Deception

di Narcis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ill-fated ***
Capitolo 2: *** Colossus ***
Capitolo 3: *** Circuits ***



Capitolo 1
*** Ill-fated ***


Un boato.
Uno sferragliare fastidioso.
Un ruggito allarmante.
Un calore persistente.



L'ennesima porta di metallo pesante che viene scaraventata via, di scatto, per il lungo e buio corridoio ferreo e stretto, apparentemente infinito, inghiottito sempre di più nell'oscurità.
Esplode, si scaraventa contro il muro di fronte, si piega in due, si frantuma.
Lanciata via, sputata dalla parete, disprezzante.

Il pavimento rosso acclama, ghigna, attizza la paura, come legna da ardere alimenta un fuoco troppo potente per essere placato.






- Qui, micio micio, qui. -






Un sussurro, l'ennesima porta accartocciata, i sistemi di difesa fuori controllo, gli estintori che esplodono, riempiendo di schiuma grigiastra il corridoio della morte.



Il felino scappa, veloce.
Corre in avanti, disperatamente, sperando in una fine, in una luce, in quel maledetto luogo, a lui tanto caro quanto, al momento, dannatamente odiato.


Si ferma per un momento, le sue zampe verdi e veloci si bloccano, e la sua testa si gira all'indietro, intenta ad osservare fugacemente il pezzo di corridoio percorso, lungo, ma non abbastanza da liberarsene del tutto, divorato dalle tenebre.



Scintille viola, esplosioni, sferragliare.
Due occhi, due fanali, dal colore del quarzo rosa; pietra deliziosa, se non fosse presagio di morte.



Un sorriso, bianco, luminoso.
Un'inquietante mezzaluna nell'oscurità di quella serpentina dalle tinte dell'inferno, contrastante col nero dell'atmosfera, il colore plumbeo delle pareti graffiate, il cremisi sanguinoso del pavimento.

Passi troppo delicati ma veloci per essere sentiti, come quelli di un lupo, che sta per avventarsi sulla propria preda dopo averla fulminata col proprio sguardo agghiacciante.



Il ragazzo bestia freme, rizza il suo pelo felino, piega la coda, manda indietro le orecchie.

Ha paura, ma non deve dimostrarlo. Non può farlo.

Lui è Beast Boy, il bestial giovane coraggioso ed indipendente, col sorriso sempre stampato in faccia.
Non deve arrendersi. Deve correre, e cercare di rivoltare la situazione al momento giusto.




Tenebre avanti, tenebre dietro.
L'infinità ovunque.
Un presagio indescrivibile lo circonda.
L'insicurezza lo acclama, in qualsiasi direzione.
L'azzardo è l'unico suo alleato.
Il fato suo nemico.




Inferno notturno, inferno rosso sangue, inferno dal sorriso mezzaluna.



E via, uno scatto in avanti, laddove il buio inghiottisce ogni cosa, ingordo, senza la più piccola luce ad illuminare, privato del più piccolo lume ad incoraggiare, a diffondere speranza.



Il sorriso s'avvicina, lentamente, circondato dalle sue fatali scintille rosee, che distruggono e fanno crollare ogni cosa, come un soffio di vento spezza gli steli e fa cadere le foglie secche.

Oscillano, a destra e a sinistra, quelle corna demoniache, quegli occhi belli e predatori; riecheggia, la sua flebile vocina, che come il canto d'una sirena mira ad ammaliare e pietrificare la propria preda, ignara, malcapitata.


Malaugurata sorte, crudel destino, inevitabile disgrazia.


Il pavimento crolla, si frantuma sotto le zampe del ragazzo bestia, illuminate da un lampo rosa.

Cade, giù, profondo, divorato dall'oscurità.







- Cosa c'è?

Hai paura di un po' di sfortuna? -

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Capitolo 2
*** Colossus ***


Scale infinite avvolte dall'oscurità.

Corridoio interminabile di insicurezze.

Gradini di tremenda molestia alla speranza.

Passi piccoli, veloci, disperati.

Tonfi potenti, gigante sgraziato, pachiderma arrabbiato.






Alternano volo e lievitazione alla fatica di dover correre, una tortura al fisico e alla mente.
Respiri mancati che bruciano il petto, scatti estenuanti che squarciano il cuore, disperazione che annebbia la mente.

Tremendi tonfi provenire da dietro.
Montagna che si muove, tsunami che divora ogni cosa, tornado che divora tutto.



Corrono.
Corrono disperatamente, le due ragazze.
Non si guardano, non si gridano niente.
Sanno che devono solo scappare.



Una porta.
Maledettissima e calma entrata verso il giudizio finale.


La spalanca, la viola, coi suoi poteri psichici, ed entrambe le malcapitate entrano, esauste.

La stessa attorciglia alla grande maniglia un palo di ferro, sempre con gli stessi poteri oscuri di prima, sperando in quel tubo resistente e grigio.
Quello è il cappio che chiude l'entrata dell'inferno, da cui le deve proteggere.


Respirano affannosamente, i polmoni vanno a fuoco.
Indietreggiano, entrambe, fino ad appoggiassi con la schiena al muro vicino, l'una accanto all'altra.


Chiudono gli occhi.
Una oscura i propri smeraldi, l'altra eclissa le proprie tanzaniti.

Petti che s'alzano, s'abbassano, velocemente.
Cuore che batte, scalpita, cozza contro la cassa toracica; la vuole sfondare, vuole saltellare fuori, vuole gridare, spargendo sangue, tremendo liquido rosso, ferroso, presagio di morte.



Dalla porta chiusa ermeticamente, nessun rumore.
Quiete assassina e straziante.



I passi da gigante paiono terminati.
Il grande mostro si è fermato, si è placato, si è addormentato.





Dovrebbero sospirare di sollievo, le due.
Eppure non lo fanno.




Sgranano i propri occhi.
La mano di una cerca quella dell'amica, le dita implorano contatto, si fanno forza a vicenda, si intrecciano, si consolano.
Le schiene, tremanti e sudate, sono incollate al muro, non si spiccicano, si fondono con esso.


È uno scambio di sguardi, il loro.
Sguardi spenti, sprezzanti, distrutti.
Si scusano a vicenda, i loro occhi: acquosi quelli della rossa, adombrati quelli della viola.




Poi, s'oscurano di nuovo, chiudono le tapparelle, si privano della vista.





Lo sanno.
Sanno che la calma sta per arrivare.
Sanno che è inutile fremere.
Sanno che, come un pericoloso gioco in cui ci si nasconde e chi viene scovato deve fare la penitenza, loro stanno per essere scoperte.


Un singhiozzo, quello di Starfire.
Un gemito, quello di Raven.






Un orribile tonfo, uno squarcio letale, timpani perforati.
Ferro che si piega accanto all'orecchio di una; ferro che si piega accanto all'orecchio dell'altra.
Un grugnito, un ghigno, una risata.








Due enormi, potenti, mostruose mani sfondano il muro.

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Capitolo 3
*** Circuits ***


Stanza buia, silenziosa, immacolata.

La sola lucina rossa, opaca, dell'occhio di Cyborg.





Rimbombanti, i suoi passi.
Sicuri, dalla paura strozzata da parte dell'orgoglio e del valore.
Amici fidati, compagni di sventura.



Lo sguardo vaga, a destra e a sinistra.
Ma non sa cosa guardare.




Non sa dove posarsi, girovaga senza meta, ora in alto, ora in basso, ora dietro, in quella stanza che ben conosceva ma che adesso, nell'oscurità prepotente, sembra solo un'enorme chiazza nera sconosciuta e minacciosa nella quale chiunque può perdersi.



Non sembra esserci nessuno.

Apparentemente.




Si muove in avanti, facendo attenzione a fare meno rumore possibile coi piedi di metallo.
Piedi impropri, non suoi di natura.


La lucina rossa del suo occhio sinistro s'attenua, come se anch'essa fosse divorata dalla morsa dell'oscurità.
Intorno, silenzio.




Un lampo.
Un'impercettibile scintilla veloce, imprevedibile.




Dietro di sé, un piccolo schermo s'accende all'improvviso.






- Hey testa di latta! -






Parole rimbombanti nella stanza, che fanno sobbalzare Cyborg.
Fa in tempo solo a girarsi verso quella specie di televisione, quando dietro di sé, dall'altra parte, se ne accende un'altra.






- Ammasso di circuiti! -






E allora si volta ancora, guardando in quella direzione, ma a destra si accende un altro schermo, sghignazzante e maligno.






- Hai qualcosa dentro la tua zucca? -






Un'altra risata, e Cyborg che si gira di nuovo.
Ed ecco un altro schermo, stavolta a sinistra.
Poi di nuovo a destra.
E in alto.
Adesso in basso, lì ancora a sinistra.
Ora un po' più in basso, dietro di lui.
Tanti, troppi schermi che s'accendono, ridendo in malo modo.
Deridendolo.



Una marea di schermi, che come un cerchio infuocato circondano Cyborg, che non sa minimamente da che parte farsi.
Vorrebbe distruggerli tutti, ma sa che sarebbe inutile, perché Gizmo non è davvero lì.




C'è qualcosa, inoltre,che lo blocca pericolosamente.




La terribile sensazione d'essere osservati, presi in giro, offesi per il proprio corpo artificiale, che nessun altro ha.
Dovrebbe averci fatto l'abitudine, eppure perché adesso si blocca?






È un attimo.




Un ultimo, enorme schermo si accende dietro di lui.
Non ricordava ce ne fossero così tanti, in quella stanza.



E la faccia di Gizmo, talmente grande da dare l'impressione che voglia divorare la piccola figura in confronto del Titans, sogghigna divertito.









- Chissà come funzioni, scatoletta.
Forse dovrei darti una smontatina! -










Il corpo vivo di Cyborg rabbrividisce, e quello di metallo lancia piccole scossette elettriche ai propri circuiti, facendolo scuotere da potenti fremiti.


Poi, l'intuito di guardare in alto.








Lunghe e sottili zampe di metallo simili a quelle d'un ragno che atterrano vicino a lui, chiudendolo in una gabbia di ferro.
E l'espressione ghignante e malefica del piccolo ma perfido Gizmo che s'avventa su di lui, laddove i circuiti lo tengono in piedi e lo fanno vivere.

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