Resident Evil: Stone Ville Chronicles.

di lancil90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Una giornata come un'altra... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: L'ultimo scatto. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Fallimento. ***



Capitolo 1
*** Prologo - Una giornata come un'altra... ***


Resident Evil: Stone Ville Chronicles
 
 
Prologo - Una giornata come un'altra...
 
Una metropolitana sfrecciava decisa verso la stazione di Stone Ville. Le dieci carrozze della Raccoon City Line attraversavano rapide una vasta radura divisa a metà dal tracciato dei binari. In lontananza svettavano alte nel cielo le Arkley Mountains, ricoperte interamente da fitte foreste abitate da alti e robusti alberi secolari che sembravano custodire segreti che non potevano essere rivelati. Segreti oscuri che restavano celati nel fitto delle loro chiome. Ai piedi dei monti, scorreva pigro uno dei numerosi affluenti del fiume Circular che da nord scendeva verso sud attraversando la città di Raccoon City. Sulle sue sponde erano solito radunarsi numerosi pescatori che, armati di canna da pesca, trascorrevano weekend spensierati mettendo da parte le fatiche della settimana appena trascorsa. In alto un bellissimo cielo autunnale, sormontato qua e la da qualche candida nuvola bianca, era limpido e sereno, e sembrava fare da cornice ad un paesaggio di una bellezza selvaggia. Una bellezza che niente e nessuno poteva intaccare.
La metropolitana continuava spedita il suo viaggio e presto sarebbe arrivata a destinazione e ci sarebbe arrivata per l'ennesima volta, come aveva fatto quotidianamente per anni. Il tutto si sarebbe svolto come al solito. Una classica giornata di inizio autunno. 
Una giornata come un'altra....
 
"Prossima fermata: Stone Ville Station".
 
 
John Allen si svegliò di soprassalto guardandosi intorno spaventato. Era ancora nella metropolitana. Si mise composto cercando di calmarsi mentre con il dorso della mano si asciugava un rivolo di saliva, colatogli dalle labbra mentre era addormentato. 
La testa gli scoppiava e gli occhi gli bruciavano. Si girò verso il finestrino e vi si specchiò. La sua faccia era in uno stato pessimo: il viso pallido e imperlato dal sudore, gli occhi scavati e rossi. Faceva davvero paura. Una ragazza bionda, seduta di fronte a lui, lo osservava sospettosa con un misto di timore e disgusto, mentre ascoltava la musica dal suo walkman. 
"Tutta colpa di questo stramaledetto lavoro!" - pensò - "Non ce la faccio più! Non vedo l'ora di arrivare a casa e riabbracciare Donna e la piccola Sue." 
John Allen viveva da cinque anni nel centro di Stone Ville, dopo aver vissuto per anni a Raccoon City. Quando Susan "Sue" Allen era nata, lui e Donna avevano deciso di trasferirsi e andare a vivere in una cittadina più piccola. Anche John, come la metà di Raccoon City, era da anni un dipendente dell'Umbrella Corporation. Nonostante il suo trasferimento a Stone Ville non fosse stato accettato, John non si era mai lamentato del suo lavoro. Da qualche tempo erano stati richiesti turni più lunghi, che lentamente lo stavano debilitando. Non sapeva per quanto tempo avrebbe retto quei ritmi. E poi non voleva trascorrere tutta la giornata in un ufficio quanto, invece, poteva stare a casa con la sua famiglia.
Un brivido gli percorse la schiena. Aveva freddo, tanto freddo. Si testò la fronte e sentì che era bollente. 
"Dannazione, la febbre è proprio quello che ci voleva!" - pensò asciugandosi il sudore. La ragazza bionda, masticando una gomma, gli domandò: "Va tutto bene? Sta male per caso?"
"Si, si. Va tutti bene, non si preoccupi." - rispose John con fatica. In realtà non stava affatto bene. Sentiva il suo cuore pulsare più forte e un dolore lancinante allo stomaco. Stava male, troppo male. Ma a breve sarebbe arrivato a casa e Donna si sarebbe preso cura di lui.
Guardò fuori sconsolato e vide in lontananza le prime abitazioni di Stone Ville, ma questo non lo fece sentire meglio, anzi. Si rese conto che non riusciva più ad essere lucido e che non riusciva a tenere gli occhi aperti. Stava ardendo da dentro. Appoggiò la testa al seggiolino e chiuse gli occhi. 
I suoi pensieri tornarono alla giornata trascorsa. Aveva salutato la famiglia e si era recato a lavoro. Che fosse una giornata no lo aveva intuito subito dato che prima un maledetto piccione gli aveva cagato sulla giacca, poi la sua segretaria, Betty Jones, gli aveva versato il caffè sui pantaloni. La ragazza si era più volte scusata ma lui l'avrebbe voluta uccidere comunque per la sua inettitudine. Aveva i nervi a pezzi e la lunga giornata di lavoro non prometteva bene. Per finire, poco prima di uscire dall'ufficio, accade il peggio. Era andato al bagno per una pisciata e cosa trova? Un topo grosso quasi quanto un gatto! I suoi luridi occhietti neri gli misero un fifa tremenda addosso. Prese una mazza di scopa e cominciò a colpirlo. Il topo squittiva cercando di evitare i colpi ma alla fine venne colpito e cadde a terra stramazzato. John si avvicinò al topo e si chinò guardando il suo sporco nemico appena abbattuto. Ma improvvisamente, con un ultimo sforzo, l'orrendo roditore schizzò all'attacco addentando il polso dell'impiegato che urlando se lo staccò di dosso e con un colpo secco, gli schiacciò la testa sotto un piede. Ripresosi dallo spavento, era sceso giù rapido, dall'edificio cercando di riprendersi. Era da quel momento, si! Da quel momento aveva iniziato a sentirsi male! 
Si sbottonò lentamente il polsino e si guardo l'interno polso, cercando di non mostrare quello che voleva vedere alla ragazza bionda che continuava imperterrita a fissarlo. Guardò il polso e sgomento rimase disgustato. Una profonda ferita tra il rosso e il giallastro scavava il polso di John, una ferita grondante di sangue e pus e dell'odore nauseabondo. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Credeva forse che la camicia avesse impedito ai denti del ratto di lacerare la sua carne? Il cuore batteva sempre più e il dolore allo stomaco era lancinante. La ragazza bionda, visibilmente preoccupata, sussurrò qualcosa nell'orecchio del suo vicino, che si protese verso John e disse:"Signore lei sta male, ha bisogno di aiuto! Sta perdendo sangue dal polso!"
"Mi lasci stare!" - urlò John, con voce rauca. La gente nella metropolitana si voltarono a guardarlo sbigottiti. John si alzò in piedi barcollando come un ubriaco. Le persone si spostarono impaurite. 
"Stia calmo, si sieda e andrà tutto bene." - mormorò una voce.
"Non dargli confidenza Dan, è un pazzo non vedi" - esclamò una voce femminile impaurita.
John si appoggiò alle porte cercando di restare lucido, ma un fuoco dall'interno lo stava consumando, lo stava facendo ammattire. La vista stava scomparendo, anche l'olfatto. Le voci e i suoni attorno a lui lentamente si affievolirono, segno che anche l'udito era andato. Provò a muovere qualche passo ma le gambe lo tradirono e cadde a terra bocconi. La gente gridò spaventata. Una piccola folla si radunò attorno a lui cercando di aiutarlo ma ormai era tardi. Troppo tardi. Adesso non sentiva più niente. Non provava più, né caldo, né freddo, né gioia, né dolore...anche Donna e la piccola Sue erano soltanto dei ricordi confusi. Adesso, il quarantacinquenne John Allen, impiegato dell'Umbrella Corporation, avevo solo un bisogno. Un bisogno primordiale e incontrollabile...aveva bisogni di sfamarsi! 
Il collo della giovane ragazza bionda, protesa su di lui, sarebbe stato un buon spuntino. Volevo così tanto aiutarlo, adesso lo avrebbe fatto. Scattò in avanti a affondò i denti nel collo della ragazza che urlò per il dolore così come la gente nella metropolitana urlò per il terrore. Ma nulla importava adesso, non ora che il dolce carne sanguinolenta stava inebriando il suo palato. Il pranzo era iniziato.
 
Stone Ville - 28 Settembre 1998.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: L'ultimo scatto. ***


Capitolo 2: L'ultimo scatto.
 
 
"Driiiiiiiiiiin!"
 
Francine Miller si svegliò bruscamente dal suo sonno profondo. Allungò un braccio verso la sveglia e la spense con un po' di irritazione. Si mise a sedere stropicciandosi gli occhi azzurri. La stanza era avvolta nella penombra, illuminata da un piccolo fascio di luce che filtrava timidamente dalla finestra. Si alzò dal letto cercando con una mano gli occhiali sul comodino che trovò sotto una copia del Stone Ville Journal. Le inforcò e guardò l'orologio che aveva al polso: le 8:30. Era in ritardo, come al solito. 
"Dannazione!" - esclamò ma un istante dopo si tappò la bocca. Si girò verso il letto della compagna di stanza temendo di averla svegliata, ma la sua piccola testa dalla folta capigliatura corvina, giaceva ancora immobile sul cuscino. 
"Bene, non l'ho svegliata." - pensò, sorridendo. Prese un paio di jeans e una maglietta bianca dall'armadio e, cercando di fare il minor rumore possibile, andò in bagno. Doveva fare presto, era troppo in ritardo. Fece una doccia rapida, lavò i denti, asciugò i lunghi capelli biondi e mise le lenti a contatto. Si erano fatte quasi le nove quando finì di prepararsi e, contemporaneamente suonò il campanello. 
"Questo deve essere Paul. Bene, adesso dovrò sorbirmi anche la sua predica. Diavolo ma perché sono così..." -ma non riuscì a finire la frase che il campanello suonò ancora. "Arrivo!" - sbottò. Corse in camera a prendere la macchina fotografica, una Nikon Reflex nuova e scintillante, e controllò che ci fosse abbastanza pellicola per l'imminente lavoro. La adagiò delicatamente in una sbiadita borsa verde e si infilò un giubbotto rosso scuro, un vecchio regalo di sua madre. 
Fece per andarsene quando una dolce voce, ancora assonnata, attirò la sua attenzione. "Ehi, dove stai andando?" - domandò la figura nel letto che lentamente sbucò dalle lenzuola per poi adagiarsi con la schiena alla spalliera del letto. 
"Chloe, scusa per averti svegliato, e solo che ho un lavoro da fare e sono in ritardo mostruoso. Se non mi sbrigo credo che Paul butterà giù la porta."  
La ragazza sorrise e sbadigliò mostrando tutti i suoi denti. "Stanotte abbiamo esagerato, credo. Ho la testa che mi scoppia". 
"Infatti, anche la mia fa i capricci, ma non credo che a Paul interessi".
"Beh, allora vai, sbrigati! Ci sentiamo più tardi." - disse, infilandosi di nuovo sotto le coperte.
"Ehi Chloe?" - sussurrò Francine. 
"Cosa c'è?" - domandò la ragazza mentre si affacciava di nuovo. Il flash della macchina fotografica la accecò, seguita poi dalle risa della coinquilina. 
"Bastarda, che fai? Distruggi quella foto!" - urlò mentre Francine usciva ridendo. "No, mi spiace, ciao!"
Amava scherzare con Chloe. Si conoscevano da appena un anno ma la considerava come una sorella. Frequentavano entrambe la Stone Ville University, e durante una giornata di pioggia, mentre lei si stava bagnando come un pulcino, Chloe, sbucata dal nulla, le offrì un riparo sotto il suo ombrello. Era stata subito amicizia. Presero un bilocale insieme ma, mentre l'amica poteva permettersi di pagare l'affitto grazie ai soldi dei facoltosi genitori, Francine aveva trovato lavoro come fotografa freelance presso una rivista locale, la SV Torch. 
Ed era proprio per quella rivista che oggi doveva lavorare. A breve ci sarebbe stato l'inaugurazione di nuova piazza a Shiny Hill, quartiere ricco di Stone Ville, situato a ovest della città. Il sindaco George Finch, lo sceriffo Kevin McAllister e altri importanti personaggi della città, avrebbero preso parte all'inaugurazione e Francine e Paul avrebbero dovuto scattare qualche foto per la rivista.
"Finalmente ce l'hai fatta! In ritardo come al solito è?" - disse Paul rimproverandola. "Dai su, sbrighiamoci che tra una decina di minuti ci sarà il discorso del sindaco". 
"Ok, ok. Scusa per il ritardo. Ieri sera ho fatto un po' tardi. Ho ripetuto a Chloe che non dovevamo fare troppo tardi, ma sai come è lei.."
Salirono in macchina, una vecchia Buick Wildcat anni '70 color blu malridotta, e partirono nonostante il motore avesse fatto un po'
le bizze. La strada non era molto trafficata a quell'ora e poterono, quindi, procedere rapidamente sulla Main Street che conduceva a Shiny Hill. 
"Fran hai portato tutto? O dovrò prestarti i miei rullini come è successo l'ultima volta?" - domandò Paul sorridendo mentre accendeva una sigaretta. "Si, questa volta ho tutto con me" - rispose Francine mostrandogli la lingua. 
Paul Russell era un ragazzo alto e massiccio. I suoi capelli neri erano corti e coperti da un berretto rosso mentre il viso era piacevole ma dai lineamenti marcati. Gli occhi sembravano un pozzo, tanto erano scuri. Era praticamente era l'opposto di Francine. Si erano conosciuti quando la ragazza era stata assunta come fotografa freelance al SV Torch. Paul si era messo subito a sua disposizione, dandole consigli e istruzioni. Lavoravano quasi sempre insieme e tutte le volte che c'era qualche foto da scattare, era lui ad accompagnarla con la sua macchina sgangherata. "Mio padre non vuole comprarmene una nuova. Ma non appena avrò messo da parte un bel gruzzoletto, ti farò vedere che bell'auto mi comprerò" - diceva sempre. Ma fino a quel momento aveva accumulato davvero poco, dato che era un grande spendaccione. 
"Oggi sei davvero bellissima." - commentò Paul. 
"Grazie, ma sei un adulatore." - rispose Fran, sorridendo - "Non ho avuto neanche il tempo di prepararmi come si deve".
"Sciocchezze! Non fare la modesta. Se una ragazza è bella, è bella in qualsiasi situazione". - concluse il ragazzo tirando l'ultima boccata della sigaretta e gettando il mozzicone fuori dal finestrino.
Fran sospettava che Paul fosse attratto da lei, anzi ne era sicura. Era sempre disponibile e, ogni volta che ne aveva la possibilità, la andava a trovare. Fran gli voleva un bene dell'anima ma il suo affetto non andava oltre l'amicizia, nonostante ritenesse Paul un ragazzo affascinante.
"Bene, siamo arrivati collega." - le fece notare Paul, riportandola alla realtà. 
Dopo aver parcheggiato l'auto, i due si recarono verso la piazzetta, dove si era radunata una piccola folla. La nuova piazzetta era davvero bella: una grande fontana si ergeva al centro di essa mentre file di alberelli in fiore ne delimitavano il perimetro. Finalmente, dopo un bel po' di tempo, quella piazza era stata completata nel migliore dei modi. 
Francine e Paul, armati di macchina fotografica, si fecero spazio tra la piccola folla fino a raggiungere un piccolo palchetto che era stato costruito per l'occasione. Dopo qualche istante arrivarono il sindaco Finch, seguito dallo sceriffo McAllister e da altre persone che avevano finanziato di tasca proprio quel progetto. Francine scattò qualche foto, seguita a ruota da Paul mentre il sindaco teneva il classico discorso e ringraziava i contribuenti. Non le interessava molto quello che aveva da dire: era ancora intontita per la lunga nottata con Chloe e non vedeva l'ora di finire e tornare a letto. La cerimonia lentamente stava arrivando al termine. Francine e Paul avevano scattato le loro foto per la rivista e tutto sembrava procedere nel migliore dei modi. 
"Credo che qui non ci sia più niente da fare, Fran. Possiamo anche andar..." - ma Pual non riusci a terminare la frase che un urlo di dolore si levò così all'improvviso che ad entrambi gli si gelò il sangue nelle vene. La folla sgomenta si avvicinò verso la persona urlante. Così fecero anche Fran e Paul. Quello che videro fu uno spettacolo orribile: una donna sulla cinquantina stava letteralmente azzannando un uomo all'orecchio. "Aaaaahhhh aiutoooo!" - urlava il poveretto. Un agente di polizia intervenne afferrando la donna per un braccio, cercando di staccarla dall'uomo. La donna venne tirata via ma non prima di aver staccato l'orecchio alla sua vittima. Fiotti di sangue schizzarono da quello che restava dell'orecchio dell'uomo. Le sue urla si levarono alte mentre la folla spaventata assisteva attonita. La donna, trattenuta dall'agente, aveva il mento coperto di sangue e bava. Francine la guardò terrorizzata. Non era una donna quella, era un mostro! Gli occhio erano iniettati di sangue e il viso era di un colore cadaverico. La donna-mostro sputò il pezzo di orecchio che ancora aveva in bocca e si scagliò contro l'agente che la tratteneva azzannandolo alla gola. L'uomo provò una vana difesa.
Altri agenti intervennero estraendo le pistole e aprendo il fuoco sulla donna. La folla si sparpagliò urlante, ma il caos era appena iniziato.
Dall'altra parte della piazza si levarono altre urla. Francine guardò disgustata altre due persone impazzite azzannare una signora. 
"Mio Dio cosa sta succedendo?" - urlò Fran mettendosi la mano nei capelli. 
"Aprite il fuoco su questi pazzi! Abbatteteli!" - urlava lo sceriffo McAllister sparando a sua volta su uno di quei pazzi. Francine assistette come paralizzata a quella scena: lo sceriffo sparo un paio di colpi nel petto di uno di quei pazzi. All'inizio sembrava che stesse per stramazzare al suolo, ma poi si riprese e tornò all'attacco. Lo sceriffo sparò ancora e ancora ma quella specie di mostro non ne voleva sapere di morire.
Ad un tratto una mano afferrò il suo braccio. Fran urlò dalla paura, ma una mano le tappò la bocca. 
"Sono io, Fran! Dobbiamo andarcene di qui, subito!" - esclamò Paul incamminandosi verso la macchina. La ragazza lo seguì guardando il coas che si era scatenato attorno a lei. Sembrava che altre di quelle cose si fossero unite alla festa, perché gli spari aumentarono così come le urla. Erano quasi arrivati alla macchina quando uno di quei pazzi le si parò davanti urlando e sbavando. Francine urlò dal terrore mentre quel mostro orrendo si avvicinava barcollando con le braccia protese e gli occhi assassini. L'avrebbe afferrata se non fosse stato per Paul che con un pugno diritto nei denti lo scaraventò a terra. 
"Aprì la macchina e sali!" - le ordinò Paul mentre controllava il pazzo che si stava rimettendo in piedi. Fran fece quanto detto: aprì la macchina e si sedette. L'esaltato si alzò: aveva le labbra spaccate e gli mancava qualche dente, opera del pugno di Paul. Tornato in pied tentò un nuovo attacca ma anche questa volta finì a terra dopo tre potenti cazzotti. 
Paul la raggiunse in macchina, inserì le chiavi nel cruscotto e partì.
"Porca puttana ma cosa diavolo sta succedendo laggiù? Mio Dio non ho mai visto una cosa del genere in vita mia". - esclamò il ragazzo.
"Paul ho paura, tanta paura. Portami a casa ti prego, sono preoccupata per Chloe. E se uscendo uno di quei pazzi l'avesse attaccata? Accelera ti prego". 
"Non preoccuparti Fran, qualunque cosa accada ci sarò io a proteggerti, te lo prometto."
La macchina proseguì la sua corsa rapida per la Main Street. A breve sarebbero arrivati a destinazione.
"Ho fatto qualche foto. Nessuno crederà a quello che abbiamo visto. Queste foto faranno il giro del mondo e noi diverremo famosi come i fotografi sopravvissuti." - scherzò Paul provando a far calmare la ragazza. Allungò una mano e le accarezzò i capelli.
"Non preoccuparti, andrà tutto ben..." - ma riuscì a finire la frase. Una persona barcollante attraversò la strada mettendosi nella direzione dell'auto. Fran urlò. Paul provò ad evitare le persona sterzando. Il corpo dell'uomo venne sbalzato via dalla macchina e il suo sangue imbrattò la Buick che uscì fuori strada. 
"Dannazione no!" - urlò Paul che tentò di mantenere il controllo, inutilmente.
L'ultima cosa che Francine Miller vide fu un grande muro con sopra affissi i manifesti elettorali di George Finch che recitavano: Vota Finch, per una città più bella, più pulita e più sicura! 
"Non credo che voterò alle prossime elezioni" - pensò Fran chiudendo gli occhi e coprendosi il volto.
La macchina si schiantò e tutto divenne buio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Fallimento. ***


Capitolo 3: Fallimento.
 
 
Le strade di Stone Ville erano molto più simili ad un girone infernale che non alla mite e tranquilla città che tutti ricordavano. Le strade brulicavano di gente urlanti e terrorizzate. Molte di loro erano ferite o coperte di sangue, altre giravano armate di qualsiasi cosa che potesse essere una protezione contro le persone che erano impazzite. Questa persone ammattite, un tempo normali, erano facili da riconoscere: avevano la pelle cadaverica, camminavano come ubriachi e, soprattutto, erano orribilmente deturpati, mangiucchiati un po' dappertutto. Attaccavano chiunque gli si parava di fronte, senza distinzione tra uomini, donne, bambini o animali. Più passava il tempo e più ne aumentavano senza che nessuno riuscisse ad opporsi alla loro furia omicida. 
Nessuno sapeva da dove fossero arrivati o cosa li avesse generati. Qualcuno aveva affermato che qualche malattia infetta si fosse diffusa in città (e chiunque lo avesse detto aveva ragione), alcuni altri che la Umbrella Corporation avesse creato quelle micidiali creature (e neanche loro si erano allontanati troppo dalla realtà). Una cosa era chiara: la malattia si trasmetteva ad un altra persona se quest'ultima veniva morsa o ferita da colui che ne era affetto. Se fosse accaduto una cosa del genere, la persone si sarebbe gradualmente ammalata e sarebbe morta divorata dalla febbre. La cosa terrificante (come se già non lo fosse) era che la persona che era morta, dopo un'ora circa, tornava in vita assetata di sangue.
Spari e urla si levavano all'unisono nelle strade di tutta Stone Ville. La gente cercava, invano, un riparo sicuro. Chi non ci riusciva finiva dilaniata dai morsi dei non-morti. La polizia aveva provato a resistere a quell'assalto, aprendo un fuoco serrato su chiunque si avvicinasse troppo alla canna della loro pistola. Gli scontri avevano causato delle esplosioni e le strade erano ormai quasi impraticabili. Un contingente di forze dell'Umbrella Corporation era giunto in citta, cercando di porre fine a quell'orrore ma ben presto anche le loro forze furono soverchiate. Le persone che erano ancora in vita sapevano di star combattendo una battaglia disperata.
"Porca puttana!" - esclamò l'agente Ryan Evans mentre cadeva col sedere a terra dopo una forte esplosione. Un non-morto gli si fiondò addosso tentando di affondagli i denti nel collo, ma l'agente lo teneva con tutte le forze a debita distanza. Il fiato della creatura era nauseabondo. Dalla bocca spalancata, Ryan poteva vedere frammenti di carne incastonati tra i denti giallastri. Tentò di liberarsi con una serie di ginocchiate nello stomaco ma il mostro non demordeva.
"No, cazzo, nooo!" - esclamò Ryan, sentendo il suo fiato sul collo. Stava per azzannarlo quando un proiettile gli aprì la fronte. Il corpo finì addosso Ryan che, con ribrezzo, se lo tolse da dosso alzandosi.
"Tutto bene amico? Quante volte ancora dovrò salvarti il culo? Spara, spara e spara. - disse la persona che aveva sparato. 
"Tutto bene Thomas, grazie, non è questo il momento per discutere, via di qui, subito!" - rispose Ryan correndo dall'amico. Gli agenti di polizia che sorvegliavano la Main Street dovettero retrocedere lentamente mentre la folla inferocita e affamata si avvicinava. 
Ryan abbatté un paio di non-morti, imitato prontamente dall'amico. 
"Non so per quanto tempo resisteremo ancora! Quelle cose non accennano a diminuire!"
"Spara e non parlare Ryan, uccidi quei bastardi!" - esclamò Thomas spappolando la testa di quella che era stata una donna.
"Che giornata di merda!" - pensò Ryan sconsolato - "E per fortuna che oggi era il mio giorno libero".
Era stato svegliato in mattinata dallo squillo del suo telefono. Si era alzato sbadigliando a aveva risposta alla chiamata: era lo sceriffo MCAllister . Gli ordinò di recarsi immediatamente al quartiere di Shiny Hill, armato. "Cosa diavolo sarà successo?" - si domandò mentre infilava un paio di jeans, una t-shirt blu e una giacca di pelle nera. Aveva sentito urla e spari: niente di buono. Chiamò prima Thomas chiedendogli di andarlo a prendere. L'amico sarebbe arrivato a breve con l'auto di ordinanza. Thomas Greco, il suo migliore amico. Si conoscevano da quando erano dei mocciosi e avevano frequentato la stessa scuola. Thomas era sempre stato un buon amico, nonostante i loro caratteri fossero parecchio differenti: Ryan era assennato e riflessivo; Thomas impulsivo e irrequieto. Ma nonostante tutto, la loro amicizia era molto profonda e entrambi avevano seguito la stessa strada nella vita.
Prese la pistola e la infilò nella fondina mentre mise il distintivo in tasca. Era da circa un anno e mezzo che lavorava per la Stone Ville Police Department e durante la sua permanenza in quella città non era mai accaduto niente di grave. Aveva arrestato qualche sbandato che la sera aveva alzato un po' il gomito, ma non aveva mai esploso un colpo fuori dal poligono di tiro. A pensare che la madre voleva iscriverlo all'università e farlo studiare, ma Ryan aveva preferito seguire le orme di suo padre e diventare un poliziotto come lui. Sarebbe stato orgoglioso, non aveva dubbi, se fosse stato ancora vivo. Era morto circa dieci anni prima, ucciso da una pallottola in una sparatoria. La madre aveva sofferto tanto per la sua perdita e ancora di più una volta che Ryan le comunicò che si aveva fatto domanda da poliziotto. In breve, visto la sua bravura, era diventato uno dei migliori del suo gruppo e la sua domanda per entrare a far parte della polizia di Stone Ville venne accettata. Era un poliziotto, adesso, e avrebbe svolto il suo lavoro nel migliore dei modi.
Era appena uscito dal suo modesto monolocale e si stava dirigendo verso la centrale di polizia quando sentì un rantolo provenire dalla strada. Andò verso l'origine di quel rumore e quello che vide gli fece rivoltare lo stomaco. Una persona era china su un'altra: la prima era ricoperta di sangue e reggeva con le mani le budella che fuoriuscivano dallo stomaco del secondo. Le portava lentamente alla bocca con le mani e staccava grossi bocconi seguiti da fiotti di sangue. 
"Oh Cristo santissimo" - esclamò Ryan, trattenendo a stento un conato di vomito. La persona che si stava cibando si voltò mostrando il suo volto sfigurato. Emise un ruggito e lentamente si alzò caracollando verso di lui. 
"Stai indietro!" - ordinò Ryan, estraendo la pistola - "Non ti avvicinare, altrimenti sparo!" 
Il mostro non sembrò sentirlo o meglio ancora capirlo. Si avventò su di lui e Ryan lo sparò ad una gamba. Un fiotto di sangue nero uscì dalla ferita ma quella cosa non sembrò rendersene conto. 
"Ma che cazzo succede, stai indietro!" - ma la cosa non stette indietro, anzi gli si avventò contro afferrandolo per le spalle e tentandolo di mordere.
"Merda! Toglimi le mani di dosso, via! - Ryan colpì il volto del mostro con il calcio della pistola. Sentì la sua mascella frantumarsi sotto il calcio della pistola.
Il mostro cadde a terra ma, ancora una volta lo afferrò per le gambe, cercando di morderle. Ryan cercò di divincolarsi ma questo lo fece inciampare e cadere a terra. Il mostro gli fu addosso. Il peso lo schiacciava e non riusciva a muoversi. Tra i ruggiti del mostro e le sue imprecazioni, Ryan sentì il rumore della sirena della polizia: Thomas era arrivato!
"Tommy! Aiutami, presto!" - implorò Ryan. Thomas arrivò come un razzo e con uno strattone glielo tolse di dosso per poi prenderlo a calci.
"Attento è pericoloso!"
Un colpo di pistola alla testa del mostro mise fine alla battaglia. "Adesso non più." - rispose l'amico, passandosi la mano tra i capelli neri - "Alzati adesso. Abbiamo del lavoro da fare. Non so se lo sai ma in città è scoppiato il finimondo". Porse una mano a Ryan, aiutandolo ad alzarsi. 
"Ma cosa diavolo era quella cosa? Stava mangiando un altro essere umano! Come è possibile tutto questo? 
"Non ne ho idea, ma ti assicuro che questo non è l'unico episodio di violenza avvenuto in città. Lo sceriffo McAllister ha dato ordine di aprire il fuoco tutto ciò che non è...normale".
Salirono in macchina e si recarono al quartiere di Shiny Hill. La piazza si era trasformata in un campo di battaglia. Ryan sperò che tutto quel casino si risolvesse quanto prima, ma non sapeva che quello era solo l'inizio.
Non sapeva quante ore erano passate da quel momento. Aveva perso totalmente la cognizione del tempo. Gli spari, le urla, i morti...non ci capiva più niente. 
La squadra di polizia indietreggiò ancora. Molti di loro venivano afferrati dai mostri e trascinati a terra, sparendo urlanti sotto decine di altri non-morti.
Un soldato dell'Umbrella, nella sua classica tenuta nera, aprì il fuoco con la sua mitragliatrice crivellando decine di non-morti. Sembrava avere la meglio finché non venne sopraffatto da due mostri che lo azzannarono.
"Thomas dobbiamo tornare alla centrale, qui siamo spacciati!" - urlò Ryan nel fragore della battaglia. 
"Hai ragione, lì saremo al sicuro" - rispose, dopodiché urlò ai sopravvissuti di ritirarsi nella centrale. 
Il gruppo iniziò ad indietreggiare, seguito dalla folla inferocita dei non-morti. Erano quasi arrivati alla centrale quando Ryan vide in lontananza una ragazza urlante, chiusa in una macchina. I morti avevano circondato la macchina, colpendo con i pugni la vettura.  
"Che c'è Ryan?" - domandò Thomas che stava iniziando a salire le scale della centrale.
"C'è una ragazza intrappolata in quell'auto rosso, lì guarda! Quella circondata dai morti. Tom io vado lì a prenderla!"
"Sei pazzo amico? Quella ragazza è spacciata, lo vuoi capire! Entriamo, presto!" - esclamò Thomas afferrandolo per un braccio ma Ryan si divincolò.
"No, non possiamo lasciarla lì. Sei diventato un mostro anche tu per caso?"
"Ma non ce la farai mai! Sei pazzo"
"Ascolta, tu mi coprirai le spalle mentre io la libero, ti prego!" -  lo implorò Ryan. Thomas si zittì. Lo guardò per qualche istante e poi fece si con la testa.
"Ok dannato incosciente va, ti guardo le spalle io, va sbrigati. Ma ti prego fa attenzione" 
"Sarò subito qui" - disse Ryan sfrecciando verso la vettura. Corse a zig-zag tra i morti che tentavano di afferrarlo ma che poco dopo finivano a terra, colpiti dai precisi colpi di Thomas. Quando Ryan arrivò alla macchina i mostri gli andarono incontro ma lui li freddò uno ad uno facendo schizzare vie le loro cervella. Sgombrato il campo, l'agente bussò alla vettura. La ragazza era terrorizzata ma vedendo che non era un morto, aprì la portiera. Ryan l'afferrò e la trascinò via. Stavano per tornare alla centrale quando dalla strada alla loro destra uscirono decine e decine di non-morti.
"Cazzo, cazzo, cazzo" - esclamò Ryan trascinando la ragazza dietro una villetta.
Thomas vide il suo amico sparire dietro la casa inseguito da un piccolo esercito di mostri. "Nooooo, Ryan! Torni qui!" - urlò sparando a destra e a sinistra. Le scale della centrale erano piene di non-morti che gli erano quasi addosso. Due agenti lo afferrarono e lo trascinarono dentro. 
"Ryannnnnnn!" - esclamò Thomas un'ultima volta ma ormai le porte delle centrale erano chiuse.
 
Ryan e la ragazza corsero per una piccola strada, inseguiti dai non-morti. L'agente cercò con gli occhi un riparo, ma le strade erano piene di quelle creature. 
"Ti prego aiutami, non lasciarmi morire" - implorò la giovane ragazza.
"Non ti accadrà nulla, te lo prometto." - rispose Ryan. Mai fare promesse che non puoi mantenere, amico mio - gli sussurrò una vocetta interiore.
Erano nei pressi di Little Heaven, quartiere centrale di Stone Ville, quando Ryan decise di nascondersi nella casa che aveva di fronte. Era la loro unica possibilità. 
Erano quasi arrivati nel giardino quando un morto sbucò da dietro una macchina e azzannò al collo la povera ragazza che urlante cadde a terra. 
"No, no, nooooooooooo!" - urlò Ryan sparando all'impazzata ma ormai era tardi. Decine di non-morti le si gettarono addosso e iniziarono a cibarsi della sua carne. Le urla strazianti della ragazza gelarono il sangue dell'agente. Sangue e pezzi di carne schizzavano dappertutto. Ryan assistette immobile a quella scena. Vuoi fare la stessa fine anche tu, coglione? Scappa che aspetti! - gli suggerì quell'odiosa vocetta interna. Aveva ragione, doveva entrare in casa adesso che i mostri erano impegnati a banchettare con la ragazza.
(Che non hai salvato!)
Entrò in casa e sbarrò la porta. Lentamente si accasciò al suolo, ansimante. I suoni disumani che provenivano da fuori lo perseguitarono per un bel po'. La testa gli scoppiava e lacrime amare gli affiorarono agli occhi.
(Hai fallito Mr.Evans!)
Aveva fallito.

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