Unbound - The Wild Ride di __Aivlis (/viewuser.php?uid=116211)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - And We Fade ***
Capitolo 2: *** 1 - Changing Season ***
Capitolo 3: *** 2 - High ***
Capitolo 4: *** 3 - And I'm Quite Aware We're Dying ***
Capitolo 5: *** 4 - Coming back as we are ***
Capitolo 6: *** 5 - Eravamo Bellissimi ***
Capitolo 7: *** 6 - Famous Last Words ***
Capitolo 8: *** 7 - The Wild Ride ***
Capitolo 1 *** Prologo - And We Fade ***
g
©
Amor Vincit Omnia,
08/12/2011
Titolo: Unbound - The Wild Ride
Generi:
Sentimentale; Romantico; Introspettivo.
Personaggi:
Brian Haner, M Shadows, Johnny Christ, Zacky Vengeance, Altri.
Rating:
Giallo
Avvertimenti:
What if?
Disclaimer:
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non
intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei personaggi,
né offenderla in alcun modo. I fatti riportati non sono
realmente accaduti e sono di mia proprietà, pertanto ne
è vietata la riproduzione totale o parziale.
Avvertimenti:
Approdo con un'altra long-fic su questa sezione e devo ammettere che
non so dove andrò a parare. Questo primo capitolo ha una
funzione puramente introduttiva ed è per questo che non
vedrete svilupparsi alcun tipo di trama. Dal secondo capitolo
inizierà lo scritto vero e proprio. L'unica informazione
necessaria per leggere questo prologo è che avviene tra
Brian, protagonista, e il suo psicologo.
*
« E quindi
cosa ne ha dedotto, signor Haner? »
« Sa,
dottore? La vita è terribilmente ingiusta. Si fanno cose che
non vorremmo aver mai fatto, altre che invece rimpiangiamo di non aver
fatto. Nel mio caso, ho lasciato Emily e non ho mai detto a Jimmy che
gli volevo bene. Due cose che non mi perdonerò mai
»
« E cosa
pensa di dover fare in proposito? »
« Niente.
Assolutamente niente... »
«
… »
« Non posso
cambiare il mio passato in funzione del mio futuro... »
« Che poi,
io Casey la voglio sposare davvero, ed è forse questo che mi
preoccupa di più »
« Se lei non
fosse qua adesso, se fosse fermo a un anno fa, sposerebbe Emily?
»
« Senza
dubbio »
« Provi a
riallacciare la sua vita attuale a quella che aveva un anno fa e
cancelli quello che è successo nel frattempo »
« Ma nel
frattempo è successa Casey, ecco cosa »
« Chi
è per lei Casey? »
« Un porto
sicuro »
« Che la
difende da cosa? »
« Da Jimmy,
presumo »
« Mi conceda
una domanda poco professionale, signor Haner. Cos'è cambiato
realmente da un anno fa ad oggi? »
« Tanto per
cominciare, Jimmy non c'è più »
« E
cos'altro? »
«
… »
«
… »
« Niente
»
« Crede ci
sia una relazione tra la morte del suo amico e il fatto che lei stia
per sposare un'altra donna da quella che ha amato per tanto tempo?
»
«
… »
« Forse le
cose tra me ed Emily andavano male da molto tempo prima... »
« Forse...
»
« O forse
sto cercando l'ennesima scusa per comprendere il motivo del mi gesto
scellerato »
« Nella vita
si fanno cose stupide, deve per forza essere così
»
« La ascolto
»
« Dottore,
lo avrà ripetuto una ventina di volte, oggi »
« E' il mio
lavoro: sto seduto qua e faccio ragionare la gente mentre lei sta
sdraiato su quella poltrona e mi racconta la sua vita »
«
Sì, presumo io debba scoprire qualcosa di nuovo, su questa
poltrona »
«
Sposerò Casey, e questa è una delle poche
certezze nella mia vita »
« Sa darsi
una motivazione, presumo »
« Jimmy la
adorava »
« E lei chi
adora? »
« Jimmy,
perché senza di lui ora sarei dietro alla cassa di un
supermercato »
*
Note: Come ho detto
prima, non preoccupatevi se non ci avete capito niente,
aggiornerò in un tempo lampo, giuro! Che altro aggiungere?
Recensire non uccide e ci sentiamo al prossimo capitolo. (^.-)
|
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Capitolo 2 *** 1 - Changing Season ***
©
Amor Vincit Omnia,
08/12/2011
« Haner, carica le ultime due casse e poi partiamo
»
La voce di Matt arrivò alle sue orecchie in maniera del
tutto secondaria rispetto a chi lo teneva occupato. Non poteva davvero
credere a ciò che stava facendo e soprattutto non poteva
credere di essersi fatto abbindolare dalle lamentele degli altri. Lui
quel tour non lo voleva fare e quella consapevolezza comprendeva tutti
quelli che lo conoscevano. Non ce l'avrebbe fatto, sarebbe finito per
crollare.
« Vedrai, tre mesi passano in fretta »
Brian puntò gli occhi in quelli di Casey - il corpicino
fragile che stringeva tra le braccia - e la sentì sospirare
nervosamente.
« Lo spero » la sentì dire.
La avvicino ancora di più a sé attirandola per i
fianchi e le dette un bacio in fronte.
Sentiva che l'ennesimo capitolo – il più difficile
– stava finendo; avvertì questa sensazione quando,
allontanandosi un po' da Casey, si avvicinò al bus per
caricare gli ultimi marchingegni necessari.
Erano stati dei mesi difficili per tutti: la morte di Jimmy, il CD da
finire e registrare; tante cose che, unite tra loro, avevano tolto la
forza vitale al gruppo, quella forza che li faceva scatenare sul palco
in modo quasi automatico. Nonostante questo, avevano deciso di provarci
di nuovo ed ora stavano per partire per un nuovo tour, quindi un nuovo
ciclo stava per iniziare come sempre, come se non fosse successo
niente.
Brian era sicuro che stare lontano da Casey per così tanto
tempo sarebbe stato difficile, ma per quanta paura poteva avere,
cercava in tutti i modi di mostrarsi fermo nelle sue scelte e felice
per le nuove prospettive, tutto per dimostrare a Casey quanto lui fosse
forte, anche psicologicamente. Perché sentiva ancora il
bisogno di impressionarla dopo tutti quegli anni che si conoscevano.
No, Brian non era ancora troppo abituato a vederla in quei termini, era
sempre stata la sua migliore amica, e per questo faceva
difficoltà a dichiarare il loro status ogni volta
che gli si presentava l'occasione. La parola
“fidanzata” non voleva mai saperne di uscire dalla
sua bocca.
Chiuse il portabagagli con un tonfo deciso prima di avvicinarsi di
nuovo alla ragazza che sarebbe diventata presto sua moglie. Ne
osservò i lineamenti marcati e i lunghi capelli biondi che
le ricadevano morbidi sulle spalle; infine si soffermò sui
grandi occhi color cioccolato che lo guardavano avidamente e spostavano
lo sguardo da un occhio all'altro. Le prese il viso tra le mani e la
baciò in maniera lieve mentre Jason fischiava dal finestrino
del bus. Nonostante tutto, era sempre stato sicuro delle sue azioni.
L'avrebbe sposata, ne era certo.
« Andiamo piccioncini, tra tre mesi sarete di nuovo qui a
sbaciucchiarvi » gli urlò dietro, lo stesso Jason.
« Devo andare »
« Fai buon viaggio »
Questa volta fu lei a baciarlo, ma avidamente, e trattenne le lacrime
ancora per qualche istante prima di vederlo salire sul tourbus.
Brian entrò nel bus tra gli schiamazzi generali e prese
posto sul tavolino alla sua sinistra, si affacciò dal
finestrino e vide Casey intenta ad accendersi maldestramente una
sigaretta mentre teneva una spalla alzata per non far cadere la lunga
borsa marrone che si portava sempre dietro.
Lei era un hippy in rotta di collisione col mondo ed erano state molte
le persone che gli avevano chiesto come potesse anche solo pensare di
costruire una famiglia con una così; evidentemente Brian era
l'unico scellerato che vedeva in quella donna il suo futuro.
In realtà, la situazione non era sempre stata
così semplice. La vita di Brian era cambiata radicalmente
dopo la morte di Jimmy, ed era stato per sua scelta. Infatti, il
ragazzo si era rifiutato di mantenere anche soltanto una delle sue
abitudini quotidiane – a meno che non riguardassero la band.
Aveva cambiato casa, quartiere, casella postale, negozi di fiducia e
tutto ciò che in qualche modo poteva ricordargli l'amico. E
tra tutte queste cose, gli sembrava ormai inutile ricordarne una in
particolare, che era stata la donna della sua vita per un periodo che,
a pensarci ora, Brian rabbrividiva.
Casey era stata la seconda donna a rubargli il cuore, ma non appena
questo pensiero accennò a sfiorargli la mente, lui lo
scacciò via come si fa con i brutti ricordi, quelli che se
solo avessi il potere di farlo, elimineresti dalla memoria collettiva.
Perché ti fanno sentire lo stronzo che sai di essere, uno
scarto umano nei confronti di tutti quelli che ti stanno attorno.
Dal suo passato, Brian aveva deciso di scappare, e si era rifugiato in
una realtà ovattata che gli stava decisamente più
comoda, ma ora stare seduto su quel tourbus, dopo tutto quello che era
successo, gli faceva male.
Osservò gli altri ridere e scherzare e cercare di soffocare
ogni pensiero negativo: tutti, in quel bus, stavano cercando di
ricreare un'atmosfera ormai impossibile da rivivere, tanto che Brian si
chiese quando si sarebbero arresi ai fatti: Jimmy non sarebbe tornato,
e con lui neanche tutte le cose belle che si portava dietro. Niente
sarebbe mai stato come prima, e quella era una realtà
difficile da accettare.
Per Brian, che in quella storia c'era dentro fino al collo, la scena
cominciava ad essere patetica e le risate degli altri, nella sua testa,
assomigliavano molto a qualcosa mosso dall'isteria del momento,
più che da felicità vera a propria. Neanche
l'avessero letto nel pensiero, l'euforia si affievolì
sostituita da un più sano borbottio di sottofondo, e ognuno
riprese ciò che stava facendo senza soffermarsi troppo su
parole inutili. Nessuno parlava, appunto, e nessuno aveva osato farlo
per tutto quel tempo. Le registrazioni del CD erano avvenuto in modo
automatico, e quando Larry aveva proposto quel tour, tutti avevano
acconsentito senza aggiungere altro - anche se magari qualcuno covava
qualche disaccordo in quella scelta; quella consapevolezza comune di
sapere che insieme ce l'avrebbero fatta era il collante che li aveva
sempre tenuti insieme fino a quella che era sembrata la fine.
In effetti, a nessuno dei componenti era mai passato per la testa di
finire le registrazioni, pubblicare il CD, o addirittura partire per un
nuovo tour, e proprio in questo senso la loro famiglia era allargata,
perché se non ci fosse stato Larry, ad esempio, o i gemelli
Barry, o le loro famiglie, a sostenerli e ad incoraggiarli in
quell'impresa che da subito era parsa titanica, allora non sarebbero in
quel tourbus in viaggio per l'ennesimo tour - che senza Jimmy sembrava
non far parte del ciclo -, e più volte Brian si era
ritrovato a pensare che forse sarebbe stato meglio, che si sarebbero di
certo risparmiati quel tumulto interiore e la paura di stare sbagliando
tutto ancora una volta. Perché era così che si
sentiva, lui: spaventato. Certo, ogni tour era stato diverso dal
precedente, ma mai era stato radicalmente differente come stava
iniziando quell'ultimo. C'era rabbia e angoscia coperta da un velo di
pietà, e sinceramente Brian non credeva che ne sarebbero
usciti vivi.
« Magari la tensione svanirà quando romperete il
ghiaccio sul palco »
Jason aveva preso posto davanti a lui e aveva parlato senza neanche
dare il tempo a Brian di assimilare la sua presenza. Quando lo fece,
Brian smise di rigirarsi tra le mani il suo accendino rosso.
« Sinceramente? Non credo che riusciremo a salire su quel
fottuto palco »
Era cinico e ne era consapevole, ma nessuno di loro poteva pretendere
che tutto andasse bene, non in circostanze del genere. Il fantasma di
Jimmy era tra loro in qualsiasi momento, non c'era una giornata che
passasse senza che almeno uno di loro lo avesse nominato. In un certo
senso, era come se non fosse mai morto, tralasciando il dolore e tutto
il resto, e loro non potevano pretendere di non sentirlo ancora tra
loro, di non sentirsi inutili quando voltandosi verso la batteria
avrebbero visto il volto di un perfetto sconosciuto al posto degli
occhi dell'amico di sempre.
Mike era stata la loro salvezza e a livello professionale era stato il
punto chiave delle registrazioni, e per questo gli concedeva tutto, ma
non di sostituire quello che per tanto tempo era stata la sua famiglia.
A questo proposito Brian voltò lo sguardo verso destra dove
Mike sedeva con le cuffiette alle orecchie e le bacchette in mano
facendo oscillare la testa avanti e indietro a ritmo di musica e
battendo le bacchette sulle ginocchia. Ricordava bene il giorno in cui
avevano deciso di proporgli l'affare, e se solo fosse stato un po'
più fermo sulla sua idea e avesse fatto perno su Johnny -
che in quella storia lo spalleggiava -, a quest'ora non sarebbero in
viaggio per quel tour che lo costringeva lontano da casa per
così tanto tempo.
L'atmosfera fu ravvivata dall'entrata in scena di Matt che, con passo
deciso, si era avvicinato al chitarrista e gli aveva puntato subito gli
occhi addosso.
« Brian, devo parlarti »
« Sono qui, spara »
« No, è una faccenda privata »
Tutti sapevano che quando Matt iniziava un discorso in quella maniera
– e soprattutto con quell'espressione in volto –
non c'era mai da stare tranquilli. Poi magari lo ascoltavi e capivi che
la sua reazione era esagerata, ma per quegli attimi di ignoranza poteva
anche smetterti di battere il cuore e tanto sarebbe stato poco.
Brian si alzò con cautela osservando attentamente ogni
movimento del cantante. Respirò a fondo anche se l'aria
sembrava mancare e si ripromise di rimanere calmo qualsiasi cosa gli
avesse detto, anche perché se fosse sbroccato, allora tutti
ne avrebbero viste delle belle, in quel tour, già da subito.
Lo seguì fino in bagno – l'unico luogo che aveva
una parvenza di “privato” in quel tourbus
– e usò il water come sedia per assicurarsi una
presa salda al terreno e tenersi, così, pronto per qualsiasi
cosa.
« Ho aspettato fino ad oggi per dirtelo perché
sapevo avresti reagito male... »
« Matt, arriva al sodo »
« No, non credo sia una buona idea. Vorrei solo dirti che
è stata una scelta unanime da parte degli altri,
perché a tutti serviva un appiglio al passato –
vedi anche il ritorno dei fratelli Barry in tour – e che in
questa decisione tu non c'entri niente »
Brian ricordava quanto Matt fosse arrabbiato con i fratelli Barry da
quando avevano fatto quei casini nel tour precedente rischiando di
mandare all'aria la maggior parte delle date, e ora non riusciva
davvero a comprendere questo suo nuovo atteggiamento accondiscendente
nei loro confronti. Ma non era questo che aveva attirato la sua
attenzione, quanto piuttosto l'espressione “appiglio al
passato”.
« Cosa stai cercando di dirmi? »
« Cosa sto cercando di fare, piuttosto. Sto cercando di
arginare i danni che questo potrebbe causare »
Matt stava davanti a Brian cercando di capire cosa lo spingesse a
rischiare la vita in quel modo. Portò le mani sui fianchi e
subito dopo si strofinò il viso per cercare di rimanere
più lucido possibile.
« Dimmi che cazzo c'è che non va! »
« Emily viene in tour con noi! »
Si erano urlati contro all'unisono e Brian fu certo che tutti nel
tourbus a parte Mike, erano stati in grado di sentirli chiaramente.
La sua mente ci mise un po' ad inquadrare la situazione e quando lo
fece, una rabbia crescente gli era già montata dentro. Era
come quando gli avevano detto di aver chiamato Portnoy senza averlo
prima avvertito, si stava sentendo tradito allo stesso modo.
« Stai scherzando » affermò.
« No, e non trovo parole migliori per ribadire il concetto,
mi dispiace »
« Spero che per la fine del tour avrai trovato una scusa
plausibile »
E così detto si alzò dal water e se ne
andò dal bagno sbattendosi la porta alle spalle.
Il problema del vivere nel tourbus è che non puoi scappare
da niente e da nessuno. L'unico modo che hai per fingere di non essere
presente è rintanarti nella tua cuccetta e chiudere la
tendina sperando che a nessuno venga in mente di chiamarti.
Quando fu sdraiato sul suo letto, mise la mani dietro la testa e si
ritrovò inondato da una scarica di pensieri e ricordi.
Emily era quella che tutti avevano sempre visto come la donna perfetta
per lui, ed era stata una storia talmente tanto giusta che nessuno si
era preoccupato di motivare tale affermazione. Loro erano sempre stato
“Brian ed Emily”, e basta, senza ma e senza
perché. Si sarebbero sposati e avrebbero avuto dei figli
simili a loro che gli avrebbero ricordato quanto forte fosse il loro
amore. Evidentemente tutti si sbagliavano perché tutto
ciò che era rimasto, ora, erano solo le ceneri e pochi
ricordi di un amore troppo intenso per poter durare in eterno, ed era
bastato un niente per farlo crollare.
*
Note:
Cavolo! Non mi sarei mai aspettata tutto questo successo in
così poco tempo! E quindi eccovi l'aggiornamento lampo che
aspettavate, decisamente più consistente del prologo. Spero
vi piaccia e ovviamente ringrazio tutti quelli che hanno letto e in
particolare Rossaaa, SellySmile, Sux Fans, Miss V Blackmore e
Keiko che hanno avuto il coraggio di recensire. Grazie mille
^^. Al prossimo aggiornamento.
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Capitolo 3 *** 2 - High ***
© Amor Vincit Omnia,
04/01/2012
Avvertimenti: Capitolo cortino anche questo, ma
davvero, voglio che sia così. Vorrei che non fosse una
lettura impegnativa per i lettori, quindi manterrò
questo regime a meno che qualcuno non venga ad insultarmi pesantemente
e/o a minacciarmi con una pistola. A parte le cavolate,
è un capitolo un po' di transizione, scritto con poco tempo
(sì, so che è passato molto dall'ultimo
aggiornamento, ma davvero, non ho tempo per fare niente).
Quindi vi lascio alla lettura, ci vediamo a fondo pagina.
Se Brian pensava al
primo ricordo che aveva di Emily doveva necessariamente portarsi a
molti anni prima, quando entrambi erano ancora poco più che
poppanti. Lui l'aveva vista e la prima cosa che aveva pensato era stata
di volerle imbrattare il vestito di malta. Non si era neanche dato il
tempo di pensarci una seconda volta che lo aveva fatto, instaurando
così il primo contatto, in assoluto, con Emily. Il primo di
una lunga serie, in ogni caso. Perché per qualche strano
motivo, alla ragazzina quel gesto non era sembrato un dispetto,
bensì qualcosa di molto divertente. Inutile dire che il
carattere tenace di Emily si era fatto vedere sin da quel momento, dato
che a sua volta aveva preso una manciata di terra – dove
erano nascosti anche dei bei sassi – e l'aveva lanciata
contro il ragazzo, ma con tanta forza da fargli male. Dopo qualche
punto al pronto soccorso la testa di Brian era tornata come nuova e tra
loro era nato quel rapporto che da bambini ti lega a qualcun altro solo
perché ti senti in colpa nei suoi confronti, da parte di
Emily, o perché senti che l'altro debba fare qualcosa per
ripagare al danno, da parte di Brian.
I suoi pensieri furono
interrotti e la sua testa si diresse fuori dalla cuccetta, a pochi
metri da lui.
« Ci vado a
parlare io »
La voce di Zacky gli
parve lontana, ma non passarono neanche pochi secondi che se lo era
trovato appena fuori dalla tendina.
« Posso
entrare? »
Brian si era limitato
a mettersi seduto a gambe incrociate e a scansare la tendina quanto
bastava per permettere il passaggio di Zacky.
« Ma prima
togliti le scarpe »
Eseguiti gli ordini,
Zacky si posizionò proprio accanto a lui fissando il
medesimo punto vuoto davanti a sé.
Inizialmente stette in
silenzio per paura di dire qualcosa di fottutamente sbagliato.
Conosceva Brian, conosceva le sue debolezze, ed Emily era una di
quelle. Forse una delle poche cose al mondo in grado di farlo cedere.
Proprio per questo motivo, l'argomento “Emily” era
sempre stato un tabù da evitare per punto preso, e sin
dall'inizio Zacky era stato dell'idea che tutta quella storia fosse
solo un enorme sbaglio, anche se tutti, infondo, avevano bisogno di
tornare alle origini, per poter digerire il fattaccio e andare avanti.
Emily era stata con loro in qualsiasi momento, pronta a farsi in
quattro per loro ed era quello di cui avevano bisogno adesso, di
qualcuno abbastanza forte da sorreggerli tutti e quattro.
Quando Matt aveva
esposto la sua teoria, in sala prove, uno di quei giorni in cui Brian
aveva evidentemente fatto tardi all'appuntamento, le era sembrata una
cosa molto stupida. Ma poi, pensandoci bene, giorni dopo, era arrivato
alla conclusione che affrontare il proprio passato – ovvero
l'unico tassello che era andato fuori posto dopo la morte di Jimmy
– li avrebbe solo aiutati a crescere. E' come quando nella
vita ti perdi, e pensi che l'unico modo per ritrovare te stesso sia
scavare a fondo e tornare alle origini, dritto fino a ritrovare chi ti
ha visto crescere e ti ha aiutato a farlo.
Emily gli era sempre
stata vicina, nella buona e nella cattiva sorte. Li aveva sostenuti
anche e soprattutto quando nessuno credeva in loro e gli era stata
vicina quando i tempi erano sembrati farsi bui. Nonostante tutte le
donne di passaggio, nonostante le amicizie iniziate e finite, lei era
stata la costante che gli aveva dato forza; la migliore confidente che
un uomo potesse desiderare.
« Allora, io
so già che ciò che sto per dirti ti
suonerà stupido e che alla fine vorrai solo spaccarmi la
faccia, ma so anche che non avresti il coraggio di farlo, e che quindi
sono libero di dire ciò che voglio... E' necessario tornare
ad essere chi eravamo. Cerca di capire almeno questo. Ma per farlo
è necessaria lei. »
« E
sarò l'unico a pagarne le conseguenze, quindi, no?
»
«
Perché non sei mai stato sincero con te stesso e hai
lasciato i fatti correre- L'hai lasciata e non puoi più
tornare indietro. Accetta di essere stato un coglione e falla finita,
stai per sposarti, per diamine! »
« Tu non sai
un cazzo, Baker »
« E invece
ne so più di quanto tu non voglia ammettere »
«
Perché? »
«
Perché tra tutti noi, tra tutti questi cazzoni, sono stato
quello che ti è stato più vicino, in questa
situazione, e ti ho visto fare le scelte sbagliate senza poter fare
niente per impedirtelo. Tu l'hai lasciata per paura, per volere a tutti
i costi qualcosa di nuovo dopo la morte di Jimmy, senza pensare che
magari fosse lei l'unica cosa di cui avevi bisogno »
« Ce l'ho
fatta anche senza di lei »
« Se
così fosse non staresti in un angolo del tourbus a piangerti
addosso tutto il tempo»
« Tu non sai
niente, cazzo! »
« C'ero
anche io accanto a te, in tutto questo. Sempre! »
« Ma non sei
tu quello che ha vissuto in prima persona tutta la faccenda. Emily era
la migliore amica di Jimmy, eravamo un trio da quando abbiamo iniziato
a camminare. Questo significa fare i conti con il passato, e tu non sai
com'era svegliarmi tutte le mattine e guardarla negli occhi vedendo le
stesse cose che vedevo in quelli di Jimmy come se lui fosse ancora
accanto a me. Venivamo tutti dallo stesso identico passato, con le
stese immagini negli occhi. Per questo dico che non sei tu quello che
ha dovuto fare i conti con ventotto anni di vita che sembrano stati
sprecati. Ventotto anni di vita, equivalono ad altri dieci anni di
terapia. Non sai cosa voglia dire convivere con un cazzo di
strizzacervelli al seguito! »
« In terapia
ci siamo andati tutti e a volte anche insieme, quindi vedi di non fare
la prima donna come tuo solito! »
« Tu non
capisci un cazzo come tutti gli altri, ecco cosa »
« Allora lo
sai che ti dico? Marcisci nella tua stessa merda, me ne lavo le mani!
»
Con tutta la rabbia
che ora aveva in corpo, Zacky scivolò via dalla tendina e si
bloccò prima di richiuderla.
« Non sei
l'unico che sta soffrendo, ricordatelo »
E si chiuse il panno
blu scuro alle spalle, lasciando Brian in balia di se stesso.
*
Il giorno in cui Jimmy
era entrato nella sua vita, era un giorno soleggiato, lo ricordava
bene. Era fuori nel cortile insieme ad Emily e ad altri bambini come
loro, mesi dopo la storiella del fango sul vestito. Jimmy era questo
bambino più alto degli altri, dagli occhi celesti e i
capelli biondissimi, con un viso che potevi rimanere a fissarlo per
tutta la giornata senza annoiarti. Si era trasferito con la sua
famiglia in quel quartiere in seguito ad un allagamento che aveva
distrutto al sua casa, come Brian aveva saputo anni dopo, ascoltando i
racconti dello stesso amico, con qualche anno in più.
La prima emozione che
Brian provò nei confronti di Jimmy fu invidia, e anche
gelosia, quando il ragazzo aveva accennato a voler giocare con la sua
amichetta. Non ci aveva visto più e aveva agito di
conseguenza. L'aveva preso a morsi. Proprio così.
Fortunatamente le loro mamme se ne erano accorte prima che i due si
facessero realmente del male. Sua madre gli aveva raccontato, anni
dopo, che la stessa storia era accaduta per due mesi filati,
finché non erano intervenute le maestre dell'asilo e la
psicologa del centro infanzia che avevano chiarito la faccenda una
volta per tutte. Quindi potevano dire che la loro amicizia era nata con
uno strizzacervelli, e a quando pareva era finita allo stesso modo.
Forse era destino, pensava Brian. Fatto sta che, dopo varie visite di
questa donna bruttissima di cui Brian ricordava solo i baffi da orso, i
due avevano finito per adorarsi sotto tutti i punti di vista.
Nonostante questo, se Jimmy aveva provato una qualche sorta di
attrazione infantile per la bambina, il tutto era stato incanalato in
una più sana amicizia. E così erano nati tre
dell'avemaria, come li avevano denominati molte volte, in seguito.
Ora, a distanza di
venticinque anni, la magia era finita, e anche loro tre erano finiti.
Quel trio era diventato un ricordo del passato che Brian non ricordava
più serenamente. Ogni volta che lasciava la sua mente
vagare, andava a parare sempre lì, e ogni volta,
puntualmente, gli si chiudeva lo stomaco per la malinconia. Il problema
– questo l'aveva scoperto grazie allo strizzacervelli
– era che tutta la sua vita era stata incentrata su Jimmy e
Emily prima di tutto il resto, prima della band, prima della musica,
prima della famiglia, perché loro erano stati la sua
famiglia, in un certo senso. E aveva anche capito di non avere via di
scampo. Allora si teneva impegnato a cambiare la sua vita, si teneva
impegnato a fare dell'altro pur di non pensare a niente. Ma non sempre
gli riusciva bene.
*
Quegli amori che ci
sono sempre stati. Ecco tra quali tipi di amore poteva essere
catalogato, il loro.
Già da quel
primo giorno nel cortile, tra tutto quel fango, Emily e Brian avevano
iniziato ad amarsi. E questo non vuol dire che già a
quell'età i due fossero capaci di sentimenti tali,
bensì che le fondamenta di quello che era poi diventato
un'amore da film, erano state gettate proprio in quel periodo.
Poi erano cresciuti,
avevano imparato a vedersi con occhi più maturi, fino a
capire, all'età di tredici anni, che non sarebbero riusciti
ad andare avanti senza essersi scambiati quel bacio. Il primo bacio per
entrambi. Anche se solo dopo, con la maturità di chi
comincia a programmare il proprio futuro, avevano capito davvero quello
sguardo negli occhi dell'altro. Lo stesso sguardo che ora Brian
riconosceva davanti a sé. Eppure per un attimo aveva
faticato a riconoscerla.
La persona che era
entrata nel tourbus, quando avevano accostato in un area di servizio,
all'altezza di San Diego, aveva i capelli di almeno dieci cm
più corti, ed era decisamente meno rifinita di come la
ricordava. Dov'erano gli orecchini, lo smalto, il trucco? Dov'era
l'immancabile cornice che si portava sempre dietro? No, per un attimo
aveva creduto che quella persona fosse un'altra, ma si era sbagliato.
Gli occhi erano loro,
sempre gli stessi, forse un po' più stanchi.
« Ciao
»
Quella voce, quella
maledetta voce.
Brian non voleva
rispondere, ma fu costretto a farlo dalla parte razionale del suo
cervello, quella che gli ripeteva che non poteva continuare a
fottersene dei sentimenti degli altri. Allora lottò contro
se stesso fino alla fine prima di cedere.
« Ciao
»
Indifferente. Freddo.
Eloquente. Tutte cose false che si era già prefissato di
voler ostentare. Comportamenti che aveva già pianificato.
Quel momento fu
interrotto dall'arrivo degli altri. Erano iniziati i saluti
compassionevoli e, in tutto quel marasma, nessuno si accorse quando
Brian si voltò ed andò nella sua cuccetta a
smaltire lo shock e a prevenire un infarto.
*
Gli occhi azzurri, la
bocca a cuore, la pelle diafana. La conosceva a memoria, quella pelle.
L'aveva vista espandersi per ospitare le forme di una donna
adulta. Il miracolo del tempo che passa.
Era stato strano che
qualcosa come un banale “ciao” fosse stato capace
di toccare qualcosa in quell'essere addormentato che stava
diventato. E quindi ci voleva lei per smuovere qualcosa? No, non aveva
smosso un bel niente, e sarebbe stato disposto a tatuarselo addosso,
per dimostrarlo al mondo.
Si appoggiò
al muro accanto alla sua cuccetta. Da lì poteva osservare la
situazione. Emily era seduta al tavolo insieme a Zacky. Ma era di
spalle, e non avrebbe potuto vedere che la stava fissando.
Quei due stavano
parlando fitto di qualcosa che Brian avrebbe davvero voluto sapere.
« Beh, ti
sei incantato? »
Johnny
sventolò una mano davanti al volto di Brian, che rispose
alzando un sopracciglio e tornando sui suoi pensieri.
« Te che ne
pensi di tutta questa faccenda? »
Johnny lo
guardò , convinto che quello sarebbe stato il pretesto per
una chiacchierata infinita.
« Andiamo
nella mia cuccetta? »
Quando Brian
rilasciò i muscoli del viso e delle braccia, Johnny
cominciò già ad incamminarsi, seguitò
dall'amico.
« Tanto
ormai si può avere privacy solo là dentro
»
« E neanche
troppa »
*
Note:
Ebbene
eccoci qua. Noto con dispiacere che tutti i recensitori (?) del prologo
si sono misteriosamente volatilizzati *si dispera*, ma non
sarà di certo questo a fermarmi. La storia viene letta,
comunque, quindi va bene così.
Dovete sapere che questi giorni sono stati tumultuosi per me,
essì. A parte il natale, i regali, il pranzo e tutto il
resto, c'è stato capodanno che è stato
distruttivo, e dopo di esso ho ripreso a scrivere. Ho anche conosciuto
un nuovo gruppo che sono gli About Wayne, di Roma, fortissimi, hanno
fatto la colonna sonora di Freaks, una webseries fantastica, e in
generale loro sono fantastici. Tanto che il cantante mi
presterà (senza permesso) la sua bella immagine per il
protagonista dell'originale che sto scrivendo *yeppa*. Se non avete
idea di quel che io abbia appena detto, andatevi a cercare tutto su
google, se non trovate niente chiedete e vi mando i link sia del gruppo
che della web series, meritano davvero.
Altra nota positiva, mi è finalmnte arrivata la batteria
nuova *applaude* ed è bellissima. Ora vediamo di imparare a
suonarla, però, eh.
Dopo questo sproloquio sulla mia vita (che era necessario
perché dovevo sfogarmi D: ) vi lascio. Spero che il capitolo
vi sia piaciuto, se non è stato così.. meglio. In
entrambi i casi lasciate un recensioncina propio qui sotto,
sì, sì... proprio lì, in quel quadrato
bianco.
Grazie a todos per l'attenzione e la pazienza.
|
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Capitolo 4 *** 3 - And I'm Quite Aware We're Dying ***
© Amor Vincit Omnia,
06/03/2012
Avvertimenti:
Capitolo corto, ma ormai credo abbiate capito che continuerà
così fino alla fine. Scusate per l'immenso ritardo, spero ne
sia valsa la pena.
**
Era strano, era come volare con una sola ala; come avere i denti ma non
il pane. C'era quest'uomo dai capelli lunghissimi e la barba folta, con
gli occhi di uno che la sa molto più lunga di tutti loro
messi assieme. Mike montava la batteria con velocità e
noncuranza. Quasi ce la gettava, al centro del palco; come se non
sapesse che quella era la batteria di Jimmy. Sembrava non lo vedesse,
quel deathbat bianco stampato sulla grancassa. E Brian lo guardava di
traverso mentre cercava di strecciare i cavi degli amplificatori, senza
riuscirci. Avrebbe voluto dirgli di fare piano, che non c'era fretta;
di rallentare, che il concerto iniziava fra sei ore. Poi Zacky si
alzò in piedi di scatto, dopo aver appoggiato la sua
chitarra sul palco, e si irrigidì subito quando Mike
appoggiò un tamburo a terra provocando un tonfo sonoro.
« Porca
troia Mike, fai piano! » disse Zacky, con quel suo tono
aggressivo. L'arroganza era iniziata quando avevano iniziato a prendere
confidenza, quando Zacky aveva capito – o forse ne aveva solo
avuto paura – che Mike poteva essere quello giusto, l'unico
che a Jimmy poteva tenergli testa e superarlo, almeno a livello
musicale. Nonostante questo, non c'erano scusanti; era così
che funzionava: Mike c'era e se c'era si doveva stare zitti e
assecondarlo sempre. Era «una mano dal cielo»,
«la loro salvezza», ed era «grazie a
lui» che potevano andare in tour. Senz'altro era «
la loro più grande fortuna », ma lo era anche
quando volevi spaccargli la faccia, e ciò accadeva spesso.
Ovviamente, senza di lui gli Avenged
Sevenfold sarebbero finiti lì. I media sono
brutali in questi casi, e loro lo sapevano. Ci voleva uno con la sua
notorietà per permettergli di continuare, e così
era stato fatto.
« Guarda che
è una batteria, non una scultura di cristallo, non si rompe
con una bottarella » rispose lui.
E a quel punto Brian
fece per alzarsi. Lo avrebbe massacrato se Matt non gli si fosse parato
davanti e non lo avesse preso per un braccio.
« Brian, non
fare il bambino, controllati » gli disse tra i denti stretti.
Lui lo aveva guardato,
aveva visto dentro a quell'espressione seria e composta, e allora aveva
capito che in realtà se Matt avesse potuto gli avrebbe
sfondato il culo. E se resisteva Matt poteva farlo anche lui.
Nel frattempo Zacky
aveva abbassato lo sguardo sulla sua chitarra, poi si era alzato e
aveva camminato con passo pesante sotto gli occhi di tutti. Quando gli
passò vicino, Brian vide che stava piangendo.
Quella mattina l'aria
pesante l'avevano portata da casa, ci si erano svegliati la mattina.
Tornare a fare concerti, così, come se niente fosse
successo, era uno di quelle cose che avrebbe avuto il potere di
ucciderli tutti. Di solito non reagivano così alle
provocazioni di Mike, ma quel giorno erano diversi. Forse la parte
peggiore era vedersi sconfitti. Perché avevano giocato a
fare i giganti quando in realtà erano sempre stati deboli.
Tutti, nessuno escluso.
Zacky si chiuse nel
camerino senza sbattere la porta.
Il tempo
passò in fretta, e il concerto si avvicinò senza
che loro se ne rendessero conto. Emily non c'era stata per tutto il
giorno; era stata via, in giro per la città, e Brian se
l'era figurata appostata da qualche parte a fotografare quei dettagli
che lui non era mai riuscito a vedere.
La passione di Emily
per la fotografia c'era sempre stata, che lui ricordasse. Suo padre era
a sua vota fotografo, così come suo nonno, quindi supponeva
fosse nei suoi geni. Ricordava quando all'età di tredici
anni si era presentata con una di quelle vecchie macchine fotografiche
che a quel tempo sembravano la luna. Le era sembrata strana; era il
primo ricordo che gli era rimasto dentro, perché per la
prima volta, quella ragazza dagli occhi chiarissimi aveva dimostrato il
carattere che avrebbe poi dominato tutte e sue azioni future: la
passione. Era la Emily che Brian aveva poi imparato a conoscere, quella
con la macchinetta sempre al collo e gli occhi sempre accesi.
Emily aveva ripreso a
girovagare come un ossesso per tutto il palco da appena due minuti, e
le erano bastati per stravolgere l'illuminazione del suddetto palco.
Voleva che le luci fossero perfette, Brian lo sapeva. In un lasso di
tempo ormai finito sarebbe andato da lei, l'avrebbe fermata, le avrebbe
detto che correre così da tutte le parti non le faceva bene,
l'avrebbe in qualche modo costretta e sedersi e ci avrebbe parlato,
così, semplicemente. Lei era quella agitata, lui quello
calmo; lei era la caffeina, lui la camomilla. L'ordine delle cose per
come tutti le avevano sempre conosciute sconvolto in meno di un giorno.
Un castello di carte da gioco, di quelli che ci metti una vita a
costruirli, crollato con un soffio di vento. Lei era sempre stata
attenta ai dettagli. I suoi occhi analizzavano sempre tutto con
attenzione maniacale. Lui di attenzione doveva averne inclusa poca,
eppure ci vuole una forza d'animo notevole per portarsi via qualcosa di
tale grandezza, ne era certo.
Passarono poche
mezzore prima dell'inizio dello show, ed ora si trovavano tutti dietro
le quinte con i cuori in mano e il groppo in gola.
« Qualsiasi
cosa succeda, noi staremo sempre in piedi, questo dovete ricordarvelo
» disse Matt.
« Andiamo,
ragazzi » disse Johnny prima di dare agli altri una pacca
sulla spalla e farsi spazio verso il palco.
Quando Brian
salì, gli si chiuse definitivamente lo stomaco. Le luci gli
accecavano gli occhi, e per questo fu costretto a coprirsi con una
mano. Poi prese il suo posto e diede un'occhiata agli altri. Ognuno era
nel suo mondo, nessuno era lì veramente. Guardò
la folla: qualcuno stava già piangendo. Non gli era mai
successo di sentirsi così fuori luogo e spaesato quando si
trovava sopra ad un palco. Allora imbracciò la chitarra, ma
non servì a niente.
Cercò
attorno a sé qualcosa che non c'era, qualcosa di familiare
che non avrebbe trovato negli altri, perché nessuno di loro
era più se stesso, sopra a quel palco.
Abbassò lo
sguardo verso le transenne, e i fotografi avevano già
iniziato a fare il loro lavoro.
Ad un tratto ebbe un sussulto, perché tra un volto e l'altro
c'erano gli occhi di Jimmy, fissi, che lo osservavano. Quando
tornò a guardare in quello stesso punto, capì
tutto, di nuovo. Capì perché aveva lasciato
Emily, perché non riusciva più a guardarla negli
occhi. E allora lei lo osservò, e per la prima volta dopo
quasi un anno, lui fece lo stesso. E quegli occhi lo colpirono come un
lama affilata a fior di pelle.
Quando iniziarono a
suonare, inutile dire che non era lo stesso. Tra una canzone e l'altra,
Matt diceva frasi in cui nessuno di loro credeva davvero, e Brian si
mise a piangere solo dopo – non come Johnny, che aveva
iniziato già da subito. In realtà Brian
iniziò a farlo alla fine, quando la voce di Matt si
spezzò e cedette nel primo di una lunga serie di singhiozzi.
Il punto è
che il passato è innocuo finché non ci rifletti
sopra, ma è inevitabile farlo, rifletterci,
perché l'uomo è nato per riflettere, pensare. E'
questo che ci fa apparire diversi dagli animali. Noi pensiamo,
rimuginiamo, soffriamo... e non possiamo farci niente.
Erano dei relitti,
nonostante tutto.
Ma erano anche uniti,
nonostante tutto.
Emily non pianse,
anche se fu sull'orlo di farlo diverse volte. La vedevi che le tremava
il mento e tirava su col naso, ma non cedeva, non lo faceva mai.
Continuava ad inquadrare oggetti nell'obbiettivo e a scattare,
illudendosi che la sua arte andasse oltre al dolore, non rendendosi
conto che la sua arte ora era il dolore stesso.
In ventiquattro anni,
Brian l'aveva vista piangere poche volte, ed ogni volta era stato come
se avesse dovuto farlo per compensare a tutte le volte che si era
trattenuta fino a farsi male. E lui, mentre se la teneva stretta, non
capiva la sua tenacia.
In ventiquattro anni,
Brian non aveva capito troppe cose di lei.
Alla fine del concerto
Brian non si curò nemmeno di salutare il pubblico. Aveva
rabbia, dolore e tristezza nel corpo in eguale misura. E allora si
sbatté la porta del camerino alle spalle. Si mise seduto sul
piccolo divano con la testa tra le mani, e a quel punto di bagnare il
pavimento di lacrime non glie ne fregava niente.
Dopo poco, qualcuno
bussò alla porta, lui alzo lo sguardo: sapeva che tutti si
dovevano essere mobilitati per salvarlo. Funzionava così: se
uno affondava, gli altri lo tiravano su. Dal canto suo, Brian era
sempre stato più propenso all'aiutare gli altri che
all'essere aiutato.
Il bene che voleva
agli altri, quello non c'entrava. Si trattava di orgoglio, aveva
pensato molte volte, o forse solo di paura. Pensava che quando ti apri
con qualcuno sei a nervi scoperti, che se gli gira male ti mettono al
tappeto in meno di un secondo. Per questo non rispose, nemmeno in quel
momento.
Bussarono di nuovo, e
alla fine cedette e si alzò dal divano.
« Chi
è? » chiese, prima di aprire.
Dall'altra parte della
lastra di compensato nessuno rispose, ma bussò di nuovo.
Brian fece qualche
passo e aprì la porta di scatto, pronto a sfogare la sua
rabbia sul malcapitato. Quando la porta fu aperta, le parole gli
morirono in gola, e invece di fissare quegli occhi, si
concentrò sulla sua bocca, sulla curva del collo, sulle
spalle... Emily ci mise un po' per iniziare a parlare.
« Volevo
sapere come stavi, ti ho visto andare via in quel modo... pensavo
volessi parlare con qualcuno » disse infine.
In realtà
no, Emily sapeva benissimo come la pensasse lui a riguardo. Nonostante
questo, era sempre stata restia a lasciarlo solo quando non se la
sentiva di parlare. Forse era per quello che si era presentata con
quella bugia in bocca - “pensavo
volessi parlare con qualcuno” -,
perché lo conosceva meglio degli altri e andava oltre il suo
volere. Ma questo lo pensò Brian, sperando con tutto se
stesso che fosse vero. Illudendosi che ci fosse ancora qualcuno che lo
sapesse a memoria, che sapesse leggerlo e interpretarlo per quello che
era.
« Ti
sbagliavi » disse lui, chiudendole la porta in faccia. Emily
ci mise un piede in mezzo e la porta si bloccò prima di
poter sbattere sullo stipite.
« Non ho
finito » disse lei.
« Che
c'è? »
« Voglio
parlare »
Brian aprì
di nuovo la porta ruotando gli occhi verso il soffitto e si
voltò verso il divano; la lasciò entrare.
Non avrebbe ceduto, la
conosceva.
La conosceva, forse
era quello il vero problema.
Loro erano due che si
erano cresciuti a vicenda, avevano ognuno un pezzo dell'altro, dentro,
nonostante l'amore non ci fosse più.
Si rimise seduto
dov'era prima mentre lei si chiudeva la porta alle spalle. La vide
camminargli di fronte e appoggiare il sedere sull'angolo del tavolo
davanti a lui.
« Come stai?
» gli chiese, con quel suo tono da mamma protettiva, ma
soffice e lento.
L'altro la
guardò, chiedendo con gli occhi se per qualche strana
ragione lo stesse prendendo per il culo.
« Guarda che
siamo sulla stessa barca, non ci resta che collaborare »
spiegò lei.
« E se io
con te non ci volessi collaborare? »
Lei
sospirò: « Vedi come sei? Sempre sulla difensiva,
come se il mondo intero stesse complottando contro di te. Te la prendi
con le persone anche se non ti hanno fatto niente, ormai ti conosco, so
come fai tu, ma in questo momento non puoi farlo Brian, lo sai. Stiamo
tutti male, non sei l'unico, non puoi trattare gli altri come cazzo ti
pare, mi sembra ovvio »
Colpito e affondato.
« E' qui che
ti sbagli: tu non mi conosci » rispose alzando un po' il tono
di voce.
Emily chiuse gli occhi
come faceva sempre per cercare di attutire i rumori.
« Quello che
volevo dire... » e riaprì gli occhi, ora
leggermente lucidi « è che mi dispiace vederti
così e non poter fare niente »
Quella frase lo
colpì come tutte le precedenti, ma in un punto diverso.
Quella frase gli fece male di un dolore estremamente diverso, gli
colpì lo sterno e gli entrò dentro, e quello che
fece male davvero non furono le parole, ma i sentimenti che rievocarono.
La guardò
di nuovo, e stette in silenzio prima di continuare.
« Non
è come quando avevamo sedici anni, Emily, dobbiamo crescere
»
Entrambi si guardarono
negli occhi per una frazione di secondo, poi lei uscì dalla
piccola stanza senza aggiungere altro. Probabilmente ferita, o solo sul
punto di piangere.
Molte volte Brian si
era chiesto con chi piangesse ora che lui non c'era. Sapeva che era
sempre stato l'unico con cui riusciva a farlo, glie lo aveva detto lei
molte volte. Decise di non pensarci e rimase solo coi suoi dubbi e le
sue frustrazioni. Poi, nel silenzio più totale, era
scoppiato a piangere.
**
Note: Ancora una
volta scusate per l'immenso ritardo ma ho dovuto mettere in paro alcune
cose a scuola. Ho sistemato questo capitolo negli ultimi giorni
nonostante fosse finito ormai da un po' di tempo.
Come sempre, fatemi
sapere cosa ne pensate lasciando una recensione. Nel frattempo vi
prometto che i prossimi aggiornamenti saranno più regolari,
giuro! ^^
|
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Capitolo 5 *** 4 - Coming back as we are ***
© Amor Vincit Omnia,
15/04/2012
Con immenso ritardo, come sempre, pubblico il nuovo capitolo. Buona
lettura.
***
Nobody said it was easy,
It's such a shame for us
to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it
would be so hard,
Oh take me back to the
start.
Il vantaggio dei tour è che impari a conoscere il mondo
mentre fai ciò che ti piace fare e Salt Lake City era solo
uno dei tanti profili di città che con il tempo aveva
imparato a conoscere a memoria.
Era una giornata estremamente soleggiata, ed era mezzogiorno, quindi il
sole picchiava forte sopra le loro teste. Erano in tour da poco
più di una settimana e avevano già toccato varie
città dell'entroterra americano; quei pochi giorno erano
passati sotto i loro piedi e sopra le loro teste con una
velocità particolare, ma l'atmosfera era rimasta ancora
surreale. Ci sarebbe voluto del tempo – inevitabilmente
più di una sola settimana – per prendere coscienza
di loro stessi, per capire che in un modo o nell'altro stavano andando
avanti. Brian, dal canto suo, era fermamente convinto che quel tipo di
consapevolezza sarebbe arrivata con il tempo, molto più di
quanto ognuno di loro poteva aspettarsi.
Nonostante questo, quel leggero venticello caldo che gli accarezzava la
pelle aveva contribuito a portare qualche sorriso in più sui
loro volti. Brian respirava l'aria calda attorno a lui e osservava il
cielo estremamente azzurro sopra la sua testa, e arrivò
quasi a sfiorare quella sensazione di onnipotenza che aveva dimorato in
lui per pochi mesi prima della dipartita di Jimmy. Con quella
sensazione strana poteva quasi arrivare a credere che fosse possibile
uscire da quella situazione, in qualche modo.
La situazione con Emily non era evoluta, nonostante lei avesse cercato
più volte di stabilire un contatto con lui. L'ultima notte,
in particolare, Brian l'aveva passata a rigirarsi nella cuccetta
rimuginando sui suoi pensieri in maniera a tratti corrosiva. Non poteva
affermare che i tentativi di Emily stessero scavando un buco
nell'acqua, essendo loro stessi il motivo principale della sua
insonnia. Attualmente, il cervello di Brian era diviso in due parti ben
distinte e contrapposte tra loro.
Matt parlava ad alta voce al telefono, probabilmente con Valary, a
pochi passi da lui, mentre si avviavano per le vie di Salt Lake
City. Accanto a lui Johnny e Zack si scambiavano opinioni sui
migliori sushi bar della zona.
« E' inutile che vi mettiate a blaterare come delle checche
sofisticate, non riuscirete mai a portarmi a mangiare sushi »
affermò fermamente agli altri due.
Zacky lanciò a Johnny un'occhiata d'intesa.
« Non ci giurerei » disse.
Brian pensò che niente è come sembra. Ti vedi
questi due grandi e grossi su un palco che si sbattono e fanno le facce
da duri, poi li vedi adesso con gli occhi sognanti per un po' di sushi.
Niente è come sembra, gli sembrava più che ovvio.
Poi rise, perché in fondo Zacky aveva immensamente ragione.
« Però in quel negozio adesso ci andiamo
» disse Johnny dirigendosi direttamente all'entrata di un
piccolo negozio di vestiti punk, gotici e alternativi in generale, uno
di quei negozi a cui Brian avrebbe volentieri dato fuoco.
« Ah, no! » disse Brian. Nel frattempo il suo
cellulare iniziò a squillare, salvandolo da quella che si
prospettava essere una brutta mezz'ora.
Li lasciò entrare nel negozio e proseguì dritto
per conto suo, con il telefono all'orecchio.
« Pronto? »
« Ciao amore! »
« Dai, non chiamarmi così » replico lui,
leggermente infastidito.
« Sei noioso, Brian, sappilo. Come sta andando la vacanza?
»
« Magari fosse una vacanza, è più
stressante di quel che credi »
« Sì lo immagino, deve essere difficile »
« Già »
Casey lo faceva innervosire quando entravano in certi discorsi. Parlare
con lei di Jimmy era sempre inutile. Lei non lo aveva conosciuto, e
anche se poteva sembrare un dettaglio tralasciabile, non lo era
affatto. Però era per questo che l'aveva cercata, no? Per
avere accanto qualcuno che non fosse li per ricordargli tutti i giorni
lo stesso dolore di sempre. Qualcuno che non fosse come Emily. E quindi
c'era stata Casey.
Brian sviò la conversazione su argomenti più
leggeri, giusto per non rovinarsi la giornata per così poco,
e stettero a parlare al cellulare per un'abbondante quantità
di minuti prima che Brian si fermasse, accorgendosi di essersi perso
nei meandri di quella città.
« Casey, credo sia meglio che io vada a cercare gli altri, o
rischio di non tornare a casa neanche tra un anno » disse,
poco prima di chiudere il telefono e rimetterselo in tasca.
Nel momento in cui si volto per fare il punto della situazione,
sentì un forte peso sulla schiena. Solo dopo pochi secondi
fu in grado di realizzare che quell'ammasso che gli si era catapultato
addosso non era altro che la somma dei corpi di Jason e Matt Barry.
Dietro di loro, e dietro ai loro schiamazzi, si nascondevano Emily e
Adam – fratello minore di Zack – con il loro passo
lento e appartato. Emily teneva il suo compagno a braccetto, e questo
fu un dettaglio per Brian molto simile ad una piccola scheggia di vetro
piantata sotto un piede: piccolo e estremamente tagliante.
Cercò di ignorare la scena, ma prima che potesse distogliere
lo sguardo, Emily aveva già preso le distanze da Adam in
maniera quasi automatica.
« Allora, abbiamo deciso dove si va a cena? »
chiese Jason, rivolgendosi con lo sguardo verso Brian.
« Non lo so, ma dobbiamo trovare un modo per evadere dal
progetto-sushi di Zacky »
« Sarà dura » disse Matt.
« Ma ce la faremo » concluse Brian.
Emily rivolse uno sguardo preoccupato agli altri: lei adorava il sushi,
ma non lo disse, intuendo che eventuali precisazioni sarebbero state
pericolose.
Nel tragitto verso il centro cittadino, Brian si voltò ad
osservarla, notando che il suo naso e le sue guance erano leggermente
arrossate. Lei si voltò e gli sorrise impercettibilmente e
lui distolse lo sguardo immediatamente. Succedeva sempre
così ogni volta che i loro volti si incontravano.
Che a pensarci bene lei e Casey potevano essere i poli opposti di una
cosa sola. Erano entrambe inevitabilmente affascinate dall'arte, e la
cosa in cui differivano era che la prima ragionava la sua arte in modo
razionale, l'altra invece si faceva sempre trascinare via. Brian
pensò che Emily era diventata così concreta solo
negli ultimi tempi precedenti alla morte di Jimmy. Non che prima fosse
tra le nuvole, ma questa sua caratteristica era andata man mano
affermandosi e dominando nel suo carattere così vario,
proprio in quel lasso di tempo. In un certo senso, le cose erano
iniziate a cambiare, negli ultimi tempi, un po' per tutti. Brian
pensò che forse non era stato Jimmy a far cambiare le cose.
Magari erano destinate a mutare a prescindere, ed era una prospettiva
decisamente rassicurante per tutti loro.
Ad un tratto, durante il tragitto, Brian vide Jason e Matt prendersi a
braccetto e abbassare la testa l'uno verso l'altro come per non farsi
sentire dagli altri. Accanto a loro c'era Adam, che sembrava non
curarsi di ciò che gli altri due stavano facendo.
Brian ebbe il primo sospetto quando si accorse che Emily, in tutto
questo, era l'unica ad essere rimasta in linea d'aria con lui. Col
passare degli attimi, quello che era un sospetto si
concretizzò fino a divenire palese. Sia Jason che Matt
iniziarono a guardarsi intorno con aria sospetta, e alla prima stradina
iniziarono a correre all'impazzata trascinandosi dietro Adam che, dal
canto suo, non aveva né intuito né saputo niente.
A Brian non disturbava il dover rimanere necessariamente solo con Emily
più del fatto di essere consapevole che i due gemelli
avrebbero continuato così fino alla fine del tour. Uno
scherzo bello e buono, divertente senz'altro per delle menti ristrette
come le loro. L'unica cosa di cui Brian poteva essere infinitamente
grato era stato avergli portato via dalla visuale la lunghissima cresta
fucsia di Adam. Non aveva mai avuto niente contro di lui, ma quella
volta, solo per quel tour, gli sembrava di troppo.
Emily li guardò scappare via con gli occhi spalancati, e
quando la vide, Brian fu sicuro che il suo cuore iniziò a
battere all'impazzata. Infatti, quando succedeva, le sue reazioni
involontarie erano: guardarsi i piedi con improvviso interesse,
mordersi il labbro inferiore, e abbandonare le braccia a loro stesse
per la troppa agitazione. Le credenziali c'erano tutte, e Brian si
stupì di farle quest'effetto, ma fu anche il dato perfetto
per aumentare il suo ego sempre di più.
« Adam è uno apposto »
accennò lui, mentendo a se stesso. Se il loro scopo era
quello di metterlo in imbarazzo, non ci sarebbero riusciti. La sua
capacità di controllare le situazioni avrebbe avuto la
meglio, perciò tanto valeva iniziare a sciogliere il
ghiaccio.
« Sì, lo è, davvero » rispose
lei, alzando lo sguardo solo per un secondo. Vederla così
disarmata gli aveva sempre fatto effetto. Non era la vera lei, questo
lo sapeva. Nel suo comportamento estremamente controllato, lei aveva
sempre saputo dove andare e come fare per arrivarci. Era uno dei punti
che avevano in comune: avere sempre il controllo di se stessi.
Una delle cose che Brian aveva maturato durante la sua notte insonne,
era l'incapacità di tenere il muso a una come lei. Oltre al
fatto che la convivenza sarebbe stata per tutti un inferno se avessero
continuato con la loro politica di repulsione reciproca, c'era anche da
puntualizzare che un'amore come il loro non si cancella con pochi mesi
trascorsi separati. E quella era stata la prima ammissione che Brian si
era concesso. Il primo chiodo era saltato, la prima barriera
affrontata. Ciò che lui non voleva, era cedere
completamente. Il suo orgoglio, lui non lo avrebbe mai abbandonato.
Dopo pochi secondi, lei sembrò riprendersi dallo sconforto
iniziale.
« Non voglio che pensi che ci sto provando con Adam
»
« Infatti non l'ho pensato » rispose Brian, al tono
fermo e deciso di Emily « e anche se fosse, perché
dovrebbe interessarmi? »
Emily sembrò ricordare tutto il dolore che evidentemente
doveva aver provato quando Brian l'aveva lasciata, perché
arricciò impercettibilmente il naso e volse lo sguardo
altrove, fisso su un punto imprecisato.
Aveva i capelli raccolti in una piccola coda nera, ed era struccata.
Per un secondo, Brian fece trapelare un pensiero innocente, di cui si
pentì immediatamente. Era bella, straordinariamente bella.
« Io non dico che non possiamo convivere insieme per il tempo
di questo tour, se te lo stai chiedendo » disse lui,
avvicinandosi leggermente al suo orecchio e ridestandola dai suoi
pensieri.
« Sapevo che avresti ceduto, prima o poi »
« Ma è necessario lasciarci alle spalle tutto
quello che è successo tra noi »
continuò senza dare peso alle parole di lei.
« Devi metterti in testa che il passato non si cancella,
Brian, e se decidi di cancellare me, decidi di cancellare anche tutto
quello che è stato di Jimmy. O entrambi o nessuno, non si
può sezionare il passato » il suo tono era
aumentato leggermente.
« Cosa c'entra Jimmy adesso? Perché in un modo o
nell'altro riesci sempre a mettercelo in mezzo? Adesso non c'entra,
Emily, non c'entra proprio niente! »
Quando disse quelle parole, Brian ebbe quella sensazione che ti prende
quando menti anche a te stesso. Come poteva dirlo, se ogni volta che
guardava Emily, ci vedeva dentro Jimmy e tutto quello che quegli stessi
occhi avevano visto? Optò per l'opzione meno rischiosa:
evitò di continuare ad inveire contro Emily, e
fortunatamente in lontananza scorse i profili di Matt e Zacky.
Iniziò a correre senza aggiungere altro, e la
lasciò da sola a continuare il tragitto, cercando di
scappare, per come poteva, dal fantasma di una vita che voleva non aver
vissuto.
Sapeva che il suo comportamento era da bambino, ma era una
consapevolezza sepolta nei meandri del suo ego, ed era per questo che
poteva permettersi di non accorgersene. Non le rivolse la parola per
tutto il resto della giornata, e quando il sole cominciò a
calare, lui si sentì un po' più solo.
L'estate si stava avvicinando, e le giornate cominciavano ad
allungarsi. In quel momento, sotto quel cielo azzurro scuro ma
estremamente luminoso, lui stava cominciando ad odiarsi.
Aspirò profondamente dalla sigaretta che aveva in mano
mentre con l'altra torturava l'accendino rosso.
Ti accorgi che l'inverno sta finendo quando a quell'ora della sera il
sola cerca ancora di allungarsi nel cielo. Si dilata tanto da
deformarsi pur di non far spazio alla notte. E tu senti che dovresti
fare come lui, che dovresti iniziare a tenere duro e rinascere con la
fine della primavera. Per lui non era così, e questo era
forse uno dei motivi per i quali stava così dannatamente
male.
Aveva iniziato ad odiarsi senza un motivo preciso, solo
perché odiare se stessi diventa più facile che
odiare il resto del mondo. Mille cose gli si ingarbugliavano nella
gola, alcune provenienti dal cervello, altre dal cuore, e non trovavano
uscita ma combattevano ardentemente nei meandri delle sue corde vocali.
Di solito la parte migliore dei tour erano i concerti, quella volta
invece erano i momenti come quello, quando non c'era niente da fare e
potevi prenderti un momento per fuggire dalla tua stessa vita.
Iniziò a pensare a Casey, e si ricordò di doverla
chiamare. Compose il numero e portò il cellulare
all'orecchio. Lei rispose con un'imprecazione.
« Cazzo, mi è caduta una pentola su un piede!
»
Brian trattenne a stento una risata.
« Casey, stai bene? »
« Sì, sì, eccomi » rispose
lei, dopo qualche secondo.
Brian cercò di immaginarsela mentre cercava di cucinare
senza riuscirci. Inutile dire che il cuoco di casa era sempre stato
lui. Lei non ci era mai stata portata, rischiava sempre di mandare a
fuoco la casa, e questa sua poca autonomia a volte lo divertiva, altre
volte lo irritava.
Casey era una ragazza scappata di casa a diciotto anni per i continui
litigi con i genitori, la classica storia di un'adolescente ribelle, e
di li in poi aveva vissuto con sua nonna, santa donna che suo malgrado
era costretta a trattarla un po' come una bambina. Così era
cresciuta e così era diventata. Forse non era colpa sua,
quel suo non saper vivere per i fatti suoi, ma forse, invece, era colpa
sua la perseveranza su quella linea.
Vivevano insieme ormai da qualche mese, e Brian aveva cominciato ad
amare anche il suo lato sbagliato.
« Non credi sia meglio ordinare dal cinese? »
« No, ce la posso fare. Vedrai, in pochi giorni
diventerò una cuoca provetta »
« Dimmi solo che al mio ritorno casa sarà ancora
intatta »
« Quanta poca fiducia nelle tue parole, signor Haner
» lo rimproverò scherzosamente. « Come
sta andando in tour? » continuò.
« Bene. E' sempre difficile, ma va bene così
»
« Emily? »
A Brian si seccò la gola.
Casey ed Emily erano state molto amiche, in un tempo che ora sembrava
dannatamente lontano dalla realtà. Erano state sorelle
più che amiche. Il loro rapporto aveva sempre superato
qualsiasi cosa. Poi Brian aveva scelto Casey, e la loro amicizia era
finita con la stessa facilità con cui era iniziata, senza
che Brian spendesse troppe parole per spiegare tutto a Casey.
Era un vita piena di rancori, quella di Casey. La malinconia la seguiva
ovunque, ma col tempo aveva imparato a nasconderla con quel velo di
isteria che a volte non dispiaceva.
Quando Brian le aveva detto di Emily e del tour, l'altra si era
irritata, e, anche se non voleva darlo a vedere, Brian se ne era
accorto. Per questo, nelle chiamate che seguirono, Brian non aveva mai
accennato niente all'argomento. Ora quella domanda. Due parole. E in
qualche modo Brian si era spaventato.
« Tutto bene, non ci siamo ancora rivolti la parola
» mentì, sapendo che comunque lei non gli avrebbe
mai dato consigli a riguardo. Aveva sempre cercato di ostentare
disinteresse. Non si era mai sbilanciata con i consigli. E a entrambi
andava bene così.
« Ora devo andare, sento puzza di bruciato. Ti amo
»
« Corri! Ti amo anch'io » disse, incrociando gli
occhi di Emily salire sul tourbus. Rimase agonizzante per qualche
secondo, poi chiuse la chiamata. Si accorse che conciliare i due mondi
si stava rivelando impossibile.
Stava uscendo dal bagno quando qualcosa di nero gli andò
addosso. Ci mise un po' a capire cosa fosse, o meglio, chi fosse. Poi
se ne accorse. Era vestita di nero da capo a piedi: brutto segno. Di
solito lo faceva quando non si sentiva bene mentalmente. Era come un
allarme, era il suo modo per dire agli altri “attenti, non
fatemi incazzare che oggi non è giornata”, e lui
lo sapeva bene.
« Scusa! » esclamò immediatamente mentre
lei faceva lo stesso. Poi si guardarono negli occhi e Brian
abbassò immediatamente lo sguardo, involontariamente.
Il corridoio era immerso nell'ombra silenziosa: gli altri erano tutti
in cucina. L'unica luce presente a rischiarare l'atmosfera era quella
proveniente dal bagno. All'improvviso, la porta alle spalle di Brian si
richiuse e entrambi rimasero al buio completo. Per una frazione di
secondo, quasi impercettibile, a Brian sembrò di sentire il
cuore dell'altra palpitare in modo irregolare. Solo in quel momento
percepì la loro vicinanza, e realizzò che il
corridoio doveva essere troppo piccolo per entrambi.
Proprio quando stava per interrompere l'incantesimo, lei
aprì bocca per parlare.
« Cosa ci sta succedendo? » gli
sussurrò.
Lui non rispose, raggelato dal suo sussurro, così
incredibilmente serio. La lasciò continuare da sola.
« Siamo tornati bambini, non te ne rendi conto? »
chiuse la bocca per pensare alle parole giuste. « Ti ricordi
quella volta che ti avevo beccato mentre baciavi Jessica, quando
eravamo alle medie? Ecco, sta succedendo esattamente come quella volta,
e il fatto che ora non stiamo più insieme non cambia le
cose: i tuoi atteggiamenti, e anche i miei, sono gli stessi. Ci
evitiamo come se avessimo qualche malattia mortale addosso, non ci
guardiamo negli occhi mai, non ci consideriamo. »
« Cosa pretendi? »
« No, tu cosa pretendi. Ero io quella che è stata
lasciata sola, tu che mi hai lasciato, e sempre io quella che ci
è stata male. Al mio posto un'altra persona ti avrebbe
mandato a quel paese, ma sai come sono fatta e sai che non riuscirei
mai a tenerti il muso neanche se volessi. »
In qualche modo, con le sue parole, Emily era stata scoperta.
Perché il suo messaggio, seppur implicito, era arrivato ai
cuori di entrambi con una chiarezza immediata e fatale.
Brian rimase in silenzio davanti ai suoi sentimenti messi a nudo per la
prima volta. Emily stava cercando di dimostrarsi forte, pur sapendo che
per Brian lei era un libro aperto, che sapeva leggere dentro ai suoi
discorsi cose che neanche lei sapeva di aver detto. Ed era un
comportamento involontario, da parte di Brian, automatico, per certi
versi.
Abbassò lo sguardo su di lei, e fu tentato di abbracciarla,
ma non lo fece. Stette lì ad osservare il lieve profilo del
suo volto, come se non fosse veramente lì.
Brian capì. Capì di non poter affibbiare colpe
agli altri. Capì di essere stato l'unico a rovinare la sua
stessa vita e quella di qualcun altro. Capì che il suo
continuo tormentarsi dipendeva interamente da lui, a prescindere da
Casey, e dagli altri del gruppo. Dipendeva solo da lui. Si
caricò di un peso maggiore, e fu insicuro inizialmente: non
sapeva se sarebbe stato in grado di continuare così. Se
avrebbe mandato tutto all'aria – il tour, Emily e Portnoy
– tornando a casa da Casey e sposandola. Abbracciando l'unico
porto che per quanto instabile era una certezza. Ma a cosa sarebbe
valso? Era come vivere in una campana di vetro: alla fine ti rendi
conto che non stai vivendo la vita che volevi. Ma Brian non sapeva
ancora se fosse un rischio che era pronto a correre.
Qualcuno aprì la porta che univa il corridoio alla cucina, e
il lieve profilo che prima Brian stava osservando si
illuminò di più, scoprendo i tratti del naso e
degli occhi e della bocca. Allora lui sorrise in modo involontario, e
quel suo non essere completamente padrone del suo corpo lo faceva
sentire dannatamente disarmato. Lei sorrise di rimando e se ne
andò a passi lenti verso la cucina. La vide stappare una
bottiglia di birra e cominciare a divertirsi.
Qualcosa, in quegli attimi, era cambiato, e Brian concretizzava quel
pensiero mentre la raggiungeva, mentre stappava anche lui una bottiglia
di Birra fresca.
Qualcosa era cambiato, e non faceva più paura.
***
Note: Sono
le 10:41 di Domenica mattina e sento che vorrei morire qui. La scuola
mi sta uccidendo e se oggi riesco a pubblicare è
pressoché un miracolo. Quindi ripagatemi lasciando una
recensione, su! ^^
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Capitolo 6 *** 5 - Eravamo Bellissimi ***
©
__Aivlis, 13/05/2012
Capitolo cortino,
spero vi piaccia comunque.
***
Per giorni interi, per i
giorni che ci hanno divisi.
Eravamo
bellissimi, eravamo bellissimi.
Avete presente quando
i giorni passano e non te ne accorci neanche? Ti svegli una mattina, e
la settimana è appena iniziata, arrivi alla Domenica che
sembra passato il tempo di un battito di ciglia. Era esattamente questo
che aveva in mente Brian quando si era alzato, quella mattina. La
sensazione di stare bene, ma di essere consapevole dello scorrere del
tempo, come avere una clessidra al posto del cuore a ricordarti che il
tempo non è mai sufficiente quando ti senti un po' in colpa
col mondo. Però stava bene.
Si tirò su
seduto dalla sua cuccetta e si strofinò gli occhi con le
punte delle dita. Si alzò di malavoglia e andò in
cucina. Vide Emily già pronta mentre smanettava tra le
stoviglie, poi il suo sguardo si posò sulla tavola imbandita
per due, e riconobbe subito il cibo che vi era stato posato. Toast e
burro, una spremuta di arancia e caffé solubile.
Cercò di ricordarsi l'ultima volta che aveva fatto una
colazione del genere, ma il suo cervello veniva automaticamente portato
a quasi un anno prima, quando stavano ancora insieme. Era la sua
colazione preferita, ma lui continuava ad ignorare il motivo di
quell'atto d'amore così esplicito.
« Buongiorno
» gli sorrise lei. In quei giorni era cambiata. Da quando le
cose avevano preso a girare per il verso giusto, lei era diventata
felice come non l'aveva mai vista durante tutto il tour. E la cosa che
più lo spaventava era che vedeva lo stesso sorriso nel
proprio volto quando si specchiava, e non si era mai visto
così da quando Jimmy era morto.
« Buongiorno
» rispose, sorridendo dubbioso.
Emily era diventata il
punto fisso delle sue giornate, come era ovvio che accadesse. In un
certo senso, ne era stato convinto fin dall'inizio del tour, che le
cose sarebbero cambiate, ma non aveva voluto ammetterlo. Cercava di
vivere quei momenti come se tutto andasse come voleva lui.
Perché gli uomini a volte hanno bisogno di questo, di
credere che tutto stia andando fottutamente bene anche se magari non
è così. E nei momenti come quello, Casey
diventava una lontana presenza e forse fastidiosa, anche se
quell'aggettivo lui non l'aveva mai usato. Cosa c'era che non andava?
Qual'era il problema? Nella sua testa, assolutamente niente.
Nell'oggettività dei fatti, tutto.
Capitava a volte, ma
raramente, che il suo cervello si soffermasse un po' troppo
sull'oggettività, quella tanto temuta sia da lui che da
Emily. L'oggettività. Si stava per sposare, quando invece
nei suoi pensieri c'era un'altra. E vista così poteva
davvero passare per una delle classiche storie da commedia americana.
Lui sapeva che non era così. Che dietro a quel legame c'era
molto di più. C'era lo stesso sguardo sugli occhi di
entrambi, una vita passata a crescersi a vicenda. E se ci pensava gli
si riempiva il cuore di gioia, gli ricordava che nonostante
tutto la sua vita era stata stupenda, e tutto grazie a lei e a
quei suoi capelli corvini, e al sapore del suo corpo e a tutto il
resto.
Si sedette sul tavolo
e diede un'occhiata all'agenda sul suo cellulare. Scorse vagamente
tutti gli appuntamenti della giornata, poi si soffermò sulla
data, e fu come se quello fosse stato il dettaglio mancante di un
quadro assolutamente perfetto. Era il loro giorno, quello che loro
chiamavano anniversario
anche se non lo era. Era semplicemente la data di un giorno qualsiasi
in cui erano stati davvero bene, tanto da decidere che quello sarebbe
stato il loro anniversario, il loro giorno, quello in cui si
ricordavano il loro amore più degli altri giorni, quello che
celebrava
tutti gli altri giorni.
Adesso tutto aveva un
senso.
Si voltò
verso di lei e le sorrise involontariamente, per farle capire che c'era
arrivato. E lei fece lo stesso mentre si sedeva davanti a lui.
La cosa strana di quei
giorni era che non si erano mai detti niente direttamente, ma dentro di
loro sapevano già tutto. Avevano ripreso a parlare come una
volta, a riempirsi la bocca di quei discorsi futili e immaginari di
sempre, fatti così, per passare il tempo, o forse per dirsi
involontariamente altre cose. Avevano ripreso ad essere amici, a stare
bene insieme, senza mai spingersi oltre il limite dell'ovvio, anche se
troppe volte avevano rischiato.
Gli si sedette davanti con la sua tazza in mano e ne bevve un sorso
tenendo gli occhi sul petto di lui. Aveva una spessa linea di matita
sotto gli occhi che le faceva risaltare il colore chiaro dell'iride.
«
Quanto tempo è che non ci concediamo una colazione del
genere? » disse lui, spalmandosi del burro su un toast.
«
Troppo tempo » disse Emily di rimando.
«
Beh, allora spero che questa sia una buona giornata per tutti. Mi sto
quasi abituando all'idea del tour »
«
Inizi ad abituardi a meno di un mese dalla fine? » disse lei,
alzando un sopracciglio.
«
Giusta osservazione » controbatté lui addentando
il suo toast.
La cosa che lo colpì di più fu la perfezione
degli elementi del tavolo imbandito. Per certi versi fu come una
pugnalata, come un segnale d'allarme. Lo riportava al passato, lo
riportava in una vita diversa, ad un Brian necessariamente diverso da
quello che ora sedeva su quel tavolo. Era tutto completamente diverso.
Ad un tratto il cellulare squillò, Brian lesse il nome sul
display: "Casey".
Un nuovo tramonto, un
nuovo giorno che finisce, una nuova città da visitare.
Brian aveva preso quel
vizio da un po', ormai, ma gli era sempre piaciuto, sin da quando era
bambino. Verso le sette di sera, dopo cena, prendeva la sua chitarra
acustica e andava a cercare un posto - un qualsiasi purché
fosse bello - dove guardarsi il tramonto e fumarsi qualche sigaretta.
Era nei momenti come quello che aveva creato le canzoni che avevano
avuto più successo, quelle più belle e anche
quelle più sentite.
Il tramonto quel
giorno era estremamente bello. Più del solito, ma forse era
lui a vederlo più bello.
Si tolse la sigaretta dalla bocca e riprese a suonare, stando attendo a
non rovinare la chitarra con la sigaretta.
Ad un tratto
sentì qualcuno togliergli la sigaretta di mano e
alzò lo sguardo. Vide Emily portarsela alla bocca e aspirare
un lungo tiro. Rimase a guardarla senza crederci. Lei era sempre stata
quella buona, dei due, quella con la testa sulle spalle, che le cazzate
le fa e tante, ma sempre con la rete di protezione.
« Che
novità è questa? »
« Una come
tante »
In quel momento Brian
si accorse del suo tono di voce, le sembrava malinconica.
Allora riprese a
suonare senza farci caso, e la sentì sedersi accanto a lui
senza dire niente. Dopo poco smise e la guardò. Quel
tramonto le rischiarava gli occhi ancora di più. Era cento
volte più bella di sempre, e lui non aveva mai creduto che
fosse possibile.
Appoggiò la
chitarra accanto a sè e stette un po' lì con le
mani in mano a guardarla fumare con le sopracciglia leggermente
aggrottate e lo sguardo perso in chissà quale dei troppi
colori che avevano davanti. Tra un tiro e l'altro, teneva la sigaretta
molto vicina alle labbra; quella era una delle poche volte che l'aveva
vista fumare.
« Cosa
c'è che non va? »
« Dimmelo tu
»
Aveva fatto centro, e
lui capì che quello sarebbe stato il punto di svolta, che
era arrivato il momento di decidere.
« No, non ti
sto chiedendo di decidere, se è questo che pensi »
gli disse lei, avendolo letto nel pensiero, cosa che ormai non li
spaventava più.
Brian non disse
niente, prese a tormentarsi le dita mentre pensava a quella fottuta
situazione e a come c'erano arrivati. Pensò che erano ancora
in tempo a mollare tutto e tornare come prima, senza parlarsi, senza
darsi adito a vicenda, ma non era quello che voleva. Ma dall'altro lato
c'era Casey e le sue proprietà salvifiche, il suo modo
così dolce di curarti le ferite, come aveva fatto con lui
quando lo aveva trovato, quel giorno in quel locale, a piangersi
addosso.
« Ma cosa ci
sta succedendo, secondo te? »
Erano due che della
vita non ci avevano capito un cazzo. Due qualunque, davanti ad un
tramonto qualunque. Con i loro problemi e le loro paranoie e le loro
vite vissute a caso, senza pensarci. Sembravano arrivati al capolinea;
potevano decidere di scendere e finirla, o di rimanere su e continuare.
Emily alzò
lo sguardo su di lui, uno sguardo che poteva voler dire mille cose, e
forse erano mille le cose che voleva dire ma non lo faceva, se le
teneva per se, pretendendo che lui la capisse lo stesso.
« Sto per
sposarmi... »
« Non
facciamo niente di male se torniamo amici, non è
un reato e non è adulterio »
« Forse hai
ragione, mi faccio troppe paranoie » disse Brian tornando con
lo sguardo verso il sole, ormai quasi invisibile.
« Come
sempre... » rispose lei portando la sigaretta alla bocca.
Si sentirono degli
urli, e Brian dedusse che Zacky era già ubriaco. Oggi era la
serata dedicata all'alcol, lo aveva annunciato nella mattinata, ed
evidentemente aveva già iniziato a darci dentro.
Entrambi si voltarono
e vennero travolti da Zacky-la-valanga, che gli era violentemente
piovuto addosso.
« Vi voglio
bene, vi voglio troppo bene! » prese a dire, con gli occhi
semichiusi e la bava alla bocca.
« Pensavo
avesse appena iniziato, non che fosse già così
ubriaco » esclamò Emily cercando di non farsi
trascinare giù da Zacky.
« Forza,
tirati su, torniamo nel tourbus! » disse Brian cercando di
alzarlo e portandoselo dietro.
« Sta per
finire, non riesco a crederci! »
Probabilmente era la
prima volta che Matt sorrideva sinceramente dopo molti mesi.
Brian lo osservò in silenzio cercando di immergersi in
quell'atmosfera festosa, nonostante i mille pensieri che gli volavano
in testa.
Era un bel momento, e
sentiva di non riuscire a calarsi perfettamente nell'allegria generale.
Però era quello di cui avevano avuto bisogno, era quello che
erano andati cercando in tutto quel tempo, ed ora era lì,
davanti ai loro occhi; semplicemente un po' di calma, un po' di svago,
sentire i nervi rilassati, prendersi una pausa. Quella sera era tutto
questo messo insieme, e Jimmy era con loro; non un ricordo lasciato
alle spalle, ma la realtà da sopportare insieme, la
compagnia da condividere nonostante tutto. Ma Brian non c'era, non era
lì. Il suo sguardo cercava di superare il vetro appannato,
cercava qualcosa al di fuori di tutto, qualcosa che non riusciva ad
inquadrare veramente.
Osservò
Emily, si soffermò troppo sui suoi lineamenti; gli succedeva
spesso ultimamente.
Di notte non si deve pensare, è per questo che si dorme,
perché si da ascolto ad un'altra parte del cervello. Lui lo
sapeva, ma il suo cervello continuava a vagare su quelle curve che
conosceva a memoria.
« Alla fine
di tutto è stato un bel tour » sentì
dire da Zacky. Sarebbe intervenuto e gli avrebbe dato ragione, se non
fosse stato così assente.
« Jimmy
sarebbe orgoglioso di noi » sussurrò Johnny, con
lo sguardo basso sulle sue mani. A vederlo in quel modo sembrava un
bambino piccolo, qualcuno che ha bisogno di aiuto. L'aria festosa si
attenuò, e più o meno tutti divennero pensierosi.
Qualcuno provò a scaldare l'aria con qualche battuta senza
riuscirci.
Brian si alzò e andò verso le cuccette; sentiva
di dover stare da solo.
La notte lo uccideva
dentro, e non capiva perché. Nella sua testa c'era Emily,
quella volta che si era messo a lanciare i sassi alle anatre e lei gli
aveva urlato contro di smetterla. Ricordava che aveva le lacrime agli
occhi, lui ci era rimasto malissimo.
Oppure la prima volta che avevano dormito insieme, solo dormito, e la
mattina la prima cosa che aveva visto era stato quel viso ancora un po'
da bambina e gli aveva sorriso il cuore. Non ricordava più
quella sensazione. Con Casey non era lo stesso. Avevano 20 anni, si
sentivano forti e indipendenti.
Nella sua testa c'era quel giorno in cui l'aveva abbracciata ed era
stato diverso dal solito. Era stata la prima volta che aveva pensato di
poterla amare.
Appoggiò le braccia sulla cuccetta in alto, quella di Matt,
e vi appoggiò sopra la fronte.
Doveva riprendere
respiro.
C'erano troppe cose ed
erano lì tutte insieme, come una melodia fastidiosa e
prorompente, qualcosa che vorresti far cessare a tutti i costi per
quanto sia incredibilmente bella e dolorosa. Come il canto delle
sirene, qualcosa di alienante.
Emily aveva sempre le
mani gelate, anche d'estate. Aveva il vizio di strofinarsi il naso dopo
che qualcuno glie lo aveva toccato, era buffa. Si commuoveva spesso.
Una bella melodia.
Alle spalle di Brian la porta si aprì e venne sbattuta
subito dopo. Ora Brian aveva il naso inondato di quel profumo che non
era cambiato per tutto quel tempo, non ci voleva un genio per capire
che dietro di lui, forse proprio a qualche passo di distanza, ci fosse
lei. Si sentiva osservato.
Si voltò e
la vide. Il cervello in tilt, sì, sicuramente.
C'è che di
notte non puoi renderti conto di quello che fai.
Avanzò a passi decisi e le prese il viso tra le mani. In una
frazione di secondo, lei smise di respirare e lo guardò
preoccupata.
« Non
lasciarmi... » sussurrò lei.
Aveva il suo respiro
sulla pelle; i volti fusi in uno; i battiti accelerati a sincrono; con
i giorni che li avevano tenuti lontani impressi nella mente ognuno come
un incubo; era buio, ma gli occhi di lei brillavano.
***
Note: Ho cambiato
nickname, a titolo informativo. Prima ero Amor Vincit Omnia.
Bene, ultimamente sto prendendo una pausa degli impegni, e tra una cosa
e 'altra sono riuscita a scrivere il capitolo, anche se è un
po' corto. Avevo promesso che avrei fatto aggiornamenti più
regolari, non sto mantenendo la promessa, ma ce la sto mettendo tutta!
^^ Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate con una
recensione qua sotto.
|
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Capitolo 7 *** 6 - Famous Last Words ***
©
18/06/2012
Avvertimenti: Finire
questa fanfiction sta diventando più difficile del previsto.
Ma credo che questo sia il penultimo capitolo.
***
Era una di quelle
situazione che con il tempo diventano quasi stancanti. Giocare a
rincorrersi non faceva più per loro. Non c'era
più lo stesso clima, non era più la stessa cosa.
Questo era evidente.
Emily stava sdraiata
nella sua cuccetta con l'aria un po' assonnata e un cruciverba in mano.
Erano le tre, e il bus sembrava stranamente silenzioso. Probabilmente
stavano tutti dormendo, o se n'erano andati in giro per la
città. Era caldo, e lei non era proprio in vena di
passeggiate rumorose.
In realtà
stava ancora riflettendo sulla sera prima e su cosa fosse successo. Niente, si disse.
Effettivamente non era successo niente di concreto o visibile. Ma
dentro di loro sì, glie lo aveva letto negli occhi.
Quando si era
avvicinata a Brian aveva avuto paura, non faticava ad ammetterlo. Il
tour stava per finire, e questo avrebbe significato mettere la parola
fine a tutto il resto. O almeno questo era quello che aveva in testa
ormai da un po'. Una convinzione. Ed era per questo che di concreto non
era successo niente. Ma aggrapparsi ai ricordi a volte fa male come
riviverli col senno di poi. E' lacerante. Straziante.
Lei non aveva mai
capito cosa voleva davvero dalla vita. Era sempre stata
così: indecisa fino all'ultimo, istintiva fino all'ultimo. E
nella consapevolezza di un comportamento sbagliato su tutti i fronti,
commetteva errori, uno dopo l'altro, senza possibilità di
fermarsi a ragionare perché non era nelle sue
capacità. Eppure ora ci stava provando, stava davvero
provando a dare un nome ai sentimenti, a dargli una spiegazione. Ci
stava provando con tutta se stessa, a cambiare, a rendersi migliore.
Non era amore. Non lo
era più. Ma non ne era sicura. Quello che sapeva era che
quando una passione si consuma non si riaccende, e come un fiammifero,
non arde due volte.
Ma allora cos'era? La
bellezza di un ricordo? La necessità di riprendersi qualcosa
che ci si aspetta torni da te?
« Emily
» sentì qualcuno sussurrare appena fuori dalla
cuccetta.
Scostò la
pesante tendina blu e vide Brian in piedi accanto a lei.
« Cosa ci
fai qui? Non sei con gli altri? »
« Sono
andati a fare una passeggiata, non ne avevo voglia. Su, fammi spazio
che c'entriamo anche in due » disse, imponendo la sua
presenza nella cuccetta come se fosse di piccola statura.
« Brian, non
c'entriamo, non c'entriamo! » si ostinò a dirgli,
senza risultato.
Si ritrovarono
ammassati uno vicino all'altro, stretti in un abbraccio improbabile.
« Cosa stavi
facendo? » le chiese.
« Un
cruciverba » rispose Emily, con noncuranza.
Quella vicinanza era
pericolosa, e se ne rendeva conto. L'ultima cosa che voleva era creare
complicazioni, fare qualcosa senza esserne completamente sicura.
Avrebbe significato mandare all'aria tutti i buoni propositi.
Il problema
è che non riusciva a guardarlo con occhi oggettivi. Forse lo
conosceva meglio di quanto conosceva sua madre. Stavano insieme da
così tanto tempo che la visione che aveva di lui era
distorta. E ora si trovava combattuta tra la sofferenza e la paura che
aveva provato quando, mesi prima, di punto in bianco, era sparito, e la
gioia del suo ricordo, di quello di Jimmy, di un tempo che voleva a
tutti i costi far tornare.
Lo guardò
negli occhi per cercare di capire cose stesse succedendo dentro di lei,
con la speranza di trovare le risposte che cercava in quel marrone
scuro che conosceva a memoria.
Non era mai stata una
debole, e vedersi così, ora, la distruggeva.
« Sei
cambiata » le disse Brian, guardando il soffitto della
cuccetta.
Lei ci
pensò un po', e si disse che sì, era cambiata, e
forse era colpa sua.
« In cosa
sono cambiata? » gli chiese, spinta dalla
curiosità.
« Non lo so,
sei meno tu, sei meno rifinita. E poi caratterialmente sei l'opposto di
quella che eri prima. Prima eri forte, tenace, sapevi ciò
che volevi e come ottenerlo. Adesso no, e io non so neanche
più come comportarmi. Mi sembra che ogni passo falso sia in
grado di distruggerti »
La verità
di quelle parole le fece capire cosa ci fosse che non andasse in lei.
« E credo
che un po' sia colpa mia » continuò, lui.
Sì, Brian. E' colpa
tua.
« Sai.
Quando mi hai lasciata, non ho passato un bel periodo, questo mi sembra
ovvio. Mi sentivo abbandonata, tradita dal mondo. Poi senza Jimmy la
situazione non faceva che peggiorare. Devi capire che mi sono ritrovata
da un giorno all'altro senza più niente per cui valesse la
pena andare avanti. Ho vissuto nel ricordo, e credo che io lo stia
facendo anche adesso. Ho cercato di cambiare ma non ci sono riuscita.
Quando Matt mi ha chiesto di venire in tour sono diventata la persona
più felice della terra. Ho rivisto Zacky e tutti gli altri.
Mi hanno tirato su il morale, in un certo senso. Poi ho rivisto te, mi
sono ricordata di Casey e di come anche quell'amicizia fosse finita. E
mi è semplicemente caduto il mondo addosso per la seconda
volta. Se prima il ricordo anestetizzava, in quel momento feriva.
»
Osservò lo
sguardo di Brian puntato su di lei. Vedeva che non aveva il coraggio di
dire niente, né di interromperla. Semplicemente stava
lì e l'ascoltava come non faceva da anni.
« E ora, in
mezzo a tutto questo casino, sono più confusa di prima
»
« Credimi,
non sei l'unica » disse lui
Stette un po' in
silenzio prima di continuare.
« Io sto per
sposarmi, e sono davvero convinto di quello che sto facendo »
« E allora
perché continuiamo a farci così tanto del male?
»
«
Perché agli uomini piace fare così. Ci piace
farci del male ed esserne consapevole, e nonostante questo non smettere
di farlo » disse lui, con voce bassa.
« Parli come
se ci avessi capito tutto di quel che sta succedendo »
Lui si
voltò di nuovo verso il soffitto.
« E
invece... ne so meno di te »
« Oh, ne
dubito »
Ultimamente entrambi
non erano troppo abituati a dirsi le cose in faccia. Perché
è più facile fare finta di niente e fare quel che
ci pare, piuttosto che affrontare le situazioni.
Le acque sembravano
essersi calmate, e la passione sembrava volare via col tempo,
lentamente. Era surreale come sempre, come tutti i tour, ma Brian era
convinto che sarebbe finito tutto appena avessero messo piede ad
Huntington Beach di nuovo. O forse era una speranza, più che
una certezza.
Quando Brian
uscì dalla cuccetta, tutto poteva aspettarsi meno che
ritrovarsi uno Zacky dall'aria decisamente confusa davanti. Si rendeva
conto da solo che la situazione poteva essere definita ambigua senza
pensarci troppo sopra, ed era per questo che non riusciva a trovare un
modo plausibile per spiegargli che non era come sembrava.
« Non
è come sembra » sussurrò, cercando di
non farsi sentire da Emily che nel frattempo si era richiusa la tendina
alle spalle.
Zacky rispose alzando
un sopracciglio. Aveva l'aria di uno che non avrebbe bevuto una tale
risposta.
Brian alzò
una mano come a mandarlo a quel paese e si diresse in cucina.
« Stasera ci
guardiamo un film? » chiese Matt agli altri, appena Brian li
raggiunse.
« Non siamo
più quelli di una volta. In questo tour abbiamo guardato
almeno una decina di film senza stancarci... il karma sta cercando di
dirci qualcosa » disse Johnny, con un'espressione in volto
che poteva significare mille cose.
Matt Barry rispose
dandogli uno schiaffo sulla nuca, risvegliandolo così dai
suoi pensieri.
« Ma stai
zitto, va! Giusto il karma... »
« Comunque
per me va bene » intervenne Brian, aprendosi una confezione
di popcorn.
« Metti
giù quella roba, servirà per stasera, se vogliamo
guardarci questo film » lo rimproverò Matt.
Brian, in risposta, si
limitò ad aprire lo sportello della dispensa e a mostrare
l'infinita riserva di schifezze che si erano portati dietro. Era ovvio
che un pacco di popcorn in meno non avrebbe fatto differenza.
« Cosa state
dicendo? Film? » chiese Zacky entrando in cucina seguito da
Emily. Vide i suoi occhi di ghiaccio posarsi sui suoi con
un'espressione decisamente poco rassicurante.
Non sapeva cosa
passasse per la testa di quel ragazzo, ma aveva quasi paura.
Vide Emily e Adam
allontanarsi dal bus uno accanto all'altro. Li stava spiando dal
finestrino da appena dieci minuti, e gli erano bastati per intuire le
intenzioni entrambi.
Se qualcuno gli avesse
chiesto di spiegare cosa stesse provando in quel momento, lui avrebbe
risposto “niente”. E questo non significava che
vedere Emily insieme a qualcun altro non lo facesse ingelosire, ma
solamente che non si sentiva in diritto di poterlo essere. Voleva il
meglio per lei, perché se c'era qualcosa che quel tour gli
aveva insegnato, era che le voleva bene nonostante tutto, e che non
voleva farla soffrire ulteriormente.
A prescindere da
tutto, lui amava Casey, e se anche quella ammissione avesse comportato
il costringersi a soffocare un sentimento che apparteneva ad un tempo
diverso, lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto finta di niente.
Perché si trattava solamente di scelte.
Li osservò
sparire dietro ad un edificio, e per la prima volta si chiese se fosse
questo quello che anche lei voleva.
La conversazione con
Brian, alla fine, aveva portato a tutto e a niente. Era riuscita se non
altro a dirgli come stavano le cose, aveva provato a spiegare come si
era sentita quando l'aveva lasciata sola, anche se facendolo aveva
riaperto una ferita ormai chiusa da un po'. Faceva male ripensare al
dolore e a quanto tempo le era servito per rimettersi in piedi, ma ora
quello di cui sentiva di avere bisogno era aria fresca. Ed era per
questo che c'era Adam accanto a lei.
Adam era questo
ragazzo di qualche mese più piccolo di lei, con il volto da
uomo adulto e una lunga cresta rosso fuoco sparata in aria. Le piaceva,
le era sempre piaciuto.
Era un ragazzo
semplice, senza troppe pretese. Sincero e simpatico. E estremamente
timido. Uno di quelli che quando devono fare qualcosa cercano di
estraniarsi dal contesto per trovare il coraggio di farla, uno di
quelli che se ti devono chiedere di andare a prendere un gelato insieme
lo fanno senza guardarti negli occhi per evitare di iniziare a
balbettare. Ma era tenero, e ad Emily piaceva passare del tempo con lui.
Erano quasi arrivati
alla loro meta: la gelateria.
In realtà
non era un vero e proprio appuntamento. Erano stati mandati
lì da Matt e dagli altri, lui aveva solo un po' forzato le
cose a suo favore.
Lui non era come
Brian, questo era sicuro. Per quanto ancora lo potesse amare, Brian non
era un di quelli su cui appoggiarsi troppo a lungo, non era uno di
quelli di cui fidarsi per troppo tempo. O perlomeno aveva dimostrato di
non esserlo.
« Ecco la
gelateria! Ti ricordi che gusti hanno detto di volere? »
chiese Adam.
« Tutti
tranne il fiordilatte, ma lo prendiamo lo stesso perché
è l'unico gusto che mi piace »
Adam si
voltò verso di lei con gli occhi allargati al massimo.
« Cosa hai
detto? »
« Che
vogliono tutti i gusti meno il fiordilatte »
« No.
Dopo... »
« Che mangio
solo il gelato al fiordilatte » disse di nuovo, ridendo.
« Ok, io ho
una teoria sulle persone, e una sui gelati. Anzi, a dire il vero
è la stessa teoria.. »
« Dai,
sentiamo »
«
Più gelato una persona mangia, meglio so se posso fidarmi di
lei »
« Ma io
mangio molto gelato, solo che lo mangio solo al fiordilatte »
Adam
arricciò il naso, scettico.
« Non so se
è lo stesso »
« Eddai!
» esclamò Emily spingendolo un po' in
là.
Qualcosa era cambiato.
Come se una volta raggiunto l'obiettivo non ci sia più nulla
di cui parlare, nulla su cui discutere o da cercare di risolvere.
Tutto cambia. Ma
quelli erano sentimenti inspiegabili. Quella era la vita reale. Non
è come nei film, dove tutto ha il suo posto ed è
logico. La mente umana non è logica, ed è molto
più complicata di quello che uno pensa.
Si portò la
sigaretta alla bocca con noncuranza, pensando che il fumo era un di
quelle cose che l'aveva cambiata.
Perché uno
inizia a fumare? Per insicurezza? Se era per quello, tutto filava.
Era diventata
insicura, ecco cosa. Questo
era cambiato.
« Birra?
»
Si voltò e
vide Matt con due birre in mano.
Annuì
allungando una mano verso una delle due bottiglie.
Lo vide passarle
davanti e sedersi sulla sedia dall'altra parte del tavolo.
Era notte, e il
piccolo tavolino esterno era illuminato solo dalle luci gialle che
filtravano dalle finestre del bus.
« Come stai?
» le chiese.
Lei lo
guardò sospettosa, perché l'aveva presa in
contropiede.
« E' che non
te lo chiedo da un po' » si affrettò ad
aggiungere.
Emily
sembrò pensarci un po'. Come stava?
« Bene
» disse, secca.
« Io non so
come stanno le cose con Brian, ma so che è difficile
»
« Se ti
consola non lo so neanche io come stanno le cose tra me e Brian
»
Matt prese un sorso
della sua birra e guardò un po' il cielo terso e pieno di
stelle.
« Sai come
funziona? Me lo aveva detto una volta un mio amico, poi non so quanto
possa essere vero. Ma era uno che era andato in terapia per molto
tempo, in seguito a un divorzio un po' difficoltoso. Beh, lui mi disse
che quando esci da una delusione d'amore, la prima persona da cui viene
attratta è l'ultima che ti ha fatto battere il cuore. E di
solito è questo che frega tutti quelli che si decidono a
mettere la parola fine ad una storia. Allora siamo tutti convinti di
essere troppo deboli per farlo, siamo tutti convinti di non farcela, di
essere stupidi. E invece no, è il nostro cervello che
è programmato per farlo. E non chiedermi come,
perché non ne ho idea »
Nella testa di Emily,
quelle parole sembravano avere un senso. Sembravano spiegare tutto,
renderlo liquido e chiaro come non lo aveva mai visto prima.
Forse era davvero
così che funzionava il cervello, e l'unica cosa di cui un
uomo necessitava era la forza d'animo per mettere la parola fine a
qualcosa. Forze anche lei ne aveva bisogno.
Quel tour l'aveva
destabilizzata. E il fatto che stesse per finire era forse un bene per
entrambi.
« Tu sai
qualcosa di troppo, vero? »
« Diciamo
che ci sono persone in tour che non sanno tenersi ciò che
vedono per sé, ecco »
« Zacky...
quell'uomo è un ficcanaso di prima categoria »
« Non
prendertela con lui, si vedeva lontano un chilometro che c'era qualcosa
che non andava »
« E comunque
se vuoi saperlo non è successo niente »
Matt annuì
osservandola alzarsi e entrare nel bus. Si ritrovò
a pensare che la vita stava scorrendo senza briglie per tutti, in quel
periodo. Era come se senza Jimmy non ci fossero più barriere
di contenimento, come se la sua assenza fosse una presenza struggente,
in realtà. Tutti avevano bisogno di imparare a vivere di
nuovo in un mondo che non sembrava più quello di prima,
nonostante tutti facessero sempre finta del contrario.
Era un mondo strano, e
lo divideva con persone ancora più strane. Ma andava bene
così. Continuava ad essere un mondo terribilmente giusto, se
ne rendeva conto ogni volta che alzava lo sguardo al cielo e vedeva gli
occhi di Jimmy vegliare su di lui.
***
Note: Come ho
già detto, credo che questo sia il penultimo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione qua sotto ^^
|
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Capitolo 8 *** 7 - The Wild Ride ***
Avvertimenti:
Epilogo.
Il
cielo stellato è stato il primo libro che l'uomo ha letto, a
volte capita di ricordarsene. A volte capita che si sente il bisogno
di alzare lo sguardo e provare a contare i puntini luminosi che
inondano quella distesa nera che altrimenti ti inghiottirebbe vivo.
Era
l'ultima tappa del tour, ed era sera. Uno di quei tanti momenti in
cui tutti si fermano necessariamente a riflettere.
I
tour, per lei, erano sempre stati purificanti. Starsene via da casa
per un lasso di tempo che in fin dei conti è sempre
imprecisato le faceva bene.
«
Zacky, tu credi che questo sarà l'ultimo? »
«
L'ultimo cosa? »
«
Lo sai... L'ultimo tour. Intendo dire... Credi sarà la fine? »
Zacky
si voltò ad osservarla ammirare il cielo con la luna che si
specchiava nei suoi occhi, e si ritrovò senza parole da dire.
In tutto quel turbine di cose ammassate l'una sopra l'altra un po' a
casaccio, non aveva mai avuto il tempo di fare congetture. O forse
non aveva voluto pensarci.
«
Non lo so » disse. « Magari non è mai davvero la
fine, ma possiamo illuderci che lo sia. »
«
Ma perché farlo? Perché mettere la parola fine ad una
cosa del genere? Avete visto la gente ai vostri concerti, avete visto
cosa avete creato. Allora perché decidere di arrendersi
proprio adesso? »
«
Perché siamo stanchi. »
Quella
sera Zacky era di poche parole, ed Emily se ne accorse subito.
Era
solo l'ennesimo ciclo che si consumava e finiva, l'ennesimo universo
che finiva in se stesso. Un altro mondo, un'altra vita, e questa
volta la peggiore che avessero mai potuto chiedere di vivere.
La
mentalità collettiva di tutti quelli che avevano fatto parte
del tour era stata già condizionata da quel tipo di illusione.
Tutti volevano tornare a casa, e al più presto. Per alcuni di
loro, tornare a casa avrebbe significato rivedere gli occhi di Jimmy
impressi in qualche cielo o in qualche scoglio.
Ferma
su quella convinzione e combattuta tra la voglia di tornare e la
paura di sciogliere quell'incantesimo che la teneva legata ad una
vita falsa, Emily rifletteva, e da qualche parte – nel suo
cervello, o forse nel suo cuore – immagazzinava tutta la forza
necessaria, recuperava la tenacia, la voglia di rialzarsi in piedi e
far vedere di che pasta fosse fatta, di far vedere che Emily era
tornata come un tornado, e che era pronta a ricominciare. Tutto
questo avveniva lì in fondo, da qualche parte, mentre in quel
preciso istante, seduta sull'erba accanto a Zacky, era ancora solo un
relitto come gli altri.
«
Emily... » sussurrò Zacky, dopo una quantità di
silenzio trascorso.
«
Sì? »
«
Devo farti vedere una cosa. »
Emily
distolse lo sguardo dal cielo e lo posò su Zacky. Lo vide
mettersi una mano in tasca e estrarne un foglietto sgualcito
ripiegato su se stesso. Quando Zacky glie lo porse, lei lo prese
senza farsi troppe domande.
Lo
spiegò e notò la macchia circolare di una tazza di
caffé, e al tatto il foglio presentava dei piccoli cerchi in
cui il materiale era più ruvido, proprio come se qualcuno ci
avesse pianto sopra.
Quando
posò lo sguardo sulla calligrafia, le si fermò il
cuore, e sentì gli occhi ricoprirsi di lacrime. Un brivido le
percorse la spina dorsale.
There
comes a day when we all find out for ourselves that once we have the
words to say, there's no one left to tell. I know why you're running
away.
There's
a place where nothing seems to be assembled quite cohesively.
Something little shouldn't feel this way, we got a million thoughts
we can't convey.
It's
four in the mourning, you got one more chance to die. Like beautiful
stories the greatest chapters flew right by.
There
comes a day when we all find out for ourselves that once we have the
words to say there's no one left to tell. I know why you're running
away.
La
calligrafia di Jimmy si estendeva lungo tutto il foglio, e
raccoglieva parole profetiche di qualcosa di incompleto.
«
Dove l'hai trovato? »
«
Me l'ha dato Jimmy il giorno prima... » disse, senza bisogno di
completare la frase. « Sei la prima a cui l'ho fatto vedere, e
la seconda che lo legge, dopo di me. »
Emily
scoppiò a piangere con la facilità di quando era
bambina. Pianse le lacrime che minacciavano di sgorgarle dagli occhi
già da un anno, e in quel momento – stranamente e per la
prima volta da molto tempo – si sentì quasi sollevata.
Zacky
l'abbracciò in silenzio, e nel farlo provò tutto il
dolore che era lì accanto a sé. Si ritrovò con
gli occhi lucidi anche lui, sotto quel cielo stellato che conservava
i ricordi di tutti, e che forse conservava anche Jimmy.
«
Mi chiedo perché debba essere tutto così dannatamente
difficile » disse, soffocando le parole sulla camicia di Zacky.
«
Perché la vita è fatta anche di questo. Non sempre è
facile viverla, ma bisogna tenere duro fino alla fine, nonostante
tutto. »
«
Mi manca Jimmy, lui saprebbe sicuramente come comportarsi, e saprebbe
dirmi cosa fare. »
«
Ti riferisci a Brian? »
«
Sì, in qualche modo c'entra anche lui... » iniziò,
tirandosi su e cercando di asciugarsi le lacrime con la manica della
felpa. « La cosa che mi fa più rabbia... »
riprese, « è che sento che è tutto collegato.
Brian, Jimmy, voi ragazzi... Tutta la mia vita era un involucro
unico, e quando una parte di essa viene a mancare, l'involucro si
sfalda e non funziona più, e ora non so più cosa
farmene. Vivo da sola da quando Brian mi ha lasciata. Non incontro
nessuno, non ho amici, non esco mai. Lavoro da casa, e così
facendo mi ritrovo ad uscire solo per andare a fare la spesa. Ora
venire in tour mi sembra sia stata una pessima idea. Non ho le forze
di tornare a vivere come facevo prima. »
Zacky
la guardò negli occhi ancora una volta, e vide il suo cuore in
frantumi. Vide qualcosa che funzionava a tratti, un organismo
inceppato, malridotto. E in quel momento decise di prendere i cocci
di quella vita e rimetterli insieme.
«
Vieni a stare da me » disse.
Prese
la decisione di getto, ma dopo averlo detto si rese conto di quanto
fossero giusti i due pezzi del puzzle che andavano a incastrarsi.
Emily era la sua migliore amica, e averla in casa avrebbe solo
portato un po' di gioia nella sua vita altrettanto vuota. Si rese
conto di quanto avessero bisogno l'uno dell'altra.
«
Cosa stai dicendo? »
«
Paghiamo le spese a metà, e in casa c'è la camera degli
ospiti in cui puoi stare. »
«
A te la vita da single ti sta facendo partire di testa. »
E
forse Emily con quell'ultima frase aveva colto nel segno, ma a
nessuno di loro era mai importato davvero di Genna. La loro breve ma
intensa storia d'amore era sfumata come un fuoco d'artificio, e
avevano fatto presto a lasciarsela alle spalle.
La
verità era che Zacky non aveva fretta di tenersi stretta una
persona sperando duri in eterno. Lui viveva di attimi vissuti fino
all'ultimo e parole sussurrate in momenti come quello. Gli bastava
sapere che c'era qualcuno vicino a lui pronto a sorreggerlo se fosse
caduto, e sapeva bene che un'amicizia, in certi casi, vale molto più
di un amore mal corrisposto.
«
Sarà la nostra terapia. Ci salviamo a vicenda, no? Come quando
avevamo sedici anni. »
«
Quando avevamo sedici anni c'era Jimmy che ci reggeva in piedi
entrambi quando ci ubriacavamo fino a star male. »
Zacky
riportò alla memoria quel ricordo con velocità, e
sorrise. Si voltò verso il cartone di birre accanto a lui, e
poi guardò di nuovo Emily.
«
Credo sia arrivato il momento di celebrare i vecchi tempi. »
Emily
sorrise e prese una birra per sé e una per Zacky.
Passarono
la serata a raccontarsi cose che entrambi già sapevano solo
per il gusto di riderci o piangerci sopra.
Era
la prima volta che Zacky ed Emily da ubriachi costruivano qualcosa
invece che distruggerlo.
Se
tutte le cose che erano successe durante quel tour erano destinate a
rimanere solo un ricordo racchiuso in una bolla di sapone, allora
Brian era disposto a far finta di niente, a tornare a casa da Casey e
a dirle quanto la amava; era disposto a sposarla, a costruirci una
famiglia e dimenticarsi di Emily per sempre. Ma se fosse stato
destino, al contrario, che Emily continuasse a far parte della sua
vita, allora l'avrebbe accolta così come veniva, e Casey
avrebbe dovuto solamente cercare di capire senza protestare che nella
vita di Brian era necessaria Emily, sotto le spoglie di amante o
solamente di amica.
Questo,
dunque, era il dilemma su cui Brian si era soffermato quell'ultima
sera, appoggiato con la schiena al tourbus mentre la Marlboro che
stringeva tra indice e medio si consumava lentamente. All'interno,
gli altri erano intenti a giocare con la playstation come se non ci
fosse un domani. Avevano iniziato due ore prima e non accennavano a
voler smettere. Inizialmente Brian si era detto che quello era il
loro modo per tornare bambini, poi aveva appurato che bambini, loro,
c'erano sempre stati.
La
scelta era difficile, e leggersi dentro non è sempre facile
come uno pensa. Non lo è quasi mai, in effetti. Ci vuole
coraggio, a leggersi dentro. Ci vuole la forza di essere sinceri con
se stessi, cosa che Brian non era abituato a fare.
Tornò
coi piedi per terra quando delle voci schiamazzanti lo portarono ad
alzare lo sguardo dall'asfalto verso gli alberi davanti a sé.
Pochi attimi dopo vide Emily appoggiata a Zacky – entrambi
barcollanti – camminare dal piccolo bosco verso il tourbus.
Tutti e due ubriachi. Ecco dove erano sparite tutte le birre.
«
Ma ti ricordi di quella volta che per sbaglio ti ho spinto giù
dal muretto dietro casa e ti sei rotto una gamba? » la sentì
schiamazzare, Brian, tra le risate.
«
Sei una stronza! Mi avevi fatto rompere una cazzo di gamba! »
replicò l'altro.
«
Ragazzi, state bene? » si sentì in dovere di chiedere.
«
Oh, sì, benone! » gli aveva detto Emily, sbilanciandosi
pericolosamente verso Zacky.
Quando
vide che effettivamente la sua risposta non rispecchiava affatto la
realtà, Brian si avvicinò con passo veloce.
«
Brian, questa qui è ubriaca marcia, tienila d'occhio, io vado
a dormire. »
Nonostante
Zacky fosse anche lui ubriaco, la sua capacità di reggere
l'alcol lo aveva portato a formulare un ragionamento sensato quanto
subdolo. Una Emily ubriaca sarebbe stata sicuramente più
sincera di una Emily sobria, ed era per questo che Zacky l'aveva
lasciata nelle mani di Brian, perché in qualche modo aveva
intuito che quei due dovessero parlare, anche se ricordava a stento
il perché.
«
Emily, stai in piedi, per piacere » lo sentì sussurrare,
Zacky, mentre si allontanava dai due lasciandoli soli.
«
Forza, andiamo a fare un giro così ti riprendi. »
Emily
gli si accasciò completamente addosso, probabilmente incapace
di mettere un piede davanti all'altro senza inciampare su se stessa.
«
Ma si può sapere per quale motivo vi siete ubriacati così?
»
«
Lo facevamo sempre, io e lui, quando eravamo alle superiori, ti
ricordi? »
Brian
ebbe un flash d'infanzia. Si ricordò di quelle serate passate
a bere, e di come gli unici due che non reggessero l'alcol finissero
sempre per combinare disastri.
Col
tempo, Zacky aveva imparato a familiarizzare con gli alcolici. Emily,
invece, continuava ad andare fuori di testa con meno di due birre.
«
Sì, mi ricordo. »
«
Eravamo felici » l'aveva sentita sussurrare.
«
Tu sei troppo ubriaca per fare discorsi logici, Emily. Mettiamoci
seduti qui » disse, indicando uno spiazzo d'erba nel mezzo del
bosco.
Emily
si sedette e si sdraiò completamente a terra. Brian, invece,
rimase seduto accanto a lei.
«
Mi viene da vomitare. »
«
Non farlo addosso a me. »
Emily
rise e si voltò su un fianco, chiudendo gli occhi.
Brian
la guardò. Aveva il volto stanco e delle leggere occhiaie a
circondarle gli occhi. I segni di un tour un po' troppo impegnativo,
come era stato per tutti.
Nonostante
tutto, Brian non si era mai pentito di aver scelto di fare quel tour.
Il suo scetticismo iniziale era andato lentamente trasformandosi in
soddisfazione e orgoglio nei confronti di se stesso per essere
riuscito a portare avanti ciò che Jimmy voleva, nonostante le
questioni in sospeso.
Questioni
in sospeso, perché era di questo che si trattava.
«
Stai dormendo? » le chiese.
«
Mmmhno » rispose lei, mugugnando.
«
Domani si torna a casa, ti ricordi? »
Lei
aprì gli occhi lentamente e si tirò su a sedere,
facendosi perno con una mano sul terreno.
«
E poi cosa succede? »
«
Di che parli? »
«
Cosa succedere a me e a te? »
Brian
stette in silenzio per paura di dire cose sbagliate e ci pensò
un attimo.
Succede
che è arrivato il momento di essere sinceri con se stessi.
«
Ho fatto fatica a superare tutto questo, molta fatica. La mia vita
non è più la stessa da quando Jimmy se ne è
andato, lo sai. »
«
E' stato così per tutti » disse Emily, stravaccandosi di
nuovo sull'erba e socchiudendo gli occhi.
«
Però so che ti voglio nella mia vita, in un modo o nell'altro
» sussurrò Brian, guardando davanti a sé.
Quelle
parole arrivarono alle orecchie di Emily, e poi al suo cervello, con
una lentezza degna di nota. Ma quando lo fecero, la colpirono con la
pienezza di una rosa rossa in un campo di margherite, e si sentì
quasi rinsavita da tutto l'alcol che aveva bevuto.
Quando
Brian si voltò a guardarla, lei si tirò su e gli cinse
le spalle con un braccio, appoggiando la testa sulla sua spalla, come
si abbraccia un vecchio amico, o semplicemente qualcuno che ha dato
la vita per te e per cui tu hai dato la vita. No, non c'era modo per
definire il qualcosa che li univa. Non c'erano etichette che uno
poteva affibbiare senza sbagliarsi. Perché i rapporti tra le
persone non funzionano così. Le sensazioni, le emozioni, per
quanto tu possa provarci, non posso essere definire con dei nomi.
Quel calore all'altezza dello sterno che provi quando pensi a
qualcuno, non ha un nome, è semplicemente una sensazione.
«
Ti voglio bene » gli disse.
Il
panico la assalì non appena il tourbus si fu fermato sul
piazzale dove mesi prima avevano lasciato le loro macchine.
E
così quella era la fine, e lei ne era sicura. Sapeva che le
parole sussurrate di notte non hanno valore quando il sole è
alto in cielo. E a dire la verità non era sicura neanche di
aver sentito bene, tanto alcol aveva in corpo. Però una cosa
la sapeva: qualsiasi cosa fosse successa, sarebbe finita non appena
avessero messo piede sull'asfalto.
Camminò
con passo spedito lungo il corridoio che la conduceva all'esterno,
spinta da Zacky. Davanti a lei c'era Brian.
Sarebbe
stato facile, sì. Si fermò qualche secondo in più
a pensare, prima di scendere. Poi lo fece, un piede e poi l'altro.
L'asfalto. E finisce tutto.
E'
stato bello – pensò.
Davanti
a lei c'era già qualche amico di vecchia data, ne riconosceva
i volti. Qualcuno che era venuto a dare il benvenuto ai ragazzi,
probabilmente.
Salutò
sommariamente i volti conosciuti, poi si imbatté in quella
cascata di capelli biondi che conosceva a memoria. Casey.
Brian
si avvicinò alla sua fidanzata velocemente, e la salutò
con foga, a baci. Emily stette a guardare, senza provare niente.
Aveva imparato bene a cicatrizzare le vecchie ferite prima che
iniziassero a sanguinare di nuovo.
Quando
Brian lasciò respirare Casey, essa si voltò verso di
Emily, e rimase pietrificata per un attimo di troppo.
«
Ciao » le sussurrò.
Brian
osservò la scena quasi impaurito, mentre Emily la guardava
senza avere il coraggio di reagire.
«
Ciao » le rispose Emily, sorridendo.
Con
il tempo tutto passa, e quella ne era la prova. Aveva passato un anno
intero ad aspettare qualcosa che la guarisse dalle ferite, ad
aspettare che qualcuno le dicesse che andava tutto bene. Era stata
sola per un anno, non aveva proferito parola per un anno, era stata
con se stessa per un anno. E quello che aveva imparato era che è
meglio lasciarsi alle spalle gli errori degli altri, e a volte anche
i propri, e perdonare gli sbagli, tutti gli sbagli.
In
quel momento, quando Casey l'aveva salutata, un nodo si era sciolto
nel suo stomaco, e per la prima volta dopo un anno intero, quel
qualcosa che stava aspettando era arrivato, e non faceva più
male.
Brian
la guardò e le sorrise. Anche lui, dal canto suo, aveva capito
qualcosa.
Emily
lo vide avvicinarsi e lo sentì mentre l'abbracciava. Lei
ricambiò la stretta con tutta la forza che aveva in corpo. E
quel contatto, quell'abbraccio, valeva il mondo intero per entrambi.
Capirono
che andava bene così, che dovevano tenersi stretti se volevano
venirne fuori. Che quello, qualsiasi cosa fosse, andava oltre Casey,
oltre la band, oltre uno stupido tour e tutto il resto. Era una cosa
che riguardava solo loro. E che non c'era niente di male a volersi
aggrappare con tutte le forze a qualcuno che ha reso piene le tue
giornate per una vita intera, e volerlo stringere forte e dirgli che
gli vuoi bene.
Il
passato non va dimenticato ma celebrato. Il presente va vissuto e non
lasciato scorrere.
Quella
era la fine, sì. Ma l'inizio di qualcosa di migliore.
Emily
aprì le persiane della sua nuova camera per arieggiare un po'
il locale, e rimase senza fiato quando vide quel panorama che non
ammirava da oltre due mesi. I tramonti ad Huntington Beach erano
sempre i più belli.
Sentì
Jimmy avvolgerla in un abbraccio caldo che sapeva di casa, e una
lacrima di gioia le rigò il volto.
«
Emily, questi te li lascio qui » disse Zacky entrando in
camera.
Appoggiò
delle lenzuola pulite sul letto e le si avvicinò.
«
Non è bellissimo? » gli chiese Emily.
«
Già » rispose Zacky, soffermandosi a guardare quello
spettacolo della natura da sopra le spalle di Emily.
Forse
quello era davvero il conforto che avevano cercato per tutto quel
tempo.
Quelle
vite tormentate che erano diventati, quei relitti, quei pezzi di una
vita mandata in frantumi, forse stavano trovando il coraggio di
riemergere dal fondo.
«
Sai, penso che forse la vita è bella anche adesso »
disse Zacky, ad un tratto.
Emily
si voltò guardandolo negli occhi, e sorrise di una gioia
ritrovata che non le era mai appartenuta davvero per tutto quel
tempo. Sorrise, e lo fece in modo automatico e senza fatica, puntando
le proprie iridi in quelle glaciali di Zacky, che sorrise a sua
volta.
Il
bene che vuoi alle persone alla fine ti salva sempre. Il bene che
vuoi e che ricevi, alla fine di tutto, è l'unica cosa che
conta davvero.
Huntington
Beach era la stessa di sempre. Brian uscì sul pianerottolo
dopo aver disfatto la valigia, seguito a ruota da Casey.
«
Mi sei mancato » disse lei, abbracciandolo da dietro e
appoggiando le labbra sulla sua schiena.
«
Anche tu mi sei mancata. »
Alzò
lo sguardo, e gli si chiuse lo stomaco a vedere quel panorama. Il
sole affogava nel mare all'altezza dell'orizzonte, e sì –
lui ne fu sicuro –, proprio lì da qualche parte tra il
mare e il cielo, nel momento esatto in cui il sole sprofondava nel
blu, c'era Jimmy e i suoi occhi, e c'erano sempre stati, solo che lui
se ne accorgeva solo ora, di come Jimmy avesse vegliato su di loro e
li avesse salvati dal male del mondo.
Si
voltò verso Casey e la abbracciò, guardando un secondo
il cielo e il secondo dopo i suoi occhi.
C'era
un sentore di perfezione in tutto quello. Aveva la sua migliore amica
di nuovo con sé, senza malizia e senza compromessi, aveva una
fidanzata bellissima, e un gruppo fantastico. Ora, però, aveva
anche un angelo che vegliava su di lui dall'alto, e questa certezza
che prima non c'era e adesso invece sì, gli regalava una
sicurezza infinita.
Jimmy,
nella sua vita, gli aveva dato tutto: il cuore, l'anima e la testa.
Quello non era che l'ennesimo regalo. L'ennesimo ma non ultimo
saluto.
Era
un buongiorno, non un arrivederci.
Un
bentornato invece che un addio.
Note:
Siamo quindi giunti alla fine. Devo dire che tutto sommato sono
abbastanza soddisfatta della fanfiction, escludendo la miriade di
difficoltà che ho incontrato.
Ringrazio
tutti quelli che hanno recensito, letto, messo la storia tra le
seguite/preferite.
Fatemi
sapere il vostro parere finale lasciando una recensione, che non fa
mai male e siamo qui per questo. :)
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