A new Day has come

di _BlueHeart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che fine ha fatto Serena Van der Woodsen? ***
Capitolo 2: *** Come prima! ***
Capitolo 3: *** La grande forza di Blair. ***
Capitolo 4: *** Diversi e pur sempre uguali. ***
Capitolo 5: *** Cosa resterà di quegl'anni innocenti? ***
Capitolo 6: *** Messaggio misterioso ***
Capitolo 7: *** Favola, Dolcezza, Amore. ***
Capitolo 8: *** ..Perdutamente instabile ti cerco... ***
Capitolo 9: *** Allucinazioni? ***
Capitolo 10: *** Poi, ho visto gli occhi tuoi. ***
Capitolo 11: *** L'Imminente Scoperta. ***
Capitolo 12: *** A un passo da te... ***
Capitolo 13: *** La fragilità che Ci cresce nel ventre. ***



Capitolo 1
*** Che fine ha fatto Serena Van der Woodsen? ***



I was waiting for so long ...
Ho aspettato così a lungo...


‘Smettila di piangere Blair, sei una Waldorf, devi reagire al male che ti provocano le persone’.
Mia madre scomparve  nel buio 
subito dopo aver pronunciato quelle parole. 
Era stata una giornata difficile , avevo visto definitivamente il mio mondo sgretolarsi sotto il tocco flebile e al tempo stesso deciso delle mie azioni. Ero esausta, sfinita, spaesata. Della Queen B , che tutti seguono dai tempi del liceo su ‘Gossip Girl’ non era rimasto nulla. Affranta dal dolore e vinta dalla paura, me ne stavo seduta sul divano senza avere la forza di reagire. ‘Signorina Blair che ci fa a quest’ora ancora sveglia?!’ Dorota ruppe quel silenzio che mi circondava e si avvicinò con passo leggero. ‘Potrei farti la stessa domanda…’ risposi asciugandomi una lacrima. ‘Mi sono svegliata perché mio figlio piangeva… piuttosto, la smetta di fare la sostenuta, cosa le è successo?’ Insistette al tal punto da farmi parlare. Dorota è una brava domestica e una persona amabile anche quando dovrebbe perdere le staffe con una come me. Mi vuole bene e anche se nego e non riesco ad ammetterlo per me è molto più di una semplice cameriera. ‘Vedi, ho perso tutto, Louis, Dan,mio padre… e soprattutto Chuck! Serena non torna, sono preoccupata, ma so già come andrà a finire… lei tornerà prima o poi ed io ce l’avrò a morte con lei perché non si è degnata di preoccuparsi della sua migliore amica e dei suoi drammi esistenziali. Mi sembra di essere tornata al liceo, stessa storia. Il mio mondo distrutto e lei non c’era…’ un sorriso nervoso compare sul mio volto facendosi spazio tra compagne insolite, le lacrime. ‘Cos’è successo tra lei e il signor Chuck dopo Montecarlo? Mi sembrava di aver capito che vi eravate riavvicinati’ scossi la testa mentre le silenziose lacrime cominciarono a provocare dolore nel petto facendomi singhiozzare rumorosamente. ‘Si, era così fin quando non ho deciso di affrettare i tempi e lui è scappato via dicendomi che non è ancora pronto… forse è davvero finita… non si fida più di me!’ Le mie mani si torturavano fra loro, la testa chinata quasi a volermi nascondere dietro la cascata di capelli mossi che mi incorniciavano il viso. Dorota si fece coraggio si avvicinò, sedendosi accanto a me , prese un tovagliolo e mi asciugò le lacrime che mi avevano disfatto il trucco. ‘La signorina Serena le vuole bene, chissà dove sarà adesso’ scossi la testa numerose volte ‘sono giorni che Gossip Girl non fa altro che parlare di me , di me … di Chuck, di una gravidanza o della bulimia!Se le importasse di me avrebbe potuto chiamare.’ Mi toccai la pancia, no, non ero incinta , ero distrutta moralmente da quando mio padre dopo un incidente in auto era entrato in coma! Era di nuovo tutto fuori controllo e soltanto chi mi conosce bene sa quanto odio non avere il controllo della mia vita. ‘Signorina Blair, la bulimia deve essere sconfitta all’istante, lei non può ricaderci…’ continuai a piangere incapace di smetterla. Mi ero davvero persa , ero come sospesa nel vuoto senza certezze, senza forza. Avevo bisogno di riappropriarmi del corso della mia vita, ma nulla sembrava voler tornare al suo posto e tutto ciò che avrei desiderato era come magicamente scomparso. Avevo perso l’amore, l’amicizia e stavo per perdere mio padre, dall’altra parte del mondo, lontano da me. ‘Si faccia forza, pian piano vedrà che la sua vita si ricomporrà. Lei è tanto cara signorina anche se vuole mostrare il contrario, i suoi amici la conoscono bene vedrà ci vuole solo pazienza’ Le sorrisi debolmente e l’abbracciai spontaneamente, spiazzata ricambio l’abbraccio poi mi trascinò nella mia stanza pregandomi di riflettere. Mi struccai e mi tolsi il vestitino restando in Lingerie. Mi distesi sul letto con il mio portatile,niente Serena Van der Woodsen era sparita dal radar della blogger … dove poteva essersi cacciata? L’aspettai così a lungo, quasi avessi la necessità di averla al mio fianco. Tre lunghissimi giorni per sperare di vederle varcare la porta della mia camera. Scendevo raramente in cucina di nascosto e allo stesso modo correvo nel bagno per poter vomitare quanto avevo di li a poco ingerito. Delle tante domande alle quali non trovavo risposta quella che più mi tormentava era sulla mia migliore amica ‘Che fine ha fatto Serena Van der Woodsen?’




Ciao care, 
Questo è la mia prima storia in questo sito meraviglioso che conosco da pochissimo. 
Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate :)spero in qualche recensione, per rendermi conto se vale la pena continuarla.
Cercherò di aggiornare presto...spero vi piaccia ^_^
xoxo Raffy240

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Capitolo 2
*** Come prima! ***


Non sono ancora abituata a questo sito, e non so come capire se la storia piace XD 
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate ^_^
Vi dico alcune cose che nel primo capitolo ho dimenticato.. 
Allora questa storia è ispirata a Gossip Girl , ma i personaggi ovviamente subiscono la mia influenza. 
Il titolo della storia come avete visto è il titolo di una canzone 'A new day has come' e ogni capitolo inizierà con una frase di questa canzone, spero solo che riesca a far rientrare le dinamiche della storia in questa canzone, nel caso non dovessi riuscirci, forse ripeterò la strofa del ritornello uuahuah. 
Ok basta con le chiacchiere vi lascio al secondo capitolo, sperando che vi possa piacere:)

 
I  was waiting for so long.
for a miracle to come

Ho aspettato a lungo
Che avvenisse un miracolo
 
Le persone continuano a ripetermi che sono giovane , che devo pensare ad andare avanti che la mia vita si riaggiusterà con il passare del tempo, lasciando fare alla natura il suo corso. Io non ci credo, non ci ho mai creduto!
La mia vita non è mai stata semplice e se non avessi messo tutta me stessa per ottenere qualcosa di certo non sarebbe accaduto perché la vita va così!
Erano giorni ormai che non riuscivo a capacitarmi del precipitare della mia vita, sembrava cadere in un burrone tanto profondo e così buio da non permettermi di vedere la luce. Già la luce, non mi piace il buio, adoro la luce, ma proprio non riesco a vederla.
Mi sento come soppressa dall’oscurità che per una strana ragione vuole a tutti i costi annientarmi.
Respiro a fondo dopo aver controllato per l’ennesima volta ‘Gossip Girl’.
Riporta notizie su Dan, Nate, Lily, Chuck… già Chuck, sembra essere ad un evento nella 54° strada… sospiro , di Serena non c’è traccia.
Nessuno sa niente di lei nemmeno Lily, che fine hai fatto amica mia? E se le fosse successo qualcosa?
Un respiro viene bloccato da un grosso gomitolo alla gola.
Mi distendo sul letto con gli occhi gonfi e rossi, di chi ha appena smesso di piangere. Non credo di aver mai pianto così tanto. E’ che adesso realmente mi sembra di essere sola, di aver perso tutte le persone che amo, di ritrovarmi in uno stato di totale agonia.
‘Signorina Blair, c’è una persona che vorrebbe vederla’.
La voce di Dorota mi distoglie dai miei pensieri, ma non ho la forza di muovermi e ancora nella stessa posizione le rispondo indifferente ‘Non ho voglia di vedere nessuno Dorota’
‘Signorina Blair, cerchi di fare uno sforzo è una persona che le vuole bene’ scossi il capo e mi alzai di scatto ‘le persone che mi volevano bene sono andate tutte via, Dorota…sono sola’ le risposi con tono altezzoso come soltanto io sapevo fare fingendomi nuovamente sicura di me . Abbassai il capo ‘Non sei sola Blair’ quelle parole e la sua voce mi fecero sorridere inconsapevolmente, la riconobbi subito senza aver bisogno di guardarla, riconoscerei la sua voce fra milioni. ‘Chi non muore si rivede…’ parlavo con la voce strozzata dalle lacrime che faticavo a tenere dentro.
Sentii il rumore dei suoi tacchi avvicinarsi sempre più. ‘B, lo so che ce l’hai con me, non volevo sparire, ho dovuto’… scossi la testa sorridendo amaramente ‘sembra una scena già vista!’ Si abbassò sulle ginocchia prendendo le mie mani, non le sottrassi, anche se volevo continuare a stare sulle mie, mi faceva terribilmente piacere averla qui . ‘Io lo so che sono sempre imperdonabile, ma ti prego guardami sono sempre io…’ alzai lo sguardo consapevole che di li a poco mi sarei sciolta. La guardai era sempre bellissima, occhi profondi, capelli setosi, fisico mozzafiato, eleganza e buon gusto nel vestire.
Si rialzò trascinandomi con lei, il suo sguardo su di me era addolorato. Mi guardava quasi ossessivamente nella speranza che proferissi parola. ‘Cos’hai B? Il problema è Chuck? Ho letto Gossip Girl, non so quanto ciò che ho letto sia vero… parlami ti prego.’
Con gli occhi che ardevano fortemente , presi coraggio e gli dissi le due cose che probabilmente meno si aspettava ‘Mio padre…è in coma S, ed io sono di nuovo bulimica!’
Spalancò gli occhi e come le mie, le sue lacrime cominciarono a venir fuori .
Mi tirò per un braccio e mi strinse come soltanto lei sapeva fare.
La sentivo piangere sulla mia spalla, come io facevo sulla sua. ‘Mi dispiace B, io … mi sento così stupida’ .
Lasciai l’orgoglio alle spalle, come difficilmente facevo e ricambiai l’abbraccio.
Passammo la giornata nel mio letto e gli raccontai tutto, ne avevo davvero bisogno.
‘Improvvisamente mi sono vista la terra sgretolarsi sotto i piedi… era tutto svanito, la mia vita è stravolta S. Io non so come andare avanti. ’ Mi teneva stretta a se quasi potessi scapparle, con la testa appoggiata sulla sua pancia mi sentivo al sicuro, finalmente consapevole che almeno il nostro rapporto era qualcosa di ancora esistente.
‘Come mai non sei in Francia?’ Tremavo forte, ritornando a pensare allo stato dolente di mio padre. ‘Mia madre mi ha dato la notizia per telefono mentre ero a Montecarlo con Chuck, sono partita per la Francia a sua insaputa, scappando come una ladra. Arrivata a Parigi ho passato il tempo all’ospedale senza avere risposte a quel punto, mi hanno consigliato di tornare qui almeno per chiarire con Chuck… l’ho fatto, ma lui non sembra più fidarsi di me … sono veramente a pezzi!’
Mi scompiglio i capelli, sfregando le gambe sul lenzuolo dal nervoso.
‘Domani andiamo in Francia … ne hai bisogno.’ Afferma dolcemente, mi sollevo sui gomiti ‘Avevo proprio bisogno di te… grazie,S’.
Mi diede un bacio sui capelli e poi si allontanò scomparendo dietro la porta della sua camera.
Sorrisi debolmente e mi alzai anch’io… stavo per scendere in cucina, ma mi bloccai al ricordo della sera precedente, volevo essere forte.
Chiamai Dorota e le chiesi di prepararmi un bagno caldo. Mi alzai i capelli con delle forcine da chignon, entrai in bagno, avevo un aspetto orribile. Mi sciacquai il viso numerose volte cercando di schiarire inutilmente gli occhi. Mi privai degl’ultimi indumenti e mi lasciai scivolare nell’acqua calda e profumata. Ci rimasi per un bel po’ di tempo, fin quando Serena bussò al bagno. ‘B, ho fatto preparare da Dorota il thè con dei biscotti, lo prendiamo insieme?’ Sorrisi, Serena difficilmente mangiava carboidrati! ‘Entra pure in camera mia sono quasi pronta’ uscii dalla vasca da bagno e mi avvolsi in un accappatoio, mi asciugai velocemente sciolsi i capelli e indossai il mio pigiama di seta.
‘Ehy…’ pronunciai uscendo dal bagno. Serena mi fece senno di andarmi a sedere sul letto con lei ‘tieni B, ti farà bene’ mi disse porgendomi una tazza di thè caldo.
‘Sai avevo avuto paura di aver perso anche te… dove sei stata? Perché non rispondevi alle chiamate?’ Strinse gli occhi premendo le labbra le une contro le altre ‘Non… c’è… ho perso il telefono’ feci una smorfia poco convinta ‘e… è una storia troppo lunga, ora devi pensare a te, alla tua vita, a tuo padre.’ Annuii.
Finito il thè, Serena mi diede la buona notte e andò nella sua camera… mi distesi sotto le lenzuola e cominciai a ripensare , torturandomi ancora.
Chi non crede nei miracoli, non è un realista. Percorsi con le dita quel ricamo sul cuscino, era una frase della Hepburn, ma stranamente non riuscivo a condividere adesso.
Ci speravo tanto in un miracolo, ma non riuscivo a crederci. Non ora, non adesso che mio padre era in fin di vita e per di più sentivo tutti così distanti. Ma chissà forse Serena, era lo spiraglio di luce che porta con se l’avvento di un miracolo. Lasciai il mio cuore sussultare e feci, ciò che avevo evitato di fare per tutta la serata, andare in cucina. Feci per alzarmi, ma Serena nuovamente mi ‘salvò’ . ‘Ehy, B…’ pronunciò sulla soglia della porta ‘e se per questa sera dormissi con te?’ scossi la testa, non era da noi essere così smielate, ma questa era una serata differente… la mia amica sembrava aver capito come mi sentissi e stava male come me. Le sorrisi e le feci segno di venirsi a stendere accanto a me. Lei lo fece lasciandosi scivolare sotto le lenzuola. Ci guardammo e per un attimo ci sembrò di essere tornate bambine. Era da sempre nostra abitudine organizzare pigiama party, invitando le tirapiedi e facendole fare gare assurde. E quando era ora di dormire ci stringevamo sotto le coperte lasciando le altre a dormire sul pavimento con i sacchi a pelo, e guai a loro se si azzardavano a salire. Era il nostro territorio, il nostro modo di vederci unite e invincibili.
‘ Come prima…’ disse soltanto questo abbassando gli occhi e prendendomi una mano poggiata sul cuscino. ‘Prima era più semplice… nonostante tutto’ replicai debolmente ‘prima eravamo ragazzine, B…ma pensa al lato positivo, anni dopo siamo ancora qui’
Sorrisi , lei chiuse gli occhi ed io dopo un po’ riuscii ad addormentarmi.


xoxo Raffy240

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Capitolo 3
*** La grande forza di Blair. ***


Ciao a tutti\e ,
ecco per voi un nuovo capitolo! E' più lungo dei primi due. 
Che dire spero vi piaccia, aspetto sempre qualche recensione anche negativa se volete :) 

 

..Everyone told me to be strong..
..Tutti mi dicevano di essere forte..

 

Quella mattina mi svegliai tormentata dai pensieri. Quando aprii gli occhi Serena era già in piedi si stava preparando nella sua stanza, riuscivo a vederla dalla fessura tra la parete e la porta semiaperta.
Mi nascondeva qualcosa, ma era ovvio che non voleva toccare quell’argomento. Se ripenso al mondo in cui ci siamo lasciate un mese fa, divengo furiosa… probabilmente è lo stesso effetto che fa a lei. Mi alzai controvoglia dal mio caro letto, mi feci coraggio e cominciai a prepararmi per affrontare la giornata, che si presentava tutto fuorché semplice.
Non ci rivolgemmo molto la parola , scambiavamo ogni tanto qualche battuta per assicurarci di non aver dimenticato niente. Arrivammo in aereo e ancora assonnate ci lasciammo sprofondare nelle poltroncine di prima classe .
Facemmo di tutto per evitare le mie scontate domande e le sue più improbabili risposte. Non potevo permettermi di pensare a nient’altro con mio padre in quello stato.
Chiuse gli occhi con le cuffie dell’I-pod infilate nelle orecchie. Mi feci coraggio e avvicinai la mia mano alla sua, presi una cuffietta togliendogliela dall’orecchio e sotto il suo sguardo iniziai ad ascoltare anche io la sua musica.
Le canzoni passavano una dietro l’altra, ritrovai dalle sue scelte musicali, una Serena insicura, molto malinconica e romantica. Staccò dopo un po’ , dicendo che altrimenti si sarebbe scaricato l’I-pod.
Il viaggio era abbastanza lungo, 6 ore piene. Restammo così a parlare delle cose più futili. Ridemmo dello strano accoppiamento di colori,indossato da Penelope in una foto di Gossip Girl.
Gli parlai della decisione di mia mamma di lasciarmi la gestione della sua Eleonor Waldorf Designe.
‘Blair che bella notizia…’ mi disse sorridente , con gli occhi sinceri di una bambina innocente. Ricambiai il sorriso ‘E’ da pochissimo, forse per questo Gossip Girl non riporta ancora notizie’ dissi ironizzando. Ridemmo debolmente. La lunga mattinata passò così tra un po’ di noia e qualche piccola rivelazione . Quando ormai mancava circa un quarto d’ora dalla fine del viaggio mi porse nuovamente una cuffietta ‘Ascoltala…’mi disse.
 

No mountain’s too high for you to climb
All you have to do his have some climbing faith,(oh yeah)
No river’s too wide for you to make it across
All you have to do his believe it when you pray.

 
Nessuna montagna è troppo alta per te da scalare,
Tutto quello che devi fare è avere fiducia (oh yeah)
Nessun fiume è troppo grande da attraversare

Tutto quello che devi fare è crederci quando preghi.

Questa canzone la conoscevo, adoro la grazia della voce di Celine Dion in questo pezzo. Serena mi voleva dire qualcosa… oltre a volermi far capire che ci sarà sempre per me, cercava di dirmi qualcosa di più, e lo faceva ogni volta che voleva che qualche frase mi restasse impressa per qualche motivo a me ancora sconosciuto. Mi passarono per la mente tanti di quei ricordi che mi sembrò di tornare indietro nel tempo. Quante volte ci siamo dette di odiarci e tutte le volte non era mai vero.

 

And then you will see the morning will come
And everyday will be bright as the sun
All of your fears cast them on me
I just want you to see…

 
E poi vedrai il mattino verrà
ed ogni giorno sarà luminoso come il sole.

Tutte le tue paure scaricale su di me.
Voglio soltanto che tu veda…

Mi strinse la mano un pò tanto forse, sulle ultime due frasi, voleva darmi forza e probabilmente voleva ricevere anche lei lo stesso appoggio. Ricambia la stretta , mentre lei mi poggio il viso sulla sua spalla.

 

I’ll be your cloud in the sky
I’ll be your shoulder when your cry
I her your voice when you call me

I am your angel.



Sarò la tua nuvola su nel cielo
Sarò la tua spalla quando piangerai
Sentirò la tua voce quando mi chiamerai
Sono il tuo angelo…
 
E ancora quella stretta forte ‘Sentirò la tua voce quando mi chiamerai’ pronunciò, ora senza rendercene conto per davvero le lacrime rigavano le mie guancie per poi finire sulla sua spalla. Le asciugai prima che Serena potesse farmi domande e continuai ad ascoltare il doppio messaggio che cercava di trasmettermi.


And when all hope is gone, I'm here
No matter how far you are, I'm near
It makes no difference who you are
I am your angel, I'm your angel

 
E quando tutta la speranza se ne va , Io sono qui.
Non importa quanto tu sia lontano, ti sono vicino.
Non fa differenza cosa tu diventa

Sono il tuo angelo, sono il tuo angelo.
 
‘Non importa quanto sarò lontana…’ mi sussurrava , non capivo… perché dovrebbe essere lontana?
Questa volta fui io a stringerle la mano .
 

I saw your tear drops and I heard you cry
All you need is time, seek me and you shall find
You have everything and you're still lonely
It don't have to be this way, let me show you a better day

 
Ho visto le lacrime e ti ho sentito piangere
Tutto ciò di cui hai bisogno è tempo.
Cercami e mi troverai. Hai tutto e ti senti ancora solo.
Non deve essere così. Lasciami mostrarti un giorno migliore.

Ora era lei che cercava di nascondere le lacrime…la guardai e le dissi ‘ supereremo anche questo..’ anche se non sapevo di cosa si trattava , cercai di incoraggiarla e di assicurargli il mio appoggio.
 

And when it's time to face the storm
I'll be right by your side
Grace will keep us safe and warm
And I know we will survive

And when it seems as if your end is drawing near
(End is drawing near)
Don't you dare give up the fight
Just put your trust beyond the skies

 
E quando è tempo di affrontare la tempesta,
sarò proprio al tuo fianco.

La grazia ci terrà al sicuro e al caldo…
E so che sopravvivremo .

E quando sembra che la tua fine si stia avvicinando

Non osare rinunciare alla battaglia.
Riponi semplicemente la tua fiducia oltre il cielo…
 
La canzone finì lasciandoci commosse e sospese in vuoto incolmabile.
Staccammo l’I-pod e ci preparammo , ancora scosse , per l’atterraggio.
Sapevamo entrambe che con quella canzone ci eravamo dette più di quanto avevamo intenzione di dirci. Ero convinta che volesse farmi capire qualcosa in più oltre che a fare un elogio alla nostra amicizia, ma non riuscii a comprendere fino in fondo cosa avesse.
Ci ordinammo i capelli e ci rifacemmo il trucco a vicenda. Una volta atterrate presi un grosso sospiro e cominciai a pensare che era ora di affrontare ciò che più mi faceva paura… la perdita di mio padre.
Attraversammo la capitale francese in taxi, che non aveva per niente il sapore di romanticismo e dolcezza in quel momento. Mi sembrava tanto triste e la magia che mi avvolse la prima volta che venimmo qui insieme era completamente svanita.
Non c’erano più principi ai musei, niente più vacanze spensierate. Ora era solo ed esclusivamente un luogo comune, come tutti gli altri, che aveva il duro compito di ospitare il dolore di mio padre.
Lasciammo i bagagli a casa di mio padre e andammo direttamente all’ospedale.
Serena mi teneva la mano ‘B, respira…’ mi diceva mentre io ostinavo a tenermi tutto dentro.
Uscendo dall’ascensore che portava alla sala d’aspetto della terapia intensiva incontrammo Roman che ci venne incontro felice di vederci ‘Blair… Serena, sono felice di vedervi’ ci abbracciò inaspettatamente mentre io non riuscivo a chiedergli di mio padre… Serena lo capì ‘Roman… come sta Harold?’ Roman cambiò subito espressione ci guardò dolcemente ‘nulla di nuovo purtroppo, sempre le solite, migliora e poi sembra non esserci svolta, è una cosa da uscire fuori di testa’ scosse la testa affranto ‘mia madre sa niente?’ gli dissi spontaneamente ‘tua madre sa tutto Blair.. ed è inutile farla venire qui.. non ci saranno cambiamenti e se ci saranno, ci sarà qualcuno che l’avvertirà per farla venire’ strinsi gli occhi ‘io voglio restare, voglio seguirlo, non voglio tornare a New York’ mi abbracciò calorosamente ‘sei una giovane donna molto coraggiosa… tu e i tuoi amici potete restare a casa nostra quanto tempo volete.’ Sorrisi alla sua gentilezza, poi lo vidi allontanarsi avvicinandosi a sua cugina Michelle, che ci salutò con un segno del capo. Ricambiammo e ci avvicinammo alle macchinette per prenderci un po’ di caffè.
‘Mi sembra di essere in un incubo. Non voglio perderlo… non so per quale ragione al mondo , ma rischio sempre di perderlo.’ Serena mi accarezzò i capelli ‘Io non ti dico che andrà tutto bene, non lo so, ma…abbi fede Blair’ sorseggiai un po’ di caffè dal bicchiere di plastica , per evitare di risponderle ‘Io so come ci si sente quando stai perdendo una parte di te, ma tu sei giovane devi essere forte, per te , per le persone che ti amano… per il tuo futuro.’ Alzai lo sguardo , guardandola negl’occhi ‘non so più se ne vale la pena, S. Vedi ero convinta che sarei riuscita a fare tutto , a realizzarmi , ad essere felice… non volevo rovinare la nostra amicizia anche se ho contribuito a farlo e non volevo perdere tutti… Dan, te, mio padre e anche…’ non finii di parlare che Serena mi precedette ‘Chuck’disse guardando nel vuoto. Annuii abbassando nuovamente lo sguardo ‘ho l’impressione che non voglia più vedermi’ lei scosse il capo ‘No, B… c’è Chuck!’ Mi girai verso la direzione in cui era intenta a guardare e lo vidi parlare con un’infermiera, probabilmente chiedeva indicazioni , aspettai che fosse lui a vedermi, sospirò e mi si avvicinò con la sua tipica camminata.
‘Ehy…’ disse a voce molto bassa. ‘Ciao …’ replicai io , salutandolo incertamente.
‘Che ci fai qui?’ Chiesi con voce tremante. ‘Io… non ho cambiato idea , ma sono venuto a cercarti a casa tua, volevo portarti in Francia sapevo che era ciò di cui avevi bisogno, ma qualcuno ha fatto prima di me’ si rivolse verso Serena che non sapeva se sentirsi in colpa o essere orgogliosa ‘ Ciao Serena, ma che fine avevi fatto?!’ disse con la sua aria da tenebroso ‘Io… bè è una lunga storia , ho visto le notizie su Gossip Girl e ho capito che Blair avesse bisogno d’aiuto…ed ora sono qui’ Gli disse con naturalezza , gesticolava con le braccia distese lungo il corpo come era suo solito fare!
‘Ora vi lascio un momento soli… vado a cercare il bagno.’ Le sorrisi e lo stesso fece Chuck, lei si allontanò e noi tornammo a concentrarci su di … noi. ‘Non sono ancora pronto per ricominciare una relazione seria con te, veramente non lo sono per cominciarla con nessuno. Spero che tu possa almeno accettarmi qui accanto a te, non riesco a lasciarti sola in un momento del genere’. Respirai profondamente ‘lo accetto!Non potrei mai mandarti via, non adesso’ risposi con le lacrime agl’occhi. Ci sedemmo sulle sedie bianche, un po’ distanti dall’ingresso della sala intensiva.
Forse avremmo vissuto quella attesa snervante per ore , sembrava non muoversi nulla. Tutto appariva terribilmente fermo, immobile, non c’era vento che potesse entrare , non c’era rumore che si sentisse, in quella sala erano tutti inermi di fronte al dolore.
Anche Serena ci raggiunse, e come noi, anche lei stette ferma per un tempo indeterminabile. Mi sembrava di impazzire. Aspettavo una notizia che probabilmente non sarebbe mai arrivata. Nervosa mi tormentavo facendo avanti e indietro con la testa. Serena si scompigliava di continuo i capelli e Chuck era frenetico nel suo sguardo che sembrava scrutare ogni minima cosa. Mi guardava di continuo e ogni tanto ricambiavo quest’attenzione, ma non riuscivo mai a dirgli niente .
‘Blair… come ti senti?!’ dopo un lungo tempo di silenzio, fu Chuck a rompere quell’incantesimo che sembrava aver pietrificato tutto. ‘Non lo so… sto male si, ma è come se non ci credessi, come se non lo accettassi’ chiuse gli occhi annuendo ‘sai bene quante ne ho passate con i miei… credimi, ti capisco’ con una smorfia di dolore annuii ‘lo so’ mi limitai a dire.
Quell’atmosfera pesante venne interrotta dalla voce del medico che in sala d’attesa stava annunciando qualcosa… ci dirigemmo verso quella sala per ascoltarlo. ‘Siete i parenti di Harold Waldorf?’ disse con aria seria ‘ Si…siamo noi’ rispose Roman agitato . ‘Purtroppo il paziente ha avuto dei seri problemi e le sue condizioni sono peggiorate… mi dispiace dirvelo, ma spero soltanto in un miracolo.’ Le lacrime vennero fuori immediatamente tremavo come una foglia e il mio pianto divenne eccessivamente rumoroso. ‘No, non può essere!’ esclamai sconvolta.. Chuck mi teneva per un braccio, ma fu inutile scappai dalla sua presa e corsi verso la sala intensiva ‘Papà, papà…’ urlavo disperata come una bambina, mentre correvo ‘ Signorina cosa fa? Non può entrare lì… è pericoloso… torni indietro’ il dottore cercò di raggiungermi, ma ci riuscii soltanto quando riuscii a vedere mio padre, steso sul letto, pieno di lavaggi ed apparecchi attorno. Mi sentii morire, appoggiai la mano contro il vetro blaterando cose senza senso. ‘Signorina, è impazzita? Qui non può starci’ Il medico mi trascinò fuori, mentre continuavo a piangere ed urlare . Arrivata fuori sentii mollare la sua presa sul mio braccio. Chuck era li di fronte a me, con le lacrime che gli riempivano gli occhi , mi avvicinai velocemente a lui mentre continuavo ad esclamare ‘Non ci credo! Non è possibile!’
Mi strinsi a lui che mi stringeva forte. Non disse niente sapeva che non c’era niente che mi potesse far sentire meglio. Sentivo Roman singhiozzare e le lacrime di Chuck confondersi con le mie.
Mi pervase una sensazione di fragilità. Ero come paralizzata fra le sue braccia in una stretta che non volevo allentare. Serena mi prese una mano dalla schiena di Chuck stringendola forte , la tirai avvicinandola , si unii anche lei all’abbraccio. ‘Shhh…’ pronunciava debolmente Chuck. Mi strinsi ancora più forte a lui, riappropriandomi di quell’abbraccio che mi mancava da morire, ne avevo decisamente troppo bisogno. Eravamo sospesi nell’aria con il nostro dolore e nient’altro. Ci stringevamo così forte da non sentire l’aria. Serena mi lasciò un bacio sulla fronte e asciugandosi le lacrime si allontanò sedendosi su una panchina . Chuck mi trascinò vicino a una finestra un po’ in disparte. Poggiò la sua fronte sulla mia , intrecciando le nostre mani . ‘Ora… devi essere forte Blair. Qui non ci sono giochi o strategie che possano aiutarci ad uscire. Non puoi controllarlo.’ Ad ogni frase era come un pugnale allo stomaco ,faceva così male che non riuscivo nemmeno a pensare di poter smettere di piangere , ogni volta era un verso di dolore sempre più forte. ‘Devi…’ lo interruppi ‘Cosa? Cosa posso fare?!’ dissi sconcertata ‘Devi, lasciarti andare , vivere il tuo dolore per superarlo!’ Mi disse prendendomi per i fianchi ‘Ti ricordi? Mi dicevi sempre che non riuscivo a vivere i miei sentimenti… non fare lo stesso errore… viviti tutto o non riuscirai ad andare avanti’ mi lasciai cadere fra le sue braccia e mi lasciai abbracciare dall’unico uomo che era riuscito ad amarmi per davvero con tutti i miei mille difetti. ‘E’ così difficile…’ pronuncia tra un singhiozzo e l’altro ‘lo so…’mi rispose con le labbra sui miei capelli. ‘Aiutami Chuck!’ prese il mio viso fra le mani ‘Sono qui, per te… per aiutarti.’ Mi asciugò le lacrime , mi prese per mano e mi portò a sedermi accanto alla mia amica.
Quella giornata non la dimenticherei per niente al mondo. Era come morire lentamente. E la sera dovemmo lo stesso tornare a casa.
Arrivati, completamente distrutti ci cambiammo velocemente. Mi sedetti sul mio letto con il viso tra le gambe. ‘Possiamo entrare B?’ Serena e Chuck erano sulla soglia della porta indecisi sul da farsi.
‘Certo…venite’ incrociai le gambe… ‘quando ero bambina, mio padre mi trattava come una principessa, forse è anche a causa sua che ho questa fissazione per re, regine e quant’altro.’ Sorrisi amaramente mentre loro presero posto sul mio letto ‘L’adoravo particolarmente più di quanto volessi bene a mia madre. Era come il mio principe azzurro, il mio cavaliere pronto a salvarmi da qualsiasi cosa. Una volta quando Penelope fece di tutto per mettermi al tappeto , lui chiamò Serena per farmi avere un ‘supporto’ escogitarono insieme , tutto un piano che non sono mai riuscita a capire …’ risi tra le lacrime ‘oh, me lo ricordo B… e tu credevi che stessi complottando con Niki , mi volevi ammazzare’ cominciai a ridere al ricordo di quei momenti , eravamo così ingenue. ‘Era bello poter passare il tempo con lui. Mi ha insegnato tanto , ma non so perché rischio sempre di perderlo’ mi rattristai nuovamente , poi risi ancora al ricordo che si fece spazio nella mia mente ‘vi ricordate quando mio padre alla mia festa di 12 anni , mi regalò quel vestito meraviglioso verde bottiglia e annunciò il mio arrivo sulle scale’ Chuck mi interruppe ‘Ehy me lo ricordo… Nate diceva che sembravi un carciofo… ed io le dissi No, non è vero è bella invece … tuo padre ci ascoltò e mi chiamò da parte … tu piccolo Bass un giorno riuscirai a diventare un vero gentil uomo’ scoppiammo a ridere ‘ma dai lo stai dicendo solo per pavoneggiare…’ gli dissi ridendo ‘No, è vero … me lo ricordo.’ Rispose Serena continuando a sorridere ‘Perché non me l’hai mai detto?’
Le chiesi lanciandogli un cuscino divertita da quella storia di molti anni prima ‘non lo so al momento non mi sembrava importante… e non ci ho più pensato’ Chuck scosse la testa , mentre io continuavo a ridere ‘E’ giusto ridere in una situazione così?’ chiesi divenendo seria ‘E’ giusto tutto ciò che tu senta di fare, Blair’ mi rassicurò Chuck.
Ci infilammo tutti e tre sotto le coperte. Chiesi ad entrambi di restare con me e loro lo fecero.
‘Grazie ad entrambi’ dissi tra il sonno e la veglia ‘Non dirlo neanche per scherzo!’ esclamò Serena
‘Già… non devi ringraziare, Blair devi solo rilassarti…’ concluse Chuck.
Mi avvolgeva con le sue braccia , riuscivo a sentire sulla schiena il calore della sua pelle… chiusi gli occhi mentre Serena mi accarezzava i capelli. Qualche lacrima continuava a scivolarmi sul viso , Chuck prontamente me le asciugava. Quando Serena si addormentò mi feci forza e anche sapendo di non ricevere risposta mi feci coraggio ‘Chuck, io ti amo più della mia stessa vita. Averti qui oggi , vale molto per me’ intrecciai la mia mano con la sua , non parlò, mi strinse più forte e mi lasciò un caldo bacio sulla spalla lasciata scoperta dal lenzuolo. Poco dopo mi abbandonai al sonno, tra le braccia di un angelo,travestito da diavolo. 

Ps. vi consiglio di ascoltare la canzone che Serena fa sentire a Blair si chiama 'I'm Your Angel' di Celine Dion ^_^ xoxo Raffy240

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Capitolo 4
*** Diversi e pur sempre uguali. ***


Ciao a tutte, 
Vi lascio un capitolo abbastanza lungo, 
e credo sia l'ultimo di questa settimana o per almeno i prossimi 3 giorni.
Il lavoro mi tiene impegnata e questo non mi permette di dedicarmi pienamente alla scrittura XD
Spero vi possa piacere, ovviamente sono gradite le recensioni, anche critiche o negative ^_^
xoxo Raffy240

 

Hold on and don’t shed a tear
Aspettare e non versare una lacrima


Furono giorni duri, quelli trascorsi nella capitare francese. Non dimenticherò mai quella sensazione di angoscia e paura. Quella voglia matta di tornare indietro nel tempo, quando tutto appariva più semplice. La bulimia venne fuori nuovamente come un mostro. Non riuscivo ad impedirlo e appena potevo scappavo dagli sguardi dei miei amici e correvo a fare quel gioco pericoloso che mi aveva incatenata circa sei anni prima.

C’è un bene bianco che sta sul fondo,
un bene che non mi prendo,

 
 
Sapevo che Chuck sospettava qualcosa, come sapevo di aver detto a Serena di esserci ricaduta , ma facevo di tutto purché non venisse fuori quando ero con loro.
Di notte di solito o la mattina presto mi alzavo e correvo in cucina per mangiare tutti gli avanzi che trovavo, poi non curante del male che mi stavo provocando andavo nel bagno e con l’aiuto delle mie dita vomitavo tutto ciò che avevo ingerito.
 

è come un vuoto che sfonda il cuore
è un modo per non dire


Erano ormai quattro giorni che eravamo in quella città, ogni mattina ci preparavamo andavamo in ospedale, poi tornavamo a casa, vivendo una vita piuttosto pesante.
Quel giorno eravamo esausti così tornammo a casa più presto. Cenammo molto prima del solito, cosa che mi agitò parecchio.
 

ma sono giorni lenti che non passano,
ma sono notti brevi che tagliano,
mi sogno le parole che sono belle
ma solo le bugie sotto la pelle.




‘B, non assaggi niente?’ domandò Serena. Sapevo come sarebbe andata a finire se avessi cominciato a mangiare. Avrei divorato gli avanzi o tutto ciò che potesse entrare nel mio stomaco fino a vomitare, ma in questo caso non potevo fingere … erano tutti qua. ‘Non ho fame…’ dissi abbassando gli occhi . Chuck poggiò una mano sulla mia gamba , accarezzandola dolcemente . ‘Blair… tuo padre non vorrebbe vederti morire di fame’ disse Roman ignorando il mio problema. Chuck mandò giù un boccone di pasta al sugo, poi si pulì le labbra e si alzò prendendomi per mano . ‘Spero possiate scusarci…’ pronunciò con voce calda , fece un occhiolino a Serena , Roman acconsentì e mi trascinò in corridoio.
 

Il resto non lo so neanch’io,
il resto non lo so nemmeno io.
Ma ghiaccio e acqua, ghiaccio e acqua mi bastano…


‘Blair che succede? Non puoi ricaderci!’ non parlavo, ero concentrata con lo sguardo fisso sulle mie scarpe, almeno fin quando Chuck non mi costrinse a guardarlo negl’occhi ‘Ascolta, sono venuto da New York per sostenerti, non per vederti in un ammasso di cenere. Andiamo a tavola, mangi qualcosa e se dovessi cominciare a ingozzarti ti porterò via e ti terrò d’occhio.’ Annuii poco convinta e seguii il suo consiglio. Mi sedetti a tavola e cominciai a mangiare . Non so dire bene cosa mi prendesse, quando ingerivo qualcosa, ma era come un tunnel senza uscita .


Ma ghiaccio e acqua ghiaccio e acqua mi cullano
dove non sei,come un abbraccio lungo e gelido
che brucia 
però nell’acqua
il ghiaccio mi dimentico.

 
Dopo aver mangiato il secondo Chuck mi fece segno di smetterla. Lo ascoltai decisamente contro voglia, desideravo a tutti i costi i numerosi dessert, le fragole, le ciliegie e tutta l’altra frutta che il maggiordomo accuratamente aveva scelto per noi. Notai che nessuno mangiava spinto dalla fame, ma che erano tutti lì per passare del tempo, per cercare di pensare a qualcos’altro… Serena delicatamente prendeva di tanto in tanto una fragola per mangiarla lentamente, Chuck aveva preso una fetta di torta che restò nel piatto per metà, Roman e Michelle dividevano un piatto di frutta. Il tutto avveniva così lentamente, mentre discutevano sugli argomenti più futili. Cominciavo ad impazzire, niente di ciò che dicevano riusciva ad attirare la mia attenzione, cominciai a sentire il respiro diventare sempre più affannoso , il cuore battere sempre più forte. Volevo scappare.
 

Più non mi vedi più mi nascondo,
finché mi mangia il mondo…

La cena finì dopo poco e quando salimmo in stanza mi gettai sul letto abbracciando un cuscino.
‘Come va?’ Mi chiese Chuck… alzai le spalle ‘va..’ si sedette accanto a me e mi accarezzò la schiena. ‘Serena è ancora in salotto con Roman… posso lasciarti qualche minuto? Ho bisogno di una doccia’ mi disse quasi sentendosi in colpa , lo tranquillizzai annuendo e lo lasciai andare in bagno. Contrariamente a ciò che la mia testa diceva, corsi in cucina con passo leggero e cominciai a mangiare tutto ciò che mi capitava sotto gli occhi.  Dopo qualche minuto ero punto a capo consapevole di dover fare per l’ennesima volta ciò che non dovevo.
Aprii l’acqua del bagno lasciandola scorrere, mi chinai verso il water e con l’aiuto delle dita , cacciai fuori tutto ciò che avevo appena finito di ingoiare. Spinsi fuori l’impossibile , e alla fine stanca e senza forze, persi i sensi.

 
per te diventerò invisibile così sarò
sarò come mi vuoi,

__________

Chuck Bass, scese le scale velocemente entrando nel salone agitato. ‘Serena … Blair?’ Erano ormai passati una quindicina di minuti da quando l’aveva lasciata nella sua camera. ‘Chuck è salita con te!’ Esclamò la bionda confusa ‘Non ti è arrivato il messaggio che ti ho mandato?’ Serena spalancò gli occhi ,chiuse il libro che stava leggendo comodamente sul divano , scosse la testa agitata e sbattendo le lunghe ciglia pronunciò  ‘Mi dispiace ho lasciato il telefono di sopra!’ Rispose sconcertata. I due si guardarono consapevoli di cosa potesse aspettarli …
Serena si alzò di scattò ‘Chuck di qui non è passata…’ disse lentamente cercando di ricordarsi tutti i momenti di quei lunghi quindici minuti ‘il problema è che per andare in cucina non c’è bisogno di entrare qui…’ Serena sospirò e corsero insieme verso i fornelli. Spalancarono le porte ‘Blair, Blair’chiamarono senza ricevere risposta. Dove poteva essere? Si domandavano. ‘Shhh…’ esclamò il moro. ‘Senti l’acqua…?!’ Serena ricordava bene il modo in cui la sua amica cercava inutilmente di nascondere i suoi gesti. Una Blair molto più giovane ricorreva spesso all’acqua per non far sentire i suoi sforzi di vomito. ‘oh, no!’ Corse verso il bagno seguita da Chuck, ‘B?B?’ La chiamava senza ricevere risposta. ‘oddio… Blair apri questa porta!’ Chuck imprecava inutilmente contro la porta di legno , laccata di bianco. ‘Non risponde Chuck, deve essere successo qualcosa…’ Chuck la prese per i fianchi spostandola leggermente,l’allontanò per poi aprire quella porta con la forza della spalla. Entrambi si spaventarono moltissimo alla vista della ragazza stesa sul pavimento freddo. Le gambe erano piegate verso destra, la testa nella stessa direzione . Una mano sulle labbra mentre l’altra era poggiata sul ventre. I suoi capelli scuri, accuratamente tenuti fermi da un cerchietto candido, erano dispersi sul chiarore del pavimento. ‘Blair, ti prego rispondimi.’ Chiedeva la ragazza in preda al panico. Il moro molto più lucido, prese un’ asciugamano , la piegò frettolosamente e con l’aiuto dell’amica posizionò quell’insolito cuscino sotto la testa della ragazza. ‘Prendi qualcosa e bagnalo con l’acqua fredda’ pronunciò fra i denti a Serena. La ragazza con le lacrime agli occhi eseguì i consigli dell’amico, mentre lui sfilò le scarpe a Blair e gli alzò le gambe. ‘Andiamo Blair…’ parlava in un sussurro Chuck, prese le stoffe inzuppate d’acqua e rinfrescando le mani della ragazza notò i segni che lei stessa si era provocata con i denti per vomitare. La bionda prese dell’acqua e zucchero e poi mentre Chuck le teneva la testa, tremante appoggiò il vetro sulle labbra dell’amica. Dopo qualche istante la mora aprì gli occhi. I due sospirarono, mentre quella ragazza tutta forza e coraggio si sbriciolava sotto i loro occhi.
_________________________
 Ricordo vagamente quei momenti di perplessità. Quando riaprii gli occhi mi ritrovai distesa sul pavimento freddo con il viso bagnato dall’acqua , le gambe poggiate sulla vasca da bagno e l’umidità che cominciava ad infreddolirmi le braccia.
Chuck mi trascinò lentamente sul suo corpo facendomi appoggiare con la schiena sul suo petto e di conseguenza lasciando cadere le mie gambe sul pavimento.
Scoppiai in un pianto liberatorio mentre mi lasciavo stringere dalle braccia di Chuck che dolcemente baciava i miei capelli ‘Finirà presto , B.’ La voce della mia amica mi appariva tanto lontana, mi prese una mano , mentre ormai piangevamo sconvolti tutti e tre.
Ricordo quei momenti come se fossi racchiusa in una bolla d’aria, in un mondo parallelo , dove riuscivo a vedere a sentire, ma non capivo cosa mi dicessero o mi indicassero. Ci arrivavo qualche istante dopo, era decisamente molto strano.
Chuck si staccò per qualche istante dal mio corpo rialzandosi dal pavimento , per poi prendermi fra le braccia e portarmi con lui nella mia stanza, sedendosi sul mio letto. Mi stringevo al suo corpo, tenendomi al suo collo fermamente. Nascosi il mio viso nell’incavo del suo collo, mentre continuavo a piangere lacrime di paura e incertezza. ‘Vi lascio soli… quando vuoi sono in salotto’ mi disse dopo una carezza tra i miei capelli e un bacio sulla spalla. Afferrò il suo cellulare dal mio comodino e uscì dalla stanza.
Sciogliemmo quella posizione solo molto tempo dopo. Mi sentivo al sicuro tra le sue braccia e allo stesso tempo sentivo il peso della sua delusione, proprio per questo non riuscivo a parlargli.
‘Scusami Chuck, non ce l’ho fatta’ dissi guardandolo negl’occhi. Eravamo cosi vicini da sentire il suo respiro confondersi con il mio. ‘Non devi scusarti con me, Blair… ma con te stessa’ pronunciò quelle parole con gli occhi fissi nei miei. Staccò le mie braccia dal suo corpo, mi diede un bacio sulla fronte e si alzò, lasciandomi sorpresa sul copriletto di seta. ‘Non andare via…’ dissi impaurita , scosse la testa ‘scusa ho bisogno d’aria’disse fugace, poi uscì dalla mia stanza. Mi asciugai le lacrime e mandai un messaggio a Serena – ho bisogno di te… Sali -  la vidi entrare circa due minuti dopo ‘Cos’ha Chuck? L’ho visto uscire sul terrazzo.’ Si avvicinò a me, mentre restavo in piedi di fronte alla finestra che dava su una Parigi nuvolosa. ‘Credo che ce l’abbia con me per ciò che è successo prima…’ Serena sospirò ‘mi odieresti se ti dicessi che anch’io ce l’ho con te?’ quelle parole arrivarono dritte al cuore, ferendolo. Mi girai di scatto ‘Non riesco a controllarlo , ed è come impazzire. Cerco in tutti i modi di non farlo, ma puntualmente è come un’esigenza che non posso ignorare! Mi fa così male sapere che vi faccio del male.’ Ero crollata, io Blair Waldorf avevo perso la mia sicurezza, la mia sfacciataggine. ‘Come ci sei ricaduta?!’La voce di Chuck mi fece sobbalzare mentre Serena si voltò verso di lui … ‘Non lo so di preciso, ma ultimamente mi sentivo persa ed era come l’unica cosa che potessi controllare…’ innocentemente confessai. ‘Ora è diventata quella meno gestibile invece..’ affermo Serena come se fosse una cosa ovvia e scontata ‘… ho perso tutto, io non ho più niente e nessuno per vivere il mio tempo. Mi sento sospesa nell’aria ad aspettare che la mia vita faccia il suo corso senza poter decidere su niente, senza poter influire su nulla…’ abbassai lo sguardo

così non sarà colpa mia,
così non sarà solo colpa mia.


‘Blair , non mi hai perso’ ‘B, non mi hai perso’, pronunciarono in coro, manco si fossero messi d’accordo. Li guardai ‘siamo qui e nonostante i nostri rapporti disastrati, ti vogliamo bene e ti siamo vicino…’ Serena parlò ricercando le parole per paura di dire qualcosa di sbagliato. ‘Ascolta Blair, ora siamo qui , ma quando torneremo a New York devi promettermi di tornare dal dottor . Smith’ ribatté Chuck, facendo riferimento al mio vecchio psicologo. Annuii promettendogli qualcosa che non mi andava proprio di fare.
Quella serata fu molto lunga, ci furono troppi momenti di pressione e questo ci spinse a chiudere le luci e ad addormentarci.
 Serena e Chuck aveva i loro letti, la casa era grande e c’erano abbastanza letti da ospitare famiglie intere.
Sola e tremante decisi di alzarmi e di fare irruzione in una camera non distante dalla mia, dove avrei dovuto trovare Chuck.

Ma ghiaccio e acqua,ghiaccio e acqua mi bastano,
ma ghiaccio e acqua ghiaccio e acqua mi cullano


Aspettai sulla soglia qualche istante nella speranza che fosse sveglio e mi vedesse, ma ciò non accadde. Così mi avvicinai al letto e mi piegai sulle ginocchia… ‘Chuck…’ sussurrai vicino al suo viso … si risvegliò senza troppi problemi , aprì gli occhi e poi assunse un espressione interrogativa ‘Blair che ci fai qua?’ Cercai di evitare le lacrime , non né potevo più di piangere. ‘Aiutami…’ lui capì che mi riferivo alla mia bulimia e così per evitare altri episodi come quelli della sera appena trascorsa, mi fece segno di infilarmi nel suo letto. Occhi negl’occhi, mani intrecciate, corpi troppo vicini. Mi baciò una mano , mentre io fremevo ad ogni suo tocco. I suoi occhi si posarono sulle mie labbra e io ero incredula su ciò che stava per accadere.
 

quando non sei come un abbraccio lungo e gelido
che brucia però nell’acqua il ghiaccio mi dimentico.

 
Le nostre labbra si sfiorarono per poi spingersi le une verso le altre, contemporaneamente le aprimmo come in un gioco conosciuto perfettamente, e lasciammo che le nostre lingue si incontrassero, intrecciassero, danzassero passionalmente come erano solite fare.
Quel baciò durò a lungo, con un costante desiderarsi. Le sue mani correvano frenetiche sulla mia pelle facendomi rabbrividire come soltanto lui ne era capace. Quando ci staccammo per riprendere fiato accarezzandomi una spalla parlò intensamente ‘cerca di non farlo più, ti amo Blair e non riesco a vivere con la paura di poterti perdere…’ mi commosse inaspettatamente e mentre lottavo per tenere l’ennesima lacrima al suo posto e riacquisire la mia forza , mi lasciò un altro bacio sulle labbra. Poi mi trascinò con lui , facendomi appoggiare la testa sul suo petto. Le sue carezze erano dolci e al tempo stesso passionali. Mi addormentai ancora una volta fra le sue braccia , ma con la consapevolezza di avere ancora il suo amore.

Ps. la canzone inserita è bellissima si chiama 'Acqua e Ghiaccio' è di Emma Marrone. E' una canzone sui disturbi metali e alimentari... dedicata in particolare all'anoressia, ma le parole si addicono anche a una depressione, alla nevrosi o alla bulimia come in questo caso.Vi consiglio di ascoltarla.

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Capitolo 5
*** Cosa resterà di quegl'anni innocenti? ***


 Ciao ragazze eccomi tornata. Scusate dell'assenza ma dovevo lavorare -.-'
Vi lascio questo capitolo abbastanza lungo sperando che vi piaccia ^_^
Un bacione a tutte le lettrici, in particolare alle ragazze che hanno recensito , grazie di vero cuore.



Through the darkness and good times 
Attraverso il buio e i bei momenti.

 
Aprii gli occhi ancora frastornata dal sonno. Mi ritrovai avvolta dalle braccia di Chuck, che come la sera precedente ci eravamo addormentati così mi cingevano ancora. Sorrisi e alzai lo sguardo per guardarlo in volto, era già sveglio. ‘Buongiorno…’ mi disse specchiando i suoi occhi nei miei. ‘Buongiorno Chuck…’ replicai, poggiandomi su di un gomito.
‘Hai dormito bene?’ mi chiese per assicurarsi del mio stato fisico ‘Si..molto’ risposi vaga.
Seguì un periodo di silenzio imbarazzante che venne prontamente interrotto dalla voce di Serena.
‘Chuck, hai visto…’ si interruppe ‘Blair?’ Disse vedendomi . ‘Ehy’ continuò sorridendo ‘ ti cercavo perché è arrivata una chiamata dall’ospedale.. dice che tuo padre ha fatto lievi miglioramenti e i dottori ancora non riescono a capire come sia potuto succedere…’ Sconvolta e senza capire se essere felice, rimasi immobile mentre il cuore mi scoppiava nel petto . ‘B? Non hai capito?’ Chuck mi strinse mentre Serena avanzava per raggiungerci… ‘tuo padre sta guarendo’ Mi sorridevano con gli occhi commossi e felici… realizzai di li a poco e sospirando lasciai spazio all’emozione che mi fece sorridere e commuovere contemporaneamente . ‘Devo andare da lui…voi venite con me?’
Annuirono insieme e veloci ci andammo a preparare nella speranza di una guarigione miracolosa.
Arrivammo in ospedale mai più felici di esserci. Corsi verso un dottore ‘ Mi scusi sono la figlia di Harold Waldorf…posso vedere mio padre?’ Chiesi frettolosamente. ‘Signorina aspetti qui la faccio chiamare dal caporeparto.’ Lo vidi sparire tra le vetrate dell’ospedale.
Frenetica camminavo su e giù per il corridoio , mentre Chuck e Serena se ne stavano tranquillamente sulle sedie dell’ospedale. Roman era venuto questa mattina ed ora aveva deciso di scendere al bar a prendere un thè. Chuck messaggiava con Nate come era solito fare e questo interruppe il silenzio. ‘Blair… Nathaniel mi ha lasciato un messaggio per te…’ mi avvicinai sedendomi al suo fianco e gli sfilai il cellulare dalla sua mano. – Dì a Blair che le sono vicino, vedrai che tutto si sistemerà-  lessi quel breve messaggio con il sorriso sulle labbra. Mi faceva piacere sapere che anche Nate dall’altra parte del mondo mi voleva sostenere… così risposi al messaggio – Nate sono Blair… ti ringrazio moltissimo, spero tanto che tu abbia ragione- Sorrisi a Chuck restituendogli il cellulare , una voce interruppe i nostri sguardi. ‘Signorina Waldorf, può vedere suo padre se vuole.’ Mi alzai di scatto e seguii il dottore lasciando Chuck e Serena nella sala d’aspetto. Il corridoio mi apparve improvvisamente molto lungo, ogni passo era come un viaggio infinito. Arrivai alla porta della camera che ospitava mio padre da ormai giorni e lentamente l’aprii.
Entrai in quell’ambiente formale che gelava il cuore a tutti i suoi ospiti. Mio padre era disteso sul letto con i lavaggi al braccio e bende sul viso. Mi avvicinai rompendo quel silenzio con i miei tacchi, mi sedetti sulla sedia accanto al letto e respirai profondamente. Gli presi una mano e come se lui potesse sentirmi iniziai a parlare lentamente. ‘Ciao papà. Non è per niente facile vederti così… disteso sul letto, incapace di poterti muovere. Questa mattina quando Serena mi ha detto che avevi fatto dei miglioramenti.. avevo il cuore che mi scoppiava nel petto, ma ho fatto di tutto per cercare di non illudermi, non vorrei essere in futuro più delusa di così’ mi fermai mentre le immagini di un anno prima tornano a tormentare la mia mente. Un altro incidente dove la vittima non era mio padre, ma Chuck o meglio me e Chuck. Ricordo perfettamente il terrore di quegl’attimi che portarono via anche il mio bambino. Per salvare Chuck feci un patto con Dio. Un patto che Serena mi ha sempre rimproverato di rispettare, non ci credeva, eppure in quel momento per me era l’unica cosa sensata alla quale credere. Un patto che ha rovinato tutto l’anno appena trascorso. Le lacrime a mia insaputa cominciarono a venir fuori, ricordavo lo schianto della limousine, ricordavo il dolore fisico e morale. E al pensare che stavo rivivendo tutto ciò e di vedere mio padre soffrire in quel modo era come morire due volte.
‘Sai…’ continuai accarezzandogli la fronte. ‘Perdere te poco più di sei anni fa… quando sei andato via con Roman, mi ha fatto impazzire. Ti volevo al mio fianco, come quando era ancora una bambina. Mi piacerebbe tanto tornare indietro era tutto così semplice allora… sedermi la sera sulle tue gambe e raccontarti la mia giornata. Passare il Natale tra cioccolata e coccole. Essere la tua principessina… all’epoca era come un sogno, quanto darei per tornare a poco prima dell’adolescenza.
E’ tutto così complicato.. discuto con la mamma, non riesco a ristabilire un rapporto con Chuck, non capisco cos’ha da nascondermi Serena, da sentirla distante come se non fosse lei. In questo periodo a causa di questa situazione sembra essersi ristabilito l’ordine, ma io so che in realtà non è così. Vorrei tornare bambina quando l’unico problema erano i vestiti e la scuola. Un periodo dove un piccolo Bass disturbava i miei comportamenti da principessina, dove non riuscivo a litigare con Serena, un periodo dove Nate era un principe nella mia fantasia.’ Sorrido consapevole che quegl’anni non torneranno mai. Anni di spensieratezza e tanta, troppa innocenza.
Mi asciugo le lacrime ricominciando a parlare ‘ Ricordo che eri il mio eroe, il mio re. Dove sei papà? Torna per favore… ora come allora io ho bisogno di te. Roman dice che sono una donna coraggiosa, non sa che in realtà sto lentamente morendo dentro. Rivoglio la mia vita , e tu devi continuare a farne parte.’Mi alzai non ce la facevo più a restare in quella stanza dove gli unici suoni erano i battiti del cuore di mio padre segnati dall’apparecchio al suo fianco. Raggiunsi velocemente la porta e prima di andare mi voltai verso di lui… ‘Ti voglio bene’. Poi uscii, mi asciugai il viso cercando di ricompormi e di assumere un viso non troppo segnato dal pianto. Mi incamminai verso quella sala dove sapevo che almeno quattro occhi sarebbero stati puntati su di me. Arrivai di fronte a loro che avrebbero voluto sapere cosa avevo fatto in quei lunghissimi minuti rinchiusa in quella stanza , ma deludendo le loro aspettative dissi soltanto ‘torniamo a casa?’ mi guardarono sconvolti mentre i miei occhi bruciavano ancora di lacrime salate. ‘Vuoi tornare più tardi?’ mi chiese Serena interrompendo quell’aria di confusione ‘No, voglio tornare a New York.’ Dissi consapevole di farmi del male da sola. ‘Blair , ma ti sei impazzita… tu hai bisogno di restare qui… hai bisogno di tuo padre…’ disse Chuck leggendomi dentro come riusciva soltanto lui a fare ‘E se non dovesse svegliarsi?’ cominciai agitandomi e gesticolando ‘ che faremo? Rimarremo qui per sempre? Amo mio padre, ma ho paura di perderlo e non vorrei esserci quando sarà il momento di dirgli addio.’ Risposi esplodendo in una marea di sussulti. Ero convinta che ormai non ci sarebbe stato più niente da fare. Chuck fece scivolare le sue mani sulle mie spalle fino alle braccia , bloccandomi ferramente in quella presa comincio a parlarmi ‘Blair… non partire già sconfitta e non puoi mancare in qualsiasi caso… ti ricordi ? Io scappai.. ma non è così che funziona, dovresti ricordarti le cose che mi dicevi, valgono anche per te… tu sei forte Blair’ lo interruppi frenetica e agitata ‘ non sono forte , non sono coraggiosa! Non sono niente di tutto ciò che pensate di me. Io non ce la faccio e nessuno può impedirmi di scappare’ gli urlai contro inconsapevole di fargli del male… mi allontanai gesticolando . Ero così quando mi si diceva qualcosa che sapevo, ma che non volevo ammettere scappavo e allontanavo chiunque si azzardasse a farmi ascoltare la voce dentro di me. ‘Bene allora tornatene a  Manhattan, pensa a te stessa fai gli errori di una bambina… comportandoti come tale.’ La sua voce dura mi fece saltare i nervi ‘io non sono una bambina, ma vorrei tanto tornarci ad esserlo sai? E’ proprio su questo , l’ultimo discorso a mio padre. Cos’hai Chuck perché ti è così difficile credermi? Hai così tanta paura che ormai il tuo amore per me non conta più niente e come me anche tu sei tornato negl’errori del passato! Ti ho fatto del male è vero, ma io ti ricordo che i nostri più grandi problemi sono cominciati quando mi hai scambiato con un Hotel qualche anno fa. E tu?’ mi voltai verso Serena cominciando a gesticolare contro di lei ‘Perché ti nascondi da me? Eri l’unica che riusciva a fidarsi cecamente di me anche quando ci siamo fatte le peggio cose… ed ora non so nemmeno perché sei sparita, com’è che sei tornata?Tu sparisci mi stravolgi la vita e poi ritorni, sembri farlo apposta. Vedete? Niente più è come prima… mio padre sta morendo, mia madre è dall’altra parte del mondo, non c’è Dorota qui con me che mi possa aiutare. Ho perso Dan che voi ci crediate o no è stato un buon amico in quest’ultimo periodo per me. Sono passata da Queen B, a principessa di Monaco, da possedente di un castello a vagabonda in cerca di un nascondiglio. Quando ho capito che sarei ricaduta nella bulimia, sapevo di non potermi fermare, sapevo di non poter contare su nessuno di voi, sapevo di essere veramente sola e che quell’atteggiamento compulsivo che ancora mi tormenta non avrei saputo come fare per impedirgli di sconvolgermi nuovamente la vita’
‘Questo è tutto?’ disse Chuck con eccessiva rabbia. Non comprendendo ciò che volesse intendere non spiaccicai parola. ‘ Io vado via…’ fece per andarsene, ma la voce di Serena lo bloccò ‘ Non farlo Chuck! Una volta mi dicesti che non ti sei mai perdonato di aver rinunciato a voi… non farlo, lei non l’ha mai fatto anche se i suoi gesti facevano intendere altro.’ La sua voce era confusa tra dolore, lacrime e colpevolezza. ‘ E cosa dovrei fare? Restare a guardare come la persona che amo più di tutta la mia vita distrugga la sua? No, non ci sto.’ Le lacrime scendevano, contribuendo ad aumentare il rossore sul mio viso provocato dalle parole di Chuck. ‘Allora non permettergli di farlo…’ Serena era stranamente dalla mia parte nonostante ciò che le avevo appena detto. Era ritornata quella Serena che il giorno del mio matrimonio con Louis per non far ricadere la colpa su Chuck e farci tornare insieme, si prese la colpa di aver mandato un video a Gossip Girl senza averlo mai fatto.
E la guardavo mentre cercava lo sguardo di Chuck. Ero distrutta dal dolore. Tutto ciò che cercavo di volta in volta di allontanare era esploso tutto in un colpo solo. Ero immobile nel mio vestitino blu con il cerchietto in tono per fermare i capelli che non avevo avuto il tempo di riordinare come ero solita fare.
La nostra accesa discussione venne improvvisamente interrotta dal caporeparto. ‘Ma che vi siete impazziti signori questo è un ospedale, non un mercato! Abbassate la voce o sarò costretta a cacciarvi via.’ Poi con il suo camice bianco si allontanò nel corridoio. Ci allontanammo leggermente e ancora una volta Serena ricominciò a parlare con voce più bassa. ‘Davvero non capite? Voi siete destinati a stare insieme. Qualsiasi cosa accada voi, non riuscite a starvi lontano. Perché vi amate. E l’amore per quanto sia influenzato dalla ragione è sempre più forte.
Chuck… tu sei il suo unico amore, vero amico, l’unica persona per la quale potrebbe rinunciare a tutto il resto, al suo mondo. Non permettete ancora una volta alla vita di far ciò che vuole, per una volta siate voi i protagonisti del vostro destino e vivete insieme il vostro futuro. È da sempre stato così e sempre lo sarà!’ prese la mia mano e fece lo stesso con Chuck. Era cambiata S, non sembrava nemmeno più lei. Volevo tanto cercare di capire cosa nascondeva. E come se mi leggesse nella mente continuò a parlare. ‘Un giorno ti farò capire tutto… per adesso concentrati sulla tua vita, che è tutta nelle tue mani, o quasi.’ Sorrise , smorzando la tensione che avevamo da poco creato. Guardavo le nostre mani che Serena aveva fatto incontrare… giocavano come la sera precedente accarezzandosi. Un brivido partito dalla bassa schiena venne troncato sul nascere dalla voce di Roman ‘ Blair… tuo padre si è svegliato!’ Disse frenetico con le lacrime agli occhi. Sentii improvvisamente il respiro divenire più corto, le lacrime venir fuori felici di esistere accompagnando un sorriso debole, ma sincero. ‘Non stai scherzando vero?’ Chiesi innocentemente avvicinandomi a lui . ‘No, tesoro non potrei mai scherzare su una cosa così…’ Sorrisi asciugando le lacrime sul viso. Mi girai verso i miei amici e li vidi commuoversi felici per me… ‘Vai Blair… ti aspettiamo qui.’ Chuck mi spinse a percorrere il corridoio per andare da mio padre… lo feci allontanandomi da loro sorridendogli.
Arrivai facendo irruzione nella camera. ‘Papà..’ la mia voce doveva apparire molto lieve, dato che neanche io riuscivo a sentirla chiaramente. ‘Ciao, tesoro…’ mi avvicinai al suo lettino, mentre notavo che gli aggeggi al suo fianco erano chiaramente diminuiti. Non aveva una bella cera, sembrava stanco e dolorante. Le occhiaie viola, il labbro inferiore ancora ferito. Lo abbracciai istintivamente cercando di non provocargli dolore. ‘ La mia orsetta!’ Da sempre gli piaceva chiamarmi così, i ricordi ritornarono a viaggiare liberi nella mente e un sorriso si dipinse sul mio volto. ‘ Non sai che spavento…’ gli dissi sedendomi accanto a lui. ‘Mi dispiace tesoro, non volevo farti star male…’ ancora incredula di riaverlo qui con me, gli strinsi una mano mentre una lacrima che non voleva sentir ragione di restare al suo posto, percorse la mia guancia rosea. ‘Non piangere Blair… andrà tutto bene vedrai.’ Annuii, in effetti la mia più grande preoccupazione stava pian piano svanendo facendomi tornare il sorriso.
Credo che con gli anni odierò la Francia. Nella mia vita ha portato solo disastri.
‘Guarda lì….’ Mi disse indicando il vetro della camera. C’erano Roman, Serena e Chuck. ‘Credici Blair, loro ti amano… guardali, sono in lacrime per te.’ Mi disse come se ricordasse ciò che gli avevo detto qualche minuto prima . ‘Tu ricordi cosa ti ho detto prima?’ mi sorrise mentre le mie domande cominciavano ad essere strane. ‘ Non lo so… so solo che hai paura che la tua vita sia un disastro, ma con amici come loro non può esserlo, dai tempo al tempo.’ Sorrisi anche io, mentre capii che probabilmente inconsciamente  ricordava cosa gli avevo detto prima. ‘Papà… ho bisogno di te… presto tornerò a New York, ti prego vieni più spesso’ mi sorrise annuendo, ‘ te lo prometto principessa. Tu promettimi invece di non lasciarti andare, torna ad essere quella ragazza forte che tutti conosciamo. Blair, devi reagire e vedrai se sorridi alla vita anch’essa ti sorriderà’ ricordo perfettamente quelle parole, quand’ero bambina non faceva che ripetermele ogni sera prima di lasciarmi un candido bacio e rimboccarmi le coperte. Avevo un rapporto speciale con mio padre, un rapporto che ha interrotto bruscamente, andando via. ‘Te lo prometto!’ Pronunciai accarezzandogli un braccio. ‘Ora esco faccio entrare Roman…’Mi diede un bacio sulla fronte e mi lasciò uscire dalla camera. ‘Roman… è il tuo turno, papà ti aspetta’ dissi al modello che mi guardava con occhi felici. Lasciai entrare Roman e mi tuffai letteralmente tra le braccia di Chuck ‘mi dispiace…’ dissi alludendo a tutto quanto. Serena mi afferrò una mano e mi trascinò al suo fianco per abbracciarmi ‘Oh B, sono tanto felice per te…’ li guardai e lasciai che i nostri occhi parlassero per noi.
Quella giornata fu un nuovo inizio. Un nuovo inizio che si prospettava meno turbolento del periodo appena trascorso. Quella sera tornai a casa molto meno agitata , più tranquilla e solare.
‘Chuck…’ mi avvicinai al ragazzo tenebroso qual’era sempre stato. Seduto sul divano sorseggiava del liquore. Mi piegai sulle ginocchia accarezzandogli le gambe. ‘Non voglio perderti. Sono stata pessima in questi giorni, è vero. Ma io so che tu puoi capirmi…’ i suoi occhi erano specchi per i miei , mentre le mie mani cercavano a tutti i costi un contatto con lui. ‘Perdere mio padre sarebbe stato come perdere una parte importante di me… quella forte e coraggiosa, quella solare e complessa della quale sei sempre stato affascinato. Scusami per tutto quanto…’ mi alzai riaggiustandomi il vestitino che si era leggermente alzato sui fianchi. Feci per andar via, ma mi bloccò per il polso. ‘Resta…’ disse soltanto questo mi abbracciò facendomi sospirare. Poi mi trascinò con lui sulla poltrona… non successe niente , non ci furono baci, ma cominciammo a parlare di tutto, a raccontarci quanto ci eravamo persi l’uno dell’altro e non importava se facesse male, l’importante adesso era riappropriarci della nostra intimità, di ciò che era sempre stato nostro.
Parlammo di Dan , di Louis, dei suoi affari, dei problemi con Bart, di tutte le sue falsi madri. Ogni tanto parlavamo di Nate, di Serena… e ancora ci domandammo cosa avesse da nascondere. Era come tornare anni indietro in quei momenti dove non c’erano segreti e la vita era condivisa in due. Chissà forse pian piano saremmo ritornati quelli di una volta. Con i nostri giochi, le nostre manie e con tutto l’amore incontenibile e passionale che ci contraddistingueva.   

xoxo Raffy240 

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Capitolo 6
*** Messaggio misterioso ***


Buongiorno mie care lettrici. ^_^
Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo la mia storia, a chi l'ha messa tra i preferiti e a chi recensisce !!!
Vi lascio questo capito, e come sempre spero che vi piaccia !!
L'ho scritto ieri notte quindi scusatemi se qualcosa non quadra XD
Ovviamente sono graditissime le recensioni è veramente una consolazione leggere le parole di chi legge :)
Un bacione a tutte e grazie ancora.



I knew I'd make it through …
And the world thought I'd had it all 
 
Sapevo che avrei potuto realizzarlo…
e il mondo credeva che io avessi tutto ormai

 
Dopo il risveglio di mio padre , i giorni che seguirono mi apparvero semplici e lineari. Arrivarono in Francia anche mia madre e Cyrus per ridare il benvenuto a mio padre che si era appena affacciato per la seconda volta alla vita.
Tranquillamente aspettammo che mio padre si riprendesse, poi quando fu dimesso decidemmo di tornare a New York.
‘Papà promettimi che verrai tra qualche settimana…’ gli dissi al momenti dei saluti.
‘ Te lo prometto tesoro… nel frattempo abbi cura di te..’ mi sorrise, ed io ricambia lasciandogli un bacio sulla guancia ‘ti voglio bene’ parlai sotto voce ‘anche io orsetta.’ Rispose sincero.
Ci salutammo e ci dirigemmo verso l’aereo che ci avrebbe riportato a casa.
Una volta a New York lasciai andar via Chuck al suo Empire mentre insieme a mia madre e Cyrus io e Serena , tornammo a casa Waldorf.
Lasciai Dorota a disfare le valige , mentre stremata mi abbandonai sul letto a pensare.
Quando ebbe finito seguì la sua sagoma con lo sguardo che lentamente si allontanava verso il corridoio. ‘Dorota… le valige di Serena!’ esclamai in un flebile rimprovero. ‘La signorina Serena mi ha chiesto di lasciar perdere…’ disse alzando le spalle , scossi la testa ‘ok, ok vai..’ la congedai velocemente, poi alzandomi dal letto mi diressi verso la camera della mia amica.
‘Perché non fai disfare le valige a Dorota?’ Chiesi innocentemente. ‘Tranquilla Blair, semplicemente non mi va di vederla fare su e giù per la camera mentre cerco di rilassarmi…’ disse gesticolando come è sua abitudine fare, per poi lasciarsi cadere sul letto. ‘Beh comunque dopo vieni in camera mia, ora dobbiamo pensare a te..’ le dissi sorridendole sincera. Mi voltai per andar via quando la sua voce mi bloccò ‘B, non dimenticarti mai che ti voglio bene’ sorrisi girandomi ‘anche io ti voglio bene’, poi andai via per poter godere di un po’ di pace.
Mi risvegliai qualche ora dopo, scesi in cucina chiedendo a Dorota di prepararmi un thè caldo. Mi sedetti al bancone della mia cucina e sorseggiai lentamente quella miscela di acqua ed erba. ‘Signorina Blair… sua madre mi ha chiesto di farle vedere la nuova collezione, dice che deve prendere le redini dell’azienda!’ ingoiai l’ultimo sorso di thè frettolosamente ‘Non ora Dorota, devo parlare con Serena’ le dissi alzandomi dallo sgabello ed abbandonando la cucina velocemente.
Arrivai in camera sua ‘Eccomi S, allora?’ Varcata la soglia della porta notai però che stavo praticamente parlando da sola. ‘Serena?’ Provai a chiamarla una seconda volta aprendo la porta del bagno e successivamente quella della mia stanza. Non c’era. Scesi velocemente le scale ‘Dorota hai visto Serena? Non riesco a trovarla da nessuna parte.’ Parlai lamentandomi. ‘Mi dispiace signorina Blair , non vedo la sua amica da quando siete arrivate.’ Eppure non c’era di sopra. ‘Di sopra non c’è.’ Riflettei ad alta voce. ‘Non ha avvisato nessuno di essere uscita, dev’essere qui!’ esclamò nuovamente la mia governante, sospirai. ‘E’ un attico Dorota, non il palazzo del principato di Monaco! Se non è qui e non è di sopra allora è uscita. Non c’è problema , parlerò con lei più tardi’ sorrisi arrendendomi per poi congedarmi subito dopo sulle scale di casa Waldorf.
Entrai in camera , intenta a controllare Gossip Girl. Ma sul computer, appoggiato un foglio bianco non mi permise di continuare a pensare alla blogger.

 
-Ciao Blair,
ti sembrerà strano che ti stia scrivendo, ma gli addii non li ho mai sopportati e probabilmente questo lo sarà. Forse un giorno ci rincontreremo e sarò la persona più felice del mondo, per adesso posso soltanto chiederti di perdonarmi, spero che in un futuro non troppo lontano tu possa capire.
Abbi cura di te, sarai sempre la mia famiglia.
Tua S. –

Lessi quel biglietto più volte e capii che era nuovamente andata via. Amareggiata e delusa entrai nella sua camera rendendomi conto che le valige non le aveva disfatte, ma portate con se.
Aprii le ante degli armadi , i cassetti , qualsiasi cosa che mi potesse far credere che fosse ancora nei paraggi. Di lei non c’era traccia!
Mi aveva abbandonata ancora una volta. Era scappata chissà da cosa e mi aveva lasciato qui, da sola ad andare avanti, per l’ennesima volta. Accartocciai quel foglietto che avevo ancora tra le mani e lo lasciai cadere sul pavimento. D’impulso, mi preparai e decisi di uscire. Basta non volevo più pensare a Serena Van der Woodsen, era andata via quando mi aveva chiesto perdono in ginocchio, non volevo più cascarci. ‘Dorota io esco’ urlai vicino all’ascensore che mi avrebbe finalmente portata via da casa. ‘Signorina torna per cena?’ mi domandò premurosa ‘Non lo so, ma stai tranquilla non ho intenzione di mangiare!’ Non ora, questo non era un buon momento per combattere la bulimia.
Fuori l’aria mi sembrava non esserci, non riuscivo a godermi il profumo di un’estate che stava ormai volgendo al termine.
Camminai per non permettere ai miei pensieri di turbarmi ancora, camminai per sfogarmi.
Arrivai a quell’insolito luogo tanto familiare che permetteva ai miei sensi di rilassarsi ogni qual volta volevo, soltanto con un gesto semplice ed altruista, dar da mangiare alle anatre.
Adoravo farlo, fin da bambina insieme a Dorota venivo qui, per poter dar da mangiare a quei pennuti che mi erano così simpatici.
Camminai per l’intero pomeriggio, senza saper dove poter andare una volta finita la voglia di passeggiare. Presi il telefono e con un gesto quasi automatico scrissi un messaggio, destinatario : Chuck Bass.
- Sto venendo da te, sei all’Empire?-
Un messaggio frettoloso che fece fermare i miei tacchi frenetici sull’asfalto, dovevo sapere che direzione prendere. Poco dopo uno squillo mi fece riposare gli occhi sul display dell’I-Phone.
-Si, ti aspetto- poche parole che permisero ancora una volta alle mie gambe di correre sollevate verso un taxi disposto a portarmi all’Hotel. ‘Dove la porto signorina?’ Domandò l’autista ‘Empire’ dissi secca e con il fiato corto. A fine corsa lasciai al ragazzo più soldi del dovuto e salii frettolosamente verso la suite di Chuck e Nate. L’ascensore si aprì con uno squillo definito che avvisò i suoi proprietari del mio arrivo. Avanzai verso il salone. Un solito Chuck sorseggiava il suo Scotch, mentre Nate armeggiava al computer. ‘Ehy Blair, bentornata… come stai?’ disse Nate venendomi in contro ‘Bene Nate, è un sollievo essere qui , senza la paura dei giorni trascorsi..’ guardai un attimo Chuck che ricambiò lo sguardo comprendendomi. ‘Ci credo… sono felice che tutto vada bene è un vero sollievo. Ah, a  proposito di tasselli ritornati al loro posto… dov’è Serena? Non sono ancora riuscita a vederla da quando è tornata!’ esclamò sincero , spegnendo quel sorriso che si era dipinto sul mio volto. ‘Io non so dove sia, e mi dispiace dirlo, ma… non mi interessa’ dissi fingendo un esagerato menefreghismo. Sospirai ‘ ora se vuoi scusarmi Nate avrei bisogno di bere qualcosa è tutto il pomeriggio che sono in giro’ risposi troncando quella conversazione che aveva preso una piega sbagliata. ‘Ok, ci penso io…’ confuso si allontanò dirigendosi in cucina.
‘Sicura di volere solo dell’acqua?’ La voce suadente di Chuck mi porto verso di lui ‘ si, sono sicura Bass.’ Risposi sorridendogli ‘cosa è successo con Serena? Avete discusso ancora? E’ per questo che sei qui?’ Tre domande che avevano bisogno di tre risposte che non corrispondevano a ciò che gli stavo per dire ‘No, è andata via, di nuovo… lasciandomi un misero biglietto confuso, che mi è apparso tanto come una scusa. Non voglio più sentir parlare di lei.’ Affermai decisa continuando a mantenere la stessa posizione di quando ero entrata. ‘ok, va bene…’ si limitò a dire. Si alzò dallo sgabello e mi prese una mano ‘ Se so una cosa di Blair Waldorf è che a tutto può evitare di pensare tranne che a Serena Van der Woodsen’ sottrassi la mia mano dalla sua presa ‘ al diavolo Bass!’ esclamai poco convinta. Girai i tacchi e mi diressi verso la cucina lasciandolo immobile davanti al bancone bar della sua suite ‘Allora questo bicchiere d’acqua?’ Domandai retorica. ‘Nervosetta eh? Scusa una telefonata di lavoro.’ Mi porse il bicchiere di vetro , lo afferrai nevrotica e fingendo di essere tranquilla incominciai a bere. Ritornai in salone ancora con il bicchiere tra le mani. ‘Sicura di non volere altro?’ chiese imperterrito e sarcastico Chuck. ‘Sicurissima, se potete scusarmi… ho bisogno del bagno’ dissi con un sorriso invidiabile. Scappai in bagno, mi sciacqui il viso e mi rifeci il trucco. Mentre dall’altra parte del legno bianco sentivo borbottare parole poco chiare ai miei amici.

Chuck Bass poggiò sul bancone il suo bicchiere ormai vuoto per andarsi a sedere sul morbido divano accanto al suo amico storico . ‘Beh..? Cos’haBlair?’ Chiese Nate cercando una risposta al comportamento apparentemente troppocalmo, ma al tempo stesso nevrotico della mora. ‘Serena è sparita ancora una volta, Blair non ce la fa a reggerlo ancora.’ Nate esibì un espressione confusa ‘ ma non era tornata?!’ Il ragazzo al suo fianco tutto d’un pezzo cercò di spiegargli la situazione ‘ a quanto pare oggi Serena sarebbe andata via , lasciandole un messaggio che l’ha convinta poco, per questo è venuta qui.’ Si alzò dal divano dirigendosi verso la camera da letto, prima di entrarci chiuse la conversazione con l’amico. ‘ Cercherò di far pace nel suo cervello e di capire che fine fa ogni tanto Serena, posso contare su di te?’ chiese conoscendo già la risposta ‘ovviamente si, fammi sapere se hai novità di Serena.’ Chuck annuì per poi sparire dietro il vetro coprente della camera da letto.
 
Continuando la mia recita uscii dal bagno ritrovandomi un Nate disorientato. Mi fece cenno di andare in camera da letto e capii che Chuck era lì. Entrai senza pensarci una seconda volta e mi chiusi la porta alle spalle. ‘ Niente mi dispiace, di Serena non c’è traccia …’ mi disse alzando lo sguardo dal suo computer. ‘Non ho nessuna voglia di pensare a lei… piuttosto posso restare qui questa sera?’ chiesi innocentemente mentre finalmente senza cappotto e borsetta mi muovevo leggera da una parte all’altra della stanza. ‘ Certo che puoi, come mai?’ ‘Perché…’ cominciai a rispondergli mentre si avvicinava a me ‘ non possiamo lasciare le domande a domani? Sono troppo stanca per qualunque cosa adesso’ parlai cambiando quel tono nevrotico e sfacciato della mia voce, in uno molto più pacato e tranquillo. ‘Vieni…’ mi abbracciò calorosamente , senza parlare, senza distanze, senza barriere. Era un abbraccio completamente sincero che mi tranquillizzò parecchio.
Si distaccò poco dopo ‘ Mettiti comoda puoi prendere qualcosa dal mio armadio o vedi se resta qualcosa di tuo o di Serena da qualche parte…’ scossi la testa ‘ok, scusa ma Serena è rimasta molte volte qui e ha lasciato tante volte delle cose , forse c’è ancora qualcosa che puoi mettere!’ parlò per scusarsi di averla nominata… ‘andrà bene una tua maglia’ dissi sorridendo e rassicurandolo che starò bene anche senza un vecchio pigiama mio o di Serena. Mi lasciò un bacio sulla guancia e uscì dalla sua camera. Mi spogliai e indossai la prima t-shirt di Chuck che trovai. Cotone morbido di colore nero. Sorrisi guardando la mia figura allo specchio, ero buffa eppure contrariamente ad ogni aspettativa, mi piaceva indossare quella maglietta. Mi infilai nel letto, ma non riuscii a non pensare a niente come volevo. Così rimasi sveglia per molto a guardare il vetro che ad ogni movimento dei miei amici acquisiva un colore differente. Era facile restare incantata a guardarlo e a lasciare scorrere i pensieri , senza interromperli.
Non so dire quanto tempo passò, ma quando rientrò Chuck fu molto meravigliato nel vedermi ancora sveglia. ‘Che ci fai ancora sveglia, pensavo che dormissi già da ore!’ Presi a sedermi avvolta dalle lenzuola bianche ‘non riesco ad addormentarmi’ dissi sincera. ‘Vuoi che ti prepari una tisana? Un thè?’ scossi la testa alle sue domande premurose, mi alzai andandogli in contro . Le mie mani candide finirono sulle sue spalle mentre poggiai la mia fronte sulla sua. Chuck inaspettatamente assecondò ogni mio gesto. ‘Voglio dormire stretta a te…’ sussurrai con lo sguardo nel suo. Mi prese una mano sorridendomi e mi trascinò sul letto. ‘Come fai?’ Domandò improvvisamente ‘cosa?’ Ribattei confusa. ‘Ad essere così sexy anche con questa maglietta’ sorrisi dandogli uno schiaffetto sulla nuca ‘pensi solo a quello Bass.’ Il suo viso era sempre più vicino al mio mentre il suo corpo era disteso su di me. ‘Non dirmi che non ci stai pensando anche tu’ mi sussurrò con voce calda all’orecchio. Quella voce venne lentamente sostituita dalle sue labbra che baciarono prima il mio orecchio facendomi letteralmente impazzire e poi il collo. Mi abbandonai al suo tocco, che mi provocava brividi uno dietro l’altro. Le sue mani frenetiche finirono sotto la sua stessa maglia, facendo su e giù sulla mia pelle, mi fecero ansimare. Sussultavo al suo tocco, imploravo che non smettesse. Riprendendo il comando mi ritrovai a cavalcioni su di lui, mentre sbottonavo la camicia del suo pigiama di seta.
Chuck continuava ad accarezzare le mie gambe, fin quando non presi a baciare il suo petto. Mi avvicinai al suo volto e con il fiato già corto e le mani già sudate lo baciai. Fu un bacio diverso da qualsiasi altro, di quelli che ti fanno abbandonare la terra. Nessun altro avrebbe mai potuto amarmi allo stesso modo, nessun altro avrebbe mai capito cosa significasse per me questo momento.
Affannata ed eccitata pronunciai debolmente ‘Sei la mia vita Chuck Bass…’ per tutta risposta, quegli attimi interminabili si conclusero con un bacio casto. ‘Ricordi? Io non sono Chuck Bass senza di te!’ Sorrisi tra i sussulti e ripresi a baciarlo nuovamente. La pelle bruciava , il cuore sussultava, le mani vogliose del corpo dell’altro si cercavano, le labbra si stringevano, le lingue si inseguivano, l’amore regnava sovrano nella suite dell’Empire.


xoxo Raffy 240

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Capitolo 7
*** Favola, Dolcezza, Amore. ***


Ciao a tuttiiiii, 
scusate il ritardo miei cari lettori... purtroppo sono stata al mare e poi al lavoro.
Spero tanto che questo capitolo vi piaccia in modo che possa farmi perdonare.
Un bacione e grazie a tutti. 
Aspetto vostre recensioni.


…But I was waiting for you! 

…Ma io stavo aspettando te!

 

Correvo da una parte all’altra dello studio implorando qualsiasi spirito superiore affinché mi aiutasse a terminare in fretta quella collezione autunno- inverno. I capi moda firmati Eleonor Waldorf Designe,dovevano essereufficializzati  prima di cominciare gli scatti che ci avrebbero permesso di realizzare il catalogo che avrebbe finalmente messo sul mercato gli abiti approvati dalla nuova direttrice … me, Blair Waldorf.
Desideravo veramente con tutta me stessa che questa giornata sarebbe giunta velocemente al termine. Avevo bisogno di una doccia e in più quella sera a casa Waldorf sarebbero arrivati i due Parigini della famiglia, Mio padre e Roman.
Scrissi un bigliettino a Sahvanna, la nostra nuova stilista , raccomandandogli di controllare gli ultimi dettagli degli abiti da rifinire e mi allontanai verso l’ascensore che mi avrebbe portata finalmente fuori da quell’istituto.
Sahvanna era una ragazza giovane e brillante ,ancor più piccola di me , ma con un talento eccezionale che quasi mi era difficile da ammettere. Carina e aggraziata , capelli castano chiaro che scivolavano lunghi sulla schiena e un sorriso sincero che la rendeva la persona più piaciuta di Manhattan. Non mi è particolarmente simpatica, ma mia madre mi aveva consigliato di non farle guerra. L’avevo scelta io, ho adorato le sue scelte stilistiche per gli abiti- campioncino che mi aveva fatto vedere al  primo colloquio, era brava, molto brava da fare invidia. La sua estrema dolcezza mi ricordava una quindicenne Jenny Humphrey, quando appena arrivata nell’ Upper East Side, mostrava tranquillamente la sua sfacciata innocenza, desiderosa di voler far carriera nel mondo della moda.
Sahvanna me la ricordava parecchio, era più cresciuta della Humphrey ambiziosa che aveva tormentato la mia tarda adolescenza. Stesso sorriso, stessa ambizione, ma più esperienza, bravura e talento.
Quella ragazza originaria dell’Australia, aveva attraversato mezzo mondo per poter inseguire il suo sogno, arrivando in Italia e apprendendo quanto più potesse durante il suo impiego da stagista, trasformando così una passione in lavoro.
Stanca, ma felice uscii dall’ascensore lasciandomi alle spalle il mondo di Sahvanna McDougal ed entrando nel mio.
Ero felice di tornare a casa, ero felice di rivedere mio padre.
Velocemente mi infilai nella limousine ed aspettai tranquilla che il tragitto volgesse al termine.
Arrivata a casa, corsi nella mia camera per un bagno caldo. Subito dopo indossai un delizioso abitino firmato Vera Wang. In una fantasia floreale, bianco e azzurro si confondevano. Scivolava sul mio corpo la candida seta che svasata dopo il busto mi copriva le gambe per metà. Un nastro cingeva la vita terminando in un fiocco poco definito sulla destra. Scarpe alte e un cerchietto con Swarovski fra i capelli tenuti fermi per metà in una morbida treccia al lato. Ero pronta!
Sorrisi a Dorota che mi aveva aiutata a prepararmi e uscii dalla mia camera da letto.
Scendendo le scale riconobbi immediatamente la voce di mio padre che amorevolmente chiacchierava con Roman, poi interrotta da mia madre. ‘E’ un piacere ospitarvi, Blair è davvero contenta di averti qui Harold’ sorrisi scorgendo le loro figure ‘Grazie mille Eleonor è un piacere essere qui …’ sorrise e si voltò verso di me, probabilmente il rumore dei miei tacchi sul marmo avevano attirato la sua attenzione.
Con un sorriso smagliante, frettolosa scesi le scale e mi fiondai fra le sue braccia ‘Papà..’ dissi con tono ingenuo e sincero di una bambina non più grande di dodici anni. ‘Tesoro… come stai?’
Mi staccai per guardarlo in volto e mentre rispondevo andai a salutare Roman con due baci sulle guancie ‘Bene, non vedevo l’ora di vederti…’ osservando il maglione scuro del modello ripresi a parlare ‘ e di vedere anche te, Roman ovviamente’ mi corressi.
‘Venite ho preparato una serata deliziosa per tutti noi…’ Cyrus con la sua dolcezza ci trascinò in camera da pranzo. Magicamente al posto del solito tavolo lungo era come comparsa una stanza differente. Sembrava di essere in uno di quei film orientali. Risi di gusto compiaciuta. Era adorabile. Pietanze di ogni genere ricoprivano interamente la lunga tavolata sulla parete destra. I fiori adornavano l’intera camera. Le sedie ricoperte di lucido raso setato color pesca e musica leggera che completava l’atmosfera insieme alle luci soffuse. Mio padre si diresse verso le pietanze probabilmente per scegliere cosa gli potesse piacere di più. Cyrus e mia madre invece erano coinvolti in una conversazione al sapore di miele che mi disgustò parecchio. Io da lontano osservavo tutto con ancora un sorriso ebete disegnato sul volto.
‘Allora… sei contenta di averci qui?’ interruppe il mio silenzio Roman. ‘Si, non puoi capire quanto!’ Esclami convinta. ‘Tuo padre non faceva altro che parlare di te in questi giorni…’ confessò sincero. Sorrisi ancora una volta ‘mi fa tanto piacere sentirlo così vicino...’ lo squillo del mio telefono mi fece distrarre dalla conversazione ‘ se puoi scusarmi…’ Roman aprì un braccio con un segno d’approvazione. Mi allontanai di qualche passo e lessi il messaggio sul piccolo desktop, mittente Chuck Bass. – Ancora impegnata nella collezione invernale? Ho letto gossip girl. – sospirai. Da quella magica notte trascorsa insieme,  non siamo riusciti a vederci per più di un’ora consecutiva.
Le nostre agende troppo piene non ci hanno permesso di dedicarci qualche minuto. Probabilmente il suo ho letto gossip girl si riferiva proprio alla serata libera che stavo trascorrendo con i miei e della quale non avevo fatto parola con lui. Stavo per dirigermi verso le scale per trovare un po’ di pace e cercare la risposta, ma il suono dell’ascensore mi fece cambiare direzione.
All’apertura delle porte scorrevoli , vidi quella sagoma fin troppo familiare. ‘Ciao Blair…’ scossi la testa ‘stavo per risponderti al messaggio per dirti..’ ‘per dirmi che non era necessario avvisarmi perché non sono di famiglia?’ mi interruppe lui. Con estrema lucidità e sfacciataggine risposi ‘Bass non è il momento di discutere. C’è mio padre e non voglio rovinare la serata!’ Sorrise ‘Tranquilla Waldorf, non sono qui per discutere , ti ho portato degli amaretti che mi ha mandato un mio presunto amico’ mi sciolsi in un attimo sfoderando il mio sorriso più tenero e seducente al tempo stesso. Sa quanto adoro gli amaretti!‘Oh, buonasera Charles, vuoi unirti a noi ? Mio marito ha fatto organizzare una splendida serata.’ Chuck con la un’espressione vittoriosa accettò senza batter ciglio ‘ Certamente Eleonor mi farebbe molto piacere’ disse baciandogli la mano. Poi insieme ci dirigemmo verso la sala da pranzo e mentre Chuck cominciò una conversazione con mio padre io presi a parlare con mia madre, mangiando un delizioso antipasto. ‘ Allora com’è andata al lavoro…’ Chiese lei curiosa di sapere come volgevano le attività, ora che lei non era al comando. Ingoiai con facilità quel boccone al sapor di prosciutto e olive , dato che la mia bulimia tendeva lentamente a scomparire. ‘ E’ andata bene, domani sarà ufficializzata la collezione, sono molto felice di poter dire di essere la direttrice dell’Eleonor Waldorf Designe!’ Affermai sincera ‘ vedrai lo sarai ancor di più quando alla sfilata di presentazione saranno tutti li ad applaudire. Merito tuo e di Sahvanna’ annuii ‘forse è più merito suo che mio’ le parole traballarono nell’aria ‘Blair, il tuo compito è maggiore di quello della stilista, hai il compito di far funzione il tutto e sei comunque tu ad approvare o buttar via un capo’. Sorrisi… mia madre conosceva molto bene il suo mestiere e le sue parole mi rassicurarono molto.
Con un sorriso malizioso e la voce seducente mi guardò per poi parlare‘C’è qualcuno che ci fissa… e con ci, intendo dire ti’ seguii il suo sguardo incontrando quello di Chuck che avanzava verso di me. Lasciai tra le mani di mia madre il bicchiere con il cocktail che stavo sorseggiando e mi diressi verso di lui. La musica sembrava scandire il ritmo dei nostri passi che velocemente ci fecero incontrare. Senza pronunciare parola si avvicinò appoggiando una mano sul mio fianco e l’altra sulla mia, per poi portarla all’altezza delle spalle per poter ballare. ‘Sei sempre magnifica’ mi sussurrò all’orecchio destro. Una scarica di brividi partirono fino ad arrivare alla schiena. Il suo profumo mi inebriò la mente facendomi cessare di pensare.
‘Anche tu, niente male Bass.’ Sorrisi fingendo di sistemargli il colletto della giacca.
‘ Allora perché non mi hai detto di questa serata libera?’ Esortò lui, che si trovava a questa cena non grazie al mio invito. ‘Lo ammetto è stato un mio errore… troppi impegni, troppa agitazione, mi dispiace’ il suo sorriso sornione mi rendeva nervosa ‘La Waldorf che chiede scusa?! Questa si che è una novità!’ Esclamò più convinto che mai. ‘Smettila Bass o ritratto tutto!’ Ed eccomi tornata. Chuck alzò le mani in segno d’arresa facendomi ridere, riprese poi subito dopo la posizione e finì quell’adorabile danza che avevamo cominciato poco più di due minuti fa.
‘Signori, se possiate scusarmi per l’interruzione vi prego di avvicinarvi…’ la voce di Cyrus ci fece allontanare ed entrambi ci dirigemmo verso il tavolo dove il mio patrigno stava armeggiando con dei calici di Champagne. ‘Io proporrei un brindisi… un brindisi a questa famiglia che ogni giorno ci sorprende. A Harold , alla sua ottima salute, a questa fantastica veloce guarigione… E all’amore, all’amore che ci tiene uniti ogni giorno. Che ci permette di andare avanti anche quando non ce la facciamo più. A voi che come noi…’ disse prendendo la mano di mia madre ‘ cercate di costruirvi un futuro insieme, nella speranza di vivere il resto dei vostri giorni sapendo di poter contare l’uno sull’altra.’ Guardai Chuck, i suoi riflessi nei miei. Il suo sorriso accennato e quel calice tenuto tra le mani da entrambi. ‘ Quindi brindo a noi, a me e a Eleonor, a Harold e Roman, e a voi Blair e Charles..’ Arrossì leggermente e alzai il calice verso Chuck, proprio come quando qualche anno fa al matrimonio di Bart e Lily capii realmente ciò che provavo per lui. Poi lo alzai verso quella famiglia che ancor prima di noi , che non avevamo ancora chiarito la nostra relazione, ci definiva una coppia già consolidata.
***
Stanca, ma felice entrai in camera mia intenta a volermi sfilare il vestito ed indossare il pigiama. Per fortuna però, le mie intenzioni furono frenate da una voce che mi rendeva la ragazza più vulnerabile del pianeta. Avrei fatto di tutto per quella voce, per quegl’occhi, per quel profumo, per lui.
Intenta a guardare il mio riflesso allo specchio, venni interrotta dalla sua voce. ‘Troppo stanca per concedermi ancora qualche minuto?’ Mi chiese sulla soglia della porta. Mi voltai sorridente ‘Beh potrei dirti di  si, ma so che non cambierebbe niente, quindi… entra pure Bass.’ Ironizzai continuando a sorridergli dolcemente. ‘Di un po’…’ mi disse voltandomi di spalle e accarezzando le mie braccia ‘ti aspettavi che venissi? Hai la nuca completamente scoperta…’ disse in sussurro quasi impercettibile, mentre le sue dita accarezzavano la mia pelle lasciata scoperta dai capelli raccolti. Rabbrividii e presi a stringergli una mano… mi lasciai andare un attimo al suo tocco , poi di scatto mi girai verso di lui ‘ Non credi che sia un po’ troppo con tre … dico tre padri e una madre sullo stesso piano dello stesso appartamento?’ rise osservando le mie dita che esplicavano ancora il numero tre.
‘Tranquilla Waldorf… voglio solo farti un po’ impazzire… ero qui per un’altra cosa.’ ‘Ah si?sarebbe?’ affrettai la domanda ‘Domani’ disse lui prendendomi una mano ‘c’è un Party organizzato da mio padre, per le industrie Bass. E’ stata invitata mezza Manhattan. Non ci sarei voluto andare, ma …’ continuò accarezzandomi una guancia ‘se al mio fianco avessi te, sarebbe tutt’altra cosa’ Inarcai un sopracciglio curiosa ‘Cioè come sarebbe?’ Chiesi sinceramente vogliosa di ascoltare la sua risposta ‘ Vieni con me! Dimostreremo al mondo e soprattutto a mio padre che averti al fianco può essere soltanto un beneficio per qualunque essere terrestre’ risi, risi di gioia di una risata poco rumorosa. Le lacrime mi inumidirono gli occhi, ma non vennero fuori.
Forse Chuck Bass mi avrebbe voluto di nuovo al suo fianco e non solo per una festa.
Ricambiò quel mio sguardo sincero e felice. Sorrideva anche lui con la stessa intensità della mia espressione. Lo baciai. Lo baciai tenendolo stretto. Con la mano destra sulla sua nuca e l’altra che stringeva la sua, poggiate delicatamente sul mio seno sinistro. ‘Se tu vuoi io sarò al tuo fianco Chuck Bass.’dissi tenendogli il viso fra le mani, lui le prese e me ne baciò una ‘sarà davvero un piacere Waldorf’.
***
‘Ma non avresti dovuto tenerli legati oggi i capelli?’ scoppiai in una risata ‘ Li legherò più tardi soltanto per te.’ Dissi al suo orecchio.
Eravamo seduti vicino nella sua limousine. Mi teneva la mano e mi guardava di continuo. Era così bello potersi riappropriare di quelle emozioni che sapevo da sempre essere nostre.
Arrivammo a quell’evento qualche minuto dopo. Chuck scese e poi mi prese la mano per farlo fare a me. In poco più di un secondo, ci ritrovammo milioni di occhi puntati su di noi. E subito partirono le foto dagli I-Phone. Cosa dovevano farci? Una sola cosa, mandarle a Gossip girl. ‘Sembra che non ci abbiano mai visto!’ Esclamai infastidita di una scena che avevo già visto milioni e milioni di volte. ‘Sarà colpa del tuo vestito. Ti sta d’incanto’ rispose facendomi sorridere. Dorota mi aveva detto che stavo bene, ma lei lo dice sempre. Il mio abito firmato Eleonor Waldorf  era il mio genere di perfezione ispirato agli anni sessanta. Quel tubino nero con brillanti cuciti sul retro mi stava benissimo. Una fascia mi teneva i capelli impedendogli di cadere sul viso e un tacco alto mi permetteva di poter stare vicino a Chuck senza apparire troppo bassa.‘ Ecco, brava. Sorridi… tu meglio di chiunque altro sai come fregarli.’
Ci incamminammo verso il locale nel quale si sarebbe tenuto il ricevimento. Chuck mi cingeva la vita e insieme attraversammo la strada squadrati da troppi occhi incuriositi.
‘Blair ben arrivata!’
‘Sahvanna? Che ci fai qui?’ chiesi meravigliata di averla vista ‘l’ho invitata io, è la tua stilista no?’ sorrisi maliziosa. Capii cosa intendesse Chuck. Voleva che le nostre vite sociali potessero essere analizzate dagli occhi attenti in quella sala. Voleva che notassero la loro perfetta e armoniosa convivenza. ‘Signore vado a prendere dello Champagne’ disse Chuck allontanandosi dal mio corpo ‘Ti aspetto qui Bass…’ risposi sorridente ‘ Allora? Ti è piaciuto il mio vestito a quanto pare…’ sospirai ‘Sahvanna McDougal, ricordati che adoro i tuoi capi, ma questo non vuol dire che tu mi piaccia!’ le dissi sfoderando la mia espressione da spocchiosa. ‘Perché no?’
Fortunatamente quella conversazione venne interrotta da Chuck ‘Ecco lo champagne signore’ disse facendoci segno di servirci dal vassoio tenuto in mano da un cameriere che poco prima si trovava dall’altra parte della sala. Prendemmo i nostri bicchieri e cominciammo a sorseggiare. ‘Sahvanna, da dove vieni?’ inconsapevole di doversi subire una lunga storia per i tanti posti nei quali aveva vissuto la mia stilista nonostante la giovane età, Chuck le fece quella domanda. E mentre lui si subiva l’intera storia mostrandosi interessato, io che la conoscevo molto bene continuavo a distrarmi cercando qualche attrazione in quella festa. Notai molti volti conosciuti. C’erano veramente tutti. Per fortuna..colsi in quelle persone un futile motivo per potermi allontanare da quel racconto ascoltato troppe volte. ‘Scusatemi ho un urgenza moda con Penelope Shafai, a tra poco’ mi congedai velocemente per rimproverare il pessimo gusto della mia tirapiedi. Poco dopo però venni portata via da Bart Bass che con non calanche mi costrinse a seguirlo sul terrazzo.
‘Complimenti Blair’ mi disse affacciandosi alla ringhiera. ‘Hai prosciugato un ragazzo.’ Sbarrai gli occhi ‘Io? Sei stato tu a portargli via con l’inganno le Industrie Bass!’ Affermai con disprezzo. ‘Soltanto per colpa tua ed i tuoi stupidi giochetti!’ strinsi i pugni mentre le lacrime cominciavano ad inumidire gli occhi. ‘Vedi? Forse non riesci a capire che l’amore che Chuck ha sempre provato per me , non è ne una sua colpa né la mia.’ Sorrise amaramente ‘E’ per questo che mio figlio non potrà portare avanti le nostre Industrie… troppo debole!’ Strinsi i denti e ripresi a parlare più agitata ‘Chuck non è debole! Non lo è mai stato!’ ‘ah si? E come spieghi, il suo aver prosciugato il conto in banca soltanto per pagarti la dote!?’ alzò la voce e come lui incominciai a farlo anche io ‘Ha fatto un gesto di grande coraggio! Nessuno avrebbe rischiato come ha fatto lui.’ ‘Appunto è un gesto da stupidi, mettere in bilico una certezza per qualcosa che non è affatto sicuro’ mi innervosii ancor di più , qualche lacrima ribelle scivolò sul mio viso ‘ una volta dissi a suo figlio che era diventato l’uomo che suo padre non era mai stato. Avevo ragione! E sono veramente felice di averla avuta’
Feci per andar via, ma mi bloccò nuovamente ‘Sei troppo debole anche tu per capire di ciò di cui sto parlando’ mi voltai di scatto ‘Qui l’unico debole sei tu Bart Bass! La tua vita è stata un continuo accumulo di soldi, ma che non è servito a nessuno. Nessuna moglie da accontentare,nessuna famiglia da portare in vacanza. Solo un ragazzo al quale stavi distruggendo l’anima. Sei scappato da un destino crudele che la vita voleva riservarti, non affrontando il problema. Ti sei finto morto per cinque anni facendo disperare un ragazzo adolescente che già soffriva per la morte eccessivamente prematura della madre. Hai fatto fingere Diana o India la madre di tuo figlio. E nonostante tutto Chuck ha chiesto il mio aiuto e quello dei nostri amici per poterti aiutare a venir fuori da un disastro che non sei riuscito ad allontanare per cinque lunghi anni.’ Le mie parole erano dette con rabbia e decisione . Conoscevo bene la sofferenza di Chuck per la morte di suo padre, ed ero ancora incredula di avere avanti ai miei occhi Bart Bass. ‘ Non ti permetto di parlarmi così ragazzina…’ mi disse prendendomi per un polso con forza ‘Te lo ripeto, ti sei perso cinque anni , noi non siamo più ragazzini! E se la tua forza è nel rapporto con il denaro, che altro non è che pezzi di carta colorata quando non hai con chi spenderli, beh mi fai veramente schifo Bart Bass.’ La presa cominciava a farmi male, ma lui non sembrava intenzionato a lasciarmi. Iniziai a dimenarmi, ma per risposta uno schiaffo mi fece bruciare la guancia sinistra.
‘Papà lasciala stare!’ Urlò Chuck dall’altra parte del terrazzo, Bart lasciò la presa. ‘Cosa pensavi di farle?’ Si avvicinò a noi ‘Cercavo di farla rinsavire, non fa per te Chuck ’ Disse finalmente intenzionato ad andar via, ma le mani di Chuck finirono sul colletto della sua camicia. Sobbalzai sentendo il respiro divenire più corto. ‘Non ti azzardare mai più a sfiorarla. Le percosse dalle a quelle puttane che in questi anni hanno dormito nel tuo letto.’ Lo lasciò in una spinta che lo fece finire sul pavimento. ‘Andiamo Blair…’ mi prese per mano e mi trascinò via. Il mio cuore andava a vento, la rabbia mi ribolliva nelle vene . Usammo l’uscita posteriore per non dare nell’occhio, chiamammo un taxi e ci dirigemmo all’Empire.
Arrivati nella suite ci sedemmo comodamente sul divano. ‘Mi dispiace, avrei voluto spaccargli la faccia.’ Disse scuotendo la testa per poi stringere i pugni e poggiarci la fronte. Accarezzai la sua testa avvicinando il mio viso al suo collo ‘ Non è colpa tua’ prese la mia mano e l’accarezzò come era solito fare. Alzò il viso guardandomi con quegl’occhioni profondi ‘Non permetterò a nessun altro di toccarti in quel modo. Lascia stare le parole di mio padre. Tu sei la donna che fa per me. L’unica capace di amarmi, l’unica che io possa amare. Ti proteggerò Blair Waldorf, te lo prometto.’ Sorrisi con gli occhi umidi e mi fiondai fra le sue braccia baciandolo. ‘ Sei l’uomo più forte che ci sia Chuck Bass.’
***
Entrai nel bagno guardandomi allo specchio. Il rossore sul viso era quasi sparito, mentre quello sul braccio sembrava volesse ancora persistere. Presi delle forcine e mi feci uno chignon , raccogliendo i capelli e lasciando la nuca scoperta. Quando fui soddisfatta uscii dal bagno. Spensi le luci facendo voltare Chuck. Lui si alzò dal divano e mi venne incontro.
Nella penombra della suite, vedevo i suoi lineamenti baciati soltanto da una luce fioca del lume sul comò della camera da letto. Mi voltai di proposito dandogli le spalle accarezzandomi il collo.
Accettò l’invito senza farselo ripetere due volte. Soffiò delicatamente sulla mia mano che si era soffermata alla destra della nuca. Le dita cominciarono a muoversi dolcemente come a voler assaporare in pieno quel respiro. Le sue labbra morbide e bramose cominciarono a baciarle in modo tanto dolce quanto passionale. Mi bastò soltanto questo per cominciare ad impazzire. Chiusi gli occhi lasciando andare il mio corpo al tocco delle sue labbra. La mano scivolò man mano in avanti lasciando a Chuck il gusto di stuzzicare quel punto debole. Con le labbra accarezzò la mia nuca, poi quel tocco magico venne sostituito dalla sua lingua che con estrema voglia di farmi eccitare percorreva la mia pelle facendola bruciare. Subito dopo passò al collo mentre le sue braccia cingevano la mia vita. Inarcai la testa indietro poggiandola sulla sua spalla, mentre quei baci avidi inumidivano il mio orecchio. Vibravo sotto il suo tocco, vibravo stringendogli la mano che poggiava sul mio ventre. Improvvisamente cessò quel suo gioco e mi fece girare verso di lui, mentre io ero già completamente andata. ‘La tua pelle brucia…’ sussurrò al mio orecchio per il piacere che provava nel vedermi vittima del suo tocco ‘Lo sai che adoro i giochetti erotici!’ Affermai ricordandogli un particolare fin troppo evidente. Sorrise compiaciuto e mi baciò. Un bacio dolce che divenne man mano sempre più passionale. Le lingue si inseguivano mentre le mani percorrevano frenetiche i nostri corpi. Quel gioco fatto di labbra che si carezzano perse man mano la sua innocenza per far posto alla sensualità. Pian piano sbottonai la sua camicia accarezzando con le mani i suoi addominali scolpiti. Mentre anche lui cedeva al mio tocco, lasciai le nostre labbra a compiere ancora giri immensi di sapore intenso che non ti permettono di scollarti.
Nuovamente mi voltai verso di lui, che non si fece ripetere due volte l’invito. Aprì la cerniera lampo del mio abitino ed io lo lasciai scivolare e finire ai miei piedi. Mi voltai e lo scansai con un passo. Poi con una mano sul suo petto lo feci indietreggiare.
Rimasta in lingerie, gli sfilai la camicia poi mi fermai con una mano nella sua senza muovere alcun muscolo. Il respiro affannato, le guancie arrossate, lo sguardo incastrato nel suo.
Mi attirò al suo corpo e senza accennare ingenuità , attirò le mie labbra alle sue con una pressione decisa della sua mano sulla mia nuca. Con dolcezza, passione e violenza mi ritrovai ad essere completamente vittima del suo tocco. Fremevo mentre agilmente mi alzò dal pavimento facendomi stringere le gambe attorno alla sua vita. Camminò fino a farmi sbattere con non troppa violenza sulla parete della camera. Sobbalzai avvertendo quanta eccitazione cominciava a regnare nell’aria di quella suite. Presi a baciare il suo petto per poi sbottonargli con fatica i pantaloni data la mia posizione. Le sue mani che facevano su e giù tra il basso ventre e il bacino, rendevano i miei gesti confusi. Cercai di farmi mettere giù inutilmente perché faceva di tutto pur di potersi godere il mio seno. Quando finalmente ci riuscii, dopo svariati tentativi feci andar giù i suoi pantaloni. Si tolse le scarpe con fatica mentre le mie mani andavano a stuzzicare la sua eccitazione. Con estrema difficoltà dovuta al nostro ricercarci in continuazione riuscimmo a raggiungere il letto. Chuck mi fece cadere su di esso rimbalzando, poi si distese su di me. Sentivo la sua eccitazione attraverso la sottile stoffa del nostro intimo. Mi sganciò il reggiseno, e cominciò dall’orecchio a baciarmi fino a scendere sul seno e poi al basso ventre, facendo bruciare la mia epidermide. Ormai in una moltitudine di scariche elettriche non riuscivo neanche più a pensare ero completamente presa dall’amore. Giocò un po’ con l’elastico dei miei slip prima di sfilarmeli ed accarezzare più volte il mio interno coscia. La sua mano sfiorò più volte il centro della mia inquietudine, prima di cominciare a torturarmi come soltanto lui sapeva fare. Poco dopo decisi di metter fine a quella sevizia , staccai la sua mano e lo spinsi con la schiena sul materasso per potermi mettere a cavalcioni su di lui. Dopo numerosi baci di fuoco, gli sfilai l’intimo e lo trascinai sul mio corpo per poter sentire la sua eccitazione entrare dentro di me.
Si susseguirono spinte che non mi permettevano di respirare. Inarcavo la schiena mentre non riuscivo a non assecondare la volontà del mio corpo a spingermi sempre di più verso di lui.
Gemiti, sussulti, parole confuse. Quel movimento fluido cominciò a diventare sempre più deciso fino a farci raggiungere l’apice del piacere insieme, occhi negl’occhi, mani strette e respiri incerti.
Si staccò dal mio corpo per poi riprendermi tra le sue braccia abbracciandomi. Sentivo il suo amore penetrare nei pori della mia pelle. ‘Ricominciamo…’ dissi con il fiato rotto ‘insieme…io voglio essere la tua ragazza, la donna della tua vita, non possiamo stare distanti…non noi, non più’ parlai a fatica, guardando il suo viso sudato quanto il mio. Percorrevo con le dita cerchi incerti sulla sua spalla aspettando una sua risposta. ‘Ricominciamo Blair Waldorf, ma questa volta… niente giochi , segreti e bugie.’ Sorrisi per poi cominciare a ridere estremamente felice. Ci baciammo ancora e trascorremmo l’intera serata tra le coccole prima di addormentarci abbracciati.

C’era la Favola con Louis, c’era tanta dolcezza con Dan, ma soltanto con Chuck c’era amore, quello vero, quello giusto, quell’amore che ti spinge a condividere tutto, a desiderarti senza mai averne abbastanza.

xoxo Raffy240

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Capitolo 8
*** ..Perdutamente instabile ti cerco... ***


Ciao a tutti ragazzuoli :) 
Sono tornata, con molto ritardo, ma sono tornata!
Mi dispiace avervi fatto aspettare, purtroppo non ho avuto tempo per scrivere.
Oggi ho concluso questo capitolo. Vi auguro buona lettura e come sempre spero vi piaccia. 




Oh it's almost blinding me ..
I can't believe
I've been touched by an angel with love
 
Oh, mi sta quasi accecando..
Non posso crederci
sono stata toccata da un angelo con l’Amore.

 

Quella mattina di inizio Settembre, mi stavo godendo il mio dormiveglia nella suite dell’Empire.
Assaporai la morbidezza del letto e del suo copriletto appena tornato a farci compagnia per l’aria che cominciava a divenire più fresca.
Ero completamente immersa nel mio sollazzo, quando una canzone proveniente dall’esterno, mi fece risvegliare del tutto.
Aprii gli occhi ancora assonnata, mi alzai su di un gomito, tenendomi con una mano le lenzuola sul seno ancora scoperto e intontita cercai con lo sguardo Chuck che non era disteso accanto a me. Lo vidi entrare nella camera da letto con la sua vestaglia blu.
‘Ma chi diavolo è che a quest’ora ascolta musica a tutto volume?!’ dissi agitandomi e ricadendo volontariamente con la testa sul cuscino. Chuck sorrise al mio sclero mattutino. ‘Adesso chiamo la reception e mi sentono!’ afferrai il telefono dal comodino intenta a far rimproverare quel psicopatico che alle otto del mattino ascoltava Whitney Houston!
Con non curanza mi si avvicinò ‘Invece di far scoppiare una rissa nell’Upper East Side, perché non mi concedi questo ballo?’ Sul mio viso assonnato comparve un sorriso rilassato. Prese la cornetta dalla mia mano sinistra e l’appoggiò sul comò, poi si allontanò leggermente sotto il mio sguardo attento. Prese la mia vestaglia in seta e raso, cercò il verso giusto per farmela indossare e mi fece segno di alzarmi. Assecondai la sua volontà. Lasciai il lenzuolo e completamente nuda mi posizionai di fronte a lui dandogli le spalle, mentre il brano era giunto già al ritornello. Concesse alla morbida stoffa di poggiarsi delicatamente sulle mie spalle, poi mentre io realizzai un fiocco con il nastro che faceva da cinta, mi fece voltare.
Le mie mani accarezzavano il suo collo, mentre le sue mi cingevano i fianchi. Mi sollevai sulle punte per poter arrivare al suo viso e insieme volteggiammo sulle note di I Have Nothing . La canzone era ormai giunta al suo secondo inciso, le restava da regalare ancora un po’ d’atmosfera con le sue ultime strofe. La magia di quel momento fu alimentata dalla voce di Chuck ‘Mi hai guardato dritto nel cuore’ sussurrava parlando le parole della canzone. Rimasi a bocca aperta mentre sulla sua spalla assaporavo quei momenti. ‘Hai buttato giù le mie mura, con la forza del tuo amore.’ Continuava mentre tra i capelli si insidiava il suo respiro. Mi strinsi più forte a lui e insieme al suo parlare si unì anche il mio. All’unisono e a tempo con la voce della regina del pop pronunciammo ‘Non ho mai conosciuto l’amore… come l’ho conosciuto con te!’ Mi scollai dalla sua spalla e incatenai il mio sguardo al suo. Le sue labbra chiedevano delle mie ed io senza farmelo ripetere due volte, bloccai il suo viso con le mani e lo baciai. Fu un bacio carico di passione mista a dolcezza. Forzò la mia presa sul suo petto e riuscì a sollevarmi leggermente per gustarci meglio quel bacio al sapor di cioccolato che aveva appena mangiato.

 

I don’t really need to look very much further
I don’t want to have to go where you don’t follow
I won’t hold it back again, this passion inside
I Can’t run from myself
There’s nowhere to hide
Your love I’ll remember, forever

 

Non ho bisogno di guardare troppo lontano
Non voglio dover andare, dove tu non puoi seguirmi
Non voglio dover gestire questa passione di nuovo.
Non si può scappare da se stessi,
non c’è nessun posto dove nascondersi.

Tu sei l’amore che ricorderò per sempre.

 

Volteggiammo abbracciati , stringendoci l’uno all’altro. Ci staccammo dal bacio e Chuck ricominciò a sussurrare le parole della canzone ‘Non chiudermi un’altra porta, non voglio ferirmi ancora, resta con coraggio fra le mie braccia o vuoi che t’immagini qui..’ Mi guardò dritto negl’occhi ed io capì quanto ci tenesse a quelle parole. Con le dita sfiorai il suo viso impercettibilmente e mentre l’amata Whitney continuava a cantare, per noi il tempo era come paralizzato.

Don’t you dare walk away from me
I have nothing, nothing, nothing
If I don’t have you, you, you, you.

 

Non andartene via da me…
non ho nulla, nulla, nulla
se non ho te, te, te, te.

‘Se non ho te!’ La musica era decisa ancora per poco a far da padrona nella camera. Chuck mi prese il viso senza che io muovessi un muscolo,prima che riuscissi ad avere un qualunque tipo di reazione. ‘Sono niente senza te, Blair Waldorf!’ Il mio viso si illuminò di una luce intesa, sorrisi dolcemente e ancora una volta ci baciammo. Riprendendomi dal momento intenso cercai di  far riuscire il mio sfacciato cinismo , presi il colletto della sua vestaglia ‘Chuck Bass è un romantico?’ Sorrisi al suo sguardo da finto preoccupato ‘Che rimanga tra noi’. Continuai a ridere ‘potrei ricattarti!’ Affermai convinta, mi spostò una ciocca di capelli dal volto ‘Non ce ne sarà bisogno!’
Desideravo restare lì con lui tutta la giornata tra coccole e giochi, ma purtroppo o per fortuna avevamo altre cose alle quali pensare. Io dovevo passare in ufficio, Chuck aveva degl’affari da concludere. Avevamo appuntamento con Nate a pranzo a casa mia per continuare la nostra ricerca su Serena. Sapevo che una volta andata in ufficio avrei cominciato a pensare a questo; sapevo che una volta da sola la mente avrebbe ricominciato a viaggiare; sapevo che questo poteva portarmi a star male, ma era tutta una prassi che dovevo affrontare.Uscimmo di casa verso le nove e trenta del mattino e una volta fuori l’Hotel prendemmo strade diverse. Quella mezza giornata non faticò molto a passare grazie agli impegni che non mi permisero di soffermarmi a pensare più di tanto.Parlai con Sahvanna. Le chiesi ogni dettaglio di quei momenti nei quali presumeva di aver visto Serena, quando avremmo trovato quella certa Melissapoi, dovevamo confrontare i due racconti.

***
Arrivata sotto casa mia, in perfetta sincronia vidi arrivare Chuck . ‘Sei in anticipo Bass!’ Esclamai da menefreghista ‘problemi Waldorf?’ Chiese lui contraccambiando il mio tono. ‘Affatto!’

Salimmo baciandoci in ascensore e arrivati in casa non smettevamo di giocare e ridere tra i baci.
Ridendo ci ritrovammo in salone e mentre cercavo di sfuggire alle sue provocazioni una musica attirò la mia attenzione.

And when all hope is gone, I'm here
No matter how far you are, I'm near
It makes no difference who you are
I am your angel, I'm your angel

 
E quando tutta la speranza se ne va , Io sono qui.
Non importa quanto tu sia lontano, ti sono vicino.
Non fa differenza cosa tu diventa

Sono il tuo angelo, sono il tuo angelo.
 
Un colpo al cuore, un ricordo. Impallidii improvvisamente ‘Oh mio Dio.. Serena!’ Esclamai, agitata con voce impanicata. Quella canzone che proveniva dalla mia camera da letto, era una dedica della mia amica e soltanto io e lei lo sapevamo! ‘Che cosa?’ Mi chiese confuso Chuck, ma io ero già corsa su per le scale, fiondandomi in camera mia. ‘Serena! Serena!’ Urlavo cercandola, ma lei non venne fuori. Camera mia, camera sua, camera di mia madre, non c’era. Mi avvicinai al computer che trasmetteva la canzone e con un velo di commozione stoppai la musica con un click. ‘Guarda Blair…’ la voce di Chuck mi riportò alla realtà . Teneva tra le mani un foglietto, un altro. Mi avvicinai velocemente per leggerlo.
 

-Tutto ciò di cui hai bisogno è tempo
CERCAMI e mi TROVERAI.
Tua S.-

 
Lo tolsi dalle sue mani, era una frase della canzone. Pensai che la canzone era partita da poco e che se l’avesse messa lei doveva essere ancora nei paraggi di casa mia. Lo trascinai con me in ascensore e gli spiegai‘Quando siamo arrivati la canzone era partita da poco… possiamo ancora trovarla!’ presi la mano del mio ragazzo e lo trascinai con me verso l’uscita. Fuori dal palazzo la pioggia improvvisamente era cominciata a venire giù. La città appariva trafficata, la pioggia cadeva giù rumorosa e i passanti sembravano tutti avere fretta. Nel mio abito rosso che cominciava a bagnarsi,intravidi una figura che somigliava molto a quella descritta da Sahvanna e Gossip Girl, ma non potevo giurare che fosse lei, almeno fin quando per attraversare non si voltò e benché avesse cominciato a piovere, anche lei era senza ombrello, non faticai a riconoscerla, era Serena. Corsi verso di lei , ma era più veloce e quando toccava a me attraversare, la vidi sparire dietro la folla di auto e pedoni, sentii il cuore sprofondare. Mi voltai a destra e sinistra, tenendomi ferma al centro strada. Poi una luce, prima gialla, poi bianca, molto abbagliante. ‘Blaaaair!’Un urlo, un clacson e due braccia possenti che mi spinsero sul suolo del marciapiede. ‘Stai bene?’ mi disse una frazione di secondo più tardi. ‘Credo di si…’ Mi aiutò a rialzarmi facendomi sedere sull’asfalto. ‘Chuck, Chuck…’Urlai in preda al panico ‘oddio il foglietto!’ cominciai a cercare quel biglietto , che difficilmente avrei ritrovato. ‘Forse cercavi questo,cara?’ Alzai lo sguardo e una donnina anziana, ben vestita e di aspetto gradevole mi porse quel biglietto. Mi alzai con l’aiuto di Chuck e presi dalle mani della donna il pezzetto di carta bagnandolo tutto. ‘Grazie mille…’ le disse Chuck ‘ buona fortuna Chuck..’ la guardammo stupita, poi ci guardammo cercando di capire se uno di noi la conoscesse , ma entrambi avevamo un’espressione meravigliata. Restammo inermi di fronte a quella donna ‘Blair…’ disse poi salutandomi con una stretta sulla spalla. Si allontanò prima che noi riuscissimo a capire chi fosse. ‘Aspetti!’ urlai ‘Il suo nome?’ E già qualche metro in avanti il suono della voce della donna appariva debole e confuso ‘Melissa..’ rispose voltandosi meno di un secondo. Ritornai a cercare lo sguardo di Chuck, quel nome non mi era nuovo . Ma lui mi precedette ‘Non è dell’89 Blair e dubito che quella donna scrivi ad una blogger aveva sicuramente più di 75 anni!’ Mi arresi, aveva ragione non poteva essere lei. Annuii e mi lasciai guidare da Chuck che mi trascinò fin dentro casa.
‘Signorina Blair…’ la voce di Dorota agitata proveniva dal corridoio. Velocemente la mia domestica si avvicinò a noi. ‘Ma non era già tornata… ma cosa le è successo?’ Domando stranita nel vederci completamente fradici. Feci qualche passo verso di lei e la guardai negl’occhi per cercare di capire dal suo sguardo la sincerità della risposta alla domanda che stavo per farle. ‘Dorota… oggi hai visto Serena? Sai che è stata qui?’ Dorota scosse la testa ‘Certo che no. L’avrei immediatamente avvertita signorina… e la signorina Serena è stata qui?’ Domandò perplessa ‘A quanto pare si! Adesso togliti quell’espressione sconvolta dal volto e chiama all’Empire per far mandare un cambio a Chuck!’ Dorota ci guardò ancora un attimo ‘Cosa aspetti?’ le domandai leggermente acida, lei scosse la testa. ‘Signor Chuck… Pantaloni, camicia e giacca?’ domandò ‘Pallilon, Dorota…ora vai!’ continuai a rispondere io, mentre si allontanava le ricordai ‘ah , l’intimo…’ scossi la testa, avrebbe ricordato tutto?
Chuck rideva.
Iniziammo a salire le scale direzione diretti in camera mia.
‘Mi inquieta così tanto, averla avuta a pochi passi da me e non essere riuscita a fermarla!’ Esclamai mentre con i nostri passi le scale si bagnavano. ‘Sei sicura che fosse lei? Potrebbe essere che…’Non lo lasciai finire ‘Chuck l’ho vista in faccia! Riconosco la mia migliore amica.’Chuck alzò le mani in segno di resa, mentre io spazientita lo superai.
Una volta in camera,ci sfilammo le scarpe , poi lentamente i vestiti gettandoli nella cesta dei panni sporchi. Entrai nel bagno della mia stanza e mentre Chuck continuava a svestirsi, pettinai e legai i capelli, poi togliendo l’intimo infilai il mio accappatoio bianco. Sentii i suoi passi alle spalle, mi accarezzò le braccia. ‘Tranquilla, la troveremo…’ Disse con voce calda e ferma. Sorrisi inconsciamente alle sue parole confortanti. Mi allontanai di qualche passo prendendo un accappatoio anche per lui. ‘Asciugati’ gli dissi porgendogliela. Lui la prese sorridendomi, la infilò e poi mi trascinò in camera mia. ‘Ti propongo un massaggio shiatsu’ sussurrò al mio orecchio sinistro. Mi fece distendere sul letto a pancia in giù, poi si mise a cavalcioni su di me, ma senza appoggiarsi troppo sul mio corpo. Le sue mani sistemarono il mio corpo come meglio credeva per l’effetto della terapia, poi delicatamente mi fece togliere le maniche dell’accappatoio e fece scendere il tessuto bianco fino al fondo schiena. Le sue mani cominciarono a dedicarsi ai miei nervi a pezzi. Prima sulle spalle, poi sulla schiena, fin quasi ai glutei. ‘Allora… ti è piaciuta l’idea?’
Sorrisi con gli occhi ancora chiusi, poi li aprii ‘Non male Bass, potresti fartele venire più spesso queste genialate’ feci con tono sarcastico. ‘Andiamo Waldorf è quello che ti ci voleva.’ Non gliel’avrei data vinta, ma aveva ragione. Quell’olio profumato e le sue mani, avevano un effetto estremamente benefico. Il suo tocco, man mano divenne sempre più insistente tanto da farmi emettere qualche suono strano e non decifrabile. Successivamente le sue mani cominciarono a sfiorare la mia pelle delicatamente, fino a divenire un tocco malizioso. Riconobbi quel modo di fare e lo lasciai tranquillamente far rabbrividire la mia pelle.
Sussultai quando alle mani vennero sostituite le labbra. In un sussurro praticamente impercettibile, pronunciò al mio orecchio ‘la tua pelle mi fa impazzire’. Strinsi il copriletto con le mani, in un gesto meccanico. Lo sentii sorridere, dopo di che approfittare del mio stato e concedersi al mio collo, alla mia nuca, alla mia schiena. Ansimai non appena la sua lingua cominciò ad indugiare sulla schiena percorrendo l’intera spina vertebrale. Più scendeva, più il tocco si dilungava. Era come ardere di un fuoco che non sai di avere dentro. Risalii e le sue labbra si avvicinarono alle mie. Le sfiorò per poi baciarle. ‘Chuck…’ dissi a bassa voce poco dopo. ‘Abbiamo un appuntamento …con Nate per pranzo …e… dobbiamo ancora farci la … doccia.’ Parlai mentre le sue labbra sulla mia spalla interrompevano la mia tranquillità.
‘Allora…facciamo l’utile e il dilettevole.’disse indicando la doccia. Sorrisi alla sua proposta , mi sollevai lentamente lasciando cadere l’accappatoio e mostrando il mio corpo scoperto. Mi posizionai su di lui a cavalcioni per slacciare anche la sua cinta di spugna e lasciai che le sue mani stuzzicassero la mia inquietudine.
Ormai nudi incollammo le nostre labbra e giù dal letto, mi fece stringere le gambe intorno al suo bacino. Entrammo in bagno e poi nella doccia. Senza smettere di provocarci con una mano aprii l’acqua tiepida lasciandola scivolare sui nostri corpi. Il contatto con l’acqua e il suo corpo, era un insieme di sensazioni che mi facevano eccitare sempre di più.
Mi lasciai scendere dalla sua presa e cercai il suo sguardo intenso. Quel momento di intesa ci fece proseguire nel nostro gioco folle e finalmente lo sentii entrare dentro me. Con le spalle alla parete, una mano sul vetro e le gambe a mezz’aria, assecondavo i suoi movimenti di bacino che come i miei diventavano sempre meno fluidi. Tra gemiti e urla soffocate arrivammo all’apice del piacere.
Ci stringemmo forte, così forte da sentirci un'unica essenza.
***
‘Quindi hai visto Serena!’ Parlò meravigliato Nate, io annuii mentre Chuck come suo solito cominciò a versarsi dello Scotch. ‘Abbiamo solamente pochi indizi. Sappiamo che non è andata all’estero perché ha qui i passaporti e che oltre a Sahvanna una certa Melissa, sembra averla vista.’
‘Una Melissa che sembra essere dell’89!’ Affermò Chuck sovrappensiero.
Nate scosse la testa… ‘Come la troviamo?’ chiese il mio amico ‘Serena o questa Melissa…?’
‘Prima Melissa…’ rispose lui, sbuffai ‘dovremmo cercare tutte le persone che portano quel nome e andare a farle visita.’ Sbarrai gli occhi alla costatazione di Chuck , non poteva esserci un’altra soluzione? ‘Impazziremo!’ Esclamai. ‘Potrebbe volerci molto tempo…’ continuò Nate. ‘E’ tutto così assurdo…’ pronunciai sotto voce.
Continuammo a riflettere sul da farsi e cominciammo a fare ricerche sulle ragazze dell’Upper East Side che portavano questo nome. Erano molte. Ci dividemmo i compiti e decidemmo di cercare gli indirizzi di queste ragazze o il numero di telefono, magari il contatto di face book.
Con i computer per una mano e i cellulari per l’altra, stilammo una perfetta lista .
A distoglierci dai nostri compiti che ci tenevano sovrappensiero, fu l’arrivo di qualcuno.
Alzammo lo sguardo verso l’ascensore e una figura, purtroppo non sconosciuta ci venne a far visita. ‘Georgina Sparks!’ Esclamai il suo nome sovrappensiero ‘E Dan Humphrey …’ continuò Nate, notando la sua presenza qualche secondo dopo. Mi alzai dal divano per riceverli ‘Georgina Sparks e Daniel Humphrey… il diavolo e l’acqua santa!’ Osservò Chuck affiancandomi. ‘Che ci fate qui…?Cosa volete?’ Chiesi scocciata di quella visita. ‘Calma Blair sappiamo che state cercando Serena e volevamo darvi una mano…’ rispose con disinvoltura la bruna tutta boccoli che mi ritrovavo di fronte. ‘Voi aiutarci?’ Chiese Nate ‘Questa è follia! Cosa ci guadagnate?’Continuò Chuck, Dan scosse la testa ‘Niente, di niente… volevamo solo dirvi che quando siamo partiti per …’ Chuck lo bloccò prima ancora che potesse finire di parlare. ‘A proposito di partenze, ma non eravate in Italia?’ Domandò con aria strana . ‘Si, siamo appena tornati.’ Disse nervosa la mora. ‘E invece di stare a casa a disfare i bagagli… siete venuti qui a disturbare la nostra quiete!Mi sembra ragionevole!’ Esclamai sarcasticamente. Nate e Chuck alzarono un sopraciglio in segno di approvazione. ‘Dacci un taglio Blair…’ cominciò a parlare Dan ‘Abbiamo visto Serena prendere un treno diretto a San Francisco prima di andare in aeroporto, Georgina voleva seguirla per poterla trascinare con noi… sapete quanto ama i complotti e roba di questo genere…’ Georgina annuì in parte convinta , in parte no alle parole di Dan. ‘Ok, ok fermati un attimo Dan…’ mi voltai verso Nate e Chuck e pare che come me anche loro  abbiano fatto la stessa riflessione. Presi dal tavolino il primo biglietto che Serena mi lasciò il giorno della sua presenza e lo lessi ‘ti sembrerà strano che ti stia scrivendo, ma gli addii non li ho mai sopportati e probabilmente questo lo sarà. Forse un giorno ci rincontreremo e sarò la persona più felice del mondo, per adesso posso soltanto chiederti di perdonarmi, spero che in un futuro non troppo lontano tu possa capire. Abbi cura di te, sarai sempre la mia famiglia.’ Guardai Chuck e lui cominciò a parlare ‘Quindi potrebbe essere che tutto è cominciato ad inizio estate, qualcosa è successo e lei è dovuta andar via ancora…’ prese il pezzetto di carta dalle mie mani e cominciò a notare ‘gli adii non li ho mai sopportati e probabilmente questo lo sarà….spero che in un futuro non troppo lontano tu possa capire…ora che ci penso, forse Serena sapeva già cosa stava facendo, perché doveva andar via… e poi un futuro non troppo lontano spera che Blair possa capire. Sull’altro biglietto dice cercami e mi troverai…’ Chuck ci guardò per cercare di capire dai nostri sguardi se avessimo inteso le sue parole , Nate gliene diede conferma. ‘Quindi Serena sta cercando un aiuto a tutti i costi fin dall’inizio..’ Sbarrai gli occhi e mi sedetti sulla poltrona.
Quel pomeriggio, non passò velocemente nonostante fossimo decisamente molto impegnati.
Discutemmo al lungo e cercammo di far congiungere i pezzi di quel puzzle che sembrava proprio non aver voglia di comporsi. Arrivammo all’ipotesi di una Serena che stanca dei rapporti che aveva, lascia la città per potersi svagare, succede qualcosa e lei è costretta ad andare via ancora. Ma non capivamo cosa potesse essere successo e perché invece di raccontarlo, continuava a scappare e a lasciare messaggi strani. Ricordammo della visita di Nate e Chuck in quella sorta di Bed&Breakfast e la mente di ognuno di noi cominciò a vagare verso il peggio.
Ci lasciammo molto tardi, era giunta ormai l’ora di cena e i miei amici&non presero le loro cose, per andar via.
Ci organizzammo per l’indomani ognuno di noi avrebbe fatto visita ad una parte della lista che avevamo accuratamente stilato. Chiesi a Chuck di andare fuori a cena e lui mi accontentò da perfetto gentiluomo qual’era.
‘Prenoto all’Hooters per le ventuno?’ Aveva detto accarezzandomi una mano ‘Perfetto per non dare nell’occhio’ risposi sorridendo. Quel ristorante era nel pieno centro di Manhattan, ma non era il genere di locale che frequenterebbero gli abitanti dell’Upper East Side, quindi lontano dagli sguardi interrogativi. Solo un po’ di tranquilla intimità.
***
Me ne stavo seduta sul pavimento fuori al balcone di casa mia. Il computer sulle ginocchia e le cuffie nelle orecchie per sentire la musica. Impazientemente controllavo Gossip Girl, ma contrariamente a ciò che ci aspettavamo, parlava soltanto di me e di Chuck e dalla nostra strana permanenza all’Hooters. Sbuffai.
Nel mio pigiamino di seta, incominciai a rabbrividire.
Non curante di tale particolare, mi lasciai andare al tocco fresco del vento, misi la canzone di Serena e  chiudendo gli occhi alzai la testa verso l’alto.
La canzone andava, la mia mente viaggiava e l’improbabilità di trovare una soluzione a breve aumentava.
Tra le note un profumo che conoscevo perfettamente si avvicinava sempre più. Non feci alcun cenno restando assorta nei miei pensieri.
Una stoffa calda venne poggiata sulle mie gambe, aprii gli occhi. ‘Ehy…’ sussurrai, sfilandomi una cuffia. Lo lasciai scivolare sotto il caldo plaid al mio fianco e sollevando un po’ il computer gli permisi di alzarlo fino alle nostre spalle. Guardò lo schermo del computer e notò la canzone in riproduzione. ‘Andrà tutto bene…’ mi disse baciandomi i capelli , sospirai annuendo, ma evitai di commentare.
Quella sera ci fermammo in quella posizione per molto, troppo tempo. La notte scorse lentamente ed io non avevo intenzione di alzarmi. Non so Chuck , ma io non ne avevo le forze. Mi ritrovai a pensare a tante cose e di tanto in tanto ad ascoltare qualche canzone insieme al mio ragazzo.
Lui con estrema pazienza che non ricordavo avesse, si trattenne con me fino all’alba. Al chiarore del mattino, dopo una notte insonne tra breve dormite appoggiati l’uno all’altra, musica leggera e poche chiacchiere, Chuck mi prese tra le braccia, mi lasciò un bacio a fior di labbra e mi portò nel mio letto. Si distese accanto a me e accarezzandomi i capelli, mi implorava con lo sguardo di chiudere gli occhi. Il profumo che mi aveva spronato a tenermi tranquilla qualche ora prima, adesso mi accompagnava nelle braccia di Morfeo. In un abbraccio dolce e forte, mi addormentai per circa due, tre ore della prima mattinata.

 

…Eppure so che Scoverei, il tuo Profumo ad occhi chiusi tra mille Saprei…
 

L'ultima frase è tratta dalla canzone di Alessandra Amoroso 'Ciao'. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!!! 
xoxoRaffy240

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Capitolo 9
*** Allucinazioni? ***


Ciao tesori belli, buona giornata a tutti voi.
Ho appena finito questo capitolo, spero sempre possa essere di vostro gradimento!^_^
Aspetto le vostre impressioni. 
Grazie a tutti voi <3
A Chi legge, ma non si esprime;
a chi ha aggiunto la storia nei preferiti o nei seguiti;
a chi recensisce e mi da coraggio. :)

Hush,
 now I see a light in the sky
 

Silenzio,
ora vedo una luce nel cielo

 

‘Blair…Blair…’ urlava affannata la mia stilista decisamente troppo in ritardo. Entrò nel mio ufficio come un tornado e si piazzò di fronte alla mia scrivania senza neanche chiedermi il permesso di entrare. Poggiò le sue tante cartelline sulla sedia e cominciò a respirare.
‘Sahvanna McDougal! Ma per caso ti sei bevuta il cervello? In questo momento per te sono la signorina Blair Waldorf … ed ora non perdere altro tempo, risparmiati le scuse e vaporizzati!’
Esclamai decisamente offesa per la sua mancanza di rispetto.
‘No, ascolta…’ continuai a guardarla con aria di sfida ‘ok, ascoltate… ho visto la sua amica Serena’ Serena? ‘ Stavo camminando per venire qui e sono andata a sbattere contro qualcuno… dovete  capirmi con tutte quelle cose tra le mani non vedevo dove mettevo i piedi …’ la bloccai furiosa ‘taglia corto Sahvanna…’ lei respirò e riprendendo a parlare a raffica continuò il suo racconto ‘sono caduta, com’è caduta lei , mi ha aiutato a rialzare le cose… poi mi ha guardata e l’ho riconosciuta… aveva una tuta tutta nera con tanto di cappuccio’ scossi la testa confusa. ‘Serena non indossa tute. Sahvanna non può essere lei’ sbuffai e mi alzai dalla sedia ‘ Ma signorina… quando le ho detto tu sei Serena Van der Woodsen… è allora che è scappata’ scossi la testa ‘perché mai sarebbe scappata dal suo nome? Io credo soltanto che tu ti sia fatta influenzare da ciò che ti ho detto ieri sera … magari era qualcuno che le assomigliava , credimi Serena non indossa tute nere!’ La sera precedente le avevo raccontato della mia ex migliore amica, di come tendeva a sparire di continuo e probabilmente si era fatta condizionare. ‘Credetemi signorina Blair… era lei, magari si nascondeva, non voleva essere trovata’ Magari scappava come suo solito, mi sa tanto di così strano ‘lascia stare McDougal, ed adesso sparisci…’ raccolse le sue cose frettolosamente e uscì dal mio ufficio.
Facevo l’indifferente. Non avrei mai ammesso , in quel momento, che mi mancasse, che la cercassi tra la gente. La nostra amicizia era veramente molto tormentata ed era molto facile litigare. Le volevo bene e sapevo che anche lei me ne voleva, anche se scappava, anche se mi abbandonava.
***
Stavo rimproverando una nuova stagista, Katrine. Non ne combinava una giusta! ‘Andiamo Katrine, devi solo tagliere quest’orlo. Se non sarà pronto fra meno di mezz’ora ti manderò via a calci nel sedere…’ la ragazza minuta, china sulla macchina per cucire, mi guardava spaventata.
Ripensavo ancora a quelle parole dette da Sahvanna il giorno prima. Una parte di me, desiderava  che fosse davvero lei, ma non l’avrei ammesso.
Alzai lo sguardo e una sagoma fin troppo conosciuta cominciò a camminare verso di me. ‘Chuck! Che ci fai qui?’ Domandai mentre lui mi veniva velocemente in contro. ‘Blair devo parlarti…’ mi avvicinai a lui prendendolo per un braccio e allontanandolo da quella buona a nulla. ‘Chuck ho molto da fare… possiamo fare più tardi?’ chiesi sbattendo le ciglia da cerbiatta per convincerlo a rimandare la conversazione. ‘No, Blair… devo parlarti adesso!’ Lo guardai negl’occhi, conoscevo quell’espressione o stava complottando o c’erano guai in arrivo. ‘ Qualcosa non va? Conosco quell’espressione… complotti o guai!’ Parlai sottovoce mentre lui cominciò a scuotere la testa guardando altrove. Poi mi trascinò nel mio ufficio. ‘Serena.’ Disse chiudendosi la porta alle spalle, come se quel nome, quella persona giustificasse tutto ‘Beh? Alcol e ragazzi? Senti Bass non m’interessa di Serena della sua vita, può scoparsi chi vuole e bere i drink che le pare… io ho meglio da fare qui.’ Feci per andar via , prendendo un foglio con una bozza da mostrare a quell’incapace di Katrine. Chuck mi fermò per il braccio destro. ‘Non è un gioco Blair… è in pericolo!’ Abbassai la testa non sapendo cosa rispondere ‘cos’è successo?’ chiesi. ‘Non lo so, ma io e Nate abbiamo scoperto una cosa strana’ alzai lo sguardo incatenandolo nel suo che adesso parlava gesticolando. ‘Abbiamo indagato sulla sua scomparsa, abbiamo contattato perfino Gossip Girl,
però dice di non avere notizie certe su di lei. Le abbiamo chiesto di darci lo stesso qualche informazione e lei ci ha dato un indirizzo. Ha detto che qualcuno pare l’abbia vista lì.’ Mi porse un foglietto con l’indirizzo, non conoscevo la zona ‘Ci siamo andati , abbiamo conosciuto un certo Daniel. Inizialmente non voleva dirci niente, poi ci ha detto che Serena era stata effettivamente in quel luogo e aveva richiesto rifugio per una notte il tempo che sarebbe finito il temporale.’ Confusa cominciai a camminare avanti e indietro ‘non capisco’ dissi con voce flebile. ‘Pare che fosse con un ragazzo alto e moro che non sembrava affatto affidabile… hanno chiesto di tenere il silenzio. Daniel giura di averla sentita piangere quella notte nella stanza accanto, mentre la voce maschile imprecava cose senza senso.’ Incominciai ad agitarmi. E se fosse stato un maniaco? Un malintenzionato? Un Serial-Killer! Scossi la testa notando i miei pensieri troppo eccessivi. ‘Non ha detto nient’altro?’ annuii ‘Ci ha detto che lui era armato, che lei non aveva una bella cera e che loro hanno avuto paura a denunciare l’accaduto. La mattina dopo sono andati via e lui è convinto che Serena cercava di chiedere aiuto con gli occhi. Se l’avessi visto come piangeva… avresti capito che non raccontava di certo bugie.’ Mi girai di scatto, per  nascondere una lacrima che già veniva fuori soltanto a pensarla in una situazione del genere. ‘ Ok, dammi cinque minuti… lascio Sahvanna al comando e ti raggiungo’ Chuck annui, mi accarezzò un braccio riconoscendo il tono di voce preoccupato e mi lasciò sola nello studio. Feci chiamare la mia stilista, le raccomandai varie cose , poi frettolosa presi la mia borsa e andai via.

Contemplare un addio,
non basterà il bisogno di un viaggio
e paura e coraggio e sto qui.
Ancora ci penso a te, Si.


Entrai agitatissima nella limousine di Chuck. ‘Stai bene?’ Chiese, notando il mio affanno. ‘Sto bene… contatta Gossip Girl… chiedigli qual è l’ultimo avvistamento di Serena ricevuto.’ Sapevamo  che la blogger, riceveva di continuo avvistamenti e scoop , ma che se non erano certi, non li pubblicava. Chuck scriveva velocemente con il suo cellulare, mi appoggiai alla sua spalla per poter leggere. –Puoi dirci qual è stato l’ultimo avvistamento di Serena Van der Woodsen?-  scrisse in privato alla blogger. Sospirammo contemporaneamente e senza dover aspettare, ci rispose immediatamente. –Pare che qualcuno l’abbia vista ieri nell’Upper East Side!- ieri? E se l’avesse mandata Sahvanna questa soffiata? ‘Ieri?’ Domandò confuso Chuck ad alta voce. ‘Aspetta Chuck, ieri Sahvanna mi ha detto di aver visto Serena in tuta nera , che si nascondeva dietro un cappuccio… dice che è scappata quando lei le ha detto di averla riconosciuta. Io non le ho creduto! Mi sono aperta la sera precedente con lei, credevo e credo tutt’ora che lei si sia fatta influenzare dai miei racconti di qualche ora prima.’ Chuck annuiva assecondando con il capo le mie parole. ‘ Dici che la soffiata l’ha mandata lei?’ alzai le spalle. Portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e riflettendo parlai ‘Non lo so… dovremmo chiederlo a Gossip Girl’ le parole vennero dette traballanti ‘Blair , non ci dirà mai chi le ha mandato la soffiata!’ Esclamò consapevole che la nostra informatrice non rivelava mai le sue fonti o quasi.
‘Dobbiamo provarci! Se fosse vero… per quale motivo scappa e perché indossa una tuta nera?! Andiamo S non ha mai indossato tute..’ Sorrise dolcemente, con uno sguardo di chi ti vuol dire te l’avevo detto!
‘Perché ridi?’Chiesi cominciando ad innervosirmi, questo non era un gioco. ‘L’hai chiamata S, andiamo Blair abbassa le barriere!’ Scossi la testa ancora intenta a non voler cedere ‘Smettila Bass è l’abitudine.’
Poco dopo arrivammo a casa mia. Ci dedicammo il tempo di qualche bacio nell’ascensore, ma appena le porte si aprirono e Dorota ci accolse, riprendemmo l’argomento della nostra preoccupazione. ‘Dorota!’ la chiamai attirando la sua attenzione. ‘Si, signorina Blair…?’ Mi avvicinai a lei e con tono più basso le dissi ‘Devi andare in camera di Serena e indagare…’ Chuck fece una faccia meravigliata ‘Su cosa, signorina Blair…’ posai la borsetta che avevo tra le mani sul tavolino d’ingresso ‘Mi devi portare una lista di tutto quello che ha lasciato qui… potrebbe spiegarci dov’è!’Dorota stupita e confusa si diresse verso il piano di sopra mentre io e Chuck ci accomodammo sul divano.
Chuck riprese a scrivere a Gossip Girl mentre io versavo ad entrambi dello Scotch. Mi lesse il messaggio mentre gli porgevo il bicchiere. ‘Chi ti ha mandato la soffiata? E’ una cosa importante!’ Disse rileggendo ciò che aveva scritto. Mi guardò negl’occhi sospirando. Non riuscivamo per niente a collegare le cose. ‘Credi che risponderà?’ Chiesi visibilmente preoccupata. ‘Si, mi ha risposto!’ Esclamò un istante dopo. Mi sedetti accanto a lui e come prima leggemmo la sua risposta.
Non rivelo mai le mie fonti, ma… siccome credo sia una cosa seria,vi propongo uno scambio.-
-Cosa vuoi?-scrisse lui , neanche due secondi dopo – Uno scoop dello Spectator… - affranta buttai la testa all’indietro . Nate ci avrebbe ammazzato, era più che sicuro! ‘Chiamo Nathaniel… ci aiuterà vedrai!’ Non ci credevo molto, infondo era il suo lavoro e non poteva di certo metterlo a rischio. Attivò il viva voce ed entrambi parlammo con il nostro amico. ‘Nathaniel.’ Disse Chuck con il suo solito tono pacato, ma al tempo stesso nervoso ‘Dimmi Chuck… novità?’ Chuck cambiò posizione, mi prese e mi trascino sulle sue gambe. Mi diede un bacio fra i capelli e mi tenne stretta. ‘C’è anche Blair qui… abbiamo contattato Gossip Girl, ci ha detto che c’è una soffiata su Serena… qualcuno dice di averla vista ieri all’Upper East Side.’ La voce dall’altra parte del telefono bloccò il racconto ‘Serena era qui?’ domandò sconcertato. ‘Non lo sappiamo ci serve la fonte di quella notizia e Gossip Girl ci ha chiesto in cambio uno scoop dello Spectator.’ Silenzio, attimi di panico. ‘oh!’ Fu la risposta poco chiara di Nate ‘Ok, datemi qualche minuto e cerco di trovarvi qualcosa… appena finisco qui, fra un paio di ore circa, vi raggiungo… dove siete?’ Senza farlo neanche finire di parlare risposi ‘Da me…ti aspettiamo!’ Chiusi io la telefonata per Chuck, mentre il suo sguardo attento mi scrutava. Mi alzai dalle sue gambe e cominciai a fare su e giù per la stanza. Chuck mi seguì e mi strinse alle spalle. ‘Si sistemerà tutto’ mi disse. ‘Non ci credo che potrebbe essere nei guai o ancor peggio in pericolo. E’ tutta colpa mia!’ Esclamai in preda al panico ‘Blair non è colpa tua!’ scossi la testa e mi voltai tra le sue braccia. ‘Io l’ho cacciata di casa Chuck, le ho detto cose orribili. Si , certo aveva pubblicato il mio diario, ma non l’aveva fatto a posta e forse quel diario mi ha aiutata a fare chiarezza, non è stato poi così orribile. Quando abbiamo discusso quel giorno le ho detto che era la causa dei miei problemi, soltanto perché lei mi aveva detto che non riuscivo ancora ad ammettere che ti amassi.’
Mi soffermai in quella confessione che non gli avrei dovuto fare ‘ perché quando non sei pronta ad ammettere qualcosa , scacci chiunque te lo faccia notare…’ disse finendo il concetto cominciato da me qualche secondo prima.‘Già!’ Mi abbracciò calorosamente ‘Non è colpa tua… L’avrai pure cacciata di casa, ma nessuno le ha detto di scappare… poteva tornare dai Van der Woodsen… ascolta Blair’ mi disse facendo scivolare le sue mani sulle mie braccia. ‘La troveremo… non prenderti colpe che non hai.’ Sbuffai non convinta delle sue parole.
‘Devo andare all’Empire per sbrigare una faccenda… vieni con me?’ Chiese vedendomi visibilmente agitata ‘No, ho bisogno di due passi…’ dissi sincera.
‘Ok , allora ci vediamo tra un paio di ore qui…’ Annuii mentre le sue labbra calde posarono dolcemente sulle mie. Mi rilassai a quel contatto, ma quando andò via era come essere precipitata in un abisso grande come l’universo.
Poco dopo avvisai Dorota che stavo andando via e le dissi di continuare la sua ispezione, poi uscii e mi diressi al Central Park, l’unico luogo che mi riusciva a calmare.
Camminai a lungo respirando l’aria di fine estate. Quel vento fresco che prometteva l’arrivo dell’autunno e del conseguente inverno.
Sentivo il cuore battere alla gola, il respiro esser rotto dalle lacrime che tendevo a voler tener dentro. La pensavo tutta sola in un luogo che non riuscivo ad immaginare. Poteva essere ancora qui con me se non l’avessi mandata via.
Ricordo quando da bambina venivo qui con lei. Giocavamo, ridevamo, eravamo felici.
Un posto come tanti, ma che regala momenti indescrivibili a chiunque lo frequenti.
Il Central Park, è quel posto dove andare nei momenti di sconforto oppure nel quale festeggiare. Con Serena ci ero venuta molte volte.
 

Non dimenticherò, da ora in poi
I paesaggi del mondo e le fotografie

    Insieme a te… ma ora salutandoti…Affogo!



‘A pensarci non è detta l’ultima parole… vieni ho un idea’la guardai interdetta, mentre mi trascinava al piano di sotto dell’istituto‘Scappiamo con i vestiti… ce lo facciamo noi il nostro book fotografico!’ scoppiai a ridere e felice commettemmo quel reato nei confronti di mia madre. 
Andammo in giro tutto il giorno ci scattammo tante foto. ‘Andiamo mettiti in posa’ le dissi mentre si andava a sistemare davanti ad un’aiuola. Bellissima in quel vestito rosso, sfoggiava tutta la sua spensieratezza da adolescente. ‘Vieni B, facciamocela scattare da qualcuno…’ mi disse prendendosi la macchina fotografica dalle mani e dandola ad un turista… probabilmente. Ci fece qualche scatto. Quelle foto finirono sui nostri computer e tra le mani di Gossip Girl. Ma eravamo felici,veramente felici.

                                                                            

Presi il cellulare e guardai quelle foto salvate nella memoria del telefono da tempo. Eravamo belle,felici e spensierate. Mai come quel momento avrei voluto averla al mio fianco. La sentivo così distante. Avevo paura e nessuno può capire quanta.
Alzai lo sguardo, due bambine una mora ed una bionda giocavano tranquille sull’erba fresca sotto un albero di pesco. Due vestitini quasi uguali, cerchietti fra i capelli e sorrisi smaglianti.

Guarda da lontano quelle
luci un’altra volta…


‘Mamma, mamma c’è Blair…’ aveva detto una Serena tutta dolcezza ‘Ti prego vai a parlare con Eleonor, voglio andare a giocare.’ Diceva battendo i piedi sull’asfalto. Io avendola notata la guardavo sorridendo. ‘Va bene tesoro, andiamo…’ la prese per mano e si avvicinarono a noi.
‘Buongiorno Lily… anche voi al parco…?’ Chiese mia madre notando la sua presenza . ‘ Si, Serena mi chiedeva di giocare con Blair…’ mia madre annuii ‘nessun problema siamo appena arrivate.’ Serena batté le mani felice e mi raggiunse.
La presi per mano ‘vieni, ti faccio vedere una cosa’. La trascinai con me verso il lago e mi feci aiutare a dar da mangiare alle anatre. ‘Sicura che non mordono?’ mi chiedeva leggermente impaurita. ‘No, sono buone le mie anatre!’ Serena si avvicinò all’anatra‘Le tue?’ Chiese innocente ‘Si, le mie…mio padre me le comprerà tutte quando avrò compiuto dieci anni!’ Lei spalancò gli occhi ‘tranquilla , qualcuna se vuoi potrà anche essere tua.’ Le dissi con un sorriso a trentadue denti. Lei ricambiò e prese un altro po’ di mangime. ‘Le tue anatre hanno molta fame sai Blair?’


                                                                       
 
Le anatre. Quel laghetto, l’unico luogo che riusciva a rilassarmi. Con le lacrime mi resi conto di essere arrivata proprio in quel posto, come se avessi rivissuto per davvero quel momento. Peccato che le anatre non sono mai diventate mie per davvero! Sorrisi teneramente, notando l’ingenuità di quei momenti.

 
E dopo stringimi e poi stringimi
e non sarà mai più…

 
Ero decisa a partire per la Francia, non avrei retto neanche un altro minuto a New York city,ma
un taxi si fermò proprio di fronte a me, dall’auto una bionda con il cappottino Blu uscì notevolmente agitata ‘Blair…’ mi chiamò ‘Che c’è?’ Le dissi nervosa ‘Tua madre mi ha detto che parti per la Francia!’ mostrandomi indifferente risposi ‘Ha la bocca un po’ troppo larga!’Battendomi sul tempo, parlò subito dopo ‘B, sono la tua migliore amica, era scioccata che non lo sapessi.’ Le mani nel cappottino che continuavano nonostante l’ostacolo della stoffa a muoversi lungo le gambe, le parole dette con calma e dolcezza. ‘Beh ora lo sai..’ dissi antipaticamente sfacciata. ‘So bene come ti sei sentita quando sono partita senza dirtelo.’ Respirai a fondo cercando di non pensare a ciò che aveva fatto lei l’anno prima ‘Perché sei venuta qui?’ chiesi abbassando la barriera di difesa che mi ero creata durante quella conversazione. ‘Resta..’ disse avvicinandosi ‘Non permettere a uno stupido scandalo di farti scappare via’ assecondai le sue parole chiudendo gli occhi. Purtroppo era proprio così . ‘come ho fatto io, come fanno tutti quelli del nostro ambiente!’ deglutii ‘E’ tutto così orribile!’ affermai ripensando a quello che era successo poche ore prima. ‘La mia vita è andata in pezzi..’ la voce rotta dal pianto che faticava a venir fuori ‘allora ricostruiscila. Sei una Waldorf ricordi?Non è la gente a dirti chi sei, sei tu a dirlo a loro!’ Fece per farmi ricordare la mia forte personalità ‘Resta e combatti, io combatterò con te…’ mi scaldò il cuore con quella frase. Le sue parole vibravano tra le lacrime, io come lei con occhi lucidi riuscii a dare la più banale delle spiegazioni. ‘Io …sono così imbarazzata, io sono così…’ ‘Così cosa?!’ Mi interruppe lei ‘Ricomincia da capo, si può fare… io lo so!’ acconsentì da sola con la testa. Lei lo sapeva, lei aveva dovuto farlo poco prima. ‘Insieme possiamo farcela…’ Disse ancora avvicinandosi e prendendomi una mano. ‘Prometti?’ Chiesi io per paura di vederla andar via ancora una volta. ‘Promesso!’

Mi abbracciò, in un abbracciò che mi diede forza e calore. Ripresi coraggio fra le sue braccia, lasciai andare i miei sentimenti. Ci stringemmo così forte da sentire il cuore dell’altra battere. 
Ridemmo poco dopo. Ridemmo fra le lacrime, felici di esserci ritrovate per davvero.

                                                                                           
 

E domani so che sarò troppo solo…

 
‘Vieni S, corri..’ le dissi uscendo di casa. ‘Dove vuoi andare B?’ Mi chiese stranita. ‘Ti sei dimenticata?Dobbiamo farci vendetta per lo scherzo dei maschietti!’ le mani poggiate sulle ante dell’ascensore per non farle chiudere, un vestitino tutto fiori che le arrivava al ginocchio e un’espressione interdetta che le colorava il viso. ‘Blair abbiamo otto anni non possiamo uscire da sole!’ affermò molto più ragionevole di me. ‘Che noia che sei…’ le presi un braccio tirandola verso di me ‘faremo tardi !’ Leggermente contrariata mi seguì ‘ascolta S, dobbiamo trovare Chuck.. Nate conta poco…’ Camminammo a vuoto per molto tempo fin quando non giungemmo al Central Park. ‘Speriamo di trovarli!’ esclamai nascondendomi di tanto in tanto ‘Comunque non mi sembra giusto che debba pagarla solo Bass! Nate ci ha messo del suo e non perché è il tuo principino deve scamparla…’ scossi la testa ‘ma tu non eri quella che non voleva uscire?’ 
‘Eccoli, andiamo…’ lì vedemmo da lontano e li inseguimmo con una bomboletta di peperoncino spray tra le mani. Al momento giusto le cacciammo fuori spruzzando nei loro occhi. ‘Via, via, via…’ dissi veloce. Corremmo veloci fin quando Chuck non ci fece cadere ‘Siete al tappeto fanciulle…’ mi alzai senza troppe difficoltà ‘Ricordi il patto Bass? Non puoi fare niente… se mi fai uno scherzo ho tutto il diritto di vendicarmi!’ Alle mie parole Chuck si bloccò ricordandosi un patto fatto qualche tempo fa a causa dei troppi dispetti che ci facevamo. Bloccò Serena ed io scossi la testa ‘No, mi dispiace lei è la mia migliore amica, lasciala!’ Non capendo bene se avevo torto o ragione la lasciò in pace e mentre si strofinavano gli occhi per il bruciore, andammo via correndo verso casa.


                                                 

Ma dillo adesso cosa pensi
Salutandoti affogo.
 

Me la ritrovai di fronte all’uscita dall’istituto di Yale. Avevamo litigato tutto il giorno prima, dicendoci che la nostra amicizia non aveva più un senso e avevamo accettato contro voglia di metterle la parola fine. ‘Che ci fai qui?’ le chiesi superandola e voltandomi successivamente verso di lei. ‘Vai a dire al rettore che è stata colpa mia?’ Dissi delusa dal suo, ma anche dal mio comportamento. ‘No, sono venuta a dirgli che Yale è il tuo sogno e che meriti di frequentarla più di me. Tu invece che fai qui?’ Disse cambiando tono. ‘La stessa cosa per te!’ Esclamai dondolando un po’. Lei ricominciò a parlare e con la sua camminata avvicinarsi lentamente a me . ‘Sono stata sveglia tutta la notte a pensare alla prima volta che siamo venute qui a nove anni.’ Sorrisi a quel ricordo di dieci anni prima ‘Tuo padre ci aveva portata alla partita Harvard contro Yale e tu hai placcato la figlia del senatore Shumen perché aveva la maglia di Harvard.’ Ridevo silenziosamente ‘Scommetto che ha ancora le macchie d’erba’ avevo detto finendo il suo racconto. Il tono cambiò immediatamente ed io colsi l’occasione per dire ciò che sentivo. ‘Io non voglio ignorarti!Non  posso ignorarti!’Esclamai decisa. ‘Forse abbiamo litigato in quel modo perché… l’idea di separarci l’anno prossimo ….è troppo difficile da affrontare!’ Disse chiudendosi nelle spalle.
‘Allora…’ provai a dire, ma lei mi bloccò. Mi prese una mano sorridendomi. ‘Tu aspettami qui…andremo a casa insieme.’ Le sorrisi ‘d’accordo!’La lasciai andare e aspettai che uscisse dall’edificio.

Alla sua uscita ci incamminammo verso l’uscita del campus. Una telefonata però ci fece bloccare. ‘Pronto?’ rispose la mia amica. Era il rettore che le chiese se potesse rilasciare un comunicato stampa sulla sua visita al campus. Ma lei chiuse la telefonata con un ‘Per questo ci risentiremo.’ 
Le sorrisi, ma lei scosse il capo ‘Non accetterò, non a queste condizioni!’ le presi una mano ‘Che cosa?No, devi accettare. Non ha importanza come ci riesci e perché… è un’opportunità!’ Ma lei insistente, agitata ribatté ‘No, sei la mia migliore amica. Quello che è mio è tuo!’ ‘Non questa volta!’ le feci notare. Ma Serena è testarda e ostinata ‘Troveremo il modo…insieme’ disse. Poi mi abbracciò e mi coinvolse con la sua risata felice.

                                                     
 
Sorridevo. Yale. Quanti sogni buttati al vento! Mi guardavo intorno in quell’enorme distesa di alberi e gioia. Ogni tanto un colpo al cuore. Ero come ossessionata, la cercavo fra la gente e come se loro mi capissero sembravano voler a tutti i costi apparire come lei. Bambine o ragazze, poco importava. Tutto mi riportava a lei, a quell’amica con la quale ho condiviso troppe cose. Sembrava
che la coppia mora-bionda di amiche fosse sempre di moda, dato che ne vedevo dappertutto, di ogni età.
Sguardi felici che si seguivano, nelle loro chiacchiere. Solo due occhi mancavano, soltanto quelli della mia migliore amica.
 

Perdo il tuo sguardo,
cerco il ricordo…
lo fermo.

 
In camicia da notte, stavamo chiacchierando in camera mia. ‘Allora com’è stato vedere Chuck con Eva?’ Mi andai a sedere accanto a lei sospirando ‘Più difficile di quello che pensassi.’ Risposi sincera. ‘Ma almeno non andrà alla Columbia.. senza offesa!’ Le feci subito dopo, lei rise giocando con una ciocca di capelli. ‘Si, non credevo che Nate sarebbe stato così arrabbiato con me.’ Confessò dispiaciuta ‘Pensavo che l’unico motivo per cui si arrabbiasse fosse uno spinello rollato male!’ Affermai ironizzando sul carattere del mio amico. Ridemmo insieme, poi le presi una mano e le dissi ‘Ma meritiamo entrambe di meglio ed ora che siamo dove dovremmo essere… alla Hamilton House, lo troveremo!’ Esclamai ‘Non lo so. Anche se avevo ragione su Juliet, tu avevi ragione su di me. Credevo che l’università sarebbe stata facile…’ ‘Andrà meglio..’ la bloccai io con uno strano ottimismo. ‘Dopo tutto tu sei Serena Van der Woodsen e.. hai i migliori alloggi fuori dal campus di tutta la Columbia.’ Non riuscendo a capire a cosa mi riferivo domandò ‘Di cosa stai parlando?’ le presi una mano e tutta contenta le dissi ‘Seguimi.’La trascinai nel bagno ed aprii la porta che dava alla stanza parallela alla mia. Poi la lasciai gustarsi la visuale andandomi a posizionare tutta sorridente accanto a Dorota. ‘Cosa!?’ disse con un sorriso felice. ‘tadaàààà’ fece Dorota aprendo le braccia come me. ‘E’ la tua nuova camera da letto’ feci io , lei ancora a bocca aperta non riusciva a crederci. ‘Oh, mio Dio …Blair!’
‘Ho messo Dorota al lavoro non appena sono tornata da Parigi. Avresti dovuta vederla urlare al decoratore mentre Anastasia dormiva nel suo marsupio ‘Ergo’’ Intervenne Dorota ‘diceva che non sarebbe riuscito a mettere la carta da parati in tempo. Gli ho semplicemente spiegato che poteva farcela.’Lei era felicissima e non riusciva a non smettere di esternare la sua gioia. Mi avvicinai a lei ‘Allora che ne pensi?Le migliori amiche possono vivere insieme tutto l’anno?’ chiesi
dolcemente ‘Ma certo!’ con un piccolo urlo di gioia aprì le braccia mentre io mi fiondai ad abbracciarla. Mi sollevò leggermente da terra stritolandomi tutta. Era bello poterla avere direttamente nella camera accanto.


                                                                                  


Mi sveglio, ti guardo e sto meglio…e sei qui .
Ma ora salutanti…Affogo.
 


Mi ritrovai in camera mia… aprii la camera della mia amica, ma invece di trovare una Dorota sorridente che annunciava la sorpresa, ritrovai la mia domestica che ancora frugava nei cassetti del comò. ‘Signorina Blair…vede ho trovato questo’ mi disse alzando lo sguardo e mostrandomi una scatola con alcuni oggetti. Non li guardai nemmeno. ‘Signorina si sente bene?’ mi chiese guardando il mio aspetto sconvolto.
Scossi il capo e indietreggiai uscii dalla stanza di Serena, successivamente dalla mia e velocemente scesi le scale che portano al piano inferiore.
 

E quando non verrà mattina 
resterò accanto a te.
E quando il buio si avvicina… 

se succede pensa a me.



‘Ehi, ehi … siamo sorelle, siamo sempre insieme, tu sei la mia famiglia…non puoi dirmi niente che mi potrebbe far andar via…’ l’aria sconvolta, gli occhi gonfi dal pianto, seduta sul gradino di marmo di fronte a me. Mi aveva detto che era qualcosa che non poteva dirmi, altrimenti sarei rimasta coinvolta, ma a me non importava, volevo solo aiutarla. ‘Ho ucciso un uomo!’ Mi disse d’un tratto! Spalancai gli occhi… non le credevo fino in fondo, ma era così sconvolta che in quel momento l’avrei soltanto stretta a me.

        


 
E mi ritrovo a non capire mentre 
il giorno muore…
ed ogni notte amore…
ed ogni giorno era un errore.


‘Vieni B, andiamo a salutare papà’mi disse mentre mi faceva lasciare la bambola sul letto. 
‘E’ arrivato mamma?’ aveva chiesto a Lily con la sua innocenza . ‘Vagli in contro…’ le disse abbassandosi al suo viso. Io rimasi vicino a Lily mentre lei correva verso l’ascensore seguita dal piccolo Eric. ‘Papàààà’ urlarono in coro ‘Ehy piccoli… vi ho portato qualcosa…’ entrarono insieme tutti e tre e si sedettero sul divano di pelle. ‘Questo è per te Serena e questo è per te Eric…’fece per dargli due pacchetti. I due erano contentissimi. La gioia di rivedere il padre dopo mesi era leggibile nei loro occhi. ‘Guarda Blair questo vestito è meraviglioso..’ disse poggiandoselo al petto e girando. Io sorrisi, cavolo… l’avrei voluto anche io. ‘Andiamo in camera così lo misuro.’ La seguii nella sua stanza e l’aiutai a vestirsi. ‘Piacerò a mio padre?’ Mi chiese, lì mi resi conto che io non mi ero mai fatta questa domanda su mio padre, era normale che gli piacessi. ‘Certo è tuo padre… e comunque sei bellissima!’ Affermai facendole coraggio. ‘Stai dimenticando una cosa …’ le dissi poi mentre usciva… ‘il cerchietto!’ lei rise e mi tolse dalle mani l’accessorio… insieme giocando e ridendo uscimmo nel corridoio. 
‘Tieniti pure tutto quanto… la casa, i bambini… sei un’ipocrita!’ non capimmo di cosa parlarono, ma gli urli erano pesanti e non ci mettemmo molto a capire che stessero litigando. ‘Va al diavolo, tu e i tuoi regali…’ disse Lily lanciandogli qualcosa. Noi rimanemmo ferme immobili mentre la sentivo agitarsi. ‘Io, me ne vado!’ Serena avanzò lentamente verso il padre ‘Papà…’ disse con la voce rotta dal pianto ‘Non chiedermi di tornare Serena!’ parlò con voce dura.
Lei scappò via, cercai di consolarla inutilmente.
Poco dopo Dorota mi venne a prendere per portarmi a casa. Mi sedetti sul mio divano a giocare con la mia bambola preferita… il rumore dell’ascensore mi fece alzare per avvicinarmi. ‘Serena?’ 

‘Ciao, B ti dispiace se giochiamo ancora?’ 
  
    


Saltandoti.. Affogo.

 
Il rumore dell’ascensore mi fece alzare dal divano e dirigermi verso di esso. Non ci trovai una bambina, al suo posto due ragazzi. ‘Blair , Nate ha dato lo scoop a Gossip Girl.…’ disse Chuck mostrandomi il cellulare… ‘Blair stai bene?’ domandò subito dopo. Dovevo apparire sconvolta.
‘Signorina Blair…dov’è andata?’ la voce di Dorota proveniva dalle scale. Io non rispondevo, non ci riuscivo, non capivo. ‘Blair… ehy…’ Nate provò a scuotermi, ma tutto quello che ottenne, fu il vuoto. ‘Non vedo niente…’ dissi con voce sottile,tra le lacrime.
***
Chuck Bass, prese la sua ragazza di peso per poterla farì distendere sul divano di pelle. Il suo amico aveva ordinato alla domestica una camomilla. La mora appariva del tutto sconvolta, come se avesse visto chissà cosa. Tutta pallida in viso, che era divenuto ancor più bianco e candido della sua normale carnagione, già decisamente molto chiara.
‘Respira Blair, non è successo niente’ Diceva il suo ragazzo accarezzandogli le gambe poggiate sulle sue.
Il suo respiro si regolarizzò qualche minuto più tardi, e solo allora sembrava riuscisse a comprendere cosa stesse accadendo attorno a lei.
***
‘Come ti senti?’ Mi chiese un Chuck molto preoccupato. ‘Bene…’ risposi riacquisendo la calma. ‘Tieni Blair.. l’ha appena portata Dorota…’ Nate, mi porse una tazza di camomilla ed io con l’aiuto di Chuck mi sedetti per poterla bere.
‘Abbiamo mandato lo scoop a Gossip Girl… dice che la soffiata l’ha mandata una certa Melissa89, potrebbe essere Sahvanna?’ Chiese Nate porgendomi il suo cellulare… ‘Non lo so… posso provare a chiederglielo’ i due annuirono in coro. Ed io composi il numero della mia stilista ‘Ciao Sahvanna… puoi parlare ?’ Le chiesi sapendola ancora indaffarata ‘Certo signorina Blair… è successo qualcosa?’ domandò preoccupata ‘Ascolta… hai detto a Gossip Girl di aver visto Serena ieri?Magari utilizzando il nickname Melissa 89?’ dissi sperando in una risposta negativa ‘No, signorina… non so come si faccia sinceramente…’ era davvero stata qui ‘Sicura Sahvanna? E’ una cosa importante!’ cercai di assicurarmi il più possibile ‘Sicurissima signorina..’ ‘ok, torna a lavoro…ah e puoi chiamarmi Blair comunque…’ lei rise ‘ok ,allora a più tardi Blair…’ chiusi la telefonata. ‘Ieri era qui…’feci con voce traballante. ‘Perché si nasconde? Di che cosa ha paura?’

Stringi le mie mani come 
per l’ultima volta e dopo…
guardami negl’occhi come fosse
Un anno fa.



‘Cara Serena, il mio mondo sta cadendo a pezzi e tu sei l’unica che mi può capire…’ Lessi quella lettera scritta un anno prima e la vedevo mentre come me, anche lei cominciava a star male.
‘Ho voglia di urlare perché…non ho nessuno con cui parlare. Tu te ne sei andata.

 

Dove sei?
Perchè non mi chiami?
Perchè sei partita senza salutare?
Eri la mia migliore amica… 
mi manchi così tanto.

 

Beh che dire... la canzone penso la conosciate tutte è 'Salutandoti affogo' di Tiziano Ferro. Ringrazio moltissimo Pat per avermi aiutato ad inserire le foto ^_^ Grazie mille tesoro <3
xoxo Raffy240

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Capitolo 10
*** Poi, ho visto gli occhi tuoi. ***


Ciao a tutti\e, 
è vero lo so, sono imperdonabile, ma non so come fare... sono sempre troppo impegnata.
Vi chiedo scusa e vi posto il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Buona lettura a tutti :)

Lascia che la pioggia cada e porti via le mie lacrime.
Let the rain come down and wash away my tear

 
 
Erano ormai due giorni che la pioggia cadeva copiosa senza tregua.
Avevamo cercato questa Melissa, per tutto l’Upper East Side, ma nonostante le domande insistenti, nessuna sembrava essere la persona che stavamo cercando.
Contemporaneamente quei stessi giorni, avevano portato Chuck ad allontanarsi da questa ricerca, perché non poteva essere più presente come lo era stato fino ad allora, a causa di alcuni affari da chiudere.
Così contrariamente a ciò che mi aspettavo, la maggior parte delle volte ero costretta, come gli altri ad andare da sola a bussare alle porte delle numerose persone che portavano questo nome.
Maledissi mentalmente quel nome e mi chiedevo sempre più spesso se questa persona si chiamava davvero così. Ma non poteva chiamarsi con un nome strano e poco usato? Non so tipo Abel, Savi o Sarasvathi. Melissa è un nome troppo comune e ci sono centinaia di ragazze che si chiamano così a Manhattan.
Sono un paio d’ore che sono insieme a Nate nella sua suite cercando, ancora indizi al computer.
Georgina e Dan sono andati ancora una volta a cercare Melissa, ma non so quanto possa esserci utile effettivamente.
Chuck non c’è, doveva essere qui da più di un’ora, ma non c’è e non ha avvertito né me, né Nate.
Decido di mandargli un messaggio, mentre Nate continua ad armeggiare sulla tastiera esperto più di quanto possa credere. Quando gliel’ho fatto notare mi ha risposto ‘che ti aspettavi?Sono un giornalista!’ Nel messaggio esplicavo a Chuck di voler ricevere una risposta, un commento, una spiegazione. Ma nonostante il tempo passasse e di messaggi come quello ne mandai a bizzeffe di lui non riuscivamo a sapere niente.
Nate, mi aveva avvisata. ‘In assemblee come queste, non puoi mai aspettarti la puntualità…’ ma io non mi capacitavo, come poteva essersi dilungata questa riunione per più di due ore?
O comunque dubitavo seriamente del fatto che non avesse tempo nemmeno per rispondere ad uno dei miei tanti messaggi sul cellulare.
‘Andiamo Blair… vuoi trovarla Serena o no? Chuck farà rientro tra poco.’ Scossi la testa, sapeva quanto ci tenessi alle ricerche di quel giorno,  le Melisse…erano quasi finite e se questo piano falliva dovevamo passare ad una nuova strategia.
Inoltre Serena è anche sua amica e mi da su i nervi sapere che non gli importa nulla di lei, tanto da dedicarsi agli affari piuttosto che alla sua scomparsa.
‘No, Nate… sapeva che doveva esserci, sono quasi due ore che non abbiamo sue notizie!’
‘Blair, potrebbe aver avuto qualche problema…’
Sbuffai ‘Per favore, non farmi pensare al peggio, è meglio che io ce l’abbia con lui, credimi.’
‘Come vuoi…’
Il biondino si alzò dal divano e con il computer tra le mani mi venne accanto ‘vedi? Questa è la lista delle persone che viaggiavano con lei sul treno, me l’ha appena mandata il mio investigatore privato…’ osservai bene i nomi e mi resi conto che nessuno di questi mi diceva niente ‘Bene, non può farci sapere quale posto occupava Serena e magari chi era seduto accanto a lei?’ Chiesi alzando le spalle, Nate mi guardò qualche istante ‘posso provare a chiederglielo…’ annuii soddisfatta.
 Quel pomeriggio trascorse lento e noioso, continuavo a chiedermi dove fosse Chuck, ma lui non si degnava nemmeno di rispondermi al telefono.
Verso le sei del pomeriggio tornarono Dan e Georgina, i due avevano un’aria stanca e la mora borbottava qualcosa di non comprensibile. Si scrollarono qualche goccia di pioggia dai loro soprabiti e si avvicinarono a noi spazientiti.
‘Blair, non esiste questa Melissa o il destino non vuole farcela conoscere. Non è possibile che nemmeno oggi sappiamo niente di questa tizia…’ Scossi la testa. Come era possibile?! Dovevo trovare Serena anche se non sarebbe servito a nulla, ma io devo farlo.
‘Mi dispiace Miss so tutto io, tranquilla che domani ci vado io a cercarla.’
‘Ecco, brava Blair, perché sotto la pioggia neanche i bambini ad Halloween girerebbero così tanto bussando alla porta della gente!’Esclamò sarcastica. Sbuffai, poi un lampo di genio. E con un sorriso orgoglioso e un po’ fittizio le dissi ‘Domani voi andrete a parlare con Lily, deve sapere no quello che sappiamo e chi meglio del suo figliastro o comunque ex-fidanzato della figlia!?’
I due aprirono leggermente la bocca, probabilmente per replicare. Ci sarei dovuta andare io da Lily, ma lei comunque sia mi ha sempre ritenuto una delle cattive influenze della figlia, senza sapere che il più delle volte era Serena ad essere una cattiva influenza per la gente.
‘E poi..’ continuai per non permettergli di rispondere ‘so quanto ci teniate ad essere utili e chi meglio di voi due sa essere convincete?’ Fermai le mie parole e mi voltai di spalle ‘Tu Blair…’ disse Dan consapevole di aver detto una grande verità ‘Non ci potrei andare da Lily e comunque… domani mi attende una certa Melissa.’
Con la coda dell’occhio intravedevo il mio amico ridere per averli messi KO!
‘Bene ora se vogliate scusarmi, io sarei diretta a casa mia.’ Presi il soprabito e la borsetta. Salutai Nate con un sorriso poi mi ricordai di dirgli ‘appena vedi Chuck, digli di venire da me.’ Lui mi assicurò che l’avrebbe fatto.
Me ne tornai a casa e aspettai ancora quel messaggio che non arrivò mai.
***
‘Signorina Blair, c’è giù il Signor Chuck che l’attende…’ serrai le labbra in un gesto automatico. Spazientita mi voltai verso la mia domestica e le chiesi cinque minuti. Velocemente ripresi fiato e mi riordinai, poi andai verso il piano di sotto.
Scendendo le scale scorsi la sua figura nella penombra della sera.
Giunta all’ultimo scalino, presi a parlare decisamente non tranquilla ‘Dovevi essere alla suite praticamente 4 ore fa…’ dissi arrivandogli di fronte. ‘Non ho potuto …’ disse tendendo un mazzo di peonie che mi facevano perdere la mia rigidità.
Incrociai le braccia al petto, senza dar conto ai suoi gesti. Di conseguenza quel colore acceso dei fiori venne portato giù vicino alla gamba.
‘Non hai potuto? Che vuol dire? Sapevi quanto era importante per me la tua presenza e non ti sei degnato di venire! Mi dispiace, ma non riesco a credere che questa riunione sia durata 6 ore!’ Esclamai agitata. Presi a camminare per la stanza, con la testa che mi scoppiava e la voglia di avere una spiegazione che tardò ad arrivare.
‘E’ vero Blair, siamo stati sei ore rinchiusi in quell’aula, sapevo che ci saresti stata male, ma non potevo fare altrimenti.’ Disse spazientito quanto me. ‘Beh , non avevi il tempo nemmeno per rispondere ad uno dei miei messaggi? Ero preoccupata Chuck, furiosa!’ Parlavo e la voce si alzava sempre di più ad ogni frase.
‘No, non potevo, non avevo il telefono nel taschino e i tuoi messaggi li ho letti solo pochi minuti fa!’ La sua espressione diventò d’un tratto rigida. La mascella serrata, gli occhi intensi, ma ridotti ad una fessura. Scosse il capo, mentre come me era arrivato al culmine dell’esasperazione.
‘Perché?’ Chiesi infastidita ancora una volta. ‘Cosa perché?’ Chiese lui di rimando, mentre si voltava di spalle infuriato. ‘Perché il telefono non era nel tuo taschino, perché la riunione è durata tanto al lungo?!’ Dissi avvicinandomi ancora a lui. ‘Perché non ti fidi di me, tanto da non volermi dare spiegazioni?!’ Esclamai, alle prese con una crisi isterica. ‘Perché, perché, perché…’ disse alzando la voce ad ogni perché. Lanciò i fiori violentemente sul tavolino di ingresso, facendoli sbattere contro il marmo. Sobbalzai, mentre lui mi venne vicino ‘Che cosa vuoi sapere? Che Bart Bass, continua a mettersi di mezzo ad ogni mio affare? Che mi ricatta? Questo vuoi sapere!?’ Parlò velocemente colmo di rabbia, mentre io continuavo a turbarmi sempre di più ‘Sono giorni che cerco di evitare di dirtelo e non per mancanza di fiducia, ma per non darti ulteriori preoccupazioni… sei così presa dalla storia di Serena, che qualsiasi cosa potrebbe farti male ora’ scosse la testa. Avevo l’espressione affranta di chi sta per scoppiare in un pianto disperato. ‘Adesso ho bisogno di pensare..’ si avviò verso l’ascensore per andar via. ‘Chuck…’si voltò alla mia voce tremante guardandomi un secondo, poi lasciò chiudere le ante dell’ascensore a andò via, sconvolto tanto quanto me.
Erano le nove passate e non sapendo che fare chiesi a Dorota di portarmi un thè caldo e di trovarmi un vaso per le mie belle peonie.
Vivevo di emozioni contrastanti che non sapevo ascoltare. Incominciai a sentirmi in colpa, come un bambino quando rompe il vaso della mamma e sa di farla star male, perché a quel vaso apparentemente inutile, la mamma ci teneva.
Provai a telefonargli, avrei voluto dirgli che mi dispiace, che non era mia intenzione, che sono proprio egoista!
Sbuffai, quando il suo cellulare continuava a risultare sempre spento.
Così sorseggiando l’infuso caldo al limone, cercai di schiarirmi le idee. Poco dopo presi il mio soprabito rosso, un ombrellino parigino e uscii di casa, senza dare spiegazioni a nessuno.
Sotto la pioggia che era diventata più insistente mi incamminai stringendomi nelle spalle ad ogni tuono. Arrivai all’Empire con un taxi e chiudendo l’ombrello entrai nel grande Hotel. Salii al piano della suite di Chuck e Nate. Il suono dell’ascensore mi annunciò e il mio amico mi accolse come se si aspettasse la mia visita.
‘Dov’è Chuck?’ Mormorai non vedendolo uscire da nessuna porta.
‘Non c’è qui…’ rispose sinceramente, ma omettendo quel che sapeva.
‘Devo parlargli Nate, è più di un’ora che cerco di rintracciarlo…’ dissi parlando lentamente.
Nate si allontanò e prese dal bancone un bicchiere con del liquore.
‘Sai bene qual è il luogo che preferisce Chuck per pensare…’ riprese a parlare mostrandomi il suo bicchiere. Si, il liquore, il bar, il suo bar preferito, il luogo delle nostre tante, mille discussioni e riflessioni. ‘Nate è chiuso oggi…’ replicai spazientita. ‘Si dia il caso che sei nel posto giusto al piano sbagliato signorina… non so se ti ricordi, ma questo Hotel ha un bar e in questo caso è l’unico posto familiare che lo aiuterebbe..’ Accennai un sorriso e mi diressi nuovamente verso l’ascensore.
‘Grazie Nate, e… la prossima volta arriva subito al punto!’ Esclamai ironica. Lui sorrise ed io scesi al primo piano.
Arrivai un po’ agitata non sapendo cosa aspettarmi, quali reazioni o sensazioni.
Lo vidi di spalle seduto al bancone mentre sorseggiava probabilmente dello scotch. Una mano sul ginocchio e la testa china come per scontare una pena.
Mi avvicinai silenziosamente anche se i miei tacchi segnalavano la mia presenza.
Mi sedetti sullo sgabello al suo fianco e pronunciai con voce sottile un flebile ‘Ciao.’
‘Ciao.’ Rispose alzando di poco il viso anche se già precedentemente aveva avvertito la mia presenza.
Sospirai profondamente ‘mi dispiace Chuck, non volevo ferirti…’ parlai con voce sempre meno chiara. ‘però l’hai fatto!’ Esclamò lui, spingendo con le dita il bicchiere in fondo al bancone.
Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo. ‘Stai così a causa mia o di tuo padre…?’ Chiesi ancora a testa bassa. ‘Per tutti e due…’ rispose poco dopo ‘Ti va di parlarne…?’ chiesi avvicinandomi al suo viso, ferita quanto lui, per avergli fatto del male.
Scosse la testa e prese la mia mano poggiata sul bancone ‘ho bisogno di una passeggiata…’ disse alzandosi e lasciando ancora la mia mano. ‘Chuck…’ gli dissi mentre lo seguivo a distanza.
‘ fuori sta diluviando!’ Cercai di fargli capire nella speranza che si fermasse. Si voltò velocemente aprendo le braccia ‘E allora? Che fai non vieni?’ Sorrisi scuotendo la testa ‘Almeno lasciami prendere l’ombrello.’ Dissi raggiungendolo. Lui mi fece cenno di prenderlo alla reception poi me lo tolse di mano, uscimmo dall’Empire e lo aprì prima di tuffarci sotto la pioggia.
Camminavamo fianco a fianco, senza parlare, senza sfiorarci. La pioggia batteva forte sull’ombrello e di tanto in tanto sui nostri vestiti. L’aria non era molto fredda in fin dei conti eravamo solo a inizio autunno, ma mi si iniziarono a gelare lo stesso i piedi a causa dei forti getti d’acqua fredda della pioggia. Un lampo squarciò il cielo e un grosso tuono mi fece tremare. In un gesto protettivo Chuck mi cinse la vita stringendomi al suo petto. La mia mano finì sul suo collo mentre le sue labbra lasciavano un dolce bacio fra i miei capelli. Il suo profumo mi inebriava la mente, mi rilassai a quel contatto così semplice, ma così intimo. Camminammo stretti fino alla fine della strada, poi continuando un percorso non preciso il silenzio venne finalmente interrotto.
‘Mio padre mi tortura, mi ricatta…’ disse tutto d’un fiato come per paura di ammetterlo.
Lasciò la presa sul mio corpo e mi guardò per accertarsi che lo stessi ascoltando. Non intervenni lasciai soltanto che i miei occhi seguissero tutti i suoi movimenti per non perdermi nulla delle sue parole. ‘Vedi…’ mi disse riprendendo a camminare , ma con lo sguardo non sempre rivolto all’orizzonte. ‘…sono come sempre senza una famiglia! A volte desidererei essere un’altra persona. Perché… una famiglia fa sempre comodo. Sono persone che ti mettono a tuo agio che cercano di far di tutto per sostenerti, io non avrò mai una famiglia!’ Mi accorsi che le lacrime pungevano i miei occhi per venir fuori, ero sempre molto sensibile a questo argomento. Feci di tutto per non lasciarle scivolare sul mio viso, permettendole di inumidire soltanto le mie iridi. ‘Invece …’ proseguì dopo aver posato per un lungo istante i suoi occhi su di me. ‘…ho soltanto un padre, che sta giocando ad un gioco pericoloso. Non mi supporta, non mi protegge, mi infligge solo pene che non merito di scontare!’ Bloccai i miei passi mentre la pioggia sembrava diminuire di intensità, lui fece lo stesso assecondando la mia azione. ‘Chuck…’ richiamai la sua attenzione facendolo voltare verso di me, accarezzai il suo viso con la mano destra ‘avrai sempre me... io sono la tua famiglia!’ Esclamai con lo sguardo perso nel suo. Accarezzò con i polpastrelli la mia mano sulla sua guancia ‘non è la stessa cosa…’ pronunciò probabilmente riflettendo sulla figura genitoriale ‘ma io ti amo e ti sosterrò sempre, dovessimo finire all’inferno insieme, non m’importerebbe.’ La sua espressione risultò improvvisamente più rilassata, le sue mani divennero meno rigide sul mio corpo.
Ora dopo aver lasciato un bacio sulla mia mano, parlava più tranquillamente.
Mi parlò di come Bart avesse ancora una volta ficcato i suoi interessi fra quelli di Chuck.
A quanto pare Bart Bass vorrebbe a tutti i costi vedermi fuori dalla vita del figlio, perché per il suo modo di vedere la vita lo rendo debole , vulnerabile, una persona con dei sentimenti insomma e nessuno come me può capire quanto siano importanti i suoi.
Continua a dirgli che fin quando non gli dimostrerà di essere diventato l’uomo che suo padre avrebbe voluto si sarebbe intromesso nei suoi affari. Inoltre la sua impresa di recupero delle industrie Bass sembrava non riuscire a raggiungere grandi risultati a causa delle conoscenze molto più notevoli di Bart nel settore.
Mi venne voglia anche di dirgli che se avesse voluto mi sarei fatta da parte e avrei aspettato il momento per ritornare al suo fianco, ma lui mi aveva risposto negativamente, alzando la voce e accusandomi anche di poca sensibilità. Scossi la testa, ma in fondo aveva ragione, il nostro amore non aveva niente a che vedere con tutta quella faccenda.
Poche ore più tardi continuando il nostro chiarimento ci ritrovammo a casa mia, nella mia camera.
Addormentato nel mio letto finalmente tranquillo.
Non mi spogliai, non valeva la pena perdere tempo. Mi sfilai le scarpe e mi avvicinai al suo corpo abbracciandolo da dietro. Lo sentii svegliarsi mentre con una mano accarezzava il mio braccio intorno alla sua vita. Si voltò lentamente e mi strinse forte a se.
‘Chi non sa amarti non sa cosa si perde Chuck Bass!’
 Incrociai le mie gambe alle sue e mi lasciai coccolare dalle sue carezze e dai suoi dolci baci.
***
‘Pronta per incontrare Melissa?’ Mi chiese convinto che l’avessimo trovata quella mattina.
‘Si, sono pronta, non vedo l’ora di farmi raccontare tutto!’dissi entusiasta.
Pioveva ancora, pioveva di continuo.
Uscimmo ancora una volta, stretti in un abbraccio. Camminammo tutta la mattina, bussando a decine di porte, ma nessuna di quelle ragazze sembrava conoscere Melissa89. Cominciammo a perdere le speranze. E se.. non si chiamasse Melissa; se 89 non è l’anno della sua nascita; se,se,se…
Sbuffai e proposi a Chuck di fermarci a mangiare in qualche ristorante prima di riprendere a camminare dato che era ormai ora di pranzo.
Arrivammo nel nostro ristorante preferito e ci facemmo servire un pranzo veloce.
‘Credi che riusciremo mai a trovarla?’ chiesi sorseggiando dell’acqua. ‘Ci dobbiamo riuscire..’ rispose prendendo la mia mano fra le sue dita. Sorrisi al suo ottimismo cercando di apparire meno nervosa di quel che ero. ‘Se dovesse succedere qualcosa prima che riusciamo a trovarla?!’ Domandai cautamente ‘Il tempismo non è mai stato il nostro forte Blair, ma vedrai che le cose si sistemeranno, come è sempre accaduto.’ Lo guardai negl’occhi poco convinta, anche se aveva ragione. ‘Non ti ho ancora ringraziato..’ disse d’un tratto. Scossi la testa confusa ‘per cosa?’ domandai curiosa di sapere la risposta ‘per ieri… sei l’unica persona che sa come lasciarmi sbollire la rabbia quando c’è di mezzo la mia famiglia!’ Abbassai lo sguardo fortemente imbarazzata e lusingata al tempo stesso. Strinsi più forte la sua mano ‘perché io sono la tua famiglia Chuck Bass e nessuno mi porterà via, fin quando non lo vorrai’ Gli sorrisi e lui ricambiò accennando una curva con le labbra.
Qualche minuto più tardi eravamo ancora in strada alla ricerca del prossimo indirizzo, alla 5th Avenue. Passammo davanti al mio negozio preferito , Tiffany&Co e nemmeno a farlo apposta l’indirizzo sembrava corrispondere ad un’abitazione poco lontano , circa quindici metri più avanti.
‘Siamo arrivati…’ dissi con la mente rivolta ancora a quei gioielli in bella vista nella vetrina appena passata. ‘Vieni..’ fece lui, mettendomi una mano dietro la schiena e portandomi fino ai tre scalini che ci avrebbero permesso di bussare alla porta.
Suonammo al campanello e dopo poco sentimmo la voce di una ragazzina ‘Un attimo, arrivo…’ la porta si aprì e una ragazzina dai capelli più chiari dell’oro ci apparve davanti.
‘Ciao…’ dissi abbassandomi alla sua altezza. ‘Ciao… io vi conosco da Gossip Girl, voi siete Chuck e Blair. Ho sempre sognato potervi conoscere. Come posso aiutarvi?’ disse tutta contenta mentre saltellava lentamente da un piede all’altro. Chuck scosse la testa , io chiusi gli occhi riflettendo sbalordita e poi li riaprii riprendendo a parlare ‘Ci chiedevamo se c’è Melissa.’ Quegl’occhioni azzurri mi guardavano sorpresi. ‘Sono io Melissa, come mi conoscete?’ Mi si avvicinò ed io in un gesto automatico mi abbassai leggermente sulle ginocchia arrivando al suo viso. ‘Hai per caso scritto a Gossip Girl ultimamente?’ Chiesi così gentilmente da meravigliarmi da sola.
Lei guardò Chuck alzando il viso, poi di nuovo me, ma mentre stava per rispondermi una voce adulta si sentì urlare ‘Melissa, Melissa…’ Ma lei non si muoveva continuava a guardarmi come se non potesse farne a meno. Una donna sulla cinquantina arrivò alle sue spalle prendendola per le spalle. ‘Melissa, lo sai che non puoi stare fuori, con questa pioggia poi… vuoi rischiare un malore?’ Melissa, la guardò per un momento… poi riprese a fissare il mio sguardo ora più altro del suo.
‘Ma Carlene, per piacere non vedi chi c’è alla porta…?’ La domestica alzò finalmente lo sguardo prima troppo impegnato a guardare quella bambinetta in prima adolescenza che sembrava non poter uscire di casa. ‘Oh, scusatemi, io vi conosco…’ disse arrossendo per non averci degnato di uno sguardo prima di quel momento ‘Io mi chiamo Carlene e sono la sua governante…’ ci strinse le mani ad entrambi ‘Mi dispiace, ma la signorina Melissa non può restare qui fuori… devo salutarvi, al contrario di quel che sembra ha bisogno di molte più attenzioni …’ parlò alludendo alla ragazzina. Melissa cominciava già a salire le scale probabilmente per andare nella sua camera. ‘Aspetti signora Carlene, abbiamo bisogno davvero di parlare con la signorina Melissa è una cosa molto importante.’ La donna tentennò poi vide arrivare la bambina finalmente in cima alla scala, sospirò ‘Venite accomodatevi…’ ci condusse all’interno dell’appartamento. La casa era lussuosa i tappeti , i tendaggi, i divani, i mobili, tutto sembrava evidenziare il grande patrimonio di quella famiglia. ‘Vi preparo un thè…’ disse la donna in divisa mentre ci faceva sedere su un comodo divano in pelle chiara. Sparì subito dopo senza darci il tempo di replicare.
‘Beh, potrebbe essere lei no?’ chiese Chuck continuando a squadrare la casa, manco dovesse farci un preventivo! ‘Si, ci conosce , conosce Gossip Girl… evidentemente abbiamo cercato una ragazza molto più grande, forse 89 non si riferisce alla data di nascita…’ Chuck annuì. ‘Secondo te perchè Carlene ha mandato immediatamente quella ragazzina in camera?!’ Scossi la testa non riuscendo a dedurre una risposta. Poco dopo un vassoio con thè fumante ci venne servito.
‘Vi conosco grazie alla signorina Melissa… lei è costretta a letto e Gossip Girl è un modo come tanti per intrattenersi.’ Poggiai la tazza calda sul tavolino ‘Cos’ha? E’ una ragazzina così bella e dolce…’ dissi chiudendomi nelle spalle. ‘La signorina Melissa ha un grave problema ai polmoni che le impedisce di vivere una vita normale. Spesso è bloccata in casa. Non può prendere vento, nessuna influenza, nessun raffreddore…’ Chuck si sporse più avanti e guardò Carlene ‘E’ tanto grave…?’ Domandò quasi impaurito di aver parlato troppo ‘E’ costantemente in cura, da sempre seguita da uno specialista, ma io che la conosco dalla nascita posso assicurarvi che non ha mai fatto progressi radicali.’
‘I suoi genitori?’ sussurrai, rattristandomi per quella storia tanto insolita
‘Lavorano quasi sempre, oppure sono in viaggio e con la scusa che non può viaggiare , la bambina resta sempre con me. Sapete adesso Melissa ha dodici anni e risente molto di più le rinunce che deve fare a causa della malattia. Comunque sia… perché la cercavate?Melissa non è poi così conosciuta’ Parlò convinta la donna di fronte ai nostri occhi . ‘Volevamo soltanto farle qualche domanda potrebbe essere davvero molto importante.’ Fece Chuck alzandosi dal divano.
Si sistemò la giacca in un gesto automatico ed io come lui mi alzai.
‘Va bene… ve la vado a chiamare’.
Qualche attimo più tardi quella bambinetta dall’aria dolce ci venne incontro.
I capelli biondi raccolti i per metà, gli occhioni profondi che ricordano il mare e l’azzurro del vestito che mette ancor più in risalto quella bellezza. Le ballerine ai piedi ed un fiocco in tinta tra i capelli. Ci salutò ancora una volta poi da brava padroncina di casa ci fece ri-accomodare sul divano.
‘Allora Melissa, non vogliamo rubarti molto tempo… ci chiedevamo se per caso sei tu la persona che ha scritto di aver visto Serena Van der Woodsen qualche tempo fa nell’Upper East Side, si è firmata Melissa89!’Chuck smise di parlare e Gli occhioni si sbarrarono , la bocca semiaperta ‘Quell’imbrogliona di Gossip Girl… non doveva tenere nascosta l’identità dei suoi informatori?’ disse agitandosi come non mai sulla poltrona accanto a noi. Mi alzai e la presi per le braccia dolcemente abbassandomi sulle ginocchia‘Ehy, ehy… non hai fatto nulla di male… ascolta è una cosa molto importante, è per questo che ci ha detto il nickname della persona.’ Come prima i suoi occhi si incastrarono nei miei ed io non riuscivo a distogliere lo sguardo. ‘Melissa, dove l’hai vista, puoi raccontarmelo, vogliamo solo ritrovare la nostra amica, niente di più.’ Melissa si tranquillizzò, riprese fiato ad occhi chiusi ed io approfittai per rialzarmi e andarmi a sedere accanto a Chuck prima che riaprisse gli occhi e quelle iridi magnetiche mi catturassero ancora.
‘Si, ho visto Serena, ma non avevo idea che fosse sparita o altro… era strana correva dall’altra parte della strada in una tuta nera con il cappuccio. Mi sono meravigliata, di solito mi sono ispirata molte volte al suo look , ma quello non l’avrei mai imitato. Così ho mandato la soffiata a Gossip Girl. Qualche minuto dopo ero da Tiffany, adoro quei gioielli e una delle commesse mi conosce bene, ogni tanto vado a salutarla e a guardare i nuovi arrivi, è sempre bello avere l’esclusiva. Uscendo dal negozio me la sono ritrovata a qualche passo da me ,l’ho guardata e lei si è bloccata come se fosse successo chissà cosa. Le ho detto ma tu sei Serena, come mai niente tacchi? Lei mi si è avvicinata e mi ha detto per favore non dirlo a nessuno che mi hai vista. Ho accennato un Sì con la testa, ma intanto la soffiata a Gossip Girl già l’avevo mandata.’ Quella storia cominciava a diventare sempre più strana, non mi capacitavo del fatto che non volesse essere vista o riconosciuta non capivo perché. ‘Era sola?’ Chiese Chuck sporgendosi in avanti . ‘Si, lo era…’ prese del thè e se lo versò in una tazza.
Io e Chuck ci guardammo ‘ora che ci penso mi ha anche detto una cosa strana, ma non l’ho capita…’disse sorseggiando la bevanda. ‘Cosa ti ha detto…?’ domandò Chuck.
Solo a b, così ha detto.’
‘E che vuol dire?’ chiesi stranita
‘Non so poi si è girata per andar via ed io le ho chiesto ma che vuol dire? E Lei ha risposto diglielo, ma cosa e a chi?’ Io e Chuck ci guardammo e capii che quello che pensava lui corrispondeva a ciò che pensavo io. Mi voltai verso di lui ancora un po’ tanto da nascondere il viso a Melissa, perché una lacrima ribelle non riusciva a stare sotto il mio controllo e la lasciai scivolare.
Chuck mi guardò prendendomi una mano ‘a B, B sta per Blair… dovevi dirlo a Blair…’ pronunciò quelle parole dolcemente guardando prima me poi quella ragazzetta dagl’occhi del cielo.
‘Ma io… oh perdonami Blair, non avevo capito… io non ci ho pensato… se ti avessi cercata allora, sarebbe stato tutto più semplice... forse ha bisogno di te ed io …’ parlava veloce Melissa, la sua voce tremava ed io mi feci forza asciugandomi la guancia. Come prima mi piegai sulle ginocchia, era un modo di fare di Dorota quand’ero più piccola per tranquillizzarmi, affondai il mio sguardo nel suo ‘Tranquilla, tu hai già fatto abbastanza! Ci hai aiutato tantissimo…’ dissi imprigionando le lacrime nel petto. Chuck si sedette al suo fianco ‘Si, Melissa … va tutto bene’
Qualche istante dopo Carlene fece il suo ingresso in sala ‘Signorina Melissa, lo sa che con la cura che sta facendo non può stare molto tempo in piedi… è ora di salutare i tuoi ospiti.’ Melissa abbassò lo sguardo sprigionandolo dal mio ‘Devo andare Blair… spero tanto che ritroverai la tua amica.’ Si alzò dal divano e di conseguenza lo feci anche io. Guardai Chuck consapevole che sapesse tutti i miei pensieri.
Melissa ci salutò con una dolcezza infinita e cominciò a salire le scale per il piano superiore.
Poi si voltò ‘Ci rivedremo ancora?’ Disse aggrappandosi con le mani alla ringhiera, annuimmo in sincrono, poi sparì dietro il muro.
‘Scusatemi ragazzi, ma Melissa, non può stare in piedi…’
‘Tranquilla Carlene, adesso andiamo via…’ Chuck prese l’ombrello che prima aveva messo via e s’incamminò verso la porta. ‘Chuck chiama la Limousine , arrivo fra un minuto’ dissi sorridendo, lui ricambiò e uscì fuori.
‘Carlene… vedi ecco..’ dissi prendendo un bigliettino dalla borsa. ‘Questo è il numero di uno dottore che conosco, è  bravissimo il solo problema è che sta in Florida… ma penso che non abbiate problemi di soldi qui…’ dissi alludendo alla casa, ai vestiti e al servizio.
‘Signorina , ma la bambina è già seguita da molti medici…’ sospirai ‘ mi creda è il migliore, ci porti Melissa…’ Carlene sorrise e prese il bigliettino dalle mie mani ‘Posso salire a salutarla un’ultima volta?’ la donna annuì ed io meravigliandomi di me stessa, salii al piano di sopra interessata per davvero a quella bambinetta.
Era lì distesa sul suo letto in una camera da fare invidia a tanti. Tutto aveva i colori del celeste, del rosa, del giallo e del verde mela. Sembrava la casa delle bambole, ma in fondo quella ragazzina sembrava proprio uscita da uno di quei film ambientati nell’ottocento.
Non aveva niente a che vedere con quelle mocciose che ci sono a Manhattan e non perché non potesse , aveva tutto il necessario per assomigliare a una reginetta fra i suoi compagni.
Ma Melissa era diversa, dolcissima, non viziata e con una bellezza da far invidia. Nonostante tutti i motivi per essere arrabbiata con il mondo, lei non lo era. Mi ricordava Serena, ma una Serena molto piccola, così piccola che ancora non aveva conosciuto il mondo al di fuori della sua stanza. Non aveva i dodici anni di Melissa, ma i suoi cinque anni quando il suo mondo girava sempre nel verso giusto. ‘Blair… sei ancora qui?’ interruppe il silenzio accorgendosi della mia presenza. Mi avvicinai e senza dirle niente l’abbracciai inaspettatamente, lei ricambiò il gesto e poi quando ci staccammo con un’espressione un po’ buffa disse ‘Perché mai ti chiamano la regina di Ghiaccio!?’ scoppiai a ridere, mentre lei faceva riferimento a quei minuti passati in sua compagnia ‘credimi, ne hanno tutte le buone ragioni!’ esclamai ancora ridendo. Una foto sul comodino attirò la mia attenzione, Melissa era con una donna anziana che avevo visto già... riflettendo mi ricordai di qualche giorno fa, quando sotto la pioggia persi il biglietto di Serena e lei lo ritrovò 'Chi è?' le chiesi 'Mia nonna' e così ricongiunzi i pezzi di un puzzle. Se soltanto l'avessi saputo prima probabilmente quella donna mi avrebbe condotto qui e non avrei avuto bisogno di quest'enorme ricerca.
I suoi occhi che sembravano lapislazzuli ridevano, così come rideva lei ‘Promettimi una cosa…non dimenticarmi, lo fanno tutti, non è colpa mia se non posso uscire.’Al contrario del suo viso ancora ridente , il mio assunse un’espressione completamente seria ‘Te lo prometto’.
Quel giorno rimasi pietrificata dal mio comportamento e delle mie emozioni. Se fosse stata un’altra persona, io non credo avrei avuto le stesse reazioni. Ma quella bambina aveva qualcosa di diverso ed io sentivo di volerle bene… così su due piedi, conoscendola appena.
Chuck diceva che sembravo quasi materna nei suoi confronti e forse aveva ragione.
Melissa era dolce, era forte anche se sembrava come un cucciolo che ha bisogno di calore. Non meritava il male che la vita aveva deciso di farle.
Mi promisi ancora di non dimenticarla, di ricordarmi per sempre di quei capelli oro e quegl’occhi magnetici. Segnai il suo nome sulla mia agenda, come l’indirizzo di qualche appuntamento, per ricordarmi di andarla a trovare o di cercare il suo numero e chiamarla di tanto in tanto per sapere come sta, cosa fa , se sta guarendo. Mi sarebbe bastato anche soltanto parlare con Carlene, per assicurarmi della sua salute, ma mai avrei voluto rinunciare a sentire quella voce che sembrava vetrata, come di cristallo.
Non avevo mai conosciuto una persona così, forse la più bella che io abbia mai visto.
'Come stai?' mi chiese Chuck, annuii 'devo solo trovare Serena, ha bisogno di me!'


...Sai, ho visto gli occhi tuoi,quando scende la bellezza in fondo al cuore…}

 

Eccomi qui... spero che vi sia piaciuto , la frase alla fine è della canzone 'Occhi' di Zucchero.
Inizialmente Melissa doveva essere una ragazza dell'89 con occhi scuri e gambe da urlo, ma poi guardando il pomeriggio rai 3 mi sono ricordata di un'altra Melissa. 
Cercate su google il nome di 'Melissa sue Anderson' mi sono ispirata a lei, ma ovviamente non c'entra niente con la vita dell'attrice è solo un'ispirazione per i suoi occhi così intensi e i capelli così chiari. 
xoxoRaffy240

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Capitolo 11
*** L'Imminente Scoperta. ***


Ciao bella genteeeee ^-^
Eccomi qui con un nuovo capitoletto tutto per voi!



Lascia che riempia la mia anima e anneghi le mie paure…
Let it fill my soul and drown my fears

Due giorni fa, Georgina e Dan sono andati da Lily e quando sono tornati erano sconvolti dalla reazione avuta dalla donna. Hanno raccontato che ha detto di non volerne sapere niente, sua figlia sparisce di continuo e sicuramente sarà da qualche parte tra droga ed alcol. Non ci credevo.
Sarebbe tornata, diceva, e lei come ogni volta sarebbe stata costretta a prendersi cura di lei, ovvio è sua madre!
Sbigottita, lasciai perdere Lily e insieme agli altri mi preoccupai di cercare il vicino di treno di Serena. Nate riuscì a trovarlo e scoprimmo che era un ragazzo che lavorava per Damien, il suo spacciatore di fiducia. Georgina lo conosceva bene e così facemmo un salto da lui.
Ci disse che non sapeva nulla, soltanto che dopo un paio di telefonate e un paio di ragazzi andati a portarle delle cocaina, sembrava sparita, evaporata nel nulla.
I ragazzi di Damien dicevano che voleva divertirsi e a quanto pare dimenticare la vita reale. Non chiedeva i nomi , non li voleva sapere e poi si spingeva oltre, oltre il limite.
Uno di loro, il secondo che andò da lei ci disse che lì a San Francisco, era in compagnia di un ragazzo che corrispondeva alla descrizione fatta dal proprietario di quello strambo Bed & Breakfast!
Ero spazientita. Diceva che quando era andato da lei, questo tizio le faceva una sorta di corte spinta e forzata, ma visto come aveva trovato la nostra amica , non si meravigliò più di tanto.
In quei giorni ero tremendamente impegnata. Era ormai imminente la sfilata per la collezione finalmente terminata e fotografata. Ero agitata e troppo preoccupata, sentivo il peso delle cose come se mi abbattesse, sotterrasse.
-Venerdì sera, sarai fantastica! Ti va un trattamento massaggi prima del gran giorno?-
Sorrisi inevitabilmente al messaggio di Chuck! Non era male la sua idea, per niente. Immaginarmi distesa tra oli ed essenze era un bel pensiero che non volevo gettar via.
- Ci sto! Ci vediamo stasera all’Empire!-
Inviai il messaggio e lasciai trascorrere il tempo, niente doveva rovinare quest’evento.
***
Quel Venerdì , quella passerella, quegl’abiti tutto è come scolpito nella mia mente!
Entrai in quella sala a testa alta , ma con un fervore dentro davvero eccitante. Tutto era stato preparato alla perfezione, come avevo richiesto!
Le sedie disposte nel giusto ordine, le luci della giusta intensità, i fiori sui lati della sala insieme a leggii che ospitavano i cataloghi della collezione.
Tutto era perfetto, tanto da ricordarmi le sfilate di mia madre. Passai dietro le quinte, le parrucchiere e le truccatrici erano tutte indaffaratissime sulle modelle.
Tutto procedeva per il verso giusto, io mi facevo in quattro andando su e giù a controllare ogni addetto ai lavori. Sorseggiavo un drink, mentre sovrappensiero guardavo la gente diventare sempre di più, cercare i loro posti e sedersi chiacchierando divertita.
‘A che stai pensando?’ sobbalzai facendo traballare il bicchiere fra le mani. Era Chuck, la sua voce calda e cupa.
‘Quando ero una ragazzina, alle sfilate di mia madre ,me ne stavo sempre dietro questa tenda, ad osservare le persone, a giudicare i loro vestiti…con me c’era Serena.’ Sorrisi abbassando lo sguardo, sentendomi ridicola di desiderarlo ancora. ‘Sono sicuro che vorrebbe essere qui..’
Lo guardai negl’occhi e nervosa affermai ‘Che venisse, allora!’
‘Blair..’ le sue mani accarezzarono le mie spalle ‘E’ palese che ti manca, ma questa è la tua serata! Riesci a non pensarci per un po’?’ chiusi gli occhi e serrai le labbra , assecondando la sua richiesta stufata.‘Sei bellissima questa sera …’ la rigidità della mia espressione svanì , mi prese per i fianchi tirandomi a se, prese il cocktail dalle mie mani poggiandolo su un tavolino riservato al trucco. ‘ Tra un po’ sarai lì fuori a farti lodare… tutti sapranno quanto vale Blair Waldorf!’ Sorrisi e gli lasciai un candido bacio a fior di labbra.
Era incredibile come riuscisse a trasmettermi tanta forza e coraggio, era incredibile come riuscisse a farmi volare con poco più di un’espressione, poco più di un sorriso.
Respirai profondamente mentre lo vedevo prender posto fra la gente, la serata cominciava!
Ricontrollai per l’ennesima volta, tutte le modelle, tutti gli abiti , ogni dettaglio. Poi la musica partì e una alla volta le modelle cominciarono a sfilare.
Con me c’era Dorota ed io la pregai di non farmi guardare dietro la tenda per sbirciare le reazioni, potevo morire lo sentivo!
Dorota fece di tutto lottando contro il mio istinto, come al solito volevo avere il controllo della situazione, ma non era affatto facile. Sentimmo gli applausi e respirai profondamente sorridendo.
La sfilata andò avanti così . I modelli sembravano piacere molto, mi sentivo soddisfatta.
Alla fine della sfilata dovetti salire anche io sulla passerella, accompagnata dalle ultime due modelle sfilai anch’io. Presi fiato e sorridendo a tutti cominciai a parlare.
‘Avevo preparato un discorso, ma ovviamente ho dimenticato tutte le parole. Vorrei ringraziare tutti voi, per essere stati qui questa sera. Spero che la sfilata sia stata di vostro gradimento e che un giorno vi troverete ad indossare anche voi, uno dei miei abiti!
Ringrazio tutto lo staff, la mia favolosa stilista e tutti i sarti. Siete una bella squadra, è un piacere lavorare con voi’ guardai fra la folla incrociando lo sguardo di Chuck , poi quello di Nate alla sua destra, infine prestai attenzione alle prime file dove c’era Sahvanna, le rivolsi un sorriso smagliante che lei ricambiò commossa e appagata dalla reazione di tutti che continuavano a battere le mani.
Un uomo alto e robusto si avvicinò alla passerella, richiamò la mia attenzione e mi porse un mazzo di fiori bellissimo. Quei fiori avevano un’aria inquietante, per quanto belli. Guardai ancora Sahvanna e le chiesi al microfono ‘chi li manda?’ ma lei era stranita , mi indicò un banco ricco di fiori ‘Li hanno messi tutti lì’. Spalancai gli occhi e poi decisi di salutare un ultima volta prima di far spegnere le luci.
Gli applausi mi avvolsero e l’aria ad un tratto si presentava più calda, come affettuosa.
Pian piano le luci calarono e la gente cominciò ad andare in giro senza prestarmi più attenzione. Mi sentii in pace. Posai lo sguardo su quei fiori variopinti e notai fra i tanti petali un biglietto.
Quando l’aprii mi si gelò il sangue nelle vene. Tutto ritornò alla mia mente, tutto quello che momentaneamente aveva accantonato per permettermi di godere della serata.
 
Ma se anche dovessimo attendere altri DIECI ANNI prima di rivederci…
penserei a te ogni giorno.
- S
 
 
‘Serena!’Esclamai sottovoce. Chuck mi osservava e si avvicinò notando la mia espressione preoccupata. Feci leva con la mano sulla sua spalla e saltai giù dalla passerella.
‘Che succede Blair?’ lasciai fra le sue mani i fiori, il biglietto e il microfono e cominciai a correre verso l’uscita. Sperai con tutta me stessa che non fosse già troppo lontana. Appena fuori la struttura cominciai ad urlare il suo nome mentre correvo disperata. Ma non sembrava esserci traccia di lei.
Sentivo urlare Chuck e Nate il mio nome , ma ero troppo lontana per vederli.
Un braccio mi circondò la vita, una mano finì davanti alla mia bocca zittendomi. Era lei, lo sapevo… mi tranquillizzai immediatamente grazie al suo tocco salvifico.
‘Non urlare!’ mi disse ad un orecchio, mi trascinò in una via secondaria, dietro il locale. Non c’era nessuno, ma lei si infilò dietro un cancello di un magazzino tirandomi con se.
Ci ritrovammo faccia a faccia , così improvvisamente su due piedi senza preavviso. Un momento intenso che non dimenticherò mai.
Era dimagrita , palesemente stanca. E ancora portava indumenti tutti neri ma questa volta non era in tuta. Aveva un vestitino accollato, svasato sui fianchi che arrivava a metà coscia.
Entrambe eravamo a corto di fiato, ma lei visibilmente agitata cominciò a parlare a raffica.
‘Dì a Nate 18Marzo2011 Spectator e non chiamare la polizia’ scossi la testa, che cavolo voleva dire? Perché avrei dovuto chiamare la polizia?Lei mi prese il viso fra le mani e improvvisamente nonostante la sua pelle fosse così fredde riuscì ad infondermi calore. ‘ Controlla i fiori… io devo andar via da qui!’ I suoi occhi sembravano spenti, la sua voce tremava ed io avrei voluto dirgli così tante cose, almeno per riuscire a capire qualcosa, ma lei non mi diede nemmeno il tempo di parlare.
Desideravo abbracciarla, capire perché non c’era più luce nei suoi occhi.
‘Blair…Blair..Blair dove sei?’ Era Chuck che mi cercava.
Serena ripeté il gesto fatto pochi secondi prima, mi zittì con una mano sulle labbra. ‘Non rispondere…’ Era ansiosa e i suoi occhi viaggiavano da destra a sinistra e viceversa. Tolse la mano dal mio viso e mi guardò cercando complicità!
Sentimmo i passi di Chuck farsi sempre più lontani.
‘Devo andare… aspetta un po’ prima di venir fuori…’
‘Ma…’
‘Ti prego non intrattenermi mi metti nei guai ’
Si volse di spalle e fece per andar via, ne approfittai per dirgli un’ultima cosa ‘dimmi almeno che non è grave..’ implorai riferendomi a questa situazione , si girò ancora verso di me, facendo muovere i suoi capelli biondi ‘ non posso, mi dispiace…’ le sue parole mi fecero agitare ancora di più. L’affanno divenne maggiore, il fiato cominciava a sembrarmi sempre troppo poco, le gambe non mi sorreggevano. Mi lasciai scivolare contro il muro e affondai la testa fra le ginocchia.
Qualche tempo dopo risentii una voce che mi chiamava, questa volta era Nate ‘Blair… dove sei finita?’ Mi alzai e aprii quel cancello. Ma rimasi immobile di fronte a loro con la mano sinistra ancora salda sul ferro. ‘Blair…’ mi vennero incontro insieme, Chuck mi cinse la vita con un braccio. Appoggiai la testa sul suo petto e finalmente scoppiai in lacrime, liberandomi. ‘Era qui… mi ha pregato di non intrattenerla…’ la mia voce tremava ed anche il mio corpo, Chuck mi strinse più forte, poi mi allontanò poggiandomi una mano sul viso.
‘Che stai dicendo Blair?’ spostai lo sguardo da Chuck a Nate ‘c’era Serena…’ dissi frenando le lacrime e i singhiozzi ‘mi ha detto di dirti 18Marzo2011 Spectator…’ Nate spalancò gli occhi meravigliato , guardò Chuck e d’un tratto apparse agitato e debole.
‘Cosa vuol dire Nathaniel?’ il biondino sembrava stupito, scuoteva la testa ‘non lo so, lei lavorava allo Spectator in quel periodo… devo leggere gli articoli di quell’edizione del giornale…’ la sua voce era tanto agitata e Nate perse tutta la sua compostezza.
Quella notte fu lunga, trascorsa interamente nello studio del mio amico.
Me ne stavo seduta sulle gambe di Chuck mentre lui mi cingeva con le braccia la vita. Fra le mani quel bigliettino trovato fra i fiori che rigiravo di continuo.
‘Aspettate!’ Esclamò ad un tratto Nate, mentre noi ovviamente stanchi non proferivamo più parola.
‘Guardate qui…’ ci disse indicando il suo computer. Ci sporgemmo verso di lui.
‘Ecco questi sono gli articoli di quell’edizione , qualcosa l’ha scritto anche Serena…’ Nate faceva andare su e giù la pagina, facendo scorrere i titoli più di una volta. Poi d’un tratto si voltò verso di me e prese a guardare il bigliettino che avevo fra le mani ghiacciate.
‘Oh mio dio!’ La sua voce oscillava, e noi cominciammo ad agitarci.
‘Ti ha scritto 10 anni, in maiuscolo!’ io annuii rileggendo per l’ennesima volta quel biglietto, ma non capendo cosa stesse dicendo. Lui aprì un articolo che era stato firmato Serena Van der Woodsen, e lesse ‘Ho 15 anni e una figlia di 5.
 Darcey Miller è una ragazzina del Canada, trasferitasi nell’Upper East Side, circa cinque anni fa, quando scappando da una tragedia si era ritrovata a dover scegliere quale quartiere di New York sarebbe stata la sua nuova casa.
Darcey è una ragazzina sveglia e solare, mi si siede accanto e mi racconta la sua vicenda con estrema naturalezza.

Aveva poco più di dieci anni quando una sera d’Aprile fui trascinata in un camper da un gruppo di ragazzi poco più grandi di lei. Avevano 13 anni, erano nella scuola di mio fratello.
La ragazzina era tranquilla li conosceva bene lei e non si spaventò per niente nemmeno quando la luce si spense e la mano di un adulto le sfiorò la spalla. Pensavo fosse Matt è grande e grosso quelragazzo!Ma non era lui. I ragazzi fuggirono via , non sa come , non sa perché e un uomo dalla corporatura robusta abusò di lei, di una ragazzina di 10 anni.
Mentre racconta Darcey è sconvolta, ma si sforza di apparire tranquilla. Le offro un bicchiere d’acqua e le dico che se vuole possiamo finirla qui, non l’avrei pubblicato. Ma lei scatta in piedi.
No, la gente deve sapere quanto male può fare l’uomo, tanto ormai l’hanno arrestato!
Con fatica completai quell’intervista.
Darcey rimase incinta e adesso ha una bimba di 5 anni.
A volte penso di essere la persona più sfortunata del mondo. A 11 anni imploravo mia madre di restare in camera mia perché avevo paura del buio, incoscientemente non mi rendevo conto che c’era già qualcuno che pronunciava la mia stessa parola per avere protezione, qualcuno che già mi chiamava mamma. Mi dice. Ma poi mi rendo conto che c’è gente che subisce ancor di più, sai?
Sono madrina di un’associazione contro la prostituzione infantile.
Ormai in una valle di lacrime, fissavo un punto non preciso senza riuscire a batter ciglio. Associare quella storia a Serena era come impazzire. ‘ Non riesco a continuare , ho bisogno d’aria…’ disse Nate interrompendo la lettura. Si alzò dalla scrivania e si allontanò verso una finestra che faticò ad aprire a causa dall’agitazione. Chuck sembrava immobilizzato. I pugni serrati, la mascella anche, mentre io ormai non riuscivo più a parlare.
‘Hai detto che ti ha detto di controllare i fiori…’ Chuck parlò fra i denti, io mi voltai a guardarlo immobile ed accennai un con la testa. ‘Che fiori erano?’ mi chiese. Chiusi gli occhi e cercai di rivedere quel magnifico ed inquietante mazzo di fiori ‘Ortensie…Garofani bianchi…Gigli gialli.’ Mi lasciò un bacio delicato sulla fronte poi mi fece alzare prendendo posto davanti al computer.
Cercò i nomi dei fiori che gli avevo appena nominato. Cercava il loro significato simbolico!
‘Ortensia = freddezza, voglia di fuggire;’ parlò guardandomi assicurandosi che lo stessi seguendo.
‘Garofano bianco = sdegno;’ continuò prendendomi una mano che giaceva sulle mie gambe seminude. Risposi al suo gesto stringendogliela lentamente. ‘Giglio giallo = inquietudine.’ Un’altra lacrima seguì le precedenti , percorrendo lo stesso tragitto. ‘Non so che pensare Blair…’ disse alzando le spalle. Eppure quell’articolo non aveva riposto in noi alcun dubbio, come d’istinto tutti eravamo convinti che quello fosse l’articolo che ci voleva far leggere Serena, e purtroppo non ci sbagliammo. Qualche minuto dopo arrivò Nate con una tazza fumante e un plaid.
‘Tieni Blair ti farà bene , sei gelata…’ mi porse una tazza con una tisana calmante e mi poggiò il plaid sulle gambe. ‘Grazie Nate…’ lui mi sorrise forzato mentre Chuck aveva ripreso a stringermi a se.
Quella notte fu così lunga che non ricordo dove e quando mi addormentai.
Ricordo il viso gonfio di Nate e la rabbia di Chuck. Ricordo che piangevo a dirotto, ma silenziosamente come se il mio pianto potesse disturbare. E nel dormiveglia ricordo soltanto poche parole di Chuck ‘la troveremo presto, te lo prometto.’
***

Un posto incantato. Mi apparve davanti come un sentiero delineato da alberi di ciliegio. Una nebbia salmone sembrava avvolgermi e trascinarmi passo, dopo passo. L’atmosfera di quel luogo ti mozzava il fiato. Interamente ricoperto di fiori, quel luogo apparve magico ai miei sensi. Orchidee selvatiche si intrecciavano fra loro disegnando un percorso che tendevo a seguire. Tanti Gigli gialli fiorivano dall’asfalto ad ogni mio passo. Garofani candidi, bianchi come la neve cadevano ai miei piedi per una folata di vento. Da quei petali bianchi alzai gl’occhi, non c’erano più i fiori. Ora di fronte a me c’era Melissa. I suoi capelli si confondevano in mezzo a tanti colori. Il suo viso turbato mi trasmise inquietudine. Mi prese per mano e insieme attraversammo un tunnel variopinto. Ecco, lì fuori improvvisamente la scena cambiò. Tutto era grigio, scuro, opaco. Improvvisamente una lapide, quel volto, quel nome.
 
‘Nooooooooooo!’ Urlai sobbalzando sul letto. Mi misi una mano alla fronte , forse avevo la febbre.
‘Che film era? Sciarada?’ La voce di Chuck mi fece nuovamente trasalire. ‘Nessun film purtroppo…’ si venne a stendere accanto a me. ‘Ti va di parlarne?’ Scossi la testa decisa, volevo togliermi quella scena dalla mente.
Chuck mi prese il viso fra le mani e poi con un braccio mi trascinò sul suo petto. ‘E’ per Serena vero?’ Strinsi la sua maglia, sussultando per aver toccato il tasto giusto al momento sbagliato.
‘La troveremo Blair, è questione di poco tempo ormai…’ Mi alzai su un gomito per guardarlo negl’occhi. ‘Quando ti sei addormentata stanotte… io e Nate abbiamo contatto il miglior investigatore di New York, devi stare tranquilla, gli abbiamo offerto una cifra poco ragionevole e con tutte le cose che sappiamo, non dovrebbe essere per lui un lavoro troppo difficile.’
Accarezzai il suo viso ‘ la paura di perderla davvero mi sta facendo impazzire!’ esclamai sincera.
‘Lo so… ce la faremo e presto potrai riabbracciarla!’ Affermò convinto. Mi diede un bacio sulle labbra rassicurandomi e insieme scivolammo ancora sotto le coperte.
Il suo tocco mi tranquillizzò e poco dopo ero già nuovamente pronta a combattere.
Quella mattina aspettammo ansiosi una telefonata di Nate, per delle novità. Quando il telefono squillò fu come un miraggio, un raggio di sole fra le tenebre.
Ci disse che c’erano delle possibilità che Serena fosse vittima di un’associazione per prostituzione o peggio per la vendita all’estero. Georgina era sconvolta quanto me, Dan sembrava ipnotizzato da qualcosa, ma non saprei dire di cosa si trattasse.
Soltanto la sera ci arrivò un indirizzo approssimativo di un luogo fuori città.
Non era affatto sicuro che fosse lì, ma era una possibilità da non escludere.
‘Domani mattina, andremo lì… non possiamo chiamare la polizia, dobbiamo essere prudenti!’ Chuck e Nate cercarono di organizzare un piano che ci permettesse di trovare Serena, ma non ci riuscirono. Ci demmo soltanto delle direttive. Una volta lì dovevamo mantenere la calma in qualsiasi caso e siccome non sapevamo cosa ci attendesse, decidemmo soltanto di stare in allerta, di memorizzare i nostri numeri nelle chiamate rapide e di aiutarci qualora qualcuno di noi ne avesse bisogno.
 
Un posto incantato. Mi apparve davanti come un sentiero delineato da alberi di ciliegio. Una nebbia salmone sembrava avvolgermi e trascinarmi passo, dopo passo. L’atmosfera di quel luogo ti mozzava il fiato. Interamente ricoperto di fiori, quel luogo apparve magico ai miei sensi. Orchidee selvatiche si intrecciavano fra loro disegnando un percorso che tendevo a seguire. Tanti Gigli gialli fiorivano dall’asfalto ad ogni mio passo. Garofani candidi, bianchi come la neve cadevano ai miei piedi per una folata di vento. Da quei petali bianchi alzai gl’occhi, non c’erano più i fiori. Ora di fronte a me c’era Melissa. I suoi capelli si confondevano in mezzo a tanti colori. Il suo viso sorridente mi trasmise tranquillità. Mi prese per mano e insieme attraversammo un tunnel variopinto. Ecco, lì fuori improvvisamente la scena cambiò. Tutto era grigio, scuro, opaco. Improvvisamente una lapide. ‘Blair, Blair…’ mi voltai verso quella voce fin troppo conosciuta. Bella come il sole, i capelli sciolti, un vestito lungo color oro e un sorriso raggiante ‘che ci fai qui…? torniamo a casa!’ mi prese per mano e insieme corremmo.
‘Mi raccomando mi trovi al confine.’ 


Beh com'è? Spero che vi sia piaciuto ^-^
La frase del biglietto di Serena è del libro 'Quello che non ci siamo detti' e la foto l'ho montata io XD
Aspetto le vostre considerazioni... <3
PS. Ieri hanno finito di registrare l'ultima scena , dell'ultimo episodio, dell'ultima stagione di Gossip Girl! Bonjour tristesse :(
xoxo Raffy240

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Capitolo 12
*** A un passo da te... ***


Ciao a tutti, mi dispiace moltissimo non esserci stata in questo periodo, ma è stato un periodo piuttosto complicato.Ora che sono finalmente(non vedevo l'ora) tornata... vi posto un capitoletto, che spero possiate apprezzare come gli altri.Volevo anche dirvi che un pò di tempo fa, mi sono dimenticata di dirvi che ho postato una one-shot sempre su GG che spero possiate leggere e recensire :)

Vi lascio al capitolo , spero vi piaccia.
Ps. ovviamente sono ben accette tutte le recensioni :)


 

Let it shatter the walls for a new, new sun 
Lascia che frantumi le pareti per un nuovo sole.

 
 
-Sei pronta? Tra mezz’ora al Central Park!- lessi il messaggio che mi aveva invitato Nate e uscendo dal bagno cominciai a preparami.
Con la mia Dorota di fianco, cominciai ad infilare un vestitino semplice che arrivava sul ginocchio, un giro di perle al collo, ballerine ai piedi e capelli sciolti lungo la schiena. Velocemente mi truccai, presi il soprabito e la borsetta dalle mani della mia domestica e uscii di casa frenetica.
Con una camminata veloce e la mente che viaggiava senza sosta, raggiunsi l’entrata del Central Park, luogo dell’appuntamento.
Intravidi Nate che messaggiava con l’i-phon e Georgina e Dan che si punzecchiavano, su cosa non lo so. Mi avvicinai salutandoli ‘Bene, manca solo Chuck…’ disse Nate guardandoci. ‘Tu l’hai sentito Blair?’ Scossi la testa, non ne avevo avuto il tempo. ‘Doveva essere qui già da un bel po’…’ fece Georgina mentre io mi rifiutavo di ascoltarla. 
‘Eccolo!’ Esclamò solo pochi istanti dopo Dan, indicando verso sinistra. Ci voltammo e lo vedemmo venirci in contro correndo. ‘Scusate il ritardo, non avete idea di cosa possa succedere all’interno dell’Empire … e non parlo delle camere da letto.... ma dei suoi uffici’ parlò con poco fiato e con un espressione disgustata. Poi si voltò verso di me , mi cinse le spalle con un braccio dandomi un bacio casto fra i capelli. ‘Ciao…’  sottovoce, facendomi sorridere. ‘Ciao.’ Risposi guardandolo negl’occhi.
‘Bene… la limousine ci aspetta dietro l’angolo. Mi sa che è ora di andare!’ Seguimmo Nate e salimmo sulla sua limo.
Il tragitto non fu molto lungo, non ci volle molto per trovare il luogo indicato dall’investigatore ingaggiato da Chuck e Nate. Solo che… era piuttosto strano.
Percorremmo una strada isolata, costeggiata da palme che ondeggiavano al vento. Arrivati all’altezza approssimativa dell’indirizzo, scorgemmo in lontananza una struttura antica e in rovina, come abbandonata e disabitata da anni ed anni. Ci avvicinammo pian piano, mentre la corsa della limo cominciava a rallentare per il mancato asfalto. ‘Ma che posto è mai questo?’ Chiese Georgina incollandosi al vetro del finestrino. ‘Nemmeno quando sono stata spedita in comunità…’ si voltò verso di me, prima di finire la frase, con un espressione poco amichevole ‘grazie a te!’ Scossi la testa. ‘Non c’è di che , è stato un vero piacere!’ Risposi con tanto di sopraciglio alzato.
Nessuno si preoccupò del nostro battibeccarci infondo era un rituale che era abbastanza concesso nel nostro gruppo, soprattutto tra noi due.
‘Blair… siamo praticamente arrivati.’ Chuck richiamò la mia attenzione e mi fece guardare verso destra. Un uomo abbastanza giovane e robusto trascinava una ragazza di poco più di quindici anni per il polso. Sobbalzai alle vista di quella scena ‘andiamo che sta arrivando gente!’ Disse sollevandola di peso per il braccio. Quella ragazza dai capelli rossi, doveva pesare non più di 40 chili. Si voltò verso di noi, ma ovviamente non poteva vederci a causa dei vetri oscurati. ‘Chi va la?’ Urlò poco gentilmente.
Nate superò me e Chuck ‘ Andatevi a sedere vicino a loro… ci penso io qui’ assecondammo la sua richiesta e ci sedemmo sui sedioli di fronte. In questo modo aprendo lo sportello nessuno di noi sarebbe stato visto, a parte Nate naturalmente.
Aprì lo sportello e scese dalla limo. ‘Buongiorno…’ parlò recitando una strana calma e tranquillità che non poteva avere perché non sapeva a cosa andava in contro.
‘Buongiorno a te, fratello. Che ci fa un bel ragazzo altolocato come te in un posto del genere?’ Chiese mentre teneva la ragazza bloccata vicino al suo corpo. ‘Tutta apparenza… mi piace divertirmi…’ rispose rivolgendo uno sguardo a quella ragazza. ‘Bene allora sei nel posto giusto! Ti andrebbe di andare a far visita alle nostre ragazze?’ Nate annuì ‘molto volentieri…’ picchiettò con la mano sulla limo ‘Puoi andare Arthur…’ disse all’autista che seguii gli ordini e si allontanò di parecchio.
Poggiai la testa fra le mani, era un posto disgustoso.
***
Il biondino dell’Upper East Side, seguì i passi dell’uomo conosciuto poco prima. ‘Chi ti ci manda qui?’ Nate si soffermò un secondo, improvvisamente rendendosi conto che quel luogo doveva essere un ritrovo di poche o molte persone fidate e conosciute. Così cercò un nome comune speranzoso. ‘Luke..’ strinse gli occhi aspettando la risposta. ‘Luke Coleman?’ il ragazzo annuì sospirando. ‘Oh beh… ha un bel fiuto per gli affari’ Nate sorrise, cercando di immaginarsi questo Coleman come un altro pazzo probabilmente pervertito. Entrarono in una struttura rovinata dal tempo. Lì apparve una sala immensa con un enorme tavolo al centro. Ragazze di ogni età ballavano sui tavoli, sulle sedie o anche strusciandosi per terra, ricoperte da pochi veli neri.
‘Ecco… qui trovi tutto il divertimento che cercavi’ Nate sorrise controvoglia, ormai avendo capito perfettamente cosa accadeva all’interno di quell’organizzazione. Scrutò attentamente ogni angolo di quel posto, ma di Serena non c’era traccia. Le ragazze si sforzavano di apparire tranquille. I loro occhi chiedevano aiuto o pietà. Qualcuna più spaventata si accasciava di tanto in tanto beccandosi una frustata sulle gambe ‘andiamo che abbiamo clienti!’ Esclamò un altro uomo dalla corporatura robusta. Nate osservò quella ragazzina, doveva avere poco più di dieci anni, al massimo undici. I suoi occhi scuri colmi di lacrime gli fecero raggelare il sangue. Si rialzò con fatica sul tavolo e ricominciò lentamente a muovere i fianchi esausta. ‘L’ho trovata!’ esclamò guardando l’uomo che l’aveva accompagnato. ‘Voglio lei!’ Disse facendo irrigidire la ragazzina terrorizzata.
L’uomo mise un braccio attorno alle sue spalle e a Nate venne voglia di prenderlo a pugni. ‘Quella ragazzina è vergine… sai quanto può costare vero?’ Chiuse gli occhi per un secondo, deglutendo, poi li riaprii. ‘Non importa ho abbastanza soldi…’ L’uomo sorrise compiaciuto e andò vicino alla ragazzina di colore. ‘Vieni tocca a te…’ le disse , la ragazza indietreggiò ‘No, ti prego…’ supplicava fra le lacrime ‘Su che un bel ragazzo non ti capita più! Tua sorella la prima volta è stata con un sessantenne … salta giù’ parlava ridendo sogghignando e facendo saltare i nervi a Nate.
La bambina saltò giù dal tavolo terrorizzata e l’uomo la spinse verso di lui. ‘Un bell’affare amico… ti farà sognare!’ Finse di essere compiaciuto , chiuse l’affare con l’uomo sborsando una bella sommetta. Poi andò via con quella ragazzina che tremava al suo fianco.
Camminarono a lungo e quando furono abbastanza lontani tanto da non farsi vedere cominciò a parlarle. Si abbassò alla sua altezza e le mise le mani sulle spalle facendola spaventare ‘Ehy, ehy… tranquilla non voglio farti niente!’ Quella bambina sembrava a Nate tanto fragile, quanto coraggiosa. I capelli ricci , la carnagione color cioccolato, gli occhi scuri. ‘Perché mi vuoi fare questo? Avrai tante ragazze ai tuoi piedi.. sembri una brava persona! Com’è vero che l’apparenza inganna.. devi aver speso moltissimo, solo per …’ Nate l’abbracciò, facendola zittire. Lei si irrigidì ancora di più. ‘Non voglio farti niente, non ti sfiorerò… voglio solo un aiuto e ti prometto che io aiuterò te.’ Le disse. Lei si allontanò mettendogli le mani sul petto. ‘Come ti chiami?’ Continuò il ragazzo. ‘Sarah’ le sorrise mentre lei aveva ancora gli occhi gonfi e inumiditi dalle lacrime ‘Bene Sarah, ti assicuro che non entrerai mai più in quel posto!’ Sarah scosse il capo ‘No, lì dentro c’è mia sorella non posso lasciarla da sola, ti prego non portarmi via per spedirmi in oriente… ti prego.’ Incominciò a singhiozzare e a tremare ancor di più. L’aria era abbastanza fredda e quella ragazzina mezza nuda sembrava soffrirne molto. Il ragazzo si sfilò la giacca e la poggiò sulle sue spalle. Poi senza dir niente la prese in braccio riscaldandola. ‘Non voglio mandarti da nessuna parte, questo inferno finirà anche per tua sorella… stai tranquilla.’
Facendole poggiare i piedi a terra per poco, chiamò il suo migliore amico facendosi indicare il posto in cui si trovassero. Riprese la ragazzina fra le braccia e camminò fino alla limousine, mentre lei divenne ancor più piccola nella sua stretta possente.
Arrivati alla limousine, Nate la fece entrare e con calma spiegò ai suoi amici chi fosse quella ragazzina sottopeso e cosa accadesse in quel dannato luogo.
***
Quando Nate arrivò con in braccio una bambina mal concia , capii subito che qualcosa non andava.
Ci spiegò quanto aveva appena potuto vedere con i suoi occhi ed io mi sentii esplodere dall’interno.
‘Lei è Sarah..’ aveva detto guardandola, mentre lei non riusciva ad alzare lo sguardo.
‘Ciao Sarah, io sono Dan...’ aveva detto il ragazzo alla mia destra. ‘Piacere piccoletta, io mi chiamo Georgina’ aveva continuato la mora al mio fianco , che d’un tratto appariva dolce, per quanto dolce possa essere lei. ‘Sarah, io sono Chuck Bass… e lei è Blair Waldorf.’ Parlò osservando il mio stato agonizzante che non mi permetteva di spiccicare parola. ‘Sai una cosa, noi abbiamo tanto bisogno di te!’ La bambina alzò lo sguardo incrociando man mano quello di ognuno di noi.
Era terrorizzata e tremava peggio di una foglia al vento.
Nate tirò fuori il suo I-Phone e mostrò una foto a Sarah ‘la conosci?’ La ragazzina sbarrò gli occhi guardò da una parte all’altra scuotendo la testa agitata. ‘Sarah è importante, dobbiamo trovarla’ si porto le mani sul viso ‘No, no, no… vi prego riportatemi dentro, finirò nei guai!’ Sussultava, sudava, piangeva. Georgina ruppe velocemente quel silenzio che si era venuto a creare.‘Che possiamo darle per calmarla? Dello Scotch?’ Nervosa mi voltai verso di lei ‘E’ una bambina, dagli un po’ d’acqua!’ Mi fece il verso e cominciò a versarle dell’acqua. Possibile che anche in queste situazioni è sempre così … così… così… Georgina?!
‘Ascoltami Sarah nessuno ti farà del male… dove l’hai vista?’ Sarah sorseggiò dell’acqua poi ridiede il bicchiere a Georgina. ‘Questa storia è pericolosa, lasciatemi stare!’ Urlò disperata. Avevo capito che Serena era in pericolo, che la sua vicenda doveva essere ancor peggio di quella di Sarah. Mi avvicinai a lei inginocchiandomi e come una furia le misi le mani sulle braccia ossute scuotendola.
‘Dimmi dov’è!’ urlai quasi in un tono mai usato. ‘Non lo so, non lo so..’ parlò impercettibilmente. ‘Blair… è terrorizzata!’ Esclamò Dan cercando di dissuadermi. ‘Lei è salva… io devo salvare Serena!’ Affermai continuando a gridare a Dan ‘Possibile che non provi un minimo di compassione?’mi rinfacciò .Non gli diedi importanza e ritornai con lo sguardo alla ragazzina ‘sta passando il tuo stesso inferno… dimmi dov’è?’ I suoi occhi umidi come i miei, le guance bagnate come le mie. ‘Non posso dirtelo, non posso… lì dentro c’è mia sorella’ urlò anche lei cacciando tutta la rabbia che aveva dentro.
‘Lei è mia sorella!’ Urlai quella frase a pochi centimetri dal suo viso, con così tanta paura che non ricordavo come si facesse a respirare. Lasciai la presa dal suo corpo e cominciai a piangere a dirotto a testa bassa. Chuck mi fece voltare con pochi gesti delle sue mani , così mi strinsi a lui. Il suo cuore batteva forte, forse come il mio. La sua presa era salda ed io non riuscivo a frenare i singhiozzi.
‘Mi dispiace..’ diceva singhiozzando e a me si spezzò il cuore ancora. Non volevo provocargli altro dolore, volevo solo la mia amica.
Tra le lacrime poi, riprese a parlare.‘L’ultima volta che l’ho vista, stava malissimo, pensavo non si fosse più ripresa. Il giorno dopo invece ho saputo che l’hanno portata altrove.’ Mi scollai dall’abbraccio con Chuck e tornammo a sederci mentre lui cercava di tranquillizzarmi con piccole carezze. ‘Dove l’hanno portata Sarah?’ chiese Nate, mentre lei ancora aveva il viso fiondato nelle ginocchia. Alzò lo sguardo e ritornò a parlare ‘ci dovrebbero essere altri luoghi di incontro o cose simili. So che c’è una cantina chiamata il tragitto … mia sorella Aliyah me l’ha raccontato, volevano mandarla in oriente, ma lei si è ammalata e dice che non ha mai visto l’interno del confine.’ Guardò Nate che prontamente disse ‘ non riusciamo a seguirti…’ lei si asciugò le lacrime e parlò lentamente ‘Questo posto non esiste soltanto qui. Io sono Irlandese e ci hanno rapite qualche mese fa. Da allora abbiamo fatto moltissimi viaggi e in ogni paese c’era una  base quella che hai visto pure tu…’ disse indicando Nate ‘e poi altri due luoghi dove vengono mandate le ragazze che hanno fatto fare degli affari all’estero, solitamente in oriente. Mia sorella Aliyah, era stata mandata al tragitto, al confine non ci è mai arrivata perché si è ammalata e non ha potuto affrontare il viaggio. Sa soltanto che è a pochi chilometri da qui, con una struttura simile , ma più piccola. Il tragitto invece è in città.’ Scossi la testa e improvvisamente riaffiorò alla mia mente il ricordo del sogno fatto la notte precedente. Mi trovi al confine. ‘E’ al confine!’ Esclamai sorridendo quasi. ‘Come fai a saperlo..?’ Mi chiese Chuck asciugandomi le ultime lacrime. ‘Andiamoci’ risposi senza far dibattere nessuno.
***
Percorremmo qualche altro chilometro. Con la mappa sull’I-Pad del luogo. Eravamo tutti incollati ai finestrini cercando con lo sguardo questo piccolo casale. Dopo qualche minuto riuscimmo ad intravederlo dietro una folta siepe.
‘Dev’essere qui!’ Esclamò Dan indicando verso destra. La limo accostò e noi scendemmo spaesati.
Georgina e Dan rimasero con Sarah in limousine.
Camminammo velocemente, quando oramai fummo vicini, cominciammo a correre. Chuck mi teneva per mano, mi conduceva ad ogni passo, fosse stato altrimenti non sarei riuscita ad arrivarci.
Quella struttura era in rovina come la prima, le mura rosse contrastavano con il verde di rampicanti selvatiche. Ci avvicinammo velocemente. Una finestra affacciava su una scalinata bassa, salimmo quei quattro scalini e ci ritrovammo a guardare all’interno di quel casale. La sala ci apparve vista dall’alto.
Un uomo era sdraiato su una ragazza e le baciava il collo. Era lei. Indosso intimo di pizzo nero. I capelli sciolti che ricadevano sullo schienale di un lettino in tela. Una gamba piegata, l’altra che pendeva. Lo sguardo perso nel vuoto senza emozioni, senza coinvolgimento. Un cavalletto teneva su una telecamera che riprendeva il tutto.
Quella visione fu breve, ma intensa. ‘Serena!’ Urlai nervosa. Chuck mi zittì con una mano e mi trascinò dietro il muro, al di là della finestra. ‘Shhh’
‘Venite … l’entrata dovrebbe essere dall’altro lato’. Nate ci trascinò con lui. Facemmo il giro della struttura fino ad arrivare ad una porta scura ed impolverata. Capimmo che a causa del terreno in pendenza la finestra di prima apparve quasi al suolo e il perché dall’interno sembrava tanto alta. Chuck ci fece indietreggiare e poi con un colpo di spalla aprì la porta.
Un unico spazio apparve davanti ai nostri occhi. Una scala a chiocciola portava al piano superiore. L’ambiente era sporco e scuro , c’erano poche finestre e nessuna luce.
La botta della porta sul muro e una frase urlata di Nate ‘Lasciala stare bastardo!’Serena sobbalzo sbarrando gli occhi e quell’uomo che le stava sul corpo si alzò di scatto puntandoci una pistola contro.
I brividi di paura di quel momento non potrò mai dimenticarli. Nessuno si mosse, nessuno sapeva cosa fare. Guardai Serena per un momento, ma poi ritornai a concentrarmi su quell’aggeggio nero che avevamo puntato addosso.
‘State indietro, state indietro!’ Urlava a squarciagola e quasi sembrava che per lo sforzo  gli si stessero stracciando le corde vocali. Nate alzò le mani in segno di resa ‘Lasciala andare… e non chiameremo la polizia..’aveva detto con tono basso, ma autoritario. ‘Non ci casco e poi se provate a chiamare la polizia… giuro che le faccio saltare la testa.’ Spostò la pistola verso Serena , seguimmo quel gesto incrociando il suo volto. Terrorizzata indietreggiava su quel lettino. ‘Andate via…’ disse ritornando a puntare  la pistola verso di noi. ‘Noi, non andiamo da nessuna parte senza di lei.’ Disse Chuck sfidandolo con lo sguardo. Serena si alzò tremando e in punta di piedi si avvicinò alle sue spalle con un foulard velato nero fra le mani. Rotolò di poco la stoffa che aveva appoggiata sulle gambe e con essa circondò il collo di quell’uomo. ‘Cazzo fai…?’Disse portandosi una mano al collo per cercare di allentare la presa. ‘Lasciami o te li ammazzo tutti e tre…’ diceva continuando a tenere il grilletto puntato su di noi. Serena non mollava, sperava di ammazzarlo, ma per quanto si sforzasse la sua forza di ragazza fin troppo minuta non le permise di togliere le forze a quel bastardo che aveva davanti a se. Per un momento sembrò cedere e il braccio gli scivolò lungo la gamba, non avemmo nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo che una pallottola finì dritta nella coscia di Serena. ‘Nooo’ Urlai facendo qualche passo in avanti mentre lei dal dolore si dimenava accasciandosi. Chuck mi prese dalle spalle in segno di protezione. ‘ Andate via o le faccio saltare la testa… andate via’ urlava con tutta la forza che aveva dentro. Le vene del collo sembravano voler saltare al di fuori della pelle. Tremava e non riusciva ad aver più la presa salda sull’arma da fuoco che stringeva nella mano sinistra. Sembrava quasi non avesse mai ammazzato nessuno, come se non volesse farci del male per davvero. I suoi occhi viaggiavano veloci , era irrequieto.
‘Non vuoi ammazzarci per…’ Chuck cominciò a parlare avvicinandosi sempre di più a quell’uomo.
‘Davvero…’ continuò. ‘Stai lontano…’ intimò ancora puntandogli la pistola vicino al viso. Respiravo a malapena , ma comprendevo cosa succedeva. Serena era distesa per terra mentre con una mano si teneva la gamba sanguinante. ‘Chuck…’ pronunciai il suo nome in un lieve sussurro che sentì soltanto Nate. Mi rivolse uno sguardo d’intesa che percepii come un tranquillizzati, andrà tutto bene. I suoi occhi azzurri erano carta conosciuta per me. Nonostante fossero lividi e torvi risultavano alla mia vista limpidi come acqua pura.
Qualche secondo dopo la protezione del suo sguardo non c’era più. Anche lui si allontanò e mentre Chuck cercava di convincere quell’uomo a buttar via la pistola Nate arrivò alle sue spalle.
Ricordo le lacrime che salivano veloci agl’occhi. Il cuore che accelerava sempre di più, la paura che mi paralizzava. Nate afferrò la mano sinistra dell’uomo cercando di sfilargli la pistola. Lui faceva forza opposta. Chuck si spinse in avanti e li fece cadere al suolo. La pistola venne spinta da Chuck verso di me. Mi abbassai raccogliendola poi feci l’unica cosa che mi venne in mente. Con un lancio forte e deciso la gettai dalla finestra. Sospirai di sollievo e d’un tratto, tutto ciò che mi circondava sparì. Vedevo soltanto lei.
La raggiunsi correndo ‘Serena, Serena…’ mi inginocchiai al suo fianco.
Era pallida, così pallida che non sembrava nemmeno lei. Le labbra avevano preso un colore violaceo, simile a quello delle sue occhiaie. I suoi capelli biondi, avevano perso quella lucentezza che li caratterizzava. Non si dimenava, non urlava, non piangeva. Sembrava essere senza forze, come se i suoi sensi fossero assuefatti al dolore. ‘B…’ era riuscita a pronunciare soltanto questo.
‘Sono qui…’ le dissi prendendogli una mano. Aprì gli occhi che improvvisamente apparivano quasi entusiasti alla mia vista. Le sorrisi, ma ero in preda al panico. Tremavo forse più di lei. Era agonizzante ed io non riuscivo a gestire la situazione. In quel momento soltanto mi resi conto del mare di sangue che la circondava, della ferita profonda che aveva sulla gamba, del motivo per il quale non riusciva nemmeno a lamentarsi. Avevo  le lacrime lungo il viso e il respiro affannato , la sfiorai leggermente‘Oh mio Dio… sta perdendo troppo sangue…’ urlai guardandomi la mano sporca e oscillante alla mia vista.
‘Blair… devi bloccargli l’emorragia…’ la voce di Chuck mi scosse, lui qualche passo più lontano cercava insieme a Nate di tener fermo quell’uomo.
Presi la sciarpa di seta che avevo al collo e velocemente ma con poca fermezza la legai attorno alla gamba di Serena che ad ogni mio gesto sussultava e gemeva dal dolore.
Quando ebbi finito ripresi a guardarla negl’occhi. ‘Ti prego non mollare.’ Le dicevo a pochi centimetri dal suo viso. ‘Ho freddo…’ la sola risposta che ricevetti, mentre qualche lacrima veniva fuori dai suoi occhi. Senza farmelo ripetere due volte mi tolsi il mio soprabito blu notte e lo poggiai sul suo corpo seminudo. Le presi una mano mentre con l’altra le accarezzavo il viso, macchiandolo leggermente con il suo stesso sangue ormai secco sulla mia pelle.
‘Sapevo che saresti venuta…’ cercò il mio sguardo trovandolo subito dopo, poi mi sorrise debolmente.
‘Non parlare… non sforzarti.’ Supplicavo, quando ormai le lacrime non riuscirono a restare dentro.
I nostri capelli quasi si mischiavano le nostre labbra erano a meno di un centimetro di distanza.
Con il respiro affannato e il corpo che mi tramava le imploravo in tutti i modi di esser forte. ‘Ho bisogno di te… non puoi mollare… ascolta… tra poco sarà tutto finito e saremo felici, ma insieme.’
La sua presa sulla mia mano allentò ‘abbracciami B, ho freddo non sento più niente’ incominciai a singhiozzare , mentre mi rendevo conto che non ce la faceva più. In un lampo capii inconsciamente cosa sarebbe accaduto di lì a poco, ma non riuscivo a capacitarmene. Era come se la mente capisse , ma il cuore non accettasse.
Le sollevai la schiena dal pavimento, le feci appoggiare la testa sulla mia spalla destra e la strinsi forte. ‘Vi prego chiamate un’ambulanza… sta male!’ Ma non c’era tempo, non ce ne sarebbe stato.
Così quando incrociai i loro sguardi mi resi conto che non l’avrebbero fatto. Chuck bloccò quell’uomo con una presa salda sul muro, mentre Nate ci corse in contro. Sfilò la mia amica dalla mia presa sollevandola fino al suo petto poi mi invitò a seguirlo. Scossi la testa e li lasciai andare avanti ‘Chuck?’ Mi voltai a guardarlo ‘Blair va con loro… ti raggiungo dopo.’ Mi diceva cercando di convincermi , ma io non l’avrei mai lasciato lì. Mi ricordai della pistola e così uscii fuori e cercai fra le sterpi quell’oggetto che avevo di li a poco lanciato. Lo scovai fra gli arbusti. Presi quell’affare mai usato prima e rientrai puntandola contro quell’uomo.
‘Andiamo via Chuck!’ dissi continuando a tenere la pistola nella loro direzione. Contrariamente a ciò che mi aspettassi, Chuck sbarrò gli occhi pietrificandosi. ‘Non così presto bambina.’Sentii il ferro percorrere lentamente la schiena.
‘Abbassa la pistola…’strinsi gli occhi e lentamente abbassai il braccio. ‘Non toccarla!’ Urlò Chuck. ‘Oh, un fidanzatino geloso?’ serrò la mascella Chuck mentre mi si annebbiava la mente. ‘Avanti… preferisci far andare giù il vestito o vuoi che te lo alzi io..’ con violenza mi attirò a se. La sua lingua avida percorse la pelle del mio collo. Le sue mani, compresa quella nella quale aveva la pistola poggiavano sui miei fianchi. Piangevo, mi sentivo morire.
Ma all’improvviso un sollievo immediato. Il suo corpo dietro il mio non c’era più. La pistola cadde avanti ai miei piedi provocando un rumore assordante, istantaneamente raccolsi le due pistole. Veloce mi voltai osservando quell’uomo sul pavimento che si dimenava per il dolore, Georgina l’aveva appena accoltellato alla schiena. ‘Porti sempre un coltellino in borsa?’ Chiese Chuck stupito. Lei annuì sorridente, come se fosse la cosa più logica e naturale e poi scappammo via verso la limousine.  
‘Andiamo Blair… corri, non c’è tempo!’ Chuck mi trascinava con se, non riuscivo a muovere i muscoli, ero senza forze. Un altro sparo, l’ennesimo. Ci voltammo tutt’e quattro in dietro e vedemmo lo stesso ragazzo di prima sparare verso di noi. ‘Cazzo … sbrigatevi!’ Georgina urlò. Lei e Dan in poco tempo fuggirono come fulmini nel cielo , Chuck mi sollevò di peso ‘tieniti forte…’ corse più veloce che poteva e arrivammo anche noi alla limousine.
Entrai veloce e  mi trascinai accanto al sediolino dove era stesa Serena. Nate le teneva la gamba e le stringeva la ferita con la sua cravatta. La limousine partì mentre qualche pallottola continuava a volare. Dan chiamò la polizia, mentre Chuck incitava l’autista di andare sempre più veloce ‘Signore è una limousine…’ Si giustificò l’autista.Chuck diede un pugno ad un finestrino ‘Arthur, le ho detto di andare più veloce, può bruciare ciò che vuole questa macchina, ma deve andare più veloce!’ Urlò con tanta rabbia e con il terrore che bruciava nei suoi occhi come in quelli di tutti.
 
Purtroppo quando non ci si trova di fronte a certe situazioni, non si percepisce mai, quanto gravi e dolorose esse siano. Un’esperienza simile ti stravolge, ti spiazza, ti rende fragile facendoti gettare al vento tutti quegl’anni trascorsi a mostrarti forte, a saper superare ed accettare. Ma vedete quando si ha un padre in ospedale o una madre che non ti ha aiutato durante la tua adolescenza è ben diverso del scoprire una realtà così vera e cruda. Una realtà dove uomini di ogni età rapiscono le ragazze, le violentano, le vendono o le ammazzano. E se una di queste ragazze è la tua migliore amica, se sta perdendo la vita davanti ai tuoi occhi, se quella ragazza è l’unica famiglia con la quale sei cresciuta, se ti ha sempre implorato con gli occhi di non lasciarla andare anche quando era lei a farlo, è un’altra storia. E’ un’altra storia perché non te lo aspetti, è un’altra storia perché non ti capaciti del fatto che nel momento in cui aveva più bisogno di te , tu non c’eri perché sei stata proprio tu a mandarla via di casa. E non importa nemmeno più il perché tu l’abbia fatto, non importa se avevi ragione o torto, non importa se ti aveva fatto del male. La paura di perderla sul serio è più forte. Vederla soffrire , vederla spegnersi ogni attimo un po’ di più ed esser lì al suo fianco senza poter far niente, senza poterla salvare. Quella ragazza dal sorriso magnetico e con lo sguardo che sapeva illuminare. La ragazza che conosci fin da quando era una dolce bambina che ti chiedeva di giocare o che ti faceva combinare pasticci. Quella stessa persona per la quale non hai mai smesso di ringraziare il Signore per averti donato una sorella anche se non aveva i tuoi stessi genitori, anche se non ha abitato sotto il tuo stesso tetto fin da bambina. La sorella che ritrovavi sempre nonostante ci avessi litigato, la sorella che hai sempre amato anche se molte volte non lo hai saputo dimostrare.
 
Stringo forte la sua mano e la tengo sveglia lungo il tragitto. Dico le cose più stupide , imploro il Signore di tanto in tanto, le chiedo di esser forte.
Una volta arrivati in ospedale Nate la prende fra le braccia correndo dentro, noi tutti lo seguiamo.
I dottori o gli infermieri la poggiano su una barella e annunciano allarmati un ‘codice rosso’.
‘Blair, Blair… non mi lasciare…’ le prendo una mano e seguo il tragitto quasi correndo insieme ai medici ‘Sono con te… non mollare…’ poi purtroppo una porta in metallo si spalanca ed un uomo con il camice mi blocca ‘Signorina qui non può entrare’ mi dice mettendosi davanti al mio corpo.
La mano sfila dalla sua, la vedo sparire dietro quella porta, sperando con tutta me stessa che non fosse l’ultima.
Ritornai a piangere non riuscendo a muovermi. Due mani scivolarono lungo le mie braccia, il suo respiro accarezzava i miei capelli. ‘Ce la farà… sappiamo quanto sia forte…ce la farà’la sua voce calda e ancor più cupa del solito, sembrava al mio udito un urlo che squarciava il silenzio. Mi voltai tra le sue braccia e appoggiai la testa sul suo petto, ascoltando il suo cuore percepii ancor di più la sua agitazione, non parlai mi strinsi soltanto a lui e sperai con il cuore che le sue parole diventassero realtà.


                        



Eccolo qui il capitolo per intero... mm  che dire aspetto qualche vostra recensione, intanto colgo occasione per ringraziarvi tutti a chi legge ma non commenta a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e chi fra quelle seguite... e poi ringrazio loro che con i loro dolci commenti mi permettono di far andare avanti la storia. 
Un bacione enorme a tutti.
xoxo Raffy240

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Capitolo 13
*** La fragilità che Ci cresce nel ventre. ***


Ciao a tutti miei carissimi e dolcissimi lettori. <3
Sono tornata e vi posto un capitoletto spero per voi piacevole!
Un bacione a tutti e grazie per tutto!

 
 

…A new Day Has Come…
…Un nuovo Giorno è Giunto…

 
‘Signorina Blair… c’è il Signor Chuck al piano di sotto… lo faccio entrare?’
Dorota fece irruzione nella mia stanza spezzando il silenzio, che fino ad allora si era venuto a creare. ‘Dorota , quando ti dico che devi chiedermi il permesso di far salire la gente non è incluso Chuck Bass! Ti ho chiesto di farlo solo perché la settimana scorsa Georgina ha avuto la sfacciataggine e la maleducazione di irrompere al piano superiore senza permesso.’ Dissi fingendo di esser calma poi poggiai la spazzola dal manico di porcellana sul ripiano di legno bianco. ‘Mi scusi…allora… io… scendo’disse un po’ confusa. Mi alzai dalla sedia e mi precipitai in camera di Serena. Aprii l’armadio e cercai qualcosa di comodo , ma carino che potesse indossare. Presi una valigia da sopra lo scaffale più alto e la tirai giù per riempirla.
‘Ti serve aiuto?’ La voce di Chuck richiamò la mia attenzione. Mi voltai verso di lui agitata ‘Si. Aiutami a scegliere cosa portarle!’ Chuck mi si avvicinò e iniziò a prendere qualche capo di tanto in tanto mentre io mi facevo in quattro per cercare di non dimenticare niente dal bagnoschiuma a zucchero a velo che adora, al profumo Chanel n°5, ad un nuovo spazzolino.
 
‘Dottore, com’è andata?’ Lily si precipita verso l’uomo in camice verde appena venuto fuori dalla sala operatoria ‘Signora, l’operazione è andata bene, lei sembra aver reagito bene, è molto debole perché ha perso molto sangue, ma per il momento è fuori pericolo’ Sospirammo tutti all’unisono. Strinsi la mano di Chuck d’istinto.
Ma il dottore ricominciò a parlare. ‘Purtroppo presenta vari segni di violenza,fisica e quasi certamente sessuale. La paziente è incinta è ha tutta l’aria di non saperne nulla’
Mi portai una mano alla bocca spalancandola d’istinto. Serena, la mia Serena era incinta di una persona che odiava. ‘Possiamo vederla dottore?’ Chiese Nate. ‘Ancora non si è svegliata e appena lo farà manderemo una psicologa da lei, per metterla al corrente della gravidanza nel modo più adeguato. Poi vedremo cosa ha intenzione di fare la paziente.’ Il dottore si dileguò qualche secondo più tardi. Io sprofondai sulla poltrona della sala d’attesa affondando il viso sul petto di Chuck. ‘E’ colpa tua! Soltanto tua.’ Alzai il viso e gli rivolsi uno sguardo dolorante ‘Soltanto per uno stupido diario , se solo non l’avessi cacciata di casa!’ Bart Bass pronunciò quelle parole con disprezzo fra i denti. Come per mostrarsi seriamente preoccupato. Aveva Lily sottobraccio che a stento mi guardò. Non riuscii a rispondere aumentarono solo le mie lacrime ‘Smettila di parlarle in questo modo!’ urlò Chuck alzandosi dalla poltrona mentre io mi disperavo con il viso fra le mani.
‘Non è colpa sua. Non è colpa di nessuno. O meglio la colpa è un po’ di tutti quanti. Nessuno ha saputo tenerla con se. E se non fosse stato per Blair che ci ha spinti tutti a cercarla adesso era ancora fra le mani di quei bastardi!’ Esclamò urlando sempre più! ‘E mi meraviglio di te Lily che ogni volta assecondi tutto ciò che dice! È tua figlia e lei è la sua migliore amica. L’unica che si è preoccupata di cercarla!’Mi indicò mentre ormai non riuscivo a reggere lo sguardo di nessuno. Gli occhi di Lily si addolcirono, ma Bart le mise un braccio attorno alle spalle ‘Andiamo via Lily, continuerà a difenderla a vita!’ Mi alzai di scatto, volevo difendermi, ma non sapevo cosa dire, non trovavo la forza per parlare. Nate, Georgina e Dan ci raggiunsero ‘Blair, davvero non ne vale la pena!’ Aveva detto Nate accarezzandomi un braccio. ‘Ci parlerò io con Lily, tu non c’entri niente’ aveva continuato Dan. Chuck mi guardò. Il suo sguardo era furioso, la sua espressione nervosa.
Mi attirò a se con forza non permettendomi di dir niente mi strinse molto forte e mi baciò i capelli.
‘Non devi ascoltare ciò che dice. Farà di tutto per farti cedere.’
 
‘Siamo agitate questa mattina?’ Chiese Chuck notando la mia frenesia. ‘No, certo che no! D’altronde cosa ti aspetti sono passate due settimane e ancora non mi parla!’ Lanciai le pantofole in lana morbida nella valigia e sbuffai incrociando le braccia al petto.
‘Blair, non devi prendertela non parla con nessuno, non solo con te.’ Feci una smorfia e lo guardai mentre cercava il mio sguardo dall’altra parte della camera. Poi  prese la foto sul comodino che ritraeva me e lei al liceo, me la passò lanciandola sul letto. ‘È la mia migliore amica Chuck, vorrei tanto poterla aiutare.. si è chiusa in se stessa. Non parla di niente, non mostra emozioni. Ha creato un muro tra noi.’ faccio segno di una parete tra me e Chuck. ‘Vedi come se non mi conoscesse! Solo la prima sera è riuscita a parlarmi… poi ho cercato di tranquillizzarla e da allora…’ Presi la foto incorniciata da sopra al letto e la osservai. È bellissima.
 
Ero ancora seduta sulla poltrona contro il corpo di Chuck. Mi ero tranquillizzata aspettando impaziente che si risvegliasse. Volevo vederla. Dan era con Lily a parlare qualche passo più lontano mentre Nate era a chiacchierare con Georgina di cosa non so. Era arrivata anche mia madre con Dorota, e Rufus era seduto da poco su una poltrona in lontananza.
‘Signori, la paziente si è svegliata ed ha appena parlato con la psicologa. Ha appreso la notizia della gravidanza . Non ha reagito benissimo. Le abbiamo chiesto se volesse ricevere visite, ha detto esplicitamente di non voler vedere nessuno, ha chiesto solo di Blair Waldorf.’ Sul mio volto apparve un sorriso sincero. Voleva vedermi e questo era già tanto.
Chuck mi accarezzo sulla schiena come per incoraggiarmi. ‘Come sarebbe dottore… io sono sua madre devo vederla. In queste condizioni non è capace di sapere cosa è giusto, ha bisogno di me.’ Aveva detto Lily agitata ‘Signora mi dispiace, sua figlia è maggiorenne non è più una bambina e per quanto possa essere scioccata è perfettamente capace di intendere e di volere. Mi dispiace! Ora se mi volete scusare… la signorina Waldorf venga con me.’ Lasciai la mano di Chuck guardandolo un istante e seguii il dottore. Arrivammo davanti la porta della sua camera ‘Mi raccomando signorina cerchi di non farla stancare troppo…ha perso molto sangue, è ancora molto debole.’ Annuii e lui si allontanò velocemente. Aprii la porta lentamente e la vidi lì su quel letto d’ospedale distesa  con lo sguardo verso destra, alla finestra, con le lacrime che le rigavano le guancie. Un lavaggio nel braccio destro e la gamba fasciata. ‘Ciao…’ pronunciai. La mia voce squarciò il silenzio della camera ampia e vuota che addirittura riprodusse l’eco. Serena si voltò lentamente verso di me asciugandosi le lacrime dal viso. ‘Blair…’ disse il mio nome con un filo di voce impercettibile, poi mi fece segno di andarle vicino . Non me lo feci ripetere due volte e mi avvicinai velocemente, la guardai e per quanto volessi mostrarmi forte per darle forza, non ce la feci. L’abbracciai d’istinto e lei scoppiò in lacrime. Mi strinse così forte aggrappandosi con fermezza al mio corpo. Iniziai a piangere a dirotto anche io. ‘Perdonami per tutto…’ parlai a fatica. Ma lei mi strinse ancor di più ‘non devo perdonarti niente, se non fosse stato per te probabilmente ora sarei in oriente chissà dove’ singhiozzava rumorosamente, disperava ed io lo facevo con lei. Risultava ai miei sensi così piccola tra le mie braccia che non riuscivo a smettere di stringerla a me.
‘Passerà tutto, te lo prometto!’affondò il viso sulla mia spalla, poi si scostò leggermente e cercò il mio sguardo. Presi il suo viso fra le mani e asciugai le lacrime che continuavano a venir fuori senza sosta. ‘Vi hanno detto tutto i medici?’ Mi chiese portandosi una mano sul basso ventre. Annuii dolcemente ‘Si.’ Mi limitai a dire. ‘Non riesco a crederci B. Non riesco a reagire, mi sento come se fossi impotente e non potessi scegliere più niente della mia vita, del mio futuro.’ Parlava agitata , gesticolava e la voce era continuamente rotta da qualche singhiozzo di troppo. Il dorso della mano destra copriva di tanto in tanto le sue labbra che esplicavano espressioni di dolore, qualche volta ne mordeva la pelle. Scostai la sua mano dal viso prendendola fra le mie dita. ‘Non sarà sempre così… io ci sono. E ci sono anche gli altri.’ Le dissi guardandola negl’occhi spenti e bagnati dalle lacrime. ‘Sai..’ dissi sorridendo a malapena ‘ci sono Chuck, Nate, Dan, Georgina, Tua madre, Rufus, c’è anche mia madre con Dorota..’ Sorrise dolcemente ‘perché non hai voluto vedere nessuno?’ Chiesi in un sussurro, avendo paura di poter sbagliare. ‘Non sono pronta a parlare con nessuno, B’ scossi la testa e le accarezzai il braccio ‘tua madre è molto in pena per te…’sbuffò portando gli occhi al cielo. ‘Mia madre?Non si è degnata di chiedersi dov’ero per tutto questo tempo. Non si è degnata di rispondere ai miei messaggi d’aiuto. Sai ho cercato di contattare anche lei e mi tenevo in costante aggiornamento con Gossip Girl che stranamente mi ha aiutato.’
Asciugai le lacrime dal mio viso ‘Come facevi a contattare Gossip Girl…?’ Chiesi stupita. ‘E’ una lunga storia Blair, ma per farla breve … c’era un custode, che era lì solo per ricatto, era impaurito e aveva con se un I-Phone… una brava persona che alla fine mi ha aiutato molto… mi permetteva di contattarla e di leggerla… non ti ho mai contattato direttamente … avevo paura fosse troppo pericoloso, ma non sai quanto avrei voluto farlo.’Cominciò a piangere di nuovo ed io l’abbracciai ancora. ‘Ora sono qui… puoi dirmi tutto ciò che vuoi.’ I miei capelli vennero bagnati dalle sue lacrime amare, e fu una delle poche volte che non ci feci caso, non gli diedi peso, anzi… avrei voluto che le sfogasse tutte quelle  lacrime.
‘E’ stato così orribile quando ho letto che vi aveva risposto che probabilmente ero da qualche parte tra alcol e droga! Avrei voluto tanto che una volta nella vita , avesse fiducia in me e mi salvasse, proprio come hai fatto tu, come avete fatto voi.’ Le sue parole erano così confuse, eppure al tempo stesso riuscivano con precisione ad affliggermi, a prendere a cazzotti il mio cuore.
‘Calmati S, calmati. Presto finirà tutto… tornerai a casa , e ricomincerai’ Piangeva così rumorosamente, a dirotto e non c’era niente che le permettesse di calmarsi. Delirava quasi come se avesse le allucinazioni, più tardi i medici dissero che erano i nervi che cedevano, dopo tanto tempo.
‘Devi calmarti Serena…’ Le presi il viso fra le mani… accarezzandola piano ‘Stai urlando, ti puoi sentire male…’ alzai la voce per farmi ascoltare,mentre lei diceva cose senza senso.
Lo stesso dottore di prima entrò in camera furioso. ‘Signorina le avevo detto di non farla agitare… è meglio che se ne vada , la paziente non è ancora in forma.’ Quell’uomo alto e distinto mi si
avvicino prendendomi delicatamente per un braccio. Serena smise di urlare , ora piangeva soltanto. Io mi alzai controvoglia ‘No. La prego, non me la porti via.’ Urlò disperata la mia amica.
‘Ho davvero bisogno di lei.’le lacrime cominciarono a scendere di nuovo.
Il medico mi lasciò ‘Signorina, mi deve dare una mano, deve farla stare calma, non può fare certi sforzi. Io capisco che la situazione non è facile , ma ci deve aiutare..’ annuii e poco dopo ero di nuovo tra le sue braccia. Quella stretta fatta di braccia minute e visi bagnati era la più decisa e salda che avessi mai ricevuto o donato.
 
‘Blair, Serena ha passato le pene dell’inferno. È psicologicamente instabile.’ Lasciai la foto in una tasca della valigia e mi avvicinai all’armadio recuperando un maglioncino di lana e dei collant caldi che non stringessero sulle gambe. ‘Vorrei soltanto che mi parlasse!’ Esclamai piegando i due capi e infilandoli in valigia.
‘ Lo so, ma ricordi cosa ci disse la psicologa? Quelle ragazze sono scioccate…devi ringraziare che non sia una bambina di sette anni.’
 
‘Signori un momento d’attenzione. Ho fatto visita a tutte le ragazze e purtroppo sono completamente scioccate, senza ombra di dubbio ci vorrà del tempo prima che riescano a riprendersi del tutto’ la psicologa in camice bianco, parlò a tutti quanti cercando di renderci partecipe del loro stato d’animo. All’ospedale erano arrivate anche altre ragazze, dopo che la polizia aveva fatto irruzione e arrestato gran parte dei soci di quell’associazione. Non tutte però erano qui, erano così tante che avevano dovuto divederle.
‘Dottoressa…’ parlò Georgina richiamando la sua attenzione ‘possiamo farle visita?’ la dottoressa annuì ‘ si, ma solo le donne, molte sono traumatizzate ormai dalla figura maschile.’ Georgina mi guardò ed io capii che voleva passare a salutare Sarah. Insieme ci facemmo indicare la stanza dov’era la ragazzina. Entrammo lentamente e la vedemmo seduta sul letto mentre chiacchierava con un’altra ragazzina poco più grande. ‘Ciao Sarah…’ la salutò Georgina.
‘Ciao…’ rispose la bambina sorridendoci.  ‘Lei è mia sorella,Aliyah. Aliyah loro sono Georgina e Blair… è grazie a loro che siamo finalmente libere.’ Aliyah aveva tredici anni, bellissima per davvero. Occhi profondi, carnagione scura, capelli ricci  e come tante di quelle ragazzine aveva subito quel dannato stupro.
Aliyah ci guardò e ci sorrise sinceramente poi pronunciò soltanto una parola ‘Grazie!’ Ma noi non avevamo fatto niente… volevamo solo trovare Serena e alla fine siamo riusciti a denunciare tutto alla polizia. ‘Sarah…’ parlai con voce bassa ‘ mi dispiace per prima…’ Sarah si alzò lasciando l’orsetto bianco sul lettino e venendomi in contro ‘Non dispiacerti Blair, sono io a dovermi scusare… è solo che non ci credevo più!’ Ammise sinceramente riferendosi al fatto che ora era tutto finalmente  finito per loro. ‘Amiche?’ mi disse porgendomi il mignolo della sua mano. Io sorrisi e lo strinsi contro il mio ‘Amiche, Sarah.’
 
 
‘Vedi, lei è sempre stata tutto ciò che io non riuscivo ad essere. Energica, dolce, solare, estroversa. Il mio alterego. Fin da bambina è stata la persona che ho più amato in assoluto. Certo, Siamo cresciuti tutti insieme come una famiglia , dato che le nostre non erano per niente adeguate, ma vedi lei… è mia sorella. Nonostante litigassimo ogni qual volta avevamo davvero bisogno l’una dell’altra c’eravamo sempre. Prima che partisse per andare in collegio … non c’era giorno che non ci sentissimo. Quante volte sono stata gelosa di ciò che era, di ciò che aveva. Ed ora vederla così…’ Chuck si alzò dal letto e mi venne in contro ‘ora vederla così ti far star male…’ annuii ‘non mi far star male Chuck, mi sta distruggendo.’ Abbassai lo sguardo troppo profondo per poterlo sostenere , il suo. Lui mi prese la mani accarezzandomele.
‘Sai… ho imparato negl’anni ad osservarvi. Vi studiavo quasi, quando eravamo al liceo. In realtà non siete poi così diverse come credi. Si certo, tu sei più composta, sempre in ordine, decisamente formale,sempre impeccabile… lei è ribelle, costantemente provocatrice e molto meno rigida, ma Blair… nel profondo siete molto simili. Avete lo stesso sorriso, la stessa espressione, la stessa grinta. Non ho mai visto delle ragazze così forti come voi. Apparite diverse a chi non vi conosce, ma siete praticamente uguali.’ Sorrisi inconsciamente e alzai di poco lo sguardo ‘Perché mi stai dicendo queste cose?’ Mi alzò il viso di poco con l’indice della mano destra ‘perché devi smetterla di pensarla come la ragazza perfetta quale non è, e pensarla più come te. Io ti conosco Blair e sono sicuro che se fosse successo a te , non ci sarebbe stato nessun altro modo in cui avresti reagito se non come sta facendo lei.’ Lasciò la mia mano, lasciandomi perplessa quasi meravigliata.
Mi lasciò un candido bacio sul viso e si allontanò, in cerca di qualcos’altro da poterle portare.
‘Chuck…’ dissi voltandomi verso di lui e facendo oscillare i capelli da destra a sinistra ‘Grazie di esserci stato … senza di te, sarei impazzita’
 
Me ne stavo rannicchiata con le ginocchia al petto e la testa appoggiata contro la parete, le lacrime che venivano giù senza sosta.
‘Blair, Dorota mi ha detto di portarti…Blair?’Chuck entrò nella stanza con un vassoio che sorreggeva probabilmente il thè caldo che avevo chiesto a Dorota, poco prima.
Scorse la mia figura al di là del letto e mi venne incontro.
In quell’istante mi resi conto dell’aspetto che avevo. Del mascara colato, degli occhi sempre più gonfi ad ogni pianto, delle guancia pallide divenute di un tenue rosso che coloriva la pelle per lo sforzo del pianto. E pensare che qualche anno fa avrei dato di testa a pensare che mi potesse vedere in queste condizioni. Sempre perfetta, sempre in ordine. La mania del controllo che fin da bambina mi perseguitava, svanì. Ora non aveva importanza, ormai non ne aveva più.

Fino ad allora riuscivo a controllarmi, certo piangevo, ma poi ritornavo nelle mie vesti da regina di ghiaccio qual’ero. Ma in quel periodo la mia vita mi sembrava stravolta, tutte le mie convinzioni spazzate via dal vento. Il tutto cominciava a prendere le forme di un film d’azione ,poliziesco o drammatico, di certo ben lontani dai film di Audrey Hepburn che ero convinta mi avessero accompagnata per tutta la vita.
Le mani di Chuck poggiarono sulle mie ginocchia, mentre lui piegato sulle gambe cercava il mio sguardo sfuggente. ‘Cosa ti prende?’ aveva chiesto scosso. Io non risposi immediatamente , il pianto aumentò il suo flusso prepotente e lentamente voltai il viso. Mi scontrai prepotentemente con il suo sguardo, caldo, carezzevole. Ma poi continuai ad infliggermi delle pene improbabili con il pensiero. Socchiusi gli occhi ancora e le palpebre spingevano fuori altre grosse gocce salate.
Abbassai lievemente la testa e il pianto da silenzioso qual’era cominciò a divenire rumoroso.
‘Blair… parlami… cos’hai?’ La sua voce nascondeva un tono di rimprovero e preoccupazione dietro l’accogliente voce intensa e quasi supplichevole del momento.
Scossi la testa e affondai il viso tra le ginocchia ritrovando le sue mani sul mio viso.
Con forza mi alzò il viso ‘Parlami Blair, cosa ti succede!?’ disse alzando di un tono la voce.
Io continuai a scuotere la testa e parlai tra i singhiozzi rumorosi proveniente dal petto. Mi scuotevano tutta. ‘Perché a lei?…perché non a me!?’ esclamai in una domanda, provocando confusione con le parole e la loro pronuncia per via del pianto. ‘Che vuoi dire?Che stai dicendo?’ Chiese indignato e preoccupato Chuck. ‘Cosa ha fatto di male per meritarsi questo! Perché non è successo a me? Perché a lei?’ Chuck sgranò gli occhi quasi non potesse credere o non riuscisse a realizzare le parole che aveva appena ascoltato. ‘Ma cosa stai dicendo!’ Esclamò quasi furioso. Cercai di alzarmi e di sfuggire al suo sguardo. Ci riuscii tremante e reggendomi sulle sue spalle. Poi mi allontanai cercando rifugio con lo sguardo nelle pareti blu della mia camera da letto. ‘Non riesce nemmeno a parlarmi! Non posso nemmeno aiutarla! Magari se ci fossi stata anche io…’ le sue mani posarono sulle mie spalle e velocemente mi fece voltare verso di lui. ‘Se ci fossi stata tu, forse si sarebbe accontentata di averti lì e non avrebbe avuto nessuno che potesse aiutarla da fuori…mmh?’ Cercò di convincermi annuendo al suo stesso discorso. ‘Tu non capisci!’ Esclamai cercando di liberarmi dalla presa del suo sguardo nel mio.
Il pavimento ricoperto dai soliti tappeti divenne d’improvviso la cosa più interessante alla quale rivolgere lo sguardo e l’attenzione. Chuck mi lasciò respirare per qualche minuto e benché non lo stessi guardando, sentivo il suo respiro affannarsi e poi tornare regolare come minimo ogni 10-20 secondi. Poi con le mani gesticolava, ma non riusciva mai a trovare probabilmente la forma adeguata per poter formulare una frase di senso compiuto che non mi avrebbe fatto esplodere.
Dopo qualche minuto non so nemmeno quanti, mi prese la mano sulla quale era rivolto il mio sguardo. Fu un piacere vedere come spontaneamente si accarezzavano e poi intrecciavano naturalmente l’una all’altra. ‘Vieni..’ alzai lo sguardo e seguii i suoi passi. Mi portò davanti allo specchio lungo posizionato in un angolo in camera mia. La mia immagine riflessa allo specchio conciata in quel modo era ciò che in vita mia mi ero sempre ripromessa di non permettere che accadesse . Inclinai la testa all’indietro, quasi volessi sfuggire dai miei stessi occhi.
Chuck da dietro, mi lasciò un bacio sulla spalla lasciata scoperta dalla sottoveste che ancora non ero riuscita a togliere a causa della crisi che avevo di lì a poco avuto.
Percorse con le dita il profilo del mio corpo. Mentre le sue mani carezzavano la seta color Champagne non potei far a meno di guardarle, di seguire quei gesti deliziosi seppur contrastati da dolcezza e malizia. Poi lasciò perdere il mio corpo, e mi trascinò a guardarmi il viso.
Mentre io contemplavo disgustata e ferita la mia immagine allo specchio, lui mi lasciava un caldo bacio fra i capelli che mi fece rinsavire. ‘Cosa vedi Blair…?’ Mi chiese d’un tratto senza farmi capire cosa volesse intendere. Corrucciai la fronte esibendo un espressione turbata e dubbiosa.
‘Non c’è bisogno di vivere il suo stesso dolore, credimi.’ Parlò all’improvviso spiazzandomi e facendomi sussultare. Come facesse Chuck Bass a comprendere ogni mia intenzione rimarrà sempre un mistero per me. ‘Io…non…’ le parole suonarono tremanti. ‘Tu non.. cosa?’ cercò il mio sguardo dallo specchio Chuck. Scossi la testa e alzai le spalle. ‘Vederti così distrutta non aiuterà Serena. Sono sicuro che lei ha bisogno della Blair Waldorf che tutti conosciamo. Ha bisogno della sua migliore amica!’ D’un tratto le sue parole sembravano aver senso. Le sue convinzioni che fino a qualche minuto fa non comprendevo , riuscirono ad avere in me un effetto alquanto positivo.
Si allontanò di qualche passo ed io seguii con gli occhi ogni suo gesto. Prese qualcosa e venne di nuovo da me. ‘Serena Van der Woodsen, conosce Blair Waldorf come una regina meravigliosa.’ Disse convincendomi con ogni suo modo di fare. Sempre dietro al mio corpo, mi scoprì la nuca lasciando un caldo bacio che mi fece rabbrividire ovunque, poi srotolò dalle mani una collana di perle facendomela indossare. Ci poggiai di istinto una mano, lasciando che il liscio delle perle carezzasse la mia pelle. ‘Elegante…’ disse Chuck quando dall’armadio prese un abitino chiaro dalle mille sfumature dal rosa, al rosso, all’ avorio. Senza che potessi replicare me lo fece infilare e mi chiuse la cerniera accarezzandomi la pelle volontariamente, sussultai. ‘Femminile ad ogni gesto…’ mi lasciò sedere sulla sedia di legno chiaro e lentamente mi infilò ai piedi un paio di decolté altissimi con il tacco e il cinturino di un acceso rosso fuoco. Le labbra dischiuse e l’espressione interdetta accompagnarono tutti i suoi gesti. Dopo aver frugato ancora un po’ nei miei cassetti, mi fece rialzare prendendomi le mani e poi mi infilò fra i capelli , lisciati qualche ora prima,un cerchietto perfettamente abbinato al vestito, ricco di Swarovski luccicanti. Si riposizionò alle mie spalle, mi accarezzo le spalle e m’invitò a guardarmi allo specchio. ‘Eterea.’ Mi guardai e quasi mi sembrava come se avesse saputo dipingere con quegl’indumenti la mia personalità.
Allora ancora quasi mi spaventai nel rendermi conto quanto riuscisse perfettamente a capirmi, a raccontarmi. ‘L’alterigia contrapposta alla dolcezza degl’occhi’ disse incatenando i nostri sguardi attraverso lo specchio. ‘La sensualità velata da orli in merletto, seta e chiffon’ accarezzò i miei fianchi e mentre contemplavo i suoi gesti , mi tranquillizzai lentamente nonostante il cuore cominciasse ad accelerare ancora. ‘La fragilità dell’anima  nascosta dall’astuzia, la furbizia e l’orgoglio.’ La sua mano sul mio petto calda come sempre. ‘La perfezione di chi sa amarsi , ma non rinuncia ad amare.’
Poggiai la mano destra sulla sua che ancora poggiava sul mio seno. L’accarezzai lentamente e mi concessi di godermi quel momento ricco di intimità. 
‘Credimi, ha bisogno di te. Della Blair complicata e orgogliosa, ma che quando vuole sa esserci in tutti i modi per le persone che ama.’ Chiusi gli occhi e ricordai quando più o meno un anno fa mi aveva detto quasi la stessa cosa, ma allora ci credevo di più. Allora la situazione era differente. Non è che stessi passando il miglior periodo della mia vita, ma mi facevo forza per il mio bambino che stava per arrivare e nonostante tutto stavo meglio allora.
Quel bambino non c’è più, l’ho perso è andato via. Quell’esserino che cominciava a vivere dentro di me era morto e insieme a lui aveva portato via con se tutto il mio buon senso e la mia sincerità! Oddio quell’incidente d’auto quanto male ci ha portato! Se solo non fosse accaduto nulla. Se solo Tripp Vanderbild, il cugino di Nate non avesse voluto ammazzarlo e noi non fossimo saliti sulla sua vettura. Se solo quella sera invece di scappar via ci fossimo detti tutto rinchiusi in quella stanza senza aver voglia di uscire. E invece no! Il destino o cosa sia ha permesso che perdessi quel bambino tanto innocente e che mi rovinassi il resto della vita, per poi dover fare tanti sforzi per ricomporla e metterne insieme i cocci, almeno quelli che non erano andati perduti.
Forse se non fosse accaduto nulla, non sarei stata costretta a salvare Chuck con un patto con Dio. Forse ci saremo fidanzati già allora e non avrei avuto nessuna sbandata per Dan, che in quel momento sembrava l’unico sano di mente che potesse starmi accanto.
E forse Serena non sarebbe stata furiosa, non sarebbe stata gelosa , non avrebbe copiato il mio diario sul suo computer e quando Gossip Girl l’avrebbe rubato, non avrebbe avuto comunque  nulla da pubblicare per rovinare la nostra amicizia. Forse non avremmo avuto nessuna discussione perché io per vendetta non le avrei fatto perdere il lavoro, e allora in quel caso forse non l’avrei mai cacciata di casa. Forse non sarebbe partita, non avrebbe ricominciato una vita squilibrata, forse non avrebbe incontrato sul suo cammino quei maniaci sessuali. Forse, ma dico forse… è solo colpa del destino e da sempre ho adorato le sfide con il fato.
E allora sorrisi allo specchio, sorrisi a Chuck e lui ricambiò. Un sorriso carico di emozioni amare. Un sorriso accennato solo dalla curva delle labbra.
Mi lasciai andare , al suo bacio casto e intenso fra i miei capelli. Lasciai sparire la rigidità e riacquisii le forze.
‘Datti una sistemata, usciamo!’ Esclamò con tono vibrante e caldo. ‘Dove vuoi andare?’ Chiesi sorpresa. ‘Prenoto al Butter!’
Non avevo di certo voglia ne di uscire ne di mangiare ‘Ma…’ tentai di replicare.
‘Niente Ma Waldorf!Mmh?’ Mi lasciò un caldo bacio sulla spalla e sparì dalla mia vista velocemente.
 
Infilai il cappottino verde e presi la borsetta avorio dal letto. Chuck trascinò la valigetta al piano di sotto e Vania la portò in limousine. Passammo a prendere Nate allo Spectator e poi andammo in ospedale.
Arrivati a destinazione salimmo al terzo piano dove era ricoverata la nostra amica e ci dirigemmo in camera sua tranquillamente grazie al fatto che era orario di visite.
‘Ehy…’ entrammo lentamente mentre Nate trascinava il piccolo trolley blu notte. ‘Ciao tesoro, come va?’ Chiesi avvicinandomi a lei che si mise seduta. ‘Va…’ il suo sguardo mi sfuggiva , ma il suo sorriso sembrava molto più sereno e sincero del solito. La vidi cercare qualcosa con gli occhi mentre il suo entusiasmo velato contagiava anche me. ‘Mancano tre giorni e torni a casa.. contenta?’ Chuck le si avvicinò dall’altro lato e le accarezzò i capelli biondi asciugati al naturale.
‘Finalmente, non vedevo l’ora..’ disse prima a lui e poi guardando me. Il suo sguardo continuava però a viaggiare e mentre Chuck sembrò non farci caso io ero catturata dal suo modo spensierato e sereno con il quale roteava gli occhi da una parte all’altra della camera.
E poi lo capii, quello sguardo lo riconobbi, mi spiazzò, non me l’aspettavo. E inaspettatamente cominciò a dipingersi sul mio viso il suo stesso entusiasmo.
Lo sguardo di Serena ne cercava un altro e quest’altro era catturato dal suo in ugual modo.
‘Ciao Nate…’ i suoi occhi brillavano e il celeste delle sue iridi sembrò intensificarsi. ‘Ciao Serena…’ e di nuovo il suo sguardo rideva come le labbra. Nate le accarezzò una gamba, quella sana, da sopra le lenzuola , poi le prese la mano. Chuck mi rivolse uno sguardo complice. E insieme ci facemmo segno di uscire. ‘Nate noi andiamo a prendere qualcosa al bar…’ cominciò a parlare Chuck venendo verso di me e successivamente accarezzandomi la  schiena.
‘volete qualcosa?’ Serena continuava a sorridere, ma assunse un’espressione contrariata.
‘Scusami Nate, ti va di andare con Chuck.. ? Ho bisogno di parlare con B’ parlò guardandomi teneramente. Nate annuì ‘a dopo, tranquilla!’ Rispose lasciandole una carezza sul viso.
Chuck mi lasciò un tiepido e dolce bacio sulle labbra ‘Ci vediamo dopo…’ sparirono dopo poco e noi ci guardammo trepidamente entusiasmate.
Mi avvicinai continuando a sorriderle e lei mi prese le mani contenta, quasi felice.
‘Conosco questo sguardo. Conosco quel sorriso. Devo ringraziare Nate?’ Parlai sedendomi accanto a lei ,fingendo una sana gelosia. ‘Blair…’ disse con aria quasi da rimprovero ‘Non ti si può nascondere niente!’ Esclamò incrociando le braccia al petto fingendosi imbronciata, ma ancora sorridente. ‘Ehy… sono Blair Waldorf!’ Dissi altezzosa come se questa constatazione spiegasse tutto. E lei cominciò a ridere quasi di gusto. ‘In questi giorni, è stato così carino…’ disse incredula. ‘Mi ha riempito di attenzioni, mi è stato vicino. Spero di non illudermi.’ Disse scuotendo la testa e prendendo la mia mano sinistra. ‘Credo di conoscere abbastanza Nate per dirti che quel sguardo lo conosco bene…puoi stare tranquilla.’ Le accarezzai il braccio mentre lei cercava le parole sbalordita ‘intimo, il suo sguardo è intimo!’ Gesticolò sperando che riuscisse a spiegare ciò che sentiva. Io le sorrisi ‘Stai bene?’ Era quella l’unica cosa che mi interessava. ‘Non lo so…’ rispose abbassando di colpo il viso. ‘Ho paura, quasi come se non potessi più accettare di concedermi ad un uomo… e non intendo solo sessualmente.’ Cominciava ad aprirsi, finalmente. Qualcosa stava trapassando quel muro di cemento che aveva creato con il mondo esterno.
‘Ehy non puoi vietarti di esser felice, di viverti un amore.’ Alzò lo sguardo ‘ non è questo B. Mi sembra tutto complicato e poi c’è lui..’ disse toccandosi subito la pancia come se qualcosa le stesse sfuggendo di mano e dovesse riacchiapparla. ‘Anche se Nate ha toccato l’argomento più volte , io lo stoppavo sempre, preferivo non crearmi false speranze. Ci avrei fantasticato troppo e non voglio altre delusioni. Io non voglio soffrire più. Non adesso.’ I suoi occhi lucidi , ritornarono a raccontarsi. La sua voce cristallina ricominciò a riecheggiare nella mia mente in modo sincero.
‘Non devi aver paura di soffrire, ne di starci male. Questo è sopravvivere!’ Annuì alla mia affermazione e tirò su col naso, mentre i suoi occhi ritornarono a schiarirsi. ‘Cosa ti diceva Nate?’ Azzardai speranzosa ‘Che un bambino non è una disgrazia, che avrà tutto l’amore che merita e che saprà nella sua innocenza ricambiarlo.’ Sorridemmo insieme ‘E’ una cosa dolcissima e assolutamente vera.’ Dissi accarezzando il suo basso ventre. ‘ Se ti lasci andare te ne accorgerai ancor prima di partorire.. hai una vita dentro di te che sta crescendo e io sono sicurissima, che saprai prendertene cura’ poggiò la sua mano sulla mia e la strinse. ‘Tu saresti stata una splendida madre.’ Quasi mi commossi ricordando ancora la gravidanza dell’anno precedente. ‘Tu lo sarai!’ La tirai verso di me e l’abbracciai calorosamente. Finalmente aveva ripreso a parlarmi, a confidarsi. E mentre la sua risata argentina ricominciava a spargersi per la stanza, la mia stretta attorno al suo corpo si faceva sempre più salda, ma al tempo stesso dolce.
‘Possiamo entrare o interrompiamo qualcosa?’ Scoppiai a ridere alle parole di Nate e mi allontanai da Serena. ‘Venite pure, stavamo solo parlando…’ continuò Serena , continuando a sorridere.
‘Colazione per voi…’ disse Chuck che seguiva Nate, con un vassoio pieno fra le mani.
Posò il vassoio sulle gambe della mia amica e invitò a servirci. ‘Sei una delle poche persone alla quale l’ospedale non fa male… sei sempre bellissima’ disse Chuck con la sua voce carezzevole mentre le porgeva una rosa bianca, candida e pura. Serena sorrise lusingata mentre un Nate premuroso aprì le tende e le prese dal comodino la pillola che doveva prendere prima di ogni pasto. Questa l’unica volta che non mi pesò notare come Nate e Chuck avessero attenzioni esclusivamente per lei. In altre circostanze sarei rimasta ferita profondamente.‘Ma che bella dolce scenetta!’ Ruppe l’idillio del momento, una Georgina irruenta come una bibita gassata agitata e aperta subito dopo. ‘Dove sono finiti i complotti e le cattive abitudini tipiche dell’Upper East Side? Il pargolo ti ha messo in quarantena regina delle feste?’ Serena portò gli occhi al cielo, mentre tutti sembrammo rivolgerle uno sguardo di sfida. Quando fa così non capisco per davvero se ci è o ci fa.‘Ma a te che ti danno a colazione? Asprezza e acidità?’ Chiese Nate rivolgendole uno sguardo poco interessato per davvero alla sua risposta. ‘Tranquilli passavo solo per vedere come stava la fanciulla , ma visto che sta benone, mi preoccupo inutilmente. Ci vediamo…’ fece per andar  via e quasi sembrava per davvero dispiaciuta di non sentirsi ben accetta, ma cosa vuole se è sempre così Georgina? ‘Aspetta G…’ disse Serena fermandola prima che potesse varcare la porta. Georgina si voltò convinta di ricevere un invito a restare, ma Serena non rispettò alcuna aspettativa. ‘Ora che esci, chiuderesti bene la porta? Sai il pargolo non può prendere freddo!’ Esclamò accarezzandosi la pancia. Chuck mi sorrideva soddisfatto e altrettanto lo fui anche io, tanto da riuscire a tener a freno la mia lingua biforcuta. Georgina corrucciò la fronte e uscì dalla camera sbattendo la porta. Scoppiammo a ridere tutti all’unisono. ‘Allora mammina… se vuoi puoi fare pratica con me… so essere un perfetto bambino capriccioso o perverso come vuoi…’ Disse Chuck scherzando serenamente su quell’argomento che fino ad allora sembrava essere un tabu. Nate alzò un sopraciglio. Serena lo guardò con aria disprezzante, io strinsi le labbra una contro l’altra e insieme pronunciammo ‘Disgustoso Bass!’
 
 
‘Ma soprattutto mi dispiace di aver rinunciato a noi, quando tu non l’hai mai fatto’ concluse così un discorso pieno di scuse. Stavo con Louis, e dovevo sposarmi. Non sopportavo più le sue scenate e le crisi isteriche, doveva rassegnarsi al fatto di avermi perso. Le sue parole, mi spiazzarono lasciandomi un tremolio alla bocca dello stomaco. La sua voce così calda, pronta a chiedermi scusa aveva qualcosa capace di destabilizzarmi, così sensuale, così profonda. Riuscirei a catturarne sempre le mille sfumature di toni e colori.
Sorpresa da un discorso decisamente non alla Chuck Bass dissi in un sospiro ‘Grazie’ l’unica parola sincera che uscì fuori dalla mia bocca quando la sua si chiuse. Altera lo osservavo con gli occhi quasi inumiditi. ‘Spero che il non rinunciare alle persone, non diventi poi la mia rovina.’ La voce si abbassò sulla seconda parte della frase impaurita che potesse essere ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
‘E’ il motivo per cui sarai un’ottima madre. Ci sei sempre per le persone che ami, anche se qualcuno non lo merita’.

 

Puoi sentire un sussulto
un esiguo tremore
sentirlo di nuovo ci trasmetterà
una scossa nel cuore.
Percepire la vita che si muove qua dentro
è l’emozione più grande del mondo ogni suo movimento.
E vedere la vita, nel suo cuore impaziente
quel vigore infinto e
la fragilità che ci cresce nel ventre.

 

Ecco qui il capitolo, spero vi sia piaciuto. Aspetto speranzosa le vostre recensioni.
La canzone finale è 'Lo scrigno di cristallo' di Anna Tatangelo. E' di una dolcezza infinita e questa strofa ha una melodia tenerissima. <3
Colgo l'occasione inoltre per ringraziare anche tutti coloro che leggono e apprezzano la storia. E se qualcuno volesse commentare tra voi , mi farebbe molto piacere :)
Inoltre grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite.
 
xoxoRaffy240

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