Glad You Came.

di _myhappyending
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Her sweet, little, defenceless Brittany. ***
Capitolo 3: *** It's always others' fault ***
Capitolo 4: *** Te voy a matar! ***
Capitolo 5: *** Naomi Campbell. ***
Capitolo 6: *** No one born bad. ***
Capitolo 7: *** Perfectly. ***
Capitolo 8: *** No one hates you for who you are. ***
Capitolo 9: *** Little bitch ***
Capitolo 10: *** You always appear when I need someone ***
Capitolo 11: *** Are you sure? ***
Capitolo 12: *** He has.. very expressive eyes. ***
Capitolo 13: *** 'Cause life is like a game sometimes ***
Capitolo 14: *** Revenge. ***
Capitolo 15: *** You held my hand and walked me home ***
Capitolo 16: *** The powerful love trap. ***
Capitolo 17: *** Me? With a girl from Lima Heights Adjacent? ***
Capitolo 18: *** You saved me, mh? ***
Capitolo 19: *** Smooth Criminal ***
Capitolo 20: *** A moment like this ***
Capitolo 21: *** What is that boy without you? ***
Capitolo 22: *** Headache ***
Capitolo 23: *** Remember when.. ***
Capitolo 24: *** Glad You Came. ***
Capitolo 25: *** Lima's not so small if you're here. ***
Capitolo 26: *** Epilogo - Magnolia ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


PROLOGO.

 
Santana chiuse gli occhi piano, e l'unico suono che era possibile udire dentro quella stanza vuota e triste era il rumore del macchinario che pareva martellarle la testa. 
Sebastian era avvolto da un lenzuolo celeste, leggero, e un tubicino trasparente gli si prolungava su per le narici.
La testa era fasciata da una garza spessa e bianca, sporca di sangue dal lato della tempia destra.
Tanti graffi gli avevano sfregiato il viso e si erano chiusi lasciando delle cicatrici lunghe e sottili. 
Per la prima volta, Santana vide Sebastian per ciò che era veramente: un essere umano.
Non importava quanto fosse stato impertinente in passato, quante cose cattive avesse commesso; certamente lei non era da meno.
La mano olivastra dell'ispanica strinse quella pallida del ragazzo, ma Santana aveva gli occhi troppo umidi perchè si accorgesse del contrasto tra i due colori.
-Mi dispiace, mi dispiace- Riuscì a dire, singhiozzando. Perchè si sentiva davvero, tremendamente in colpa. 

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Capitolo 2
*** Her sweet, little, defenceless Brittany. ***


 Un nuovo, ennesimo anno scolastico per Brittany S. Pierce.
Santana era rimasta con lei per tutta l'estate, aiutandola a recuperare dove aveva maggiori carenze, ovvero in tutto.
Aveva deciso di rimandare il viaggio a New York per concentrarsi sulla sua ragazza e i risultati erano visibili dai responsi positivi dei primi compiti in classe della bionda.
Intanto, l'ispanica aveva anche cercato di riappacificarsi con la sua cara nonna, che però l'aveva ricacciata via senza molti complimenti. Santana ne risentiva parecchio: non poter più confidarsi con l'unica persona di cui si era sempre fidata da quando era in fasce era causa di stress emotivo, che si ripercuoteva per lo più sul suo rapporto con la famiglia.
La mamma di Santana aveva premuto con la nonna per riottenere una riappacificazione, ma la donna aveva cacciato anche lei.
Santana, allora, che di pazienza ne ha meno di un orso svegliato dal letargo, si era arresa e aveva continuato la sua storia con Brittany: nessuno, mai nessuno l'avrebbe separata da ciò che era diventato la sua ragione di vita.
Una bella B+ in Geografia era incorniciata sopra al letto di Brittany, e ogni tanto Lord T. si arrampicava sulla tastiera del letto per afferrare il foglio e mangiarselo. Ma Brittany lo sgridava e allora lui scendeva.
Ma la loro vita amorosa poteva certamente andare meglio; entrambe erano innamoratissime l'una dell'altra e passavano quasi tutte le giornate insieme ma Santana aveva gia' in mente cosa fare dopo il diploma di Brittany, mentre lei non lo sapeva ancora.
Ogni qual volta Santana le chiedeva quale strada le sarebbe piaciuta intraprendere Brittany parlava della presunta mononucleosi di Lord T. e quando la mora cercava di farle cambiare idea lei si arrabbiava e cambiava discorso.
All'ennesimo litigio, Santana aveva tagliato corto accendendo la televisione. La giornalista annunciava al telegiornale che il 'Fashion&Glamour', l'evento più 'in' dell'America, si sarebbe tenuto in Ohio. Si teneva ogni sei anni a Dayton, poco distante da Lima, e vi partecipavano le star più in vista degli ultimi periodi, specialmente quelle che avevano appena vinto un Grammy, un Award e premi del genere.
Gli spettatori avevano la possibilità di partecipare a dei Panel con le star, in cui parlare dei loro outfits fuori dal set e della loro vita privata, potevano farsi firmare degli autografi e scattare fotografie. L'unica regola era di non parlare dei loro progetti sul lavoro.
Santana aveva intenzione di andarci, ma Brittany non capì bene perchè ci tenesse così tanto.
-Ci sarà Angelina Jolie!- Esclamò l'ispanica, saltando a gattoni sul letto, affianco a Lord Tubbington, dimenticandosi completamente del litigio precedente.
-E allora? Non la vedi sempre in Tv?- Rispose la bionda, sotto lo sguardo accusatorio di Santana.
-Britt, se almeno non vuoi parlare di cosa faremo quando ti sarai diplomata, perchè non mi accontenti accompagnandomi all'F&G? E' importante per me, sai quanto ci tengo a queste cose- Lo sguardo tenero di Santana, QUELLO SGUARDO TENERO, riuscì a far sciogliere le intenzioni dure di Brittany, che si lasciò andare ad un sorriso e ad un flebile sì.
 
Santana aveva subito chiamato le terme più vicine a Lima per una cura del corpo.
Dall'esterno l'edificio era immenso, sul moderno, con parecchie finestre.
Le porte si erano aperte grazie ad un sensore, dando subito aria fresca e pulita appena le si superava.  L'atrio profumava di incenso e la gente passeggiava in accappatoio, tutta sorridente. Era un ambiente grande, i colori che predominavano erano il marroncino chiaro e il bianco sporco.  La traiettoria verso la reception era dritta e Santana ci si avvicinò velocemente, con la bionda al suo fianco.
-Buongiorno- La salutò la donna dietro al bancone, con un sorriso enorme sul volto. - Posso esservi utile?- Era il primo luogo in cui il personale non era scortese, pensò Santana.
-Certo, ho prenotato a nome Lopez, abbiamo un soggiorno di due giorni-
-Oh mio Dio, ma quella non è la fidanzata di Lord T.?- Domandò Brittany, scuotendo velocemente il braccio di Santana.
L'ispanica non le diede retta e firmò le carte che le aveva posto davanti la donna mora, vestita perfettamente. Sembrava che gli abiti le fossero stati cuciti e stirati addosso, e che il trucco che portava fosse stato dipinto da un pittore famoso.
Il sorriso largo che aveva stampato in faccia sembrava essere conseguenza di un mese di vacanza a Miami, e forse quel posto era una specie di piccolo paradiso.
L'ispanica sperò di cuore che dopo il soggiorno in quelle terme, uscendo, avrebbe avuto lo stesso sorriso raggiante.
Provò quasi un senso di stizza verso quella perfezione esagerata e dopo aver riconsegnato i documenti alla dipendente, afferrò le sue chiavi e girò i tacchi.
-Brittany?- Santana rimase bloccata, osservando la ragazza seduta per terra con in braccio un enorme gattone marrone, che le stava leccando tutto il braccio -Ma che cosa stai facendo?-
Brittany fece spalline, affondando ancora di più le mani nel pelo morbido del gattone. -E' venuta da me perchè ha riconosciuto l'odore di Lord T. Te l'avevo detto che era la sua ragazza!-
Santana scosse la testa, non potendo far a meno di sorridere guardando la sua dolce, piccola, indifesa Brittany.
 
-E' vero che i cetriolini mostrano la vista a raggi-X? E cosa servono se non riesco nemmeno a vedere?- La voce di Britt era quasi un sussurro, perchè Santana le aveva detto di non urlare in quel posto, visto che la gente ci andava per riposare.
-Alle occhiaie, tesoro-
-E questa cosa marrone sul viso?-
-Alla pelle, Britt-
-Oh.. E invece quest...- L'ennesima domanda di Brittany fu interrotta dal passo pesante di un uomo che entrava nella stanza.
Santana si tolse i cetriolini dagli occhi e riconobbe di fronte a lei il massaggiatore. Era alto, palestrato e moro. Una specie di modello stampato sulle riviste.
-Buongiorno- Salutò l'uomo, scrutando con sguardo attento ogni minima parte del corpo di Santana, soffermandosi poi anche su quello di Brittany.
L'ispanica alzò gli occhi al cielo, aspettandosi una reazione del genere: non era il tipo di ragazza che passava inosservata, e se solo quel massaggiatore avesse saputo che erano entrambe lesbiche sarebbe passato a giocare nell'altra squadra.
Santana si girò a pancia in giù, stiracchiando le braccia verso l'esterno pronta a godersi i massaggi. Voltò la testa verso Brittany e le porse la sua mano, incastrando le loro dita.
L'uomo, sopra la cui targhetta gialla era inciso il nome Josh, alzò un sopracciglio e affondò le mani nell'olio caldo che era contenuto in un vasetto.
Le mani dell'uomo non fecero in tempo a toccare la schiena di Santana che arrivò un tipo bassino, con gli occhi chiari e i capelli biondo cenere. Un pò impacciato e timido, era quel tipo di ragazzo in cui si vedeva benissimo quanto fosse disorientato, probabilmente era un novellino.
-Salve- Cominciò, mettendosi in mezzo ai lettini delle due ragazze. -Siete le signorine Lopez?- Santana annuì, sorridendo incosciamente a quella domanda: era come se, in un certo senso, le avesse scambiate per sposate. Forse da parte del ragazzo vi era stato più l'intento di intenderle familiari, ma a Santana piaceva l'idea che tutti avessero messo da parte i pregiudizi e che fosse normale che due ragazze si amassero. -Bene- Ricominciò il biondino. -Volevo sapere cosa preferireste far prima. Sauna o pulizia del viso?-
-Oh! Oh! Pulizia del viso, ti prego, questa roba mi sta sporcando tutta!- Urlò Brittany, passandosi un dito sulla guancia per farlo vedere al ragazzo.
Santana si morse un labbro per non ridere, e poi si rivolse al dipendente. -La sauna andrà bene-
Brittany sbuffò e bisbigliò al ragazzino di prenotare anche una pulizia del viso, solo per lei.
Le mani di Josh toccarono finalmente la pelle morbida e soda di Santana; scendevano lentamente e poi risalivano, come una caccia al tesoro in cui la schiena dell'ispanica era il campo, il percorso da seguire. L'olio faceva scivolare come serpenti le dita, provocandole brividi ovunque esse toccassero; era quasi nella più completa delle estasi quando sentì Brittany cadere giù dal lettino.
-STO BENE! STO BENE! Sto solo cercando di accompagnare questa fila di formiche a casa loro!- 

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Capitolo 3
*** It's always others' fault ***


II CAPITOLO.
 
-Sono gay.
Sì, me ne sono accorto da un bel pò. Mi dispiace non averlo detto prima, ma ero sicuro che papà ci sarebbe rimasto male. 
Sono gay. Sono gay. Sono gay- Sebastian Smythe era impalato di fronte al suo specchio e ripeteva come una preghiera quelle parole. 
Peccato, però, che la signora Smythe pensasse che il figlio fosse anche fin troppo etero.
Ogni volta che portava qualcuno a casa rischiava di farlo uccidere, perchè lo faceva sempre andare via dalla finestra.
-Sebastian, la colazione, svegliati!-
Chiudi la bocca, vecchia megera. Pensò il ragazzo, sveglio ormai dall'alba a ripetersi nella mente quelle parole. Era così assurdo dover nascondere ciò che si era, ma più di questo era assurdo nascondersi da chi ami e dovrebbe amarti più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Sebastian era sicuro che se il padre ne fosse venuto a conoscenza l'avrebbe cacciato di casa, tolto dalla Dalton e mandato in una specie di clinica di 'reinserimento'.
Era fatto così: qualsiasi cosa potesse esser simbolo di vergogna verso la sua famiglia doveva essere eliminata.
-Sebastian!- 
-Sto arrivando!- Sbuffando, uscì dalla sua stanza e richiuse la porta, venendo subito inondato dall'odore di frittelle appena cucinate. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco che non fossero opera di sua madre: non sapeva far un bel niente a parte spettegolare con le amiche. -Buongiorno- La scena era la tipica: il signor Smythe con l'iPad in mano e la tazza del caffè nell'altra, seduto al capo di un tavolo lungo e lucido; la signora, invece, che alle sette del mattino era gia' truccata e senza un capello fuori posto, sorseggiava del puro tè francese.
-Buongiorno a te, mon cher- la signora Smythe sorrise, scuotendo i capelli rossi come il fuoco e posando delicatamente la tazzina sul piattino. Mandò poi un'occhiata fugace all'uomo accanto a lei e Sebastian giurò di aver sentito anche un movimento del suo piede.
Il signor Smythe alzò gli occhi dall'iPad, rendendosi conto solo in quel momento della presenza del figlio. -Oh, ciao giovanotto. Dormito bene?-
Sebastian non riuscì a guardarlo in viso, era troppo concentrato a scrutare la strana piega che avevano preso i biondi capelli del padre quella mattina. -Bene, grazie. E voi?-
Il padre guardò fulmineo la signora, e lei si schiarì la voce, giungendo le mani di fronte alla tazza. -Beh, tesoro.. Non ci dispiacerebbe se ci avvisassi prima di portare una ragazza in casa. Voglio dire.. Viviamo tutti sotto lo stesso tetto e..-
Sebastian non volle sentire altro, annuì un pò dispiaciuto, anche se in quel momento sentiva fremente l'impulso di alzarsi e urlare che era gay. -E poi, Sebastian, ammettiamolo, hai quasi diciottanni, quest'anno ti diplomerai alla Dalton, che è una prestigiosa scuola molto famosa, il che puo' aprirti davvero molte strade, ma non ci hai ancora fatto conoscere una ragazza- Il cuore di Sebastian mancò un battito e non riuscì più a reggere lo sguardo del padre. -Io mi sono sposato a vent'anni, e non mi pentirò mai di questa scelta. Il matrimonio non mi ha mai impedito di portare a termine gli studi. Non è un problema dei ricchi, no?- Il signor Smythe sorrise bonario, lasciando una pacca scherzosa sulla spalla del figlio. -E ora su, è meglio andare a scuola prima che qualche insegnante ti segni il ritardo- 
Sebastian guardò l'orologio, erano le 7:15, e le lezioni cominciavano alle 8:00.
 
-Per l'amor di Dio Jeff, molla quel telefono- esclamò Sebastian, guardando stizzito la faccia sconvolta di Jeff. 
-Lascialo in pace- lo difese Trent, piegandosi con il viso affinchè riuscisse a guardare l'espressione del biondo: era un misto tra disperazione e preoccupazione. -Perchè hai quella faccia?-
-Nick ha la febbre- Sibilò Jeff, come se fosse una macchinetta a rispondere e non un corpo vivo.
-Ma davvero? Chissà quanti crocerossini ci saranno lì a Yale a misurargli la febbre..- 
-Sebastian, smettila- Trent gli tirò un calcio da sotto al tavolo, ritornando poi nella stessa posizione storta di prima -E' solo febbre, fra poco starà bene, prenderà un'aspirina e passerà. Lo so che è difficile vivere una relazione a distanza, ma farà bene al rapporto, lo rafforzerà se è vero amore-
Sebastian cominciò a fare movimenti strani con gli occhi: non gli piacevano queste cose, forse perchè probabilmente non aveva mai conosciuto l'amore. 
Non si chiedeva mai il perchè, Sebastian non vedeva un difetto nella sua persona, perciò non aveva intenzione di cambiare. Avrebbe aspettato chi l'avrebbe amato per ciò che era, senza fargli cambiare carattere. 
Perciò, per il francese, le sue storie non erano mai durate più di una settimana per colpa degli altri.  
-Ragazzi! Ragazzi!- Le porte della sala comune si spalancarono e vi entrò un ragazzo che poteva essere del terzo anno, urlante. Il che era una novità, perchè alla Dalton vi era sempre un religioso silenzio, tranne nelle ore di prova degli Usignoli. -Ci sono notizie dall'F&G!-
Tutti si alzarono in piedi e si avvicinarono al ragazzo, che in mano aveva dei volantini.
A Sebastian non importava, non ammirava nessun idolo in particolare, figurarsi i loro outfits. -Ci andrai?- Domandò Sebastian a Jeff, che era l'unico rimasto seduto in tutta la sala, assieme a lui.
-No, perchè tu si?-
-Non ci penso proprio- Asserì fermo Seb, che scrutava le dita veloci di Jeff sulla tastiera.
-Ma.. se venisse Charlize Theron..- Jeff tentennò un pò, voltandosi a guardare la schiera di ragazzi che parlavano. -Seb, a nessuno di loro interessa sapere cosa indossano quando vanno a lasciare il bucato in biancheria, però è un modo per vedere il proprio idolo, no? Sono comunque delle star-
Sebastian alzò gli occhi al cielo e afferrò il volantino di un ragazzino del primo anno che stava sfortunatamente passando vicino a lui. Gli ospiti erano star famose mondiali e Dayton non era poi così tanto lontano da Lima. -D'accordo- Si arrese, -Ma guido io- Concluse, ma quando alzò gli occhi Jeff si stava gia' allontanando col telefono.
 
-Sembri una checca-
-Smettila Smythe, lo siamo entrambi- Jeff si stava sistemando la cravatta e si stirò con le mani la piega del colletto della giacca. -Dici che andrà bene per l'F&G?-
-Speri che Adam Brody cambi orientamento sessuale e ti salti addosso?- 
-Beh, non mi dispiacerebbe- Sorrise il biondo, togliendosi poi la giacca e lasciandola delicatamente sul letto. 
Qualcuno bussò alla porta e poi la aprì timidamente. Ne venne fuori una signora con il viso molto gentile, biondissima e gli occhi azzurri come il mare. -Tesoro, sono le cinque, devi ricordare a Nick dell'antibiotico..- 
-Oh, sono gia' le cinque?- Il ragazzo parve turbato. -Ti ringrazio, mamma-
La signora sorrise sia a lui che a Sebastian e poi sparì da dove era entrata.
Il biondo osservò l'orologio e poi prese il telefono dalla scrivania, componendo un messaggio che parve non finire mai.
Sebastian si chiese se la madre di Jeff avesse preso bene l'idea di suo figlio gay. Da come aveva teneramente ricordato al figlio della medicina di Nick, si potrebbe dire di sì.
Sbuffò e si alzò, avvicinandosi alla finestra: casa di Jeff era posta al settimo piano di un grande palazzo; non uno di quelli sporchi e pieni di brutta gente, ma uno di quelli puliti, con persone gentili ed educate. 
Jeff lasciò finalmente il telefono e osservò il ragazzo pensoso alla finestra. Jeff era uno dei ragazzi più buoni della Dalton e non aveva mai giudicato nessuno, per questo era stato subito uno degli amici di Sebastian e lo aveva invitato negli Usignoli.
Nonostante il suo carattere un pò impertinente, l'aveva sempre fatto sentire parte integrante del gruppo, perciò lo conosceva abbastanza da sapere che in compagnia Sebastian Smythe non pensava mai. -Allora..- Cominciò Jeff, sedendosi sulla sedia con le rotelle della scrivania. -Come va a casa?-
-Jeff, come hai fatto a dire a tua madre che eri gay e stavi con Nick?- Sebastian dava ancora le spalle a Jeff, e stringeva i pugni sul davanzale interno della finestra.
Bingo. -Beh, è stato facile. Ci siamo seduti, le ho detto che ero innamorato e lei aveva perfettamente capito di chi. Una volta ho portato una ragazza a casa, ma era una specie di maschio senza.. Beh, hai capito. E comunque certe cose una madre le capisce. 
Lei mi adora, non mi avrebbe mai fatto sentire in colpa perchè sono gay. Avrà comunque dei nipotini, io e Nick adotteremo un bambino un giorno e sarà felice-
Sebastian provò un senso d'invidia. Capì che tutto dipendeva da chi ti trovavi di fronte, e sicuramente i suoi genitori non erano premurosi e comprensivi come quelli di Jeff.
Sempre colpa degli altri. Ribadì nella sua testa.






Piccolo 'excursus' Niff
per la mia dolce Mery che parte 
e mi mancherà tantissimo.
Ti voglio un sacco di bene. <3

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Capitolo 4
*** Te voy a matar! ***


III CAPITOLO

-Il rosso mi dona, ma ho paura di risultare troppo monotona, l'ho gia' messo al ballo di fine anno- Santana ruotò su sè stessa e il bellissimo vestito di paillettes che indossava brillò alla luce.
-Mi sembri molto carina, sembri l'addobbo di natale dell'albero di papà- Commentò Brittany, seduta sull'enorme lettone di casa Lopez.
-Dovrei prenderlo come un complimento?-
-Certo, mi hai mai visto insultare qualcuno?-
-Non volontariamente- Tagliò corto Santana, avvicinandosi a Brittany per far scendere giù la cerniera.
-Non capisco perchè vuoi metterlo, saranno tutti eleganti?-
-Certo che lo saranno, Britt. Gli uomini in camicia e le donne con i tacchi, è la regola. Andremo a vedere delle celebrità, vuoi davvero andarci con un paio di scarpe da ginnastica?- Brittany fece spalline, facendo ben capire che non le importava. Tirò giù la zip del vestito di Santana e poi si rituffò sul letto. -Tu che hai intenzione di indossare?- 
-Quello- Brittany indicò un outfit appeso alla porta, che comprendeva un jeans chiaro e una maglietta con la faccia di Brad Pitt stampata sopra. Quasi divenne tutta rossa dalla vergogna e un pò dispiaciuta per la delusione che avrebbe arrecato a Santana. -E' che.. Non avevo capito che bisognasse andar vestiti eleganti. Insomma.. Posso mettere i tacchi se ti fa piacere-
Santana alzò un sopracciglio e mise una mano sul fianco, scuotendo la testa. -Hai un sacco di abiti stupendi, prova a mettere quello della festa di Sheila, ti stava un incanto-
Brittany annuì e si alzò dal letto. -Allora sarebbe meglio che tornassi a casa, visto che l'F&G è stasera vorrei evitare di arrivare impreparata, e poi Lord T. ha bisogno dei suoi massaggi quotidiani, altrimenti non dorme, e se non dorme..-
-Ho capito, ho capito- Santana si avvicinò e la interruppe con un bacio, poi un altro e un altro ancora. -Ci vediamo stasera, okay? Passo da te alle sei-
-A stasera- La salutò la bionda, inciampando nel comodino prima di uscire definitivamente.
Rimasta sola, Santana cominciò a chiedersi se il suo outfit non fosse davvero fuori luogo. Certi drammi non dovrebbero appartenere a chi l'outfit non serviva per niente. Anche con un sacco Santana sarebbe sembrata perfetta.
Ma c'era una sola persona che avrebbe potuto colmare il vuoto di quel momento. Afferrò il cellulare e selezionò il numero dalla rubrica.
Il telefono squillò per un pò, poi la sua voce acuta le trapanò il cervello. -Pronto?-
-Fatina dei boschi, abbassa la voce; dove sei, al mercato?- 
-No, Satana, dal parrucchiere. Devo essere perfetto per stasera- Dall'altra parte della cornetta, Kurt sfogliava Vogue con aria di sufficienza, allenandosi per la serata. Blaine, dietro di lui, contava le ore che lo separavano da una chiacchierata con Justin Timberlake. -Immagino che tu non abbia chiamato per chiedermi come sto, perciò cosa ti serve?-
-Come ce lo vedi un vestito rosso di paillettes per la serata? Corto meno di metà coscia, scollato al punto giusto, scarpe molto alte e aperte- Mentre si descriveva, l'ispanica era di fronte allo specchio col vestito sbottonato, e controllava che tutto fosse okay.
-Direi che puo' andar bene, scarpe e borsa nere, vero?- Il tono di Kurt sembrava molto più una minaccia, tanto che istintivamente Santana spostò con un calcio le scarpe bianche che aveva gia' tirato fuori.
-Certo, nere, ovvio- Annuì convinta.
-Oddio mio no! Non così corti! Scusa Santana, devo staccare, ci vediamo stasera okay?-
La linea cadde e Santana lasciò il telefono sulla scrivania, passando a scegliere la collana.
 
-Non vedo nessuna star, solo quelle in cielo, ma sono comunque coperte dalle luci della strada- Sbuffò Brittany, appoggiandosi con la testa a un palo, avvolta dal suo delizioso tubino azzurro.
-Non faranno certo passare le celebrità dall'entrata normale, Britt. E dobbiamo comunque aspettare dieci minuti, penso stiano facendo sistemare i vip nelle varie sale dei panel..- Kurt parlava a macchinetta, ormai erano ore che si muoveva continuamente come se soffrisse di incontinenza e cominciò persino a grattarsi dietro l'orecchio, poi guardava Blaine e gli chiedeva se i capelli fossero okay.
Santana era appoggiata svogliatamente alla transenna che divideva l'entrata, chiedendosi perchè avesse deciso di partire così presto, visto che erano più o meno due ore che aspettavano in piedi, su un paio di tacchi 15.
Allo scoccare della prima ora aveva anche cominciato a dire parolacce in spagnolo, ma era intervenuto il buttafuori che, tra l'altro, era Argentino ed era perciò cominciata una vera e propria lite in lingua spagnola, conclusa poi con le scuse di Blaine all'uomo.
La pacatezza e la pazienza di Blaine erano doti che affascinavano un pò tutti, era l'unico tra i quattro ragazzi a rimanere perfettamente composto.
D'un tratto, il rombo di un SUV enorme fece voltare la maggior parte delle persone in attesa di entrare, Santana alzò un sopracciglio chiedendosi vivamente chi avesse la faccia tosta di entrare nel parcheggio in quel modo.
Ma quando gli sportelli si aprirono, Blaine non potè far altro che sorridere emozionato. 
Thad, Jeff, Trent, Sebastian e Flint uscirono dall'auto e si avvicinarono alla fila, mostrando i loro biglietti al primo controllo. 
Superato, si appoggiarono ad una delle transenne, sotto gli sguardi attente delle ragazze che affiancavano Santana. 
-Oddio, dimmi che non stanno facendo davvero pensieri perversi su Jeff Sterling, che è più gay di Kurt- Commentò retoricamente Santana a Brittany.
-Quelle dietro di me li stanno facendo anche su Sebastian- Rispose Brittany, e la sua affermazione fece focalizzare l'attenzione di Santana sui cinque ragazzi.
C'era da dire che l'estate gli aveva fatto proprio bene: avevano ancora un pò d'abbronzatura e a Flint stava particolarmente bene perchè faceva brillare ancora di più i suoi incantevoli occhi azzurro cielo. Senza la divisa della Dalton, le magliette che indossavano riprendevano perfettamente i muscoli del corpo, creando una piacevole sensazione di vedo/non vedo.
Trent alzò lo sguardo e incontrò quello di Blaine, così avvertì i suoi compagni e tutti insieme si fecero spazio tra la folla per avvicinarsi a lui. 
Santana giurò di aver visto un'espressione scocciata sul volto di Sebastian. Che fosse ancora cotto di 'riccioli d'ebano'?
Quando i ragazzi si avvicinarono, Blaine li abbracciò uno per uno; era da tempo che non li vedeva, la Dalton doveva mancargli molto e probabilmente l'ultimo anno al McKinley senza Kurt doveva essere parecchio difficile, ma Kurt aveva deciso di rimanere a Lima ed aspettare che Blaine si diplomasse, prima di partire con lui per New York, ed era un pò la stessa cosa che stava facendo Santana con Brittany.
Dalla conversazione tra Blaine e i ragazzi Santana apprese che Thad si era diplomato ma era rimasto a studiare a Lima, mentre gli altri frequentavano tutti l'ultimo anno alla Dalton.
Sebastian, che in genere era al centro di tutte le conversazioni, se ne stava in silenzio al lato di Trent, a braccia conserte, e dietro di lui un gruppetto di ragazze continuava a dare un voto ai suoi jeans. 
Santana non vedeva Sebastian da un pezzo, era cresciuto parecchio: aveva i capelli più lunghi, sempre sistemati col gel, i lineamenti più marcati ma poco spigolosi, il fisico asciutto ma leggermente muscoloso, lo si poteva intravedere sia dallo scollo della camicia aperta fino al petto, sia dalle maniche aderenti della stessa, ripiegate più volte in modo da lasciare scoperto l'avambraccio.
Quando Kurt si avvicinò a Blaine prendendolo per mano, Sebastian si spostò e si fece più avanti, incrociando per la prima volta lo sguardo di Santana. Non se ne curò per niente, si appoggiò ad una transenna e, voltandosi verso l'ispanica, sorrise. -Sembri Edward Cullen abbronzato- Commentò, alzando un sopracciglio dopo aver squadrato il vestito che indossava Santana. Poi alzò lo sguardo verso Brittany. -Piacere di rivederti, ehm..- Sebastian pensò due o tre volte a un nome da darle, visto che non ricordava quello giusto, ma non gli veniva in testa un nome decente che non fosse un insulto. -..Piacere e basta- 
-Senti, piccolo gay rammollito, ti consiglio di sparire dalla mia vista e di non rovinarmi la serata, o ti ritroverai il naso sanguinante- Rispose l'ispanica, avvicinandosi di più a Sebastian, puntandogli il dito contro.
-Ma davvero? Devo dire che i tuoi modi di venirmi contro non sono poi molto cambiati, dovresti aggiornare il tuo repertorio, stai perdendo colpi- Con la solita nonchalance, Sebastian infilò una mano in tasca e le sorrise soddisfatto.
Santana alzò un sopracciglio, soffermandosi sulla ragazza dietro Sebastian che aveva appena sussurrato la parola 'troia'. L'espressione di Santana divenne quella di una pazza senza medicine da una settimana, tanto che Sebastian aggrottò le sopracciglia e si spostò dalle transenne pronto a scappare via.
-Eres una puta! Te voy a matar!- Santana corse incontro a Sebastian, e dato che anche lui sapeva parlare spagnolo, capì che non si riferiva a lui. 
La ragazza dietro l'Usignolo cominciò a urlare spaventata, e Sebastian afferrò Santana per la vita, portandola indietro mentre si dimenava. -Santana! Piantala!- 
Tutta la folla si girò a guardare l'ispanica che urlava contro la povera ragazza, Brittany si avvicinò a lei e le prese il viso tra le mani per farla calmare, ma Santana continuava ad imprecare in spagnolo sotto lo sguardo sbalordito di tutti i presenti.
Sebastian riusciva a tenerla a stento tra le braccia, gli arrivò una capocciata sui denti, ma non lasciò mai la ragazza. -Santana, smettila di...-
-Che sta succedendo?- Domandò un uomo, uscendo dalla porta. Non era il buttafuori, era un uomo sulla quarantina, alto, biondo e con gli occhi profondi e scuri. Osservò Santana, che si calmò per un attimo, e le sorrise. -Ciao, piccolo peperino, sono François Pasqual e sono uno stilista, mi piacerebbe molto parlare con te- Le porse la sua mano, ma Sebastian non la lasciò andare. Non si fidava molto, non pareva avere belle intenzioni.
A Santana si illuminarono gli occhi. Non poteva arrivare in alto nel mondo della musica, ma il suo corpo le avrebbe permesso molto. -E mollami, Billy Elliot!- Asserì, liberandosi ed entrando nel locale con l'uomo biondo.

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Capitolo 5
*** Naomi Campbell. ***


IV CAPITOLO
 
Santana non aveva per niente paura di quell'uomo, aveva una faccia parecchio simpatica e poi era uno dei pezzi grossi della moda, e aveva voluto vedere lei, proprio lei.
Sorrise soddisfatta sedendosi su un divanetto in pelle nera, posto al muro di una piccola stanza dipinta di giallo pallido, con dei ghirigori marroni. 
Santana li guardò uno per uno, seguendo le curve armoniose che si contrapponevano fra di loro. 
-L'ha dipinta mio figlio- Esordì l'uomo, apparendo da una piccola porticina laterale. -E' la sala relax del personale dell'edificio che ospita quest'anno l'F&G- Andò a sedersi sulla poltrona di fronte a Santana e giunse le mani sulla pancia rigonfia. -Allora, ti starai sicuramente chiedendo perchè ti ho portata qui, anche se il tuo amico non ti voleva lasciar andare-
-Non è mio amico- Puntualizzò Santana, alzando un sopracciglio.
-Okay, quello che è, allora- Disse lui, ridendosela un pò. -Ad ogni modo, ero qui, a fumare il mio delizioso sigaro, quando dalla finestra ho sentito delle urla. Mi sono affacciato e.. Mi è sembrato di vedere una delle figure che più amo e che ti assomiglia così terribilmente, specialmente per il carattere irruente!-
-E sarebbe?-
-Naomi Campbell- Santana strabuzzò gli occhi, chiedendosi se non la stesse prendendo in giro. Naomi Campbell era come una dea scesa in terra, troppo bella e perfetta per essere comparata agli esseri umani. -Mi farebbe piacere sapere il tuo nome, ci sarebbe un posto libero tra le modelle, saresti in gara con un'altra ragazza ma.. Hei, un pò di sana competizione fa bene a tutti!- Ridacchiò di nuovo con quell'insopportabile tono finto. -Io intanto ti lascio il mio biglietto da visita, nel caso volessi pensarci un pò su-
Santana non aveva intenzione di pensare su proprio a un bel niente, era l'opportunità che aspettava da tutta una vita, venuta in cerca proprio di lei.
-La mia risposta è sì- Asserì lei. -Non mi interessa di essere in competizione-
L'uomo, entusiasto, appoggiò sulle gambe di Santana un bigliettino con su scritto ora e data del provino. -Ti aspetto lì, allora, Naomi- Concluse, visto che non sapeva ancora il suo nome.
 
-Dove sarà?- Domandò Brittany al piccolo pony di peluche che una bambina aveva perso. -Ti prego, fa che la mia Santana torni da me- 
-Ciao- Una voce femminile, calda e lusinghiera, stava parlando proprio con Brittany. Era davvero una bella ragazza: alta, con i capelli rossi e gli occhi verdi, la pelle diafana e liscia. Un tipo difficile da dimenticare, Brittany infatti la riconobbe come la ragazza che stava litigando con Santana fuori dal locale.
-Ciao- La salutò Brittany, indecisa su cosa fare.
-Ascolta, lo so che sono stata davvero molto sgarbata prima con la tua amica, vorrei davvero chiederle scusa..-
-Beh, non è qui ora, è andata via con uomo biondo-
-Oh sì, lo so, li ho visti. E' proprio per questo che sono venuta da te. Beh, ho visto che siete molto amiche e..-
-Non siamo amiche, lei è la mia fidanzata- Brittany sorrise soddisfatta.
La rossa spalancò la bocca, mentre un'idea ancora più maligna della precedente cominciava a comparire nella mente. -Ma davvero? E' propria una cosa così.. carina!- Inclinò il viso di lato, sorridendo come se le facesse davvero piacere. -Insomma, sai, con tutte queste campagne contro l'omofobia e sui diritti di gay e lesbiche, sono contenta che due di loro riescano a vivere la loro storia alla luce del sole! Mica hai una foto di voi due insieme, vero? Mi piacerebbe mostrarla a mia cugina- La rossa si avvicinò a Brittany, come a volerle confidare un segreto. -Penso che anche lei sia.. sai.. Ma non vuole ammetterlo!-
Brittany rimase di sasso e cercò velocemente nel portafogli una sua foto con Santana, la foto di un bacio, e la porse alla ragazza. -Oddio, certo che sì, tieni! E dille che fra unicorni siamo solidali, okay?- Concluse Brittany, completamente entrata nel panico.
La rossa non parlò più, si alzò dal tavolino e sparì tra la folla.
D'un tratto, sul mini palco di fronte alla gente in attesa, venne fuori François, che aveva sotto braccio Santana. Camminò fino al micrfono come se affianco avesse un trofeo, sorrise agli spettatori e parlò. -E bene, signori e signore, è tempo di presentare le due finaliste per il tour-sfilata mondiale delle collezioni più in vista del momento- Guardando il fogliettino in mano, annunciò: -Alla mia destra, la bellissima, infuocata e dolcissima Janet Percival, originaria dell'Irlanda!- La ragazza uscì dal backstage indossando un bellissimo vestito verde acqua, che faceva risplendere ancora di più i suoi occhi grandi. La ragazza fece un mezzo inchino alla folla che applaudiva calorosa e poi diede un bacio sulla guancia a François, sotto lo sguardo assassino di Santana. Allora, era proprio destino che ci dovesse litigare. -Alla mia sinistra, invece, la new entry Santana Lopez!- La folla applaudì un pò di meno, probabilmente ricordando le due liti provocate da lei stessa nel parcheggio, ma erano udibili perfettamente le urla di Kurt e Brittany.
La rossa si voltò un attimo verso il backstage, ritornando poi soddisfatta a guardare la folla che, in meno di un batter d'occhio, rimase a bocca aperta.
Nè Santana nè François capirono da cosa fossero scaturiti quei boati, ma la risposta arrivò presto quando si girarono di spalle, notando sul led la foto che Brittany aveva dato a Janet. Era una foto inequivocabile: Santana stava baciando una ragazza.
In quel momento, Santana avrebbe voluto che la terra la risucchiasse per sempre. Sentiva le gambe tremare dalla vergogna di tutti quegli sguardi puntati addosso, sentiva la paura di non essere più accettata per ciò che era, sentì anche delusione nei confronti di Brittany. E ciò che fece peggiorare la situazione fu l'incontro del suo sguardo con le telecamere della televisione.
Il pensiero corse subito a sua nonna: cosa avrebbe fatto? Si sarebbe vergognata più di quanto gia' non fosse, non sarebbe uscita più di casa e probabilmente avrebbe litigato di nuovo con lei.
-Io.. Non so cosa dire. E' vero?- Domandò François, rivolto verso Santana. Lei non rispose, non ne aveva la forza.
-No- Asserì una voce tra la folla, decisa e pungente, che stava salendo sul palco e si avvicinava lentamente a Santana. La ragazza si sentì afferrare saldamente dalla vita, ma continuava a guardare a terra, e non vide in faccia il suo salvatore -Sono io il suo ragazzo- Concluse la voce. Solo in quel momento Santana alzò il viso, incontrando affianco a lei lo sguardo fiero di Sebastian.

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Capitolo 6
*** No one born bad. ***


V CAPITOLO
 
-Non mi interessa chi ha fatto questo fotomontaggio- Riprese Sebastian, sfoderando un sorriso che scoprì i denti perfetti e bianchi. -Vorrei solo dirgli di smetterla, perchè la mia ragazza vincerà il concorso onestamente e non c'è bisogno di trovare inutili diversivi per metterla in cattiva luce. E' anche fin troppo etero e stiamo insieme da un sacco di tempo- Lo sguardo di Sebastian si fiondò sulle telecamere televisive sotto di loro, ingordi di notizie e nuovi scoop, senza contare i fotografi al lato del palchetto. -E in ogni caso, importa davvero l'orientamento sessuale di una persona? Io mi vergognerei se fossi in voi- Le sue dita si intrecciarono a quelle di Santana e la tirarono un pò di più verso di lui. La ragazza si morse un labbro, rimanendo con lo sguardo fisso sulla foto nel led. -..In tutti voi- Concluse, minacciando Janet con lo sguardo. Era uno sguardo di quelli che presupponevano solo vendetta certa, tanto che alla ragazza venne quasi un groppo alla gola.
Sebastian strinse più forte la mano di Santana e la portò via, nel backstage. La lasciò solo quando arrivarono alla console dei computer e appoggiò una mano sul tavolino dove c'era il ragazzo che aveva fatto apparire la foto di Santana sul led. Lei, intanto, se ne stava ancora traumatizzava in un angolo. -Te lo dirò gentilmente, specie di microbo mentalmente poco evoluto, dammi quella fotografia o ti ritroverai l'avvocato degli Smythe alle calcagna e tante di quelle multe da dover fare cinque lavori a vita, chiaro?- In genere, Sebastian non minacciava con le mani: gli bastava tirar fuori la sua ricca famiglia e tutto veniva risolto. Ottenne, infatti, la fotografia, sotto lo sguardo impaurito del ragazzo.
Ritornò da Santana e le si piazzò davanti, costringendola a togliere lo sguardo dal led. -Andiamo, hei.. Santana?- 
-Lo sanno tutti...- Santana si morse il labbro inferiore, increspando la fronte per non scoppiare a piangere da un momento all'altro.
-No, no. Guardami- Sebastian si abbassò appena, ma sentiva addosso lo sguardo del ragazzo alla console e per paura che ci fossero telecamere di qualsiasi genere, afferrò Santana per le spalle e uscì dal backstage. I fotografi si spostarono verso di loro, ma Sebastian li mandò indietro, nonostante loro insistessero. -Smettetela! Non vogliamo interviste!- Urlò, andando faccia a faccia contro un fotografo. 
Riuscirono ad uscire dal locale, ma i tizi non li seguirono più, segno forse che qualche star stava facendo la sua apparizione, annunciata anche dalla musica in sottofondo.
Brittany era fuori con Thad, Trent, Jeff, Flint, Kurt e Blaine. Non appena vide Santana le andò incontro, cercando di abbracciarla, ma l'ispanica la spinse, facendola cadere per terra. Blaine corse a tirarla su, e Sebastian fu costretto a mantenere di nuovo Santana per la vita per non farle uccidere Brittany. -Come... Come hai potuto?!- Urlò, mentre il viso le si riempiva di lacrime. Tutto poteva aspettarsi da lei, ma non che desse una foto privata ad una sconosciuta. Avrebbe potuto farci qualsiasi cosa, qualsiasi. -Mi fidavo di te! Lo sapranno tutti! TUTTI!- Gli Usignoli erano spaventati almeno quanto Kurt, un pò impietositi e dispiaciuti, ma soprattutto sorpresi per il gesto di Sebastian. Non era un tipo gentile, per niente. Aveva per forza un doppio fine, e tra tutti quanti Jeff era il più intenzionato a scoprirlo. 
Brittany si alzò da terra e scosse la testa. -Mi dispiace tantissimo, non dovevo, lo so-
-Vattene via, non voglio più vederti- Santana si calmò, rimanendo a contatto col corpo di Sebastian. Sentiva il battito cardiaco del ragazzo sulla sua schiena e solo in quel momento realizzò davvero l'accaduto. -Me ne torno a casa- Sibilò, liberandosi dalla stretta del ragazzo. Avrebbe voluto dirgli grazie, ma non ne aveva il coraggio, non in quel momento, non di fronte a tutti. Semplicemente si tolse le scarpe e camminò a piedi nudi fino alla sua auto.
-Non puo' tornare da sola- Singhiozzò Brittany, tra le braccia di Blaine.
-Vado io, tu torna con Blaine okay? Tranquilla- Kurt le accarezzò la testa e poi corse verso l'auto di Santana.
-Grazie per tutto, Sebastian- Blaine gli mandò uno sguardo gentile, non ricambiato da Sebastian, e poi si dileguò con Brittany.
 
Sebastian aveva riaccompagnato tutti a casa, l'ultimo da riportare era Jeff. Il silenzio, durante tutto il tragitto, era stato quasi imbarazzante e la tensione poteva tagliarsi col coltello. 
La macchina di Sebastian si fermò di fronte al viottolo di casa Sterling, così abbassò le luci e si voltò verso l'amico sorridendo. -Allora a domani!- 
Jeff non aveva lo stesso sorriso: guardava davanti a sè un pò irritato e quando si voltò verso Seb anche lui stesso perse il sorriso. -Sputa il rospo, Smythe, non sei così gentile, specialmente con le New Directions-
-Che dirti, Jeff, tutti cambiano-
-Non tutti, Seb, tu no. Tu sei così e non cambi. Dimmi cosa hai mente- Jeff si mise a braccia conserte, voltandosi col busto dalla parte dell'amico.
Sebastian sbuffò, lasciando dalle mani il volante. -Okay, okay. Puo' essere che io abbia bisogno di una ragazza da portare a casa e che... Santana avesse bisogno di un ragazzo. E beh, ci facciamo comodo a vicenda, no?- 
Jeff non sapeva se prenderlo a schiaffi o sbattergli la testa contro il volante, optò perciò per rimanere a braccia conserte e sbattere più volte la testa sull'appoggia-testa del sedile. -Dio, Sebastian, dimmi che non sei così stupido! Così infantile!-
Sebastian alzò un sopracciglio. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo, specialmente Jeff. Lui era l'amico che ti da un consiglio sempre con un tono pacato, che ti da ragione anche se hai torto marcio. -Prego?-
-Ascolta, Sebastian, io ti voglio bene okay? Sei uno dei miei migliori amici e ogni volta che facevi qualcosa di stupido io ti difendevo! Ogni volta! Ho convinto Nick a farti diventare capitano degli Usignoli perchè hai una voce spettacolare e un carattere potente, potevi essere un grandissimo leader per noi! Ho stima di te, del tuo modo di essere menefreghista e sicuro di te, del tuo modo di fare, del tuo talento, del tuo modo di sostenere ogni discussione con dignità. Ho sempre giustificato ogni tua azione stupida con il fatto che i tuoi genitori ti hanno stressato ed educato in un certo modo e perciò tu rivolgi ciò che reprimi verso la società ma sai che c'è? Questo è troppo. Santana stava davvero, davvero molto male. E tu la stai usando per arrivare ai tuoi scopi?- Si fermò un attimo per prendere fiato e sospirare di nuovo, non perdendo mai il contatto con gli occhi di Seb. -Ti dirò una cosa, Sebastian. Nessuno, nessuno nasce cattivo. C'è sempre qualcosa che lo trasforma, che lo cambia. Che sia un passato difficile, una famiglia stressante. Ma tutto sta in ciò che scegli di essere quando arrivi a un punto chiamato limite e lo superi. Questo è il limite, Sebastian. Scegli di tirare ancora la corda e comportarti da stronzo egoista oppure fai un passo indietro e cresci, dimostrando di essere migliore dei tuoi genitori- Jeff staccò, per la prima volta, lo sguardo dagli occhi di Sebastian. Non sapeva se fosse stato in grado di reggere il suo sguardo arrabbiato. Scese dalla macchina e chiuse lo sportello, girando poi verso quello di Sebastian che aveva il finestrino abbassato. -Hai aiutato quella ragazza, stasera, e quando sei salito sul palco tutti gli Usignoli e persino Kurt e Blaine hanno fatto il tifo per te. Eri una persona diversa, migliore. Non ti impongo di cambiare, ti consiglio solamente di non manipolare le persone, come hai fatto con Karofsky. Infondo, come dici tu, è tutto divertimenti e giochi, finchè non lo sono più- Quella fu l'ultima frase, prima di andarsene.
Per tutto il tempo, Sebastian era rimasto con lo sguardo fisso nel vuoto. Non riusciva a collegare bene le parole di Jeff, tanto gli facevano male come lame appuntine. Per una persona come lui, che vive di pane e orgoglio, non era facile sentirsi giudicato, ma sapeva che Jeff non lo stava facendo, lo stava semplicemente aiutando, come faceva sempre.
Sebastian si riprese dalla trance e accese il motore, ripartendo.
 
Aveva cominciato a piovere e Sebastian aveva trovato parcheggio solo a una decina di metri da casa di Santana, perciò nel tragitto macchina-casa si era completamente inzuppato. 
Si fiondò sotto il porticato di casa Lopez e controllò l'orologio: era mezzanotte e probabilmente Santana dormiva, o almeno i suoi genitori. Perciò bussò piano, una, due, tre volte... Fino a quando l'ispanica non aprì, vestita solo di una camicia da notte rosso fuoco.
Santana rimase un pò sorpresa, ma non lo aggredì, non se lo meritava più. -Sebastian- Pronunciò il suo nome in tono di saluto, aprendo di più la porta. -Entra pure...- 

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Capitolo 7
*** Perfectly. ***


VI CAPITOLO.
 
Casa di Santana era veramente ospitale, aveva quel 'nonsoche' di estremamente familiare e accogliente. Forse era per via del camino, o forse per il parquet scuro.
Santana fece salire silenziosamente a Sebastian le scale, se i suoi genitori l'avessero vista con un ragazzo, a quell'ora, in casa, sarebbero andati su tutte le furie.
Richiuse la porta della sua camera dolcemente, e poi ordinò a Sebastian di togliersi le scarpe, di sedersi sul letto e non muoversi.
Sebastian obbedì: sistemò le scarpe ai piedi del letto, e poi ci salì sopra sistemandosi all'indiana. 
D'un tratto la luce si spense, ma Sebastian non fiatò. Pochi secondi dopo, il volto di Santana, illuminato da una piccola lampadina verde a forma di pesce palla, apparì nell'oscurità.
Si avvicinò al letto e ci salì, appoggiandosi con la schiena al muro, visto che il letto ci era attaccato. Lasciò la piccola abajour al centro tra i due, e poi guardò Sebastian un pò dispiaciuta. -Scusami, ma non mi sembrava davvero il caso di parlare di sotto...-
-Sarei potuto tornare domani- 
-Non so se riuscirei ad aspettare domani-
-Per cosa?-
-Me lo stai davvero chiedendo?- La ragazza si accigliò, scuotendo la testa. -Perchè l'hai fatto? Non stiamo insieme. E mi odi, avresti potuto lasciarmi lì, a morire di vergogna...-
Sebastian sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondo scuro. -Prima di tutto, io non ti odio- Iniziò, mantenendo un tono di voce basso e fermo. -Pensavo avessimo risolto la questione alle Nazionali, no? Mi sono fatto perdonare per essere stato un gran bastardo, non ti basta?-
-Sì, dovrebbe- Tentennò l'ispanica, distogliendo lo sguardo.
-...Ma?-
-Ma non mi convinci, Smythe. Da stronzo, a stronza, ti ricordi?- Santana assunse quell'espressione. Quella che serviva quando voleva spaventare qualcuno per costringerlo a confessare. -Non siamo poi così diversi-
-No, infatti, Santana, non lo siamo. Ma io ci ho messo la faccia stasera per salvarti, e invece di ringraziarmi che fai? Mi accusi?- Sebastian smise di bisbigliare, ma non urlò. Cercò comunque di contenersi. -Essendo uguali, Santana, dovresti sapere quanto mi è costato salire lì sopra-
Santana si strinse le gambe al petto, ma non abbassò la guardia. Assottigliò gli occhi, sospirando. -D'accordo, mettiamo in conto che io ti creda... Grazie- La sua voce si addolcì appena, ritornando a guardare gli occhi del ragazzo, che sotto la luce verde dell'abajour erano ancora più... verdi. 
-Prego- Rispose Sebastian, per nulla convinto, sospirando. Per una volta aveva fatto una buona azione, anche se con un doppio fine, ma Santana non lo sapeva, e doveva anche essere etichettato come un doppiogiochista. -Brittany?- Azzardò poi, guardando Santana.
La ragazza abbassò gli occhi, facendo spalline. -Amo Brittany. Lei è... Tutto per me. Ma vorrei che a volte pensasse prima di fare qualcosa. Non sa ancora cosa fare della sua vita, mentre io ho tantissimi progetti e per quanto io la ami non posso, non riesco a minimizzare me stessa per lei. Per nessuno ci riuscirei, mi capisci?-
-Perfettamente- Rispose Sebastian. 
Perfettamente. Rimbombò nella testa di Santana come un martello. Era strano che qualcuno la capisse. Non ci era riuscita sua madre, nè sua nonna, nè Brittany. Ogni qual volta che Santana apriva bocca, doveva ripetere il concetto tre volte prima che fosse chiaro, e non perchè non sapesse spiegarsi, ma perchè la gente non capiva il suo modo di intendere la cosa.
Sebastian invece capiva, perfettamente.
 
Sebastian affondò la chiave e la girò poi nella toppa, per aprire la porta. 
Erano le sei del mattino e lui aveva dormito da Santana. Lei si era addormentata con la testa sul muro e lui non aveva osato muoversi, quindi aveva finito per addormentarsi anche lui.
Chiuse la porta lentamente. La sveglia del padre sarebbe suonata fra poco, mentre era sicuro che la madre fosse già sveglia, perciò doveva muoversi a salire in camera.
Ma quando si girò, si bloccò alla vista dei due genitori, a braccia conserte davanti a lui. -Posso spiegare!- Disse lui, frettolosamente.
-Non ce n'è bisogno- Cominciò il padre, sfoderando il suo sorriso bonario. -Ho visto la tua fidanzata alla televisione! E' bellissima, Sebastian, complimenti!- 
-Ho già in mente il vestito per il matrimonio. Oddio, sulla sua carnagione scura il color argento brillerà tanto da farla sembrare un angelo sceso in terra!- La madre era completamente andata, persa ormai nel mondo dei suoi sogni. 
Quei due, come al solito, non avevano capito niente. Ma a Sebastian faceva comodo. Forse, crescendo, avrebbe avuto il coraggio di rivelargli che era gay e nel frattempo avrebbe anche finito la Dalton, e non avrebbe perso poi niente di che.
-Ehm... No, per favore, avete capito male!- Replicò Sebastian, con una faccia mortificata. La madre lo portò al piano di sopra, dove aveva lasciato una lista di abiti da sposa e di Wedding Planners da contattare. Sbuffò, tirando un calcio alla porta, che si richiuse da sola in un tonfo sordo.
 
-Sei una svergognata! Dammi una sola ragione per cui non dovrei disconoscerti, piccola ingrata!- Urlò nonna Lopez verso una Santana piangente, seduta sulla stessa sedia dalla quale l'aveva cacciata qualche mese prima. -Come ti è saltato in mente di mostrare quella fotografia in pubblico?-
-Non l'ho fatto io, nonna!- 
-Non mi interessa chi è stato! Lo sapevo che questa storia ci avrebbe portato alla rovina, madre de Dios! Non potrò più uscire di casa, dovrò rimanere confinata qui per paura che qualcuno riconosca la tua bella faccia da svergognata in televisione!- 
-Smettila!- Urlò Santana, alzandosi e poggiando le mani sul lavandino, dando le spalle alla nonna. -Quanto può farti bene insultarmi, mh? No, perchè se ti fa bene allora fa' pure! Ma non dirmi che me lo merito, nonna, perchè io ho semplicemente deciso di amare chi fa battere il mio cuore, indipendentemente da ciò che ha sotto i pantaloni- Si spostò dal lavandino e si appoggiò con una mano sul tavolo, abbassandosi appena per guardare negli occhi la nonna, anche se i suoi erano completamente appannati dalle lacrime. -Non mi interessa cosa pensi, ho smesso di interessarmene quando mi hai cacciato la prima volta, e non capisco perchè tu mi abbia richiamato qui oggi. Sapevo già che non sopportavi ciò che sono, ma le cose non sono cambiate e no, Sebastian non è il mio ragazzo perciò non provare nemmeno a dire in giro che è così- Concluse, sistemando la sedia sotto il tavolo con cura. Gliel'aveva insegnato proprio sua nonna.
Uscì da casa con il cuore a mille. Sapeva che da un momento all'altro sarebbe scoppiata e per evitare che qualcuno si trovasse nel bel mezzo della sua crisi, inviò un sms all'unica persona che le aveva dimostrato qualcosa durante quella giornata.
 
Da: Santana
Oggetto: Smythe?
 
Il telefono di Sebastian vibrò sulla scrivania, ma il ragazzo era troppo impegnato a deprimersi per poter rispondere, completamente invaso da abiti da sposa. Scivolò di lato, gattonando fino alla scrivania. 
Rimase un pò di stucco e aggrottò le sopracciglia, sedendosi ai piedi della scrivania per rispondere.
 
Da: Sebastian.
Oggetto: Sì, Bella Addormentata?
 
Santana sorrise appena. Beh, se lo meritava, su.
 
Da: Santana
Oggetto: Evadiamo.
 
Sebastian annuì col capo, mentre un sorriso si allargava sul volto.

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Capitolo 8
*** No one hates you for who you are. ***


VII CAPITOLO
 
Il rombo della moto di Sebastian fece tremare per un attimo Santana, che lo stava aspettando seduta alla fermata dell'autobus. 
La sua moto, perfettamente tirata a lucido, era sicuramente una delle più belle che avesse mai visto, nera, e molto simile a quelle da cross. 
Sbuffò, alzandosi dalla panchina, e si avvicinò con fare scocciato al margine del marciapiede. -Bella ferraglia, Smythe. Dove mi porti?- Domandò, dopo che Sebastian le porse il casco blu.
-Sei stata tu ad invitarmi, pensavo sapessi già dove andare- Gli ammortizzatori della moto si abbassarono sotto il peso del corpo di Santana che saliva in sella.
-No, non ne ho la minima idea-
-Allora andremo dove più ci ispira- Affermò Sebastian contento, partendo a tutto gas. 
Mentre percorrevano le strade di Lima, le loro menti sembravano quasi collegate: entrambi pensavano a quanto quella cittadina stesse diventando troppo stretta. 
Santana pensò perfino di andare via, di non aspettare più Brittany. Aveva troppo rancore per poter riprendere la storia con la bionda come se niente fosse. Amava Brittany, ma la loro storia era diventata troppo complicata e il gesto al F&G era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Chissà se, un giorno, sarebbe riuscita ad essere di nuovo la Santana di Brittany; in quel momento, però, voleva solo essere una Santana libera.
Sebastian, invece, col manubrio saldo in mano, osservava quel quartiere di Lima in cui non era mai stato: lui abitava in uno di quelli circondati da case enormi, villette, piscine, giardini e tanti alberi, una specie di piccola Beverly Hills. Forse i suoi genitori, in quel momento, pensavano che fosse con la sua ragazza, a fare chissà cosa, magari a chiederle di sposarlo. Forse sua madre pensava di aver convinto suo figlio a farlo sposare, visti tutti i giornalini lasciati sul letto.
-Gira a destra- Urlò Santana, interrompendo i pensieri di Sebastian. Lui obbedì e al primo angolo svoltò a destra, ritrovandosi il cartello con il confine di Lima.
-Ma siamo fuori!- 
-Non lamentarti e guida!-
Sebastian sbuffò, non era abituato ad essere comandato a bacchetta e soprattutto non da una che frequentava la scuola pubblica.
Seguendo le indicazioni di Santana ci misero più o meno un quarto d'ora per arrivare, e più avanti andavano, più Sebastian credeva di essersi perso. Santana l'aveva guidato in un posto strano, pieno di alberi fitti e altissimi, e il luogo odorava di muschio e acqua sporca.
-Non siamo arrivati- Asserì Santana, togliendosi il casco.
-Ma non possiamo andare oltre, è troppo stretto tra gli alberi- 
-Non se ci addentriamo a piedi- L'ispanica scese dalla moto e lasciò il casco sul sellino, pettinandosi con le dita i capelli corvini. -Avanti, femminuccia, non avrai mica paura di rovinarti le scarpe, vero?- 
Sebastian alzò gli occhi al cielo, spense il motore e infilò le chiavi in tasca, tirando giù il cavalletto. Indossava una semplice maglietta beije e aderente, con un paio di pantaloni neri e semplici sneakers, perciò era un abbigliamento appropriato. -Ma almeno sai dove stiamo andando? Non mi farai mica arrampicare sulle liane, no?-
-No, anche se vederti cadere di sotto sarebbe uno spettacolo carino- Sorrise, cominciando ad addentrarsi nel fitto boschetto.
Faceva molto caldo, ma i raggi del sole filtravano appena tra le foglie dei numerosi alberi, donando così un'atmosfera di penombra gradevole. Più camminavano, più gli odori diventavano più intensi. 
-Sono dieci minuti che camm...- Sbuffò scocciato il ragazzo, prima di alzare gli occhi davanti a sè e rimanere stupito. Davanti a lui c'era un'estesa radura che ospitava fiori di ogni genere e colore, vasta almeno quanto una prateria. A destra, coperta dall'ombra di un'immensa quercia, c'era una piccola catapecchia abbandonata, a cui mancavano le finestre, mentre era la porta era stesa per terra.  Dietro di essa, gorgogliava un piccolo stagno.
I raggi del sole erano liberi di colpire senza freni: ormai non c'era più alcun albero a deviarli. 
-Come hai scoperto questo posto?- 
-Non è un segreto, lo conoscono tutti, ma pochi ci vengono davvero. Però a me piace. Andiamo, vieni!- Asserì, cominciando a correre verso destra, dalla parte della quercia.
Sebastian non corse: rimase ad osservare i fiori che, quasi con dispiace, calpestava per camminare. Il sole gli fece assottigliare piano gli occhi, e osservò con cura tutti i minimi particolari di quel luogo.
Santana era ormai già appollaiata al fresco della quercia, con la spalla appoggiata al tronco. -Si sta bene, no?-
-Un bel modo di evadere- Sorrise lui, stendendo le lunghe gambe sotto la quercia. -Che è successo?-
-Il mondo mi odia- Asserì Santana, con la testa appoggiata contro il tronco dell'albero. -Forse dovrei odiarmi anch'io, visto che lo fanno tutti-
Sebastian alzò un sopracciglio, stringendo le labbra. -Nessuno ti odia. Però... Semplicemente alcune persone non accettano i cambiamenti, oppure non vogliono che le cose siano diverse da come le desiderano loro... Ma non penso che qualcuno ti odi per ciò che sei, se è quello a cui ti riferisci-
Santana scosse la testa. -Non sai niente di me-
-Sei tu che me ne stai parlando-
-No, non è vero-
-Perchè devi sempre fare l'acida?- Domandò il ragazzo, aprendo i palmi al cielo.
-Non sto facendo l'acida, solo che tu sei... Sebastian Smythe e... Semplicemente è tutto molto strano- Spiegò Santana balbettando.
-Certo, sono Sebastian Smythe, stronzo, egoista, bastardo, impertinente, pallone gonfiato, che ti ha salvato il culo e ti ha portato a mezz'ora fuori Lima per farti staccare un pò la spina, ma no. Hei, no. Non vale quanto una persona cerchi di sdebitarsi per gli errori del passato, si ricordano sempre le cose negative- Sebastian era partito a macchinetta, le puntava un dito contro minaccioso e sul viso aveva un'espressione arrabbiata e delusa. Non ce l'aveva solo con Santana, ce l'aveva con la situazione in generale. Era stanco di essere visto in quel modo, quando sapeva di essere tutt'altro. Ma era, per lo più, colpa sua: quello 'cattivo' era l'unico lato di sè che aveva lasciato vedere agli altri. -Me ne vado alla moto, quando hai finito di nasconderti dalla realtà torna indietro- Si alzò e camminò dritto, senza mai girarsi, fino alla moto. Per un momento, si pentì persino di essersi lasciato andare. Aveva chiesto scusa alle Nuove Direzioni e a David pochi mesi prima e in un certo senso pensava di aver sotterrato l'ascia di guerra. Fra lui e Blaine non c'era più alcun tipo di problema, gli era passata la cotta per il moro. Voleva solo che, passando tra la gente, l'avrebbero riconosciuto come colui che alle Nazionali aveva raccolto fondi per Karofsky, e non come quello che l'aveva spinto al suicidio. 
 
Santana rimase sotto la quercia per un quarto d'ora abbondante. 
Vedendo Sebastian andare via, non aveva mosso un muscolo, era rimasta impassibile ad assimilare le parole che fluivano dalla bocca del ragazzo come un fiume in piena.
Aveva ferito Sebastian, e cominciò a chiedersi se ferire gli altri non fosse l'hobby che le riusciva meglio. Stavano succedendo troppe cose perchè potesse rendersene conto e affrontarle senza uscirne illesa.
Sbucò fuori dagli alberi, mentre Sebastian era seduto ai piedi della moto, di spalle, e guardava il cielo limpido.
Era rimasto, l'aveva aspettata. 
Che stupida. Si sentiva così dannatamente superficiale e idiota in quel momento. Sebastian si era dimostrato carino in più di un'occasione, eppure lei continuava a vederlo come il ragazzo che aveva quasi accecato Blaine.
Tossì, per farsi annunciare. Il ragazzo si voltò, ma non la degnò di uno sguardo. Si alzò e salì in sella, accendendo il motore.
Santana non disse niente, rimase col viso basso fino a quando non giunse al veicolo e ci balzò sopra. Prima che Sebastian partisse, gli appoggiò un braccio sulla schiena e la fece scivolare a mo' di carezza. -Mi dispiace, ho poco tatto nei rapporti umani-
-A chi lo dici- Sorrise lui, partendo a tutta velocità.
 


Volevo ringraziare la mia Santana
per l'ispirazione della moto.
Sebastian che ne guida una sarebbe
fin troppo eccitante. 

 

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Capitolo 9
*** Little bitch ***


VIII CAPITOLO.
 
Da: Brittany
Oggetto: Dobbiamo parlare
Ignora. 
 
Da: Brittany
Oggetto: Rispondi, per favore!
Ignora.
 
Da: Brittany
Oggetto: Piantala di evitarmi...
Ignora.
 
7 chiamate perse da: Brittany. 
 
-E' parecchio insistente, eh?- Domandò Sebastian, seduto sul cornicione del tetto della Dalton.
-Direi di sì- Santana spense il telefono, lasciandosi avvolgere dal vento fresco che le scompigliava i capelli, rilassandola. -Mi spiace, lo spengo-
-Non importa. Ancora non te la senti di tornare da lei?- 
-No. Ogni volta che la guardo è come se... se vedessi quella rossa che si prende gioco di me, mentre tutti gli altri ridono. Io sono sempre quella che ride, mai quella che viene presa in giro? Capisci?- 
-Sì, Santana, capisco- Rispose lui, ricordando a Santana che lui era davvero l'unico che potesse realmente capire quel tipo di sensazione. -Beh, non sei mica costretta. Però penso che se non glielo dici continuerà a tormentarti per il resto dell'esistenza-
-Non voglio parlare con lei. Non chiedermi il perchè- Asserì Santana, guardando dritto davanti a sè la porticina grigia che portava ai piani inferiori della Dalton.
-Lo so perchè. Vedendo i suoi occhi dolci azzurri, la nostra Santana tutta d'un pezzo si scioglierebbe come una coppetta di gelato al sole- Sebastian la prese un pò in giro, sporgendo il labbro inferiore in un 'musetto'.
Eppure Santana non fece niente, perchè Sebastian aveva colpito perfettamente nel segno: se solo lo sguardo dell'ispanica avesse incontrato quello innocente di Brittany, avrebbe fatto cadere tutte le sue mura, facendo fallire il suo tentativo di resistenza.
Sebastian tolse immediatamente l'espressione buffa dal suo viso e si schiarì la voce, un pò imbarazzato e sorpreso: da quando con Santana aveva così tanta confidenza da turbarla? 
Forse, ma solo forse, la ragazza si stava aprendo con lui.
-Beh, non so se sia una buona idea che io venga con te, però se vuoi posso accompagnarti a casa sua e aspettarti in auto, e se cominci a tardare ti farò squillare il telefono in modo incessante-
Santana sorrise, abbassando il viso. -Non penso sia una buona idea, in generale. Vorrei lasciare le cose così, si metterà l'anima in pace- Poi si alzò e si sistemò la maglietta. -Comunque, ora devo andare. Devo vedere Kurt- 
-Oh, salutalo- Sorrise lui, sistemandosi il blazer di rimando. -Come se la passa?-
Santana alzò un sopracciglio un pò sorpresa. Si chiese se la stesse prendendo in giro o se facesse sul serio: Sebastian non si era mai preoccupato per Kurt, non si erano mai sopportati, a dire il vero; era strano che lui le chiedesse come stesse.
Ma poi il ragazzo alzò lo sguardo, incrociando di nuovo quello dell'ispanica, e lei si ricordò delle parole dette mentre erano alla radura:  Non vale quanto una persona cerchi di sdebitarsi per gli errori del passato, si ricordano sempre le cose negative. Per evitare di essere nuovamente superficiale, Santana cambiò tattica. -Bene. Sta aspettando che Blaine passi quest'anno per poi riprovare ad entrare alla NYADA-
-Che cosa romantica- Esclamò, roteando gli occhi e cominciando a camminare verso la porticina con le scale. 
-Puoi dire e far vedere agli altri tutto ciò che vuoi, ma non sei poi così male- Affermò lei, con un sorrisino beffardo sul volto.
Sebastian sorrise sinceramente. Non un sorriso finto, o troppo espressivo; solamente uno leggermente sghembo, che dimostrava la sincera gratitudine a quelle parole. -Beh, nemmeno tu-
Il seguito fu solo silenzio: Santana e Sebastian scesero con calma le scale della Dalton, che portavano dal terrazzo fino a dentro l'istituto. La ragazza rimaneva sempre affascinata da quella scuola e dalla compostezza dei suoi studenti. Sembravano tanti damerini pronti ad essere sfornati per diventare piccoli Obama.
-Smythe!- Santana si fermò dietro Sebastian, voltandosi a guardare chi aveva chiamato il ragazzo. Jeff Sterlin, alto, biondissimo e gentilissimo, si avvicinava alla coppia, rimanendo di stucco alla vista di Santana. -Ma... Hei, ciao- La faccia seria di Jeff venne subito nascosta da un finto sorriso, ma le frecciatine con lo sguardo a Sebastian non mancavano, tanto che Santana si sentì perfino a disagio.
-Ciao, Jeff. Stavo andando via- Increspò le labbra, passando a guardare Sebastian. -Ci si vede allora, ciao..-
Sebastian non aveva mai tolto i suoi occhi da quelli di Jeff, ma quando l'ispanica lo salutò, lui ricambiò. -Certo, ciao Santana-  La osservò finchè non uscì dalla grande porta.
-Quindi... Mi sembra di non essere stato abbastanza chiaro- Asserì Jeff, scuotendo la testa deluso. Pensava davvero di aver lasciato un segno nel cuore di Sebastian, la scorsa sera.
-Senti Jeff, mettiamola così, smettila di farmi da baby-sitter perchè nessuno te l'ha chiesto. E soprattutto piantala di interessarti così tanto alla mia vita. Saranno affari miei cosa faccio, no? E anche se la usassi? Cosa ti cambia? Continua a vivere nella tua stupida vita felice e perfetta e lasciami crogiolare nella mia, maledizione- Sbottò lui, colpendo con la spalla l'amico per superarlo. 
Non poteva più rimanere lì, uscì dall'enorme portone della Dalton cercando di mantenere un respiro lento e regolare, stanco di essere etichettato male. Era una cosa... Orribile. Non sapeva come liberarsi di questo peso, era un macigno sul cuore.
Alzò la testa, pronto a scendere le grandi scale della Dalton, quando notò Santana che urlava in spagnolo dall'altra parte della strada.
A quanto sembrava, qualcuno l'aveva tamponata. Ahia, povero quel qualcuno.
Corse velocemente dall'altra parte della strada, mentre la vedeva prendere a borsate in testa l'uomo di fronte a lei, sotto lo sguardo sbalordito dei passanti.
Sebastian la afferrò da dietro per le braccia, tirandola. -TU ERES LOCO! MALDITO!- 
Sebastian guardò l'uomo. Non era proprio un uomo, era più o meno un ragazzo, con non più di una ventina d'anni, occhi azzurri e capelli bronzei. -Ma che cazzo... E smettila di urlare!- Esclamò il ragazzo, osservando il muso della sua macchina di lusso premuto e deformato sul cofano dell'auto di Santana. 
-Santana, piantala, Santana!- Sebastian la teneva stretta dai polsi, mentre la borsa dell'ispanica cadeva per terra. La voce di Sebastian era appena udibile, coperta completamente dalle urla di Santana che stavano facendo spaventare un pò tutti. 
Qualcosa, però, coprì le urla della ragazza. Una volante della polizia si stava avvicinando.
Porca puttana, pensò Sebastian.
 
Il ventilatore, l'orologio, l'asta della tenda che sbatteva contro il vetro. 
Dentro la stazione di polizia, Santana, Sebastian e il ragazzo che si era identificato come Matt, stavano seduti su delle sedie scomode e vecchie. Santana e Sebastian vicini, a lato di una scrivania vuota, Matt di fronte a loro, ma un pò più distante. 
Tutti e tre erano lì da mezz'ora e aspettavano impazienti che qualcuno si degnasse di parlare con loro. Sebastian non c'entrava niente, ma gli agenti avevano preferito che qualcuno accompagnasse Santana, nel caso in cui avesse avuto un'altra crisi.
Sebastian aveva guardato attentamente quel ragazzo: era veramente bellissimo. Non doveva essere americano, aveva dei tratti tipicamente nordici. 
Matt afferrò una penna dalla scrivania e ci giocò per un pò, facendola poi cadere per sbaglio. -Idiota- Commentò Santana. 
-Ti ho sentito- Disse, riprendendo la penna e appoggiandola sulla scrivania.
-Ah si? Perchè vorrei farti sentire quanto picchia bene il mio pugno!- Esordì lei, chiudendo la mano in un pugno. Sebastian le afferrò il polso e lo spostò sul bracciolo della sedia, come per incitarla a farla calmare.
Lo sguardo di Matt cadde fulmineo su Sebastian e poi di nuovo su Santana. -Fammi indovinare. Sei di Lima Heights Adjacent, non è così?- Aspettò che regnasse il silenzio, prima di parlare. -E cosa ci fai con un 'gentiluomo' della Dalton? Siete due opposti, vedervi insieme in giro è come vedere la regina cattiva amica di Biancaneve-
Santana e Sebastian si guardarono un attimo, riconoscendo le parole vere di Matt. Erano troppo diversi, eppure entrambi non si erano mai posti questo problema, per il semplice fatto che... Importa davvero quanto sei ricco o povero per decretare un rapporto tra due persone? Il fatto che Sebastian capisse realmente come si sentiva Santana le bastava a continuare quello strano rapporto che c'era fra i due e che, forse, era meglio chiarire presto. 
-Comunque, quando ti va, possiamo andare a prenderci un caffè- Santana stava per alzarsi e prenderlo a schiaffi, quando notò che lo sguardo di Matt era fisso in quello di Sebastian. Stava invitando lui, non lei. 
Non solo si sentì ferita nell'orgoglio di donna, ma dovette anche digerire l'ipotesi che Sebastian accettasse. Infondo, perchè avrebbe dovuto rovinare un appuntamento con qualcuno che a lui non aveva fatto niente? 
-Scordatelo- Asserì Sebastian veloce, facendo perdere il sorriso a Matt e facendo girare di scatto la testa di Santana. -Non esco con chi tratta le persone in questo modo superficiale e da 'prima donna'. Porta rispetto, è pur sempre una ragazza- Santana sorrise appena, voltandosi poi verso Matt per mostrargli il suo sorriso più fiero e bastardo. 
-Potete uscire. Il signor Smythe ha messo in chiaro la situazione col capo, voi due siete fuori- Disse l'agente di polizia, entrando dalla porticina alle spalle di Matt. -Tu invece devi rimanere ancora un altro po'- Diede una pacca sulla spalla al ragazzo e non si voltò a guardare nè Sebastian nè Santana.
-Ehi, Sebastian- Matt lo chiamò voltando la testa di lato, dato che Sebastian si era già avvicinato alla porticina dietro di lui. -Quando smetterai di frequentare gente dei bassi vicoli, chiamami- Gli porse un bigliettino col suo numero e Sebastian lo prese in mano, lo scrutò per un paio di secondi, alimentando la delusione di Santana e la felicità nello sguardo di Matt, poi si avvicinò al ragazzo e appoggiò una mano al bracciolo della sedia, guardandolo dritto negli occhi. 
-Ficcati questo bigliettino su per il culo, piccolo stronzetto- Asserì, con un tono molto alla Lima Heights Adjacent.  




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Come al solito ringrazio la mia Santana, 
che ha continuato a farmi scrivere 
nonostante avessi perso del tutto
l'ispirazione. (: <3

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Capitolo 10
*** You always appear when I need someone ***


IX CAPITOLO
 
La macchina del signor Smythe era grande e spaziosa, assomigliava ad una di quelle BMW che mostravano in televisione e che la famiglia di Santana poteva permettersi solo facendo cinque lavori a vita.
Sebastian e Santana erano seduti dietro, ognuno guardava fuori dal rispettivo finestrino, mentre davanti c'era l'autista personale alla guida e il padre di Sebastian che parlava al telefono da quando erano partiti.
Santana cercò di voltare lo sguardo verso Sebastian, in modo da riuscirne a decifrare l'espressione, ma non ci riuscì. 
Sebastian era preoccupato. Tornati a casa, probabilmente il padre avrebbe scoperto che Santana non era la sua ragazza, che non si sarebbe sposato e probabilmente anche che era gay...
L'ispanica azzardò un gesto: avvicinò piano la mano a quella del ragazzo sul sedile, pizzicandogli le dita con le sue. Sebastian voltò la testa, sorridendole un minimo. -Siamo quasi arrivati-
A quel punto, Santana si voltò a guardare di nuovo fuori dal finestrino: il panorama era certamente diverso e migliore da quello abituale. Le case erano grandi ed enormi, con vasti giardini e piscine. Rimase un attimo a bocca aperta, quando la macchina si fermò di fronte ad un enorme casa azzurrina, a tre piani. La cosa che rimase più impressa a Santana fu l'enorme vetrata rotonda posta al piano centrale, da cui si intravedeva un bellissimo pianoforte nero.
La portella di Santana si aprì da sola, ma era stato Sebastian a farlo e lei, così presa a guardare casa sua, non si era accorta che era sceso dall'auto. 
Lo seguì in silenzio per tutto il tragitto, ammirando il suggestivo ambiente: la piscina era tutta circondata da candele profumate, mentre le palme si muovevano lente scosse dal lieve venticello. 
Camminavano su piccoli ciottoli finti, che portavano direttamente ad una porta a vetro scorrevole. Doveva essere il retro, probabilmente. 
Da dentro, era ancora più bella: il colore predominante era sicuramente il bianco, eppure stranamente Santana si aspettava qualcosa di più 'antico', invece lo stile era moderno e all'avanguardia. I mobili erano blu elettrico, forse i suoi genitori erano dei tipi eccentrici.
-...D'accordo, arrivederci e grazie- Concluse il signor Smythe, premendo un tastino al lato del suo auricolare. Si voltò, scuotendo la chioma bionda. -Allora... Ciao figliolo. Ciao, cara- Sorrise, cordiale. Santana guardò Sebastian, era un po' pallido e aveva forse paura di essere sgridato. -Mi hanno raccontato cos'è successo, se vuoi posso sentire l'avvocato di quel ragazzo e farti ripagare i danni-
-Oh. Beh, grazie. Certo...- Balbettò lei, per poi sentirsi presa dal braccio.
-Noi andiamo- Annunciò Sebastian, cominciando a camminare verso una lunga scalinata. -Scendo per cena- Non diede tempo al padre di rispondere che erano già al primo gradino e presto li salirono tutti. Sebastian la trascinò dentro una stanza, che poi richiuse. 
Era la camera che Santana aveva visto dall'auto. Era immensa, di forma ovale. C'era il pianoforte, una chitarra, degli spartiti, perfino dei divanetti. -Chiudi la bocca, ti scenderà la bava- Rise lui, affacciandosi all'enorme vetrata che dava sul giardino.
-Non ero mai stata in un posto del genere- Si avvicinò al ragazzo, guardando anche lei la piscina. -Non hai un buon rapporto con i tuoi, vero?-
-Non psicanalizzarmi-
-Non lo sto facendo, era una domanda- Santana rimase spiazzata dal tono acido del ragazzo. Erano giorni che non si rivolgeva male a lei, tanto che pensava fosse cambiato realmente. -Lascia perdere. Aveva ragione quel bastardo che mi ha tamponato- Santana girò i tacchi e si avviò all'uscita.
Sebastian aggrottò le sopracciglia, voltandosi, e cominciò perfino ad urlare. -E questo che significa? Che ti ritieni inferiore a qualcuno solo perchè non hai una piscina in giardino?-
Santana si fermò, rimanendo con lo sguardo nel vuoto. Aveva ragione, lei era sempre stata contro quei principi che facevano tanto 'antica Roma'. -Mi ci è voluto tanto per capirlo- Continuò l'usignolo, a voce più bassa. -Sai chi me l'ha fatto capire?- I passi del ragazzo si facevano più vicini a Santana, finchè il suo naso non incontrò da dietro l'orecchio dell'ispanica. -Tu. Blaine. Le Nuove Direzioni. Sono cambiato da quel giorno, sono migliore. Certo, si può dire che sono ancora lo stronzo di prima ma... Non tratto male la gente in modo serio-
Santana si voltò piano, perdendosi nelle iridi chiare del ragazzo. Sembravano occhi così sinceri, così leali, che quasi parevano un peccato addosso al nome di Sebastian Smythe. Ma infondo, ciò che era successo a lui era successo anche a lei. Con Brittany. La rabbia che aveva dentro era dovuta ai sentimenti per la ragazza, perciò trattava male gli altri. Lei non doveva essere la debole. Santana non era debole.
La ragazza deglutì, sospirando. -Non volevo psicanalizzarti. Il fatto è che... Riesco a parlare con te come non faccio con nessuno. Riesci a capirmi senza che io parli in mezzi termini e... Appari sempre quando ho bisogno di qualcuno. Quando volevo picchiare la rossa, al F&G, dopo, oggi con quel ragazzo e... Adesso-
-Adesso non hai bisogno di qualcuno- Azzardò Sebastian, pronunciandolo con un tono simile a quello di una domanda.
-Ho bisogno di qualcuno che mi dica che non sono una 'diversa' in questa casa e che le cose andranno bene- Santana si fermò un attimo, abbassò il viso e ricacciò dietro le lacrime, tirando su col naso. -...Che riuscirò a perdonare l'unica persona che abbia mai amato e che mia nonna un giorno mi rivorrà bene; che la gente non mi guardi male e che... Che..- Sebastian non ce la faceva più, la ragazza continuava a evitare il pianto e forse quella era l'unica soluzione che poteva farla star meglio. 
Prima che Santana potesse continuare, le braccia delicate di Sebastian la strinsero forte.

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Capitolo 11
*** Are you sure? ***


X CAPITOLO
 
Stava piangendo. Di fronte a qualcuno. Tra le braccia di qualcuno. Di Sebastian Smythe.
Pensò di essersi drogata, che qualcuno le avesse dato un colpo in testa e fatta rincitrullire. Eppure, per tutto l'arco di tempo in cui era rimasta tra le braccia di Sebastian, Santana si era sentita come racchiusa in un involucro protettivo. Sebastian l'aveva protetta per ben due volte, senza ricavarne un bel niente, eppure per Santana qualcosa non andava. 
Stupida Santana, smettila. Pensò. Non era abituata ad essere trattata così e la diffidenza era il suo tratto distintivo. Il punto era, però, che si era lasciata stringere e non aveva opposto resistenza, semplicemente perchè quello di Sebastian era un abbraccio vero e non di compassione. Perchè lui capiva, e Santana l'avrebbe ripetuto all'infinito: lui capiva, capiva il suo modo di essere e comportarsi.
-Sebastian?- Una voce femminile lo chiamò da fuori la porta, facendogli sciogliere l'abbraccio. Era Mel, la donna di servizio.
-Si, Mel?- 
-E' pronta la cena-
-Arriviamo!- Urlò, per farsi sentire, per poi rivolgersi verso la ragazza. -Rimani a cena?-
Santana fece di no con la testa, sorridendo per togliere le ultime lacrime rimaste. -No, davvero-
-Vuoi che ti riporti a casa?- Sebastian era preoccupato, non voleva farla guidare in quello stato.
-No. Penso che chiamerò Kurt, sarà preoccupato e arrabbiato, dovevamo vederci- Afferrò il telefonino dalla tasca e notò le notifiche delle sue chiamate, poi gli mandò un messaggio.
-Ma la tua macchina è inagibile- Riprese lui, osservando che scriveva.
-Infatti mi farò venire a prendere da qui-
-E cosa gli dirai quando ti chiederà spiegazioni?-
-Che il Principe Azzurro mi ha salvato- Concluse, sorridendo.
 
La macchina di Kurt si fermò lentamente di fronte a villa Smythe, mentre il ragazzo abbassava il finestrino. Santana lo osservò, notando la bocca leggermente spalancata per lo stupore. -Accipicchia... Se la passa bene quell'Usignolo da strapazzo- Commentò, posando poi lo sguardo su Santana. 
Sebastian li osservava dall'enorme finestra del primo piano, facendo intanto freddare la cena al piano di sotto.
-Ciao Kurt, scusami per il disturbo. Non sapevo chi chiamare...- Santana entrò in macchina.
Kurt alzò un sopracciglio, osservando quella situazione molto strana. Santana usciva da casa di Sebastian con gli occhi lucidi e... si scusava? -Ti ha violentata?- Domandò, curvando il viso.
-Ma che stai dicendo, imbecille? Parti per favore- Kurt non rispose, rimase freddo come un ghiacciolo, girò la chiave e partì, mentre Santana osservava dal finestrino il volto di Sebastian farsi sempre più piccolo.
Per tutto il tragitto, Kurt rimase in silenzio. Non disse nulla, ma il suo sguardo parlava abbastanza. Si chiedeva cosa stesse succedendo, perchè Santana parlasse con Sebastian, perchè uscisse da casa sua. 
Ma non spiccicò parola finchè non giunsero di fronte al vialetto di casa Lopez e spense il motore. -Allora, a dom...-
-Non ti muovere da quel sedile- Ordinò Kurt, voltando il viso verso di lei. -Vuoi spiegarmi che succede o devo costringerti facendoti delle trecce ai capelli?- 
La prospettiva di farsi le trecce tentava molto poco Santana, così sospirò e guardò davanti a sè. -Ti ricordi quando David ti torturava? Lo faceva perchè... Vedeva in te qualcosa che lui non poteva e non riusciva ad essere- A Kurt venne un brivido, ripensandoci. -Noi pensiamo a Sebastian come qualcuno di cattivo, qualcuno bravo solo a ferire la gente. Ma se non fosse solo così? Se fosse per lo più apparenza?- 
-Santana non importa quanto una persona sia fragile, se si comporta da stronzo per ferire gli altri allora è sbagliato!-
-Lo so, Kurt! Lo so! E' proprio per questo che arriva un momento in cui bisogna guardare la persona che hai davanti e dirgli "Tu non sei così, parlarmi del tuo problema e tira via la maschera che ti sei creato"- 
-Ed è questo che stai facendo con Sebastian? La badante? Che ti importa?- 
-Mi ha salvato al F&G, Kurt. Mi ha salvato anche oggi e... Ho scoperto che non è una brutta compagnia, che problema c'è?-
-Che ha accecato Blaine e io non mi fido di lui-
-Nemmeno lo pensa più il tuo Blaine! Per favore, Kurt, non rovinare tutto- Sospirò infine, appoggiando la schiena al sedile.
-Non amavi Brittany?-
-Non sto con Sebastian. Il fatto è che... E' come me. E mi capisce. E poi è gay- Il nome di Brittany le fece salire un brivido.
-Non so che dirti, Santana. Se questo ti rende felice...-
-Kurt, non devo dare spiegazioni a nessuno per ciò che faccio, ritieniti fortunato che io te ne abbia date. Non ho bisogno di giustificarmi con le persone, okay? E sono stanca di questo- Aprì lo sportello, voltandosi poi un'ultima volta verso Kurt. -Sai, ne ho parlato con te perchè pensavo tu potessi capirmi. Sei stato visto tante volte come un 'diverso' dagli altri ma alla fine hai avuto la tua occasione, perchè Sebastian non può avere la sua?- Domandò retoricamente, scuotendo la testa.
Kurt non rispose. Santana scese dall'auto e sbattè lo sportello, avvicinandosi all'entrata di casa. 
 
 
Videochiamata da: Jeff ciuffobiondo Sterling.
Accetta.
 
Il viso di Jeff apparve sullo schermo un pò cupo e triste, quello di Sebastian era fermo e freddo.
-Seb- Iniziò lui, fissando la webcam. -Mi dispiace per oggi-
Sebastian fece spalline. -Ci sono abituato-
-Lo so che cosa stai pensando. Ma io sono tuo amico e mi dispiace di aver pensato male di te. Solo che vedendoti con lei pensavo la stessi usando ancora come mi avevi detto qualche giorno fa-
-Non la sto usando. Semplicemente... E' fragile, è rifiutata, aggredisce le persone per autodifesa. Ti ricorda qualcuno?-
-Te- Sorrise il biondo. -Ma dovete uscire da questo circolo vizioso, trattare male le persone o essere subdoli non vi porterà avanti nella vita-
-Oh grazie, grande saggio Jeff- Rise Sebastian, ritornando serio un attimo dopo. -Sai quando... Hai qualcuno davanti che ti vuole ferire? Se ti dimostri forte si tirerà indietro, avrà paura, ma se ti dimosti debole ti ferirà tanto da ucciderti. Santana ha paura di qualcosa, ha paura di rivelarsi. Con me l'ha fatto e... Non riesco a capire perchè voglio che si liberi anche con gli altri. E' come se ci tenessi, capito? Ed è strano, perchè sai bene come sono fatto-
-Ti piace?-
-Sono gay, Jeff, non te lo ricordi?-
-Ne sei sicuro?- Domandò, prima che il segnale si interrompesse concludendo la chiamata e lasciando Sebastian con quell'interrogativo, immobile, davanti alla sua immagine riflessa nello schermo.

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Capitolo 12
*** He has.. very expressive eyes. ***


XI CAPITOLO.
 
-Sono gay. Sono gay. Sono gay, gay, gay. Gayssimo- Sebastian lo ripeteva di fronte allo specchio, proprio come una settimana fa, con l'unica differenza che quel giorno lo stava facendo per convincere se stesso e non i suoi genitori.
Maledetto Jeff. Maledetto lui che lo stava anche a sentire!
-Sebastian!- Urlò sua madre, come ogni mattina. -Tesoro, scendi, è tardi!-
Sebastian alzò gli occhi al cielo, si guardò un'ultima volta allo specchio e sospirò. -Sei gay, ricordatelo- Puntò un dito verso la sua sagoma e poi afferrò la borsa a mano, uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
In sala da pranzo, come al solito, il padre era appiccicato all'iPad, mentre la madre sorseggiava il suo thè. -Buongiorno, amore. Cosa vuoi mangiare?-
-Niente. Non ho fame. Vado direttamente a scuola-
-Come? Sei sicuro? E'  successo qualcosa?- Domandò lei, inclinando il viso di lato.
-No, tutto okay. A dopo- Li salutò, ma il padre ancora non alzava il volto. Sospirò ed uscì di casa, aspettando che George passasse a prenderlo con la macchina.
Poco dopo, infatti, l'autista si fermò di fronte al ragazzo, invitandolo ad entrare. Infilò la cintura e guardò davanti a sè, con fare scocciato.
-Poca voglia di andare a scuola, stamattina?-
-Sta' zitto e guida- 
L'uomo, che ormai c'era abituato, rise sotto i baffi e lo portò a destinazione sano e salvo. 
Giunti di fronte al grande edificio della Dalton, Sebastian scese dall'auto e non salutò nemmeno George, sbattendogli lo sportello in faccia.
Quando era di malumore, Sebastian era ancora più irascibile. 
Andò spedito verso la sala delle prove degli Usignoli, completamente vuota, e si affacciò alla finestra.
Che palle. Pensò, scuotendo la testa. Andava tutto male, tutto tremendamente male. Stava facendo confusione nella sua testa. Era sicurissimo di essere gay, ma poi insorgeva questo strano sentimento di aiutare Santana, nonostante in passato non la sopportasse. Nemmeno si chiedeva se gli piacesse o meno, non voleva azzardarsi a scoprire di essere attratto da lei, perchè se fosse stato così avrebbe mandato a quel paese tutti i princìpi in cui aveva sempre creduto.
-Guarda un po'. Sebastian Smythe!- Una voce maschile, conosciuta e amichevole, lo fece voltare.
Nick Duval, vestito come il più chic fra i newyorkesi, se ne stava appoggiato sullo stipite della porta con un sorriso dolce sul viso. -Io ero venuto a fare una sorpresa a Jeff e invece trovo te, bella fortuna- Sorrise, ironico, avvicinandosi poi all'amico per abbracciarlo.
Sebastian considerava Nick e Jeff i suoi più cari amici, nonostante entrambi dimostrassero la loro amicizia in modo diverso. Nick era più pacato e calmo, mentre Jeff sclerava se non seguivi i suoi consigli. 
-Sei tornato per fare una sorpresa a Jeff?- Domandò Sebastian, con un sorriso stampato in faccia.
-Sì, anche perchè volevo prendermi un periodo per staccare dall'Università. Dio, è così pesante, non ho mai un minuto libero. Sapevo che Jeff era preoccupatissimo per la mia salute e così sono venuto a rassicurarlo...-
-Fantastico, sarà contentissimo!- Sebastian si sedette sul divano, pentendosi un po' per aver preso in giro Jeff per tutto il tempo. 
-Come te la passi?- Domandò Nick, sedendosi dall'altro capo del divano.
-Bene, come al solito, e tu?-
-Bene. Però non prendermi in giro. Sono fidanzato con Jeff, e sai che Jeff non sa tenere la bocca chiusa- Nick ridacchiò sotto i baffi.
-Ma che cazzo- Sbuffò Sebastian, alzando gli occhi al cielo.
Nick strabuzzò gli occhi. -"Ma che cazzo"? Chi te l'ha insegnato, Santana Lopez?-
-E anche se fosse?-
-Hai cambiato squadra?-
-No!- 
-E allora perchè le sei sempre appiccicato?-
-E perchè voi continuate a farmi questa domanda? Che male c'è ad avere un'amica?- Il tono di Sebastian parve così innocente da far arrossire un bambino dalla vergogna.
-Perchè ti conosciamo, e tu sei Sebastian Smythe, che odia le scuola pubbliche e coloro che le frequentano, che pur di non passare per Lima Heights Adjacent fa tutto il giro del confine, che odia le persone come Santana, poco eleganti e volgari-
-E loro odiano, invece, i damerini che se la tirano credendo di essere superiori solo perchè hanno una piscina in giardino. Viviamo di pregiudizi, e io sono gay, dovrei essere contro i pregiudizi, giusto? Alle Nazionali ho chiesto scusa alle Nuove Direzioni perchè ero seriamente pentito. Dio, a causa dei miei pregiudizi infantili e stupidi, delle mie battutine provocatorie, un ragazzo ha quasi tentato il suicidio! Ma come dovrei sentirmi?- Il tono di voce di Sebastian si era leggermente alzato, e sulla fronte si erano create delle fessure.
Nick storse la bocca, addolcendo lo sguardo. -Mi spiace, amico, non l'avevo vista da questa prospettiva. Ma ciò non cambia le cose-
-Ovvero?-
-Quante persone di L.H.A. frequenti?-
-Solo Santana- Rispose Sebastian, non capendo.
-Appunto, fatti delle domande- 
 
-Quindi... Esci con Smythe?- Domandò Artie, porgendo la tazzina di caffè a Tina, seduta affianco a lui.
Dios mio. Pensò Santana, alzando gli occhi al cielo. Ma chi gliel'aveva detto di uscire con quei due? -No. Cioè... No. Punto. Ci vediamo ogni tanto, come amici- Bevve un sorso del suo frappè, guardando altrove.
Subito dopo, il telefono le vibrò in tasca:

Da: Sebastian.
Oggetto: A casa mia, alle cinque.
 
Si chiedeva cosa volesse, ma gli rispose comunque che ci sarebbe andata.
-E' molto carino, in verità- Asserì Tina. Da quando Mike era partito era parecchio in astinenza.
-E' gay- Le ricordò Artie.
-E allora? E' pur sempre un ragazzo e faccio un apprezzamento, no? Tu che ne dici, Santana?-
Santana aggrottò la fronte, chiedendosi se fosse realmente pazza. Cioè... Un apprezzamento su Sebastian? Lei non ne aveva la minima idea. -Insomma, è figo o no?- Insistette l'asiatica.
-I-io. Non saprei... Ha degli occhi molto.. espressivi, certo- Balbettò, sentendo uno strano calore salire su per il viso.
Tina e Artie si guardarono, facendosi un lieve 'batti cinque' sotto al tavolo.


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Questo capitolo non è niente di che.
Volevo far chiarire meglio la posizione di Sebastian 
e di Santana rispetto ai loro reciproci sentimenti
che stanno imparando piano piano a conoscere.
Tra l'altro ho aggiunto Nick perchè oggi è il 
compleanno di Curt Mega, che io adoro, ed è perciò
un piccolo 'tributo'. Tanti auguri C. *^*

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Capitolo 13
*** 'Cause life is like a game sometimes ***


XII CAPITOLO
 
Santana decise di vedere l'altro lato della casa, perciò giunse a casa Smythe dalla porta principale.
Suonò il campanello e andò ad aprirle una donna bassina, un pò in carne, con i capelli biondi e gli occhi chiari. -Tu devi essere Santana- Sorrise, aprendo un pò di più la porta. -Prego, entra pure..-
Santana entrò in casa mordendosi un labbro, osservando l'enorme scalinata che portava al piano di sopra e il grande lampadario posto al centro dell'entrata. -Se vuoi puoi aspettarlo di sopra-
Santana si girò, annuendo. -Oh. Sì, certo, grazie- Salì piano le scale, senza fare rumore, si sentiva persa in un enorme castello, e se avesse incontrato qualcuno per casa cosa avrebbe detto?
Riconobbe la porta in cui era entrata la sera precedente e ci si infilò. Sebastian non c'era, ma in compenso si accorse che qualcuno era appena uscito dalla camera: aveva lasciato la chitarra su un divanetto e sparsi per terra c'erano degli spartiti e dei testi.
Si avvicinò incuriosita, prendendo uno dei fogli per leggerne il titolo: My World. Era di Avril Lavigne. La riconobbe perchè la conosceva.
Si sedette sul divanetto col foglio sulle gambe e cominciò ad intonare la canzone. 
 
Please tell me what is takin' place,
Cuz I can't seem to find a trace,
Guess it must have got erased somehow,
probability cuz I always forget,
Everytime someone tells me their name,
It's always gotta be the same.
 
Si alzò dal divanetto, mentre immaginava la musica nelle orecchie, e si avvicinò alla finestra enorme.
 
Never wore cover-up,
Always beat the boys up,
Grew up in a five thousand population town,
Made my money by cutting grass,
Got fired by fried chicken ass,
All in a small town, Napanee.
 
Quella canzone sembrava quasi esserle cucita addosso, aveva qualcosa di propriamente personale che esprimeva anche il modo di essere di Santana. 
La porta si spalancò, facendo sussultare l'ispanica che rimase con una nota a mezz'aria.
-Santana?- Sebastian inclinò il viso di lato, con addosso solo il costume bagnato. -Sono le quattro e mezza, ti aspettavo per le cinque- Sorrise e si avvicinò a prendere un asciugamano dal mobiletto.
-Lo so- Asserì, in un flebile sussurro. Era troppo concentrata a seguire i movimenti del ragazzo, a scorgere i muscoli tesi delle braccia e delle spalle, gli addominali accennati della pancia. Scosse la testa, ritornando dalla trance. -Non mi sono accorta dell'orario-
-Oh, non c'è problema, ero giù a fare due tuffi- Con l'asciugamano si strofinò i capelli, per asciugarli. -Che facevi?-
-Beh, c'era questo per terra. Insieme a quelli..- Indicò prima il testo che aveva in mano e poi tutti gli altri spartiti per terra.
-Li ho lasciati lì io, veramente. Stavo provando ad arrangiare qualche nota di Avril. Ti piace?- Lasciò l'asciugamano sul divanetto, raccogliendo da terra un altro testo.
-Il suo sound non molto, ma devo dire che le parole che scrive sono davvero, davvero belle-
Sebastian si rabbuiò leggendo il testo che aveva in mano. Deglutì un paio di volte e poi si avvicinò alla scrivania, dove prese un CD che inserì nello stereo sopra al mobiletto.
Fece partire una base e poi si avvicinò da Santana, all'enorme finestra, per darle il testo. 
Sebastian cominciò a cantare da solo:
 
I wake up in the morning (mi sveglio la mattina)
Put on my face (e metto la mia faccia)
The one that's gonna get me (quella che mi porterà)
Through another day (attraverso un altro giorno)
Doesn't really matter (Non importa)
How I feel inside (come mi sento dentro)
'Cause life is like a game sometimes (perchè la vita è come un gioco a volte)
 
But then you came around me (ma poi sei venuto da me)
The walls just disappeared (i muri sono scomparsi)
Nothing to surround me (niente che mi circondi)
And keep me from my fears (e che mi protegga dalle mie paure)
I'm unprotected (sono senza protezione)
See how I've opened up (guarda come mi sono aperto)
Oh, you've made me trust (tu mi hai fatto fidare)
 
Santana lo guardava fisso negli occhi che tanto riteneva espressivi, perchè in quel momento capì che la canzone era per lei, dedicata a quello che avevano entrambi.
L'ispanica fece un passo avanti e poi, al ritornello, cantò con lui:
 
Because I've never felt like this before (perchè non mi sono mai sentita così prima d'ora)
I'm naked (sono nuda)
Around you (intorno a te)
Does it show? (si vede?)
You see right through me (tu vedi dentro di me)
And I can't hide (e non posso nascondermi)
I'm naked (sono nuda)
Around you (intorno a te)
And it feels so right (e mi sento così bene)
 
I'm tyring to remember (sto cercando di ricordare)
Why I was afraid (perchè ero così spaventata)
To be myself and let the (di essere me stessa e di lasciar)
Covers fall away (cadere via le coperture)
I guess I never had someone like you (penso di non aver mai avuto qualcuno come te)
To help me, to help me fit (che mi aiutasse, che mi aiutasse a stare bene)
In my spirit (nei mie panni)
 
Sebastian smise di cantare, con un'espressione strana sul volto, tanto che Santana si chiese se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Presa com'era dagli occhi ipnotici del francese, aveva completamente perso di vista il lato tecnico della canzone.
Ma prima che potesse formulare qualsiasi altra ipotesi possibile, il suo cervello fu di nuovo mandato in tilt dalle labbra morbide di Sebastian che si poggiavano delicatamente sulle sue.
Un bacio violento, pieno di passione e desiderio, tanto che Sebastian fece schiudere le labbra di Santana premendo con forza con la lingua, che incontrò subito dopo quella di Santana e ci giocò, come fossero spade che lottavano fra di loro. 
La mano di Sebastian si poggiò sulla schiena di Santana, facendo aderire i loro corpi. 
Sebastian affondò nel divano, accogliendo Santana sopra di lui a cavalcioni. 
I loro cervelli, completamente scollegati, non razionalizzavano più nulla. Sapevano solo che si stavano toccando, strusciando e baciando in maniera davvero poco casta, ed entrambi lo volevano. Si piacevano, fisicamente e non. Poco importava che fossero di classi sociali differenti, che lei fosse lesbica e lui da sempre gay. Si erano scoperti, trovati e voluti.
Ma poi, il cervello di Santana si ricollegò. Aprì gli occhi di scatto tirandosi indietro e interrompendo, così, il contatto con le labbra e il corpo di Sebastian.
Lo guardò con gli occhi sgranati, quasi terrorizzati. -Che... No. Me ne devo andare-
Sebastian si bagnò le labbra con la punta della lingua, sorpreso dalla sua reazione. -Dove vai?-
Santana non rispose, si alzò velocemente abbassandosi la maglietta e poi corse via, lasciando Sebastian solo, con le mani a mezz'aria che poco prima reggevano il corpo dell'ispanica. 

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Capitolo 14
*** Revenge. ***


 XIII CAPITOLO

 
Tre giorni. Tre giorni in cui Santana e Sebastian si torturavano a vicenda, vivendo col telefono attaccato l'uno all'altro sperando che vibrasse. 
Non avevano parlato nè tra loro nè con altri di quello che era successo a casa Smythe, per lo più si limitavano a ignorare la cosa.
-Comunque sia, non so se riesco a venire- Disse Artie, sospirando. -Chi ci viene?-
-Io, te, Kurt, Brittany, Sugar, Santana e Blaine, che tra l'altro ha invitato un paio di Usignoli- Esclamò Tina, girando il cucchiaino nel suo thè.
-Aspetta- Interruppe Santana, subendosi le occhiate di Tina, Artie e Sugar. -Gli Usignoli? E cosa c'entrano loro con la festa d'addio a Rory?-
-Se non ho capito male, Blaine vuole preparare un numero con loro- Sugar fece spalline.
-Sapete quali di loro verranno?- Domandò quasi con un velato terrore. 
-Sicuramente Jeff, Thad e Nick, ho sentito solo questi nomi-
-Perchè non inviti Sebastian?- Chiese l'asiatica.
-Perchè dovrei? Forse ha da fare, e ad ogni modo non è affar mio- Borbottò stizzita. 
 
Blaine camminava per i corridoi della Dalton come fossero quelli di casa sua.
Si sistemò il papillon un paio di volte prima di arrivare di fronte alla sala delle prove degli Usignoli. 
Aveva saputo da Jeff che Nick era tornato e voleva assolutamente fargli visita. Ne avrebbe perciò approfittato per invitarli alla festa d'addio di Rory, che sarebbe dovuto tornare in Irlanda, e cantare con loro un'altra volta.
-..Non ci posso credere!- La voce di Flint fece bloccare Blaine dietro la porta, prima che potesse bussare. -Sebastian si sbatte Santana Lopez?-
-No, a dire il vero non è quello che ho sentito- Replicò Trent. -Ascoltando Jeff e Sebastian parlare in corridoio, ho sentito che Seb frequenta Santana per non dire ai suoi che è gay. E al F&G l'ha aiutata solamente perchè potesse essere ripreso in televisione con lei- 
-Non ci posso credere! Che razza di farabutto!- Flint non era realmente dispiaciuto, la sua voce era piena di risate. 
Blaine fece un passo indietro. Avrebbe voluto prendere Sebastian e spaccargli la testa contro la porta, fargli così male che avrebbe dovuto chiedere la morte supplicandolo. 
Strinse i pugni correndo via e arrivando immediatamente al parcheggio, afferrò il cellulare dalla tasca e fece partire la telefonata con Santana.
 
-Sebastian? C'è Jeff- Mel parlava fuori dalla porta, bussando insistentemente.
-Non voglio parlare con nessuno- La voce di Sebastian era soffocata dal cuscino, il ragazzo ci era appoggiato sopra coprendosi tutto il viso.
-Grazie, Mel, entro da solo- Jeff sorrise cordiale alla domestica, aprendo la porta. La stanza era buia, puzzava di chiuso e i piumoni erano tutti addossati sopra al ragazzo. Jeff accese la luce, rimanendo completamente sbigottito. -Sebastian? Ti sei bevuto il cervello?- Afferrò i piumoni e li spostò, facendoli cadere per terra.
Sebastian mormorò qualcosa, girandosi poi a pancia in giù. -Ho fatto una cosa orribile- 
-A meno che tu non mi abbia tradito con Nick, è tutto okay- Sorrise il biondo, sedendosi accanto a lui.
-Peggio- Sebastian si mise a sedere, coi cuscini dietro la schiena. -Jeff... Ho baciato Santana- 
Jeff rimase di stucco. Non se lo aspettava per niente: Sebastian era convintissimo di essere gay. -Stai scherzando, vero?- Sebastian fece di no con la testa. -Beh ma.. Che è successo poi? Lei che ha fatto?-
-Ha ricambiato inizialmente, ma poi è andata via.-
-Magari baci da schifo- Sebastian lo guardò malissimo. Si alzò dal letto e lanciò il cuscino dall'altra parte della stanza. -Oi, calmati Seb! Forse è confusa!-
-Lei? Ed io? Jeff, cazzo! Ero gay fino a... Tre giorni fa! Ero il gay più gay di Lima ed ero fiero di esserlo! E poi arriva questa ragazza e... Mi sconvolge-
-E' questo che dovrebbe fare l'amore, no?-
-Non usare quella parola con me, non so nemmeno cosa significhi- Il tono di Sebastian si affievolì, diventando triste e amareggiato. Lo stava logorando dentro, lentamente. Quel dubbio. 
-Santana può insegnartelo-
-E' lesbica. E ama Brittany-
-Ascolta, Seb...-
-NO!- Interruppe lui, prima che potesse andare avanti. -Non c'è niente che tu possa dire per sminuire il fatto che ho mandato a quel paese tutti i mei princìpi e ho fatto la figura dell'idiota complessato e depresso. Chissà quante ricche risate si starà facendo adesso-
-Ci tieni a lei?- Domandò Jeff, sempre calmo.
Sebastian ci pensò su. -Si. Ci tengo. E' come... come se avessi trovato quella parte della medaglia che ti completa, capisci? E... Non riesco a trattarla male. Abbiamo cantato insieme oggi ed è stato come se venissi trasportato in un'altra dimensione. Non c'erano più limiti nè modi di essere. Eravamo solo... Santana e Sebastian.
Riesce a farmi sentire come nessuno ha fatto mai. Sono un cretino. Non dovevo farlo...-
-Allora vieni stasera alla festa d'addio di un ragazzo delle Nuove Direzioni. Ci sarà anche Santana e potrai cantare per lei. Vienici Sebastian, okay?- 
Sebastian si voltò verso la finestra, scuotendo la testa. 
Non ci sarebbe andato, non per farsi umiliare di nuovo.
 
-Io spero davvero che ci sia un valido motivo per il quale tu abbia dovuto interrompere la mia permanente- Iniziò l'ispanica, fuori dal parrucchiere. Blaine guardava per terra, lo sguardo basso alle sue scarpe. -Porto il 38, se era questo che sei venuto a chiedermi- Incalzò, sarcastica.
-Sono andato alla Dalton e mi sono affacciato alla sala degli Usignoli- Cominciò il moro, suscitando l'improvvisa curiosità di Santana. -Stavamo chiacchierando... Forse erano due, tre al massimo. Parlavano... Di Sebastian. E di te- Solo a quel punto, Blaine alzò fulmineo lo sguardo.
-Cosa dicevano?- 
-Che Sebastian ti sta solo usando per non dire ai suoi che è gay. E che ti ha salvato al F&G solo perchè potessero vedervi insieme, in televisione-
-Non mi interessano i pettegolezzi, Blaine- Concluse lei, con voce ferma.
-Non sono solo pettegolezzi, Santana. Hanno sentito una conversazione fra Seb e Jeff- 
A Santana ci volle un po' perchè collegasse tutto.
Ma certo. Pensò, trattenendo a stento le lacrime. Perchè uno come Sebastian Smythe avrebbe dovuto interessarsi a lei? E ciò spiegava anche il suo strano comportamento a casa sua, o l'improvvisa gentilezza. Al diavolo tutte le belle parole sull'essere uguali o sull'accettare sè stessi. Quel ragazzo era una carogna e Santana aveva in mente ciò che sapeva far meglio: la vendetta. 

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Capitolo 15
*** You held my hand and walked me home ***


XIV CAPITOLO 
 
Sugar e Tina avevano preparato tutto alla perfezione: avevano affittato il retro di un piccolo locale di Lima Heights Adjacent e l'avevano addobbato con palloncini e festoni, avevano ordinato un ricco buffet e avevano trasportato uno stereo per le loro basi. Infatti, non avevano bisogno di un DJ, avevano deciso di cantare loro.
Doveva essere una sorpresa per Rory che sarebbe dovuto tornare in Irlanda due giorni dopo.
-Direi che mancano solo gli Usignoli, Blaine e Kurt- Esordì Tina, dando un'occhiata a Sugar, Brittany e Santana. Artie, come aveva già avvisato, non era potuto esserci e perciò Sugar e Tina si sentivano parecchio a disagio a stare fra Santana e Brittany.
Tra l'altro, la bionda pareva non sapere niente dell'avvicinamento dell'ispanica con l'Usignolo.
-Bello..- Intervenne Brittany, osservando il fiore di cartapesta che Santana stava decorando con le mani. Santana non rispose, continuò a guardare fisso le pieghe dei petali. -Senti, non ti va di parlare, vero?-
-Per niente- Disse l'ispanica fredda, alzandosi e spostandosi.
La porta si aprì e a Santana mancò un battito alla vista della prima divisa, ma era solamente Thad. A seguire, Jeff, Nick, Trent, Blaine e Kurt. -Dios mio, ma non vi separate mai da quello stupido blazer?- Domandò l'ispanica, alzando un sopracciglio.
Trent stava per replicare in modo davvero molto offensivo, ma Nick gli prese il braccio. -Siamo in veste ufficiale di Usignoli, quindi..- Rispose lui, calmo, tenendo la mano al suo biondo.
-Rory sta arrivando!- Annunciò Tina, spegnendo le luci. 
Tutti si abbassarono, attendendo che la porta si aprisse e, quando accadde, si alzarono e urlarono all'unisono un 'Sorpresa' che fece spaventare il piccolo folletto. -Oddio!- Urlò, mettendosi una mano sulla bocca. Nessuno più di Rory era stato male durante quei giorni, amava tanto il McKinley e soprattutto il Glee, l'avevano accolto come una famiglia. Ma era tempo di tornare dalla sua vera famiglia. -Ragazzi..- Gli occhi di Rory si inumidirono e corse ad abbracciare i suoi amici. -..Grazie-
Santana non smetteva di guardare male quel Trent. Era sicuro che fosse lui ad aver detto in giro quella cosa su lei e Sebastian, perchè era l'unico che la scrutava ogni tanto. Stava quasi per alzarsi e spaccargli una bottiglia in testa quando Tina salì sul palco. -E bene, che la festa abbia inizio! Chi vuole cominciare?- 
Sugar alzò la mano, presa da una mania di protagonismo alla Rachel Berry e salì sul palco rubando il microfono all'asiatica. 
Fecero partire la base e cominciò a cantare una smielata canzone d'amore al piccolo Rory, completamente in lacrime. 
Sebastian non era venuto e ormai era passata già mezz'ora, perciò sia gli Usignoli che Santana si erano rassegnati. Peccato, perchè la ragazza aveva preparato un pezzo per fargli vergognare d'esistere di fronte a tutti, proprio della sua amata Avril.
-Se quella sciacquetta continua a guardarmi ancora vi giuro che mi alzo e le urlo in faccia- bisbigliò Trent affianco a Nick e Jeff. 
-Ma di chi parli? Di Santana?- Domandò il moro.
-Esatto. Dovrebbe avercela con Sebastian, non con me. Non le ho fatto proprio un bel niente-
Jeff sussultò. -Prego? Che c'entra Sebastian? E tu che ne sai?-
-Lo sanno tutti- Spiegò Trent. -..Insomma, che Sebastian ha usato Santana per non ammettere ai suoi di essere gay- 
Jeff rabbrividì. -Sei un bastardo, Trent- Nick rimase sbigottito alla battuta del suo ragazzo. Il biondo si alzò e corse fuori dalla porta, afferrò il telefono e selezionò il numero di Sebastian. -Rispondi, ti preg...-
-Pronto?-
-Seb? Dio! E' successo un casino! Devi venire subito qui-
Sebastian non parve colpito. -Chiamate i vostri genitori, non ho intenzione di riportare a casa un branco di Usignoli ubriachi-
-Nessuno è ubriaco! Sebastian ascoltami, Trent ha riferito in giro che hai usato Santana per il tuo scopo iniziale. Ecco perchè è così arrabbiata e non ti ha richiamato! Devi venire a chiarire le cose!-
Sebastian, dall'altro lato, venne scosso da un brivido. Forse più di uno. Rabbia, delusione e tristezza, combattevano fra di loro per la supremazia. Tradito da un proprio compagno. Questa non se l'aspettava proprio. -Sto arrivando- 
 
Santana salì sul palco, impugnando saldamente il microfono e poi puntò lo sguardo verso Trent. Tina inserì la base, facendo partire Don't tell me di Avril Lavigne.
 
You held my hand and walked me home, I know
(Hai stretto la mia mano e mi hai portato a casa, lo so.)
When you gave me that kiss it was something like this it made me go ooh ohh
(Quando mi hai dato quel bacio, è stato quello a farmi arrendere)
You wiped my tears, got rid of all my fears, why did you have to go?
(Hai asciugato le mie lacrime e spazzato via le mie paure. Perchè sei dovuto andare via?)
Guess it wasn't enough to take up some of my love
(Probabilmente non era abbastanza prendere un pò del mio amore)
Guys are so hard to trust
(E' così difficile fidarsi dei ragazzi)
Did I not tell you that I'm not like that girl?
(Non te l'hanno detto che non sono quel tipo di ragazza?)
The one who gives it all away, yeah
(Quella che concede tutto)
 
Sebastian saltò in sella, si era dimenticato persino di infilare il casco per la fretta. 
Mel aprì il grande cancello automatico lasciandolo uscire con la moto. Era buio, non c'era quasi nessuno per strada. 
Sebastian stava male. Avrebbe potuto urlare in quel momento, prendere a pugni tutti. 
Premette il pugno sull'acceleratore, per arrivare prima.
 
Did you think that I was gonna give it up to you, this time?
(pensavi davvero che mi sarei concessa, stavolta?)
Did you think that it was somethin I was gonna do and cry?
(Pensavi davvero che l'avrei fatto e poi avrei pianto?)
Don't try to tell me what to do,
(Non provare a dirmi cosa fare)
Dont try to tell me what to say,
(non provare a dirmi cosa dire)
You're better off that way
(faresti meglio ad andartene via, stavolta)
 
Era quasi arrivato a Lima Heights Adjacent quando incontrò quel maledetto semaforo rosso. Cominciò a dire tutte le parolacce che gli venissero in mente, mentre da dietro un vecchio camion azzurro suonava all'impazzata. Stava quasi per alzargli il dito medio, se non fosse che l'autista era grosso il triplo del ragazzo. 
 
I'll have to kick your ass and make you never forget 
(ti prenderò a calci nel culo e non te lo farò mai dimenticare)
I'm gonna ask you to stop, thought I liked you a lot, but I'm really upset
(Mi chiederai di smetterla, penso che mi piacerebbe un sacco, sono davvero arrabbiata)
Get out of my head get off of my bed yeah thats what I said
(Esci fuori dalla mia testa, dal mio letto. Sì, è ciò che ho detto)
Did I not tell you that I'm not like that girl, the one who, throws it all away
(Non te l'avevo detto che non sono quel tipo di ragazza? Quel tipo che concede tutto)
 
Che male ci può essere ad infrangere qualche regola, ogni tanto? Pensò Sebastian, girando la mano velocemente sull'acceleratore. La moto scattò avanti, superando tutte le macchine in coda al semaforo e svoltò verso destra.
Fu un attimo, un flash di luci e clacson assordanti; Sebastian riuscì a vedere persino la faccia dell'autista mentre gli veniva addosso con l'auto. 
La moto di Sebastian venne scaraventata contro una transenna, mentre il corpo del ragazzo rotolò di schiena sul parabrezza dell'auto. Si schiantò per terra violentemente, strisciando sull'asfalto per quasi cinque metri, fermandosi solo quando incontrò l'ostacolo del marciapiede.
 
Better off that way (E' meglio che te ne vada)
I'm better off alone anyway (Sto meglio da sola, comunque)
 
Santana concluse la sua canzone, mentre un senso d'angoscia le saliva su per lo stomaco.

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Capitolo 16
*** The powerful love trap. ***


Salve a tutti. Comincio prima di tutto col ringraziare tuuuutti quelli che mi hanno recensito. Veramente vi adoro. *^*
Poi, questo è un capitolo veramente molto triste (sì, yeah!) e scrivendolo mi sono lasciata trasportare dalle note
stupende di 'come back when you can' dei Barcelona e vorrei che, mentre leggete il capitolo, la ascoltaste.

http://www.youtube.com/watch?v=WU58901vqwk

"You did nothing at all to make me love you less..."


XV CAPITOLO.
 
Passò quasi un'ora e Jeff stava per sclerare. Erano arrivati quasi alla fine di tutte le esibizioni.
Toccava agli Usignoli e tutti erano super preparati. Nick si sistemò fiero il blazer che tanto gli era mancato, lasciando una pacca sulla spalla a Jeff. -Che succede?-
Il biondo fece spalline. -Niente, andiamo- Si fece coraggio, seguendo il suo ragazzo verso il palco, ma fu costretto a fermarsi mentre il telefono gli vibrava in tasca. Lo afferrò con forza, sperando fosse Sebastian. Non era lui, il numero era sconosciuto. -Pronto?-
-Jeff?- Una voce di uomo, matura, singhiozzante, che Jeff conosceva bene.
-Signor Smythe?- 
-Sebastian ha avuto.. Un incidente in moto..- Si bloccò un attimo, per prendere aria e tirare su col naso. -Siamo in ospedale. Volevo avvisarti- 
Jeff rimase in piedi, di fronte al palco. Lo sguardo nel vuoto, la mano che impugnava il telefono che lentamente scivolava lungo il fianco, lasciando cadere il telefono per terra. -Jeff?- Nick lo chiamò dal palco, ma Jeff sembrava essere in trance. Aveva lo sguardo fisso in un punto morto. Cadde di ginocchia per terra, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
L'unica persona che riuscì a guardare fu Santana, che sentì l'angoscia crescere fino a divorarla.
 
Le porte del reparto di terapia intensiva si spalancarono, facendo sussultare la signora Smythe in lacrime, appoggiata sulla testa del marito.
Jeff, Nick, Thad, Blaine, Kurt e Santana erano appena arrivati. Il signor Smythe si alzò, avvicinandosi ai ragazzi.
-Come sta?- Domandò Blaine, che fra tutti sembrava il più 'normale'. 
-E' in terapia intensiva- Rispose lui, in un sussurro. -E' grave. Ha sbattuto forte la testa. Era senza casco- 
Jeff riprese a piangere, abbandonandosi sul petto di Nick. 
Kurt voltò lo sguardo verso Santana. Avrebbe voluto abbracciarla, ma era sicuro di beccarsi uno schiaffo. Si limitò, perciò, ad appoggiare le labbra sulla sua spalla e a prenderle la mano. Santana chiuse gli occhi, sentendo il cuore spaccarsi in mille, piccoli, pezzettini. Kurt la tirò verso una sedia, facendola sedere, mentre gli altri li seguivano. 
-Potete vederlo, se volete... Non più di uno alla volta- Asserì il padre, prima di tornare da sua moglie.
-Sant...- Accennò Kurt, timidamente, prendendole la mano. -Vai tu-
Santana lo guardò, perdendosi in quelle iridi chiare che le ricordarono, per un attimo, quelle di Sebastian. Importava davvero cosa avesse fatto, quando era in pericolo di vita? 
Importava davvero che l'avesse presa in giro, tradita e quasi umiliata, in quel momento?
La risposta fu cruda e reale: no. Non importava. 
In quel momento, Santana avrebbe regalato un rene per sentire di nuovo la voce di Sebastian, qualsiasi cosa avesse da dire.
Annuì leggermente, alzandosi. Camminò lentamente fino alla sedia del signor Smythe e lui sorrise, accompagnandola fino alla stanza. Era privata, ovviamente.
Santana chiuse gli occhi, appoggiando una mano tremante sulla maniglia. La abbassò piano, entrando nell'ambiente piccolo. 
Si avvicinò al lettino, sedendosi sulla sedia.
Santana chiuse gli occhi piano, e l'unico rumore che era possibile udire dentro quella stanza vuota e triste era il rumore del macchinario che pareva martellarle la testa. 
Sebastian era avvolto da un lenzuolo celeste, leggero, e un tubicino trasparente gli si prolungava su per le narici. La testa era fasciata da una garza grande e bianca, sporca di sangue dal lato della tempia destra. Tanti graffi gli avevano sfregiato il viso e si erano chiusi provocando delle cicatrici lunghe e sottili. 
Per la prima volta, Santana vide Sebastian per ciò che era veramente: un essere umano.
Non importava quanto fosse stato impertinente in passato, quante cose cattive avesse commesso; certamente lei non era da meno.
La mano olivastra dell'ispanica strinse quella pallida del ragazzo, ma Santana aveva gli occhi troppo umidi perchè si accorgesse del contrasto tra i due colori.
-Mi dispiace, mi dispiace- Riuscì a dire, singhiozzando. Perchè si sentiva davvero, tremendamente in colpa. 
Sebastian le aveva fatto passare dei pomeriggi splendidi, le aveva fatto capire tantissime cose, le aveva dimostrato che i pregiudizi potevano essere superati, che la superficialità era un'arma potente di cui molti dovrebbero fare a meno. 
Le lacrime scendevano come cascate dagli occhi rossi mentre si pentiva di essere fuggita via quel maledetto giorno. Doveva semplicemente accettare i suoi sentimenti senza averne paura, doveva essere sè stessa senza pensare alle conseguenze, era questo che cercava di insegnarle Sebastian ed era in questo che lei lo aveva deluso. 
Qualcuno aprì la porta, ma Santana non ci fece caso. Era troppo impegnata a piangere, a disperarsi e a maledirsi per poter fare altro. 
Jeff si sedette accanto a lei, con lo sguardo fisso su Sebastian. -Hei, amico- Cominciò, con la voce rotta dalla tristezza. -Possibile che anche in questo stato tu risulti più bello fra i due?- Sorrise appena, appoggiando una mano sulla gamba fasciata dell'amico. 
Santana aveva il viso basso, con le lacrime che intanto le avevano bagnato tutti i jeans e la mano stretta in quella di Sebastian. -Ci teneva a te- Asserì Jeff. Santana smise di singhiozzare, alzando il viso verso il biondo, che però continuava a guardare Sebastian. -Stava correndo da te. Stava venendo a dirti che ci tiene, e che ciò che hai sentito non è la verità- Santana lo ascoltava, schiudendo piano la bocca, incredula. -Non ti ha mai mentito. Il suo intento era solo farti essere te stessa e invece è caduto anche lui nella potente trappola dell'amore, mettendo in discussione persino il suo orientamento sessuale, che era l'unica cosa certa della sua vita- A quel punto, Jeff la guardò. -Dimmi che tu non provi niente per lui, e io ti lascerò stare-
Santana non rispose. Il suo sguardo cadde di nuovo su Sebastian, dormiente, con la faccia sofferente. Aveva ragione Jeff: anche in quelle condizioni era bellissimo. E lei lo voleva, lo voleva di nuovo, voleva tornare indietro e rimanere con lui su quel divano, voleva mettere da parte l'orgoglio ed essere, come le aveva insegnato, semplicemente se stessa, con la persona giusta al suo fianco. 

"...so come back when you can"

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Capitolo 17
*** Me? With a girl from Lima Heights Adjacent? ***


 
XVI CAPITOLO
 
Freni. Clacson. Fari. Uno schianto. Sebastian accasciato per terra, sanguinante. Lei, inerme, lo osserva.
Dolore. Pene. Sopportazione. Lamenti. Urla.
Ambulanza. Polizia. Una barella. Sebastian trasportato in ospedale.
 
E poi si svegliava, nel bel mezzo della notte; sudata, sola e spaventata. 
Il primo giorno, Santana aveva appeso un calendario in cucina e ci segnava sopra con una X i DWY (Day without you), ovvero i giorni che passava senza Sebastian, in attesa che si risvegliasse.
Il secondo giorno aveva cominciato ad avere gli incubi. Non aveva assistito all'incidente di Sebastian ma se lo immaginava ogni notte. Perciò Kurt l'aveva cordialmente ospitata a casa sua, affinchè non rimanesse mai completamente sola in una casa vuota.
Il terzo giorno aveva cominciato a dormire col telefono in mano, nel caso Jeff la chiamasse per avvertirla del risveglio di Sebastian. Ce l'aveva sempre appresso, non lo lasciava mai. Era diventata una specie di maniaca.
-Adesso basta. Alzati, è mezzogiorno- Kurt, con le mani sulla vita, cercava di far svegliare Santana come una madre fa con la figlia. Lei mugugnò qualcosa, girandosi dall'altra parte. Carole li osservava, appoggiata allo stipite della porta. -Per favore, Santana, non puoi continuare a fare così. E se Sebastian si sveglia?-
Santana smise di muoversi. Era quella la frase che, ogni mattina, le dava la forza di alzarsi dal letto e uscire di casa.
 
Come ogni mattina, Santana passò dal bar e comprò un cappuccino e un cornetto per Sebastian, anche se lui non mangiava. Glieli lasciava sempre sul comodino, così se si fosse svegliato avrebbe avuto qualcosa di solido da mangiare.
Poi prendeva ogni giorno un fiore diverso dal fioraio e lo lasciava nel vaso affianco al cappuccino, così l'ambiente intorno sarebbe stato sempre profumato.
Erano piccoli gesti che la facevano sentire vicina a Sebastian, ma a volte cadeva nello sconforto più assoluto quando rimaneva a fissarlo immobile, pallido.
Entrata nell'ospedale, salutò come al solito la receptionist e poi aspettò l'ascensore. 
Premette il tastino del piano numero 6 e guardò con fare sospetto il tipo accanto a lei, a cui tremavano le mani e rideva senza un motivo preciso. -E' nata mia figlia- Spiegò lui, rivolto alla ragazza. 
Santana alzò un sopracciglio un po' divertita, mentre le porte dell'ascensore si aprivano. -Buena suerte- Esclamò, entrando nel reparto di Sebastian. 
Attraversò i corridoi velocemente e, quando arrivò in quello delle camere, cercò con gli occhi i signori Smythe. Strano che non fossero ancora arrivati, visto che lei era già in ritardo. 
Fece spalline e raggiunse la camera di Sebastian. Bussò, pensando che ci fossero i genitori dentro, ma nessuno rispose, così si sentì libera di aprire la porta.
Quando entrò nell'ambiente, però, il caffè le cadde dalle mani, finendo per bagnare tutto per terra. Sebastian non era sul letto, era vuoto e le coperte erano disfatte. Niente flebo, macchinari spenti. -No..- Sussurrò lei, pensando già al peggio. Corse fuori dalla stanza e si fiondò su una delle infermiere con lo sguardo perso. -Dov..Dov'è il ragazzo della 130?- Domandò, afferrandola per le spalle. 
La donna, visibilmente turbata, le accarezzò amorevolmente una guancia e le sorrise, controllando l'agenda che aveva in mano. -L'abbiamo dimesso stamattina- 
Santana sospirò, sollevata, col cuore che le batteva all'impazzata.
 
Parcheggiò l'auto fuori dal vialetto di casa Smythe, uscendo di corsa e sbattendo lo sportello. 
Corse lungo tutto il tratto del giardino dal retro e aprì la porta a vetro. Entrando, udì delle voci flebili provenire dal salone. Magari l'avrebbero scambiata per una maleducata, ma in quel momento l'unica cosa che voleva era riabbracciare Sebastian e, soprattutto, chiedergli scusa.
Dopo, sarebbe passata da Jeff per ucciderlo visto che non l'aveva avvisata. 
Svoltò per il salone, ritrovandosi davanti Jeff, seduto su una sedia fuori da una grande porta bianca. -Dov'è?- Domandò Santana, col fiatone.
Jeff alzò lo sguardo, sbarrando gli occhi. -Che ci fai qui?- Una punta di terrore nella voce, mentre si alzava e le andava incontro.
-Che ci faccio? Mi avevi detto che mi avresti chiamato! Dimmi dov'è!- 
-Santana, non è il momento. Va' via, per favore- 
Santana non lo ascoltò, aggrottò la fronte e poi fece per superarlo, ma Jeff le si parò davanti. -Ma che problema hai?-
-Ti ho dett...- Jeff le si mise faccia a faccia, ma il rumore della porta dietro di loro che si apriva lo fermò.
-Che succede?- Sebastian, con la testa fasciata e una stampella che sorregeva la caviglia rotta, uscì dalla stanza un po' confuso. -Perchè urlate?- 
Santana spalancò la bocca, osservando con cura ogni minimo dettaglio del ragazzo: i capelli un po' arruffati, i graffi che ricoprivano le guance e le braccia, i bermuda che gli fasciavano le gambe lunghe e snelle. Il cuore parve scoppiarle in petto: la realizzazione che stesse bene era la miglior sensazione che avesse mai provato. 
Superò l'ostacolo del corpo di Jeff, correndo verso Sebastian per abbracciarlo forte. 
Dio, che bello risentire il suo profumo e soprattutto il suo corpo caldo e protettivo a contatto con quello della ragazza. 
Santana strusciò piano la testa sul petto del ragazzo, ma non si sentì avvolgere. Aprì gli occhi, alzando leggermente il viso verso Sebastian, che guardava con sguardo interrogativo Jeff. -E questa chi è?- Domandò.
Jeff sospirò, guardando Santana. La ragazza fece un passo indietro, sentendo le forze mancare. Non era possibile che... Non si ricordasse di lei. -Santana Lopez, McKinley High School....- Jeff tentennò appena, schiarendosi la voce. -...Lima Heights Adjacent-
Sebastian storse la bocca in un'espressione schifata, pulendosi con la mano dove Santana aveva appoggiato la guancia. -Io non frequento gentaglia di quel posto, è impossibile che la conosca- Asserì Sebastian, squadrandola con sguardo di sufficienza. -Portala via-
Santana passava lo sguardo da Sebastian a Jeff incosciamente, cercando di mettere a fuoco la situazione. Quelle parole le bucarono il cuore come se tante lame lo stessero torturando, sentiva le lacrime pungere per scendere e uno strano calore salire su per il viso. 
Prima che potesse realizzarlo, un paio di braccia forti la presero. -Che co... LASCIAMI!- Urlò, rivolta verso il giardiniere che l'aveva afferrata dalle spalle. -LASCIAMI SPECIE DI...- Continuò a urlare, ma era troppo forte per lei. -SEBASTIAN NO! PER FAVORE! NO! NO..- Sebastian alzò un sopracciglio, tappandosi un orecchio quasi sordo a causa delle urla di Santana. Mandò uno sguardo all'amico, sorridendo ironicamente. -Io. Con una così. Ma per favore- Alzò le mani al cielo e poi se ne tornò dai genitori, chiusi dietro la porta bianca.
 
-Basta così, George- Esordì Jeff, scendendo le scale. Il giardiniere aveva ancora Santana stretta a sè, cosa che gli piacque più del dovuto. -Mollala-
George la lasciò, guardandola male, e poi se ne andò. 
Santana tirò un calcio alla statua infissa nella terra, mettendosi le mani nei capelli. -Che cazzo gli è successo?!- Urlò ancora, puntando la casa col dito. -Che cazzo gli hanno fatto?!-
Jeff abbassò gli occhi, avvicinandosi. -Il colpo alla testa gli ha provocato un'amnesia. Non ricorda niente dell'ultimo anno e mezzo. Ricorda a malapena di essere mio amico...-
-Ma come... Come mi ha parlato prima, insomma... Lui non è così- Santana era sconvolta, la voce tremante faceva capire appena ciò che diceva.
-Sì che lo è, Santana. E' esattamente come l'hai visto adesso. Pieno di pregiudizi, cattivo e superficiale. Lo era, prima di incontrare te, Blaine, Dave e le Nuove Direzioni. In un certo senso, voi l'avete cambiato. Ma se non si ricorda di voi, come fa a ricordarsi che aveva lasciato i pregiudizi da parte?-
La ragazza sospirò, mordendosi un labbro. -Possiamo convincerlo di nuovo, allora, se ci siamo riusciti una volta-
-C'è dell'altro- Esordì Jeff, sospirando. -Pensa ancora di essere gay, perciò non fare niente di stupido, okay Santana?-
A quel punto, l'ispanica scosse la testa e, quando non ne potè più, lasciò libere le lacrime di scorrere. Jeff si avvicinò per abbracciarla, lasciando cadere anche lui una piccola lacrima. 

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Capitolo 18
*** You saved me, mh? ***


XVII CAPITOLO.
 
Era passata una settimana e Santana non si era fatta vedere a casa Smythe. La paura di poter essere trattata di nuovo male da Sebastian l'aveva frenata più volte, costringendola a lunghi viaggi da Lima Heights Adjecent a Lima Heights. Ci arrivava, si avvicinava alla villa dell'Usignolo e poi tornava indietro, come una codarda, spaventata.
Jeff l'aveva più volte spronata a parlargli. Anche a lui mancava tanto il suo amico e quel Sebastian non l'aveva mai sopportato. 
Quella mattina, però, Santana decise di aspettarlo di fronte alle scale della Dalton, mentre si torturava impaziente un polso.
Ovvio che, nonostante non lo vedesse, chiedeva costantemente di lui e della sua condizione di salute. Jeff aveva detto che si stava riprendendo, anche perchè non ricordava nulla dell'incidente, perciò non era rimasto alcun trauma. Stava per togliere la stampella e i graffi cominciavano a rimarginarsi. 
Guardò l'orologio, erano le sette e mezzo. Le lezioni cominciavano alle otto. 
Iniziò a preoccuparsi, picchiettando col tacco sul marmo lucido del pavimento delle scale. 
E poi vide la sua macchina arrivare e fermarsi di fronte all'istituto. L'autista scese e gli aprì lo sportello, aiutandolo ad uscire e a mantenergli la stampella. 
Fece il giro per salire dalla pedana dei disabili e così Santana gli andò incontro, fermandosi solo quando lo ebbe davanti. -Hei..-
Sebastian alzò lo sguardo prestandole davvero molta poca attenzione. -Ciao- Salutò con diffidenza, sbuffando perchè non riusciva più a salire.
-Ti serve aiuto?- 
-No. Soprattutto non dalle lesbiche represse che vivono nei camper- Sebastian si scansò, sorreggendosi al passamano.
Santana alzò un sopracciglio irritata. Okay, ci teneva a quel ragazzo ma a nessuno dava l'autorizzazione di parlarle così. -Stammi a sentire piccolo Billy Elliot con la faccia da gnu asmatico- Santana gli puntò il dito contro, suscitando finalmente l'interesse del francese, che la guardò divertito. -Sarò anche di Lima Heights Adjecent, ma riesco benissimo a tenere testa a un damerino da strapazzo come te-
Sebastian si appoggiò alla ringhiera, mettendosi a braccia conserte. -Sentiamo allora- Iniziò, alzando le sopracciglia. -Che cosa hai di tanto importante da dirmi?-
Santana, a quel punto, schiuse la bocca, guardando per terra. Non sapeva esattamente cosa dirgli, se riverargli tutto all'improvviso potesse essere una buona idea. -Andiamo a prenderci un caffè- 
 
Lima Bean. Non c'era posto più familiare a Sebastian di quel bar. 
Lui e Santana trovarono un tavolo libero accanto alla finestra, ma a Seb non piaceva e obbligò una coppia ad alzarsi e a trovarsi un altro tavolo. 
Sebastian ordinò un cappuccino e Santana un semplice caffè. -Ti rendi conto che mi stai facendo perdere un giorno di scuola, vero?-
-Sei bravo a scuola, recupererai-
-Aspetta. Come fai a sap...- Sebastian sospirò, prima di continuare. -Già, tu mi conosci. E sentiamo, che tipo di rapporto avevamo?-
Santana girò il bicchiere di cartone tra le mani, osservandone il contenuto nascosto dalla patina di plastica trasparente. Non sapeva esattamente come definire il loro rapporto, visto che c'era voluta una vita anche a lei. -All'inizio era parecchio conflittuale, ma poi siamo diventati buoni amici-
Sebastian assottigliò gli occhi, scuotendo la testa. -Mi pare davvero improbabile che io abbia stretto amicizia con una ragazza di L.H.A.-
-Oh sì, so benissimo dei tuoi pregiudizi verso di noi. Ma sai una cosa?- Santana lasciò il bicchiere, avvicinandosi all'Usignolo allungandosi sul tavolo per raggiungere meglio i suoi occhi. -Una volta, una persona a cui tengo tantissimo mi ha insegnato che non importa se hai o no il portafogli di zio Paperone, se frequenti una scuola pubblica o privata, l'importante è che tu sia sempre te stesso, perchè troverai sempre qualcuno che ti amerà per ciò che sei. In fin dei conti, importa davvero a che tipo di classe sociale appartieni?- 
Sebastian rimase ad ascoltare lentamente. I battiti del suo cuore aumentarono appena, mentre si rendeva conto della verità delle sue parole. Eppure non riusciva proprio a togliersi quell'espressione di disgusto ogni qual volta si ricordava che era di L.H.A. -E l'avrei detto io? Perchè, sai, mi sembra davvero improbabile che io l'abbia davvero detto-
Santana annuì. -Mi hai detto di non sentirmi mai inferiore a qualcuno solo perchè ha una piscina in giardino. Testuali parole- 
Il ragazzo assottigliò gli occhi in due fessure, bagnandosi le labbra con la lingua. -Dammi una prova che mi conosci, che eri importante per me-
Santana ci pensò su, sorridendo. -Ti piace fare il bagno in piscina alle quattro del pomeriggio, così puoi goderti il sole che ti asciuga i capelli. Poi sali nella grande stanza che si trova al primo piano, quella con l'enorme finestra, prendi l'asciugamano dal mobiletto sotto lo stereo e te la passi fra i capelli. Poi ti siedi sul lungo divanetto in pelle e prendi la chitarra, cominciando a cantare delle cover di cantanti che ami-
Sebastian alzò un sopracciglio, scuotendo la testa con un sorriso bonario. -Allora è proprio vero, mh?- 
-Già- Disse lei, abbassando lo sguardo. Avrebbe voluto dirgli altro, molto altro, ma rimase in silenzio.
Sebastian sospirò, voltando la testa di lato. Stava per passargli di fianco una persona che lui conosceva bene, visto che se l'era portato a letto. -Ma ciao, Phil- Lo salutò il francese. -Come te la passi?-
-Mi prendi per il culo?- Il ragazzo si fermò dietro Santana, con lo sguardo parecchio arrabbiato.
-Ehm... No.- Esclamò Sebastian, con una faccia sorpresa. 
-Mi hai mandato in rovina facendomi licenziare sette mesi fa, ho dovuto fare il netturbino, lo spogliarellista e una mascotte per riuscire a pagarmi l'affitto- Era davvero parecchio incazzato, e Sebastian evidentemente confuso. Chiaro che non riusciva a ricordarsi niente. -E mi chiedi come sto?-
-Io.. Non. Non ne so niente...- Sussurrò Sebastian, mentre nello sforzo di ricordare venne colpito da un'emicrania.
-Che cosa? Allora vuoi davvero che ti spacchi quella faccia, eh!- Il ragazzone si tirò su le maniche e si avvicinò a Sebastian, ma Santana si alzò prontamente, mettendosi faccia a faccia con lui.
-Stammi a sentire palla di lardo scambiato per uno scarto umano, ti giuro su chi ti pare che se ti avvicini ti stacco i testicoli e li uso per sfogare i tuoi stessi bisogni di gay represso, sono stata chiara? Perciò porta questa balena di culo che ti ritrovi fuori da qui prima che chiami un rimorchio e ti ci faccia portare di peso.-
Phil sgranò gli occhi, si sistemò la camicia, impugnò il suo caffè ed uscì dal locale, guardandosi intorno minaccioso. 
Santana si voltò: Sebastian era appoggiato con la fronte sul tavolo e i palmi sulle tempie. Spaventata, corse verso di lui e lo tirò su dalle spalle. -Seb? Che succede?-
-Emicrania, è normale, dice il medico- Sebastian tirò fuori una scatoletta dalla tasca del blazer e ne inghiottì un paio. -Possiamo uscire?-
-Ma.. Certo che sì- Santana tirò fuori una banconota e la lasciò sul tavolo. 
Usciti da Lima Bean, si sedettero su una panchina nascosta all'ombra di due alberi alti. -Come ti senti?- Domandò lei, un po' apprensiva.
-Non sto morendo, almeno stavolta- Sebastian aveva un tono languido e triste. 
Santana sentì tornare su quel senso di colpa che l'aveva devastata per settimane. -Mi dispiace- 
Sebastian si accorse del viso dell'ispanica, che guardava con lo sguardo vuoto per terra. -E di cosa? Mi hai salvato, no?-
-Tu l'hai fatto tante volte con me..- Sorrise lei, triste ma un po' contenta, al ricordo.
-Davvero?- Sebastian era davvero stupito. Non riusciva a credere che, in un passato che non ricordava, era davvero stato gentile con quella ragazza di L.H.A. Insomma, lui odiava quella gente e mai e poi mai si sarebbe avvicinato ad una di loro, ma evidentemente Santana aveva qualcosa che l'aveva colpito, ed era intenzionato a scoprirlo. -Santana, mi puoi dire come ci siamo conosciuti?-
Il sorriso di Santana si allargò visibilmente. -Non te lo dirò, te lo farò vedere- Concluse, ripetendo nella mente le parole di Smooth Criminal.

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Capitolo 19
*** Smooth Criminal ***


 
XVIII CAPITOLO
 
-Non capisco perchè abbiamo dovuto mettere tutte queste sedie in modo circolare- Domandò Sebastian, appoggiandosi ad una di queste ultime.
-Perchè erano poste così quel giorno- Rispose Santana, sistemando l'ultima. -Fai partire la base. Conosci le parole, vero?-
-Chi non conosce Smooth Criminal?- Domandò retoricamente, avvicinandosi allo stereo per premere PLAY. 
Quando si voltò, Santana era seduta su una sedia e lui cominciò a cantare, senza esitazioni. Voleva dimostrarle la sua bravura, infondo pensava seriamente di essere più bravo di lei.
 
As he came into the window 
It was the sound of a crescendo 
He came in her apartment 
He left the blood stains on the carpet 
She ran underneath the table 
He could see she was unable 
So she ran into the bedroom 
She was struck down, it was her doom 
 
Sebastian camminava tra le sedie partendo dall'esterno, scivolando agile tra di esse come una pantera che vuole giungere alla sua preda. Voleva spaventare Santana e anche un po' umiliarla, visto che era la cosa che gli veniva meglio.
Quando arrivò la parte del ritornello, Santana si alzò dalla sedia e si avvicinò all'Usignolo, lo afferrò dalla cravatta e lo fece voltare verso di lei, come aveva fatto un anno prima nella sala della Dalton. Più l'aveva vicino, più vedeva i particolari del suo viso da una prospettiva diversa: era bello, eccome se lo era.
Non badava al lato tecnico, in quel momento poteva dimenticare persino le parole. L'importante era il momento magico che stava vivendo, che la trasportava a quando era ancora il Sebastian che lei adorava e che aveva imparato a conoscere.
Sebastian non aveva ancora deciso cosa pensare di quella ragazza. Era l'unica che riuscisse a tenergli testa e questo era, da diversi punti di vista, una cosa bella o brutta.
Aleggiavano agili tra le sedie, con gli occhi che non perdevano mai lo sguardo l'uno dall'altro, i piedi che si muovevano nella stessa direzione per incontrarsi.
 
You've been hit by
You've been struck by a smooth criminal
 
Ed eccoli, a pochi centimetri di distanza, a fine canzone. Santana sentiva il respiro del ragazzo su di lei, gli occhi piccoli e chiari scrutare nei suoi, il petto fare su e giù preso dall'affanno.
Fu quasi una tortura resistere, per questo non ci provò nemmeno. Salì sulle punte, affondando le dita nei capelli del ragazzo, e lo spinse verso di lei per accorciare definitivamente le distanze. Le labbra di Santana si modellarono a quelle di Sebastian, rigide e un po' strette, ma a lei non importava. 
Il francese si staccò violentemente, guardandola con gli occhi sbarrati. -Ma che...- Si toccò le labbra, come se avesse appena mangiato qualcosa di avariato.
Santana fece spalline. -Non sono riuscita a resistere, scusa-
-Io sono gay!- Esclamò, alzand le braccia al cielo.
-Oh no, non lo sei, fidati- Rise l'ispanica, sedendosi su una delle sedie.
Sebastian scosse la testa, sbuffando. -Adesso basta, fuori da casa mia- Si avvicinò e l'afferrò dal braccio per portarla via.
-Aspetta, hei, che ti prende?- Cercò di divincolarsi dalla presa, ma non ci riuscì.
-Hai la minima idea di chi io sia, Santana?- Domandò, fermandosi per guardarla dritto negli occhi. -Sono un ragazzo di Lima Heights Adjacent, con una villa e un portafogli grandi metà dell'Africa, che non ha mai frequentato gente al di sotto di lui, che è gay da sempre. E tu vieni da me, a dirmi che tutto ciò in cui ho creduto fino ad ora l'ho buttato al vento?- Il tono di voce di Sebastian aumentò e anche la stretta.
Santana non si agitò. Sospirò e parlò tranquillamente, senza fargli pesare la stretta sul polso che gli faceva pizzicare le dita, visto che bloccava la circolazione. -No. Tu sei un ragazzo di Lima Heights Adjacent, con una villa e un portafogli grandi metà dell'Africa, che non ha mai frequentato gente al di sotto di lui fino a quando non si è reso conto che a volte non è quello ciò che conta, gay da sempre fino a quando non si è accorto che...- Santana prese un respiro, deglutendo per non far scendere le lacrime, mentre il tono si affievoliva sempre di più. -...esisto anch'io- A quel punto, il cuore di Sebastian si sciolse in un fiume di emozioni, lasciò il suo polso ma non spiccicò parola. I suoi occhi parlavano abbastanza, quelli di Santana anche. Come sempre, riuscivano a capirsi anche solo guardandosi. Ma Santana non ce la faceva a rimanere lì, girò i tacchi e si chiuse la porta alle spalle.
 
Non era mai stata a casa Sterling, eppure era così carina. La facciata era color salmone, con delle scale a chiocciola interne visibili perchè coperte solo da un vetro. 
La madre di Jeff era un amore. Dolcissima e bellissima, premurosa e comprensiva. Trattava Nick come parte integrale della loro famiglia, nonostante stesse da poco con Jeff. 
Era una famiglia felice, veramente felice.
-Posso offrirti qualcosa, tesoro?- Domandò la signora rivolta a Santana. 
-No, la ringrazio molto- I suoi occhi tornarono su Jeff, che invece non faceva altro se non giocare con le dita del fidanzato. 
Seduti tutti e tre sul tavolo del soggiorno, stavano decidendo cosa fare con Sebastian. -Quindi si è scansato- Incominciò Nick, riflettendo.
-Sì. Voglio... Voglio trovare un modo perchè si ricordi chi sono io. Insomma... Voi non c'eravate, però il modo in cui mi guardava era... Semplicemente fantastico. Dolce, affettuoso e allo stesso tempo eccit..-
-Okay, okay, ho capito il concetto- La interruppe Jeff, schiarendosi la gola. -Posso dirti solo una cosa, Santana, e cerca di capire il concetto perchè mia sorella è nella stanza affianco, non ho intenzione di farmi sentire. I ricordi spariscono, Santana, ma le sensazioni no. Ora, tu sei una ragazza e lui è un ragazzo che non si ricorda di te. Usa la tua arma più potente per fargli salire quella sensazione... Quella che aveva quando era con te prima. Insomma... Capiscimi, per favore- Il volto dell'Usignolo si imporporò, ma non ci fu bisogno di aggiungere altro: nella testa di Santana balenavano già fin troppe idee.

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Capitolo 20
*** A moment like this ***


XIX CAPITOLO
 
Un tempo, era stata molto pratica di queste cose. Eppure con Brittany non servivano, perciò le aveva lasciate da parte. 
Si era guardata per tutto il giorno allo specchio, chiedendosi se non sarebbe apparsa ridicola agli occhi di Sebastian, infondo l'aveva rifiutata il giorno prima, le cose potevano cambiare in una notte?
Si morse un labbro esitando, eppure una forza sconosciuta le fece suonare il campanello di casa Smythe. Mel, come al solito, andò ad aprirle. -Ciao cara- La salutò, guardandola un po' stranita. -Ci sono quaranta gradi, perchè indossi l'impermeabile?-
Santana si limitò a sorridere. -Ehm, avevo gli altri in lavanderia..-  Esordì in modo confuso, allontanandosi lentamente. 
Strano che avesse preso Mel per stupida, visto che si era accorta benissimo delle calze a rete che venivano giù dall'impermeabile. 
Salì le scale sperando che nessuno si accorgesse di lei, sarebbe stata parecchio equivoca. Attraversò il lungo corridoio aspettando di sentire qualche rumore. Riconobbe, poi, la voce di Sebastian provenire da una delle stanze. Sorrise un po' maligna e ci si avvicinò, ascolando la conversazione. Doveva parlare al telefono, perchè non sentiva seconde voci. -...Glad you came? Non mi ricordo come l'abbiamo ballata- Disse Seb, col tono leggermente dispiaciuto. -Vedrò cosa posso fare, o se trovo qualche filmino, grazie comunque, ciao Thad- 
Quando finalmente sentì appoggiare il telefono su un ripiano, Santana aprì con decisione la porta. Sebastian si voltò a guardarla, incuriosito. -E tu che ci fai qui?-
Per la prima volta, Santana vide la sua stanza. Era tutta dipinta di blu, il letto era posto attaccato al muro, a due piazze, con le lenzuola celesti. L'enorme finestra faceva entrare un sacco di luce, proprio dritta verso la scrivania in arte povera, come l'armadio. Alle pareti erano attaccate parecchie foto degli Usignoli e anche una cravatta con tutte le loro firme. -Sono venuta a farti una sorpresa- Asserì lei, richiudendo la porta. Camminò in modo vagamente sexy verso di lui, fino a che col dito non riuscì a toccare il suo petto coperto solamente da una leggera maglietta bianca. -Ti sei tolto la fascia alla caviglia, a quanto pare-
Sebastian non sapeva bene cosa fare. Era un po' diversa dalla Santana dei giorni precedenti, che invece gli era sembrata così innocente. -Sì- Rispose, senza perdere il contatto coi suoi occhi.
-Fammi vedere- Col dito, lo spinse fino a sedersi sul letto. -Faccio l'infermiera, sai?-
-Ma davvero? E non scappavano via quando ti vedono così acida?-
-Sarò tutto, tranne che acida- Esclamò, tirando giù la cinta dell'impermeabile e lasciandolo cadere via. Il suo costumino da infermiera la fasciava completamente, aderente e stretto seguiva perfettamente la forma dei suoi fianchi e delle altre forme. 
Qualcosa si mosse nei pantaloni di Sebastian, e ne rimase fortemente colpito. Cazzo fai? Pensò, rivolto al gingillo lì sotto. Sta' fermo. -Ho già un'infermiera, sai?-
-Non penso sia brava come me- Santana mostrò un sorriso sghembo, salendo a gattoni sul letto e andandogli dietro. Cominciò a passare le sue mani su tutta la sua schiena, fino a massaggiargli le spalle. Gli morse il lobo dell'orecchio e poi scese sul collo, leccandoglielo con la punta della lingua.
STA' FERMO. Continuò a pensare l'usignolo. -Santana..-
L'ispanica gli poggiò un dito sulle labbra, girandogli leggermente il viso per guardarlo negli occhi. -Dimmi che non mi vuoi e io vado via e non mi farò più vedere. Dimmi che non suscito alcuna sensazione e mi arrenderò, finchè non ti tornerà la memoria e allora sarai mio di nuovo- La tensione nella stanza poteva tagliarsi col coltello. I loro sguardi così vicini, i loro respiri uniti in un mix perfetto. Sebastian le guardò le labbra e, all'ennesimo colpetto del suo amico, le saltò addosso fino a farla aderire di schiena al materasso.
Senza far peso su di lei, le si sistemò sopra, cominciando a baciare ogni angolo del suo viso, del suo collo, del suo petto. Preso da una spropositata passione, afferrò una sua gambe saldamente, portandola al suo bacino e toccandola. Gli piacevano le sue gambe, erano sode e lisce. 
Santana infilò le mani sotto la sua maglietta e accarezzò il suo corpo poco muscoloso ma tremendamente attraente e magro. Subito fece volare via la maglietta, lasciandogli un bacio sulla spalla. Poi, con fare lento e provocatorio, lo fece scivolare da un lato, salendo poi sopra di lui. Le mani dell'ispanica vagavano sul petto del francese, scendendo fino al bottone dei pantaloni, che sbottonò con destrezza. Quando gli abbassò i jeans, si stupì quasi che i boxer fossero già così tanto rigonfi. 
Per torturarlo un altro po', si abbassò a baciargli una spalla, ma con la mano non perse mai il contatto coi boxer, accarezzando il rigonfiamento da sopra il tessuto. 
Sebastian sussultò appena, aprendo la bocca per l'eccitazione che cresceva e che non avrebbe mai pensato di provare, non per lei.
Non era, però, il tipo che si faceva dominare. Era lui che dominava, e non ci mise molto a metterlo in chiaro anche a Santana: le appoggiò le mani sui fianchi, salendo finchè non trovò l'attaccatura della cerniera, e la fece scivolare giù per toglierle il vestitino. Rimase colpito dalla lingerie che indossava sotto: vero pizzo rosso fuoco. 
Le prese i polsi, rotolando di lato per intrappolare lei sotto di lui. Con fare provocatorio, fece sì che le due intimità, entrambe coperte, si sfregassero tra di loro facendo sussultare entrambi. Santana emise un gemito di piace e quasi automaticamente aprì di più le gambe, accogliendo Sebastian per cingergli il bacino con esse. 
Le mani del ragazzo finirono dietro il reggiseno, lo slacciarono e lo lanciarono via con un po' di difficoltà, visto che non erano proprio abituate a farlo. Scese a marcare con la lingua una traccia invisibile con la lingua intorno a un capezzolo, facendo sfuggire a Santana un altro gemito, poi continuò verso l'addome e il ventre, fino arrivare all'ultimo indumento intimo. Ma Sebastian voleva farla soffrire, perciò prese la gamba e la divaricò, porgendo le labbra a baciare l'interno coscia. Rapì vari lembi di pelle, leccandoli, succhiandoli, mordendoli. Ad ogni azione del francese, Santana si irrigidiva e gemeva, stanca di quella tortura. -Seb...- Mormorò con voce roca.
Sebastian sorrise. Appoggiò un dito sull'elastico dell'indumento e lo tirò giù, sfilandolo dalle gambe della ragazza. Ma quando ritornò su di lei, Santana era già in piedi pronta a farlo finire sotto di lei. Con un gesto repetino, gli sfilò i boxer e lo lasciò nudo in tutta la sua adorabile bellezza. Passò con le labbra sul basso ventre, provocando un brivido a Sebastian che lo fece sussultare. Abbandonò la testa sul cuscino, per godersi quelle carezze. 
Santana si concentrò sul membro del ragazzo, ormai quasi del tutto eccitato, e cominciò a massaggiarlo con la mano, a cui presto sostituì la lingua. Sebastian dovette stringere forte il lenzuolo tra le mani e mordersi il labbro per non farsi sentire. 
Santana era a dir poco entusiasta del suo lavoro, di essere la causa di un'espressione del genere. -Basta così..- Decise lui, alzandosi col busto per afferrare Santana dai fianchi e portarla su di lui. Lentamente, lasciò che lei scivolasse sul suo membro, penetrandola piano per sentire il calore di lei avvolgerlo completamente. Entrambi emisero un verso di piacere e Santana non perse tempo a muoversi velocemente su di lui. La testa appoggiata su quel ragazzo, gli occhi leggermente socchiusi e i respiri affannati che si mischiavano fra di loro. L'odore di sesso in tutta la stanza, i gemiti sommessi e lo schiocco di labbra che si incontravano per sopprimere il bisogno di sfogarsi e urlare. 
Sebastian la teneva dai fianchi, accompagnandola nei movimenti che si erano fatti circolari e più profondi. 
Santana si sentì quasi all'apice del piacere e si tenne con più forza alle spalle del francese, mordendogli un labbro e lanciando spinte più forti e decise. -Seb...- Mormorò.
-Sì..- Sebastian aveva capito ed era vicinissimo al piacere massimo anche lui, la spinse verso un altro lato e continuò a spingere avendola però sotto di lui, scontrando velocemente i bacini furiosi. 
Santana si abbandonò sul cuscino, sentendo poco dopo rilassarsi anche Sebastian, che appoggiò la testa sull'incavo del suo collo.
Quanto lo voleva, quanto lo aveva desiderato. Ed era suo, di nuovo. Bisognava solo aspettare che lui ricordasse che anche lei era sua, e Santana avrebbe aspettato tutta la vita per un altro momento come quello. 

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Capitolo 21
*** What is that boy without you? ***


Salve a tutti. 
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, quanto mi era mancato scrivere Glad you came! *^*
Sono partita in vacanza e perciò non ho potuto aggiornare, ma eccovi pronto un altro capitolo.
E la storia sta anche quasi per finire. :')
Enjoy. (;

XX CAPITOLO.

 
Sette di sera, il tramonto fece si che i flebili raggi del sole colorassero di arancione l'intera stanza di Sebastian, tramutando così le pareti blu di un colore particolare.
Santana, avvolta nelle lenzuola celesti, dormiva profondamente.
Sebastian, invece, si stava alzando furtivamente cercando di non svegliarla e di strisciare poco sul lenzuolo. Con passi leggeri e felpati si diresse verso il bagno della stanza, richiudendo poi la porta.
Si appoggiò sul marmo del lavandino, alzando lo sguardo verso lo specchio di fronte a lui. Non si riconosceva più, a dire il vero non era più quello di un tempo. La verità era che faceva finta di essere così per la maggior parte del tempo da quando si era risvegliato. Sapeva bene che una parte di lui era cambiata e che Santana aveva ragione, ma la sua parte razionale gli impediva di accettare quel cambiamento. Quella parte di cervello che aveva accettato e appreso quei cambiamenti era morta, dimenticata.
La perdita di memoria aveva lasciato un buco vuoto che doveva essere colmato, ma Sebastian non sapeva come.
Poi, sentì un paio di braccia magre cingergli la vita e due labbra umide lasciargli un bacio sulla spalla. –Buongiorno..- Sebastian sussultò, provocando il risolino di Santana. Si sporse in avanti per sfuggire alla sua presa, ma Santana scivolò al suo fianco non lasciandolo mai. –Smettila di essere schivo… -
-Non sono schivo. Sto solo cercando di capire- Disse lui, tenendo lo sguardo fisso in basso. –Cos’eravamo noi?-
Santana fece spalline, lasciò la sua presa e si sistemò seduta sul marmo affianco al lavandino. –Prima nemici, poi amici, poi qualcosa di più. Sei stato tu a farti avanti e a baciarmi, ma mi sono tirata indietro un po’ confusa dalla mia sessualità, per questo posso capirti..–  
-Aspetta- La interruppe, incrociando il suo sguardo. –Sei lesbica? –
-Lo ero, una volta. Diciamo che amavo una ragazza, una sola..-
-E io ti ho fatto cambiare idea?- Domandò, un po’ stupito.
-No, non proprio. Ha fatto una cosa che mi ha ferito e poi sei intervenuto tu, interferendo ancora di più nella mia confusione- Santana sospirò e si appoggiò con le spalle e la testa al muro. Cominciò a chiedersi cosa sarebbe successo se Sebastian non l’avesse mai salvata, se non si fosse mai presentato a casa sua e se non si fossero frequentati. Probabilmente non avrebbe perdonato Britt ugualmente, ma ci avrebbe pensato.
-Devi essere un bel tipo per avermi fatto cambiare così- Sorrise lui, togliendo le mani dal lavandino per cominciare a camminare in giro per il bagno. –Ma questo non cambia le cose-
Santana aggrottò la fronte, mordendosi il labbro inferiore. Sebastian non l’avrebbe mai accettata, non finché non gli fosse tornata la memoria. –Non sei più il ragazzo di prima, e se vuoi che ti stia lontana okay- Sussurrò, deglutendo. Sebastian si fermò, sentendo il buco vuoto dentro di lui allargarsi sempre di più. Non disse niente, il suo sguardo parlava abbastanza. -Afferrato- Riprese l’ispanica, saltando giù dal marmo. –Arrivederci, Seb-
Sebastian avrebbe voluto prenderla e fermarla, dirle che gli dispiaceva e magari qualche altra parolina dolce, ma non fece niente, rimase immobile a guardare mentre usciva dal bagno e si rivestiva.
 
Uscì sbattendo la porta, col rischio di sembrare anche parecchio maleducata, ma non le importò molto. Santana attraversò il lungo giardino con le lacrime agli occhi e a malapena riusciva a vedere dove metteva i piedi.
No, non sarebbe rimasta un minuto di più in quella casa a rendersi ridicola. Per chi, poi? Un ragazzo? No. Santana non era quel genere di persona ma lo stava diventando, era però ancora in tempo per fermarsi. L’avrebbe impedito.
Entrò nella sua auto, gustando l’odore dell’abitacolo e poi, finalmente, si lasciò andare a un pianto liberatorio.
Le serviva, sì, per rendersi conto di tutto quello che stava succedendo. Doveva cercare di andare avanti, perché Sebastian sarebbe potuto rimanere così per sempre, e lei era stanca di combattere guerre senza vincitori. Anche lei si meritava un po’ di felicità, ogni tanto.
Il suono di un pugno che bussava al finestrino la destò da quei pensieri, e riconobbe la figura di Jeff che sorrideva come un elfo buono. Possibile che quella testa di banane si trovasse sempre nel posto giusto, al momento giusto?
Santana si pulì il volto dalle lacrime e abbassò il finestrino dell’auto, sorridendo al ragazzo. –Ciao Jeff. Che ci fai qui?-
-Ero venuto a salutare Sebastian, veramente. Volevo sapere come stesse. Ma vista la tua faccia non deve essere andata molto bene, mh?-
Santana fece spalline e appoggiò la testa sullo schienale del sedile. –Non so più cosa pensare, Jeff. So solo che mi sono arresa e che mi va bene così, per ora. Nel caso gli tornasse la memoria sa dove trovarmi..-
Jeff strabuzzò gli occhi. –No.. Non puoi! Insomma, cos’è quel ragazzo senza di te? Uno stupido arrogante che si ingella i capelli e pure male!-
La ragazza trattenne a stento una risatina e scosse la testa. –Dovrà imparare a ingellarli meglio, allora, perché non ho intenzione di rendermi ridicola in alcun modo, Jeff. E’ stato bello finché è durato ma diciamocelo, non sarebbe durata-
Jeff inarcò le sopracciglia un po’ triste, accarezzando dolcemente la spalla dell’ispanica.
 
Mollò la borsa sul letto e vi ci si tuffò praticamente sopra, facendo scricchiolare le molle del materasso. Osservò il cielo dalla sua finestra, ormai scuro e illuminato ogni tanto da piccole lucciole bianche, le stelle.
Qualcuno bussò alla porta e il primo istinto di Santana fu quello di mandare al diavolo chiunque fosse, poi sospirò e lo invitò ad entrare.
Una piccola coda bionda si fece spazio nella stanza, sorridente. –Ciao, Sant.. –
Santana balzò seduta sul letto. –Britt? Che ci fai qui?-
-Niente, volevo salutarti, è da un po’ che non ci vediamo- La ragazza attraversò la stanza e andò a sedersi sul letto. –Sai, mi manchi un po’..-
Santana sospirò e scosse la testa. –Brittany, forse non devo essere stata chiara- La sua voce non era arrabbiata, era troppo triste per poter essere anche solo un po’ acida, quella sera.
-Lo so, lo so. Ma.. Almeno non possiamo mantenere un rapporto normale?-
-Non finché non mi passa l’arrabbiatura- L’ispanica cercò di non guardarla negli occhi, ogni contatto visivo con quegli adorabili occhietti azzurri l’avrebbe gettata al suolo.
Prima che Brittany potesse anche solo controbattere, il telefono di Santana squillò. Il numero era anonimo, perciò lo lasciò squillare un paio di volte e solo quando vide che persisteva rispose. –Pronto?-
-Oh! Naomi, ciao! Sono François Pasqual!-
Santana rabbrividì, spalancando gli occhi.

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Capitolo 22
*** Headache ***


XXI CAPITOLO

-S..Salve, signor Pasqual- Tremò Santana, deglutendo.
-Tesoro! Da quanto tempo!- Una risatina bloccò la voce bonaria dell’uomo, che riprese subito dopo. –Sai, ho avuto modo di riflettere in queste settimane, e penso che il contratto per il tour-sfilata mondiale sia decisamente tuo. Janet non ha quello che cerco e poi… I suoi capelli sono così.. Rossi. Non ho niente contro le rosse ma…-
Mentre l’uomo blaterava sui suoi gusti in fatto di capelli, Santana era scossa da continui flash su una sua ipotetica vita in giro per il mondo, a fare la modella. Si vedeva su qualche rivista tipo Cosmopolitan o Vogue, col photoshop che le appiattiva qualche difetto del volto. –Cara? Ci sei?-
-Certo, signor Pasqual-
-Chiamami François, tesoro-
-E lei mi chiami Santana- Puntualizzò, sospirando. –Quindi mi sta offrendo di partire per il tour e sfilare nelle maggiori capitali del mondo?- Brittany sgranò gli occhi, sentendo un nodo chiudersi in gola.
-Esatto. Ovviamente prima dovrai essere sottoposta a vari trattamenti e ad un corso di portamento, quello è necessario. Le spese sono tutte a carico dell’agenzia perciò stai pure tranquilla-
Santana deglutì. Sembrava proprio tutto perfetto. Tutto… giusto, in quel momento. –Le farò sapere-
-Santana, hai tempo fino a domani sera, dopo dovrai darmi una risposta, okay?-
-Certo, ovvio. A domani, François- Santana chiuse la chiamata e si sentì svenire. Doveva prendere una decisione e doveva farlo entro domani. Non una decisione semplice, ma una di quelle che le poteva cambiare la vita.
-Sant..-
-Non dire niente. Non voglio sentire pianti né parole che mi costringeranno a scegliere quello che fa comodo agli altri. Per una volta devo scegliere ciò che è giusto per me e basta-
 
-Brutta Satana che non sei altro, apri questa porta prima che la butti giù. Apri!- Kurt era piuttosto arrabbiato quella mattina, tanto che bussava come un matto fuori dalla porta e i vicini si affacciarono a controllare quella sclerata.
Santana dormiva ancora e sussultò appena sentendosi chiamare in quel modo. Cercò di alzarsi ma inciampò nel lenzuolo e cadde per terra. I capelli tutti arruffati e gli occhi semi chiusi per la luce che trapelava dalle tapparelle.
Cercò di alzarsi e a passi lenti e sconnessi scese al piano di sotto e aprì alla porta, mentre nella mente cominciavano a farsi largo un paio di insulti in spagnolo.
Kurt spalancò la porta ed entrò in casa con spavalderia, guardando a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno in casa. –Dimmi che è successo qualcosa. Una catastrofe, un rapimento alieno, Blaine senza gel, e che non mi hai svegliato per prestarti uno smalto-
-TU PARTIRAI PER IL TOUR E NON MI HAI DETTO NIENTE!- Urlò, appoggiando le mani sui fianchi.
-Frena, frena, frena. 1) Tu che ne sai? 2) Non ho ancora deciso niente e 3) abbassa la voce prima che ti pianti una pantofola in bocca-
Kurt sospirò e cercò di rasserenarsi. –Mi ha chiamato Brittany circa un’oretta fa, piangendo. Mi ha detto che ieri ti ha chiamato quel tipo. Volevo dirti che comunque le possibilità che tu diventi la nuova Candice Swanepoel sono davvero poche, sai? Voglio dire, ormai il mondo è pieno di modelle, chi ha bisogno di altre? Cioè..-
-Kurt. Calmati, respira, tranquillo!- Santana sospirò, ancora un po’ confusa per il sonno. Si avvicinò e prese le mani di Kurt. –Ascoltami Kurt, la mia vita sta lentamente cadendo a pezzi e devo cercare un modo per sollevarla. Mi sono innamorata della mia migliore amica e ormai non ho più né lei né una fidanzata. Mi sono innamorata di un coglione che adesso mi ignora e pensa che io sia una mezza spazzatura di Lima Heights Adjacent. Ho rinunciato al mio viaggio a New York e… Adesso basta stare male. Adesso voglio prendere in mano la mia vita ed essere qualcuno, okay?- A Kurt tremò il labbruccio. –E prometto che ti porterò un sacco di borse Prada- Ridacchiò Santana, avvicinandosi di più per abbracciarlo.
-Significa che parti?- Domandò lui, stringendola.
Santana annuì. –Sì, parto-
 
-Un cono, lampone e limone, grazie- Jeff indicò i due gusti protetti da un vetro.
-Io cioccolata e pistacchio- Ordinò Nick. -Tu che prendi, Seb?-
-Niente. Mi fa troppo male la testa- Il francese si massaggiò le tempie, uscendo fuori dal bar per prendere posto.
Jeff e Nick si guardarono un po’ preoccupati. Nick pagò e andarono a sedersi al tavolo di Sebastian.
–Sei sicuro di star bene?- Domandò il biondo, che era sempre il più apprensivo.
-Se c’è qualcuno dietro di me che mi sta battendo un martello sulla testa, fatelo smettere- Si lamentò Seb, massaggiandosi le tempie con l’indice e il medio.
-Io non vedo nessuno- Ironizzò Nick, iniziando a gustare il suo gelato.
-Hai preso qualcosa prima di uscire?- Domandò Jeff. –O passiamo dalla farmacia?- Nick guardò il suo fidanzato tanto fiero di lui, lo amava più del solito quando faceva così.
-No, grazie mamma- Sebastian alzò gli occhi al cielo. –Ho preso le pillole che mi ha prescritto il medico dopo l’incidente-
-Non servono a molto, se sei in queste condizioni- Puntualizzò Nick. –Ops, intrusa a ore due- Esclamò, focalizzandosi su una figura dietro Sebastian che si stava avvicinando a passo veloce.
Sebastian si voltò, riconoscendo la divisa delle cheerleader del McKinley. Nemmeno sapeva perché se lo ricordava, dato che non l’aveva mai vista in vita sua.
Brittany raggiunse i tre ragazzi, un po’ imbarazzata. –Ciao, ragazzi. Posso parlare con Sebastian?-
Nick e Jeff si guardarono e fecero per alzarsi, ma Sebastian tirò un braccio di Jeff. –Non so chi diavolo è questa qui, perciò sedetevi- Sussurrò al biondo, per poi voltarsi verso Brittany. –Non mi ricordo di te, sei un’altra che è venuta a rivendicare di essere stata una mia ragazza?- Domandò, appoggiandosi allo schienale della sedia. Il suo malumore quella mattina era alle stelle.
-No, non proprio- Brittany si sedette e guardò Jeff. –So che io e te non abbiamo mai realmente parlato e che l’unica volta in cui ci siamo visti è stato quando Sebastian ha accecato Blaine, però..- Sebastian alzò un sopracciglio. Non ricordava di averlo fatto, ma ricordava Blaine per sentito dire, visto che era uno dei Warbler più talentuosi e si chiedeva perché l’avesse fatto. -…So che hai stretto un forte legame con Santana e volevo solo avvisarti del fatto che se ne sta andando- A Britt tremò per un attimo la voce. Non sapeva se fosse giusto dargli la notizia prima che lo facesse Santana, ma era troppo triste per accettare che lei se ne andasse. Non voleva, e si era persino abbassata a parlare col tipo che gliel’aveva portata via. –Vi ricordate del tipo del F&G? L’ha richiamata ieri sera e le ha chiesto di partire.. L’ha scelta al posto della ragazza coi capelli rossi-
Jeff sbiancò, aprendo piano la bocca. Si era affezionato a Santana e le voleva bene, era diventato il suo confidente personale, le dava consigli e gli piaceva la chimica che si era creata tra tutti e due. Non voleva che se ne andasse, ma poi osservò Sebastian, con l’espressione imbronciata mentre cercava di ricordare qualche particolare di quel giorno al F&G, e capì che forse per Santana era la soluzione migliore. Infondo, rimanere a Lima a cosa sarebbe servito? Sebastian forse non avrebbe mai recuperato la memoria e lei non si sarebbe resa ridicola ancora, per lui.
Nick si accorse del malumore del ragazzo e gli prese la mano, così Jeff rinvenne dai suoi pensieri. –So cosa sei venuta a fare qui, Britt. E mi dispiace, ma non convincerò Santana a rimanere. Per quanto io le voglia bene, non posso costringerla a rimanere qui. Quando ami una persona la lasci andare, non è così? Farla rimanere qui significa farla stare male perché Sebastian non la ricorda…- Sebastian deglutì, scuotendo la testa. -…O che tu le hai fatto del male quel giorno. Per adesso è meglio che lei stacchi. E poi tornerà-
-E se durante quel periodo si dimentica di noi? Si fa altri amici, magari si trasferisce…- Britt si mise una mano sulla faccia, trattenendo le lacrime. –Non voglio che vada via…-
-Non sono io la persona che può convincerla a rimanere, e non lo sei nemmeno tu- Jeff guardò Sebastian e il ragazzo abbassò gli occhi.
-Sebastian..- Brittany lo chiamò piano, ma il ragazzo la interruppe.
-No, mi dispiace. Non cominciare nemmeno. Farti un favore e chiederle di rimanere significherebbe prenderla in giro e per quanto io non sopporti la gente di Lima Heights Adjacent, mi sembra alquanto di cattivo gusto. Lasciala in pace e rifatti una vita- Sebastian parlò secco e chiaramente e poi pensò che Brittany potesse essere la ragazza di cui gli aveva parlato Santana.
Brittany sospirò e si alzò, guardando tutti e tre i ragazzi. –D’accordo, scusate il disturbo-
-Nessun disturbo, fammi sapere come va a finire- Sorrise Jeff, un po’ triste. –Comunque, Santana non saprà niente di questo incontro..- Le fece l’occhiolino.
Brittany sorrise e sistemò la sedia sotto al tavolo. –Arrivederci- Brittany fece un passo indietro e poi se ne andò con passo lento.
Nick, che fino a quel momento non si era espresso su quell’argomento, si mise a braccia conserte e puntò Sebastian con lo sguardo. –Immagino che devi aver trattato molto male quella Santana, per indurla a partire addirittura-
-Non ho trattato male nessuno, ho solo messo in chiaro le cose, ovvero che quando sto con lei una vocina nella testa mi ripete “che stai facendo? Smettila subito!” e c’è da considerare anche che non ricordo alcun momento con lei quindi, per la cronaca, io sono ancora gay-
-Ma ci sei andato a letto ugualmente, alimentando le sue speranze- Continuò il moro, assottigliando gli occhi.
Sebastian sbuffò. –Senti Nick, piantala di giudicarmi, non sai nemmeno come ci si sente- Appena finì, un’altra martellata gli colpì la testa, costringendolo a tenersela stretta con le mani.
-Seb?- Nick lo chiamò, con un tono di voce diverso.
-Lasciami in pace- Sibilò, con gli occhi chiusi e stretti.
Jeff si alzò e Sebastian si sentì afferrare per le spalle. –Seb? Stai sanguinando dal naso!-
Sebastian si toccò il fiumicino caldo che gli colava dalla narice. Si guardò il dito e notò del rosso su di esso. –Merda- Esclamò.
 

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Capitolo 23
*** Remember when.. ***


XXII CAPITOLO

 
-Mh- Il dottore picchiettò con la penna sulla cartella clinica di Sebastian, seduto su un lettino scomodo del pronto soccorso. -E' tutto nella norma, non penso ci sia bisogno di una TAC. E' normale e frequente che, dopo un trauma cranico, si susseguano episodi di epistassi e emicrania- Sorrise cordiale, chiudendo la cartella. -Ad ogni modo, hai avuto qualche ricordo, in questi giorni?-
Sebastian ci pensò su. Gli fu facile, visto che grazie all'antidolorifico il mal di testa andava molto meglio. -Oggi ho incontrato una ragazza. Lei non la ricordavo, ma ricordavo la divisa della scuola. Sapevo da dove proveniva e di chi fosse-
-Oh bene, è un passo avanti!- Chiuse la penna e se la infilò nel taschino del camice, poi porse un foglio a Sebastian. -E' una prescrizione per l'antidolorifico. Prendine 10 gocce appena senti dolore, ma non esagerare e dopo prendi sempre una protezione per lo stomaco, d'accordo?-
-Va bene,grazie mille dottore- Sebastian gli strinse la mano e saltò giù dal letto, uscendo dalla stanza.
Nick e Jeff erano seduti in sala d'attesa. Anzi, solo Nick era seduto, Jeff invece stava camminando avanti e dietro per la stanza. -Seb!- Il biondo tirò un sospiro di sollievo vedendo il viso sorridente di Sebastian. -Che ti ha detto?-
-Che è normale dopo l'incidente, non preoccuparti. Più che altro adesso voglio andare a casa a dormire, visto che stanotte non ho potuto farlo-
Nick alzò le sopracciglia. -Addirittura, ti stanca così tanto Santana?-
-E piantala!- Sebastian gli tirò un pugno amichevole sul braccio. -E' andata via prima, il mal di testa mi ha ucciso-
-Va bene, allora ci sentiamo dopo, okay?- Jeff gli tirò il foglio di mano. -Passo in farmacia a prenderti questo e poi li lascio a tua madre, va' a riposarti-
Sebastian gli sorrise. -Grazie mille, amico-
 
Grandi occhi scuri, passi lenti e suadenti. Agile come una pantera che vuole arrivare alla sua preda. Capelli corvini. Tacchi quadri e potenti battevano sul parquet.
Are you okay, Annie?
Voce acuta e rauca, le mani olivastre afferrano una sedia e la spostano per farla passare, la corda di un violoncello si rompe.
You've been hit by, you've been struck by...
Labbra carnose imporporate da un lucidalabbra profumato, la gonna nera si muove aderendo ad ogni curva del suo corpo, lo sguardo si assottiglia e lei si avvicina sempre di più.
...A smooth criminal.
Gli occhi scuri incatenati in quelli verdi, fuoco e ghiaccio si scontrano in una lussureggiante lotta alla vittoria.
-Sono stata più brava!-
-Nemmeno per sogno!-
 
Sebastian si svegliò sudato, coperto a metà dal lenzuolo celeste sotto al quale si era consumata una notte di passione con Santana. L'aveva appena sognata.
Sebastian chiuse gli occhi, cercando di focalizzare ciò che aveva visto: un sogno così reale da sembrare quasi... un ricordo.
 
-Penso di aver preso tutto; lo spazzolino da denti, il dentifricio e la spazzola li metterò in valigia domani- Soddisfatta, Santana incrociò le braccia al petto. -Penso sia tutto-
Kurt annuì. Non si era ancora abituato all’idea di lasciarla andare, ma dopo una chiacchierata con Blaine, il ragazzo si era calmato e aveva cercato di accettare.
Qualcuno bussò alla porta della stanza e Kurt si alzò per aprire. Blaine entrò sorridendo e strinse piano il viso delicato del suo fidanzato, lasciandogli un bacio dolce sulle labbra. Santana sorrise, senza farsi vedere. –Ciao Santana. Ho belle notizie per entrambi- Kurt lo guardò incuriosito, accavallando le gambe mentre si sedeva sulla poltroncina bianca. –Mi ha chiamato Jeff e abbiamo organizzato una cena per salutarti. È al BelGrissino- Sorrise, entusiasta.
Santana cercò di non smorzare l’entusiasmo di Blaine, ma il suo sguardo perplesso fece il lavoro sporco per lei. –Non so se sia il caso..-
-Per favore, Sant. Ascolta, so che stai passando un brutto periodo, ma devi solo avere pazienza. Tra l’altro, se la tua paura è che ci sia Seb, tranquilla, non penso verrà-
Santana alzò gli occhi al cielo. –La mia paura era proprio che non venisse, a dire il vero-
-Oh..- Esclamò il ricciolino. Kurt si mise una mano sulla fronte, costernato dal poco tatto del suo ragazzo. –Beh, possiamo sempre convincerlo-
-No, no. Tranquillo, verrò- Un sorriso finto e triste si stampò sul viso di Santana, che tirò fuori dalla valigia un abito blu acceso, corto fino a metà coscia, per quella sera.
 
Flash e applausi, gli occhi scuri sorridenti e brillanti, un inchino e poi un boato.
Una foto appare sul led e una folta chioma rossa gode soddisfatta.
Una piccola lacrima timida, gli occhi scuri smettono di sorridere e guardano sconfitti la telecamera sotto di loro.
Gli occhi chiari la proteggono, osservando con odio ogni piccolo sguardo di disprezzo nei confronti degli occhi scuri.
La mano olivastra e quella chiara si incontrano, creando un mix tra i due colori.
 
Sebastian si svegliò di nuovo di soprassalto, arrabbiato. Lanciò il secondo cuscino giù dal letto, contro la lampada che si ruppe. –Maledizione!- urlò, sbuffando. Tutti quei sogni lo stavano confondendo. Non sapeva quanto in realtà fossero veri. Forse era solo il suo subconscio, oppure stava davvero ricordando qualcosa.
La porta della sua stanza si aprì piano e la madre sgattaiolò dentro. –Oh! Tesoro, sei sveglio? Pensavo dormissi! È venuto Jeff a portarti le medicine..- Lasciò una scatola coperta dalla carta della farmacia sul comodino.
-Aspetta, Jeff è ancora qui?- Domandò Sebastian, saltando giù dal letto e catapultandosi alla finestra.
Jeff stava appena uscendo dal cancello, così aprì il vetro e urlò il suo nome per farlo girare. –Jeff! Sali! Dobbiamo parlare!-
Il biondo gli sorrise e, un po’ preoccupato, cominciò a correre verso l’interno della casa.
La signora Smythe guardò suo figlio. –Tutto okay, Sebastian?-
-Certo, mamma. Devo parlare con Jeff, puoi lasciarci soli?-
La signora fece spalline, annuendo. Aprì la porta e si ritrovò Jeff di fronte. Lo lasciò entrare e poi, uscendo, si richiuse la porta alle spalle. –Che succede, Seb?- domandò il biondo, togliendosi gli occhiali da sole.
-Quando ho salvato Santana da F&G, lei era sul palco?-
Jeff aggrottò la fronte. –Sì, perché?-
-E.. E aveva un vestito.. mh, rosso. Sì, rosso, corto, con delle paillettes. Vero?- Sebastian sentì il cuore accellerare quando Jeff affermò anche quella tesi. –Oddio…-
-Che c’è, Seb? Hai.. Hai ricordato?- Domandò, spalancando la bocca.
Sebastian annuì, cadendo di peso sul letto. –L’ho sognato. Due volte. Cioè, la prima volta ho sognato mentre cantavamo Smooth Criminal. C’erano i violoncellisti e… tante sedie sistemate in modo circolare, vero?-
Jeff annuì, emozionato. –Dio che gioia, stai guardando Seb! Stai ricordando!-
Sebastian sorrise a trentadue denti. Finalmente stava recuperando i pezzi più importanti della sua vita, aveva perso un anno intero di ricordi, di emozioni, di rapporti e amicizie. E adesso, piano piano, stavano tornando da lui. –Non posso crederci- Sorrise e si morse un labbro.
-Quindi stasera verrai da Santana, vero? Stiamo organizzando una festa, visto che domani parte-
Sebastian alzò un sopracciglio. –No. Non verrò-
-Ma ti ricordi di lei, ormai!- sbottò il biondo.
-No; frena, frena. Io ricordo di averla salvata, ma solo per cercarmi una fidanzata di copertura. Non ricordo alcun momento romantico con lei, chiaro? Perciò per me le cose non cambiano.
Jeff grugnì, stringendo i denti. Afferrò la scatola di medicine sul comodino e gliela puntò contro. –Bene, allora vedi di ricordarti del nostro litigio in auto perché ti ha fatto cambiare idea. Ricordati di ciò che ti ho detto visto che, da oggi in poi, non parlerò più al Sebastian cafone e arrogante che sei di nuovo- Gli lanciò contro la scatola e poi, passo spedito, uscì dalla stanza.

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Capitolo 24
*** Glad You Came. ***


XXIII CAPITOLO

I fantastici quattro, Kurt, Blaine, Jeff e Nick, entrarono al BelGrissino con un gran sorriso stampato in volto. Da sempre gli ultimi tre erano stati amici, poi Kurt si era intromesso portando via Blaine alla Dalton, ma nessuno se l’era presa. Anzi, avevano sinceramente apprezzato Kurt visto che era stato un componente essenziale, seppur per poco tempo. Poi Jeff e Nick si erano scoperti innamorati e avevano vissuto a pieno la loro storia finchè Nick non si era dovuto trasferire all’Università.
-Tavolo Lopez- Sorrise il biondo, mentre la cameriera li indirizzava verso il tavolo che avevano preparato.
Era proprio come aveva chiesto Kurt: riservato, in un angolo, e lontano da occhi indiscreti. Doveva essere una cena d’arrivederci a Santana e voleva il massimo della perfezione. Non gli piaceva chiamarla festa d’addio perché per lui non lo sarebbe stato.
Artie, Tina e Sugar entrarono cercando con lo sguardo il tavolo e poi vi si avvicinarono. –Ciao ragazzi- Salutò Artie, avvicinando la sedia a rotelle all’unico posto senza sedia.
-Ciao!- Sorrise Jeff, facendoli accomodare. –Avete notizie di Santana e Brittany?-
-Brittany è appena entrata- Affermò Sugar, indicando la porta che si stava appena chiudendo.
Brittany inciampò nella gamba di un tavolo e poi, imbarazzata, si avvicinò alla comitiva. -Salve..-
Tutti scoppiarono a ridere, mentre le guance di Britt si imporporavano ancora di più. Era un po’ agitata, non voleva dire addio alla sua Santana, nonostante non ci stesse più insieme. Amava Santana, ma glielo dimostrava poche volte. Quella sera doveva essere una di quelle.
Santana entrò al BelGrissino col vestito blu che aveva scelto quel pomeriggio, le fasciava tutto il corpo in modo provocante e il suo modo di camminare contribuiva poco al buon senso degli uomini in sala.
Si avvicinò al suo tavolo con un finto sorriso in volto, era quello che ormai lo caratterizzava da un bel po’ di giorni. Non si sentiva più a suo agio né in quella città, né con le persone che amava.
Si fermò di fronte al tavolo notando che tutti erano presenti e seduti, ma avanzavano comunque due posti. –E quei due per chi sono?- Domandò, picchiettando con l’indice sul tovagliolo.
-E’ una sorpresa- Sussurrò Jeff, mentre tutti lo guardavano incuriosito. Quel ragazzo era pieno di idee.
-Dai!- Insistette Santana, seriamente propensa a scoprire tutto.
-E va bene, va bene- Sbuffò il biondo, alzandosi per tirare fuori il cellulare. Selezionò un numero e poi fece partire la chiamata. –Entrate pure- Asserì, quando la voce dall’altra linea rispose.
Tutti si voltarono a guardare la porta e aspettarono con trepidazione che si aprisse.
Invece gli ospiti entrarono dall’altra entrata. Artie se ne accorse e si lasciò andare ad un’espressione stupita e felice. –Quinn! Puck!-
Santana e gli altri si voltarono di scatto. L’ispanica sentì gli occhi inumidirsi, mentre Quinn le corse incontro per abbracciarla forte. Non si erano più viste da quando Quinn era partita per Yale e Puck l’aveva seguita per stare con lei. Puck si intromise, e muscoloso com’era riuscì ad abbracciarle entrambe tutte insieme, lasciando un bacio sulla testa di Santana. –Non potevamo farti diventare famosa senza prima farti un po’ di coccole, così possiamo chiederti un po’ di soldi- Ironizzò il ragazzo, suscitando il risolino della comitiva.
Quinn e Puck salutarono il resto dei ragazzi e Santana ne approfittò per avvicinarsi a Jeff. –Li hai invitati tu, vero?-
Jeff sorrise e annuì. –Sapevo che ti avrebbe fatto piacere. Io non li conoscevo bene perciò è stato un po’ problematico-
Santana intenerì lo sguardo. –Non so davvero cos’avrei fatto senza di te, Jeff. Intendo.. Per tutto. Tutti i consigli, tutte le volte che mi sei stato vicino. Ti ringrazio veramente. Sei un amico..-
Jeff allargò il sorriso, mostrando i denti perfetti e bianchi. Si sporse in avanti per abbracciarla forte. –Di niente, ti voglio bene-
-Anche io-
 
Pantaloncini e petto nudo, un paio di cuffie che riproducevano Glad You Came degli Usignoli che ormai ricordava di aver cantato.
Sebastian stava correndo su un tapis roulant della sala attrezzi di casa sua, era un modo come un altro per pensare che si era beccato una bella strigliata dal suo migliore amico e che Santana stava per partire e lui non era presente alla sua festa.
Piano piano stava ricordando, stavano riaffiorando le cose più importanti della sua vita.
Aveva paura di poter ricordare quel piccolo momento in cui si era accorto che Santana era diverso, il momento in cui aveva perso la testa per lei. Era impaurito da quel sentimento e soprattutto aveva paura che se ne sarebbe ricordato quando ormai era troppo tardi.
-Maledizione- Sibilò, mentre tutti i pensieri non gli davano modo di ragione. Staccò la spina del tapis roulant e si fiondò in bagno, aprendo e sbattendo ogni porta. La prima cosa che fece fu una doccia veloce, poi lasciò che i capelli si asciugassero naturalmente, mentre cercava qualcosa da mettersi. Scelse un jeans chiaro e aderente, che metteva in risalto le gambe, e una maglietta azzurra. Non cercava di essere elegante, il suo orgoglio non glielo permetteva. E poi rabbrividiva già al fatto di dover mettere piede a Lima Heights Adjacent.
Alzò gli occhi al cielo, a quel pensiero, e tirò fuori il gel.
 
-…Io ero appena scesa dall’aereo,- Cominciò Quinn, mentre raccontava la sua storia. -Stavo per chiamare il mio taxi quando mi accorgo di un’enorme testa rasata!-
-Le sono andato incontro e le ho detto che non l’avrei lasciata, e che mi sarei trasferito lì in modo da starle vicino mentre studia a Yale- Concluse Puck, vantandosi.
Tutti risero contenti, ammirando il cambiamento radicale di Puck. Amava davvero Quinn e sicuramente le sue intenzioni erano serie con lei, altrimenti non avrebbe mai intrapreso quel viaggio.
-Psss, posso parlarti?- Brittany si avvicinò all’orecchio di Santana, distraendola dai suoi pensieri.
-Sì- Affermò, poco convinta. Le due ragazze si alzarono, ma gli altri non sembrarono accorgersene, troppo presi dal racconto di Quinn.
Britt e Santana uscirono fuori dal locale, dove la temperatura era decisamente più fredda. Santana si strofinò le braccia, mentre aspettava. –Sei molto bella stasera- Asserì d’un tratto Brittany.
-Ti ringrazio Britt. Anche tu lo sei- Santana sorrise. Non sapeva davvero che pensare. Adorava Brittany, ma era da parecchio che il suo cuore non apparteneva più a lei. Ma Santana doveva partire e prima di farlo, doveva mettere le cose in chiaro con lei.
-Ti volevo dire.. Che mi mancherai tanto quando partirai. E che ci tengo tanto a te- Brittany abbassò lo sguardo, cercando di trovare le parole adatte.
Santana sorrise, prendendole la mano. –Anch’io ci tengo molto a me. Ti ho amato nel modo più puro che una persona possa amare. E mi dispiace che sia andata a finire in questo modo. Stai certa però che non ti dimenticherò mai e che, se hai un problema, io ci sarò per te-
Brittany allargò le braccia e accolse Santana in un abbraccio tenero, dandole un bacio sulla guancia. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei. Santana era la sua guida, il suo mentore, un palo a cui aggrapparsi quando stava per cadere. Un pilastro sempre presente.
-Interrompo qualcosa?- La voce di Sebastian, calda, soffusa, fece tremare Santana.
L’ispanica sciolse immediatamente l’abbraccio, guardando il francese appoggiato con una spalla al muro, e le braccia conserte. Sul viso un’espressione difficile da interpretare. –Sebastian.. Che ci fai qui?-
Sebastian guardò Brittany. –Puoi darci un minuto?-  La bionda guardò Santana e poi annuì, incamminandosi dentro il locale. Le iridi di Sebastian parvero contenere del liquido, per quanto teneramente guardavano Santana. Per un momento, l’ispanica pensò che avesse ricordato tutto. –Quindi hai deciso di partire..-
Santana annuì, avvicinandosi di più al ragazzo e stringendosi di più nelle braccia per il freddo. –Sei venuto a salutarmi?-
Sebastian non disse niente, si limitò ad annuire col capo e a togliersi la giacca nera. Si avvicinò a Santana per sistemargliela attorno alle spalle, e abbassò lo sguardo per accertarsi dell’espressione della ragazza.
Se ne pentì quasi quando notò i loro nasi quasi sfiorarsi e gli occhi di Santana lucidi. –Stai bene?-
Santana abbassò il testa affinché potesse nascondere i suoi grandi occhi pieni di lacrime. A Sebastian scattò un altro flashback nella testa, molto simile a un déjà-vu. Stessa scena, loro due, ma a casa di Sebastian. Lei piangeva, lui la abbracciava.
Cazzo, aveva dimenticato di dire a Santana che stava ricordando. Ma se l’avesse fatto, lei sarebbe rimasta a Lima. Non avrebbe dovuto interferire col futuro della ragazza, sarebbe stato egoista.
Sebastian sospirò e strinse Santana in un abbraccio tenero. Si sentiva tremendamente in colpa, era proprio un egoista. Pensava solo a sé , ma nonostante avesse convinto sé stesso che non gli importava di quella ragazza, non riusciva proprio a lasciarsela veramente alle spalle. –Sono contenta che tu sia venuto. Non volevo andarmene senza salutarti- Biascicò Santana, con la faccia infossata nell’incavo di quel collo francese. –Mi chiamerai, quando ti ricorderai di me?-
-Non dovresti aspettarmi- Quella frase colpì Santana come una pugnalata.
La ragazza indietreggiò, sfuggendo alla stretta dell’usignolo. -..Non dovrei?-
-No- Asserì lui, con gli occhi chiari incastrati nei neri. –Perché potrebbe succede fra un sacco di tempo, e tu rimarresti incastrata a questo momento. Devi andare avanti e farti una vita. Parti, cresci e dimostra chi sei, okay?-
Santana lo guardava stupita. Gli occhi sbarrati e la bocca socchiusa, quasi sconcertata da ciò che stava dicendo. –Non… Non stai dicendo sul serio-
-Sì, sto dicendo sul serio. Quanto sarebbe egoista se fra un anno ti richiamassi dicendo “Hei, ciao, sono Sebastian! Mi sono ricordato di te, molla tutto e vieni da me!”? Sarebbe meschino, non credi?-
Santana sospirò e annuì tristemente col capo. –Immagino di sì-
Sebastian si avvicinò per darle un bacio sulla fronte, sorridendole. –Tieni pure la giacca. Buon viaggio Santana..-
La ragazza dovette usare tutta la sua forza interiore per non urlargli di andare via, e infatti lo lasciò andare via, mentre di lui le rimaneva solo la giacca, che avrebbe portato con lei. 

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Capitolo 25
*** Lima's not so small if you're here. ***


XXIV CAPITOLO

Era tutto pronto, le valige erano sistemate fuori da casa Lopez, pronte per essere sistemate sul taxi che stava pazientemente aspettando che Santana salutasse tutti.
La mamma di Santana era abbracciata dal padre della ragazza, con un fazzoletto in mano, mentre sistemava il colletto della camicetta della figlia. –Stai attenta, miraccomando. Santana, anche sei grande, non andare in macchina con gli sconosciuti, e non accettare niente..-
Santana sotto sotto se la rideva, anche se era fin troppo triste di dover lasciare i suoi genitori. –Lo so mamma, ti chiamo appena arrivo a New York- E poi l’abbracciò.
Sciolse l’abbraccio, per stringere il padre, e si aspettò di vedere sua nonna di nuovo, come quand’era piccola, che la toglieva dalle braccia del papà per portarsela via.
Non sarebbe successo. Quando aveva saputo della sfilata, le aveva dato della poco di buono e senza nemmeno guardarla in faccia era andata via.
Santana non avrebbe potuto fare niente, né voleva. Si era stancata di dare spiegazioni agli altri. Evidentemente il bene di sua nonna era minore della voglia di apparire con una nipote etero sposata con un avvocato.
La ragazza sospirò e accarezzò il braccio della madre. –Non piangere, non starò via per sempre-
-Ti guarderò in televisione, quando sarai famosa, amore- La signora Lopez, con la voce rotta dal piatto, aveva continui flash della sua bambina. –Ti voglio tanto bene, piccola mia-
-Te ne voglio anch’io- Rispose, mordendosi un labbro per trattenere le lacrime.
-Tesoro, il taxi aspetta- Urlò il padre dal ciglio della strada, mentre chiudeva il bagagliaio dell’auto.
Santana sistemò la borsetta e si avvicinò al taxi, salutò il tassista ed entrò in auto. –Prenditi cura della mamma. E della nonna- Bisbigliò al padre, per poi sentire il taxi che piano piano si muoveva verso l’aereoporto.
 
Labbra dolci, profumate. Fragola, sì. Si modellano a quelle del ragazzo come fossero nate per essere sempre unite. Costrette a quella piacevole tortura.
Il cuore batte veloce, il desiderio aumenta, le mani indagano sul suo corpo.
 
-..Ma che cazzo, è morto?-
-Sta’ zitto, Flint-
Sebastian si spaventò nel sonno, svegliandosi e ritrovandosi davanti Flint, Jeff e Nick. Flint aveva le mani sul suo corpo, e Sebastian alzò un sopracciglio curioso. –L’ho sempre saputo che avresti voluto sbattermi-
-Ma che schifo!- Flint si alzò dal letto saltando e ritornò affianco a Jeff. –Alzati piuttosto, è tardi-
-Che stavi sognando? Miagolavi quasi- Domandò Nick, senza malizia nella voce.
Sebastian si tirò su col busto, osservando con fare scocciato i suoi amici. Si strofinò un occhio ancora intorpidito dal sonno e poi cercò di fare mente locale.
A cosa stava sognando?
Merda. Cazzo. Merda, cazzo, merda, cazzo…
Ripeteva nella mente quelle imprecazioni, mentre sbiancava in viso.
-Che hai adesso?- si lamentò Flint, scocciato.
Jeff catturò lo sguardo di Sebastian. –Tutti fuori-
Flint quasi scoppiò a ridere dal tono autoritario del biondo, ma Nick lo afferrò dal braccio e lo portò di peso fuori dalla stanza.
-Jeff- Il sibilo di Sebastian fece spezzare letteralmente il cuore del biondo, che si avvicinò e gli accarezzò la testa, sedendosi affianco a lui.
-Lo so, lo so..-
-Me lo ricordo, mi ricordo tutto- Era tutto tranne che felice, eppure quella doveva essere una delle gioie più grandi, visto che aveva recuperato un anno intero andato perso. –Se n’è andata..-
-Sebastian, non poteva rimanere qui e continuare a sentirsi rifiutata. Non è nel suo stile, la conosci, lo sai. Mi dispiace tantissimo-
La porta si aprì lentamente, e ne fece capolino Nick. Richiuse la porta e andò a sedersi di fronte a Seb e Jeff, tenendo la mano al suo ragazzo. –Posso fare una proposta indecente, visto che non riesco mai a non origliare dalle porte?- Jeff sorrise teneramente e annuì, ma lo sguardo di Nick si posò su Sebastian, che guardava altrove demoralizzato. –Guarda l’orologio. Sono le undici. L’aereo di Santana parte alle dodici meno un quarto. Se eviti di ingellarti i capelli in quel modo obbrobrioso, forse avrai qualche speranza di riportarla a casa- Sorrise ironico Nick.
Sebastian alzò la testa di scatto. –Non posso andare a prenderla. È il suo futuro, ha scelto-
-No. Tu l’hai costretta a scegliere quel futuro perché non le hai dato modo di scegliere un’altra strada-
-No, non posso farlo. Non le farei mai altro male, è finita-
 
-Signorina, deve esserle caduto questo- Santana si sentì presa in causa e si fermò, col trolley dietro di lei.
Un uomo sulla sessantina aveva in mano il suo portachiavi e lo sventolava. –Grazie- Disse lei, avvicinandosi per prenderlo. –Ma potrebbe anche evitare di infilare gli occhi nella mia scollatura, vecchio pervertito- Sbottò, girando i tacchi per ricominciare a camminare verso il check-in.
Maledizione, odiava le file, e tutte quelle del suo check-in erano lunghe almeno dieci persone a testa.
Sospirò e osservò l’autista farsi avanti con il resto delle valige, mentre picchiettava con il dito sul passamano. –Sa dirmi che ore sono?- Domandò all’uomo.
Egli, di rimando, guardò l’orologio al polso. –Le undici e mezza-
Santana sbuffò. –Non siamo in ritardo?-
-Direi di si, ma visto che c’è ancora così tanta gente fuori dall’aereo non partiranno senza di te-
La ragazza annuì e riprese a osservare la gente che dava i propri documenti alle hostess e mettevano le valige su un nastro trasportatore. Santana aveva volato poche volte, solo quand’era piccola per far visita alla nonna in Spagna.
 
-SBRIGATI, CAZZO! MUOVITI!- Sebastian urlò, e Nick fece in tempo a frenare di fronte all’aereoporto prima che il ragazzo saltasse giù dall’auto lasciando lo sportello spalancato.
Si ritrovò nell’enorme androne, pieno zeppo di persone con le valige che si dirigevano ai propri rispettivi check-in.
Il tabellone a led con scritte arancioni, segnava la partenza per New York in un quarto d’ora.
Probabilmente Santana era già sull’aereo, eppure quell’ipotesi non fermò Sebastian dal correre ancora più veloce.
Sebastian, nella vita, aveva sempre avuto tutto ciò che voleva. Mai niente di materiale gli era mancato. Eppure, gli era stato negato tanto affetto, un padre sempre impegnato, una madre che pensava al rigore della famiglia. Era sempre stato abituato ad essere il migliore, a nascondere ciò che era per essere abbastanza acclamato. Non aveva mai nemmeno potuto dire ai suoi di essere gay.
Con pochi poteva essere veramente sé stesso, e si era reso conto che con Santana aveva sempre parlato liberamente. L’ammirava, perché lei, nonostante tutto, aveva avuto il coraggio di rivelarsi alla sua famiglia. Ogni volta che passavano del tempo insieme, Sebastian cercava di assimilare da lei quel coraggio che l’aveva portata a farsi accettare senza sembrare una stronza senza cuore.
Per questo amava Santana, perché poteva sempre imparare da lei, e lo rendeva una persona migliore senza limitarlo.
Forse era egoista a fermarla, lui le stava impedendo di brillare in un futuro pieno di opportunità, ma come gli avevano detto i suoi amici, lui non le aveva dato scelta, l’aveva semplicemente rifiutata.
Si accasciò su una colonna, col fiatone, dopo aver spintonato due o tre persone. Il check-in era quasi vuoto, e Santana stava per consegnare i suoi documenti.
-No, no, no..- Sibilò Sebastian, ricominciando a correre verso la ragazza, che si trovava a una decina di metri da lui. –Santana!- Cercò di urlare il suo nome, ma il caos di voci echeggianti dell’aereoporto coprivano la sua voce.
Il tassista, invece, si girò. –Quel pazzo coi capelli da Marlon Brando sta correndo verso di noi?-
Santana aggrottò la fronte, e quando si girò vide Sebastian che inciampava nella valigia di un uomo, e poi goffamente si rialzava per riprendere a correre.
A Santana, per un attimo, si fermò il cuore. Mille interrogativi cominciarono a farsi largo nella testa, mentre lasciava i documenti nelle mani della hostess e correva, anche lei, incontro a Sebastian.
-Che ci fai qui?- Domandò, prendendolo sotto le braccia.
Il ragazzo era col fiato corto, sembrava pronto ad avere un infarto. –M-Mi dis-piace- accennò, respirando con affanno. –Non dov.. Non dovevo lasciarti andare-
Santana lo guardò con fare curioso. –Che vuoi dire?-
-Mi sono ricordato. Tutto- Sebastian deglutì, e sentì il cuore battergli così forte nelle orecchie.
Santana sgranò gli occhi, ma poi si sentì chiamare alle sue spalle. Ignorò completamente e guardò fisso negli occhi Sebastian. –Ti ricordi di me? Di noi? Sul serio?-
Seb annuì e guardò dietro Santana in modo fulminante. –Lo so che è tardi, che sono stato un bastardo. Lo so, ma è quello che mi riesce meglio fare. So che non ne ho il diritto, e mi sento uno schifo per ciò che sto per chiederti ma..-
-SIGNORINA! FACCIAMO TARDI- gracchiò qualcuno alle spalle di Santana, a cui non diedero ascolto né lei né Sebastian.
-..ma vorrei seriamente che tu tornassi a casa con me, adesso- Sebastian scosse la testa, un po’ amareggiato. –Se non puoi, non fa niente, ma promettimi che non ti dimenticherai di me facilmente-
Santana stava per piangere. Finalmente si era ricordato di lei, finalmente poteva smettere di sentirsi rifiutata anche da lui.
-SIGNORINA!-
Santana sbuffò, ma non volle rovinare il momento romantico e la luce commossa negli occhi di Sebastian. –Al diavolo New York, al diavolo le luci della ribalta. Tu sei la mia luce, e io voglio stare qui. Lima non è così piccola se ci sei tu- Asserì, alzandosi sulle punte per modellare le sue labbra a quelle di Sebastian in un bacio dolce e intenso.
-ADESSO BASTA EH!-
Santana sbuffò spazientita, si voltò e puntò il dito contro l’hostess. –PORTA IL CULO SU QUEL LURIDO AEREO DA SOLA, STRONZA!- Urlò, suscitando la risatina deliziosa di Sebastian, come ogni volta quando parlava alla Lima Heights Adjacent. 

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E bene, l'ultimo capitolo di 'Glad You Came'
Il prossimo sarà l'epilogo, e io sto già 
decidendo come tagliarmi le vene senza
la mia dose pomeridiana di Sebtana tutta mia. çç

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Capitolo 26
*** Epilogo - Magnolia ***


EPILOGO.

 
-Ti sta bene- Esclamò Brittany, sistemando l’ultima piega del vestito viola di Santana. Benché lei avesse voluto che fosse stato rosso, Jeff non si era smosso, e aveva imposto il viola alla damigella.
-Per niente. Sembro pronta per un funerale- Si lamentò l’ispanica, e poi si sistemò la delicata magnolia fra i capelli.
-Perché hai scelto proprio la magnolia?- Domandò la bionda, mentre con una mano ordinava i ricci di Santana.
-Non l’ho scelta io. E’ stato Seb, dice che il suo profumo è delicato come il mio- Santana sorrise, ripensando a quel momento.
Stava da un anno con Sebastian, e ogni giorno di più sentiva che stargli affianco era terapeutico. Non aveva più preso a parole nessuno senza un motivo. Aveva trovato un equilibrio interiore, un modo per stare in pace col mondo.
Nick aveva chiesto a Jeff di sposarlo, ma visto che in Ohio non era legale il matrimonio gay, avevano deciso di celebrarlo nel Vermont.
Flint, come al solito, si era ribellato, ma Sebastian l’aveva zittito con la frase “Conta davvero la distanza, in un amore così?” e ciò aveva fatto innamorare Santana ancora di più.
Qualcuno bussò alla porta e Brittany andò ad aprire, lasciando che Sebastian entrasse. Santana lo guardò dallo specchio, e rimase completamente a bocca aperta.
Nonostante, durante quell’anno insieme, avesse esplorato più volte le parti più nascoste del corpo del ragazzo, ciò che la affascinava era lo charme con cui indossava quel meraviglioso smoking blu scuro, che richiamava appena gli occhi chiari. Il modo in cui camminava, con la mano in tasca e il passo lento, il modo in cui si passava una mano fra i capelli alti, faceva rabbrividire Santana ed era quasi spaventata dalla perfezione di Sebastian.
Brittany uscì, salutando Sebastian con un sorriso. Non c’era mai tensione tra i due, anzi. Sebastian aveva persino insegnato a Brittany ad aprire e chiudere una porta con la chiave.
Il ragazzo sorrise e quando arrivò a pochi passi da Santana, allargò le braccia. –Potrei dire che sei perfetta, ma in questa stanza ci sono già io- Asserì, e Santana scoppiò a ridere.
-Mi spiace, Smythe, ma dovresti rivedere i tuo canoni di bellezza- Santana incrociò le braccia al petto, ed alzò un sopracciglio di sfida.
-Ma davvero? Non provocarmi, sai?- Sebastian le puntò il dito contro, avvicinandosi minacciosamente.
Santana emise un ‘buuh’ sussurrato, come a far finta di aver paura, e poi scoppiò a ridere.
Tagliò definitivamente le distanze e abbracciò Sebastian, si sporse come per dargli un bacio, ma poi gli poggiò un dito sulla bocca e lo spinse indietro. –Beh, mi aspettavo un rifiuto da Mister Sono-Perfetto per Lima Heights Adjacent-
-Non rifiuto mai una ragazza che supplica un mio bacio!- si giustificò il ragazzo, con un’espressione beata sul volto.
No, non erano diventati una di quelle coppiette smielate. Loro erano Santana e Sebastian, e non lo sarebbero mai stati. Si stuzzicavano, giocavano, e poi facevano l’amore. Era sempre così.
Raramente Sebastian diceva qualche complimento a Santana, e lei non sembrava soffrirne. Forse, si sarebbe anche sentita in imbarazzo con un ragazzo che non faceva altro che ripeterle quanto fosse bella.
Però Sebastian dimostrava il suo amore per Santana in tanti piccoli modi diversi, che rendevano la coppia solida e felice. Le uniche parole dolci che Sebastian avesse mai detto a Santana, erano quelle sussurrate a mezza voce durante la notte, dopo aver fatto l’amore, mentre lei dormiva già e non poteva sentirlo.
Non le aveva mai nemmeno ti amo, ma quello non l’aveva fatto nemmeno mentre dormiva.
 
Tutto era perfetto: avevano sistemato l’enorme giardino in modo che ci fosse una grande passerella bianca, che portasse fino alla siepe tagliata a forma di cuore, con dei nastri bianchi che le si annodavano attorno.
Le sedie, rigorosamente bianche, erano predisposte in due navate, e ormai i chicchi di riso erano sparsi tutti intorno.
Si erano appena sposati, Nick e Jeff. Santana e Sebastian erano stati i testimoni, e benchè il padre di Nick non fosse stato presente a causa dei suoi pregiudizi, la cerimonia era stata spettacolare.
Santana non era mai stata ad un matrimonio gay, perciò non sapeva se le cose rimanessero uguali. Sicuramente non ci sarebbe stato il lancio del bouquet, e Nick non si sarebbe infilato sotto la gonna di Jeff per togliergli la giarrettiera.
-Quella ti sta guardando- Affermò Santana, mentre gli ospiti erano tutti in cerchio a guardare Nick e Jeff che ballavano un lento.
Sebastian non si voltò nemmeno a guardare chi fosse perché, in realtà, non gli importava nemmeno. –E stai cercando un modo per torturarla senza rovinare il matrimonio?-
-Sto cercando di scoprire come si fa a provocare dolore con lo sguardo- All’ennesimo sguardo della ragazza, Santana afferrò con forza la mano di Sebastian, e la alzò per lasciarci un bacio sulle nocche. –Stronza-
-Smettila- Sebastian scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertito. Era divertito, sì, perché Santana si faceva tutti quei problemi ma non era gelosa, era solo possessiva. Sapeva di potersi fidare di Sebastian, lo sentiva suo fino dalla punta dei capelli a quella dei piedi.
-E bene, un applauso alla coppia! E adesso, il lancio del bouquet! O in questo caso, della coccarda!-
-Che cosa stupida- Commentò Santana, scocciata. –Se mi sposerò, non sarà mica solo perché ho preso una stupida coccarda-
Sebastian sorrise, scuotendo la testa. -Vai, su- La spinse, mentre lui si tirava indietro.
Il DJ fece ordinare tutte le donne al centro della pedana da ballo, poi fece girare Jeff, che in mano aveva il fiore che portava nel taschino, con la spilletta a forma di D di Dalton attaccata sopra.
Doveva lanciarla, e quella valeva un po’ come bouquet.
-Uno..- Tutte le donne si misero con le mani alzate, pronte a ricevere, invece Santana si limitò a guardare. -..Due..- Una ragazza le arrivò addosso, spingendola, e lei le diede una gomitata. -..E tre!-
Jeff lanciò in aria la coccarda, che arrivò dritta in testa a Santana, e poi fra le sue mani. Tutti cominciarono ad applaudire e lei rise divertita. Fece in tempo ad alzare lo sguardo e ad incontrare quello di Sebastian che da lontano, mentre batteva le mani, boccheggiava un timido ‘Ti amo’. 

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Eh si, è finita. I can't believe this is happening. [Santana cit, LOL.]
Comunque, io voglio ringraziare TUUUUTTI quelli che hanno 
recensito. Il mio GdR, che mi ha aiutato un sacco, e soprattutto
la mia Santana, che mi ha ispirato più di tutti.
Un bacio grande e tanta Sebtana per tutti :*

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