di qualche mese più piccolo di lei, con il volto da uomo adulto e una lunga cresta rosso fuoco sparata in aria. Le piaceva, le era sempre piaciuto.
Era un ragazzo semplice, senza troppe pretese. Sincero e simpatico. E estremamente timido. Uno di quelli che quando devono fare qualcosa cercano di estraniarsi dal contesto per trovare il coraggio di farla, uno di quelli che se ti devono chiedere di andare a prendere un gelato insieme lo fanno senza guardarti negli occhi per evitare di iniziare a balbettare. Ma era tenero, e ad Emily piaceva passare del tempo con lui.
Erano quasi arrivati alla loro meta: la gelateria.
In realtà non era un vero e proprio appuntamento. Erano stati mandati lì da Matt e dagli altri, lui aveva solo un po' forzato le cose a suo favore.
Lui non era come Brian, questo era sicuro. Per quanto ancora lo potesse amare, Brian non era un di quelli su cui appoggiarsi troppo a lungo, non era uno di quelli di cui fidarsi per troppo tempo. O perlomeno aveva dimostrato di non esserlo.
« Ecco la gelateria! Ti ricordi che gusti hanno detto di volere? » chiese Adam.
« Tutti tranne il fiordilatte, ma lo prendiamo lo stesso perché è l'unico gusto che mi piace »
Adam si voltò verso di lei con gli occhi allargati al massimo.
« Cosa hai detto? »
« Che vogliono tutti i gusti meno il fiordilatte »
« No. Dopo... »
« Che mangio solo il gelato al fiordilatte » disse di nuovo, ridendo.
« Ok, io ho una teoria sulle persone, e una sui gelati. Anzi, a dire il vero è la stessa teoria.. »
« Dai, sentiamo »
« Più gelato una persona mangia, meglio so se posso fidarmi di lei »
« Ma io mangio molto gelato, solo che lo mangio solo al fiordilatte »
Adam arricciò il naso, scettico.
« Non so se è lo stesso »
« Eddai! » esclamò Emily spingendolo un po' in là.



Qualcosa era cambiato. Come se una volta raggiunto l'obiettivo non ci sia più nulla di cui parlare, nulla su cui discutere o da cercare di risolvere.
Tutto cambia. Ma quelli erano sentimenti inspiegabili. Quella era la vita reale. Non è come nei film, dove tutto ha il suo posto ed è logico. La mente umana non è logica, ed è molto più complicata di quello che uno pensa.
Si portò la sigaretta alla bocca con noncuranza, pensando che il fumo era un di quelle cose che l'aveva cambiata.
Perché uno inizia a fumare? Per insicurezza? Se era per quello, tutto filava.
Era diventata insicura, ecco cosa. Questo era cambiato.
« Birra? »
Si voltò e vide Matt con due birre in mano.
Annuì allungando una mano verso una delle due bottiglie.
Lo vide passarle davanti e sedersi sulla sedia dall'altra parte del tavolo.
Era notte, e il piccolo tavolino esterno era illuminato solo dalle luci gialle che filtravano dalle finestre del bus.
« Come stai? » le chiese.
Lei lo guardò sospettosa, perché l'aveva presa in contropiede.
« E' che non te lo chiedo da un po' » si affrettò ad aggiungere.
Emily sembrò pensarci un po'. Come stava?
« Bene » disse, secca.
« Io non so come stanno le cose con Brian, ma so che è difficile »
« Se ti consola non lo so neanche io come stanno le cose tra me e Brian »
Matt prese un sorso della sua birra e guardò un po' il cielo terso e pieno di stelle.
« Sai come funziona? Me lo aveva detto una volta un mio amico, poi non so quanto possa essere vero. Ma era uno che era andato in terapia per molto tempo, in seguito a un divorzio un po' difficoltoso. Beh, lui mi disse che quando esci da una delusione d'amore, la prima persona da cui viene attratta è l'ultima che ti ha fatto battere il cuore. E di solito è questo che frega tutti quelli che si decidono a mettere la parola fine ad una storia. Allora siamo tutti convinti di essere troppo deboli per farlo, siamo tutti convinti di non farcela, di essere stupidi. E invece no, è il nostro cervello che è programmato per farlo. E non chiedermi come, perché non ne ho idea »
Nella testa di Emily, quelle parole sembravano avere un senso. Sembravano spiegare tutto, renderlo liquido e chiaro come non lo aveva mai visto prima.
Forse era davvero così che funzionava il cervello, e l'unica cosa di cui un uomo necessitava era la forza d'animo per mettere la parola fine a qualcosa. Forze anche lei ne aveva bisogno.
Quel tour l'aveva destabilizzata. E il fatto che stesse per finire era forse un bene per entrambi.
« Tu sai qualcosa di troppo, vero? »
« Diciamo che ci sono persone in tour che non sanno tenersi ciò che vedono per sé, ecco »
« Zacky... quell'uomo è un ficcanaso di prima categoria »
« Non prendertela con lui, si vedeva lontano un chilometro che c'era qualcosa che non andava »
« E comunque se vuoi saperlo non è successo niente »
Matt annuì osservandola alzarsi e entrare nel bus.  Si ritrovò a pensare che la vita stava scorrendo senza briglie per tutti, in quel periodo. Era come se senza Jimmy non ci fossero più barriere di contenimento, come se la sua assenza fosse una presenza struggente, in realtà. Tutti avevano bisogno di imparare a vivere di nuovo in un mondo che non sembrava più quello di prima, nonostante tutti facessero sempre finta del contrario.
Era un mondo strano, e lo divideva con persone ancora più strane. Ma andava bene così. Continuava ad essere un mondo terribilmente giusto, se ne rendeva conto ogni volta che alzava lo sguardo al cielo e vedeva gli occhi di Jimmy vegliare su di lui.


***



Note: Come ho già detto, credo che questo sia il penultimo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione qua sotto ^^

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Capitolo 8
*** 7 - The Wild Ride ***


Avvertimenti: Epilogo.


Il cielo stellato è stato il primo libro che l'uomo ha letto, a volte capita di ricordarsene. A volte capita che si sente il bisogno di alzare lo sguardo e provare a contare i puntini luminosi che inondano quella distesa nera che altrimenti ti inghiottirebbe vivo.

Era l'ultima tappa del tour, ed era sera. Uno di quei tanti momenti in cui tutti si fermano necessariamente a riflettere.

I tour, per lei, erano sempre stati purificanti. Starsene via da casa per un lasso di tempo che in fin dei conti è sempre imprecisato le faceva bene.

« Zacky, tu credi che questo sarà l'ultimo? »

« L'ultimo cosa? »

« Lo sai... L'ultimo tour. Intendo dire... Credi sarà la fine? »

Zacky si voltò ad osservarla ammirare il cielo con la luna che si specchiava nei suoi occhi, e si ritrovò senza parole da dire. In tutto quel turbine di cose ammassate l'una sopra l'altra un po' a casaccio, non aveva mai avuto il tempo di fare congetture. O forse non aveva voluto pensarci.

« Non lo so » disse. « Magari non è mai davvero la fine, ma possiamo illuderci che lo sia. »

« Ma perché farlo? Perché mettere la parola fine ad una cosa del genere? Avete visto la gente ai vostri concerti, avete visto cosa avete creato. Allora perché decidere di arrendersi proprio adesso? »

« Perché siamo stanchi. »

Quella sera Zacky era di poche parole, ed Emily se ne accorse subito.

Era solo l'ennesimo ciclo che si consumava e finiva, l'ennesimo universo che finiva in se stesso. Un altro mondo, un'altra vita, e questa volta la peggiore che avessero mai potuto chiedere di vivere.

La mentalità collettiva di tutti quelli che avevano fatto parte del tour era stata già condizionata da quel tipo di illusione. Tutti volevano tornare a casa, e al più presto. Per alcuni di loro, tornare a casa avrebbe significato rivedere gli occhi di Jimmy impressi in qualche cielo o in qualche scoglio.

Ferma su quella convinzione e combattuta tra la voglia di tornare e la paura di sciogliere quell'incantesimo che la teneva legata ad una vita falsa, Emily rifletteva, e da qualche parte – nel suo cervello, o forse nel suo cuore – immagazzinava tutta la forza necessaria, recuperava la tenacia, la voglia di rialzarsi in piedi e far vedere di che pasta fosse fatta, di far vedere che Emily era tornata come un tornado, e che era pronta a ricominciare. Tutto questo avveniva lì in fondo, da qualche parte, mentre in quel preciso istante, seduta sull'erba accanto a Zacky, era ancora solo un relitto come gli altri.

« Emily... » sussurrò Zacky, dopo una quantità di silenzio trascorso.

« Sì? »

« Devo farti vedere una cosa. »

Emily distolse lo sguardo dal cielo e lo posò su Zacky. Lo vide mettersi una mano in tasca e estrarne un foglietto sgualcito ripiegato su se stesso. Quando Zacky glie lo porse, lei lo prese senza farsi troppe domande.

Lo spiegò e notò la macchia circolare di una tazza di caffé, e al tatto il foglio presentava dei piccoli cerchi in cui il materiale era più ruvido, proprio come se qualcuno ci avesse pianto sopra.

Quando posò lo sguardo sulla calligrafia, le si fermò il cuore, e sentì gli occhi ricoprirsi di lacrime. Un brivido le percorse la spina dorsale.


There comes a day when we all find out for ourselves that once we have the words to say, there's no one left to tell. I know why you're running away.

There's a place where nothing seems to be assembled quite cohesively. Something little shouldn't feel this way, we got a million thoughts we can't convey.

It's four in the mourning, you got one more chance to die. Like beautiful stories the greatest chapters flew right by.

There comes a day when we all find out for ourselves that once we have the words to say there's no one left to tell. I know why you're running away.


La calligrafia di Jimmy si estendeva lungo tutto il foglio, e raccoglieva parole profetiche di qualcosa di incompleto.

« Dove l'hai trovato? »

« Me l'ha dato Jimmy il giorno prima... » disse, senza bisogno di completare la frase. « Sei la prima a cui l'ho fatto vedere, e la seconda che lo legge, dopo di me. »

Emily scoppiò a piangere con la facilità di quando era bambina. Pianse le lacrime che minacciavano di sgorgarle dagli occhi già da un anno, e in quel momento – stranamente e per la prima volta da molto tempo – si sentì quasi sollevata.

Zacky l'abbracciò in silenzio, e nel farlo provò tutto il dolore che era lì accanto a sé. Si ritrovò con gli occhi lucidi anche lui, sotto quel cielo stellato che conservava i ricordi di tutti, e che forse conservava anche Jimmy.

« Mi chiedo perché debba essere tutto così dannatamente difficile » disse, soffocando le parole sulla camicia di Zacky.

« Perché la vita è fatta anche di questo. Non sempre è facile viverla, ma bisogna tenere duro fino alla fine, nonostante tutto. »

« Mi manca Jimmy, lui saprebbe sicuramente come comportarsi, e saprebbe dirmi cosa fare. »

« Ti riferisci a Brian? »

« Sì, in qualche modo c'entra anche lui... » iniziò, tirandosi su e cercando di asciugarsi le lacrime con la manica della felpa. « La cosa che mi fa più rabbia... » riprese, « è che sento che è tutto collegato. Brian, Jimmy, voi ragazzi... Tutta la mia vita era un involucro unico, e quando una parte di essa viene a mancare, l'involucro si sfalda e non funziona più, e ora non so più cosa farmene. Vivo da sola da quando Brian mi ha lasciata. Non incontro nessuno, non ho amici, non esco mai. Lavoro da casa, e così facendo mi ritrovo ad uscire solo per andare a fare la spesa. Ora venire in tour mi sembra sia stata una pessima idea. Non ho le forze di tornare a vivere come facevo prima. »

Zacky la guardò negli occhi ancora una volta, e vide il suo cuore in frantumi. Vide qualcosa che funzionava a tratti, un organismo inceppato, malridotto. E in quel momento decise di prendere i cocci di quella vita e rimetterli insieme.

« Vieni a stare da me » disse.

Prese la decisione di getto, ma dopo averlo detto si rese conto di quanto fossero giusti i due pezzi del puzzle che andavano a incastrarsi. Emily era la sua migliore amica, e averla in casa avrebbe solo portato un po' di gioia nella sua vita altrettanto vuota. Si rese conto di quanto avessero bisogno l'uno dell'altra.

« Cosa stai dicendo? »

« Paghiamo le spese a metà, e in casa c'è la camera degli ospiti in cui puoi stare. »

« A te la vita da single ti sta facendo partire di testa. »

E forse Emily con quell'ultima frase aveva colto nel segno, ma a nessuno di loro era mai importato davvero di Genna. La loro breve ma intensa storia d'amore era sfumata come un fuoco d'artificio, e avevano fatto presto a lasciarsela alle spalle.

La verità era che Zacky non aveva fretta di tenersi stretta una persona sperando duri in eterno. Lui viveva di attimi vissuti fino all'ultimo e parole sussurrate in momenti come quello. Gli bastava sapere che c'era qualcuno vicino a lui pronto a sorreggerlo se fosse caduto, e sapeva bene che un'amicizia, in certi casi, vale molto più di un amore mal corrisposto.

« Sarà la nostra terapia. Ci salviamo a vicenda, no? Come quando avevamo sedici anni. »

« Quando avevamo sedici anni c'era Jimmy che ci reggeva in piedi entrambi quando ci ubriacavamo fino a star male. »

Zacky riportò alla memoria quel ricordo con velocità, e sorrise. Si voltò verso il cartone di birre accanto a lui, e poi guardò di nuovo Emily.

« Credo sia arrivato il momento di celebrare i vecchi tempi. »

Emily sorrise e prese una birra per sé e una per Zacky.

Passarono la serata a raccontarsi cose che entrambi già sapevano solo per il gusto di riderci o piangerci sopra.

Era la prima volta che Zacky ed Emily da ubriachi costruivano qualcosa invece che distruggerlo.





Se tutte le cose che erano successe durante quel tour erano destinate a rimanere solo un ricordo racchiuso in una bolla di sapone, allora Brian era disposto a far finta di niente, a tornare a casa da Casey e a dirle quanto la amava; era disposto a sposarla, a costruirci una famiglia e dimenticarsi di Emily per sempre. Ma se fosse stato destino, al contrario, che Emily continuasse a far parte della sua vita, allora l'avrebbe accolta così come veniva, e Casey avrebbe dovuto solamente cercare di capire senza protestare che nella vita di Brian era necessaria Emily, sotto le spoglie di amante o solamente di amica.

Questo, dunque, era il dilemma su cui Brian si era soffermato quell'ultima sera, appoggiato con la schiena al tourbus mentre la Marlboro che stringeva tra indice e medio si consumava lentamente. All'interno, gli altri erano intenti a giocare con la playstation come se non ci fosse un domani. Avevano iniziato due ore prima e non accennavano a voler smettere. Inizialmente Brian si era detto che quello era il loro modo per tornare bambini, poi aveva appurato che bambini, loro, c'erano sempre stati.

La scelta era difficile, e leggersi dentro non è sempre facile come uno pensa. Non lo è quasi mai, in effetti. Ci vuole coraggio, a leggersi dentro. Ci vuole la forza di essere sinceri con se stessi, cosa che Brian non era abituato a fare.

Tornò coi piedi per terra quando delle voci schiamazzanti lo portarono ad alzare lo sguardo dall'asfalto verso gli alberi davanti a sé. Pochi attimi dopo vide Emily appoggiata a Zacky – entrambi barcollanti – camminare dal piccolo bosco verso il tourbus. Tutti e due ubriachi. Ecco dove erano sparite tutte le birre.

« Ma ti ricordi di quella volta che per sbaglio ti ho spinto giù dal muretto dietro casa e ti sei rotto una gamba? » la sentì schiamazzare, Brian, tra le risate.

« Sei una stronza! Mi avevi fatto rompere una cazzo di gamba! » replicò l'altro.

« Ragazzi, state bene? » si sentì in dovere di chiedere.

« Oh, sì, benone! » gli aveva detto Emily, sbilanciandosi pericolosamente verso Zacky.

Quando vide che effettivamente la sua risposta non rispecchiava affatto la realtà, Brian si avvicinò con passo veloce.

« Brian, questa qui è ubriaca marcia, tienila d'occhio, io vado a dormire. »

Nonostante Zacky fosse anche lui ubriaco, la sua capacità di reggere l'alcol lo aveva portato a formulare un ragionamento sensato quanto subdolo. Una Emily ubriaca sarebbe stata sicuramente più sincera di una Emily sobria, ed era per questo che Zacky l'aveva lasciata nelle mani di Brian, perché in qualche modo aveva intuito che quei due dovessero parlare, anche se ricordava a stento il perché.

« Emily, stai in piedi, per piacere » lo sentì sussurrare, Zacky, mentre si allontanava dai due lasciandoli soli.

« Forza, andiamo a fare un giro così ti riprendi. »

Emily gli si accasciò completamente addosso, probabilmente incapace di mettere un piede davanti all'altro senza inciampare su se stessa.

« Ma si può sapere per quale motivo vi siete ubriacati così? »

« Lo facevamo sempre, io e lui, quando eravamo alle superiori, ti ricordi? »

Brian ebbe un flash d'infanzia. Si ricordò di quelle serate passate a bere, e di come gli unici due che non reggessero l'alcol finissero sempre per combinare disastri.

Col tempo, Zacky aveva imparato a familiarizzare con gli alcolici. Emily, invece, continuava ad andare fuori di testa con meno di due birre.

« Sì, mi ricordo. »

« Eravamo felici » l'aveva sentita sussurrare.

« Tu sei troppo ubriaca per fare discorsi logici, Emily. Mettiamoci seduti qui » disse, indicando uno spiazzo d'erba nel mezzo del bosco.

Emily si sedette e si sdraiò completamente a terra. Brian, invece, rimase seduto accanto a lei.

« Mi viene da vomitare. »

« Non farlo addosso a me. »

Emily rise e si voltò su un fianco, chiudendo gli occhi.

Brian la guardò. Aveva il volto stanco e delle leggere occhiaie a circondarle gli occhi. I segni di un tour un po' troppo impegnativo, come era stato per tutti.

Nonostante tutto, Brian non si era mai pentito di aver scelto di fare quel tour. Il suo scetticismo iniziale era andato lentamente trasformandosi in soddisfazione e orgoglio nei confronti di se stesso per essere riuscito a portare avanti ciò che Jimmy voleva, nonostante le questioni in sospeso.

Questioni in sospeso, perché era di questo che si trattava.

« Stai dormendo? » le chiese.

« Mmmhno » rispose lei, mugugnando.

« Domani si torna a casa, ti ricordi? »

Lei aprì gli occhi lentamente e si tirò su a sedere, facendosi perno con una mano sul terreno.

« E poi cosa succede? »

« Di che parli? »

« Cosa succedere a me e a te? »

Brian stette in silenzio per paura di dire cose sbagliate e ci pensò un attimo.

Succede che è arrivato il momento di essere sinceri con se stessi.

« Ho fatto fatica a superare tutto questo, molta fatica. La mia vita non è più la stessa da quando Jimmy se ne è andato, lo sai. »

« E' stato così per tutti » disse Emily, stravaccandosi di nuovo sull'erba e socchiudendo gli occhi.

« Però so che ti voglio nella mia vita, in un modo o nell'altro » sussurrò Brian, guardando davanti a sé.

Quelle parole arrivarono alle orecchie di Emily, e poi al suo cervello, con una lentezza degna di nota. Ma quando lo fecero, la colpirono con la pienezza di una rosa rossa in un campo di margherite, e si sentì quasi rinsavita da tutto l'alcol che aveva bevuto.

Quando Brian si voltò a guardarla, lei si tirò su e gli cinse le spalle con un braccio, appoggiando la testa sulla sua spalla, come si abbraccia un vecchio amico, o semplicemente qualcuno che ha dato la vita per te e per cui tu hai dato la vita. No, non c'era modo per definire il qualcosa che li univa. Non c'erano etichette che uno poteva affibbiare senza sbagliarsi. Perché i rapporti tra le persone non funzionano così. Le sensazioni, le emozioni, per quanto tu possa provarci, non posso essere definire con dei nomi. Quel calore all'altezza dello sterno che provi quando pensi a qualcuno, non ha un nome, è semplicemente una sensazione.

« Ti voglio bene » gli disse.




Il panico la assalì non appena il tourbus si fu fermato sul piazzale dove mesi prima avevano lasciato le loro macchine.

E così quella era la fine, e lei ne era sicura. Sapeva che le parole sussurrate di notte non hanno valore quando il sole è alto in cielo. E a dire la verità non era sicura neanche di aver sentito bene, tanto alcol aveva in corpo. Però una cosa la sapeva: qualsiasi cosa fosse successa, sarebbe finita non appena avessero messo piede sull'asfalto.

Camminò con passo spedito lungo il corridoio che la conduceva all'esterno, spinta da Zacky. Davanti a lei c'era Brian.

Sarebbe stato facile, sì. Si fermò qualche secondo in più a pensare, prima di scendere. Poi lo fece, un piede e poi l'altro. L'asfalto. E finisce tutto.

E' stato bello – pensò.

Davanti a lei c'era già qualche amico di vecchia data, ne riconosceva i volti. Qualcuno che era venuto a dare il benvenuto ai ragazzi, probabilmente.

Salutò sommariamente i volti conosciuti, poi si imbatté in quella cascata di capelli biondi che conosceva a memoria. Casey.

Brian si avvicinò alla sua fidanzata velocemente, e la salutò con foga, a baci. Emily stette a guardare, senza provare niente. Aveva imparato bene a cicatrizzare le vecchie ferite prima che iniziassero a sanguinare di nuovo.

Quando Brian lasciò respirare Casey, essa si voltò verso di Emily, e rimase pietrificata per un attimo di troppo.

« Ciao » le sussurrò.

Brian osservò la scena quasi impaurito, mentre Emily la guardava senza avere il coraggio di reagire.

« Ciao » le rispose Emily, sorridendo.

Con il tempo tutto passa, e quella ne era la prova. Aveva passato un anno intero ad aspettare qualcosa che la guarisse dalle ferite, ad aspettare che qualcuno le dicesse che andava tutto bene. Era stata sola per un anno, non aveva proferito parola per un anno, era stata con se stessa per un anno. E quello che aveva imparato era che è meglio lasciarsi alle spalle gli errori degli altri, e a volte anche i propri, e perdonare gli sbagli, tutti gli sbagli.

In quel momento, quando Casey l'aveva salutata, un nodo si era sciolto nel suo stomaco, e per la prima volta dopo un anno intero, quel qualcosa che stava aspettando era arrivato, e non faceva più male.

Brian la guardò e le sorrise. Anche lui, dal canto suo, aveva capito qualcosa.

Emily lo vide avvicinarsi e lo sentì mentre l'abbracciava. Lei ricambiò la stretta con tutta la forza che aveva in corpo. E quel contatto, quell'abbraccio, valeva il mondo intero per entrambi.

Capirono che andava bene così, che dovevano tenersi stretti se volevano venirne fuori. Che quello, qualsiasi cosa fosse, andava oltre Casey, oltre la band, oltre uno stupido tour e tutto il resto. Era una cosa che riguardava solo loro. E che non c'era niente di male a volersi aggrappare con tutte le forze a qualcuno che ha reso piene le tue giornate per una vita intera, e volerlo stringere forte e dirgli che gli vuoi bene.

Il passato non va dimenticato ma celebrato. Il presente va vissuto e non lasciato scorrere.

Quella era la fine, sì. Ma l'inizio di qualcosa di migliore.




Emily aprì le persiane della sua nuova camera per arieggiare un po' il locale, e rimase senza fiato quando vide quel panorama che non ammirava da oltre due mesi. I tramonti ad Huntington Beach erano sempre i più belli.

Sentì Jimmy avvolgerla in un abbraccio caldo che sapeva di casa, e una lacrima di gioia le rigò il volto.

« Emily, questi te li lascio qui » disse Zacky entrando in camera.

Appoggiò delle lenzuola pulite sul letto e le si avvicinò.

« Non è bellissimo? » gli chiese Emily.

« Già » rispose Zacky, soffermandosi a guardare quello spettacolo della natura da sopra le spalle di Emily.

Forse quello era davvero il conforto che avevano cercato per tutto quel tempo.

Quelle vite tormentate che erano diventati, quei relitti, quei pezzi di una vita mandata in frantumi, forse stavano trovando il coraggio di riemergere dal fondo.

« Sai, penso che forse la vita è bella anche adesso » disse Zacky, ad un tratto.

Emily si voltò guardandolo negli occhi, e sorrise di una gioia ritrovata che non le era mai appartenuta davvero per tutto quel tempo. Sorrise, e lo fece in modo automatico e senza fatica, puntando le proprie iridi in quelle glaciali di Zacky, che sorrise a sua volta.

Il bene che vuoi alle persone alla fine ti salva sempre. Il bene che vuoi e che ricevi, alla fine di tutto, è l'unica cosa che conta davvero.




Huntington Beach era la stessa di sempre. Brian uscì sul pianerottolo dopo aver disfatto la valigia, seguito a ruota da Casey.

« Mi sei mancato » disse lei, abbracciandolo da dietro e appoggiando le labbra sulla sua schiena.

« Anche tu mi sei mancata. »

Alzò lo sguardo, e gli si chiuse lo stomaco a vedere quel panorama. Il sole affogava nel mare all'altezza dell'orizzonte, e sì – lui ne fu sicuro –, proprio lì da qualche parte tra il mare e il cielo, nel momento esatto in cui il sole sprofondava nel blu, c'era Jimmy e i suoi occhi, e c'erano sempre stati, solo che lui se ne accorgeva solo ora, di come Jimmy avesse vegliato su di loro e li avesse salvati dal male del mondo.

Si voltò verso Casey e la abbracciò, guardando un secondo il cielo e il secondo dopo i suoi occhi.

C'era un sentore di perfezione in tutto quello. Aveva la sua migliore amica di nuovo con sé, senza malizia e senza compromessi, aveva una fidanzata bellissima, e un gruppo fantastico. Ora, però, aveva anche un angelo che vegliava su di lui dall'alto, e questa certezza che prima non c'era e adesso invece sì, gli regalava una sicurezza infinita.

Jimmy, nella sua vita, gli aveva dato tutto: il cuore, l'anima e la testa. Quello non era che l'ennesimo regalo. L'ennesimo ma non ultimo saluto.

Era un buongiorno, non un arrivederci.

Un bentornato invece che un addio.



Note: Siamo quindi giunti alla fine. Devo dire che tutto sommato sono abbastanza soddisfatta della fanfiction, escludendo la miriade di difficoltà che ho incontrato.

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, letto, messo la storia tra le seguite/preferite.

Fatemi sapere il vostro parere finale lasciando una recensione, che non fa mai male e siamo qui per questo. :)

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