A day without you is like a year without rain.

di xbiebection
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Nuovi incontri... ***
Capitolo 3: *** ... e vecchie amicizie. ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


 Ero seduta sulle scale della scuola, mangiandomi uno yogurt, da sola, guardando i vari gruppi di ragazzi in cortile ridere e scherzare.

C'erano i secchioni, intenti a parlare di scuola, confrontando i loro compiti e le loro ipotesi scentifiche; gli sfigati stavano seduti in giardino, erano molto simili a quelli della mia vecchia scuola, ma se in passato ero io a non volerli cagare nemmeno di striscio, questa volta erano loro che non parevano minimanente interessati alla mia presenza, come se quasi non ne fossi degna. Al centro, sedute ad un tavolo c'erano le ragazze popolari. Pensai subito che fossi delle 'figlie di papà'. Non che io avessi qualcosa contro le figlie di papà, anzi, questo argomento ha a che fare con me più di quando immaginiate, ma parevano tutte delle Barbie, foggiavani i loro abitini nuovi, rigorosamente firmati, dandosi mille arie e spettegolando su quanto fossero già fuori moda le ultime Gucci uscite solo qualche mese fa, e su come invece fossero fantastiche le ultime Manolo e su come si adattassero alla perfezione con le loro borse Louis Vuitton. Questi di certo dovevano essere i loro problemi esistenziali, i problemi che riempivano quotidianamente il loro piccolo cervellino. Avevo sempre sostenuto che per essere alla moda non bisogna spendere capitali, dipende tutto dal tuo buon gusto e non dal tuo portafoglio... ma sto dilagando, torniamo a concentrarci sulle ragazze. Di tanto in tanto lanciavano continue occhiatine a un gruppo di ragazzi, bisbigliavano tra loro e ogni tanto scoppiavano a ridere come delle ochette. I ragazzi le guardavano, alcuni le facevano l'occhiolino, altri ridevano, probabilmente alle battute cretine che aveva fatto uno di loro sulle quelle ragazzine superficiali. La mia concentrazione si spostò sui ragazzi in questione e notai dal loro abbigliamento che erano skaters.

Mi fermai a guardarli, a fissarli con attenzione. C'era Charles, ovvero Chaz, un ragazzo alto, di corporatura media che indossava dei jeans stretti e una maglia blu elettrico extralarge, con un cappellino rosso, un tipico degli skaters d'altronde. Aveva un viso dolce, non sembrava far parte di quel gruppo; era il ragazzo più divertente, buffone, e scemo dei suoi amici, e aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra; Vicino a lui c'era un ragazzino basso, Dylan: avrei detto fosse il fratello minore di Chaz, se non sapessi frequentasse la mia stessa classe. Dietro le spalle di Dylan c'era Ryan. Aveva i capelli corti, un viso serio, fin troppo serio per un ragazzo della sua età. Vestito anche lui da skater, come la sua combricola del resto. Sembrava il più grande di tutti, e non capivo se fosse solo per la statura, o dall'espressione che portava sul viso. Stava sempre a fianco di un ragazzo, girato di spalle. Poco dopo, scorsi il suo viso.

Era Justin. Justin Bieber.

Aveva un viso angelico. Due occhi profondi e intensi, come miele, in cui mi ci perdevo. Un nasino delicato, come non avevo mai visto prima, e una bocca ben definita e carnosa e guardandola pensai chi fosse stata la fortunata ad avere il privilegio di affondare le sue labbra in quelle del ragazzo. I suoi capelli erano qualcosa di indefinito, magico. Non avevo mai visto una cosa del genere. Per quanto altri ragazzi avevano quella pettinatura, addosso a lui, era qualcosa di assurdo. Perfettamente a posto. Anche quando scuoteva la testa, si toccava la frangia per aggiustarseli un attimo, erano ancora lì, come li aveva lasciati pochi secondi prima. Non era altissimo, ma sempre più di me; era magro, ma non troppo, e sotto le maniche della maglia, si scorgevano le sue imponenti braccia muscolose. Non avrei mai creduto che un ragazzo così magro potesse avere anche dei muscoli. I jeans neri gli cadevano a pennello, sotto quelle supra grigie che lo caratterizzavano. Sembrava il ragazzo più dolce, delicato del mondo. Sembra la perfezione in persona, e pensai che madre natura si era data davvero da fare con quel ragazzo.

Parlava con i suoi amici di quello che avrebbero fatto nel pomeriggio.

"Dopo l'allenamento, potremmo andare al parco con gli skate, è proprio una bella giornata e non voglio perdermela stando in casa" disse Ryan, guardando Chaz.

"Certo, mi sembra ottimo. Sempre se il nostro J adorato abbia tempo da dedicarci....Hey pianeta Terra chiama Justin, Justin ci ricevi?" Dylan e Chaz scoppiarono in una fragorosa risata ma Justin sembrava perso, guardava altrove, verso le ragazze. Ovvero, verso LA ragazza.

Vanessa Bolton, gli passò accanto, sussurandogli all'orecchio.

"Dopo gli allenamenti da me?"

Lui la guardò, sfoderando il suo sorriso sghembo.

"Non mancherò, Nessa."

Le sue amiche la seguirono, guardando Justin compiaciute e si avviarono verso la scuola.

"Ci vediamo a casa mia amoruccio? Così possiamo sbaciucchiarci e parlare di quando ci potremo sposare e di quanto sarà fantastica la nostra vita insieme."

"Certo patatina, a casa tua, non vedo l'ora di vederti e baciarti, mmmhh."

Fecero l'eco Ryan e Chaz, imitando due ragazzi che si baciavano. Justin li spintonò entrambi sorridendo, e gli altri due scoppiarono a ridere.

"Smettetela idioti. Non sono fatti vostri. E poi, Ryan. Io non ho quella voce."

"Tu credi di non averla amico."

E si avviarono anch'essi verso la scuola.

Un ragazzino, gli andò addosso, e Justin, lo prese per il collo della maglia e lo spintonò via violentemente.

Restai impietrita: quel ragazzo non l'aveva fatto di proposito, non vedevo il motivo di scaldarsi in quel modo.

Quei quattro ragazzi, si diressero verso le scalinate della scuola e quando mi accorsi che Justin mi stava fissando, abbassai lo sguardo velocemente, pregando che non mi avesse notata.

Mi passò in parte, ma J si fermò vicino a me.

Mi fissava con gli occhi di chi era curioso, curioso di scoprire cosa fosse quell'essere che aveva davanti, quell'essere non classificato, e che se ne stava lì da solo, a mangiarsi uno yogurt.

"Ragazzi, guardate. Questa dev'essere..."

"Sharon." Dissi anticipandolo, con un fil di voce.

"No, in verità volevo dire la nuova sfigata. Non hai fatto ancora amicizia con quelli della tua specie, tesoro?" i suoi amici si misero a ridere, fissandomi in attesa di una mia risposta.

"Veramente no. Sono un po' timida." io ero tutt'altro che timida a dirla tutta. Gli avevo detto così solo perchè conoscendo il mio caratteraccio e, con la sua arroganza avremmo finito per litigare, e io non volevo creare inconvenienti e farmi una brutta reputazione già dal primo giorno.

Non osavo guardarlo in faccia; avevo paura di vedere la sua espressione, sapere cosa stava pensando. Era già abbastanza difficile stare in questo posto. Con mio grande stupore, si avvicino, si chinò davanti a me, e mi prese il mento, alzandomi il viso. Mi spostò una ciocca di capelli dalla faccia, e ne prese un'altra sulla spalla, con cui iniziò a giocarci divertito.

"Sei così timida da non riuscire a guardarmi in faccia, piccolina?"

Mi guardava con aria di sfida. Piccolina? Hey, ragazzo. Abbiamo la stessa età. Piccolina mi chiama mio padre, piccolina si chiama una bambina per consolarla mentre piange, perchè le si è appena rotto un giocattolo. PICCOLINA. Mi aveva chiamata proprio così. Iniziai a sentire la rabbia salirmi su per lo stomaco, fino ad arrivare fino alla gola, lì dove bruciava. Chi era questo impertinente che osava disturbarmi offendendomi durante la mia ricreazione?

"Hey, splendore. Mi rifiuto di guardarti in faccia perchè mi fai talmente schifo che i miei occhi non potrebbero sopportarlo."
tutto d'un fiato.

Lui restò sconcertato per un po', perplesso. Vedevo i suoi amici sorpresi, quasi allibiti, come se il loro Leader non avesse mai ricevuto una risposta del genere da parte di una sua vittima. Io ero allibita quanto loro. Il mio caratteraccio stava prendendo il sopravvento. Del resto, come biasimarlo.

"Ah sì? è questo che pensi di me? Povera scema. Cambierai presto idea."

Si avvicinò a me, le mie labbra stavano a un centimetro dalle sue, e sentivo il suo respiro sulla pelle. Mi fissò negli occhi, e sfoderò nuovamente il suo sorriso sghembo, che non prometteva niente di buono. Ero in panico. Non sapevo cosa stava succedendo, e tanto meno volevo trovarmi in quella situazione con quel ragazzo.
Mi prese le mani, e non so per quale motivo lo lasciai fare. In una tenevo ancora il mio yogurt adorato, così justin lo prese per posarlo e riuscire finalmente a intrecciare le sue dita nelle mie. Sì certo. Per posarlo, che cretina. Nel giro di pochi secondi, si allontanò da me, prese lo yogurt e me lo versò addosso.

La magia sfinì. Non era il ragazzo perfetto. Non era il ragazzo nè bello, nè dolce e tanto meno gentile. Era un bastardo. Un bulletto. Un lurido schifoso che si credeva Mr. Universo e trattava male la gente. Forse voleva darmi solo una lezione. Forse voleva dirmi “Non provare mai più ad affrontare Justin Bieber. O saranno Guai.” Forse avrei seguito il suo consiglio. O forse no.

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Capitolo 2
*** Nuovi incontri... ***


Buondì tesoro.

Una luce mi accecava e non mi faceva vedere che stava succedendo nella mia nuova camera. Si vedevano i colori della moquette, nelle tonalità sul blu pastello. Mamma era lì, vicino alla finestra, che mi sorrideva dolcemente. In camera mia c'erano 8 grossi scatoloni, con dentro la mia roba. Non era un incubo; ci eravamo trasferite veramente. Rigettai il mio viso sul cuscino, sperando che potesse soffocarmi, o per lo meno soffocare i miei pensieri.

Mamma mi si avvicinò, si sedette sul mio letto e inizio a toccarmi dolcemente i capelli.

"Andrà tutto bene. Oggi è un giorno nuovo. Devi solo dare tempo al tempo, sono sicura che ti farai tanti nuovi amici qui a Porto Cervo, la Sardegna è così bella!"

"Io ho già degli amici. E non ne voglio altri. Voglio tornarmene a casa. Questa non è la nostra casa."

"E invece ora lo è. Capisco che andartene da Milano, lasciare tutti i tuoi affetti..."

"PAPA'..."

"Lo so piccola, lo so che è difficile. Ma ora siamo qui, e dobbiamo andare avanti, riniziare una nuova fase della nostra vita. Sei una ragazza così carina, intelligente, dolce e spiritosa. Sono sicura che riuscirai a incantare tutti ragazzi della scuola!"

Sorrideva. Sembrava così convincente, risultava così facile quello che diceva. Ma allo stesso tempo ero ferita, come se la lontananza potesse cancellare dal mio cuore la mia migliore amica, il mio ragazzo... e papà... e io non volevo. Non volevo che lo facesse perchè erano le fondamenta della mia vita, anzi, erano tutta la mia vita. Non volevo che restassero il mio PASSATO, volevo vivere con loro il mio presente, e anche il mio futuro.

Sbuffai e presi le coperte, fino a coprirmi il volto.

Mamma me le strattonò, buttandole in fondo al letto.

"Ora basta. Vestiti e vai a scuola."  Sembrava seccata dal mio comportamento ma allo stesso tempo si sentiva in colpa per avermi costretta a venire fin qui. Sapeva che la mia vita non sarebbe più stata quella di prima, quella che tanto amavo.

Ma per lei era tutto così facile. Lei papà non l'amava più. Non aveva motivo per restare a Milano.

"ODIO QUESTO POSTO."

 

 

Uscii di casa in un mostruoso anticipo.

I miei lunghi capelli mi cadevano sulla schiena e il ciuffo ricadeva sul viso, e speravo che nessuno a scuola mi avrebbe riconosciuta. Mentre tiravo fuori il mio iPod, sentiis la voce di mia madre.

"Shaaar, hai lasciato lo yogurt sul tavolo!"

Ah già, lo yogurt.

Il suono di quella parola mi faceva sussultare. Lo yogurt che tanto amavo, quello con gli smarties, che mangiavo da quando avevo 5 anni. Lo stesso yogurt che mi ero ritrovata addosso, il giorno precedente. Mi voltai, con aria disgustata verso mia madre.

"Ma amore, è il tuo preferito. Disse mia madre con aria confusa."

"NIENTE YOGURT. GRAZIE."

e mi diressi verso la fermata dell'autobus, a passo svelto, diretta a scuola.

Sull'autobus mi guardavano tutti, manco fossi stata un alieno verde con 5 teste. Assurdo.

A Milano la gente non ti degna di uno sguardo, nemmeno se ti metti nudo in metropolitana a ballare la macarena. Avevo solo l'aria un po' incazzata, tutto qui. Ma per loro era un evento anormale. Ai loro occhi ero anormale. Notai un ragazzo in particolare che mi fissava con aria incuriosita.

Lo guardai a mia volta, seccata.

"Vuoi la foto?"

"No, cercavo solo di capire come mai sul tuo bel faccino c'è quell'espressione così infuriata."

Sembrava divertito, ma allo stesso tempo serio. Come se stesse veramente cercando di capire la causa del mio malumore

Nessuno di loro aveva mai visto una persona arrabbiata? Nessuno di loro aveva mai avuto una GIORNATA NO?

"Non sono affari tuoi."

"Sei di poche parole!"

"Non do confidenza agli sconosciuti."

"Ohh, lo stai già facendo."

Sorrideva sarcastico. Mi fece imbestialire. Chi era lui per farsi gli affari miei e rendermi la giornata ancora più grigia?! Stavo per scoppiare in una delle mie solite crisi isteriche. Ma mi dovevo trattenere, anche perchè tutti i passeggeri dell'autobus ci guardavano come gli spettatori di un film guardano due attori in una scena cruciale.

Quant'odio per questa gente!

 

"Comunque piacere, io sono Eric."

Il ragazzo mi si era avvicinato, e mi siedeva accanto. Ora lo vedevo meglio: era molto alto e magro, i capelli marroni e degli occhi verdi. Gli avrei dato si e no 18 anni, ed era molto, molto carino.

"Si, Okay, piacere."

Mi rimisi gli auricolari, sperando che capisse che non volevo parlargli.

"Cosa ascolti di bello?"

"With Me dei Sum 41."

"Davvero? Non avrei mai pensato che una ragazza come te ascoltasse i Sum 41.. beh, wow."

Odiavo le persone che ti classificano alla prima impressione. E lui lo stava facendo con me. Per lui io non potevo ascoltare i Sum 41.

"Allora dimmi: secondo una tua classificazione, una ragazza come me, cosa dovrebbe ascoltare?!"

Ero presa nella discussione. Ora mi interessava veramente sapere cosa diceva, anche se sapevo che la sua risposta mi avrebbe fatta arrabbiare ancor di più.

"Mmmh, vediamo.Hai l'aria di una che viene da un'altra città, abituata ad altri ambienti, sui 18 anni... Musica commerciale? Lady Gaga? Katy Perry e vari artisti 'pacco'?"

"Veramente, ne ho 16, cretino. E credo proprio che Gaga e la Perry siano persone più civili, educate e rispettose di te."

Ora mi guardava con aria sconvolta.

"... hai veramente 16 anni!? Sembri molto più grande di quello che sei e anche molto bella."

Mi guardava ancora sorpreso. Io lo guardavo con aria incredula. Mi prendeva in giro?! Se mai quello esageratamente carino era lui qua, non io.

"Ah, comunque la maleducata qui sei tu. Mi hai appena dato del cretino senza conoscermi."

"Te lo sei meritato. Hai iniziato tu."

 

Finalmente l'autobus si fermò davanti alla scuola. Mi sarei presto sbarazzata di quell'impertinente e non avrei più pensato ai sui stupidi discorsi. Ma appena vidi che si alzò pure lui, arrivai alla conclusione che andavamo allo stesso liceo.

"Bene, ci vediamo a scuola...."

e non fece in tempo a finire la frase che si inciampò negli scalini cadendo come un sacco di patate. Scoppiai in una fragorosa risata, come ormai non ne facevo da settimane.

Lui mi guardava, sconvolto.

Io arrossì come un pomodoro. Che aveva da guardarmi in quel modo?

"Wow... La ragazza di ghiaccio mi ha sorriso. Oh mio dio, dovresti farlo più spesso, o ti si pietrificherà la faccia con quella smorfia incazzata."

Non sapevo come reagire. Dovevo incazzarmi, o riderci su? D'altronde era l'unico che mi aveva rivolto la parola fino a oggi e andava nella mia stessa scuola. Era meglio mostrarsi un po' più amichevoli. Sorrisi e lo aiutai ad alzarsi.

"Comunque sono Sharon."

"Ottimo, Sharon. Non ti ho mai visto da queste parti..."

"Sono nuova infatti."

"Bene! Allora hai un nuovo amico."

Mi sorrideva, e ci dirigemmo uno a fianco dell'altro verso la scuola.

Quei ragazzi, quel posto mi faceva venire i brividi. Scorgevo Justin in lontananza, con Vanessa al suo fianco. Erano tutti e due presi tra bacetti e carezze. Sembravano così presi, sembravano la coppia perfetta. Mi accorsi che mi stava guardando. Anzi, non mi staccava gli occhi di dosso. Non capivo perchè mi degnava di tanta attenzione, visto cosa mi aveva fatto il giorno precedente. Poco dopo spostò il suo sguardo su Eric: lo fissò come se stesse pensando a cosa fare. Si lasciò dalla presa della ragazza bruscamente senza darle spiegazioni e si diresse verso di noi. Fui sorpresa dal fatto che non mi prese il panico vedendolo avvicinarsi, forse perchè non ero sola, ma con un'amico. Forse perchè ero con Eric, il mio unico amico.

"Eric, Sharon."

Ci sorrise compiaciuto. Sapevo che si sarebbe fatto una strana idea di noi, ma non me ne importava. Volevo solo che mi lasciasse in pace.

"Heey, Justin! Quanto tempo! Chi è quella bella ragazza a cui ficcavi la lingua in gola?"

"Mi conosci. E' il mio solito gioco, il mio passatempo."

GIOCO?! PASSATEMPO?! Povera Vanessa. Quanto disprezzavo i bastardi come lui. Probabilmente se la sarebbe solo portata a letto, e poi l'avrebbe gettava via, come un bambino butta un vecchio giocattolo. Eppure un minuto fa sembrava così preso tra le sue braccia, la guardava come le persone innamorate guardano la persona che li completa. 

"Ah già, certo. Ma vedo che conosci Sharon! Beh, dolcezza, a quanto pare non sono l'unico ragazzo incantato dal tuo dolce faccino." 

il suo sorriso. Mi guardava dritta negli occhi, senza distoglierli per un secondo. I suoi occhi color miele avevano preso una sfumatura sul cioccolato, non erano più limpidi come la prima volta che l'avevo visto in cortile, con i suoi amici.

Ma Eric alle parole di Justin si irrigidì e mi strinse a sè. Era alquanto disturbato, preoccupato. Sapeva che era un ragazzo di cui non ci si poteva fidare, e forse stava solo cercando di proteggermi da lui, per non cadere come la povera Vanessa nelle sue braccia. NO PROBLEM, visto i precedenti.

"Beh, ti conosco abbastanza da poter dire che preferisco stare alla larga da un tipo come te."

Eric mi strinse ancor di più la vita, quasi non volesse più farmi respirare. Quel ragazzo poteva farmi del male, più di quanto immaginassi e Eric lo sapeva bene.

Justin si avvicinò a me, mi prese il viso. Oh no, di nuovo...

"Sharry, quello di ieri è stato solo un grande malinteso! Non mi permetterai di non conoscerti meglio, vero?"

Avevo le sue labbra a un centimetro dalle mie. Ancora. Il mio respiro affannoso copriva il suo; stavo entrando nel panico e non sapevo come reagire. Restai a fissare i suoi occhi. Ormai il marrone aveva sovrastato il suo naturale color miele, ma nonostante tutti, i suoi occhi erano sempre profondi, tanto che mi ci persi dentro. Pensavo che se fossimo rimasti ancora un secondo così vicini, l'avrei baciato. Era più forte di me. Nonostante tutto volevo baciarlo, volevo sentire il suo respiro sul mio collo, volevo sentire la sua pelle sulla mia. Ma com'era possibile dopo quello che mi aveva fatto?

In quel momento, Eric afferò Justin dal braccio e me lo spintonò lontano.

"Stalle lontana. Lei non è come le altre."

"Lo so. E' strana. Lei non molla. Fa la dura. Ma se solo potessi avvicinarmi di più, ancora di qualche centimetro, la potrei rompere solo sfiorandola."

La rabbia mi s'impossessò del mio corpo. Non riuscivo a dire nulla, volevo solo ucciderlo. Come si permetteva? Io per lui non avrei versato nemmeno una lacrima, tanto meno avrei sofferto per lui. Il mio cervello non riusciva a controllare i miei movimenti, e se non ci fosse stato Eric a fermarmi, avrei giurato che l'avrei picchiato. Forse non avrei concluso molto, ma avrei sfogato la mia rabbia e frustrazione.

"Sharon, è tutto Okay."

Sembrava davvero in pena per me. Era agitato, e forse dovevo essere molto sconvolta. Agli occhi degli altri dovevo apparire mentalmente disturbata. Una pazza psicopatica. Ma nessuno sapeva cosa mi stava succedendo in quel periodo, quanto fosse grigio, e quanto J. mi aiutasse a renderlo ancora più buio.

Affondai nelle braccia di Eric, e mi misi a piangere. Mi ero promessa di non far scenate. E di non piangere, e dare la soddisfazione a quel ragazzo. Ma quella era la goccia che fece traboccare il vaso. La mia vita era PERFETTA prima che i miei si lasciassero. Avevo una bella casa, una famiglia felice, degli amici e un fidanzato fantastico che mi vogliono bene, ottimi voti e le mie moto. TUTTA LA MIA VITA ERA ANDATA A PEZZI.
Tutti gli studenti erano attorno a noi in cerchio a godersi lo spettacolo. Alcuni ridevano, alcuni erano sorpresi. Ma me ne fregai. Insomma, che stavo facendo? Il bastardo mi guardava. Pensavo di vedere nel suo sguardo l'espressione di un ragazzo entusiasta e pieno di se, nel aver appena portato a casa la vittoria della sua squadra di football segnando l'ultimo punto. Invece no. Era sconvolto come gli altri, pentito. Perfetto, era anche un ottimo attore.

"NON C'E' NIENTE DA GUARDARE! ANDATE IN CLASSE, CAZZO!"

Tutti eseguirono gli ordini di Eric, tranne Justin. Restava lì a guardarmi con lo sguardo vuoto di chi non sa che fare.

"Non ti avvicinare più a lei. Bieber, stai attento a non sfiorarla nemmeno, o la prossima volta non finirà bene, sai che non scherzo."

Mi prese per un braccio, mi sollevò da terra e mi diresse verso l'uscita della scuola. Non so che stavamo facendo, ma mi andava bene. Qualunque cosa pur di sparire da quel posto e da Justin.



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Ciao ragazze.
Ecco, finalmente ho postato il secondo capitolo,
e mi scuso con alcune di voi a cui avevo detto che lo avrei postato sabato, 
ma in questi giorni ho avuto parecchio da fare.
Spero che vi piaccia, anche se siete poche a seguirmi,
spero che la mia 'love story' possa arrivare a più persone
mi farebbe veramente piacere!
Per qualsiasi cosa, scrivetemi una recensione, 
positiva o anche negativa, accetto critiche e sono 
pronta a migliorare c:
Ecco, ora vorrei presentarvi un pò i personaggi,
di quelli menzionati fin'ora.
Beh, vi lascio.
un bacio.
-Alessia.


 
            
                                                                                       
Lui è Eric, il nuovo amico di Sharon. Image and video hosting by TinyPic Lei è la nostra protagonista, Sharon Castelli. Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic E Justin, ovviamente.

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Capitolo 3
*** ... e vecchie amicizie. ***


 Sorseggiavo una cioccolata calda, con la panna. Aveva iniziato a piovere, e per essere a metà marzo faceva un freddo esagerato. Eravamo in un piccolo bar del centro, quasi del tutto desolato. Davanti a me avevo il mio salvatore, con una tazza di cappuccino in mano.

"Perchè fai tutto questo?"

"A che ti riferisci?"

"A come ti sei comportato con me... a come mi hai protetta. Insomma, neanche mi conosci. Io non l'avrei mai fatto per te."

"Bell'amica che sei!"

Sorrisi sarcastica.

"L'altruismo non è il mio forte."

"Però metterti nei pasticci con i ragazzacci si!" Mi sorrise dolcemente.

"Non so che vuole da me. Me ne sta facendo passare di tutti i colori. E lo conosco solo da due giorni..."

"Che è successo ieri?"

Mi faceva male ricordare l'accaduto. Ma magari mi avrebbe fatto bene raccontarlo a qualcuno, e visto che l'unica persona che mi rivolgeva la parola oltre a lui era mia madre, decisi di aprirmi.

"Beh, diciamo che mi ha rovesciato lo yogurt addosso, solo perchè ho avuto il coraggio di rispondergli con tono."

"Tipico di Justin."

Non sembrava sorpreso.

"Cioè? Rovescia a tutti yogurt addosso?"

Se fosse stato così mi sarei sentita un po' meglio. Un po' più 'normale' fra questa gente.
Eric mi guardò, e scoppiò a ridere. Aveva proprio un bel sorriso.

"No scema! Prende di mira tutti i nuovi arrivati da quando siamo alle medie. Li mette in imbarazzo, cercando di spaventarli e fargli vedere chi comanda. E' il suo “Benvenuto”. E' il tipico bulletto. Lo conoscono tutti."

Questo mi sollevava. Quindi non ero io l'eccezione. Lo faceva con tutti. Non ce l'aveva con me. Ero solo l'ultima arrivata.

"Ma non capisco perchè sei scoppiata così... mi sembravi davvero sconvolta. Ti giuro che mi sono preoccupato seriamente."

Si fece serio. Era sincero.

"Non so, credo sia tutto quello che mi sta capitando in questo periodo. Il divorzio dei miei, trasferirmi qui da Milano, lasciare tutti i miei amici, il mio ragazzo, mio padre, la mia vita.... e poi questo ragazzo, che non mi lascia stare e cerca in tutti i modi di mettermi in difficoltà. Capisci? È tutto l'insieme. E' la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non sono riuscita a trattenermi. Anche se avrei voluto farlo."

Sembrava dispiaciuto. Mi guardava come un fratello maggiore guarda la propria sorellina di cinque anni lamentarsi perchè vuole la madre.

"Hey, mi dispiace. Non credevo che..."

"E' tutto okay adesso."

Mi accorsi che mi stava stringendo la mano. Era così carino con me. Forse neanche me lo meritavo.

"Mi dispiace averti fatto saltare il tuo secondo giorno di scuola. " mi disse, facendomi l'occhiolino.

"Non avrei desiderato di meglio!"

"E' ancora presto per tornare a casa e per non far insospettire tua madre è meglio che io e te ce ne andiamo a fare un giretto in centro. Ti va?"

"Certo, non vedo l'ora!"

E sfoderai il mio sorriso da 32 denti. Ero sicura che mi avrebbe rimesso di buon umore svagarmi un po' con lui.

"MAMMA, SONO A CASA!"

Gridai dalla porta d'entrata. Ero tornata a casa in autobus da sola perchè Eric doveva andare all'allenamento di football, e non mi sembrava il caso fargli saltare anche quello. Mia madre sbucò fuori dalla cucina, saltellando. Era di ottimo umore e non capivo per quale motivo.

"Come è andata tesoro?"

Aspettava una mia risposta.

"Bene."

"Tutto qui? Non è successo nient'altro?"

Sembrava impaziente di sapere altro. Non mi era difficile mentirgli, lo facevo da quando avevo 8 anni. Con la mia vita ero sempre stata costretta a farlo. Ma forse ora non ce ne era più bisogno.

"Mami è la solita palla. E' sempre scuola. Cosa vuoi che ti dica?"

"Boh, non so... Che materie hai avuto stamattina?"

Non avevo ancora guardato l'orario scolastico da quando me l'avevano consegnato il primo giorno, quindi decisi di improvvisare. Il fatto che mi stavo strafogando di brownies mi aiutò a prendere tempo.

"Storia dell'arte, Matematica, Inglese, Lettere, Discipline plastiche e scultoree" azzardai.

"Ma discipline sculturee e.. si insomma, quella materia, non la fai nei corsi pomeridiani?

Oh perfetto.

"Si ma all'ultima ora avevamo una supplenza e la professoressa non voleva farci perdere tempo... Sai come sono, a quelle pare sempre di essere all'ultimo mese di scuola e di dover fare tutto il programma."

La storia reggeva.

Mia madre annuì e non mi chiese altre spiegazioni.

Io approfittai del suo momento di distrazione per salire dalle scale e scappare da quell'interrogatorio e rifugiarmi in camera mia.

Buttai lo zaino sul letto, afferrai il mio MacBook e lo accesi. Non avevo la più pallida idea di come avrei fatto a recuperare il lavoro fatto in classe e nemmeno mi interessava in questo momento, così aprii la mia pagina Facebook. Era l'unico modo per restare più vicina ai miei amici, e a mio padre. Mi trovai 87 richieste di amicizia. Perfetto. In due giorni ero già riuscita a farmi conoscere da tutti in questa fottuta cittadina. Sì, ma non per una buona causa, visto gli episodi successi a scuola. Metà istituto sapeva il mio nome, e tanti di quei ragazzi avevano provveduto a mandarmi la richiesta di amicizia semplicemente per farsi i cazzi miei, e tanti di loro avrebbero fatto lo stesso più tardi, appena avrebbero trovato il tempo di connettersi. Decisi di lasciar perdere, e declinarle tutte. Tra quei profili c'era anche JUSTIN BIEBER. 'Fottuto stronzo, pure qui ti devo trovare' pensai.
Ma mi accorsi che Glenda, la mia migliore amica era in linea. Cavolo, era da tre giorni che non la sentivo e con tutto quello che era successo non avevo neanche avuto il tempo di prendere il cellulare in mano e chiamarla. Appena lo afferrai dalla borsa mi accorsi di avere una decina di messaggi in segreteria, tutti suoi. Povera Glee. Non le avevo fatto sapere niente, e conoscendola avrà già pensato che fossi morta, oppure fossi stata rapita.

"Glenda!"

"Alicia se non sei di ritorno entro 5 minuti con il mio vestito, sei licenziata!"

"Sei scema? Sono Sharon!"

"Ah Shar! Scusami, non aspettavo una tua chiamata. Il telefono prende anche in Africa?"

Come sospettavo. Se l'era presa perchè non mi ero fatta più viva, e come era ben solita fare, cercava di nasconderlo con l'ironia.

"AH-AH-AH. Sono in Sardegna, ed è ancora in Italia. Scusami se non ho risposto ai tuoi messaggi e se non ti ho chiamata, ma qui è un casino, sono successe tante cose e ho conosciuto nuove pers..."

"COME SI CHIAMA?"

Rimasi perplessa per qualche istante. Non capivo a chi si riferiva. "Il ragazzo, come si chiama?" Ah.

"Non è come credi."

"Andiamo, sono la tua migliore amica! A me puoi dir tutto, lo sai."

Non sapevo se tacere, o confessarle tutto.

"Glenda, non mi piace, anzi lo detesto."

Non sembrava badare alla mie parole.

"Come si chiama?"

"Justin Bieber."

"Aspetta un attimo... Okay, tu continua a raccontarmi..."

Lo stava cercando, stava cercando il suo profilo. Era proprio quello che temevo. Non volevo che lo vedesse perchè lei si sarebbe fermata solo all'apparenza. Mi avrebbe dato della pazza, avrebbe detto che mi stavo già rincoglionendo in questa nuova città, e avrebbe chiamato mio padre implorandolo di riportarmi a casa. Come biasimarla, tutte rimanevano incantate davanti al dolce viso di Justin. Lei non lo conosceva e non avrebbe capito tutto quello che mi stava facendo passare.

"Glenda ci sei ancora?"

"Sono quasi morta.. Okay, Glenda riprenditi, non è da te un comportamento simile"
alle sue parole mi misi a ridere.

"Castelli, cogli la palla al balzo!"

"Ma che cavolo dici? Tu non sai NIENTE."

"Forse no, ma uno così non capita tutti i giorni, nemmeno a una come me."

"Mi odia."

"Portatelo a letto. Certamente smetterà di odiarti."

Sbuffai, e alzai gli occhi al cielo. Mi buttai sul letto e affondai il viso nel cuscino, com'ero solita fare. Non era la risposta che volevo sentire quella, e lei lo sapeva bene.

"Okay, scusami, questo è quello che farei io"

"Già." Per un solo istante provai ad immaginare me e Justin, nello stesso letto, abbracciati, coperti solo dalle lenzuola e non potei fare a meno di sussultare al sol pensiero che potesse succedere una cosa del genere con LUI.

"Comunque.. manchi a tutti da morire tesoro."

Sentivo la sua voce tremare. Anche lei ci stava male. Anche lei non voleva che me ne andassi. Mi ricordavo bene il giorno in cui le avevo dato la notizia. Sapevo quanto bene mi voleva e sapevo che ero unica per lei, come lei lo era per me. La mia migliore amica.

"Ci vedremo nei weekend, vero?"

"Fra tre giorni sono li. Avvisa tutti. S ritorna in città, e chi se lo perde?"

Scoppiammo a ridere. Stavo scherzando, ma entrambe sapevamo che quella frase conteneva della verità.

"Devi ancora raccontarmi cosa ti ha fatto questo ragazzo tanto bello quanto dannatamente bastardo."

Questa volta era pronta ad ascoltarmi col cuore.

"Diciamo che mi ha quasi baciata per due volte. Peccato che la prima volta mi ha buttato uno yogurt addosso e la seconda volta mi ha fatto scoppiare a piangere come una bambinetta davanti a tutta la scuola."

Ora raccontarlo mi faceva sorridere, come capita quando tra amici si ride delle figure di merda fatte in passato. Solo che purtroppo quella era legata ancora al presente.

"Quello con gli smarties? Oddio come hai pianto? Ed eri sola?"

"Sì proprio quello! No beh, ho conosciuto un ragazzo carino, il mio angelo custode direi. Se non ci fosse stato lui credo che Justin mi avrebbe baciata e poi mi avrebbe lasciata lì, di merda, oppure avrebbe colto un'occasione per mettermi in ridicolo davanti a tutti. E' il suo Hobby giocare con le persone."

Ero quasi certa che Glenda fosse con gli occhi fissi sullo schermo del computer, ad analizzare nei minimi dettagli Justin, per scoprirne di più, come solo lei sapeva fare.

"Che cosa orribile.. non è da te."

"Già, lo so."

"E raccontami di questo ragazzo... il tuo angelo custode..."

"Beh, l'ho conosciuto stamattina in autobus. E' dell'ultimo anno del mio liceo, si chiama Eric. E' alto, moro, con gli occhi verdi, capitano della squadra di football... un bel ragazzo insomma. Ma non farti strane idee... Mi considera come la sua sorellina minore. E sinceramente mi va benissimo così."

"Ogni occasione è buona per conoscere un nuovo ragazzo!"

Rise, soddisfatta, e risi anche io, insieme a lei.

"Qua è tutto così diverso dal nostro mondo, G.... Non potresti mai capire come funziona..."

"SHAAAAAAARON VIENI GIU'! E' PRONTA!"

Mia madre urlava dal piano di sotto, cercando di farsi sentire.

"Devo andare. Ma ti prometto che mi farò sentire molto presto! Okay?"

Sbuffò lei dall'altra parte della cornetta. Avrei voluto continuare a parlarle, ma stavo morendo di fame e il mio stomaco si faceva sentire.

"Guarda che ci conto!"

"Certo! Per chi mi hai preso?"

"Ah, aspetta Sharon. Lucas è molto preoccupato perchè non ti fai sentire, sai com'è. Nemmeno io starei tranquilla se fossi in lui. Forse dovresti richiamarlo."

Mi ero completamente scordata del mio ragazzo. Non volevo chiamarlo e il sol pensiero mi faceva venire la nausea.

"Shar. Sono seria. E' un bravo ragazzo. E ti ama. CHIAMALO."

"Okay, Okay te lo prometto! Bellezza, ci sentiamo presto! Ti voglio bene."

"Ti voglio bene anche io scema."

"Ah... e Alicia? E' tornata?"
Alicia era la governate di Glenda. Più che governante sembrava la sua serva, la faceva andare ovunque e sbrigava tutte le sue faccende.

"Sì, con qualche minuto di ritardo, ma tranquilla, non la licenzio. Dove la trovo una come lei?!"

Sorrisi alle sue parole, chiusi la telefonata, buttai il telefono sul letto e chiusi il Mac velocemente, gettandomi di corsa al piano inferiore.

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Cccciao ragazze.
Innanzitutto vi ringrazio per le 'poche ma buone' recensioni che mi 
avete lasciato, e vi ringrazio per i complimenti.
Sono a conoscenza che questo capitolo faccia pietà, ma
l'ho dovuto rinventare all'una di notte perchè non trovo 
più quello che avevo salvato sul pc çç.
Per il resto, spero che continuiate a recensire e a
seguire questa FF, e come potete notare ho cambiato
il titolo, ma il motivo lo potrete capire solo più avanti, ha un legame con la storia.
bbbene, al prossimo capitolo.
-Alessia.


QUESTA E' GLENDA, LA MIGLIORE AMICA DI SHARON.
 

Image and video hosting by TinyPic E LUCAS, IL RAGAZZO DI SHARON. Image and video hosting by TinyPic

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