I won't let you fade away

di Harriet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Cose stupide ***
Capitolo 2: *** II - Il desiderio di Yuuko ***
Capitolo 3: *** III - Continua a sognare ***



Capitolo 1
*** I - Cose stupide ***


Questa storia è nata rileggendo l’episodio della donna solitaria, e soprattutto dalla frase che la donna dice a Watanuki, prima di andarsene: “Anche tu hai qualcuno che non vuole vederti scomparire”.
Grazie anche agli ultimi sviluppi della vicenda, ho pensato a quali persone, in modo più o meno manifesto, hanno dimostrato di non voler vedere Watanuki scomparire. E così, sono venuti fuori alcuni episodi...
Il terzo capitolo sarà spoileroso per i cap. 116-119 del manga, ma gli altri li potete leggere tranquillamente.
Grazie, buona lettura!
Holic è delle Clamp, e se riescono a concluderlo divinamente come l’hanno iniziato, potrei quasi perdonare loro un bel po’ di cose...
Storia dedicata alle mie clampo-maniache preferite, che non hanno bisogno che io le nomini, sanno perfettamente chi sono!^^
Se volete fare due chiacchiere sulle Clamp o altro, mi trovate qui:
Dark Chest of Wonders

I won’t let you fade away

I – Cose stupide

La freccia eseguì il suo percorso ed andò a piantarsi vicino al centro perfetto del bersaglio. Un attimo di silenzio, e poi un applauso.
- Oh, Doumeki-kun, se domani alla gara avrai gli stessi risultati stracceremo le altre scuole!- esclamò uno dei ragazzi in tenuta da arciere, saltellando intorno a quello che aveva appena fatto centro, l’ultimo di un’incredibile serie di centri.
- Non hanno scampo!- urlò entusiasticamente un altro del gruppo. Intanto dagli spalti si levarono alcune piccole grida di incitamento, prodotte da voci femminili. In tutto questo tripudio di gioia, il ragazzo che si trovava al centro dei festeggiamenti rimaneva piuttosto calmo. Anzi, quasi indifferente. Fece un cenno della testa all’indirizzo dei compagni che si erano complimentati e si mise a guardare l’arciere successivo che prendeva la mira.
All’improvviso alcuni ragazzi piombarono nella palestra, richiamando l’attenzione di tutti col loro vociare confuso e allarmato.
- Ehi, c’è un tizio che si sente male nello spogliatoio!-
- Brrr, sembra posseduto!-
- Bisogna chiamare aiuto.-
Doumeki sollevò la testa per scrutare i messaggeri di sventura. Un brutto presentimento lo colse all’improvviso.
- Lo conoscete?- si informò uno della squadra.
- No, mai visto. Deve essere di prima.-
Bruttissimo presentimento.
- E’ un tipo magro con gli occhiali.-
Non più un presentimento, ma una certezza.
- Credo di sapere chi è. Vengo io.-
Tutti tacquero, voltandosi a guardare il solitamente impassibile Doumeki che dimostrava un vago interesse per un fatto tanto insignificante.
- Conosci un tipo così?- domandò uno dei suoi compagni di squadra.
- Se è lui.- commentò Doumeki, abbandonando a terra la sua attrezzatura e dirigendosi verso l’uscita della palestra. Con passo piuttosto svelto si lasciò alle spalle i compagni stupiti e raggiunse lo spogliatoio.
Esattamente come aveva immaginato. Accidenti, stava diventando anche un indovino, ora?
No, probabilmente il fatto era che quel tipo era scontato in tutto e per tutto.
Cielo, avrebbe voluto davvero sapere se esisteva un modo per tenerlo lontano dai guai! Guai che, il più delle volte, lui stesso andava a cercare...
Ma non c’era tempo per trovare risposta a quelle scottanti domande, se voleva evitare alla sua seccatura preferita di morire per soffocamento.
A terra c’era una ben nota persona, con gli occhi serrati e le mani sul petto, ansimante come per mancanza d’aria. Il corpo esile del ragazzo era scosso da un forte tremito. Doumeki non si stupì del fatto che quelli che l’avevano trovato fossero fuggiti. Faceva davvero impressione.
- Cos’ha?- balbettò una ragazzina, ferma sulla soglia dello spogliatoio.
- Non è che ora muore, vero?- chiese un altro, che aveva seguito Doumeki dalla palestra.
- Ma no.- borbottò l’arciere, inginocchiandosi accanto al ragazzo riverso. – E’ solo che...a volte...gli vengono queste crisi.-
Sì, a volte. Quando qualche spirito malintenzionato lo assale.
Molto più che “a volte”.

Sollevò da terra Watanuki e gli rialzò la testa. Non appena lo ebbe toccato, sembrò che l’altro potesse respirare più liberamente. Potenza della forza anti-spirito di Doumeki. Ancora però l’altro teneva gli occhi chiusi. L’arciere se lo prese in braccio e lo trasportò fuori dalla stanza, per posarlo con insolita delicatezza a terra, nel corridoio.
Watanuki aprì piano gli occhi, guardandosi intorno, confuso.
- Oi. Sei vivo?-
- Eh?-
- Respiri ora?-
- Aiutalo ad uscire...- mormorò Watanuki, che ancora non si era reso ben conto della situazione. – Non voleva farmi del male, mi stava solo chiedendo aiuto per uscire da là...-
Doumeki stava iniziando ad odiare gli spiriti con le loro assurde pretese.
E anche lui, però. Non c’era un modo più semplice di reagire? Non poteva mandare a quel paese lo spirito di turno e continuare con la sua vita?
No, certo che no.
Al solito, si è commosso per lo spirito che stava cercando di portarlo con sé nell’aldilà...

- Va bene. Ce la fai ad alzarti?-
All’improvviso una scintilla di comprensione illuminò gli occhi chiari di Watanuki.
- Doumeki. Che ci fai qui?-
- Ti salvo. Come al solito.-
- Cooooooooooooooooosa?-
Il ragazzo tentò di schizzare in piedi, per allontanarsi il più possibile dall’indesiderato salvatore, ma non appena si fu sollevato ricadde rovinosamente, e per la seconda volta fu raccolto dal suo odiato rivale.
- Doumeki, mollami subito!-
- Come vuoi.-
Doumeki lo lasciò, e Watanuki si ritrovò a terra. Il ragazzo prese a maledire l’altro, mentre la piccola folla di curiosi che si era raccolta attorno a loro si divertiva a commentare la strana scenetta.
Finalmente Watanuki accettò l’aiuto dell’altro, che lo sollevò da terra e si offrì di riportarlo a casa. Dopo un po’ di proteste, Watanuki capì che non ci sarebbe mai arrivato da solo, a casa, e si vide costretto a dirgli di sì.
- A che ora chiude la scuola?- domandò Doumeki ai ragazzi raccolti nel corridoio. - Beh, credo sia aperta fino alle sette. C’è il gruppo di teatro, sai.- spiegò una ragazza. Doumeki controllò l’orologio e giudicò che ce l’avrebbe fatta. Lasciò il gruppetto, sostenendo Watanuki.
- Ehi, Doumeki, hai lasciato l’attrezzatura di là!- gli urlò dietro un compagno della squadra di tiro con l’arco. – E l’allenamento non era finito! E comunque non puoi uscire così! Devi farti una doccia e cambiarti! Vuoi sentirti male? Domani abbiamo la gara!-
Ma le sue parole vennero totalmente ignorate.

Quella sera, mentre tornava a casa ad un’ora indecente, senza essersi cambiato, con l’attrezzatura per il tiro con l’arco trascinata pigramente dietro di sé e starnutendo con una frequenza preoccupante, si chiese se ne era valsa la pena, di mollare l’allenamento prima della fine, senza farsi una doccia, mettendo a repentaglio la propria salute e la propria dignità, e facendosi prendere in giro da quelli del club di teatro, quando era tornato a scuola per recuperare la sua roba...e soprattutto per fare quella cosa.
Oh, beh.
Alzò le spalle, archiviando la questione.
Fare una cosa stupida, ogni tanto, non ha mai fatto male a nessuno.

L'indomani, il bento doppiamente fornito arrivò, com’era giusto che fosse, e Doumeki lo spolverò, con il consueto sottofondo di “perché devo cucinare per te?” e “perché devo mangiare con te?”, frammisti alle risate di Himawari e al suo ritornello immancabile: “Voi due andate così d’accordo!”
All’improvviso le grida sconclusionate di Watanuki si interruppero, e il ragazzo fissò l’amico come se si fosse appena ricordato di qualcosa.
- Ma tu avevi una gara, stamattina?-
- Mh. Torneo tra scuole, prima eliminatoria.-
- E com’è andata?-
- Non male. Non eccellente, ma ci siamo qualificati.-
Himawari si complimentò col ragazzo, poi ringraziò Watanuki per il bento e corse via, in ritardo per qualche attività. Watanuki allora si voltò verso l’altro e si fece tremendamente serio.
A Doumeki non ci volle molto per capire cosa stava per dirgli.
- Ecco, senti, riguardo a ieri...nello spogliatoio c’è uno spirito che...-
- C’era.-
- Vuoi farmi spiegare? Stavo dicendo che...Eeeeeh? Vuoi dire che...-
- Che ieri sera, dopo averti riportato a casa, sono andato su nello spogliatoio e ho fatto quel che c’era da fare.-
- Hai...hai...- Watanuki lo fissò in silenzio per qualche secondo, battendo stupidamente le palpebre per l’incredulità.
- Il tuo spirito ora se n’è andato, se era questo ciò che ti preoccupava.- gli comunicò l’altro. – Era uno spirito piuttosto negativo. Sono riuscito a localizzarlo e ad esorcizzarlo.-
- Come l’hai...trovato?-
- Ho fatto qualche tentativo. Poi mi sono ricordato di dov’eri tu, ieri, e pensato che magari lo spirito era proprio in quella zona. E’ andata bene.-
- Tu...tu...sei andato...-
- Me l’avevi chiesto, no?-
- Sì, ma...-
- Guarda che mi fido di te. Non sei certo il tipo da inventarti balle su cose come queste. Non sono nemmeno sicuro che ti riesca mentire. E so per esperienza che non sei un visionario.-
Quello fu il colpo di grazia. Doumeki che riusciva a produrre una frase tanto articolata e lunga tutta in una volta. Doumeki che gli diceva una cosa vagamente lusinghiera. Watanuki perse tutte le parole e la facoltà di rispondere, e continuò a fissarlo, sempre più sconcertato.
- Beh, io devo andare.- Doumeki si alzò in piedi di scatto, porgendo il piattino del suo bento a Watanuki. – Domani voglio la stessa porzione di oggi.-
- Coooooosa?-
Finalmente era riuscito a risvegliare Watanuki, se non altro.
Watanuki prese a sbraitare, come suo solito, e Doumeki si allontanò, facendogli un cenno di saluto, e starnutendo.
Avrebbe dovuto arrabbiarsi con Yuuko. Da quando si era trovato coinvolto nelle fortune del suo negozio di pazzi gli capitava piuttosto spesso di rimetterci la salute.
Soprattutto quella mentale.
Beh, forse non ne aveva mai avuta molta. Non era mai vissuto con una grande pace mentale, se doveva essere sincero.
I ragazzi normali, alla sua età, pensavano a cose futili e al massimo si preoccupavano per un brutto voto. Vivere in un tempio non aveva mai fatto di lui esattamente il prototipo del ragazzo normale.
Senza dubbio, però, da quando c’era Yuuko le cose erano drasticamente peggiorate. Da quando si trovava un giorno sì e l’altro pure con spiriti da esorcizzare, misteri da svelare e soprattutto un idiota senza senso del pericolo da tirare fuori dai guai.
Però...se davvero fosse stato così tremendo, non c’era niente e nessuno che lo obbligava, no?
E poi, quel buffo idiota aveva delle doti come cuoco che non si trovavano facilmente.
E non era nemmano solo quello, se proprio doveva continuare ad essere sincero.
Sarebbe stato un peccato se fosse svanito, un giorno o l’altro, per colpa di qualche spirito inquieto. E se per preservarlo da tale destino doveva accettare di far parte del club degli schizzati amici di Yuuko...
Oh, beh, fare una cosa stupida, ogni tanto, non ha mai fatto male a nessuno.



Arigatou, Wren, per avermi ricordato che Doumeki può solo esorcizzare spiriti cattivi. Spero di aver descritto qualcosa di sensato, riguardo all’esorcismo compiuto da Doumeki. Grazie anche per le meravigliose riflessioni notturne sul nostro arciere preferito (prima o poi ci scriverò qualcosa di più sostanzioso, e spero anche tu!). Credo di aver rimesso su un capitolo migliore, alla luce di quei discorsi. E grazie per aver letto in anteprima questo capitolo, tempo fa!^^

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Capitolo 2
*** II - Il desiderio di Yuuko ***


Capitolo II. Speculazioni su Yuuko. Spero che la nostra adoratissima maga non sia OOC, però è vero che ho cercato di presentarla in una situazione in cui non ci è mai stata mostrata dalle Clamp. Cioè in una situazione di disagio. Non so come si comporterebbe, ho provato ad interpretare...
Le boiate immani sui desideri, sui maghi che commerciano i desideri, l’Hitsuzen e i problemi di Yuuko col caldo li ho inventati io. Se fanno ridere o sono assurdi, ditemelo sinceramente. Questo capitolo ha del folle, lo so...


I won’t let you fade away

II – Il desiderio di Yuuko

- Cosa c’è per colazione stamattina?- canticchiò la maga delle Dimensioni, allegra come al solito, scendendo al piano di sotto della sua casa, certa che vi avrebbe trovato una persona assolutamente affidabile e ligia, che spesso passava dal suo posto di lavoro anche di mattina, offrendo alla maga i suoi servigi, nella speranza di abbreviare la sua permanenza alle sue dipendenze.
Una persona che, tra l’altro, preparava delle colazioni meravigliose.
- Non si dà più nemmeno il buongiorno?- brontolò il suo adorabile commesso, mettendo il tavola quel che aveva preparato per lei e per gli altri insoliti abitanti della casa.
- Oh, ma non ti basta la mia sconfinata ammirazione per la tua arte in cucina?- lo canzonò lei, arrivandogli alle spalle e posandogli una mano sul braccio. Il ragazzo, che non si aspettava quell’entrata in scena, sobbalzò gridando, e solo l’intervento delle due ragazzine senz’anima, comparse chissà da dove, evitò che il vassoio della colazione fosse perduto.
- Non farlo mai più!- strepitò lui, cercando di ricomporsi, mentre lei rideva di gusto. Finalmente la maga si sedette al suo posto, e il ragazzo iniziò a servirla, borbottando che non era giusto e che quello non rientrava tra le sue mansioni di commesso, e neppure il compito di sopportare “quell’essere fastidioso”.
Il quale dopo un po’ apparve, saltellando fuori dalla cucina, e balzando in braccio alla maga, come per salutarla.
- Hai preparato il pranzo ai tuoi amici anche oggi, Watanuki-kun?- domandò la maga, finendo la sua colazione. Lui le rispose con un monosillabo non identificato, e lei sfoderò un sorrisino derisorio. – Ma quant’è adorabile il nostro Watanuki-kun!-
- E’ adorabile, è adorabile!- canticchiarono Maru e Moro, prendendosi per mano e iniziando a danzare intorno al tavolo.
- Ormai dovrei saperlo che qui sono tutti pazzi!- piagnucolò Watanuki, lanciando un’occhiata desolata al bizzarro quadretto della sua famigliola. – Beh, io vado a scuola. Ci vediamo oggi, Yuuko-san!-
Prese la sua roba e la salutò con un inchino, prima di correre via.
- Buona giornata, Watanuki-kun!- rispose lei, con voce allegra. Non appena la porta si fu chiusa, un’ombra le scese sul viso. – Ma non sarà una buona giornata, temo. C’è qualcosa di molto strano in giro. Mi dispiace che per lui sarà un po’ difficile.-

- Watanuki – kun!-
Il ragazzo dimenticò i suoi malumori quotidiani, quando fu raggiunto dal saluto di Himawari. Le corse incontro con impeto, e subito le porse il sacchettino con il pranzo.
- Oh, grazie Watanuki – kun! Sei sempre così gentile!-
- E per me non c’è niente?-
Ecco, questa voce invece era molto meno gradita.
- Tu! Perché devi sempre arrivare e farmi andare di traverso la giornata?- gridò, voltandosi verso Doumeki. Il quale si limitò a rispondere con un’espressione un po’ infastidita di fronte a tutta quella confusione. Ma non sembrò affatto infastidito dal sacchettino che gli venne porto dall’altro.
Insomma, la scena di ogni giorno. I tre mangiarono insieme e, tra le discussioni dei due ragazzi e le risate di Himawari, riuscirono addirittura a mettere su una conversazione abbastanza sensata.
Alla fine della giornata di scuola Watanuki riprese la via di casa, da solo perché entrambi i suoi amici avevano impegni legati ai vari club scolastici. Lui non aveva simili impegni, ma aveva Yuuko, e lei da sola era molto più faticosa ed educativa di qualsiasi club.
La strada non era lunga e lui era in anticipo. Prese a camminare lentamente, rilassandosi. Tanto ci avrebbe pensato la maga, con tutti i suoi aiutanti, a metterlo in agitazione, giunto al negozio. Poteva concedersi qualche minuto di calma.
Ad un tratto però il ragazzo fu costretto a fermarsi. Era appena accaduto qualcosa, ne era certo. Qualcosa di strano, anche se non avrebbe saputo dire che cosa. Si guardò attorno, scrutando ogni angolo della via che stava percorrendo. Ma non era sicuro che si trattasse di uno spirito. O almeno, non di uno dei soliti spiriti.
Watanuki rimase immobile al centro della strada. Intorno a lui, per qualche misteriosa congiunzione astrale, non stava passando nessuno. C’era solo una lieve brezza, stranamente fastidiosa, come una creatura viscida che ti striscia addosso. E una luce strana, come se il mattino fosse venuto a invadere il pomeriggio.
Non era normale.
Non era buono.
E lui non voleva restare lì.
Riprese a camminare in fretta verso casa, con l’orrenda sensazione che in quel preciso momento qualcosa fosse andato veramente per il verso sbagliato.

- Hai una faccia spaventosa, oggi. Anzi, da qualche giorno. Il nostro Watanuki non dorme bene?-
- Scommetto che sai già la risposta, come sempre!- strepitò il ragazzo, servendo la merenda alla sua bizzarra datrice di lavoro.
- Perché ti farei una domanda, se conoscessi già la sua risposta?-
- E’ quello che vorrei sapere anch’io! Tu sai sempre tutto, Yuuko-san, e non c’è mai una volta che ti degni di usare la tua conoscenza per aiutarmi!-
- Oh, Watanuki si lamenta!- esclamò Mokona, spuntando da chissà dove e mettendosi a saltellare attorno al ragazzo, per la sua immensa gioia.
- Si lamenta, si lamenta!- cantilenarono le ragazzine senz’anima, appena giunte per completare il classico quadro da incubo a cui Watanuki aveva spesso l’onore di partecipare.
Parlando di incubi...
- In effetti è qualche notte che non dormo bene.- confessò, abbandonando l’espressione imbronciata.
Da quando, quattro giorni fa, tornando da scuola, mi è sembrato di avvertire qualcosa.
Ma non lo disse, pensando che forse non era così importante e che forse non c’entrava proprio niente.
- Faccio...beh...un incubo. Molto brutto. Non che ci sia qualcosa di particolarmente spaventoso, no, ma è...Insomma, strano. E quando mi sveglio, non ho proprio voglia di riaddormentarmi.-
Yuuko lo guardò con un’espressione indecifrabile, studiando il viso serio di Watanuki come per leggere dietro a quelle parole tutto ciò che il ragazzo non aveva detto.
- Gli effetti dell’incubo si limitano al non farti dormire?- domandò infine la maga delle dimensioni, senza lasciar intravedere cosa stesse pensando della cosa.
- Che altro dovrebbe fare un incubo?- sbottò il ragazzo, rendendosi immediatamente conto della sciocchezza che aveva detto. Se si può fare a metà del proprio occhio, esorcizzare un’ortensia e scambiare sogni per dolcetti...Può darsi benissimo che un incubo abbia delle inimmaginabili conseguenze sulla vita di chi lo sogna.
Ma no?
Una novità, per una volta. Una svolta di originalità nella sua monotona vita di part-timer di una maga schizzata...
- Gradirei che mi tenessi informata sulla cosa.- concluse Yuuko. – E gradirei anche un altro po’ di sakè, grazie!-

Una settimana dopo la situazione era peggiorata. Non che Watanuki non se lo fosse aspettato. Una volta che lei ti diceva che c’era qualcosa di strano, potevi stare sicuro che c’era un pericolo, e molto grave, vicinissimo. Ma non immaginava certo che quella sarebbe stata l’evoluzione.
Non solo non dormiva da una settimana, ma nemmeno mangiava. Non era colpa sua. Gli si bloccava lo stomaco ogni volta che si avvicinava al cibo, e se si sforzava di mettere in bocca qualcosa, irrimediabilmente vomitava. La sua concentrazione si era volatilizzata e anche la sua sopportazione della maggior parte delle cose. Lui si sforzava di ripetersi che sarebbe passato in fretta, che magari era un effetto della primavera in arrivo, un’influenza dai sintomi strani o una sindrome da stress, ma in realtà aveva intuito che la causa del suo malessere stava da un’altra parte.
Himawari si preoccupava per lui, Doumeki insisteva perché lo dicesse a Yuuko. Lui negava, rassicurava, ripeteva che non c’era problema.
Ma il problema c’era, e alla fine cedette. Decise di chiederle aiuto.
Ma prima che potesse mettere in atto tale richiesta, fu il suo stesso corpo che lanciò un grido di aiuto molto eloquente. Il giorno stesso in cui il ragazzo si era prefisso di parlare a Yuuko del suo problema, perse i sensi davanti a lei, mentre faceva una delle sue solite faccende. Crollò tra le braccia di Maru e Moro, che lo raccolsero prima che urtasse il pavimento.
Le due lo adagiarono su un divano e corsero a chiamare la loro padrona.
Che sapeva già cos’era successo, e sapeva anche come sarebbe finita.

Non credevo che sarei dovuta arrivare a questo. Ma non credevo nemmeno che lui sarebbe incappato in una cosa del genere.
Già. Se Watanuki non fosse stato in pericolo di vita, Yuuko avrebbe perfino riso. Il suo pupillo aveva veramente la capacità di attirarsi la peggior specie di tutte le peggiori cose del mondo spirituale!
Ma questa volta era diverso.
Se non faccio qualcosa, morirà.
Se faccio qualcosa, lui dovrà pagare il prezzo, e non ce la farà.
E allora...

Allora c’era solo una cosa da fare, per quanto l’idea non le andasse a genio. Ma quando una cosa era l’unica cosa da fare, Yuuko la faceva.

- Maru, Moro, vi affido la casa per qualche ora. Devo andare...a trovare una persona.-
- Un amico della padrona?-
- Un amico della padrona?-
- Mmmm...No, un amico decisamente no.- sussurrò la maga, increspando le labbra in un sorriso ironico. – Ma è necessario andare.-
- Stai attenta, Yuuko-san!- si raccomandò un Mokona stranamente serio. Yuuko sorrise, e fu chiaro che sorrideva con sforzo.
- Ma certo.- rispose. Poi aprì una delle porte della stanza, e in un istante fu inghiottita da un flusso di ombre. La porta si richiuse, Yuuko era partita.

La stanza nella quale arrivò era buia, e nonostante fosse grande era così piena di cose da farla sembrare piccola ed inospitale. Yuuko si guardò attorno con un certo fastidio. Anche il suo retrobottega era così, ingombro e invivibile. Ma le cose che erano lì erano di natura del tutto diversa. C’erano cose belle e cose strane, oggetti utili e oggetti dall’uso sconosciuto, utensili pericolosi e suppellettili misteriose, ma una persona che fosse entrata là dentro non avrebbe provato quel disagio che avvertiva lei ora.
Il luogo dov’era entrata era pieno di cose tremendamente inutili, brutte o cattive.
E poi, quale buon padrone di casa si farebbe trovare di spalle, ad accogliere i suoi ospiti?
Yuuko trattenne un moto di stizza, lo stesso che la coglieva sempre quando doveva incontrare quella persona. Se ne stava lì, a pochi passi da lei, seduto a terra, immerso nell’ombra che celava le sue sembianze ed il suo cuore.
Lo conosceva da tempo, ma non l’aveva mai potuto sopportare. Probabilmente era una sensazione comune a tutti quelli che hanno un concorrente, che lavora nel proprio stesso campo. Ma non era solo quello. Yuuko avrebbe accettato sportivamente la concorrenza di qualsiasi mago dedicato al settore dei desideri: l’Hitsuzen del resto aveva bisogno di ognuno di loro.
Quell’uomo era diverso, però, e lei lo sapeva bene.
- Yuuko, carissima!-
La voce mielosa e sibilante la urtò, come la confidenza sgradevole che quella persona si prendeva con lei. Rimase immobile, a qualche passo di distanza da lui. Era più che sufficiente.
- Sono lieto di averti qui! Cosa porta al mio negozio la maga più grande di tutti, nel business dei desideri?-
Stava mentendo e dicendo la verità al tempo stesso, ed era un altro dei motivi per cui Yuuko non tollerava quell’uomo. Perché era vero, la considerava una grande maga, una vera rivale, un pericolo. Ma allo stesso tempo la disprezzava. Temeva il suo potere e derideva i suoi metodi.
Oh, non che la cosa non fosse reciproca.
- Voglio che tu esaudisca un mio desiderio.- rispose lei, con voce piuttosto atona e controllata.
- Ma certo. Sono lusingato del fatto che ci sia qualcosa che io posso fare...che è al di là delle tue forze!-
- Non è al di là delle mie forze.- rispose lei. – E’ una questione di prezzo.-
- Prezzo?- chiese lui, la voce vibrante di curiosità e divertimento. Di sicuro aveva intuito cosa c’era dietro a quella visita. – Spiegati meglio.-
- A te basta sapere cosa desidero, non hai bisogno di sapere perché.-
- Hai ragione. Anche perché posso immaginarlo. Questo desiderio non è per te, ma è per qualcun altro. Una persona che non potrebbe pagarti il prezzo. Mentre tu sei convinta di poterlo pagare a me. Sbaglio?-
- Lo esaudirai o no?- La voce di lei risultò appena incrinata da una goccia di nervosismo.
- Del resto, non è la prima volta che lo fai.- insisté lui, godendo dell’agitazione di Yuuko. – Già. E servirti è sempre un piacere.-
Yuuko non rispose. Era viva nei mondi da troppo tempo e aveva affrontato difficoltà di ogni genere, per lasciarsi mettere in crisi da quel folle.
- Posso dirti cosa desidero o vuoi farmi aspettare?- domandò. Lui rise e ignorò la domanda.
- Perché sei venuta proprio da me, Yuuko?-
- Perché sei l’unico che esaudisce desideri anche...ai colleghi. Sei l’unico che non ha paura delle conseguenze.-
- E non c’era veramente un altro modo, per risolvere il tuo problema, Yuuko?-
- No. E tu dovresti sapere perché.-
- In realtà non capisco.-
- Perché ti sto per chiedere di liberare una persona da una delle maledizioni che tu stesso hai messo in giro per i mondi.-
L’altro rimase in silenzio per qualche istante, poi scoppiò a ridere.
- Ma non mi dire! Il tuo adorabile commesso ha attirato su di sé anche una di quelle mie piccole creazioni? Non ho parole, è davvero un ragazzino dalle mille risorse! Mi chiedo ancora perché tu abbia scelto proprio lui...-
Chieditelo, e rimani senza risposta. Quando capirai, sarà anche il momento in cui sarò io a ridere.
- Allora, devo scioglierlo dalla maledizione, eh?- riprese lui.
- Già.-
- Sta già molto male?-
- Anche questo non ti interessa.-
- Oh, andiamo! Dammi la soddisfazione di sapere come funzionano quelle maledizioni!-
Come se non le avessi sicuramente sperimentate su qualche creatura...
- Potrei considerare questa richiesta come un desiderio, e farti pagare un prezzo.- ribatté lei.
- Non lo faresti mai, avresti paura dei...come dire...flussi e riflussi dell’Hitsuzen!-
- Non provocarmi.-
- Oh, mi spaventi! E cosa mi chiederesti come prezzo?-
- Non provocarmi.- ripeté lei, adesso completamente calma, ora che era vicina alla soluzione e alla sua partenza da quel luogo.
- Va bene, va bene.- sospirò lui. – Esaudirò il tuo desiderio. Ma in cambio mi prenderò lo stesso pagamento dell’altra volta.-
Yuuko impiegò meno di un secondo per riaversi dalla sorpresa, ma l’altro avvertì quell’esitazione e ne gioì.
- D’accordo.- rispose lei, infine.
- Te la sei cavata bene in tutti questi anni, no?- insisté lui.
Yuuko non rispose, rimase solo in silenzio ad aspettare. Il desiderio sarebbe stato esaudito, perché, per quanto quell’uomo fosse folle e crudele, e troppe volte infrangesse regole e superasse confini leciti, nemmeno lui poteva opporsi al semplice meccanismo del commercio di desideri.
E finalmente Yuuko ebbe la consapevolezza che lo scambio era stato fatto. L’avvertì chiaramente, e a quel punto, visto che nient’altro la tratteneva lì, si limitò a voltarsi ed andarsene.
- Non mi saluti nemmeno?- la raggiunse la voce canzonatoria di lui. Yuuko non rispose. Dietro di lei stava di nuovo la porta che l’avrebbe condotta a casa, e si affrettò ad imboccarla, lasciando quel luogo oscuro.

La prima impressione che ebbe, quando si ritrovò nel suo negozio, fu che la giornata fosse diventata tremendamente calda. Insopportabilmente calda. Ebbe una specie di vertigine e vacillò, ma si riprese subito. Per fortuna nessuno di casa l’aveva vista.
In cambio mi prenderò lo stesso pagamento dell’altra volta.
Non c’era da stupirsi, dunque. E comunque, non era un problema così grande. In tutti quegli anni non aveva sofferto più di tanto per il pagamento dato al mago. Certo, perdere un po’ della forza di resistenza del suo corpo le aveva provocato disagi, come la sua intolleranza al caldo, ma alla fine i problemi si erano limitati a quello. Era Yuuko, e lo era da tanto tempo, un filo di debolezza in più non aveva cambiato niente.
E non lo avrebbe fatto nemmeno questa volta.
Magari il caldo si sarebbe rivelato più problematico del solito, ma non se ne sarebbe preoccupata granché.
E poi, non avrebbe avuto mai più bisogno di quell’uomo. Ne era certa: presto qualcosa gli avrebbe intralciato la strada, e sarebbe stato ripagato per tutto ciò che compiva.
Sospirando, Yuuko andò a chiamare Maru e Moro, per farsi preparare un bagno. Poi avrebbe imposto a Watanuki di farle una merenda come si deve.
Mentre le due ragazzine si dedicavano al compito di soddisfare la padrona, Yuuko sbirciò la stanza dove avevano portato Watanuki dopo che era svenuto. Il ragazzo dormiva tranquillamente, e la maga seppe con certezza che adesso andava tutto bene.
Arriverà il momento in cui avrai la forza per pagare da solo i tuoi prezzi e non avrai più problemi di desideri.
Fino ad allora...
Ci sarà sempre qualcuno che farà sì che tu non scompaia.






- Un kisu a chi ha letto e approvato questo capito prima della sua pubblicazione! Se passate di qui...dai, lasciatelo un commentino! Anche solo per dirmi che conoscete questa splendida storia di “XXXHolic”, con i suoi splendidi personaggi e trovate geniali...-

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Capitolo 3
*** III - Continua a sognare ***


Eccoci giunti alla fine di questa mini-raccoltina. L’ultimo capitolo è su Himawari, ed è ispirato a ciò che accade nel volume 10, perché è lì che finalmente questo personaggio assume un notevole spessore (e che spessore, dire...!). Quindi, purtroppo, è anche spoileroso di quei capitoli...(dal 116 in poi).
Ringrazio veramente con tutto il cuoricino Shu, Kairi, Wren, Renki e Melchan che hanno commentato la storia (e ringrazio Melchan e Renki anche per i commenti alle altre oneshot su Holic!^^).
Questa storia – e questo capitolo in particolare – è dedicato alla “nostra” Himawari-chan, cioè Shu, perché ama tanto questa raccolta, perché aspettava questo capitolo (spero ti soddisfi...ç_ç), e perché...beh, perché è una persona così in gamba che mi viene voglia di scrivere storielle solo per dedicarle a lei!XD
Buona lettura e grazie! ^__^

I wont’ let you fade away


SPOILER CAPITOLI DAL 116 IN POI!!!!!!!


III – Continua a sognare

- Mamma, sono tornata!-
- Come mai così tardi?-
Si fermò con la mano sulla maniglia della porta di camera sua.
Glielo dico?
- Sono passata...ehm...in ospedale...a trovare un mio amico.-
Oh, fa che non venga qui...
- In ospedale? Che cosa gli è successo?-
- Niente di grave. Starà bene tra poco.-
E con questo sparì in camera, con le ultime parole che aveva pronunciato ancora ad echeggiare nella sua mente.
Niente di grave.
Starà bene tra poco.
Chiuse la porta e vi si appoggiò, lasciandosi scivolare a terra. Poi cominciò a ridere, e rise per qualche istante, ma era una risata così triste e fuori posto da sembrare lunghissima.
Finalmente quel riso triste cessò, e la ragazza chiuse gli occhi, imponendosi di calmarsi. Era sola, ora. Nessun bisogno di maschere scomode e sorrisi per tranquillizzare il resto del mondo. Ma non aveva bisogno nemmeno di ridere in quel modo isterico. Si era fatta paura da sola.
Tornò in sé e disperse le immagini che si erano affollate nella sua mente. Per un istante inseguì un ricordo innocente (devo preparare i libri per domani e ricordarmi di riportare gli appunti a Sayu) e dimenticò quasi quel che era accaduto.
Dimenticò quasi chi era.
Poi tutto le tornò davanti agli occhi, ed era così enorme e inevitabile che...che non c’era nulla da fare. Quindi sorrise, iniziando pian piano a respirare bene di nuovo, avvertendo i battiti furiosi del suo cuore che tornavano al loro ritmo regolare.
Non c’era nulla da fare, quindi poteva fare solo una cosa.
Andare avanti.
Si passò una mano tra i capelli, respingendo indietro i ciuffi che le ricadevano sul viso, ripeté il gesto più volte e l’ultima volta lasciò scivolare la mano più in basso, lungo il collo e poi fino alla schiena. Le dita si fermarono sulla pelle ruvida e irregolare del tessuto di cicatrici.
E allora si sentì male da morire, e si sentì anche completamente bene per la prima volta dopo tanto tempo. Socchiuse gli occhi e sentì le lacrime, ma il pianto morì lì e le lacrime non scesero. Aveva già pianto abbastanza e magari lo avrebbe fatto ancora in un altro momento. In quell’istante non voleva piangere, non voleva pensare, non voleva niente: solo sentire il dolore e la gioia, tutto il dolore e tutta la gioia del mondo, racchiusi nel suo piccolo cuore, nel tocco delle dita sulle cicatrici.
Il dolore in fondo era un sottofondo che la seguiva sempre, qualcosa di conosciuto e quasi naturale. Da quando aveva realizzato bene chi era, che cosa era, quella sensazione di dolore, e soprattutto di rassegnazione a sentirlo, non l’aveva mai lasciata. Questa volta però faceva più male del solito.
Perché aveva messo in pericolo una vita che le era particolarmente cara. Perché per tutto il tempo in cui gli era stata vicina, aveva saputo che lui correva quel rischio, eppure non aveva fatto niente per allontanarsi, stupidamente convinta di poter, in qualche modo, sconfiggere l’inevitabile, o magari rimandarlo all’infinito.
Ma il momento era arrivato, e il fatto che lei avesse tenuto gli occhi chiusi fino ad allora rendeva solo tutto ancora peggiore. La sua colpa era centuplicata, se pensava a tutte le volte in cui si era resa conto che poteva veramente metterlo nei guai e che si sarebbe dovuta allontanare al più presto.
Ma...
...come si fa?
Come si fa ad allontanarsi da un luogo bello come il mondo illuminato dall’anima un po’ ingenua e così generosa di Watanuki? Come si possono abbandonare i bento mangiati insieme agli amici, le risate di fronte alle loro adorabili schermaglie, i momenti tutti e tre insieme, a parlare di cose normali o molto meno normali, sempre con la stessa naturalezza?
Non si può.
Non avrebbe mai potuto farlo.
Fece scorrere un po’ più giù le dita. Le cicatrici non si fermavano lì. Chissà dove arrivavano. Oh, beh, avrebbe avuto tempo per guardarsi, poi.
Ora aveva altro da fare. Doveva assaporare in pieno tutto quel dolore e tutta quella gioia.
Soprattutto la gioia, che era arrivata così forte ed improvvisa...da riuscire a mettere a tacere il dolore, per un pochino.
La gioia di sentirsi dire parole che nessuno le aveva mai rivolto. Di incontrare occhi colmi di sentimenti belli nei suoi confronti, nonostante tutto. Lui l’aveva perdonata. No, anzi, non l’aveva perdonata, perché non era mai stato arrabbiato, perché non l’aveva mai odiata, quindi non c’era stato bisogno di perdonare.
Era felice quando la vedeva. L’unico al mondo, probabilmente, ma per lei bastava. E poi, Doumeki...Per lui, riuscire a dire una frase come quella che le aveva rivolto...era un vero miracolo. Anche lui era felice di stare con lei, evidentemente.
E questo le bastava per sentire una gioia così grande da togliere importanza a tutto il resto.
Si era sempre accontentata di poco, per essere felice. Del fatto che, se sorrideva, poteva far sorridere qualcun altro. Della sensazione – fittizia ma consolante – che a volte lei e la sua famiglia sembravano quasi sereni e normali. Del fatto di essere tanto brava a sorridere. Ma questo...questa gioia...era un dono inaspettato e meraviglioso, e si sentiva riempita e viva come non mai.
E poi...
...e poi...
Poi c’erano quei segni sulla schiena, il prezzo pagato per la vita di Watanuki, ed era la cosa che la rendeva più felice di tutte.
Perché nella sua vita aveva visto tante persone a cui teneva allontanarsi, perdersi, svanire. In un modo o nell’altro, ma sempre per la stessa causa scatenante: lei.
Watanuki era una persona che lei non avrebbe mai voluto veder svanire.
E...e questa volta non era accaduto!
Non era accaduto perché lei aveva potuto fare qualcosa. Qualcosa di piccolo, forse di infinitesimale, ma per lei era immenso. Non era stata lei a pagare tutto il prezzo, lei aveva messo solo la sua piccola parte, ma senza di essa non ce l’avrebbero fatta a salvarlo.
Per la prima volta aveva potuto fare qualcosa per combattere quello che il destino le aveva imposto. E se Watanuki era ancora lì...era anche un po’ merito suo.
E questa era la cosa più incredibile che le fosse mai successa. E allora voleva godersi quella gioia, almeno per qualche momento, che quella gioia si facesse valere su tutto il resto, che gridasse più forte del dolore.
Un po’ di gioia sarebbe bastata. Una manciata di minuti di gioia, per prendere forza e tornare poi alla normalità delle cose.
Un po’ di quella gioia così grande per controbilanciare anni di dolore.
Un po’ di quella gioia, per darle la forza di sognare ancora, in qualche modo. Sognare una vita magari non esattamente serena, ma almeno...qualcosa di simile. Sognare di riuscire ancora a sconfiggere la sua maledizione, dando in cambio se stessa.
Una goccia di gioia, per sognare, per andare avanti.
E poi...forse...Quando avrebbe rivisto quegli occhi...avrebbe ripensato al fatto che lui non era svanito, era ancora lì davanti a lei, e magari avrebbe sentito come l’eco di quella gioia.
...decisamente, con quella gioia...poteva andare avanti per un secolo.


Owari
Grazie! *inchino*
I’m at Dark chest of wonders

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